Excalibur. La vera storia della spada nella roccia.

di SuperGoat
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primi segni di follia ***
Capitolo 2: *** Il giorno nefasto ***
Capitolo 3: *** Ricordi di morte ***
Capitolo 4: *** Proprio Necessario ***
Capitolo 5: *** Strazio ad Ealdor ***
Capitolo 6: *** Rapimenti nel bosco ***
Capitolo 7: *** La grotta dei lamponi ***
Capitolo 8: *** Io vi troverò ***
Capitolo 9: *** Patto di sangue ***
Capitolo 10: *** Voci nel buio ***
Capitolo 11: *** Il legittimo re di Britannia ***
Capitolo 12: *** Il destino della spada ***
Capitolo 13: *** Il più grande sacrificio ***



Capitolo 1
*** Primi segni di follia ***


Uther si svegliò con un urlo, o almeno così gli parve. Era confuso, di certo non era da lui, era sicuro, però, che qualcosa nel sonno lo aveva turbato. Gli era parso di vedere una figura: una donna in vesti bianche, proprio ai piedi del suo letto. "Ygraine", aveva pensato sul momento, "perchè mai Ygraine dovrebbe spaventarmi?" Uther si rigirò nel letto innervosito, per quanto la morte della moglie fosse stata traumatica, per quanto la colpa di tale avvenimento gravasse su di lui, per quanto questo lo avesse tormentato negli ultimi dodici anni, era certo che l'immagine dell'amata in vesti bianche di fronte a lui gli avrebbe portato gioia, immenso ristoro al suo cuore, e invece questo batteva per lo spavento, e lui era sicuro che non sarebbe riuscito a prendere sonno.
Fuori era notte fonda, Uther non poteva sapere quanto mancasse all'alba ma indossò comunque pantaloni e scarpe, voleva uscire, anche se non sapeva dove andare. In procinto di aprire la porta gettò un'ultima occhiata al gigantesco drappo blu che copriva l'intera parete affianco al suo letto, per un attimo fu tentato dalla voglia di tirarlo giù, di squarciarlo, se necessario, pur di scoprire il ritratto dimensioni naturali della moglie, invece serrò il pugno e lasciò la stanza in fretta, diretto alla piazza d'armi.

Scese in armeria senza far rumore, l'ultima cosa che voleva era perdersi in futili chiacchiere con guardie annoiate o, peggio ancora, che si spargesse la voce che re Uther soffriva di insonnia. L'armeria non era lontana ma un rumore proveniente dalla biblioteca adiacente lo costrinse ad acquattarsi contro la parete. Dalla stanza proveniva una luce, questo era insolito, Uther preferì dare un'occhiata.
Era disarmato ma questo non lo preoccupava minimamente, la porta era socchiusa, il re la spinse debolmente con una mano per aprirla tanto bastava senza far rumore, finalmente, sbirciò oltre. Ciò che vide lo lasciò, sul momento, sorpreso, un ragazzino biondo, sui dodici anni, seduto a gambe incrociate sotto l'unica torcia accesa, leggeva un libro talmente grosso che sembrava facesse grande fatica a reggerlo.
Uther sentì la rabbia montare dentro di sé "Cosa ci fai qui, Artù?" sbottò, il figlio trasalì e chiuse il libro di colpo "Non riuscivo a dormire" aveva il tono rilassato di chi erroneamente crede di poter andare in giro per il castello di notte, questo non fece che accrescere la rabbia di Uther "Ma cosa vuol dire che non riuscivi a dormire?" chiese esasperato "Fila a letto! se non vuoi passare le prossime tre notti nelle segrete". Il ragazzo si era alzato e aveva riposto il libro ma Uther non aveva ancora finito con lui "Per la miseria, Artù! come ti è venuto in mente di andartene in giro tre ore dopo la mezzanotte? ma tu pensi prima di fare le cose?" il figlio che fino a quel momento aveva ascoltato a capo chino parve trovare il coraggio di ribattere "ma non può essere così tardi, io..." "Non contraddirmi Artù!" sbottò Uther esasperato, poi ritrovò il controllo "obbedisci immediatamente". Artù lasciò la stanza e salì le scale in fretta, quasi temesse che il padre potesse colpirlo da dietro, ma Uther avrebbe rimandato le punizioni all'indomani mattina.

 Fuori in cortile era buio e freddo, ad Uther pareva di scorgere delle figure nell'ombra, di sentire dei rumori, di certo residui del sogno che aveva fatto e che lo aveva svegliato, non ricordava mai i suoi sogni, ma questo era diverso, ad Uther sembrava che stesse riemergendo lentamente nella sua memoria e, per qualche oscura ragione, preferiva concentrarsi nell'allenamento prima che ciò succedesse. Avanzò verso il fantoccio, mezzo uomo con una spada legata al braccio, Uther stringeva la sua nella mano sinistra, i suoi genitori da bambino avevano tentato senza troppo impegno di togliergli questa abitudine, alla loro morte, Bruta, la sua tutrice, aveva ritenuto che fosse un vantaggio in combattimento ed effettivamente si era rivelato tale.
Uther sferzò colpi per quella che sembrò un eternità, il volto di Ygraine sembrava aleggiargli davanti, la spada pesava come un macigno e l'alba non si decideva ad arrivare. Artù aveva ragione, non potevano essere le tre di notte, dolorante e privo di forze, infine, si accasciò al suolo. Non dormiva, non sognava ma un'immagine gli passò davanti agli occhi come un ricordo: Lui, ragazzino, con la spada in pugno e sporco di sangue, piangeva.
Quando riaprì gli occhi il sole formava una grossa palla rossa in cielo, da qualche parte nell'arena proveniva il rumore ritmico del cozzare di bastoni tra loro, erano gli scudieri che già di buon ora avevano preso ad allenarsi.

Uther stava male, con il sudore ghiacciato sulla pelle e la leggera camicia di lino, ma si avvicinò a guardare.
Leon, lo scudiero più anziano e prossimo all'investitura, gestiva con evidente esperienza, l'addestramento dei più giovani. "Oswald" chiamò Leon "contro il principe Artù", Uther vide suo figlio farsi avanti con un sorriso sicuro, dall'altro lato Oswald avanzò incerto. "Sai di non avere speranze, vero?" esordì Artù, tutti risero, Oswald compreso e anche ad Uther sfuggì un sorriso.
I ragazzi avrebbero combattuto con pesanti bastoni di legno, usavano anche spade vere, ma per quell'allenamento era fondamentale che rafforzassero i muscoli e non perdessero un arto. I due sfidanti batterono una volta i bastoni tra loro e si prepararono a combattere. Oswald afferrò la sua arma con entrambe le mani e menò fendenti con foga, Artù parava ogni colpo, veloce e con evidente semplicità, usava una mano sola, la destra, in questo aveva preso dalla madre.
Dopo l'ultima parata di Artù, Oswald si sbilanciò in avanti, era il momento che Artù aspettava, con una veloce torsione del polso gli strappò di mano la spada e la fece saltare in alto, la prese al volo con la mano sinistra, senza neanche guardare, e in pochi secondi stava già chiudendo i due bastoni a forbice sul collo dell'amico, fermandosi a pochi millimetri da questo.
Tra gli scudieri era sceso un silenzio ammirato, Uther, invece, non era sorpreso, Artù si allenava con la spada quattro ore al giorno, tutti i giorni, eccetto la domenica, destinata alla caccia, altre quattro ora le dedicava all'addestramento fisico vario: lotta, giostra, arrampicata, atletica, tiro con l'arco, tiro al bersaglio, sei ore le dedicava all'istruzione necessaria per governare il regno e sette ore sarebbe stato tenuto a dormire, se solo avesse obbedito.

"Artù contro Morgana" ordino Leon e Uther si accovacciò a guardare interessato, Morgana aveva quattordici anni e per la scherma aveva un talento naturale. Uther ne conosceva il motivo: non lo sapeva nessuno in tutto il regno ma Morgana era sua figlia, e gli assomigliava più di quanto facesse Artù. I ragazzi incrociarono le spade immediatamente, seppur ignari del loro legame di sangue tra loro vi era una sana rivalità fraterna dovuta al fatto di essere cresciuti insieme. Morgana era imprevedibile, colpì Artù al braccio due volte con energia prima che lui prendesse il ritmo. Uther li guardava muoversi veloci ed armoniosi nell'arena, il ticchettare del legno contro il legno si era trasformato, alle sue orecchie, nel clangore metallico delle spade in battaglia, Artù e Morgana erano due cavalieri in armatura e attorno a loro imperversava la guerra. Ancora stralci del sogno della notte, Uther scacciò quell'immagine dalla mente per concentrarsi sui suoi figli: Morgana aveva mandato suo fratello a terra con una gomitata e adesso mulinava la spada pronta a calarla sulla testa del ragazzo, lui, però, fu più veloce, rotolò sul fianco per schivare il colpo, afferrò Morgana per i baveri e la trascinò a terra con sé, poi, con un'atletica capovolta, le fu addosso per tenerla ferma a terra. Morgana gridò dal dolore, Uther non credeva si fosse fatta male, semplicemente la ragazza, come lui, odiava perdere.
"Scusami" disse forte Artù per sovrastare il rumore e lasciò subito la presa, la sorella subdolamente approfittò del fatto per ribaltare la situazione e, una volta portato a terra l'avversario, gli assestò una forte ginocchiata nelle zone intime.
Questa volta toccò ad Artù gridare, e lui era sincero, Morgana, tra le risate di tutti, continuò ad infierire con altri due colpi. "Credo che questo vada contro il regolamento, lady Morgana" intervenne Leon tirandola indietro "io credevo stessimo simulando una situazione reale" rispose lei con falsa sincerità.
Adesso Uther era piegato in due dalle risate e gli scudieri si accorsero che stava guardando, si inchinarono ossequiosi mentre lui avanzava verso il centro dell'arena.
 
Tolse il bastone dalle mani di Morgana e si rivolse al figlio "Contro di me, Artù" il ragazzo gli rivolse uno sguardo tra il preoccupato e il determinato, sapeva che il padre intendeva punirlo per gli avvenimenti della notte, ma, si accorse Uther, era da tanto che sognava di confrontarsi con lui. Fu il re ad iniziare la lotta, incalzando il figlio con il bastone già dai primi secondi di battaglia, il ragazzo, d'altro lato, si teneva a distanza, non era deciso come lo era contro i compagni.
"Avanti, Artù!" incitava Uther, quasi supplicando, "Forza, attaccami!" dopo qualche minuti di parità il re aveva il fiato corto e il principe, sebbene tranquillo, continuava ostinatamente a limitarsi alla difesa. Uther voleva provocarlo "Ti credi migliore di loro" disse "eh, Artù?" ansimò accennando agli scudieri "Essere più bravo dei ragazzini non fa di te un guerriero!" forse stava riuscendo ad ottenere qualcosa "Un re deve...conquistare...il regno!" il fiato lo stava abbandonando "come ho fatto io!" ruggì "sarai alla mia altezza, Artù? riuscirai a governare Camelot?" inaspettatamente il ragazzo rispose, "si", era il momento giusto "dimostra a tuo padre ciò che sai fare, Artù, forza, fammi vedere" riuscì a stento a terminare la frase che il figlio piombò su di lui, menando dritti e rovesci molto più veloce di quanto Uther si fosse aspettato, senza dargli tregua, confondendolo, attorniandolo, per nulla stanco, pronto ad andare avanti per ore.
Uther iniziò ad avere paura, suo figlio di undici anni lo avrebbe battuto, davanti a tutti gli scudieri. Ma Uther era un guerriero e Artù un nemico da abbattere per salvare il suo onore. Non passò molto tempo a riflettere, passò la spada alla mano destra e tirò uno dei suoi migliori ganci, dritto al naso di Artù, "hai fatto male ad abbassare la guardia figliolo" pensò.
Sentì subito il calore del sangue sulle nocchie e il crocchiare delle ossa, il ragazzo aveva accusato il colpo cadendo all'indietro, troppo vicino alla staccionata, battè la testa e la nuca prima di scivolare a terra.
Uther restò un secondo a guardare suo figlio abbandonato al suolo, pallido, con il volto coperto di sangue e rivide Bruta, sua tutrice e comandante, nella stessa posizione, ferita mortalmente. Fu solo un secondo poi si gettò sul figlio mortificato e preoccupato, aveva socchiuso gli occhi, quindi era vivo e cosciente ma sia il colpo alla nuca che quello al naso avrebbero potuto ucciderlo, suo figlio, Uther non poteva crederci. "Sire, dobbiamo portarlo subito da Gaius" intervenne Leon e fece per sollevare il ragazzino "lo porto io" rispose lui ma Artù parlò "posso camminare" affermò con la bocca impastata di sangue.
 
Una buona mezz'ora dopo Uther si trovava nella camera privata di Gaius, il medico si trovava con Artù nella piccola stanza degli ospiti, una stanza minuscola che ospitava solo un letto singolo per nulla adatta ad un principe, ma poco importava.
Dopo qualche rapido controllo Gaius aveva sentenziato che il colpo alla testa non era grave e vi aveva versato sopra un infuso alle erbe, il setto nasale, però, era tutta un'altra storia, andava rimesso a posto.
Dalla camera adiacente Uther sentiva provenire i gemiti di Artù senza curarsene troppo, sopportare il dolore faceva bene allo spirito, lui nel frattempo leggeva i titoli dei libri di Gaius, alcuni gli facevano orrore "Magia oscura" "Negromanzia" eppure se erano lì significava che non erano proibiti, forse era tempo di riaggiornare l'elenco.
Gaius uscì dalla stanza da solo poco topo "lasciatelo riposare venti minuti, sire" disse non appena lo vide, "cinque" rilanciò il re, "l'operazione è stata lunga e dolorosa e.." cercò di ribattere il medico "un principe non ha tempo per riposare" tagliò corto lui, ma Gaius non aveva intenzione di demordere "un principe non dovrebbe neanche..." "Gaius, stai forse cercando di farmi sentire in colpa per avergli spaccato il naso?" "in un certo senso, sire" Gaius era un amico e poteva permetterselo, se Uther concedeva ad Artù cinque minuti di riposo era solo perchè doveva parlare con lui. Il re si accomodò sul letto senza essere invitato "Gaius" cominciò "tu credi che i sogni possano avere un significato?" Gaius taceva "non tutti i sogni intendo" spiegò lui "solo quelli che...sconvolgono, per così dire" il medico annuì "avete avuto un incubo, Uther?" "non un incubo" si affrettò a correggere lui, Gaius lo aveva scambiato per un ragazzino, il medico si accomodò su una sedia "si" confermò "io credo che, nel vostro stato, un sogno possa essere rilevante" Uther era confuso "quale stato? cosa intendi?" Gaius si chinò su di lui "Dalla morte di Ygraine, sire, non vi ho più visto sorridere" Uther era infastidito "è comprensibile!" ribattè "No, Uther, non lo è" osò dire il medico "il dolore non si dimentica, ma si supera" "non sono venuto per parlare di questo, Gaius" stava per andarsene, Gaius annuì "allora ditemi" disse "che cosa ricordate del sogno?" colto alla sprovvista Uther cercò di rispondere "in un certo senso...c'entra...con quella cosa lì...lo ricordo solo a tratti...Ygraine...la morte di Bruta...la guerra druida...io che piangevo" "piangevate, sire?" Uther fu folgorato da un altro ricordo "si, e chiedevo aiuto" Gaius taceva, Uther lo fissò, "hai qualcosa da darmi per farmi ricordare?" "non credo sia il caso..." "ce l'hai?" insisté lui "Uther..." "E' un ordine Gaius" l'amico sospirò "dovrò preparare una pozione" "per quando posso averla?" Gaius ci pensò "verro io da voi."
 

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Capitolo 2
*** Il giorno nefasto ***


Mentre Goeffrey di Monmouth, il bibliotecario che per Artù e Morgana era anche professore di storia e letteratura, narrava del nascere dell'impero romano con voce monotona e noiosa, Artù combatteva il sonno. 
Non aveva dormito quella notte e il colpo in testa che aveva ricevuto appena cinque ore prima, mentre si allenava, di certo non lo aiutava. Sentiva le palpebre pesanti, il naso, rotto la stessa mattina, pulsava sotto le bende e lui faceva fatica a restare ritto sulla sedia. "Stai bene?" chiese Morgana premurosa, prendendogli una mano. Artù non si prese la briga di rispondere, Morgana gli tastò la fronte "stai scottando" sussurrò "poggia la testa sul legno".
"Che cosa sono queste chiacchiere?" chiese Goeffrey, sollevando lo sguardo dal libro  "Principe Artù, state forse dormendo?" Artù si rendeva conto di non riuscire ad aprire più di tanto gli occhi, talmente lucidi da rendergli impossibile la vista. "Perdonatemi Goeffrey" riuscì a dire "Gaius mi ha dato un farmaco per il dolore..." Goeffrey parve comprendere e continuò la lezione.

Un'ora dopo Artù si presento a tavola sorretto da Morgana, presero posto ai lati del tavolo, prima che arrivasse il re, davanti a lui Artù non avrebbe dovuto dare segni di cedimento.
Suo padre arrivò, e con lui portò quella tensione che sempre si creava in sua presenza, il re parve non farci caso, studiò le bende di Artù con un sorriso divertito, "sembri un lottatore ubriaco" affermò e Artù si rilassò nel vederlo tranquillo. 
Il pranzo fu servito e i commensali presero a mangiare. Artù sentiva di avere lo stomaco chiuso, si decise a parlare "Mi punirai per essere uscito di notte, padre?" Morgana si fece interessata, Uther ci pensò "credo che per oggi averti rotto il naso sia stato sufficiente" Artù ne era grato "Chiedo perdono, comunque" il padre lo fissò "se lo farai ancora ci penserà la frusta a farti ragionare" disse infine, Artù annuì. "Ma dove sei stato?" sbottò Morgana che di certo era divorata dalla curiosità "voglio dire" spiegò "sei uscito di notte per andare dove?" "In biblioteca" Morgana pareva delusa "Ma è pur sempre dentro il castello!" Morgana parlava sempre a sproposito "Frustate per non essere neanche usciti dal castello? Uther, è una punizione che non infliggiamo nemmeno ai ladri!" era fatta, Artù aveva sperato di poter chiedere a suo padre di esonerarlo dall'allenamento pomeridiano per via della febbre, Morgana glielo aveva reso impossibile.
"Non mi aspetto che tu comprenda, Morgana" rispose tranquillo il re, Artù invece capiva perfettamente e prese la parola "un principe deve saper obbedire molto più di quanto debba fare la gente comune" disse a Morgana "una disobbedienza da parte di un principe è molto più grave di un furto, perchè un principe dovrà fare leggi, un giorno, e guidare uomini in battaglia. Non si può comandare senza prima saper obbedire" gettò un'occhiata al padre per capire se approvava, lui non fece una piega "e siccome un principe sarà re, e un re deve prendere decisioni, decisioni dalle quali dipendono le vite di migliaia di persone, un principe deve subito imparare a prendersi le proprie responsabilità " si rivolse alla sorellastra "Morgana, ti prego, prima di parlare a mio padre di faccende che mi riguardano, consultati con me. Io accetterò qualsiasi punizione, padre".
Artù sapeva cosa fare "sono in ritardo per l'addestramento" annunciò e, con i muscoli irrigiditi, si alzò. "Non puoi andare" insistette Morgana "hai la febbre troppo alta" Artù sentì il bisogno di concludere con una frase eroica e così rispose senza girarsi "Finché sono cosciente e sto in piedi, posso" purtroppo non calò il silenzio solenne che Artù sperava, sentì chiaramente la risata di suo padre mentre lasciava la sala.
 
Uther non era stato impressionato, purtroppo, ma Artù era veramente convinto di tutto ciò che aveva detto, eccetto che per una cosa: sapeva che il suo dovere era comportarsi come un principe doveva fare e secondo il desiderio di suo padre, e sapeva di aver mancato, ma a volte ciò che suo padre voleva era imperscrutabile per lui. 
Come faceva a sapere che andare in biblioteca di notte era sbagliato? lo avesse saputo non lo avrebbe fatto. 
A volte Artù aveva l'impressione che il padre creasse regole di punto in bianco, lui obbediva e se sbagliava veniva punito, ma mai perdonato. Puntualmente due o tre volte a settimana, senza volerlo, si rivelava una delusione per il padre, la sua fiducia in lui si incrinava sempre di più. Se solo il re avesse saputo che tutto ciò che Artù voleva era compiacerlo forse..."io sono meglio di quanto lui creda" disse a Leon durante l'allenamento, con i muscoli in pappa e la testa cotta da sole, un attimo prima di svenire. 

Alle tre del pomeriggio Artù giaceva sopra il letto di Morgana, la sorellastra lo aveva costretto a stendersi e gli aveva messo un panno bagnato sulla testa, le divertiva fare il lavoro di Gaius quando lui era misteriosamente scomparso "non ho mai sentito una fronte così calda" disse lei col tono lugubre che aveva il medico quando diagnosticava a qualcuno morte certa, "mi chiedo come tu abbia fatto ad allenarti in queste condizioni" Artù rispose automaticamente "Come tutti i veri eroi, con tenacia, con forza di volontà!"Morgana sbuffò "sei proprio un bambino, Artù" era nervosa, si capiva "Morgana, mi dispiace per quello che ho detto a tavola" Morgana sorrise e si avvicinò a lui "Non ci fa niente" disse "tu sei fatto così, ti piace farti schiavizzare da Uther, sei un masochista" "non è questo..." "so bene come la pensi, Artù, ma io credo che un re debba sapersi imporre" "non di certo sul proprio padre" questo per Artù era ovvio "e se fosse questo ciò che tuo padre vuole da te?" il seme del dubbio si insinuò dentro di lui "io non lo so cosa vuole da me mio padre!" disse con foga eccessiva, spinse via il panno bagnato e si alzò.
"Vado fuori a giocare" annunciò "a giocare?" ripetette perplessa Morgana "ho solo un'ora prima che riprenda l'addestramento" "e la vuoi passare stancandoti ulteriormente?" chiese lei incredula "beh" rispose "non siamo tutti pappe molli come te" "no, è che io sono più intelligente di te, Artù" "cosa c'entra essere intelligenti adesso?" "hai ragione" si corresse Morgana "la parola che cercavo era: sana di mente" Artù abbandonò la stanza in fretta.

Trotterellava per la città bassa fingendo di essere un cavaliere errante, presto qualcuno avrebbe chiesto di lui per una missione: uccidere un drago o un grifone, sconfiggere un troll, ritrovare una pianta magica o un mistico oggetto perduto, magari salvare una città assediata da stregoni malvagi, sarebbe rimasto certamente ferito ma avrebbe trionfato e re Uther gli avrebbe concesso una ricompensa...allora lui avrebbe risposto "non l'ho fatto per denaro ma perchè io sono un cavaliere". Un rumore lo riportò alla realtà, sembrava una porta che sbatteva, inizialmente, poi sentì i lamenti di una persona, che ci fosse un avventura vera all'orizzonte? Leggermente preoccupato ma assolutamente deciso, seguì il rumore. Svoltò l'angolo di corsa e finalmente vide: Un ragazzo grande e grosso aveva afferrato una ragazzina molto più piccola di lui e le sbatteva ripetutamente la testa contro la porta di legno chiusa, avvicinandosi Artù riconobbe il ragazzo, era il fratello stupido di Leon, "Tiger!" chiamò non appena fu abbastanza vicino "che cosa stai facendo?" esclamò "Perchè!?" Tiger non rispose e continuò, un re doveva sapersi imporre, Artù raccolse una pietra "Tiger, basta!" urlò lanciandola, aveva una mira eccezionale, riuscì a colpire Tiger tra la spalla e il collo, il punto perfetto quando si vuole far mollare la presa a qualcuno. E infatti Tiger mollò la presa con un lamento e si girò verso Artù con un grugnito, come fanno le bestie "sei un topo puzzolente" gli disse, Artù non si scompose "tu sei più puzzolente e più stupido, Tiger. Lasciala andare e non ti farò nulla" in un altro momento Artù avrebbe schiacciato quel tredicenne trenta centimetri più alto di lui e quaranta chili più pesante ma adesso aveva le forze di una lumaca. Ne ebbe la conferma immediatamente quando Tiger, inaspettatamente, prese una mazza chiodata dietro di se e gliela schiantò sulle costole facendolo rotolare nella polvere senza fiato. Da terra, con lo sguardo annebbiato, Artù lo vide sollevare la mazza per colpire la ragazza e lei farsi scudo con le mani. Artù fu più veloce, si alzò con un salto e mando Tiger atterra placcandolo ai fianchi, "ho detto di lasciarla stare, Tiger." Tiger era arrabbiato si alzò mulinando la mazza chiodata ma Artù gli bloccò il polso e vorticando su se stesso gli assestò una gomitata in pieno stomaco poi, con un movimento preciso, gli spezzo il braccio all'altezza del gomito e gli strappo l'arma dalla mano priva di forze. Tiger scappò piangendo, Artù si girò verso la ragazza: aveva i capelli scuri e una ferita sanguinante alla testa. "Come stai?" chiese pur sapendo quanto idiota fosse quella domanda "grazie" rispose lei con sincerità e fece per alzarsi "no, no, resta ferma" intervenne Artù, aveva fatto i conti molte volte con ferite alla testa e sapeva come comportarsi, si accovacciò su di lei "come ti chiami?" chiese "Ginevra" rispose la ragazza "ma quasi tutti mi chiamano Gwen" "stai perdendo sangue, Ginevra" disse "ma la ferita è superficiale, mi preoccupa di più la botta" la studiò con aria da esperto "dimmi, ti gira la testa?" chiese infine "non mi pare" rispose lei ma era pallida in viso "vuoi che vada a chiamare Gaius?" propose Artù "o preferisci venire con me?" la ragazza si guardò intorno e si alzò "vengo con te". "A proposito" disse Artù camminando "cosa voleva da te Tiger?" "nulla" rispose lei "Tiger è uno di quelli che ti picchia senza motivo, solo per il gusto di farlo" "Tiger ha un ritardo mentale" spiegò Artù, ma Ginevra scosse la testa "ce ne sono tanti come lui, anche, anzi, soprattutto, tra i nobili" Artù si chiese se Ginevra sapesse chi fosse, dopotutto non si era presentato e le bende sul naso lo rendevano irriconoscibile "il principe Artù, ad esempio" forse la ragazza lo prendeva in giro ma lui rispose ugualmente "Artù? chi ha mai picchiato?" "il mio amico Oswald, è uno scudiero" rispose lei prontamente "ma si allenavano!" Artù era sconvolto "poco importa" tagliò corto Ginevra "Artù sapeva che Oswald non aveva speranze ma lo ha umiliato ugualmente" Artù rispose di getto "Se dovessi rifiutarmi di combattere contro chiunque sia..." ammutolì accorgendosi di avere usato la prima persona singolare e istintivamente portò una mano alla bocca, Ginevra parve non accorgersene "perchè sei così sconvolto?" chiese "Artù ed Oswald sono amici" rispose lui con sincerità "forse Oswald è il migliore amico di Artù" ammise "intendo...in una classifica di amici...per cui penso sia normale per loro...insomma, credevo che ad Oswald piacesse" Ginevra scosse la testa come se avesse detto qualcosa di stupido "Oswald lo odia, e Artù non ha amici" affrettò il passo, o forse Artù rallentò.
"E tu invece?" riprese Ginevra "come lo conosci Tiger?" "è fratello di un mio ami...di uno che conosco" rispose lui semplicemente "allora conosci Leon!" esclamò lei sorpresa "si, Leon è fortissimo!" esclamò, provava grande ammirazione nei suoi riguardi, Ginevra pareva d'accordo "Leon si che è come un cavaliere dovrebbe essere!" "e infatti sarà presto investito" aggiunse Artù rischiando di tradirsi ancora una volta "da grande vorrei essere come lui" affermò senza pensare, doveva desiderare essere come suo padre, non come Leon. Ormai erano arrivati, Ginevra sorrise "secondo me lo sarai" "davvero?" Artù era sorpreso dall'affermazione "mi hai salvato, anche se eri ferito" si fermarono davanti la porta di Gaius "a te non sto veramente simpatico" disse Artù con tristezza "perchè dici così?" "io non ho amici" rispose lui con un misto di ironia, la ragazza si avvicinò a lui "non può essere!" affermò "Ginevra" la interruppe lui, tese la mano "mi chiamo Artù Pendragon" lei non gliela strinse, fece un passo indietro, afferrò i lembi del vestito e fece la riverenza "grazie per avermi salvata, mio signore" disse con voce atona e salì da sola i gradini per casa di Gaius "Ginevra" la chiamò lui da dietro "si, mio signore?" "posso considerare almeno te...insomma...tra i miei amici?" lei sorrise "si, potete".
Artù si avviò zoppicando verso il castello ma Ginevra lo raggiunse di corsa "Gaius non c'è" annunciò.

