New Chances

di Crilu_98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Unexpected things ***
Capitolo 2: *** Painful thoughts ***
Capitolo 3: *** Old friends ***
Capitolo 4: *** Helpful enemy ***
Capitolo 5: *** Beautiful view ***
Capitolo 6: *** Inexcusable mistake ***
Capitolo 7: *** Little Brothers ***
Capitolo 8: *** Open hearts ***
Capitolo 9: *** Surprising Wedding ***
Capitolo 10: *** Hasty Escapes ***
Capitolo 11: *** Another Chance ***
Capitolo 12: *** Alive Lover ***
Capitolo 13: *** Deeply United ***
Capitolo 14: *** Unpleasant Meeting ***
Capitolo 15: *** Peaceful Death ***
Capitolo 16: *** New Life ***



Capitolo 1
*** Unexpected things ***


Javert camminava per le strade di Parigi come un automa, senza rendersi conto delle vie che imboccava; la sua mente era rimasta nelle fogne, come un pezzo di sé. Le fogne. Valjean. La sua inspiegabile esitazione. Perché non aveva sparato? Perché non lo aveva arrestato? Lo inseguiva da tutta una vita con ostinata determinazione, forte della sua fede nella Legge.
"Un ladro sarà sempre un ladro. Un uomo pericoloso. Un uomo senza Dio."
Fino al giorno prima, questo era stato il suo credo. Ma Valjean... Dannazione, Valjean era tutto tranne che un uomo senza Dio. Non aveva avuto paura della sua pistola, non aveva avuto paura di lui: tutto ciò che voleva era portare in salvo quel ragazzo. E d'improvviso Javert si era reso conto di ciò che il suo nemico aveva compiuto nel corso degli anni: da quando si faceva chiamare Monsieur Madeleine alla sera prima alle barricate, l'operato di Valjean era sempre stato volto a far del bene. E poi l'aveva risparmiato! Aveva risparmiato lui, Javert, il mastino che da anni gli dava la caccia! L'aveva lasciato andare, perfettamente consapevole che il giorno dopo l'avrebbe avuto di nuovo alle calcagna.
Era cambiato, non era più l'uomo disperato e rancoroso che era uscito dalla prigione con una condanna alla miseria sopra la testa.
Valjean era diventato un altro uomo, un uomo migliore, doveva prenderne atto. Ma la cosa lo sconvolgeva, vanificava i suoi sforzi come servitore della giustizia, riduceva la sua esistenza a una manciate di severe regole vuote. Non voleva vivere così. Non poteva.
D'improvviso si riscosse, fermo nella sua nuova decisione: in un mondo in cui anche i delinquenti potevano riscattarsi non c'era più posto per lui. Guardandosi attorno però, scoprì con stupore di essere tornato alla barricata. Per terra c'erano solo macerie, pezzi di legno e metallo distrutti dai cannoni, e tanto sangue. I corpi erano ancora lì, come poche ore prima: ancora nessuno si era azzardato ad avvicinarsi a quei giovani trucidati. Passò in rassegna ogni faccia: visi pallidi, freddi, privi della luce idealista e rivoluzionaria che li aveva animati e li aveva spinti a quella follia. Vide il ragazzo biondo che era a capo di tutti, Enjolras gli pare si chiamasse, stringere ancora la sua amata bandiera francese con le dita contratte dal gelo della morte. Lo avevano falcidiato con i colpi di baionetta, e ora diversi fiori rossi si allargavano sul suo petto. Eppure il suo viso aveva mantenuto quell'espressione di forza e fermezza che lo aveva caratterizzato in vita. Javert continuò il suo macabro catalogo e pochi passi più in là vide un corpo che sperava di non trovare: quello del piccolo marmocchio che lo aveva riconosciuto e quasi fatto uccidere. Anche lui era disteso in mezzo alla piazza, con la coccarda tricolore fieramente appuntata sul petto, i suoi calzoni troppo corti e una macchia scarlatta sul maglione consunto. Gli sarebbe piaciuto conoscere il suo nome.
"Ma in fondo che importanza ha?" si chiese "E' morto, anche lui, come gli altri. Non c'è più e nessuno se ne accorgerà perché tutti i suoi amici sono morti con lui. E anche io presto morirò. Che senso avrebbe conoscere il suo nome per ricordarlo solo qualche altra ora?"
Solo allora si accorse che nessuno aveva chiuso gli occhi al giovane eroe. Erano ancora spalancati, fissi nel vuoto, azzurrissimi. Javert glieli chiuse e gli appoggiò sul petto una delle sue medaglie.
-Tanto non mi serve più. E tu te la sei meritata molto più di me.- sussurrò. Quel corpo era l'ultimo e l'ispettore fece per andarsene. Con la coda dell'occhio, però, vide una cosa che lo incuriosì. Sembrava un fagotto di stracci e solo avvicinandosi capì che in realtà era un ragazzo: sembrava molto giovane e aveva le mani e il ventre sporchi di sangue. Javert pensò di avere di fronte un altro cadavere e si voltò di nuovo. E fu allora che lo sentì. Debolissimo, quasi impercettibile. Un soffio, no, un respiro. Il ragazzo era vivo! E aprì le labbra per sussurrare una parola:
-Marius...- aveva la voce roca e impastata di chi sta per morire.
Javert non era mai stato un uomo compassionevole. Non si era mai trovato ad aiutare il prossimo in una maniera diversa dal suo lavoro e di certo non si era mai posto il problema di salvare o no un'altra vita.
"Io stavo andando a buttarmi nella Senna..." pensò incerto, guardando quel ragazzo rantolante come un inaspettato ritardo. E prepotentemente nella sua testa si fece strada l'immagine di Valjean che attraversava le fogne con un giovane ferito in spalla, per salvarlo da morte certa.
"Se c'è qualcosa che posso fare per rimediare, almeno in parte, forse... Forse è aiutare questo ragazzo!" si disse. Lo prese in braccio e si stupì di quanto fosse magro e leggero: doveva patire la fame da molto tempo. Aveva un visetto piccolo e delicato e lunghe ciglia nere. L'ispettore si rese conto di essersi appena imbarcato in un'impresa con ben poche probabilità di riuscita: il giovane aveva perso molto sangue ed entro pochi minuti sarebbe morto. Anzi, c'era da chiedersi perché non fosse già a far compagnia agli altri ribelli in Paradiso. Javert iniziò a correre per i vicoli di Parigi, senza curarsi della gente che lo osservava stupita, alla disperata ricerca della casa di un medico. Ne conosceva uno abbastanza vicino e sperava di fare in tempo; pregava di ricordare bene la strada e chiedeva al Signore solo qualche altro minuto di pazienza prima di chiamare a sé quell'anima. Finalmente giunse in vista dell'edificio e proprio allora accadde l'ennesima cosa inaspettata di quella notte straordinaria: il berretto che il ragazzo indossava scivolò via, liberando una lunga chioma fluente e nera. Javert quasi inciampò e si fermò inebetito. Una donna! Era una ragazza.
"Cosa ci faceva alla barricata vestita da maschio?" Questo fu il primo pensiero che gli attraversò la mente. Poi si soffermò un attimo a fissare quel viso che incorniciato dai capelli aveva ripreso la sua bellezza femminile. Javert era convinto di averla già vista... Ma dove?
La ragazza si agitò debolmente e boccheggiò. Senza più indugi l'uomo bussò freneticamente alla porta del medico.
-Ispettore Javert! Che sorpresa!-
-Monsieur, non ho tempo per questo. Questa ragazza sta per morire, dovete aiutarla.-
Il profondo cambiamento in atto nel suo animo non aveva certo mitigato i suoi modi bruschi. Il dottore afferrò la ragazza senza fare commenti o domande e chiamando a gran voce la moglie e l'assistente che viveva con loro si diresse verso il suo studio. Javert rimase sulla porta aperta, ancora una volta indeciso su cosa fare. Si sentì improvvisamente molto stanco: la rivoluzione, la cattura, la presa di coscienza su Valjan, quell'acuto desiderio di morire e ora... Questo. Era troppo, troppo anche per l'inflessibile, incrollabile Ispettore Javert. Avrebbe potuto portare a termine il suo proposito, annegarsi nel fiume, ma si sentiva troppo debole per fare un passo in una qualsiasi direzione; e poi, voleva capire chi gli ricordasse quella ragazza. Sperava si salvasse per chiederglielo e per domandargli anche come le fosse venuto in mente di travestirsi da ragazzo e intrufolarsi in una barricata!
Perciò Javert si trascinò stancamente all'interno dell'abitazione del dottore e chiuse il pesante portone dietro di sé.
 
 
 
 
Zaoooo,
allora questa prima ff è piuttosto astrusa anche per la accesa fantasia: solo che da quando ho scoperto su Internet i Japonine ne sono rimasta incantata, anche perché Javert è il mio personaggio preferito (solo perché nel film del 2012 è Russell Crowe ad impersonarlo, sia chiaro xD). Non so quanto durerà ne quando aggiornerò, però non dovrebbe venire tanto lunga.
Prima di tutto alcuni chiarimenti: ho voluto raccontare ciò che sarebbe potuto accadere se a questi due personaggi fosse stata data una "seconda possibilità" di vita. Per Eponine in senso letterale, per Javert è più un cambiamento spirituale e mentale. Ero tentata, tentatissima di scrivere questa storia in prima persona alternando i punti di vista (cosa che comunque farò, il prossimo capitolo sarà scritto dalla parte di Eponine) ma non ho osato perché l'Ispettore è una personalità troppo complessa per essere interpretata da me... Ho modificato un po' la successione degli eventi, nel film Javert che passa in rassegna i caduti della rivoluzione viene prima del suo incontro con Valjan nelle fogne e sia nel libro che nella versione cinematografica Eponine è bella che spacciata xD  Cooomunque, i personaggi non sono miei e quindi non ne detengo i diritti, a parte qualche comparsa marginale come il dottore di questo capitolo. Mi scuso per eventuali errori ortografici, ho ricontrollato il testo ma potrebbero sempre sfuggire.
Se non siete ancora fuggiti per la noia, ecco qualche anticipazione per il prossimo capitolo: Eponine si sveglia - viva! - anche se ha la precisa impressione di essere spirata tra le braccia del suo amato Marius; Javert ha modo di soddisfare la sua curiosità e scoprire di avere un modo per incastrare Thernardier gli farà accantonare per un po' il progetto suicidio. Probabile comparsa di Jean Valjan... Ma è ancora un po' da definire!
Se volete tirarmi pomodori sono bene accetti perché ne sono golosissima, ma se vi va lasciate una recensione che è molto meglio!
Alla prossima

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Capitolo 2
*** Painful thoughts ***


Era avvolta nel buio. L'oscurità era intorno e dentro di lei: Eponine si sentiva soffocare. Frammenti di suoni e di immagini ogni tanto squarciavano la coltre buia, ma la ragazza non sapeva dire se li percepiva con il corpo o con la mente. Marius sulla barricata, quel colpo che lo avrebbe ucciso e che invece aveva colpito lei. Ricordava l'odore bruciante della polvere, gli occhi neri del soldato, il dolore della pallottola che le trapassava il seno. Aveva creduto che le spaccasse il cuore; invece il suo muscolo cardiaco aveva continuato a battere, sempre più debole, sempre più lento. Rammentava Marius chino su di lei, il suo ultimo sorriso disperato, i suoi occhi tristi. Era triste per la sua morte e ciò l'aveva consolata: sarebbe morta sapendo di aver occupato almeno una piccola porzione del suo cuore.
Ricordava il dolore scemare fin quasi a scomparire, mentre la vista si annebbiava e le parole di Marius non raggiungevano più le sue orecchie.
"Sto per morire" aveva pensato. "Signore, ti prego, perdona i miei peccati e apri per me le porte del tuo Paradiso." Non era stata mai molto religiosa, i suoi genitori non erano certo due modelli di cristianità, ma quella preghiera le sorse spontanea. Aveva paura, ora che stava per morire poteva ammetterlo con sé stessa. Aveva dei rammarichi: non sarebbe cresciuta, non avrebbe mai avuto figli, né un uomo da amare. Forse non li avrebbe avuti ugualmente e sarebbe morta vecchia e sola come un cane, ma le dispiaceva non poterlo scoprire.
"Sto per morire" si era ripetuta e aveva racimolato il suo scarso coraggio. Il buio l'aveva avvolta.
Marius aveva visto gli occhi della sua amica chiudersi, il respiro fermarsi, il capo cadere sul petto. Eponine non c'era più per colpa sua e il ragazzo, già duramente provato dallo scempio intorno a lui, era scoppiato a piangere senza vergogna in mezzo agli spari e ai morti.
 
Era morta.
Avrebbe dovuto essere morta, insomma.
Allora perché la sua coscienza non si dissolveva?
C'era solo ombra, che premeva da tutte le parti. La sua anima, o la sua mente, o tutte e due, restavano dolorosamente ancorate al mondo terreno e la ragazza si accorse di non avere più un corpo. Era quella la punizione divina per una vita miserabile?
All'improvviso il buio allentò la sua morsa: Eponine si sentì nuovamente pesante. Non vedeva nulla, ma ora sapeva per certo di avere gli occhi. Era troppo debole per aprirli, o per fare qualsiasi altra cosa. Dopo aver preso di nuovo possesso del suo corpo, tornarono anche i suoi sensi: percepì l'acciottolato freddo sotto la sua guancia, il freddo pungente che penetrava tra i vestiti fradici per la pioggia, le labbra secche che si aprivano faticosamente per respirare. Tornò anche il dolore, acuto e continuo questa volta, ed Eponine avvertì il sangue che scendeva lentamente lungo il suo fianco. E sentì dei passi avvicinarsi. Avrebbe voluto vedere chi fosse, ma non ci riusciva. Perciò faticosamente aveva dischiuso un po' di più le labbra e aveva buttato fuori l'unica parola di senso compiuto che la sua mente sconvolta riusciva a formulare.
-Marius...-
Stava per morire, lo sapeva.
"Di nuovo poi!" aggiunse mentalmente. Sperava solo che questa volta non ci fossero intoppi e riuscisse a liberarsi finalmente di quell'esistenza dannata e di quel corpo fragile che non voleva arrendersi. Poi qualcuno la sollevò e appoggiò il suo capo su una spalla. Delle braccia forti si strinsero sicure sul suo corpo per sorreggerla. Eponine si sentì al sicuro e si convinse che Marius l'avesse ritrovata.
"Forse hanno vinto!" pensò speranzosa, nonostante avesse visto con i suoi occhi quanto disperata fosse la situazione dei ribelli. Aveva visto Gavroche morire.
"Gavroche..." pensò "Un fratello sconosciuto..."
Si accorse che si stava muovendo velocemente e che il berretto le aveva liberato i capelli. Avvertiva il loro tocco bagnato sulla fronte imperlata di sudore. Attimo dopo attimo si sentiva sempre più reale e paradossalmente meno viva: sentiva le forze scorrere insieme al sangue fuori dalla sua ferita.
Poi altre mani la presero, altre voci la circondarono. Un dolore, forte e inaspettato, la fece urlare, o meglio mugolare terrorizzata. Qualcosa fu estratto dal suo petto e al dolore violento subentrò un bruciore diffuso. Qualcuno la stava bendando.
A quel punto Eponine decise che ne aveva abbastanza e si arrese di nuovo alle tenebre.
 
