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di fandani03
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scoprire se stessi ***
Capitolo 2: *** Noi, i Blue Fixer! ***
Capitolo 3: *** Uniti e divisi ***
Capitolo 4: *** Le emozioni della guerra ***
Capitolo 5: *** Torture ***
Capitolo 6: *** Confronti, competizione ***
Capitolo 7: *** L'amore del nemico ***



Capitolo 1
*** Scoprire se stessi ***


Fuori dalla base, da poco terminata l’incessante pioggia, Jamie osserva il cielo che si sta lentamente riaprendo. Pensa a suo padre, a quell’ultimo messaggio, alle parole di addio e rimpiange il tempo che non è riuscita a trascorrere con lui. Le scorrono lacrime sul viso e dentro di sé cerca di trovare la rassegnazione necessaria in questo momento, in un momento in cui il mondo sta andando incontro alla sua tremenda sorte.
Alle sue spalle sente dei passi, non si volta. Non serve. E’ Marin.
Il ragazzo osserva la sua dolce amica, ben consapevole di cosa lei ora stia attraversando, e non riesce a non provare un'enorme pena, ma anche una grande empatia.
- “Jamie..” - lei si volta, i due si guardano.
Qualche secondo di silenzio, poi le parole le escono senza che ne abbia piena coscienza: - “..mio padre è morto…” - 
- “Lo so.. Jamie, mi dispiace tanto.” - lei lo guarda, le lacrime continuano a scendere.
- “Sono morte così tante persone, Marin... non è giusto...” - il petto della ragazza emette un sussulto, sebbene lei cerchi di trattenersi. Lo guarda fisso negli occhi, forse a cercare un appiglio per non crollare. Ma questo non fa che aumentare la pena nel cuore di Marin che, senza aggiungere altro, le si avvicina e la abbraccia. La stringe forte a sé, come non aveva mai fatto, per darle quel calore di cui lei ora ha bisogno e per dimostrarle l’affetto che nutre per lei, che fino a quel momento, forse, non era riuscito a manifestare davvero.
Di fronte a loro, in quell’attimo dolce e penoso, la natura sta manifestando uno dei suoi spettacoli più belli, a far da contrasto al dolore in cui molte persone si trovano.
Un cielo plumbeo squarciato dai raggi del sole, emersi dopo infiniti giorni di pioggia, si staglia davanti ai loro occhi.
La Terra è al suo declino, lo sanno Marin e Jamie, lo sanno tutti. Ora possono solo godere di questi piccoli attimi di pace.

Nel momento in cui la ragazza aveva assistito all’ultimo messaggio da parte di suo padre, Marin  non era presente, non era con lei, stava combattendo con il Baldios, e solo ora poteva starle vicino.
E quando era rientrato alla base, non appena appresa la notizia, non aveva resistito all'istinto di correre da lei. Se ne stava rendendo conto solo in quell’istante, che una forza più grande di lui aveva guidato le sue azioni. E ora era lì, con Jamie tra le sue braccia.
Era sempre stato attratto da Jamie, senza dubbio. Così come, certamente, sapeva che la ragazza provava dei sentimenti per lui, ma fino ad ora era sempre stato totalmente assorbito dalla guerra contro Aldebaran, dall’idea di vendicare suo padre, dalla sua missione nel guidare il Baldios. Niente distrazioni, niente sentimentalismi.. si era ripetuto sempre. Ma Jamie era lì, era lì ogni giorno e aveva continuato ad essere lì anche nei momenti in cui lui l'aveva ignorata, accantonata, risultando persino insofferente alle sue attenzioni e ad ogni contatto tra loro. Oppure, peggio ancora, lei era stata lì anche nei momenti in cui lui era stato irrimediabilmente “attratto” da Afrodia, quella donna così affascinante e crudele da aver in qualche modo lasciato un segno dentro di lui. Ma della quale lui vedeva nitidamente la natura, una donna che forse in un tempo diverso avrebbe potuto amare, ma la quale, seppure era stata capace di manifestare gesti di pietà e buon senso, era pur sempre  inaridita dalla guerra e dal senso di sudditanza verso Gattler ed era diventata comunque spietata e senza scrupoli.

Ma da un po’ di tempo,  forse dal giorno del concerto, dal giorno in cui Jamie aveva rischiato la vita insieme a tutti quei bambini, Marin aveva realmente sentito qualcosa cambiare in lui, o più probabilmente aveva solo compreso che lei era entrata già da tempo nel suo cuore. Non voleva perdere anche lei, lei che solo ora aveva capito essere così importante. Lei che Afrodia avrebbe ucciso senza pietà se lui non fosse arrivato in tempo, e non avrebbe mai potuto perdonarselo. Lei che quella sera era così bella e che, a sentire i suoi compagni, si era fatta "bella" solo per lui. Bella nel suo vestito da sera. Bella con i capelli raccolti, bella con quel delicato trucco con cui non l'aveva mai vista. E nonostante la palese bellezza accecante della ragazza quella sera, mai come in quel momento Marin era stato certo che per lui Jamie era bella sempre, nella sua tuta spaziale, nei suoi sorrisi semplici e aperti. E aveva capito, in quell'attimo, che quello che lui vedeva in lei andava molto oltre l'aspetto esteriore, e che le sensazioni che provava dentro quando stava con lei stavano assumendo, a questo punto, un connotato molto più chiaro. Dannazione se era bella! Ma quella piccola ondata calda dentro al petto, e quella strana sensazione lungo le mani, da quel giorno non era più svanita. Da quel giorno era sembrato tutto più evidente.
L’aveva capito certo, aveva capito tutte queste cose, ma non era in alcun modo riuscito a manifestarle.
E quella sera, la sera del concerto, Jamie se ne era tornata piangente nella sua stanza, e lui si era morso mani e labbra, rendendosi conto della sua idiozia, ma assolutamente incapace di porvi rimedio. Non ce la faceva, Marin. Non era abituato ad amare, non era abituato ad essere amato. E forse non ancora conscio di cosa lei suscitasse in lui.
Nonostante ciò, in quella fase di confusione e di chiarezza che si accavallavano continuamente, una delle sere seguenti decise di seguire un impulso.
Andò nella stanza di Oliver e gli chiese, senza giri di parole: - “Sei innamorato di Jamie??” -
- “Cosa? Marin, ma che dici?” -
- “Rispondi, devo saperlo!!” -
Oliver abbassò lo sguardo, si scansò per farlo entrare e richiuse la porta.
Prima di rispondere non riuscì a trattenere un lieve sorriso amaro.
- “Ascolta Marin, il punto non è se io sia o meno innamorato di Jamie.. il punto fondamentale è che lei.. Lei è per certo innamorata di te! Non di me, Marin. E  questo, scusami, ma rende la tua domanda del tutto inutile!” –
Marin in quel momento spalancò gli occhi, sentiva che quelle parole gli erano entrate dentro e stavano scavando, scavando nel profondo dove lui cercava di non accedere mai. Oliver comprese che quel ragazzo era davvero spaesato, e per la prima volta capì che forse realmente non era consapevole dei suoi sentimenti, nè di averli alimentati in lei. Capì che molto probabilmente Marin non sapeva minimamente quanto grande fosse l'amore di Jamie per lui e che, probabilmente, non era voluta la sua indifferenza, la sua apparente arroganza. Per un attimo sentì del dispiacere per quel ragazzo che, per la prima volta, gli parve indifeso.
- “Vuoi forse farmi credere che non lo sapevi??” - Marin non rispose e fuggì via.
Oliver rimase da solo nella sua stanza e vi rimase per tutta la sera senza mai uscire. Quella sera aveva compreso che le sue possibilità con Jamie erano ormai realmente andate in fumo. Finalmente anche Marin aveva preso coscienza di amarla e, diavolo se ne era certo, non sarebbe passato molto tempo prima che i due finalmente si dichiarassero l'un l'altro. Gli serviva solo una giusta spinta. E si ritrovò a sorridere tra sé quando si rese conto che, forse, era stato proprio lui a dargliela un attimo prima..

Nei giorni a seguire, dopo il concerto, dopo la sera nella cabina di Oliver, dopo quei momenti di assoluta normalità, erano successe tante cose. La vita dei Blu Fixer era stata del tutto assorbita da eventi terribili che avevano destabilizzato definitivamente l'equilibrio mondiale.
La Terra era stata devastata dalle inondazioni e dalle piogge incessanti, i Blu Fixer furono impegnati nei combattimenti e in molto altro, non c’era tempo per i sentimenti, per le dichiarazioni, per il cuore.. ma la morte del padre di Jamie, quel giorno, aveva riportato tutti, per fortuna o purtroppo, su un piano di umanità che per molti giorni e settimane avevano accantonato. Il dolore della ragazza e il modo tragico in cui suo padre aveva perso la vita non poteva lasciare indifferenti. Ma erano tutti impotenti, tutti incapaci di dire le parole giuste.
Marin era lontano quando era accaduto il tragico incidente. Quando arrivò alla base istantaneamente chiese di lei. Tutti gli consigliarono di lasciarla da sola, perché probabilmente aveva bisogno di elaborare la sua perdita.
Ma Marin sentiva che c'era una sola cosa giusta per lei in quel momento, e forse giusta anche per se stesso, perché ne sentiva il bisogno. Non poteva e non voleva lasciarla sola.
E mentre tutti discutevano su quale fosse il modo migliore di aiutare Jamie, Marin esordì semplicemente: - “Io devo andare da lei!” -  si allontanò correndo.
- “Dove vai, Marin!!” - Oliver e Raita fecero solo un passo, ma la voce della Professoressa Quinstein li bloccò.
- “Lasciatelo andare...” -
- “Coosa?” -
La Dottoressa si voltò verso la grande vetrata della sala comando.
- “Siete degli sciocchi ingenui se pensate che lei non abbia bisogno di lui..... io credo anzi che lui sia la sola persona in grado di darle conforto in questo momento..” -
Calò il silenzio. Tutti compresero le parole della Dottoressa e si resero conto che era assolutamente nel giusto. Il rapporto tra Marin e Jamie andava oltre ogni volontà, oltre ogni buonsenso, ogni decisione che chiunque avesse potuto prendere. Fosse stato anche un ordine del Comandante.
La morte del padre di Jamie aveva scosso molto anche Marin, che rivedeva in questa tragedia parte della sua.  E forse per questo motivo la Quinstein comprese che pochi altri potevano sapere cosa le servisse in questo momento.

Tornando con la mente al presente, con Jamie che si stringeva forte a lui, Marin si disse che comunque non era opportuno azzardare ulteriori gesti o parole. Ma cercò di trasmetterle, nell’abbracciarla forte a sé, ogni sentimento che provava. E quell’abbraccio fu tale che anche Jamie se ne accorse, tanto che lo ricambiò con vigore, appoggiandosi a lui per sfogare il suo dolore.
Furono purtroppo interrotti da un nuovo allarme, l’abbraccio si ruppe, si guardarono. Erano molto vicini, come non lo erano mai stati, nel corpo e nell’anima, se ne resero conto entrambi. E non serviva spiegarlo a parole.
- “Jamie, dobbiamo andare… ma ricordati che io…” - le accarezzava il viso.
- “Cosa?” -
- “Che io sono qui, sono qui per te… mia dolce Jamie, e ci sarò sempre!” - parole uscite dal cuore, senza che nemmeno lui se lo aspettasse.
- “Oh Marin….” - Jamie abbassò lo sguardo - “Grazie Marin.." -
-  “Adesso andiamo, più tardi magari… ci sarà tempo…” - Marin le sorrise. Lei ricambiò, si presero per mano e si diressero rapidamente verso la sala comando.

Non chiedetemi perchè pubblico questo capitolo, questo fluire di pensieri che si è trasformato in una "storia" che necessita di essere portata a termine!
E' sucesso!;-)
Adoravo da ragazzina questo Anime, mi è capitato di rivederlo più di recente in un periodo di vita in cui sono stata a casa forzatamente, e sapete com'è....per ingannare il tempo si fa di tutto!
E allora ho ritrovato la passione per l'affascinante Marin e ho ricordaato quanto, da adolescente, mi immedesimassi certamente nella innocente e ingenua Jamie! E quanto facessi il tifo per lei, ma l'aspetto romantico non viene mai molto trattato nei cartoni animati "robotici", così ce l'ho infilato io!! ;))
Vediamo se c'è qualcuno/a che faceva le mie stesse riflessioni...
Perdonate la storia non è curata come l'altra che ho pubblicato nella sezione Georgie, l'ho scritta in modo più frettoloso forse, ma avevo voglia d sperimentare il riscontro!
Un abbraccio e a presto!

