a path to the cursing tree

di Vincibosco934
(/viewuser.php?uid=845372)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** capitolo 5.5 ***
Capitolo 8: *** capitolo 6 ***
Capitolo 9: *** capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** capitolo 9.5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il respiro affannoso del bambino riempiva il confortevole silenzio del giardino.
Sgambettava felice e goffo, pestando con i piedi nudi l’erba umida e il terriccio farinoso, e rincorrendo  la libellula dalle ali vivaci che svolazzava a un palmo dal suo naso.
Stanco, l’inseguitore si fermò all’ombra del maestoso cedro che, come un guardiano, stanziava di fronte alla sua casa. Frammenti di luce filtravano tra le foglie del sempreverde, disegnando sul terreno un mosaico oro e verde.
Il bambino fissò incantato quel gioco di colori e, seguendone il motivo, notò infine uno strano oggetto dalla forma sferica proprio ai piedi della pianta. Si avvicinò curioso e afferrò la perla luminosa, rigirandosela con meraviglia tra le dita paffute.
Un’ombra serpeggio alle sue spalle, provocandogli un brivido che non seppe definire. Voltò appena il capo, incontrando con lo sguardo le pupille turchesi di un serpente dai lunghi e filiformi baffi blu.
I due si osservarono per un lungo istante e infine il piccolo d’uomo, compiendo una di quelle azioni sconsiderate e prive di senso tipiche dei bambini, si portò la perla alle labbra.
Lanciò un’ultima, fulminante occhiata di sfida al rettile, poi si mise la sfera in bocca e la ingoiò in un sol colpo, come una caramella.
Il serpente alzò il muso e lanciò un sibilo terrificante, carico di angoscia e di presagi di morte.
Un fulmine caricò dal cielo come una lancia divina e colpì il cedro, spaccandolo in due moncherini anneriti;  il bambino, indenne, cominciò a piangere.
E con le sue lacrime scese anche la pioggia, che lavò via tutto, compresi i ricordi.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Lo sfregare dei fogli e il ticchettare di penne e matite riempiva la monotonia di quel martedì mattina.
Oltre le vetrate che occupavano una parete dell’aula si intravedevano le facciate spente di antichi palazzi e comignoli fuligginosi che spuntavano come funghi sui tetti d’ardesia.
La voce spassionata del professore era tediosa come una cantilena, ma Naga seguiva attento e riempiva velocemente la sua pagina di appunti, determinato a non perdere una parola e a non essere vinto dalla noia.
Ad un certo punto il docente si fermò e inspirò rumorosamente:

-La lezione è finita, per oggi.  La prossima volta termineremo le Guerre Persiane e introdurrò la figura di Pericle.L’aula si vivacizzò di colpo e si fece rumorosa.
Kyle, seduto al suo fianco, si stiracchiò e si stropicciò gli occhi assonnati:
- Ma come, è già finita?- bofonchiò.
- Non hai dormito abbastanza?!- chiese seccamente Naga;

- Mi chiedo perché ti prendi la briga di venire fin qui tutte le mattine. L’altro sbadigliò e, senza imbarazzo, affermò:

- Perché voglio essere il primo a mettere le mani sui tuoi appunti.
Gli strappò il blocco dalle mani e scorse con gli occhi la pagina fittamente scritta con una calligrafia ordinata;

- Accidenti, è perfetto!- esclamò ammirato, - Sei quasi inquietante, Naga. Ora mi faccio meno domande sul perché tu non abbia una vita sociale.Irritato, il giovane si riprese il blocco e lo infilò nel suo zaino:

-Te li porterò domani, devo riguardarli.

-Quindi passerai il pomeriggio con la testa infilata nei libri.Non era una domanda, ma l’altro annuì.

-Perché invece non esci un po’. I ragazzi mi hanno invitato a mangiare fuori; prima al giapponese e poi a fare baldoria da qualche parte.Kyle voltò appena il capo e sorrise ad un gruppetto seduto poco distante da loro. Quelli, specialmente le due ragazze, s’illuminarono e lo salutarono con entusiasmo.
Naga trattenne una smorfia:
 
-Non penso sarebbero contenti se mi unissi al gruppo.
Kyle era il tipico studente popolare; intelligente e spiritoso, un atleta nato chiamato da tutti “la Quercia” per la sua feroce resistenza. Il suo aspetto ricordava uno di quei modelli americani delle riviste patinate: pelle abbronzata e chioma folta e biondissima, per non parlare del perenne sorriso splendente.
Insomma, era un tipo che a tutti faceva piacere accogliere nel proprio gruppo.
Lui invece…Beh, era il tradizionale perdente che si teneva in disparte e che veniva evitato.
Era stato un caso che appena due anni prima, quando si erano entrambi iscritti alla Facoltà di Storia, fossero diventati amici.
Kyle riempiva i silenzi di Naga e quest’ultimo, anche se non voleva ammetterlo, trovava piacevoli le chiacchiere dell’amico.

-Dovresti sforzarti un po’ di più e cercare di socializzare- proseguì il biondo;

-Insomma, non puoi chiuderti in casa per sempre. Sei già pallido come un vampiro e hai il fisico di un nonnetto…

-Faccio jogging tutte le mattine- si risentì l’altro.
 
-Alle cinque di mattina, quando non c’è nessuno in giro- proseguì lamentoso l’amico.

-Con chi fai amicizia, con i cani? Non ti troverai mai una ragazza di questo passo.
Naga si alzò in piedi scocciato e si mise lo zaino in spalla:

-Ora devo andare.

-Aspetta, aspetta- si allarmò Kyle,

-Se non vuoi venire oggi almeno leggi questo- e gli consegnò un volantino stropicciato.Il ragazzo gli diede uno sguardo:

-Seminario sul folklore del professor Zaccheus Steinmarder- lesse, - Ore 20.30, aula blu del Centro Congressi.

-Cos’è sta roba?

-Non conosci Steinmarder?! È un idolo, una sorta di pop star del mondo accademico. Sta sicuro che ci sarà bella gente da conoscere, se andiamo.

-Non m’interessa.

-Non fare il citrullo, so benissimo che t’interessano questi argomenti. E sono sicuro che già conosci Steinmarder; ti ho visto sfogliare un suo romanzo, il mese scorso.
Naga strinse le labbra come se avesse appena assaggiato un limone:
-Ok- si arrese infine;

-Se non avrò impegni domani verrò.

-Promettilo!

-Non faccio promesse.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** capitolo 2 ***


Il lungo marciapiede era ricoperto da un tappeto fradicio di foglie di un rossiccio sporco.
Una serie di villette tutte uguali  sfilavano monotone al fianco di Naga che, lo zaino verde in spalla, camminava curvo e con lo sguardo fisso al terreno.
Ogni tanto avvertiva le inquiete occhiate dei passanti. Lui si definiva di aspetto scialbo, ma sicuramente il blu elettrico che tingeva gran parte della sua lunga chioma corvina e gli innumerevoli piercing che pendevano dalle sue orecchie lo rendevano piuttosto vistoso. Negativamente vistoso, in quel noioso quartiere borghese di Fallen Town.
Lui viveva più in periferia, tra i grigi e fatiscenti palazzoni della città vecchia, al terzo piano di un edificio squadrato e dalla facciata così umida e piena di muffa da aver assunto il colore di una pesca putrefatta.
Dopo aver salito gli stretti gradini, si sfilò dalla tasca della giacca le chiavi scure dal lungo stelo e le infilò nella serratura della porta di casa sua.
L’ingresso era stretto e lungo, piuttosto spoglio se non per un vecchio appendiabiti di ottone, un basso mobiletto di faggio e, sopra esso, appesa alla parete, una piccola tela rappresentante un ciliegio in fiore.
Naga si tolse le scarpe inzaccherate sull’uscio, una vecchia abitudine che sua madre gli aveva inculcato sin dall’infanzia, e raggiunse la cucina a passi svelti.
Yoko Aosugi accolse il suo arrivo con un breve tremore delle labbra, senza mai staccare gli occhi d’ossidiana dallo schermo bluastro della tv accesa.
Indossava un vestito sbiadito e largo per il continuo consumo e i lunghi e neri capelli scarmigliati erano raccolti in una coda di cavallo. Il viso magro ed esangue non aveva perso del tutto l’elegante bellezza di un tempo, ma dell’antica Yoko ormai rimaneva poco; era solo un guscio vuoto.

