La Stirpe del Fuoco

di Laurelin_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 3: *** l'inizio ***
Capitolo 3: *** Il nome ***
Capitolo 4: *** La Cura ***
Capitolo 5: *** Neve rossa ***
Capitolo 6: *** La causa del tutto ***
Capitolo 7: *** ATTENZIONE ***
Capitolo 8: *** La fragilità della vita (Selín) ***
Capitolo 9: *** Ferite (Maedhros) ***
Capitolo 10: *** Brothers ( Selín ) ***
Capitolo 11: *** Incomprensioni (Selin) ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Era una serata piovosa nella piccola città a ridosso del fiume Sirion, uno dei pochi avamposti umani in territorio elfico. Il silenzio aleggiava nelle strade deserte solo in qualche angolo il rumore di una rissa attuito dallo scosciare delle pioggia sui tetti sconvolgeva la quiete che si era impossesata del piccolo borgo. Una figura incappucciata procedeva a rilento per contrastare la violenza della pioggia era molto alta, sia per i canoni umani e sia per quelli elfici, anche se leggermente piegata per proteggersi dalla furia del vento e del acqua. Camminava con passo stanco quasi barcollante. Ad un certo punto si fermò davanti a una locanda, indugiò un attimo prima di entrare come se fosse assorto nei suoi pensieri, con una spinta decisa aprì la porta ed entrò.

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Capitolo 3
*** l'inizio ***


Mi asciugai con stizza una goccia di sudore dalla fronte utilizzando uno straccio logoro, sospirai pensando che tra poche ore il mio turno sarebbe terminato, presi i due boccali colmi di birra e li portai a un tavolo affollato e decisamente troppo rumoroso. Appoggiai delicatamente i due bicchieri mettendoli davanti ai due uomini. Uno, un uomo robusto e con una barba folta e nera, mi fisso intensamente mettendomi a disagio, mi voltai per non incrociare il suo sguardo e fu lì che lo vidi. Stava fermo sulla porta leggermente ingobbito a causa della piccola entrata. L'individuo avvolto in un mantello verde e fradicio si mosse con grazia e si diresse dritto verso l'ultimo tavolo della locanda senza alzare lo sguardo. Lo fissai leggermente incuriosita, cominciando a ipotizzare sulla sua identità, senza dubbio doveva essere un elfo considerata la sua altezza e la sua grazia che non erano tipiche dei rozzi esseri umaniI che abitavano in quelle regioni, al massimo si poteva confondere con i grandi uomini del nord, ma in questi tempi oscuri qui sulle rive del Sirion pochi stranieri giungevano dalle terre remote. Mi diressi decisa verso il nuovo misterioso cliente "buonasera, desidera qualcosa da bere signore? " chiesi gentilmente " disponiamo della migliore birra del sud e della migliore selvaggina dunque cosa le posso portare?" Continuai lui, doveva essere sicuramente un lui, mosse leggermente il capo verso la mia direzione "una birra " la sua voce mi colpi come un fulmine lasciandomi un attimo interdetta, non avevo mai sentito una voce così cristallina, quasi dolce anche se le parole erano rozze, non aveva urlato ma in mezzo a quel brusio la sua voce era sembrata un faro nella nebbia. Rimasi un attimo lì ferma come ipnotizzata e a malapena sentii "Birra " ripetuto questa volta con piu stizza, mi ripresi dallo strano torpore "subito signore" corsi rossa in viso verso il bancone "una birra Dean " bonfochiai al locandiere. Portai il bicchiere colmo del liquido d'oro e lo appoggiai con delicatezza davanti allo straniero; feci per girarmi ma una mano mi bloccó, un tocco leggero cauto ma che mi fece rabbrividire mi voltai "disponete di un po di stufato?" ancora la sua voce mi entrò nel cuore " ma certo messer" risposi con un sorriso. Tranquillamente raggiunsi il bancone " uno stufato con i fiocchi caro Dean " ordinai facendo un cenno con il capo al locandiere indaffarato a riempire un boccale " arriva Selín " mi appoggiai al bancone e mi misi a posto il grembiule. "Selín il tuo stufato " la voce profonda del mio capo mi riscosse. Portai il piatto al tavolo facendo attenzione alle persone che continuavano a spintonarsi, ma al ultimo momento un piede comparve alla mia destra e caddi in avanti facendo tirandomi tutto lo stufato bollente addosso. Sentii una mano che mi prese la spalla "ehi bambolina stai più attenta" era l'uomo di prima quello che mi aveva fissato maliziosamente "non mi tocchi "risposi velenosa. Ma una voce mi interruppe.

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Capitolo 3
*** Il nome ***


Una voce cristallina e lieve, ma allo stesso tempo dura e autorevole mi interruppé prima che la mia lingua tagliente colpisse l'uomo " vi sembra il modo di trattare una dama? " chiese con un tono freddo come il ghiaccio, il cappuccio tirato oltre il volto e il suo sguardo celato ai miei occhi, ma immaginai fosse sprezzante e duro. L'uomo lasció lentamente la mano dalla mia spalla per portarla lungo il fianco con fare rabbioso "chi è costui che osa contraddirmi? " righió " la mia identità non può essere udita e compresa da un rozzo essere umano " rispose impassibile, questo atteggiamento irritabile fece infuriare ancora di più l'uomo barbuto che con un movimento goffo puntò il suo pugno contro il viso nascosto dello straniero, ma in un movimento quasi impercettibile lui fermò il pugno con la mano sinistra altrimenti diretto al proprio viso.L'espressione del uomo mutò e diventò di puro dolore, l'incappuciato con una stretta ferrea alla mano lo buttò a terra fermandogli il corpo con il ginocchio. Ormai l'uomo tremava dal terrore, il viso dello straniero si accostò al suo orecchio, nel movimento una ciocca rosso fuoco gli sfuggí dal cappuccio, e sussurrò " mai mettersi contro a un elfo "detto ciò si rimise in piedi e si voltò verso il bancone; buttò una moneta verso il locandiere e si diresse verso l'uscita, tutto sotto lo sguardo penetrante della folla e sotto il mio sguardo riconoscente e adorate; mai nessuno aveva preso le mie parti. Mi alzai barcollante e subito Dean mi venne in aiuto, le mani mi dolvevano assai segno che mi ero scottata. Il vestito era completamente sporco di stufato e il mio umore era più che nero. Alzandomi diedi un calcio all'uomo e lo fulminai con lo sguardo. Mi avviai velocemente verso l'uscita ignorando il dolore alle mani con lo scopo di ringraziare lo sconosciuto. Appena misi il piede fuori un vento violento mi investì e il freddo si impossessó del mio fragile corpo. Cominciai a correre verso l'uscita del borgo sperando che lo straniero era diretto verso il bosco che circondava la cittadella. Attraverso la cortina di pioggia vedevo ben poco ma dopo pochi metri appena poco più avanti delle porte di cinta lo scorsi che camminava chinato a causa del vento. Aumentai la corsa fino a quando lo raggiunsi, lui si girò e io quasi gli andai contro. Mi ricomposi e urlai per sovrastare il rumore della pioggia " grazie messer elfo per avermi strappato dalle vili mani di quel uomo " lui chinò il capo in segno di assenso " giorni buii si avvicinano fanciulla, tieni gli occhi sempre attenti " detto ciò si rimise il cammino, ma io dovevo e volevo sapere chi si celava dietro il viso del mio salvatore " aspetti! " esclamai " il vostro nome? " chiesi quasi in un sussurrò quando gli fui abbastanza vicina, lui si girò e con un gesto fluido si abbasso il cappuccio. Rimasi senza parole la sua bellezza era indescrivibile. Il suo viso era magro con gli zigomi alti e pronunciati, gli occhi brillavano di un intenso verde ma erano freddi privi di emozioni, la linea della mascella era marcata ma le labbra fini e rosse. Ma i suoi capelli... lunghi e di un rosso acceso come il sangue della terra. " Meadrhos " rispose con un debole sorriso. "Selín " ricambiai sorridendogli. Poi si rimise il cappuccio e continuò la sua strada con un passo leggero e agile degno della propria stirpe. Rimasi per molto tempo sotto la pioggia a pensare se mai lo avrei rivisto.