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Capitolo 2
*** Noi, i Blue Fixer! ***


Dopo quell’allarme, dopo la riunione in sala comando, tutto cominciò a cambiare repentinamente, per i giovani Blue Fixer, per il pianeta intero.
La situazione della Terra era grave e la sua sorte sembrava ormai segnata.
Qualche giorno più tardi, nelle prime ore della sera, dopo lunghe giornate di discussioni interminabili, riunioni e confronti tra il Comandante Bannister, il Generale dell’esercito e tutte le personalità importanti che stavano cercando di trovare una soluzione per salvare il pianeta, in quelle ore esatte i Blue Fixer si ritrovarono a prendere una decisione tanto drammatica quanto ineluttabile: partire per una missione suicida dalla quale, molto probabilmente, non sarebbero mai tornati indietro. Scoprirono che il loro compito era quello di recuperare il nucleo radioattivo che stava sprofondando nelle viscere della terra, ma per farlo probabilmente tutti loro sarebbero saltati in aria insieme all’intero Baldios.
- “Io vado. Sono pronto, la Terra non avrebbe più senso di essere salvata e non varrebbe più la pena combattere se diventasse come S1” - Marin sbloccò la situazione e gli altri lo seguirono a ruota.
- “Vado anche io!” -
- “Anche io” - aggiunsero Raita e Oliver. I tre ragazzi si guardarono e si scambiarono un’occhiata d’intesa. Tutti per uno e uno per tutti, sembrarono dire.
- “Voglio venire anche io!” – disse la giovane e combattiva Jamie.
- “Jamie NO!” – il coro dei Blue Fixer fu unanime, insieme a loro anche il Comandante e la Professoressa Quinstein.
- “Ma non potete lasciarmi qui!” - ribadì decisa.
Marin intervenne per tutti, con tono fermo e calmo:
- “Jamie, tu devi sopravvivere, per tutti noi. Non ti permetteremo di farlo…” -
- “Ma Marin, io non posso rimanere qui a vedervi morire,  il mio destino è lo stesso vostro, anche io sono un Blue Fixer..” -
- “Jamie!” - Marin alzò improvvisamente la voce e le si avvicinò afferrandiola per le spalle. La ragazza spalancò gli occhi, spiazzata da un atteggiamento che non si aspettava.
- “Jamie.. io voglio tu sopravviva, Jamie..” -  la forte presa, che le scrollò leggermente le spalle, destabilizzò la ragazza. Marin cambiò repentinamente il tono della voce rendendosi conto di aver esagerato, allontanandosi un poco. In quel preciso istante a tutti i presenti sembrò di assistere ad un momento delicato e privato, istintivamente fecero qualche passo indietro.
- “…tu rimarrai qui” – continuò Marin con tono più pacato ma deciso.
- “Marin, tu non puoi chiedermi questo, non puoi chiedermi di rimanere in disparte...non è giusto” -  le lacrime iniziarono a scorrerle sul viso.
Solo poche ore prima erano lacrime dedicate al dolore per la perdita del padre, e Marin aveva cercato di confortarla, asciugandole con un dito e con il suo calore. Ora era proprio lui la fonte delle sue lacrime, questa durezza, questa ostinazione, questo suo non capire che lei, lei non poteva. Come poteva non capire?
Marin si avvicinò ulteriormente alla ragazza, poggiandole nuovamente le mani sulle spalle ma stavolta con maggiore delicatezza.
- “Jamie, questa non è una missione qualsiasi, non è come le altre volte. Ti prego...devi ascoltarmi.. solo sapendoti al sicuro saremo in grado di dare il meglio di noi stessi. Solo sapendoti al sicuro potremo concentrarci sul Baldios e sul nemico. O per lo meno, sarebbe così per me…." – ammise il ragazzo, rivelandosi nella sua parte più tenera.
La ragazza annuì col capo, abbassando la testa. Marin, d'impulso, con due dita le sollevò leggermente il mento, costringendola a guardarlo.
- "E ricordati…qualsiasi cosa succeda, che Raita e Oliver ti hanno voluto bene…e anche io!” -
- “Marin….” - la voce le si spezzò in gola. I due ragazzi si guardarono, avrebbero voluto dire di più ma era troppo difficile.
- “Non voglio perderti Marin….” - un singhiozzo la sovrastò. Gli occhi di Jamie si riempirono di lacrime. Marin le accarezzò il viso.
- “Devi essere forte Jamie, se tornerò…" - si interruppe consapevole di stare per dire una cosa importante, una cosa grande che in quel momento sentì vera come mai prima - “..se tornerò non me ne andrò mai più, te lo giuro!” -
- “Oh Marin, Mariiin....” - la spinse via da sé e seguì gli altri che si erano già avviati verso gli apparecchi, con le grida di Jamie che gli risuonavano nelle orecchie.
Quinstein, dopo aver assistito in disparte alla scena, dovette intervenire per trattenerla, mentre piangeva e si dimenava per cercava di raggiungere il suo Marin.

Mentre il Pulsern Burn era già in volo, la mente di Marin volò ancora da Jamie. Il suo viso, i suoi occhi, l’amore per lei scoperto troppo tardi. Come sarebbe stata la sua vita se avesse sempre vissuto sulla Terra? Se la loro vita non fosse stata completamente assorbita dall’essere dei Blue Fixer ? Ripensò alla dolce Jamie e non poté che sentire una gran pena al pensiero che probabilmente non l’avrebbe rivista mai più.
Ad alta voce espresse i suoi pensieri senza rendersene conto: - “Jamie, avrei voluto capirlo prima…avrei dovuto dirtelo..” - ma una voce gli rispose, come se la sua fantasia avesse preso forma.
- “..forse puoi farlo ora....” -
Il giovane Blue Fixer sussultò, si voltò di scatto e vide Jamie intrufolarsi fin dentro all’abitacolo del Pulsern Burn.
La ragazza si fermò di colpo, incontrando i suoi occhi in silenzio. Quel breve attimo, entrambi sorpresi dalla reazione e dall’emozione imprevista che li aveva assaliti, fu pieno di mille parole non ancora pronunciate.
- “Jamie, accidenti, ma che diavolo ci fai qui?? Ti avevamo detto che….” -
Lei si avvicinò, poggiò le dita di una mano sulle labbra di lui e lo zittì.
- “Marin, ti prego...” - il giovane ammutolì. Per un attimo si sentì perso in quegli occhi azzurri che lo imploravano e suo malgrado si ritrovò ad annuire con un cenno del capo.
- “D’accordo Jamie, ormai sei qui…..accidenti dovrei riportarti indietro!” - un lampo e un sorriso gli illuminò il viso. La guardò - “…ma dannazione, sono così felice di vederti!” -
Lei non desiderava sentire altro. Ed espresse ad alta voce i pensieri che fino a quel momento aveva tenuto dentro di sé.
- “Marin, io non potrei vivere se tu morissi. Preferisco morire con te!” – le parole le uscirono contro la sua volontà, contro ogni ragione di quel momento così difficile. Ma furono parole così accorate che sapevano di vero, di profondo. E il giovane ne rimase irrimediabilmente colpito.
Gli occhi di Marin scintillarono, come mai prima: - “Jamie, io…..!” -  gli occhi erano fermi e le mani si strinsero attorno a quelle di lei, e fu in quell’attimo che la voce di Oliver irruppe nella cabina.
- “Marin, dannazione, se non riesci a dirglielo nemmeno questa volta ti giuro che vengo a strozzarti con le mie mani!!! " -
- "Coosa????" - Marin sussultò sul sedile.
- "Dirmi cosa??" - azzardò Jamie.
- "Marin, mi senti? Rispondi Marin…!” - Marin si riscosse e di corsa si sedette nuovamente al suo posto.
- “Ehi, ma che diavolo sta succedendo? Marin che combini accidenti??” – si inserì anche la voce di Raita che molto probabilmente non aveva colto la sfumatura del momento....
- “Siediti Jamie! Oliver, siamo qui.....sì c'è anche Jamie, e verrà con noi!” - si girò e, guardandosi, si sorrisero.
- “Accidenti a te Jamie, ma... Marin…” - gli occhik di Oliver si strinsero intensi.
- “Cosa c’è Oliver?” -
- “Vedi di aver cura di lei!” -
Marin sorrise, consapevole dell’intuito dell’amico e si rese conto di non poter più rimandare oltre, di non voler rimandare oltre.
- “E' tutto a posto Oliver, siamo ai nostri posti. Ora però…. Passo e chiudo!” - chiuse il collegamento e inserì il pilota automatico. Oliver non se la prenderà per questo! Pensò Marin.
Si sganciò la cintura e, alzandosi velocemente, si trovò inginocchiato accanto a Jamie, seduta nel sedile posteriore. La ragazza lo guardò spaesata.
- “Che succede Marin? Va tutto bene?” -
Quel lieve luccichio negli occhi di lei diedero al ragazzo la spinta per continuare. Capì che lei non attendeva altro e non gli parve possibile averci impiegato tanto tempo prima di farlo. Marin sentì il cuore farsi più veloce. Non aveva mai provato niente del genere. E in questo momento fu consapevole del miscuglio tra i sentimenti per Jamie e la paura di quello che stavano per affrontare. Ma averla lì, a dispetto di quanto le aveva detto prima di imbarcarsi, era certo lo avrebbe reso più forte.
- “Jamie…” - si avvicinò a lei lentamente, le appoggiò una mano sul viso, le sue dita scivolarono dietro la sua nuca.
- "Marin, che cosa voleva dire Oliver? Cosa dovresti dirmi, insomma lui ha detto che…." - la tirò a sé con slancio fino ad incontrare le sue labbra. In un attimo le loro bocche si incontrarono, anzi si scontrarono, si unirono come per colmare l'urgente bisogno che avevano l'uno dell'altra. Non era un bacio di passione, era un bacio di bisogno, il bisogno di dirsi tutto quello che finora non erano riusciti a dirsi. Il bacio durò poco più di qualche istante, un attimo forte e lunghissimo.
Il ragazzo si distaccò, le strinse più forte la mano, rafforzando con l'altra la presa tra i capelli di lei. Si sollevò leggermente per poterla guardare meglio negli occhi.
- “Qualunque cosa succeda….staremo sempre insieme.. Ti amo Jamie!” -
Jamie con gli occhi un po' umidi e con le labbra che si incurvarono aperte in un sorriso, ricambiò.
- “Oh Marin….Anche io ti amo! -
Marin le poggiò un bacio sul dorso della mano, ancora stretta tra le sue. Poi sollevò il viso e la baciò nuovamente, stavolta più forte, più intenso, labbra su labbra, per parecchi lunghi secondi che a entrambi sembrano non bastare, assaporandosi l’un l’altra.  Si staccò da lei solo di pochi centimetri, costretto a trattenersi da molti altri bisogni che sentiva crescere dentro di sé.
Jamie sentì il respiro spezzarsi, avrebbe voluto averlo ancora. Si trovò senza fiato, era spaesata, era felice, e totalmente sconvolta nel vivere un momento che credeva non sarebbe mai arrivato. Una scarica di adrenalina si è impossessò di lei, attraversandola.
- "Oliver aveva ragione, sono stato un vero idiota! Perdonami per averci messo tanto......." - disse infine il ragazzo per rompere quel momento impossibile da gestire ormai. Jamie sorrise a questa frase - "…lui l'aveva capito molto prima di me....!" -
- "Marin...." -
- "Sì?" -
- "Io lo sapevo...." - un sorriso dolcissimo la illuminò e Marin vide in lei ciò di cui aveva sempre avuto bisogno, la purezza, la lealtà, l'amore sereno e profondo.
Le toccò nuovamente il viso con il palmo della mano, carezzandolo. Fece per alzarsi, era ora di riprendere i loro posti.
Jamie lo trattenne per un braccio.
-  “Aspetta!” – si avvicinò nuovamente a lui e lo baciò, sì stavolta prese l’iniziativa. E la forza che trasmise che con questo bacio entrò profondamente in entrambi, tanto da aver chiaro cosa desideravano l’uno dall’altro, ora e in futuro.
Si staccarono, Jamie sorrise ancora, gli occhi sempre più felici.
Marin accolse quel sorriso sincero e si sedette al suo posto:
- “Pulsern Burn… VIAAAA!” - l’apparecchio sfrecciò nel cielo blu a raggiungere i compagni, lasciati indietro di qualche miglia.
- “Oliver, Raita, siamo qui….!” -
- “Marin, Jamie… tutto bene??” -
- “Benissimo!!” risposero i due ragazzi all’unisono.
Nel suo abitacolo Oliver sorrise.
- "Molto bene, ragazzo, sono molto fiero di te!! ahahahha!" -
- "Grazie Oliver!" - rispose Marin lievemente imbarazzato.
- “Okay ragazzi, se dobbiamo morire, moriremo tutti insieme, i Blue Fixer non si separeranno, né ora né mai! D’accordo??” –
- “SI!!” – l’ennesima risposta corale diede loro nuova linfa e nuovo coraggio.
- “BALDIOS, viaaaa!” – con il grido di Marin ebbe inizio la trasformazione in Baldios.
Da quel momento aveva inizio la missione per raggiungere il nucleo radioattivo nelle profondità dell’oceano.

 

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Capitolo 3
*** Uniti e divisi ***


Da quel momento in poi gli eventi si susseguirono rapidamente. Il Comandante Bannister svelò alla Professoressa Quinstein l’esistenza dell’apparecchio segreto in grado di agganciarsi al Bladios e prenderne il comando.
La decisione fu rapida e ineluttabile, doveva partire. La missione suicida del Baldios sarebbe diventata la sua, il suo unico scopo, a quel punto, era salvare la Terra e i Blue Fixer.
I due si salutarono mestamente, era un addio, lo sapevano entrambi.
Quell’amore segreto che Bannister aveva sempre provato per la Quinstein  era destinato a non essere ricambiato mai.

Nel momento in cui il Comandante Bannister raggiunse il Bladios, eseguì la manovra con la stessa disinvoltura con cui pilotava tanti anni prima. Si agganciò al robot escludendo ogni controllo da parte dei Blue Fixer.
Agì d’autorità, per l’ultima volta. E ne fu felice, nel suo cuore la serenità era scesa molte ore prima, appena salito a bordo del suo velivolo. Pregava solo che il suo sacrificio non fosse vano.
- “Ragazzi, ora sarò io a pilotare il Baldios, al mio comando eseguirete il balzo interdimensionale…e non tornerete mai indietro, d’accordo BLUE FIXER??” – il tono solenne non impedì che i ragazzi reagissero.
- “Ma Comandante, che cosa significa???” - esclamò Marin, con tono accorato, perfettamente consapevole delle intensioni di Bannister.
-  “Obbedisci agli ordini, Marin..” -
- “Comandante, lei non può pensare di…” – rispose di rimando Oliver. Lo stessero fecero Raita e Jamie.
- “Ragazzi miei, qualunque cosa accada, sappiate che io sono stato, sì, il vostro Comandante, ma vi ho voluto bene come foste tutti figli miei….Voi dovete continuare a vivere, la Terra ha ancora bisogno di voi.
Jamie, Marin, vogliatevi bene…
Oliver, Raita, finita la guerra riprendetevi la vostra vita e date un senso al vostro futuro, che sia nei Blue Fixer o meno, non sprecate tempo prezioso della vostre giovani vite.
Mi raccomando ragazzi, il futuro della Terra è nelle vostre mani. Addio Blue Fixer, sono molto fiero di voi!” -
- “Comandante nooooo” - le voci all’unisono si riversano su di lui. Furono le ultime parole che riuscì ad udire prima di chiudere il collegamento.
Assunto il controllo totale aveva lanciato il Baldios verso l’altra dimensione, mettendoli in salvo, e portando senza esitazione a compimento la sua missione facendosi esplodere insieme al nucleo radioattivo.
I Blue Fixer si erano ritrovati di colpo nella prima dimensione ma, non rassegnati a rimanere passivi agli eventi e contravvenendo agli ultimi ordini di Bannister, al comando di Marin si erano catapultati nuovamente nella terza dimensione, assistendo impotenti al sacrificio del loro comandante, scomparso nel nulla travolto dalla potente esplosione.