- Sono tornato, mamma.Come se quelle parole l’avessero svegliata lei si alzò e a piccoli, titubanti passi lo raggiunse, abbracciandolo.
Il ragazzo sorrise e si liberò gentilmente dalla ferrea stretta, andando poi a posare lo zaino e a indossare una tuta smessa ma comoda per stare a casa.
Aprì il frigo e afferrò un contenitore dal coperchio lillà, osservandone il contenuto:

- Ci sono ancora i fagioli di soia fermentati. Che ne dici di una zuppa di miso, per stasera? Oppure i cari vecchi hamburger? Li ho visti nel congelatore, ieri.Lei mormorò un assenso.
Naga si allacciò il grembiule e cominciò a cucinare. Era diventata la normalità per lui, occuparsi della casa.
Non avevano grossi problemi di soldi, o almeno, non rischiavano di rimanere senza un tetto sopra la testa. Ogni mese arrivava loro giusto quello che permetteva di tirare avanti ancora per un po’. Non sapeva se era il padre che non ricordava che glieli mandava; oppure la famiglia Aosugi, che viveva a centinaia di chilometri da lì, e che forse compieva quel gesto per mettere a posto la propria coscienza.
Il donatore misterioso utilizzava volutamente uno pseudonimo: Usige.
La parola non gli diceva nulla.
Kasey Murray, giovane irlandese dai capelli corvini e studioso di culture orientali, ventidue anni prima, durante un viaggio in Giappone, aveva incontrato e si era innamorato, reciprocato nei sentimenti, dell’ avvenente Yoko Aosugi, al tempo studentessa presso un prestigioso istituto scolastico femminile. Proveniente da una severa famiglia di antiche tradizioni residente a Kyoto, la ragazza aveva dovuto affrontare una strenua e logorante opposizione da parte dei familiari finché, convinta da Kasey, si era decisa a fuggire con lui in Europa.
Invece di andare a recuperarla, gli Aosugi, indignati da quel gesto di disubbidienza, avevano deciso di esiliarla per sempre dal clan.
Kasey e Yoko, giunti intanto in Inghilterra, si erano sposati e Naga era nato un anno dopo il loro matrimonio.
La famiglia Murray aveva vissuto felicemente in una graziosa villetta della periferia londinese finché Kasey, nel periodo in cui Naga aveva compiuto il suo settimo anno d’età, aveva cominciato a mostrare segni d’instabilità mentale. Sentiva voci e vedeva persone che non c’erano, soffriva d’insonnia e aveva sviluppato un’inusuale e inquietante fobia dell’acqua. Laghi, fiumi, persino le fontane e i rubinetti accesi instillavano in lui un terrore puro. I suoi comportamenti si erano fatti via via più pesanti e pericolosi finché una sera, dopo essere uscito per andare a comprare le sigarette, non era più tornato.
Non si era più fatto sentire, e ormai erano passati più di dieci anni.
Yoko aveva sviluppato una strana forma di apatia che era andata peggiorando con gli anni. Era riuscita a crescere Naga quasi normalmente ma ora che il ragazzo era diventato maggiorenne, si era completamente lasciata andare.
Non c’erano familiari a supportarli, quindi entrambi vivevano così, alla giornata.

- Tiriamo avanti- mormorò tra sé lo studente.Il resto del pomeriggio passò tranquillo e la sera, terminata la cena, il ragazzo lasciò la madre a guardare un programma televisivo, augurandole la buonanotte e ritirandosi finalmente in camera sua.
Si chiuse la porta alle spalle e, dopo aver acceso la lampada sulla sua scrivania, raggiunse la piccola libreria vicino al suo letto e prese un libro dalla copertina di un rosso lucido.
- Musica e dannazione. Da Marsia al pifferaio di Hamelin- lesse;
- Di Zaccheus Steinmarder.
Si sedette sulla poltroncina di vimini posizionata sotto alla finestra e, alla luce bianca e artificiale della lampadina, si mise a leggere febbrilmente il saggio.
Steinmarder era il suo autore preferito, e questo Kyle lo sapeva.
Come aveva potuto lasciarsi sfuggire la notizia di un suo seminario, proprio a Fallen Town.
Eppure quel volantino stropicciato, ora poggiato sul comodino, era autentico.
Non ne aveva visti in giro, e all’università non mancavi di ricevere decine di bigliettini e volantini ogni giorno, per non parlare della bacheca all’ingresso che lui controllava periodicamente.
Eppure come era riuscito Kyle a ritrovarselo tra le mani?
Che fosse un evento dedicato a pochi, e quel foglietto che ora custodiva così gelosamente una sorta di invito?
Scosse il capo, scacciando quei pensieri.
Anche se aveva mostrato indifferenza, non vedeva l’ora che arrivasse la sera seguente. Non gli interessava fare nuove conoscenze; lui voleva stringere la mano al Professore.
Trattenne un brivido e chiuse il libro, ringraziando silenziosamente l’amico.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** capitolo 3 ***


Il Centro Congressi era una struttura squadrata e anonima nascosta alle spalle dell’imponente Royal, albergo a cinque stelle dalle sontuose forme barocche.
La luce biancastra da alcuni lampioni illuminava la piazzola antistante l’ingresso, solitamente vuota, ora invece gremita di studenti trepidanti.
Naga, con entrambe le mani infilate nelle tasche della giacca blu navale, osservava il suo respiro condensarsi in nuvolette di vapore bianco.
Qualcuno lo chiamò, distraendolo dai suoi pensieri.
Kyle lo raggiunse e gli batté una mano sulla spalla, il sorriso bianco a trentadue denti ben in vista.
-Sei venuto. Lo sapevo! Vedrai che ci divertiremo.-E i tuoi amici?

Alzò le spalle con noncuranza:

-Non erano interessati. Comunque ho già fatto delle conoscenze interessanti, mentre tu stavi con la testa tra le nuvole.

Naga cercò di non stupirsi, ma come era possibile che l’amico riuscisse così in fretta ad attaccar bottone con qualcuno?

-Vieni, te li presento.
-Non penso…
Senza sentir ragioni, l’altro lo agguantò per un polso e lo trascinò di forza verso un bizzarro terzetto. Un giovane di costituzione robusta con una chioma grigio topo, unico ragazzo del trio, alzò gli occhi dallo schermo del suo cellulare di ultima generazione e fissò con astio il nuovo venuto. Al suo fianco, un’appariscente bionda che indossava un maglioncino rosso fuoco sorrise a entrambi, sbattendo le palpebre dalle lunghe ciglia e lanciando sguardi particolarmente languidi ad un apparentemente ignaro Kyle. La ragazza al suo fianco, infagottata in una sobria giacca ocra, al confronto sfigurava, ma Naga ammirò la semplicità del suo aspetto e i suoi bellissimi capelli corvini, raccolti in un’unica treccia che le arrivava alle spalle.

-Ragazzi, vi presento Naga, l’amico di cui vi parlavo.

Un po’ in imbarazzo, il giovane si presentò ai tre. Sean Pecat, il tipo astioso, aveva modi burberi e disse si e no tre parole nella chiacchierata che seguì; Naga non capì se gli fosse antipatico o, più semplicemente, detestasse la presenza umana in generale.
Masha Hexis, oltre a studiare, faceva la modella ed era venuta lì per curiosità e per cercare un po’ di notorietà. Dopotutto Steinmarder era universalmente conosciuto, non era possibile non fare importanti incontri se gli si stava vicino. Il suo sorriso smagliante sicuramente faceva intendere che, anche se non era importante, un piacevole incontro lo aveva già fatto.
L’ultima a parlare fu Cassandra Melas, la giovane bruna dal sorriso dolce. Anche lei era studentessa e lavorava part- time in una libreria. Amava le opere di Steinmarder e non poteva mancare ad un suo seminario.
Aveva una voce cristallina e quando rideva il viso dalla carnagione olivastra quasi riluceva, superando in bellezza persino Masha.
Naga non riusciva a smettere di fissarla; sentiva un leggero calore propagarsi dalle sue guance e improvvisamente il colletto della sua maglia pareva troppo stretto e infastidiva la sua gola.
Quando lei alzò lo sguardo, distolse immediatamente gli occhi, imbarazzato. Anche a quella distanza riuscì a scorgere il sorriso sornione di Kyle.
Proprio in quel momento qualcuno aprì le porte del Centro Congressi, permettendo agli studenti di entrare.
La sala che avrebbe ospitato il seminario non era grandissima ma aveva poltrone comode dotate di ripiani per scrivere. Il brusio della folla scemò quando tutti ebbero preso posto sui sedili celesti, anche se qualcuno fu costretto ad accaparrarsi un angolino per terra oppure nelle rientranze di fianco all’entrata.
Al fondo, su una pedana sopraelevata e dietro un lungo banco munito di microfoni e bottigliette d’acqua, stavano quattro individui dall’aria distinta.
Naga riconobbe immediatamente il professor Steinmarder, aveva visto la sua foto centinaia di volte, al fondo dei suoi libri consumati per la continua rilettura. Era un uomo sulla cinquantina e di bell’aspetto, con una folta chioma argentea che pareva avere una vita propria e occhi verde mare nascosti dietro lenti quadrate dalla montatura elegante. Possedeva uno sguardo brillante ma allo stesso tempo inquisitore; indagò bene il suo pubblico, spostando da un lato all’altro della sala le sue pupille chiare.
Al suo fianco era seduta una donna sulla trentina di chiari origini asiatiche. Indossava un tailleur grigio perla che faceva risaltare l’incarnato pallido e gli occhi tempestosi, di un colore indefinibile che variava dal ghiaccio all’azzurro cupo, scrutavano gli studenti alla stessa maniera del professore, come in cerca di qualcosa in particolare.
Gli altri due, professori che Naga aveva già seguito all’università, avevano una presenza meno incisiva e quasi scomparivano in confronto ai primi.
Steinmarder toccò con l’indice il suo microfono, provocando un fastidioso rumore che richiamò l’attenzione generale;

-Buonasera, e benvenuti a questa mia prima lezione sul “folklore e le genealogie”. Come forse alcuni di voi avranno già notato, il seminario prende il nome dal titolo di un mio saggio, scritto nel lontano 2001.