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Capitolo 4
*** La Cura ***


Il dolore era insopportabile, anche se il sangue non sgorgava più dalla ferita, un pulsare ritmico si era impossessato del mio corpo lasciandomi in un stato di torpore e a brevi momenti di lucidità. Probabilmente quando arrivammo all' accampamento era buio, perché un migliaio di fiaccole percorrevano il confine. Sempre in spalla all' orco, percoremmo una buona parte dell' accampamento per arrivare infine a una grande tenda costruita con pelli. I miei rapitori si fermarono, per parlare con due guardie davanti alla porta , poi scostarono le tende che fungevano da entrata. Una ondata di calore mi invase lasciandomi un attimo stordita, abituata al freddo che era perdurato implacabile durante il viaggio. L'orco mi fece immediatamente scendere dalla sua spalla lasciandomi cadere malamente strappadomi un gemito. La lunga chioma scura mi coprí come una coperta gli occhi cosicché non potei scorgere l'interno della tenda. I due orchi si misero in ginocchio come segno di deferenza " mio signore " cominciò con un tono mieloso " le abbiamo portato un cucciolo d'uomo" concluse con un ringhio. " ma guarda chi abbiamo qua! Granc e Roth" esclamò il presunto signore " dovevate essere qua due soli fa. Quindi mi state dicendo che avete trovato un cucciolo d'uomo" disse con un tono fin troppo allegro per la situazione. Compresi con sgomento che si trattava di un elfo: la sua voce era troppo cristallina, diversa da quella di Meadrhos. Il pensiero dell'elfo mi fece venire una fitta al cuore, era passato un mese da quando lo avevo visto. Il suo pensiero mi aveva tormentato giorno e notte lasciandomi inquieta. Il suo salvataggio era stato un po inusuale: perché mai un elfo, per di più straniero, si metteva a salvare fanciulle in pericolo? Ebbene ho passato un mese a chiedermi il motivo. "Bene bene... un maschio o una femmina? " la voce maliziosa e cristallina dell'elfo interruppe i miei pensieri " una femmina " rispose L'orco spuntando a terra "peccato" esclamò l'elfo " avrei preferito un bel fanciullo" continuò sempre allegramente. " adesso andate " ordinò ritornado immediatamente serio. " ebbene?" La sua voce suadente mi fece rabbrividire, mi si era avvicinato. Scostó la mia lunga chioma corvina " che bella dama" sussurrò realmente stupito. Sbattei ripetutamente gli occhi per abituarmi alla luce. Notai con stupore che mi trovavo in una piccola tenda scaldata da un fuoco ormai estinto che lanciava deboli bagliori. L' elfo che mi stava davanti era scuro di capelli, così come gli occhi simili a due lame taglienti come pugnali; il viso era spigoloso e marcato, la bocca fine era segnata da un sorriso malizioso. Diversamente da Meadrhos la sua presenza mi mise in agitazione. La sua bellezza eterea mi assoggettó immediatamente lasciandomi basita della mia fragilità. Il suo sguardo mi percorse tutto il corpo, quando vide il piede martoriato i suoi occhi ebbero un guizzo ma non disse niente. Cominciai a tremare appena mi accarezzó il viso con la sua pallida e gelida mano, lui subito ritrasse la mano e sul suo viso si dipinse un sorriso sghembo quasi più simile a un ghigno sprezzante. " allora, bella Dama" sussurrò nel mio orecchio " cosa pensi di offrirmi?". I miei occhi lo fissarono terrorizzati " nulla, proprio nulla" risposi con una voce roca e impassibile " piuttosto la morte ". Il mio interlocutore scoppiò a ridere "ah! Voi creature mortali che ambite e desiderate la morte" esclamò " pensate di trovare la pace dopo di Lei? " chiese più seriamente. "Sì. Sicuramente meglio che avere una vita prigioniera " risposi con una voce fredda e un tono cinico. Improvvisamente l'elfo si accasció a terra come se la vita lo avesse abbandonato e il suo corpo magro scosso da singhiozzi " la mia immortalità mi sta uccidendo! Vivo nelle tenebre e nel mio cuore c'è oscurità. Oramai il dolore di aver tradito la mia stirpe mi sta consumando mi porta verso l'abisso sempre più giù. Gli unici piaceri sono quelli mortali" la sua dichiarazione mi impressionó assai. Compresi tristemente che ormai non c'era nulla da fare: l'elfo stava appassendo lentamente, la disperazione lo stava consumando. Provai pietà per lui, quel poco che sapevo degli elfi era che se ricevevano molto dolore o se subivano una grande perdita gradualmente la vita li abbandonava. Pur essendo una razza forte e saggia avevano dentro di sé una grande fragilità. Passarono pochi minuti di silenzio interrotti solamente dal pianto estinto dell' elfo, rimasi immobile per tutto il tempo aspettando che lui dicesse qualcosa. "Troppo dolore "sussurrò l'elfo alzandosi in piedi " siediti là" mi disse indiacandomi una giaciglio vuoto in fondo alla tenda. Io lo fissai con una espressione traboccante di ironia " si dà il caso che i vostri cari servitori o tirapiedi mi abbiano accidentalmente ferito al piede! Quindi elfo non posso camminare " esclamai con stizza. Lui mi fissò con il suo sguardo, ritornato gelido come le lande del nord, e si diresse verso di me. Mi sollevò da terra con delicatezza degna di un elfo e mi condusse verso il piccolo giaciglio. Mi depose delicatamente e mi scoprì il piede, questa volta diversamente dalla prima, appena vide la ferita fece una smorfia. Con le sue mani delicate mi pulí lo sporco che aveva formato l'infezione. Finí velocemente la pulizia e comincio` a spargere un unguento con un odore pungente che mi fece storcere il naso. Durante la medicazione della ferita nessuno proferí parola, il vento che turbinava nella notte era l'unico rumore. Dopo il lungo silenzio la sua voce cristallina domandò "il tuo nome? " questa volta i suoi occhi incrociarono I miei e un brivido mi percorse la schiena, il suo sguardo era ghiaccio e fuoco allo stesso tempo, caldo e freddo come due potenze che infuriavano, in cui nessuna primeggiava sull' altra; sembrava che due personalità vivessero contemporaneamente nella sua anima. " Selín, mi chiamo Selín " risposi con voce resa roca dal lungo silenzio. Lui parve soddisfatto "Igrin, il mio nome" disse " sai, voi donne mortali mi avete sempre affascinato: avete una grande forza d'animo, quella che noi elfi raramente possediamo" "secondo me non è affatto vero" replicai con una smorfia " per prima cosa devo dire che anche noi abbiamo le nostre debolezze.. già solo la mortalità ci ostacola in molte imprese e siamo spesso condizionabili dalle emozioni "spiegai andando dritta al punto. Igrin era rimasto per tutto il tempo a fissarmi con uno sguardo indagatore, come se mi volesse scrutare l'anima "quanti anni hai?" mi chiese dopo un attimo di silenzio " 16 anni, si lo so, non sono neanche un battito di ciglia per voi elfi " sospirai " non hai affatto ragione, Selín " il mio nome sulle sue labbra mi fece sussultare, lui se ne accorse e sorrise ma continuò comunque a parlare " voi, avendo una vita così breve, tendete ad assaporare molto di più ogni singola emozione ed ogni singolo evento, che forse per noi sembrano una benché misera parte della nostra esistenza " lo fissai con interesse, il suo cambio d'umore mi stava ancora stupendo ed ammirai ancora di più la capacità di queste creature immortali di controllare le proprie emozioni. Una domanda mi sorse spontanea " se potessi avere l'ardire di domandare: com'è successo? " chiesi di slancio. Lui parve un po' spaesato, ma poi capí. Il suo sguardo si fece gelido, la mascella si irrigidí e la bocca divenne una linea sottile. Il panico mi investì. I miei dubbi stavano diventando certezze: avevo scatenato la sua ira. Ma come una potente tempesta poco a poco si arrestò: il suo viso si rilassó, abbassó gli occhi e sospirò. " è una lunga storia".

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Capitolo 5
*** Neve rossa ***


La neve scendeva in un denso turbinio di fiocchi candidi; ormai i colori caldi dell'autunno erano scomparsi lasciando la foresta spoglia. Stavo camminando stando attenta a non sprofondare nella neve alta e cercando di non perdere il sentiero che ormai era coperto da un manto bianco. Quel giorno stavo andando a prendere il latte nella tenuta vicino alla foresta sotto l'ordine di Dean, quando aveva iniziato a nevicare. Era una neve pesante e bagnata, infatti tutti i miei capi erano matidi di acqua. Imprecai mentre stavo sorpassando un albero caduto e l'orlo del vestito si impiglió in un ramo, quando un fruscio mi fece gelare il sangue e rabbrividire. Mi fermai repentinamente con il cuore che mi palpitava nel petto. Il fruscio si ripeté sempre più vicino, ma adesso era diventato un rumore di passi pensati e goffi resi però attuiti dal manto di neve. Lentamente mi abbassai con l'intento di nascondermi sotto l'albero caduto, ma calpestai accidentalmente un ramo secco; mi fermai con il cuore in gola e lo sguardo puntato verso la fonte del rumore. Da dietro un albero comparve un orco con in mano una spada nera e ricurva, si diresse verso di me con un ghigno sprezzante " ma guarda qua cosa abbiamo trovato!" esclamò con una voce grancchiante e stridula " vieni a vedere che bel bocconcino ho scovato Granc! " continuò, e un orco apparse dalla stessa direzione da dove era venuto il compagno. I miei occhi terrorizzati guizzavano velocemente tra i due figli delle tenebre. L'orco appena giunto mi si avvicinò e con le sue mani rugose mi prese il mento, mi divincolai anche se la pressione della sua mano aumentava "non muoverti piccolo cucciolo d'uomo, vogliamo solo giocare un pochino " disse con voce falsamente suadente prendendomi anche il braccio " non toccarmi lurida creatura " ribattei sprezzante con un impeto di coraggio " morde anche il cucciolo " ringhió rafforzando la presa sul mio braccio; un gemito di dolore fuoriuscì dalle mie labbra " la portiamo dal capo?" chiese gracchiando il compagno dietro di lui " sicuramente, così saprà come divertirsi " detto ciò scoppiò in una risata roca. Il panico mi investì all' istante, con un movimento goffo, dettato dalla adrenalina del momento, mi liberai dalla stretta del orco. Lo superai con uno scatto, ma non feci il tempo a fare pochi metri che un dolore al piede mi paralizzó, caddi rovisamente a terra e mi portai istintivamente il piede al petto dondolandomi per il dolore. Il sangue usciva copioso dalla ferita inondando la candida neve. " Prova ancora a scappare cagna e ti taglio il piede" grugnì venendomi incontro " levale il pugnale e caricatela in spalla " ordinò con un sorriso sinistro al compagno. L'orco si accostò al mio piede e con uno strappo deciso mi tolse il pugnale. Il dolore fu travolgente e immediato, urlai al mondo il mio strazio con un grido penetrante. Il mio viso candido era solcato da lagrime copiose che si gelarono appena percorsero le mie cotte. " soffri piccola creatura, così da ricordarti con chi hai a che fare " esclamò scoppiando in una risata grottesca. Ormai non lo ascoltavo piú, da tempo il dolore mi aveva ottenebrato i sensi, l'unica sensazione era il continuo pulsare della ferita. Mi accorsi a malapena che delle braccia ruvide e umide mi stavano sollevando. Una spilla di dolore mi percorse il corpo, lasciandomi senza fiato. La vista cominciò ad annebbiarsi finché vidi solo puntini neri che danzavano, e poi buio.

