Perché dopo le tenebre, per fortuna, sorge sempre una luminosa alba.

di Verdeirlanda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'assedio. ***
Capitolo 2: *** Il diritto di difendere chi amiamo. ***
Capitolo 3: *** Colti di sorpresa. ***
Capitolo 4: *** Due mesi prima, due mesi dopo. ***
Capitolo 5: *** Chiarire la situazione. ***
Capitolo 6: *** Vivere le persone che amiamo. ***
Capitolo 7: *** Leda. ***
Capitolo 8: *** Una verità svelata. ***
Capitolo 9: *** Motivazioni. ***
Capitolo 10: *** Sull'amore. ***
Capitolo 11: *** Niente rimane impunito. ***
Capitolo 12: *** Il piano di Beatrice. Prima parte. ***
Capitolo 13: *** Il piano di Beatrice. Parte seconda. ***
Capitolo 14: *** Oceano e intermezzi di terraferma. ***
Capitolo 15: *** Il Nuovo Mondo. ***
Capitolo 16: *** Il volere degli dei. ***
Capitolo 17: *** Le lacrime di Quilla. ***
Capitolo 18: *** Firenze, ignara. ***
Capitolo 19: *** La Volta Celeste, parte prima, un ingresso fortunato. ***
Capitolo 20: *** La Volta Celeste, parte seconda, una continuazione colma di rischi. ***
Capitolo 21: *** La Volta Celeste, parte terza. Un vicolo cieco. ***
Capitolo 22: *** La Volta Celeste. Ultima parte. L'impiccato. ***
Capitolo 23: *** Tutto sta cambiando. ***
Capitolo 24: *** Decisioni. ***
Capitolo 25: *** A Roma. ***
Capitolo 26: *** A Firenze. ***



Capitolo 1
*** L'assedio. ***




Beatrice Da Vinci non riusciva a credere alle parole di suo padre Piero: "Una congiura...La famiglia Pazzi...durante la messa in Duomo...Giuliano, è stato sopraffatto, è morto..." 
Il notaio era preoccupato, guardava sua figlia con occhi disperati. Da anni era al servizio dei Medici, li aveva sempre considerati una famiglia di cui Firenze potesse essere fiera. Avevano reso la città una culla di cultura e innovazione, era incredulo di fronte alla rivolta ordita dai Pazzi con l'evidente alleanza di Roma.
Beatrice si guardò attorno, le guardie capeggiate dal capitano Dragonetti stavano organizzando la difesa di palazzo Medici. La follia si era impadronita di Firenze.
Lei si trovava lì quella mattina su richiesta di Clarice Orsini, la signora di casa Medici.
Da anni Beatrice era benvoluta alla corte medicea grazie alle sue conoscenze mediche e di erboristeria, era stato suo padre ad introdurla alla famiglia datala sua bravura. I Medici non si erano dimostrati sospettosi di fronte a una donna capace di maneggiare con estrema efficacia unguenti, sciroppi e bisturi, anzi, Clarice aveva deciso di consultarla ogni volta che lei o i suoi cari, in particolare le figlie, si buscavano un malanno.
Questa era la forza di Firenze, la capacità dei Medici di aprirsi a ciò che era nuovo, a ciò che valorizzava la conoscenza e l'uomo. E forse proprio questa tendenza a rivoluzionare lo status quo aveva scatenato le ire dei più conservatori, e di Roma.
"Cosa ci fai qui?" le chiese Piero Da Vinci, vista la situazione comprendeva il pericolo di trovarsi a palazzo Medici.
"Clarice mi ha chiesto ieri di passare per curare Maria, ha un'eritema su un braccio..." spiegò Beatrice, si voltò sentendo il rumore sordo dei portoni che venivano chiusi e sbarrati.
Suo padre si congedò per controllare che tutto fosse predisposto alla difesa, Beatrice si avvicinò a Dragonetti.
"Mi spiace che siate imprigionata qui signorina." le disse, Dragonetti nutriva per Beatrice molta ammirazione e rispetto, aveva curato le sue figlie anni prima.
"Ormai sono qui. Come posso aiutarVi?" disse lei.
Dragonetti sorrise, quella ragazza così giovane, così delicata nel suo aspetto caratterizzato da occhi verde scuro e lunghi capelli castani, aveva un carattere solido, coraggioso, forte.
Era nota la sua voglia di indipendenza, così come il fatto che avesse rifiutato anni prima un matrimonio combinato, perdendo così la rendita familiare.
Beatrice era una donna intenzionata a non dipendere da nessun uomo, decisa a mantenersi da sola ed ad essere padrona del suo destino, e nella Firenze medicea poteva sperare di realizzare i suoi propositi. 
"La Vostra abilità nel curare i feriti ci sarà utile Beatrice." rispose Dragonetti.
"E anche il Vostro coraggio mia cara." li interruppe Clarice Orsini, che era entrata da poco a palazzo.
La donna si avvicinò a Beatrice e la abbracciò.
"State bene ?" le chiese Beatrice "Mio padre mi ha riferito...e le bambine?"
"Sono al piano di sopra, nelle loro stanze. Noi stiamo bene, siamo turbate e sconvolte. Ma siamo vive." cercò di scacciare il pensiero di Giuliano morente, ma inutilmente "Dragonetti, mio marito è già rientrato?"
"No mia signora, ho mandato dei soldati a cercarlo. L'ultima volta che è stato visto era in compagnia di Da Vinci."
"Con Leonardo?" chiese Beatrice sentendo nominare suo fratello "Se Lorenzo è con lui potete stare tranquilla, Leonardo si batterà come un leone per salvare Vostro marito dai congiurati." 
"Conosco la lealtà di Vostro fratello." disse Clarice "Speriamo riescano a sfuggire ai nostri nemici." diede alcune disposizioni a Dragonetti e poi si recò al piano di sopra, chiese a Beatrice di andare con lei.
Mentre salivano le scale la Orsini disse: "Non scherzavo quando ho parlato del Vostro coraggio Beatrice. Ho davvero bisogno di Voi."
"Potete contare su di me, lo sapete."
"Ciò che Vi chiedo non è solo aiuto e lealtà, Vi chiedo di prodigarVi per salvare questo palazzo. Questo edificio è Firenze Beatrice, se esso cade anche la città verrà espugnata dai congiurati, lo capite vero?"
Beatrice annuì: "Certo signora."
"Quindi Vi chiedo di difenderlo, esattamente come farò io." si fermò e guardò Beatrice nei suoi grandi occhi verdi "Siete coraggiosa e determinata, ho visto in molte occasioni quanto sapete farVi valere, Vi ho vista discutere animatamente con uomini testardi ed avere la meglio, quindi ora Vi chiedo di passare dalle parole ai fatti. FateVi valere durante questo assedio Beatrice, aiutatemi a difendere Firenze."
Beatrice trattenne il fiato durante questo discorso così ricevo di ispirazione e solennità, Clarice era una donna fiera e forte, sapeva come trasmettere il suo coraggio.
"Lo farò mia signora, sono al Vostro servizio, e non permetterò che Firenze cada."
Clarice le sorrise, le accarezzò materna il volto, poi insieme si incamminarono verso le stanze delle bambine.
Beatrice medicò con una pomata di sua invenzione il braccio di Maria: "Non tormentare la garza e non grattarti. È solo uno sfogo dovuto a una puntura di insetto, ma non guarirà se la tocchi sempre."
Maria, la figlia maggiore di Clarice e Lorenzo De Medici, annuì.
"Hai avuto paura?" le chiese Beatrice.
"Sì, è stato spaventoso."
"Ora siete al sicuro, nessuno entrerà a palazzo." le disse Beatrice sorridendo, anche se sapeva di mentirle. I congiurati avrebbero fatto di tutto per violare l'edificio, il loro intento era conquistare palazzo Medici, e una volta fatto Dio solo poteva sapere quale sorte sarebbe toccata ai suoi abitanti.
Tuttavia sorrise ancora a Maria, e uscì dalla stanza non appena ebbe finito di fissare la garza.
Uscì nel corridoio, le finestre erano state tute sbarrate con delle travi, ma vi erano degli spiragli che permettevano di sbirciare all'estremo.
Era ormai l'imbrunire, nelle strade spiccavano brillanti le fiamme delle torce, e non solo, anche le fiamme di case incendiate, di carri bruciati, e il vento disperdeva nel cielo un fumo nero e denso.
Beatrice sospirò, guardò quel macabro dipinto che era diventata Firenze quella sera, e pensò a lui, era inevitabile pensare a lui.
Dove sei Zoroastro, sei al sicuro, sei ferito, dove sei adesso?


Nico fu trascinato con forza verso il muro.
"Sta attento!" gli disse Zoroastro, aveva afferrato il biondo allievo di Da Vinci per un braccio per allontanarlo dalla folla che correva con asce e spade in mano.
"Ma cosa è successo?" chiese Nico una volta che avevano ripreso a camminare.
"Non lo so, ma sembra sia scoppiata una guerra."
I due erano lontani Firenze dalle prime ore del mattino, erano andati a cercare un posto isolato in cui Leonardo potesse sperimentare le sue invenzioni.
Ed ora che erano rientrati avevano trovato uno scenario apocalittico.
 "Guarda Zo! È l'entrata di palazzo Medici!" esclamò Nico.
"E quella è un'effige che brucia..." mormorò Zoroastro.
Nel piazzale di fronte al palazzo qualcuno aveva costruito un fantoccio e gli aveva dato fuoco, un evidente segno di scherno e di orrore.
Molti uomini armati cercavano di entrare, di forzare le porte, di infrangere vetri e scalare le mura, ma venivano fermati a colpi di olio bollente e frecce.
"Se entrano sarà la fine. Guarda come sono infuriati...potrebbero fare una strage." disse Nico con voce tremante "Ma chi sono?"
Una voce profonda gli rispose: "Sono i Pazzi con i loro mercenari." Nico e Zo si voltarono e videro il loro interlocutore, un uomo vecchio e con pochi denti "Hanno attaccato i Medici in Duomo, vogliono ucciderli perché sono dei peccatori." l'uomo ridacchiò, come se la cosa lo divertisse.
"Andiamo via Nico." disse Zoroastro preoccupato "Andiamo alla bottega, lì saremo al sicuro con Andrea, Leonardo e Beatrice."
Già, Beatrice. Pensò a lei. Si chiese se la ragazza fosse spaventata di fronte a tanta furia e follia, si disse che per fortuna alla bottega non correva pericoli. Almeno così credeva.


Leonardo Da Vinci si accasciò su una sedia, Andrea Verrocchio corse ad aiutarlo.
"No, prima aiuta il Magnifico..." disse Leonardo con un filo di voce.
Verrocchio lo guardò, e ubbidì.
Lorenzo aveva un brutto tagliò sulla spalla, uno dei Pazzi lo aveva colpito, Verrocchio iniziò a medicare la ferita.
"Siete molto gentile signor..." disse Lorenzo.
"Andrea Verrocchio mio signore, questa casa è mia."
"È il mio mentore e maestro." precisò Leonardo togliendosi la camicia e iniziando a tamponare i graffi che aveva sul corpo.
"Come avete fatto a scappare da quella bolgia?"
"Siamo passati attraverso le fogne, siete stato geniale Da Vinci." rispose Lorenzo.
"Che novità, è per il mio genio che mi avete assunto come ingegnere militare." commentò Leonardo con una punta della sua solita arroganza.
Da mesi lavorava per costruire nuove macchine da guerra per i Medici, Lorenzo ammirava la sua inventiva e perciò gli perdonava la sua strafottenza. Era sicuro che quelle armi lo avrebbero protetto da Roma. Purtroppo non aveva calcolato i nemici interni alla sua città.
"Quei Pazzi pagheranno..." sibilò Lorenzo "E anche Roma avrà il fatto suo."
Il Magnifico ripensò a ciò che era accaduto in Duomo, non solo i Pazzi li avevano attaccati, erano intervenuti anche dei soldati di Roma, sicuramente inviati dal capitano e conte Girolamo Riario, delegato del Papa.
"Se penso che quel viscido serpente ha goduto della mia ospitalità..." commentò Lorenzo ripensando a quando Riario era arrivato a Firenze per negoziare una fine degli alterchi con Roma "Mio fratello...Giuliano..." la voce del Medici si spezzò per qualche istante "Riario è responsabile quanto i Pazzi della sua morte...La pagherà!"
"Maestro!" la voce di Nico irruppe nella stanza, il ragazzo si avvicinò a Leonardo "Ma che Vi è capitato... Aspettate che Vi aiuto."
"Ho solo qualche graffio." minimizzò Leonardo, anche se doveva ammettere che gli faceva male tutto il corpo dopo la camminata nelle fogne.
"Hai bisogno di cure." disse Verrocchio.
"Leonardo, cosa hai fatto esplodere questa volt..." Zoroastro si bloccò notando la presenza del Magnifico "Ehm...che succede qui?"
Leonardo spiegò quello che era accaduto e della loro miracolosa fuga.
"Devo tornare a guidare la mia città." decretò Lorenzo "Senza la mia guida Firenze potrebbe sentirsi abbandonata e i Pazzi ne approfitteranno. Dobbiamo arrivare a palazzo ad ogni costo."
"Buona fortuna." rispose Zoroastro "Il Vostro palazzo è circondato, i Vostri nemici lo stanno assediando. Non potrete accederVi facilmente."
Leonardo sbiancò: "Come assediato?"
"Stanno cercando di espugnare il palazzo Leo, ci saranno un centinaio di uomini lì fuori, e tutti molto agguerriti e molto armati, cercano di buttare giù porte e finestre, dovresti sentire le oscenità che urlano...perché mi guardi così?" chiese a un certo punto Zoroastro.
Leonardo sospirò: "Perché Beatrice è lì dentro amico mio." 


"Così quella ragazza è Vostra figlia?" chiese il giovane Valerio a Piero Da Vinci.
"Sì, è Beatrice." rispose Da Vinci infastidito dal suo interlocutore.
"Pensavo che Leonardo, l'inventore, fosse Vostro figlio."
Piero alzò gli occhi al cielo: "Lo sono entrambi." e maledì il giorno in cui Lorenzo gli aveva affiancato questo stupido ragazzo affinché lo istruisse.
"Ora capisco. Forse si assomigliano in effetti. Gli stessi occhi verde scuro, e i capelli castani...li hanno presi dalla madre?" chiese Valerio.
"No, non li hanno presi da...Hanno madri diverse. Ma perché perdo tempo a raccontarti le mie cose, vai via! Renditi utile, aiuta i soldati, porta loro acqua, insomma levati dai piedi." A sbuffò Da Vinci allontanandosi.
Non amava parlare dei suoi due figli bastardi Leonardo e Beatrice.
I figli illegittimi non sono mai un piacevole argomenti di discussione, specialmente se si trattava di due testardi e ribelli come i suoi.
Leonardo e la sua genialità più volte lo avevano messo in imbarazzo, per non parlare dell'ostentata indipendenza di Beatrice. 
Erano liberi, impertinenti, avevano scelto di rinunciare a qualsiasi ingerenza paterna, perfino ai soldi della famiglia.
Piero Da Vinci non comprendeva le loro scelte, non le approvava. Eppure ogni tanto sentiva di provare una punta di orgoglio per la loro bravura, ma scacciava rapidamente quel pensiero. 
Beatrice nel frattempo aveva raggiunto Clarice nelle sue stanze.
"Ho capito che non posso fidarmi di molte persone Beatrice, in molti ci hanno tradito. Mi fido di Voi e di Vostro padre, e di Dragonetti." le disse Clarice "A Voi affido un compito particolarmente importante. Se dovessero entrare...proteggete le mie bambine." 
Beatrice annuì: "Le difenderò ad ogni costo. Ma vedrete Clarice, riusciremo ad arginare il loro attacco, e Leonardo porterà qui Vostro marito, si sistemerà tutto." rispose Beatrice, e la Orsini sorrise di fronte a tanto ottimismo.
"Nonostante queste parole così colme di speranza intravedo una certa agitazione nei Vostri occhi." commentò.
Beatrice sospirò: "Sono preoccupata per le persone a cui voglio bene, non so se siano al sicuro." 
"In particolar modo di quel ragazzo dall'aspetto moresco...Zoroatro?"
"Zoroastro." precisò Beatrice "Sì, beh, anche per lui." Specialmente per lui, pensò.


"La Vostra combriccola è interessante Da Vinci." commentò Lorenzo, mangiava della frutta per rimettersi in forze, anche Leonardo addentò una mela "Ammetto di non comprendere perché Vi avvaliate dell'aiuto di questi due personaggi." commentò il Medici lanciando uno sguardo ai due amici dell'artista Da Vinci.
Zoroastro era noto per essere un truffatore, un tombarolo e uno scassinatore, una compagnia poco raccomandabile, e Nico, beh, era un ragazzetto giovane e dall'aria ingenua.
Leonardo sorrise:  "Conosco Zoroastro da sempre, siamo cresciuti insieme, è il mio miglior amico, e sotto quell'aria da buontempone e delinquente si cela un fidato e sicuro alleato.
Nico mi è stato affidato dai genitori affinché lo istruissi, sono il suo maestro, è un allievo devoto e solerte, è giovane ma pieno di iniziativa.
Sono coraggiosi e leali, assecondano ogni mia assurda richiesta, ogni mia follia, e lo fanno senza farmi domande perché credono in me."
E Leo pensò, ma non lo disse per colpa del suo orgoglio, che non avrebbe esitato un attimo nell'affidare la sua vita nelle loro mani.
"Perdonate il mio scetticismo, ma del Vostro gruppo mi sento di salvare solo Vostra sorella...perdonatemi, forse pensare a lei ora Vi preoccupa." si scusò il Magnifico "Come sono preoccupato io per i miei cari."
Leonardo gli rispose che non c'era problema, ma in realtà sapere Beatrice a palazzo Medici lo agitava.
Beatrice era la sua sorellina, beh, sorellastra in realtà, era più piccola di lui, ma a volte risultava molto più matura del geniale fratello.
Suo padre Piero l'aveva avuta da una relazione con una giovane erborista giudea, l'aveva riconosciuta e accolta in casa sua dato che la madre era morta nel darla alla luce.
Nella casa del padre Bea era l'unica persona che dimostrava affetto a Leonardo, e la cosa era reciproca. Erano entrambi figli illegittimi, entrambi erano cresciuti senza la mamma: erano l'uno per l'altra una famiglia, una piccola famiglia inglobata in un'altra più grande che non li considerava nemmeno.
Non si erano separati nemmeno quando avevano lasciato la casa paterna: Leonardo e Beatrice vivevano nella bottega del Verrocchio, entrambi avevano un laboratorio-stanza, quello di lui colmo di invenzioni, quello di lei era una piccola erboristeria.
Leonardo conosceva Beatrice, la sua forza, tuttavia non riusciva a non essere in pensiero per lei.
Zoroastro entrò nella stanza: "Ho un piano. Prendiamo le tue spingarde, ci facciamo largo tra la folla di ribelli, entriamo nel palazzo e portiamo via Beatrice."
"Ehm..." disse Leonardo grattandosi la testa "E la signora Medici...le figlie di Lorenzo..." 
"Oh, non ci avevo pensato. Beh suppongo possano venire anche loro." rispose Zoroastro.
Lorenzo soffocò una risata, l'atteggiamento battagliero dell'amico di Da Vinci era ammirevole e goffo allo stesso tempo.
"Zo, ascolta, sono preoccupato per Bea quanto te, ma questo piano ci farà uccidere."
"Tu non capisci, non è al sicuro lì dentro, se quei mercenari entrano nel palazzo sarà..." si bloccò, guardando Lorenzo, ricordò che anche lui aveva persone care intrappolate tra quelle mura. Poi riprese: "Le ho promesso che l'avrei sempre protetta Leo, non posso lasciarla da sola."
Leonardo gli mise le mani sulle spalle: "Escogiteremo un piano amico mio, la salveremo. Salveremo tutti quanti."
Leonardo vide una incredibile agitazione negli occhi neri dell'amico, e ne comprendeva il motivo. Zoroastro teneva molto a Beatrice, erano cresciuti insieme, si erano presi cura l'uno dell'altra, si conoscevano meglio di chiunque altro.
E col passare del tempo era evidente che non erano più solo amici, c'era qualcosa di molto profondo che li legava, un sentimento a cui nessuno dei due aveva ancora avuto il coraggio di dare un nome.
Zoroastro annuì, si fidava dell'amico: "D'accordo, elaboriamo un piano più efficace."


Il conte Riario guardava Firenze da lontano, dalle colline, sorrideva.
"Cosa ha detto Francesco Pazzi?" chiese al suo fidato collaboratore Lupo Mercuri.
"Giuliano è morto, stanno cercando Lorenzo per ucciderlo. Ha detto che una volta morti entrambi i Medici il controllo su Firenze sarà totale." gli rispose.
Riario sorrise, annuì: "Quel Pazzi si merita il cognome che porta per la sua follia. Pazientiamo, ma non troppo, a breve interverremo. È tutto già predisposto vero? Non voglio impedimenti al nostro piano." e Mercuri gli assicurò che era tutto organizzato nei minimi dettagli, così Riario continuò "E per quanto riguarda l'altra questione di cui volevo Vi occupaste..."
"La ragazza Da Vinci?" chiese Lupo con una smorfia, Girolamo annuì.
"Sì. Ve ne siete occupato?"
"Ho allertato un mio uomo. Se ne occuperà lui, presto avrete ciò che volete." rispose, e il conte Riario sorrise compiaciuto.



Precisazione doverosa dell'autrice.
Molti di voi hanno letto la mia prima fanfiction, "Siamo figli della terra e del cielo stellato." e l'hanno apprezzata, e molti di voi sanno quanto sia affezionata al personaggio di Beatrice Da Vinci, la sorella di Leonardo, e a Zoroastro, e alla loro particolare relazione.
Avevo voglia di scrivere di nuovo di loro.
Così ho deciso, ispirata e motivata dalla nuova stagione di Da Vinci's demons, di scrivere una storia tutta nuova e tutta diversa.
Questa storia non è collegata alla precedente avventura che li vede protagonisti, si riallaccia ad essa per quanto riguarda le caratteristiche dei personaggi, ma per il resto avrà un sapore e uno sviluppo tutti diversi, che spero apprezzerete. :)
Come sempre vi abbraccio.
VerdeIrlanda.

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Capitolo 2
*** Il diritto di difendere chi amiamo. ***



Era sorta l'alba su Firenze, la luce del sole accarezzava delicatamente i tetti delle case, iniziava ad illuminare d'azzurro le strade, per poi lasciare spazio a una luce più calda e dorata.
Un nuovo giorno era iniziato, e l'assedio sembrava non voler aver fine.
Clarice aveva dormito nella camera delle sue figlie, si alzò dal letto di Maddalena, la più piccola, e guardò fuori dalla finestra. Nulla era cambiato i soldati dei Pazzi e la folla erano ancora in strada a reclamare le loro teste.
Guardò le due bambine, respirò profondamente per allontanare la paura che capitasse loro qualcosa di orribile.
Uscì dalla camera, attraversò i corridoi, incrociando alcuni soldati assonnati che avevano finito il loro turno di guardia.
Clarice raggiunse le cucine e vi trovò Beatrice: "Siete mattiniera come me." commentò.
Bea le sorrise: "Ho fatto un giro per controllare le ferite di alcuni soldati. Come state?"
"Ho dormito, ma non mi sento riposata. E Voi?"
"Ho recuperato un po' di energia. Vedrò di farmela bastare." rispose Beatrice.
"Cosa fate nelle cucine?" chiese Clarice, notò che Beatrice stava mettendo dei coltelli in una cesta.
"Mia nonna diceva che anche un coltello da cucina ben affilato può essere una buona arma. Così sto raccogliendo i più affilati e i più grossi...non si sa mai..." 
Clarice le sorrise: "Siete previdente ed organizzata. Avete detto Vostra nonna. Non sapevo aveste conosciuto i Vostri nonni."
Beatrice rispose: "Sì, loro sono sempre stati molto presenti nella mia vita, fino a che non se ne sono andati... Avevano una bottega di erboristeria, è così che ho iniziato, insieme a loro." sorrise.
"Vi hanno trasmesso una grande saggezza." commentò Clarice, poi prese uno dei coltelli, uno di quelli grossi da macellaio "Eh, sì, questa è una terribile arma nelle giuste mani." e ridacchiò nervosamente, poi tornò seria "Spero non si arrivi al punto di dover assalire i nemici con uno di questi..."
Beatrice le prese una mano nella sua: "Andrà tutto bene." disse semplicemente.
Clarice voleva piangere di fronte a tanta premura e gentilezza, ma non poteva. Era la signora di Firenze, fino al ritorno di suo marito era lei al comando, e chi comanda non piange, combatte.
Beatrice si accostò a una delle finestre, guardò fuori.
Clarice le chiese: "Cosa sperare di vedere?"
"Un aiuto forse. Un esercito amico deciso a sbaragliare i congiurati." rispose la giovane, anche se in realtà i suoi occhi cercavano di spingersi oltre ciò che si poteva vedere.
"Preghiamo Dio perché si avveri la Vostra speranza." disse Clarice.


"In confronto a questo, il mio piano di farci strada con le spingarde era quasi intelligente." commentò Zoroastro.
"Non essere disfattista!" rispose Leonardo.
"Sostenere che sia impossibile utilizzare la tua macchina volante per arrivare fino a palazzi Medici non è essere disfattisti, ma realisti e molto legati al concetto di sopravvivenza!" commentò Zo "Ti ricordi quando l'abbiamo provata tre anni fa? Io ricordo bene la mia gamba rotta."
Leonardo alzò gli occhi al cielo: "Ho apportato dei miglioramenti da allora."
"Sì, e Nico quasi si è ammazzato quando il cavo si è rotto. Se non fosse stato per quegli alberi il vento lo avrebbe portato via." disse Zoroastro "Senza contare il fatto che la tua invenzione non passerebbe inosservata, ci abbatterebbero con le fecce." 
"Ecco, QUESTO è un commento costruttivo, non le altre cose che hai detto..." rispose Leonardo "Va bene, ragioniamo, dobbiamo raggiungere il palazzo senza essere visti. Proposte?"
"E se ci travestissimo?" azzardò Nico.
"Anche travestiti non ci lascerebbero entrare." rispose Leonardo.
"Beh ma messer Lorenzo potrebbe rivelarsi una volta arrivati lì..." disse nuovamente Nico.
"Non farebbero in tempo ad aprire che la folla ci sarà addosso per uccidermi." rispose il Magnifico "Dobbiamo arrivare direttamente dentro il palazzo, purtroppo non c'è alternativa."
Zoroastro chiese: "Quanto possono resistere dentro il palazzo?"
Lorenzo sospirò: "Se parliamo di acqua e provviste di cibo direi una settimana, dieci giorni. Ma il problema è che la folla potrebbe espugnarlo prima, spero che i miei uomini abbiano armi e soldati a sufficienza."
Leonardo riflettè, poi schioccò le dita: "Ma certo! È così ovvio! So come arrivare a palazzo Medici senza essere visti."
"Come?" chiese Nico emozionato, lo era sempre di fronte all'inventiva del suo maestro.
"Non possiamo arrivarci dall'alto, ci arriveremo dal basso." rispose solenne Da Vinci.


Piero Da Vinci raggiunse Clarice e Dragonetti nello studio di Lorenzo, e non portava buone notizie.
"Quindi nessuno ci aiuterà? Gli alleati di Firenze resteranno a guardare la nostra rovina?" chiese incredula la donna.
Da Vinci annuì: "Non vogliono rischiare, hanno sentito le voci secondo cui Roma sia d'accordo con i cospiratori."
"Solo una voce dite? Per me è una certezza." disse Dragonetti.
"In verità non lo sappiamo. Un centinaio di soldati sono mercenari romani, ma la Santa Sede non si è pronunciata." spiegò Da Vinci "Ad ogni modo, tutti pensano che Roma sia coinvolta, se si schierano con noi lo faranno contro il Papa, e nessuno vuole rischiare la scomunica."
Clarice battè un pugno sulla scrivania, infuriata: "Vili, codardi! Ce ne ricorderemo quando tutto sarà finito! Guai a loro se avranno bisogno di..."
"Mia signora!" la interruppe Valerio, l'aspirante segretario "Questo soldato porta notizie di Vostro marito." e introdusse nella stanza un uomo alto vestito di grigio, tutti lo guardarono.
"Lorenzo? L'avete visto?" esclamò Clarice speranzosa.
"Sì madonna, e ho parlato con lui, è ferito in modo grave, ma è al sicuro. Ha avuto la forza di scrivere un messaggio, mi ha ordinato di consegnarlo solo a Voi." si avvicinò alla Orsini, lei annuì, allungò una mano.
L'uomo in grigio mise una mano nella tasca della giacca, ma invece di una lettera ne estrasse un pugnale e gridò: "Morte ai tiranni!" e si scagliò contro Clarice.
La donna urlò, Valerio nel frattempo aveva assalito Da Vinci, lo aveva bloccato e gli puntava una lama affilata alla gola.
L'uomo in grigio non ebbe fortuna, Clarice lo scansò e Dragonetti lo uccise con un colpo della sua spada, ora entrambi guardavano il povero Da Vinci preso in ostaggio.
"Ora madonna date ordine di resa e aprite le porte!" disse Valerio.
"Maledetto!" sibilò Piero.
"Zitto! Ora, ripeto, fate aprire i portoni e arrendetevi, consegnate la città ai Pazzi" disse di nuovo Valerio.
"Siete un traditore e uno stupido! La mia vita non vale la resa dei Medici mia signora!" gridò di nuovo Da Vinci.
"Stai zitto ho detto! Vi ucciderò, lo giuro su Dio! Non vi lascerò trascinare tutti noi in questo inferno! Le porte madonna, oppure io..." Valerio non terminò la frase.
Clarice inorridì vedendo la bocca del giovane riempirsi di sangue.
Valerio lasciò il suo prigioniero cercando disperatamente di respirare, cercò di portare la mano dietro la sua testa, gli altri non compresero subito il perché, poi fu chiaro.
Un coltello da cucina era stato conficcato nel suo collo, sotto la nuca.
Valerio si voltò e guardò in faccia il suo assassino.
Da Vinci mormorò: "Beatrice..."
La ragazza però non guardò suo padre, il suo sguardo era fisso negli occhi di Valerio, che dopo un istante cadde a terra, morto.
Clarice pensò che nelle mani di Beatrice quel semplice coltello da cucina era stato davvero una terribile arma, e guardò la ragazza, era immobile, le mani e il suo vestito azzurro scuro erano sporchi del sangue schizzato dalla ferita di Valerio. 
Beatrice alzò lo sguardo verso suo padre, il labbro inferiore le tremava leggermente, deglutì, riuscì a mormorare solo "Papà..."
A Piero Da Vinci si strinse il cuore.
Ricordò improvvisamente quando lei aveva 6 anni ed era caduta da un muretto, e si era sbucciata le ginocchia e i palmi delle mani. Lui era corso da sua figlia, era seduta per terra, si guardava le ferite sporche e sanguinanti, poi aveva guardato lui respirando profondamente, aveva sul viso un'espressione stupita e spaventata.
La stessa che aveva ora.
"Papa..." mormorò lei di nuovo, e Piero l'abbracciò, come fece quel giorno di tanti anni prima, le accarezzò i capelli.
"Tranquilla bambina mia."


Leonardo frugò freneticamente tra gli scaffali: "Dove dove dove diavolo è? Ecco!" esclamò.
Prese la pergamena e la dispiegò sul tavolo.
"Signori, queste sono le fogne di Firenze!" disse.
Zoroastro, Nico e Lorenzo si chinarono a guardare il foglio su cui era disegnato un intricato labirinto di gallerie.
"Siamo scappati dal Duomo attraverso le fogne, ed esse ci porteranno a palazzo Medici." spiegò Leonardo "Non proprio dentro il palazzo, ma nei giardini. Basterà seguire questi cunicoli..." col dito seguì un percorso ben preciso.
"Come avete questa mappa?" chiese Lorenzo.
"L'ho disegnata io. Ho passato mesi ad esplorare le fogne." rispose Leonardo.
"ABIAMO passato mesi ad esplorare le fogne..." commentò Zoroastro.
"È stato molto impegnativo, sono stato ore con le gambe nei liquami fino alle ginocchia."
"SIAMO stati ore con le gambe nei liquami fino alle ginocchia..." precisò Zo.
"Per non parlare dei ratti, enormi ed agguerriti che mi hanno quasi azzannato i testicoli..."
"Quelli erano i MIEI testicoli!" esclamò Zoroastro alzando gli occhi al cielo, scatenando la risata di Nico.
"Ed è accurata questa mappa?" chiese Lorenzo.
"Molto accurata." sorrise Leonardo "Entreremo da qui, è un tombino fuori dalla bottega, e sbucheremo qui." puntò il dito sulla mappa "L'uscita si trova nel chiostro del Vostro giardino."
"Bene, allora andiamo, armiamoci di torce..." disse Zoroastro.
"Non così in fretta amico mio. Come ho detto dobbiamo scendere da un tombino qui fuori, e non sarebbe sicuro farlo adesso alla luce del sole. Dobbiamo aspettare che sia buio, se qualcuno ci vede saremo in pericolo." 
Zoroastro guardò l'amico, purtroppo aveva ragione, e annuì, per poi allontanarsi nel cortile della bottega, si appoggiò al muro e guardò in direzione del laboratorio di Beatrice.
"Porteremo Bea in salvo presto Zo, abbi fiducia." gli disse Nico raggiungendolo "E poi la conosci, è molto forte, sono sicuro che sta bene."
Zo sorrise di fronte all'ottimismo di quel biondo ragazzino.


Beatrice era in una delle sale da bagno di palazzo Medici.
Lentamente si sfilò il vestito azzurro, lo appoggio su uno sgabello, lo guardò, vedeva solo le macchie di sangue. 
Aveva ucciso un uomo.
Cercò di scacciare questo pensiero, si chinò sul catino e si sciacquò il viso più e più volte, si lavò il collo e le braccia, fino a far sparire tutto il sangue che le era schizzato addosso.
Si asciugò e iniziò a rivestirsi.
Clarice le aveva detto di prendere alcuni vestiti puliti dalla lavanderia, e Beatrice nel sceglierli era stata decisamente non convenzionale.
Suo padre bussò alla porta che aveva finito di rivestirsi.
"Entrate." disse lei.
Piero varcò la soglia, la guardò: "Cosa ti sei messa addosso?"
"Qualcosa di molto più comodo." rispose lei acconciandosi i capelli in una crocchia.
Aveva preso degli abiti maschili dalla lavanderia, dei pantaloni di pelle scura e una camicia verde chiaro. 
Piero scosse la testa: "Lo trovo un abbigliamento sconveniente, tuttavia...volevo sapere come stai. Eri piuttosto scossa."
"Sto bene."
"No, non è vero." disse suo padre avvicinandosi "Sei sconvolta, ed è normale che tu lo sia. Io volevo solo dirti grazie, grazie di avermi salvato la vita oggi."
Bea abbozzò un sorriso: "Non potevo permettere che ti uccidesse..."
"Lo so, e so quanto ti è costato farlo. Il tuo gesto coraggioso è stato ammirevole. Grazie Beatrice." le sorrise Piero "Quando hai finito Clarice vorrebbe parlarti." le disse prima di congedarsi.
Beatrice rimase per un po' nel bagno, si sentiva smarrita. 
Un gesto ammirevole, così suo padre aveva definito il suo sgozzare un uomo. Sapeva di aver fatto l'unica cosa possibile, era stato inevitabile, aveva salvato suo padre eppure...eppure...qualcosa la turbava. 
In quel momento più che mai sentiva di aver bisogno di Zoroastro, di parlare con lui, di sfogarsi con lui, di sentire la sua voce che la rassicurava, aveva bisogno delle sue braccia in cui rannicchiarsi, anche di piangere stretta al suo petto.
Poche persone l'avevano vista piangere, lei non lo faceva mai in pubblico, serbava le lacrime per quando era da sola, perché nessuno vedesse la sua debolezza, perché nessuno dubitasse del suo carattere forte e combattivo.
Ma con Zo era diverso, lui l'aveva vista piangere molte volte, e di fronte a lui non si vergognava delle sue lacrime, non si vergognava a mostrargli la sua fragilità. Perché lui la conosceva e non dubitava mai di lei. Zoroastro sapeva che asciugate le lacrime lei sarebbe tornata più forte di prima.
Sospirò, aveva ucciso un uomo, e aveva bisogno di sentire Zoroastro dirle "Va tutto bene principessa, va tutto bene.", ne aveva così bisogno che chiuse gli occhi e provò ad immaginarlo.
Respirò profondamente alcune volte, poi raggiunse Clarice in uno dei saloni.
La Orsini si voltò nel sentirla entrare e strabuzzò gli occhi: "Abbigliamento interessante."
"Ho optato per qualcosa di più comodo di una gonna. Volevate vedermi?"
"Sì mia cara, come state?"
Bea sospirò: "Abbastanza bene."
Clarice le sorrise: "Avete avuto un notevole coraggio oggi. Dovete essere fiera di Voi stessa."
"Fiera? Di aver ucciso un uomo?" commentò Beatrice "Perdonate il mio sarcasmo Clarice, non volevo mancarVi di rispetto. Ma non vado fiera di quello che ho fatto."
"Avete salvato Vostro padre..."
"Ho ucciso un uomo." la interruppe Beatrice "Lo so, ho salvato mio padre ma...non riesco a non sentirmi un poco in colpa."
Clarice le sorrise: "Questo perché siete più buona e caritatevole di quel vile assassino." le accarezzò materna il viso "E questa bontà Vi permette di difendere chi amate."
Beatrice sentì le lacrime pungerle gli occhi, si allontanò con garbo perché Clarice non le notasse: "Avete bisogno di altro mia signora?"
"Dragonetti teme che durante la notte i nostri nemici possano attaccarci sfruttando la nostra stanchezza. E in effetti non chiederei altro al Signore se non qualche ora di sonno ristoratore, ma è mio compito rimanere di guardia con il capitano per decidere una strategia in caso di pericolo. Potreste stare Voi con le mie figlie, per tranquillizzarle e metterle a dormire?"
"Ma certo Clarice, con piacere." le sorrise Beatrice.
Clarice la abbracciò, inaspettatamente, e le disse: "Noi donne Beatrice abbiamo ricevuto da Dio il diritto naturale a concepire e partorire.  Pertanto, secondo me, abbiamo il diritto divino e naturale di proteggere i figli, poco importa se sono nostri o di un'altra donna, lo facciamo con ogni mezzo possibile, ad ogni costo, è un istinto che ognuna di noi possiede." si staccò da lei e la guardò negli occhi "So che se sarà necessario le difenderete come se fossero figlie del Vostro grembo, oggi ho avuto la conferma del Vostro valore."
Beatrice annuì, certo che avrebbe difeso quelle bambine, avrebbe fatto di tutto per impedire che venisse fatto loro del male.
Clarice la guardò ancora con occhi lucidi, mormorò un "Grazie." prima di congedarla.
Era come se la Orsini presagisse qualcosa di orribile, forse era solo paura, o forse era quell'istinto di cui le aveva parlato, ma non le fece ulteriori domande.
Uscita dalla sala Beatrice si appoggiò di nuovo a una delle finestre per scrutare, il cielo era tornato limpido nonostante ci fossero alcuni incendi in periferia, poteva vederne il grigio fumo in lontananza.
Mancavano poche ore al tramonto, di nuovo le tenebre sarebbero scese a portare ristoro, ma non per lei e per gli altri nel palazzo. Per loro l'oscurità avrebbe portato una vigile e angosciosa attesa, e forse la fine di tutto.


Leonardo aiutò il Magnifico a scendere nelle fogne.
"Presto! Prima che ci vedano!" sibilò.
"È notte Da Vinci, è buio, non c'è nessuno in strada..."
"Sì, sì, Magnifico, ma sbrigateVi." tagliò corto Leonardo.
Dopo Lorenzo scesero Nico, che passò le torce al suo maestro, e Zoroastro, il quale richiuse sopra di loro la grata del tombino.
"Ora muoviamovi velocemente ed attenti a dove mettete i piedi." consigliò Leonardo "Il percorso è lungo e intricato. In un'ora dovremmo arrivare a palazzo."
I quattro si incamminarono in quel complesso labirinto di gallerie guidati da Leonardo e dalla sua mappa.
Zoroastro chiudeva la fila, e mentre avanzava tra liquami e carcasse di ratti pensò a Beatrice. Ovviamente non era l'atmosfera a indurlo a pensare a lei, era la sua preoccupazione.
"Ti prometto che mi prenderò cura di te..."
Dio, erano passati anni da quella promessa. Erano ragazzini, aveva conosciuto da poco Beatrice, gliela aveva presentata Leonardo una notte che erano andati di nascosto a vedere le stelle cadenti.
Ogni tanto Beatrice seguiva il fratello nelle sue bislacche avventure, Zoroastro aveva potuto conoscerla meglio, e gli piaceva quella nanerottola impertinente e curiosa.
Ma lui e Bea non avevano davvero legato fino a quel giorno di settembre in cui l'aveva difesa.
Stava tornando a casa quando incrociò Beatrice, correva malconcia e piena di graffi, col vestitino sporco e strappato. Dietro di lei un gruppo di ragazzini, gli stronzetti del paese, correvano gridando. Zoroastro le era andato incontro, lei si era istintivamente rannicchiata fra le sue braccia.
"Cosa è successo?" le chiese.
"Mi hanno buttata a terra e presa a calci." disse piangendo.
I ragazzini si erano fermati, li guardavano e ridevano. Uno di loro apostrofò Zoroastro: "Oh, il bastardo figlio dei mori! Guardate, che bella cucciolata di bastardi!" e tutti risero.
Zoroastro non ricordava cosa gli era passato nella testa a quelle parole, ricordava solo di essersi scagliato contro quello stronzo e di avergliene suonate così forte da pietrificare gli altri ragazzini, erano ammutoliti e intimoriti.
Quando ebbe finito con lui gli aveva sicuramente rotto il naso, e i suoi amici dovettero sorreggerlo per portarlo a casa.
"Se toccate ancora Beatrice, se le date fastidio, giuro che vengo a cercarvi tutti e vi riduco peggio di lui!" aveva gridato verso di loro, poi era tornato da Beatrice, che lo guardava con quei grandi occhi verdi, ora rossi e gonfi di pianto "Dai, andiamo a pulirti."
La portò a una fontana lì vicino, e la aiutò a pulire le ginocchia sbucciate e i graffi in faccia.
"Ma cosa ti hanno fatto..."
"Stavo tornando da casa dei nonni e mi hanno presa in giro, dicono che sono una strega perché sono giudea e perché i miei nonni fanno pozioni magiche. Io li ho mandati a quel paese, ho risposto che erano dei porci, e loro mi hanno aggredita, mi hanno strattonata, buttata per terra e mi hanno presa a calci." iniziò a piangere "Dicono che sono una strega perché ho ucciso la mia mamma..."
"Tu non sei una strega e non hai ucciso la tua mamma. È solo successo, capita a volte che una donna non sopravviva al parto. Non è colpa tua." le disse pulendole il viso con un fazzoletto bagnato "Ecco, ora va meglio. Ascoltami. Non puoi farti trattare così, devi difenderti quando degli stronzi ti danno fastidio. Ti insegnerò io."
"Davvero?" chiese lei tirando su col naso.
"Sì. Ti insegnerò a tirare pugni e calci, anche altre cose come usare un bastone, così potrai difenderti se torneranno a darti fastidio." rispose Zoroastro.
Beatrice gli sorrise, poi chiese: "E se non riuscissi a difendermi da sola?"
"Ne diventerai capace, vedrai, ho visto come tieni testa a Leonardo, sai essere forte quando serve. E comunque...io ci sarò sempre per darti una mano. Ti prometto che mi prenderò cura di te piccoletta." le sorrise.
E Beatrice ricambiò quel sorriso, dicendo che anche lei lo avrebbe fatto, e Zoroastro aveva riso.
Da allora era stato così, loro due sempre insieme, inseparabili, una vita passata prendendosi cura l'uno dell'altra, l'uno accanto all'altra.
Zoroastro fu felice quando finalmente arrivarono al tombino nel chiostro, non vedeva l'ora di rivedere Beatrice ed assicurarsi che stesse bene.
Ormai lei era perfettamente capace di difendersi da sola, era una ragazza testarda e forte, ma una promessa è una promessa, e lui non avrebbe mai lasciato la sua principessa a combattere da sola.
La sua principessa, già. Gli piaceva chiamarla così. E da tempo la sentiva sua più che mai...
Leonardo lo destò dai suo pensieri: "Zo, mi hai sentito? Ci servono le tue doti da scassinatore per aprire il tombino."


Le figlie di Clarice ascoltavano incantate la storia che Beatrice gli stava raccontando.
"E poi, e poi?" chiese la piccola Maddalena.
"Alla fine Sansone con le sue braccia possenti distrusse le colonne dell'edificio, e lo fece crollare, così sconfisse tutti i Filiatei!"
Le bimbe esultarono, saltellando sul letto.
Beatrice rise di fronte a tanto entusiasmo: "Ora però dovete mettervi a dormire! E non protestate, è la terza storia che vi racconto."
Le bambine si alzarono per infilarsi la camicia da notte, in quel momento la porta della camera si aprì.
Beatrice guardò la persona appena entrata e commentò: "È educazione bussare prima di entrare nella camera di una fanciulla padre..."
"Perdonatemi." disse il sacerdote "Clarice voleva che passassi dalle bambine per una preghiera..."


Nell'ombra, Riario attendeva.
Mercuri aspettava solo il suo segnale.
"Volete agire ora mio signore?"
"No." rispose il conte, accarezzando la criniera del suo andaluso nero "Non ci muoveremo fino a che il sole non sarà alto, voglio che ci illumini mentre lo faremo."


"Mio signore!" sul volto di Piero Da Vinci si allargò un sorriso "Sono lieto di vedere che siete vivo!"
"Tutto grazie a Vostro figlio, lui mi ha salvato dai nemici in Duomo e mi ha condotto fin qui." rispose Lorenzo.
Lui e gli altri erano riusciti ad entrare nel cortile, delle guardie si erano subito avvicinate temendo si trattasse dei nemici, e invece avevano avuto una piacevole sorpresa, il loro signore era tornato.
"Ora che siete qui sbaraglieremo i nostri nemici signore!" disse entusiasta uno dei soldati.
Lorenzo sorrise di fronte a questa esultanza: "Lo faremo, Firenze non cadrà nelle mani di quei briganti! Ma adesso Vi prego Da Vinci, fatemi vedere mia moglie."
L'incontro fra i due coniugi fu commovente, Clarice abbracciò il marito, gli occhi azzurri le si riempirono di lacrime.
"Ho tanto pregato..."
"Ora sono qui. Hai difeso il nostro palazzo e la nostra città, Da Vinci mi ha raccontato del tuo coraggio..." le sorrise accarezzandole il viso.
Dragonetti si permise di intervenire: "Mio signore, dovreste affacciarVi alla finestra, dimostrare al popolo che siete vivo e che non siete sconfitto. Il solo vederVi farà tornare lucidi molti fiorentini."
"Avete ragione capitano." rispose il Magnifico "Datemi solo il tempo di bere un sorso d'acqua e di pensare cosa dire..." rise lievemente, era contento, tutto procedeva nel migliore dei modi, la sta città era salva, ne era certo.
Leonardo gli disse: "Troverete le parole giuste Lorenzo, e il popolo Vi ascolterà." e il Medici annuì.
Zoroastro si guardava attorno, i suoi occhi cercavano avidamente un segno della presenza di lei, si avvicinò a Piero per chiedergli dove fosse Beatrice, ma prima che potesse parlare si udirono delle grida e dei passi lesti.
"Maddalena, Luisa, Maria!" Clarice chiamò per nome tutte le sue figlie, preoccupata dalle loro urla, le bambine scendevano le scale di corsa, i loro viso mostravano un'intensa paura, Luisa si lanciò tra le braccia della mamma "Tesoro mio... Che accade?"
Fu Maria, la più grande, a rispondere mentre abbracciava Maddalena: "Beatrice mamma! È in pericolo, qualcuno deve aiutarla!"


Beatrice guardò la persona appena entrata e commentò: "È educazione bussare prima di entrare nella camera di una fanciulla padre..."
"Perdonatemi." disse il sacerdote "Madonna Orsini voleva che passassi dalle bambine per una preghiera..."
Beatrice scosse la testa, guardinga: "Strano padre Federico, Clarice mi ha detto nulla a riguardo."
"Oh, una richiesta di poco fa, ho pregato con lei nella cappella. Mi ha chiesto di recitare il rosario con le bambine prima che andassero a dormire." spiegò il sacerdote "Sarebbe passata lei stessa ma, sapete, era molto stanca e voleva solo coricarsi e riposare..."
Beatrice lo guardò, interrogativa: "Voleva andare a dormire, Vi ha detto così padre?"
"Sì figliola. Era stanca, ha detto di volersi concedere una notte di riposo." 
A quelle parole Beatrice che l'uomo le stava mentendo.
La ragazza sostenne lo sguardo di Federico, respirò con calma, prese tempo: "Mi sembra una buona idea, anzi, forse dovreste portare le bambine nella cappella a pregare, che ne dite. Bambine, svelte, venite con me e padre Federico, andiamo..."
"No, no, non è necessario, possono pregare qui, Dio è ovunque..."
"Oh no padre, credo davvero che sia meglio pregare nella casa del Signore in questi tempi bui..." disse Beatrice avvicinandosi alle bambine, sempre tenendo sotto controllo il sacerdote.
"Non è necessario cara, credetemi." disse lui avanzando, e muovendosi scostò le pieghe del suo abito talare, rivelando la punta di una lama lucente.
Beatrice la vide, Federico se ne accorse.
L'uomo estrasse un coltello molto lungo, che aveva precedentemente agganciato alla cintura, per avventarsi contro di loro, ma Beatrice fu più veloce di lui.
Aveva staccato dal muro uno specchio ovale e con esso colpì violentemente il sacerdote.
"BAMBINE, VIA VIA, CORRETE FUORI!" esclamò Beatrice spingendole fuori, le bambine, spaventate ubbidirono.
Federico rantolò, si rialzò e afferrò per i capelli Beatrice che stava seguendo le bambine.
"Puttana...strega..." le sibilò.
"Verme lasciami!" disse lei dibattendosi, vide Maria che si voltava e le urlò "VIA VIA! CORRI!" e la bambina le ubbidì tenendo per mano le sorelle.


"Maddalena, Luisa, Maria!" Clarice chiamò per nome tutte le sue figlie, preoccupata dalle loro urla, le bambine scendevano le scale di corsa, i loro viso mostravano un'intensa paura, Luisa si lanciò tra le braccia della mamma "Tesoro mio... Che accade?"
Fu Maria, la più grande, a rispondere mentre abbracciava Maddalena: "Beatrice mamma! È in pericolo, qualcuno deve aiutarla!"
A quelle parole Zoroastro si avvicinò alla piccola: "Dove si trova Beatrice?"
"Nelle nostre stanze..." mormorò la bambina.
Con uno scatto fulmineo Zoroastro salì le scale, dietro di lui si affrettarono Leonardo, Nico e Dragonetti. 


"Puttana!" le urlò di nuovo il sacerdote scagliando Beatrice per terra nel corridoio.
Lei atterrò sulle ginocchia, il dolore fu atroce, ma per fortuna le ossa non si ruppero. 
Si guardò attorno, ma dove diavolo erano i soldati che Clarice aveva incaricato di stare a guardia della stanza?
Federico le assestò un calcio alla gamba, Beatrice urlò, provò a colpirla di nuovo ma questa volta lei gli afferrò la gamba e tirò con tutte le sue forze, facendolo cadere.
Devo ringraziare Zoroastro per avermelo insegnato, pensò lei alzandosi.
Nel corridoio erano esposte delle armature degli avi dei Medici, Beatrice afferrò la spada di una di esse, la alzò in assetto di difesa.
Le tornarono in mente le assurde lezioni che le avevano impartito Zoroastro e Leonardo su come usare una spada, i cui risultati erano stati più che altro esilaranti data la goffaggine di Beatrice, ma nonostante la tecnica imperfetta aveva imparato le basi di scherma per tirare fendenti e per difendersi.
Federico si alzò, ridendo: "Pensate di potermi fermare?" prese la spada di un'altra armatura  "Volete duellare?"
Beatrice lo guardò negli occhi: "Se Vi avvicinate giuro che..."
Federico non attese la fine della frase, si lanciò all'attacco. Bea gridò parando i colpi, erano forti, pesanti, inferociti.
Un colpo la ferì lievemente al braccio.
"MERDA!" gridò allontanandosi, per poco non le cadde la spada.
Il sacerdote rise: "Usate un linguaggio volgare degno di una strega."
"Ma che dite! Non sono una strega!"
"Non è quello che mi hanno riferito." rispose lui avvicinandosi.
Beatrice indietreggiò, il taglio al braccio non era profondo ma bruciava e sanguinava, guardò dietro di sé, il corridoio stava per finire: "Chi Vi ha detto..."
"Voi praticate la magia nera tramite le Vostre pozioni spacciate per medicamenti! Voi sapete come irretire un uomo e condurlo lontano dalla retta via, non è vero? Satana Vi ha ceduto parte della sua astuzia e del suo potere in cambio di illecite e lascive carezze!" commentò Federico.
Beatrice scosse la testa: "Siete un folle fanatico e perverso!"
"E Voi la puttana dei demoni dell'Inferno. PentiteVi ora ragazza, chiedete a Dio di salvare la Vostra anima..." si avvicinò di più.
Beatrice respirò profondamente, pensa, pensa a ciò che Zoroastro e Leonardo ti hanno insegnato, ricorda quando duellavi con loro, ti hanno detto che non si deve mai indietreggiare, la miglior difesa è un attacco preciso.
Beatrice raccolse tutte le sue forze, e scattò in avanti brandendo la spada con entrambe le mani, cercando di ignorare il dolore al braccio.
Questa volta fu Federico ad arretrare, parò alcuni fendenti, ma uno gli sfuggì, e Beatrice riuscì ad affondare di lungo la spada nel suo torace, lasciandovela incastrata.
Federico cadde, urlando, scalciò e cercò di estrarre la lama, ma ormai il sangue gli riempiva i polmoni, il cuore era lacerato.
Guardò Beatrice con odio, mormorò qualcosa, un'offesa, un'imprecazione, una preghiera, chi poteva saperlo, e poi morì.
Beatrice si appoggiò al muro, respirava con affanno, si portò una mano alla ferita, sentiva la testa pesante e vuota allo stesso tempo.
Guardava il cadavere davanti a lei, l'ennesimo che aveva visto in quei giorni, il secondo uomo perito per mano sua.
Anche questa volta aveva ucciso, in nome di quell'istinto e di quel diritto divino e naturale che ci spinge a difendere chi amiamo.
Poi sentì il suo nome.
"Beatrice...Bea!" si voltò e vide Zoroastro correre verso di lei, era lontano ma lo vedeva.
Mosse un piede per andare da lui, ma le mancarono le forze, tutto divenne sfocato, e Beatrice svenne, e tutto intorno a lei fu avvolto da un velo nero.












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Capitolo 3
*** Colti di sorpresa. ***



Beatrice aprì lentamente gli occhi. 
Vedeva tutto sfocato. Poi vide rosso. Rosso e verde. Rosso, verde, oro e bianco.
Dove diavolo sono? si chiese.
Poi finalmente mise a fuoco e capì il perché di tutti quei colori, era sdraiata su un letto a baldacchino, ciò che aveva visto erano i drappeggi di velluto rosso ricamato che lo rivestivano.
Era giorno, dalle finestre della stanza entrava la luce del sole.
Cosa ci faccio qui? si chiese, poi sentì affiorare il dolore della ferita al braccio, le fece ricordare gli eventi della sera prima.
Padre Federico aveva cercato di uccidere le figlie di Clarice e Lorenzo, avevano lottato, lo aveva ucciso.
Girò la testa percependo un movimento vicino a lei, e sorrise vedendo Zoroastro.
Era sdravaccato su una poltroncina posta accanto al letto, in una posizione poco ortodossa, aveva allungato una gamba sul materasso mentre l'altra era saldamente appoggiata a terra, un braccio ciondolava oltre un bracciolo e l'altro era piegato dietro la testa di Zo a mo' di cuscino. Dormiva profondamente.
Beatrice si sollevò, il corpo le doleva, guardò il suo braccio, le avevano tagliato la manica della camicia e le avevano fasciato la ferita. Guardò più attentamente, sorrise capendo che era stato Zoroastro a curarla mentre era incosciente, riconobbe il modo bislacco di Zo di allacciare le fasciature, quel nodo triplo e poco pratico che si ostinava a fare, e sentì l'odore di rosa, inconfondibile, del suo unguento antisettico.
Rimase per qualche istante a guardarlo, anche se forse sarebbe il caso di dire che rimase immobile ad ammirarlo. Lo sguardo di Bea accarezzò il volto di Zoroastro, le sue folte sopracciglia scure, il naso pronunciato, le labbra carnose piegate in uno strano sorriso e la barba che le circondavano, per poi scendere audacemente a sfiorare il collo, il torace visibile dalla sua camicia aperta...poi Bea scosse la testa, scacciando quell'impertinenza nel suo sguardo, e diede un paio di colpetti al polpaccio di Zo.
L'uomo sussultò, aprì gli occhi così simili a due perle nere, e guardò Beatrice, le sorrise: "Ehi principessa." mormorò ancora assonnato.
"Ehi." rispose Beatrice.
Zoroastro si alzò e si sedette accanto a lei sul letto: "Come ti senti?"
Lei sospirò: "Bene, a parte il fatto che sono tutta indolenzita...ahi, perché mi fa così male dappertutto?" ripensò al duello col sacerdote, i calci che le aveva sferrato "Perché mi fa più male la parte destra del corpo, ohi..." commentò sistemandosi sul materasso.
"Ehm, ci sei caduta sopra quando sei svenuta..." ridacchiò "Scusa, non sono riuscito ad afferrarti al volo!"
Bea ridacchiò a sua volta: "Almeno non ho battuto la testa, credo. Mi hai curata tu Zo? Riconosco la pregevole fattura..." disse lanciando un'occhiata alla fasciatura.
Zo rise: "Sì! E non è una ferita grave, stai tranquilla. Facilmente ti rimarrà una cicatrice, ma il braccio guarirà."
"Grazie. E tu hai...dormito qui stanotte?" chiese un po' imbarazzata, anche se non capiva perché dovesse sentirsi così.
"Sì, beh, sai, ho pensato fosse meglio tenerti sotto controllo, non si sa mai giusto?" rispose Zoroastro, chiedendosi perché improvvisamente si sentisse a disagio.
Per impedire che lei lo capisse si alzò dicendo: "Vado a prenderti qualcosa da mangiare."
In quel momento Leonardo irruppe nella stanza, seguito da suo padre: "Sei sveglia! Stai bene?" si sedette accanto a lei, le accarezzò il viso "Sorellina, che spavento che ci siamo presi!"
Piero Da Vinci si sedette sull'altro lato: "Senti dolore, stai bene?"
"Non assalitela così!" disse Zoroastro protettivo "Si è appena svegliata..."
"Sto bene, sto bene." sorrise Beatrice "Ho male ovunque ma sto bene."
"Dovrai spiegarci cosa è successo..."
"Sì sì certo, lo farà ma non ora, adesso Bea deve riposare, mangiare..." disse ancora Zoroastro.
"Zo non preoccuparti, mi sento bene, davvero." rise lei, emozionata da tanta premura.
"Non so cosa sia successo ieri, ma da quello che ho visto sei stata molto coraggiosa Beatrice." disse Piero prendendo con delicatezza la mano della figlia, e inaspettatamente fece lo stesso con quella di Leonardo, che lo guardò stupito "Tutti e due lo siete stati. Vi siete battuti e prodigati affinché Firenze non soccombesse, avete aiutato i Medici con coraggio e determinazione, io...io sono fiero di voi. Avete reso grande onore alla casa dei Da Vinci." disse con un filo di voce.
Beatrice e Leonardo erano impietriti, scioccati. Piero non aveva mai parlato così ai suoi figli, li aveva sempre rimproverati, non avevano mai ottenuto la sua approvazione.
Sentire quelle semplici parole li commosse, Leonardo aveva gli occhi lucidi e strinse forte la mano del padre, sul volto di Beatrice apparve un luminoso sorriso e diede un rapido abbraccio a Piero.
Per la prima volta, forse, erano una famiglia.


Lorenzo aveva ascoltato attentamente il racconto di Beatrice: "Non potrò mai sdebitarmi a sufficienza con Voi per aver salvato le mie figlie." commentò sorridendo.
"Non dovete sdebitarVi mio signore, avrei fatto qualunque cosa per difenderle." rispose Beatrice arrossendo "È stato, come dire, istintivo." sorrise a Clarice, che comprese.
"Non avrei mai immaginato che padre Federico fosse coinvolto con i congiurati. L'ennesima serpe in seno." disse Lorenzo.
Clarice gli mise una mano sulla spalla: "Le persone attorno a noi impazziscono marito mio, forse aver visto i soldati di Roma attaccarci gli ha fatto credere di dover sostenere il Santo Padre contro di noi." suppose la donna.
Lorenzo annuì: "Può darsi. Ad ogni modo dovremo stare sempre più attenti."
"Vi siete mostrato alla folla signore?" chiese Beatrice.
"Intendo farlo a mezzodì, quando ci sarà più gente. In molti dovranno vedermi, più persone ci saranno meglio sarà recepito il messaggio." rispose Lorenzo.
Beatrice annuì, e chiese di potersi congedare, era ancora scombussolata, le fu concesso.
Uscita dallo studio di Lorenzo si trovò davanti Dragonetti, che le sorrise: "Complimenti per la Vostra destrezza Beatrice." sembrava compiaciuto.
Lei rispose: "Grazie. Ma per quanto i miei fendenti siano stati efficaci non erano aggraziati e corretti."
"Poco importa la grazia in un combattimento signorina, importa solo neutralizzare il nemico, e magari sopravvivere. E inoltre non mi riferivo solo al duello, ma anche alla Vostra risolutezza, al coraggio che avete dimostrato nell'affrontare chi voleva uccidere le bambine, così come lo avete fatto con chi voleva far del male a Vostro padre."
Beatrice respirò a fondo: "Era ciò che andava fatto, non è così? Non avevo scelta..."
"Eppure questo non placa il Vostro rimorso, dico bene?" chiese Dragonetti.
Beatrice annuì: "Ho ucciso due uomini, e per quanto io comprenda di aver avuto le giuste motivazioni non riesco a considerare altrettanto giusto l'averlo fatto. Forse sono solo ridicola..."
"Significa che non avete perduto la Vostra innocenza Beatrice, e per quanto vale, ne sono lieto." abbozzò un sorriso "Lasciate che Vi dica una cosa: uccidere non è mai semplice, chi fa il mio mestiere rischia di farlo diventare un'abitudine, e se accade si diventa cinici e privi di anima. Si diventa dei mostri incapaci di distinguere tra la necessità e il piacere di uccidere. Guai alla perdona che non sa più discernere!
Voi avete ucciso perché non potevate fare altro, e siete comunque provata da tale scelta.
Questo Vi rende ben lontana dall'essere un'assassina. Non considerate Voi stessa con severità."
Beatrice sorrise, annuì: "Grazie capitano. Farò tesoro delle Vostre parole."
Dragonetti ricambiò il sorriso e prima di andarsene le disse: "Sarei fortunato ad avere tra le mie fila uomini coraggiosi e valorosi come Voi... mi sono toccate certe mammolette..." le strizzò l'occhio, e lei ridacchiò.
Tornò nella stanza in cui aveva dormito, Zoroastro la aspettava seduto sul letto: "Hai raccontato tutto?"
"Sì." Bea si sedette vicino a lui, lo guardò "Lorenzo ha detto che lo avete condotto qui attraverso le fogne, è vero?"
Zoroastro rise e le raccontò quello che era successo, di Leonardo che aveva salvato il Medici, della loro avventura nel sottosuolo.
"Incredibile." commentò lei.
"Ci tengo a precisare che senza la mia abilità nello scassinare le serrature non avremmo aperto il tombino e non saremmo sbucati nel chiostro."
Beatrice rise: "Senza di te non ce l'avrebbero mai fatta!"
"Ovvio!" rise lui, poi le disse "Non vedevo l'ora di venire qui. Ero preoccupato...per te. Non ero tranquillo sapendoti qui dentro, avevo visto la folla inferocita. Ma forse non avevo ragione di agitarmi, te la sei cavata egregiamente, meglio di un soldato, insomma, hai salvato tuo padre, le bambine, hai lottato per salvare te stessa." notò che il viso di Bea si era incupito "Principessa, tutto bene?"
Lei lo guardò, i suoi occhi verdi brillavano riempiendosi di lacrime: "È stat...oddio Zo è stato orribile!" la voce si ruppe nel pianto, lui le mise un braccio attorno alle spalle e la strinse "Fuori da queste mura c'era l'inferno e sembrava pronto ad inghiottirci. E non è ancora finita..."
"Vedrai, ora che Lorenzo è tornato andrà tutto bene, non appena la gente lo vedrà tornerà a sostenere i Medici, e tutto questo finirà."
"Ho ucciso due uomini ieri." disse Beatrice tutto d'un fiato.
Zoroastro la guardò: "Come due uomini..."
E lei gli raccontò ogni cosa accaduta il giorno prima, di come avesse ucciso il giovane che attenta a alla vita di suo padre, e i dettagli sulla morte di padre Federico.
"I loro occhi...prima di morire...mi fissavano, come se mi chiedessero una spiegazione...mi sento malissimo Zo, lo so che volevano farci del male ma mi sento in colpa."
"Non devi principessa, quegli stronzi non meritano la tua pietà e il tuo rimorso." asciugò con le dita le lacrime che le bagnavano il viso.
"Allora perché mi sento così?"
Le sorrise: "Perché sei meravigliosa, ecco perché." e la abbracciò, Beatrice si lasciò avvolgere dal suo corpo e dal suo calore, rimase tra le sue braccia stringendolo forte. 
Quanto aveva agognato quell'abbraccio, si rannicchiò tra le braccia di Zo, piano piano iniziò a sentirsi meglio.
Zoroastro la strinse a lungo, le baciò la tempia e le accarezzò la schiena, poi si staccarono, ma i loro visi rimasero molto vicini, così vicini che le punte dei loro nasi si sfiorarono, così vicino che i loro respiri si potevano fondere in uno solo.
Zoroastro la guardava negli occhi, si era perso totalmente in quel verde intenso, le accarezzò la guancia con un dito. Beatrice lanciò uno sguardo alle labbra che aveva davanti, morbide e leggermente schiuse.
Guardò Zoroastro negli occhi, e senza dire nulla prese il suo viso tra me mani e lo baciò.
Non era un bacio delicato e dolce da ragazzina ingenua, era disperato e pieno di passione come quello di una donna.
Zo ne fu sorpreso, piacevolmente sorpreso, e ricambiò quel gesto.
Portò una mano tra i capelli di Beatrice, dietro la nuca, e la strinse di più a sé, schiuse delicatamente le labbra di lei e intrecciò la sua lingua con quella di Beatrice, che si lasciò guidare.
Fu un bacio intenso, li lasciò talmente senza fiato che a un certo punto fu inevitabile staccarsi per respirare.
Si guardarono, entrambi ansimavano, entrambi volevano prendere velocemente fiato per unire di nuovo le labbra in quella danza meravigliosa.
Ma delle grida glielo impedirono, provenivano dall'esterno del palazzo. Ad esse si unì il suono di cavalli lanciati al galoppo sul porfido delle strade, e quello di spade duellanti.
Zoroastro guardò verso la finestra, e con respiro affannoso chiese: "Che diavolo succede?"


"Cos'è tutto questo frastuono?" chiese Lorenzo alzandosi dalla sedia della scrivania.
"Dio del Cielo, ci attaccano forse con un'armata?" esclamò Clarice spaventata dal fragoroso rumore di zoccoli e metallo che colpiva altro metallo, e dalle grida incomprensibili che giungevano dall'esterno.
Dragonetti si affacciò, gli sfuggì una volgare imprecazione, Lorenzo gli chiese spiegazioni e il capitano disse: "Non ci credereste se Ve lo dicessi mio signore. Guardate!"
Il Medici si affacciò e sgranò gli occhi: "Non è possibile..."
Sotto di loro era iniziata una lotta feroce, a guidarla c'era il conte Girolamo Riario. Ma non stava aiutando i congiurati, anzi, li stava attaccando e uccidendo.
Riario e i suoi uomini, un piccolo esercito, erano accorsi in aiuto di Firenze.
Il conte in groppa al suo andaluso nero colpiva senza riserve, per poi scendere dal destriero per affrontare in duello i congiurati, seguito dai suoi uomini.
I soldati di Riario uccisero senza pietà quei mercenari che portavano la loro stessa divisa.
La folla, a quell'evidente cambio di equilibrio, iniziò a seguire il conte contro coloro che fino a poco fa avevano osannato, impedendo ai Pazzi di fuggire.
Jacopo fu trascinato in un vicolo da decine di mani sconosciute, sparì alla vista dei suoi uomini, di lui rimase solo un cadavere malridotto.
Altri due membri della famiglia furono trucidati dai soldati di Riario.
Di Francesco Pazzi invece non c'era più traccia.
Gli ultimi mercenari, una ventina forse, non poterono fare altro che arrendersi e gettarono a terra le loro spade. 
Riario si guardò attorno, la folla lo guardava, curiosa e in attesa, il conte alzò lo sguardo e vide Lorenzo e Clarice che lo fissavano.
Infilò la spada nel fodero, fece un inchino in direzione dei Medici, e a voce alta urlò: "Signori della casa dei Medici, ora Firenze è di nuovo vostra, Firenze è salva. Firenze è libera!" e a queste parole il popolo e i soldati esultarono.
Lorenzo era incredulo, finse un sorriso e agitò la mano in segno di ringraziamento, poi bisbigliò alla moglie e al capitano: "È stato astuto, e furbo. Ci ha fregati tutti." 
Non gli era serviti molto tempo per comprendere che il conte li aveva tutti messi in trappola.


Leonardo guardava incredulo fuori dalla finestra. Aveva appena visto Riario difendere Firenze e i Medici, insieme ai suoi soldati aveva ucciso i congiurati. Tutto ciò era surreale, impossibile. 
"Maestro, ma perché questo attacco? Il conte odia Firenze, lo sappiamo bene!" disse Nico.
"È evidente che tutto questo è una trappola, un trucco." disse Leonardo.
Anche Beatrice e Zoroastro avevano assistito alla scena dall'altra stanza, e velocemente raggiunsero i loro amici. 
"Leo, hai visto?" chiese il moro "È sospetto, non credi?"
Da Vinci annuì: "Hai ragione amico mio."
"Guardate, Lorenzo è uscito a ringraziarlo." disse Beatrice.
"Ma cos...lo fanno entrare?" disse Nico.
"Cazzo..." mormorò Zoroastro.
"Non hanno altra scelta, ne va del loro onore. Dannazione!" Leonardo batté il palmo sul muro e si allontanò verso il corridoio interno che dava sull'entrata del palazzo, gli altri lo seguirono.


"Dobbiamo aprire e uscire."
"No."
"Lorenzo, dobbiamo aprire! Il popolo si aspetta che accoglieremo con ogni onore il conte Riario per aver sconfitto i nostri nemici." insistette Clarice.
"È evidente che non ci ha salvati...era d'accordo con loro, lo sento!" rispose Lorenzo.
"Se lo lasciamo fuori sembreremo degli ingrati, il disonore cadrà su di noi!" Clarice gli prese la mano "Usciamo, ringraziamolo con calore, fingiamo il nostro rispetto altrimenti perderemo credibilità. Penseremo poi a un modo per liberarci di lui."
"Vostra moglie ha ragione." commentò Piero Da Vinci.
Lorenzo si rassegnò, e fece aprire le porte.
I coniugi Medici uscirono nel piazzale, il conte li attendeva sorridente, e trionfante.
"Signori della città!" abbozzò un inchino.
Lorenzo gli porse la mano: "Conte Riario, Vi ringrazio a nome di tutti i fiorentini per il Vostro intervento provvidenziale."
Girolamo strinse la sua mano, rispose: "Ho saputo della congiura mentre tornavo a Roma, non potevo fare altro che tornare indietro per aiutare tutti voi. E permettetemi di offrirVi ancora la mia protezione."
Lorenzo strabuzzò gli occhi: "Protezione? Non credo di averne bisogno."
"Non avete un vero esercito. E alcuni cospiratori sono riusciti a fuggire, ad esempio Francesco Pazzi e alcuni cardinali, e non sappiamo i nomi di tutti coloro che sono coinvolti, io stesso ignoravo l'infedeltà di alcuni miei soldati." rispose Riario "Pertanto intendo stabilirmi presso di Voi fino a che non sarò sicuro che Firenze non corra alcun rischio."
Clarice intervenne: "Ma conte, non dovete sentirVi in obbligo..."
"Mia signora, nessun obbligo, solo la volontà mia e del Santo Padre di preservare Firenze e la sua gloria contro dei biechi nemici." 
Lorenzo cercò di rimanere calmo: "Conte, apprezzo la Vostra premura, ma credo che ormai Firenze sia sicura. Non voglio trattenere Voi e i Vostri uomini inutilmente."
"Mi state forse cacciando dopo che ho difeso strenuamente le Vostre vite?"disse ad alta voce Riario, in modo che in molti sentissero.
Maledetto, pensò Clarice, e finse un dolce sorriso: "Ma certo che no!" e si avvicinò al conte prendendo le sue mani tra le proprie, e disse anche lei a voce alta "Voi rimarrete qui, nostro ospite, e saremo molto più tranquilli avendo accanto a noi il figlio prediletto di Roma!"
Piero Da Vinci e Dragonetti pensarono che la Orsini era portata al comando più di suo marito, la sua diplomazia aveva evitato lo scandalo.
La folla esultò vedendo il conte entrare nel palazzo accompagnato dai Medici.
Una volta entrato nell'edificio Riario alzò gli occhi e vide Leonardo, Beatrice, Zoroastro e Nico affacciati a una trifora interna, stupiti e preoccupati, lo guardavano contrariati.
Avevano avuto modo di conoscere il conte Riario e la sua natura, e la sua presenza li rendeva comprensibilmente inquieti.
Riario li guardò, accennò un saluto con la testa, e poi seguì Lorenzo e Clarice nel palazzo, e pensò che probabilmente nessuna fortezza era stata espugnata così facilmente.







