Perchè tu?

di Loulou_24
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** (s)piacevoli incontri ***
Capitolo 2: *** Ros-model ***
Capitolo 3: *** Sam Evans ***
Capitolo 4: *** Accidenti a te! ***
Capitolo 5: *** Brutta giornata ***
Capitolo 6: *** Ritrovamenti ***
Capitolo 7: *** Decisioni ***
Capitolo 8: *** Cambiamenti ***
Capitolo 9: *** Punti di vista differenti ***
Capitolo 10: *** Scelte giuste ***
Capitolo 11: *** Birra ***
Capitolo 12: *** Luoghi segreti ***



Capitolo 1
*** (s)piacevoli incontri ***


L’acqua bollente ci scorreva addosso, le sue mani erano ovunque lungo tutto il mio corpo e le sue labbra mi baciavano il collo ed il viso, io ero in balìa del suo tocco assaporando il piacere di avere la sua pelle calda contro la mia e adorando la sensazione dei suoi capelli umidi tra le mie dita frenetiche mentre il vapore della doccia ci avvolgeva.
Un improvviso getto d’acqua fredda mi risvegliò dal mio ennesimo sogno a luci rosse e mi ritrovai sola e infreddolita nel piccolo box doccia. Rassegnata mi avvolsi con la pelle d’oca nell’accappatoio di spugna, spalancai la porta rimanendo di sasso vedendo davanti a me il protagonista di tutti i miei sogni ad occhi aperti con il braccio alzato e un espressione imbarazzata e sorpresa.
«Ehm..ciao, credevo non ci fosse nessuno.» disse Rìan giustificando il suo braccio alzato a mezz’aria.
Rìan era uno dei migliori amici di mio fratello e io avevo una cotta per lui più o meno dalla prima volta in cui aveva messo piede in casa nostra qualche anno fa, dal 13 ottobre di tre anni fa per essere precisi.
Mi rimproverai mentalmente per quanto potavo essere patetica a sapere persino la data. Ammetto che è il classico cliché innamorarsi del migliore amico del fratello maggiore, giuro che ne avrei fatto volentieri a meno di questo amore impossibile se avessi potuto scegliere. Ma si sa, non si sceglie chi amare. O si? Io in ogni caso non ho avuto possibilità di scelta. E’ successo e basta.
Sfoggiai uno dei miei migliori sorrisi e mi feci mentalmente un rapido esame estetico: accappatoio rosa con le paperelle, capelli gocciolanti e appiccicai alla fronte, trucco sbavato.
Ottimo. Non sarei potuta essere più bella. Cercai di rimediare scompigliando un po’ i capelli e strizzando un po’ il seno incrociando le braccia al petto, il tutto cercando di farlo sembrare casuale.
«Tranquillo,ho finito.» Rimasi sulla porta fissando i suoi occhi scuri senza fare un passo e per un attimo i suoi occhi caddero sul mio decolté ma rialzò subito lo sguardo dando un colpo di tosse, ci misi qualche secondo a capire che quel colpo di tosse era un modo carino per dire “Ti sposti?”. Dopo pochi secondi sbucò mio fratello alle sue spalle. «Ei idiota,hai intenzione di farlo andare in bagno o no?!» Ero già abbastanza mortificata senza che intervenisse lui a peggiorare la situazione. Rivolsi a Rìan un sorriso di scuse e alzai il dito medio in direzione di Nicholas e mi diressi quasi correndo verso la mia camera.
Chiusi la porta alle mie spalle e mi ci poggiai pesantemente facendo lunghi respiri per cercare di riprendermi dalla bella figura appena fatta.
«Stupida,stupida,stupida!» cominciai a colpirmi la fronte con la mano. Che credevi che stesse lì ad osservarti? Doveva entrare in  bagno, ovvio! E tu no! Immobile davanti alla porta. Stupida!
Allontanai quell’episodio dalla mia mente e comincia a preparami per uscire, avevo appuntamento con la mia migliore amica, Lucy.
Aprii l’armadio e lo  fissai per un minuto buono fissando un punto indefinito al suo interno infine tirai giù dalla stampella dei jeans stretti scuri e una maglietta bianca semplice abbinandoci la giacca di pelle e gli stivaletti bassi.  Mi truccai in fretta e raggiunsi la mia amica al nostro solito bar accorgendomi di essere in tremendo ritardo.
«Ciao tesoro!» Mi avvicinai stampandole un bacio sulla guancia. «Scusa il ritardo.»
«Perdonata.» Schiuse le labbra tinte di rosso rivolgendomi il suo sorriso perfetto.
 «Ti ho preso il tuo solito cappuccino.» Disse indicando il bicchiere di fronte a me. «Oh grazie,allora…Con Daniel come è andata ieri?» Daniel è il nuovo obbiettivo di Lucy è il suo vicino di casa e l’ha preso di mira da quando l’aveva aiutata a portare in casa un vecchio scatolone pesante. Ieri sera mi aveva inviato un sms dicendomi che era rimasta chiusa in ascensore con lui e conoscendo la sua fortuna con i ragazzi non mi sarei stupita se mi avesse detto che le aveva fatto la proposta di matrimonio.
«Siamo rimasti chiusi là dentro per un’ora! Lui è molto simpatico,ho scoperto che ha due gattini,un maschio Diuky e una femmina Babi…» Lei continuava a parlare senza sosta dei gatti e di Daniel,gli occhi le brillavano,ed era veramente un brutto segno,voleva dire che ormai era già completamente presa da lui. Lucy continuava a blaterare e i miei pensieri intanto cominciarono a correre verso Rìan. Negli anni avevo sviluppato la grande capacità di annuire e sorridere al momento giusto mostrando grande interesse in quello che la gente mi diceva nonostante non li stessi ascoltando minimamente. Saremmo stati così bene insieme: lui con i suoi capelli castano chiaro con qualche ciocca più chiara e gli occhi scuri io con i capelli del suo stesso colore e gli occhi verdi,se solo se ne fosse accorto anche lui,avevo fatto persino quel test idiota che spesso pubblicizzavano alla tv. Rìan + Megan: 89% di compatibilità! Per un attimo  mi sfiorò l’idea che anche lui provava qualcosa per me,infondo è sempre così dolce e disponibile nei miei confronti,una volta mi aveva persino spiegato un esercizio di matematica,io ovviamente non avevo prestato ascolto ad una sola parola,troppo presa a godermi una di quelle rare volte in cui i suoi occhi profondi erano fissi nei miei. Ma poi mi ricordai che lui era gentile e disponibile con tutti,anche con mia madre…Magari ci provava pure con lei! O forse lui non si faceva avanti per il semplice fatto che mio fratello lo avrebbe letteralmente ucciso se avesse scoperto che il suo migliore amico ci provava con la sua sorellina.
«…E quindi alla fine mi ha chiesto il numero e stiamo massaggiando dalle 11:00 di stamattina,non è fantastico?!»
L’urletto esaltato di Lucy mi riportò alla realtà. «Non me lo sarei mai aspettato,davvero! Sono così sorpresa.» Dissi con aria sarcastica,Tutte queste coppiette iniziavano a stancarmi,poi abbozzai un sorriso e le chiesi altri dettagli per farla felice.«Che dice? Ti ha già chiesto di uscire?»
Il suo viso si fece subito triste. «No,non ancora.» Ma poi si rallegrò subito. «Sono sicura,però,che me lo chiederà presto,ha detto che l’ho colpito molto.» Concluse felice.
«E tu? Quando ti deciderai a parlarmi della tua cotta misteriosa?»
Mi sentii come un bimbo che viene sorpreso mentre cerca di scoprire cosa c’è nel suo regalo di Natale. Spesso mi faceva questa domanda,a quanto pare non ero così brava a nascondere i miei sentimenti.
«I..io? Perché continui ad insistere che io sia innamorata di qualcuno? »Risposi con la faccia innocente.
«Perché io ti conosco tesoro,e ti si legge in faccia che sei innamorata persa.» Appoggiò la mano sul mento e attese una risposta,mentre io sbuffavo. «Avanti Meg,sono la tua migliore amica! Perché non vuoi dirmelo?»
«Non mi sono presa nessuna cotta,ecco perché!»
I suoi occhi azzurri si illuminarono.
«Ho capito chi è!» Per un attimo pensai che veramente lo avesse capito e il mio cuore cominciò a battere forte.
Mi guardò con aria seria prima di dire la sua idea «E’ il professore di storia vero? Guarda che non ti giudico,è giovane e bello ed è simpatico a differenza di tutti gli altri docenti decrepiti che abbiamo.» Pensai scherzasse ma la sua espressione era serissima.
Cominciai a ridere e lei si imbronciò. «Dai dimmelo!»
«Non c’è nessun ragazzo Lu,credimi.» Sperai di averla convinta.
«Va bene,per ora mi fido,ma non finisce qui!» Rispose con aria rassegnata puntandomi il dito contro,poi ci guardammo e scoppiammo a ridere entrambe.
Non so perché ero così convinta di voler nascondere il mio amore per lui. Forse perché speravo che se non lo avessi detto a nessuno prima o poi Rìan sarebbe sparito dai miei pensieri da solo. Potrebbe sembrare stupido parlare già d’amore ,però alla fine di questo si trattava:amore.
Com’è il detto? Se la cotta supera i 3 mesi è amore? Ecco ero innamorata di lui da 2 anni e 6 mesi quindi sì, potevo parlare d’amore.
Dopo aver pagato i nostri cappuccini uscimmo dal locale e iniziammo a camminare scherzando e ridendo come sempre.
 
«Mamma,papà. Sono tornata!» Urlai gettando le chiavi di casa sulla cassapanca all’ingresso.
Sentii subito dopo la voce di mia mamma salutarmi dall’altra stanza,la raggiunsi in cucina e vidi che era apparecchiato per 5.
«Ciao mamma,chi altro c’è a cena?»
«Ciao Meg, c’è Rìan,resta anche a dormire credo.»
Dopo essermi ritruccata e profumata mi diedi l’ennesimo colpo di spazzola e mi fissai intensamente nello specchio cercando qualche difetto.
Alla fine abbastanza soddisfatta riemersi dal bagno dopo 20 minuti buoni sperando che nessuno si accorgesse che avevo passato così tanto tempo in bagno a truccarmi e spazzolarmi.  Proprio in quel momento suonò il citofono.
A tavola avevo accanto Nicholas e di fronte Rìan,per tutta la cena tenni gli occhi bassi e parlai il meno possibile,mi chiesi se gli altri si accorgevano che ogni vola che c’era lui nelle vicinanze diventavo improvvisamente muta. Ma era più forte di me. Non volevo che reputasse stupida qualche mia affermazione,così mi limitavo a dire solo cose tipo: “Mi passi l’acqua?” o “Buono, mamma.”
Contai tutte le volte in cui i nostri sguardi si incrociarono e tutte le volte in cui i nostri piedi o le nostre mani si sfioravano per sbaglio.
Finita la cena cercai in tutti i modi di restare a tavola il più possibile.
Ma alla fine fui costretta a tornare nella mia stanza.
Mentre ero sdraiata sul letto sentii qualcuno bussare alla porta.
«Megan?»
Oh dio. Rìan. Mi passai le mani tra i capelli per ordinarli e mi misi in una posa alla “Afrodite sdraiata” una posa che sarebbe dovuta essere naturale e sexy,ma non so se era quello l’effetto che dava,Forse sembravo più una balenottera spiaggiata.
«Avanti.»
«Ciao,dovrei chiederti una cosa.»
Sì,sì,sì. Ma certo che ti sposo!
Sbattei gli occhi per allontanare quell’immagine ridicola di lui che si inginocchiava e tirava fuori un diamante da 5.000 euro e soppressi una risata.
«Dimmi»
Risposi semplicemente.
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Ros-model ***


«Ciao,dovrei chiederti una cosa.»
«Dimmi»
Risposi semplicemente.
 
La mia mente cominciò a vagare in tutte le direzioni esaminando tutte le opzioni possibili.
«Mi imbarazza un po’ chiedertelo ma…» Il mio cuore cominciò a battere forte e cominciai a preoccuparmi,gli faci cenno di continuare con un gesto della mano. «Tuo fratello mi ha detto che potevo chiedere a te.»
 Nicholas cosa c’entrava? Ok, ora ero davvero confusa. Finalmente mi spiegò il motivo della sua presenza in quella stanza.
«Potresti prestare un pigiama alla mia ragazza? Stanotte resterà a dormire qui ma lo abbiamo deciso all’ultimo e non ha niente con se.»
Spalancai gli occhi colpita dalla notizia appena ricevuta e mi alzai di scatto cominciando a frugare nel cassetto della biancheria, cercando di nascondere il fatto di essere sul punto di avere una crisi isterica.
 La.Sua.Ragazza?!?!
In casa mia oltretutto ! Ma non ci penso proprio. Se ne vada in albergo, glielo pago io, senza problemi.
Finalmente trovai quello che cercavo.
Gli porsi un pigiamino minuscolo regalato da mia nonna due Natali fa.
Rìan cominciò a rigirarselo tra le mani osservando i piccoli maialini e fiocchetti rosa stampati su tutta la stoffa trattenendo a stento una risata quando vide sul retro dei pantaloni una coda arricciata. Gli rivolsi il mio più falso sorriso di scuse.
«Mi dispiace,è tutto a lavare, è di quando ero piccola. Spero le entri.» Pregai con tutto il cuore che fosse più grossa di me di almeno due taglie.
«Ho solo questo, scusati da parte mia con…» Mi interruppi accorgendomi di non sapere il nome.
«Rosalie.» Disse terminando la frase.
«Rosalie, scusati con Rosalie da parte mia.»
Già dal nome non mi piaceva affatto. Mi consolai immaginandola con quel ridicolo pigiama addosso.
Rìan si chiuse la porta alle spalle dopo avermi ringraziato e mi lasciò sola con quel peso sullo stomaco. Sentii una risata femminile nel corridoio. Era una di quelle risate carine e delicate, al contrario della mia che ricordava più una foca che una ragazza che ride. Con la scusa di lavarmi i denti uscii dalla stanza prendendo dei vestiti per dormire curiosa di vedere in faccia quella Rosalie, di cui ne avevo già fin sopra i capelli.
Non riuscii a vedere il suo viso,scorsi solo una lunga chioma bionda e le sue gambe sbucare da una maglietta, mi accorsi con disappunto che era quella che aveva Rìan qualche minuto fa.
Il che voleva dire che ora lui era senza maglietta e …. I miei pensieri iniziarono a correre un po’ troppo.
Mi chiusi in bagno con la rabbia alle stelle ripensando a quelle gambe lunghe e magre e a quei capelli stupendi. Mi lavai i denti con forza mi struccai e indossai i pantaloncini di cotone e una canottiera. Aprii la porta di scatto con la gelosia che mi consumava e mi ritrovi davanti Rosalie con in mano il pigiama con i maialini.
«Ciao,sono Rosalie. Tu devi essere Megan, Nicholas e Rìan mi hanno parlato di te!» Disse porgendomi la mano. Non potei non sentirmi lusingata per quel “e Rìan”. La osservai da capo a piedi. Era veramente bellissima,con il viso tondo,dei grandi occhi azzurri da cerbiatta,le labbra carnose e capelli biondi lunghi.
 «Megan.»  Le strinsi la mano con forza continuando ad osservarla. Il mio sguardo si posò di nuovo sulla t-shirt che aveva addosso. Le stava un po’ larga e le lasciava scoperta metà coscia.
Metà coscia perfetta.
E io che speravo che avesse due taglie in più di me. Che illusa!
Mi sorrise.
«E’ un piacere conoscerti. Ti restituisco il pigiama, non mi entra, ma grazie comunque Rìan mi ha prestato la sua maglietta.»
Era necessario sottolinearlo?!
«Figurati.» La sorpassai con una spallata stringendo forte il pigiama tra le mani. «Notte.»       
«Buonanotte Megan.» Mi rispose con voce cinguettante.
Mi rifugiai nel mio letto con una leggera voglia di piangere. Presi il mio iPhone per distrarmi e guardai il messaggio ricevuto. Era di Lucy.
Devo raccontarti delle cose su Daniel.
Bacio.
Da un lato mi faceva piacere che almeno a lei le cose andassero bene ma  dall’altro mi sentivo malissimo perché a me le cose non andavano mai bene.
 Spensi il telefono per niente rincuorata e mi girai dall’altra parte cercando di dormire ignorando la sua voce nell’altra stanza.
La mattina dopo mi svegliai di pessimo umore con il suono della sveglia che mi trapanava le orecchie. Brontolai qualcosa e finalmente mi costrinsi ad alzarmi dal letto e fare colazione. La casa era immersa nel silenzio, la porta della camera di mio fratello era chiusa, segno che loro dormivano ancora, probabilmente a breve sarebbe suonata anche la sveglia di Nicholas ,infatti dopo poco sentii un bip bip provenire dalla sua stanza. Mi sbrigai a lavarmi il viso e corsi in camera mia per non incontrare Rosalie e soprattutto per non farmi vedere da Rìan ancora struccata.
Mezz’ora dopo ero pronta e mi ritrovai sulla porta di casa seguita da Nicholas, Rìan e Rosalie.
«Megan, ti diamo un passaggio a scuola, Rìan è venuto in macchina.» Per quanto mi esaltasse l’idea di passare 20 minuti in macchina con Rìan, lo stesso non potevo dirlo di Rosalie.
«Grazie,ma non c’è bisogno! In autobus ci metto pochissimo.» Cercai di trovare un scusa plausibile ma con scarsi risultati.
«Ma quale autobus, dai mi fa piacere accompagnarti.» Rìan scelse proprio la frase giusta per farmi cedere. «Va bene, andiamo.»
 