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Capitolo 6
*** La causa del tutto ***


Scusate per il ritardo nel pubblicare il capitolo, a causa di un periodo un po complicati ho dovuto sospendere la scrittura della storia. Lo fissai con uno sguardo penetrante, aspettando che iniziasse a parlare. Lui si ostinava a tenere il capo abbassato mentre fissava un punto impreciso del pavimento. Dopo un lungo silenzio, con un sospiro Igrin inizió a parlare con una voce flebile e bassa " sono nato negli Anni degli Alberi, mia madre era un elfa di Alaqualondë e mio padre un Noldor. Quando Fëanor per lasciare Valinor compí il fraticidio, mio padre era diviso dalla lealtá per il suo re e il desiderio di stare con mia madre. Scelse mia madre. E cosi lo vidi...davanti a miei occhi, cadere per mano di un figlio di Fëanor. Non dimenticheró mai la furia che quel giorno funesto animava l'elfo. E cosi crebbi con il seme della vendetta nel cuore, con il solo desiderio di uccidere quell' elfo e vendicare mio padre." Il suo tono era rimasto invariato per tutto il racconto: freddo e distaccato come se il ricordo oramai fosse sepolto e dimenticato. Io vidi peró che I suoi occhi esprimevano il contrario, erano ancora colmi di quel l'antica rabbia che piano piano gli consumava l'anima. " dopo il fraticidio io e mia madre seguimmo la schiera di Finglofin solamente animati dalla vendetta. Il mio rancore aumentó maggiormente quando Fëanor ci abbandonó ai piedi del Helcaraxë. Giurai a gran voce che mai avrei perdonato la casa di Fëanor, poiché durante il viaggio persi anche mia madre, la mia unica famiglia ". La sua voce si incrinó leggermente, ma con un sospiro riprese a parlare " e così quando vidi la possibilità di distruggere la casata dei Noldor durante la Battaglia delle Innumerevoli Lacrime mi alleai con gli Esterling. Ma fummo sconfitti e i pochi sopravvissuti sono riuniti in questo campo " rimasi in silenzio realizzando quello che aveva raccontato Igrin e cercando di provare a immedesimarmi nella sua situazione. Un peso improvviso al cuore mi colpí lasciandomi senza respiro per un instante e tutta la consapevolezza di quello che era accaduto a Igrin mi sconvolse. Cercai le sue mani fredde e lisce purché memori di battaglie e gliele strinsi forte, lui non fece una piega e rimase fermo e impassibile " è tutto finito, ora è al futuro che devi pensare. É lui che ci comanda, il passato non esiste più, è scomparso lasciandoci ferite e cicatrici difficili da dimenticare ma sono loro che forgiano il nostro destino. La nostra storia " spiegai tranquillamente, guardandolo negli occhi profondi come un abisso. Lui chiuse gli occhi e portó le mie mani al suo viso accarezzandole " Selín " sussurrò dolcemente " sei da me neanche da una notte e mi stai già salvando" mi disse con un grande sorriso, il primo sincero che avessi mai ricevuto da lui "e tu? " mi chiese sempre sorridendo "io cosa? " " che cosa ci facevi nel bosco da sola in questi tempi oscuri? " " mettiti comodo " risposi ironicamente. Rimanemmo ancora per qualche ora a parlare, finché crollai per la stanchezza. Sentii solamente Igrin che mi sollevava e mi posava su un morbido giaciglio, poi caddi in un sonno profondo senza sogni. Mi svegliarono delle voci provenienti dall'esterno, roche e basse. Mi alzai un po dolorante dal letto improvvisato, notando per prima cosa che la ferita del piede si stava giá rimarginando. La tenda era immersa nel silenzio e nel buio segno che fuori era ancora notte. Forse a causa del assenza di suoni che sentii quella conversazione. Indubbiamente chi stava parlando erano esseri umani perché la lingua seppur un po diversa era simile alla mia. " hai sentito? " chiese uno sussurando nel silenzio della notte " si. il comandante ha preso una fanciulla e sembra che non ne abbia approfittato" rispose l'altro con una voce talmente bassa per cui feci molta fatica a sentire la fine della frase. Ma la parola comandante mi fece drizzare le orecchie " ultimamente hai notato che sta cambiando" continuò l'uomo " io penso che c'abbia tradito " rispose impassibile l'altro " impossibile " esclamò il compagno fin troppo forte " ma si! te lo dico io lui ci sta tradendo, la ragazza ne è la prova! " continuò impertito, ma non sentii la risposta del compagno perché le voci sii persero nella notte. Sentivo i battiti frenetici del mio cuore, adesso regnava l'assoluto silenzio. L'assenza di suoni mi opprimeva lasciandomi inquieta e spaventata, notai solamente adesso che ero da sola nella tenda. Mi alzai dal giaciglio e raggiunsi l'entrata, mi sporsi e subito un ondata di freddo mi tramortí lasciandomi un attimo confusa. Il cielo era scuro e cosparso da una distesa luminosa di stelle fredde e lontane, solamente a est si schiariva per diventare un leggero rosa segno ormai che l'alba incombeva. Le strade strette e fangose erano deserte e nemmeno un'anima si aggirava per l'accampamento, tutto taceva. Ad un certo punto un rumore di passi goffi e trascinati si udirono in fondo alla strettoia. Da lontano intravidi una figura barcollante e piegata che lentamente avanzava nel fango, era lui. Era Igrin.

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Capitolo 7
*** ATTENZIONE ***


Ciao cari lettori :) volevo avvisarvi che d'ora in poi i capitoli saranno a punti di vista, visto che fino adesso avevano il punto di vista solo di Sélin. Avviserò al inizio di ogni capitolo di chi appartenerà il punto di vista. Grazie ancora per chi ha letto la mia storia :)

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Capitolo 8
*** La fragilità della vita (Selín) ***