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Capitolo 4
*** Due mesi prima, due mesi dopo. ***



Lorenzo, Clarice e Piero Da Vinci erano nello studio del Magnifico, con loro il conte Riario, che sfoggiava un sorriso compiaciuto.
"Dunque io e i miei ufficiali ci sistemeremo negli appartamenti in cui ci avete ospitati qualche settimana fa."
"Sì conte. E i Vostri soldati semplici troveranno ricovero presso la caserma delle guardie." rispose semplicemente Lorenzo.
"Ne sono lieto. Allora inizierò subito a dare disposizioni ai miei collaboratori per trasferirci in quelle stanze." 
"Dicevate che i mercenari al servizio dei Pazzi, quelli che indossavano le divise con lo stemma di Roma, erano stati al Vostro servizio...potete immaginare le nostre deduzioni, abbiamo pensato che Voi foste coinvolto." disse Lorenzo senza mezzi termini.
Clarice si morse un labbro, non approvava la mancanza di diplomazia del marito. Non era consigliabile far innervosire Riario.
Ma il conte non si scompose: "Un sospetto legittimo data la situazione, ma gli eventi lo hanno smentito infine. I Pazzi devono aver comprato i servigi dei mercenari, d'altronde è insito nella natura di quel tipo di soldato servire chi li paga meglio. Disapprovo la loro condotta, tant'è che non ho avuto problemi ad ordinare che non si avesse pietà di loro." rispose.
"Come intendete organizzare la nostra difesa conte?" chiese Piero.
Girolamo rispose: "Ne discuteremo insieme, con calma. Come prima cosa vorrei parlare con Dragonetti per organizzare delle ronde in città, e poi si dovranno iniziare le ricerche dei cospiratori fuggiti, come Francesco Pazzi. Ma abbiamo tempo, dato che vivremo sotto lo stesso tetto." il suo sorriso sembrava una presa in giro.
Lorenzo annuì, serrando la mascella. 
Riario uscì dallo studio, e vide Leonardo, in piedi a pochi passi da lui: "Artista." lo salutò.
"Conte Riario." disse Da Vinci "Siete stato provvidenziale oggi." commentò con tono sarcastico.
"C'è forse dell'ironia nelle Vostre parole?"
"Ironia? No, certo che no." sorrise Leonardo.
Riario lo guardò: "Meglio. Perché dovremo imparare a convivere Da Vinci, io rimarrò qui molto a lungo. E dato che intendo proteggere Firenze da nuovi attacchi io e Voi lavoreremo a stretto contatto. Siete ancora l'ingegnere militare di Lorenzo, giusto?" gli sorrise compiaciuto "Siamo diventati alleati dopotutto. E non vedo l'ora di iniziare la nostra collaborazione artista."
Leonardo sostenne il suo sguardo, annuì, e mentre Riario se ne andava passandogli accanto ripensò al loro incontro avvenuto due mesi prima...

....Riario era arrivato a Firenze come delegato papale per discutere importanti questioni con i Medici, e dopo pochi giorni Lorenzo e Giuliano erano saturi della sua presenza. I primi tentativi di negoziati non erano andati a buon fine, Riario rimaneva fermo sulle pretese di Roma, e i Medici erano altrettanto immobili nel respingerle.
La banca dei Medici non poteva cedere sulla questione del debito che il Papato tardava a risarcire, e Riario non voleva stabilire nuovi termini di pagamento, anzi, non intendeva pagare per il momento, e si vociferava che avesse chiesto un'ingente somma di denaro in prestito alla famiglia Pazzi. Inoltre spingeva per far nominare nuovi vescovi sul territorio fiorentino, imponendo nomi molto cari a Roma. Lorenzo detestava il sorriso freddo del conte Girolamo Riario, e se lui fosse stato un semplice delegato romano lo avrebbero buttato a calci fuori da Firenze, ma Riario purtroppo era anche il nipote di Papa Sisto IV, quindi doveva essere trattato con i modi che il suo rango pretendeva.
"Dunque Voi cosa siete, un artista, uno di quei pittori stravaganti di cui si circonda il Magnifico?" aveva chiesto Riario il giorno che aveva conosciuto Leonardo.
Da Vinci aveva risposto con una punta di orgoglio: "Sono un artista certo, ma anche un inventore e un ingegnere." 
Il loro incontro era avvenuto nello studio di Lorenzo, Leonardo attendeva il Medici per mostrargli le ultime modifiche apportate alle sue armi da guerra.
"Un ingegnere...edile forse?" chiese Riario.
"Anche." rispose Leonardo "Lorenzo si avvale del mio aiuto in molti campi." rimase vago, non era il caso di rivelare troppo sui suoi progetti.
"Cosa ci fate qui conte, il nostro incontro è fissato tra due ore." Giuliano irruppe nello studio.
"Tra due ore? Che sbadato, temo di aver frainteso." disse Riario "Me ne vado subito...perdonate la mia imprecisione, a dopo. È stato un piacere Da Vinci." e si congedò.
Giuliano si avvicinò a Leonardo: "Cosa Vi ha detto?"
"Nulla di che in realtà..."
"GuardateVi dal conte. È un serpente pericoloso, Vi inietterà il suo terribile veleno se gli permetterete di avvicinarsi troppo." consigliò Giuliano.
Il più giovane dei fratelli de Medici aveva ragione, e Leonardo non dovette attendere molto per constatarlo di persona...


Riario proseguì il suo cammino lungo il corridoio del palazzo, erano molto luminosi, le travi alle finestre erano ormai state tolte dato che l'assedio era cessato.
Passò davanti a una stanza e si fermò guardandoci dentro, la riconobbe, quei fastidiosi fiori rosa e gialli sui drappeggi alle pareti erano inconfondibili. Era già stato in quella stanza, due mesi prima...

...una mattina che non erano in programma incontri diplomatici con i Medici  Riario lasciò i suoi appartamenti privati e si incamminò lungo il corridoio che lo avrebbe portato ai giardini interni del palazzo. Tutti dicevano che i giardini erano uno spettacolo per gli occhi, madonna Clarice aveva fatto giungere da lontano piante di fiori esotici per abbellirlo.
Così il conte decise di sfruttare quella mattina per visitarli.
Mentre camminava lungo i corridoi la finestra vicino a lui andò in frantumi.
Clarice aveva organizzato una festa in onore della delegazione di Riario per la sera successiva, e in giardino stavano allestendo le decorazioni con drappeggi di seta e portacandele in vetro colorato. Uno dei pali di legno a cui queste cose dovevano essere appese era caduto infrangendo la finestra.
Riario imprecò, il vetro si era conficcato nel suo avambraccio.
"Disgraziati! Vi ho detto mille volte...oh Santo Cielo conte!" Clarice apparve nel corridoio, era in giardino a controllare i lavori "Ma Voi sanguinate! Chiama subito un medico per il conte!" ordinò a una cameriera, e fece accomodare Girolamo in una stanza lì accanto.
Riario non sapeva se gli davano più fastidio i vetri nella carne o le decorazioni floreali rosa e gialle di quel salottino.
"Sono mortificata! Quegli incompetenti non hanno fissato bene il palo di legno..."
"Non preoccupateVi, ho subìto attacchi ben peggiori." rispose Riario, con un pizzico di irritazione.
Sentirono dei passi e Clarice esclamò: "Oh, Beatrice, eccoVi!" 
Riario si voltò, si trovò davanti una giovane ragazza, era molto bella, avvolta in un abito color antracite con ricami rossi, aveva grandi occhi verde scuro, i capelli castani e mossi, e un dolce sorriso.
"Cosa è successo?" chiese la ragazza appoggiando una borsa di pelle sul tavolo.
"Gli operai che stanno allestendo per la festa hanno fatto precipitare un palo e hanno infranto una finestra, i vetri hanno ferito il conte..." Clarice fece un cenno verso di lui "Vi presento il conte Girolamo Riario, è nostro ospite come delegato di Roma. Conte, lei è Beatrice Da Vinci." 
Beatrice gli sorrise, Riario la salutò: "È un piacere signorina Da Vinci. Ora madonna, proteste far chiamare il medico? Mi presenterete dopo le Vostre dame di corte..."
Clarice rispose: "Beatrice non è una dama del palazzo. È il medico..."
"Vi chiedo scusa?" Riario spalancò gli occhi.
Fu Clarice a rispondere: "Beatrice è un'eccellente erborista, quasi un cerusico per noi. Da anni ci avvaliamo della sua bravura e delle sue conoscenze per curare la nostra famiglia. Il Vostro braccio è in ottime mani..."
"Non affiderò certo la cura della mia ferita a...lei." disse con tono offeso Riario "Esigo un medico."
"Io sono un medico." rispose Beatrice.
"Non credo proprio. Non avete certamente le credenziali di un dottore."
"So estrarre il vetro che avete nel braccio, so pulire la ferita e disinfettarla, e anche ricucirla." disse con calma lei "Datemi il braccio conte."
Girolamo rimase immobile, la guardò negli occhi: "Non intendo farmi curare da una donna!" esclamò.
Beatrice si morse una guancia cercando di rimanere calma: "Le donne non sono così estranee alla medicina. Le suore da secoli curano i malati con grande dovizia, di certo non dubiterete delle loro capacità."
"Non vedo un velo sulla Vostra testa." commentò Riario "Le suore sono autorizzate dalla divina unione che le caratterizza, i loro voti le rendono..."
Beatrice scoppiò a ridere, irritando il conte: "Non sono certo i voti a donare loro la conoscenza medica!"
"La conoscenza forse no, ma l'intelligenza di applicarla sì." 
"Volete ripetere? Quindi una donna che non prende i voti è una stupida?" Beatrice strabuzzò gli occhi.
"Non una stupida certo, ma in ogni caso la donna non dovrebbe maneggiare arti e scienza che sono, come è ovvio, destinate dell'uomo." rispose Riario.
"Ciò che è ovvio è che il Vostro braccio sta sanguinando di più." fece notare Beatrice "Sentite, io posso medicare la Vostra ferita con la stessa premura e precisione di un uomo."
"Ne dubito." rise irritato Riario.
"Oh, avete ragione, che dico, in effetti posso farlo meglio." rispose Beatrice.
Riario la fissò intensamente. La ragazza aveva un bel caratterino e la risposta pronta, era sfacciata e impertinente, ma allo stesso tempo questa sua testardaggine gli piaceva.
Girolamo sospirò, e allungò il braccio sul tavolo.
Beatrice sorrise, soddisfatta: "Ottima scelta." Clarice nel frattempo si congedò.
Estrasse con le pinzette due pezzi di vetro dalla carne del conte, che sussultò.
"Mi spiace di averVi fatto male." disse lei.
"Non ho sentito nulla." mentì lui.
Beatrice abbozzò un sorriso: "Allora devo essere proprio brava..."
Riario si morse un labbro, quell'impertinenza era fastidiosa. E allo stesso tempo lo stuzzicava.
Beatrice pulì la ferita e la guardò, poi disse: "Non sarà necessario mettere dei punti, la ferita non è molto profonda e il taglio è limitato. Vi metterò una pomata che impedirà alla ferita di infettarsi, e poi Vi fascerò."
Riario annuì, e Beatrice prese un vasetto di vetro dalla borsa, lo aprì, ne uscì un leggero profumo di rosa.
"Cos'è?"
"Una pomata che ho fatto io..."
"Preparate da Voi le pomate? Non dovreste maneggiare medicamenti, non siete sicuramente in grado..."
"Sono molto brava invece. E poi la ricetta me l'hanno data le suore, io ho solo aggiunto alcuni ingredienti." sbuffò Beatrice seccata "Non ricominceremo di nuovo il discorso sulle donne che..."
"Va bene, va bene. Spalmate la crema." tagliò corto Girolamo.
Una volta finito Bea fasciò il braccio con la garza, poi avvicinò al conte il vasetto: "Il braccio guarirà in poche settimane. Domani lavate la ferita con acqua fresca, poi mettete ancora la pomata e fasciate con la garza. Fatelo ogni giorno finché non cicatrizza, e non forzate il braccio." consigliò.
Riario la guardò. Era estremamente affascinato da questa ragazza: "Forse Vi ho sottovalutata."
"Togliete pure il forse." disse Beatrice.
Riario la squadrò più attentamente, era affascinato da quella giovane donna, aveva uno sguardo fiero e vibrante, ma anche molto dolce, il suo sorriso era luminoso e rassicurante. La sua non era una bellezza lasciva da cortigiana, aveva una sfumatura candida e delicata, eppure c'era qualcosa che rendeva questa ragazza intrigante e sensuale.
"Bene, dato che non avete più bisogno delle mie cure...ma...un attimo..." Beatrice si avvicinò al conte, il suo viso era poco distante da quello di lui. Girolamo sentì una strana sensazione in gola, come se il respiro si fosso bloccato, provò un intenso calore.
Beatrice appoggiò una mano sulla sua spalla: "State fermo." gli disse, poi Riario sentì un leggero dolore al collo.
"Cosa..." mormorò.
"Una scheggia signore." la ragazza gli mostrò la pinzetta che stringeva un pezzo di vetro "Vi si era conficcata nel collo. Non la sentivate perché è piccola." poi tamponò la pelle del conte con una garza pulita.
Girolamo riprese a respirare e si raffreddò solo dopo che Beatrice si era allontanata da lui per mettere via alcune cose nella borsa.
Una volta finito Beatrice si mise la borsa in spalla e si voltò: "Vi lascio la pomata sul tavolo, Vi porgo i miei saluti conte, tenete controllate le ferite." gli sorrise prima di uscire.
E Riario rimase seduto guardandola andare via, chiedendosi cosa avesse scatenato in lui quella giovane e sfacciata fanciulla...


Così aveva conosciuto Beatrice Da Vinci, e da subito gli si era infilata nella pelle come una spina delle rose che usava per preparare le sue pomate.
E a quel proposito si chiese come mai non fossero riusciti nel loro intento la sera prima, lui e Mercuri avevano organizzato tutto nei minimi dettagli, eppure Beatrice quella mattina era insieme ai suoi amici, a fissarlo dalla trifora interna. Aveva chiesto a Lupo di verificare e di riferirgli.
Il conte raggiunse i suoi ufficiali e li informò, ordinò di predisporre il loro trasferimento a palazzo Medici: "Io nel frattempo mi reco subito nelle mie stanze, fate portare lì le mie cose il prima possibile." disse agognando un bel bagno caldo dopo la battaglia.
Lasciò i suoi uomini e attraversò il giardino per arrivare agli appartamenti, e vedendo i bellissimi glicine in fiore e gli alberi di lillà ripensò alla festa che Clarice aveva organizzato due mesi prima...

...La musica era discreta ed allegra, pensò Riario bevendo un bicchiere di vino.
Madonna Orsini era famosa per le sue feste, curava ogni dettaglio con molta attenzione, essere invitati ai suoi eventi era un onore.
Clarice aveva organizzato una serata in onore suo e della delegazione romana, un omaggio agli ospiti venuti in nome del Santo Padre, così aveva detto lei, specificando di essere lieta di poter accogliere il figlio prediletto di Roma in casa sua.
Una bugia, ovviamente, Riario era consapevole di quanto la Orsini lo detestasse, così come lo detestavano i fratelli Medici. Ma in fondo a Girolamo non importava, quel disprezzo era un vanto per lui.
Il giardino era stato decorato con drappi di seta gialla e bianca, e da nastri rossi, e centinaia di candele dentro bocce di vetro colorato illuminavano l'ambiente.
Un paradiso luminoso e allegro, dove la gente danzava, rideva, conversava e mangiava.
Ma per il conte era tutto tedioso, non amava queste occasioni.
Tuttavia aveva un lavoro da svolgere, così iniziò a cercare Da Vinci con lo sguardo, sale a che anche lui era stato invitato.
Finalmente lo individuò, chiacchierava amabilmente con una dama bionda, lei era evidentemente ammaliata dal fascino del pittore e sperava di diventarne la musa, lui cercava solo una fugace compagnia.
Girolamo si avvicinò e lo salutò: "Da Vinci, buonasera."
Leonardo si voltò: "Buonaseraa a Voi." e vedendo che il conte non accennava ad andarsene disse "Mia cara, potete scusarci un momento? Credo che il signore debba parlarmi."
La ragazza sorrise, gli bisbigliò che lo avrebbe atteso vicino alle scale e se ne andò nel fruscio del suo abito azzurro.
Riario sorrise: "Una fin troppo facile conquista, non trovate?"
"La fanciulla non è così ingenua come pensate conte." ridacchiò, poi chiese "Dovete dirmi qualcosa o siete qui solo per discutere delle mie scelte in fatto di cortigiane?"
"Avrei una proposta per Voi Da Vinci. Mi avete incuriosito nello studio di Lorenzo, così ho fatto alcune ricerche, ho scoperto che avete una certa reputazione..."
"Non badate alle malelingue..."
"Oh, io non mi riferivo a quel tipo di reputazione, anche se devo ammettere che certe voci su di Voi mi hanno perplesso. Ad ogni modo, so che siete un abile inventore, che Vi dilettate con strani marchingegni, come ad esempio macchine volanti, e altre che possono andare sott'acqua. Inoltre so che conducete ricerche di astronomia, e sull'anatomia umana."
Leonardo sgranò gli occhi: "Come diavolo avete..."
"Suvvia artista, ogni uomo nella mia posizione ha le sue spie." sorrise Riario "Ho chiesto informazioni e le ho ottenute. Ora ciò che importa è che conosco il Vostro potenziale, e vorrei finanziarlo."
"Con quali soldi, visti i debiti di Roma?" lo sfotté Leonardo.
Girolamo si morse le labbra: "Non siate irrispettoso."
"Voi mancate di rispetto a me e a Firenze con questa proposta, credete davvero che lavorerei per Roma? Per un Papa che cerca di frenare ogni innovazione?"
"Voi lavorereste per me, non per il Papa." precisò Riario.
"Oh, allora è tutta un'altra storia!" rise Leonardo, irritando non poco il conte "Statemi bene a sentire, io non intendo mettere il mio genio nelle Vostre mani."
"Siete piuttosto presuntuoso a parlare di Voi in questi termini."
"Sono solo onesto." disse allargando le braccia "Vi fermo subito conte, prima che iniziate a diventare tedioso. Non mi intendo lavorare per Voi, nulla può farmi cambiare idea. Ora scusatemi, ma una dama mi attende." disse Leonardo, e raggiunse la bionda vicino alle scale.
Riario scosse la testa, prima o poi Da Vinci avrebbe lavorato per lui.
Prese un altro bicchiere di vino da un vassoio, passeggiò per il giardino elargendo sguardi e falsi sorrisi a chi incrociava, poi vide Beatrice vicino al glicine.
Stava ridendo, era in compagnia di alcune ragazze.
Indossava un vestito viola scuro con ricami lilla e argento, i capelli castani erano raccolti in diverse trecce arrotolate insieme con nastri viola. Era squisitamente bella.
Girolamo si avvicinò quando le altre dame si furono congedate.
"Buonasera signorina Da Vinci." le disse.
Lei gli sorrise: "Oh, buonasera conte. Come sta il Vostro braccio?"
"Molto meglio, grazie a Voi. E in effetti non Vi ho ringraziata."
"Non dovete, non ho fatto nulla di che. Vi piace la festa in Vostro onore?" chiese Beatrice.
"Non è il genere di feste che prediligo." precisò il conte, e dopo un attimo di silenzio disse "Ho conosciuto il Vostro fratellastro."
"Mio fratello." lo corresse lei.
"Avete madri diverse da quello che mi hanno detto..."
"Non importa." lo interruppe lei "È il mio sangue, è mio fratello."
"Oltre al sangue avete lo stesso temperamento a quanto vedo. Da quanto so siete entrambi figli illegittimi del notaio dei Medici."
"Accidenti, avete scoperto molti pettegolezzi." ironizzò Beatrice, un po' infastidita.
Riario abbozzò un sorriso: "Vi turba l'argomento?"
"No, per niente, ma vorrei capire dove volete arrivare." disse lei sostenendo il suo sguardo.
"Trovo interessante che due figli illegittimi riconosciuti abbiano rinunciato all'eredità di famiglia. So che avete rifiutato anni fa un matrimonio combinato perdendo così la Vostra rendita paterna, e Vostro fratello ha una storia simile, pur di fare l'inventore ha lasciato la casa del padre..."
"No, fatemi capire, Voi avete preso informazioni su di me e su Leonardo?" Beatrice era scioccata "Come Vi siete permesso!"
Riario rispose: "Un uomo della mia posizione deve conoscere ogni dettaglio su chi lo circonda. Vostro fratello lavora per i Medici, quindi è affar mio, ed indagando su di lui ho scoperto anche cose su di Voi, è logico." mentì, in realtà aveva fatto cercare informazioni specifiche su di lei, per conoscere quella fanciulla che tanto lo aveva colpito.
"È scorretto."
"È la politica mia cara, devi conoscere i tuoi nemici."
"E i Da Vinci sarebbero Vostri nemici?"
"Dipende." rispose Riario "Devo considerarVi tali?"
Beatrice fece un passo verso di lui guardandolo negli occhi: "Dipende. Dovremmo diventarlo?"
Riario sostenne il suo verde sguardo per qualche secondo, il temperamento di Beatrice era sempre più affascinante.
"Io preferirei che diventassimo...alleati." disse a bassa voce, poi indietreggiò perché la  vicinanza di Beatrice lo metteva di nuovo a disagio "Sarei lieto di avvalermi dei servigi di Vostro fratello, ma quando glielo ho chiesto lui non sembrava molto propenso ad accettare. Per ora." disse sempre a voce bassa.
"Non trovate indecente fare certe proposte qui, a palazzo Medici, nella casa della famiglia per cui mio fratello lavora?"
Riario sorrise freddo: "Non c'era luogo più adatto di questo per farlo. L'indecenza di cui parlate ben si abbina a quella espressa dalla casata dei Medici."
Beatrice fece una smorfia: "Disprezzate così tanto questa città?"
"No, non tutta, ho scoperto che a Firenze si nasconde anche molta bellezza." disse sfiorando con lo sguardo il suo corpo e il suo viso, questa volta fu Beatrice a sentirsi a disagio "Ad ogni modo credo che un ragazzo così giovane e così determinato come Vostro fratello meriti un giusto finanziamento."
"I Medici lo finanziano più che bene."
"Non è quello che ho sentito dire. La sua paga è ridicola, io potrei offrire di più."
Bea ridacchiò: "Con quali soldi, Roma ha accumulato parecchi debiti." Riario sbuffò, tale fratello... "E poi siete uno sciocco se credete di poter conquistare l'alleanza di Leonardo con i soldi."
"Tutto si può conquistare col denaro mia cara."
Beatrice scosse la testa: "Non il genio di mio fratello, tantomeno il suo rispetto."
"Di solito dove non arriva il denaro è piuttosto efficace la paura..." si lasciò sfuggire Girolamo, e di fronte all'espressione colpita di Beatrice cambiò tono "Forse un giorno ci troveremo dalla stessa parte."
Beatrice voleva rispondergli che non sarebbe mai successo, ma si limitò a dire con ironia: "Le vie del Signore sono infinite e misteriose, giusto?" e si allontanò dal conte salutandolo con un cenno del capo, Riario la seguì con lo sguardo fino a quando lei non sparì tra gli invitati.
Nelle settimane successive Riario si fece di nuovo vivo, sfruttò ogni occasione per parlare con Leonardo e convincerlo a schierarsi con lui.
"Voi siete fastidiosamente testardo Da Vinci." gli disse un giorno che lo aveva trovato da solo nel chiostro intento a ritrarre gli uccelli in volo "Quello che Vi posso offrire..."
"E Voi siete irritante, oltre che sordo! Potete offrirmi qualunque cifra, oro a volontà, ma io non voglio lavorare per Voi, lavoro per Firenze."
"Siete così devoto ai Medici?"
"Non è a questa casata che sono fedele, ma all'umanesimo che essa promuove. In nessun altro posto potrei essere così libero." rispose Leonardo "A Roma no di certo."
Riario scosse la testa: "Voi ragionate per stereotipi. Il Santo Padre vuole solo preservare ciò che Dio ha creato in un certo modo, d'altronde è il Suo rappresentate in Terra. Ma io Vi ripeto che Voi lavorereste per me, non per lui. Se il Vostro genio mi può avvantaggiare sono disposto a sostenerlo."
"Sì, siete decisamente sordo. Voi o il Papa non cambia, non siete migliore di lui. Voi dite di sapere molte cose su di me, ma anche io so molte cose su di Voi, conosco la nomea che Vi siete fatto lavorando nell'Inquisizione." disse Leonardo.
"Leo. Tutto bene?" Zoroastro era apparso nel chiostro "Ci sono problemi?"
"Oh, non preoccuparti, il conte se ne stava andando." rispose Leonardo.
"Ne riparleremo Da Vinci." Riario abbozzò un sorriso, mentre si allontanava disse: "Forse dovreste considerare il fatto che io sia stato un inquisitore come un incentivo a collaborare me, piuttosto che un deterrente."
A quelle parole Leonardo e Zoroastro avevano avvertito un brivido freddo lungo la schiena.
Riario non si era comunque arreso, e alcuni giorni dopo si era recato alla bottega del Verrocchio per cercare di nuovo Leonardo, ma l'artista era fuori casa.
Tuttavia la sua visita non fu infruttuosa dato che riuscì ad infilarsi nel laboratorio di Beatrice.
Lei era lì, dava le spalle alla porta, era intenta ad imbottigliare dello sciroppo.
Sentì lo scricchiolare del pavimento sotto i passi del conte, senza voltarsi disse: "Andrea, sei tu?" 
"No, decisamente non sono lui."
Bea si voltò, stupita: "E Voi cosa ci fate qui?"
Girolamo le sorrise: "Cercavo Vostro fratello, ma non è in casa."
"Siete venuto in cerca dell'ennesimo rifiuto." constatò lei.
Riario si avvicinò: "E già che ero qui ho pensato di passare a salutarVi.."
"Quanta premura."
"...ed ero curioso di vedere il Vostro laboratorio. Dunque è qui che preparate le Vostre pomate."
Lei annuì: "È la mia piccola erboristeria. Ora, avrei un po' di cose da fare, quindi..."
"Mi state congedando?"
"Ehm, sì." sorrise lei "Come ho detto sono piuttosto impegnata."
Riario la guardò: "Non Vi ruberò molto tempo. Immagino sappiate che ho parlato ancora con Vostro fratello."
"Ah, quindi è per QUESTO che siete qui." disse lei "Per parlare di Leonardo."
"È incredibilmente cocciuto, al punto di non volermi nemmeno ascoltare. Speravo che Voi poteste farlo ragionare. Leonardo Vi ascolta, non è così? Si fida del Vostro giudizio. Potreste fargli comprendere gli innumerevoli vantaggi di una nostra collaborazione. Vostro fratello non vuole nemmeno ascoltare ciò che ho da dire. Non sa cosa voglio proporvi eppure lo rifiuta a priori. Vi sarei grato se gli deste un mio messaggio."
"Cosa dovrei dirgli? Quanto sarebbe bello lavorare per Voi?"
"No, vorrei che gli diceste che la mia offerta va ben oltre le sue aspettative su cosa voglio da lui."
"E questo cosa significa?"
Riario sorrise: "Per scoprirlo dovrà parlare con me."
Beatrice annuì: "Ovvio. Beh, glielo dirò, per pura cortesia."
"Molto gentile." la guardò, piegò la testa di lato "Perché non Vi siete sposata anni fa? Mi incuriosisce questa decisione."
"Senza offesa, ma non Vi riguarda." 
"Era così brutto il Vostro pretendente, aveva forse una grossa gobba?" chiese Riario.
Beatrice non potè fare a meno di ridere: "Ma no, certo che no."
"Allora cosa, c'era forse un altro uomo?"
"Voi avete davvero dei seri problemi nel comprendere la lingua parlata, ho già detto che non sono affari Vostri." rispose Beatrice.
Riario le riservò un'occhiata che definire lasciva sarebbe stato un eufemismo: "Chiunque fosse il Vostro sposo è stato davvero uno stolto a lasciar scappare una donna come Voi, io non lo avrei permesso."
Beatrice arrossì, ma allo stesso tempo rabbrividì, quella frase era evidentemente un complimento, ma allo stesso tempo aveva un suono inquietante: "Immagino abbia avuto lui stesso ragioni valide quanto le mie per non convincermi a sposarlo...conte, ora davvero avrei..."
"Dunque non c'èra un altro uomo per il quale scappare dall'altare."
"Non sono esattamente fuggita dalla chiesa in abito bianco, comunque no, non era per un uomo..."
"Interessante." disse Riario "Trovo piacevole scoprire che non ci sia un uomo nella Vostra vita."
Beatrice respirò a fondo: "Beh, anche in questo caso non vedo come possano essere affari Vostri."
"Io avrei un'idea a riguardo..."
"D'accordo, ora fuori." Beatrice era arrabbiata, e leggermente spaventata. Il tono del conte si stava facendo fin troppo insinuante "Non intendo tollerare oltre né la Vostra presenza né la Vostra malizia." disse a voce più alta.
"Io credo che dovreste farci l'abitudine invece..."
"Abitudine a cosa?" Zoroastro era arrivato alla bottega ed era entrato nel laboratorio attirato dalla voce di Beatrice.
Riario era infastidito nel vederlo: "Siete il cagnolino da guardia di casa Da Vinci? Ogni volta che mi trovo a parlare con uno di loro Vi ho tra i piedi..."
Zo lo ignorò, guardò la ragazza, era visibilmente nervosa: "Tutto bene Bea?" lei annuì, e lui continuò "A cosa dovremmo abituarci conte, su, spiegatemelo."
"Stavo parlando con Beatrice, non riguarda Voi." rispose Riario.
Zo scosse la testa: "Se riguarda Beatrice è affar mio conte. Non è da gentiluomini infastidire una fanciulla, quindi credo che sia giunto per Voi il momento di uscire."
"Infastidire? Si stava solo conversando..."
"Bea, vuoi che il conte Riario se ne vada?" chiese Zo senza smettere di guardare il conte.
"Preferirei di sì." rispose lei.
"Sentito? La signora vuole che andiate via. Ce la fate da solo a trovare la porta o Vi serve un aiuto?" chiese Zoroastro.
Riario si umettò le labbra: "Non avreste il fegato di buttarmi fuori di qui."
"Oh, per me sarebbe un piacere, ma lascerò che usciate sulle Vostre gambette rinsecchite." rispose Zoroastro sostenendo il suo sguardo "Portate il culo fuori di qui conte, ed evitate di tornare, non sarò così gentile la prossima volta."
"Quanta insolenza! La Vostra lingua fin troppo sboccata e irriverente potrebbe costarVi caro un giorno, figlio dei mori."
Beatrice sgranò gli occhi, come poteva Riario sapere di quel triste soprannome? Fissò Zoroastro, che era altrettanto stupito.
"Come mi avete chiamato?"
"Io so molte cose di Voi Zoroastro. So che siete un bastardo, un tombarolo, un ladro e un libertino, e c'è dell'altro, molto altro." sorrise Riario "Non metteteVi contro di me, non conviene a nessuno di voi."
"Andate a farVi fottere." gli sibilò Zoroastro.
 Riario sorrise freddo e beffardo e si congedò.
Beatrice si avvicinò a Zoroastro, si era irrigidito, gli accarezzò un braccio: "Ehi, stai bene Zo?"
Lui rispose: "Si, sono solo colpito dal fatto che lo abbia scoperto." le prese la mano e la strinse "Sto bene principessa, non mi importa di quello spaventapasseri in nero." provò a sorriderle ma non gli riuscì molto bene.
Il fatto che Riario lo avesse chiamato in quel modo lo aveva turbato, da tempo non lo chiamavano così, ed era ovvio che se il conte lo aveva scoperto diceva avere delle spie maledettamente brave.
"Grazie per essere venuto in mio soccorso."disse Beatrice, Zo le sorrise davvero questa volta e le diede un bacio sulla testa "Ma ce l'avrei fatta anche da sola."
"Oh certo, lo avresti steso a colpi di prezzemolo e valeriana!"
Beatrice rise e lo spinse via: "Ma smettila malfidato!"
Per qualche istante, con quella risata, dimenticarono quella brutta sensazione che il conte aveva instillato nei loro corpi...


Davanti alla porta dell'appartamento Riario trovò Lupo Mercuri, si ridestò dai suoi ricordi e i due entrarono nella stanza chiudendo velocemente la porta.
"Dunque?"
"Per quanto riguarda Francesco Pazzi è tutto a posto." rispose Mercuri "Per quanto riguarda la ragazza invece ho avuto poche informazioni, pare che padre Federico sia stato ucciso, probabilmente si è tradito."
"Chi lo ha ucciso?"
"Beatrice stessa." rispose Mercuri suscitando grande stupore in Riario "Lei lo avrà scoperto. La versione ufficiale dice che volesse uccidere le bambine e che lei le ha difese."
Girolamo annuì: "Peccato. Troverò un altro modo. A proposito, ho sentito che Leonardo ha salvato Lorenzo. La sua lealtà verso i Medici è notevole. Ma non mi stupisce, nelle settimane un cui sono stato a Firenze non sono riuscito a convincerlo a collaborare con me.
"Ma è anche vero che non gli avete rivelato la vera natura della vostra collaborazione." precisò Lupo.
Girolamo annuì: "Questo perché non era il momento, certi argomenti vanno trattati al momento opportuno, quando tutto è al giusto posto. Ci arriveremo, adesso siamo in vantaggio."
Mercuri comprese, sapeva quanto il conte fosse bravo a sfruttare le persone nelle giuste occasioni.
Leonardo nel frattempo aveva raggiunto sua sorella, Zo e Nico nel laboratorio che Lorenzo gli aveva messo a disposizione a palazzo.
"Quel figlio di puttana!" disse sedendosi.
"Hai incontrato Riario." constatò Zoroastro.
"Esattamente. Rimarrà qui a palazzo per aiutare i Medici, chissà per quanto tempo lo avremo tra i piedi."
"I Medici non hanno avuto scelta." disse Beatrice "Se lo avessero mandato via sarebbero sembrati degli ingrati. Sono sicura che Lorenzo ha capito che Riario ha creato apposta questa situazione, solo che non può dimostrarlo e dovrà fare buon viso a cattivo gioco."
"Già, probabilmente Riario ha sfruttato i Pazzi, li ha aiutati ad organizzare la congiura, poi ha atteso il momento giusto per poter poi emergere come salvatore di Firenze." disse Leonardo.
"Maestro, cosa pensate di fare?" chiese Nico.
 "Di certo non posso tenere le mie cose qui." decretò "Devasterà anche questo laboratorio per cercare i miei progetti. Non si è fatto scrupoli due mesi fa." ricordò Leonardo...

..."Togli pure il forse, è stato sicuramente Riario." aveva detto Zoroastro quando Leonardo gli aveva raccontato in che condizioni aveva trovato il suo laboratorio quel pomeriggio di ritorno da palazzo Medici, sembrava un campo di battaglia. Avevano rovesciato gli scaffali, rotto diversi modellini in legno e scardinato le assi del pavimento.
Zo bevve un sorso di birra, erano alla taverna del Pesce d'argento, sul lungarno, seduti attorno a una botte che fungeva da tavolo.
"E Andrea non ha visto nulla?"
"Era fuori con alcuni allievi, per sua fortuna, quei bastardi avrebbero potuto ferirlo." disse Leonardo.
"Quello ti sta tampinando da giorni, neanche fosse uno spasimante ansioso di infilarsi tra le tue cosce!" commentò Zo "E non sono le uniche cosce in mezzo alle quali vorrebbe trovarsi..."
Leonardo strabuzzò gli occhi: "Eh?"
"Non mi piace come guarda tua sorella, le sue occhiate sembrano toglierle i vestiti di dosso." spiegò Zoroastro "Lei minimizza ma io sono preoccupato. Sarà meglio evitare che lui rimanga da solo con Beatrice." la vide arrivare al tavolo e cambiò argomento "Quindi Riario vuole che lavori con lui. Avrà mandato i suoi uomini a rubare i tuoi progetti."
"Probabile, anche se trovo assurdo tutto questo interesse. Insomma, so che sono eccellenti invenzioni, ma non ho ancora avuto modo di sperimentarle sul campo, molte non le ho ancora costruite." disse Leonardo "Come può volere cose di cui non conosce l'effettivo valore e la reale efficacia?"
Beatrice scosse la testa: "Ogni volta che ha parlato con me ho avuto una brutta sensazione Leo...il conte ha ottenuto molte informazioni sulle nostre vite, non mi piace. Sa che siamo figli illegittimi, sa del mio matrimonio mancato, dei tuoi studi non proprio legali, sa perfino quanto ti paga Lorenzo..."
"Vuole solo impressionarci secondo me..."
Zoroastro lo interruppe: "Mi ha chiamato figlio dei mori."
Leonardo si voltò verso Zo, preoccupato. In pochi conoscevano quell'orribile soprannome e il suo significato, Riario doveva aver scavato davvero a fondo per scovarlo. 
"E mi ha minacciato. Io non so cosa voglia effettivamente da noi, ma se ha scoperto cose che perfino noi abbiamo dimenticato, o che abbiamo cercato di dimenticare, deve volere qualcosa di molto importante." continuò Zoroastro.
Leonardo bevve un lungo sorso di birra, poi disse: "D'accordo. Non vuole impressionarci ma intimorirci. È chiaro, il conte è molto più pericoloso di quanto pensassi se ha fatto ricerche così approfondite su tutti noi. Stiamo in guardia e guardiamoci le spalle, Riario non è persona che si arrende davanti a un no."
Il fato però volle che Riario, a causa del suo ostinato rifiuto a trattare amichevolmente con i Medici, venisse congedato da Firenze con il consiglio di tornarci solo nel caso avesse intenzione di scendere a compromessi per trattare seriamente le questioni in sospeso.
Il conte non si allontanò molto dai territori fiorentini, e iniziò a lanciare macabri avvertimenti ai Medici, in ricordo della supremazia di Roma e per ottenere la resa di Firenze.
Lorenzo rimase scioccato quando gli fu riferito il massacro di uomini avvenuto nelle cave non lontane dalla città, e venne a sapere delle scorribande perpetuate dai suoi uomini.
Così decretò che a Riario e al suo seguito venisse interdetto l'accesso a Firenze previo permesso scritto e firmato dai Medici. Permesso che ovviamente non venne mai accordato, e la controversia peggiorò.
Lorenzo chiese a Leonardo di accelerare i tempi di perfezionamento e costruzione delle macchine da guerra, c'era il serio rischio di un attacco romano.
Il quale non ci fu, ma Firenze dovette comunque affrontare la guerra civile scatenata dai Pazzi.
E ora, dopo la congiura, Riario era tornato a Firenze, trionfante, e ciò non presagiva nulla di buono...

"Stiamo in guardia e guardiamoci le spalle." disse Leonardo mentre raccoglieva i progetti sparsi sulla scrivania.
"Come farete a proteggere le Vostre invenzioni Maestro? Lavorerà con Voi..."
"Ci penseremo Nico, per ora meglio far sparire i progetti con le ultime modifiche."
"Leo." intervenne Beatrice "Sei sicuro che Riario voglia solo le tue invenzioni?"
Suo fratello si fermò e la guardò: "Non credo sia interessato alle mie doti di pittore, anche se suo zio Sisto vuole costruire una nuova cappella in Vaticano..."
"C'è qualcosa che non mi convince. Ce lo siamo già chiesti, te lo ricordi? Forse è il residuo della mia agitazione per questi giorni infernali, ma è come se...non lo so Leo, io credo che Riario voglia qualcosa di più da te. Quel giorno nel mio laboratorio ha detto che la sua offerta va ben oltre le tue aspettative."
Zoroastro la guardò: "E cosa vuol dire? Cosa può volere di più da Leonardo?"
Beatrice fece spallucce e scosse la testa: "Non lo so. Nulla di lecito temo."
"Staremo attenti, questo è sicuro." disse Leonardo "Ma qualunque cosa voglia da me, beh, stai pur certa che non l'avrà. Comunque per oggi non possiamo fare granché, possiamo solo attendere le sue mosse e incassare il colpo, e poi reagire. Ho bisogno di bere amici, cerchiamo una taverna."

Per fortuna la rivoluzione di quei giorni non aveva devastato le taverne, le quali erano ben rifornite di vino e birra, per la gioia di Leonardo.
"Se ti ubriachi non ti porterò in spalla a casa, sappilo." gli disse Zoroastro.
"Oh non preoccuparti, al massimo mi porterà Nico, vero Nico?"
L'allievo annuì, ma non gli piaceva la prospettiva di trasportare il suo maestro a casa, dato che pesava il doppio di lui.
"Sei già ubriaco." commentò Beatrice.
"Penso che l'ebrezza sia necessaria per sopportare Riario." rispose Leonardo "Da sobrio sarebbe un'ardua impresa."
"Non puoi mica presentarti a palazzo ubriaco ogni giorno..." 
"Vuoi scommettere?" disse Leonardo agitando le braccia, e cadde dalla sedia.
Zoroastro e Beatrice scoppiarono a ridere, e compresero che era giunto il momento di portare a casa l'artista.
Nico li salutò davanti alla bottega ed andò a casa, Zoroastro e Beatrice portarono Leonardo in camera sua, lo sistemarono sul letto, ancora farneticava: "Shhh, dormi fratellone." disse lei.
"Riario è dappertutto a Firenze, ho diritto di ubriacarmi per assimilare la cosa..."
"Va bene, ma ora chiudi gli occhietti e fai silenzio." Bea gli sistemò le lenzuola, poi lei e Zoroastro uscirono in cortile.
"Quando beve così tanto dorme fino a mezzogiorno, lo conosco."
"I Medici comprenderanno." disse Beatrice "Credo che anche loro si stiano godendo una sbornia per riprendersi."
Zoroastro ridacchiò, e guardò Beatrice, rimasero in silenzio per un attimo, poi disse: "Noi due dobbiamo parlare principessa."




Angolo dell'autrice: 
Spero che questo capitolo ricco di flashback vi sia piaciuto, e che il corso degli eventi sia comprensibile. :)
Voglio ringraziare tutte voi che recensite, grazie, i vostri complimenti sono preziosi. ^^
Un abbraccio
VerdeIrlanda 

 













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Capitolo 5
*** Chiarire la situazione. ***



"Noi due dobbiamo parlare principessa."
Beatrice trattenne il respiro: "Di cosa?"
Zoroastro la guardò: "Di quello che è successo...di quel bacio a palazzo Medici..."
"Oh." disse Beatrice.
"Già." rispose Zoroastro.
Rimasero in silenzio qualche istante, poi lei alzò le spalle e disse: "D'accordo, parla."
Zo scosse la testa: "Tu dovresti iniziare, tu mi hai baciato."
"Ma sei tu che ne vuoi parlare."
"Sì ma tu mi hai baciato, la prima mossa l'hai fatta tu."
"Ma tu hai detto per primo di volerne parlare, perciò parla."
Di nuovo silenzio, di nuovo a guardarsi negli occhi, e poi scoppiarono a ridere.
Beatrice fece cenno a Zoroastro di seguirla nel suo laboratorio.
Una volta dentro si guardarono, Beatrice sorrise: "Non è normale che ci sia imbarazzo tra noi due."
"No, infatti." Zo ricambiò il sorriso "Abbiamo sempre parlato di tutto."
Bea annuì, solo che non sapeva cosa dire.
E si chiese se avesse senso perdersi a ragionare su qualcosa che non aveva avuto bisogno di parole, che era stato così instintivo.
Si avvicinò a Zoroastro, gli prese il viso tra le mani e mormorò: "In fondo, cosa c'è da dire?" e lo baciò. Lui sorrise nel ricambiare il suo bacio, infilò le dita nei suoi morbidi capelli castani.
Assaporarono a vicenda il gusto delle loro labbra, fino a che quel bacio iniziato con dolcezza non divenne appassionato e profondo.
Zo si staccò per un istante da lei, rimanendo con le labbra comunque molto vicine a quelle di lei: "Sai, è da quella notte, quella delle stelle cadenti...ho capito che eri speciale dal momento che hai stretto la mia mano mentre guardavi il cielo...sei entrata nella mia vita e ho capito che non ne saresti più uscita."
Beatrice sorrise e mormorò: "La notte delle stelle cadenti...ti ho sentito mio fin da quel momento, come se fossi la metà che mancava." ***
Si baciarono ancora e ancora, per un tempo che sembrava infinito ed immobile intorno a loro, non esisteva nient'altro se non loro due in quella stanza, c'erano solo i loro due corpi stretti in un tenero calore, le loro labbra unite in quel bacio, le loro lingue intrecciate in un gioco appassionato, le loro mani che ormai desideravano solo una cosa, esplorare il corpo l'una dell'altro.
In fondo al laboratorio di Beatrice c'era una nicchia rotonda abbastanza grande da contenere un letto, discretamente protetta da un paio di tende chiare, gentilmente Zoroastro iniziò a spingere Beatrice verso quel luogo, lei rise ma non disse nulla, si lasciò guidare.
Arrivati di fronte al materasso Zoroastro iniziò a slacciare con dita veloci, da scassinatore esperto quale era, i cordoncini del vestito blu di Beatrice, che scivolò a terra lasciandola con indosso solo una camicia bianca. La ragazza rabbrividì mentre lui la faceva sdraiare sul letto.
Zoroastro si tolse la giacca, la camicia, continuando a baciarla, iniziando ad accarezzare con le dita la pelle nuda delle sue cosce.
Quel tocco la fece arrossire, cominciò anche lei a coprire di piccoli baci le spalle e il petto di Zoroastro.
Lui sospirò al tocco di quelle labbra morbide, le baciò il collo, le mormorò all'orecchio "Sei così bella principessa..." con voce profonda, poi le afferrò i fianchi e la attirò a sé con una mossa rapida e decisa, lei sussultò poi scoppiò a ridere, lui continuò a far scorrere le sue labbra sulla pelle di lei e nel mentre, lentamente, iniziò a sciogliere i nastri della sua camiciola. A quel punto Beatrice rimase senza respiro, nessun uomo l'aveva mai vista nuda, Zo sarebbe stato il primo, quel pensiero era allo stesso tempo bellissimo e colmo di agitazione.
Gli prese il viso tra le mani per baciarlo ancora, questa volta più dolcemente, passando le dita tra i suoi riccioli neri. Lui le sorrise, ricambiò il suo bacio con delicatezza, comprendeva il suo nervosismo.
"Non sai da quanto avrei voluto farlo..." le mormorò mentre la baciava sulle labbra, ormai era arrivato a slacciare metà dei nastri della camiciola "Speravo che anche tu..."
Un rumore di passi veloci e pesanti sui ciottoli lo interruppe, sentirono delle voci provenire dal cortile.
"Che succede?" chiese Beatrice respirando profondamente, entrambi si misero a sedere sul letto, si guardarono interrogativi.
"Nulla di buono. Cazzo!" rispose Zoroastro molto infastidito per quell'interruzione, indossò la camicia e uscì dalla camera.
Bea si rimise il vestito e seguì velocemente Zo in cortile, nella bottega c'erano quattro soldati che indossavano la divisa e lo stemma di Roma, guidati dall'ormai noto Grünwald, 
Altri due uomini uscirono in quel momento dal laboratorio di Leonardo, lo avevano trascinato fuori dal letto, era ancora confuso per la sbornia ma abbastanza sveglio da capire che non era il caso di opporre resistenza. Guardò sua sorella e il suo amico, come a cercare una risposta a ciò che stava accadendo.
"Cosa volete fare?" protestò Zoroastro cercando di avvicinarsi a lui, ma un soldato estrasse la spada e lo fece arretrare.
"Sono ordini del conte Riario. Desidera parlare con l'artista Da Vinci." disse Grünwald.
"Riario non può aspettare che faccia giorno?" chiese Zoroastro guardando in direzione dell'amico.
"Chi ha tempo non aspetti tempo. Non lo avete mai sentito dire?" il conte Riario fece il suo ingresso nel cortile, camminò verso di loro.
Zoroastro serrò la mandibola per il nervosismo, Beatrice lo guardò preoccupata.
Riario guardò subito Leonardo: "Ho pensato che fosse giunto il momento di parlare a quattrocchi Da Vinci, solo Voi ed io."
Beatrice intervenne: "Conte, mio fratello ha bevuto molto stasera ed è piuttosto ubriaco, non credo che sia un buon momento per discutere di temi importanti."
Girolamo si voltò e mosse qualche passo verso di lei: "Sono sicuro che Vostro fratello ritroverà velocemente la lucidità data la situazione. Oppure potreste intrattenermi Voi mentre attendiamo che smaltisca la sbornia." lo sguardo del conte indugiò velocemente sulla sua scollatura, per poi tornare sui suoi occhi.
Zoroastro istintivamente si mise vicino a Bea, come a voler sbarrare la strada a Riario, e gli disse: "Statele lontano, è molto meglio per Voi." 
"Zo..." mormorò Beatrice.
"Altrimenti?" chiese il conte.
"Ve la vedrete con me." rispose Zoroastro sostenendo il suo sguardo.
"Vi consiglio di non fare o dire nulla che possa contrariarmi." gli sorrise gelido il conte "I miei soldati sono lesti con la spada, e non si fanno scrupoli a infilzare chi mi infastidisce. E Voi, come al solito, mi date molta noia."
"Oooh! Certo che siete coraggioso a nasconderVi dietro alle spade dei Vostri soldati. Cos'è, non riuscite a maneggiarne una da solo?" 
Riario fissò Zoroastro, nervoso: "State molto attento a ciò che farete uscire da quella boccaccia d'ora in poi."
Beatrice li guardò, la questione poteva finire molto male, e Zoroastro, disarmato e in minoranza, avrebbe avuto la peggio, nonostante la nobiltà del suo intento.
Gli afferrò il braccio: "Zo, per favore, non fare sciocchezze." gli disse.
"Ascoltatela Zoroastro, Beatrice è decisamente più saggia di Voi, fate il bravo."
Zo avrebbe voluto replicare, ma sentì la calda pressione delle dita di Bea sul braccio, decise di calmarsi e di non dire niente, per lei.
Leonardo, che aveva trovato un barlume di sobrietà, intervenne: "Non sarà necessario intrattenere nessuno. Venite conte, possiamo parlare qui dentro, staremo più tranquilli." gli fece segno di entrare.
Beatrice e Zoroastro guardarono il conte e l'artista sparire nel laboratorio. 


Leonardo tolse alcuni vestiti da una sedia, la indicò a Riario: "Volete accomodarVi?"
"Rimarrò in piedi, Vi ringrazio." rispose guardandosi attorno "Il Vostro laboratorio è singolare, ricco di confusione."
"Il mio disordine è funzionale alla mia creatività, diversamente da quello prodotto dai Vostri uomini mesi fa. A proposito, avete trovato ciò che cercavate? Non mancava nulla dopo la perquisizione."
Riario abbozzò un sorriso: "Non ho portato via nulla ma ho avuto molte risposte."
Leonardo sospirò: "Come Vi ha già detto Beatrice ho preso una bella sbronza stasera, se potessimo evitare i giochetti e passare subito al dunque Ve ne sarei grato."
"Molto bene. Non tergiverserò oltre." Riario si appoggiò al tavolo "I nostri trascorsi sono stati piuttosto turbolenti, me ne assumo parte della responsabilità, avrei potuto negoziare in modo migliore forse." Leonardo si lasciò scappare un rantolo di sufficienza "Io ho colto subito il Vostro potenziale, la Vostra genialità. Ho sentito parlare di Voi dalle mie spie qui a Firenze, mi hanno raccontato molti aneddoti interessanti, e ho capito che mi sareste stato utile un giorno."
Leonardo incrociò le braccia e chiese: "In che modo?"
"Voi siete l'ingegnere bellico dei Medici, dovete pensare a difendere la città, esattamente come ho promesso di fare io, quindi dovremo imparare a lavorare insieme. A breve mi illustrerete i Vostri progetti, e farò in modo di farne realizzare quelli che saranno meritevoli." rispose Riario.
"Mi avete disturbato nel cuore della notte per dirmi ciò che già sapevo, che dovrò lavorare con Voi? Perché io credo, signor conte, che Voi vogliate dell'altro da me." 
"Siete perspicace artista." Girolamo iniziò a camminare per la stanza "In effetti c'è dell'altro. Ho cercato inutilmente di dirvelo per settimane, ma non mi avete mai ascoltato. Il Vostro lavoro non si limiterà solo a costruire armi, Voi mi aiuterete in un altro modo , in verità sarà la nostra collaborazione principale, anche se ufficialmente saremo uniti nell'incarico di proteggere la città."
"Date già per scontato che lo farò."
"E lo farete, credetemi. Quando Vi avrò spiegato di cosa si tratta Voi mi seguirete senza opporVi e senza che debba costringerVi, sarete entusiasta di farlo." sorrise Riario.
"E cosa mi proponete di così irresistibile?"
Il conte si fermò: "Una grande missione Da Vinci, qualcosa che la Vostra mente non può nemmeno immaginare. Anni fa un uomo venne da me a propormi un affare che aveva dell'incredibile, e la mia fede mi ha guidato e ho capito di dover accettare. Io sono un uomo di Dio, servo la sua Chiesa e la sua missione, sotto qualunque forma mi si presenti.
Finalmente grazie a Voi potrò raggiungere l'obiettivo prefisso."
"Di cosa si tratta? Qualcosa dovete pur dirmela." disse Leonardo, confuso dal riferimento religioso.
"A tempo debito." ripeté Riario "Abbiate pazienza, non è ancora il momento per Voi di conoscere ogni dettaglio, purtroppo ci sono ancora delle tessere di un grande mosaico che non hanno trovato il loro posto. Ma presto potrò dirVi di più."
Leonardo allargò le braccia: "Immagino di non avere scelta se non aspettare. Ma sappiate conte che se questa misteriosa faccenda non mi piacerà non Vi aiuterò. Se si tratta di difendere Firenze ingoierò il rospo e lavorerò a stretto contatto con Voi, ma per il resto..."
"Lo farete, volente o nolente artista." rispose Riario.
"Non avete detto che non sarebbe stato necessario costringermi?" lo stuzzicò Leonardo.
Riario rise sommessamente, con freddezza: "Voglio che teniate bene a mente una cosa artista. Io non accetto mai un rifiuto, faccio qualunque cosa per trasformare un 'no' in un 'sì', non avete idea di cosa io possa fare per ottenere ciò che voglio, e di solito riesco nel mio intento."
"Di solito ci riuscite...E se qualcuno continua a rifiutare?"
"Chi si ostina a farlo muore annegato nella sua testardaggine." rispose Riario, e Leonardo si morse una guancia "ComportateVi bene Da Vinci e io Vi ricompenserò nel migliore dei modi possibili. MetteteVi contro di me e Vi giuro sul Padre Eterno che la pagherete cara con le vite e il dolore di chi amate. Tutto ciò che più amate potrebbe finire in una camera delle torture al Bargello, nelle mie fin troppo esperte mani di ex inquisitore."
Leonardo scosse la testa: "Siete un farabutto..."
"E riferite questo messaggio anche alla Vostra fin troppo irriverente combriccola." disse il conte "Non tollero chi si prende gioco di me e della mia autorità, è bene che lo sappiate."
"Lorenzo non Vi permetterà mai..." 
"Credete davvero che i Medici possano proteggerVi? Non sanno nemmeno proteggere la propria città!" rise sommessamente il conte.
Leonardo non poté fare a meno di pensare che Riario aveva ragione, nessuno avrebbe potuto aiutarli in caso di pericolo, pertanto si limitò ad annuire.
Capì anche che la visita del conte non serviva solo a dargli vaghe istruzioni, serviva ad intimorirla e a far capire che lui stringeva lo scettro del comando in questa situazione.


Nico arrivò alla bottega che stava albeggiando, come al solito doveva accompagnare il suo maestro al mercato la mattina molto presto per trovare i crostacei e i pesci migliori da studiare, e rimase esterrefatto nel vedere i soldati.
"Che succede?" chiese.
"Riario è venuto a parlare con Leonardo." disse Zoroastro.
Pochi minuti dopo il conte e l'artista uscirono dal laboratorio, avanzarono nel cortile.
"Molto bene Da Vinci. Ci vedremo a palazzo Medici molto presto." 
"Non mancherò." rispose Leonardo.
"Signori, vi auguro una buona giornata." sorrise compiaciuto e si allontanò seguito dai suoi uomini.
"Va tutto bene Leo?" chiese Beatrice avvicinandosi al fratello.
"È stato solo un incontro chiarificatore." rispose lui mettendole un braccio attorno alle spalle per tranquillizzarla.
Zoroastro si alzò dalla panca su cui era seduto: "Cosa ti ha detto?"
"Ha ribadito che dovremo collaborare per difendere la città, che dovrò mettergli a disposizione il mio genio, le mie invenzioni, il mio rispetto."
"Rispetto? Seriamente?" chiese Zoroastro.
Leo annuì: "Mi ha minacciato apertamente, o con lui o contro di lui. E se scegliamo la seconda opzione farà del male a tutti noi. Non abbiamo molta scelta al momento..." disse rassegnato "E poi ha fatto un discorso strano, ha detto che la nostra collaborazione potrebbe andare ben oltre la difesa di Firenze..."
"Lo dicevo che era un sodomita." commentò Zo, strappando una risata all'amico.
"No, non credo di essere il suo tipo. Non so cosa voglia, ha detto che non era il momento giusto per parlarne, che mancano alcuni elementi. È una missione che per lui ha del divino, ma chissà a cosa si riferisce. Ha solo detto che un giorno me ne avrebbe parlato. È strano, non riesco a capire cosa stia macchinando, non capisco il suo vero intento."
Zoroastro incrociò le braccia: "Il suo intento alla fine è sempre lo stesso, conquistare Firenze. Forse è convinto che sia un ordine del suo Dio."
"Lo avrebbe già potuto fare sostenendo i Pazzi nella congiura." disse Leonardo.
"No, non avrebbe potuto. Il nipote del Papa che sostiene una rivoluzione? Gli altri governanti della penisola lo avrebbero bollato, Riario avrebbe perso rispetto e credibilità." rispose Beatrice.
"Allora cercherà adesso di conquistare Firenze dall'interno." decretò Leonardo.
Beatrice scosse la testa: "Sa benissimo di non poterlo fare nemmeno in questo modo. Ha promesso ai Medici di proteggere Firenze, se li tradisse adesso che lo hanno accolto in casa loro metterebbe a rischio la sua reputazione e quella di Roma, nessuno si alleerebbe più con loro dopo un simile precedente. E poi se Riario avesse voluto conquistare Firenze lo avrebbe fatto con una classica guerra mesi fa, sapeva di poterla vincere facilmente."
"Come facilmente?" chiese Zo.
"Roma dispone di molti più uomini armati rispetto Firenze, a livello militare sono superiori."
"Ehm, dimentichi le mie macchine da guerra..." disse Leonardo.
"Le quali sono esistono solo sulla carta, se escludiamo una decina di spingarde e una manciata di granate." fece notare Beatrice "Senza offesa Leonardo, ma non sarebbero bastate se Riario ci avesse attaccato mesi, saremmo capitolati in breve tempo."
"Allora perché non ci ha attaccati subito?" chiese Zoroastro.
"Riario è un fine stratega militare, il suo modo di agire è legato a ciò che vuole, al suo obiettivo." disse Beatrice "Ciò che lui voleva era poter tornare a Firenze dopo che Lorenzo lo aveva cacciato."
"E siamo al punto di partenza." commentò Leonardo.
"Già. E intanto gli uomini di Riario si muovono liberamente per le strade di Firenze senza che nessuno gli impedisca di disturbare i cittadini." disse Zoroastro.
Beatrice improvvisamente spalancò gli occhi: "Ma certo! Ciò che vuole Riario è Firenze."
"E su questo avevano già discusso, no?" disse Zo.
"No, non Firenze in quel senso, nell'altro senso." disse Beatrice gesticolando "Firenze non come la città dei Medici, ma la città nel suo dettaglio."
"D'accordo, stai iniziando a fare ragionamenti criptici e veloci come tuo fratello, mi devo preoccupare?" chiese Zoroastro.
"Intendo dire che a Riario era stato interdetto l'accesso a Firenze, adesso, dovendo proteggere la città, può muoversi liberamente al suo interno senza che nessuno glielo impedisca, o che si insospettisca se si trova in un determinato posto. È questo che vuole, poter avere accesso ad ogni anfratto della città." spiegò Beatrice. 
Leonardo ascoltò il discorso della sorella, poi disse: "E questo perché, probabilmente, è in cerca di qualcosa."
"Precisamente." disse Beatrice "Ecco perché non avrebbe avuto senso una guerra che avrebbe potuto distruggere la città, lui vuole preservarla poiché custodisce qualcosa."
Zoroastro la guardò attentamente: "Sai che questo tuo fare leonardesco ha smesso di agitarmi e sta iniziando ad eccitarmi? È normale secondo te?"
Beatrice sbuffò e ridacchiò, gli diede una spintarella.
"Quindi il mio aiuto gli servirà per trovare questo qualcosa." commentò Leonardo.
"E cosa sta cercando il conte Riario tra i vicoli di Firenze?" chiese Nico guardando il suo Maestro.
Nessuno però conosceva la risposta a questa domanda.



Angolo dell'autrice:

*** Questa è una citazione presa dalla mia precedente storia "Siamo figli della terra e del cielo stellato" So che mi perdonerete la ripetizione, quella notte è pur sempre l'inizio di tutto per Bea e Zo, non potevo non autocitarmi. ^^ 

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Capitolo 6
*** Vivere le persone che amiamo. ***




Beatrice fu svegliata dalle campane che annunciavano il mezzogiorno.
Si stropicciò gli occhi e si mise a sedere sul letto, poi si accorse che non era il suo letto, ma quello di Leonardo, e che indossava ancora i vestiti della sera prima. E ricordò quello che era successo quella notte, Riario era venuto alla bottega, aveva parlato con Leonardo, lo aveva minacciato, era andato via che ormai era mattina.
Lei, suo fratello, Nico e Zoroastro, nel laboratorio di Leonardo, avevano discusso un paio d'ore sul da farsi, senza però grandi risultati.
E poi lei si era sdraiata sul letto, per riposare, e doveva essersi appisolata.
Guardò in basso, aveva un lenzuolo sulle gambe, l'avevano coperta quando si era addormentata. Sorrise, probabilmente era stato Zoroastro, sempre premuroso anche con piccoli gesti.
Nella stanza non c'era nessuno, si chiese dove fossero andati gli altri, se avessero riposato almeno un poco.
Si alzò e uscì, in cortile c'erano Verrocchio e cinque giovani allievi che stavano ultimando dei lavori su tela, appena la vide le chiese: "Bea, buongiorno, ma eri ancora a dormire? Di solito sei molto mattiniera."
"Sì, ehm, questa notte è stata piuttosto movimentata. Per caso hai visto Leonardo?" 
Andrea scosse la testa: "No, credo sia uscito prima che io iniziassi la lezione."
Beatrice annuì e andò nella sua stanza, si tolse gli abiti e si lavò e profumò con un sapone al'iris, quella calda fragranza riusciva sempre a rilassarla. 
Prese da un baule un vestito verde chiaro con bordi e cinturino dorati e lo indossò, e mentre stringeva i nastri del corpetto ripensò istintivamente a Zoroastro che li slacciava.
Ieri notte, lei e Zoroastro, insieme, sul suo letto, prima che l'intrusione di Riario li interrompesse. Non si era mai sentita così in vita sua, non aveva mai provato sensazioni così belle e intense. Adesso avremo molto altro di cui parlare, pensò Beatrice sorridendo.
Verrocchio bussò sullo stipite della porta: "Sei presentabile bambina? C'è una persona che vuole vederti."
"Chi mi cerca?" chiese Beatrice.
Andrea entrò nella stanza seguito da una ragazza magra dal naso aquilino e con lunghi capelli biondo scuro.
"Dice di chiamarsi Lucilla e di lavorare per i Medici."
Beatrice sorrise: "Conosco Lucilla, è una cameriera di madonna Clarice." 
La giovane le fece un piccolo inchino: "Perdonate il disturbo signorina Da Vinci, madonna Orsini chiede di Voi, è piuttosto urgente." disse "Dovreste venire con me."
Beatrice si infilò gli stivaletti: "Certo, andiamo."
Beatrice salutò Verrocchio e seguì Lucilla fuori dalla bottega, si incamminarono verso il palazzo.
"Lucilla, come mai è desiderata la mia presenza? La signora non sta bene?"
"Non lo so signorina, non ha voluto dirmi la natura della sua richiesta." rispose la bionda "Ha solo detto che dovevamo muoverci in fretta." 
Beatrice la seguì, non parlarono molto durante il tragitto.
Poi a un certo punto Lucilla prese una strada diversa da quella che Beatrice percorreva di solito.
"Dovremmo andare a destra..." fece notare lei.
"La signora non Vi attende a palazzo, perdonate la mia bugia. Preferisce un luogo più appartato."
Beatrice non comprendeva il perché di tanta riservatezza, poi pensò che Riario viveva a palazzo, in fondo Clarice aveva i suoi buoni motivi per volersi allontanare.
Ormai avevano attraversato l'Arno, stavano salendo verso la chiesa di San Miniato al monte.
Chiunque sia stato a Firenze ha sicuramente percorso quella salita ripida per recarsi alla chiesa, e ricorda certamente la fatica, le gambe dolenti e il fiato bruciante.
Incrociarono la strada con alcuni monaci olivetani, dell'ordine benedettino, facilmente riconoscibili dal loro abito, una tonaca con cappuccio, cintura, e mantello bianchi, il colore della Vergine Maria, probabilmente stavano tornando al loro monastero in cima alla salita, si scambiarono un cenno di saluto col capo.
"Dove si trova questo luogo più appartato?" chiese Beatrice fermandosi per riposare, la cameriera aveva smesso di percorrere la salita e si era infilato in una strada più piana sulla sinistra.
"Qui signorina Da Vinci." Lucilla indicò un edificio dai muri gialli in fondo alla strada.
"Che posto è questo?"
"Una delle tante proprietà dei Medici." rispose lei "Venite, ci aspettano."
Beatrice respirò profondamente, la salita le aveva tagliato il fiato, e seguì la ragazza.
Arrivati all'entrata Beatrice notò lo stemma mediceo sopra la porta, Lucilla la fece entrare, non c'erano guardie, il luogo era molto silenzioso, e a giudicare dalla polvere sulle cornici dei quadri e dalle tende rovinate non ci veniva nessuno da mesi.
La bionda la condusse al piano di sopra, la fece entrare in una camera, era un piccolo salotto luminoso, probabilmente l'unica stanza ad essere stata pulita visto quanto era ordinata.
"Attendete qui signorina, vado a riferire a madonna Orsini che siete arrivata." le disse sorridendo con le labbra, ma Beatrice notò che i suoi occhi blu non facevano altrettanto. Ad ogni modo Lucilla la lasciò sola.
Dopo pochi minuti la porta si aprì, e Clarice entrò nella stanza: "Beatrice, grazie di essere venuta. Perdonate il luogo così scomodo da raggiungere, ma non mi fidavo ad affrontare certi argomenti a palazzo."
"Temete le spie di Riario." commentò Beatrice.
"Ne ha sicuramente, forse ha addirittura pagato i nostri servitori per avere informazioni, ormai mi circondo solo di persone molto fidate, come Voi." le sorrise "Sediamoci, devo parlarVi."
Beatrice si accomodò accanto a lei sul divano, le chiese il motivo della sua presenza, e Clarice non si perse in chiacchiere.
"Sono incinta Beatrice." decretò.
La ragazza spalancò gli occhi, le rivolse un sorriso luminoso: "Ne sono lieta Clarice! Di quanto?"
"Due mesi direi. Ma non intendo divulgare questa notizia fino a che non sarà necessario. Come sapete ho già abortito spontaneamente diverse volte, inoltre in questo momento potrebbe essere pericoloso rivelare a troppe persone che i Medici aspettano un erede, magari un maschietto." spiegò Clarice "Vi chiedo di tenere per Voi questa notizia. E di essere il mio dottore."
Beatrice le prese una mano: "Sarò onorata e felice di aiutarVi Clarice. Lorenzo ne è entusiasta immagino."
"Ancora non glielo ho detto, voglio aspettare, potrei perdere anche questo bambino." rispose con tristezza, si accarezzò il grembo.
Beatrice sapeva quanto fosse difficile per Clarice affrontare una gravidanza, aveva avuto tre bellissime figlie ma allo stesso tempo aveva dato alla luce due gemelli che erano morti subito dopo il parto e ai quali non avevano nemmeno dato un nome, altri bambini erano morti nel suo grembo, e pochi anni prima aveva perso un'altra figlia, la contessina Beatrice, deceduta lo stesso anno in cui era nata.
Bea pensava che forse era proprio per questa omonimia che negli anni Clarice si era tanto affezionata a lei.
"Faremo di tutto perché questa volta vada tutto bene Clarice, staremo attente." le sorrise, e Clarice le diede un rapido abbraccio.
"Fingerò di avere una febbre debilitante, così potrò giustificare la mia mancata presenza alle riunioni e le Vostre visite per curarmi. Limiterò l'accesso ai miei appartamenti solo a Voi, Vostro padre e la mia cameriera più fidata, Lucilla, e ovviamente a mio marito." disse Clarice "E quando sarò sicura che questo bambino possa nascere lo dirò a Lorenzo, e con lui decideremo cosa fare." 
Beatrice annuì, le sembrava un buon piano.
Sorrise di nuovo, perché quel bambino le sembrava un segno di speranza, una cosa incredibilmente bella in un momento tanto buio.


Leonardo vide ritornare Zoroastro: "Allora, cosa si bisbiglia nel sottobosco fiorentino?" chiese.
"Quel poco che ho scoperto non è rassicurante." disse Zo sedendosi sui gradini della chiesa dove lo stavano aspettando Leonardo e Nico.
Leo lo aveva inviato ad indagare su cosa stesse combinando Riario in città, su dove si fossero recati i suoi soldati, e Zo aveva parlato con gli abitanti di quello lui che definiva "il sottobosco", ovvero il mondo dei barboni, delle puttane, dei giocatori d'azzardo e dei criminali di bassa lega, tutti dotati di occhi attenti ed indiscreti capaci di carpire i movimenti insoliti all'interno della città.
"Ho parlato con il Monco."
"Il Monco?" chiese Nico stupito da quel nome.
"Gestisce una bisca clandestina, gli hanno tagliato una mano durante una rissa da ragazzo." gli spiegò Zoroastro "Dice che i soldati di Riario stanno perlustrando ogni cripta, sia quelle sotto le chiese che quelle nei cimiteri. E poi ho parlato con il Guardiano dell'Arno..."
Nico strabuzzò gli occhi: "Chi?"
"È un barbone, dorme sotto i ponti, per una moneta fa la guardia alle barche ormeggiate." sbuffò Zoroastro "Mi ha detto che ha sentito le chiacchiere di altri senzatetto, pare che alcuni soldati abbiano più volte controllato i vicoli e i portici dove di solito si recano a dormire, hanno svegliato ogni barbone per guardarlo in faccia. E infine ho avuto altre informazioni da Ragnetto..."
"Che razza di nome è Ragnetto?" chiese Nico
"Ma ti devi stupire per ogni fottuto nome?" Zoroastro allargò le braccia "È un ragazzo mingherlino con le braccia lunghe, un ladruncolo. Comunque, a fine giornata preferisce allontanarsi da Firenze, dorme in periferia per evitare di essere trovato dalle guardie cittadine, e ha detto che l'altra notte ha dormito vicino alle rovine romane, e si è spaventato, ha visto numerose luci traballanti credeva fossero dei fantasmi. Erano gli uomini di Riario."
Leonardo rifletté, poi disse:  "Direi che è evidente che stanno cercando qualcuno, una persona che si sta nascondendo, e deve essere qualcuno di importante se stanno setacciando così a fondo la città e i suoi dintorni. C'è altro?"
"Sì, le puttane lamentano il fatto che i soldati si facciano fare lavoretti particolari senza pagare." rispose Zoroastro.
Leonardo lo guardò e rise: "Informazione fondamentale!" poi tornò serio, iniziò a tamburellare le dita sulla gamba "Chi mai starà cercando?"
"Come sai ufficialmente stanno cercando i traditori scampati alla cattura, in realtà chi può dirlo." disse Zoroastro "Hai detto che Riario ti ha parlato di un uomo venuto da lui tempo fa, quello che gli ha parlato di questa missione divina, e ha aggiunto che per poterla realizzare mancano degli elementi...le ricerche avranno a che fare con questo, forse l'elemento che manca è una persona."
"Lo penso anch'io." rispose Leonardo "Tra poco devo essere a palazzo Medici. Cercherò di carpire qualche informazione a Riario, forse riesco a farlo sbilanciare. Voglio anticipare le sue mosse per quanto mi sarà possibile. Nico, tu vieni con me, mentre camminiamo ti farò una breve lezione di greco."
Leonardo e Nico salutarono Zoroastro, il quale decise di recarsi alla bottega del Verrocchio.
Sperava di trovarvi Beatrice, erano stati bruscamente interrotti la sera prima, avevano decisamente molto di cui parlare adesso, pensò sorridendo.


Beatrice e Clarice sorseggiarono una tisana fredda nel salottino, avevano finito da poco  di pianificare le visite mediche per la gravidanza della Orsini.
"E Voi Beatrice? Come state?" chiese a un certo punto la donna "Vedo che Vi siete ripresa dall'aggressione..."
"L'ho superata." le sorrise "Il taglio al braccio non mi duole e credo di essere scesa a patti con la mia coscienza su quello che ho dovuto fare."
"E con il Vostro amico Zoroastro? Ho visto che si è preso molta cura di Voi a palazzo." 
Beatrice arrossì: "Oh, con Zo tutto bene." 
"Mi sono sempre chiesta perché Vi chiami principessa. È molto dolce come nomignolo." ridacchiò Clarice.  
Bea le raccontò come Zoroastro aveva iniziato a chiamarla così. 
Anni prima Zoroastro le aveva preso la mano e aveva dichiarato di volerla leggere.
Bea aveva riso: "Sì certo, e cosa vedi nel mio futuro?"
Zo aveva osservato a lungo la mano e poi aveva sentenziato: "Vedo un principe."
"Ah ah ah, divertente, un principe niente meno."
"Non mi credi? È scritto nelle linee della tua mano!" Zo aveva continuato "Un giorno non lontano verrà a Firenze un principe, si innamorerà di te e ti porterà via, in un regno lontano, in Oriente, e vivrai con lui in un palazzo di cristallo e giada."
Beatrice si era finta stupita: "Davvero?? Un palazzo di giada? E quando arriva questo principe?"
"Non lo so il giorno preciso. Ma succederà." le aveva fatto l'occhiolino "E io quel giorno sarò molto triste principessa." Da allora spesso la chiamava così, e ogni volta che lo faceva lei sentiva una piacevole sensazione di calore dietro alla nuca. ***
"Una storia molto simpatica." sorrise Clarice "Siete molto legati vero? Vi ho osservati in questi mesi in cui eravate a palazzo, ho notato una certa complicità."
"Ci conosciamo da quando eravamo bambini. Siamo cresciuti insieme, credo che lui mi conosca meglio di chiunque altro."
"E Vi ama."
Beatrice spalancò gli occhi: "Come?"
"Suvvia Beatrice, sono più grande di Voi, certe cose non mi sfuggono. È evidente che siete innamorati l'uno dell'altra." rispose Clarice "Non vi siete ancora dichiarati?"
Beatrice esitò, poi disse: "In realtà...ecco...ci siamo detti alcune cose. Ma non abbiamo affrontato davvero l'argomento."
"E vi siete mai...baciati?" chiese Clarice con tono malizioso.
Bea arrossì: "Sì, è successo."
"E come è stato?"
"Stupendo!" rise Beatruce, le sue guance divennero rosse come fragole.
La Orsini rise a sua volta, poi la guardò materna: "Non intendo indagare oltre sull'intimità del Vostro rapporto, ma permettetemi di darVi un consiglio Beatruce. Non abbiate paura di amare. Bisogna viverle le persone che si amano, con tutta la dolcezza, la passione e l'intensità possibili. Voi siete abbastanza coraggiosa da farlo Beatrice, quindi fatelo, dite a Zoroastro che lo amate, e dimostrateglielo ogni giorno. E sono certa che lui farà lo stesso."
Bea le sorrise, era decisamente il consiglio più bello che qualcuno potesse darle.