Passai tutto il tragitto con i pugni serrati attorno alle cosce per impedirmi di fissare la mano di Rìan poggiata sul ginocchio di Rosalie. Quando ci fermammo ad  un semaforo Rìan si sporse verso la ragazza per stamparle un bacio sulla guancia, mi infilai  tra loro due per cercare di alzare il volume della radio in modo da non sentire i risolini e la voce della top model  e per tentare in maniera disperata di separarli per qualche secondo.
«Adoro questa canzone!» dissi rispondendo all’occhiata interrogativa di mio fratello seduto affianco a me sul sedile posteriore. Rosalie si voltò verso di me con un sorriso smagliante.
«Anche io!» 
E nel giro di due secondi iniziò a cantarla, deliziandoci con la sua interpretazione perfetta di una canzone che io non conoscevo neanche. Non solo aveva  le sembianze di una top model ma aveva anche la voce di una bellezza unica,non potevo negarlo. Alla fine rassegnata mi misi le cuffiette nelle orecchie e alzi il volume della canzone più rumorosa che avevo al massimo e tenni lo sguardo fisso sulla strada sperando di arrivare il prima possibile a scuola.
Finalmente arrivammo e, credo per la prima volta in tutta la mia vita, fui grata di vedere quell’edificio grigio.
«Ciao,grazie del passaggio.»
Uscii sbattendo la portiera alle mie spalle, mi girai solo un attimo per accertarmi di non aver rotto il vetro e vidi Rìan che mi salutava con la mano.
Non riuscii a trattenere un piccolo sorriso, ricambiai il saluto con un semplice cenno del capo poi mi voltai e cominciai a camminare verso l’entrata cercando di trattenere tutti i sentimenti che provavo in quel momento.
Gelosia. Rabbia. Invidia. Gioia. Amore. Amore. Amore. Tantissimo amore.
Mi scontrai con una ragazza e solo dopo averla superata mi resi conto che era Lucy. Mi rigirai e  la vidi con la faccia sconcertata e un mezzo sorriso.
Quel sorriso non preannunciava nulla di buono.
«Meg. Tu vorresti davvero farmi credere che non sei innamorata?»
«Questo che c’entra ora?» Risposi confusa.
«Che c’entra? Quale persona sana di mente riesce a  scontrarsi con la propria migliore amica senza nemmeno riconoscerla?»
«Ma..» Cercai di farfugliare qualcosa ma non mi venne in mente nulla di intelligente da dire.
«E’ inutile che ci provi, hai la testa completamente da un’altra parte,te lo dico io.»
«Sono solo preoccupata per il compito di matematica di domani.» Finalmente mi inventai qualcosa ma lei comunque sembrò non crederci perche incrociò le braccia al petto e mi guardò con aria incredula.
«Domani non abbiamo nessun compito di matematica.»
«Ah no?»mi guardai i piedi imbarazzata per la figuraccia appena fatta. «Oh menomale, ora mi sento molto meglio.» Mi finsi sollevata e cominciai a marciare verso l’ingresso per sfuggire a le domande della mia migliore amica.
Con la coda dell’occhio vidi un ciuffo castano passare affianco a me, era il colore esatto dei capelli di Rìan, mi fermai di botto per assicurami che non fosse davvero lui e Lucy ne approfittò per raggiungermi. Seguì il mio sguardo e notò che stavo fissando il ragazzo dal ciuffo castano.
«Sam Evans,bel ragazzo.»
«Come Lu?» Non capivo di cosa parlava.
«Il ragazzo che stai fissando,si chiama Sam Evans. E’ per colpa sua che sei sempre sconnessa dal mondo?»
Continuai ad osservarlo. Era veramente un bel ragazzo: alto,con le spalle larghe e le braccia muscolose,gli occhi chiari e i capelli scuri.
Non dissi nulla e Lucy lo interpretò per un si, glielo lasciai credere, almeno non avrebbe sospettato che la mia cotta era per il migliore amico di mio fratello.
«Ok. Ci penso io.» Mi sorrise con un aria folle negli occhi e mi trascinò per mano nella sua direzione.
«Nononono. Sei pazza, che vuoi fare?»
Cominciai a pensare che forse non era stata una buona idea .
«Tranquilla, ho detto che ci penso io.»  mi diede un bacio sulla guancia e ricominciò a trascinarmi per mano mentre opponevo tutta la forza possibile. 

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Capitolo 3
*** Sam Evans ***


«Tranquilla, ho detto che ci penso io.»  mi diede un bacio sulla guancia e ricominciò a trascinarmi per mano mentre opponevo tutta la forza possibile.
 
Si fermò solo a pochi passi da Sam che era girato di spalle. Lucy mi sorrise e mimò scusa con le labbra.
«Ma di cosa ti sta..Ah!» Lucy mi spinse e andai a sbattere con forza contro Sam che imprecò mentre cadeva per terra. Mi girai in cerca di Lucy già pronta ad ucciderla in quello stesso istante ma lei era sparita. Pronunciai un “merda” a bassa voce e mi affrettai a porgere una mano a quel poveraccio finito in mezzo per colpa di Rìan.
«Scusami sono inciampata e…Stai bene?»
La cosa era parecchio imbarazzante, lui mi guardava divertito mentre si toglieva la terra dai pantaloni.
«Si tranquilla,nulla di rotto.» Sorrise e gli si formarono due piccole fossette ai lati della bocca, proprio come quelle di Rìan.
Non so come avessi fatto a non averlo mai notato prima in 3 lunghi anni di scuola. Era molto bello.
In Lontananza sentii il suono della campanella.
« Bene» Indugiai ancora qualche secondo indecisa su cosa fare «Allora..ciao e scusami ancora.» In realtà non avevo nessuna voglia di andare in classe ma non sapevo che altro aggiungere.
«Non fa niente, a presto.»
Oh lo spero proprio Sam.
Mi girai sorridendogli l’ultima volta e mi diressi a lezione seguendo con lo sguardo Lucy che camminava veloce verso l’entrata a una decina di metri da me.
Sulla porta dell’aula trovai Lucy ad aspettarmi.
«Come è andata tesoro? Era tutto sorridente lui.» Il suo tono aveva una punta di malizia.
«Posso ucciderti? Che figuraccia!» Distratta dalla sua bellezza non avevo pensato la fatto che gli ero caduta addosso come una pera ma ora tutto l’imbarazzo mi stava sovrastando.
«Ma figurati! Ho visto tutta la scena da lontano e lui non sembrava molto dispiaciuto.»
«A chi non darebbe fastidio essere buttati a terra da una persona?»
«Perché non mi ringrazi e basta? Senza di me sono sicura che non gli avresti mai rivolto la parola.»
Su questo non potevo darle torto, senza di lei però non avrei neanche pensato di volergli parlare.
«Grazie» Le risposi prendendola un po’ in giro. «Oh a proposito Daniel? Hai detto che mi dovevi raccontare qualcosa. » Mi ricordai che non le avevo risposto al messaggio e mi sentii un po’ in colpa. « Non mi sentivo molto bene ieri sera, non ho potuto rispondere. » E non era del tutto una bugia.
Subito il suo volto si illuminò. «Non preoccuparti. »  disse con il suo immancabile sorriso «Ieri ci siamo incontrati sul pianerottolo e ci siamo fermati un po’ a parlare, Megan dovresti vederlo ha un sorriso così bello! » Aveva lo sguardo sognante. «Mi ha chiesto di andarci a prendere un caffè questo pomeriggio.»
«Lo sapevo che te lo avrebbe chiesto prima o poi, non avevo dubbi!»
«Cosa dovrei mettermi?» Subito il suo sorriso vacillò. «E’ solo un caffè quindi una cosa semplice, pero non vorrei essere troppo semplice altrimenti potrebbe pensare che non mi interessa o che mi vesto male e io…» Cominciò a far uscire un fiume di parole.
«Calmati, secondo me puoi restare così come sei. Stai bene!» cercai di tranquillizzarla. Ogni volta che doveva uscire con un ragazzo era un dramma! Cominciava a preoccuparsi di ogni minimo dettaglio, anche quello più insignificante. Non capivo il motivo di tutta quell’agitazione; ogni ragazzo la trovava perfetta: struccata,in pigiama,vestita da sera, o con un semplice paio di jeans.
«Non posso restare con i vestiti di stamattina, se sudo? E se poi mi macchio? Magari puzzo!» Cominciava ad essere sempre più disperata.
«Lucy tu non puzzi! Mettiti i jeans e quel top marrone , quello che mi piace un sacco e che mi hai prestato l’altra settimana,hai presente?»
«Si ma sopra? Fa freddo fuori non vorrei ammalarmi e non poter più uscire con lui.»
«Che ne pensi di una giacca Regina del Melodramma?»
«Ah simpatica! Ovvio che metterò una giacca ma quale?»
«Quella di pelle?» le consigliai.
«Ok ma..»
La interruppi subito. «Tesoro devi stare tranquilla,io credo che lui già ti adori. Come ogni singolo ragazzo di questo pianeta oltre tutto. Gli piacerai ok?»
«E se non dovessi piacergli?» Guardandomi con quello sguardo da cucciolo sconsolato. Le presi una mano e la strinsi per rassicurarla.
«Se non dovessi piacergli verrò io a fargli capire quanto è stupido. Ma fidati, tu gli interessi.»
Mi abbracciò forte e desiderai potergli raccontare tutto di Rìan ma non mi sentivo pronta,sarebbe stato come rendere ancora più ufficiale il tutto. Insomma più ufficiale e serio di quanto già non fosse.
«Grazie.» Mi disse con il sorriso di nuovo stampato in volto.
Il professore varcò finalmente la porta dell’aula e ci intimò di sbrigarci ad entrare e come due brave alunne lo seguimmo all’interno sedendoci ai nostri banchi.
 
Il professor Quinn iniziò la sua lezione e cercai il più possibile di seguirla ma dopo i primi 30 minuti la mia testa era già altrove. Girai lo sguardo verso Lucy e la vidi immersa nei suoi pensieri con lo sguardo affascinato. Avrei scommesso casa mia che stava pensando a Daniel. Le lanciai un pezzettino di carta. Lei si girò sorpresa come se fosse appena scesa dalle nuvole.
«Bentornata tra noi.» le sussurrai.  Continuò a guardarmi sorpresa «Ahh l’amore, l’amore..» Le dissi sorridendo poi scoppiò a ridere sotto lo sguardo furioso del professore.
«Signorina  vedo che la mia lezione la diverte tanto,perché non viene a parlarcene la prossima volta?»
«Scusi prof.» Lucy abbassò gli occhi imbarazzata.
 
Le lezioni proseguirono tranquille una dietro l’altra. Incrociai Sam qualche volta per i corridoi e diventai rossa al solo pensiero, lui però mi sorrideva cordiale. All’uscita il cielo era grigio e annunciava lo scoppio di un temporale,iniziai già a preoccuparmi di tutto il tragitto che avrei dovuto fare a piedi fino alla fermata dell’autobus sotto la pioggia ma trovai una bella sorpresa: Rìan e Nicholas erano parcheggiati a 300 metri da me. E niente Rosalie. Per poco non travolsi Sam un’altra volta.
«Ah ma allora hai progettato di uccidermi!» Sam mi guardava con quel sorriso bellissimo ma io ero troppo impegnata a fissare la macchina nera ferma nel parcheggio della scuola.
Finsi una piccola risatina e mi scusai ancora sentii che mi chiamava ma continuai  a fissare Rìan senza badare troppo al suo richiamo.
Quando li raggiunsi Nicholas mi urlò di sbrigarmi a salire.
«Ci riaccompagna a casa,se no stavamo a piedi tutti e due.»
Mi sporsi verso il suo finestrino imbarazzata.
«Grazie, ma io potevo benissimo prendere l’autobus.» In realtà non potevo essere più felice ma volevo mostrare un minimo di disinteresse.
«Eravamo in zona quindi nessun problema e poi non potevamo lasciarti andare a piedi: tra poco inizierà a piovere.»
Salii di corsa sul sedile posteriore.
«E..Rosalie?» Azzardai.
«Rose l’ho accompagnata a casa prima di venire da te.» Mentre parlava si girò verso di me e per poco il mio cuore non scoppiò. Pff “Rose”.
Sentii lo squillo di un cellulare e istintivamente portai la mano alla tasca per controllare che non fosse il mio ma non trovai nulla,presa dal panico iniziai a svuotare la borsa alla rinfusa sul sedile ma non c’era da nessuna parte. Ricontrollai le tasche ma niente. Chiesi a Nicholas di chiamarmi ma aveva il cellulare scarico,diedi il mio numero a Rìan ma il telefono squillava a vuoto e io non sentii la suoneria da nessuna parte.
Pensandoci mi accorsi di non averlo toccato neanche una volta da quando ero arrivata a scuola con l’ansia che cresceva di minuto in minuto sperai di averlo lasciato a casa ma con poca convinzione. Ero sicura di averlo usato durante il tragitto in macchina quindi dovevo averlo per forza.
Appena Rìan accostò la macchina sotto casa dopo averlo ringraziato mi fiondai in camera per cercarlo. Non era neanche a casa. Mi convinsi all’idea che lo avevo perso.
Rielaborai tutto ciò che avevo fatto ma non mi veniva in mente nulla.
Poi mi ricordai che durante lo scontro con Sam di stamattina avevo sentito cadere qualcosa dalle tasche  ma in quel momento ero decisamente troppo presa da lui per controllare cosa c’era ai miei piedi.

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Capitolo 4
*** Accidenti a te! ***


Poi mi ricordavo che durante lo scontro con Sam di stamattina avevo sentito cadere qualcosa dalle tasche  ma in quel momento ero decisamente troppo presa da lui per controllare cosa c’era ai miei piedi.
 
Con la fortuna che ho quel qualcosa che ho sentito cadere era sicuramente il mio telefono. Appurato che il mio iPhone era da qualche parte nel cortile della scuola iniziai a sentire il panico che cresceva e come se non bastasse sentii il boato di un tuono e come previsto grosse gocce d’acqua iniziarono a sbattere contro il vetro delle finestre della mia camera.
Anche se qualcuno non lo avesse notato in mezzo al prato e fosse ancora lì nel giro di 3 secondi sarebbe stato del tutto inutilizzabile. Presi comunque la borsa che avevo scagliato a terra appena arrivata in casa, presi un ombrello e uscii di nuovo di casa sperando in un miracolo.
Dopo 20 minuti di autobus, pioggia e gente decisamente troppo irritabile mi ritrovai di nuovo del cortile della scuola bagnata dalla testa ai piedi diretta verso il punto in cui mi ero scontrata con Sam.
Niente non c’era niente neanche lì. Anche se lo avessi trovato sarebbe stato sicuramente inutile.
Sconsolata mi diressi di nuovo verso casa mia con la prospettiva consolante degli esercizi di matematica e di inglese ad attendermi.
Arrivata a casa mi buttai sul letto cominciando ad elaborare una scusa da rifilare ai miei genitori per spiegare la mia totale idiozia,in fine, affranta, mi diressi verso la borsa presi libri e quaderni e iniziai a studiare china sulla scrivania.
La mia concentrazione però non durò molto, tra le pagine del libro di matematica trovai una foto di Rìan che avevo stampato qualche mese fa e nascosto lì sicura che nessuno avrebbe mai aperto il mio libro. Insomma quale persona sana di mente lo aprirebbe di sua spontanea volontà?!  Cominciai a fissare la foto completamente assorta. Il telefono di casa squillò, mi riscossi lasciando cadere la foto sul libro e mi precipitai a rispondere.
«Perché non rispondi al telefono?» Una voce contrariata ed agitata mi distrusse un timpano.
Lucy.
Iniziai ad immaginarmi  il suo dito accusatorio puntato verso il vuoto. «Lucy non me lo ricordare: ho perso il telefono a scuola stamattina.» Mi tornò in mente il mio iPhone disperso chissà dove ed emisi uno strano suono traducibile con “non ho voglia di parlarne”.
«Oh mi dispiace, lo hai cercato bene?» Ero decisa a togliermi il mio telefono dalla testa così liquidai la sua domanda per dedicarmi totalmente a lei. «Allora che volevi dirmi?»  anche se in realtà ero abbastanza sicura di sapere perche mi aveva chiamata.
«Non so cosa mettermi e devo incontrarmi con Daniel tra mezz’ora!»  disse tutto d’un fiato.
Avevo azzeccato: era qui per Daniel.
«Lu perché sei così agitata, è solo un caffè e lui mi sembra già pazzo di te!» Veramente non capivo il motivo di tutta quell’agitazione. Felice di aver trovato una scusa per abbandonare i compiti mi ributtai di nuovo sul letto con il telefono incastrato tra spalla ed orecchio. «Ti piace davvero Daniel, vero? ». ci fu qualche attimo di silenzio. «Si, so che ho detto la stessa cosa di almeno una 10 di ragazzi prima di lui ma questa volta è diverso, sento dei sentimenti più reali. » Sorrisi pensando a Rìan. La capivo perfettamente.
«Si vede,quando parli di lui hai uno sguardo diverso negli occhi. E in più non ti eri mai agitata tanto in vita tua per un semplice caffè.» Aggiunsi con una risata.
«Non è un semplice caffè! E’ un caffè con un ragazzo che mi fa impazzire.»
Guardai l’orologio e mi resi conto che restava poco tempo. «Muoviti! Dovresti già essere fuori di casa.» Lucy fece un piccolo urletto. «Megaaan. Ti prego aiutami. Che mi metto?!» Cercai di pensare al suo guardaroba «Ma non hai neanche un’idea?»
«No!» sentivo una nota di disperazione nella sua voce. «Ok ok tranquilla! allora..» Cerca di tranquillizzarla. « Lu metti un paio di jeans come ti ho detto stamattina e una canottiera carina magari sexy ma non troppo.»   Attesi che riflettesse fissando dal letto  il libro di matematica sulla scrivania davanti a me che mi guardava con aria di sfida. Dannato libro! Non mi sentirò in colpa perché ti sto trascurando. Sappilo!  «Si. Mi piace e comunque è troppo tardi per pensare a qualcos’altro.»
«Perfetto. Muoviti.»le risposi velocemente « e buona fortuna» aggiunsi. «Grazie mille. Ti adoro!» mi salutò alla svelta e riattaccò. Lasciai il telefono di casa sul letto e mio malgrado tornai ai miei compiti lasciati sulla scrivania praticamente intatti. Va bene libri, questa volta avete vinto voi ma la prossima volta rimarrete nella borsa a marcire!
 La foto di Rìan ancora posata lì. La presi e la misi davanti a me per cercare di convincermi almeno un po’ a restare a studiare sulla scrivania.
Finsi di aver studiato abbastanza e decisi di alzarmi per andare a danza. Lasciai un biglietto ai miei nella speranza che non mi chiamassero al cellulare.
Iniziammo con il solito riscaldamento delle gambe, del collo e delle braccia poi subito qualche diagonale di giri vari. Al momento delle prove della coreografia mi immaginai,  come al solito che Rìan fosse lì a guardarmi, mi aiutava a metterci più passione nei passi e ad impegnarmi di più. Nei momenti in cui sbagliavo mi consolavo  pensando che per fortuna non era presente per davvero. Probabilmente ora ero con Rosalie a fare tutt’altro tipo di attività sportiva. Feci questo pensiero durante un semplice giro, il che mi portò a finire rovinosamente a terra.
«Megan! Fai attenzione.»  La mia insegnante si avvicinò per spiegarmi cosa avevo sbagliato in quel giro ma ero piuttosto sicura che la posizione delle mie braccia non c’entrava nulla con quella caduta, so come si fa un dannatissimo piquè. Il problema lo chiamerei più “incapacità di fare movimenti durante una crisi di gelosia.” Maledissi Rosalie per la millesima volta da quando l’avevo conosciuta e continuai la lezione cercando di tenere sia lei che Rìan fuori dai pensieri.
La lezione finì in fretta. Si sa: il tempo vola quando si finisce a terra! Non era così il detto vero?
Di solito finita la lezione mi sento sempre stanca ma appagata, questa volta la lezione di danza invece di rilassarmi mi fece innervosire ancora di più. Avevo sbagliato ogni passo e questo mi aveva fatto infuriare non poco. Quando un movimento non mi viene è la fine, mi innervosisco e sbaglio tutto il resto.
Rimasi un po’ nello spogliatoio a chiacchierare con le mi amiche poi ci dirigemmo tutte verso casa.
Entrai con l’idea di farmi una bella doccia rilassante e sperai di riuscire ad evitare ogni componente della mia famiglia.
«Ciao, sono a casa»
Qualcuno mi rispose distrattamente. Bene almeno per l’obbiettivo “evitare la famiglia” potevo stare tranquilla. Lasciai tutto all’ingresso e mi avvicinai verso il bagno per la mia doccia rilassante. Ovviamente prima di entrare in bagno ebbi l’istinto di cercare il mio telefono per mettere un po’ di musica mentre facevo la doccia ma mi resi conto quasi subito che non avrei trovato nessun telefono. Accidenti a Rìan. Come fa a condizionare la mia vita così tanto?! Se non fosse stato per lui non avrei dovuto inventare scuse con Lucy, lei non mi avrebbe spinta verso Sam e io non avrei perso il telefono scontrandomi con lui. Sbattei la mano contro la porta ma mi feci solo male. Avrei dovuto saperlo! Anni di film non mi hanno insegnato nulla? Quante volte il protagonista arrabbiato sbatte il pungo contro la porta e si fa male. Accidenti a Rìan. Di nuovo.
Ora la doccia calda era tutto quello di cui avevo bisogno. Ti adoro doccia.
15 minuti dopo mi sentivo molto meglio. Uscii dal bagno e una nuvola di vapore mi seguì fuori. Entrando in camera mi spaventi vedendo la figura di mia madre piegata verso la scrivania.
«Mamma mi hai spaventato. Pensavo non ci fosse nessuno»
A quanto pare anche lei pensava di essere da sola perché quando parlai sussultò.
«Meg mi hai fatto paura!» Si ho notato…ok ora puoi andare vorrei della privacy. «Che c’è mamma?»
Mi fece un mezzo sorriso complice.
«Stavo mettendo un po’ a posto e ho trovato questa sulla scrivania.» Tra pollice e indice teneva la foto di Rìan che fino a qualche ora fa stavo fissando con gli occhi a cuoricino. Merda!

