Basil l'Investigatopo 2: loving and fighting

di Bebbe5
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Coming back from hell ***
Capitolo 2: *** Happiness and despair ***
Capitolo 3: *** Memories ***
Capitolo 4: *** Love ***
Capitolo 5: *** New game ***
Capitolo 6: *** Quarrels ***
Capitolo 7: *** Let's get the party started ***
Capitolo 8: *** I'm afraid ***
Capitolo 9: *** Let's fight ***
Capitolo 10: *** The end (first act) ***
Capitolo 11: *** Healing ***
Capitolo 12: *** Reunions and.... ***
Capitolo 13: *** A new case ***
Capitolo 14: *** The bank ***
Capitolo 15: *** Troubles ***
Capitolo 16: *** The end (second act) ***
Capitolo 17: *** Note dell'autrice ***
Capitolo 18: *** Scoperte ***
Capitolo 19: *** Meeting B.B ***
Capitolo 20: *** A little chat ***
Capitolo 21: *** Confidenze ***
Capitolo 22: *** Finally ***
Capitolo 23: *** what's happening? ***
Capitolo 24: *** Misteri ***
Capitolo 25: *** Scontro al locale ***
Capitolo 26: *** Ricerche ***
Capitolo 27: *** Luce e ricordi ***
Capitolo 28: *** E ora? ***
Capitolo 29: *** Libertà ***
Capitolo 30: *** Un'idea ***
Capitolo 31: *** Altre rivelazioni ***
Capitolo 32: *** Si parte ***
Capitolo 33: *** Moving ***
Capitolo 34: *** I found you ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35 ***



Capitolo 1
*** Coming back from hell ***


Note dell’autrice: mentre stavo navigando su fanfiction.net, mi sono soffermata a leggere delle storie su Basil l’investigatopo, una passione mai morta che ho da quando avevo 4 anni. Sono venuta a cercare delle fanfiction sull’argomento anche qui, ma sono rimasta delusa. Allora ho deciso di scriverle io, anche se non verranno quasi sicuramente mai lette, figuriamoci recensite. Almeno mi sarò tolta lo sfizio.

A tutti gli avventurosi che si apprestano a leggere un grazie infinito, a tutti quelli che addirittura recensiranno una ola grande come il mondo.

Spero comunque che piaccia.

 

Capitolo 1

Il Big Ben stava suonando la mezzanotte, per le strade non c’era anima viva, o almeno nessun’anima “umana” viva. Due roditori infatti camminavano lungo il muro di un’imponente casata.

 

“Brrr, mi mette i brividi il suono di quel maledetto orologio”disse uno.

 

“Già, anche io li sento da quando il nostro capo è morto”disse l’altro ”Chissà che volo poveretto”.

 

“E quel miserabile detective se l’è cavata lo stesso. Che rabbia, se ora l’avessi tra le mani io….. io….”

 

“Sì, ci ha fatto passare tre anni in galera quel verme. Ma come accidenti avrà fatto a fuggire dalla trappola?! Era perfetta, da ogni punto di vista.”

 

“Non lo so, sembra sempre un passo avanti a noi.”

 

“Se il capo fosse ancora vivo io non esiterei a riunirmi a lui, pur di farla pagare a Basil.”

 

“Io non esiterei nemmeno a fare un patto col demonio stesso, se mi garantisse la sua morte.”

 

“Sareste davvero disposti a farlo?” li interruppe una voce che i due non sentivano più da ormai tre anni. Tremanti, si guardarono intorno, certi di aver sognato, ma dalla foschia che avvolgeva la strada spuntò la sagoma di un topo enorme, un ratto (anche se quest’ultimo nome, se pronunciato, veniva seguito subito dalla morte di colui che, tanto sconsideratamente aveva osato aprir bocca), vestito con dei pantaloni e una giacca nera, dalla quale spuntava un foulard viola e rosa. Sulla testa c’era una tuba, anch’essa nera, e in mano un lungo bastone con un pomo d’oro in cima.

Sulla faccia quel ghigno che aveva sempre terrorizzato tutti, nemici e alleati.

 

“C- capo?”chiesero esitanti i due “Ma dovresti essere morto.”

 

“Vero, sono tornato dall’inferno apposta per quello stupido che ha osato tentare di uccidermi.” rispose Rattigan con un tono calmo, in cui si percepiva però una grande rabbia. “Ho sentito che sareste disposti a seguirmi di nuovo pur di fargliela pagare.”

“MA CERTO!!!!” risposero i due esultanti.

 

“Benissimo, allora venite con me, andiamo nel mio covo. Il resto del gruppo ci aspetta là.”

I due erano increduli, come increduli erano tutti quelli che si trovavano già sul posto.

Però, quando Rattigan parlò, ogni dubbio svanì, lasciando il posto ad una sorta di gioia malvagia, assetata di vendetta.

 

“Amici miei, sono felice di vedervi tutti qui presenti ad accogliermi. Lasciate intanto che vi presenti il mio nuovo socio, Moriarty”.

A questa frase un enorme ragno (almeno così lo vedevano i topi), grande quasi quanto Rattigan, si avvicinò al topo, tra gli applausi e le grida dei presenti.

 

“Sapete perché siamo qui vero?”

 

“SI’.”

 

“Vogliamo uccidere Basil.”

Urla sempre più concitate si sentivano tra la folla.

Rattigan li guardò tutti e poi mormorò: “Lo faremo, state tranquilli, ho già in mente un piano. Siete con me?”

 

“Sì.”

 

“Siete con me?” ripeté alzando un po’ la voce.

 

“SI’.”

 

“SIETE CON ME?” stavolta lo chiese gridando.

 

“SI’!!!!!!!!!!!!!!!!!” e con questo la folla cominciò ad urlare, a saltare, a festeggiare.

 

Rattigan li guardava fiero. “Basil, sarai mio!” sussurrò.

 

FINE DEL CAPITOLO

 

Sì, è proprio così, ho deciso finalmente di riaggiustare questa mia fiction, anche in vista di un’eventuale traduzione per fanfiction.net. A parte la questione delle date, riadatterò un po’ la sintassi e cambierò alcuni nomi (per esempio quelli degli attori amici di Cornelia). Buffo come mi appaiano infantili i primissimi capitoli, ma non temete, non li cambierò totalmente, così come non cambierò i commenti ai vari capitoli, sono dei ricordi troppo belli. Buona lettura.

 

 

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Capitolo 2
*** Happiness and despair ***


Nota dell’autrice: eccomi qua, pronta a scrivere un altro capitolo.

Sinceramente non pensavo che questa storia venisse letta, né tanto meno recensita.

Ringrazio quindi di tutto cuore Hikary. Credo di aver già detto che vado matta per questo cartone e, sta’ tranquilla, ho intenzione di finire questa storia. Il problema è che non so come. Ho un milione di idee e assemblarle mi sembra difficile. Comunque farò del mio meglio per accontentarti, la tua recensione mi ha fatto un piacere immenso.

Spero che il capitolo ti piaccia.

 

Capitolo 2

 

Un lampo squarciò il cielo di Londra, seguito da un fortissimo tuono e da uno dei più violenti temporali di quell’autunno. Per le strade la gente si affrettava a raggiungere le proprie abitazioni o, quanto meno, una carrozza.

In tutta quella confusione, chi mai si sarebbe potuto accorgere del topolino che, strisciando contro i muri, si dirigeva in tutta fretta verso Baker Street? Era piuttosto corpulento, rispetto a quelli della sua specie, con due baffetti proprio nel centro di un volto che mostrava affidabilità e dolcezza, ma anche una gran forza d’animo. Aveva una bombetta e un cappotto neri e si riparava con un minuscolo ombrello dello stesso colore: 

 

“Fortuna che l’ho preso prima di uscire.” pensò.

Arrivato a destinazione, al 221B della via, si fermò un attimo per riprendere fiato davanti alla porta:

 

“Forse.. anf…dovrei…anf  ascoltare Basil e…anf.. fare un po’ più di moto” si disse Topson (se non l’avevate ancora capito) prima di chiudere e scuotere l’ombrello e di entrare in casa.

 

Non riuscì a reprimere un sorrisetto divertito come, del resto, gli capitava ormai da due anni a quella parte. La casa, che divideva con il suo grande amico investigatopo, era molto cambiata dopo la morte del terribile nemico di Basil, Rattigan. Quando vi era entrato per la prima volta, vi aveva trovato un disordine immenso: ritagli di giornali attaccati un po’ dappertutto, senza una logica apparente, strani aggeggi meccanici e diversi alambicchi sparsi un po’ per tutta la casa e persino delle piume sparse un po’ su tutto il pavimento (frutto di esperimenti con pistole e fucili vari). La cosa strana era che, anche allora, non c’era un granello di polvere in tutta casa, dato che la signora Placidia, la cameriera, era una vera e propria maniaca dell’ordine e ciò aveva portato a liti piuttosto accese tra lei e il padrone di casa (o meglio, chi urlava era lei, mentre lui sembrava non considerarla affatto).

Con la sparizione dell’ossessione di Rattigan, la cosa si era un po’ ridimensionata: ora il disordine era tutto concentrato nella camera di Basil, etichettata dalla governante come zona pericolosa e da evitare. Il resto della casa, invece, era stato rimesso totalmente in ordine, il che non dava più l’impressione di essere pigiati in un qualsiasi archivio cittadino, ma, al contrario, offriva una piacevolissima sensazione di accoglienza a tutti coloro che vi entravano.

Topson stava per appendere il cappotto e la bombetta all’attaccapanni nell’ingresso, quando notò che, oltre a mancare quello del suo amico, ad uno dei ganci era attaccata un bellissimo soprabito verde scuro, con dei bottoncini d’oro e un semplice cappellino con lo stesso colore e gli stessi intarsi. In quel momento la signora Placidia comparve nell’atrio, accigliata, ma un attimo dopo il suo viso si addolcì, vedendo davanti a sé solo il migliore amico del suo peggiore incubo.

 

“Oh, buona sera dottore. Bentornato.” Cominciò lei.

 

“Buona sera anche a lei signora. Mi dica: chi è la signorina che è venuta a farci visita?” chiese gentilmente Topson.

 

“Non si starà mica trasformando in uno come il signor Basil, vero?” chiese la donna con un tono tra il divertito e il preoccupato. “Comunque posso dirle che è un’amica di vecchia data del signore, un angelo se mi posso permettere. Non so come faccia a sopportare quello là, ma si conoscono fin dalla tenera età e… Oh, perdinci. Vada ad incontrarla e la intrattenga un po’. Saranno ormai quasi tre ore che è seduta di là nel salotto, ci ho conversato un po’ ma sa.. le mie mansioni…”

 

“Ma Basil dov’è? Ah già, Scotland Yard”. Si era dimenticato che il detective, una volta la settimana si recava alla stazione di polizia per dare una mano con i casi che si presentavano.

 

“Sì, e spero che torni il più tardi possibile” Disse la governante prima di tornare in cucina.

Topson appese i suoi effetti nell’ingresso e si avviò verso il salottino.

Quando vi entrò, il fiato gli si mozzò in gola. Davanti a lui c’era una delle più belle topoline che avesse mai visto. Aveva un lucidissimo pelo marrone chiaro, i capelli dello stesso colore, forse più tendente al biondo, che le ricadevano in morbidi ricci sulle spalle. Portava un vestito dello stesso colore del soprabito e del cappello nell’ingresso e, come notò il dottore, un paio di guantini neri era appoggiato sulla poltrona dove lei era seduta. Era talmente assorta nella lettura del suo libro che non si era accorta dell’ingresso di Topson, il quale, dopo non aver potuto fare a meno di notare che quell’aria così assorta gli ricordava quella dell’angelo della Madonna delle Rocce nella National Gallery, si schiarì leggermente la voce e la signorina alzò di scattò il volto e il dottore vide che aveva due occhi azzurri, no grigi, no verdi, no… un colore bellissimo ecco.

 

“Buonasera signore, chi ho il piacere di incontrare?” chiese lei con una dolcissima vocina da fata.

Dopo un attimo di immobilità, l’interrogato si affrettò a rispondere:

“Dottor David Q. Topson, e qual è il suo nome signorina?”

 

“Cornelia Blackwood, tanto piacere”.

Dopo un rapido ma cortese bacia mano, i due si sedettero sulle poltrone del salotto davanti al caminetto e cominciarono a chiacchierare. Il dottore apprese che Cornelia conosceva Basil fin da quando i due avevano 5 anni, avevano frequentato insieme ogni scuola, perfino il college ed erano sempre stati compagni di classe. Dieci anni prima lei, su ordine della famiglia, era dovuta partire per il Continente, qualche anno prima che Topson, arrivasse a Londra, ed era diventata una famosa attrice, cantante e ballerina, molto rinomata e rispettata da tutti. Topson si ricordò allora di aver visto la foto della ragazza su un giornale una volta e gli pareva troppo bello e strano che la giovane fosse tanto semplice (a giudicare dal soprabito e dal vestito) nonostante avesse molti soldi.

I due continuarono a conversare finché Basil tornò da Scotland Yard, quasi due ore dopo. Anche il detective si soffermò a guardare il cappotto ma, diversamente dall’amico, si fiondò immediatamente nel salotto e corse a salutare l’amica:

 

“CORNELIA, oh quanto tempo è passato. Come stai? Tutto bene?”

 

” BASIL, già sono passati ormai dieci anni e tu sei cambiato tanto sai?”

 

“Davvero? Non credevo: il colore degli occhi mi sembra lo stesso, quello del pelo pure, non sono alzato, non sono ingobbito…”

 

”Non parlo di qualità fisiche. Dove diavolo è finito il disordine di cui  andavi tanto fiero?”

 

“Ah, quello, beh è tutto pigiato in camera mia”

 

“E tu riesci a dormirci? Che fai, ora sei pure stregone e riesci a trasformarti in un pezzo di intonaco per poterci dormire?”

 

“Ehi, bada a come parli”

 

I due litigavano ridendo, in una maniera che portò Topson a chiedersi se tra i due non c’era più di una semplice amicizia.

 

“Sono contenta di essere finalmente tornata.”.

 

“Sì, anch’io e… ATTENTA!”

Con uno scatto fulmineo, Basil si abbassò a terra trascinando con sé Cornelia, mentre una pietra entrava a velocità fulminea nella stanza, fracassando il vetro della finestra e andando a colpire l’armatura del detective che cadde in pezzi sul pavimento.

 

“In nome del cielo, CHE E’ SUCCESSO?” La voce della signora Placidia risuonò fuori della porta, prima che la governante entrasse nella stanza, imbelvita a tal punto che, Topson ne era certo, se fosse stata un leone avrebbe sbranato il suo padrone senza troppi ripensamenti.

 

“Signor Basil, avevamo deciso che il disordine, compresi vetri rotti e fracassamenti vari si sarebbe limitato alla zona dei suoi appartamenti e… SIGNOR BASIL, MI STA ALMENO ASCOLTANDO?” disse rivolta al detective che, dopo aver appurato che nessuno dei suoi amici si era fatto male, si era avvicinato al proiettile. Quest’ultimo era tutto pieno di ragnatele e, a ben guardarlo, ci si sarebbe accorti che c’era qualcosa inciso sulla roccia.

Incurante degli strepiti della sua cameriera, Basil raccolse il sasso e cominciò a togliere le ragnatele. Cornelia e Topson, intanto, cercavano un po’ di calmare l’ormai isterica governante, un po’ di seguire i movimenti del detective.

Dopo quasi cinque minuti, dalla bocca di Basil uscì un urlo tra il disperato e l’irato.

 

“No, no, no, non è possibile, è un incubo, solo un incubo” cominciò a mormorare

 

“Cosa è successo Basil?” chiese Topson ansiosamente mentre Cornelia osservava muta la scena.

 

Per tutta risposta, il detective gli lanciò la pietra e il dottore vide con orrore che vi era incisa una “R”, allo stesso modo di quella che tanto avevano temuto dieci anni prima.

Sembrava impossibile, troppo orribile per essere vero, ma la prova era lì davanti ai loro occhi.

Rattigan era tornato.

 

Ecco qua il secondo capitolo, dedicato a Hikary. Spero che ti piaccia, forse è un po’ lungo, ma altrimenti non tornava.

Che ne pensi di Cornelia?

A presto

Bebbe5          

 

 

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Capitolo 3
*** Memories ***


Nota dell’autrice: so che “perseverare diabolicum est”, ma, ehi un impegno è un impegno e io ho promesso di finire assolutamente questa storia.

Se poi non ci saranno recensioni, non importa: secondo me uno dovrebbe scrivere per passione e non per ricevere commenti ecc. Questo è un messaggio per tutti coloro che cominciano una storia e non la finiscono, lasciandola lì per mesi, addirittura anni. Ognuno avrà i suoi problemi, ma io non lo sopporto.

Via, dopo questo piccolo sfogo, diamo il via all’immaginazione e cominciamo a scrivere.

Buona lettura

 

Capitolo 3

 

Sembrava impossibile, troppo orribile per essere vero, ma la prova era lì davanti ai loro occhi.

Rattigan era tornato.

 

Pochi minuti dopo, Basil, Topson e Cornelia se ne stavano seduti sulle poltrone del salotto. La signora Placidia, nonostante fosse l’ora di cena, dopo aver ripulito la stanza dai vetri e aver rimesso a posto l’armatura con l’aiuto di Cornelia (a questo proposito, la governante si era inizialmente ribellata per poi arrendersi alla gentilezza della ragazza), aveva preparato del tè bollente al bergamotto, servendolo in eleganti tazze di porcellana blu e accompagnandolo con le sue deliziosissime focacce al formaggio.

Nessuno dei tre, però, aveva toccato ancora niente. Topson era sconvolto e Cornelia incuriosita, ma entrambi osservavano con attenzione Basil, che se ne stava muto sulla sua poltrona, con le mani giunte e gli avambracci appoggiati sulle ginocchia, lo sguardo assente, che però lasciava trasparire tanta disperazione.

Il silenzio e la tensione si tagliavano con un coltello. Topson decise di rompere il ghiaccio che sembrava essersi impossessato delle loro menti.

 

“Basil, hai considerato l’ipotesi che possa trattarsi di uno scherzo? Rifletti, tutta la Londra criminale ti odia, chiunque avrebbe potuto mandarti un messaggio intimidatorio, spacciandosi per Rattigan e quindi tentare di…”

 

“No, Topson, non c’è alcun errore. Il tratto è lo stesso e, credimi, è inconfondibile. Oh, dannazione! Sono di nuovo all’inizio di una storia che speravo fosse conclusa”

Rispose l’investigatopo con la voce tremante.

 

“Basil, calmati, l’hai già sconfitto una volta, cosa ti fa pensare che non…?”

 

“OH ACCIDENTI, PERCHE’ NON CAPISCI?!” sbottò il detective, alzandosi di scatto e facendo sobbalzare il dottore “neanche un volo dal Big Ben l’ha ucciso!! Neanche quello. Dev’essere per forza un demonio o qualcosa del genere, nato per perseguitarmi. Come diavolo faccio io ad uccidere uno come lui? Cos’altro devo fare che non ho già fatto? Cosa….”

 

SCIAFFF!!!

Il rumore di uno schiaffo risuonò nel salottino e a quello seguì il silenzio.

Cornelia si era alzata e aveva colpito Basil con il dorso della mano. Sia il detective che Topson la guardavano allibiti.

 

“Ora ascoltami bene, Basil di Baker Street. Non esiste topo in tutta Londra che abbia la tua determinazione, tanto meno la tua intelligenza.”

 

“Per forza, più stupido di quello che sono..”

 

Sciaff!!

Un altro schiaffo, stavolta sulla guancia opposta.

 

“Non ti azzardare ad interrompermi, né a sminuirti. Il tuo comportamento non è di

umiltà, ma di pusillanimità. Sai benissimo di essere in grado di affrontare questa situazione, eppure ti tiri indietro, come un bambino che cade per la prima volta dall’albero della cuccagna, quando è quasi arrivato in cima. Dov’è finito il Basil che conoscevo, colui che non si tirava indietro neanche al più irrisolvibile dei rompicapo del professore di matematica, colui che stava a giornate a suonare il violino quando un brano non gli riusciva, colui che risolveva anche la sparizione di una semplice penna d’oca di un ragazzino disordinato del primo anno?”

 

“Quei tempi sono passati, ero giovane e con l’idea di poter aiutare il mondo in qualche maniera, Rattigan non c’era ancora”

 

“Ma sentitelo, ha parlato Matusalemme!! E comunque Rattigan c’era eccome. Ti ricordo che fosti tu ad aprirmi gli occhi su di lui, quando lo frequentavo.”

La bocca di Topson si spalancò. Com’era possibile che un simile angelo potesse essere stato legato in qualche modo a Rattigan?

“Se poi non ricordo male” continuò Cornelia “io all’inizio nemmeno ti ascoltavo, ti trattavo male, anche se eri il mio migliore amico, ma tu hai continuato a provare a redimermi e, solo con la perseveranza per la quale sei tanto famoso, ci sei riuscito.”

 

“Ma dimmi un po’, tu chi saresti per venirmi a dire come mi devo comportare, eh? Ti ripresenti dopo dieci anni, mi schiaffeggi e pretendi pure che io ti ascolti?” sbottò Basil.

 

“Cerco solo di aiutarti, tengo moltissimo a te.” Ribatté Cornelia

 

“Ah davvero? E allora perché te ne sei andata per così tanto tempo invece di restarmi vicina quando avevo più bisogno del tuo appoggio?”

 

“E’ stata la mia famiglia a mandarmi in Europa”

 

“Ma davvero? Beh, tu avresti potuto rifiutare, ma volevi fare carriera, avere tanti

soldi..”

 

“Non sai quello che dici”rispose Cornelia con la voce che le tremava.per la rabbia.

 

“Magari volevi sedurre un ricco signore che ti avrebbe mantenuta e poi…” Basil non riuscì mai a finire la frase, perché un pugno gli arrivò dritto dritto nel naso, mandandolo a finire per terra.

Il volto arrabbiato di Cornelia faceva paura a tal punto che Topson arretrò di qualche passo.

 

“Non ti permettere mai più di darmi della “attricetta da pub” chiaro? E se proprio vuoi saperlo, me ne sono andata perché Rattigan minacciava di uccidere te e tutta la mia famiglia se non avessi smesso di aiutarti. Me ne sono andata brutalmente, lo so, m era l’unico modo per salvarli, per salvarti. Ho scelto di recitare per mettermi in mostra in modo che Rattigan sapesse esattamente che non ero a Londra. Quando ho sentito della morte di quel maledetto sono ritornata, sperando di ritrovare tutto com’era prima”. La sua voce era cambiata, era diventata triste.

“Hai ragione comunque, chi sono io per dirti cosa devi fare? Anzi, visto che si è fatto tardi penso che sia il caso di tornarmene a casa.”

Detto questo, ricacciando indietro le lacrime che spingevano per uscire, Cornelia si avviò verso la porta.

 

“Sai, speravo di trovare quel ragazzo determinato che tanto mi piaceva ai tempi del college. Invece ho trovato un grande detective, rammollitosi dopo aver raggiunto il suo obiettivo per una volta. Spesso mi sono sentita dire che dovevo crescere, ora mi rendo conto che, forse, crescere è la cosa più brutta, almeno per uno come te. Addio Basil, buona sera dottore.”

Con queste parole, la ragazza uscì dalla porta. La sentirono mettersi cappello, guanti e soprabito e uscire dalla porta.

Topson guardò Basil che, ancora a terra, guardava sconvolto la porta dalla quale era uscita l’unica persona per cui il suo cuore aveva sempre battuto.

Il dottore gli tese una mano per aiutarlo ad alzarsi, poi gli disse: “Sai, credo che non avesse tutti i torti. Forse i suoi modi sono stati un po’ bruschi ma..”

 

“No, sono stati esattamente quello che ci voleva in una situazione del genere. Accidenti, le devo chiedere scusa.”

Il detective si avviò verso la porta, con tutta l’intenzione di correre dietro a Cornelia, quando un urlo della ragazza lo bloccò.

 

“Oh no” mormorò prima di uscire nella notte temporalesca.

Guardandosi intorno non vide niente, eppure quell’urlo l’aveva sentito.

 

“LASCIAMI, BRUTTA BESTIACCIA, LASCIAMI!!”.

La voce della ragazza veniva da un punto imprecisato alle sue spalle. Basil si voltò e guardò in alto.

Ciò che vide gli fece rizzare il pelo dall’orrore: appeso al cornicione stava il più grosso ragno che lui avesse mai visto e tra le sue grinfie c’era Cornelia che si divincolava, legata con quelle che, sicuramente, erano ragnatele.

 

“Lasciala andare immediatamente” urlò Basil.

 

“Uh, ma guarda chi si è deciso a mettere il muso fuori casa! Il grande detective! Eri un pochettino scoraggiato eh? Non ti attaccherò per il momento, ma la ragazza viene con me. Sai, Rattigan mi ha chiesto espressamente di portargliela e… AAAAH!”

Basil aveva fulmineamente estratto un revolver che portava sempre con sé e aveva sparato al ragno il quale, centrato in pieno in un occhio, aveva lasciato cadere la ragazza.

Cornelia cominciò a precipitare urlando, ma pochi secondi dopo, si trovò tra le braccia di Basil che l’aveva prontamente afferrata.

 

“Stai bene?” le chiese lui sorridendo.

 

“Credo di sì, sai, con questa presa, potresti essere il mio Robin Hood a teatro.”

 

“Uhm, non credo di essere tagliato per recitare.”

Poi rivolgendosi al ragno

 

“Tsk, Rattigan ha peggiorato i suoi gusti in fatto di lacchè. Vampirello era patetico e brutto, ma tu lo sei doppiamente”

 

“Grrr, non avresti dovuto sfidarmi così. Ma non temere. I giochi sono aperti investigatopo e presto avrò occasione di rifarmi”

 

Detto questo sparì nella notte.

 

FINE DEL CAPITOLO   

 

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Capitolo 4
*** Love ***


Nota dell’autrice: Ari-eccomi di nuovo. L’ispirazione (strano ma vero) mi è venuta ieri mentre ero a scuola a fare il seggio. Nei momenti di stacco prendevo carta e penna e cominciavo a scrivere, con il risultato di aver portato un bel po’ avanti questo capitolo.

X Hikary: non ti preoccupare se non riesci sempre a recensire, capita spesso anche a me di leggere e non avere tempo di lasciare un commentino. Comunque, la bella recensione che mi hai scritto ha compensato la tua “assenza” nel secondo capitolo.

Sì, lo so che Rattigan e Cornelia non stavano bene insieme, ma mi serviva per dare un minimo di trama. (Lo so, mia madre e mia sorella mi hanno riempito troppo la testa con Beautiful, Centovetrine ecc.)

Sono contenta che la storia ti piaccia, spero di continuare bene.

Fammi sapere che ne pensi del capitolo, ci tengo al tuo giudizio in particolare.

Grazie di tutto Bebbe5

P.S. Perché non scrivi anche tu una fanfiction su Basil? Sarebbe divertente no?

 

Capitolo 4

 

“Grrr, non avresti dovuto sfidarmi così. Ma non temere. I giochi sono aperti investigatopo e presto avrò occasione di rifarmi”

Detto questo sparì nella notte.

 

“Tsk, un altro psicopatico” commentò Basil “Allora, rientriamo in casa e vediamo di toglierti questa roba di dosso, eh?” disse poi rivolgendosi a Cornelia che era ancora in braccio a lui.

 

La ragazza lo guardò stranita: dov’era finito il topo disperato e rassegnato di pochi minuti prima? Ben presto, però, la confusione mutò in gioia: che si perdesse nelle tenebre più oscure quel topo, dal momento che Basil, il Basil che conosceva, era tornato alla luce.

 

“Però, sei un pò volubile, eh Basil? Come mai hai cambiato idea così rapidamente?”

 

“Beh” rispose lui “diciamo che la ragione è finalmente tornata a farmi visita dopo dieci anni”.

 

Stava ancora piovendo a dirotto ma i due, benché bagnati fradici, non parevano accorgersene. Era passato tanto tempo, da quando si erano trovati così vicini, e quella conversazione, cominciate con le parole, si trasformò in un gioco di sguardi. E’ risputo che a scuola non insegnano a leggere nella mente, ma non c’era mai stato bisogno di libri per loro, perché i loro occhi si dicevano tutto. Era sempre stato così fin dai tempi dell’asilo.

Esiste un proverbio che dice: “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. Niente di più falso, perché la lontananza aveva casomai acuito il sentimento che provavano l’uno per l’altra.

Quasi come un miope che ha dimenticato gli occhiali e avvicina il libro ai suoi occhi per leggerlo meglio, i due avvicinarono i volti, come se volessero approfondire la lettura, i nasi si sfiorarono per poi andare in direzioni diverse. Lo spazio tra di loro si stava lentamente chiudendo quando…

 

“BASIL! Scusami se non sono uscito prima, ma la signora Placidia era terrorizzata e non mi ha lasciato uscire e… IN NOME DEL CIELO, COSA E’ SUCCESSO?!” esclamò Topson.

 

Basil e Cornelia erano ammutoliti. Erano stati colti in flagrante e la situazione era a dir poco imbarazzante (NdA: ricordatevi che siamo nel 1906, un periodo in cui si faceva ancora la corte alle ragazze).

 

“Miss Blackwood, cosa ha fatto ai vestiti?” I due benedissero silenziosamente l’oscurità e la fievole luce che illuminava la strada, grazie al quale erano riusciti a celare il loro “crimine”, il rossore sulle loro guance ed il sospiro di sollievo che era uscito dalle loro bocche.

 

“Ah.. questi…ehm…non è… niente, solo un po’ di ragnatele” rispose lei con la voce che tremava.

 

“RAGNATELE?!” ripeté allibito il dottore.

 

“Beh, sì, credo che quel mostro di Moriarty le trovi più agevoli.”

 

“Ah, allora è così che si chiama quel ragno” si inserì Basil.

 

“Già, fortuna che avevi un revolver e che i tuoi soliti riflessi pronti mi hanno risparmiato una bella botta”.

 

“Oh, dai, non ho fatto nulla di speciale”

 

“Sempre a sminuirti! Odio quando fai così. Ringrazia il cielo che ho le mani legate e che non posso mollarti un altro schiaffo”.

 

“Perché non proseguiamo questa amabile discussione dentro al caldo, davanti ad una tazza di tè e magari con degli abiti asciutti?” propose il dottore.

 

“Ottima idea dottore, fortuna che il vetturino che mi ha portata qui mi ha fatto scaricare i bagagli prima di ripartire. Mi cambierò e poi tornerò a casa.” Disse Cornelia.

 

“Non ti è bastato quello che è successo? No, tu ti stabilirai qui per un po’, almeno finché le acque non si saranno calmate in entrambi i sensi” disse Basil indicando i nuvoloni neri.

 

“A parte il fatto che hai sempre l’umorismo di un comico che riceve solo fischi, ti faccio presente, signor investigatopo, che mi ha colto alle spalle. Credi che non sappia badare a me stessa?” disse la ragazza leggermente irritata.

 

“Guarda, se riparti ora, ti do cinque minuti prima che tu venga ricatturata”

 

“Ehi, ti ricordo che io nella scherma e nella boxe…”

 

“Vogliamo, per favore, entrare in casa?” disse Topson alzando un po’ la voce.

I due si zittirono e poi ubbidirono all’ordine del dottore senza ulteriori esitazioni.

Era raro vederlo arrabbiato ma, quando questo accadeva, era un evento degno di essere visto, ma da una giusta distanza.

 

Appena ebbero varcato la porta d’ingresso, la signora Placidia si avvicinò al terzetto brandendo un matterello di marmo.

 

“Mi illumini signora” disse Basil inarcando divertito un sopracciglio “sarebbe quella l’arma di cui si sarebbe servita in caso di attacco?”

 

“Fino a prova contraria, signor Basil, questo matterello, se utilizzato propriamente, può rompere la testa a qualcuno. Glielo dimostrerei provandolo sulla sua, ma è talmente dura che neanche un matterello di bronzo potrebbe… OH SANTO CIELO!” esclamò la signora troncando bruscamente l’ennesima sfilza di commenti carini sul suo padrone. “Signorina, cosa le è successo?” disse poi rivolgendosi a Cornelia, che Basil aveva ancora tra le braccia (per questo si meritò un’occhiataccia dalla sua cameriera).

 

“Oh, non si preoccupi signora, ho solo avuto un contatto ravvicinato con il nuovo schiavetto di Rattigan. Se non ci fosse stato Basil io…”

 

“Non lo dica nemmeno! E’ solo per causa sua che lei si trova in queste condizioni. Sta sempre a ficcare il naso in cose che…”

 

“In cose che mettono a rischio l’intera popolazione” la interruppe Basil, il cui amor proprio l’aveva spinto ad intervenire. “Signora Placidia ci risparmi il monologo. Piuttosto: la signorina resterà con noi per un po’ di tempo. Le dispiacerebbe aprire la camera degli ospiti?”

 

“Oh… oh certamente, subito, vado”. Detto questo la governante estrasse un mazzo di chiavi da una tasca del grembiule e si incamminò verso le scale che portavano al secondo piano della casa, seguita da Basil, Topson e Cornelia.

La stanza per gli ospiti era una cameretta provvista di letto, comodino e abat-jour. Da un lato della stanza stava un armadio a tre ante e, alla destra di esso, c’era una porticina che portava ad un bagno privato.

Benché questa stanza non venisse mai usata, non c’era un granello di polvere, né sul pavimento né sui vari mobili (“L’ossessione di una donna” aveva commentato Basil).

Appena entrati, l’investigatopo posò la ragazza sul letto ed estrasse un coltellino svizzero da una tasca, cominciando poi a lavorare sui nodi che tenevano legata la ragazza. La signora Placidia era andata nel bagno a riempire d’acqua calda la vasca e Basil, premurandosi che il rumore dell’acqua corrente coprisse le sue parole disse scherzando:

 

“Lei però non la schiaffeggi quando mi offende eh?”

 

“Perché in parte penso che abbia ragione, ma sono contenta che tu sia così, giusto dottore?” Disse poi cercando di non far sentire il Topson escluso. “Sì, signorina, ha proprio ragione.” Disse lui ridendo.

 

“Oh, la prego, mi chiami Cornelia”                                                                           

 

“Solo se lei mi chiama Topson”

 

“Affare fatto. Ma dimmi Basil, premesso che la signora Placidia è una persona ammodo, come mai la tieni con te se non riuscite a sopportarvi?”

 

“Questione di giustizia” borbottò il detective ancora impegnato con i nodi.

 

“Che tra parentesi” disse il dottore “significa che le è troppo affezionato e credimi, Cornelia, se ti dico che per lei è la stessa cosa”.

Basil guardò Topson con uno sguardo omicida, che poi si sciolse in un sorriso.

 

“Hai ragione” disse dolcemente “si comporta quasi come una madre e sono sicuro che, anche se girassi tutta Londra non ne troverei una uguale. Ecco, sei libera.”

Disse poi trionfante, mentre Cornelia rimuoveva il resto delle ragnatele recise.

 

“Signor Basil, ha sfatto i nodi? Bene, allora lasci in pace la signorina e vada a farsi un bagno anche lei.”

 

“Hmm, forse è un po’ troppo materna” mormorò Basil suscitando le risatine dei due amici.

 

“Bene, io vado a preparare la cena. Signorina mi chiami se la importuna ancora.”

 

“Non si preoccupi, le farò sapere se avrò bisogno di lei. Grazie di tutto signora”.

E con queste parole corse ad abbracciare la governante che, dapprincipio rimase interdetta, poi ricambiò l’abbraccio.

 

“Ah, bambina. Londra era vuota senza di te, vedi se riesci a redimere tu questo scapestrato.” E, con un sorriso sulle labbra lasciò la camera.

Cornelia si voltò verso Basil e Topson.

 

“L’avete sentita? Fuori da qui che ho veramente bisogno di un bagno.”

 

“Va bene” disse Topson “Basil andiamo” e uscì dalla porta.

 

“Allora, tu non vai?”

 

“Non riesco a capire ancora come fai a piacerle così tanto”

 

“Lascia perdere, detective, ci sono misteri che non riuscirai mai a risolvere fattene una ragione”.

 

“Ma insomma”disse lui avviandosi alla porta “lavora per me da quasi venti anni e non…” Basil si bloccò perché Cornelia, con una rapida mossa, l’aveva baciato.

 

“Ora ce la fai a stare zitto per un po’ e mi lasci fare quel benedetto bagno?” disse lei ridendo prima di chiudere la porta.

Il detective rimase fermo, inebetito, per circa due minuti davanti alla porta, prima di avviarsi verso la sua camera con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.

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“Ma bene, bravo, bell’inizio, complimenti.”disse Rattigan arrabbiato guardando Moriarty, che aveva ancora l’occhio sanguinante.

 

“Che ti devo dire, quella si è messa ad urlare e Basil è uscito esattamente come volevi, ma non pensavo che avesse una pistola.”

 

“Almeno Vampirello avrebbe portato a termine la sua missione. Quasi quasi rimpiango quell’idiota.”

 

“Non capiterà più, te lo prometto.”

 

“Sarà bene, voglio Cornelia, devo farle capire il suo errore ad ogni costo”. Detto questo si allontanò, lasciando il ragno a gemere di dolore nell’oscurità più completa.

 

FINE DEL CAPITOLO

 

Allora, che ne pensate? Forse è un po’ lungo, ma non sono riuscita a scrivere meno. Come capitolo, non c’è molta trama, ma ho voluto dare una definizione maggiore al rapporto tra Basil e Cornelia.

Recensite e fatemi sapere.

Baci, a presto

Bebbe5       

 

 

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Capitolo 5
*** New game ***


Nota dell’autrice: Sono tornata con un nuovo capitolo. Il tempo per scrivere si sta drasticamente riducendo. Comincia la parte calda del trimestre e devo concentrarmi sullo studio. Comunque sto cercando di scrivere mentre la prof interroga quelli sventurati dei miei compagni (altrimenti come faccio a descrivere Rattigan senza un modello di diabolicità, comunemente detto prof?).

No scherzo, i miei prof sono dei grandi, non li cambierei mai.

Allora…. Passiamo all’unica mitica recensitrice Hikary.

Sono contenta che ti sia piaciuto, vedrai cosa combina Corny in questo chappy.

Non vedo l’ora di leggere le tue creazioni. Io l’ispirazione l’ho trovata riguardando il cartone e leggendo delle storie in inglese su fanfiction.net.

Forse questo ti può aiutare.

Via, bando alle ciance e vediamo di concludere qualcosa.

Spero che il capitolo ti piaccia.

 

Capitolo 5

Era passata una mezz’oretta circa, da quando Basil, Topson e Cornelia si erano ritirati nelle proprie camere per farsi un bagno e cambiarsi. Ora il detective e il dottore si trovavano di nuovo nel salottino, in attesa di Cornelia e della cena.

 

 

“Che cara ragazza, eh Basil?” stava dicendo Topson.

 

“Bah, è una delle tante” rispose Basil fingendosi indifferente.

 

“Sai, dal modo in cui l’hai salutata, credo che per te non sia semplicemente una delle tante. E poi, come la tenevi tra le braccia, come la guardavi….” Ribatté il dottore con una punta di malizia nella voce.

 

“Beh, come vuoi” disse il detective con la sua solita espressione di noncuranza, arricchita però da un tenue rossore sulle guance che, questa volta, la,luce tremolante del camino non nascose agli occhi del dottore.

Quest’ultimo, benché morisse dalla voglia di mettere il suo amico in difficoltà per una volta, si trattenne passando abilmente ad un altro argomento.

 

“Prima Cornelia ha accennato ad una frequentazione con Rattigan. Ti va di parlarmene o sono troppo indiscreto?”

 

Lo sguardo di Basil vagò per qualche secondo, passando in rassegna ogni singolo oggetto della stanza (tranne gli occhi indagatori di Topson), soffermandosi infine sul libro di Cornelia, che era rimasto appoggiato sul tavolino.

Lo prese e lo osservò attentamente, finché la sua espressione si addolcì in un sorriso.

 

“Cara ragazza dici eh?” disse all’indirizzo del dottore “Quando la conoscerai meglio, ti renderai conto che è il corrispettivo al femminile di Rattigan in quanto a piani diabolici.”

Porse dunque il libro a Topson che, dopo essersi messo gli occhiali, analizzò il volumetto a sua volta: aveva la copertina foderata con del velluto rosso e il titolo, elegantemente ricamato con del filo d’oro, introduceva una storia troppo al femminile per poter far parte della sua biblioteca: Jane Eyre di Charlotte Brönte.

Il dottore guardò interrogativamente l’amico, che continuava a sorridere.

 

“Non noti niente di strano Topson?”

 

 “No, mi sembra un libro comune.”

 

“Se ti sentisse Cornelia…. Quel libro è il suo preferito, Jane Eyre è la sua eroina, il suo modello. Glielo regalai nel giorno del suo dodicesimo compleanno e, da allora, lo porta sempre con sé, rileggendo ogni tanto i brani che più le piacciono. Non ti sembra dunque strano che nell’andare via se lo sia dimenticato?”

 

“Beh, sai, nella fretta….”

 

“Credimi, non se lo dimenticherebbe mai, piuttosto sarebbe rientrata nella stanza con gli occhi bassi a riprenderselo. No, se l’è scordato di proposito insieme ai suoi bagagli, perché sapeva che le sarei corso dietro a chiederle scusa e che l’avrei fatta rientrare in casa.”

 

“Accidenti. E’ un’attrice veramente bravissima.” Commentò ammirato Topson.

 

“Già, lo era anche ai tempi della scuola. E il bello è che dice cose vere quando recita così, solo che lo fa nel modo più giusto per ogni occasione. E’ per questo che lei piaceva e piace tanto a Rattigan, perché sono molto simili. Lei però ha degli obiettivi nobili come ti ho già detto. Quando quel sorcio di fogna le chiese di uscire per la prima volta, era già sulla buona strada per diventare il criminale che è adesso. Lei, con quella relazione, sperava di fare qualcosa per redimerlo. Quante volte le ho detto che tutto era inutile, che ormai era perduto, lei ha continuato a provare per anni, anche trattandomi male, come ha detto lei, e coinvolgendomi nei suoi piani da buona samaritana.”

Basil sospirò, riprendendo fiato e poi continuò:

“Io e Rattigan ci siamo odiati subito: pensavamo entrambi che l’uno volesse allontanare Cornelia dall’altro. Lei soffriva terribilmente per questa situazione. Tante volte si è trovata a dover scegliere tra me e lui, perché noi volevamo sentirci al primo posto per lei. Mpf mi viene in mente un episodio che, al solo pensiero, mi fa ridere. Tu sai che io suono il violino giusto?” Il dottore annuì “Ma non sai che anche Cornelia e Rattigan sanno suonare uno strumento: il pianoforte lei, l’arpa lui. Lei frequentava un corso veramente serio, in cui le veniva insegnata anche l’arte della composizione. Per un saggio di fine anno, le venne richiesto di comporre un duetto per pianoforte ed un altro strumento. Quando ce lo venne a dire, saltammo su entrambi, pretendendo di essere noi lo strumento accompagnatore. Sai cosa fece quella poveretta per metterci d’accordo? Compose uno splendido brano per arpa, violino e pianoforte e ci costrinse a suonare insieme. Inutile dire che i nostri rapporti peggiorarono però…”

 

“Scusa se ti interrompo Basil, ma vorrei chiederti una cosa: cosa le ha fatto cambiare idea su di lui? Cosa le ha fatto smettere di provare a redimerlo?”

 

“Beh, diciamo che una sera si è spinto troppo in là, ma per fortuna lei è anche maestra di scherma e boxe, ed è riuscita a salvarsi.”

 

“Oh mi dispiace, certo che è strano che una ragazza possa praticare questi sport.”

 

“Beh, diciamo che ha usato la scusa di doversi rinforzare i muscoli per la danza e la musica. Non penso che qualcuno ci abbia mai creduto veramente, ma l’hai vista, con quel bel faccino, farebbe sciogliere anche una statua di marmo.”

 

“Chi farebbe sciogliere cosa?” disse la diretta interessata entrando nel salottino.

Sia Basil che Topson restarono a bocca aperta: la ragazza si era messa un semplice abito da casa bianco, che le fasciava morbidamente il corpo. I capelli, ancora un po’ bagnati, le cadevano sulle spalle e, alla fievole luce che emanava il caminetto, sembrava veramente un angelo.

 

“Buonasera Miss.. ehm Cornelia. Non ci hai messo molto a prepararti” la accolse Topson.

 

“Beh, mica devo andare ad una serata di gala.”

 

“E in quel caso quanto ti ci vorrebbe?” chiese malignamente Basil che era riuscito a nascondere il rossore, che si era fatto più vivo sulle guance all’entrata della ragazza.

 

“Di sicuro meno di te quando devi sceglierti una cravatta.” Fu la pronta risposta.

 

‘Ma come diavolo fa a restare così impassibile dopo l’episodio di pochi minuti fa? Ah

già, è un’attrice’ si disse il detective.

Improvvisamente un campanello risuonò nel salottino: la cena era pronta.

 

“Bene, direi di avviarci in sala da pranzo. Sono proprio curioso di vedere cosa ha preparato Mrs Judson per il tuo ritorno” disse Basil.

Mentre attraversavano il corridoio che portava in sala da pranzo però….

Toc toc toc. Qualcuno aveva bussato alla porta d’ingresso.

 

“Ma chi sarà a quest’ora?” Queste parole, uscite dalla bocca di Topson, descrissero in pieno il pensiero del terzetto.

 

“Vado a vedere chi è. Voi restate qui, non si sa mai” disse il detective avviandosi cautamente verso la porta.

I due rimasti indietro guardavano con attenzione ogni sua mossa. Lo videro aprire la porte, guardarsi rapidamente intorno e poi raccogliere qualcosa dallo zerbino.

 

“Cos’è Basil?” chiese Cornelia, curiosa come al solito.

 

“E’ un messaggio” disse lui dopo un attimo di silenzio “Dice:

 

Caro Basil, ti sono mancato vero? Non temere finalmente sono tornato e possiamo riprendere i nostri giochi. Tanto per cominciare ti informo che domani sera, alla festa in maschera a Buckingham Palace, ruberò una delle stelle d’Inghilterra. Non riuscirai a fermarmi, io riesco sempre dove voglio.

Cordiali saluti

Rattigan.”

 

Tra i tre cadde il silenzio.

 

“Beh, mi pare poco originale come inizio no?” commentò Cornelia.

 

“Non lo sottovalutare, sai anche tu di cosa è capace. Se solo potessimo andare alla festa…”

 

“Beh, io un modo ce l’avrei” Topson e Basil la guardarono incuriositi

“Sapete, è da anni che la regina mi rivuole a Londra e mi vuole incontrare. Non penso che sarà difficile richiedere tre permessi.”

 

“Ma è fantastico hai sentito Basil?” commentò il dottore.

 

“Sì, per una volta stimo il tuo mestiere mia cara” disse il detective all’indirizzo della ragazza notando, quasi con orgoglio, che era un po’ arrossito.

 

“La partita si riapre.

 

FINE DEL CAPITOLO

 

Fiuuu ce l’ho fatta. Beh è un pò tardi, quindi dico solo che spero che il capitolo sia piaciuto e che commentiate.

Grazie a tutti coloro che leggono.

Baci

 A presto

Bebbe5 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Quarrels ***


Note dell’autrice: Merry Christmas a tutti!!! Lo so, manca ancora un pò, ma non ho proprio resistito. Qui, nella mia città, il Natale si comincia veramente a sentire: addobbi, concerti (a cui io prendo parte, come cantante e pianista), dolcetti di ogni sorta.

Ah, che bel periodo il Natale.

Lasciando perdere questi sentimentalismi, direi di passare alla storia, ma prima…

 

ANGOLO DELLE RECENSIONI (Finalmente posso allungarlo un po’):

 

X GIULYCHAN: Non so perché qualcuno non dovrebbe leggere, ma, come vedi, sono pochi a recensire. Grazie mille per essere una di quelli. Non ti preoccupare, non sei l’unica ad essere considerata scema, Guarda io a 16 anni suonati cosa mi trovo a scrivere. Sarà pazzia o passione? Mah.

Comunque ecco qua il nuovo capitolo, spero che ti piaccia e che continui a recensirmi. Grazie per avermi messo tra i preferiti.

 

 

X TENSI:  Grazie per i complimenti. Mi fa molto piacere che tu, pur di recensirmi, mi abbia mandato una mail, mi sento onorata. Spero di non averti fatto aspettare troppo il nuovo capitolo, ma ho talmente tanti di quegli impegni che mi sono ridotta a scrivere le fanfiction durante le interrogazioni in classe.

Spero che questo ti piaccia.

Grazie ancora.

 

X YUM: Grazie per la recensione. Due parole che mi hanno resa felicissima. Spero che continuerai a recensirmi.

Bye

 

E ora, finalmente, cominciamo a scrivere.

Buona lettura

 

Capitolo 6

Il mattino seguente, il temporale si era placato, lasciando dietro di sé una leggera coltre di nubi grigie, che il sole  si azzardava a perforare ogni tanto. Basil aprì gli occhi, ritrovandosi nella familiare camera da letto. Aggrottò la fronte, confuso: c’era qualcosa di diverso nell’aria quella mattina.

Si mise a sedere e si guardò lentamente intorno: tutto sembrava a posto.

Gli alambicchi, le provette e gli aggeggi vari erano stati rimessi in funzione la sera prima, dopo quasi dieci anni di inattività, e ticchettavano e sbuffavano debolmente, ma insistentemente.

Le foto e gli articoli di giornale, raccolti in tutti quegli anni di lavoro, erano stati attaccati ad una bacheca, appesa ad una parete della stanza, in quello che era stato uno dei pomeriggi più frustranti che il detective ricordasse (per farla breve lui, Topson e Mrs Judson avevano raccolto tutto il cartaceo sparso per la casa e avevano passato un’ora abbondante a discutere sulla sua disposizione. Erano arrivati poi alla decisione di mettere tutto in ordine cronologico, lasciando in primo piano la foto che ritraeva lui, il dottore e la dolcissima Olivia Flaversham, appena scampati alla trappola mortale di Rattigan).

Sulla sua scrivania c’era il consueto disordine e, sul comodino, il libro che aveva letto la sera precedente prima di addormentarsi.

 

Allora cosa c’era di strano?

 

Il suo istinto da investigatopo lo portò ad alzarsi. Dopo essersi vestito in fretta, ma con cura e attenzione, uscì dalla camera e si diresse verso la sala da pranzo dove, almeno secondo il suo orologio, in pochi minuti sarebbe stata servita la colazione. Appena entrato fu accolto da un gaio “buongiorno” da parte del suo amico dottore, che era tutto preso dalla lettura del suo quotidiano.

 

“Buongiorno a te Topson, mattiniero come al solito eh?” ricambiò Basil sedendosi ad un lato del tavolo.

 

“Già, del resto, il Times va a ruba e non potevo rischiare di…”

 

“Buongiorno signor Basil, ha dormito bene?” disse la signora Placidia (*) con un grande sorriso sulle labbra, mentre entrava nella stanza, con un vassoio carico di ogni ben di Dio.

Il detective la guardò allibito per qualche secondo, osservando i suoi movimenti mentre si affrettava a servire la colazione. Poi, con una certa esitazione, si decise a rispondere:

 

“Buongiorno a lei signora, a cosa devo tutta questa gentilezza? Forse ho le allucinazioni perché la morfina, finalmente per lei, sta facendo effetto?”

 

“Farò finta di non aver sentito questo assurdo commento” lo rimbeccò lei, un po’ rossa in viso “Comunque, se per morfina intende Ms Blackwood allora le posso dare ragione”. Aggiunse poi con un ghigno, vedendo che l’odiato datore di lavoro era arrossito. “Che c’è, si trova in imbarazzo ad avere più di una donna in casa?”

 

Basil non rispose, cercando di trattenere un sospiro di sollievo: fortuna che né la domestica, né il dottore conoscevano la vera ragione del suo rossore.

La signora Placidia sorrise compiaciuta: per una volta era lei la vincitrice di uno dei loro piccoli litigi quotidiani. Ad un certo punto, un pensiero le attraversò la mente:

 

“Signor Basil, ora che ci penso: ieri non ho comunicato alla signorina l’ora della colazione. Potrebbe andare di sopra a svegliarla, se non lo è già?”

Nonostante la coscienza gli dicesse che non era decoroso che un uomo andasse nella camera di una donna per svegliarla, l’investigatopo, lieto di avere un motivo per andarsene dalla sala, si alzò senza replicare e si avviò ai piani superiori. (**)

Cornelia. Ora capiva cosa c’era di strano e, con il pensiero di lei, tornò anche il ricordo della sera prima.

 

Mentre saliva le scale la sua mente rimuginava:

 

‘Perché mi ha baciato? Per zittirmi? Per ringraziarmi di averla salvata? O per qualcos’altro? Del resto, prima che Topson ci interrompesse stavamo per…. Ah, perché sono così confuso? Perché la ragione mi abbandona? Perché lei mi fa quest’effetto? Ammetto che non mi è mai stata indifferente, neanche ai tempi della scuola e che, quando la relazione con Rattigan sembrò incrinare i nostri rapporti, il mio cuore andò in pezzi. Possibile che un’amicizia sia così profonda? Oppure..’

 

Il flusso di quei pensieri si interruppe brevemente, quando Basil arrivò di fronte alla camera della ragazza.

 

‘E ora, come mi comporto? Per lei sarà stato importante quel bacio? Beh, lei è un’attrice e, nel suo lavoro, deve baciare spesso altri attori. E se avesse avuto una storia con qualcun altro? Accidenti, avrò tanta esperienza di menti criminali, ma in amore faccio proprio pena. Cosa devo fare? (***)Va bene, farò finta che non sia successo nulla, mi comporterò normalmente e serenamente ed è la mia ultima parola!’ (per coloro che hanno avuto la fortuna di vedere il cartone: ricordate queste parole e cos’è successo dopo? Nda)

 

Poi, dopo aver assunto un’aria quanto mai indifferente, bussò. Dall’interno non provenne alcuna risposta. Basil bussò un’altra volta, dichiarando anche la sua identità, ma, dopo non aver nuovamente ottenuto nessuna risposta, si decise ad entrare.

La sua preoccupazione, già salitagli per la mancanza di risposte, aumentò quando vide che il letto, dove avrebbe dovuto trovarsi Cornelia, era vuoto e già rifatto.

 

“Cornelia?” provò a chiamare

 

“Sì?” rispose finalmente lei dal bagno. Il detective riprese a respirare che, però, ricordandosi il suo proposito, riprese il cipiglio serio ed inespressivo con cui era entrato e disse:

“Sono solo venuto a dirti che stiamo aspettando te per cominciare la colazione.”

 

“Oh, arrivo subito, aspetta un secondo.” Dopo pochi istanti la porta del bagno si aprì e la ragazza uscì dal bagno, con un abito indaco, ricamato a motivi a roselline viola lungo i bordi, le maniche e lo scollo. Basil fece uno sforzo immane per non mostrare alcuna reazione alla vista della ragazza che, come lui ben ricordava, riusciva ad apparire bellissima anche con i vestiti più semplici e senza un minimo di trucco sul viso.

“Ben, finalmente sei uscita” disse freddamente. Lei parve un po’ spiazzata davanti a questo comportamento, ma si riprese optando per un normalissimo:

 

“Buongiorno anche a te Basil, ci siamo alzati con la luna storta vedo”

 

“Ti sbagli, il mio umore non è cambiato di una virgola da ieri sera”

 

“Sì, e io sono la regina d’Inghilterra. Andiamo, siamo amici da anni, mi vuoi dire cosa ti prende?”

 

“Nulla che ti debba interessare. Ora andiamo a fare colazione”. Tagliò corto lui.

Con un borbottio che suonava vagamente come ‘uomini’, Cornelia uscì dalla stanza, seguita a ruota da un Basil che cominciava a vacillare nella sua apparente freddezza. Si era immaginato, anzi, aveva sperato che la ragazza gli facesse capire cosa avevano significato per lei gli eventi della sera prima, ma si era fatto prendere dal nervosismo ed era partito con il piede sbagliato.

Una parte di lui gli gridava di chiedere immediatamente scusa alla ragazza, ma lo stupido orgoglio, tipico di tutti gli uomini, lo fece rimanere, vacillante, nella sua posizione.

Quando i due entrarono nella sala, Cornelia, dopo un caloroso “buongiorno” rivolto a Topson, prese posto accanto a lui, ossia dalla parte opposta di Basil.  Durante la colazione, i tre discussero del più e del meno, ma con una certa cautela da parte del detective e dell’attrice.

Ad un certo punto il dottore disse:

 

“Allora, come ci organizziamo per stasera?”

Calò immediatamente il silenzio mentre gli altri due riflettevano.

 

“Beh” cominciò nuovamente Topson per smuovere la situazione “intanto ci dovremo procurare i biglietti.”

 

“A questo ho già pensato io” lo interruppe Cornelia

 

“Come già vi ho detto, la regina sarebbe più che felice di avermi a corte per una sera. Stamattina, dunque, mi sono alzata presto per incontrare il garzone del latte. Per la modica cifra di cinque penny, e di una fotografia con autografo, gli ho dato una lettera da consegnare a palazzo con la massima urgenza”.

 

“Ah, bene, ma…. Come facevi a sapere che noi..”

 

“Che voi ricevete il latte fresco ogni mattina? Elementare mio caro Topson” disse lei con un’espressione che fece sorridere il dottore e sbuffare il detective.

 

“Ieri sera, quando siamo andati a cena, ho visto la signora Placidia portare fuori una cassa di bottiglie di vetro vuote e ho fatto due più due.”

 

“Ah… beh, penso che dovrei cominciare a notare qualcosa di più anch’io” fece il dottore rassegnato.

 

“Lasciando perdere le stupidaggini, quali maschere ci darai?” chiese Basil, brusco

 

“Prego?” Cornelia lo guardò confusa.

 

“A meno che non mi stia sbagliando di grosso, Rattigan ha parlato di una festa in maschera, quindi si suppone che tutti e tre andiamo mascherati” rispose Basil sempre più tagliente.

 

“Allora, punto primo  io ho solo maschere femminili perché, se non l’hai notato, sono una donna, punto secondo   non hai bisogno di una maschera, sei a posto così, credimi e punto terzo….

Il campanello suonò ed il terzetto si acquietò immediatamente. La signora Placidia corse ad aprire la porta e, dopo due minuti che parvero un’eternità ai tre amici, tornò indietro con una busta recante il sigillo reale, indirizzata a Cornelia.

La ragazza la aprì e la scorse in fretta. Man mano che i suoi occhi scorrevano sulla carta, un ghigno divertito le si formava sul volto.

 

“Punto terzo”, riprese ad un certo punto ”io non mi dovrò assolutamente mascherare” concluse ridendo.

 

“COSA??!” gridò Basil “PERCHE’?”

 

“La regina mi chiede di cantare e sottolinea che non avrò bisogno di maschere, tanto mi conoscono tutti.”

 

“Ah”, Basil non sapeva più cosa rispondere. La ragazza l’aveva totalmente azzittito.

Trionfante, lei si rilassò sulla sedia di velluto verde, guardando il detective rimasto senza parole.

 

“Scusate” fece ad un certo punto Topson “come agiremo? Voglio dire, sappiamo che Rattigan sarà alla festa e che ruberà qualcosa, ma cosa intendeva per stella di Inghilterra?”

 

“Potrebbero essere svariate cose” gli rispose Basil che sembrava essersi ripreso.

“Potrebbero essere i gioielli della corona, che il Times ha definito ‘più brillanti delle stelle’, potrebbe essere uno dei numerosi diademi della regina, potrebbero essere mille cose diverse.”

 

“Lo sapremo comunque stasera” fece Cornelia “ora è il caso di andare a fare un po’ di spese per vedere di procurarvi dei costumi. Coraggio andiamo!”

 

Ciò detto, la ragazza uscì quasi a passo di danza dalla sala, per andare a recuperare un soprabito che si intonasse con il suo vestito.

Gli altri due, un po’ riluttanti, si alzarono per andare a prendere i propri cappotti.

 

“Lo sai vero Topson, che ci aspetta un lungo, lunghissimo pomeriggio?”

 

“Eh, del resto è una donna ed è logico che le piaccia questo genere di cose. Tu piuttosto, perché la trattavi così? C’è qualcosa di cui mi vuoi parlare?”

 

“Ah, caro amico, non sai di quante cose di vorrei parlare, ma non ora e non qui. Anche i muri hanno orecchie in questa casa e Cornelia sta per arrivare:”

 

“Va bene, se hai bisogno sono qui”

 

“Grazie”

Dopo pochi secondi, come previsto da Basil, la ragazza scese dalle scale con un soprabito color prugna, che si intonava con una discordante dolcezza all’abito.

I tre uscirono.

Ci misero quasi tutta la giornata a trovare delle maschere e dei vestiti adatti, dato che né Topson, né tanto meno Basil, erano mai stati ad una festa in maschera.

Alla fine trovarono per Basil una sottile maschera dorata, che gli copriva la parte superiore del volto, abbinata ad un completo blu notte, stile principe medioevale.

Per Topson invece, scelsero un abito bordeaux, completo di casacca nera bordata d’oro e cappello, stile Galileo Galilei, il tutto completato da una maschera nera, che copriva anch’essa mezzo volto.

La signora Placidia, quando vide il suo padrone conciato a quel modo, rimase un po’ allibita (l’abito gli stava proprio bene), un po’ divertita (Basil non si sarebbe mai messo una cosa del genere, se non costretto da Cornelia). Riuscì comunque a trattenersi dal commentare, riservando i suoi commenti per le amiche del circolo del bridge.

Cornelia invece scelse un ampio abito bianco, senza maniche, con una rossa anch’essa bianca al centro dello scollo.

I capelli erano raccolti in una complessa e alta acconciatura, tenuta ferma da un fermaglio con motivi floreali, con una ciocca che le cadeva sulla spalla destra.

Sulla carrozza, che quella sera li portò a Buckingham Palace, il silenzio regnava sovrano.

Tutti e tre rimuginavano sugli eventi che avevano sconvolto le loro vite in nemmeno 24 ore, su cosa sarebbe potuto accadere, su come fare pace, su cosa potesse nascondere il detective.

Quando la carrozza arrivò, i tre scesero, Basil e Topson con le rispettive maschere, e si avviarono all’interno.

Un lacché si fece incontro al terzetto, richiese gli inviti e annunciò agli altri invitati l’arrivo dei nuovi ospiti.

Mentre Basil, Topson e Cornelia scendevano le scale, un pensiero comune attraversò le loro menti

 

“Ecco, ci siamo” 

 

FINE DEL CAPITOLO

 

Allora, che ne dite? Lo so, come capitolo è un po’ lungo, ma è di allacciamento con il prossimo. Spero comunque che vi abbia soddisfatto. Una cosa importante: mi scuso per i vari errori di ortografia che ho riscontrato nel rileggere la storia. Il fatto è che riesco a controllarli meglio scrivendo a mano. Scusatemi.

Ecco a voi

  

Note:

 

(*) Grazie a mio fratello, che l’altra sera ha voluto rivedere Basil, ho scoperto che il nome italiano della governante è Signora Placidia. Ora vi chiedo: volete che prosegua a scrivere usando questo nome o Mrs Judson? Fatemi sapere.

 

(**) Per chi non accetta che la vincitrice sia la signora Placidia, ecco una possibile risposta di Basil:

“Comunque” disse Basil fermandosi un attimo sulla porta “la mia emozione potrebbe essere dovuta al fatto che, per la prima volta in dieci anni, c’è una vera donna in casa” poi uscì con un sorrisetto sulle labbra, lasciando la governante a sfogarsi con il povero Topson.

Mi sembrava un po’ esagerata come risposta, quindi ho preferito non postarla.

 

(***)Allo psicologo hai pensato?

 

Se c’è qualcuno che adora l’inglese, come me, gli consiglio di andare su www.fanfiction.net, perché ci sono ben 26 fiction su Basil in inglese e ce ne sono un paio veramente carine.

 

Via spero che ve lo siate goduto.

A presto

Ciao ciao

Bebbe5

 

 

 

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Capitolo 7
*** Let's get the party started ***


Note dell’autrice: Sì sì lo so, ci ho messo un bel po’ ad aggiornare. Purtroppo tra le feste, impegni vari e traduzioni da fare, il tempo, anche in vacanza, è veramente poco.

Comunque non crediate che abbia oziato. Anzi, mi sono documentata meglio sul personaggio. Ho trovato un bel libretto (1244 pagine) con tutti i racconti di Sherlock Holmes e sto ampliando la mia cultura per questa storia. Va bene, non esitiamo oltre, se non per, ovviamente:

 

L’ANGOLO DELLE RECENSIONI:

 

TENSI: sì, anch’io pensavo che la battuta fosse coerente, ma il lato femminista che è in me, mi ha impedito di postarla. Grazie 1000 per la recensione, ci tengo veramente tanto.

Spero, con questo capitolo, di meritarmene un’altra.

 

GIULYCHAN: Sì, ha una bella personalità. Del resto, per un testone come Basil credo che serva solo questo no?

Fammi sapere se sto procedendo bene.

 

Un ringraziamento anche a tutti coloro che hanno letto e a:

eilinn;

giulychan;

hikary.

Che hanno messo la mia storia tra i preferiti.

 

Bene, possiamo cominciare.

 

Capitolo 7

La sala era molto grande e già molto affollata. I colori prevalentemente usati per adornare la sala erano il rosso e l’oro: rosse erano le tende che circondavano le finestre, rosse erano le rose negli enormi vasi di pietra ai lati della stanza. D’oro erano i cordoni delle tende e le decorazioni sui vasi di rose. D’oro erano anche i vari drappi di seta che attraversavano il soffitto La stanza era illuminata da un enorme lampadario di vetro e da alcuni candelabri di bronzo, appesi alle pareti della stanza.

La gente portava le maschere più disparate: tutte rigorosamente molto eleganti, ma anche, in certi casi, inquietanti. Si potevano vedere sorrisi grotteschi, quasi demoniaci, profili arcigni, fatti di sopracciglia aggrottate e di nasi adunchi.

Non c’era alcuna maschera che copriva il volto per intero. La maggior parte copriva solo la parte superiore del volto, ma c’erano alcuni rari esemplari che coprivano solo una guancia e un occhio. Il tutto sarebbe stato veramente spaventoso, se non fosse stato per l’atmosfera di accoglienza, di benessere e di amicizia, che aleggiava nella sala.

I tre scesero l’ampia scalinata, provvista di tappeto rosso, Cornelia davanti e Basil e Topson che le stavano dietro.

La ragazza si muoveva con disinvoltura, del resto quello era il suo ambiente, mentre i due si sentivano un po’ spiazzati. Fortunatamente lei se ne accorse e, benché parte di lei godesse nel vedere il detective in difficoltà, il suo buonsenso la spinse a prendere la mano a lui e al dottore e a portarli verso il tavolo delle vivande che era, in un certo senso, un po’ meno popolato rispetto al centro della sala dove la gente chiacchierava amabilmente.

Una volta arrivati al tavolo, Basil e Topson tirarono un sospiro di sollievo. Cornelia li guardò divertita: neanche per lei era stato facile all’inizio trovarsi in quella calca di gente, ma dopo un paio di volte ci si era abituata.

 

“Oh santo cielo” stava appunto dicendo Topson con il fiato corto “ma come fanno a respirare, tutti pigiati lì nel mezzo?”

 

“E’ una cosa normale a queste feste” gli rispose prontamente la ragazza “la cosa che mi stupisce è che nessuno ancora balli: va bene che siamo appena all’inizio, ma non vedo nemmeno l’orchestra.”

 

 

“Oh ma l’orchestra c’è.” Disse ad un certo punto una voce alla destra del gruppetto “Stanno solo aspettando che arrivino i cantanti e suppongo che tu sia una di loro.”

 

 La ragazza si voltò, riconoscendo la voce, e si trovò davanti ad un tipo senza maschera, poco più grande di lei, con il pelo ramato e due profondi occhi ambrati.

 

“Rudyard! Che piacere rivederti” esclamò lei felice. L’affascinante individuo le prese la

mano e la baciò con dolcezza, gesto che fece innervosire non poco il detective.

 

“E’ passato tanto tempo da quando ci siamo visti l’ultima volta” proseguì lui con la sua bellissima voce.

 

“Beh, non esagerare, solo pochi mesi. Bene, passiamo alle presentazioni: amici miei, questo è Rudyard Patericke, ha interpretato insieme a me Dracula di Bram Stoker.”

 

“Già, la più attraente Miss Mina che io abbia mai incontrato” replicò lui, facendo sorridere la ragazza “Comunque molto piacere, signor…” disse porgendo la mano a Basil.

 

“Non penso che rivelare la mia identità faccia parte di una festa in maschera signor Patericke.” Rispose seccamente il detective, ignorando la mano tesa dell’altro che, dopo essere rimasto per un attimo interdetto, rispose:

 

“Ha pienamente ragione signore, mi scuso per la mia dimenticanza e…. si sente bene?”

Chiese poi vedendo la faccia di Basil contrarsi in una smorfia di dolore (Cornelia aveva infatti provveduto a pestargli accuratamente un piede con il tacco della scarpa, in modo da evitare un’altra rispostaccia da parte del detective)

 

“Sì, sì, non si preoccupi, tutto a posto.” Disse lui sforzandosi di sorridere.

 

“Oh, bene, sono contento. Allora Cornelia, volevo proporti di fare uno spettacolo

e…..”

 

“Qual luce sfolgora vicino a quel tavolo? Altri non può essere che la dolce Cornelia Blackwood.” Una voce da attore shakespeariano li raggiunse, seguita dal suo padrone. Un bellissimo giovanotto dal pelo scuro, anche lui senza maschera e con il fisico di un atleta, si avvicinò all’ormai quartetto.

 

“Owen, anche tu qui.” disse Cornelia, mentre il ragazzo si affrettava a farle anche lui il baciamano.

 

“Bene, lasciate che vi presenti anche Owen Blessington; come avrete già capito dalla sua entrata, con lui ho recitato in Romeo e Giulietta.”

 

“Eh sì, ricordo che su quel balcone di carta crespa eri una visione, mia cara.”

 

“Oh, il solito esagerato.”

 

La faccia di Basil, benché protetta in parte dalla maschera stava diventando sempre più rossa, o almeno questo vedeva Topson.

E proprio quando il dottore stava per trascinare via l’amico, onde evitare una pericolosa esplosione nervosa, un altro individuo, stavolta con la pelliccia bionda, si avvicinò al gruppetto:

 

“Cornelia, cherìe, sei in forma per il ballo di stasera? Perché sai che ti trascinerò in tutte le danze” disse il ragazzo facendo a sua volta il baciamano.

 

“E questo è Lionel Gresham, con lui ho avuto una parte nello Schiaccianoci di Tchaikovskij”

 

“Ti confesserò che non ho mai visto una Clara più leggiadra.”

 

Ora il detective non solo era rosso, ma cominciava anche a tremare, tanto che un po’ del vino, che il dottore si era premurato di versargli per cercare di calmarlo, cadde sul tappeto.

Topson se n’avvide e si affrettò a cercare un argomento di conversazione che non li facesse sentire esclusi:

 

“Ah, ti sei occupata anche di balletti, mia cara?”

 

La ragazza lo guardò un po’ interrogativa: ricordava perfettamente di aver raccontato al dottore tutta la sua carriera, la sera in cui aveva fatto la sua conoscenza, ma quando gli occhi di quest’ultimo le indicarono Basil, lei capì le sue intenzioni e si affrettò a rispondere:

 

“Oh, sì, certamente. Oltre che alla recitazione sono stata educata anche alla musica ed è una gioia infinita, quando riesco a fondere questi due ambiti artistici.”

 

“Allora non ti sarai certo dimenticata di me vero?”

 

Cornelia alzò brevemente gli occhi al cielo, conscia che forse quella era la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, poi si voltò per accogliere un topo con il pelo scuro e due penetranti occhi azzurri.

 

I feel you, Cornelia… Ti ricordi?” canticchiò lui, sorridendo.

 

“Anche se le parole non erano proprio quelle, come potrei scordarmi di te Jerome?”

Rispose lei offrendogli la mano per l’ennesimo baciamano. Poi, rivolgendosi al gruppo:

 

“Permettetemi di presentarvi Jerome Laughton, il più grande Sweeney Todd che le scene abbiano mai incontrato.”

 

“Troppo buona, mia cara, allora che dici, ci avviciniamo al palco?”

 

Lei lo guardo confusa:

 

“Prego?”

 

“Ma come, non lo sai? Tutti noi senza maschera ci esibiremo a turno, o meglio, noi uomini ci esibiremo a turno, mentre tu ti esibirai a turno con noi.”

 

“Nonostante il discorso fosse un po’ contorto, credo di aver capito.” Rispose lei ridacchiando. “Comunque sono dell’opinione che dovremmo aspettare che sia la regina a chiamarci.”

 

“Sì, hai proprio ragione” disse Lionel.

 

“Allora, che ci racconti di questo periodo?” chiese Owen.

 

“Già, sei ancora libera o hai finalmente trovato…” cominciò Rudyard.

 

“Perdonate l’intrusione.” Si inserì Basil che aveva perso la pazienza e che era trattenuto per un braccio da Topson. Non che il dottore avrebbe potuto fare qualcosa se il suo amico avesse scatenato la sua ira, ma serviva appunto per ricordare al detective di mantenere la calma.

 

 

“Cornelia, ti posso parlare un secondo?” proseguì poi, allontanando con un colpo secco la mano dell’amico.

 

“Va bene, ci vediamo dop…” La ragazza non riuscì neanche a terminare la frase, perché Basil l’aveva presa con forza a braccetto e la stava trasportando via.

I quattro artisti, più Topson, guardarono la coppia allontanarsi.

 

“Ma che gli è preso a quello?” chiese confuso Lionel, all’indirizzo del dottore, che scossa la testa, mentre un cattivo presentimento si insinuava in lui.

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“Lasciami Basil, so camminare da sola” gli intimò Cornelia seccamente, ma con voce moderata, perché erano ancora nella sala.

Il detective non dette però segno di averla sentita e continuò a trascinarla. La condusse attraverso una splendida porta a vetri, fin su di una terrazza che dava sui giardini del palazzo.

A quel punto Cornelia decise di ribellarsi:

 

“Lasciami, MI FAI MALE!” Stavolta gridò proprio, non riuscendo più a trattenersi e, con uno strattone, liberò il braccio.

 

“Chi di loro?” le chiese Basil a voce bassa.

Lei lo guardò confusa e anche un po’ spaventata. Il braccio le doleva veramente e lo sguardo dell’amico le faceva paura. Riuscì comunque a mantenere la calma.

 

“Cosa intendi?” gli chiese con lo stesso tono di voce usato da lui.

 

“Me lo vuoi dire, sì o no?”

 

“Non capisco a cosa tu ti stia riferendo.”

 

“Secondo me invece lo sai benissimo. A chi di quei quattro damerini incipriati sei promessa?”

Lei lo guardò, non sapendo se ridere o restare seria.

 

“Cosa stai dicendo? Cosa credi che io… loro.. ah ah ah, sei proprio un comico nato ah ah ah.”

 

“Guarda che non sto scherzando, l’ho ben visto come ti giravano intorno, tutti quei ‘mia cara’, ‘dolcezza’, ‘cherìe’… dai, non puoi pensare che io pensi che loro sono solo dei semplici colleghi.”

 

“Che fai, ti arrotoli come Jarvis ora?” gli chiese lei freddamente, capendo finalmente dove l’amico voleva andare a parare.

 

“E RISPONDIMI ACCIDENTI!!” Urlò lui facendola sobbalzare.

L’attimo di sconvolgimento fu però breve, perché lei rispose subito.

 

“Sono solo degli amici. E comunque, come fai a dire che il loro corteggiamento sia corrisposto?”

 

“Non mi pare che tu abbia fatto molto per fermarli o sbaglio?”

 

“E cosa dovevo fare scusa? Gli ho già detto che non mi interessano, ma loro si divertono a continuare. Non voglio trattarli male, mi hanno sostenuto in tutti questi anni di solitudine.”

 

“E vuoi anche che ti creda? Andiamo, ormai la so riconoscere una bugia, sono un detective.”

 

“Allora, detective, devi essere veramente molto stupido per non accorgerti che…..”

Uno squillo di trombe bloccò la conversazione e, dall’interno della sala, si sentì la voce squillante della regina:

 

“Cari amici, sono contenta che siate intervenuti a questa festicciola. Tanta era la mia gioia che mi sono sentita in dovere di farvi una sorpresa. Pregherei ora tutti coloro che non hanno la maschera di avvicinarsi al palco.”

 

“Bene” disse Cornelia “per ora la nostra conversazione finisce qui. Riflettici un po’ e giudica se hai torto o ragione.”

Così, in un brillio bianco, la ragazza si voltò e si diresse verso la sala, lasciando il detective sulla terrazza, sempre fermo nella sua convinzione.

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“Mhm, bene bene. Si sono appena rincontrati e già litigano. Bravo Basil, continua a facilitarmi le cose” disse una figura ammantata di nero, appollaiata su una delle guglie del palazzo, quasi come un gargoyle di pietra.

 

“Signore, noi siamo pronti, quando cominciamo?” chiese un topo alle sue spalle.

 

“Tra un po’. Lasciamo a Cornelia il suo momento di gloria e a Basil il tempo di rendersi conto del grossolano errore di valutazione che sta facendo”

Detto questo, riprese a guardare il detective che, con passo lento stava rientrando nella sala.

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“E ora” disse la regina, già tutta su di giri “lasciate che vi presenti una meravigliosa artista. Ha fatto il giro del mondo e, in dieci anni di carriera, ha già guadagnato i più prestigiosi riconoscimenti della critica. Signore e signori, Cornelia Blackwood.”

Ci fu uno scroscio di fischi e applausi, mentre la ragazza saliva sul palco, sicura come una veterana, ma eccitata come la prima volta.

O almeno, questo vedeva Topson. Notava però che, nel presunto sorriso felice della ragazza, c’era anche qualcosa di più. Rabbia? Tristezza? Forse Basil avrebbe potuto rispondere a quegli interrogativi.

 

“Bene, e ora con cosa ci diletterà la nostra artista?” stava chiedendo la regina

 

“Con quello che voi desidererete, Maestà.” Rispose prontamente Cornelia con una profonda riverenza.

 

“Perché non le chiedete un Can can?” Questa domanda era stata posta in un sussurro, ma abbastanza forte perché Topson lo sentisse. Voltandosi indignato, per vedere chi potesse avanzare una simile proposta, seppur sussurrata, si trovò davanti il suo migliore amico, imbronciato e tremendamente serio.

 

“Giusto te” fece il dottore “ti stavo per venire a cercare fuori. Cosa è successo tra te e Cornelia? Mi sembra molto turbata, che le hai detto?”

Prima che Basil potesse rispondere, un dolce pianoforte cominciò a diffondere le sue note, in una tonalità che Basil riconobbe come Sib maggiore.

 

“Ecco” pensò “ora mi dovrò ascoltare l’Ave Maria di Schubert da una come lei”

Invece la ragazza intonò una dolce melodia che parlava di tempi passati.

Atteggiandosi a vecchia signora, cominciò a narrare di un periodo in cui era bella, in cui ogni giorno per lei aveva un significato, mentre ora tutto era buio, tutto aveva perso il suo fulgore. (Per chi lo volesse sapere, mi sono ispirata a Memory da Cats ndme)

La sua voce era dolce, bellissima, tanto che non volava una mosca per la sala.