Le lacrime rigarono i volti di tutti loro. Jamie fu travolta da un pianto straziante, un altro padre la stava lasciando.
Il povero Bannister si era sacrificato per raggiungere la sua famiglia ormai defunta e per consentire a quei giovani di vivere ancora a lungo.
Le ultime parole del loro Comandante, i giovani ragazzi Blue Fixer non le avrebbero più dimenticate.
La guerra non era terminata, ma si avviava forse al suo epilogo.
La missione ultima del Baldios, a quel punto, era di eliminare definitivamente le truppe di Aldebaran e liberare la Terra dal suo disastroso futuro, nel tentativo estremo di non farla diventare come S1.
Questo fu il pensiero di Marin, a bordo del Baldios, nel viaggio di ritorno verso la base.
Se la Terra è davvero S1 forse allora sarà impossibile impedire l’inevitabile.
Ma si rese conto che non aveva alcuna intenzione di arrendersi, forse le speranze erano poche, ma avrebbe combattuto fino alla fine. Ed era certo di condividere in quell’istante lo stesso pensiero con i suoi compagni. Un unico pensiero: avrebbero tentato il tutto per tutto per sconfiggere il nemico e avrebbero provato in ogni modo a mettere in salvo le loro vite per dare un senso al sacrificio che Bannister aveva fatto per loro.

Erano passati ormai parecchi i giorni dalla la morte del Comandante. La base FS versava in uno stato di prostrazione psicologica, la Professoressa Quinstein era costantemente silenziosa e concentrata. Tutto il personale a bordo trascorreva le giornate ai suoi ordini per cercare di mettere a punto un piano per distruggere definitivamente le truppe di Aldebaran.
I corridoi erano gremiti di uomini, soldati, che non si concedevano un solo attimo di riposo e di tregua, ma gli stessi corridoi erano carichi di una tristezza che era rimasta nel cuore di molti e di una silenziosa e penetrante angoscia.
Ma nel bel mezzo di questo caos, di questo dolore strisciante, nonostante il momento fosse assolutamente inopportuno e inadeguato, Marin e Jamie avevano scoperto finalmente i loro sentimenti, non potevano impedire a loro stessi di provare ciò che provavano e si erano ritrovati a passare molto tempo insieme. Si tenevano per mano, si abbracciavano, guardavano persino molti dei meravigliosi tramonti di cui la base FS poteva godere. Sapevano che questo era ciò che il comandante avrebbe voluto per loro. Un quadro romantico all'interno di una cornice buia, che strideva con tutto ciò che, al di fuori di loro, continuava a scorrere, con il mondo che cercava la strada per la sopravvivenza. Tutto ciò che Jamie aveva sempre desiderato da Marin, tutto ciò che Marin non credeva di poter vivere in questa vita, in questa terra, in questo momento. E che non credeva avrebbe condiviso con la giovane Jamie. Non era mai stato bravo a manifestare le sue emozioni, i romanticismi non facevano per lui. La malinconia costante che si portava dentro, da quando era approdato sulla Terra, l’aveva caratterizzato, l’aveva identificato come colui che non sa provare sentimenti. Come colui che ama solo la solitudine e la tristezza.
Per questo non si capacitava di quanto fosse facile passare momenti sereni con Jamie, di quanto fosse facile amarla, circondarla con le sue braccia e prometterle un futuro migliore. Non era lui, o forse lo era, o forse lo era con lei e per lei.

Si rifugiavano nei tanti angoli remoti della base di cui molti ignoravano l’esistenza.
Nascosti e intimiditi, conservavano il pudore nel farsi vedere, in fondo, felici. Sebbene tutti fossero perfettamente coscienti dell’amore che era sbocciato tra loro, e sebbene non potessero impedire al loro cuore di aver bisogno l’uno dell’altra, cercavano più che potevano di rimanere in disparte, quando le attività della base consentivano loro di farlo.

- “Jamie, aspetta….!” - la voce di Marin la raggiunse alle spalle.
- “Marin!!” – erano belli gli occhi di Jamie, si accendevano ogniqualvolta la giovane incontrava lo sguardo del bel pilota.
Il ragazzo la prese per un braccio e la attirò a sé, nascondendosi dietro ad un angolo. La appoggiò contro il muro, premendo il suo corpo su quello di lei, non si trattenne e la baciò con passione e riuscì, come ormai da giorni, ad esprimere i suoi pensieri.
- “Jamie, vorrei avere tanto tempo da trascorrere con te, per fare quello che fanno le persone normali…” – con i loro corpi premuti l'uno sull'altro, la guardò con quegli occhi che sapevano annebbiare ogni traccia di volontà nella ragazza.
- “Oh Marin, lo vorrei tanto anch’io..!" - sospirò, cedevole a lui e in preda alle sue forti pulsioni, alle quali non avevano modo, entrambi, di dare sfogo.
E proprio per mascherare questo struggente bisogno, si nascondevano dietro ad un finto contegno. I loro corpi si attraevano, si chiamavano l’un l’altro, desideravano appartenenza. Ma la ragazza aggiunse, in un momento di ritrovato autocontrollo:
- “Marin....io spero tanto che prima o poi tutto questo finisca! La guerra è terribile, stiamo vivendo un momento terribile..... ma....” – sospirò.
- “..ma...?” -
- “.. ma io sono felice Marin, felice come non lo sono mai stata!” -
L’angolo della bocca di Marin si sollevò in un malizioso sorriso di rimando
. - “Lo so, anche io lo sono! E non dobbiamo vergognarci di questo, Jamie, io Voglio tu sia felice!” - sorpreso e appagato Marin rispose baciandola.
Suonò un altro allarme… l’idillio si interruppe.
- “Jamie, dobbiamo andare..” -
- “Sì, Marin...” - il ragazzo si arrestò di colpo, la guardò diritta negli occhi, pochi centimetri a separarli.
- "Ti amo, Marin..." - l'immagine di Jamie, lì ferma, bella e innamorata di lui, che gli stava dicendo queste semplici parole, gli si scolpì dentro.
Non si rendeva conto se avrebbe voluto scappare e gridare al mondo intero la scoperta di questo sentimento, oppure prenderla e fuggire insieme, portarla lontano e fare l'amore con lei ora e subito.
Si avvicinò di un passo, allungò la mano ad afferrare quella di lei, la tirò a sé, stringendola e guardandola negli occhi così da vicino, e così intensamente, che la giovane si sentì quasi mancare.
- "Jamie...." -
- "Sì ?" -
- "Lo vedi il mio amore per te? Lo senti? Dimmi che lo senti, ti prego piccola Jamie..." -
La ragazza si allargò in un sorriso radioso: - "Certo che lo sento, Marin..." -
- "Allora devi avere fiducia. Fiducia e pazienza, e presto tutto cambierà...." -
- "D'accordo!" -
- "E non mettere mai in dubbio il mio amore per te, qualunque cosa succeda, hai capito Jamie?? Mai.." -

Nella sala comando Quinstein stava attendendo i Blue Fixer per istruirli sulle ultime novità. Marin e Jamie arrivarono trafelati, in ritardo rispetto all’allarme che li richiamava all’ordine.
Raita non riuscì a trattenersi e diede di gomito all’amico.
- “Ehmm, mmmm..ce l’avete fatta!” – trovando Oliver pronto a raccogliere la provocazione.
- “E’ vero, ultimamente non vi fate mai trovare, chissà per quale ragione…..” – risero entrambi.
Marin e Jamiie arrossirono all’unisono, ma cercarono di non dare soddisfazione ai dispettosi compagni.
- “Avete ragione, chiedo scusa per il ritardo, sì… vero Jamie?” -
- “Sì, ehmmm, certo, chiedo scusa Dottoressa…” -
Quinstein li guardò, curiosa e in cuor suo felice per la serenità dei due giovani, ma doveva mantenere la sua serietà e professionalità, e cercò di assumere il suo consueto tono autorevole. Alzò gli occhi al cielo per sorvolare sulla questione e proseguì.
In sua presenza, ascoltando il tono della sua voce, i giovani Blue Fixer ritrovano la loro concentrazione, il dovere e la guerra in atto tornavano a prendere il sopravvento.
- “Blue Fixer, la flotta Aldebaran si trova nelle coordinate 12n4w della prima dimensione. Siete tutti consapevoli della condizione in cui si trova la Terra, della disastrosa catastrofe a cui stiamo andando incontro. Il nostro Comandante ha sacrificato la sua vita per eliminare ciò che avrebbe per certo scatenato la radioattività su questo pianeta. Se veramente la Terra e S1 sono lo stesso pianeta questo significa che in un modo o nell’altro siamo segnati, e che la radioattività nucleare prima o poi verrà scatenata da qualcosa. Ma forse possiamo liberare la nostra Terra dall'invasore. C’è una sola cosa che ancora possiamo fare, per sperare di alterare il futuro e la nostra sorte…dobbiamo tentare il tutto per tutto, dobbiamo capire le intenzioni del nemico, andare nel loro spazio e distruggerli. Marin..“ -  l’austera e rigorosa dottoressa fece una pausa, prese solo un breve respiro ma si percepì l’affanno nella sua voce, l’emozione che stava, seppur lievemente, prendendo il sopravvento - “Marin, sto per chiederti qualcosa di molto difficile, ma sono convinta che tu sia il solo in grado di farlo. C’è una sola cosa che possiamo fare a questo punto.
Dobbiamo eliminare Gattler…. E con lui anche Aphrodia!” -
- “Cosa??” - Marin rimase molto sorpreso dall’audacia di questa affermazione - “parla sul serio?” - la sorpresa si trasformò in riflessione. Dopotutto lui stesso aveva già fatto questo pensiero centinaia di volte, anche solo nei giorni appena trascorsi.
- “Marin, tu conosci la loro mentalità, e probabilmente conosci anche i loro punti deboli, se non altro sei in grado di intuire ciò che per noi sarebbe troppo complicato. Per chiunque di noi, ma forse non per te….. Dobbiamo provarci Marin, altrimenti per la Terra non ci sarà scampo!” – le piangeva il cuore nel rivolgersi al ragazzo in questo modo. Sapeva che non gli stava dando scelta. Si stava approfittando della devozione e del desiderio di giustizia innato in quel giovane. Ma non c’era più altro che potevano fare. La sola cosa sensata era cercare di limitare i danni, eliminare Gattler avrebbe forse dato la speranza, alla Terra, di non precipitare rovinosamente nell’assoluto disastro globale.
- “Capisco…” – il ragazzo abbassò lo sguardo, pensieroso. Jamie, accanto a lui, intuì immediatamente dove era corso il pensiero di Marin. Il suo repentino turbamento, dovuto certamente al compito che gli era stato assegnato, aveva però a che fare anche con altro, aveva a che fare con Aphrodia. Cosa lega Marin a quella donna? Davvero tutto è dovuto solamente al fatto che provengono dallo stesso pianeta? O forse c’è altro? No, devo fidarmi di lui. Devo fidarmi delle sue parole.
I pensieri di Jamie durarono il lasso di un secondo, lo stesso attimo in cui tutti i Blue Fixer rimasero senza parole. Ciò che la Dottoressa Quinstein aveva chiesto a Marin era di intraprendere un’ennesima missione suicida, la più pericolosa che potesse presentarsi. Quante possibilità reali aveva Marin di portare a termine un compito del genere senza essere prima ucciso lui stesso?
- “Professoressa Quinstein, ma noi cosa possiamo fare? Rimanere in disparte mentre Marin rischia la vita?” -
- “No, Raita, anche voi tutti avrete un ruolo, certamente. Voi siete e rimarrete una squadra. Ma il ruolo di Marin sarà purtroppo fondamentale. Ma tutto questo, solo se tu sei d’accordo, Marin…” -  il ragazzo abbassò il capo, si voltò improvvisamente e, con le mani in tasca, si allontanò dalla sala comando.
- “Marin!!” -
- “Jamie, lascialo andare” - la trattenne la Professoressa Quinstein.
- “Capisco perfettamente i tuoi sentimenti, Jamie, ma per Marin questo è un momento delicato. Devi avere fiducia in lui!” - la guardò intensamente, come se le parlasse da madre e non da comandante. Jamie si arrese alla sua presa, il suo fisico si rilassò.
- “Sì… d’accordo Dottoressa, ha ragione lei.” -
I colleghi Blue Fixer osservarono la scena senza riuscire a proferire parole sensate. Sapevano che erano ad una svolta. La morte del comandante Bannister era stata solamente l’inizio. Non c’era nulla che potevano fare per impedire ciò che stava per accadere. Il loro destino era segnato. Loro l’avevano capito, l’avrebbe capito anche Jamie.

Marin intanto, nella grande sala con la vetrata sul mare, osservava la sua ombra riflessa. Rifletteva su molte cose, sul passato, sul futuro, sulle parole della Quinstein...

...eliminare Aphrodia...

- “Aphrodia, questa volta sarà lo scontro finale, non potrò avere pietà. Mi dispiace, ma devo farlo.” -

Dall’altro lato del mare, dall’altro del cielo, nella terza dimensione, lo sguardo del giovane comandante in capo Aphrodia correva al di là del vetro schermato, dal quale riusciva a vedere solamente oscurità. I terresti erano riusciti a intralciare i loro piani, i piani di Gattler. Ma non poteva arrendersi, questo si diceva. Lei avrebbe vinto, lei avrebbe sconfitto Marin. Questo volevano da lei, questo voleva Gattler.. La Terra… Marin… era il momento di pensare allo scontro finale.

 

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Capitolo 4
*** Le emozioni della guerra ***


4 – Le emozioni della guerra

I Blue Fixer si trovarono schierati di fronte alla Professoressa Quinstein. Quasi un estremo saluto, quasi un congedo finale. Non ci furono ordini, non ci furono disposizioni precise, forse solo raccomandazioni. La Quinstein si fidava ciecamente di tutti loro. Il piano era stato messo a punto parecchie volte nelle ultime ore, le mosse decisive erano state ipotizzate ma non era possibile prevederle. La sola certezza era che Marin sarebbe balzato nella dimensione dove alloggiavano le truppe Aldebaran e si sarebbe diretto, senza esitare, verso la loro gigantesca ammiraglia. Gli altri Blue Fixer si sarebbero sparpagliati nel subspazio, per non essere rintracciati meno facilmente e per rimanere pronti ad intervenire.