Riario era nei suoi appartamenti, insieme a lui c'erano Lupo Mercuri e Grünwald.
"Ancora niente?" chiese "Firenze è davvero così immensa?" era spazientito.
"Abbiamo controllato molti luoghi, ma ne mancano altrettanti." rispose Grünwald.
Lupo intervenne: "Vi ricordo che la persona che state cercando è scaltra, sa come nascondersi se non vuole essere trovata."
"Allora ragioneremo allo stesso modo. Se volessimo nasconderci dove andremmo?" disse Riario "Entrate nella sua testa, Voi Lupo dovreste poterlo fare. Eravate amici un tempo dopotutto." 
Mercuri annuì, c'era stato un tempo in cui era stato un uomo diverso. Ma quei tempi erano finiti: "Lo farò signore."
Riario congedò Grünwald, e vedendo Lupo seguirlo lo fermò: "Voi restate, devo parlarVi."
Una volta rimasto solo con Mercuri gli disse: "Prima che la cospirazione del Pazzi avesse inizio Vi avevo affidato un incarico, rammentate?"
"Certo signore..."
"Vi avevo ordinato di trovare un uomo fidato che facesse una cosa, una semplice cosa. Volete ripetermi quale?"
Mercuri deglutì: "Portare Beatrice Da Vinci da Voi. E l'ho fatto Girolamo, avevo incaricato padre Federico di convincerla con l'inganno ad andare con lui."
"Solo che non ha agito con questo proposito. Pensate che abbia frainteso il Vostro piano?"
Mercuri annuì: "Forse..."
"Perché sapete, ho elargito molti denari ai servi dei Medici, e a quanto raccontano il sacerdote si è immediatamente scagliato contro Beatrice definendola una strega, una diabolica puttana da eliminare. Non le ha mai detto di seguirla facendole credere che suo fratello fosse ad una delle porte minori del palazzo, non l'ha mai condotta lì e costretta a salire su un carro pronto a portarla da me. Federico ha aggredito la ragazza, ha cercato di ucciderla, e lei si è difesa molto bene." spiegò Girolamo.
Mercuri impallidì, il conte aveva intuito: "Io non so cosa dire Girolamo. Forse padre Federico non era la persona più adatta per questo ruolo. L'ho scelto perché era un uomo devoto al Papa, ed era cappellano del palazzo, e nessuno avrebbe sospettato della sua presenza lì."
"E Voi quanto siete devoto Lupo?" chiese Riario guardandolo con occhi glaciali "So che non sempre condividete le mie posizioni, è legittimo. E conosco la Vostra opinione sulla ragazza Da Vinci, opinione ben espressa dal compianto padre Federico prima di morire." la voce di Girolamo divenne un sibilo furioso "Ho capito quanto è successo Lupo, e questa volta non farò nulla in nome dell'amicizia e della stima che ci lega da tempo. Ma Vi giuro, provate di nuovo ad agire contro di me e io Vi ucciderò, e credetemi, quel giorno sarà il più doloroso della Vostra vita."


La bottega del Verrocchio era stranamente silenziosa, non c'erano né lui né i soliti allievi. Zoroastro pensò che probabilmente Andrea li aveva portati all'aperto per dipingere il  panorama.
Arrivò al laboratorio di Beatrice, bussò e la chiamò, nessuno rispose. Entrò comunque, per lui era consuetudine aspettarla nella sua stanza.
Prese un libro da uno degli scaffali, era un erbario, iniziò a sfogliarlo, a margine delle pagine c'erano delle note scritte da Beatrice, era sempre così meticolosa.
Sorrise e accarezzò col dito le lettere scritte da lei.
"Ehi."
La voce di Beatrice lo fece girare, sorrise e mise a posto il libro: "Ehi. Dov'eri?"
Lei si avvicinò a Zo, gli disse: "Da Clarice, aveva bisogno di un consiglio medico. E voi, dove siete stati stamattina?"
Si sedettero su una cassapanca e Zoroastro la informò su quanto avevano scoperto.
Beatrice commentò: "Questa faccenda si fa sempre più strana. Mi chiedo chi sia la persona che Riario stia cercando."
"Visto il temperamento del conte non lo invidio chiunque lui, o lei, sia. Tuo fratello cercherà di carpire qualche indizio da Riario." disse Zo.
"Ma Riario è astuto, non si lascerà sfuggire nulla di importante." commentò Beatrice "Temo che non ci resti che aspettare la sua prossima mossa."
Rimasero in silenzio per un attimo, poi Beatrice disse: "Dovrei cercare alcune erbe nei campi, ti va di accompagnarmi?" si alzò e fece per prendere la sua borsa.
Ma Zo si mise in piedi a sua volta e la fermò afferrandole con delicatezza un braccio: "No, aspetta."
Beatrice si voltò, lo guardò. Zoroastro la attirò a sé e la baciò.
Lei si lasciò abbracciare e ricambiò il suo bacio, non ci fu un intermezzo delicato questa volta, i loro baci furono subito appassionati e profondi, come la prima volta a palazzo Medici.
Le mani di Zoroastro le slacciarono l'abito, con un tocco fermo lo fecero scivolare per terra, e le sue labbra iniziarono ad esplorare il corpo di lei.
A Beatrice tremavano le gambe, passò le dita tra i capelli di Zo, lo aiutò a togliersi i vestiti, e rimasero nudi, l'uno di fronte all'altra.
In un attimo erano sdraiati sul letto, si baciarono, si accarezzarono, di nuovo il tempo sembrava essersi fermato e c'erano solo loro su quelle lenzuola, la pelle rosata di Beatrice sul corpo abbronzato di Zoroastro, gli occhi neri di lui persi in quelli verdi di lei, i loro respiri caldi e i loro gemiti crescenti.
Zo le prese i fianchi, e Beatrice mormorò: "Farà male?"
"Solo un po'." le rispose all'orecchio, baciandole una guancia "Ma sarà solo per un attimo, poi sarà bellissimo, te lo prometto."
Entrò in lei, stringendola, Beatrice sussultò, si aggrappò alla sua schiena, le scese una piccola lacrima per l'inaspettato dolore, respirò a fondo, Zoroastro le baciò quella piccola scia salata, continuando a muoversi in lei.
Poi, come lui le aveva promesso, il dolore sparì, e Beatrice sentì solo onde di piacere pervadere tutto il suo corpo.
Inarcò leggermente la schiena nel momento più intenso, lo baciò e gli morse il labbro allo stesso tempo, Zoroastro le sorrise, divertito da quella reazione, e si concesse di raggiungere lui stesso il piacere.
Rimasero sdraiati, ansimando, abbracciati, occhi negli occhi, senza parlare.
Beatrice poi mosse le labbra, aveva parlato ma non aveva emesso un suono, gli sorrise.
Zoroastro ridacchiò, mosse anche lui le labbra allo stesso modo, poi la baciò.
Ti amo, si erano detti, e solo loro due, così vicini, avevano potuto udire e comprendere quelle parole senza suono.






Angolo dell'autrice:

*** Ennesima auto citazione da "Siamo figli della terra e del cielo stellato*. Chiedi venia, ma anche questa volta ci stava bene! xD 
Grazie a tutte voi che recensite, è bello vedere che il proprio lavoro viene apprezzato. :) 
Un abbraccio!
VerdeIrlanda 



 





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Capitolo 7
*** Leda. ***




Conosceva Firenze, la conosceva molto bene, per questo aveva preso una scorciatoia per arrivare a casa dei fratelli Da Vinci.
Le strade della città non avevano segreti, aveva vissuto lì molti anni prima, era stata la sua casa. Poi tutto era cambiato, tutto era diventato un intricato groviglio di eventi.
Nessuno si era aspettato il tradimento di Lupo Mercuri, era stata una doccia fredda quando glielo dissero.
"No! Lupo non lo farebbe mai!" aveva sbraitato.
E invece quella notizia era vera, Mercuri si era fatto irretire da quel Papa, Sisto IV, era rimasto abbagliato dalle spire luccicanti di quel viscido serpente.
La famiglia Mercuri era cristiana, devota, ma non aveva mai avuto atteggiamenti fanatici.
Ma forse la colpa non era solo di Lupo, pensò. Avevano spinto loro l'uomo ad accettare l'incarico di responsabile degli archivi vaticani, loro lo avevano mandato lì confidando nella sua lealtà, e così lui aveva conosciuto Sisto, e tutto era precipitato. 
Scosse la testa per scacciare i ricordi di quei giorni terribili in cui il tradimento di Lupo si era realizzato contro di loro, si guardò attorno, ricominciò a camminare nervosamente per le strade di Firenze.
Arrivò di fronte a palazzo Medici, era ancora bellissimo, lo ricordava leggermente diverso ma in fondo erano passati tanti anni. Aveva varcato quella soglia, aveva incontrato Cosimo de Medici un paio di volte, aveva conservato un bel ricordo di quell'uomo sorridente e così ricco di coraggio.
Percepì un movimento dall'altra parte della piazza e voltò la testa, erano i luridi mercenari di Riario. Cercano me, pensò, sono giorni che perlustrano la città e i luoghi in cui andavo più volentieri, è sicuramente stato Mercuri ad informarli su dove cercarmi.
Serrò la mascella per la rabbia, lanciò un rapido sguardo intorno a sé, doveva lasciare il lato destro della piazza e portarsi dall'altra parte dove loro avevano già guardato, ormai era il suo modus operandi quando vedeva arrivare i mercenari, così si allontanò perdendosi tra la folla, avrebbe circumnavigato la piazza passando per i vicoli per arrivare sul lato sinistro, da lì avrebbe proseguito verso la bottega del Verrocchio.
Nascondersi, allontanarsi, trovare nuovi sotterfugi per passare inosservati. Questo erano costretti a fare da quando Lupo aveva tradito. 
Camminò silenziosamente passando dietro le bancarelle di frutta e verdura e si infilò in una stradina stretta, da lì scivolò velocemente in una via, per poi risalire lungo un vicolo. Sbucò da lì nuovamente nella piazza, i mercenari erano lontani, ma da dietro a un palazzo ne sbucarono altri. Dannazione, è come se avessero sentito il mio odore, pensò la donna. Se l'avessero fermata non avrebbero avuto dubbi sulla sua identità, in caso di perquisizione non avrebbe potuto celare ciò che la rendeva riconoscibile. 
Non poté far altro che abbandonare il percorso che aveva progettato, vide un gruppo di pellegrini e si confuse tra di loro per poi andare ad infilarsi tra le vie del mercato.
Ci avrebbe messo più tempo per arrivare alla bottega, la cosa la fece arrabbiare, ma non poteva rischiare di essere catturata. Era anche per questo che aveva tardato ad avvicinarlo e parlargli, ma ora era giunto il momento di agire.
Si strinse nel suo mantello grigio e proseguì il suo cammino.


Leonardo attese che un nervoso Dragonetti lasciasse il laboratorio che Lorenzo gli aveva messo a disposizione a palazzo Medici. Il capitano non era felice delle nuove disposizioni dare da Riario, ma d'altronde non aveva scelta, doveva accettarle.
Una volta rimasti soli Leonardo decise che non poteva perdersi nel tergiversare subdolamente, così chiese: "Mi parlerete mai di questa missione misteriosa?"
Riario sorrise: "Vi credevo più paziente artista."
"Io paziente? Dovete avermi confuso con un altro, Botticelli forse!" sbuffò "Se volete il mio aiuto dovrete conquistare il mio entusiasmo. Prima o poi mi dovrete raccontare qualcosa!"
Girolamo lo guardò: "Entusiasmo?"
"Se saprete rapire la mia curiosità sarà più facile per me aiutarVi conte." 
Riario sorrise, forse non era una cattiva idea. In fondo prima o poi avrebbero ottenuto ciò che volevano, ogni tassello del mosaico avrebbe trovato posto, tanto valeva anticipare qualcosa a Da Vinci e stuzzicare la sua mente.
"Molto bene artista." disse "PreparateVi ad ascoltare una storia che va ben oltre la Vostra immaginazione fervida e illimitata."
Leonardo si appoggiò al tavolo, incrociò le braccia: "Sono tutto orecchi."
"Molti anni fa Lupo Mercuri venne nominato responsabile degli archivi segreti del Vaticano, venne scelto per la sua preparazione eccellente e la sua fede leale. Mio zio il Santo Padre lo prese sotto la sua ala protettiva, lo stimava per il suo amore per la conoscenza e la sua capacità di celarla per riservarla solo ad occhi meritevoli." spiegò Riario.
"Ovvero solo i propri occhi di pontefice." commentò sarcastico Leonardo.
Riario lo ignorò e continuò: "Diversi anni dopo Mercuri rivelò al Papa un incredibile segreto, gli raccontò una storia a cui era difficile credere, ma che era assolutamente vera.
Avete mai sentito parlare del Libro delle Lamine?"
Leonardo scoppiò a ridere: "Quella leggenda? Sì, certo, molti studiosi si sono imbattuti nella favola del Libro che contiene tutta la conoscenza del mondo..."
"Non è una favola. È reale." disse Riario.
Da Vinci lo guardò sconvolto: "Non potete davvero credere a questa panzana! È una storiella raccontata per abbagliare i cercatori di tesori!"
Riario scosse la testa: "Credevo che la Vostra mente fosse più aperta, senza limiti! Immaginate macchine che volano eppure non credete che esista il Libro delle Lamine."
Leonardo si grattò la barba: "Io posso costruire una macchina che vola, posso toccarla, appurare che esista. Il Vostro Libro invece..."
"Mercuri lo ha visto Da Vinci, lo ha potuto vedere da bambino prima che i Figli di Mitra lo nascondessero in un luogo lontano affinché nessuno lo trovasse."
"Figli di Mitra?" chiese Leonardo.
"Sono un'antica congregazione, dedita a pratiche malvagie. La famiglia di Mercuri ne era membro. Dovete sapere che questa setta raccoglie persone di ogni religione, ed esse nascondono la loro appartenenza ad essa per poter perpetuare i loro orribili propositi."
Leonardo guardava incuriosito il conte: "Orribili propositi riguardo a cosa?"
"La corruzione del mondo artista. Tornando a Mercuri, egli un giorno realizzò che la congregazione avrebbe portato il mondo intero alla catastrofe, alla dannazione, e decise di fermarla, comprese che il sacro testo doveva essere affidato a mani benedette e più coscienziose. Si rivolse a mio zio e gli confermò l'esistenza del Libro e gli rivelò i nomi dei membri  più importanti di quella setta, i quali furono arrestati e giustiziati. Ma non tutti furono catturati, alcuni riuscirono a fuggire e si nascosero, portando con sé gli oggetti fondamentali per trovare l'esatta ubicazione del Libro delle Lamine, il luogo chiamato la Volta Celeste."
La mente di Leonardo si sentì improvvisamente attratta da questo racconto, la curiosità l'aveva invasa e ora Da Vinci voleva sapere di più: "Quali oggetti?"
Riario, compiaciuto dal coinvolgimento che traspariva sul viso dell'artista, rispose: "Una chiave e una mappa. Il primo oggetto è già in nostro possesso, io stesso lo ho recuperato dopo anni di infruttuosa ricerca da parte dei miei predecessori. Il secondo è ancora nelle mani di un membro della setta, i miei uomini sono sulle sue tracce."
Riario si avvicinò a Leonardo con un sorriso stranamente felice: "Con il Vostro aiuto troverò il Libro delle Lamine artista, e potrete anche Voi dissetarVi con la conoscenza che racchiude."
"Perché ritenete il mio aiuto così importante?"
"In Voi DaVinci c'è una grande genialità, Voi riuscite a leggere ciocche per molti è incomprensibile, a vedere ciò che per i più è oscuro. Questa ricerca sarà colma di tranelli, di imprevisti, ma grazie a Voi potremo superarli." spiegò Riario.
Leonardo era stupito, preoccupato, ma anche intrigato dal discorso di Riario. Per la prima volta da quando lo conosceva si sentì tentato come Adamo nell'Eden.


Beatrice diede una schiaffo alla mano di Zoroastro.
"AHIA!" protestò lui.
"Te la sei cercata!" rise lei "Così impari a sciogliere i nastri del vestito mentre io cerco di allacciarli!"
"Non ti sei lamentata quando prima ti ho convinta a rimanere a letto..." le mormorò all'orecchio, per poi baciarle il collo.
Beatrice si alzò dal materasso, si chinò su di lui e lo baciò sulle labbra: "E non mi lamenterò mai. Ma adesso devo andare a cercare le erbe per Clarice, farò presto."
"Starai via troppo tempo, ti conosco, sei come tuo fratello, vi perdete sempre a curiosare in giro, vedete una cosa e la osservate per mezz'ora." disse Zo "Dai rimani qui, le erbe puoi prenderle domani." la trascinò di nuovo sul letto tenendola abbracciata.
Beatrice rise: "Ti prometto che farò presto...Smettila!" rise più forte quando Zo le fece il solletico nel tentativo di slacciarle il vestito "Sarò velocissima, così potrò tornare qui da te. Ho un buon motivo per sbrigarmi. Va bene?"
Zo rifletté, poi annuì e la lasciò andare.
"Credimi, è importante che prepari le medicine per Clarice." gli disse mentre si infilava le scarpe.
Zoroastro sorrise: "Mi fido di te, basta che ti sbrighi. Forza, prima vai prima torni, fila!"
Beatrice gli diede un bacio a stampo sulla bocca e uscì con la sua borsa in spalla.
Zo rimase a letto ancora qualche minuto, poi si alzò e si infilò i vestiti. Guardò il letto sfatto e sorrise, non vedeva l'ora che Beatrice tornasse.
Era stato con tante donne e si era concesso qualche avventura con degli uomini in passato, la sua fama di libertino lo precedeva, il sesso gli era sempre piaciuto, ma con Bea per la prima volta era stato diverso, c'era qualcosa che lo rendeva più appagante. Forse perché l'amava, perché lei era quella metà che lo completava. Fai il fottuto romantico adesso? si disse. Non era da lui essere sentimentale, ma con Bea era, per l'appunto, tutto diverso.
Si sedette al tavolo da lavoro e sfogliò alcuni libri che Beatrice aveva appoggiato sul piano, fu distratto diverso tempo dopo dal rumore di passi leggeri.
"Sei già di ritorno? Allora devo proprio essere maledettamente bravo..." disse, ma si interruppe vedendo che la persona appena entrata non era Beatrice.
Era una donna alta e longilinea, indossava un mantello grigio scuro sotto il quale si intravedeva un vestito turchese, abbassò il cappuccio rivelando un paio di occhi nocciola e un'ondulata chioma color dell'ebano ormai sbiadita dal tempo, non indossava gioielli ad eccezione di un collarino composto da una decina di file di pietre nere e perle bianche che le nascondeva perfettamente il collo.
"Scusatemi, credevo fosse un'altra persona. Posso aiutarVi signora?" disse Zoroastro.
"Perdonate l'intrusione, ma non c'era nessuno a cui chiedere...Sto cercando Leonardo e Beatrice Da Vinci."
"Sono usciti entrambi, ma saranno di ritorno tra qualche ora, credo." rispose Zoroastro "Potete aspettarli qui in bottega..."
"No, Vi ringrazio, tornerò dopo..."
"Volete lasciare un messaggio madonna?"
"No, grazie..." disse la donna uscendo dalla stanza, per poi rientrarci frettolosamente imprecando, appoggiandosi al muro.
Zoroastro alzò un sopracciglio e avvicinatosi alla porta guardò fuori, nel cortile erano entrati alcuni soldati romani.
Guardò la donna, interrogativo, poi spalancò gli occhi: "Stanno cercando Voi..." commentò.
Lei annuì: "Nascondetemi, Vi prego!" mormorò.
Zoroastro le fece strada, spostò uno scaffale e le indicò un buco nel muro: "RannicchiateVi e non emettete un fiato."
La donna si chinò e si nascose, Zoroastro rimise a posto lo scaffale e tornò a sedersi al tavolo.
Pochi istanti dopo Lupo Mercuri fece il suo ingresso nel laboratorio.
"Messer Mercuri." lo salutò "A cosa devo la Vostra visita?"
"Zoroastro? Credevo che avrei trovato un Da Vinci, non Voi."
"Leonardo e Beatrice sono fuori al momento." disse Zoroastro.
"Vi cimentate anche Voi in queste stregonerie?" chiese Mercuri osservando le medicine sugli scaffali.
"Non sono stregonerie, è scienza medica." rispose con stizza Zo.
"Ho militato con l'Inquisizione mio caro moro, e sono uno stimato esorcista, so riconoscere la presenza del diavolo." disse Lupo "E so che spesso si nasconde dietro il grazioso aspetto di una bella fanciulla con grandi occhi lucenti." 
Zoroastro si morse una guancia per non replicare, era evidente il riferimento a Beatrice, si limitò a dire: "Posso forse aiutarVi io messere?"
"Forse. Sto cercando una donna."
"Dunque volete che Vi consigli un bordello. Io Vi suggerisco di privare sul lungarno, alla Perla d'Oriente..." 
Mercuri fece una smorfia: "Ma cosa dite! Intendo dire che i miei uomini hanno visto una donna dirigersi in questa strada. Volevo sapere se l'avete vista, se si è fatta viva in bottega."
"Mi capita di vedere molte donne passare per la bottega, molte di loro sono modelle o pazienti di Beatrice. Potete descrivere questa che cercate?"
"Una bella donna, non più giovane, lunghi capelli neri e occhi nocciola."
Zo sorrise: "Descrizione un po' vaga. C'è qualche dettaglio che potrebbe renderla riconoscibile? In caso la vedessi..."
Mercuri annuì: "Sì. Ha una vecchia cicatrice sul collo."
"Che tipo di cicatrice?"
"Quella lasciata da un coltello che vuole tagliare la gola di una persona da orecchio a orecchio." sorrise gelido Mercuri.
Zoroastro deglutì, ecco spiegato il collarino della donna: "Se si presenterà in bottega Vi faremo avvisare. Dobbiamo considerarla pericolosa?"
"Molto pericolosa."
"È coinvolta nella congiura dei Pazzi immagino." commentò Zoroastro.
"I suoi crimini non Vi riguardano, Vi basti sapere che deve essere arrestata." tagliò corto Mercuri.
"Non capisco una cosa, i Vostri uomini l'hanno vista da queste parti. Ma perché mai questa donna dovrebbe venire a cercare rifugio proprio in questa bottega?" chiese Zo.
Mercuri ignorò la domanda e gli rivolse un freddo sorriso: "Torneremo a controllare la zona, meglio essere prudenti con soggetti come lei. A presto Zoroastro." disse mentre usciva dal laboratorio.
Zo attese e poi si avvicinò allo scaffale, si appoggiò al muro e mormorò: "Resistete ancora un po', voglio essere sicuro che si siano allontanati prima di farVi uscire."
"Non Vi turba nascondermi dopo ciò che Vi ha riferito Mercuri?" bisbigliò la donna.
"Se siete sua nemica siete amica mia e dei miei compari. Avete riconosciuto la voce di quello stronzo?"
La donna rispose: "Sì, l'ho conosciuto molto tempo fa." per un pò nessuno disse nulla, poi lei aggiunse "Grazie, Zoroastro."
Lui sorrise: "Voi avete avuto modo di conoscere il mio nome, ma io non so il Vostro."
"Leda." rispose lei "Chiamatemi Leda."


Quando Riario arrivò ai suoi appartamenti trovò Mercuri ad aspettarlo: "Come è andata la riunione con Da Vinci e Dragonetti?" chiese mentre entravano nelle stanze private.
"Molto bene. Ho predisposto nuovi posti di blocco, e ho chiesto a Da Vinci di potenziare la produzione di spingarde. E gli ho rivelato la natura della missione segreta, ho pensato che incuriosirlo potesse essere una buona idea."
Lupo era stupito: "Gli avete parlato del Libro?"
"Sì, ho fatto una breve introduzione più che altro. Lupo, cosa c'è? Avete una faccia truce." constatò Riario.
"È curioso che oggi gli abbiate parlato del Libro. La donna, Leda, i nostri uomini l'hanno vista nelle strade vicino alla bottega del Verrocchio." rispose Mercuri.
"Credete che abbia parlato con Da Vinci? Perché? Dubito che sappia che voglio sfruttarlo per cercare il Libro..." Riario riflettè, poi lanciò uno sguardo interrogativo verso l'archivista, parlò con tono nervoso "C'è qualche cosa che non mi avete detto su quella donna?"
Mercuri deglutì: "In effetti una cosa ci sarebbe Girolamo."
"Mi avete deliberatamente nascosto un'informazione?" la voce di Riario divenne rabbiosa, afferrò Mercuri per il bavero della giacca.
"Girolamo, Vi prego!" rantolò Lupo "Posso spiegarVi tutto...il Santo Padre concordò con me sul fatto che lo scopriste a tempo debito..."
Riario lasciò la presa e gridò: "Scoprire cosa? Parlate o Vi sbudello seduta stante!" 
Mercuri respirò a fondo: "Non è un caso se Vi ho suggerito Da Vinci per la nostra ricerca. Quella donna è legata lui, solo che il nostro astista, come Voi, non lo sa. Per ora."


"La nicchia nel muro è stata provvidenziale." commentò Leda mentre Zoroastro le porgeva una tazza di infuso caldo.
"Un ricordo lasciato da Leonardo anni fa. Voleva aiutare Beatrice nella preparazione delle medicine, ed ha fatto esplodere il muro." rise ripensando alla scena "L'ennesima esplosione nella carriera di Da Vinci!"
"Voi conoscete i Da Vinci da tanto tempo?" 
"Da quanto eravamo bambini, siamo cresciuti insieme. E Voi? Non mi avete ancora detto perché cercate Leonardo e Beatrice." disse Zoroastro.
Leda bevve un lungo sorso di tisana, sospirò: "È importante che parli con loro."
"E Voi da quanto tempo li conoscete?" chiese di nuovo Zoroastro.
"Non posso dire di conoscerli davvero, ma non appena Leonardo mi vedrà mi riconoscerà. Certo, sarà strano per lui vedermi, penserà che i suoi occhi lo stiano traendo in inganno."
"Perché?" chiese Zoroastro.
"Mi crede morta."
Zo strabuzzò gli occhi: "Morta?" scosse la testa "Non Vi seguo. Chi siete Leda? E perché gli uomini di Riario Vi stanno cercando?"
Leda sorrise: "Avete tante domande, ed è giusto. Quando Leonardo e Beatrice saranno qui saprete tutta la verità, lo prometto." bevve un secondo sorso "È buona questa bevanda."
"È una miscela inventata da Beatrice, dentro ci sono camomilla, menta, anice e valeriana." rispose Zoroastro.
"Beatrice ha davvero talento. I suoi nonni le hanno insegnato bene come dosare le erbe." commentò Leda.
Zo a quel commento divenne ancora più curioso: "Conoscevate i nonni di Bea?"
Leda si morse un labbro, inclinò la testa ed annuì: "Sì..." si bloccò sentendo dei passi "Chi sarà?" chiese preoccupata alzandosi dalla sedia.
Zoroastro fece lo stesso, serrò la mano sull'elsa della spada, poi rilassò le dita sentendo in lontananza la voce di Leonardo.
"Bea? Zo? Siete qui? Non immaginerete mai..." disse entrando, poi si fermò a pochi passi dal tavolo vedendo la donna "Scusate, non sapevo che Bea avesse una paziente..." fece per uscire la Zoroastro lo fermò.
"Non è una paziente, cercava te, e tua sorella." disse.
Leonardo fece qualche passo verso di lei: "Me? E come posso aiutarVi signora..." 
Leda si avvicinò a Leonardo, la figura della donna fu illuminata dal sole del pomeriggio che entrava dalla finestra del laboratorio, Da Vinci vide bene il suo viso, gli occhi, i capelli, e la trovò familiare, improvvisamente spalancò gli occhi e sbiancò.
"Non può essere..."
Leda sorrise dolcemente: "È passato tanto tempo."
"Tu sei...morta...non puoi essere tu."
"Lo so, ma sono io Leonardo. È incredibile, eri così piccolo quando mi hai vista l'ultima volta eppure ricordi bene il mio viso. Ma perché mi stupisco, tu hai sempre avuto questa incredibile memoria." 
Zoroastro li guardò, poi chiese: "Qualcuno vuole spiegarmi?"
Leonardo deglutì e senza staccare gli occhi di dosso dalla donna rispose: "Lei è Leda, Zo."
"Mi ha già detto il suo nome..."
"La credevo morta..." 
Zo annuì: "Me lo riferito."
Leonardo scosse la testa "Mi hanno detto che eri morta, mio padre mi ha detto che..." si passò una mano tra i capelli "Allora non è vero...non sei morta nel partorire Beatrice..."
Questa volta fu Zoroastro a strabuzzare gli occhi: "Cosa? Che cazzo stai dicendo Leo, vuoi dire che lei è..."
"Sì." disse Leonardo sospirando "Leda è la mamma di Beatrice."

Riario batté il pugno sul tavolo con una tale forza che i candelabri d'argento su di esso tremarono: "Questo cambia molte cose...dannazione a mio zio e ai suoi segreti! Perché non dirmelo subito?" la storia che Mercuri gli aveva appena raccontato metteva sul piatto nuovi elementi "È per questo che mi avete suggerito Da Vinci." constatò.
"La sua genialità è innegabile, era chiaro che si sarebbe stata utile. Ad ogni modo sì, non era solo per essa, ma anche per la sua storia personale." rispose Lupo "Era importante che rimanesse segreto..."
"Non per me! Avreste dovuto informarmi, avrei gestito le cose diversamente. Ma ormai quel che è fatto è fatto." disse Girolamo infuriato "Dobbiamo modificare il nostro piano, è chiaro che Leonardo sa qualcosa, la donna gli avrà detto tutto." 
Mercuri rispose che non poteva esserne certo, ma per Riario era evidente: "L'hanno vista vicino alla casa di Da Vinci, forse ci era già stata in passato."
Girolamo riflettè tamburellando le dita sul bordo della scrivania, poi andò alla porta e si rivolse al soldato di guardia: "Fate chiamare Grünwald, ho un incarico per lui."
Quando fu tornato Mercuri gli chiese: "Cosa volete fare Girolamo?"
Il sorriso spietato del conte lo fece rabbrividire: "Intendo rimediare alle Vostre menzogne Lupo, a modo mio." 


"L'ultima volta che ti ho vista avevo tre anni, ed eri incinta di Beatrice, mancava un mese alla sua nascita. E poi sei sparita, un mese dopo mio padre mi svegliò una mattina e mi disse che eri morta durante il parto, e mi fece conoscere mia sorella, era così piccola..." ricordò Leonardo "E invece non sei morta! Cosa è successo? Perché hai abbandonato Beatrice?" 
Leda lo guardò, scosse la testa: "Non ho avuto scelta." 
"È assurdo." commentò Leonardo, alzò un sopracciglio "Forse non sei tu! Sei una che finge di essere Leda!"
"Che motivo avrei?"
"Potrei trovarne cento di motivi! Dimostrami che sei tu." disse Leonardo.
Leda sospirò: "Quando ero incinta di Beatrice ti dicevo di mettere le tue manine sul mio pancione e di parlarle, di cantarle quella filastrocca che ti avevo insegnato. E ti dissi che dovevi prenderti cura della tua sorellina." ricordò "Mi chiedesti come facessi ad essere sicura che fosse una femmina, e io ti risposi che in sogno avevo visto il suo viso."
Leonardo rimase in silenzio per un po', poi annuì: "D'accordo, sei veramente tu."
Zoroastro chiese: "Perché ti nascondevi dagli uomini di Riario? Cosa vogliono da te?"
Istintivamente a quelle parole Leonardo rispose: "La mappa...sei tu il membro della setta che ha la mappa!"
Zoroastro gli chiese che cosa stesse blaterando, Leda invece strabuzzò gli occhi e si innervosì: "Tu sai della mappa? Riario ti ha già raccontato la sua versione della storia allora!"
"Mi ha raccontato alcune cose, e dato che che sono uscite dalla sua bocca non mi fido molto. Ma dalla tua reazione deduco che qualcosa di vero c'è." rispose Leonardo "Il Libro delle Lamine dunque esiste."
"Libro delle Lamine? Ma è una favola per stuzzicare l'avidità dei predatori di tombe." disse Zo.
"È realtà invece." disse Leda con una punta di orgoglio "Noi figli di Mitra lo custodiamo da secoli affinché non cada in mani sbagliate. E purtroppo esso è in pericolo. Per questo sono qui Leonardo, perché il Libro venga tenuto al sicuro." 
Zoroastro si grattò la testa: "Sì, decisamente devi spiegarci molte cose, perché io non ci sto capendo nulla."
"Quando Beatrice sarà qui vi dirò ogni cosa."
"E come le spiegherai chi sei?" chiese Leonardo "Bea è cresciuta credendoti morta Leda. Non reagirà bene scoprendo che invece sei viva e vegeta."
"Beatrice capirà. Quando conoscerete la storia lei capirà." disse Leda, ma i suoi occhi tradivano la sua paura, era conscia del fatto che Beatrice avrebbe potuto respingerla. Si era chiesta ogni giorno che donna fosse diventata sua figlia, e ora lo avrebbe scoperto.
Leonardo guardò Zoroastro: "Beatrice sarà di ritorno presto?"
"Doveva prendere delle erbe per le sue medicine, non penso che tarderà." rispose Zo, poi guardò Leda "Bea è una ragazza forte, e buona. Ma preparati al peggio, non ti perdonerà facilmente il fatto di averla abbandonata."
Leda lo guardò stupita e infastidita: "Sei molto indelicato nel dirmi una cosa del genere."
"Sono solo realista. Conosco bene Beatrice, credimi, non ti allargherà le braccia felice di aver scoperto che la sua mamma è ancora viva. Potrebbe capirti, forse perdonarti un giorno, ma ci vorrà del tempo."
Gli occhi nocciola di Leda si inumidirono, Zoroastro era stato sicuramente molto diretto e forse troppo crudo, ma in fondo la donna sapeva che aveva ragione, non poteva pretendere il perdono e l'affetto di sua figlia, poteva solo sperare di conquistarli un poco alla volta. 
Ma forse sarebbe meglio se Beatrice mi odiasse, si disse, perché se dovessi morire, se il pericolo che incombe di di noi dovesse avere la meglio, almeno lei non soffrirebbe per aver perso sua madre una seconda volta.



Angolo dell'autrice: 
Perdonate l'attesa, questo capitolo è stato un parto con lungo travaglio! :)
Il prossimo ci racconterà la misteriosa storia di Leda e dei Figli di Mitra, quindi non cambiate canale! ;)
Tanti Abbracci! 
Vedrei 
















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Capitolo 8
*** Una verità svelata. ***



Beatrice mise nella sacca il pezzetto di zenzero e controllò di aver preso tutto. Menta, anice, zenzero. Sì, aveva tutti gli ingredienti per il decotto contro le nausee mattutine tipiche della gravidanza. Non restava che tornare in bottega e prepararlo, a breve Clarice ne avrebbe avuto bisogno.
Si incamminò verso casa, in fondo alla strada vide Nico, il ragazzo agitò una mano in segno di saluto e la aspettò, lei gli sorrise: "Ehi! Stai andando da Leonardo?"
"Sì, è stato a palazzo Medici oggi, prima di congedarsi mi ha chiesto di passare da lui prima di sera." rispose Nico "Sono un po' indietro con gli studi ufficiali." aggiunse con un po' di imbarazzo.
Beatrice rise: "Mio fratello ti sfrutta per i suoi esperimenti e si dimentica che tuo padre lo paga per farti da insegnante."
"Mi piace aiutarlo. E imparo ugualmente tante cose." gongolò Nico.
Proseguirono il cammino chiacchierando, mentre attraversavano i portici semi deserti una voce catturò la loro attenzione: "Beatrice Da Vinci."
Beatrice si voltò sentendo il suo nome, vide Grünwald seguito da tre soldati: "Capitano, cosa succede?" chiese, ed immediatamente uno dei soldati la afferrò per il braccio, la sacca le cadde dalla spalla.
"Come vi permettete? Lasciatemi!" disse Beatrice cercando di sciogliere la presa del soldato.
"Che diavolo fate?" intervenne Nico, cercò di difendere Beatrice ma un altro uomo lo spinse via.
"Dovete venire con noi signorina, il conte Riario ha richiesto la Vostra presenza." rispose Grünwald, e senza aggiungere altro fece trascinare via la ragazza.
"No, fermi! Bea!" Nico li seguì, lo stesso uomo che lo aveva colpito prima gli diede uno spintone così forte che il biondo cadde a terra sbattendo la faccia.
"Non fategli male, vengo con voi!" disse Bea, si liberò finalmente con uno strattone dalla presa del soldato, si massaggiò il braccio "E so camminare da sola, vi seguirò dal conte." guardò Nico che si tamponava il naso sanguinante con la manica della camicia "Vai a casa, da Leonardo, andrà tutto bene."
Grünwald sorrise: "Molto bene signorina Da Vinci, per di qua."
Nico ansimò spaventato, li vide allontanarsi e sparire tra i portici, si alzò e corse verso la bottega del Verrocchio.


"Pensi che ci possiamo fidare di Leda?"
Leonardo e Zoroastro erano nella cucina della bottega, da soli. Avevano lasciato Leda nell'altra stanza con la scusa di prendere qualcosa da mangiare.
"Non lo so." rispose Leonardo mettendo alcune pagnotte e del prosciutto affumicato in una cesta.
"Che ricordo hai di lei?"
"Io non ho mai conosciuto mia madre, lo sai, e Leda era premurosa con me, dolce, gentile, molto di più di quanto lo fosse mai stata la moglie di mio padre." rispose Leonardo "Mi raccontava delle favole, mi cantava delle canzoni e filastrocche, mi coccolava. E mi portava i carboncini colorati, le piacevano i miei disegni." sorrise a quel ricordo "Ho perfino sperato che mio padre lasciasse sua moglie e sposasse lei, mi sarebbe piaciuto averla come mamma."
Zoroastro annuì: "E rivedi quella donna nella Leda che ci aspetta in laboratorio?"
Leonardo si passò una mano tra i capelli: "No. La Leda di ventidue anni fa era solare, allegra,  era come Beatrice che riscalda una stanza solo mettendoci piede. Ma questa donna invece sembra diversa, è fredda, come se tutti questi anni l'avessero svuotata."
"Chissà cosa le è successo anni fa." disse Zoroastro.
"Appena Beatrice sarà qui lo scopriremo." disse Leonardo "Tu cosa ne pensi Zo?"
L'amico di Da Vinci rispose: "È tornata dopo tanti anni, dopo aver finto la sua morte, non sappiamo perché lo abbia fatto. Potrebbe avere delle buone intenzioni, ma non è detto." 
Leonardo annuì, Zo come sempre era più guardingo e razionale di lui, e in questo caso non aveva tutti i torti, in fondo come potevano sapere se fidarsi o meno di Leda?
Uscirono dalla cucina e tornarono nella stanza di Beatrice, appoggiarono la cesta col cibo sul tavolo.
"Serviti pure Leda." disse Leonardo.
I tre sbocconcellarono qualcosa, senza parlare, c'era un palpabile imbarazzo tra i tre.
Zoroastro pensò di rompere il silenzio chiedendo a Leda qualcosa, ma l'irruzione di Nico nella stanza glielo impedì: "Maestro! Zo!" gridò entrando di corsa.
Leonardo si avvicinò preoccupato al ragazzo: "Ma che hai fatto?" chiese notando il sangue secco sul suo viso e sulla camicia "Ti hanno picchiato?"
"Gli uomini di Riario hanno preso Beatrice! Grünwald ha detto che il conte voleva vederla, io ho provato a fermarli ma non ne sono stato capace..."
"Perché l'hanno presa?" chiese Leonardo.
Zoroastro balzò in piedi: "E lo chiedi? Quello stronzo di Riario ha mire su Beatrice da mesi!"
"Che vuoi dire?" chiese Leda preoccupata.
"Riario troppe volte ha rivolto sguardi lascivi su Beatrice...Schifoso bastardo..." Zoroastro prese la spada e se la legò alla vita, fece per uscire.
Leonardo lo bloccò: "Ho capito cosa vuoi fare Zo, calmati!"
"Io devo andare a riprenderla Leo!"
Nico intervenne: "Ma non sappiamo nemmeno dove l'abbiano portata."
"E di sicuro Bea non è a palazzo Medici." disse Leonardo "Cerchiamo di ragionare Zo, non facciamo mosse avventate, per il bene di Bea."
Zoroastro respirò a fondo e annuì all'amico: "D'accordo. E forse c'è un altro motivo se Riario ha preteso che Beatrice andasse da lui." si voltò e guardò Leda "Mercuri aveva capito che avresti cercato di contattare Leo e Bea."
Nico guardò Leda e poi Leonardo: "Chi è quella donna?" chiese mormorando.
Leonardo gli rispose: "Lei è la madre di Beatrice, Leda."
Il biondo sgranò gli occhi, da quello che gli avevano detto quella donna era morta.
La donna guardò Zoroastro, alzò un sopracciglio: "Stai insinuando che sia colpa mia?" 
"Se succederà qualcosa di brutto a Beatrice sì, sarà colpa tua, tu sei venuta qui e hai scatenato questa rappresaglia." rispose Zoroastro innervosito "Ora credo che sia giunto il momento di raccontarci tutto, non credi? Per il bene di tua figlia è meglio che ci racconti la verità, così capiremo con cosa abbiamo a che fare."
Leda si morse un labbro, annuì: "Hai ragione. Beatrice è in questa situazione per causa mia. Ma credetemi, la colpa più grave è di altri, ed è molto lontana nel tempo, la dobbiamo cercare negli eventi di molti anni fa."
Leda guardò tutti e tre, e poi iniziò a raccontare.
"Io appartengo a una congregazione nata molti secoli fa, ci chiamiamo i Figli di Mitra. Le nostre origini sono lontane e misteriose, e forse non sono così rilevanti al momento.
Ciò che è importante sapere è che il nostro non è un culto religioso, infatti tra i nostri membri ci sono persone di ogni fede, accomunate dal desiderio di promuovere e proteggere la conoscenza, e di scoprirne di nuova. 
Purtroppo nel corso dei secoli siamo stati osteggiati, perseguitati a causa del nostro intento di rendere il conoscibile alla portata di tutti. I potenti non potevano permettere che la conoscenza venisse elargita ai poveri e ai sudditi, così iniziarono ad arrestarci, ad ucciderci, distruggendo ogni opera ed ogni testo che avevano custodito.
Per fortuna molto del materiale in nostro possesso è stato salvato, e in particolare la setta si adoperò per tenere al sicuro una reliquia il cui valore è tale da non poter essere stimato."
"Il Libro delle Lamine." commentò Leonardo.
"Esatto, il Libro che contiene tutta la conoscenza del mondo, che può rispondere ad ogni domanda." rispose Leda sorridendo "In pochi lo hanno sfogliato, perché in pochi ne erano degni. Non tutti possono leggerlo, coloro che lo hanno fatto senza esserne destinati sono impazziti, o morti." 
Zoroastro la guardò scettico: "Tu lo hai visto questo Libro?"
"Ho visto dove era custodito, ma non lo ho mai toccato né letto, non mi era permesso, venne ospitato in casa nostra per tre mesi. Era così che funzionava all'epoca: le dodici famiglie più antiche della congregazione, quelle i cui padri sedevano nel Consiglio, si alternavano ogni tre mesi nel custodire il Libro." spiegò Leda, poi sospirò triste "Fu proprio quando il Libro si trovava a casa nostra che Mercuri ci tradì. Anche la sua famiglia era membro della setta, era una delle dodici di cui vi parlavo."
"Riario ha detto che Mercuri lo ha fatto perché credeva che voi foste dediti a pratiche malvagie." disse Leonardo.
"Menzogne!" quasi gridò Leda "Lo ha fatto per colpa della sua mente debole, fu facile per Francesco della Rovere irretirlo!"
"Intendi l'attuale Papa?" chiese Zoroastro.
"Sì, quando si conobbero era ancora il cardinale della Rovere. Lupo era giovane, lo eravamo tutti. Successe ventisette anni fa." disse Leda con sguardo assorto nel ricordare "Lupo venne nominato archivista della biblioteca vaticana, e poco dopo, grazie alla sua grande preparazione, divenne responsabile anche degli archivi segreti.
Per la congregazione fu una lieta notizia, Mercuri avrebbe potuto visionare testi rari e preziosi, avrebbe potuto trascrivere per noi le conoscenze in esse contenute, e noi le avremmo divulgate, tramandate. Ma le cose non andarono secondo i nostri piani. 
Lupo conobbe della Rovere, il cardinale frequentava spesso gli archivi, e con diabolica abilità riuscì ad affascinare Mercuri tanto da far nascere in lui una sorta di fanatismo, lo introdusse nell'ambiente dell'Inquisizione, lo convinse a diventarne membro, a lavorare per loro. Riuscì a fargli vedere il diavolo in ogni cosa e in ogni angolo, tanto che Lupo iniziò a praticare esorcismi. Lo trasformò in un altro uomo, non era più il ragazzo che conoscevo fin dall'infanzia. Non passò molto tempo che Lupo raccontò a della Rovere dei Figli di Mitra e del Libro delle Lamine, e il cardinale volse queste informazioni a sui vantaggio. Egli disponeva di risorse notevoli, sia economiche che umane, e le usò per darci la caccia, a cominciare dalla famiglia dello stesso Mercuri." scosse la testa per quei ricordi terribili "Ci braccarono, ci arrestarono, molti di noi furono torturati ed uccisi. Della Rovere voleva il Libro, avrebbe fatto qualunque cosa pur di averlo. In pochi riuscimmo a fuggire portando con noi l'ambita reliquia, viaggiammo per settimane, per mesi, nella disperata ricerca di un posto sicuro. Ci nascondemmo per un breve periodo in un villaggio di pescatori vicino Venezia, e lì organizzammo un piano per nascondere il Libro. Alcuni di noi, i più maturi ed esperti, avrebbero trovato un nascondiglio sicuro e vi avrebbero portato il libro, dopo di che solo uno di loro sarebbe tornato a consegnare le indicazioni per trovarlo."
"Riario ha parlato di una chiave e di una mappa." commentò Leonardo.
Leda annuì: "La chiave è indispensabile per accedere al libro, senza di essa è impossibile farlo. La mappa, beh, non devo spiegarvi a cosa serva."
"La chiave è nelle mani di Riario, lo sapevi?"
"Sì, purtroppo non abbiamo potuto evitarlo. Prima di separarci la chiave venne consegnata ad un consigliere, Avraham, l'ultimo sopravvissuto della famiglia Ben Josef.
Gli uomini di della Rovere lo hanno trovato una decina di anni fa, lo hanno derubato ed ucciso dopo estenuanti torture."
Zoroastro le chiese: "E tu? Quale è stato il tuo ruolo?"
"Io dovevo conservare la mappa per coloro che dopo di noi avrebbero protetto il Libro delle Lamine." rispose Leda.
"Quindi la persona che è tornata dopo aver nascosto il Libro è venuta da te." 
"Sì, e non solo da me Leonardo. La mappa fu consegnata a me e a Caterina, tua madre."
Leonardo sbiancò: "Mia madre..."
"Sì, lei era una Figlia di Mitra Leonardo, come me era figlia di una delle dodici famiglie, ed è stata la migliore amica che io abbia mai avuto. Tu le somigli così tanto Leonardo." rispose Leda piegando le labbra in un sorriso triste "Dopo esserci separate dagli altri io e Caterina ci rifugiammo a Firenze da altri confratelli, lei andò a stare da una famiglia di contadini ed io dai Sabatini."
"I nonni di Bea!" esclamò Zoroastro "Quindi non sono davvero i suoi nonni..."
"Lo sono stati, l'hanno amata e istruita come se fosse stata davvero loro nipote." disse Leda "Ad ogni modo, io e Caterina ci siamo rifugiate qui, e lei un giorno ha preso servizio come domestica a casa di Piero Da Vinci."
Leonardo era ancora pallido come un cencio, lo sguardo fisso sul pavimento, Zoroastro gli chiese: "Stai bene? Vuoi dell'acqua?"
Da Vinci scosse la testa, tornò a guardare Leda quando sentì nominare suo padre.
Leda riprese a raccontare: "Non ci volle molto perché diventassero amanti, e in meno di un anno rimase incinta di te. Era felice di averti sai? Non l'ho mai vista tanto radiosa."
"Cosa le è successo? Mio padre mi ha detto che un giorno se ne è andata, senza dire nulla, non ha mai saputo se fosse viva o morta...." chiese Leonardo.
Leda sospirò: "Dovette lasciarti."  
"Oh. Come te hai dovuto lasciare Beatrice?" commentò Zoroastro.
"Non mi piace il tuo tono." disse Leda fulminandolo con lo sguardo.
"Zo è molto protettivo con noi Leda, devi scusarlo." intervenne Leonardo supplicando con gli occhi l'amico di non risponderle "Ti prego, vai avanti." 
Zoroastro fece un cenno di scusa con la mano, Leda si rilassò e proseguì: "Avevi due mesi quando ricevemmo una missiva da Solomon Ogbai, un membro della setta di origine abissina, lui era stato scelto per consegnarci le indicazioni per raggiungere la nuova ubicazione del Libri delle Lamine, un luogo chiamato Volta Celeste."
"Quindi vi consegnò una mappa." disse Leonardo.
"Sì, possiamo dire che ci consegnò una mappa." rispose Leda.
Zoroastro guardò interrogativo Leonardo: "Che diavolo significa possiamo dire..."
"Zo, per favore..." lo supplicò Leo "Lasciamola continuare."
Zoroastro scosse la testa scettico, ma non replicò ulteriormente, e Leda continuò il suo racconto.
"Fu Caterina ad andare da Solomon, io rimasi a Firenze. Mi disse che sarebbe tornata entro qualche settimana, un mese al massimo, a tuo padre disse che doveva visitare una parente malata. Il mese era ormai passato, ma lei non tornò, temetti il peggio e non mi sbagliai.
Dopo sei mesi ricevetti un messaggio dalla madre superiora di un convento fuori Pisa, mi informava che mia sorella era ricoverata presso di loro in condizioni molto gravi. Fu chiaro per me che si trattava di Caterina. Mi precipitai da lei, era ferita, l'avevano accoltellata mentre tornava dall'incontro con Ogbai, ed era miracolosamente riuscita a fuggire dai suoi aggressori trovando rifugio in quel convento." gli occhi di Leda si riempirono di lacrime, le asciugò velocemente con le dita "Ha avuto solo il tempo di riferirmi i dettagli sulla Volta Celeste e di chiedermi di prendermi cura di te."
Leonardo tirò su col naso e ricacciò le lacrime che gli pungevano gli occhi, Zoroastro gli mise una mano sulla spalla, senza dire nulla, sapeva che Leo per tutta la vita si ero chiesto cosa fosse successo a sua madre, e ora che lo sapeva non aveva trovato sollievo, anzi.
"E tu lo hai fatto..." mormorò Leonardo "Hai provato a farmi da madre...eri molto premurosa con me."
"Quando tornai a Firenze decisi di mantenere la mia promessa. Trovai il modo lavorare per Piero, ma non bastava per avvicinarmi a te abbastanza da crescerti. Fu così che iniziai a...beh, divenni la nuova amante di tuo padre." disse Leda.
"Sei stata con mio padre per poterti occupare di me?" il tono di Leonardo era quasi di ammirazione.
Leda sorrise: "Sì, iniziò così. Ma ammetto di essermi affezionata a lui, era un brav'uomo, caro, buono. Sapevo che non avrebbe mai lasciato sua moglie, ma almeno mi permetteva di stare con te. Sua moglie non si curava di te, non ti sopportava per dirla tutta, mentre io ero così felice di poterti accudire. Poi, un paio di anni dopo, rimasi incinta, e fu il momento più bello della mia vita. Sembrava un segno del destino, il figlio di Caterina e il mio sarebbero stati fratelli, così come lo eravamo state io e lei per l'affetto che ci legava. Ero convinta che vi avrei cresciuti entrambi. Ma poi tutto è nuovamente precipitato."
"Perché Mercuri ha trovato anche te." ipotizzò Zoroastro.
"Sì. Mancava un mese al parto, e lui arrivò a Firenze con i suoi scagnozzi. Dovetti scappare, mi rifugiai in un paesino della Garfagnana, e lì dovetti fermarmi per partorire Beatrice. Dio era così piccola..." sulle guance di Leda scivolarono alcune lacrime  "Aveva gli occhi verdi di mia madre, e il sorriso...lo so che i bambini di solito non sorridono appena nati, ma lei lo fece. E capii che dovevo chiamarla Beatrice, colei che porta la felicità." si asciugò il viso, respirò a fondo "Non potevo tenerla con me, se Mercuri mi avesse trovata le avrebbe fatto del male. Nonna Sabatini era venuta con me, le affidai la bambina, le dissi che doveva lasciare Beatrice a suo padre e dirgli che ero morta durante il parto. Credevo che sarebbe stata una situazione momentanea, io volevo tornare una volta che Lupo avesse lasciato Firenze, avrei inventato una spiegazione plausibile per Piero. Ma Mercuri mi trovò un paio di mesi dopo, sapeva che avevo la mappa." Leda rabbrividì, incrociò le braccia sul petto come per scaldarsi "Non credevo che sarebbe stato così crudele con me, eravamo cresciuti insieme. Il bambino gentile e divertente che avevo conosciuto e chiamato amico era diventato un sadico torturatore." Leda rimase un attimo in silenzio fissando il piano del tavolo, come sospesa tra i ricordi, scossa da piccoli brividi.
Zoroastro si alzò dalla panca, prese il mantello grigio di Leda e glielo appoggiò sulle spalle, la donna lo guardò stupita da quella piccola gentilezza. Abbozzò un sorriso e continuò: "Alla fine Lupo, mi tagliò la gola." si tolse il collarino mostrando la cicatrice bianca lasciata dal coltello "Non lo fece per uccidermi, fu l'ennesima tortura. Tagliava in modo superficiale, mi lasciava agonizzare, mi minacciava di incidere più a fondo, di bucare il mio esofago, mi picchiava, e poi diceva a un cerusico di ricucire la ferita. Il mattino dopo riapriva il taglio, e faceva tutti da capo, mi torturò in questo modo per giorni. 
Per fortuna una notte un uomo venne nella mia prigione, mi diede un veleno che permette di simulare la morte. Così il mattino successivo Mercuri mi trovò esanime, deve aver pensato che il mio corpo avesse ceduto dopo le settimane di torture, e ordinò di gettarmi in un bosco così gli animali si sarebbero cibati del mio cadavere. Mi risvegliai la sera, in un letto comodo, qualcuno aveva curato le mie ferite. Era stato l'uomo che mi aveva portato il veleno."
"Chi era?" chiese Nico incuriosito.
"Aslan Al Rahim, figlio di una delle dodici famiglie, era scomparso ai tempi delle prime persecuzioni di della Rovere. Credevamo tutti che fosse morto. Si prese cura di me, mi disse che ormai il mondo non era sicuro per nessuno di noi.
Cosi rimasi con lui fino a che non fui abbastanza forte da mettermi in viaggio. Dovevo allontanarmi, era fuori discussione tornare a Firenze, per il bene tuo e di Beatrice era meglio se Mercuri avesse continuato a credermi morta."
"Perché se sfortunatamente ti avesse vista viva a casa di mio padre avrebbe capito in che modo eri legata a noi." disse Leonardo.
"Esatto. Non potevo rischiare. Così me ne andai, lascia i territori fiorentini, ho vissuto in Spagna e in Francia. Non credevo che sarei stata lontana tanto tempo, mi ero ripromessa di tornare appena le acque si fossero quietate, ma la situazione non migliorò, anzi, si fece sempre più tesa."
"Mercuri ha ricominciato a darti la caccia. Come ha fatto a scoprire che eri ancora viva?" chiese Zoroastro.
"Alcuni anni fa Francesco della Rovere è stato nominato Papa con il nome di Sisto IV, e la sua ricerca del Libro delle Lamine si fece più serrata. Io e Aslan eravamo riusciti con fatica a riunire un nuvolo di noi Figli di Mitra, il nostro intento era quello di recuperare la chiave rubata ad Avraham Ben Josef. Ma il nostro piano fallì, e Mercuri mi riconobbe. Ricordo ancora il suo sguardo stupito e furioso. Così riprese a cercarmi, perché sapeva che io conoscevo il modo di arrivare alla Volta Celeste."
"Il tuo amico Al Rahim che fine ha fatto?" chiese Leonardo.
"È morto in quella avventata missione. Come tutti gli altri, solo io mi sono salvata, per dirla tutta i miei compagni hanno sacrificato se stessi per salvarmi." spiegò la donna "Era importante che io sopravvivessi e riuscissi a scappare, affinché tramandassi la mappa."
"Intendi tramandarla a me e Beatrice?" esclamò Leonardo.
"Voi siete discendenti dei Figli di Mitra, delle famiglie più antiche della congregazione. Spetta a voi proteggere il Libro delle Lamine. Per questo sono tornata a Firenze non appena ho saputo che Mercuri e il conte Riario stavano organizzando un piano per raggiungere la Volta Celeste. Dovevo trovarvi e raccontarvi tutto, dovevo mettervi in guardia." rispose Leda "Mercuri, non so come, ha sicuramente scoperto tutto, di Caterina, di voi, credo sia per questo che Riario si è rivolto a te, non solo per il tuo genio, ma anche per il tuo legame con la congregazione. E sempre per questo motivo teneva d'occhio la bottega, probabilmente data la mia presenza crede che sappiate la verità, o meglio, che la sapeste da tempo, di conseguenza ha preso Beatrice."
"Forse l'ha presa per fare uno scambio." disse Zoroastro "Beatrice in cambio della mappa, Riario avrà pensato che tu ce l'abbia consegnata."
Leonardo concordò: "E a breve riceveremo una richiesta da parte di Riario." 
"Se Riario vuole questa mappa diamogliela, così non faranno del male a Bea e lei tornerà a casa." disse Zoroastro.
Leda si alzò di scatto, per poco non rovesciò la sedia su cui era seduta: "No! Non potete fare nessuno scambio, è fuori discussione che Riario ottenga queste informazioni."
Zoroastro la guardò stupito: "Non ti importa quello che potrebbe accadere a Beatrice?"
"Certo che mi importa, ma non possiamo cedere a nessuna richiesta di Riario e Mercuri."
"E se Riario minacciasse di far del male a Bea se non gli consegnamo la mappa cosa dovremmo fare?" chiese Zoroastro.
"Non lo so, devo pensarci, ma è fondamentale che il Libro rimanga al sicuro." insistette Leda.
"Senti mia cara, non me ne frega un benemerito cazzo del vostro segreto Libro magico, mi interessa solo che Beatrice torni a casa sana, salva e possibilmente tutta intera." rispose Zoroastro, gli occhi scuri brillavano per la rabbia "La vita di Beatrice vale molto di più di qualche pagina ammuffita!"
Leonardo cercò di calmare gli animi: "Non conviene litigare tra noi, calma. Dobbiamo rimanere lucidi, capire cosa è meglio fare per uscire da questa situazione."
"Per me è chiarissimo cosa dobbiamo fare." disse Zo.
"Tu non capisci quante cose dipendono dalla salvezza di quel Libro." insistette Leda "Il potere che deriva dal Libro delle Lamine non può finire in mani sbagliate. Non hai idea di cosa potrebbero fare Sisto e Riario se lo trovassero."
"Però posso immaginare cosa Mercuri potrebbe fare a Beatrice se non assecondiamo le loro richieste." rispose Zoroastro indicando con un dito il collo di Leda, la quale si portò istintivamente una mano alla gola.
"Cosa accadrebbe se Sisto mettesse le mani sul Libro?" ipotizzò Leonardo.
"Un uomo malvagio e crudele come lui lo userebbe per soggiogare il mondo intero. E immagina il risultato." disse Leda.
"Prima hai detto che il Libro può essere letto solo da chi ne è degno, altrimenti si impazzisce o si muore. Sisto non è certo destinato ad averlo, giusto? Quindi perché ci preoccupiamo!" disse Zoroastro "Anche trovasse il Libro non se ne farà nulla."
"Ne sei certo?" chiese Leda "Troverà un modo. E poi il punto sta nel fatto che non deve averlo."
"Il mio punto è salvare Beatrice, tu pensa pure al tuo Libro." sbuffò Zo.
Nico azzardò: "Se Riario chiedesse la mappa potremmo sempre fabbricarne una falsa. Zo, tu sai contraffare molti oggetti."
Zoroastro annuì: "Non sono un falsario di professione ma potrei crearne una credibile."
"No, non puoi." disse semplicemente la donna.
Zoroastro alzò un sopracciglio, Leonardo le disse: "Credimi Leda, Zo è davvero bravo."
"Non stento a credere che sia un eccellente delinquente." disse con stizza "Il fatto è che non ho una copia cartacea della mappa."
"Come? E allora cosa...se non hai una mappa su pergamena cosa stanno cercando Riario e Mercuri?" chiese Leonardo stupito.
Leda abbozzò un sorriso: "Cercano me Leonardo affinché la disegni per loro. Solomon la disegnò e la mostrò a Caterina, poi la distrusse. Caterina prima di morire la disegnò per me, e poco dopo la sua morte io stessa ho distrutto quella copia. La mappa si tramanda di memoria in memoria."
"È un metodo ingegnoso! La imparate a memoria in modo che nessuno la trovi, è al sicuro nelle vostre menti." Leonardo era affascinato, trovava questa situazione incedibile, se non fosse stato che sua sorella era in pericolo avrebbe chiesto di più su questa antica setta di uomini e donne così brillanti.
"Certo certo." tagliò corto Zoroastro "Torniamo a noi, Mercuri sa di questo stratagemma?"
"Non lo so, forse."
"In ogni caso l'idea di Nico può funzionare. Potremmo dire che tu l'hai disegnata seguendo le indicazioni ereditate dall'abissino e da Caterina, chi vuoi che capisca che è un falso?" disse Zoroastro.
"E tu credi che ci cascheranno?" chiese Leda "Mercuri e Riario non sono degli stupidi."
"Vogliono quella mappa più di ogni altra cosa, possiamo suggestionarli, ci crederanno. Mesi fa ho venduto a dei pellegrini un osso di pollo spacciandolo per il dito di un santo, non mi sarà difficile far credere a Riario di avere la vera mappa tra le mani." disse Zo alzando le spalle.
Leda lo guardò scuotendo la testa, piuttosto inorridita da questo racconto: "E io dovrei affidare la sicurezza di questa reliquia preziosa alle doti persuasive di un mascalzone che non si fa scrupoli a truffare dei fedeli in pellegrinaggio?"
"Ti ricordo che questo mascalzone oggi ti ha nascosta dagli uomini di Riario, e lo ha fatto senza sapete chi fossi, solo per aiutare una donna braccata." le fece notare Zoroastro.
Leda serrò le labbra, le aprì per ribattere ma Leonardo intervenne di nuovo: "Vi prego, vi prego! Non litigate! Sentite, non sappiamo ancora cosa intenda fare Riario, ma credo che l'idea di Nico sia la più astuta se Riario deciderà di proporre uno scambio." Nico gongolò e sorrise di fronte all'approvazione del suo maestro "Quindi dobbiamo essere preparati."
"Non la berranno mai." commentò Leda.
"Per questo dobbiamo essere credibili, infatti tu disegnerai la mappa con Zo." disse Leonardo, e a queste parole Zoroastro e Leda strabuzzarono gli occhi "Leda, tu conosci la mappa, e la copia falsa deve essere il più possibile simile all'originale in modo che non desti sospetti in Mercuri, lui era un membro della setta, potrebbe notare se qualcosa è fuori posto.
Dovrai solo cambiare dei dettagli, in modo tale da indicare una direzione reale ma errata. Chiaro?"
Leda lo guardava perplessa, Zo notò la sua espressione e commentò: "Io ho capito, dai, andiamo nel laboratorio di Leonardo e facciamo questa cosa, così Beatrice tornerà a casa." le fece cenno di seguirla. La donna, ancora confusa, seguì Zoroastro nell'altra stanza.
Mentre Zo prendeva una pergamena da uno scaffale e la stendeva sul tavolo Leda socchiuse gli occhi nel guardarlo e gli disse: "Io non ti piaccio, non è così?"
"Perspicace." commentò ironico lui "La cosa mi sembra reciproca, quindi..."
"Perché?"
"Perché Beatrice e Leonardo sembrano essere il tuo ultimo pensiero in questa storia. Sei qui per portare a termine una missione, non perché tieni a loro." 
"Sei schietto." commentò Leda.
"Da me avrai solo sincerità, e non me ne frega niente se quello che dico ti piace o no."
"Schietto sì, ma in torto." lo rimbeccò lei.
Zoroastro decise di darci un taglio, prese uno dei carboncini di Leonardo e si sedette: "Ora disegniamo questa maledetta mappa."


Beatrice fu letteralmente scaraventata in una stanza scura, per non sbattere la faccia contro una colonna dovette allungare le braccia e parare il colpo con i palmi. L'impatto fu comunque violento, le scappò un'imprecazione.
Si guardò attorno massaggiandosi un polso, c'erano dei lampadari a quattro braccia in ferro battuto che scendevano dal soffitto, poco a poco i suoi occhi si abituarono alla luce delle loro candele. Era in una stanza grande, umida, c'erano quattro colonne quadrate che dividevano in due l'ambiente, il suo naso percepì odore di muffa e di terra bagnata.
Sono in un sotterraneo, una cantina, dedusse. Ma dove sono? È un palazzo, una chiesa? 
Osservò più attentamente i muri e le colonne, dovevano essere molto antichi a giudicare dall'architettura, su uno dei muri notò delle incisioni, le seguì con le dita fino a tracciare il disegno di un pesce stilizzato. 
"Ma certo..." mormorò, con molta probabilità si trovava in una cripta di una chiesa costruita nei primi secoli del cristianesimo, il pesce era un simbolo che i primi cristiani utilizzavano per indicare un luogo di culto segreto durante le persecuzioni romane.
Ora doveva capire perché Riario l'avesse fatta condurre lì, di certo non poteva aspettarsi una motivazione benevola dal conte.
Dopo quasi un'ora la porta si aprì, Girolamo Riario fece il suo ingresso, vide Beatrice seduta per terra appoggiata a una delle colonne. La ragazza si alzò, spolverò la gonna del vestito con le mani, e senza tanti convenevoli chiese: "Perché sono stata condotta qui?"
Riario sorrise: "Buongiorno a Voi."
"Al diavolo il buongiorno! Mi avete fatta trascinare qui con la forza. Voglio sapere perché." 
"È presto detto." Girolamo si mise di fronte a lei "Voglio la mappa che mi condurrà alla Volta Celeste."
Beatrice inclinò la testa, interrogativa: "Non capisco."
"Dove la nascondete?" 
"Non nascondo niente!" 
"Non fate la gnorri Beatrice."
"La gnorri su cosa?" chiese lei esasperata "Non ho idea di..."
Mercuri, la cui presenza in quella stanza buia non era stata notata da Beatrice, intervenne: "È inutile che mentiate. Sappiamo che la congregazione è entrata in contatto con Voi e Vostro fratello."
Beatrice quasi ringhiò per il nervoso: "Quale congregazione? Volete spiegarmi per favore?"
"Ditemi, da quanto tempo Voi e Leonardo sapete tutto?" chiese Riario facendosi più vicino "Mi ha chiesto spiegazioni sulla missione segreta in cui mi dovrà aiutare, ma in realtà conosceva già tutta la storia, non è così? Aveva già visionato la mappa probabilmente."
Beatrice scosse la testa: "Noi non sappiamo niente di questa mappa." sostenne lo sguardo del conte che era sempre più vicino a lei, purtroppo non poteva indietreggiare, la colonna dietro di lei glielo impediva.
Mercuri le disse: "Siete una pessima bugiarda Beatrice. Sappiamo che Leda è venuta nella bottega in cui abitate, vi avrà sicuramente già consegnato la mappa."
"Leda?" a quel nome Beatrice voltò lo il viso verso Mercuri "Io non conosco nessuno che si chiama così..."
"Davvero, nessuno?" chiese l'archivista.
"Mia madre si chiamava così, ma è morta più di vent'anni fa. Quindi no, non conosco nessuno..."
Con un gesto rapido Riario la afferrò per un polso e la tirò a sé: "Proprio non Vi riesce di essere sincera." 
Beatrice cercò di liberarsi ma la presa del conte era salda: "Lasciatemi subito!"
"Fareste meglio a dirmi la verità, adesso, oppure Lupo Ve la strapperà a forza dalla gola. Leda Vi avrà sicuramente raccontato di cosa è capace."
Beatrice li guardò entrambi, nervosa: "Conte Riario, credetemi, io non so chi sia questa Leda! Non l'ho mai incontrata, ci deve essere stato un malinteso e..." la frase di Beatrice terminò in un urlo quando lui le torse il braccio.
"Siete una sciocca a rifiutarVi di parlare." 
Beatrice respirò profondamente: "E Voi siete un bastardo!" rantolò mentre si divincolava.
"Dovreste ponderare meglio quali parole usare vista la situazione in cui Vi trovate." disse il conte "Dunque?"
Beatrice lo guardò, scosse la testa: "E Voi dovreste ascoltarmi! Leggete bene le mie labbra dato che siete sordo, io non so nulla!" urlò per il dolore quando Girolamo le torse ancora il braccio.
Mercuri commentò verso Riario: "Arrogante come sua madre." 
Riario lasciò la presa spingendo via Beatrice, la ragazza fissò l'archivista e chiese: "Mia madre? Cosa c'entra mia madre?" si massaggiò il braccio e il polso doloranti, appurò che per fortuna non c'era nulla di rotto.
"Vostra madre Leda era insolente e testarda, non mi disse mai nulla, nonostante il dolore non si tradì mai." Beatrice lo guardò scioccata, non riusciva a mettere a fuoco quel discorso "Ma Vi avrà senz'altro raccontato dei nostri trascorsi."
"Mia madre è morta nel darmi alla luce, quindi no, non ho mai parlato con lei." rispose lei.
"Nemmeno quando è venuta in bottega a portarVi la mappa?" chiese Riario.
"LEI È MORTA!" ripeté Beatrice con un urlò stridulo.
"Sappiamo entrambi che non è così dato che i miei soldati l'hanno vista aggirarsi attorno alla bottega, quindi potete smetterla di negare." disse Riario.
Beatrice sentì lo stomaco girare su se stesso, un conato la colse ma lo ricacciò indietro, riuscendo a mormorare: "L'hanno vista? Lei è morta, non ha senso quello che state dicendo.." non riuscì a continuare, la bocca le era diventata secca.
Riario la osservò, era pallida e notò che le sue dita tremavano, volse lo sguardo su Mercuri e gli disse sorpreso: "Lei non lo sa." si voltò di nuovo verso Beatrice "Dunque Voi non lo sapete, non conoscete la verità."
Beatrice sospirò, la sua voce tremò mentre chiedeva: "Quale verità?"


Angolo dell'autrice: 
Di nuovo voglio ancora dire grazie a chi legge e recensisce, grazie a voi ho ancora più voglia di continuare a scrivere! ^^

















 




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Capitolo 9
*** Motivazioni. ***



Leonardo guardò la mappa disegnata da Zoroastro, poi chiese a Leda: "Hai fatto come ti ho detto?"
"Sì, ho apportato alcune modifiche come hai suggerito, la mappa ricalca l'originale ma differisce per dei dettagli che porteranno chiunque la segua in una destinazione errata." rispose Leda.
"Perfetto. Bel lavoro Zo." disse Leonardo sorridendo all'amico.
"Grazie. E adesso che si fa? Aspettiamo che Riario si faccia vivo?" chiese Zoroastro.
"Il conte sa di sicuro che Nico ci ha riferito di aver visto portar via Beatrice. Quindi la prossima mossa spetta a noi, dobbiamo andare parlare con Riario." 
"Ma cosa gli dirai?" chiese Leda.
"La verità, che prima di oggi non ti avevamo mai vista, e gli dirò che ci hai raccontato la tua storia." rispose Leonardo "E poi gli mostrerò la mappa, dirò che tu l'hai disegnata e consegnata a noi."
"E come giustificherai il tuo consegnare la mappa?"
"Ha in ostaggio Beatrice, gli dirò che non voglio che le faccia del male. E poi mi mostrerò interessato alla ricerca del Libro." 
"Ma non ti crederà!"
"Invece sì. Lui stesso ha detto che una volta saputo della missione sarei stato talmente affascinato da volervi partecipare." spiegò Leonardo "E poi come ha detto Zoroastro sia Riario che Mercuri vogliono disperatamente il Libro. Noi sfrutteremo questa loro smania di possederlo." 
Leda scosse la testa: "È rischioso Leonardo."
"Non abbiamo molta scelta se vogliamo che Beatrice torni a casa sana e salva." disse Zoroastro "E dando loro una mappa fasulla anche il tuo Libro sarà al sicuro. Alla fine siamo tutti contenti."
Leda fece una smorfia: "D'accordo, e sia. E io cosa farò nel frattempo?"
"Tu devi rimanere nascosta, meglio per tutti se credono che hai lasciato la città. A Riario diremo che dopo averci dato la mappa sei sparita." 
"E dove dovrei nascondermi?"
"Hai considerato l'idea di andartene davvero?" chiese Zoroastro con un largo sorriso.
Leda lo fulminò con lo sguardo: "Non se ne parla."
"Peccato." fece spallucce Zoroastro.
Leonardo rispose: "Ti porteremo in un posto sicuro attraverso le fogne."
"Cos'è questa fissa per le fogne?" commentò Zo grattandosi la testa, Nico ridacchiò.
Leonardo allargò le braccia:"Sono pratiche! Zo, tu porterai Leda in periferia, ci sono alcuni vecchi palazzi in cui potrebbe nascondersi." disse Leonardo.
"Non ci penso nemmeno, io vengo con te a prendere Beatrice." rispose Zoroastro "Ce la può portare Nico."
Leda intervenne: "In tutti questi anni non ho fatto altro che occultare la mia presenza, non mi serve il vostro aiuto per trovare un nascondiglio."
"Già, e sei così infallibile che oggi stavano per beccarti." commentò Zoroastro con sarcasmo.
"Ma non mi hanno presa, giusto?" rispose lei con una smorfia.
"E di chi è il merito?" disse Zo indicando se stesso con un pollice.
La donna sbuffò nervosa, e Leonardo si passò una mano sul viso, Leda e Zoroastro nella stessa stanza erano una miscela esplosiva, forse non era una cattiva idea lasciare andare la donna da sola ovunque volesse.
"D'accordo, decidi da sola il tuo nascondiglio." tagliò corto Leonardo "Poi ce lo farai sapere, sono sicuro che troverai un modo discreto ed efficace."
"Molto bene." rispose Leda soddisfatta.
Zoroastro incalzò: "Va bene, forza, forza, dobbiamo andare."
"Non è una buona idea che vada anche tu." questa volta fu Leda a rimbeccarlo per prima "Riario potrebbe non apprezzare la tua bocca insolente ed insopportabile, se lo farai innervosire potreste rimetterci tutti, Beatrice per prima."
Prima che Zo potesse replicare Leonardo disse: "Terrai la bocca chiusa, vero amico mio?"
Zoroastro lo guardò, sbuffò, poi rispose alzando le mani: "Starò buono e zitto." si girò verso Leda e disse "Così conserverò le beccate migliori per altre occasioni." 
Leonardo e Zoroastro lasciarono la bottega, mentre camminavano rapidi il secondo chiese: "E la vera mappa?"
Da Vinci lo guardò, interrogativo: "Che vuoi dire?"
"Chiederai a Leda di darti le giuste indicazioni per trovare il Libro?"
Leo sospirò: "Intanto portiamo in salvo Beatrice, poi decideremo per il futuro."