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Capitolo 3
*** Ricordi di morte ***


"Bevete questo, sire" disse Gaius porgendo ad Uther una fialetta dal colore per nulla invitante, c'erano volute ore perché Gaius si presentasse con la pozione ma ora era il momento, Uther prese la fiala e la stappò senza ulteriori esitazioni. "Quando la berrete, sire" spiegò Gaius "sarà come rivivere il sogno" "era quello che volevo, Gaius" affermò lui e sollevò la fiala come in un brindisi, "non vi accorgerete di stare sognando" aggiunse Gaius "per voi la realtà sarà il sogno" Uther era annoiato, bevve d'un fiato, presto l'immagine di Gaius scomparve d'innanzi a lui e al suo posto apparirono le fronde degli alberi. 

Uther Era disteso per terra, confuso, come se non ricordasse qualcosa di importante, fece uno sforzo mentale, guardandosi attorno si accorse di essere in una radura solitaria, ma non era proprio solitaria visto che attorno a lui poteva sentire chiaramente le voci concitate degli uomini che si preparano alla battaglia, ancora tranquille nonostante la tensione...era in un campo militare a pochi giorni dalla battaglia finale...si portò una mano al pettorale di cuoio, lui era un soldato, un quattordicenne con la fortuna di essere già cavaliere, forse non meritata, e per una ragione che non ricordava si stava sottraendo ai suoi doveri concedendosi un attimo di pausa.
Sentì qualcuno muoversi tra i cespugli e saltò in piedi con l'agilità che gli era tipica, del resto aveva solo quattordici anni, dalla boscaglia saltò fuori un ragazzetto poco più vecchio di lui, Uther provò un sentimento gioioso nel vederlo, era Herbert, suo cugino e il suo migliore amico. "Hai finito di fare la cacca?" chiese Herb...era per questo che si trovava lì...Uther si grattò la testa chiedendosi come mai non lo ricordava "perché mi guardi come un ritardato?" Chiese ancora il cugino "perché mi hai interrotto mentre liberavo le viscere" rispose lui in automatico "beh dovrai ritardare" tagliò corto l'altro "Bruta ha convocato un consiglio speciale di guerra".

Uther ed Herbert si misero a camminare di buon passo per il ripido sentiero a tornanti che portava all'antica roccaforte che avevano accomodato a "Castello di Camelot". Non potevano disobbedire ad un ordine di Bruta, anzi erano addirittura felici, quasi onorati di essere stati convocati da lei, era la sorellastra maggiore di Herbert, cugina di Uther e tutrice di entrambi ma, molto di più, era il comandante supremo degli eserciti uniti della Britannia e il più abile combattente che la storia avesse mai visto....e loro facevano parte del suo consiglio di guerra. Era una cosa fantastica.
Camminando Uther ed Herbert parlavano del più e del meno, non facevano fatica in salita, i loro giovani corpi erano un intreccio di muscoli, il sole risplendeva e, nonostante la guerra fosse alle porte, Uther pensò che quelli erano i tempi d'oro. 
Entrarono nel castello spingendo da loro le grandi porte di quercia, non c'erano servitori all'accampamento militare. Bruta e i cavalieri erano già arrivati e avevano preso posto attorno ad una grande tavola di legno circolare, la tavola era già lì quando avevano preso il castello, nel vederla Bruta aveva emesso un lamento sconcertato e poi aveva immediatamente convocato il falegname e gli aveva commissionato una sedia diversa per lei "altrimenti come si capirà chi è il capo?" aveva detto. 
Una folla di fanti e arcieri attorniava confusamente i cavalieri seduti al tavolo, Uther si fece largo e riuscì a prendere posto accanto al comandante come sempre faceva. Erano al completo, Bruta si alzò in piedi e prese la parola "ci è stato comunicato da una fonte attendibile che i druidi hanno piazzato..." Uther non riusciva a stare attento, preso dalla solennità del momento, scrutava i volti dei commilitoni radunati intorno al tavolo con una strana sensazione di nostalgia per lui inspiegabile quali fossero amici persi da tanto tempo.

Bruta, china sulla mappa ad illustrare le tattiche di battaglia, non aveva ancora compiuto 22 anni ma ad Uther sembrava ne avesse molti di più, il suo volto familiare era autoritario e al tempo stesso rassicurante, Uther aveva soli otto anni in meno eppure sentiva di dipendere da lei. 
Al suo fianco Maraus de Boir, lo stratega, ascoltava serio, di tanto in tanto sorrideva e annuiva, quando concordava o riconosceva una parte del suo piano, anche lui aveva ventidue anni e da tutti era considerato un genio invincibile eppure nel guardarlo in quel momento Uther ebbe la sensazione che a lui rimanessero poche ore di vita. 
Più in fondo c'era Herbert fratello di Bruta sempre sorridente e con un gusto sfrenato per l'alcol, a buona ragione era il migliore amico di Uther. Dopo di lui il più giovane dei cavalieri era Tristan de Boir, sedici anni, capelli biondi, aria seria e ancora non un filo di barba. Uther allungò lo sguardo tra i fanti e i cavalieri meno importanti, cercava la sorella di Maraus e Tristan, Ygraine. Qualcosa lo folgorò: un occhio di un azzurro intenso lo fissava tra le spalle de soldati rimasti in piedi "Artù" pensò Uther senza alcuna ragione, ma poi si corresse "Ygraine" chi diavolo era Artù? Non lo sapeva.

Uther pensava spesso ad Ygraine, e se ne vergognava, lei aveva solo undici anni e tutti dicevano che sembrava un ragazzino, erano invidiosi perché Ygraine batteva tutti in combattimento, eccetto Uther ovviamente. In quel momento peró Uther sentì una sensazione strana, l'impulso di abbracciarla e non lasciarla andare via, quasi la paura che lo facesse...distolse lo sguardo per controllarsi.

Proprio in quel momento le porte di spalancarono ed entrò di corsa il piccolo Gorlois, ricognitore, il ragazzo si piegò in due e si accasciò a terra senza fiato. "Dategli dell'acqua e fatelo sedere" ordinò Bruta girando attorno al tavolo per raggiungere il ragazzo, doveva aver percorso molte miglia correndo, anche Uther si avvicinò cautamente all'amico. Bruta si era chinata su di lui "che cosa hai visto Gorlois?". 
"Immortali" riuscì a dire il ragazzo "come sarebbe a dire" Bruta era incredula "i druidi" cercò di spiegare Gorlois per ciò che il fiato gli consentiva "erano cinque...in pattuglia" dovette fermarsi ancora "li ho trafitti con le frecce...li ho...loro...non morivano". La sala si riempì di bisbigli sconfortati, "non è possibile" replicò Sir Jagua "nessuno può essere immortale" ma la gran parte di loro sapeva che dai druidi non ci si poteva aspettare altro. Joe due spade sputò a terra "dannati stregoni" annunciò "sempre a giocare sporco" molti si rivolgevano a Bruta "che cosa faremo, signore?" "Non possiamo ritirarci...o no?" "Dove andremo?", il comandante chiuse gli occhi e Uther si preoccupò, doveva essere una decisione difficile, lo capiva, ma avrebbe trovato la soluzione? Infine Bruta aprì gli occhi e iniziò a parlare ed Uther ebbe l'impressione di avere già sentito quel discorso "il nemico è più forte di noi" iniziò "un nemico che ci supera in numero e non si fa scrupoli ad uccidere" si alzò in piedi "affrontarli domani sarà un suicidio" gli uomini ascoltavano increduli ma Uther...Uther lo sapeva dove andava a parare "se qualcuno volesse andarsene, se volesse evitare una morte inutile, io posso assicurarlo, non si macchierà di disonore" annunciò "anzi, mi farebbe un gran piacere sapervi vivi e in salvo" fece una pausa "aihmé, peró, io vi conosco uno per uno" spostò gli occhi per la sala "senza il contributo di ogni singolo uomo noi non saremmo qui" si alzarono borbotti di approvazione mentre Uther sentiva crescere l'emozione, aveva già sentito quel discorso "siamo arrivati da oltre le montagne a sud" disse Bruta "da oltre il mare" sussurrò Uther "da oltre il mare, dalle colline a nord e le isole a est" continuò Bruta "ci siamo uniti sotto un unico scopo, abbiamo marciato..." "Come un'unica schiera" completò Uther tra se è se "e adesso è a chiamarci un unico dovere!" Tutti tacevano eccetto Uther che ripeteva la parole quasi fosse un coro "vi conosco uno per uno" ripeté Bruta da sola "ma non serve....perché chiunque senta nel suo cuore quella passione ardente di giustizia umana, di lealtà, di onore, di amor di Patria che spinge l'uomo al sacrificio estremo quello è membro del mio esercito" aveva detto le ultime parole alzando il tono "ed é ciascuno di voi!" Puntò il dito fuori dalla porta "in quella valle combatteremo" annunciò "laddove il loro vantaggio numerico non sarà un'umiliazione" spiegò "in quella valle combatteremo e in quella valle cadremo" aggiunse "in quella valle saremo ricordati" continuó Bruta "e in quella valle trionferemo" conclusero Bruta e Uther all'unisono.

Tre ore dopo regnava nell'accampamento una finta quiete, erano tutti usciti a godere del sole del mezzogiorno e di quella brevissima tregua, Bruta sedeva con le gambe a penzoloni sul crepaccio con una faccia da funerale, in un modo o nell'altro, aveva condannato i suoi uomini a morte certa...ad Uther premeva farle una domanda, una domanda che lo stava tormentando "ehm...Bruta" iniziò "Uther" lo salutò lei accennando un sorriso "cosa c'è?" Uther non sapeva come fare quella domanda pazzoide "il discorso nella sala della tavola rotonda..." Bruta arrossì leggermente si imbarazzava sempre pensando ai suoi discorsi ed erano un argomento taboo ma non lo rimproverò "non è che per caso lo avevi già fatto?" "Già fatto?" Ripeté perplessa "magari quando ero piccolo...era come se lo avessi già sentito" Bruta rise "ne avrò fatto miliardi simili" affermó "ma lo stesso...le stesse parole é impossibile" "dici?" Uther era deluso, Bruta ci pensò "ma si...è la prima volta che combattiamo in una valle" Uther si accorse che era vero eppure "e in quella valle trionferemo" erano parole che conosceva, quasi le avesse ripetute a se stesso milioni di volte, Bruta era lì, poteva aiutarlo "ma..." Iniziò a dire "Uther!" Gridò una voce ed Uther ebbe un sobbalzo al cuore "Uther!" Ygraine correva verso di lui con due rami d'albero tra le mani.
Gli lanciò uno dei due rami "battiti con me" disse, Uther sorrise e da quel momento ebbe occhi e pensieri solo per lei, provò un fendente a vuoto "si potrebbero usare come spade finte" convenne "avanti!" Incitò Ygraine e subito incrociarono le spade, Uther rideva non era mai stato così felice, ma era anche attento, quando Ygraine provò un fendente in basso lui lo parò in spazzata con forza e il bastone di Ygraine si staccò di netto come tagliato da una lama, Ygraine scoppiò a ridere, rise anche Uther, "forse non era poi così buono" disse la ragazzina. Uther gettò uno sguardo a Bruta, più affranta che mai, ancora sull'orlo di quel precipizio, vide Maraus avvicinarsi, chinarsi su di lei e sussurrarle qualcosa, lentamente, Bruta si alzò e lo seguì nella foresta, Uther e Ygraine si scambiarono un'occhiata insospettita e senza dirsi nulla li seguirono di soppiatto.

Senza farsi notare si addentrarono nel bosco, sempre più fitto e, silenziosi camminarono fino ad una radura, quando Bruta e Maraus si fermarono Uther e Ygraine si acquattarono dietro una roccia. Ygraine tratteneva le risate e canticchiò "tra rose e fior, nasce un amor" Uther si soffocò per non ridere ma si concentrò sui due adulti, avevano raggiunto una roccia che si ergeva solitaria all'interno della radura, su di essa era stata posta un'incudine e nell'incudine, notó Uther con stupore, era conficcata una spada!

Bruta si inginocchiò a studiarla "Excalibur" la chiamò "come hai fatto a ripararla?" Maraus accarezzò la roccia "questa spada è stata forgiata nelle viscere della terra" spiegò "il fuoco scorre dentro questa roccia" aggiunse "e non è mai venuto fuori" "ad ogni modo le storie sul fatto che sia invincibile sono soltanto dicerie" taglio corto Bruta "era la spada di mio padre" Bruta non parlava mai del padre, Uther e Ygraine ammutolirono "non gli ha impedito di morire, così come suo padre prima di lui, e l'uomo a cui la sottrasse" Bruta era pensierosa "di una cosa sono certa" disse "questa spada porta con se una maledizione" decise di spiegarsi "chiunque l'abbia posseduta è morto di una morte precoce e violenta, spesso per tradimento, e lo stesso è valso per figli e consorti" Maraus ascoltava con l'aria di chi sapeva già tutto "mio nonno e sua moglie" elencò Bruta "mio padre, mia madre e la moglie che sposò dopo di lei, madre di Herbert" Uther ascoltava scioccato "ma anche il padre di Uther, fratello di mio padre, e sua moglie, mia zia" era una conferma, Uther immaginava il seguito "il destino mio, di Herbert e di Uther è ormai segnato" con un groppo in gola Uther guardò Ygraine e lei ricambiò lo sguardo...pensò ai figli che avrebbe potuto avere da grande, un ragazzino biondo simile ad Ygraine, e una ragazza bruna e bella, provò dolore nell'immaginarli morire nonostante fossero solo frutto della sua immaginazione, provò più dolore per loro che per se stesso ed Herbert. Maraus e Bruta continuavano a discutere. "Questa spada è l'arma più potente che abbiamo" diceva Maraus "ho trovato l'elemento che le consentirà di distruggere ogni cosa" "sarebbe?" "Il respiro del drago" Sir Maraus aveva trovato la soluzione "noi non abbiamo un drago" fece notare Bruta ma Maraus era uno stratega "noi no.." Disse "ma i druidi si" Bruta sorrise "chi potevano mandare in pattuglia?" Chiese Maraus "chi se non gli immortali?" Insistette "ma non possono esserlo tutti, sono oltre diecimila, quanta magia dovrebbero avere?" "Troppa" sussurrò Bruta "se resistiamo a lungo li faremo preoccupare" concluse Maraus "e il drago ce lo porteranno loro" Bruta balzò in piedi "sei un genio!" Affermò "brandisci questa spada in battaglia, comandante" Bruta avanzò verso la spada e poggiò la mano sull'elsa 
La estrasse con facilità e con naturalezza la alzò al cielo ed Excalibur brillò al sole e si rifletté sulla cotta di ottone della guerriera e sull'aquila che vie era incisa.

Excalibur luccicava al fianco del comandante mentre questi parlava , la battaglia era alle porte "È la resa dei conti" lo era davvero "morire o vivere" disse 'vincere o perdere, non conta più, non conta più nulla di tutto ciò" i soldati tremavano "ciò che conta è farsi onore" affermò "vedranno di che pasta è fatto l'uomo che combatte per onore" concluse "andiamoci a prendere il premio divino che ci spetta". La battaglia scoppiò in fretta e in fretta volse alla fine. "Muoiono" aveva esclamato Bruta stupita dopo aver trafitto un druido con Excalibur "i miei no" aveva mugulato in risposta Herbert, Bruta aveva occupato una posizione strategica così che tutti i druidi convogliassero verso di lei,con l'aiuto di Uther ed Herbert, posti poco più avanti ai lati che facevano in modo andassero nella giusta direzione, Maraus dirigeva tutto dal suo cavallo su un'altura di 30 metri, scoccando frecce dal piumaggio bianco oppure nero. Presto l'esercito dell'ancora non nata Camelot aveva circondato il nemico, impedendone la ritirata ma anche l'avanzamento, come Maraus aveva predetto non tutti erano immortali, dopo ore di combattimento i druidi erano decimati ma gli uomini di Camelot erano stremati e in particolar modo lo era Bruta, che non aveva avuto un attimo di tregua, ma da buon comandante quale era non lo dava a vedere.
 
Una freccia sibilò in aria passando a pochi centimetri dalla testa di Uther e trafisse il braccio destro di Bruta, fuoriuscendo dal gomito per almeno trenta centimetri, Bruta gridò e le dita cedettero sotto il peso della spada che scivolò a terra, Uther ed Herbert si affrettarono a creare un muro di protezione davanti al comandante.

Un'altra freccia solcò il cielo e il macabro suono del dardo che andava a segno fu seguito pochi secondi dopo da un tonfo sordo, Maraus, con una freccia piantata in petto era piombato dalla sella del suo cavallo, trenta metri più in alto, a pochi centimetri da loro, sul fondo della valle. 

Bruta, disarmata, si portò da lui barcollando "Maraus" chiamò, lo stratega aveva gli occhi aperti "Bruta" rispose "credo che" sputó sangue "io stia per morire" Bruta si sfilò un guanto per posargli la mano nuda sul volto "va tutto bene" gli prese una mano "stai solo morendo dopotutto" si rivolse ad Uther con tutt'altra espressione "concentrati sulla battaglia!" Ordinò, Uther si girò ma poteva ancora udire le loro voci, Maraus parlava con voce morente "ricordi quella volta che ci vestimmo da anziani per mangiare gratis all'ospizio?" Lui e Bruta erano cresciuti insieme, Bruta scoppiò a ridere "e mangiammo criticando le truffe dei giovani d'oggi" ricordò lei "mi sarebbe piaciuto" disse Maraus "diventare anziano" specificò "pensa, Bruta, il nostro cervello e la saggezza della senilità" "un misto spietatamente perfetto" convenne Bruta "perfezione per il quale il mondo non è ancora pronto" concluse Maraus "per il momento" aggiunse "spacca qualche testa per me, Bruta" Uther si girò, tentato, per vedere Maraus esalare l'ultimo respiro, la sua mano abbandonare quella di Bruta e lei portarsi due dita agli occhi e, forse, piangere poi alla fine, alzarsi in piedi. 

Uther si era distratto per pochi secondi. "Uther attento!" Gridò Bruta, e prima che lui potesse accorgersi di nulla lei lo aveva spinto fuori dalla linea di traiettoria di un druido armato di ascia, nel farlo, però aveva lasciato che la stessa le squarciasse il fianco destro. Il druido restò immobile a fissare il suo lavoro soddisfatto, aveva colpito a morte il comandante nemico, Bruta ebbe tutto il tempo di far scivolare per terra la mano destra a raccogliere la spada e piantargliela in petto, poi crollò a terra. "Bruta!" Uther si gettò sul suo comandante sentiva sulle spalle tutta la responsabilità del suo ferimento e la paura della sua morte già lo attanagliava, aveva solo quattordici anni, e lì, in un campo di battaglia, vedeva morire l'unica persona che,da bambino, lo aveva reso uomo, dopo la morte dei genitori, punto di riferimento di tutti i suoi sentimenti migliori. Bruta, bianca come il cadavere che presto sarebbe stata moriva per sua colpa e con lei morivano tutte le speranze di assomigliarle. "Aiuto!" Gridò con voce strozzata e accorse Herbert, sconvolto almeno quanto Uther nel vedere l'invincibile sorella in fin di vita. "Uther" gorgogliò Bruta alzandosi sui gomiti "Herbert" riuscì a salire in ginocchio reggendosi ad una roccia "ascoltatemi è molto importante" afferrò la sua spada "questa spada apparteneva a mio padre, Sigfrido" barcollò "è molto antica" disse "si dice che con essa Enea giunse da Troia e fondò Alba Longa, con questa lui fondò Roma" sollevò la spada con sforzo immane "anche noi siamo esuli come lui, e con questa spada uno di voi due fonderà un nuovo regno, una nuova Alba Longa" la conficcò nella roccia come se questa fosse fatta di burro "quando crederete di essere pronti ciò che dovrete fare sarà venire qui ed estrarre la spada dalla roccia" chiuse gli occhi "impugnate la spada della stirpe del drago e ovunque sarà Patria" Detto questo Bruta morì.

Uther chiuse gli occhi, adesso ricordava tutto, da quattordicenne era tornato ad essere il re di Camelot, ricordava, Herbert gli aveva dato la colpa della morte di Bruta avevano litigato e lui se ne era andato per sempre, sedici anni dopo Uther era venuto a sapere della morte del cugino, avvenuta in guerra neanche un mese dopo la morte di Ygraine, non gli era interessato. Adesso il trentesimo anno dalla morte di Bruta stava per compiersi e Uther non si era mai sentito degno di finire la sua opera. Riaprì gli occhi, i soldati, la guerra, i cadaveri, erano scomparsi ma qualcosa era rimasto immutato "la spada è ancora lì Uther" la voce di Ygraine adulta risuonò per la valle "attende di essere estratta, e solo un Pendragon può farlo" Uther cercò la moglie con gli occhi "chi estrarrà la spada dalla roccia" profetizzo Ygraine "unirà una volta per tutte i cinque regni, egli sarà re, nel passato e nel futuro, morirà per opera e per mano di chi gli è più caro" per un attimo Uther poté giurare di aver visto Ygraine apparire dietro la spada poi una sequenza di immagini si susseguirono: un corvo che dilaniava la carne dei cadaveri dopo una battaglia, un anziano in tunica rossa, una giovane donna dai capelli neri trafitta da una lama, un soldato che chiude gli occhi al compagno caduto, un re che esala l'ultimo respiro.

"Ygraine" disse Uther svegliandosi, era nella sua stanza e Gaius lo guardava "è mia la colpa della sua morte" Gaius gli rivolse lo sguardo annoiato di chi ha sentito un miliardo di volte la stessa lagna ma Uther continuó "C'è una maledizione!" Esclamò portandosi le mani ai capelli. "Cosa avete visto, sire?" Chiese Gaius calmo "la spada" rispose lui "la spada di Bruta" poi con calma raccontò a Gaius della maledizione e della profezia "capisci Gaius?" Chiese infine "Ygraine è morta perché era sposata con me!" Spiegò "e per la magia, ovviamente" il medico si rabbuiò. "Devo estrarla io dalla roccia" era suo dovere, un dovere che non avrebbe scaricato a suo figlio, tanto più che estrarre la spada significava essere tradito dai suoi amici "Artù non é pronto" spiegò "e nemmeno..." Gaius non sapeva che Morgana era sua figlia "nemmeno?" Incitò il medico "nemmeno posso avere altri figli" si difese lui.

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Capitolo 4
*** Proprio Necessario ***


Quando Gaius lasciò le stanze di Uther era notte inoltrata, ma c'era qualcun altro  a cui Gaius voleva dare un'occhiata prima di lasciare il castello scortato dal giovane Leon, si fermò davanti a una porta e bussò "Mio signore?" Chiese, non ottenne risposta, mise un piede nella stanza "Artù?" Chiamò, si guardò attorno, la finestra era spalancata, un vento freddo inondava la camera, il principe dormiva a pancia in giù sul letto, ancora vestito di tutto punto, non si era nemmeno tolto gli stivali. Gaius si precipitò a chiudere le imposte e scosse il principe per svegliarlo, il corpo del ragazzo era rovente, gli tastò la fronte, bruciava anch'essa. Con la coda dell'occhio notò Leon, lo scudiero lo aveva seguito, "Presto Leon" intimó "una tinozza piena di ghiaccio, un panno e delle coperte" Leon si affrettò ad eseguire "e la borsa dei miei strumenti" gli gridò dietro il medico. 

Rimasto solo col principe decise di esaminarlo, lo distese supino sul letto, gli sfilò gli stivali, accostò un orecchio al torace e notò che respirava debolmente, si affrettò a disfare il bendaggio sul naso, era guarito bene, forse solo un po' stoccato, ma la faccia di Artù era bagnata, Gaius gli passò un dito sulla guancia e lo portò in bocca, era salato. Slacciò le stringhe della camicia del principe e cercò di sfilargliela dalla testa, non riuscendo la squarciò, fu allora che scoprì la vera causa della febbre, molto più grave del naso rotto, le costole del principe erano viola e nere in un unico livido, alcuni graffi gonfi contornavano il tutto, come se ciò non bastasse uno spuntone di ferro pareva conficcato lì dalla mattina. 

