India

di ChocoMokaChoco
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


“Inutilmente cercheremo la felicità lontano e vicino, se non la coltiviamo dentro di noi stessi” -Jean Jacques Rousseau

NOTA: Una parte della storia è composta da flashback.
 
"Gran bella nave, vero?"
I suoi occhi scuri smisero di ammirare l'imponente nave e si posarono su una graziosa ragazza che le sorrideva.
"Si, è.. è davvero bella" cercò di sorridere e tornò a guardare quel gigante di legno che galleggiava dolcemente sulle acque del porto. Aveva una sfumatura quasi minacciosa, ma tenendo conto della bandiera nera che sventolava in alto, quell'aggettivo probabilmente era anche legittimo.
"Ti piacerebbe salirci?"
Quella ragazza sembrava proprio in vena di fare conversazione, a differenza sua. Il sorriso gentile che ancora le rivolgeva la costrinse a rispondere educatamente. Aveva un accento strano, probabilmente neanche lei proveniva da quelle parti.
"Beh.. credo di sì"
"Farci un bel viaggio magari. In posti lontani e, perchè no, ancora sconosciuti"
Questa volta le parve che il sorriso della ragazza più che dolce fosse malizioso. La situazione stava davvero diventando strana e imbarazzante. La sua silenziosa risposta convinse quella a parlare ancora.
"Hai mai pensato di lasciare l'Inghilterra?"
Socchiuse le labbra stupita da tutte quelle domande, evitando ancora di rispondere.
Cos'era quello, un interrogatorio?
"Non sembri inglese"
Esasperata, si convinse a rispondere. Forse così l'avrebbe lasciata in pace.
"No, non sono inglese. Sono nata e cresciuta in India. E lasciare l'Inghilterra è l'unica cosa che in questo momento vorrei, se proprio lo vuoi sapere" aveva alzato leggermente la voce finendo di pronunciare la frase e di certo il tono che aveva usato non era amichevole. Sospirò per calmarsi.
Dopo qualche istante di silenzio si convinse di aver finalmente fatto tacere quell'invadente ragazza, tuttavia quest'ultima parlò nuovamente.
"Proprio come pensavo.." mormorò "Va' a casa e prendi tutte le tue cose. Ci rivediamo qui al calar del sole, torni in India"
 
"Tu devi essere completamente impazzita"
"Oh suvvia, Jonathan. Io penso sia un'idea meravigliosa e conveniente per tutti. Dov'è finito il tuo spirito d'avventura?"
"Se n'è andato quando sei arrivata tu"
L’uomo e la donna  stavano andando avanti in questo modo da diversi minuti ormai.
Lei era seduta comodamente sul letto della loro cabina, quella posizione non le impediva di avere un'aria di assoluta fermezza.
L'altro invece, in piedi davanti a lei, si stava massaggiando la fronte con aria esasperata.
Sapeva già che quella era una battaglia persa in partenza.
"Si tratta dell'India, non siamo mai andati laggiù"
"Allora è arrivata l'ora di andarci"
Guardando l'emozionato sorriso di lei, capì che poteva ormai considerarsi sconfitto.
Non sarebbe mai riuscito a dirle di no.
"Jonathan, aveva lo stesso sguardo che avevo io quando vidi per la prima volta questa nave. Lì, in Francia"
La ragazza adesso si era alzata e lo stava guardando con serietà.
Adesso non poteva proprio tirarsi indietro, con quelle parole voleva fargli capire quanto quel viaggio fosse importante per lei. E non voleva deluderla.
"Ma quella volta tu volevi andartene da casa, non tornarci"
Lei incrociò le braccia al petto e inclinò un poco la testa verso destra, l’espressione torva. Non poteva ribattere oltre.
“Che India sia, allora”
Non riuscì a non sorridere quando la ragazza si precipitò tra le sue braccia ridendo.
 