Si alzò in piedi, microfono in mano, e cominciò ad esporre le sue teorie. Aveva una voce accattivante e una parlantina svelta, in grado di catturare immediatamente l’attenzione. Tutti pendevano dalle sue labbra, quasi fosse una sorta di profeta venuto a rivelare il destino del mondo.

-Le favole, i miti, diventano tali quando le loro origini vengono dimenticate. Ma quali sono queste origini? Storie di uomini, e di donne, di vita quotidiana e “vera”. Il nostro passato nasconde segreti potenti e misteriosi, e noi ci portiamo dietro questo retaggio, a volte senza neanche saperlo.

Sean Pecat si mosse a disagio nella sua poltrona mentre Masha Hexis, al suo fianco, continuava a controllarsi il trucco con un tondo specchietto bordato di rosa.
Kyle sorrideva, ascoltando annoiato Steinmarder, la mano abbronzata che si massaggiava il mento ispido.
Solamente Naga e Cassandra seguivano con attenzione le parole dell’uomo. In realtà il ragazzo sentiva fin troppo prepotentemente la presenza della giovane al suo fianco, e una parte della sua mente non riusciva a ignorare quel suo bel sorriso e i suoi occhi color nocciola…
Le due ore passarono in fretta. Terminata la lezione, il professore si prestò ad una sessione di autografi dopo aver notato una fila di persone inquiete che stringevano tra le mani alcuni dei suoi saggi e romanzi.
Con un certo imbarazzo Naga  tirò fuori la sua copia di “Musica e dannazione” e si accostò alla coda. Quando fu finalmente di fronte allo stimato studioso, questi non lo degnò che di una breve occhiata, vergando il suo nome sulla prima pagina del libro, in lettere eleganti e pulite. Kyle e Cassandra, subito dopo di lui, suscitarono invece il suo interesse; i tre s’intrattenerono a chiacchierare per qualche minuto. Steinmarder pose loro delle domande inusuali, sulle loro famiglie specialmente, osservandoli con attenzione e crescente interesse.
A breve distanza il ragazzo dalla chioma blu li osservava deluso e un po’ ferito. Si sentiva escluso, e il fatto che Cassandra avesse tutta la sua attenzione rivolta all’uomo dalla chioma argentea lo punse sul vivo.
Ma cosa andava a pensare?

-Uff, finalmente hanno finito- borbottò Masha, avvicinatasi a lui. Aveva un’espressione contrariata che le trasfigurava il bel viso truccato.
Anche Sean si era messo al suo fianco; fissò Naga con una sorta di pietà nello sguardo, ma non disse nulla.
Almeno non si mostrava più astioso, considerò il ragazzo.
Kyle e Cassandra tornarono da loro, le espressioni soddisfatte.

-Un tipo interessante, questo Steinmarder- commentò il giovane biondo;
-Un po’ bislacco. E la sua assistente…Accidenti, una gran bellezza. 

-Ci ha detto che continuerà le sue lezioni- affermò Cassandra con eccitazione;
-Ne farà altre cinque. Ci ha invitati a seguirle.
Kyle fece spallucce:

-Non ho nient’altro da fare.
La giovane si voltò verso gli altri e puntò le calde pupille nocciola su Naga. Questi avvertì una stretta allo stomaco e l’umore, fino a pochi istanti prima a terra, si fece istantaneamente più leggero.
Ricambiò il sorriso con  goffaggine, stirando appena le labbra:

- Ci sarò.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** capitolo 4 ***


L’aria della mattina sferzava gelida il viso di Naga che, la schiena poggiata contro un lampione, fingeva di leggere un volantino pubblicitario che gli aveva consegnato poco prima un ragazzo tutto denti.
Di fronte a lui, dall’altra parte del marciapiede, la piccola libreria “Il Sogno d’Argento” era ancora chiusa.
La sera prima, tornato a casa, aveva ricevuto un messaggio di Kyle, che gli aveva rivelato il posto dove lavorava Cassandra.
“Non farti scappare questa occasione”, gli aveva scritto;
“In bocca al lupo”.
Inizialmente non gli aveva dato importanza ma poi, per tutta la notte, il suo cervello non aveva smesso di arrovellarsi sulla decisione da prendere.
E ora era lì, a morire di freddo e ad aspettare una ragazza che forse gli aveva sorriso solo per cortesia.
Si sentiva uno stalker…No, un idiota patentato.

-Ti si è fuso il cervello, Naga- borbottò a se stesso;

- A quest’ora dovrei essere già in classe.

- Ehi, ciao.
Sussultò come un monello colto in flagrante a rubare caramelle. Voltò lentamente il capo e si ritrovò a fissare lo sguardo limpido di Cassandra;

- C-ciao. Che coincidenza.

.È vero- replicò lei, per nulla irritata come si aspettava il giovane.

-Come mai da queste parti?

-C’è una buona erboristeria qui vicino- rispose frettolosamente, gesticolando nervoso;
- Sono venuto a comprare dei prodotti per mia madre.
La frase se l’era preparata bene ma ora, ascoltandola, persino alle sue orecchie risultava una scusa sciocca.
Lei sorrise e nel suo sguardo Naga non lesse né sospetto né giudizio.

- È un po’ presto. I negozi qui intorno aprono di solito verso le 9.30. Che ne dici di andare a prendere un caffè insieme? Io ho ancora del tempo a disposizione.
Mancò poco che il ragazzo spalancasse la bocca per la sorpresa. Lo aveva invitato a prendere qualcosa insieme? Non poteva credere alla sua fortuna.
Annuì con vigore.

- Allora andiamo.
Entrarono in un piccolo bar all’angolo della strada. Era semivuoto, se non per un paio di vecchietti intenti giocare una partita di carte su un tavolinetto tondo dal ripiano di granito.
Il barista sorrise al loro ingresso e si dedicò prontamente a preparare le loro ordinazioni, mentre i due si sedevano in un angolo appartato.
Cassandra si sfilò la giacca e si ravvivò i capelli, quella mattina sciolti. Indossava un completo grigio un po’ monotono, ma Naga la trovava splendida.

- Allora, ti è piaciuta la lezione di Steinmarder?- esordì lei.

- Tantissimo; è un oratore formidabile, ho trattenuto il fiato per gran parte delle due ore.
Lei ridacchiò:

- Anch’io ho provato le medesime sensazioni. La  passione traspare dalle sue parole, è un uomo di grande sapere.

- Mi è parso un po’ freddo, però- si confidò il ragazzo, ancora risentito per il trattamento riservatogli dal professore.

- Le persone di genio talvolta possono risultare incomprensibili e scontrose.
Annuì, poco convinto.

- Da quanto lavori alla libreria?- chiese invece, cercando di sapere di più di lei.

- Un paio di mesi. Mi piace molto e non mi toglie tempo allo studio. Tu invece? Lavori? Passatempi?
Scrollò le spalle:

- Studio e aiuto mia madre in casa. Non ho tempo per altro- rispose un po’ in imbarazzo.
Arrivarono i cappuccini e continuarono a chiacchierare ancora per un po’. Il tempo parve volare e infine Cassandra dovette alzarsi:

- Mi spiace, ma è l’ora di apertura. Devo andare.
Anche Naga si tirò in piedi e l’accompagnò all’uscita.

- Ci vediamo allora. È stato bello chiacchierare con te- continuò la ragazza.

- Anche per me.
Dopo che si furono salutati, il giovane prese il bus e raggiunse l’università, a mezz’ora da lì.
Non riuscì ad ascoltare con attenzione le lezioni, né a prendere con la solita dedizione gli appunti.
Cassandra. Cassandra. Cassandra.

- Oggi sei stato tu a dormire.
La voce squillante di Kyle stridette nei suoi pensieri, facendolo ritornare alla realtà.