Riario osservava le reazioni di Beatrice mentre Mercuri le raccontava la stessa storia che Leda aveva rivelato a Leonardo e i suoi amici, anche se la versione dell'archivista era, ovviamente, in parte diversa rispetto a quella della donna. 
Il volto di Beatrice mutava in un succedersi continuo di espressioni, infine la ragazza iniziò a fissare un punto non definito sul pavimento, gli occhi verdi lucidi e vacui.
Girolamo fece un cenno a Mercuri per congedarlo, così lui e Beatrice rimasero da soli.
Non erano più nella cripta umida e scura della chiesa, erano nella più luminosa sagrestia, Beatrice era seduta su una sedia, Riario ne prese un'altra e si mise di fronte a lei.
"Deve essere difficile scoprire così tante informazioni in un solo giorno." commentò "Scommetto che Vi sentite confusa, e tradita. Immagino avrete molte domande ora che sapete la verità."
 Beatrice alzò lo sguardo, fissò il conte, gli disse: "Ne ho, ma dubito che Voi possiate rispondere ad esse."
"È comprensibile che le Vostre domande siano per Leda." disse Riario.
"Tuttavia, ne ho una per Voi. Cosa succede adesso?"
"Il giovane Nico ha già certamente avvisato Vostro fratello sul Vostro arresto. Se come sostiene Mercuri Leda ha avvicinato Leonardo sono sicuro che sarà lui stesso a farsi vivo con me per negoziare." 
"E credete che Vi consegnerà la mappa per trovare la Volta Celeste?"  
"Lo farà, e Vostro fratello sarà entusiasta di aiutarmi, non mi servirà nemmeno minacciarlo, sarà naturalmente spinto a trovare il Libro delle Lamine e la conoscenza che racchiude." sorrise Riario.
Beatrice non rispose, sapeva che il conte aveva ragione, era molto facile catturare la mente di Leonardo usando la conoscenza come esca. Nonostante anche lei fosse una studiosa affascinata dagli antichi misteri era meno entusiasta di queste rivelazioni, istintivamente pensò che sarebbe stato meglio liberarsi di questa ricerca appena avuta l'occasione.
Riario si sporse verso di Beatrice: "È un peccato vedere i Vostri bellissimi occhi così tristi."
Riario allungò una mano e fece per accarezzarle il viso ma lei gli bloccò il polso e lo abbassò con forza.
"Non Vi azzardate signorina..."
"Voi non Vi dovete azzardare a toccarmi." ringhiò lei.
"Altrimenti?" chiese lui divertito dal cipiglio orgoglioso di lei "Sono curioso, quali rischi potrei correre? Devo forse temerVi?"
Beatrice sostenne il suo sguardo: "Non dovete temere me, ma Vostra moglie. Ho sentito dire che madonna Caterina Sforza è una donna lesta con la spada."
Riario scoppiò a ridere: "Come se a mia moglie importasse! Il bello dei matrimoni politici è che non richiedono né sentimenti né fedeltà, necessitano solo di una buona dose di sopportazione reciproca. E più le sto lontano più Caterina è felice, nemmeno lei è stata entusiasta di questo matrimonio." alzò le spalle "Quindi tornando a noi, escludendo mia moglie, quali rischi corro?"
Beatrice fece per alzarsi ma le mani di Riario le bloccarono con forza le braccia contro i braccioli della sedia: "Sapete cosa penso? Io penso di non dover temere nessun pericolo se decidessi di averVi Beatrice, perché Voi non siete sicuramente in grado di impedirmelo. Dovrei temere uno scricciolo come Voi?"
"Ho ucciso due uomini durante l'assedio a palazzo Medici..." azzardò Beatrice.
Riario la interruppe: "Che paura!" ridacchiò "Se dovessi portarVi a letto Beatrice vedrò di assicurarmi che non abbiate addosso un coltello, beh, che non abbiate addosso nulla in effetti." 
Beatrice a quelle parole gli sputò in faccia, Riario ne fu stupito, la guardò per un istante e poi si allontanò da lei, prese dalla tasca un fazzoletto e si pulì la guancia, ridacchiò: "Sarà molto divertente insegnarVi le buone maniere."
In quel momento bussarono alla porta, Beatrice prese un profondo respiro, quell'interruzione era davvero provvidenziale.
"Avanti." disse Riario.
"Perdonatemi mio signore, c'è Leonardo Da Vinci, chiede di Voi." disse il giovane soldato.
"Molto bene. Rimani qui con la signorina, sorvegliala fino a che non torno." ordinò il conte uscendo dalla sagrestia.
Leonardo e Zoroastro lo aspettavano nella chiesa, davanti all'altare.
Riario li raggiunse, sorridendo: "Siete stati rapidi."
"Vi abbiamo cercato a palazzo Medici e lì un Vostro soldato ci ha detto di seguirlo, che ci avrebbe portato da Voi."
"Ho dato disposizione che se Vi foste fatto vivo avrebbe dovuto condurVi da me, sapevo sareste venuto a cercarmi." lanciò uno sguardo a Zoroastro "Vi portate dietro la scorta Da Vinci?"
Zoroastro alzò le spalle e non rispose, Leonardo disse: "Sono qui con le migliori intenzioni conte."
"Non stento a crederlo." sorrise Riario.
"Il mio allievo, Nico, mi ha riferito che avete fatto arrestare mia sorella." disse Leonardo "Vorrei sapere il motivo."
"Suvvia Da Vinci." Riario scosse la testa in segno di rimprovero "Vogliamo davvero perderci in questi inutili convenevoli?"
Leonardo si morse una guancia, guardò Zoroastro, poi rispose: "Avete ragione, so perché l'avete presa, ma credetemi, c'è stato un malinteso. Beatrice non sa nulla, e fino ad oggi nemmeno io ero a conoscenza..."
Riario lo interruppe: "La donna, Leda, l'avete incontrata?"
"Sì. È venuta a casa mia, giuro che non la vedevo da quando ero un bambino, la credevo morta. Oggi ci ha raccontato la sua storia, e ci ha consegnato la mappa di cui mi avete parlato."
"Interessante coincidenza."
"Si sentiva braccata, per questo ha deciso di agire." spiegò Leonardo, aprì la giacca di pelle nera che indossava, dentro vi aveva nascosto la pergamena "Questa è la mappa, me l'ha consegnata prima di andarsene, voleva che io e Beatrice la conservassimo." la porse a Girolamo.
"L'ha disegnata lei?" chiese Riario senza prendere la mappa.
"Lei me l'ha solo data." rispose Leonardo continuando a tendere il braccio verso il conte.
Riario continuò a fissarlo negli occhi, guardingo: "Me la state consegnando volontariamente?"
"Non è per questo che avete sequestrato Beatrice, per fare uno scambio?" chiese Leonardo "E comunque io dovrò collaborare con Voi in questa ricerca, tanto vale non perdersi in chiacchiere."
Riario lo osservò attentamente, scrutò il suo viso per capire se si potesse fidare, nel frattempo Zoroastro, in apnea, guardava il conte convinto che non avrebbe abboccato e che li avrebbe fatti uccidere tutti e due.
Per fortuna la paura di Zoroastro  venne dissipata dal sorriso soddisfatto del conte: "Il Libro delle Lamine Vi affascina, non è così Da Vinci? Sapevo che sareste venuto spontaneamente per collaborare."
Leonardo sorrise nervoso: "Voglio sapere di più su questo mistero, e risolverlo." 
"Non chiedo di meglio." rispose Riario prendendo la mappa per guardarla.
Zoroastro riprese a respirare, il loro piano aveva funzionato, il conte stava ammirando compiaciuto la pergamena.
"Ora conte, potrei portare a casa mia sorella?" azzardò Leonardo "Credo di doverle molte spiegazioni."
"Sa già tutto." rispose tranquillo Girolamo "Mercuri le ha raccontato ogni cosa."
Zoroastro e Leonardo si guardarono preoccupati, speravano di poter parlare loro con Beatrice per cercare di rendere il colpo meno duro, e invece lei lo aveva saputo da Mercuri e Riario, che di certo non avevano usato alcun tatto nel dirle la verità. 
"Ad ogni modo potete andare, e potete portare Beatrice con voi. Uscite, lei vi raggiungerà fuori." ordinò il conte "E domani mattina ci vedremo a palazzo Medici, abbiamo molte cose da organizzare." e tornò verso la sagrestia.
Una volta usciti dalla chiesa Zoroastro disse: "Come l'avrà presa?" 
"Conosci Beatrice, l'avrà presa malissimo." rispose Leonardo "Di sicuro Mercuri non è stato delicato. Mia sorella ha sofferto molto per l'assenza della madre, e scoprire che è viva e che la ha abbandonata..." si interruppe vedendo arrivare Beatrice. La ragazza uscì dalla chiesa e andò verso di loro. 
Leonardo le andò incontro e la abbracciò: "Come stai sorellina?" chiese.
Lei lo strinse e mormorò: "Bene." 
Suo fratello si staccò, la guardò, era evidente che aveva pianto: "Sistemeremo ogni cosa Bea, vedrai."  La ragazza annuì, senza parlare.
Zoroastro si avvicinò, le accarezzò i capelli e fece scivolare la mano sulla sua guancia, dopo di che la strinse forte mormorando qualcosa, le baciò le testa castana, Beatrice lo abbracciò sua volta, rimase tra le sue braccia per qualche istante, respirando profondamente.
Leonardo li guardò, e notò che c'era qualcosa in quell'abbraccio, non riusciva a capire cosa fosse, ma non era come le altre volte che li aveva visti vicini, era diverso.
Fu Beatrice a sciogliere l'abbraccio: "Andiamo a casa." disse, e i tre si incamminarono verso la bottega. 
Rimasero in silenzio per molto tempo, poi Beatrice chiese: "Le somiglio?"
Leonardo e Zoroastro si guardarono, fu il secondo a rispondere: "Ecco...no, non vi assomigliate molto fisicamente. Lei ha i capelli neri, gli occhi nocciola...dice che hai ereditato gli occhi verdi da sua madre..."
"Che persona è?" 
"È particolare." tergiversò Zoroastro "Sembra molto seria, fredda. Ma immagino dipenda da quello che è successo, dalla vita che ha condotto in questi anni..."
Beatrice si fermò e lo guardò negli occhi: "Fuori dai denti Zo." disse pretendendo una risposta chiara.
Zoroastro la guardò: "Mi sta sulle palle." ammise.
"ZO!" lo rimproverò Leonardo dandogli una pacca sulla testa.
"Ahi! Me lo ha chiesto lei!" 
"Ma non...potevi essere più diplomatico?"
"Io? Diplomatico?" chiese Zo.
"Va bene così Leo, non preoccuparti. Perché non ti piace?" chiese Beatrice, apprezzava la sincerità di Zoroastro.
Leonardo guardò l'amico, ti prego, non dire quella cosa, lo supplicò con gli occhi.
Ma Zoroastro non poteva mentirle: "È tornata da te e Leonardo per portare a termine la sua missione. Ho come l'impressione che tenga di più al Libro delle Lamine che a voi due." 
Ecco, fantastico, glielo ha detto, pensò Leonardo. 
Beatrice si mordicchiò il labbro inferiore, sospirò e annuì.
Zoroastro aggiunse: "Però è la mia opinione...forse parlando con lei capirai cose che io non riesco a vedere." era evidente che stava cercando di rattoppare il suo discorso per rendere meno amara la verità per Beatrice, gli dispiaceva vederla così affranta.
Lei lo capì, gli sorrise: "Va bene, grazie Zo." posò lo sguardo su suo fratello "E tu, cosa ne pensi di lei?"
Leonardo scosse la testa: "È diversa dalla Leda dei miei ricordi, quando ti ho parlato di lei ti ho descritto una donna allegra, dolce, sempre solare, insomma, era come se descrivessi te." le disse strappandole un sorriso "Ma questa Leda...è fredda, e come ha detto Zo probabilmente sono stati gli eventi a renderla così."
Beatrice abbassò lo sguardo, come se la domanda che stava per fare fosse difficile da esprimere: "Vuole conoscermi?"
"Immagino di sì, lei...beh, voleva parlare con entrambi..." rispose Leonardo "Appena ci avrà fatto sapete dove si è nascosta ti porteremo da lei." 
Bea fece spallucce, annuì, senza aggiungere altro riprese a camminare con passi spedito verso la bottega, Leonardo e Zoroastro si lanciarono l'ennesimo sguardo preoccupato e la seguirono.

Mercuri seguì Riario fuori dalla chiesa: "Credete sia stato saggio lasciar andar via la ragazza?" chiese mentre montavano a cavallo "Potevamo tenerla in ostaggio."
"Non abbiano bisogno di lei per costringere l'artista a lavorare per me, è rimasto affascinato dal Libro, lo vuole trovare."
"Non voglio sembrare irriverente, ma non Vi è sorto il dubbio che stesse fingendo?" chiese Mercuri spronando il cavallo a mettersi in cammino.
Riario fece lo stesso, gli sorrise: "È venuto qui convinto di interpretare un ruolo. Ma la verità è che il suo interesse è reale, il Libro delle Lamine ha catturato la sua mente. Ha finto di provare un coinvolgimento che lo pervade per davvero, solo che forse ancora non lo sa." scoppiò a ridere.
Mercuri sorrise soddisfatto: "E cosa facciamo con la donna? Dobbiamo ancora cercare Leda?"
Riario lo guardò: "Abbiamo la mappa Lupo, escludo che Da Vinci mi abbia consegnato un falso, Ve l'ho detto, vuole trovare il Libro e sa che io posso fornirgli i mezzi. Lei non ci serve più ormai, era il veicolo della mappa." notò una certa delusione sul voltò dell'archivista, così aggiunse "Ma se volete trovarla per via dei Vostri trascorsi personali Vi lascio libero di farlo."
Lupo, allietato da queste parole, fece un inchino con la testa e gli sorrise.

La notte era ormai calata cupa su Firenze, Beatrice e Zoroastro erano davanti alla taverna del Corvo Gracchiante, lei fissava l'insegna.
"È sicuramente questa." Zo indicò la tavola di legno su cui era disegnato un corvo in volo.
Leda aveva lasciato la bottega e poco dopo, chissà in che modo, aveva fatto scivolare un biglietto sotto la porta di Da Vinci, su esso aveva disegnato lo stesso uccello dell'insegna.
"Vedi l'ala destra? La pittura è così rovinata che non si vede quasi più, Leda l'ha disegnata uguale. Deve essere qui." commentò Zoroastro.
"E come la troviamo? Non sarà certo seduta a un tavolo a bere."
"Sul biglietto ha scritto 2/5. Immagino voglia dire secondo piano, quinta porta, proviamo." rispose Zoroastro, guardò Beatrice, era agitata, le prese una mano tremante nella sua "Senti, non sei obbligata a farlo già stanotte, possiamo tornare domani."
Lei intrecciò le sue dita con quelle di Zo, deglutì: "Ho passato un'intera vita chiedendomi come lei fosse, tormentando Leonardo perché mi riferisse i suoi ricordi su mia madre. Ora ho la possibilità di conoscerla, di scoprire da sola com'è. Voglio farlo, adesso." disse guardandolo negli occhi.
Zoroastro annuì, si chinò su di lei e la baciò sulla bocca sfiorando con le dita dell'altra mano la sua gota, le ricambiò il suo bacio, gli sorrise quando si staccò da lei. Entrarono nella taverna e con circospezione salirono le scale, arrivarono al secondo piano. 
La quinta porta era in fondo al corridoio, una volta era stata colorata di giallo, ora il legno era sbiadito. Beatrice bussò, nessuno rispose. Bussò di nuovo e questa volta una voce di donna chiese chi fosse.
Beatrice sussultò, era sua madre, la sua voce. Fu Zoroastro a rispondere: "Zoroastro. C'è qui Beatrice...vorrebbe entrare."
Sentirono la serratura scattare, e la donna disse loro di entrare.
"Io ti aspetto qui principessa." la baciò di nuovo.
Lei annuì, ed aprì la porta e la chiuse dietro di sè.
Le due donne, per la prima volta dopo il giorno della nascita di Beatrice, erano nella stessa stanza, insieme. Entrambe in piedi, ai due lati della camera, si studiarono.
Leda guardò sua figlia, le sorrise, le veniva da piangere: "Ciao, Beatrice."
"Ciao." mormorò la ragazza.
La donna squadrò Beatrice da capo a piedi, ogni piega del vestito porpora che indossava, ogni ciocca di capelli castani, ogni guizzo dei suoi occhi verdi.
"Sei diventata davvero bella sai?" disse "Mi ricordi tanto mia madre da giovane...devi aver preso da lei..."
"Può darsi." rispose Beatrice, a sua volta la osservò. I capelli di Leda, raccolti in una treccia, dicevano essere stati neri come l'ebano un tempo, e i suoi occhi nocciola erano brillanti e ben truccati, quasi orientali nello stile, come lo era il vestito blu e oro che indossava.
"Siedi, ti prego." Leda le indicò una poltroncina, Beatrice si sedette, sua madre si mise su un'altra accanto a lei "Immagino avrai tante domande."
Bea annuì: "Mi hanno raccontato ogni cosa, Leonardo e Zoroastro mi hanno spiegato quello che è successo. A dire il vero il primo a dirmi tutto è stato Mercuri, ma non importa."
"Importa invece. Avresti dovuto scoprirlo in modo diverso."
"Perché, esiste un modo migliore di questo?" chiese Beatrice "Niente avrebbe reso questa notizia più accettabile."
"Forse hai ragione."
Rimasero in silenzio qualche istante, poi Leda chiese: "Pensavo che ti avrebbe accompagnata Leonardo. Aveva da fare?"
"No. Ho chiesto io a Zo di venire con me. Perché?"
"No, niente, curiosità." rispose. Zoroastro non le piaceva, non solo per come si rivolgeva a lei ma anche per quello che era. Aveva indagato e in poche ore aveva scoperto molte cose su di lui, sulla sua carriera criminale e libertina. Ma non voleva a dirlo a Beatrice, dalla finestra della stanza li aveva visti tergiversare fuori dalla taverna, aveva visto il bacio che si erano dati. Vista la situazione delicata non era il caso di dire a sua figlia che non approvava l'uomo che si era scelta.
"Quindi nonno Aronne e nonna Rachele non erano i tuoi genitori." chiese Beatrice.
"No. Ma erano molto amici della mia famiglia, mi hanno accolta come se fossi una figlia."
"Intendi dire dopo che Mercuri vi ha traditi?"
Leda annuì: "Sì. Ho perso tutti, i miei genitori, i miei fratelli. I Sabatini sono stati una famiglia per me, come immagino lo siano stati per te."
"Sì, mi hanno amata tanto, e io ho amato loro." rispose Beatrice, poi, con nervosismo, chiese: "Perché non ti sei più fatta viva? Voglio dire, so che hai dovuto nasconderti ma...insomma, in ventidue anni non si è mai presentata l'occasione per tornare?"
Leda la fissò, sua figlia sapeva come andare dritta al punto: "Ho pensato spesso di tornare qui e portare via con me sia te che Leonardo. Ma sarebbe stato un rischio, sareste stati costantemente in pericolo."
"Ma tu ci avresti protetto, tenuti al sicuro." disse Beatrice.
"Era già complicato riuscire proteggere me stessa, alla fine ho creduto che lasciarvi a casa di vostro padre fosse la soluzione migliore, con lui sareste stati bene." rispose Leda "Non è stato così?" chiese titubante.
Beatrice fece una smorfia: "Non proprio." la guardò intensamente negli occhi "Sua moglie ci detestava, i ragazzini del paese ci tormentavano perché eravamo dei bastardi. Ogni occasione era buona per rinfacciarmi di averti uccisa venendo al mondo, oppure dicevano che ero talmente brutta che piuttosto che prenderti cura di me avevi preferito morire..." la voce le tremò "...forse con te saremmo sempre dovuti scappare, ma almeno tu ci avresti trattati bene, non ci avrebbero mai derisi se fossimo stati con te, con una madre che si prende cura dei suoi figli."
Leda sentì il cuore avvilupparsi su se stesso sentendo quelle parole: "Mi dispiace tanto Beatrice che voi abbiate sofferto così tanto, che tu abbia sentito cose tanto orribili."
Beatrice mormorò: "E tu? È stato difficile lasciarmi?"
"Certo che lo è stato! Non c'è stato giorno in cui non abbia visto i tuoi occhi sul viso di una bambina o di una fanciulla incrociata per strada." le disse "Mi sono spesso chiesta cosa stessi facendo, che donna fossi diventata." abbassò lo sguardo "Ma non potevo rischiare portandovi con me, avrei messo a repentaglio ogni cosa."
Beatrice stupita chiese: "Che vuoi dire? Non capisco."
"Se gli uomini del Papa mi avessero trovata avrebbero fatto di tutto per ottenere la mappa, se la sarebbero presa con voi per indurmi a parlare." rispose Leda "Lasciarvi a vostro padre era l'unico modo per tenervi al sicuro ed evitare di essere ricattabile in caso mi avessero catturata."
Beatrice spalancò gli occhi: "È per questo che mi hai abbandonata? Per non rischiare di rivelare informazioni?"
Leda la guardò, stupita dalla sua reazione: "La priorità per i Figli di Mitra è la salvaguardia delle reliquie più preziose. Ognuno di noi sa che quando ci viene affidato questo compito non c'è nulla di più importante. Mio padre non avrebbe esitato a sacrificare ognuno di noi per proteggere il Libro delle Lamine. Non pensare che lui non ci amasse, ma in caso di necessità non avrebbe avuto dubbi su cosa mettere al primo posto."
"Tale padre tale figlia." commentò Beatrice scuotendo la testa "Zo aveva ragione, non sei tornata per me e per Leonardo."
"Ceto che sono tornata per voi!"
"Sì, per affidarci la mappa, per farci trovare e proteggere il Libro! Quando ho scoperto che non eri morta ero scioccata, ferita, ma per un millesimo di secondo sono stata felice, perché eri viva, e io speravo che fossi tornata perché..." le parole le morirono in gola, si passò una mano sul viso "Ma almeno mi vuoi bene, vuoi bene a me e Leonardo?" chiese tutto d'un fiato.
Leda la osservò, sospirò: "Non mettere in dubbio l'affetto che provo per voi Beatrice, mai. Ma amare un figlio o chiunque altro è un lusso che non mi posso concedere."
"Un lusso?" esclamò Beatrice.
"Amare ci rende vulnerabili. Ciò che amiamo diventa il nostro punto debole, e se il nostro nemico scopre il nostro tallone d'Achille può colpirlo, e sconfiggerci. Amare intensamente qualcuno è uno svantaggio Beatrice."
"Quello che dici non ha senso per me. Le persone che amo non mi rendono debole, anzi, mi danno forza, per loro sarei capace di fare qualsiasi cosa."
"Ed è proprio questo il punto, se il tuo nemico minacciasse uno dei tuoi cari ti avrebbe in pugno, faresti qualunque cosa pur di salvarlo." insistette Leda.
"Io intendevo dire che..."
"Lo so cosa intendevi, ed è normale che ragioni in questo modo, sei giovane ed ingenua." la interruppe Leda "Credi che il Bene trionferà sempre sul Male, che i cattivi un giorno avranno ciò che si meritano, ma il mondo non va sempre così. Spesso sono i buoni a soccombere, e i malvagi continuano a vivere senza espiare le loro colpe."
"E quindi dovrei diventare cinica ed egoista come te?" ringhiò Beatrice fissandola negli occhi "Non darmi lezioni di vita, non ne hai il diritto."
Leda la guardò, si morse un labbro: "Hai ragione, non sono qui per insegnarti a vivere." sospirò "Sapevo che una volta scoperto che ero viva non mi avresti buttato le braccia al collo ma pensavo che avresti capito la mia posizione. Non credevo mi saresti stata così ostile."
Beatrice si alzò dalla poltrona e disse: "Beh considerando il tuo discorso dovresti esserne felice Leda, se mi affezionassi a te sarei vulnerabile. Alla fine hai avuto ragione tu." si voltò e si diresse verso la porta.
"Un giorno Beatrice capirai che alcune cose hanno e avranno sempre la priorità su altre, capirai cosa è davvero importante." le disse Leda mentre la ragazza apriva la porta.
Beatrice si fermò e si voltò verso la madre: "Io so già cosa è importante per me Leda, so già cosa devo mettere al primo posto." rispose, e uscì chiudendo dietro di sé la porta.
Beatrice nel corridoio si appoggiò al muro, chiuse gli occhi e respirò profondamente.
Zoroastro si avvicinò a Beatrice, le chiese: "Tutto bene principessa?"
Lei scosse la testa, si massaggiò le braccia come se sentisse freddo, e rispose: "Avevi ragione tu. Torniamo a casa." si avviò verso le scale per uscire da quella taverna.

Angolo dell'autrice: 
Poca azione in questo capitolo, lo so. È più un capitolo di passaggio, servono pure loro. :)
Grazie grazie grazie per le passate recensioni!!! 
A presto.
VerdeIrlanda 

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Capitolo 10
*** Sull'amore. ***



Il sole era alto nel cielo fiorentino, e Beatrice era già a palazzo Medici, negli appartamenti di Clarice.
"Questo decotto sarà una manna quando inizieranno le nausee." disse la Orsini.
"Bevetene ogni volta che ne sentirete il bisogno." suggerì Beatrice "Come Vi sentite?"
"Mi sento in forma, felice." sorrise la donna "Forse perché non sono ancora gonfia come una palla!" rise.
Bea ridacchiò: "Ne sono lieta Clarice. Faremo ogni cosa affinché vada tutto bene."
La Orsini le chiese se avesse voglia di fare due passi nel giardino, Beatrice acconsentì.
Immerse nella quiete dei cespugli in fiore le due donne chiacchierarono a lungo, fino a che quel pacifico momento non fu interrotto dall'arrivo del conte Riario.
"Buongiorno signore."
Né Clarice né Beatrice erano felici di quell'interruzione, tuttavia lo salutarono con cortesia.
"Conte Riario, buongiorno, credevo foste in riunione con mio marito."
"Abbiamo già discusso a sufficienza per oggi, e a breve mi incontrerò con il fratello della signorina Da Vinci." sorrise a Beatrice "Abbiamo molte questioni da trattare."
Bea si limitò ad alzare le spalle: "Lo immagino."
"Sono certa che Voi e Da Vinci troverete la miglior strategia per tenere al sicuro la città." disse Clarice.
"Oh lo faremo. Non c'è niente che desideri di più che mantenere la pace e la serenità nella Vostra città mia signora."
Farabutto, pensò la Orsini, ma gli sorrise con candore.
Grünwald arrivò alle spalle del conte, fece un rapido inchino alle due donne e disse: "Mio signore, perdonate l'interruzione, ma l'artista è arrivato."
"Molto bene, puntuale come speravo."
"Lui e il suo aiutante Vi aspettano in laboratorio."
"Aiutante?" 
Grünwald rispose: "Sì, quel delinquentello, Zoroastro mi pare."
Riario fece una smorfia a quel nome, avrebbe preferito il remissivo Nico: "Li raggiungo subito." e fece cenno a Grünwald di congedarsi.
"Problemi, conte?" chiese Clarice che aveva colto il suo disappunto.
"Oh, nulla di grave. Solo che non comprendo perché Da Vinci si circondi di certa gente." guardò Beatrice.
Clarice si morse la lingua per aver introdotto l'argomento, cercò di rimediare: "Leonardo sa sicuramente cogliere il valore dei suoi collaboratori."
"Non vedo dove si possa trovare un briciolo di valore in un piccolo truffatore senza Dio," rispose Riario.
"Non permetteteVi di parlare così di Zoroastro." intervenne Beatrice.
"Quanto Vi scaldate per quello sciatto figlio dei mori." la punzecchiò Riario, con successo.
Beatrice scattò verso di lui: "Non chiamatelo così!" Clarice la bloccò per un braccio.
"Conte, Vi attendono." disse la Orsini con sguardo eloquente.
Riario ridacchiò: "È vero, meglio che vada. Madonne, è stato un piacere. Spero di rivedervi presto." e si allontanò per rientrare nel palazzo.
Beatrice sbuffò: "Che essere orribile...perdonatemi Clarice, non volevo dare spettacolo."
"Vi ha chiaramente provocata." la giustificò la donna "Posso chiedere perché siete scattata a quell'epiteto?"
Beatrice sospirò, le due donne si sedettero su una panca di legno vicino ai cespugli di rose: "È il modo in cui veniva apostrofato Zoroastro quando eravamo ragazzini." spiegò Beatrice "Lui con gli anni è diventato meno sensibile a riguardo, anche se devo ammettere che qualche scazzottata la fa ancora quando, raramente, lo chiamano così."
"Deriva dal suo aspetto moresco? Ha dei tratti e dei colori tipici del medio oriente."
"Non è proprio per questo, anche se effettivamente le sue origini hanno a che fare con esso." raccontò Beatrice "Sua madre, Violetta, lavorava come cameriera in una taverna alla periferia di Peretola. Una sera tre turchi, mezzi ubriachi, le fecero proposte indecenti e volgari, il taverniere li mise in riga e li cacciò. Ma loro aspettarono che Violetta finisse di lavorare, la seguirono e quando furono certi di essere soli la aggredirono. La violentarono a turno."
Clarice scosse la testa, inorridita.
Beatrice continuò: "Rimase incinta di Zo quella notte. E quando lui nacque tutti già sapevano del suo concepimento."
"E i più cattivi iniziarono a chiamarlo con quel triste nomignolo." concluse Clarice.
"Oh non furono i bulletti del paese a chiamarlo così, fu sua madre a dargli questo epiteto."
"Cosa? Sua madre?" chiese sconcertata Clarice.
"Violetta non ha mai perso l'occasione per ricordare a Zoroastro la sua origine. Gli diceva che era figlio di tutti e tre i mori che l'avevano stuprata, come se il loro seme si fosse unito in lei per creare un mostro. Lo accusava di aver perso tutto con la sua nascita, non aveva più il rispetto della gente ed era stata lasciata dall'uomo che doveva sposarla. Per questo, a detta sua, aveva lasciato Peretola per trasferirsi a Vinci."
"Come può una madre essere tanto cattiva?"
"Violetta non voleva tenere Zoroastro, voleva abortire per salvare le apparenze e il matrimonio imminente, ma fu obbligata dai genitori a partorire. E credo che quella notte le abbia sconvolto la testa...certo non la giustifico per il male che ha fatto a Zo." disse Beatrice, pensò che riguardo alle madri lei e Zoroastro erano proprio cascati male.
"No, niente può giustificare tanto odio. E dunque è così che ha conosciuto voi."
"Sì, conobbe Leonardo qualche anno dopo e divennero inseparabili. Passava più tempo a casa nostra che nella sua, il che era logico vista l'atmosfera che regnava a casa del Cacciatore."
"Il Cacciatore?"
"Sì, il patrigno di Zoroastro, mi pare si chiamasse Stefano ma tutti lo chiamavano citando il suo mestiere." rispose Beatrice "Era un uomo orribile. Si era invaghito di Violetta, lei era molto bella, e così lei lo aveva sposato nonostante fosse un bruto, pur di guadagnare un briciolo di rispetto e un tetto sicuro. Era un mostro con Zo, lo picchiava, lo insultava, e Zoroastro non è mai stato tipo da starsene zitto a subire, reagiva, e il Cacciatore lo picchiava più forte. Zo difendeva sua madre, i suoi fratelli, e si prendeva una scarica di legnate per tutti. Non so quante volte è venuto a casa nostra con lividi e tagli."
"Zoroastro ha dei fratelli?" 
"Uno è il figlio che Violetta ha avuto dal Cacciatore, l'altro lo aveva avuto lui dal primo matrimonio." spiegò Beatrice, non si ricordava nemmeno i loro nomi "Alla fine quel bruto lo ha cacciato di casa, sua madre non si è nemmeno opposta, e Zo si è trasferito a Firenze con Leonardo."
Clarice scosse la testa: "Terribile. Ma in tutto questo orrore Zoroastro ha trovato voi due, una famiglia che lo apprezza e che gli vuole bene."
Beatrice sorrise: "Sì, è vero."
"E a questo proposito..." chiese maliziosa Clarice "Come vanno le cose tra di voi?"
Beatrice ridacchiò: "Direi...bene, sì, decisamente bene." rispose, in effetti l'arrivo di sua madre stava rendendo le cose complicate per tutti, ma nonostante questo sentiva Zoroastro più vicino che mai.
Mentre le due donne parlavano Riario si era incontrato con Da Vinci e Zoroastro.
L'argomento del loro incontro fu ovviamente la ricerca del Libro delle Lamine.
Il conte ammirò la mappa che Leonardo gli aveva consegnato spacciandola per autentica: "Dobbiamo individuare i parametri per codificare queste coordinate, se riusciamo a capire la geografia qui disegnata sarà facile trovare il Libro."
"Avete qualche idea a cosa si riferisca?"
"Potrebbe essere qualunque posto sulla faccia della terra." disse Girolamo "Ma sono sicuro che facendo qualche ricerca troveremo la soluzione. Basterà trovare dei riscontri."
"Da dove dobbiamo cominciare?" chiese Leonardo.
"Studiate ogni cartina geografica che sia stata disegnata, anche le più antiche. È fate ricerche su questi simboli." picchiettò l'indice sulla pergamena "Sono sicuramente degli indizi." 
Leonardo annuì: "Ho numerose cartine in bottega..."
"Allora le trasferirete qui. Pretendo che la mappa non lasci questo laboratorio, vi farò appostare di guardia un mio soldato." disse Riario.
"Non eravamo alleati?" chiese Zoroastro.
"Io non mi fido dei miei alleati." rispose il conte gelido.
Leonardo alzò le mani: "Faremo come volete." tanto, pensò, avete in mano una mappa fasulla "C'è altro che possiamo fare per Voi?"
"Per intanto no, fate le Vostre ricerche e se trovate spunti interessanti fatemelo sapere. E Vi farò chiamare se mi servirete con urgenza." rispose Riario.
"Ottimo. Tanto sapete dove trovarci." disse Leonardo mentre afferrava la giacca di pelle nera, pronti ad uscire seguito da Zoroastro.
"Oh, Voi di sicuro. E anche il Vostro amico, non ho dubbi su dove trovarlo, basterà bussare alla camera da letto di Vostra sorella." rispose sprezzante il conte.
Leonardo a quelle parole si voltò, fissò Zoroastro, poi il conte, di nuovo il suo amico: "...chiedo scusa?" Zoroastro si morse una guancia vedendo la reazione dell'amico "No, un momento. Tu e Beatrice..."
"Ne parliamo fuori." tagliò corto Zo, poi guardò Girolamo, schifoso lurido bastardo, come poteva sapere di loro due: "Ci state spiando conte?" chiese.
Riario aveva un'espressione soddisfatta sul viso: "Non lo sapevate Da Vinci?" rivolse un sorriso a Zoroastro "Ho uomini dappertutto, caro il mio cagnolino da guardia." 
Zo dovette trattenersi dal tirargli un pugno in faccia, disse solo: "Andiamo Leo." ed entrambi uscirono dal laboratorio e lasciarono il palazzo.
Una volta fuori Zoroastro si fermò vicino a una fontana.
"Perché ti fermi?"
"Abbiamo detto a Bea che chi usciva per primo aspettava gli altri. Ricordi?" rispose Zoroastro "Senti Leo, mi dispiace che tu lo abbia saputo in questo modo..."
"Da quanto tempo voi due...fate qualunque cosa facciate?" chiese Leonardo.
Zo sospirò e rispose: "Era da un po' che tra noi stava cambiando qualcosa, insomma, ci guardavamo in modo diverso...comunque il primo approccio è stato quando abbiamo riportato Lorenzo a palazzo dopo la congiura."
"Così tanto! E non mi avete detto nulla!"
"Non è che lo abbiamo fatto apposta! Dopo è successo di tutto, è arrivata Leda, Riario ha rapito Bea, tutto si è complicato." rispose Zo "Mi dispiace, hai ragione, forse dovevamo dirtelo subito."
Leonardo abbassò lo sguardo: "La ami?"
Zoroastro annuì: "Sì, molto." cercò di catturare con uno sguardo gli occhi di Leonardo ma non ci riuscì "È un problema per te?"
"No, non lo è, perché dovrebbe." disse Leonardo.
"Leo, senti, capisco che possa darti fastidio, insomma, per quello che è successo tre anni fa..."
"Non c'è nessun problema Zo." Leonardo lo guardò negli occhi "Davvero, io sto bene, mi spiace solo averlo saputo da Riario, in quel modo." sorrise all'amico "D'altronde me lo avevi detto no?"
Zoroastro alzò un sopracciglio: "Cosa avrei detto?"
"Che avresti potuto sposare un Da Vinci solo avesse avuto un bel paio di tette." 
Entrambi scoppiarono a ridere.
In quel momento arrivò Beatrice, li vide: "Per cosa ridiamo?" chiese avvicinandosi.
Leonardo le sorrise: "Nulla, solo...Riario sa di te e Zoroastro."
"Oh." disse preoccupata Beatrice "E questo vi fa ridere?"
"No, no." disse Leo "È che...lascia stare."
Zoroastro le riferì l'infelice battuta del conte, Beatrice scosse la testa: "Mi dispiace...avremmo dovuto dirtelo io e Zo."
"Non fa niente. Questi ultimi giorni sono stati caotici." disse Leonardo, insieme si diressero alla bottega "A proposito, ho riflettuto su quanto mi hai riferito stamattina, su quanto ti ha detto Leda. Certo che è sconcertante la sua freddezza."
Bea annuì: "È sicuramente una donna molto forte, ma forse ormai lo è così tanto da aver dimenticato ogni sentimento."
"Sarà stata cresciuta così, ha detto che suo padre non avrebbe esitato a comportarsi come lei." disse Leonardo.
"Non è un buon motivo per essere così stronza con la figlia che non vedi da vent'anni!" esclamò Zoroastro.
Leonardo ridacchiò: "Proprio non ti piace eh?"
"Non mi fido molto di una persona che è disposta a sacrificare tutto per una reliquia." Zo fece una smorfia.
"Anche se questa reliquia fosse importante come il Libro?" chiese Leonardo "Dopotutto è un oggetto che, cadendo in mani sbagliate, potrebbe cambiare il destino del mondo."
"Allora avrebbe dovuto dimenticare la mappa, scappare via lontano e basta. Se lei non parla, se non da le giuste indicazioni, il Libro rimarrà sepolto al sicuro." disse Zoroastro.
"Lei è certa che Sisto abbia altre risorse, potrebbe comunque trovarlo, per questo vuole che venga protetto e portato al sicuro." spiegò Leonardo.
"Oddio, tu stai pensando di farlo?" chiese Beatrice fermandosi di colpo.
Suo fratello la guardò: "Non ho anche a deciso cosa fare, dobbiamo essere cauti con il conte che ci osserva."
"No, tu sei tentato di farlo." disse Beatrice "Vuoi cercare il Libro, vuoi scoprire cosa racchiudono quelle pagine." lo guardò con rimprovero.
Leonardo allargò le braccia: "E se anche fosse?"
"Leo!" esclamò Zoroastro.
"Possiamo parlarne in bottega?" sibilò Leonardo incamminandosi.
Arrivati a casa Beatrice non diede nemmeno il tempo a Leonardo di togliersi la giacca: "Non vorrai davvero assecondare Riario in questa cosa?"
Leonardo rispose: "Asseconderei Leda, non Riario."
"Di male in peggio." borbottò Zoroastro.
"Ascolta Leo, io non so quali siano le reali intenzioni di mia madre, e nemmeno tu lo sai. Prima di fare mosse avventate dobbiamo capire molto su di lei e sui Figli di Mitra."
"Va bene, cerchiamo informazioni su questa congregazione." disse Leonardo "Lo trovo sensato."
"Lo so che ti affascina questa storia. Un libro misterioso, poter accedere a una grande fonte di conoscenza. Ma non farti rapire troppo." consigliò Beatrice.
"Tu non sei interessata al Libro?" chiese Leonardo.
"È ovvio che lo sono, amo i misteri quanto te. Il problema è che in questa faccenda hanno messo lo zampino il Papa e il suo feroce nipote, e se scoprono che non li stiamo davvero..." abbassò la voce ad un sussurro "...che non li stiamo davvero aiutando potrebbero farci del male. Non possiamo mica fare una finta ricerca per Riario e una ricerca autentica per conto nostro!"
Leonardo si guardò attorno con sguardo vago.
"No, non dirmi che era questo il tuo piano." chiese Beatrice stupita, vide l'espressione colpevole sul volto del fratello "Era questo?" esclamò spalancando la bocca dalla sorpresa.
Zoroastro ridacchiò: "Certo che per essere uno che si definisce un genio ne pensi di stronzate."
"È un piano provvisorio." protestò Leonardo.
"In questo momento ho voglia di picchiarti con quel pipistrello imbalsamato che tieni sopra la scrivania." disse Beatrice socchiudendo gli occhi.
"Ma perché...oh...siate più fiduciosi accidenti!" disse Leonardo "Vi prometto che non farò nulla di avventato fino a che non avremo informazioni certe, va bene?" 
Zoroastro disse alzando le spalle: "Va bene."
"Sarà meglio." rispose Beatrice "Oppure te la vedrai con me e con il chirottero impagliato."
Poco dopo Zoroastro lasciò da soli i fratelli Da Vinci, andò a chiamare e Nico per aiutarli, dovevano iniziare la ricerca sulle cartine geografiche.
Leonardo borbottò: "Così...tu e Zo, eh?"
"Già. Io e Zo." disse Beatrice "Vuoi chiedermi qualcosa a riguardo?"
"No, beh, avevo notato qualcosa di differente tra voi due." 
"Leo, sei sicuro che la cosa non ti infastidisca?"
"Sì, sì, io sono contento per voi due, davvero, perché?"
"Per via di quello che è successo tre anni fa." rispose lei.
Leonardo spalancò gli occhi, era sorpreso: "Tu lo sai?"
Beatrice sorrise: "Certo che lo so."
"Come fai a saperlo?"
"Io e Zoroastro ci diciamo tutto da sempre." rispose Beatrice "Ti stupisce che mi abbia detto di voi due? È strano che TU non me ne abbia mai parlato."
Leonardo si morse un labbro, respirò profondamente: "Non sapevo se dirtelo o no. Non me ne vergogno, assolutamente! Ma non sapevo come avresti reagito."
"A me non importa con chi vai a letto Leo." rispose Beatrice "Anzi, quando Zo me lo disse ho pensato che in fondo lui era stato la relazione più sana che avessi mai avuto!" 
Leonardo rise: "Non credo si possa parlare di relazione...non abbiamo avuto una storia. Siamo solo stati insieme un paio di volte."
"Lo so." rispose Beatrice "Ma forse Zo è l'unica persona a cui tu sia affezionato davvero in quel senso."
"Non sono innamorato di Zo." dichiarò subito Leonardo.
"Davvero?" chiese lei inclinando la testa.
"Quello che c'è tra noi è diverso dall'amore Bea, ci va vicino ma non è amore." sorrise Leonardo "Stiamo bene insieme, ci divertiamo, possiamo contare l'uno sull'altro, c'è dell'attrazione fisica, e forse della gelosia..."
"E non è forse amore questo?" rispose Beatrice con un sorriso.
Leonardo scosse la testa: "È vicinissimo, lo ammetto, ma non lo è." scrutò sua sorella "E se fosse...ne parli come se non ti desse fastidio."
Beatrice ridacchiò: "Zoroastro non è esattamente un verginello. Lo sai, è andato a letto con donne e uomini, non si è mai precluso nessuna avventura. Non dico che mi facesse piacere ascoltare i suoi racconti, o meglio, i suoi vanti, ma quando mi parlava degli uomini, non so perché, non mi dava fastidio. Poi mi irritava quando parlava delle donne!" precisò Beatrice "È strano, secondo te? Sono stata gelosa delle sue amanti femmine ma non dei maschi. Forse loro non li vedevo come dei..." non trovò la parola.
Leonardo si grattò la testa: "...dei rivali?" azzardò.
"Sì, dei rivali. Lo so, è un ragionamento stupido."
"Non è stupido, è una reazione comprensibile. Con le altre donne puoi fare dei paragoni, ma con i maschi...beh, siamo un mondo diverso." ridacchiò "Mi fa piacere che non sia un problema quello che c'è stato."
"Quello che c'è." precisò Beatrice "Almeno a livello platonico c'è ancora qualcosa. Lo vedo che vi volete bene Leo."
"E?" chiese Leonardo.
"E va bene così. So che Zo mi ama, e io amo lui."
"Sì, me lo ha detto." sorrise "E credo che ti ami così tanto da esserti fedele in eterno."
"Oh, meglio per lui. Dovesse andare con un'altra gli taglierei le palle!" risero, lei continuò "Ad ogni modo, fino a che parte del suo amore è destinato a te, per me va bene. Non mi dispiace." gli sorrise e gli strizzò l'occhio.
Leonardo la abbracciò, le diede un bacio sulla testa: "Comunque, sappi che è da allora che io e Zo non facciamo..."
"Lo so. Sto solo dicendo che non è un problema se vi volete bene." gli disse abbracciandolo a sua volta.
"Davvero? Non ti facevo così matura sorellina."
"Oh! Sono la più matura del gruppo fratellone!" gli disse, e risero di nuovo.

Girolamo Riario e Lupo Mercuri stavano cenando negli appartamenti del conte. I camerieri avevano portato del sublime cinghiale arrostito accompagnato da una incredibile varietà di verdure.
"Si può imputare tutto a Firenze, tranne che non abbiano una incredibile gastronomia." scherzò Mercuri.
Riario gli diede ragione, gustando l'ultimo boccone di carne e bevendo un sorso di Chianti per accompagnarlo. I camerieri sparecchiarono e li lasciarono soli a bere del liquore digestivo.
"State ancora cercando Leda?"
"Sì, con discrezione, sono certo che non lascerà Firenze. Non adesso almeno."
"Dovete conoscerla davvero bene per essere così sicuro." commentò Girolamo.
"Ci conosciamo da quando eravamo bambini." disse Mercuri "Ma credo di averVi raccontato dei nostri trascorsi."
"Mi avete accennato alcune cose."
"È una donna particolare, non se ne incontrano molte come lei." Lupo abbozzò un sorriso "Ricordo che da ragazzini eravamo tutti affascinati dalla sua bellezza, quei capelli corvini, gli occhi che sembravano due ambre grezze ma lucenti."
"Avevate una cotta per lei?" chiese ridacchiando Girolamo.
"Potete scommetterci!" esclamò Lupo "Tutti eravamo infatuati delle sorelle Salonicco, erano le più belle ragazze che avessimo mai visto." rise "Le stupidaggini che non facevamo per renderci belli ai loro occhi!"
"Non Vi ci vedo a fare il cascamorto Lupo." 
"Oh, io al massimo regalavo loro dei fiori, e di solito le mie traballanti attenzione erano per Leda. Vedete, lei era così pudica, dolce, gentile."
"Vi affascinavano le giovani pure e caste?" chiese Girolamo.
"Beh, sì." sorrise "Inoltre non era solo bella e casta, era intelligente, aggraziata, si dilettava nella lettura. Ammetto di aver avuto un animo piuttosto sentimentale e cavalleresco da ragazzo. Ma si parla di un'altra vita." 
"E dunque, cosa Vi fa credere che rimarrà a Firenze ancora per molto tempo?"
"Ha appena ritrovato sua figlia, le starà vicino più che potrà. Sarà stato straziante separarsi da lei, così come lo è stato perdere la sta famiglia." a causa mia, pensò "Lei e Leonardo sono l'unica famiglia che ha, non si allontanerà da loro. Cercherà di proteggerli, di salvare loro come non ha potuto salvare sua sorella e i suoi genitori."
"E perché volete ancora mettere le mani su di lei?" chiese Girolamo.
Mercuri bevve un lungo sorso di vino: "Avete mai amato così tanto che il cuore sembrava bruciare, tanto da volervelo strappare dal petto?"
Girolamo lo guardò, e scosse la testa, non aveva mai provato un sentimento così forte, era sposato ma non amava sua moglie, la rispettava moralmente ma nulla più.
"Io ho amato in questo modo, Girolamo, ho amato Leda come nessuna altra donna. E credevo che lei amasse me più dei suoi sciocchi idoli." rispose Mercuri osservando il vino rosso nel calice "Invece quando io ho deciso di accogliere l'unica vera fede grazie a Vostro zio Leda ha scelto di rimanere con la setta, con i Figli di Mitra. Si arrabbiò perfino, cercò di convincermi, mi pregò di non rivelare nulla. E quando le dissi che avevo già deciso il mio destino lei mi cacciò via, mi disse che mi avrebbe dimenticato." sospirò, poi guardò Girolamo con un sorriso gelido, che fece quasi rabbrividire il conte "Ma quando l'ho ritrovata molti anni dopo ho fatto in modo che potesse ricordarsi di me fino al momento della sua morte." tornò a guardare il bicchiere "O meglio, presunta morte."
"Già, era riuscita a fingersi morta per scappare."
"Aiutata da quei suoi amici della setta. È stato scioccante scoprire che era viva, ho visto chiaramente il viso di Leda, ci siamo guardati negli occhi per un istante prima che lei fuggisse." Mercuri ripensò a quella notte.
"Già, i Figli di Mitra vi avevano aggrediti per rubare la chiave."
"Ma per fortuna hanno fallito." Lupo fece un cenno con la mano per indicare il petto di Riario, sotto la camicia nera abbottonata fino al collo c'era una catenina a cui il conte aveva agganciato un crocifisso d'argento e la chiave nera che per anni i Figli di Mitra avevano custodito.
Riario annuì, poi chiese: "Lupo, ditelo chiaramente, volete rimettere le mani su Leda per torturarla di nuovo?" il conte era colpito da questo profondo desiderio di vendetta.
"Voglio che muoia tra le sofferenze peggiori." annuì lui "Vi sembra esagerato?"
Forse leggermente esagerato, pensò Riario, basterebbe ucciderla, ma tenne per sé questa opinione e rispose: "Sono stupito da questo Vostro lato così rancoroso, ma non Ve lo impedirò, se è ciò che volete fare." rispose Riario "Tuttavia devo chiederVi di non trascendere nel Vostro odio."
"Che volete dire?"
"Tempo fa avete disubbidito a un mio ordine, avete quasi ucciso Beatrice, e ora credo di capire il perché del Vostro gesto, volevate far soffrire Leda, non è così?" chiese Riario, e Lupo annuì "Potete fare ciò che volete alla donna, ma a Beatrice non dev'essere torto un capello. Intesi?"
"Certo, come comandate." rispose Mercuri, Riario si alzò per congedarsi "Girolamo, posso permettermi di darVi un consiglio?"
Riario annuì: "Dite pure."
Mercuri, malizioso, disse: "State attento a non farVi travolgere troppo dal quel fascino discreto e candido che accomuna madre e figlia. Potreste affogare in quello sguardo innocente e ritrovarVi all'inferno." 
Girolamo serrò la mascella, colto su vivo, e senza dire nulla girò i tacchi e si ritirò nelle sue stanze.

Leda per sicurezza aveva cambiato locanda, era certa che Mercuri fosse ancora sulle sue tracce. Non si sarebbe accontentato della mappa, voleva vendicarsi, e lo avrebbe fatto nel modo peggiore. 
Era nella sua nuova stanza, si infilò sotto le lenzuola e nel buio, ad occhi chiusi, ripensò all'incontro con Beatrice. Non era andato esattamente come sperava, ma in fondo non poteva che esserci un inizio freddo. La ragazza aveva appena incontrato la madre che credeva morta, e una volta conosciute le sue motivazioni non era facile per lei comprenderle.
Sospirò, un giorno Beatrice avrebbe capito, presto o tardi si sarebbe arresa all'evidenza.
Amare è sempre e comunque uno svantaggio, lei aveva capito in tempo per fortuna, per questo era sopravvissuta tanto a lungo a differenza di tutti gli altri. La sua famiglia, Caterina, Al-Rahim, Avraham, Solomon...tutti morti non solo per difendere il Libro delle Lamine. Erano morti perché tenevano così tanto a qualcuno da sacrificare se stessi per salvarlo. 
Si accarezzò la cicatrice sul collo, ne seguì la traccia con le dita. Pensò a Lupo, il suo amore si era trasformato in qualcosa di così distruttivo da spingerlo a torturare la donna che aveva amato. 
Si chiese se tra Beatrice e quel mascalzone di Zoroastro ci fosse una semplice infatuazione o qualcosa di più, forse erano solo amanti, o magari erano innamorati, in questo caso sarebbe stato un problema, soprattutto considerato l'astio che il moro provava nei suoi confronti, Zoroastro era sospettoso, avrebbe potuto condizionare Beatrice e Leonardo.
Infatti, e Leonardo? Non sembrava avere una donna al suo fianco, forse era troppo preso dal suo genio per pensare ai sentimenti romantici.
Ad ogni modo per sicurezza avrebbe dovuto mantenere un basso profilo, adattarsi, e poi, al momento giusto, avrebbe colpito qualunque cosa e chiunque si fosse posto tra lei e il suo obiettivo. 
Leda infilò una mano sotto al cuscino ed accarezzò con le dita le linee dell'oggetto che vi aveva nascosto, una chiave nera, quella che aveva rubato quella notte a Roma. Sorrise nel sentire i suoi denti sotto i polpastrelli, aveva tutto ciò che serviva per accedere al Libro delle Lamine.













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Capitolo 11
*** Niente rimane impunito. ***



Angolo dell'autrice:
Ringrazio con abbracci e baci Chemical Lady, Lechatvert e Sassa, sempre puntuali nelle loro recensioni, sempre deliziose. ^^
E mi scuso con tutti voi da subito, a inizio racconto. Questo sarà un capitolo lungo, triste e cattivo.
Un abbraccio!
VerdeIrlanda 


Era passato quasi un mese da quando Leda aveva fatto la sua comparsa a Firenze e aveva rivelato la sua storia a Leonardo e agli altri.
In questi giorni era riuscita, senza farsi vedere dalle guardie, a frequentare i Da Vinci per poter rivelare nuovo dettagli sulla reale ubicazione del Libro delle Lamine,
Leonardo era particolarmente entusiasta e deciso a condurre una doppia ricerca, una falsa per il conte Riario e una accurata per loro. Sapeva che era rischioso, ma ormai il Libro lo aveva conquistato. Beatrice e Zoroastro invece erano più guardinghi, non sapevano se fidarsi totalmente di Leda, anche se la donna sembrava essersi ammorbidita col passare dei giorni e aveva cercato di avvicinare la figlia e di conoscerla. Nico la pensava come loro su Leda, nonostante fosse un allievo devoto era deciso a rimanere cauto. 
Un pomeriggio Leda si recò in bottega e parlò per quasi due ore con Leonardo.
Beatrice e Zoroastro arrivarono mentre lei se ne stava andando.
"Oh, buongiorno. Dove siete stati?" 
"Ero a palazzo Medici, Clarice aveva bisogno di me." disse Beatrice.
Zoroastro nemmeno le rispose, dopotutto non erano affari suoi.
"Hai parlato con Leonardo?" chiese la ragazza "Avete organizzato qualcosa, un piano per fregare Riario?"
"No, per quello ci vorrà del tempo, e lo studieremo tutti insieme." Leda sorrise.
"Gli hai disegnato la vera mappa?" chiese Zoroastro.
Leda ignorò la domanda: "Ora devo andare, meglio che mi nasconda." infilò il mantello e calatosi il cappuccio sul viso.
"...e questo significa no." commentò aspro Zoroastro.
"Ogni cosa a suo tempo, e oggi quel tempo non è arrivato." rispose secca la donna, e uscì dalla bottega per cercare un nascondiglio per la notte, e non solo, aveva anche un'altra cosa da organizzare.
I due raggiunsero Leonardo in laboratorio: "Allora, nemmeno oggi ti ha dato la vera mappa." disse Beatrice.
Leonardo alzò la testa dal suo taccuino: "No. Vuole aspettare che tutto sia più calmo." 
Zoroastro sbuffò: "È assurdo, se vuole che inizi la ricerca con lei sarà meglio che ti dia le coordinate giuste."
"Di cosa ti ha parlato in questi giorni se non..." chiese Beatrice, Leonardo la interruppe.
"Mi ha rivelato dei dettagli sui Figli di Mitra." spiegò "È una setta stupefacente! Il suo impegno verso la diffusione della conoscenza è incredibile, ciò che hanno raccolto ed accumulato negli anni ha un valore inestimabile. Oggi mi ha raccontato le origini della setta. Pare che molti secoli fa dodici individui, sei uomini e sei donne, siano stati chiamati a raccolta in un luogo preciso, e lì abbiano ricevuto in dono il Libro delle Lamine, con il compito di proteggerlo. Inoltre la loro missione era quella di promulgare il sapere, di preservare ogni opera ad esso dedicata. Ogni persona amante della conoscenza sarebbe stata accolta tra i Figli di Mitra con calore."
"E queste dodici persone immagino siano gli antenati delle dodici famiglie che compongono, o meglio componevano il Consiglio Maggiore." disse Beatrice.
"Esatto!" Leonardo sorrise e mostrò loro il suo taccuino "Ho scritto tutto, perfino i nomi delle famiglie."
"Chi li aveva chiamati, e dove?" chiese Zoroastro.
"Non si sa, Leda dice che è un mistero che nessuno deve svelare. Credo che i più anziani lo sapessero, ma si deve essere perso nel tempo, come molti misteri spirituali."
Zoroastro alzò gli occhi al cielo, la spiritualità e la religione non erano decisamente il suo habitat naturale: "Ti ha detto altro?" sospirò.
"Oh, sì! Leda mi ha raccontato dei loro rituali, le cerimonie, e delle loro visioni. Si procuravano delle visioni con una mistura di erbe bruciate in una ciotola di vetro." rispose eccitato Leonardo.
"Non che tutto questo non sia interessante..." disse Zoroastro grattandosi la barba "Ma sulla ubicazione del Libro delle Lamine ha aggiunto qualcosa?"
"Leda ha specificato che il Libro è stato nascosto in una terra lontana e che probabilmente dovremo navigare per arrivarci."
"Ci servirà una nave?" Beatrice sgranò gli occhi "E come la paghiamo una nave?"
"Sfrutteremo Riario e lo fregheremo al momento giusto." sorrise compiaciuto Leonardo.
"Piano geniale!" commentò Zoroastro.
"Tu credi?" Leonardo gli sorrise.
"No! Ci farai ammazzare." dichiarò Zo "Leo, ascolta, fatti dare subito la vera mappa, questo suo tergiversare non mi convince per niente."
"So che lei non ti piace, ma credo che abbia una sua strategia. Lasciamola fare." disse Leonardo un po' deluso dal poco entusiasmo dell'amico. 
Zoroastro e Beatrice si guardarono, perplessi, ma decisero di non insistere, per il momento.
"Come vuoi, faremo a modo tuo." rispose Beatrice "Ma se Leda non ci darà indicazioni più chiare..."
"In quel caso ci preoccuperemo, va bene." disse Leonardo alzando le braccia in segno di resa "Zo! Amico mio, ho bisogno che tu mi produca questi colori." gli consegnò un foglietto "Questa sera intendo terminare il ritratto di madonna Angelica."
Zoroastro rise: "Ah! Mi raserò le palle se lo finirai davvero stanotte!"
"Prepara il rasoio. Mi raccomando, mi serve tanto blu! E tanto rosso, non lesinare sul rosso." rispose convinto Leonardo.
Zo uscì ridendo, Beatrice lo seguì.
"Ti serve una mano con i colori?" chiese lei.
"No, grazie. Come ben sai la produzione dei colori è la mia specialità. Certo, dopo lo scassinare le serrature e il barare ai dadi."
Bea rise, ma Zo aveva ragione. Da anni preparava le tinture per le pitture di Leonardo, era un eccellente chimico dei colori, sceglieva solo gli ingredienti migliori e sapeva come dosarli, aveva perfino delle ricette segrete che molti altri chimici gli invidiavano.
"Ci vediamo stasera principessa." la baciò sulle labbra prima di andarsene.
Beatrice lo guardò allontanarsi: "Non vedo l'ora." mormorò, e tornò da suo fratello.


La mattina dopo Leonardo non aveva ovviamente terminato il ritratto, per la gioia di Zoroastro, e altrettanto ovviamente non aveva intenzione di proseguire nella pittura.
Anzi, andò insieme a Nico a controllare che le fonderie stessero producendo in modo accurato le sue spingarde, e disse a Zoroastro di cercare delle antiche pergamene su terre leggendarie, forse potevano essere utili per la ricerca della Volta Celeste. 
Nonostante il suo scetticismo Zoroastro si diresse verso il negozio del vecchio Malachia, un libraio molto anziano e un po' suonato che collezionava qualunque mappa bislacca esistente sulla terra.
Fischiettando attraversò la città arrivando vicino alle mura, era quasi giunto a destinazione quando notò due uomini appoggiati a una fontana, lo osservavano e sembravano proprio aspettare lui. Quando lui li superò si mossero per seguirlo, sì, cercavano lui. Zoroastro si voltò, non fece in tempo a chiedere cosa volessero che uno di loro provò a colpirlo con uno stiletto affilato.
"Cazzo!" ringhiò Zoroastro scostandosi e colpendo con un pugno la mano dell'aggressore, che fece cadere lo stiletto, Zo afferrò al volo l'arma e gli tagliò la gola.
L'altro uomo invece cercò di ucciderlo lanciandosi contro di lui con una spada, ma Zoroastro fu lesto e gli conficcò lo stiletto nel braccio, l'uomo urlò dal dolore. Zo estrasse lo stiletto e lo colpì un paio di volte allo stomaco.
La legge della strada era chiara dopotutto, se vieni aggredito da un assassino devi reagire per ucciderlo come lui aveva deciso di fare con te.
L'uomo si accasciò a terra, tenendosi lo stomaco, un rivolo di sangue gli uscì dalla bocca, cercò di trascinarsi in chissà quale direzione, ma spirò prima di poter muovere un piede.
Zoroastro rimase in piedi, immobile, respirando a fondo, aveva già dovuto difendersi in passato ma erano passati anni. Guardò i due cadaveri, era evidente dal loro modo di agire che erano assassini di professione, e si chiese come fosse diventato il loro bersaglio. Forse era stato Riario a mandarli, pensò.
Si allontanò velocemente dal luogo dell'aggressione, doveva dire a Leonardo e Beatrice di stare in guardia. Qualcosa all'improvviso gli colpì la gamba con violenza e Zoroastro cadde a terra imprecando e sbattendo la faccia contro i ciottoli, si morse il labbro inferiore e sentì in bocca il sapore del sangue.
Una mano lo afferrò per i capelli, un ginocchio premuto sulla sua schiena gli impediva di alzarsi, sentì una lama fredda sulla gola, e capì che sarebbe morto in pochi istanti. 


Aveva seguito Lupo Mercuri, l'archivista si era recato in quel luogo solitario altre volte da quando lui e Riario si erano trasferiti a Firenze, probabilmente perché quel luogo gli ricordava casa sua, a Roma.
Si nascose dietro un muro, Lupo era seduto sull'erba appoggiato a una colonna e leggeva, la donna lo osservò a lungo, era invecchiato anche lui, i capelli una volta castani erano diventati bianchi, ma gli occhi erano sempre di un bellissimo azzurro. Poi uscì dal suo nascondiglio e mosse dei passi verso di lui. Lupo la vide, si alzò in piedi: "Chi siete?" chiese alla figura incappucciata che si avvicinava.
"Non mi riconosci, Lupo?" chiese abbassando il cappuccio, gli sorrise.
Mercuri la fissò stupito: "Leda!" esclamò facendo cadere il libro e afferrando la spada "Sei una sciocca a presentarti al mio cospetto!"
"Guardami meglio Lupo." disse la donna con un sorrisino, si slacciò la camicetta nera rivelando un seno roseo dalla pelle intatta "Ti sembro lei?" rise nel dirlo.
Mercuri la osservò un istante poi distolse lo sguardo, imbarazzato: "No, non sei lei. E copriti, abbi un po' di buon gusto." 
"Tu mi parli di buon gusto? Tu, che hai marchiato con il ferro rovente il seno della donna che amavi." rispose lei rivestendosi "Beh, almeno così ci puoi distinguere. Era ora, fin da bambine ci scambiavano per gemelle da quanto di assomigliavamo..."
"Credevo fossi morta."
"Sono viva e vegeta invece."
"Cosa vuoi da me Antea?" chiese Mercuri. 
"Sono qui per proporti un affare." rispose Antea "In fondo vogliamo entrambi la stessa cosa."
Mercuri scosse la testa: "Tu non sai cosa voglio."
"Tu vuoi vedere mia sorella Leda morire tra le sofferenze più atroci." rispose lei.
"E tu vuoi lo stesso?" chiese Lupo.
Antea sorrise: "Se mi permetterà di raggiungere il mio obiettivo, perché no?"
Lupo la guardò disgustato: "È tua sorella."
"E io posso servirtela su un piatto d'argento." sorrise Antea "E con lei l'esatta ubicazione del Libro delle Lamine."


Adesso morirò, pensò Zoroastro sentendo la lama fredda premere sulla sua gola.
Ma il suo aggressore non recise la carne, anzi, il coltello gli cadde di mano, e un secondo dopo anche lui rovinò per terra.
Zoroastro si mise in ginocchio velocemente, sputò sui ciottoli un misto di sangue e saliva, si tamponò il labbro lacerato con il dorso della mano, guardando colei che lo aveva salvato.
La donna rinfoderò la spada con cui aveva trafitto il cuore dell'assassino e si voltò verso Zoroastro, e lui vide i suoi occhi nocciola, i capelli neri sbiaditi dal tempo. La donna gli regalò un caldo sorriso, dolce e solare, il sorriso di Beatrice. 
"Leda..." mormorò Zoroastro, ma non era convinto nel dirlo.
Lei annuì, lo guardò: "Sì, sono io, sono la vera Leda."


Mercuri guardò sospettoso la donna: "Tu non puoi darmi nulla di tutto ciò che prometti. Inoltre abbiamo già la mappa."
"È un falso che io stessa ho fatto disegnare a quel moro bastardo di Zoroastro, su suggerimento di Da Vinci." rivelò Antea sorridendo "Vi stanno mentendo da allora mio caro Lupo, fingono di collaborare con Voi."
Mercuri strinse i pugni per la rabbia: "Lo sospettavo! Quel Da Vinci non mi convinceva dal primo istante."
"C'è di buono che il Libro lo ha irretito, vuole davvero trovarlo, e può farlo. Ma ha bisogno della vera mappa e della vera chiave."
"La chiave la abbiamo già in nostro possesso."
Antea rise: "No, non è vero. Voi avete una copia. Ricordi la notte in cui i Figli di Mitra vi hanno aggrediti? La stessa notte in cui hai scoperto che Leda era viva." Mercuri annuì "Quell'agguato serviva per rubare la chiave, ma i Figli sapevano bene che se ci fossero riusciti voi li avreste cercati in capo al mondo. Così hanno ideato un sotterfugio, hanno creato una copia esatta della chiave nera con l'intento di scambiarla con l'originale durante l'aggressione. E ci sono riusciti, Al-Rahim ha strappato la chiave dal collo del cardinale Della Rovere, e nel fuggire ha gettato per terra la copia. Così quando tutto è finito voi avete creduto che avesse perduto la chiave."
Lupo annuì: "È vero, abbiamo trovato la chiave vicino ai cadaveri dei suoi compari. Ma abbiamo trovato anche il suo corpo esanime."
Antea sorrise: "Lo ho ucciso io e gli ho preso la vera chiave. E Leda mi ha vista. Solo lei è scampata a quel massacro, ha cercato di raggiungermi ma io sono stata più veloce e mi sono dileguata." 
Lupo si morse un labbro, riflettendo.
"Non ho qui la chiave ovviamente, non sono così stupida da portarmela dietro." disse Antea "Ma ve la consegnerò, non appena mia sorella vi avrà dato le giuste coordinate per giungere alla Volta Celeste."
"Ci sono due cose su cui voglio chiarimenti Antea." disse Lupo "Primo, perché vuoi aiutarci?"
"Perché io voglio trovare il Libro delle Lamine, mi spetta di diritto, sono la primogenita della mia famiglia! Voglio sfogliare quelle pagine!" rispose con rabbia "I miei genitori me lo hanno impedito preferendo Leda a me, voglio ciò che è mio. Quindi quando lo troveremo voglio che mi permettiate di leggerlo, è la mia unica condizione e richiesta."
Mercuri annuì: "Credo si possa fare, sempre se ciò che dici ci porterà a dei risultati. La seconda cosa è: come credi di poter ottenere la mappa autentica?"
"Mia sorella da quella notte si è nascosta e allo stesso tempo ha seguito le mie tracce per recuperare la chiave e per uccidermi, per davvero questa volta." rispose Antea "Ma non sapeva che io facevo lo stesso, era come un circolo inarrestabile." ridacchiò.
"Quindi tu sai dove si trova adesso." concluse Mercuri "Perché lei ti ha seguita fino qui, è a Firenze anche lei."
"Esatto. E tranquillo, non sa che sto parlando con te, se il mio piano ha funzionato è impegnata in altro."
"Cosa hai ordito?" chiese Lupo.
"Ieri ho contattato tre assassini, li ho pagati affinché uccidano Zoroastro. Sapevo che Leda mi stava spiando, e sono certa che oggi lei lo seguirà per difenderlo ed impedire che l'amore di sua figlia muoia." ridacchiò di nuovo "Personalmente quel bastardo può anche morire, mi è solo d'intralcio, ma il mio intento è di far uscire allo scoperto mia sorella. È rimasta nell'ombra attendendo il momento giusto per rivelarsi, io ho deciso di accelerare le cose."
"E poi che succederà? Leda dirà tutto a Leonardo e agli altri, non si fideranno più di te."
"Ma noi faremo in modo che Leda, a questo punto, ci consegni spontaneamente la mappa. Fidati Lupo, i miei piani non falliscono mai." sorrise soddisfatta con freddezza "So già come fare, dammi solo un paio d'ore. Tu torna a palazzo e informa il conte Riario, ci vediamo qui alle rovine dopo il tramonto, e prima di venire qui prelevate anche Leonardo e i suoi sciocchi amici."
Detto questo si calò il cappuccio sulla testa e si allontanò per aggiungere un nuovo tassello al suo piano.