Era Quinstein, dopo aver pronunciato l’ultima frase da comandante… Attendo un segnale come concordato, non appena sarete nella terza dimensione…cambiò radicalmente registro di voce, fece un passo verso Marin, allungò una mano e la posò sul suo viso. Adorava quel ragazzo, dal primo giorno che l’aveva conosciuto e accolto, affascinata dalla sua indiscussa bellezza, ma affascinata essenzialmente dall’anima di un giovane “straniero”, sperduto in questo mondo a lui sconosciuto, tormentato e a tratti infelice, quanto profondo e sensibile. Aveva sentito da subito di doverlo guidare in un momento così particolare della sua vita.
Era felice per il legame che l’aveva unito a Jamie, sapeva che questo l’avrebbe reso forte ma che, al tempo stesso, poteva diventare il suo punto debole. E poi c’era Aphrodia, sì..sapeva anche questo la Quinstein. Sapeva che Marin avrebbe esitato ad ucciderla, e sperava che questa sua indecisione non gli costasse la vita.
Confidava in lui, confidava nei Blue Fixer.
Gli accarezzò il volto, come una madre avrebbe fatto con un figlio, e non aggiunse altro se non, dopo aver rivolto lo sguardo a tutti gli altri ragazzi:
- “Andate Blue Fixer, ci rivedremo presto!” -
Schierati sull’attenti Marin, Oliver, Raita e Jamie rivolsero il saluto militare al loro comandante. La rispettavano e avevano scelto di obbedire ad ogni suo ordine. Si voltarono e si diressero correndo verso il loro velivoli, verso il Baldios.

Osservando le navicelle decollare e andare incontro ad un cielo increspato da nuvole arancioni per i colori della sera che stava pian piano calando, la Professoressa Quinstein si chiese come sarebbe stato avere dei figli, come sarebbe stato se la sua vita fosse stata altrove. Si disse che quei giovani erano per lei tutto ciò che non aveva potuto avere dedicando la sua vita alla scienza. E in cuor suo pregò affinché potessero tornare tutti a casa sani e salvi.
Sapeva che il destino della Terra era segnato, ma le piangeva il cuore al pensiero di dover sacrificare delle tanto giovani vite.
Una piccola lacrima scese involontaria sulla sua guancia. Era bella la Professoressa, il volto maturo di una donna non più giovanissima, ma affascinante e delicata. E l’istante in cui quella lacrima le solcò il viso fu per lei il ricordo di una gioventù che non ricordava, di una debolezza e sensibilità che aveva, negli anni, sapientemente arginato. Ed ora ritornava prepotente.
Ma non poteva, non aveva tempo. Si asciugò la lacrima e si voltò dirigendosi nuovamente a grandi passi verso la sala il posto che le competeva. La razionalità tornò a prendere il sopravvento, troppe cose a cui pensare per perdersi in questo.

Non appena giunti in prossimità degli hangar delle loro navicelle, i Blue Fixer erano sul punto di separarsi. Jamie aveva nuovamente un suo apparecchio, nonostante il precedente fosse stato abbattuto in un recente scontro con il nemico. Avrebbe potuto salire a bordo del Pulsern Burn insieme a Marin, ma lo scopo della missione impediva che ciò accadesse. Per questa ragione Marin la diresse verso Oliver.
- “Tu andrai con Oliver…hai capito, Jamie?” -
Non aveva obiettato, non come forse tutti si sarebbero aspettati. Aveva solamente annuito. Sapeva che le cose non potevano andare diversamente. Guardò il suo Marin come fosse la cosa più bella che potesse osservare al mondo. Il suo cuore traboccava di amore ma sapeva che non era il momento per effusioni di alcun genere.
C’era stato un momento tra loro, poco dopo il discorso che la Quinstein aveva fatto al gruppo intero relativamente alla missione speciale di Marin, in cui erano riusciti a riavvicinarsi seppure per pochissimo tempo.
Marin aveva passato molte ore riflettendo su quanto lo aspettava. Non aveva cercato la compagnia di Jamie. Tuttavia, quando la ragazza l’aveva raggiunto, aveva accolto la sua presenza con un abbraccio, avvicinandosi a lei con pochi lunghi passi, colmando la distanza in breve e stringendola a sé senza proferire parola. Erano rimasti così per parecchio tempo. Quello, in fondo, era stato il loro saluto. Senza il coraggio di dirsi esplicitamente che forse non ci sarebbe stato più alcun bacio o carezza o abbraccio.
Quel bacio a fior di labbra che si erano scambiati, poco prima dell’ennesimo allarme che li richiamava nella sala comando, era stato sugellato da uno sguardo complice che era valso più di ogni promessa, di ogni addio, di ogni dichiarazione di intenti.

Ora, invece, era il momento di agire. Doveva separarsi da Marin. Jamie si rivolse con lo sguardo a Oliver, indefesso nella sua missione di supporto e nella sottesa missione di proteggere la ragazza da ogni pericolo.
- “Andiamo..” - disse semplicemente il biondo soldato.

Il Baldios volò rapido e, non appena possibile, effettuò il balzo interdimensionale.
Una volta nella terza dimensione Marin si rivolse ai compagni.
- “Tra pochi istanti ci separeremo e io andrò avanti da solo a bordo del Pulser Burn..” - scorsero istanti di silenzio - “..porterò a termine la missione, lo prometto. Non dovete preoccuparvi, andrà tutto bene. E se per qualche ragione non dovessi tornare…..” -
- “Marin, non dirlo neanche per scherzo!” - intervenne con foga Raita.
- “Raita, lo so…ma dobbiamo essere realistici. Sto per entrare nell'ammiraglia di Gattler per ucciderli, ma molto probabilmente loro uccideranno prima me..” - un improvviso singhiozzo si inserì tra i suoni della loro conversazione. Jamie stava piangendo.
Marin cercò di rimanere concentrato e proseguì..
- “….Oliver, Raita, sappiate che vi ho voluto bene, nonostante le incomprensioni inziali ho grande stima per tutti voi e sono orgoglioso di aver potuto far parte dei Blue Fixer! Se dovesse accadere il peggio…" -
- “Marin!! Anche noi siamo fieri che tu sia stato dei nostri, ma lo sarai ancora Marin… noi abbiamo fiducia in te!” -
- “Grazie Oliver!....Jamie...." - soppesò le parole, soppesò quel prolungato silenzio della ragazza. Gli stavano scorrendo davanti agli occhi le immagini di tutti i giorni appena trascorsi insieme a lei, di momenti felici e imprevisti.
E d’un tratto vide davanti a sé l'immagine di Aphrodia, bella nel suo abito leggero, come aveva avuto modo di vederla una volta, lontana dalla divisa che la rendeva il perfido braccio destro di Gattler.
Si accorse che il pensiero di quella donna portava confusione nella sua testa e nel suo cuore. Era consapevole di dover far chiarezza perché non voleva in alcun modo far soffrire Jamie. Anche se ormai era forse troppo tardi per pensare di non ferire i suoi sentimenti.
Sapeva che una parte di lui sarebbe sempre rimasta legata ad Aphrodia e a quello che lei rappresentava per lui. La sua Terra, il suo S1, un'attrazione che non riusciva a controllare e neppure più a negare.
Ma Jamie lo aveva riportato alla vita, gli aveva dato la serenità che tanto gli mancava, gli aveva permesso di pensare al futuro con ottimismo. Gli aveva dato un amore che neppure credeva di meritare, ma lei glielo ha dato. Sincero e senza chiedere niente in cambio, fin da quando lui la trattava con totale indifferenza. Forse lei merita di più. Forse merita un amore più totale. Sarò in grado di darglielo?  Si trovò a formulare questo pensiero suo malgrado.
Non si era mai soffermato su tutto questo, ma era turbato all'idea di non essere in grado di darle l'amore che lei chiedeva, o nella peggiore delle ipotesi, di essere ucciso e non tornare più. Forse Oliver sarebbe stato l'uomo giusto per lei. Oliver che non aveva dubbi, Oliver che non aveva negli occhi il volto di un’altra donna. Lui avrebbe potuto amarla davvero, lui forse……..
A quel pensiero una fitta allo stomaco, un pensiero fugace gli si palesò. Jamie non poteva essere di qualcun altro. Jamie doveva essere solo sua. Ecco, questo pensiero improvviso gli donò un sorriso leggero e gli fece scendere una piccola consapevolezza nel cuore. Cosa stava cercando di negare a se stesso? Forse amare era talmente difficile che rifugiarsi nell' "attrazione" fatale verso il suo peggior nemico lo rendeva più semplice? Un amore impossibile e irrealizzabile, per tenere lui lontano da ogni responsabilità. Ma se invece lui ora fosse stato pronto per prendersi la responsabilità di amare Jamie? Il giorno in cui la ragazza aveva ritrovato suo padre ed era stata in procinto di lasciare la squadra dei Blu-Fixer, era stato un giorno molto triste. Aveva provato un grande vuoto, un senso di solitudine. L'idea di non averla più vicino, sebbene ancora nulla fosse chiaro, gli era piombata addosso come un macigno. Ma quando l’aveva vista correre verso di loro il suo cuore aveva fatto un salto e aveva provato una sensazione simile alla vera gioia.
Sì, questo gli dava Jamie, e allora perché continuava ad avere tanti dubbi? Tanti turbamenti?

In quell'attimo, mentre la sua mente partoriva tutte queste riflessioni, il silenzio era sceso tra un ricevitorie e l'altro, tra i velivoli del Baldios, e tacitamente tutti attendevano che Marin finisse di esprimere ciò che ava cominciato.
 - " Jamie.. ascoltami…qualunque cosa accada ricordati che i miei sentimenti sono sinceri…. Hai capito Jamie?? Non dubitarne mai!” -
- “Sì Marin, lo so.. anche per me è lo stesso! Ma tu devi  tornare, ci sono tante cose da fare ancora insieme!” - sorrise con il sapore amaro e salato delle lacrime che le riempivano gli occhi e le solcavano il viso.
- “Molto bene allora… Io vado.” - era giunto il momento, non poteva più esitare.

Marin, a bordo del Pulsern Burn, con un balzo spaziale si catapultò direttamente all’interno dell’ammiraglia di Gattler.
Atterrò rovinosamente su una superficie apparentemente ampia e libera.
Buio, silenzio, la testa gli doleva per il brusco atterraggio e per il salto dimensionale. Alzò lo sguardo e si accorse di essere all’interno di un grande hangar. Intorno a lui sembrava non ci fosse anima viva.
Sembrava una nave fantasma. Ma sapeva che il nemico era in agguato, sapeva che l’avevano certamente avvistato ancor prima del balzo spaziale, e sperava che i suoi compagni fossero riusciti a rendersi invisibili ai radar nemici.
Scese dal suo apparecchio..
Si avviò verso la sola fessura di luce che riusciva a percepire e capì che, per certo, stava andando dritto nella braccia del nemico. Non ebbe il tempo di formulare questo pensiero che un violento colpo alla nuca lo fece crollare a terra, privo di sensi.
Apparve Aphrodia, nella penombra, nascosta dietro al suo cappello e ai suoi occhiarli, austera e ferma nell’osservare il corpo privo di sensi del suo giurato nemico. Sentì una vibrazione percorrerla.. un brivido da capo e piedi che la destabilizzò per qualche istante. Per quella frazione di secondo si sentì debole, in balia ad una sensazione che non riuscì immediatamente a decifrare.
Marin era lì, finalmente. L’aveva messo fuori combattimento, ma era stato facile, troppo facile.


Nota Autrice: Ed eccomi con un altro aggiornamento, mi rivolgo alla fedelissima Curleyswife3 che commenta ogni capitolo con santa pazienza.... Mi sta uscendo una versione più introspettiva di quanto avessi voluto! Ma mi viene così... i combattimenti non fanno per me, ma vediamo cosa ne uscirà fuori, anche se dubito potrò mai descrivere la trasformazione in Baldios!
Ma a parte ciò, sto cercando di vedere e scoprire come crescono questi personaggi e i loro sentimenti.. vediamo dove arriviamo!
E vediamo questo pseudo triangolo (quartetto?? c'è pur sempre Oliver!) dove ci porterà...
Grazie mille a chi legge e a chi vorrà lasciare un commento, Ciao!!

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Capitolo 5
*** Torture ***


5 – Torture

Aprì gli occhi e non riuscì subito a realizzare quanto era accaduto e dove si trovava. Si sentiva ovattato, la sua mente e la sua vista non rispondevano al suo volere, non riusciva a mettere a fuoco ciò che lo circondava, se non sbiadite ombre.
Lentamente le immagini divennero più nitide, i ricordi più vividi. Un improvviso gelo lo percorse, tutto tornò a galla. Sapeva esattamente dove si trovava… e la vide, sapeva che era lei, sebbene i contorni non fossero ancora definiti.
Ed ecco che un altro calcio lo colpì in pieno stomaco, sentì spezzarsi il respiro, gli sembrava di avere le ossa del torace in pezzi.
Era durato un’ora, forse più. Dopodichè gli era parso che le percosse fossero cessate, oppure aveva semplicemente perso i sensi.
Si erano avventati su di lui come furie dopo un cenno del loro comandante. E ora sembrava volessero ricominciare. Ma un nuovo cenno di quello stesso comandante li fece smettere.
Marin era privo di forze, lucido ma totalmente incapace di reagire. La guardò dritta negli occhi. Non sapeva neppure lui cosa cercava…ma le sue emozioni così violente e rabbiose arrivarono a destinazione senza alcun dubbio, perché incontrando gli occhi del giovane Blue Fixer, il Comandante in Capo Aphrodia non riuscì a sostenerne lo sguardo.
Si voltò e lasciò la cella. Gli aguzzini che lo avevano massacrato la seguirono e si richiusero la porta alle spalle.
Il ragazzo vide farsi buio attorno a sé, si lasciò andare a terra ma non voleva perdere conoscenza di nuovo. Prima di trovarsi in quel posto maledetto ne avevano parlato, aveva già previsto tutto, sapeva che l’avrebbero catturato. Ma sperava avrebbe avuto un poco più di tempo per comunicare ai suoi compagni informazioni utili. Non ne era stato capace, lei era stata più veloce, più furba. E lui aveva fallito. E di questo non si dava pace.

La mente di Aphrodia, nella breve ora che trascorse nella sua camera prima di fare rapporto a Gattler, era volata in quella cella più volte. L’avevano pestato fino a fargli perdere conoscenza, ma non aveva parlato. Non aveva proferito parola o suono che non fosse quello cupo e sordo dovuto al dolore fisico.
Era forte quel maledetto Marin, era molto forte, nel corpo e nello spirito.
Era stato Gattler a volere tutto questo, a lei non piaceva ricorrere a certi mezzi. L’aveva già fatto in passato, ma mai per sua iniziativa. Torturare… piuttosto avrebbe ucciso a sangue freddo. Torturare Marin.. non riusciva a credere a ciò che il suo cuore le stava dicendo. Vedere quel ragazzo steso ai suoi piedi, esanime, le aveva provocato un fitta al petto che l’aveva destabilizzata. Non doveva provare questo, no, non doveva e non poteva, eppure…aveva avuto pena di lui. Lui, il suo nemico, colui che aveva ucciso suo fratello…
Devi riuscire ad ottenere le coordinate della loro base Aphrodia, non devi avere pietà…le aveva ripetuto Gattler.