Arrivó Leon seguito da due guardie che trasportavano la tinozza e da un servo carico del restante materiale richiesto "Devo avvertire il re?" Chiese Leon dopo un'occhiata preoccupata alla ferita di Artù "no, no" rispose Gaius senza riflettere "era troppo sconvolto questa sera". Leon tacque e Gaius inzuppò il panno nell'acqua per bagnare il petto e la testa del bambino. Artù dischiuse gli occhi "Leon" sussurrò, lo scudiero si fece avanti "si, mio signore?" "La vostra serva, Ginevra" disse Artù con voce debole "era ferita...non trovavo Gaius" Gaius era da Uther, si sentì in colpa "l'ha curata Morgana" "sta bene?" Chiese Leon ansioso "Morgana l'ha assunta" rispose Artù "con Tiger era troppo pericoloso" Gaius pensò di avere intuito l'origine della ferita e Leon, a giudicare dall'espressione mortificata, aveva fatto altrettanto. "Perdonatemi" disse infine lo scudiero "non é colpa di nessuno" tagliò corto il ragazzo, Leon si avvicinò ancora "volete che resti?" "Non serve" Leon se ne andò deluso.
 
Gaius aveva tirato fuori dalla borsa gli strumenti necessari, Artù guardò un attimo con preoccupazione le pinze di ferro, poi girò la testa dall'altra parte e non proferì altra parola, "devo spurgare la ferita..." Artù chiuse gli occhi prima che il medico finisse la frase, non emise un lamento mentre Gaius usava le pinze per estrarre il chiodo e con un coltello incideva la carne per pulire la ferita e gliela richiudeva con ago e filo. Il dolore rende taciturni e malinconici, questo Gaius lo sapeva, eppure nel comportamento di Artù c'era qualcosa di strano e il medico sospettava che avesse a che fare con il motivo per cui le sue guance erano bagnate di lacrime. 

Il medico spogliò il principe e lo tirò su per le braccia per infilarlo nella tinozza di acqua con ghiaccio, lui, pur avendo già provato quest'esperienza, non oppose resistenza. Nell'acqua gelata il ragazzino prese a battere i denti in modo incontrollato, ma questo era fisiologico, Gaius aveva freddo solo ad infilare le mani in acqua per bagnargli la testa. Lo tiró fuori dall'acqua, gli bendò le ferite, lo avvolse nelle coperte, gli frizionò i capelli e gli posò il panno bagnato sulla fronte. Finito il lavoro si sedette, determinato a non lasciarlo da solo la notte, Artù era sveglio e tremava ma non parlava, non c'era nulla di strano, istintivamente Gaius gli accarezzò i capelli, Artù sospirò, "Mi dispiace" disse con voce fievole, Gaius era stupito "per cosa, mio signore?" Chiese "per avere ucciso mia madre" Gaius sbuffò, quella sera aveva sentito due diverse confessioni di un omicidio avvenuto dodici anni prima "perché state pensando questo, Artù?" Si limitò a chiedere "mio padre non sembra felice  di me" spiegò lui "e non potrà avere altri figli" Gaius non sapeva cosa dire, Uther era difficile da capire anche per lui "vostro padre si aspetta molto da voi" disse infine "per questo vi allena sempre"  Artù non sembrava convinto "Artù" insistette Gaius "non c'è persona che Uther ami più di voi" aveva fatto un errore "e mia madre?" Chiese Artù "persona in vita" si corresse lui, lasciando il principe deluso "a volte..." Sussurrò "mi sento solo" Gaius capì che quella era una confessione importante "e penso che me lo merito" concluse e girò la testa dall'altra parte mentre gli occhi gli diventavano lucidi "perché ho ucciso mia madre" aggiunse "l'unica persona che forse..." Smise di parlare e inizio a singhiozzare e basta, Gaius non seppe far altro che passargli una mano tra i capelli "non siete solo" disse "ci sono qui io Artù, resterò tutta la notte"  "non sei tenuto a farlo" disse il principe "si invece" ribattè Gaius istintivamente "perché vi voglio bene" Artù si girò lentamente verso di lui, esitò a parlare "se io fossi tuo figlio, Gaius..." "Si?" Incitò lui "saresti...saresti fiero di me?" Gaius non esitò "si, lo sarei" "perché?" Insisteva Artù, Gaius ci pensò "siete tenace e determinato, avete senso dell'onore e del dovere, mettete gli interessi degli altri prima dei vostri" disse infine, Artù parve illuminarsi, rivolse a Gaius uno sguardo carico di tensione "dimostrerò a mio padre ciò che valgo, Gaius, te lo prometto" Gaius restò ad accarezzare i capelli del bambino, per consolarlo avrebbe voluto abbracciarlo e dirgli che lo compativa, che lo avrebbe tanto voluto come figlio, che forse lo meritava lui più di Uther, ma le parole erano state sufficienti, a notte fonda, nel buio, Artù sussurrò "Grazie, Gaius".

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Capitolo 5
*** Strazio ad Ealdor ***


Quella mattina Hunith fu svegliata da un forte bussare alla sua porta, ben prima dell'ora della semina. Hunith si affrettò ad aprire, a chiamarla era Mattew e, se era venuto da lei nel bel mezzo della notte, significava che vi era un grosso problema. 
Hunith non era la donna più anziana del villaggio di Ealdor ma era considerata tra i più saggi, Mattew, il capo villaggio, desiderava spesso la sua opinione su faccende del più vasto genere e quindi Hunith non si stupì. Suo figlio Merlino dormiva tranquillo accovacciato ai piedi del suo letto, non aveva nulla da temere, si voltò per uscire insieme al capo villaggio. 

Mattew la guidò verso il limitare del bosco reggendo una torcia "E' lunga da spiegare" aveva detto sbrigativo. La prima casa, la più vicina al bosco, era quella di Thomas ed Anna, i due anziani erano fuori casa, sembravano attendere Hunith e Mattew, accanto a loro, seduta, vi era una ragazza piuttosto giovane che Hunith non aveva mai visto, era vestita di stracci e ricoperta di graffi, ma aveva anche degli intensi occhi azzurri e degli splendidi capelli neri. 
"E' arrivata fin qui correndo attraverso il bosco" spiegò Mattew "il suo villaggio è stato attaccato dai banditi e messo a fuoco, è sopravvissuta solo lei" Hunith cercò di analizzare la giovane donna, era vestita come una pezzente, questo era vero, ma la sua pelle era bianca e non abbronzata come quella di un contadino che lavora tutto il giorno sotto il sole, inoltre non aveva ustioni sul corpo, sembrava strano fosse fuggita ad un incendio "La ragazza chiede asilo" aggiunse Thomas, lui e sua moglie sembravano inteneriti dalla ragazza, lo era anche Hunith, di certo quella donna ne aveva passate tante ma voleva prima capire meglio la situazione "Da dove vieni, piccola?" le chiese, la ragazza iniziò a lacrimare "d-da ovest..." balbettò "da..." le parole le morirono in bocca e lei scoppiò a piangere. Il cuore di Hunith si sciolse, si avvicinò per abbracciarla "sta tranquilla" disse "Noi non ti lasceremo" "Non possiamo lasciarla qui fuori" convenne Mattew "stanno succedendo strane cose, questo attacco dei banditi, e poi le sparizioni dei bambini" "al villaggio di Kedwig hanno perso tre bambini la settimana scorsa" raccontò Anna "dobbiamo tenerci pronti anche noi" asserì Mattew "ma nessuno viene abbandonato" disse accennando alla giovane "potrai vivere con noi, cara" aggiunse Anna "come ti chiami?" "Clementine" rispose la ragazza tremante "Sta tranquilla Clementine" concluse Hunith "con noi sei al sicuro". 

Hunith rientrò in casa all'alba, il piccolo Merlino dormiva ancora, quello era un giorno speciale per lui, Hunith lo svegliò scuotendolo "Buon compleanno" gli disse, il bambino non rispose, era ancora troppo assonnato "da adesso i tuoi anni non si contano più sulle dita delle mani" continuò lei esaltata "Ci sarà una torta di rape per il mio compleanno?" scherzò Merlino, Hunith rise e si alzò per tagliare in due una rapa "mi dispiace" disse metttendola in una scodella di legno "non abbiamo altro lo sai....ho un po' di fagioli per la zuppa" servì a Merlino una scodella piena di quella zuppa che mangiavano quasi ogni giorno "amo rape e fagioli" disse Merlino triste "undici anni sono passati così in fretta" ricordò Hunith nostalgica "tra altri undici anni sarai un signore e mangerai pollo ogni giorno" disse nascondendo una lacrima di commozione che le scendeva sul viso, Merlino intanto si stava concentrando sulla zuppa di fagioli "Magari potrai fare il servitore..." continuò Hunith "e di chi? del re?" si intromise Merlino "Merlino, è da maleducati puntare così in alto" lo rimproverò Hunith voltandosi a guardarlo, un cucchiaio volante stava imboccando il figlio "Prendi il cucchiaio con le mani!" disse Hunith abbastanza annoiata, quasi gli stesse ricordando una regola dello stare a tavola. "Ma tu non riesci a fare sollevare i cucchiai?" chiese il ragazzino "No, Merlino" disse lei, non voleva affrontare l'argomento in quel momento, i poteri magici di suo figlio dovevano restare segreti a tutti, ma era così dura spiegare ad un bambino che aveva un dono che avrebbe potuto costargli la vita, se re Uther fosse venuto a sapere che un mago viveva ad Ealdor non avrebbe esitato a mettere a ferro e fuoco il villaggio, anche se era fuori dal suo territorio, aveva fatto credere a Merlino che fare ciò che faceva era assolutamente normale per tutti, ma era una cosa di cui non si parla in giro, un po' come andare di corpo, lui era ingenuo e le aveva creduto perciò lei si limitò ad aggiungere "e non devi parlare a nessuno dei tuoi cucchiai che muovi..." "con il pensiero" concluse Merlino "ma perchè?" esclamò "perchè sono tua madre e te lo sto chiedendo!" Merlino rise e rivolse il cucchiaio verso di lei per colpirla in testa, Hunith rise mentre il cucchiaio le rimbalzava sulla testa, voleva fin troppo bene a Merlino ma era un incosciente "Smettila Merli" diceva Hunith mentre il cucchiaio continuava a sbatterle addosso, in quel momento qualcuno aprì la porta "Hunith?" fece una voce, era Mattew, in un attimo fu assalita dalla paura, mentre l'uomo entrava riuscì ad afferrare il cucchiaio di legno ma quello si muoveva con forza e Hunith finì per colpirsi in testa da sola. "Ma cosa fai?" chiese Mattew interdetto "Niente, niente" rispose Hunith dissimulando la rabbia e la paura, undici anni di attenzione per farsi scoprire in questo modo era ridicolo, doveva trovare una scusa "Mi sto solo...pettinando" Mattew la guardò ancor più sbalordito "Con un cucchiaio?" "Il cucchiaio ha molte utilità" rispose lei vaga "ad ogni modo, posso esserti utile, Mattew?" "Si, giornata impegnatissima oggi" Hunith lanciò il cucchiaio sul tavolo e un'occhiata severa a Merlino e uscì nuovamente. 

Una folla si era radunata sulla strada principale e il motivo era chiaro, i soldati di Cenred erano di ritorno dalla guerra con Carleon, tra loro erano stati reclutati alcuni tra gli abitanti di Ealdor, non erano molti quelli tra loro in età da combattere, certo, ma ad Ealdor si conoscevano tutti e nessuno voleva perdersi il ritorno dei ragazzi, i cavalli erano ancora lontani ma i contadini si accalcavano tra loro, desiderosi di vedere per primi i loro figli, i loro mariti o comunque i loro amici. Hunith intravide Angela tra la folla, teneva per mano suo figlio Will e sembrava molto agitata, Hunith le sorrise tentando di rassicurarla a distanza, sapeva bene che Angela temeva di non vedere tornare suo marito. 
Thomas ed Anna, intanto, erano rimasti ad occuparsi di Clementine, i loro figli erano morti da tempo, non sarebbero venuti a vedere altro dolore sul villaggio di Ealdor. Scese il silenzio mentre i sopravvissuti avanzavano, quasi tutti erano feriti "Quanti morti stavolta?" chiese sottovoce Mattew amareggiato, lui aveva una vecchia ferita alla gamba che gli impediva di combattere e si sentiva ogni volta in colpa. Hunith si sporse per vedere meglio, Horace aveva un braccio legato al collo e faceva fatica a reggersi a cavallo, James aveva un occhio bendato "dovremmo allestire un ospedale" disse rivolta a Mattew. Intanto Angela cercava disperata suo marito con gli occhi ma infine dovette arrendersi e correre a guardare sul carro trainato dai buoi, poteva trasportare un cadavere o un uomo che presto lo sarebbe diventato. "Henry!" gridò Angela non appena ebbe guardato l'uomo che vi era steso, scoppiò a piangere aveva riconosciuto suo marito. 

La stalla fu sgomberata e allestita ad ospedale come aveva suggerito Hunith, "Immagino sarebbe inutile cercare medici nel regno di Cenred" considerò Mattew, nessun medico li aveva mai aiutati gratuitamente "forse solo Gaius, a Camelot" rispose Hunith "Ci vogliono tre giorni per andare e tornare" le ricordò Mattew "loro non sopravviveranno tanto a lungo". 

Ognuno fece ciò che poteva per aiutare, Hunith ripulì la ferita al braccio di Horace, ma lui aveva la febbre alta e continuava a svenire. Anche Clementine cercava di dare una mano, pulendo il sangue dal pavimento e portando le bende. Il più grave di tutti, però, era Henry, perdeva sangue copiosamente e non c'era modo di fermarlo, nonostante fosse ancora vivo non riusciva a parlare ed era bianco come un cadavere, sua moglie Angela gli teneva la mano piangendo, il figlio Will li fissava senza proferire parola, tremante di rabbia, Merlino gli faceva compagnia, era il suo migliore amico. Passando di lì Hunith abbracciò il figlio "E' il mio peggiore compleanno" le sussurrò in un orecchio "ma è ancora peggio per Will". 

Quando la sera Hunith passò per cambiare le bende a Horace, sentì Angela che iniziava a piangere "Henry è morto" comunicò. Il silenzio che seguì fu rotto solo dalle urla di Will che aveva taciuto tutto il tempo "No!" esclamò "Lui non muore, no!" Angela si rivolse al figlio piangente "Will...cerca di capire" "No! no!" continuava lui "Non è giusto! Non è vero!" Will corse fuori dalla stalla e pochi secondi dopo Merlino lo seguì. Angela si alzò dolorante ma scoppiò a piangere "Sta tranquilla" disse Hunith "penserà Merlino a lui". 

Avrebbe voluto restare a consolare Angela ma lasciò che fosse Mattew ad occuparsene, la ferita di Horace andava pulita. Hunith srotolò le bende, e afferrò il braccio di Horace ma lui spalancò gli occhi, per la prima volta, in quel giorno, era lucido "chi era quella ragazza?" chiese "quella che puliva il pavimento" "Clementine" rispose Hunith "L'ho già vista al villaggio di Rodor, ci siamo accampati lì" disse lui "il suo villaggio è stato saccheggiato" spiegò Hunith ma Horace scosse la testa "E' quello che disse a loro, la sera dopo era sparita insieme a tutti i bambini maschi di Rodor" Hunith fu assalita dal terrore, aveva sentito parlare, la mattina stessa, delle sparizioni di bambini, Clementine non aveva detto niente a riguardo. Lasciò Horace e corse fuori dalla stalla "Merlino!" gridò "Will!" i due bambini non erano a vista, fu raggiunta da Berta in lacrime "Hunith!" disse "Non trovo nemmeno il mio Joannes!" esclamò, Helen si unì a loro "E Peter, non trovo nemmeno Peter!" le raggiunse Anna di colpo "Ci siamo persi la ragazza" disse "Clementine!" Hunith tremò e cadde in ginocchio, il prato davanti a loro era sgombro fino al bosco "Dove sono i nostri bambini?" chiese pur sapendo di non potere ottenere risposta. 

ATTENZIONE: Dopo questo episodio farò una pausa di dieci giorni...si, proprio sul momento di suspance. Merlino potrebbe essere morto, chissà. 

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Capitolo 6
*** Rapimenti nel bosco ***


Merlino aveva il fiato corto, Will correva più veloce di lui, era un po' più grande ed era anche arrabbiato, Merlino la aveva visto sparire dentro il bosco, si affrettò ad accellarare la corsa per gettarsi anche lui tra gli alberi "Will!" chiamò "Will sono io!" nel buio del bosco notturno non riusciva a scorgere l'amico tra gli alberi, si rassegnò a camminare "Will, dobbiamo tornare a casa!" un rumore di passi, anche piuttosto vicino, lo interruppe, era Will? Merlino avrebbe voluto chiamarlo e invece si limitò a sussurrare "Will, sei tu?" quelli non erano i passi di un solo ragazzo, erano tante persone, merlino si acquattò dietro un cespuglio e provò a scorgere la sorgente del rumore nelle tenebre, non vedeva quasi nulla, certo avrebbe potuto dare fuoco alle foglie secche fissandole intensamente con lo sguardo, quella era una cosa che sapevano fare tutti, ma poi lo avrebbero scoperto, Merlino allargò il palmo della mano, avrebbe potuto darle fuoco e usarla come torcia, Merlino si concentrò e in ben poco tempo il suo mignolo prese fuoco "aiha!" gridò il ragazzo e il fuoco si spense, anche i passi erano cessati, probabilmente lo avevano sentito, Merlino si concentrò ancora, fece apparire un altra fiamma sulla mano, ma questa volta non la toccava, restava sospesa a pochi centimetri dal suo palmo.
 
"Perfetto" sussurrò il ragazzino e sporse leggermente la fiamma sopra il cespuglio per illuminare, ora poteva vedere chiaramente la comitiva, non erano uomini, erano bambini, erano i bambini del suo villaggio. Alla loro testa c'era una ragazza, la ragazza che era arrivata ad Ealdor proprio quella mattina, si chiamava Clementine, gli pareva di ricordare, erano tutti fermi, Clementine si guardava intorno, di certo cercava con lo sguardo Merlino, sapeva che era nascosto da qualche parte, lo aveva sentito, Merlino ridusse la fiamma cercando ugualmente di riconoscere i volti dei suoi amici, c'era Peter, c'era Joannes e c'era Timothy e proprio infondo, c'era anche Will, che cosa stavano facendo? Merlino doveva raggiungerli, si alzò lentamente ma poi una voce lo interruppe...

"Emrys!" chiamava "Emrys, vieni fuori" era una donna e sembrava vicinissima, Merlino si voltò preoccupato e la fiamma si spense, il cuore batteva all'impazzata e lui non aveva la forza di rispondere ne di urlare "Emrys!" continuava la voce "Emrys! Emrys!" Merlino si tappò le orecchie si stese al suolo sperando che quella presenza che di certo non era umana lo abbandonasse il prima possibile "basta" sussurrava a voce bassissima "basta" sembrò che la voce avesse deciso di ascoltarlo perchè cessò, Merlino rimase ancora qualche minuto tremante disteso a terra, finalmente decise di alzarsi "Will" chiamò debolmente asciugandosi le lacrime "Will?" in quel momento una mano gelida gli tappò la bocca e prima che potesse far nulla per reagire qualcuno lo aveva sollevato e lo colpiva alla testa. 

Quando si risvegliò non ricordava bene cosa fosse successo, era tutto buio "Madre?" chiese ma ricordò che sua madre non era con lui, lui era nel bosco, stava cercando Will ed era stato rapito, ovunque si trovasse doveva scappare, in quel momento qualcuno accese un fuoco. 
Merlino poté vedere di trovarsi in una grotta, con lui c'era una ragazza vestita da uomo, non l'aveva mai vista in vita sua "chi sei?" chiese debolmente, la donna, che prima fissava il fuoco si voltò a guardarlo "finalmente ti sei svegliato, Emrys" disse lei "Io non mi chiamo Emrys" si affrettò a rispondere "hai preso la persona sbagliata, ti ho sentita che lo cercavi nel bosco..." "no" lo interruppe lei "Anche io ho sentito quella voce, e se tu l'hai sentita vuol dire che sei tu la persona giusta" "la cosa?" "Vedi..." cercò di spiegare la ragazza "se io non ti avessi stordito e trascinato in questa grotta molto probabilmente lei ti avrebbe trovato" Merlino era sempre più confuso "Lei chi?" "Nimueh" rispose la ragazza "la voce che hai sentito era la sua" "Quella voce..." rcordò Merlino "sembrava più un fantasma che una persona, la sentivo dentro la mia testa" la ragazza annuì "comunicava con te tramite il pensiero ma è una persona viva e vegeta...beh...in un certo senso..." "in che senso?" "Nimueh è la somma sacerdotessa della vita e della morte" Merlino annuì fingendo di capire, era inutile fare ulteriori domande, la situazione non migliorava "Negli ultimi giorni ti ha cercato disperatamente" raccontò la ragazza "ha viaggiato di villaggio in villaggio, rapendo ogni ragazzino maschio, eri tu il suo obiettivo, questa mattina poi ha raggiunto Ealdor e..." "Clementine!" esclamò Merlino intuendo tutto "Clementine è Nimueh? e sta cercando me?" la ragazza annuì "Per questo ha rapito Will e tutti gli altri" la ragazza confermò ancora "erano tutti sotto incantesimo, per questo l'hanno seguita, se tu non fossi corso nel bosco dietro il tuo amico, se fossi stato più veloce saresti caduto nella trappola...hai avuto fortuna" "ma perchè mi cercava?" la donna lo fissò "Ancora non lo hai capito?" Merlino si sentì uno stupido "no..." ammise "beh..." disse lei "ti capita mai di fare delle cose, cose che gli altri non sanno fare?" Merlino strinse le spalle e fece apparire di nuovo la fiamma sulla mano sperando che la donna si riferisse a quello, la ragazza annuì "Tu sei un mago Emrys" "Io non sono un mago" disse lui indignato, era un insulto dalle sue parti "e non sono nemmeno Emrys, sono solo Merl..." "no aspetta" lo interruppe lei "tu accendi un fuoco col pensiero e poi neghi di essere un mago, Emrys, le persone normali non sanno farlo" "Non mi chiamo così!" si lamentò ancora lui "Tu sei il mago più potente che abbia mai camminato su questa terra" disse la ragazza "esistono delle profezie su di te, tu sarai fondamentale per tutti coloro che hanno poteri magici e al tempo stesso sarai colui che distruggerà l'antica religione, per questo la sacerdotessa ti da la caccia" Merlino scosse ancora la testa "io non sono un mago" sussurrò "Sei nato così,  Emrys, lo sono anche io" "Per questo mi hai salvato?" la ragazza sospirò "L'isola dei beati è l'antichissimo luogo che fu sempre dimora delle somme sacerdotesse, dopo Nimueh io intendevo succederle, sarebbe stupido da parte mia lasciare in vita colui che ci supererà in potenza e distruggerà l'antica religione" Merlino ebbe un tremito "allora mi ucciderai?" "No" disse lei "Le profezie dicono che sarai la salvezza di tutti coloro con i poteri magici, dicono che porterai la magia nel regno di Camelot e in tutti i regni, io fui costretta ad abbandonare la mia famiglia per colpa di Uther, non posso lasciarti così, senza capire nulla, io voglio spiegazioni per questo ho disobbedito agli ordini di Nimueh" "E quindi cosa mi farai?" provò a chiedere Merlino "Mentre Nimueh è in giro a cercarti per il regno di Cenred io ti porterò proprio lì" disse indicando fuori dalla grotta "all'isola dei beati" Merlino era spiazzato "e se io combattessi contro di te e scappassi?" chiese "dopotutto sono più potente di te, no?" "non ancora" disse lei "e poi non avrai mai risposte sul tuo passato e sul tuo futuro" Merlino tacque "allora vieni?" Merlino annuì e la ragazza tese la mano "piacere" disse "Morgause". 

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Capitolo 7
*** La grotta dei lamponi ***


Quella mattina le lezioni erano state interrotte. Le corte era riunita e Artù e Morgana dovevano assistere come facevano già da due anni a quella parte. Morgana trovava quelle riunioni alquanto noiose, Artù invece credeva che fossero uno dei momenti migliori della giornata, dopo l'addestramento con le armi forse. 

Quel giorno il re stava dando udienza ad una donna sulla trentina, probabilmente una contadina, sembrava disperata. In piedi accanto al trono del padre Artù si sforzava a mantenere il suo portamento maestoso nonostante la curiosità lo divorasse. "E' la seconda volta che vengo qui a chiedervi l'aiuto che Cenred non vuole e non può darci" Uther sussurrò in modo che lo sentissero solo Artù e Gaius "e non dubito che vi sarà anche una terza" disse scherzoso, poi alzò la voce per rivolgersi alla donna "E per la seconda volta io dovrò dirti che Camelot non ha giurisdizione sulle terre oltre i suoi confini, noi non abbiamo potere ad Ealdor" la donna non parve scoraggiarsi "Ma mio signore" disse "Io non vi chiedo giurisdizione, vi chiedo di proteggerci da dei criminali...vi chiedo di trovare, di salvare i nostri bambini" le lacrime le rigavano la faccia "Sono scomparsi, scomparsi tutti, se voi non ci aiuterete saranno perduti per sempre" alla donna sfuggì un singhiozzo e si gettò in ginocchio a terra "io vi imploro, vi imploro Uther, siete la nostra unica speranza" Artù incrociò le dita delle mani dietro la schiena, desiderava con tutte le sue forze che suo padre acconsentisse ad aiutare quella donna, in cuor suo era orgoglioso che la loro unica speranza fosse Camelot, Camelot era il regno che non abbandonava i bambini scomparsi, fossero essi di Camelot o di Ealdor, ma se suo padre avesse rifiutato tutto ciò sarebbe crollato "Per fare quello che chiedi" iniziò Uther  "Dovrei mandare degli uomini, dei cavalieri" Artù strinse più forte le dita "E questa sarebbe considerata un'invasione" Artù chiuse gli occhi sperando di non aver intuito il verdetto, non poteva finire così "è Cenred a doverti aiutare, non io" disse Uther, Artù non era dello stesso parere "Camelot non rischierà una guerra per salvare...quanti?" "Sette" pianse la donna "Sette bambini" concluse Uther "No" era stato Artù a parlare, non sapeva cosa gli era preso, stava solo pensando e poi aveva parlato ad alta voce, era la prima volta che gli accadeva in vita sua e lo avevano sentito tutti. Tutta la corte tacque, Morgana era a bocca aperta, Gaius era cupo, anche la donna lo fissava riponendo in lui tutte le speranze, Uther invece gli rivolse uno sguardo furente, in un attimo Artù si rese conto di avere detto "no" a suo padre davanti a tutta la corte eppure, tremante, continuò a dire quello che stava pensando "Se mandiamo nove" iniziò a dire "o dieci uomini...Cenred non se ne accorgerebbe neanche..." la donna annuì con un lieve sorriso "La mia decisione rimane la stessa" sentenziò Uther "visti o no, la guerra guerra con Cenred è un rischio che non voglio correre, questa è la mia decisione e la mia decisione è legge" Artù capì che quelle parole così dure erano rivolte più a lui che alla donna "puoi andare" concluse il re. La donna fu accompagnata fuori tra deboli singhiozzi e lentamente la sala si svuotò. 