Leda, quella vera, aveva condotto Zoroastro nel suo nascondiglio, una vecchia cantina ammuffita sotto una taverna.
"Vivo qui da tre giorni, presto dovrò cambiare posto." commentò mentre armeggiava con un pezzo di stoffa e un sacchetto di pelle.
Zo era ancora stupito: "Mi stavi seguendo?"
"Sì, in verità vi tengo d'occhio da tempo, da quando Antea è tornata a Firenze. Volevo aspettare a farmi viva con voi ma non ho avuto scelta, lei ieri ha assoldato quegli uomini per ucciderti, non lo potevo permettere. " spiegò Leda porgendogli una pezzuola pulita e bagnata "Tamponati il labbro, così non si gonfierà."
Zoroastro lo fece, avvertì un profumo che conosceva bene, lo aveva sentito in alcuni unguenti di Beatrice: "È estratto di echinacea." disse.
Leda sorrise: "Sì, ne ho sempre un sacchetto con me, ha proprietà cicatrizzanti e alleviano le infiammazioni."
"Lo so, Bea la utilizza spesso." Zoroastro le sorrise.
"I Sabatini sapevano molto bene come usare le erbe, mi hanno insegnato molte cose." disse Leda "E so che hanno fatto lo stesso con Beatrice."
Zo annuì: "È molto brava come erborista." poi disse "Dunque la donna che abbiamo conosciuto e che si è spacciata per te si chiama Antea."
"È la mia sorella maggiore." disse Leda con malinconia "Siamo simili come gemelle, è stato facile ingannare Leonardo, era l'unico che ricordava il mio viso."
"Cosa vuole questa donna da noi? E perché non sei venuta subito da noi quando tua sorella si è spacciata per te?" chiese Zoroastro.
"Dovevo trovare il momento giusto. Avreste potuto non credere alla mia versione della storia. E inoltre io custodisco la mappa, dovevo proteggerla. Se mi fossi rivelata al momento sbagliato Antea avrebbe cercato di carpirmi le giuste indicazioni." rispose Leda.
"Dunque lei non conosce la vera ubicazione della Volta?"
"Certo che no! Caterina la ha rivelata a me." lo guardò, sorrise "È meglio che ti racconti la verità Zoroastro." si sedette per terra, Zo si mise accanto a lei.
"Sono certa che in parte Antea vi ha raccontato la verità, immagino che avrà omesso certi particolari."
Zoroastro le raccontò la versione di Antea, dopo di che Leda rispose: "In parte è tutto vero. I Figli di Mitra, le dodici famiglie, il tradimento di Lupo e il coinvolgimento del Papa, la mappa e la chiave e perfino i nostri stratagemmi per occultarli e tramandarli. Anche la storia mia e di Caterina è vera." abbassò lo sguardo, triste "Vorrei che lei fosse qui, mi darebbe coraggio e forza per superare tutto questo. Ad ogni modo" continuò con un sospiro "La verità è che quando Mercuri ci tradì i miei genitori mi affidarono il Libro. Da tempo avevano capito che Antea non ne era degna, nonostante fosse la primogenita e le spettasse per tradizione, perché era avida ed egoista. Quando fuggirono portarono mia sorella con loro mentre io andai con coloro che avrebbero nascosto la reliquia. Lei non ha mai perdonato né loro né me per questo. La rividi mesi dopo quella fuga, era da sola, disse che gli uomini del cardinale li avevano trovati e avevano sterminato tutti, solo lei era sopravvissuta, e la accogliemmo con noi. Io ero così felice di avere ancora mia sorella con me, che ingenua sono stata! Nel frattempo il Libro era stato nascosto, e noi attendavamo che uno dei nostri confratelli tornasse per rivelarci la sua ubicazione. Un giorno, all'epoca ci eravamo nascosti a Venezia, incontrai un ragazzo a me molto noto, era Gregoir, uno dei figli dei Tomassian, una delle dodici famiglie. Lo abbracciai, felice, gli dissi di venire con noi ma lui mi rispose che il suo unico scopo era quello di trovarmi per avvisarmi di non fidarmi di Antea, perché la notte in cui gli uomini di Mercuri avevano fatto irruzione nel loro nascondiglio l'aveva vista assassinare i nostri genitori mentre cercavano di fuggire."
"Ha ucciso...mio Dio..." commentò Zoroastro "E tu cosa hai fatto?"
"L'ho detto ad Al-Rahim, lui per noi era una sorta di guida. E lui mi ha ordinato di uccidere Antea, perché in vita sarebbe stata sempre un pericolo per tutti noi. Ma come potevo? Era mia sorella e io...io non ci riuscì. Ci provai, ma Antea pianse, giurò che sarebbe diventata una persona migliore, che avrebbe fatto ammenda ed espiato. Le credetti e la portai lontano e le dissi di scappare, di dimenticare il Libro, di non farsi più vedere. Che stupida..." scosse la testa "Passarono gli anni, io e Caterina eravamo a Firenze, lei aveva avuto Leonardo da poco quando Solomon Ogbai la contattò per rivelarle la mappa. Caterina partì e non la rividi per mesi, poi un giorno a casa mia si presentò Antea. Aveva preso i voti molto anni prima e viveva in un convento vicino Lucca. Fu lei a portarmi il messaggio di Caterina, era ferita, morente, e voleva parlarmi. Così andai con Antea, durante il viaggio mi raccontò di aver sentito nel cuore la chiamata di Dio, che lui la invitava a prevede i voti per espiare il male compiuto aiutando gli altri. Mi sembrò sincera, non mi fidai del tutto ma credetti nella sua buona fede e nella sua conversione. Arrivati al convento trovai Caterina, l'avevano curata come meglio potevano ma entrambe sapevamo che non sarebbe sopravvissuta.
Caterina mi raccontò che Solomon le aveva disegnato la mappa, lei l'aveva memorizzata e poi distrutto la copia cartacea, mentre tornava a casa fu aggredita dagli uomini di Lupo, la massacrarono per ottenere la mappa, Solomon corse in suo soccorso e perì per permetterle di fuggire. Era ridotta davvero male, aveva quasi perso un occhio, era stata accoltellata più volte, una gamba e un braccio erano rotti, continuava a peggiorare per colpa delle infezioni.
Nonostante questo mi disegnò sul momento la mappa, era così brava a disegnare. " Leda sorrise tra le lacrime "Era ambidestra, e sapeva scrivere ad occhi chiusi!"
"Come Leonardo." commentò Zoroastro.
Leda annuì e si asciugò le lacrime: "Morì quella notte. Io lasciai il convento, Antea mi augurò ogni bene, mi disse che ogni tanto sarebbe passata a trovarmi se mi avesse fatto piacere. Io le dissi di sì, ma non ne ero molto convinta. Tornata a casa comunicai a Piero della morte di Caterina, le dissi che era stata aggredita da briganti, e che prima di morire mi aveva chiesto di occuparmi di Leonardo, cosa che in effetti mi aveva fatto giurare. Piero acconsentì, era felice che qualcuno gli facesse da mamma. Sua moglie Albiera odiava quel bambino, dopotutto Caterina lo aveva partorito lo stesso anno in cui lei aveva sposato Piero, le era sembrata un'offesa irreparabile."
Zoroastro annuì: "E tu e Piero come siete arrivati a diventare amanti?"
Leda sorrise: "Ci siamo innamorati, o almeno, io lo ero. E un giorno sono rimasta incinta ed eravamo entrambi felicissimi."
"Ma poi sei dovuta fuggire. Per colpa di Mercuri o di tua sorella?"
"Di entrambi." rispose Leda "Mancava un mese al parto. Venni a sapere che gli uomini di Mercuri perlustravano Firenze, così mi inventai una scusa da usare con Piero e mi allontanai dalla città, andai in Garfagnana con nonna Sabatini per essere al sicuro. Partorii lì Beatrice. Dio come era bella..." ricordò, sorrise e alcune lacrime le rigarono il viso "Era così piccola, e rosa, e aveva quegli occhioni verdi...e non pianse quando nacque sai, lei rimase impassibile a guardarmi, incuriosita..." si asciugò gli occhi con un fazzoletto "Dissi a nonna Sabatini di portarla da Piero, di dirgli che io mi stavo rimettendo da un parto complicato e che sarei tornata presto. Dissi che volevo che si chiamasse Beatrice."
"Perché è colei che porta la felicità?" chiese Zoroastro.
"Cosa? No! Era il nome di mia madre. Antea ti ha detto...oh, è brava a inventare dettagli struggenti quella vipera." rispose con rabbia "Comunque io rimasi nascosta e pochi giorni dopo Antea bussò alla mia porta. Ero stupita di vederla lì, ma non ebbi il tempo di chiederle cosa volesse che mi ferì con un pugnale avvelenato, mi fece perdere i sensi. Quando mi risvegliai ero legata e imbavagliata, Antea mi aveva portata in un cimitero. Mi disse che aveva inviato un messaggio anonimo a Mercuri, che stava venendo a prendermi e che lui mi avrebbe estorto la vera ubicazione del Libro, e che lei, non mi disse come, lo avrebbe scoperto di rimando. Mi lasciò lì, e un'ora dopo arrivò Lupo. Mi portò via per torturami, e non lo fece solo per farmi parlare, lo fece per il suo divertimento, per vendicarsi. Il supplizio che ti ha descritto Antea era vero, mi ha ripetutamente sgozzata."
Zoroastro rabbrividì: "E ti sei salvata come ha raccontato lei?"
Leda annuì: "Sì. Antea pagò un giovane aiutante di Lupo, ogni sera lui doveva riferirle tutto ciò che era successo nella camera delle torture, ogni mia parola e ogni mio supplizio. Sperava che prima o poi crollassi e rivelassi tutto a Lupo."
"Così anche lei avrebbe scoperto dove si trova il Libro." commentò Zoroastro, e forse aveva perfino goduto del dolore della sorella, ma tenne questo pensiero per sé.
"Al-Rahim scoprì tutto, e pagò il triplo il giovane affinché gli permettesse di portarmi via, e perché dicesse a Lupo e a mia sorella che ero morta. È così che è riuscito a salvarmi. Mi curò, ci vollero mesi, e poi mi disse che fingermi morta era l'unico modo per salvare il Libro. Io volevo tornare da Beatrice e da Leonardo, ma Al-Rahim mi disse che avrei potuto raggiungerli e portarli via con me una volta completata la nostra missione. Volevamo recuperare la chiave che permette di accedere al Libro, era nelle mani del cardinale Della Rovere. Così escogitammo un piano, creammo una copia esatta della chiave nera, dovevamo solo aggredire il cardinale mentre tornava in Vaticano e scambiarla con l'originale. Il piano funzionò, Al-Rahim ha rubato la chiave e ha abbandonato la copia vicino alla carrozza di Della Rovere per depistarli. Ma non avevamo previsto l'intromissione di Antea. I nostri confratelli erano tutti morti, uccisi dalle guardie, io e Al-Rahim ci siamo separati per fuggire, mi sono voltata un istante e ho visto Antea ucciderlo e strappargli la vera chiave. 
Urlai, e attirai l'attenzione di Lupo, era scioccato nel vedermi viva. Fuggii e cercai Antea per tutta Roma, ma non la trovai. Ero sola ormai, e capii che non potevo tornare da Beatrice e Leonardo perché Lupo mi avrebbe certamente cercata lì, sapeva di loro. Se mi avesse vista avvicinarli avrebbe potuto pensare che avessi consegnato loro la mappa, e tempo dopo far loro del male per ottenerla. E poi c'era mia sorella, lei vuole il Libro, per averlo mi avrebbe teso ogni trappola e non volevo mettere a rischio le vite di Beatrice e Leonardo. Era meglio restare nell'ombra, continuare a cercare Antea, una volta presa la chiave e ucciso lei avrei potuto riunirmi a mia figlia e suo fratello, saremmo scappati, andati lontano."
"Quindi non hai abbandonato Beatrice perché sarebbe stata un intralcio, un mezzo per ricattarti." disse Zoroastro.
"Ma certo che no! Mia figlia e Leonardo mi avrebbero dato forza, non sarebbero stati un impedimento. Ma non potevo rischiare che soffrissero, no, Lupo e Antea sono senza scrupoli, dovevo tenere i bambini al sicuro, e l'unico modo era che io non facessi parte delle loro vite." il viso si colorì di tristezza "Non mi pento di questa scelta, non hanno corso rischi, fino ad ora. Ma ogni giorno passato lontano è stato straziante."
"Come sei arrivata a Firenze?"
"In questi anni ho vagato nascondendomi, ho spiato le mosse del Papa e ho cercato Antea, finalmente sono riuscita a trovarla, e l'ho seguita fin qui. Quando ho visto che si è avvicinata a voi ho capito che stava tramando qualcosa, inoltre la presenza di Lupo e Riario qui non mi rassicura. Volevo parlare con voi ma non trovavo il modo e il momento...e poi ho scoperto che voleva ucciderti, e non potevo lasciarglielo fare." sorrise.
Zoroastro ricambiò il sorriso: "Ti sono debitore. E ora credo che dovremmo avvisare gli altri, metterli in guardia da Antea."
"Fallo tu, con discrezione, io mi farò viva appena potrò, vi sorveglierò da lontano, come ho fatto in questo mese." suggerì Leda "Meglio che Antea non mi veda, per ora. Come pensi che reagirà Beatrice?"
Zo sospirò: "Non sarà facile accettarti, ma penso che tu e lei troverete un equilibrio."
"Sai, sono tornata a vedere come era cresciuta anni fa. Aveva nove anni." sorrise Leda "Indossava un vestitino azzurro, suo padre l'aveva portata a una fiera di zingari. C'era un recinto con i pony, per una moneta i bambini potevano cavalcarli. Tutti volevano salire sul pony bianco, lei invece puntò i piedi, disse che voleva salire su quello pezzato. Lo zingaro le chiese perché, e lei rispose che nessuno lo voleva perché non era bello come il bianco, e che non era giusto, che anche lui era sicuramente un ottimo destriero e che avrebbe cavalcato solo lui. Lo zingaro lo sellò solo per lei." Leda rise "Era così felice su quel cavallino, ricordo che Piero aveva uno sguardo quasi orgoglioso. Anni dopo sono tornata alla morte dei Sabatini, sono andata al funerale e me ne sono stata in disparte lontana dalle lapidi. Ricordo che Beatrice era in piedi, tra te e Leonardo, entrambi la abbracciavate."
Zoroastro sorrise: "Credo che Beatrice sarà contenta di sapere che sei tornata per vederla."
"Lo spero." la donna abbozzò un sorriso "Mentre seguivo Antea mi è capitato di osservarla a lungo. Ho incrociato il suo sguardo una volta, è stata una emozione che non ti so descrivere."
Zoroastro sorrise: "Vado ad avvisare Leo e Bea. Ci vediamo presto Leda. Sai sono contento di sapere che quella stronza non è la vera Leda, non la sopportavo." disse uscendo, e strappò una risata alla donna.

Beatrice aprì gli occhi. La testa le faceva male, si sentiva intontita.
Si guardò attorno, era tutto sfocato. Provò a muoversi ma qualcosa glielo impediva. Guardò in basso, scoprì di essere seduta alla base di una una colonna di pietra in un ampio cortile. Alzò lo sguardo, i polsi erano legati da manette a un anello di ferro sopra la sua testa. Riuscì ad alzarsi in piedi, era indolenzita, si appoggiò alla colonna, diede qualche strattone all'anello, inutilmente. Improvvisamente ricordò cosa era successo: Leda era venuta nel suo laboratorio, avevano parlato, Leda voleva scusarsi per la sua freddezza, e poi la donna le aveva preso la mano con gentilezza, aveva sorriso e con un colpo veloce le aveva tagliato la pelle con uno stiletto. E poco dopo Beatrice era svenuta. 
Mi ha avvelenata, dedusse, ma perché?
Beatrice iniziò a gridare, chiamò Leda più e più volte.
"Ti sei svegliata signorina." disse la donna giungendo nel cortile
Beatrice le ringhiò: "Perché mi hai incatenata? Cosa vuoi farmi?" 
"Io niente, ma la tua sorte non dipende da me, ma da tua madre."
Beatrice disse: "Sei tu mia madre!"
"Oh, no, non lo sono."
Bea improvvisamente realizzò: "Sua sorella...tu hai detto di avere una sorella!"
"Io sono Antea mia cara, sono tua zia." sorrise soddisfatta.
"Ma il taglio, tu...hai la cicatrice che aveva descritto Mercuri..." Beatrice era confusa.
"Questa?" Antea si toccò il collo "È un taglio superficiale fatto da un medico esperto che ho pagato profumatamente. È stata una sofferenza, ma era necessario per potermi spacciare per Leda e avere la vostra fiducia."
Beatrice era scioccata, nessuna persona sana di mente avrebbe fatto una cosa tanto dolorosa e pericolosa: "Perché? Perché ti sei finta mia madre?" gridò dibattendosi "Cosa vuoi da noi?"
Antea si avvicinò tanto da farle sentire il suo fiato sul viso, la guardò negli occhi: "Io voglio il Libro delle Lamine, e voi mi aiuterete ad ottenerlo."


Leonardo era incredulo: "...no, aspetta. C'è una seconda Leda?" 
"Non è una seconda Leda, è la vera Leda!" rispose Zoroastro "Quella che si è presentata da noi è Antea, sua sorella." e raccontò a Leonardo e a Nico tutti i dettagli.
"E siamo sicuri che non sia questa nuova Leda a mentire?" chiese Leonardo "Insomma, tu sei abbastanza prevenuto..."
Zoroastro gli rispose: "Ricordi quando mi hai parlato di lei, di come te la ricordavi? Dicevi che lei aveva il sorriso caldo e luminoso di Beatrice, beh, la vera Leda lo ha, ho rivisto tua sorella in lei."  
"E ti ho detto che la Leda che è venuta da noi, ovvero Antea, era più fredda, diversa...accidenti!" esclamò Leonardo "Ecco perché finora non mi ha dato la vera mappa, lei non la conosce!"
Nico era confuso: "Ma questa Antea...cosa vuole da noi? Perché fingersi sua sorella."
Zoroastro lo guardò: "Vuole il Libro delle Lamine, giocherà il tutto per tutto per ottenerlo." 
Leonardo mise una mano sulla spalla di Zo: "Per fortuna abbiamo scoperto in tempo il suo piano, appena Beatrice tornerà a casa le diremo tutto."
"Ma dove è andata tua sorella?" chiese Zoroastro "Pensavo fosse nel suo laboratorio, mi aveva detto che oggi non doveva uscire."
"La avranno chiamata per qualche parto imminente o altro." Leonardo alzò le spalle "Piuttosto, come glielo diciamo?"
"Non c'è un modo delicato per farlo, le dirò come sono andate le cose, e speriamo non ne esca troppo sconvolta." rispose Zo, ripensando con tristezza che ancora una volta Beatrice si sarebbe trovata di fronte a una sconcertante verità.
"E con il conte Riario cosa facciamo?" chiese Nico preoccupato.
Leonardo si grattò la testa: "Un problema alla volta. Intanto dobbiamo affrontare Antea, e da quel che hai raccontato non sarà un'impresa semplice."
"Leda vuole ucciderla." disse Zoroastro.
Leonardo si morse un labbro: "Posso capirla dopo quello che ha passato per colpa sua."
"Lei ha detto che fino a che Antea sarà in vita sarà sempre un pericolo." spiegò Zoroastro "Io direi di lasciarglielo fare."
Leonardo annuì: "Dopotutto è una guerra che è cominciata con loro, prima di noi, è giusto che siano loro a portarla a termine."


Beatrice sbuffò nervosa. Stare in piedi le affaticava le gambe, ma se stava seduta era costretta a tenere le braccia sollevate sopra la testa, e dopo un po' si indolenzivano.
Antea si era allontanata per alcune ore, e ora che era tornata Beatrice la guardò con rabbia.
"Cosa stiamo aspettando Antea?" ringhiò "Perché mi hai legata qui?" le aveva già fatto queste domande in precedenza ma non aveva avuto risposta.
"Al tempo mia cara." rispose la donna compiaciuta "Ho appurato che il mio piano sta funzionando." 
"Che piano?"
"Ho assoldato tre assassini per uccidere Zoroastro."
Beatrice sbiancò: "Cosa...schifosa bastarda!" le urlò spaventata "Se gli è successo qualcosa io ti giuro che ti cavo gli occhi!"
"Calma, calma signorina!" Antea rise "È vivo. Leda lo ha salvato, come avevo previsto."
"Mia madre?" Beatrice era sempre più confusa.
"Si nasconde a Firenze, mi ha seguita e ha spiato ogni mia mossa. Volevo che uscisse allo scoperto." rispose Antea "E lo ha fatto per salvare il tuo innamorato. E lo farà di nuovo." disse sorridendo.
"Cosa vuoi da lei?"
"Non lo hai capito? Pensavo fossi più sveglia. Voglio il Libro delle Lamine, e tua madre sa dove trovarlo." 
"E tu credi che ti darà la mappa?"
Antea rise e la guardò: "Sì, le forzerò la mano, vedrai."


Erano passate molte ore, Zoroastro passeggiava nervoso nel laboratorio di Leonardo, il quale gli disse: "Zo, fermati, mi fai venire il mal di testa."
"Perché Beatrice non è ancora tornata?" chiese Zoroastro "Il sole è tramontato. Non sono tranquillo."
"Potrebbe essere a palazzo Medici."
"Fino a tarda sera? No, c'è qualcosa che non va." disse Zo mordendosi una guancia "Vado a cercarla."
Stava per uscire dalla stanza quando sulla soglia apparve il conte Riario.
Leonardo balzò in piedi: "Conte! Non Vi aspettavamo." disse preoccupato.
"Non credo di dovermi annunciare con anticipo." rispose Riario.
"Cosa Vi porta da noi?"
"Dovete seguirmi artista, Voi e i Vostri amici." rispose il conte.
"Cosa succede?" chiese Zoroastro.
"Non fate domande superflue, moro. E muovetevi, io e i miei uomini vi aspettiamo fuori." disse Riario uscendo.
Zoroastro, Leonardo e Nico si guardarono, erano stupiti e preoccupati.
"Cosa vorrà?" chiese Nico.
"Non promette nulla di buono." commentò Zoroastro.
"Già. E non abbiamo scelta. Andiamo." disse Leonardo, e insieme i tre raggiunsero il conte.
Con lui c'erano dieci soldati, il fidato Lupo Mercuri, dal sorriso compiaciuto, e il capitano Grünwald.
"Cos'è questo spiegamento di forze?" disse Zoroastro osservando i soldati.
"Conte, che cosa succede?" chiese Leonardo.
"Seguitemi artista, c'è una cosa che dovete vedere." rispose semplicemente Riario salendo a cavallo "Ovviamente ci seguirete a piedi."
A un suo ordine tutto il gruppo si mosse e uscì dalle mura della città per recarsi alle antiche rovine romane.
Arrivarono in cima alla collina su cui una volta si stagliavano fieri i templi di Giunone e Minerva, il loro percorso era illuminato dalle torce rette dai soldati.
Riario scese da cavallo e consegnò il destriero a uno dei suoi uomini, si voltò verso Leonardo: "Da questa parte artista." e si incamminò affiancato da Mercuri.
Da Vinci e gli altri lo seguirono in un ampio cortile, e videro Beatrice.
"Leo!" esclamò lei vedendoli.
"Bea!" Leonardo e Zoroastro fecero per andare da lei ma quattro soldati armati bloccarono loro la strada.
"Cosa significa tutto questo?" chiese Leonardo vedendo sua sorella incatenata a una colonna.
Riario sorrise: "Vedete Da Vinci, oggi sono venuto a conoscenza di interessanti novità."
Leonardo e Zoroastro si scambiarono una fugace occhiata: "Che novità?"
"Suvvia Leonardo, sai bene di cosa parla il conte." Antea fece la sta comparsa nel cortile, sorrise, guardò Zoroastro "Sei riuscito a sopravvivere a tre assassini, notevole, anche se credo che tu abbia ricevuto un piccolo aiuto, non è così?"
Zoroastro serrò la mascella: "Puttana schifosa..."
"Come immaginavo mia sorella è venuta in tuo soccorso e ti ha detto tutto vero?" Antea sospirò "Leda è così prevedibile."
"Volete spiegarci conte?" chiese nervoso Leonardo, decise di giocare le sue carte "Abbiamo scoperto solo oggi che Antea non era chi diceva di essere, prima credevamo fosse la vera Leda e che la mappa che ci ha dato fosse quella autentica..."
La risata di Antea lo interruppe: "Il conte sa tutto Leonardo. Gli ho detto del tuo trucchetto, hai fatto disegnare a Zoroastro una mappa fasulla e volevi che io ti rivelassi quella autentica per condurre un doppio gioco."
"Sei davvero una lurida troia..." commentò Zoroastro con un ringhio furioso.
"Oh, questa era una di quelle battute migliori che mi avresti riservato per il futuro Zo? Non sei poi così originale." Antea scosse la testa.
Riario li guardò: "Mi avete tradito artista." disse con voce solenne e ferma "E io non tollero essere preso in giro."
"Conte Riario, noi..." Leonardo non sapeva come giustificarsi, erano stati scoperti "Le nostre intenzioni non erano quelle che Antea Vi ha..."
"Io sono certo di sì invece, avete tramato alle mie spalle, volevate condurre una ricerca segreta per trovare il Libro." rispose Riario "E Vi avevo avvertito, chi prova a ingannarmi ne paga le conseguenze artista, niente rimane impunito. Mercuri, la ragazza."
Leonardo e Zoroastro cercarono di avanzare, ma i soldati li spinsero via, minacciandoli, Nico era come pietrificato, guardava Mercuri avvicinarsi a Beatrice.
"Conte, Vi prego che volete fare!" gridò Leonardo, mentre Zoroastro quasi veniva alle mani con un soldato che fu costretto a puntargli il coltello molto vicino alla faccia.
"Vi insegno la lealtà Da Vinci." rispose Riario.
Mercuri, con un sorriso compiaciuto si avvicinò a Beatrice, nelle mani reggeva qualcosa, ma lei non riusciva a distinguere la forma di quell'oggetto.
"Se provate ad avvicinarVi Mercuri, giuro, Vi staccherò la faccia a morsi." disse lei, gli occhi verdi brillavano di rabbia, diede alcuni strattoni alla catena che la legava.
"Oh, non Vi toccherò con un dito." disse Lupo, e le mostrò ciò che teneva in mano, era un vaso di terracotta chiuso da un largo tappo di sughero, lo aprì, e con una risatina ne gettò con violenza il contenuto contro Beatrice.
Il liquido vischioso le colò sul viso, sul collo, su tutto il corpo attraverso il vestito, le finì perfino in bocca, Beatrice lo sputò, e in un secondo riconobbe con orrore il sapore e l'odore del grasso di maiale. Capì subito quali fossero le intenzioni di Mercuri, sgranò gli occhi, e lo capirono anche suo fratello e gli altri, che si scagliarono contro i soldati per correre in suo soccorso, ma i soldati, maggiori di numero, li bloccarono afferrando saldamente i loro corpi.
"NO! NO! Per l'amor di...NON POTETE DARLE FUOCO!" gridò Zoroastro dibattebdosi, guardando con terrore Lupo Mercuri afferrare una torcia per poi tornare ad avvicinarsi alla ragazza.
Beatrice strattonò con forza l'anello di metallo, le manette le graffiarono i polsi, la pelle iniziò a sanguinare, il respiro di lei si fece ansioso, era in trappola, non poteva scappare.
Leonardo supplicò Riario: "No, Vi prego! È stata una mia idea quella di ingannarVi! Non punite Beatrice per una colpa che è solo mia!" 
Riario, impassibile, guardava Mercuri avvicinarsi con la torcia, lentamente, al corpo della ragazza. La fissò, la paura che riempiva quei bellissimi occhi verdi era quasi eccitante.
In tutto questo Antea era immobile, sorrideva, soddisfatta del suo piano che si realizzava.
Leonardo, Zoroastro, Beatrice e Nico trattennero il respiro quando Mercuri arrivò a un passo dalla ragazza.
"Fermo." Riario alzò una mano, Mercuri arretrò di alcuni passi.
Beatrice e gli altri lo guardarono.
"Risparmierò questa sofferenza a Vostra sorella se mi consegnerete Leda e la mappa." disse Riario.
Leonardo guardò Zoroastro dato che lui era l'unico ad aver visto la donna.
Zo disse: "Io non..." guardò Beatrice, poi Leonardo "Io non so dove si nasconda adesso, ha detto che sarebbe venuta lei da noi."
"Oh, ottima scusa." commentò Antea.
Zoroastro la guardò con odio, poi tornò a fissare Riario: "No! Vi giuro che è la verità! Dovevo riferire agli altri che Antea ci stava mentendo, e Leda si sarebbe rivelata dopo...Vi giuro che è così!" disse disperato.
"Dovrei credere alla parola di un bastardo che si guadagna da vivere truffando le persone?" chiese Girolamo scrutandolo con disprezzo.
"Conte, dubitate pure della sua credibilità, ma non potrete dubitare della mia." Leda giunse alle spalle del conte.
Tutti i presenti si voltarono verso di lei, sgranarono gli occhi, gli sguardi di Mercuri e di Antea erano esultanti. Leonardo e Nico era stupefatti, la somiglianza tra le due donne era incredibile.
"Sapevo che saresti venuta!" disse Antea trionfante.
"Vi ho seguiti quando vi hanno condotti qui. E ammetto che ero preparata al tuo ennesimo tiro mancino." disse Leda rivolta alla sorella.
Riario le sorrise: "Dunque Voi siete Leda Salonicco. La Vostra fama Vi precede."
"Anche la Vostra conte Riario." rispose Leda "Liberate mia figlia, otterrete ciò che volete."
Leda lanciò uno sguardo verso Beatrice, le due donne si osservarono brevemente, la madre fece un rapido sorriso nervoso verso la figlia, poi tornò a guardare il conte.
Girolamo si avvicinò a lei: "Cosa mi offrite?"
Leda estrasse una pergamena dalla cintura: "La mappa che conduce alla Volta Celeste." e con fierezza gli porse l'oggetto.  
Leonardo sgranò gli occhi, e i suoi amici erano altrettanto stupiti: "L'hai disegnata..." mormorò.
"Sì. Avevo capito il piano di Antea." rispose Leda, lasciando che Riario le sfilasse dalle mani la pergamena.
"Potrebbe essere un falso." ipotizzò Riario guardandola.
 "Non lo è. Antea nonostante tutto mi conosce, chiedete a lei se potrei mai mentirVi in questa orribile situazione."
Antea annuì: "Non rischierebbe, lo so. È così sentimentale..." ridacchiò.
"Vi prego, lasciate andare mia figlia e i suoi amici, fateli tornare a casa." chiese Leda.
Riario sorrise gelido: "E sia. Guardie, liberate la ragazza e conducete tutti alla loro bottega." guardò cinque soldati "Rimanete di guardia nel loro cortile e non fateli allontanare dall'edificio."
"No! Meritano di essere puniti per averVi tradito!" inveì Antea, ma Riario la zittì con un gesto.
"In quanto a Voi Leda, verrete con noi." concluse il conte.
Un soldato liberò Beatrice e la trascinò dai suoi amici, la scaraventò contro Leonardo, lui la abbracciò stretta: "Mi dispiace..." mormorò al suo orecchio.
Beatrice lo abbracciò, oltre la sua spalla vide portare via sua madre, riuscirono a scambiarsi un fugace sguardo prima che le guardie conducessero via tutti.
Alla bottega del Verrocchio vennero separati, Leonardo e Nico furono spinti nel laboratorio dell'artista, Beatrice e Zoroastro nella camera di lei.
Una volta rimasti soli la ragazza si tolse rapidamente il vestito sporco di grasso, corse al catino e si lavò con disperazione, come se quell'insistente sfregare la pelle potesse cancellare il ricordo di essere quasi stata bruciata viva. Ansimava nervosa, passava la spugna sulla pelle fino ad arrossarla, iniziò a piangere.
Zoroastro arrivò alle sue spalle, la avvolse in una vestaglia di cotone bianco, la abbracciò.
"Shhh, va tutto bene principessa, è tutto finito." le disse mentre lei iniziava a singhiozzare.
Beatrice si girò e si nascose nel suo abbraccio, aggrappandosi con le dita alla sua camicia: "Non è finita." mormorò "Mia madre...quella, quella era mia madre...ed è belle mani di Riario!"
Zo la strinse più forte, piano piano i singhiozzi cessarono, Beatrice iniziò a respirare con calma.
"I tuoi polsi...vieni, ti medico io." le disse facendola accomodare al tavolo.
Beatrice annuì e lasciò che lui la medicasse e le fasciasse i polsi graffiati dalle manette.
"Cosa è successo?" chiese "Come è apparsa mia madre?"
Zoroastro la guardò, e le raccontò tutto, Beatrice lo ascoltò in silenzio.
"Era tornata...è venuta a vedere come stavo crescendo." abbozzò un sorriso.
"Sì. Da come parlava è molto fiera di te." disse Zo rimettendo a posto pomata e garze "Ti somiglia, insomma, ha il tuo sorriso sai."
Beatrice annuì: "Leonardo lo diceva sempre. Sai, è come se avessi sempre saputo che Antea non era lei, come un profumo che non riconosci anche se ti appartiene. E adesso? Cosa succederà a Leda?" chiese preoccupata, ricominciò a tremare "Mercuri la torturerà di nuovo, lui..."
Zoroastro le prese le mani: "Ascolta, tua madre è molto forte, coraggiosa. Se l'è cavata in tutti questi anni." voleva dirle che sarebbe andato tutto bene ma non ci riuscì, perché in fondo non ci credeva e nemmeno lei ci avrebbe creduto.
Beatrice si sdraiò suo letto, Zoroastro si mise dietro di lei e la abbracciò, le baciò i capelli e una spalla. Lei si lasciò cullare dal suo abbraccio, e si addormentarono, entrambi tormentati da sogni inquietanti.


La mattina dopo furono svegliati da forti colpi alla porta, non fecero in tempo a mettersi seduti sul materasso che Grünwald apparve nella stanza: "Sveglia! In piedi! Tra cinque minuti vi voglio tutti e due nel cortile." urlò per poi uscire.
Zoroastro e Beatrice si guardarono preoccupati, rapidamente si vestirono e uscirono dalla stanza, Leonardo e Nico erano già in cortile, era evidente dalle loro facce stropicciate e grigie che nemmeno loro avevano dormito bene.
Grünwald ordinò loro di mettersi in marcia, e si diressero di nuovo alle rovine romane.
L'alba era spuntata da meno di un'ora, il paesaggio delle colline era surreale, l'erba bagnata dalla rugiada, una leggera nebbia copriva l'orizzonte.
Beatrice si strinse nelle braccia, guardandosi attorno: "Cosa vorrà adesso Riario da noi?" chiese, ma nessuno dei suoi amici ebbe il coraggio di rispondere.
Arrivati alle rovine il conte Riario li attendeva nel cortile con un sorriso freddo.
"Cosa ci facciamo di nuovo qui?" chiese Leonardo, si voltò sentendo il grido soffocato di Beatrice. La ragazza guardava la colonna alla quale era stata incatenata il giorno prima era stata, al suo posto quella mattina c'era Leda.
Leonardo e gli altri la fissarono, inorriditi. 
Leda era legata con le braccia sopra la testa, indossava una camiciola logora e lorda di sangue, il corpo della donna era sporco e lacerato, le vecchie ferite si confondevano a quelle nuove, il viso sfregiato. Mercuri aveva decisamente scaricato tutta la sua vendetta contro la donna. L'archivista e Antea era poco distanti dalla sventurata Leda, la soddisfazione sui loro visi era indecente.
Beatrice istintivamente cercò di andare da lei, Zoroastro la trattenne abbracciandola vedendo i soldati impugnare le spade, fu doloroso ma dovette sussurrarle che non poteva fare nulla per lei.
"Che cosa significa..." mormorò "Cosa significa!" gridò verso il conte.
Riario la guardò freddo e impassibile, posò lo sguardo su ognuno di loro per poi rispondere: "Chi prova a ingannarmi ne paga le conseguenze, niente rimane impunito." è terminata la frase fece un gesto in direzione di Mercuri.
Lupo, con un sorriso che ricordava un terribile ghigno, prese un altro vaso colmo di grasso e ne versò il contenuto su Leda.
"NO NO NO, VI PREGO!" gridò Beatrice, Zoroastro la tenne più stretta "Vi prego..." guardò Riario, lo supplicò "Non lo fate..." mormorò più volte inutilmente, poi guardò sua madre.
Leda incrociò lo sguardo di Beatrice, nonostante la paura e il dolore le regalò un sorriso caldo, la guardò intensamente e disse: "Angelo mio, non lasciare che il cobalto delle tue lacrime offuschi il vermiglio del tuo cuore."
Poi girò il viso verso Lupo e verso sua sorella Antea, era seria e fiera: "Un giorno pagherete per tutte le vostre malefatte, esse vi stritoleranno."
Antea la guardò impassibile, Mercuri rise sguaiato, lasciò cadere ai suoi piedi la torcia e le fiamme divamparono.
Con una mossa rapida Zoroastro fece voltare Beatrice e nascose il viso di lei contro il suo petto per non farla guardare. Beatrice si aggrappò alla sua schiena con le unghie, le lacrime le riempirono gli occhi, ed erano brucianti come le urla di sua madre che le riempivano le orecchie. 
Quelle grida poi divennero un intenso brusio, assordante come uno stormo di uccelli che vola sbattendo le ali ed emette all'unisono suoni striduli, le invase la testa facendola pulsare in modo doloroso. Beatrice sollevò un po' la testa dal petto di Zoroastro, i suoi occhi guardarono il cielo azzurro riempirsi di fumo nero e grigio. Ecco cosa resta di lei, della madre di cui ho solo incrociato lo sguardo prima che morisse. Rimane un fumo denso che il vento porta lontano, di nuovo lontano da me.
Beatrice infine chiuse gli occhi, Zoroastro la sostenne con fermezza e la prese in braccio quando perse i sensi.





























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Capitolo 12
*** Il piano di Beatrice. Prima parte. ***



Angolo dell'autrice:
Il dodicesimo capitolo si divide in due parti, altrimenti sarebbe stato troppo lungo.
Anche questa volta, purtroppo, non c'è un lieto finale...
A presto
VerdeIrlanda 


Prima parte.


Erano passati due mesi da quella terribile alba in cui Leda era morta, e il ricordo della sua straziante fine era ancora indelebile nella mente di Beatrice e dei suoi amici.
Ora sapevano di cosa era capace il conte Riario se veniva contrariato, e ognuno di loro si guardò bene dal farlo, ma nei loro cuori segretamente meditavano vendetta.
Beatrice dopo la morte di Leda era rimasta catatonica per sette giorni, si era chiusa nel suo laboratorio in un triste silenzio. A turno Leonardo, Zoroastro e Nico le facevano compagnia, provavano a parlarle ma lei fissava un punto indefinito nel vuoto senza mai rispondere. Gli ebrei osservano per tradizione un periodo di lutto, sette giorni chiamati Shiva, ma non era solo per questo che si era chiusa in se stessa. Beatrice stava elaborando qualcosa che era più grande di lei, un dolore che non riusciva a spiegare. Non aveva mai conosciuto sua madre, eppure la sua morte era stata straziante come se l'avesse avuta al suo fianco dal suo primo vagito. L'aveva creduta morta, e quando Antea fingendosi Leda era comparsa nelle loro vite Beatrice si era permessa di sperare di poter finalmente conoscere il calore dell'amore materno. Poi Antea si era rivelata per la vipera che era, e Leda si era dovuta sacrificare per salvare la figlia. Beatrice l'aveva vista per pochi minuti, e l'ultima immagine di lei era un corpo che agonizzava tra le fiamme.
Il dolore in quei sette giorni si era mescolato alla rabbia, al senso di colpa e al desiderio di vendetta. E alla fine Beatrice, una mattina, si era alzata dal letto, si era infilata un vestito pulito e aveva ripreso la sua quotidianità. Era sempre lei, la Beatrice dolce e sicura che loro conoscevano, ma con quella cupa luce che ogni tanto invadeva le sue iridi verdi. 
Negli ultimi sessanta giorni erano successe diverse cose a Firenze, alcuni scenari erano cambiati.
Antea aveva consegnato al conte la vera chiave, soddisfatta della sua vendetta, ed era diventata l'amante di Mercuri. Dio li fa poi li accoppia, avevano pensato i Da Vinci.
Clarice aveva annunciato a Lorenzo di aspettare un figlio, e la gioia del Magnifico era incontenibile, così come la sua preoccupazione che i nemici di Firenze potessero tornare, e diede disposizioni affinché la sicurezza della città e del palazzo venisse aumentata.
Beatrice continuava a occuparsi di Clarice ed era convinta che questa gravidanza sarebbe andata a buon fine, ed insieme a Leonardo, Zoroastro e Nico era impegnata nelle ricerche sul Libro delle Lamine per conto di Riario, il quale aveva finalmente tutto ciò che gli occorreva per raggiungere la Volta Celeste e impossessarsi della reliquia.
"La mappa disegnata da Leda è accurata e precisa." disse il conte "Abbiamo le coordinate per giungere in questa terra lontana. Ma arrivati lì il percorso da seguire per raggiungere la Volta sarà ovviamente celato da indovinelli e trabocchetti, la mappa lo illustra chiaramente, e qui mi servirà il Vostro genio artista." disse Riario guardando negli occhi Leonardo, erano a palazzo Medici, nel laboratorio.
"Molto bene." rispose Leonardo "Quando intendete partire?" 
"Il duca Alfonso di Calabria, figlio del re di Napoli, è un mio vecchio e caro amico, ci presterà una nave per la nostra traversata. Tra un mese salperemo dal porto della città partenopea." rispose Riario "Antea verrà con noi, le ho promesso che avrebbe potuto accompagnarci nella ricerca."
Leonardo si morse un labbro, quella donna negli ultimi mesi era riuscita a farsi odiare ogni giorno di più con il suo comportamento trionfante e la sua cattiveria.
"Informerò gli altri, dovranno prepararsi per partire..."
"Non ho detto che i Vostri amici verranno con noi." disse Girolamo "Voi partirete con me artista, ma non ho ancora deciso se e chi di loro verrà con noi."
Leonardo lo fissò stupito, poi annuì, rassegnato: "E Mercuri?"
"Lupo tornerà a Roma con i miei uomini."
"State per lasciare Firenze?" chiese Leonardo "Ma credevo doveste occuparVi della difesa della città."
"Molto presto Firenze non avrà più bisogno della mia protezione. I suoi nemici saranno presto assicurati alla giustizia." tagliò corto Riario.
Leonardo pensò che il conte doveva avere in mente l'ennesimo piano diabolico.


Antea si guardava allo specchio, rimirava il suo nuovo vestito, una camicia rosso scuro dai bordi ricamati in oro e dei pantaloni di pelle scura comprati con i soldi di Mercuri. Da due mesi nascosta nelle stanze dell'archivista, e riusciva a ottenere da lui qualunque cosa. Sapeva perché. Lei gli ricordava quella donna che aveva tanto amato e infine odiato fino al parossismo, per questo la desiderava e la accoglieva nel suo letto. E Antea era ben contenta di soddisfare ogni sua fantasia, romantica o violenta che fosse, perché serviva per raggiungere il suo obiettivo: sarebbe partita per quella terra lontana in cui si nascondeva ciò che desiderava di più, il Libro delle Lamine. Era eccitata all'idea di sfogliare quelle pagine.
Riario e Mercuri entrarono nella stanza, lei distolse lo sguardo da se stessa e chiese: "Avete parlato con Da Vinci?"
"Sì, è stato informato." rispose Riario "Siete già pronta per partire." commentò notando il suo abbigliamento.
"E non vedo l'ora di imbarcarmi. Mi dispiace solo che Lupo non possa venire con noi." disse con un broncio falso come il bacio di Giuda, ma l'archivista non lo notò.
"Ci rivedremo al vostro ritorno, e festeggeremo la vittoria." disse Lupo "A questo proposito Girolamo, chi verrà con voi sulla nave? Avete deciso se sia o meno il caso che Da Vinci si porti un compagno?"
Riario annuì: "Ci ho riflettuto, gli dirò di portare Nico. È un ragazzino smidollato e innocuo, non creerà problemi."
"Proprio per questo dovreste lasciarlo a casa. Sarebbe inutile e di impaccio, incontreremo sicuramente molti pericoli." disse Antea "Fate venire Zoroastro con noi."
Riario la guardò stupito: "Credevo lo detestaste."
"Infatti. Ma sa come tirarsi fuori dai guai, sa come sopravvivere, le sue capacità potrebbero rivelarsi utili."
Mercuri la scrutò con un sorriso freddo: "Non è solo per questo, vero?"
Antea rise: "Mi conosci troppo bene! No, infatti."
Riario li guardò confuso: "Quale altro motivo Vi spinge a volere lui su quella nave?"
Antea sorrise, maliziosa e cattiva: "Mi stuzzica l'idea di mettere un intero oceano tra lui e Beatrice. Sono stati insieme fin troppo a mio parere, è tempo che questo legame si spezzi."
Riario non poté che concordare: "E sia, lo riferirò a Da Vinci." e lasciò la stanza.
Antea si avvicinò a Mercuri, lo baciò: "Non sai quanto mi eccita questa situazione..."
Lupo la baciò a sua volta, iniziando a spogliarla: "Ti va di fare come due sere fa..."
Antea rise allontanandosi e spogliandosi da sola: "Vuoi chiamarmi Leda e vuoi che ti supplichi di non farmi male?"
Lupo si umettò le labbra guardandola, e rispose: "Precisamente."


Nella notte le urla di Francesco Pazzi echeggiarono in tutta la foresta: "Siete un vile traditore!"
"Ma sentite da che pulpito viene la predica!" esclamò Riario ridendo.
Francesco Pazzi era in ginocchio davanti al conte, legato e immobile, lo fissava inferocito: "Dovevate farmi avere Firenze! Avevamo un accordo! Per Dio, abbiamo pianificato la congiura insieme!"
"E io la ho usata a mio vantaggio. E non bestemmiate il nome di Nostro Signore."
"Quando avete salvato Firenze...doveva essere..."
"...doveva essere un sotterfugio per consegnare a Voi la città, sì, lo so." sbuffò Riario "Ammettete a Voi stesso di essere stato uno stupido a fidarVi Francesco. La Vostra fine forse sarà meno bruciante." e schioccò le dita.
Grünwald con un colpo deciso decapitò Francesco Pazzi, il sangue schizzò sulla sua casacca grigia.
"Mettete la sua testa in un sacco, la porteremo a Lorenzo de Medici." sorrise Riario salendo a cavallo.


Il giorno successivo la città di Firenze era in festa.
La testa di Francesco Pazzi era stata esposta su un palo davanti a palazzo Medici su ordine di Lorenzo, come simbolo della libertà che la città aveva di nuovo conquistato con la morte dell'ultimo nemico.
Leonardo e i suoi amici, in piedi vicino al muro del palazzo, la fissavano.
"Riario ha detto di aver scovato il Pazzi vicino ad Urbino e di averlo giustiziato con le sue mani." spiegò Leonardo.
"Come no." rispose sarcastico Zoroastro.
"Avrà tenuto segregato il Pazzi per poterlo uccidere al momento più opportuno." disse Beatrice.
"La morte di Francesco Pazzi gli permette di lasciare Firenze, non è più obbligato a rimanere per difenderla." commentò Leonardo "Adesso può partire."
"Imbarcarsi." precisò aspro Zoroastro "E tu lo farai con lui." Beatrice accanto a lui gli prese la mano.
"Anche tu lo farai." disse Leonardo con un fiato, e gli altri lo guardarono stupiti.
"Cosa?" 
"Zo, scusa, dovevo essere più diplomatico. Ho visto Riario questa mattina a palazzo, e ha ordinato che tu venga con noi."
Zoroastro strabuzzò gli occhi, guardò l'amico: "Ma se mi detesta!"
"Dice che saprai cavartela in ogni situazione pericolosa potremmo trovare..." disse Leonardo "Dipendesse da me non vorrei coinvolgere nessuno di voi in questa traversata con Riario..."
Zo gli rispose: "Lo so Leo, non dipende da te." sospirò, strinse più forte tra le dita la mano di Beatrice "E quando dovremmo partire?"
"Tra un paio di settimane." rispose Leonardo con tono malinconico, poi mise una mano sulla spalla di Nico "Vieni, devo informare tuo padre che presto dovrà trovarti un nuovo tutore."
Nico seguì mogio il suo maestro, pensò che il signor Macchiavelli non avrebbe mai trovato un insegnante migliore di Da Vinci.
Beatrice e Zoroastro tornarono in bottega, la ragazza si sedette sul letto, sconsolata: "E così Riario porterà entrambi sulla nave."
Zo si sedette accanto a lei, le accarezzò il viso: "La cosa non piace nemmeno a me."
"È già difficile accettare il fatto che Leonardo sarà lontano per mesi...ma anche tu..." lo guardò negli occhi "Non siamo mai stati separati per tanto tempo...siamo sempre stati insieme..." 
Zoroastro la abbracciò: "Lo so..."
"È una crudeltà di Antea, me lo sento nelle ossa!" esclamò Beatrice stringendosi a lui "Gide nel fare del male." pensò alla sua espressione trionfante degli ultimi mesi, il suo ricordarle costantemente la sofferenza di Leda.
Rimasero abbracciati per molto tempo, poi Beatrice si staccò da lui per baciarlo sulle labbra.
Zoroastro sentì il baciò diventare più appassionato, assecondò Beatrice che iniziava a spogliarlo e a spogliarsi. Bea lasciò che Zoroastro la spingesse supina sul materasso per venirle sopra, ma fu la ragazza a guidarlo dentro di lei. 
"Così, subito?" chiese lui sorridendo, sorpreso che Beatrice non cercasse delle tenerezze prima dell'amplesso.
"Sì..." mormorò lei baciandolo "Ho bisogno di...questo..." sospirò stringendo le dita attorno alle sue natiche, e Zo iniziò a muoversi dentro di lei.
Dopo aver fatto l'amore rimasero sdraiati vicini, stretti in un abbraccio, Beatrice con la testa sul petto di Zoroastro.
Accarezzandole i capelli lui disse: "Vorrei che ci fosse un modo per scardinare il piano di Riario."
Bea rimase in silenzio un istante, si mordicchiò un labbro, si sollevò sui gomiti, lo guardò in viso: "E se ci fosse, questo modo?"


"No aspetta...cosa?" chiese confuso Leonardo "Vuoi salpare senza Riario?"
Beatrice era in piedi, al centro della piccola stanza che era la cucina della soffitta di Zoroastro, aveva riunito in quel luogo i suoi amici per proporre il suo piano.
Nico guardò l'amica e commentò: "Ma non riusciremo a ingannarlo, Riario fa controllare ogni strada Firenze."
"Ascoltate attentamente, Riario tra tre giorni lascerà la città." disse Beatrice.
"Sì, e ha anche aggiunto che alcuni suoi mercenari rimarranno di guardia per assicurarsi che non cercheremo di fregarlo di nuovo, e tre giorni dopo la sua partenza questi ci scorteranno fino al porto di Napoli." precisò Leonardo "Non possiamo lasciare la città, ci scoprirebbero subito."
"Non è detto." disse sicura Beatrice "Lorenzo de Medici ha organizzato una parata trionfale per accompagnare Riario e i suoi uomini fuori da Firenze, un omaggio ai salvatori della città. Tutta Firenze sarà in festa, ci sarà molta confusione, musica, giochi pirotecnici...il marasma necessario per passare inosservati."
"È rischioso, i mercenari potrebbero comunque vederci lasciare la bottega e seguirci." disse Leonardo.
"Ma loro non ci vedranno uscire dalla bottega, per quanto ne sapranno noi saremo al suo interno." sorrise la ragazza, e voltò il viso verso Zoroastro "Perché noi attraverseremo Firenze camminando sui suoi tetti."
Nico balbettò: "Ma-ma...no..Non possiamo farlo!"
"Questa è sicuramente una tua idea." disse Leonardo rivolto al suo amico.
"La ho suggerita io, sì. Sono scappato attraverso i tetti decine di volte, è per questo che vivo in questa soffitta, da quassù posso arrivare ovunque senza essere notato." disse Zo soddisfatto "Arriveremo fino alle mura, fidatevi, si può fare. E poi dovremo scendere in strada, ma raggiungeremo velocemente una delle porte della città, aperte per la parata, e da lì ci daremo alla macchia."
Nico era scettico: "Riario non è uno sprovveduto, apposterà della sentinelle."
"Le quali saranno comunque rallentate dalla sfilata e dalla festa, quando Riario saprà della nostra fuga noi saremo già lontani." disse Zoroastro.
Il biondo e Da Vinci si guardarono, perplessi, e Zo continuò: "Sentite, se io e Leonardo partiamo non torneremo a casa vivi, qualunque cosa accada. Una volta trovato il Libro il conte ci ucciderà, e se non lo troviamo ci farà comunque ammazzare."
"E una volta scappati? Cosa facciamo?" chiese Leonardo "Non abbiamo una nave a disposizione, senza contare che Riario ha comunque la mappa con le coordinate per raggiungere la terra inesplorata."
"Questa è la parte più complicata del piano." rispose Beatrice.
"Perché, ciò che hai appena descritto sarebbe facile?" chiese sarcastico Leonardo.
"Zitto!" disse Beatrice "E ascolta. La nave potrebbe fornircela Lorenzo. Ti deve la vita Leonardo, se gli chiedessi dei soldi per finanziare una ricerca che porterà lucro a Firenze potrebbe acconsentire a darteli."
Leonardo scosse la testa: "Non lo farà. Ma facciamo finta che mi abbia dato i soldi, voglio vedere dove vai a parare."
Beatrice continuò: "Tu hai le coordinate scritte da Leda, dico bene? Le hai memorizzate e trascritte sul taccuino, me le hai fatte vedere." suo fratello annuì "Come hai giustamente fatto notare Riario ha la mappa e una nave, saprebbe come e dove raggiungerci. Ma noi possiamo impedirglielo. Disegneremo una mappa identica a quella di mia madre, ma modificheremo le coordinate verso cui navigare. Scambieremo le copie e lui non potrà raggiungerci."
Leonardo si grattò la testa, sospirando: "Sottovaluti Riario sorellina."
"Basterà invertire qualche cifra, non se ne accorgerà." rispose Beatrice.
"No, non è per questo. Riario tiene con sé la mappa, la posso visionare solo nel laboratorio a palazzo Medici, e non ci ha mai permesso di rimanere con la mappa in sua assenza."
"Lo so. Ma basteranno pochi secondi per scambiare le pergamene. Tu hai una memoria perfetta Leo, puoi disegnare la mappa con Zo prima di andare a palazzo, e una volta in laboratorio basterà creare un diversivo."
Leonardo guardò sua sorella negli occhi: "Non dico di apprezzare il tentativo ma...no, non possiamo rischiare."
"Leo..."
"No! Abbiamo visto quanto Riario può essere crudele, non voglio che succeda qualcosa a nessuno di voi!" Leonardo si avvicinò all'abbaino, guardò il cielo azzurro respirando a fondo.
Beatrice si avvicinò a lui: "Una volta non ti saresti mai tirato indietro di fronte a una sfida. Fino a poco tempo fa ero io a cercare di dissuaderti, ora sei tu che non vuoi partire, che non vuoi trovare il Libro."
"È stato prima che..." Leonardo si interruppe.
"Prima che Riario bruciasse viva mia madre. Dillo. Non avere paura di dirlo." disse Beatrice, Leonardo la guardò, gli occhi verdi di lei erano cupi, il suo sguardo intenso "Mia madre si è sacrificata per una causa che riteneva giusta, ha scelto il martirio per dare a noi la possibilità di portare a termine la sua missione, la nostra missione. Se permettiamo a Riario ed Antea di trovare il Libro la sua morte non varrà nulla, io non posso permettere che non valga nulla!" esclamò con rabbia "E se lasci che Riario ti trasformi in un omuncolo senza speranza, senza spina dorsale, accecato dalla paura...beh, allora ha vinto lui, e la sofferenza di mia madre, e anche quella di tua madre, non avranno avuto un senso!"
Beatrice prese le mani del fratello tra le sue: "Tu non sei questo Leonardo! Hai sempre sfidato ogni convenzione, ogni limite." Leonardo la fissò, aveva ragione. Da quando Leonardo Da Vinci aveva paura? Aveva osato qualunque cosa, progettato ogni folle macchina, niente lo aveva dissuaso dai suoi esperimenti. 
Strinse le mani della sorella tra le dita, le sorrise con gli occhi lucidi: "È una follia, lo sai vero?"
"Abbiamo mai fatto qualcosa di normale noi quattro?" sorrise lei.
Leonardo la abbracciò forte, poi si staccò da lei tenendole un braccio attorno alle spalle, guardò Zoroastro e Nico: "D'accordo signori. Abbiamo un piano, realizziamolo."


La prima cosa da fare era procurarsi velocemente una nave. 
Fu Beatrice a parlarne con Clarice e Lorenzo con la scusa di controllare le condizione della donna, la sua presenza nelle stanze dei Medici non avrebbe insospettito Riario. 
"Volete che io finanzi la ricerca di un tesoro?" aveva chiesto il Magnifico.
"Un tesoro che mio fratello donerebbe a Firenze, ovvio." precisò Beatrice "A noi interessa principalmente esplorare una terra sconosciuta..." mentì sperando che la sua storia potesse reggere.
Lorenzo la guardò, poi disse: "Clarice, cara, potresti lasciarci qualche minuto? Sei stanca, vai a stenderti  un po'."
La Orsini non comprese tale richiesta, tuttavia ubbidì, e Beatrice rimase sola con Lorenzo.
"Avrete la nave." disse semplicemente "E nessuno ne sarà al corrente tranne noi. C'è un mercantile che spesso offre i suoi servigi a Firenze, l'Argonauta, scriverò subito gli ordini per il suo capitano."
Beatrice era stupita, sgranò gli occhi: "La Vostra generosità è...grazie, io non so cosa dire...non credevo avreste accettato."
Lorenzo le sorrise: "Ho allontanato Clarice perché non volevo che sentisse. Io so cosa state realmente cercando Beatrice. Ho già ho sentito parlare di terre inesplorate. Quando ero un bambino sedevo sulle ginocchia di mio nonno Cosimo, lui era solito raccontarmi una leggenda su uomini chiamati Figli di Mitra, che avevano attraversato l'oceano per portare al sicuro un'antica reliquia, il Libro delle Lamine. In punto di morte mi confessò che era tutto vero."
Beatrice chiese: "Vostro nonno era un Figlio di Mitra?"
"Sì, la famiglia Medici era una delle dodici famiglie. Purtroppo mio padre non proseguì la tradizione e tutto cadde nel dimenticatoio." disse Lorenzo "Ma aiutando voi forse potrò restaurare questa appartenenza."
Beatrice gli spiegò: "È importante che nessuno scopra le nostre intenzioni, soprattutto il conte Riario."
Lorenzo annuì: "Non ho bisogno di ulteriori spiegazioni. Avrete da me ogni aiuto mi sia possibile fornire."
Il Magnifico compilò velocemente le missive nel suo studio e le consegnò a Beatrice, la ragazza le mise nella sua sacca.
La ragazza lasciò gli appartamenti di Clarice e si apprestò a lasciare il palazzo.
Mentre raggiungeva le scale per scendere al piano inferiore vide il conte Riario in piedi sul primo gradino, le sorrise vedendola: "Buongiorno Beatrice."
Il cuore della ragazza iniziò a battere all'impazzata per la paura di essere scoperta.
Sostenne il suo sguardo, sperava di non tradire alcuna emozione mentre ricambiava il saluto.
"Madonna Clarice sta bene?" chiese Riario, essendo stato il responsabile della sicurezza della città era stato informato della gravidanza.
"Tutto procede nel migliore dei modi." sorrise tesa Beatrice "So che presto partirete, me lo ha detto Leonardo."
"Sì, a breve ci imbarcheremo." disse Riario assicurandosi che non ci fossero orecchie indiscrete "Peccato non poterVi portare con noi."
"Sarei solo un impaccio in una così pericolosa missione." disse lei iniziando a scendere le scale.
Riario le si mise davanti impedendole di proseguire: "Invece credo che sareste davvero utile nelle lunghe e solitarie notti in mare."
"Il modo in cui Vi esprimete è disgustoso." sibilò lei.
"Trovate? Lasciate che sia davvero disgustoso allora." la afferrò per un braccio e la spinse corto la colonna posta in cima alle scale, il suo viso era pericolosamente vicino a quello di lei "Se Vi dicessi che ogni singola notte su quella nave potrei benissimo tenerVi a gambe spalancate fino all'esaurimento del mio piacere allora sì che sarei disgustoso, e se aggiungessi che desidero ardentemente trovare conforto e soddisfazione nella Vostra bellissima bocca, allora, credo che sarei ancora più disgustoso."
Beatrice sibilò a dentro stretti: "Viscido, schifoso..."
Riario la interruppe premendo la sua bocca contro le sue labbra serrate, la lingua di lui vi si infilò con prepotenza, con una mano le strinse un seno così forte da farle male.
Beatrice lo spinse via lontano con una forza che non credeva di avere: "Maiale!" gli ringhiò.
Riario barcollò sugli scalini, ridacchiò: "Siete così combattiva! Sì, mi divertirò molto con Voi Beatrice."
"Questo non accadrà mai!" 
"Credetemi, succederà." disse ridendo mentre si allontanava dalle scale.
Beatrice rimase appoggiata alla colonna per qualche minuto, respiro a fondo per calmarsi, e ritrovata una salda forza nelle gambe scese le scale e uscì dal palazzo. 
Tornata in bottega non raccontò a nessuno ciò che aveva fatto Riario, non voleva preoccuparli più di quanto non lo fossero per il suo piano.
Avevano una nave, ora dovevano escogitare un modo per scambiare le mappe.


La mattina dopo Leonardo e Zoroastro aspettarono Riario a palazzo Medici, nel laboratorio.
Tutto era pronto: avevano ripetuto il loro piano fino alla nausea, avevano la copia della mappa. Ma la possibilità di essere scoperti li rendeva impazienti e nervosi.
Anche il diversivo era pronto, avevano provato e riprovato, ma erano tesi all'idea che qualcosa andasse storto.
Il conte entrò nella stanza, felice di stabilire gli ultimi dettagli per la partenza.
"I miei uomini vi scorteranno fino a Napoli, ci incontreremo al porto, la nave su cui saliremo si chiama il Caronte."
"Nome inquietante per una nave..." mormorò Zoroastro, pensando al cupo traghettatore degli Inferi.
"Abbiamo stimato che ci vorrà almeno un mese per giungere a destinazione, dipende anche da come ci sarà favorevole il tempo." disse Riario "Dicevate di aver intuito qualcosa sul l'ubicazione della Volta, giusto Da Vinci?"
"Sì!" esclamò Leonardo, capì da solo di averci messo troppo entusiasmo in quella risposta, cercò di calmarsi "Come immagino saprete molte sette erano solite occultare dei messaggi sulle pergamene. Mi sono chiesto se forse anche la nostra mappa ne contenga. Posso controllare?"
Riario alzò le spalle ed estrasse la pergamena da un cilindro di legno intagliato: "Non credo che Leda abbia nascosto dei messaggi...ma per sicurezza controllate pure." srotolò il foglio e lo pose sul tavolo.
Leonardo e Zoroastro si chiesero se il rimbombo dei loro cuori fosse udibile dal conte.
Da Vinci prese la mappa, andò vicino alla finestra, la mise controluce: "Mmm no...se ha celato dei messaggi direi che non ha usato un metodo così semplice..." finse di riflettere, poi disse "Zo, proviamo col limone."
Zoroastro annuì, e prese una boccetta contenente del succo di limone, la aprì meravigliandosi di quanto la sua mano fosse ferma nonostante la sua tensione, versò il contenuto in una ciotola.
Leonardo prese un pezzetto di stoffa: "Gli antichi usavano un inchiostro che si rivela solo umettando le scritte con del limone..."
"Non spiegatemi cose che già so. E non rovinate la mappa." lo ammonì Riario.
"S-sì." balbettò Leonardo iniziando a tamponare un angolo della mappa. Ovviamente non apparve nulla "Direi che la mia intuizione era sbagliata." commentò.
"Come immaginavo." disse Riario.
Leonardo si scusò e usando i palmi arrotolò la pergamena facendola scivolare sul piano del tavolo verso se stesso, arrivato vicino al bordo lasciò che la mappa cadesse per terra.
"Oh, scusatemi...oggi non mi riesce nulla!" disse ridacchiando mentre Riario sbuffava.
"Lascia Leo, la raccolgo io." disse Zoroastro inginocchiandosi.
Prima che Riario arrivasse avevano appiccicato la copia della mappa con delle gocce di resina sotto il ripiano del tavolo.
La mossa da compiere doveva essere rapida, Zo invocò tutta la sua esperienza di ladro provetto. La mano destra di Zoroastro prese la falsa mappa, la staccò con delicatezza dal tavolo mentre la sinistra afferrava l'originale caduta sul pavimento. Mentre Zo si rimetteva in piedi lentamente Leonardo creò il diversivo, lasciò che la boccetta col limone gli cadesse dalle mani infrangendosi sul pavimento.
"Dannazione Da Vinci! Vi siete rincretinito tutto di un colpo?" sbottò Riario torcendo il naso per l'odore del limone.
Zoroastro approfittò della distrazione del conte, appoggiò la mappa fasulla sul tavolo e con una mossa leggera e rapida attaccò l'originale alla resina.
"Amico mio, devi dormire di più." commentò.
"Hai ragione, perdonate la mia sbadataggine conte, io...ho passato la notte in bianco, forse è per questo che oggi non ne combino una giusta." si scusò Leonardo.
Riario, infastidito, prese la mappa che Zoroastro aveva appoggiato sul tavolo e la muse nel fodero: "Cercate di essere più lucido la prossima volta. Ho bisogno di un genio, non di uno stolto addormentato." e dopo averli fulminati entrambi con lo sguardo si congedò.
I due amici rimasero in piedi, in silenzio ed immobili per diversi minuti.
Leonardo a un certo punto guardò Zoroastro, sorrise e gli buttò le braccia al collo: "Ah ah! Lo abbiamo fatto!"
"Non farti sentire!" rise Zo.
Leonardo gli prese il viso tra le mani e gli diede un bacio a stampo sulle labbra: "Ah ah!" rise ancora "Non ci credo! Pensavo che ci avrebbe scoperto e scuoiati vivi!"
Zoroastro ridacchiò per la reazione di Leonardo: "Torniamo a casa, dobbiamo organizzare la partenza."
I due uscirono dal palazzo, dopo un po' che camminavano Leonardo disse: "Scusa, probabilmente non dovevo baciarti..."
Zoroastro rise: "Non era un bacio quello dai, me ne hai dati di migliori!" 
Leonardo rise con lui: "Sì. Sì in effetti..." guardò Zoroastro e chiese "Già che siamo in argomento, quale dei due Da Vinci bacia meglio?"
Zoroastro a quella domanda si dovette fermare, era piegato in due dal ridere, quando si fu ripreso rispose: "È un segreto che mi porterò nella tomba!"


La notte precedente alla fuga Beatrice e gli altri presero gli ultimi accordi per il giorno successivo. Zoroastro e Nico avevano portato a rate il loro bagaglio alla bottega, in modo da non insospettire le spie di Riario, avevano nascosto tutto nella nicchia segreta nel laboratorio di Beatrice.
"Domattina ci troveremo qui poco prima che inizi la parata." ricordò Leonardo "Dopo di che, Zo, tu ci guiderai sui tetti di Firenze." 
Zoroastro sorrise: "Che ne dite, andiamo a bere la nostra ultima birra fiorentina?"
"Io ci sto!" disse Nico, e anche Leonardo annuì, Beatrice invece decise di rimanere a casa.
"Sei sicura?" la stuzzicò Zoroastro "Un ultima pinta?"
"Sono piuttosto stanca, voglio essere in forma." sorrise e lo baciò "Ci vediamo domattina." 
Zo ricambiò il bacio e con gli altri si diresse al Gallo nero.
Rimasta sola Beatrice si spogliò e si infilò una tunica azzurra senza maniche che usava come camicia da notte, si sciolse i capelli e li spazzolò fino a sciogliere ogni nodo.
Stava per infilarsi sotto le lenzuola quando udì dei passi sulla ghiaia, sorrise, sarà sicuramente Zoroastro, tornato indietro per non lasciarla da sola.
Ma non era lui, fu Girolamo Riario a varcare la soglia della stanza, sorridendo.
"E Voi cosa ci fate qui in questa ora tarda?" chiese Beatrice, preoccupata, pregò che Riario non avesse scoperto il loro piano, in quel caso sarebbero morti tutti nel peggiore dei modi.
Girolamo le sorrise freddo e si avvicinò a lei, molto vicino: "Potrei dirtelo, ma non ti piace il mio disgustoso modo di esprimermi." e detto questo la afferrò per il collo.
Beatrice si ribellò graffiandolo ma lui le sibilò all'orecchio: "Ho sei uomini appostati fuori dal Gallo nero, prova a contrariarmi e ti porterò i cadaveri dei tuoi amici un pezzo alla volta."
Beatrice deglutì, e smise di lottare.
Quello che successe in quella stanza, sul suo letto, ciò che Riario le fece e che la costrinse a fargli Beatrice non lo raccontò a nessuno per diversi mesi.
Alla fine Riario la lasciò nuda e sdraiata a pancia in giù sul materasso, se ne andò ridacchiando, soddisfatto di aver finalmente insegnato le buone maniere alla sfrontata ragazza Da Vinci.
Beatrice, dolorante e umiliata, si mise a sedere sul letto, si asciugò le ultime lacrime che le avevano rigato il viso. Si alzò con passi e movimenti lenti, raccolse da terra la camicia da note strappata e la nascose sotto il materasso, andò al catino per lavare via ogni traccia del conte dalla sua pelle. Indossò una camiciola pulita, guardò il letto. 
Non voleva dormire sopra lo stesso materasso su cui Riario le aveva premuto la faccia mentre la possedeva da dietro, mentre le ordinava più e più volte con voce roca di dirgli che le piaceva. 
Prese delle coperte e si rannicchiò su una vecchia poltrona in un angolo, chiuse gli occhi, non voleva piangere e singhiozzare, si morse forte una mano, respirando a fondo.
Aprì gli occhi solo un istante, mormorò: "Un giorno la pagherà, pagheranno tutti. Un giorno moriranno stritolati dalle loro colpe." 
Lo ripeté come un mantra fino ad addormentarsi.




































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Capitolo 13
*** Il piano di Beatrice. Parte seconda. ***



Angolo dell'autrice:
Ecco a voi la seconda parte del dodicesimo capitolo, è un po' lunga, spero mi perdonerete. ;) 
Grazie, come sempre, a chi spende minuti preziosi della propria esistenza per leggere la mia storia e per recensire. ^^ 
Tante care cose!
VerdeIrlanda 


Seconda parte.


Beatrice si sentì scuotere con delicatezza, aprì gli occhi.
"Principessa, buongiorno." le disse Zoroastro sorridendo.
La ragazza si guardò attorno, la luce del mattino illuminava la stanza di riflessi dorati, in un attimo ricordò ciò che era successo la sera prima. Deglutì, scosse la testa, mormorò un saluto.
Zo, in piedi vicino a lei, le chiese: "Ma che ci fai sulla poltrona?"
 "Oh, io...devo essermi addormentata qui." mentì, non aveva mai mentito a Zoroastro da quando si conoscevano, ma non poteva dirgli cosa fosse accaduto. 
"Leonardo e Nico sono in cortile, fingono di lavorare a qualcosa, così le spie di Riario non avranno sospetti, adesso li raggiungo...ma ti senti bene?" le chiese guardandola, Beatrice sembrava confusa, il suo viso era cupo e pallido, gli occhi verdi era gonfi e arrossati.
"Sì...sto bene, sono solo rintronata, non ho dormito granché..." rispose lei, il che non era una bugia vista la nottata quasi insonne.
Provò ad alzarsi ma una fitta di dolore al bacino la fece fermare, trattenne un'imprecazione e ci provò di nuovo, questa volta riuscì a mettersi in piedi e andò verso il catino per lavarsi.
Zoroastro la guardava, vedendo le sue mosse lente e il suo passo leggermente claudicante chiese: "Perché cammini così?"
Beatrice si sciacquò il viso, l'acqua fresca le diede un leggero sollievo, respirò profondamente, gli rispose borbottando "La poltrona non è molto comoda...sono indolenzita..."
Zoroastro la osservò insospettito dal suo modo di fare, aspettò in silenzio per un po', poi ripeté la domanda: "Sicura di star bene?" 
"Ti ho detto che ho dormito male." rispose bruscamente Beatrice senza nemmeno girarsi.
"Va bene, non ti scaldare." rispose Zo stupito, Bea non gli aveva mai parlato con quel tono "Ero solo preoccupato."
Beatrice sospirò un paio di volte, sentiva delle lacrime rabbiose pungerle gli occhi: "Scusa.* mormorò "Sono solo nervosa." 
Zoroastro sorrise: "È più che comprensibile visto ciò che dobbiamo fare oggi." 
"Mi vesto così vi raggiungo fuori, d'accordo?" disse Beatrice sparendo dietro alcuni scaffali colmi di libri per prendere dei vestiti da un baule.
Il dolore non era passato ma almeno sembrava diminuito, Bea si tolse la camiciola da notte, nel vestirsi guardò in basso, sulle cosce aveva i segni dell'aggressione di Riario, delle strisce violacee che ormai tendevano al blu, lì, dove le sue dita avevano l'avevano afferrata con violenza. Rapidamente la ragazza tirò su i pantaloni di pelle e li allacciò. Indossò una camicia grigia facendo finta di non vedere altre macchie bluastre su un seno e su un braccio.
Zoroastro si sedette sul letto, ma si rialzò subito, aveva appoggiato le natiche su una scomoda gobba del materasso. Zo osservò il letto, c'era qualcosa di azzurro, della stoffa appallottolata, ecco cosa creava quella gobbetta. Prese un lembo del tessuto ceruleo, lo tirò, rivelando una camicia da notte di Beatrice, la riconobbe, gliela aveva vista molte volte addosso. Zoroastro guardò l'indumento ed inorridì: "Porca puttana..." mormorò. La stoffa era strappata in diversi punti, una spallina era rotta, e c'erano delle piccole macchie scure simili a quelle lasciate da uno schizzo di sangue.
"Hai detto qualcosa?" chiese Beatrice mentre allacciava i nastri della camicia grigia, fece capolino dagli scaffali, e vide che Zoroastro stringeva tra le mani la camicia da notte azzurra, quella che Riario le aveva strappato di dosso. 
"Bea...cosa è successo?" chiese Zoroastro, anche se nella sua mente era lampante ciò che fosse accaduto a Beatrice, comprese il perché del suo comportamento anomalo.
La ragazza non riuscì a dire nulla, il suo sguardo disperato passava dagli occhi di Zo all'indumento, in modo frenetico. Zo glielo chiese di nuovo.
"Niente, non è successo...niente..." rispose lei a voce bassa.
"Beatrice..." disse Zoroastro guardando la camicia da notte "Questo non è niente! La stoffa è strappata, c'è del sangue! Parlami, dimmi cosa è..."
"Non chiedermi nulla Zo!" esclamò lei "Non...adesso." 
Zoroastro la scrutò, sospirò cercando di placare la rabbia: "Chi è stato?"
Beatrice lo implorò: "Zo..." i suoi occhi verdi erano lucidi e gli chiedevano in silenzio di tacere.
"Dimmi chi è quel lurido figlio di puttana!" disse Zo stringendo i pugni attorno alla stoffa così forte che le nocche divennero bianche "Dimmi chi è stato così vado ad ammazzarlo di botte!"
Lei lo lo supplicò di nuovo: "Non ne voglio parlare, ti prego! Perché, perché mi devi tormentare!" gli gridò, e a quel punto le lacrime scivolarono copiose sul suo viso, si voltò singhiozzando.
Zoroastro continuava a guardarla sconvolto, si passò una mano tra i capelli, poi gettò l'indumento sul letto e si avvicinò a lei, la abbracciò teneramente da dietro: "Scusami...sono un coglione, scusa..." mormorò stringendola.
Beatrice respirò a fondo e si lasciò cullare dall'abbraccio caldo di Zoroastro.
Dopo un lungo silenzio disse: "Zo, promettimi che non ne parleremo fino a che non sarò pronta a farlo."
Zo sospirò: "Bea..."
"Promettimelo!" chiese lei intrecciando le dita con quelle di lui.
Lui non poté far altro che assecondarla, le baciò la testa: "Va bene, non ti chiederò più nulla." rispose, anche se nella sua mente aveva già un sospetto che era quasi una certezza. Nessuno nel quartiere si sarebbe azzardato a farle del male, era benvoluta da tutti. C'era solo una persona così perversa da aggredire Beatrice in modo così brutale.
La ragazza si staccò da lui, si girò a guardarlo, gli accarezzò il viso: "Grazie." mormorò, lui le sfiorò le labbra con un bacio, per Beatrice sentire il suo sapore fu come un sollievo.
Bea andò verso la porta, gli disse: "E per favore, non dire nulla a Leo e Nico." 
Zoroastro annuì e la seguì nel cortile.


Girolamo Riario salì in groppa all'andaluso nero che, come era solito ricordare lui stesso, gli era stato donato personalmente dalla regina di Spagna.
Aveva indossato la divisa più elegante per sfilare in trionfo lungo le strade di Firenze.
Dal balcone del palazzo Lorenzo De Medici salutò pubblicamente il corteo del conte, li ringraziò per i servigi resi a Firenze e per aver sgominato ogni nemico, e diede inizio alla parata. Due paggi aprivano il corteo portando con fierezza la bandiera di Roma e lo stemma papale, dietro di loro Riario con Mercuri alla sua destra e Grünwald alla sinistra, e infine i suoi soldati a cavallo, poi i fanti. Attorno a loro i cittadini li accompagnarono festaioli, i musici suonavano e dalle finestre si gettavano petali di fiori.
Antea era tra la folla, strizzò l'occhio a Mercuri quando le passò davanti. Anche lei avrebbe presto lasciato Firenze, sarebbe andata a Napoli qualche giorno dopo con i mercenari che avrebbero scortato Leonardo e Zoroastro, non vedeva l'ora di salpare sul Caronte verso la Volta Celeste. Si allontanò dalla confusione per tornare alla locanda in cui avrebbe alloggiato in quel breve periodo, per farlo passò davanti alla bottega del Verrocchio.
Si accostò a un uomo calvo e massiccio, una delle sentinelle di Riario: "Sono tutti dentro?"
L'uomo, che tutti conoscevano come Salvo, annuì: "Sì, da stamattina. Per un po' hanno lavorato in cortile, poi sono andati dentro, a mangiare credo."
Antea decise di entrare per fare visita a Beatrice. In quei mesi si era divertita molto a presentarsi in bottega solo per ricordarle il modo atroce in cui era morta sua madre. Forse oggi le avrebbe preventivato quanto sarebbe stato triste rimanere da sola senza suo fratello e il suo innamorato. Sorridendo attraversò il cortile, entrò nel laboratorio di Beatrice, era deserto, allora si diresse verso quello di Leonardo.
"C'è nessuno?" chiese entrando, ma anche questa stanza era vuota.
Con rapidità raggiunse la cucina, entrata nella stanza si guardò attorno, non c'era nessuno.
Antea si fece sospettosa, che fossero al piano di sopra? Ma lì ci sono solo le stanze in cui lavorano alcuni allievi del Verrocchio, non ha senso. Stava per lasciare la stanza per avvisare le sentinelle, ma si fermò: "Dove diavolo eravate?" chiese trovandosi di fronte Zoroastro.
"Di là." rispose semplicemente lui "E tu cosa vuoi?"
"Non c'era nessuno di là!" rispose Antea "Ho guardato nei laboratori, sono vuoti. Dove sono gli altri?"
"Te l'ho detto, di là. Vieni a vedere tu stessa se non mi credi."
Antea sbuffò infastidita e fece per uscire dalla cucina. Zoroastro attese che lei lo superasse, a quel punto le passò un braccio attorno al collo e strinse forte, trascinandola verso il centro dalla stanza. Antea cercò di chiedere aiuto, scalciò cercando i colpire i suoi stinchi, ma le mancava il fiato e non riusciva ad agire con precisione.
Zoroastro aumentò la pressione contro la gola della donna fino a che non la sentì tremare, poi lasciò che Antea cadesse a terra, e lei annaspò per riprendere fiato.
Zo la bloccò a terra con un ginocchio, le legò i polsi dietro la schiena.
"Bast...bastardo..." disse Antea con un rantolo.
"Risparmia il fiato." disse lui imbavagliandola con una pezza, la girò per guardarla negli occhi "Ringrazia qualunque demone a cui sei devota che io non sono come te, perché se lo fossi ti farei la stessa cosa che tu hai fatto a tua sorella." prese la donna per le spalle e la trascinò fino alla dispensa. Gli occhi di Antea scintillavano per la rabbia, gli rivolse uno sguardo colmo d'odio.
"Sogni d'oro." disse Zoroastro, e le premette contro il naso una pezza imbevuta con una miscela soporifera.  In meno di un minuto la donna svenne, e Zo la chiuse a chiave nella dispensa. Controllò che le sentinelle non si fossero allertate, e tornò al piano di sopra, da una delle soffitte salì sul tetto dove gli altri lo stavano aspettando.
"Allora?" chiese Leonardo.
"È addormentata e chiusa nella dispensa. Le tue spore sono stata una buona idea." disse rivolto a Beatrice.
"Meno male che tu l'hai vista entrare in bottega." rispose Bea "Non trovandoci avrebbe subito dato l'allarme."
"Abbiamo comunque meno tempo di prima, tra qualche ora i mercenari si chiederanno cosa stia facendo Antea e verranno a controllare. Sbrighiamoci." disse Zoroastro e guidò gli altri attraverso i tetti di Firenze.