Dharini amava passeggiare per il porto al tramonto, poco prima di rincasare.
Il porto era l'unico luogo dove si sentiva a casa.
Probabilmente perchè il mare era l'unica cosa lì che la legava, a casa sua.
 Il prossimo mare che avrebbe ammirato, però, era proprio quello della sua India. La perplessità che l’aveva colta quando quella ragazza le aveva detto che l’avrebbe portata così lontano, aveva lasciato il posto alla più pura felicità quando si era resa conto che le sue parole erano vere.
Quella le aveva detto che la nave era sua e perciò poteva tranquillamente riportarla in India. Poi le aveva ripetuto nuovamente di andare a casa a prepararsi per il viaggio ed era corsa via, lasciandola sola davanti la maestosa nave scura. Adesso si ritrovava esattamente in quel punto, con delle sacche contenenti i suoi effetti personali e i modesti soldi che era riuscita a guadagnarsi aiutando una sarta a cucire abiti. Quel mostro di legno non era più silenzioso stavolta, si sentivano delle voci maschili provenire dal suo interno.
“Sei arrivata!”
Non si erano neppure presentate. Questo pensò Dharini quando la vide affacciarsi dalla nave tutta allegra e sorridente.
“Coraggio, a bordo!”
Qualche minuto dopo era sull’immenso ponte della nave che si guardava attorno estasiata. L’amava già.
I numerosi marinai si stavano preparando per salpare e ognuno sembrava svolgere il proprio compito con grande entusiasmo e concentrazione. Tuttavia non mancarono diversi sguardi curiosi verso la sua direzione. Cercò di non badarci: era lei l’estranea lì, quindi non avevano certo torto ad essere interessati alla nuova arrivata. Ci avrebbero fatto l’abitudine.
“Vieni, ti mostro la tua cabina”
La ragazza, se possibile, adesso era ancora più pimpante.
Fu solo allora, mentre la seguiva verso la sua nuova camera, che Dharini pensò veramente alle parole dette da lei quella mattina: “La nave è mia”.
Come poteva una ragazza, seppur così energica ma pur sempre una donna, essere al comando di una nave come quella? Una nave pirata, come quella.
Senza dimenticare tutti i marinai al suo servizio.
Rimase impressionata da tale pensiero.
Finalmente erano arrivate alla cabina e la prima cosa che fece fu posare in terra le sacche. Poi si guardò attorno.
Le piaceva. Era di media ampiezza, perfetta per una sola persona, con un letto, un tavolo, una sedia, un armadio, una vasca in cui lavarsi e c’era anche un oblò da cui si vedeva il mare.
“Comunque, il mio nome è Coralise”
Quella ragazza, per quanto non fosse proprio tanto normale, le stava offrendo praticamente di tutto e lei come una perfetta stupida senza un briciolo di educazione non si era ancora presentata.
“Dharini” sorrise cercando di rimediare alla pessima figura fatta “Non so come ringraziarti, è bellissima”.
Quella fece un vago segno con la mano sorridendo entusiasta “Non preoccuparti, finalmente non sarò l’unica donna qui dentro”
“Ecco, parlando di questo.. stamane hai detto che questa nave è tua. Cosa intendevi dire?”
Coralise non rispose, almeno non subito. Inizialmente si limitò soltanto a guardarla con un sorriso pacato e dolce, gli occhi luccicavano emozionati.
“Mettiti a tuo agio e poi vieni sul ponte, tra poco salperemo e io devo presentarti una persona”

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


"Se vuoi bene a una persona cerchi sempre di alleggerirgli il fardello che si porta sulle spalle. Anche quando se l'è caricato addosso da solo" –Cormac McCarthy