- Stavi sognando ad occhi aperti?

- Ma smettila- e si alzò in piedi.

- Che ora è?

- Le 13. Perché?

- Devo andare.

- Ma c’è ancora la lezione del professor Bore

- Mmh, per due ore che perdo.

- Accipicchia, amico, forse ti ho rovinato. E chi prende gli appunti?
Naga gli mostrò il suo sorriso più smagliante:

- Forse è il momento buono per imparare a stare svegli, Kyle. Ti saluto…e scrivi bene, che domani mi devi prestare il tuo quaderno.
E schizzò via, diretto alla fermata del bus.
Cassandra terminava il suo turno alle 14. Forse poteva incrociarla, e magari accompagnarla a casa. Voleva parlare ancora con lei, non gli bastava solo quella mattina.
Ma cosa gli prendeva? Possibile che una ragazza gli facesse quell’effetto? Si sentiva come un adolescente.
Raggiunse il “Sogno d’Argento”  e scorse la giovane sul marciapiede, all’ingresso della libreria. Ancora con il fiatone fece per alzare una mano e chiamarla, ma qualcosa lo bloccò.
Una macchina sportiva, bianca come il latte, si era accostata a lei. Ne uscì fuori un tipo alto ed elegante, con una chioma riccioluta e di un biondo rossiccio che gli arrivava quasi alle spalle. Aveva un volto familiare, dai tratti fini ma allo stesso tempo virili.
Si avvicinò a Cassandra, forse troppo, e le baciò una guancia, proprio vicino alle labbra piene e sorridenti.
Congelato dall’altra parte della strada, Naga osservò la scena, incapace di distogliere lo sguardo.
La ragazza gli dava le spalle, non l’avrebbe visto. C’era molta confusione a quell’ora, automobili e passanti che lo nascondevano ad un occhio distratto.
Il rosso le aprì la portiera e la fece entrare in macchina, poi alzò il capo e per un momento i due uomini incrociarono gli sguardi, affrontandosi in una sorta di battaglia silenziosa.
Lui l’aveva notato e aveva compreso il suo sguardo. Stirò le labbra portando gli angoli all’insù; non era un sorriso cordiale, quello. Aveva un’espressione feroce, intimidatoria, e i suoi occhi marrone chiaro, quasi gialli, fecero indietreggiare Naga, che quasi inciampò.
Soddisfatto da quella reazione, l’uomo si decise infine ad entrare in automobile. Mise in moto il suo bolide e sfrecciò in strada, allontanandosi in pochi istanti, portandosi via Cassandra e le speranze infrante di Naga.
Per qualche secondo il ragazzo rimase a fissare il vuoto, incapace di formulare una spiegazione diversa da quella che aveva intuito dalla scena che si era appena svolta.
Ma certo! Lei era così bella, come aveva fatto a non pensare che avesse un fidanzato. E che fidanzato! Pareva esser uscito fuori da qualche famosa epopea. Perché si era fatto illusioni? Lei era stata solamente gentile, forse si comportava così con tutti.
Deluso se ne tornò a casa e si fiondò tra i suoi libri, gli unici che non avrebbero mai tradito le sue  speranze e aspettative.
Il giorno dopo ritornò il Naga di sempre, attento allo studio e incapace di crearsi una cerchia di amici.
Giunse la sera della seconda lezione di Steinmarder, ma lui non ci andò.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** capitolo 5 ***


Il rumore dell’acqua smossa rimbombava nell’ambiente soffocante. L’aria era calda e umida e un fastidioso odore di cloro faceva prudere le narici di Naga che, seduto su una tribuna in alto, osservava le lineari bracciate dei nuotatori sotto di lui.
Di fianco a lui Kyle, le braccia conserte e lo sguardo attento, osservava un ragazzo in particolare. Massiccio di corporatura, era agile come un delfino e possedeva una resistenza pressoché inumana.

- A guardarlo fuori da qui non si direbbe- commentò il giovane dalla capigliatura bionda, - Ma Sean è un vero campione. Un atleta che si è guadagnato il podio in parecchie gare.
E io che pensavo avesse solo grasso sotto quel maglione sformato che indossava la prima sera del seminario.
Ridacchiò e lanciò uno sguardo di sbieco all’amico:

- Dovresti imparare da lui, Naga. Un po’ di sano sport farebbe bene al tuo fisico e al tuo umore.
L’altro fece una smorfia:

- Perché mi hai portato qui? Hai l’espressione di una madre che cerca di capire quale sia il problema del figlio.
- Ma tu hai un problema, amico. Ti sei chiuso a riccio, non sei neanche più venuto a seguire Steinmarder. Cassandra è rimasta parecchio delusa.
Digrignò i denti, cercando di non pensarci.

- E lei, vero? Mi sembravi così preso e poi…puff, il tuo entusiasmo si è sgonfiato come un palloncino. Ha un fidanzato, non è così?
Sospirò:

- L’ho vista con un tipo. Sembrava un attore, te lo giuro; non ho speranze.
L’altro sbuffò:

- Ti arrendi per così poco. E poi non è detto che stiano insieme.
Naga inarcò entrambe le sopracciglia con espressione ironica.

- Sean la conosce da molto più tempo di noi. È per questo che ti ho portato qui; potrai fargli tutte le domande che vuoi.
- Non penso che Sean sia così in confidenza con me, o così interessato, da fermarsi a chiacchierare di Cassandra.
- Potresti offrirgli la merenda. Penso sia un ottimo baratto.
Abbassò la voce e con fare da cospiratore aggiunse:

- Frequentiamo lo stesso gruppo da un po’ e ti assicuro che è goloso come un tricheco.
- Ma che razza di paragoni fai?!
L’ignaro oggetto della loro conversazione uscì proprio in quel momento dalla piscina, dirigendosi a passo spedito alle docce.

- Aspettiamolo fuori dagli spogliatoi- suggerì Kyle, - C’è un bar lì di fianco. Tu ordina qualcosa per tutti e tre, io intanto lo “catturo”
- Catturi?
Fece spallucce:

- Tu non preoccuparti che ci penso io.
Fu così che, pochi momenti dopo, i tre ragazzi si ritrovarono seduti ad un tavolino del bar del Centro Sportivo. Sean indossava una tuta nera e i suoi capelli grigi, ancora umidi, alla luce artificiale parevano quasi argentati. Una linea profonda e verticale solcava la sua fronte, rendendo piuttosto chiaro il suo stato d’animo.
Agguantò la ciambella che Naga aveva ordinato per lui e la sua espressione si fece leggermente più amichevole.
Kyle tossicchiò:

- Allora Sean, non davi l’impressione di essere uno sportivo.
“Un’ottima frase per intavolare una conversazione “ rifletté sarcastico Naga, ma il ragazzo burbero invece non se la prese, anzi, parve addirittura rilassarsi ascoltando le parole di Kyle.

- Ma come diamine fai!- bisbigliò con un sibilo all’amico biondo. Quello gli rispose con uno smagliante sorriso pieno di arroganza che lo fece imbestialire.
- Non ti ho visto alle lezioni di Steinmarder.
La voce cupa di Sean arrivò alle sue orecchie distratte; si stava rivolgendo a lui.

-Ho avuto degli impegni- mormorò imbarazzato.
Il giovane scrollò le spalle, come se non gli importasse veramente.

- Beh, potrà recuperare unendosi alla gita- s’intromise Kyle con allegria.
- Quale gita?
- Conosci Gloom Hill?
Annuì: - Non è molto lontana da qui, ma non mi pare proprio una meta turistica. È un po’ monotona.

- Sono accaduti dei fatti, in passato.
Era stato Sean a parlare, e Kyle lo lasciò continuare:

- Ogni cinque o sei anni scompaiono delle persone da quelle parti. Non sono mai state ritrovate. Steinmarder pensa l’origine sia da identificarsi come soprannaturale; sta scrivendo un saggio al riguardo e vorrebbe andarci di persona e studiare insieme a noi il caso.
- E voi andrete con lui?- chiese Naga.
- Noi andremo con lui- precisò Kyle, fissandolo intensamente.
- Non mi sembra una buona idea. Quando c’è stata l’ultima sparizione?
- Sei anni fa- rispose sepolcrale Sean.
- Ecco, appunto.
Verrà anche Cassandra- aggiunse Kyle, - Non ti sembra un buon motivo per venire.
Ti piace?- chiese l’altro.
Naga arrossì fino alla radice dei capelli e balbettò una risposta confusa.

- Non mi pare sia fidanzata- rispose Sean, comprendendo perfettamente i suoi mormorii.
- Ah, sì?- gongolò Kyle, volgendosi verso l’amico e alzando un pollice in segno di vittoria. Naga sprofondò ancora di più nella vergogna.
- Devi stare attento al suo tutore, però.