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Capitolo 5
*** Brutta giornata ***


«Stavo mettendo un po’ a posto e ho trovato questa sulla scrivania.» Tra pollice e indice teneva la foto di Rìan che fino a qualche ora fa stavo fissando con gli occhi a cuoricino. Merda!
Cercai di inventare una scusa ma come al solito quando ho più bisogno del mio cervello lui mi abbandona. Grazie! davvero gentile da parte tua. «Per fortuna sono entrata in camera tua prima di tuo fratello. Non ti hanno mai detto che se hai una foto che non dovresti avere devi tenerla nascosta e non in bella vista sulla scrivania?»
Mi guardò con un finto sguardo di rimprovero.
«Che stai insinuando Molly?» Chiamo spesso mia madre per nome. Soprattutto in momenti di questo tipo, momenti in cui cerco disperatamente di sembrare sincera o momenti in cui voglio avere ragione. «Non so davvero di cosa parli, non ho mai visto quella foto.» Continuai la mia recita sperando che ci cascasse. Dal suo sguardo però non sembrava molto convinta.
«Non guardarmi così, magari è di Nic. Sarà finita per sbaglio tra la mia roba.» Ora il suo sguardo sembrava più confuso più che di finto rimprovero.
«Di Nicholas? Perché tuo fratello dovrebbe stampare una foto del suo migliore amico?»
«L’hai detto tu! Perché è il suo migliore amico, in camera sua sicuramente troverai anche le foto di Jason e Zac o di qualche altro suo amico. Gli amici sono importanti, vanno sempre ricordati.» A quel punto non ero riuscita a convincere neanche me figuriamoci lei. Così feci l’unica cosa che potevo fare. Cercai di chiudere lì il discorso e cacciarla fuori. Ma mia mamma non cedette così facilmente.
«Guarda che Rìan è un bel ragazzo, anche molto educato. Non ti giudico mica. Se avessi 17 anni probabilmente anche io sarei cotta di lui» Guardò la foto interessata come per assicurarsi che avesse detto la cosa giusta e che fosse davvero un bel ragazzo. Probabilmente decise che aveva ragione perché mi diede una pacca sul braccio guardandomi con malizia. «Puoi stare tranquilla, non lo dirò a Nicholas. Promesso!» Dalla sua espressione sembrava che avesse avuto una grande idea. «Non sarei per niente dispiaciuta di una relazione tra voi due. Sarebbe meraviglioso!» Aggiunse anche un occhiolino.
 Iniziavo a preoccuparmi.  Esattamente in quale momento della chiacchierata mia mamma ha pensato di essere diventata la mia migliore amica e di potersi permettere di guardarmi con quello sguardo complice?
 «Non c’è niente da tenere segreto mamma. Ti stai sbagliando. Non sono innamorata di Rìan!» Continuai a negare imperterrita sperando che abbandonasse il discorso.
Ora non ero più l’unica a fare sogni ad occhi aperti su me e Rìan. Bene.
In quel momento la testa di Nicholas fece capolino da dietro la porta. Di bene in meglio.
 Ci mancava solo che lo venisse a sapere pure lui. Dopo avremmo potuto informare anche la nonna. Sono sicura che sarà interessata. Mia mamma velocemente fece sparire la foto che aveva ancora in mano nella tasca dei suoi jeans. Quantomeno quella donna aveva i riflessi pronti.
«Chi è innamorato di chi?» Chiese Nicholas guardando prima me poi mia madre sorridendo.
«Nessuno ha detto innamorato, dicevo solo che non hanno ancora inaugurato quel nuovo ristorante: Riano.» Mia mamma mi guardò e per poco non scoppiò a ridere.
«Si davvero un peccato. Volevo andarci.»
«Mai sentito nominare. Dov’è?» Nicholas ci guardava quasi come se fossimo impazzite.
«In una zona che non conosci. Lontano. Comunque..ciao ragazzi devo andare a preparare la cena.»
Prima di andarsene mi guardò e mimò con le labbra “non finisce qui signorina” lasciandomi da sola in quella situazione imbarazzante.
Si che finisce qui Molly. Non ho intenzione di riparlare di questo argomento con te. Né con te né con qualcun’altro.
«Che sta succedendo?» Mio fratello continuava a passare lo sguardo da me a nostra madre.
«Non lo so davvero. Che ci vuoi fare..con la vecchiaia le persone impazziscono. Ora per favore mi fai vestire? Inizio a sentire un po’ freddo con questo accappatoio bagnato.»
Spinsi Nicholas  fuori dalla porta e la richiusi alla sue spalle mentre aveva ancora l’espressione confusa sul viso.
 Emisi un gigantesco sospiro e mi gettai a pesantemente sul letto soffocando un urlo nel cuscino.
Prima si presenta la sexy fidanzata di Rìan a casa mia pretendendo anche che io le presti un pigiama. Investo un povero ragazzo innocente in cortile. Perdo il telefono. Mia mamma che dopo anni che nascondo questo segreto lo scopre per colpa della mia stupidità. Poi per poco non lo scopre anche mio fratello e probabilmente ora mia madre è di là che sta già pensando ad organizzare le nozze tra me e Rìan.
Che altro deve succedere?
In quel momento sento lo scricchiolio della porta della mia stanza che si apre. Che altro c’è? Mi giro pensando di dover risolvere altri problemi ma per fortuna è Lucy. Probabilmente l’unica cosa di cui avevo bisogno dopo una giornata simile.
«E’ tutto a posto?»
«Ciao! Si tutto a posto mi stavo solo disperando per la perdita del mio telefono.»
Per quello e per un’altra decina di cose. Si avvicinò a me e si sedette sul bordo del letto.
«L’hai detto ai tuoi? Sono sicura che non si arrabbieranno troppo. Tua madre non fa altro che perderli.» La sua affermazione mi strappò una risata.
 Mia mamma ha perso e rotto un’enorme quantità di cellulari. Le cadono dalla borsa perennemente aperta,  li lascia sul bancone dei bar, nei negozi, li fa cadere nel water. Mio padre ha smesso di comprarle cellulari costosi anni fa. Ora usa quelli con cui puoi inviare messaggi e fare telefonate. Non c’è neanche il gioco Snake in quello che usa ora. Con questo ha stabilito un record, ce l’ha da 9 mesi e non gli ha fatto neanche un graffio.
«Hai ragione, probabilmente dovrei dirglielo.» Risposi ancora sorridendo. «Come è andato il tuo appuntamento?»
Ora era il suo turno di sorridere. «Benissimo, davvero. Lui è stato un perfetto gentiluomo. Ha pagato per me, mi ha aperto la porta del bar, il portone di casa quando sono uscita e mi ha prestato la sua giacca. Alla fine la giacca di pelle non l’ho messa.»
 «E che fine ha fatto la tua ansia di ammalarti?» la presi un po’ in giro.
«L’ho lasciata a casa a posta. Un piccolo trucco per farmi prestare la giacca da lui. Ho portato un maglioncino nella borsa comunque. In caso non fosse stato così gentiluomo come voleva farmi credere.»
«Grande idea. La prossima volta che avrò un appuntamento sperimenterò questa tattica.» Magari un appuntamento con Rìan.
«Magari la prossima volta non è così lontana, Sam potrebbe chiederti di uscire!» Mi fece lo stesso sguardo malizioso che mi aveva fatto prima mia madre. «A proposito oggi sei stata una stupida!»
«Io? Sei stata tu a spingermi addosso a lui» Non si ricordava di chi era stata la brillante idea di gettarmi addosso a Sam?
«Non mi riferivo a quello, quella è stata una grande idea. Intendevo all’uscita lui stava cercando di fare conversazione e tu l’hai liquidato per correre da tuo fratello e il suo amico!» Ohh quello! Avanti una bella scusa adesso? Niente cervello? Sei sempre il solito.
«Io non me ne sono accorta, ero in imbarazzo non me la sentivo di fare conversazione e stava anche per piovere!» sperai che quella scusa le bastasse.
«Non c’è motivo di sentirti in imbarazzo. Lui voleva parlare con te e tu te ne sei andata e l’hai lasciato lì mentre stava ancora parlando. Se domani non i fermi a parlare con lui non credo che vorrò ancora essere tua amica.»
 E non scherzava. Quando avevamo 10 anni non mi ha parlato per 2 giorni perché avevo messo la “X” su no quando un bambino mi aveva dato un bigliettino per chiedermi di fidanzarci. Sosteneva che era un bambino dolcissimo e che sono stata una stronza a non accettare e che avevo gli spezzato il cuore. A quei tempi non aveva detto “stronza” aveva detto qualcosa come  “cattiva” o “per niente gentile”.
«Va bene domani ci parlerò» risposi rassegnata. Non che mi dispiacesse in effetti, non fa mai male parlare con un bel  ragazzo.
 «Non cambiare argomento comunque. Raccontami i dettagli del tuo appuntamento con Daniel. Vi siete baciati?»
«No, ancora no. Stavo pensando che forse non è una buona idea iniziare qualcosa con lui. Se poi ci lasciamo dovrò stare attenta quando esco di casa e quando entro. Non voglio finire in una situazione imbarazzante davanti al portone o ancora peggio in ascensore.»
Ecco qui l’ansiosa Lucy era tornata.
«Stai scherzando? Non puoi far finire tutto così. Lui ti piace non far finire tutto così per una cosa così stupida. Se vi lascerete pazienza, vivrete qualche settimana di imbarazzo e poi non ci farete più caso. Non sprecare un’occasione con un ragazzo come lui. Sembra speciale.» L’avevo quasi convinta. «E poi se la fai finita con lui sarò io a non voler essere più tua amica.»
Mia madre annunciò dalla cucina che la cena era pronta.
«Pensaci. Non farti scappare un ragazzo come lui.»
«Parli tu che stamattina hai lasciato quel poveraccio a parlare da solo. Buona cena. A domani.»
Accompagnai Lucy alla porta e andai a cena con lo stomaco che brontolava.
 
Quella mattina la giornata iniziò con il familiare suono della sveglia. Piacevole come sempre. Appena sveglia ogni mio movimento è rallentato, inizio a carburare solo dopo una notevole dose di caffè. Dopo il mio caffè forse riesco anche a rispondere alle domande insistenti di mia madre che puntualmente appena sveglia mi bombarda di domande ed informazioni che non riesco ad assimilare. “Che vuoi per pranzo?”, “oggi tornerò a casa alle 3 devi prepararti il pranzo da sola”, “hai studiato per il compito?”. In genere la mia risposta è sempre un grugnito, sta a lei capire se è un si o un no. Non è colpa mia se decide di parlarmi nei momenti meno indicati. Se vuoi fare conversazione con me devi imparare ad interpretare la mia lingua “pre colazione”.
Colazione, doccia, armadio.
40 minuti dopo mi stavo dirigendo verso la fermata dell’autobus con un fresco venticello primaverile che mi sferzava il viso. L’autobus era stranamente pieno quel martedì e stavo iniziando a rimpiangere il fatto di essermi lamentata per la vista di Rosalie ieri in macchina. Non so se sia peggio vedere lei e Rìan che si sbaciucchiano o vedere l’ascella di questo vecchio panzone spiaccicata su di me. E’ una bella lotta. Forse questa mattina il premio lo vince il simpatico anziano qui davanti. In fondo avevo sempre la consolazione di essere in uno spazio così limitato con Rìan ieri, oggi l’unica consolazione è che due terzi delle persone sull’autobus hanno detto sì al sapone.
Scesa dall’autobus ho finalmente ricominciato a respirare col naso invece che con la bocca.
Ero in anticipo così ne approfittai per prendermi il secondo caffè della giornata con calma e pagarne uno anche a Lucy. Individuai un tavolo libero e cercai di lanciarmi verso quel tavolo prima che qualcun’altro lo facesse. Una volta seduta mi sentii un po’ in imbarazzo lì a quel tavolo da sola. Una cosa che odiavo era stare da sola vicino a scuola, durante la ricreazione, all’entrata e all’uscita o al cambio dell’ora. In genere se mi capitava di essere da sola tiravo fuori il cellulare e fingevo di essere immersa in una importantissima e interessantissima conversazione.
Aprivo what’sApp e iniziavo a fare su e giù guardando le varie chat. Il mio telefono però non c’era più così decisi di tirare fuori il mio libro. Perlomeno potevo sembrare anche un po’ intellettuale. Dopo aver letto le prima due righe una mano entrò nel mio campo visivo e si poggiò sulla sedia davanti a me.
«Posso sedermi?»
                                                                                                                     
 

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Capitolo 6
*** Ritrovamenti ***