Erano rimasti soli, Morgana, che sogghignava divertita, Gaius, che non aveva cambiato espressione dal consiglio, Goeffrey, che allo sguardo severo di Uther si decise a lasciare la sala, il re, che stringeva i pugni furente e Artù che cercava di non incrociare lo sguardo del padre, era calato un silenzio carico di tensione, Artù non l'avrebbe passata liscia questa volta, quella che provava era quasi una sensazione di morte imminente, lo avrebbero messo alla gogna? lo avrebbe sbattuto nelle segrete? O magari lo avrebbe diseredato? Magari avrebbe estratto la spada e lo avrebbe finito con un fendente, quest'ultima opzione era alquanto improbabile, ciò che era sicuro era che Artù avrebbe ben preferito scappare immediatamente dalla finestra. 

"Artù" disse il re con voce stranamente calma ma anche fredda "attendimi nelle tue stanze" Artù si voltò per andarsene ormai rassegnato al suo destino "Sire" intervenne Gaius, Artù intravide una speranza di salvezza "Immagino che la vostra intenzione sia quella di punire vostro figlio "disse il medico "Si, esatto Gaius" rispose il re "la mia intenzione è proprio questa" Artù non osava alzare lo sguardo dal pavimento "è inaccettabile" continuò suo padre "un principe che contraddice il re davanti all'intera corte, per dare un'opinione piuttosto idiota ad essere sinceri" soltanto Morgana ebbe il coraggio di interromperlo "Ma la proposta di Artù..." "Era inutile e rischiosa, la mia idea resta la stessa, tutto ciò che Artù ha ottenuto è indebolirmi davanti agli occhi del popolo" il re tacque e Artù seppe che era grave, suo padre non ammetteva spesso di essere stato indebolito, neanche se ad ascoltarlo erano solo Gaius e Morgana "Hai indebolito Camelot, Artù, e per un principe non esiste atto peggiore" Artù non seppe far altro che piegare ancor più la testa, sentiva le lacrime sgorgare dagli occhi e il mento tremare ma non lo avrebbe lasciato vedere a nessuno "Immagino che intendiate rinchiuderlo nelle segrete..." riprese Gaius "Sire, ho una proposta" fece il medico impedendo al re di parlare "lasciate che sia io ad occuparmi della punizione di Artù" Uther era spiazzato "Non credo sia il caso..." "Voi avete più che adempiuto al vostro dovere di padre" lo rassicurò Gaius "e io ho in casa una vasca di sanguisughe che fa proprio al caso nostro" disse annuendo soddisfatto "Sono troppo anziano per ripulirla io" "Molto bene" concluse Uther "Artù vai con Gaius" e Artù seguì il medico con un sospiro verso casa del medico e la sua vasca "piena di sanguisughe". 

Durante il tragitto Artù si era un po' calmato ed era riuscito ad asciugarsi la faccia con una manica "Sono un idiota" aveva sussurrato pensando all'accaduto "Oh si che lo siete" aveva risposto Gaius "Ci potete scommettere" aveva risposto Gaius e poi aveva taciuto fino a casa. 
Solo quando Artù fu dentro Gaius chiuse la porta con foga e iniziò a strepitare "Siete veramente un idiota, Artù" si lamentò "Cosa vi è passato per quella testa?" Artù provò a rispondere ma ne uscì solo un balbettio "E voi dovreste anche diventare re di Camelot!" continuava Gaius, Artù sentiva di stare per esplodere, qualsiasi cosa faceva, leggere un libro, contraddire suo padre, qualcuno gli chiedeva cosa gli passasse per la testa e poi concludevano che era troppo stupido per governare Camelot, nessuno si rendeva conto che lui aveva solo undici anni, non era ancora adulto e poi non era tanto difficile capire cosa gli passasse per la testa "Non potevo abbandonare quelle persone!" sbottò "Non potevo starmene fermo a sentire mentre mio padre ignorava le suppliche di quella donna" Gaius pareva non sentirlo "Certo!" esclamò "e per fare questo avete contraddetto vostro padre davanti alla corte" concluse lui "veramente credevate che vostro padre avrebbe acconsentito? forse avrebbe ascoltato me in privato..." Gaius scosse la testa "ma voi mi avete tolto tutte le speranze di aiutare Hunith!" "Hunith?" lo interruppe Artù "La donna che parlava, Artù, suo figlio è stato rapito" Artù annui "Ed io volevo aiutarlo" "e invece lo avete condannato" Artù strinse il pugno fino a conficcare le unghia nel palmo, gli occhi gli bruciavano, ma perchè gli veniva sempre da piangere? "Basta!" urlò "Io lo avrei condannato a morte? E' stato il rapitore a condannarlo" "Non ho detto a morte" puntualizzò Gaius "E' stato mio padre che non ha voluto fare nulla e anche tu" "voi avete voluto fare a modo vostro..." "Basta insultarmi!" lo interruppe Artù "questo bambino, tutti questi bambini sono ancora vivi, quindi possono essere trovati basterà..." Gaius sorrise "basterà che voi andiate a cercarli" Artù era perplesso "con 'voi' intendi me?" chiese sbigottito "voi siete il responsabile, e siete il principe di Camelot, dovete farlo Artù" Artù era confuso "io vorrei, certo, ma mio padre non me lo consentirà" "Allora non dovete farglielo sapere" rispose il medico "noterà la mia assenza" obiettò Artù "e quando tornerò..." Artù non sapeva davvero cosa gli avrebbe fatto "mi metterà a morte, mi diserediterà!" "no, questo non lo farà" intervenne Gaius "Farà di peggio" disse Artù sconsolato "mi odierà questo è certo" Gaius lo guardò severo "qualunque cosa vi farà voi ve la meritate...e comunque non sarà peggiore della sorte che toccherà a quei bambini" Artù sospirò e chiuse gli occhi "non so nemmeno dove e come cercare" ma Gaius lo aveva previsto, gli tese una mappa "Queste sono le zone colpite dai rapimenti, sembra che il rapitore sia diretto alle grotte di Mefonrhuyk" Artù prese la mappa e la osservò "A cavallo potrei anche arrivarci in giornata, se parto subito dovrei essere lì per la notte" Gaius annuì compiaciuto "Vi accompagnerò nelle vostre stanze e dirò a vostro padre che siete chiuso dentro fino a domani mattina" "Questo mi consentirà di uscire" considerò Artù "e potrei anche raggiungere le grotte ma liberare i bambini rapiti sarà tutt'altro che semplice" Artù sospirò "E' mio dovere Gaius, devo farlo e accettarne tutte le conseguenze, siano esse morire per mano dei rapitori o venire giustiziati da mio padre, io lo farò" disse infine "prepara il mio cavallo, io ti attenderò nelle mie stanze e quando verrai con la scusa di controllarmi saprò che è il momento di andare, salveremo quei bambini...andiamo Gaius!" il medico esitò "Non ancora, sire" disse "Cosa dobbiamo aspettare?" Gaius si avvicinò al suo armadio "Ho detto a vostro padre che vi avrei punito e voi ve lo meritate dopo tutto" nel dire ciò aveva porto ad Artù un panno "troverai le sanguisughe alla fine delle scale" aggiunse.


Will e gli altri avevano camminato tutta la notte. All'inizio erano tutti entusiasti, volevano tutti seguire quella donna, Clementine, poi qualcosa era cambiato, tutti aveva ricominciato a ragionare come si deve e ovviamente avevano cercato di tornare a casa, quella donna però li aveva legati, i bambini più piccoli piangevano terrorizzati, tra i grandi molti tentavano ancora la fuga, soltanto Will taceva e non si opponeva perchè tra le tante cose, si era anche ricordato che suo padre li aveva lasciati per sempre e non riusciva a pensare ad altro. 

Insieme a loro c'erano altri ragazzi, presi da altri villaggi, e proprio uno di questi, in un momento di pausa intratteneva i compagni di disavventura con un piano di fuga per nulla intelligente. "Allora" faceva quello "Come dicevo, tu, Timothy, ti accucci dietro la vecchia così" e così dicendo si mise a quattro zampe "E tu Joannes e le dai una spinta mentre io la strangolerò con le corde che mi legano i polsi" concluse trionfante "ci sono domande?" un ragazzo alzò la mano "Se lei sarà caduta a terra..." chiese "come farai a strangolarla da dietro?" il ragazzo ci pensò "saggia affermazione, ti eleggo mio vice" "oh ne sono onorato!" fece l'altro, un bambino più piccolo saltò in piedi "e se invece usassimo tutta la nostra forza per spezzare queste corde e..." "non avete speranze" sentì di dover affermare Will, era meglio che non si illudessero "Almeno noi ci proviamo" rispose il ragazzo dei piani intelligenti "non ti preoccupare" aggiunse l'altro "se troveremo un modo per scappare salveremo anche te, anche se sei antipatico" Will scattò in piedi "Come osi?" sbraitò "Tu non sei altro che un idiota e anche il tuo amico e anche quel poppante" disse accennando al ragazzino più piccolo "io ho le mie ragioni per..." "La nostra priorità ora è scappare, uccello del malaugurio" Will si infuriò "Io mi chiamò Will!" urlò, i ragazzi si erano calmati "piacere Will" disse quello stupido "io sono Galvano" "e io Lancillotto" disse il suo vice "io Parsifal" aggiunse il bambino più piccolo. In quel momento la donna tornò e la marcia riprese, Will pensò che quei ragazzi non erano cattivi dopotutto, "Galvano, Lancillotto, Parsifal" disse tra se e se "Mi dispiace per voi ma siamo condannati a morte, presto raggiungeremo mio padre." 


Artù attendeva Gaius steso sul letto, dovevano procedere con il piano, il medico doveva assicurarsi che la via d'uscita fosse libera, perchè ci metteva così tanto? Sentì la chiave girare nella serratura e scattò a sedere, pronto a partire, ma non fu Gaius a fare capolino dalla porta "Morgana!" esclamò Artù "chi ti ha dato le chiavi?" "Uther le tiene in bella vista sul comodino!" disse lei allegra e si andò a sedere dietro la scrivania di Artù "Allora" disse "Le sanguisughe ti hanno morso?" Artù era impaziente, Morgana con le sue domande stupide avrebbe fatto fallire la missione "Erano mezze morte" rispose sbrigativo "E comunque devi andartene immediatamente se mio padre..." proprio in quel momento la porta si spalancò di nuovo "Tutto pronto per la missione segreta!" fece la voce di Gaius "Q-Quale missione segreta?" chiese interdetta Morgana mentre Artù si colpiva la fronte con una manata e Gaius sorrideva imbarazzato. 


Galvano e Lancillotto non riuscivano proprio a stare zitti mentre parlavano "Stiamo andando verso le grotte di Mefonruyk" fece il primo "Brutto posto quello" rispose il secondo "Però ci sono i lamponi" obiettò Galvano "credi che ce li lasceranno mangiare?" intervenne Parsifal "sperò di si!" esclamò Galvano sorridente, la valle che stavano attraversando era sormontata da due enormi statue "Sono il re Bruta e sir Maraus" spiegò Galvano a Parsifal "vuol dire che siamo al confine con Camelot" "siamo nella valle dei re caduti?" si informò Lancillotto "All'inizio della valle" confermò lui "si estende fino al regno di Cenred, oltre il villaggio di Ealdor" sentire nominare Ealdor ricordò a Will le sue disgrazie e all'improvviso ne ebbe abbastanza di lezioni di storia "E' strano che uno stupido come te sia così informato" disse, Galvano lo fulminò con uno sguardo "io ho viaggiato molto" spiegò "allora saprai dirmi quando ci fermeremo" rispose Will "è l'unica cosa che conta" Galvano annuì "Le grotte di Mefonruyk non sono lontane" disse "le noterai...sono piene di cristalli"


Artù aveva lasciato Camelot dall'uscita segreta sotto le mura ad ovest e galoppava in fretta verso il bosco, era teso, gli pareva che i cavalieri di Camelot avrebbero potuto coglierlo alle spalle in qualsiasi momento per condurlo da suo padre e probabilmente aveva ragione. La paura non era un problema, Artù sapeva che ne avrebbe avuta dal momento in cui aveva accettato la missione, eppure una cosa non era come se l'era immaginata, era Morgana, intenta a galoppare accanto a lui, con la minaccia di raccontare tutto al re si era guadagnata un ruolo nella missione. "So perchè sei così arrabbiato" disse la ragazza "Volevi per te tutta la gloria" "io non sono arrabbiato" obiettò lui "lo so cos'hai, hai paura, ma io sono qui per questo, non ti farò attraversare il bosco da solo" Artù sbuffò "Ti ho detto infinite volte che non ho più paura del bosco, ne avevo da piccolo" Morgana finse di piangere "Oh...sono Artù" disse "Nel bosco ci sono i fantasmi e i lupi mannari" Artù si arrabbiò "è successo quattro anni fa" ripetè "mio padre mi costrinse a passare la notte nella foresta vorrei vedere te..." parlando si erano distratti, una voce molto vicina li sorprese alle spalle "Artù, Morgana" i due si voltarono lentamente "Leon" dissero all'unisono "Noi stiamo..." iniziò a dire, non gli veniva nulla in mente "Morgana" disse "Di' a Leon cosa stiamo facendo..." "Gli sto insegnando alcune poesie" fece lei pronta "poesie?" chiese interdetto Leon "io amo le poesie" confermò Artù cercando di stare al gioco "oh quindi..." iniziò Leon "recitate poesie mentre andate a salvare i bambini di Ealdor?" i due ragazzi ammutolirono "Gaius mi ha detto tutto" spiegò Leon "E' stato un incosciente, è una missione troppo pericolosa per dei bambini" "Io sono il principe di Camelot, Leon" si oppose Artù "Ti ordino di lasciarci andare e non dire nulla a mio padre" Leon scosse la testa "Non è mia intenzione denunciarvi al re...per quanto ciò mi faccia sentire in colpa" lo scudiero estrasse la spada "sarò con voi fino alla morte, principe Artù". 


Clementine, o almeno, la donna che diceva di chiamarsi così voltava loro le spalle mentre compiva strani riti all'interno della caverna dei cristalli "E' una strega" sussurrò Galvano "lo avevamo intuito, genio" rispose Will "una strega non si può combattere con le armi" spiegò Lancillotto "è così, se anche le trafiggi con le spade, loro non muoiono" confermò Galvano, Parsifal alzò una mano per parlare "Mia mamma è una druida" disse "ma muore se la trafiggi" "che ne sai? hai mai provato?" lo interruppe Galvano, il bambino scosse la testa. 

In quel momento una voce risuonò per la valle distraendo i ragazzi dalle loro discussioni "Somma sacerdotessa" diceva "Per quale motivo conduci qui questi ragazzi in catene?" "cosa ha chiesto?" chiese sottovoce Galvano, Will lo zittì con rabbia, era ovvio che la qualcosa di sovrannaturale stesse comunicando con quella strana donna "Sommo Taliesin" gridò lei in risposta "Undici anni fa tu predicesti la nascita dello stregone destinato a distruggere l'antica religione e riportare la magia nel mondo della gente comune, nell'anniversario della sua nascita noi abbiamo sentito il suo potere, oggi io lo porto al tuo cospetto per poterlo distruggere prima che la profezia si avveri". "Che cosa?" sussurrò nuovamente Galvano, fu Lancillotto a rispondere "Credono che uno di noi sia un mago e vogliono ucciderlo" "io non sono un mago" puntualizzò Galvano, Will ebbè un sussulto "Tu!" disse rivolto a Parsifal "sei figlio di una druida..." "non sono io lo stregone" si oppose lui "lascialo stare, è solo un bambino" lo difese Galvano, una risata riecheggiò tutto intorno a loro, era la voce di prima che rispondeva alla strega. "Cambiare il futuro non è facile come sembra, Nimueh" disse "Questa tua azione era stata prevista e infatti lo stregone è riuscito a scappare, non si trova tra questi ragazzi" la donna parve infuriarsi "Non è possibile!" la voce continuò "Se Emrys si trovasse qui, nel luogo in cui la magia raggiunge il suo massimo potere, tu te ne accorgeresti" affermò "ma non è ancora tempo per lui, eppure il suo destino si sta già compiendo ed esso porterà a grandissime cose, grandissime cose per tutti noi" "Taliesin!" tuonò la donna "Tu tra tutti dovresti scongiurare la fine della nostra religione" "Ricordati al cospetto di chi sei, sacerdotessa" tuonò la voce "io non avrò parte in questa tua battaglia, attenderò che il futuro si compia" la voce tacque e Will seppe che non avrebbe parlato più. 

Quando l'atmosfera fu più rilassata Lancillotto sussurrò "Questo Emrys che cerca non è tra noi" "significa che torneremo a casa?" chiese Parsifal speranzoso "Nessuno tornerà a casa" rispose la strega "Taliesin si è rivelato un mio nemico ma nulla mi fermerà dal distruggere Emrys" lo aveva detto con un sorriso inquietante "So che è tra voi per cui...non mi resterà che distruggervi tutti".


Artù, Leon e Morgana avevano legato i cavalli per procedere a piedi sul terreno roccioso vicino alle grotte "Siamo stati veloci" considerò Artù, il sole era appena tramontato, la luce era perfetta per un appostamento. Appena fuori dalle grotte una donna girava in tondo pronunciando misteriose parole, per terra vi era un'enorme buca e da lì provenivano delle voci, delle urla, erano i bambini rapiti. "Coraggio" sussurrò Artù quasi a voler parlare con loro "Stiamo venendo a salvarvi".

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Capitolo 8
*** Io vi troverò ***


"Come sarebbe a dire 'un attimo fa erano qui'?" esclamò il Uther, il medico sorrise in modo sospetto "E' come vi ho detto, sire, Artù era chiuso a chiave" Uther non sapeva se fidarsi "E Morgana?" provò a chiedere "Morgana l'hai vista" Gaius reagì in modo ancora più sospetto "Si!" esclamò dapprima "ehm..no" si corresse dopo "lei no" "Ne ho abbastanza Gaius!" tagliò corto il re "Li troverò e li sbatterò in cella per il resto dei loro giorni, fosse l'ultima cosa che faccio!" Gaius si schiarì la voce "ehm...sire..." chiese "siete sicuro che sia proprio necessario" Uther annuì "assolutamente Gaius, Artù era in punizione, Morgana è certamente coinvolta" Due bambini in fuga certamente non sarebbero rimasti nei paraggi, Uther rivolse lo sguardo fuori dalla finestra, il sole era ormai calato, non era un problema "Io vi troverò" disse. 


La donna camminava in tondo, pronunciando strane parole, sorvegliava una fossa dentro la quale aveva imprigionato i bambini rapiti dai villaggi. 
Appostati dietro i cespugli, Artù, Morgana e Leon aspettavano il momento giusto per intervenire, "E' una persona sola, dobbiamo attaccare prima che sia troppo tardi" sussurrò Artù, ma Leon lo trattenne per un braccio "andrò io, voi rimanete qua, interverrete solo in caso di pericolo" "no!" si oppose Artù "smettetela!" si intromise Morgana "non lo vedete che è una strega? potrebbe dare fuoco alla quella fossa con dentro i bambini, potrebbe ucciderli da un momento all'altro e potrebbe uccidere anche voi!" era veramente terrorizzata dalla stregoneria "qualcuno ha un piano migliore dell'ucciderla?" chiese Artù. 


Seduto in un angolo della fossa in cui era rinchiuso Will non proferiva parola, la sua morte era vicina, non c'era nulla che fare, era finito nelle grinfie di una pazza disposta ad ucciderli tutti pur di far fuori un tale di nome "Emrys" che forse neanche esisteva, era un modo estremamente stupido per morire. Anche Galvano era seduto e taceva tenendosi le costole, aveva cercato di portare a termine il suo piano di strangolare la strega prima di essere rinchiuso anche lui, e per questo era stato sbalzato contro una roccia a decine di metri di distanza, stava davvero male. Parsifal piangeva chiamando la madre e nessuno discuteva più di piani di evasione. "E' rimasta una sola cosa da fare" disse Lancillotto alzandosi in piedi "Nimueh!" gridò verso l'alto "Sacerdotessa, devo parlarti!" nessuna risposta, come avrebbero potuto immaginare "So chi è Emrys!" gridò inaspettatamente "So chi è Emrys!" in un attimo la donna saltò dentro la fossa e fu davanti a loro. I bambini si premettero contro le pareti solo Lancillotto restò fermo, e Will, che non aveva voglia di muoversi. "Allora?" fece la strega rivolta a Lancillotto "Dimmi chi è" Lancillotto tremò "Sono io" disse. 

Will spalancò gli occhi, la donna sorrise mentre una pianta avvolgeva e stringeva il corpo di Lancillotto "Tu vieni con me" disse, poi posò lo sguardo su Will "anche tu" un rampicante si strinse attorno alla sua caviglia e in un attimo furono fuori. 


"Caccia notturna, sire?" chiese lo stalliere porgendogli il cavallo, in genere Uther non amava che la plebe avesse questa confidenza con lui ma decise di rispondere "Si, Simeon, pare proprio di si". 


Da dietro i cespugli Artù vide la donna riemergere dalla fossa con due ragazzi legati "E' il momento" sussurrò Leon e rimanendo basso per non farsi vedere Artù saltò fuori dal cespugli per tuffarsi dentro la fossa. 

Arrivò a terra con i piedi ma con una tale forza da rotolare a terra subito dopo con tutto il corpo dolorante, la fossa era più profonda di quanto pensasse "saranno almeno cinque metri" disse ad alta voce, attorno a lui sentiva i bisbigli degli altri prigionieri "cosa succede?" disse una voce strozzata "ne prendono due e ce ne mandano indietro uno diverso?" a parlare era stato un ragazzo ferito che si reggeva a stento in piedi reggendosi la pancia "Sono Artù Pendragon" disse lui "sono qui per salvarvi" "Come?" chiese un ragazzino più piccolo. Artù aprì la borsa che Leon gli aveva dato "sono riuscito a recuperare sei pugnali" spiegò "i più grandi di voi possono usarli" il ragazzo ferito ne afferrò subito uno "gli altri si armino di pietre e di bastoni, comunque qualcosa che potete tenere in tasca o tra i denti" "Perchè tra i denti?" chiese il più piccolo "perchè ci dobbiamo arrampicare" "E' impossibile" obiettò il ragazzo ferito "io ho una corda" rispose Artù.

 
La strega sollevò il pugnale, Lancillotto e Will erano legati e in ginocchio davanti a lei, Will non sapeva nemmeno perchè si trovasse lì ma era finita, presto sarebbero morti, dolorosamente, sarebbero morti. Will voleva chiudere gli occhi, non voleva vedere il sangue sgorgare dalle sue carni ma aveva tutto il corpo paralizzato, non poteva che osservare con terrore il pugnale che calava su di lui e attendere l'impatto....

Si sentì un rumore di arma che andava a fondo, di ventre sviscerato, ma Will non provava alcun dolore, non era lui ad essere stato colpito e neanche Lancillotto, in compenso il ventre di Nimueh, la sacerdotessa, era stato passato da parte a parte da una lama che ora emergeva dal corpo della donna gocciolando sangue sulla testa di Will.

Il corpo di Nimueh cadde lentamente e un giovane riccio e biondo ripulì dal sangue la lama della sua spada "Tranquilli" disse ai due "Sono uno scudiero di Camelot, sono qui per salvarvi" Will aveva difficoltà a capire cosa stesse succedendo, Nimueh, che avrebbe dovuto essere morta scoppiò a ridere "sciocco" disse alzandosi in piedi perfettamente guarita "io sono una sacerdotessa della vita e la morte" tuonò "nessuna lama mortale può uccidermi" "Immortale?" sussurrò il ragazzo, Nimueh allargò il palmo della mano e lo puntò verso lo scudiero come aveva fatto con Galvano, questo fece un volo molto più lungo di quello che aveva fatto il ragazzo, sparendo dietro gli alberi. 


Uther si dirigeva verso Ealdor, era certo che Artù fosse andato ad aiutare quella contadina, chissà quanto era arrivato oltre? Probabilmente era finito per fare da servitore a quella Hunith, il ragazzo non era troppo sveglio, ma forse con l'aiuto di Morgana era riuscito a combinare qualcosa, magari si erano fatti prendere prigionieri anche loro, non era il momento di fare gli apprensivi, se ne avesse avuto la certezza avrebbe mobilitato l'esercito ma non era questo il caso.

Era ormai al confine con Ealdor quando sentì dei rumori, dubitava si trattasse di Artù ma smontò da cavallo e seguì il rumore nascondendosi dietro gli alberi, erano due uomini che raccoglievano legna, probabilmente banditi, gli uomini si voltarono a guardarlo, lui li fissò con la spada stretta in pugno, pronto ad ucciderli se necessario, ma nessuno fece una mossa, Uther si voltò, prese il cavallo e cambiò strada. 


Per un attimo Will aveva sperato di avere salva la vita, ma queste speranze erano svanite in un attimo come il coraggioso scudiero. Nimueh si rivolse nuovamente contro di loro. "Ferma!" urlò una voce, subito dopo una pietra colpì Nimueh alla spalla, seguita da una raffica di altre pietre, una delle quali colpì Will alla testa. 


Quella sera Balinor si era avvicinato ad Ealdor più del solito, erano passati undici anni, nove mesi e sette giorni da quando aveva abbandonato la sua intera vita lì, da quando aveva lasciato Hunith, per vivere da esiliato in una grotta tutto questo per colpa di re Uther Pendragon. Quel giorno, però, aveva deciso di rischiare, da lì poteva vedere Hunith, non la vedeva da tanto tempo, scriveva una lettera e si asciugava le lacrime, Balinor non avrebbe potuto immaginare a chi scriveva, era sola, sapeva solo questo, e avrebbe voluto consolarla, ma non poteva. 


Quando Will riaprì gli occhi si trovava per terra, attorno a lui regnava il caos, "Coraggio" gridava un ragazzo che non ricordava di avere visto "attacchiamo!" Lancillotto e Galvano iniziarono a gridare e lanciare pietre, seguiti da tutti gli altri bambini, lo scudiero era appena riemerso dalle foglie brandendo la sua spada, era stranamente illeso, "nessun immortale può sconfiggermi!" gridava "volete sapere chi è immortale? Io sono immortale!" si lanciò in carica verso la sacerdotessa la quale indietreggiò inciampando nel corpo di Parsifal accovacciato dietro di lei "ha funzionato!" gridò il bambino mentre Galvano e gli altri provavano a legarla, bastò un sguardo di Nimueh per bruciare la corda, i ragazzi si guardarono tra loro preoccupati, in quel momento una ragazza saltò fuori dai cespugli e inchiodò Nimueh a terra, sollevò una mano per colpire la sacerdotessa e Will notò che stringeva nella mano uno dei cristalli dell grotta. Nimueh fissava la ragazza con aria strana "Sei tu?" chiese, subito dopo la ragazza calò su di lei il cristallo come un pugnale, Nimueh gridò e parve morire definitivamente. 