Alla fine del brano, la folla scoppiò in un’esclamazione fortissima. Cornelia si inchinò.

Topson applaudiva con entusiasmo, mentre Basil, o era rimasto incantato, o non voleva saperne di battere le mani.

 

“Creatura deliziosa eh?” disse ad un certo punto una voce alle loro spalle. I due si voltarono e si trovarono faccia a faccia con Rudyard, Lionel, Owen e Jerome.

 

“Dipende dai punti di vista” replicò Basil.

 

“Eh, ormai sono cinque anni che cerco di conquistarla, ma senza risultato.” Disse con un sospiro Lucas.

 

“CINQUE? Io addirittura da otto!” esclamò Rudyard.

 

“Allora non sono il solo.” Disse Jerome.

 

“Scusatemi, vorreste spiegarmi il motivo per cui quattro aitanti giovani come voi non riescono in una così semplice impresa?” chiese sferzante il detective.

 

“Ce lo siamo detto anche noi e, all’ennesimo rifiuto, l’abbiamo chiesto direttamente a lei. Sa cos’ha risposto, mio caro signore? Che le dispiaceva, ma che il suo cuore apparteneva a Londra e ad un londinese.” Rispose Owen.

 

“Mhm, beato lui, ad avere una così fedele amante, che non l’ha mai tradito in dieci anni.”

Lo sguardo di Topson volò a Basil, sul cui volto si era dipinta un’espressione orripilata.

Allora Cornelia non aveva mai avuto una relazione. E lui l’aveva trattata come… come… Oh, non riusciva nemmeno a pronunciare quella parola.

 

“Volete scusarmi un momento?” disse con una voce piccola piccola.

Si avviò dunque verso il palco, con la chiara intenzione di gettarsi ai piedi di lei ed implorarne il perdono.

Era già a metà strada e lei l’aveva scorto dal palco, quando la regina riprese a parlare.

 

“Oh, mia cara, sei proprio bravissima.”

 

“Grazie vostra Maestà.” Rispose Cornelia con un’altra riverenza.

 

“E ora, vediamo come la stella più brillante d’Inghilterra continuerà ad incantarci, che ne dite?”

In mezzo alle esclamazioni di gioia dell’intera sala, tre paia di occhi si sgranarono con orrore.

Basil guardò Cornelia che ricambiò il suo sguardo, disperata, mentre, nello stesso tremendo istante, che la stella, oggetto del desiderio di Rattigan, altri non era che…… Cornelia stessa.

 

FINE DEL CAPITOLO.

 

Allora, che ne dite? Ho cambiato i nomi degli attori che c’erano all’inizio, perché, tutto sommato, è più bello inventarseli i nomi che tirare in causa dei poveri innocenti che hanno avuto la sfortuna di finire tra i miei preferiti.

Fatemi sapere che ne pensate.

Buon 2009

Bebbe5

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** I'm afraid ***


Note dell’autrice: Salve a tutti!!! Lo dico e lo ripeto: adoro Sherlock Holmes. Wow, ho appena finito di leggere tutte le sue storie, dalla prima all’ultima e sono stupende. Ok, passando a cose più serie: il capitolo. Prima però, lo sapete:

 

ANGOLO DELLE RECENSIONI:

 

X GIULYCHAN: Ti dirò, è stata una mossa molto azzardata la mia: portare personaggi del futuro, direttamente nell’ormai secolo scorso. Però mi sono detta: “Ci sono tanti pazzi al mondo e se ti comporti così anche tu, che vuoi che se ne’accorga?”

Sono comunque contenta che ti sia piaciuto il capitolo e che tu mi abbia recensito. Spero che continui a piacerti la storia.

 

X HIKARY: Finalmente ti risento. Sono contenta che ti sia innamorata della fiction.

Sì, lo stuolo di colleghi è saltato fuori in un momento di follia e le parti che gli ho affidato, quando ormai deliravo. Diciamo che mi sono ispirata ai ruoli che hanno fatto nei film e, ambientati propriamente nel 1906, ecco che saltano fuori le loro interpretazioni. Sì, sarebbe bastato un secondo, ma ehi, la suspence dopo dove finisce?

Ok, spero che continuerai a seguirla e che continui a piacerti.

 

Bene, e ora che ne dite, cominciamo?

Buona lettura

 

Capitolo 8

 

Basil guardò Cornelia che ricambiò il suo sguardo, disperata, mentre, nello stesso tremendo istante, che la stella, oggetto del desiderio di Rattigan, altri non era che…… Cornelia stessa.

 

Il tempo parve fermarsi.

 

Tutto sembrò sparire.

 

Non c’erano più la sala, i drappi, gli ospiti, la regina con i suoi elogi, ma solo un orrore profondo, riflesso nei loro occhi. Come avevano fatto a non capirlo prima? E adesso, come avrebbero agito?

Basil continuava a fissare Cornelia che, sempre più disperata, sembrava chiedergli con lo sguardo una soluzione, il più presto possibile.

Per quel che ne sapevano, Rattigan poteva essere nascosto dietro una di quelle maschere intorno a loro. Magari li stava osservando proprio in quel momento. Un terrore selvaggio prese il cuore del detective ed il suo sguardo si staccò dal volto della ragazza, per rivolgersi a quelli della sala, scrutandoli con attenzione, cercando quel ghigno che l’aveva tormentato nella realtà e negli incubi. Le maschere presero a girargli intorno e, dietro ognuna di esse, vedeva i giganteschi occhi gialli di Rattigan. Era intrappolato in quel tremendo carosello dell’orrore da vari secondi (o erano minuti?), quando qualcuno gli toccò il braccio facendolo trasalire e quasi gridare. Voltandosi, vide il volto, seppur in parte coperto dalla maschera, del suo migliore amico, Topson

 

“Basil, va tutto bene?”chiese questi con una certa preoccupazione per la reazione dell’amico.

 

“No, accidenti, no! Perché non l’abbiamo capito subito?”

 

“Già, forse avremmo dovuto aspettarcelo” mormorò il dottore tra sé e sé.

 

“Cosa?” gli chiese Basil, un po’ bruscamente.

 

“Beh, lo conosciamo e sappiamo che non si ferma davanti a nulla, pur di raggiungere il suo obiettivo.”

 

“Sì, lo conosciamo e….. un momento! Noi lo conosciamo. Sì, sì è vero, lo conosciamo” esclamò il detective, poi cominciò a ridere con gli occhi che gli brillavano per l’eccitazione.

Se Topson non l’avesse conosciuto bene, avrebbe detto che il suo amico era impazzito. Con il tempo, però, aveva imparato ad associare quei “raptus” (*)  ad un’improvvisa idea che era balenata nella mente dell’investigatopo.

 

“Devo parlare con Cornelia. Immediatamente.” Disse quest’ultimo, avvicinandosi al palco.

Frattanto, la regina stava proseguendo il suo discorso:

 

“Bene, mia cara, dato che abbiamo cominciato con la musica, che ne dice di continuare su quest’onda?”

 

“Certamente, vostra maestà.” Rispose Cornelia, cercando di mascherare la sua agitazione.

 

“Perfetto. Dunque, mi è giunta della sua collaborazione e della sua partecipazione in un’opera musicale del nostro sir Webber (**). Ovviamente mi riferisco al “Fantasma dell’Opera”. Ho sentito che ha avuto un discreto successo.”

 

“Sì, un discreto successo” confermò la ragazza, cominciando a preoccuparsi veramente.

 

“Vorrebbe allora, per piacere, eseguire per noi l’aria “Pensami” ed il tema principale?”

 

“Oh, io non so se è il caso….”

 

“Suvvia, non faccia la modesta. Signor Leto, la accompagna lei, vero?”

 

“Con immenso piacere vostra maestà.” Rispose felice l’interpellato, avvicinandosi al palco.

Ora Cornelia era al culmine della disperazione. Restare sul palco era un suicidio bello e buono. Da lassù, Rattigan non avrebbe avuto problemi a portarla via. Se poi, come immaginava, la regina avesse fatto abbassare le luci, allora non ci sarebbero state chance. Il suo sguardo si rivolse alla sala, alla ricerca del suo amico e non lo trovò: dove diamine era finito Basil? Non era più dove l’aveva visto pochi minuti prima: al suo posto era rimasto Topson che, per quanto la ragazza poteva vedere, aveva un’aria piuttosto confusa. Che cosa aveva in mente il detective?

Ad un certo punto, i suoi occhi furono attirati da una mano, che veniva agitata nella sua direzione dalla base del palco. Guardando meglio, riconobbe Basil, con la maschera dorata e l’abito blu notte, che le faceva cenno di scendere giù dal palco. Lei annuì leggermente, poi si rivolse alla regina, che stava appunto chiedendo ai servi di abbassare le luci.

 

“Vostra maestà, vorreste scusarmi un momento? Torno subito.”

 

“Certamente cara, qui mi occupo io di tutto.” Rispose la regina, tutta presa dalle preparazioni per l’esecuzione di quei brani, che lei prediligeva.

Cornelia, allora, scese le scale del palco e cercò Basil.

Il suo cuore perse un battito quando qualcuno, tappandole la bocca ed afferrandola per un braccio, la trascinò tra le assi sotto il palco.

Stava per rifilare allo sconosciuto uno dei suoi famosi destri quando, voltandosi, si accorse che questo altri non era che Basil in persona.

 

“Ma dico” disse quanto più aspramente possibile, parlando comunque sottovoce “vuoi farmi prendere un colpo?”

 

 

“Ti vedo un po’ agitata, mia cara” replicò lui, sempre sottovoce, canzonandola.

 

“E tu sei troppo calmo. Cosa facciamo adesso?”

 

“Vai sul palco e continua la tua esibizione” rispose serissimo il detective.

La ragazza lo guardò dritto negli occhi, sbalordita:

 

“Stai scherzando vero? Hai idea di cosa accadrà se ci torno?”

 

“Elementare: Rattigan è un grande esibizionista e non resisterà a salire sul palco a cantare, soprattutto se ci sei tu come protagonista.”

 

“Non può essere così cretino”

 

“Crede molto nel terrore che riesce ad esercitare sulle persone. Non sarà un cretino, ma è abbastanza arrogante da credere che nessuno muoverà un muscolo alla sua vista.”

 

“Va bene, ma una volta che sarà sul palco, cos’avresti intenzione di fare?”

 

“Semplice, lo catturerò.”

 

“Tu sei tutto matto! E come vorresti farlo, genio?”

Basil rimase muto per un secondo, poi rispose tranquillamente:

 

“Ancora non lo so, ma qualcosa mi verrà in mente, non temere.”

 

“Devi esserti rimbambito se pensi che io vada lassù a fare da esca, con una possibilità su un milione di venire salvata. Giammai! Anzi, sai che ti dico? Me ne vado!”

E con questo la ragazza girò sui tacchi e fece per andarsene, ma Basil le afferrò un polso.

 

“Lasciami” sibilò lei.

 

“Sai, se non ti conoscessi bene, sarei tentato di dire che hai paura, anzi che sei terrorizzata dall’idea di incontrarlo di nuovo. Non sei forse tu quella che, quando lui le è saltato addosso, l’ha messo a stare?”

Il detective aveva detto quello parole per scherzo ma, guardando l’amica, si rese conto che c’era qualcosa che non andava in quegli occhi tristi che rifiutavano il contatto con i suoi.

 

“Cornelia?” chiese preoccupato.

 

La ragazza alzò finalmente lo sguardo poi, con voce incerta, confessò:”Era ubriaco.”

 

Basil sgranò gli occhi: “Cosa?!”

 

“Ho glissato su un particolare, ecco.” Rispose lei “E’ stato facile batterlo perché non era nel pieno delle sue facoltà mentali e a stento si reggeva in piedi.”

 

“Perché non me l’hai detto?”

 

“Che ne so?!?!” esplose alla fine lei, con le lacrime che le sgorgavano libere dagli occhi.

“Ero confusa e costernata da quell’episodio. La mia mente era come svuotata.”

Fece poi un profondo respiro, tentando inutilmente di frenare il pianto, ma riuscendo almeno a regolare il volume della voce.

 

“Forse non te l’ho detto perché, se avessi pensato che ero riuscita a fermarlo mentre era a mente lucida, allora non avresti fatto niente di insensato, perché lui non sarebbe sembrato tanto pericoloso.

Forse non te l’ho detto perché volevo che pensassi che me la sapevo cavare da sola. Non lo so"

 

Il detective ora guardava, con un'espressione indecifrabile, quella creatura tremante e singhiozzante, che era l'ombra di quella che era stata la sua amica e compagna d'avventure, forte, coraggiosa, leale. Lo faceva soffrire molto vederla così disperata, così indifesa, così distrutta. E tutto, ancora una volta, a causa di quel sorcio di fogna (perché diversamente non si sarebbe potuto definire). Il dolore che aveva provato in quei dieci anni di lontananza, probabilmente non equivaleva nemmeno alla metà di quello che doveva aver provato lei, in quell'esilio forzato dalla sua terra, dalla sua famiglia...da lui.

Senza ulteriori indugi, la abbracciò dolcemente, ma con fermezza: era un abbraccio che emetteva protezione e sicurezza.

Cornelia, dopo un attimo di confusione, si rilassò un pò, lasciandosi cullare da quelle braccia.

Accidenti quanto le erano mancate!! Ricordava l'ultima volta che l'avevano stretta, ma allora erano fredde, distrutte, le dicevano addio.

 

"Sei arrabbiato?" chiese dopo un pò.

Basil la guardò per un secondo stupito: "Ma come, tu chiedi a me se sono arrabbiato? Sei tu quella che lo dovrebbe essere dopo quelle cose che ti ho detto."

Lei scosse la testa sorridendo "Ho capito che ti sentivi ferito e non sono mai stata veramente arrabbiata."

 

"Bene" rispose lui. Ci fu un attimo di silenzio poi il detective proseguì:

 

"Tornerai sul palco?" lei lo guardò e bastò il suo sguardo come risposta: non era per nulla sicura di volerci tornare.

 

"Ti fidi di me?" le chiese ancora

 

"Non lo so" rispose lei "vorrei dirti di sì con tutto il cuore, ma sarebbe una bugia e..."

Non riuscì a finire la frase, perché il detective l'aveva baciata. Non era un bacio violento, passionale, ma semplicemente uno che ispirava sicurezza, dolcezza e, forse.....amore.

 

Dopo un po’ si staccarono e Basil ripeté la sua domanda: "Ti fidi di me?"

 

Lei parve riflettere per un pò poi, alzando gli occhi e sorridendo dolcemente, rispose:

 

"Certamente. Ma guarda te se dovevi baciarmi per rendermi sicura."

 

"Quindi tornerai sul palco?"

 

"Sì, tutto pur di riuscire a prenderlo."

 

Il detective sorrise. Accidenti, aveva aspettato e temuto tanto il momento in cui avrebbe dovuto ricambiare il bacio datogli dalla ragazza, la sera in cui si erano ritrovati, e invece si era risolto tutto in una frazione di secondo. Era bastato lasciarsi andare a quella sorta di istinto razionale che lo caratterizzava e che lo aiutava sempre.

 

"Però" aggiunse Cornelia, maliziosa "Non sono ancora tanto tranquilla."

 

"Ehi, ti do una mano e tu mi prendi il braccio?" replicò lui ridendo " E va bene"

 

Si avvicinarono nuovamente, felici finalmente di aver rivelato i propri sentimenti l'uno per l'altra quando....

 

"Basil, Cornelia ma che comb.... OH SCUSATE!!" Topson era venuto ad avvertirli che tutti li stavano cercando e li aveva trovati così.

 

"Tranquillo Topson, non è niente. Cosa c'è?" chiese il detective il più tranquillamente possibile, anche se le sue guance erano lievemente rosse.

 

"Ero solo venuto a dirvi che tutti stanno cercando Cornelia. Scusatemi ancora."

 

"Ehi non è niente. Va bene sarà  meglio che vada." disse Cornelia sorridendo.

Stava per risalire sul palco, quando, fermandosi a metà strada, si rivolse a Basil chiedendo:

 

"E quando lui arriverà, io cosa dovrò fare?"

 

Lui la guardò e rispose:

 

"Continua a cantare normalmente. Conosco quel brano e so che alla fine dovresti cadere tra le braccia del fantasma. In questo caso ti do carta bianca."

 

"Va bene. Mi fido di te." concluse lei salendo sul palco e venendo accolta nuovamente da uno stuolo di applausi e dalle domande della regina e di Jared, su dove fosse stata.

 

"Basil, cosa hai intenzione di fare?" gli chiese il dottore, mentre Cornelia si accingeva a cantare il primo brano.

 

"In genere non rivelo subito i miei piani, ma, questa volta, è di vitale importanza che lo faccia: Rattigan è un grande esibizionista e, se lo conosco bene, salirà sul palco per recitare con lei e tenterà di rapirla. Tutto quello che Cornelia deve fare è continuare a recitare, in modo da darmi il tempo per preparare un piano per catturarlo. L'unico intoppo potrebbe essere quel Moriarty, ma in quel caso......"

 

E toccò una delle tasche della giccca in cui, Topson lo sapeva, c'era il revolver del detective.

 

"Mi sembra un bel piano" rispose il dottore "Ah, Basil?"

 

"Sì?"

 

"Era ora che vi deste una smossa." concluse il dottore.

 

Basil sorrise, veramente felice, poi si voltò ad ascoltare quella che ormai si poteva definire, la sua fidanzata.

 

Nonostante il nervosismo, Cornelia riuscì a completare la prima aria, facendo perfettamente anche il complicato gorgheggio finale. Uno scroscio di applausi si levò dalla sala e sia la ragazza che Jerome, si inchinarono al pubblico. Quando il rumore scemò, l'organista dell'orchestra attaccò il brano successivo. Nell'atmosfera buia della sala, quella musica sembrava terribilmente spettrale.

 

Cornelia avanzò in mezzo, fino a portarsi in mezzo al palco. Basil, che la guardava con attenzione, un po’ per la sua bellezza, un po’ per badare che tutto andasse come previsto. Osservando meglio il palco, si rese conto che Jerome era sparito, probabilmente pronto a fare la sua entrata da dietro le quinte. Sorrise tra sé e sé, pensando alla faccia della gente quando, al posto del bel roditore, sarebbe comparso un enorme, brutto ratto, creduto morto da quasi dieci anni.

Un mormorio sommesso, levatosi nella sala, lo costrinse a riportare la sua attenzione al palco, portandolo a pensare che la sua nemesi non avesse perso tempo.

L'unica cosa che vide però, fu Cornelia. Il mormorio era stato causato dal nervosismo eccessivo che lei mostrava. Le mani le tremavano e dondolava sulle gambe, come se fosse in procinto di svenire.

 

"Povera cara, guarda com' è emozionata." mormorò una signora accanto a lui.

 

"Già, probabilmente l'enorme successo che ha avuto la mette in difficoltà ogni volta."

 

Basil sospirò: se solo avessero saputo....

 

I suoi pensieri furono interrotti dalla voce della ragazza che, al contrario di tutte le aspettative, era forte, serena, bella come al solito.

Il detective la guardò ammirato: riusciva a mascherare benissimo il terrore che provava, anche in una situazione del genere. L'unica traccia della sua paura, la si poteva leggere negli occhi di lei, ma solo chi la conosceva bene, avrebbe potuto vederla. Continuando a guardarla, si mise ad ascoltare quella voce incantevole, che entrava nel cuore, proprio come le parole della canzone:

 

In sleep he sang to me, in dreams he came

that voice which calls to me and speaks my name

and do I dream again for now I find

the phantom of the opera is there inside my mind.

 

Proprio quando la parte della ragazza finì, il pubblico trattenne il respiro.

Cornelia, che aveva chiuso gli occhi per cercare di concentrarsi sulla musica, li riaprì al sentire quel rumore. I suoi sensi scattarono in allarme. Alle orecchie le giunse un suono, come di un'enorme coda che venisse strascicata ed un pungente odore di acqua di colonia usata in eccesso e probabilmente scaduta di qualche anno le entrò nel naso.

Fece una rapida piroetta, incrociando il tanto temuto sguardo, coperto per metà da una maschera bianca del suo ex e, attualmente, neo-nemico: Rattigan.

Fece per correre via, ma lui la afferrò per un braccio e la strinse a sé. Fortuna che la scena, anche nella realtà sarebbe dovuta essere così e la ragazza era sicura che, se tra il pubblico ci fosse stato il suo regista, avrebbe detto che era la sua migliore interpretazione, tanto era reale il terrore che provava.

 

Basil la vide tentare di scappare e venire riafferrata. Nonostante sapesse che la ragazza stava facendo il gioco di Rattigan, non poté fare a meno di sentire un groppo allo stomaco.

 

"Bene Topson, è ora di agire. Raduna più guardie che puoi e raggiungimi dietro le quinte."

 

"Va bene"

 

Rattigan intanto stringeva a sé Cornelia. Diavolo quanto le era mancata quella ragazza. Approfittò di un momento di stacco per affondarle il naso tra i capelli ed aspirare un po’ del profumo di lei, poi cominciò a cantare, con la sua voce bassa e un pò roca:

 

Sing one again with me, our strange duet

my power over you grow strongere yet

and though you turn from me to glance behind

the phantom of the opera is there inside your mind.

 

Finito di cantare la sua strofa, le fece fare una giravolta e la fece fermare davanti a lui, tenendo il pubblico alla sua destra.

Cornelia lo guardò: se prima si sentiva svenire, ora era sicura che era una questione di secondi. Si sforzò comunque di continuare la sua parte e di restare lucida. Non poteva permettergli di vincere così, non poteva.

 

Frattanto Basil si stava dando da fare giù dal palco.

 

"Sì e poi sbuchiamo da dietro e gli saltiamo addosso, capito?"

 

"Certamente signor Basil, faremo il possibile." rispose il capitano delle guardie, avviandosi dietro il sipario.

 

"Bene Topson, siamo pronti all'azione: andiamo." e si avviò anche lui dietro il palco, senza perdere mai di vista Cornelia, che intanto aveva ripreso a cantare.

 

Those who have seen your face

La ragazza allungò la mano destra, come per accarezzare il volto del ratto che le stava di fronte

 

Draw back in fear

La ritrasse rapidamente portandosela al petto.

 

I am the mask you wear

Allungò la sinistra, come per toglierli la maschera.

 

It's me they hear

Intervenne Rattigan prendendole il polso e allontanandolo

 

Your spirit and my voice in one combined 

the phantom of the opera is there inside my mind.

 

 Conclusero insieme.

 

Cornelia cominciò allora il gorgheggio finale, accompagnata dalla voce di Rattigan che continuava a ripetere:

Sing my angel of music

 

Sulla nota più acuta, Cornelia fece roteare le pupille all'indietro fingendo di svenire, ma invece di attenersi al copione e di cadere tra le braccia del suo fantasma, cercò di cascare in avanti.

Rattigan però aveva altri piani: la afferrò e se la caricò tra le braccia.

A quel punto l'acuto si trasformò in un grido vero e proprio.

 

"METTIMI GIU' IMMEDIATAMENTE!!!! LASCIAMI ANDARE!!!! COME OSI?!"

 

"Non sei affatto cambiata mia cara. Sempre forte e battagliera vero? Che ne dici, ti va un bacio di benvenuto?"

 

La stava per baciare davvero quando, da un punto imprecisato dietro le quinte si levò una voce:

 

"ALL'ATTACCO!!"

 

E, tanto fulmineamente che ci volle un pò alla gente per capire cosa stava succedendo, Basil uscì da dietro una tenda, con il chiaro intento di scagliarsi su Rattigan.

Il ratto però, fece come per saltare giù dal palco, con Cornelia in braccio. Solo che a metà strada rimase sospeso.

La gente lo guardò attonita. Che sapesse anche volare?

Ma Basil, che non ci aveva creduto nemmeno un istante, continuò la sua corsa e si attaccò ad uno dei piedi di Rattigan, che cominciò ad oscillare. L'inganno era svelato: a tenere su il sorcio era un filo di ragnatela e colui che la teneva tra le zampe era...

 

"MORIARTY!!! FAMMI ROTEARE!"

Senza farselo ripetere, il ragno cominciò a far roteare il filo, sempre più velocemente. Basil cercava di restare attaccato al piede, ma diventava sempre più difficile. Erano ormai a diversi metri da terra. quando Rattigan, con un calcio particolarmente forte, riuscì a liberarsi del detective, mandandolo a sbattere sontro un drappo ed una colonna. La botta fu violentissima.

Basil cadde malamente a terra, avvolto nel drappo dorato e l'ultima cosa che sentì, fu qualcuno che gridava il suo nome, poi tutto divenne buio.

 

 

Note:

(*) E pensare che Basil i “ratti” li odia, ih ih (scusatemi, è saltata fuori durante l’ora di matematica. Tanto ormai è acclarato che sono pazza e che tale pazzia salta fuori durante le ore peggiori di scuola.

(**) sto parlando del mitico Andrew Lloyd Webber. Guai a chi non lo conosce!!

Allora, che ve n'è parso? Mi ci è voluto un bel po’ a scriverlo, ma penso che ne sia valsa la pena.

Aspetto le recensioni.

A presto

Bebbe5

 

 

 

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Capitolo 9
*** Let's fight ***


Note dell’autrice: oh, finalmente rieccomi qua (o no?), pronta per scrivere un altro capitolo. Allora, prima di cominciare, ho un paio di comunicazioni per voi: la prima arriva dai media, che annunciano l’uscita a novembre di un nuovo film su Sherlock Holmes con Robert Downey jr. (Iron man) e Jude Law; la seconda invece arriva dalla carissima Tensi, la quale, durante uno scambio di mail, mi ha detto che, probabilmente, nel 2012 uscirà un sequel di Basil, sottoforma di cross-over con altri cartoni Disney (Tensi, correggimi se sbaglio). Io lo spero sinceramente.

Un’ultima cosa prima di cominciare:

 

ANGOLO DELLE RECENSIONI:

 

TENSI: Già, veramente una bella botta. Grazie per i complimenti, spero che questo ti faccia trattenere il fiato ancora di più (non mi morire però eh? Mi raccomando).

Spero di non aver tardato troppo e spero che continuerai a seguirmi.

 

GIULYCHAN: Già, tutto sommato bisogna essere un po’ grati a Rattigan, no? Senza di lui che incombe, col cavolo che si dichiaravano. Comunque chi ti dice che sia riuscito a svignarsela? Basil è svenuto, questo è vero, ma Cornelia è ancora sveglia, così come Topson e gli altri. Chissà cosa succederà?

 

ASHLEY SNAPE: Addirittura tra i preferiti? Wow, mi sento onorata. Anch’io adoro Basil e, benché non avessi amici che lo apprezzavano tanto quanto me, in compenso, da piccola, avevo una zia e una sorellina che giocavano sempre con me (io ero Basil, mia sorella Olivia e mia zia Rattigan): che risate che ci facevamo! Vedi che non sei l’unica pazza? Come avrai letto nell’introduzione, probabilmente ci sarà il due, ma se così non fosse sai che c’è? Facciamo una bella petizione e la spediamo alla Disney: del resto è o no il primo cartone in cui è stata usata la tecnologia del computer?

Ok, grazie per i commenti, mi ha fatto piacere (un’ultima domanda: chi interpreta la tua amica? Topson?)

 

HIKARY: Addirittura sciolta? Wow, sono contenta. Io che di solito sono una fredda insensibile (testuali parole dei miei familiari) riesco a farti sciogliere. E’ un traguardo.

Ti perdono per questa volta, ma non ti azzardare a scambiare Webber con uno del Grande Fratello ok? Ti dirò, la scena della risata l’ho ripresa più che altro dal momento in cui sono legati alla trappola e lui decide di far saltare il meccanismo.

Spero che il capitolo ti piaccia.

 

 

 

Bene, direi che possiamo cominciare: Calliope, vedi di darti ‘na mossa perché ho bisogno di un po’ d’ispirazione (lo so che è la Musa della poesia, ma a chi dovevo chiedere, a Conan Doyle? Beh, potrebbe essere un’idea).

Buona lettura

 

Capitolo 9

 

Basil cadde malamente a terra, avvolto nel drappo dorato e l'ultima cosa che sentì, fu qualcuno che gridava il suo nome, poi tutto divenne buio.

 

Lo vide sbattere contro la colonna, impigliarsi nel drappo e cadere a terra. Lo vide sollevare leggermente la testa, per poi farla ricadere pesante a terra.

 

“BASIL!!!” gridò Cornelia, ma lui non rispose: era quasi sicuramente svenuto.

La ragazza guardò la sua forma accasciata a terra con le lacrime agli occhi. Provava paura, ma non per sé stessa, nonostante fosse ancora intrappolata tra le braccia di Rattigan, bensì per il detective: quanto grave poteva essere la sua ferita? Vide Topson correre verso l’amico e controllare le sue condizioni, ma non riuscì a capire l’esito della sua indagine, perché il ratto la fece voltare prendendole il mento con la mano e dicendole:

 

“Cosa fai ora? Piangi? Non devi essere triste per quello smidollato, non fa per te.” Ridacchiò alla vista del suo operato.

 

Quelle parole risvegliarono qualcosa in lei. La paura cominciò a fare spazio ad un sentimento più grande e più terribile, un sentimento con il quale una donna diventa più forte di un uomo, con il quale anche il più grande dei problemi può essere superato: la rabbia.

 

“Non osare chiamarlo così, chiaro? Tu non sei nemmeno la metà di lui!!”

 

“Ah no, così non va bene. Ti ricordo che sei in mio potere a quasi venti metri da terra. Potrei anche decidere di lasciarti andare lo sai?”

 

Cornelia guardò giù. Effettivamente erano molto in alto. Non soffriva di vertigini, ma l’altezza, mista al continuo movimento rotatorio, le fece girare la testa. La vista le si annebbiava quando, improvvisamente, qualcosa catturò la sua attenzione: l’enorme lampadario. Era un’idea folle, senza speranza, ma l’unica che avesse.

 

“Cosa c’è ancora, mia cara?” la voce di Rattigan la risvegliò dai suoi pensieri “Non vuoi concedermi questo vorticoso ballo?” le chiese un po’ maliziosamente.

 

Lei lo guardò e sorrise prima di rispondere:

 

“Sai, mio caro, ora come ora l’unico ballo che potrei concederti è una Toccata e Fuga.”

 

“Ah davvero? E in che senso?” le domandò lui, guardandola un po’ confuso.

 

I due si trovavano nuovamente vicino al lampadario e la ragazza aveva pochi secondi per agire.

 

“Così” rispose “Toccata…” e gli sferrò una ginocchiata tra le gambe “…e Fuga, bye bye.” Detto questo, si arrampicò sulle spalle di Rattigan, ancora paralizzato da dolore e spiccò un salto verso il lampadario con tutte le sue forze.

 

La sala trattenne il fiato e Cornelia con essa. Stava per riuscire ad afferrare uno dei bracci del lampadario quando Rattigan si riscosse e afferrò il vestito e….

 

STRAAAAAP!!!!!!!

 

Il rumore dello strappo fu fortissimo. Rattigan si trovò con la candida gonna della ragazza in mano. Guardò rapidamente prima il pezzo di stoffa, poi lei, poi il pezzo di stoffa, poi lei, che intanto era riuscita ad arrampicarsi sul lampadario, sotto gli occhi un po’ meravigliati, un po’ indignati del resto della sala.

 

Lo stupore fu però ancora più grande perché…

 

“Tu porti i…pantaloni?” boccheggiò Rattigan guardandola dalla ragnatela ed esprimendo il pensiero di tutti i presenti.

 

Lei guardò prima lui, poi il resto della sala, poi i suoi aderenti pantaloni bianchi, il cui bordo era chiuso dentro un paio di eleganti stivali bianchi alti con un po’ di tacco, poi riportò il suo sguardo su di lui.

 

“Beh, cosa c’è, forse non mi stanno bene?” chiese, con un po’ di faccia tosta: la situazione era effettivamente molto imbarazzante.

 

Rattigan la guardò a bocca aperta annuendo meccanicamente: quante sorprese gli riservava ancora quella? Prima aveva fatto un salto di tre metri ad un’altezza di venti, poi le scopriva dei pantaloni addosso. Ma che diavolo le avevano fatto in Europa?

Vabbè che aveva sempre praticato sport maschili e spesso si era trovata a portare degli abiti maschili (come nel caso della scherma), ma che li portasse anche nella vita di tutti i giorni… questo era veramente strano.

 

“Ma…perché….?” Gli uscì solamente questo dalla bocca.

 

“ Uff, perché ci deve essere una ragione precisa?” gli rispose lei, un po’ sprezzante.

“Comunque se lo vuoi sapere, ci sono almeno tre motivi: primo,  pensavo che mi sarebbero serviti in caso tu fossi arrivato; secondo,  dammi una buona spiegazione, a parte le buone maniere, per cui una donna non se li potrebbe mettere; terzo, sono troppo comodi.”

 

 

Rattigan era rimasto senza parole, troppo stupito per parlare, così come il resto della sala.

Cornelia decise di sfruttare quel momento e, prima che Rattigan si svegliasse e provasse a saltare anche lui sul lampadario.

Cavò un fazzoletto da una tasca, lo fece passare sopra uno dei drappi che congiungevano il lampadario ad una delle colonne, lo afferrò bene e cominciò a scivolare verso la colonna.

Sembrava filare tutto liscio, ma Rattigan, vedendo la sua preda che gli sfuggiva, decise di agire. Afferrò il pugnale che teneva nella tasca interna della giacca, prese la mira e lo scagliò verso il capo annodato alla colonna.

La stoffa si strappò e Cornelia si sentì cadere nel vuoto. Senza pensarci troppo su, afferrò la stoffa su cui scivolava fino a pochi secondi prima e cominciò ad arrotolarsela intorno al polso destro, come aveva sempre visto fare dalle grandi equilibriste circensi. Sapeva bene di non essere lei stessa un’artista di quel genere, ma non aveva altre possibilità.

La stretta attorno al suo polso aumentava… aumentava… finché….

 

Crack!!!!

 

A stento riuscì a trattenere un gridò quando il polso le schioccò, slogandosi.

La tortura durò ancora pochi secondi che parvero essere eterni. Quando i piedi le toccarono terra, cadde in ginocchio, afferrandosi il polso e digrignando i denti.

Accidenti se faceva male!!! Pulsava come un martello. Chissà quante volte se lo erano slogato le ragazze che aveva tanto ammirato al Circo. Loro però avevano sempre perseverato per imparare quell’arte così terribile e stupenda, e così doveva fare lei se voleva salvare la sua vita e quella dei suoi amici.

 

Un rumore, un sibilo quasi impercettibile alle sue spalle. Si rotolò via appena in tempo, prima che Rattigan la afferrasse con le sue zampacce.

Altro che finita, la sfida era appena ricominciata.

Lo vide ricompiere il giro della sala a tutta velocità, sempre legato a quel benedetto filo di ragnatela.

Si rialzò, tenendosi il polso stretto al busto, e corse verso le colonne. Riuscì appena in tempo a nascondersi dietro una di esse, dato che sentì il fruscio di una delle zampe del nemico sfiorarle i capelli.

Si appoggiò alla colonna per riprendere fiato e valutare la situazione. Nella sala la gente urlava: diamine, non sapevano fare altro quelli!! Eppure c’era un altro rumore che sembrava come un clangore di… spade. Guardò al di là della colonna e vide una cosa che la sorprese, ma che avrebbe dovuto aspettarsi: la sala era piena di scagnozzi di Rattigan, che stavano mettendo a dura prova le guardie. Facendo vagare ancora lo sguardo per la sala, cercò di individuare la colonna contro cui aveva sbattuto Basil: la vide, proprio dalla parte opposta della sala. Aveva pochi secondi prima che Rattigan ricompisse il suo giro, così si decise ad uscire dal suo nascondiglio e a buttarsi sotto un tavolo poco lontano.

 

Sempre con il polso stretto al petto, corse disperatamente verso la sua meta e la raggiunse di nuovo per una questione di attimi, prima che Rattigan la ricatturasse.

Balzò sotto il tavolo e si mise a camminarci a gattoni, lanciando ogni tanto un’occhiata fuori, per capire dove stesse andando.

 

“Cornelia!!! Che sorpresa!! Allora sei riuscita a scappare?”

Una voce la sorprese e la ragazza si trovò faccia a faccia con Lionel, Owen, Jerome e Rudyard.

 

“Ragazzi!! Ma che ci fate qui?” chiese lei sorpresa

 

“Come che ci facciamo?! Ci nascondiamo, mi pare ovvio” le rispose Rudyard.

 

“Bontà divina!!! Cornelia, ma tu porti i pantaloni!!!” esclamò Owen.

 

“Già, non trovi che mi donino?” rispose lei sarcastica “Ora, se non avete altre domande cretine da pormi, vogliate scusarmi ma devo andare.” Concluse.

 

“No, resta con noi. Qui è più sicuro.” La implorò Jerome.

 

“Sentite, non c’è un solo angolo sicuro in tutta Londra, quando Rattigan è in libertà.” Replicò lei “Ci sono persone in questa sala che rischierebbero la vita per me. Ci sono persone che ho appena ritrovato. Non le posso perdere. Devo fare qualcosa e non potrò se me ne starò qui sotto rintanata come un coniglio.”

 

“Con quel polso?” le chiese Lionel, che aveva notato la strana angolazione dell’arto.

 

“Anche con una mano tagliata. Ora, vogliate scusarmi.” Tagliò corto lei, prima di proseguire la sua gattonata sotto i tavoli.

 

“Sapete” disse Owen “credo che non abbia tutti i torti.”

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Continuò a gattonare sotto i tavoli, tenendo la sua mente concentrata sulla colonna  che doveva raggiungere. Doveva fare in fretta se non voleva che Rattigan….

Che stupida!!!  La sua mente era talmente concentrata su Basil che si era scordata che quel pazzo era ancora in circolazione. Non poteva neanche sperare che se ne fosse rimasto appeso alla ragnatela, sicuramente era sceso e ora magari stava andando verso lo stesso suo obiettivo: il detective svenuto.

 

Decise di fare l’unica cosa sensata che le venne in mente in quel momento: prese un bel respiro ed uscì da sotto il tavolo.

 

Rimase ferma per un attimo a guardarsi intorno, per capire un po’ com’era la situazione. Dappertutto le lotte infuriavano: gente che si prendeva a pugni, o che combatteva con le spade. La ressa era tale che le parve di essere di nuovo in quel pub in Germania in cui….

Scosse la testa, doveva restare concentrata sul presente, non sulle gozzoviglie passate.

Volse lo sguardo verso la colonna che aveva precedentemente suscitato il suo interesse e vide che i suoi peggiori sospetti erano fondati: Rattigan si stava pericolosamente a Basil con qualcosa di scintillante in mano, forse un pugnale o una spada, mentre tre dei suoi scagnozzi tenevano fermo Topson. Doveva fare qualcosa e subito.

Con la coda dell’occhio, vide un calice che sembrava esserle spuntato davanti come uno dei cofanetti magici di Alice nel Paese delle Meraviglie.

Lo afferrò con la mano sinistra e si preparò a scagliarlo, pregando con tutto il cuore che, anche se tirando con la sinistra, il suo colpo non fallisse.

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Era suo, finalmente.

 

Era lì, inerme, davanti a lui.

 

Strinse con più forza l’elsa del pugnale nella mano.

 

Quanto aveva atteso quel momento.

 

“Vigliacco!!!!” gli urlò qualcuno da dietro, presumibilmente Topson.

 

Beh, a sua difesa poteva dire di non essere un ipocrita: agiva sempre nel buio, circondato da fedeli alleati, tutte cose che, effettivamente, sono un po’ da vigliacchi ma, che ci poteva fare? Lui era così, lo era sempre stato.

Perché al mondo non poteva andare bene? Perché Basil continuava a mettergli i bastoni tra le ruote? Ma ora tutto stava per cambiare, solo pochi istanti ed il suo regno sarebbe cominciato, senza più nemici ad ostacolarlo.

Vide Basil cominciare a muoversi e decise di affrettare le cose:

 

“Finalmente ci siamo eh? Al capolinea. Non puoi sfuggirmi Basil e questa volta per davvero. Sai, non pensavo che Cornelia ti avrebbe abbandonato così, ma del resto, credo di averla spaventata a morte. Non temere comunque. Quando tu non ci sarai più, la prenderò con me e avrò cura di lei. ADDIO BASIL DI BAKER STREET!!”

 

Dopo queste parole sollevò l’arma e…..

 

FINE DEL CAPITOLO

 

MUAHAHAHA Mi sento cattivissima  a stoppare qui il capitolo, ma avevo paura che, a farlo troppo lungo, poi vi venisse a noia. Magari però lo faccio sotto l’influsso di quel meraviglioso thriller a cui mi sto appassionando: Criminal minds. Non è stupendo? La storia è bellissima, ma soprattutto c’è Matthew Gray Gubler.

Va bene, dopo questo sclero passiamo alle cose serie: cosa succederà a Basil? Si salverà? E Cornelia?

Aspetto le vostre recensioni.

Un abbraccio ed un bacione

Bebbe5

 

 

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Capitolo 10
*** The end (first act) ***


Note dell’autrice: Finalmente ce l’ho fatta a postare. Chiedo scusa a tutti voi, ma ho dovuto partecipare ad un concorso (tra l’altro ho vinto un viaggio a Istanbul con questo) e mi ha tenuta impegnatissima (pensate che, in piena sessione, ho dormito 7 ore in tre notti). Però, eccomi qua, tenace e pronta per:

 

L’ANGOLO DELLE RECENSIONI:

 

HIKARY: Beh, al massimo ce lo possiamo dividere XD XD. Sai che Matthew Gray Gubler ha doppiato Alvin and the chipmunks? E’ un grande, io l’ho sempre detto. Sì, Criminal è una serie stupenda, peccato che l’abbiano interrotta. Spero che tu ce l’abbia fatta a riprendere un po’ di fiato prima di questo capitolo. Beh, ti dirò che hai trovato la metafora laddove non avevo intenzione di metterla. Il fatto è che sto riprendendo molto dal film e la frase di Corny è ripresa da quello. Guarda, per quanto riguarda Webber ti considero una causa persa.

Grazie per la recensione, spero che il capitolo ti piaccia.

 

ASHLEY SNAPE: Beh, non pensavo di essere a livello “adorazione”, comunque grazie. Domanda: ti piace l’inglese? Se sì, fammelo sapere che ti do il link di un sito pieno zeppo di fiction su Basil, duemila volte più belle della mia. Non è molto strano che Basil e Rattigan siano “amici”, almeno a scuola, molte fiction li fanno diventare acerrimi nemici proprio tra i banchi (sempre colpa della Società Che Uccide Ogni Libero Alunno). Spero tanto che ci sia un due, ma non m’importa se è innamorato o meno, mi basta che lo facciano. Buona lettura.

 

Bene, finalmente si può cominciare. Cosa sarà successo? Se lo stanno domandando tutti e… ho capito ho capito, basta ciacciare e via col capitolo.

 

Capitolo 10

 

“Finalmente ci siamo eh? Al capolinea. Non puoi sfuggirmi Basil e questa volta per davvero. Sai, non pensavo che Cornelia ti avrebbe abbandonato così, ma del resto, credo di averla spaventata a morte. Non temere comunque. Quando tu non ci sarai più, la prenderò con me e avrò cura di lei. ADDIO BASIL DI BAKER STREET!!”

Dopo queste parole sollevò l’arma e…..

 

CLANG!!!

 

Un calice dorato atterrò vicino al piede di Rattigan e rotolò un po’ più in là. Lui lo osservò un po’ incuriosito, con il pugnale, puntato al cuore di Basil, ancora sospeso a mezz’aria.

Un attimo dopo, sentì un dolore lancinante alla nuca e la prima cosa che vide, voltandosi, fu il gemello del calice che poco prima gli era rotolato accanto, cadere a terra con un tonfo, poi, alzando lo sguardo, vide Cornelia, il braccio destro stretto al petto, che lo guardava con un’espressione di gioiosa incredulità.

 

“Sei stata tu?” le chiese, irato,massaggiandosi la parte offesa. La ragazza (che, se era spaventata, non lo dava a vedere) parve riflettere un attimo e poi rispose:

 

“Posso dire a mia discolpa che volevo colpirti solo la prima volta, ma purtroppo, essendo destrorsa, i miei tiri sinistri sono scarsi. Quando ti ho mancato mi sono innervosita, ho tirato un calcio alla prima cosa che mi è capitata a tiro e.. beh, il resto l’hai visto, o, meglio, sentito.”

 

Rattigan era infuriatissimo: come osava colpirlo così, alle spalle e per di più per un puro colpo di fortuna? Riuscì però a controllarsi, ricordandosi della preda semisvenuta che si era prefisso di uccidere.

 

“Cara mia” disse con una voce mielosa che fece rabbrividire Cornelia “se volevi la mia attenzione non avevi che da chiedermelo. Finisco un attimo di sistemare questa spina che mi attanaglia da sempre il fianco e sono subito da te.”

Poi si voltò per infliggere il colpo di grazia al detective.

 

La mente della ragazza cominciò a lavorare frenetica, alla ricerca di un altro modo, più efficiente, per distrarre il ratto che si preparava a terminare la sua opera. Una lampadina le si accese nella testa e, benché continuasse a ripetersi che era una cosa veramente infima e meschina (ma, per l’amor del cielo, un’offesa per una vita era un prezzo più che ragionevole) disse:

 

“Sai, mi stavo dando dell’idiota per averti mancato al primo colpo.”

Rattigan non si voltò a guardarla, ma drizzò un orecchio nella sua direzione.

 

“Insomma, anche con un ‘tiro mancino ’ avrei dovuto colpire un ratto così grosso” proseguì lei sottolineando con cura le ultime tre parole.

 

Il pugnale calò e Basil, che si stava riprendendo proprio in quel momento, non poté fare a meno di trattenere un urlo, quando la lama lo trafisse.

 

Cornelia si portò le mani alla bocca, trattenendo il fiato e sbarrando gli occhi, orripilata:

 

non era possibile,

 

non era successo.

 

Altre lacrime amare stavano per uscirle dagli occhi (l’aveva appena ritrovato e già lo stava perdendo), quando Rattigan estrasse il pugnale e lei vide Basil portarsi una mano alla spalla sinistra sanguinante: il criminale l’aveva solo ferito, per fortuna. Cornelia tirò un lungo sospiro di sollievo, ma la frase che Rattigan disse due secondi dopo all’orecchio del detective la fece inspirare bruscamente:

 

“Per ora sei salvo, ma non preoccuparti, sistemo quella….. maleducata laggiù, che tu hai così abilmente plagiata e torno. Chissà che non decida di farvi morire insieme. Ti piacerebbe?”

 

Basil, ancora con la mente un po’ annebbiata per la botta alla testa e per la ferita appena riportata, cercò di socchiudere gli occhi per guardare in cagnesco il nemico, che gli sorrideva spavaldo con i suoi denti gialli.

 

“Non…. osare.” riuscì a dire a mezza voce.

 

Il ratto scoppiò a ridere.

“Ma guardati, riesci a malapena a parlare e vorresti anche intimidirmi? Arriva un momento nella vita in cui bisogna rendersi conto dei proprio limiti, caro mio, ma pare che tu non ne voglia sapere. Comunque non voglio che tu ti riprenda troppo presto, altrimenti la mia caccia rischia di durare troppo a lungo.”

 

Detto questo, sferrò un forte pugno a Basil che, già debole di per sé, perse nuovamente conoscenza. Poi si voltò verso i suoi scagnozzi che ancora trattenevano Topson e disse:

 

“Legatelo bene e andate a dare una mano agli altri. Io mi occupo della ragazza.”

 

‘Ahia, andiamo bene ’ pensò Cornelia ‘se non mi chiama più per nome sono veramente nei guai .‘

 

Intanto Rattigan si stava avvicinando a lei, raccogliendo una spada da terra lungo il tragitto.

 

‘Accidenti, devo inventarmi qualcosa. Se non altro ho distolto la sua attenzione da Basil. Speriamo che si riprenda in fretta sennò… è la fine.’

 

“Allora, mia cara” cominciò Rattigan minaccioso “penso di essere stato fin troppo paziente con te. Ti ho dato una seconda chance e l’hai gettata al vento, colpendomi ed insultandomi per di più.”

 

“Se per seconda chance intendi farmi rapire da un ragno” rispose Cornelia, alzando gli occhi al soffitto, solo per vedere Moriarty che stava osservando la scena dall’alto e poi proseguendo “strapparmi dal palco, tentare di uccidermi facendomi cadere nel vuoto beh… comprenderai che avevo i miei motivi per rifiutare. Per quanto riguarda la maleducazione sono stata sincera: cos’è, la verità fa male?”

‘Dannazione, questo non lo dovevo dire ’ si disse, schiaffeggiandosi mentalmente.

 

La reazione del ratto fu, infatti, terribile. Con un urlo tremendo si scagliò contro la ragazza che riuscì appena in tempo a scansarlo, per poi cominciare a correre a perdifiato con lui dietro.

Purtroppo, se mai avete provato, correre con una mano sola, e per di più non fasciata, non è per nulla semplice. E Rattigan era molto veloce, tanto che, in pochi secondi, aveva raggiunto Cornelia, l’aveva presa per la gola e sbattuta contro la colonna più vicina.

 

“Credevi di riuscire ancora a sfuggirmi? Credevi di poterlo fare a lungo? Sei proprio uguale a lui, sempre con l’idea di poter riuscire a fare tutto” le sibilò a pochi centimetri dalla faccia “Beh, pare che stavolta abbia vinto io, ma sarò buono, farò sì che la tua morte sia dolce.”

 

“Cosa vuoi fare?” chiese lei con un filo di voce, a causa della stretta sulla sua gola.

 

“Speri che ti faccia morire con lui? E’ questo che speri? Eh? Beh, potrei anche farlo, ma di certo il colpo fatale te lo infliggerò qui, così non potrai più contrastarmi. Penso anche che ti darò un bacio, ma sarà uno d’addio.”

 

Con queste parole, cominciò a baciarla con violenza mentre puntava la lama all’addome di lei.

Cornelia aveva già cominciato a farsi una ragione di quello che stava per accadere, quando improvvisamente Rattigan si staccò da lei urlando dal dolore e lasciandola cadere a terra.

 

La ragazza tossì, cercando di riprendere un respiro regolare, ed osservò stupita la scena che le si parava davanti: Rudyard, Owen e Lionel erano saltati addosso al ratto, mentre Jerome gli tirava indietro la coda.

 

“RAGAZZI!!” riuscì ad urlare.

 

“Avevi ragione… Cornelia.” Riuscì a dirle Rudyard nella lotta.

 

“Non avremmo… concluso… nulla standocene rintanati.. sotto il tavolo” aggiunse Owen mentre cercava di bloccare un braccio di Rattigan.

 

“Così abbiamo.. deciso.. di aiutarti.. come potevamo.” Rincarò Lionel, aggrappato al collo del ratto.

 

“Forza, corri dal tuo amico finché riusciamo a.. trattenerlo.” Soggiunse Jerome che, mentre con un braccio tratteneva la coda di Rattigan, con l’altro si aggrappava al gambo di uno dei tavoli, cercando disperatamente di non farsi sbalzare via dallo scodinzolare furioso di quest’ultima.

 

“Grazie mille, siete unici.” Disse lei, che intanto si era ripresa, e, alzatasi in piedi, cominciò a tornare di corsa alla colonna dove era rimasto Basil.

 

“COSA FATE IDIOTI?!?! AAARGH, FERMATELA!!!!” gridò Rattigan e subito due scagnozzi si pararono davanti a Cornelia con due randelli. La ragazza aspettò che i due scagliassero i loro colpi, per poi abbassarsi rapidamente, facendo sì che i due si colpissero a vicenda. Subito un altro brutto ceffo le si parò davanti, ma lei, abbassandosi, gli sferrò un calcio alle caviglie, facendolo cadere a terra, poi lo colpì con un pugno della mano sinistra, facendolo svenire.

Era comunque troppo stancante fare così e allora decise di prendere la via lunga e salì una rampa di scale proprio alla sua destra: la sua intenzione era quella di raggiungere un’altra rampa, più vicina alla colonna dove si trovava il detective.

Un intero squadrone si gettò al suo inseguimento e lei, nella disperazione, vide un pianoforte a coda, piuttosto malmesso, appoggiato da una parte. Con un certo sforzo lo spinse fino all’orlo delle scale poi, dopo aver mormorato “Scusami” lo scagliò giù contro i topi che, per scansarsi, dovettero saltare giù dalla balaustra.

Vedendo la strada libera d fronte a sé, riprese a correre quanto più velocemente poteva.

Ad un certo punto un topo le balzò alle spalle, afferrandole le braccia.

Lei urlò e si dimenò, ma non sarebbe mai riuscita a scappare se una mano, che stringeva una bottiglia, non fosse sbucata fuori da dietro un viso lì vicino, colpendo la testa dell’aggressore.

Cornelia si fermò un attimo per vedere chi l’avesse salvata e scorse, con stupore, la regina.

 

“Vostra Maestà, ma cosa…”

 

“Non mi pare il momento per le spiegazioni figliola, e me ne devi tante. Forza, correte da Sir Basil (*) e fate qualcosa.”

 

“Agli ordini” rispose prontamente Cornelia e riprese a correre.

 

Finalmente arrivò alla rampa agognata e, scesala in fretta, si affrettò prima di tutto a slegare Topson, che era stato lasciato a terra dagli scagnozzi di Rattigan, sapendo che, in quella situazione, era l’unico a poter fare qualcosa per aiutare Basil.

 

“Cara mia” disse lui non appena fu libero “Stai bene?”

 

“Sì, abbastanza. Coraggio, non c’è tempo da perdere. Andiamo da..”

 

“ATTENTA!!” Gridò Topson afferrandola per il polso destro e tirandola giù.

 

Il dolore era stato fortissimo, ma Cornelia non ci aveva quasi fatto caso, vedendo Jerome sbattere contro la colonna accanto alla quale poco prima stavano lei e Topson, e rimanere lì: Rattigan si era liberato anche degli altri ragazzi, che stavano distesi a terra, e si stava dirigendo verso di loro.

 

La ragazza stava per correre da Basil quando notò una cosa strana: Jerome aveva gli occhi semi-aperti, come se fosse sveglio, ed in effetti respirava normalmente. Provò a toccarlo, ma non ci fu alcuna reazione.

 

“Topson, che gli succede?”

 

Lui la guardò e rispose:

“Mentre venivi qui, Moriarty è sceso ed ha aiutato Rattigan a scappare, poi si è dileguato di nuovo. Spero solo che non torni,”

 

“Va bene, occupati di lui, mentre io vado da Basil.” Ordinò lei, per poi mettersi a correre verso il detective, mentre Rattigan si avvicinava inesorabilmente.

 

All’ultimo secondo si tuffò a terra, si affiancò a Basil e cominciò a scuoterlo nella speranza di svegliarlo. Quando vide che questo non provocava alcuna reazione, frugò nelle sue tasche ne estrasse il revolver.

 

Immediatamente si voltò, tenendolo in mano e puntandolo verso Rattigan che ormai era a meno di due metri da loro.

 

Lui si fermò all’istante, sorpreso. Poi sorrise:

 

“Tesoro, non vorrai spararmi per davvero.” Le disse.

 

“Se farai un altro passo sì, quindi non costringermi a farlo.”

 

“Non ne avresti il coraggio.”

 

“Vogliamo provare?”

 

Tra i due cadde il silenzio. Passarono alcuni minuti, durante i quali i due continuarono a guardarsi negli occhi, l’una con un’espressione decisa, l’altro un po’ incerto.

Ad un certo punto, però, gli occhi di Rattigan saettarono ad un punto imprecisato alle spalle di lei, che però non si voltò, sapendo benissimo che poteva essere un trucco.

 

Lui, riportando lo sguardo su di lei, disse:

 

“Senti, perché non proviamo a discuterne?”

 

“Discuterne? Dopo tutto il male che mi ha fatto? E’ un po’ tardi, non ti pare?.”

 

“Lo dico per il tuo bene. Non hai chance. Mi basta un piccolo gesto per neutralizzarti.”

 

“Non ti credo.”

 

“Davvero?”

 

“Davvero.”

 

“L’hai voluto tu.”

 

Detto questo, Rattigan fece schioccare le dita. Un dolore attraversò a schiena di Cornelia che, per istinto, premette il grilletto.

Mentre la vista le si annebbiava, vide Rattigan accasciarsi a terra, dolorante, reggendosi un fianco. Poi, fu il buio.

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Basil riprese lentamente conoscenza. La testa gli faceva un male tremendo e la spalla gli pulsava senza poso.

Sbattendo più volte le palpebre, riuscì finalmente a mettere a fuoco la vista e, con molta cautela, si levò a sedere.

La sala era praticamente distrutta. C’erano parecchi soldati a terra, alcuni di essi gravemente feriti. I drappi erano stracciati, uno in particolare congiungeva il pavimento al lampadario. I tavoli erano o rotti o rovesciati, così come i vari elementi degli eleganti serviti da cena utilizzati.

Sembrava che fosse passato un uragano e, più o meno, era stato così.

A proposito: dov’era finito Rattigan? E Moriarty? E Topson? E…. Cornelia?

 

Il suo sguardo vagò per tutta la sala, fino a soffermarsi su una figura interamente vestita di bianco, con lunghi capelli ricci, che stava stesa a terra con gli occhi semi-aperti.

 

“No.. no…” mormorò Basil trascinandosi verso il corpo (che, ormai l’avrete capito, era quello di Cornelia) e lo prese tra le braccia, stringendolo forte.

Lacrime amare gli scendevano sulle guance, mentre chinava la testa sulla fronte di lei.

 

“Cornelia, ti prego, rispondimi.” Singhiozzò “Non puoi essere morta, non puoi.”

 

“Ed infatti non lo è.” Disse una voce alle sue spalle, facendolo leggermente sobbalzare.

Voltandosi vide il suo migliore amico.

 

“Topson, stai.. stai bene?” chiese.

 

“Sì, io sì, tu?”

 

“Solo un po’ di mal di testa.” Disse Basil sospirando e riportando lo sguardo sul volto di Cornelia. Mentre le scostava alcune ciocche di capelli dal viso chiese:

 

“Se non è morta, cosa le è successo?”

 

“La storia è lunga e avrà tempo di raccontartela lei. Per farla breve si è fatta inseguire da Rattigan, poi è tornata qui mentre lui veniva bloccato da quei suoi amici artisti. Quando è riuscito a liberarsi, lei ha preso il tuo revolver e gliel’ha puntato addosso. Sembrava che avesse la situazione sotto controllo, ma Moriarty le è sbucato da dietro e l’ha colpita con il suo veleno paralizzante. Come vedi, infatti, respira.“

 

Basil guardò di nuovo la ragazza e si accorse che effettivamente respirava.

 

“Ma… allora Rattigan?”

                                                  

“Lei gli ha sparato di riflesso quando è stata colpita e l’ha beccato al fianco destro. Non sembrava una bella ferita, perché sanguinava abbastanza copiosamente. Comunque lui ha ordinato la ritirata e questo è successo circa venti minuti fa.”

 

Il detective non riusciva a crederci: era una storia che aveva dell’inverosimile. Cornelia doveva essere stata veramente fantastica e, sicuramente, gli aveva salvato la vita, cosa che lui non era stato in grado di fare.

 

“Oh Topson, lei mi ha salvato, lei ha ferito Rattigan. Dove andrà a finire questo mondo se le donne cominciano a far meglio degli uomini? Guarda, porta anche i…. PORTA I PANTALONI!?!?” esclamò poi vedendo cosa indossava la ragazza.

 

“Eh sì, ma questo è il caso che te lo faccia spiegare da lei. Coraggio, chiamo na carrozza e torniamo a Baker Street dove potrò rimettervi in sesto eh?”

 

“L’ho già chiamata io.” disse un’imperiosa voce femminile.

 

Alzando lo sguardo, i due videro la regina.

 

“Vostra Maestà, vi ringrazio.” Si affrettò a dire Basil.

 

“Sa, Sir Basil” aggiunse poi la regina “dopo quello che ha fatto questa ragazza stasera, penso proprio che lei abbia trovato la sua degna compagna insieme al dottor Topson naturalmente.”

 

“Troppo gentile vostra Maestà.” Disse Topson alzandosi per baciare la mano regale.

 

“Ora forza, andatevene a casa e prendetevi un periodo di riposo. Tanto, con Rattigan ferito, penso che potremo stare tranquilli per un po’. Arrivederci”

 

E così il trio (Basil appoggiato a Topson e Cornelia in braccio ad una delle poche guardie rimaste sane) furono scortati in carrozza e poi a Baker Street, dove avrebbe avuto luogo la loro convalescenza.

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“Mi ha sparato!! Mi ha sparato!!! Capisci? Mi ha sparato!!”

 

“Signore, è ormai la decima volta che lo ripete, penso di aver capito ormai.”

Rattigan (che si stava fasciando il fianco) e Moriarty stavano avendo una discussione nel loro covo.

 

“Ah, ma sono disposto a perdonarla. L’ha fatto per istinto, non certo perché lo voleva fare.”

Il ragno alzò gli occhi al cielo: quel tipo era proprio senza speranze.

 

“Ah, ma aspetta che guarisca e vedrai cosa combino: ucciderò Basil e mi prenderò Cornelia. Aspetta che guarisca…”

 

Rattigan continuava a fantasticare e Moriarty colse l’occasione per andarsene via.

 

“Aspetta di vedere cosa combinerò io invece. Ah ah ah.” Disse tra i denti, sghignazzando.

FINE DEL CAPITOLO

 

Note: (*) nel cartone, alla fine, la regina nomina cavalieri sia Basil che Topson, da qui l'appellativo Sir.

Allora, cosa ve n’è parso? E’ valsa la pena aspettare? Spero che vi sia piaciuto.

A presto

Bebbe5

 

 

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Capitolo 11
*** Healing ***


Note dell’autrice: ammettetelo, una rapidità d’aggiornamento simile non l’avevate mai vista. Beh, è anche vero che non è tanto difficile battere l’ultima lunghezza di tempo che ho impiegato no? Senza ulteriori indugi passerei subito a:

 

ANGOLO DELLE RECENSIONI:

 

TENSI:  Grazie per gli incoraggiamenti. Purtroppo la fine della scuola si avvicina ed i compiti piovono, Stavolta, comunque, spero di essere riuscita ad aggiornare abbastanza presto. Te lo dico io dove hanno trovato il coraggio di aiutarla, anzi, te lo diranno loro in questo capitolo.

 

GIULYCHAN: Beh, per il “dopo” dovrai aspettare ancora un po’. La fine l’ho già in mente, ma voglio divertirmi un po’ con questa fiction, stando ben attenta a non tirar via. Grazie per i complimenti, spero di non averti fatto attendere troppo.

 

HIKARY: Se sei la presidentessa io sono l’addetta alle relazioni con gli interessati. Pensare che tra pochi giorni uno di loro verrà a girare a pochi chilometri da casa mia il seguito di Twilight…. Beh, spero di poterlo andare a trovare. Ganzo il paragone con Grisù, non ci avevo per nulla pensato XD. Grazie per aver contattato la Disney, chissà, magari tra un paio di giorni mi chiamano per il contratto XD XD XD. Per quanto riguarda la frase della regina, sono stra-convinta che ci sia un’anima gemella per tutti, beato chi la trova subito.

Grazie ancora per la recensione.

 

Bene, ora possiamo cominciare ok?

 

Capitolo 11

Il mattino seguente, al 221B di Baker Street, Basil si risvegliò faticosamente nella sua camera da letto. Aprì gli occhi con cautela, eppure troppo velocemente, perché la vista della luce di mezzodì, che penetrava dalla finestra, gli fece venire un mal di testa tale da pensare di avere un’incudine al posto del cervello e che un sadico fabbro lo martellasse incessantemente.

Benché dubitasse delle proprie capacità motorie, decise di alzarsi per porre fine a quella sofferenza chiudendo le tende.

Tenendo la zampa destra alzata a fare da schermo agli occhi, con la sinistra tentò di sollevarsi, dimenticandosi della ferita che aveva riportato la sera prima. Perciò quando tutti i muscoli del suo braccio furono in tensione, un gemito di dolore gli uscì dalla bocca e lui ricadde pesantemente sul letto.

Richiuse gli occhi per ripararsi almeno un po’ dalla luce e, benché anche il solo pensare fosse una fonte di dolore, si sforzò di ricordare cosa gli fosse capitato per essersi ridotto in quello stato. Piano piano e a fatica, riuscì a ricostruire tutto o quasi: il colpo contro la colonna, la spada che calava su di lui e… la figura di Cornelia svenuta tra le sue braccia, poi tra quelle di una guardia che la portava in una carrozza, sulla quale lui stesso veniva issato da Topson. La sua memoria, poi, si fermava alla vista della ragazza,portata nella sua camera, e di sé stesso, steso sul letto,, mentre Topson lo addormentava con un’iniezione, ignorando le proteste con le quali gli veniva chiesto di visitare prima Cornelia.

 

‘Chissà come sta’ pensò. ‘Beh, spero meglio di me. Ah, che mal di testa. Spero che Topson arrivi presto con una qualunque delle sue medicine per aiutarmi a star meglio.’

 

Come se i suoi pensieri avessero attraversato le pareti, il dottore entrò nella stanza, portando un vassoio con la colazione (che ormai faceva le veci del pranzo) per l’amico, mentre al braccio aveva attaccata la sua fedele borsa medica.

 

“Ah, buongiorno, vecchio mio, vedo che sei sveglio. Come ti senti?” chiese

 

“Mi sentirei meglio se quelle tende fossero chiuse” fu la secca risposta del detective.

 

Senza farselo ripetere, Topson posò il vassoio su uno dei pochi spazi liberi della stanza e la borsa accanto ad esso, poi andò a fare quanto richiesto. Dopo di che accese l’abat-jour sul comodino accanto al letto, coprendola immediatamente con un pezzo di stoffa per far sì che l’amico non soffrisse troppo.

 

“Ah, ora va meglio” disse Basil “Grazie Topson e buongiorno anche a te. Come sto? Beh, come se la testa mi sbattesse senza soste contro un muro. In più ci si è messa anche la spalla a farsi sentire. Mi sembra anzi che pulsi più della testa.”

 

Topson lo guardò un po’ confuso prima di dire:

“E’ naturale che ti faccia un po’ male, ma mi pare strano che ti dolga più della testa, a meno che…” si interruppe riflettendo un po’, per riprendere con un tono leggermente intimidatorio: “Non avrai mica provato ad alzarti vero?”

 

“Volevo chiudere le tende.” Rispose semplicemente Basil. Cercando di non distogliere gli occhi da quelli minacciosi dell’amico il quale, dopo questa risposta, alzò gli occhi al cielo esasperato:

 

“Ma riesci a combinare guai anche quando se i bloccato a letto?” esclamò “Fortuna che Cornelia è veramente a terra, altrimenti non ce la farei a badare a tutti e due contemporaneamente.” Poi, calmandosi un po’, aggiunse: “Coraggio, fammi controllare e speriamo che no siano saltati i punti.”

 

Detto questo, prese la sua borsa e, appoggiato un cuscino allo schienale del letto, fece mettere a sedere il detective. Poi gli scoprì con cautela la spalla sinistra e cominciò ad esaminarla. Dopo un paio di minuti un sorriso gli dipinse il volto:

”Per fortuna non è successo nulla di grave, ti sei solo sforzato un po’. Ora resta un attimo così e vediamo se riesci a buttar giù qualcosa eh?” disse e, dopo aver posato la borsa medica, si affrettò a recuperare il vassoio e a portarlo sul letto.

Basil si sistemò un po’ meglio sul cuscino e, quando Topson gli mise il vassoio sulle gambe, cominciò a mangiare in silenzio, cosa che sorprese non poco il dottore, abituato a vedere l’amico rimanere a digiuno per giorni quando c’era un caso di mezzo.

 

‘Forse sta pensando a qualcos’altro.’ Si disse ed infatti era proprio così. Dopo aver finito la ciotola del porridge, Basil disse:

 

“Hai detto che Cornelia è a terra, in che senso?”

 

C’era una certa preoccupazione nella sua voce e questo Topson lo avvertì, nonostante il detective cercasse di mascherarlo. Si affrettò dunque a rispondere all’amico:

 

“Nulla di grave, credimi, solo un po’ di febbre, probabilmente una reazione allergica al veleno. Va tenuta sotto controllo, ma non mi preoccupa più di tanto.”

 

“Ma è sveglia?”

 

“Quando l’ho lasciata dormiva profondamente. Ti ho detto che va tenuta sotto controllo perché stanotte, quando si è svegliata un’ora dopo il nostro ritorno, ha avuto una sorta di crisi, delirava, si agitava e, in un paio di occasioni, ha rischiato di farsi del male. Io e la signora Placidia siamo comunque riusciti a calmarla e l’abbiamo vegliata tutta la notte.”

 

“E’ stata una crisi così terribile?” chiese Basil con la voce che tremava.

 

“Ti basti sapere che non è stato piacevole. Nel delirio aveva delle visioni, una per tutte è scoppiata in lacrime credendo di vederti morto.”

 

Qui si interruppe, sorridendo dell’improvviso rossore sulle guance dell’amico.

 

“Ah, quasi dimenticavo: per poco non ha strangolato la signora Placidia scambiandola per Rattigan.” Disse poi strappando una risata (contenuta per via del mal di testa) all’amico.

 

“Mi raccomando, non dirle che te l’ho detto.” Si affrettò poi ad aggiungere

 

“A chi? A Cornelia o alla signora Placidia?” chiese Basil con un ghigno.

 

“A entrambe, le metteresti in imbarazzo.”

 

“E va bene” rispose il detective, con un tono che preoccupò non poco il dottore. Preoccupazione, la sua, più che lecita perché, quando dieci minuti dopo la signora Placidia entrò nella stanza per recuperare il vassoio (e, facendolo passare per obiettivo secondario, controllare lo stato di salute del padrone), Basil sgranò gli occhi e, con un’espressione di puro terrore sul volto, gridò:

 

”Oh no!! Rattigan!! Topson svelto, corri di là, prendi Cornelia e la signora Pacidia e portale via, io cerco di trattenerlo!!” poi cercò di alzarsi per scagliarsi addosso alla donna che, impaurita, si ritrasse verso la porta.

 

Topson però lo riprese e lo respinse verso il letto, prima che uno dei piedi del detective potesse toccare terra.

 

“Ehm, lo scusi signora Placidia, la botta in testa deve essere stata più tremenda del previsto. Ora ci penso io eh?”

 

La governante alzò gli occhi al cielo sospirando:

 

“Oh mamma, prima Ms. Blackwood, ora il mio padrone. Ma che cosa mai avrò io in comune con quel depravato? Mah…”

 

“Ma nulla signora, non si preoccupi, è solo che non stanno molto bene.”

 

“Va bene, allora me ne vado” e, preso il vassoio, uscì dalla stanza.

 

Topson aspettò che fosse uscita e poi si voltò verso Basil che stava soffocando le risate nel cuscino.

 

“Ma tu, il rispetto per gli altri lo conosci?” chiese cercando di sembrare arrabbiato.

 

“Mhm… ah ah, credo di aver bruciato il biglietto da visita ah ah.”

 

A questo punto anche il dottore non poté più trattenersi, ma scoppiò a ridere anche lui.

 

“E comunque non si deve lamentare.” Disse Basil con le lacrime agli occhi.

 

“Perché?” chiese Topson asciugandosi i suoi con un fazzoletto.

 

“Sono stato buono, l’ho inclusa nella lista delle persone da salvare.”

 

E giù ancora a ridere come matti.

 

Stavano ancora ridendo insieme di gusto, come non gli capitava più da tempo, quando sentirono bussare alla porta. Riuscirono a ricomporsi appena in tempo, quando la signora Placidia entrò. Li guardò un po’ con sospetto, notando i segni del riso sui loro volti, poi disse:

 

“Dottore, volevo dirle che Ms. Blackwood  si è svegliata, quindi se la vuole visitare…”

 

“Oh certo, certo subito. Grazie signora.” Rispose subito Topson. Con un’ultima occhiataccia, la governante uscì dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle.

Il dottore allora recuperò la sua borsa medica e disse:

 

“Beh, io la vado a visitare. Tornerò per riferirti le sue condizioni.” Poi si avviò verso la porta.

 

“Non è che, magari, potrei venire con te?” chiese Basil speranzoso. Topson si voltò a guardarlo per un momento, poi gli si rivolse con il tono che potrebbe avere un genitore rivolto ad un bambino:

 

“Basil, sinceramente preferirei che tu non venissi. Non tanto perché temo che ti possa attaccare la febbre, quanto per il fatto che tu non riusciresti ad andare di là senza farti del male.”

 

Basil sospirò.

 

“Forse hai ragione. E va bene, me ne starò qui ad aspettare. Non farmi stare in ansia però eh?” disse sdraiandosi nuovamente sul letto.

 

“Tranquillo, sarò veloce. Tu, però, cerca di riposare va bene? Con la spalla e la testa ridotte così, l’unica cosa che tu possa fare è stare calmo per un po’ e vedrai che presto la potrai rivedere.”disse Topson, conscio di stare sfoderando la sua carta vincente per convincere Basil a restarsene buono.

 

“Touché, amico mio.” Rispose prontamente il detective “Vai ora, non farla aspettare, altrimenti si riaddormenta. Ah, grazie di tutto.”

 

“Di niente. A dopo.” E, con un sorriso, Topson uscì chiudendo la porta.

 

Basil, sempre coerente a sé stesso, decise di riposarsi solo a metà, aspettando il ritorno del dottore senza però muovere un muscolo dal letto. Non si aspettava però che un avversario più potente di Rattigan, Morfeo, aveva deciso di incrociare la sua strada per condurlo nel suo mondo e, dopo cinque minuti di vana resistenza, il detective dormiva profondamente.

 

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Topson entrò nella camera che, al contrario di quella di Basil, era immersa nel buio.

 

“Entra pure Topson, sono sveglia.” Disse Cornelia dal letto, con una voce un po’ stanca.

 

“Eccomi” rispose il dottore, mentre la ragazza accendeva la lampada sul comodino, per stendersi di nuovo, tremando leggermente.

 

“Come ti senti?” le chiese lui.

 

“A pezzi” rispose lei “Oh, che maleducata, scusami, non ti ho ancora augurato il buongiorno.”

 

“Beh, se è per quello neppure io l’avevo ancora fatto.”

 

Lei gli sorrise dolcemente e lui ricambiò. Poi, aprì la sua borsa e disse:

 

“Allora, vediamo di controllarti la temperatura eh?” e, dopo aver estratto un termometro aggiunse: “Mettilo sotto il braccio.”

 

Lei ubbidì e tra i due cadde il silenzio. Dopo poco, però, fu Cornelia a romperlo:

 

“Volevo scusarmi per stanotte.”

 

Topson la guardò stupito:

 

“Perché? Non è mica successo nulla di grave.” Chiese.

 

“Non credo che la signora Placidia sia dello stesso parere.” Replicò lei

 

“Che ti ha detto?”

 

“Lei nulla, ma ho capito, da come mi ha guardata quando le ho augurato il buongiorno, che sembrasse contenta che io la riconoscessi. Deliravo così tanto?”

 

Topson era stupito, ma si risolse a pensare che ci avrebbe dovuto fare l’abitudine al fatto di avere un’altra persona dalla mente pronta a dedurre a giro per casa. Non per nulla la regina l’aveva definita “degna compagna di Basil.”

 

“Abbastanza cara mia.” Quando lei gli rivolse un’occhiata incuriosita, aggiunse: ”Hai scambiato la signora Placidia per Rattigan.”

 

Dopo un attimo di incredulità, Cornelia sospirò sorridendo:

 

“Povera signora Placidia, mi dispiace tanto.”

 

“Almeno tu deliravi davvero.” Replicò Topson “Quando Basil l’ha saputo, ha fatto finta di delirare anche lui, per prenderla in giro.”

La ragazza scoppiò a ridere:

 

“Sempre il solito eh?”

 

“Già, su, fammi vedere il termometro.”

 

La ragazza passò lo strumento al dottore che lo controllò.

 

“Bene, pare che sia scesa” disse dopo un paio di minuti. “Non è sparita ma è scesa. Hai mangiato qualcosa?”

 

“Certo, mi ha costretta  la signora Placidia.”

 

Tra i due ricadde il silenzio e fu di nuovo Cornelia a romperlo:

 

“A proposito, Basil come sta?”

 

“Bene” rispose il dottore “ha solo un forte mal di testa ed una spalla dolorante. Con un po’ di riposo si riprenderà completamente in quattro o cinque giorni.”

 

“Bene, mi fa piacere. Sai, è fortunato ad avere un amico come te, che lo segue e si prende cura di lui. Da solo non so quanto potrebbe durare.”

 

“Oh, dai, non esagerare. Saprebbe cavarsela benissimo anche senza di me” Replicò Topson arrossendo leggermente.

 

“Ne dubito. E comunque è sempre bene avere qualcuno vicino in ogni momento e io ne so qualcosa.” Disse lei, con lo sguardo perso in chissà quale pensiero.

 

Topson rimase in silenzio, chiedendosi a cosa si stesse riferendo la ragazza, la cui aria tranquilla era ora velata di tristezza. Probabilmente pensava a Basil e agli anni della sua giovinezza, anche se gli sembrava un po’ strano. Non si azzardò comunque a chiedere niente dato che, essendo lei ancora febbricitante, forse stava attraversando un’altra fase di delirio un po’ più lieve ed indagare sarebbe stato quanto mai invadente. Se poi di delirio si trattava, poteva anche darsi che stesse farneticando.

 

“Chissà come sta.” Mormorò lei ad un certo punto.

 

Il dottore la guardò preoccupato: le aveva già detto che Basil stava bene.

 

“Basil sta bene mia cara, te l’avevo già detto.” Disse con dolcezza.

 

Lei lo guardò stupita e poi disse, ridendo:

 

“Anche se sono malata, ricordavo perfettamente ciò che mi aveva detto di Basil. Infatti non mi stavo riferendo a lui, ma ad un’altra persona che non vedo da molto tempo, ossia la mia migliore amica Elizabeth Morstan.”

 

Topson si fermò a riflettere. Aveva già sentito quel nome, ma non riusciva a ricordare dove. Ci pensò Cornelia a dargli la risposta che cercava:

 

“Vedo che questo nome non le suona nuovo e la cosa non mi sorprende. E’ possibile che l’abbia letto sui giornali non più di due settimane fa. Sa, la mia amica si è da poco laureata in medicina, guadagnandosi il titolo di prima donna medico in Inghilterra.”

 

Ecco dove l’aveva sentito. Ma sì, ora gli tornava in mente non solo quello, ma anche la foto della ragazza stampata sul giornale. Ricordava di averla ammirata tantissimo, dato che ci voleva una grande forza per raggiungere un simile traguardo, soprattutto da parte di una donna.

 

“Dunque è la sua migliore amica?”

 

“Sì, anche se non so ancora se posso considerarla tale, dopo tutti questi anni di assenza.”

 

“Se c’è una cosa che ho imparato è che l’amicizia è eterna. Stai tranquilla, vi ritroverete presto.”

 

“Ah, lo spero tanto Topson.”

 

“Ora però devi pensare solo a riposarti e vedrai che ti rimetterai presto.”

 

“Sì, hai ragione. Solo così potrò rivedere Basil, lei e, magari, risuonare il pianoforte.”

Disse lei accarezzandosi dolcemente il polso destro fasciato con la mano sinistra.