Scattai velocemente, per quanto il piede ferito mi permise, verso Igrin. Quando lo raggiunsi mi cadde addosso a peso morto "Igrin cosa è successo? Sei ferito? " chiesi preoccupata rivolgendo il suo viso verso di me, sentii immediatamente che aveva bevuto e pure in abbondanza viste le sue condizioni. "Selín... cosa ci fai qui? " biasicó strascicando le parole, sospirai e dolcemente gli risposi " sono venuta a prenderti, adesso reggiti a me e ti porto nella tenda " "Selín ti prego...non c'è la faccio più...io..." e crollò sopra di me svenuto. " Igrin! Muoviti!" lo scossi violentemente finché con un sussulto ricominciò a respirare e ad aprire gli occhi. "Per tutti i Valar! Igrin ma come ti sei conciato!" esclamai impressionata, visto che la vista di un elfo così ubriaco era ben rara. Con uno scatto si mise a sedere in mezzo al fango e vomitó " Igrin..ma che cosa.." sussurai sconvolta, con un una mano gli tenni i lunghi capelli corvino e con altra gli tirai via dei ciuffi dal viso. Dopo pochi istanti smise e tiró indietro la testa sospirando " sto bene.." sussurró per innumerevoli volte " No. Tu non stai affatto bene" risposi secca. Lo caricai, mettendogli un braccio sulla mia spalla e cingendogli la vita con il mio, con molta fatica anche se era leggero considerata la sua statura molto alta. Con un po di difficoltà arrivai alla tenda, appoggiai il corpo di Igrin ormai esamine e immobile sul letto e lo coprii con pesanti coperte visto che tremava terribilmente. Dopo pochi istanti si addormentó profondamente e tirai un sospiro di sollievo. Quel elfo non finiva più di stupirmi, il come è il perché si era ridotto così mi era ignoto. Rimasi tutto il tempo che precedeva l'alba al suo capezzale fino a quando i primi movimenti nel accampamento iniziarono. Igrin dormiva ancora profondamente senza che muovesse un muscolo, aveva smesso di tremare da quando lo avevo coperto ma il suo viso era ancora ricoperto da uno strato di sudore freddo come se la febbre lo bruciasse. Quando si svegliò era ormai mattino inoltrato, io non avevo chiuso occhio e la voglia di dormire regnava sovrana. Il suo risveglio fu lento come se uscisse da un altro mondo, aprí lentamente gli occhi strizzandoli come se una luce forte lo avesse colpito seppur la stanza fosse immersa nella oscurità, si alzò di scatto ma immediatamente resosi conto della sue condizioni si accasció sul letto sospirando tristemente. " Igrin come stai?" chiesi dolcemente "dove sono? " rispose cambiando prontamente discorso con una voce flebile e bassa " siamo nella tua tenda " " che cosa è successo? " continuò " non lo so, abbiamo finito di parlare e poi io mi sono addormentata. Quando mi sono svegliata tu non c'eri, sono uscita dalla tenda e ti ho visto in mezzo alla strada che barcollavi. Poi non chiedermi il motivo per cui ti sei ridotto così! " fece una smorfia di disapprovazione come se il mio racconto lo avesse disgustato " non sono mai arrivato fino a questo punto e nemmeno fino a ridurmi così male " sussurrò dopo un momento di silenzio, appoggiò il capo sul cuscino con fare sconsolato e si guardò i vestiti sporchi di fango e vomito. Arrossii quando mi fissò chiedendomi con lo sguardo il motivo dei vestiti sporchi. Abbasai lo sguardo " ti sei quasi vomitato addosso e ti sei buttato nel fango, e non mi è sembrato opportuno spogliarti per cambiare abito" risposi imbarazzata. " Hai fatto bene" rispose secco, si alzò agilmente come se la sbronza non fosse mai avvenuta " riposati " mi consigliò con un tono duro. Ecco era ritornato il solito Igrin. Si mise di schiena e con un movimento lento e goffo si tolse la veste corta buttandola per terra rimanendo così a dorso nudo, ma girato di spalle: la sua schiena era marmorea, i muscoli erano ben delineati e marchiati da piccole cicatrici segni della vita passata in guerra. Distolsi lo sguardo dal suo corpo perfetto e mi diressi lentamente verso il mio giaciglio. " aspetta" esclamò, mi fermai cercando di sviare il mio sguardo dal suo fisico " hai mangiato? " chiese girato ancora di spalle " no " sussurai abbasando la testa " ti porto qualcosa da mangiare" rispose sempre con un tono piatto " grazie". Aspettai seduta per terra su un telo sporco di polvere che fungeva da posto per mangiare. Poco dopo Igrin sbucó da una porta laterale, con addosso una camicia bianca stropicciata, con in mano una zuppa fumante, me la porse attento a non farla rovesciare. Tutto questo avvenne in un pesante silenzio, che cominciava ad opprimermi. L'elfo si sedette su uno sgabello e cominciò ad affilare e pulire la propria spada senza spiccare una sola parola. Decisi di rompere il silenzio che si era creato " sei andato a combattere?" chiesi con curiosità " si, poco lontano da qui" rispose impassibile " contro chi? " " abbiamo derubato un altro accampamento di Esterling" rispose gelido. Il mio tentativo era stato vano, il suo umore era nero come il cielo prima di un temporale. Rimasi in silenzio per tutta la durata del pasto, pensando improvissamente ai miei genitori che sicuramente mi davano per morta, un flusso di emozioni negative mi inondó lasciandomi un attimo stordita. Igrin neppure se ne curò, come se la mia presenza non esistesse. Passarono delle settimane in cui il rapporto piano piano miglioró e la nostra amicizia cominciava a formarsi. Trovai il carattere di Igrin molto complicato, come inizialmente avevo predetto, i suoi cambi di umore erano sempre più frequenti come se la personalità gli giocasse brutti scherzi. Si ubriacava quasi tutte le sere ma mai arrivando a stare male come quella notte, i suoi comportamenti richimavano tutto per tutto a un umano. Forse è per questo che provavo una sensazione familiare stando con lui. Non uscii mai dalla tenda altrementi il mio status di prigioniera andava compromesso, secondo il parere di Igrin. L'unica cosa che mi tormentava era quella misteriosa conversazione che avevo udito tempo addietro durante la mia prima notte di prigionia, non ero mai riuscita a rivelarlo a Igrin anche se spesso gli chiedevo se notava qualcosa di strano, ma lui negava sempre. Ma un giorno presi coraggio. Durante il frugale pasto di mezzodí mentre parlavamo di una strana morte avvenuta la sera prima hai confini del accampamento glielo chiesi, almeno ci provai "senti volevo dirti.." ma una voce forte mi interruppe entrando velocemente nella tenda "mio signore... ci stanno attaccando!" esclamò l'uomo appena entrato tutto trafelato. Igrin con uno scatto si alzò dallo sgabello e prese dal suo letto una spessa cotta di maglia argentea che luccicava a ogni singolo movimento del corpo. - Probabilmente un cimelio di guerra -. Si girò verso di me lanciandomi uno sguardo penetrante " Selín non devi assolutamente muoverti da qui" mi ordinò con un tono autoritario, si guardò in giro con fretta e ansia in cerca di qualcosa e con lo sguardo si soffermó su una spada nera posta su un baule, con due falcate veloci l'afferó e me la mise nelle mani " ascoltami. Se ce ne fosse bisogno usala" annui seria e strinsi forte l'elsa della spada. Poi l'elfo uscì seguito dall'uomo, rimasi immobile per un tempo infinito ad osservare l'arma. Era lunga e fine, i particolari piú strani erano le incisione suI l'impugnatura, linee curvilinee in argento che formavano un simbolo molto somigliante a una luna con delle punte. Era lo stesso stemma che avevo notato di sfuggita sulla cotta di maglia che aveva preso Igrin, probabilmente la spada era appartenuta allo stesso proprietario della cotta da guerra. Il solo pensiero che tenevo in mano la spada di un elfo o di un'uomo caduto in battaglia per salvare il suo popolo mi fece rabbrividire, lasciandomi vuota e smarrita. Il rumore degli scontri cominciava a farsi sentire come un grande tamburo, le spade che cozzavano tra di loro sovrastavano qualsiasi grida. Finalmente mi riscossi dai miei pensieri e andai a nascondermi dietro l'unico mobile della tenda anche se era un nascondiglio inutile e scontato, purtroppo era l'unico presente. Non seppi mai quanto tempo rimasi acquattata dietro quel mobile poiché tra quei momenti dolorosi ricordo solo lui. Una voce aspra e alta sovrastó il clamore delle spade, apparteneva sicuramente al nemico perché parlava una lingua strana molto simile alla lingua oscura di Morgoth, tenni ancora più stretta l'elsa della spada incuorante degli spigoli che mi tagliavano i palmi delle mani. La voce si avvicinò sempre di più alla tenda, finché sentii uno strappo netto poco distante dal mio nascondiglio e dei passi pesanti e rumorosi che invadevano il piccolo spazio poco prima occupato da noi. Attraverso un piccolo spiraglio al lato del mobile vidi che gli invasori erano due uomini, scuri di pelle e di bassa statura e abbastanza tarchiati. Le loro armature erano costituite da pelli di animali messe una sopra l'altra molto casualmente. Il come si potessero salvare la vita in battaglia con quelle armature mi era ignoto viste le loro condizioni. I due uomini cominciarono a confabulare animamente usando quella oscura lingua. Ad un certo punto uno uscì e invece il compagno cominciò a pelustrare la tenda sbattendo per terra ogni cosa che ostacolava la sua ricerca - la ricerca poi di cosa mi rimarrà sempre all'oscuro- perché un ombra agile colpí in pieno il petto dell'uomo. Era Igrin. Era tutto sporco di sangue e aveva il fiatone, si girò verso di me e mi venne incontro inginocchiandosi " Selín! Stai bene? " mi chiese con un tono mai usato prima: sembrava apprensivo. Rimasi un attimo stupita dal suo comportamento " Selín!" esclamò " sto bene" riuscii a dire " oh grazie a.." ma non finì la frase che il suo viso si trasformò in una maschera di terrore e di dolore. " Igrin che ti succede?!" e poi la notai. Una freccia nel fianco. " Selín scappa! " urlò lui con il terrore dipinto nei suoi occhi profondi. Ma non riuscivo a muovermi, il panico stava avendo il sopravvento lasciandomi paralizzata. Ma non feci in tempo a muovere un muscolo che un nuovo gemito uscì dalle labbra di Igrin. Un altra freccia. Nella spalla destra. " Muoviti!" urlò ormai sull'orlo del dolore " salvati ti prego... devi salvarti almeno te" sussurró prima che con uno scatto, impensabile nelle sue condizioni, si rimise in piedi. Il sangue colava in grande quantità soprattutto nella ferita al fianco rendendo il suolo scivoloso. Quando si alzò vidi il suo assassino, era il compagno dell'uomo ucciso da lui stesso. Teneva tra le mani un arco in cui un'altra freccia era già pronta per essere scoccata. Igrin si girò verso l'uomo e con un urlo quasi disumano e aggressivo gli corse in contro con la spada sguainata, ma i suoi movimenti erano lenti e goffi a causa delle ferite riportate. In quel momento vidi la scena come se fosse rallentata. La freccia partì dall'arco e con un tiro fin troppo perfetto si conficcó in mezzo al petto di Igrin, poco sotto il cuore, con un tonfo. L'elfo strabuzzó gli occhi e si accasció a terra in ginocchio ma immediatamente si rialzó e con le ultime energie ferí l'arciere alla gamba. Ero rimasta tutto il tempo immobile con il cuore che batteva incessamente a fissare la scena, non riuscivo a muovermi, a scappare, tutto il corpo mi diceva di stare lì e di aiutare Igrin ma dovevo assolutamente andare via altrimenti il suo sacrificio sarebbe stato vano e inutile. Poi decisi. Corsi verso l'assassino, ormai a terra che gemeva, approfittando della sua ferita che gli impediva movimenti, gli conficcai la spada nera nel cuore. Subito raggiunsi Igrin, era inginocchiato con la testa dondolante, gli presi il viso tra le mani delicatamente. La sua bellezza eterea stava svanendo, il suo viso era pallido e sporco di sangue e al tatto era gelato, la luce dei suoi occhi si stava offuscando. " Igrin non lasciarti andare, resisti ancora poco la battaglia è finita! È tutto finito" sussurai sullo orlo del pianto " Selín sei qua. .. vattene... salvati.." sussurrò tra i colpi di tosse che stavano diventando incessanti. Gli tolsi delicatamente la cotta per vedere le condizioni delle ferite, lo spettacolo che mi si presentò fu sconvolgente: oltre alla freccia conficcata, il petto era segnato da una lunga cicatrice che partiva dalla spalla destra e finiva nel fianco opposto. Sul suo viso etereo si dipinse un sorriso caldo e sincero " non c'è più nulla da fare Selín, il dolore come noti è parte di me, della mia essenza..." " Igrin non parlare.. stai tranquillo" "Mi dispiace per tutto. Scappa piu lontano da qui, dalla guerra, dal dolore. Me lo devi... promettere..." Il fragile corpo fu scosso da un sussulto piú forte e dalle labbra gli uscí un del sangue, facendo più fatica riprese a parlare con voce roca "Sei stata... la mia primavera .. addio Mellon-nin " ed espiró, lasciando per sempre un vuoto dentro di me. Seppi solamente più tardi il significato delle sue ultime parole in cui si trovava l'essenza di tutta la sua vita. "No! No!" balbettai, cominciai a schiaffergiarlo ma era tutto inutile se ne era andato. La prima lacrima mi solcó il viso seguita da un pianto violento ed interrotto. Non seppi mai come feci ad alzarmi, a prendere la spada dal cadavere dell'uomo e correre più lontano possibile dal dolore. Quando uscii dalla tenda, ormai la battaglia era terminata lasciando dell'accampamento solamente monconi di tende. Sgusciai furtivamente tra i resti fino a raggiungere il bosco che circondava l'intero accampamento, il peso della spada rallentava la mia corsa ma ci pensai due volte prima di lasciarla indietro perché sicuramente in futuro ritornerà utile. Durante la fuga attorno a me c'era il deserto, si udivano solamente ululati in lontananza, che mi fecero accapponare la pelle, erano i Mannari di Sauron, eccellenti segugi. Mi affrettai a passare gli ultimi metri che mi dividevano dalla salvezza che forniva la foresta, quando un ululato piu fortre mi giunse troppo chiaro alle mie orecchie facendomi gelare il sangue aumentai l'andatura della corsa cercando di non inciampare visto che indossavo un lungo vestito troppo scomodo per quella situazione. Altri ululati si aggiunsero al primo e si fecero pian piano fin troppo vicini. Ormai non capivo nemmeno in che direzione mi dirigevo, la testa mi girava per lo sforzo della corsa lasciandomi disorientata e confusa. Anche se correvo al estremo delle mie forze i Mannari guadagnavano terreno progressivamente. Il sole era alto nel cielo ma in quella foresta tutto era in ombra come se le fosse stato posto sopra un grande sudario, formato dalla coltre fitta degli alberi, rendendola umida e stranamente calda e afosa come se una magia oscura la estraniasse dal mondo esterno. Ad un certo punto il bosco si interuppe improvvisamente lasciando spazio a una radura battuta dal sole di mezzodì e il freddo, seppur piú simile alla classica umiditá primaverile, ritornò a colpire implacabile come una lama. Il cambio improvviso di temperatura mi mozzó il respiro, mi fermai di colpo per riprendere fiato, adesso non sentivo solo gli ululati ma anche il rumore delle falcate dei Mannari. La consapevolezza, che le uniche soluzioni erano o di affrontarli e poi morire o morire immediatamente senza affrontarli, mi fece sorridere amaramente. Le alternative non erano delle migliori ma erano le sole esistenti. L'ironia della situazione mi parse ridicola e un altro sorriso mi increspó le labbra; con l'ultimo scatto di adrenalina mi preparai a fronteggiarli. I segugi non si fecero attendere e sbucarono con un balzo sul margine della radura. Erano tre, grandi e ricoperti da un pelo scuro e ispido. Si misero in cerchio bloccandomi al centro della radura, senza lasciarmi vie di salvezza. Comincia a sudare freddo ma mi feci forza, mettendomi in modalitá d'attaco sfoderai la spada nera " fatevi avanti, luridi esseri, lecca piedi del Nemico! " li sbeffergiai, cercando di tenere il tono fermo provando a non far trapelare tutto il terrore che si era imposessato della mia anima. Neanche nelle mie più sfrenate fantasie avrei immaginato che i Mannari indietregiassero; ma alla vista della mia insicurezza, costatai, che ritrovarono un po di coraggio, come se non gli mancasse, e ricominciarono ad avanzare ringhiando, ormai la mia speranza di sopravivenza era pari allo zero poiché la mia capacità di combattere era addiritura sotto lo zero. Il panico mi investì, il pensiero di buttare a terra la spada e ricominciare a correre mi passó un momento nella mente. Un Mannaro si diresse spedito verso il mio viso, ma l'unica cosa che sentii fu un forte bruciore nel braccio destro, perché un pugnale sbucó al immproviso e mi sfioró con un sibillo acuto l'orecchio, e conficcandosio fino all'elsa in un occhio del Mannaro. Appena realizzai l'esistenza del pugnale un ombra ammatata in un mantello scuro aggredí il secondo lupo conficcandogli una spada nel fianco, tutto questo nel giro di pochi secondi. Il terzo lupo cominciò a indietreggiare o per codardia o per paura, ma appena l'ombra uccise il secondo lupo, il Mannaro scappó nel buio della foresta. " ti avevo avvertito, bisogna fare attenzione in questi tempi oscuri" sussurrò l'incappuciato. Quella voce. La Sua voce.