Era tardi ormai, era tempo di andare, Balinor vide un fuoco tra gli alberi e pensò di dirigersi verso di esso, tre uomini erano intenti a riscaldare le dita sopra il falò, "posso condividere il caldo con voi?" chiese mostrando loro i tre scoiattoli che aveva appena cacciato "sei il benvenuto" rispose uno "ho un coniglio" fece un altro, gli altri due si rivolsero uno sguardo complice "Noi abbiamo visto di meglio..." disse con fare misterioso "Uther Pendragon, qui nella foresta" Balinor spalancò gli occhi, aveva fatto male a sentirsi al sicuro proprio quella notte "Quel bastardo pagherà per tutto quello che ha fatto" disse un uomo piantando un pugnale sul tronco d'albero su cui sedevano "Non ora" tagliò corto un altro "non appena rimetterà piede fuori dai suoi confini" spiegò "noi saremo qui ad attenderlo" Balinor annuì "sei con noi, amico?" chiese quell'uomo "non lo so" sospirò Balinor. 


La corda che Leon aveva portato si era rivelata utile, avevano legato la strega ad una roccia, sembrava morta, ma non potevano esserne certi "Non dovremmo seppellirla?" chiese Artù, Leon fece per annuire "voi due siete pazzi" sentenziò Morgana "e tu?" fece Artù "come facevi a sapere che serviva un cristallo per ucciderla" Morgana non sembrava intenzionata a rispondere "quando l'ho guardata negli occhi" raccontò "mi ha preso una strana sensazione" "Morgana" disse Artù stufo "Tu sei fissata con le sensazioni" "ragazzi, la priorità ora è tornare a Camelot" li interruppe Leon "E di questo ragazzo svenuto cosa facciamo?" chiese Artù "Qualcuno sa chi è?" "Si chiama Will, viene da Ealdor" disse un ragazzo "Ce lo riportiamo noi" fece un altro "insieme a tutti gli altri" Artù annuì, così era molto più semplice, Ealdor non era lontana, dubitava che i ragazzi si potessero perdere "Gentile da parte tua..." iniziò a dire "Galvano" concluse l'altro "Li accompagnerò per parte della strada e vi raggiungerò" disse Leon, Artù annuì, pian piano se ne andarono tutti, solo un ragazzo rimase con loro "io vivo un po' più lontano, è meglio che vada" affermò, era quello che avevano trovato legato "Sei il pazzo che voleva farsi ammazzare" disse Morgana "per salvare tutti gli altri" aggiunse lui, Artù lo fissò negli occhi "è il modo migliore per morire" disse. 


Uther aveva perlustrato i confini di Ealdor, se fosse andato oltre sarebbe finito nel cuore della valle dei re caduti, non ci teneva particolarmente ma doveva proseguire, proprio in quel momento sentì qualcuno che si muoveva tra gli alberi, non erano i banditi di prima questo era sicuramente un bambino, poteva vederne la sagoma, avrebbe anche potuto essere Artù, l'altezza era pressappoco quella, non riusciva a distinguere altro, lentamente si avvicinò al ragazzo e lo agguantò da dietro. Ormai era sicuro "Questa volta me la pagherai, Artù!" esclamò "Ti massacrerò di..." "Non sono Artù!" gridò il ragazzino e Uther lasciò subito la presa imbarazzato "Aiuto! Non sono Artù!" continuava a gridare "Non sono nemmeno Emrys! Perchè tutti mi scambiano per persone da uccidere? basta!" alla luce della luna effettivamente Uther notò che il ragazzino era castano e con gli occhi scuri, certo non era Artù, "shh sta zitto!" sussurrò "Sono solo Galvano, va bene?" urlò il ragazzino "Solo Galvano!" "Ti ho detto di fare silenzio!" lo rimproverò Uther "è pieno di banditi qui" "a me sembra che sia tu il bandito" rispose il bambino "Sono re Uther Pendragon" rispose lui indispettito, il bambino rise "si certo" Uther stava per ucciderlo, cercò di controllarsi "tuo padre avrebbe dovuto insegnarti il rispetto" disse "Mio padre è morto quando ero appena nato" rispose lui, Uther scosse la testa "non cercare di intenerirmi, mio padre è morto quando avevo nove anni" non sapeva cosa gli era preso, non era da lui aprirsi in questo modo "stai sanguinando, Galvano" disse concentrandosi su altro, il ragazzo si sfilò la camicia, la ferita non sembrava grave "ho sbattuto contro una roccia" si giustificò lui, e si voltò per legarsi la camicia ai fianchi, il ragazzo aveva una strana voglia in fondo alla schiena, era familiare "Hai detto che tuo padre è morto quando?" si informò, il ragazzo lo guardò circospetto "dodici anni fa" disse. Uther annuì "ascolta" iniziò "sono veramente il re di Camelot...vorresti venire a farti visitare?" Galvano strinse le spalle "mio padre è morto per un nobile come voi, no" disse "comunque, non è grave...voglio visitare la valle dei re caduti" Uther spalancò gli occhi, questo doveva impedirlo "Ti consiglio piuttosto le terre perigliose" disse "se vuoi metterti alla prova". 


Era quasi l'alba quando Artù, Morgana e Leon videro il castello di Camelot stagliarsi dinnanzi a loro "Leon" disse Artù "Tu sei prossimo all'investitura, ti conviene non fare scoprire il tuo coinvolgimento" Leon sparì dietro gli alberi, quando rimasero soli Morgana gli parlò "Cosa credi che ci farà, Uther?" Artù non lo sapeva "Voleva frustarmi per essere andato in biblioteca di notte..." Morgana sospirò "non sarà divertente" Artù era d'accordo, aveva un nodo allo stomaco che difficilmente si sarebbe sciolto "Abbiamo fatto la scelta giusta, siamo degli eroi" disse per consolarsi "concordo" lo sorprese Morgana "mi hai veramente sorpreso in questi ultimi giorni, Artù" Artù sorrise "Anche tu" disse, Morgana esitò "Ehm..Artù" disse "E' inutile venire puniti entrambi, non trovi?" La calma di Artù fu sostituita dalla rabbia "Ci avrei potuto scommettere, Morgana, tu non sei mai disposta a pagare le conseguenze delle tue azioni, non dovevi venire" Morgana scosse la testa "ammetto che hai ragione" "Così non è giusto" disse Artù e galoppò avanti, voleva bene a Morgana, ma a volte si rivelava un'autentica approfittatrice, era totalmente diversa da lui. 

Entrò a Camelot e smontò da cavallo, fortunatamente incontrò Gaius prima di suo padre, "Artù!" esclamò il medico "Vostro padre, vi sta cercando nella foresta" "Tornerà presto?" si informò Artù "credo di si" disse Gaius "nonostante le mie insistenze non ha voluto prendere la sacca del cibo" Artù annuì "Morgana arriverà a breve" spiegò "Dille di andare nella sua stanza, dirà a mio padre di essere rimasta lì tutto il tempo" Artù sospirò "la colpa ricaderà solo su di me" "e i ragazzi?" chiese Gaius "Tutti vivi" lo rassicurò lui "Di' a mio padre che lo attendo nelle segrete" concluse avviandosi verso il suo destino. Una ragazzina lo raggiunse di corsa "E io posso coprirvi in qualche modo?" chiese, Artù scosse la testa "Non puoi fare nulla, Ginevra."


Nimueh barcollava per il bosco, in mano aveva il cristallo che l'aveva ferita, poteva vedere delle immagini all'interno di esso ma nessuna era quella che cercava "So che sei lì" sussurrò "Emrys".

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Capitolo 9
*** Patto di sangue ***


Era la seconda notte che Merlino passava fuori casa, la ragazza che lo aveva rapito, Morgause, non sembrava cattiva ma gli aveva detto che non poteva scappare e comunque, anche se avesse voluto, non aveva idea di come tornare a casa quindi era meglio evitare. 

"Se avessi saputo che questa Isola dei Beati era così tanto lontana non ti avrei seguito" disse mentre si riscaldavano davanti al fuoco "Manca poco" ribattè lei "E comunque non ci staremmo mettendo tanto se qualcuno non avesse fatto altro che lamentarsi tutto il tempo" aggiunse dura "oh! sono Emrys, ho paura del buio...mi fanno male i piedi" aggiunse poi con una voce strana "io non parlo così" rispose Merlino "e non direi mai di chiamarmi Emrys perchè non è così che mi chiamo" "beh non voglio sapere il tuo nome" lo interruppe Morgause "me ne fregherei di te se non fosse che tu sei lo stregone della profezia", Merlino decise di lasciare perdere quella discussione. 

Aveva subito creduto a Morgause quando gli aveva rivelato che lui era un mago, questo spiegava molte cose, il motivo per cui gli altri non riuscissero a fare volare gli oggetti, il fatto che sua madre non volesse che ne parlasse in giro, gli era stato detto che tutte le streghe e gli stregoni erano cattivi, lui non era cattivo, ma del resto non sembrava esserlo nemmeno Morgause, eppure c'era una profezia che diceva che lui avrebbe distrutto l'antica religione. Merlino non sapeva cosa fosse l'antica religione, ma sembrava una cosa cattiva da fare. 

Merlino si stese vicino al tronco che aveva usato come panca sperando di riuscire a dormire riparato dal vento "Perchè re Uther odia i maghi?" chiese a Morgause "è vero che sono tutti cattivi?" Morgause sospirò "Tu ti credi cattivo?" gli chiese "no" rispose Merlino "E credi che un bambino di due o tre anni, nato con i poteri magici, possa essere cattivo?" "no" disse ancora Merlino "Non si è cattivi quando si nasce in un certo modo" concluse Morgause "Tu sei nata così?" chiese Merlino "certo" ammise lei "e avevo appena cinque anni quando Uther ordinò la mia esecuzione" Merlino non potette resistere e si sollevò su un fianco per parlare ancora con Morgause "Come hai fatto salvarti?" chiese "E perchè Uther ci odia così tanto?" Morgause sospirò e iniziò a raccontare...

"Mia madre e mio padre erano amici di Uther" disse "Non solo, mio padre era un cavaliere, l'amico più fidato del re, mia madre aveva i poteri magici ma raramente li usava" "Li teneva nascosti?" si intromise Merlino "No" disse lei "Non ce ne era bisogno, a quei tempi la magia era libera a Camelot, erano tanti i maghi che la usavano nelle azioni quotidiane, semplicemente mia madre non voleva...io iniziai a manifestare i miei poteri verso i tre anni..." "io molto prima" "la vuoi smettere di interrompermi? La cosa più assurda è che proprio re Uther mi prendeva spesso in braccio e mi chiedeva di fargli una magia, amava la magia a quei tempi" "poi cosa è successo?" "Uther avrebbe voluto essere anche lui un mago, usava la magia per tutto, e la usò anche per far concepire sua moglie" "fare che?" "metterla incinta" "cosa?" ripetè Merlino "Sai quando alla mamma cresce la pancia e poi fa un bambino?" Merlino spalancò gli occhi "i bambini crescono dentro la pancia?" Morgause sospirò "Ma non hai mai visto una donna incinta al tuo villaggio?" Merlino capì improvvisamente tutto "credevo fossero grasse" spiegò "e che poi la cicogna portasse loro.." "beh non è così" lo interruppe Morgause "Per fare concepire sua moglie, che era sterile, Uther decise di usare la stregoneria e chiamò a corte Nimueh la sacerdotessa della vita e della morte...Nimueh disse che non lo sapeva, io non so se crederle, a mio parere Nimueh lo sapeva e lo sapeva bene anche Uther" "sapeva cosa?" "Che per ottenere una vita, quella del principe, una vita doveva essere sacrificata, mettendo al mondo suo figlio la regina Ygraine morì....sai, io le volevo bene, ad Ygraine, avevo cinque anni alla sua morte, la consideravo mia zia, giocavamo spesso insieme" "tu e la regina?" "si, insomma, lei faceva giocare me...Uther bandì la magia da quel giorno, inizialmente era solo proibito usarla, poi Uther decise di uccidere tutti i draghi e ci riuscì utilizzando i signori dei draghi" "signori dei draghi?" "sono degli stregoni che parlano con i draghi" "forte" "Uther fece ammazzare anche loro" Merlino rimase ancora a bocca aperta "come? perchè?" "Come? impiccati. Perchè? Perchè avevano usato la stregoneria anche se su suo ordine" "Che cosa senza senso" "Infine il re si rese conto che tutti gli stregoni a Camelot avevano usato la magia più o meno, fece stendere un elenco e fece giustiziare tutti...anche io ero in quell'elenco" "e quindi..." disse Merlino "Come ti sei salvata?" "Siccome erano amici Uther concesse a mio padre di condurmi nel bosco ed uccidermi lì con le sue mani, per risparmiare il dolore della mia morte almeno a mia madre e mia sorella più piccola, mia madre non era sull'elenco quindi..." "Ma tuo padre non ti uccise?" "Certo che no, lui mi portò all'Isola dei Beati, qui sviluppai i miei poteri per diventare Somma Sacerdotessa subito dopo Nimueh" Merlino annuì "Ora dormi" disse la ragazza "Domani mattina presto ci incamminiamo". 

La mattina dopo Morgause gli comunicò che presto avrebbero raggiunto l'Isola dei Beati, era ancora molto presto, non c'era molta luce nel bosco quando si incamminarono, procedettero ancora qualche minuto gli alberi iniziarono a diradarsi e Merlino potè notare il bagliore dell'acqua. 
"Siamo vicini ad un lago?" chiese a Morgause "E' un'isola, dove vuoi che si trovi?" rispose lei "a mare?" azzardò Merlino, Morgause scosse la testa e gli indicò il lago, appena oltre i cespugli, al centro di esso si stagliava una piccola isola sulla quale si ergeva un castello. 
"Di qua" disse Morgause scendendo verso il lago, solo allora Merlino notò la piccola barca di legno, Morgause la spinse in acqua ed entrambi presero posto sulle panche, la barca partì da sola, senza bisogno che nessuno remasse. Merlino guardava tutto intorno estasiato, il bosco, il lago, il castello, era tutto bellissimo. 
"E' qui che sei venuta  a imparare la magia?" chiese "Si" confermò Morgause "Forte" disse Merlino "un castello su un'isola che si raggiunge con una barca magica che va avanti da sola, sembra perfetto per una scuola di magia" Morgause sembrava disperata "non è una scuola di magia è il luogo dove risiedono le somme sacerdotesse della vita  e della..." "si, si, ho capito" la interruppe lui. 

Quando il fondo della barca toccò le rocce i due passeggeri smontarono, Morgause condusse Merlino su per un sentiero fra le rocce, finchè non raggiunsero un cortile che sembrava l'entrata del castello "Andiamo sul retro" disse Morgause "è lì che vivo io" Morgause iniziò a camminare veloce "si, ma lì cosa dobbiamo fare?" "Quello che mi riesce meglio" disse Morgause "evocherò un morto" "un morto?" chiese Merlino sconcertato "un fantasma?" "finchè non escono dal mondo dei morti non sono pericolosi" spiegò Morgause "si ma io ho paura lo stesso, insomma, è pur sempre un fantasma" la ragazza lo fulminò con lo sguardo "credevo fossi più coraggioso" "lo sono" rispose lui "ti ricordo che per salvare Will mi sono fatto rapire da te" "il tuo amico è al sicuro, eccoci arrivati". Entrarono in quella che sembrava una cripta "non sarà sepolta qui la persona che dobbiamo evocare?" disse Merlino "E' sepolta qui" rispose Morgause "Ma è solo una coincidenza" non diede altre spiegazioni e iniziò ad accendere delle candele pronunciando strane parole, Merlino si accorse di essere al centro del cerchio di candele, quando Morgause ebbe finito si affrettò a raggiungerlo. "Chi hai evocato?" chiese Merlino "Si chiama Bemarys" rispose lei "E come può aiutarci?" "Lui sa tutto sulla profezia, la scrisse lui." 

C'era silenzio dentro la cripta ma Merlino aveva la certezza che lui e Morgause non erano soli,  "Mostrati" incitò Morgause e un uomo si fece avanti dalle tenebre, non faceva paura come Merlino credeva, era un uomo giovane, e sembrava vivo "Salute a te, Morgause" salutò "salute a te, Bemarys" fece lei, poi l'uomo posò il suo sguardo su Merlino "Un maschio?" chiese sconcertato "Si" disse Merlino "Sono un maschio" "E' molto raro che agli uomini sia concesso l'ingresso sull'isola" spiegò Morgause "è così" confermò quell'uomo "nemmeno io, in vita, vi ebbi accesso, l'ultimo che vi mise piede fu Gaius e lui è ora molto anziano" raccontò "Chi non conosce Gaius?" disse Morgause sorridente "il medico di Camelot" "io non lo conosco" si intromise Merlino "Questo è Emrys" disse Morgause per presentarlo "il ragazzo di cui parla la tua profezia" l'uomo fece un cenno del capo "piacere di conoscerti, nipote" "nipote?" chiese lui "io sono tuo nonno, Emrys" Merlino scosse la testa "Mio nonno si chiamava Harald ed è morto tre anni fa" "lui era il padre di tua madre" spiegò Bemarys "ma tu hai anche un padre" "no, non ce l'ho" lo interruppe Merlino, l'uomo rise "ma serve un padre per..." "lui crede che i bambini li porti la cicogna" spiegò Morgause "tu hai un padre, Emrys" disse l'uomo "e io sono suo padre...tu non lo hai mai conosciuto ma del resto, lui non ha mai conosciuto me" "Sei morto giovane" intuì Merlino, l'uomo annuì "Perchè hai fatto quella profezia su di me?" "Perchè è vera" Merlino era confuso "Perchè dici che dovrò riportare la magia a Camelot e fondare Albion se poi dovrò anche distruggere l'antica religione?" l'uomo iniziò a spiegare "Per fondare Albion non potrai lavorare da solo" disse "avrai bisogno di un'altra persona sempre al tuo fianco, questa persona è Artù, re di Camelot" Morgause scosse la testa "Artù è il principe, Uther è il re" "Hai ancora molte cose da imparare Morgause" disse l'uomo "per noi morti Artù è re nel passato e nel futuro" Morgause strinse le spalle "per noi vivi lo è solo nel futuro" l'uomo ignorò Morgause e si rivolse ancora a Merlino "Le somme sacerdotesse bramano vendetta, cercheranno in tutti i modi di disfarsi di Artù, la follia di Uther ha fatto desiderare loro un dominio assoluto della magia sugli uomini, ma non sarà questo il tuo obiettivo, per fondare Albion, un regno di armonia tra la magia e il mondo comune, l'antica religione ti sarà nemica" Merlino annuì "eppure a un tempo esisteva un accordo tra stregoni e gente comune, l'accordo che suggellammo io e re Bruta, Uther ne rimosse tutti i segni, tranne uno" Merlino era confuso "un segno?" "Excalibur!" disse lui "Excalibur" ripetè Morgause come ipnotizzata "Ti mostrerò come la spada avrà effetto sulla tua missione" "mi racconterai anche tu una storia?" "No, Emrys" disse lui "fai attenzione, ho detto che te la mostrerò". 

D'un tratto la caverna intorno a lui svanì e Merlino si ritrovò nel bosco, era notte. "Bemarys!" gridò "Bemarys, dove sei?" nessuno gli rispose, Merlino si guardò attorno, due uomini camminavano verso di lui parlando fitto, presi dal loro discorso sembravano non averlo sentito. "Scusatemi avete..." i due uomini adesso lo avevano raggiunto, ma invece di girargli attorno gli erano passati attraverso, Merlino era preoccupato e sconcertato, che si trattasse di fantasmi? Decise ugualmente di seguirli. 
Uno di loro teneva una spada in mano, era lui a parlare, Merlino pensò che dalla voce avrebbe anche potuto essere una donna "Più o meno si svolgerà qui la battaglia" stava dicendo "Quindi nel caso io dovessi morire..." "dubito che morirai" si intromise l'altro "se dovesse succedere" insistette l'uomo...o forse la donna con la spada "potrei conficcare la spada di nuovo nella roccia dalla quale l'ho estratta" l'altro strinse le spalle "Si, potresti, ma a che servirebbe?" "Meglio così che lasciata per terra" disse lei "conosci bene l'oscuro potere che essa contiene" l'uomo annui "se un altro fuorchè Uther o Herbert la brandisse la scia di sangue continuerebbe" "Uther?" sussurrò Merlino, l'uomo e quella che alla luce della luna ora appariva certamente come una donna, non lo sentirono, la donna guardava la spada preoccupata, l'uomo sospirò "Mi dispiace per questo" disse "ma è l'unico modo che abbiamo per sconfiggere gli immortali" "Sono perfettamente d'accordo" lo interruppe lei "E' un sacrificio che dobbiamo fare, ma troverò il modo di fare brandire la spada solo ad Uther o ad Herbert" l'uomo annuì "io potrei..." "Non ho bisogno di uno stratega per questo, puoi andare a dormire, io andrò da Bemarys" Merlino si fece attento nel sentire il nome di suo nonno, l'uomo intanto sorrise "meglio" disse "ci vediamo domani" "domani è il grande giorno" disse l'altra "un giorno che non dimenticheremo" concluse lui e se ne andò. 

La donna perse ancora tempo a fissare le fronde degli alberi e Merlino attese intenzionato a seguirla, poco dopo la donna si diresse verso una tenda, erano molte le tende in quel campo, Bemarys doveva trovarsi in una delle più vicine al bosco "Bemarys!" gridò la donna abbastanza forte da svegliare uno che dorme, pochi secondi dopo un giovanotto uscì dalla tenda trafelato, Bemarys non era troppo più giovane di come Merlino lo aveva visto "Si, mio signore?" disse inchinandosi alla donna "seguimi" disse lei "e in fretta, è una questione di vita o di morte" la donna si incamminò nella direzione dalla quale era venuta seguita da Bemarys e Merlino, Bemarys lo guardò e Merlino seppe che, a differenza degli altri, lo poteva vedere. 

La donna condusse Bemarys ad una roccia in mezzo ad una radura "Adesso" disse "Voglio che tu mi dica se è possibile fare un incantesimo su questa roccia" "Dipende dall'incantesimo" disse lui "Ma è strano che voi mi chiediate un incantesimo, non eravate proprio voi a dire ieri che usare la magia era come barare?" "Bemarys" lo interruppe lei "Usare la magia in duello è barare e tu lo hai fatto ieri" "e mi avete punito" concluse lui "facendoti imitare la foca" specificò lei "io potrei trasformarvi in una foca" considerò Bemarys "ma non lo farai" aggiunse la donna "perchè?" chiese lui "Perchè io sono il comandante supremo e potrei ordinare la tua esecuzione" spiegò lei "non se siete una foca" obbiettò lui, la donna sospirò "troverei il modo di esprimere le mie volontà, adesso concentriamoci su questo incantesimo" "quindi io non posso barare in duello e voi potete barare in guerra" la donna si innervosì "non si tratta di barare, quale parte di questione di vita o di morte non ti è chiara?" Bemarys dovette arrendersi "Che incantesimo devo fare?" chiese "vedi questa spada?" spiegò la donna "finita la battaglia la conficcherò in questa roccia, voglio che possa essere estratta solo dalla mia stirpe" Bemarys sembrava confuso "la vostra stirpe?" chiese "Si, insomma, Uther o Herbert, non ho altri parenti rimasti in vita" spiegò la donna "Posso fare una cosa de genere" disse Bemarys pensoso "ma ho bisogno del vostro sangue" "nessun problema" tagliò corto lei sollevando la spada "e del mio..." aggiunse Bemarys "e poi anche la mia stirpe potrà estrarre la spada dalla roccia" La donna si fermò con la spada pronta a tagliare il palmo della mano "stai cercando di scendere a patti?" chiese "Ma quali patti?" disse Bemarys scuotendo la testa "è l'unico modo che ho per farlo poichè voi non avete poteri" la donna sembrava delusa "allora sappi che chiunque brandirà questa spada sarà destinato ad una sorte orrenda" disse "beh, è lunga da spiegare, ma so che tua moglie è incinta quindi che sia di monito per tuo figlio e i suoi discendenti" Bemarys annuì "noi ci tramandiamo già il potere dei signori dei draghi, anche quella è dura da sopportare" la donna annuì con poca convinzione "Ancora una volta quindi" disse Bemarys "le nostre famiglie sono unite da un patto, per ritornare agli antichi albori i miei discendenti e i vostri dovranno collaborare" la donna annuì "è giusto così" disse "Mi dispiace per ciò che mio padre fece alla tua famiglia ma è il momento di rimediare" la donna sollevò la spada e si tagliò il palmo, il sangue scese lungo la lama "serve più sangue" disse Bemarys, la donna strinse le spalle e si tagliò il polso, il sangue scese copioso lungo tutto il braccio "adesso forse è troppo" disse Bemarys "ho sonno" disse la donna e cadde svenuta. 

Bemarys alzò le spalle "a lei penserò dopo" disse poi si girò a fissare Merlino "il mio discendente di cui parlavo sei tu, Emrys" Merlino trasalì "è mio padre quello che deve nascere, non io" disse "Tuo padre non sarà grande amico di Uther" spiegò Bemarys "ma tu sarai amico di suo figlio Artù" Merlino annuì "Quando Artù estrarrà la spada dalla roccia la vostra missione avrà inizio" "Quale missione?" chiese Merlino "La missione iniziata da Bruta" rispose Bemarys indicando la donna stesa a terra che ancora perdeva sangue dal braccio.
"Adesso, per te, è il momento di andare" disse Bemarys e Merlino fu come colpito da un pugno in  testa, nessuno lo aveva toccato ma lui svenne ugualmente. 

Morgause fissava il corpo del ragazzo, steso per terra "Non ricorderà nulla" disse Bemarys "allora perchè a lui hai raccontato tutto e a me niente?" lo incalzò lei "Spero di avergli insegnato qualcosa" disse lui criptico "fuori troverai un cavallo, lo condurrai ad Ealdor e ti dileguerai, quando si sveglierà non ricorderà nulla, neanche di te" Morgause annuì "siamo al punto di partenza" disse "il ragazzo non saprà neanche di essere un mago" "E' meglio così" disse Bemarys. Morgause prese il ragazzino svenuto in braccio e si voltò per andarsene "Morgause" chiamò la voce di Bemarys alle sue spalle "Non farmi voltare" disse lei "sai che non posso" "Promettimi solo che non lo ucciderai" disse lui "non è ancora il momento" "va bene" disse Morgause dandogli le spalle "non lo farò".