-Ha una tempra straordinaria per essere così piccola e giovane. Non credevo che sopravvivesse davvero...-
La voce che raggiunse le sue orecchie era calma e calda.
-Se posso permettermi, dove ha trovato questa ragazza, Ispettore?-
-Alla barricata.- Questa voce, invece, era molto più profonda, roca e tagliente. Una voce che Eponine conosceva bene e che si accompagnava a due occhi di ghiaccio. Due occhi da cui fuggire.
"Javert!" pensò allarmata. E finalmente, dopo quella lunga notte, riuscì ad aprire gli occhi. Era distesa in un letto morbido e su di lei era distesa una calda coperta bianca; nel camino il fuoco scoppiettava e i due uomini stavano conversando lì vicino dandole le spalle. Ancora con gli occhi socchiusi Eponine esaminò il resto della stanza, comprese le credenze piene di strumenti medici. Il tizio con la voce calma doveva essere un dottore.
"Come è comodo questo letto" pensò rigirandosi nelle coltri. Così facendo la ferita le inviò una fitta dolorosa e la ragazza si lasciò sfuggire un gemito. I due uomini si girarono di scatto verso di lei ed il medico si avvicinò allarmato.
-Devi stare attenta, ragazzina: ti ho estratto la pallottola dal corpo solo ieri sera e la ferita non si è ancora cicatrizzata. Se ti muovi troppo bruscamente potrebbe riaprirsi del tutto e ci sarebbero complicazioni.-
Eponine annuì, ma la sua attenzione non era certo rivolta al dottore. Lei stava fissando quella figura alta e rigida che non si era mossa di un passo da davanti al caminetto. Aveva l'uniforme impolverata e la barba lunga: quasi non sembrava il curatissimo Ispettore Javert. Gli occhi però, lo tradivano: erano le solite iridi azzurre, fisse nelle sue, e non lasciavano trasparire alcuna emozione.
Dopo qualche minuto di muto confronto, Javert chinò il capo:
-Madmoiselle....-
Madmoiselle? L'aveva chiamata Madmoiselle? Eponine fu folgorata dalla consapevolezza che l'Ispettore non l'aveva riconosciuta. Non sapeva che lei era la figlia di Thernardier, immersa fino al collo nella malavita dei bassifondi parigini.
-Cosa... Cosa ci faccio qui?- mormorò confusa. Javert parve imbarazzarsi perché aprì la bocca un paio di volte ma non disse niente; fu il medico ad intervenire.
-L'Ispettore Javert vi ha trovata alla barricata in fin di vita e vi ha portato qui da me, Madmoiselle.-
-La barricata...- mormorò la ragazza.
-Ditemi, vi prego, si è salvato qualcun'altro?- chiese poi, improvvisamente ansiosa.
I due uomini si guardarono, a disagio: quella ragazza sembrava altamente implicata nella sommossa dei giorni prima ed era quindi, a rigor di logica, una criminale.
-No, madmoiselle, mi spiace: tutti coloro che ieri erano alla barricata sono morti.-
Morti. Tutti. Marius era morto. Eponine si sentì gelare: il suo grande amore era morto nonostante il suo sacrificio. Se n'era andato e lei era rimasta sola, di nuovo. Senza neanche rendersene conto iniziò a piangere. Javert fece istintivamente alcuni passi avanti, fermandosi giusto un attimo prima di toccarle una spalla, sorpreso anche lui da quel gesto che gli veniva naturale. Eponine singhiozzava senza ritegno:
-Dovevo essere morta. Dovevo morire... Dovevo morire io... Marius... Oh Marius....-
Non si accorse che il dottore era uscito dalla stanza, lasciandola da sola con l'ispettore. Ad un certo punto davanti ai suoi occhi si materializzò un fazzoletto bianco e pulito. A tenderglielo era proprio Javert, con la solita espressione severa sul viso.
-Tenete, e smettete di piangere, non lo sopporto.- borbottò, brusco.
Eponine si asciugò le lacrime e riconsegnò imbarazzata il fazzoletto ora tutto bagnato e impolverato all'Ispettore. L'uomo la fissava con gli occhi socchiusi.
-Si può sapere dove vi ho già visto?- esclamò poi all'improvviso, infilando il fazzoletto sporco in tasca senza badarci troppo.
Eponine deglutì a vuoto, iniziando a tremare.
"Devo dirglielo?" si chiese, incerta sul mentire ad un uomo tanto terribile. "E se dopo scoprisse la verità?"
Respirò a fondo e buttò fuori la sua identità tutta d'un fiato:
-Sono Eponine Thernardier, signore. Credo che voi conosciate bene mio padre e mia madre, signore.-
Gli occhi di Javert si spalancarono per la sorpresa.
-Thernardier... Si, ecco dove ci siamo incontrati.- mormorò sovrappensiero. Poi riacquistò la sua postura rigida e l'espressione fredda.
-Posso domandarvi come mai eravate alla barricata vestita da maschio? Dovrei arrestarvi per tentata ribellione all'autorità regia...-
A quelle parole Eponine sbiancò e si sentì mancare: non solo Marius era morto, ma lei stessa ora rischiava il carcere o anche la fucilazione. Boccheggiò, mentre la sua testa tornava ad essere insostenibilmente pesante.
-Io... Ero lì... Per un uomo....- mormorò in un soffio, mentre nuove lacrime spuntavano nei suoi occhi. Javert alzò un sopracciglio, perplesso.
"Non capisce" si disse la ragazza "E come potrebbe?" aggiunse poi con un moto d'insofferenza e di rabbia verso quell'uomo.
"Sarebbe stato meglio se fosse morto!" pensò. Proprio allora le venne in mente un fatto a cui fino ad allora non aveva fatto caso.
-Voi, invece- chiese aggrottando le sopracciglia -Come fate ad essere ancora vivo? Quell'uomo vi ha sparato...-
Javert fece una smorfia strana e per un attimo sul suo viso si avvicendarono diverse emozioni: incertezza, sofferenza, dubbio... paura?
-Quell'uomo era una mia vecchia conoscenza. Un fuggitivo che inseguivo da anni.- ammise.
-E vi ha lasciato vivere quando poteva liberarsi del suo nemico?- esclamò Eponine sbalordita. Javert chinò il capo. Quando lo rialzò, la ragazza si sorprese nel notare quanto ardore e quanta stanchezza ci fosse nei suoi occhi. Era la prima volta che vedeva una guardia della polizia in una maniera così umana e di certo non si sarebbe aspettata di trovare qualcosa di umano in Javert.
-Sì, mi ha lasciato vivere...- sussurrò l'uomo, fissando il vuoto.
"La cosa deve turbarlo parecchio!" pensò lei, accantonando per un po' la sua pena e il suo dolore.
-E voi non capite perché, giusto?- disse dolcemente.
L'Ispettore non rispose. Le domandò invece, inaspettatamente:
-Il giovane che amavate... Il suo nome è Marius, per caso?-
Eponine avvertì una nuova fitta al petto.
-Sì...-
-Sapreste dirmi come era fatto?-
-Signore?-
-Descrivetemelo.-
-Era dolce, gentile, un ragazzo buono...-
-Oh Dio santo, no! Non così! Intendo fisicamente!- sbottò lui scocciato.
-Ah, scusatemi... Alto, biondo, occhi azzurri. Ha... Aveva delle lentiggini sul viso.-
-Corporatura?-
-Beh snella, con spalle larghe... Perché mi fate tutte queste domande su Marius?-
-Non sono affari vostri, per il momento...- disse lui avviandosi verso la porta. 
-Salvandovi la vita ho creduto di riparare ad un errore. Vi sarei grato se per sdebitarvi collaboriate con me per la cattura di vostro padre, visto che da tempo si merita la galera.-
Prima di uscire si voltò di nuovo verso il letto in cui giaceva la ragazza.
-E non preoccupatevi- aggiunse, ironico -Non ho alcuna intenzione di consegnarvi al plotone d'esecuzione.-
 
Angolo autrice:
Eccomi qua,
con il primo capitolo con il POV di Eponine. Che ve ne pare? Sono sempre preoccupata di non centrare in pieno il carattere e la psicologia di questi personaggi... Anche se scrivere dalla parte di Eponine è sicuramente più semplice che immaginare di essere dentro l'Ispettore Javert! xD
Alcune precisazioni sul capitolo:
1- So che il risveglio di Eponine è pura fantascienza. Perdonatemi, ma la maggior parte dei personaggi continuerà a credere che lei sia morta per un bel pezzo!
2- Ho fatto assumere ai Thernardier più importanza di quella che in realtà avrebbero (e meriterebbero) agli occhi di Javert. Altrimenti non sapevo in che modo la presenza di Eponine avesse potuto distogliere l'Ispettore dai suoi pensieri suicidi...
Poi... Valjean non è riuscito ad entrare in questo capitolo per ragioni di spazio, ma il prossimo capitolo sarà interamente dedicato al suo incontro con Javert. 

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Capitolo 3
*** Old friends ***


Javert uscì dall'edificio quasi correndo e salutando a mezza voce il dottore. Un volta all'aria aperta, però, barcollò e si dovette appoggiare alla fiancata della casa.
"Mio Dio, sono diventato vecchio." pensò tra sé e sé.
Si sentiva molto debole, ma non aveva tempo per riposarsi: la questione a cui aveva deciso di dedicarsi richiedeva la sua immediata attenzione.
La breve conversazione avuta con quella ragazza gli aveva fatto dimenticare i suoi propositi:
"Ho sbagliato a giudicare Valjean" si era detto "Ma di sicuro non ho commesso alcun errore di valutazione con i Thernardier".
Sapeva bene che il fatto di averle salvato la vita non avrebbe comprato la fiducia di Eponine: era nato e cresciuto in una prigione, del resto, e conosceva il modo di ragionare della feccia della società. Doveva offrirle qualcos'altro, qualcosa che l'avrebbe costretta a ripagarlo.
Javert non aveva fatto molto caso al ragazzo che Valjean aveva salvato dalle barricate la notte prima: durante il loro viaggio silenzioso in carrozza era troppo confuso e immerso nella sua riflessione  per notare dove l'ex-galeotto avesse depositato il ferito. Decise quindi di recarsi da Valjean.
 
Ad aprirgli la porta fu una ragazza molto bella, dai lunghi capelli biondi, che lo guardò stupita.
-Buonasera, Monsieur, chi cercate?-
L'Ispettore era rimasto perplesso davanti a quell'apparizione: possibile che Valjean avesse una figlia? I lineamenti di quella ragazza gli tornavano familiari, ma non riusciva in nessun modo ad assomigliarla all'energumeno che da sempre gli sfuggiva.
-Cerco...- iniziò Javert titubante, rendendosi conto di non sapere il nome assunto da Valjean. A trarlo d'impaccio giunse una voce ben nota:
-Cosette, cara, chi c'è alla porta?-
-Un ispettore di polizia, padre.-
Valjean si presentò alla porta con espressione grave.
-Sapevo che prima o poi sareste tornato...- mormorò.
Javert gli impedì di continuare.
-Il ragazzo, Valjean. Come si chiama?-
-Il... Il ragazzo? Intendete.. Marius?-
A quel punto Cosette arrossì vistosamente e si intromise nella conversazione:
-Cosa volete da Marius, ispettore? E' ancora convalescente...-
Sul viso dell'Ispettore si accese un sorriso inaspettato: che insperabile colpo di fortuna!
Valjean diventò, se possibile, ancora più cupo e dopo aver dato una carezza a Cosette prese bastone e cappello, dicendo a Javert:
-Venite, ispettore, facciamo due passi.-
Passeggiarono un poco in silenzio, poi l'ex-galeotto si decise a parlare:
-Non mi avete arrestato.-
-No. E non ho intenzione di farlo.-
-Perché?-
Javert lo fissò negli occhi.
-A dirla tutta, non lo so. La scorsa notte è stata terribile per me e non vi nego che ho provato la fortissima tentazione di uccidermi, pur di sfuggire a questo nuovo mondo...-
-Il mondo è sempre lo stesso, Ispettore; forse siete voi a vederlo con occhi diversi.-
-Forse. Ad ogni modo, il vostro giovane amico non è l'unico sopravvissuto alle barricate: io stesso ho tratto in salvo una ragazza, che era lì per salvaguardare il suo innamorato... Un giovane di nome Marius!-
A quelle parole Valjean sobbalzò notevolmente:
-Quello che mi dite è incredibile, signore. Marius è vivo e ha ripreso conoscenza e la prima cosa che ha chiesto è stata dove fosse mia figlia Cosette. Si amano, si vogliono sposare... Non credo che...-
-E' davvero vostra figlia? L'ho sentita chiamarvi padre, è vero, ma non credevo...-
-Non sono il suo vero padre, se è questo che intendete. Non so se ricordate, Ispettore, una povera derelitta, una prostituta di Montreuil-sur-mer che rischiava la prigione per essersi difesa da un aristocratico che l'aveva assalita. Era sporca, affamata e molto malata: io la salvai, dopo aver saputo che era stata ingiustamente licenziata dalla mia fabbrica, e lei in punto di morte mi fece promettere che avrei vegliato sulla sua bambina, Cosette. E così ho fatto, fino ad oggi.-
Alla mente dell'Ispettore si affacciò un viso pallido e malconcio, un corpo esile piegato dalla malattia e dal freddo, due occhi pieni di lacrime eppure così belli e profondi. E capì perché la giovane Cosette gli risultasse familiare.
-Assomiglia molto a sua madre. E' una bellissima ragazza.- commentò in tono piatto.
Valjean annuì e non parlò più fino a quando, giunto sulla porta di casa, si voltò verso l'Ispettore.
-Tornate a trovarmi, se volete. Presto Cosette non ci sarà più e io sento che si avvicina l'ora della mia dipartita. Sarebbe piacevole passare i miei ultimi mesi con qualcuno che ricordi ancora il nome di Jean Valjean e che non si rivolga a me con quello di Ultime Faucheleuvant.-
Javert non disse nulla e si allontanò.
 
Quando entrò in casa, Jean vide Cosette affacciata alla finestra.
-Chi è quell'uomo?-
-Una mia vecchia conoscenza. Un amico di molto tempo fa...-
-Cosa voleva sapere su Marius, padre? Potrebbe avere altri problemi con la legge?-
-No, non credo, mia cara. L'Ispettore voleva semplicemente sapere chi fosse il tuo futuro sposo.-
-Come fa a sapere così tante cose di me? Gliele avete dette voi? Perché? Cosa ha a che fare con me un Ispettore di polizia?-
-E' una lunga storia, Cosette. Anche lui conosceva tua madre, sai?-
Entrambi rimasero in silenzio a fissare la figura che si allontanava. Poi Valjean sospirò pesantemente e sorridendo commentò:
-Sai, Cosette, credo che d'ora in poi ti capiterà spesso di aprire la porta della nostra casa all'Ispettore Javert!-
 
Javert si fermò un attimo a riprendere fiato, prima di bussare alla casa del dottore.
"Avrei dovuto prendere una carrozza!" si rimproverò "Devo abituarmi all'idea di non essere più un ragazzino!"
Fino a pochi giorni prima si era sempre sentito in salute e si era conservato in perfetta forma fisica, ma dopo le barricate la sua età gli era piombata addosso tutta d'un colpo.
"Dopotutto, Valjean non è più vecchio di me che di una ventina d'anni e già sente che sta per morire!" pensò amareggiato mentre il giovane assistente gli apriva la porta.
Gli si fece incontro il medico, parecchio agitato.
-Allora, cosa succede?- chiese Javert infastidito.
-La ragazza, signore!- esclamò il medico -E' scappata!-
 
 
 Angolo autrice:
.....
Beh dopotutto davvero Javert credeva davvero che Eponine se ne sarebbe rimasta buona buona nel letto ad aspettarlo? Povero illuso che non sa con chi ha a che fare xD
Credo che questo capitolo mi sia riuscito abbastanza bene (non proprio come volevo io, ma tanto nessun racconto è mai come lo avevo immaginato, quindi...) voi cosa ne pensate?
Allora, le precisazioni di oggi sono:
1) Ho notevolmente abbassato l'età di Javert e Valjean, ma con un po' di calcoli ci dovrei stare (allora, ho considerato che Valjean muore a 64 anni invece che a 74, perciò Javert è sui 45; Valjean è entrato a Tolone a 27 anni, quindi quando esce l'Ispettore è un ventiseienne che potrebbe già aver intrapreso la carriera da secondino - che faticaaaa!!!) ... Tutto ciò perché altrimenti diventava imbarazzante scrivere su questa coppia xD Ho in mente anche di alzare un po' l'età di lei, ma di poco, due o tre anni.
2) Lo so, è un po' improbabile che dopo tutti quegli anni Javert si ricordi di Fantine, ma mi piaceva l'idea della somiglianza con Cosette. 

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Capitolo 4
*** Helpful enemy ***