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Capitolo 9
*** Ferite (Maedhros) ***


~~Notai divertito lo stupore sul viso della ragazza. " Meadhros.... sei proprio tu? " mi chiese con voce tremante, fissandomi con i suoi grandi occhi neri.
" In persona" risposi calando il cappuccio, liberando così i lunghi capelli rossi.
La sua espressione di stupore si tramutó in imbarazzo.
Cercó in tutti  modi di sistemarsi poiché  i lunghi capelli neri erano scompigliati e alcune ciocche erano attacate al viso, arrossato a causa della corsa appena fatta.  Peró il suo colorito improvvisamente era passato dal rosso fuoco al bianco cadaverico,  infatti notai solamente  adesso il rosso vermiglio che macchiava la sua camicia all'altezza del braccio.
" Sélin stai bene?" chiesi con apprensione " Più  o meno " rispose sorridendo " Ma dimmi... Che cosa ci fai qua in queste terre desolate?" mi chiese, facendo un certo sforzo per non dare a vedere il dolore" No Sélin, prima devo medicarti, dopo ti spiegherò tutto " gli ordinai: vidi sul suo viso un ombra di esasperazione che mi fece sorridere. " Ti ho detto che sto bene, è solo un graffio" rispose lei secca, ma conoscevo troppo bene cosa provocavano gli artigli dei Mannari di Sauron: non ci si poteva permettere di trascurare neppure un semplice graffio.             
"Siediti là" gli ordinai peretorio, indicandole un masso poco distante: lei, con una andatura zoppicante, si diresse al luogo indicato senza dire una parola. "Cosa ti è successo al piede?" chiesi con nocuoranza " Una ferita causata da un pugnale di un orco" rispose distratta e rimanendo sul vago, strappando intanto la manica della camicia con una smorfia.
Sussultai appena vidi la ferita: era già in uno stadio avanzato per colpa del veleno dei Mannari e stava già facendo infezione, prendendo una sfumatura violetta.
Cercai di rimanere impassibile, ma l'agitazione si notava in ogni singolo movimento.
La sua espressione era affranta e distante come se le sue condizioni non le importassero più di tanto.
Lasciai correre il suo stato d'animo e presi l'Athelas dalla bisaccia, con una certa difficoltà per colpa della mano monca, Cercai di non dare a vedere il mio disagio nel mostrare la mia amputazione, ma era inutile.
Il suo sguardo, notando la mia difficoltà, si fece attento e vigile "Maedhros... Non fa niente, guarirà da sola, non affaticarti" mi disse con la sua voce dolce " No! Assolutamente no!" la mia  reazione le fece fare un balzo "Non puoi comprendere la situazione, Selín: ti rendi conto che puoi perdere il braccio se non si cura subito" dissi addolcendo il tono " Va bene. Continua, ti aiuto " con il braccio sano mi aiutó a prendere tutto il necessario per la cura. Appoggiai delicatamente l'erba sulla ferita e sentii il suo corpo irrigidirsi "farà male" la ammonii " sono pronta" cercai di sorridegli per dagli coraggio, ma il suo sguardo era già lontano perso in pensieri irraggiungibili.
Cominciai a cantileniare la formula di guarigione e dalla mia mano cominciò a srigionarsi una tenue luce calda che piano piano aumentó fino a diventare quasi accecante, sentivo il corpo di Selín tremare come se fosse scosso dalla febbre.
Cercai il più possibile di finire in fretta l'operazione per allentare il suo dolore.
Pochi istanti dopo ritirai la mano, il suo viso era  segnato da rughe profonde causate dalla sofferenza  " è tutto a posto? " mi chiese abbandonando la corazza che si era eretta attorno rilassando il viso   " non è abbastanza, dobbiamo andare  da mio fratello, lui è più esperto di me. Riesci a camminare?" Lei mi guardò come se fossi uno scherzo della natura " mi sono ferita un braccio mica una gamba!"
" ma il piede?"
" non preoccuparti è una vecchia ferita" vidi di sfuggita un ombra passagli nello sguardo, ma probabilmente l'avevo immaginata; si alzò dal sasso e si risistemó la camicia per quanto poteva vista la sua condizione.
Raccolsi le erbe e e le rimisi nella borsa "andiamo" dissi rimettendomi il cappuccio.
Ci dirigemmo verso nord-ovest seguendo il sole che ormai stava tramontando, dando al bosco una sfumatura rosea e rossa.
La vista del tramonto mi lasciava sempre senza fiato: la sua bellezza ogni giorno aumentava e nella mia vita millenaria lasciava ogni sera una sensazione di malinconia causata tutto per quella notte.. il rosso che illuminava il mio viso, il calore attuito dalla distanza.. un ricordo amaro e doloroso che il tempo aveva smussato  accuratamente lasciando solo qualche emozione che il tramonto scatenva in me.

" Maedhros dove sei? "
" sto arrivando Curufin, solo un attimo"
Presi tra le mani un nastro giallo, lo passai delicatamente tra le dita e me lo portai al viso sentendo il suo profumo. 
Il profumo del mio piccolo ormai lontano da me, troppo lontano.
Me lo misi come braccialetto con un nodo stretto.
" Maedhros!" Mi chiamò mio fratello.
" arrivo" uscii dalla porta e l'aria fredda mi invase lasciandomi un attimo paralizzato.
Raggiunsi mio fratello sulla stiva " finalmente! dai andiamo nostro padre ci sta aspettando".
Scesi dalla barca riluttante " dove sono gli altri?"
" sono già sulla scoliera"
" cosa ha intenzione di fare nostro padre?"
" fuoco." Esclamò con enfasi.
" ma gli altri? la nostra famiglia? Gli lasceremo al di là del mare!? "
" tu li consideri la nostra famiglia?!" Esclamò girandosi di scatto verso di me " cosa hanno fatto loro per noi, Fingolfin ha insultato nostro padre! Non merita la nostra fiducia ne la nostra benevolenza"
Il mio pensiero corse a lui.
Non risposi. Il silenzio spiegava già tutto.
Un rumore alle nostra spalle mi fece voltare: una nave aveva già preso fuoco seguita a ruota dalle altre.
Guardai con sgomento lo scempio per opera di mio padre. Quello che in futuro porterà dissidio  e odio pensai. Ma ormai solo il calore invadeva l'aria fredda della notte.

