Una nuova amicizia

di Pinker
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap I: La nuova terra ***
Capitolo 2: *** Cap II: La cometa ***
Capitolo 3: *** Cap III: Le due principesse ***



Capitolo 1
*** Cap I: La nuova terra ***



Erano di già finite le mini-vacanze che Blaze si era concessa.

Era stata ospitata a casa del supersonico riccio blu e del suo amico per una settimana, lasciandosi trasportare dal divertimento che i suoi amici le proponevano: cinema, montagne russe, concerti, osservare le lucciole e le stelle di notte, esilaranti battaglie rap tra Sonic e Knuckles, correre sui tetti ignorando le code dei gatti pestati... eh, sì, un sacco di cazzate che si doveva proprio concedere.

Le dispiaceva lasciare di già Sonic, Tails e tutti i loro amici, ma doveva tornare nel suo mondo.

Nonostante le insistenti richieste di tutti, Blaze sapeva benissimo che il suo posto era nella Sol Dimension, a regnare i suoi sudditi e a garantire la corretta amministrazione del suo Impero.

Essendo una regina, sapeva qual era il suo posto.

Anche se un po' di tristezza le veniva comunque; era da anni che non si sentiva così bene.

“Sei sicura che non possano aspettare ancora un po'? Non ci dispiacerebbe ospitarti ancora per una settimana o due.” ritentò Sonic, speranzoso che la sua cara amica accettasse. Lui la trovava una persona con cui era piacevole passare il tempo, e le voleva molto bene. Erano più stretti di quanto qualcuno potesse mai pensare, anche se erano molto diversi. Il peccato era che lei proveniva da un'altra dimensione che la teneva occupata costantemente, e forse doveva ringraziare che fosse venuta per quella settimana. Questo contribuiva al fatto che la riuscisse a vedere solo ogni morte di Papa, e gli dispiaceva non trattenerla di più. Ma sapeva che Blaze era molto severa con sé stessa e con le sue responsabilità, che di certo non erano piccole.

“No, Sonic. Grazie per avermi ospitato, ma devo tornare a casa.” rispose Blaze, tirando un sospiro.

Tails assisteva allo scambio di dialoghi dei due amici in silenzio, sapendo che non poteva far niente per convincere Sonic a lasciar perdere e Blaze a restare.

“E naturalmente grazie anche a te, Tails.” continuò Blaze, rivolta verso il volpino con un dolce sorriso. La volpe ricambiò il sorriso.

“Non c'è problema, ritorna quando vuoi. Ah, e quando arrivi, mi saluti Marine?” chiese Tails.

La gatta annuì: “Certamente.”

“Certo che è un vero peccato che Marine non sia potuta venire.” aggiunse Sonic, entrando a random nella conversazione, giusto per allungare il tempo alla partenza.

“Già.” concordò la principessa. Povera Marine, proprio un paio di giorni prima della partenza si era raffreddata, ed era dovuta restare a letto con la febbre a 40°.

Ovviamente Blaze si era offerta di non andare per restare ad accudire l'amica, ma Marine è stata piuttosto decisa su quello che voleva.


Marine era sdraiata nel suo letto, completamente avvolta nella sua coperta rossa e con uno straccio umido sulla fronte. Aveva una cera orribile, per di più.

Tu vai, Blaze. Va' pure in vacanza, non devi restare per me.” disse teatralmente, portandosi il braccio sulla fronte, mentre Blaze le prendeva la temperatura. La gatta roteò gli occhi al fare della piccola prociona.

40°, Marine. Non puoi rimanere da sola.”

Aspetta- cosa?” esclamò la ragazzina.

Posso sempre rimanere con Gardon, non c'è bisogno che tu rimanga.”

La gatta alzò un sopracciglio.

Preferisco tenerti sott'occhio. E poi posso sempre andare un'altra volta, Sonic di certo capirà-”

Senti gioia.” interruppe Marine, mettendo via la sua parte teatrale e assumendo un tono scocciato, “Se pensi che lascerò che il tuo fondo schiena resti qui per me, ti sbagli di grosso, compare! Ora vai là, fai meno l'asociale possibile e salutami Tails. Anche Sonic, ma non dimenticarti di Tails.” le ordinò l'amica. Blaze sospirò e andò a preparare tutto quello che c'era da preparare.


“Ora sarà meglio che vada sul serio.” aggiunse Blaze dopo un po', pronta ad andarsene.

“Woah woah sono quasi le 4 e mezza del pomeriggio! Sei sicura di non volerti fermare per merenda?” chiese Sonic allegro, sperando che ci stesse almeno per la merenda pomeridiana.

A questo stupido tentativo, Tails non resistette a guardare il suo amico blu con la fronte aggrotata nella sua tipica espressione 'Sonic, per favore!'. La gatta, ovviamente , roteò gli occhi, ma sorrise.

“No, Sonic. E ora smettila di farmi perdere tempo. Andiamo Tails!” disse, dirigendosi poi in cantina. La volpe annuì e le fu subito dietro, mentre un reclutante Sonic li seguì più lentamente.

In cantina c'era l'invenzione di Tails che le avrebbe permesso di teletrasportarsi nel suo mondo.

Era un grande anello metallico dal diametro di 3 metri che, con l'energia necessaria, funzionava come un portale creato con gli smeraldi del Chaos o del Sol.

Tails si mise nella sua postazione ed iniziò a digitare pulsanti collegati al portale.

Blaze si sentì picchiettare le spalle: si voltò e vide Sonic, sorridente anche se un po'...triste?

“E' volata questa settimana, devo ammetterlo...” ridacchiò Sonic, grattandosi la nuca.

“...Buon viaggio, Blaze.” e abbracciò l'amica. Blaze ricambiò l'abbraccio.

“Non fare così il tragico, non è un addio.” lo rincuorò la gatta.

“Oddio, spero di no.” rise Sonic, lasciando di nuovo l'amica “Spero solo di rivederti presto!”

“Anche io!” si intromise Tails, che si sentiva un po' escluso dai saluti sdolcinati dei due.

Il volpino digitò ancora qualcosa per poi annunciare: “E' pronto.”

Tirata una leva, il portale iniziò ad illuminarsi di biancastra energia.

“E' ora. Ciao Blaze!” salutò Sonic, agitando la mano.

“Ciao ragazzi, grazie di tutto!” salutò a sua volta la gatta, incamminandosi verso il portale.

“Ciao ciao Blaze!” salutò Tails, ma lei era già entrata.

I due amici rimasero per un paio di secondi a guardare il portale sorridenti.

I loro sorrisi, però, sparirono in un istante quando sentirono l'allarme iniziare a suonare brutalmente e rumorosamente. Le espressioni tranquille dei due cambiarono in spavento.

Il portale tremava, e così tutto lo scantinato, mentre la luce biancastra del portale cambiava colore freneticamente.

Tails faceva del suo meglio, e continuava a premere agitatamente i pulsanti per far smettere quell'affare.

“TAILS! CHE SUCCEDE?!” urlò Sonic, cercando di farsi sentire nonostante il rumore dell'allarme.

Il volpino ignorò alla grande la domanda del suo amico, concentrandosi su una cosa ben più importante: fermare quel coso prima che si autodistruggesse.

Dopo alcuni interminabili secondi, in cui Sonic si sentì perfettamente inutile, Tails riuscì a far smettere l'attività del portale, il quale fece una bella esplosione finale.

Entrambi gli amici, nel sentire l'esplosione, chiusero gli occhi e si coprirono la faccia con le braccia, in difesa.

Quando non sentirono più nulla, osarono sbirciare verso il portale.

L'enorme aggeggio metallico era mezzo distrutto, e l'altra metà era nera carbonizzata e odorava di bruciato.

I due guardarono pietrificati la scena.

“Oh no...” mormorò debolmente Tails dopo un po'.

“Tails?” chiamò Sonic, preoccupato “Dov'è adesso Blaze?”


Blaze era entrata nel portale tranquillamente.

Tutto intorno era bianco e scorreva tranquillamente, sembrava tutto normale. Ma non durò molto.

Di colpo, tutto intorno divenne nero, la testa di Blaze cominciò a girare e poi lei si sentì precipitare nel vuoto, in un vortice turbolento di confusione.