Quando Merlino si risvegliò sua madre gli stava bagnando la fronte con una pezza, Hunith si accorse che aveva aperto gli occhi "il mio piccolo" disse commossa "Mamma!" esclamò Merlino alzandosi seduto "Non ti agitare" lo ammonì lei, Merlino sapeva di doverle dire qualcosa di importante ma non ricordava nulla, non ricordava nulla da quando aveva perso le tracce di Will nel bosco "Will è tornato?" chiese "E' tornato" disse sua madre "Sta bene" Merlino sorrise "A lui posso dirlo?" chiese istintivamente "Dire cosa?" chiese Hunith "Che sono un mago!" rispose lui. 

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Capitolo 10
*** Voci nel buio ***


Era un pomeriggio tranquillo a Camelot, la lezione di matematica con Gaius si era conclusa prima, Artù era stato l'unico studente per quel giorno, gli incubi di Morgana erano peggiorati e la carenza di riposo l'aveva abbattuta, così ora riposava nella sua stanza. In un impeto di generosità Gaius aveva concesso ad Artù mezz'ora di riposo, così adesso entrambi sedevano al tavolo della sala del consiglio, Artù leggeva un libro mentre Gaius faceva una ricerca su un manoscritto preso da Geoffrey. Come se ciò non bastasse mancava poco alla Pasqua, pertanto i cavalieri avevano il giorno libero dall'addestramento e l'allenamento serale di Artù era annullato, anche la maggior parte dei servitori era in vacanza ma qualcuno doveva pur rimanere e quindi Ginevra in quel momento era intenta a passare lo straccio sul pavimento ma aveva quasi finito. 

Seduto con le gambe a penzoloni sul tavolo Artù leggeva della morte di re Laurin "E' una storia fantastica, Gaius" disse ad alta voce eccitato e commosso nel leggere di Laurin che in punto di morte malediceva il suo giardino di rose, Gaius rispose con un mugolio, non sembrava interessato, Ginevra, invece, si era avvicinata lentamente "Leggende germaniche" aveva affermato leggendo la copertina del libro "sembra interessante". Artù trasalì, non si era accorto della ragazza "Sai leggere?" chiese sorpreso, la serva parve offendersi e si irritò pure Gaius "certo che so leggere" rispose, Artù si rese subito conto di quanto era stato stupido e maleducato "mio padre mi aveva detto che la pleb..." si bloccò pensando di peggiorare la situazione "che i servi non sapessero leggere" concluse "nessuno di loro" specificò, "mia madre non sapeva leggere" spiegò Ginevra "ma io si" "non te la prendere con Artù, Ginevra" si intromise Gaius "suo padre gli insegna molte cose sbagliate" "perdonami" aggiunse Artù e tese a Ginevra il libro "vuoi guardare?" chiese, la ragazza si avvicinò e Artù sfogliò le pagine.

"Lui è il mio preferito" disse Ginevra indicando il quinto capitolo "Sigfrido" disse Artù "si forse è anche il mio preferito" disse "alla mia età uccise un drago e fece il bagno nel suo sangue, così divenne invincibile" "non è andata proprio così" si intromise Gaius senza alzare lo sguardo dal suo lavoro, i ragazzi si voltarono "e come è andata, Gaius?" Gaius chiuse il manoscritto e si avvicinò a loro per raccontare "Innanzi tutto Sigfrido non era invincibile" disse "nel fare il bagno nel sangue di drago una foglia d'albero gli si era poggiata sulla schiena e lì il sangue non lo toccò, così quello fu sempre il suo punto debole e per quello morì" "questo lo sapevo" disse Artù "ma..." "e per quanto riguarda il drago" aggiunse Gaius "Sigfrido non sarebbe mai riuscito ad ucciderlo senza l'aiuto di un sign..." un rumore di passi decisi lo fermò, Uther era entrato nella sala "Racconti un sacco di cose sbagliate, Gaius" disse "Artù non dargli mai retta quando ti racconta queste storie" fece poi rivolto al figlio "E' un ottimo medico ma la letteratura ha un fascino sbagliato su di lui, farcisce sempre tutte le storie con particolari mai esistiti" Artù e Ginevra si scambiarono un'occhiata confusa "Inoltre" disse il re "essendo io lontano parente di Sigfrido penso di sapere molte cose più di te, Gaius" "ne sono sicuro, sire" disse il medico con un leggero inchino, Artù sorrise orgoglioso e si rivolse a Ginevra "era quello che stavo per dirti" disse "il nostro stemma viene proprio da lì, dal drago ucciso da Sigfrido" Uther annuì e rise "E poi la storia della foglia sulla schiena è solo un gigantesco errore" "come?" chiese Artù sconcertato "beh" disse Uther "Sigfrido non aveva che una voglia sulla schiena" spiegò "voglia, non foglia" Artù annuì "una cosa ereditaria" spiegò Uther "l'aveva identica suo figlio Herbert, che io conoscevo bene" per un volta il re sembrò farsi triste "Artù" disse poi "perchè leggi quando dovresti studiare?" Artù si innervosì "Ho finito mezz'ora fa" disse "Davvero?" chiese il padre sospettoso "Fammi vedere" Artù si affrettò a prendere il rotolo di pergamena sul quale aveva scritto il tema assegnatogli da Geoffrey, Uther lo aprì e lesse "Descrivete la persona che ammirate o che è un punto di riferimento per voi" scosse la testa "mi sembra un tema fin troppo semplice" disse "dillo a Goeffrey, padre" sussurrò Artù, Uther sorrise "vediamo" disse "non avrai intenzione di leggerlo?" fece Artù preoccupato, non faceva mai leggere i suoi temi a nessuno, inoltre se suo padre si illudeva che il tema parlasse di lui sarebbe rimasto deluso "perchè no?" fece Uther e iniziò a leggere "Sono molte le persone che ammiro" disse "mio padre" fin lì andava tutto bene "Gaius" Uther era un po' confuso "Leon?" disse interdetto "...e i re caduti" Uther annuì e andò avanti "Non so dire, però, chi di questi sia maggiormente un esempio per me, o chi sia un punto di riferimento, non c'è nessuno che vorrei imitare o emulare in tutto e per tutto, mi è capitato di non condividere alcune scelte di mio padre" il re lo fulminò con lo sguardo e Artù si rese conto che era stato un idiota a scrivere una frase simile dopo quello che era successo l'ultima volta "Non vorrei fare mai il mestiere di Gaius" continuò Uther "trovo che Leon sia troppo clemente" qui suo padre sorrise "e i re caduti sono tutti morti e non ne ho mai conosciuto nemmeno uno. In sostanza, non c'è al mondo una sola persona che sia per me un esempio, ma a me sta bene così, credo, infatti, che per quanto le altre persone ci possano ispirare, l'esempio di cui necessitiamo lo possiamo trarre solo da noi stessi. Io. Artù Pendragon, sono l'idolo di me stesso, sono il mio esempio, a guidarmi sono i miei valori, il mio codice morale e non necessito di altro" il re smise di leggere, Artù pensava che dopotutto non era male come tema e Gaius gliene diede la conferma "E' un ottimo tema, sire" disse al re "non è male" convenne Uther "ma nemmeno ottimo" restituì ad Artù la pergamena e lui si avviò verso il cortile con Ginevra. 


Rimasto solo con Gaius, Uther sospirò, stese sul tavolo la mappa del regno e iniziò a studiarla, era stato localizzato un villaggio druido a poche ore a cavallo ma Uther aveva anche altri problemi per la testa "A proposito di Herbert e la sua voglia..." disse ad altra voce "la settimana scorsa nella foresta..." "Lo state trattando male" lo interruppe Gaius "chi?" chiese Uther sorpreso, non era da Gaius interromperlo in quel modo "Temo che vostro figlio sia triste, sire" fece il medico "Triste?" Uther rise "Triste" ripetette Gaius "non direi depresso ma..." "Gaius, andiamo" insistette Uther "Artù non è triste, lo si capisce da ciò che scrive, non ha bisogno di un esempio, è lui l'idolo di se stesso, hai ascoltato, no?" Gaius scosse la testa disperato come se lui fosse uno stupido "Gaius" ripetette Uther secco "In che cosa avrei sbagliato? Era solo un tema" "Non lo gratificate mai" spiegò Gaius "Gratificarlo? Lo farò se se ne presenterà l'occasione!" Uther iniziava ad innervosirsi "E non si è mai presentata in dodici anni" riprese il medico "Dovrei congratularmi con Artù perchè fa bene i compiti?" lo interrogò lui "Artù è mio figlio, è il principe di Camelot, sa benissimo che per rendermi orgoglioso serve molto più di un tema, molto più che mettere a tappeto uno scudiero, se fosse tuo figlio Gaius..." "Che cosa volete da lui?" "Che diventi un buon re!" questa volta Uther aveva davvero urlato "E' mio figlio" disse rimodulando i toni "so io come crescerlo". 

Uther uscì fuori a grandi passi lasciandosi il medico alle spalle, Artù era seduto sui gradini di ingresso "Artù!" disse battendogli una pacca sulle spalle "aiah!" si lamentò il ragazzino voltandosi a fissarlo "Allora..." fece lui indeciso "domani è l'anniversario della tua nascita" Artù fissò le scale triste "si..." disse, Uther ricordava perfettamente che quello era anche l'anniversario della morte di Ygraine ma fin dal primo compleanno di suo figlio aveva fatto in modo che ciò scomparisse dinnanzi alla festa di Artù, questo Gaius non lo aveva notato, pensò con risentimento. "Fai dodici anni" disse per fare conversazione "si" disse ancora Artù "Hai già pensato al regalo che vorresti?" Artù si mise a riflettere, era sempre difficile per lui chiedere regali, in quanto a cose materiali aveva praticamente tutto "una spada?" chiese a caso "hai la tua" disse Uther "si" ricordò Artù "vorrei riaverla" Uther scosse la testa "quella è sequestrata" era una delle tante conseguenze che la fuga della settimana prima aveva generato, Artù lo sapeva bene e non insistette ancora "userai il tuo bastone pieno di piombo fino a Natale prossimo" gli ricordò suo padre, Artù pensò ancora, cosa desiderava più di tutto in assoluto? lo sapeva da tempo, era l'occasione di farsi valere davanti a suo padre, non tanto per lui, anche solo per se stesso, voleva mettersi alla prova per questo chiedeva sempre armi "puoi chiedermi qualcos'altro, Artù" invitò Uther "vorrei" disse esitante "guidare una missione" disse infine "ora che ho dodici anni vorrei essere a capo di una missione" ripetette eccitato, se suo padre avesse accettato avrebbe realizzato il suo sogno immediatamente, compiere una missione, comandare degli uomini, un giorno sarebbe stato re e questo sarebbe stato il suo inizio "va bene" disse Uther, Artù stentava a credere alle sue orecchie, senza accorgersene saltò in piedi "corri dentro" disse suo padre "ti spiegherò la missione". 


Quel pomeriggio Morgana aveva cercato di dormire, non ci riusciva, era tormentata tutte le volte dallo stesso incubo, non appena chiudeva gli occhi lo vedeva, c'era un corvo che dilaniava i cadaveri su un campo di battaglia, c'era un uomo anziano che moriva con un espressione terribile sul volto e gli occhi spalancati, poi un uomo che urlava in modo straziante finchè anche lui non moriva con gli occhi aperti, vedeva anche l'ombra di un uomo armato di spada che raggiungeva il corpo di una donna e la passava da parte a parte, infine c'era un guerriero, moriva anche lui, tutti morivano, e un uomo vecchio, vecchissimo, andava verso di lei, alla vista del vecchio Morgana si svegliava sempre urlando ma quella volta il sonno ebbe la meglio, e così sognò ancora, sognò Artù che, seppure ancora bambino, era vestito da cavaliere, urlava "fermi, fermi" piangeva. 


Quella sera, immediatamente dopo cena, Leon raggiunse le stanze del re, era stato convocato per un affare urgente, era curiosissimo ma soprattutto era onorato, finalmente il re lo riconosceva tra i suoi più fidati, sarebbe diventato cavaliere a breve e sperava di poter far parte del consiglio insieme a Gaius e Geoffrey e gli altri cittadini più rilevanti di Camelot. 
Leon bussò "avanti" fece la voce del sovrano, Leon aprì ed entrò "Leon" lo salutò il re "domenica mattina avrà luogo la tua investitura" disse il re senza preamboli, Leon non potette fare a meno che aprirsi in un gigantesco sorriso, mancavano solo tre giorni "Domani invece ti devo assegnare una missione, alle prime luci dell'alba" Leon annuì "si tratta di attaccare un villaggio druido, fin troppo vicino alle nostre mura, non sarà difficile" "si, sire" fece Leon ma Uther aveva ancora qualcosa da aggiungere "formalmente Artù avrà il comando" disse "tieni gli occhi aperti, fa come se a comando vi fossi tu, chiaro?" Leon annuì, era chiarissimo "voglio che Artù faccia esperienza ma..." "si" disse Leon e con un cenno del capo fece per uscire, gli sembrava di stare imbarazzando il re "con tutto il rispetto, sire" disse sulla soglia "credo che il principe se la possa cavare" il re lo fulminò con lo sguardo e Leon preferì sparire ripetendo a se stesso che era stato un idiota. 


L'eccitazione era tanta che Artù non si era riuscito ad addormentare quella notte, non faceva che ridere senza un motivo, ma per quanto fosse felice ormai era tardi e doveva necessariamente riposare, cercò di spingere la testa contro il cuscino per avere più buio, non servì a nulla, Artù giacque supino sperando che presto il sonno lo cogliesse, le palpebre si stavano finalmente facendo pesanti quando sentì una voce tuonare "Artù" era una voce profonda, Artù si guardò intorno, aveva certamente sognato "Artù" ripetette la voce, Artù fece silenzio e cercò di ascoltare da dove provenisse "Artù" sembrava fosse più dentro la sua testa che da qualche parte nella stanza, forse una qualche allucinazione dovuta al sonno "Artù" tutto ciò era impossibile, Artù iniziava ad allarmarsi "Artù" il ragazzo scattò in piedi e controllò prima sotto il letto, alla luce della luna non vide nulla di strano, guardò anche dietro il baule, dietro la porta, sotto la scrivania "Artù" faceva la voce, esitante Artù afferrò un lembo della tenda e guardò, non c'era nulla, entrò più luce e così Artù potette vedere l'altra tenda davanti a se, sembrava più grossa del solito, Artù allungò la mano, se qualcuno fosse stato nascosto lì lo avrebbe trovato, si, però poi lo avrebbe ucciso, lui era disarmato, quella era una pazzia, la porta era vicina, Artù corse fuori. 

Corse per il corridoio seppure scalzo e in pigiama, suo padre glielo aveva vietato ma era un emergenza, entrò nella camera di Uther spingendo la porta, non era mai chiusa a chiave "padre" sussurrò "padre" Uther rispose con un mugolio, odiava essere svegliato ma cosa altro poteva fare? decise che se Uther non si fosse svegliato al terzo richiamo avrebbe preso la sua spada e avrebbe affrontato l'intruso, impugnò la spada "padre, ti prego" disse ancora "Artù" disse Uther girandosi nel letto, poi parve arrabbiarsi "Artù, cosa fai in piedi a quest'ora della notte? stavo dormendo" "C'è qualcuno nelle mie stanze?" sussurrò lui "Come sarebbe a dire?" fece il re arrabbiato "una voce mi chiamava" disse lui "e poi..." "Una voce?" urlò il re arrabbiato "Mi svegli per questo?" gli chiese "Come farai a guidare una missione se hai paura del buio, Artù?" Artù dovette insistere "ma sono sicuro..." "E te ne vai anche in giro in pigiama per il castello, fila a letto prima che cambi idea su domani" Artù si voltò, aveva fatto male a svegliare il re dopotutto "E lascia quella spada" aggiunse Uther prima di crollare sul letto. Artù lasciò la spada e uscì. 

Quando ebbe raggiunto la porta delle sue stanze Artù non sapeva più se provare rabbia o paura, certo l'intruso era ancora lì, se per caso lo avesse sgozzato suo padre si sarebbe sentito in colpa e ben gli sarebbe stato, si decise a spingere le porte, d'un tratto non ebbe più dubbi sullo stato d'animo da provare, la paura lo colse in un attimo, una creatura, simile ad uno spettro, resa ancor più inquietante alla luce della luna che proveniva dalla finestra, era seduta sul bordo del suo letto dandogli le spalle "Chi va là?" tuonò Artù "Il tuo peggiore incubo" disse Morgana voltandosi. 

"Sei un fifone" disse Morgana "Perchè sei qui? E' tardi" disse lui in risposta "Ho fatto un incubo terribile" raccontò lei, triste "eppure non ti è passata la voglia di fare scherzi" ribatté Artù "Sono seria" disse lei "Ho fatto lo stesso sogno tutte le volte" Artù iniziava a crederle "Domani..." chiese Morgana "Per il tuo compleanno indosserai il mantello e l'armatura, andrai a cavallo?" Artù ci pensò "Devo guidare la missione quindi suppongo di si" "missione?" fece Morgana, effettivamente aveva dormito tutto il giorno, nessuno poteva averlo detto a lei, Morgana fissò il pavimento con aria inquietante "Ho visto il futuro?" chiese "Morgana" disse esitante "Te lo ha detto mio padre, sicuramente, come potevi saperlo?" Morgana lo guardò arrabbiata, molto arrabbiata, sembrava che non crederle fosse da parte sua un atto terribile o forse quello di Morgana era solo uno scherzo "Non me lo ha detto nessuno!" insistette lei "Smettila" disse Artù arrabbiato "Non devi andare in missione" Artù non sognava neanche lontanamente di rinunciare "non so se mi hai preso per un codardo, se il tuo è uno scherzo perchè vuoi sentirmi urlare come fai tu tutte le notti oppure se vuoi solo che resti a Camelot ma io in missione ci vado" "io non urlo tutte le notti" sibilò Morgana "E una volta tanto potresti darmi retta" "Una volta tanto?" Artù era indignato "Questa missione è il sogno della mia vita" come faceva Morgana a non capirlo? "Ne avrai certamente altre" "io voglio questa" "perchè?" "Me l'ha affidata mio padre" "E chi altri doveva farlo?" Artù sbuffò "devo dormire, vattene" Morgana non cedeva "ascoltami Artù, tu non sei cattivo, questa missione sarà una strage, moriranno delle persone innocenti" "Lo dici per tutte le missioni" Morgana scosse la testa "non so bene come andrà ma tu ne pagherai le conseguenze per il resto della vita, io diventerò cattiva per questo e..." Morgana si bloccò come folgorata da un ricordo, poi gli rivolse uno sguardo strano "cercherò di ucciderti" disse infine, era la prova che Artù aspettava, Morgana lo aveva preso in giro troppo a lungo, Artù la spinse fuori dalla porta e chiuse a chiave, deciso a dormire. 


Partì con i soldati alle prime luci dell'alba, aveva studiato benissimo la strada, in testa alla colonna condusse i cavalieri al luogo che suo padre gli aveva indicato senza nessun problema e in poco tempo, era orgoglioso di se stesso e Leon sempre al suo fianco lo faceva sentire al sicuro. 
Giunse su un'altura dalla quale poteva osservare tutto il villaggio druido, aveva lasciato dei fanti più in basso pronti ad attaccare dai lati al suo segnale, poi sarebbero ridiscesi anche loro.
Il villaggio druido era ben diverso da ciò che si era aspettato, lo immaginava come un accampamento militare, popolato esclusivamente da uomini in età da combattere eppure lì erano principalmente donne, due di loro lavavano i panni senza usare la magia, due ragazzi della sua età combattevano con bastoni di legno, uno di loro lo aveva anche visto la settimana prima tra i bambini prigionieri, una donna più appartata stava giocando insieme a suo figlio divertendosi a fargli indossare cappelli da donna, Artù rise, come poteva attaccare? c'erano anche uomini, avevano delle armi, Artù prese una decisione "Leon" disse "Che nessuno tocchi le donne e i bambini, fate quanti più prigionieri possibile tra gli uomini, fai passare quest'ordine e quando tutti lo avranno ben chiaro potremo attaccare" Leon disse qualcosa agli uomini alle sue spalle ma Artù sentì qualche verso di protesta provenire da più in basso, poi Artù vide i primi soldati partire in carica "Non l'ho ancora ordinato!" urlò, nessuno lo sentì, Artù osservò ancora i suoi uomini, era certo, comunque, che avrebbero eseguito il suo ordine, i primi uomini che si opposero caddero subito, i due ragazzi si unirono ai combattimenti, il primo fu colpito dagli zoccoli di un cavallo e cadde subito, il secondo indietreggiò verso un pozzo, uno dei soldati si avvicinò a lui e con un calcio lo spinse dentro "No!" gridò Artù, era un gesto inutile quello del soldato di Camelot "Leon" gridò "Dobbiamo fare un po' d'ordine, scendiamo da quest'altura" Artù si mosse in fretta col cavallo mentre uno dei suoi uomini caricava verso la donna col bambino, la donna si frappose fra l'uomo ed il figlio, il soldato le tagliò la gola "Fermi!" gridò Artù, era abbastanza "Fermi!" nessuno lo ascoltava più anche Leon era andato, Artù provò a gridare ancora, le lacrime già gli rigavano il volto. 

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Capitolo 11
*** Il legittimo re di Britannia ***


La corte era riunita, Uther aveva già saputo da Leon che la missione che aveva affidato ad Artù aveva avuto esito positivo ma la procedura voleva che il principe si presentasse a suo cospetto per riferire i dettagli davanti all'intera corte. Uther non aveva ancora visto il ragazzo, immediatamente dopo il suo ritorno era andato a cambiarsi, non aveva detto parola, ma forse era per via della fretta, non era accaduto nulla si strano al villaggio druido, Leon lo aveva assicurato. 

Le porte si aprirono e Artù entrò seguito da due guardie, marciò fino alla metà della sala per fermarsi davanti a lui "Allora, Artù" iniziò "Come è andata la missione" suo figlio aveva una strana faccia, non riusciva a parlare "E' andata..." disse piano, Uther si allarmò, sperava che il ragazzo non desse in escandescenze davanti all'intera corte, sarebbe stato terribile "Sei riuscito nel tuo intento?" disse venendogli incontro, suo figlio chinò la testa, non avrebbe dovuto "si..." disse, Uther non sapeva come cavarsela, suo figlio non poteva limitarsi a dire questo, Artù sollevò la testa e Uther si accorse con orrore che aveva le guance rigate dalle lacrime "Volevo dire no" si corresse il principe, Uther lo guardò sconvolto, sapeva per certo che la missione era riuscita, "Noi..." Artù si bloccò, Uther strinse i pugni preoccupato nel vedere il viso del figlio contrarsi in una smorfia "no" sussurrò pianissimo il re, ma non poteva evitarlo, il principe scoppiò a piangere, piangeva forte, come un bambino, l'intera corte faceva silenzio e ascoltava, Uther non osava alzarsi o parlare, il pianto di Artù era disperato, rotto dai singhiozzi, sempre più insistente, sempre più forte. 
Sembrò fosse infinito, solo Gaius ebbe il coraggio di muoversi, Leon e Geoffrey azzardarono qualche timido passo in avanti, Gaius afferrò la spalla del principe e lo scosse, ma il ragazzo non accennava a calmarsi, Uther distolse lo sguardo, Gaius strinse più forte il principe, fece per trascinarlo via, Leon e Geoffrey si strinsero attorno a lui, per la sala si diffuse un lieve bisbiglio ma Artù continuava a piangere, Uther non vide altra scelta si alzò e se ne andò. 

Artù fu portato nelle stanze di Gaius, Leon lo mise seduto sul tavolo, il ragazzo non accennava a calmarsi, "Artù!" lo chiamò Gaius scuotendolo, il principe piangeva, non sapendo che altro fare Gaius decise di abbracciarlo, lo tenne stretto, se non altro il rumore era soffocato dal corpo del medico, lentamente il pianto finì "li hanno uccisi tutti" si sentì infine dire la voce del ragazzo, Gaius allentò la presa per guardarlo in faccia, le lacrime scendevano ancora grosse e pesanti "si, li ho uccisi tutti, Gaius" Artù singhiozzo "non se lo aspettavano" disse "erano disarmati quasi tutti, c'erano donne, bambini" Gaius si era aspettato qualcosa del genere, del resto i villaggi druidi non erano diversi dai villaggi di contadini, ma sentirlo dire così era un'altra cosa "sono tutti morti" disse il principe tremante "su mio ordine" il ragazzo singhiozzò "merito di morire per ciò che ho fatto...io...sono il più spietato degli..." Gaius lo bloccò, era una situazione seria "Vi è stato ordinato di farlo" era la migliore cosa che gli veniva in mente di dire "Nessuno mi ha ordinato di uccidere donne e bambini!" urlò Artù in risposta, poi riprese a piangere più piano "Voi non volevate, di questo sono sicuro" aggiunse il medico "Non importa" disse Artù in una smorfia di dolore "Loro sono morti e sono io la causa" Gaius non sapeva come rispondere e perciò tacque, Artù pianse ancora "Sai, Gaius" diceva "Io lo avevo detto, lo avevo detto ai soldati di risparmiare donne e bambini" Leon fissò il pavimento dispiaciuto "non mi hanno ascoltato, ma la colpa è mia" Artù era disperato "non valgo niente come principe!" gridò "non valgo niente come nulla! Voglio solo...voglio solo..." il ragazzo parve accasciarsi e Gaius lo sorresse, adesso era ancora  più preoccupato, temeva che il principe volesse addirittura morire "Un giorno sarete un grande re, Artù" cercò di dire "crescerete" il ragazzo digrignò i denti ma non rispose "sotto il vostro regno non avverrà mai più quello che è accaduto oggi e voi avete tutta la vita per rimediare, promettetemi che..." il bambino pareva essersi addormentato, cosa piuttosto insolita, forse era svenuto "prendilo Leon" fece Gaius allo scudiero "Leon!" chiamò di nuovo, il ragazzo fissava ancora il pavimento ed era molto pallido "Leon?" "Non era lui al comando" disse semplicemente lo scudiero "il re mi aveva dato precise disposizioni, non lasciare anima viva" Leon tacque "prendilo" disse Gaius e Leon eseguì "portalo nelle sue stanze e per il momento non dirgli che il re aveva affidato a te la missione, forse peggiorerebbe le cose" Leon annuì e fece per uscire "non vorrei lasciarlo solo" disse Gaius "ma adesso devo parlare immediatamente con Uther".
 