Nel mentre tutto ciò accadeva all’interno dell’ammiraglia, le truppe di Gattler erano uscite in ricognizione. Era necessario stanare gli altri membri Blue Fixer, era certo fossero in agguato.
I velivoli dei Blue Fixer furono scovati e assaltati, il combattimento fu molto lungo e duro, resistettero in ogni modo all’attacco del nemico, ma erano consapevoli che senza Marin, senza poter formare il Baldios, non avevano speranze.
- “Non resisteremo ancora a lungo, ci abbatteranno…ma che diavolo di fine hai fatto, Marin!” - disse Oliver, imprecando ad alta voce.
- “Sono passate almeno ventiquattro ore, Oliver..” - aggiunse un’accorata Jamie.
- “Lo so, Jamie, avremmo dovuto avere sue notizie a quest’ora.” -
- “Non ha senso rimanere qui ad aspettare, dobbiamo fare qualcosa…” -
- “Cosa vorresti fare?” -
- “Dobbiamo andare a cercarlo…dobbiamo entrare nell’ammiraglia di Gattler…” -
- “E’ una pazzia, ci catturerebbero e sarebbe la fine per noi e anche per Marin.” -
- “Oliver, Aphrodia non aspetta altro che ucciderlo, quanto pensi sopravviverà ancora se non interveniamo?” -
- “Dovresti fidarti di lui, sa quello che fa…” -
- “Mi fido di lui, ma sento che qualcosa è andato storto, altrimenti si sarebbe messo in contatto con noi…non ricordi cosa ci siamo detti?” -
A quelle parole Oliver si rabbuiò. Sapeva che Jamie aveva ragione, sapeva che non avere sue notizie non era buon segno. Sapeva che tutte le possibilità da loro preventivate prevedevano anche un rischio del genere. Ma cosa potevano fare? Jamie si sarebbe gettata nel fuoco per Marin, in fondo ormai a questo si era rassegnato. L’idea che le succedesse qualcosa però lo turbava profondamente, ma sapeva anche che la ragazza non avrebbe trovato pace senza riuscire a ritrovare il suo Marin. E in fondo lui stesso era in ansia.
- “D’accordo, dirò a Raita di tenere occupati gli apparecchi nemici almeno per un po’, proveremo ad entrare nell’Ammiraglia, ma ci cattureranno, ne sei consapevole?” -
- “Sì, ma dobbiamo farlo…glielo dobbiamo Oliver, lui ci ha salvato la vita innumerevoli volte!” -
- “D’accordo allora, ehi Raita mi senti…aaahhh accidenti…!” – sussultò, incassando l’ennesimo colpo che li aveva raggiunti.
Non ebbe tempo di comunicare con l’amico che un raggio proveniente dalle navicelle nemiche li aveva catapultati a pochissima distanza dalla nave madre.
Sembrava un segno, sembrava il momento da cogliere. Oliver lanciò il Baldiprice a tutta velocità e l’apparecchio finì per schiantarsi contro la rampa di accesso dell’ammiraglia. Precipitò e slittò fino a fermarsi dopo aver roteato su se stesso.

Il piano era certamente quello di penetrare all’interno dell’ammiraglia, ma quando si riprese dal violento atterraggio e vide Oliver privo di sensi, si rese conto che le cose le erano state facilitate. Aveva già deciso che lo avrebbe messo fuori combattimento se fosse stato necessario. Sacrificarsi in due non aveva alcun senso. Sperava solo che rimanesse nascosto e che non lo trovassero.
Si catapultò fuori dal Baldiprice senza pensarci un attimo, consapevole che li avrebbe trovati lì ad aspettarla.
Voleva salvare Marin a tutti i costi. Forse stava agendo d’impulso, si stava attenendo al piano ma non completamente. Come già in passato, Marin l’avrebbe odiata per questo? Ma si chiese come avrebbe potuto agire diversamente, come avrebbero potuto aiutare Marin? Il contatto radio non c’era stato, era evidente che aveva bisogno di loro. Ma più di ogni altra cosa, lei aveva bisogno di lui. Perderlo, ora, non era immaginabile.
I soldati di Aphrodia le si pararono di fronte, le puntarono le loro armi addosso e la giovane Jamie non poté far altro che alzare le mani in segno di resa.
Una mano la raggiunse dietro la nuca e la costrinse ad inginocchiarsi, le legarono i polsi dietro la schiena e la trascinarono via.

- “AH AH AH! Quindi tu saresti una Blue Fixer?? Ma davvero? E da quanto ho potuto comprendere... sei innamorata di Marin..” - la voce del gelido Gattler risuonava potente nella sala del trono. Jamie giaceva inginocchiata di fronte a lui.
- “Io non risponderò mai alle tue domande..” - rispose intimorita ma risoluta.
- “Sta’ zitta! Non osare rispondere in questo modo a Sua Altezza!” - il Comandante in capo la schiaffeggiò con violenza. La ragazza cadde a terra con un gemito.
Aphrodia si rese conto che non riusciva a trattenersi e non poteva per giunta fare a meno di osservarla.
E’ molto bella, è assai probabile che anche Marin si sia innamorato di lei.
Pensò tra sé. Un pensiero che, si rese conto, le portava confusione, non era certamente il momento per soffermarsi su tali sciocchezze.
Fu la voce del Comandante supremo a distoglierla dai labirinti in cui la sua mente era andata a cacciarsi.
- “Bene, questo loro sentimento lo sfrutteremo a nostro favore!! Giusto Comandante Aphrodia?” -
- “Oh, sì, ovvio Altezza. Questa sciocca terrestre sarà il nostro asso nella manica…” - sorrise fredda e sprezzante, rivolgendo a Jamie il suo sguardo più cattivo. Voleva intimorirla e rimanere salda su se stessa, ma sapeva che la presenza di quella ragazza aveva alterato un equilibrio che credeva di aver creato. Quello interiore probabilmente..

Jamie Oshino rimase inginocchiata in quella posizione per ore.
Le sembrò fosse passata un’eternità quando finalmente lo vide. Il suo cuore si fermò per qualche frazione di secondo quando si rese conto che era ricoperto di sangue e lividi. Incontrò i suoi occhi che finalmente si rivolsero verso di lei. Era palesemente provato. Oh Marin, cosa ti hanno fatto…Marin… Il suo cuore aveva accelerato, traboccava di emozioni, avrebbe voluto correre verso di lui.

Sentimenti simili, quelli di Marin. Quando la vide, ai piedi di Gattler e Aphrodia, sentì quasi il suo sangue accelerare nelle vene, correre più veloce, farsi più caldo. Una rabbia quasi cieca lo stava assalendo. Dovette far ricorso ad ogni forza interiore per mantenere saldi i nervi.
I suoi sensi erano ovattati dalle torture subite, dal dolore diffuso che provava.
Ma ciò che vide era chiaro. Jamie…ma che diavolo…
Aphrodia teneva la sua arma puntata contro la ragazza.
- “Caro Marin..” - Gattler si rivolse al Blue Fixer utilizzando un suadente tono introduttivo di ciò che, in poche parole ancora, sarebbe diventata una minaccia. Un ricatto ovvio e prevedibile che sia Marin che Jamie si aspettavano dal momento in cui erano stati catturati - “..sono lieto di darti un’altra opportunità...mi sono a lungo domandato se potesse mai esserci un modo per farti parlare...e la risposta è apparsa davanti ai miei occhi improvvisamente! Ah ah ah..” – quella tetra risata risuonò nella grande sala provocando una diffusa eco. Un profondo silenzio li attorniava.
Lo sguardo di Gattler incontrò quello del suo giovane nemico, consapevole di aver colto nel segno, e continuò - “ …e non dubito che sarà molto facile per te, ora, riferirmi con calma le coordinate della vostra preziosa base terrestre. Non è così, Marin?” - mentre le ultime parole uscirono dalla bocca di Gattler, Aphrodia prese Jamie per i capelli, tirandola a sè con un braccio premendo con ancora più decisione la pistola sulla tempia.
La ragazza emise un grido soffocato.
I due giovani si scambiarono uno sguardo prolungato. Gli occhi di Marin mal celavano rabbia e preoccupazione. Già in passato Jamie aveva commesso errore con gesti istintivi, ma questa volta sapeva che non poteva essere arrivata fin qui da sola, l’aveva affidata ad Oliver ed era certo che lui non le avrebbe certamente fatto rischiare la vita in modo così insensato. Erano stati catturati, abbattuti, chissà cosa ne era di Oliver.
- “Marin…non devi dire niente, non credere a ciò che dicono, mi uccideranno lo stesso. Marin….perdonami, io credevo di farcela…” -
- “Jamie…” - gli uscì con un filo di voce - “non ti devi preoccupare, ce la caveremo..” -
Non riuscì a dire altro, non voleva dire altro. Sperava che la loro comunicazione visiva fosse efficacie come lo era sempre stata.
Aphrodia, osservando quello scambio languido e tenero, non riuscì a contenere un moto di stizza e strattonò la giovane.
- “Adesso smettetela di dire sciocchezze. Marin, devi rivelarci le coordinate della base FS…” -
- “Non avrete da me ciò che mi chiedete….” - disse con foga.
Aphrodia caricò il grilletto della pistola e lo premette sulla tempia di Jamie.
Gli occhi di Marin lanciarono fiamme e, suo malgrado, non riuscì a non reagire:
- “Non lo farai…” - disse tra i denti, sibilando un’accorata supplica.
- “si che lo farò…” -  rispose la donna senza scomporsi.
Gattler intervenne per sedare la disputa tra questi giovani impulsivi.
- “Ti do tempo fino a domattina all’alba, hai una notte intera per pensarci. Sono certo che giungerai a più sagge conclusioni, altrimenti dovrai dire addio alla tua giovane biondina terrestre. Lascerò che Aphrodia esegua la pena capitale.
Comandante, puoi portarla via.” -
Aphrodia fece alzare Jamie e con la forza la condusse fuori affidandola ai secondini. - “Nooo, Jamieee..” -  Marin si dimenò dando fondo alle ultime forze rimaste. Sapeva che non aveva speranze, strattonato a sua volta da due soldati di S1 che lo presero e lo trascinarono via. Fu in breve condotto nuovamente nella stessa cella in cui aveva trascorso le ultime ore.

La voce di Gattler che la richiamava verso di sé la costrinse a lasciare Marin ai secondini. Sapeva cosa stava per dirle e scelse di precederlo.
Quel pensiero continuava a girarle in testa.
- “Ho fatto proprio le tue stesse riflessioni, Aphrodia, non avevo dubbi che anche tu avessi le mie stesse perplessità. Soldati così esperti che si fanno catturare tanto ingenuamente? Certo, la cosa è poco chiara, e certamente sospetta..” – si strofinò il mento e si lasciò andare appoggiandosi sul suo robusto e imbottito schienale.
- “..devi farlo parlare…costi quel che costi. Hai capito, Aphrodia?!” - alzò di colpo lo sguardo ad incrociare quello di lei, la quale sbarrò gli occhi ma al tempo stesso non manifestò alcuna oscillazione.
- “Sissignore…” - si mise sull’attenti, battendo i tacchi. Come faceva sempre. Non avevi dubbi che il suo scopo di vita era obbedire a quell’uomo. E anche in quella circostanza avrebbe fatto ciò che le era stato ordinato.

Tornò nelle sue stanze, percorrendo i lunghi corridoi della loro astronave, con sguardo basso.
Marin doveva morire, sarebbe morto, lei ne era certa, doveva solo capire come e quando.
Forse però poteva farlo assistere prima alla morte della sua amata. La sua amata…Jamie.
Incredibile, Marin….ma come ti è venuto in mente di innamorarti di quella ragazza?
Scosse la testa, suo malgrado, rivelando, seppur celato dietro agli occhiali e al cappello, un sorriso amaro che raccontava mille sfumature.
Si richiuse la porta alle spalle. Aveva oltrepassato due uomini che si trovavano lì  fermi, di guardia di fronte al suo alloggio, e che le avevano rivolto il saluto militare. Era così da sempre.
Si tolse il cappello e i suoi lunghi capelli color nero corvino scesero avvolgendo le sue spalle. Si sbottonò la giacca e la lasciò cadere a terra. Non aveva tempo per pensare a sé, ma aveva bisogno di una doccia che le schiarisse le idee.
Il profilo di un corpo di donna apparve di fronte al grande specchio della sua spartana camera da letto.
La sua bellezza era accecante, osservandosi sembrò quasi esserne consapevole, ma altrettanto consapevolmente sapeva di non aver mai potuto, o forse voluto, donare il suo corpo a nessuno. A nessuno…o quasi.
Gli occhi freddi di Gattler, su di lei quasi bambina, le apparvero per un istante, ma se ne andarono subito, sostituiti da quelli azzurri dell’uomo che aveva giurato di uccidere. Scosse la testa. Si osservò ancora un attimo allo specchio, era inquieta. Sentì nuovamente quella sensazione percorrerla, la stessa che aveva provato quando si era trovata di fronte al ragazzo, privo di forze e incapace di reagire. Una sensazione che per lei si definiva in un solo modo: debolezza.
Ma si stava rendendo conto di non riuscire ad evitarlo. E a questa morsa doveva riuscire a sfuggire a tutti i costi.
Afferrò l’accappatoio in fretta e si diresse verso la sala da bagno. Rimase sotto l’acqua fredda per diversi minuti, dopodiché si lasciò andare ad una lunga immersione calda che le fece da balsamo per tutto ciò che dentro di lei era in subbuglio.

Dopo aver chiuso il rubinetto dell’acqua, con il vapore ancora caldo che aveva riempito la stanza, si avvolse nel suo caldo accappatoio, uscì dal bagno e a passi svelti si recò verso la porta d’ingresso. Aprì solo un piccolo spiraglio dal quale ordinò a gran voce: - “portatemi il prigioniero!” -


 

Nota: aggiungo un paio di osservazioni che prima non ho avuto tempo di inserire...
I capelli di Aphrodia: sono verdi, lo so! Nella mia realtà, un filo più reale di quella dell'anime, ho avuto difficoltà a defnirire i capelli...Verdi! Quindi mi sono orientata sul nero corvino, che vogliono essere comunque appariscenti e in contrasto con il biondo pure un po' slavato della povera Jamie!
Altra cosa: Gattler....lo so che è Gattler, ma forse per influenza involontaria mentre scrivevo mi sono trovata ad immaginare la faccia di Desslock, il cattivo con la faccia blu dei "guerrieri delle stelle. - Starblazers", qualcuno se li ricorda? Vi ricordate come parlava Desslock? Il doppiatore? Ecco, per me in questa storia, Gattler ha quella voce, calma, suadente e distaccata sempre e comunque!
Ultima precisazione...Jamie è indubbiamente spesso impulsiuva, quindi volente o nolente combina cose che non sono propriamente utili alla causa. Ma non tutto è come sembra...e prometto che smetterà presto di essere la palla al piede dell'eroe Marin!