Dopo aver letto le prima due righe una mano entrò nel mio campo visivo e si poggiò sulla sedia davanti a me.
«Posso sedermi?»
Sam Evans era in piedi davanti a me con un sorriso smagliante sul viso.
«Certo, è libero» Sorrisi anche io, sperando che il mio sorriso fosse attraente quanto il suo.
«Sicura che non disturbo? Non vorrei averti interrotto durante la lettura di un passo importante.»
Nah cercavo solo di darmi un tono e sembrare intellettuale, nessun disturbo.
«Non preoccuparti, ero nel bel mezzo di un capitolo tutt’altro che interessante.»
Sam annuì soddisfatto.  «Ieri cercavo di dirti una cosa ma sei scappata via.» Mi mossi sulla sedia cercando di mascherare l’imbarazzo. «Si, ho visto mio fratello e sono andata da lui. Non volevo farlo aspettare.»
Ero parecchio curiosa di sapere cosa aveva da dirmi e allo stesso tempo ero un po’ agitata. «Cosa..cosa volevi dirmi?» cambiai di nuovo posizione.
«Ho una sorpresa per te.» Mi guardò con le labbra incurvate in un mezzo sorriso. Non mi piacciono le sorprese. Mi limitai a fissarlo in attesa che facesse qualcos’altro abbastanza preoccupata di quella che sarebbe potuta essere la sorpresa. Gli rivolsi una sguardo incoraggiante. Dopo aver capito che non avrei detto nient’altro distolse lo sguardo da me e si piegò verso lo zaino che aveva poggiato a terra. Frugò un po’ nella tasca davanti -cosa che fece solo aumentare la mia tensione- e ne tirò fuori un cellulare, il mio cellulare. Lo posò sul tavolo e lo fece scorrere verso di me.
Rimangio tutto quello che ho detto. Adoro le sorprese. Lo guardai con gli occhi spalancati colmi di gratitudine.
«Sei parecchio ricercata. Ti è squillato un sacco di volte.»
«Sam! Grazie..grazie mille. Dove l’hai trovato? Stavo già pensando a cosa avrei potuto dire ai miei per non farmi mangiare.» Non ci potevo credere. Era bello riaverlo tra le mie mani. Mi accorsi troppo tardi che nella gioia del ritrovamento mi ero lasciata scappare il suo nome. Le mie guance avevano preso una sfumatura rossastra nel frattempo. Cavolo, mi ero dimenticata che non ci eravamo mai presentati ufficialmente. Era stata Lucy a dirmi come si chiamava.
«Vedo che ti sei informata sul mio nome, Megan.» sottolineò l’ultima parola. Sapere che anche lui sapeva come mi chiamavo mi fece sentire meglio all’istante. «Anche tu sul mio.» Dissi in tono che sperai sembrasse provocatorio. «Si, un gioco da ragazzi, è bastato qualche agente segreto e qualche domanda in giro.» usò un tono finto noncurante.
 «Ah ecco chi erano quei due uomini vestiti di nero che mi seguivano.» scherzai io fingendomi sollevata.
«Mi hai scoperto.» Alzò le mani in segno di resa.
«Non so davvero come ringraziarti.» Gli sorrisi sincera.
 «Non ho fatto nulla, l’ho visto lì per terra e l’ho raccolto.» lui cercò di minimizzare la cosa ma ero felicissima di riaverlo.
«Davvero, vorrei sdebitarmi. Se ti serve qualcosa chiedi pure.» Proposi allegra.
«D’accordo! Ti farò sapere.» Disse scherzoso. Si alzò e risistemò la sedia sotto il tavolo. «Ti lascio al tuo libro.» mi salutò con un sorriso e si congedò.
La campanella non era ancora suonata, avevo ancora qualche minuto da perdere.
Provai ad accendere il mio telefono ma ovviamente era spento. Dopo più di un giorno senza essere ricaricato sarebbe stato un miracolo se fosse stato acceso.
Mi venne il dubbio che Sam aveva curiosato nel mio telefono. Non osai immaginare cosa avrebbe potuto trovarci. C’era di tutto: foto imbarazzanti, conversazioni compromettenti… Di tutto. Sperai vivamente che si fosse fatto i fatti suoi.
In quel momento vidi Lucy e Karen avvicinarsi al mio tavolo. Al loro passaggio un notevole numero di teste si girarono. Succede sempre, ogni volta che vado in giro con la mia migliore amica siamo sempre accompagnate da fischi, battutine e occhiate da parte del sesso maschile. Guardavano più lei che me. Non che fossi una brutta ragazza ma stando accanto a lei il mio fascino veniva sminuito. Era come mangiare la frutta. E’ buona ma se ci aggiungi del cioccolato sopra è decisamente meglio. Io ero la frutta e Lucy il cioccolato. La frutta non è male ma il cioccolato è decisamente delizioso. Oppure come bere dell’acqua naturale e poi quella frizzante. Io la naturale e lei la frizzante. L’acqua naturale disseta. Ma la frizzante di più. Si sente quel brivido in più con l’acqua frizzante.
Era successo davvero troppe volte che un ragazzo che mi interessava si interessava a lei. All’inizio ci stavo male ma ho imparato ad accettare la cosa. Non tutti possono essere il cioccolato.
«La mia vista mi inganna o pochi secondi fa c’era Sam Evans seduto a questo tavolo?» Indicò il posto vuoto di fronte a me. «Ci vedi benissimo e mi ha anche dato questo» sventolai fiera il mio telefono sotto il suo naso. «Ce lo aveva lui?! Se solo lo avessi fatto parlare ieri!» Sospirò in modo teatrale e mi diede una piccola spinta sul braccio. Annuii d’accordo con lei. «Tieni ti ho preso un caffè. Ne vuoi uno anche tu Karen?» spinsi la sedia che avevo davanti con un piede invitandole a sedersi.
«No grazie, per oggi ne farò a meno.»  Karen non mi stava del tutto simpatica, avevamo quel finto rapporto cordiale che solo le ragazze sanno avere. Non c’era un motivo particolare per l’antipatia che provavo nei suoi confronti era solo il suo modo di fare che non mi andava proprio a genio. Eravamo anche uscite insieme qualche volta ma semplicemente non era scattata l’amicizia. «Quel ragazzo è così sexy. Tienitelo stretto Meg.» Karen disse “sexy” dividendo in due sillabe la parola “se-xy” e accompagnò la parola con un movimento della mano.
 Il modo in cui parlava e gesticolava era uno dei motivi per cui non mi piaceva. Gesticolava tutto il tempo, vederla parlare era come vedere un vigile che dirigeva il traffico. Ampi movimenti a destra e a sinistra. E la sua parlata era insopportabile
«Si penso che seguirò il tuo consiglio. Non ho intenzione di lasciarmelo scappare.» Per quanto potessi trovare antipatica Karen aveva ragione. Sam era sexy e io ero decisamente a favore della tattica “chiodo-scaccia-chiodo”. Sam sarebbe potuto essere il chiodo perfetto per aiutarmi a scacciare quell’altro chiodo dai capelli castani che mi ossessionava da due anni. Era davvero arrivato il momento di lasciar perdere. Uno che aveva una ragazza come Rosalie non si sarebbe mai interessata ad una come me. Anche questa volta io ero la triste acqua naturale e Rose la briosa acqua frizzante. Non c’è paragone.
La campanella arrivò forte e chiara fino al bar e la maggior parte dei ragazzi che stava poltrendo lì si alzò svogliata per dirigersi verso le aule.
«Andiamo ragazze, un’altra entusiasmante giornata di scuola ci attende!» Le spronai ad alzarsi con un finto tono allegro muovendo il braccio destro verso sinistra con il pungo chiuso.
«Almeno in prima ora abbiamo storia. Ci rifaremo gli occhi con la vista del professor Harvey.» Lucy mi aveva appena dato un’ottima notizia. Pensavo che avremmo avuto storia in terza ora.
Era sempre un piacere fare lezione con Fred Harvey, era il momento in cui ogni ragazza del liceo si svegliava dal letargo scolastico e entrava nella stagione della caccia. Ragazze che si ripassavano il rossetto, ragazze che si toccavano i capelli e ragazze che si allargavano lo scollatura della maglietta. I ragazzi si limitavano a sbuffare invidiosi di tutte quelle attenzioni.
Quando passava in corridoio si ripeteva la scena di capelli ondeggiati a destra e a sinistra provocanti e saluti miagolanti ogni due secondi: “Salve professore”, “buongiorno Mr. Harvey”, “bella giornata eh prof?”
E’ sempre stato il sogno di tutti avere un insegnante degno di nota. Noi studenti non pretendiamo un modello o una modella ma quantomeno piacevole alla vista. Noi ragazze della scuola di Cape Code siamo state accontentate, e anche in modo più che soddisfacente.
Girano parecchie voci a proposito delle sue relazioni clandestine con le studentesse, nessuna di queste confermate comunque è sicuro che ogni ragazza di questa scuola farebbe di tutto per finire nel suo letto e diventare la protagonista di queste storie. Compresa la sottoscritta. Solo per quanto riguarda la storia del letto, non mi piace essere al centro dell’attenzione. In caso dovessi avere una relazione con Mr. HotProf preferirei tenerla nascosta.
Il professore era già in classe quando Karen, Lucy ed io ci presentammo in aula. Molte cercavano di arrivare tardi a posta per essere notate di più ma Harvey odiava i ritardi quindi a meno che l’obbiettivo non era essere ricordate negativamente quella non era una buona tattica.
La lezione passò velocemente e io la ascoltai volentieri. Erano tutti particolarmente attenti quella mattina, non solo perché chi spiegava era piacevole alla vista ma anche perché era un argomento interessante. Storia mi è sempre piaciuta. Una volta cambiata aula per la lezione successiva tutti tornarono nel loro letargo scolastico.
«Aprite il libro a pagina 394» Annunciò Mr. Hill. Cercai la pagina indicata e per poco non lanciai uno strillo. Chiusi il libro di matematica con un colpo sotto lo sguardo interrogativo di tutti gli altri compagni intorno a me.
«Mi sembrava di aver visto una mosca.»  Mi scusai con un sorriso.
La foto di Rìan era infilata a pagina 394 del mio libro di matematica.
Quella era una delle tante lezioni che seguivo con Lucy e in quel momento era accanto a me. Avevo il terrore che l’avesse vista ma era tornata a sfogliare il suo libro distrattamente. Riaprii il mio con cautela per cercare di mettere quella foto in un posto più sicuro. Mi stava causando troppi problemi, avrei dovuto bruciarla quella maledetta foto. Accidenti a me quando ho deciso di stamparla.
Sul retro trovai una scritta non mia.
“Te la restituisco, l’ho rimessa dove l’ho trovata. La prossima volta nascondila meglio.
Mamma”
Nella fretta di cacciare Nicholas dalla mia stanza avevo dimenticato che mia mamma si era portata via la foto nella tasca dei jeans.
Prima di farla cadere nella borsa controllai di nuovo che nessuno mi stesse guardando  ma ognuno era tornato a pensare ai fatti propri.
 
Tornai a casa nel pomeriggio, in casa non c’era nessuno. Lasciai le chiavi al solito posto sulla cassapanca e misi il telefono in carica. Mi prepari uno spuntino in cucina e tornai in camera per guardare un po’ di tv spazzatura, quella che spinge i neuroni al suicidio.
Il mio telefono intanto era abbastanza carico da riaccendersi e sentii il classico suono che ti avvisa dell’arrivo di un messaggio.
Classico. Ogni volta che mi metto comoda qualcosa mi costringe a rialzarmi due secondi dopo.
Spesso rimetto il telefono in borsa e subito dopo sento il telefono che inizia a squillare, così sono costretta a riaprire la borsa e cercare il telefono che è magicamente finito sul fondo della borsa nonostante lo avessi messo sopra tutto quel disastro un secondo prima.
C’erano dei messaggi e delle chiamate di Lucy del giorno prima e una chiamata di Rìan. Gli avevo chiesto di chiamarmi quando ero in macchina sua e temevo di averlo perso. Speravo di sentirlo squillare per trovarlo più velocemente ma ovviamente non è servito. Era bello leggere quel nome sul display. Sarebbe stato bello leggerlo più spesso. Mi venne l’impulso di premere su “richiama”.
Mentre fissavo il suo nome mi arrivò un messaggio da un numero che non avevo salvato in rubrica. Mi fece sussultare per un attimo.
 
 
 

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Capitolo 7
*** Decisioni ***


Mentre fissavo il suo nome mi arrivò un messaggio da un numero che non avevo salvato in rubrica. Mi fece sussultare per un attimo.
 
“Mi sono preso la libertà di salvarmi il tuo numero di telefono.  Spero non ti dispiaccia.
A domani, Sam.”
 
Rimasi per un secondo a fissare il telefono, il cellulare trillò di nuovo.
 
“P.s puoi stare tranquilla, non ho curiosato nel tuo telefono. I tuoi segreti sono al sicuro. “
 
Sorrisi allo schermo. Decisi di aspettare qualche minuto prima di rispondere. Quando parlo con i ragazzi lo faccio sempre, non voglio dare l’impressione di avere sempre il telefono in mano in attesa di un loro messaggio. Nel frattempo salvai il suo numero in rubrica “Sam” semplicemente. Mi piace vedere come i nomi in rubrica subiscono dei cambiamenti nel corso del tempo. All’inizio c’è solo il nome o addirittura nome e cognome, poi aggiungo uno smile o un cuore. Se il numero è di un ragazzo con cui inizio un relazione in genere il percorso è Nome-Nome e cuore-Nome e stronzo. Alla fine in un modo o nell’altro si meritano sempre questo appellativo, meritano di essere distinti dagli altri numeri. Ero sempre io a finire con il cuore spezzato.
Non che io abbia avuto chissà quante relazioni, anzi il numero di ragazzi che ho avuto è molto basso. Si può contare sulle dita della mano. Di una mano.
Digitai una risposta a Sam dopo solo 5 minuti.
“Non mi dispiace.
P.s io non ho segreti.”
Abbandonai il mio telefono e tornai al mio spuntino e alla mia tv spazzatura.
 
Mia madre rincasò qualche ora dopo. Sentii i suoi soliti movimenti: chiavi nel piatto all’ingresso, borsa poggiata con molta poca delicatezza per terra e il “tic-tic” dei suoi tacchi sul pavimento. Tra tre, due, uno..
«Ciao amore»
Come previsto mia madre si affacciò in camera mia per salutarmi.
«Hai mangiato?» altra cosa tipica di mia madre. “hai mangiato?”. Le nonne e le mamme passano la loro vita a preoccuparsi della dieta di nipoti e figli. Generazioni e generazioni di donne che non vivono se prima non sono sicure che i loro bambini abbiano mangiato a sufficienza. E loro con “sazi a sufficienza” non intendono un primo o un secondo di dimensioni normali. Intendono un leggero piatto di pasta col sugo alto quanto il monte Everest, una fettina di carne grossa quanto una mia coscia e una piccola porzione di torta grossa quanto la mia testa. E dopo, quando senti che non hai più spazio nello stomaco neanche per un’oliva, hanno anche il coraggio di chiedere “vuoi qualcos’altro?”.
«No mamma.» Sorrisi e mi misi comoda per godermi lo spettacolo.
Rimase per un secondo a guardarmi preoccupata come se gli avessi detto di essere rimasta incinta.
«Come no? Hai fame? C’è della torta di là ne vuoi un po’? Se no uno yogurt? O un toast, ti posso preparare un toast con il prosciutto e formaggio o con la marmellata. Ho comprato la marmellata di arancia, mi avevi detto che ti era piaciuta.»
Stava per elencarmi tutto il cibo che avevamo in dispensa ma decisi che per oggi l’avevo fatta preoccupare abbastanza.
«Scherzavo Molly, ho mangiato prima.»
«Ah..hai ancora fame? Vuoi qualcos’altro?» Tornò alla carica. Quanto gli piace ingozzarmi di cibo eh.
«No sono a posto. Mi riposo ancora un po’ e poi forse studio un po’.»
Abbandonò ogni speranza di darmi dell’altro cibo e fece per andarsene poi mi si fermò e mi rimase a guardarmi sul punto di dire qualcosa. Aprì la bocca poi la richiuse.
«Da quanto va avanti questa storia?» Alla fine si decise a parlare.
«La storia del “mamma mi offre del cibo io lo rifiuto e lei me ne propone altro”?»
Sapevo che non si riferiva a quello ma cercai di evitare la conversazione usando il sarcasmo.
«Non mi riferivo a quello, lo sai.» Piccola pausa in cui continuò a guardarmi cercando di farmi dire qualcosa. Io continuai a guardarla senza parlare. Io non dirò quel nome, arrenditi.
«Mi riferivo a Rìan, da quanto ti piace?»
Ecco, l’ha detto lei.
«Mamma a me non…» Iniziai di nuovo la mia recita ma mi guardò con quello sguardo da madre, quello che dice: non dire cavolate so che ho ragione e tu stai mentendo.
Ero davvero stufa di dover convincere tutti, compresa me, che non avevo una cotta. Così mi arresi per la prima volta in due anni decisi che era arrivato il momento di dirlo ad alta voce. Il momento di confessare tutto.
«Va bene, hai vinto lo confesso. Mi piace Rìan da qualche mese.» Non dovevo dire proprio tutto tutto no?
«Questo lo avevo intuito, vuoi parlarne?»
«No, sì» Sospiro. «C’è poco di cui parlare, lui mi piace parecchio ma è più un amore platonico. So che tra noi non succederà nulla, mai. Lui sta con quella Rosalie. La bellissima Ros-model. Bella da togliere il fiato e io sono, solo io. L’acqua naturale. Non guarderà mai una come me.»
Mia mamma rimase perplessa per un attimo. «L’acqua naturale?» Oh andiamo, ti confesso cose che non ho mai detto neanche alla mia migliore amica e tu ti soffermi sull’acqua? Aspetta neanche alla mia migliore amica. Merda mia mamma era davvero diventata la mia migliore amica adesso.
«l’acqua naturale sì, è una lunga storia lascia perdere.» Mossi la mano come per scacciare un insetto.
Il volto di mia mamma si sciolse in un sorriso dolce. Confortante. Venne a sedersi vicino a me sul letto, mi mise una mano sul ginocchio come a consolarmi.
«Tesoro questo non è vero, sei una ragazza meravigliosa e so che lo dicono tutte le mamme ma non lo dico solo perche sono tua mamma. Lo penso davvero. Sono sicura di non essere l’unica a dirlo.»
Altra cosa tipica delle mamme pensano sempre che le loro figlie sono le più belle di tutte, poi ti assicurano che non lo dicono solo perche sono di parte.
Non crederò mai ai loro complimenti.
«E comunque Nic non permetterebbe mai una relazione tra noi due.»
 «Chi se ne frega di Nicholas. Lo supererà, la loro amicizia non finirà per questo. E chi se ne frega anche di Ros-model» usò lo stesso nomignolo che le avevo dato io e lo disse con un’espressione schifata, come se stesse parlando di qualcosa di nauseabondo e non di una ragazza.
 «Non è sua moglie possono sempre lasciarsi. Se pensi che Rìan sia quello giusto allora buttati. Non hai nulla da perdere, sei giovane e avrai mille delusioni nella tua vita, vorrei proteggerti da tutto ma non posso, fanno parte della vita le delusioni. Farai mille figuracce. Milioni.»
Fece una piccola pausa e sorrise nostalgica. Un ricordo lontano le era tornato in mente.
 « Alla mia età probabilmente ne riderai e magari ti ritroverai come me adesso seduta sul letto di tua figlia a raccontarle tutte una per una. Oppure tra qualche anno ti ritroverai con mille domande e niente da raccontare “e se..”, “chissà cosa sarebbe successo se..”. Non riempire la tua vita di domande e rimpianti. Buttati, non te ne pentirai. Se andrà male il tempo guarirà tutto. »
Si alzò e se ne andò chiudendosi la porta alle spalle. Mi lasciò lì con quel discorso sullo stomaco. A fermentare.
In quel momento il mio telefono squillò di nuovo. Lessi il nome sullo schermo. Sam.
“Il tuo viso sembra dire il contrario. Mi piacerebbe scoprirne qualcuno.”
Forse quello era un segno. Il destino voleva dirmi che dovevo buttarmi sì, ma con Sam non con Rìan.
Ero un po’ stordita.
Decisi di uscire di casa per fare una passeggiata e riflettere un po’.
Al diavolo lo studio. Come sempre.
 