“Non ci sono proprio possibilità che lei mi porti di là a vedere Basil eh?” aggiunse poi.

 

“Come ho già detto a lui, preferirei di no. Farò io da tramite, non ti preoccupare. Ora cerca di dormire un altro po’ va bene?”

 

“Agli ordini dottore.” Rispose lei rimettendosi sotto le coperte.

 

Topson gliele rimboccò e, spenta l’abat-jour, uscì dalla stanza.

 

Mentre camminava lungo il corridoio che portava al piano di sotto, pensò a quante cose erano successe nel corso di due giorni:

l’arrivo di Cornelia, il ritorno di Rattigan, il primo scontro, l’innamoramento di Basil (che, fra tutte, era certamente la cosa più strana e meravigliosa).

Ora era pure venuto a sapere che Cornelia conosceva benissimo uno dei medici che lui avrebbe voluto moltissimo conoscere non solo per parlare di medicina.

Le sue guance arrossirono, ma lui non se ne dette tanta cura dato che era solo nel corridoio. Quante sorprese c’erano state e chissà quante ne aveva in serbo per loro il futuro.

Preso da un’improvvisa eccitazione, si decise a mettere per iscritto, come già aveva fatto altre volte per altri casi risolti dal suo migliore amico, tutto quello che era avvenuto: aveva l’impressione che, presto o tardi, sarebbe saltato fuori un altro bel romanzo per il pubblico. Andò dunque nella sua stanza e, sedutosi alla scrivania, prese la penna e si mise a scrivere.

 

FINE DEL CAPITOLO

 

Ah, che bello ce l’ho fatta. E’ stato un po’ difficile scrivere questo capitolo, specialmente la parte di Cornelia. Comunque non credo che sia venuto molto bene, spetta a voi giudicare. Chi sarà questa nuova amica di Cornelia? Avrà anche lei una sua parte nella storia? Aspettate e vedrete: intanto vi dico che Morstan è il cognome della moglie di Watson nella saga originale di Conan Doyle  (a buon intenditor….). Per quanto riguarda il nome ringraziate la mia amica lucy-chan che me lo ha suggerito.

Attendo le vostre recensioni con ansia.

A presto

Bebbe5  

 

 

 

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Capitolo 12
*** Reunions and.... ***


Note dell’autrice: Eccomi tornata. Scusate il ritardo ma ero ad un campeggio antirazzista a Cecina (tra l’altro ho conosciuto ed abbracciato Luxuria).

Vabbè, lasciamo perdere ed cominciamo con:

 

L’ANGOLO DELLE RECENSIONI:

 

TENSI: Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto. Ti dirò, sto esaurendo le idee per gli scherzi da poter far fare a Basil ma, se il cielo lo vorrà, qualcos’altro vedrò di trovare.

Grazie per la recensione, per sapere chi è Elizabeth credo che dovrai aspettare almeno un altro capitolo. Buona lettura.

 

ASHLEY SNAPE: Grazie per i complimenti, condivido in pieno la tua ammirazione per Basil (anche se penso che si fosse già capito XD). Per sapere chi è l’amica di Cornelia dovrai attendere un altro po’, mi spiace.

Buona lettura

 

Ok, possiamo cominciare.

 

Capitolo 12

 

I giorni, come tutti sanno, passano con una lentezza incredibile quando si è costretti a letto. Così era stato per Basil e Cornelia, tanto più che, quando anche il mal di testa e la febbre erano passati, Topson aveva insistito affinché se ne restassero a riposo almeno per un’altra settimana e c’era da dire che, quando voleva, sapeva essere molto convincente: la frase “A costo di usare il cloroformio…” era stata quella che li aveva convinti totalmente.

Erano comunque riusciti a strappare il dottore il permesso di potersi vedere e così, per due volte al giorno, a turno, venivano accompagnati l’uno nella stanza dell’altra e viceversa per chiacchierare un po’.

Inizialmente Topson, dopo aver accompagnato uno dei due, aveva tentato di uscire dalla stanza per lasciarli un po’ da soli (nonostante tutte le regole dell’etichetta) ma i due avevano continuato a pregarlo di restare e, alla fine, si era deciso a fare loro compagnia.

In quelle ore di divertimento (alle quali spesso e volentieri si univa anche la signora Placidia, che arrivava sempre con un vassoio pieno zeppo di leccornie), il dottore venne a conoscenza di tanti episodi della prima giovinezza dell’amico che non aveva mai scoperto in dieci anni di convivenza: aneddoti di ogni genere, avventurosi, tristi, ma soprattutto, divertenti. Topson notava anche che, dietro alle risate e all’apparente spensieratezza, si nascondeva un’ombra che ognuno di loro cercava di celare, di non nominare. Non ci voleva certo Basil per capire di cosa, o meglio, di chi si trattava:

 

Rattigan.

 

A parte alcuni articoli pubblicati nei giorni immediatamente successivi all’attacco a Buckingham Palace, non se n’era più saputo nulla. I giornali raccontavano lo stupore ed il terrore generale, causati dal ritorno di un criminale creduto morto e raccontavano il suo attacco a corte. Come al solito c’erano diverse versioni del fatto, la più mirabolante delle quali sosteneva che c’era stata una lotta tremenda, completa di spade, asce e colpi di boxe, tra il grande investigatopo ed il Napoleone del crimine per la conquista della bella attrice, prigioniera del ragno scagnozzo di Rattigan: la scena finale comprendeva poi, ovviamente, la fuga del ratto (“Volevi che facessi Robin Hood? Eccoti servita” aveva commentato Basil dopo aver letto l’articolo, rivolgendosi a Cornelia).

Comunque, pensava Topson, anche se tutti sapevano che il “problema Rattigan” era tutt’altro che risolto, per il momento non avrebbe causato molti danni, essendo il ratto stesso ferito e poi, avevano preoccupazioni ben peggiori: i fan e, in un secondo momento, la stampa.

 

Uno stuolo di gente, un po’ curiosa ed un po’ seriamente preoccupata per il grande difensore della giustizia si appostava quotidianamente davanti al 221/b di Baker Street, correndo il rischio di richiamare l’attenzione degli umani e, di conseguenza, della disinfestazione. Incuranti di ciò, cercavano di carpire informazioni sulla salute del loro beniamino. Alcuni, più arditi, avevano addirittura tentato di suonare al campanello e di farsi ricevere, ma la signora Placidia che, dopo aver raccolto i loro biglietti da visita, li portava al padrone per farsi dire se doveva accoglierli o meno in casa, li respingeva il più delle volte.

La povera donna stava cominciando ad andare in escandescenze, ma il peggio doveva ancora arrivare. Una bella mattina si presentarono alla porta quattro distinti signori, che chiesero della signorina Blackwood. Dopo aver portato i biglietti da visita alla diretta interessata ed aver ricevuto il via libera dalla ragazza, la signora Placidia li aveva fatti accomodare.

Avrete probabilmente già capito che si trattava di Rudyard, Owen, Lionel e Jerome, venuti a sincerarsi della salute della loro amica. Il pomeriggio fu piacevole, pieno di risate e di chiacchiere: per dirne una, Cornelia volle sapere dove avessero trovato il coraggio per venire a salvarla ed Owen, con aria molto teatrale, si era inginocchiato accanto al letto della ragazza, le aveva preso la mano ed aveva detto:

 

“Per questo dolce paio di occhi,

per queste lunghe ed affusolate dita,

non darei solo la mano

ma anche la vita”

 

“Ah, e semplicemente per come sono non l’avresti fatto eh? Ma guarda tu questi cosa vanno a guardare in una ragazza: gli occhi li posso anche capire, ma le mani…” aveva risposto scherzosamente lei.

 

“Allora” si era introdotto Lionel “alla fine ce l’hai fatta, l’hai ritrovato.”

 

“A chi ti riferisci?” aveva chiesto Cornelia, già temendo la risposta.

 

“Ma al tuo lui, ovvio” aveva risposto il biondo “Finalmente!! Lo volevo vedere e capire cosa avesse di più rispetto a noi.”

 

“Anch’io” aveva aggiunto Jerome “Ma francamente non ci ho trovato niente di molto diverso. Dicci un po’, cos’ha di speciale?”

 

“Beh” aveva risposto lei giocherellando con le lenzuola “Lo conosco fin da quando ero piccola, ho sempre potuto contare su di lui e poi…”

 

“E poi..?” l’aveva incitata Rudyard, ghignando.

 

“E poi…  è semplicemente il mio tipo, non mi annoio mai con lui, ogni giorno rischio la vita e questo mi piace un sacco. Poi sa essere dolce se pr4eso per il verso giusto, è protettivo, forse un po’ geloso e…”

 

“Di chi state parlando?”

Basil aveva scelto proprio quel momento per entrare nella stanza accompagnato da Topson. Tutti si erano azzittiti per un momento, Cornelia era arrossita e teneva gli occhi bassi.

 

“Lupus in fabula.” Mormorò Jerome.

 

“Ah, allora si parlava di me.” Disse Basil ridendo, mentre si sedeva su una sedia accanto al letto “Spero che non fossero cattiverie.”

 

“Assolutamente no.” Rispose Cornelia con sincerità, ma forse troppo in fretta, perché il detective la guardò un po’ di traverso.

 

“Sei sicura?” le chiese alzando un sopracciglio.

 

“Sì, certo, non ti fidi forse di me?”

 

“Beh, sai, è difficile fidarsi di una che non vedevo da dieci anni e che, anche se a fin di bene, mi ha raccontato qualche bugia.”

 

“Ma sentitelo!! Me lo rinfaccerà per tutta la vita.” Aveva detto lei, passata dalla vergogna all’ira in pochi secondi.

 

“Mi pare il minimo no?” aveva risposto lui.

 

Lei allora aveva tossicchiato un po’, ma fra i colpetti di tosse, si era potuta udire la parola “sentiero”.

 

Gli altri, che fino a quel momento se n’erano stati zitti, non sapendo se essere divertiti o meno da quel battibecco, lanciarono occhiate curiose prima alla ragazza, che aveva un sorrisetto stampato sulla faccia, al detective che la guardava meravigliato, stupito da un simile colpo basso.

 

“Avevi promesso di non parlarmene più.” Aveva detto poi a voce bassa.

 

“Mi hai costretta, peggio per te caro mio.” Aveva risposto lei.

 

“Ehm, scusate, ma di cosa stiamo parlando?” aveva chiesto Topson.

 

“Nulla, nulla, solo che, da ragazzi, ci piaceva andare in montagna. Una volta, una signora poco abituata a camminare, ci aveva detto di voler venire con noi, ma che dovevamo scegliere un sentiero adatto. Lui allora, si è puntato dicendo di voler fare tutto da solo per organizzare la gita. E’ andata a finire che ci siamo persi su un sentiero roccioso particolarmente ripido e scosceso. Non ho mai sentito qualcuno mandargli tante offese quante gliene mandò quella signora durante quella passeggiata.” Aveva raccontato Cornelia ridendo.

Anche gli altri erano scoppiati a ridere, perfino Basil aveva sorriso. Tra storielle simili e battute varie, i quattro attori se n’erano andati, facendosi promettere da Cornelia di raggiungerli per un nuovo spettacolo il prima possibile.

Purtroppo, l’arrivo dei quattro ragazzi non era passato inosservato alla stampa che, dopo aver fatto qualche ricerca, era venuta a sapere che Cornelia non alloggiava più nel suo albergo. Non era stato difficile fare due più due e così, la mattina dopo, quando la signora Placidia aveva tentato di uscire per fare la spesa, si era ritrovata davanti un’orda di giornalisti inferociti. Con una calma sorprendente, era rientrata in casa, si era rassettata un po’ e poi, munita di matterello, era di nuovo uscita nella calca, minacciando di dare l’arnese di marmo in testa a qualcuno.

Ciò poteva essere servito per aiutare la povera donna a sbrigare le sue commissioni, ma non era bastato a far sloggiare la stampa. Così, la permanenza di Cornelia in casa dell’amico si era dovuta prolungare ulteriormente.

Per i primi tempi, la cosa non fu tanto tragica: i due, uniti a Topson, non mancavano certo di fantasia e si erano così inventati vari modi per passare le giornate, come ad esempio mettersi ad accordare un vecchio pianoforte trovato nello scantinato del 221/B, in modo che Cornelia potesse suonare qualcosa. Dopo qualche giorno, però, tutti bramavano un po’ di aria fresca e la noia aveva cominciato a farsi sentire. Fu proprio in uno di quegli uggiosi pomeriggi che la soluzione al loro problema suonò alla porta. Quando la signora Placidia andò ad aprire, non fece in tempo a chiedere i biglietti da visita che una signora, seguita da uno stuolo di gente, si catapultò in casa, aiutando poi la cameriera a richiudere fuori i giornalisti.

 

“Ci scusi per l’intrusione signora” disse asciugandosi la fronte con un fazzoletto.

“Volevo solo vedere come sta mia figlia e si è unito anche il resto della famiglia.” Aggiunse poi indicando le persone intorno a lei.

 

“Signora Blackwood?” chiese stupita la donna.

 

“Mamma?!” giunse dal salotto la voce altrettanto stupita di Cornelia.

 

Sentendo la voce, la signora, seguita dagli altri, si recò nella stanza dove trovò la figlia, insieme a Basil e a Topson.

La ragazza si alzò e corse ad abbracciare la madre.

 

“Tesoro mio, come stai?” le chiese la donna, accarezzandole i capelli.

 

“Sto bene mamma, sto ancora meglio ora che vi vedo tutti.”disse poi riferendosi al resto della “truppa”.

 

“Piccola mia.” Disse un uomo dai capelli neri con l’aria seria.

 

“Salve papà.” Rispose la ragazza abbracciando anche lui.

 

“Credo che da qui in avanti diventerebbe complicato abbracciare tutti vero?” disse una topolina con dei corti capelli castani lisci e gli occhi scuri.

 

“Ti ringrazio per avermelo risparmiato, sorellina” rispose Cornelia.

 

“Buffo, non si direbbe che…” cominciò Topson.

 

“…..Siamo sorelle?” Completarono Cornelia e la giovane.

 

“Già, a quanto pare ve lo dicono tutti.” Disse il dottore.

 

Effettivamente le due ragazze non si somigliavano per nulla e, come Topson avrebbe scoperto in futuro, differivano parecchio anche nel carattere.

Notò anche che la più piccola delle sorelle Blackwood aveva ragione: i parenti venuti a trovare Cornelia erano veramente tanti. Ce n’erano una decina nella stanza e, a quanto gli disse Basil, ce n’erano all’incirca un’altra ventina, tutti di primo grado.

 

“La famiglia di Cornelia è una delle più grandi del paese: in un certo senso, sua nonna ha dato una grande zampa alla situazione, mettendo al mondo la bellezza di sette figlia, mentre una sua zia ne ha avuti sei.”

 

“Accipicchia!! Mi immagino quanti siano tra cugini allora.”

 

“A proposito cara” disse la signora Blackwood, sentendo quella parte di conversazione

“Sapevi che siete arrivati a quindici?”

 

“Sì, come hai detto che l’ha chiamata lo zio, Vera?”

 

“Brava, ti sei ricordata bene.”

 

“Scusate, a quindici di cosa?”chiese Topson.

 

“Cugini.”rispose prontamente la madre di Cornelia “Anzi, mia cara, lascia che te la presenti. Gerald, perché non le porti la piccola?” chiese poi ad un uomo seduto vicino al camino con un fagotto in braccio.

 

“Certo.” Disse lui, alzandosi ed avvicinandosi alla ragazza. Cornelia, seduta sulla poltrona, si sporse un po’, quanto bastava per vedere il dolce musetto di una creaturina addormentata.

 

“Mamma mia, quanto è bella. Complimenti davvero.” Disse lei, accarezzando i lineamenti del piccolo viso.

 

“Prendila in braccio.” Le disse l’uomo.

 

“Zio, ma è da tanto che..”esitò lei

 

“Allora mi pare proprio il momento di cominciare a rimettersi in pari. Dai tieni.” E, detto questo, Gerald le mise la piccolina tra le braccia.

 

La ragazza rimase per un attimo paralizzata. Era incredibile, dopo dieci anni, poter tenere di nuovo una bimba tra le braccia. Vera, dal canto suo, guardava l’attrice con il suo bellissimo paio di occhi nocciola.

Fu un attimo, l’azzurro incontrò il marrone e la rigidezza di Cornelia fu solo un ricordo. La piccolina, ad un certo punto, emise un versetto poi un altro ed un altro.

La ragazza allora cominciò a risponderle, nel tipico modo che noi tutti assumiamo quando ci troviamo di fronte ad un neonato.

 

“Ah, allora chiacchieri eh? Brava signorina, eh sì, sei proprio bella lo sai?” E così via.

 

Basil la guardava da un angolo, assorto. Topson gli si avvicinò e chiese:

 

“A cosa pensi?”

 

Il detective lo guardò e rispose sorridendo:

 

“Ti parrà strano, ma, vedendola così, mi sembra quasi una madre con in braccio la sua piccina.”

 

“Sì, ora che me lo fai notare è vero. Fammi capire, questo significherebbe vederti veramente sistemato?”

 

Basil arrossì un po’.

 

“Beh, che ci sarebbe di male?” chiese imbarazzato

 

“Assolutamente nulla.” Rispose ridendo Topson.

 

Basil riportò lo sguardo su Cornelia e sospirò.

 

“Mi chiedo, però, quando sarà possibile sistemarsi. Il mio lavoro non me lo concede e, penso, per ora nemmeno il suo.”

 

“Basterà avere un po’ di pazienza vecchio mio, non ti preoccupare.”

 

Intanto Cornelia aveva reso la piccola in braccio al legittimo genitore e stava discutendo con la sorella.

 

“Allora, sono dieci anni che sei a giro con gli attori più belli del mondo e non me ne hai ancora presentato nessuno?” stava chiedendo la giovane.

 

“Cecil, cara, non  posso chiamarli a mio piacimento.”le rispose Cornelia.

“Comunque ora quattro di loro sono a Londra: magari riesco a combinarti un appuntamento.”

 

“Uffa, alle volte vorrei poter essere come te ed incontrarli spesso.”

 

“Non sai quello che…” L’attrice si bloccò di botto, il suo sguardo volò a Basil.

 

“Forse ho trovato una soluzione al nostro problema con la stampa.”

Detto questo, senza ulteriori spiegazioni, corse al piano di sopra e gli occupanti la sentirono rovistare per la stanza. Quando la ragazza tornò giù, aveva tra le braccia dei trucchi ed una parrucca che emulava molto fedelmente i suoi capelli.

 

“Cecil, stasera avrai l’onore di essere me.”

 

La sorella la guardò confusa, poi capì.

 

“Va bene, ci sto, però ad una condizione.”

 

“Ossia?” chiese Cornelia un po’ preoccupata.

 

“Mi farai incontrare Jerome?”

L’attrice alzò gli occhi al cielo e poi disse:

 

“Andata.”

 

Dieci minuti dopo, dalla porta del 221/b uscirono i familiari di Cornelia, insieme ad una ragazza molto simile a lei, con un grosso cappello a coprirle il volto.

I giornalisti ci cascarono in pieno e si allontanarono per seguire colei che per loro era l’attrice.

Da dietro la finestra, Basil, Topson e Cornelia avevano osservato l’intera scena ed avevano esultato.

 

“Bene,” disse Basil “per un po’ staremo tranquilli.”

 

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“Ho dato loro abbastanza tranquillità, non credi Moriarty? E’ giunta l’ora di tornare in azione.” Disse Rattigan al suo tirapiedi.

 

“Sì, ma stavolta cosa avete in mente?” chiese il ragno.

 

“E’ da un po’ che la banca di Londra non ha nostre notizie. Che ne diresti di alleggerirla un po’?”

 

“Mi pare una buona idea, ma non ti sembra un pò rischioso esporsi?”

 

“E chi ti ha detto che agirò in prima persona? Ho sempre i miei fedeli scagnozzi no? Sarai tu a dar loro una mano e, mi raccomando, non fallire.”

 

“Certo capo.” Borbottò il ragno, legandosi mentalmente alla zampa il fatto di essere stato paragonato ad uno scagnozzo e sparendo nell’ombra per andare a radunare le truppe di Rattigan.

 

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“Certo che Rattigan è da un po’ che non si fa sentire.” Disse Basil, dalla poltrona dove stava comodamente fumando la sua pipa.

 

“Non ti lamentare, io non ne sento la mancanza.” Replicò Topson alzando per un attimo gli occhi dal Times.

 

“Per carità, solo che non mi piace questo suo silenzio troppo prolungato.” Rispose il detective.

 

“Tranquillo, arriverà il tempo per le preoccupazioni. Ora pensa a riposarti.” Gli disse Cornelia mentre leggeva il copione del suo prossimo spettacolo.

 

Ad un certo punto suonò il campanello e la ragazza si alzò.

 

“Dove vai?” le chiese Basil inarcando le sopracciglia.

 

“Ad aprire, naturale.” Rispose lei.

 

“Lascia che ci vada la signora Placidia.” Replicò il detective.

 

“E’ il suo giorno libero.”

 

“Ah, comunque preferirei che tu non andassi, potrebbe essere pericoloso.”

 

“Ma dai, che vuoi che succeda?” disse la ragazza poi, vedendo il cipiglio preoccupato di Basil aggiunse:

“Facciamo così: se succede qualcosa urlo va bene?”

 

“Non sono ancora convinto.”

 

“Ti ricordo che ho vinto il primo premio per l’urlo più terrificante di Londra durante la festa di Halloween.” Replicò lei e, senza aspettare una risposta, si avviò verso la porta.

 

“Ma quanto è cocciuta!!!” esclamò Basil. “Giuro che se le succede qualcosa io…”

 

Non riuscì a completare la frase perché l’urlo altissimo di Cornelia si era levato dall’atrio.

 

FINE DEL CAPITOLO

 

Perché Cornelia avrà urlato? Cosa sarà successo? Dovrete porvi questi interrogativi fino al prossimo capitolo. Devo darvi una terribile notizia: avete visto che esce il nuovo film di Sherlock Holmes a Natale? Avete visto il trailer? Se no, vi dico che, tragica coincidenza, il cognome del cattivo è Blackwood. Che tristezza!!! Vabbè, io vi allego il link del trailer sottotitolato in italiano. http://www.youtube.com/watch?v=0R_OPwaxzV8&feature=PlayList&p=EA2FCF6DC712CD5E&playnext=1&playnext_from=PL&index=11

 

Buonanotte e grazie per aver letto.

Baci

Bebbe5

 

 

 

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Capitolo 13
*** A new case ***


Note dell’autrice: eccomi tornata, fresca fresca di montagna e di influenza (accidenti agli sbalzi climatici). Comunque direi di cominciare subito senza ulteriori indugi tranne:

 

L’ANGOLO DELLE RECENSIONI:

 

TENSI: Intanto grazie per la recensione, mi fa piacere che ce ne sia sempre una tua per ogni capitolo, mi fa sentire importante. Per la scena tra Vera e Cornelia ho preso spunto da un mio episodio personale con la più piccola delle mie cugine, non più tardi di un mese fa. Tra l’altro è reale anche l’episodio della gita (una gaffe fatta da mio padre meno di un anno fa).

La tranquillità non è dell’uomo e, in questo caso, nemmeno dell’animale. Curiosa di scoprire cosa accadrà? Leggi, leggi.

Grazie ancora, mia fan.

 

MIRISTAR: Beh, anch’io lo adoro e sono contenta che la fiction ti piaccia. Ti dirò, non sconfifferava tanto neanche a me lo spazio di dieci anni, ma ho fatto un paio di ricerche in rete su forum e fanfiction anche internazionali ed è saltato fuori che Basil è molto più giovane di quello che sembra. Grazie per la critica, mi ha fatto piacere che tu abbia notato questo “errore” perché significa che leggi con attenzione. Anche volendo, ormai, non credo che potrei cambiare nulla, però dai, almeno così Basil ci resta giovane. Neanche io vedo l’ora che esca il film di Sherlock, anche perché ci devo trascinare la mia migliore amica per farle una cultura sull’argomento.

Grazie per la recensione.

 

BELLIS: Spero di non deludere le tue aspettative. Non sai quanto mi renda felice vedere che mi segui attentamente, anzi, non sono sicura di meritare tutta questa attenzione.

Grazie mille.

 

E ora, buona lettura.

 

Capitolo 13

 

Basil e Topson erano rimasti pietrificati da quel suono agghiacciante, ma un istante dopo erano balzati in piedi e si erano precipitati fuori dal salotto e nell’atrio.

 

Immaginatevi il loro stupore quando, invece di trovare Cornelia in balia di un gruppo di malintenzionati, la trovarono tra le braccia di una figura ( che, a giudicare dalla gonna che si intravedeva sotto un lungo soprabito, era femminile), che rideva come una matta stringendola quasi convulsamente, poco ci mancò che le due cadessero tante forte era la stretta.

I due topi erano rimasti bloccati a guardare la scena, Topson semplicemente basito, Basil con la mente che lavorava come suo solito: osservando l’abbraccio si poteva dedurre molto, c’erano gioia, attesa di quel momento, voglia di non separarsi più, paura che questo accadesse. C’era solo una persona in tutta Londra (‘oltre a me stesso ’ si ritrovo a pensare, sorridendo) in grado di suscitare nella ragazza tali reazioni:

 

 

“Buonasera Elizabeth, è un piacere rivederti.” Disse poi facendosi avanti ad accogliere l’ospite.  

 

“Buonasera Basil” gli rispose lei, con voce un po’ strozzata “Appena Corny mi molla vengo a salutarti come si deve.”

 

Sentendosi chiamata in causa, l’attrice si staccò finalmente dall’abbraccio.

 

“E’ un piacere rivederti, Liz.” Disse poi con gli occhi che le brillavano.

 

“Ma dai, non si era capito. Via, fammi salutare il padrone di casa.” Rispose la ragazza andando incontro a Basil e stringendogli la mano.

 

Topson intanto era rimasto davanti alla porta del salotto: davanti a lui c’era Elizabeth Morstan, la famosa dottoressa di cui aveva sentito tanto parlare e che tanto aveva sperato di incontrare. Era lì, con i suoi capelli di un biondo scuro, un paio di occhioni chiarissimi, simile a Cornelia per statura e costituzione. Era lì, con quella voce bassa che lasciava trasparire molta decisione e sicurezza.

 

Ad un certo punto Basil, notando la mancanza del suo amico al suo fianco, si voltò e lo vide ancora bloccato sulla soglia del salotto. Si affrettò dunque a dire:

 

“Elizabeth, permettimi di presentarti il mio caro amico e collega, il dottor David Q. Topson.”

 

La ragazza alzò gli occhi, rivolgendo lo sguardo al dottore. 

 

“Elizabeth Morstan, tanto piacere. Finalmente la conosco.” disse sorridendo. “Ho letto tutti i racconti che ha pubblicato sul Times, li so praticamente a memoria. Speravo da tanto di poterle fare i complimenti di persona.”

 

“Grazie signorina.” Rispose Topson arrossendo un po’ al complimento

“Da parte mia, sono felicissimo di incontrare il primo medico donna di Londra. Complimenti vivissimi.”

 

Stavolta fu il turno della ragazza di arrossire.  

“Beh, mi sono forse dimenticato le buone maniere?” disse improvvisamente Basil. “Cornelia, per piacere, porta Elizabeth in salotto. Topson, verresti in cucina con me a prendere qualcosa da offrirle?” aggiunse poi.

 

“Certamente.”

 

Così i quattro si separarono, le donne in salotto, gli uomini in cucina.

 

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In cucina.

 

“Dunque, dunque, dunque, se non ricordo male le focacce dovrebbero essere in questo scomparto e…. Bingo.” Stava dicendo Basil, frugando tra gli armadietti che componevano la mobilia della cucina.

Topson, intanto, controllava la cottura del thé ed il riscaldamento del forno.

Era incredibilmente silenzioso, si ritrovò a pensare Basil, e con lo sguardo perso nel vuoto. Deciso ad indagare, come suo solito e non riuscendo a farne a meno per natura, il detective terminò di sistemare le focacce su di un vassoio e si avvicinò al forno, con un’idea talmente diabolica da fare invidia a Rattigan.

 

“Allora, che ne pensi?”

 

Topson lo guardò un po’ confuso per due secondi e poi rispose:

 

“Beh, che posso dire, mi sembra un tipo perbene, carismatico, di bell’aspetto…”

 

“Wow” lo interruppe Basil, soddisfatto dell’ esito dell’indagine “non pensavo che la temperatura di un forno potesse avere tutte queste qualità.”

 

“Come..? Cosa…?” balbettò Topson confuso.

 

“Non ricordi? Siamo in cucina, a preparare qualcosa da offrire ad un’ospite.”

 

“Basil, io…”

 

“Non ti preoccupare” disse il detective, inserendo il vassoio con le focacce nel forno ed immergendo le foglie di thè nella teiera di acqua bollente.

“Penso che sia una cosa normale. Insomma, è una bella ragazza, è intelligente, è un medico….. cosa vuoi di più?”

 

“Ah”, riuscì a dire Topson, che era arrossito vistosamente.

 

Tra i due cadde il silenzio, Basil controllava la cottura di thè e focacce, mentre Topson cercava un modo per far sparire il rossore sulle guance, prima del loro ritorno nel salotto.

 

Frattanto, nella suddetta stanza….

 

“Devi raccontarmi tutto!!” stava dicendo Elizabeth eccitatissima, con le mani di Cornelia tra le sue.

“Sono curiosa di sapere cosa hai fatto in tutto questo tempo, quali relazioni hai avuto e….”

 

“Ehi, calmati, respira.” Replicò ridendo Cornelia “Anche perché ti ho già raccontato tutto per lettera.” Sottolineò.

 

“Sì, ma io non ho creduto neanche ad una parola di tutto quello che mi hai detto. Dai, non vorrai farmi credere che con tutti quei belloni che ti giravano attorno, non ne hai trovato neanche uno che ti calzasse a pennello.”

 

“Ed invece dovrai rassegnarti che questa è la pura e semplice verità. Sei la mia migliore amica, perché avrei dovuto mentirti?”

 

“Cioè, fammi capire, per tutto questo tempo sei rimasta da sola perché…”

 

“…Pensavo a qualcun altro.” Completò Cornelia.

 

“A…” cominciò Elizabeth, puntando poi il dito in direzione della cucina per terminare la domanda.

 

L’attrice annuì, abbassando lo sguardo ed arrossendo.

 

“Ma allora… voi due…” chiese eccitatissima la neo-dottoressa.

 

“ Beh, non è nulla di ufficiale, però…”

 

Cornelia non riuscì a terminare la frase che si ritrovò ancora una volta avvinghiata alla sua migliore amica.

 

“Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo.” Continuava a dire Elizabeth. “Era dai tempi del college che lo sapevo, anche da prima.”

 

“Sì,sì, va bene ok, datti una calmata.” Rispose Cornelia dando delle pacche sulla schiena dell’amica.

 

“Oddio, finalmente.” Disse Elizabeth allontanandosi e passandosi le mani sul viso.

 

“A proposito, e tu?” chiese ad un certo punto l’attrice.

 

“Ed io cosa?”

 

“Ti sei sistemata?”

 

“Ti avrei tenuta all’oscuro di un particolare così interessante nelle mie lettere? No, per ora non ho nessuno. Il mondo della medicina è più pieno di cretini di quel che tu possa immaginare.”

 

“Davvero?”

 

“Eh sì, purtroppo. Sai, ora come ora, se dovessi per forza trovare qualcuno, non mi interesserebbe tanto l’aspetto fisico, quanto l’interiorità di una persona.”

 

“Ehm, mi esprimeresti meglio “interiorità”?”

 

“Intelligenza, dolcezza, galanteria..”

 

“Mi pare che tu stia chiedendo la Luna tesoro.”

 

“Lo so, ci sarà pure qualcuno così.”

 

“Lo spero per te.”

 

“Qualcuno ha fame?” La voce di Basil le interruppe e le due si voltarono giusto in tempo per vedere il detective ed il dottore entrare nel salottino con un vassoio a testa.

 

Passarono così un paio d’ore chiacchierando del più e del meno.

 

“Quelli della commissione erano dei veri antipatici, non sopportavano il fatto che entrassi a far parte del corpo medico e mi hanno messa sotto torchio per un’ora e mezza.”

 

“Mi dispiace.” Fece Topson.

 

“Oh, mi creda dottore, a me no. Ho dimostrato loro quello che valgo giusto?”

 

“Sì è vero.” Le rispose subito il dottore.

 

Dall’altro capo del tavolino posto al centro del tappeto, Basil e Cornelia guardavano i loro amici discutere allegramente, non osando interromperli.

Ogni tanto, le loro mani si toccavano e rimanevano unite del qualche minuto, prima di separarsi per il timore di essere visti dai loro amici (il perché di questo timore era oscuro anche a loro).

 

Improvvisamente la pendola prese a rintoccare ed Elizabeth alzò lo sguardo sulle lancette.

 

“Oh santo cielo, com’è tardi. Perdonatemi, ma devo proprio andare.”

Così dicendo si alzò e fece per recuperare il soprabito, ma Topson fu più veloce ed afferrò l’indumento per poi aiutare la ragazza ad indossarlo.

 

“Oh, la ringrazio dottore.”

 

“Non c’è di che, signorina.” Rispose lui.

 

Basil e Cornelia si scambiarono un sorrisetto: qualcosa bolliva in pentola e non era tanto difficile sapere cos’era e qual’era il suo stato di cottura.

 

Intanto la dottoressa, dopo l’ennesimo giro di saluti, era uscita.

 

“Bene” fece Basil “Allora, dato che stasera Mrs. Judson non c’è direi di…”

 

Toc, toc, toc.

 

“Stavi per dire andare ad aprire la porta, caro?” chiese Cornelia con aria innocente.

 

“Ma chi sarà? Insomma, è quasi ora di cena.” Commentò scocciato il detective, andando ad aprire.

“Ah, sei tu. Hai dimenticato qualcosa?” disse poi, aprendo maggiormente l’uscio per lasciar passare Elizabeth.

 

“No, volevo solo darti questo.” Rispose lei porgendo un foglietto a Basil che lo guardò incuriosito.

“Me l’ha dato un tizio proprio qui fuori.”

 

“L’hai visto in faccia?” chiese il detective, prendendo il foglio e rigirandolo da ogni parte per osservarlo bene.

 

“No, aveva il volto coperto da una sciarpa e aveva un grosso cappello. Posso dirti che aveva una voce parecchio strana.”

 

“Cioè?”

 

“Non lo so, l’aggettivo che mi viene in mente è falsamente bassa.”

 

“Uhm, va bene, ci penso io grazie.”

 

“Di nulla. Buonanotte a tutti.” Concluse Elizabeth prima di uscire nuovamente e di richiudersi la porta alle spalle.

 

Basil era rimasto immobile accanto all’uscio, lo sguardo perso su quel foglietto.

 

‘Ha ricominciato allora.’

 

“Basil, cosa dice il biglietto?” La voce di Cornelia lo risvegliò dallo stato di trance in cui si trovava.

Senza una parola, aprì il biglietto e lesse:

 

‘A mio modesto parere, la Banca avrebbe bisogno di un paio di guardie in più domani sera. A quanto pare non solo gli economisti si sono accorti del periodo di splendore che essa si trova a vivere.

 

Buona fortuna

B. B’

 

Nell’atrio cadde il silenzio. Come al solito, fu Topson a spezzarlo:

 

“Si riferisce al nuovo piano di Rattigan?”

 

“Suppongo di sì.”

 

“Come fai ad esserne sicuro?” si inserì Cornelia “Insomma, non è l’unico criminale a piede libero a Londra.”

 

“Lo so, ma è anche l’unico di cui si interessa B.B.” rispose Basil.

 

“E chi sarebbe?” chiese la ragazza.

 

“Il mio informatore di attività criminose a Londra. Erano dieci anni che non lo sentivo.”

 

“Quindi che si fa?” chiese Topson.

 

“Elementare, ci prepariamo a riceverlo. Allora, vediamo un po’, avrò bisogno della mia pistola, di una torcia e..”

 

“Anch’io dovrò cercarle in fondo al baule.” Fece Cornelia.

 

“Cosa? Ah no, questa volta no Cornelia.” esclamò Basil.

 

“Perché no?”

“Perché è troppo pericoloso e perché…”

 

“Abbiamo bisogno di qualcuno che controlli la casa, mentre noi siamo via.” Completò Topson prima che Basil ne avesse l’opportunità.

 

“Come?” chiese Cornelia confusa.

 

“Pensaci, mia cara. Se noi siamo tutti fuori, Rattigan potrebbe anche decidere di mandare una sua squadra qui a fare piazza pulita dell’intero archivio di Basil e tu sai quanto sia prezioso.”

 

“E’ vero, non ci avevo pensato. Ma allora, perché non chiamiamo la polizia?”

 

“Figurati se faccio entrare Scotland Yard in casa mia! In più ti ricordo che tu non dovresti essere qui, ergo, sarebbe meglio se non uscissi.”

 

Cornelia cercò disperatamente qualcosa che le potesse permettere di seguire Basil, ma alla fine si rassegnò ed annuì debolmente.

 

“Ottimo” esclamò Basil, dandole una leggera pacca sulla spalla. “Ora, che ne dite di pensare alla cena?”

 

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Qualche ora più tardi, Cornelia si trovava nel suo letto, tutta presa dalla lettura di uno dei suoi libri. Ad un certo punto, qualcuno bussò alla porta.

 

“Avanti” fece lei senza alzare gli occhi dal libro.

 

“Posso?” La testa di Basil fece capolino da dietro l’uscio.

 

“Prego” rispose lei, chiudendo il libro ed appoggiandolo sul comodino.

 

Il detective si avvicinò al letto e si sedette sulla sponda.

 

I due si fissarono per qualche istante, poi Basil disse:

 

“Non crederti che io sia tranquillo a lasciarti qui da sola.”

 

“E allora perché non posso venire con te?”

 

“Te l’ho già detto è troppo pericoloso. Senti, mi sono già trovato in situazioni simili ed ho visto molte persone morire così, per puro caso, per una pallottola vagante o un’esplosione. Ci sono troppi elementi a cui fare attenzione e questo ti impedisce di difenderti come normalmente faresti.”

 

“Ah, bene, perfetto,  ora sono veramente più tranquilla. Praticamente mi hai detto che vai a farti ammazzare e ti aspetti che io me ne stia qui bella tranquilla a ricamare o a fare l’uncinetto, parlando con le amiche di abiti e moda davanti ad una buona tazza di thè.” Rispose Cornelia, il sarcasmo evidente nella sua voce.

 

“Cosa ti ho detto? Che io ci sono già passato e so come cavarmela. Ho un paio di giochetti in camera mia che dovrebbero rivelarsi piuttosto utili.”

 

“Non fidarti troppo dei tuoi giochetti e promettimi di stare attento.” Disse Cornelia con gli occhi leggermente lucidi, abbracciandolo.

“Non ti vorrei perdere proprio adesso.”

 

“Come faccio a convincerti che non mi perderai? Ah ecco, forse ci sono.” Rispose lui e, con un sorrisetto, le si avvicinò e la baciò.

 

Cornelia si lasciò trasportare da quel momento e dopo un po’, anche se qualche brandello di incertezza rimaneva in lei, riuscì a convincersi che sì, sarebbe sicuramente tornato sano e salvo e che non poteva essere altrimenti.

 

Quando i due si lasciarono dopo essersi augurati la buona notte, non c’era quasi nessuna traccia di ansia, ma solo tanta, dolce tranquillità.

 

FINE DEL CAPITOLO.

 

Che ve ne pare? So di essere perfida a continuare ad aggiungere personaggi nuovi e ad aggiornare continuamente in ritardo ma ehi, continuano a venirmi nuove idee.

A proposito: come ho spiegato a Miristar, di recente mi sono informata in rete sul nostro caro investigatopo ed ho trovato un mondo intero riferito a lui: famiglia, avventure e persino il suo nome di battesimo. Molti di quelli/e che scrivono fanfiction su di lui si sono posti questo problema scrivendo storie relative alla sua vita privata e sembrano tutti concordi sul fatto che si chiami Sherringford (alcuni azzardano anche che, per secondo nome, abbia Constancius).

Scrivo queste cose perché volevo informarvi che, probabilmente, più avanti comincerò ad utilizzare anch’io questo nome. Fatemi sapere cosa ne pensate.

Ah, un’ultima cosa, il prossimo aggiornamento avverrà dopo il 12 settembre, perché, ragazzi miei, parto sabato per due settimane in Sardegna quindi…

BUON PROSEGUIMENTO DELLE VACANZE, UN ABBRACCIO

Bebbe5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** The bank ***


Note dell’autrice: Oh, finalmente riesco ad aggiornare. Accidenti a me e a quando decido di farne duemila. Ma cosa avevo in mente?!

Lasciamo perdere queste considerazioni da svitata e passiamo a…

 

L’ANGOLO DELLE RECENSIONI

 

BELLIS: Intanto grazie per la recensione. Per quanto riguarda il urto, un assaggio ti verrà dato in questo capitolo, poi… si vedrà.

Spero che ti piaccia.

 

ASHLEY SNAPE: Scusami se aggiorno così tardi, ma veramente, c’era una fiction che mi premeva aggiornare per prima e così ho perso tempo. Mi spiace. Grazie per la recensione.

 

Che dite, si comincia?

 

 Capitolo 14

 

Il giorno seguente, al 221/B di Baker Street, piano terra, ma proprio terra, fu tutto un andirivieni per le varie stanze alla ricerca di attrezzature di ogni sorta. Verso le cinque pomeridiane, il salotto era pieno di corde, pistole con relative munizioni, cappotti imbottiti per avere un minimo di protezione dalle pallottole, torce e quant’altro potesse servire per la pericolosa missione di quella notte. Sul tavolinetto di fronte al camino, era stata spiegata una pianta della banca di Londra e, attorno ad essa, stavano discutendo Basil, Topson ed un ispettore di Scotland Yard, di nome Laroux.

 

 “Dunque” stava dicendo quest’ultimo “Stamani ho fatto entrare nella Banca una trentina dei miei uomini migliori in borghese. Hanno l’ordine di nascondersi nell’edificio fino al nostro arrivo.”

 

“Perfetto!” rispose Basil “Ne piazzeremo due dietro le tende dell’ingresso, con l’ordine di non muoversi se non in caso di fuga dei ladri. Altri due, li voglio al piano superiore, nel caso che i criminali cerchino qualcosa di diverso dall’oro – con Rattigan come mente del colpo, non si può mai sapere. Costoro avranno il compito di fare un segnale ai due agenti nell’atrio, in caso di attacco agli uffici situati ai piani alti, in modo che questi possano avvertire il resto del contingente che si troverà nel seminterrato. Viceversa se ci sarà un attacco troppo difficile da sostenere, saranno gli uomini nel seminterrato a dare l’allarme.”

 

Ad ogni disposizione, il dito del detective indicava un punto diverso sulla carta.

 

“E ora, arriviamo al suddetto seminterrato: voglio almeno quattro uomini per stanza. Ah, e che facciano attenzione ad essere ben nascosti: se vogliamo prenderli tutti, dobbiamo portarli ad un punto da cui non potranno uscire se non con un bel paio di braccialetti. Tutto chiaro?”

 

“Certamente, signor Basil, mi sembra tutto perfetto.” Commentò l’Ispettore.

 

“Basil, noi dove staremo?” interloquì Topson.

 

“Amico mio, noi ci nasconderemo direttamente nel caveau insieme all’Ispettore. Toccherà a noi dare il segnale d’attacco.”

 

“Capito.”

 

“Mi dica, signor Basil, c’è qualche possibilità che riusciamo a catturare quel farabutto di Rattigan?” chiese Laroux.

 

“Ne dubito fortemente Ispettore. Se lo conosco bene non si farà vivo. No, secondo me questo è solo uno dei crimini sui quali rifonderà il suo impero del terrore.”

 

“Noi, però, saremo lì ad impedirglielo.” Aggiunse Topson.

 

“Poco ma sicuro, dovremo però fare attenzione, non sappiamo con esattezza come agirà.

 

“Questo suo informatore misterioso non è stato molto preciso eh?” chiese Laroux con una punta di ironia nella voce.

 

“Se lo fosse stato, avrebbe certamente fatto insospettire Rattigan: non mi fraintenda, lui è certamente al corrente del fatto che io abbia degli informatori ma, fintanto che non ho notizie dettagliate, non può arrivare a capire chi essi siano.”

 

“Giusto, ma allora perché non farlo venire qui?”

 

“Per due semplici motivi, uno gliel’ ho appena illustrato. Per farla breve, Ispettore, non crederà mica che per scoprire tali complotti faccia affidamento su persone per bene.”

 

“Sa che, dopo queste parole, potrei arrestarla per occultazione di crimine?”

 

“Non le parrebbe vero eh?” mormorò Topson tra i denti.

 

“Prego?” scattò l’Ispettore.

 

“Quello che il mio collega voleva dire, caro Laroux, è che, se questo è il suo atteggiamento, la prossima volta mi rivolgerò ad un’agenzia privata per una missione del genere e mi prenderò tutto il merito: vuole questo? In più, mi scusi, credo che ci siano abbastanza criminali per ogni cella di Londra, senza bisogno di sbatterci dentro anche colui che si impegna per riempirle.”

 

L’altro rimase in silenzio, combattuto tra il rispondere o meno. La sua decisione fu però rinviata da un bussare improvviso alla porta dell’ingresso. I tre udirono l’uscio aprirsi, qualche parola affrettata,poi la signora Placidia entrò nel salotto.

 

“Signor Basil? C’è un’anziana signora che chiede di conferire con lei.” Annunciò.

 

“Le dia una focaccina ed una tazza di thé, poi la mandi via. Ora sono occupato.”

 

“Ma, signore, è accompagnata dalla signorina Morstan.”

 

All’udire quel nome, gli occhi di Topson saettarono verso la porta, per poi tornare a rivolgersi rapidamente sulla cartina della Banca.

Basil, a cui il gesto non era sfuggito, sorridendo fra sé e sé disse:

 

“E va bene, la faccia entrare. Che sia una cosa rapida però.”

 

La domestica fece la riverenza, uscì, e poco dopo fecero il loro ingresso nella sala una vecchina vestita di scuro, un po’ ingobbita, che si appoggiava con un braccio ad un bastone e, con l’altro, al braccio di Elizabeth Morstan, la quale aveva una smorfia curiosa dipinta sul viso. Topson fece per offrire una sedia alla donna, ma questa lo fermò con un gesto.

 

“Non si preoccupi giovanotto.” Disse con una vocina roca, rivolgendo lo sguardo al dottore, che poté così vedere un volto rugoso a fare da cornice ad una fila di denti giallastri.

“Da quanto ho capito, il signore qui presente è molto occupato, quindi sarò breve.”

 

“Signora.” Intervenne Laroux “Sono un ufficiale di Scotland Yard. Mi permetta di dirle che alla nostra stazione ci sono moltissimi validi agenti pronti ad ascoltare tutta la sua storia con grande attenzione e …”

“e, stava per dire, suggerirmi una casa di cura? Tanto per cominciare, Ispettore, sono ancora una signorina nonostante l’età, e poi ne ho fin sopra i capelli di quegli incompetenti dello Yard. Ora, Ispettore, vorrei conferire in privato con il signor Basil se non le dispiace. Almeno lui, da quello che mi hanno raccontato le amiche del circolo del cucito, ha un po’ di gentilezza e non lascia mai deluse e insoddisfatte le persone.”

 

Il volto di Laroux era diventato di uno sgradevole color prugna. Dopo un paio di secondi, l’ufficiale afferrò il suo cappello e si avviò alla porta. Sulla soglia si fermò per dire con voce secca:

“Allora, signor Basil, stasera alle otto e mezza. Mi raccomando, sia puntuale.”

Poi uscì chiudendo la porta con forse un po’ più forza del dovuto.

 

Nel salotto cadde il silenzio. Topson prese a guardare ogni tanto di sfuggita Elizabeth, che continuava ad avere quella strana smorfia sul viso e che si ostinava a guardare il soffitto, come se volesse impararne a memoria la composizione. L’anziana signora, il cui nome era ancora sconosciuto, si guardava intorno, scrutando ogni anfratto della stanza con i suoi occhietti curiosi. Basil, invece, si era appostato accanto alla finestra per osservare la strada. Dopo un paio di minuti chiuse le tende e disse:

 

“Va bene, se n’è andato, ora finiamola con questa pagliacciata. Cornelia, levati quella gobba dalla schiena e quella plastica dal viso, sei ridicola. Elizabeth, ridi pure, tanto come attrice non sei per nulla convincente.

 

Topson spalancò gli occhi, sorpreso, ma lo stupore si fece più intenso quando la “vecchina” si raddrizzò liberandosi del suo costume, lasciando apparire Cornelia Blackwood., mentre Elizabeth Morstan scoppiava in una risata che pareva aver trattenuto per troppo a lungo.

 

Sul volto dell’attrice, invece, non c’era alcun segno di gioia.

“Non puoi sempre rovinarmi tutto così. Come hai fatto? Dimmelo, così la prossima volta farò più attenzione.”

 

“L’ho capito quando non sei scesa a salutare l’Ispettore che dovevi essere sgattaiolata fuori. Carino da parte tua non dirmelo. Quando poi la signora Placidia mi ha detto che c’era un’anziana signora con Ms. Morstan ho cominciato ad avere dei sospetti. Ti ho scoperta quando hai alzato il volto per guardare Topson. Ho riconosciuto i tuoi occhi.”

 

“Sarei quasi contenta della cosa se non fosse per la delusione.”

 

“… insomma.. ah ah… è stato un divertimento vedere la gente chiedere.. ah ah… gli autografi solo a me mentre camminavamo e non a lei…”

 

Stava raccontando Elizabeth a Topson, ridendo insieme a lui.

 

“Quindi stasera si trattiene qui?” le chiese il dottore.

 

“Sì, farò compagnia a Cornelia.”

 

Le due coppie continuarono a discutere per un po’, anche intrecciando le loro conversazioni, finché, verso le sette e mezzo, la signora Placidia annunciò che la cena era pronta.

 

I quattro mangiarono in fretta, dato che Basil e Topson dovevano uscire presto per andare alla Banca.

 

Verso le otto e un quarto Basil e Topson, vestiti di nero e attrezzati di tutto punto, uscirono dal 221/B e salirono su Ugo, il cane preferito del detective, grande fiutatore di piste, per recarsi all’appuntamento con Laroux.

 

Cornelia ed Elizabeth rimasero sulla porta finché il suono dei balzi del cane non fu più udibile per la strada.

 

“Tornerà, vedrai.”disse il medico alla sua amica, cingendole le spalle con un braccio.

 

“Oh, questo lo so. Mi chiedo solo se tornerà tutto intero. Beh, ora è inutile stare a logorarsi. Che ne dici di farci una bella partita a carte insieme alla signora Placidia?”

 

“Sì, ottima idea.” Le due rientrarono in casa, ignare dello sguardo penetrante e maligno che, nascosto da un giornale, le aveva osservate per tutto il tempo dall’altro lato della strada.

 

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Banca di Londra, ore 24

 

Da quanto tempo si trovassero lì, accovacciati dietro le sbarre del caveau, nascosti dall’oscurità più totale, Topson non lo sapeva. Dovevano essere all’incirca quattro ore, a giudicare dai rintocchi di una chiesa vicina. I muscoli cominciavano a dolergli, a causa della posizione in cui ormai si trovava da quando si era disposto insieme a Basil e a Laroux nel caveau. Inizialmente l’adrenalina l’aveva un po’ aiutato a far fronte a questo problema, poi però erano passate le ore, aveva cominciato a sbadigliare e a sentire i dolori. I suoi occhi, ormai abituati all’oscurità, si puntarono su Basil, che stava seduto, immobile, con gli occhi chiusi e che sembrava dormire.

Eppure il dottore sapeva che, anche se le palpebre erano chiuse, il detective era sveglissimo ed attento a cogliere ogni singolo rumore al di fuori dei loro respiri.

 

Se Topson però era a conoscenza di questi dettagli riguardo il suo amico, altrettanto non si poteva dire per Laroux. Questi, infatti, cominciò a sbuffare e, dopo un po’, non riuscì più a trattenersi:

 

“E allora? Dove sono?”

 

“Shh, shh” fu la risposta di Basil.

 

“Siamo sicuri che il suo informatore non abbia toppato in pieno?”

 

“Shh, shh” ripeté Basil, in quella maniera che risultava irritante a chi non era abituato a sentirsi rispondere così.

Fu infatti questa la reazione dell’Ispettore.

 

“Insomma, se aveva intenzione di far perdere tempo prezioso a me ed ai miei uomini, c’è riuscito, ma voglio una giustificazione per…”

 

“Ispettore, silenzio.” Lo interruppe Basil, aprendo gli occhi ed avvicinandosi alle sbarre del caveau.

 

“Ma insomma, come si..?”

 

“Ispettore, stia in silenzio ed ascolti.”

 

Nella stanza cadde il silenzio. Inizialmente, né Topson né l’Ispettore udirono nulla e quest’ultimo stava per riprendere a discutere con il detective quando, all’improvviso, si sentì un leggero raschiare sotto il pavimento del caveau.

Laroux non fece neanche in tempo a rivolgere un commento sorpreso a Basil, che, dalle fessure di una delle piastrelle (piuttosto grandi) che componevano il pavimento, uscì un fascio di luce.

 

Topson guardò Basil: “E adesso?” mormorò con un filo di voce.

 

Basil sembrava eccitato, in trance. Senza sollevare lo sguardo dalla luce sotto i suoi piedi disse con lo stesso tono di voce usato dal dottore:

 

“Nascondiamoci dietro le cassette di sicurezza, svelti.” Poi si affrettò, senza fare il minimo rumore, a posizionarsi dietro uno degli scaffali del caveau.

Topson e l’Ispettore fecero lo stesso e Laroux, fece un cenno che voleva dire: “Tenetevi pronti” ai suoi uomini, nascosti fuori dalle sbarre.

 

Furono i cinque minuti più lunghi della vita di Topson (a parte ovviamente l’episodio della trappola di Rattigan, ma quello si aggirava intorno ai venti).

 

Lentamente, chiunque si trovasse sotto il pavimento, cominciò a rimuovere la piastrella sulla quale stava lavorando. Quando questa fu stata spostata, dal buco spuntò un topo, completamente vestito di nero che, dopo essersi guardato intorno, anche con l’aiuto di una torcia, fece cenno di salire a qualcuno sotto di lui.

Dopo pochi istanti, nella stanza c’erano almeno sei topi, tutti della banda di Rattigan (come la polizia fu in grado di constatare a seguito di alcune indagini sulla loro identità).

 

Quello che era uscito per primo e che, a quanto pare, svolgeva la funzione di “capo”, disse:

 

“Bene ragazzi, cerchiamo di fare un lavoretto veloce. Tu, comincia da quella parte; tu invece ripulisci quegli scaffali. Scattare!!!”

 

I ladri cominciarono la loro opera. Uno di essi, ad un certo punto, si diresse verso lo scaffale dietro cui si era nascosto Basil. Topson osservò la scena con il cuore che gli batteva a mille: i brutti ceffi erano sicuramente armati ed il suo migliore amico era in pericolo. Cosa fare?

Incrociò per un attimo gli occhi del detective, facendogli percepire il suo desiderio di intervenire. Basil però, gli fece cenno di restare dov’era. Aveva in mente qualcosa, e si vedeva benissimo.

 

Il ladro, intanto, aveva quasi riempito la sua borsa con il contenuto della parte anteriore dello scaffale. Soddisfatto, si diresse verso il lato posteriore per completare l’opera. Arrivato dall’altra parte, sollevò la torcia, il cui fascio di luce illuminò il volto del detective. Il criminale rimase pietrificato per qualche secondo, prima di riuscire ad esclamare:

 

“Ehi, che diavolo…?”

 

“ORA!!” gridò Basil, avventandosi sull’altro che era ancora troppo sorpreso per reagire. Laroux soffiò nel suo fischietto e, dalla porta del caveau, entrarono una decina di uomini della polizia. Fu ingaggiata una lotta furiosa. Alla flebile luce delle lampade (dato che nessuno, preso dalla foga della situazione, era stato così intelligente da accendere le luci), era difficile discernere chi fosse il proprio avversario.

In più di un’occasione, un poliziotto o un criminale si era trovato a stringere la gola di un proprio collega.

Basil, intanto, aveva messo fuori gioco il suo avversario e si era diretto verso la botola, unica vera via di fuga per i criminali. Era appena riuscito a riafferrare la piastrella quando un click, che somigliava tanto a quello del cane di una pistola quando viene caricato, lo congelò.

 

“Posi quella piastrella, investigatopo, e forse le risparmierò al vita.”

 

Basil si voltò e fissò negli occhi colui che lo minacciava: si trattava niente meno che del capo della banda, un tale di nome Thurber, famoso scassinatore ed anche assassino.

 

“BASIL!!!” gridò una voce alle spalle dei due. Thurber si voltò per un secondo, distratto, ma fu abbastanza per permettere a Basil di sferrare un calcio al polso che stringeva l’arma, facendola cadere, e di saltare addosso al pluricriminale.

I due cominciarono a colpirsi, dando e ricevendo pugni, graffi e colpi vari quasi in egual misura. Alla fine, Basil riuscì ad atterrare il suo avversario e a sferrargli un colpo tale da fargli perdere i sensi. Quando risollevò lo sguardo, uno dei poliziotti aveva acceso le luci e, così, poté vedere il risultato della lotta: Tutti i malfattori giacevano a terra, privi di sensi oppure ammanettati, o anche tutt’e due.

 

 

I suoi occhi vagarono per la stanza, alla ricerca del suo amico dottore: finalmente riuscì a scovarlo, intento a medicare provvisoriamente la ferita, inferta quasi certamente da un pugnale, che uno dei poliziotti aveva ricevuto.

 

“Topson stai bene?” chiese avvicinandosi.

 

“Io sì, e tu?” chiese a sua volta il dottore.

 

“Tutto a posto, a parte qualche graffio. Ti devo la vita, se non avessi urlato, probabilmente…”

 

“Non mi devi ringraziare, è stato istintivo” rispose Topson, finendo di medicare l’infortunato ed alzandosi per stringere la mano del suo amico e collega.

“L’importante è che sia finita bene.”

 

“Signor Basil?” chiamò una voce da dietro di loro. Voltandosi, videro Laroux avvicinarsi.

 

“La ringrazio per averci aiutato ad acciuffare questi malviventi e vorrei chiederle scusa per la poca fiducia che ho riposto in lei.” Disse.

 

“Non si preoccupi, Ispettore. L’importante è che li abbiamo presi.” Rispose il detective, allungando la mano destra che, prontamente, l’Ispettore afferrò sorridendo.

 

“Bene, è stata una nottata lunga. Ora li portiamo al fresco e poi, finalmente, un po’ di meritato riposo.”

 

“Già, effettivamente è stato un po’ stancante.” Disse Topson.

 

Gli uomini di Scotland Yard cominciarono a trascinare fuori i prigionieri, alcuni dei quali erano ancora svenuti.

Basil e Topson, dopo aver raccolto le proprie cose, seguirono il drappello fuori dalla Banca. All’improvviso, il detective udì qualcosa che gli fece capire che la sua serata non era ancora finita.

Uno dei topi che venivano portati via mormorò ad un suo compagno:

 

“Speriamo che agli altri sia andata meglio.”

 

“Sì dai.” Rispose l’altro “Saranno sicuramente a metà lavoro.” Concluse poi, fissando un punto imprecisato al di là degli edifici che accerchiavano la Banca.

Basil si bloccò sul posto. Topson scese qualcun altro dei gradini della scalinata al di fuori dell’edificio, quando si accorse che il suo amico si era fermato e che fissava un punto indeterminato nel cielo.

 

“Basil, cos’hai? stai bene?” chiese preoccupato.  

 

Per alcuni secondi il detective non rispose. Poi, dalle sue labbra, uscì un mormorio:

 

“Mi ha ingannato di nuovo.” Come riprendendosi da uno state di trance, gridò:

 

“UGO, VIENI QUA!!!”

 

Il cane obbedì immediatamente all’ordine. Il detective gli montò sul dorso e Topson si apprestò a fare altrettanto, ma Basil lo fermò.

 

“Topson, voglio che tu corra a Baker Street, subito. Non c’è un minuto da perdere.”  E partì di gran carriera, attaccandosi al collare di Ugo.

 

Topson rimase basito per un attimo. A cosa poteva essere dovuta quell’azione così repentina?

 

Poi gli tornarono in mente le parole che Basil aveva mormorato pochi attimi prima.

Risalì i gradini della Banca (che aveva sceso per avvicinarsi ad Ugo) e rivolse lo sguardo al punto cui si era fissato quello del suo amico poco prima. Con orrore e sgomento, vide la Torre di Londra e, “parcheggiato” all’ultimo piano di questa, un dirigibile invisibile ad occhio umano, con una R dorata, disegnata sopra.

 

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Baker Street, ore 24,30

 

Yawn, Cornelia, che ne dici di andare a letto?” chiese un’ Elizabeth stanca ed assonnata.

 

“Vai pure, io non ce la farei a dormire.” Replicò Cornelia, seduta su una poltrona accanto al fuoco a leggere.

 

“Signorina, io concordo con la sua amica: di quale giovamento le sarebbe restare ancora sveglia?” si inserì la signora Placidia.

 

“La ringrazio per la premura, ma davvero, non credo che….”

 

Alla porta risuonarono tre colpi. Le tre donne, incuriosite, rivolsero i loro sguardi all’ingresso.

“Elizabeth, aspettavi qualcuno?” chiese Cornelia.

 

“Stavo per farti la stessa domanda.”

 

“E io non ho invitato nessuno” aggiunse la signora Placidia “Magari è un cliente del signor Basil.”

 

“A quest’ora?”

 

“Mi creda, Ms. Blackwood, non sarebbe la prima volta.”

 

“Sarà, ma io non mi fido. Aspettate qui.”

 

La ragazza si avviò alla porta e, una volta raggiuntala chiese:

 

“Chi è?”

 

“Signorina, siamo un gruppo di amici di una persona che lei conosce molto bene. Ci manda lui a chiederle una cosa. Potrebbe cortesemente lasciarci entrare per chiarire la cosa a quattr’occhi?” replicò una voce maschile, per nulla rassicurante.

 

“Conosco molte persone: chi sarebbe questo signore che vi manda?”

 

“Oh, se lo ricorderà sicuramente: il professor Padraic Rattigan(*).”

 

FINE DEL CAPITLO

 

(*) Il nome è quello originale, dato al nostro “amatissimo”  personaggio da Eve Titus.

 

Allora, come vi è sembrato? Spero che vi sia piaciuto e che abbia compensato l’attesa a cui vi ho sottoposti. Sono diabolica è? Due cliffhanger in n solo capitolo.

Dai, cerco di aggiornare presto.

Fatemi sapere cosa ve n’è parso

Bebbe5

 

 

 

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Capitolo 15
*** Troubles ***


Note dell’autrice: allora, ci ho messo troppo? Ci ho messo poco? L’ultimo capitolo è stato davvero così scadente? No perché, a parte l’aver notato un visibile calo di lettori, mi sono anche accorta di aver ricevuto un’unica recensione per questo capitolo. Può anche darsi che la gente non abbia tempo di lasciarmi una recensione, però la cosa mi ha demoralizzato non poco. Vabbè dai, speriamo che vada meglio con il prossimo.

 

ANGOLO DELLE RECENSIONI:

 

BELLIS: Fortuna che ci sei te a lasciarmi sempre un bel commento. Lo so, sono diabolica a lasciare tutto così: evidentemente la mia idea non è stata molto gradita. Beh, pazienza. Cosa succederà? Scoprirai tutto in questo capitolo (sempre che tu abbia la pazienza di leggerlo).

 

Buona lettura.

 

Capitolo 15

 

Un uomo, con una bottiglia di sherry in mano e le guance rosse per la sbornia appena presa, stava camminando tranquillamente per la strada che costeggiava il fiume. Ogni tanto tracannava un sorso dalla bottiglia, certo che, a lui, l’alcool non avrebbe dato più noie di un bicchier d’acqua.

All’improvviso sentì uno scalpiccio poco lontano, lungo la strada nebbiosa alle sue spalle. Si voltò, ma non vide nessuno.

Guardò dubbioso la bottiglia di liquore che teneva in mano, non più tanto sicuro che non avesse effetto sulla sua psiche.

Ad un certo punto, vide correre lungo la strada a pochi metri da lui un bastardino bianco e marrone. Non fu tanto quello a convincerlo dell’ effetto negativo che lo sherry

procurava sul suo organismo, quanto il fatto che, a cavallo, o meglio, alle redini dell’animale, c’era quello che sembrava un topo vestito di tutto punto.

Quella visone durò pochi secondi, poi la strana coppia sparì nella nebbia.

L’uomo rimase stordito per qualche istante poi, dopo una veloce occhiata al contenitore di vetro stretto tra le sue dita, lo gettò nell’acqua del Tamigi, decidendo all’istante di smetterla con il vino e promettendosi di trovare un modo di conoscere meglio la ragazza intravista la mattina stessa al mercato.

 

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“Più veloce Ugo! Più veloce!”

 

Per quanto Basil continuasse a spronare Ugo e per quanto il cane cercasse di correre il più velocemente possibile, all’investigatopo sembrava sempre che procedessero troppo lenti e che la Torre di Londra fosse sempre più lontana.

 

Si era lasciato accecare ancora una volta. La rapina alla Banca era solo un diversivo per mascherare un furto ancora peggiore: quello dei gioielli della corona, contenuti nella fortezza che un tempo era stata una prigione.

 

Spronò ancora una volta il povero cane, che ormai stava esaurendo tutte le energie. Finalmente, dopo aver svoltato un altro angolo, eccola lì, la Torre di Londra.

 

Il suo primo istinto fu quello di fiondarsi all’interno dell’edificio insieme ad Ugo, ma invece, fece frenare bruscamente il cane e lo fece arretrare, nascondendolo dietro l’angolo da cui era appena arrivato. Davanti alla Torre non c’erano delle normali guardie come si era aspettato, ma degli scagnozzi di Rattigan. Chiedendosi se all’interno dell’edificio avrebbe trovato proprio il suo nemico in persona (ne era quasi certo, data la presenza del dirigibile che galleggiava nell’aria sopra di lui), decise di scendere dal suo “mezzo di trasporto” e di mormorargli:

 

“Ora Ugo, stai qui seduto. Tornerò presto ed avrò ancora bisogno di te. Riposati.”

 

Dopo di che, si avviò con fare tranquillo verso l’ingresso della Torre. Non aveva un piano preciso e perciò aveva deciso di fidarsi del suo istinto.

 

Quando i topi (quattro per l’esattezza) lo scorsero, scattarono immediatamente in piedi:

 

“Ehi, tu! Gira a largo se non vuoi rogne!” gridò uno, brandendo un bastone.

 

“Mi dispiace di dovervi deludere signori, ma io entrerò, con o senza il vostro permesso.” Rispose con calma Basil.

 

“Ehi, ma io lo conosco!” esclamò un altro.

 

“Già, è quel maledetto detective di Baker Street!” disse il terzo.

 

“Avanti, chi è il primo?” mormorò Basil con un sorrisetto stampato in faccia.

 

Cominciò una lotta furibonda: in un paio di secondi, i primi due scagnozzi che attaccarono l’investigatopo furono messi al tappeto, o meglio, si misero al tappeto, poiché Basil si era abbassato mentre loro tentavano di colpirlo contemporaneamente con i propri bastoni, sferrandoseli di conseguenza addosso a vicenda.

Gli altri due portarono via un po’ più di tempo all’investigatopo. Riuscì a scagliare un pungo in faccia a ciascuno dei due, facendoli cadere a terra, ma entrambi si rialzarono rapidamente. Uno afferrò il detective da dietro, bloccandolo. L’altro tentò di colpirlo, ma Basil gli sferrò un calcio, facendolo nuovamente finire a terra, poi fece una pressione sui polsi di colui che l’assaliva da dietro, facendogli mollare la presa sulle sue braccia. Mentre questi si preparava ad attaccarlo nuovamente, il detective afferrò uno dei bastoni dei malviventi e lo scagliò sulla testa del suo assalitore, mettendolo fuori combattimento. Fece poi la stessa cosa con il quarto assalitore, che aveva recuperato la lucidità dopo il calcio ricevuto.

Quando anche l’ultimo scagnozzo fu a terra svenuto, Basil rimirò il suo operato.

 

“Ah, il buon vecchio baritsu! Torna sempre utile. Se solo si ubriacassero un po’ di meno, ci avrei trovato anche più gusto.” Disse.

 

Volse poi lo sguardo verso la cima della Torre:

 

“E ora, a noi due.” Mormorò, prima di correre all’interno dell’edificio.

 

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 Intanto a Baker Street

 

“Signore, lasciateci entrare, rendiamo tutto più semplice.”

 

Mentre gli scagnozzi di Rattigan tentavano di entrare al 221/b di Baker Street, all’interno della casa Cornelia, Elizabeth e La signora Placidia stavano cercando di barricarsi dentro meglio che potevano: oltre alla serratura a doppia mandata, c’era una sedia sotto la maniglia, un catenaccio ed il peso delle tre donne.

 

“Cornelia, che facciamo?” chiese una terrorizzata Elizabeth.

 

“Ci sto pensando, dammi un secondo.” Rispose l’attrice, nervosamente.

 

“Non per metterle fretta signorina, ma hanno appena sfondato la serratura.” Le fece presente la governante.

 

“Va bene, ho un’idea, procuratevi una qualche arma ed andate al piano di sopra. Di corsa.”

 

Le due donne si affrettarono ad eseguire. Proprio quando, munite la governante del suo matterello di marmo ed Elizabeth di un attizzatoio, stavano salendo le scale, Cornelia gridò:

 

“CORRETE IN CANTINA, CHIUDETEVICI A CHIAVE.”

 

La signora Placidia ed Elizabeth si fermarono a metà scala, stranite. Cornelia, fece loro cenno di proseguire per la loro strada. Sempre più confuse, fecero come l’attrice diceva. Una volta che furono sparite al piano superiore, Cornelia lasciò perdere la difesa della barricata e corse accanto alla porta della cantina. Tolse la chiave dalla porta e la chiuse semplicemente. Dopo di che si nascose dietro un angolo vicino alla cantina ed attese.

In pochi minuti, gli uomini che le avevano assediate fino a quel momento riuscirono a sfondare la porta e a fare irruzione nella casa. 

 

“Forza ragazzi, giù in cantina! Prendiamole!”

Da dietro l’angolo, Cornelia riuscì a vedere tre brutti ceffi, armati di corda, che corsero verso la cantina, senza nemmeno darsi pena di controllare le altre stanze.

 

‘Che banda di idioti.’ Pensò Cornelia ‘Non si sono nemmeno chiesti perché la porta si è aperta con tanta facilità.’

Si aspettava che tutti e tre entrassero in cantina, ma il terzo rimase sulla porta.

 

“Resterò qui per evitare che scappino.”

 

‘Ah, un briciolo di intelligenza c’è’ si disse Cornelia, avvicinandosi cautamente all’individuo, portandosi alle sue spalle. Gli toccò leggermente la spalla e questo fece appena in tempo a scorgere un accenno del volto dell’attrice, prima di ricevere una forte spinta che lo fece capitombolare giù per la ripida rampa e travolgere i suoi compagni.

Cornelia non perse tempo a controllare quanto di intero fosse rimasto dei malviventi e chiuse la porta a chiave, bloccandola anche con un’asse di legno.

 

“Ecco fatto, ora starete lì dentro fino a quando arriverà la polizia” disse battendosi le mani compiaciuta.

 

“Oh, loro staranno qui, ma lei signorina verrà con noi.” Cornelia si raggelò.

 

 Ora era lei l’idiota.

 

Non aveva pensato che ci potessero essere altri scagnozzi in agguato, non le era neanche passato per la mente.

Quando si voltò, vide davanti a sé altri quattro topi, che la guardavano con aria malevola.

 

“Beh, che dire signori? Mi sento onorata ad avere una scorta così numerosa. Il vostro capo forse riteneva che tre di voi non fossero sufficienti per una povera ragazza indifesa?” replicò lei cercando di farli innervosire.

 

“A quanto pare aveva ragione, giusto?” rispose quello che le aveva parlato poco prima.

“Forza, ora venga con noi senza fare troppe storie e vedrà che nessuno si farà del male.”

 

“E se per caso rifiutassi?”

 

“Sarebbe di certo la persona più stupida di questo mondo.”

“Qui gli stupidi invece mi sembrate voi. ORA!!”

 

Dalle scale spuntarono un mattarello di marmo ed un attizzatoio che colpirono violentemente due dei malviventi.

Mentre Cornelia parlava, la signora Placidia ed Elizabeth erano scese e, silenziosamente, si erano portate alle spalle della banda ed avevano colpito con tutta la loro forza.

 

Ciò che seguì a quell’azione fu un vero e proprio putiferio: i due malviventi rimasti in piedi rimasero intontiti per un secondo, al vedere i loro compari a terra e Cornelia scelse di approfittare di quel secondo per saltare addosso ad uno dei due, colpendolo, graffiandolo, mordendolo fino a farlo cadere a terra.

L’altro non ebbe una sorte migliore, trovandosi a lottare contro due donne armate e per di più molto agguerrite. Afferrò un bastone e cercò di difendersi come meglio poteva. In pochi secondi era a terra anche lui a cercare disperatamente di difendersi dai colpi che gli venivano inferti dalle due donne.

Quando perse i sensi, Elizabeth e la signora Placidia si rialzarono da terra appena in tempo per vedere Cornelia sferrare un ultimo colpo all’altro quasi-rapitore e rialzarsi da terra.

 

“Abbiamo fatto davvero un bel lavoro.” Disse ripulendosi la gonna dalla polvere.

 

“Mai provocare delle donne, specie se munite di armi micidiali come il mio mattarello.” Le rispose la governante.

 

“Ho visto il colpo che ha sferrato. Spero solo che non abbia ucciso il poveretto che l’ha ricevuto in… ELIZABETH, SPOSTATI!!!” gridò improvvisamente l’attrice.

 

Durante la lotta, la dottoressa era finita accanto alla porta della cantina. Porta che, senza che le donne se ne accorgessero, si era aperta silenziosamente, lasciando passare uno dei tre malviventi che Cornelia credeva di aver messo fuori gioco. Il tizio era riuscito a forzare la serratura ed ora aveva afferrato Elizabeth, puntandole un coltello alla gola.

 

“Bene, bene, bene. Ora chi ha il coltello dalla parte del manico?” disse ghignando.

 

“Lasciala andare, farabutto.” Gli ordinò Cornelia con gli occhi che mandavano scintille.

 

“Lo farò, certamente, ma lei dovrà venire con me signorina, altrimenti….” Le rispose lui, stringendo leggermente la presa attorno alla dottoressa.

 

La mente dell’attrice lavorava frenetica, alla ricerca di una soluzione. Dopo un po’, però, abbassò lo sguardo rassegnata e disse:

 

“Va bene, ti seguirò.”

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FINE DEL CAPITOLO

 

Eh sì, termina proprio qui. Avevo paura che il capitolo venisse troppo lungo e che vi stufaste di leggerlo. Non temete, aggiornerò presto, ho già pronta parte del prossimo capitolo. Cosa succederà a Basil? E a Cornelia? Si accettano scommesse.

Beh, allora fatemi sapere cosa ne pensate, ma fatelo davvero.

A presto

Bebbe5

 

 

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Capitolo 16
*** The end (second act) ***


Note dell’autrice: beh, cosa dire? Sono contenta che ci siano stati più commenti. Grazie mille, a tutti. Pensavo di aver avuto un calo di stile (tra l’altro senza blocco della scrittrice, il che sarebbe stato ancora più grave). Cominciamo subito:

 

ANGOLO DELLE RECENSIONI

 

BELLIS: Guarda, per quanto riguarda le frasi che faccio dire ai miei personaggi, uso un certo trucchetto, però non ridere ok? Mi metto davanti ad uno specchio immaginandomi la scena e provo le battute. Mi diverto un sacco e in questo modo trovo anche tante belle idee per i capitoli. Grazie per i complimenti sulle scene (nel provare quella della lotta a Baker Street davanti allo specchio, tra un po’ di rompo una gamba, ma va bè dai, i rischi del mestiere). Già, dove sarà finito Topson? Spero che tu riesca a pazientare ancora un po’, il tempo di leggere questo capitolo.

 

TENSI: Sono lestofanti e per lo più uomini, cosa ti potevi aspettare se non un trucco simile? Per quanto riguarda Basil, ho come l’impressione che in questa mia storia esca un po’ dai canoni di Eve Titus, ma pazienza giusto? Se saprai aspettare un po’, ti verrà svelato tutto quello che accadrà.

 

MIRISTAR: Non ti preoccupare, anzi, mi sa che ho un po’ esagerato con quel lamento dell’ultimo capitolo. Non posso mica pretendere che ci sia sempre una recensione no? Se leggi mi basta ed avanza. Sai, ci avevo pensato di riscriverla in inglese, ma non di mandarla ai disneyani. Magari un giorno lo farò. Grazie del consiglio.

 

Grazie a tutte per aver recensito. Buona lettura.

 

Capitolo 16

 

Basil aveva salito le scale della Torre il più velocemente possibile, fino ad arrivare all’ultimo piano, accanto alla cui finestra aveva visto galleggiare il dirigibile. Una volta raggiunta la sua meta, si trovò un attimo spiazzato. Era arrivato nella sezione più alta del museo (che consisteva in un ampio salone pieno di teche contenenti dei gioielli di vario genere) e si trovò davanti al resto della banda di Rattigan, più Rattigan stesso, ma si accorse di non avere un piano. Mentre guardava i vetri delle teche, sparsi in frantumi sul pavimento e gli scagnozzi del suo peggior nemico raccogliere gli oggetti preziosi e portarli sul dirigibile, capì che, come spesso gli accadeva, avrebbe dovuto improvvisare, ed anche alla svelta. Si nascose dietro una colonna e cominciò a pensare.

 

“Dunque, non posso uscire così allo scoperto, sarebbe da sciocchi. Non posso nemmeno lasciarli partire, però. Devo trovare il modo di mischiarmi a loro senza farmi scoprire, ma come?”

 

La risposta gli arrivò in maniera del tutto inaspettata: restavano poche teche da depredare e, quando il vetro di una di esse fu mandato in frantumi, una coppa d’oro intarsiato gli rotolò vicino al piede.

 

“Ehi” disse uno dei topi “vado a raccogliere quello là.”

 

Basil non poteva sperare in un colpo di fortuna più grande. Quando il tipo si fu avvicinato abbastanza e si fu chinato per raccogliere l’oggetto, il detective lo afferrò, portandolo dietro la colonna e lo colpì con violenza dietro la nuca, facendogli perdere i sensi. Dopo di che, estrasse un paio di manette di scorta da una tasca e legò le mani del malvivente, passando la catena delle manette intorno alla colonna. Provvide ad imbavagliarlo, poi gli rubò il berretto da marinaio e la giacca, infilandosele.

Dopodiché prese un bel respiro e, affidandosi ad ogni santo che conosceva, uscì dal suo nascondiglio con il calice in mano.

Silenziosamente, si avvicinò al dirigibile, vi montò sopra ed in quel momento, mentre si ritrovava tra tutte quelle ricchezze, gli venne un’illuminazione.

Si guardò intorno, per vedere se qualcuno lo stava osservando, poi prese un po’ di gioielli e se li mise in una delle tasche della giacca.