In un batter d'occhio, il nero divenne luce. Le orecchie le fischiarono per qualche secondo.

La prima cosa che la gatta vide fu un cielo azzurro e sereno, con qualche innocua, piccola, soffice e bianca nuvoletta.

Blaze the cat recuperò piano piano i sensi.

Si svegliò che si trovava sdraiata su un'enorme distesa di erba selvaggia e verde, sotto un cielo di una bellissima giornata.

Aveva la testa pesante, ma riuscì a mettersi seduta. Si guardò intorno: non c'era un solo edificio, una foresta, niente.

La fresca prateria si stendeva a perdita d'occhio, e non c'era che verde all'orizzonte.

-Dove sono finita? - si chiese la gatta lilla, continuando a guardarsi intorno.

-Questo non è di certo il mio mondo. - pensò, alzandosi in piedi e spolverandosi i vestiti. Fortunatamente la testa aveva smesso di farle male, ed ora si sentiva nuovamente a posto.

-Deduco che il macchinario di Tails si sia sbagliato.- pensò con un sospiro, poi si ricordò dello strano evento nel portale.

-Cosa sarà successo?- si chiese, cominciando ad immaginarsi dei possibili scenari.

-Cos'è che è andato storto?-

Stare lì, comunque, non sarebbe servito a nulla. L'orizzonte era delineato dal profilo ondoso delle colline. Le dispiaceva un po' lasciare quel posto così pacifico, così rilassante...

A malapena le faceva ricordare che non sarebbe dovuta trovarsi lì.

Fece un respiro profondo e si mise a correre verso le colline.

Con una velocità come la sua ne raggiunse una in pochi secondi, e si mise in cima.

Da lì ebbe una visuale più vasta, e notò che la prateria non si stendeva molto di più di quello che credeva: a pochi centinaia di metri, poteva chiaramente notare dei promontori molto simili a quelli di Green Hill, ma molto più selvaggi.

La brezza iniziò a soffiare più forte, scompigliandole i capelli e il pelo in modo agitato.

I dintorni cominciarono a scurirsi sempre di più. La gatta si girò confusa, tenendo gli occhi socchiusi in modo che il vento sempre più forte non le desse troppo fastidio.

Degli enormi nuvoloni neri, che prima non c'erano, avevano oscurato il sole e alcuni lampi si intravedevano tra le nuvole cariche di tempesta.

Rabbrividì a come fossero veloci a muoversi.

Doveva sbrigarsi a trovare dove ripararsi, se non voleva essere avvolta dal temporale.

Si voltò di nuovo verso i promontori, e si mise a correre.

S fermò solo quando raggiunse i piedi della montagna, e ci trovò, fortunatamente, uno spiraglio, e ci si infilò. Si accoccolò più che poté per poterci stare, portando le gambe in posizione fetale e stringendosi le ginocchia con le braccia.

Sentì qualche tuono, e poi lo scrosciare di una forte pioggia. Sbirciò fuori, mentre la pioggia picchiettava forte. La gatta sospirò.

Dov'era finita? Come faceva a ritornare a casa? Dove avrebbe iniziato a raccogliere indizi, in quel posto dimenticato dagli uomini?

Diede ancora un'occhiata scocciata alla pioggia, che sembrava aumentare sempre di più.

-Per il momento immagino che non vado da nessuna parte.- si disse tra sé e sé.

Non sapeva nemmeno quanto fosse sicuro quel posto, quella grotta.

Lasciò che la fronte si premesse sulle ginocchia, e chiuse gli occhi.


“Tails, come facciamo a rintracciare Blaze?” chiese per l'ennesima volta il riccio blu al suo amico, preoccupatissimo; erano ormai passate tre ore da quando il portale era esploso.

“H-hai detto che ci sono possibilità che lei abbia già attraversato il portale, giusto??”

Il volpino maneggiava con i controlli della sua creazione.

“Sonic, te l'ho già detto che non devi sperare troppo: c'è solo il 10% delle probabilità che fosse già arrivata di là, quando il portale è esploso.” rispose di nuovo all'agitatissimo compagno.

Tuttavia, capiva l'inquietudine dell'amico: anche lui aveva paura per la gatta.

Poteva essere ovunque, in condizioni ignote o magari le particelle del suo corpo erano imprigionate nel portale, o erano svanite nel nulla.

Tails non aveva mai costruito portali comunicanti con due diversi dimensioni, quello era il suo primo portale dimensionale. Una macchina sperimentale, ma la prima volta che la usarono, ovvero quando Blaze era partita dal suo mondo, aveva funzionato, dato che lei era arrivata sana e salva dall'altra parte, nel mondo di Tails e Sonic.

Per quanto ci avesse provato, il ragazzino non riusciva a capire cosa non avesse funzionato.

Voleva scoprirlo a tutti i costi, ma c'era un'altra cosa ancora più importante da fare.

“Ancora un attimo di pazienza, Sonic.” disse al suo amico riccio, il quale stava osservando l'aggeggio con preoccupazione “Sto calcolando le coordinate.”

Il macchinario di Tails era, fortunatamente, attrezzato di una specie di “scatola nera”: qualsiasi cosa succedesse, questo oggetto sapeva perfettamente dove finiva il contenuto del portale.

La fronte di Tails gocciolava sudore dallo stress, mentre digitava i pulsanti per le informazioni che gli servivano.

A un certo punto, il macchinario iniziò a sputare fuori le coordinate scritte su un lungo fogliettino di carta.

“Grazie al cielo!” Tails sentì udire dal compagno, il quale era improvvisamente sollevato.

Il volpino sorrise soddisfatto, felice che la sua macchina sapesse almeno localizzare la loro amica.

Prese in mano il foglio del resoconto, e iniziò a leggerlo; all'inizio fu sorpreso, e sgranò gli occhi incredulo e confuso, ma più continuava a leggere le informazioni a sua disposizione, più la sua espressione si tramutava in preoccupato.

-Non è possibile...!- si disse alla fine, e forse lo sussurrò anche, dato che il suo amico lo richiamò.

“Tails! Che succede? Tutto bene?” Sonic si avvicinò di più alla postazione dove si trovava il suo amico.

Il volpino lo guardò in faccia, e Sonic poteva leggere perfettamente che la situazione era grave.

Non voleva comunque sembrare troppo in panico davanti al suo amico più piccolo, e cercava di auto convincersi che Tails avesse letto che la sua amica fosse finita massimo nella base di Eggman.

“Allora Tails? Dov'è Blaze?” chiese al suo amico.

“E' a Green Hill...” iniziò con difficoltà il volpino. Sonic rimase molto sorpreso della sua risposta.

“Qui a Green Hill??” ripeté incredulo, chiedendosi perché il suo compagno fosse così preoccupato.

Sonic era già a un passo per iniziare a correre attorno a Green Hill, quando Tails aggiunse:

“O meglio, oggi si può dire che era a Green Hill...”

Quella frase bloccò completamente il riccio. Lo guardò confuso come non mai.

“Cosa vuol dire??”

Il volpino riguardò attentamente le coordinate.

“Tails...?” lo richiamò l'amico, avvicinandosi a quest'ultimo.

Tails, ormai del tutto sicuro, guardò il suo amico dritto negli occhi, e gli rivelò il problema.

“Blaze è a Green Hill...4000 anni fa!”

N.B: Salve a tutti!

Rieccomi con una nuova storia! In teoria dovrei essere qui a finire l'altra, ma mi era veuta l'ispirazione per questa nuova.

Tanto per essere chiari, non ha nulla a che fare con la ff sulla Shadaze. Giusto per essere chiari.

Spero che anche questa vi piaccia

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Capitolo 2
*** Cap II: La cometa ***


Blaze mugugnò nel sonno.

Man mano che riacquistava i sensi, sentiva l'odore del fresco dopo pioggia.

Alzò la testa e guardò verso l'entrata della grotta in cui si era, stupidamente, addormentata.

Fuori era già buio, ma non era di certo un problema per lei.

Notò che aveva smesso di piovere: non c'era neanche il suono di una singola goccia.

Sembrava tutto calmo. Blaze respirò a pieni polmoni l'aria fresca e pura che entrava nella caverna, per risvegliarsi del tutto.