Eponine aveva aspettato che il medico e la moglie salissero al piano superiore per riposare per sgusciare silenziosamente fuori dal letto. La ferita al petto le doleva, ma nulla era paragonabile al vuoto per la perdita di Marius.
"E tutti gli altri..." pensò con dolore, ponendosi una mano sul seno pulsante. Enjolras, Grantaire, Combferre, Gavroche....
"Non vedrete mai sorgere la nuova Parigi che sognavate."
Eponine crollò in ginocchio, in parte schiacciata da quella triste verità, in parte ancora troppo debole per reggersi in piedi.
Faticosamente si aggrappò al ripiano dell'elegante mobile che aveva accanto e si rialzò.
"Basta sognare, 'Ponine. Hai sognato fin troppo e hai visto come è andata a finire. Torniamo da papà e dalla sua banda: è lì il tuo posto. Lì, in mezzo ai ladri, ai truffatori e agli assassini: come hai potuto anche solo sperare in n futuro diverso, sciocca ragazza? Chi nasce miserabile, miserabile muore!"
Uscì dal portone principale senza far rumore e fece una smorfia quando il corsetto del vestito che indossava le premette sulla ferita. Il vestito che portava non era nulla di eccezionale, un prestito dalla governante della casa che non lo voleva più, ma era comunque lussuoso se paragonato ai suoi stracci abituali. La gonna era bianca e la ragazza pensò con rammarico che si sarebbe inevitabilmente sporcata e strappata. In compenso il robusto corpetto marrone e le maniche lunghe tenevano al caldo: a Parigi le notti erano ancora molto fredde, sebbene l'estate fosse alle porte.
Si incamminò velocemente verso le barricate, per vedere un'ultima volta i corpi dei suoi amici.
Quando arrivò lì, però, scoprì con rammarico di essere arrivata troppo tardi: alcune donne stavano già lavando via il sangue dalle pietre del selciato e i cadaveri erano stati portati via.
-Oh Marius!- disse sottovoce, in lacrime -Non mi è dunque concesso neanche di guardare il tuo viso un'ultima volta, prima che la terra si chiuda su di te?-
Se ne andò correndo da quella strada, senza badare alle occhiate incuriosite e sospettose dei passanti. Corse a lungo, fino a quando non si ritrovò in vicoli a lei familiari; viottoli sporchi e maleodoranti, invasi da mendicanti e prostitute. Eponine li fissava con occhi vuoti e freddi: il suo animo era ancora in tumulto, ma non poteva darlo a vedere. Non c'era posto per i deboli lì.
"Piuttosto" pensò "sarà meglio che mi tenga alla larga da mio padre ancora un po': non credo abbia già digerito il fatto che per colpa mia è finito in galera."
Si appoggiò ad un muro per riflettere su cosa poteva fare, adesso che era tornata alla sua vita: sua madre era morta, e così Gavroche. Le restavano solo suo padre -meglio non pensarci- e Azelma.
"E i bambini che maman ha affidato alla signora Magnon!" si disse, con un barlume di vita negli occhi. "Potrei occuparmi di loro!"
Ma quel pensiero si spense alla stessa velocità con cui si era acceso:
"Guardati intorno, 'Ponine!" si rimproverò "Come potresti crescere due bambini qui, quando ancora non sai come procurare il pane a te stessa?"
-Ma guarda un po' chi è tornato dalle barricate. Ti credevamo tutti morta, sai?-
Quella voce. 
-Montparnasse!- sibilò la ragazza, voltandosi a fronteggiare uno degli sgherri di suo padre. Era molto più alto di lei, vestito con degli abiti signorili ma malconci e abbinati a caso. Aveva in mano una bottiglia e il suo fiato puzzava di vino scadente; gli occhi vacui le confermarono che era proprio ubriaco.
-'Ponine!- esclamò il ragazzo prendendola per un braccio con un sorriso ebete e crudele sul volto.
La ragazza iniziò a preoccuparsi: l'uomo la strattonava verso un vicolo buio e non c'erano molti dubbi sulle sue intenzioni.
Provò a divincolarsi, a gridare, ma gli altri abitanti del quartiere rimasero indifferenti alla scena: nessuno sarebbe arrivato ad aiutarla.
-Aiuto!- provò di nuovo a gridare la ragazza, ormai schiacciata tra il muro sudicio e il corpo di Montparnasse.
-E stai zitta!- mugolò lui mentre tastava il corsetto alla ricerca di un modo per toglierglielo.
Poi ghignò, sconfitto.
-Ci siamo rivestite, eh? Chissà a chi hai spillato così tanti quattrini da permetterti un vestito del genere! E che gonna fine... Vediamo un po' cosa c'è sotto!-
Le chiuse la bocca con un bacio insistente e cattivo, che le lasciò in bocca uno stomachevole sapore di vino rancido. Eponine non riuscì a resistere oltre a quella presenza invadente e gli morse la lingua con forza. Montparnasse ululò di dolore e le tirò uno schiaffo così potente da farle sbattere la testa contro il muro. Ancora intontita vide l'uomo asciugarsi il sangue che gli era uscito dalla bocca e guardarla con odio:
-Me la pagherai per questo, dannata puttana!- esclamò.
Le sue mani raggiunsero veloci l'orlo della gonna, sollevandola fin quasi alla cintola.
"Ecco, ci siamo" pensò Eponine, chiudendo gli occhi per il disgusto. Non si era accorta di aver iniziato a piangere fin quando alcune lacrime salate non scivolarono dentro le sue labbra serrate. Il suo corpo si irrigidì, preparandosi alla dolorosa intrusione.
Un'intrusione che non avvenne.
Montparnasse fu scagliato con forza lontano da lei. Sbigottito si ritrovò a terra e prima ancora che potesse rialzarsi un calcio sul ventre lo fece piegare in due dal dolore. Poi una mano forte lo prese per il bavero e lo sollevò fino all'altezza di due occhi di ghiaccio.
-Javert...- mormorò la ragazza meravigliata. L'Ispettore fissava il terrorizzato Montparnasse con una maschera di pura ferocia dipinta sul volto. L'uomo si dibatteva, scalciando i piedi, ma era troppo basso rispetto a Javert per poter toccare terra.
Senza alcun preavviso, Javert tirò un pugno sul viso dello sgherro, che iniziò a sanguinare dal naso. Poi lo scagliò a terra di nuovo, ma prima che potesse attaccarlo Montparnasse si alzò in piedi e tirò fuori il coltello. Javert sollevò le sopracciglia ironico:
-Seriamente?- chiese beffardo, sguainando la spada.
Eponine, ancorata al muro alle sue spalle come se fosse l'albero di una nave in mezzo alla tempesta, osservava ammutolita e spaventata i due uomini scrutarsi con odio.
Montparnasse si buttò contro l'Ispettore, facendogli perdere momentaneamente l'equilibrio e ferendolo al braccio. Javert fece qualche passo indietro, sorpreso, ma la sua incertezza durò solo un istante.
Montparnasse non si rese neanche conto di morire: l'ultima cosa che vide fu la spada dell'Ispettore trapassargli il costato. Nel suo sfocato campo visivo apparve Eponine.
-Muori... Maledetta...- biascicò, sputando sangue, prima di accasciarsi a terra.
 
Eponine tremava. Non aveva tremato così tanto né davanti al gelo delle notti parigine né in punto di morte. Si sentiva incapace di qualsiasi movimento, perciò rimaneva lì, con le mani artigliate agli interstizi dei mattoni. Javert si voltò verso di lei: alla luce del tramonto, le sembrò quasi che i suoi occhi esprimessero sollievo. L'Ispettore si avvicinò cautamente.
-State bene, madmoiselle?-
L'aveva chiamata nuovamente in quel modo, madmoiselle. Nessuno l'aveva mai chiamata così, in tutta la sua vita; lei non era nobile, e neanche una brava ragazza con una famiglia lavoratrice o benestante alle spalle. Lei era una ladra dallo sguardo sfuggente che tutti evitavano e guardavano con disprezzo. Eppure Javert si ostinava a chiamarla "signorina", come se lei fosse realmente qualcuno. Qualcuno di importante.
A distanza di anni, Eponine ricorderà quel gesto con estrema perplessità: non seppe mai cosa la spinse a slanciarsi contro l'Ispettore come un gattino ferito, fino a sbattere contro il suo petto. Non seppe spiegarsi perché d'improvviso avesse così bisogno di abbracciare un essere umano, anche uno così freddo e pericoloso come l'Ispettore Javert.
Si ritrovò a singhiozzare contro la sua divisa senza quasi rendersene conto. Javert lasciò cadere la spada dalla sorpresa e abbassò lo sguardo verso quella ragazzina minuta che l'aveva circondato con le braccia ossute e ora sussultava con il viso premuto contro di lui. Fu felice che lei non potesse vedere l'espressione del suo viso, perché era in estremo imbarazzo.
Silenziosamente le posò una mano sui capelli disordinati e iniziò a carezzarle piano la testa per tentare di calmarla.
Eponine si riscosse sotto quel tocco e si rese conto con orrore non solo che aveva pianto senza ritegno avvinghiata al suo peggior nemico, ma anche che aveva le mani sporche di sangue.
La macchia rossastra sul braccio di Javert si allargava a vista d'occhio.
-Ispettore, la vostra ferita! Bisogna curarla!- esclamò spaventata. Javert osservò la manica della sua giacca e scosse le spalle.
-E' solo un graffio.-
Eponine si staccò da lui e lo fissò con aria di sfida:
-Avete visto quanto era sudicio il coltello che vi ha colpito, Ispettore? Voi non immaginate neanche quante persone ho visto morire per dei "graffi" come questo!-
Sul viso di Javert apparve l'ombra di un sorriso; solo l'ombra, perché sembrava proprio che quei muscoli fossero fuori allenamento.
Eponine si parò tra lui e l'uscita del vicolo e alzò la testa, decisa:
-Mi avete sentito o no?-
-Va bene, va bene. Faremo come dite voi. Venite con me.-
 
Angolo autrice:
Mai scritto una scena più cliché di questa in tutta la mia vita, giuro. Però li trovo adorabili e non ho saputo resistere <3<3<3
Ricordatevi l'accenno ai due fratellini di Eponine, perché poi ci ritornerò, e anche su Azelma.
E... Per il momento è tutto. Anzi, no, mi stavo dimenticando di una cosa: Javert non ha un nome di battesimo!
Quindi ora la domanda è: vi sembra meglio se Eponine lo continuerà a chiamare Javert o se gli invento un nome di sana pianta? E se sì quale?
Fatemi sapere! 

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Capitolo 5
*** Beautiful view ***


Javert aprì la porta e si fece da parte per far entrare un'esterrefatta Eponine nel suo appartamento.
-Voi vivete qui?- chiese lei per l'ennesima volta.
L'Ispettore annuì pazientemente. Quella ragazza lo divertiva, anche se non l'avrebbe mai ammesso. Lui non era tipo da divertirsi.
Eponine si guardava intorno, intimorita e incerta su come muoversi. Javert non riusciva a comprendere il suo sconcerto: eppure doveva aver vissuto in una casa, prima di finire sulla strada. E casa sua, non aveva problemi ad ammetterlo, non era proprio l'abitazione che ci si sarebbe aspettata da un uomo nella sua posizione: spaziosa, ma vuota, arredata solo con pochi mobili essenziali. Nell'ambiente che fungeva da ingresso e salotto erano presenti solo un tavolo, un camino, una credenza e quattro sedie. Nella sua camera, l'unica altra stanza, c'erano il letto, l'armadio e un lavabo. Anche il balcone era completamente spoglio, ma Eponine ne fu entusiasta.
-Avete una terrazza bellissima!- esclamò, come una bambina. Javert inclinò il capo perplesso.
-Voi dite?- chiese, raggiungendola sul balcone.
-Guardate che vista sulla città: è meravigliosa!-
L'Ispettore scosse la testa, incredulo.
-Qualcosa non vi convince, monsieur?-
Javert fissò quegli occhi scuri così maturi e insieme così ingenui.
-Mi chiedevo semplicemente come fate ancora a sognare, madmoiselle.-
Eponine ammutolì a quella risposta e il suo sguardo, improvvisamente cupo, si fissò sull'orizzonte. Javert si diede mentalmente dello stupido. Quando però tornò a guardarlo, la ragazza non sembrava offesa.
-Non lo so neanche io, Ispettore. E ora medichiamo quella ferita.-
L'Ispettore si scostò bruscamente come se lei l'avesse minacciato.
-Avete ragione, vado a pulirla.-
-Ma siete sicuro di farcela da solo?- obiettò lei.
Javert annuì e si chiuse nella sua camera.
Appoggiò la testa contro la solida porta di legno, sospirando.
"Cosa mi è saltato in mente?" si chiese preoccupato, mentre sentiva dall'altra parte strani rumori.
"Spero che non rubi nulla..."
Dopodiché si spogliò e osservò la ferita infertagli da Montparnasse. La ragazza aveva ragione, i lembi erano sporchi e se non li puliva rischiava una seria infezione. Iniziò a lavarsi reprimendo qualche gemito di dolore: quello che gli era sembrato solo un graffio in realtà era un taglio piuttosto profondo.
Al pensiero dell'uomo con cui si era battuto, però, il dolore svaniva per lasciare il posto ad una rabbia sorda; Javert digrignò i denti, irato.
Aveva battuto tutti i quartieri più malfamati di Parigi alla ricerca di Eponine e stava per rinunciare, con un moto di stizza, quando aveva sentito le sue grida. Alla sua apparizione mendicanti e prostitute si erano dileguati atterriti... Solo Montparnasse, troppo impegnato nel suo tentativo di stupro o forse troppo ubriaco, non si era accorto della sua presenza.
Le immagini di Eponine schiacciata sotto di lui che le alzava la gonna per afferrarle le gambe fecero perdere all'Ispettore il consueto autocontrollo: con un'esclamazione rabbiosa lanciò a terra la bacinella con la quale si stava lavando, che si frantumò.
Javert la fissò alquanto stupito del suo gesto e fu così che Eponine lo trovò quando si precipitò nella camera.
-Ma cosa avete fatto?-
-Mi è caduta...-
-Dite pure che l'avete buttata a terra! Ho sentito benissimo il vostro grido, Ispettore!-
-E anche se fosse?- Javert la fulminò con lo sguardo -Questa è casa mia e sono padrone di fare ciò che voglio!-
La ragazza si zittì, stringendo le labbra in una smorfia offesa. L'Ispettore stava per mandarla via, quando lo sguardo della ragazza si posò sulla ferita ancora sanguinante; mutando subito espressione si avvicinò al lavabo e recuperò un pezzo di stoffa pulito.
-Di questo passo morirete dissanguato. Sedetevi sul letto...- mormorò la ragazza, accomodandosi poi accanto a lui. Gli deterse il braccio con delicatezza, avvicinò i lembi del taglio e chiuse il tutto dentro la benda improvvisata. Javert non commentò il suo operato, ma si rilassò sotto il tocco di quelle piccole mani gentili, chiudendo gli occhi.
Quando lei si alzò, soddisfatta del suo lavoro, l'Ispettore si sorprese nel desiderare ancora la sua vicinanza.
-Ecco fatto, monsieur. Ora vestitevi e raggiungetemi di là. Ho trovato del pane e del formaggio nella vostra credenza e anche se sembrano risalire a dieci anni fa dovrebbero andare bene come cena!- 
 
Quando, indossata una camicia bianca, Javert si affacciò sulla sala principale, rimase di stucco: il tavolo e le sedie erano scomparsi. Poi si accorse che Eponine li aveva semplicemente spostati sulla terrazza. La ragazza aveva rimediato una tovaglia e dei piatti ed era anche scesa ad attingere l'acqua dal pozzetto privato del palazzo. Nel vederlo arrivare sorrise timidamente:
-Non fa molto freddo a quest'ora, e ci si vede ancora benissimo. Mi era sembrata una buona idea...-
Non terminò la frase, mordendosi il labbro confusa: l'Ispettore stava fissando la scena con una strana espressione sul viso. Poi l'uomo si riscosse.
-Avete fatto benissimo. Non mi siedo a tavola per mangiare da molto tempo... In realtà non avevo mai pensato di cenare qui fuori.-
Eponine sorrise raggiante.
-La ferita vi fa male?- chiese poi durante il pasto. Javert scosse la testa.
-Posso farvi una domanda, madmoiselle?-
Eponine spalancò gli occhi:
-Normalmente un gendarme mi avrebbe già sottoposto ad un interrogatorio, quindi... Certamente.-
-Avete fatto un ottimo lavoro con questa ferita...-
-Grazie, Ispettore, ma questa non mi sembra una domanda.-
-No, infatti. Il punto è che...-
"Che diamine sto farfugliando?" ringhiò Javert dentro di sé "Ho costretto decine di criminali a confessare e ora non riesco a porre una semplice domanda ad una ragazzina di strada?"
L'Ispettore inspirò a fondo, prima di squadrare Eponine con due occhi che la fecero rabbrividire: erano gli occhi inespressivi e glaciali del gendarme, dell'uomo di Legge.
-Mi è sembrato che non abbiate avuto problemi ad aiutarmi, sebbene non avessi nulla addosso a parte i pantaloni.-
Eponine tornò a respirare e si concesse un mezzo sorriso:
-Tutto qui? Vuole sapere se mi sono trovata in situazioni simili? Ebbene sì... E non certo per medicare una ferita!- rispose ironica.
Javert fu molto colpito da quell'affermazione e qualcosa dovette trasparire dalla sua faccia perché Eponine addolcì il tono e proseguì:
-Noi ragazzi di strada cresciamo in fretta, Ispettore, voi questo lo sapete. E a volte io e mia sorella non avevamo altro modo per procurarci il pane.-
-Non è così che dovrebbe essere...- borbottò cupo Javert.
-Vi mettete a fare filosofia adesso? Quasi non vi riconosco... Siete sicuro di essere proprio l'Ispettore Javert?-
La sua voce scherzosa distolse Javert dal fatto che la ragazza fosse stata costretta a vendere il suo corpo per mangiare:
-Assolutamente certo. Non potrei dirvi con sicurezza di essere lo stesso Javert a cui eravate abituata, però.-
Eponine ammiccò maliziosa:
-Di questo mi ero già accorta!-
-Madmoiselle...- mormorò ad un certo punto l'Ispettore -Devo dirvi anche un'altra cosa...-
-Parlate, allora.-
-Marius è vivo. E si sta per sposare.-

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Capitolo 6
*** Inexcusable mistake ***


"Marius è vivo."
Il suo cuore guarì all'improvviso: il dolore sordo che l'aveva accompagnata per tutta la giornata sparì.
"Si sta per sposare."
Dio, come le aveva fatto male quella frase. Eppure era logico, era sicuro: Marius era sopravvissuto e ora era tornato da lei, da Cosette.
Sentì le lacrime pizzicarle gli angoli degli occhi e si maledisse per questo: lo sapeva, l'aveva sempre saputo, perché non riusciva ad accontentarsi del fatto che fosse vivo e avrebbe avuto una vita felice?
-Madmoiselle...- provò a dire Javert, preoccupato, ma lei non lo lasciò continuare. Si alzò in piedi di scatto, rovesciando la sedia, imboccò la porta e si precipitò giù per le scale. Giunse al portone che già singhiozzava e si accorse dei passi che l'avevano seguita quando fu troppo tardi. La presa di Javert sul suo braccio fu fulminea e forte.
-Lasciatemi!- sibilò la ragazza inviperita, dibattendosi furiosamente. Ma l'Ispettore sembrava deciso a non mollarla.
"Ma cosa vuole da me?" si chiese Eponine, disperata.
Ad un certo punto Javert perse la pazienza e la spinse con malgrazia contro il muro dell'atrio.
-Ora ascoltatemi!- ringhiò con occhi spaventosi ed Eponine ammutolì. Sembravano tornati ai vecchi tempi, a prima delle barricate, quando lei era una figlia della strada senza nome e lui l'inflessibile Ispettore, il braccio armato della Legge. Ora lei era diventata una sopravvissuta e lui... Lui cos'era? O meglio, chi era, questo nuovo Javert così... umano?
Solo allora Eponine si accorse della sua posizione: stretta tra il muro e il corpo dell'Ispettore, con le sue mani attorno ai polsi ossuti e il suo volto così vicino che poté osservare le pagliuzze grigie nei suoi occhi azzurri. I loro respiri si mescolavano leggeri, e per un attimo la ragazza pensò alla tentata violenza di Montparnasse; anche Javert sembrò essere colto dallo stesso pensiero e si allontanò un poco, posizionandosi però tra lei e la porta. Alla ragazza dispiacque non godere più di quel contatto: Javert era un uomo freddo, brusco e a tratti anche dispotico ma le aveva salvato la vita e questo dimostrava che forse c'era qualcosa di buono anche in lui. L'aveva cercata per tutti i vicoli di Parigi e aveva ucciso chi tentava di violentarla, dopotutto.
-Vi ascolto...- mormorò con lo sguardo basso, lisciandosi la gonna con le mani. L'Ispettore socchiuse gli occhi:
-Dove pensate di andare, a quest'ora della notte? Da vostro padre, forse? Non penso vi accoglierebbe a braccia aperte... Restate qui, vi cedo volentieri il mio letto.-
La ragazza non poté fare a meno di guardarlo a bocca aperta.
-Domani, se volete, farò in modo che possiate incontrare questo Marius... Ma non mettetevi strane idee in testa, madmoiselle, è fidanzato con la figlia di una donna che ho conosciuto... E mi dispiacerebbe rovinarle la vita una seconda volta.-
L'ultima parte era poco più di un sussurro. Javert si avviò su per le scale ed Eponine, dopo qualche tentennamento, lo seguì.
 