Quando Gaius raggiunse le stanze del re lui stava preparando l'armatura con gesti veloci e violenti, Gaius lo capiva quando era arrabbiato ma quella volta sentiva di essere ancora più arrabbiato lui, Uther, lo conosceva da quando era appena un bambino, aveva il cuore duro ma non era un uomo cattivo, la sua follia contro la magia era ben altra cosa, comunque adesso stava esagerando, aveva rovinato Camelot con la sua violenza, aveva rovinato giovani come Leon e stava distruggendo il piccolo Artù. 
"Partite, sire?" chiese con un velo di rabbia nella voce, Uther alzò un attimo la testa dalla cotta di maglia che aveva appena posizionato sul letto, si era accorto solo allora della presenza di Gaius "Artù mi ha fatto vergognare dinnanzi all'intera corte" ribattè lui duro, non era il caso di discutere con Uther arrabbiato ma quella volta Gaius non poteva evitare "E' questo che vi preoccupa?" chiese arrabbiato, Uther non ebbe il tempo di rispondere "Avete mandato un bambino di dodici anni a trucidare degli innocenti!" gli urlò contro il medico. Uther parve andare su tutte le furie "Mi ha chiesto lui una missione!" "Si, ma lui ha dodici anni!" urlò Gaius altrettanto forte "Anche io credevo fosse fin troppo giovane, Gaius" ammise Uther sbrigativo "ma sono stato orgoglioso nel constatare questo precoce interesse per il comando" "ma voi..." Uther non lo lasciò continuare "prima o poi Artù avrebbe dovuto farlo, essere re comporta questo genere di cose..." Gaius scosse la testa disperato, non c'era modo di far ragionare Uther "ma come vi è passato per la testa..." iniziò a dire "credevo di potergli affidare una missione simile già da ora, ma avevo preso precauzioni, avevo detto a Leon..." "Si, lo so" lo interruppe il medico "In uno, due anni, avrei voluto affidargli una vera missione ma se solo la vista lo ha turbato così tanto..." il re crollò seduto sul letto "mio figlio è talmente debole da non potere nemmeno assistere a ciò che deve essere fatto" Gaius non sapeva cosa aggiungere, Uther era suo amico, per quanto fosse impossibile capirlo a volte "voi adesso" disse tremante "andate da vostro figlio" Uther scosse la testa "come vedi sto partendo" disse, Gaius non ebbe bisogno di chiederne il motivo "il motivo per cui sto partendo è quella storia della spada" Gaius era ancora confuso "Ho cercato di dirtelo, nel bosco la settimana scorsa ho incontrato il figlio di Herbert" Gaius trasalì, Herbert era morto poco dopo Ygraine "Di Herbert, sire?" "Si chiama Galvano" spiegò Uther "Non ha mai conosciuto il padre, ha una voglia identica alla sua e gli assomiglia come una goccia d'acqua" Gaius annuì "la maledizione investe anche lui" "E anche lui potrebbe estrarre la spada dalla roccia, è un'arma potente, devo farlo io e subito" Gaius capiva "ho anche tentato di ucciderlo, Galvano" spiegò Uther, Gaius spalancò gli occhi "ma voi sapete quanto vale una vita umana?" non potè che chiedere, Uther lo ignorò "l'ho indirizzato verso le terre perigliose, spero ci rimanga, tolto lui resto solo io" "E Artù" specificò Gaius "Artù" disse Uther "Artù è un fallimento". 

Artù guardava fuori dalla finestra, lo faceva sempre quando era triste, guardava fuori dalla finestra e non pensava a nulla, se avesse pensato a qualcosa di certo si sarebbe voluto buttare dalla finestra. 
Suo padre, in armatura completa, sellava il cavallo, Artù lo guardava con rabbia e tristezza, avrebbe voluto che lo consolasse, avrebbe voluto che gli desse spiegazioni, ma suo padre, a quanto pareva, non gli voleva bene quanto lui gliene voleva, questo pensiero, se possibile, lo faceva stare ancora più male di quanto gli era successo, non solo non valeva nulla, ma non aveva più nemmeno nulla, non aveva più suo padre.
Artù distolse lo sguardo dal re e tornò a guardare più in alto, gli alberi oltre le mura di Camelot e si sentì meglio. La porta si spalancò dietro di lui, Artù si voltò lentamente, non era interessato a chi fosse entrato, Morgana era lì, davanti a lui, era trafelata, Artù si incuriosì solo un po' "Uther morirà!" annunciò Morgana ansimante, ci volle un po' perchè Artù capisse "m-mio padre?" chiese piano "come?" "L'ho sognato, come ho sognato te! non lasciarlo andare!" in un attimo Artù ricordò il sogno di Morgana e si pentì di non averla ascoltata, subito dopo spiccò in una corsa per il castello, sperando con tutto il cuore di riuscire a fermarlo prima che partisse. 

"Padre!" urlò Artù lanciandosi giù per le scale del cortile, il re lo guardò con rabbia, aveva giù un piede nella staffa "Padre, non andare!" gridò lui raggiungendolo, il re si tirò in sella "Torna nelle tue stanze, Artù, parleremo al mio ritorno" disse "e non voglio un'altra parola in proposito" Artù afferrò le redini del cavallo per impedirgli di andare "no, ascoltami, è importante!" insistette "Decido io cosa è importante" ruggì il re "morirai se vai!" gridò Artù, il re smontò da cavallo, Artù sperava che gli stesse dando retta "Tu non puoi avere questi sfoghi davanti al popolo" disse, Artù doveva insistere "continuerò se non mi dai retta" disse "non posso lasciarti morire" Artù non vide arrivare il rovescio che gli appioppò suo padre, con la mano guantata di ferro gli lacerò il viso prima ancora che lui si accasciasse a terra, afferrandosi la faccia per il bruciore lancinante Artù cercò di sollevare la testa dai gradini, vide suo padre montare a cavallo e sparire verso il ponte levatoio. 

Nessuno osò avvicinarsi a lui, era meglio così, suo padre non voleva che desse al popolo spettacolo di se e Artù non lo avrebbe fatto, doveva salvare suo padre, e lo avrebbe fatto da solo. Si alzò e corse alle scuderie, lo stalliere, Simeon, stava spalando il letame "Un cavallo" ordinò "immediatamente" Simeon lo fissò "vostro padre ha dato ordine di non darvi ne cavalli ne armi" "e io ti ordino di darmelo" Simeon impallidì "no, mio signore" disse, Artù tirò un pugno alla parete della scuderia, non aveva alcun potere, non aveva veramente alcun potere, ma avrebbe salvato suo padre, anche a costo di morire, uscì dalle scuderie correndo con gli occhi appannati dalle lacrime, non potette evitare di andare a sbattere contro una persona, "Ginevra" disse riconoscendo la ragazza "Qualcosa non va?" chiese lei, Artù non sapeva da dove iniziare "Devo salvare mio padre e non ho nè un cavallo nè una spada" la ragazza sorrise "io ce l'ho una spada" disse. 

Uther si sentiva libero mentre cavalcava nella foresta, il sole era tramontato ma lui rimaneva convinto che lasciare immediatamente Camelot fosse stata una buona idea, non si trattava solo dell'estrarre la spada dalla roccia, un dovere che intendeva compiere al più presto, la discussione con Gaius lo aveva innervosito ed era lieto che fosse finita, certo,  faceva già buio e sarebbe stato costretto a fermarsi a dormire alla taverna di Mary, non troppo lontana dal castello, quindi il vantaggio temporale era minimo, ma almeno avrebbe rilassato i nervi, Uther spronò il cavallo per andare più in fretta. 

"Questa è la spada migliore che mio padre abbia mai forgiato" disse Ginevra abbassandosi a prendere qualcosa sotto il letto "l'unica che non abbia mai venduto" aggiunse "la tiene per ricordo" da un drappo bianco abbastanza sporco estrasse una spada effettivamente magnifica, Artù era imbarazzato, se fosse successo qualcosa alla spada come avrebbe fatto? voleva esprimere la sua preoccupazione e invece disse solo "Quale idiota nasconderebbe un oggetto così di valore sotto il letto?" la ragazza lo guardò male "noi non abbiamo una stanza del tesoro in cantina" disse, Artù trasalì, la stanza del tesoro doveva essere tenuta segreta al popolo "E' una spada bellissima" disse afferrando l'arma, un po' per sviare la conversazione "E' fondamentale che me la restituiate" fece Ginevra "naturalmente" rispose lui "non dire a nessuno che mi hai visto uscire" disse poi e accennò ad andarsene ma la ragazza lo trattenne per una manica "Come farete a trovare vostro padre con il buio, senza cavallo e senza sapere dove è diretto?" chiese, Artù non era uno stupido "E' buio ormai, ovunque mio padre sia diretto si fermerà alla taverna di Mary, a cavallo sono due ore, a piedi potrei impiegarne quattro se mi sbrigo" spiegò "devo fermarlo alla taverna, mio padre rischia la vita ma nessuno mi crederebbe" "Leon?" azzardò Ginevra "Morgana" Artù scosse la testa "Morgana non sta bene e Leon penserebbe per prima cosa a mettermi in salvo, no Ginevra, devo andare da solo" la ragazza sospirò "allora, io?" Artù stava per rispondere che quella era un'assurdità però era commosso dal coraggio della ragazzina, era l'unica che volesse aiutarlo "Ti prego" disse "vai da Morgana e dille di dire a Gaius che non voglio essere disturbato, poi entra nelle mie stanze, chiudi la porta dall'interno, esci dalla porta della servitù e chiudi quella dall'esterno, è chiaro?" la ragazza annuì "grazie" disse Artù lanciandosi fuori dalla casa del fabbro.
 
Uther aveva raggiunto la taverna di Mary senza troppi intoppi, era anche in anticipo, smontò da cavallo e lasciò l'animale nelle stalle e allacciò bene il mantello per non mostrare la cotta di maglia che portava sotto, tirò su anche il cappuccio, non erano molti fuori dalle mura di Camelot che avrebbero potuto riconoscerlo ma era meglio essere prudenti. 
Uther si sedette a un tavolo appartato e ordinò una birra, avvicinandosi la taverniera lo riconobbe e spalancò la bocca meravagliata prima di afferrare i lembi della gonna per fare la riverenza, Uther la fulminò con uno sguardo e calò maggiormente il cappuccio sugli occhi per farle capire che era in incognito, la donna parve comprendere perchè non aggiunse altro ma si allontanò con un'espressione estasiata sul viso. 

Artù non vedeva quasi nulla, camminava da un'ora circa, forse anche di più, non era nemmeno a metà strada, aveva creduto di poter procedere molto più veloce ma quando il bosco si era fatto più fitto era diventato impossibile non inciampare sulle pietre, la foresta sembrava molto più popolata di notte di quanto non fosse di giorno, i versi degli animali selvaggi suonavano come delle urla, Artù si era voluto convincere non avere paura ma la verità era che non era riuscito ad infilare la spada nella guaina, sebbene appesantito con l'arma in mano avrebbe potuto reagire ad ogni attacco, più che gli animali temeva le persone che avrebbero potuto nascondersi nella foresta. 
Doveva procedere in fretta, Artù spesso correva, si fermava solo ogni tanto preso dal terrore di essersi perso e procedeva ancora non appena riconosceva un punto di riferimento, potevano anche essere passate tre ore, si rese conto con orrore, la situazione era molto più critica di quanto avesse mai potuto immaginare, represse un singhiozzo pensando che comunque non sarebbe morto lì, certo, ma forse sarebbe morto suo padre, Artù riprese a correre. 

Uther aveva finito da un pezzo la sua birra ma era rimasto seduto al tavolo in silenzio, incapace di andare a dormire, pensava a ciò che era successo a Camelot, voleva comprendere suo figlio ma non ci riusciva, ricordava se stesso a dodici anni, era molto più intraprendente di Artù, era stato più o meno allora che i barbari avevano invaso il territorio dei suoi antenato, saccheggiando i villaggi, annientando l'esercito, Uther non voleva fuggire, era stato Gaius, il giovane medico, a trarlo in salvo e costringerlo a seguirlo verso nord, Bruta, il generale Bruta, li aveva raggiunti pochi mesi dopo con ciò che rimaneva dei suoi uomini "ho promesso a tuo padre in punto di morte che ti avrei protetto" gli aveva detto "dovevo proteggere la mia gente" aveva risposto Uther, era solo un bambino ma lo aveva fatto senza un pianto "quelle persone erano innocenti" disse, gli era sembrato che Bruta capisse, era gravemente ferita perchè lei aveva resitito ad oltranza, gli mise una mano sulla spalla "Enea scappò da Troia in fiamme" raccontò "e fondò Alba Longa" Bruta aveva sospirato "In Britannia ci sono ancora dei nostri" aveva detto poi "da lì partirà la nostra riconquista". 

Artù aveva il fiato corto, aveva superato la metà della strada senza intoppi, non si sarebbe arreso ma doveva sbrigarsi, intanto pensava a cosa avrebbe detto suo padre nel vederlo, senza dubbio si sarebbe arrabbiato, non era un porblema, si era arreso ormai al fatto che suo padre lo disprezzasse, l'importante era solo ed unicamente salvarlo, era suo dovere e non solo, a suo padre voleva anche bene. 

Era seduto a quel tavolo forse da due ore, era tempo ormai di alzarsi, mentre Uther pensava questo il rumore della porta che si spalancava lo dissuase, entrò nella taverna un ragazzo, un ragazzo giovane, evidentemente ferito, Uther balzò in piedi, non poteva essere Artù, suo figlio non sarebbe mai arrivato fin lì a piedi, senza dire una parola si accovacciò sul ragazzo e lo voltò, la sua preoccupazione svanì all'istante, come la settimana prima quello che aveva scambiato per suo figlio Artù non era altri che Galvano, il giovane figlio di Herbert. 

Artù aveva dimenticato la paura, aveva dimenticato tutto, aveva riconosciuto il sentiero che portava alla taverna di Mary, mancavano forse due chilometri, l'alba era ancora lontana ma si mise a correre ugualmente, presto la sua missione sarebbe stata conclusa, avrebbe fermato Uther. 

"Tu?" disse Uther sorpreso "Voi?" disse sorpreso il ragazzo "Lontano da me!" disse poi saltando in piedi, tutti lo guardarono stupiti "Quest'uomo" disse il ragazzo a tutti gli altri "Ha tentato di uccidermi" Uther non poteva negarlo ma dubitava che qualcuno avesse creduto ad un ragazzo invece che ad un re "Non dire sciocchezze" disse sbrigativo "le terre perigliose" disse il ragazzo arrabbiato "ci sono stato una settimana nelle terre perigliose" raccontò "prima di venirne fuori ho rischiato la vita ottantuno volte" Uther si chiese se non fosse il momento di rivelare la sua identità "Allora è vero" disse un energumeno seduto al bancone "hai tentato di uccidere Galvano" "incredibile" commentò un altro "quale mostro farebbe una cosa simile a Galvano?" era evidente che il ragazzo godeva di una certa fama lì dentro "un nemico di Galvano è nostro nemico!" sentenziò un altro uomo estraendo il pugnale , Uther pensò che forse non era il caso di rivelare la sua identità, prima che altri uomini si armassero lasciò la taverna e montò a cavallo, avrebbe raggiunto la spada nella roccia di notte. 

Quando Artù spalancò la porta della taverna di Mary si stupì di trovarla stranamente agitata per essere notte "Era re Uther Pendragon" diceva qualcuno "era re Uther quel bastardo" Artù non li sentì nemmeno "Padre!" gridò, la locandiera gli fu vicina in un attimo, "se ne è appena andato" disse piano, Artù era sgomento, nessun cavallo era a vista, come avrebbe fatto "i reali non sono i benvenuti oggi" aggiunse la donna accennando agli uomini che affilavano i coltelli "non sono i benvenuti mai!" le fece eco un ragazzo che Artù aveva già visto "Tu sei Galvano" disse "voi siete tutti dei bastardi" Artù non lo ascoltava, non avrebbe mai potuto raggiungere suo padre in tempo "un cavallo" disse "mi serve un cavallo" "scordatelo" era stata la risposta di Galvano. 

Balinor non si sentiva a suo agio fuori dalla caverna, non più da quando Uther si era mostrato vicino Ealdor, mentre i suoi compagni si scaldavano attorno al fuoco si alzò in piedi "io torno a casa" disse, gli altri lo fissarono "è ancora presto" disse uno di loro "pensavo che anche tu volessi uccidere il re come noi" indicò appena qualche metro avanti a loro "non appenna passerà il confine di Camelot" Balinor scosse la testa "certo" disse "ma quante probabilità ci sono che lo faccia oggi?"

Le gambe di Artù dolevano, con gli occhi appannati non riusciva a distinguere la strada, nè aveva ide di come tornare a casa, il ragazzo crollò su una roccia e scoppiò a piangere, cosa stava facendo? perdendo tempo avrebbe certamente condannato a morte suo padre, lo aveva detto Morgana e Morgana aveva avuto ragione sulla strage del giorno prima, chiudendo gli occhi Artù poteva sentire le urla di terrore dei druidi disarmati quando i balestrieri avevano scatenato su di loro i dardi, poteva vedere i bambini più piccoli messi sotto dagli zoccoli dei cavalli, un ragazzino annegato nel pozzo, una donna sgozzata, lui, Artù, era il loro assassino e non era nemmeno riuscito a salvare suo padre. 
Singhiozzando, Artù, sollevo la testa dalle braccia, la luna aveva fatto capolino dalle nuvole e illuminava la valle, era la valle dei re caduti, il suo inizio, Artù la riconosceva solo in quel momento, riconosceva le due statue che sormontavano il suo ingresso, lentamente, Artù si alzò e stringendo in mano la spada di Ginevra si avvicinò alla statua più a destra, quella di Bruta, si sentiva molto più sicuro adesso e sapeva che dopo sarebbe stato ancora meglio...arrivato ai piedi della gigantesca statua Artù piantò la spada nel terreno e si inginocchiò, non si credeva un grande oratore ma, nel bosco di notte, parlo ad alta voce "Bruta" disse tremante "Io sono un assassino, per colpa mia tantissime persone hanno perso la vita e questo è successo non per ciò che ho fatto ma per quello che non ho fatto, avrei dovuto oppormi a mio padre, avrei dovuto comandare i cavalieri e non l'ho fatto, sono rimasto fermo a guardare mentre gli innocenti morivano" le lacrime scendevano lungo le guance ma Artù non piangeva "io qui giuro che non accadrà mai più" disse "non mi tirerò mai indietro, io combatterò per ciò che è giusto ad ogni costo, ogni qual volta ciò che è sbagliato accadrà davanti i miei occhi, ogni volta io saprò la cosa giusta da fare e la farò incurante delle conseguenze perchè non esiste crimine peggiore di quello di lasciar morire,  sarò sempre pronto a dare la mia vita per quella di chiunque altro, per Camelot o anche solo per dovere ma sopravviverò sempre quando posso, sopravviverò solo per diventare re e fare sempre di meglio, sempre di meglio per il resto della mia vita" Artù sospirò "manterrò tutte le promesse, tutti i giuramenti, ma più di tutti osserverò quello che faccio davanti a te oggi, ti vorrei chiedere di salvare mio padre, ti vorrei chiedere di darmi la forza di farlo ma non  serve" Artù afferrò la sua spada "me l'hai già data" c'era una sola direzione in cui dirigersi nella valle dei re caduti, Artù si asciugò le lacrime con una manica e si alzò in piedi. 

Uther era ormai vicino al confine col regno di Cenred, era un posto pericoloso per lui, solo una settimana prima aveva sentito in quel luogo un certo numero di banditi complottare contro di lui, non era strano, lui li aveva banditi e loro stavano appena fuori dal confine a complottare, Uther rimpiangeva di non averli condannati a morte, superò il confine guardingo, si chiedeva quanto ci avrebbero messo i banditi a prenderlo di mira, in quel momento un dardo solcò il cielo, mancando per un pelo la sua testa. 
Uther si gettò di lato, faticando per rimanere in sella, lo avevano già individuato. Piegato sul cavallo Uther sterzò bruscamente a destra, era da lì che era provenivano le frecce ma era anche l'unica strada che gli avrebbe consentito di raggiungere la spada, i banditi continuavano a mirarlo implacabili, Uther sentì il suo cavallo nitrire con forza e capì che era stato colpito, saltò a terra prima che l'animale crollasse a terra immobilizzando anche lui, approfittò di quel piccolo vantaggio per raggiungere l'unico ponte, a ridosso di Ealdor, che consentiva di superare il torrente particolarmente impetuoso in quel punto. 
Era un ponte fatto di pioli e corde, quando Uther mise un piede a terra si voltò a guardare chi lo inseguisse, erano solo due uomini, gli erano sembrati di più, entrambi gli uomini correvano sul punte nel tentativo di raggiungerlo, senza attendere oltre Uther afferrò le funi che reggevano il ponte e le recise con la spada, il ponte crollò immediatamente e gli uomini sparirono in acqua urlando. 
Uther restò un attimo di troppo a fissare il suo lavoro soddisfatto, un'altra freccia tagliò l'aria e lo trafisse all'altezza del ginocchio, passandogli la gamba da parte a parte. Uther gridò con orrore, non si era accorto dei quattro uomini che lo attendevano sull'altra sponda del fiume. 
Incapace di alzarsi Uther sollevò tremante la spada, pronto a combattere fino alla fine, bastarono pochi colpi del primo di loro a disarmarlo, Uther vide con orrore la sua spade scivolare nel fiume, l'uomo caricò un colpo dall'alto, Uther riuscì a schivare rotolando su un fianco, con uno sforzo riuscì ad alzarsi in piedi, la spada nella roccia era vicinissima, appena dietro l'angolo, Uther riuscì a spostarsi pur con il dardo che gli attraversava la gamba destra, la spada era lì, poteva vederla luccicare alle prime luci del sole, sebbene fosse ancora lontana Uther tese la mano in avanti, uno degli uomini dietro di lui mulinò la mazza ferrata colpendolo alla schiena. 

Era mattina quando Artù superò il confine, sulle sponde del torrente si era aspettato di trovare un ponte, invece quello sembrava crollato, alcuni pezzi di legno erano incastrati tra le rocce sul fondo del fiume e accanto a loro, noto Artù, brillava una spada. "Padre" sussurrò preoccupato, ma suo padre non poteva essere caduto nel fiume, no, lo aveva certamente superato, lui però non poteva raggiungerlo, si guardò in fretta attorno, non c'erano altri ponti, ma c'erano due ragazzi che raccoglievano legna non troppo lontano, avevano delle asce. 
"Quindi stai dicendo che potresti raccogliere legna anche senza questa?" stava dicendo uno mostrando l'ascia al suo amico, Artù riconobbe quello che aveva parlato come uno dei bambini rapiti che lui aveva salvato, quello che era svenuto "voi!" gridò nella loro direzione "dovete prestarmi la vostra ascia" il ragazzo che gli doveva la vita lo guardò male, altrettanto fece il ragazzino bruno che stava con lui "perchè dovremmo?" chiese il primo, Artù non aveva tempo da perdere, avrebbe potuto rispondere che era il principe di Camelot, ma l'esperienza in taverna gli aveva insegnato che non era sempre una buona cosa, "mio padre morirà se non lo fate" il bruno fece per tendergli la sua ascia ma l'altro ragazzo lo fermò "chi è tuo padre?" chiese "Uther Pendragon" disse Artù con tono di sfida "per me quelli possono morire tutti" rispose il ragazzo "ma...Will..." fece l'altro, Artù sfoderò la spada "molto bene" disse con una certa rabbia che mascherava la paura "abbatterò questo albero con la mia spada" spiegò "mi creerò un ponte" con tutta la sua forza menò un colpo verso il troncò dell'albero. 

Merlino credeva che quel ragazzo biondo non forse troppo intelligente, se era una questione di vita o di morte come diceva come poteva sperare di tagliare quel grosso albero in così poco tempo? ma forse lui non aveva mai tagliato un albero. Decise di dargli una mano, si concentrò sulle fronde, doveva esercitare una grande forza per abbattere l'albero con la magia ma lui era forte, lentamente l'albero si inclinò, il ragazzo biondo abbandonò la spada, certamente credeva di essere lui l'autore di quella potenza, povero illuso, ma qualcosa non andava, l'albero invece di cadere sull'altra sponda del fiume, come i ragazzi avrebbero voluto, si stava abbattendo su un lato del bosco, vicino a loro Peter e suo nonno raccoglievano legna e il vecchio era proprio sulla traiettoria della caduta "Il vecchio Simmons!" gridò Will spaventato, il ragazzo biondo invece cercò di fermare la caduta dell'albero con le braccia tese, Merlino dovette raccogliere a se tutta la sua potenza, costrinse l'albero ad alzarsi nuovamente in piedi, non aveva mai fatto nulla di tanto complicato, era come con i cucchiai, solo che era più pesante, poi lasciò che l'albero si abbattesse nel posto giusto. 
Merlino era stanco, la testa gli girava, Will lo fissava a bocca aperta, il ragazzo biondo fissava l'albero, con l'aria trionfante di chi crede di avere fatto tutto lui, Merlino lo vide raccogliere la spada da terra e correre come una saetta sul ponte che insieme avevano appena creato. 

Trafitto in diversi punti dalle lame dei suoi nemici, Uther aspettava il colpo di grazia, non era riuscito a raggiungere la spada e non aveva più modo di combattere, uno dei banditi lo afferrò per un bavero e lo tirò in piedi, senza dubbio intendeva pugnalarlo, Uther costrinse se stesso a non chiudere gli occhi, in questo modo gli fu possibile vedere la pietra che attraversava il cielo e piombava dritta sulla testa del suo assassino, i banditi si voltarono di scatto e lo fece anche Uther, ciò che vide in un attimo gli restituì la speranza e lo riempì di orgoglio, di colpo Uther voleva e poteva sopravvivere, non sapeva come nè perchè ma lui era lì, suo figlio, Artù, armato di spada, pronto a combattere i suoi nemici. 