L'unico lato negativo era la penetrante umidità che si manifestava sulle pareti dell'incanalatura naturale. Blaze si riscaldò con il suo potere affinché non rabbrividisse dal pungente freddo.

Blaze iniziò a fare mente locale: doveva ancora capire cosa fosse successo mentre stava passando il portale, e soprattutto doveva capire dove fosse finita.

Rimanere lì sarebbe stato controproducente, quindi si alzò, facendo attenzione a non urtare la testa contro il basso soffitto, ed uscì, cauta e attenta: non conoscendo la zona, chissà quali pericoli a lei ignoti l'attendevano nel buio.

Ma una volta fuori, si rese conto che non c'era nessuno nei dintorni.

Il cielo era sgombro da ogni nuvola, e Blaze poté ammirare il più grande e pazzesco manto stellare che lei avesse mai ammirato, che rendeva la notte più luminosa nonostante fosse senza luna. Era abituata al cielo del suo mondo con una mappa stellare ben diversa, ma anche quello di Mobius aveva il suo bel perché. Sempre se era ancora a Mobius.

A guardare quel cielo pieno di stelle, Blaze provò nostalgia di quello di casa: ogni notte insonne o lontana dal proprio castello, lei fissava le stelle e le famose due lune che padroneggiavano nella volta celeste. Le facevano dimenticare di essere lontana da ciò che conosceva ed amava, ed allo stesso tempo le faceva ricordare che era sotto il cielo di tutta la sua dimensione, e che era a casa, dopotutto, e non era sola. L'appartenere al suo mondo la rendeva vicina a tutti. Si sentiva meglio, meno persa.

Ma questo non era il caso: guardava quella meraviglia senza apprezzarla davvero a pieno, osservava gli astri senza riconoscerli e senza trovare conforto.

Quello non era il cielo di casa, il suo popolo, i suoi amici non erano lì, le lune non stavano danzando magnifiche nelle loro orbite. Lei non era a casa, neanche lontanamente.

Blaze si sentì improvvisamente persa per davvero.

Gli unici rumori che sentiva erano il fruscio dell'erba alta e le cicale canterine. Le lucciole illuminavano qua e là dei ciuffi d'erba. Non c'era nient'altro e nessun altro in zona.

Era sola.



“Spero sia importante.” mugugnò un certo riccio nero e rosso, mentre entrava dalla porta di una graziosa casetta, tenuta gentilmente aperta dal padrone di casa, un volpino a due code.

“Rilassati Shadow.” rispose calma un'affascinante pipistrella bianca dietro di lui.

“Sono sicura che per qualunque cosa Tails ci abbia chiamato, sia una cosa seria, giusto Tails?” disse rivolgendosi al volpino, il quale annuì e confermò.

Quando Tails disse a Sonic che avevano bisogno di un aiuto esperto, e sottolineò il Team Dark, il riccio blu non se lo fece ripetere due volte e scattò verso la base della G.U.N., dove importunò Shadow e Rouge affinché andassero subito a casa di Tails.

Shadow, sbuffando, aveva preferito sistemare subito la questione e, preso un Chaos Emerald verde dalle sua spine, aveva teletrasportato sia la collega che il rompiscatole blu davanti alla casa di Tails.

“Allora, qual è il problema?” chiese impaziente il riccio dagli occhi rossi.

“Venite.” invitò il volpino e condusse tutti i suoi ospiti in cantina.

La scena 'del delitto' era stata mantenuta intatta, e i due agenti poterono vedere chiaramente un macchinario quasi del tutto distrutto, coperto di nero dall'esplosione, così come erano il pavimento ed i muri circostanti. I due colleghi guardarono attentamente lo scenario davanti a loro, chiedendosi quale fosse la vera ragione per cui Tails e Sonic avessero insistito così tanto affinché arrivassero alla svelta. Loro sapevano che la piccola volpe non li avrebbe mai fatti accorrere solo per una piccola esplosione del genere, e Sonic non sarebbe MAI andato a chiedere direttamente aiuto a Shadow per così poco.

Shadow e Rouge diedero un'occhiata di nascosto al riccio blu, e si sorpresero quando si accorsero del suo sguardo: serio come non lo era mai stato. Quasi d'odio, si può dire, e Shadow e Rouge non riuscivano nemmeno minimamente ad immaginare il perché.

Sonic aveva mantenuto quello sguardo fisso sulla zona dell'incidente da quando era entrato nella cantina, ma nessuno l'aveva notato perché lui era il chiudi-fila.

Shadow e Rouge si concentrarono nuovamente su quello strano scenario.

“Bel macello.” disse Rouge, continuando a guardarsi attorno “Che è successo?”

“Il mio macchinario è esploso.” rispose Tails.

“Sì, questo si era capito.” lo interruppe Shadow, guardandosi assennatamente attorno per cercare ulteriori indizi, come la collega.

“Non siamo qui perché ti si è rotto il giocattolo, vero Tails?” chiese la donna anche se, ne era convinta, sapeva che Tails non l'avrebbe mai fatto.

“No Rouge, la situazione è ben più grave!” esclamò lui, e i due colleghi si girarono verso il ragazzino, puntandogli addosso i loro sguardi interrogatori.

Tails ne era soggiogato. Non gli piacevano gli sguardi così ben piazzati dei due agenti. Gli facevano ricordare che lui era piccolo piccolo.

E poi, cosa più importante, stava per ammettere che era lui l'artefice di quel bel disastro, il quale non era NIENTE rispetto alla parte che stava per confessare ai due agenti. Come l'avrebbe guardato Shadow, con i suoi severissimi occhi rosso sangue, quando avrebbe appreso che Tails aveva probabilmente condannato Blaze? Tails sapeva quanto Shadow tenesse alla gatta lilla...

Cominciò nervosamente a far giocare tra loro le dita, mentre abbassò lo sguardo.

Sonic sembrò l'unico a notare il disagio del suo migliore amico, quindi si avvicinò a lui e gli mise una mano sulla spalla, per calmarlo.

Il volpino guardò l'eroe blu, il quale lo rassicurò con un sorriso. Un sorriso sincero, eppure così forzato.

Tails prese finalmente un bel respiro e, guardando in faccia i due agenti, spiegò:

“Quella era una macchina che ho creato come portale tra diversi mondi. L'ho creata...per Blaze.”

Rouge lo guardò curioso, aspettano che il volpino continuasse, ma Shadow spalancò gli occhi, prima in stupore, poi in orrore. Rouge non ci era ancora arrivata, ma Shadow sì: ecco perché tutto quell'allarme da parte di Tails e persino da Sonic, Blaze ne era coinvolta. E a giudicare dalle loro espressioni, non era successo nulla di buono.

“Cosa le è successo??” chiese Shadow allarmato, non riuscendo a trattenersi. Rouge lo guardò con stupore, poi guardò di nuovo il piccolo genio aspettando impaziente la sua risposta, sudando freddo e sperando in una risposta positiva. Sperava per Shadow.

“A-All'inizio funzionava!” si affrettò a dire Tails “Il portale l'aveva trasportata nel nostro mondo senza problemi!” spiegò Tails “Ma quando l'abbiamo utilizzato per farla tornare a casa, ha emesso strane luci ed è esploso mentre lei era ancora all'interno!” spiegò Tails sull'orlo di una crisi.

Rouge rimase a bocca aperta.

Dannazione Dannazione Dannazione...

Shadow ebbe una reazione un po' diversa: da un'espressione di terribile realizzazione passò a una di pura rabbia. Tails deglutì nel vedere che era tutta rivolta verso di lui. La paura del volpino aumentò notevolmente quando il riccio nero gli si avvicinò minaccioso.

“Come hai potuto usare Blaze come esperimento per i tuoi strani macchinari, Tails?” biascicò Shadow tra i denti, furioso. Cercava di mantenersi calmo e di trattenere la sua ira, ma ovviamente stava facendo un pessimo lavoro. Rouge guardò allarmata il collega. Non avrebbe mai usato la forza su un ragazzino... ma questa era una situazione molto più delicata di quanto si potesse pensare, e Rouge sapeva perfettamente che quando Shadow prendeva le cose a cuore... era imprevedibile.

Tails abbassò le orecchie, le quali premevano nervose e pulsanti sul cranio, mentre il cuore gli batteva a mille.

