Tra la vita e la morte.

di DirectionerMiri02
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La notte tra il 2 e il 3 settembre ***
Capitolo 2: *** Il mio funerale. ***
Capitolo 3: *** 2 anni dopo. ***



Capitolo 1
*** La notte tra il 2 e il 3 settembre ***


Sono passati 8 anni da quella maledetta notte.



Quel giorno avevo invitato il mio ragazzo (come al solito) a passare una bella giornata con me e la mia famiglia. Ci divertimmo tanto, e, quando arrivò il momento di accompagnarlo a casa, verso mezzanotte, raccolsi tutte le sue cose e presi il mio Iphone e le mie cuffie, visto che il tragitto era di circa 30 minuti andata e ritorno.


Eravamo davvero molto stanchi, gli occhi si chiudevano quasi da soli. Per spezzare il silenzio, Gabriel (il nome del mio ragazzo), mise “Hotel California” degli Eagles.
Immaginate semplicemente una macchina con due ragazzi dietro e un uomo sulla cinquantina davanti che cantano a squarciagola Hotel California.


Facemmo un giro più lungo per arrivare a casa di Gabriel;
La macchina si fermò davanti casa sua e ci salutammo, io gli diedi un bacio e lui scese dalla macchina.
Mio padre ripartì, e si mise sulla strada del ritorno. Era circa l’una di notte,  e la strada era molto buia senza un minimo di luce. Io presi le cuffie e misi una canzone a caso, me ne uscì una di Loreena Mckennitt. E chi lo avrebbe mai detto che avrei avuto quella melodia nelle orecchie per l’eternità? A me ricordava molto la mia infanzia ed era piacevole ascoltarla anche se triste. Mi pare si chiamasse Skellig.


Io mi sdraiai lungo il sedile dietro e chiusi gli occhi con quella dolce melodia.
Un forte tonfo mi svegliò.
Un ubriaco, un camion.
La nostra macchina era a pezzi, io avevo un pezzo di ferro che mi aveva traforato i polmoni.
Subito i soccorsi, ormai vedevo tutto sfogato.
Pian piano mi lasciai abbandonare.
Chiusi gli occhi, e fine. Fine dei giochi, Carmen.
 

Non ero mai stata una di quelle ragazzine allegre, all’epoca avevo solo 13 anni e mezzo ma nessuno oserebbe mai dire che avevo la voglia di vivere dentro. Avevo sofferto di bullismo per 7 anni, avevo cambiato scuole, ero diventata depressa e non parlavo di altro se non di voler morire.
Ma ero sciocca, potessi tornare indietro cambierei tutto il mio modo di vedere la vita, perché a me è stata strappata via come se nulla fosse. Ed è stato allora che ho capito il vero significato di “vivere”, di quanta gente stupida c’è che la vita se la toglie, ma del resto ero solo una ragazzina che parlava e parlava ma alla fine adorava la sua vita.
Adorava sua madre, suo padre, sua sorella, la sua migliore amica, il suo ragazzo.
 

Ma io non sono morta. Io vivo ancora perché vedo tutto ciò che succede attorno a me senza avere il potere di cambiarlo.
Ma forse è cosi che doveva andare… Forse, avrei dovuto apprezzare più ciò che avevo, anche se è inutile attaccarsi al passato.

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Capitolo 2
*** Il mio funerale. ***


Io vedetti ogni cosa.


La reazione di mia madre e di mia sorella quando lo seppero, la reazione di mio padre che era all’ospedale con qualche costola rotta, la reazione del mio ragazzo, la reazione dei miei parenti, della mia migliore amica.
Fu tutto straziante.  Le prime volte fu difficile comunicare, mai poi ci riuscì abbastanza bene, potevo manipolare gli oggetti quindi scrivere o comunque farmi capire.

Scrissi in un foglio di carta la data di quando io e Gabriel ci fidanzammo con un cuore e glielo feci trovare sotto il cuscino, disegnavo cuoricini a mia sorella, lasciavo biglietti con scritto “ti voglio bene” a mia madre.
Il giorno del mio funerale fu terribile, io rimasi fuori ma notai che c’erano un casino di persone in lacrime; tutti i miei conoscenti, parenti, la mia famiglia, e il mio ragazzo distrutto.

Erano tutti straziati dal dolore e io volevo solo fargli capire che ero li, accanto a loro, e che ci sarei rimasta per sempre.
 Vedere il mio corpo senza vita fu di sicuro una delle esperienze che mi segnò di più. Fu allora che capì tutte le stronzate che avevo detto durante quegli anni e il rimorso di non aver abbracciato un’altra volta mia madre, di non aver detto un’ultima volta ti voglio bene a mio padre, di non aver giocato almeno una volta con mia sorella e di non aver detto un’ultima volta “ ti amo “ a Gabriel. Loro erano l’unico motivo per cui ancora volevo restare in quella terra a vagare senza meta.