Eponine era altamente confusa, e per vari motivi. Non riusciva innanzitutto a spiegarsi lo stravolgimento del carattere di Javert... E poi l'Ispettore conosceva Cosette? Aveva fatto del male a sua madre? Se sì, Cosette lo sapeva?
"Perché mi sta aiutando?" si chiese per l'ennesima volta, mordendosi la lingua per evitare di pronunciare la domanda ad alta voce. "Vuole che io gli consegni mio padre, è vero, ma è solo questo?"
La ragazza si ricordò dell'impacciata conversazione avuta a cena, prima della rivelazione su Marius.
"Possibile che voglia proprio... Quello?" si chiese sgomenta.
"E se io acconsentissi, poi mi lascerebbe in pace? Tentar non nuoce..."
Javert era appena entrato nella sua camera per cambiarsi e poi lasciarle la stanza. Eponine fece un respiro profondo, si sistemò i capelli con le mani e si diresse decisa verso la porta chiusa.
-Ma cosa...?- esclamò l'Ispettore, girandosi verso di lei che aveva nuovamente chiuso la porta dietro di sé. La ragazza lo guardò con espressione seria e rassegnata.
"Forza 'Ponine: l'hai fatto con uomini peggiori!"
Javert la fissava stranito dal centro della stanza: si era liberato della camicia e si stava sbottonando i pantaloni. Eponine si avvicinò, gli cinse il collo con le braccia e lo baciò.
Era strano dover prendere l'iniziativa con un uomo, ma la ragazza lo trovò fantastico: Javert era troppo stupito per reagire così lei poté gustarsi a fondo il sapore particolare della sua bocca. Senza staccarsi da lui lo spinse verso il letto e gli cadde sopra; quando però iniziò a sollevare la gonna, l'Ispettore sembrò risvegliarsi dalla sua sorpresa:
-No!- gridò, fermando la sua mano. Eponine lo guardò confusa. La faccia dell'Ispettore era un misto di rabbia e delusione e i suoi occhi azzurri mandavano scintille.
"Dio santo, sembra addolorato!" si disse la ragazza, intimorita.
Javert la spinse via e, messosi a sedere sul letto, si prese la testa fra le mani.
-Io... Io sto cercando di scendere a patti con questa nuova realtà, sto cercando di essere un uomo migliore e voi... Voi... Mi fate questo? Davvero è questa la considerazione che avete di me?-
Alzò lo sguardo tormentato su di lei ed Eponine comprese di aver fatto un terribile errore.
-Non vi azzardate a tentarmi in quel modo... Mai più! Altrimenti giuro su Dio che vi sbatto in galera!-
Detto questo, l'Ispettore uscì dalla stanza e chiuse la porta dietro di sé.
 
Eponine si torturava la gonna che da bianca era già diventata grigia e per l'ennesima volta si chiese chi stessero aspettando sotto quell'anonimo palazzo. L'Ispettore non le aveva più rivolto la parola e neanche lei aveva osato parlare, limitandosi a seguirlo sulla carrozza che aveva fermato per strada. Ad un certo punto Javert aprì la portiera e salì un uomo piuttosto in là con gli anni, ma ancora imponente e caratterizzato da un'espressione mite.
Quando i suoi occhi si posarono su di lei si addolcirono immediatamente e lui si toccò la visiera del cappello con rispetto, sorridendole:
-Eponine Thernardhier!- esclamò, come se la conoscesse da tempo. La ragazza non riuscì a trovare parole adatte ad esprimere la sua confusione, ma il suo viso doveva essere abbastanza eloquente perché l'uomo continuò:
-L'ultima volta che ci siamo incontrati eravate uno scricciolo vestito di fiocchi, custodito gelosamente da vostra madre e sempre seguito dalla vostra sorellina... Azelma, giusto? Mi pare che Cosette mi abbia detto così...-
Un ricordo affiorò nella sua mente: la locanda losca dei suoi genitori, una bambina magra e sporca e un uomo grande che un giorno venne e la portò via.
-Voi... Voi siete l'uomo che portò via Cosette!- esclamò sbalordita. L'uomo sorrise:
-Mi piace considerarmi suo padre, bambina mia. E vi devo dei ringraziamenti: senza la vostra coraggiosa azione ora Marius sarebbe morto, Cosette infelice ed io con lei. Come vedete, è a voi che dobbiamo la nostra felicità.-
La ragazza rifletté un poco su quelle parole: era triste per il matrimonio di Marius, vero, ma non riusciva a rammaricarsi della felicità sua e di Cosette, soprattutto al pensiero che fosse opera sua.
"Dovrei commiserarmi, e invece sono quasi... Contenta per loro"
-Qual è il vostro nome, Monsieur?- chiese poi allo sconosciuto. Udì un singulto provenire dalla sua sinistra e con sorpresa notò che Javert stava soffocando una risata.
"Non credevo fosse capace di ridere!"
L'uomo sorrise, a disagio.
-Ho avuto molti nomi, madmoiselle Eponine. In questa vita potete però chiamarmi Monsieur Ultime Fauchlevant.-
Erano arrivati davanti ad un palazzo signorile, probabilmente la dimora del nonno di Marius.
La ragazza entrò intimidita nel giardino, sentendosi piccola, insignificante e fuori posto; stava per seguire il suo istinto e fuggire, quando lo vide. Zoppicava un po' e aveva ancora una benda sul braccio, ma era lui, era il suo Marius.
"Non è mai stato tuo, sciocca!" si rimproverò nel vedere la ragazza che gli camminava al fianco. Cosette era radiosa e genuinamente innamorata: Eponine non riusciva a vedere in lei nulla della piccola orfana della sua infanzia.
Quando Marius si accorse di lei spalancò la bocca per la sorpresa; poi iniziò ad avanzare il più velocemente possibile verso di lei, trascinando la gamba ferita. L'abbracciò stretta e in quel momento Eponine sentì di aver fatto la cosa giusta ad andare lì: non avrebbe mai ottenuto il suo amore, ma l'amicizia di Marius era quanto di più prezioso il mondo le avesse concesso.
-E-Eponine!- balbettò il ragazzo, commosso -Mi era stato detto... Mi era stato detto che erano tutti morti. E tu... Oh Signore che sei nei cieli, tu eri morta, io ti ho visto! E' un miracolo...- continuò con le lacrime agli occhi.
-Cosette! Voglio presentarti una persona...-
-Non ce n'è bisogno.- lo interruppe pacata la sua fidanzata. Eponine si sentì a disagio in sua presenza: erano state bambine insieme, ma in condizioni diversissime e opposte a quelle attuali. Non sapeva come comportarsi e iniziò a farsi prendere dal panico... Proprio allora Cosette fece una cosa che la spiazzò. Le gettò le braccia al collo e l'abbracciò stretta. In quell'abbraccio Eponine sentì e infuse tante cose non dette: scuse, ringraziamenti, congratulazioni, lacrime, un pizzico d'invidia e i semi di una duratura amicizia.
 
-Non è possibile, non è neanche qui!- urlò Eponine furiosa, vedendo anche l'ultimo dei rifugi di suo padre deserto. Lei e l'Ispettore battevano da giorni i bassifondi della città alla ricerca di Thernardier, ma l'uomo sembrava svanito nel nulla: probabilmente la morte violenta di Montparnasse e i sussurri dell'implicazione di Javert lo avevano allarmato.
-Calmatevi!- sbottò Javert alle sue spalle. Eponine strinse i pugni, sul punto di esplodere: l'unico sollievo in quella frustrante situazione era non dover condividere più l'abitazione con l'Ispettore. Cosette si era offerta di ospitarla finché non avesse trovato un lavoro e una sistemazione... L'unico problema era che passando tutto il suo tempo con Javert non aveva l'occasione di cercarsi un impiego. Si girò verso di lui: dopo il suo imbarazzante tentativo di andarci a letto, il loro rapporto era decisamente più freddo e scarno.
-Non so più dove cercare...- mormorò distrutta. All'improvviso le braccia dell'Ispettore la circondarono e la strinsero contro di lui con dolcezza.
-Non preoccupatevi: ho diramato avvisi a tutte le cittadine intorno Parigi, se vostro padre tenta di lasciare la capitale lo scoveranno subito. Piuttosto voi, non avete una sorella da ritrovare?-
Eponine scosse la testa:
-Azelma sarà sicuramente al fianco di mio padre. Però...-
-Però?-
-Però ci sono i miei fratelli. Uno di loro, Gavroche, è morto sulla barricata, nonostante fosse solo un bambino...-
Sentì Javert irrigidirsi e il suo fiato spezzarsi sul suo collo.
-E gli altri?- chiese l'uomo staccandosi da lei.
-Sono con una donna, una truffatrice.-
-Non volete aiutarli?-
-Certo che lo voglio! Ma come posso fare, non ho i mezzi necessari...-
-Voi no... Io forse sì.-

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Capitolo 7
*** Little Brothers ***


Eponine procedeva sicura per quelle strade che, nonostante il caldo sole di giugno, erano buie e fredde.  Javert la seguiva, senza staccare gli occhi da quelle spalle magre che pochi minuti prima aveva stretto tra le braccia.
"Cosa mi sta succedendo?" si chiese una volta di più. Senza le ferree regole che lo avevano accompagnato nei suoi quarantatre anni di vita all'inizio si era sentito vuoto, privo di un equilibrio. Ora, dopo due mesi di caccia a Thernardier, non aveva più alcun proposito di suicidio, ma in compenso era ugualmente scombussolato.
La notte gli era diventato impossibile dormire, perché la sua mente era continuamente attraversata dall'incauto tentativo di seduzione di Eponine.
"Dovevo lasciarla al suo destino nella casa del medico, ecco cosa dovevo fare! E ora è troppo tardi per tornare indietro..."
Era andato a trovare Valjean in quei mesi e la vicinanza con quell'uomo tanto buono lo spronava a cambiare, ma in che modo? Era troppo vecchio per rincominciare la sua vita da capo, come invece il ladro aveva fatto tante volte, sentiva di non avere le energie per riuscirci.
Eponine si voltò verso di lui per indicargli una matrona robusta che chiedeva la carità ad un angolo della strada. Era una donna sfiorita prima del tempo, con gli occhi astuti e il ghigno storto di chi ha dovuto ingegnarsi per sopravvivere con ogni mezzo; stringeva accanto a sé, con un po' troppa forza, due ragazzini di circa dieci, undici anni, magri e sporchi.
-Ecco, quelli sono i miei fratelli, che mia madre ha affidato alla signora Magnon per disfarsene...-
"Come può una madre abbandonare i suoi figli?" si chiese Javert, e il pensiero corse alla sua, di madre, la zingara che l'aveva partorito in prigione. Non la ricordava quasi più -suo padre l'aveva allontanato da lei quando era molto piccolo- ma era sicuro che non avrebbe mai voluto lasciarlo. Aveva una voce dolce e lineamenti gentili...
-Ispettore?- il viso sfocato di sua madre si dileguò per lasciare spazio a quello magro e speranzoso di Eponine.
-Restate qui!- disse burbero e si avvicinò alla donna. La sua figura imponente si stagliò su di lei prima che riuscisse a sparire tra la folla con i ragazzini.
-Ispettore Javert! Oh signore, io non ho fatto nulla, vi giuro, sono solo una povera vedova...-
Javert fece una smorfia a quelle lamentele e replicò secco:
-Smettetela, donna, mi state facendo innervosire!-
La donna ammutolì.
-Sono qui per i ragazzi.-
-I ragazzi, Ispettore? Ma... Ma loro sono il mio unico mezzo di sostentamen... Voglio dire, i miei piccoli pargoli, la luce dei miei occhi, il bastone della mia vecchiaia!-
-'Ponine!- urlò allora uno dei due, beccandosi uno schiaffo dalla signora Magon.
Javert si voltò irritato verso la ragazza che ora era accanto a lui.
-Possibile che voi non facciate mai quello che vi si dice?- le sussurrò piuttosto seccato di lasciar vedere alla truffatrice - e ai passanti incuriositi dalla scena - quanto stesse facendo per Eponine.
Per tutta risposta la ragazza alzò le spalle con un'occhiata complice.
"Oh Signore misericordioso, cosa mi sta succedendo? Sto permettendo a questa ragazza di disobbedirmi! Ne ho abbastanza di questa situazione...."
Senza proferire parola prese i bambini per la collottola sporca, strinse con forza il braccio di Eponine e trascinò tutti via con sé, ignorando le grida della signora Magnon.
-Ehi!- sbottò Eponine sbigottita, cercando di divincolarsi.
-Vedete di fare poche storie, visto che vi sto aiutando di buon grado!- rispose Javert in malo modo.
La ragazza non replicò e rassicurò con un'occhiata i fratellini spaventati.
In breve tempo giunsero al palazzo di Cosette e Marius.
-Noi qui ci siamo già stati, vero Jean?- chiese uno dei due bambini. Jean annuì e abbozzò un leggero sorriso.
-Non posso chiedere a Cosette di ospitare anche loro!- esclamò a quel punto Eponine -La signora Magnon ha cercato di estorcere del denaro al nonno di Marius... E quel vecchio già non mi sopporta!- aggiunse poi a voce più bassa.
-E cosa vi aspettate che faccia?- chiese Javert alzando gli occhi al cielo.
 
-Da non credere!- borbottò, aprendo la porta di casa.
Dietro di lui, i due bambini sostavano timorosi.
-Avanti, entrate! O volete rimanere in eterno fuori dalla porta?-
Jean entrò titubante e subito si mise a sedere in un angolo e si prese la testa fra le mani.
-Ma che problemi ha tuo fratello?- chiese all'altro bambino.
-E' muto!- spiegò questi semplicemente -Non avete idea di quanto madame fosse scontenta di questo, visto che non poteva chiedere la carità!-
Javert rimase colpito dalle sue parole. A guardarlo, quel bambino assomigliava ad Eponine molto più di Jean: aveva i capelli scuri e scarmigliati e i grandi occhi nocciola della sorella.
-Qual è il tuo nome, invece?-
-Louis, signor Ispettore!-
-Bene, Louis, mettiamo una cosa in chiaro: io qui non vi voglio, ma per rispetto a vostra sorella sono costretto ad ospitarvi. Vedete di non combinare pasticci e non arrecate disturbo agli altri inquilini; non vi sporgete dal terrazzo, non uscite di casa, non vi azzardate a toccare le mie cose. Quando torno vedrò di trovarvi qualcosa da fare per rendervi utili.-
-Signore?-
-Cosa c'è?-
-Perché aiutate 'Ponine?-
Javert lo guardò sbigottito, poi fece un mezzo sorriso:
-Bella domanda, Louis, bella domanda...-
 
-Capite?- concluse Javert con un sospiro, dopo aver narrato a Valjean le vicende di quel giorno. L'ex-galeotto lo fissava stupito, con la tazza di thé freddo in mano.
-Voi... Voi avete in casa quei due bambini? E intendete mantenerli?-
-Vi suona strano, eh?-
-Inizio a pensare che le barricate vi abbiano dato al cervello, Ispettore!-
Javert annuì cupo. Jean sorrise:
-Dite un po', cosa provate per quella ragazza?-
-Eh? Quale ragazza?-
-Eponine, Javert. E' una ragazza, no?-
-Sì, certo che è una ragazza!-
-E anche graziosa...-
-Valjean, ho capito dove volete arrivare e non pensateci neanche...-
-E perché mai?-
-Perché no, dannazione! Non ho mai permesso ad una donna di complicarmi la vita e non lo permetterò adesso!-
La voce di Javert aveva assunto un tono lamentoso, quasi infantile. Valjean sorrise: non aveva capito, non ancora...