Ritornò poi nella sala, dove gli altri ladri stavano completando la loro opera e, muovendosi con indifferenza, piazzò la refurtiva che aveva sottratto sotto alcune delle teche già in frantumi, facendo in modo che non si vedesse. Tenne un po’ dei gioielli per se, facendo finta di averli trovati solo in quel momento, e li riportò al dirigibile, dove ne prelevò altri, che poi mise sotto un’altra teca. Fece questo per quattro o cinque volte, riuscendo a riprendere buona parte della refurtiva senza farsi scoprire.

Improvvisamente, però, mentre si apprestava a ripetere l’azione, udì la voce di uno dei criminali provenire dal dirigibile:

 

“Ehi, perché mi sembrava che ci fossero più gioielli qui?”

 

“Ross, quante altre volte devo bastonarti perché tu comprenda che non devi bere prima di compiere una missione?” chiese Rattigan, avvicinandosi al topo con aria minacciosa.

 

“Ma glielo giuro signore, ce n’erano di più, ne sono sicuro.” Rispose l’altro, spaventato.

 

“E allora dimmi, vedi forse altri gioielli nella sala, tranne quelli laggiù che dobbiamo ancora raccogliere?” domandò nuovamente il ratto, indicando un mucchietto di preziosi attorno al quale stavano lavorando Basil ed altri quattro malviventi.

Ross scosse la testa, affranto e terrorizzato allo stesso tempo.

Rattigan sospirò, fingendosi dispiaciuto.

 

“Sai” disse “per ora ti risparmierò la punizione che meriti, perché mi sei utile, ma quando torneremo alla base, stai tranquillo che…. “

Tutto d’un tratto smise di parlare, ed il sospiro di sollievo che Basil stava per far fuoriuscire dalla bocca, tornò bruscamente nella gola del detective, quando lui vide che l’attenzione del suo nemico era stata catturata da qualcosa all’interno del dirigibile.

 

“Eppure” cominciò Rattigan “ero sicuro di aver già preso lo scettro di rubini della nostra Regina.” Dopodichè, si chinò verso il fondo del dirigibile e cominciò ad annusare il legno. Quando si rialzò e si voltò, i suoi occhi fiammeggiavano.

Sembrava veramente in collera, ma un ghigno che somigliava tanto ad un sorriso dimostrava che, in realtà, era tremendamente felice per qualcosa.

 

“Basiiiiiil? Dove sei? Alla fine ce l’hai fatta a trovarmi. Ma bravo, mi complimento con te. Ora vieni fuori, basta giocare a nascondino. Non vorrai farmi arrabbiare sul serio.” Mentre parlava, si muoveva per la stanza, ricordando al detective un grosso segugio da caccia. Basil capì immediatamente che la sua unica possibilità era l’attacco a sorpresa.

Si mise dunque una mano in tasca ed afferrò un piccolo manganello che portava sempre con sé. Quindi si preparò all’attacco, mentre Rattigan continuava a parlare con quel su tono tremendamente scherzoso.

 

“Facciamo così, conterò fino a tre e tu ti farai vedere, va bene? Uno… due….”

 

“TRE!!” gridò Basil e colpì immediatamente i due che gli stavano più vicino con il manganello, facendoli cadere a terra. Dopodichè si voltò e corse a perdifiato fino all’altro capo della sala dove, entrando, aveva visto una serie di spade appese al muro. Ne scelse una e si preparò ad affrontare i suoi nemici che, intanto, si erano messi a correre verso di lui.

Stavano per raggiungerlo, quando Rattigan gridò:

 

“FERMI!!!!” Tutti si bloccarono dov’erano, i topi nell’atto di afferrare il detective e quest’ultimo con la spada sollevata.

 

“Mi occuperò di lui io stesso. Voi andate sul dirigibile e preparatevi a partire.”

 

“Ma, signore e gli altri gioielli?” chiese uno dei criminali.

 

“Rubargli la vita sarà un furto sufficiente per stanotte.” Rispose il ratto con un ghigno.

 

“Mhm, sono lusingato, da quando hai deciso di farmi i complimenti?” chiese Basil ironico, nonostante ci fosse poco da scherzare in una situazione del genere.

 

“Su, andate.” Ordinò nuovamente il ratto, ed i suoi scagnozzi, immediatamente, obbedirono. Raccolsero i compagni svenuti e si affrettarono a salire sul dirigibile.

Rattigan si voltò dunque verso Basil.

 

“Tre anni. Tre lunghi anni. Equivalgono al tempo in cui avrei voluto metterti le mani addosso e rompere ogni singolo osso del tuo corpo. Fortunatamente sono riuscito a frenarmi per attendere il momento propizio e la mia attesa sembra essere stata premiata. Ti darò comunque una chance: combattiamo ad armi pari, che ne dici?”

 

“Dico che ho poca scelta.” Rispose Basil, afferrando un’altra spada e gettandola a Rattigan che la afferrò e ne percorse la lama con le dita.

 

“Ah, sembra di essere tornati ai tempi della scuola, quando tiravamo per gioco.”

 

“Già.” Rispose Basil toccandosi il fianco destro sul quale, nascosta dai vestiti, stava una cicatrice provocatagli proprio dal suo nemico durante uno scontro. In compenso, anche lui aveva lasciato un segno sul corpo del suo nemico, un bel taglio sulla spalla sinistra.

 

“Cominciamo, en guarde.” Disse Rattigan mettendosi in posizione, subito imitato da Basil.

 

Lo scontro cominciò.

 

Inizialmente, erano solo tocchi di lama, quasi timidi, come se entrambi volessero saggiarsi a vicenda dopo tanti anni.

Poi, così repentinamente che anche gli scagnozzi di Rattigan, che osservavano la scena dal dirigibile, fecero fatica a vederlo, i due cominciarono a lottare su serio.

Si sferravano un colpo dietro l’altro, equivalendosi dal momento che Basil giocava più sull’agilità, mentre Rattigan sulla forza.

Ad un certo punto Basil, con una mossa velocissima, riuscì a far cadere Rattigan a terra. Quest’ultimo, però, sferrò un colpo di coda al detective che cadde a terra a sua volta e che riuscì ad evitare per un soffio la lama dell’avversario. Si rialzò velocemente e riprese a combattere.

Lottarono per diversi minuti, mancandosi per pochi centimetri ad ogni colpo che affondava la loro difesa e, improvvisamente, si trovarono stanche ed ansimanti, l’uno di fronte all’altro.

La sala intorno a loro, era piena dei frammenti di vetro delle teche (che erano state distrutte un po’ dagli scagnozzi di Rattigan) e dei pezzi di legno e di stoffa dei vari arredi che Basil e Rattigan avevano distrutto tentando di recidersi a vicenda le carotidi.

 

“Mhm… non te la cavi… tanto male.” Commentò Basil, cercando di riprendere fiato.

 

“Già…” rispose Rattigan “neanche tu, per quanto mi costi ammetterlo. Continuiamo.”

 

Stavano per riprendere la lotta quando, dalla strada sottostante, si sentì il suono di una campanella e la voce di uno degli scagnozzi di Rattigan che gridò agitato dal dirigibile:

“Capo, arrivano gli sbirri!”

 

Rattigan si voltò verso i suoi uomini, poi riportò lo sguardo su Basil, con un ghigno malevolo stampato in faccia.

 

“Ce ne hanno messo di tempo eh? Credo che dovremo proseguire la nostra sfida un’altra volta. Però…”

 

Senza terminare la frase, si lanciò verso Basil con tutta la sua forza ed il detective, senza avere il tempo di reagire, si ritrovò a sbattere con la schiena nell’unica teca rimasta intatta, quella contenente la corona, mandandola in frantumi. Minuscole schegge di vetro gli perforarono la pelle e lui si ritrovò steso a terra, stordito. Rattigan gli si avvicinò lentamente, gettando via la spada lungo il tragitto. Quando gli arrivò a pochi metri, lo fece voltare sulla schiena con un calcetto nelle costole.

 

“Non sai quale tentazione provo. Vorrei e potrei strangolarti qui e ora, ma sento che ancora non hai sofferto abbastanza, che sentire la tua vita scivolare via sotto le mie dita non appagherebbe a sufficienza il mio desiderio di vendetta. Per ora, mi accontenterò di questa.” Disse ed afferrò la corona che era caduta a terra insieme a Basil.

“Penso che farà proprio una bella figura nella mia tesoreria. Arrivederci Basil.” Concluse e si avviò verso il dirigibile. A metà strada si fermò e disse malevolmente:

 

“Oh, per la cronaca, questa non è l’unica cosa che ti porterò via questa sera. Vuoi che ti saluti Cornelia?”

 

Basil non seppe mai se quello che lo spinse ad alzarsi e a scagliarsi contro Rattigan fosse rabbia o disperazione. Fatto sta che, con tutte le forze che aveva, riuscì a rialzarsi e a correre verso il ratto il quale, stupito da un simile gesto, si voltò e fece per montare sul dirigibile. Aveva già il legno sotto i piedi, quando sentì un dolore lancinante alla coda. Voltandosi, vide ce Basil aveva in una mano un piccolo pugnale e nell’altra un pezzo della sua coda.

 

“BASIL!!! PAGHERAI ANCHE QUESTA, E’ UNA PROMESSA!!” Gridò mentre il suo mezzo di trasporto solcava il cielo di Londra.

 

L’investigatopo, intanto, era rimasto alla finestra, ansimante, con il livello di adrenalina che calava ad ogni secondo.

In un lampo, la sua mente si riempì di mille pensieri:

 

Ho fallito.

 

Ha preso la corona.

 

Ha preso Cornelia.

 

Ho fallito.

 

“Non sai cosa darei per vedere la sua faccia quando scoprirà che ha preso un falso.”

 

Basil si voltò di scatto al suono di quella voce inaspettata. I suoi occhi verdi ne incontrarono un paio del colore del mare che non avrebbe mai creduto (né tanto meno sperato) di incontrare in quel frangente.

 

“Cosa ci fai qui?” chiese, forse un po’ bruscamente.

 

“Tornavo a casa dal lavoro ed ho visto il dirigibile, tutto qua.” Fu la semplice risposta.

 

“Ah… dove hai messo la vera corona?”

 

“Uff, non mi concedi neanche il gusto di spiegarti come sono andate le cose? Comunque è là, dietro quella tenda in fondo.” Rispose l’interlocutore.

 

“Non è tanto difficile capire cos’hai fatto. Hai preso la corona mentre gli altri non guardavano e l’hai sostituita con uno dei tuoi attrezzi. Comunque grazie.” Disse Basil, andando a recuperare la bellissima corona dietro la colonna e rimettendola al suo posto.

 

“Odio il tuo mestiere, mi rovini sempre tutto.”

 

“Sì sì, va bene. Ora sarà il caso che tu vada a casa. La polizia sarà qui a minuti.”

 

“Eh no, non ce la farai a liquidarmi così, Dobbiamo fare un discorsetto mio caro e dobbiamo farlo subito. Vieni con me, usciamo da qui.” Disse la figura, aprendo una porticina nascosta dietro un candelabro ed entrandovi, seguita poco dopo da Basil.

I due camminarono in silenzio per un po’, scendendo varie rampe di scale che, da quanto il detective poteva dedurre, conducevano fuori dalla Torre.

Una volta fuori, la persona si voltò ed i suoi occhi fiammeggiavano.

Basil ne fu leggermente intimorito, ma mantenne comunque il controllo.

 

“Che c’è, che ho fatto?”

 

“La prossima volta che ti trovi davanti ad un bivio, ti consiglio di scegliere meglio e di considerare di più le tue priorità.” Sibilò l’altro.

 

“Di cosa parli?”

 

“Sapevi che Cornelia era in pericolo, lo sapevi quando hai mandato Topson a Baker Street. Invece di correre a salvarla, hai preferito cedere alla tentazione di uno scontro con il tuo nemico. Quella ragazza merita di più e tu lo sai, non puoi metterla in secondo piano per una sfida che, se vinta, ti darebbe gloria e fama oltre ogni limite. Ho ragione o no?”

 

Basil era rimasto totalmente senza parole. Si era dimenticato di Cornelia e questa cosa lo faceva star male. Come un bambino che vede un pallone e non capisce più nulla, così lui si era lasciato trasportare dalla sua voglia di lottare. Aveva mandato inconsciamente Topson a Baker Street, sapendo che ci sarebbe stato bisogno di aiuto, ma non aveva collegato al sua casa a Cornelia.

 

“Hai perfettamente ragione. Sono stato un’idiota.”

 

“Sì, un’idiota. Dai, ora corri a casa e vedi cosa puoi fare.”

 

“Vado subito” disse Basil, fischiando per richiamare Ugo. Quando gli fu montato sopra si rivolse un’ ultima volta al suo soccorritore.

“Grazie. Cosa farei senza di te?”

 

“Saresti totalmente spacciato, ora corri.” Rispose la figura, prima di sparire nell’oscurità delle vie londinesi.

 

Basil allora spronò il cane e partì alla volta di Baker Street.

 

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Topson non ricordava l’ultima volta in cui aveva corso così tanto e fu quindi felice quando, svoltato un angolo, si ritrovò a Baker Street. Raggiunse il numero 221/B e si fermò di botto. La porta era spalancata.

 

O mio Dio fu il suo unico pensiero mentre, incurante della fatica e della pesantezza alle gambe, correva all’interno della casa. Lo accolse uno spettacolo piuttosto singolare. Nel salotto, ordinato come al solito, sedevano tranquillamente Elizabeth, Cornelia e Mrs. Judson a sorseggiare del tè e a conversare amabilmente. La cosa strana non stava tanto in quella normalità, quanto nel fatto che, saldamente legati l’uno all’altro, poco lontani dal caminetto, stavano  non meno di sette individui della peggior risma sociale.

 

“Oh buona sera dottore, gradisce del tè?” chiese Elizabeth allungando una tazza a Topson, che la prese automaticamente, sbalordito.

 

“Cosa diamine è successo qui?” chiese.

 

“Beh, questi gentili signori volevano portarmi a fare un giretto dalle parti del porto, io mi sono rifiutata e… ne hanno subito le conseguenze.”

 

Il dottore azzardò un’altra occhiata ai criminali. Effettivamente, presentavano un certo numero di contusioni, tale da far desistere il dottore dal desiderio di provocare quel trio di donne che, tanto innocente all’apparenza, provocava poi danni del genere.

 

“Signorina Elizabeth l’azione migliore è stata la sua.” Disse ad un certo punto Mrs. Judson “Sferrare una gomitata nelle costole al ceffo che le puntava un coltello alla gola.”

 

“Già, devo rendertene merito amica mia, hai fatto davvero un bel lavoro. Se non fosse stato per te, a quest’ora chissà dove… un momento! Dottore, dov’è Basil?” chiese all’improvviso Cornelia, rendendosi conto dell’assenza del detective.

 

Topson la guardò e scosse la testa.

 

“Ci siamo separati dopo aver sventato la rapina. Credo che sia andato alla Torre di Londra.”

 

“Alla Torre?!?! E perché mai?” chiese l’attrice incredula e preoccupata.

 

“Abbiamo visto il dirigibile di Rattigan volteggiare accanto alle finestre di uno dei piani più alti. “

 

“Cosa?!? E voi non siete andato con lui?”

 

“No, mi ha detto di correre qui, nel caso ci fosse stato bisogno di aiuto.”

 

“Il solito incosciente” borbottò Cornelia adirata alzandosi ed afferrando il suo cappotto.

 

“Dove va signorina?” chiese Mrs. Judson.

 

“A cercarlo.” Rispose Cornelia avviandosi verso la porta ed uscendo di casa. Aveva fatto pochi passi nel vialetto, quando vide qualcuno correre nella sua direzione e, prima che potesse fare qualsiasi cosa, si accorse di essere tra le braccia dello sconosciuto.

Il suo primo impulso fu quello di colpirlo, poi si accorse che questi stava mormorando qualcosa.

 

“Sei salva grazie a Dio.”

 

“Basil?” disse lei e, quando l’individuo annuì, ricambiò anche lei l’abbraccio con foga. Fu però costretta a mollare subito la presa, quando il detective inspirò bruscamente..

 

“Basil, cos’hai, sei ferito?”

“Non è nulla, davvero, solo un graffio.”

 

“Ma dove sei stato? Perché ci hai messo tanto?”

 

“E’ una lunga storia. Tu piuttosto, come fai ad essere ancora qui?”

 

“Tu sapevi dell’attacco?!? E non sei venuto qui?!?”

 

 “Cornelia, mi dispiace, non so cosa mi sia preso. So che sarei dovuto tornare qui e mi rammarico di non averlo fatto. Se non mi vorrai più vedere lo capirò, tranquilla.”

 

L’attrice lo guardò furibonda, poi però la sua espressione si addolcì leggermente, pur rimanendo seria.

 

“Senza di me ti faresti ammazzare. Dai, rientriamo, così mi racconti tutto ed io racconto tutto a te.”

 

I due tornarono in casa, chiudendosi la porta alle spalle, o almeno provandoci.

La serata fu molto lunga per Basil, sia perché dovette ascoltarsi la predica di Cornelia e di Mrs. Judson, sia perché Topson dovette staccargli ogni singola scheggia di vetro che gli era rimasta incastrata nella schiena dopo l’urto con la teca.

Nonostante la sofferenza, nonostante non ne potesse più di ascoltare ramanzine, era felice: era riuscito a sconfiggere Rattigan.

 

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Frattanto, nel covo di Rattigan..

 

“Ti ho detto che quello è mio!!”

 

“No, è mio, sono stato io a portare più gioielli sul dirigibile.”

 

“Vero, prima che quel detective li portasse via, quindi spetta a me.”

 

Gli scagnozzi di Rattigan, stavano discutendo piuttosto animatamente sul misero bottino che avevano conquistato.

 

Il ratto li osservava dal suo trono, con la corona della regina in testa, soddisfatto:

aveva sconfitto Basil. Era riuscito a portargli via la corona e presto, avrebbe avuto anche Cornelia.

Come mai, però, i suoi soci ci stavano mettendo così tanto a tornare da Baker Street?

 

Era così assorto nei suoi pensieri che non si accorse di un doblone d’oro che, nella lotta scoppiata tra i ladri, era stato scagliato contro di lui. La moneta lo colpì in testa, facendogli cadere la corono.

Immaginatevi il suo stupore quando questa andò in pezzi. Nella sala cadde il silenzio, anche gli scagnozzi avevano smesso di lottare, una volta accortisi di ciò che era accaduto.

 

“Non l’ho tirato così forte.” Mormorò uno di loro, terrorizzato.

 

Rattigan raccolse i pezzo e si accorse di avere in mano dei frammenti di resina colorata: la corona era un falso. Tremante di rabbia, si accorse che, nell’urto, dall’oggetto era uscito un biglietto.

Lo raccolse e lo lesse:

 

Stavolta ti è andata male. La ragazza è al sicuro a Baker Street. Sarà per la prossima.”

 

Rosso di collera, accartocciò il pezzo di carta, riducendolo a brandelli, ed i suoi scagnozzi fecero appena in tempo a coprirsi le orecchie prima che lui urlasse:

 

“BASIIIIIIIIIIIIIIIL!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”

 

FINE DEL CAPITOLO.

 

Allora? Vi ha soddisfatti? Spero proprio di sì. Scusate se ci ho messo tanto.

E ora, cosa succederà? Chi sarà l’individuo misterioso che ha aiutato Basil? Lo scoprirete presto, è una promessa.

A presto

Bebbe5

 

 

 

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Capitolo 17
*** Note dell'autrice ***


Note dell’autrice: salve a tutti. Purtroppo questo non è un aggiornamento, ma una comunicazione che mi premeva farvi. Vi chiedo di perdonarmi in anticipo se non aggiornerò per un po’ di tempo, ma mi è stato chiesto di terminare in fretta il racconto su Sherlock Holmes che sto scrivendo, “L’incredibile vicenda del vapore Friesland”. Per un po’ i miei sforzi si concentreranno esclusivamente su questo, quindi vi chiedo scusa di nuovo se l’aggiornamento tarderà ad arrivare.

Grazie a tutti coloro che seguono la storia e che lasciano dei commenti.

 

Bebbe5

 

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Capitolo 18
*** Scoperte ***


Note dell’autrice: Salve a tutti. Volevo farvi una comunicazione importante. Non tiratemi il collo, ma penso che riscriverò l’intera storia. Non preoccupatevi, non la cancello, cambio solo un paio di particolari sulle date, perché mi sono resa conto che, andando avanti, mi ritroverei parecchio nelle peste. L’idea è questa: Cornelia se n’è andata da dieci anni e qui ci siamo, ma Rattigan è precipitato dal Big Ben solo tre anni prima degli eventi di questa fanfiction, tutto chiaro?

Prima che me ne dimentichi: http://thestrandmagazine.forumcommunity.net/.

Questo è il link di un bellissimo forum su Sherlock Holmes al quale io e Bellis siamo iscritte. Iscrivetevi anche voi, è divertente.

 

ANGOLO DELLE RECENSIONI:

 

BELLIS: Grazie per i complimenti. L’idea principale era proprio quella di non dare un attimo di sollievo al lettore. Il duello di spade volevo farlo un po’ più lungo, ma mi sono resa conto che, forse, l’attenzione del lettore sarebbe stata messa a dura prova da dettagli troppo “romanticheggianti” (come direbbe Holmes). Come ti avevo già anticipato, per scoprire l’identità del misterioso salvatore dovrai attendere il prossimo capitolo (lì sì che ci saranno particolari più romanzeschi, spero).

Grazie per le note personali. Per quanto riguarda le prove davanti allo specchio ho preso la precauzione di togliere da terra il tappetino che è stato la causa del mio scivolone. Sì, Rattigan parla in modo molto minaccioso, ma mi sono resa conto che non sono riuscita, né riesco, a renderlo malvagio e subdolo quanto vorrei. Spero di riuscire ad ottenere questo risultato in seguito.

 

TENSI: Beh, cosa posso dire?  Grazie per i complimenti, sono contenta che tu gradisca il “mio” Basil così com’è.

 

MIRISTAR: Grazie per i complimenti, spero di non aver tardato troppo.

 

123BABYDEVIL123: Sono contenta che la fiction ti piaccia. Cornelia l’ho voluta ideare proprio così, perché anch’io sopporto poco le “femminucce” (io in primis sono quella che va a fare le scampagnate in montagna senza preoccuparsi di infangarsi un po’ o di rompersi un’unghia). Come ho scritto a Bellis, per il personaggio misterioso dovrai attendere il prossimo capitolo (eh, lo so, sono sadica, ma altrimenti come facevo a descrivere Rattigan?). Credimi, non sei la sola ad essere innamorata di Basil, io lo adoro da quando avevo 4 anni e quando ero piccola lo impersonavo nei giochi con mia sorella. Non sei la prima a propormi di mandare la storia a qualcuno, la mia domanda è: qualcuno chi? La Disney? Non credo che accetterebbe, ma magari ci posso provare.

 

Grazie a tutte per le recensioni che mi avete lasciato, mi fanno sempre un immenso piacere.

Buona lettura.

 

Capitolo 17

 

La mattina seguente, Cornelia si svegliò nella sua camera. Dopo aver guardato la pendola ed aver constatato che mancava poco alle nove, si alzò, si infilò una vestaglia e scese al piano di sotto.

Stava attraversando il corridoio che l’avrebbe portata in cucina, quando sentì il suono di un violino provenire dal salotto. Si avvicinò alla stanza ed aprì la porta. Sdraiato sulla sua poltrona a strimpellare lo strumento,con la sua veste da camera color prugna indosso, stava Basil, con lo sguardo fisso davanti a sé ed un’aria molto stanca.

 

“Buongiorno Basil, stanotte non hai chiuso occhio vero?”

 

Il detective sembrò riscuotersi dal suo stato di trance.

 

“Ah, buongiorno anche a te Cornelia. No, non sono davvero riuscito a dormire. Pensavo..”

 

“A cosa?” chiese lei avvicinandosi ed abbracciandolo da dietro.

 

“Al fatto che Rattigan abbia saputo in anticipo quali sarebbero state le mie mosse.”

 

“Dai, cosa vuoi che sia? In fondo hai vinto, giusto? Io sono qui,la corona è al suo posto, la Banca è salva…”

 

“Sì, ma se dovesse ricapitare? Stavolta abbiamo avuto fortuna, ma se la prossima volta si organizzasse meglio?”

 

“Ci organizzeremo meglio anche noi, su ora calmati dai.”

 

“No, non ci riesco” sbottò lui, alzandosi di scatto dalla poltrona e lasciando cadere il violino.

 

“E’ quasi riuscito a catturarti. Se fossi tornato qui invece di andare alla Torre di Londra, non avrebbe nemmeno osato mandare i suoi uomini a bussare alla porta di casa. Mi ha provocato, sapeva esattamente come avrei reagito e questo non riesco a perdonarmelo.”

 

Cominciò a camminare per la stanza, fermandosi poi davanti alla finestra.

 

“C’è qualcosa che mi sfugge. Qualcosa di terribilmente ovvio.” Disse, fissando i passanti per strada senza vederli veramente.

 

Cornelia gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.

 

“Tutti commettiamo degli errori e non c’è nulla di poi così strano in questo. La nostra forza sta nell’accettarli e nell’affrontarli al momento giusto. Ora però, devi renderti conto che il pericolo di ieri sera è passato e che, almeno per un po’, puoi rilassarti.”

 

Lui si voltò e la guardò profondamente.

 

“Non adirarti Cornelia, ma non penso che tu ti renda pienamente conto di come stiano le cose. Quando ci si trova ad affrontarlo, si finisce per il ritrovarsi da un alto di un’enorme scacchiera. Per vincere la partita bisogna sempre pensare tre mosse avanti, con tutte le variabili che potrebbero scombussolare i tuoi progetti. Se non agisco subito, se non trovo immediatamente la radice del problema, ci ritroveremo tre mosse indietro rispetto a lui.

Quando te ne sei andata, i giochi erano appena cominciati. E’ riuscito a colpire più a fondo di quanto tu possa immaginare.”

 

Cornelia rimase in silenzio per qualche istante, poi si azzardò a chiedere:

 

“Cosa vuoi dire con ‘è riuscito a colpire più a fondo ’ ?”

 

“Nulla, nulla, non farci caso.” Le rispose Basil evasivo.

“Beh, comunque non credo che riuscirò a batterlo senza un po’ di cibo sullo stomaco. Che ne dici, andiamo a fare colazione?”

 

Nonostante la voglia di indagare su ciò che il detective aveva detto, l’attrice annuì e lo seguì fuori dal salotto, nella sala da pranzo.

Per tutta la durata del pasto, rimase per lo più in silenzio, rispondendo a monosillabi quando le veniva posta una domanda che esigeva una risposta.

 

Pensava.

 

Pensava a cosa poteva essere accaduto di così grave al suo detective in quegli anni in cui si era dovuta tenere lontana dalla città.

 

Era chiaro come il sole che Basil non voleva (o forse non poteva) parlargliene. Doveva essere dunque una cosa molto grave. Guardandolo conversare con Topson, si chiese se, in qualche modo, lei fosse coinvolta. No, non era possibile, sicuramente l’avrebbe messa al corrente nel caso di una simile eventualità.

Più continuava a scervellarsi, più idee le nascevano nella mente, più si rendeva conto di non stare arrivando da nessuna parte.

Stava quasi per rinunciare, quando le venne un’idea: forse Basil non avrebbe parlato, ma il suo biografo, nonché migliore amico, avrebbe fatto lo stesso?

 

Subito dopo colazione, i tre salirono nelle rispettive camere per vestirsi. Quando Cornelia scese, trovò Topson da solo in salotto, tutto preso dalla lettura di un giornale.

 

“Topson, Basil è già sceso?” gli chiese.

 

“Oh sì, e se n’è anche già andato.” Rispose lui, alzando brevemente gli occhi dalla pagina di cronaca.

 

“Andato? Dove?”

 

“Non me l’ha detto, non mi mette mai al corrente di ciò che fa.” L’amarezza era evidente nella voce del topo.

 

L’attrice prese un bel respiro e si decise a chiedere:

 

“Da quanto conosci Basil?”

 

Il dottore alzò gli occhi dal giornale, stupito dalla domanda.

 

“Da tre anni, perché?”

 

“Sai se sia successo qualcosa di terribile durante il periodo in cui io sono stata assente dall’Inghilterra?”

 

“Moltissime cose, per esempio…”

 

“No, no, intendevo a Basil.”

 

Il dottore ci rifletté brevemente per poi scuotere la testa.

 

“No, mi spiace. Se è successo qualcosa dev’essere stato negli anni in cui è stato da solo, perché io non ne so nulla. Come mai mi hai fatto questa domanda?”

 

Cornelia non sapeva se rispondere o meno, ma in fondo il dottore era stato sincero con lei, quindi doveva ricambiare il gesto. Gli raccontò ciò che Basil le aveva detto. Al termine del racconto, anche a Topson erano venuti un bel po’ di grattacapi.

 

“Certo che è strano.”

 

“Già, Basil non è il tipo da farsi intimidire da…..”

 

Il discorso fu interrotto bruscamente, dato che proprio il detective era appena rientrato.

 

“Oh salve Basil” disse Topson, forse con un po’ troppo entusiasmo “dove sei stato?”

 

“A riflettere” fu la risposta concisa dell’interpellato, che intanto si stava accendendo la pipa.

 

“E…?” lo incalzò Cornelia.

 

“E niente!!!” sbottò lui “Non riesco a trovare la falla nel mio piano per tenerlo sotto controllo.”

 

Camminò avanti ed indietro per la stanza, quasi senza accorgersi della presenza degli altri due. Quando ebbe terminato di fumare, ripose la pipa, afferrò il violino ed andò a chiudersi nella sua stanza.

 

Topson e Cornelia lo sentirono suonare per ore. Quando provarono a chiamarlo per l’ora di pranzo, non ebbero risposta se non un prolungato acuto che poteva benissimo essere interpretato come un ‘no grazie ’.

 

Il giorno ormai stava per terminare e Basil non era ancora arrivato a capo del problema. Dopo aver concluso che standosene chiuso in camera avrebbe risolto ben poco, scese nuovamente nel salottino, si accese la pipa e si rimise a camminare, incurante della presenza di Cornelia, che leggeva un libro rannicchiata su una poltrona, e di Topson, che invece stava revisionando i conti dei suoi pazienti.

Mentre camminava, passò accanto allo scrittoio ed il suo sguardo cadde su un biglietto di poche parole

 

A mio modesto parere, la Banca avrebbe bisogno di un paio di guardie in più domani sera. A quanto pare non solo gli economisti si sono accorti del periodo di splendore che essa si trova a vivere.

 

Buona fortuna

B. B’

 

Il suo volto s’illuminò:

 

“Ma certo, ci sono!!” esclamò e, senza che i due presenti nel salotto avessero capito esattamente cos’era accaduto, si tolse la vestaglia, prese il suo cappotto e si preparò ad uscire.

 

“Basil, cos’è successo? Cos’hai capito?” gli chiese Cornelia.

 

“Ho capito dov’è che devo andare a cercare la falla, tutto qua. Ora scusami, ma devo andare.”

 

“Veniamo con te?” chiese lei.

 

“Ehm… no, meglio di no, visti gli ultimi eventi sarebbe piuttosto pericoloso.  Restate qui.”

 

Detto questo la baciò frettolosamente ed uscì in strada a passo spedito.

 

Stupita, Cornelia tornò allo scrittoio, alla ricerca di cosa poteva aver fatto accendere una lampadina nella mente del detective.

 

Topson, che nel frattempo era tornato ai suoi conti, sobbalzò quando la sentì gridare.

 

“CHE COSA?!?!”

 

Alzando lo sguardo, la vide stringere convulsamente il biglietto che annunciava a Basil il furto programmato per la sera precedente.

 

“Cosa avete scoperto mia cara?”

 

“Non c’è tempo per spiegare, forza, lo dobbiamo seguire.” Detto questo, lasciò cadere il biglietto, corse fuori dalla stanza e si infilò il cappotto.

 

Topson, invece, si attardò per raccogliere il pezzo di carta e subito si rese conto di cosa aveva indispettito la ragazza:

 

la scrittura era di una donna.

 

FINE DEL CAPITOLO

 

Ce l’ho fatta, avete visto? Sono finalmente (?) tornata. Chi sarà questa informatrice? Quale ruolo avrà nella vita di Basil? Sarà un ostacolo tra lui e Cornelia?

Tutto nei prossimi capitoli.

Grazie per aver letto

Bebbe5

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Meeting B.B ***


Note dell’autrice: eccomi, sono tornata or ora da Monaco (stanca morta, febbricitante, ma viva). Sembrava impossibile, ma ce l’ho fatta. Allora, prima di tutto volevo dirvi una cosa: in questo capitolo ci sarà una scena nella quale vi verrà richiesto un certo sforzo mentale, ve la dovrete immaginare. Per aiutarvi in questo, a parte l’utilizzo di descrizioni il più dettagliate possibile, ho pensato di utilizzare un brano tratto dalla colonna sonora del trailer di “La bussola d’oro”, eccolo qui:

http://www.youtube.com/watch?v=hSSnHCD6y4I

 

Si intitola “To the rescue” e il compositore è James Newton Howard.

Per ora non vi dico nulla di più: conoscendomi, potrei rovinare la sorpresa.

 

ANGOLO DELLE RECENSIONI:

 

BELLIS: innanzitutto volevo chiederti, se le 11.52 sono primo mattino per te, le 8 cosa sono? Dai, a parte gli scherzi, grazie della recensione. Ti confesserò che Cornelia era nata come mia emulazione, ma alla fine è cresciuta ed è diventata un personaggio a sé (sigh, come passa il tempo), in poche parole è diventata diversa da me. Per quanto riguarda il passato di Basil, ne verrai a sapere di più con il seguito della storia. Anche per questo ho dovuto cambiare un po’ la datazione. Eh sì, l’informatore è una fanciulla, chi sarà? Basil lo sa benissimo, tranquilla. Grazie per le consuete annotazioni, mi fanno un gran piacere.

 

MIRISTAR: Sono contenta che la questione delle date non crei problemi, t’immagini riscrivere tutto da capo? Già, di una donna. Chi sarà?

Grazie per il commento.

 

GIUSTY54; grazie per i complimenti, sono contenta che la storia ti piaccia.

Basil è un po’ il personaggio che mi ha avviata proprio a Sherlock Holmes.

 

Bene, ora direi che possiamo anche cominciare.

 

Capitolo 18

 

Topson camminava rapidamente al fianco di Cornelia e, come lei, non perdeva d’occhio il detective, che procedeva frettolosamente per le strade di Londra, pochi metri davanti a loro. Sembrava che non si fosse accorto di essere seguito, perché continuava ad avanzare a passo spedito senza guardarsi intorno. Improvvisamente svoltò un angolo, scomparendo alla vista. Il dottore e l’attrice attesero qualche istante prima di compiere la medesima azione ma, quando si decisero finalmente ad avanzare, videro che, nella strada che il detective aveva imboccato pochi attimi prima, non c’era traccia di lui.

Costernati, si fermarono di botto, senza avere la più pallida idea di cosa fare. Si guardarono intorno freneticamente, nella speranza di intravederlo da qualche parte ma nulla: Basil sembrava essersi volatilizzato.

 

“Accidenti” mormorò Cornelia tra i denti con rabbia.

 

“L’abbiamo perso.” Disse Topson, prendendosi la testa tra le mani .

 

“Deve essersi accorto che lo seguivamo ed ha fatto di tutto per seminarci.”

Fece lei.

 

“Ma come diamine ha fatto a sparire così? Non ci abbiamo messo poi tanto a seguirlo e lui non può essere così veloce.” Si chiese il dottore.

 

“Forse non sarò così veloce, ma l’astuzia di certo non mi manca, caro Topson.”

 

All’udire quella voce alle loro spalle, i due sobbalzarono e, voltandosi, videro Basil uscire dall’ombra di un vicoletto, con un ghigno divertito stampato sul volto.

 

“Ah, vecchio mio, non finirai mai di stupirci.” Esclamò Topson, affrettandosi a stringergli la mano.

Cornelia, invece, rimase al suo posto, chiaramente indecisa. Era felice che Basil non avesse deciso di seminarli (cosa che sarebbe stato benissimo in grado di fare), però era ancora irrequieta per quella lettera trovata sul tavolo.

Sapeva che dubitare di lui, essere gelosa, era un comportamento stupido, eppure non riusciva a fare a meno di provare quelle sensazioni.

Mille domande continuavano a frullarle nella testa: chi era quella donna? In quali rapporti era con il detective? Perché lui gliene aveva mai parlato? Più ci pensava, più sentiva il suo cervello andare in fumo.

 

“Stavo aspettando il momento giusto e, involontariamente, l’ ho trovato.”

 

Basil aveva capito al volo i suoi pensieri, le aveva risposto e le si era avvicinato.

 

Lei abbassò lo sguardo imbarazzata e mormorando:

“Ti odio quando mi leggi nel pensiero.”

 

Lui ridacchiò e, rivolgendosi anche a Topson, disse:

“Ebbene sì, alla fine mi vedo costretto a confessare e…” si interruppe per guardarsi velocemente attorno, poi riprese:

“Forse è meglio non parlarne qui in strada, non si sa mai chi potrebbe essere in ascolto. Seguitemi e, strada facendo, vi anticiperò qualcosa.”

 

Detto ciò, prese a braccetto Cornelia e si avviò lungo la strada, con Topson al suo fianco.

 

“Conosco la signorina B.B da… beh, direi da una vita e non è solo un modo di dire. La nostra collaborazione è cominciata all’incirca 8 anni fa, quando tu, Cornelia, eri già in Europa e tu, Topson, non avevi ancora bussato alla mia porta con la signorina…. Ehm… Flourisher?”

 

“Flaversham” lo corresse il dottore, scotendo la testa: avrebbe mai imparato?

 

“Sì, come vuoi. ”replicò seccamente il detective.

 

“Quando intendi collaborazione, vuoi dire…” cominciò Cornelia, incuriosita da quella conversazione.

 

“Per ora nulla, mia cara. Siamo troppo allo scoperto. Ve ne parlerò a breve, ormai siamo quasi arrivati.” Poi, guardandola negli occhi, aggiunse: “Nulla per cui tu debba riversarmi addosso le tue ire.”

 

Infatti, dopo neanche un paio di minuti, svoltato un altro angolo, il detective condusse i due di fronte ad un teatro tanto immenso per la loro statura, quanto minuscolo per quella umana: all’esterno aveva una larga scalinata, con ai lati due colonne in stile corinzio. La porta, altissima, era completamente di massiccio legno di quercia, con borchie, battenti e cerniere di piombo. Era inoltre decorata da intarsi raffiguranti le Muse ed alcuni personaggi delle antiche opere teatrali.

 

“Il Mousedom Theatre.” Disse Cornelia, che ne aveva sentito parlare durante i suoi viaggi. Era infatti un luogo di spettacolo molto famoso e rinomato per le novità che offriva continuamente al pubblico, anche se lei non aveva mai avuto il piacere di assistere ad una rappresentazione, in quanto la data di fondazione del teatro risaliva a circa 7 anni prima.

 

“Come mai ci hai portato qui?” chiese poi al detective.

 

“Mi sembra abbastanza ovvio no? Dobbiamo entrarci.”

 

“Beh, grazie per la poca stima delle mie facoltà mentali, ma non hai visto che c’è un cartello con su scritto “CHIUSO PER PROVE” proprio lì davanti al tuo naso?”

 

“Certo che l’ ho visto, carissima, ma chi ti ha mai detto che saremmo entrati dalla porta principale?” rispose lui. Si guardò intorno per assicurarsi che nessuno li stesse osservando, poi disse:

 

“Ora seguitemi, veloci.” Con ciò, si avviò a passo spedito verso una viuzza poco distante, con Topson e Cornelia alle calcagna.

Una volta giunti lì, si ritrovarono davanti ad una porticina di legno verde.

Su una targhetta dorata al centro di essa, c’era scritto “INGRESSO ARTISTI”.

Basil bussò e, dopo pochi istanti, una voce dall’altra parte della barriera lignea chiese, piuttosto bruscamente:

 

“Parola d’ordine.”

 

“Il tabacco migliore è quello indiano.” Rispose prontamente il detective.

 

La voce senza volto ridacchiò:

 

“Mi dispiace signore. Quella era valida fino al mese scorso.”

 

Basil sgranò gli occhi allibito. Il volto di Cornelia assunse un ghigno divertito:

 

“Cos’è che avevi detto? Che saremmo riusciti a non entrare dalla porta principale.”

 

“Per una volta, Cornelia, fammi il valore di stare in silenzio. Oh, se riesco ad entrare mi sente, quella. Accidenti, non me la ricordo.”

 

La sua frustrazione fu sostituita in pochi attimi da una nuova ondata d sbigottimento: la porta, infatti, si era aperta.

 

“Ma come… cosa..?” si ritrovò a balbettare il detective.

 

“Avete appena detto la parola d’ordine, signore: non me la ricordo.” Gli rispose il possessore della voce, un topo piuttosto alto e robusto, ridacchiando ancora più forte.

“Prego, entrate, ma fate piano, stanno ancora provando.”

Detto ciò si fece da parte, lasciando passare il trio che, per la sorpresa, sembrava aver perso il dono della parola.

Fu ovviamente Cornelia a ritrovarlo per prima:

 

“In che razza di covo di matti ci hai portato?” chiese al detective, mentre camminavano lungo un corridoio tappezzato di velluto rosso ed illuminato dalla luce di alcun lampade a gas.

 

“Me lo stavo chiedendo anch’io. La signorina deve conoscerti molto bene Basil.”disse Topson.

 

“In che senso, caro amico?” chiese il detective, senza comunque fermarsi.

 

“Senza offesa, ma hai l’orribile tendenza di scordarti cose che ti sembrano poco importanti.”

 

“Non è vero.” Replicò Basil, indispettito, ma continuando a camminare.

 

“Qual è la data del mio compleanno?” chiese Cornelia, introducendosi nella conversazione.

 

“Ehm, il 4 novembre?” rispose lui esitante.

 

“Sbagliato, il 26 di quel mese. Spiacente di dovertelo dire, ma Topson e questa signorina hanno proprio ragione. Ciò mi fa sorgere il dubbio su quanto profondamente vi conosciate voi due.” Disse l’attrice con una punta di amarezza.

 

“Non c’è alcuna ragione di fare la gelosa, né ce n’è bisogno.”

 

“Da che pulpito viene la predica.”

 

“Per piacere, ora non mi sembra il caso di litigare, tanto più che ci è stato chiesto di fare silenzio. Basil, fai strada, Cornelia, ogni cosa a suo tempo.” Disse Topson, riuscendo a placare le acque.

 

I tre percorsero in silenzio il resto del tragitto. Dopo alcuni minuti di brusche e numerose svolte (“Siamo finiti in un labirinto, oltre che in un covo di matti? E’ il Paese delle Meraviglie?” aveva commentato Cornelia), giunsero ad una doppia porta in legno marrone. Basil la spinse, fece entrare i suoi due compagni, poi la richiuse alle loro spalle.

Si ritrovarono nel buio più totale, senza alcuna possibilità di discernere qualcosa della stanza in cui si trovavano, tranne forse il fatto che era un luogo enorme.

Avanzando a tentoni, il detective riuscì a trovare una serie di poltroncine ed aiutò Topson e Cornelia a sedersi. Per un po’ non accadde nulla, la sala era immersa nel silenzio più totale. Improvvisamente, poi, sentirono un rumore che assomigliava ad un sibilo e, alla debole luce che proveniva dalle fessure della porta da cui erano entrati, videro che il luogo cominciava a riempirsi di fumo.

Cornelia e Topson cominciarono a sentirsi un po’ a disagio ma, prima che potessero fare qualsiasi cosa, si sentirono quattro colpi ritmici. Dal fondo della sala comparve un alone dorato che, in quell’atmosfera fumosa, dava l’idea di essere finiti in un mondo sovrannaturale, quasi paradisiaco, ancorché inquietante.

Udirono una nota prolungata ed in crescendo giungere da dove era spuntata la luce. Guardando meglio, riuscirono a scorgere un’orchestra, posizionata sotto un palco. Strumenti e suonatori erano completamente bianchi.

La musica esplose di colpo, intonando una melodia frenetica e travolgente.

Dopo i primi secondi, eseguiti alla perfezione dall’orchestra, cinque musicisti, tre donne e due uomini, comparvero sopra il palco ed attaccarono un assolo ancora più frenetico con i loro violini. Anch’essi erano vestiti di bianco, con abiti di seta che ricordavano molto quelli che Topson aveva avuto modo di vedere in India come modello, ossia quelli delle odalische, ma molto meno succinti, dato che non lasciavano nulla di scoperto. Lo spettacolo era di per sé normale, se si escludeva quell’ atmosfera surreale da Regno dei Cieli.

Il dottore stava già cominciando a chiudere gli occhi per godersi la musica in silenzio quando, improvvisamente, i cinque violinisti i misero a correre, sempre suonando, verso il bordo del palco. Per un attimo, Topson temette che sarebbero caduti giù ma, prima ancora che potesse gridare loro di fare attenzione, questi spiccarono letteralmente il volo. Nulla sembrava trattenerli in aria e la cosa era resa ancora più suggestiva dalle paia di ali comparse dietro le schiene dei cinque suonatori. Mentre l’intera ensemble ripeteva il motivo ascoltato solo pochi secondi prima, i violinisti compivano bellissimi e precisissimi movimenti in aria, dapprima in totale sincronia, poi cominciando ad incrociarsi tra di loro, in una danza mozzafiato. Ciò che stupiva di più il dottore, era il fatto che fossero in grado di continuare a suonare i loro strumenti. Evoluzioni su evoluzioni (una delle quali, consistente in un pericoloso avvicinamento tra il piede di uno degli uomini e la testa di una delle ragazze) si susseguirono per qualche secondo, dando l’idea a Topson che l’intera armata dei cieli si fosse radunata in quel piccolo teatro per dare sfoggio del suo splendore divino.

Dopo pochi istanti, però, l’orchestra ripeté una nota lunga e crescente ed i cinque violinisti atterrarono, staccando gli archetti dai violini e posando i piedi per terra, proprio mentre l’orchestra terminava la sua melodia.

Nel teatro cadde il silenzio. Nessuno fiatava, né i musicisti, né i tre spettatori in fondo alla sala. Poi, la ragazza al centro, quella che si era quasi presa un pedata in testa, abbassò le braccia, che aveva tenuto sollevate per dare l’effetto finale, e disse:

 

“Bravi, complimenti davvero. Come esecuzione era quasi perfetta.” Tutti i musicisti lasciarono andare un sospiro di sollievo.

Evidentemente, pensò Topson, la ragazza doveva essere un tipo piuttosto esigente in fatto di spettacoli.

 

“Solo una cosa.” Riprese lei “Percy, andresti a chiamarmi Andrew? Vorrei scambiare due paroline con lui.”

Uno dei violinisti sul palco annuì e si allontanò, ritornando pochi istanti dopo, accompagnato da un topo dall’aria mortificata.

 

“Signorina, non so davvero come sia potuto succedere. Tutte le corde erano al loro posto e le ho manovrate esattamente come mi aveva detto lei.” Disse con voce supplichevole.

 

“Certo Andrew, certo. Dunque hai certamente abbassato la fune cinque mentre alzavi di tre quarti la quattro, vero?” gli chiese con aria sarcastica la ragazza.

 

“Io… io… no.” Esalò lui, in preda al panico.

 

“Sapevi che, a quella velocità, se Phil mi avesse colpito sul serio, ora la mia testa sarebbe stata strappata dal collo, avrebbe colpito la colonna, sarebbe rimbalzata sul palco e, infine, sarebbe finita nella buca dell’orchestra, dritta nella canna del trombone?” Gli chiese lei, sottolineando volutamente ogni macabro particolare di ciò che sarebbe potuto accadere con l’esattezza di un discepolo di Pitagora.

 

Il poveretto non riuscì a proferire verbo, limitandosi a tenere gli occhi bassi.

Lei lo guardò con tanto gelo da poter creare un secondo strato di ghiaccio sull’intera Artide, poi, con una voce altrettanto gelida, gli disse:

“Per stavolta sei perdonato, anche perché, se ti concentri, sei un ottimo tecnico, ma che non si ripeta mai più, va bene?”

 

Lui annuì con forza, felicissimo.

 

“Bene, allora direi che per oggi possiamo chiudere. Ci rivediamo domattina alla solita ora, complimenti a tutti.” Disse e fece un applauso rivolto alla troupe che ricambiò felice e cominciò a ritirarsi dietro le quinte. La ragazza, evidentemente la regista e l’artefice del magnifico spettacolo a cui avevano appena assistito, attese che tutti se ne fossero andati, poi, lanciando un’occhiata verso il fondo della sala, più precisamente verso il trio, sospirò e scese dal palco, dirigendosi verso di loro.

A questo punto, sarebbe opportuno dare una descrizione della misteriosa giovane, perciò, dato che non sarei capace di caratterizzarla al meglio, lascerò che sia il dottor Topson ad illuminarvi: ecco qui un estratto del suo diario di appunti.

 

 

“Nel vederla scendere dal palco con un balzo, non potei fare a meno di pensare al cosiddetto folletto dei boschi, per via della grazia e dell’agilità con cui aveva compiuto l’azione. Eppure, mentre ci si avvicinava, notai che di quella creaturina aveva ben poco. Il passo energico, reso elegante probabilmente dall’educazione ricevuta sia nell’ambito domestico che in quello artistico, non poté non farmi tornare alla mente la forza con cui si era librata nell’aria pochi attimi prima.

Quando si fermò davanti a noi, fui in grado di dare un giudizio più accurato alla sua persona:

era di una bellezza tutta sua, ben diversa dai normali canoni che si utilizzano per valutare l’aspetto di una signorina. Si sarebbe potuta definire un incrocio tra varie culture: la composizione del volto faceva pensare all’ebrea Rebecca del romanzo Ivanhoe,  la fierezza dei modi veniva dagli antichi Celti, e così il nome, come avrei scoperto in seguito. Gli occhi azzurri con striature ambrate la facevano sembrare una italo - tedesca, mentre i lunghi ricci di un castano tendente al ramato, resi crespi da Madre Natura ed ancor più dalle acrobazie a cui avevamo assistito fino a pochi minuti prima, erano quelli di un’amazzone tornata da una battaglia tra i selvaggi arbusti delle sue terre. Era magra, ma non eccessivamente: del resto, vista la particolare disciplina che si trovava a praticare, non avrebbe certo potuto avere il fisico di una ballerina comune.

 

Questo pensava Topson, mentre la ragazza si avvicinava a loro. Riusciva a scorgere qualcosa di familiare nel volto terribilmente serio ed inquisitore di lei, ma mai si sarebbe aspettato una simile rivelazione dal suo amico.

 

“Amici miei, lasciate che vi presenti mia sorella maggiore: Brynna Anne – Marie Basil.”

 

Il dottore sbarrò gli occhi e così fece Cornelia, anche se per motivi differenti:

Topson non aveva mai pensato al fatto che Basil potesse avere una famiglia, eppure ora notava i tratti in comune tra i due fratelli e, sotto quel paio di occhi freddi, provava la stessa sensazione di lieve disagio che aveva sperimentato pochi anni prima quando aveva conosciuto il suo collega.

Cornelia, invece, era stupita di sé stessa per non essere riuscita a riconoscerla al primo colpo. Avevano trascorso tanti anni insieme a scuola e a casa di Basil. Sinceramente, non la sopportava molto. Brynna era sempre stata molto particolare, chiusa in sé stessa e nel suo mondo, ben attenta a non lasciare intravedere la sua vera personalità agli altri. Era fredda ed insensibile, per quanto ne sapeva lei. Ne fu ancora più certa quando la giovane donna raggiunse il terzetto e disse in tono secco al fratello, senza degnare di uno sguardo gli altri due:

 

“Non mi pare di averti permesso di portare degli amici, l’ hai forse dimenticato?”

 

FINE DEL CAPITOLO

 

Wow, che tipetto curioso eh? Non sembra avere modi molto cordiali. Quale ruolo avrà nell’intera vicenda? Leggere per scoprire.

Spero che abbiate gradito

Bebbe5

   

 

 

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Capitolo 20
*** A little chat ***


Note dell’autrice: scusatemi ancora una volta, ma l’unico e mio primo amore, la musica, ha richiesto la mia presenza ad un ritmo così serrato che mi è stato così impossibile anche solo pensare ad un nuovo capitolo. Anche questo che vado a postare non mi convince fino in fondo, perché scritto in momenti diversi, in cui anche l’umore stesso era diverso. Fatemi sapere, mi raccomando.

ANGOLO DELLE RECENSIONI:

BELLIS: non ti preoccupare per quanto riguarda l’orario. Io stessa, riguardando la data e l’ora in cui ho postato il capitolo, sto cercando di ricordarmi cosa avevo ingerito o fumato. Infatti ero tornata da quattro lunghi giorni a Monaco di Baviera e ricordo che ero distrutta. Grazie per il tuo come sempre ricchissimo commento. Non so se mi sono divertita di più a descrivere lo spettacolo o la traiettoria della testa staccata. Per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi, il mio terrore più grande è quello di fare la fine di Basil Hallward, quello del ritratto di Dorian Gray, ossia di metterci troppo di me stessa. Questo capitolo è stato un’ardua prova ed ancora sono incerta sul risultato. Sono contenta che tu non abbia durato molta fatica ad immaginarti le scene. Grazie per le tue splendide note personali e ti prego di perdonarmi se in questo periodo non sono stata proprio la più fedele delle commentatrici. Rimedierò quanto prima.

TENSI: Sono felice che ti sia piaciuta l’entrata di Brynna. Il personaggio, però non è mio, ma di Eve Tytus. Già stentavo a crederci anch’io quando ho trovato quest’informazione su Internet. So che non è molto gentile, ma è così che deve essere. Spero solo che non metta troppo in ombra Cornelia.

MIRISTAR: Già, la sorella. Mi mancava un personaggio, te lo dico sinceramente, così l’ho inserita. Non so se mandarlo alla Disney, perché, su fanfiction.net, ci sono molte ragazze che stanno scrivendo dei seguiti stupendi, molto più belli di questo.

Grazie a tutte per le recensioni

Capitolo 19

Topson era rimasto sconcertato. Sembrava che i gelidi venti delle regioni scandinave avessero invaso la sala dove i quattro si trovavano, e tutto a causa del commento della nuova conoscenza. Si era ormai abituato alla sgarbatezza che, ogni tanto, Basil mostrava nei confronti del prossimo, ma sapere che al mondo c’era un altro individuo, oltretutto, cosa ancora peggiore, una donna, con dei modi così simili era alquanto sconfortante.

Cornelia, dal canto suo, non si lasciò azzittire:

“Anche per me è un piacere rivederti dopo tutti questi anni, Brynna. Hai un aspetto divino.” Disse in tono ironico, lanciando occhiate eloquenti alla chioma scarmigliata dell’altra.

“Lo so Blackwood, è dai tempi del college che me lo fai notare. A quanto vedo, però, tutti i tuoi sforzi per imitarmi non hanno dato frutto. Sei sempre la stessa, arrogante, ragazzina viziata.” Replicò l’altra seccamente. Prima che l’attrice, divenuta di tutti i colori per la stizza, potesse risponderle a tono, lei si rivolse nuovamente al fratello:

“Che fine ha fatto la tua tesi secondo cui meno gente è a conoscenza delle nostre azioni meglio è?”

“Ho avuto i miei buoni motivi per ricredermi.” Le rispose lui senza mai distogliere lo sguardo dagli occhi di lei.

“Lasciami indovinare, la tua bella qui ti ha fatto una scenata e tu hai deciso di mettere tutto a rischio per sistemare le cose. Ci ho visto giusto?”

Stavolta Basil, colto sul fatto, dovette abbassare gli occhi. Brynna sospirò sorridendo prima di continuare:

“Beh, oramai siete qui quindi non c’è motivo di proseguire questa discussione. I tuoi amici mi hanno vista Sherri, ora te ne puoi anche andare e lasciarmi chiudere il Teatro. E’ stata una giornata lunga e sono attesa a casa.”

“No Brynna, aspetta. Siamo venuti qui anche per un altro motivo.” Intervenne Basil. La donna, che intanto si era incamminata in direzione del palco, si voltò a guardarlo incuriosita. Il detective allora proseguì:

“Avevo bisogno di parlarti dell’altra sera. Non riesco ancora a spiegarmi come..”

“Taci!” lo interruppe lei “Non vorrai certo che i muri di questo teatro imparino qualcosa oltre agli spartiti ed ai copioni, vero? Venite tutti, andiamo in un luogo più consono a questo tipo di discorsi.” Detto ciò, volse nuovamente le spalle al terzetto e riprese ad andare verso il palco. Basil, Topson e Cornelia la seguirono immediatamente.

“Sherri?” chiese ad un certo punto il dottore a voce bassa e divertita.

“Diminutivo di Sherringford Constancius, il mio nome di battesimo, caro Topson. Mi spiace di non avervelo mai rivelato, ma francamente non mi sembrava molto importante.”

L’amico lo guardò sconcertato.

“Non ti sembrava molto importante?! Questa è proprio bella, condivido una casa con te da quasi tre anni e non mi hai mai rivelato il tuo nome di battesimo!”

“Tu non me l’hai mai chiesto.”

Topson ammutolì di colpo. Come al solito, Basil riusciva sempre ad averla vinta nei loro dibattiti.

“E nessuno ha chiesto a lei di essere così sgarbata, possibile che ce l’abbia ancora con me dopo tutti questi anni?” borbottò Cornelia.

“Correggimi se sbaglio, mia cara, ma tu hai aperto bocca per prima e, sempre per prima, hai commentato il suo aspetto in un modo che non trasmetteva certo amicizia. E’ chiaro che anche tu sei risentita nei suoi confronti e questo potrebbe derivare dal fatto che, al College, nonostante la parte della protagonista fosse sempre affidata a te, era lei, come antagonista o personaggio secondario, a far venire giù il teatro per gli applausi.”

“Mi ritieni davvero così puerile? E comunque non è vero che faceva venire giù il teatro: la gente applaudiva solo un po’ più energicamente. Inoltre ti faccio notare che sono io quella che ha fatto carriera in giro per l’Europa e non lei.”

“Potreste rimandare le vostre discussioni da sposini alle quattro mura di Baker Street? La testa mi fa già abbastanza male senza i vostri battibecchi.”

La voce di Brynna, che ancora camminava davanti a loro, li zittì immediatamente. Dopo qualche metro, comunque, il gruppetto si fermò davanti ad una semplice porta di legno lucido. Su una targa, affissa al centro di essa, c’era scritto: “Brynna Basil”. La proprietaria spinse la porta senza molti indugi, lasciando poi passare i suoi tre ospiti. Si ritrovarono tutti in una modestissima stanza, poco illuminata, con un tavolo da toilette, munito ovviamente di specchio, un attaccapanni, un paravento ed un piccolo tavolinetto con delle sedie foderate di velluto verde scuro. C’era anche una lavagna di media misura ad un lato della stanza, simile a quella che Topson aveva visto al 221/b solo che, al posto di stranissime e quanto mai oscure, formule chimiche, a ricoprirla c’erano note e complicati schemi musicali.

“Prego, accomodatevi” disse Brynna, accennando alle sedie “scusatemi se sono così scortese da non offrirvi un thè, ma è un po’ tardi.”

“Ma si figuri signorina, piuttosto ci scusiamo noi per questa intrusione così improvvisa. Mi permetta di presentarmi sono..”

“.. il dottor Topson” terminò per lui l’artista, che intanto aveva preso posto accanto al tavolo da toilette. “Non c’è bisogno che vi presentiate. La vostra penna vi precede. Sì Sherri, ogni tanto mi diverto anch’io a leggere un po’ di letteratura romantica.” Concluse, indirizzandosi al fratello che le aveva lanciato uno sguardo stupito.

“Ti credevo più un tipo da opere pratiche, non da romanzi.” Le rispose lui.

“E” si introdusse Topson “mi permetta di aggiungere che non sono romanzi, ma racconti della pura e semplice verità.”

“Questo è vero, ma voi, dottore, riuscite sempre a renderla più straordinaria di quello che è. Un estraneo penserebbe ad un topo con poteri magici.”

Topson si arrese. Del resto cosa poteva aspettarsi dalla sorella del suo socio fin troppo realista?

“Un’ultima cosa prima di risponderti Sherri: ti è piaciuta la nuova parola d’ordine?”

“Come no? Non mi sono mai divertito di più.” Ribatté il fratello, con la voce piena di sarcasmo.

“Segno che ti conosco bene. Facciamola breve,  cosa c’è che non ti quadra?”

“Come ha fatto a capire in anticipo cosa avrei fatto? Rattigan intendo.”

La donna sembrò pensarci un po’ su prima di rispondere, con lo stesso tono secco:

“Questo lo dovresti chiedere ad uno psicologo, non a me. Comunque, penso che tu non sia un tipo poi così imprevedibile.”

“Spiegati” la incitò lui, con le punte delle dita unite di fronte al volto, per nulla intimorito dall’atteggiamento della sorella a cui, secondo Cornelia, doveva ormai essersi abituato.

“Sei sempre stato una macchina nel tuo lavoro, ragion per cui, hai imparato a non farti influenzare più di tanto dalle emozioni. Non sarai un asso in questo come lo è l’umano la cui cantina è la tua dimora, ma sei bravino, questo te lo devo concedere.” Basil chinò lievemente il capo per ringraziarla scherzosamente. Brynna, dal canto suo, alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa, prima di proseguire:

“Il problema è che lo sa anche Rattigan. Ora, vediamo se riesco a spiegarti il concetto con una piccola equazione, una di quelle che tanto ti piacciono.”

Con questo, si levò dalla sedia e si avvicinò alla lavagna, la girò di cento ottanta gradi e si mise a scrivere sullo spazio vuoto. Mentre scriveva, Topson la osservava in ogni suo movimento, ancora incerto se ritenerla piacevole o decisamente antipatica. Certo era che aveva un particolare senso dell’umorismo, tendente il più delle volte ad un tagliente sarcasmo. Non sopportava Cornelia, non era difficile capirlo, anche se il perché gli rimaneva ignoto. Trattava Basil come un topolino di sei anni, e forse, in alcune occasioni, poteva anche darle ragione. Lui, invece, era stato trattato con un certa cortesia, se così si potevano definire i suoi modi nei suoi confronti, ma era anche vero che, a parte per le sue opere letterarie, le era perfettamente sconosciuto. Era difficile comprendere il resto. Il nervosismo poteva essere tranquillamente attribuito all’ora tarda, alla stanchezza, alla giornata di lavoro. Magari, in un altro momento, l’avrebbe trovata estremamente amichevole e forse anche…

“No dottore, non createvi dei castelli in aria, sono esattamente come mi vedete.”

La voce di Brynna lo riscosse immediatamente dai suoi pensieri che, si rese conto con stupore e quasi orrore, erano stati come un libro aperto per lei.

“Come..?” provò a chiedere.

“Sarebbe lunga da spiegare e sono molto stanca.” Replicò lei con un mezzo sorriso, che però le sparì subito dalla faccia. “Osservate attentamente la lavagna.” Proseguì lei. I tre ospiti voltarono simultaneamente lo sguardo e videro scritte, bianco su nero, queste parole:

‘Lavoro: Rattigan = Emozioni: Blackwood’

“Direi che più chiaro di così non potrebbe essere.” Commentò Brynna.

“Ora capisco meglio il discorso sulle priorità.” Fece Basil e gli sguardi di Cornelia e Topson gli si puntarono immediatamente addosso. Dopo aver fatto capire, con un gesto della mano, che ne avrebbero parlato più tardi, proseguì “Io ho scelto Rattigan automaticamente, perché è  il mio lavoro, mentre ho, diciamo, messo da parte Cornelia, perché la mia mente è abituata a fare questo, a scansare qualsiasi attaccamento emotivo.”

“Precisamente fratellino. D’ora in avanti, a seconda di ciò che sceglierai per la tua vita, dovrai rivedere la tua categoria di doveri, altrimenti sarà una catastrofe.”

“Ho afferrato il concetto.”

“Sicuro?”

“Certo.”

“Bene, allora vi prego di tornare a casa. Io devo cambiarmi e chiudere il teatro.”

 “No, aspetta, devo chiederti un’ultima cosa.” 

La ragazza sbuffò vistosamente, ma rivolse comunque la sua attenzione al fratello.

“Ci sono nuovi sviluppi?”

Lei guardò attentamente lui, poi Topson e Cornelia e disse:

“No, attualmente nulla di particolare, sta ancora versando lacrime sulla ferita alla coda.”

Basil sghignazzò.

“A proposito, non so se ti interessa, ma ho qui una cosa per te.” Continuò Brynna, dopodiché andò dietro il paravento e ne riemerse con un pacchetto oblungo tra le mani. Il detective lo prese e cominciò a scartarlo. Quando ne estrasse il contenuto, Cornelia gridò e Topson impallidì, mentre lui guardò semplicemente il “regalo” con aria attonita: era il pezzo di coda di Rattigan che aveva tagliato la sera prima alla Torre.

“L’ho presa e l’ho fatta imbalsamare. Magari le trovi un posto tra i tuoi trofei, perché non accanto alla campanella di Lucrezia? (*)”

Il fratello sembrava ancora sconcertato.

“Io… non so che dire.”

“Che ne dici di ‘grazie Brynna, sei la migliore, ma ora ti lascio perché sei stanca’? Sarebbe assolutamente perfetto.” Rispose lei, andando alla porta ed aprendola.

“Sì, hai ragione. Grazie sorellina.” Le disse, baciandola sulle guance ed avviandosi verso l’uscio.

“E’ stato un piacere conoscerla.” Disse Topson, con la sua caratteristica cortesia, tentando di farle il baciamano. Lei però, scansò bruscamente la mano e chinò lievemente il capo, in un elegante cenno di saluto, sebbene molto freddo e senza sorrisi.

“Sempre gentile, eh Brynna?” fece Cornelia, seguendo Basil ed il dottore.

“Ogni tanto faresti bene a guardare uno specchio Blackwood. Buona serata.” Fu la risposta, prima che la porta si chiudesse del tutto, con una botta secca.

“Basil, hai visto cos’ha fatto?” Quando l’attrice indignata si accorse che la risposta tardava ad arrivare, si voltò e vide che Basil si era già avviato verso l’uscita. Insieme a Topson, si affrettò a raggiungerlo. Il resto del tragitto fu percorso in silenzio, ma, una volta fuori, Cornelia ritornò all’attacco.

“Non è cambiata per nulla, vero? Sempre la solita antipatica. In fondo cosa ho detto?” chiese con tono infastidito.

Ancora una volta, lui non le rispose, ma continuò a camminare spedito verso casa.

Cornelia ora tremava per la rabbia. Si voltò a guardare Topson, che però le rispose con un’alzata di spalle. Nemmeno lui sapeva cosa era preso al suo amico. Insieme, cominciarono a seguirlo.

“Cosa ne pensi Topson? Di Brynna intendo.” Chiese lei ad un certo punto.

“Non saprei. L’ho appena conosciuta e devo ancora capire che tipo è.”

“Ti assicuro che c’è poco da capire. E’ semplicemente così come l’hai conosciuta. Sgarbata e antipatica. E’ in collera con il mondo da una vita, i motivi non li ho mai capiti veramente nemmeno io. Probabilmente rimpiange di essersi trovata sola alla fine, ma sai che ti dico? Se l’è cercata.”

Il dottore era allibito. Sapeva che Cornelia era una ragazza parecchio energica e, spesso, anche impulsiva, ma non si aspettava di trovare tutto questo odio per qualcun altro in lei (calcolando ovviamente l’eccezione di Rattigan).

Confuso, si accorse che, finalmente, erano arrivati a Baker Street.

Una volta entrati, Basil si voltò a guardare Cornelia, con occhi di ghiaccio.

“Punto primo, non posso darle torto se ti ha risposto male. Sai bene di non starle proprio simpatica e, nonostante lei avesse scelto deliberatamente di ignorarti per evitare inutili battibecchi, tu hai voluto commentare le sue azioni.”

Lei rimase attonita da quell’intervento improvviso, ma cercò comunque di ribattere:

“Stavo solo dicendo che..”

“Punto secondo” la interruppe Basil, “ci tengo a ricordarti che lei è mia sorella e che, in questi anni, mi è stata vicina come nessun altro avrebbe saputo fare, sacrificando tutto ciò che aveva di più caro.”

L’allusione alla fuga di Cornelia era più che lampante, ed infatti lei tentò di difendersi:

“Sai benissimo che..”

“Punto terzo” ancora una volta il detective la interruppe “è da quando sei arrivata che ti difende e ti protegge, nonostante tutto. Il discorso delle priorità a cui accennavo prima è quello che lei mi ha fatto ieri sera, quando è corsa in mio aiuto alla Torre di Londra. Mi ha detto che meritavi di più e che non potevo continuare a posporti al mio lavoro, se non ti volevo perdere. Inoltre, non so se te ne sei accorta, ma ieri sera c’era una sentinella qui davanti. Se non foste riuscite a cavarvela da sole, sarebbe intervenuta un’intera squadra di alleati.”

Stavolta Cornelia era rimasta senza parole. Davvero quella donna che sembrava odiarla oltre ogni limite, si era data tanto da fare per lei?

“Per concludere” riprese Basil “Sono io il principale responsabile della sua solitudine. E’ colpa mia se ora sembra odiare il mondo, anche se lei non lo ammetterà mai ed ora, se volete scusarmi, me ne vado a letto. Ho bisogno di riflettere.”

Con queste parole, girò i tacchi e, con il suo macabro trofeo tra le mani, salì le scale verso camera sua, fino a chiudercisi dentro, sbattendo la porta.

Nell’atrio, intanto, regnava il silenzio più assoluto.

Topson, per l’ennesima volta in quella lunga giornata, era rimasto sconcertato, e ancora incerto sui fatti. Quasi per trovare una risposta, si voltò verso Cornelia. La ragazza si stava mordendo un labbro, nell’evidente tentativo di non piangere.

“Io non.. potevo sapere..” mormorò.

“Certo che non potevate!” esclamò la signora Placidia, emergendo dalla cucina da dove, evidentemente, aveva sentito tutto. “Siete stata lontana per troppi anni.” Il tono era quasi di rimprovero.

“Ma io dovevo andarmene!” ribatté lei “C’era il benessere della mia famiglia a rischio.”

“Lo sappiamo cara” disse Topson, cercando di confortarla.

“Ma provate a riflettere per un momento. Se la vostra famiglia era a rischio, quella del signor Basil in quale condizione doveva essere?”

Ancora una volta Cornelia non tentò nemmeno di ribattere, spiazzata dalla retorica di quella domanda.

“Mi creda” riprese la governante “hanno sofferto tutti in quella famiglia, chi in un modo, chi nell’altro e, forse, la signorina Brynna è quella che ha subito più di tutti.”

“In che senso?” chiese Topson.

“Non spetta certo a me raccontarlo ma, signorina Blackwood, seguite il mio consiglio: davanti al signor Basil, evitate discorsi offensivi nei confronti di sua sorella. Tiene a lei più di quanto possiate immaginare e nutre per lei un affetto che pare quasi impossibile da parte di un tipo come lui. Da quello che ho capito, stavolta non si è intromesso nella discussione tra voi due ma, se un giorno decidesse di farlo, non sarete voi quella che difenderà.” Concluse, rivolgendo poi lo sguardo alle scale. Poi, con un sospiro, si voltò verso gli altri due e disse.

“La cena è pronta.”

FINE DEL CAPITOLO

Note: (*) ricordate? Quella che Basil aveva sottratto a Rattigan alla fine del film.

Santo cielo, mi sono dovuta frenare, altrimenti il capitolo sarebbe venuto di venti pagine. Boh, non so cosa pensarne.

Spero che abbiate gradito

Bebbe5

P.S. Dedicato a Bellis che mi sopporta così come sono.

 

 

 

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Capitolo 21
*** Confidenze ***


Note dell’autrice: wow, sono felicissima, sono riuscita nel mio intento. Ovviamente non vi dirò quale, sennò addio sorprese, cliffhangers e tutto il resto. Personalmente non ci speravo. Ok, direi di continuare con la storia, ma prima:

ANGOLO DELLE RECENSIONI

BELLIS: Mi fa sempre un immenso piacere leggere le tue entusiaste recensioni. Sai, il mio terrore è che non si tratti di abilità nel dare caratteri diversi ai personaggi, ma di semplice e terribile schizofrenia. Boh, chissà quanti scrittori lo sono e nessuno lo sa. Non so se te l’ho mai fatto capire nelle nostre “chiacchierate”, ma per me la famiglia è la cosa più importante, per questo ho fatto sì che Basil agisse in quel modo. Cornelia ovviamente si difende da Brynna, chissà quante altre litigate ci saranno tra le due. Ne ho già in mente una abbastanza accesa. Topson si sta rendendo conto in questo momento di aver perso molto della vita del suo coinquilino, ma non temere, recupererà piano piano, con l’avvicendarsi degli eventi (è anche un modo per far capire a voi lettori cosa sta accadendo). Per quanto riguarda le “attenzioni” di Brynna per Cornelia, non aspettarti nulla di che, le ho già espresse nel capitolo scorso. Grazie per l’appoggio, ma davvero, non potrò mandarla alla Disney. Più avanti la trama si incupirà e non credo che sarà propriamente adatta a dei bambini (nulla di che, solo qualche colpetto qua e là).

TENSI: Lo ripeto per l’ennesima e (spero) ultima volta, non abbandono le mie storie. Al massimo posso prendermi delle lunghe pause per mancanza di ispirazione o per motivi personali, ma non le lascio lì incomplete. Odio chi lo fa e non potrei mai farlo io stessa. Ne vedrai ancora di battibecchi tra loro e spero che potranno divertirti (almeno quanto mi sono divertita io a creare Brynna). No, come posso chiamarti sadica, quando io sono stata chiamata “Moriarty” per via dei continui cliffhanger? E comunque hai ragione, qualcosa a Brynna succederà. O forse… è già successo? Ti lascio con questo interrogativo. Non so quanto potrai trarre di nuovo da questo capitolo.

PICCOLA LETTY: allora siamo in due, anch’io lo adoravo. L’idea di dargli una compagna non la definirei tanto geniale quanto necessaria. Devi sapere che, quando ero piccola, mi divertivo a far finta di essere Basil. Crescendo, però, chiaramente non ho potuto continuare ad “interpretare” lui, in quanto donna. Così è nata Cornelia. Forse Brynna esagera un po’. Il suo personaggio è di Eve Tytus, ma non ho mai letto i racconti originali, quindi non so quale fosse il suo vero carattere. Spero che la storia possa continuare a piacerti.

JAN ITOR 19: grazie per le molte recensioni che mi hai lasciato, mi hanno fatto un grandissimo piacere. Sono pienamente d’accordo con te, la Disney non l’accetterebbe come seguito, ma non so se lo paragonerei ad un anime. Tranquilla, per quanto riguarda gli attori ho modificato tutti i nomi, era troppo infantile come idea. Come darti torto su Rattigan? Il problema è che lui ha la fissa di essere un topo. Sono felice che la storia ti piaccia e vorrei proporti una cosa: ho indetto un concorso di fiction su Basil l’Investigatopo. Perché non partecipi? Potremmo ingrandire il fandom italiano. Puoi anche scrivere una fiction senza per forza partecipare. Trovi il link in fondo.

Grazie per le recensioni.

Buona lettura

Capitolo 20

I giorni che seguirono all’incontro con Brynna, furono caratterizzati da un clima strano e teso. Basil si era chiuso in un mutismo praticamente totale, mangiava poco, evitava di entrare a contatto con gli altri inquilini della casa, a meno che non fosse strettamente necessario, e passava le ore suonando il violino, o stando davanti alla finestra in attesa, o anche entrambe le cose contemporaneamente.

Cornelia, inizialmente, si era preoccupata ed aveva cercato di parlare con lui, temendo che fosse arrabbiato con lei per via del battibecco con Brynna. Quando non aveva ricevuto altro che risposte brusche ed irritati movimenti della mano, si era decisa a fare i bagagli e a tornarsene a casa dei suoi genitori, ma Topson era intervenuto prontamente, rassicurandola che quel modo di fare era ‘normale’ ogni volta che il detective si trovava nel bel mezzo di un caso. Vedendola poco convinta, aggiunse inoltre che, trasferendosi, avrebbe corso l’inutile rischio di farsi catturare e di mettere in pericolo i suoi familiari. Quest’ultima argomentazione l’aveva portata ad arrendersi completamente e a disfare nuovamente le valigie. La situazione, tuttavia, era ben lontana dall’essere risolta. La tensione, però, venne allentata quando Cornelia ricevette una proposta di lavoro  da una nota compagnia londinese. Il teatro non era molto lontano da Baker Street quindi anche Basil (che sembrava essersi risvegliato dalla sua ‘ trance lavorativa’ solo per opporsi alla decisione dell’attrice di tornare a lavorare) alla fine dovette cedere e permetterle di uscire.

Tornare all’aria aperta dopo quasi due mesi di prigionia le fece provare la sensazione di essere libera. Scoprì poi con piacere che anche i suoi quattro amici, Rudyard, Lionel, Owen e Jerome, facevano parte della compagnia. Trascorreva dunque le giornate immersa nel suo lavoro, dimenticandosi del clima cupo che trovava ogni volta che, a tarda serata, rientrava al 221/B di Baker Street. Usciva presto la mattina e tornava il più tardi possibile la sera. Da una parte si sentiva un po’ egoista a lasciare Basil da solo per tutto quel tempo, dall’altra non aveva ancora completamente digerito la loro ultima discussione: si sentiva in un certo senso tradita. Certo, forse aveva utilizzato dei termini poco carini per rivolgersi a Brynna e, come Basil aveva sostenuto, era stata lei a cominciare. Tuttavia, la sorella del suo detective non si era certo comportata in maniera educata e lei si era aspettata che suo fratello la mettesse a tacere, che prendesse le sue difese apertamente. Così non era stato, lui si era tenuto fuori e anzi, come aveva detto la signora Placidia, se avesse deciso di intervenire non avrebbe difeso lei, la ragazza che amava.

Si rese conto, improvvisamente, di sentirsi non solo tradita, ma anche gelosa. Gelosa del rapporto tra Basil (o Sherri, come Brynna amava chiamarlo) e sua sorella, perché si accorgeva di trovarsi di fronte ad un affetto che lei non avrebbe mai potuto ricevere da lui. In fondo al cuore si rendeva conto che era una cosa stupida e che serviva solamente a rovinarle il fegato, ma non riusciva a smettere di pensarci e di sentirsi sempre peggio. Quando sentì di non poterne più, si decise a chiamare Elizabeth. In un nuvoloso pomeriggio invernale, le due amiche si ritrovarono nel salottino al 221/B per prendere un tè e scambiare quattro chiacchiere. L’attrice raccontò tutto alla dottoressa, tralasciando ovviamente la storia delle informazioni: non era sicura che Basil avrebbe gradito una simile indiscrezione da parte sua, nemmeno se si trattava della sua migliore amica.

“Ma sei davvero gelosa di Brynna?! Andiamo Cornelia, pensavo che fossi più matura.” Commentò quest’ultima, una volta terminato il resoconto.

“Lo so, lo so e credimi, è tremendamente frustrante. Più cerco di convincermi che è un’idiozia, più mi sento montare la rabbia. Non so più come fare.”