Svelto, Sonic si mise tra il suo amico e il riccio nero.

“Ehy Shadow!” gli gridò, altamente scocciato “Tails non avrebbe mai usato la sua macchina se avesse saputo che poteva esplodere. Tails voleva aiutare Blaze, non farle del male. Non ti azzardare a puntargli il dito contro.” disse in difesa dell'amico, guardando dritto nelle pupille del riccio nero.

Shadow non disse nulla. Continuò a guardare il suo rivale con occhi seri e stoici. Poi fece alcuni passi indietro, allontanandosi dal duo. Un pesante silenzio incombeva nella stanza.

Rouge fissava attenta il volto dell'amico e collega, fino a che quest'ultimo si decise a parlare:

“Sai almeno cosa le è successo?”chiese Shadow, il quale sembrava essersi calmato.

Il volpino, ripreso dallo spavento, inalò e raccontò:

“Il mio macchinario non l'ha trasportata tra mondi, ma nel tempo.”

Il volpino diede le informazioni ai due agenti. Shadow prese il foglietto in mano per primo, ma Rouge glielo strappò delicatamente dalle mani e lo lesse. Spalancò gli occhi.

“...4000 anni fa??” chiese incredula.

“Sì” confermò Tails “Per questo vi abbiamo chiamati: non ho idea di come funzioni un viaggio temporale.”

Oh cielo” sbuffò la donna, confusa e preoccupata “Non so Tails, i viaggi temporali sono davvero difficili da ricreare...” non appena disse quelle parole, Shadow le lanciò un'occhiataccia minacciosa.

Rouge ricambiò l'occhiataccia, ma disse: “Tuttavia, questo non significa che non ci proveremo.”

“Quindi, che cosa dovremmo fare adesso?” si intromise improvvisamente Sonic “Vorrei tirarla fuori di lì prima che si faccia male.”

“Prima di tutto” iniziò Rouge, squadrando seria il riccio blu “Sono sicura che Blaze se la sappia cavare fin troppo bene in qualsiasi situazione, e secondo; non è la cosa più catastrofica che possa capitare.” poi si accorse degli sguardi dei due ricci attorno ed aggiunse “Scusate.”

“Cosa potrebbe capitare di peggio?” chiese Sonic, che non riusciva nemmeno ad immaginarlo. Rouge alzò un sopracciglio.

“Un'interferenza nella linea temporale, naturalmente.” rispose lei, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

“Oh, è vero!” si accorse Tails. Non aveva calcolato la possibilità che Blaze potesse interferire con gli eventi del passato.

Sonic roteò gli occhi, sbuffando sollevato.

“Tutto qui?” disse “Pfft! Pensavo chissà che cosa!”

“Non la definirei una cosa da 'è tutto qui?', Sonic!” lo ammonì Rouge, guardando severa lo sciocco riccio. Si avvicinò fino ad essere solo ad un passo da lui e gli puntò un indice in faccia.

“Blaze adesso sta interferendo con gli eventi storici del passato senza nemmeno saperlo ed è ALTAMENTE rischioso, Sonic! In tutto questo tempo, lei potrebbe già aver completamente cambiato la storia, basta che abbia cambiato anche una sola tessera del puzzle, e tu potresti non essere mai nato.” gli spiegò, terribilmente seria, guardandolo dritto negli occhi affinché recepisse bene il significato di interferenza temporale.

Sonic cominciò a capire quindi il vero problema. Rouge si allontanò di alcuni passi dall'eroe blu.

“Hai ragione, potrebbe diventare una brutta situazione.”disse Sonic con aria pensante, poi si guardò dalla testa ai piedi.

“Comunque io sono ancora qui. Se non fossi mai nato, diventerei invisibile? Come in 'Ritorno al futuro?'”

“Quale film? C'è n'è più di uno!”

“Non mi ricordo Tails!”

“Quello era solo un esempio, Sonic.” rispose scocciata la donna. Ovviamente Sonic non stava prendendo al 100% sul serio la situazione.

“E comunque sarebbe troppo presto. Ci vorrà un po' affinché si vedano i risultati e DIO MIO spero non siano così tanto diversi dal nostro presente.” disse poi la donna, sperando solo che Blaze stesse tenendo un basso profilo. E forse, se era davvero la ragazza intelligente che Rouge credeva, lo stava davvero facendo.

“Ok, stiamo perdendo fin troppo tempo.” disse Shadow, frettoloso.

“Sì, giusto.” lo interruppe ancora una volta la donna “Voi tre andata alla base, io devo andare a parlare con...un esperto.”

Shadow alzò un sopracciglio ed incrociò le braccia, confuso. “Un esperto?”

Rouge confermò.

“Sono sicura che sa la storia di Green Hill più di quanto ne sappiamo noi e credetemi” disse, portandosi una mano sul cuore “La conosce come il palmo della sua mano.” e detto questo, rivolse un caldo sorriso a tutti in segno di saluto, poi spalancò le sue ali nere e lucide, e si alzò in volo con una potente spinta, per poi uscire dalla cantina e dalla casa verso solo lei sa dove.



Blaze camminava lenta, di continuo, e non sapeva neanche dove stava andando. Semplicemente, andava solo avanti, ma con passo sicuro.

Agitava nervosa la coda, e gli occhi giallo perlustravano assenti il terreno erboso mentre la sua mente elaborava una soluzione. L'aria fresca e il fruscio dell'erba le infondevano un minimo di tranquillità che le serviva per mantenere i nervi saldi, nonostante il quadro drammatico del suo incerto avvenire.

Senza macchinari, senza persone, senza smeraldi del sol, tuttavia doveva esserci una soluzione per venirne fuori, per tornare alla sua incustodita casa.

Si sfregò le braccia con le mani, mentre pensava a una via per la salvezza.

Ed essa, inaspettatamente, arrivò.

Il cielo si colorò di colpo con una luce azzurra intensa e brillante, come una gigantesca stella blu.

Tutte le cose avevano un riflesso bluastro, e tutto si colorò per diventare un enorme oceano di erba.

Blaze guardò il cielo curiosa e sorpresa. Una cometa blu attraversò il cielo maestosa e Blaze sentì la sua potenza passarle nel corpo: quando quella stella cadente passò sopra la gatta lilla, quest'ultima si sentì invadere da una forza che non aveva mai provato. Si sentiva carica, viva, si sentiva esplodere e credeva persino di poter volare da quanto quella strana cosa le desse energia. E l'energia era quello che le serviva per tornare a casa.

Quel miscuglio di forza, energia ed emozioni passavano negli occhi della gatta, immobile con le orbite scintillanti incollate al cielo, e quando la misteriosa cometa si accingeva a sparire dalla visuale della micia, Blaze sentì che pian piano stava esaurendo quella potente sensazione.

Qualsiasi materiale di cui quella stella cadente fosse fatta, era necessario e Blaze doveva assolutamente farlo suo.

Iniziò a correre dietro alla cometa più veloce che poté. Sembrava davvero vicina alla superficie.

Blaze sperava solo che cadesse da un momento all'altro sulla terra, cosicché potesse prenderne il contenuto.

Ma andò diversamente: Blaze si accorse appena in tempo della grande distesa d'acqua davanti a lei, e si fermò giusto in tempo.

Là, oltre al lago, oltre le alte montagne all'orizzonte, la misteriosa cometa blu cadde con un tonfo simile a un'esplosione. La luce bluastra fece il suo ultimo, grande scoppio di luce prima di spegnersi del tutto, e Blaze non la vide più.

Arrivò la forte ondata d'aria provocata dall'impatto: Blaze poté vederla giungere da oltre il lago, carica di detriti polverosi.

La gatta lilla chiuse gli occhi e portò il braccio sulla faccia, per coprirla, e voltò il busto dall'altra parte, preparandosi all'impatto.

La folata d'aria arrivò a lei con prepotenza, facendole svolazzare la pelliccia e il vestito violentemente, mentre veniva ricoperta da polvere. Anche l'erba e gli arbusti vicini furono trattati in egual modo.

La principessa dovette puntare tutta la sua forza sulle gambe per non venir scaraventata via.

Quando la folata finì, Blaze poté muoversi. Tossì un po' per la polvere ancora presente nell'aria.