"non mi hai ancora detto perché eri nella foresta?" la voce squillante di Selín mi riportò alla realtà, la fissai attraverso il cappuccio.
Il suo viso era ritornato rosso ed era coperto da sottile strato di sudore; ormai camminavamo da qualche ora e lei non si era mai lamentata, cominciai ad apprezzare la sua indole.
" caccia "
" caccia?" ripetette stupita.
" Ma voi elfi non mangiate carne, vero?"
"hai ragione..ma per necessità sono dovuto scendere così in basso, e te invece? visto che una fanciulla rincorsa da tre Mannari non si incotra tutti i giorni"
" è complicato.." la sua voce si ridusse a un sussurro e si perse nel silenzio della foresta.
Non parlò per molto tempo e io non gli chiesi nulla, notai solamente adesso che nel braccio sano teneva stretta quella spada. La spada nera. Quell' arma mi trasmetteva un strana sensazione, irradiava come una energia negativa che mi turbava non poco; un pensiero   mi sfioró lasciadomi sgomento - e se fosse quella Spada?.. impossibile quella spada era sepolta con il suo padrone molto lontano da queste terre.- Ma questo pensiero mai mi abbandonó.
Un gemito mi riscosse, mi girai di scatto, Selín era a terra che ansimava con una mano sulla fronte " la testa.. mi gira " subito fui al suo fianco e appena la sfiorai sentii il calore che emanava il suo corpo " calma Selín, è solo un po di febbre" si girò verso di me con uno sguardo di dolore puro " non c'è la faccio più.." mugugnó, mi abbassai e con una certa difficoltà la presi tra le braccia " non manca molto. Resisti" chiuse gli occhi lasciandosi andare completamente addosso a me " Selín non mollare " cominciai a correre più velocemente possibile sfiorando il più possibile le fronde degli alberi.
Nella foresta silenziosa solo i miei passi si udivano, nulla si muoveva.
Nel mio grembo Selín continuava ad agitarsi, il suo viso era diventato pallido e le labbra viola; le sue condizioni mi spronarono a correre ancora più velocemente.
Una fitta al fianco mi fece rallentare, abbasai lo sguardo e notai stupito che nelle sue mani Selín stringeva ancora in una presa poderosa, la spada nera che era la causa della fitta, perché con la sua lama mi aveva ferito, infatti la mia tunica era già intrinsa di sangue. Imprecai in silenzio e ricominciai a correre cercando di non badare al dolore.
Dopo aver passato l'ultimo ostacolo, un torrente affluente del Sirion, scorsi finalmente il rifugio.
Con le ultime  forze raggiunsi velocemente l'entrata " Maglor!" Urlai sperando che era in casa. Non ricevetti risposta.
"Maglor!"lo scatto del chiavistello mi interruppé sul terzo richiamo " Maedhros cosa hai da url..? " ma non finì la frase perché notò Selín " per tutti i Valar..." Sì scostó dalla porta  e mi fece entrare " appogiala su tavolo" mi ordinò sbrigativo intanto che preparava le cure.
Appoggiai delicatamente Selín sul tavolo e gli tolsi la spada dalle mani con un po di fatica perché opponeva resistenza " Igrin.. " chiamò con un sussurrò.
Quel nome mi colpí come un fulmine a cel sereno. Igrin il Rinnegato. Poteva essere solo lui, solamente lui possedeva quel nome, ma il come e il perché Selín lo conoscesse era un mistero, lasciai perdere pensando che fosse frutto del delirio della febbre.
" Maedhros mi stai ascoltando?" La voce ansiosa di mio fratello mi riscosse dai miei pensieri " com'è stata ferita?" "Una ferita provocata dai lupi mannari di Sauron" risposi prontamente " alla spalla destra".
Maglor si accostò a Selín e gli tolse delicatamente la camicia, lasciandola con una casacca smamicata " hai fatto del tuo meglio, fratello, ma la ferita si è riaperta e ha formato la temuta infezione" 
Maglor era sempre stato il guaritore più esperto tra tutti i fratelli, manteneva sempre il sangue freddo e non si impressionava davanti a qualsiasi ferita; infatti era stato lui a curarmi quando avevo perso la mano.
Non solo era il migliore nel campo della medicina ma anche nella musica: amava comporre e suonare con l'arpa emettendo una musica ineguagliabile solamente da pochissimi menestrelli.
Lui aveva avuto da sempre un animo pacifico e gentile assomigliava a nostra madre più di quanto gli assomigliassi io che ne ero la fotocopia fisica.
Dopo la morte di Curufin, Celegorm e Caranthir era stato grazie a mio fratello il motivo per cui non ero crollato. Quando avevo saputo di cosa avevo fatto, di cosa la mia pazzia era stata capace di fare: abbandonare alla morte i due gemelli Eluréd e Elurín, quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. La mia pazzia stava per avere  il sopravvento ma poi, è arrivato lui. Il mio fratellino.
" Maedhros sei pallido" la voce di Maglor mi arrivò ovattata come se mi stesse parlando sotto acqua " lascia stare"  provai a dire, ma emettei solo dei suoni incomprensibili.
" accidenti!"  fu l'ultima cosa che sentii prima di cadere a peso morto dalla sedia, svenuto.
La prima cosa che mi venne in mente era la mia incoscienza, non solo mi ero dimenticato della ferita ma ero anche svenuto, come un debole.
Ritornai di colpo nella realtà, bocheggiando in cerca di aria.
Ero steso a terra a dorso nudo e Maglor era accanto a me con in mano delle fasciature ed era intento a tamponare la ferita " non cambierai mai eh, fratello? " provai a borbottare un assenso e a sedermi " stai giù " mi ordinò " non ho ancora finito " sbuffai e tirai via i capelli dagli occhi
" quanto sono stato svenuto?"
"Nemmeno un minuto" rispose sorridendo.
" perché sorridi?"
" ti metti sempre nei guai fratellino"
" lo avresti fatto anche te!"
" indubbiamente"
" dove sono i gemelli?"
" suppongo con tutto il rumore che hai fatto si siano svegliati"
" e Selín?"
" Selín... quindi è questo il suo nome. Sta abbastanza bene è fuori pericolo, per il momento"
"Per il momento? " chiesi dubbioso.
" l'infezione è stata domata, ma la febbre non è ancora scesa, dobbiamo aspettare domani mattina per avere risultati degni di nota"
" hai finito? "
" finito" si alzò e depose le bende sporche di sangue in una bacinella, e si diresse verso il tavolo dove era stesa Selín.
Gli tolse un fascia dalla fronte e gliela cambiò inumidendola in una bacinella e gliela rimise con delicatezza, il tutto guardandomi di sottecchi.
" una giovane umana interessante"
" era stata attacata  dai lupi, non so come si era messa in questo pericolo, so solo il suo nome"
" mi nascondi qualcosa" disse sorridendo.
Ammiravo tantissimo il mio fratellino, dopo la morte di Findekano era stato il solo che mi aveva assistito, il solo che mi aveva capito ed consolato era grazie a lui che ora sono qua.
Mi alzai e mi rimisi la camicia, lasciando nei meandri dei miei pensieri i ricordi dolorosi, 
" devi cambiartela, te ne vado a prendere una" e lasciò la stanza andando in quella adiacente.
" dopo mi devi spiegare!" Lo sentii urlare dalla stanza accanto.
Sorrisi involontariamente, mi avvicinai al tavolo; il volto di Selín aveva ripreso colore e le labbra erano rosae, l'unico segno della febbre era il respiro affannoso e il sudore che gli imperlava la fronte.
Le scostai una ciocca di capelli scuri dal viso, accarezzandoli  distrattamente.
Un ricordo improvviso sepolto dagli anni riemerse  dalle profondità del tempo.

"Nelyafinwë, dai vieni!" Una voce squillante interruppe il mio lavoro.
" Fingon, oggi  non posso proprio venire, sono occupato"
" dai, dai, devi solo fare una piccola cosa per me!" un piccolo elfo sbucó dalla porta del mio studio con stampato in viso un grande sorriso.
Ogni volta che vedevo quel sorriso una sensazione calda mi invadeva il cuore, era un sorriso così sincero e spensierato che solo i bambini possedevano.
" Nelya!" Esclamò venendomi incontro a braccia aperte e abbracciandomi " Fingon non dovresti essere a lezione?"
" io non voglio è noioso e io voglio stare solo con te"
Il suo broncio mi fece sorridere. Tutto di lui mi faceva sorridere.
" dimmi cosa vuoi che faccia?"
" devi farmi le trecce!"
" ai suoi ordini!" Il suo sorriso si allargò fino al limite possibile " sii! Il mio Mai mi fa una treccia!" Esclamò girando in torno nella stanza correndo con le braccia spalancate.
" non urlare se no ti sentono!"
" si si ai suoi ordini" esclamò ridendo come un pazzo.
" vieni qua, piccolo" lui corse verso di me prendendo una sedia più grande di lui e la mise  davanti alla mia " allora come le vuoi?"
" le voglio su due lati" disse indicando delle ciocche dietro alle piccole orecchie a punta.
Presi tre ciocche e cominciai a intrecciare intanto che Fingon parlava del sui fratellino appena nato " sai Nelya è troppo buffo e piange tantissimo" mi stava dicendo con entusiasmo " immagino, piccolo"
" non devi chiamarmi più piccolo adesso sono grande come te!" Disse pompando il petto " indubbiamente piccolo "
" eh dai! " esclamò contrariato, io scoppiai a ridere.
" non è divertente Maitimo" sbuffó mettendo il broncio.
" ho finito Fingon"
"Oh grazie!"
" posso vedermi? "
" certamente" presi uno specchio  e glielo misi davanti.
" sono bellissime"
Sì girò verso di me con i suoi grandi occhi blu e mi diede un bacio sulla guancia.
Il mio cuore fece un balzo e un sorriso mi dipinse il viso.
" grazie ancora Mai, ti voglio bene
"

Una lacrima mi solcó il viso e scese lenta sulla gotta.
Fu così che mi trovò Maglor quando entrò nella stanza.
" Maedhros.. Lui? " mi girai verso di lui ormai con il viso asciutto.
" mi manca e lei me lo ricorda: i suoi capelli, il suo carattere.. tutto"
" basta pensarci adesso va riposati, sto qua io con lei "
" Grazie Maglor grazie di tutto."