Il rumore dell’acqua del mare francese che si infrangeva contro il legno scuro della nave, calma, senza fretta, e l’odore del vento salmastro, quell’odore che scoprì come sublime e che le era stato negato per 19 anni, erano gli unici elementi che voleva e poteva sentire in quel momento. Sapeva che non poteva stare lì, con il cappuccio del mantello blu ben calato sulla nuca affinché nessuno la potesse vedere in volto, ma nel suo animo c’era qualcosa che la frenava nel tornare sul molo.
Si sporse ancora di più fuori dalla nave con gli avambracci sottili e osservò con estrema cura le sfumature azzurre del mare sotto di sé. Faceva quasi venir voglia di tuffarsi e andar giù negli abissi il più possibile, quel mare.
Pensò con disappunto che non sapesse ancora nuotare.
Forse avrebbe potuto accantonare per qualche tempo l’equitazione e prendere lezioni di nuoto. Anche se non viveva in una zona di mare, doveva assolutamente saper nuotare. Dopotutto c’erano molti fiumi e laghi nelle vicinanze del castello.
“Quelle bottiglie di vino ci volevano proprio!”
Il cuore le salì in gola.
Non potevano essere tornati.
Si guardò attorno con frenesia, la disperazione negli occhi. Se avesse saputo nuotare adesso ci si sarebbe tuffata veramente in mare, ma non sapeva proprio come muoversi e si sarebbe fatta prendere dal panico sicuramente.
“Non vedo l’ora di salpare!”
Quando le voci si erano fatte ancora più vicine, finalmente la vide: una scaletta che portava, probabilmente, alle cabine. Per ora si sarebbe preoccupata a nascondersi, a come fuggire dalla nave ci avrebbe pensato in seguito. Si ritrovò presto in un piccolo corridoio e aprì la prima porta che vide, chiudendola subito dopo.
Non c’era tanta luce come nella parte superiore della nave, ma riuscì ad individuare circa otto letti. Probabilmente era la cabina di una parte della ciurma. Camminò per la stanza e si lasciò cadere su un letto, fissando assente il paesaggio al di fuori dell’oblò.
Un pezzo di cielo e un pezzo di mare.
Ora, come sarebbe potuta fuggire con forse una trentina di pirati in giro per la nave? E non aveva neanche il tempo necessario visto che, secondo voci di paese, sarebbero partiti entro sera.
Una principessa sulla loro nave poteva essere una conveniente sorpresa. I pirati amavano ricattare e guadagnare e non avrebbero perso tempo a richiedere quanto più oro possibile per liberarla. Magari avrebbe potuto fingere di essere una povera popolana, tuttavia il mantello che indossava aveva ricamato sopra lo stemma reale e non poteva tornare senza al castello in cui era ospite.
Al castello in cui il suo matrimonio combinato sarebbe stato approvato.
Era stanca di pensare senza sosta a quell’ignobile matrimonio. Voleva fare tantissime cose prima di sposarsi. Voleva viaggiare, voleva incontrate mentalità e tradizioni nuove, osservare e imparare dal modo in cui vivevano i popoli sparsi il tutto il mondo, conosciuto e sconosciuto. Avrebbe anche imparato a nuotare, dopo aver assaporato finalmente il mare quella era la cosa che più voleva.
Se a corte pensavano che sarebbe rimasta rinchiusa nel castello a partorire bambini, che tra l’altro neppure poteva accudire ed educare secondo i suoi modi, si stavano davvero sbagliando.
 
 
 
La luna si stagliava alta nel cielo, piena e bianca, gettava i suoi riflessi pallidi tra le pacate onde del mare.
Le coste dell’Inghilterra ormai lontane e invisibili agli occhi di Dharini.
“Ti manca già?”
Coralise le si avvicinò, poggiandosi al fianco della nave a braccia incrociate. Un tenero sorriso sulle labbra e lo sguardo rivolto verso l’orizzonte.
“Per niente. Te l’ho detto: l’India è la mia casa”
Sperava, anzi credeva, che lei e quella stramba ma dolce ragazza francese sarebbero diventate ben presto grandi amiche. Dharini tornò con la mente a qualche ora prima, mai avrebbe pensato che Coralise fosse in realtà una principessa e la sua espressione di puro sgomento quando lo aveva saputo divertì non poco la francesina.
Ma soprattutto, mai avrebbe pensato che Coralise fosse sposata con il capitano di quella nave pirata.
Il Capitano Jon, o Jonathan come lo chiamava Coralise e come, aveva detto lui, anche lei avrebbe dovuto chiamarlo, era un uomo assolutamente gentile e cortese. O forse era solo l’effetto della principessa a renderlo in quel modo. L’aveva messa subito a proprio agio e ordinato alla ciurma di trattarla con i guanti bianchi finché non fossero approdati sulle coste dell’India. Non ne sapeva molto di pirateria, ma di sicuro lui era l’unico capitano di una nave pirata al mondo ad essere sposato.
E, soprattutto, innamorato.
Perché Dharini aveva osservato bene, in quel poco tempo ce aveva trascorso in loro compagnia, dello guardo carico di dolcezza e ammirazione ce Jonathan riservava solo per Coralise. Avrebbe voluto sapere molto di più sulla loro storia, ma il viaggio sarebbe stato ancora molto lungo e avrebbe placato la sua curiosità. Questo grazie anche al carattere esuberante e socievole di Coralise.
“A me il mio Paese d’origine non manca così tanto..” la sentì mormorare.
Dharini intuì che si stava rivolgendo al mare sotto di loro più che a lei, perciò lasciò che la sua risposta fosse un significativo silenzio. Tuttavia la principessa riacquistò sbrigativamente la sua indole allegra. Il sorriso dolce e gli occhi di nuovo luminosi.
  “Sarai stanca, è molto tardi. Domattina ti spiegherò un paio di cose di questa nave”
“Oh. Che genere di cose?”
 