-Tutore?
Annuì:
- Ha perso i genitori da bambina ed è stata adottata da un parente, il fratello della madre, penso. È il CEO di una grande azienda elettrica: la Helios.Kyle fece un lungo fischio, sbalordito:
-Un pezzo grosso.
Allora per conquistare la principessa devi prima convincere il drago che la protegge- ridacchiò poi.
- La sai una cosa, Kyle? Ti odio.
- Comunque ho già inserito il tuo nome, nella lista degli iscritti intendo.
- Cosa?!
- Suvvia, costa pure poco, e lo sai perché?
- Non voglio saperlo- ruggì Naga.
- Perché vi ospito io! Ho una casa a Gloom Hill, è enorme e per la maggior parte dell’anno inutilizzata. Vedrai che ci divertiremo.
- Mi sembra il principio di un film dell’orrore.
- Concordo- fece Sean.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** capitolo 5.5 ***


Pioveva.
Naga aveva appena lasciato Kyle e Sean all’ingresso del Centro Sportivo. Le gocce dapprima erano cominciate a scendere sporadiche e sottili ma nel giro di pochi minuti si erano trasformate in una cascata torrenziale.
Il ragazzo si era calato il cappuccio sul capo, inutilmente visto che era completamente fradicio. L’acqua gli aveva inzuppato i vestiti e rivoli freddi scendevano fastidiosamente dalla sua nuca fino alla schiena, appiccicandogli la maglia alla pelle.
Una pensilina gli diede un temporaneo sollievo, ma il bus non sarebbe arrivato prima di cinque minuti.
Osservò pensieroso la superficie smossa si una pozzanghera sulla strada, di fronte a lui. Accanto al suo riflesso c’era quello di un ombrello scuro, di un grigio smorto, che proteggeva l’alta sagoma di un uomo dall’aria distinta e dallo sguardo fisso.
Erano solo loro due ad aspettare il mezzo pubblico e, per qualche strano motivo, il ragazzo cominciò a provare un certo disagio.
Uno stridere di ruote seguito da un fischio poco lontano fece chiudere l’ombrello all’uomo, che ne batté l’estremità contro il marciapiede per liberarlo dall’acqua in eccesso.
Le porte del bus si aprirono con uno scatto bruscò e Naga vi s’infilò all’interno con una certa fretta. Era praticamente vuoto, quindi scelse di sedersi al fondo, di fianco al finestrino.
Nonostante la vasta scelta di posti liberi, lo sconosciuto decise di accomodarsi proprio di fronte a lui. Poteva avere si e no una sessantina d’anni e il giovane intravide un elegante completo gessato sotto la giacca sbottonata dal taglio classico.

-Le piace la pioggia?- gli chiese d’improvviso con una gradevole voce da baritono.

Era dunque una di quelle persone che voleva attaccar bottone a tutti i costi, pensò scocciato il giovane. Di solito il suo aspetto teneva alla larga anziani chiacchieroni, ma forse quello era un giorno particolarmente sfortunato per lui.
- Sì- ammise,
Anche se ammetto di preferirla quando ho un ombrello.
L’uomo rise:

-Anche io amo l’acqua. È impetuosa, sfuggente… potente. Non è anche lei attratto da essa, come se possedesse qualcosa di magico?
Naga osservò le goccioline che si depositavano sul vetro, scivolando sinuosamente verso il basso. Avevano un ché di ipnotico.

-Qualcosa del genere.Il bus si fermò e l’uomo si alzò in piedi:

-Si fidi dell’acqua, signor Aosugi, è una compagna fedele. Diffidi invece del Collezionista e non si avvicini all’Albero.
Naga annuì, un po’ distratto. Poi alzò gli occhi di scatto:
-Ehi! Come fa a sapere…

L’uomo era sceso e si stava già allontanando.

-…Il mio nome?
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** capitolo 6 ***


Naga chiuse  con cautela la zip del suo vecchio borsone, regolò la cinghia a tracolla e se la sistemò sulla spalla, tutto sotto gli occhi attenti di sua madre che, ritta come un fuso all’ingresso, si stringeva nervosamente addosso la vestaglia verde mela.
Un tonificante aroma di caffè giunse sino a loro e il viso abbronzato di Mary Griffin, la vicina di casa, fece capolino dalla cucina.

- Un espresso prima di partire, ragazzo?- chiese con voce raschiante e cupa, da fumatrice accanita.
Scosse il capo;

- La ringrazio signora Griffin, anche per il favore di rimanere qui, con mia madre.
Sentendosi chiamata in causa Yoko alzò il capo allarmata, ma il figlio la rassicurò posandogli una mano sulla spalla;

- Perché non vai a fare colazione con la signora Griffin? Rimarrà a farti compagnia per tutto il week end.
- E tu?- chiese con voce flebile la donna.
- Tornerà presto, tesoro- fece Mary, - Una  breve vacanza con gli amici. Sai come sono i giovani, hanno bisogno di allontanarsi un po’, ogni tanto.
- È una gita- studio- tenne a specificare Naga;
- Con il professor Steinmarder. Ci tengo molto ad andare, mamma.
Lai annuì, sconsolata:

- Va bene. Ma devi tornare.
Le ultime parole erano una supplica.
Il ragazzo si sforzò di sorridere:

- Ma certo. Ho lasciato il mio numero alla signora Griffin, così potrai chiamarmi quando vorrai.
Lanciò un occhiata al display del cellulare.
Le 7.45, era in ritardo.

- Ora vado.
Yoko lo afferrò per le spalle, fissandolo penosamente per un lungo momento. Mary si avvicinò a loro e convinse la donna a lasciarlo andare.

- Ora vai- bisbigliò frettolosamente la vicina.
Annuì e uscì. Lo scatto della porta che si chiudeva dietro di lui gli risuonò cupo alle orecchie. Fortunatamente non sentì altro, il pianto di sua madre lo avrebbe fatto ritornare sui suoi passi.
Lo strombazzare di un clacson lo fece sussultare. Kyle stava aspettando.
Scese le scale in fretta, per quanto glielo permettesse il peso che si portava addosso, e trovò l’amico che lo salutava al di là del portone e gli faceva cenno di affrettarsi.
Naga espresse un fischio ammirato di fronte al fuoristrada rosso metallizzato che li avrebbe portati a Gloom Hill.

- Ti piace?- gongolò Kyle.
- Fantastico!- ridacchiò, posando il bagaglio e sistemandosi poi nell’abitacolo lussuoso.
- Non c’è nessun altro?- chiese con stupore.
Kyle scrollò le spalle:

- Sean verrà più tardi con mezzi propri insieme a Cassandra. Masha Hexis invece ha chiesto un passaggio al professor Steinmarder; saranno gli ultimi ad arrivare, penso.
- Noi invece i primi?
- La casa che ci ospiterà è mia. Dovrò pur andare a controllare che tutto sia a posto prima di farli entrare.
- Giusto.
- Comunque la governante mi ha assicurato che non c’è nulla di che preoccuparsi.
Naga inarcò le sopracciglia in modo esagerato:

-Se sei così schifosamente ricco, mi chiedo perché mai tu non mi abbia ancora offerto un pranzo… O un caffè al massimo. Sono tuo amico, accidenti.
Fece un sorriso sghembo:

-Rimedierò. Anche se preferirei portarci una ragazza, a pranzo fuori.
-Accontentati.
Kyle mise in moto l’auto e Naga si sistemò meglio sul sedile, la mente non ancora del tutto sgombra dalla stanchezza mattutina.

-Se vuoi riposare, ti suggerisco di approfittarne.  Impiegheremo circa un’oretta per arrivare a Gloom Hill.

Naga comunque si era già appisolato.
Nel suo dormiveglia inquietanti ombre si riflessero sulle sue palpebre abbassate e una voce lontana e quasi indistinta mormorò alle sue orecchie distratte, il tono perentorio e ammonitore…
Sobbalzò sul sedile, drizzandosi a sedere.

-Oh, ti sei svegliato- borbottò Kyle;
-Scusami, ho fatto una manovra brusca. Comunque eccoci arrivati.

Lanciò uno sguardo fuori dal finestrino; su un basso promontorio alla sua destra sorgeva una splendida villa di campagna di mattoni rossi circondata da un vasto giardino un po’ decadente.

-Secoli fa apparteneva ad una famiglia di bassa nobiltà locale. C’è ancora uno stemma se non sbaglio, proprio sopra l’ingresso-  gli spiegò l’amico.

Parcheggiò il fuoristrada e Naga recuperò il suo bagaglio, facendosi strada sul sentiero di ghiaia che portava alla dimora. Era tutto molto silenzioso e lo stato d’abbandono del giardino non aiutava certo a rallegrare l’atmosfera.
Un agrifoglio dal fogliame verde scuro e lucente attrasse la sua attenzione. Kyle seguì il suo sguardo e si avvicinò all’albero, carezzandone amorevolmente la corteccia liscia e grigia.