Artàù fu grato che tutti e quattro gli uomini si concentrassero su di lui, non sapeva come ne sarebbe uscito ma suo padre era vivo, il primo uomo caricò troppo in fretta, Artù parò il suo fendente e si piegò sulle gambe per falciare quelle del nemico con un colpo di spada, l'uomo piombò a terra e Artù gli piantò la spada tra il petto e la spalla, a fatica reagì all'attacco del secondo, erano tanti ed erano veloci, con una gomitata Artù riuscì a spostarsi dal centro della rissa per potere combattere meglio. Il terzo uomo caricò un colpo dall'alto, colpo che Artù parò a difficoltà, l'uomo era forte, Artù provò nuovamente a chinarsi, l'uomo perse l'equilibrio ma un quarto bandito mulinò l'ascia verso di lui, Artù sollevò la spada per proteggere la testa ma questa venne tagfliata di netto. 
Artù fissava la sua spada sgomento, la spada che Ginevra gli aveva prestato era spezzata in due, l'uomo che lo aveva attaccato era caduto a terra ma ne restava uno in piedi alle sue spalle e lui era disarmato "La spada!" sentì gridare suo padre "Artù, la spada!" solo in quel momento Artù vide la spada incastrata nella roccia a pochi metri da lui, saltò in avanti più veloce che mai, tese il braccio, sentiva il fiato del bandito a pochi centimetri da lui, strinse le dita attorno all'elsa, la spada venne via dalla roccia quasi questa fosse fatta di burro e la sua punta, levata al cielo, brillò un attimo al sole prima che Artù, voltandosi, non la conficcasse nel ventre del nemico, l'uomo era riuscito a conficcare il suo coltello nella spalla del ragazzo, ma Artù non sentiva che il calore del sangue che scorreva sulla sua pelle, lui aveva trafitto il nemico da parte a parte, lasciò cadere il corpo al suolo, era il primo uomo che uccideva con le sue mani.

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Capitolo 12
*** Il destino della spada ***


Accasciato a terra, senza più cavallo nè spada, ferito anche se non gravemente, ad un giorno di cammino dal castello, Uther vedeva suo figlio estrarre la spada dalla roccia, Excalibur, la spada che credeva fosse destinata a lui, la spada il cui possessore avrebbe riunificato le terre di Britannia, diventando re, nel passato e nel futuro, portando a termine la missione per la quale Bruta, sir Maraus e innumerevoli altri avevano dato la vita. 

A difficoltà Uther si avvicinò al figlio, strisciando, incapace di alzarsi in piedi, il bambino si voltò verso di lui, era pallido come un lenzuolo, la mano destra stringeva ancora la spada, la sinistra invece stringeva forte la spalla ferita, il sangue scendeva copioso lungo tutto il braccio, nel vederlo Uther provò il terrore più grande di tutta la sua vita, la smorfia di dolore sul volto di Artù sparì in un attimo e tutti i muscoli si rilassarono, istintivamente Uther teste le braccia in avanti, avvolse il corpo del figlio prima che crollasse a terra. 

Uther si accorse di stare tremando, era ferito e non sapeva cosa fare, suo figlio, il suo unico figlio, gli stava morendo tra le braccia e lui non poteva salvarlo, la rabbia lo pervase, era stato felice nel vedere Artù correre in suo soccorso, era stato fiero di lui, aveva capito in un attimo di essersi sbagliato tutto il tempo, suo figlio era tenero, fin troppo, ma era coraggioso, era un eroe. In quel momento però, con le lacrime che gli appannavano gli occhi, Uther invidiava i momenti passati da solo con i banditi, sarebbe stato meglio, sarebbe stato di gran lunga meglio, morire da solo e sapere suo figlio in salvo a Camelot. "Dannazione" disse il re singhiozzando, accarezzò il viso cadaverico del figlio "dannazione Artù" pianse "perchè non sei rimasto a Camelot?" il bambino non poteva sentirlo ma Uther lo strinse più forte e continuò "perchè? Non potevi credere di combattere quattro adulti...tu..." "...no..." la voce debole del figlio lo sorprese e Uther tacque a bocca aperta "io..io non..." Artù faticava a parlare "io non credevo di poterli battere, padre" disse esausto "tutto ciò che volevo era salvarti" affermò "e...e ci sono riuscito" aggiunse poi con una smorfia di dolore "non ho fallito, non sono un fallimento" Uther guardò il figlio preoccupato, in un'altra situazione, forse, questa affermazione non lo avrebbe affatto colpito "Chi dice che sei un fallimento, Artù? Dove lo hai sentito?" il ragazzo strinse ancor più forte la ferita, il sangue non terminava di sgorgare, socchiuse le labbra per parlare, ma tremava "lo hai detto tu...padre" riuscì a dire, era ovvio, Uther lo aveva detto a Gaius la sera prima, Artù doveva essere fuori dalla porta delle sue stanze, doveva avere sentito "Io..." disse "Io ho sbagliato ad esprimermi" cerco di giustificarsi, ma Artù meritava una vera risposta "Tu non hai mai fallito, Artù" spiegò il re "A fallire sono stato io" disse "ho fallito nel mio progetto di trasformarti in una mia copia, tu non sei come ero io alla tua età, ma ora vedo...ora vedo..." Uther non sapeva come continuare, tra la paura per l'imminente morte di Artù e l'orgoglio che gli impediva di essere sincero "ora vedo che tu sei meglio di me, Artù, non sarai mai un buon re come me ma...ma sarai un ottimo re, se ti impegnerai sarai il più grande re" Artù respirava a fatica ma sorrideva, o almeno così pareva "tu sei più sensibile, si, e devi imparare a controllarti davanti alla corte ma posso dirti, Artù, che io ero forte e tu invece sei un eroe" era veramente convinto di ciò che diceva "qualunque cosa succeda, Artù, non dimenticarlo mai, io sono orgoglioso di te" Uther non poteva credere di averlo detto "padre" sussurrò il bambino sofferente, sorrise ma sembrava che per lui fosse finita, Uther non poteva permetterlo, gli sostenne la testa con una mano "non mollare, Artù" disse "continua a guardarmi, continua a..." con uno sforzo il ragazzo eseguì ma chiuse gli occhi subito dopo e rovesciò la testa all'indietro. 


Balinor camminava per la foresta, prima di tornare alla caverna dove viveva aveva deciso di procurarsi il pranzo, purtroppo era riuscito a prendere solo un cucciolo di lepre ma era meglio di niente. Avanzava di buon passo quando il rumore secco di un ramo che si spezza sotto uno stivale lo bloccò, c'era qualcuno, Balinor ebbe appena il tempo di rendersene contò che una lama gli sfiorò la gola, un uomo dietro di lui lo teneva sotto minaccia, lentamente Balinor si voltò per capire chi fosse, ciò che vide lo lasciò senza parole, l'uomo di fronte a lui era ferito, sudato e stravolto ma era anche l'uomo che più di tutti odiava al mondo, l'uomo che gli aveva rovinato la vita, era Uther Pendragon. 

Il re non sembrava averlo riconosciuto, questo inspiegabilmente offese Balinor ancor di più, portava il corpo di un ragazzino, forse morto, su una spalla, doveva aver camminato molto perchè ansimava "ascolta" disse il re spingendo la punta della spada contro il suo collo, come per fargli capire che era costretto a farlo "qui vicino c'è un villaggio, Ealdor" fu come se Uther, nominando Ealdor, avesse rigirato il coltello nella piaga, sebbene sotto minaccia Balinor era determinato a non assecondare la sua richiesta, qualunque essa fosse "devi andarci e portarmi un medico" disse il re "o comunque qualcuno che possa salvare mio figlio" disse accennando al ragazzo che portava in spalla "io sono ferito e non farei in tempo, questo, ovviamente se sopravvivessi agli attacchi dei banditi" Balinor lo fissò "scordatevelo" disse, il re spinse ancora la spada contro la sua gola ma Balinor era impassibile "meglio morire piuttosto che aiutare uno come voi" Uther lo sorprese "non farlo per me, fallo per mio figlio, è solo un bambino non ti ha fatto nulla" a quanto pare quell'assassino aveva un cuore, certo, solo se suo figlio era in pericolo "è indifferente per me se il principe vive o muore" disse Balinor "avrei potuto avere un figlio anche io, non fosse stato per voi" Uther lo fissava impassibile, certo lui non ricordava "mi avete dato la caccia fuori dai confini di Camelot, ho dovuto abbandonare la mia donna" la rabbia era accresciuta dalla consapevolezza di aver passato una vita da esiliato inutilmente, Uther si era dimenticato di lui, ma adesso se ne era ricordato nuovamente "sei uno stregone?" chiese, con la sua solita voce da accusa che Balinor non aveva dimenticato "salva mio figlio" disse poi il re "salva mio figlio con la magia" erano le parole più rivoltanti che Balinor avesse mai sentito "quanti uomini e donne avete ucciso per avere salvato i propri figli con la magia, Uther?" chiese e senza attendere risposta si voltò per andarsene, il ragazzino poteva anche essere innocente, ma erano innocenti anche tutti i bambini annegati da Uther per avere poteri magici e anche suo figlio avrebbe commesso altrettante stragi non appena cresciuto "Aspetta!" lo bloccò la voce del re. 
Senza sapere perchè Balinor si voltò nuovamente a guardarlo, il re aveva deposto il figlio a terra e si era inginocchiato "Chi fa uso della stregoneria, secondo le nostre leggi, è condannato a morte" recitò il re "le tue leggi" avrebbe voluto dire Balinor "io non infrangerò quelle leggi" Uther prese la spada e gliela porse "farai uso della magia per mio conto, per curare mio figlio" disse "e poi eseguirai su di me la sentenza di morte, se è questo ciò che vuoi, io non lascerò morire mio figlio" Balinor non sapeva più cosa dire e cosa pensare, aveva rivisto Uther dopo undici anni e mezzo di esilio e adesso aveva anche l'opportunità di ucciderlo. 
Si inginocchiò sul ragazzino ferito, respirava ancora anche se molto debolmente, raccolse il fango dal terreno e lo plasmò con le mani prima di distenderlo sulla ferita, era molto profonda e vicina al cuore, era un miracolo che il ragazzino fosse sopravvissuto tanto a lungo, Balinor si chiese quante vite sarebbe costato l'aver salvato la vota al futuro re di Camelot, il successore di Uther, chiuse gli occhi e pose le mani sulla ferita del principe recitando l'incantesimo necessario, curare le persone era la magia più difficile da mettere in atto, Balinor doveva trasferire parte di essa nel corpo del ragazzo ferito. Balinor aprì gli occhi "adesso sta dormendo" disse ad Uther cercando di non mostrarsi in nessun modo compassionevole "quando si sveglierà sarà guarito" . 
Il re teneva ancora la spada rivolta verso di se, Balinor la afferrò e la sollevò, stranamente l'occasione di uccidere il suo nemico non gli dava alcuna felicità, Uther aveva il fiato corto, se non altro Balinor gioì nel sentire la sua paura "Sposta il mio cadavere lontano da mio figlio, quando avrai fatto" disse, quanti favori voleva fatti quell'uomo? Balinor prese una decisione, calò la spada, ma non sul collo del re, la lasciò semplicemente cadere a terra "non ce ne sarà bisogno" disse infine "io non sono come te" sotto lo sguardo sbigottito di Uther, Balinor se ne andò.

 
Merlino non aveva fatto colazione quel giorno, sua madre era andata su tutte le furie quando aveva scoperto che Will sapeva tutto sui suoi poteri e lo aveva chiuso dentro la legnaia, li dentro Merlino aveva pianto, non perchè sua madre era arrabbiata, sua madre gli voleva bene, ma se anche lei, che lo amava più di chiunque altro, gli impediva di condividere la sua magia con gli amici chi lo avrebbe accettato veramente nel mondo? Inspiegabilmente si ritrovò a pensare al ragazzino biondo che aveva aiutato con la magia, quel ragazzo gli doveva la vita di suo padre ma mai nella sua vita lo avrebbe saputo, non lo avrebbe ringraziato.


Quando Artù aprì gli occhi il sole era alto in cielo, suo padre lo aveva coperto con il mantello e riposava anche lui appoggiato al tronco di un albero, Artù ricordava di essersi ferito gravemente ma non si sentiva male "padre" chiamò, Uther si svegliò subito e si mosse verso di lui, Artù si alzò e Uther lo abbracciò, Artù non era mai stato tanto felice in vita sua, "Sei stato bravo" disse il padre "sei stato bravissimo" "come sono guarito?" chiese lui, il padre gli accarezzò la testa "sta tranquillo" disse "è stato un miracolo, solo un miracolo". 


Balinor passò vicino ad Ealdor, vicino casa di Hunith, prima di tornare a casa, lei stava parlando con un'amica "tu e Will non dovrete dirlo a nessuno" le stava dicendo, Balinor non sapeva di cosa stesse parlando ma sembrava preoccupata "Ci sono ancora pattuglie di Camelot che cercano gli stregoni in queste terre di confine" raccontava "e la magia è una cosa pericolosa, lo dico per il vostro bene, rischiate se avete a che fare con essa" Balinor era d'accordo, triste come non mai voltò le spalle alla sua amata, forse non l'avrebbe rivista mai più. 


Padre e figlio dovettero tornare a Camelot a piedi, Artù portava la spada  che aveva estratto dalla roccia come un trofeo, entrambi ridevano parlando del più e del meno, "Gaius sarà preoccupato per noi" disse Uther scompigliandogli i capelli "gli ho fatto dire da Morgana che non volevo essere disturbato" spiegò Artù "e ho fatto chiudere alla sua serva le mie stanze dall'interno" aggiunse "per un po' non si insospettirà" "Che sofisticato piano di evasione" considerò il padre, poi cambiò discorso "non mi sembra che il tuo regalo di compleanno ti sia piaciuto molto" Artù si intristì nel ricordare gli avvenimenti del giorno prima, ma dopo il giuramento fatto sulla statua di Bruta si sentiva pronto ad affrontare il futuro "mi piaceva l'idea di comandare" disse "ma non ho saputo farlo" Uther annuì "vuoi qualcos'altro allora?" chiese, Artù voleva solo una cosa "questa spada" disse accennando a quella che aveva in mano, sapeva benissimo cosa farci "E' tua" disse suo padre sorridendo. 


Morgana tirò un sospiro di sollievo nel vedere Artù e Uther varcare le porte di Camelot, aveva passato ore alla finestra "Vi avevo detto che sarebbero tornati" disse Gaius, dietro di lei "se fosse successo loro qualcosa" rispose Morgana "non so cosa avrei fatto, sono tutto ciò che mi resta, Gaius" Gaius annuì "e Uther sarà anche un tiranno" disse Morgana "ma Artù è una speranza" Gaius sospirò "lo è per tutti" disse. 


Quella sera Leon sarebbe voluto accorrere all'ingresso di Camelot come Gaius e Goeffrey per il ritorno tanto atteso del re e del principe, ma non poteva, indossò la veste bianca e si diresse nella sala del trono per la veglia, avrebbe rivisto il re la mattina quando sarebbe stato nominato cavaliere di Camelot. 


Era tardi ma, subito dopo essersi lavato e cambiato, Artù, indossò il mantello blu e si diresse a casa del fabbro, portava in mano la spada che aveva estratto dalla roccia, purtroppo la spada di Ginevra si era spezzata nel combattimento e Artù ne era mortificato, sperava solo che regalarle quella spada in cambio potesse fargli rimediare all'errore. Raggiunta la casa del fabbro Artù bussò alla porta, era agitato ma non voleva darlo a vedere, fu un bambino sui sette anni ad aprire, "Sei il fratello di Ginevra?" chiese Artù "devo parlarle" il bambino rise "Gwen!" chiamò "c'è il tuo fidanzato" Artù si imbarazzò mentre Ginevra arrivava "vai ad aiutare nostro padre, Elyan" disse al fratello e il ragazzino sparì "ha otto anni" disse ad Artù "si inventa cose tutto il tempo" Artù non era interessato al fratello di Ginevra, era molto teso per via della spada "Ginevra" disse esitante "questa spada", Ginevra vide la spada che lui teneva in mano, sorrise stupita "me l'avete riportata subito, grazie!" esclamò "ma questa spada non è..." provò a dire Artù mentre lei gli toglieva la spada dalle mani "Grazie infinite, mio signore" lo bloccò "volevo..." "io trovo che siate molto coraggioso" disse Ginevra "grazie ma..."  la servetta si avvicinò e lo baciò sulla guancia, Artù rimase a bocca aperta, lo aveva baciato, nessuno gli aveva mai fatto una cosa simile in tutta la sua vita, mentre ancora pensava questo la ragazza aveva già chiuso la porta di casa. 


"Artù" tuonò la voce nel buio "Artù" questa volta il principe era preparato, si vesti di tutto punto e seguì la voce fuori dalla stanza, giù per le scale del castello, fino alle segrete, c'erano le guardie, Artù lanciò dei sassolini giù per le scale ed entrambe si allontanarono incuriosite dal rumore "devo dire a mio padre di mettere gente più preparata" ricordò a se stesso Artù "Artù!" rispose forte la voce "arrivo" sussurrò lui, c'era una scala, nelle segrete, che Artù non aveva mai percorso, suo padre glielo aveva proibito ma doveva risolvere quella faccenda, Artù afferrò una delle torce che illuminava il posto di guardia e scese le scale, era uno strano posto, Artù dovette ripetersi più volte che si trovava sempre a casa sua, dentro il castello, le scale terminavano in un piccolissimo spiazzo sul vuoto, tutto il resto era l'interno di una grande grotta, Artù cercò di illuminare quanto più possibile, guardandosi attorno confuso "dove sei?" urlò "sono qui" fece la voce e subito dopo un forte rumore di ali rimbombò per la grotta e davanti a lui apparve un drago, un drago in carne ed ossa, Artù spalancò la bocca, non aveva mai visto creatura più affascinante, al tempo stesso però si ricordava di non  avere niente per combattere quel mostro "Allora, giovane re" disse il drago "dov'è la spada?" "io" disse Artù esitante "non sono re" il drago rise, Artù non credeva che i draghi potessero ridere "Tu sei re" lo corresse "nel passato e nel futuro" "solo nel futuro" disse Artù ma il drago non lo ascoltò "la spada" disse ancora "quale spada?" chiese Artù confuso "Quale?" rise il drago "quella che hai appena estratto dalla roccia, genio!" Artù era sempre più allibito "l'ho data a Ginevra" disse "vedi, io avevo spezzato la sua e allora...." "NOOOOOOOOOOO!!!!!!" L'urlo del drago interruppe le parole di Artù, la povera bestia dimenava la testa da parte a parte per la disperazione, Artù preferì tacere "io dovevo soffiarci sopra!" gridava a tratti il drago "solo questo l'avrebbe resa realmente invincibile!" aggiungeva "tu ne sei possessore!" "sei andato di cervello" disse Artù scuotendo la testa e se ne andò da dove era venuto. 


"Alzati, Sir Leon, cavaliere di Camelot" Leon si alzò, tutti si erano riuniti nella sala del trono per la sua investitura, Uther non vedeva l'ora di andare a dormire, non pensava più alla spada, qualunque fosse stato il suo destino, Artù era pronto ad affrontarlo, con suo figlio la missione di Bruta sarebbe stata compiuta e lui, Uther, lo avrebbe reso un buon re. Artù guardava Leon felice, sognando il giorno della sua investitura, avrebbe giurato fedeltà al re e a Camelot ma in realtà sapeva benissimo che il giuramento più importante lo aveva fatto due giorni prima, nella valle dei re caduti, avrebbe adempiuto a quel giuramento fino alla fine dei suoi giorni. Morgana cercava di rilassarsi, gli incubi la tormentavano ancora e a differenza degli altri aveva come l'impressione che quello fosse solo l'inizio. Gaius era felice di vedere che tutti fossero tornati salvi e sani di mente, soprattutto il povero Artù, era un bravo ragazzo, pensava che ciò che più di tutto invidiava ad Uther era un figlio, ne voleva uno anche lui. Ginevra sorrideva tranquilla sapendo che la spada era in salvo sotto il letto, era ignara del fatto che si trattava della mitica spada Excalibur e non della spada forgiata da suo padre, non lo sapeva ma nove anni dopo, nove anni esatti dopo, avrebbe prestato la spada a Merlino per consentire al drago di soffiarci sopra e renderla invincibile e poi renderla, dopo molte tribolazioni, nuovamente ad Artù, il suo legittimo proprietario.

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Capitolo 13
*** Il più grande sacrificio ***


"So che non sono stato un buon padre" disse Uther al figlio, guardandolo negli occhi bagnati di lacrime "ho sempre messo Camelot al primo posto" disse "ma ti ho sempre voluto bene, Artù" era vero, aveva voluto bene a quel bambino nel giorno stesso in cui Gaius glielo aveva messo tra le braccia, mentre lui piangeva ancora accasciato al capezzale di Ygraine. Sua moglie, la sua amatissima moglie, gli veniva portata via dalla magia ma ecco che arrivava Artù, quel neonato dagli occhi azzurri e spalancati che Uther aveva amato fin da subito. Erano state poche le persone a cui aveva voluto bene, prima i suoi genitori, morti quando era bambino, poi Bruta, la sua tutrice, anche lei lo aveva lasciato fin troppo presto, aveva avuto degli amici da ragazzino, Herbert, Gorlois, Tristan, Vivian, tutti morti. Ygraine era tutto per lui, morendo gli aveva lasciato il suo unico figlio legittimo che lui aveva cresciuto insieme alla figlia illegittima Morgana, aveva amato entrambi allo stesso modo, sangue del suo sangue tutti e due, il primo simile in tutto e per tutto alla defunta moglie e la seconda una copia di lui. Dopo il tradimento di Morgana solo Artù era rimasto al suo fianco, Artù era tutto ciò che aveva, Artù era il bambino che lui, Uther, per dovere verso Camelot e verso la missione che Bruta gli aveva affidato, aveva trasformato in un guerriero, in un comandante e poi in un re. Aveva dovuto essere duro ma era sempre stato orgoglioso di suo figlio e specialmente negli ultimi anni, quando la follia infine lo aveva colto insieme al rimorso di tutto ciò che aveva fatto in passato, se ne era sempre più convinto. 

Erano passati venticinque anni dalla nascita di Artù, a venticinque anni esatti dalla morte di Ygraine che aveva dato la vita per darla a suo figlio, Uther moriva per salvargliela, il futuro re di Camelot lo stringeva tra le braccia, piangendo e chiamando aiuto, ma Uther non temeva il fatto che il suo tempo era finalmente arrivato voleva solo dargli il suo ultimo addio, l'epoca di Uther finiva e quella di Artù iniziava. 

Il volto piangente di suo figlio fu l'ultima cosa che vide poi dinnanzi ai suoi occhi non rimase che il cielo e Uther pensò di trovarsi in alta montagna, era disteso su un prato che si estendeva sconfinato, attorno a lui regnava la pace, non un rumore se non il soffio del vento e il cinguettare degli uccelli. 

"Sono in paradiso?" chiese ad alta voce, era certo di non meritare tale sorte "Sono..." Uther si bloccò, quella non era la sua voce, era una voce da bambino, si guardò il corpo, era piccolo, magro, basso, poteva avere nove o dieci anni, l'età che aveva quando aveva perso i suoi genitori, un rumore alle sue spalle lo colse, Uther si voltò di scatto e rimase senza parole, davanti a lui, in carne ed ossa, c'era Bruta. 

Uther non sapeva cosa gli stesse prendendo, era felice, felicissimo, ma era un re di cinquantasei anni che avrebbe dovuto sapersi controllare e invece, per istinto, fece un salto e si aggrappò al collo di Bruta, che riuscì a sostenerlo vista la sua gracile corporatura, risero entrambi, erano 43 anni che non si vedevano ed entrambi si erano voluti bene. 


Bruta si sedette accanto a lui sul prato, a suo dire non c'era fretta, avrebbero potuto parlare "Ho fatto delle cose orribili" disse lui "questo non può essere il paradiso" sentenziò "d'altro canto tu hai fatto solo cose buone nella vita, come..." "anche io ho ucciso" lo interruppe lei "certo, non nello stesso tuo modo" Uther se ne vergognò "sono stato gravemente depresso negli ultimi due anni" raccontò "e ho capito..." "lo so" intervenne Bruta "tu sei pentito di ciò che hai fatto" Uther annuì "questo non è il paradiso" spiegò Bruta "noi avevamo una missione..." Uther scosse la testa "noi siamo morti, adesso è tutto nelle mani di Artù" disse "e lui è molto meglio di me come re, molto più simile a te" spiegò, Bruta annuì, lo sapeva già "per come hai cresciuto tuo figlio hai fatto molto più tu per la missione che io" Uther stava per negare "fondare una nuova Alba Longa, Albione" disse "restituire al mondo una società basta sui giusti valori, Artù farà tutto ciò" Uther ne era convinto "ma hai fatto un errore, Uther" "Lo sterminio...dei maghi?" chiese lui "hai governato il tuo regno con terrore" spiegò Bruta "questo non lo negherai" il re scosse la testa "per le circostanze della tua morte Artù sarà molto scosso, starà incolpando se stesso, rimpiangerà la tua durezza contro la stregoneria e cercherà di imitarti, questo sarebbe deleterio, lo sai" era così "negli ultimi anni non ho avuto modo di dire ad Artù nè a nessuno di avere cambiato idea sullo sterminio dei maghi" ammise Uther "hai ragione" disse con amarezza "quando ero in vita non  aveva paura a sfidarmi ma lui è un uomo d'onore, non vorrà offendere la mia memoria e si colpevolizzerà, è vero" Bruta annuì, con tranquillità come faceva quando aveva un piano "sarà dura" disse "qualunque cosa" rispose lui senza editazione, Bruta lo fissò "più volte tu hai rischiato la vita per salvare quella altrui, quella di Artù in particolare" Uther annuì, era vero "ora devo chiederti un sacrificio ben più grave" sospirò "sappi che dopo andrai in paradiso..." Bruta esitava "ho fatto molto male a molte persone" fece Uther deciso "sono pronto a qualunque sacrificio" Bruta tacque ancora "quali atti di ribellione" disse infine "ha commesso tuo figlio quando eri in vita?" Uther ne poteva elencare parecchi "ha rischiato la vita per salvare quella del suo servo, Merlino" "lui è un mago" lo interruppe Bruta "lo sospettavo" fece lui e riprese ad elencare "si era innamorato di una serva, Ginevra e da reggente ha fatto diversi cavalieri ignorando il primo codice di Camelot che stabilisce che questi debbano essere nobili" Bruta ci penso "Merlino, Ginevra, i cavalieri...immagino che Artù tenga a tutte queste persone e non cambierà idea su di loro anche dopo la tua morte" Uther non potè che confermare "dovrai fare leva su questo" solo allora Uther si accorse che Bruta aveva tra le mani un corno "Cosa mi stai chiedendo?" chiese sospettoso "devi farti odiare da Artù, devi attaccare ciò che ama e fargli capire che tu eri diverso" "e se gli facessi capire che ho cambiato idea sui cavalieri, su Ginevra..." Bruta tacque e Uther capì che era impossibile "mio figlio è tutto ciò che mi era rimasto" "la scelta è tua..." disse esitante Bruta "qualunque sacrificio" sentenziò infine Uther "per Camelot" Bruta sorrise e il suo corpo si tramutò in quello di una donna vecchissima, più anziana anche di quanto Bruta sarebbe stata se fosse rimasta in vita, Uther tornò ad essere l'uomo che era, Bruta legò il corno alla cintura "Tu aspetta che Artù ti richiami con questo" disse "E' il momento di tornare a Camelot".

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