Con movimenti veloci e nervosi, si spolverò in fretta i vestiti, ripulendoli.

E alla fine ritornò a fissare il lago, e le montagne, e l'enorme mistero dietro a quel nuovo mondo e alla strana cometa.

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Capitolo 3
*** Cap III: Le due principesse ***


Nel villaggio era tutto tranquillo: le donne tessevano e chiacchieravano tra loro, mentre i bambini correvano e giocavano tra loro, nonostante fosse vietato a loro di restare alzati fino a tardi.

Il loro capo, un anziano echidna di nome Pachacamac, scrutava il suo prezioso villaggio.

Stava dritto in piedi, reggendosi al suo fedele bastone mentre con sguardo fiero osservava la sua gente dalla cima del tempio di pietra.

Le sue orbite, poi, si soffermarono su una giovane echidna seduta qualche gradino più sotto, con gli occhi azzurri persi nel cielo dell'orizzonte, ancora colorato di buio per la notte; ma ancora poche ore e la dolce creatura avrebbe potuto vedere un'alba mozzafiato da lassù.

Lei era una bellissima ragazza dagli occhi azzurri, limpidi e puri, e con lunghissimi e morbidi capelli beige; alcune ciocche erano coperte da bandane bianche.

Semplici, i suoi vesti: un top di grezzo lino bianco, leggero e pulito, ed una gonna verde e dorata dalla fantasia geometrica. Non aveva vere e proprie scarpe, solo delle bende di lino bianco messe come specie di sandali, che le proteggevano la pianta dei piedi. Gli unici pezzi preziosi del suo outfit erano un collare ed un diadema; ambedue erano d'oro e con una pietra preziosa al centro.

Il dolce venticello fresco della notte le ventilava i capelli color ambra, agitandoli un poco.

Sul viso color pesca aveva un'espressione triste e malinconica da giorni, ormai.

Il vecchio guardò sua figlia: una ragazza così vitale, eppure così priva d'energia.

Le sue spalle cadenti, le ginocchia vicine al ventre e il suo costante silenzio... tante piccole cose cose che la facevano sembrare, stupidamente, una creatura arresa.

Il capo echidna sospirò nel vedere la sua unica figlia in questo stato, ma come biasimarla; sua madre, ovvero la nonna della ragazza, la precedente e grande regina della tribù, era venuta a mancare solo un paio di giorni prima. Di conseguenza, Pachacamac aveva ereditato il trono, il suo bastone e le sue responsabilità, e niente lo onorava di più.

Ma per Tikal non c'era nessun aspetto positivo nella morte di sua nonna, nessun guadagno.

Nessuno, nemmeno suo padre, poteva capire l'immenso dolore che provava: sua madre era morta per metterla al mondo e la persona che quindi l'aveva cresciuta, educata ed amata era proprio sua nonna, non quel guerrigliero e assente padre, ma quella favolosa matriarca qual era sua nonna; un'echidna saggia e caritatevole che le ha insegnato ad amare e rispettare ciò che il mondo fa nascere e crescere, ciò che in esso vive e ciò che vita non ha, la potenza della natura e la sua energia. Le ha insegnato il valore della pace e la disgrazia della guerra; le ha insegnato a temere il sangue versato e le fiamme dell'odio.

Le ha insegnato davvero tante, troppe cose, che ha imparato solo crescendo ed alcune non le sono nemmeno ancora chiare.

E nel mezzo della sua confusione adolescenziale, dei suoi conflitti privati col padre, delle sue domande, insicurezza ed incertezze... lei l'ha lasciata.

Adesso è da sola. C'è solo suo padre.

Tsk. Suo padre.

Tikal era sicura che la stesse fissando, quel vecchietto arzillo, ma lei non si sarebbe voltata nemmeno per controllare se i suoi sospetti fossero veri. Se lui avesse avuto qualcosa da dirle, le avrebbe parlato, altrimenti avrebbe continuato a tacere, lei di certo non avrebbe iniziato una conversazione.

Tra le tante cose che sua nonna le aveva insegnato era di proteggere la sua famiglia e di rispettare il padre e la madre: quindi se ne stava zitta e si teneva i suoi pensieri per sé.

Lei sapeva cosa suo padre volesse da lei: una guerriera.

Lui voleva una figlia spietata ma ubbidiente, sanguinaria ma rispettosa, forte tanto quando basti per distruggere un'orda di nemici, ma non abbastanza per superarlo, e probabilmente anche abbastanza intelligente da studiare qualche tattica a tavolino, ma comunque pendere dalle sue labbra.

Aveva già tentato a farla approcciare con diverse armi come la lancia, la spada e persino l'arco ma aveva sempre e solo ricevuto rifiuti. Educati, ma freddi e decisi.

Anche se le aveva detto di essersi arreso, Tikal in cuor suo sapeva che il padre non aveva ancora gettato la spugna ed ogni tanto elencava con nonchalance tutti gli aspetti favorevoli alla guerra e alla forza bruta delle armi, e di quanto essa coprisse d'onore.

Ti stai solo coprendo di ridicolo.” avrebbe voluto dirgli Tikal, un bel giorno in cui si stufò; e invece riuscì solo a dirgli che la guerra copre solo di sangue. Il freddo capo si limitò ad alzare le spalle e a continuare la sua giornata come se nulla fosse, probabilmente pensando che non ce l'aveva fatta quel giorno, ma il dì dopo avrebbe tentato di nuovo.

Una delle qualità che suo padre aveva, e che la ragazza aveva dovuto ammettere, era la pazienza.

Tuttavia, non aveva un cuore di pietra: Tikal sapeva che suo padre l'amava sopra ogni altra cosa, voleva bene al suo unico tesoro dopotutto. Sicuramente lui voleva solo il meglio per lei, tuttavia Tikal non capiva come quello che suo padre le stesse facendo potesse giovarle in qualche modo. Lei proprio non riusciva a guardare con i suoi occhi, e forse, si diceva tra sé e sé, era meglio così.

Quello che sapeva, poi, era che suo padre ci teneva davvero alla sua tribù e a tutto il suo popolo.

Lui non era cattivo, Tikal aveva visto un sacco di volte le sue azioni benefiche verso gli altri abitanti; aveva visto azioni buone e gentili da parte sua.

Si ricordò di quella volta che suo padre, al suo decimo compleanno,la portò all'interno del tempio, dove si inginocchiò davanti a lei e l'abbraccio forte, dandole poi in regalo il diadema indossato da sua madre: una bellissima coroncina dorata con una grande pietra azzurra al centro. Lui osservò sorridendo che era lo stesso azzurro dei suoi occhi, “E' come se fosse destinato a te.” le disse, genuinamente felice. A vedere suo padre così, la giovanissima Tikal non poteva far altro che sorridere entusiasta a sua volta.

Perché è quello che sei.” le disse dolcemente Pachacamac, prendendo delicatamente la coroncina dalle manine curiose della bambina.

Tu sei una principessa. E, quando arriverà il tempo, una regina.” le narrava, mentre le sistemava il diadema sulla fronte.

E io sarò sempre lì accanto a te quando ne avrai bisogno.” la rassicurò, guardandola dritta negli occhi. Poi si rialzò in piedi e mostrò alla bambina la vista del villaggio da quella cima.

Quando loro ti considereranno una principessa, io ti considerò una regina; quando loro ti considereranno una regina, per me sarai una divinità.”

Poi, indicando l'interno del tempio, le disse: “E io pregherò ogni giorno affinché tu, mio tesoro, cresca e sia felice, e supplicherò gli dei affinché io possa vedere l'alba del tuo impero, o regina.”

Al solo pensarci, Tikal iniziò a sorridere di nuovo dopo giorni. Non capiva se suo padre le avesse mentito, o se stesse mantenendo quelle promesse a modo suo, ma di una cosa ne era certa: lei gli voleva bene, eccome.

Si toccò la sua preziosa coroncina, passando le dita sulla superficie liscia della bellissima pietra con un leggerissimo tocco.

Era la sua principessa.


Dei sussulti si sentirono per tutta la tribù. Il cielo si schiarì improvvisamente, emanando un'insolita, sinistra luce blu elettrico che illuminò tutto del medesimo colore abbagliante.