-Siamo cresciuti insieme, io e questa pianta- ammise con un sorriso;
 

-È molto bella- commentò l’altro, non riuscendo a levarsi di dosso la strana sensazione che gli procurava l’agrifoglio.
La porta d’ingresso si spalancò e ne uscì fuori una signora anzianotta e in carne con indosso una divisa grigio topo.

-Signorino Kyle, ben arrivato- esclamò un po’ ansante.
-Signora Parsons, la trovo bene- rispose il giovane, - Siamo i primi?
La governante annuì, poi rivolse un cenno anche a Naga:

-Entrate, prego. Vi ho preparato un’abbondante colazione.
-Ottimo! Vieni Naga, mangiamo qualcosa; poi ti mostrerò la tenuta.
Il ragazzo annuì ed entrò in casa. Dalla finestra della cucina, dove li aspettava la colazione, si poteva scorgere l’agrifoglio solitario la cui chioma splendeva smeraldina alla luce del sole mattutino. I rami si muovevano leggermente, scricchiolando appena, come le ossa di un vecchio decrepito. Quel suono gli metteva i brividi addosso.

- Cosa c’è?- gli chiese Kyle, osservandolo pensieroso.
Scosse il capo:

- Nulla di importante.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** capitolo 7 ***


Il resto del gruppo giunse in tarda mattinata.
Per primi Sean e Cassandra in un vecchio pick up di un abbacinante giallo canarino, poi tre giovani che Naga non aveva mai visto. Erano due studenti di giornalismo e un fotografo che si presentarono come Marcus, Abby e Trevor.
L’ultimo a parcheggiare fu un elegante maggiolino celeste polvere dal quale uscirono Masha, il professor Steinmarder e la sua segretaria, Sullivan So-yon o, come lei preferiva venisse chiamata, Miss Sullivan.
In tutto erano un gruppo di dieci, ma Kyle non ebbe problemi a sistemare tutti quanti; c’erano stanze in abbondanza.
Quando vide Cassandra, Naga ebbe un tuffo al cuore. Si sentiva a disagio perché non aveva mantenuto la promessa di rivederla e si chiedeva se si fosse offesa.  Lei comunque lo salutò come aveva sempre fatto, ignara del turbamento che lo stava scuotendo.
Con sé aveva portato un trolley rosa che le arrivava al fianco e alcune borse che portava a tracolla. Il giovane si offrì di accompagnarla in camera ( insieme a Kyle nella mattina avevano deciso le sistemazioni per tutti) e, nonostante le proteste della ragazza, afferrò la valigia e cominciò a salire le scale con fatica.

- Grazie Naga, ma potevo farcela anche da sola- disse un po’ indispettita quando furono finalmente nella ariosa stanza che avrebbe condiviso con Masha.
Il ragazzo scosse le spalle, in silenzio. Voleva approfittarne per chiederle scusa, per sapere di più sull’uomo con l’automobile bianca, ma dalle labbra non gli uscì alcun suono.
Non sapeva come introdurre l’argomento. Cassandra lo avrebbe considerato uno svitato, uno che s’impicciava nelle vite degli altri.
Eppure non riusciva a smettere di pensare a lei. Era come se lo avesse stregato.
Nel frattempo la ragazza aveva aperto le sue borse e proprio in quel momento stava poggiando sul suo comodino un piccolo braciere in ottone brunito.
Naga inarcò le sopracciglia:

- Cosa ci fai con quello?Ridacchiò:

- È un brucia-incenso- rispose, - Più un portafortuna. È appartenuto alle donne della mia famiglia per varie generazioni.Il ragazzo si avvicinò per osservarlo meglio:

- Posso prenderlo in mano?Lei annuì.
Lo raccolse delicatamente e se lo rigirò tra le mani. Alcune figure decoravano le pareti d’ottone: un sole con lunghi raggi simili a fiamme, una lira e un cigno.

- Hanno qualche significato?

- Prova a indovinare- ribatté lei misteriosamente.

- Non sono bravo con gli enigmi.
Lei fece spallucce:

- Mi spiace per te, allora.Sembrava più aggressiva. Forse si era offesa, dopotutto.
Proprio in quel momento entrò Masha. Li fissò entrambi per un lungo momento:,

- Se volete amoreggiare, vi lascio soli.Entrambi arrossirono, ma l’imbarazzo di Naga era il più evidente, avendo la carnagione quasi bianca.

- M- me ne vado- balbettò, e se ne uscì in fretta e a testa bassa.
Scese nel salone e vi trovò il professore seduto su una poltrona, intento a sorseggiare da una tazza fumante;

- La vostra tisana è deliziosa, signora Parsons- commentò con un sorriso soddisfatto.
La donna annuì compiaciuta, sistemandosi meglio la cuffietta sul capo. Kyle, seduto su un divanetto proprio di fronte a Naga, fece cenno all’amico di sedersi di fianco a lui.
Quando si fu accomodato, riuscì a scorgere l’espressione divertita che il giovane biondo riusciva a stento a trattenere.

- Il professor Steinmarder ha fatto colpo sulla povera signora Parsons- gli bisbigliò ridacchiando.
In effetti l’uomo aveva uno strano fascino. Non era solo l’aspetto, piuttosto qualcosa che si nascondeva nel suo sguardo verde mare.

- Ti ringrazio, Kyle, per la tua ospitalità- disse poi il professore rivolgendosi al ragazzo;

- È una splendida villa, questa. Molto antica. Mi permetteresti di visitarla, più tardi?

- Ma certo!- rispose entusiasta, - Sono curioso di sapere se questa casa nasconde qualche torbido segreto. Roba occulta, intendo.
Sullivan So-yon, che come una colonna di granito era stata sino a quel momento in piedi e silenziosa di fianco a Steinmarder, non riuscì a nascondere una smorfia sprezzante, subito intercettata dalla signora Parsons che probabilmente decise proprio in quel momento che non avrebbe mai offerto nulla di delizioso a quella donna altezzosa.
Inaspettatamente Kyle mise una mano sulla spalla dell’amico:

- Vi ricordate del mio amico Naga Aosugi?
L’uomo si massaggiò il mento, perplesso, chiaramente non rimembrando il volto del giovane;

- Aosugi? Avete origini giapponesi?
Annuì: - Mia madre.

- Sono molto interessato al folklore giapponese- continuò il professore, - Forse in questi giorni potrai illuminarmi su alcune tradizioni a cui sono interessato.
Naga cercò di rimanere impassibile. Non ne sapeva molto di mitologia giapponese, ma pur di parlare a quattrocchi con Steinmarder, si sarebbe inventato qualcosa.

- Mi farebbe molto piacere- rispose infatti con entusiasmo.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** capitolo 8 ***


Nel pomeriggio il gruppo, capitanato dal professor Steinmarder, decise di visitare la cittadina di Gloom Hill.
Il posto non era un granché; le case non erano come quelle che si vedevano nelle riviste, con mattoni rossi a vista, giardini ben curati e cancelli verniciati di bianco. Erano grigie, sobrie, inzuppate di tristezza.
Pochi negozi: una piccola drogheria, un fruttivendolo, una parrucchiera e altre bottegucce che costellavano esigue la via principale.
Si stava allestendo qualcosa. Ghirlande d’aglio e aquilegia decoravano le porte, candele gialle erano state posate sui davanzali di numerose finestre. Un’enorme pira era stata preparata nella piazzetta principale, proprio di fronte alla vecchia torre campanaria.
Gli abitanti scrutavano sospettosi i nuovi venuti, le espressioni ingrugnite e cupe, gli atteggiamenti scostanti e poco accoglienti.
Il silenzio regnava. Non sembrava la vigilia di una festa, piuttosto il preludio di un funerale.

- Non mi pare sia stata una buona idea venire a farci una passeggiata- commentò Naga, innervosito.

Alcuni altri annuirono.

- Osservate- mormorò Steinmarder, - L’aglio è sempre apparso nel folklore e nella narrativa gotica di Bram Stoker. Allontana gli spiriti parassiti come i vampiri.

- Ma nella tradizione dell’antica Grecia era una pianta degli inferi- ribatté Cassandra.
- Giusto, signorina Melas. Dedicata ad Ecate, dea della magia. Per alcuni l’aquilegia è il fiore della follia, ricorda il cappello di un giullare. Aglio e aquilegia… E il giallo delle candele!

- Il giallo è un bel colore- disse Kyle, - Allegro, solare, vitale.

Il professore annuì, ritrovandosi d’accordo, ma alzò l’indice ammonitore:

- Ma il colore giallo lo ritrovi anche nel semaforo; indica la prudenza e un possibile pericolo.