“Secondo me dovresti parlarne con il diretto interessato.”

“Con Basil? Ma se non mi rivolge la parola da quasi una settimana!”

“Tu hai provato a sollevare l’argomento?”

“Ehm.. no, non esattamente. Più che altro ho tentato di distoglierlo da quell’odiosa routine quotidiana che segue ogni qualvolta è dietro ad un caso.”

“Ah ah, mossa sbagliata, mai distogliere un uomo dal suo lavoro. Dunque, tu mi hai detto che la sera, di solito, lui si mette qui, vicino alla finestra, a fissare fuori, giusto?” cenno di assenso da parte dell’attrice.

“Bene, allora stasera prendi una tazza di tè e portagliela in silenzio. Sempre in silenzio siediti su una poltrona, con un bel libro, e aspetta che sia lui a parlarti.”

“Dici che funzionerà?”

“Se avrai tanta pazienza sì. L’importante è mantenere il silenzio. Cerca di chiarirti in fretta con lui, altrimenti, tempo un’altra settimana e dovrai fare le valigie.”

“Le avevo già fatte, ma non mi hanno lasciata andare.”

“Se ti servisse qualcosa, casa mia è a tua disposizione.”

“Ti ringrazio.”

“Allora, come ti è sembrata Brynna?”

“Antipatica e scorbutica come sempre, non mi pare cambiata molto.”

“Davvero? Curioso.” Commentò la dottoressa.

“Perché dici questo?”

“Beh, pensavo che, dopo la morte del marito, si fosse inacidita ancora di più.”

“Più acida di così mi sembra… un momento, la morte del marito?!”

“Sì, una tragedia avvenuta circa 8 anni fa, ma non ne sapevi nulla?”

“No, ero sul Continente allora ed era difficile reperire delle notizie sull’Inghilterra, ma cosa è successo?”

“Basil non ti ha raccontato nulla?”

“No, niente.”

“Allora non so se è il caso che.. oh, e va bene, cominciamo dall’inizio. Ti ricordi Rupert Hayford?”

“Come potrei dimenticarlo? Un bellissimo giovane, molto intelligente e galante non mi dire che…”

“Sì, aveva sposato Brynna.”

“Ma come.. come..?”

“..è possibile che qualcuno si sia innamorato di una come lei? Mistero. Comunque, si sono fidanzati qualche mese dopo la tua partenza e, l’anno successivo, si sono sposati. Hanno passato un periodo insieme, anche abbastanza felice se vuoi saperlo, poi improvvisamente, una sera è morto.”

“Suicidio?” chiese Cornelia, pentendosi immediatamente di quella cattiveria sottintesa.

“Nessuno l’ha mai veramente capito. E’ caduto dalla balaustra delle scale di casa, un salto fatale di parecchi metri, sotto gli occhi della moglie.”

L’attrice era orripilata. Odiava Brynna, ma non le avrebbe mai augurato una cosa del genere.

“Come ha reagito lei?”

“Nel suo modo usuale, chiudendosi in sé stessa ed allontanandosi dal mondo. Al funerale non versato neanche una lacrima: sapevo che era fredda, ma non mi aspettavo che lo fosse a tal punto.”

“Mio Dio, è orribile. Ecco a cosa si riferiva la signora Placidia l’altra sera. Santo cielo, ora mi sento ancora peggio.”

“No, non devi. Le è successa una disgrazia, questo è vero, ma ciò non le permette di essere scortese con gli altri. Secondo me hai fatto bene a risponderle.”

“Può anche darsi, ma ciò non toglie che deve aver sofferto moltissimo.”

“Non lo metto in dubbio, ma sarebbe stato peggio se tu le avessi mostrato di essere impietosita. Penso che si sia anche divertita a battibeccare con te.”

“Sì, forse hai ragione.”

“Bene” concluse Elizabeth, alzando poi gli occhi verso la pendola. “Oh cielo, si è fatto tardi, devo proprio scappare.”

“Vuoi che ti accompagni?”

“Non offenderti, ma si è già offerto il dottor Topson ed io ho accettato.”

“Per questa volta non mi offenderò.” Scherzò Cornelia.

“Allora a presto e ricordati: tè e silenzio.”

“Certo, grazie di tutto.”

Le due amiche si abbracciarono, poi Elizabeth uscì, accompagnata dal dottore che, per tutto il tempo, l’aveva attesa in cucina.

Cornelia rimase sull’uscio per un po’ ad osservare i due che si allontanavano.

Sospirò: erano successe troppe cose durante la sua assenza. Era chiaro che Basil e Brynna si erano avvicinati: quando avviene una simile tragedia, la famiglia è la maggior fonte di sostegno che qualcuno possa avere. Era anche vero che la sorella maggiore del detective non le era sembrata molto cambiata e, agli occhi di un estraneo, la vicenda sembrava non averla nemmeno lontanamente toccata. Chissà cosa stava provando a otto anni di distanza. Magari ci aveva messo una pietra sopra ed era andata avanti per la sua strada, cosa che sarebbe stata normalissima per lei. Magari ne avrebbe potuto parlare con Basil quella sera.

Già, quella sera. Il solo pensiero le fece venire un groppo allo stomaco. Si decise a rientrare e a prepararsi qualcosa da dire a Basil dopo i primi venti minuti di tè e silenzio.

FINE DEL CAPITOLO

Oh, ce l’ho fatta. Capitolo drammatico eh? Ma non lasciatevi ingannare, Brynna riserva molte sorprese ed una tragedia simile non basta certo a fermarla di fronte a niente e a nessuno. Ops, forse ho detto troppo. Bene, spero che vi sia piaciuto.

Già che ci sono, vorrei pubblicizzare una mia iniziativa. Ho indetto un concorso su Basil l’Investigatopo. Attualmente ci sono due iscritte, Bellis e Nonna Papera, ma mi ce ne vogliono almeno altre due per dare ufficialmente inizio alla competizione. Questo è il link http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9382908

Dai, fateci un salto.

A presto

Bebbe5

 

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Capitolo 22
*** Finally ***


Note dell’autrice: visto? Alla fine ce l’abbiamo fatta, abbiamo creato una sezione sul nostro detective della Disney preferito. Era l’ora accidenti, vero? Scusatemi per l’immenso ritardo, ho avuto una vera crisi della scrittrice. Non sto a propinarvi i motivi, sono veramente stupidi.

ANGOLO DELLE RECENSIONI:

PICCOLA LETTY: tranquilla?! Per ora, mia cara. Molto presto le cose torneranno a movimentarsi. Sono comunque contenta che la storia continui a piacerti e che, anzi, ci sia un miglioramento nell’indice di gradimento.

TENSI: sì sì, è esattamente come sembra (lo diceva Oscar in “Shark Tale”, giusto?). Che dici, li faccio riappacificare quei due? Mhm, vedrai in questo capitolo. La storia si incupirà e anche assai, ma ci vorrà ancora un po’, porta pazienza, te ne prego. Adoro anch’io quelle storie su fanfiction.net, mi sono piaciute un sacco.

BELLIS: che dire? Grazie per le tue recensioni, sempre molto precise ed attente ai particolari. Al di là dell’apprezzamento che mi rende felice e non sai quanto, mi aiutano anche molto a livello di stile. Addirittura di gelo ti ha riempita la storia di Brynna? Wow, tutto sommato me la cavo allora. Grazie.

JAN ITOR 19: non ti preoccupare se non sei riuscita a partecipare, spero di fare un’altra edizione l’anno prossimo, visto che questa è andata bene. Per quanto riguarda l’html ti avevo già risposto. Invece, per quanto riguarda il nome, la pronuncia dovrebbe essere “Brinna”. Rattigan rispunterà relativamente presto, non so dirti esattamente quando, ma presto.

DEPPINADIPENDENTE90: ciao, benvenuta, sono felice che ti piaccia la mia storia. E’ nata un po’ per necessità, visto che non ce n’erano su efp ed è ancora qui. Scusa se hai dovuto attendere molto.

Grazie a tutte, buona lettura

 

 

Capitolo 21

La sera, per Cornelia, parve arrivare fin troppo presto. Dopo una rapida cena, consumata insieme ad un detective taciturno e ad un dottore quanto mai tra le nuvole per via della passeggiata da poco compiuta con l’amica dell’attrice, i tre si divisero: Basil si ritirò, come suo solito, in salotto, in compagnia del violino e della pipa; Topson andò nella sua camera, probabilmente a scrivere qualcosa; Cornelia, invece, rimase in ala da pranzo, a meditare ancora un po’ sul da farsi. Dopo qualche minuto, sentendo la signora Judson uscire dalla cucina per portare del tè a Basil come tutte le sere, la raggiunse e le disse:

“Signora, se non le dispiace stasera vorrei portare io il tè in salotto.”

Forse i suoi occhi espressero più di quanto lei voleva fare, perché la governante, dopo averla osservata un po’, le passò il vassoio e le disse:

“Buona fortuna cara, ne avrete bisogno.” Dopodichè, si ritiro in cucina per brigare le ultime faccende. 

La ragazza si voltò verso la porta del salotto e, dopo aver preso il coraggio a due mani, bussò e, sapendo che non avrebbe ricevuto risposta, entrò.

La stanza era in penombra, illuminata unicamente dalle fiamme scoppiettanti del caminetto. L’atmosfera, già di per sé un po’ cupa, era resa ancora più inquietante dal ritratto di Rattigan che, maligno, ammiccava da sopra la mensola del camino.

Basil era sdraiato sulla poltrona, la testa appoggiata ad un bracciolo e le gambe che pendevano dall’altro. Ogni tanto pizzicava una corda del suo violino, mentre con lo sguardo vagava per luoghi che rimanevano sconosciuti alla ragazza.

Gli si avvicinò e, senza una parola, come le aveva consigliato Elizabeth, gli porse il tè. Senza incrociare il suo sguardo, Basil le prese la tazza dalle mani e, distrattamente si mise a trarne piccoli sorsi.

Cornelia, invece, si sedette con grazia sul tappeto davanti a lui ed aprì il libro che si era portata per ingannare l’attesa. Lo aprì e cominciò a leggere. Solo dopo pochi minuti, si accorse di stare leggendo la prima riga del volume per la quarta volta, senza che le parole penetrassero veramente nella sua mente. Di sottecchi, cominciò a sbirciare la figura di Basil, a tentare di capire quando si sarebbe deciso a parlare, a….

“…a dare una risposta alle tue domande?”

La voce del detective, inaspettata, le fece quasi cadere il libro dalle mani.

“Cornelia, ormai dovresti saperlo che sono in grado di capire cosa passa per la testa degli altri. E’ solo un gioco di deduzione molto stimolante.” Aggiunse lui, sospirando.

“Quello che tu chiami gioco, mio caro, è definito dal mondo comune come violazione della privacy.” Ribatté lei.

“Proprio per questo è divertente e stimolante.” Fu la pronta quanto irritante risposta.

La ragazza stava per ribattere, quando si accorse di un particolare: stavano di nuovo parlando, come prima dell’incontro con Brynna, e lo stavano facendo come se nulla fosse…

“… nulla fosse accaduto?” ancora una volta la voce di Basil completò il suo pensiero.

“Vuoi, cortesemente, farla finita? E’ frustrante.”

“Credo che questa discussione ci stia allontanando dal motivo per cui tu sei entrata qui stasera a portarmi il tè.” Le rispose lui, con una logica impeccabile, dopodichè, lasciando il violino sulla poltrona, si sedette davanti a lei sul tappeto.

“Temo di averti confusa. Il mio silenzio non ha mai significato rabbia nei tuoi confronti. In fondo, è una questione tra te e mia sorella, io ho una parte marginale. No, il comportamento degli ultimi giorni è tipico della mia persona: quando ho un caso e non riesco a venirne a capo, non posso permettere ad influenze totalmente esterne di distrarmi. Per questo divento insopportabile e taciturno. Credevo però che tu lo ricordassi.”

In effetti, si ricordò Cornelia, Basil agiva così anche quando erano ragazzi. Come aveva fatto a dimenticarlo? Forse, si era solo fatta prendere dagli eventi degli ultimi giorni.

“Scusami, ma sai, con tutto quello che è successo ultimamente….” Provò a rispondergli.

“Capisco, non ti preoccupare. Anch’io vorrei chiederti scusa, ma penso che sarebbe come chiedere ad un goloso di stare lontano dalle pasticcerie: continuerò a comportarmi così ogni volta che avrò un caso. E’ più forte di me. Se vorrai restare, spero solo che non te la prenderai troppo.”

Lei gli sorrise.

“Comprendo. Chissà, magari, se resto qui, ti addolcirai un po’ anche durante i casi.”

“Dovrai rimanere a lungo allora.”

“Era proprio quello che intendevo.”

I toni delle loro voci si erano abbassati. I volti si avvicinavano…

All’improvviso però, qualcuno bussò alla porta.

Basil spalancò gli occhi e, in un lampo, schizzò fuori dal salottino, precedendo e quasi facendo cadere la signora Judson, che era andata ad aprire.

Incurante delle proteste della malcapitata, socchiuse l’uscio e raccolse un foglietto da terra. La calligrafia era quella di sua sorella.

“Ci siamo… ci siamo… TOPSON! VIENI GIU’!!”

Senza aspettare una risposta, tornò in salotto, eccitato come un bambino il giorno di Natale, ignorando Cornelia che, ancora confusa ed indignata, si era alzata dal pavimento. Quando Topson li raggiunse, Basil gli porse il biglietto:

“Avanti, leggi!” lo spronò.

Il dottore si affrettò a mettersi gli occhiali e a leggere:

“Caso strano nel Surrey. Chiedi ulteriori dettagli alla polizia. Attenzione, potrebbe anche essere una trappola, scegli bene i tuoi accompagnatori. I miei omaggi a te, al dottore, alla signor Judson e alla signorina.”

“Si fa più audace. Bene, alla buon’ora.” Basil sembrava stare facendo uno sforzo immane per trattenersi dal saltellare di qua e di là come un grillo.

“Topson, vedi se sui giornali dei giorni scorsi c’è qualche notizia su un evento accaduto nel Surrey. Io domattina andrò da Laroux a sentire quali sono le novità. Oh, finalmente.” Con queste parole, afferrò il violino, e si avviò verso la porta del salotto, poi, come se avesse avuto un ripensamento, tornò indietro, baciò Cornelia sulle guance, ed uscì infine dal salotto, quasi investendo la signora Judson che stava tornando in cucina, dopo essersi ripresa dal precedente scontro con il suo affittuario.

Topson corse ad aiutarla, lasciando una Cornelia fumante di stizza, da sola nel salotto.

La giovane lanciò uno sguardo gelido al messaggio appena ricevuto, che era rimasto sul tavolo, trattenendosi a stento dall’afferrarlo, ridurlo in mille pezzi e poi lanciare i frammenti nel fuoco: ancora una volta, Brynna li aveva interrotti.

FINE DEL CAPITOLO

Oh via, torna un po’ di azione, contenti? Spero di sì. Spero anche che il capitolo vi sia piaciuto.

A presto

Bebbe5

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** what's happening? ***


ANGOLO DELLE RECENSIONI:

PICCOLA LETTY: vero che è tremenda Brynna? E’ un personaggio al cui sviluppo sto ancora lavorando e non sai quanto mi ci diverto. Spero solo di non togliere spazio alla povera Cornelia :p. Spero di soddisfare la tua curiosità a sufficienza.

JAN ITOR 19: non disperare mai, una storia iniziata è una storia che va sempre e comunque finita a mio parere. Ci dovessero volere anche vent’anni, la terminerò * vedendo l’espressione terrorizzata di Jan si affretta a rassicurarla * ovviamente ci metterò molto meno, maturità permettendo. Grazie per i complimenti.

RAGAZZAPSICOLABILE91: wow, sono stra-felice che la storia ti sia piaciuta. Anche il mistero di Rattigan verrà svelato, ma ogni cosa a suo tempo ^-^. Grazie, non sei la prima a dirmi che dovrei inviarla alla Disney, ma, come mi facevano giustamente notare, forse è un po’ troppo cupa per un pubblico di bambini (oddio, con tutto quello che si vede oggi sarebbe anche possibile). La recensione mi ha fatto un immenso piacere, grazie.

Capitolo 22

La mattina seguente, una che portava i primi venti freddi dell’inverno, una piccolissima carrozza si fermò davanti al piano terra del 221/b di Baker Street di buon’ora.

Il cocchiere stava per scendere ed andare a bussare, quando vide un movimento ad una delle finestre dell’abitazione e, subito dopo, la signora Placidia sbucò da dietro una tenda e gli fece un cenno.

Lui allora scelse di rimanere a cassetta, imbacuccandosi ancora di più nel suo pesante cappotto. Il tragitto da lì alla stazione non sarebbe stato lungo, ma sperava comunque di non buscarsi un raffreddore.

All’interno dell’abitazione, intanto, venivano ultimati gli ultimi preparativi per la partenza. Nell’atrio erano state già portate due borse da viaggio ed i loro proprietari, Topson e Cornelia, stavano terminando di allacciarsi i cappotti.

“Allora, vi è tutto chiaro?” chiese Basil ai due.

“Certo, vecchio mio. Andiamo nel Surrey, prendiamo alloggio nella locanda dove starà anche il barone e ti aspettiamo là.” Rispose il dottore.

“Prima, però, passeremo a prendere Elizabeth a South Kensington.” Precisò Cornelia. Per il rispetto delle regole della decenza, i tre avevano deciso che Topson e Cornelia non potessero viaggiare da soli ed avevano deciso di invitare anche la signorina Morstan.

“Ottimo” esclamò il detective con un mezzo sorriso “ Io svolgerò alcune indagini da qui e vedrò di raggiungervi quanto prima. E’ di vitale importanza che vi guardiate bene intorno e che prendiate nota di ogni dettaglio. Ricordatevi che sarete i miei occhi e le mie orecchie laggiù”.

“Ed Elizabeth dovrà solo pensare che questa sia una bella villeggiatura del fine settimana.”

“Esattamente. Non dovete pensare che non mi fidi di lei, ma ritengo che sia meglio non coinvolgerla.”

“Come facciamo ad indagare e a fare in modo che lei non si accorga di nulla nel contempo?” chiese Cornelia.

“Fate a turno, mentre uno di voi distrae Elizabeth, l’altro indaga. Siete entrambi più che validi nel campo dell’investigazione.”

A queste parole, Topson lanciò un’occhiata attonita all’indirizzo di Basil, il quale evitò accuratamente di incrociare il suo sguardo. Si rivolse invece a Cornelia.

“Mi raccomando, stai attenta.” Le disse in tono preoccupato, posando una mano sull’avambraccio destro di lei. La giovane gli rispose con un sorriso, lo baciò su una guancia, poi, afferrato il suo bagaglio, si affrettò ad uscire, seguita dalla signora Placidia.

Topson, invece, rimase indietro accanto all’amico, in paziente attesa. Aveva fiutato qualcosa di strano nella frase di elogio detta da Basil. Alla fine, infatti, questi sospirò e disse, in tono lievemente ironico:

“Caro Topson, non ti sfugge proprio nulla.”

“Non mi sfugge ciò che tu non vuoi che mi sfugga.” Fu la pronta risposta. “Hai sempre detto che sono un caso perso per quanto riguarda le indagini.”

“Mi permetto di contraddirti, ho sempre detto che sei un ottimo conduttore per le idee.”

“Tsk, leggendo tra le righe però..”

“Ma veniamo al dunque, dottore, o Cornelia si insospettirà. Prendi queste due lettere” disse il detective, estraendo due buste dalla tasca della sua vestaglia. Una è per te, c’è scritto tutto quello che devi sapere. L’altra è per il gestore della locanda presso cui alloggerete, consegnagliela non appena sarete arrivati a destinazione. Mi raccomando, né Cornelia né Elizabeth devono leggerle. Ho scritto con una grafia un po’ diversa da quella che utilizzo solitamente così da facilitarti il compito. Cerca di leggere la tua prima di arrivare a destinazione, renderà le cose molto più semplici. Bene, detto questo non posso far altro che augurarti buona fortuna.”

Con queste parole, il detective concluse il suo lungo discorso e poggiò una mano sulla spalla dell’amico.

“Buona fortuna a te, Basil.” Rispose Topson, prima di uscire dalla casa con passo incerto, per poi montare sulla carrozza che attendeva. Una volta che tutti i bagagli furono caricati il cocchiere schioccò la frusta e la vettura si mise in movimento. Basil la seguì con lo sguardo dal vialetto di casa, finché essa non scomparve dietro un angolo.

Chiuse gli occhi e sospirò.

Non trasalì quando una voce improvvisa, ma comunque attesa, proveniente da un punto alle sue spalle, disse:

“Buongiorno fratellino, ho pensato di passare a farti una visita. Beh, non mi saluti? 

Il detective si voltò a guardare la sorella che, in quella fresca mattina, sfoggiava un semplice abito nero, coperto da un pesante soprabito, ed un cappello del medesimo colore con una retina che ricadeva sul volto: il tipico ritratto della vedova, tranne forse per il fatto che la vedova in questione sorrideva radiosa.

“Perdonami Brynna, ero immerso nei miei pensieri.”

“Comprendo, dove sono andati la Blackwood ed il tuo amico?”

“In campagna, da alcuni parenti di lei. Per strada passeranno a prendere anche Elizabeth. Ma prego, entriamo in casa, non è molto caldo qui.”

“Non posso far altro che darti ragione.” Rispose lei, prendendo il braccio che il fratello le offriva e seguendolo all’interno del 221/B.

I due entrarono in casa, dove Brynna fu accolta dalla signora Placidia.

“Signora Brynna, è un piacere vedervi, non attendevamo una nostra visita.” Disse la governante con un gran sorriso.

“Il piacere è mio signora, spero di non recare alcun disturbo.”

“Non si preoccupi, anzi, perché ora non va a sedersi in salotto con il signor Basil? Vi porterò un po’ di tè e delle focacce al formaggio.”

“Troppo buona, signora. Accetto molto volentieri.” Rispose Brynna, togliendosi il soprabito e seguendo il fratello in salotto.

I due si sedettero sulle poltrone davanti al fuoco che era stato acceso da poco e che emanava un bel calore. Cominciarono a conversare del più e del meno, delle indagini di Basil, degli spettacoli di Brynna e così via, cercando comunque di evitare commenti poco generosi verso gli assenti – cosa che richiese un grande sforzo, soprattutto da parte di Brynna. Dopo che la signora Placidia ebbe portato il tè e le focacce e si fu ritirata, passarono a discorsi più seri, dal momento che erano nella certezza di che non sarebbero stati ascoltati né interrotti da nessuno.

“Prima o poi dovrò farmi dare la ricetta di queste focacce.” Stava dicendo Brynna “sono buonissime, non le mangiavo da mesi e non posso aspettare tutte le volte un’occasione in cui non ci sia la Blackwood o il tuo compare nei paraggi.”

“Brynna, per favore, sii seria. Cosa succede?” chiese Basil, con fare spiccio.

“Hai sentito parlare del ladro delle finestre?”

“Mhm, può darsi che abbia letto qualcosa di sfuggita su giornali, ma ora come ora non mi dice nulla.”

“E’ un ladro astutissimo, in poche parole entra nelle stanze delle vittime dalla finestra della loro camera da letto, poi, non si sa bene come, le stordisce e, infine….”

“Infine?” chiese Basil protendendosi verso di lei in attesa.

“Non ruba niente, o almeno nulla che abbia un vero valore. Piccoli oggetti che si trovano sui comodini, sui tavolini. La cosa strana, e che sono riuscita a notare, è che tutti gli oggetti hanno le iniziali o lo stemma della famiglia scolpito sopra.”

“Mhm, interessante, e perché me l’hai riferito? Non mi sembra che Rattigan abbia qualcosa a che fare con questa vicenda.”

“Lo pensavo anch’io, poi però sono andata a vedere le case delle vittime. Hai presente l’abitazione dei Marley?”

“Certo che sì e credo di sapere dove vuoi arrivare: il muro sotto la finestra della camera da letto dei due coniugi è liscio, senza protuberanze o canale nei pressi. Incredibile, come avrà fatto quel tizio ad arrivare fin lassù?”

“Devi ammettere che tutta questa vicenda ha un che di diabolico. Scommetto che hai già qualche teoria.”

“Certo, ma prima devo verificare di persona. Mai anteporre le teorie alle prove concrete.”

“Giusto, ti ho portato una lista delle case che sono state derubate, così potrai andare a fare un sopralluogo.”

“Ti ringrazio.”

“Non c’è di che.” Concluse Brynna, alzando poi un attimo lo sguardo sulla pendola del salotto. “Oh cielo, si è fatto tardi, devo proprio scappare. Grazie per l’ospitalità.” Disse poi alzandosi e dirigendosi nell’atrio a recuperare il soprabito ed il cappello.

“Grazie a te per tutto l’aiuto che mi dai. Spero solo che un giorno tutto questo finisca.”

“Sai come sarebbe noiosa la vita? Tu moriresti per la mancanza di casi, esattamente come è successo in questi ultimi anni in cui la tua nemesi pareva morta.”

“Ora le cose potrebbero anche cambiare.” Le disse Basil, cercando di non incrociare il suo sguardo.

Brynna infatti lo squadrò con sincero stupore.

“Hai davvero intenzione di sposarla? Oh santo cielo, io pensavo che fosse uno scherzo.”

“Non ti piace proprio a quanto vedo.” Le rispose lui in tono secco.

“Per niente Sherringford, ma suppongo che sarò costretta anche a fare buon viso a cattivo gioco se veramente la porterai all’altare. Beh, per ora è inutile che ci stia a rimuginare sopra, quel giorno non è ancora arrivato e tante cose potrebbero capitare nel frattempo.” Concluse lei, uscendo dalla porta, poi, si voltò di nuovo e disse al fratello con un ghigno divertito: “Però, ora come ora, pagherei oro per vedere la faccia che farà quando scoprirà che non ha niente su cui indagare.”

FINE DEL CAPITOLO

Yes, alla fine sono riuscita ad aggiornare. Molto probabilmente, quando leggerete queste note, sarete in uno stato di confusione, dato che non ho fornito tutti i dettagli per districare questa matassa. Stavolta ci vorrà un po’ perché scopriate cosa sta effettivamente accadendo, mi sento in vena di trame complesse, che ci volete fare?

A presto

Bebbe5

    

 

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Capitolo 24
*** Misteri ***


Note dell’autrice: in questo periodo nutro un profondo odio per me stessa. Blocco della scrittrice? No, quite the contrary, my dears. Esatto, sto producendo fiction, soprattutto song, a profusione. Cosa c’entra con questa storia? Semplice. Questo capitolo era pronto già tre mesi fa poi, una bella mattina, mi sono svegliata e mi sono accorta che volevo dare un’altra impronta al racconto e svolgerlo in maniera opposta a come l’avevo pensato prima. Secondo me, è la sindrome da università: troppe cose appassionanti tutte insieme. Chiedo dunque venia.

CAPITOLO 23

Basil si trovava sulla sua poltrona davanti al fuoco, la sua pipa preferita stretta tra i denti. Il caso non era tra i più difficili che si fosse trovato ad affrontare. Aveva infatti già dedotto il come ed il chi (in questo caso, Scotland Yard e la stampa avevano preso, come al solito, un abbaglio colossale) senza troppi problemi. L’inghippo stava nel capire dove ci sarebbe stato il prossimo colpo, quando sarebbe avvenuto, e come impedirlo.

Spostò lo sguardo su una cartina di Londra che, per l’occasione, aveva steso su un tavolinetto lì vicino. Sopra vi aveva tracciato segni e numeri per indicare i luoghi e l’ordine delle rapine così come glieli aveva presentati sua sorella:

Abercroft, Brennan, Chester, Deaton, Ewan, Fresar, Graham, Hexton, Ibsen, Johnson, Keaton, Lester ed infine Marley.

Ovviamente non gli era sfuggito l’ordine alfabetico con cui erano avvenuti i furti e gli elementi in comune erano più che lampanti: tutte ricche, con ascendenza nobiliare e residenza vicina ai loro compagni di sventura.

Semplice, eppure complesso.

Sfogliando il suo catalogo dei nomi, aveva trovato circa dieci famiglie che potevano essere prese in considerazione per il prossimo furto, e la lista si restringeva a cinque se si contava la locazione della loro abitazione.  

Sarebbe stato semplice far appostare dei poliziotti di guardia ad ogni casa, eppure le cose non gli quadravano. C’erano troppe domande ancora in sospeso: perché il ladro (o i ladri, come lui era più propenso a ritenere) rubavano oggetti dal valore materiale così trascurabile? Se c’era davvero Rattigan dietro a tutto, cosa stava macchinando in realtà? Uno degli interrogativi che lo assillava di più era questo: perché Brynna era venuta a “reclutarlo” ormai al tredicesimo furto? Era davvero strano e non era che lui si fosse scordato di chiederle una spiegazione. Aveva la sensazione che non avrebbe ricevuto una risposta. Brynna era molto riservata sui motivi che utilizzava per ottenere le informazioni che gli riferiva prontamente. Già una volta lo aveva aiutato in quel modo, lui, per curiosità, aveva indagato un po’ e l’aveva messa in un bel guaio. Quando aveva scoperto come faceva, aveva messo in moto una serie di eventi che, in rapidissima successione, avevano quasi ucciso sua sorella. Si era dunque ripromesso di lasciar perdere e di non indagare più al riguardo. In fondo, i risultati erano eccellenti ed era questo ciò che contava.

Riscuotendosi da quei pensieri, tornò a concentrarsi sul suo lavoro. Gli elementi in suo possesso erano relativamente pochi e l’idea di andare a fare un sopralluogo nelle abitazioni delle vittime non sembrava così sbagliata. Decidendosi una volta per tutte, trascrisse gli indirizzi su un pezzo di carta, prese il suo inseparabile cappotto ed uscì.

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Le ombre della notte avvolgevano ormai Londra. Solo la luce fioca delle lampade a gas illuminava le strade praticamente deserte.

Nascosto dietro al tronco di una pianta d’alloro posta davanti all’abitazione degli Abercroft, Basil, vestito completamente di nero, sorvegliava la casa, in attesa di quello che, sapeva, sarebbe accaduto di lì a poco.

Ripensò brevemente agli eventi di qualche mattina prima ed alla fortuna che aveva avuto: si era recato innanzitutto alla casa dei Marley, l’ultima famiglia ‘derubata’, a qualche isolato da lì. Non aveva fatto in tempo ad avvicinarsi all’abitazione che, dal cancello principale della suddetta, era emerso quello che sembrava essere il maggiordomo, o comunque uno del personale di servizio. Lo aveva riconosciuto immediatamente come uno degli scagnozzi di Rattigan, persino sotto quell’aspetto immacolato da topo che doveva stare a contatto molto spesso con gente dell’alta società.

Ben attento a non farsi scorgere, era tornato di corsa a Baker Street, si era mascherato da perdigiorno ed era andato anche nei pressi delle altre case, luoghi dei crimini. In ognuna di esse, aveva scoperto che un membro della servitù era in realtà uno dei peggiori lestofanti in circolazione. Era poi andato a controllare le cinque case in cui, presumibilmente, ci sarebbe stato il furto successivo, ma tutto gli era apparso in perfetto ordine. Nessun individuo più o meno sospetto era a contatto con le famiglie di quelle abitazioni.

Si era trovato momentaneamente ad un punto morto, poi gli era venuto in mente che, forse, quei furti potevano essere una farsa, un modo per distogliere l’attenzione da quello che era il vero obiettivo: un furto più grande in una delle case già ‘visitate’.

Secondo l’ordine alfabetico, il nome della prossima famiglia a dover essere derubata doveva cominciare con la ‘N’, quindi tutte le altre case avrebbero dovuto sentirsi tranquille ed abbassare la guardia. Il punto stava nel capire quale sarebbe stata quella delle vittime.

Era dunque andato nella zona del porto dove, in genere, venivano reclutati i topi per simili ‘imprese. Dopo qualche ora aveva scorto il ‘maggiordomo’ di casa Abercroft parlare con altri tre tipi nel locale dove, tre anni prima, aveva trovato il rifugio di Rattigan (forse avrebbe dovuto indagare al riguardo e scoprire se il suo arcinemico si nascondeva ancora lì, ma, per il momento, era stato costretto a rimandare).

Si era seduto ad un tavolo ed aveva ordinato una birra e si era messo in ascolto della gente intorno a lui. Era così riuscito a capire che al colpo avrebbero partecipato non meno di sei topi, maggiordomo compreso, e che il tutto si sarebbe svolto di lì a tre giorni.

Ottimo, perché aveva giusto tre giorni di tempo prima che Topson, Cornelia ed Elizabeth tornassero dal loro viaggio.

Mentre si trovava vicino a casa Abercroft, in attesa degli eventi, in una posizione tutt’altro che confortevole, gli venne da sorridere al pensiero di cosa sarebbe capitato ai suoi amici. Sì, perché, proprio come aveva detto Brynna, non c’era niente su cui indagare. La lettera che aveva dato a Topson spiegava tutto all’amico dottore e gli dava alcuni suggerimenti per far credere a Cornelia e ad Elizabeth di trovarsi nel bel mezzo di un mistero da risolvere o, nel caso della dottoressa, di una bella vacanza di piacere. Se tutto fosse andato bene, forse avrebbe persino scampato le ire di Cornelia. Sperava infatti che, su questo punto, sua sorella si sbagliasse e che la ragazza non si accorgesse di nulla ma, doveva ammetterlo, era una speranza molto lieve. 

In lontananza, un campanile batté le undici. Basil non perdeva d’occhio la porta d’ingresso degli Abercroft, ben attento a scorgere il minimo movimento. Dovettero passare altri venti minuti prima che la sua attesa venisse adeguatamente premiata. Infatti, passato quel lasso di tempo, Basil scorse la luce di una candela brillare attraverso una delle finestre della casa poi, qualche minuto dopo, sentì un rumore metallico provenire dalla strada. Voltandosi, vide che la grata di un tombino, non molto distante dall’abitazione, era stato spostato per permettere ad alcuni individui di uscire. Gli occhi di Basil si spalancarono un po’ per la sorpresa: c’era un altro topo rispetto a quelli che si era aspettato, un po’ più minuto degli altri.

‘Poco male, un altro futuro inquilino per la prigione’, pensò l’investigatopo.

Il gruppetto, dopo aver rimesso a porto la grata, si avvicinò alla porta della casa, che fu prontamente aperta da nientemeno che il maggiordomo, proprio come Basil aveva previsto.

La banda entrò e l’ultimo chiuse la porta dietro di sé. Basil attese qualche minuto, poi si avvicinò alla porta e vi appoggiò l’orecchio contro. Dall’altra parte non si udiva alcun rumore. Provò a girare la maniglia e l’uscio s’aprì. Molto probabilmente, i ladri si erano voluti lasciare una via di fuga.

L’investigatopo udì una serie di rumori e scalpiccii provenire da alcune stanze vicino a lui ed al piani superiore: evidentemente, la banda si era divisa per agire in fretta. Perché i padroni di casa non stavano facendo nulla?

Il più silenziosamente possibile, Basil andò verso la stanza più vicina e sbirciò dentro. Si rivelò essere il soggiorno e c’era un topo solo, quello più minuto, che sembrava intento a svuotare una vetrinetta della sua argenteria.

Gli si avvicinò alle spalle e fece per colpirlo, ma questo, con uno scatto rapido, si voltò e lo colpì allo stomaco. Probabilmente l’aveva visto nel riflesso dell’anta della vetrinetta. Basil era rimasto senza fiato per via del colpo e non poter fare niente per fermare il malvivente, che lanciò un fischio per richiamare i suoi compari.

Un istante dopo, la casa risuonò di passi affrettati, e la stanza si riempì degli altri criminali, il maggiordomo in testa.

“Bene, bene, bene” disse quest’ultimo “Cos’abbiamo qui? Ah, Basil di Baker Street. Ottimo lavoro Gaspard” proseguì rivolgendosi evidentemente al topo che aveva colpito Basil “Due piccioni con una fava. Il capo ne sarà molto felice. Ha fatto proprio bene a mandarti con noi.”

Gaspard fece un cenno d’assenso con la testa ma non aprì bocca.

Basil, intanto, si era accasciato sulle ginocchia. Non si era aspettato tanta rapidità né tanta forza da un ubriacone di porto. Soprattutto lo confondeva il fatto che questi non avesse approfittato della sua temporanea impotenza per non colpirlo di nuovo. Forse aveva ricevuto degli ordini particolari al riguardo.

Non era comunque il momento di mettersi a fare simili congetture. Doveva trovare il modo di uscire da lì e di farlo libero o vivo. Senza farsi vedere, infilò una mano nella tasca della giacca che indossava e ne trasse fuori una polverina.

Frattanto, i criminali si stavano organizzando:

“Dick, va’ a prendere la corda che troverai nel ripostiglio e legalo. Una volta finita di ripulire questa casa, lo porteremo con noi. Chissà quanto vale.”

Non fece in tempo a dire altro, perché Basil aveva aperto il palmo della mano davanti a sé e vi aveva soffiato dentro. La stanza era stata invasa da una specie di denso fumo grigio e, sfruttando questa condizione, l’investigatopo cominciò a sferrare colpi a destra e a sinistra, cercando di colpire quante più persone poteva. In un’occasione, riuscì persino a far sì che due di loro si colpissero a vicenda.

Ad un certo punto, mentre la polvere si diradava un po’, vide che uno dei banditi stava avanzando contro di lui con un coltello. Riuscì a disarmarlo e a stordirlo. Fece appena in tempo a raccogliere quell’arma, che due braccia lo presero da dietro. Senza pensarci troppo, prese il coltello e colpì il braccio destro del suo aggressore.

Questi urlò, producendo un suono acuto, troppo acuto, che fece fermare Basil per un attimo. L’investigatopo si voltò per fissare il criminale che aveva colpito, il quale si stringeva il braccio sanguinante.

Quando il topo alzò gli occhi, Basil li guardò e gli sembrarono familiari.

Fu un attimo però, perché subito dopo dovette tornare a concentrarsi sugli altri che erano ancora in piedi e che cercavano di colpirlo. La lotta proseguì e Basil dava e riceveva colpi. Quando ormai cominciava a chiedersi se sarebbe riuscito a salvarsi, si udì uno sparo.

Tutti si fermarono e si voltarono verso la porta. Lì, stava un poliziotto con il revolver puntato in aria.

“Cosa sta succedendo qui?” chiese, in tono imperioso.

Un attimo dopo, il topo che Basil aveva ferito al braccio, afferrò un posacenere e lo scagliò contro l’ufficiale colpendolo in pieno volto. Questi ululò dal dolore ed i criminali contro cui Basil stava combattendo riuscirono a far cadere l’investigatopo a terra, a spingere via il poliziotto dalla porta ed a fuggire in strada, seguiti dal loro compagno ferito. Basil si rialzò rapidamente, e corse dietro ai malviventi, solo per vederli dileguarsi in direzioni diverse tra le strade di Londra.

Imprecando, tornò indietro per aiutare il poliziotto con i malviventi rimasti.

Circa un’ora dopo, casa Abercroft pullulava di poliziotti accorsi un po’ per tenere lontana la folla, un po’ dare una mano a capire cosa era stato portato via. Quando, in una delle camere da letto al piano superiore, erano stati trovati i coniugi Abercroft, profondamente addormentati, ed ogni tentativo di svegliarli era stato inutile, era stato chiamato anche un medico. Costui aveva dichiarato che i due erano stati pesantemente sedati, di modo che non si accorgessero della rapina in corso.

Sulla scena era intervenuto anche Laroux, il quale era subito andato da Basil per congratularsi ma, soprattutto, per chiedere spiegazioni.

“Quindi lei sapeva del furto e non mi ha informato? Per quale ragione?”

“Elementare Ispettore. Se le mie prede avessero sentito il rumore provocato dai suoi uomini, non si sarebbero avvicinati. Inoltre, c’era il loro complice dall’interno che controllava la strada. Dovevo agire da solo se volevo sperare di prenderli. Ho solo sbagliato a calcolare un paio di dettagli.”

“Ah, sì, vedo. Quel bel livido sulla sua guancia ne sarebbe il risultato, vero?”

“Le ho già detto che uno di loro sembrava diverso dai suoi compari. Non era un ubriacone, il suo fiato non puzzava di alcool. Inoltre sapeva battersi ed aveva una forza discreta nonostante la statura. Secondo me è un benestante.”

“Un benestante?! Ma non mi prenda in giro!! Per quale ragione un benestante dovrebbe mischiarsi con una tale marmaglia?”

“Se avessi una sfera di cristallo o se sapessi leggere nel pensiero, ora sarei in grado di darle la risposta.” Replicò Basil tagliente.

“Ah, buffo, lei che non sa qualcosa.” Disse Laroux, gongolante.

“Faccia poco lo spiritoso, Ispettore. Era la prima volta che lo vedevo inoltre…”

“Inoltre…” lo incalzò l’ufficiale.

“No, non credo che questo punto le possa interessare. Una quisquilia, davvero.”

“Se lo dice lei… comunque ha fatto un buon lavoro. Tre su sette è un buon risultato. Potrebbe gentilmente suggerirmi come fare a prendere gli altri?”

“Per ora potremo fare ben poco, temo. Ma aspettatevi mie notizie entro domani.”

“Sempre tutti questi misteri!  Arriverà mai il giorno in cui comunicherà le sue intenzioni anche agli altri?”

“E’ quello che mi chiedo anch’io, Ispettore!”

Quella voce…

Basil chiuse gli occhi e deglutì a fondo prima di voltarsi.

Cornelia Blackwood stava camminando di gran carriera verso di lui, seguita da Elizabeth, che aveva un’aria confusa, e da Topson, che invece aveva un’espressione colpevole.

Era chiaro che la ragazza aveva scoperto tutto.

Guardandosi brevemente attorno, Basil si accorse che in molti, Laroux compreso, stavano osservando la scena, aspettando gli eventi.

Mosse dunque anche lui qualche passo verso Cornelia, cercando di fermarla prima che scoppiasse.

“Cornelia, io..” disse cercando di prenderle una mano.

“No”, replicò lei, scostandosi bruscamente “Non sai quanto mi senta arrabbiata e… messa da parte e…”

“Cornelia, la gente guarda.”

“E allora? Che guardino!”

“No, ascolta… meglio se ne discutiamo a casa.”

“Perché? Così la tua reputazione non si rovina?”

“E’ la tua quella che…” Basil si interruppe e prese un bel respiro “Cornelia, ti prego, fidati.”

“E come faccio? Spiegamelo! Dopo che…”

“Cornelia” ora era stata Elizabeth a parlare “ha ragione e tu lo sai. Dai, torniamo a Baker Street. Ne discuterete là.”

La voce dell’amica sembrò calmare la ragazza che annuì rigidamente e, dopo un’ultima occhiata gelida al detective, si incamminò verso Baker Street, a qualche isolato di distanza.

Elizabeth la seguì e la affiancò, mentre Topson rimase con l’investigatopo.

“Basil, io…” provò a spiegare.

“Non fa niente dottore, davvero. Prima o poi l’avrebbe scoperto. Coraggio, andiamo.”

Detto ciò, i due si avviarono verso casa dietro alle due donne.

Lungo il tragitto, nessuno parlò molto. Tutti preferivano rimandare le spiegazioni all’intimità delle mura domestiche.

Ad un certo punto, si trovarono a passare davanti alla casa di Brynna, che si trovava in Paddington Road, una via perpendicolare a Baker Street, Cornelia la superò, senza voltarsi a guardarla, ma Basil si fermò di colpo. Davanti a casa di sua sorella c’era la carrozza del medico Ansmauser, l’unico medico da cui Brynna si lasciava visitare, in quanto marito della sua migliore amica, la signora Selena Ansmauser, Pelham da nubile.

Senza pensarci due volte, deviò dal suo percorso e si affrettò a raggiungere la casa, seguito poco dopo da Topson che, comunque, aveva prima avvertito le due signorine che li precedevano.

Cornelia sbuffò sonoramente: era evidente che Basil era preoccupato, e le dispiaceva, certo, ma era possibile che tutte le volte sua sorella si mettesse in mezzo alle loro questioni?

Oltretutto, era abbastanza sicura che c’entrasse anche lei in quella farsa del Surrey.

Si avviò comunque verso casa di Brynna, seguita da Elizabeth.

Nel frattempo, Basil aveva suonato alla porta.

Erano passati alcuni minuti, che gli erano comunque parsi eterni, poi la cameriera di Brynna, la signora Chivers aveva aperto la porta.

“Signor Basil, cosa vi porta qui?”

“Buonasera signora, ho visto la carrozza del dottor Ansmauser. Posso… possiamo entrare?”

“Ma certo, entrate, entrate pure.”

La governante li fece accomodare nell’atrio e prese i loro cappotti.

“Prego, accomodatevi in salotto.” Disse, dopo aver riposto i cappotti in un armadio lì vicino, ed avviandosi per mostrare la strada.

“Ad essere sincero, preferirei andare a vedere come sta mia sorella.” Rispose Basil, cercando di mantenere la calma: se era intervenuto il dottore doveva trattarsi di qualcosa di serio, Brynna non si faceva visitare per un misero raffreddore.

“Lo capisco, ma il dottore ha chiesto di lasciarlo lavorare con calma e non so quanto la vostra presenza potrà aiutarlo in questo. Le consiglio di aspettare che esca dalla camera della signora.”

“Almeno posso stare nel corridoio lì davanti? Senza entrare?”

La donna sospirò.

“Suppongo di sì. Conosce la strada. Io, intanto, mi occupo dei suoi amici. Vogliate seguirmi, prego.”

Cornelia stava per obiettare, ma le occhiate di Topson ed Elizabeth, che la supplicavano di lasciar perdere, la convinsero a desistere. A malincuore, seguì la cameriera ed i suoi amici in salotto.

Basil, invece, salì le scale fino al piano superiore e si mise fuori dalla camera di Brynna.

Dall’interno, provenivano dei fruscii, la voce bassa del dottore, e qualche colpo di tosse ogni tanto, molto probabilmente da parte di sua sorella.

Dopo alcuni minuti, il dottore uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé. Quando si voltò, incontrò lo sguardo preoccupatissimo di Basil.

“Buonasera dottore, come sta mia sorella?”

Ansmauser sospirò lievemente, prima che le sue labbra si schiudessero in un sorriso.

“Starà bene entro pochi giorni, non vi preoccupate. Ha solo bisogno di riposo assoluto.”

“Ma cos’ha?”

“Ha un po’ di febbre ed una lieve bronchite. A mio parere, o è venuta a contatto con qualcuno già seriamente malato che l’ha contagiata, oppure ha lavorato troppo ultimamente. Converrete che entrambi i casi sono più che plausibili.”

Basil annuì.

“Non faccio che ripeterle di prendersi una vacanza, ma, voi la conoscete, fa orecchie da mercante ad ogni suggerimento mio o di mia moglie.”

L’investigatopo sorrise, poi disse:

“Posso entrare?”

“Certo, ma mi raccomando, non la agitate.”

“Sarà fatto.” Rispose prontamente Basil.

“Allora buona serata. Vado da mia moglie a rassicurarla. Voleva venire anche lei, ma gliel’ho impedito.”

“Buona serata a lei dottore, e porti i miei saluti a Selena.”

“Certo.” Disse il dottore avviandosi giù per le scale. Si fermò però a metà rampa e richiamò l’investigatopo:

“Vi ha chiamato la signora Chivers?”

“No, passavo di qua ed ho visto la vostra carrozza.” Rispose Basil.

“Capisco. Beh, vi lascio a vostra sorella allora. Ricordate quanto vi ho detto.”

“Certamente dottore.”

Dopo questo scambio di battute, entrambi gli uomini presero la loro strada: il dottore andò verso l’uscita e Basil entrò in camera di sua sorella.

La stanza era illuminata dal un abat-jour posta accanto al letto.

Brynna giaceva nel letto con la coperta tirata fino al collo, con gli occhi chiusi, il respiro affannato e tremante, un’espressione un po’ dolorante sul volto. Quando il fratello le si avvicinò, però, aprì gli occhi e gli sorrise.

“E’ mai possibile che io non possa avere un piccolo svenimento senza che tu appaia subito?”

“Sei svenuta?!” esclamò Basil.

“Ah, non te l’avevano detto eh? Beh, ora lo sai, siediti.” Gli rispose lei, spostandosi un po’ per lasciare posto al fratello sul bordo del letto. Lui lo occupò prontamente.

Per un po’ cadde il silenzio tra i due. Pur nella sua stanchezza, fu Brynna ad interromperlo.

“Che faccia preoccupata, cos’è successo? Qualche problema con il caso?”

“Scusa sai, se mi sono preoccupato per te. Comunque il caso è risolto e, entro domani notte, catturerò tutta la banda.”

Tutta la banda? Vuoi dire che li hai colti con le mani nel sacco e alcuni ti sono scappati?”

“Sì. Erano in sette ed uno di loro è anche quasi riuscito a sopraffarmi. Era un piccoletto, assai agile e, a giudicare dal timbro della voce quando l’ho colpito con un coltello, doveva essere piuttosto giovane.”

Il volto di Brynna si contrasse in una smorfia.

“Che c’è? Hai dolore?” le chiese lui, preoccupato.

“No” rispose lei secca “Tu avresti ferito un ragazzino?”

“Mi aveva preso per le braccia, dovevo liberarmi in qualche modo.”

“Correggimi se sbaglio, ma non avevi imparato le arti marziali per non rischiare di ferire seriamente qualcuno tranne, te lo concedo, in situazioni estreme?”

“Ma questa era estrema! Erano in sette ed io ero solo!”

“Allora non avresti dovuto andare da solo e…”

La donna cominciò a tossire violentemente, tanto che Basil tentò di avvicinarsi per aiutarla a mettersi seduta, ma lei lo fermò, dicendo tra i colpi di tosse:

“Faccio.. cough cough… da sola… cough cough… prendimi… cough cough… un po’ d’acqua… cough cough… per favore…”

Basil si affrettò ad eseguire, voltandosi verso il comodino dove c’erano una caraffa d’acqua ed un bicchiere, e riempiendo il seconda con il contenuto della prima.

Quando si voltò di nuovo, Brynna era seduta, con una coperta, che aveva recuperato da una sedia accanto al letto, avvolta intorno alle spalle. La tosse era calata un po’, ma le aveva lasciato il respiro più affannato di prima.

Basil le porse il bicchiere, che lei afferrò con la zampa sinistra.

‘Strano’ pensò l’investigatopo ‘lei è destrorsa.”

Quando la donna ebbe svuotato il bicchiere, lo porse al fratello che lo rimise al suo posto. Fatto questo, tornò al letto, dove trovò la sorella di nuovo sdraiata sotto le coperte.

“Cambiamo discorso, ti va? Temo che le mie prediche non siano così temibili quando sono in questo stato.”

“Hai ragione, anzi, scusa, avrei dovuto evitare l’accenno all’episodio. Ansmauser mi ha raccomandato di non agitarti.”

“Il solito. Allora, non hai qualcosa di più rilassante, o divertente, da raccontarmi?”

“In generale di no, anche se…”

“Sì?” lo incalzò lei.

“Ecco, so che questa ti piacerà tanto quanto ha agitato me.”

“Racconta.”

“Cornelia, Topson ed Elizabeth sono al piano di sotto.”

Cadde il silenzio, che durò per alcuni istanti nei quali Brynna assimilò la notizia e cosa comportava.

“Vuoi dire che ha scoperto tutto ed è tornata prima?”

“Proprio così.”

Brynna sospirò.

“Io te l’avevo detto di lasciare che ci pensassero alcuni membri del mio cast. Sarebbe stato perfetto.”

“Forse, ma speravo che Topson la trattenesse abbastanza. Comunque, stasera me la sono trovata davanti sulla scena del crimine dopo lo svolgimento dei fatti. Puoi immaginarti com’era arrabbiata.”

“Ahia, più che altro riesco ad immaginare il discorsetto che ti aspetta quando sarai tornato a casa. Oltretutto, sei passato di qui, dando la tua priorità a me e non a lei, e questo, di certo, non gioca a tuo favore.”

“Che dovevo fare? Non passare nemmeno? Per quel che ne sapevo potevi essere in punto di morte, dato che c’era Ansmauser in casa.”

“Esagerato. Comunque mi fai sentire in colpa così. Senti, se vuoi puoi avvicinarti un po’ al prossimo attacco di tosse, così magari ti ammali e lei sarà costretta a rimandare la discussione, magari se la dimenticherà persino.”

“Piano ingegnoso, ma no grazie. Anzi, temo che dovrò andare, non ti dispiace, vero?”

“Mi dispiacerebbe di meno se tu stessi salendo sul patibolo, credimi.”

Basil rise e si chinò per baciare la fronte di sua sorella.

“Attento a non farti vedere da Cornelia, potrebbe ingelosirsi.” Lo canzonò la sorella.

“Di chi? Di te? Assurdo.”

“Credi che non lo sia già? Ti strappo sempre via da lei, in un modo o nell’altro.”

“Sei mia sorella e di questo dovrà farsene una ragione.”

Brynna sospirò per l’ennesima volta.

“Sherringford, ascolta bene ciò che ho da dirti, perché lo dirò una volta sola: se deciderai di sposarla, dovrà essere lei la tua priorità, sempre e comunque, capito? Un matrimonio non è come essere fratelli, bisogna impegnarsi ogni giorno per mantenerlo vivo. Io ti voglio bene ed anche lei te ne vuole, ma questo non può bastare. Lei ti deve amare e tu devi ricambiare e darle buone, anzi ottime, motivazioni per farlo.”

“Già, perché tu, su questi principi, hai avuto un bel matrimonio, vero?”

Troppo tardi Basil si accorse di ciò che aveva detto.

Il volto della sorella si rabbuiò.

“Sai bene perché mi sono sposata con quel… non riesco nemmeno a definirlo, perciò non te lo ripeterò. A buon intenditor poche parole, come si suol dire. Ora sarà meglio che tu vada. Non vorrai aggravare ulteriormente la situazione. Lascia che ti dica un’ultima cosa comunque. Non potrai allontanarla sempre come hai fatto questa volta quando sarai immerso nelle tue indagini. Arriverà il momento della scelta: rinuncerai alla tua professione o a lei. Ora va’.”

“Brynna, io..”

“Grazie per la visita, ora fammi il favore di uscire da qui.” Lo interruppe la donna, voltandosi dall’altra parte rispetto al fratello.

Basil, sospirando, si alzò e, dopo un ultimo sguardo rivolto alla figura della sorella, uscì dalla stanza.

Quando uscì di casa, insieme ai suoi amici, e l’aria fredda della notte lo investì, pensò che quella era certamente una giornata da dimenticare, e che doveva trovare il modo di scusarsi con sua sorella.

In fondo, era per colpa sua che si era sposata con quel topo. Era colpa sua se quella relazione l’aveva quasi uccisa.

Scosse la testa e proseguì lungo la strada.

Dalla finestra di camera sua, Brynna lo osservava stando in piedi, con una coperta intorno alle spalle che lasciava intravedere appena la fasciatura al braccio destro.

Una singola lacrima le solcò la guancia, lacrima che lei si affrettò ad asciugare con un gesto stizzito, prima di ritirarsi nella camera e di mettersi a letto.

FINE DEL CAPITOLO

Mamma quanto è venuto lungo questo capitolo. E’ valso l’attesa? Spero di sì.

A presto con il prossimo.

Bebbe5

  

 

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Capitolo 25
*** Scontro al locale ***


CAPITOLO 24

L’alba trovò Basil seduto sulla sua poltrona nel salotto.

La sera prima Cornelia, o per uno slancio di magnanimità, o a causa della stanchezza dovuta al viaggio di ritorno, si era ritirata subito in camera sua, Elizabeth era rientrata a casa dopo una breve chiacchierata con l’amica e Topson, dopo averlo medicato, era subito andato nella sua stanza senza dire una parola.

Era chiaro che si sentiva in colpa per non essere stato in grado di trattenere più a lungo Cornelia, ma il detective non aveva tempo per pensare a come rassicurare il suo amico.

Era quindi rimasto a riflettere nella stanza, più per fare mente locale su cosa avrebbe dovuto fare come mossa successiva, che per chiarire alcune incognite su cui, comunque, aveva già un’idea precisa.

In quel momento, mentre i primi raggi del sole illuminavano l’ambiente da dietro le tende, due cose gli erano chiare: doveva tornare ad indagare con più accuratezza nel locale sul fiume, nel quale si trovava l’accesso al vecchio covo di Rattigan e, per quanto gli dolesse ammetterlo, stavolta avrebbe dovuto coinvolgere Scotland Yard. Ovviamente, avrebbe agito quando avrebbe voluto lui, ma doveva avere la certezza che ci fosse qualcuno in più che gli avrebbe parato le spalle, dato che sarebbe stato sicuramente atteso. Avrebbe coinvolto anche Topson, poco ma sicuro. Rimandando ad un momento successivo la ricerca di una soluzione per Cornelia, spense la pipa, andò a prendere il suo cappotto ed il suo berretto ed uscì di casa.

Giunse nuovamente la sera e, con essa, un nuovo litigio al 221/B di Baker Street. Incredibilmente, però, i protagonisti sembravano esserne Cornelia e Topson.

“Stasera verrò con voi, è deciso.”

“Cornelia, te l’ho già detto, è meglio di no, potrebbe essere pericoloso.”

I due si trovavano nella camera del dottore, insieme a Basil, che stava curando gli ultimi dettagli del suo travestimento e di quello del dottore, prima di partire alla volta del locale al molo.

Come al solito, Cornelia avrebbe voluto accompagnarli e, come al solito, i due si opponevano a viva forza.

“Posso aiutarvi, voglio aiutarvi!” stava appunto dicendo la ragazza “L’ultima volta vi ho persino salvato la vita, dopo che voi avevate messo a repentaglio la mia.”

“E’ questo il punto, Cornelia” replicò Topson, cercando di non muoversi troppo per dare modo a Basil di lavorare sul suo volto. “Noi mettiamo a rischio la tua vita! Per questo devi restare qui. Basil, di’ qualcosa anche tu, te ne prego.”

“A che scopo dottore? Non mi ascolterebbe.” Replicò l’investigatopo, applicando un lieve strato di cerone sul viso dell’amico.

“Esatto, soprattutto perché non c’è niente da dire. Io vengo e basta.”

In quel mentre, Basil si alzò, annunciando che aveva completato la sua opera.

“E comunque mi vedo costretto a dare ragione a Cornelia, mio caro Topson.” Aggiunse poi, cominciando a riporre i suoi strumenti. “Non c’è niente da dire. Lei non verrà e questo glielo posso assicurare.” Detto questo, raccolse le sue cose ed uscì dalla camera. Rossa in viso per la rabbia, Cornelia lo tallonò.

“Non puoi permetterti di dirmi cosa devo o non devo fare! Sappi che, anche se ancora non ho detto niente, ciò non vuol dire che io abbia dimenticato lo scherzetto del Surrey. Mi sono sentita delusa, quasi non volevo crederci e…”

Lo sfogo della giovane accompagnò i due per tutto il tragitto verso la camera di Basil e continuò anche dopo che vi furono entrati.

“… vorrei che tu capissi che ci tengo a stare al tuo fianco e… ma mi stai almeno ascoltando?!” si interruppe Cornelia, vedendo che l’altro non l’ascoltava, apparentemente tutto preso dal riporre sopra il tavolo di camera sua gli arnesi che aveva utilizzato fino a poco prima

La ragazza gli si avvicinò, furibonda, e gli si mise accanto, posandogli poi una mano sulla spalla bruscamente per attirare la sua attenzione.

“Perché non mi ascolti mai? Perché lasci correre e non ne discuti? Basil ti sento distante. So che sei in mezzo ad un caso, ed uno anche molto importante, ma…”

“Mi dispiace.”

Quelle parole, appena mormorate, fecero tacere Cornelia.

“Come?” chiese, incredula.

“Ho detto che mi dispiace.” Ripeté lui, prendendole una mano.

La giovane rimase in silenzio per un po’ poi, vedendo che lui non diceva altro, si schiarì la voce.

“Beh, mi sembra normale ed anche giusto che tu sia dispiaciuto per ciò che hai fatto…”

“Non ho detto di essere dispiaciuto per ciò che ho fatto.”

Ancora una volta, Cornelia rimase senza parole.

“Ah no?” disse un po’ incerta.

Basil scosse la testa.

“No, sono dispiaciuto per ciò che mi vedo costretto a fare.” Detto questo, con una mossa velocissima, la ammanettò per il polso che le aveva preso ad uno dei gambi del tavolo. “A mia discolpa, però, posso dire che non mi hai lasciato altra scelta.”

Cornelia guardò prima il polso, annichilita, poi, riprendendosi dallo shock, si mise a gridare:

“Come osi?! Vieni subito a liberarmi, o sarà peggio per te!”

“Come minaccia non è molto efficace, se detta da una che è attualmente legata ad un tavolo. Ora scusami, ma ti devo lasciare o farò tardi. Ah, dimenticavo, non disturbarti a cercare l’aiuto della signora Placidia. Le ho dato precise disposizioni e lei, per una volta almeno, si è mostrata più che felice di seguirle alla lettera. Buona serata, mia cara.” Concluse poi l’investigatopo con un breve cenno del capo, uscendo dalla stanza e chiudendo la porta dietro di sé, soffocando le grida irose della ragazza rimasta all’interno.

Ripercorse la strada compiuta prima e tornò alla camera di Topson, dove trovò l’amico ad attenderlo, già pronto per la partenza.

“Incredibile” commentò quest’ultimo “Come hai fatto a convincerla?”

“Oh, non ci è voluto poi molto.” Rispose Basil, sorridendo “Coraggio, andiamo, ci aspetta una lunga nottata.”

I due scesero le scale ed uscirono dal 221/B. Basil fischiò e Ugo comparve subito davanti a loro. L’investigatopo e Topson, anche se quest’ultimo con una certa riluttanza, montarono su di lui e partirono per la loro destinazione.

Frattanto, nella camera di Basil…

Cornelia ridacchiò.

“Bene, va tutto secondo i piani.” Detto questo, estrasse un piccolo oggettino ricurvo da uno dei suoi stivali e, con esso e con un po’ di pazienza, riuscì a liberarsi dalle manette.

“Non mi vogliono con loro?” si disse “Vorrà dire che farò da sola.”

Uscì dalla stanza di Basil e si diresse in camera sua, dove prese alcuni abiti maschili dal suo baule. Si truccò un po’ il volto, scurendo il pelo e creando delle cicatrici finte poi, cercando di fare il meno rumore possibile, aprì la finestra e si calò giù. Dopodiché si fermò ad osservare la strada, cercando di decidere sul da farsi. Sapeva di dover andare al porto e sapeva anche più o meno il posto preciso dove si erano diretti Basil e Topson. Il problema stava nel raggiungere il luogo in tempo utile.

Sospirando, cominciò a camminare verso la zona del porto, sperando di trovare un qualcosa che potesse aiutarla a percorrere quella distanza più rapidamente. Avrebbe potuto chiedere ad Elizabeth, che aveva una carrozza personale, ma questo avrebbe significato coinvolgerla e lei avrebbe preferito evitare.

Si fermò di nuovo, mentre uno strano senso di indecisione la afferrava. Lei non voleva coinvolgere la sua amica perché voleva proteggerla. Basil, lasciandola a casa, voleva evidentemente fare lo stesso. Non riusciva a biasimarlo, ma voleva anche stargli vicino. Del resto, la questione di Rattigan aveva interessato da vicino anche lei.

Già, erano giovani, molto giovani allora, e lei si era improvvisamente ritrovata ad affrontare qualcosa di troppo grande. Era scappata, l’aveva abbandonato.

Si sentì un’ingrata ed un’immatura: chi era lei per tornare all’improvviso e sconvolgere tutto? Aveva lasciato Basil da solo nel momento in cui aveva più bisogno di aiuto, si era ripresentata alla sua porta come se niente fosse e lui l’aveva accolta, comportandosi come quando erano ragazzi, aggiungendo anche qualcosa in più.

Aveva fallito là dove Brynna era invece riuscita.

Questo pensiero la bloccò, mentre si stava già voltando per tornare a Baker Street.

Brynna.

Quel nome riaccese la sua competitività. Se Brynna poteva aiutare Basil, cosa le impediva di farlo a sua volta? Avrebbe aiutato il suo amato senza infastidirlo, avrebbe trovato degli indizi utili che gli avrebbe mostrato al suo ritorno a Baker Street.

Con una nuova determinazione, si incamminò verso la sua meta. Ancora non sapeva come vi sarebbe arrivata, né cosa avrebbe dovuto cercare. Quello che sapeva era che voleva fare qualcosa.

Ancora non sapeva che ci sarebbe riuscita, ma nel più tragico dei modi.

Basil e Topson, giunti al locale, vi erano entrati e si erano seduti con nonchalance ad uno dei tavoli. Decisi più che mai a non farsi notare, oltre ad aver modificato il loro travestimento, avevano ordinato due birre e se ne erano rimasti fermi al loro tavolo, senza fare troppe domande.

Basil si guardava intorno, cercando tra gli avventori i vecchi membri della banda di Rattigan ed i criminali che gli erano sfuggiti la sera prima.

Topson, non sapendo cosa fare, sorseggiava la sua birra e lanciava occhiate nervose a Basil. L’amico gli aveva semplicemente detto ‘Ce ne staremo seduti tranquilli fino al momento giusto’, ma non aveva specificato quando si sarebbe verificato questo momento, cosa che lo agitava parecchio. L’ultima volta che era stato in quel posto, del resto, aveva rischiato di finire molto male. Quella sera, il clima non sembrava diverso: i topi che si trovavano nel locale impiegavano il loro tempo bevendo, giocando a carte o prendendosela con l’artista di turno che si esibiva sul palco malandato situato da un lato del locale. Arrossì un po’, ricordandosi della figura che aveva fatto quando, sotto l’effetto della droga che gli era stata messa nella birra, era salito sul palco a ballare maldestramente con le show girls. Voltandosi, vide che Basil lo guardava con un sorrisetto stampato sul viso. Era ovvio che aveva capito tutto ciò che gli stava passando per la testa. Topson, però, preferì non approfondire l’argomento, limitandosi a sorseggiare la sua birra. Prese poi a guardarsi intorno anche lui e rabbrividì quando riconobbe alcuni degli scagnozzi di Rattigan.

Si voltò di nuovo verso il suo amico per farglielo notare, ma vide che l’investigatopo aveva fissato lo sguardo su un punto vicino all’ingresso del locale. Decise di non mettersi a guardare anche lui: ormai aveva imparato alcuni dei metodi di Basil e sapeva che, voltandosi a sua volta, avrebbe potuto insospettire chiunque fosse entrato nelle mire del suo amico.

Quest’ultimo mosse lo sguardo seguendo il movimento dell’individuo su cui si era concentrato e, dopo qualche istante, si allungò verso il dottore per sussurrargli.

“E’ appena entrato il tipo che ieri mi ha messo k.o. e che io ho ferito ad un braccio. Si è seduto al bancone ed ha ordinato una pinta. Ormai dovremmo esserci Topson, tieniti pronto.”

L’investigatopo fremeva di aspettativa ed anche il dottore cominciava a sentire l’adrenalina invadergli il corpo. Entro poco sarebbero entrati in azione ed avrebbero risolto anche quel caso.

“Dobbiamo aspettare di scorgere anche il minimo indizio della presenza di Rattigan e poi potremo chiamare i nostri amici di Scotland Yard che hanno già provveduto a sistemare la sorveglianza intorno al locale.” Disse l’investigatopo a Topson, ricordandogli il piano che avevano precedentemente ideato. Era talmente preso dal nuovo arrivato, però, che non scorse un altro topo entrare nel locale, guardarsi attorno, posare lo sguardo su di lui e su Topson e poi nascondersi in un punto un po’ più buio.

 

Cornelia osservava da lontano i suoi due amici seduti al tavolo, sperando di non essere stata scorta. Era stata fortunata, lungo la strada era riuscita a saltare su due carrozze di umani che l’avevano portata non molto lontana da lì. Aveva visto Ugo sul ciglio della strada e si era affrettata a scendere fino al locale.

Quando si rese conto che non l’avevano notata, emise un sospiro di sollievo e si guardò intorno. Il locale era davvero squallido, ma non poteva stare a fare simili considerazioni. Doveva trovare qualcosa, qualsiasi cosa, per aiutare Basil.

Più facile a dirsi che a farsi. La stanza piena di fumo mostrava solo immagini sfocate dei suoi occupanti, figuriamoci di ciò che li circondava.

Si accorse che l’uomo al bancone la stava guardando con sospetto e si decise ad ordinare qualcosa. Andò da lui, prese posto su uno degli sgabelli ed ordinò una birra. Cercando di non apparire troppo nervosa, sorseggiò un po’ la sua ordinazione, reprimendo un’espressione di disgusto. Posò il boccale sul bancone e si guardò un po’ intorno, ignorando i topi che la guardavano. Notò però che ce n’era uno, non molto distante da lei, che la guardava con insistenza, quasi come se stesse cercando di capire se le era familiare o meno.

‘Probabilmente è solo ubriaco.’ Si disse, cercando di tranquillizzarsi. Si voltò quindi dall’altra parte rispetto allo sconosciuto e, nel farlo, scorse un piccolo corridoio da cui si accedeva passando accanto al bancone.

‘Chissà dove porta.’ Si chiese. Per quel che riguardava poteva anche essere l’ingresso per la servitù o per le ‘artiste’, ma era comunque un punto di partenza. Finì in un sol sorso la sua birra, gettò qualche scellino sul bancone ed andò verso l’uscita. All’ultimo, però, cambiò la sua direzione e si diresse verso il corridoio, rapidamente ma non troppo, per cercare di non dare troppo nell’occhio.

Giunta all’imboccatura del corridoio, vide che su un lato c’era tutta una serie di porte, le ultime delle quali erano molto vicine al palco e, perciò, con molta probabilità, dovevano essere quelle dei camerini.

Aprì la prima e si ritrovò in quello che doveva essere uno sgabuzzino per le scope. Dietro la seconda, invece, trovò un magazzino che fungeva anche da cantina (‘questo spiega in parte l’orribile qualità della birra che viene servita’ pensò).

Quando provò ad aprire la terza porta la trovò chiusa. Lì per lì, pensò di lasciar perdere e proseguire, poi però decise di tentare ad aprirla. Ormai era lì. Prese il ferretto con il gancio in fondo che aveva utilizzato per liberarsi dalle manette e cominciò a forzare la serratura. Dopo alcuni minuti, sentì uno scatto e la porta si aprì.

Entrò nella stanza, completamente immersa nell’oscurità. Fece scorrere una mano prima sul muro a destra della porta, poi su quello alla sinistra per trovare la lampada a gas ed illuminare così l’ambiente.

Quando ci riuscì, vide che si trovava in un quello che doveva essere un archivio.

‘Bingo’ pensò.

Senza avere un’idea precisa di cosa cercare, si mise a frugare un po’ dappertutto. Ad un certo punto, mentre stava esaminando il contenuto di un cassetto, un rumore la fece raggelare, un rumore che, purtroppo, conosceva bene: quello di una pistola che viene caricata.

“Alza le mani e voltati immediatamente.”

Quella voce… Cornelia si voltò, con un’espressione stupita stampata sul volto.

“Brynna?!” esclamò. Davanti a lei c’era il tipo che l’aveva fissata con insistenza al bancone ma, alla luce della lampada a gas e nell’aria molto più libera da fumi del piccolo archivio, riusciva a distinguerne meglio i lineamenti: sotto un travestimento semplice, ma molto efficace, vide il volto della sorella di Basil.

“Buonasera Blackwood, hai deciso di farti una giratina da queste parti?” disse Brynna, continuando a puntarle la pistola contro, un ghignetto soddisfatto stampato sul viso.

“Che ci fai tu qui?!” le chiese di rimando Cornelia, ancora confusa per la piega presa dagli eventi.

“Non credo che ti debba interessare. Cosa credevi di fare qui dentro?”

“Non credo che ti debba in-“ cominciò Cornelia, cercando di scimmiottare l’altra, ma Brynna la zittì in un modo che le ricordò tanto quello che utilizzava Basil per lo stesso motivo.

“Non fare l’arrogante, Blackwood. Ti sto puntando una pistola contro. Allora, cosa credevi di fare, esattamente?”

“Io.. io.. cercavo indizi, ecco!” rispose Cornelia, ostentando una sicurezza che non aveva.

“Mhm, interessante. E cosa cercavi esattamente?”

“Io.. ecco..” stavolta Cornelia non sapeva cosa dire. Poi però si riscosse di colpo. “Perché mi stai puntando contro una pistola?” chiese, con voce sconcertata.

Brynna la guardò con un’aria stranita.

“Beh, perché lo trovo divertente e perché sono sicura che così sarai obbligata a fare quanto ti dirò.”

“Ovvero?”

“Ovvero uscire da qui. Andiamo, ti riporto a Baker Street prima che succeda il finimondo.”

“Non ci penso nemmeno. Non me ne vado senza prima aver trovato qualcosa che possa essere utile a Basil.”

“E per trovare un qualcosa di indefinito stai rischiando di mettere ancora di più nei pasticci mio fratello. Sai che succede se ti trovano e ti catturano? Andiamo, non fare storie. Non costringermi a spararti davvero e a trascinarti fuori. Sei già fortunata ad essere arrivata fino qui, non sfidare ulteriormente la sorte. Coraggio, prima che arrivi qualcuno.”

“Cosa ti dice che mi farò catturare? Cosa ti dà il diritto di dirmi cosa devo fare? Guarda che-“

Cornelia non riuscì mai a completare la sua frase, perché Brynna le aveva messo una mano sulla bocca. Lì per lì, la ragazza provò a divincolarsi, poi però comprese il perché di quel gesto: aveva udito dei passi avvicinarsi dal corridoio.

Però era strano, sembrava che il rumore provenisse non solo dal corridoio, ma anche da dietro un quadro appeso ad un muro della stanza.

Sentì la mano di Brynna tremare e la vide impallidire. La vide riporre la pistola in una tasca, farle cenno di rimanere in silenzio e guardarsi freneticamente intorno. Alla fine sembrò decidersi, perché le indicò un armadio, lo aprì e vi entrò, invitandola a seguirla. Cornelia esitò solo un istante, ma quando sentì i passi avvicinarsi entrò con Brynna nell’armadio. Le due fecero appena in tempo a chiudersi dentro che Cornelia sentì aprirsi la porta che dava sul corridoio. Un secondo dopo, però sentì anche il rumore di qualcosa che girava su dei cardini provenire dalla parte opposta rispetto alla porta: probabilmente la stanza aveva due ingressi. Ma come diavolo faceva Brynna a saperlo? Sapeva che era lei a passare le informazioni a Basil ma pensava che le ottenesse mediante alcuni ‘collaboratori’. Quanto in fondo si era spinta per aiutare il fratello? Quelle riflessioni furono interrotte quando udì la voce inconfondibile di uno di quelli che erano entrati nella stanza.

“Buonasera, mia cara, grazie per essere venuta. Quali notizie mi porti?”

Rattigan.

Un brivido le passò lungo la schiena al pensiero di cosa sarebbe potuto accadere se avesse trovato lei e Brynna in quell’armadio. Al terrore, però,si sostituì lo sconcerto quando sentì anche la voce dell’interlocutore, o meglio, dell’interlocutrice.

“Buonasera a lei, signore.”

‘Elizabeth?!’ pensò e percepì Brynna irrigidirsi accanto a lei. Evidentemente quella era stata una brutta sorpresa anche per lei.

“Secondo quanto sono riuscita a capire ieri sera, mentre Basil raccontava la sua ‘avventura’ con i vostri amici, stasera dovrebbe trovarsi qui insieme al dottore. Con ogni probabilità, inoltre, ad un certo punto arriverà anche Cornelia. Durante il nostro viaggio di ritorno dal Surrey, ha detto esplicitamente che avrebbe trovato il modo di seguirlo e di aiutarlo con o senza il suo consenso.” Lo informò la dottoressa. Cornelia era allibita: che diamine stava facendo Elizabeth? Cosa significava tutta quella storia?

“Eccellente” rispose Rattigan. “Allora basterà tenere gli occhi aperti ed aspettare che vengano da noi.”

Cornelia era stravolta: cosa stava succedendo? Cosa aveva appena sentito? Da fuori dell’armadio sentì il rumore di qualcosa che si apriva e poi un tintinnio di bicchieri.

“Propongo un brindisi.” Sentì dire da Rattigan. “Alla nostra imminente vittoria.”

“Direi anche agli ignari informatori.” Aggiunse Elizabeth.

“Già, senza Cornelia non avremmo potuto sapere tante cose sui movimenti di Basil. Ancora mi stupisco di come tu ci sia riuscita.”

“Sono la sua amica del cuore dopotutto.” A quelle parole Cornelia si sentì gelare il sangue: come era potuto accadere? Credeva che lei ed Elizabeth fossero davvero amiche. Quanto cambiavano le persone in dieci anni.

Guardò Brynna, ma non riuscì a distinguerne il volto nel buio di quell’armadio. Probabilmente aveva assunto un’espressione di disprezzo, e non poteva biasimarla: si impegnava tanto per aiutare il fratello e, in quel momento, aveva visto sfumare molto del suo lavoro a causa di una ragazzina zelante. Sì, non poteva auto-definirsi altrimenti. Aveva avuto la presunzione di immischiarsi in qualcosa che non le apparteneva ed aveva rovinato l’opera di molte persone. Ed ora si trovava in un armadio insieme a quella che per anni aveva visto come una nemica, mentre lì fuori, a sbarrarle la strada per la salvezza, c’erano uno dei criminali più pericolosi del mondo e colei che aveva creduto essere la sua migliore amica.

Che situazione complicata!

Quando ormai pensava che non potesse andare peggio di così, accadde una cosa che le fece trattenere il respiro per la paura:

“Elizabeth, mia cara, hai per caso cambiato profumo?” chiese Rattigan ad un certo punto.

“No, assolutamente no, perché?”

Nella stanza cadde il silenzio, interrotto solo dal rumore di un bicchiere posato su una superficie lignea e dall’inspirare di un topo – anzi un ratto – che annusava l’aria.

“C’è stato qualcuno. Hai notato niente mentre venivi qui?”

“Solo che la porta era aperta, ma non ho visto nessuno uscire o venire qui quando sono arrivata.”

“Allora chiunque fosse, o se n’è andato prima, o è ancora qui. Non ci metteremo molto a scoprirlo.”

Cornelia cominciò a tremare. Ora era certa che le avrebbero trovate e allora.. sarebbe stata la fine.

Provò a cercare lo sguardo di Brynna, ma, ancora, non vide niente. Sentì però che l’altra non tremava. Era ferma, immobile, quasi.. risoluta.

Ad un certo punto la sentì muoversi, senza fare troppa attenzione a mantenere il silenzio. Sentì che si avvicinava e la udì sussurrare al suo orecchio:

“Togliti la giacca, fai presto.”

Cornelia eseguì mentre, fuori dall’armadio, sentiva Rattigan bloccarsi e rimanere in ascolto. Aveva ovviamente sentito i fruscii che provenivano dall’armadio.

“Ah, allora sei ancora qui. Ti do tre secondi di tempo poi vengo a prenderti. Uno…”

Ancora, la voce di Brynna giunse alle sue orecchie.

“Passami la tua giacca e mettiti la mia.” Le ingiunse e Cornelia eseguì senza replicare, frastornata dalla rapidità con cui si stavano svolgendo gli eventi.

“Due…” proseguì Rattigan con spietatezza.