E i giorni passavano, io avrei dovuto iniziare il primo superiore.
Avrei voluto studiare lingue, avrei voluto girare il mondo e trasferirmi, magari un giorno, in America.
Avrei voluto sposarmi, avrei voluto avere la gioia di diventare mamma una prima e chissà una seconda volta.
Avrei voluto terminare il lavoro, avrei voluto vivere in felicità la pensione con mio marito, e avrei voluto avere la gioia di diventare nonna.

Invece sono qua, con gli stessi pantaloncini di jeans, con lo stesso top nero, con le stesse nike, con i miei capelli biondi sciolti che io chiamavo stile "wild", con i miei 13 anni infiniti, a vagare nel vuoto in cerca di risposte e, magari, di pace.
Continuo a sentire quella melodia straziante che ascoltavo quando sono morta, che mi ricorda la mia infanzia.
E gli anni continuano a passare.

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Capitolo 3
*** 2 anni dopo. ***


Ventotto febbraio duemilaediciassette. Quando morì era il 3 settembre 2015. Un mese fa avrei fatto 15 anni ed avrei desiderato tanto cantare "Fifteen" di Taylor Swift tutto il giorno ad alta voce. Il mio ragazzo si è rifatto una vita e non credo di amarlo da un bel po' di tempo, la mia famiglia va avanti, sento che gli manco fin dentro le ossa ma mia madre ha ricominciato a sorridere; così mia sorella, che adesso ha 8 anni e sa scrivere, disegnare e ha un sacco di amiche! Avrei tanto voluto essere lì con lei. L'unica che piange ancora tutti i giorni è la mia migliore amica a distanza. Lei non se ne capacita, non riesce a farsene una ragione. La sento, le sfioro le mani, le bacio la fronte. Lei mi ama... anche se non mi ama come un'amica. Mi ama come una fidanzata. Mi ama e non lo sa. Del resto, la amo anche io; non so cosa sia questa sensazione, ma la amo. La vedo tutti i giorni vivere la sua vita e le sono accanto come un'angelo custode.. col tempo, le sue abitudini goffe, i suoi pianti, i suoi sorrisi, mi hanno fatta innamorare. Credo di essere bisessuale, ma cosa potrei farci ormai da morta? Da bambina non mi è mai piaciuta la solitudine, eppure sono due anni che non parlo con nessuno. Mi sono appena svegliata, sono nel letto accanto a lei, le carezzo la guancia mentre dai suoi occhi azzurri scendono lacrime amare. La sento dire, come un sussurro in un vento che investe la mia anima: «Carmen, perché te ne sei andata? Perché mi hai lasciata ad affrontare questo inferno da sola? Tra poco sarà passato un anno e sei mesi. Vorrei parlarti, sapere che sei qua accanto a me. Non ti ho mai detto quando eri in vita che ti amavo. Avrei voluto vederti un'altra volta, dopo il 23 gennaio 2015.. maledetta distanza. Avrei voluto baciare quelle soffici labbra un'altra volta, anche se eri di Gabriel. E' così triste vivere di rimpianti. Dove sei, amore mio?» Si. Io l'avevo già baciata la prima volta che ci eravamo viste, siamo state fidanzate 2 mesi. Dopo lei mi ha lasciata, ed io ho avuto una relazione con Gabriel. Ma mi mancava ogni giorno della mia vita. Così mi avvicino e le sussurro:«Vanessa, io ti amo, sono qua a vegliare su di te, sono sempre accanto a te.». So che non può sentirmi, eppure può avvertire la mia presenza. La osservo passare la giornata con le sue amiche, quanto avrei voluto essere io al loro posto. Non se lo meritano. La lascio e vado a trovare mia sorella. Sta guardando delle fotografie, dove la abbraccio, e nel frattempo singhiozza. Mia madre gliele toglie. E' troppo piccola per deprimersi così.. Mi trovo catapultata ad osservare mio padre, a leggere i suoi pensieri. Sa che sono lì. Si gira. «Carmen? Sei tu?» Mi vede. Riesce a vedermi, mio padre riesce a vedermi. Sono incredula, comincio a piangere. Non era mai successo dopo l'incidente, ma qualcosa è cambiato in lui. Riesce a vedere cose impossibili alle persone comuni. Ho sempre avuto un rapporto strettissimo con mio padre, era l'unico che mi capiva, che andava appresso alle mie follie. E adesso riusciva a vedermi. Forse avrebbe potuto aiutarmi nel mio percorso per liberarmi dal mio calvario di stare sulla terra. Anche se, a questo punto, non volevo andarmene. Non avrei più visto l'amore della mia vita. Un guazzabuglio del cuore.

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