- Le premesse non sono buone per questa festa- borbottò Naga a voce talmente bassa che nessuno lo sentì.

- È tutto molto angosciante- si lagnò Masha.

- Perché è la Festa del Penitente- spiegò Kyle e, quando Steinmarder lo invitò a proseguire, disse:
- Ogni anno gli abitanti di Gloom Hill, per purificarsi dall’antico peccato, bruciano il Penitente nella piazza del mercato.

- Bruciano?- si scandalizzò Masha, gli occhi pesantemente truccati sbarrati e increduli.

- Un fantoccio di paglia- ridacchiò il giovane;
- Ogni abitante impone le mani sul Penitente e gli trasmette il suo peccato, che poi brucia e viene purificato col fantoccio nella pira infuocata.
- Di che peccato si tratta?- chiese Cassandra.

Kyle scosse il capo:

- Non ne ho idea. È così antico che probabilmente è stato dimenticato.
- Ve lo dirò io- s’intromise Steinmarder, lucidandosi con un fazzoletto le lenti dei suoi occhiali;
- Ma prima cerchiamo un posto dove bere un buon thè. Sono quasi le cinque.

La sala da thè in questione era così piccola che a stento ci entrarono tutti. Con grande imbarazzo i ragazzi si guardarono l’un l’altro finché Cassandra, aiutata da Sean, cominciò ad unire alcuni tavolini.
Naga non perse tempo e si unì ai due.

- Che c’è da vergognarsi tanto?- mormorò la ragazza con un sibilo.

- Siamo tanti e abbiamo bisogno di stare vicini.

Nel frattempo Steinmarder si era già accomodato, imitato da Miss Sullivan.

- Prima che Gloom Hill venisse costruita questa terra era ricoperta da un bosco sacro- esordì, rigirandosi tra le dita un pasticcino che aveva afferrato da un piattino di fronte a lui.

- L’uomo non osava mettervi piede poiché era abitata da creature soprannaturali: le Amadriadi. Qualcuno sa dirmi che genere di personaggi sono?

- Erano ninfe  che vivono all’interno degli alberi- rispose Cassandra.

- Sì, ne sono la personificazione e il loro legame con il proprio albero è così forte che, se esso muore, muoiono anche loro. Sono creature gentili e molto belle.
- Ovviamente l’avidità dell’uomo, come ben sappiamo,  è capace di rovinare qualsiasi cosa. In piena rivoluzione industriale, il ricco mercante Archibald Swine trovò un giacimento di carbone proprio qui e, deciso a sfruttare a pieno questo tesoro, decise di far abbattere il 70% del bosco per costruire un grande villaggio e ospitare la sua forza lavoro.

Gli abitanti delle zone limitrofe cercarono di farlo desistere dall’intento, ma invano. Swine rase al suolo la vegetazione e fece tirar su un ammasso di case misere e squadrate e, sopra un promontorio nelle vicinanze, fece erigere la sua splendida villa signorile.
Tutto sembrava andare per il meglio. Swine faceva ottimi affari. Si arricchì a dismisura e, nonostante la sua bruttezza fisica e quella del suo animo, riuscì a sposare una splendida fanciulla di buona famiglia ed ebbe sette, tra figli e figlie, sani e forti.
Ma, in una notte d’inverno del suo ottantesimo anno d’età, Archibald si svegliò di soprassalto e si mise a sedere sul suo comodo letto a baldacchino, madido di sudore.
I domestici presenti in seguito raccontarono che il loro padrone sembrava impazzito. Farfugliava frasi inquietanti e aveva gli occhi spiritati. Uscì nella tormenta e nessuno più seppe qualcosa su di lui.
 
Naga rabbrividì, angosciato. Quella storia era così simile agli eventi che avevano coinvolto la sua famiglia.
 

- Mi sembra chiaro che sia morto congelato nella neve- commentò secco Marcus, uno dei due studenti di giornalismo.
Steinmarder fece un sorriso sornione:

- Il suo corpo non fu ritrovato se non nei primi anni sessanta del 900, più di un secolo dopo. Sotto un grande pioppo nero, le sue ossa e il suo teschio aggrovigliati tra le radici forti e nodose,  come in una gabbia. Come ha fatto un cadavere a finire lì? È stato sepolto da qualcuno? Ma come, e perché in quel modo così inusuale? È questo il mistero.

- La gente del posto crede siano stati gli spiriti del bosco ad ammazzarlo, e che abbiano maledetto tutti gli abitanti di Gloom Hill e i loro discendenti. È per questo che è stata creata la Festa del Penitente, per acquietare le anime vendicative- disse Kyle.

- Sembra che non funzioni molto- commentò Sean, - Visto che le persone continuano a sparire.
- Già- ridacchiò il ragazzo, e Naga si chiese acidamente cosa ci fosse così tanto da stare allegri.
- Un mitomane, probabilmente- borbottò Marcus, - Che si crede un vendicatore silenzioso delle Amadriadi.
- Può darsi- commentò Steinmarder, ma il suo tono lasciava intendere ben altro.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** capitolo 9 ***


Quella sera, dopo cena,  Steinmarder affidò loro il compito di raccogliere il maggior numero di informazioni possibili sulla Festa del Penitente.
Con fare annoiato Masha prese cappotto e borsa e si avviò in paese.

- Troppa noia in questa casa-  aveva  affermato,

- Preferisco il pub di Gloom Hill.

Marcus l’aveva accompagnata. A Naga non stava molto simpatico, era acido con tutti e faceva chiaramente intendere che non era giunto lì per sua spontanea volontà. Quel week end di studio per lui era solamente una sciocca scampagnata.
Sean e Kyle si erano trasferiti nel salone per chiacchierare e Cassandra non si vedeva.
Naga ne approfittò per defilarsi e raggiungere la sua camera. Da quel pomeriggio era stato colto da un fastidioso mal di testa che si era fatto via via più violento.
Indossò il pigiama e si buttò sul letto, coprendosi fino alla cintola.
Rimase a lungo con gli occhi sbarrati a fissare il soffitto ma probabilmente ad un certo punto si addormentò, perché si accorse di trovarsi all’aperto.
Non aveva freddo, nonostante fosse in pigiama e scalzo; sentiva l’erba umida sotto le piante dei piedi, ma la cosa non gli procurava particolare fastidio.
Chissà se era uno di quelli che chiamavano sogni lucidi.

Era in giardino, di fronte all’agrifoglio inquietante di Kyle. Ma a tratti cambiava forma; ora non era più un agrifoglio, ma un cedro.
 Le foglie della chioma frusciavano alla leggera brezza, illuminandosi d’argento alla luce della luna. Le radici sporgevano dal terreno, spesse e nodose, come le zampe di una tarantola pronte a ghermire.
E si muovevano in effetti; erano vive e scattavano come fruste, liberandosi dal terriccio e avvolgendosi attorno alle sue caviglie.
Allarmato cercò di liberarsi, ma invano. Cadde a terra e cercò di strisciare via, affondando le unghie nella fanghiglia ma l’albero lo trascinava indietro, sempre più vicino…
Un nitrito ruppe il silenzio della notte.
In lontananza, da una nube scura e roboante sfregiata da lampeggianti linee luminose, emerse un cavallo nero come la notte. Era massiccio e terrificante, una creatura d’incubo nata dalle paure più profonde. Gli occhi rossi come il sangue roteavano impazziti e gli zoccoli pesanti battevano il terreno, sollevando zolle e detriti.

L’albero parve rimpicciolirsi e ritirò le sue radici, lasciando libero il ragazzo. Ma la bestia si faceva più vicina, sempre di più, ancora, e ancora…
Naga alzò un braccio, il palmo aperto come a fermare la creatura.
E urlò qualcosa, un nome che si perse nel vento sferzante foriero di disastri.
Poi più nulla, solo il buio silenzioso che accompagna la perdita di coscienza. Un buio confortevole, che protegge dalla realtà e fa dimenticare.
Alcuni raggi flebili lo colpirono in viso, facendolo svegliare.
Il tepore delle coperte gli impedì di alzarsi immediatamente dal letto. Era madido di sudore e voleva darsi una rinfrescata.
Il cuore che gli batteva forte in petto si calmò pian piano con il passare dei minuti. Tremava e un’angoscia opprimente gli occludeva la gola.
Il letto di Kyle era vuoto ma ancora sfatto. Forse era già sceso a fare colazione.
Si concesse una lunga doccia ristoratrice, si vestì e raggiunse la cucina.
Aveva legato i capelli in una coda; la chioma blu elettrico aveva cominciato a farsi troppo lunga e disordinata e la frangia arrivava quasi a coprirgli gli occhi.
La prima persona che incontrò fu Sean. Indossava un completo sportivo e, con una sacca a tracolla, stava scendendo velocemente le scale.