Il parco era il posto ideale. Un sacco di vie in cui perdersi, un sacco di alberi e persone da osservare, un sacco di panchine su cui pensare.
Buttarmi con Rìan, fare quello che non avevo mai avuto il coraggio di fare in due anni o farla finita. Lasciare che Rìan viva la sua storia con Rosalie e vivere la mia con Sam.
Gli dato una possibilità, in quel momento mi sembrava la cosa giusta da fare.
Continuai a pensare alle ragioni per cui lui fosse la scelta migliore. Erano tante.
Lui era un bel ragazzo, lui era simpatico, lui non era fidanzato, lui almeno mi considerava, lui era interessato a conoscermi meglio.
L’unico problema era che lui non era Rìan. Ma infondo Sam era perfetto. Rìan lo avrei dimenticato presto, Sam mi avrebbe fatto stare bene. Era davvero la scelta giusta.
Decisi di prendere un cappuccino prima di tornare a casa. Lì vicino c’era un posto davvero carino dove andavo spesso con Lucy.
Nel locale c’era poca gente, molti tavoli erano liberi. Inizialmente pensavo di prendere il cappuccino e berlo tornando a casa ma alla fine decisi di restare dentro. Per essere aprile faceva un certo freddo quel giorno. Scelsi un tavolo abbastanza appartato in un angolo del locale e iniziai a guardarmi intorno. Quanto mi piace osservare gli altri. La maggior parte erano coppie, mentre le osservavo un po’ invidiandole e un po’ odiandole mi resi conto che davanti a me, a qualche tavolo di distanza, c’erano Rosalie e Rìan questo mi fece passare la voglia di restare al calduccio lì dentro. Infondo non fa così freddo, un po’ di vento non ha mai fatto male a nessuno. Cercai di alzarmi senza dare nell’occhio, non volevo che mi vedessero lì da sola, in un angolo del locale chissà in quali condizioni – nella fretta di uscire non mi ero specchiata -. Ero quasi con la mano sulla porta quando mi accorsi che non avevano per niente l’aria felice e innamorata. Lei stringeva il braccio di lui con aria un po’ disperata e parlava velocemente, sembrava si stesse giustificando per qualcosa e lui non la guardava neanche in faccia. Continuava a fissare le tazze che aveva davanti con un espressione contrariata.
Ero rimasta lì in mezzo alla sala con un bicchiere in una mano e la borsa nell’altra. Volevo cercare di capire qualcosa ma ero lì in mezzo ferma e non sapevo cosa fare. Scelsi la mia adorata  tattica del cellulare. Lo cercai nella borsa e lo portai all’orecchio. Spesso quando la gente è al telefono si ferma in mezzo alla strada come se non sapessero più camminare e parlare contemporaneamente.
 Per quel giorno anche io finsi di aver perso la capacità di fare entrambe le cose insieme. Rimasi lì a fissarli di soppiatto dal centro della sala con il telefono all’orecchio. Sperai che non mi arrivasse una chiamata proprio in quel momento.
«Rìan devi credermi.» Sembrava sul punto di piangere. Rìan si scostò da lei e si alzò.
«Non posso Rosalie, vorrei ma non riesco a crederti.»
Mi voltai verso il muro per non farmi vedere da lui mentre usciva. Finsi di finire la telefonata e rimisi il telefono in borsa. «D’accordo George, a dopo» Non conosco neanche un George non so come mi sia venuto quel nome. Mi rigirai per uscire e vidi Rosalie con le guance rigate dalle lacrime. In quel momento però non riuscii a sentirmi dispiaciuta per lei. Non so cosa aveva fatto ma Rìan stava male per colpa sua e non potevo sopportarlo. Le lanciai un rapido sguardo e uscii dalla caffetteria. Rìan era seduto su una panchina a pochi passi di distanza da me con lo sguardo triste. Mi faceva male vederlo così, sarebbe stato bello potermi sedere accanto a lui stringerlo per farlo sentire solo un po’ meglio, accarezzarlo per togliergli dal volto quell’espressione triste. Ma non potevo permettermi di fare una cosa del genere. Abbassai lo sguardo e proseguii.
«Ciao Megan»
Rìan mi aveva visto, ora sarebbe stato difficile trattenermi dal toccarlo. «Ciao, tutto a posto?»
Domanda stupida, ovvio che no. Mi schiaffeggiai mentalmente.
Mi guardò con uno sguardo tristissimo. Mi strinsi le braccia al petto per evitare di muovermi.
«Credo…credo di aver appena rotto con Rose.»
Ora che Rìan lo aveva ammesso vidi una porta che si aprì davanti a me. La possibilità di avere un’occasione con lui.
Il destino era confuso quanto me. Credevo che fosse chiaro, la scelta giusta era Sam, l’unica possibile ma ora non ero più così sicura. Forse a Rìan neanche interesso. Ma non riesco a fare a meno di pensare che ora con Rosalie è finita e potrebbe essere arrivato il momento di seguire il consiglio di mia madre: buttarmi.
Il fato mi aveva messo di nuovo davanti ad un bivio: Sam o Rìan? Ora che avevo fatto una scelta le carte erano state mischiate di nuovo. Rìan era stato ributtato nella mia vita con il triplo della facilità con cui ero riuscita a metterlo da parte.

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Capitolo 8
*** Cambiamenti ***


Il fato mi aveva messo di nuovo davanti ad un bivio: Sam o Rìan? Ora che avevo fatto una scelta le carte erano state mischiate di nuovo. Rìan era stato ributtato nella mia vita con il triplo della facilità con cui ero riuscita a metterlo da parte.
«Mi dispiace davvero tanto Rìan.» Cerai di essere il più sincera possibile. In parte ero dispiaciuta sul serio, odiavo vederlo così triste ma a in parte non potevo non essere felice della sua rottura. Mi concessi di sedermi accanto a lui. Promisi a me stessa che non mi sarei spinta oltre. Non avrei fatto nient’altro, non lo avrei toccato o sfiorato.
Rìan mi seguì con lo sguardo mentre mi sedevo.
«Posso fare qualcosa? Se vuoi le lancio questo cappuccino in testa.» indicai il bicchiere che avevo in mano.
Mi rivolse un mezzo sorriso. «No, non ce n’è bisogno.» Iniziò a fissare la strada davanti a lui e io iniziai a fissare le sue mani intrecciate poggiate sulle cosce. Non riuscii a trattenere il mio corpo che lottava per avvicinarsi a lui, attirato come se lui fosse una calamita e io il metallo. Alzai una mano con cautela, avevo paura che un movimento brusco lo avrebbe fatto scappare, sfiorai il suo braccio e feci scorrere la  mia mano sulle sue. Infransi la promessa che avevo fatto a me stessa.
«Vedrai, ti passerà. Il tempo guarisce tutto.» Ripetei la frase che mi aveva detto mia madre un’ora prima. Quando Rìan spostò lo sguardo su di me fu come se mi fossi risvegliata da una trance, di scatto allontanai le mie dita da lui rendendomi conto di essermi spinta troppo oltre, lui però sembrò più sorpreso dal fatto che avessi allontanato la mia mano così in fretta piuttosto che dal fatto che lo avessi toccato.
«Grazie Meg.»
Decisi che era arrivato il momento di andarmene e lasciarlo ai suoi pensieri.
 Avevo fatto solo pochi passi quando la voce di Rìan mi chiamò di nuovo. «Nicholas è a casa? Vorrei davvero parlare con lui.»
«Quando sono uscita non c’era ma forse ora è tornato.»
«Ti dispiace se vengo a casa a controllare?»
«No.» Le mie labbra dissero solo no ma il mio corpo avrebbe voluto urlare e saltellare. Avrei avuto l’occasione di passare del tempo da sola con lui.
Mentre camminavamo cercai qualcosa di confortante da dire o anche solo qualcosa di interessante, ma non mi venne in mente nulla, neanche un singolo argomento di conversazione, niente che rompesse quel silenzio imbarazzante. Riuscivo solo a pensare al mio corpo accanto al suo e alla mia mano che sfiorava la sua di tanto in tanto. Mi feci più vicina per permettere che quel contatto casuale tra di noi durasse qualche attimo in più ma il mio piano non andò esattamente in porto. Spostandomi verso destra scivolai su una foglia secca caduta a terra e gli finii addosso. Rìan mi afferrò per un braccio evitandomi una brutta caduta. Mi beai di quel tocco leggero su di me per qualche secondo, poi mi lasciò e il sogno finì.
Perché il mio corpo decide di diventare impedito nei momenti meno opportuni?!
«Grazie per avermi presa.» Mormorai con le guance in fiamme. Non ebbi il coraggio di guardarlo in faccia per paura che notasse il mio rossore.
«Figurati. Inciampo sulle foglie continuamente.» Dal tono sembrava che stesse cercando ardentemente di trattenere una ristata.
Certo! A chi non è mai successo?! Tutti cadono sulle foglie.
«Non prendermi in giro! Le foglie secche sono scivolose!»  Gli diedi un piccolo schiaffo sul braccio cercando di concentrare abbastanza forza per fargli sentire almeno un piccolo bruciore ma mi feci più male io di lui.
«Oh lo so! Te l’ho detto mi capita di continuo.» Ora che le mie guance non erano più sui 40° mi girai a guardarlo e sorrideva. Sorrideva con quel sorriso meraviglioso su cui ho sempre fantasticato. Poi il suo sguardo scese alla mano che mi stavo massaggiando.
«Questo è il karma, non avresti dovuto schiaffeggiarmi!»
«Tu non avresti dovuto prendermi in giro.» Mi prese la mano l’avvicinò alle sue labbra e mi lasciò un piccolo bacio sulle nocche.
«Ecco, ora va meglio?»
Più di quanto tu possa immaginare. Cercai di imprimere la sensazione delle sue labbra sulla mia pelle nella mente. Forse è per questo che la gente non si lava, forse qualcuno di cui si sono innamorati li ha baciati sotto le ascelle, non riesco a trovare un’altra spiegazione logica all’odoraccio che sono costretta a sentire ogni giorno. Io non credo che laverò mai più questa mano.
«Nah, mi dispiace ma la tua saliva non è così miracolosa come credi.»
«Ci ho provato. Almeno ora so che non mi colpirai più.»
«Probabilmente no.»
Prima che me ne rendessi conto ci ritrovammo sotto casa mia. Il tempo era passato troppo in fretta per i miei gusti, avrei voluto bloccare il tempo e continuare a chiacchierare con lui all’infinito. Quella era una delle conversazioni più lunghe che avevo intrattenuto con lui, i nostri rapporti si erano sempre limitati ad un “ciao, come stai” quando Nicholas lo portava a casa, non abbiamo mai parlato sul serio. Mi sono sempre accontentata di sentirlo parlare con mio fratello dalla stanza accanto. Era bello scherzare con lui, parlarci sul serio.
 
Mia madre era ancora in casa, mio fratello non era ancora tornato e papà era a lavoro. Quando varcai la soglia di casa Molly era in salotto sul divano a guardare la Tv.
«Mamma, Nic è a casa?» Le urlai dall’ingresso. Sentii che si alzò per venire in salotto a salutarmi.
«No ma torna tra poco , puoi approfittarne per stampare altre foto di Rì…» Arrivando all’ingresso si rese conto che non ero da sola e chiuse di scatto la bocca.
«Altre foto di Rihanna. Sai a suo fratello non piace molto, quando non c’è ne approfitta per ascoltare la sua musica e stampare sue foto. Poi le nasconde nel libro di matematica e…» Cercai di azzittirla con un occhiataccia. Mia mamma meriterebbe un posto nel libro Guinness world records per tutte le volte che era riuscita a dire la cosa sbagliata al momento ancora più sbagliato. Una pagina grande, tutta per lei. Sono sicura che avrebbe battuto tutte le altre persone presenti su questo mondo.
Guardai Rìan di sbieco per capire se se ci era cascato almeno un po’.
 No, non direi, sembrava piuttosto perplesso.
«Credevo gli piacesse Rihanna.»
«No, non la può vedere.»
«Lo terrò presente» Disse annuendo.
«Rìan accomodati, Puoi aspettare Nic qui. Fai come se fossi a casa tua.»
«Grazie Molly » Rivolese un sorriso mozzafiato a mia madre e andò in salotto.
Non appena Rìan lasciò la stanza approfittai per rimproverare mia madre.
«Sei impazzita?!» Sussurrai.
 «Vedo che non hai perso tempo, eh tesoro?» Mi sussurrò mia madre di rimando. «Brava, così si fa.»
«Non è come pensi, si è lasciato con Rosalie e voleva vedere Nicholas.» Sbuffai. Quella donna doveva smetterla di comportarsi così.
«Bè io vado a fare la spesa.» Disse alzando la voce per farsi sentire anche da Rìan nell’altra stanza. Mi rivolse un occhiolino prese la borsa e se ne andò sbattendo la porta.
Decisi che mi meritavo qualche secondo per assimilare il fatto che Rìan ed io eravamo nella stessa casa, da soli. Qualche secondo per assimilare che pochi minuti fa avevo avuto con lui l’unica conversazione degna di essere chiamata cosi. Pochi minuti fa aveva baciato delicatamente questa stessa mano che ora tengo poggiata su un fianco. E soprattutto poco fa ho visto Rìan e Rosalie lasciarsi. Il tono della voce dentro la mia testa aveva preso un ché di disperato ed eccitato. Feci un respiro profondo, ci ripensai un attimo e decisi che due erano meglio di uno. Cercai di calmarmi ma senza successo, mi stampai un sorriso in faccia e lo raggiunsi di là.
«Vuoi un tè? Mi fa sempre stare meglio quando sono giù.»
«Sì, per favore.»
«Ti aiuto.»
Preferirei di no visto quello che mi accade quando mi sei vicino però se devi…
«Hai ritrovato il tuo telefono?»
«Sì, mi era caduto a terra a scuola. Un ragazzo lo ha ritrovato e me lo ha restituito.»
«Sei stata fortunata.»
«Già. Limone o vaniglia?» Dissi mostrandogli due bustine di tè.
«Vaniglia.»
Trattenni un sorriso pensando che anche io avrei scelto vaniglia.
In quel momento realizzai che lui per quanto potesse essere speciale e diverso da tutti gli altri era pur sempre un ragazzo e si sa che non ragionano con il cervello ma con un punto un pochino più in basso. Diciamo un punto tra le loro gambe, giusto per restare sul vago. Quindi se c’era una minima speranza, una speranza remota, che lui fosse interessato a me forse poteva essere una buona idea sfruttare i doni che Madre Natura mi aveva dato per aiutare a far uscire quei sentimenti nascosti. Il mio viso era nella norma, si poteva definire carino ma certo non ero al livello di Angelina Jolie o semplicemente al livello di Lucy. Ma per quanto riguarda il mio corpo ero stata fortunata: il mio seno era prosperoso al punto giusto e il mio lato B era sempre stato  apprezzato dal sesso opposto. Non ne avevo mai approfittato prima d’ora ma adesso mi sembrava un ottimo momento per iniziare.
Mi sfilai il maglioncino che avevo addosso blaterando qualcosa a proposito del caldo e rimasi  con una magliettina abbastanza scollata. Cercai di chinarmi nel modo più sensuale che potevo ogni volta che dovevo prendere qualcosa in basso. Rìan era alle mi spalle appoggiato al tavolo con le braccia incrociate.
Approfittai di ogni superficie nella mia cucina per controllare se mi stava guardando. Ogni tanto riuscii a sorprenderlo con lo sguardo su di me.
«Posso fare qualcosa?» Esclamò all’improvviso.
«Prendi le tazze nella credenza lì sotto» Gli indicai uno sportello accanto a me.
Io stavo armeggiando con il bollitore che aveva iniziato a far uscire acqua bollente dal bordo. Vidi con la coda dell’occhio Rìan avvicinarsi per prendere le tazze.
«Stai attenta, ti potresti bruciare così» Sentii la sua voce vicinissima al mio orecchio. Un braccio mi passo accanto e spense il fuoco sotto il bollitore. Lui era lì, alle mie spalle, così vicino che sentivo il calore del suo corpo attraverso i vestiti.
«Grazie» dissi senza fiato. Mi girai lentamente e Rìan era a pochi centimetri dal mio viso.
 Ero schiacciata contro il bancone della cucina e le sue gambe erano a contatto con le mie, se solo avessi spinto il busto un po’ più in avanti i nostri corpi sarebbero stati incollati li uni agli altri.
«Megan, grazie per quello che hai fatto. Mi hai fatto sorridere oggi e ne avevo proprio bisogno.» La sua voce era bassa e roca. Scivolò alle mie orecchie dolcemente.
I suoi occhi guardavano me come non avevano mai fatto prima e mi catturarono.
Non so se fosse merito della mia scollatura o semplicemente perché oggi ero stata lì per lui in un momento di bisogno ma Rìan era lì, contro il mio corpo e non riusciva a distogliere lo sguardo da me.