 

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Capitolo 6
*** Confronti, competizione ***


6 – Confronti, competizione

Era passata mezzora, forse più. Quella donna era tenace, non sembrava voler cedere. Non aveva mai incrociato i suoi occhi e, nonostante si trovasse nel suo stesso alloggio, l’aveva trovata in uniforme perfettamente in ordine, come fosse sul ponte di comando.
- “..cosa vuoi da me, Afrodia? Non capisci che non otterrai ciò che cerchi?” -
- “Davvero? Ne sei certo, Marin? Neppure a costo della tua biondina terrestre?…” -
- “Tu sai bene che tutti noi Blue Fixer siamo pronti a questo e a molto altro.. ma se farai del male a Jamie…io….” -
- “Tu non sei un terrestre, Marin! E’ assurdo, ti rendi conto di essere un traditore e che noi non potremo fare altro che eliminarti? Il solo modo per riscattarti è quello di fornirci al più presto le coordinate della Base dei Blue Fixer.” - lo sguardo che trapelò dalle scure lenti dei suoi occhiali fu difficile da decifrare, ma a Marin sembrò di vedere un inaspettato luccichio, sembravano davvero lacrime.
Piange? Per cosa, per me?

Afrodia gli aveva voltato le spalle e, cambiando improvvisamente il tono della voce, disse ciò che aveva lì, in gola pronto da parecchio tempo.
- “Cosa ti lega a lei? Possibile valga più della tua stessa vita?” - non lo stava guardando diritto negli occhi, ma quella donna voleva una risposta, ne era certo, e scelse di dargliela.
- “Sì, certo che lo vale… come lo varrebbe qualunque altro individuo che fosse prigioniero nella vostre mani!” -
- “Oh certo, prode e nobile Marin, la vita umana sopra ogni cosa. Ma non hai veramente risposto alla mia domanda….” -
- “Perchè non ti riguarda…” - il ragazzo scosse la testa ma mantenne alto il contatto visivo. Finalmente lei si decise a ricambiarlo. Lo fissò a lungo, senza ottenere altre esternazioni. Sembrava quasi volesse aggiungere: Davvero non mi riguarda?
In quei brevi minuti in cui i loro sguardi si fronteggiarono, Marin aveva scelto di non vedere ciò che sapeva avere di fronte. Scelse di non vedere la donna che si celava dietro all’uniforme, quella donna bella e affascinante che lo aveva ammaliato molto tempo prima. Scelse di pensare a tutti gli altri, ai suoi amici, a suo padre, alla Terra.
- “Afrodia, la Terra sta collassando….non dirmi che non sei consapevole di questo. Come puoi essere indifferente? Come può una donna come te non capire cosa sta facendo Gattler? Vuoi dirmi che nessuno di voi ha notato la somiglianza con S1?” - aveva impennato il tono di voce e si era alzato di scatto, sebbene ammanettato, e le era a pochi passi.
La donna non aveva indietreggiato di un centimetro. Il volto di Marin a così poca distanza dal suo le fece vivere, per un solo attimo, una piccola emozione positiva. Quegli occhi, quegli occhi cobalto che sembravano riflettere il mare, che sembravano dire sempre e soltanto la verità.
Sapeva che ciò che diceva era il vero, lo sapeva, Gattler glielo aveva mostrato. Marin era nel giusto. Ma non voleva sapesse che anche loro ne erano a conoscenza e che, consapevolmente, stavano portando il loro pianeta alla distruzione.
- “Afrodia, ti prego…devi ascoltarmi, in nome di quello che mi lega al tuo pianeta, al nostro pianeta, alle nostre origini, per il nostro futuro, ti prego… non possiamo permettere che la Terra faccia la stessa fine di S1. Se non interverremo scomparirà e tutti gli abitanti finiranno sotto terra, così come abbiamo vissuto noi tutta la nostra infanzia… vuoi questo per loro? Perché? Forse non ne hai sofferto? Non ricordi che il sole non c’era mai, Afrodia? Non ricordi che c’erano solo pioggia e buio? Io non voglio questo per loro, loro sono il nostro passato e il nostro futuro, dobbiamo aiutarli, devi farlo per loro, ma devi farlo anche per noi….loro sono come noi. Non ascoltare Gattler, ti sta manipolando..” - Marin si interruppe per un breve attimo, alzò i polsi ammanettati verso di lei, avrebbe voluto allargare le braccia ma non poteva. Il suo tono concitato si era calmato e arreso, quasi sconfortato, e continuò - “..che potere ha su di te? Perché pendi dalle sue labbra, eh? Dimmelo Afrodia, io voglio aiutarti, io ti aiuterò!” - non avrebbe dovuto dirlo, se ne rese conto dopo aver pronunciato l’ultima parola. Fece un passo indietro.
Si rese conto di aver usato l’arma sbagliata, ma si era fatto prendere la mano, credeva in ciò che aveva detto. Desiderava un futuro migliore anche per lei, oltre che per tutti i Blue Fixer e per i terrestri.
Lei era pietrificata ma i suoi occhi lanciavano fiamme. Sapeva di aver superato il limite e che si era giocato la sua ultima carta forse nel modo sbagliato.
- “Non farlo mai più, non osare più immischiarti nella mia vita e fare domande di questo genere.” – si avvicinò puntandogli contro un dito con fare accusatorio, era furiosa e lui fece istintivamente un passo indietro - “non mi incanti con le tue lusinghe, con le tue promesse, con le tue farneticazioni su S1, sono tutte sciocchezze, i terrestri ti hanno fatto il lavaggio del cervello, devi svegliarti Marin, o morirai….Forse avrò più fortuna con la tua amica Jamie…” - disse fissandolo negli occhi. Quegli occhi che fino ad un attimo prima a Marin era parso lo stessero ascoltando, che gli credessero, ora sembravano di ghiaccio. Aveva perso.
- “Che cosa vuoi fare con Jamie? Lasciala andare, avete me. Liberatela, il resto lo avrete dopo!” - disse con tono di quasi supplica.
Il Gran Comandante Afrodia non si fece scuotere da alcuna delle parole appena pronunciate dal suo antagonista.
Si voltò, aprì la porta e gridò - “Portatelo via!” -
Il giovane le passò accanto, trascinato con forza per entrambe le braccia dalle due guardie appena entrate, lei si voltò dall’altra parte. L’ultima cosa che vide Marin, prima di lasciare quella stanza, fu Afrodia di spalle, nella sua divisa, ferma in posizione eretta, come un bravo soldato.

La giovane Jamie si trovava seduta su una sedia, ormai da ore, all’interno di un buio tugurio, senza luce, solo lievi bagliori provenienti dall’esterno.
La visita non fu una sorpresa, sapeva che prima o poi sarebbe arrivata.
Non fu ospitale né accogliente, non fu neppure spietata e violenta. Voleva solo….parlare. Quando la porta si era aperta e una mano aveva acceso la luce, i suoi occhi si erano istintivamente stretti in una morsa. Non aveva subito messo a fuoco di aver di fronte proprio lei. Lei.
Afrodia aveva cominciato con delle domande che dapprima non aveva compreso, ma in breve le fu tutto chiaro e la giovane Jamie capì cosa doveva fare.
I passi risuonavano in quel piccolo perimetro, avanti e indietro, senza mai fermarsi come un cane in gabbia. Era inquieta, era arrabbiata.
- “Non riuscivo a credere che Marin volesse sacrificare la sua vita per te…per…te.. guardati, una giovane qualunque, così insignificante e che non fa che creargli problemi, mi ricordo quel giorno, sai? Fu lui a salvarti, anche quella volta, insieme a tutti quei bambini. Io ti avrei ucciso.”
- “So bene che mi avresti ucciso….e so che muori dalla voglia di farlo anche adesso. Fallo, non ho paura di morire, noi Blue Fixer abbiamo il destino segnato, sappiamo sin da subito cosa ci aspetta…” -
- “Ah ah ah, incredibile, tu e Marin dite le stesse cose, vi hanno fatto davvero il lavaggio del cervello in quella base… mmmmm, mia cara Jamie Oshino, ho bisogno che tu mi dica dov’è la Base, non ti darò tempo ancora.” -
- “Sai che non te lo dirò, sai che non parlerò, puoi uccidermi, non lo saprai da me, e neppure Marin cederà ai tuoi ricatti!” -
- “Due vere anime gemelle, giusto? Tu e Marin legati fino alla fine, pronti a morire l’uno per l’altra o per la vostra stupida causa persa…ah ah ah, molto romantico!” - il sarcasmo nella voce del comandante non sfuggì alla terrestre.
- “Perché continui a parlare di questo? Cosa te ne importa? Cosa importa al Comandante Afrodia cosa provano i due Blue Fixer catturati? Non siamo forse un mezzo per il vostro scopo?...o forse, invece…a te importa..” - strinse gli occhi e la guardò cercando una risposta, usando lo stesso sarcasmo.
Afrodia non credeva che quella giovinetta riuscisse a tenerle testa, eppure lo stava facendo, non credeva avrebbe dovuto confrontarsi con lei, ma in fondo aveva fatto in modo che accadesse.
- “Certo che ti importa, eppure non hai esitato a farlo torturare…” -
Quella frase andò a segno, Afrodia detestava quelle azioni, con chiunque, e ora veniva redarguita da una donna alla quale non avrebbe voluto dare alcuna spiegazione. Scelse di passare al contrattacco.
- “Ho già avuto modo di chiedere a Marin…insomma, ho espresso le mie perplessità nei confronti di questa vostra specie di…relazione amorosa. Davvero non comprendi di non avere futuro con lui?! Lo perderai comunque, o ci aiuterà e tornerà da noi strisciando, oppure morirà…” - voleva provocarla, ma non sapeva neppure lei cosa stava cercando.
Jamie provò un lieve sussulto interiore, la voce di quella donna la irritava, aveva quel suono basso e suadente che la disturbava, ma era pur sempre consapevole di aver di fronte una donna estremamente bella, sebbene non l’avesse mai vista in abiti diversi da quelli militari.
Capì che doveva andare fino in fondo, doveva tentare.
- “Tu sei spietata, sei senza scrupoli e senza alcuna umanità. Eppure lui vede in te qualcosa. Io ne sono consapevole. So bene che Marin non è un terrestre, so bene che siete dello stesso pianeta, e so che ti guarda come non ha mai guardato me. Ogni volta che sente il tuo nome si confonde, perde la lucidità. E ti ho odiato per questo, ti odio tuttora, ti detesto profondamente, per ciò che sei, e per ciò che sei per lui….” -
Afrodia rimase realmente, finalmente spiazzata, non si aspettava assolutamente simili affermazioni, la terrestre sembrava sincera. Sembrava affranta, sembrava stesse realmente soffrendo e si rese conto di essere la causa della sua insicurezza. Una parte di lei era consapevole di quanto Jamie le stava dicendo, ma aveva pur sempre respinto ogni pensiero di quel genere. Cosa doveva fare? Assecondarla? Contraddirla? Forse solo ucciderla?
- “Perché dici queste cose? Cosa pensi di ottenere?” - le rivolse questa domanda in un modo che neppure lei credeva. Dalla sua voce sentì trapelare la stessa insicurezza che rivedeva in Jamie, la stessa inquietudine. La paura del confronto. E più questo confronto continuava, più percepiva un legame con quella ragazza, del quale non riusciva a capacitarsi.
- “So bene che non potrò mai confrontarmi con te ad armi pari, sei bella e sei fiera, e in fondo io ti ammiro. Sei una donna forte, sicura di sè, che non ha bisogno della protezione di nessuno. Ovvio che Marin sia attratto…so che per te prova qualcosa che non so spiegarmi.” - gli occhi di Jamie, con un lieve luccichio traditore, si posarono sul pavimento, cercando di fuggire allo sguardo indagatore.
La mente di Afrodia stava vagando in tanti lidi, stava ascoltando, studiando, riflettendo, ricordando. Ciò che usciva dalla bocca di quella ragazza non aveva alcun senso. Marin, il suo acerrimo nemico.
Lei è la sua donna, perché mi dice queste cose? Nonostante le perplessità, provò un sentimento che provano forse le donne verso qualcosa di fragile, qualcuno. Per un attimo sentì il bisogno di toccarla, posare una mano sul capo di lei, piegato.
Provava forse compassione?
Quei due la stavano mettendo alle corde, ognuno a suo modo. Non poteva permetterglielo.
- “Ho bisogno delle coordinate della vostra base terrestre, tornerò domani all’alba.” -
- “Ti prego….” - la voce di Jamie uscì come un sussurro.
Afrodia si voltò di scatto e incrociò i suoi occhi disperati.
- “Non ucciderlo…” -
La porta si richiuse interrompendo il contatto visivo.
Si allontanò a passo svelto, doveva andare via al più presto, doveva stare sola, doveva pensare.
Non ucciderlo, non ucciderlo.
Dannazione, non posso, non ci sono mai riuscita.