La gente indicava il cielo, meravigliata e spaventata.

Tikal alzò di scatto lo sguardo e vide la più appariscente e magica cometa che i suoi occhi azzurri avessero mai scrutato. Ed era anche la più vicina; avrebbe potuto cadere a terra in qualsiasi punto in qualsiasi momento.

La giovane echidna scattò in piedi, badando però a non togliere lo sguardo da quell'insolito fenomeno.

Incredibile!” sussurrò stupito suo padre dietro di lei, con gli occhi incollati al cielo.

Lei non si curò dello stupore del padre, né dei bambini che piangevano impauriti attaccati alle gonne delle madri, né degli uomini che gridavano, superstiziosamente, alla disgrazia.

Tutto quello che sentiva era una strana forza entrare in lei sin dall'attimo in cui la luce di quella misteriosa stella cadente aveva illuminato la sua pelle.

Era come se una potentissima entità le stesse dando un'energia tale da giurare di poter volare.

Tikal ne rimase rapita da quella gloriosa sensazione. Ne era così attratta e allo stesso tempo cercava di respingerla; più essa si intensificava, più Tikal sentiva il peso di essa aumentare.

Si sentì schiacciare dalla sua potenza, tanto da farle mancare il respiro per qualche attimo.

Fortunatamente, quando la comete si apprestò a sparire all'orizzonte, allontanandosi sempre di più alla giovane principessa, quest'ultima poté di nuovo inalare a pieni polmoni. Sussultò forte, realizzando di poter respirare di nuovo.

Tutto quello era surreale. Era davvero una cometa? E se fosse stato uno spirito, per impossessarsi in quel modo di Tikal?

La giovane echidna era combattuta. Qualsiasi cosa fosse, però, sentiva dentro di sé che doveva stare alla larga da lei, per sempre. L'istinto le diceva che era pericolosa.

Tikal, tutto bene?” le chiese suo padre preoccupato, scendendo di qualche gradino, per avvicinarsi alla figlia.

Sto bene papà, grazie.” rispose lei, ansimando un po'. Si girò un attimo per adocchiare suo padre mentre le si approcciava. I suoi occhi stupiti e preoccupati fissavano attenti la traiettoria della ormai lontana cometa.

Quella...” iniziò a dire lui, ma non riuscì a finire la frase.

La cometa doveva essersi schiantata da qualche parte, oltre le montagne, perché essa era sparita dal cielo e si era sentita un'esplosione. Soprattutto, si era vista: da dietro le montagne all'orizzonte si sprigionò un'ondata di luce bianca, accecante. Tikal e suo padre dovettero chiudere gli occhi per un paio di secondi.

Era finita? I due echidna fissarono l'orizzonte, attenti a nuovi movimenti.

L'aria iniziò ad alzarsi; i panni appesi nel villaggio sbattevano con sempre più forza, mentre le foglie danzavano violente fino in cima al tempio. I capelli della principessa echidna si scompigliarono selvaggi.

Questi piccoli segni insospettirono e preoccuparono padre e figlia, e poi arrivò: l'impatto aveva causato una forte onda d'aria, era solo questione di tempo affinché arrivasse al villaggio.

Una nube di polvere, foglie e qualche ramo arrivò al villaggio con una velocità spaventosa.

Colpì tutto: i tetti delle modeste casette non ressero ed alcuni pezzi volarono via.

I genitori avevano buttato a terra i propri figli e li avevano coperti con i loro corpi per proteggerli, temendo che potessero volare via, soprattutto gli infanti. La folata di vento sollevò inoltre un bel po' di polvere. Gli adulti tossivano mentre i bambini gridavano e piangevano.

Panni, scodelle, strumenti e giocattoli di vario tipo vennero scagliati metri e metri più in là.

L'ondata arrivò violenta anche in cima al tempio, solo che non c'era molto da spazzare via, tranne un paio di persone.

Quando Tikal aveva visto quel tornado di polvere arrivare, non aveva fatto altro che prepararsi all'impatto coprendosi il viso, tuttavia non aveva calcolato che fosse così violento. Quando la folata l'avvolse, temette di venire spazzata via, giù dall'alto tempio. Si ritrovò, senza saperlo, a gridare.

La ragazza allora si buttò a terra.

TIKAL!” gridò Pachacamac, e si buttò a terra accanto alla figlia, stringendola forte con un braccio che le circondava le spalle, protettivo. La ragazza si strinse a suo padre, cercando di non respirare la polvere.

Dopo una decina di interminabili secondi, l'aria si calmò. La polvere iniziò a posarsi. Tutto si fece più limpido, tanto da permettere a Tikal e suo padre di vedere come si era trasformato il loro villaggio là sotto: un quadro si Salvator Dalì.

Poi, Tikal ritornò lo sguardo su suo padre.

Cos'era quello, papà?” chiese, con la voce ancora tremante. Non pensava davvero che Pachacamac sapesse cosa fosse quella cosa, ma trovò curioso il fatto che l'anziano echidna, invece di risponderle subito, ci stava pensando su. Le sue sopracciglia corrugate in un'espressione seria e stranamente calma portarono la povera principessa a sfiorare l'idea che, in fondo, lui sapesse qualcosa che a lei sfugge. Certo, non sarebbe la prima volta.

Non lo so, Tikal.” rispose alla fine il capo.

Ma ho tutta l'intenzione di scoprirlo!” detto questo, lasciò le braccia della figlia alla quale si era aggrappato per proteggerla, e si mise al centro delle scale.

Gente!” urlò da lassù alle persone ancora scombussolate, “Non abbiate paura! Mentre risistemeremo il nostro villaggio, chiedo ad un gruppo di valorosi volontari di controllare la zone per assicurarsi che sia sicura, o ad intervenire nel caso di problemi. I coraggiosi che si mettono a disposizione si uniscano qui, ai piedi del tempio. Grazie, al lavoro!” disse, cercando di essere il più rassicurante possibile.

Poi, con passo veloce, si apprestò a scendere i gradoni in fretta.

Padre!” chiamò Tikal dietro di lui. Con un piccolo scatto, lo raggiunse subito e gli posò una mano sulla spalla per fermarlo.

Non ora Tikal” rispose lui, senza neanche voltarsi “Devo riunire i nostri giovani e chiamare il mio fidato consigliere di guerra.”

Voglio essere una volontaria!” esclamò Tikal, decisa. Il padre, ovviamente, non se l'aspettava.

Si voltò sorpreso e brontolò: “No, non puoi!” le ordinò.

Cos-! Perché?!” chiese, anzi, urlò la ragazza, frustrata.

E' troppo pericoloso per te.” rispose il vecchio capo.

Anche essere una guerriera è rischioso, ma non ti sei mai fatto problemi.” gli rinfacciò la giovane.

Sì ma hai sempre rifiutato le armi e i miei allenamenti, ricordi figlia mia?!” rispose scocciato Pachacamac “Come posso lasciarti andare fuori adesso,impreparata, con un potenziale pericolo?”.

E poi sospirò, agitando lievemente la testa.

Sei troppo preziosa. Non voglio che ti faccia male, mi capisci vero? Se resti qui, sarò sicuro che non ti succederà nulla.” le spiegò, piano.

Lei capiva il suo punto di vista, ma non era più un pulcino nel suo nido. Voleva volare.

Ed era bene iniziare con piccoli saltelli.

Tikal.” disse alla fine suo padre “Puoi andare a fare un giro, va bene? Ma solo fino al lago, non un passo di più. Se trovi qualcosa di pericoloso, o semplicemente 'strano', tu torna di corsa al villaggio e chiamami. Intesi?”

Tikal sorrise, vittoriosa ma umile. Annuì, sapendo che quello era il massimo dell'accordo che potesse ricavare da suo padre in quel momento.

Bene.” confermò Pachacamac, poi si voltò nuovamente verso il villaggio.

MAYA!” urlò, chiamando la sua consigliera di guerra. Scese i gradoni di corsa, lasciando Tikal da sola sulle scale di marmo.



Piccoli, graziosi passi toccavano leggeri la finissima erba verde della radura.

Una leggera e piacevole brezza le rinfrescava la fronte e le ventilava i capelli color caramello.

Tikal giocava nervosa con i braccialetti dei polsi.