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Capitolo 8
*** Open hearts ***


-Sei sicura di volermi al tuo matrimonio, Cosette? Sarei estremamente fuori luogo, senza neanche un accompagnatore!-
-Oh, invece certo che sarai accompagnata, amica mia!-
-E da chi?-
-Dall'Ispettore Javert, naturalmente! Ahia!-
Eponine era rimasta talmente scioccata dalle parole dell'amica che l'aveva punta con le forcine che stava sistemando sul suo capo per l'ultima prova del vestito.
-Ma ti sei resa conto di quello che hai appena detto?-
"Un conto è aver ormai capito che non amo più Marius. Ma presentarmi al suo matrimonio con un altro uomo, e per di più se quest'uomo è proprio Javert, è un'altra storia!-
Cosette si voltò verso di lei con una smorfia di dolore sul bel viso, massaggiandosi la nuca:
-Marius voleva invitarlo per ringraziarlo di non averlo denunciato, ma lui ha rifiutato dicendo che doveva occuparsi di tuo fratello Jean, che non poteva stare a casa da solo visto che l'Ispettore ha arruolato Louis nelle file degli informatori della polizia...-
-Lo so, e se solo gli succede qualcosa io uccido quell'uomo con le mie stesse mani! E pensare che glieli ho affidati io...-
-Non crucciarti, Eponine, Javert si è affezionato ai tuoi fratelli, a suo modo. Allora io gli ho detto: "Non vi preoccupate, Monsieur, ho già pregato Louis e Jean di farmi da paggi, non dovete occuparvi di loro quel giorno!"
E lui niente, ha preso come scusa il fatto di essere da solo e che si sarebbe sentito fuori luogo. Esattamente le tue parole, insomma, e allora ho pensato: perché no?-
E dicendo questo Cosette le porse un invito formale finemente rilegato, del tipo di quelli che lei non avrebbe mai inviato. Era indirizzato a "Monsieur Javert" e a "Madmoiselle Eponine". La ragazza si commosse quando capì che i suoi amici avevano evitato di segnare il suo cognome per delicatezza, visto che aveva rinnegato la sua famiglia.
"In fondo, Javert ti ha salvato la vita e sta mantenendo i tuoi fratelli: sarebbe giusto ripagarlo, anche solo con un giorno di festa!"
-Già, Cosette, hai ragione: perché no?-
 
Quando Jean aprì la porta e si trovò davanti la sorella, un grande sorriso gli illuminò il volto.
-Ciao piccolo!- disse lei dolcemente, abbracciandolo stretto. -Tuo fratello c'è?-
Jean scosse la testa ed Eponine tirò un sospiro di sollievo: Louis era molto intelligente e a volte insinuava cose che a lei non piacevano affatto.
"Scommetto che non si azzarderebbe mai a dire quelle cose con Javert presente!"
-E l'Ispettore?-
Il bambino indicò la camera da letto e poi si portò i palmi delle mani unite sotto l'orecchio.
-Oh, capisco, sta riposando! Allora farò piano.- disse portandosi l'indice alle labbra. Jean sorrise, annuì e tornò ad osservare la città dal balcone.
Eponine scivolò silenziosa nella stanza, impacciata da quegli abiti che Cosette insisteva nel prestarle. Non erano lussuosi -Ultime Fauchelevant, qualsiasi fosse il suo vero nome, era un uomo onesto, benestante ma non ricco- eppure addosso a lei le sembravano sprecati, esagerati. Le sembrava di fingere, di mentire.
Javert era disteso sul letto con gli occhi chiusi. Indossava solo i pantaloni e la camicia bianca, come l'ultima volta che era stata in quella stanza. Al ricordo le sue guance si colorarono di rosso.
"Che sciocca che sono stata!" si rimproverò. Il respiro dell'uomo era regolare e leggero e il suo viso era rilassato come mai Eponine l'aveva visto. La ragazza appoggiò l'invito di Marius e Cosette sul comodino accanto al letto e si chinò ad osservare l'Ispettore.
"Non si è tagliato i capelli ancora, gli stanno diventando lunghi. E si è dimenticato di farsi la barba, un'altra volta, ma cosa gli succede? Eppure anche con i capelli in disordine, la barba più grigia che nera e la camicia stropicciata è così... Così Javert: un uomo a suo modo retto, intransigente e... E sì, bello. Eponine datti una svegliata, perché resti qui a guardarlo come una cretina? Dileguati, santo cielo, prima che si svegli. Altrimenti dovrai spiegargli, oltre all'invito, anche il tuo imbarazzante comportamento!"
Si ritirò di scatto e si avviò verso la porta, ma la voce dell'Ispettore la fermò:
-Dove pensate di andare, così di fretta?-
Si era alzato a sedere sul letto e la fissava incuriosito. Eponine si irrigidì e si costrinse a voltarsi verso l'uomo con un sorriso forzato:
-Io... Sono... Venuta a portarvi l'invito al matrimonio di Cosette e Marius!-
Javert aggrottò la fronte, infastidito:
-Ho già detto a quel rivoluzionario scriteriato che non metterò piede al suo matrimonio. Perché pensavano che mandando voi la risposta sarebbe stata diversa?-
-Ecco... Questo invito... è un po' diverso dal precedente, ecco! Sì, insomma, Cosette ha pensato di fare una cosa leggermente diversa, ecco!-
Javert la fissò perplesso e vagamente preoccupato:
-Vi sentite bene, Madmoiselle?- chiese prendendo la busta color panna e aprendola. La ragazza strizzò gli occhi pensando: "Ci siamo, oh mio Dio, ci siamo! Ora mi riderà in faccia!"
Invece, quando riaprì gli occhi, Javert la stava fissando con lo sguardo tremendamente serio. Stringeva l'invito come se temesse di vederlo volare via e apriva e chiudeva la bocca senza dire nulla.
-E' uno scherzo?- chiese a  voce bassa.
Una parte di Eponine,quella che stava bruciando per l'imbarazzo, era tentata di rispondergli di sì. Però poi prevalse la ragione e a fatica rispose:
-No, ecco il fatto è che... Voi siete solo e io anche e... E capisco se non volete essere accostato alla figlia di un ladro, di un assassino, di un truffatore ma... Ma voi avete fatto molto per me, Ispettore Javert: mi avete salvato la vita, mi avete accolta, sfamata e riunita ai miei amici. Non credevo che foste capace di tale e tanta... umanità, ma mi sbagliavo. Siete una persona molto migliore di quello che lasciate intendere!-
Quel discorso le era uscito di getto e ora si stava mordendo il labbro osservando Javert, il quale lentamente si alzò in piedi, ripose con cura l'invito sul comodino e si avvicinò a lei con cautela.
Erano a pochi centimetri l'uno dall'altra ed Eponine si sentiva paralizzata, incapace anche solo di indietreggiare.
-Voi. Ringraziate. Me.- sussurrò Javert incredulo. Poi fece una cosa di cui Eponine non lo avrebbe mai ritenuto capace: rise. L'Ispettore Javert buttò indietro la testa e scoppiò a ridere: una risata amara, ma anche liberatoria e forse un po' felice. Poi le sue iridi azzurre tornarono a guardare lei:
-Voi mi ringraziate di avervi salvato la vita, Madmoiselle? Davvero? Tutto quello che ho fatto è stato raccogliervi come una bambola di pezza e portarvi da un medico e a dirla tutta non mi ero neanche accorto di avere tra le braccia una ragazza. L'avrebbe fatto chiunque. Ma non tutti avrebbero fatto per me quello che avete fatto voi.-
-Non... Non capisco...- balbettò Eponine, stordita dalla sua vicinanza e dal suo profumo fresco che l'invadeva a ondate.
-E come potete?- rispose con un mezzo sorriso l'Ispettore:
-Nessuno può comprendere, in verità, quanto fossi smarrito quando mi sono imbattuto in voi: la mia vita, i miei ideali, le mie convinzioni si erano appena rivelati una completa illusione. Una chimera. Non avevo più nulla per cui vivere e vagavo per le strade come un pazzo; decisi che, prima di buttarmi nella Senna, avrei fatto visita ai corpi di quei giovani che avevo contribuito ad ammazzare. Ero certo, infatti, che la loro esistenza era stata molto più concreta, importante e sensata della mia. Ho passato in rassegna i cadaveri come un becchino, con gli occhi fuori dalle orbite e me ne stavo andando quando ho sentito un respiro. Era poco più di un soffio ma era ciò che vi teneva in vita, madmoiselle.-
Eponine non sapeva cosa dire, scioccata dalle rivelazioni di Javert.
"Perché mi sta raccontando queste cose proprio adesso?"
-Ho pensato che forse era l'occasione che il Signore mi offriva per presentarmi a lui almeno con una buona azione compiuta e vi ho salvato. E non l'ho fatto perché credevo meritaste di vivere, come avrebbe fatto Valjean o come farei adesso, ma solo, ancora una volta, per il mio tornaconto. Perciò no, non sono un uomo buono, come pensate voi. Ci sto anche provando, ad esserlo, ma non lo sono. Ho quarantatre anni e li ho spesi tutti male!-
Ormai sembrava stesse parlando più a sé stesso che a lei.
"Chi sarà mai questo Valjean???"
-Però mi avete salvata e non solo quella volta: senza di voi adesso riposerei sotto terra, sgozzata dal coltello di Montparnasse o di mio padre!-
Javert torno in sé:
-E' vero. E' vero. Io avrò anche salvato la vostra vita, ma voi avete salvato entrambe la mia vita e la mia anima, madmoiselle. Ed è un debito che non potrò mai ripagare...-
-Venite al matrimonio con me, allora, solo per cominciare.- tentò la ragazza, speranzosa.
"Ma ancora speri in qualcosa, 'Ponine? Non hai imparato nulla?"
Javert sorrise mestamente:
-Ho quarantatre anni.- ripeté -Voi, invece, quanti ne avete?-
-Ventuno.-
L'espressione sul viso dell'uomo si scurì ulteriormente:
-Ecco, visto? Cosa pensano di ottenere, i vostri amici, invitandoci insieme? Di cancellare il vostro passato? Di cancellare il mio, forse? Cosa potrebbe mai pensare la gente, vedendoci assieme? Ventuno anni, il Signore mi fulmini se solo osassi...- il respiro era affannato ed Eponine poteva sentire il cuore di Javert battere furiosamente.
-Se solo osassi...- sussurrò nuovamente lui, alzando la mano verso il suo viso e poi ritraendola, come scottato. -Come potrei mai sperare in qualcosa di più della vostra sopportazione, me lo spiegate? Cos'hanno tutti quanti? Non capiscono che un uomo come me deve rimanere solo?- inveì rabbiosamente.
Eponine sentì le lacrime arrivarle agli occhi in un batter di ciglia e tentò di sgusciare via dall'ombra dell'Ispettore senza darlo a vedere ma Javert era pur sempre un poliziotto:
-Madmoiselle, vi prego, no!- esclamò ansioso, trattenendola per un braccio. C'era tanta disperazione nel suo sguardo ed Eponine avvertì una morsa profonda alla bocca dello stomaco.
-Non piangete, io... Non volevo offendervi!- disse l'Ispettore concitatamente. Senza replicare, Eponine gli posò una mano sulla guancia resa ispida dalla barba. Javert sussultò e sbarrò gli occhi, ma non si ritrasse. Assaporò invece quel contatto, respirando profondamente e strusciando il viso contro il suo palmo come un gattino indifeso.
Eponine tornò con la mente alla prima volta in cui aveva concesso il suo corpo: un uomo l'aveva presa per le anche, posseduta e poi abbandonata nel vicolo con in mano poche monete. Era stata una delle esperienze più traumatiche della sua giovane vita, ma la corazza che poi aveva costruito attorno a sé l'aveva protetta nelle successive occasioni. Ora la ragazza sapeva che se Javert l'avesse voluto, si sarebbe liberata in poco tempo di quel vestito elegante, l'avrebbe spogliato e sarebbero finiti sul letto; e sapeva anche che questa volta non le sarebbe affatto dispiaciuto. Ma con dispiacere dovette ammettere a sé stessa che fare l'amore con lei avrebbe solo incrinato l'equilibrio già fragile dell'Ispettore.
"Però un altro bacio me lo posso concedere." pensò maliziosa. Come se le avesse letto nel pensiero, Javert aprì gli occhi. Eponine osservò per qualche istante quelle due lastre di ghiaccio che in passato l'avevano terrorizzata e si sporse leggermente verso le sue labbra socchiuse...     

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Capitolo 9
*** Surprising Wedding ***


Eponine era protesa verso di lui, verso la sua bocca.
"Signore, perdonami, ma questo è troppo anche per me!" pensò Javert. Senza più pensare a nulla la prese per la vita sottile e la strinse a sé, impadronendosi allo stesso tempo delle sue labbra. Il bacio che lei gli aveva dato qualche mese prima lo aveva spaventato per l'intensità delle emozioni che gli aveva provocato. Ora, invece, l'Ispettore si preoccupò solo di gustarsi il dolce sapore di Eponine che si era aggrappata alle sue spalle. Quando però Javert si accorse che la bocca non era l'unica parte del suo corpo in funzione si staccò bruscamente, lasciandola intontita, tanto che un gemito di disappunto le sfuggì dalle labbra.
-Diamine, Eponine..!- mormorò lui affannato, tentando di reprimere l'impulso di saltarle addosso e prenderla in quel momento.
"Se non ci fosse tuo fratello di là" pensò, osservandola "E se no fossi troppo vecchio per te, a quest'ora..."
-Mi avete chiamato per nome!- sussurrò lei contenta, lisciandosi la gonna. Javert avrebbe voluto replicare, ma il rumore di una porta sbattuta lo fermò.
-Ispettore, sono tornato!-
Eponine sobbalzò e lui si lasciò quasi sfuggire un'imprecazione:
-Louis, un attimo!-
Ma il bambino era già entrato nella stanza e ora osservava con gli occhi sbarrati Javert e la sorella; per fortuna l'Ispettore aveva avuto la presenza di spirito di allontanarsi di scatto da Eponine, mettendo tra di loro un metro di distanza. Ma il respiro affannato dell'Ispettore e il rossore di Eponine parlavano da soli:
-Louis, quante volte ti ho detto di non entrare in camera mia senza permesso?- sbottò Javert tentando di ricomporsi.
-Perché, ho interrotto qualcosa?- chiese lui malizioso.
In quel momento era in tutto e per tutto simile a suo fratello maggiore, Gavroche.
-No, nulla!- la voce pacata di Eponine interruppe il diverbio -Ispettore, le sono infinitamente grata di aver accettato di farmi quest'ennesimo favore. Sono sicura che non se ne pentirà!-
Detto questo baciò i fratelli sulla testa ed uscì. Javert rimase per un poco come instupidito a guardare la porta, giocherellando con i lacci della camicia.
-Ah le donne...- sussurrò con fare complice Louis a suo fratello.
 
Javert aspettava nell'atrio del palazzo da quasi mezz'ora ormai ed iniziava ad innervosirsi.
"Forse Madmoiselle Cosette sta avendo dei ripensamenti dell'ultimo minuto... O forse è lei che ci ha ripensato!"
Stava per unirsi agli invitati che aspettavano la sposa davanti al portone, quando tra le logge intravide una figura familiare.
-Valjean!- esclamò stupito. L'ex-galeotto si arrestò con aria colpevole.
-Cosa ci fate qui? Dovreste essere con Cosette, per....-
-... Accompagnarla all'altare? No, amico mio, non credo proprio.-
-Ma.. Ma perché?-
-Perché non posso cambiare ciò che sono stato, Javert. O almeno, sì, l'ho fatto, ma agli occhi della gente Jean Valjean sarà sempre un ladro e un miserabile... E io non posso compromettere Cosette!-
-E se nessuno lo venisse a sapere?-
Valjean scosse la testa, afflitto:
-Non correrò il rischio: c'è in ballo la felicità di mia figlia!- lanciò un'occhiata alle scale. -Marius sa.-
-Cosa?-
-Sì, gliel'ho dovuto spiegare, perché è stato lui a dire alla mia bambina che sono partito. Le avrò spezzato sicuramente il cuore...-
-Sa anche della storia delle barricate?-
Jean fece un cenno di diniego e stava per aggiungere qualcosa, ma un attimo dopo si era nascosto nuovamente nell'ombra. Javert si voltò: Cosette stava scendendo le scale, avvolta in un meraviglioso e ampio vestito bianco e nonostante un velo di malinconia le coprisse gli occhi era raggiante.
"Ecco spiegato lo sguardo triste e commosso di Valjean" ragionò l'Ispettore. Dietro Cosette venivano diversi servitori che accorsero per aprire le porte alla sposa. Javert fu tentato di chiedere alla ragazza dove fosse Eponine, ma non ce ne fu bisogno: la sua accompagnatrice chiudeva la fila, andandogli incontro con sguardo imbarazzato. Non l'aveva mai vista così: vestita di verde che ben si intonava alla sua pelle scura, truccata e con i capelli ribelli finalmente domati non sembrava neanche lontanamente una figlia della strada.
-C'è qualcosa che non va?- chiese lei con un sorriso che lasciava trasparire una punta di paura.
-Qualcosa che non va?- boccheggiò Javert, confuso -Voi... Voi siete...-
-Diversa?-
-Beh sì...-
-Troppo elegante?-
-Oddio, no, non direi, voi siete...-
-Esagerata, vero? L'avevo detto a Cosette che così conciata sembravo chissà chi...-
-Veramente volevo solo dire che siete bellissima!- terminò l'uomo con tono ironico. Eponine lo guardò sorpresa per poi arrossire furiosamente. Javert le porse elegantemente il braccio e prima di uscire si voltò verso le logge buie:
-Chi salutate?-
-Io? Nessuno!-
Valjean li guardò allontanarsi e scosse la testa, incredulo e soddisfatto: non ci poteva giurare, ma gli era sembrato che Javert gli avesse detto... grazie.
 