“Ora resta qui, qualsiasi cosa accada. Esci solo quando sarai sicura di essere completamente sola. Vai da Basil e cerca di portarlo via di qui o quantomeno di non farlo intervenire. Digli che è un ordine da parte mia.”

Senza attendere una risposta, Brynna prese un bel respiro ed uscì dall’armadio, chiudendo poi l’anta dietro di sé, proprio mentre Rattigan pronunciava il “Tre”.

“Gaspard?” disse il ratto, allibito, al vedere chi usciva dall’armadio. “Cosa ci fai tu qui?”

‘Gaspard?’ Cornelia non ci stava capendo più niente. In quel momento Brynna rispose con una voce falsata.

“Mi dispiace signore, mi ero perso. Cercavo i camerini delle ragazze per divertirmi un po’ dopo il mio solito goccetto ed ho smarrito la strada.”

“La porta però era chiusa a chiave.”

“No signore, era aperta quando sono arrivato.”

Ci fu un momento di silenzio.

“Gaspard, non mentirmi, sai che non mi piace. Per l’ultima volta, cosa stavi facendo qui?”

Questa volta Brynna non rispose. Cornelia sentì lo stomaco che le si aggrovigliava. Non si metteva bene, per nulla.

“Sai, Gaspard, da qualche tempo ho il sospetto che, tra le mie fila, ci sia una miserabile spia. Ora, comprenderai bene che questo ti mette in una brutta posizione, dato che sei l’ultimo arrivato. O mi dici cosa stavi facendo con le buone, oppure sarò costretto ad usare le maniere forti.”

Ancora una volta, Brynna non rispose. Da dentro l’armadio, Cornelia si trovò a pregare che dicesse qualcosa, qualunque cosa, purché riuscisse a salvarsi.

“Non rispondi? Bene, allora non mi lasci altra scelta.”

Dopo questo, Cornelia udì un suono nauseante ed un gemito strozzato: Rattigan doveva aver tirato un pugno in pancia a Brynna.

La sentì accasciarsi a terra, boccheggiando, e si tappò la bocca per non gridare.

“Sai, Elizabeth, non mi sembra giusto precludere lo spettacolo ai nostri avventori.”

“Ma potrebbe essere rischioso. Pensa a Basil.”

“Ah, vedrai che se c’è se ne starà buono. Cosa vuoi che faccia da solo contro me e tutti i miei uomini?” detto questo ci fu una pausa, poi Cornelia lo sentì dire: “Panem et circensem. Con i romani funzionava. Vediamo se è una pratica che serve ancora a qualcosa.”

Con queste parole, Cornelia lo sentì chinarsi per afferrare Brynna di peso e portarla fuori dalla stanza, seguito probabilmente da Elizabeth.

Restò per qualche minuto nell’armadio, mentre le lacrime le scendevano copiose dagli occhi. Cosa era appena successo?

Il senso di colpa la divorava. Sentiva che avrebbe dovuto almeno provare a fare qualcosa, ma il tono di Brynna era stato perentorio e deciso.

Le venne quasi da ridere: prendeva ordini da lei, ma non da Basil.

Già, Basil. Doveva andare da lui.

Ancora tremante, si azzardò a sbirciare fuori dall’armadio per vedere se anche Elizabeth se n’era andata. La stanza era vuota.

Asciugandosi gli occhi, uscì dalla porta ed imboccò il corridoio, tornando verso la sala principale da cui provenivano delle grida concitate.

Basil sapeva che avrebbe dovuto agire nel momento stesso in cui Rattigan era entrato nella sala, trascinandosi dietro quel tale Gaspard che, poco prima, aveva visto sgattaiolare in un corridoio di fianco al bancone.

Sapeva che avrebbe dovuto chiamare i bobbies di Scotland Yard all’istante quando aveva visto il suo acerrimo nemico chiedere a coloro che gli stavano davanti di farsi da parte e gettare il poveretto ai suoi piedi.

Ma era rimasto paralizzato quando Rattigan, nello scagliare il malcapitato sul pavimento, aveva fatto rotolare via il cappello di quest’ultimo. Una cascata di capelli ricci era ricaduta sulle spalle dell’individuo e l’intera sala si era ammutolita.

Poi il topo si era a fatica rialzato sulle braccia e si era voltato, facendo spuntare un ghigno malevolo sul volto di Rattigan.

“Bene, bene, bene, ma guardate un po’ chi ci ha fatto l’onore di essere con noi stasera: Brynna Anne-Marie Basil.”  

I presenti ridacchiarono.

Un fremito scosse in ugual maniera la donna stesa sul pavimento che Basil il quale, in preda all’orrore, osservava la scena.

Sua sorella lì? Era così allora che si procurava le informazioni, agendo di persona come infiltrata?

Nel frattempo, Rattigan si era avvicinato a Brynna a passi lenti, si era chinato davanti a lei e le aveva preso il mento con una zampa.

“Pensavo che ti fosse bastata l’ultima volta. Davvero il tuo fratellino vale così tanto?”

Lei non rispose, ma si limitò a fissarlo negli occhi.

“A quanto pare sì, vero? Bene, allora temo di dover ricorrere a misure drastiche.”

Detto questo, la prese per il collo e, rimettendosi in piedi, la sollevò con sé. Brynna, istintivamente e nel tentativo di migliorare la sua respirazione, gli afferrò il polso con entrambe le mani, tentando di divincolarsi. Rattigan strinse la presa, poi esclamò:

“Ascoltatemi tutti. Vedete questo essere che ora tengo letteralmente in pugno? Costei è la sorella del nostro caro amico, Basil di Baker Street.” La stanza fu sommersa da fischi che si fermarono ad un cenno della mano del capo dell’organizzazione, che poi continuò: “E non è tutto. Voi l’avete conosciuta con il nome di Gaspard, uno pseudonimo di cui si è servita per infiltrarsi nella mia associazione. Oh, è stata brava, questo le va riconosciuto. E’ riuscita a non farmi venire alcun sospetto per tutto il tempo che è stata con noi. E’ venuta in missione, ha portato a termine i suoi compiti.. uno scagnozzo perfetto. Buffo che l’abbia scoperta in un modo così stupido.. sapete come?”

La vista di Brynna si stava offuscando per la mancanza di ossigeno. Graffiò il dorso della mano di Rattigan, facendogli solo aumentare la presa.

Basil osservava la scena, pensando freneticamente a cosa fare, ma era come se la sua mente fosse in totale subbuglio. Mentre Rattigan spiegava come aveva scoperto la sua preda, si sentì toccare il braccio da qualcuno. Voltò lo sguardo ed incrociò degli occhi che conosceva bene.

“Tu?!” sussurrò a Cornelia. La ragazza era pallida, tremava e sembrava aver pianto. Annuì debolmente, poi si avvicinò a lui e gli bisbigliò all’orecchio:

“Brynna ha detto che non ti devi muovere, qualsiasi cosa accada, e che è un ordine.”

Lui la guardò stranito, mentre, dall’aspetto della topolina, dal fatto che indossava la giacca che prima aveva visto indosso alla sorella e da alcuni stralci del racconto del suo acerrimo nemico, cominciava a capire cosa doveva essere successo. Per un attimo, il suo sguardo, sempre posato su Cornelia, si fece iroso, ma poi le parole di Rattigan gli fecero riportare l’attenzione sulla sorella.

“Signori, siamo quindi in presenza di una spia, benché donna. Sapete bene cosa facciamo noi alle spie.”

La sala si riempì di mormorii di fremente attesa. Basil si preparò a scattare prima che accadesse l’irreparabile, ma sentì che Topson gli posava una mano sul braccio ed indicava con la mano dell’altro mimava l’atto di soffiare in un fischietto.

L’investigatopo capì all’istante: l’amico gli stava suggerendo di chiamare i bobbies appostati fuori in attesa del suo segnale.

Proprio in quel momento, però, udì un grido eccitato da parte della folla e vide Brynna volare per la stanza e schiantarsi di schiena contro la struttura del palco. Le ballerine che vi erano rimaste ad osservare cosa accadeva, fecero un salto indietro, cacciando urletti spaventati.

Dal canto suo, Brynna non riusciva ancora a respirare: non aveva più la mano di Rattigan intorno alla gola, ma il colpo era stato fortissimo e le aveva tolto quel poco fiato che aveva. Rimase a terra, in preda alle vertigini, boccheggiando terribilmente.

Le costole le facevano male ed aveva anche sbattuto la testa. Ebbe poco tempo di preoccuparsi però, perché sentì una mano afferrarle la zampa posteriore destra, conficcandoci dentro gli artigli.

Senza nemmeno la forza di gridare, si sentì trascinare di nuovo verso il centro del locale. Tutto le appariva ancora sfocato ma, quando finalmente si fermò, vide un volto che, anche offuscato, avrebbe riconosciuto tra mille.

Rattigan le si avvicinò e le disse in modo che solo lei potesse sentirlo:

“Sai qual è la parte divertente? Tuo fratello è qui a guardare. Non vedo l’ora che intervenga.”

Suo malgrado, Brynna gli rivolse un sorrisetto e, con molta fatica, rispose, tra un colpo di tosse e l’altro:

“Non lo farà. Gli ho dato ordine di non muoversi.”

Rattigan la guardò stupito, poi si mise a ridere.

“Ah ah, Basil, hai sentito? Ha detto di averti ordinato di non muoverti. E tu eseguirai da bravo fratellino, non è vero?” la stanza si riempì un’altra volta di risate. “Bene, voglio proprio vedere quanto resisterai.” Detto questo, schiaffeggiò Brynna con il dorso della mano, violentemente.

Poi, rialzandosi, chiese ad uno dei suoi uomini di dargli la sua cinghia. Una volta ottenutala, con un piede fece voltare Brynna sullo stomaco e cominciò a colpirla.

Dapprima lei emise dei gemiti che si trasformarono ben presto in grida strozzate di dolore.

Rattigan la colpiva ovunque, senza curarsi che si trattasse della schiena, di una gamba, della testa.

Al vedere Brynna ricevere quei colpi, Cornelia chiuse gli occhi e si voltò, sperando vivamente che qualcuno le tappasse le orecchie. Topson e Basil guardavano impietriti la scena, senza riuscire a muoversi.

Ad un certo punto, Rattigan pensò averla colpita abbastanza, perché rese la cinghia al topo che gliel’aveva data e poi tornò dalla donna, ormai ridotta ad un ammasso tremante e sanguinolento. La afferrò per il bavero della giacca e le disse:

“Ti ripeterò la domanda che ti ho fatto prima: tuo fratello vale davvero così tanto? Anche ora, dopo tutto questo?”

Lei tossì debolmente, poi, guardandolo negli occhi, rispose:

“Sì. L’avrei rifatto mille e mille volte.”

Rattigan scosse la testa.

“E non ti fa rabbia che lui sia qui e non venga a salvarti?”

Ancora una volta, sempre più a fatica, Brynna rispose con decisione:

“Si comporta solo come io gli ho detto di fare. Mi sarei arrabbiata se avesse fatto il contrario.”

Rattigan annuì.

“Bene. A questo punto, allora, non mi resta che una cosa da fare.” Il ratto estrasse il suo revolver da sotto il mantello e lo puntò in direzione della sua vittima. “Porterò a termine ciò che quell’idiota che ti ha sposata non è riuscito a fare. Addio Brynna, è stato un piacere.”

Detto questo, caricò il revolver. La donna, ancora stesa sul pavimento, chiuse gli occhi e si preparò all’inevitabile..

.. ovvero all’intervento del fratello, che non si fece attendere.

Poco prima che Rattigan sparasse, Basil gli si gettò contro di peso, mentre Topson correva da Brynna e Cornelia soffiava nel fischietto che le aveva dato l’investigatopo con quanta più forza possibile.

Immediatamente, gli uomini di Scotland Yard fecero irruzione da tutte le parti, dando il via ad un fuggi-fuggi generale.

Brynna, ancora distesa, riusciva a capire solo alcune delle parole che Topson le stava rivolgendo. “Andrà tutto bene” le parve di sentire “E’ finita.”

Improvvisamente, le parve di scorgere la sagoma di Basil e fu certa che fosse lui quando sentì due braccia sollevarle il busto e la sua voce che le chiedeva: “Ce la fai a camminare?” annuì debolmente e percepì il fratello aiutarla ad alzarsi e mettersi un suo braccio sopra le spalle. Subito, Topson le prese l’altro ed i tre cominciarono ad avvicinarsi all’uscita.

“Io e te poi dovremo fare un bel discorsetto, Brynna.” Disse Basil, sovrastando le grida all’interno del locale. La donna non ebbe nemmeno la forza di rispondere ma si espresse con un sorrisetto.

Improvvisamente, vide di riflesso in una teca posta vicino all’ingresso, un topo che puntava un revolver contro di loro, anzi, più precisamente, contro Basil. Voltò leggermente la testa per capire meglio la situazione poi, raccogliendo le sue ultime forze, spinse il fratello fuori dalla traiettoria del proiettile appena sparato.

Basil non capì immediatamente cos’era successo, pensò di essere stato spinto da qualcuno della calca. Quando però udì lo sparò e vide sua sorella accasciarsi accanto a lui con una mano all’altezza dello stomaco, tutto gli divenne terribilmente chiaro.

“No..” mormorò.

Senza stare troppo a pensarci su, prese Brynna tra le braccia e corse fuori dal locale con Topson al seguito. Raggiunse un vicoletto poco distante e vi si fermò, poggiando la sorella a terra. Alla debole luce di un lampione sulla strada, vide una macchia di sangue allargarsi sotto la mano di Brynna. Tolse dalle asole alcuni bottoni della camicia, cavò un fazzoletto dalla tasca e lo premette sulla ferita.

La guardò in volto e vide che aveva gli occhi chiusi.

“Brynna? No, non è il momento di dormire. Apri gli occhi, forza.”

Frattanto, anche Topson li aveva raggiunti.

“Basil che è successo?” chiese con il fiatone.

“Le hanno sparato.” Rispose lui con voce tremante, senza staccare gli occhi dal viso della sorella. Quest’ultima, alla fine, riuscì ad aprire gli occhi ed a fissarli in quello di lui. Sorrise debolmente, ma si rabbuiò quasi subito.

Con una mano, afferrò la manica di Basil e cercò di tirarselo vicino. Quando lui capì le sue intenzioni, si chinò verso di lei. La donna, allora, gli sussurrò con un filo di voce: “Blackwood.”

Gli occhi di Basil si sbarrarono. Si voltò subito verso l’amico.

“Dov’è Cornelia?” Il dottore ebbe la sua medesima reazione e si voltò verso il locale.

“Non lo so. Temo che sia rimasta là.” Rispose poi, in palese stato di agitazione.

Basil rimase frastornato: cosa doveva fare?

Ancora una volta, la sorella gli venne in aiuto. Gli tirò di nuovo la manica della giacca e lo guardò.

Lui comprese al volo e non cercò nemmeno di discutere.

“Dottore, prenditi cura di lei. Io vado a recuperare Cornelia.” Ordinò.

Topson non se lo fece ripetere e prese immediatamente il posto dell’amico accanto alla ferita. Basil corse via verso il locale, cercando disperatamente Cornelia da ogni parte. Non si azzardò a chiamarla, per paura che qualcuno potesse scoprirli. Vide che i bobbies si stavano ormai radunando insieme ai topi che erano riusciti a catturare. Tornò nel locale, ma non c’era più nessuno. Cercò un po’ in giro, ma di Cornelia nemmeno l’ombra. Uscì di nuovo e provò a cercare nei dintorni. Alla fine la trovò nascosta dietro alcune casse. Tremava ma, quando lo vide, gli si gettò tra le braccia, cercando conforto. Lui ricambiò brevemente poi disse: “Vieni, andiamo.” La prese per la mano e la condusse verso il luogo dove aveva lasciato Topson e Brynna. Le lanciò qualche occhiata e vide che sul volto aveva alcuni tagli ed un bel livido sulla guancia destra. Chissà che spavento aveva preso! Le strinse un po’ la mano, per darle più sicurezza. Avrebbe dovuto discutere anche con lei, ma in quel momento lasciò correre.

Giunto in vista del vicolo, allungò un po’ il passo ma, quando vi entrò, trovò una brutta sorpresa: Topson era a terra, privo di conoscenza, e di Brynna non c’era nemmeno l’ombra.

Corse dall’amico e gli tirò alcuni schiaffetti per svegliarlo.

“Topson! Topson su, sveglia! In nome del cielo, cos’è successo?”

Non ci volle molto perché il dottore rinvenisse. Aprì gli occhi e si guardò intorno confuso, portandosi una mano alla testa. Poi, un lampo di realizzazione gli attraversò gli occhi e lui si voltò a guardare Basil, disperato.

“Oh Dio, è terribile.. Basil.. io..”

“Cos’è successo?” chiese l’amico, incalzandolo.

“Io.. eravamo qui.. stavo cercando di fermare l’emorragia per quanto possibile. Ad un certo punto le mi ha guardato, mi ha detto ‘dite a mio fratello che gli voglio bene’, poi ha chiuso gli occhi. L’istante successivo ho sentito un dolore forte alla testa e poi siete arrivati voi.”

Basil era senza parole. Era chiaramente furioso con il suo amico, ma anche preoccupato, molto preoccupato per la sorella. Con una nuova frenesia, cominciò ad esaminare il terreno, in cerca di tracce.

“Erano almeno due... topi direi.. uno alto e robusto, l’altro un po’ più mingherlino..”

“Basil, devo dirti un’altra cosa..”

“Si sono avvicinati da là.. e.. e poi se ne sono andati di qua..” continuò l’investigatopo.

“Basil, dopo quella frase ha smesso di respirare..”

“Forza, andiamo, forse li possiamo ancora raggiungere!” Esclamò Basil balzando in piedi e facendo per mettersi a correre, ma il dottore lo afferrò per un braccio.

“Basil! Era morta.” Disse poi.

FINE DEL CAPITOLO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 26
*** Ricerche ***


CAPITOLO 25

Dopo un colloquio con l’Ispettore Laroux che, come Basil temeva, annunciò loro la mancata cattura di Rattigan e di un numero non insignificante dei suoi scagnozzi, l’investigatopo, Topson e Cornelia fecero ritorno al 221/B a bordo di una carrozza della polizia. Basil aveva svolto alcune indagini nei dintorni, per capire cosa ne fosse stato della sorella, ma aveva dovuto interrompere i suoi sforzi quando le ricerche lo avevano condotto alla strada principale e ad una serie di tracce di ruote di una carrozza in allontanamento: qualcuno doveva averla portata via per una qualche ragione e tentare di seguire le tracce a quell’ora della notte sarebbe stato un inutile spreco di energia. Il viaggio dei tre era trascorso in silenzio, ma non un silenzio affranto, come il dottore si sarebbe aspettato: era uno carico di tensione, fatto di occhiate furtive da parte di Cornelia all’indirizzo dell’investigatopo, che però si ostinava a guardare fuori dal finestrino, ignorando le lacrime che rigavano le guance della giovane.

Topson lo aveva osservato: il suo volto non lasciava trasparire niente, come al solito, ma, almeno a lui che lo conosceva da un po’, sembrava che si stesse trattenendo dal fare qualcosa. Non ci volle molto però perché capisse di cosa si trattava. Quando  arrivarono a destinazione e furono entrati in casa, Basil, con un cenno che sembrava più un ordine a cui non avrebbero osato disubbidire, invitò entrambi ad entrare nel salotto e poi si sedette sulla sua poltrona preferita. Topson fece altrettanto. Cornelia, invece, pallida in volto, esitò un po’ prima di prendere posto anche lei. Il dottore la guardò: sembrava sull’orlo di una crisi isterica e certo l’atteggiamento dell’investigatopo non la aiutava a calmarsi. Questi, infatti, la fissava intensamente e, dopo alcuni minuti, le chiese:

“Vuoi spiegarmi tu cos’è successo in quel locale, o devo farlo io, Cornelia?”

Topson spostò lo sguardo sull’amico, sorpreso da quel tono così freddo, tagliente, con cui si era rivolto alla topolina. Quest’ultima impallidì ancora di più, ma non aprì bocca.

“Molto bene allora.” Riprese Basil “Ieri sera, dopo che io e Topson ti abbiamo pregata più volte di non seguirci, hai voluto comunque fare di testa tua e ti sei recata al locale. Lì, in un eccesso di  zelo quanto mai inopportuno, per non dire di peggio, ti sei messa a giocare alla detective. Brynna ti ha vista e ti ha seguita per impedirti di fare una sciocchezza, o quantomeno per aiutarti se ti fossi trovata in difficoltà. Siete state colte di sorpresa dall’arrivo di Rattigan e vi siete nascoste nell’armadio cui lui accennava prima. Probabilmente, molto probabilmente, ne sareste uscite indenni se non fosse stato per il profumo che impregnava i tuoi vestiti che, quasi sicuramente, non avevi mai utilizzato, se non sulla scena. Rattigan ti ha fiutata e Brynna, per salvarti, ha preso la tua giacca, dandoti in cambio la sua. Forse sperava di far credere a Rattigan di essere solo uno dei suoi tirapiedi che si era divertito un po’ con una delle ballerine. Espediente debole che, come sicuramente anche lei si aspettava, non ha funzionato. Poi è successo quello di cui tutti noi siamo stati testimoni.”

Qui fece una pausa, poi riprese con occhi minacciosi ed una voce altrettanto inquietante: “La mia domanda è questa: chi c’era oltre a te, Brynna e Rattigan in quella stanza?”

Cornelia deglutì, poi abbassò gli occhi prima di rispondere con voce tremante: “Nessuno.”

Basil la guardò, incrociando le punte delle dita davanti a sé. “Ma davvero?” disse poi con finta incredulità. “Allora saprai spiegarmi perché, se davvero è stato solo Rattigan a sorprendervi, non siete riuscite a svicolare fuori. Brynna ci avrebbe sicuramente provato. Doveva esserci almeno un’altra persona e, data la tua reazione, posso escludere Moriarty o uno degli scagnozzi di Rattigan. Dev’essere qualcuno che conosciamo e che, per qualche ragione, sta facendo il doppio gioco. Te lo chiedo per l’ultima volta, Cornelia: chi è?”

Topson guardava la scena standosene in silenzio. Se davvero le cose stavano come diceva il suo amico, e, in cuor suo, anche a causa dell’esperienza, sapeva che era proprio così, allora perché Cornelia taceva?

Ciò che accadde dopo lo fece rabbrividire e desiderare di non essere presente nella stanza: Basil, palesemente infuriato, si alzò lentamente dalla poltrona e, altrettanto lentamente, si mise davanti a Cornelia.

“Io ti accolgo nella mia casa, nella mia vita dopo che tu mi hai abbandonato per dieci anni, senza darmi più notizie. Ti offro un rifugio sicuro e la possibilità di continuare serenamente il tuo lavoro. Ti chiedo di non interferire con il mio e tu non solo lo fai, ma vai anche in giro a spifferare come intendo muovermi in un determinato frangente.”

“Non ho detto tutto.” Provò a replicare Cornelia, pentendosi amaramente di quel tentativo. “

“Ovvio che no!” ribatté infatti Basil alzando il tono di voce. “Altrimenti Brynna sarebbe già stata colpita da un po’ di tempo. So perché non hai parlato del suo coinvolgimento: per quel tuo stupido complesso di inferiorità di fronte a lei.”

“Ma non è vero, io…” provò ancora Cornelia, solo per essere nuovamente zittita.

“E ora ti rifiuti di collaborare. Mi aspettavo di più da te.” Concluse Basil, con un’occhiata che avrebbe ghiacciato l’intera Londra.

La topolina lo fissò per un istante, poi mormorò con voce atona: “Tanto sai già chi è, vero? Sai sempre tutto.”

Basil le si avvicinò ancora di più, in un modo che per poco non spinse Topson ad intervenire per allontanarlo dalla giovane. Pose poi le mani sui braccioli della sua poltrona, dandole l’impressione di non avere vie di fuga.

“Certo che lo so.” Sibilò “ma volevo mettere alla prova la tua lealtà, il tuo affetto nei miei confronti.”

Cornelia lo guardò con occhi sbarrati.

“E indovina un po’? Hai fallito la prova.” Continuò lui. “Beh, me lo merito. Brynna mi aveva avvertito.”

“Cos’hai intenzione di fare?” chiese lei, con voce tremante. Basil la guardò con un ghigno stampato sul volto.

“Per ora rimarrai chiusa in questa casa” rispose “farti uscire significherebbe mettere a rischio la tua incolumità. Nel frattempo mi metterò alla ricerca di Brynna e ti suggerisco di pregare affinché la trovi viva perché, in caso contrario, finirai anche tu sul banco degli imputati. Magari ti verranno concesse molte attenuanti, ma comprendi anche tu che sarebbe una bella macchia sul tuo curriculum. Potresti anche non riuscire a lavorare mai più.”

Cornelia lo guardò, mentre nuove lacrime le solcavano il viso.  Poi si alzò e si diresse verso la porta. Prima di uscire, però, si voltò.

“Mi dispiace.” Sussurrò “Mi dispiace. Io… non volevo..”

Basil le volse le spalle, avvicinandosi poi al caminetto.

Lei allora fece per dire qualcos’altro, ma Topson le fece cenno di lasciar perdere, almeno per il momento: era necessario che le acque si calmassero un po’, prima che i due potessero discutere e chiarirsi.

Cornelia annuì ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle. Il dottore la sentì conversare a bassa voce con la signora Placidia, che doveva aver sentito i toni alti dell’investigatopo ed essere scesa a controllare. Sentì i loro sussurri per alcuni istanti, poi le udì andare in cucina, probabilmente per una tazza di tè.

Sospirò e si voltò verso Basil, che si trovava ancora davanti al caminetto. Dopodiché si azzardò a dire:

“Qual è la prossima mossa?”

L’investigatopo rispose, mantenendo comunque lo sguardo sulle fiamme:

“Riprenderò le indagini domattina insieme a Ugo e sguinzaglierò degli esploratori. Non ci vorrà molto per trovarla, spero.”

Topson rimase in silenzio per un po’, poi, con tono esitante, chiese:

“Non pensi che chiunque l’abbia presa possa essersene… ecco… sbarazzato?”

Vide le spalle dell’amico incurvarsi un po’:

“Viviamo in una città piena di ombre, dottore, e di certo non ho scartato questa ipotesi. Solo il tempo saprà risponderci.”

Detto questo, si voltò e Topson si rese conto di non aver mai visto un’espressione così combattiva, e al contempo così affranta, sul volto di Basil.

“Non doveva andare così.” Continuò infatti “Non doveva esporsi così tanto per me, e non è nemmeno la prima volta.”

Il dottore gli rivolse uno sguardo interrogativo, ma non espresse la sua domanda ad alta voce. Basil infatti ricambiò lo sguardo e sospirò.

“Avete ragione dottore: parlo sempre per enigmi quando si tratta di Brynna e temo che sarà così anche stavolta. Non parlerò di quanto accaduto e, anche se volessi, non potrei.”

Topson annuì.

“Tranquillo, comprendo perfettamente.”

Basil gli rivolse un sorrisetto di gratitudine, ma si rabbuiò subito.

“Se fosse.. se la trovassi… morta.. non potrei mai perdonarmelo” si voltò di nuovo verso il caminetto.

Il dottore lo guardò, poi disse:

“La colpa di quanto è avvenuto non risiede in una sola persona. Analizzando bene la situazione, posso vedere quattro colpevoli: tu, tua sorella, Rattigan e anche Cornelia. La mia opinione, però, è che ormai è una cosa accaduta e dobbiamo solo fare il possibile per risolverla.”

Vide Basil incurvare le spalle e poi rispondere con un tono pieno di amaro divertimento:

“Non mi dici che ho esagerato con i toni poco fa?”

Topson sorrise.

“No, stavolta avevi tutto il diritto di fare e dire quelle cose. Cornelia si è comportata da incosciente ed ha causato un bel pasticcio.”

Basil si voltò e guardò l’amico negli occhi.

“Il fatto, dottore, è che non so davvero cosa fare. Tengo molto, davvero molto a lei, ma non posso dover pensare anche alla sua sicurezza ogni volta che ho un caso. Non credo di riuscire a seguire un’indagine con il pensiero che corre sempre a lei ed alla speranza che se ne sia rimasta tranquilla a casa. Non posso pregare ogni volta affinché non interferisca.”

“E ritorniamo a quanto detto da tua sorella, temo. Alla fine dovrai scegliere.”

“Già.” Rispose cupo l’investigatopo.

“Comunque, è una cosa che per ora va rimandata.” Disse il dottore “Hai altre priorità e, inoltre, riflettere ti farà bene.”

“Forse hai ragione.” Disse Basil, prendendo la sua pipa e caricandola con una presa di tabacco. Topson lo prese come un segnale che l’amico aveva bisogno di essere lasciato solo per riflettere, così gli augurò la buonanotte e si diresse verso la sua camera da letto.

Quando passò davanti alla stanza di Cornelia, sentì la giovane singhiozzare, ma preferì non entrare. Non era il momento, perciò entrò nella sua camera, chiudendo la porta dietro di sé.

 

I giorni che seguirono furono molto intensi. Basil usciva molto presto e rientrava molto tardi, alle volte con Ugo, alle volte da solo, camuffato in mille modi diversi.

Topson si era ben guardato dal chiedergli se poteva seguirlo. Conosceva il suo amico e sapeva che, se avesse avuto bisogno di lui, glielo avrebbe chiesto. Preferiva dunque rimanere in casa, quando non aveva qualche paziente da visitare, anche se l’atmosfera era piuttosto opprimente.

Cornelia, infatti, si era chiusa in un mutismo impenetrabile. Usciva dalla sua stanza solo quando strettamente necessario e faceva molta attenzione a non trovarsi nella stessa stanza con Basil.

Il dottore cercava di distrarsi rimettendo in ordine i suoi appunti sui casi dell’amico, ma era difficile concentrarvisi.

La sera del quinto giorno dopo gli eventi, proprio nel momento in cui Basil era appena rientrato dalla sua (ancora una volta) infruttuosa ricerca, qualcuno bussò alla porta.

Dal salotto, Basil e Topson sentirono la signora Placidia andare ad aprire, conversare brevemente con qualcuno e poi bussare alla porta del salotto.

“Signor Basil, la signora Ansmauser chiede di poter parlare con voi.”

Il dottore vide l’amico impallidire, ma dare comunque alla governante il permesso di far entrare l’ospite.

Dopo alcuni istanti, nel salotto entrò una topolina che doveva avere all’incirca l’età di Brynna, con il pelo color miele e due occhi chiarissimi e colmi di malcelata preoccupazione.

“Mi dispiace disturbarti Sherringford, ma dovevo vederti.” Disse, accomodandosi su una delle poltrone ad un cenno di Basil. Solo dopo si accorse della presenza di Topson.

“Mi perdoni signore, mi presento, sono Selena Ansmauser, molto piacere.”

“Il piacere è mio, signora. Sono il dottor David Q. Topson.” Rispose il dottore, baciandole la mano.

Lei gli sorrise, poi si rivolse nuovamente verso Basil.

“Sono due giorni che cerco Brynna. Ieri avevamo appuntamento a teatro, ma non si è presentata. Ho aspettato che mi desse una motivazione e, quando non ne è arrivata alcuna, sono andata a casa sua, non più tardi di qualche ora fa. Mi è stato detto che non la vedevano da quattro, quasi cinque giorni. Sono molto preoccupata. Dov’è, tu lo sai?” chiese, guardando speranzosa l’investigatopo.

Lui, per tutta risposta, le si avvicinò, le prese le mani e le raccontò tutta la storia.

Alla fine, la topolina aveva le lacrime agli occhi.

“Non tutta la speranza è perduta, Selena. Sono in molti che la stanno cercando, io stesso non mi darò pace finché non l’avrò trovata.”

Lei annuì e disse, con voce tremante:

“Posso fare qualcosa?”

Basil le sorrise.

“Va’ a casa. Ti farò avere notizie quando ci saranno. Lei è forte e tu lo sai.”

Ancora una volta, Selena annuì, poi si alzò.

“Lo so e so che lo sei anche tu.” Disse, sforzandosi di non piangere, ma fallendo ed abbracciando forte Basil “Ti prego, trovala e riportala da noi.”

L’investigatopo ricambiò l’abbraccio con un po’ di incertezza. Dopo un po’, Selena si allontanò da lui, si asciugò gli occhi con un fazzoletto e, dopo aver salutato il dottore, uscì dalla stanza.

Nel salottino calò il silenzio, rotto solo dal crepitare delle fiamme nel caminetto.

Alcuni minuti dopo, Basil prese posto sulla sua poltrona e si mise il volto tra le mani.

Topson lo guardò, decisamente preoccupato.

“Ancora niente?” chiese.

“Niente di niente!” rispose Basil, affranto. “E’ come se si fosse volatilizzata. Ho indagato al porto e nessuno sa niente, nemmeno nella malavita. Ho portato in giro Ugo, ma prima mi ha condotto a casa di Brynna, poi al teatro e infine al porto. Inizio davvero a temere il peggio.” Sospirò.

Il dottore gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.

“Non ti sei mai arreso e so che non lo farai mai. Sono sicuro che, anche stavolta, troverai un indizio, un minuscolo particolare invisibile a noi comuni mortali che ti aiuterà a risolvere il caso. Abbi pazienza e non ti scoraggiare.”

Basil lo guardò e gli sorrise.

“Caro vecchio amico, sai sempre cosa dire.” Rispose alzandosi dalla poltrona e prendendo la sua pipa. “Domani riprenderò le mie ricerche con ancora più minuzia.”

“Ottimo!” esclamò Topson, che, subito dopo, si trovò a soffocare uno sbadiglio. “Io mi ritiro, buonanotte Basil.”

“Buonanotte a te, dottore.”

Quando Topson fu uscito dalla stanza, l’investigatopo spostò lo sguardo sulla finestra e su quanto mostrava della strada davanti al 221/B. A dir la verità, c’era ben poco da vedere, data l’oscurità che era calata, ma anche quello lo aiutava a riflettere.

Mise le mani nelle tasche della sua vestaglia e subito percepì qualcosa di insolito. Ritrasse le mani e vide che, in una di esse, c’era un biglietto che prima, ne era sicuro, non si trovava lì.

Incuriosito, lo aprì e ne lesse rapidamente il contenuto.

Quando fu giunto alla fine, riportò lo sguardo verso la finestra, ma i suoi occhi non erano più affranti. Avevano anzi assunto una nuova luce.

Senza riuscire a trattenersi, scoppiò in una risata.

FINE DEL CAPITOLO

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 27
*** Luce e ricordi ***


Note dell’autrice: salve a tutti. Ci tenevo a fare alcune considerazioni su fatti che mi hanno lasciato piacevolmente sorpresa. Dunque, per farla breve, di recente sono stata quattro giorni a Parigi per un viaggio di maturità con un anno di ritardo. Al ritorno ho aperto l’account EFP e cosa trovo? 10 recensioni fresche fresche!! Davvero, non so che dire, grazie di cuore.

Come penso avrete notato, ho tolto l’angolo delle recensioni, trovando più comodo il nuovo sistema di risposta offerto dal sito, ma stavolta ci tenevo davvero a ringraziarvi anche da qui. Grazie!!

CAPITOLO 26

Topson era immerso nel mondo dei sogni quando si sentì scuotere con insistenza.

Aprì gli occhi di scatto, pensando: ‘Il terremoto!!’ prima di rendersi conto che a scuoterlo era Basil.

“Dottore, svegliati, forza, abbiamo un sacco di cose da fare ed ho bisogno di te.”

Topson lo guardò con occhi assonnati ed espressione confusa.

“Basil, ma cosa..?” spostò lo sguardo sull’orologio che aveva sul comodino accanto al letto. “Sono le sette, è ancora buio.” Si lamentò.

“Ottima deduzione, stamani fai faville.” Commentò sarcastico l’investigatopo, guadagnandosi un’occhiata torva da parte dell’amico. “Ah, suvvia Topson, alzati. Dobbiamo andare di volata in un posto. Coraggio, vestiti, partiamo tra cinque minuti.” E, senza aggiungere altro, uscì dalla stanza.

Al dottore non rimase altro da fare che alzarsi di malavoglia, vestirsi e scendere al piano di sotto, felice in parte per l’atteggiamento dell’amico che, molto probabilmente, aveva trovato una nuova pista che l’avrebbe condotto da sua sorella. Viva o morta che fosse. Una volta arrivato, fu sorpreso di trovare Cornelia all’ingresso, con il cappotto  ed il cappello già indosso, pronta per uscire.

“Buongiorno Cornelia, come stai?” la salutò, prendendo la sua giacca e la sua bombetta dall’attaccapanni.

“Buongiorno Topson, ho avuto momenti migliori in effetti.” Disse lanciando un’occhiata al salotto dove, dedusse il dottore, doveva trovarsi Basil.

Topson la guardò, cercando di assumere un’espressione incoraggiante.

“Sono sicuro che tutto si risolverà” disse “Basta dare tempo al tempo. Già il fatto che ti abbia chiesto di accompagnarci può essere considerato un passo in avanti, non credi?”

“Forse è così” rispose Cornelia, apparendo poco convinta da quell’affermazione.

Dopo alcuni minuti, Basil emerse dal salotto con tutta la sua ‘attrezzatura’ e, dopo un secco “andiamo” rivolto a Topson e a Cornelia, uscì nel freddo invernale. I due lo seguirono, domandandosi quale sarebbe stata la loro destinazione.

Trovarono la risposta quando arrivarono davanti alla casa di Brynna. Senza indugi, Basil bussò alla porta e fu nuovamente la signora Chivers ad aprire. Topson la osservò con occhio clinico: come c’era da aspettarsi, date l’ora del mattino e l’ingiustificata e prolungata assenza della sua padrona, la donna aveva un aspetto smunto, stanco e, al contempo, teso. Quando vide l’investigatopo, però, il suo volto si illuminò un po’, nella speranza di buone notizie.

“Buongiorno signor Basil, dottor Topson, signorina Blackwood. Entrate, entrate che fuori è freddo.” disse, aprendo un po’ di più la porta per far entrare il terzetto e richiudendola quando furono tutti dentro. “A cosa devo la vostra visita?” chiese poi, dopo aver preso i loro cappotti.

“Temo di non recare le notizie che sperate, signora Chivers.” Rispose Basil, facendo immediatamente incupire la governante. “Ma ho una traccia e voi potete aiutarmi. Ho ragione di credere che mia sorella abbia lasciato qualche indizio per me in questa casa. Non so dirle di preciso cosa ma..”

“Ho capito” lo interruppe la governante che, nel frattempo, aveva appeso i cappotti all’appendiabiti dell’ingresso. “Seguitemi.”

Basil, Topson e Cornelia furono condotti in una stanza al piano terra che aveva tutta l’aria di essere uno studio. La signora Chivers li fece accomodare sulle sedie che si trovavano lì, poi uscì e tornò alcuni minuti dopo, con una busta tra le mani.

“Mi ha sempre detto che, se le fosse successo qualcosa, avrei dovuto dare questa a voi. Speravo di non farlo mai. Fatene buon uso, io vado in cucina a prepararvi qualcosa per colazione, poiché credo che non l’abbiate fatta. Suonate se vi serve aiuto.” Disse, prima di ritirarsi.

Senza troppi indugi, Basil aprì la busta e ne estrasse un singolo foglio di carta. Questo era il suo contenuto:

“Mio caro fratello,

se stai leggendo queste parole, significa che o non ci sono più o che sono nell’impossibilità di continuare ad agire per conto tuo. Prevedendo tale eventualità, ho preso l’abitudine di registrare i risultati di tutte le mie scoperte e scommetto che vorrai sapere dove. Ovviamente non troverai la soluzione qui, nero su bianco, dato che la lettera, per quanto mi fidi della signora Chivers, potrebbe essere finita in mani sbagliate. Ti lasci un enigma in mio ricordo. Ciò che cerchi è custodito da un guardiano. Trovalo ed avrai ciò che cerchi.

Buona fortuna e divertiti

Con affetto

Brynna.

Basil fissò la lettera per alcuni istanti dopo aver finito di leggerla, poi la passò a Topson perché la leggesse a sua volta. Quando quest’ultimo l’ebbe terminata e passata a Cornelia, commentò.

“Certo che ti ha lasciato un bel rompicapo.”

“Era furba Brynna, molto furba.”

“Sai a cosa si riferisce?”

“Attualmente ho diverse idee, una più inverosimile dell’altra. Ho bisogno di riflettere un po’.” Detto questo, trasse la sua pipa dalla tasca, la riempì di tabacco e la accese.

Topson e Cornelia rimasero in silenzio per alcuni minuti, pensando a loro volta a come decifrare quell’enigma.

“Non potrebbe trattarsi di quel topo che ci ha chiesto la parola d’ordine a teatro?” Azzardò l’attrice. Basil però scosse la testa:

“Troppo palese, e, anche se penso che non sia del tutto estraneo ai fatti, non credo che Brynna gli abbia affidato simili informazioni.”

“Magari, potrebbe fornirci qualche indizio o..”

“No, Cornelia, non è così.” Disse Basil con un tono che non ammetteva repliche. La giovane dunque tacque. Dopo poco, entrò la signora Chivers portando un vassoio con tre tazze, una teiera, del latte, dello zucchero, bacon, uova e formaggio. Il dottore e la ragazza si servirono immediatamente, mentre Basil, come suo solito, non toccò neanche una briciola di formaggio, tanto era immerso nei suoi pensieri. Ad un certo punto, si tolse la pipa dalla bocca e disse:

“Cominciamo con l’esaminare camera sua.” E così, senza esitare, uscì dalla stanza e si diresse verso la camera della sorella. Abbandonando a malincuore la colazione, Topson e Cornelia lo seguirono. Salirono prima le scale e si ritrovarono in un corridoio su cui si affacciavano diverse porte ed ai cui muri erano appesi alcuni quadri. C’erano paesaggi e ritratti ed uno in particolare colpì Cornelia: quello di Rupert Hayford, suo compagno di scuola e defunto marito di Brynna. Lo ricordava come un bellissimo giovane ed il pittore era riuscito a rendergli perfettamente giustizia. Era dipinto in piedi, con un bastone in mano, gli occhi di un blu intenso scrutavano l’osservatore. Rimase imbambolata lì davanti per alcuni minuti, finché non si sentì chiamare da Topson. I due ripresero la loro strada verso la camera di Brynna.

Una volta giunti nella stanza, videro che Basil stava rovistando tra alcuni fogli di carta che si trovavano sulla scrivania della sorella.

“Basil, cosa dobbiamo cercare?”

“Qualsiasi cosa che abbia a che fare con l’enigma. Cercate tra i libri” ed indicò la libreria che si trovava nella camera “sotto il letto, ovunque. Basta che riusciate a trovare qualcosa.”

Immediatamente, i due si misero all’opera, cominciando dagli scaffali della libreria. Basil intanto continuava a scartabellare sulla scrivania e, una volta terminato, aveva aperto i cassetti della stessa e si era messo ad esaminare anche quelli.

Nel frattempo, Topson e Cornelia avevano esaminato una certa quantità di libri e la topolina non poteva che dirsi sorpresa dalla varietà di argomenti dei volumi presenti su quegli scaffali. C’erano saggi, romanzi, ovviamente le opere del dottore riguardanti Basil e molte opere teatrali, in lingue diverse. Fu proprio sfogliando una di queste ultime, scritta in una lingua di cui non sapeva tradurre nemmeno i caratteri, che si imbatté in una fotografia, posta tra le pagine a mo’ di segnalibro. Come non riconoscere quel volto? Era di nuovo lui, Rupert Hayford. Era molto avvenente anche in fotografia e lei si trovò ancora una volta a chiedersi perché avesse sposato Brynna e cosa avesse a che fare con tutta quella faccenda.

Si soffermò un attimo a pensare: Elizabeth le aveva detto che era morto cadendo dalla balaustra delle scale; Rattigan, sul punto di uccidere la sorella di Basil aveva dichiarato che avrebbe terminato ciò che Rupert non era riuscito a fare. Molto probabilmente Elizabeth non le aveva riferito ogni cosa: che la caduta fatale e quanto detto da Rattigan fossero collegati?

“Hai trovato qualcosa, Cornelia?” la voce di Basil interruppe le sue riflessioni.

“No, niente, solo ricordi.” Rispose, posando il libro sulla scrivania e rimettendosi a cercare.

Dopo aver messo a soqquadro l’intera stanza senza aver trovato niente, Basil sospirò e disse:

“Avete avuto fortuna?” sia Topson che Cornelia scossero la testa. “Allora siamo davvero ad un punto morto.” Si mise a camminare avanti ed indietro per la stanza.

“Perché non proviamo al teatro?” propose la ragazza dopo un po’.

Basil si fermò e la guardò in un modo che la intimorì. Dopodiché disse:

“Dubito fortemente che troveremo qualcosa. Non credo che Brynna seminasse in giro i suoi appunti. Ci dev’essere qualcosa che mi sfugge.” E riprese a camminare per la stanza. Ad un certo punto, si fermò davanti alla scrivania ed i suoi occhi si posarono sul volume che Cornelia aveva lasciato sul tavolo. Lo prese tra le mani e lo aprì, sfogliando qualche pagina, fermandosi quando arrivò a quella in cui c’era la foto del suo ex-cognato.

Topson e la giovane lo videro irrigidirsi di colpo e cominciare a guardarsi freneticamente intorno.

“Che c’è Basil, che succede?” chiese il dottore, più incuriosito che preoccupato dal comportamento dell’amico. La risposta non arrivò (non che Topson se la aspettasse), ma il detective si diresse verso la libreria e ne estrasse un grosso tomo. Sulla costola, Cornelia riuscì a leggere le parole “greco-inglese”, prima che Basil lo posasse sulla scrivania con un tonfo e si mettesse a sfogliarlo rapidamente.

Guardando oltre la spalla del detective, riuscì a vedere dei caratteri che somigliavano a quelli che aveva visto sul libro che ora Basil aveva tra le mani.

Alla fine, lui si fermò ad una pagina, scorse un paio di colonne ed i suoi occhi si illuminarono.

“Ah ha, ci sono!” esclamò, poi corse fuori dalla stanza.

Topson e Cornelia lo seguirono e lo trovarono fermo davanti al quadro del signor Hayford, intento ad analizzarlo minuziosamente, aiutandosi con la lente d’ingrandimento.

Dopo un po’ lo videro schizzare in una delle stanze vicine ed uscirne con una sedia tra le mani. La posizionò davanti al quadro e vi montò sopra per osservare bene anche la parte superiore del dipinto.

Scese pochi minuti dopo, un’espressione confusa sui suoi lineamenti.

“Allora, Basil?” chiese Topson.

“Non capisco. Ero convinto che fosse lui il guardiano.”

“Cosa te lo faceva pensare?” chiese Cornelia.

“Il libro che abbiamo trovato. Nella pagina in cui c’era la foto, si parlava di un guardiano.”

I tre rimasero in silenzio, pensierosi.

Improvvisamente, a Cornelia venne un’idea.

“Non potresti essere tu?”

Basil la guardò attonito. “Come?” chiese.

“Ho detto: non potresti essere tu?”

“E, di grazia, come avrei fatto a non accorgermi del fatto che mia sorella mi passasse delle informazioni?”

“Hai detto tu che era furba. Magari ha trovato il modo di farlo senza che nessuno, tu incluso, se ne accorgesse.”

Basil parve riflettere un po’ su quell’affermazione, poi i suoi occhi baluginarono.

“Cornelia, ciò che hai detto non è esatto, ma ci sei comunque andata vicinissima. Torniamo di corsa a Baker Street!” esclamò, correndo giù per le scale.

Ancora una volta, i due si affrettarono a seguirlo, entrambi con un sorriso sulle labbra.

Quando ebbero sceso gli ultimi gradini, videro che Basil si stava infilando il cappotto e stava recuperando la sua borsa. Mentre anche Topson e Cornelia facevano altrettanto, lui andò in cerca della signora Chivers. Il dottore e la giovane lo sentirono dirle qualcosa a voce bassa, poi se lo videro sfrecciare davanti e correre verso casa.

Senza indugiare, lo seguirono.

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Quando arrivarono al 221/B, Basil corse nel salotto e si inginocchiò davanti all’armatura che gli era stata donata dalla regina. La aprì e, proprio come si aspettava, dentro vi trovò una serie di buste, ciascuna con una data diversa scritta sopra.

“Bingo!” commentò l’investigatopo, prendendo i documenti tra le mani e tirandoli fuori. “Ecco qua i resoconti di mia sorella.”

E, sotto lo sguardo di Topson e Cornelia, aprì una delle buste e ne estrasse un foglio scritto fitto fitto con caratteri strani, quasi dei simboli.

“Fantastico, un altro enigma.” Commentò Cornelia.

“Ah, ma questo richiederà poco tempo per essere risolto, mia cara.” Disse Basil. “Brynna ha usato un codice che conosco molto bene. Datemi qualche ora e saprò dirvi di più.”

Ciò detto, uscì di corsa dalla stanza e si chiuse in camera sua.

A Topson e Cornelia non rimase che mettersi ad aspettare per l’ennesima volta.

Si sedettero sulle poltroncine del salotto, poi la topolina chiese:

“Secondo te, come ha fatto Brynna a mettere gli appunti lì dentro? Insomma, se fosse entrata l’avremmo saputo, no?”

“Temo che la tua domanda rimarrà senza risposta per un bel po’. Ho l’idea che i Basil siano una famiglia che difficilmente rivela i propri segreti.”

“Già, sembra incredibile.”

“Tutto sommato, però, ritengo che non sia poi così terribile lasciare insoddisfatta la nostra curiosità in materia.” Disse il dottore.

“In che senso?” chiese lei, perplessa.

“Beh, senza scendere nei dettagli, abbiamo visto a cosa ha portato l’aver cercato di svelarne uno.” Rispose lui, guardandola in un modo tale da farle distogliere lo sguardo.

“Sono stata una stupida e non so come fare a rimediare.” Disse lei abbattuta.

Topson la guardò e, mai come allora, provò pietà per quella ragazza. Pietà per la situazione in cui si trovava, pietà per le scelte che aveva fatto, pietà per la perdita che avrebbe potuto subire di lì a poco.

“Vuoi parlarne?” le chiese con fare incoraggiante.

Lei lo guardò. Fino a quel momento aveva parlato soltanto con la signora Placidia, ed era stato subito dopo gli eventi di quella terribile notte. Parlarne di nuovo, ora che era più calma, poteva rivelarsi un ottimo modo per trovare un po’ di pace in se stessa.

Decise quindi di raccontare tutto di nuovo e la conversazione impegnò lei ed il dottore fino all’ora di pranzo e anche dopo.

Basil, ovviamente, non si era visto, troppo preso dal suo lavoro di interpretazione degli appunti di Brynna. Da ore ormai non sentivano rumori dalla sua stanza.

Verso le cinque, i due erano di nuovo nel salotto e a loro si era unita anche la signora Placidia, su caldo invito del dottore.

Stavano sorseggiando del tè accompagnato dalle deliziose focaccine al formaggio, quando sentirono dei passi sulle scale e, alcuni istanti dopo, Basil, con gli occhi rossi e gli abiti stropicciati per il troppo lavoro piombò nel salotto.

“Stavolta li abbiamo in pugno!” esclamò.

Topson balzò in piedi e corse dall’amico, con un sorriso sul volto.

“Allora andiamo a salvare tua sorella, forza!”

Basil lo guardò stranito per un attimo, come se non capisse cosa l’amico gli stava dicendo, poi sembrò riprendersi.

“Ah, sì sì, certo, assolutamente sì.”

Nella stanza calò il silenzio, rotto subito dal dottore:

“Bene, allora quando si parte? Tra cinque minuti?”

Basil scosse la testa.

“No, diciamo il tempo di preparare qualche cosetta. Tra un’ora fatevi trovare pronti tutti e due.”

Gli altri tre presenti nella stanza si guardarono.

“Tutti.. e due?” chiese Topson esitante.

“Sì, certo. Cornelia verrà con noi.” Rispose l’investigatopo, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Ci fu uno scambio di sguardi allibiti.

“Che cosa?!” chiesero Topson e Cornelia all’unisono.

Basil li guardò, fece un sorrisetto, poi sparì al piano superiore, lasciando un silenzio basito dietro di sé.

A romperlo fu la signora Placidia.

“Quello trama qualcosa, signorina, se fossi in voi non andrei.”

“Mi ha chiesto di andare, non posso dire di no. Sarà bene che vada a prepararmi.” Rispose Cornelia e corse anche lei di sopra.

“Dottore, li affido a voi.” Disse la governante.

“Stia tranquilla, signora Placidia. Ora però sarà meglio che vada anch’io.” E detto così, uscì a sua volta dal salotto, lasciando sola la povera donna a scuotere la testa e a mormorare:

“Dove andremo a finire?”

FINE DEL CAPITOLO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 28
*** E ora? ***


Note dell’autrice: salve a tutti e scusate per la lunga attesa ma, stavolta, il motivo è validissimo. Uno dei miei racconti verrà pubblicato ad anno nuovo ed ho dovuto dedicarvi tutto il mio tempo. Di quale si tratta? Ve lo dico subito: è “L’incredibile vicenda del vapore olandese Friesland” in una versione completamente rivisitata anche rispetto a quella che era qui su EFP. Sono davvero elettrizzata. La pubblicazione avverrà a febbraio, dato che ci sono alcune cosette burocratiche da sistemare, e sono davvero impaziente.

Detto questo, buona lettura.

 

CAPITOLO 27

Basil, Topson e Cornelia, vestiti di scuro, si muovevano rapidi per le strade di Londra, l’Investigatopo in testa. Come suo solito, non si era voluto sbottonare sulla loro destinazione e gli altri due, benché morissero dalla curiosità, non avevano fatto domande.

Ad un certo punto, però, Cornelia si avvicinò a lui e gli chiese:

“Basil, dimmi una cosa, come mai ha voluto che venissi anch’io?”

Sperava in una risposta che le desse un segnale positivo sulla loro situazione.

“Perché non mi fido ancora a lasciarti da sola. Dopo le minacce dell’altro giorno, non ti biasimerei se tentassi di scappare e temo che la signora Placidia non ti tratterrebbe.” Disse lui senza guardarla negli occhi.

Delusa, Cornelia si riaffiancò a Topson e non aprì più bocca.

Dopo un po’ giunsero a destinazione, trovandosi davanti ad un condominio fatiscente in una zona dell’East End, un posto pieno di ombre, spina nel fianco del glorioso regno di Vittoria. Per strada non c’era anima viva ed il freddo pungente, misto alla brutta sensazione di essere continuamente osservati, fece correre un brivido lungo la schiena di Cornelia.

Dalle finestre dell’edificio si vedevano brillare alcune luci fievoli, probabilmente delle candele. Basil ignorò completamente la porta principale e si diresse verso il retro della casa. Alla tenue luce dei pochi lampioni a gas presenti, i tre riuscirono ad entrare in un piccolo cortile in condizioni non migliori dell’edificio. Qui, l’investigatopo esaminò un po’ il terreno fino a che non trovò ciò che cercava: un tombino.

“Basil, dovremo scendere davvero lì sotto?” chiese Topson con voce malferma.

“Temo di sì, dottore. Non ho definito Rattigan ‘sorcio di fogna’ solo per divertimento.  Comunque, se volete, potete rimanere qui fuori a fare i pali.”

“Non sarebbe meglio chiamare dei rinforzi?” chiese ancora Topson.

“Abbiamo ormai appurato che il nostro amico riesce a svignarsela benissimo quando c’è confusione. Non ho chiamato Laroux di proposito.”

“Quindi qual è il piano?”

“Il piano è aspettare che sia da solo, poi catturarlo in qualche modo e portarlo alla polizia.”

“Tutto qui?!” esclamò Cornelia “Ah, niente di più semplice!”

Basil non le rispose, ma si mise a frugare nella borsa che si era portato appresso e ne tirò fuori alcuni batuffoli di cotone.

“Metteteveli nelle narici” disse, porgendoli ai suoi due compagni “renderanno più sopportabile il tragitto.”

I due eseguirono, dopodiché Basil, con l’aiuto di Topson, alzò la grata del tombino e si calò nell’apertura. Una volta arrivato sul fondo, accese un fiammifero e si guardò intorno mentre il dottore e Cornelia scendevano dietro di lui.

“Bene, secondo i miei calcoli dobbiamo andare.. a destra.” Ed imboccò il suddetto corridoio. A Topson la strada sembrava infinita, piena di svolte, cunicoli laterali. Si chiese come avrebbero fatto ad uscirne trascinandosi dietro Rattigan. Se fossero riusciti a catturarlo, chiaramente.

C’era qualcosa che non gli quadrava comunque: Basil sembrava troppo sicuro di sé ed il piano troppo avventato, troppo pieno di incognite. Aveva una tremenda sensazione, ma preferì non esternarla. Basil alle volte poteva sbagliare, ma era comunque sempre riuscito a tirarsi fuori dai guai. Doveva fidarsi anche quella volta.

Capì solo più tardi che il suo presentimento non era poi così sbagliato.

Dopo quelle che parvero ore, i tre si trovarono di fronte ad una scaletta che conduceva verso l’alto e Topson pensò che, finalmente, almeno il viaggio di andata doveva essere terminato. Basil però la ignorò in favore di uno stretto cunicolo che si apriva alla loro sinistra.

Dopo averlo percorso, si ritrovarono in una sorta di ripostiglio, pieno di casse e sacchi, con una porticina al lato opposto della stanza.

Mettendosi l’indice destro sulla bocca, invitando così gli altri due al silenzio, Basil si avviò lentamente verso la suddetta porticina e, dopo avervi appoggiato un orecchio, per sentire se dall’altra parte proveniva un qualche rumore, spinse l’uscio e sbirciò dall’altra parte.

Si trovarono in una stanza molto più grande che doveva essere lo scantinato di una delle vecchie case londinesi, con tanto di colonne e grate sul pavimento. A Topson ricordò molto il luogo che Rattigan aveva scelto per il suo vecchio covo, solo molto meno curato e, all’apparenza, completamente disabitato. I suoi sensi erano tesi per cogliere ogni minimo rumore, odore, movimento fuori posto.

Si voltò verso Basil e vide che anche lui stava facendo lo stesso. Dopo un po’, l’Investigatopo fece cenno all’amico e a Cornelia di avvicinarsi a lui e bisbigliò:

“Topson, tu vai in quell’angolo laggiù.” Ed indicò al dottore il punto esatto. “Cornelia, tu invece vieni con me. Dovremo attendere un po’ a quanto pare, ma almeno avremo il tempo di prepararci a dovere. Coraggio.”

I tre si divisero secondo le indicazioni di Basil e si misero in attesa.

Il silenzio nella cantina era totale ed il freddo, ora che erano fermi, cominciava a farsi sentire pungente. Cornelia, acquattata accanto all’Investigatopo, si strofinò le braccia, nel tentativo di scaldarsi un po’. Quasi sobbalzò quando sentì un altro braccio passarle intorno alle spalle e si accorse che Basil la stava attirando a sé per trasmetterle un po’ di calore.

“Non vorrei che il battito dei tuoi denti rivelasse la nostra presenza.” Commentò secco, quando lei lo guardò con gratitudine. Questo le fece abbassare gli occhi e mormorare:

“Sei ancora tanto arrabbiato?”

“Tu che dici?” rispose lui, voltandosi a guardarla.

“Non potremmo parlarne?” chiese lei.

“Non mi pare il momento più adatto.” Fu la secca replica.

“E quando lo troviamo un momento adatto? In questi giorni non c’è stato modo.”

“Sii sincera ed ammetti che il modo ci sarebbe stato, ma che tu hai voluto evitare di affrontare l’argomento.”

“Ero spaventata e confusa! Inoltre volevo lasciar passare un po’ di tempo: eri furioso quella sera.”

“Puoi biasimarmi? Hai quasi fatto uccidere mia sorella!”

Topson, da lontano, sentì che i due amici si erano messi a discutere e cercò di far loro dei segnali per tentare di farli smettere, ma invano. Cosa diavolo stavano facendo?  

“Non l’ho certo fatto di proposito, stavo solo cercando un modo per aiutarti!”

“Potevi farlo rimanendo a casa come ti avevo chiesto! Non bisogna mai esporsi quando non si conoscono i rischi che si possono correre! Inoltre, non ho ancora ben capito cosa volevi fare.”

“Te l’ho detto, volevo trovare un qualcosa che ti avrebbe aiutato con il caso.”

“Allora, lascia che te lo dica, è stato un comportamento decisamente stupido!”

“Anche quello di Brynna se è per questo!”

“Ah, su questo concordo. Se ti avesse lasciata fare senza intromettersi, a quest’ora sarebbe sana e salva, magari a cercare di consolarmi per non essere riuscito a tenerti fuori dai guai.”

“La difendi sempre! Anche quando mi ha offesa tu non hai battuto ciglio!”

“Non vedo perché avrei dovuto farlo. Non c’era nulla di sbagliato nelle sue conclusioni né tantomeno nelle sue azioni. E ti consiglio di moderare i termini e di ricordare quanto ti ha detto la signora Placidia dopo la nostra visita al Mousedom.”

Cornelia fece per ribattere, ma le tornarono improvvisamente alla memoria le parole della governante:

stavolta non si è intromesso nella discussione tra voi due ma, se un giorno decidesse di farlo, non sarete voi quella che difenderà.

Sbarrò gli occhi: era quanto stava succedendo in quel momento!

“Ah, vedo che te ne sei ricordata. Bene, allora credo che la discussione si possa considerare chiusa!”

“Io invece credo di no!” e, con queste parole, Cornelia afferrò Basil e lo costrinse a voltarsi verso di lei. “Se non l’avessi ancora capito con quel bel cervello che ti ritrovi, io ti amo. Ogni volta che esci, che vai in posti come quello dell’ultima volta, io ho paura che ti succeda qualcosa e che io non sia lì con te. Mi irrita che tu abbia invece permesso a tua sorella di fare ciò che ha fatto.”

“Tanto per cominciare, io non le ho permesso un bel niente. Nutrivo qualche sospetto sul modo in cui si procurava le informazioni, ma non avevo idea che si esponesse così tanto. L’avrei fermata, se avessi saputo.” Replicò lui, prima di aggiungere “In secondo luogo, la mia vita non è così a repentaglio fintanto che ti so al sicuro.”

Cornelia lo guardò confusa, e lui si sbrigò a chiarire:

“Credi veramente di essere l’unica a preoccuparsi? Quando so che sei in salvo e che niente ti può capitare, la mia mente lavora meglio. Anch’io tengo molto a te, sappilo, e questo influisce molto nelle mie indagini.”

La topolina rimase in silenzio dopo quella confessione. Si rese conto di aver frainteso tutto fino ad allora. Basil non voleva tagliarla fuori dalla sua vita, ma semplicemente tenerla al sicuro dai pericoli che doveva affrontare ogni giorno.

“Scusami..” mormorò dopo un po’. Sentì che lui le stringeva appena la spalla.

“Non fa niente.” Rispose “E’ solo che vorrei che non interferissi con il mio lavoro. Sai che non posso concedermi distrazioni.”

Lei sospirò: c’era una cosa che continuava ad assillarla. Quando ormai Topson, dall’altro capo della sala, cominciava a sperare che avessero risolto tutto o che, quantomeno, avessero deciso di darci un taglio e di rimandare la discussione a più  tardi, Cornelia ruppe il silenzio:

“Però Brynna può interferire.” Borbottò, guadagnandosi uno sbuffo da parte di Basil.

“Ancora con questa storia? Ti ho già detto che non sapevo cosa stava facendo.”

“Hai detto che lo sospettavi, però.”

“Infatti, e più volte le ho detto di non esporsi troppo. In ogni caso, con lei è una cosa diversa.”

“Dunque lei può fare ciò che vuole e prendere parte alle tue indagini, mentre io devo starmene buona in casa ad aspettare il tuo ritorno?”

Topson si sbatté una mano sulla fronte, poi riprese a fare gesti per cercare di farli smettere. Lo stupiva soprattutto il comportamento di Basil: perché assecondava Cornelia nella discussione, rischiando di farsi scoprire? L’orribile sensazione di poco prima si fece nuovamente strada nella sua mente e lui si mise a gesticolare con più foga prima di irrigidirsi di colpo e di drizzare le orecchie: c’era qualcun altro nella sala, qualcuno che si muoveva furtivamente e che sembrava avvicinarsi ai suoi amici. Cercò di farsi sentire, ma qualcuno lo afferrò da dietro, tappandogli la bocca con una mano ed immobilizzandolo. Nel frattempo, Basil e Cornelia, ignari di tutto, continuavano a battibeccare.

“Ma ti senti quando parli?” stava dicendo lui “Stiamo parlando di mia sorella, non di una tua rivale. La tua gelosia è stupida, quanto ingiustificata. E ora taci, o ci farai scoprire!”

“Io non sono gelosa, è solo che non voglio sentirmi esclusa dal tuo mondo.”

“Non sei esclusa dal mondo di nessuno, è solo che devi capire qual è il tuo posto per far sì che le cose funzionino.”

“Non mi sembra che, portandola qui, tu le abbia reso le cose più chiare, Basil.” Si inserì una voce, che fece sobbalzare entrambi. Voltandosi, rimasero paralizzati dallo spavento: Rattigan si trovava accanto a loro e, insieme a loro, c’erano altri sei topi, due dei quali tenevano fermo Topson, che guardava Basil con aria abbattuta.

“Basil, Basil, pensavo che avessi imparato dall’ultima volta.” Lo canzonò Rattigan. “Invece ti sei fatto sorprendere di nuovo. E in che modo! Battibeccando con la tua ragazza!” A queste parole, gli scagnozzi scoppiarono a ridere. Basil, però, rimase impassibile, mentre Cornelia gli si stringeva contro.

Era terrorizzata: non riusciva a vedere alcuna via di uscita da quella situazione di cui, tra l’altro, era la maggiore responsabile. Cominciò a pensare che, forse, Basil non aveva tutti i torti a volerla tenere fuori dai suoi affari, se poi finiva sempre per rovinarglieli.

Le sue riflessioni furono interrotte da Rattigan che, nel frattempo, aveva ripreso a parlare:

“Stavolta, però, non la passerai liscia. Niente macchine ingegnose per togliere di mezzo te ed il tuo amico. Mi assicurerò personalmente che voi smettiate di respirare e che il vostro cuore smetta di battere. Ovviamente mi prenderò il mio tempo, dato che ho la serata libera da qualsiasi impegno. Ah, e non ti preoccupare per Cornelia, mi assicurerò che abbia tutto ciò che le spetta. Non hai niente da dire?”

“Per ora, nulla di particolare. La mia opinione su di te la conosci già, quindi non mi sembra il caso di ripeterla.” Rispose Basil, guardandolo negli occhi con tranquillità, quasi con spavalderia, come Topson non mancò di notare. Ciò che stava accadendo lo lasciava sempre più perplesso: loro due stavano per perdere la vita e Cornelia sarebbe andata incontro ad un destino se possibile ancora più tremendo, ma il suo amico non batteva ciglio. E ciò che lo sconcertava maggiormente era che non sembrava che stesse recitando la parte dello sbruffone, ma che fosse realmente sicuro di quanto diceva. In nome del cielo, che cosa stava macchinando?

Rattigan, però, parve non accorgersene, perché continuò a sbeffeggiarlo:

“Non ti servirà a niente fare il galletto adesso. Perché invece non chiedi pietà per te e per il tuo grasso amico? Perché non mi supplichi di liberare Cornelia? Ah, ho capito. Sei contento perché presto rivedrai la tua cara sorellina. Mi hanno detto che non sei nemmeno riuscito a vederla esalare l’ultimo respiro perché eri tornato a cercare la tua ragazza. Che fratello degenere! Lei si è adoperata tanto per te e tu l’hai ripagata così!”

Cornelia sentì Basil irrigidirsi ma, quando lo guardò in volto, vide solo calma sui suoi lineamenti.

“Dimmi, cos’hai provato a guardarla mentre si trovava alla mia mercé? Senti ancora le sue grida di dolore? Ricordi la sensazione del suo corpo martoriato tra le tue braccia?”

La topolina sentì che l’Investigatopo aveva cominciato a prendere dei lunghi respiri, come se cercasse di trattenersi e non poteva non capirlo: quella crudeltà gratuita a cui Rattigan lo stava sottoponendo avrebbe messo a dura prova l’autocontrollo di chiunque.

“Ed ora eccoti qui: vuoi che ti riservi il suo stesso trattamento? Questo lenirà un po’ il tuo dolore?” chiese il criminale, ghignando.

Basil non rispose, il suo volto era una maschera indecifrabile. Quell’atteggiamento sembrò infastidire Rattigan che, smettendo immediatamente di sorridere, si fece serio.

“Moriarty?” chiamò, ed il ragno si avvicinò, accompagnato da Elizabeth Morstan “Legali e portali nella segreta.”

Il compare fece un cenno di assenso e si mise all’opera, cominciando da Basil. Cornelia, intanto, avendo visto l’”amica”, esclamò:

“Elizabeth, perché? Io mi fidavo di te.”

“Hai fatto male” rispose semplicemente l’altra. “Quando te ne sei andata, le cose per me non sono andate bene come ti ho scritto nelle lettere. E’ vero, sono diventata un medico, ma è dura per una donna-dottore farsi apprezzare da questa città così diffidente. Questi signori mi hanno offerto di esercitare la mia professione alle loro dipendenze e con ingenti guadagni. Potevo forse rifiutare? Non ci sono stati ricatti, posso assicurartelo. Sono solo affari. Perciò, quando mi hanno chiesto di spiare Basil mediante te per ricambiare la loro generosità ho accettato. Devi concedermelo, cara, sono stata un’attrice eccellente.” Concluse, sorridendo.

Cornelia avrebbe voluto strangolarla. Peccato che le ragnatele con cui Moriarty aveva cominciato a legarle i polsi le impedissero di farlo.

Quando ebbe terminato l’opera, il ragno spinse Basil e Cornelia verso Topson, poi i tre furono condotti verso un angolo della stanza. Qui c’era un buco dentro il quale vennero spinti. Furono fatti camminare per un bel po’, attraverso tubature e passaggi stretti con la sola luce di alcune lanterne ad illuminare il loro cammino. Alla fine, si ritrovarono davanti ad una nicchia, chiusa da una grata metallica. Basil e Topson vi furono spinti dentro in malo modo, dopodiché vennero slegati, solo per essere nuovamente legati al muro mediante delle corte catene appese ad esso da alcuni topi, che uscirono subito dopo.

“Ti piace come ho arredato la stanza, Basil?” disse Rattigan, entrando per rimirare l’opera conclusa ed avvicinandosi all’Investigatopo.

“Gli avrei dato un po’ più di colore, ma mi posso accontentare.” Replicò Basil sarcastico. “Più che altro non capisco il senso di tenerci qui, non avevi detto di volerci uccidere?”

Topson guardò Basil con occhi sbarrati: perché ci teneva così tanto ad accelerare la loro dipartita? Qual era il suo piano, sempre ammesso che ne avesse uno?

Rattigan ormai era vicino a lui e, con un ghigno orribile, gli disse:

“Certo che l’ho detto, ma non ho specificato quando. Per ora rimarrete un po’ qui, a ripensare alle vostre misere vite. Eccoti comunque un assaggio di ciò che accadrà.” Dopo queste parole, sferrò un violento pugno nello stomaco dell’Investigatopo, che si trovò a boccheggiare, senza più fiato.

Accadde tutto in un istante, in un momento così rapido che Topson non riuscì a capire cosa era esattamente successo.

Vide un movimento rapidissimo alle spalle di Rattigan che, improvvisamente, sbarrò gli occhi e si accasciò a terra, privo di sensi. Dietro di lui, c’era Moriarty, il pungiglione ancora alzato ed uno sguardo trionfante sull’orribile faccia.

“Finalmente” mormorò soddisfatto. “Era da tanto che aspettavo questo momento e la mia pazienza cominciava ad esaurirsi. Ragazzi, legatelo accanto all’Investigatopo.”

Con ancora più stupore, Topson vide che i “ragazzi” che Moriarty aveva chiamato non erano gli scagnozzi di Rattigan, ma dei ragni, anche se più piccoli del loro padrone. Voltandosi a guardare fuori dalla cella, vide che i suddetti scagnozzi erano tutti legati con delle ragnatele e privi di sensi. I ragni eseguirono l’ordine in silenzio, poi si ritirarono.

“Sai, Basil di Baker Street” disse Moriarty “mi hai solo facilitato il compito. Senza la retata di qualche sera fa sarebbe stato molto più difficile fare ciò che ho fatto stasera. I tuoi amici poliziotti hanno dimezzato il numero di ruffiani al servizio del mio cosiddetto “padrone”. Ti devo un favore.”

Basil, ancora a corto di fiato, gli rispose con un sorrisetto ed un cenno del capo.

“Ho comunque intenzione di sdebitarmi subito. Capisci bene che non posso lasciarvi liberi, per adesso,dal momento che ho intenzione di prendere per me il trono d’Inghilterra. Potrei comunque scegliere di lasciarvi andare a cose fatte, quando non potrete più mettermi i bastoni tra le ruote. Si vedrà.”

“Lasciate libera Cornelia, allora, che male può farvi lei?” provò Topson.

“Attualmente è una testimone, quindi non posso lasciare che avverta la popolazione. Tranquilli, non le accadrà nulla. La signorina Morstan le terrà compagnia: scommetto che hanno molto da dirsi.”

Da fuori, Cornelia ascoltava tutto, inorridita. Le cose non si mettevano bene ma, almeno per il momento, le loro vite non erano a rischio.

“Ora temo di dovervi lasciare, signori. Ho un piano da finire di mettere a punto e non posso perdere tempo a parlare con voi. Spero che la vostra permanenza qui sia delle più gradevoli possibili. Buona serata.”

Detto questo uscì dalla porta, e si avviò lungo il corridoio che avevano percorso prima, seguito dai ragni, i ruffiani di Rattigan svenuti, Elizabeth e Cornelia.

Basil alzò lo sguardo su di lei e vide che anche gli occhi della giovane erano puntati su di lui.

Fu un istante, poi la cella, non più illuminata dalle lanterne, piombò nell’oscurità.

FINE DEL CAPITOLO

Mamma mia, quanti eventi eh? E adesso cosa succederà, a seguito del tradimento di Moriarty? Come potranno salvarsi i nostri eroi? Spero di riuscire a darvi qualche indizio prima di Natale.

A presto

Bebbe5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 29
*** Libertà ***


CAPITOLO 28

La cella era immersa nell’oscurità più assoluta.

Ogni tanto, qualche goccia d’acqua colava lungo le pareti e cadeva a terra, risuonando nella stanzetta.

Da un po’ ormai, Topson aveva smesso di cercare di tenere il conto delle ore che passavano. Stare legato alla parete gli aveva fatto venire dei crampi alle braccia ed alle gambe, persino la sua vecchia ferita di guerra era tornata a farsi sentire.

Odiava trovarsi in una situazione del genere. Soprattutto, lo metteva a disagio condividere quel momento con il criminale che aveva più volte tentato di ucciderli. Se non altro, a giudicare dal suo respiro pesante, sembrava che stesse ancora dormendo per l’effetto del veleno di Moriarty.

Sospirò, frustrato. Come avevano fatto a cascare così stupidamente in quella trappola? Un momento… ci erano cascati fin troppo stupidamente. Qualcosa non quadrava. Decise quindi di interrogare il suo amico in proposito.

“Basil?” provò a chiamare. In risposta, ricevette un mugugno proveniente dalla sua sinistra. “Cosa facciamo adesso? Come ne usciamo?”

“Non ne ho la minima idea” rispose l’Investigatopo, con una calma che lasciò il dottore allibito.

“Stai ancora elaborando un piano?” chiese di nuovo.

“No.”

Topson era sconcertato: perché Basil sembrava così tranquillo, nonostante la situazione disperata in cui si trovavano? Si sforzò di cercare una spiegazione a quell’assurdità, utilizzando i metodi che il suo amico aveva cercato di insegnargli. Gli venne in mente un’unica possibilità:  doveva essere rimasto sconvolto da tutti gli avvenimenti recenti.

“Mi dispiace per il fatto che non siamo riusciti a trovare tua sorella, Basil, e mi dispiace anche per il rapimento di Cornelia. Ma devi reagire, non devi lasciarti abbattere da questi eventi.” provò a dire.

“Ma io non sono abbattuto, dottore. Non lo sono nella maniera più assoluta, te lo assicuro.”

Nella cella ci fu qualche istante di sbalordito silenzio.

“Cosa vuoi dire?” chiese poi Topson.

“Beh, dal momento che dovremo restare qui ancora per un po’, se i miei calcoli non sono errati, cercherò di spiegarti tutto.”

“Sono tutto orecchi” rispose Topson, con un tono a metà tra il curioso ed il seccato.

“Anche io!” si inserì Rattigan che, nel frattempo, si era risvegliato e pareva tutt’altro che di buon umore.

“Già sveglio?” chiese Basil.

“A volte, l’essere un topo più grosso ha i suoi vantaggi. L’effetto del veleno ha una durata inferiore per me.” Rispose Rattigan.

“Vero, ma l’essere un topo più grosso, come dici tu, non ti aiuterà a liberarti da quelle catene.” Replicò Basil in tono divertito.

“Ringrazia di avere ragione, perché altrimenti sarei già lì a strozzarti con le mie mani.” Ribatté Rattigan a denti stretti.

“Basil, cosa stavi dicendo riguardo alle spiegazioni?” li interruppe Topson prima che la lite potesse proseguire.

“Hai ragione, dottore.” Rispose il detective “Ora che anche il nostro amico è sveglio, posso risparmiarmi di spiegare tutto due volte.”

“A me interessa solo una cosa.” Lo interruppe Rattigan “Da quanto sapevi di Moriarty? Da quanto sapevi del suo desiderio di tradirmi?”

“Perché, ora non dirmi che non lo sospettavi minimamente!” replicò Basil, non mascherando la sua sorpresa.

“Io sospetto sempre del fatto che qualcuno cerchi di ribellarsi, ma…”

“Ma non che qualcuno la faccia poi sul serio, giusto? Chi è l’idiota adesso?” lo canzonò Basil. “Ti sei lasciato sorprendere come… ah sì, come un miserabile criminaluccio di second’ordine .” concluse poi ridendo.

Il suono delle catene che venivano scosse, accompagnato da un ringhio minaccioso, fu il segno che le parole dell’Investigatopo avevano colpito nel segno.

Anche Topson non poté fare a meno di sorridere nel buio: Basil era riuscito in qualche modo a rifarsi del tremendo smacco di qualche anno prima.

Ad un certo punto, però, il ringhio fu sostituito da una risatina.

“Se sospettavi tutto questo, perché anche tu ed il tuo socio siete legati qui?”

Era una domanda più che lecita, pensò Topson, anche perché era quella che si poneva più o meno dall’inizio di quella sera così movimentata. A lasciarlo a bocca aperta, però, fu la risposta del suo amico.

“Faceva tutto parte del piano. Vedete, io speravo in questo risultato.”

“Speravi di vederci tutti e tre legati assieme?! Basil, non capisco!” esclamò il dottore.

“No, non tutti e tre legati assieme, ma di vedere in particolare Rattigan legato e pronto per essere consegnato alle autorità dopo che il suo più fedele alleato lo avesse tradito uscendo allo scoperto. Ora non mi resta che catturare anche quel ragnaccio e la vittoria sarà completa.”

Il silenzio tornò a regnare sovrano per qualche istante, prima di essere rotto da Rattigan in persona.