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Capitolo 10
*** Brothers ( Selín ) ***


La prima cosa che percepii fu il freddo. Tanto freddo. E delle voci, lontane e confuse come se le sentissi in una bolla di vetro. Un brivido mi percorse tutto il corpo, scacciando momentaneamente il gelo. Sentivo in una parte imprecisa del corpo un punto caldo che sprigionava un calore così intenso da espandersi progressivamente. Adesso solamente il calore era parte di me, era come un fuoco che mi scorreva nelle vene e mi prosciugava le energie. Poi tutto finì. Ritornò il silenzio assoluto, le voci si spensero e nulla si udiva. Ritornò la calma, ricominciai a percepire il mio corpo uscendo così dal torpore. Aprii di scatto gli occhi e la bocca facendo un respiro profondo e sofferto, come se uscissi da una lunga apnea. Probabilmente urlai anche, ma non me ne accorsi perché tutto intorno a me era confuso. Vedevo la stanza ondeggiare come se fossi in balia delle onde di un mare in tempesta. Poi misi a fuoco un viso. " Sélin?" la voce era confusa e rimbombante come ampliata da un eco. Apparteneva sicuramente a un elfo, il timbro era troppo leggero per un umano. Provai a dire qualcosa ma le parole non mi uscirono dalle labbra. " come ti senti?" " la testa.. " riuscii a dire con molta fatica e con un filo di voce. " è normale, non ti preoccupare" disse con un sorriso: prese una pezza bagnata e me la mise sulla fronte, subito sentii il giovamento e sospirai per il sollievo. " tieni bevi" mi porse un bicchiere pieno di uno strano intruglio che puzzava assai, storsi il naso. " ti sentirai meglio" bevvi a piccoli sorsi e mi stupì, il suo sapore era dolce e delicato. " vedi che è buono?" " uhm... grazie" balbettai un po a disagio, mi guardai intorno osservando attentamente la stanza. Era abbastanza piccola e arredata in modo frugale, solamente con qualche mobile spoglio. La luce filtrava da una piccola finestra di fianco al letto dove giacevo, dando alla stanza un po di candore. L'elfo davanti a me era nero di capelli, la bellezza era indescrivibile, come d'altronde tutti quelli della sua stirpe, il suo viso era limpido e rilassato, ma questa era solo l'apparenza. " dove sono e chi sei?" chiesi schietta quando la voce mi ritornò del tutto. " sei nella nostra casa" " aspetta, nostro?" " si, lui è mio fratello" una voce cristallina mi interruppe, dalla porta in fondo alla stanza entrò Maedhros. La gola mi si seccó di colpo lasciandomi senza parole. Adesso tutto aveva un senso. Adesso i ricordi ritornarono in superficie. Igrin, la corsa, I mannari, Maedhros, la ferita e la febbre. " allora come stai?" Mi chiese sbrigamente con un tono quasi imbarazzato. Io non riuscivo ancora a parlare, le parole non uscivano dalle labbra, ero come paralizzata. Parlò per me l'elfo accanto con una voce molto simile al fratello ma molto più dolce. " è guarita Nel, é fuori pericolo" vidi di sfuggita il viso di Maedhros distendersi per un istante per il sollievo, ma è stato solo un movimento impercettibile, che pensai di averlo solo immaginato. L'elfo accanto a me si alzò non facendo neanche un rumore con una grazia sorprendente, i suoi lunghi capelli neri gli caddero leggeri sulla schiena come una tenda mossa da una brezza leggera. Assomigliava molto a Maedhros come viso e corporatura, ma in lui si percepiva qualcosa di diverso, di strano e ambiguo che il fratello non aveva o forse l'aveva posseduta un tempo. L'elfo andò incontro al fratello e gli sfioró dolcemente la spalla, poi uscì dalla stanza silenziosamente. Maedhros rimase fermo in piedi davanti al mio letto, con lo sguardo puntato sul pavimento. " Maedhros?" Lui alzò di scatto la testa, formando una aureola rossa intorno a lui. Sì avvicinò e si sedette sulla sedia prima occupata dal fratello. I suoi occhi verdi mi fissarono con intensità come aveva fatto in quella notte piovosa, ma adesso lo sguardo era solamente pieno di apprensione, non più freddo come la prima volta. Notai solamente adesso che il suo viso pallido e niveo era solcato da piccole cicatrici bianche, forse era per questo che non le avevo notate la prima volta: si confondevano con la sua carnagione in un modo quasi innaturale. " sono felice che tu stia bene" disse, facendo uno sforzo per sorridere come se gli costasse molto. Intorno agli occhi gli si formarono delle piccole rughe che per un attimo stonarono nella bellezza perfetta del suo viso. " ti avevo detto che non era nulla di grave" risposi ironicamente. Lui mi guardò storto " nulla di grave eh? " " beh non del tutto" sorrisi, cercando di rompere la situazione tesa che si era creata. Un ricordo improvviso mi colpí. " la spada! Dov'è la spada?" " tranquilla è qua " si alzò e prese da un angolo della stanza un fodero nero " l'ho messa in fodero perché può essere molto tagliente" disse con una punta di sarcasmo. Non feci caso al suo tono di voce, la presi con uno scatto dalle sue mani, la portai al petto come se fosse un bambino e comincia a cullarla. Subito i ricordi legati ad essa emersero con prepotenza, lasciandomi scossa. -Selín alza di più quel braccio!- la voce di Igrin mi arrivò ovattata e coperta dal mio fiato corto affaticato. Sospirai e feci quello che Igrin mi aveva detto. Mi rimisi in posizione d'attaco e mi preparai allo scontro. Davanti a me c'era l'elfo che mi guardava con uno sguardo assente come se vedesse oltre me. - tutto a posto? - - solo ricordi- - è colpa mia?- Silenzio. - mi ricordi mia sorella- Una confessione improvvisa dopo due settimane era l'ultima cosa che mi aspettavo. - Lei era solare, sorridente, aveva il sorriso luminoso come Telperion, che ti scaldava il cuore. Illuminava i miei giorni neri. Aveva una determinazione negli occhi, così profonda e intensa che ogni volta che incrociavi il suo sguardo rimanevi intrappolato da quei occhi magnetici.. Il suo nome é Aëlin- La sua voce scomparve, come risucchiata da un tornado. Non proferii parola rispettando il dolore che provava lui nel ricordare la sorella. - Aëlin é rimasta in Valinor, non ha mai approvato le miei scelte. Non mi avrebbe mai seguito. Chissà se la rivedrò un giorno- Il suo sguardo si rivolse a ovest verso le terre Immortali. Con un gesto della mano liquidò i ricordi tristi e si rimise in posizione per combattere. - sei pronta? Umana?- Abituata ormai ai suoi sbalzi d'umore gli risposi a tono- sempre, Elfo- e con un sorriso mi attaccó. " grazie per aver tenuto la spada, è molto importante per me" Lui annui lentamente. L'espressione del suo viso era tesa e la posizione del suo corpo esprimeva disagio, come se la mia presenza gli provocasse fastidio. "Vuoi qualcosa da mangiare?" chiese invece con un tono tutt'altro che infastidito, alzandosi e dirigendosi verso la porta. "Volentieri grazie. " "Maedhros? "Lo richiamai. Sì fermò e si girò verso di me, appoggiando una mano sullo stipite della porta e fissandomi con uno sguardo curioso. "Quanto sono stata incosciente?" "Tre giorni" Tre giorni dalla morte di Igrin. Ed erano ormai quasi tre mesi che ero lontana dalla mia famiglia. Chissà se mi davano per dispersa o se riponevano ancora delle speranze. Chissà se mi avevano cercata, chissà come stavano le mie sorelle. Una forte nostalgia di casa invase il mio cuore. Era tutto successo così in fretta senza che avessi avuto un libero arbitro nelle azioni, come se nessuno avesse ascoltato le miei idee e i miei desideri. Lasciai perdere i pensieri negativi, ritornado con la mente alla difficile situazione in cui mi trovavo. Valutai attentamente tutto quello che mi era successo da quando avevo incontrato Maedhros, almeno ci provai perché di quel lasso di tempo i ricordi erano solo degli sprazzi. Il primo problema era che non sapevo dove mi trovavo, probabilmente molto lontano da casa. E il secondo problema, il più vitale era il dubbio se il mio status era ancora di prigioniera o libera, benché non conoscevo Maedrhos il pensiero che fossi una prigioniera mi parve ridicolo visto che nel giro di tre giorni mi aveva salvato la vita ben due volte. E il terzo problema era la ferita. Guardai la situazione in cui versava, era coperta da una fasciatura candida che avvolgeva il braccio e proseguiva all'interno del petto, fino a legarsi in un nodo appena sotto il seno. Il pensiero che qualcuno mi aveva spogliata mi fece arrossire. " che imbarazzo " sussurai coprendomi il viso dalla vergogna. Un rumore proveniente dalla porta mi fece rizzare quasi seduta " Buon giorno!" una voce cristallina e felice interruppe il silenzio della stanza. La figura che entrò mi lascio sbigottita: era un elfo con i capelli rossi e lunghi, sul suo viso quasi infantile era dipinta un'espressione di felicità assoluta e il suo sorriso era a trentadue denti. " Amrod! Ti sembra il caso!?" la voce di Meadhros alta e severa anticipò di qualche minuto la sua figura alta e snella che entrava dalla porta in tutta la sua imponenza. L'elfo vicino a lui era molto più basso in confronto a Maedhros, anche se prima mi era sembrato decisamente molto più alto. " scusami Nel ma volevo salutarla a dovere!" " lasciamo stare, sei sempre un incosciente! Selín lui è Amrod mio fratello più piccolo" disse ritornado a rivolgersi a me. Fissai i due fratelli notando sbalordita la loro somiglianza: oltre ad avere i capelli dello stesso colore come anche gli occhi di un verde acceso; i lineamenti del viso erano pressoché identici, solamente che Amrod aveva un viso meno teso e più infantile del fratello maggiore. Amrod si diresse verso di me sempre sorridendo " come ha detto mio fratello io sono Amrod figlio di.." " Amrod no." Lo ammoní immediatamente il fratello. Sul viso di Amrod si dipinse una espressione di disappunto "ma Nel.. " " Amrod no. Vai giù" disse con severità " va bene va bene!" esclamò con esasperazione " ciao Selín!" Lo sentii urlare ormai fuori dalla stanza. "Perdona mio fratello, certe volte parla troppo" si scusó. " è praticamente il tuo riflesso!" " dovresti vedere Amras suo gemello, qualche volta faccio fatica a distinguerli" " ma quanti fratelli hai?" Ebbe un attimo d'esitazione. " tre: Maglor, Amrod e Amras" "Anch'io ho tre sorelle... ormai...chissà se mi hanno cercato" " Sélin?" "Dimmi" mi girai verso di lui e lo fissai dritto negli occhi: una distesa verde smeraldo brillante. "Come sei giunta fino a tutto questo?" Deglutii. Era giunta l'ora di raccontare tutto e dovevo fare a meno del giuramento che avevo fatto a Igrin. Il vento lieve della primavera mosse la tenda della porta portando un profumo inteso di fiori. Igrin era accanto a me, e dormiva. Sul suo viso era dipinta una espressione serena, i muscoli erano distesi. Il suo cipiglio arrogante era scomparso lasciandogli impressa sul viso un'espressione infantile e ingenua, come se avesse bisogno di protezione. Comincia distrattamente ad accarezagli i lunghi capelli neri, godendo per un attimo della loro morbidezza. - Selín- la voce cristallina del elfo mi spaventò. -mi prometti una cosa- si girò verso di me puntando lo sguardo nel mio. - qualsiasi cosa- - non parlare mai di questo, quando un giorno sarai libera, quando un giorno riuscirò a portati fuori di qui- - di me e di te?- chiesi con un tono leggermente indignato e offeso. Lui non rispose. - ti vergogni di me?- ripresi con un filo di voce. - hai infrainteso Selín, nessuno dovrà sapere che tu sei stata qua.. perché se qualche generale,mio superiore, sapesse che io ti ho nascosta, finirai nei guai.- - va bene, hai la mia parola- - non potrei mai vergognarmi di te, piccola umana- prese una mia ciocca e la arrotoló distrattamente. - tu mi hai salvato- "Tu mi hai salvato,è giusto che devi sapere tutto" Lui parve capire e si mise seduto sul letto. Chiusi un istante gli occhi e lascia i ricordi liberi di riemergere. " sono stata rapita dai orchi, mi hanno portato in un campo Esterling, sono stata prigioniera per due settimane e poi sono riuscita a scappare quando il campo è stato attaccato". Omessi la presenza di Igrin nella vicenda come promesso. " incredibile" "Incredibile?" "Sei sopravvissuta due settimane in un campo Esterling? Da sola?" Cercai in tutti i modi di nascondere la verità, tenendo una espressione impassibile. " si. Con qualche difficoltà, ma sono sopravvissuta" sorrisi per nascondere la verità. Vedevo che il sul suo viso trapelava il dubbio. " allora c'è qualcosa da mangiare?" cambiai argomento per sviarlo dalla verità. "Maglor lo sta preparando, tra un po è pronto. Te lo porto qui" " no grazie adesso mi alzo" tirai indietro le coperte e misi le gambe intorpidite fuori dal letto. " non mi sembra il caso Selín" provó a dire, ma lo zittii con uno sguardo di fuoco " sarò pure una ragazza, ma alzarmi dal letto mi riesce facilmente" lo sbeffergiai " va bene!" si difese alzando le mani in segno di resa. " avresti dei vestiti? " chiesi imbarazzata. " te li porto subito, non so però se li trovo della tua taglia" " non fa niente, grazie" Uscì e nel giro di pochi minuti ritornò con in mano dei pantaloni e una camicia insieme a una lunga tunica. " grazie" " ti aspetto di sotto".