Cosette e Marius danzavano felici al centro della stanza e Javert stava fissando Eponine titubante. Un sorriso contento illuminava quel viso meraviglioso:
-Madmoiselle...- sussurrò al suo orecchio, facendola irrigidire.
-Vorreste ballare?-
-Volentieri, Ispettore!-
Iniziarono a danzare, prima titubanti e poi via via più esperti e sicuri l'uno dell'altra.
-Non vi sentite triste?- chiese Javert ansioso, in mezzo alle giravolte.
-E perché mai dovrei?- rise Eponine.
-Non è il matrimonio... Dell'uomo che amate?-
Il viso della ragazza si fece improvvisamente serio.
-Quella che avevo per Marius era solo un'infatuazione. Ero una ragazza povera e costretta ad ingegnarsi per sopravvivere; Marius, con la sua dolcezza e i suoi ideali rivoluzionari, era come un eroe per me, un paladino dei giusti e degli oppressi. La barricata ha cambiato tutto: ho visto la morte in faccia, Ispettore. E poi ho conosciuto voi, Cosette, ho riabbracciato i miei fratelli... No, non sono triste. Sono felice per loro, e anche per me. Ormai è un altro l'uomo che occupa i miei pensieri.- rivelò incespicando leggermente nel pronunciare l'ultima frase. Javert si fermò di botto, costringendo anche lei a cessare la danza. Si fissarono per attimi che sembrarono interminabili poi l'Ispettore chiese:
-Chi è?-
Eponine sorrise e stava per rispondergli, ma la sua espressione si mutò prima in sorpresa, poi in rabbia e infine in paura: stava fissando un punto alle sue spalle. Javert si voltò e capì:
-Thernardier!- 

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Capitolo 10
*** Hasty Escapes ***


Non era stato Javert a gridare, nonostante si fosse voltato davanti all'espressione mutata del suo viso. Quel grido, pieno di rabbia malcelata, era di Marius, che ora si stava avvicinando all'uomo che sostava con sfrontatezza all'ingresso della sala. Thernardier fece un ghigno mellifluo all'indirizzo del giovane:
-Mio giovane amico...- disse sommessamente -Sono oltremodo dispiaciuto di interrompere questo giorno di festa, ma ho da rivelarvi una cosa molto importante...-
Non poté continuare perché un pugno del ragazzo lo mandò al tappeto. Il malvivente si rialzò barcollando, deciso a continuare con il suo raggiro ma ad un tratto i suoi occhi si posarono su di lei. Eponine sentì il suo sguardo pesarle sulle spalle come un macigno; sperò che le sorridesse e la accogliesse con gioia -era sua figlia, dopotutto, dannazione!- o che al massimo la ignorasse.
"Ecco, sì papà, ignorami, ignorami come hai sempre fatto! Ti prego!"
Ma Thernardier non la ignorò:
-TU!- urlò, improvvisamente furioso. -Tu, maledetta sgualdrina, figlia di tua madre! Per colpa tua Montparnasse è morto e la signora Magnon mi tartassa di ricatti! Tu ti sei venduta...-
La sua invettiva fu interrotta da Javert che attraversò la sala con foga e una maschera d'ira sul volto. Eponine si sentì stringere il braccio: era Cosette, che le sorrise preoccupata.
-Cosa ci fa lui qui?- le sussurrò con affanno. Eponine scosse la testa e sentì le lacrime pungerle gli occhi:
-Non lo so...-
"Problemi, ecco cosa porti tu, sempre e solo problemi!"
Quando si voltò verso i tre uomini, però, smise subito di auto commiserarsi. Javert aveva preso suo padre per il bavero del gilet e lo teneva sospeso a cinque o sei palmi da terra.
-Ora...- sibilò Marius -Mi direte perché siete dovuto venire ad avvelenare questa festa!-
-Il vostro salvatore...- balbettò Thernardier -Colui che vi ha portato via dalle barricate attraverso le fogne... E' un ladro, un uomo estremamente pericoloso...-
Javert lo mollò di botto e si voltò verso il salone, scandagliandolo con lo sguardo.
"Ma che fa?" si chiese Eponine stupita "Sembra che cerchi qualcuno"
-Il suo nome!- stava nel frattempo ringhiando Marius. Thernardier esibì un altro dei suoi sorrisi, che svanì nel vedere la minaccia negli occhi del giovane.
-Il suo nome è... Jean Valjean!-
Eponine e Cosette rimasero indifferenti a quella rivelazione, ma lo sposo sussultò e impallidì vistosamente.
-Lui... Oh Signore che ingrato sono stato!- mormorò prendendosi la testa fra le mani.
Javert sembrava ancora più scosso ed Eponine gli si avvicinò:
-Monsieur, che vi succede?- chiese, poggiandoli una mano sul braccio. Javert stava per risponderle, quando Thernardier si liberò dalla presa dei valletti e riuscì ad arrivare alla porta. L'Ispettore si lanciò al suo inseguimento e Marius stava per seguirlo, ma fu bloccato dalle due ragazze:
-Marius cosa significa tutto ciò?- piagnucolò Cosette con il labbro che tremava. Marius la prese per le spalle:
-Cosette, mia adorata, sono il più meschino degli uomini: vostro padre mi ha salvato la vita, mi ha portato da voi ed io... Io l'ho lasciato andare così, troppo colpito dal suo passato! Che sciocco! Che ingrato!-
-Il suo passato!?- esclamò la sua sposa afferrandolo per un braccio. Il giovane si divincolò:
-Perdonatemi, ma devo acciuffare Thernardier!-
E scomparve anche lui nella notte.
 
Cosette era abbandonata su una poltrona della sua camera e piangeva silenziosamente, mentre Eponine misurava il pavimento a grandi passi. Al piano inferiore, gli invitati aspettavano la ripresa della festa e chiacchieravano sulla misteriosa intrusione che aveva fatto fuggire lo sposo e l'Ispettore Javert.
"Ispettore, dove siete?" si chiese la ragazza, angosciata, scrutando la città buia dalla finestra.
Un'idea si fece strada nella sua mente...
-Cosette, basta piangere!- ordinò autoritaria e le sembrò di tornare bambina, quando insieme alla sorella derideva e maltrattava la povera orfanella. Ricacciò indietro lacrime e rimorso e si rivolse all'amica stupita:
-Non sopporto più di restare chiusa qui dentro ad aspettare notizie, è passata più di un'ora ormai. Dobbiamo metterci sulle tracce di Marius e dell'Ispettore!-
Cosette la fissò stupita e replicò debolmente:
-E come facciamo? Non posso dire al vecchio Gillenomard che usciamo da sole nella notte, non ce lo permetterebbe mai!-
-E chi ha detto che chiederemo il suo permesso?- disse Eponine mentre un sorriso astuto si allargava sul suo volto.
 
-Allora Louis, hai capito bene?-
-Sì, Madmoiselle Cosette: se qualcuno viene a cercare 'Ponine dobbiamo dirgli che l'intera faccenda l'ha spossata, si sta riposando e non vuole essere disturbata... Quanto sei strana vestita così!-
Cosette rispose con una smorfia imbarazzata osservando i calzoni larghi e la camicia che Eponine aveva scovato nell'armadio di Marius. Le due ragazze riuscirono ad uscire dal palazzo inosservate e a raggiungere le stalle, dove i due cavalli solitamente usati per trainare la carrozza dei padroni riposavano quieti.
-Pronta?- bisbigliò Cosette; Eponine annuì con le labbra serrate. L'amica la aiutò a montare in sella:
-Sta attenta!- le disse, prima che la ragazza si lanciasse al galoppo per le vie della città.
Eponine, che non aveva mai cavalcato un cavallo in vita sua, tentava contemporaneamente di non cadere di sella e di scrutare le strade alla ricerca di suo padre e di Javert.
"Dove siete?" si chiese ancora. Il cuore le batteva all'impazzata e si sorprese nel constatare che la sua preoccupazione non era rivolta a Marius e certamente non a suo padre. Le premeva solo che Javert non corresse rischi e che ne uscisse sano e salvo.
"E se papà avesse trovato il resto della banda? E se attaccassero Marius e Javert? Oh Signore, ti prego, no!"

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Capitolo 11
*** Another Chance ***


Javert correva nel buio, seguito da un affannato Marius. A dire la verità anche l'Ispettore si sentiva stanco, ma per nulla al mondo avrebbe interrotto quell'inseguimento. Ad un certo punto Thernardier svoltò verso il fiume e Javert lo seguì. Riuscì ad afferrarlo per un lembo della giacca quando erano ormai a metà del ponte. Thernardier si voltò di scatto e lo centrò con un pugno. Javert indietreggiò stordito, ma non mollò la presa:
"Dov'è il coraggio rivoluzionario di Monsieur Pontmercì quando serve?" pensò con stizza mentre lottava contro il farabutto.
-E così- disse l'uomo schivando un suo colpo - l'integerrimo Ispettore Javert se la intende con mia figlia Eponine eh?-
-Osate anche prendermi in giro, Thernardier? Badate che questa volta non sarà tanto facile per voi evadere da galera!-
-Prima dovete sbattermi in prigione!- sghignazzò l'uomo in risposta -Certo che Eponine ha fatto davvero centro con voi: davvero una bella posizione, la vostra, capace di metterla al sicuro da tutto, in primis dalla fame.-
Erano avvinghiati l'uno all'altro e Thernardier lo stava spingendo verso la balaustra, avvolgendogli le mani attorno al collo:
-Ma lo sapete con quanti uomini è stata quella sgualdrina?- rise -Anche dentro casa! E strillava come una dannata quando la prendevano, urlava di piacere. Più volte al giorno, ora che ci penso, e sempre con uomini diversi. Devo dire però che un ufficiale di polizia mi mancava proprio!-
Javert perse la concentrazione. L'idea di Eponine stesa su un letto e costretta a prostituirsi per procurarsi il pane gli faceva male, tanto male. Il fatto che altre mani, non sue, l'avessero toccata e molestata, il pensiero che qualcuno le avesse strappato l'infanzia e la verginità... Il pugno di Thernardier lo colse impreparato e scivolò in ginocchio mentre il naso iniziava a sanguinare.
Il truffatore tentò di dileguarsi nell'oscurità, ma l'Ispettore gli si gettò addosso... Con troppo slancio. Per un attimo rimasero entrambi in precario equilibrio sul bordo del parapetto, poi caddero di giù. Javert afferrò la balaustra con la mano, conscio però di ritardare l'inevitabile: il peso suo e di Thernardier, avvinghiato alle sue gambe, li trascinava inesorabilmente verso il basso. Si girò a contemplare la Senna che scorreva tumultuosa sotto di lui e un brivido percorse la sua schiena.
"Ebbene, non era questo che volevi?" chiese beffarda una voce dentro di lui.
No, non ero quello che voleva.
"Non ora. Non ora che c'è lei." pensò disperatamente. Gli parve quasi di sentire la sua voce, mentre la sua presa si faceva più scivolosa ad ogni attimo che passava.
-Ispettore!-
Era veramente la voce di Eponine! La ragazza si affacciò dal ponte e Javert si stupì nel vedere che era vestita da maschio, come quando l'aveva salvata.
-Javert!- esclamò nuovamente lei, afferrando la sua mano con un'espressione di puro orrore sul viso.
"Siamo troppo pesanti!" pensò lui "Non ce la farà mai..."
-Mademoiselle...-
La ragazza non lo ascoltò, tentando senza riuscirci di farli risalire. Voci concitate erano in avvicinamento dietro di lei, ancora troppo lontane...
-Eponine!- urlò allora Javert. Lei sbarrò gli occhi, sorpresa e spaventata:
-Javert voi... Voi non potete morire!- singhiozzò. L'uomo sorrise; sorrise veramente, scoprendo i denti in una smorfia di felicità.
-Sono mortale, Eponine, tutti noi moriremo, un giorno. Però...- ecco, stava per cadere -Però io non posso morire senza avervi detto che vi amo!-
I secondi che seguirono furono attimi sospesi fuori dal tempo: la ragazza e l'Ispettore si fissarono senza emettere suono. Javert cercò di cogliere ogni dettaglio del suo viso per portarlo con sé nella tomba: i capelli ribelli, i grandi occhi nocciola, le labbra morbide, le lacrime che ora le solcavano il viso... La stretta di Eponine cedette, Javert perse anche il suo ultimo appiglio e cadde nel vuoto.
L'impatto non fu come se lo aspettava: gli tolse il respiro, ma non la conoscenza. Percepì di affondare sempre più in basso, mentre l'acqua gli invadeva i polmoni e tentò inutilmente di dibattersi: la corrente del fiume era troppo forte.
"Sto per morire" si disse "Signore, ti prego, perdona i miei peccati e apri per me le porte del tuo Paradiso."
Non aveva paura, solo un dolore sordo all'altezza del petto: non avrebbe più rivisto Eponine, né i suoi piccoli fratellini, né Valjean.
"Valjean!" pensò mentre la tenebra iniziava a stringersi intorno a lui "Vecchia volpe... Tu avevi capito! Tu... avevi... capito..."
 
Era avvolto nel buio. L'oscurità era intorno e dentro di lui: Javert si sentiva soffocare.
Era morto.
Avrebbe dovuto essere morto, insomma.
Allora perché la sua coscienza non si dissolveva?
C'era solo ombra, che premeva da tutte le parti. Un'oscurità densa e vischiosa in cui era impossibile muoversi.
"Ma avrò ancora un corpo?" si chiese l'Ispettore. Proprio allora il buio si attenuò, cambiando colore e consistenza. Era di un verde limaccioso ora, e più fluido.
"Sembra... Ma è acqua!"
Javert si rese conto che sì, aveva un corpo, e quel corpo stava annegando. Non se n'era accorto, ma non riusciva a respirare perché era ancora immerso nella Senna.
Si riscosse e con qualche spinta guadagnò la superficie. Nuotò fino alla riva, dove si distese stremato respirando ampie boccate d'aria pura.
Un solo pensiero occupava la sua mente:
"Devo trovare Eponine. Devo dirle che non sono morto. Devo dirle.. Che la voglio con me, sempre e per sempre!"

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Capitolo 12
*** Alive Lover ***