Riario e Mercuri cavalcavano fianco a fianco senza parlare.
Avevano lasciato Firenze da un'ora ormai, ma Lupo sapeva quanto il conte trovasse tedioso chiacchierare durante un viaggio. Tuttavia a un certo punto gli chiese: "Siete stato via molto ieri notte. Posso chiedere dove siete andato?"
Riario dapprima rispose con un risolino, si umettò le labbra: "Sono stato da Beatrice Da Vinci."
Mercuri lo guardò stupito: "Siete stato a letto con lei?"
"Sì caro Lupo." rispose soddisfatto.
"Non credevo che Vi avrebbe permesso di entrare nelle sue sottane, mi è sempre sembrata piuttosto freddina con Voi."
"Non ha avuto molta scelta." rise Riario "E credetemi, è tutt'altro che fredda."
Mercuri comprese, sorrise.
"Mi spiace solo che non fosse più illibata. L'espressione che ha una donna mentre viene deflorata è deliziosa." Girolamo fece spallucce "Tuttavia è stato molto piacevole."
"Una volta tornati dalla Vostra missione potrete ripetere l'esperienza." commentò Mercuri, poi un sorriso si allargò sul suo viso "Oppure potreste portarla con Voi sulla nave. Un piacevole passatempo nelle lunghe notti in mare..." lo stuzzicò.
Riario riflettè: "In effetti non è una cattiva idea."
"Mi sembra strano che non ci abbiate pensato Voi stesso."
"Beatrice era solo una fantasia all'epoca, ma ora che so come è nella realtà..." Riario si passò la lingua sul labbro, fece un cenno a un giovane soldato "Torna a Firenze e riferisci a Antea Salonicco che sua nipote Beatrice verrà sulla nave con noi, dille di informare gli altri."

 
Zoroastro si muoveva sui tetti della città agile e veloce come un gatto, gli altri lo seguivano con minor eleganza. Beatrice era la più impacciata, ogni tanto avvertiva qualche fitta alle gambe e al bacino, Zoroastro la teneva d'occhio pronto ad aiutarla.
Era ammirato dalla fierezza con cui Beatrice stava affrontando la violenza subita, dal suo cercare di sembrare disinvolta nonostante il dolore che le invadeva le membra e la sofferenza che stritolava il suo animo. Beatrice era piena di forza, lo sapeva bene, e ora poteva vederlo nella sua ostinata voglia di non mostrare agli altri alcun cedimento.
"Dobbiamo scendere." disse Zoroastro indicando una terrazza "Un salto di un paio di metri, più o meno." lanciò la sua sacca e saltò atterrando con sicurezza, dopotutto lo aveva fatto centinaia di volte, Leonardo fece lo stesso. 
Nico e Beatrice li guardarono dall'alto, il biondo era piuttosto preoccupato.
"Hai bisogno di aiuto?" chiese Zoroastro a Beatrice.
Beatrice passò loro la sua sacca: "No, mi calo dalla grondaia." abbozzò un sorriso "Nico, fai come me."
Si inginocchiò sul bordo del tetto e allungò le gambe verso il basso, piantò saldamente i piedi sul muro e scese tenendosi al tubo metallico, arrivò sulla terrazza con un saltino, sentì un dolore intenso lungo le cosce e lanciò una piccola imprecazione.
Zo si precipitò da lei: "Tutto bene?" 
"Sì, sì, tranquillo." rispose Beatrice respirando a fondo per far cessare il dolore "Adesso passa..."
"Ti sei fatta male?" chiese Leonardo.
"No no, deve essere stato il contraccolpo..." minimizzò lei.
"Sei stata comunque agile!" commentò Leo.
Beatrice si sforzò di sorridere per il fratello: "Sono cresciuta con voi due, non potevo non imparare certe cose da maschiacci."
Leonardo rise, spronò Nico a sbrigarsi. Il biondo imitò le mosse di Beatrice, scese dalla grondaia sano e salvo, anche se nell'atterrare per poco non finì col sedere per terra.
Zoroastro li fece attraversare la terrazza, indicò un altro tetto, per fortuna era allo stesso livello della terrazza e distante solo mezzo metro, non fu difficile arrivarci.
Giunti al bordo di quell'ennesimo edificio Zo disse: "Ecco. Saliamo su quel tetto con i quattro comignoli, poi entriamo nella soffitta da quella finestrella."
"Sarà sicuro?" chiese Leonardo.
"È una casa abbandonata, ci vivono alcuni vagabondi. Non diventano violenti a meno che tu non voglia portargli via il loro spazio." disse Zoroastro arrampicandosi con destrezza.
"Ma come diavolo fa..." commentò Nico.
Leonardo con le mani fece da scalino per Beatrice e Nico mentre Zo li aiutava a salire prendendoli da sotto le braccia. 
Zoroastro tenne aperta la finestra per far entrare gli altri, poi si calò nella soffitta: "Seguitemi, statemi vicino." disse aprendo una porticina che dava su un corridoio, raggiunsero le scale, iniziarono a scendere.
L'odore di urina e polvere era nauseabondo, Beatrice si coprì il naso con la manica della camicia, Nico imprecò, aveva pestato qualcosa di viscido.
Un uomo sdraiato per terra li guardò, riconobbe Zoroastro, alzò la mano in segno di saluto.
Zo ricambiò il saluto, gli lanciò una moneta: "Tu non ci hai visti Fosco."
L'uomo afferrò al volo il fiorino: "Visto chi?" commentò rimettendosi a dormire.
Non incontrarono difficoltà nella discesa fino al piano terra, arrivati al portone Zoroastro sbirciò da una finestra rotta: "Non vedo né guardie né facce sospette. A parte quel  ladruncolo laggiù, ma lo conosco, tiene d'occhio solo le nobildonne, noi non attireremo il suo interesse."  Aprì la porta e uscì, gli altri lo seguirono.
"E adesso?" chiese Leonardo.
"In cinque minuti saremo alle mura, la porta della città è ancora aperta." rispose Zoroastro camminando velocemente.
Arrivarono alla Porta di San Frediano, c'erano alcune guardie ma erano distratte, guardavano divertite da un  gruppetto di musici intenti ad intrattenere degli ubriachi che saltellavano goffi a tempo di musica 
Zoroastro e gli altri oltrepassarono la Porta e si lasciarono alle spalle le mura di Firenze.


Antea sentì dei pizzichi sulla faccia, aprì gli occhi lentamente.
"Antea! SvegliateVi!" Salvo la scuoteva preoccupato, le aveva slegato i polsi e tolto il bavaglio "Ma che Vi hanno fatto?"
"Zoroastro..." sibilò con un fil di voce, si mise seduta, le veniva da rimettere "Quel bastardo! Mi ha legata e mi ha drogata..." gattonò fino all'angolo della cucina e vomitò grumi di saliva.
Paolo, un'altra sentinella con i capelli radi e biondi, disse: "Ho setacciato i dintorni con Mario, non ci sono. Devono essere scappati ore fa."
Salvo gli disse: "Possiamo comunque raggiungerli, non saranno molto lontani da Firenze, sono fuggiti sicuramente a piedi."
Antea si mise in piedi reggendosi al tavolo: "Potevate venire prima!"
Salvo sbuffò: "Non pensavamo certo Vi fosse capitata una cosa del genere! E se non fosse stato per lui non sarei nemmeno entrato a cercarVi." indicò un giovane soldato rimasto sulla soglia.
Lei lo riconobbe: "Eravate nel corteo di Riario, perché siete tornato indietro?" chiese Antea con voce debole, dovette sedersi sul tavolo, la testa le girava.
"Il conte mi ha chiesto di riferirVi un messaggio, quando partirete per Napoli dovrete portare la signorina Beatrice con voi." rispose il soldato.
"E perché mai mia nipote dovrebbe venire con noi?" chiese Antea soffocando un conato.
"Non lo so madonna..."
Paolo rise: "Lo so io!" disse muovendo volgarmente il bacino avanti e indietro.
"Ma non dire stronzate!" lo rimproverò Salvo.
"Guarda che è quello che è successo ieri. Il conte è venuto qui di notte, è stato almeno due ore con la ragazza, dovevi vedere il sorriso che aveva quando è uscito." precisò il biondo.
Antea comprese, alla fine Riario si era preso ciò che voleva e Beatrice aveva avuto ciò che meritava per abbassare la cresta, quel pensiero le fece tornare il buonumore.
"Non disperiamo, li possiamo trovare." disse la donna dopo aver bevuto un sorso d'acqua "E una volta ripresi li consegneremo tutti e quattro al conte Riario."


"Ce l'abbiamo fatta! Ah ah!" esultò Leonardo voltandosi, Firenze era un punto all'orizzonte, si erano ormai addentrati nella campagna.
Zoroastro camminava al fianco di Beatrice, le accarezzò una guancia: "Tutto a posto?" le chiese a voce bassa.
Lei annuì, sorridendo: "Sono stanca, ma va tutto bene."
"Senti ancora male?" 
Bea sospirò: "Ho come dei crampi, ma non sono molto dolorosi." 
Leonardo si fermò guardando gli amici: "Adesso dobbiamo solo arrivare a Pisa per salpare."
"A piedi ci metteremo un'eternità." commentò Nico.
"C'è un accampamento di gitani non molto lontano da qui, possiamo comprare un carretto e un cavallo da loro." disse Zoroastro avviandosi.
"E se non ce li vendono?" chiese Nico.
"Allora sì che dovremo andare a piedi." disse Leonardo.
Zoroastro sorrise: "Non rifiuteranno, vedrete, ho già fatto affari con loro."
E infatti gli zingari, dopo un veloce contrattare, furono ben contenti di vendere loro un vecchio carretto e un cavallino pezzato.
Il viaggio verso Pisa fu tranquillo, ogni giorno temevano di essere scoperti, ma la fortuna fu dalla loro, e raggiunsero la città prima del previsto.
Leonardo prese subito contatti con il capitano dell'Argonauta e gli mostrò le carte firmate da Lorenzo de Medici.
"Ci sono ovviamente anche questi, un segno di stima del Magnifico per lavoro che avete sempre svolto per Firenze." disse Leonardo porgendo all'uomo un sacchetto colmo di fiorini d'oro.
Il capitano rise prendendo i soldi: "È un segno molto apprezzato. Dunque volete partire per una rotta mai esplorata, interessante. Io ho avuto il mio compenso, quindi si può fare. Salperemo tra due giorni, presentatevi alla dodicesima ora, poco prima dei Vespri." ***
Leonardo e gli altri alloggiarono in una locanda vicino al porto.
Stavano cenando quando Nico pose la domanda che tutti avevano pensato ma nessuno voleva pronunciare: "Credete che ci troveranno?"
Leonardo inghiottì il pezzo di pollo che aveva in bocca: "Sicuramente sono sulle nostre tracce."
"Riario non è ingenuo." rispose Beatrice "Sa che anche noi vogliamo trovare il Libro, i porti saranno i primi posti dove ci cercheranno."
"E Pisa sarà in cima alla lista, è vicino a Firenze e molte navi usate dai Medici partono da qui." concluse Leonardo.
Zoroastro bevve un sorso di sidro e disse: "Sentite, non fasciamoci la testa prima di essercela rotta. Domani sera salperemo, ci basterà non dare nell'occhio e rimanere nascosti fino ad allora."
Il giorno dopo la tensione per la partenza era palpabile. Avrebbero lasciato l'Italia per una meta sconosciuta, che forse nemmeno esisteva. Ma se fosse esistita come sostenevano i Figli di Mitra avrebbe potuto celare numerose insidie.
Mancava meno di un'ora ai Vespri, Leonardo e gli altri si infilarono per le vie del mercato, procedevano guardinghi, e per stemperare l'agitazione ogni tanto si fermavano a guardare le chincaglierie esotiche, o presunte tali, messe in vendita dai marinai
Mentre aspettavano Leonardo, perso davanti a una bancarella di strani ingranaggi per le carrucole delle navi, Zoroastro abbracciò Beatrice da dietro, appoggiando la sua testa su quella di lei: "Credi che ce la faremo a trovare il Libro?"
"Non so nemmeno se troveremo una città navigando in quella direzione." bisbigliò lei "Ma almeno ci allontaneremo da chi vuole farci del male." poi si girò di scatto tra le braccia di Zo, lo guardò negli occhi, preoccupata "Quel ragazzo biondo con la casacca azzurra, quello vicino alla bancarella delle reti. Credo di averlo già visto a Firenze."
Zoroastro guardò in quella direzione, e riconobbe subito una delle sentinelle di Riario: "Merda! Andiamo via da qui." esclamò, tenendola per mano la guidò in mezzo alla folla, raggiunse Leonardo e Nico "Gli uomini di Riario." bisbigliò all'amico. L'artista e il suo allievo impallidirono, e seguirono Zoroastro per allontanarsi. 
"Credi che ci abbia visti?" chiese Leonardo.
"Non stava guardando nella nostra direzione quando lo ho visto." rispose Beatrice.
"Ci saranno altre sentinelle?" domandò Nico stringendo nervosamente la tracolla della borsa. 
"Di sicuro!" esclamò lei "Dobbiamo andare subito alla nave." 
Il molo non era molto lontano, cercarono di confondersi tra la folla camminando veloci.
Nico si voltò un istante e le vide, le sentinelle che spesso si aggiravano attorno alla bottega del Verrocchio erano dietro di loro, si facevano largo tra la gente a spintoni.
"Veloci veloci! Ci sono alle calcagna!" esclamò, e in un attimo cominciarono a correre per fuggire. Beatrice teneva stretta la mano di Zoroastro, si guardava attorno cercando una via per seminarli.
A un certo punto Leonardo si fermò, per poco lei non andò a sbattere contro la sua schiena: "Che cosa fai?" chiese.
"Affrontiamoli." rispose Leonardo sguainando la spada "Sono solo in due..." si voltò, i due uomini erano spariti.
"Li abbiamo seminati." commentò Nico.
"O ci hanno superati passando per quel vicolo per poi sbarrarci la strada." disse Zoroastro indicando una stradina laterale.
Leonardo rinfoderò la spada e disse: "Sono sempre e comunque due..." 
Beatrice scosse la testa: "Saranno andati a chiamare dei rinforzi, dobbiamo raggiungere la nave, subito!" esclamò agitata. 
Ripresero a correre e raggiunsero i moli, il mare accanto a loro si stava tingendo dei colori del tramonto. Non mancava molto all'attracco dell'Argonauta quando la supposizione di Zoroastro si rivelò esatta, si trovarono davanti Salvo il pelato e Paolo il biondo, con loro c'erano altri tre uomini.
I due gruppi erano uno di fronte all'altro, si scrutavano, portando le mani alle armi. 
Il molo si svuotò rapidamente, nessuno voleva rimanere coinvolto in un combattimento.
Leonardo lanciò uno sguardo eloquente a Zoroastro, il quale annuì, poi infilò rapidamente la mappa nella sacca della sorella: "Corri alla nave con Nico, noi Vi raggiungiamo..."
"Col cavolo che vi lascio da soli, sono troppi!" esclamò lei.
Salvo non perse un istante e urlò ai suoi uomini di prenderli tutti vivi.
"Bea, ti prego, vai!" le gridò Leonardo mentre con Zoroastro si lanciavano in direzione dei loro aggressori. Il primo a cadere fu Paolo, aveva messo troppa foga nell'attacco, forse aveva sottovalutato il nemico, e Leonardo gli trafisse il petto.
Zoroastro si liberò di un secondo aggressore, gli trapassò lo stomaco e con un calcio lo scaraventò in mare, le altre sentinelle per un attimo lo guardarono affogare.
Beatrice sfruttò quel momento di distrazione e stringendo tra le dita un pugnale disse a Nico di seguirla e cominciò a correre, il biondino le andò dietro.
Superarono il gruppo degli aggressori e si diressero verso l'Argonauta. All'improvviso Beatrice si sentì trascinare all'indietro con una forza inaudita, perse l'equilibrio e cadde a terra, si voltò, un uomo corpulento con la faccia striata di cicatrici l'aveva afferrata per la cinghia della sacca.
"Maledetto!" gridò mentre l'uomo la sollevava di peso per portarla via, con tutta la forza che aveva conficcò il pugnale nella spalla dell'uomo, che la gettò a terra con un urlo di dolore.
Beatrice cadde battendo la testa ed ebbe come l'impressione che il mondo attorno lei stesse girando vorticosamente. L'uomo si tolse il pugnale dalla carne e lo lanciò lontano, si precipitò ad afferrare di nuovo Beatrice, ma Nico fu più veloce, con un grido conficcò la sua spada nel petto di quell'energumeno. L'uomo cadde a terra senza un fiato.
Bea guardò Nico, colpita, era stato un gesto incredibile, efferato, lui la aiutò ad alzarsi.
"Grazie..." mormorò.
Nico sorrise: "Andiamo, raggiungiamo la nave..." un colpo alla schiena lo fece cadere a terra, il dolore lo fece svenire.
"Nico!" Beatrice urlò ma ricevette anche lei una bastonata, sullo stomaco.
Si accasciò a terra senza fiato, sollevò lo sguardo e vide Antea, sfoggiava un sorriso raggiante. La donna fece per darle una seconda bastonata in faccia ma Beatrice, intuendolo, parò il colpo con il braccio, il dolore fu atroce, così atroce da darle la forza di lanciarsi contro sua zia e di buttarla a terra.
Rotolarono fino a delle botti vicino al bordo del molo, graffiandosi come infuriati gatti randagi, fino a che Antea non ebbe la meglio e si mise a cavalcioni su Beatrice, stringendo le mani attorno al suo collo.
Bea graffiò a sangue le mani di Antea, scalciò contro le sue cosce, ma era come se la donna non sentisse dolore.
"Non ti ucciderò cara..." sibilò Antea "No, ti voglio sulla mia nave, voglio vedere..." le sbattè con forza la testa per terra per farla desistere dal ribellarsi "...voglio vedere con i miei occhi tutte le perversioni che Riario vorrà provare sul tuo corpo...di nuovo..." strinse con più forza.
Beatrice spalancò gli occhi, dunque Antea sapeva. Con fatica allungò un braccio, cercò alla cieca qualcosa con cui difendersi, le sue dita toccarono delle funi, e poi lo sentì, freddo e acuminato, un amo da pesce spada. No, Riario non l'avrebbe toccata di nuovo, non avrebbe fatto del male a lei e ai suoi cari. 
Nel frattempo Salvo era morto sgozzato, e l'ultimo sicario, rimasto solo, era fuggito a gambe levate. Zoroastro e Leonardo guardarono verso i loro amici, Nico era steso a terra privo di sensi, Antea stava soffocando Beatrice, corsero nella loro direzione per aiutarli.
Beatrice cercò disperatamente di non collassare, e con un ultimo sforzo afferrò l'uncino saldamente tra le dita, lo sollevò e con un colpo deciso lo conficcò nella faccia di Antea per poi tirarlo verso di sé, lacerandole una guancia fino al labbro.
L'urlo della donna fu disumano, Zoroastro e Leonardo si fermarono nel guardare quella scena raccapricciante. La donna si era alzata coprendosi il voltò con le mani, il sangue sgorgava copioso da quella ferita aperta, gli schizzi avevano bagnato il molo e Beatrice, la quale era strisciata lontana dalla sua assalitrice riprendendo fiato. Antea in preda al dolore corse lontano, si perse tra la folla che la guardava inorridita. Beatrice era sicura che prima di allontanarsi la donna le avesse lanciato uno sguardo furente e che avesse mormorato qualcosa, forse un insulto o una minaccia.
"Bea! Bea!" Zo corse da lei, la ragazza ansimava tenendosi il collo "Stai bene? Bea!"
Lei lo guardò, le iridi erano una sottile linea verde attorno alla pupilla nera totalmente dilatata, emise un flebile sibilo, e poi svenne.
Quando riaprì gli occhi era sdraiata su un letto e la prima cosa che vide furono delle travi di legno.
"Ehi." bisbigliò Zoroastro accarezzandole il viso "Come ti senti?"
"Confusa." biascicò lei "Oddio! Nico!" ripensò allo scontro con Antea, si mise seduta "Antea lo ha colpito!" 
"Sta bene. È solo indolenzito." sorrise "Tu invece, è meglio che riposi, Antea ti ha quasi strozzata."
"Ma a lei è andata peggio. Credi che sia morta?" chiese Beatrice.
"La ferita era molto brutta, potrebbe essere morta dissanguata."
"Lo spero..." mormorò Beatrice, poi guardò si guardò attorno, fissò Zoroastro e sorrise "Aspetta. Siamo sulla nave!" 
Zo rise: "Sì, principessa. Siamo salpati ore fa." le baciò le labbra sorridenti "Il tuo piano ha funzionato." 



Nota: 
*** Per chi non lo sapesse, sono le odierne ore 18. 






















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Capitolo 14
*** Oceano e intermezzi di terraferma. ***




Oceano.

Leonardo studiava con attenzione la mappa distesa sul tavolo della sua cabina, attorno a lui Beatrice, Zoroastro e Nico osservavano.
Il tempo passato in mare era visibile dalle loro capigliature.
Leonardo non aveva più i capelli corti, ora erano di media lunghezza e ondulati, spesso li lasciava sciolti, altre volte li raccoglieva in una mezza coda.
Anche i riccioli di Zoroastro si erano allungati, la cosa non lo disturbava, aveva raggiunto livelli di trascuratezza ben maggiori, ma preferiva comunque arrotolarli con un laccio alla base della nuca.  Nico invece era molto infastidito dalla sua lunga chioma bionda, così simile a quella di una dama dipinta da Botticelli, come era solito canzonarlo Zoroastro, e la arrangiava in una coda poco elegante. L'unica a cui non importava nulla dell'acconciatura era Beatrice, non le importava avere i capelli più lunghi, dopotutto era normale per una fanciulla.
Leonardo raccolse i capelli con il laccio affinché non gli svolazzassero davanti agli occhi e spiegò: "Leda ha tracciato il percorso in modo molto chiaro. Una volta attraccati sulla spiaggia dovremo attraversare una foresta" puntò il dito sulla cartina "per poi proseguire fino a questa catena montuosa." spostò l'indice sulla pergamena "La cosa interessante è che Leda, per raffigurare la geografia di questo luogo, ha utilizzato un modo molto diverso dall'odierna tecnica europea." 
"In effetti non ho mai visto foreste e montagne del genere sulle cartine geografiche." commentò Zoroastro "Di solito i disegni delle mappe rispecchiano l'aspetto reale di ciò che raffigurano..."
"...e questo significa solo una cosa, che la terra in cui stiamo andando presenta una geografia mai vista prima! Ah ah!" concluse Leonardo entusiasta.
"Ed è lì che si trova la Volta Celeste?" chiese Beatrice indicando un piccolo disegno sulla mappa "Credi sia quella?"
Leda aveva tracciato un simbolo tra le montagne, uno zigurat, ovvero una piramide a gradoni, sopra la quale si stagliava un tondo sole giallo circondato dai propri raggi, e dentro di esso c'era una mezzaluna azzurra. 
"Probabilmente."  rispose Leonardo "È l'unico punto davvero specifico sulla mappa."
"Maestro, come faremo ad entrare nella Volta? È Riario ad avere la chiave." chiese Nico.
"La cosa non mi preoccupa, abbiamo con noi il miglior scassinatore di Firenze." sorrise Leonardo guardando Zoroastro.
"Sei troppo ottimista. Non sappiamo cosa troveremo una volta arrivati lì." rispose Zo "Sbaglio o Leda aveva parlato di trabocchetti?"
"Tutte cose che, stando a lei, io posso risolvere con il mio acume." disse Leonardo.
"Non essere presuntuoso Leo." lo ammonì Beatrice sorridendo "Troppa sicurezza può essere pericolosa."
"Bea, noi siamo stati scelti perché siamo gli unici in grado di superare qualsiasi ostacolo pur di trovare e proteggere il Libro." ricordò Leonardo "Lo sapeva perfino Mercuri, per questo ha convinto Riario a cercarci."
"Non dico che non sia vero. Ma sono passati molti anni, e nonostante tutto non è sicuro che la nostra preparazione sia adeguata a ciò che dovremo affrontare." spiegò Beatrice.
"Faremo attenzione." rispose sbrigativo Leonardo, non voleva mettersi a discutere sulla validità del suo genio. 
"Credete che troveremo degli indigeni?" chiese Nico.
Leonardo annuì: "Ogni continente è popolato, questa terra non sarà diversa."
"E se li incontriamo cosa facciamo?" chiese il biondo.
"Dipenderà da loro. Se saranno ostili dovremo difenderci." rispose Leonardo "Ma forse saranno pacifici, in fondo hanno già visto uomini europei vent'anni fa."
"Allora speriamo che all'epoca i Figli di Mitra si siano comportati bene." commentò Zoroastro "Altrimenti potremmo pagare noi per le loro colpe." 


Erano in viaggio ormai da più di un mese, secondo i nuovi calcoli di Leonardo non doveva mancare molto all'arrivo. L'oceano era stato gentile con l'Argonauta, non avevano incontrato tempeste, il che, stando ai marinai, sembrava di buon auspicio per un buon attracco.
Una notte Beatrice rientrò silenziosa nella cabina che divideva con Zoroastro. L'uomo, seduto sul letto, la guardò: "Dove sei stata?"
"Oh. Credevo dormissi, non volevo svegliarti."
"Mi ha svegliato il letto vuoto." le sorrise "Hai fatto due passi sul ponte?"
"Sì, avevo bisogno di aria." disse lei togliendosi i pantaloni per poi infilarsi sotto le coperte.
"Hai avuto ancora incubi?" chiese Zoroastro.
Beatrice annuì e si sdraiò vicino a lui, Zo la abbracciò, ormai troppi spaventosi ricordi le affollavano la mente.
Era già capitato che Beatrice si svegliasse di soprassalto, la fronte madida di sudore, il corpo scosso da brividi, gridando qualcosa di incomprensibile. Zoroastro aveva tentato di calmarla ma lei balzava fuori dal letto e usciva dalla cabina.
All'inizio Zo aveva provato a seguirla, abbracciarla e dirle che andava tutto bene, ma aveva capito che Bea non lo voleva lì in quei momenti, voleva stare da sola. La prima volta che le era andato dietro lei lo aveva spinto via, gli aveva urlato di lasciarla stare, che non poteva fare niente per lei, che nella sua testa era tutto orribile. Così Zoroastro aveva deciso di lasciarle il suo spazio, non era offeso, sapeva che Bea non ce l'aveva con lui, l'unica persona con cui era arrabbiata era Riario per aver ucciso Leda e per averla violata.
"Presto questi incubi finiranno." cercò di rassicurarla.
Qualche notte dopo successe di nuovo, Zoroastro si svegliò e non trovò Beatrice accanto a lui. Rifletté guardando lo spazio vuoto sul materasso, poi si alzò e uscì dalla cabina. Aveva promesso a Beatrice che non le avrebbe fatto domande su quanto accaduto e avrebbe rispettato la sua richiesta, ma non poteva più lasciarla da sola, non voleva più lasciarla da sola ad affrontare quei demoni.
Salì sul ponte semi deserto, c'erano solo il timoniere al lavoro e un paio di marinai di vedetta. Beatrice era in piedi a braccia conserte, guardava l'oceano, respirava profondamente.
Zoroastro si avvicinò, quando fu a pochi passi da lei Beatrice si voltò a guardarlo, era stupita di vederlo lì, ma non sembrava arrabbiata.
"Potevi rimanere a letto." gli disse semplicemente.
"Lo so, ma volevo vedere come stavi." le rispose "Anche a rischio di prendermi le botte e gli insulti."
Beatrice sorrise: "Eddai! Non ti ho mai picchiato."
"Beh, mi hai spintonato." precisò lui.
Bea annuì: "È vero. E ti ho trattato così male certe volte, ti ho respinto, ti ho urlato contro." disse lei guardandolo negli occhi "Mi dispiace, scusami."
Zoroastro le sorrise: "Non devi chiedermi scusa, so cosa hai passato."
"No, invece devo, non meritavi di essere trattato così." rispose sicura. 
"Quello che hai affrontato è stato terribile, avevi bisogno di tempo."
"Hai avuto tanta pazienza con me Zo." gli disse.
"E sai perché? Io ti conosco. Ti ho vista cadere, asciugarti le lacrime e rialzarti più forte di prima. E so che sarà così anche questa volta. So che non ti arrendi, che combatti, che non ti rannicchi in un angolo per nasconderti. Stai combattendo Bea, lo vedo."
Beatrice lo guardò, gli occhi verdi erano lucidi, gli sorrise: "Eh sì, mi conosci davvero bene."
"Meglio di chiunque altro." le sfiorò la guancia con le dita.
"Torniamo in cabina, inizio a sentire freddo." disse lei, e insieme scesero sotto coperta.
Beatrice si tolse i pantaloni e si infilò sotto il lenzuolo, rimase in silenzio per un po', poi disse: "Mi sono sempre chiesta cosa spinga un uomo a violentare una donna. Come può rimanerti  duro mentre una ragazza sotto di te piange, ti supplica di smetterla, grida per il dolore? Alla fine credo che sia il potere ad eccitarli." disse convinta "È stato questo a muovere Riario, il potere, avere il potere su ogni cosa. Possedere una donna che lo aveva rifiutato con tutta la sua forza e sfrontatezza."
Zo comprese che era pronta a parlare con lui di quanto era accaduto, si sedette di fronte a lei, mise una mano sulla sua: "Non è colpa tua..."
"Lo so che non è colpa mia. È sua, solo sua, non ha giustificazioni." disse Beatrice, gli occhi verdi avevano assunto una particolare cupezza "Io lo avrei accoltellato col bisturi, senza indugio. Ma aveva voi sotto tiro. Un giorno la pagherà Zo, pagherà per tutto..."
Beatrice si ammutolì per un istante, e poi, con la determinazione di un fiume che rompe gli argini, raccontò tutto a Zoroastro, gli disse ogni cosa che Riario le aveva fatto.
Lui la ascoltò senza interromperla, con attenzione, lasciò che sfogasse tutto il suo dolore in quella confessione.
Quando Beatrice ebbe finito di parlare lui la strinse forte: "Grazie per avermelo detto." le sussurrò.
Lei gli accarezzò la schiena, sorrise: "Noi ci diciamo sempre tutto, no?"
"Sì, ma questo era molto difficile da raccontare."
Lo guardò negli occhi: "Non deve esserlo con te. Tu mi sei sempre stato accanto." 
"Io sono qui. Nel bene e nel male." rispose Zo semplicemente.
Bea gli sorrise e lo baciò, dolcemente, accarezzandogli le guance con le dita. Poi il suo bacio divenne più profondo, più intenso, gli passò le mani sul petto nudo, sui fianchi.
Zoroastro si staccò per un attimo: "Bea, non devi farlo per me, se non sei pronta..."
"No, lo voglio. Voglio te, solo te." gli sussurrò mentre si sfilava la camicia, lo baciò di nuovo "Rendilo di nuovo bello...aiutami a cancellare ciò che ha fatto..." disse con la bocca che sfiorava le sue labbra "Non voglio che abbia questo potere su di me, non può averlo per sempre..."
Zoroastro le sorrise, facendola scivolare con dolcezza sotto di sé, Beatrice si strinse a lui e lasciò che Zoroastro la amasse con gentilezza e passione. 
All'inizio Bea si irrigidì, non fu semplice convincere il suo corpo a lasciarsi andare, ma con dolcezza e pazienza Zoroastro la aiutò a rilassarsi e finalmente fecero di nuovo l'amore.
Fu come aver spezzato un incantesimo, Beatrice provò di nuovo quelle sensazioni e i quei brividi che temeva Riario le avesse portato via per sempre.
Dopo un po' Beatrice si spostò e si mise a cavalcioni su di lui, Zo si alzò per abbracciarla e guardarla negli occhi mentre si muovevano in sincronia, e lei lo baciò ancora e ancora. Nel venire Beatrice soffocò un gemito profondo sulle sue labbra, lui la strinse più forte, e poi insieme caddero sdraiati sul materasso, abbracciati, respirando profondamente.
Lei lo guardò con occhi brillanti, ridacchiò, lui le sorrise e le baciò le labbra, e poco dopo si addormentarono.
Furono svegliati da un bussare insistente e da una voce squillante: "Bea! Zo! Ci siamo ci siamo!" Leonardo entrò senza aspettare un invito, nemmeno si accorse del fatto che i due fossero completamente nudi "Venite presto! Terra in avvistamento!" esclamò ed uscì di corsa per salire sul ponte.
Beatrice e Zoroastro si guardarono e scoppiarono a ridere. Si vestirono velocemente e raggiunsero gli altri sul ponte. 
Erano tutti entusiasti, alcuni marinai puntavano un dito verso l'orizzonte, soddisfatti.
Leonardo era vicino al timone, accanto a lui c'era Nico, quasi saltellava per la contentezza: "Maestro, ci siamo riusciti! Questa terra misteriosa esiste e l'abbiamo raggiunta!" 
Nico d'istinto abbracciò Zoroastro, che ridacchiò mettendogli un braccio attorno alle spalle: "Siamo arrivati sani salvi piccoletto." 
Beatrice si accostò al fratello, Leonardo prese la mano della sorella nella sua: "Le nostre madri avevano ragione." le sorrise guardandola "Siamo qui per loro."
Bea gli sorrise e spostò lo sguardo verso l'orizzonte. Si vedeva perfettamente una spiaggia bianca circondata da scogli, e dietro di essi numerose rocce alte e nude, si poteva intravedere della verde vegetazione spuntare più avanti.
Strinse forte le dita attorno a quelle del fratello: "Tutto ciò che accadrà, tutto ciò che troveremo...sarà la nostra eredità Leonardo." 
Leo annuì e tenne più stretta la mano della sorella, come facevano da bambini per farsi coraggio.


Terraferma.

Il duca Alfonso di Calabria scrutava le espressioni sul viso del suo amico Girolamo Riario, la missiva che gli era stata appena consegnata non conteneva buone notizie, questo era certo.
"Vi sentite bene Girolamo?" chiese l'erede al trono di Napoli vedendo il volto del conte passare dal pallore al rossore per poi tornare bianco come un cencio.
Girolamo appallottolò il biglietto con entrambe le mani, espirò rumorosamente.
"Ho ricevuto delle notizie drammatiche Alfonso." rispose Riario infilando la pallina di carta nella giacca "Sono sorti degli impedimenti per il mio viaggio."
"Intendete annullarlo?"
Riario scosse la testa: "Ci penserò." 
Quella sera Girolamo riferì a Mercuri cosa era accaduto.
"Maledizione!" esclamò l'archivista "Non credevo avrebbero avuto tanta audacia!"
"E sono in netto vantaggio su di noi stando a quanto ha scritto Antea." Riario strinse i pugni dalla rabbia, poi aggiunse "Giusto perché lo sappiate, non ha potuto consegnare lei stessa il messaggio, dice di essere ricoverata nell'ospitale del convento di Santa Maria Bambina qui a Napoli, è da lì che mi ha scritto. La stanno curando." rispose Riario.
"Cosa le è accaduto?"
"Ha scritto che Beatrice l'ha ferita, ma non si è soffermata sui dettagli. È stata curata velocemente a Pisa e poi si è messa in viaggio." rispose Riario "Ora dobbiamo decidere cosa fare."
"Avete la mappa, la chiave e una nave, potete partire senza Da Vinci."
"Lui mi serve per decifrare i trabocchetti che troveremo in quella terra lontana." disse Riario.
Mercuri insistette: "Anche Da Vinci sta andando lì, avrà copiato la mappa di Leda. E poi non riuscirà facilmente nel suo intento, non ha la chiave."
Riario annuì: "È un ostacolo facilmente aggirabile, una serratura si può forzare...comunque avete ragione, potremmo intercettarlo una volta arrivati a destinazione." battè un pugno sul tavolo "Va bene, anticipiamo la partenza, salperemo domani. E Voi verrete con me."
Girolamo ordinò a un valletto di comunicare la notizia al duca Alfonso.
Poi si rivolse a Mercuri: "Immagino che Voi andrete a visitare Antea."
"Certo." rispose Mercuri.
"Ditele che apprezzo la sua lealtà, e che quando avremo trovato il Libro potrà comunque leggerlo." disse Riario, e Mercuri si congedò per recarsi dalla donna.


L'ospitale distava quasi due ore di cavallo dalla città.
Una volta arrivato Mercuri si fece accompagnare da una giovane novizia nella stanza dove si trovava Antea.
"È molto grave?" chiese.
La ragazza rispose: "Poteva morire dissanguata povera donna. Ma la ferita sta guarendo bene, tra qualche mese potremo togliere i punti di sutura. E potrà parlare di nuovo."
"Come parlare?" Mercuri si fermò.
"Non sapete?"
Lupo scosse la testa.
La giovane sospirò: "È stata ferita al volto mio signore. Venite, prego." e lo incoraggiò a seguirla.
Mercuri raggiunse la stanza di Antea e la novizia aprì la porta.
La donna era seduta sul letto, gli dava le spalle, quando la ragazza le disse che c'erano visite lei mugugnò qualcosa.
Una volta rimasti soli Mercuri si avvicinò a lei: "Antea..." quando la donna si voltò inorridì, coprendosi la bocca con la mano "Buon Dio! Cosa ti ha fatto quella lurida strega!"
Una linea rossa e gonfia sormontata da neri e fitti punti di sutura rigava il lato destro del viso di Antea, la ferita iniziava poco sotto l'occhio ed arrivava fino all'angolo della bocca.
La donna prese un taccuino e un lapis, non poteva parlare per non forzare i punti, e scrisse: "Bea mi ha colpita con un amo."
Mercuri le disse: "Ti prometto che potrai vendicarti di lei un giorno. Te la porterò viva." poi dovette distogliere lo sguardo, ma continuò "Il conte ed io partiremo per la ricerca del Libro. Non preoccuparti, una volta trovato potrai leggerlo, Girolamo ha intenzione di rispettare l'accordo, e ti è riconoscente per la tua lealtà. Ti farà anche avere del denaro."
Antea annuì e scribacchiò: "Grazie. Mi mancherai Lupo." fece per abbracciarlo, ma lui si scansò, nervoso.
Lei lo guardò offesa: "Ti disgusto a tal punto?" scrisse sul taccuino, le lettere distorte dalla foga con cui le aveva scritte.
Mercuri, a disagio, fece per uscire, ma lei gli afferrò un braccio e a denti stretti gli sibilò: "Tu...non puoi...trattarmi...così!" 
Con disperazione Antea prese il viso di Lupo tra le mani e lo tirò vicino al suo, gli diede un bacio a labbra serrate cercando di stringersi al corpo di lui, ma l'uomo la spinse via. 
La donna guardò Lupo che si puliva la bocca con il polsino della camicia, ed emise suono simile a un ringhio. Non le importava quanto le facessero male i punti, o se si fossero aperti, gridò con tutto il fiato che aveva: "Ti faccio...così schifo, Lupo! Sono stata tua...ti ho dato...tutto!" sentì il sapore del sangue in bocca.
Mercuri la guardò, tentò di nuovo di uscire ma lei lo raggiunse, lo strattonò: "Ti amavo...io ti...ho sempre voluto e tu...finalmente avevi scelto...me!" Antea percepì un rivolo caldo scenderle sul collo.
Lupo questa volta la allontanò con più forza, disgustato: "Io ho sempre voluto Leda! Solo lei! Tu sei solo una sua brutta copia!" le gridò "Perché credi che ti abbia scopata Antea? Tu mi ricordavi Leda quando era ancora bellissima, prima che io martoriassi il suo corpo! E ora...ora invece sei come la Leda che ho distrutto, ferita e lacerata!"
La donna rimase pietrificata, indietreggiò, si sedette sul letto senza mai smettere di guardarlo: "Non mi vu...vuoi più...adesso che so..sono..." la sua faccia si contorse in una smorfia di dolore, iniziò a piangere e dalle labbra le uscì un lamento gutturale, sibilante. 
Due suore corsero nella stanza attirate dalle grida e soccorsero Antea, Mercuri intanto lasciò la camera. 
Ciò che Lupo avrebbe dovuto sentire mentre cavalcava verso Napoli era il lamento disperato di Antea, ma non fu così. Non provava nulla, non sentiva nulla. Antea era come una statuina di porcellana ormai scheggiata, non ci si dispera se la si deve buttare via.
Antea, invece, era come impazzita, dovettero sedarla con l'oppio per evitare che si strappasse i punti di sutura e i capelli con le unghie. Era disperata, umiliata e sola, la sua felicità era stata breve e si era spenta come una fiamma nel vento. E ora, nell'oscurità di quel sonno provocato dalle medicine, giurava vendetta.


La mattina della partenza il conte Riario, soddisfatto, scrutò l'orizzonte. 
Mercuri lo avvicinò: "Il capitano chiede se possiamo levare l'ancora."
Riario annuì senza nemmeno guardarlo: "Digli che si può salpare." e con poche manovre il Caronte lasciò il molo.




Dopo due mesi di convalescenza la ferita di Antea era guarita e lei riprese a parlare, ma non lasciò il convento. Riario non le aveva fatto avere solo un'ingente somma di denaro, aveva scritto personalmente alla badessa per chiederle di ospitare la donna fino al suo ritorno.
Le avevano riferito che la nave era salpata, la notizia l'aveva intristita alquanto, da sempre desiderava mettere la mani sul Libro delle Lamine e gli eventi stavano ritardando quel momento tanto atteso.
Antea passava le sue giornate in solitudine, passeggiava volentieri sulla spiaggia oppure sulla scogliera, lontano dagli sguardi indiscreti dato che la sua cicatrice era impossibile da nascondere.
Un pomeriggio si attardò nel suo girovagare, era ormai scesa la sera, ma Antea non se ne preoccupava, non aveva paura dei briganti. Tuttavia quando vide un uomo avvolto da un nero mantello fermo sul ciglio della strada sentì un brivido freddo. Non vedeva l'uomo in viso, ma era evidente che la stava fissando, Antea strinse le dita attorno all'elsa del pugnale che aveva agganciato alla cintura. 
Quando furono a pochi metri di distanza l'uomo si mosse, le bloccò la strada: "Antea Salonicco." disse con tono basso.
Antea si fermò, guardinga: "Come sapete il mio nome?"
"Io so tutto di te. So che eri destinata a custodire il Libro delle Lamine ma questo diritto ti è stato negato. E so che hai ucciso i tuoi genitori per punirli del torto che ti hanno fatto, e che hai fatto in modo che tua sorella Leda pagasse per averti spodestata."
"Come sai queste cose di me?"
"Abbiamo occhi dappertutto." rispose l'uomo "E sappi che comprendo le tue ragioni. Io non avrei agito diversamente."
La donna deglutì, lo squadrò: "Mostrami il tuo volto."
L'uomo abbassò il cappuccio, il suo viso le era sconosciuto. Era un uomo molto bello, dai tratti marcati e dai profondi occhi scuri, e la sua pelle era nera. Ma non era scura come l'abissino Solomon Ogbai, la sua carnagione era più chiara, era sicuramente un mulatto.
"Chi sei?" chiese lei.
L'uomo le sorrise: "Mi chiamo Carlo de Medici, e sono qui per aiutarti."





Angolo dell'autrice:

La parte iniziale sulle capigliature, scusatemi, ma nella serie tv ho trovato i cambi di look nel nuovo mondo troppo fantastici, dovevo parlarne anche qui. xD 
E poi, all'inizio volevo distaccarmi totalmente dalla seconda stagione, ma alcune idee della serie originale mi sono piaciute così tanto che ho deciso di inserirle, e ovviamente lo farò a modo mio, quindi non preoccupatevi, ho intenzione di creare qualcosa di molto diverso grazie alla mia mente malata. ;)
Grazie a tutti voi che leggete e recensite!
A presto!
VerdeIrlanda 






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Capitolo 15
*** Il Nuovo Mondo. ***



L'imperatore Amaru Topa Inca raggiunse la stanza principale nel tempio dedicato a Inti, il Dio del sole. Le Vergini del sole, le vestali del tempio, si prostrarono al suo passaggio.
Raggiunta la camera Topa Inca trovò ad aspettarlo Ima Kama. 
Nonostante la sua giovane età era la più potente sacerdotessa del suo popolo, cotanto amore e rispetto le derivavano dalle sue visioni. 
Ima fin da bambina era stata benedetta dalle loro divinità con sogni colmi di saggezza e presagi che avevano permesso alla sua gente di prosperare.
La ragazza chinò il capo in segno di saluto, lei non era obbligata ad inginocchiarsi davanti all'imperatore. Gli sorrise e disse: "Questa notte ho fatto un sogno, da anni lo attendevo."
L'imperatore annuì: "Raccontami."
"Ho visto una ragazza con la pelle candida e gli occhi color smeraldo, con lei c'erano due uomini con molta peluria sul viso e un ragazzino con i capelli color del grano. Sono venuti da lontano, è gente straniera. Stanno andando al tempio di Mama Quilla, come era stato deciso da chi venne prima di loro." 
Topa Inca la ascoltò attentamente, poi chiese: "Cosa proponi di fare?"
"Io li aspetterò lì." rispose Ima "E quando saranno arrivati scoprirò se sono coloro che stavamo aspettando o se sono dei nemici da cui guardarci."


"Fa un fottuto caldo qui!" esclamò Zoroastro asciugandosi la fronte con la manica della camicia "Mi sto prosciugando."
"Non è il caldo, è l'umidità a dare noia." disse Leonardo 
"Oh grazie per la precisazione! Ora sto meglio...Cazzo!" Zo schiacciò con il palmo della mano una zanzara che lo aveva appena punto.
"Volevo solo precisare che stiamo grondando di sudore per via dell'umidità, l'aria è satura quindi il nostro corpo per riequilibrare la propria temperatura espelle liquidi. Credevo fosse interessante saperlo." rispose Leonardo.
Zoroastro schiacciò l'ennesimo insetto volante e sbuffò: "Non è che sudiamo di meno se lo sappiamo."
"Ma nemmeno sudi di più a saperlo!" disse Leonardo.
"Bambini, la smettete?" li riprese Beatrice fermandosi "Forse è meglio se ci riposiamo un istante, il caldo ci sta dando alla testa." 
"Oh non è il caldo, è l'umidità!" esclamò Zoroastro aspro sedendosi su un sasso.
Beatrice, Leonardo, Zoroastro e Nico si erano avventurati in quella immensa foresta da tre giorni, il loro obiettivo era la piramide a gradoni costruita tra la montagne indicata dalla mappa di Leda.
Nico si appoggiò a un albero: "Non dovrebbe mancare molto."
"Credo che domani saremo alle pendici delle montagne." dichiarò Leonardo, poi spostò lo sguardo su un cespuglio fiorito "Ooh..." Leonardo si avvicinò ai fiori, li toccò con delicatezza, li osservò meravigliato "Questi colori...non me ho mai visti di così vividi!" disse estasiato ed iniziò a scarabocchiare sul suo taccuino.
"Eccolo." sospirò Zoroastro "Lo abbiamo perso di nuovo..."
Leonardo durante il tragitto si era fermato numerose volte per studiare una pianta o un insetto o un animale e per disegnarli sul suo taccuino.
"Questa terra è meravigliosa...è tutto così diverso dal nostro paese!" disse Leonardo "Vorrei prendere dei campioni di questi esemplari prima di tornare alla nave." 
Beatrice ridacchiò, era divertente vedere suo fratello emozionato come un bambino ad una fiera. Zoroastro bevve un sorso d'acqua dalla borraccia e la passò a Beatrice, lei gli sorrise nel prenderla. La ragazza bevve un lungo sorso e poi guardò in alto, non aveva mai visto una foresta con alberi così imponenti e alti, la vegetazione era così fitta che a stento si vedeva il cielo, eppure la luce del sole riusciva a filtrare attraverso le foglie larghe di quegli arbusti.
Tutto era completamente diverso dai boschi e dalle campagne fiorentine, e tutta quella meraviglia le sembrava così inviolata e pura, forse addirittura perfetta. 
Si alzò dal tronco su cui si era seduta e si guardò attorno, si diresse verso dei cespugli fitti: "Devo fare pipì."
"Non ti allontanare troppo." le disse Zo "E cerca di non pisciare su qualche strano animale questa volta." lui e Nico scoppiarono a ridere.
"Ah ah ah..." rispose lei, rabbrividì ripensando a quell'enorme rettile con la cresta che si era trovata tra le gambe il giorno prima. Probabilmente l'avevano sentita gridare fino a Firenze.
E per la cronaca, mentre lei saltellava dalla paura Leonardo anziché aiutarla aveva disegnato l'animale sul suo taccuino.
Mentre era accovacciata si guardò attorno, vide qualcosa oltre i rami davanti a lei. Una volta finita la minzione si tirò su i pantaloni e guardò meglio spostando le foglie, e sgranò gli occhi per lo stupore: "Incredibile...ragazzi! Ragazzi venite qui!" gridò.
I tre accorsero, preoccupati che avesse incontrato di nuovo qualche strano animale.
"Guardate!" esclamò Beatrice "Quelli sono dei ponti!"
I tre osservarono con stupore ciò che Bea aveva trovato: c'era una serie di ponti di legno lunghi circa dieci passi costruiti sopra un lungo torrente che scorreva potente in ampie curve tra rocce appuntite e gli alberi. 
"Allora ci sono davvero delle persone qui." commentò Zoroastro.
"E devono essere degli indigeni molto evoluti, guardare la qualità di queste costruzioni, ci sono perfino delle ringhiere fatte di corda!" disse Leonardo "Seguiamo questo torrente, se hanno costruito questi passaggi è per giungere facilmente da qualche parte!" e guidò il gruppo su quelle tavole di legno bagnato. 
Dopo mezz'ora di cammino arrivarono alla fine del torrente.
"Mio Dio, è bellissimo..." mormorò Beatrice.
Davanti a loro si stagliavano le montagne, alle cui pendici c'era una piccola placida laguna azzurra in cui si immetteva il torrente che avevano seguito insieme ad altri due, che provenivano da direzioni diverse. Dall'alto una cascata sgorgava dalle rocce e si infrangeva nel laghetto. La vegetazione di diradava progressivamente per lasciare spazio alle rocce e al muschio. I quattro rimasero immobili davanti a tanta bellezza.
"Guardate, da lì si può salire sulla montagna." disse Leonardo e indicò un sentiero che iniziava vicino alla laguna "Sembra una strada percorsa quotidianamente, vedete? Ci sono dei pali, messi per aiutare i viandanti a reggersi, e i solchi nella roccia sono molto vecchi.....ma cosa stai facendo?" chiese confuso volgendo lo sguardo verso Zoroastro.
L'uomo si era tolto le scarpe e la camicia, e si stava calando i pantaloni. Una volta rimasto nudo guardò l'amico e sorrise: "Secondo te?" e si tuffò nella laguna inabbissandosi in quell'acqua cristallina. 
"Attento Zo!" esclamò Leonardo preoccupato.
Una volta riemerso Zoroastro guardò gli amici e ridendo disse: "Cazzo se ci voleva! Che fate ancora lì? Venite!" 
"Torna su! Dobbiamo continuare...oh, perfetto!" commentò Leonardo guardando sua sorella spogliarsi per rimanere con addosso solo la camicia verde chiaro che le arrivava a metà coscia "Ti ci metti pure tu?" 
Beatrice rise: "Eddai, un po' di refrigerio ci farà solo bene." e con un gridolino si gettò in acqua.
Raggiunse Zoroastro e si voltò verso il fratello e Nico, fece loro cenno di raggiungerli.
Nico guardò il suo maestro, avrebbe voluto darsi un contegno ma dopo tre giorni di cammino con quel caldo infernale l'acqua del lago era una tentazione. 
"Perdonatemi Maestro..." mormorò, e correndo si tolse i vestiti e raggiunse Beatrice e Zoroastro.
Leonardo li guardò e allargò le braccia, sconsolato. Però in effetti quella laguna era invitante.
Sospirò: "E va bene...ma solo dieci minuti, d'accordo?" e spogliatosi si tuffò.
Inutile dire che rimasero a mollo per più di un'ora, l'acqua era fresca e deliziosa, dopo la fatica di quei giorni quella nuotata fu una manna. Una volta usciti dalla laguna rimasero sdraiati su alcune rocce piatte ad asciugarsi e riposare. 
"Quanto sarà lontano il tempio?" chiese Beatrice sdraiandosi sulla pancia.
Leonardo prese la mappa e la osservò: "Stando a quanto ha scritto Leda in questo disegno dovrebbe essere un giorno di cammino." guardò il cielo "Tra poche ore tramonterà il sole, forse è meglio accamparci qui e partire domani di buon mattino, non si può scalare una montagna col buio."
"Mi sembra un'idea molto saggia." commentò Zoroastro passandosi una mano tra i riccioli umidi.
"Domani sarà una giornata campale." mormorò Leonardo, nemmeno la stanchezza riusciva a minare il suo entusiasmo.


La mattina dopo ripresero il cammino. Il sentiero era impervio e a strapiombo su un alto dirupo, i quattro si dovettero muovere con molta attenzione per non mettere un piede in fallo. Ci vollero ore per arrivare a una radura, lì finalmente il terreno diventava più piano, anche se permaneva una certa inclinazione. 
"E non è nemmeno la cima." commentò Zoroastro riprendendo fiato.
"Ma a noi non serve arrivare in cima..." sorrise Leonardo "Siamo arrivati." 
In fondo alla radura c'erano delle rocce oltre le quali si intravedeva benissimo il tempio disegnato da Leda. Leonardo quasi corse in quella direzione, era emozionato. 
Oltrepassarono le rocce ed arrivarono in un ampia piazza che precedeva una piramide a gradoni molto alta. 
"È stupefacente." mormorò Leonardo "Questo popolo ha grandi conoscenze ingegneristiche, queste piramidi sono perfette. La loro architettura mi è sconosciuta, non è mai stata riportata o studiata." 
"Forse potrai farlo tu." lo stuzzicò Beatrice.
"Cosa facciamo, entriamo?" chiese Zoroastro.
Leonardo annuì, e insieme attraversarono la piazza.
"Guardate, hanno pavimentato il terreno!" esclamò Leo fermandosi ad ammirare le lastre di pietra piatte e dalla forma irregolare che ricoprivano la piazza "Devo disegnarle."
"Leo..." mormorò Beatrice.
"Ci metto un secondo." rispose lui senza staccare gli occhi dalle pietre.
"Leo!" Bea lo strattonò per la camicia "Non siamo soli."
Una ventina di uomini, dei guerrieri, li avevano accerchiati velocemente. Nessuno si era accorto che li stavano osservando da quando avevano messo piede nella radura. I guerrieri erano armati di lance in legno e pietra, indossavano tutti un gonnellino nero, i loro corpi e i loro visi erano dipinti con molti tatuaggi.
I quattro si strinsero fino a formare un piccolo cerchio, istintivamente Zoroastro con un braccio tenne Beatrice dietro di sé per proteggerla.
"Cosa facciamo?" chiese Nico spaventato.
"Non lo so..." mormorò Leonardo, poi sorrise in direzione di uno dei soldati "Ehm...noi siamo amici...amici!" esclamò.
Il guerriero guardò serio Leonardo e gli rispose con una serie di suoni incomprensibili, gesticolando.
Leonardo provò a far un piccolo inchino, un segno universale di rispetto: "Amici..." indicò se stesso e gli altri "Noi siamo venuti...in pace..." mormorò sorridendo.
L'indigeno sbuffò, aveva compreso che gli stranieri non erano pericolosi, cercò di nuovo di farsi capire, disse qualcosa nella sua lingua agitando con foga il bastone verso il tempio. 
Beatrice capì: "Vogliono che entriamo." commentò, si allontanò da Zoroastro.
"No ferma, potresti indispettirli!" disse lui.
Bea lo rassicurò: "Ho capito cosa vogliono. Lasciami fare." fece qualche passo verso l'edificio, poi guardò l'indigeno, gli sorrise ed indicò il tempio.
Il guerriero sospirò soddisfatto e annuì. Lui e gli altri si disposero per formare uno stretto corridoio e li scortarono all'interno della piramide.
Furono portati in un'anticamera illuminata da torce e e i guerrieri li fecero inginocchiare con uno spintone, uno di loro disse qualcosa ad alta voce e da una stanza adiacente uscì una ragazza, la quale si fermò di fronte a loro, li guardò e sorrise.
Beatrice pensò che era bellissima, era giovane, forse aveva la sua età, i suoi lunghi capelli neri erano sciolti sulle spalle ma coperti da un copricapo composto da piume arancioni, gialle e bianche, la sua pelle abbronzata era decorata con tatuaggi neri. Indossava un gonnellino giallo scuro, il seno era avvolto da una fascia dello stesso tessuto ed era ornato da una collana d'oro e gemme che dal collo scivolava fino al suo ombelico.
La cosa che colpì tutti furono le piume, le notarono bene quando lei si voltò per impartire ordini ad alcune giovani che erano probabilmente le sue ancelle.
Una decina di piume erano infilate sotto la sua pelle della schiena, erano visibili le cicatrici lasciate da quella che doveva essere stata un'operazione dolorosa. 
La donna diede un ordine e i guerrieri afferrarono le sacche dei prigionieri e le svuotarono.
Nella borsa di Leonardo trovarono la mappa, un guerriero la prese e la consegnò ad Ima tenendo lo sguardo basso. Beatrice dedusse che quella giovane donna doveva godere di un immenso rispetto se un uomo evitava il suo sguardo con tanto timore.
La donna srotolò la mappa e la osservò attentamente, annuendo, come se per lei fosse tutto chiaro.
"Chi sarà questa donna?" bisbigliò Leonardo guardandola.
Prima che qualcuno dei suoi amici potesse azzardare un'ipotesi la ragazza parlò, in italiano: "Io sono Ima Kama, io sono la grande sacerdotessa del Sole, colei che veglia sul nostro popolo per volere degli dei." disse fiera.
Leonardo strabuzzò gli occhi: "Tu parli la nostra lingua?" chiese.
Ima sorrise, ma non rispose a quella domanda, guardò con attenzione i quattro che aveva davanti e poi indicò Beatrice: "Tu verrai con me." disse e ordinò nella sua lingua che Bea venisse condotta nel cuore del tempio.
Un guerriero fece alzare Beatrice, e la spinse attraverso un lungo corridoio sotto gli occhi preoccupati dei suoi amici, i quali sapevano che era impossibile tentare di opporsi.
Beatrice fu fatta accomodare in una stanza, ad attenderla c'era Ima, seduta su un piccolo trono in legno decorato: "Siedi di fronte a me." le ordinò, e Bea si sistemò su un piccolo sgabello.
Ima la osservò e poi chiese: "Come ti chiami?"
"Beatrice...Da Vinci..." mormorò lei.
Ima sorrise: "Io ho visto i tuoi occhi verdi in un sogno Beatrice. Sapevo che stavate arrivando. E in verità, è da tempo che aspettiamo il ritorno della tua gente.
Molti anni fa due uomini e due donne, degli stranieri, vennero qui.
Essi si chiamavano Figli di Mitra. Loro ci consegnarono un oggetto molto prezioso e sacro, il Libro delle Lamine.  Ci chiesero di custodirlo, molti uomini malvagi stavano cercando di impossessarsene, e noi li accogliemmo con gioia e li aiutammo a nascondere il Libro nella Volta Celeste. Tempo dopo ci lasciarono dicendo che un giorno i loro discendenti sarebbero venuti da lontano e lo avrebbero protetto come avevano cercato di fare loro anni prima."
Beatrice era colpita dalla proprietà di linguaggio della sacerdotessa, anche se la sua parlata era lenta sapeva usare le parole in modo fluente: "Loro ti hanno insegnato la mia lingua?" chiese.
Ima annuì: "Sì, la insegnarono a me e ad altri sacerdoti in quanto possediamo il potere di leggere i sogni. È un dono prezioso che ci è stato dato dagli dei per guidare il nostro popolo."
"Tu hai delle visioni dunque." disse Beatrice.
"Sì, io vedo ciò che gli dei vogliono. E sapevo che un giorno avrei sognato l'arrivo di nuovi Figli di Mitra." sorrise "Beatrice, tu e i tuoi amici siete coloro che stavamo aspettando?" chiese con tono solenne.
Bea annuì: "Sì, siamo noi." rispose, anche se le suonò strano asserirlo.
Ima divenne seria: "Allora dovrai provarlo. Chi venne prima di voi ci mise in guardia dai loro nemici, falsi e menzogneri. Per questo hanno escogitato un indovinello per permetterci di riconoscere i veri discendenti." spiegò Ima, e fece un cenno a una delle vestali.
La ragazza, senza mai staccare lo sguardo da terra, portò un vassoio sul quale c'erano sei ciotole riempite con liquidi di colori diversi e lo posò per terra davanti a Beatrice. 
"Questi sono i colori con cui dipingiamo i nostri corpi nelle cerimonie più importanti." disse Ima "Li usiamo tutti in occasioni diverse. Tu oggi dovrai usarne solo due."
Bea la guardò interrogativa: "Come?"
"Dovrai scegliere due colori, immergerai le tue mani nelle ciotole, una per colore, e poi lascerai le tue impronte."
"Dove devo affiggere le mie impronte?" chiese Beatrice.
Ima sorrise maliziosa: "Se sei davvero chi dici di essere allora lo capirai." fece un cenno alla vestale, che iniziò a cantare una dolce nenia nella loro lingua "Hai tempo fino alla fine della canzone."
Beatrice cercò di concentrarsi sui colori. Blu, rosso, verde, giallo, bianco e nero. Quali devo scegliere? Il giallo? È tutto d'oro qui dentro, forse è il giallo...no, sarebbe banale...il nero? Hanno tutti tatuaggi neri, ma forse sono blu e non neri...il rosso! Rosso e giallo, il colore fuoco che arde e quello dell'oro! No...Nero e bianco! Il giorno e la notte, il bene e il male...non ci siamo...il verde delle foreste e il blu dei fiumi, del cielo...dannazione!
Con un orecchio ascoltava la ragazza cantare, ti prego, non smettere adesso, pensò.
Guardò Ima, la sacerdotessa la osservava interessata. 
Beatrice riflettè su ciò che aveva davanti, i Figli di Mitra avevano inventato questo trabocchetto, i colori dovevano probabilmente riferirsi alla tradizione della setta. Peccato che lei non sapesse molte cose sui Figli di Mitra, non era stata cresciuta da loro, nessuno l'aveva istruita per diventarlo. L'unica vera e devota Figlia che aveva conosciuto era sua madre, e non ci aveva nemmeno parlato. L'aveva vista arrendersi e morire, le venne da piangere...improvvisamente capì.
Fissò i colori davanti a lei, spostò lo sguardo su Ima: "Sì." mormorò "È chiaro..."
La ragazza smise di cantare, e Ima la guardò: "Mostrami che non stavi mentendo."
Beatrice annuì, immerse le mani nelle ciotole che contenevano il blu e il rosso, si alzò e si avvicinò ad Ima.
Con un gesto delicato le dita tinte di blu di Beatrice lasciarono la loro impronta sulla guancia di Ima, e subito dopo quelle colorate di rosso fecero lo stesso sul petto della sacerdotessa, poco sopra il seno.
Sul viso di Ima si allargò un sorriso: "Benvenuta nella mia terra, Beatrice Da Vinci." le disse alzandosi e prendendole le mani "Sono felice che tu e i tuoi amici siate qui."
Beatrice respirò a fondo, e a sua volta le sorrise.
"Angelo mio, non permettere al cobalto delle tue lacrime di offuscare il vermiglio del tuo cuore." le aveva detto Leda prima di morire. Non erano solo parole dette per infondere forza in Beatrice, erano un messaggio. 
Blu cobalto sulle guance dove scivolano le lacrime e rosso vermiglio sul petto dove batte il cuore, i due colori con cui dipingere corpo di Ima, che con le sue piume candide sulla schiena poteva benissimo essere considerata un angelo.
"Vieni con me, raggiungiamo i tuoi amici, ci sono molte cose che dovete sapere." disse Ima conducendola nella stanza in cui era stata prima. Leonardo e gli altri erano lì, sempre scortati dai guerrieri.
Ima parlo nella sua lingua, disse ai soldati che potevano abbassare le armi, lasciò che Beatrice raggiungesse gli altri e poi disse: "Ora sono sicura che voi siete coloro che aspettavamo, coloro che salveranno il Libro delle Lamine e lo proteggeranno. Voi siete i discendenti dei Figli di Mitra che hanno visitato la mia terra molti anni fa."
"Dove ci troviamo?" chiese Leonardo.
"Siete al tempio di Quilla, la dea della luna e del cielo stellato. Lei fu la madre del nostro primo sovrano, e protegge le donne del mio popolo con il suo amorevole sguardo." spiegò Ima, indicò un simbolo disegnato sul muro, quello che Leda aveva riportato sulla mappa, la luna dentro il sole "I Figli di Mitra lo dipinsero anni fa, per loro era il modo migliore di rappresentare Quilla, poiché lei era sorella e allo stesso tempo sposa di Inti, il Dio del sole. Ma noi non la raffiguriamo così." Ima si lasciò sfuggire una risatina infantile.
Leonardo le sorrise e chiese: "Parli molto bene la nostra lingua. Chi ti ha istruita?" 
"Un uomo venuto qui prima di voi, un Figlio di Mitra molto paziente. Vi racconterò di lui." rispose Ima.
Leonardo annuì, poi disse: "Dunque questo posto non è la Volta Celeste. Noi credevamo che la mappa ci avrebbe condotti subito lì." 
"Sarebbe stato rischioso riferire subito dove si trova la Volta." spiegò Ima "Essa comunque non è molto lontana." rispose Ima "Vi ci porterò io a tempo debito. Ora verrete con me nella nostra città più bella, Machu Picchu, la città di pietra. Sarete ospitati nel palazzo dei nobili, e poi verrete ricevuti dall'imperatore Topa Inca. Tra qualche giorno vi condurrò alla Volta, insieme vi entreremo, così potrete trovare il Libro."
"Grazie Ima, siamo onorati di essere tuoi ospiti." disse Beatrice.
"Noi dobbiamo ringraziarvi per essere tornati da noi. Da quando il Libro è nella Volta il mio popolo prospera e vive felice." sorrise Ima.


Lungo la strada che li conduceva a Machu Picchu Beatrice raccontò agli altri della prova che aveva dovuto sostenere.
"Sei stata incredibile, a me non sarebbe mai venuto in mente!" la lodò Zoroastro.
"Mi sono resa conto di quante poche cose sappiamo sui Figli." disse Beatrice a voce bassa per non farsi sentire da Ima che camminava a una decina di passi davanti a loro "Loro sono convinti che proteggeremo il Libro, evitiamo di dire che potremmo portarlo via con noi, non credo che lo accetterebbero."
Leonardo annuì: "Giusto...ma in effetti non sappiamo cosa fare una volta trovato il Libro." sospirò "Lo capiremo quando sarà il momento suppongo." 
Durante il tragitto Ima chiamò Beatrice per parlarle: "Chi ti ha svelato la soluzione della prova?" le chiese.
"Mia madre." rispose Beatrice, sentì come un nodo in gola.
"C'è tristezza nei tuoi occhi."
"È morta qualche mese fa. I nemici di cui parlavi l'hanno uccisa, lei aveva la mappa e loro hanno cercato di rubarla per impossessarsi del Libro." spiegò.
Ima annuì: "Mi dispiace Beatrice. Ma i nemici non riusciranno mai nel loro intento, perché ora voi siete qui, tua madre ne sarebbe felice."
Beatrice le sorrise: "Hai ragione."
"Parlami dei tuoi amici." disse Ima "Il ragazzo che mi ha fatto tante domande, chi è?"
"È Leonardo, lui è mio fratello. Anche sua madre era una Figlia di Mitra."
"Fratello..." mormorò Ima "È il tuo sangue."
"Sì." sorrise Beatrice.
"E il ragazzino con i capelli gialli?"
"Lui è Nico, mio fratello gli fa da maestro." rispose Beatrice.
"È piccolo." commentò Ima.
Bea rise: "Sì, ma è coraggioso credimi."
"E l'altro ragazzo?" chiese Ima.
Beatrice rispose: "Lui è Zoroastro, è il migliore amico ed alleato che io e Leonardo potremmo avere." 
"Lui è il tuo amore." disse Ima.
"Come?"
"Ho visto come i suoi occhi guardano i tuoi. È il tuo amore." sorrise Ima.
Beatrice arrossì: "Sì, si può dire così." 
Ima ridacchiò e poi le fece tante domande sulla sua terra, sul loro viaggio, sulle tante divinità che i Figli di Mitra avevano nominato. Rimase colpita nello scoprire che in realtà tutti quei nomi indicavano un unico Dio.
"Ed è uomo o donna?" chiese Ima.
Beatrice rise: "I più dicono che sia uomo."
"E la sua sposa?"
"Beh, non ha una moglie..."
"Tutti gli dei hanno una sposa." disse sicura Ima "Non ci può essere l'uno senza l'altro,  maschio e femmina devono esistere insieme, come nella natura, non c'è sole senza luna, non c'è fuoco senza acqua, non esiste il vuoto che non può essere riempito."
Beatrice rifletté, doveva essere difficile per Ima, sacerdotessa di un culto politeista, comprendere una religione che venera un solo dio. E a pensarci bene le piaceva l'idea che esistessero due divinità distinte che si completavano, entrambe necessarie per guidare il mondo.
Le vennero in mente le parole di suo nonno Aronne, e disse: "Sai Ima, Dio un giorno si accorse di non poter essere sempre presente nel mondo, così creò le madri, affinché vegliassero sui suoi figli quando lui non poteva farlo." rispose citando il Talmud "Forse sono loro le spose, si occupano del mondo insieme a lui."
Le parole di Beatrice sembrarono soddisfare la sacerdotessa, che sorrise compiaciuta.
Dopo alcune ore finalmente poterono vedere dall'alto la loro destinazione, e la visione li lasciò senza fiato da quanto era suggestiva.
Su una montagna più bassa si ergeva una grande città di pietra immersa tra rocce e prati, un gioiello incastonato in un panorama che mozzava il fiato.
"Quella laggiù è Machu Picchu." disse Ima indicandola "È la mia casa, e da oggi sarà anche la vostra."





Angolo dell'autrice: 

Piccola precisazione sui viaggi dei Figli di Mitra.
La serie tv non ci spiega come i Figli siano arrivati nel Nuovo Mondo, se Caterina sia stata la prima o se altri prima di lei si siano avventurati fino a lì.
Nella mia storia non è Caterina ad arrivare in Perù, sono altri Figli di Mitra a farlo, e questo mi ha permesso di inventarmi qualcosa di originale e fornire una mia personale spiegazione. :) 
Per me è logico pensare che i Figli di Mitra abbiano intrapreso molti viaggi tra Europa e Nuovo Mondo nel corso degli anni, questo potrebbe spiegare perché gli indigeni si fidassero di loro e li considerassero con tanto rispetto...e questo può comunque valere come spiegazione plausibile anche per la serie tv ^^.
Per quanto riguarda la religione e la mitologia Inca. 
Non sono esperta come altre scrittrici di questo fandom, loro sono molto più ferrate e precise di me sull'argomento. Vi rimando alle loro storie! ;)
Scherzi a parte, ho raccolto alcune informazioni sulle civiltà precolombiane  ma non ho voluto approfondire con troppi dettagli per evitare di scrivere castronerie senza senso, quindi qui e nei prossimi capitoli non mi soffermerò più del necessario sulla cultura degli Inca, cercherò di dipingere un quadro accurato ma essenziale.
Se ho scritto o se scriverò stupidaggini vi prego comunque di dirmelo! xD 
Buona lettura!
Un abbraccio a tutti voi! E come sempre grazie! ^^
VerdeIrlanda!








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Capitolo 16
*** Il volere degli dei. ***


Arrivati a Machu Pichu Ima aveva accolto i Da Vinci e i loro amici in un palazzo vicino al tempio.
Leonardo aveva chiesto ad Ima quando avrebbero potuto accedere alla Volta Celeste, e la ragazza aveva sorriso: "Sarà un sogno a dirmi che possiamo entrare." 
Ma erano ormai passati diversi giorni, e non aveva ancora sognato il loro ingresso nella Volta.
Ima però aveva ingannato la loro attesa raccontando della venuta dei Figli di Mitra, e il racconto della sacerdotessa aveva chiarito molti dubbi ai fiorentini, ma aveva anche aperto le loro menti a nuovi quesiti. Seduta con loro in una grande sala da pranzo aveva detto: "Ero una bambina quando i Figli vennero da noi. Fu festa grande quel giorno, li aspettavamo."
"Come li aspettavate?" chiese Leonardo piegandosi curioso in avanti "Come sapevate che sarebbero arrivati?"
"Perché altri vennero prima di loro e prima di andarsene ci dissero che altri sarebbero venuti da noi." rispose Ima "Da anni i Figli di Mitra giungono sulla mia terra. I primi arrivarono tanto tempo fa, e subito fu chiaro che erano amici del mio popolo. Impararono la nostra lingua e insegnarono ad alcuni di noi la loro, la insegnarono a quelli che come me potevano sognare. Ci parlarono del Libro delle Lamine, lo portarono qui una volta perché fosse al sicuro, e quando i loro nemici furono sgominato vennero a riprenderlo. I giorni in cui il Libro delle Lamine è stato nella Volta sono stati colmi di fortuna e prosperità per noi." 
I quattro si guardarono confusi: "Quindi i Figli hanno viaggiato molte volte fin qui e il Libro era già stato nascosto a Machu Picchu?" chiese Beatrice.
Ima rispose: "Sì. I Figli tornavano e poi andavano via, tante volte, come le onde del mare. 
Costruirono loro la Volta Celeste per custodire il Libro e poi tornarono a riprenderlo. Quando io ero una bambina lo riportarono, dissero che i loro nemici erano tornati, erano malvagi e non si sarebbero fermati davanti a nulla. Riposero il Libro nella Volta e poi ripartirono con la promessa che i loro discendenti sarebbero tornati da noi." sorrise a quei ricordi "Un uomo con la pelle scura come la notte, Solomon Ogbai, mi insegnò la vostra lingua e mi disse di essere fiera dei miei sogni, mi avrebbero resa una grande sacerdotessa. Fui triste quando partì."
Leonardo chiese, sempre più rapito dalla storia: "Ima, quando sono venuti per la prima volta i Figli di Mitra?" 
Ima rifletté: "I primi che vennero ripartirono tutti tranne uno che rimase qui, lui morì qui. Sulla sua tomba c'è scritto che è morto nel 1369."
Beatrice esclamò: "Più di cento anni fa! Possiamo...vedere questa tomba?" chiese.
Ima annuì: "Vi porterò al cimitero in cui li abbiamo seppelliti."
A quelle parole fu chiaro che molti Figli di Mitra avevano deciso di rimanere a vivere in quella terra lontana.
Lo stesso giorno Ima li condusse al cimitero di cui aveva parlato. Era una grotta sulle cui pareti erano stati incisi i nomi dei defunti e la data della loro morte. 
"Noi bruciamo i morti." spiegò la sacerdotessa "Abbiamo disperso le loro ceneri qui dentro, quelle scritte ci ricordano i loro nomi." 
"Cosa li avrà spinti fino a qui? E perché saranno rimasti?" chiese Nico guardando le incisioni.
"Questo posto è meraviglioso, non è difficile immaginare perché volessero viverci." commentò Leonardo "E queste scritte?" si inginocchiò per leggere meglio "Sono figlio della terra e del cielo stellato, di sete son arso, ti prego..."
"...ti prego, lascia che io mi disseti alla fonte della conoscenza." concluse Beatrice, Leonardo si girò, la guardò interrogativo "Ehm, c'è scritta la stessa cosa su questa lapide, solo che è scritta in ebraico."
"E qui è scritta in greco." disse Nico, aveva studiato quella lingua per i suoi studi propedeutici per diventare avvocato. 
Osservarono le tombe, la stessa frase era stata scritta in italiano, ebraico, greco, arabo, abissino e in altre lingue. Dopotutto, ricordò Leonardo, i Figli di Mitra sono trasversali alle culture e alle religioni.
"Che sia il motto della setta?" ipotizzò Zoroastro.
"Direi di sì. Mi chiedo cosa voglia dire, e mi chiedo perché siano rimasti, perché non abbiano parlato con nessuno di questo luogo." disse Leonardo.
Beatrice scosse la testa e a voce bassa mormorò "Ci sono troppe cose che non sappiamo su di loro."