“Dunque, fammi capire, tu ti sei volutamente fatto catturare da me per farmi abbassare la guardia e dare a Moriarty il modo di mettermi fuori gioco?” Il tono che aveva usato era un insieme di sentimenti contrastanti: curiosità, rabbia e… ammirazione.

“Esatto.” Rispose Basil, gongolante.

“… Ingegnoso.” Mormorò infine il loro nemico.

“Ma .. e Cornelia?” chiese Topson “Anche la sua cattura era prevista?”

“Ovvio che sì.”

“E avevi previsto anche il fatto che ci avrebbero divisi?” continuò il dottore.

“Speravo che accadesse.”

“Perché?! Sei un incosciente.” Esclamò Topson sconvolto.

“Ah, così mi ferisci, amico mio. Rilassati, più al sicuro di così non potrebbe essere.” Gli disse Basil, tranquillo.

“Cosa?”

“Come ben sai, lei si rifiuta di restare fuori dalle mie indagini. La sua cattura mi consente di sapere con certezza che non potrà commettere niente per disturbare il mio operato.”

“Basil, mi duole ammetterlo, ma stavolta hai superato te stesso.” Gli disse Rattigan. “C’è solo un piccolo dettaglio che forse ti è sfuggito: noi come facciamo ad uscire di qui? Hai studiato anche un modo per liberarci da queste catene?”

“Ma certo, il nostro modo per andarcene arriverà tra pochi minuti, abbiate solo un po’ di pazienza.”

“Vuoi dire che c’era qualcun altro al corrente del tuo piano?” chiese Topson.

“Sì, proprio così.” Rispose l’Investigatopo.

“E chi è?”

“Per ora non posso rivelarlo.”

“Quanti misteri, Basil. Non ti sei ancora accorto che non portano niente di buono? Se non ricordo male, tua sorella non ti aveva detto cosa faceva e guarda com’è finita.”

“Chiudi la bocca, sorcio, non sai di cosa parli.” Replicò Basil a denti stretti.

“Come mi hai chiamato?” gridò Rattigan.

Topson alzò gli occhi al cielo, mentre i due continuavano a battibeccare. Fortuna che, se Basil aveva ragione, di lì a poco sarebbero usciti da lì. Si soffermò qualche istante a riflettere su quanto era successo, alla luce delle spiegazioni del suo amico: avevano messo finalmente le mani sul Napoleone del crimine, su Rattigan in persona.

Avevano vinto.

Certo, dovevano ancora consegnarlo nelle mani della polizia, ma ora che lo avevano in pugno non se lo sarebbero lasciato scappare per nulla al mondo.

Una volta che avessero compiuto anche l’ultimo passo sarebbe finito quel periodo così tremendo, così pieno di insidie, così….

Sospirò.

Non poteva negarlo, era stato un periodo molto emozionante. Si vergognava anche solo a pensarlo, ma, con Rattigan in libertà, la sua vita era stata frenetica, piena di adrenalina, eccitante. Quando l’avrebbero consegnato alle forze dell’ordine, com’era giusto che facessero, sarebbe finito tutto. E cosa sarebbe successo allora?

Non che i tre anni senza Rattigan fossero stati privi di casi interessanti, ma niente e nessuno poteva eguagliare l’acerrimo nemico del più famoso Investigatopo di Londra.

Nel periodo in cui pensavano che fosse scomparso per sempre, Basil inizialmente era stato euforico, ma dopo poco era caduto in quello che il dottore avrebbe potuto definire solamente come “attacco di noia”. Svolgeva ancora il suo lavoro con tutto se stesso, ma non aveva più la grinta di quando Topson l’aveva conosciuto. La cosa l’aveva fatto alquanto preoccupare e quasi sperare che Rattigan comparisse di nuovo. La sua speranza era divenuta realtà, ma ora il criminale stava per sparire nuovamente dalla circolazione.

Forse, però sarebbe stato diverso questa volta.

In fondo, dopo il loro ultimo scontro, l’avevano creduto morto mentre invece, in quell’occasione, Basil avrebbe ottenuto ciò che voleva, ovvero metterlo in galera. Forse, raggiunto il suo vero scopo, il suo amico avrebbe definitivamente voltato pagina.

Sospirò nuovamente e, per non lasciarsi nuovamente andare a quei pensieri, si mise ad ascoltare i suoi due compagni di prigionia, che non avevano smesso di battibeccare.

“Se pensi che mi lascerò trascinare in prigione ti sbagli di grosso!” stava dicendo Rattigan, furioso.

“Oh, il modo lo troveremo, stanne certo. Certo, dovrò dire a Scotland Yard di portare catene fatte su misura per i ratti, altrimenti temo proprio che ci sfuggirai.” Replicò Basil sorridendo.

“Sarà meglio per te che le trovino, altrimenti, appena mi libereranno, ti ridurrò in poltiglia!”

“Oh, sto tremando di paura!”

Topson alzò gli occhi al cielo poi, all’improvviso, gli parve di scorgere un bagliore nell’oscurità fuori dalla cella. Guardò di nuovo e vide che, effettivamente, c’era un alone di luce in lontananza che si stava rapidamente facendo più intenso, come se si stesse avvicinando.

“Basil?”

“.. e comunque hai ragione, non finirai in galera. Vedrò di farti fare un viaggio diretto per la forca!”

“Basil?” provò di nuovo Topson, alzando il tono di voce.

“Sembri ancora convinto che io mi lascerò prendere facilmente!”

“Non avrai possibilità di fuga, te lo assicuro.”

“Basil, guarda fuori!” esclamò il dottore, con ancora più decisione.

Il litigio si interruppe e Topson si voltò verso il suo amico, cominciando a discernere i suoi lineamenti grazie alla luce che, piano piano, rischiarava la cella.

“Ah, sembra che la nostra prigionia stia per terminare, amico mio.” Disse l’Investigatopo con un sorriso sulle labbra.

Dopo qualche secondo, infatti, davanti alla sbarre della cella si fermò un topo di una certa stazza che Topson riconobbe come quello che aveva aperto loro la porta di servizio del Mousedom Theater il giorni in cui aveva incontrato per la prima volta.

“Buonasera signori, serve aiuto?”

“Ah, buonasera a lei, signor Figg, giusto in tempo.”

Il signor Figg, come lo aveva chiamato Basil, entrò nella cella e cominciò ad armeggiare con le catene dell’Investigatopo.

“C’erano delle guardie?” chiese quest’ultimo, massaggiandosi i polsi dopo essere stato liberato.

“Due, ma sono riuscito ad eluderle.” Rispose Figg, mettendosi a lavorare per liberare anche Topson “Penso che le tenga lì per scrupolo.”

“E’ quello che credo anch’io. Chi verrebbe mai a cercarci quaggiù?”

“Aspetta Basil” chiese il dottore “Vuoi dire che sapevi anche dove ci avrebbero portato?”

“Non con esattezza, mio caro Topson, ma mi ero fatto un’idea precisa e non ho sbagliato.” Rispose Basil.

Una volta che anche Topson fu liberato, il signor Figg estrasse due revolver e li dette ai suoi amici. Basil lo guardò confuso.

“E questo cosa significa?”

“Ordini superiori signore, deve venire anche lui.” Rispose l’altro, cominciando a slegare Rattigan.

“Cosa?! Per quale ragione, di grazia?” chiese Basil costernato.

“Ne so quanto voi signore, ma mi è stato detto di riferire che ci sarà una proposta vantaggiosa per tutti e che quindi non le conviene cercare di fuggire.” Rispose il signor Figg, rivolgendosi a Rattigan, ormai libero.

Quest’ultimo si massaggiò i polsi e sembrò riflettere su quanto detto.

“Vorrei sapere chi è che ti manda, se non ti spiace. Non sono tipo da accettare offerte da sconosciuti.”

“Allora sarò costretto a trascinarla a Scotland Yard con la forza.” Rispose Figg.

“Non credo che lo farai mai. Vedi, ho la netta impressione che il tuo padrone necessiti dei miei servigi, ragion per cui, mettermi dietro le sbarre non sarebbe una mossa saggia.”

“Nessuno ha detto di avere bisogno di te!” esclamò Basil, sempre più frustrato.

“Signori!” gridò Topson. “Intanto usciamo da qui, poi ne discuteremo.”

“Il dottore ha ragione, signori” concordò Figg. “Vogliate seguirmi.” Concluse, estraendo poi il suo revolver e puntandolo contro Rattigan “Senza fare storie: signor Basil, dottor Topson, vorreste stare dietro per aiutarmi a scortare il professore?”

Dopo queste parole, il gruppetto si mosse verso l’uscita, il signor Figg in testa, seguito da Rattigan e poi da Topson e da Basil che aveva un’espressione alquanto imbronciata sul volto.

Il dottore avrebbe voluto far parlare il suo amico, cercare di capire di più, ma sapeva che cominciare una discussione in quel momento avrebbe significato con ogni probabilità riaccendere la lite tra l’Investigatopo e Rattigan.

Decise quindi di pazientare, dal momento che aveva la netta sensazione che presto tutto sarebbe stato svelato.

Il tragitto per uscire gli parve ancora più lungo di quello che avevano percorso fino alla cella e, quando finalmente furono usciti, inspirò a pieni polmoni l’aria notturna, assaporando la sua appena riacquistata libertà.

Guardandosi intorno, si rese conto di essere in un piccolo giardino immerso nell’oscurità. Notò anche un cartello che segnalava la vicina Moxon Street. Questo significava che non erano lontani da casa. Con un sorriso, si voltò verso Basil che, però, sembrava non condividere la sua felicità. Aveva un’espressione irosa sul volto e sembrava che fremesse dal voler fare qualcosa.

Anche Rattigan, notò il dottore, sembrava in preda ad uno stato di mal controllata agitazione. Lo stupiva il fatto che non avesse cercato di scappare. Chissà, forse anche lui voleva scoprire chi era quel misterioso individuo che li aveva convocati tutti al suo cospetto.

Queste riflessioni, però, durarono pochi minuti, perché il signor Figg si rimise in marcia. Dovettero seguirlo per un’altra mezz’ora circa, finché non si trovarono in Cavendish Street, una delle vie più grandi e più belle di Londra. La percorsero per un bel tratto, finché la loro guida non si fermò davanti ad una bella casa, appartenente con ogni probabilità ad una famiglia umana benestante.

Senza esitare più di tanto, comunque, i quattro scivolarono tra le inferriate del cancello d’ingresso e le foglie della siepe che circondava la casa, fino ad arrivare ad una porticina. Alla tenue luce di una lampada che stava sopra l’uscio, Topson poté leggere su una lucida targhetta d’ottone affissa a destra della porta:

“Ambulatorio medico, dottor Tobias Ansmauser”

Ansmauser…

Il nome gli suonava familiare. Improvvisamente, si ricordò: era il medico che avevano trovato a casa della sorella di Basil la sera dopo il tentativo di furto a casa Abercroft.

Poteva essere lui il mandante della loro liberazione? Cosa voleva offrire a Rattigan?

Sempre più confuso, vide il signor Figg bussare alla porta. Dopo poco, una voce femminile proveniente dall’altra parte dell’uscio chiese i loro nomi ed aprì.

Quando furono tutti dentro, Basil fece per tirare dritto al piano superiore della casa, ma una voce maschile lo fermò.

“Signor Basil, non è di sopra.” Voltandosi, i quattro videro il dottor Ansmauser fermo sulla porta di quello che, Topson suppose, doveva trattarsi del salotto. Il topo era vestito di tutto punto nonostante l’ora tarda e guardava i nuovi arrivati, posando più volte gli occhi su Rattigan.

“E allora dov’è? Esigo una spiegazione.” Rispose Basil, che intanto era sceso dalle scale e si era diretto verso il dottore.

“Ha detto che voleva ricevervi giù, poiché si sentiva meglio. Vi avverto signor Basil, mantenga la calma perché è ancora un po’ debole.”

“Dammi qualcosa di più nutriente da mangiare, Tobias, e vedrai per quanto ancora sarò debole.” Giunse una voce dal salotto che produsse effetti diversi su Basil, Topson e Rattigan: l’Investigatopo sorrise, Topson spalancò occhi e bocca e Rattigan impallidì.

“Non è possibile…” mormorò debolmente.

Ignorandolo, Basil andò in salotto, seguito da Topson, dal dottor Ansmauser e da Rattigan che venne invitato ad entrare dal signor Figg.

La prima cosa che Topson vide fu la signora Ansmauser, seduta sulla poltrona accanto al fuoco: sorrideva, ridacchiando persino. Ma ciò che lasciò il dottore senza parole fu che il divano di fronte era occupato dalla figura semi-sdraiata e sorridente di Brynna Basil.

FINE DEL CAPITOLO

Vi giuro che sembrava impossibile, ma volevo assolutamente finire prima di Natale per potervi fare i miei più sinceri auguri. Il capitolo è un po’ intenso per quanto riguarda i vari eventi.

Spero che vi sia piaciuto.

Buon Natale e Felice Anno Nuovo

Bebbe5

P.S. Pensavate che la uccidessi davvero? ^_^

 

 

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Capitolo 30
*** Un'idea ***


CAPITOLO 29

Topson era allibito. Si voltò verso Rattigan e si rese conto che doveva trovarsi più o meno nella sua stessa condizione. Anzi, a giudicare dalla sua espressione, stava anche peggio. Girò poi lo sguardo verso la sorella del suo amico, ancora stesa sul divano, e la osservò con calma: sorrideva, ma quell’espressione stonava terribilmente con il resto di lei. Era dimagrita parecchio dall’ultima volta che l’aveva vista e la camicia da notte bianca che indossava la rendeva in qualche modo spettrale. Aveva uno scialle a coprirle le spalle e le braccia, ma queste, da quel poco che poteva scorgere, erano fasciate con delle bende. Il suo viso era segnato da lividi e croste ancora in fase di guarigione e il dottore, ricordando la terribile ragione che le aveva causato quelle ferite, si chiese come fosse ridotto il resto del corpo.

La guardava con occhio clinico, osservando i dettagli delle cure che le erano state prestate, l’alzarsi ed abbassarsi del suo petto a testimonianza del suo respirare, a testimonianza del fatto che lei fosse viva. Eppure c’era una parte di lui che non riusciva a spiegarsi come potesse esserlo. Nel buio di quel vicolo spazzato dal gelo invernale, l’aveva sentita diventare ancora più fredda della neve, aveva visto i suoi occhi chiusi ed il suo respiro spezzarsi… l’aveva vista morire.

E invece eccola là, serena, forse un po’ dolorante ma viva senza ombra di dubbio.

Com’era possibile?

“Ah, non chiederlo a me, mio caro Topson.” Disse all’improvviso Basil.

“Cosa dici?” chiese il dottore, sorpreso da quell’intervento.

“Sapevo che era viva, ma non ho idea di come diavolo abbia fatto a cavarsela e gradirei che me lo spiegasse.”

“Oh, anche io sono felice di vederti, fratellino, e sono lieta di constatare che almeno uno della famiglia gode di buona salute.” Replicò Brynna con sarcasmo, cercando poi di alzarsi dal divano, solo per essere spinta di nuovo giù dalla signora Ansmauser. Questo provocò uno sbuffo da parte della maggiore dei Basil.

“Selena, suvvia, sto bene, ho persino sceso le scale con le mie gambe.”

“Appunto” replicò l’altra “hai già dato un’ottima dimostrazione di essere un soggetto in via di guarigione, ora basta con gli sforzi. Sei ancora debilitata.”

“Siete voi che non mi nutrite a dovere!” Protestò Brynna.

I coniugi Ansmauser si scambiarono uno sguardo d’intesa, ma non replicarono: evidentemente, si immaginò Topson, quello scambio doveva far parte della routine giornaliera da quando la sorella di Basil aveva preso alloggio in casa del dottore.

Sospirando, Brynna si appoggiò nuovamente ai cuscini del divano e rivolse uno sguardo di puro disprezzo all’indirizzo di Rattigan.

“Sappi che ti odio.” Gli disse, suscitando delle risatine tra i presenti, tranne il diretto interessato, che sembrò riscuotersi dal suo stato di trance.

“Sappi che il sentimento è totalmente ricambiato. Come mai sono qui?” Rispose, facendo spuntare un bel ghigno sul volto di Brynna, che lo canzonò:

“Potrei anche aver deciso di farti soffrire un po’, dandoti l’illusione di poter essere di una qualche utilità e poi facendoti arrestare, sai.”

“Brynna, ti prego, non divaghiamo, ci sono tanti interrogativi che necessitano di una risposta e la giornata è stata abbastanza lunga.” Si inserì Basil.

La sorella lo guardò in tralice.

“Sempre pragmatico tu, vero? E va bene. Dunque, direi di cominciare da…”

“Brynna, aspetta almeno che si siedano.” La interruppe il dottor Ansmauser.

“Il padrone di casa sei tu, mio caro. Perché non hai ancora offerto loro delle sedie su cui possano accomodarsi?” replicò Brynna, sorridendo al suo indirizzo.

Borbottando qualche parola, il giovane dottore si affrettò a sistemare delle sedie per gli ospiti e a chiamare la governante che aveva aperto loro la porta affinché portasse qualcosa da mangiare e da bere.

Quando tutti si furono sistemati, Brynna cominciò il suo racconto:

“Eviterò i dettagli del mio arrivo qui, per adesso. Potrebbero tornarmi utili in futuro.” Lanciò un’occhiata significativa a Rattigan, il quale rispose inarcando le sopracciglia. “In ogni caso, sono riuscita a sopravvivere, grazie alle cure del mio medico di fiducia.” E rivolse un sorriso all’indirizzo del dottor Ansmauser, che ricambiò. “Nei lunghi giorni di convalescenza, in cui sono stata obbligata a rimanere a letto, ho avuto modo di riflettere sull’intera situazione. Ovviamente, quando sono stata in grado di farlo, mi sono subito premurata di far sapere a mio fratello che ero viva e tutto sommato vegeta e gli ho riferito alcune informazioni che ero riuscita a raccogliere prima di quella sera. Da qui, il resto lo conoscete.”

Topson si voltò di scatto verso l’amico, che però evitò il suo sguardo e chiese:

“Brynna, perché siamo tutti qui?”

Lei lo guardò, poi guardò Rattigan ed infine si decise a rispondere:

“Date le circostanze, l’unico modo in cui potete uscirne entrambi vincitori è allearvi tra di voi.”

Tra i presenti cadde il silenzio più totale, interrotto solo per qualche istante, quando la governante entrò nel salotto con un vassoio su cui era stato posto uno spuntino di mezzanotte: alcuni pasticcini ed un bel po’ di tè fumante. Nel momento in cui la topolina serviva la bevanda Basil, sbarrando gli occhi mentre le parole della sorella si facevano strada dentro di lui, esclamò, facendo sobbalzare la poverina:

“Che cosa?! Ma sei impazzita?!”

“Per una volta sono d’accordo con lui.” Rincarò Rattigan alzandosi dalla sedia. “Non sono disposto a collaborare con voi.” Fece per uscire, solo per essere bloccato sulla porta dal signor Figg.

“Ah davvero? Allora tu” disse Brynna, rivolgendosi prima al professore “spiegami come farai a ritornare al potere quando tutti i tuoi uomini sono stati catturati e tu” si rivolse al fratello “con quali forze speri di poterlo fermare?”

“Ho fermato lui” replicò Basil, puntando il dito contro il suo arci-nemico “perché non dovrei riuscire a fermare Moriarty?”

“Ha ragione lui.” Si inserì Topson.

Brynna però scosse la testa.

“Dite questo perché non sapete cos’ha in mente.”

“Ah, e tu lo sapresti?” chiese Rattigan con sarcasmo, dopo essere tornato al suo posto. “E come avresti fatto a scoprirlo?”

La topolina gli rivolse un sorriso.

“Tu ci hai messo circa cinque mesi prima di scoprirmi – e ciò non è neppure avvenuto per colpa mia, vorrei sottolineare. Sai con quanta facilità sono riuscita a muovermi nel frattempo?” Rattigan emise un ringhio basso, facendo allargare il sorriso di Brynna, che continuò: “Sono stata in grado di captare ogni sorta di informazione in quel lasso di tempo: piani, covi segreti e così via. Già che c’ero, ho anche osservato molto da vicino il tuo nuovo cosiddetto lacchè e sono persino riuscita ad entrare nella sua cerchia più ristretta. Quel Moriarty è davvero astuto, ha progettato un piano niente male mentre tu giocavi a vendicarti di mio fratello.”

“Smettila di gongolare e vai al dunque.” Le disse Basil, non riuscendo comunque a nascondere un sorrisetto.

La topolina sospirò, poi, si spostò su un fianco con una smorfia di dolore.

“Mi si era informicolita una gamba” disse a mo’ di spiegazione, facendo sorridere i presenti. “Ad ogni modo, il dunque è che vuole ottenere il potere.”

“La notizia del giorno!” esclamò l’Investigatopo.

“Ma la Regina non verrà toccata stavolta.”

“Come?” chiese Topson, sorpreso.

“Ci sono molti di governare, dottore. Uno è soppiantare la regina ed assumere il potere alla luce del sole, come ha tentato il nostro professore qualche anno fa.” Rispose Brynna. “Oppure si può instaurare un impero nascosto, fatto di alcuni uomini di fiducia messi in posizioni strategiche, all’interno del Parlamento ad esempio. Ovviamente, questo richiede una grande organizzazione ed un’attenta pianificazione, e lui ha avuto tempo di fare entrambe le cose mentre tu non guardavi.” Continuò, rivolgendosi ancora una volta a Rattigan.

“Quindi tu cosa proponi di fare?” le chiese quest’ultimo, con un po’ di scetticismo.

“Per assumere il potere deve comunque creare un po’ di caos, per far sì che i suoi uomini entrino nella società e nelle alte sfere governative senza troppo clamore.” Cominciò lei, solo per essere interrotta da Basil.

“Aspetta, hai detto che non colpirà la Regina, quindi questo significa che il suo bersaglio sarà uno dei ministri, giusto?”

“In parte. I bersagli saranno multipli. Non ho un’idea precisa del come e del quando questo avverrà per adesso. L’intervento di quella testa calda della Blackwood mi ha impedito di conoscere meglio i dettagli” disse Brynna con una smorfia. “Tu cosa ne pensi?” chiese poi rivolgendosi a Rattigan, il quale la guardò con un’espressione indecifrabile.

“Per quanto riguarda il come ed il quando” si decise infine a rispondere “il suo piano si semplificherebbe se avesse tutti i suoi obiettivi riuniti in un unico luogo, ma non riesco a pensare come questo possa avvenire. Devo ammettere che è ingegnoso, in effetti. Per quanto riguarda la tua proposta, chiedo una notte di tempo per rifletterci, non un’ora di più.”

Quelle parole furono accolte da un silenzio totale. Tutti gli sguardi erano su Basil e Brynna, i quali fissavano alternatamente Rattigan e l’uno l’altra. Alla fine fu proprio l’Investigatopo a sospirare e a dire:

“E sia, una notte, non un’ora di più” con un’espressione abbastanza scocciata sul volto.

Topson lo guardò sbalordito.

“Ma Basil!” protestò “Non puoi permetterlo, non puoi concedergli la tua fiducia.”

“Tranquillo, dottore, so quello che faccio.” Rispose l’Investigatopo, senza staccare gli occhi da Rattigan, che ricambiò con un’espressione neutra.

“Bene” esclamò Brynna “Direi che possiamo aggiornare la seduta a domattina allora. Sono ancora tante le cose da dire e da valutare. Per adesso, perché non ce ne andiamo tutti a letto?” E fece per alzarsi ma Basil si avvicinò rapido al divano e, dopo un’occhiata d’intesa con il dottor Ansmauser, la prese in braccio, stando attento a non farle male.

“Sherringford, che fai?! Posso benissimo camminare da sola!” protestò lei, ma Basil la ignorò, rivolgendosi a Selena Ansmauser.

“Potresti mostrarci le nostre stanze, per favore?”

La topolina sorrise di rimando.

“Ma certo, seguitemi prego.” Rispose, prima di uscire dalla stanza seguita dal marito e dagli altri occupanti. “Abbiamo preparato una stanza per ciascuno di voi. Al suo interno troverete degli abiti per cambiarvi. Se avete bisogno di qualcosa, basta che suoniate il campanello.” Spiegò poi, cominciando a salire le scale.

“Sherri, giuro che se mi fai cadere, ti taglio la coda e te la faccio mangiare.” Borbottò Brynna imbronciata, aggrappandosi al collo del fratello, il quale sorrise sotto i baffi, mentre posava con attenzione i piedi sui gradini.

I coniugi Ansmauser fecero strada, mostrando le camere a tutti i loro “ospiti”. Topson li guardava, non riuscendo a non ammirarli: nonostante tutto lo sconvolgimento, non avevano battuto ciglio e si erano comportati come perfetti padroni di casa; senza contare il fatto che stavano offrendo un rifugio ad uno dei più pericolosi criminali di Londra, a colui che per anni aveva seminato il terrore nella città.

Dovevano riporre davvero tanta fiducia nei due fratelli Basil. Del resto, non era ciò che anche lui faceva ormai da qualche anno?

Quando gli fu mostrata la sua stanza, vi entrò e, dopo essersi chiuso la porta alle spalle, senza neanche togliersi i vestiti, si buttò sul letto e crollò in un sonno profondo.

Basil, intanto, aveva raggiunto la sua destinazione: la camera della sorella.

Si fermò un po’ sulla soglia per vedere quale stanza sarebbe stata assegnata a Rattigan.

“Sai benissimo che non scapperà, puoi mettermi giù, per favore? Non sei un mezzo di trasporto molto comodo.” Gli disse Brynna, seguendo il suo sguardo.

“Scusami” replicò lui, entrando nella camera dopo aver visto il professore entrare nella sua “è vero, so che non scapperà, ma questo non mi rende più tranquillo. Insomma, ha cercato di ucciderci quasi tutti.” Continuò, spostando le lenzuola del letto e posandoci la sorella, prima di coprirla con delicatezza.

“Questo è pur vero” rispose lei, cercando una posizione confortevole, tra mille smorfie di dolore “ma penso che sappia di avere bisogno di te, almeno per una volta.” Sospirò e si rilassò sul materasso dopo aver trovato un modo per stare distesa senza soffrire troppo. Basil la osservò.

“Fa ancora tanto male?” le chiese.

“Diciamo che potrebbe andare peggio” rispose lei sorridendo “Per lo meno, le ferite non si sono infettate. Avevo un paio di costole incrinate che mi hanno provocato un po’ di fastidio a respirare per i primi giorni, ma ora va molto meglio. Quello che è stato davvero difficile da sopportare è stato il buco allo stomaco. In senso letterale e figurato. Selena e Tobias mi hanno ridotta alla fame dicendo che dovevo dare tempo alla ferita di chiudersi. Mi conosci, lo sai che non sono mai stata particolarmente famelica, ma in questi giorni mi mangerei anche il letto. Dico sul serio.”

Quelle parole, dette con quel tono ironico, fecero spuntare un sorriso sul viso di Basil. Sorriso che, però, non raggiunse mai i suoi occhi. Brynna se ne accorse ed allungò una mano per posarla sulla guancia del fratello.

I due si guardarono a lungo, senza dirsi una parola.

Alla fine, fu Basil a spezzare il silenzio.

“E il braccio come ti sta?”

Brynna lo guardò confusa, poi capì e rispose:

“Quello è già quasi rimarginato. Certo che non ci sei andato leggero eh?”

“Senti chi parla, tu mi hai colpito per prima!”

“Sì, ma non hai perso nemmeno una goccia di sangue, fratellino caro.”

I due si misero a ridere, poi Basil abbracciò forte la sorella.

“Sono felice di vedere che stai bene.” Sussurrò. Lei gli accarezzò la testa, poi chiese:

“Tu invece come stai?”

Lui la guardò e, dopo un attimo di esitazione, rispose:

“Non è il momento di parlarne. Sto cercando di lasciare tutto da parte per adesso.”

“Ti ammiro per il modo in cui ci stai riuscendo” rispose Brynna. “Ed ammiro anche il fatto che tu abbia lasciato che la Blackwood fosse catturata per tenerla maggiormente al sicuro. Sai che il vostro rapporto rischia grosso dopo un colpo del genere.”

“Dal mio punto di vista siamo pari” replicò Basil “dimentichi che ti ha quasi fatta uccidere.”

Brynna sbuffò.

“Ancora? Lo ammetto, è stata stupida ed è vero che, a causa del suo gesto, ci ho quasi rimesso la vita, ma non deve essere questa la ragione della vostra rottura.”

“Tu sei importante, Brynna. Molto. Inoltre, non mi è piaciuto il suo atteggiamento al riguardo. Si è lasciata tutto alle spalle troppo facilmente.”

“Io non credo che sia così. Per quanto la disprezzi, sono convinta che il suo non sia stato un lasciarsi tutto alle spalle quanto un voler andare avanti per rimediare all’errore.” Rispose Brynna.

Basil la fissò, stupito.

“La difendi?”

“Assolutamente no” rispose la sorella “cerco solo di spiegarti come deve aver ragionato.”

L’Investigatopo rimase in silenzio per qualche minuto, riflettendo su quanto gli aveva detto Brynna. Alla fine sorrise.

“Grazie di cuore” disse sinceramente.

“Non c’è di che” rispose lei, facendogli l’occhiolino.

“Mi togli una curiosità? Come hai fatto a sopravvivere? Sei mai morta davvero o sei riuscita ad ingannare Topson?” chiese Basil.

“Non sei molto carino a sottovalutare il tuo amico, caro fratello.” Lo riprese Brynna. “Comunque, questa risposta dovrà attendere domani, anche perché devo delle scuse al povero dottore e sarebbe meno faticoso raccontare tutta la storia una volta sola.”

“Hai ragione.” Rispose Basil “allora buonanotte.” Continuò, baciandole la fronte e facendo per andarsene.

“Buonanotte a te. Dormi bene, mi raccomando.” Rispose Brynna, mentre lui usciva dalla stanza.

Dopo aver chiuso la porta, si avviò verso la camera che gli era stata indicata in precedenza da Selena. Quando passò davanti alla camera di Rattigan, vide un chiarore fuoriuscire da sotto la porta. Evidentemente, il professore faticava a prendere sonno. Gli venne da sorridere: anche per lui si prospettava una notte insonne, le cose su cui riflettere erano tante.

Dormi bene gli aveva detto Brynna. Ma come sarebbe stato possibile?

Quando entrò in camera sua, vide che sul comodino accanto al letto, vicino ad una lampada accesa, era stata posata una pipa con un po’ di tabacco. Sorridendo, caricò l’oggetto e lo accese, cominciando a fumare dopo essersi seduto sul letto.

Spense la lampada e, nel’oscurità più totale, si mise a pensare a tutti gli eventi, cercando di fare ordine nella sua testa, accompagnato dal russare del dottore che dormiva nella stanza accanto alla sua.

FINE DEL CAPITOLO

  

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Capitolo 31
*** Altre rivelazioni ***


Note dell’autrice: so di non aver aggiornato per un mostruoso lasso di tempo e chiedo perdono. Volevo farcela circa un mese fa, ma alla fine il mio libro è stato pubblicato ed ho dovuto seguirne i primi passi (promozione, eventi di presentazione ecc). Mi scuso ancora e vi auguro una buona lettura

CAPITOLO 30

Il mattino seguente Topson si svegliò senza sapere se sentirsi davvero riposato oppure completamente distrutto. Gli eventi e le emozioni del giorno precedente lo avevano completamente spossato, tanto che, per un po’, ponderò seriamente l’idea di restarsene a letto. Su quell’allettante alternativa, però, prevalse la curiosità di sapere come si sarebbe conclusa la conversazione della sera prima, così si alzò. Si accorse di avere ancora indosso gli abiti del giorno precedente e che, avendoci dormito, erano tutti spiegazzati. Sospirando si guardò intorno per trovare qualcosa da mettere indosso, una vestaglia quantomeno, quando si accorse di una pila di vestiti di abiti, perfettamente piegati, lasciati sulla sedia accanto al letto. Ad una seconda occhiata, si accorse con stupore che provenivano direttamente dal suo guardaroba. Peccato che questo si trovasse in Baker Street. Mise mentalmente quell’interrogativo nella lista dei chiarimenti da chiedere al suo amico e, una volta finito di vestirsi, uscì dalla camera e si diresse al piano inferiore. Entrò nel salotto dove erano stati fatti accomodare la sera prima e vi trovò la signora Ansmauser, seduta al tavolo della colazione, con una tazza di tè fumante tra le mani ed un libro aperto davanti agli occhi. Era talmente presa dalla lettura da non essersi accorta dell’ingresso di Topson, che si schiarì la voce per dichiarare la sua presenza.

L’effetto fu immediato. La topolina alzò gli occhi e gli rivolse un sorriso:

“Buongiorno dottore, venga, venga, si sieda e favorisca pure.”

Lui ricambiò il saluto e si sedette dalla parte opposta del tavolo, cominciando a servirsi del cibo presente sul piano. Dopo essersi riempito il piatto, si azzardò a chiedere:

“Dove sono tutti?”

“Mio marito ha già fatto colazione ed ora è su con Brynna per la medicazione mattutina. Non ho ancora visto Sherringford e nemmeno il professore. Ho come l’impressione che non abbiano intenzione di scendere, quindi dovremo portare il cibo ad entrambi.”

“Concordo, vorranno controllarsi a vicenda.” Commentò Topson imburrandosi una fetta di pane tostato. La topolina sorrise e riportò gli occhi sul libro.

Nella stanza calò il silenzio: il dottore mangiava e Selena continuava a leggere sorseggiando il suo tè.

Fu ancora il dottore a parlare per primo: “Ho trovato i miei vestiti in camera stamattina. Grazie per averli recuperati da Baker Street.”

Selena alzò di nuovo gli occhi su di lui e, dopo aver chiuso il libro, disse:

“Non siamo andati a prenderli noi, dottore, è stato Sherringford a farli recapitare.”

Topson sbarrò gli occhi: “Che cosa?!” esclamò. “E quando?”

“Non più tardi della tarda mattinata di ieri.” Rispose lei, calmissima.

“Questa è proprio bella! Quindi voi sapevate che saremmo venuti qui.”

“Certamente, dovevamo pur preparare le camere per gli ospiti.”

Il dottore sbuffò e si appoggiò allo schienale della sua sedia:

“Basil e la sua mania di tenermi all’oscuro di tutto.” Borbottò contrariato, strappando un sorriso alla signora Ansmauser, che replicò.

“Suvvia dottore, non se la prenda. In fondo è andato tutto bene.”

Lui le rivolse un’occhiata e commentò:

“Ammiro la tranquillità e la fede cieca di lei e di suo marito. Avete deciso di ospitare tre individui, uno dei quali è un pericolosissimo criminale, con un esiguo preavviso, sulla base della parola di Basil.”

“Non solo sulla sua. Ricordi che dietro a tutto questo c’è principalmente Brynna. E’ soprattutto questa la ragione per cui ho acconsentito.”

Topson sorseggiò un po’ del tè che si era precedentemente versato in una tazza e non aggiunse altro, ma rimase con lo sguardo fermo sul tavolo di fronte a lui. Selena lo guardò poi disse:

“C’è qualcos’altro che la turba dottore, vero?”

Lui la ricambiò, sospirò, e rispose:

“Solo sciocchezze, signora, non si preoccupi.”

Lei gli sorrise.

“Dottor Topson” cominciò “comprendo cosa sta provando: del resto anch’io frequento un membro della famiglia Basil da parecchi anni. Le do un consiglio: si sbrighi a finire la sua colazione e vada su da Tobias e Brynna. Sarà un’ottima occasione per farsi raccontare come sono andate le cose.”

“Non credo che risolverebbe il problema” rispose il dottore “Mi piacerebbe essere informato prima degli eventi, non dopo. Come fa ad accettarlo con così tanta serenità?”

“Non lo accetto” replicò tranquillamente Selena “Ma lo prendo come un utile esercizio per applicare i loro metodi e cercare di capire in anticipo cosa hanno in mente di fare.”

“E ci riesce?” chiese Topson alzandosi dalla tavola.

“Diciamo che sto facendo dei progressi.” Rispose lei, sorridendogli, mentre lui si chinava per baciarle la mano. “Buona giornata dottore.”

“Anche a lei” fu la risposta di Topson che uscì dalla stanza. Dopo essersi chiuso la porta alle spalle, salì al piano di sopra e, dopo essere giunto alla porta della stanza di Brynna, bussò e si annunciò. La voce del dottor Ansmauser lo invitò ad entrare e lui fece il suo ingresso nella stanza. Una volta dentro, vide Brynna stesa sul letto con il dottore che stava terminando di fasciarle un braccio.

“Come si sente stamani?” chiese Topson rivolgendosi alla topolina.

“Tutto sommato abbastanza bene, dottore, e potrei provarglielo se solo Tobias acconsentisse a farmi camminare un po’.”

“Lo sapevo, ieri ti ho dato una mano ed oggi ti prendi il braccio. Ne abbiamo già discusso Brynna, non risollevare l’argomento o sarò costretto a legarti e sai che non è una minaccia a vuoto.” Replicò il dottor Ansmauser, ultimando il suo lavoro.

Brynna sbuffò, suscitando un sorrisetto sul volto di Tobias che stava riponendo i suoi attrezzi.

“Devi pazientare ancora un paio di giorni” le disse “Le ferite sono quasi rimarginate, dopodiché potrai cominciare ad alzarti da sola.”

Lei sbuffò nuovamente e stavolta Ansmauser rise davvero.

“Starei qui a tenerti compagnia, ma sai che ho delle visite da fare tra meno di mezz’ora. Se vuoi ti mando Selena.”

“Non credo che sarà necessario.” Rispose lei, lanciando un’occhiata a Topson.

Ansmauser seguì lo sguardo di lei, poi annuì leggermente con il capo ed uscì dalla stanza. Brynna allora si rivolse a Topson che era rimasto ai piedi del letto.

“Venga dottore, si sieda.” Gli disse indicandogli una sedia accanto al letto.

Lui fece quanto gli era stato detto, quasi meccanicamente. Brynna lo osservò, aspettando di sentirgli dire qualcosa, ma quando lui rimase in silenzio, con un sospiro decise di parlare per prima:

“Immagino che si aspetti una spiegazione su quanto è accaduto.”

“Non aspettiamo Basil?” chiese il dottore.

Brynna lo guardò in modo eloquente:

“E’ stato sveglio a rimuginare tutta la notte, pensa che non abbia capito come sono andate le cose? Inoltre ho come l’impressione che lei abbia qualcosa in più da dirmi e che la presenza di mio fratello potrebbe inibire la sua intraprendenza.”

Topson si trovò ad annuire.

“Bene.” Disse lei. “Da dove devo cominciare?”

“Può cominciare dal momento in cui è morta, sempre ammesso che lo fosse.” Il dottore non riuscì ad evitare che ci fosse un po’ di irritazione nel suo tono di voce. La topolina sorrise prima di rispondere:

“A mia discolpa posso dire che non era stato tutto interamente previsto e che gli ordini che avevo dato per simili evenienze sono stati seguiti fin troppo alla lettera. Sappia che ciò che le riferirò mi è stato raccontato da altri, in quanto non sono stata propriamente cosciente durante gli eventi. Intanto, le posso dire che i suoi sensi di medico non l’hanno ingannata, avevo davvero smesso di respirare e me ne stavo andando. Ora, lei comprenderà che prima di intraprendere la mia missione dall’interno ho voluto coprirmi le spalle facendomi sorvegliare continuamente da alcuni topi a me fedeli. Non sarebbero dovuti intervenire se non in caso di estrema necessità, cosa che è avvenuta quando mi hanno vista in serio pericolo. L’hanno stordita e mi hanno portata qui a casa Ansmauser con una carrozza a bordo della quale sono stata temporaneamente rianimata. Per farla breve sono stata curata tempestivamente da Tobias, rimanendo comunque tra la vita e la morte per un paio di giorni, dopodiché ho cominciato a svegliarmi. Non appena sono stata abbastanza in grado di intendere e di volere ho cercato di mettermi in contatto con Sherringford. Ricorderà sicuramente la visita di Selena circa quattro giorni dopo gli eventi.”

Topson annuì, mentre gli eventi cominciavano a farsi man mano più chiari.

“Bene, il vero scopo della sua venuta a Baker Street era la consegna di un messaggio da parte mia. Tra una lacrima e l’altra ha infilato il biglietto nella vestaglia di Sherri in modo da fornirgli il punto di partenza per procedere.”

“Ecco come ha fatto Basil a sapere che lei era sopravvissuta.” Disse Topson, sempre con una punta di amarezza.

Brynna gli sorrise:

“Non se la prenda dottore, sa com’è fatto Basil.”

“Mi sa che è un tratto di famiglia” fu la secca replica.

La topolina rise.

“Vedo che ha parlato prima con Selena. Avete lo stesso punto di vista.”

“Signorina Basil” riprese Topson “Per quale ragione sono stato tramortito? Non potevano semplicemente dirmi che vi avrebbero portato qui? Perché farmi credere la sua morte? Perché non portarla via prima, quando ci trovavamo al locale?”

Brynna tornò seria.

“Come le dicevo prima” cominciò “mi dispiace che i miei ordini siano stati eseguiti fin troppo alla lettera. Non che mi aspettassi diversamente, ma non volevo che andasse a suo discapito. Vede, dottore, quando ho stabilito il piano di azione ho chiesto ai miei aiutanti la massima segretezza, in modo da poterli salvaguardare da qualsiasi azione punitiva da parte di Rattigan. Loro hanno ovviamente acconsentito. Questo risponde praticamente a tutte le sue domande: non mi hanno soccorsa al locale perché sarebbero stati immancabilmente notati e riconosciuti. Per quanto riguarda il colpo in testa che ha ricevuto, e per il quale le esprimo un’altra volta la mia mortificazione, la mia morte e tutto il resto.. beh, può immaginarlo: lei non avrebbe saputo chi mi aveva presa e così nemmeno Basil e Rattigan. Entrambi avrebbero creduto che il responsabile fosse l’altro, un mezzo estremamente utile per nascondermi e riprendermi con calma. Mi dispiace che lei abbia dubitato dei suoi sensi di medico, non era mia intenzione: anche noi Basil facciamo degli errori qualche volta, sa?” concluse poi, con un piccolo sorriso sul volto ancora segnato dai colpi di Rattigan.

“Lo so perfettamente” rispose Topson sospirando. “Sono felice che stia bene, Basil era davvero affranto.”

“Posso immaginare. E chissà che pazienza deve aver avuto lei per sopportare lui e la Blackwood messi insieme.” Disse Brynna.

“In effetti sono stati giorni un po’ tesi. Se posso chiederlo, perché c’è così tanto astio tra lei e Cornelia?” domandò Topson

Brynna fece spallucce.

“Vecchie antipatie, suppongo. Non ci sopportiamo dai tempi della scuola e tale inimicizia, se così si può definire, è rimasta negli anni. Se ci aggiunge poi il fatto che io collaboro attivamente con mio fratello mentre lei resta esclusa la maggior parte delle volte.. capirà che i rapporti non possono essere proprio idilliaci.”

“Mi sembra una guerra stupida.” Commentò il dottore.

“Condivido la sua opinione ed ammetto parte delle mie colpe, ma avrà notato che ho cercato di non aggiungere altri ceppi al focolare.”

“Sì, ha ragione” ammise Topson. “Anzi, forse ha fatto anche più di quello che doveva.” Aggiunse poi, strappando l’ennesimo mezzo sorriso a Brynna. Incoraggiato da ciò, decise di esternare un’altra curiosità che aveva da un po’ di tempo: “E non è la prima volta che lo fa, vero?” chiese, notando che la topolina aveva inarcato un sopracciglio con fare interrogativo.

“Basil mi ha accennato qualcosa riguardo a sua marito…” interruppe a metà la sua domanda quando vide che il viso di Brynna si era rabbuiato in un modo improvviso e, non gli venne in mente altro termine, pericoloso. “Come non detto.” Provò a risolvere.

“A titolo informativo” cominciò Brynna in tono cupo “non amo parlare di questo argomento. Avrà sentito quello che ha detto Rattigan quella sera, provi a trarne le sue conclusioni, ma per quanto riguarda i dettagli temo che rimarrà a bocca asciutta e che non potrà pubblicare la mia storia in uno dei suoi raccontini sul giornale.”

“Non avevo intenzione di..” provò a difendersi Topson, ma fu interrotto da Basil che aveva fatto il suo ingresso nella stanza.

“Lo sappiamo che non ne aveva intenzione, caro dottore, ma deve capire che questo è un nervo scoperto e che Brynna tende a reagire in modo un po’ brusco quando lo si tocca.” Disse l’Investigatopo, avvicinandosi al letto per baciare la fronte della sorella e per prenderle le mani che, il dottore notò, stavano tremando.

“Mi scusi, dottore” mormorò Brynna.

“Sono io che devo scusarmi, le prometto che non accennerò più all’argomento.”

La topolina annuì, poi si rivolse a Basil.

“Buongiorno, cosa è successo?”

Una smorfia comparve sul viso dell’investigatopo.

“Rattigan ci vuole vedere tutti, lo faccio entrare?”

Brynna scosse la testa.

“Andiamo nella biblioteca qui al primo piano.” Disse tirandosi a sedere e facendo per alzarsi in piedi, solo per essere fermata dal fratello.

“Mi permetta, madame” disse lui, prendendola in braccio, guadagnandosi uno sbuffo da parte della topolina, che poi si rivolse a Topson: “Dottore, potrebbe chiedere alla cameriera di portare qualcosa da mangiare in biblioteca?”

Neanche cinque minuti dopo, tutti e tre insieme a Rattigan si trovavano nella biblioteca, seduti sulle sedie lì presenti, tranne Brynna, che Basil aveva messo su un divano in modo che potesse stare sdraiata.

Dopo che la cameriera ebbe portato un vassoio su cui erano stati posti del cibo e del tè e se ne fu andata, Rattigan si decise a parlare:

“Considerata la situazione nel suo insieme, ho deciso di accettare la vostra proposta.”

“Era l’unica scelta logica” commentò Brynna. “Bene, stabilito questo, come agiamo?”

“Qualcuno è a conoscenza di raduni importanti o riunioni particolari delle Camere?” chiese Basil. Gli altri scossero la testa. “Allora non possiamo fare altro che aspettare.”

Le cose però non andarono propriamente come si erano aspettati. Passarono i giorni, Brynna recuperava lentamente ma costantemente, seguita passo passo da Tobias e Selena, Rattigan e Basil passavano la maggior parte del tempo nelle loro rispettive camere o a controllarsi a vicenda, mentre Topson cercava di intrattenersi come meglio poteva: conversava con i coniugi Ansmauser e con Brynna per lo più, oppure leggeva qualche libro preso dalla biblioteca della casa.

Passò così una settimana e gli animi cominciavano a surriscaldarsi. Basil era sempre più in pensiero per Cornelia, Rattigan sembrava una tigre in gabbia ed in generale la tensione si tagliava con il coltello.

“Ma insomma, che aspetta?” esclamò una sera il professore.

“Vorrei saperlo anch’io” rincarò Basil “ci sono stati almeno quattro incontri importanti, abbiamo fatto fare degli appostamenti, ma niente. Brynna, comincio a pensare che ti sia sbagliata.”

“Probabilmente ci è sfuggito qualcosa” replicò lei, mentre camminava per la stanza appoggiandosi al braccio di Selena.

“TI è sfuggito qualcosa.” Precisò Rattigan, guadagnandosi un’occhiataccia dalla topolina. “Comincio a chiedermi perché non vi ho ancora uccisi tutti e non me ne sono andato. Inizio a seccarmi Brynna.” Continuò minaccioso.

“Forse stavolta è quella buona” provò ad inserirsi Topson “il sorvegliante di turno non ci ha ancora portato alcuna notizia.”

“Io non credo che lo farà, come non lo farà nemmeno domani ed io mi sto seriamente stancando.” Replicò Rattigan.

“Non c’è problema” esclamò Basil “Se ti vuoi tirare indietro, professore, dillo subito così possiamo mandarti in cella e chiudere questa ridicola storia.”

“Ci andrò non prima di averti fatto a pezzi.” Ribatté Rattigan.

La situazione si stava surriscaldando e Topson stava già pensando di andare a prendere la pistola che aveva lasciato in camera sua quando il suono del campanello fece scendere il silenzio nella stanza. I presenti sentirono la porta di ingresso aprire e chiudersi, poi udirono un lieve bussare alla porta. Dopo che Rattigan si fu nascosto dietro una tenda, la cameriera entrò nella biblioteca, annunciando il topo che aveva appena finito il suo turno di ronda al Parlamento.

“Ebbene?” chiese Brynna senza troppi giri di parole.

“Tutto tranquillo signora, niente di insolito, niente riunioni speciali, niente decisioni, niente rapimenti, nulla.”

L’atmosfera di silenzio pregnante di tensione causata da quel momento fu disturbata da Tobias, che deposto il giornale che stava leggendo, commentò:

“Niente riunioni speciali, niente decisioni… alle volte mi chiedo cosa ci stiano a fare là.”

“Beh signore” rispose il topo “per quel poco che ne so, non possono prendere decisioni se non sono al completo o quasi.”

Basil drizzò le orecchie.

“Vuoi dire che mancava qualcuno all’appello e non ce l’hai riferito?”

“Non l’ho riferito perché sono tutti in qualche modo giustificati. Da quello che ne so, sono fuori città per le vacanze di Natale.”

“Il che spiega l’assenza di alcuni, ma non di un numero tale da non permettere ai Parlamentari di prendere delle decisioni.” Commentò Brynna “Ce la fai a farmi avere un elenco di tutti quelli che sono fuori città?”

“Ci provo signora” rispose il topo, uscendo dalla stanza.

I due fratelli si guardarono.

“Forse abbiamo fatto un errore di calcolo.” Commentò Brynna.

“Già” fece Basil.

“In che senso?” chiese Topson, che ancora non aveva ben capito la situazione.

“Quello che vogliono dire i fratellini” rispose Rattigan che era uscito da dietro la tenda “è che con ogni probabilità Moriarty non ha mai avuto intenzione di prelevarli tutti insieme: lo sta facendo uno alla volta.”

FINE DEL CAPITOLO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 32
*** Si parte ***


Note dell’autrice: risparmiandovi le solite inutili scuse sulla mancanza di tempo – anche se purtroppo è così – vorrei dedicare questo capitolo a due persone: a Twilight 2006 che ogni tanto mi ricorda di aggiornare; a Ashley Snape a cui, dopo tanti anni, ho finalmente dato un volto.

Buona lettura.


CAPITOLO 31

Cornelia se ne stava seduta nella sua stanza, presumibilmente al secondo piano di un qualche abitato forse fuori, forse dentro Londra. Aveva ormai rinunciato a cercare di scoprirlo. Quella stanza aveva le finestre, certo, peccato che fossero tutte sbarrate con grosse e pesanti assi di legno. Non poteva mai uscire e l’unico contatto che aveva con l’esterno era Elizabeth. Ancora non riusciva a credere agli eventi di quell’ultimo periodo, nonostante avesse avuto molto tempo per rifletterci sopra: Moriarty aveva preso il posto di Rattigan a capo dell’organizzazione, portandosi dietro i suoi personali scagnozzi; Basil, il Professore e Topson erano ancora probabilmente intrappolati nelle fogne dove si erano calati e, vista la situazione, ci sarebbero rimasti per un bel po’; Brynna, l’unica che avrebbe potuto salvarli, era scomparsa, forse definitivamente, dalla circolazione. 

E questi non erano i soli problemi: da un po’ di tempo a quella parte aveva sentito un certo via vai al piano inferiore. Aveva cercato di indagare e, seppur con scarsissimi risultati, aveva in qualche modo intuito che qualcosa di grosso stava bollendo in pentola. Era frustrante però essere lì, in quella che doveva essere la base operativa e non poter fare nulla di nulla.

C’era inoltre da considerare quella snervante, logorante sensazione che ogni cosa fosse in qualche modo successa per causa sua. Brynna era stata scoperta per via della sua intrusione, Basil probabilmente era stato catturato perché distratto dalla sua presenza.
Si prese il viso tra le mani, sospirando di frustrazione.

“Suvvia, Cornelia, non è necessario fare tutte queste scene, non cambieranno di certo la tua situazione.” Disse Elizabeth, entrando nella stanza, portando la cena su un vassoio.

“Io mi chiedo con quale faccia tosta tu mi rivolga ancora la parola.” Replicò l’altra, guardandola torva.

“Ma per farti un po’ di compagnia, mia cara, mi pare ovvio.” Le rispose la dottoressa, posando il vassoio su letto. “Un tempo apprezzavi conversare con me.”

“Sì, quando credevo che fossi una persona dalla solida integrità morale.” Disse Cornelia, cominciando a mangiare.

“Integrità morale! Non farmi ridere, cos’è in fondo l’integrità morale? Chi è che la possiede davvero? Anche il più onesto dei topi ha i suoi lati oscuri. Se io avessi seguito le convenzioni a quest’ora non sarei certo quello che sono diventata.”

“Devi esserne davvero molto orgogliosa.” Borbottò l’altra.

“No, non lo sono.” Replicò Elizabeth asciutta. “Non avrei voluto dovermi legare a questa gente. Ma non ho avuto scelta, Cornelia. Tu sei stata fortunata, ma fai anche un lavoro diverso, uno che le donne possono fare pur con tutti i pregiudizi del caso. Io invece non sarei mai riuscita a coronare il mio sogno a causa del pregiudizio maschilista che ancora alberga in questo paese. Quando il Professore mi ha offerto l’opportunità di farmi valere in cambio di passargli delle informazioni su di te non mi sono tirata indietro.”

“E lo confessi così, senza un minimo di rimorso?” chiese Cornelia, allibita. “Credevo che fossimo amiche.”

“Ma lo siamo, mia cara.” Rispose l’altra con un sorriso. “Lo siamo, altrimenti ti assicuro che saresti stata trattata molto diversamente: non avresti una stanza per te e saresti importunata di continuo. Dovresti ringraziarmi in effetti.”

Cornelia sbuffò, indispettita. Aveva un bel coraggio a dire quelle cose! Decise comunque di trattenersi: fare una sfuriata, benché fosse un’opzione appagante, non avrebbe certo risolto la situazione. Continuò così a mangiare senza rivolgere la parola a Elizabeth e chiedendosi come avrebbe potuto riguadagnare la libertà e rimediare a tutti i guai che aveva causato.

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Frattanto, in casa Ansmauer, il clima da nervosamente frustrato era diventato freneticamente frustrato. Dalla notizia che qualcosa si stava finalmente muovendo – o meglio, che l’aveva fatto a lungo sotto il loro stesso naso – Basil e Rattigan erano diventati piuttosto intrattabili. Rassegnatisi ormai all’idea di dover stare dalla stessa parte per quella volta, passavano le giornate ad attendere di sapere dove venissero condotti i Lord del Parlamento. Il tempo stringeva, quando le vacanze fossero giunte al termine sarebbe stato troppo tardi per intervenire. Sembrava però che si fossero tutti volatilizzati senza lasciare alcuna traccia, la qual cosa era impossibile. Sembrava inoltre incredibile che nessuna delle famiglie si fosse fatta avanti per far notare la scomparsa del proprio caro.

Dopo alcune estenuanti sessioni di riflessione in comune, i due, insieme a Brynna, erano arrivati alla conclusione che ci doveva essere qualcuno che faceva la prima parte del lavoro dall’interno. Il tutto stava nell’individuarlo, un compito tutt’altro che semplice. Mediante una conoscenza di Basil erano riusciti a farsi recapitare l’elenco dei Parlamentari e, dopo aver scartato i nomi di coloro che erano già “andati a casa per le vacanze”, erano rimasti con una lista di all’incirca un centinaio di nominativi. Si erano allora messi a controllarli tutti, a confrontarsi su quanto sapessero circa ogni individuo e, soprattutto, se tra questi figurasse qualcuno che già in precedenza aveva avuto a che fare con il mondo della criminalità organizzata, tenendo conto delle sparizioni che continuavano ad avvenire: un lavoro tutt’altro che semplice e che aveva causato parecchi mal di testa e liti accese.
Topson, nel suo piccolo, aveva cercato di presenziare il più possibile e di sedare quegli inutili battibecchi.

Alla fine, circa una settimana prima di Natale, erano riusciti a ridurre la lista a cinque nomi di probabili sospettati. Non che questo migliorasse molto le cose: ciascuno di questi cinque poteva essere il loro topo, ma anche se fossero riusciti a trovarlo, era chiaro che questo individuo faceva solo da tramite e poteva anche non sapere dove venissero condotti i suoi colleghi.
La situazione era davvero complessa e soprattutto molto delicata: se avessero commesso anche un solo, minuscolo passo falso sarebbero stati scoperti. Tutto ciò che potevano fare era continuare a cercare qualcosa o aspettare una buona notizia dagli informatori di Brynna che, frattanto, continuavano a sorvegliare la situazione.

Quel pomeriggio si trovavano ancora una volta tutti e quattro nella biblioteca al primo piano, intenti a spulciare ciò che avevano raccolto. La stanza, nonostante le continue proteste degli Ansmauser, era immersa nel fumo proveniente dalla pipa di Basil e dalle sigarette di Rattigan. Brynna, che si era ormai praticamente ristabilita, se si faceva eccezione per qualche cautela che usava in alcuni dei suoi movimenti, stava seduta al tavolo centrale a scribacchiare qualcosa su un foglio di carta. Topson, invece, si trovava su una delle poltrone intento, o almeno così sembrava, a leggere i risultati che avevano ottenuto nelle ultime settimane. L’impazienza impregnava la stanza alla pari, se non addirittura di più, della coltre di fumo.

“Avrei una proposta” disse Brynna ad un certo punto, alzando lo sguardo sugli altri occupanti.

“Dimmi che comprende l’uscire da questa casa.” Commentò Rattigan dalla sua posizione davanti ad alcuni scaffali.

“Non esattamente.” Replicò lei. “Pensavo che potremmo cominciare ad organizzarci su come agire una volta che sapremo il luogo esatto dove vengono trattenuti i Parlamentari.”

“Credo che questo spetti a chi dovrà agire in prima persona, Brynna.” Le disse Basil, scendendo dal davanzale della finestra ed avvicinandosi a lei. La topolina lo guardò, poi gli rivolse un sorriso ironico.

“Ah sì, certo, le donne restano a casa.” Commentò sarcastica.

“Signora Basil, cerchi di ragionare, non è ancora pienamente in condizione di muoversi normalmente, non sarebbe saggio mettere a rischio la sua vita.” Le disse Topson, in un tono che cercava di esser convincente, ottenendo solo un cenno di diniego.

“Di questo ne riparleremo poi.” Disse Brynna. “Ora è necessario stabilire come fare a risolvere tutto in una volta sola. Ho fatto una lista degli obiettivi” aggiunse, alzando il foglio su cui aveva scritto fino a pochi istanti prima. “Sarà necessario liberare i Parlamentari facendo sì che escano incolumi, inoltre bisognerà catturare Moriarty prima che lui si renda conto di ciò che sta succedendo e prima che riesca a scappare.”

“Mi sembra piuttosto difficile.” Commentò Rattigan. “Non ha topi, ma ragni al suo servizio. Sarà praticamente impossibile riuscire a neutralizzarli.”

“Obiezione accolta” commentò Brynna appuntandosi qualcosa. “Allora, forse, sarà meglio prima trovare un modo per neutralizzarli e poi liberare i prigionieri.”

“E Cornelia?” chiese Topson. Brynna lo guardò come se volesse rispondergli qualcosa che, il dottore ne era sicuro, sarebbe stato poco piacevole, poi pensò di trattenersi.

“Lei rientra nella categoria dei prigionieri, dottore, quindi nella seconda fase del piano.” Gli rispose infine, tornando a concentrarsi sul suo foglio.

“Brynna, hai detto cose abbastanza scontate fino ad ora.” Intervenne Basil. “L’intento di distrarci è nobile ma stupido, lasciatelo dire.”

“Concordo con lui” disse Rattigan, sorprendendo tutti e guadagnandosi una fulminata da parte di Brynna.

“E allora fuori le vostre idee, signori, sempre che ne abbiate” replicò stizzita, tornando a concentrarsi sul suo foglio.

Topson sospirò, preoccupato: l’intera situazione sembrava un ordigno sul punto di esplodere e le conseguenze rischiavano di essere disastrose. Si ritrovò a sperare con tutto se stesso che accadesse qualcosa, qualsiasi cosa in modo che quella vicenda si potesse finalmente risolvere.

Le sue preghiere furono esaudite con una rapidità sorprendente: pochi minuti dopo, mentre nella stanza si svolgeva l’ennesimo litigio tutti contro tutti – di recente, infatti, anche Basil e Brynna avevano cominciato ad aggredirsi – arrivò Tobias Ansmauser ad annunciare che uno degli informatori era tornato e che sembrava avere delle notizie urgenti.

Il topo fu fatto entrare e Topson non poté che provare compassione per quel poveretto, il quale venne immediatamente messo sotto pressione dagli sguardi degli altri tre occupanti della stanza, simili a predatori con gli occhi puntati sulla preda.

“Ebbene?” chiese Brynna, rompendo il silenzio con meno delicatezza di quanto il dottore avrebbe auspicato. Il topo torceva il proprio cappello con le mani, in preda al nervosismo, ma dopo un po’ trovò il coraggio di rispondere:

“Signora, io credo di aver scoperto qualcosa, ma non ne sono sicuro, io…”

“Spero per te che tu non sia venuto a fami perdere del tempo, altrimenti…” lo minacciò Rattigan. L’altro deglutì e scosse la testa.

“No, signore, non è questa la mia intenzione. Il fatto è che credo di sapere dove sono stati portati i Lords.”

“Diccelo allora, avanti.” Lo incalzò Basil. Il topo annuì.

“Sono ancora al Parlamento, signori.” Annunciò, affrettandosi poi a spiegare prima che gli altri potessero interromperlo. “Il fatto è che abbiamo deciso di cominciare a sorvegliare tutte le entrate e le uscite, prendendo nota dei topi e facendo attenzione ai nostri spostamenti. Ci siamo resi conto che quelli che sparivano erano quelli che non varcavano più la soglia dopo aver fatto il loro ingresso. Ragion per cui, devono essere ancora lì.”

Basil, che aveva ascoltato tutto con attenzione, si prese il mento con una mano, cominciando a riflettere:

“Certo che è davvero strano, anzi, quasi insensato direi.”

“E perché mai, Basil?” si intromise Rattigan, con un ghigno. “A me pare una strategia logica: rapire i membri del Parlamento fuori dalle sue mura sarebbe più difficile che non farlo al suo interno, dove c’è più confusione e dove è più semplice trovare una ragione per l’assenza di qualcuno.”

“La mia perplessità era rivolta ad un altro elemento: dove li tengono? Ormai gli scomparsi saranno parecchi, non si potrebbero non notare.” si domandò l’investigatopo.

“Non è detto che debbano tenerli lì” gli rispose Rattigan “Esistono dei cunicoli collegati alla rete fognaria sotto il Parlamento. Possono condurre in molti posti diversi, non sarebbe poi così impossibile farli passare da lì per portarli da un’altra parte.”

“Il che non ci fornisce molti elementi nuovi.” Commentò Topson. “Sapevamo già che il Parlamento era il punto di partenza, non è una novità.”

“Questo è pur vero dottore, ma confido che il nostro professore qui, una volta trovato il cunicolo giusto sappia seguire le tracce fino alla nostra destinazione, dico bene?”

“E’ una possibilità” rispose Rattigan dopo aver ascoltato l’osservazione. “Direi di metterci in marcia stanotte stessa.”

“Non vi sembra di correre troppo?” Intervenne Brynna. “Dovremmo prima organizzarci su come agire e su cosa fare: sarebbe da stupidi andare a vedere dove li tengono senza sapere come farli uscire,  non vi pare?”

“Parli sempre come se volessi unirti a noi, Brynna: non hai capito che non succederà?”
le disse Rattigan, con un ghigno, guadagnandosi un’occhiataccia che ebbe il solo risultato di far scoppiare a ridere il criminale. Topson le si avvicinò, osando metterle una mano sulla spalla. Stava giusto per cercare di dirle qualcosa quando lei, con un gesto stizzito, aveva scansato la mano dalla sua spalle e, con passi lenti, era uscita dalla stanza e si era diretta nella sua camera. Il dottore si rivolse verso Basil, che fece spallucce.

“Le passerà. Ora dobbiamo pensare ad andare là dentro e…”

“E cosa, Basil? Tua sorella ha ragione, non abbiamo un piano.” Lo interruppe Topson. “Non sappiamo cosa ci aspetta una volta arrivati: non ha senso andare là e farsi catturare di nuovo, ti pare? Inoltre siamo solo in tre, non sappiamo quanti avversari ci troveremo contro.”

“Sono obiezioni giuste, dottore. O almeno lo sarebbero e noi fossimo effettivamente in tre. Credo che il nostro professore, qui, abbia ancora delle leve su cui fare affidamento.” Rispose il detective, rivolgendosi a Rattigan, il quale gli rivolse un mezzo sorriso.

“Non mi ci vorranno che pochi minuti per radunare tutti, una volta che saremo nelle fognature.” Replicò. “Ora, se volete scusarmi, vorrei andare a prepararmi.” Concluse, prima di uscire anche lui dalla stanza. Udirono i suoi passi in corridoio e, quando sentirono la porta della sua stanza aprirsi e richiudersi, Topson si avvicinò all’amico.

“Basil, sei sicuro di voler correre questo rischio? Noi, da soli, contro i topi di Rattigan? E se decidessero di rivoltarsi?”

“Oh, è ovvio che lo faranno.” Gli rispose l’Investigatopo, andando a sedersi in poltrona, lasciando il dottore allibito.

“Se è tanto ovvio, perché ci andiamo?” chiese, sedendosi di fronte a lui. Basil gli rivolse un sorrisetto.

“Perché, benché l’obiettivo finale sia lo stesso, Rattigan lotterà per vendicarsi di Moriarty e dei suoi. Facendo così, noi avremo una maggiore possibilità di liberare i Parlamentari nella confusione generale. E’ rischioso, lo so, ma probabilmente è la cosa migliore da fare.”

“E perché non potremmo intervenire in un secondo momento? Perché non potremmo lasciare che si scannino tra di loro e poi intervenire con l’aiuto di Scotland Yard?” chiese di nuovo Topson.

“Perché i Parlamentari costituiscono un ottimo punto di partenza per chiunque voglia mettere in atto il piano di Moriarty. Anche Rattigan si è accorto che è una bella idea e non esiterà a metterla in pratica se e quando riuscirà a battere il suo rivale. Un intervento secondario potrebbe rivelarsi tardivo.”

Il dottore cercò qualcosa per poter ribattere, ma alla fine si arrese: in effetti, Basil aveva ragione ed il suo piano poteva anche funzionare. Sospirando, fece un cenno di assenso. “D’acccordo. Suppongo che dovremmo andare a prepararci allora.” Disse, alzandosi in piedi.

L’investigatopo annuì. “Direi di sì. Vai avanti, io passo a salutare Brynna poi vengo a prepararmi.”

Topson lo salutò con un cenno del capo ed uscì, imitato poco dopo dall’amico che si diresse verso la stanza della sorella. Giunto davanti alla porta, bussò e, ricevuto il permesso per entrare, fece il suo ingresso. Brynna era seduta alla scrivania, presa da quella che sembrava una correzione di un copione teatrale. Le si avvicinò e si sedette sul letto.

“Allora è deciso, partite senza di me.” Disse lei, senza guardarlo.

“Ti prego, non diventare come Cornelia.” Le rispose lui.

“Ora non mi offendere Sherringford, non ce n’è bisogno” replicò lei, voltandosi e sorridendogli. “Lo capisco, so che sarei un peso per voi nelle mie condizioni. Volevo solo vedere come sarebbe andata a finire questa storia. Beh, suppongo che mi dovrò rassegnare.”

Lui ricambiò il sorriso e le prese le mani, sebbene l’improvvisa arrendevolezza della sorella lo sorprendesse.

“Sono felice che tu abbia compreso.” Le disse comunque. La sorella gli strinse le mani.

“Inoltre, stasera Selena, per consolarmi, ha detto che mi porterà ad una festa. Non temere, ci andrò con una parrucca e tanto trucco.” Gli disse, affrettandosi poi a tranquillizzarlo. “La notizia della mia scomparsa non si è diffusa, ma non voglio comunque dare nell’occhio con tutti questi lividi. Ho anche il sospetto che questa sia una scusa della mia cara amica per non darmi tempo di avere colpi di testa.”

Ah ecco, ora la riconosceva. Basil si trovò a ringraziare mentalmente la signora Ansmauser per aver trovato il modo di distrarre Brynna e di tenerla sotto controllo senza farle perdere la calma.

“Sono felice di sapere che sarai al sicuro. Divertiti, mi raccomando.”

Lei sbuffò.

“Sarà estremamente noioso, già lo so. Ad ogni modo, ho deciso di cogliere al volo quest’occasione per uscire di casa. Spero di non dovermene pentire. Ora vai però, ti devi ancora preparare. Stai attento, per favore.” Gli disse, baciandolo sulla fronte.

Lui le sorrise ed uscì dalla stanza, incontrando Selena sulla porta e quasi scontrandocisi. “Scusami. Vi lascio ai vostri preparativi, buona serata.” La salutò, prima di andare nella sua camera. La topolina lo guardò confusa, prima di avvicinarsi a Brynna, chiudendosi la porta alle spalle.

“Non gli hai detto dove stiamo andando?” le chiese, sedendosi sul letto.

“Gli ho detto che andavamo ad una festa, lui non ha voluto i dettagli ed io non glieli ho forniti.” Fu la risposta di Brynna, a cui seguì un sospiro da parte di Selena.

“Non sarà molto contento.”

“Suvvia, anche se non lo fosse, cosa mai potrebbe farmi?” le chiese l’altra, voltandosi verso di lei. “Inoltre non è detto che sia per forza di cose pericoloso. Quel ragno non ci tiene a farsi vedere in pubblico, sono certa che non ce lo troveremo davanti.”

“Me l’hai già detto e ti credo. Comunque mi sento più sicura sapendo che Tobias ha deciso di accompagnarci” le rispose l’amica, alzandosi ed andando all’armadio, aprendolo. “Allora, che colore scegli?”

“C’è qualcosa di nero?”

“Brynna, per l’amor del cielo, hai portato il lutto troppo a lungo.” Replicò la topolina, cercando tra gli abiti. “Inoltre, ora come ora, metterebbe in risalto il tuo fisico debilitato. Che ne dici di un bel bianco?”

“E rischiare di rovinarlo? No, che altri colori ci sono?”

Le due rimasero a discutere per un po’ sui dettagli di ciò che avrebbero indossato e a malapena si accorsero del fatto che la porta al piano inferiore si era aperta e richiusa per far uscire Basil, Topson e Rattigan.

FINE DEL CAPITOLO


 









 
 



 

 

 

 

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Capitolo 33
*** Moving ***


CAPITOLO 32

In piedi accanto alla finestra, Cornelia cercava di scrutare tra le piccole fessure delle travi che la sbarravano, più per impiegare il tempo che non per capire dove si trovava, cosa a cui aveva rinunciato ormai da un po’.
Nei momenti in cui lasciava vagare la mente a ruota libera, si chiedeva disperatamente che cosa ne sarebbe stato di lei, ma soprattutto che cosa ne era stato dei suoi amici. Era chiaro che si stava preparando qualcosa in quella casa, qualcosa di grosso, e che il loro avversario non voleva ostacoli sulla sua strada. Si era però accorta che, da qualche giorno a quella parte, i rumori si erano un po’ placati, come se ormai l’operazione fosse quasi conclusa. Quindi, come era logico supporre, anche lei presto avrebbe scoperto quale sarebbe stato il suo destino.
Quello era un altro dei punti oscuri, visto che non riusciva proprio a capire cosa avessero in serbo per lei. Già il rapimento le era parso assurdo: perché l’avevano presa, tanto per cominciare? L’unica spiegazione che le era venuta in mente era per tenere a bada Basil nel caso, quanto mai probabile, che fosse riuscito a fuggire.
Mentre si arrovellava su queste ipotesi, sentì dei passi che si dirigevano verso la sua stanza. Erano familiari, quindi doveva trattarsi per forza di Elizabeth. Strano che venisse a quell’ora, visto che era presto per la cena. Un brivido le corse lungo la schiena senza che lei potesse impedirlo quando comprese che, probabilmente, era giunta l’ora della verità. Rimase ferma nella sua posizione anche quando sentì la porta aprirsi, senza voltarsi a guardare la nuova arrivata che le si rivolse con voce gioiosa.
“Ho una buona notizia per te, Cornelia. Stasera uscirai di qui.” Le disse la topolina, avvicinandosi e mettendosi accanto a lei. Solo allora l’altra si voltò lentamente a guardarla.
“Mi stai dicendo che sono libera?” chiese, ricevendo una risata in risposta.
“Non è quello che ho detto. Uscirai da questa stanza per recarti nella tua nuova collocazione. Una volta là dovrai attendere fino a nuovo ordine.”
“E come mai mi spostate? Perché non posso rimanere qui?”
“Quante domande, Cornelia. Peccato che io non abbia l’autorità per risponderti. Coraggio, seguimi senza fare storie e ti assicuro che andrà tutto bene.”
L’altra la fissò, valutando se ribellarsi e cercare di fuggire o arrendersi subito. Considerata l’assurdità della prima opzione, sospirò e si decise a seguirla. Elizabeth, per tutta risposta, le sorrise:
“Bravissima, sapevo che saresti stata ragionevole. Vieni” le disse, offrendole un braccio che fu prontamente rifiutato. Le due uscirono dalla stanza e due ragni presero a scortarle al piano inferiore. Mentre camminavano lungo il corridoio, Cornelia poté vedere bene per la prima volta la casa in cui era stata trattenuta visto che, al suo arrivo, era stata in fretta e furia condotta nella sua stanza: era molto ben tenuta, anche se decisamente tetra e buia, probabilmente a causa del suo status di covo criminale. Si chiese come avessero fatto i vicini a non accorgersi di nulla, a non vedere le finestre sbarrate, a non incuriosirsi. Quelle domande, per il momento, erano destinate a rimanere senza risposta. Una volta scese le scale, Elizabeth la condusse ad una porta, presumibilmente quella della cantina e le intimò di aprirla. Effettivamente, dall’altro lato, c’era una rampa di gradini che sparivano nell’oscurità sottostante. Utilizzando una lampada che le era stata fornita, scese le scale ritrovandosi in uno scantinato dal basso soffitto, fatto completamente di mattoni e di legno. Era anche più grande di quanto si sarebbe potuta immaginare, sembrava quasi che fosse un immenso corridoio… no, un attimo, in effetti era un immenso corridoio visto che, alla sua sinistra, alla luce di alcune torce appese al muro, poteva vedere che le pareti correvano parallele per diversi metri.

“Andiamo” le disse Elizabeth, indicandole quella direzione. “Cammina ed ignora le voci.”

Cornelia la guardò sgranando gli occhi: ignora le voci?! E con quello cosa voleva dire? Si guardò bene dal pronunciare quegli interrogativi ad alta voce, preferendo invece avviarsi. Mentre camminava, si accorse che le pareti del corridoio, ad intervalli regolari, si aprivano su delle stanze chiuse da sbarre, delle vere e proprie celle. Dentro ciascuna di esse, stavano due topi che, al loro passaggio, li fissarono, cominciando a chiedere di essere liberati, alcuni con voci molto autoritarie, altri con modi decisamente volgari. Alla sua sinistra c’erano gli autoritari, a destra gli altri. Cosa stavano pianificando quei criminali? Passò il tragitto a chiederselo ed a formulare ipotesi in merito senza però giungere a niente, cercando sempre di ignorare le voci di quei topi imprigionati che gridavano all’affronto, alla congiura, al tradimento e ad altre cose che persino la sua mente si rifiutava di ripetere. Dopo un po’, le celle scomparvero ed i quattro si ritrovarono a proseguire il cammino mentre l’aria si faceva sempre più pesante. Il terreno su cui posavano i piedi, però, era costituito da pietre che, nonostante la notevole umidità dell’ambiente circostante, faceva sì che potessero camminare all’asciutto. Probabilmente, si disse Cornelia, si trovavano in una specie di tunnel segreto di quelli che servivano per far scappare velocemente i topi che potevano essere in disaccordo con la monarchia vigente o che erano perseguitati per altri motivi (in fondo, anche loro come gli umani avevano avuto dei tempi bui). La “passeggiata” le parve infinita, i piedi le si erano fatti pesanti (non che non fosse allenata a muoversi molto, ma non era abituata a cose simili). Alla fine, giunsero davanti ad una scala molto angusta che saliva a chiocciola verso l’alto. Dopo essersi voltata verso Elizabeth, notando che i ragni che le avevano accompagnate si erano ritirati, ed aver ricevuto un cenno d’assenso, Cornelia cominciò a salire i gradini, sentendo l’aria farsi mano mano più respirabile, com’era logico aspettarsi visto che stavano tornando a posare i loro piedi sulla terra e non sotto essa. Arrivata in cima, prese una bella boccata d’aria e sentì la sua compagna fare altrettanto: evidentemente anche lei non era abituata a quel genere di percorso. Una volta che entrambe si furono riprese, Elizabeth la condusse ad una porta, aprendola. Subito, un vociare indistinto giunse alle orecchie dell’attrice: i toni, però, non erano spaventati o confusi, ma sembravano tranquilli, quasi… divertiti.

Elizabeth si voltò verso di lei e le disse: “Non una parola”  prima di prenderla a braccetto e condurla lungo un corridoio, molto diverso da quello che aveva attraversato fino a quel momento, in quanto pulito, ben arredato, ampio e luminoso. Mentre lo attraversavano si accorse che l’ambiente le era decisamente familiare: ma certo, era la casa di Elizabeth, dove aveva passato molti momenti diversi anni prima quando ancora erano amiche. Mentre attraversavano il corridoio , vide che, alla sua destra, si apriva una doppia porta di legno lucido, la quale dava su un’ampia sala illuminata, piena di topi intenti a conversare amabilmente tra di loro: era evidente che si trattava di una festa, o comunque di una cena elegante. Dal poco che scorse, vide che alcuni invitati avevano una maschera sul viso, altri no invece, ma non fece in tempo a chiedersi che logica ci fosse dietro quella differenza, visto che Elizabeth la condusse su per una scalinata, facendole salire due rampe strette prima di giungere ad un pianerottolo. Percorsi pochi passi, la topolina si fermò aprendo una porta alla loro destra e facendoci entrare Cornelia.

“Ecco il tuo nuovo alloggio. Te lo ricordi, vero? Spero che ti piaccia come l’ho arredato, anche se non dovrai starci per molto tempo.”

L’altra era nel frattempo entrata nella stanza, costatando che non era molto diversa da quella che ricordava, eccezion fatta per l’unica finestra la quale era stata accuratamente murata. Non fece nemmeno in tempo a dire qualcosa che la porta si richiuse alle sue spalle. Udì la chiave girare nella toppa e dei passi allontanarsi. Sospirando, si sedette sul letto e si mise di nuovo a pensare, arrivando a supporre che ci fosse un’unica spiegazione per il suo spostamento: qualcosa – o più probabilmente qualcuno – si stava muovendo e ciò aveva messo in allerta i criminali tanto da farla portare in un luogo più sicuro. Se la questione la rincuorava da un lato, dall’altro la faceva sentire inquieta: questo perché i suoi carcerieri non avevano avuto alcuna fretta, né si erano mostrati eccessivamente nervosi, il che significava che pensavano di avere ogni cosa sotto controllo. Aveva una brutta sensazione, ma anche la speranza che tutto, presto o tardi, si sarebbe risolto.