La mattina dopo Dharini si ritrovò con una scintillante e pericolosissima spada in mano. Adesso capiva di che genere di cose parlava Coralise.
“Ti stai prendendo gioco di me?”
L’espressione della ragazza indiana era specchio di puro stupore misto a terrore. Non aveva mai impugnato una spada e avrebbe desiderato non farlo mai più. Tra l’altro gli uomini che aveva visto usarla la facevano sembrare molto più leggera.  Coralise invece sembrava non poco divertita, ma comprendeva il suo scetticismo. Lo aveva provato anche lei.
“Di solito navighiamo pacificamente, ma non dobbiamo dimenticarci che questa è una nave pirata Dharini. Non possono mancare attacchi di altri pirati e dovresti perlomeno sapere come difenderti, non trovi?”
Dharini non aveva ancora pensato a quel lato del viaggio. Di certo aveva ragione lei, gli scontri tra le navi pirata accadevano frequentemente.
“Ti nasconderai se dovesse succedere qualcosa, ma la prudenza non è mai troppa”
“Va bene allora.. ma tu come hai avuto modo di imparare?”
Vedere una principessa duellare con una spada era più unico che raro, quasi impossibile.
“Ma da Jonathan naturalmente!”
Adesso nei suoi occhi vi era non solo divertimento, ma uno scintillante orgoglio. Un orgoglio che prendeva striature di una fiducia acquisita con il passare del tempo.
“Potrei anche lasciare che sia lui ad insegnarti, ma sei una ragazza un po’ troppo graziosa per i miei gusti!”
Dopo che le gote di Dharini si furono imporporate a dovere e dopo la cristallina risata di Coralise, cominciarono l’allenamento. 
 
 
 
“Adesso è tutto pronto per partire!”
“Io sono distrutto!”
La principessa Coralise aprì gli occhi assonnati, confusa su dove si trovasse. Osservò il giaciglio su cui era sdraiata senza pensare a cosa stesse effettivamente guardando, poi la sua mente cominciò ad elaborare le immagini e il panico l’assalì. Balzò giù dal letto quando sentì le voci maschili dei pirati farsi molto vicine, infatti poco meno di cinque secondi dopo la porta della cabina si spalancò.
 