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Capitolo 9
*** Punti di vista differenti ***


Non so se fosse merito della mia scollatura o semplicemente perché oggi ero stata lì per lui in un momento di bisogno ma Rìan era lì, contro il mio corpo e non riusciva a distogliere lo sguardo da me.
Sentimmo la porta di casa sbattere rumorosamente. Rìan si allontanò velocemente da me con un colpo di tosse e iniziò a fare qualcosa al mio fianco ma io non mi curai minimamente di capire cosa stesse facendo, ero ancora appoggiata lì, con il cuore che batteva a mille e le mani strette saldamente intorno al bordo del bancone della cucina. Non riuscivo a fare un movimento, sulle gambe sentivo ancora la sensazione del suo corpo appoggiato al mio. Avevo come la sensazione che se quella porta nell’altra stanza non si fosse chiusa così rumorosamente forse io avrei finalmente avuto il mio bacio con Rìan, quel bacio che aspettavo da così tanto tempo, lo stesso bacio a cui avevo decido di rinunciare solo qualche ora prima.
«Ciao Meg.» Nicholas si presentò in cucina sorridente inconscio di quello che solo pochi attimi prima stava succedendo. Spostò lo sguardo sul suo migliore amico «Rìan che ci fai qui?» Chiese sospettoso.
«Io avevo davvero bisogno di parlare con te.»
Il tono sospettoso di Nic si trasformò velocemente in un tono preoccupato. «Che succede?»
«Si tratta di Rose.»
«Oh…potevi scrivermi sarei venuto più in fretta possibile.» Perché invece la prossima volta non fai un po’ meno in fretta? Non sono mai stata meno contenta di vederti, caro fratello.
«Vieni andiamo in camera mia.» Rìan seguì Nicholas fuori dalla cucina.
Incrociai le braccia davanti al petto col cervello che andava in tutte le direzioni. Ero felice perche forse finalmente Rìan era riuscito ad accorgersi di me. Forse era stato solo per il mio “spettacolino” mentre preparavo il tè – dio è davvero così facile impressionarvi ragazzi? Bastano un paio di tette? A saperlo ci avrei provato prima-  ma in ogni caso si era accorto di me e non poteva essere solo perché mi ero tolta un maglioncino. Allo stesso tempo mi sentivo insoddisfatta perché l’arrivo di Nicholas aveva rovinato il momento che si era creato. Non sapevo cosa sarebbe successo se lui non ci avesse interrotto e probabilmente non lo scoprirò mai.
«Ho dimenticato il telefono in cucina.» Sentii la voci di Rìan dal corridoio. Cercai di assumere un’espressione normale. Presi la tazza accanto a me iniziai a sorseggiare il tè che Rìan aveva preparato prima. Ecco cosa stava facendo accanto a me a proposito. Era ancora bollente.
La figura di Rìan riapparse in cucina. «Mi dispiace per quello che è successo prima, non avrei dovuto…Non mi sarei dovuto permettere di avvicinarmi a te in quel modo. Non so cosa mi sia preso, Il fatto è che ero davvero giù e..vulnerabile, tu eri lì, mi hai fatto davvero stare meglio prima e ho sentito il bisogno di avvicinarmi a te.»
Cosa significava quello che mi stava dicendo? Quel “vulnerabile”, me lo sono immaginato o mentre diceva quella parola il suo sguardo e sceso lungo tutto il mio corpo? Quando ha detto “ho sentito il bisogno di avvicinarmi”, intendeva avvicinarsi in quel senso?
«Scusami Meg.»
«Sì, non preoccuparti. E’ tutto a posto.» Lo superai dandogli una spallata e uscendo dalla cucina sbattei la tazza con un po’ troppa forza sul tavolo.
Mi chiusi la porta alle spalle cercando di non scardinarla.
E’ vero era stata una mia idea quella di provocarlo. Non avrei dovuto spogliarmi e mettermi in mostra in quel modo, solo in quel momento mi resi conto dell’errore che avevo fatto. Non volevo che Rìan si avvicinasse a me solo per il mio corpo, non volevo che si avvicinasse a me solo per sfogare le sue frustrazioni su Rosalie, che mi usasse e mi dimenticasse il giorno dopo. Non sarei stata il suo giocattolo.
Le lacrime iniziarono a scendermi calde sul viso. Cercai di calmarmi. Magari avevo frainteso le sue parole e il suo sguardo, non ero neanche sicura che il suo sguardo si fosse davvero spostato dal mio viso. Eppure sembrava così chiaro, le sue parole sembravano dire proprio quello.
Quello era proprio uno di quei momenti in cui avrei voluto davvero raccontare tutto a Lucy. Avevo bisogno di lei, avevo bisogno della mia migliore amica. Ma ancora una volta decisi di tenere tutto per me.
 
Qualche ora dopo Rìan se n’era andato e i miei genitori erano rincasati. Sperai di non trovarmi da sola con mia madre. Sicuramente mi avrebbe fatto delle domande su Rìan e io davvero non avevo la forza di parlarne. A tavola dissi poco e niente e quando mi chiesero se c’era qualcosa che non andava diedi la colpa alla stanchezza. E’ una cosa che faccio sempre, quando sono di cattivo umore sembra che gli altri passino la loro intera giornata a chiedersi che cosa ho che non va e io do’ ripetutamente la colpa alla stanchezza. Non so se ci credono o no ma a me basta che smettano di far domande e mi lascino in pace e quella frase è perfetta per riuscire nell’obbiettivo.
Dopo cena qualcuno venne in ricognizione in camera mia. Era mia madre che con la scusa di portarmi un biscotto al cioccolato iniziò a fare mille domande sul pomeriggio con Rìan. Cercai di mostrarmi allegra, così non avrebbe fatto troppe domande. La mia voglia di parlare era pari a zero.
«Come è andata con il principe Azzurro oggi?»
«Non è andata, Nicholas è tornato a casa quasi subito e non sono riuscita a passare molto tempo da sola con lui.»
«Peccato, mi dispiace.»
«Già anche a me. Mamma domani forse ho un test a sorpresa, vorrei ripassare un po’…» La scusa dello studio con mia madre funziona sempre. Lasciò la stanza in tempo record.
Sparsi un po’ di libri sul letto in caso qualcun’altro dovesse decidere di farmi visita.
E come previsto dopo neanche 10 minuti qualcun’altro bussò alla porta. Questo deve essere mio padre.
«Megan?» No mi sbagliavo, la voce di mio fratello mi sorprese. «Posso chiederti una cosa?»
Il mio stomaco si contorse per un attimo, avevo paura che volesse chiedermi qualcosa riguardo a questo pomeriggio.
«Certo, entra.»
«E’ successo qualcosa oggi?» Dal tono capii che era parecchio a disagio pure lui.
«Che intendi?»
«Con Rìan. E’ successo qualcosa con Rìan?»
«No, assolutamente no, perché?» Cercai di guardarlo come se avesse detto la cosa più ridicola del mondo.
«Perché tu sei strana da questo pomeriggio e lui anche, in più quando sono entrato in cucina avevate entrambi un’espressione colpevole.»
«Rìan aveva appena rotto con una delle ragazze più belle che io abbia mai visto è normale che fosse un po’ strano, e io non sono stata strana e anche se lo fossi stata il perché non è affar tuo.»
«Sono affari miei se il motivo riguarda il mio migliore amico!» Si stava iniziando a scaldare.
«Ok la verità è che ho gli fatto una domanda che non avrei dovuto fare e lui mi ha risposto male. Poi si è scusato ma è stata colpa mia non avrei dovuto chiederglielo. Ci siamo sentiti in imbarazzo, per quello avevamo quell’espressione.»
Bugie, bugie, bugie. Non facevo altro che mentire riguardo a lui, soprattutto alla mia famiglia, dopo oggi però non sarei stata più costretta a farlo. Con Rìan avevo chiuso.
«E cosa gli hai chiesto, che biancheria indossa?»
Mi limitai a rispondergli con un’occhiataccia ma non riuscii a nascondere un sorriso. Era per quello che adoravo mio fratello, riusciva sempre a farmi ridere, anche quando stavo vivendo la giornata più brutta della mia vita, arrivava lui e diceva una qualsiasi cosa che mi faceva tornare il sorriso all’istante. E’ quel tipo di persona che quando parla non capisci se scherza o se è sincero. Quando sono con lui non riesco a restare seria.
«Ok, notte sorellina.»
«Notte Nic.»
 
 
La mattinata a scuola trascorse tranquilla. Solite lezioni, solite facce, solita noia.
Suonata la campanella che annunciava il cambio dell’ora il viso di ogni persona in classe si riattivò immediatamente.
Nei corridoi c’era un gran viavai di persone.
«Perché non vai a parlarci?»
Mi girai verso il punto in cui stava guardando Lucy e individuai Sam da solo al suo armadietto che sistemava i libri cercando quelli per la lezione successiva.
Ripensai alla tattica “chiodo-scaccia-chiodo” che mi ero ripromessa di mettere in atto. Sorrisi alla mia amica la salutai e mi diressi verso di lui.
«Ciao Sam.»
Si girò verso di me sorpreso di vedermi. Come se fosse strano incontrare una sua compagna di scuola a scuola.
«Ciao Megan» Calcò di nuovo l’accento sul mio nome. Mi piaceva il modo in cui lo diceva. Suonava davvero bene detto da lui. Mi resi conto che in realtà non mi ero preparata niente da dire quindi rimasi lì a fissarlo cercando qualcosa da dire. Sam mi fissava di rimando in attesa.
Pensa, pensa, pensa. Sentivo lo sguardo di Lucy trafiggermi la schiena, sapevo che mi stava tenendo d’occhio.
«Volevi..» si schiarì la voce. «Volevi dirmi qualcosa?»
«Sì ,cioè no, ero venuta solo per vedere come stava il salvatore del mio telefono.»
 «Bene, stavo cercando di ripassare qualcosa per la prossima ora, ho un compito e non so nulla.»
«Che materia? »
«Letteratura»
«Il programma dell’ultimo anno è molto più interessante del nostro.»
«Ti sei informata anche su la mia classe quindi.»
«No, io non mando investigatori privati in giro. L’ho capito grazie alla frase “testo per l’ultimo anno” sopra il tuo libro di letteratura» dissi indicando il libro che teneva in mano. «Sai sul mio c’è scritto “testo per il 3 anno”.»
«Giusto, sapevo che eri una ragazzi intelligente.»
«Ho mille risorse» dissi facendo spallucce.«Ti lascio studiare. A dopo.»
Feci per andarmene, in quel momento sentii uno squillo provenire dalla mia borsa. Presi il telefono, nascosto tra il portafoglio e un pacchetto di fazzoletti mezzo vuoto e lessi il nome sul dispaly.
Rìan.
Ops, il mio cuore ha appena perso un battito.
Fino a ieri mattina mi avrebbe solo reso felice leggere il suo nome, ma oggi un mare di tristezza mi invase. Non posso credere che pensava davvero che avrebbe potuto usarmi come una sciacquetta qualunque. Mi immaginavo con lui una di quelle storie da film d’amore, quelle che vedi e pensi “quanto vorrei una storia così” ma lui la nostra storia l’ha vista più come un film porno. Era questo il vero motivo per cui io ero arrabbiata, io speravo in una storia che toglieva il fiato e lui mi vedeva solo come una da una botta e via. Ma dovevo ammettere che dopo tutto lui non aveva colpe, l’avevo detto anche io: i ragazzi non ragionano con il cervello. Ero stata io a concedergli di vedermi in quel modo, sono stata io comportarmi nel modo sbagliato. Lui ha solo agito come avrebbe fatto un qualsiasi ragazzo 18enne.
Alzai lo sguardo dal telefono senza neanche guardare cosa mi aveva scritto. Magari sta sera avrei anche avuto il coraggio di farlo,
«Sam!» Era ancora all’armadietto. Mi girai di nuovo verso di lui.
«Riguardo al messaggio che mi hai scritto, stavo pensando che se vuoi potrei confidarti qualche mio segreto» feci tutto senza riflettere. Mi sembrava una buona idea passare del tempo con lui fuori da scuola
«Sapevo che avevi dei segreti» disse puntandomi un dito contro.
«Non ne ho, era solo una scusa per chiederti di uscire.»
«Quindi mi stai chiedendo di uscire.»
«Esatto.» Era più un’affermazione che una domanda ma risposi comunque.
«Non erano gli uomini a doverlo fare una volta?»
«Si una volta, ma ora siamo nel 21° secolo. Generazioni di donne hanno lavorato per l’emancipazione femminile. Diciamo basta a questa regola, potere alle donne!» Alzai il pugno in segno di vittoria.
Si mise la mano sotto il mento fingendo di rifletterci sopra. «Si sono d’accordo, noi ragazzi siamo stufi di avere l’esclusiva sugli inviti.»
«Questo è un si?»
«Si, ti scrivo più tardi.» Mi sorrise e se ne andò.
Il telefono squillò di nuovo. Un altro messaggio di Rìan, rimisi il telefono in borsa e tornai da Lucy che mi stava ancora fissando.
 

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Capitolo 10
*** Scelte giuste ***


Il telefono squillò di nuovo. Un altro messaggio di Rìan, rimisi il telefono in borsa e tornai da Lucy che mi stava ancora fissando.
                   