Poco più in là, a qualche corridoio di distanza, Oliver cercava ogni modo per eludere le telecamere, era consapevole che se fosse stato intercettato non avrebbe avuto scampo. Era piuttosto certo di aver controllato ogni angolo, eppure sapeva che la tecnologia avanza di Aldebaran era ancora in gran parte sconosciuta per i terrestri. Ma era riuscito ad arrivare sin lì, quando aveva ripreso i sensi, incredulo, si trovava ancora all’interno del Baldiprice. Non l’avevano visto, non l’avevano catturato, aveva ancora una chance. Non doveva assolutamente sprecarla, doveva salvare i suoi amici, doveva salvare Jamie.
Si schiacciò diventando quasi invisibile sulla parete che faceva angolo, ascoltando.
- “L’abbiamo portato nella stanza del Gran Comandante…” -
- “lo ucciderà…” -
- “A quanto pare no, l’abbiamo nuovamente portato in cella e lei si è fatta accompagnare dalla prigioniera terrestre…la giovane donna.” -
Questo stralcio di dialogo bastò ad Oliver per avere la certezza che i suoi amici erano vivi, imprigionati ma vivi.
Accidenti a Marin, se solo non si fosse fatto catturare…ma come potevano aver solo sperato che se la sarebbe cavata da solo. La Quinstein non aveva avuto esitazioni, aveva dato loro questi ordini, aveva scelto Marin per infiltrarsi nell’ammiraglia nemica ed uccidere Gattler. Uccidere Gattler? Probabilmente aveva troppa fiducia in lui, lui che apparteneva geneticamente a quella gente, lui che era solo e che forse si era fatto catturare apposta. No, ma cosa stava pensando? Cosa gli passava per la testa? Anche lui si fidava di Marin, il ragazzo probabilmente non era riuscito nel piano.
Ora toccava a lui, doveva rimanere lucido e trovare i suoi compagni. Tutti questi pensieri dovevano essere accantonati, ci sarebbe stato tempo, dopo…per tutto.
Rimanendo a distanza, con la maestria e il silenzio che aveva imparato in anni di addestramento, seguì i due soldati che lo condussero nei cunicoli più sperduti dell’astronave. Si fermò di colpo quando vide i due uomini bloccarsi e fare il saluto militare. La porta di una cella si aprì e ne uscì Afrodia, non ricambiò il saluto e si allontanò velocemente. L’avrebbe visto. Si voltò e indietreggiò sperando di trovare un antro dove ripararsi. Svoltò l’ennesimo angolo nella speranza che quella donna andasse altrove. E così fu. La vide sfrecciare di fronte a sé, vide di sfuggita il suo volto contratto. Sembrava si stesse trattenendo…da qualcosa. Sembrava volesse correre via. Chi c’era in quella cella? Forse Marin? cosa poteva essere successo?
Non aveva altra scelta che scoprirlo.
Jamie, dovevo proteggerti, non ci sono riuscito. Se ti succedesse qualcosa Marin mi prenderebbe a pugni. Se ti succedesse qualcosa, Jamie…io…

Il gemito del soldato, che era rimasto solo di fronte alla porta della cella, fu soffocato dalla mano di Oliver sulla sua bocca. Il colpo in testa, con il gomito, fu rapido ed efficace, anche questo per merito dell’addestramento ricevuto come Blue Fixer.
Gli sfilò le chiavi dalla cintura, si chinò sulla serratura e, come in rare volte nella sua vita, le mani gli tremavano. Ma riuscì a trovare quella giusta ed aprì la porta della cella.
Jamie, legata sotto la luce fioca di quella stanza, gli apparve piccola e indifesa. La giovane alzò lo sguardo e pronunciò il suo nome.
- “Oliver, sei tu….” -
Colmò la distanza di pochi passi in un soffio. Era su di lei.
- “Che cosa ti hanno fatto?” -
- “Niente…” – scosse semplicemente la testa.
Riuscì a slegarle i polsi e le gambe, e senza che se ne rendesse neppure conto, la ragazza gli aveva gettato le braccia al collo, stringendolo forte.
- “Oh Oliver, è così bello vederti, stai bene allora” - Oliver ricambiò la stretta, con una forza disperata che non sentiva da molto tempo. Un sentimento traboccante che faticò a contenere. Si staccò da lei e incrociò il suo sguardo. Vide nei suoi occhi sollievo e paura, ma vide anche la consueta determinazione che conosceva bene.
- “Dobbiamo trovare Marin…” - parole che uscirono dalle sue labbra e che furono un piccolo fulmine a squarciare un momento che sembrava solo suo, solo loro.
Gli scese un velo di tristezza nel cuore ma sapeva che a questo non c’era rimedio. - “Marin…lo so, lo troveremo, ma io voglio che tu ti metta in salvo, Jamie. Lui me l’ha fatto promettere…e poi…” -
- “Cosa?” -
- “..voglio tu ti metta in salvo perché non potrei vivere se ti succedesse qualcosa…” -
- “Oliver!” -
- “Jamie, io ti amo! Ti ho sempre amato, piccola Jamie…non me ne importa un accidente se tu sei innamorata di Marin, io …dovevo dirtelo..” -
La giovane rimase senza parole, in quell’attimo così surreale, in un luogo così buio e triste, la porta della cella semi aperta e il corpo del secondino svenuto alle spalle di Oliver. Oliver, il suo prode salvatore. Oliver, l’eroe buono e dolce che aveva sempre saputo essere lì, pronto a tutto per lei. Sì, l’aveva sempre saputo, quei sentimenti, che lei non avrebbe mai potuto ricambiare, ma che le scaldavano il cuore, e mai come in quell’istante le furono da balsamo per i brutti momenti appena trascorsi. Ma lei non poteva….sapeva che non c’era posto per nessun altro nel suo cuore.
- “Oliver…io….perdonami…” - la ragazza non riuscì a sostenere quello sguardo ulteriormente, il viso si abbassò involontariamente, per difendersi, per pudore, perché non voleva ferirlo.
Oliver si accorse del suo disagio ma decise che non poteva senza averle rivelato ogni segreto del suo cuore.
Le sue mani agirono d’impulso, le presero il viso carezzandolo appena, e si guardarono per una frazione di secondo prima che lui facesse l’ultimo passo.
Le sua labbra incontrarono quelle di lei, così morbide e appena dischiuse, sembravano pronte per lui, sembrava lei lo volesse. La dolcezza di quel bacio appena umido, il calore che sentì pervaderlo, quell’attimo sembrò eterno. Il suo cuore accelerò e sembrò che la realtà fosse ancora più bella di quanto avesse immaginato. Ma quell’idillio durò così poco, l’eternità già interrotta da un brusco risveglio. Le mani di lei, poggiate sul suo petto, fecero leggera pressione per allontanarlo leggermente da sè. Quelle labbra l’avevano abbandonato, aprì gli occhi e la vide nuovamente di fronte a lui ma con gli occhi gonfi di lacrime.
- “Ti chiedo perdono, sono stato uno stupido…” -
- “Oh Oliver, sono io a dovermi scusare, ti prego perdonami, ma io non posso…” -
- “Basta Jamie, non aggiungere altro….ma accidenti, non avevo nessuna intenzione di morire senza che tu sapessi cosa provo per te.” - un bel sorriso luminoso apparve sul volto di Oliver, rassicurante come ogni suo gesto. Proseguì : - “..farei qualsiasi cosa per te. Non dimenticarlo mai.” -
- “E’ molto bello quello che dici, io ti sono grata con tutta me stessa…però..” -
- “Lo ami, lo so, dal primo giorno. E so che ormai Marin ricambia i tuoi sentimenti, ma Jamie..quel ragazzo ha portato tanti problemi, ti ha fatto così tanto soffrire, e poi..e poi dannazione, possibile tu non ti sia accorta che lui prova qualcosa per quella donna?! Ti prego, dimmi che ne sei consapevole…” -
Quelle parole la colpirono in pieno ma resse bene il contraccolpo. Quel pensiero la tormentava da quando erano entrati in quella maledetta ammiraglia.
- “Questo lo so, Oliver. Quella donna ha un potere su di lui che non riesco a comprendere, ma mi ha chiesto di fidarmi di lui, e io voglio farlo…ti prego, dobbiamo trovarlo…aiutami!” - quello che vide negli occhi di lei per un attimo oscurò la delusione e il rifiuto appena incassati. La determinazione di questa giovane donna e la sua forza interiore erano superiore a qualsiasi forza distruttrice che aveva provato ad abbatterla nelle ultime ore. Voleva salvare il suo uomo, e l’avrebbe fatto.
- “Allora dobbiamo trovarla e ucciderla, solo così possiamo salvarlo…” -
- “D’accordo, sono pronta..” - l’animo dei due Blue Fixer, finalmente all’unisono nel perseguire un unico scopo, brillò interiormente ritrovando coraggio.
Lo trovarono l’uno nell’altra. Non sapevano se sarebbero mai usciti vivi da lì, ma avrebbero tentato il tutto per tutto.


Note: Buonasera a tutte! spero siate ancora lì, spero che le mie fedeli lettrici e quelle più silenziose abbiano ancora voglia di seguire questa storia.
Come scrivevo anche tempo fa, non mi è facile mantenere un ritmo costante, come invece avevo sperato di poter fare, e mi scuso per questo. Spero di recuperare in corsa, e di non lasciar passare tanto tempo anche per il prossimo capitolo!
Spero che questa dinamica di intrecci sia gradita e gradevole. Sentimenti contrastanti, sentimenti in conflitto, competizione, gelosia ecc.....sullo sfondo dell'imminente catastrofe, quindi in tutto questo, dobbiamo salvare la terra!! ;) (vabbè, si fa per dire, il destino della Terra, in Baldios, non è molto radioso, dubito che l'Apocalisse risparmi la Terra nella mia storia!)
Intanto mi dedicherò a far fare chiarezza tra i personaggi, amici e nemici.
Marin è tra due fuochi, Oliver ci spera, Afrodia sta scricchiolando....vediamo che succederà!
Grazie per ogni vostro, eventuale, prezioso commento.
A presto!
Dani

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Capitolo 7
*** L'amore del nemico ***


7 - L’amore del nemico
 
Nonostante la pelle stesse ghiacciando sotto il sudore a causa della paura, Oliver e Jamie, senza esitazioni, percorsero i corridoi della nave spaziale senza essere avvistati. Seguendo due sentinelle che avevano scorto poco dopo essersi allontanati dalla cella, richiusa a dovere con dentro il soldato steso a terra, si resero conto di essersi avvicinati alla sala principale, quella in cui Gattler aveva accolto Jamie e Marin.
Avevano controllato ogni cella, non c’era traccia del loro compagno.
Jamie si rese conto di non avere idea di dove potesse essere. Non faceva che riflettere su qualsiasi cosa si fossero detti, su cosa potesse aver detto Aphrodia che avesse lasciato qualche indizio. Non aveva detto nulla…..
 
Le voci che udirono avvicinandosi furono raggelanti.
Gattler stava annunciando ai suoi stretti collaboratori quanto era nelle sue intenzioni. Bombardare la Terra era un piano imminente, le voci che lo contrastavano erano concordi e unanimi.
Ma sentirono una nota inaspettata, la voce femminile che ben conoscevano rivolgersi al dittatore, consapevole di rischiare moltissimo esternando simili affermazioni.
- “..ho bisogno che tu mi spieghi cosa è davvero la Terra…” -
- “Non credo di aver capito bene..” -
- “Hai capito bene, ne sono certa!” - affermò fiera.
I due Blu Fixer poterono cogliere la forza di quella donna solo ascoltando il suono della sua voce, non avevano bisogno di vederla. Sapevano che si ergeva di fronte al supremo comandante senza timore.
- “Mia cara Aphrodia, forse la frequentazione con i terrestri può averti distolta dalle nostre priorità, dai nostri progetti. Ti concederò una notte per riflettere sulle tue parole. Sono più che certo che domani non oserai nuovamente rivolgerti a me in questo modo.” - il tono autoritario e minaccioso, al quale era abituata sin da bambina, le diedero un colpo diritto nella pancia, la fecero sussultare al punto da non avere scelta. Si era paralizzata.
Abbassò la testa e provò il desiderio di sottomettersi, come era sempre stato. L’irrefrenabile istinto che la portava a sottostare ad ogni suo ordine o desiderio. Non era mai riuscita a ribellarsi, e anche in questo momento capì di non esserne capace. Non era ancora pronta.

Ascoltare quello stralcio di conversazione lasciò in Oliver e Jamie un senso di disagio, quasi avessero assistito ad un evento personale, privato, non di guerra, non di strategia. Capirono che dovevano approfittare di quel momento per continuare nella ricerca di Marin e si allontanarono.
 
Era passata circa un’ora.
L’Astronave Aldebaran non era certo il luogo ideale per concentrarsi o trovare luoghi di riflessioni. Si ricordava bene la Base FS, con quella bellissima vetrata sul mare e sul tramonto, dove molti di loro si rifugiavano in momenti di difficoltà.
Avrebbe davvero voluto un suo angolo, un luogo privato che non fosse solo quella piccola cabina, seppure accessoriata, senza finestre e senza l’aria fresca del mare e della sera. Se ne ricordava appena, di quando era bambina. Di cosa fosse l’aria fresca, il cielo e i colori, al di là della coltre che aveva rivestito il suo pianeta per decenni.
Girovagando, si era ritrovata di fronte a quella maledetta consueta cabina quasi inconsciamente, ancora frastornata dal confronto con Gattler.
Una volta entrata si adagiò lentamente sul divano poco distante dalla porta.
Una lacrima spuntò dall’angolo dei grandi occhiali che la celavano. Durò un istante. In un impeto impugnò la sua pistola.
Sedeva con la pistola tra le mani, ciondolanti in mezzo alla gambe, accovacciata su se stessa e in preda ad infiniti pensieri e infiniti sentimenti che la stavano attanagliando.
Si alzò di nuovo e aprì la porta di scatto, facendo sussultare persino una delle due sentinelle appostate fuori. Impiegò parecchi istanti prima di esprimersi, ma alla fine decise e ordinò nuovamente la stessa cosa.
- “Portatemi il prigioniero… sì, ancora una volta…” -
 