Il capitano Jon teneva entrambi le mani ben strette intorno al timone, sebbene la nave fosse attraccata al porto. Non poteva sostare più di un’altra sera in quel tratto della costa francese, perciò sarebbero partiti tra esattamente due ore. Sarebbe stato troppo imprudente restare nello stesso luogo per più di due giorni, le notizie riguardanti la sua nave, una delle più temute sulle acque dei sette mari, viaggiavano rapidamente e altre navi, altrettanto minacciose, non dovevano venire a sapere della loro posizione.
“Capitano! Capitano Jon!”
I pirati della sua ciurma accorsero verso di lui, restò confuso quando notò che alcuni di loro avevano un’espressione divertita mentre altri sembravano più che altro  preoccupati.
Si pararono davanti a lui, senza proferir tuttavia alcuna parola.
“Ebbene?”
“Capitano, abbiamo trovato una.. cosa in una cabina” si fece coraggio un marinaio.
“Una cosa? Che genere di cosa?”
“Lasciatemi! Immediatamente!”
L’espressione del capitano divenne ancora più accigliata quando sentì una voce femminile che certamente non proveniva dal molo. Era molto più vicina. Alzò lo sguardo oltre le teste della ciurma: due dei suoi marinai stavano tentando, non senza fatica, di tener ferma per le braccia una giovane donna bionda.
Quella visione lo lasciò non poco interdetto, nessuna donna aveva mai messo piede sulla sua nave.
La fanciulla continuò a cercare di divincolarsi, non ne voleva sapere di arrendersi. Adesso stava persino guardando il capitano con occhi di fuoco, con aria di sfida.
“Lasciatela”
Jonathan si fece strada tra i pirati, che aprirono un vero e proprio varco per lasciare che raggiungesse  la ragazza. Le si mise davanti mentre Coralise si sistemava il cappuccio del mantello sul capo, cercando di riprendere una compostezza degna di una principessa. Quel movimento fece saltare subito all’occhio attento del capitano il ricamo dello stemma reale. Decise di non dire nulla a riguardo. Dal canto suo la ragazza non aveva la minima intenzione di dirgli che aveva sangue blu. Fu lei ad iniziare a parlare.
“Sono mortificata per tutto ciò, capitano. Non avrei dovuto imbucarmi su questa nave in questo modo. Se permettete me ne andrò subito da qui senza ulteriore indugio”
La sua voce riuscì, miracolosamente, a non tremare. All’apparenza sembrò calma ma dentro stava svenendo dal terrore, in più evitò accuratamente di guardarlo in viso preferendo piuttosto ammirare il mare al tramonto.
“Uomini!” Jonathan non le rispose, si rivolse piuttosto alla sua ciurma “Andate sottocoperta”.
Quelli obbedirono al suo ordine, seppur contrariati. La curiosità di sapere le parole che il loro capitano e la fanciulla si sarebbero scambiati era troppa.
Quando furono rimasti soli sull’ampio ponte della nave, lui tornò alla sua postazione precedente, al timone. Coralise fece qualche passo nella sua direzione con fare impacciato, per evitare di restare impalata lì come una sciocca.
“Vi confesso che sono parecchio stupito: nessuno era mai salito su questa nave senza il mio consenso. Men che meno una donna”
Lei restò quasi sorprendentemente compiaciuta da quello che le parve una sorta di complimento. Per qualche motivo il fatto di essersi intrufolata su una nave così importante e potente la rendeva fiera di se stessa. Non aveva mai fatto qualcosa di così spericolato.
“Adesso però voglio sapere il motivo per cui l’avete fatto, per cortesia”
“In verità, capitano, credo di non saperne il motivo neppure io. Ero semplicemente affascinata da questa nave”
“Capisco. Non vorrei sembrare sfacciato, ma potrei chiedervi chi siete e da dove venite?”