 

 

Frattanto, in una strada a qualche miglio di distanza…

 

Tre ombre si muovevano nei pressi del Parlamento inglese, a Westminster. Facevano il possibile per non dare nell’occhio, mentre cercavano il punto esatto da cui fare il loro ingresso. Sapevano di dover entrare nell’edificio, ma la porta principale non era un’opzione da dover considerare e così le altre porte. Dopo aver vagliato diverse possibilità, avevano deciso di sfruttare una strada poco convenzionale: le fognature. La scelta aveva fatto preoccupare Topson e non poco: Basil sapeva orientarsi perfettamente in quell’ambiente, ma per Rattigan era come tornare a casa. Chi li assicurava che, una volta entrati, non li avrebbe attirati in un punto a lui favorevole per poi ucciderli? Aveva provato a spiegare le sue perplessità e paure all’amico investigatopo, ma non ci era riuscito perché l’altro l’aveva zittito. Sapeva di doversi fidare di lui, ma non riusciva a scacciare la sensazione di disagio che l’aveva pervaso. Era stata proprio quest’ultima a fargli decidere di portare non solo il revolver, ma anche alcune munizioni di riserva per ogni evenienza.

“Ecco, ci siamo” annunciò il Professore, avvicinandosi ad una grata all’angolo della strada “Questa ci condurrà proprio sotto il Parlamento.” Continuò, mentre Basil gli si affiancava, scrutando la grata sotto di sé, prima di chinarsi ed aprirla.

“Vado prima io, tu mi segui e Topson starà in fondo.” Dichiarò. Il dottore, rimasto poco indietro, si aspettava che Rattigan replicasse, ma questi si limitò a stare in silenzio, alimentando la sua sensazione riguardo il fatto che qualcosa non andava. Basil però parve non curarsene perché cominciò a scendere nel condotto, seguito dal criminale che, prima di sparire oltre il bordo della strada, rivolse un sorrisetto a Topson. Quest’ultimo, dopo solo alcuni istanti di esitazione, si affrettò a scendere a sua volta, richiudendo la grata dietro di sé.

Una volta toccato il fondo con i piedi, si accorse che l’oscurità era pressoché totale, se si escludeva la luce flebile che filtrava tra le inferriate sopra di loro. Fortunatamente, Basil aveva portato con sé una lanterna cieca che si affrettò ad accendere, scrutando l’oscurità.

“Da che parte, Professore?” chiese, puntando il fascio di luce alla loro destra e poi alla loro sinistra.

“Di qua” rispose Rattigan, incamminandosi prima di venire bloccato dall’Investigatopo. “La disposizione resta quella di prima.” Dichiarò, prima di dirigersi nella direzione indicata dal criminale. Questi lo seguì senza battere ciglio, seguendo il suo temporaneo alleato lungo il cunicolo con Topson dietro di loro. Camminarono per un po’, prendendo svolte ed infilandosi in corridoi sempre più stretti finché non raggiunsero il punto che, a detta sia di Basil che di Rattigan, li collegava al Parlamento sopra di loro. Dopo essersi guardati un po’ attorno ed aver esaminato il terreno circostante, imboccarono un corridoio che, secondo Topson, li avrebbe condotti dall’altra parte del Tamigi. Così non fu però perché, ad un certo punto, dopo una svolta, cominciarono a dirigersi verso la parte orientale della città, prima di tornare leggermente verso nord. Si stavano dirigendo, il dottore si rese conto, verso la zona ricca della città, il che rendeva il tutto ancora più incomprensibile ed inquietante: se anche le classi alte erano coinvolte, chissà quanto era grande l’organizzazione contro cui avrebbero combattuto, forse anche più grande di quella di Rattigan. Immerso in questi pensieri, per poco Topson non andò a sbattere contro quest’ultimo, che si era fermato in mezzo alla strada. Anche Basil, si rese conto il dottore, si era fermato e stava scrutando dietro l’angolo.

“Scale che portano verso l’alto” comunicò l’investigatopo in un sussurro. “Un corridoio che si apre sulla sinistra. Sento delle voci provenire da lì.”

Anche Rattigan sbirciò da sopra la testa di Basil.

“Conosco questo posto, fa parte di una rete sotterranea che collegava il Parlamento ad alcune delle case nobiliari di Londra. Da qui sono passati molti documenti, o anche individui, che dovevano essere fatti sparire con discrezione, o semplicemente dei Lord che preferivano questa via al traffico della superficie” Spiegò agli altri due.

“E la casa a cui portano quelle scale di chi è?” chiese Basil.
“Non ne ho idea, anche se dovremmo trovarci nei pressi di Kensington, a meno che non mi sbagli di grosso.”

Topson ascoltava quella conversazione senza intromettersi: aveva vissuto a Londra per la maggior parte della sua vita a Londra e sapeva che la città aveva molti segreti, reti sotterranee comprese, ma non aveva mai pensato che fossero di un’entità così vasta, ritenendo che spesso le voci al riguardo fossero una mera esagerazione. Invece, ora che ci si trovava, si rendeva conto che, forse, erano lontane dalla verità. Nel frattempo, gli altri due avevano continuato a parlare tra loro, cercando di stabilire quale fosse la strategia migliore da seguire.

“Io direi di andare al piano superiore, i Parlamentari potrebbero essere tenuti prigionieri lì dentro.” stava proponendo Basil, scrutando le vie davanti a loro.

“Sembra troppo semplice, non trovi? Sappiamo entrambi che ci stanno aspettando, magari sanno già che siamo in movimento e vogliono attirarci lì.” Replicò Rattigan.

“E allora cosa proponi?”

“Dividiamoci, voi andate di sopra e io vado di là.”

“Non se ne parla assolutamente, rimarremo uniti.”

“Perdendo tempo e facendoci scoprire subito? Geniale Basil, davvero geniale.”

“Non ci scopriranno se facciamo attenzione. Andiamo.” Replicò l’Investigatopo, smorzando un po’ la luce della lanterna cieca, prima di procedere con cautela.

Rattigan lo seguì scuotendo la testa e Topson, suo malgrado, si scoprì ad imitarlo. Erano arrivati al bivio tra il corridoio e le scale e stavano per imboccare queste ultime, quando sentirono una voce.

“Capo, è lei?”

Un bisbiglio o poco più, ma bastò a far fermare Basil che scrutò l’oscurità del corridoio alla loro sinistra con un sopracciglio inarcato. Si voltò a guardare Rattigan che aveva la sua stessa espressione. Insieme, con il buon dottore dietro di loro, si avviarono in quella direzione. Man mano che si avvicinavano al punto da cui era provenuta la voce, cominciarono a sentirne altre.

“È lui, lo sapevo.”

“Sì, è venuto a prenderci.”

Arrivati ad un certo punto, videro le celle da ambo i lati con dei topi dentro, solo che, mentre quelli sulla sinistra sembravano quasi ritrarsi nell’ombra, forse spaventati da Rattigan, quelli sulla destra erano attaccati alle sbarre, con dei grandi sorrisi sulle labbra.

“Pronti a prendervi la rivincita?” chiese il professore.

“Sì!” fu il grido unanime.

“Basil, guarda qua” disse Topson che, nel frattempo, si era avvicinato all’altro lato del corridoio. L’amico, dopo aver lanciato un’ultima occhiata a Rattigan, lo raggiunse con la lanterna cieca e sorrise.

“Bene signori, direi che questo potrebbe essere il momento di uscire da qui.” Disse, rivolgendosi ai Parlamentari che cercarono di ricambiare il suo sguardo, coprendosi gli occhi con una mano, essendo ormai abituati solo alla flebile luce delle torce.

“Senza offesa, signor Basil, ma preferiremmo restare qui per ora.” Replicò uno di loro, guardando i topi dall’altro lato. L’investigatopo alzò gli occhi al cielo.

“Ma certo, bene.” Disse, voltandosi verso Rattigan che stava già armeggiando con la serratura della prima cella. “La prima parte del piano è stata superata, adesso dobbiamo passare alla seconda.”

“E chi ha mai detto che avremmo partecipato insieme alla seconda?” gli chiese Rattigan, smettendo di lavorare sulla serratura. “Credo che la tua parte finisca qui, Basil. Oserei dire che ogni cosa finisce qui. Appena i miei uomini saranno liberi, neutralizzerò te, il tuo amico e Moriarty e sfrutterò il suo piano per prendere il potere.”

“Credevi che non me lo aspettassi forse?” replicò Basil, mentre Topson metteva mano alla pistola. “Credevi che non avessi preso le mie precauzioni?”

“Beh, qui non le vedo” gli rispose Rattigan, allargando le braccia e guardandosi intorno con fare plateale. “Ci siete solo voi due e quel branco di conigli in gabbia. Non vedo proprio come tu possa anche solo lontanamente sperare di avere la meglio.”

“Capo?” lo chiamò uno dei topi in tono di avvertimento.

“Non adesso, sono occupato.” Ribatté lui, avvicinandosi a Basil che, a sua volta, fece un passo indietro. “Sai, me lo volevo gustare fino in fondo, ma abbiamo speso troppo tempo in parole e troppo a lungo ho represso il mio desiderio di strangolarti.”

“Provaci se ci riesci.” Lo provocò l’altro, sfidandolo con gli occhi.

“Sarebbe certo interessante assistere ad uno scontro tra voi due, ma non credo di avere tempo per queste cose.” Disse una voce beffarda, proveniente dall’imboccatura del corridoio da cui erano entrati.
Basil, Rattigan, Topson e tutti i topi si voltarono di scatto e si trovarono davanti Moriarty con altri cinque ragni che, in totale silenzio, si erano avvicinati a loro.

“Certo che non vi smentite proprio mai.” disse il ragno, muovendosi lentamente nella loro direzione. “Riuscite a fuggire la prima volta e vi fate riprendere come dei novellini. Padraic, da te poi non me lo aspettavo, sei sempre stato così scaltro.” Continuò, suscitando delle risate negli altri intorno a lui ed un’occhiataccia da parte di Rattigan. Il ragno, però, proseguì imperterrito ed incurante.

“Un’alleanza… che cosa patetica, vista anche la rapidità con cui è crollata. Una decisa caduta di stile da parte di entrambi, ma una grande semplificazione per me.”

Topson alzò lo sguardo e vide che c’erano altri ragni sopra di loro. Tirò la manica di Basil per attirare la sua attenzione, ma l’amico sembrava attirato da Moriarty che, intanto, continuava a parlare.

“Un po’ deludente forse, perché speravo che questo gioco sarebbe durato più a lungo, ma evidentemente mi ero sbagliato. Ah, per quanto riguarda la vostra amica, me ne sono occupato personalmente.” disse precedendo la domanda e sorridendo quando vide Basil stringere i pugni e rivolgere un’occhiata truce a Rattigan.

“Oh, ma non vi preoccupate ora ci occuperemo anche di voi.”

“Se non ci muoviamo prima noi. Professore…” replicò l’investigatopo, alzando ed aprendo la lanterna cieca in direzione di Rattigan che, estratta una polverina dalla tasca, la soffiò sopra la fiamma in direzione dei ragni davanti a loro, facendoli arretrare tossendo. Basil poi si affrettò a chiudere la lanterna facendo piombare l’ambiente circostante nella semi-oscurità.

 

FINE DEL CAPITOLO

 

 

 

 







 

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Capitolo 34
*** I found you ***


CAPITOLO 33

 

“Brynna, smettila di guardarti intorno. Finirai per attirare l’attenzione oltre che per essere estremamente sconveniente”

 

“Selena, ci sono almeno dieci cose in questa stanza più sconvenienti di un banale guardarsi intorno. Quel topo mascherato, per esempio, sta corteggiando la migliore amica di sua moglie, la quale o è molto ingenua o sta cogliendo perfettamente l’occasione. Quell’altro laggiù, invece, è al suo terzo cordiale nel giro di venti minuti”

 

“Sì, ma mi stai mettendo tremendamente a disagio. Insomma, è una festa, dovremmo divertirci”

 

“Ma ti assicuro che lo sto facendo, mia cara. Non mi divertivo così da molto” replicò scherzosa Brynna, prendendo un sorso dal suo calice di vino e facendo sospirare Selena accanto a lei. “È solo che mi pare strano che manchi proprio la festeggiata.”

 

“Brynna non fare la finta tonta.” Replicò Selena. “Mi hai già detto che la festa di stasera probabilmente serve da copertura per qualcos’altro e, dati gli eventi in cui si è trovata implicata di recente, non c’è da stupirsi che non si sia ancora presentata.”

 

Comodamente sedute su una chaise-longue in casa Morstan, Brynna e Selena si trovavano nel bel mezzo di una festa dedicata alla giovane Elizabeth ed ai suoi recenti successi, festa fortemente voluta dal padre di lei, il quale danzava tra gli invitati tessendo le lodi della figlia. In quel momento, si stava giusto intrattenendo con Tobias, il quale annuiva e rispondeva educatamente a ciò che gli veniva detto.

 

“Mi chiedo quanto ne sappia dell’intera vicenda e quanto ci guadagni” borbottò la maggiore dei Basil, prendendo un altro sorso e vuotando il calice mentre i suoi occhi fissavano il topo in questione.

 

“Potrai cercare di appurarlo tra poco, vengono da noi. Sorridi su” le rispose Selena, accennando con la testa al marito e al signor Morstan che si stavano avvicinando a loro.

 

“Le presento mia moglie Selena e la sua amica Ingrid Stein ” disse Tobias all’altro topo con un sorriso tirato. Era evidente che non ne poteva più di conversare con lui.

 

“Lieto di fare finalmente la sua conoscenza, signora Ansmauser” disse il signor Morstan, facendole il baciamano, cui la topolina rispose con un piccolo sorriso. “Ed è un piacere conoscere anche lei, signora Stein. Spero di poter vedere il suo vero viso prima della fine della serata, così potrò riconoscerla anche altrove” aggiunse poi, rivolgendosi a Brynna con fare ammiccante.

 

“Scopo di feste in maschera è mantenere segveta la propria identità, ja? Almeno, in Gvande Cermania si fa così” gli rispose la topolina, parlando con un forte accento tedesco e costringendo Tobias a bere un sorso di vino per mascherare una risata e Selena a fare appello a tutto il suo autocontrollo.

Il signor Morstan, invece, si schiarì la voce, un po’ imbarazzato.

“Sì, ehm… ovvio, anche qui in Inghilterra funziona così in effetti. Oh, Lord Carsley! Vogliate scusarmi, i doveri di ospite mi chiamano” disse infatti, dileguandosi in fretta verso un altro topo che si voltò a guardarlo, sorpreso per quell’improvvisa attenzione.

 

“Oh Brynna, voleva solo adularti un po’” le disse Tobias quando il signor Morstan fu fuori dalla portata della sua voce.

 

“Ho voluto mettere subito in chiaro che non mi lascio adulare” replicò lei a denti stretti, fissando il topo che ora si stava prodigando in sproloqui con Lord Carsley.

 

“Ma non importava che gli rispondessi in quel modo. Perché devi essere sempre così brusca con gli altri?” le chiese Selena, notando però che l’amica stava guardando altrove. “Brynna, mi ascolti?”

 

L’altra sembrò riscuotersi, ma continuò a non guardarla.

 

“Certo che ti ascolto. Senti, parlare con quel pallone gonfiato mi ha seccato la gola, vado a prendere un altro bicchiere di vino” rispose, alzandosi in piedi ed ignorando l’offerta di Tobias di andare al posto suo, avviandosi verso il tavolo dove venivano serviti i calici pieni della bevanda alcolica. Il dottore sospirò, prendendo il posto ora libero sulla chaise-longue accanto alla moglie.

 

“Mi sembra in forma” le disse, cercando di smorzare la tensione.

 

“Anche troppo” fu la risposta che ricevette. “Sono felice che non sia diversa dal solito, voglio che questo sia chiaro, ma avevo dimenticato quanto potesse essere pesante gestirla per tanto tempo”

 

“Non fare la melodrammatica” replicò il topo, prendendo un sorso dal suo calice e guardandola con un sorriso. “Non sareste amiche da così tanti anni se il suo atteggiamento non ti divertisse almeno un po’. Anzi, sono abbastanza convinto che, se tu non fossi ormai una seria donna sposata, ti uniresti a lei nel criticare la sala.” Concluse con un ghigno che sua moglie, dopo qualche attimo di finta indignazione, ricambiò sospirando.

 

“Ormai è una cosa che mi concedo solo in privato.” Convenne, prendendo a sua volta un sorso di vino.

 

“Ma se bevi ancora un po’, probabilmente finirai per cominciare anche tu.”

“Oh Tobias, non essere sciocco. Da sola non potrei mai.”

 

“Ah, ma aspetta che torni e vedrai.”

 

“A questo proposito, ci sta impiegando molto. Sono già passati diversi minuti e ancora non è tornata.” Disse ad un certo punto Selena, allungando il collo per vedere se riusciva a scorgere la sua amica, imitata poco dopo dal marito.

 

“In effetti è piuttosto strano, non la vedo da nessuna parte…” commentò, prima di voltarsi per incrociare gli occhi di sua moglie, scorgendo in essi la stessa preoccupazione che aveva cominciato a prendere anche lui. La topolina si alzò in piedi, cercando un’ultima volta l’amica con lo sguardo, prima di tornare a sedersi, sospirando.

 

“Avremmo dovuto capirlo subito. Dove può essere andata?”

 

“Non credo che avremo il tempo di andare a cercarla. Guarda, sta arrivando la festeggiata” replicò Tobias, alzandosi in piedi mentre Elizabeth faceva il suo ingresso nella stanza.

 

 

Nel frattempo, al piano superiore, Cornelia sedeva sul letto della stanza in cui era stata rinchiusa, torcendosi nervosamente le mani e cercando di trovare disperatamente una soluzione. Non appena la porta si era chiusa dietro Elizabeth ed i passi della sua amica erano svaniti del tutto lungo il corridoio e giù per le scale, si era precipitata sulla serratura, armeggiando con una delle sue forcine per capelli nel tentativo di scassinarla. Non aveva avuto successo date l’obiettiva difficoltà di aprire una porta di quel genere e la sua inesperienza nel campo. Si era allora messa a camminare per la stanza per cercare di schiarirsi le idee, ma l’unico effetto che aveva ottenuto era stato quello di innervosirsi di più. Alla fine si era dunque seduta sul letto riuscendo a calmarsi un po’. Il non sapere cosa stava accadendo o cosa sarebbe accaduto faceva sì che la sua mente si sbizzarrisse nelle ipotesi più disparate, una peggiore dell’altra. Probabilmente Basil e gli altri si erano liberati e, evidentemente, si stavano muovendo contro Moriarty. Il problema era che, altrettanto evidentemente, questo era stato previsto dai loro nemici, che avevano provveduto a spostarla e che ora, con ogni probabilità, stava per far scattare la loro trappola. Sapeva che non avrebbe potuto farci niente, ma il senso di colpa che aveva cominciato a provare dalla sera della morte di Brynna non aveva fatto altro che acuirsi in quegli ultimi giorni. Cos’era lei, in fondo? un impiccio, un ostacolo per l’investigatopo. Nel suo desiderio di volerlo aiutare in quegli ultimi mesi aveva fatto più danni che altro. Lui aveva dimostrato una grande pazienza nei suoi confronti e continuava a farlo, ma quanto sarebbe potuta durare?

Il flusso di quei pensieri così poco allegri fu interrotto da un rumore proveniente dall’altro lato della porta. Si asciugò in fretta quelle poche lacrime che, traditrici, erano riuscite a scivolarle lungo le guance e si avvicinò il più silenziosamente possibile, cercando di capire cosa fosse quel suono. Sembrava che qualcuno stesse cercando di entrare forzando la serratura, il che era decisamente strano: era un salvataggio? O qualcosa di peggio? Chi sapeva che si trovava lì oltre a Elizabeth, a Moriarty e a qualche altra guardia? Nessuno, il che rendeva il tutto decisamente inquietante. Si guardò freneticamente intorno e vide che, su uno dei comodini, c’era un candeliere di bronzo. Andò a prenderlo e tornò alla porta, nascondendosi dietro di questa proprio mentre la serratura scattava. Trattenne il fiato quando la porta si aprì e il nuovo arrivato, dopo aver esitato un attimo, fece il suo ingresso. Cornelia avrebbe potuto aspettare e vedere di chi si trattava prima di agire, ma la prospettiva di fuga, ora così palpabile, la spinse a sollevare il candeliere sopra la testa e a balzare fuori per cercare di colpire lo sconosciuto, solo per sentirsi serrare il braccio in una morsa e trovarsi faccia a faccia con una topolina che aveva una maschera a coprirle metà del viso.

 

“Attenta con quell’affare, potresti farti male.” Le disse quest’ultima, senza allentare la presa.

 

Quella voce… ma non era possibile, eppure…

 

“Bry-Brynna?” chiese Cornelia, attonita.

 

“Ah, almeno il tuo udito funziona ancora” replicò Brynna con un ghigno, prima di lasciarle il braccio e richiudere la porta alle sue spalle. Dopodiché si tolse la maschera e si voltò a guardarla di nuovo.

 

Cornelia ricambiò, allibita: come poteva essere? Topson aveva detto che era morta, eppure eccola lì, davanti a lei, forse con un po’ di pelo in meno e qualche cicatrice in più sul viso, ma con il solito atteggiamento strafottente di sempre.

 

“Cosa ci fai qui?” riuscì a chiedere alla fine, senza staccarle gli occhi di dosso.

 

“Dritta al sodo eh? Bene, stai migliorando per quanto riguarda le considerazioni inutili” fu la risposta di Brynna, che andò a sedersi sul letto. “Da un punto di vista puramente teorico ti sto salvando per la seconda volta nel giro di qualche settimana.”

 

“E all’atto pratico?” domandò Cornelia, abbassando il braccio che reggeva il candeliere e fissandola. Brynna emise un lungo sospiro.

 

“Sto decidendo se invece non dovrei lasciarti qui dentro” le disse, con finta aria pensierosa.

 

“Cosa? Allora perché sei entrata?” chiese l’altra, sempre più attonita.

 

Brynna fece spallucce.

 

“Mera curiosità. Ti avevo intravista dalla sala del ricevimento e volevo una conferma. Ora che l’ho avuta potrei anche tornare di sotto e richiudere la porta dietro di me, fingendo di non averti vista.” rispose tranquillamente, alzandosi dal letto e lisciandosi la gonna del vestito, prima di alzare gli occhi ed incontrare lo sguardo stizzito dell’altra topolina. “Oh su, non te la prendere. Ormai dovresti aver capito che è meglio se resti fuori dai piedi, visti i pasticci che continui a combinare.” Aggiunse, andando poi verso la porta, venendo però afferrata per un braccio da Cornelia.

 

“E pensi davvero che non farò niente per uscire di qui?” le chiese quest’ultima, stringendo il candeliere con ancora più forza quando vide l’espressione divertita dell’altra.

 

“Sei ancora qui, giusto? La porta era aperta, se tu te ne fossi voluta andare l’avresti già fatto, e invece eccoti qua a chiacchierare per chissà quale ragione e a fingere di essere minacciosa con quella sottospecie di arma di fortuna.”

 

“Chiedo venia se sono rimasta sorpresa dal vederti ancora viva e se mi sembrava scortese lasciarti qui dopo quello che hai fatto per me.” Fu la risposta inacidita di Cornelia.

 

“Però non ti faresti remore a colpirmi se io ti impedissi di uscire e neppure a lasciarmi qui dopo averlo fatto.” Replicò Brynna, facendo emettere un gemito esasperato all’altra.

 

“Brynna, non resterò qui dentro ad aspettare che le cose avvengano intorno a me.”

 

“Potresti farlo tanto per cambiare, visto che non fai altro che immischiarti in faccende che non ti riguardano.” Ribatté la maggiore dei Basil, uscendo dalla stanza e facendo per tirarsi dietro la porta, prontamente bloccata da Cornelia.

 

“Che non mi riguardano?!” esclamò quest’ultima, muovendo un passo fuori e cercando di lottare con Brynna che, invece, tentava di chiudere la porta. “Dalla sera stessa in cui sono tornata mi sono trovata coinvolta in tutto questo caos e tu hai il coraggio di dire che sono faccende che non mi riguardano?”

 

“Mio fratello ti ha chiesto più e più volte di restare nascosta, ma tu no, dovevi dimostrare di essere all’altezza di lui. Le regole non esistono nel tuo mondo e tutto deve andare come vuoi tu, altrimenti si salvi chi può.” Disse Brynna, desistendo dal tenere la porta e lasciando che Cornelia uscisse nel corridoio con il candeliere ancora ben stretto nella mano.

 

“Non trattarmi come una bambina viziata.”

 

“Non è forse ciò che sei? Oh, povera me, una minaccia incombe sulla mia famiglia, devo assolutamente fuggire e diventare una stella dello spettacolo.”

 

“Ora sei ingiusta Brynna, non è andata così!”

 

“Ah no? Sarei davvero curiosa di conoscere la tua versione dei fatti se solo non fosse piena di giustificazioni illogiche e stupide.”

 

“Quando fai così…”

 

“Cosa, mi uccideresti? Mi tireresti addosso quel candeliere? Lo vedi, ti stai rendendo ridicola da sola.”

 

“Ora finiscila!”

 

“Ehi, voi due!”

 

Le due topoline si voltarono, vedendo così un topo armato giungere dal fondo del corridoio. Brynna sbuffò esasperata.

 

“Ecco, guarda cos’hai combinato.” Disse a Cornelia, passandosi una mano sugli occhi.

 

“Io? Senti un po’ chi parla! Se qualcuno non avesse cercato di appagare la sua curiosità ora non ci troveremmo in questo pasticcio.”

 

“Signore…” fece il topo, avvicinandosi e cercando di farsi sentire.

 

“Se tu per una volta avessi fatto ciò che ti dicevo, non saremmo mai state scoperte e sarei venuta più tardi a tirarti fuori.”

 

“E mi dovrei fidare? Mi avresti lasciata qui.”

 

“Signore, devo chiedervi di tornare nella stanza…” provò nuovamente il topo.

 

“Certo, esattamente come l’ultima volta che ci siamo viste.”

 

“Vuoi continuare a ricordarmela?”

 

“E perché smettere? Credo di averne tutto il di.”

 

“Signore, non lo ripeterò ancora, entrate…”

 

“Fa’ silenzio!” esclamarono insieme le due topoline, voltandosi a guardarlo. Quest’ultimo, rendendosi conto del fatto che finalmente stava ricevendo l’attenzione che voleva, non si lasciò intimorire e afferrò un braccio di Brynna, cercando di spingerla dentro la stanza, puntandole una pistola contro. Forse fu per istinto, per rabbia, Cornelia non lo seppe mai. Fatto sta che, prima che il topo potesse fare qualcosa, gli abbatté il candeliere sulla testa con forza, facendolo crollare a terra, privo di sensi. Brynna la guardò, sorpresa.

 

“Bel colpo, devo concedertelo” le disse con l’ombra di un sorriso sincero sul viso. Sorriso che però non trovò spazio nell’espressione dell’altra.

 

“E ora? Cosa facciamo ora?” chiese, stringendo convulsamente il candeliere tra le mani.

 

“Mhm” fece Brynna, muovendo un po’ la faccia della guardia con la punta della scarpa. “Credo che si possa trovare una soluzione.”

 

 

Al piano inferiore, la festa continuava e la preoccupazione di Selena aumentava.

 

“Cara, cerca di calmarti, attirerai l’attenzione in questo modo.” Le disse Tobias, mettendole una mano sul braccio.

 

“Non è ancora tornata e non oso immaginare cosa possa esserle successo.” Fu la risposta della topolina, che continuava a scrutare freneticamente la stanza.

 

“Tieni l’immaginazione a freno per un po’, arrivano il padrone di casa e la festeggiata, sorridi.”

 

Selena dovette fare uno sforzo immane per non mostrare un’emozione che non fosse una finta gioia quando vide avvicinarsi Elizabeth al braccio di suo padre, il quale esordì.

 

“Ed ecco i signori Ansmauser. Ho conosciuto il dottore qualche mese fa, ti ricordi, mia cara, per quel problema…”

 

“Oh sì, ricordo bene, ma non avevo mai avuto il piacere di incontrare di persona l’eroe che ha risparmiato a mio padre un certo… imbarazzo.” Si inserì la topolina, porgendo una mano a Tobias che la baciò.

 

“Congratulazioni per il raggiungimento del suo traguardo, signorina Morstan. Davvero sorprendente.” Commentò. “Mia moglie Selena” aggiunse poi, presentandole sua moglie, la quale le rivolse un sorriso tirato.

 

“Molto piacere.” Le disse, chinando appena la testa e notando solo in quel momento che il signor Morstan si stava guardando intorno.

 

“Ma… dov’è finita la vostra amica tedesca?” chiese infatti dopo un po’, rivolgendosi a Selena e Tobias, che si scambiarono un’occhiata. Prima che potessero rispondere, però, Elizabeth si intromise di nuovo.

“Amica tedesca? Non sapevo che avessimo un’ospite tedesca stasera. La conosci, papà?” chiese, un sopracciglio inarcato.

 

“No, in effetti non l’avevo mai vista prima, come ha detto che si chiamava, dottore?

 

“Ehm… Stein, Ingrid Stein, signor Morstan.” Rispose Tobias, dopo solo un attimo di esitazione, che non passò ovviamente inosservato a Elizabeth, la quale lo guardò, ancor più incuriosita.

 

“E dov’è ora questa… signorina Stein?” chiese, avvicinandosi a Tobias.

 

Prima che il dottore o Selena potessero inventarsi una qualche spiegazione, però, si cominciarono a sentire dei colpi provenire fuori dalla sala e farsi sempre più forti. Elizabeth si voltò di scatto, mentre la stanza si riempiva di mormorii preoccupati. Lasciando perdere i suoi ospiti, si diresse a passo spedito verso la porta per andare a vedere cosa stava accadendo. Dietro di lei, Tobias passò un braccio intorno alle spalle della moglie.

 

“Non mi piace.” sussurrò, cominciando a spingerla piano verso il fondo della stanza.

 

“Tobias, ma Brynna…” provò a rispondere Selena, intuendo le intenzioni del marito.

 

“Avrà sentito il rumore e si sarà messa al sicuro, non preoccuparti.” Le disse lui, guardandosi intorno per cercare un nascondiglio e soffocando un’imprecazione tra i denti quando ne vide poche e non molto sicure.

 

Selena aprì la bocca per replicare ma non fece in tempo, perché la stanza tremò a causa di un botto più forte degli altri e dal rumore di grida, tra le quali, a entrambi i topi, parve di sentire una voce familiare.

 

“Resta qui” le disse Tobias, prima di andare a passo sicuro verso l’uscita della stanza, superando tutti gli altri. Sulla porta, raggiunse Elizabeth che, pallidissima, fissava il lato sinistro del corridoio su cui si apriva la stanza. Guardò nella stessa direzione e sgranò gli occhi: davanti a lui c’era un esercito di topi che, addossati contro un armadio che, evidentemente, mascherava un ingresso nascosto. I topi in questione avevano un aspetto trasandato, o almeno la maggior parte di loro. Uno, infatti, si voltò verso di lui e, riconoscendolo, gli si avvicinò.

 

“Tobias, che diavolo ci fai qui?” gli chiese, sovrastando i gemiti degli altri topi.

 

“Basil, potrei chiederti lo stesso ma..” si fermò, interrotto da un colpo proveniente da dietro l’armadio “ma non credo che sia il momento per le spiegazioni.” Con orrore, vide che da dietro l’armadio fuoriusciva una zampa di ragno che, con la forza, cercava di aprirsi la strada.

L’investigatopo ingoiò la sua risposta, voltandosi verso Rattigan e Topson che, insieme agli altri topi, cercavano di tenere chiuso l’armadio.

 

“Insomma Basil, ti vuoi muovere?” esclamò il Napoleone del Crimine tra gli sforzi. Basil annuì e si rivolse a Tobias, prendendolo per un braccio e guardandolo.

 

“Dobbiamo far uscire gli ospiti, il più in fretta possibile. Una volta fuori, devi riuscire a contattare Scotland Yard, l’Ispettore Laroux se possibile, e devi farlo venire qui più in fretta che puoi.”

 

“Basil, c’è Elizabeth là in sala.” Replicò il dottore, guardando ancora verso la sala, da cui faceva capolino la topolina in questione. L’investigatopo annuì.

 

“Ora abbiamo problemi più urgenti, di lei sarà più facile occuparci in seguito.” Gli rispose. “Mia sorella?” chiese poi, ricordandosi del fatto che Brynna gli aveva detto che avrebbe partecipato alla festa.

 

Tobias sospirò, facendo sbuffare di esasperazione Basil.

 

“Tobias, maledizione, come avete fatto a perderla di vista?”

 

“Basil, allora?!” la voce di Rattigan li richiamò, facendo fermare l’investigatopo.

 

“Oh, e va bene. Facciamo uscire tutti, con lei parlerò quando la troverò. Coraggio, andiamo.” Gli disse, prendendogli di nuovo il braccio e guidandolo verso la sala.

 

“Va bene signore e signori” esordì una volta entrato nella sala. “Temo che la festa sia finita. Vi prego di recarvi verso l’uscita il più rapidamente possibile senza fare domande e senza porre questioni inutili.”

 

“Che cosa significa questa storia?” si fece avanti il padrone di casa. “Chi è lei? Come si è permesso di entrare? Questa è una festa privata!”

 

“Sono Basil di Baker Street e…”

 

“E mi pare che vi abbia detto di non porre inutili questioni” tuonò una voce proveniente da fuori e, dopo neanche un istante, Rattigan in persona comparve sulla porta, facendo gridare i presenti e mettendoli subito a tacere semplicemente alzando le braccia. “Ora, deduco che tutti voi sappiate chi sono e quanta poca pazienza posso avere. Dati gli ultimi eventi, sono già abbastanza… alterato, ragion per cui vi concedo dieci secondi per guadagnare l’uscita senza fiatare.” Disse, facendo cadere la sala nel silenzio più profondo. Il criminale guardò Basil, prima di sospirare.

 

“Dieci… nove…” cominciò a dire.

 

L’effetto fu immediato: i topi presenti in sala cominciarono ad affrettarsi verso l’uscita in uno scalpicciare frenetico. Una nuova occhiata tra Rattigan e l’investigatopo e il primo tornò all’armadio che ormai dava segni evidenti di cedimento. Basil si voltò verso Tobias.

 

“Tieni d’occhio Elizabeth e contatta Scotland Yard.” Gli disse, sorvegliando gli ospiti che stavano uscendo e incrociando lo sguardo spaventato della topolina ce aveva appena menzionato. Selena si fece vicina ai due e prese il braccio del marito tra le zampe, aprendo la bocca per scusarsi con Basil, ma lui la interruppe.

 

“Andate, forza!” intimò ai due, prima di sospingerli verso l’uscita. Dopo aver controllato che tutti se ne fossero andati, chiuse l’ingresso della casa e si voltò, giusto in tempo per vedere l’armadio che cedeva.

 

FINE DEL CAPITOLO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 35
*** Capitolo 34 ***


NOTE DELL’AUTRICE: lo so, è passata una vita da quando ho aggiornato, ma sono stati anni intensi e abbastanza tosti, tanto da bloccarmi interamente dal punto di vista della scrittura. Figurarsi poi nel caso di una storia che ho cominciato a scrivere quasi dodici anni fa… comunque, mi sono sempre promessa di finirla, quindi eccomi qua. Non so quanti di voi avranno ancora voglia di leggere, ma, nel caso, spero che il capitolo vi piaccia.

CAPITOLO 34

Dopo che la porta di casa Morstan si era richiusa dietro di lui, Basil si era affrettato a raggiungere i topi davanti all’armadio, ormai allo stremo delle forze, e si era avvicinato a Rattigan, aiutandolo a spingere di nuovo contro il mobile e impedendo che cedesse. Potevano aver guadagnato qualche minuto e basta, ma dovevano sfruttarlo al meglio. Guardò il suo nemico con la coda dell’occhio: la loro alleanza forzata aveva portato degli strani frutti. Quando il professore aveva spento la luce era scoppiato il putiferio: tutti si erano scagliati contro tutti, ragnatele erano volate a destra e a sinistra. In qualche modo, in mezzo al parapiglia, erano riusciti ad aprire le celle degli scagnozzi di Rattigan dopodiché, in un fuggi-fuggi generale, erano riusciti a raggiungere la fine del corridoio e poi la casa dei Morstan, cercando di chiudersi l’ingresso alle spalle e finendo nella situazione in cui si trovavano al momento. 

“Qual è il piano?” gli chiese il professore, continuando a spingere l’armadio.

Basil si guardò brevemente intorno, poi disse:

“Dobbiamo riuscire a chiudere il grosso dei ragni nel salotto dove c’era la festa. Darà tempo alla polizia di raggiungerci.”

“La polizia?” chiese uno degli scagnozzi di Rattigan.

“Se vengono per loro, prenderanno pure noi.” Gli fece eco un altro.

“Capo, non…”

“Fate silenzio!” li azzittì il Professore, riportando poi l’attenzione su Basil. “Posso aiutarti con Moriarty, ma non posso garantire l’incolumità degli sbirri.”

“Ce lo faremo bastare.” Gli rispose Basil, annuendo, prima di voltarsi e correre verso il salotto. “Topson, con me, andiamo a sbarrare le finestre.” 

Il dottore non poté fare altro che seguirlo velocemente nel salotto. I due cercarono di bloccare al meglio le tre grandi finestre con quello che riuscivano a trovare: i cordoni delle tende, gli attizzatoi – che venivano così al contempo eliminati come possibile arma a disposizione dei loro avversari. Quando ebbero finito, ben poco soddisfatti, ma impossibilitati a fare di più, si guardarono.

“E ora? Come li portiamo qui dentro?” chiese Topson, guardando Basil, che si era preso il mento con una zampa, pensieroso.

“Sarà impossibile farli entrare tutti, ma dobbiamo cercare di chiuderne dentro una buona parte. Farò io da esca, tu ti nasconderai dietro la porta e, una volta che saranno entrati, mi aiuterai a richiuderla.”

“Mi sembra una follia, ma d’altronde è soltanto l’ennesima di questa sera…” replicò il dottore con un sospiro. “Non vedo l’ora che tutta questa storia sia finita.”

Basil lo guardò e gli mise una zampa sulla spalla. 

“Caro vecchio mio, ti assicuro che tra qualche ora almeno una parte della vicenda sarà conclusa.” Gli disse, riportando alzando poi gli occhi su Rattigan, che ricambiò lo sguardo, pronto a scostarsi dall’armadio. Prima tuttavia che questo potesse accadere, una voce giunse dalle scale. 

“Ah, hai visto che avevo ragione? Sono arrivati i rinforzi. Direi che possiamo scendere ora.”

Alzando gli occhi, Basil e Topson videro che, proprio sopra di loro, appoggiata al corrimano delle scale, c’era Brynna che li guardava con un mezzo sorriso e una pistola stretta in una zampa. Sentirono dei passi e, in cima alla scalinata, apparve il viso di Cornelia, leggermente imbronciato.

“Potevi deciderlo un po’ prima, Brynna.” Esordì, guardando la topolina in piedi qualche gradino sotto di lei, prima di voltarsi e incrociare gli occhi di Basil. Un sorriso incerto le arricciò gli angoli della bocca mentre dopo qualche attimo di esitazione, si decideva a scendere per raggiungerlo.

“Stai bene” constatò in un mormorio, avvicinandosi a lui e prendendogli le mani. “Credevo che fossi ancora intrappolato.” 

Basil, pur senza mostrare un particolare trasporto, le sorrise di rimando, stringendo appena le sue dita.

“Hai davvero tanta fiducia nelle mie capacità se pensavi che non fossi riuscito a liberarmi.”

“Va bene, va bene, le smancerie le rimanderei a dopo.” Li interruppe Brynna, scendendo le scale e avvicinandosi a sua volta, rivolgendosi al fratello. “Qual è la situazione?”

“Rattigan e i suoi stanno trattenendo i ragni di Moriarty. Ad un segnale convenuto, li lasceranno uscire. Ne attireremo il maggior numero possibile nel salotto, ce li chiuderemo e cercheremo di bloccare gli altri fino all’arrivo della polizia.”

La sorella lo squadrò, incrociando le braccia al petto, prima di mettersi a guardare Rattigan e i suoi scagnozzi che ancora cercavano di tenere l’armadio chiuso, ignorando l’occhiata sorpresa di Basil.

“E gli ospiti dove sono?” chiese, continuando a fissare la scena di fronte a sé, la fronte lievemente aggrottata in quella che sembrava una smorfia di preoccupazione.

“Li abbiamo fatti uscire tutti fuori in strada e…” Basil non riuscì a terminare la frase, perché la sorella si era voltata di scatto a guardarlo con gli occhi sbarrati, prima di spostare l’attenzione su Rattigan, all’apparenza incredula.

“Perdonate la domanda, ma quanti erano i ragni che vi inseguivano?” chiese, tornando a guardare il fratello, che ricambiò con un’espressione perplessa.

“Quelli che abbiamo visto nei sotterranei erano cinque.” Le rispose, realizzando poi di colpo con orrore dove sua sorella stesse andando a parare. Quest’ultima fulminò prima lui e poi Rattigan.

“Siete due imbecilli.” Sibilò, prima di dirigersi a passo di marcia verso la porta principale. “Due delle migliori menti di Londra e vi siete lasciati mettere nel sacco così. Idioti!” aggiunse, prima di uscire fuori a sua volta, sbattendo pesantemente l’uscio di legno.

Basil rimase immobile per qualche istante, prima di voltarsi verso Rattigan che, a sua volta, stava cominciando a realizzare l’errore che avevano commesso: Elizabeth era l’unica che conosceva i piani di Moriarty e del suo esercito. Sarebbe potuta essere una testimone cruciale,   l’unica, dato che nessuno di loro aveva una prova concreta dei piani del ragno, e non ci voleva un genio per capire cosa sarebbe successo se lui fosse riuscito a prenderla. L’Investigatopo si riscosse e corse verso la porta, aprendola e correndo in strada, seguito da Topson, Rattigan e Cornelia. Fuori c’era il caos più totale: i ragni erano usciti da un tombino e avevano cominciato a seminare il panico in giro, anche se, a distanza era evidente che lo scopo fosse allontanare tutti dalla casa. Basil si guardò intorno, cercando una qualunque traccia di Brynna, di Elizabeth o persino degli Ansmauser, ma almeno a una prima osservazione non riuscì a vedere niente. Improvvisamente, però, si accorse che un gruppo di ragni, tre per la precisione, tra i quali c’era anche Moriarty, sembrava essersi concentrato in un punto. Si affrettò in quella direzione, riuscendo finalmente a scorgere sua sorella che, pistola in pugno, cercava di difendere Elizabeth e suo padre dall’assalto dei ragni. Non avrebbero resistito a lungo, ragion per cui, dopo solo un momen

to di esitazione, Basil si slanciò verso di loro più in fretta che poté, sparando un colpo a uno dei due tirapiedi di Moriarty e riuscendo ad attirare l’attenzione su di sé. Brynna colse la palla al balzo e sparò all’altro scagnozzo, lasciando così il loro capo da solo e circondato.

Era finita, pensò Topson, mentre osservava i due fratelli con le armi puntate sul malvivente. Era stato facile, però. Troppo facile. 

“Ora basta, Moriarty. Arrenditi, hai perso.” Disse Basil, fermandosi a qualche passo dal ragno, affiancato dal dottore, mentre Elizabeth, sempre nascosta dietro Brynna, tirava un sospiro di sollievo.

Fu un attimo: un altro sparo echeggiò nell’aria della notte, seguito da un grido stridulo, sorpreso e spaventato al contempo. Gli occhi di tutti ebbero giusto il tempo di vedere Moriarty accasciarsi a terra senza vita, prima di realizzare che l’urlo era stato lanciato da Cornelia. La topolina si trovava infatti tra le grinfie di Rattigan, che la teneva stretta a sé con una zampa, mentre con l’altra teneva una pistola puntata alla sua tempia. La prigioniera era paralizzata: fissava i suoi amici con occhi sgranati, le mani appoggiate sul braccio del Napoleone del Crimine che la tratteneva, in quello che doveva essere stato un tentativo di liberarsi, troncato sul nascere. 

“Se qualcuno non l’avesse ancora compreso, la nostra collaborazione è finita”. Disse il Professore con un sorrisetto.

“Rattigan, sei circondato anche tu. Non fare mosse avventate”. Gli rispose Basil, puntando la pistola contro di lui, imitato subito da Brynna e Topson.

“Ah, mio caro Basil. Credo che sia tu quello che deve guardarsi dal fare mosse avventate. Vedi, basterà un colpo da parte vostra, io premerò il grilletto e voi potrete dire addio a Cornelia”.           

Topson si voltò a guardare Basil per un istante, cercando di capire se avesse in mente qualcosa per risolvere quella situazione tanto spinosa. L’investigatopo, però, non ricambiò l’occhiata: continuava a tenere la pistola puntata contro il suo rivale, con il piglio deciso di chi non sembrava voler cedere al ricatto.

“Non sei nella posizione di poter trattare” gli disse infatti, senza smettere di fissarlo e cercando di non farsi distrarre da Cornelia, che lo guardava incredula, chiedendosi che cosa stesse facendo.

“Beh, dipende dai punti di vista. Se sei disposto a sacrificarla per prendere me, fai pure”. Replicò Rattigan, rafforzando la presa sulla topolina che provò ad afferrargli il braccio per spostarsi e liberarsi, ovviamente senza risultati.

Calò di nuovo il silenzio: il Professore sembrava molto sicuro di sé, mentre Basil e gli altri cercavano disperatamente di trovare una soluzione.

“Cosa vuoi?” domandò infine l’Investigatopo, senza accennare ad abbassare la pistola.

“Lei” gli rispose il criminale, accennando con il mento a Elizabeth che si nascose dietro le spalle di Brynna con un gridolino. La maggiore dei Basil alzò gli occhi al cielo, spazientita, prima di rispondere a Rattigan: “Direi che è una proposta insensata, perché mai dovremmo acconsentire?”

“Per quanto la tua osservazione possa essere logica, Brynna, dubito che la scelta spetti a te, vero Basil?”

Rattigan non si era nemmeno voltato a guardare la topolina, mantenendo gli occhi fissi sul suo rivale il quale, dopo alcuni istanti, abbassò la pistola.

“Sherringford, non farai sul serio!” esclamò Brynna, mentre Elizabeth le si stringeva di più addosso. Topson, invece, abbassò l’arma a sua volta, guardando il suo amico: non doveva essere facile per l’Investigatopo trovarsi di nuovo a un passo dalla vittoria e vedersela strappare per un ricatto tanto ignominioso. In lontananza, cominciarono a sentirsi dei rumori di fischietti e campanelle, segno che Tobias e Selena dovevano essere riusciti a trovare i rinforzi. Rattigan si voltò appena nella direzione da cui provenivano quei suoni, prima di tornare a guardare il gruppetto di topi davanti a lui. “Vi aspetto tra un’ora al laghetto delle ninfee nella serra di Kew Gardens. Inutile dire che, se vedrò anche solo l’ombra di un poliziotto, l’accordo salterà con conseguenze irreparabili”.

“Basil, non venire!” provò a dire Cornelia, solo per essere stretta con più violenza dal criminale.

“Avresti dovuto pensarci prima di tornare e di immischiarti” le sibilò lui all’orecchio, cominciando ad arretrare di qualche passo. “L’ora comincia a partire da adesso, non fare tardi, Basil” disse poi, guardando il suo rivale prima di saltare dentro uno dei tombini che i ragni avevano aperto per uscire in strada. Basil rimase a guardarlo per alcuni istanti, prima di voltarsi verso Topson e poi sua sorella la quale, riposta la pistola, aveva afferrato Elizabeth per un braccio e la stava trascinando verso di loro. Era scocciata e infastidita, notò il dottore, ma nonostante questo si astenne dal fare qualsivoglia commento, preferendo porre una domanda diretta al fratello:

“Ora come ci muoviamo?”

 

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Qualche minuto dopo, Basil, Topson, Brynna, i due Ansmauser che erano tornati, Elizabeth e suo padre, si trovavano seduti nel salotto di casa Morstan. La stanza, come anche tutto il pian terreno, erano stati messi sottosopra dagli scagnozzi di Rattigan che, dopo aver capito che i ragni non avevano alcun interesse ad attaccarli, avevano rubato quanto di prezioso erano riusciti a trovare, dandosi poi alla fuga prima dell’arrivo della polizia. Il signor Morstan e sua figlia erano a dir poco sconvolti da quanto stava accadendo: se ne stavano seduti sulla chaise-longue, mentre gli altri, raggiunto anche dal Laroux, discutevano sul da farsi.

“Perché quel demonio dovrebbe volere la signorina Morstan?” domandò l’Ispettore guardando Basil, il quale non esitò a rispondere:

“Perché la signorina ha collaborato a stretto contatto con lui ed è dunque a conoscenza dei suoi metodi e, forse, persino di parte dei suoi piani. Sarebbe una testimone chiave se riuscissimo a portarlo sul banco degli imputati e non può permetterselo”.

“Alla luce di questo, nonostante gli errori che ha commesso, mia figlia deve essere messa sotto protezione”. Disse il signor Morstan, stringendo la mano della topolina, che teneva gli occhi bassi ed era pallida in viso.

“Posso vagamente condividere la sua posizione, signor Morstan” gli rispose Brynna dall’angolo dove si era messa insieme a Selena e a Tobias “ma direi che non ha senso esporla. È chiaro che andremo all’incontro, dobbiamo solo decidere le modalità per raggiungere il nostro scopo ed evitare che qualcuno si faccia male”. Concluse, mantenendo fermo lo sguardo sul topo, che si alzò in piedi, andandole incontro con fare minaccioso.

“Vorreste dunque mettere a rischio la sua vita solo per salvarne un’altra?” le chiese, squadrandola. Brynna non si fece intimidire, scostando appena Tobias che, nel frattempo, si era messo in mezzo.

“No, signor Morstan, non ho detto questo. Tuttavia, se non proveremo a prenderlo stasera, correndo qualche rischio necessario, voi due non avrete mai pace, perché non smetterà di darvi la caccia. Poteva scappare e invece ci sta offrendo questa possibilità di catturarlo. La invito quindi a tornare accanto a sua figlia e a non aggravare la vostra posizione, mentre noi decidiamo il da farsi”.

Gli disse infatti, aspettando che tornasse al divano da Elizabeth, prima di rivolgersi al fratello.

“Qualche idea?” gli domandò.

“Molte, devo solo limare i dettagli per scegliere quella giusta”. Le rispose lui, il mento stretto tra le dita di una mano.

“Si aspetterà che proviamo ad ingannarlo” commentò Topson.

“Poco, ma sicuro, dottore. Si aspetterà addirittura che io mandi mia sorella al posto di Elizabeth” replicò l’Invesigatopo, guardando la sorella prima di proseguire “ma, proprio per quello che si aspetta, non è un’opzione che intendo prendere in considerazione”. Affermò, spegnendo così il sorriso che aveva cominciato ad allargarsi sul volto di sua sorella.

“Brynna” intervenne Elizabeth, avvicinandosi e intervenendo nella discussione “ti stai ancora riprendendo. Non puoi buttarti subito nella mischia”.

“È l’occasione per porre fine a questa storia, Selena. Farò la mia parte, se necessario, confidando che Sherringford sappia quello che fa”. Le rispose la maggiore dei Basil, guardando l’Investigatopo. Lui ricambiò in silenzio per qualche istante, prima di risponderle: “Tu conosci bene quella serra, vero?”

A quella domanda, lei replicò con un sorriso un po’ tirato: “Come le mie tasche, lo sai”.

“Quindi conosci anche le uscite secondarie”. 

“Una per una” rispose lei prontamente.

“Ottimo. Saresti così gentile da spiegarle all’Ispettore? Poi illustrerò a tutti il piano che ho escogitato”

“Ma Basil” lo chiamò Topson, mentre Brynna annuiva e si avvicinava a Laroux. “Rattigan ha detto niente polizia. Ignorare il suo ordine significherebbe condannare Cornelia a morte”.

“Non ho intenzione di ignorarlo, ma di tagliargli ogni possibile via di fuga, qualunque cosa accada”.

“E cosa pensi che accadrà?” gli chiese il dottore, non senza una certa preoccupazione. Basil sospirò, lanciando un’occhiata ai due Morstan, che avevano cominciato a parlare fitto fitto, stringendosi le mani.

“È ovvio che proverà ad ucciderla. Sa troppo”

“Allora perché non l’ha fatto quando eravamo là fuori? A quest’ora non dovrebbe rischiare un altro incontro con noi”

“Se le avesse sparato allora, ci sarebbero state alte probabilità che qualcuno di noi facesse altrettanto con lui. Dopo aver ucciso Elizabeth, avrebbe sicuramente eliminato una testimone chiave, ma non sarebbe sopravvissuto a lungo. No, in questo modo può ottenere una possibilità in più di farla franca e può provare a ristabilire la sua superiorità”.

“Anche nei tuoi confronti” commentò Topson con un’espressione un po’ amara, che l’Investigatopo ricambiò prima di rispondere.

“Già, ma comunque vada, dopo stanotte, le cose cambieranno”.

“Cambieranno? Vuoi dire che hai preso una decisione?”

Basil annuì, rivolgendo un’occhiata a sua sorella che stava tornando da loro.

“Sì, ma non è questo il momento di discuterne”. Concluse, mentre Brynna si fermava accanto a lui insieme a Laroux.

“Ho debitamente informato l’Ispettore, ora come procediamo? Dobbiamo muoverci, non manca molto all'ora dell’appuntamento” fece notare la topolina.

“Saremo puntualissimi, non preoccuparti” replicò Basil “Piuttosto, riesci a trovare degli abiti più comodi da metterti?”

“Signor Basil, mi oppongo” si intromise con fermezza Tobias, mentre un sorriso spuntava sul volto di Brynna che, senza attendere la discussione, lasciò a passo deciso la stanza. “Si sta ancora riprendendo e non può fare grandi sforzi”.

“Non ho intenzione di chiederglielo” replicò l’Investigatopo, incrociando le braccia al petto “ma è l’unica che conosce bene quel posto ed è la sola a sapere come uscirne in fretta, se necessario”.

“Lo so, ricordo anche io che ci andava spesso quando doveva seguire suo marito di nascosto, ma non mi sembra il caso di coinvolgerla nelle sue condizioni”. Gli rispose il dottore, saldo nelle sue posizioni.

“Tu e Selena l’avete portata qui, se non sbaglio” replicò Basil, con un sorrisetto che fece indispettire ancora di più Tobias, che infatti reagì:

“Per tenerla sotto controllo, non per vedere le cose degenerare così” gli disse, fronteggiandolo “Io capisco che sia necessario prenderlo per chiudere questa storia in modo definitivo, ma non fare scelte che potresti rimpiangere”

Basil stava per rispondergli, ma si interruppe quando vide sua sorella entrare nella stanza con indosso degli abiti maschili che le stavano un po’ larghi e che dovevano essere appartenuti a qualcuno dei bassifondi. Inarcò un sopracciglio: “E quelli da dove arrivano?” le chiese, incuriosito. Lei rise: “Prima che voi arrivaste, ho notato che stavano portando la Blackwood al piano di sopra. L’ho seguita per cercare di liberarla, ma una delle guardie ci ha scoperte. Sì, per la seconda volta, ed è stata di nuovo colpa sua”. Disse, rivolta al fratello, che aveva inarcato un sopracciglio. “Comunque, lei è riuscito a colpirlo con abbastanza forza da fargli perdere i sensi. L’abbiamo legato nella stanza che avevano usato per tenerla prigioniera e volevamo usare i suoi vestiti per mascherarla e farla scappare, ma abbiamo sentito del trambusto e siamo scese a vedere, solo per scoprire che eravate arrivati voi. Il resto lo sai”.

Basil continuò a guardarla, cedendo solo per un momento alla sorpresa, prima di tornare a rivolgere la sua attenzione al resto della stanza.

“Bene, ecco cosa faremo.”

FINE DEL CAPITOLO 

        

 

 

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Capitolo 36
*** Capitolo 35 ***


Capitolo 35

CAPITOLO 35

La serra era immersa nell’oscurità quando Basil e Topson la raggiunsero ed entrarono. Appoggiata al braccio del dottore, procedeva una figura femminile, tremante dalla testa ai piedi e con il viso coperto da una veletta a maglie fitte, dietro la quale era praticamente impossibile intravedere i lineamenti. Di tanto in tanto, Topson le batteva qualche colpetto sulla mano per farle coraggio, senza però ricevere alcuna risposta o reazione. La capiva e gli dispiaceva: aveva compiuto una mossa sbagliata, dettata forse dalla possibilità di ottenere un titolo a cui molti aspiravano senza fare troppa fatica. Era stato un terribile errore di calcolo e ora doveva pagarne le conseguenze.

Basil aveva ideato un piano che, almeno in teoria, avrebbe dovuto prevenire che qualcuno di loro si facesse del male, ma con Rattigan non si poteva mai sapere: quel demonio aveva una mente molto simile a quella dell’Investigatopo, ma intrisa di una malvagità che lo rendeva molto più imprevedibile, in quanto spregiudicato. Avrebbero dovuto fare molta attenzione ai loro movimenti, così come l’ispettore Laroux che, appostato fuori, doveva cercare di non farsi scoprire da eventuali sentinelle, o avrebbe compromesso tutto.

Brynna, invece, era stata incaricata di controllare i momenti degli agenti dall’esterno, ma Topson aveva visto Basil prendere in disparte la sorella per dirle qualcosa ed aveva il forte sospetto che avrebbe avuto anche un altro ruolo in quella storia. Per il momento, però, preferì concentrarsi sulla fase iniziale del piano, ovvero portare Rattigan allo scoperto e cominciare le trattative per provare a liberare Cornelia.

Secondo Basil, nonostante fosse altamente improbabile che gli scagnozzi del criminale lo avessero raggiunto in così breve tempo, non era impossibile che fosse riuscito a trovare qualcuno da cui farsi aiutare, magari anche solo per controllare che la polizia non intervenisse, come da sua richiesta. Intorno a loro, il silenzio regnava sovrano, rotto solo dal suono di qualche goccia d’acqua che cadeva da una foglia e precipitava nelle pozze sottostanti.

“Ma dov’è?” domandò il dottore, facendo sobbalzare la topolina accanto a lui. Basil non rispose subito, preso com’era dal guardarsi intorno per individuare il suo rivale nella serra.

“In qualche punto da cui può vedere tutto, per assicurarsi che rispettiamo le sue condizioni. Direi sopraelevato”.

Aveva ragione, ovviamente: quando si avvicinarono al centro della serra, videro che c’era una luce accesa su una delle fontane più alte. Era di pietra, costruita su due piani concentrici: sul piano più alto, si intravedevano delle ampie foglie che sembravano costituire una sorta di piccola foresta tropicale intorno a uno zampillo dal quale, durante il giorno – almeno così pensò Topson - l’acqua doveva scorrere da un piano all’altro, creando un gioco di correnti che probabilmente faceva muovere le piante che galleggiavano sulla superficie.

In quel momento, tuttavia, non era l’acqua a muoversi, ma Rattigan, il quale passeggiava avanti e indietro sul cerchio esterno, le mani intrecciate dietro la schiena, gli occhi fissi sui tre topi in arrivo.

“Bene, bene, bene. Siete arrivati giusto in tempo, quasi cominciavo a pensare che Brynna fosse riuscita a convincerti a desistere, Basil” li accolse beffardo, mentre i tre si fermavano davanti alla fontana.

“Ah, il trucco della donna velata… un po’ datato, non trovi? Molto irritante, soprattutto”

“Dov’è Cornelia?” chiese l’Investigatopo, ignorandolo e ottenendo una risata in risposta.

“È qui vicino a me e sta bene, non temere. Nonostante la tua opinione su di me, sono uno di parola. Tuttavia, a questo punto, vorrei che le trattative si svolgessero allo scoperto, se capisci cosa intendo”

“Oh, capisco perfettamente, ma un accordo del genere prevede un’azione equa da ambo le parti, non trovi?”

“Trovo che tu non sia nella posizione di trattare. Ho letteralmente il coltello dalla parte del manico, vedi?”

Rattigan sollevò un pugnale che teneva stretto in una mano, mostrandolo ai tre topi con un ghigno. Topson deglutì a vuoto: sembrava che la situazione si stesse avvicinando a uno stallo molto pericoloso, che difficilmente si sarebbe sbloccato senza fare vittime o danni. Si voltò a guardare il suo socio e vide che teneva gli occhi fissi su Rattigan, quasi a volerlo tenere inchiodato. Che stava facendo? Perché non faceva qualcosa di pratico oltre a parlare? Aveva fiducia nel suo amico, ma quella fase di incertezza lo stava rendendo nervoso e, a giudicare dal tremore della zampa della topolina accanto a lui, non era l’unico a sentirsi così. Si azzardò a distogliere per un momento lo sguardo dal criminale per controllare l’ambiente che li circondava, sperando di scorgere qualcosa, qualunque cosa che indicasse che la situazione non era così disperata come sembrava.

Sopra la fontana, legata saldamente allo stello di una pianta acquatica, Cornelia ascoltava quello che poteva della conversazione, anche se era difficile sentire con chiarezza cosa stesse dicendo Basil. Aveva finito le lacrime da un po’, ormai: Rattigan aveva tenuto fede alla sua parola e, a parte malmenarla un po’ per immobilizzarla, non le aveva fatto alcun male. Il pianto della topolina era stato causato dalla rabbia, dall’umiliazione, dal fatto di essere stata, per l’ennesima volta, la causa di una situazione spinosa e difficile da risolvere. Alzò gli occhi sul professore che, fermo davanti a lei, fissava il punto in cui dovevano trovarsi Basil, Topson e qualcun altro. Era improbabile che si trattasse di Elizabeth, l’Investigatopo non l’avrebbe mai esposta a un pericolo certo come quello, nonostante quello che aveva combinato. Doveva sicuramente trattarsi di Brynna, ma aveva ben poca importanza a quel punto: come prevedeva di uscirne? Come poteva anche solo sperare che Rattigan cedesse ai suoi patti e che tutti ne sarebbero usciti incolumi in quella situazione? Era inutile anche arrovellarsi su quelle domande, dato che lei, catturata per l’ennesima volta, avrebbe potuto fare ben poco se non aspettare.

Proprio mentre stava sospirando, però, sentì qualcosa premerle sulla bocca e sul naso, soffocando anche un grido che le sorse spontaneo. Si accorse che si trattava di una mano e che, lentamente, mentre il suo respiro affannato si assestava, stava cominciando ad allentare la stretta. Un movimento alla sua sinistra la fece voltare e fu così che si trovò davanti il volto di Brynna che, senza dire una parola, le fece cenno con la mano libera di fare silenzio. Lei annuì leggermente e vide l’altra topolina sparirle alle spalle. L’attimo successivo, cominciò a sentirla armeggiare con i nodi che le tenevano bloccati i polsi e le caviglie. Stava succedendo tutto molto in fretta e la sua mente, stanca e provata dalle mille emozioni di quei giorni, tardava a reagire come forse si sarebbe aspettata. Da una parte era un bene, perché, considerando gli ultimi eventi, se avesse provato a collaborare troppo attivamente avrebbe rischiato di rovinare tutto. Tenne dunque gli occhi fissati su Rattigan, il quale, almeno per il momento, sembrava all’oscuro di quanto stava accadendo. Forse era quello il trucco? Forse gli stavano facendo credere che Brynna fosse di sotto con Basil? Oh, ora cominciava a capire: era geniale, certo, ma anche molto rischioso, considerando il fatto che, da quello che poteva vedere, Rattigan si stava infastidendo sempre di più e stava lentamente perdendo la pazienza. Quanto ci avrebbe messo per pensare di coinvolgerla, di portarla davanti a Basil per ricordargli con cosa stava giocando?

Fortunatamente, anche Brynna sembrava saperlo: Rattigan era stato eccellente con i nodi, ma lei doveva essere venuta attrezzata, dal momento che, qualche istante dopo (anche se a Cornelia parve un’infinità), le corde si allentarono, lasciando liberi i polsi e le caviglie della topolina, la quale, però, rimase immobile, almeno all’inizio. Si concesse giusto di voltare la testa per cercare con lo sguardo il volto di Brynna che, in effetti, comparve poco dopo nel suo campo visivo.

Usando di nuovo dei gesti, le fece capire che doveva seguirla, stando però attenta a dove metteva i piedi: la cima della serra, in effetti, era un groviglio di rampicanti e foglie umidi e scivolosi, su cui sarebbe stato facile cadere e rovinare tutto.

Annuendo all’altra, Cornelia cominciò a muoversi, seguendola dalla parte opposta rispetto a Rattigan, ben attenta a dove posava i suoi passi: quella volta, era determinata più che mai a non rovinare tutto, considerate le volte precedenti, e a fare in modo che tutta quella brutta storia finisse. Se fosse riuscita a sfuggirgli, Rattigan sarebbe rimasto con un pugno di mosche e sarebbe stato più facile per loro sconfiggerlo una volta per tutte. Forse sarebbe diventato ancora più pericoloso, in quanto disperato, ma non ci sarebbe più stato alcun deterrente a fermare Basil dall’impiegare qualunque arma possibile per sconfiggerlo. Da un lato, quel pensiero la fece rabbrividire, ma non c’era tempo per le preoccupazioni o per eventuali rimorsi: quella storia durava da troppo tempo e aveva rovinato troppe vite per poter proseguire ancora. Persa in quei pensieri, Cornelia continuava a seguire in automatico Brynna, evitando con attenzione di mettere i piedi nel punto sbagliato. Improvvisamente, la vide fermarsi sul bordo della parte alta della fontana e afferrare qualcosa, prima di voltarsi per farle cenno di avvicinarsi. Quando ebbe coperto la distanza che la separava dalla topolina, quest’ultima si avvicinò per sussurrarle all’orecchio: “Prendi questo rampicante e calati giù. Sherringford mi ha detto che sei in grado di farlo”.

Non era esattamente quello che si era aspettato, ma non era certo il momento di replicare o di provare a dire qualcosa, anche perché Brynna continuava a guardare nella direzione di Rattigan con evidente preoccupazione, cercando di cogliere alcuni cambiamenti nella sua voce o nel tono, per capire se si fosse accorto dell’inganno.

Proprio quando Cornelia aveva afferrato il rampicante e stava per calarsi, sentirono quello che temevano: un ruggito giunse alle loro spalle, seguito da un suono di passi affrettati nella loro direzione. Tra le due topoline calò un istante di silenzio terrorizzato, finché Brynna non si mosse per guardare di sotto.

“Cambio di programma” disse a Cornelia, mentre, alle loro spalle, i passi si facevano più vicini.

“Sei impazzita?” Le chiese l’altra, guardando anche lei l’acqua ferma sottostante. “È troppo alto, ci schianteremo”

“Non so te, ma, considerata l’alternativa, preferisco correre il rischio” Le rispose Brynna, prendendola per un braccio. “Forza, salta!”

Cornelia era tutto fuorché convinta: il balzo era davvero alto e, anche nel caso in cui fosse riuscita a non farsi troppo male, non era scontato che sarebbe riuscita a nuotare fino al bordo e a issarsi.

“Eccovi qui!”

Bastò tuttavia quella voce minacciosa e fuori di sé per la rabbia a darle la spinta che le mancava per muoversi. Un ultimo sguardo a Brynna, poi si gettò nel vuoto. Il volo sembrò non finire mai e l’impatto violentissimo con l’acqua rischiò di farle perdere i sensi. Riuscì comunque a rimanere cosciente e a nuotare verso la superficie, prendendo una gran boccata d’aria e nuotando subito verso il bordo. Quest’ultimo era alto, ma, per fortuna, sembrano esserci dei piccoli appigli a cui lei si aggrappò per issarsi oltre il bordo. Era fradicia, stanca, stravolta, ma ce l’aveva fatta.

Mentre cercava di recuperare il fiato, però, colse l’occasione per voltarsi e guardarsi intorno: cercò anzitutto Rattigan il quale, per qualche motivo, sembrava aver scelto la via del rampicante. Era veloce, certo, ma in quel modo stava regalando un bel vantaggio a lei e a Brynna.

Già, Brynna…

Voltandosi di nuovo, cercò la maggiore dei Basil e si accorse con orrore che non era ancora risalita. Ci stava provando, ma i gemiti che emetteva mentre si aggrappava al bordo non erano per niente rassicuranti. Senza esitare ancora e senza porsi troppe domande, Cornelia le si avvicinò per aiutarla a risalire il più in fretta possibile, visto che Rattigan era quasi arrivato in fondo al rampicante.

Furono istanti infiniti e, quando alla fine Brynna riuscì a scavalcare il bordo, si accasciò sul terreno fangoso, gli occhi serrati e un’espressione dolorante sul viso, il braccio destro posato sul lato sinistro del petto, mentre lei cercava di recuperare il fiato.

“Vai…” disse con un tono così basso che Cornelia a stento riuscì a sentire quello che stava dicendo. “C’è… un buco… dritto davanti a noi. Vai… vai lì ed esci”

“E tu?” chiese l’altra, guardandola con preoccupazione: più passava il tempo, più si rendeva conto che Brynna non accennava a riprendersi, probabilmente perché, pensò Cornelia, non si era ancora ripresa del tutto dal trattamento che le aveva riservato Rattigan e qualche ferita doveva essersi riaperta.

“Vuole te” le rispose l’altra. “Devi… uscire da qui” continuò poi, prendendo un respiro più profondo per provare ad alzarsi, ma cadendo di nuovo contro la fontana e gemendo più forte dal dolore. “Maledizione…” borbottò poi, appoggiandosi con la testa alla pietra e mordendosi il labbro inferiore.

Cornelia la fissò per un momento, indecisa sul da farsi: ogni volta in cui aveva disobbedito agli ordini era successo qualcosa di brutto, ma quando alzò lo sguardo e vide che Rattigan, dopo essere sceso dalla liana, stava cominciando ad avvicinarsi utilizzando una specie di grossa ninfea come zattera – perché diamine si ostinasse a non volersi bagnare era un mistero per la topolina – decise che, anche quella volta, avrebbe fatto di testa sua. Dunque si chinò in avanti, passando un braccio intorno alla vita di Brynna, che cominciò a protestare.

“No, no, te ne devi… andare subito” le disse, seguendola comunque nei movimenti e cominciando ad alzarsi.

“Sì, così tuo fratello stavolta mi uccide sul serio. Bel piano, Brynna, ma non funzionerà” le rispose Cornelia, tirandola in piedi e poi prendendole un braccio per passarselo intorno alle spalle. “Tanto abbiamo tempo” aggiunse, mettendosi a camminare verso l’uscita.

“C-come?” domandò Brynna, arrancando accanto a lei.

“Sta evitando l’acqua, non se è perché…”

Avevano appena raggiunto dei cespugli enormi con delle foglie molto ampie. Mancava poco ormai all’uscita e, infatti, Cornelia intravide tra le piante il buco di cui aveva parlato Brynna. Affrettò il passo in quella direzione, tirandosi dietro la sorella di Basil, che faceva sempre più fatica.

“Coraggio, non manca molto” le disse, non sapendo bene se stesse incoraggiando lei o se stessa, quando la sentì barcollare e quasi strattonarla verso il basso. Mentre stava cercando di recuperare l’equilibrio, si voltò indietro e si accorse con orrore che Rattigan era riuscito a raggiungere l’orlo della vasca e si stava arrampicando, stringendo qualcosa di luccicante in mano che lei non riuscì a distinguere. Decise comunque di non soffermarsi per capire cosa fosse e di procedere verso il buco nella serra. Di punto in bianco, si sentì letteralmente abbracciare da dietro una foglia e tirare da un lato insieme all’altra topolina. Il movimento improvviso le tolse il fiato, impedendole di urlare o di emettere alcun verso, a parte un gemito strozzato che la interruppe nel mezzo della frase.

La sua prima reazione fu quella di provare a difendersi da chiunque le avesse attaccate, ma, passato il momento di sorpresa, si accorse che lei e Brynna erano state tirate al riparo di una pianta molto ampia e profumata, appena prima che Rattigan arrivasse a mettersi in piedi sull’orlo della vasca e a guardarsi intorno. La soluzione che avevano trovato – o meglio, che aveva trovato loro – non era ottimale, ma era sempre meglio che finire nelle zampe del Professore che, almeno da quanto poteva intravedere Cornelia da dietro le foglie, era sceso dalla fontana e aveva cominciato a cercarle come un segugio inferocito, i movimenti rapidi e scattanti, qualcosa di luccicante stretto nel pugno. Quando poi lo vide passare sotto un raggio di luna che filtrava dalla sera, capì di cosa si trattava e perché lui non si era buttato in acqua per inseguirle.

“Ha una pistola” sussurrò tra sé, arretrando tra le foglie, vicino a Brynna e a chiunque le avesse tirate dietro le piante. Voltandosi, vide che la maggiore dei Basil se ne stava accasciata contro l’altra figura, la quale le teneva una mano sulla bocca, anche se non sembrava con cattive intenzioni. Il braccio libero, infatti, era stretto intorno alla topolina con fare quasi protettivo e Brynna non stava provando a divincolarsi, anzi, stava sfruttando quella mano per lasciare andare dei versi di dolore che, soffocati dalle dita dello sconosciuto, non potevano essere sentiti da Rattigan. Guardandolo meglio, Cornelia si rese conto che quel topo le sembrava anche stranamente familiare, ma non riusciva a ricollegare dove lo avesse visto o come lo avesse conosciuto, anche perché aveva una sciarpa avvolta intorno alla parte bassa della faccia e solo gli occhi e la fronte erano scoperti. Quando lui vide che lei lo stava guardando, si portò un dito alla bocca e si sporse un po’ tra le foglie, cercando di vedere a sua volta cosa stesse facendo Rattigan. Dopo qualche istante, giunse una voce dall’altra parte della fontana e Cornelia la riconobbe: anche Basil li aveva raggiunti.

“Rattigan! È finita, ti abbiamo preso. Arrenditi ora, finché puoi”

Per tutta risposta, nell’aria echeggiò uno sparo, che fece quasi gridare Cornelia e la spinse a sporgersi dietro le foglie per cercare di vedere qualcosa, senza successo.

“Io sono armato, tu no. Chi ha preso chi?” ribatté il Professore, dopodiché la topolina sentì un rumore di passi affrettati, lontani da loro.

“Ci sta facendo guadagnare tempo” disse il topo accanto a lei, che, dopo aver posato delicatamente Brynna a terra, si era avvicinato a Cornelia. “Ecco cosa devi fare: vai all’uscita e cerca Laroux con i suoi. Sono appostati nelle vicinanze e sanno di doversi muovere quando ti vedranno uscire. Di’ che entrino e che si preparino a qualunque cosa: questa volta non deve scappare”

La topolina lo guardò, stupita, incapace di parlare: ora che lo vedeva ancora più da vicino, era ancora più sicura di conoscerlo.

“Chi sei?” gli chiese infatti, vedendolo poi alzare gli occhi al cielo.

“Brynna ha ragione: fai troppe domande stupide” le disse e Cornelia avrebbe ribattuto, ma un altro sparò esplose da qualche parte intorno a loro, facendola sobbalzare. “Vuoi l’invito scritto? Forza! Se lo raggiunge o lo colpisce, non ci sarà più niente da fare” la incalzò poi il topo e fu questo a convincerla ad alzarsi e a correre verso l’uscita, dopo aver lanciato un’occhiata verso la fontana, per assicurarsi che Rattigan non fosse nei paraggi.

Era la seconda volta che lasciava Brynna, ubbidendo all’ordine di andare a cercare aiuto, ma in quel caso aveva la sensazione che fosse la scelta più giusta e che, chiunque fosse il topo che era con lei, sembrava volerla tenere in vita. Con questi pensieri, corse fuori il più velocemente possibile, sentendo ancora un altro sparo. Per paradossale che fosse, si rese conto che era un bene continuare a sentire quei rumori: se Rattigan continuava a sparare era perché non aveva ancora colpito Basil, quindi aveva ancora tempo.

L’aria fresca che la accolse fuori dalla serra la fece fermare un momento a prendere fiato: si era sentita soffocare, là dentro, sia per la situazione in cui si era trovata, sia per il caldo opprimente e ora, sentendo una flebile brezza che le sfiorava il pelo, le sembrò di tornare a vivere. Fu un attimo, poi si accorse che alcune figure si muovevano verso di lei e riconobbe l’ispettore Laroux, che si avvicinava cautamente con i suoi uomini.

“Signorina, state bene?” Le chiese, fermandosi per un momento accanto a lei, che annuì, mentre i topi di Scotland Yard si avvicinavano al buco della serra e si preparavano a fare irruzione. Dietro, seduti su un sasso, Cornelia scorse anche Topson ed Elizabeth, visibilmente scossa, che dovevano essere riusciti a scappare mentre Rattigan inseguiva lei e Brynna. Accanto a loro, c’era un topo che ricordava di aver intravisto a casa di Elizabeth e che sembrava conoscere bene Basil, ma non ricordava il nome. Fu proprio quest’ultimo ad avvicinarsi a lei con un’espressione preoccupata e a bruciarla sul tempo, mentre stava per rispondere all’Ispettore.

“Brynna, dov’è?”  un altro colpo di pistola risuonò, seguito subito dopo da un rumore di vetri infranti che fecero istintivamente chinare tutti a terra. I topi che stavano per entrare tornarono sui loro passi e si schierarono nella direzione dalla quale erano provenuti quei suoni, puntando le loro armi, ma non accadde niente. L’istante successivo, però, un altro sparo ancora squarciò il buio in un altro punto della serra.

“Si stanno inseguendo”

Mormorò il topo che l’aveva interpellata prima, gli occhi rivolti alla serra.

“Io vado dentro a cercare Brynna. Ispettore, voi dovreste irrompere” aggiunse poi.

“Se irrompiamo, gli lasciamo campo libero per scappare” ribatté Laroux, dando una rapida occhiata ai suoi uomini. “Stavolta non ce lo possiamo permettere”

“Allora dovremo cercare di portarlo fuori. Tenetevi pronti”

“Dottor Ansmaueser, non faccia…” si intromise Topson, lasciando per un momento Elizabeth da sola.

“Dottor Topson, non ho intenzione di buttarmi nella mischia, ma dentro c’è una mia paziente e, allo stato attuale, potrebbe non solo essere in pericolo, ma anche causare una distrazione. La questione deve essere chiusa entro stanotte e non possiamo permetterci altri errori”. Lo fermò l’altro, prima di voltarsi di nuovo verso Laroux. “Io cercherò di portarla fuori e di capire la situazione all’interno, vi aggiornerò il prima possibile. Signorina Blackwood, dove ha detto che la posso trovare?”

Qualche istanti dopo, Cornelia, frastornata, aveva dato tutte le informazioni a quel dottore, il quale, senza esitare più, sparì nel buco da cui era uscita lei, mentre altri spari risuonavano nella serra.  

 

N.A. Vi rubo solo qualche altro secondo per dire che il capitolo è dedicato ad ary_anna, la quale, ogni tanto, mi lascia un commento molto carino e gentile ai vecchi capitoli. Davvero, grazie di cuore. Il merito di questo aggiornamento è tutto tuo.

Spero che possa piacerti.

 

 

 

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