"Leonardo, non ti agitare." Beatrice guardò il fratello tormentarsi e tamburellare sul tavolo con le dita  "Presto Ima avrà la sua visione. Per intanto direi che non ci va così male, in questo palazzo stiamo bene, ci trattano in modo così ospitale e gentile..."
"Lo so, è che non capisco cosa vogliano queste persone da noi." rispose Leonardo "Loro ci stavano aspettando, ma per fare cosa?"
"A sentire Ima noi dovremo proteggere il Libro." disse Zoroastro.
"Prima di arrivare qui ero convinto che dovessimo trovare il Libro e portarlo con noi." spiegò Leonardo.
Beatrice annuì: "Anche io la pensavo così. Ma per loro il Libro è molto importante, non ci permetteranno mai di portarlo via." 
"E poi cosa vuol dire che dobbiamo proteggerlo? È chiuso in una Volta, protetto da trappole quasi insuperabili. Perfino noi faticheremo ad entrare." commentò Leonardo "Davvero non so cosa dovremo fare."
"Lo capiremo Leo, vedrai." cercò si rassicurarlo Beatrice.
"Infatti, alla fine noi..." disse Zoroastro, ma fu interrotto dal rumore di passi nel corridoio.
Ima fece il suo ingresso nella stanza.
"Hai fatto quel sogno!" esclamò felice Leonardo.
"Amici miei, non è ancora tempo." rispose Ima, sembrava piuttosto tesa "Sono qui perché dovete venire con me. Ci sono delle novità."
La sacerdotessa li condusse ad un edificio rettangolare di pietra scura.
"Che posto è questo?" chiese Leonardo.
"Le prigioni." rispose Ima varcando la soglia e dicendo loro di seguirla.
Scesero delle scale e giunsero ad un corridoio illuminato da torce e sorvegliato da alcuni guerrieri dal viso dipinto, Ima ordinò ad uno di loro di aprire la porta di una cella.
Senza dire altro Ima entrò nella stanza, i quattro la seguirono curiosi. Due guardie munite di torce e altre tre armate di mazze dalla punta di ferro si disposero nella camera.
"Perché ci hai portati qui?" chiese Leonardo cercando di abituare gli occhi alla semi oscurità della cella.
"Artista." disse una flebile voce, una figura sbucò da un angolo raggiungendo lo spazio illuminato.
Beatrice spalancò gli occhi per lo stupore: "Non è possibile..." mormorò.
Il conte Riario sorrise: "Alla fine ci incontriamo di nuovo. Ma non avevo dubbi sul fatto di trovarvi tutti qui." Alle sue spalle sbucò Mercuri, entrambi erano malconci e visibilmente preoccupati.
"Come avete fatto ad arrivare? La Vostra mappa era un falso, non portava da nessuna parte!" esclamò Leonardo.
"Ne avevo fatto disegnare una copia non appena Leda me l'ha consegnata." spiegò Riario "Non sono un ingenuo, sapevo che avreste cercato di fregarmi. Ma non avevo previsto che sareste scappati da Firenze, credevo che lo avreste fatto a Napoli. Non immaginavo aveste già una nave a disposizione, l'avete pagata con i soldi dei Medici, non c'è altra spiegazione."
Beatrice avvertì un brivido glaciale guardando Riario, per scacciarlo si rivolse ad Ima: "Come mai sono in prigione?"
Ima raccontò: "Le nostre sentinelle li hanno trovati al tempio di Quilla e li hanno catturati. Questa mattina ho interrogato l'uomo dai capelli bianchi, diceva di essere colui che aspettavamo, ma lui non ha saputo risolvere l'enigma come hai fatto tu."
Beatrice era stupita, Mercuri era stato un Figlio di Mitra ed era presente quando Leda era morta, aveva ascoltato le sue ultime parole, eppure non gli erano tornate in mente.
"Ho compreso che sono loro i nemici di cui mi avete raccontato." disse Ima ricordando i loro discorsi.
"Sì, sono loro." annuì Leonardo.
"Sono venuti sulla mia terra con intenzioni malvagie e per questo saranno puniti." decretò Ima.
"Come potete affermare che non siamo stati mandati da Dio in questo luogo?" chiese Riario "La nostra missione su questa terra ha una natura divina che nemmeno voi potete immagin..."
Ima, rabbiosa, lo interruppe: "Silenzio! Voi avete sfidato gli dei profanando la mia terra con la menzogna! Sono adirati per questa offesa, lo percepisco!"
Beatrice e gli altri non avevano mai visto Ima infuriata, e la guardarono ammutoliti, la sacerdotessa sapeva come incutere timore, i suoi occhi neri erano luccicanti come bracieri e la sua voce sempre gentile era diventata ferma e dura.
"E l'ira dei nostri dei deve essere placata, mostreremo loro la nostra devozione con il vostro sacrificio. Domani sera l'uomo con i capelli bianchi sarà sacrificato sulle lastre di pietra." disse Ima, poi guardò Riario "Invece tu, che ti proclami uomo di Dio, il sangue sgorgherà dalla tua gola e placherà la sete di Pachamama. Solo il suo intervento potrà rovesciare la mia decisione."
Mercuri impallidì, Riario deglutì e la fissò con rabbia.
"Volevo che li vedeste e conosceste il loro destino, e sarete presenti al loro sacrificio." disse Ima rivolta ai suoi amici stranieri "Placata la rabbia degli dei potremo accedere alla Volta."
"Dunque hai sognato." disse Leonardo.
Ima sorrise: "Ho visto il sangue degli stranieri bagnare l'altare di Pachamama, e quando l'ho preso a coppa tra le mie mani la porta della Volta si è aperta. La loro morte ci indica che possiamo entrare."
Era decisamente una visione molto macabra, pensò Leonardo, ma avrebbe permesso loro di accedere alla Volta Celeste. Guardò Riario e Mercuri, erano decisamente sconvolti, e come dargli torto.
Ima fece un cenno alle guardie: "Ora possiamo uscire, li avete visti e potete tornare..."
La sacerdotessa fu interrotta dallo scatto repentino di Zoroastro.
"Zo che ti prende?" esclamò Leonardo guardandolo.
Zoroastro aveva osservato Riario a lungo, e alla fine non era più stato capace di trattenersi, aveva afferrato il conte per la camicia: "Schifoso figlio di puttana!" sibilò e lo colpì con un pugno in faccia, Riario si accasciò e Zo lo colpì ancora e ancora al petto.
"Zo, fermo!" esclamò Nico preoccupato.
"Brutta carogna..." ringhiò Zo buttando il conte per terra, poi iniziò a prenderlo a calci.
Mercuri non provò nemmeno a mettersi in mezzo, guardò Beatrice, lei sostenne il suo sguardo, entrambi avevano capito perché Zoroastro si fosse scagliato contro Riario, e nessuno dei due disse nulla.
"Basta Zo!" Leonardo intervenne e trattenne l'amico, lo allontanò da Riario "Perché lo fai?"
"Lui lo sa perché." rispose Zoroastro respirando profondamente.
Il conte strisciò lontano e si mise in piedi dolorante: "Bastardo..." sputò per terra il sangue che aveva in bocca "La pagherete statene certo..."
Zoroastro fece per attaccarlo di nuovo ma Beatrice si avvicinò a lui, si mise tra i due e guardò il suo uomo negli occhi, gli prese il viso tra le mani: "Zo, basta...Andiamo via, vieni."
Zo la guardò, immobile, poi annuì, e uscì insieme a lei dalla cella.
Mentre tornavano al palazzo Leonardo chiese spiegazioni: "Che ti è preso? Non che Riario non lo meritasse ma..."
"Sono solo esploso Leo." tagliò corto Zoroastro, Beatrice non voleva che gli altri sapessero dello stupro "Mi prudevano le mani solo a guardarlo."
"Hai fatto bene." disse Nico "In fondo lo meritava."
"Beh presto gli capiterà decisamente di peggio." commentò Leonardo pensando alle parole di Ima.
"E non sarà comunque abbastanza." mormorò Beatrice, ma gli altri non la sentirono.


La mattina dopo Leonardo trovò Beatrice seduta alla finestra, dall'alto osservava il popolo che li stava ospitando.
"Si stanno preparando per il sacrificio di stasera." disse "Recitano salmodie e stanno bruciando incensi in direzione del tempio." 
"La loro religione è primitiva e affascinante." commentò Leonardo "Hanno un loro pantheon gerarchico, e la loro morale è estremamente semplice."
"E ad ogni colpa corrisponde una punizione." disse Beatrice osservando il tempio, guardò suo fratello "Sai, ho così tante domande a cui voglio dare risposta."
"Vuoi sapere perché i Figli si siano spinti fino a qui?" chiese Leonardo.
"Immagino lo abbiano fatto per caso, spinti dal desiderio di conoscere il mondo. Ma perché andare e tornare tante volte?" chiese Beatrice "E perché non dire niente di questa scoperta."
"Probabilmente perché conoscono la natura umana, sanno che rivelare l'esistenza di un nuovo continente porterebbe gli europei a cercare di conquistarlo. La storia ce lo insegna purtroppo." 
Beatrice annuì, suo fratello aveva ragione, forse i Figli di Mitra volevano evitare che si scatenasse una sanguinosa invasione. 
"E poi se volevano tenere al sicuro il Libro dovevano mantenere il riserbo su questo posto." concluse Leonardo.
"Già. Il Libro. Che ruolo ha? Cosa dobbiamo farci con esso?" chiese Beatrice. 
Zoroastro entrò nella stanza, si passò una mano tra i capelli, il viso ancora assonnato, sbadigliò: "Buongiorno...congetture di primo mattino?" diede un bacio sulla testa a Beatrice. 
La ragazza gli sorrise: "Ci ponevamo alcune domande sui Figli di Mitra."
"Domande che non avranno risposta purtroppo." commentò Leonardo.
"Dobbiamo pur capire cosa fare, presto troveremo il Libro." disse lei.
"Servirebbe un Figlio di Mitra per spiegarci come comportarci." disse Zoroastro.
Beatrice lo guardò: "Amore, sei un genio. Solo un Figlio di Mitra può rispondere alle nostre domande."
"Noi non conosciamo Figli di Mitra." disse Leonardo.
Beatrice si alzò in piedi: "Ma conosciamo una persona che lo è stato."


Trovarono Mercuri da solo, inginocchiato ed intento a pregare, fu sorpreso di vedere entrare Beatrice e Leonardo nella sua cella. Avevano chiesto a Ima di poter parlare con lui con la scusa di permettergli di chiedere perdono per tutto il male che aveva fatto loro, e la sacerdotessa aveva acconsentito.
"Vi hanno separati." commentò Leonardo notando l'assenza di Riario.
Mercuri annuì: "Immagino che sia per permetterci di prepararci alla morte con maggiore trasporto. E voi? Cosa volete?"
"Voi siete stato un Figlio di Mitra un tempo." disse Beatrice "Conoscete la setta, potete darci molte informazioni."
"E se io non volessi parlare con voi?" rise aspro Mercuri "Cosa farai? Mi taglierai la faccia come hai fatto con Antea? Sì, l'ho vista, ed è viva." disse notando lo stupore sul volto di Beatrice "L'hai ridotta proprio male."
"Mi sono difesa." disse con tono secco lei.
"Quando tornerai a casa lei ti aspetterà per vendicarsi." disse Mercuri "Credimi, ti farà molto male. Sa come fare."
Beatrice deglutì, poi disse: "Ima ci ha raccontato dei viaggi dei Figli di Mitra. Immagino tu conosca la storia. Perché si sono spinti fino a qui?"
Lupo la guardò: "Vuoi che ti racconti la vera storia ragazzina? La verità è che la setta dei Figli di Mitra è un manipolo di fanatici tali e quali a quelli che potresti trovare in Vaticano! Non sono altro che un gruppo elitario che si crede migliore del resto dell'umanità, che crede di poter gestire il sapere a proprio piacimento e ad appannaggio di pochi eletti. Perché credi che me ne sia andato? Io non credevo più nella loro visione e volevo davvero cambiare le cose!" Mercuri pronunciò queste parole tutto d'un fiato, ringhiando "Non potevo immaginare che sarei finito dalla padella nella brace, ma ci ho provato, ho cercato di spezzare la loro gerarchia per tornare alle origini pure del nostro gruppo. E volevo che tua madre venisse con me." disse guardandola negli occhi "Ma Leda era inchiodata nella visione della setta, lei non voleva vedere l'evidenza delle cose. E ha perseverato nel suo errore, lei come tutti gli altri."
Beatrice si morse un labbro: "I Figli di Mitra hanno cercato di proteggere la conoscenza, di diffonderla..."
"E quanta sapienza vedi nel mondo ragazzina, mmm? Ti sembra che l'uomo sia libero di espandere la propria conoscenza del mondo?" chiese Mercuri "Alla fine tutto rimane nelle mani dei potenti che ben la nascondono e vietano ogni innovazione, così è più facile regnare." 
Beatrice e Leonardo si guardarono, in effetti la logica di Mercuri era schiacciante.
Lupo rimase in silenzio per riprendere fiato, e poi continuò: "I Figli di Mitra all'inizio erano spinti da una vera vocazione, volevano davvero che l'umanità potesse conoscere ogni cosa, che potesse scoprire ciò che il mondo offriva e nascondeva, senza essere bloccati da false morali. Ma col passare degli anni, è stato inevitabile, la setta si è chiusa in se stessa e ha iniziato ad escludere le persone invece che includerle. Doveva essere un circolo aperto ad ogni essere umano, dove ognuno potesse esprimersi liberamente. E invece sono diventati arroganti, contava solo la loro opinione, chi si permetteva di contraddire il Consiglio veniva allontanato. Fu così che nacque l'idea della ricerca dell'Eden, il paradiso terrestre, un luogo in cui la setta avrebbe potuto prosperare e vivere e crogiolarsi nella propria visione del mondo. E allora iniziarono a viaggiare alla ricerca di un luogo che non fosse corrotto dal resto dell'umanità, ed arrivarono qui."
"Quindi i viaggi servivano per perlustrare questa terra." disse Leonardo.
Mercuri annuì: "Sì, e alcuni Figli iniziarono a vivere qui. Questo posto doveva sembrare davvero un paradiso ai loro occhi. E gli indigeni a quanto pare erano affascinati dagli stranieri, si fidavano di loro. Mi chiedo se i Figli si sarebbero davvero trasferiti qui in modo definitivo se le cose fossero andare diversamente..."
"Ima ha detto che i Figli avevano già portato qui il Libro." disse Beatrice.
"Avevo sentito dire che il Libro era stato nascosto molti anni fa poiché era stato minacciato e che anni dopo fu riportato a Roma, ma non ho mai ricevuto molte informazioni a riguardo, avrebbe significato rivelare a troppe persone l'esistenza di questo luogo e della Volta. Hai altre domande?"
Beatrice annuì: "Cosa potete dirmi sul Libro delle Lamine?" 
"Ne so quanto voi." Mercuri alzò le spalle "Fino a che non lo si legge rimane un mistero."
"Cosa dobbiamo fare una volta trovato il Libro?" chiese Leonardo.
Lupo sospirò e sorrise beffardo: "Suppongo che dovrete tenerlo al sicuro dai nemici che lo vogliono a tutti costi. Dovrete evitare che finisca nelle mani di uomini malvagi spinti da malevoli intenzioni."
Leonardo lo fissò nervoso: "Questo era chiaro, ma non sappiamo come." 
Mercuri lo guardò intensamente: "Questo dipenderà da voi e dagli eventi che incontrerete sulla vostra strada. Ditemi, quanto siete disposti a sacrificare di voi stessi per proteggere qualcosa che può cambiare il mondo così come lo conosciamo, nel bene e nel male?"
La porta della cella si aprì, Ima fece il suo ingresso: "È ora di portare il prigioniero al tempio."
"Ima, concedici alcuni minuti per favore." disse Beatrice.
"No, non si può aspettare oltre." rispose la sacerdotessa, e ordinò ai guerrieri di prendere Mercuri.
Leonardo e Beatrice non poterono dire altro, Lupo venne trascinato via e loro dovettero seguire tutti al tempio. La gente si era già radunata per assistere alla cerimonia, centinaia di persone in religioso silenzio guardavano l'altare. 
Seguirono Ima, salirono con lei i gradini, una decina, che separavano la folla dalla terrazza dell'altare, e lì trovarono Nico e Zoroastro.
"Mercuri ha detto qualcosa?" chiese il biondo quando Leonardo e Beatrice si misero vicino a loro.
"Sì, ma non abbastanza." disse deluso Leonardo "Speravo di poter indagare di più. Quando vi hanno condotti qui?"
Nico annuì: "Un'ora fa Ima è passata a dirci che dobbiamo assistere anche noi."
Tutti spostarono lo sguardo verso Mercuri, era stato fatto sdraiare su un altare di pietra, i guerrieri lo avevano avvolto in una spirale di corde molto spesse.
"Cosa gli faranno?" chiese Zoroastro.
Da una porta laterale apparve l'imperatore Topa Inca e la gente si inchinò, l'uomo disse alcune frasi a voce alta, e il suo popolo esultò. Due vergini del Sole vestite con tuniche nere ricamate in oro e rosso condussero quattro alpaca vicino all'altare.
Ima si voltò verso gli stranieri: "Topa Inca ha detto che quest'uomo deve essere punito perché ha offeso i nostri dei." 
Le Vergini presero il capo delle quattro corde che legavano Mercuri e li assicurarono al collare degli animali, Topa Inca gridò qualcosa e le Vergini spronarono gli alpaca a tirare. Lentamente le corde si strinsero come spire attorno al corpo di Mercuri, ad ogni passo dell'animale divennero sempre più strette. Bea distolse lo sguardo, odiava Mercuri e desiderava che venisse punito, ma non era pronta ad assistere a una scena tanto raccapricciante, Zoroastro le mise un braccio attorno alle spalle per tranquillizzarla.
Lupo iniziò a urlare dal dolore mentre la pelle sì lacerava e sanguinava, poi la sua voce divenne flebile per la compressione delle corde sulla cassa toracica. 
Era ormai arrivato al limite della sopportazione, il dolore era atroce, sentiva i muscoli e le ossa rompersi. Con un ultimo sforzo gridò: "Da Vinci! Guardatevi da coloro che si dichiarano amici! Guardatevi dai nemici dell'uomo!" poi la sua bocca si riempì di sangue e svenne, la morte sopraggiunse mentre era incosciente. Lupo nel trapasso vide Leda, il suo volto luminoso era però severo, lo guardava senza parlare. Alla fine la donna aveva avuto ragione, era morto stritolato dalle sue colpe. 
Nico si portò una mano alla bocca per non vomitare, il sacrificio di Mercuri era stato disgustoso.
"Che morte orribile..." bisbigliò Leonardo.
"Un sacrificio insolito." disse Beatrice cercando di non guardare il cadavere di Mercuri.
Ima li guardò fiera: "Ora Topa Inca farà uscire l'altro uomo, Girolamo."
E infatti l'imperatore ordinò che il secondo prigioniero venisse condotto per il sacrificio. Riario uscì da una porta dietro l'altare trascinato da due soldati, gli avevano legato i polsi dietro la schiena, lo fecero inginocchiare a forza.
Il conte era stato picchiato, forse aveva provato a scappare, lanciò uno sguardo rapido ed inorridito al cadavere di Mercuri. Topa Inca si mise dietro di lui, afferrò con forza i capelli neri del prigioniero e gli tirò indietro la testa esponendo la gola del conte, nell'altra mano brandiva un coltello cerimoniale molto affilato. L'imperatore gridò qualcosa e la gente lo incitò.
Ima spiegò: "Adesso Topa Inca taglierà la gola del prigioniero, e lascerà che il suo sangue disseti Pachama..." 
Una violenta scossa sismica la interruppe, la sacerdotessa lanciò un grido. 
Topa Inca lasciò i capelli di Riario, guardò Ima: "Che succede?" chiese nella loro lingua.
La terra tremò una seconda volta, la gente si buttò a terra coprendosi la testa con le mani, come se si aspettassero di essere colpiti. Leonardo e gli altri si allontanarono dalle mura del tempio per paura che qualcosa potesse crollare. 
Un terzo colpo secco scosse la terra, e poi non accadde più nulla.
Ima respirava profondamente, si guardò attorno, poi andò da Topa Inca, parlò con lui. L'imperatore annuì e con il coltello tagliò le corde che legavano Riario. Ima parlò alla sua gente, fece un lungo discorso, che poi tradusse per gli stranieri: "Solo Pachamama poteva rovesciare la mia decisione, e lo ha fatto, ha fatto tremare la terra. Non vuole che Girolamo venga ucciso. La dea ha deciso, lui rimarrà con noi, è stato scelto e perdonato." continuò Ima "E potrà vivere, entrerà con noi nella Volta."
"Che cosa?" esclamò Zoroastro.
"Non ci posso credere..." disse Leonardo "Ima, quest'uomo non è un prescelto..."
"Pachamama ha fatto sentire la sua decisione." disse Ima con un tono che non ammetteva repliche, e ordinò che Riario venisse condotto via e medicato.
La folla si disperse, e a Leonardo non restò che tornare al palazzo insieme ai suoi amici.
"E adesso?" chiese Nico "Non si aspetterà che collaboriamo con Riario." 
"Quel fottuto bastardo..." sibilò Zoroastro "Come ha fatto a cavarsela! Ha tutte le fortune!"
Leonardo batté un pugno sul tavolo: "Dobbiamo parlare con Ima, le dobbiamo spiegare che è un errore risparmiare Riario."
Beatrice si sedette su una panca, scosse la testa: "E come facciamo? Lo hai detto tu stesso, la loro religione è molto semplice, ogni evento naturale è visto come un messaggio dei loro dei. Per loro un terremoto come quello di poco fa è la voce di Pachamama."
Leonardo annuì, purtroppo Beatrice aveva ragione, non Ima lo avrebbe mai ascoltato, e mettere in dubbio la decisione degli dei poteva indispettire la sacerdotessa.
Erano in un vicolo cieco, non potevano fare altro che accettare la presenza di Riario, guardandosi ovviamente le spalle da lui.
Dopo alcune ore, mentre si stavano preparando per andare a dormire, Ima fece il suo ingresso nel palazzo scortata dai soldati
"Ima, cosa ti porta da noi?" chiese Leonardo.
La ragazza non rispose, diede ordini nella sua lingua ai guerrieri che repentini afferrarono Zoroastro per le braccia e iniziarono a strattonarlo per portarlo via.
"Ehi ehi fermi!" esclamò Leonardo, ma fu spinto via da un altro uomo. Zo provò a divincolarsi e in tutta risposta ricevette un pugno sul naso.
Beatrice e Nico erano nella stanza accanto, accorsero attirati dal trambusto.
Lei vide il volto insanguinato di Zo solo un istante prima che i soldati lo trascinassero fuori dalla camera.
"Zo! No! Cosa succede Ima, perché lo portate via?" chiese Beatrice disperata.
Ima la guardò incupita, ma non le disse il perché. Si limitò a rispondere che domani mattina li avrebbe rivisti al tempio e avrebbe chiarito ogni cosa, poi se ne andò.
Beatrice guardò suo fratello, sconvolta: "Perché lo hanno arrestato?"
Suo fratello la abbracciò, purtroppo non aveva risposte, in silenzio le accarezzò i capelli.
Zoroastro nel frattempo fu portato nelle prigioni e buttato in una cella umida, si guardò attorno, nervoso e incredulo.
Nessuno dei quattro fiorentini dormì molto quella notte, l'attesa e il desiderio di sapere li tenne svegli. Ma non potevano fare nulla, se non attendere che facesse giorno per riuscire a dare un senso alla decisione di Ima.

















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Capitolo 17
*** Le lacrime di Quilla. ***



Angolo dell'autrice: 

Sono sempre più felice nel pubblicare un nuovo capitolo, e lo sono per merito vostro. Grazie a voi che leggete e recensite, grazie davvero. ^^
In questo capitolo si farà riferimento al prologo di una mia precedente storia, sarò chiara anche per chi non lo ha letto, ma in caso foste curiosi lo trovate qui: http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2250973
Buona lettura!
Baci e abbracci!

VerdeIrlanda 


Beatrice aprì gli occhi, allungò una mano sul letto. Era vuoto. Richiuse gli occhi, sospirò. 
Allora era vero, non aveva sognato, Zoroastro non era accanto a lei perché era stato arrestato. Si alzò e si vestì, uscì dalla stanza e raggiunse la camera che fungeva da sala da pranzo.
"Non hai dormito nemmeno tu." constatò vedendo Leonardo seduto su una panca, il suo viso era stanco.
Suo fratello annuì: "Mi sono svegliato di continuo. Non riesco a capire..." si passò una mano sul viso "Non ha senso che abbiano arrestato Zoroastro."
Nico li raggiunse, si sedette accanto a Leonardo: "Sono stravolto." mormorò "Ho pensato tutta la notte, e non ho capito le loro motivazioni."
"Pure io." disse Leonardo, aveva ragionato per ore e non aveva trovato spiegazioni. Forse perché quando si tratta di Zoroastro sono troppo coinvolto, si disse.
Beatrice si infilò gli stivaletti: "Sentite, andiamo al tempio, Ima ha detto che stamattina ci avrebbe spiegato." e senza aspettare gli atri uscì dal palazzo. Nico e Leonardo le corsero dietro, la ragazza aveva ragione.
Arrivati al tempio dei soldati li scortarono in una camera rivestita con grandi maschere d'oro che riflettevano la luce di numerose torce, al centro c'era un trono in legno, lo schienale era rivestito di piume gialle e bianche. Per il resto la stanza era spoglia.
Furono fatti attendere lì, e finalmente Ima arrivò, si sedette sul trono e li guardò: "Il vostro sonno è stato tormentato, anche il mio lo è stato."
"Ima, ti prego, dicci perché hai fatto arrestare Zoroastro." chiese subito Beatrice "Noi siamo giunti qui guidati dai Figli di Mitra, i nostri antenati, siamo tutti vostri amici."
La sacerdotessa la guardò, sospirò, come se ciò che stava per dire fosse molto difficile: "Purtroppo non è così semplice. Ieri credevo che Girolamo fosse un nemico degli dei, eppure Pachamama lo ha risparmiato facendo tremare la terra. Non comprendevo il motivo. Aveva offeso le nostre entità eterne eppure non meritava la morte."
Leonardo si morse una guancia per non dirle che era assurdo scambiare un terremoto per un messaggio divino.
"Dopo la cerimonia ho cercato un contatto con gli dei, sono caduta in un sonno profondo e ho sognato, e ho capito." disse Ima "Anche lui come voi era destinato a venire qui, ed ad entrare nella Volta." 
"Da cosa lo hai capito?" disse Leonardo che nascondeva a fatica il suo nervosismo.
"Ho visto Girolamo nel mio sogno, era nella Volta Celeste insieme a voi." rispose Ima "Eravate nell'ultima stanza, solo voi tre."
"Tre?" chiese Nico.
Ima annuì: "Solo Girolamo, Beatrice e Leonardo accederanno all'ultima sala, quella in cui è custodito il Libro. Ecco perché Pachamama lo ha risparmiato, perché compiesse il suo destino insieme a voi."
Leonardo respirò profondamente: "D'accordo, se è questo che i tuoi dei vogliono...ma ora dicci, perché arrestare Zoroastro? Non ha fatto niente per meritare la prigione." 
Ima divenne molto seria, i suoi occhi neri scintillavano: "Durante la mia visione gli spiriti che mi guidano mi hanno mostrato di nuovo ciò che è successo nella cella, quando il vostro amico ha aggredito Girolamo. In quel momento la terra ha tremato e uno squarcio si è aperto sotto di loro, e Zoroastro vi è precipitato. Allora ho compreso che ciò che aveva fatto è stata ritenuta dagli dei una grave offesa, poiché ha picchiato un protetto di Pachamama."
Beatrice comprese il ragionamento di Ima, ne rimase scioccata e cercò di difendere Zoroastro: "Ima, ti abbiamo raccontato quello che ci ha fatto Riario, devi capire che Zo lo ha picchiato per le cose terribili che aveva fatto a Firenze, per averci fatto del male."
"E di certo non sapeva che Girolamo fosse tanto caro agli dei. Sono sicuro che se glielo chiederai sarà disposto a scusarsi..." azzardò Leonardo. 
"Pachamama ha parlato in favore di Girolamo, lo ha indicato come suo protetto. E il vostro amico lo aggredito ed è come se avesse aggredito il volere della dea, tutto ciò è blasfemo." disse Ima con tono fermo "Un'offesa come questa non può essere lavata con semplici scuse." 
Beatrice tremò: "Ima ti prego, ascoltaci, non era intenzione di Zoroastro mancare di rispetto agli dei."
"Perché non capite quanto sia grave?" chiese Ima.
"No sei tu che non capisci!" esclamò Beatrice "Non c'era blasfemia in quello che ha fatto Zo! Ti prego Ima, concedigli il perdono, è tutto un equivoco."
La sacerdotessa la guardò: "So che volete bene al vostro amico, è molto nobile che cerchiate di proteggerlo e lo capisco. Vorrei potervi aiutare. Ma la nostra legge è chiara. Chi offende gli dei deve essere punito."
Beatrice sbiancò, anche Mercuri e Girolamo erano stati accusati di aver offeso le divinità di quel popolo mentendo sulla loro identità, e la punizione era stata una sentenza di morte.
"No Ima!" esclamò Leonardo, anche lui aveva capito "Ti prego non puoi uccidere Zoroastro!"
"Mi dispiace..." disse la sacerdotessa, sembrava davvero afflitta nel dover giudicare Zo così severamente "Ma non posso salvare il vostro amico. Solo gli dei possono farlo. Solo loro possono concedere il perdono."
Beatrice fu scossa da tremiti molto forti: "Ima..." mormorò Bea "Non farlo...ci deve essere una soluzione. Per favore!" 
Ima scosse la testa: "Io devo considerare prima di tutto il bene del mio popolo."
Beatrice decise di giocare d'astuzia, il suo tono tornò incredibilmente fermo: "È per questo che noi siamo giunti fino qui, per aiutare la tua gente siamo disposti ad affrontare nuovi pericoli per trovare il Libro delle Lamine e proteggerlo, in modo che possiate continuare a prosperare. Zoroastro come noi ha lasciato la sua terra per seguire questa missione. Quindi glielo devi Ima." 
Ima scrutò la ragazza, ed annuì: "Hai ragione Beatrice, avete sacrificato molto per giungere fino qui. Va bene, voglio provare ad aiutare il vostro amico, cercherò un nuovo contatto con gli dei. Loro decideranno della sua sorte." rispose, e con un cenno ordinò che venissero condotti fuori.
"Grazie...Possiamo vedere Zoroastro?" chiese Beatrice mentre i guerrieri la scortavano via.
Ima annuì: "Solo tu puoi andare da lui." decretò.
Beatrice ovviamente si fece portare subito alle prigioni, un soldato le aprì la porta della cella.
Zoroastro era seduto per terra, appena la vide si alzò e la strinse forte.
"Stai bene?" chiese lei tenendolo stretto.
"Qui non è peggio del Bargello." minimizzò lui baciandole le labbra "Non hanno arrestato anche te vero?" le chiese.
"No, Ima mi ha concesso di vederti."
"Perché mi ha fatto arrestare?"
Beatrice lo guardò: "Hai picchiato Riario..." disse e gli riferì le parole della sacerdotessa.
"Che grande stronzata!" esclamò Zoroastro camminando nervoso, batté il palmo contro il muro "E quindi la mia vita adesso dipende dal prossimo sogno che farà quella svitata?" 
Bea si morse le labbra e annuì. Zoroastro sospirò, tornò da lei per prenderle il viso tra le mani e baciarla di nuovo.
Lei ricambiò il suo bacio, poi si staccò da lui: "Ascolta, sono sicura che tutto si risolverà nel migliore dei modi."
Zo scosse la testa: "Non ci credi molto nemmeno tu principessa."
"Devo crederci." mormorò baciandolo "Devo sperare che ci sia una via d'uscita."
Rimasero abbracciati, con la fronte appoggiata a quella dell'altro per un po', poi Beatrice disse: "Devo spiegare ad Ima perché lo hai colpito."
"Non capirebbe."
"Sì invece. È una donna, come potrebbe non capire? Tu hai picchiato Girolamo perché mi ha stuprata, è questo che ti ha fatto scattare."
"Bea, lei giudica il mondo in base alla morale che i suoi dei hanno stabilito. Riario fino al terremoto era un nemico da giustiziare, e un attimo dopo lo ha ritenuto un prescelto perché la terra ha tremato." rispose Zoroastro "Ormai quello che ha fatto prima della cerimonia non conta più nulla."
Beatrice dovette constatare che Zo aveva ragione.
La porta della cella si riapri, e il soldato fece cenno a Beatrice di uscire. Lei e Zo si scambiarono un ultimo bacio.
"Ti amo principessa." le bisbigliò mentre si staccavano, lei gli sorrise.
"Anch'io. Ti amo." 


Ima si sdraiò nel suo giaciglio composto da cuscini e coperte, aveva ingerito con lunghi sorsi l' ayawasca, la bevanda che le permetteva di contattare il mondo del divino.
Le avevano insegnato fin da piccola a usare e dosare quel preparato. La sacerdotessa in carica prima di lei le aveva detto che l'ayawasca era spesso chiamata "la corda dei morti", perché permetteva a chi la usava di accedere all'aldilà rimanendo però legato al mondo dei vivi, in modo tale da non perdersi tra gli spiriti.
Ima chiuse gli occhi ed attese che il sonno venisse a prenderla.
Quando li riaprì era in piedi, era il tempo dell'aurora, si rese conto di essere passata oltre, si guardò attorno e iniziò a camminare in attesa che gli spiriti le rivelassero la verità. 
Ci fu un lampo e fu notte, e a pochi metri da lei vide Zoroastro e Girolamo. Si fissavano negli occhi, l'odio tra i due era palpabile. Improvvisamente si scagliarono l'uno contro l'altro, i due uomini si trasformarono in un condor e in un giaguaro pronti a combattere. I due animali lottarono e si dilaniarono, nonostante le ferite continuavano ad affrontarsi, ma nessuno riusciva a prevalere, la loro forza era uguale. 
"Perché lottano?" chiese Ima.
Una voce alle sue spalle rispose: "Perché devono." Ima si voltò ma non c'era nessuno, capì che era il vento freddo della notte a parlarle "Perché devono capire chi è il più forte."
"Ma nessuno prevale." fece notare Ima.
La voce del vento rispose: "Forse perché entrambi sono protetti, e non possono soccombere."
Ima scosse la testa: "Io ho visto Pachamama proteggere Girolamo, sono sicura. Zoroastro da chi è protetto?"
Il vento si fece dolce, la avvolse e rispose: "Non lo sappiamo se lo è davvero...questo lo dovrai scoprire tu." 



Leonardo era seduto al tavolo, guardava la mappa di Leda.
Beatrice si sedette accanto a lui: "Cerchi di distrarti? Posso darti una mano?" chiese.
Lui le sorrise e le mise un braccio attorno alle spalle: "Non funziona purtroppo. Continuo a chiedermi perché Zo abbia attaccato Riario. Non che non avesse ragione, ma così, a freddo, non è da Zoroastro..."
Beatrice capì che non poteva più celare ciò che era accaduto: "Lo ha fatto per me." disse abbassando lo sguardo "La sera prima della nostra fuga Riario mi ha...mi ha violentata." 
"No..." mormorò Leonardo, sconvolto, provò un immenso disgusto per quel viscido conte "Maledetto...Perché non me lo hai detto Bea?"
"Ho preferito far calare l'oblio su questa cosa, solo pensarci mi ferisce ancora." guardò Leonardo con occhi lucidi "Zo lo sa, e immagino che sia scattato qualcosa in lui non appena ha visto Riario, ha voluto difendermi, come sempre."
Leo la abbracciò, le accarezzò la schiena: "Mi dispiace."
Beatrice sospirò, si staccò da lui, gli sorrise: "Io sto bene, davvero. Ora ho paura per Zo, non so cosa potrebbe succedere."
"I sogni di Ima sono la chiave di tutto, speriamo che le dicano di salvare il nostro amico." 
"Spero che i suoi spiriti le facciano capire che Zoroastro è nel giusto. Mi chiedo come abbia queste visioni." si chiese Beatrice.
"Immagino che utilizzi delle misture allucinogene, come facevano gli indovini e gli sciamani." ipotizzò Leonardo, si morse una guancia "Auguriamoci che faccia un bel sogno su Zoroastro. Altrimenti inventerò un piano di fuga, mi verrà in mente qualcosa." concluse con sicurezza, non avrebbe abbandonato il suo amico.
"Ragazzi!" Nico corse nella stanza "Sta arrivando Ima! Credo che abbia deciso, con lei ci sono Zo e Riario."


Il silenzio era calato nella stanza, tutti guardavano increduli la sacerdotessa. Ima aveva raccontato del suo sogno, e aveva spiegato ciò che aveva deciso.
"Aspetta, fammi capire." Leonardo si passò una mano tra i capelli "Zoroastro deve combattere?"
Ima annuì: "Sì." rispose come se fosse la cosa più ovvia.
"E se batto il mio avversario sono salvo?" chiese Zo piuttosto confuso.
"Sì." ripeté Ima "Vi ho visti lottare, e nonostante Girolamo sia protetto da Pachamama non ha prevalso su di te, questo equilibrio è inspiegabile. Dunque se vincerai il combattimento per me sarà chiaro che anche tu sei benvoluto dagli dei e sarai risparmiato nonostante l'offesa recata a Pachamama."
"Io non ho picchiato la tua dea, ma Girolamo." rispose Zoroastro nervoso.
"È uguale Zo..." mormorò Leonardo.
"No che non lo è!" esclamò Zo.
Beatrice intervenne: "Ima, se c'è equilibrio tra i due allora non dovrebbe essere assodato che anche Zoroastro è benvoluto?" azzardò.
La sacerdotessa scosse la testa: "Ho bisogno delle parole degli dei, Zoroastro combatterà, e dall'esito della lotta capirò il loro volere."
"Ma tu tempo fa hai sognato tutti e quattro, hai visto il nostro arrivo." insistette Leonardo, doveva esserci una scappatoia al ragionamento di Ima "Hai visto anche Zoroastro, anche lui è stato mandato dai Figli di Mitra..."
Ima scosse la testa: "Ma ho visto solo voi tre nella Volta. Solo di voi tre posso essere sicura."
Nico si innervosì, un passo falso e anche lui poteva essere in pericolo non essendo compreso nella visione della sacerdotessa.
Zo sospirò: "Lascia perdere Leo." capì che non c'era modo di schiodare Ima dalla sua assurda convinzione "Va bene. E con chi dovrò combattere?"
"Sceglierò un guerriero tra i miei più fidati soldati." rispose Ima.
"E se lo sfidassi io?" intervenne Girolamo, tutti lo guardarono "Insomma, credo che sarebbe più giusto se fossi io a lottare contro di lui."
"Neanche per sogno..." disse Leonardo. 
Ma Ima lo zittì: "D'accordo." dopotutto nella sua visione erano loro due a lottare, e la sacerdotessa stabilì che quella notte i due contendenti avrebbero combattuto nell'arena.
Leonardo allargò le braccia: "Fantastico..." mormorò.
"Non preoccuparti Leo." disse Zoroastro, guardò Girolamo "Sono sicuro di potercela fare."
Riario ridacchiò: "Illuso. Al massimo saprai fare a botte nei vicoli dietro alle taverne, ma qui si tratta di ben altro."
Zoroastro replicò: "Qui non hai le tue guardie a proteggerti Girolamo, ti conviene stare attento ."
A quel punto Ima ordinò il silenzio e che Zoroastro venisse ricondotto in cella fino all'ora del duello.
Una volta rimasti soli Riario guardò Beatrice compiaciuto: "È per te che è in questa situazione, lo sai, mi ha picchiato per vendicare la tua femminilità ferita."
Bea fece un passo verso di lui ringhiando ma Leonardo la bloccò.
"Non vorrai picchiarmi? Hai visto cosa succede a chi prova a farmi del male." scoppiò a ridere "Gli dei mi amano e mi sostengono a quanto pare."
"Sei un viscido bastardo, tu non dovresti nemmeno parlare di Dio." sibilò lei "E non sarai sempre così fortunato! Avrai quello che meriti, proprio come Mercuri."
"Ah sì? Credi che il tuo uomo possa battermi?" la guardò con sufficienza "Sappiamo benissimo che non è all'altezza. Lo squarterò prima che riesca a tentare un secondo fendente contro di me. E poi noi entreremo insieme nella Volta Celeste." disse e con un sorriso gelido uscì dalla stanza.


La sera era calata sulla città di pietra, i suoi abitanti si erano radunati nell'arena illuminata da grandi torce, anche Leonardo e gli altri furono condotti lì. I fiorentini erano affascinati dalla semplicità della sua architettura, era un campo rettangolare, sui lati lunghi c'erano delle gradinate in cui si erano già disposti i cittadini, su uno dei lati corti invece si trovava il palco riservato all'imperatore e ai sacerdoti. Quando Topa Inca e Ima fecero il loro ingresso tutti si inchinarono.
L'imperatore alzò le braccia e spiegò al popolo il perché di quell'evento, Ima tradusse le sue parole. Poi l'uomo si sedette sul suo trono, disse ad Ima di dare inizio al combattimento.
Girolamo e Zoroastro furono condotti nell'arena, furono fatti avvicinare al palco, da lì Ima diede loro istruzioni: "Non vi è permesso infliggere nessun colpo mortale, dovete solo neutralizzare l'avversario e bloccarlo a terra in modo che non possa più combattere. A quel punto spetta a Topa Inca a decidere la sorte dello sconfitto, se dovrà morire o se verrà risparmiato."
Girolamo e Zoroastro si guardarono, poi spostarono lo sguardo su Ima e annuirono. Poi si allontanarono per prendere le loro spade, la sacerdotessa aveva concesso che combattessero con esse.
"Ima..." chiese Beatrice "In base a cosa deciderà Topa Inca?"
"Gli dei guideranno la lotta, ma si manifesteranno davvero solo di fronte alla prossima morte dello sconfitto. Topa Inca ed io coglieremo questo volere." spiegò Ima.
Beatrice annuì, e pensò che gli dei alla fine non contavano niente, in pratica tutto si riduceva a questo, alla decisione di un imperatore e di una sacerdotessa. Tornò da Leonardo e Nico, si guardarono preoccupati.
"Ci può riuscire, Zo è scaltro, agile." disse Nico cercando di usare un tono convincente.
Leonardo sospirò: "Ma Riario è un soldato, è addestrato per la lotta. Ed è un bastardo scorretto."
"Zo non sarà da meno, vedrai, se deve giocare sporco per battere quello stronzo lo farà." rispose Nico, accarezzò la spalla di Beatrice "Io credo che lo batterà." le sorrise nervoso. Beatrice gli strinse la mano, riconoscente per quella premura.
La ragazza tenne gli occhi fissi su Zoroastro che aveva preso la sua spada e aspettava solo di poter iniziare a combattere. Anche lui alzò lo sguardo verso di lei, le sorrise e le strizzò l'occhio, Beatrice non poté non sorridere a sua volta, ma poi sospirò nervosa.
Leonardo mise un braccio attorno alle spalle delle sorella, non era solo per tranquillizzarla, gli serviva quel contatto, quel conforto, perché perdere Zoroastro sarebbe stato terribile anche per lui.
Ima ordinò ai duellanti di iniziare, e poi si sedette su un trono posto accanto a quello di Topa Inca.
Girolamo rivolse a Zoroastro un sorriso beffardo: "Possiamo anche finirla prima di iniziare. Perché non ti inginocchi e supplichi il perdono?"
Zoroastro rise nervoso: "Cosa c'è, hai paura?"
"Ah!" esclamò Girolamo, e si scagliò contro Zoroastro, che parò il colpo con la spada "Paura di chi? Di te?" ringhio per colpirlo di nuovo.
Le loro lame si incrociarono molte volte con violenza, i duellanti non si risparmiarono nel tentativo di prevalere. Girolamo colpì la lama di Zoroastro e spinse in basso, la tenne salda contro il terreno: "Non ti batti male per essere un lurido figlio dei mori..." lo provocò con il viso vicino al suo.
Zoroastro scosse la testa e gli sputò in faccia, e liberò la sua spada, fece qualche passo indietro: "È questa la tua tattica? Credi di innervosirmi?"
Girolamo si pulì il volto con la manica, rise amaro: "Sei una testa calda, non sarà così difficile farti arrabbiare..." lo aggredì di nuovo sferrando alcuni fendenti. La furia di Riario e la sua precisione fecero perdere l'equilibrio a Zoroastro, che quasi cadde, e il conte ne approfittò per afferrarlo per i capelli e tirarlo verso di sé. 
Beatrice sussultò, portandosi le mani al viso, Leonardo la strinse più forte.
Girolamo non colpì subito Zoroastro, anzi, con arroganza perse tempo per umiliarlo mentre lottavano corpo a corpo: "Dovevi sentirla la tua principessa quella notte, miagolava come una gatta in calore...non ne aveva mai abbastanza..." le parole si smorzarono quando Zo lo colpì con un pugno secco allo stomaco, non ebbe tempi di riprendere fiato che il rivale gli sferrò un secondo colpo. Girolamo dovette mollare la presa e piegato in due barcollò all'indietro, Zoroastro ne approfittò per colpirlo con la spada, ma il conte si scansò e la lama gli ferì il braccio.
"Sì!" mormorò Beatrice, le sfuggì un piccolo sorriso.
"Bastardo!" gridò Girolamo tenendosi la ferita.
Zoroastro ansimò per lo sforzo: "Invece di ferirmi con le parole usa la spada, stupido arrogante!" e si mosse verso Girolamo per colpirlo ancora, e ci riuscì, gli lacerò un fianco. Riario gridò e la spada gli cadde, finì ginocchia a terra, dando le spalle a Zoroastro.
Leonardo e Nico esultarono, Beatrice trattenne il respiro.
Zo lo guardò, gli tenne la spada vicino alla nuca, premette la lama sulla sua carne, guardò verso il palco, in attesa che Ima e Topa Inca dicessero qualcosa: "Spero mi dicano di ucciderti..."
Riario ridacchiò, strinse tra le dita la terra dell'arena: "Ma non lo farai..." si alzò di scatto, la lama lo ferì sulla schiena in modo superficiale, si voltò repentino e lanciò la terra in faccia a Zoroastro. Girolamo approfittò di quel momento in cui Zoroastro imprecava accecato dal suo trucchetto, gli sferrò due pugni al viso e altri allo stomaco, gli diede un calcio al ginocchio e Zo cadde schiena a terra dolorante.
"No!" dissero Beatrice e Leonardo all'unisono, Nico si mise le mani nei capelli.
Girolamo afferrò entrambe le spade e incrociò le lame a forbice attorno al collo di Zoroastro, premette con forza un piede contro l'inguine del rivale per impedire che potesse sferrare dei calci o alzarsi, sorrise freddo , poi guardò verso Ima, interrogativo.
"Nonono..."mormorò Beatrice, guardò Ima e Topa Inca. 
La sacerdotessa deglutì, a sua volta osservò l'imperatore, si consultarono. Quando ebbero finito Ima guardò Beatrice gli altri, era rattristata, scosse la testa: "Gli dei non hanno parlato in favore del vostro amico. Mi dispiace."
A Beatrice mancò il fiato, Leonardo e Nico erano immobili, scioccati.
Ima si rivolse a Girolamo: "Uccidi lo sconfitto."
Beatrice si lanciò verso di lei: "No! No! Ti prego Ima!"
Un soldato la bloccò ginocchia a terra davanti alla sacerdotessa, Ima gli disse di non farle male, che non era un pericolo, era solo sconvolta. Poi guardò Beatrice, sembrava che quella decisione le pesasse: "Vorrei poterlo salvare, ma non dipende da me."
Bea sentì un nodo alla gola, le lacrime iniziarono a rigarle il volto, la supplicò di nuovo: "Non uccidere Zoroastro...ti supplico, Ima..." lanciò uno sguardo all'arena, incontrò gli occhi di Zo, lui avrebbe voluto dirle qualcosa, ma Girolamo premette il piede contro il suo inguine facendolo urlare.
"Figlio di puttana!"
"Vuoi supplicarmi piccolo insignificante bastardo?" Riario sorrise compiaciuto "Coraggio, implorami di risparmiarti."
Zoroastro ringhiò: "Puoi andare a farti fottere..." e Riario in tutta risposta gli diede un calcio sul basso ventre.
"Sto decidendo se tagliarti la gola o se squartarti, secondo te cosa potrebbe essere più gradito agli dei?" lo prese in giro Riario con arroganza, si chinò leggermente per sussurrare "E una volta che sarai morto mi infilerò di nuovo tra le cosce della tua Beatrice..."
Zoroastro cercò di divincolarsi con un rantolo, Girolamo con una risata premette di nuovo il piede sul suo inguine e Zo imprecò con un grido di dolore.
"Ma prima" sospirò Riario "lascerò che ti guardi morire soffocato dal tuo stesso sangue." spostò una spada, ne appoggiò la punta contro l'esofago di Zoroastro. 
Beatrice avrebbe voluto correre da lui, ma il guerriero la teneva ferma, iniziò a tremare, poi notò un bagliore nel cielo e alzò lo sguardo. Erano stelle cadenti, bellissime e scintillanti precipitavano dal firmamento. Bea singhiozzò, in una notte di stelle cadenti aveva conosciuto Zoroastro, tutto era iniziato prendendo la sua mano sotto il cielo stellato, no, non poteva perderlo in una notte identica a quella, il destino non poteva deriderla in quel modo. Anche Ima, incuriosita, guardò in alto e vide le stelle cadenti e poi fissò di nuovo le lacrime di Beatrice.
La ragazza voleva gridare ad Ima l'ennesima supplica ma si rese conto che la sacerdotessa non l'avrebbe sentita, i suoi occhi neri erano come vuoti, inanimati.
Perché Ima non era più a Machu Pichu. Era finita in una terra lontana di molti anni prima. Era notte, si trovava in una radura, non molto lontano da lei c'erano due bambini e una bambina seduti su una grossa pietra, il loro visi erano rivolti al firmamento. Ima guardò a sua volta il cielo e le stelle iniziarono a cadere.  
"Guarda Zoroastro, è bellissimo!" esclamò la piccola Da Vinci prendendo la mano di Zoroastro bambino.
Ima la osservò: "Beatrice..." mormorò incuriosita.
La bambina si voltò verso di lei, i suoi occhi verdi erano inconfondibili, ma non stava guardando la sacerdotessa. Nascosta tra gli alberi c'era una figura vestita di bianco, una donna, che scappò via prima che Ima potesse vederle il viso. Beatrice fece spallucce e tornò a guardare il cielo.
A quel punto sentì un tuono, Ima sbattè le palpebre e si ridestò, era di nuovo nella città di pietra, Beatrice era ancora di fronte a lei in lacrime. Alzò di nuovo lo sguardo, le stelle scivolavano sul blu del cielo lasciando la loro scia luminosa, erano davvero bellissime. 
Alzò una mano e gridò a Girolamo di fermarsi.
Riario stava per affondare la spada nella gola di Zoroastro, ed entrambi, immobili, guardarono la sacerdotessa con stupore. Beatrice, Leonardo e Nico trattennero il fiato, non capivano le intenzioni di Ima.
La sacerdotessa si inginocchiò davanti a Beatrice, le prese il viso tra le mani e sorrise: "Tu piangi per il tuo amore, e Quilla, la dea della luna, da lassù piange con te." le accarezzò una guancia umida "Le stelle cadono sulle guance di Quilla come lacrime, tristi come le tue." disse Ima e si alzò, poi si rivolse a Topa Inca e al suo popolo. L'imperatore la ascoltò ed annuì, sorrise e fece cenno di approvare, la gente esultò e si inchinò quando lei ebbe finito.
Zoroastro e Girolamo, ancora immobili, la fissavano.
Ima finalmente spiegò anche a loro cosa fosse successo: "Quilla ha ascoltato le suppliche di Beatrice, si è commossa per la sua sofferenza, e ha parlato. Sarai risparmiato Zoroastro, poiché la dea della luna ha pianto le sue stelle al pensiero che tu potessi morire."
Beatrice sorrise, si portò una mano alla bocca per lo stupore, Leonardo e Nico si abbracciarono felici.
Girolamo la guardò stupita: "Che cosa stai dicendo?"
"Significa che devi togliermi la tua fottuta lama dalla gola." mormorò Zoroastro, e ridacchiò per il nervosismo e la contentezza.
Riario avrebbe voluto affondare la spada nel collo del suo rivale, ma sapeva di non poter andare contro il volere di Ima e dei suoi dei pagani. Ritrasse l'arma ed aiutò Zoroastro ad alzarsi: "Non finisce qui." bisbigliò trattenendolo per un braccio "Presto o tardi avrò il tuo sangue sulla mia lama."
"O io avrò il tuo sulla mia." sibilò Zo liberandosi dalla sua presa e allontanandosi da lui.
Beatrice si alzò e di istinto abbracciò Ima: "Grazie!" esclamò.
Ima era stupita da tanto affetto, ma ricambiò l'abbraccio: "Non è salvo grazie a me. Quilla mi ha mostrato le stelle che sono cadute su di voi quando eravate bambini in quella grande radura."
Bea si staccò confusa: "Cosa?" come poteva Ima sapere di quella notte? "Tu hai visto il nostro passato?"
"Vi ho visti. E so che Quilla vi aveva benedetti da allora." la sacerdotessa sorrise "Voi siete destinati a stare insieme."
Beatrice non potè fare altro che annuire a quella incredibile possibilità, ciò che importava era che Zoroastro fosse salvo.
Riario era ancora immobile e rabbioso nell'arena mentre Zoroastro era stato condotto nel retro del palco. Leonardo senza aspettare gli altri era corso da lui, lo aveva abbracciato forte.
"Piano, piano, sono ancora dolorante..." ridacchiò Zo, Leonardo lo interruppe premendo le sue labbra su quelle dell'amico, poi lo abbracciò di nuovo.
"Ho temuto il peggio Zo." esclamò.
Zoroastro sorrise per quella reazione e ricambiò l'abbraccio: "Ma questa cosa che mi baci quando sei felice...?" 
"Oh sta zitto!" mormorò Leonardo.
Nico accorse poco dopo, nemmeno lui si risparmiò con gli abbracci: "Io lo avevo detto da subito che ce l'avresti fatta! Sapevo che lo avresti battuto."
"Beh non lo ho proprio battuto." rise Zoroastro.
"Ma sei vivo, e questa è una sconfitta per il tuo nemico!" esclamò Nico.
Leonardo rise: "Abbiamo un fine filosofo qui con noi!"
Beatrice li raggiunse, con un sorriso si buttò tra le braccia di Zoroastro, lo baciò più volte sulla bocca, sulle guance: "Stai bene?" mormorò.
"Sì, sono solo un po' malridotto." la baciò teneramente e la strinse "Ve lo giuro, ho creduto davvero che sarei morto."
"Ma per fortuna gli dei hanno messo una buona parola per te." sorrise Beatrice.
"Non gli dei, tu." disse Zo guardandola "Hai convinto Ima, devi averla impietosita."
"Giusto, o forse ha solo capito che stava sbagliando." ipotizzò Leonardo.
Beatrice avrebbe voluto dir loro della visione di Ima, ma si limitò a sorridere: "Può darsi." rispose, e abbracciò di nuovo Zoroastro.





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Capitolo 18
*** Firenze, ignara. ***



Angolo dell'autrice:

In questo capitolo facciamo un enorme balzo geografico e torniamo in Italia, perché anche lì stanno accadendo molte cose importanti, avvenimenti che un giorno si intrecceranno con le avventure dei nostri eroi. E non solo, verrà introdotto un nuovo personaggio...
Buona lettura!
VerdeIrlanda 




Clarice sospirò accarezzandosi il pancione: "Smettila di fare la trottola." ridacchiò, il bambino che cresceva dentro il suo ventre si faceva sentire muovendosi e tirando piccoli calci. Clarice aveva affrontato diverse gravidanze, eppure quella sensazione era sempre emozionante.
"Credo che sarà un maschietto." disse sicura.
Lorenzo le sorrise: "Sarebbe meraviglioso." le porse una tazza di tisana contro le nausee.
Clarice ne bevve un sorso, e inevitabilmente pensò a Beatrice: "Credi che Da Vinci tornerà dalla sua ricerca?"
"Lo spero." rispose Lorenzo "Ciò che stanno cercando è molto prezioso."
Clarice annuì, anche se suo marito non le aveva mai spiegato cosa Leonardo e gli altri stessero davvero cercando, ma era evidente che quella missione era davvero delicata ed importante.
Bussarono alla porta, un valletto entrò annunciando che c'erano visite. Quando Lorenzo sentì il nome dell'ospite strabuzzò gli occhi ed uscì dagli appartamenti della moglie e scese le scale per scendere nell'atrio.
Ad aspettarlo c'era un uomo, osservava con interesse un dipinto appeso al muro.
Appena sentì i passo di Lorenzo si voltò e gli sorrise: "Lorenzo! Quanto tempo è passato." e andò ad abbracciarlo.
Lorenzo si sforzò e sorrise di rimando: "È da tanto che manchi da Firenze Carlo."
"Lo so, ma sono stato via per nobili scopi. Sono tornato appena ho saputo di Giuliano. È sconvolgente ciò che è accaduto."
Lorenzo abbassò lo sguardo, triste: "Mio fratello ci manca terribilmente. E sei qui solo per porgere le tue condoglianze?" 
Carlo scosse la testa: "In verità vorrei fermarmi a Firenze per qualche settimana, e contavo sulla tua ospitalità." 
"Questa è anche casa tua in un certo senso." rispose Lorenzo facendogli strada "Puoi rimanere quanto vuoi. Vieni, ti presento mia moglie."
Lorenzo accompagnò Carlo, in realtà non era molto lieto nel vedere uno dei figli illegittimi di suo nonno Cosimo. Forse perché Carlo era molto più grande di lui e per questo non avevano passato molto tempo insieme, o forse reagiva così perché ricordava il modo distaccato in cui suo nonno lo trattava, Cosimo non era mai stato molto affettuoso con Carlo.
Mentre attraversavano il lungo corridoio incrociarono Clarice, era uscita dai suoi appartamenti curiosa di sapere chi fosse l'ospite inatteso.
Lorenzo fece le presentazioni: "Clarice, ti presento Carlo de Medici."
La donna sorrise e porse la mano all'uomo di fronte a lei, lo osservò con attenzione. Era alto, era più vecchio di loro ma era comunque un uomo molto affascinante, dimostrava meno degli anni che aveva. Il suo viso era ben rasato, i capelli corti e crespi, la pelle scura quasi mulatta. Sapeva ben poco di lui, si raccontava che Cosimo lo aveva avuto da una schiava dalla pelle nera e che ancora giovane avesse iniziato a viaggiare per dedicarsi all'attività missionaria.
"È piacere conoscerVi Clarice." disse lui baciandole la mano "E congratulazioni." sorrise guardandole la pancia.
"Grazie Carlo. Il piacere è mio. Cosa Vi porta a Firenze?"
"Ho viaggiato a lungo, avevo nostalgia di casa." le rispose Carlo con un sorriso.
"Sarete nostro ospite per tutto il tempo che vorrete." disse lei con un sorriso "Dico subito alle cameriere di prepararti una stanza."
Carlo fece un piccolo inchino riconoscente e Clarice si congedò.
Rimasti soli il mulatto si girò verso Lorenzo: "C'è un altro motivo ore cui sono qui, e spero di poter contare sul tuo aiuto."
Il Magnifico lo osservò guardingo: "Hai bisogno di soldi?"
"No, si tratta di una questione molto più importante di qualsiasi somma di denaro." rispose Carlo "Ma è meglio non parlarne qui, c'è un posto lontano da orecchi indiscreti?"
Lorenzo annuì e lo condusse nel suo studio.
Una volta chiusa la porta chiese: "Carlo, di cosa si tratta?"
"Non è facile da spiegare. Riguarda mio padre Cosimo." si appoggiò alla scrivania "Vedi Lorenzo, Cosimo era membro di una setta segreta chiamata i Figli di Mitra."
Lorenzo annuì, lo interruppe: "Lo so, mio nonno me ne ha parlato in punto di morte."
Carlo si finse stupito: "Non credevo lo avesse raccontato a qualcuno." rispose, in realtà sapeva benissimo che suo padre aveva informato Lorenzo, come sapeva che il Magnifico aveva finanziato Leonardo Da Vinci per trovare il Libro delle Lamine, fingersi all'oscuro di tutto era parte del suo piano.
"Ad ogni modo sono lieto che tu sappia già tutto, è più facile per me metterti al corrente di alcuni problemi."
"Ti ascolto." 
"Il conte Girolamo Riario, lo conosci purtroppo, è sulle tracce della nostra più preziosa reliquia, il Libro delle Lamine. Per mesi ha tenuto sotto scacco quell'artista e inventore, Da Vinci, affinché il suo genio lo aiutasse nell'impresa."
A quelle parole Lorenzo comprese la necessità di Leonardo di imbarcarsi il prima possibile, doveva fuggire da Riario e precederlo bella ricerca. Si rimproverò per non aver capito che il conte stava tormentando lui e la sua famiglia. 
Carlo continuò: "Se il Libro dovesse cadere in mani sbagliate sarebbe una tragedia."
Lorenzo annuì: "Lo immagino. Ma devi sapere che io stesso ho finanziato una spedizione, Leonardo Da Vinci è partito alla ricerca del Libro."
Carlo finse di nuovo di non sapere: "Davvero? Beh, è un sollievo saperlo! Forse c'è speranza per noi. Vedi Lorenzo, ormai i Figli di Mitra sono decimati, i nostri nemici hanno cercato in tutti i modi di sconfiggerci. Ma se Da Vinci salverà il Libro il nostro sforzo non sarà vano."
"Hai detto di aver bisogno del mio aiuto, cosa posso fare?"
"Ti avrei chiesto appoggio per una spedizione, ma visto che essa è già in atto ti chiedo solo di ospitarmi fino a che Da Vinci non sarà tornato. Quando sarà qui con il Libro io lo guiderò, gli spiegherò cosa fare con la reliquia, insieme a lui la porterò al sicuro." disse Carlo sorridendo.
Lorenzo annuì, gli garantì il suo appoggio: "Ti aiuterò, in onore di Cosimo."
Carlo sorrise, soddisfatto di aver ingannato il nipote.


Antea attendeva Carlo in una locanda di infima categoria alla periferia della città.
Il posto era lurido e frequentato da individui poco raccomandabili, ma lì sarebbero stati lontani da occhi indiscreti.
"Sei in ritardo." commentò guardandolo sedersi di fronte a lei.
"Lo sono per una buona ragione." rispose lui calmo "Mio nipote Lorenzo ha accettato di ospitarmi. Gli ho fatto credere che aiuterò Da Vinci una volta che sarà tornato col Libro."
Antea sorrise: "Non credevo che Lorenzo si sarebbe fidato così facilmente."
"In verità non si fida di me, non abbiamo mai legato molto, credo che lo faccia per una sorta di devozione verso la memoria di Cosimo, crede che io sia ancora un Figlio di Mitra come lui." rispose Carlo.
Antea lo osservò, curiosa: "Posso chiederti perché hai tradito la setta di tuo padre?"
"Potrei farti ma stessa domanda." sorrise lui.
"Tu lo sai cosa mi ha spinta. Ma tu rimani un mistero per me." disse Antea.
"Un giorno ti racconterò tutto della mia vita, ma per ora ti basti sapere che come te mi sono sentito prigioniero in una gabbia che la mia famiglia aveva costruito per me, e ho ritenuto giusto ribellarmi."
Antea sospirò: "Posso capire cosa intendi." 
L'uomo le sorrise: "Ma veniamo a te. Come ho detto io posso aiutarti, ti ho già promesso che quando avrò recuperato il Libro a Da Vinci potrai leggerlo, e intendo mantenere il mio proposito."
"Significa molto per me. Anche Lupo me lo ha promesso..." deglutì ripensando a come lui l'aveva umiliata.
"Non credo che Riario riuscirà nel suo intento." rispose Carlo "Conosco i racconti di chi ci è già stato, il luogo dove stanno andando può essere molto ostile. I Da Vinci invece hanno più possibilità, sono più furbi e possono risolvere i trabocchetti lasciati dai miei antenati."
Antea annuì, anche lei aveva sentito delle storie su quel luogo lontano: "Ad ogni modo, Libro a parte, ti chiedo solo di aiutarmi nel realizzare la mia vendetta."
"Lo farò, anche perché sono sicuro che la tua vendetta sarà utile per noi." Carlo sorrise compiaciuto.
Antea avrebbe voluto chiedergli chi fossero quel "noi" che Carlo usava così spesso, ma sapeva che non avrebbe ottenuto risposta, non ancora almeno. 
L'uomo chiese: "Chi vuoi colpire?"
Antea sospirò: "Lupo. Lui voglio ucciderlo non appena sarà tornato."
"Una donna ferita nel suo orgoglio può essere molto pericolosa." commentò Carlo.
Antea lo guardò con occhi scintillanti: "Gli ho concesso il mio amore, il mio corpo e lui li ne ha usufruito a suo piacimento. Mi ha usata solo per rimpiazzare mia sorella e poi mi ha respinta per colpa di questa cicatrice, come se fossi diventata all'improvviso merce avariata. E non sarebbe mai successo se Beatrice non mi avesse sfigurata. Per colpa sua ho perso Lupo e non solo, nessun'altro uomo mi vorrà mai." rispose a denti stretti "E per questo lei soffrirà più di tutti e più a lungo. E nel  punire lei mi libererò anche degli altri." sorrise "Lei mi ha portato via ogni cosa, e io farò lo stesso con lei. "
Carlo bevve un sorso di vino, il suo sguardo era colmo di soddisfazione: Antea si stava rivelando una meravigliosa risorsa.
"Ti aiuterò a predisporre tutto. E intanto che farai?" 
Antea lo guardò e sorrise: "Ho in mente un progetto, aspetterò paziente nell'ombra che si presenti l'occasione giusta per metterlo in atto."


"Lorenzo, calmati." disse Clarice.
"Come posso rimanere calmo? Sono stato scomunicato e la città è stata interdetta! Lo sai che significa?" Lorenzo la guardò disperato "Firenze è sull'orlo del baratro..." mormorò.
Il Papa Sisto IV aveva deciso di usare le sue armi più potenti, la scomunica e l'interdizione papale, contro Lorenzo de Medici e Firenze.
"A causa della scomunica Vi sarà impossibile amministrare liberamente Firenze e la banca della Vostra famiglia." commentò Piero Da Vinci "Potremmo perdere molti investitori, per non parlare degli alleati politici."
"E quindi cosa possiamo fare?" chiese Clarice "Ci deve essere una scappatoia."
Lorenzo riflettè: "Io non posso gestire la banca dei Medici, solo Giuliano avrebbe potuto sostituirmi." 
"C'è anche un altro problema..." tentennò Piero.
"Cosa?" sospirò Lorenzo.
"Voci certe dicono che Sisto ha stretto alleanza con Ferdinando I di Napoli e la repubblica di Siena, pare che le truppe napoletane siano in marcia verso Firenze per assediarla."
Clarice guardò spaventata il marito: "Ci stanno muovendo guerra?"
"Non disperiamo, sono certo che lo scontro si potrà evitare. Datemi tempo e troverò una soluzione." rispose Lorenzo. 
Quella notte il Magnifico si tormentò sulle scelte difficile che doveva prendere, l'alba e sua moglie lo trovarono addormentato su un divanetto dello studio.
Clarice si sedette accanto a lui, gli accarezzò il viso, Lorenzo si destò.
"Hai dormito qui." disse lei con tono dolce, leggermente di rimprovero.
Lorenzo le sorrise e si mise seduto, le baciò una guancia: "Ho pensato a lungo alla nostra situazione. E ho capito che dobbiamo trovare nuovi alleati, qualcuno che sia abbastanza potente da non temere una ritorsione del Santo Padre."
"Ed esiste qualcuno così coraggioso?" mormorò lei.
Lorenzo annuì, guardò Clarice, le prese una mano: "Sì, tesoro mio. A breve partirò per Napoli, parlerò con il re Ferdinando."
"Ma lui si è alleato con il Papa!"
"Sì, ma io posso offrirgli un accordo economico che Roma non potrebbe mai sostenere." spiegò Lorenzo "Ferdinando è un uomo intelligente, capirà subito da che parte stare."
Clarice annuì anche se era titubante: "Il tuo giudizio non ci ha mai traditi. E chi si occuperà di Firenze in nostra assenza?"
Lorenzo la baciò teneramente: "Nessuno saprà che sono partito a parte tu, Dragonetti e Piero Da Vinci, io starò via il tempo necessario per siglare un accordo con Ferdinando. Faremo credere a tutti, compresi i membri del consiglio della banca e gli investitori, che io sia vittima di una malattia che mi impedirà di lasciare il letto. Nessuno potrà accedere alle mie stanze eccetto poche persone fidate. E ogni decisione in mia assenza sarà presa da te in accordo con Piero."
"È rischioso, ma può funzionare." rispose Clarice.
Deve funzionare, o Firenze sarà perduta, pensò Lorenzo, ma non lo disse per non turbare la moglie, si limitò a sorriderle con calore.


"Un principio di gotta, Voi dite?" le chiese incredulo Gentilini.
"Non ne siamo sicuri, ma il medico ha consigliato riposo assoluto, e molta tranquillità." disse Clarice.
"Dopo tutto" commentò Dragonetti "il padre di Lorenzo, Piero, era soprannominato il gottoso perché affetto da tale malattia, potrebbe averla trasmessa al figlio."
"Non sarà invece che Vostro marito preferisce non farsi vedere dopo la scomunica?" azzardò con sarcasmo Uderzi.
"Come Vi permettete!" sbottò la Orsini "Sapete meglio di me che Lorenzo è un guerriero, non si nasconderebbe mai, anzi! Se non fosse immobilizzato a letto per colpa di questa terribile malattia verrebbe qui e Vi risponderebbe a tono." 
Il cipiglio sicuro di Clarice zittì per sempre ogni domanda sulle condizioni del Magnifico. Il consiglio credette alla storia inventata da Lorenzo, il quale era già partito per Napoli nella speranza di convincere re Ferdinando I, detto Ferrante, ad allearsi con Firenze.
"Durante la sua convalescenza" continuò Piero Da Vinci "io farò da tramite per le comunicazioni urgenti al Magnifico, e madonna Clarice si esprimerà a nome suo in consiglio." 
Quest'ultima affermazione provocò molti mormorii di disapprovazione, ma nessuno osò opporsi al volere di Lorenzo de Medici.
Rimasti soli Piero Da Vinci espresse i suoi timori a Clarice e Dragonetti.
"Quanto potrà durare questa menzogna?" chiese "Non riusciremo ad  ingannarli a lungo."
"Mio marito cercherà di essere celere, ma queste cose richiedono tempo."
"Se il consiglio dovesse scoprirlo saranno guai..."
"Cerchiamo di essere ottimisti Da Vinci." intervenne Dragonetti "Agiamo con cautela e discrezione, nessuno se ne accorgerà."