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Capitolo 11
*** Incomprensioni (Selin) ***


Guardai criticamente i vestiti, anzi il vestito. Era lungo fino ai piedi, almeno sembrava, fatto di un materiale leggero,morbidissimo e prettamente blu notte.
Aveva una scollatura a V sulla schiena e sul petto uno scollo a forma di cuore che accentuava leggermente le curve del corpo.
Lo fissai ancora a lungo pensando che quel  abito era appartenuto sicuramente a qualche signora elfica e pure di grande importanza visti i preziosi decori che costituivano la parte superiore del abito intorno allo scollo. Era addobbato con diamanti e zaffiri che si altrenavano uno a uno dando al vestito un luminosità particolare.
La gonna era sobria in confronto al corpetto, solamente al orlo c'erano dei ricami in argento con simboli a me sconosciuti.
Lo appoggiai sul letto delicatamente rispettando la fattura e cominciai a togliermi molto lentamente la camicia stando attenta alla fasciatura. La buttai a terra e iniziai ad armeggiare con i pantaloni.
Notai con ribrezzo che le miei gambe erano piene di lividi di tutti i colori, la maggior parte nati dall'addestramento di Igrin, ma quelli neri erano freschi.
Presi il vestito e con uno sforzo immane provai a indossarlo. Ci misi almeno un paio di tentativi prima di riuscire a infilarlo correttamente e chiudere i lacci sulla schiena.
Tirai un sospiro di sollievo quando l'ultimo laccio si chiuse.
Notai solamente adesso che al lato del letto c'erano dei sandali di pelle nera ornati di fili d'argento che riprendevano quelli del mio vestito, le presi e provai a infilarle.
Erano leggermente grandi ma era possibile camminare.
Spalancai la porta della stanza e mi trovai in un grande corridoio con pareti alte, sovrastate da volte ampie e decorate con motivi floreali che continuavano sulle colonne che sorregevano il soffitto, il tutto era dominato dal colore bianco che si accentuava in prossimità delle piccole finestre che davano all' esterno.
Percorsi estasiata il corridoio che finiva in una scala anche essa bianca in cui non si vedeva la fine.
In fondo alla scala mi aspettava Maedhros con una espressione di disappunto e meraviglia allo stesso momento.
"Come stai? " il suo sguardo era vacuo e impassibile e io non comprendevo ancora la sua indole, era come un rompicapo, impossibile da capire ma possibile da risolvere.
"Molto meglio, grazie. Che posto è mai questo? È stupendo! Vivete solo voi quattro?  Ma è enorme! Non ho mai visto un palazzo del genere! "
"Calma ragazzina"
Il mio entusiasmo si spense come si spense l'occasione di farlo sorridere.
" lo saprai tra un attimo"
E così non parlò per tutto il tragitto.
E io che pensavo che Igrin fosse misterioso, lunatico e tante altre cose! Ma lui lo batteva!
Un buon profumo proveniva da una porta spalancata sulla nostra destra, entrammo e una luce accecante mi invase.
Il salone non era molto grande, ma abbastanza ampio da far stare un tavolone di quercia finemente decorato.
Le pareti, anzi le finestre, perché una parte della parete alla mia destra era completamente di vetro e un panorama mozzafiato si stagliava al orizzonte.
Il panorama era una foresta rigogliosa e verde che essendo talmente vasta non si vedeva la fine.
Notai solamente adesso che sul tavolo erano seduti Maglor e Amrod e un elfo completamente uguale ad quest'ultimo sicuramente il gemello.
" Ciao Selín" mi salutò cordialmente Maglor alzandosi e prendendo una sedia di fronte a lui e offrendomi di sedermi.
"Grazie " mi sedetti stando attenta a non rovinare il vestito.
"Sei proprio incantevole Selín! " esclamò Amrod con entusiasmo.
"Oh grazie Amrod" Arrossii lievemente abbassando lo sguardo, puntai gli occhi al piatto perché mi sentivo imbarazzata al inverosimile, sentivo uno sguardo di fuoco era puntato su di me come se fossi una preda.
Alzai gli occhi e davanti a me c'era Maedhros che mi fissava interessato.
"Allora Selín stai meglio immagino?"mi chiese Maglor rompendo il silenzio imbarazzante che si era creato.
"Oh si! Sto molto meglio, la ferita ormai è rimarginata, credo. Perché a mettere questo vestito complicato non ho avuto problemi che la interessavano."
Probabilmente la mia faccia nel parlare era stata decisamente buffa perché Amrod scoppiò a ridere; la sua risata era cristallina e contagiosa cosicché anche il gemello con più discrezione cominciò a sogghignare con una mano davanti alla bocca.
Io lo guardai confusa, mi girai verso Maglor che rideva di sottecchi, e Maedhros? Non avevo il coraggio di girarmi.
Mi girai.
Lui era lì serio, nemmeno un muscolo del suo viso perfetto si muoveva per dare un segno di allegria.
Rimasi intimamente delusa.
"Scusate!"cercai di dire " non scusarti Selín! " provó a dire Amrod tra le risate.
Sprofondai nella mia sedia dal imbarazzo.
"Ewen! Gye de ferko joi wusqa!" Silenzio! Smettetela di ridere! La voce severa e irritata di Maedhros interruppe I due gemelli che smisero di ridere immediatamente e cominciarono a mangiare.
"Nelyafinwë, uio de dawerka aferys le weqi?" ti sembra il caso di trattarli così? Disse in elfico Maglor con un tono misto tra il dolce e il rimprovero.
L'uso del elfico mi stava mettendo in difficoltà.
"Scusatemi" detto ciò Maedhros si alzò da tavola e si avviò alla porta " non ho fame".
E uscì.
Nella stanza era sceso il silenzio " devi scusarlo Selín" disse Maglor e detto ciò uscì per andare dal fratello.
Sul mio viso era disegnato  sicuramente una espressione interrogativa perché Amrod cominciò a parlare in modo sommesso "ascolta Selín, nostro fratello.. come dire... ne ha passate molte ma molte che neppure tu puoi immaginare e purtroppo ne ha risentito il suo carattere.. c'era un tempo molto lontano che lui era sempre solare ma poi le responsabilità e molti lutti lo hanno cambiato radicalmente"
"Io non so che dire.. Lui è stato così gentile con me.. mi ha salvato" provai a dire tra le lacrime " ehi  Selín" sentii la mano calda di Amrod sulla spalla " devi sapere una cosa"
"Cosa? "
" da quando sei arrivata tu ha cominciato a sorridere, e fidati non lo faceva da molto tempo"
" veramente? "
"Te lo posso rassicurare" sorrise.
Dalla porta entrò Maglor e silenziosamente si sedette al suo posto " allora Selín dimmi quanti anni hai? " chiese rompendo il ghiaccio.
" ho sedici anni, lo so sono giovane"
" sai é da tanto tempo che non vedevamo un umano e da dove vieni? "
" Da un paesino alle bocche del Sirion, facevo la cameriera in una taverna"
" interessante, quando sarai guarita potrai tornare pure a casa"
La parola casa mi sembrò estranea e remota ormai erano mesi che mancavo da casa " che periodo dell'anno siamo?"
" siamo all' inizio dell'estate" rispose dolcemente  Maglor  " ormai manco da più di un mese da casa " sussurai.
" E potrai ritornare presto! " esclamò Amrod.
Però.. qualcosa mi tratteneva.
" scusate.. posso ritirarmi, la ferita comincia a dolermi "
" non preoccuparti, vai pure Selín" disse Amrod.
Mi alzai a fatica e zoppicai fino alla porta,  mi sentivo tre sguardi che mi seguivano come una preda.
Mi voltai e gli sorrisi imbarazzata e poi uscii.
Non mi diressi in camera ma cercai Maedhros per i corridoi, ma nulla non lo trovavo.
Uscì nel aria tiepida della Sera, davanti a me la buia foresta, misi un piede fuori dalla porta.
Camminai lentamente fino al limitare della foresta,poi corsi libera nella oscurità.
" Maedhros dove sei? Ti voglio parlare! " lo chiamavo ma nulla il silenzio regnava sovrano.
Poi un fruscio e qualcosa mi fu sopra, o qualcuno.
 

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