«Gli ho appena chiesto di uscire. Sapresti dirmi esattamente dove ho trovato il coraggio?» Dissi con un’espressione incredula.
«Tu cosa?! Oh sono così fiera di te! E di me. In fondo è merito mio se vi parlate.» Si lanciò una ciocca di capelli alla spalle. «Modestamente sono brava in queste cose. Oh Non ringraziarmi.» Disse rassicurandomi.
«Hai finito? Non ti ho ancora detto se ha accettato.» incrociai le braccia al petto fingendomi offesa. Lucy mi guardò con aria di sufficienza.
«Certo che ha accettato. Ha accettato?»   Indagò preoccupata.
«Si ha accettato!»
«Lo sapevo! Bastarda, mi hai fatto credere che avesse detto di no.»
«Ti stavi vantando troppo» mi giustificai.
«E’ davvero merito mio!» sorrisi per dargliela vinta e la salutai.
«Ci vediamo dopo.»
L’intervallo non era ancora finito e sentivo il telefono nella borsa che bruciava come se avesse preso fuoco. Forse era il momento di prendere coraggio e leggere quei messaggi, non potevo ignorarlo in eterno.
Iniziai a camminare a passo svelto verso il cortile, mi ero decisa e non volevo che qualcuno mi interrompesse, probabilmente mi avrebbero fatto perdere la determinazione.
In realtà ero parecchio curiosa di leggere quei messaggi ma allo stesso tempo avevo davvero paura.
Forse aveva solo scritto “io e te. Casa mia. Domani” o “ti va una sveltina e poi domani ognuno torna alla sua vita. Io mi dimentico di Rosalie e tu ne approfitti per divertirti un po’ con me, so che lo desideri, ho visto come mi guardi” . Però si era scusato per il suo comportamento quindi forse non aveva scritto niente del genere, magari mi ha solo scritto per sapere come stavo.
Magari avrei semplicemente dovuto prendere la patata bollente nella mia borsa e leggere quei messaggi.
Individui una panchina nel cortile abbastanza isolata, mi sembrò il posto perfetto per raccogliere un po’ di coraggio e leggere.
Il contatto del metallo freddo della panchina contro le mie gambe mi fece rabbrividire. Era una giornata nuvolosa e fredda. Mi strinsi nel maglione mi rilassai e presi il telefono.
I due messaggi erano lì sullo schermo che mi fissavano persuasivi e mi invitavano a leggerli.
Nello stomaco sentii la familiare sensazione di vuoto, non ho mai saputo bene come descrivere questo fenomeno, ma ognuno lo ha provato almeno una volta. Quella scossa nella pancia quando vedi il ragazzo che ti piace, quando pensi a qualcosa di bello. Le persone in genere chiamano questa sensazione “farfalle nello stomaco” ma a me sembra tutto tranne che farfalle. E’ la stessa sensazione che si prova quando senti la professoressa che ti chiama per interrogarti e tu non sai neanche che pagine dovevi studiare. E’ come un colpo freddo, una bolla fredda che si irradia per tutto lo stomaco, non sono neanche sicura che sia qualcosa di freddo.
Ad ogni modo questa sensazione ha sempre accompagnato ogni momento legato a Rìan, e ora era di nuovo nel mio stomaco a bussare, incessante. Sentivo lo stomaco che si stringeva. Avanti, leggili e basta!
«Ci ho rinunciato, non riesco a concentrarmi.» Sam si era seduto accanto a me nel momento esatto in cui stavo per cliccare sul messaggio per leggerlo. Sussultai al suono inaspettato della sua voce. Aveva il libro di inglese poggiato su un ginocchio. Bloccai il telefono e lo rificcai in borsa. A quanto pare entrambi avevamo rinunciato a qualcosa.
«Ottima scelta. Vai incontro al tuo destino a testa alta!»
«Verso l’insufficienza ed oltre.» Sam puntò gli occhi al cielo con aria determinata, come se stesse recitando l’inno nazionale.
«Come mai qui tutta sola, al freddo?» Ora i suoi occhi erano fissi nei miei.
«Avevo qualche affare urgente da sbrigare» dissi lanciando una sguardo alla mia borsa.
Lo vidi agitarsi a disagio sulla panchina confuso dalla mia risposta «oh, forse sarà meglio che ti lasci da sola allora» Picchiettò un dito sul libro per cercare di prendere tempo. Alla fine si alzò e io lo afferrai per un braccio e lo riattirai affianco a me sulla panchina. Questa volta era un po’ più vicino a me rispetto a prima.
Sospirò sollevato «Speravo mi fermassi » piccola pausa «Altrimenti mi sarei sentito in dovere di continuare a studiare.»
«Ah quindi sei sollevato solo per questo motivo?» gli chiesi con fare allusivo.
Finse di pensarci un istante. Si portò la mano sotto il mento, massaggiandolo come aveva fatto poco fa. «Si…sì, solo per questo. Decisamente.»
 « Se mi stai usando solo per questo allora faresti meglio ad andare.» Gli diedi una leggera spintarella e incrociai le braccia come fanno le mamma quando sono arrabbiate, o almeno come fa Molly e sperai di sembrare indignata almeno quanto lo sembrava lei quando assumeva questa posizione.
 «Ok forse, volevo passare del tempo con te» Concesse. «Non cacciarmi via.» Mi guardò con uno sguardo da cucciolo che fece sciogliere me e il nodo tra le mie braccia che scesero lente ai lati del mio corpo. Probabilmente sapeva che effetto faceva quello sguardo sulle ragazze.
«In tal caso suppongo che tu possa restare» risposi sostenuta ma con un piccolo sorriso che cercava di sfuggirmi dai lati della bocca.
Scherzare con lui mi risultava incredibilmente facile, il ché mi fece pensare che dopo tutto Sam sarebbe stata una distrazione validissima.
«Allora, posso aiutarti con i tuoi affari urgenti?» Ammiccò alla borsa. Lo stomaco che, da quando lui si era seduto accanto a me si era rilassato, tornò a stringersi dolorosamente. Guardai la borsa di cuoio anche io e sorrisi alla domanda che mi aveva fatto. Non poteva fare una domanda più giusta. Forse era l’unico che poteva aiutarmi davvero con il mio “affare urgente”
«Si, credo proprio che tu possa aiutarmi.»
«Bene, cosa posso fare?» Per quanto sorpreso dalla mia risposta cercò subito di rendersi utile e lo apprezzai molto.
«Sono già in debito con te per il telefono, non voglio indebitarmi ulteriormente. Senza contare che ti sono caduta addosso e che forse dovrei farmi perdonare anche per quello.»
«Diciamo che se tu non avessi, molto poco elegantemente, perso l’equilibrio non avrei mai avuto modo di parlare con te quindi non mi è dispiaciuto addolcire la tua caduta con il mio corpo.» Mi lanciò un occhiolino. Che, se posso dirlo, gli riuscì molto bene e probabilmente ne era del tutto consapevole. «E per fortuna sei leggera» evidentemente aveva un senso del “leggero” un po’ sballato. «Quindi dai, spara, come posso aiutarti?»
Ignorai la prima parte della frase visto che in realtà era tutto merito di Lucy e pensai a quale fosse il modo migliore per dirgli che l’unico modo che aveva per aiutarmi era farmi perdere la testa a tal punto da dimenticare una volta per tutte Rìan.
«Sei libero oggi alle cinque?»
«Uhm…aspetta un secondo.» Finse di sfogliare un’agenda immaginaria. «Vediamo sposto questo qui, questo alle tre e questo non voglio neanche vederlo. Ok alle cinque è perfetto!»
«Davvero molto disponibile, grazie, lo apprezzo tanto.»
«Spero che mi proporrai qualcosa di grandioso, come minimo.»
«Oh bè, questo ancora non posso dirtelo.» Finsi di sapere il fatto mio ma era stata una proposta del tutto impulsiva, non avevo idea di cosa avrei potuto proporre.
Fui salvata dalla campanella che segnava la fine della ricreazione. Mi alzai lasciandolocon un’espressione interrogaiva.
«A dopo.» Corsi verso la mia prossima lezione per non dargli modo di fare altre domande.
Il telefono nella mia borsa pesava come un masso. Dannazione, basta, dovevo leggerlo.
Mi fermai di colpo, in mezzo al corridoio qualcuno mi venne addosso e mi urlò qualcosa contro ma non gli badai. Con cattiveria iniziai la ricerca del mio cellulare, come se fosse colpa sua se Rìan mi agitava a tal punto.
Il messaggio era breve: “Meg, ho bisogno di parlarti, mi sono espresso male. Scusami.”
Aprii subito il secondo messaggio con il cuore in gola.
“Meg, so che sei arrabbiata con me, però ti prego lasciami spiegare. Sei importante, non voglio perderti. Scusami.”
Rilessi il secondo messaggio due volte. Aveva davvero detto che per lui ero importante? Per qualche secondo non riuscii a concentrarmi su nient’altro. Pensando a quelle parole sentii un leggero calore sciogliere quella contrazione che avevo nello stomaco da ieri. Poi però quella sensazione di sollievo si trasformò in rabbia. Come poteva dire che teneva a me dopo il modo in cui mi aveva parlato? Cosa voleva spiegare? Si era espresso benissimo, avevo capito perfettamente cosa intendeva.  
Era a pezzi per Rosalie e voleva distrarsi, dimenticare, riempire quel vuoto che sentiva con il sesso.
 E per un attimo devo essergli sembrata la persona adatta. Finalmente dopo anni aveva capito cosa provavo per lui e voleva sfruttare a suo vantaggio il mio interesse.
Ed io lo capivo, lo capivo perfettamente. Era quello che stavo facendo con Sam: volevo riempire quel vuoto che Rìan mi aveva lasciato. Certo, io cercavo qualcosa che mi riempisse la mente per tenerla impegnata, tenerla lontana da lui mentre ciò che Rìan ciò cercava di tenere impegnato era il suo corpo. Impegnato con altro che non fosse Rosalie e quel ”altro” ero io.
Improvvisamente la rabbia svanì e iniziai a sentirmi in colpa. Non volevo usare Sam proprio come stavo per essere usata io. Non volevo farlo soffrire come stavo soffrendo io. Non se lo meritava.
Lo avrei lasciato in pace. Avrei cercato altri modi per dimenticare Rìan, modi che avrebbero ferito solo me e nessun altro. Dopotutto ero abituata a soffrire per lui, lo avrei fatto ancora.
 
Fissavo il soffitto della mia stanza da un po’ sperando che Sam si fosse dimenticato dell’appuntamento che gli avevo dato. Non volevo inventare stupide scuse per liquidarlo, perciò potevo solo sperare che si fosse dimenticato. Erano le tre, era ancora presto per tirare un sospiro di sollievo perciò me ne stavo semplicemente lì, stesa a pancia in su in una posizione che ricordava incredibilmente una stella marina con il telefono a pochi centimetri da me, a portata di mano.
Valutai l’idea di mettermi a studiare seriamente. Stavo mettendo da parte i miei studi da troppo tempo, prima o poi la mia media già bassa ne avrebbe risentito, non che me ne preoccupassi non mi è mai importato molto dei voti scolastici, il mio obbiettivo è sempre stato quello avere voti abbastanza alti da passare l’anno, senza troppe ambizioni.
Non sono una competitiva,non su questo almeno. Non mi importa se gli altri hanno voti più alti dei miei. Molly non è del tutto d’accordo su questo: vorrebbe che io mi impegnassi e che portassi a casa buoni voti per poi vantarsene con le amiche ma ,mi dispiace mamma, la scuola non è la mia priorità.
Non avevo molto altro da fare quindi avrei potuto anche fare questa opera buona, se non altro per distrarmi un po’.
Rotolai sul letto fino ad arrivare alla libreria per prendere il manuale di letteratura. Almeno avrei iniziato da una materia che mi piaceva.
Stavo studiando solo da qualche minuto quando il mio telefono iniziò a vibrare e la ormai familiare stretta allo stomaco tornò.
«Oh salve, erano almeno due ore che non passavi a trovarmi.» La salutai come una vecchia amica.
Presi il telefono chiedendomi se era Rìan che tornava all’attacco visto che non avevo ancora risposto- accidenti- o Sam che voleva sapere i dettagli di oggi pomeriggio.
Era Sam.
“Posso avere qualche informazione in più ora?”
Mi morsi il labbro pensando a quale fosse la cosa più giusta da fare. Fingere di avere troppi compiti per uscire? O uscire con lui nella speranza di innamorarmi follemente e dimenticare finalmente Rìan?
Ripensai alla decisione che avevo preso solo poche ore prima. Non dovevo usarlo come Rìan voleva fare con me. Iniziai a digitare un messaggio di scuse poi mi fermai.
La situazione dopotutto non era la stessa, lui voleva usarmi per poi gettarmi via il giorno dopo io con Sam volevo davvero provarci. Le cose tra noi due andavano bene, magari sarei stata felice con lui, avremmo potuto esserlo entrambi. O sarebbe potuta essere solo un’amicizia. Non era affatto la stessa situazione.
E avevo bisogno di lui, tanto.
Cancellai le parole che avevo scritto e riscrissi un altro messaggio.
“Birra?”
Non sono mai stata brava ad organizzare queste cose quindi mi buttai sulla classica birra. Mi piacevano le uscite semplici, niente cene romantiche, niente cose sofisticate, una birra e un paio di chiacchiere è quello che preferisco e oltrettutto un po’ di alcool sicuramente non potrebbe farmi male in questo momento. L’alcool  non fa mai male.
In pochi minuti ci accordammo per l’appuntamento.
Un brivido di euforia mi percorse. Forse avevo fatto la scelta giusta.

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Capitolo 11
*** Birra ***


Quando entrai nel pub che gli avevo indicato lui non era ancora arrivato. Era una dei miei pub preferiti, lo Smel. Un po’ vintage, sui toni del marrone e del bordeaux, sempre immerso nella penombra e la musica era sempre piacevole, a volume non tropo alto. Passavano perlopiù band rock o gruppi indie. I tavoli erano in legno, alcuni tondi altri quadrati. Stranamente non erano appiccicosi come quelli di tutti gli altri pub che avevo frequentato. Anche le sedie erano tutte diverse ed ognuna aveva un cuscino colorato. Alcuni tavoli invece avevano delle poltroncine basse vellutate.  C’erano parecchi libri dall’aspetto antico sparsi sulle mensole e tutti sembravano urlare “leggimi”.
Diedi una rapida occhiata alla sala in cerca di un tavolo libero. Non fu difficile: c’erano solo tre o quattro gruppi di persone. Un'altra cosa positiva dello Smel è che lo conoscevano in pochi e quelli che lo conoscevano lo snobbavano perché non era abbastanza alla moda per loro, signorine sofisticate. Molti pensavano che fosse un covo di tossici ma in realtà era frequentato da qualche artista eccentrico e alcuni ragazzi con la passione per il vintage. E’ vero, ogni tanto nell’aria si sentiva quell’odore pungente dell’erba ma questo non lo rendeva un posto poco raccomandabile.
Scelsi un tavolo tondo in un angolo del locale. Intorno a me c’era una fila di lucine e appese al muro parecchie fotografie in bianco e nero.
Ripensando ai pregiudizi degli altri su questo locale iniziai a sentire un po’ di ansia, magari anche Sam non lo vedeva di buon occhio. 
Come ogni volta prima di un appuntamento iniziai a sentire un leggero senso di nausea. Odiavo quell’aspetto di me, pensavo che con il tempo mi sarei abituata alle uscite con i ragazzi, pensavo che dopo un po’ avrei smesso di sentirmi lo stomaco così in subbuglio ma mi sbagliavo. Diciamo che poi il mio numero di appuntamenti è sempre stato basso poi è arrivato Rìan nella mia vita e la mia media di appuntamenti annuali è passata da uno a circa zero. E quindi ancora non posso essere sicura che le cose non cambieranno.
 Questa volta però il senso di nausea era amplificato perché per la prima volta speravo davvero in quell’appuntamento, speravo davvero che tra di noi potesse funzionare.
Prima che mi lasciassi prendere dalle paranoie lo vidi avvicinarsi verso di me.
Indossava una camicia a quadri sui toni del grigio aperta sopra ad una maglietta e dei jeans. Notai con piacere che il suo stile non stonava affatto in quel pub.
«Ciao!»Mi salutò con un bacio sulla guancia.
«Sei in ritardo.» dissi con voce acida. Il suo sguardo corse rapido all’orologio.
«Solo di cinque minuti…» il suo tono aveva una leggera nota di agitazione. Io ero la regina del ritardo. Ormai le mie amiche mi dicevano l’orario dell’appuntamento sbagliato per farmi arrivare puntuale ma quel giorno ero magicamente arrivata per prima e volevo godermi quel momento.
«Non mi piace aspettare.» ora la mia voce era ancora più acida se possibile e Sam mi guardò con un misto di dispiacere e paura. Forse iniziava a pensare che avrebbe avuto a che fare con una pazza, sempre in crisi premestruale e forse stava già pensando ad una via di fuga.
«Scherzavo, sono qui solo da due minuti!» Alzai le mani in segno di resa prima che scappasse a gambe levate. Forse avrei dovuto smetterla di scherzare così con le persone. Prima o poi sarei rimasta senza amici.
Non si sedette sulla sedia dall’altro lato del tavolo ma si sedette alla mia destra, vicino a me, molto vicino. Dopo essersi seduto si guardò intorno.
«Adoro questo posto, non lo avevo mai notato.» Disse compiaciuto.
Tirai un sospiro di sollievo, ero felice che anche a lui piacesse.
«Sono contenta,avevo paura che fosse un po’ troppo particolare.»
«Scherzi? Mi piace molto. Ti sono grato per avermelo fatto conoscere.» Sembrava davvero sincero. Gli sorrisi felice.
Un cameriere con un grosso dilatatore venne a prendere l’ordinazione. Nonostante gli avessi anticipato che volevo una birra Sam rimase sorpreso quando la chiesi.
«L’ultima ragazza a cui ho proposto una birra mi ha liquidato dicendo che la birra le faceva gonfiare la pancia. Poi ha ordinato una coca, light ovviamente.»
Scoppiai a ridere al pensiero della sua espressione.
«Anche a me la fa gonfiare, ma non mi importa, il sapore mi piace troppo per rinunciarci.» Piegai le labbra in un sorriso di scuse.
«Vorrei che anche lei mi avesse risposto così.»
«Spero che tu sia scappato subito dopo.»
«No, ci sono stato insieme per 7 mesi.» disse con un sorriso amaro.
Hm tasto dolente. Complimenti Meg, sei con lui da neanche 10 minuti e già fai queste gaffe. Le mie guance si tinsero di rosso. Azzardai un’occhiata verso di lui, sembrava solo un po’ imbarazzato ora.
«Sono sicura che avesse molti altri pregi allora, la birra non è così importante.» Cercai di riparare.
Puntò gli occhi nei miei, con un’espressione più rilassata. «Sai, non così tanti alla fine.»
Cercai disperatamente qualcosa da dire per alleggerire l’atmosfera. Da come ne stava parlando sembrava fosse rimasto scottato da quella storia. Inaspettatamente provai un pizzico di gelosia per quella ragazza che per me era una sconosciuta. In lontananza il cameriere con i dilatatori si stava avvicinando al nostro tavolo con due birre sul vassoio, sperai che fossero le nostre. Almeno con il bicchiere tra le mani avrei avuto qualcosa da fare. Ci superò e lasciò le birre a qualche tavolo dietro di noi.
«Allora, come va con i tuoi affari?» Il suo viso era di nuovo sereno e nonostante fossi felice che l’atmosfera si fosse alleggerita di nuovo lo maledissi mentalmente per aver tirato fuori proprio quell’argomento.
«Vanno!» Puoi fare di meglio. «Ci sto lavorando. E la tua interrogazione?» gli chiesi per distrarlo.
«Dunque vediamo..direi male. Oggi durante l’intervallo stavo provando a studiare ma poi qualcosa mi ha distratto» Mi lanciò uno sguardo ammiccante e io sentii le mie guance diventare bollenti. Odio quando succede. «Ah si? Tipo cosa?» Ah si tipo cosa?! Perché non sono più brava a flirtare?! Non so, avrei potuto spostarmi i capelli dietro le spalle, guardarlo in modo sexy e dire qualche brillante frase e invece…invece “si? Tipo cosa?”.
Mi guardò inarcando le sopracciglia come a dire “indovina”
In quel momento arrivarono le nostre birre. I bicchieri posati sopra i sottobicchieri fecero un rumore sordo sul tavolo.
«Mi dispiace di averti distratto dallo studio» Cercai di riprendermi con una frase più originale.
«A me no. Sei stata una distrazione piacevole. Sai, quando la professoressa  mi ha chiesto del capitolo sette tutto ciò che mi veniva in mente era il tuo viso.»
Sentii un calore cospargersi per tutte le guance ed il collo. Odiavo quando succedeva! Nonostante l’agitazione per quella sincera affermazione, mi costrinsi ad alzare lo sguardo dalle bollicine della birra che risalivano il bicchiere per incrociarlo con il suo. Volevo guardarlo, dovevo guardarlo. I suoi occhi erano già nei miei e all’angolo della bocca sbucava un mezzo sorriso. Non c’era la minima traccia di imbarazzo su di lui, come invece mi sarei aspettata. Era calmo, l’espressione divertita. Come se confessare di aver pensato a me durante un’interrogazione fosse qualcosa di curioso. Come se lo trovasse buffo.
«Anche tu per me, sei stato una bella distrazione.» Dissi pensando al modo in cui mi allontanava i miei pensieri da Rìan.
«Già, distrazione dai tuoi affari segreti.» Si sporse verso di me, poggiando un braccio sulla spalliera della mia sedia, circondandomi le spalle. «Non mi dirai di che si tratta, vero?»
Questa volta non riuscii a mantenere il contatto visivo con quella poca distanza tra noi due e mi concentrai su un’incisione sul tavolino. Non ero abituata a questa vicinanza con il sesso maschile. Mi rendeva nervosa. Lui invece con i suoi sorrisi e le sue espressioni sembrava essere perfettamente a suo agio e perfettamente abituato al contatto col sesso opposto anzi probabilmente sapeva anche quanto faceva effetto su una donna il modo in cui si poneva.
Presi il bicchiere per bere qualche sorso di birra ambrata.
«No, no non lo farò.»
Si allontanò da me e abbandonò la schiena sulla sedia; anche lui portò il bicchiere alle labbra e diede qualche sorsata..
 