Javert era morto da quasi due ore ormai e la luce del mattino filtrava dalla finestra aperta della sua camera. Sotto di lei la festa per il matrimonio di Cosette e Marius continuava: nonostante fossero preoccupati per lei, Eponine li aveva pregati di tornare dai loro ospiti e di lasciarla sola. Aveva cacciato anche i suoi fratelli, come tutti sconvolti dalla morte dell'Ispettore.
La ragazza era sdraiata sul letto con addosso ancora gli abiti maschili di Marius, saturi del suo profumo elegante. Fino a pochi mesi prima, Eponine avrebbe venduto la sua anima al diavolo per avere attorno a sé quel profumo; ora la cosa la lasciava del tutto indifferente.
Javert era morto. Era il suo unico pensiero, quello che la tormentava da quando l'uomo era caduto nel fiume.
"Non è caduto" pensò rabbiosa "Sei tu che l'hai lasciato andare!"
Gli ultimi orrendi attimi le attraversavano la mente come pugnalate; i suoi occhi, azzurri come il ghiaccio e trafitti da sottili pagliuzze argentee, le si paravano davanti a ricordarle che non li avrebbe più visti.
Non avrebbe più visto la sua figura alta e robusta, la linea sottile e severa delle labbra, la divisa che ancora le incuteva timore, i capelli neri e la barba ingrigita.
"Tutto questo non c'è più. Oh Signore, cosa ho fatto di tanto grave? Perché me l'hai portato via?"
Il ricordo che le faceva male più di tutti era però il sorriso disperato di Javert, aggrappato alla sua mano e perfettamente conscio del suo destino e quelle parole, quelle due parole che mai avrebbe sperato di sentirgli pronunciare:
"Vi amo" aveva detto. E lei lo aveva fissato, incapace di controbattere, fino a quando la sua mano forte era scivolata via dalle sue dita minute e l'Ispettore e suo padre erano finiti nella Senna.
"E' morto con la convinzione di non essere ricambiato. E' morto senza sapere che anche io lo amavo. Non me lo perdonerò mai!"
Nuove lacrime traditrici iniziarono a scenderle sulle guance, nonostante lei fosse sicura di aver pianto tutte le lacrime che aveva a sua disposizione.
Udì dei passi arrestarsi fuori dalla sua camera e la maniglia della porta girare.
-Chi è?- chiese con voce atona, sicura che fosse entrato Louis a chiederle come stava.
"Povero Louis: non ci voleva credere!" pensò Eponine con tristezza, al pensiero della faccia sconvolta e disperata del fratello.
Non era Louis, ma un uomo anziano e imponente, vestito semplicemente.
-Monsieur Fauchelevent!- esclamò sorpresa tentando di asciugarsi le lacrime -Cosa ci fate qui?-
L'uomo le sorrise dolcemente e si sedette sul bordo del letto.
-Non vergognatevi del vostro pianto, Madmoiselle, poiché esso è giusto. Ma non sprecate le vostre lacrime per l'Ispettore Javert!-
Eponine lo guardò a bocca aperta: e quello sarebbe stato un amico dell'Ispettore? Ma come si permetteva? Cosa ne sapeva lui di ciò che lei stava passando?
Stava per rispondergli malamente, quando Fauchelevent alzò le mani con un sorriso sempre più ampio:
-Prima di coprirmi di insulti che -ne sono sicuro- poi rimpiangerete, seguitemi fuori!-
La ragazza si alzò dal letto a fatica, con tutti gli arti anchilosati dalla folle galoppata e poi dalla lunga immobilità. L'uomo la condusse attraverso i corridoi bui e deserti in cui la musica della festa non arrivava, fino ad arrivare agli eleganti giardini del palazzo. Eponine li guardò perplessa: era già stata lì in compagnia di Cosette ed era stata deliziata dalle graziose siepi potate ad arte e dalle aiuole ben curate.
-Forse voi, che come mi è stato detto siete stato giardiniere, traete pace e tranquillità dal contatto con i fiori, ma in questo momento questo luogo mi resta indifferente!- affermò decisa la ragazza. Fauchelevent fece un'altra smorfia misteriosa:
-Dite davvero, Madmoiselle? Eppure ero convinto che nutriste qualcosa di profondo per l'Ispettore Javert...-
Eponine arrossì vistosamente, ma non perse il suo tono tagliente:
-Sì è vero, ne ero innamorata: e allora? Javert è morto e non capisco perché mi abbiate portato qui...-
Quando si voltò verso di lui, notò che l'anziano si stava velocemente dirigendo verso il palazzo.
-Fauchelevent!- gli urlò dietro, piccata, pronta ad inseguirlo per chiedergli una spiegazione. Un fruscio però la fece voltare. Un'ombra emerse dai cespugli silenziosi e all'improvviso Eponine ebbe paura: se fosse stato un malintenzionato e il padre di Cosette un suo complice? Se fosse stato -Dio non voglia- un complice di suo padre? Questa volta Javert non sarebbe arrivato a salvarla. Restò ferma sul limitare del giardino, mentre la figura si avvicinava lentamente alla luce delle fiaccole.
Eponine impallidì: era lui, era Javert. Con i capelli bagnati attaccati alla fronte e la divisa fradicia, ma pur sempre lui.
-Non è possibile- balbettò la ragazza indietreggiando -Voi... Voi siete un fantasma!-
Le labbra dell'Ispettore si dischiusero in un mezzo sorriso, ma l'uomo non rispose. Si limitava a guardarla, a mangiarla con gli occhi. Eponine era sempre più convinta che si trattasse di uno spirito.
-Io vi ho visto sparire nei flutti... Voi siete morto!- sussurrò.
Solo allora l'Ispettore si decise ad avvicinarsi. La raggiunse con pochi passi e dopo un attimo di indecisione le prese il viso e la baciò con trasporto. Era un bacio disperato e voluttuoso, ma non possessivo e quando si staccarono Eponine si sentì stordita.
-Perdonate l'irruenza...- soffiò l'Ispettore sulle sue labbra -... E anche la teatralità del mio arrivo, ma ho creduto che presentarmi in questa maniera indecente alla festa avrei del tutto rovinato una cerimonia già così compromessa...-
Le sue iridi azzurre brillavano come diamanti nell'oscurità ed Eponine desiderò poter annegare in esse. Era talmente stupefatta e felice che non aveva ancora aperto bocca. Javert la fissava con imbarazzo crescente:
-Madmoiselle, perdonatemi se vi ho arrecato disturbo...- disse impacciato, tentando di staccarsi da lei ma le braccia della ragazza si strinsero attorno al suo collo, impedendoglielo.
Eponine sorrise dolcemente e scosto una ciocca umida di capelli dalla fronte dell'uomo poi tratteggiò il suo profilo con le dita, sfiorando delicatamente il naso, le guance velate dalla barba e posandosi infine sulla sua bocca.
-Come vi siete permesso...- iniziò estremamente seria e trattenendo le risa nel vedere l'espressione preoccupata di Javert -... A lasciarmi credere che foste morto? Dovevate ordinare al vostro amico Faucheleuvent di dirmelo immediatamente!-
L'Ispettore sospirò sollevato:
-Sono tornato qui il più in fretta possibile, giusto il tempo di avvisare i gendarmi di setacciare il fiume e le rive alla ricerca del corpo di vostro padre...-
-E' stato comunque troppo tempo!- mormorò lei, mentre un'ombra cupa le attraversava il viso. Stava pensando a quanto desiderasse morire solo pochi minuti prima, quando Javert la sorprese per l'ennesima volta. Dimostrando che la sua forza e la sua agilità erano rimaste inalterate nonostante l'età la prese audacemente in braccio e si diresse verso un'uscita nascosta nei giardini.
-Ispettore, ma che modi!- esclamò Eponine fingendosi offesa. In realtà stava ridendo e si accoccolò il più possibile contro il petto di Javert.
-Dove stiamo andando?- chiese divertita mentre l'Ispettore la adagiava su una carrozza. Lui non rispose, ma dopo aver dato segno al cocchiere di partire si lanciò nuovamente su di lei e riprese a baciarla. Si staccò solo per dirle, con voce roca:
-A casa mia...-
Per un attimo Eponine pensò confusamente di dover avvertire Cosette, Marius e i suoi fratelli. Ma fu, appunto, solo un attimo.
 
 

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Capitolo 13
*** Deeply United ***


Javert realizzò quanto perverso potesse risultare il suo disegno ad una ragazza di ventun'anni solo quando fu troppo tardi. Quando, cioè, arrivarono ansanti nel suo appartamento.
Javert la fissò mentre si sistemava alcuni ciuffi che le erano sfuggiti davanti agli occhi e sentì una punta di vergogna punzecchiarlo:
"E' così bella... E io l'ho trascinata via, diciamo pure rapita, dalla casa dei suoi amici, vestita da maschio, per portarla a casa mia e andarci a letto!"
Preso da quei pensieri si ritrasse quando Eponine tentò di abbracciarlo.
-Cosa c'è?- chiese sorpresa.
"E ora che le dico?" penso l'Ispettore, agitandosi.
-La verità!- esclamò ironicamente Eponine, alzando le sopracciglia: l'uomo non si era accorto di aver parlato ad alta voce. Maledicendosi interiormente, Javert provò a spiegarli il suo problema:
-Quindi voi siete arrivato fin qui per farvi fermare da inesistenti scrupoli morali?-
"Sembra arrabbiata" pensò Javert, sempre più preoccupato.
La ragazza gli si avvicinò con un'espressione severa sul viso:
-Statemi bene ad ascoltare, Ispettore Javert: sebbene io abbia più volte venduto il mio corpo per vivere, non sono una puttana! Non cerco di approfittare della mia età, non con voi!-
Quella frase lo lasciò sbigottito e soprattutto la prima parte lo rattristava enormemente.
-Non ho mai detto che...-
-Non interrompetemi, altrimenti non riuscirò a finire! Prima di conoscervi credevo di sapere cos'era l'amore: era la felicità che provavo nello stare con Marius, quella gioia infinita di averlo vicino. Con voi io non sono felice.-
Javert sbarrò gli occhi e sentì un macigno scendergli sul cuore.
"Possibile che abbia frainteso tutto?"
Per la prima volta da quando era bambino ebbe voglia di piangere. Eponine fece un gran respiro prima di continuare:
-Al vostro fianco sono stata disperata, terrorizzata, sorpresa, demoralizzata, infelice, imbarazzata e da ultimo la vostra morte mi aveva annientato. Come se non bastasse, siete un uomo freddo, distaccato e il più delle volte anche arrogante e intrattabile.-
"Sta dicendo la verità, non puoi biasimarla!"
-Però...- e qui l'espressione di Eponine si addolcì -Però siete anche coraggioso e - nonostante quello che vi ostiniate a credere - molto buono. Mi avete protetta come nessun altro ha mai fatto, avete rischiato molto più di quanto fosse lecito per farmi felice. E vi assicuro, Ispettore, che stare assieme a voi mi da qualcosa molto migliore della felicità: mi fa stare bene, mi fa sentire amata e protetta. Con voi mi sento a casa, Javert, e l'idea di perdervi mi ha fatto capire che vi amo. Avete capito? Vi amo! Perciò, pensare che io non vi voglia è ridicolo, è... Assurdo, che diamine!-
La foga nel parlare l'aveva fatta arrossire.
-Vi ho sentito bene ieri sera, sapete?- disse, a voce più bassa -Avete detto di amarmi anche voi... Non rimangiatevi quelle parole, ve ne prego!-
Quando Eponine alzò gli occhi su di lui, Javert scorse lo stupore nel suo sguardo: effettivamente non poteva darle torto, visto che aveva permesso a due lacrime di solcargli il volto, fino a sparire nella barba.
Prima che lei potesse riprendersi dalla sorpresa, l'Ispettore la trascinò in camera, poi la strinse a sé con dolcezza, nascondendo il viso tra i suoi capelli.
-Non rinnegherei ciò che provo per voi neanche davanti a un plotone d'esecuzione!- sussurrò commosso. Sentì Eponine spingerlo sul letto e non si oppose, anzi: la guardò mentre si scioglieva i capelli sulle spalle e si liberava della camicia larga di Marius e dei calzoni, restando solo con le mutande e la fascia che le schiacciava il seno. La ragazza si chinò su di lui per sfilargli la camicia ancora impregnata dell'acqua e dell'odore della Senna e Javert lasciò che inspirasse a fondo il suo odore prima di prenderla per le spalle e ribaltare le posizioni. Le tolse la fascia sul petto e aggrottò la fronte nello sfiorare la cicatrice della pallottola che l'aveva quasi uccisa.
-Siete stata una pazza sconsiderata a farvi quasi ammazzare in quel modo!- brontolò. Eponine sorrise e si tirò su leggermente per baciarlo. Dio, se amava il sapore di quella bocca! Una serie di pensieri decisamente poco adatti ad un Ispettore di Polizia si fecero strada nella sua mente.
Eponine passò a baciargli il collo e Javert dovette dare fondo a tutto il suo proverbiale autocontrollo per non agire con violenza: voleva trasmetterle tutta la dolcezza che lei aveva fatto affiorare in lui e per farlo doveva lottare contro i suoi istinti.
-Però... Se io non mi fossi quasi fatta ammazzare a quel modo, ora non sarei qui nel vostro letto!- ridacchiò lei buttandosi contro il cuscino e iniziando a giocare con il primo bottone dei suoi pantaloni. Javert emise un suono che assomigliava pericolosamente al ringhio di un animale selvatico e con pochi gesti decisi ed affamati gettò i loro ultimi indumenti a terra.
Prima di procedere guardò Eponine con aria grave:
-Se non volete io...-
-Oh sta' zitto e continua, Javert!- sbottò lei impaziente. Segretamente entusiasta del fatto che gli avesse dato del tu l'uomo entrò lentamente dentro di lei, attento ad analizzare ogni minimo cambiamento della sua espressione.
Javert non si era mai interessato molto al genere femminile e per soddisfare i suoi bisogni in gioventù si era recato diverse volte in alcuni bordelli; tutto ciò risaliva però a prima della caccia a Valjean ed erano stati rapporti freddi ed essenziali.
Unirsi ad Eponine fu un'esperienza nuova e per certi aspetti stupefacente: non aveva mai sentito il bisogno acuto di diventare tutt'uno con un'altra persona e la frenesia con cui anche lei cercava la sua bocca lo lasciavano sbigottito.
Ad un tratto la ragazza si inarcò contro di lui, conficcandogli le unghie nelle braccia, e dalla sua gola sfuggì un grido liberatorio; solo allora anche Javert si lasciò andare, per poi crollare sfinito al suo fianco.
 
Si svegliò con il sole del mattino che filtrava dalla finestra e voltando il capo si stupì di vedere Eponine che dormiva beata con la testa appoggiata alla sua spalla. Poi ricordò la notte appena passata e un sorriso contento e soddisfatto gli illuminò il viso.
Osservò la ragazza - la sua ragazza - strusciare il viso contro di lui, stirarsi e infine aprire a fatica i suoi grandi occhi nocciola. Sbatté le palpebre un paio di volte e gli sorrise:
-Buongiorno, Ispettore...- mugolò con la voce ancora impastata dal sonno.
Javert avrebbe voluto risponderle, e baciarla, e poi possederla nuovamente, ma non fece in tempo a fare nulla di tutto ciò, perché si udì una serie di colpi furiosi alla porta.
I due si guardarono, indecisi e imbarazzati:
-Vado io!- bisbigliò poi l'Ispettore sgusciando fuori dalle coperte stropicciate e iniziando a vestirsi -Voi sbrigatevi a rivestirvi!-
I colpi si facevano sempre più insistenti.
-Javert!- esclamò lei cercando di non alzare troppo la voce.
-Cosa c'è?-
-Non ho nulla da mettermi, solo i panni di Marius!-
L'Ispettore si fermò a metà strada tra la porta e la camera, osservando Eponine avvolta nelle lenzuola. Era una vista decisamente...
-Javert!- sbottò nuovamente lei -Si può sapere cosa fate lì impalato?-
-Siete bellissima!-
-Eh?-
-Ho detto: siete bellissima. Chiudetevi in camera, chiunque sia vedrò di sbrigarmela velocemente!-
Sistemandosi la camicia e i pantaloni Javert aprì la porta e con sorpresa si trovò davanti Marius. Il giovane lo fissò con gli occhi sbarrati e il viso pallido:
-M...Monsieur Ispettore! Ma voi... Siete...-
-...Morto?- completò beffardamente Javert appoggiandosi allo stipite della porta.
Marius farfugliò qualcosa di incomprensibile, poi parve ricordare il motivo per cui era venuto:
-Eponine!- esclamò -Questa mattina Cosette è andata a trovarla e non c'era più! Pensavamo volesse commettere qualche sciocchezza... Non sapevo dove altro cercare!-
-Dite a vostra moglie di non preoccuparsi, Eponine è qui-
Il ragazzo rimase alquanto sorpreso dalla familiarità con cui Javert usava il nome della sua amica e fissò sospettoso l'abbigliamento trasandato dell'Ispettore:
-Monsieur!- sbottò imporporandosi -Spero che voi non abbiate approfittato di una giovane ragazza...-
Marius si interruppe, spaventato: l'Ispettore Javert era scoppiato a ridere e sembrava incapace di fermarsi. Poi lo guardò con un'espressione indecifrabile:
-Non dovete preoccuparvi neanche di questo. Buona giornata!-
E detto questo gli chiuse il portone in faccia.  

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Capitolo 14
*** Unpleasant Meeting ***


Eponine aveva riconosciuto anche attraverso la porta chiusa la voce di Marius e si era sentita un po' in colpa per il modo in cui era scappata dal matrimonio. Quando Javert entrò nella stanza, però, capì che l'avrebbe rifatto anche cento volte, pur di vedere il sorriso soddisfatto che aleggiava sulle labbra dell'Ispettore. L'uomo si chinò sul letto per baciarla ed Eponine tentò di imprigionarlo nuovamente tra le lenzuola, ma lui si sottrasse ridendo.
-Ho ancora un lavoro, io!-
Eponine arrossì e si morse il labbro:
-Perdonatemi, avete ragione, andate pure!-
Javert sorrise, mentre si infilava la divisa:
-Manderò un messaggio ai tuoi fratelli, così torneranno a casa... A proposito, dovrò iniziare a cercare un appartamento più grande!-
-E perché mai?- chiese la ragazza stupita. L'Ispettore alzò un sopracciglio:
-Beh, per viverci no? Jean e Louis non potranno dormire per sempre su due pagliericci in cucina e io e voi abbiamo bisogno di un letto più grande.-
-Voi e.. io?- Eponine era confusa e la sua mente le stava indicando una strada impossibile:
"Non ci credo, non può volere..."
Javert si sedette sul bordo del letto.
-Forse non sono stato abbastanza chiaro...- iniziò -... ma non sono un uomo a cui piace tenere una donna come amante. E' una pratica che aborrisco con tutto me stesso; quindi, dato che come vi ho ampiamente dimostrato sono innamorato di voi, voglio sposarvi.-
-Sposare... Sposare me?-
L'Ispettore sogghignò:
-Forse la notte appena passata vi ha offuscato un po' la mente, Mademoiselle? Certo che voglio sposare voi, e chi altrimenti?-
Eponine iniziò a piangere e Javert assunse subito un'espressione preoccupata:
-Cosa ho detto?-
La ragazza si chinò verso di lui e nascose il viso contro la sua spalla, cercando di fermare i tremiti che la scuotevano:
-Non... E' colpa vostra... E' solo che... Dio santo, è solo che sposarvi... Va oltre le mie previsioni per... Per dopo questa notte, ecco!-
-Pensavate davvero che vi avrei presa e poi abbandonata a voi stessa?- ringhiò Javert prendendola per il mento e costringendola a guardarlo.
Eponine si asciugò le lacrime e sorrise, prima di poggiare un bacio delicato sulla bocca dell'uomo.
-Va bene.-
-Va bene cosa?-
-Va bene, vi voglio sposare. Però...-
-Però?-
L'espressione tesa di Javert la fece ridere:
-Non so il vostro nome, Ispettore! Il nome di battesimo!-
-Claude. Il mio nome è Claude Javert.-
-Claude...- mormorò Eponine, assaporando il suono di quel nome sconosciuto.
 