- Buongiorno- lo salutò il ragazzo, - Appena svegliato?

Naga annuì:

- Dove stai andando a quest’ora?

- Kyle mi ha detto che c’è un piccolo lago nelle vicinanze, oltre il bosco a est della villa. Vado a fare un giro lì.

- Divertiti- borbottò l’altro, seguendo nel frattempo il profumo delizioso che giungeva dal basso.

La signora Parsons lo accolse con un sorriso, facendogli cenno di sedersi a tavola.
Era solo ma non gli dispiacque fare una colazione silenziosa. La fragranza e il sapore burroso della brioche gli alleggerì l’umore e il caffè bollente lo risvegliò del tutto.
In quel momento entrarono Abby e Marcus; quest’ultimo era pallido e profonde occhiaie scure gli segnavano il viso.
Abby salutò con un sorriso Naga e gli si sedette di fianco, Marcus invece si accomodò in una sedia lontano dai due e addentò la sua brioche con la voracità di un lupo affamato. Non disse una parola e non si degnò neanche di ringraziare la signora Parsons, che gli lanciò un’occhiata indispettita.

- Cosa gli è capitato?- bisbigliò Naga alla ragazza.
Lei rise mesta: - È stato fuori per tutta la notte, penso abbia ricevuto un due di picche dalla signorina Hexis.
Il ragazzo inarcò le sopracciglia, ma non era troppo stupito. Marcus non era abbastanza attraente né carismatico per piacere a Masha.
Ben gli sta rifletté un po’ malevolo.

- Non ti preoccupare- continuò Abby,

- Stamane ha già fatto gli occhi dolci a miss Sullivan. Penso abbia superato la delusione.

Come se avesse intuito che parlavano di lui, Marcus alzò il capo e li fissò con astio.
A disagio Naga si alzò e, dopo aver salutato, andò a cercare un posto più tranquillo.
Incontrò proprio miss Sullivan nel corridoio che portava al salone.
La donna era vestita in modo impeccabile e il suo sguardo gelido lo trapassò come una lama affilata.
Naga fece un breve cenno e cercò di oltrepassarla in fretta, ma lei lo afferrò per un polso, trattenendolo.
La sua mano delicata era bianca come il marmo e altrettanto fredda:

- Naga Aosugi- esclamò.
Era la prima volta che la sentiva parlare. Aveva una voce secca, quasi metallica; non possedeva nessun calore, nessuna intonazione. Nulla di nulla.

- Il Professore vorrebbe parlare con lei, conoscerla meglio.

- Oh, c-certo- balbettò in risposta,

- È nella biblioteca in questo momento- continuò So-yon , - Insieme al vostro amico Kyle.
- Li raggiungo subito. La ringrazio.

E fece per andare, ma lei continuò a trattenerlo;

- Naga Aosugi- ripeté, come assaporando il nome.

Si avvicinò a lui e gli prese il viso tra le mani ghiacciate. Lo studiò a lungo con i suoi occhi quasi incolori e  le guance del ragazzo cominciarono a farsi calde d’imbarazzo.
Rimase immobile a guardare la donna, incapace di liberarsi senza rischiare di offenderla. Aveva un viso affusolato, gli ricordava quello di una volpe.
D’improvviso lei schioccò la lingua, un gesto inaspettato;

- Nella vostra testa c’è qualcosa di prezioso, Naga Aosugi- disse con una voce fattasi cristallina, quasi cantilenante.

Il ragazzo s’irrigidì e si liberò di scatto, allontanandola un po’ bruscamente.
Rimasero in silenzio per qualche momento, in apparenza entrambi confusi.

- Devo andare ora- disse infine il ragazzo con voce roca, e si allontanò in fretta, l’animo nuovamente in subbuglio.
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** capitolo 9.5 ***


La biblioteca della villa era una sala ben illuminata e in realtà spaziosa nonostante chiunque vi entrasse avesse  l’impressione di ritrovarsi in uno sgabuzzino.
Forse la causa erano gli scuri scaffali di noce che coprivano per intero tre delle pareti ed erano ricolmi di tomi dall’aria preziosa e che odoravano di vecchio, oppure le finestre troppo piccole che non permettevano al sole di rischiarare adeguatamente l’ambiente.
Seduto ad un lungo tavolo al centro, il professor Steinmarder era intento a digitare qualcosa di fronte ad un pc portatile grigio metallico, il bagliore biancastro dello schermo che si rifletteva sulle sue lenti. Accanto a lui alcuni libri erano aperti e diversi ritagli di giornale erano sparpagliati sul ripiano di legno.
Era talmente concentrato che non  si accorse dell’arrivo di Naga e il ragazzo dovette tossicchiare per palesare la propria presenza.
L’uomo sollevò il capo:

- Signor Aosugi! La stavo aspettando. Si avvicini, venga ad aiutarmi.

Il ragazzo curiosò con interesse tra le scartoffie ma qualcosa tra esse, per la precisione una fotografia riportata su un foglio appena stampato, attirò morbosamente la sua attenzione.
Prese il foglio tra le mani e l’inchiostro ancora fresco gli macchiò i polpastrelli. Era una di quelle fotografie tipiche degli anni settanta, coi colori un po’ spenti che tendevano a varie sfumature di arancio. Immortalava una ragazzina dai tratti orientali e dall’aria familiare che indossava un particolare abbigliamento costituito da una larga gonna pantalone cremisi e da una tunica bianca a grandi maniche orlate di rosso. I lunghi capelli corvini erano legati in una coda da un nastro rosso e ai piedi portava i tabi, calzini tradizionali di cotone giapponesi. Li conosceva perché sua madre amava indossarli…
Sua madre!
Sbatté più volte le palpebre, sorpreso; quell’adolescente era la copia sputata di sua madre.
Alzò lo sguardo e incontrò gli occhi indagatori di Steinmarder:

- L’ho trovata poco fa online- spiegò l’uomo, massaggiandosi il mento, pensieroso;

- Il tuo cognome ha destato la mia attenzione, l’avevo già sentito da qualche parte…ed ecco!

Si alzò di scatto e puntò l’indice sulla foto:

- Yoko Aosugi, una sacerdotessa giapponese; una Miko, per l’esattezza. Ma non era una semplice giovane donna che serviva presso un tempio shintoista, lei era nota per le sue capacità mistiche. Lei poteva entrare in trance e dare voce alla volontà delle divinità.

Naga rabbrividì. Sua madre non aveva mai accennato a quell’aspetto del suo passato, non che lui riuscisse a carpire qualcosa da quel guscio vuoto che oramai era diventata, in effetti.
Eppure sapere che Steinmarder, un perfetto estraneo, ne sapesse più di lui, lo irritò profondamente.

- Deve aver fatto molte ricerche al riguardo- commentò con un veleno che non riuscì a sopprimere.

L’uomo lo fissò accigliato, l’ombra di un sorriso divertito che gli aleggiava sulle labbra:

- Non molto, in realtà. Yoko Aosugi era molto famosa. Sfortunatamente smise di servire il tempio pochi anni dopo che fu scattata questa foto. Tu mi sapresti dire il perché?

- Sposò mio padre- borbottò il giovane,

- Lui era irlandese. Non ho mai conosciuto la famiglia di mia madre, l’hanno diseredata per aver sposato uno straniero.

- Non solo per questo- ribatté Steinmarder.

- Cosa significa?
L’altro sospirò:

- Solitamente gli individui che posseggono questo tipo di potere, lo ereditano dal sangue. Non è raro che i membri talentuosi di queste famiglie si sposino tra loro. Un tempo era più facile, le famiglie reali e nobili facevano lo stesso tipo di ragionamento. Oggi è più complicato, bisogna fare i conti con la società moderna, con lo scandalo che può portare una scelta del genere.
Quindi questi matrimoni vengono tenuti nascosti. Questa è solo una teoria, ricorda bene, ma penso che tua madre fosse già promessa a qualche altro Aosugi, un suo cugino o lontano parente, probabilmente con un potenziale di natura soprannaturale. Ma sposando un estraneo ha annacquato il suo sangue, forse ha addirittura perso le sue capacità.

- L’hanno esiliata solo per questo?

- Per alcuni il potere è tutto- rispose secco, poi puntò lo sguardo su di lui:

- E voi, signor Aosugi, avete mai parlato con un dio?

Prima che potesse rispondere, un rumore di passi li interruppe.
Kyle entrò nella biblioteca reggendo tra le mani alcuni giornali arrotolati:

- È tutto quello che sono riuscito a trovare, professore…Oh, ciao Naga, sei venuto ad aiutarci?

Il giovane rimase qualche attimo in silenzio, poi annuì:

- Sì, conta pure su di me- rispose, guardando fisso il professore.
 
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3267113