Per nulla al mondo gli avrebbe detto che era di famiglia reale, sarebbe stato totalmente sconveniente. Chissà cosa avrebbero potuto fare con una principessa come ostaggio.
“Io sono solo una comune fanciulla, capitano. E provengo proprio da questa zona”
Se da una parte Coralise non aveva per nulla intenzione di svelare la sua vera identità, dall’altra Jonathan non si sarebbe arreso. Dal suo portamento e dal modo di parlare aveva compreso che non era una semplice fanciulla, come diceva lei. E lo stemma reale ricamato sul suo mantello blu aveva dato conferma alla sua ipotesi.
“E cosa fate nella vita? Oltre a nascondervi sulle navi pirata, intendo”
Il tono ironico di lui, per nulla giudizioso e di accusa, la fece quasi sorridere.
“Perdonatemi, capitano, ma io vi ho già riferito fin troppo di me e voi neppure vi siete presentato. Inoltre in questi pochi minuti trascorsi con voi mi sembra di aver capito che siete un uomo cortese e a modo, non come di solito sono dipinti i pirati: rozzi e senza onore”
  Adesso anche il suo tono era ironico. Doveva ammettere che si sentiva un po’ più a suo agio, le era parso davvero che lui fosse un uomo gentile e che non avesse alcuna intenzione di rapirla, come forse un altro pirata avrebbe fatto.
“Non posso darvi torto. Il mio nome è Jonathan, ma sono conosciuto da tutti come Capitano Jon”  detto questo fece un leggero inchino che Coralise ricambiò “E posso darvi la mia parola che so essere un uomo senza onore, quando mi danno motivo per esserlo”
Quell’ultima frase probabilmente aveva lo scopo di essere minacciosa, ma la principessa non si scompose minimamente. Il tono e il sorriso del capitano erano tutto fuorché minacciosi.
“Bene, Capitano Jon, il mio nome è Coralise. E ora vi chiederei cortesemente di lasciarmi andare a casa, la mia famiglia sarà preoccupata oramai”
Avrebbe tanto voluto rimanere su quella nave, ma il sole che tramontava dentro il mare alle spalle del capitano le avevano fatto ricordare che doveva tornare al castello purtroppo. Ormai la sua assenza doveva essere stata scoperta.
“In questo caso non vi tratterrò, Coralise. Credo che ormai conosciate il modo per tornare sul molo”
“Certamente”
Lei abbassò la nuca in segno di saluto e si voltò, camminando verso la passerella. Si guardò attorno cercando di imprimere nella sua mente ogni singolo particolare di quella meravigliosa nave.
Sospirò abbattuta: doveva essere una cosa assolutamente paradisiaca viaggiare per il mondo a bordo di essa. Il Capitano Jon e la sua ciurma di pirati erano fortunati.
“Sapete, credo che Coralise sia un nome perfetto per una principessa. Ha un suono armonioso, oserei dire”
Jonathan dovette alzare di poco la voce per poter far sentire le sue parole alla ragazza, ormai dall’altra parte del vascello. Non gliela avrebbe data vinta così facilmente, voleva che almeno gli confessasse la sua vera identità. Per qualche assurdo motivo.
Coralise, dal canto suo, non osò voltarsi. Valutò l’opzione di fingere di non aver sentito nulla e di continuare a camminare, ma il capitano l’avrebbe fermata sicuramente.
“Avete perso la parola, principessa?”
Lei chiuse li occhi e sospirò pesantemente, poi prese coraggio e voltò il corpo e lo sguardo verso di lui.
“Speravo di farla franca, capitano, ma evidentemente siete troppo scaltro” cercò di usare un tono calmo ma fermo.
“O forse siete voi ad essere un po’ ingenua: se non volevate essere riconosciuta, non avreste dovuto indossare il mantello con lo stemma reale”
Avrebbe dovuto gettare in mare quel mantello fin dall’inizio!