Marin entrò in quella stanza con un timore ben celato, non sapeva cosa aspettarsi da questo nuovo incontro a distanza di poche ore. Forse si era davvero decisa, lo avrebbe ucciso stavolta.
La donna era in piedi di fronte a lui, lo fissava. Poteva vedere il suo sguardo anche dietro a quegli occhiali. Non capiva.
Le sentinelle lasciarono la stanza.
Aphrodia poggiò la mano sul fianco, quello dove teneva la pistola. Marin indietreggiò di qualche passo.
Ma con l’altro mano, rapida e senza esitazione, la donna prese la frusta che giaceva avvolta sul fianco opposto e con una velocità inaspettata colpì Marin alle gambe.
- “Aahh,” - emise un gemito e si trovò a terra. Era la seconda volta che veniva abbattuto e colto di sorpresa, si disse che non l’avrebbe più permesso.
In uno scatto improvviso balzò in piedi e, nonostante avesse i polsi bloccati, si scagliò contro il suo aguzzino guidato dalla rabbia e dalla frustrazione che aveva ormai accumulato.
Non le diede il tempo di reagire, sferrò un calcio colpendo le mani di lei che lasciarono cadere la frusta. In un secondo le fu addosso e con il suo corpo la scaraventò contro il muro.
Aphrodia sbarrò gli occhi, per un secondo si sentì indifesa. E Marin lo riconobbe, quello sguardo, quello sul quale finalmente aveva avuto la meglio.
Le mani legate gli impedivano di agire liberamente, ma era abbastanza forte da poterla serrare e sufficientemente addestrato da sapere che la mano fulminea di lei stava per raggiungere la pistola. Un altro calcio ben piazzato e la pistola sobbalzò fuori dalla fondina. Ora era davvero disarmata.
Si scansò da lei. La donna continuò a rimanere con le spalle al muro, inerte.
Si osservarono per degli attimi che non tradirono nulla di quanto sarebbe successo di lì a poco.
Marin non riusciva a non provare rabbia, ma anche molta pena per quella donna così forte ma anche, e trapelava enormemente, così interiormente fragile.
E fu mentre la osservava che si accorse del lento movimento della mano di lei che lo fece scattare nuovamente, ma si arrestò di colpo quando capì che non correva pericolo.
Il cappello si sollevò appena ma bastò per lasciar andare una massa di capelli fluenti. Le caddero sulle spalle morbidi. Con l’altra mano raggiunse gli occhiali scuri che l’avevano fino a quel momento protetta. Se li sfilò ma rimase con lo sguardo basso e con gli occhi chiusi.
Quando si decise a sollevare lo sguardo, quel gesto rivelò dei luminosi occhi verdi. Erano belli, erano grandi e intensi.
Solo una volta, forse, era riuscito a vederla così, solo un attimo fugace. E in questo momento si rese conto di non averla mai osservata veramente.
Nonostante la sua oggettiva bellezza, fu colpito dallo sguardo teso e contratto.
Vide quello che già sapeva, vide smarrimento, vide rabbia, vide sofferenza.
Quei verdi occhi in un attimo si riempirono di lacrime. Erano colmi, erano lacrime troppo a lungo trattenute. Marin rimase sgomento, non sapeva cosa fare, cosa dire, se guardarla, se voltarsi, se scappare via….
- “Dannazione, Marin…” - gettò via il cappello e gli occhiali, si piegò sulle gambe fino a toccare terra con le mani.
- “Aphrodia….” -
- “Tu mi togli lucidità… io so cosa devo fare, sono nata per questo, sono nata per servire Gattler, per servire Aldebaran, maledizione…” – sbattè con violenza un pugno a terra.
Alzò di colpo lo sguardo, le lacrime sgorgavano prepotenti. Riconobbe il combattimento che stava affrontando.
Non poté farne a meno, allungò una mano e gliela porse. Lei la gettò via.
- “Nessuno mi ha mai visto così……nessuno eccetto Gattler, lui….” -
- “Lui cosa? Cosa ti ha fatto, Aphrodia? Dimmelo ti prego…” - si accovacciò accanto a lei. Le poggiò una mano su un ginocchio..
 
Il racconto come un fiume in piena pervase le pareti di quella asettica cabina di una nave da guerra. Il dolore che quella donna portava dentro, le parole traboccanti rimasero impresse nella mente di Marin, ogni singolo dettaglio di quel suo agghiacciante racconto.
Quel maledetto l’aveva posseduta fin da quando era una bambina, l’aveva plagiata, allevata a sua immagine, le aveva tolto la vita.
Pensò che forse l’aveva sempre saputo, nulla di quello che Aphrodia raccontò lo stupì realmente.
Ma lo stupì la spontaneità con la quale lei si aprì.
- “Solo da pochi anni sono libera da quel giogo. Da quando sono diventata il Comandante dei suoi soldati ha cominciato a rispettarmi, senza chiedere più nulla. Ma io non so se posso farlo, io avevo perso tutto e lui mi ha tenuta con sé, come posso rinnegare quanto mi ha dato?” - ancora sconvolta e incapace di vedere la verità, Aphrodia aveva ceduto alla sua stanchezza appoggiandosi con la schiena alla parete.
- “Tu puoi, certo che puoi. Lui ti ha dato solo sofferenza, si è approfittato di te nel modo più meschino. Eri una bambina, doveva proteggerti, e invece…ecco, ha fatto cose che non avrebbe dovuto. Non farti ingannare da quel che ti dice, lui vuole solo continuare ad avere potere su di te. Non farà altro che far leva sulla tua riconoscenza… ma non è così, è falso. Tu non gli devi niente, tu devi liberati di lui, Aphrodia… noi possiamo aiutarti…” -
- “Noi? Chi? forse tu e la tua biondina terrestre? I Blu Fixer? Ma non farmi ridere, Marin. Se venissi via con te la tua squadra mi ucciderebbe a sangue freddo alla prima occasione.” -
- “Non è vero, parlerò loro, gli spiegherò tutto… io…” -
- “Non osare, non voglio la tua pietà, tanto meno quella dei terrestri…” -
- “Non è pietà… accidenti, possibile tu sia sempre così maledettamente orgogliosa?” -
Qualche attimo di silenzio scese su di loro. Entrambi necessitavano riflessione.
Marin doveva comprendere in fretta cosa fare e come muoversi, non c’era tempo, non aveva tempo di occuparsi di questioni così delicate. Tuttavia il Comandante Aphrodia continuava a lasciare il segno. Non se la sentiva di abbandonarla al suo destino, sapeva che doveva convincerla.
- “Devi venire con me, con noi, sulla Terra. Dobbiamo salvare quel pianeta, Aphrodia, lo dobbiamo a S1…” -
- “Possibile tu non abbia capito che non mi importa? Sì, Marin, d’accordo, hai ragione tu, la Terra e S1 sono lo stesso pianeta, Gattler ne è al corrente e non gli importa. Sono qui perché voglio ascoltarti, voglio capire se stiamo sbagliando tutto. Ma devi aprire gli occhi, devi renderti conto che non c’è niente che possiamo fare. Siamo segnati, tutti quanti…..Forse il nostro destino è quello di continuare ad odiarci, niente altro. E continueremo a farlo ciascuno dal proprio pianeta…” -
- “Siete al corrente di tutto ma volete comunque distruggere la Terra? E se ci fosse un modo che non abbiamo ancora capito? Dobbiamo tentare, dobbiamo dare a tutti noi una possibilità…” - si interruppe.
Una possibilità. Forse in un’altra vita, forse in un altro momento, senza questa assurda guerra…e i pensieri presero corpo ed uscirono dalla sua bocca, quasi inconsapevoli. Doveva comunque tentare il tutto per tutto.
- “In un altro momento, in un altro luogo, forse tu ed io… avremmo potuto avere una vita diversa, una vita normale…” -
- “Non dire assurdità, tu hai ucciso mio fratello!” - rispose caustica senza esitare.
Marin era seduto accanto a lei. Il suo cuore aveva accelerato prepotente quando il ragazzo aveva pronunciato quelle parole, ma non riusciva a guardarlo, non riusciva a dire a se stessa ciò che davvero desiderava. Il suo nemico, che aveva ucciso suo fratello. Eppure dannazione se lo desiderava. Sentiva il calore del suo corpo così vicino, così forte, così prepotente, lo voleva con tutte le sue forze, ma non poteva in alcun modo lasciar andare la sua corazza, non ora, non ancora.
Senza voltarsi verso di lui, si tirò su e si alzò in piedi.
Lui fece lo stesso. Le andò incontro e le porse le mani per farsi aprire le manette.
- “Unisciti a noi, ti prego…” -
La donna lo fissava dritto negli occhi, senza cedere.
Marin prese le mani di lei tra le sue, le strinse forte per un attimo.
Aphrodia strinse gli occhi, osservandolo con più intensità.
- “Cosa provi per quella ragazza?” -
La domanda lo spiazzò, ma doveva rispondere.
- “Jamie? Lei è molto importante per me…” -
Sorrise inquieta, senza capire cosa stesse davvero accadendo…
- “Lo so, mi domando cosa succederebbe, se tu non fossi legato a lei….” -
 
- “Sì, me lo domando anch’io…” - la voce di Jamie arrivò come un getto forte che risvegliò entrambi da quello strano attimo di intimità.
 
Il ragazzo si raggelò e si emozionò al tempo stesso quando gli occhi di Jamie incontrarono i suoi. Oliver era dietro di lei.
La porta si era aperta senza che loro se ne accorgessero, forse si erano fatti davvero trasportare dalle circostanze, da una situazione quasi surreale.
Cosa gli aveva appena chiesto Jamie? Continuò…
- “Io mi fidavo di te, Marin...” -
- “No, Jamie, aspetta…” - si precipitò verso la ragazza, ma Jamie fece un passo indietro - “..sono felice di vedere che stai bene, anche tu Oliver…” - ma quel solo attimo di riconciliazione fu interrotto bruscamente dal rumore della sicura dell’arma che Aphrodia stava puntando contro di loro.
Direzionò la sua mira verso la giovane Jamie.
- “Marin, dimentica la nostra conversazione, tutto quello che hai sentito. Nulla ha senso di quanto ci siamo detti… Adesso me ne andrò e voi sarete liberi di fare ciò che vorrete, non ve lo impedirò. Ma non dovete seguirmi.” -
Con la pistola puntata sulla ragazza Aphrodia si fece strada tra i Blu Fixer, incrociando lo sguardo di Marin e procedendo dritta per la sua strada.
Ma non appena voltò loro le spalle la mano di Oliver corse sulla sua fondina, per precauzione, per prudenza, per abitudine.
La convinzione che quel Blu Fixer stesse per far fuoco su di lei non la fece esitare, si voltò di scatto e premette il grilletto.
L’urlo sordo risuonò tra le mura di quel corridoio.
La mano sul fianco da cui già sgorgava copioso sangue era la delicata mano di Jamie Oshino, che cadde in ginocchio davanti ai loro occhi, senza riuscire a sorreggersi. Fino a che non fu sollevata dalle forti braccia di Marin.
- “Jamie!” - si rivolse con occhi furenti verso Aphrodia - “Che cosa ha fatto? Perché??” – era sconvolto, il volto contratto di rabbia.
- “Marin….” - il comandante sussultò non appena si rese conto del suo gesto. Aveva agito d’istinto, aveva colpito la giovane biondina terrestre eppure non provava alcun piacere. Sentiva solo una forte morsa allo stomaco che la fece tremare profondamente. Non voleva questo, non voleva ferirla, non voleva ferire Marin. Se ne stava rendendo conto solo in quell’attimo, forse troppo tardi.
- “E’ colpa mia, non so cosa avevo in testa… io volevo solo…” -
- “Maledizione, Oliver, ci avrebbe lasciati andare….” -
- “Io…io non mi sono fidato di lei. Ho sbagliato, Jamie rispondimi…” - Il ragazzo stava prendendo coscienza del tragico errore commesso.
La giovane Blu Fixer faticava a rispondere alle loro parole, il dolore la attanagliava. Il contatto con il corpo di Marin la rassicurava, ma non bastava. Sentiva che le forze la stavano abbandonando.
I due uomini fissavano la loro amica inermi. Si guardarono tra loro, non capivano come avrebbero fatto a portarla in salvo.
Un nodo alla gola bloccava Marin, ma una cosa aveva ora chiara.
Puntò la pistola contro Aphrodia.
- “Vattene… prima che ti ammazzi.” -
La donna rimase impietrita ma non sorpresa. Con un sorriso amaro rispose.
- “Allora la ami davvero…” -
- “Certo che la amo, non so perché tu ne abbia dubitato, o perché pensi possa averne dubitato io. Non voglio ucciderti, ma lo farò se intralcerai i nostri piani. Dobbiamo eliminare Gattler, unisciti a noi oppure vai via, lontano…dove io non possa più trovarti.” -
Le parole di Marin, che sia Jamie che Oliver avevano ascoltato, avevano finalmente dato un senso a tutto. Avevano smosso gli animi e una situazione dalla quale non sapevano come uscire.
La mano di Jamie strinse con forza quella del suo Marin.
Era stata tutta una finzione….aveva finto di dubitare di lui, Marin aveva finto di assecondare Aphrodia… sì.
Doveva essere così, la stava raggirando.
Forse per un attimo aveva dubitato di lui, era stato un solo attimo piccolo e insidioso. Sufficiente per farle intristire il cuore. Ma ascoltando le parole del ragazzo aveva compreso che non c’era comandante affascinante che avrebbe potuto intaccare la sua fiducia in lui. Ora sapeva che l’aveva ben risposta.
Continuò a stringergli la mano e il ragazzo rispose alla stretta.
- “Marin, non preoccuparti per me, me la caverò…” -
- “Perdonami piccola Jamie, non doveva succedere a te, ma noi ci occuperemo di te…” -
Marin fece un cenno ad Oliver, indicandogli di prendere il suo posto per tenere Jamie con sé.
- “Ti affido Jamie, so che non lascerai che le accada nulla…” -
- “Cosa intendi fare, Marin?” - chiese Oliver dubitando.
- “Porta Jamie in salvo, correte verso il Buldiprice, dovete tornare sulla Terra. Io devo fare quello che è necessario…” -
- “Non dire sciocchezze, non puoi farcela, non puoi uccidere Gattler da solo…ti servono rinforzi…” - si inserì Aphrodia con l’intenzione di rimediare all'enore sbaglio che sentiva di aver commesso pocanzi.
Marin ne era consapevole e proseguì.
- “Tu li aiuterai, li porterai in salvo fino alla loro navicella, la tua presenza li terrà al sicuro.” - il tono perentorio di Marin e la pistola puntata contro di lei non lasciavano adito a fraintendimenti, né consentivano di opporsi.
Sapeva che Aphrodia non aveva voluto ferire Jamie deliberatamente, ma non poteva perdonarla per quel che aveva fatto. Aveva rivelato, per l’ennesima volta, il suo vero essere. Un soldato pronto a tutto e incapace di alcun discernimento umano. Era ora per lei di riscattarsi. L’avrebbe portati in salvo, ne era certo.
La fissò un’ultima volta poi, lentamente e senza timore, si voltò e si inginocchiò accanto a Oliver e Jamie.
Incurante della presenza di Oliver accanto a loro, si chinò su Jamie e le diede un delicato e profondo bacio sulle labbra. La ragazza chiuse gli occhi e lo accolse.
- “Amore mio, andrà tutto bene, non devi temere, Oliver si prenderà cura di te…” -
- “Marin, ti prego….torna da me….” -
Le strizzò l’occhio, lei sorrise mentre una lacrima le solcava il viso. Una smorfia di dolore increspò le sue labbra.
A quella vista l’apprensione di Marin aumentò. Si alzò e si voltò verso Aphrodia.
- “Andate..” -
Oliver sollevò Jamie, aiutato da Aphrodia. Si avviavano verso l’hangar.
 
I capelli morbidi del coraggioso pilota del Pulsern Burn si mossero nell’aria nell’attimo in cui, a sua volta, si voltò. L’avrebbe ucciso, doveva salvare la Terra, Jamie doveva salvarsi. Tutti loro si sarebbero salvati.
Correva incontro al suo destino.

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