Stava in guardia ad ogni possibile elemento fuori posto, ma fino ad allora sembrava tutto in regola.

Mai avrebbe pensato di camminare così ansiosamente in quelle tranquille terre che conosceva dall'infanzia.

Si avvicinava sempre di più alla meta a lei consentita, e tutto stava andando liscio come l'olio, grazie al cielo.

In testa aveva un pensiero, come una mosca ronzante, riguardo a quella cometa: si chiedeva quanto dev'essere stata grande per creare una reazione del genere, e chissà dove fosse finita, ma soprattutto si chiedeva cosa suo padre temesse davvero.

Perché non la voleva lasciar andare? La ragione aveva qualcosa a che fare con l'impatto del corpo celeste? Se sì, quale pericolo temeva Pachacamac che non ci fosse già? E poi, quale pericolo poteva portare un po' di vento?

Le veniva davvero difficile trovare una risposta plausibile. L'unica che le veniva in mente era che suo padre sapesse più di quanto dicesse. Tuttavia, Tikal non aveva prove, solo una serie di sospetti e sensazioni. Se solo una divinità o uno spirito onnisciente potesse mandarle una visione, o anche un segno, le basterebbe uno qualsiasi...

All'orizzonte vide l'orlo della sua terra: dovete sapere che Tikal e il suo villaggio erano su un piano rialzato rispetto al lago, molto simile ad una ripida scogliera.

Più si avvicinava ai confini, più riusciva a vedere la distesa d'acqua lucente.

Camminò, questa volta più tranquillamente, e si fermò solo quando i suoi piedi furono a pochi centimetri dal vuoto.

Rimase immobile per qualche secondo con il vento tra i capelli e l'odore di lago nelle narici, osservando l'alba dai colori rossastri e rosati.

Le onde del lago sembravano agitate alla deriva, ma non c'era da stupirsi, dopotutto.

C'era una sentiero, non molto più a destra di Tikal, che l'avrebbe portata sulla spiaggia di sassi, tuttavia non le passò nemmeno in testa di usufruirne. Che senso aveva, dopotutto? Non aveva incontrato nulla fino ad allora, e il lago era a soli pochi metri di distanza e da lassù lei poteva osservare i dintorni, e non c'era nulla.

La sua misera missione era completata: aveva esplorato il possibile, era tempo di tornare indietro.

Stava per voltarsi per tornare al villaggio, quando i suoi occhi catturarono l'immagine di un essere violaceo.

Si bloccò immediatamente.

Chi era e cosa ci faceva lì?

La analizzò a fondo: era una ragazza, senza dubbio. Una strana gatta lilla con ancora più strani vestiti viola.

Strana.

Solo quella parola sarebbe bastata per descriverla, e solo quella parola sarebbe bastata per farne rapporto al grande capo.

Era proprio quello che suo padre le aveva ordinato di fare. Adesso doveva solo correre al villaggio, sperando che quella straniera non la notasse, e raccontare tutto al papà.

E poi? Non sapeva, probabilmente Pachacamac sarebbe andato al lago con la cavalleria, sperando che nel frattempo la gatta non si fosse spostata.

Tuttavia, Tikal non aveva nessuna intenzione di fare tutte quelle cose elencate da suo padre.

Strano è solo diverso. Il diverso non è sempre male. Le parole di sua nonna le rimbombarono nella testa d'improvviso.

Le sembrava a dir poco assurdo, ma non aveva mai visto uno stile così...unico. Sembrava essere venuta da un altro mondo...

Tikal scacciò quei pensieri. Ridicolo, pensò.

Si convinse che era solo una viaggiatrice lontana, o una pellegrina di qualche città dall'altra parte del mondo.

Fu in questo momento che all'echidna dagli occhi azzurri venne in mente l'idea di parlarle.

Osservarla non le bastava più: doveva addirittura instaurare una conversazione. Suo padre l'avrebbe uccisa per questa scelta azzardata.

Tuttavia, Tikal non pensò fosse una brutta decisione. Certo, sapeva che non doveva rivolgere la parola agli estranei perché potrebbero essere pericolosi e bla bla bla, però c'era qualcosa nella straniera che tranquillizzava la giovane echidna...

Non lo sapeva neanche lei, era come se la ragazza avesse un'aurea di gentile forza, di cui Tikal se ne era affascinata.

Analizzò meglio la gatta: non sembrava nemmeno avere un'espressione feroce, solo pensante. Sì, sembrava confusa, per lo più. E se si fosse persa?

Guardava l'orizzonte come pochi minuti prima faceva Tikal con l'alba, come se volesse assistere a quello spettacolo con la principessa echidna.

La normalità nello strano.

Sua nonna le diceva sempre di cercare le cose che ci accomunano, piuttosto che quelle che ci distinguono. In effetti, ammise Tikal, non aveva più l'ansia che aveva provato quando i suoi occhi avevano trovato la giovane ragazza.

L'echidna notò, inoltre, una specie di gioiello sulla fronte a forma ovale e piuttosto piccolo, ma il suo color magenta brillava lucente e faceva la sua porca figura.

Tikal, d'impulso, toccò la sua bellissima pietra azzurra sulla fronte, come se se la fosse appena ricordata e sgranò gli occhi: e se la straniera una persona importante, o dell'alta aristocrazia? E se addirittura fosse come lei, una specie di...principessa?

Sì, doveva assolutamente parlarle: ormai le era cresciuta un'insaziabile curiosità.

La straniere non sembrava avere armi: non in mano, non attaccate al corpo o addosso ai vestiti. Sembrava pulita.

Quindi, che male poteva farle? Tikal era in cima a una scogliera di quasi 50 metri e senza armi come l'arco e le frecce non era attaccabile. Inoltre, se la ragazza lilla avesse voluto attaccarla corpo a corpo, prima di raggiungere o anche solo trovare il sentiero che l'avrebbe portata là sopra, avrebbe impiegato abbastanza tempo da permettere all'echidna di scappare al villaggio e chiamare i rinforzi.

Sembrava filare tutto nella mente di Tikal. Cosa sarebbe potuto andare storto?



Blaze era ancora immersa nei suoi pensieri quando sentì una voce in lontananza.

EHY!” qualcuno gridò.

Con stupore, Blaze si voltò di scattò, ma non vide nessuno dietro di lei. Scrutò l'immensità della prateria, ma tutto quello che vide fu un mare d'erba verde. Se l'era solo immaginato?

Ancora confusa, sentì la stesse voce femminile chiamarla: “EHY! SONO QUA SOPRA!”

A Blaze bastò seguire il suono per individuare la fonte: con il naso per aria, la principessa gatta stava osservando una giovane echidna color beige con lo sguardo curioso, ma cauto.

Blaze non si stupì di venir trattata come un potenziale pericolo.

A giudicare dalle vesti dell'indigena, la gatta lilla doveva essere proprio fuori luogo (oltre che tempo, ma questo ancora non lo sa): un primitivo top bianco e una semplicissima gonna tendente al verde. Non aveva nemmeno delle vere e proprie scarpe.

Blaze sperava di non averla spaventata troppo: le dava l'impressione che non fosse abituata a vedere vestiti sfarzosi del genere, pantaloni al posto delle gonne e tacchi.

A parte questo, la micia lilla era davvero sollevata di aver trovato qualcuno.

CHI SEI?” gridò la ragazza da sopra alla scogliera. Blaze alzò un sopracciglio. Non sapeva cosa pensare: come poteva essere così diretta con lei, quella ragazza? Inoltre non voleva davvero dirlo subito il suo nome. Quell'echidna non era l'unica che stava parlando con una completa estranea: anche la principessa gatta si trovava davanti a qualcuno che aveva appena incontrato. Tuttavia, decise di essere onesta e di conquistarsi la fiducia della ragazza.

BLAZE, BLAZE THE CAT! E TU?”

IO SONO TIKAL! PIACERE!” rispose lei.

PIACERE, TIKAL!”

Ci fu un attimo di silenzio un tantino imbarazzante, in cui l'echidna sembrò pensierosa.