“Ebbene, ora che siete a conoscenza di chi io sia veramente, cosa volete? Oro? Gioielli?” chiese a testa alta.
“Così mi offendete, mia cara. Lo avete detto voi stessa poco fa: sono un uomo cortese e a modo, per cui vi lascerò andare senza approfittare della vostra posizione”
Coralise fece sbattere le palpebre ripetutamente, socchiudendo le labbra. Non si aspettava di certo una tale frase. Avrebbe potuto impadronirsi di moltissime ricchezze senza il minimo sforzo, avrebbe dovuto solo ordinare ai suoi pirati di imprigionarla sottocoperta. Invece la stava semplicemente lasciando andare, senza pretendere nulla in cambio.
 
“Mai avrei creduto che una principessa sapesse combattere così bene!”
Dharini si lasciò cadere sul pavimento in legno del ponte del vascello, a corto di forze.
“Te l’ho detto: ho avuto un buon maestro”
Coralise prese posto accanto a lei con, doveva ammetterlo, un po’ più di grazia e fresca come una rosa.
Trascorsa una manciata di minuti per riprendersi, in cui si perse ad osservare il punto in cui il mare e il cielo si incontravano, la ragazza indiana parlò: “Quanto credi ci vorrà per approdare in India?”.
“Oh, non saprei. All’incirca quattro mesi, credo” rispose l’altra pensierosa.
“Anche meno, salvo scontri con vecchie o nuove inimicizie”
Il capitano della nave si avvicinò a loro, con il volto sorridente.
“Come vi è andata la prima lezione, Dharini?”
“Vostra moglie è un’eccellente insegnante, Jonathan. Tuttavia stancante”  rise lei.
“Almeno io sono una donna! Lui non ebbe la benché minima pietà neppure la prima volta che provai a usare la spada!” si difese contrariata la francesina.
“Mia moglie oltre che stancante sa essere anche molto permalosa” si rivolse l’uomo ridendo verso Dharini, ignorando bellamente Coralise.
“Tua moglie è proprio qui davanti i tuoi occhi!” esclamò infatti quella, più imbronciata che mai.
L’indiana rise di gusto per quella scenetta, contagiando anche la ragazza accanto che si sciolse in un sorriso.
“Tornando a noi, spero davvero di non incontrare qualcuno di sconveniente durante il viaggio. Non abbiamo mai navigato in quelle acque, ma dovremmo arrivare alla meta nel pieno dell’autunno”
Lei non si seppe dire se le parole del Capitano Jon la tranquillizzarono o meno, ma Coralise non perse tempo a spiegarle la situazione.
“Come ti ho detto prima Dharini, non possiamo sapere chi incontreremo navigando e dobbiamo essere pronti a tutto. Potrebbero essere navi con cui ci siamo già scontrati, ma di solito sono sempre state battute da noi per cui non si fanno avanti nuovamente, o potrebbero essere navi con cui non ci siamo mai battuti fino ad ora”
Dharini annuì. Da quanto aveva compreso quella nave era molto temuta e i nemici non osavano sfidarla una seconda volta, questo la fece sentire molto meglio.
“In più, raramente siamo noi ad attaccare. E adesso che ci siete voi a bordo non ci sogneremo mai di farlo” dopo aver detto questo Jonathan guardò Coralise con sguardo eloquente.
Quest’ultima rise, poi si rivolse verso l’indiana: “Ho insistito per mesi affinché non attaccassimo le altre navi per primi, dopo che ci siamo sposati. Lo pensavo anche prima ma ero cosciente del fatto che non mi avrebbe mai dato ascolto. Non mi sembrava giusto, noi dovremmo attaccare solo per legittima difesa”
“Una nave pirata che non attacca più le altre navi. Per Dio, come mi sono ridotto! Lo zimbello di tutti i sette mari!”
Il tono teatralmente disperato del capitano fece scatenare per l’ennesima volta l’ilarità delle due ragazze.
 
 
 
Il sole era calato da un pezzo ormai e Coralise non era ancora tornata al castello. Aveva vagabondato in lungo e in largo per il paese senza averne intenzione. Quando si riscosse dai suoi pensieri, si rese conto che aveva fatto ritorno al porto senza neanche accorgersene. La curiosità vinse sulla razionalità e non poté evitare di recarsi a controllare se la nave pirata fosse partita. Camminando più velocemente di quanto avrebbe dovuto, si ritrovò davanti quel bellissimo vascello in poco tempo. Erano ancora lì. Si sentì inconsapevolmente come sollevata e felice per quella scoperta.
“Siete venuta fin qui per dirci addio?”
Sgranò gli occhi al suono di quella voce. Per un istante pensò che fosse già affacciato alla nave quando era arrivata e fosse rimasto lì mentre lei l’ammirava, ma probabilmente non l’aveva semplicemente visto arrivare a causa dell’oscurità.
“La passerella è sempre disponibile” le fece l’occhiolino il Capitano Jon.
Lei posò gli occhi su di essa e si morse il labbro inferiore, indecisa sul da farsi. Stava veramente valutando l’idea di salire sul quel vascello.
E quando finalmente lo fece, entrambi sapevano che non sarebbe rimasta soltanto per qualche minuto. 

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