Conversammo per parecchio tempo. Di musica, di artisti, di tutto. E la conversazione mi risucchiò completamente, come se ci fossimo ritrovati in un vortice. Le altre persone non esistevano più, c’eravamo solo lui ed io e la musica in quella semioscurità. La sua lingua dava voce ai miei pensieri, come se mi leggesse nella mente. Avevamo così tanto in comune. Si era creato un legame particolare che ci aveva estraniati da tutto il resto.
Mentre parlavamo le nostre ginocchia si sfioravano sotto il tavolo oppure le sue dita, quando mi rivolgeva una domanda, delicatamente si posavano sulle mie.
Quei piccoli contatti all’apparenza casuali mi facevano deconcentrare per qualche secondo mentre lui non sembrava neanche accorgersene. Questo confermava il fatto che lui era decisamente abituato a quel tipo di contatto.
Io non intendo quel tipo di contatto tra amici, o quello con il vicino sull’autobus, non quel tipo di contatto innocente. Quello lo conosco fin troppo bene, ma quello complice tra due persone che si attraggono.
Un cameriere si avvicinò a noi per portare via i bicchieri vuoti rompendo quel vortice che si era creato e ritornammo alla realtà, di nuovo perfettamente consapevoli delle persone attorno a noi e del vociare che nel frattempo era aumentato
Sam scostò il polsino della camicia a quadri e guardò l’orologio poi con noncuranza poggiò una mano poco più su del mio ginocchio e si sporse verso di me come per confidarmi un segreto. Rabbrividii a quel contatto.
«Voglio mostrarti una cosa. Andiamo?»
Quando arrivò il conto mi offrii di pagare per lui, per sdebitarmi per il telefono ma lui rifiutò e pagò per entrambi.
 
Fuori il sole stava calando e il cielo aveva preso una sfumatura leggermente arancione. Mi lasciai guidare da lui lungo una strada in salita.
Avevamo fatto solo qualche passo quando davanti a noi individuai una figura sin troppo familiare. Proprio lì a pochi metri da noi, proprio mentre Sam mi aveva stretto una mano intorno al fianco per scostarmi da una pozzanghera comparve Rìan, bellissimo come sempre.
E non importava quanto la conversazione con Sam mi avesse coinvolta, non importava quanto vedessi bello anche Sam, al mio stomaco non importava, lui saltò e attraversò tutto il mio corpo da cima a fondo.
«Megan»
«Rìan»
Parlammo all’unisono mentre Sam rimase immobile, con il braccio intorno alla mia vita.
«Megan» ripeté Rìan con più dolcezza, avvicinandosi un poco a me «Io vorrei parlarti.» Lanciò uno sguardo al braccio intorno alla mia vita. Curioso? O La sua espressione era più risentita?
«Non ora,» mi resi conto di aver assunto un tono troppo duro. In fin dei conti era pur sempre un amico di mio fratello, sarebbe stato più corretto essere gentile nei suoi confronti e poi non volevo che Sam sospettasse qualcosa. Cercai di alleggerire il tono e renderlo più indifferente. «non puoi aspettare un altro momento?»
«No, visto che non rispondi ai miei messaggi.» abbassò la voce come se volesse farsi sentire solo da me.
«Lo avrei fatto più tardi, ho avuto..da fare.»  Non sapevo bene come concludere la frase visto che ormai era passato parecchio tempo e se avessi voluto davvero rispondere a quel messaggio il tempo lo avrei trovato sicuramente.
Sam, a disagio, aveva allontanato il suo braccio da me.
«Parliamo un secondo.» Disse Rìan quasi con tono implorante.
Guardai indecisa prima l’uno e poi l’altro. Aprii bocca per rifiutare ma Sam intervenne prima di me.
«Andrò a dare un occhiata a quella panchina, sembra interessante.Ehm…Comoda.» Indicò la panchina dall’altro lato del marciapiede e si allontanò lasciandoci da soli.

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Capitolo 12
*** Luoghi segreti ***


«Parliamo un secondo.» Disse Rìan quasi con tono implorante.
Guardai indecisa prima l’uno e poi l’altro. Aprii bocca per rifiutare ma Sam intervenne prima di me.
«Andrò a dare un occhiata a quella panchina, sembra interessante. Ehm…Comoda.» Indicò la panchina dall’altro lato del marciapiede e si allontanò lasciandoci da soli.
Appena si fu allontanato a sufficienza mi voltai a guardare Rìan incrociando le braccia al petto, fingendomi molto più arrabbiata di quanto in realtà non fossi.
Ero infastidita perché aveva costretto Sam ad allontanarsi ma allo stesso tempo non potevo non sentirmi lusingata per quelle attenzioni da parte sua. Il fatto che avesse insistito così tanto per parlare con me mentre ero con un altro ragazzo, che per quanto ne sapeva lui poteva benissimo essere il mio ragazzo, significava molto per me.
Tempo fa avrei potuto solo sognarli dei rapporti di questo tipo con lui: ricevere messaggi da lui o ritrovarmi il suo corpo incollato al mio, sul punto di baciarci (questo momento in particolare l’ho sognato molte volte e tralasciamo il fatto che volesse solo usarmi, ciò che conta è che mi ha vista in quel senso) e ora lui, davanti a me che non chiede altro che parlarmi. Niente di tutto questo lo avrei mai ritenuto possibile,credevo che lui mi vedesse solo come “la sorella di Nic, l’intoccabile sorella di Nic” e ora altroché se mi toccava.
«Scusami se vi ho interrotti.» Disse lanciando un’occhiata risentita alla panchina.
Decisi di non rispondere per lasciarlo insicuro sui rapporti tra me e Sam così alzai semplicemente le spalle per invitarlo a continuare. «Ma tu mi stai ignorando e»
«Non ti sto..» cercai di ribattere ma lui alzò la voce impassibile per interrompermi. «Ma tu mi stai ignorando e non sapevo quando ti avrei rivista. Lontana da Nicholas» Aggiunse evidentemente dopo aver pensato se era il caso o no di accennare a mio fratello. «E io dovevo spiegarti, ti devo una spiegazione per il comportamento a casa tua.» Si passò una mano sulla fronte come per cancellare il ricordo del suo comportamento. «E per quella frase.» Non ci fu bisogno di spiegare quale frase, sapevo perfettamente a cosa si riferiva, sapevamo entrambi che era stata quella frase “Il fatto è che ero davvero giù e..vulnerabile, tu eri lì, mi hai fatto davvero stare meglio prima e ho sentito il bisogno di avvicinarmi a te”,a far degenerare la situazione.
Prima che dicesse queste parole una piccola possibilità che lui si fosse avvicinato a me non solo per essermi messa in mostra mi aveva sfiorato ma dopo aver pronunciato questa frase ogni speranza si è infranta. Era chiaro che la rottura con Rosalie lo aveva distrutto e voleva distrarsi, sfogarsi con qualcuno che per certo avrebbe ceduto facilmente ad un suo minimo tentativo.
In questi anni forse non sono stata brava a nascondere i miei sentimenti per lui. Lui sapeva di piacermi e ha pensato che non mi sarei tirata indietro se solo si fosse avvicinato.
«Quando ci ho ripensato mi sono reso conto di quanto io mi sia espresso male e avrei voluto prendermi a pungi.»
Per poco non mi lasciai sfuggire un “anche io”.
Si fermò in attesa di una mia interruzione ma per adesso non avevo ancora nulla da obbiettare.
«Vedi, quello che realmente intendevo è che ero a pezzi, Rosalie mi aveva appena confessato di avermi tradito e io volevo…» si guardò intorno come in cerca di ispirazione «non so cosa volevo realmente.» concluse frustrato.
«Quindi hai pensato di vendicarti usandomi! “Megan tanto è cotta di me, me la scoperò così Rose capirà cosa significa”.» A quel punto fu difficile controllarmi e mantenere un tono di voce basso per evitare che Sam sentisse.
Rìan si irrigidì sentendomi dire quella parole ma poi il suo volto si addolcì. «No, non ho mai pensato una cosa del genere.» Mi prese le mani tra le sue, per calmarmi. «Meg non ho mai pensato una cosa del genere! E’ solo che stavo male e mi sentivo abbandonato, avevo bisogno di sentirmi apprezzato e tu sei riuscita a farmi sorridere quel giorno, mi hai fatto capire che ti importava di me e ho scambiato la gratitudine per attrazione.»
Questo cambiava le cose. Allontanai le sue mani da me di scatto, e lui mi guardò sorpreso. Forse pensava che quel discorso mi avrebbe fatta sentire meglio. E lo avrebbe fatto se solo io non fossi stata irrimediabilmente cotta di lui. Ciò che aveva appena detto significava che lui non era neanche lontanamente interessato a me e non lo sarebbe mai stato. Mi ero illusa che lui almeno fosse attratto fisicamente da me e magari col tempo sarei riuscita a farmi apprezzare da lui in tutto e per tutto, sarei riuscita a farmi conoscere ma lui era solo grato perché l’avevo consolato dopo la rottura con la sua ragazza.
E pensare che voleva sentirsi apprezzato. Se solo sapesse quanto io lo apprezzo.
«Ti apprezzo molto più di quanto immagini.»
Mi diressi verso Sam con gli occhi puntati sull’asfalto per piazzarmi un falso sorriso sulla faccia. Quando rialzai il viso non c’era traccia, su di me, della tristezza che provavo dentro.
Era finita, per davvero. Non dovevo più lasciare che Rìan entrasse nei miei pensieri. Dovevo concentrarmi solo su Sam ora.
Lo presi per mano e lo iniziai a condurre verso la cima della salita. Non mi girai indietro a guardare cosa stesse facendo Rìan ma non lo sentii protestare La sua spiegazione l’aveva data, quindi probabilmente ora doveva sentirsi a posto con la coscienza.
«E’ un amico di mio fratello, ha litigato con lui e voleva che lo aiutassi a farsi perdonare.» Non so se suonasse credibile come spiegazione e non so quanto aveva ascoltato delle nostre parole ma Sam non fece commenti, si limitò a indicarmi una stradina sulla destra.
 
«Siamo arrivati appena in tempo! Questo luogo si mostra in tutta la sua bellezza solo al tramonto.»
Superammo un cancello arrugginito ed incurvato dalle piante che gli erano cresciute intorno e davanti a me si presentò lo scenario più bello che avessi mai visto. Sembrava una terrazza ma forse questo non era il termine adatto. In fondo c’era una ringhiera anch’essa arrugginita, dietro cui si vedeva parte della città sottostante; al centro c’era una fontana che non spruzzava più acqua ma sembrava spruzzare natura, dalla vasca fiori ed erba incolta uscivano e le bocchette più in alto erano ricoperte in parte di muschio; tutto il pavimento, una volta lastricato alla perfezione, era rotto dai ciuffi di erba che erano cresciuti.
Era architettonicamente un luogo bellissimo. La natura e ciò che l’uomo aveva costruito si amalgamavano alla perfezione. La luce del tramonto poi donava un’atmosfera magica a quella strana piazza.
Le piante incolte facevano capire che era un luogo dimenticato da un po’ ma lo rendevano unico e suggestivo.
Sembrava quasi stonare quel posto così incantevole in una cittadina banale e anonima come la nostra. Come se fosse stato rubato da una città più bella e nascosto lì, in cima a quella salita.
«E’ davvero bellissimo.» avrei voluto usare termini più adatti ma non mi veniva in mente altro, in quel momento ero senza parole.
«Sediamoci.»
Pensavo si riferisse ad una delle tante panchine sparse per quella sorta di parco invece mi guidò verso la fontana e si sedette per terra con la schiena appoggiata al bordo della vasca poi tirò fuori dalla tasca il suo telefono e scelse una canzone. La riconobbi subito: Mac DeMarco, Chamber of reflection. Non pensavo apprezzasse questo tipo di musica ma ero felice che avessimo gli stessi gusti. Quando capì che la canzone era di mio gradimento posò il telefono in bilico sul bordo della fontana. Mi sedetti a gambe incrociate accanto a lui e iniziai a guardarmi intorno cercando di imprimermi nella mente ogni dettaglio di quel posto.
«Da qui si ha la visuale migliore! E’ uno dei miei posti preferiti e credo di essere quasi l’unico a conoscerlo, o meglio, l’unico che sa che questo posto non è più chiuso. Una volta c’era un grosso lucchetto su quel cancello laggiù ma la mia curiosità ha prevalso: ho rubato un paio si attrezzi dal garage di mio padre e l’ho aperto.» Lui con quei suoi modi gentili e gli occhi buoni proprio non riuscii ad immaginarmelo mentre compiva un atto illegale, magari di notte con una felpa scura e delle cesoie nascoste sotto la maglia.«Forse questa parte non avrei dovuto raccontartela. Penserai che sono un criminale ora.»
«Bè, si sa che i ragazzi cattivi fanno sempre colpo sulle ragazze.»
«Oh in tal caso allora devi anche sapere che  nel tragitto  ho fatto cadere per sbaglio una carta per terra e non l’ho raccolta e poi credo di essere passato con il rosso ad un attraversamento pedonale.»
«Davvero dei crimini imperdonabili. Oh Sam! Come sono attratta da te ora!» Dissi cercando di imitare il tono di voce di quelle ragazze sexy quanto erano stupide.
«Grandioso!»
Scoppiai a ridere e mi venne naturale inclinare la testa e poggiarla sulla sua spalla, stranamente quel contatto non mi mise a disagio, anzi era piacevole. Anche lui inclinò la testa verso di me, sentivo sui capelli l’angolo della sua mascella, la sua camicia era morbida sotto la mia guancia e il suo profumo mi invase le narici. Lasciai scorrere lo sguardo sulle parti di lui che riuscivo a vedere, osservai ogni dettaglio: il braccialetto di cuoio intrecciato sul braccio che teneva posato sulla gamba piegata, le sue mani grandi che mi fecero venire voglia di toccarle, il suo addome che si alzava e si abbassava quando respirava e le sue scarpe da ginnastica.
Ce ne restammo in silenzio per un po’, guardando il sole che colorava tutto di una sfumatura sempre diversa a mano a mano che scendeva. E fu bello e romantico ma poi quel silenzio iniziò a sembrarmi imbarazzante cosi aprii bocca..
«Quante altre ragazze ci hai portato qui, eh?»
…E dissi la stronzata.
Mi picchiai mentalmente per quella idiozia e alzai la testa dalla sua spalla per fargli vedere la mia espressione scherzosa, in modo che capisse che era una battuta e che non mi doveva rispondere.
«Sei l’unica.»
Capii che era sincero e non potei fare a meno di arrossire e sentirmi in colpa per i miei sentimenti confusi su Rìan.
Non risposi ma mi riappoggiarmi contro di lui e gli presi una mano fra le mie cercando di fargli capire con quel gesto quanto quelle parole mi facessero sentire lusingata, quanto mi facesse sentire speciale il fatto che avesse condiviso quel posto solo con me e con nessun’altra.
 «Perché è stato chiuso?» Avrei voluto chiedergli come mai avesse scelto di mostrarlo proprio a me ma in quel momento non mi sentii abbastanza audace e forse non ero ancora pronta per sentire la risposta.
«Non lo so, ma è troppo bello per non essere guardato.»
«Sì, non posso pensare che un luogo così bello non venga visto da nessuno.»
Piano piano si scostò da me, quel tanto che bastava per guardarmi negli occhi, avvicinò una mano al mio viso e la tenne lì sulla guancia per qualche secondo. Non riuscii a sostenere il suo sguardo così abbassai gli occhi e iniziai ad osservare la sue labbra piegate in un mezzo sorriso. Con il pollice tracciò una linea leggera sulla guancia come si fa quando si asciuga una lacrima poi spostò la mano più indietro verso la nuca e con decisione avvicinò il mio volto al suo, mi irrigidii e il cuore prese a battermi veloce.
 Negli ultimi 3 anni le uniche labbra che avevo immaginato di baciare erano quelle di Rìan, il mio corpo,evidentemente, non aveva ancora capito che la mente ormai era andata avanti. Lui forse si accorse del mio cambio di atteggiamento infatti posò le labbra all’angolo della mia bocca con una indescrivibile dolcezza, quasi avesse paura di rompermi e il quel momento sentii il bisogno impellente di baciarlo.
Stava per allontanarsi da me così lo afferrai per il bordo della maglietta, lo attirai di nuovo a me e posai le labbra sulle sue.
Fu un bacio dolce al sapore di birra sulle note di una canzone dei Pink Floyd: Comfortably Numb.
Fu lui il primo a staccarsi, ci guardammo negli occhi per un attimo, come se volessimo fermare bene nella mente quel bacio prima di allontanarci, assaporarlo. Poi  tornammo a guardare il sole,che ormai era quasi sparito, con la melodia della canzone che ci risuonava ancora nella mente.
Ci tenevamo ancora per mano, lui prese a disegnarmi linee immaginarie sul dorso della mia, rimanemmo lì per un bel po’ in quella posizione, finché il cielo non divenne blu scuro allora Sam si alzò e mi tirò su con lui.
 
Mi accompagnò a casa e prima di salutarmi mi stampò un bacio leggero sulla guancia.
Quando mi misi a letto dopo cena sentivo ancora il suo profumo sulla pelle, era stato davvero piacevole quel pomeriggio con lui e si piazzava decisamente al primo posto su…quanti? Tre? Primo su tre nella mia classifica degli appuntamenti. Un bel risultato!
E soprattutto mentre ero con lui il pensiero di Rìan mi aveva toccata così poco.

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