Eponine si sentiva al settimo cielo, nonostante l'Ispettore avesse passato la notte stretto tra i suoi due fratelli su uno scomodo e duro materasso in cucina. Javert aveva infatti insistito affinché non dormissero più insieme fino al matrimonio.
"Precauzioni inutili, uomo testardo!" pensò la ragazza di buon'umore. Anche quella mattina, come negli ultimi tre giorni, era passata a trovare Cosette e Marius; entrambi erano rimasti sorpresi e perplessi dal suo imminente matrimonio, ma in fin dei conti erano entusiasti che finalmente anche una creatura bistrattata dalla sorte come Eponine Thernardier avesse finalmente trovato il suo posto nel mondo.
"Per non parlare di Jean e Louis!"
I suoi due fratellini avevano sostituito la discutibile figura paterna con Javert, il quale, anche se a malincuore, aveva confessato di essersi affezionato ai due giovani discoli.
Eponine si lisciò la gonna con le mani, assaporando la sensazione di quella buona stoffa sotto le dita. Sorrise di nuovo, quando un'ombra uscì da un vicolo laterale e le bloccò la strada. La paura durò solo un attimo, il tempo di riconoscere quella figura.
-Azelma!- esclamò Eponine, sorpresa e felice insieme. Sua sorella, però, la fissava con uno sguardo carico d'astio e disprezzo.
-Proprio tu!- sibilò -Proprio tu, Eponine, che parlavi di libertà e sognavi una vita migliore per la povera gente!-
-Azelma, ma cosa dici?-
-Tu ti sposi con Javert! L'Ispettore Javert che ha sbattuto i nostri genitori in galera. Te lo ricordi, vero, che nostra madre in prigione c'è morta? E che se non c'ero io, anche papà sarebbe marcito in quelle celle!-
-Esattamente il posto in cui sarebbe dovuto rimanere!- ribatté Eponine dura, trascinando Azelma via dalla strada affollata. La sorella la squadrò a lungo, prima di scuotere la testa sconsolata:
-Ci hai traditi tutti, sorella...-
-No, non è vero!-
-Pensala come vuoi, per me tu rimarrai sempre la ragazza che ha condannato a morte nostro padre!-
Il corpo di Thernardier era stato ritrovato fuori dalle mura cittadine, gonfio e sfigurato; dopo averlo riconosciuto, Eponine si era dovuta aggrappare a Javert per non svenire.
Azelma si voltò verso la strada da dove era venuta:
-Papà aveva trovato un imbarco per andare nelle Americhe... I soldi del tuo amico Marius ci sarebbero serviti per pagarlo! No- aggiunse vedendo il gesto della sorella -Non mi serve il tuo denaro, ho... Risolto in altro modo!-
I sottointesi di quell'affermazione colpirono Eponine più di tutto il resto.
-Spero che tu viva una vita felice, Eponine. Abbi cura di Jean e Louis... Addio!-
Eponine avrebbe voluto trattenerla, ma un attimo dopo Azelma era già sparita.
 
Tornò a casa con un dolore sordo nel petto e fu molto sorpresa nel trovarvi un domestico di Marius molto agitato, insieme alla portinaia del palazzo.
-Madmoiselle, per fortuna siete arrivata!- esclamò lui -Ho provato a parlare con questo bambino, ma sembra non capirmi!-
Alludeva a Jean, che si era rintanato in un angolo e fissava l'uomo con le lacrime agli occhi.
-Che cosa è successo?-
-Monsieur Marius e sua moglie mi hanno lasciato un messaggio per l'Ispettore Javert, prima di uscire di casa in tutta fretta!-
-Qual è il messaggio?-
-Venite al convento di Petit-Picpus, Monsieur Faucheleuvent sta morendo.-

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Capitolo 15
*** Peaceful Death ***


Quando gli avevano riferito che una ragazza era arrivata senza fiato e chiedeva di lui, Javert aveva immediatamente capito che si trattava di Eponine e le era andato incontro già preparato ad una brutta notizia. Altrimenti perché sarebbe entrata in un edificio tanto detestato e temuto?
Solo che, tra tutte le brutte notizie, non si aspettava quella.
"Monsieur Faucheleuvent sta morendo"
Ecco cosa gli aveva detto, tra un respiro e l'altro, la sua promessa sposa, ed ora entrambi sedevano in silenzio su quella carrozza, diretti al convento dove anni prima Jean Valjean e la piccola Cosette avevano trovato rifugio. Ad un certo punto avvertì un tocco leggero sulla mano contratta; strinse la mano di Eponine con forza, cercando di non lasciar trasparire quanto la cosa lo turbasse.
Aveva imparato a stimare Valjean, lo considerava il suo salvatore, e non solo perché gli aveva risparmiato la vita durante la rivoluzione.
Era un amico, il solo che avesse mai avuto. E fra poco non avrebbe avuto più neanche lui.
Erano arrivati al convento e Javert si ritrovò immerso in una pace ovattata fatta di rumori attutiti e luci soffuse: il sole sarebbe tramontato a breve.
Entrò nella spoglia e modesta chiesetta anticipando Eponine di qualche passo, osservando come Marius stesse finalmente porgendo i suoi sentiti ringraziamenti all'uomo che l'aveva tratto in salvo dalle barricate. Cosette era in ginocchio ai piedi del padre, con la bella veste dorata allargata attorno a sé come una pozza di luce, e piangeva lacrime silenziose accarezzando la mano rugosa di Valjean.
-Siete stato il miglior padre che avrei potuto desiderare...- mormorò la ragazza con voce rotta, appoggiando delicatamente il capo grazioso nel grembo del genitore. Marius le posò una mano sulla spalla. Jean Valjean farfugliò qualcosa di inudibile da quella distanza, e aprì gli occhi per osservare con benevolenza paterna i due giovani sposi. Sorrise stancamente e Javert avvertì il bisogno di avvicinarsi, di chiedergli scusa per tutto il male che gli aveva fatto.
Nella sua mente si susseguivano immagini sconnesse, ricordi che affioravano alla rinfusa: Jean Valjean a Tolosa, quando ancora aveva negli occhi la luce cattiva di uno scarto della società; Jean Valjean a Montreuil-sur-mere, l'imprenditore, l'eroe che aveva portato quella cittadina alla prosperità; Jean Valjean di fronte ai giudici, pronto a sacrificare la sua libertà per non condannare un innocente alla galera; e infine, Jean Valjean alle barricate, quello sparo che avrebbe dovuto ucciderlo e che invece si era perso nel cielo di Parigi.
Il cuore gli martellava così furiosamente nel petto che l'Ispettore dovette appoggiarsi a una colonna per non cadere. Quando poi racimolò le forze per continuare ad avanzare, era troppo tardi: l'uomo che era stato Jean Valjean, Monsieur Madeleine e infine Ultime Faucheleuvent era morto.
 
Javert fissava Jean e Louis che dormivano beati. L'affetto che provava di solito nel vederli quella sera era soffocato da ben altri sentimenti. Jean Valjean era il suo chiodo fisso: sapeva bene che era anziano e che la vita non era stata clemente con lui, ma non si aspettava una così veloce dipartita.
Il fatto che poi non avesse mai trovato il coraggio di chiedergli perdono lo tormentava incessantemente.
-Claude!- la voce di Eponine lo riscosse; la ragazza si avvicinò alla sedia sulla quale si era accasciato quando erano tornati a casa. Non si era mosso per ore e anche solo girare il collo per guardare Eponine gli risultava doloroso:
"Una dimostrazione in più di quanto io sia invecchiato" pensò mestamente.
Eponine gli accarezzò con dolcezza i capelli neri:
-Dovete riposare...- sussurrò -Venite, su!-
Javert si lasciò trascinare in camera e si distese sul letto come un automa; Eponine si accoccolò accanto a lui:
-Oggi ho incontrato mia sorella...- disse lei a bassa voce, riferendogli l'incontro con Azelma.
Javert non commentò, ma la strinse a sé comprendendo il suo dolore.
-Ci sono molte cose di me che non sapete...- disse l'uomo all'improvviso -Cose che certamente non mi fanno onore.-
Eponine si tirò su, appoggiandosi ai gomiti per guardarlo: alla luce della luna i suoi lineamenti si scorgevano a malapena ma l'Ispettore capì che stava aspettando che lui continuasse.
Così, spinto dalla morte di Valjean o forse semplicemente dal rimorso, le raccontò come il destino avesse strettamente intrecciato le loro vite in un groviglio inestricabile, sul quale era difficile dare un giudizio; anzi, pensando all'incerta amicizia degli ultimi tempi, Javert non avrebbe saputo dare un giudizio sicuro su nessuno degli aspetti che avevano caratterizzato il suo rapporto con Jean Valjean.
Dopo che ebbe finito, aspettò con trepidazione un biasimo che non arrivò. Allora si arrischiò a chiedere:
-Mi disprezzate, ora?-
Eponine emise un lungo sospiro.
-No, non potrei mai disprezzarvi. E non perché le vostre passate azioni non meritino un giudizio negativo; piuttosto perché l'uomo che le ha commesse non esiste più. Quell'uomo è morto la notte in cui Valjean vi ha salvato dalle barricate... Smettete di tormentare i fantasmi del passato e lasciate riposare in pace il vostro amico. Perché è così che vi ha considerato, alla fine: un vecchio amico.-
Quella notte Javert venne meno alla promessa che si era fatto di non toccare più Eponine fino al matrimonio, ma non se ne pentì.
Fecero l'amore con una violenza e una disperazione che li univa forse più di tutto quello che avevano passato insieme. Quando l'uomo alla fine nascose il capo nel suo petto, mentre le mani di Eponine gli accarezzavano la schiena e il suo respiro affannato gli spostava i capelli, sentì l'improvviso bisogno di piangere. Si lasciò andare a quel bisogno, beandosi delle lacrime calde che gli scorrevano sulle guance: pianse perché Valjean non c'era più, perché tante giovani vite erano state stroncate per un sogno di libertà, perché Fantine era morta a causa di un mondo crudele, perché Eponine era stata rinnegata da uno dei suoi ultimi affetti.
E pianse anche per sé stesso, perché era vivo e non sapeva ancora perché.     
 
 
Angolo Autrice:
Questa storia può dirsi conclusa, sebbene subito dopo questo pubblicherò un altro capitolo. Si tratta di un eccesso di zuccheri molto lontano dai toni e dai temi dei Miserabili, perciò potete tranquillamente fermarvi qui: se invece volete alzare il vostro tasso di glicemia con uno scorcio di Eponine e Javert dopo una decina d'anni, continuate pure!
 
Crilu 

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Capitolo 16
*** New Life ***


Parigi, 1843.
-Gavroche! Gavroche! Dove ti sei cacciato? Questa volta ci prendi, eh!-
La donna si volta verso la governante dei suoi vicini di casa, che in quel momento sta sbattendo energicamente un tappeto fuori dal davanzale della finestra per liberarlo dalla polvere:
-Madame Sevres, avete per caso visto mio figlio Gavroche?-
-No, Madame Javert, mi dispiace, non l'ho visto!-
Eponine saluta la donna con un cenno del capo e rientra nell'atrio fresco del palazzo, e quasi si scontra con un giovane uomo vestito con abiti semplici:
-Jean!- esclama meravigliata, riconoscendo il fratello -Cosa ci fai qui?-
Il ragazzo sorride, mostrandole un cesto dal quale proveniva un inconfondibile odore di pane.
-Ho capito!- ride Eponine, accettando il dono. Da quando, nove anni prima, Jean è stato assunto dal fornaio a due strade di distanza dalla loro casa, il fratello si presenta spesso con pane e dolciumi appena sfornati per i nipoti. Eponine gli fa cenno di seguirla su per le scale, ma lui scuote la testa e si indica il petto con una smorfia imbarazzata:
-Va bene, vai pure dalla tua Marie!- esclama la sorella fintamente imbronciata, mentre Jean esce velocemente dal portone. Nonostante sia muto, è riuscito a sposarsi con la figlia del suo capo.
Una vocina sottile la chiama dalla porta che ha lasciato aperta:
-Maman!-
-Un attimo, Charo, non trovo tuo fratello!-
Charo scende le scale tenendosi forte alla ringhiera in ferro battuto. Ha sei anni, quattro in meno del fratello, e il nome della madre di Javert.
Guardandola, Eponine si stupisce ancora una volta come la piccola assomigli al padre: è alta quasi quanto Gavroche, mora e ha due mobilissimi occhi azzurri che squadrano ogni cosa con un pizzico di alterigia. Si attacca alla sua gonna, chiedendo di essere presa in braccio; la donna alza gli occhi al cielo, poi scruta l'androne e il cortile interno alla ricerca del figlio. Non trovandolo, si china a prendere Charo in braccio.
Ad un certo punto la bambina si sbraccia verso l'arco che fungeva da entrata per l'edificio:
-Maman, maman, guardate: ci sono papà e lo zio Louis!-
Eponine si volta: è vero, due uomini in uniforme si stanno avvicinando e può distinguere senza difficoltà suo fratello e suo marito. Louis per il momento sembra disinteressato a trovarsi una sistemazione per conto suo, nonostante la sua carriera in Polizia; Javert gliel'aveva detto fin da subito che sarebbe stato un bravo gendarme.
Erano sposati da pochi mesi e Louis non lasciava il suo fianco un attimo, nonostante l'Ispettore perdesse spesso la pazienza con lui:
-Sai, Eponine- le aveva detto una sera -Credo proprio che tuo fratello farà strada!-
Ed era vero: a vent'anni Louis, con la sua espressione furba e i baffetti neri, è uno dei sergenti più apprezzati della capitale.
-Buonasera, sorella!- la saluta sorridendo, prima di scompigliare i capelli di Charo, che ridacchia divertita.
Javert si avvicina con la sua solita espressione rigida, che si scioglie un po' solo quando, dopo aver posato un bacio sulla fronte della moglie, prende in braccio la figlia. E' una scena davanti alla quale Eponine si commuove sempre: suo marito, così arrogante e freddo, che culla dolcemente la bambina, per la quale stravede quasi più che per il figlio maschio.
-Non trovo Gavroche!- gli confida Eponine contrariata, mentre Louis sale velocemente le scale.
Non fa quasi in tempo a finire la frase che un lampo biondo attraversa il suo campo visivo per fiondarsi verso le gambe di Javert.
-Papà, siete tornato finalmente!- strilla felicemente il bambino. Javert gli accarezza il capo, indulgente.
-Non dovresti far preoccupare così tua madre, Gavroche!-
Il monello alza gli occhi scuri verso di lui e sorride con malizia. Javert sorride e si rivolge alla moglie:
-Questo bambino ha preso tutto dal tuo ramo della famiglia!-
Eponine aggrotta la fronte e mormora a mezza voce:
-Speriamo non proprio tutto!-
Ma la sua famiglia non l'ha sentita, perché stanno già entrando dentro casa, e lei li segue.
-E' pronta la cena?- urla Louis dalla sua stanza.
-Louis, non si urla in questo modo!- lo rimprovera la sorella scocciata, mentre porta il cibo a tavola. Nonostante Javert abbia provato diverse volte a convincerla ad assumere qualcuno, Eponine si ostina a mandare avanti la casa da sola.
-E' passata Madame Pontmercì questa mattina!- rivela Charo contenta, mentre addenta una fetta di pane -E con lei c'erano anche Marius e Philippe!-
Il sorriso sorge spontaneo alle labbra di Eponine, al pensiero dei figli di Cosette, che nonostante la posizione sociale più elevata giocano volentieri con Gavroche e Charo.
-Penso che Madame Pontmercì sia di nuovo incinta!- aggiunge Gavroche. Javert alza le sopracciglia e la guarda incuriosito; Eponine si stringe nelle spalle:
-Non ne è ancora così sicura, ma il medico ha detto che potrebbe essere...-
 
Più tardi, mentre sta riordinando la tavola, qualcuno la cinge per la vita:
-Claude! Mi hai spaventato!- esclama Eponine voltandosi verso il marito.
-Chiedo perdono!- risponde lui beffardo, baciandola. -Vieni a letto?-
La luce nei suoi occhi rivela che nonostante la lunga giornata di lavoro non è affatto stanco:
-Vuoi metterti a pari con Marius, per caso?- sogghigna lei. Per forza di cose, Javert è costretto a sopportare la presenza di Marius in casa propria, ma è evidente che anche dopo dieci anni il giovane non gli va a genio. Eponine sospetta che in quell'insofferenza sia presente anche un po' di gelosia: suo marito a volte si rimprovera ancora di essere troppo vecchio per lei.
Sul volto di Javert si fa strada prima una smorfia insofferente, poi un ghigno divertito:
-E perché no?- chiede, cercando nuovamente le sue labbra.
Eponine non sa come sia possibile, ma dopo dieci anni di matrimonio i baci dell'Ispettore la fanno ancora tremare. Si stacca da lui e lo guarda attentamente, come fa ogni sera prima di addormentarsi: il tempo trascorso gli ha donato altre rughe sulla fronte e più ciocche grigie tra i capelli, ma lo sguardo e la tempra che i suoi occhi azzurri rivelano sono gli stessi di sempre.
La donna sorride e gli accarezza la bocca, l'unica che abbia mai desiderato:
-Già... Perché no?-

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