COSA...COSA CI FAI LAGGIU'?” chiese lei. Blaze aggrottò le sopracciglia, confusa: non capiva se l'avesse chiesto per semplice curiosità, o se ci fosse un motivo particolare, del tipo che non doveva essere 'là sotto'. Siccome non sapeva nemmeno lei cosa ci facesse lì, raggirò la domanda per capire meglio cosa stesse succedendo.

BHE...TU COSA CI FAI LASSU'?” chiese, cercando di capire se ci fosse una lato sbagliato su cui stare o no.

Tuttavia, la sua interlocutrice alzò le spalle. Per un attimo sembrò combattuta su cosa dirle.

HO VICINO IL MIO VILLAGGIO.” spiegò la ragazza “DOV'E' IL TUO?” chiese.

-Oh diamine!- pensò Blaze. Temette che, non appartenendo ad un villaggio, Tikal non si sarebbe fidata e di conseguenza non l'avrebbe aiutata, e Blaze aveva un DISPERATO bisogno d'aiuto, anche perché la giovane echidna era l'unica persona che abbia incontrato fino a quel momento.

Bhe, almeno Blaze adesso sapeva che c'era altra gente oltre a Tikal.

Fu in quel momento in cui decise di giocare la carta delle 'risposte non precise'.

Magari sarebbe riuscita ad estrarre informazioni su dove fosse senza sembrare troppo sospetta. Di certo non poteva chiederle 'dove cavolo siamo?'.

ABITO LONTANO.” rispose vaga. Almeno non doveva mentire spudoratamente ad una ragazzina.

Tikal mostrò un sorriso brillante, come se si fosse rallegrata di qualcosa.

AH SI'? DA DOVE? COM'E'?” chiese, curiosa.

Anche se lontana, Blaze poté vedere la pura curiosità negli occhi azzurri dell'echidna.

Emh...” Blaze non sapeva cosa risponderle. Cercò di focalizzarsi su casa, ma questo causò solo una forte fitta al cuore. Le uniche immagini che le venivano in mente, poi, non erano nemmeno della Sol Dimension; erano di Sonic, Tails, Amy, Cream e Shadow, le colline verdi e le graziose casette di...Mobius. Blaze ricordò le mattine in cui buttava giù dal letto il riccio blu o guardava senza speranza il suo amico importunare un certo echidna rosso, i pomeriggi in cui correva con lui o giocava con la piccola coniglietta e la riccia rosa, e le sere in cui guardava le stelle al telescopio con lo sveglio volpino o all'aperto con Shadow o Sonic. Già le mancava tutto questo.

Blaze dovette staccare lo sguardo da Tikal, mentre sul viso aveva una leggera smorfia di dolore. Incrociò le braccia e fissò l'alba ormai giungere al termine.

E'...BELLA...” disse solamente, presa dalla malinconia.

Non era di certo quello che Tikal sperava di ottenere, questo la gatta lo sapeva per certo, tuttavia la bella echidna deve aver visto il gesto della micia. Non chiese più della sua casa.

PERCHE' SEI QUI?” chiese la ragazza.

Ovvio, voleva sapere perché era nelle sue terre, e persino Blaze voleva saperlo.

UNO SBAGLIO.” tagliò corto la gatta. Tikal alzò un sopracciglio, all'inizio confusa, ma poi sembrò realizzare qualcosa.

TI SEI PERSA?” chiese.

...SI'.” ammise Blaze alla fine.

COME POSSO AIUTARTI?” si offrì la ragazza.

-Grazie a Dio.-

HO SOLO BISOGNO DI SAPERE COME ARRIVARE DALL'ALTRA PARTE DEL LAGO E OLTRE LE MONTAGNE.” spiegò Blaze. Non le sembrò di chiedere troppo, solo basiche indicazioni. Comunque, notò Tikal essere molto combattuta.

CERTO.” rispose calma quest'ultima, dopo un po' “MA NON TI CONSIGLIEREI DI ANDARCI ADESSO.”

Blaze la guardò stupita e confusa. Tikal sembrava semplicemente inquieta.

PERCHE'?” chiese allora la gatta, portando le mani sui fianchi.

Tikal la guardò preoccupata.

NON L'HAI VISTA...LA COMETA...?”

E quindi...l'aveva notata anche lei.

EMH...SI'?” rispose la gatta, la quale non capiva l'inquietudine della ragazza, né che cosa le volesse dimostrarle. Sperava solo che arrivasse presto al punto.

E' PER QUESTO CHE DEVO ANDARE LI'. MI SERVE LA COMETA PER TORNARE A CASA.” spiegò la micia.

L'espressione della giovane echidna cambiò di colpo. Dire che era confusa era troppo poco. Sembrava addirittura persa.

Ma Blaze sapeva che non c'era da biasimarla.

E' UNA STORIA COMPLICATA.” disse Blaze per rassicurarla “MA CREDIMI, NON HAI BISOGNO DI SAPERLA TUTTA. DAMMI SOLO LE INDICAZIONI, PER FAVORE.” supplicò.

Tikal sembrava non essere molto convinta. Blaze sperava solo di non aver perso l'aiuto della ragazza.

E' PERICOLOSA.” disse alla fine, guardando Blaze dritta negli occhi, la quale la guardò interrogativa.

Cos-”

LA SUA ENERGIA...L'HAI SENTITA,VERO?” chiese la graziosa echidna, preoccupata.

La gatta sgranò i suoi occhi dorati: quindi non era solo una sua sensazione... la cometa conteneva davvero energia!

Blaze annuì in conferma alla dolce indigena.

E' ENERGIA SCURA, NEGATIVA...” spiegò quest'ultima.

Blaze non capiva di cosa stesse parlando: la potenza che aveva sentito non era assolutamente negativa, anzi, la riempiva di forza e speranza. Guardò Tikal: sembrava davvero spaventata e preoccupata dall'energia della cometa, come se le avesse fatto del male. Era nervosa.

Pensato ciò, raggiunse la conclusione che forse la percezione di tale misteriosa forza era soggettiva.

NEGATIVA O NO” rispose alla giovane indigena, cercando ti tagliare corto “NON HO ALTRA SCELTA. NE HO BISOGNO, NON C'E' ALTRO MODO.” spiegò alla ragazza, decisa. E poi attese.

Molte domande passarono in testa a Tikal, Blaze poté vederlo dalla faccia, ma aveva probabilmente capito che non sarebbe servito a niente ottenere spiegazioni.

NON PUOI ANDARE DA SOLA.” urlò alla fine “HAI BISOGNO DI QUALCUNO CHE TI ACCOMPAGNI.”

...E TU PUOI FARLO?” chiese la gatta.

NON HO IL PERMESSO DI ANDARE OLTRE.” rispose Tikal scuotendo la testa “TUTTAVIA POTREI CHIEDERE A MIO PADRE.” e si mise a pensare. Sembrava altamente combattuta.

Guardò il lago, e poi dalla parte opposta, indecisa, e infine adocchiò la micia come se avesse preso una decisione molto importante.

POTRESTI VENIRE AL MIO VILLAGGIO... CON ME.” propose alla fine la brunetta “TI AIUTEREMO.”

Blaze alzò le spalle. Non aveva molta scelta e voleva fare più in fretta possibile.

D'ACCORDO.” accettò.

Tikal sorrise.

OK, ADESSO VIENI SU. TI DICO DOV'E' IL SEN-” non fece in tempo a finire la frase.

Blaze aveva già iniziato a correre veloce verso la scogliera. Arrivata ai piedi di essa, saltò e, usando il fuoco sotto i suoi piedi, riuscì a prolungare il balzo fino ad arrivare in cima alla scogliera. Atterrò con eleganza ed un leggero sbuffo vicino a Tikal.

-tiero...” sussurrò l'echidna marroncina, finendo la frase di prima. Guardò a bocca aperta la misteriosa straniera che aveva appena saltato per una distanza di quasi cinquanta metri e che si stava spolverando i suoi strani vestiti come se fosse una cosa da niente.

Naturalmente Blaze se ne accorse, e cambiò subito argomento prima ancora che iniziasse.

Allora, andiamo?” chiese frettolosa, sebbene educata, a Tikal, cosicché quest'ultima non avesse tempo di fare domande. Rimasta zitta, l'echidna annuì solamente.

Fianco a fianco, le due ragazze si avviarono verso il villaggio di Tikal.


E già qui, le sorti del destino erano già cambiate.


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