L'uomo si tormentava il polso, lo faceva sempre quando era nervoso. 
Accarezzava con fermezza il tatuaggio blu sbiadito che gli marchiava la pelle, le dita percorrevano le linee di quel disegno, un rombo che racchiudeva un cerchio, e sfioravano i piccoli ricami che lo abbellivano.
Era il simbolo della sua famiglia, ma non ne parlava spesso, perché ormai la sua famiglia non esisteva più, erano tutti morti. Scacciò i brutti pensieri che lo tormentavano e proseguì il suo cammino, Carlo de Medici e Antea lo attendevano in una taverna poco distante dalla mura, raggiunse la sua destinazione e vi entrò. Li vide seduti a un tavolo e si sedette di fronte a loro.
"Che notizie mi porti?" gli chiese il mulatto senza tanti convenevoli.
Antea osservò il nuovo arrivato, era un bell'uomo, alto e con i capelli neri, gli sorrise: "Non ci lasci nemmeno presentare Carlo?"
"Io sono Armen. E conosco il tuo nome Antea, la tua storia mi è nota." disse con un flebile sorriso.
"Dunque?" chiese Carlo un po' impaziente.
Armen lo guardò: "A noi interessa Da Vinci, l'artista. Antea può fare quello che vuole degli altri, così abbiamo deciso." 
La donna sorrise compiaciuta e sorseggiò il suo vino.
"Molto bene." rispose Carlo.
"Inoltre ci serve del denaro." continuò l'altro.
"Non sarà un problema ottenerlo." fece spallucce il Medici, poi guardò l'uomo in piedi accanto a lui, lo conosceva da anni "Qualcosa ti preoccupa, non è vero Armen?"
Il suo interlocutore si grattò l'incolta barba nera: "Spero che non accadano imprevisti, abbiamo già fallito in passato." 
Carlo sorrise: "Adesso è diverso. La situazione sta volgendo a nostro vantaggio finalmente, presto potremo disporre del Libro delle Lamine."
"E io potrò sfogliare quelle pagine, lo avete promesso." precisò Antea.
"Questo è certo." rispose Armen.
"E posso chiedere a cosa vi serve il Libro?" la donna li guardò intensamente "Come intendete usarlo?"
"Noi non lo useremo Antea, i Nemici dell'Uomo non sono così arroganti da credere di poter disporre di tale conoscenza." rispose Armen, Carlo lo guardò con rimprovero per quella affermazione sulle loro intenzioni. 
Ma per sua fortuna Antea non comprese il significato di quella risposta: "Immagino lo nasconderete di nuovo." e bevve ancora. 
Carlo si limitò ad annuire: "Ora devo andare. Ci rivedremo presto Antea. Armen, mi raccomando, tieniti pronto." disse, e si dileguò tra la gente che affollava la taverna.
Armen prese il boccale lasciato da Carlo e bevve un sorso di birra: "Dunque Antea, Carlo mi ha detto che vuoi vendicarti di tua nipote Beatrice. Sai già come fare?"
"Voglio farla soffrire." rispose cupa Antea.
"Pensi di renderle il favore?" indicò la cicatrice sul viso di lei.
Antea scosse la testa e strinse forte un pugno: "Oh no. Io le riserverò il peggio che si possa subire, spezzerò la sua anima in modi che nemmeno ti immagini."
Armen era stupito da tanta cattiveria: "Ma perché la odi tanto? Ti ha sfigurata, certo è un buon motivo per volere vendetta, ma devi ammettere che lo ha fatto perché tu la stavi aggredendo. E so che sei stata crudele con lei a cura prima che ti conficcasse quell'amore nella guancia. Cosa ti muove in realtà?"
La donna fece una smorfia: "Beatrice è la radice di ogni mia sventura, esattamente come lo era sua madre."
"Non capisco..."
"Non devi capire. Sono affari miei." rispose secca Antea, e Armen comprese che c'era molto di più, c'era qualcosa che la donna stava cercando di occultare. Ma non la giudicò per questo, dopotutto anche lui aveva i suoi segreti.
Dopo un lungo silenzio la donna guardò l'uomo che aveva di fronte: "Tu mi ricordi qualcuno."
Armen scosse la testa: "Ne dubito. O forse ho solo un viso comune."
Antea rispose: "Non lo definirei comune. Ci siamo già incontrati?"
"No, improbabile."
La donna riflettè: "Sai, c'è qualcosa nel tuo viso, e nei tuoi occhi. Li ho già visti."
Armen si alterò leggermente: "Non ti ricordo nessuno Antea, credimi." e ricominciò a grattare la pelle tatuata.
La donna notò quel guizzo nei suoi occhi e scorse il tatuaggio, ridacchiò, ricordava dove aveva visto entrambi: "Ho già visto quel disegno sulla pelle di qualcuno, su un dito."
Armen tirò su col naso, nervoso: "Impossibile. Coloro che avevano questo tatuaggio erano miei famigliari, e sono tutti morti."
Antea si umettò le labbra, aveva capito: "No, non tutti, vero?" si sporse leggermente in avanti sul tavolo "Carlo lo sa? O non ha idea che tu..."
L'uomo con una mossa rapida afferrò i lacci del corsetto di Antea e tirò la donna verso di sé: "Senti puttana, non parlare di cose che non ti riguardano, altrimenti finisco il lavoro iniziato da tua nipote." disse soffiando come un gatto infuriato. 
Antea spaventata da quella furia annuì, e Armen lasciò la presa, si alzò e se ne andò dalla taverna, preoccupato dal fatto che la donna avesse intuito un suo segreto. In tutti quegli anni nessuno lo aveva scoperto, ma forse, si disse, certe cose non possono rimanere celate in eterno.

   
Clarice guardò nervosa Uderzi: "Volete ripetere?"
"Non possiamo affidare certe responsabilità a una donna, per quanto nobile quanto Voi." ripetè l'uomo accarezzando la stoffa rossa del suo panciotto "Una madonna non può gestire una banca."
"Vi ricordo che Clarice non comanderà né prenderà decisioni, questo sarà compito di Lorenzo e lei ve le riferirà." rispose Da Vinci.
"Ma se il Magnifico è indisposto di certo non sarà in grado di giudicare con chiarezza e lucidità." sorrise compiaciuto Uderzi "Forse dovremmo indire una votazione e nominare un nuovo..."
"Non sarà necessario." Carlo de Medici fece il suo ingresso nella stanza "Non credo ci abbiano mai presentati." porse la mano a Uderzi e Clarice fece le dovute presentazioni.
"Ho sentito molto parlare di Voi...Ad ogni modo, questa è una riunione privata..."
"In cui cercate di spodestare i Medici a quanto pare." rispose sicuro Carlo.
"Ho solo fatto notare che una donna, oltretutto in stato interessante, non può certo deliberare, anche se in vece del marito." ribadì Uderzi.
"Infatti non lo farà." rispose calmo il Medici, e Clarice e Piero si scambiarono un'occhiata stupita "Mio nipote Lorenzo ha incaricato il sottoscritto di prendere il suo posto finché non si sarà ristabilito. Me lo ha comunicato poco fa, ero venuto per dirlo a Clarice, e ho sentito il vostro colloquio. Dunque è tutto chiarito no? Ora il consiglio può dormire sonni tranquilli, c'è un uomo al comando."
Uderzi avrebbe voluto controbattere, ma non aveva più appigli per far rimuovere i Medici dal consiglio, si limitò a sorridere e si congedò.
Clarice si rivolse a Carlo: "Non capisco, cosa state facendo..." 
"Lorenzo mi ha informato della sua partenza, mi ha chiesto di essere vigile e di aiutarVi se necessario. E quando ho capito le intenzioni di Uderzi ho agito...forse ho esagerato..."
"No, siete stato provvidenziale." gli sorrise Clarice "Grazie. Da tempo Uderzi cerca di appropriarsi dei nostri investimenti, Voi gli avete impedito di approfittare di questa situazione."
Piero intervenne: "Preparo subito dei documenti che attestino questa nomina, così non ci saranno obiezioni." sorrise e si sedette alla scrivania.
Carlo sorrise: "Lieto di essere utile alla mia città. Non preoccupateVi Clarice." le prese amorevolmente la mano e la strinse "Firenze sarà al sicuro."
La donna ricambiò il sorriso e si rilassò, ignara del fatto che Carlo le aveva mentito. Lorenzo non gli aveva detto della sua partenza, Carlo lo aveva spiato e scoperto il suo progetto per salvare la città. E adesso, con il nipote lontano, poteva mettere in atto il suo piano.




Precisazione dell'autrice: 

Nella serie tv Carlo de Medici è rappresentato come un uomo giovane, quasi coetaneo di Lorenzo. Storicamente invece Carlo era più vecchio di Lorenzo di ben 21 anni!
Credo che la serie abbia sorvolato su questo aspetto, non fa riferimento alla sua età, anche se, dato che Carlo è andato con Caterina in Perù molti anni prima è evidente che non può essere giovanissimo.
Ad ogni modo sappiamo che Da Vinci's demons è un fantasy storico e a me va bene così, può anche sorvolare su certi aspetti. :)
Io invece sono una inguaribile e pignola spacca balle, quindi ci tenevo a inserire nella mia storia l'elemento storico preciso, per quanto mi è possibile ovviamente. ^^ 
E proprio per questo motivo ho voluto inserire anche la scomunica e l'interdizione papali di Sisto IV e il viaggio di Lorenzo alla corte napoletana.
È anche dato storico la permanenza di Clarice e delle bambine a Pistoia dopo la congiura affinché fossero protette da possibili ritorsioni, ma in questo caso ho preferito far rimanere la Orsini e prole a Firenze ancora per un po'.  
Ci rivediamo presto a Machu Picchu! ;)
Ancora baci! 
VerdeIrlanda 


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Capitolo 19
*** La Volta Celeste, parte prima, un ingresso fortunato. ***


Angolo dell'autrice: 
Non mi stancherò mai di ringraziare le meravigliose autrici che recensiscono ogni capitolo con affetto! Sono davvero felice che la mia storia vi piaccia.
E grazie a chi legge silenziosamente. ^^
Detto ciò, veniamo alla storia.
Finalmente entreremo nella Volta Celeste, e per esplorarla tutta ci vorranno alcuni capitoli. La mia intenzione è evitare di scrivere un capitolo troppo lungo e dispersivo, credo sia più pratico per chi legge frammentare la vicenda.
Precisazione finita, vi lascio alla lettura. :)
Baci!
VerdeIrlanda 
 
 
Parte prima.
 
Zoroastro si appoggiò su un gomito e guardò Beatrice negli occhi, le baciò la punta del naso. Lei gli sorrise, serena.
Il duello con Riario era ormai un eco che si affievoliva ora dopo ora, il suo Zo era lì con lei, sano e salvo.
Tornati nella loro stanza Beatrice non aveva esitato un secondo nel prendere tra le mani il viso di Zoroastro per baciarlo con passione disperata, passando le mani tra i suoi riccioli neri, spingendolo verso il letto. Pochi istanti prima aveva creduto di perderlo, aveva bisogno di averlo, di amarlo, di farsi amare. Zo l'aveva baciata a sua volta e aveva scherzato sul fatto che era tutto sporco di terra e sudore, ma lei spogliandolo aveva mormorato che non importava, e avevano fatto l'amore fino a rimanere senza fiato.
Stanca ma felice, Beatrice guardò Zoroastro e scostò con le dita alcuni riccioli che gli si erano appiccicati alla fronte imperlata di sudore, poi le sfuggì una risata infantile e gli scompigliò i capelli, Zo rise e tornò sopra di lei, abbracciandola, nascondendo il viso tra le piaghe del collo di lei, baciò la sua pelle umida, poi sospirò e appoggiò la testa sul seno di lei, chiuse gli occhi.
Beatrice iniziò ad accarezzargli i riccioli e il viso, anche le sue palpebre si chiusero.
"Ho davvero creduto che ti avrei perso oggi." mormorò Beatrice.
"È per questo che hai fatto l'amore in modo così appassionato, senza nemmeno darmi il tempo di farmi un bagno?" la prese in giro lui.
Beatrice sospirò e rispose: "Sì. E comunque credo di averti visto conciato peggio di così..."
"Sei un'impertinente!" rise lui e le diede dei pizzichi delicati sul fianco.
Beatrice sussultò e ridacchiò per il solletico: "Va bene va bene, scusa!"
Dopo un po' Zoroastro si sollevò di nuovo sui gomiti e la guardò, la baciò: "È merito tuo sai."
"Il fatto che tu sia così soddisfatto? Lo so..." scherzò Beatrice.
"Ma smettila!" esclamò lui pizzicandola di nuovo con dolcezza "È merito tuo se sono vivo. Hai convinto Ima a graziarmi."
Beatrice rise e poi gli prese il viso tra le mani, lo baciò: "È merito delle stelle, ci proteggono da quando ci siamo conosciuti."
"E questa teoria da dove è uscita?" 
Bea gli raccontò che Ima aveva avuto una visione del loro primo incontro, e Zoroastro rimase basito: "...per questo ti ha salvato, ha visto quella notte, era lì, nella radura." 
"Sicura di non averle raccontato del nostro primo incontro?" mormorò Zoroastro sdraiandosi accanto a lei "Forse glielo hai detto e lei ha usato questa informazione per aiutarci."
"No, non le ho mai raccontato di quella notte." rispose Beatrice "Zo, l'ho vista, per qualche istante sembrava che non fosse lì con noi, era assente, gli occhi vacui e il corpo rigido...ha avuto davvero una visione. Io credevo che i suoi sogni fossero indotti da misture allucinogene, ma ora sono convinta che lei riesca a vedere oltre il nostro mondo, ha davvero un dono."
Zoroastro la guardò: "Tutto questo è pazzesco, ma dopotutto dovremmo essere abituati a queste follie..."
Beatrice sorrise: "Non vedi il lato positivo."
"Che sarebbe?"
Beatrice si spostò sopra di lui, gli baciò le labbra e lo guardò negli occhi: "Che noi siamo legati da qualcosa di così profondo che trascende il tempo e lo spazio. Che nonostante tutto ciò che può accadere io e te staremo insieme, perché lo vogliono le stelle." 
 
 
Dopo una settimana Ima non aveva ancora acconsentito l'accesso alla Volta Celeste, e questo rendeva Leonardo sempre più nervoso, come se avesse un disperato bisogno di esprimere il suo genio. Beatrice era molto preoccupata per il fratello, lo conosceva e quando iniziava ad agitarsi così era pericoloso, sopratutto per se stesso, come un pazzo dormiente pronto ad esplodere. 
"Lo sai cosa succede quando mio fratello fa così." bisbigliò a Zoroastro mentre entrambi guardavano Leonardo intento a studiare la mappa di Leda, le dita dell'artista si muovevano in modo vorticoso "Si immerge totalmente nel suo obiettivo e diventa ossessivo, tutto ciò che conta è riuscire nell'impresa, e se non ci riesce..."
"Lo so." disse Zoroastro scuotendo la testa "E credo che il Libro delle Lamine lo abbia davvero rapito, è così da quando Antea gli ha raccontato dei Figli di Mitra."
"Dobbiamo tenerlo d'occhio Zo, sai come diventa Leonardo quando lavora a un progetto, tende ad estraniarsi e non il suo genio lo porta a non curarsi di se stesso."
"E degli altri." mormorò Zoroastro, Beatrice lo guardò interrogativa.
"Andiamo Bea, lo sai che è così. Voglio bene a Leonardo, ma quando fa così non esiste altro se non il suo obiettivo. Dobbiamo tenere gli occhi aperti per il suo bene, ma anche per il nostro." rispose lui, e Beatrice non poté fare altro che annuire, purtroppo Zoroastro aveva ragione.
Beatrice si sedette accanto a Leonardo, cercò di richiamare la sua attenzione ma lui continuò a tamburellare le dita sulla pergamena.
"Leo." ripetè toccandogli un braccio, e Leonardo si voltò verso di lei sorpreso, non si accorto della sua presenza.
"Che c'è?" chiese brusco.
"Ti volevo dire una cosa, credo possa essere importante."
Nico e Zoroastro si sedettero con loro, allora Beatrice raccontò di Ima e della sua visione del passato.
Leonardo ne fu entusiasta: "Quindi c'è un senso più ampio in tutto questo! Ah ah!" esclamò sorridente.
Nico fu meno contento di questa rivelazione, ricordava che Ima in una visione aveva visto entrare nell'ultima stanza della Volta solo Leo, Bea e il conte, e ora che conosceva le reali capacità sensitive della sacerdotessa era preoccupato, si chiese se questo significasse che a lui e a Zoroastro sarebbe successo qualcosa di terribile durante il percorso, ma non rivelò le sue preoccupazioni.
"Inoltre Ima ha aggiunto un dettaglio ieri, quando sono andata a chiederle della Volta. Mi ha chiesto chi fosse la donna vestita di bianco che ci osservava attraverso gli alberi, io sono caduta dalle nuvole, non ricordo di aver visto nessuno." continuò Beatrice "Ma Ima ha detto che io mi sono addirittura girata per guardarla."
"Forse era tua madre, ha detto a Zoroastro di essere tornata a Firenze alcune volte per vederti." disse Nico.
"È strano che non me ne ricordi..."
"Era buio, forse non l'hai davvero vista." concluse Zoroastro.
"Un problema alla volta, ci occuperemo anche di questa donna misteriosa, ma per ora dobbiamo concentrarci sul Libro delle Lamine." rispose Leonardo e indicò la mappa di Leda "Ragioniamo su questa."
Beatrice e Zoroastro si lanciarono uno sguardo eloquente, fu la ragazza a parlare: "Leo, non farti trascinare da questa ricerca, cerca di rimanere con i piedi per terra, devi essere lucido."
Leonardo mugugnò qualcosa e poi tornò a studiare la pergamena.
"Sono seria Leonardo, devi..."
"Oddio Bea stai tranquilla!" sbuffò Leo "Andrà tutto bene, fidatevi di me."
La ragazza sospirò, pregando che il fratello avesse ragione, ma una voce nella testa le diceva di stare in guardia.
 
 
Passarono diversi giorni prima che Ima facesse il grande annuncio, finalmente li avrebbe condotti alla Volta Celeste. Aveva fatto un sogno, gli dei erano finalmente quieti ed acconsentivano al loro ingresso.
Convocò gli stranieri al tempio, spiegò loro cosa avrebbero fatto: "Oggi insieme entreremo nella Volta amici miei. Dovrete aguzzare il vostro ingegno per superare i tranelli che sono costruiti per impedire ai non puri di cuore di entrarvi. Una volta giunti all'ultima stanza, quella in cui è custodito il Libro, potremo accedervi solamente io, Leonardo, Beatrice e Girolamo."
"E cosa dovremo fare solo noi quattro?" chiese Riario. 
"Nessuno sa cosa si nasconde nella Volta, lo scopriremo lì. Se non avete altre domande da pormi possiamo andare." concluse Ima, e dato che nessuno parlò ordinò ai soldati di scortare tutti alla Volta Celeste.
Ci volle un'ora di cammino attraverso le montagne per giungere in quel luogo misterioso.
Leonardo osservò l'entrata della Volta: "È quella?" mormorò emozionato, da tempo attendeva quel momento.
Ima annuì, e gli sorrise: "Nessuno vi entra da anni. Finalmente voi riporterete il Libro alla luce."
L'ingresso della Volta Celeste era una semplice apertura tra le rocce, sembrava la banale entrata di una grotta. Girolamo storse il naso mentre varcavano la soglia, aveva immaginato che un luogo così speciale avesse un ingresso diverso, più solenne, celebrativo. Ma riflettendo comprese che quel luogo era stato concepito per essere nascosto, una simile entrata aveva dunque senso.
Ima ordinò ai quattro soldati che erano con loro di far strada con le torce e condusse tutti lungo un corridoio stretto e umido che terminò aprendosi in una stanza rotonda dalle pareti di pietra liscia. I guerrieri infilarono le torce in quattro grandi candelabri infilati nel pavimento vicino alle pareti, Ima guadagnò il centro della stanza.
"Nessuno di noi è mai andato oltre questa camera." spiegò la sacerdotessa.
"Ci credo, è un vicolo cieco." commentò Zoroastro.
Gli stranieri notarono con stupore che i muri erano privi di porte e di qualsiasi altro accesso ad una stanza successiva. Le pareti tuttavia era decorate con pitture ormai sbiadite che raffiguravano uccelli colorati tipici di quella terra.
Leonardo socchiuse gli occhi nel riflettere e poi appoggiò l'orecchio al muro, vi diede dei pugni leggeri, scivolò lungo la parete, ripeté l'operazione diverse volte finché finalmente i colpetti emisero un suono sordo.
"Ah ah! Suona a vuoto!" esultò "Ci deve essere un'apertura qui dietro."
"E come ci arriviamo?" chiese Beatrice.
"Potremmo sfondare il muro..." propose Girolamo.
Ima lo guardò severa: "Distruggere la Volta sarebbe un insulto ai nostri dei. La Volta è come il corpo di una vergine, non si può violare."
Beatrice avvertì come un senso di nausea a quelle parole, Ima non lo sapeva ma Girolamo non era tipo da farsi scrupoli nel violare una donna.
Leonardo scosse la testa, e gesticolando disse: "No no, ragioniamo. I Figli di Mitra hanno creato questo posto in modo tale che solo i loro discendenti potessero accedervi. Ricordate? Hanno ideato delle soluzioni a cui possono giungere solo coloro che sono stati istruiti dalla setta, altrimenti la Volta sarebbe accessibile per chiunque."
"Giusto, quindi dobbiamo pensare come farebbe un Figlio di Mitra." disse Zoroastro.
"Mia madre prima di morire ci ha svelato l'enigma dei colori." ricordò Beatrice "Ci ha dato sicuramente altre informazioni. Leo, Leda ti ha cresciuto per alcuni anni e ti ha insegnato delle cose." disse guardando suo fratello e sperando nella sua memoria perfetta.
Leonardo rifletté, cercò di tornare a quegli anni, era piccolo allora, e Leda si occupava di lui in modo amorevole. Si ricordò di lei con il pancione, gli insegnava le filastrocche che un giorno avrebbe dovuto insegnare alla sua sorellina, lo guardava disegnare e costruire modellini con la pergamena, gli raccontava delle favole. Per un istante Leonardo fu invaso da una grande malinconia, Leda era stata una madre per lui, l'unica che avesse conosciuto in effetti. 
"È tutto troppo vago. Non ci sono indizi che mi permettano..." Leonardo si bloccò, guardò gli animali dipinti sui muri, sorrise "Ma certo..." si mosse in modo frenetico lungo la stanza, guardando in alto e in basso, stava cercando qualcosa. Poi si fermò, guardò Ima "Dì ai tuoi soldati di afferrare saldamente i candelabri, e di spingere tutti insieme verso sinistra quando gli farò un cenno!" 
Zo lo guardò curioso: "Leo, cosa..."
"Fidatevi, ho capito!" disse entusiasta l'artista.
Ima diede disposizione ai suoi uomini, i quali attesero l'ordine di Leonardo. 
A un suo cenno deciso i guerrieri iniziarono a spingere con forza. All'inizio non successe nulla, ma dopo pochi secondi la stanza iniziò a tremare, dal pavimento sbuffò una nuvola di polvere e alcuni sassi simili a ghiaia caddero dal soffitto, e i candelabri iniziarono a muoversi.
"Stanno girando!" gridò Nico, la striscia di pavimento in cui erano stati piantati i candelabri stava scivolando in modo circolare sotto la spinta dei guerrieri.
"Guardate!" esclamò Beatrice.
Il muro di pietra iniziò a scivolare di lato e l'apertura da cui erano entrati si spostò con esso fino a rivelare l'accesso alla stanza successiva, un buco rettangolare basso e largo. Ima guardava Leonardo con ammirazione, era vero ciò che avevano raccontato, i discendenti dei Figli di Mitra erano esseri dalla mente portentosa.
"Sei un genio!" disse Zoroastro mettendo un braccio attorno alle spalle dell'amico "Ma come hai capito il meccanismo?"
Leonardo lo guardò sorridendo: "Un gioco che Leda costruì per me. Due cerchi di pergamena concentrici, su quello interno mi fece disegnare degli animali, su quello esterno aveva ritagliato lei stessa delle finestrelle. Leda cantava una filastrocca e faceva girare il foglio interno, così si potevano vedere gli animali fare capolino dai ritagli. Lo trovavo molto divertente."
Ima sorrise a Leonardo: "Ora possiamo proseguire." disse, ordinò ai soldati di precederli nella nuova stanza.
"Ottimo lavoro artista." commentò Riario seguendo Ima e i guerrieri.
"Già, ottimo lavoro." Bea gli accarezzò una guancia, Leonardo le sorrise "È incredibile che ti sia ricordato di questo gioco."
"Merito dei pappagalli!" esclamò Leonardo "È stato questo dettaglio a ricordarmelo. Accidenti...Leda sapeva il fatto suo...mi ha davvero istruito e io non me ne sono mai reso conto." sorrise agli amici e si infilò nell'apertura.
Dopo aver attraversato un altro corridoio umido sbucarono in una stanza quadrata. 
"Adesso che cosa dobbiamo fare?" chiese Nico.
I presenti osservarono l'enigma che si trovava di fronte a loro, sulla parete alla loro destra c'era una porta bloccata nel muro da tre barre di ferro e sulla parete alla loro sinistra c'erano dodici quadrati d'oro non più larghi di un palmo incastonati nella pietra. Su ogni tassello dorato era inciso un simbolo.
Osservarono quei disegni con attenzione, quando gli occhi di Zoroastro si posarono sul quinto simbolo si sgranarono: "Non è possibile."
Beatrice si avvicinò a lui: "Ma come..." mormorò stupita, lei e Zo si guardarono negli occhi.
Zoroastro scosse la testa: "Deve essere un trucco, un caso forse." 
"Non esistono coincidenze, ormai dovremmo averlo capito." disse Leonardo.
Zoroastro si passò una mano tra i riccioli, nervoso era sorpreso più di tutti: "E allora cosa vuol dire...cosa significa tutto questo per noi..." deglutì "...per me?" 
 
...fine prima parte...
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 20
*** La Volta Celeste, parte seconda, una continuazione colma di rischi. ***


La Volta Celeste, parte seconda 

 
L'enigma di fronte a loro li aveva lasciati sbigottiti.
Zoroastro scosse la testa: "Deve essere un trucco, un caso forse." 
"Non esistono coincidenze, ormai dovremmo averlo capito." disse Leonardo.
Zoroastro si passò una mano tra i riccioli, nervoso era sorpreso più di tutti: "E allora cosa vuol dire...cosa significa tutto questo per noi..." deglutì "...per me?"
Non era tanto la porta sbarrata a stupirli, era un simbolo inciso su uno dei tasselli d'oro sulla parete opposta.
Dodici immagini a loro sconosciute, tranne una, la quinta. 
Zoroastro appoggiò la mano destra accanto al tassello, sospirò, non c'erano dubbi, il simbolo inciso nell'oro era identico a quello che aveva tatuato sul dito medio, un cerchio circondato da un rombo.
"Interessante." commentò Riario "E deduco dalle vostre facce che non trovate spiegazione a questa cosa."
"No, infatti." rispose Zoroastro togliendo la mano dal muro.
"Che tu sia un Figlio di Mitra oltre che un figlio dei mori?" disse sarcastico il conte, Zo lo fulminò con lo sguardo
Leonardo intervenne per evitare che Riario venisse nuovamente preso a pugni: "Se non ricordo male hai fatto questo tatuaggio sei anni fa."
"Sì." mugugnò Zoroastro.
"Quindi hai avuto contatti con i Figli di Mitra." disse Nico.
"No io non credo..." rispose Zo "Ve l'ho detto, lo ho fatto da ubriaco. Nemmeno ricordo chi me lo ha disegnato."
"Forse è stato un Figlio!" Leonardo era emozionato.
"E perché avrebbe dovuto farlo?" chiese Nico "Pensate che sapessero che un giorno Zoroastro sarebbe entrato nella Volta Celeste per risolverne gli enigmi?"
"Perché no? Spiavano me e Beatrice, avranno capito che Zoroastro faceva parte delle nostre vite e che un giorno...sì, deve essere così! Ah ah!"
"Leo, non ti agitare." disse Beatrice "È un po' stiracchiata come ipotesi..."
"È una possibilità." disse velocemente Zoroastro.
Lei lo guardò perplessa: "Cosa? Ma sul serio? Zo, ricordo che eri andato a Roma insieme a due amici per dei lavoretti" il che significava trafugare oggetti preziosi da tombe appena scoperte, ma Beatrice preferì non dirlo davanti ad Ima "e sei tornato dopo quattro mesi con un bel guadagno e quel tatuaggio. Dicesti che era stata una stupidaggine da sbronzi..."
"Non so che dirti, ma è chiaro che non può essere una coincidenza." 
"D'accordo, non è una coincidenza, ma davvero ritieni possibile che un Figlio di Mitra abbia atteso che fossi ubriaco e che ti abbia tatuato a tradimento?" chiese Beatrice "C'è qualcosa che non ci hai detto?"
Ima li aveva osservati in silenzio, poi chiese sospettosa: "Ci sono problemi?"
Beatrice deglutì, non era il caso di continuare ad indagare davanti ad Ima, se avesse messo in dubbio la serenità delle loro amicizie avrebbe potuto prendere provvedimenti drastici contro di loro.
"No no, stavamo solo cercando di venire a capo di questo tranello." rispose Beatrice, guardò gli altri, che compresero. A Zo lanciò un'occhiata che significava una cosa sola: quando avremo finito qui mi dovrai chiarire alcune cosette.
"Dunque, come pensate di aprire quella porta?" chiese la sacerdotessa.
Leonardo osservò entrambe le pareti, fece scivolare le dita sui tasselli d'oro: "Credo che questi tasselli azionino il meccanismo che fa aprire la porta, probabilmente le barre sono collegate ad essi. Tre barre, tre mattonelle." rifletté mordendosi una guancia "Pigiando quelle giuste riusciremo a sbloccare la porta."
"Giusto ragionamento. Ma quali dobbiamo premere?" chiese Beatrice.
"Direi che una è ovvia." indicò la quinta.
"Leo, non possiamo esserne sicuri." disse Zoroastro "Non abbiamo la certezza che il mio tatuaggio..."
Click. 
Da Vinci premette il quinto tassello, che si incastrò nel muro.
"Che diavolo fai?" Beatrice guardava sbigottita il fratello "Perché l'hai pigiata???"
Leonardo alzò le spalle: "Tranquilla. Ho ragionato, sono sicuro che..."
Un rumore sordo li fece voltare verso l'ingresso, una lastra di pietra scese rapidamente dall'alto bloccando l'apertura.
"Perfetto! Siamo intrappolati qui!" esclamò Riario.
"Usciremo da qui attraverso l'altra porta, non agitat..." 
Leonardo fu interrotto da un sibilo, da un rantolo e dall'urlo incomprensibile di Ima.
La sacerdotessa guardava inorridita il guerriero morto accanto a lei, era stato trafitto al collo da una lancia scagliata da chissà dove.
"Mio Dio..." Beatrice corse per soccorrere l'uomo, ma era morto in pochi secondi "Da dove diavolo è arrivata questa lancia?" 
"Non lo so, ho solo sentito il suo sibilo nell'aria, ma non ho visto il punto di partenza." rispose Nico.
"Anche io." disse Girolamo "Ma se guardiamo la traiettoria della lancia direi che è stata scagliata da lassù." indicò un angolo in alto.
"Se ce ne sono altre potrebbero partire da lì." disse Zoroastro.
"Forse alcune, ma come ha detto Da Vinci, tre barre e tre tasselli. Il che significa che ci sono ancora otto lance pronte a colpirci se sbagliamo di nuovo mattonella. E non potremo prevedere da dove arriveranno tutte." concluse Girolamo.
"Meno male che hai ragionato!" Beatrice rimproverò il fratello e gli diede uno schiaffo sulla testa.
"Ouch...Va bene va bene, il tatuaggio di Zo era un tranello." disse Leonardo massaggiandosi il capo "Dobbiamo capire la logica di queste incisioni, osservatele bene e formulate delle ipotesi."
"Soprattutto non schiacciate le mattonelle alla cazzo..." mormorò Zoroastro visibilmente preoccupato.
Leonardo brontolò qualcosa, poi iniziò studiare con attenzione i simboli, istintivamente li disegnò sul suo taccuino.
"Avete mai visto questi disegni prima di oggi?" chiese Ima guardando i disegni, sei raffiguravano figure astratte e geometriche, come il tatuaggio di Zoroastro, i restanti rappresentavano oggetti ed animali.
Beatrice scosse la testa: "Forse...Stiamo cercando di ricordare..."
Zoroastro, perlustrando la stanza, aveva notato un disegno sbiadito in un angolo della porta bloccata: "Non vi sembra lo stemma mediceo?"
"Lo è." disse Nico.
"Cosimo De Medici era un Figlio di Mitra, ce lo ha detto Lorenzo." rispose Leonardo.
Zoroastro continuò: "Il simbolo di questa famiglia può essere la chiave per comprendere questo enigma." 
"Giusto Zo, ottimo lavoro!" Leonardo sorrise all'amico "Dobbiamo pensare alla famiglia Medici, i tre simboli che dobbiamo scegliere hanno certamente a che fare con essa."
Dopo un'attenta osservazione Beatrice disse: "Il settimo tassello, ho già visto quella testa di leone che ruggisce." si mordicchiò un labbro mentre rifletteva "Sì, la statuetta di pietra! La prima volta che nostro padre mi portò a palazzo attendemmo Lorenzo nel suo studio, giocherellai con quella figurina di pietra, era su uno scaffale, per poco non mi cadde per terra. Nostro padre mi disse che apparteneva a Cosimo."
"Sei sicura fosse un leone?" chiese Zo.
"Sì, era una creatura mitologica, aveva la testa di leone e altri elementi animali..."
"È evidentemente uno dei simboli che stiamo cercando!" esclamò Leonardo, allungò una mano ma Zo gli bloccò il braccio.
"Non fare mosse azzardate." gli sibilò "Non voglio finire allo spiedo."
Leonardo sospirò: "Va bene. Siete tutti d'accordo se lo premo?"
I presenti si guardarono, e annuirono, pronti a scansare eventuali lance.
Da Vinci premette la mattonella e si sentì uno scatto, la prima barra di ferro sulla porta si aprì. 
Tutti tirarono un sospiro di sollievo.
"Ne rimangono due, molto bene." disse Ima sollevata.
"Hai detto che la creatura era composta da più parti di animale, quali?" chiese Leonardo.
"Aveva le ali, ne sono sicura." rispose Beatrice, ed indicò il secondo tassello che raffigurava due ali spiegate, con il consenso di tutti lo premette e anche la seconda barra si aprì.
"Incredibile." commentò Nico "E il terzo simbolo?"
"Merda..." disse Beatrice "La statua era avvolta dalle spire di un serpente e reggeva due chiavi in una mano. E purtroppo qui abbiamo entrambe le cose." disse indicando due mattonelle "Quale scegliamo?"
"I primi due simboli raffigurano parti di animale, io continuerei con questa logica, dovremmo premere il serpente." propose Girolamo.
"E se fosse l'ennesimo tranello?" obiettò Zoroastro "Ci siamo già caduti una volta."
"In che modo le chiavi sono più azzeccate?" chiese Riario stizzito.
"Non dico che le chiavi siano il simbolo giusto, dico solo che dobbiamo stare attenti e scegliere con attenzione. Entrambi i simboli sono validi." rispose Zoroastro nervoso, la sola presenza di Riario era fastidiosa.
"Bea?" Leonardo guardò la sorella "Tu hai visto la statua, che ne dici?" 
La ragazza scosse la testa: "In effetti il serpente è più coerente, ma le chiavi erano ben visibili."
"Testa di leone, ali di uccello, spire di serpente. Non mi sembra difficile!" esclamò Girolamo.
Beatrice lo guardò, in effetti poteva essere un giusto ragionamento, ma ammetterlo non era facile. Fece per ribattere che era meglio riflettere con calma ma Riario, risoluto, premette la mattonella con il serpente.
"Aspettate maledizione!" gridò Leonardo.
Girolamo sbuffò: "So quel che facc..."
Una seconda lancia venne scoccata da un meccanismo sul soffitto. Neanche a farlo apposta l'arma si conficcò nel muro a pochi centimetri dalla testa di Zoroastro, il quale con un balzo felino la schivò.
"Schifoso pezzo di merda!" Zo si scagliò contro Girolamo, lo afferrò con due mani per il collo della camicia e lo sbattè contro il muro, gli diede un pugno.
"Zo, fermo!" Beatrice guardò per un istante Ima, l'ultima volta che Zo aveva picchiato Riario era finito in prigione.
La sacerdotessa ricambiò lo sguardo e sospirò: "Non me la sento di rimproverarlo..." commentò.
Zoroastro si limitò a un solo pugno e diversi insulti, poi si mise vicino a Beatrice: "Stai bene?" chiese lei.
"Mm mm." rispose lui ancora irritato "Ci basta un solo fottuto genio impulsivo qui, d'accordo? Niente mosse azzardate!"
Riario si pulì lo zigomo sanguinante con la manica e annuì.
"Dunque...proviamo con le chiavi?" chiese Nico titubante.
Leonardo rispose che andava bene, e pregò che la sorella avesse ricordato con precisione.
Nico premette la mattonella e si udì lo scatto della serratura, l'ultima barra si sganciò e la porta si aprì.
"Che il Signore sia lodato..." mormorò Beatrice sollevata.
"Proseguiamo." disse Ima ordinando ai suoi guerrieri di illuminare la via, prima varcare la soglia diede un ultimo sguardo triste a quello che aveva perso la vita.
Anche Leonardo lo fissò, rendendosi conto che la sua impulsività era costata molto a quel ragazzo.
Oltrepassata la porta percorsero un corridoio e si trovarono all'esterno, su una terrazza lungo costone della montagna, Beatrice sbattè le palpebre un paio di volte per abituare gli occhi alla luce del sole.
"E adesso?" chiese perplessa. 
Di fronte a loro c'era un burrone largo circa trenta metri e molto profondo, un ponte di corda intrecciata collegava la terrazza su cui si trovavano ad un altra posta sul costone della montagna vicina, lì era visibile un'entrata per continuare ad esplorare la Volta.
Beatrice si guardò attorno, lo spettacolo sotto di loro era meraviglioso e spaventoso allo stesso tempo, erano in alto, poteva vedere la città di pietra, la foresta rigogliosa che avevano attraversato, e un fiume così azzurro da sembrare colmo di zaffiri. In cielo c'erano alcune nuvole grigie, la ragazza respirò profondamente.
"Adesso attraversiamo quel ponte." rispose Leonardo.
"Sarà sicuro? Da quanto tempo quel ponte è esposto alle intemperie?" disse Zoroastro "Forse sarebbe meglio tornare indietro e costruire un ponte di legno più stabile."
"Testiamolo." propose Riario.
"Prego." disse Zo facendo un gesto verso il ponte "Accomodati pure!" 
Riario sbuffò, ma invece di replicare si avviò verso il ponte e iniziò a camminarci sopra con circospezione.
"Beh, ha un certo coraggio." disse Nico, Zoroastro lo fulminò con gli occhi, e sperò che il ponte cedesse. Ma le preghiere di Zo non furono esaudite, il conte arrivò dall'altra parte.
"Direi che è stabile. Ma per sicurezza meglio non forzare troppo le corde, ora meglio mandare qualcuno di leggero, va bene?" disse Leonardo, e guardò Nico, il quale trasalì.
"Vado io, d'accordo?" disse Beatrice "Sono leggera quanto Nico, e non sto tremando come lui." sorrise al biondo e gli diede un buffetto sulla guancia.
"Fai attenzione principessa." le mormorò Zoroastro baciandole la testa.
"Andrà tutto bene." rispose lei con un sorriso, e si ripeté questo mantra ad ogni passo che metteva uno davanti all'altro sulla corda. Il vento iniziò a soffiare più forte facendo dondolare il ponte. Beatrice si fermò, sentiva i polsi tremare, guardò in alto, fece un respiro profondo. 
Dalla terrazza gli altri la guardavano, preoccupati. Bea ricominciò a camminare, con calma, un passo alla volta si disse, e arrivò dall'altra parte. Fu solo per istinto di sopravvivenza che accettò di afferrare la mano di Riario, che si era sporto per aiutarla.
Si voltò verso i suoi amici, sorrise.
Leonardo disse: "Vado io, d'accordo?"
"Sì, e fai in fretta, non mi piace che Bea rimanga da sola con quel verme." gli sussurrò Zoroastro, Leonardo non poté che concordare. Ma non fece in tempo a mettere un piede sulla corda che iniziò a piovere, prima fu una pioggia leggera, ma nel giro di pochi minuti si trasformò in un temporale.
"Come è possibile, il cielo era così limpido!" esclamò Leonardo.
"Sulle montagne il tempo cambia rapidamente, il vento ha portato le nuvole." rispose Ima, diversi tuoni fecero vibrare la roccia "È rischioso rimanere qui, rintaniamoci ed attendiamo che smetta." disse e gridò a Beatrice e Girolamo di entrare nella montagna.
La ragazza non fu entusiasta di trovarsi da sola con il conte, ma un altro tuono e il freddo vento la convinsero, seguì Riario e si trovarono in un'anticamera.
"Non durerà molto." Ima rassicurò Zoroastro e Leonardo che si guardavano preoccupati "Presto raggiungeremo i vostri amici." 
Dall'altra parte del burrone Beatrice sbirciava dall'apertura, il cielo era plumbeo e minaccioso, scorse anche alcuni lampi.
"Affascinante, vero?" disse Girolamo seduto per terra dietro di lei "I temporali mi piacciono, danno un senso di forza, sono così potenti."
"Spero che non duri molto, non vorrei dover passare la notte all'addiaccio ."
Girolamo sorrise malizioso: "Intendete che non volete passare la notte con me, da sola. A me non dispiacerebbe."
Beatrice si voltò, le iridi screziate di una luce colma di disprezzo: "Non avete nemmeno la decenza di tacere Girolamo?"
Girolamo si alzò continuando a fissarla: "Perché? Credo che tra noi ci sia una certa affinità Beatrice."
Lei scosse la testa: "Ma fatemi il piacere!"
"C'è qualcosa in Voi, è come un fuoco che arde."
"Ma che poeta..."
"E io sono come attratto dalle fiamme, come se non avessi paura di scottarmi." continuò Girolamo avvicinandosi a lei.
Beatrice rimase immobile: "Non osate venirmi vicino."
Girolamo ridacchiò freddo: "Dopo quello che c'è stato tra noi siete così gelida con me? Giurerei di aver sentito dei mugolii soddisfatti quella notte." 
A quelle parole gli occhi di Beatrice divennero più cupi, Riario si fermò, non aveva mai visto quella luce scura negli occhi di una donna. Beatrice continuò a sfidare il suo sguardo: "Quello che c'è stato tra noi? Avete davvero una bella faccia di bronzo! Vi ho concesso il mio corpo solo perché avevate in ostaggio i miei amici, in circostanze diverse Vi avrei pugnalato con un bisturi e avrei gettato il Vostro corpo in una cloaca a marcire. Credete di essere stato un piacevole amante Girolamo? Ah!" rise "Vi prego! La Vostra verga è così minuscola che nemmeno mi ero accorta di averla dentro!" 
Girolamo avvampò di rabbia: "Attenta a quello che dite..." 
"Altrimenti?" lo sfidò lei "Voi non avete alcun potere su di me Girolamo, non lo avete mai avuto, spero che Vi sia chiaro. E se provate a toccarmi Vi butto giù dal dirupo e dirò che è stato un incidente."
Riario strinse i pugni, come si permetteva quella piccola insolente? Eppure quel rifiuto gli sembrò più invitante che mai. Sospirò, nervoso, si girò per nasconderle il rigonfiamento ben visibile dei suoi pantaloni, ma lei lo aveva già notato, e rise di nuovo.
"Santo cielo conte...a quanto pare sono io ad avere un certo potere su di Voi." disse Beatrice con una certa soddisfazione, dopo quello che lui l'aveva costretta a subire era piacevole pensare di essere più forte di lui.
Girolamo serrò la mascella, Beatrice aveva ragione, lei riusciva a scardinare ogni sua certezza, e questa cosa lo turbava, lo indispettiva e gli piaceva allo stesso tempo. Pensò a sua moglie Caterina Sforza, donna connubio di passione e freddezza, nonostante la sua bellezza e la sua forza non riusciva a sentirsi legato a lei, anzi cercava di starle lontano il più possibile. Da Beatrice invece non avrebbe voluto separarsi. In silenzio e con lo sguardo basso tornò a sedersi per terra. 
Dall'altra parte del dirupo Leonardo rifletteva sul tatuaggio di Zoroastro: "Come te lo spieghi?"
"Non me lo spiego." gli rispose l'amico.
"Ripensa a quando eri a Roma, forse c'è qualche dettaglio che ritieni irrilevante ma che invece ci può aiutare a capire." 
Zoroastro sospirò, si morse un labbro: "Forse c'è una cosa, si tratta di un uomo che ho conosciuto a Roma. Ho passato alcuni giorni con lui..."
"Un amante?" chiese Nico.
Zo fece una smorfia: "Cazzo no!"
"E allora chi era?" chiese Leonardo curioso.
Zoroastro fece per rispondere ma Ima intervenne: "Guardate amici miei, il sole è tornato. Possiamo raggiungere Beatrice e Girolamo." 
Il temporale si era placato e il cielo era tornato azzurro, tutti uscirono dal loro rifugio. 
Prima di avventurarsi sulla corda Leonardo guardò Zoroastro, sorrise: "Quando tutto sarà più tranquillo ci racconterai di quell'uomo, va bene?" 
Zo ricambiò il sorriso, ma sapeva che sarebbe stato un po' complicato parlare ai suoi amici di quei fatti di cui era stato protagonista a Roma anni prima.
 
 
 
 
Angolo dell'autrice: 
Il tatuaggio di Zoroastro mi affascina dalla prima stagione, così ho deciso di inserirlo.
E mi sembrava giusto rendere omaggio alla statuina di Cosimo De Medici, immagino la ricorderete. ^^
Un abbraccio!
VerdeIrlanda 

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Capitolo 21
*** La Volta Celeste, parte terza. Un vicolo cieco. ***


Angolo dell'autrice: 
Capitolino di passaggio con colpo di scena. 
Scusate l'attesa, ma l'ispirazione si fa desiderare ultimamente. :)
Baci baci 
 
 
 
"Questa Volta deve essere stata creata da un folle." commentò Zoroastro mentre scendeva con circospezione la scala a chiocciola, teneva un braccio ben saldo sulla ringhiera.
Il legno scricchiolava pericolosamente ad ogni loro passo e sembrava dovesse cedere all'improvviso sotto i loro piedi.
"Secondo me coloro che l'hanno progettata dovevano possedere una mente geniale." rispose Leonardo "Questo percorso a scale non è di facile ideazione."
Beatrice era dietro Zoroastro, sbuffò: "Sarà, ma a me sta venendo la nausea a forza di girare."
Nico annuì, anche il suo stomaco era in subbuglio.
Dopo essere entrati nella montagna avevano proceduto lungo una serie di stanze prive di trappole, infine si erano ritrovati di fronte a un profondo e largo pozzo di forma cilindrica, era stato scavato nella roccia. Ancorata alle sue pareti c'era una scala con tanto di ringhiera in legno, la quale li invitava inequivocabilmente a scendere.
Mentre scendevano l'odore di muffa e di umido si faceva più forte, provocava stordimento, e il continuo girare in tondo non aiutava.
"Ma quanto è profondo questo pozzo?" chiese Beatrice trannenendo un conato, guardò Ima che sembrava l'unica non toccata da tale malessere, non si è sacerdotesse per nulla, pensò la Da Vinci.
"La montagna è imponente." rispose la ragazza "Chi può dirlo."
Uno dei suoi soldati ebbe un capogiro, mormorò qualcosa, e poi scivolò sui gradini, Riario lo afferrò al volo e gli diede uno schiaffo per farlo riprendere. 
Finalmente arrivarono in fondo, sentire la pietra sotto i piedi fu come passeggiare sul Paradiso.
Zoroastro tirò un sospiro di sollievo, anche Nico e Beatrice lo fecero. E un secondo dopo vomitarono.
"Impressionante..." ridacchiò Zoroastro.
"Ringraziami, mi sono trattenuta per tutto il tragitto, avrei potuto vomitarti nella camicia..." rispose Beatrice con un rantolo.
Zoroastro ridacchiò di nuovo e le accarezzò la testa, le porse la borraccia con l'acqua: "Te ne sono grato principessa."
Nico tossicchiò, dopo aver bevuto Beatrice gli porse la borraccia con un sorriso: "Tutto bene?"
Il biondo annuì: "Sì, per fortuna siamo arrivati in fondo. E chissà quale trabocchetto dovremo affrontare."
"Finora ci è andata bene, cerchiamo di essere ottimisti." disse Leonardo.
"Perché farci salire sulla montagna per poi farci tornare giù? È un percorso assurdo." chiese Beatrice, la stanchezza la rendeva polemica.
"Perché solo i prescelti, i più meritevoli, potranno accedere all'ultima stanza." rispose Ima con tono solenne, Beatrice pensò che fosse una risposta fin troppo semplicistica. Ma in fondo la sacerdotessa non aveva tutti i torti, i Figli di Mitra volevano impedire che chiunque potesse accedere al Libro delle Lamine, così Bea guardò Ima e le regalò un flebile sorriso.
I soldati avanzarono per primi in quello spazio buio e sconosciuto per illuminarlo con le torce.
"Ci saranno voluti anni per creare questo luogo." commentò Riario mentre procedevano in un corridoio scavato nella roccia.
Leonardo gli rispose: "Anni e notevoli conoscenze di ingegneria e di architettura."
"Che queste siano contenute nel Libro?" chiese il conte.
"Può darsi, il suo contenuto è un mistero. Personalmente spero di sì, spero di trovare una grande conoscenza in quelle pagine." disse Leonardo con voce emozionata.
Beatrice sospirò, quando suo fratello aveva quel luccichio negli occhi era il caso di tenerlo d'occhio, perché la sua curiosità lo portava a mettere in pericolo se stesso e chi gli stava accanto. Era sempre stato così, fin da quando era un ragazzino, se si metteva in testa un'idea, se aveva un obiettivo da raggiungere, nulla poteva frenare Leonardo Da Vinci. Diventava più testardo del solito, troppo sicuro di sé, non pensava più alle conseguenze, era concentrato solo sulla certezza della validità della sua idea, nella sua testa non era contemplato il fallimento.
Avevano sfiorato numerose tragedie, quante volte Beatrice e Verrocchio avevano spento principi di incendio e lo avevano portato fuori di peso dal suo laboratorio invaso dal fumo di qualche esplosione, e Zoroastro che si era rotto una gamba precipitando con la macchina volante, e Nico che era rimasto privo di sensi per ore per aver respirato troppo i fumi di una mistura che il suo Maestro aveva inventato per incollare il legno, e l'elenco sarebbe molto più lungo. Beatrice guardò suo fratello, consapevole che più si avvicinavano a quell'ultimo stanza più Leonardo era pronto a fare qualche follia.
Arrivati in fondo al corridoio si trovarono di fronte un muro in cui era ben visibile una fessura verticale molto stretta, la pietra attorno ad essa era stata incisa con una frase in latino.
"Cosa c'è scritto?" chiese Zoroastro.
Riario ridacchiò della sua ignoranza, e fece sfoggio della sua conoscenza di quella lingua morta:  "C'è scritto, mio caro figlio dei mori, che da qui si accede all'ultima stanza." 
Leonardo annuì: "Letteralmente c'è scritto 'Figli, procedete con devozione nella pietra, poiché oltre essa il Libro attende coloro che sono stati scelti."
"Grazie." mugugnò Zoroastro "Quindi voi quattro dovrete entrare lì dentro..."
"IMA!" gridò Beatrice "Presto, aiutatemi!"
La sacerdotessa era caduta a terra e giaceva immobile e rigida, tremava, gli occhi vitrei che saettavano da destra a sinistra, le labbra che si muovevano ma non pronunciavano nessuna parola.
"Deve avere una delle sue visioni." disse Beatrice, si sedette vicino a lei, le sollevò la testa dalla pietra fredda.
Improvvisamente Ima si svegliò e si mise a sedere, respirava con lo stesso affanno di chi ha rischiato di annegare, Beatrice le accarezzò i capelli.
"Stai bene?" le chiese.
Ima guardò Beatrice, i suoi occhi neri erano pieni di angoscia: "Ho visto la nostra morte."
"Moriremo...nella Volta?" chiese Leonardo scioccato.
"Non voi. Noi moriremo. Il mio popolo morirà." la voce di Ima era bassa e tremante.
"Cosa hai visto?" chiese Beatrice, aiutandola ad alzarsi.
Ma una volta Ima in piedi si allontanò da lei, fissò la ragazza negli occhi con espressione truce, arrabbiata, poi iniziò a raccontare: "Uomini vestiti d'argento verranno qui, solcheranno il mare con grandi barche dalle vele bianche e rosse, raggiungeranno le nostre città e le daranno alle fiamme. La mia gente sarà massacrata, violentata e cancellata da questa terra che ci ha generati. E non succederà solo a noi, ho sentito il grido di dolore di altri popoli a noi vicini. Noi moriremo, Pachamama stessa morirà." Leonardo e gli altri ascoltavano inorriditi questa premonizione "E tutto ciò accadrà perché voi porterete via il Libro delle Lamine dalla mia terra."
"Merda..." mormorò Zoroastro a Beatrice "Qui si mette male..." 
"Siete qui per portarlo via!" gridò Ima, e diede ordini ai suoi soldati, i quali si schierarono di fronte a lei, e minacciarono con le loro lance gli stranieri "Ho visto il Libro nelle vostre mani, in una terra lontana, dopo che avevate promesso di darlo a me, per aiutare la mia gente a prosperare." 
"No Ima, non intendiamo..." Leonardo cercò di calmarla, inutilmente.
Ima respirò a fondo, nervosa: "Avete mentito fin dal nostro primo incontro. Scapperete con il Libro, e quando tornerete a casa altri scopriranno la via per giungere qui, e lo faranno spinti dalla sete di ricchezza. Io sono stata scelta dagli dei, devo proteggere il mio popolo da ogni pericolo. Ed è chiaro che voi siete il pericolo più grande."
"E cosa intendi fare?" chiese Girolamo.
"Davvero non ti è chiaro?" rispose amaro Zoroastro "Ci ucciderà."
"Lascerò che sia la Volta ad uccidervi." dichiarò Ima, diede un ordine nella sua lingua, e con un gesto rapido uno dei soldati afferrò Beatrice e la tirò a sé, le mise un braccio molto stretto attorno al collo e un pugnale vicino al fianco.
"Che diavolo vuoi fare?" chiese Leonardo.
"Beatrice mi serve come ostaggio affinché rimaniate qui e non cerchiate di seguirci. Quando avremo fatto lei tornerà da voi." spiegò Ima "Raggiungeremo l'altra montagna e taglieremo il ponte di corda, così non potrete tornare indietro." 
Detto questo la sacerdotessa si incamminò per tornare alla scala a chiocciola, i soldati la seguirono tenendo sotto tiro gli stranieri e trascinando Beatrice come ostaggio.
La salita fu peggiore della discesa, fu un sollievo uscire sul costone di roccia all'aria aperta. 
Ima ordinò ai suoi soldati di oltrepassare il ponte, e rimase da sola con Beatrice.
"Capisco la tua decisione, davvero, io stessa potrei prendere decisioni estreme per salvare coloro che amo, e so che tu ami la tua gente." disse Beatrice "Ma è tutto un equivoco! Ripensaci Ima, non abbiamo intenzione di tradirti."
"Davvero? Dimmi che non volete il Libro tutto per voi, che non volete strapparlo al mio popolo."
"Vogliamo leggerlo, conoscere il suo contenuto, non c'è nulla di deciso su cosa farne!" spiegò Beatrice concitata "Permettici di dimostrarti che abbiamo le migliori intenzioni, che siamo tuoi alleati. Tu stessa eri felice del nostro arrivo sulla tua terra, ci aspettavate da tanto tempo..."
"Vuoi sapere la verità Beatrice?" gli occhi di Ima brillavano, forse per colpa di lacrime che li pungevano "Non mi sono mai fidata dei Figli di Mitra. Li abbiamo venerati come dei, ma sono solo uomini, che possono essere buoni o fingersi tali, e che a volte sono mendaci ed egoisti. Vennero qui per egoismo secondo me, credevano di potersi approfittare di noi, ci credevano degli stupidi forse. Ho voluto fidarmi di voi perché mi sembravate sinceri, ma ora è chiaro che abbiamo sempre sbagliato." Ima abbozzò un sorriso, accarezzò la guancia di Beatrice "Anche voi siete vittime dei Figli di Mitra dopotutto, e mi dispiace che dovrete perire per causa loro."
La sacerdotessa si allontanò e fece per attraversare il ponte, ma si fermò quando Beatrice le disse: "Non temi che troveremo un altro modo per uscire dalla Volta Celeste?"
Ima si voltò, le sorrise: "Non c'è una via di uscita, l'ultima stanza è un vicolo cieco, i nostri sacerdoti e imperatori lo sempre saputo." e detto questo si incamminò sulla corda.
Beatrice la guardò raggiungere l'altra montagna, e guardò i soldati abbattere il ponte di corda, e li osservò entrare per percorrere a ritroso la strada che avevano percorso insieme.
Ormai stava facendo buio, il cielo arancione del tramonto si stava mescolando con il blu scuro della notte. Beatrice respirò a fondo quell'aria fredda prima di rientrare e raggiungere gli altri.
Si chiese se ciò che Ima aveva sognato potesse davvero divenire realtà per colpa loro. Abbiamo davvero sconvolto un fragile equilibrio, possiamo davvero essere la causa della distruzione di un popolo? si chiese, e per via di questo dubbio non riusciva a biasimare la sacerdotessa per aver scelto di ucciderli. 
"Anche voi siete vittime dei Figli di Mitra dopotutto." le aveva detto Ima, e Beatrice non riuscì a darle torto, da quando erano entrati in contatto con i propositi della setta avevano corso innumerevoli pericoli e tutto sembrava sul punto di sgretolarsi. 
E ora rischiavano addirittura di morire.
Per una reliquia che forse nemmeno esiste, aggiunse una vocina nella sua testa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 22
*** La Volta Celeste. Ultima parte. L'impiccato. ***


 
 
Quando Beatrice raggiunse gli altri Zoroastro corse ad abbracciarla.
"Ho temuto che quella fottuta pazza decidesse di buttarti dal dirupo." le mormorò.
Beatrice sorrise, gli baciò le labbra: "Si è solo limitata a distruggere il ponte di corda."
"Ancora non capisco la decisione di Ima. Ha perfino rinunciato a trovare il Libro delle Lamine, sembrava così importante anche per lei!" disse Leonardo "Tutto per una nuova visione, terrificante a quanto pare. Evidentemente per la sua religione una nuova visione può spodestare quelle precedenti e renderle nulle."
"Questo spiegherebbe le sue decisioni altalenanti." commentò Girolamo, ricordando di quando lei lo aveva ci dannato a morte per poi salvarlo nel giro di poche ore.
"Probabile, inoltre mi ha confessato di aver sempre nutrito dei dubbi sui Figli di Mitra, e su di noi." disse Beatrice.
"È una pazza, ecco perché lo ha fatto." disse Zoroastro "Prima vuole una cosa, poi un'altra, prima ci considera grandi amici e poi ci vuole morti, cazzo, neanche avesse un perenne ciclo mestruale!"
"Ha dovuto fare una scelta Zo, farci trovare il Libro significava mettere in pericolo la sua gente." rispose Beatrice "E lei ha deciso che era lasciarlo qui piuttosto che portarlo alla luce e scatenare l'inferno sulla sua terra."
"Non la stai giustificando vero?" chiese Nico.
"Certo che no, dico solo che ha avuto paura per coloro che ama, e questo l'ha portata a fare una scelta estrema." 
"Estrema per noi, tanto saremo noi a crepare qui, mica lei." rispose Zo sarcastico.
"Noi non moriremo qui dentro." disse Leonardo "Troveremo un modo per uscire di qui."
Riario annuì: "L'unica soluzione è accedere all'ultima stanza, lì troveremo un'uscita."
"Non c'è nessuna uscita, Ima ha detto che la Volta è un vicolo cieco." rivelò Beatrice "Ecco perché è così sicura che moriremo qui."
"Ma non succederà, io non intendo tirare le cuoia qui dentro." disse Zoroastro.
"Nemmeno io." disse Leonardo "E non credo che non esista un'altra via d'uscita, probabilmente non la vediamo ancora, ma esiste, i Figli di Mitra devono averla costruita."
"Allora perché Ima è convinta di averci intrappolati?" chiese Nico.
Leonardo lo guardò: "Sospetto che chi ha costruito questo posto abbia mentito ai sacerdoti dicendo che la Volta non ha un'uscita."
"Quindi cosa facciamo, entriamo nell'ultima stanza?" chiese ancora Nico.
Leonardo annui: "Certamente. Siamo venuti fino a qui per trovare il Libro delle Lamine, siamo così vicini ormai." disse con tono eccitato "Prenderemo la reliquia e usciremo di qui, semplice."
"Non per fare l'uccello del malaugurio..." iniziò Zoroastro.
Leonardo sospirò: "Ma?"
"...la stai facendo troppo facile. Non credo che troveremo il Libro in bella mostra su un leggio." 
"Zo ha ragione." disse Beatrice "La Volta è stata progettata per difendere il Libro, chissà quale trappola lo custodisce."
"E noi siamo coloro che possono risolvere tale enigma, quindi non indugiamo oltre." concluse Leonardo, detto ciò afferrò una delle torce appese al muro e iniziò a strisciare nella fessura nel muro.
"Leo! Maledetto il suo cervello impulsivo!" Beatrice imprecò, poi scosse la testa in segno di rassegnazione "Andiamo, seguiamolo prima che si faccia ammazzare." 
"O che faccia ammazzare noi..." mormorò Zoroastro.
L'apertura nel muro era larga meno di un metro, si doveva procedere camminando di lato, sfregando la schiena sulla ruvida pietra. Quando sbucarono dall'altra parte trovarono Leonardo intento ad accendere delle lampade ad olio appese al muro, Beatrice lo raggiunse e gli diede un paio dei suoi soliti scappellotti di rimprovero: "Non ti devi allontanare così!" 
"Ahi! Manco avessi cinque anni..." disse Leonardo massaggiandosi la testa.
"Se non vuoi che ti tratti come un bimbo indisciplinato non comportarti come tale." lo redarguì lei "Non fare sciocchezze, ragiona prima di agire."
Leonardo annuì: "Va bene, non farò nulla di stupido, contenta?" disse facendo spallucce "Ora perlustriamo questo posto, il nascondiglio del Libro potrebbe essere ovunque."
"Cerchiamo anche una via d'uscita già che ci siamo." propose Zoroastro.
Ognuno prese una lampada e insieme si addentrarono in quella caverna.
Il luogo in cui si muovevano sembrava un largo corridoio, ogni tanto si imbattevano in qualche stanza scavata nella pietra, decisero di dividersi per controllarle.
"Finito di controllare ci si aspetta, d'accordo? Se ci perdiamo qui dentro è la fine." ordinò Beatrice, tutti furono d'accordo. Lei e Zoroastro entrarono nella prima stanza, Leonardo e gli altri si incamminarono verso quella successiva. 
Il luogo era deserto, una saletta rotonda, Beatrice cominciò a passare una mano sui muri di pietra nella speranza di trovare qualcosa.
Zoroastro alzò la lampada fino il soffitto: "Niente qui." guardò Beatrice "Tu?"
"Il nulla. Una stanza vuota." rispose lei, improvvisamente sentì la testa pesante, si sedette per terra "Comincio ad essere stanca..."
Zo si sedette accanto a lei, le porse la borraccia che portava a tracolla: "Bevi un sorso, ho del pane nella sacca, ne vuoi?"
Beatrice bevve ma rifiutò il mangiare: "Risparmiamo i viveri." gli sorrise.
Zoroastro le prese il viso tra le mani e la baciò: "Ce la caveremo principessa vedrai."
Beatrice annuì, intrecciò le dita con quelle di Zoroastro, abbassando lo sguardo notò il tatuaggio sul medio di lui, e le tornò in mente l'enigma che avevano dovuto risolvere, tra i simboli disegnati sulla parete di una delle stanze della Volta Celeste c'era lo stesso disegno che Zo aveva inciso sulla pelle.
"C'era una cosa che dovevi chiarire se non sbaglio." gli disse spostando lo sguardo nei suoi occhi.
Zoroastro annuì: "E intendo farlo. Ma credimi, ci sono delle cose che al momento non sono chiare nemmeno a me."
"Intanto dimmi ciò che sai."
Zoroastro guardò la punta dei propri stivali e abbozzò un sorriso: "Ti arrabbierai."
"Perché?"
"Perché ti ho mentito." rispose lui.
Beatrice sospirò: "Allora sì, facilmente mi arrabbierò."
Zoroastro la guardò: "Prima di dirti tutto, voglio che tu sappia che l'ho fatto in buona fede."
"Ti prometto che terrò conto di ogni attenuante, ma ora mi vuoi dire che è successo?" insistette Beatrice.
Lui respirò a fondo, e iniziò a raccontare: "Non sono andato a Roma per saccheggiare delle tombe, ci sono andato per incontrare una persona."
"Chi?" 
"Mio padre." rispose Zo in un fiato "Mi aveva scritto una lettera in cui mi chiedeva di incontrarci."
"Aspetta, ma io credevo che tu non sapessi...mi avevi detto che tua madre era stata stuprata da dei soldati turchi." 
"Lo pensavo anch'io, ma un giorno ricevetti questa lettera in cui mio padre mi raccontava la verità..." disse Zoroastro, ma non poté continuare il racconto perché un grido stridulo li interruppe.
"Continueremo dopo." mormorò Beatrice, e i tre raggiunsero Leonardo, Nico e Girolamo.
Entrati nella stanza Zoroastro esclamò: "Che succede? Oh, cazzo..." 
Dal soffitto penzolava, appeso per il collo, un cadavere. 
Penzolava a un metro da terra, di quell'uomo rimanevano solo uno scheletro e alcuni brandelli logori di stoffa dei suoi vestiti, al dito un anello, forse una fede nuziale.
"Ci ho sbattuto contro." ansimò Nico "Credevo che qualcuno volesse afferrarmi, invece mi ero impigliato nel suo piede."
Tutti guardavano incuriositi l'impiccato, tutti si stavano ponendo la stessa domanda.
"Chi diavolo è questo qui?" chiese Zo.
"Deve essere un Figlio di Mitra giunto con l'ultima spedizione, quello che rimane degli indumenti  è di foggia europea." rispose Leonardo.
"E perché si è impiccato?" chiese ancora il suo amico.
"Avrà pensato che fosse più pietoso che morire di fame qui dentro." pensò Girolamo, ma non lo disse.
Beatrice alzò una delle lampade e osservò il corpo: "C'è qualcosa attaccata alla sua schiena." 
Leonardo la aiutò a prendere l'oggetto, era piccolo, rettangolare, avvolto da bende sporche. L'artista srotolò la stoffa e si ritrovò tra le dita un taccuino simile a quello che lui stesso utilizzava per i suoi schizzi.
"Non è di certo il Libro delle Lamine." commentò Riario guardandolo con interesse.
"Vediamo cosa c'è in queste pagine." disse Leonardo aprendo il taccuino.
Sulle prime venti pagine c'erano commenti sulla popolazione autoctona che li aveva accolti ed ospitati e promemoria su cosa fare una volta tornati a casa. Finalmente trovarono un messaggio, era stato scritto con foga, si poteva vedere la fretta in quelle lettere oblique e tracciate con calligrafia poco elegante.
Leonardo iniziò a leggerlo a voce alta:
"Non so se mai qualcuno leggerà queste mie parole, tremo al pensiero che il mio messaggio non venga letto. E se invece, come prego, qualcuno lo troverà, non so chi tu sia, ma spero che sarai abbastanza saggio e forte per capire.
Noi Figli di Mitra avevamo un sogno, e nutrivamo la speranza di trovare un mondo libero dalla corruzione per poter vivere in pace e in contemplazione. Non avevamo capito che la malvagità da cui volevamo allontanarci era accanto a noi, dentro di noi, e l'abbiamo portata fino a qui.
Il Libro delle Lamine non era al sicuro nelle mani della setta, non sarebbe stato al sicuro in un posto che i Figli conoscevano.
Noi abbiamo cospirato e tradito, non siamo più Figli di Mitra nell'animo, non siamo più parte di questa follia. E abbiamo deciso di portare lontano il Libro, dove i Figli non possono trovarlo, un posto che nessuno potrà mai raggiungere a meno di non esserne pienamente degno.
Perché nessuno di noi ne è davvero degno. Crediamo di esserlo, ma non è così. 
Ci siamo addentrati in tre in questa Volta per occultare il Libro, io stesso avrei dovuto sigillare con la chiave nera la cassa in cui sarebbe stato riposto. Ma non l'ho fatto.
Abbiamo invece nascosto il Libro delle Lamine in una delle nostre sacche, i miei due compagni lo hanno riportato indietro all'insaputa degli altri, all'insaputa del nostro Solomon Ogbai, caro amico abissino, conoscendo la sua devozione non ci siamo fidati nemmeno di lui.
Lui ha ricevuto in consegna la mappa che conduce fin qui, da tramandare ai posteri, e lo ha certamente fatto, senza sapere che in realtà sta divulgando una mappa che non porta a nulla. 
Non so quale destino si sia presentato per i miei amici, spero siano riusciti nel nostro intento, e che abbiano trovato un luogo sicuro per proteggere il Libro delle Lamine. 
Chiedo il tuo perdono sconosciuto lettore, scusami per averti condotto fino a una stanza vuota.
Spero che accetterai la mia vita come risarcimento per il nostro inganno, la sacrifico per purificare le nostre anime di traditori. Perché anche se in buona fede abbiamo tradito, e forse se dono la mia vita verremo perdonati.
Le mie ultime parole per te sono un monito.
Guardati dai Figli di Mitra e dai Nemici dell'uomo.
Non inseguire il Libro delle Lamine se agogni il potere e la ricchezza, ma se invece il tuo cuore e la tua anima sono puri, allora continua a cercarlo, e proteggilo come abbiamo fatto noi.
In fede,
Berengario."
Il silenzio era calato nella stanza.
Leonardo lo ruppe mormorando: "Quindi Libro delle Lamine non è in questo posto." e si allontanò verso un angolo buio della stanza.
Beatrice guardò suo fratello: "Leo, mi dispiace..."
"No, che cosa vuol dire? Che il Libro non è qui?" chiese Riario "Siamo venuti in questa terra dimenticata da Dio per nulla?" la sua voce era diventata stridula
Leonardo non parlava, fissava il vuoto, Beatrice gli mise una mano sulla spalla: "Non significa che sia finita Leo, il Libro non sarà qui ma..."
"Ma cosa? Stai per dire che possiamo ancora trovarlo?"
"Certo." intervenne Zoroastro "Da qualche parte lo avranno messo, non credi? E possiamo scoprire dove si trova."
"Come? Come è possibile senza alcun indizio?" chiese Leonardo guardandoli.
"Qualcosa troveremo Leo, non abbatterti..." Beatrice cercò di rassicurarlo.
Se Leonardo era abbacchiato Riario dal canto suo era furioso.
"Quel bastardo di Mercuri! Che tu sia maledetto!" sbraitò Girolamo mettendosi le mani nei capelli "È solo colpa sua! Se non avesse raccontato a mio zio tutte queste fandonie non saremmo qui adesso, non avremmo attraversato l'oceano per ritrovarci infine con un pugno di mosche!"
"Non sono fandonie." disse Beatrice "Questa terra descritta dai Figli di Mitra esiste, l'abbiamo trovata."
"Ma il Libro delle Lamine non è qui!" gridò il conte.
"Era qui, ma è stato portato via perché non era al sicuro. Questo Mercuri non poteva prevederlo, e nemmeno mia madre..." sospirò Beatrice "Quando vi ha consegnato la mappa anche lei era sicura che il Libro fosse ancora custodito in questa Volta."
Riario rise: "Ne siete sicura? E se fosse stato tutto un imbroglio, fin dal principio? Un inganno orchestrato..."
"Ingannarci? Per quale motivo? Voi vaneggiate." lo interruppe Zoroastro.
"Un inganno orchestrato fin nei minimi dettagli da pazzi esaltati!" continuò Girolamo "Un subdolo espediente per eliminare gli stolti come noi e tenere il Libro tutto per sé!"
Leonardo intervenne: "Adesso basta!" disse con voce ferma "Ha ragione Beatrice, probabilmente nessuno sapeva che il Libro era stato portato via."
"E sono sicura che i due compari dell'impiccato hanno lasciato degli indizi Leo." disse Beatrice per rassicurarlo "Possiamo cercarli..."
"Meglio cercare una via d'uscita." disse Leonardo "Poi ci concentreremo su altro." sfiorò con una carezza la guancia della sorella "Non mi perdonerei mai di avervi fatto morire in questa Volta dopo che io stesso vi ci ho trascinati." 
Beatrice gli sorrise ed annuì. 
Lasciarono la stanza, ed entrarono in quelle successive, ben sette, prima di raggiungere l'ottava, vuota anch'essa come tutte le altre.
"Ditemi voi il senso di costruire delle stanze e lasciarle vuote." borbottò Zoroastro.
"Forse il progetto iniziale della Volta Celeste era diverso, magari avevano pensato di viverci qui dentro, dopotutto sono giunti fino a qui nella speranza di trovare una nuova terra in cui vivere." ipotizzò Leonardo sedendosi per terra "Facciamo una pausa, mangiamo qualcosa." 
Seduti per terra, in cerchio, con le lampade che fungevano da falò, mangiarono in silenzio del pane e della frutta, conservandone una parte, per sicurezza.
"Nemici dell'uomo." mormorò a un certo punto Beatrice "Non li aveva nominati anche Mercuri prima di morire?"
Leonardo annui: "Che sia un'altra setta? Ne sapete qualcosa Girolamo?"
Il conte scosse la testa: "Mercuri non me ne ha mai parlato." addentò il pane con voracità, una volta inghiottito chiese "Che farete ora Da Vinci? Continuerete a cercare il Libro?"
"Seguendo quali indizi?" chiese a sua volta Leonardo.
"Berengario l'impiccato aveva due complici che hanno riportato il Libro al punto di partenza. Forse hanno lasciato degli indizi che potremmo seguire." ipotizzò Beatrice.
Leonardo la guardò, lei poteva vedere la delusione nei suoi occhi: "Ci penseremo una volta usciti da qui." rispose, e non disse più nulla. 
Dopo un interminabile silenzio Nico chiese:,"Che ore saranno?"
"È sicuramente notte, quando Ima ci ha abbandonati il sole stava tramontando, e siamo qui da ore." rispose Beatrice.
"Ci conviene dormire, siamo tutti stanchi." propose Leonardo "Domattina riprenderemo la ricerca."
Stesero per terra i mantelli che avevano nelle sacche e si sdraiarono per poter finalmente riposare, lasciarono accesa solo una delle lampade, per risparmiare l'olio. Zoroastro e Beatrice si misero vicini, lui da dietro le cinse la vita con un braccio, la strinse forte, un po' per riscaldarla e un po' per tenerla al sicuro, come se quell'abbraccio potesse difenderla da Riario, che per tutta la cena le aveva lanciato occhiate furtive, e Zo lo aveva notato. Promise a se stesso che una volta usciti da questo posto maledetto gli avrebbe fatto pagare ogni cattiveria fatta a Beatrice e a tutti loro. 
La notte trascorse tranquilla, Beatrice fu la prima ad aprire gli occhi, svegliata da un pungente filo di luce rosata che le sfiorava il viso. Aprì gli occhi, e vide che il corridoio era illuminato, si staccò delicatamente da Zoroastro e si alzò per vedere. Man mano che si allontanava dalla stanza la luce diventava più forte, dorata e arancione, e cominciò a sentire profumo di aria fresca e bagnata, l'aria del mattino. Si trovò di fronte ad un'apertura ad arco che dava su un vero e proprio balcone con ringhiera in pietra, Beatrice spalancò la bocca per lo stupore, e notò che c'erano altri balconi sulla parete di roccia. Forse aveva ragione Leonardo, i Figli di Mitra volevano vivere in quella Volta, ma poi qualcosa doveva essere cambiato. Si appoggiò alla pietra, il panorama sotto di lei era meraviglioso, un'immensa foresta verdeggiante, umida di rugiada che brillava al sole, sembrava costellata di topazi e rubini, e il fiume a forma di serpente che aveva già visto scorreva placido screziato d'oro, era bello da emozionarsi.
Beatrice si spostò per guardare in un'altra direzione, e la vide, perfetta e accessibile, una scala di pietra che scendeva ripida dal balcone fino alle pendici della montagna, sporgendosi riusciva a vederne la fine.
Sorridendo tornò nella stanza per dire agli altri di aver trovato la via d'uscita.
Finalmente potevano tornare a casa.
 
 
Angolo dell'autrice:
E finalmente siamo fuori dalla Volta! Spero non sia stato un viaggio tedioso. :)
Adesso, credetemi, verrà il bello, perché abbiamo lasciato la Volta Celeste, ma l'avventura dei nostri eroi è ancora colma di insidie e di rivelazioni. ;)
Un abbraccio!
VerdeIrlanda 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 23
*** Tutto sta cambiando. ***


Angolo dell'autrice:
Perdonate l'attesa!
Il lavoro mi ha assorbita molto ma per fortuna non mi ha impedito di continuare a scrivere, quindi eccoci qui con un nuovo capitolo
Buona lettura! 
Baci!
VerdeIrlanda 
 
 
 
 
 
 
"Che diavolo credi di fare?" 
La voce di Leonardo era un sibilo.
Beatrice lo guardò negli occhi: "Secondo te?" disse stringendo ancor più forte tra le dita il pugnale. 
Fece per avanzare ma Leonardo la fermò mettendole una mano su una spalla: "Non farlo."
I fratelli Da Vinci si scrutarono, erano uno di fronte all'altra chissà dove in quella immensa foresta che stavano attraversando. Attorno a loro c'erano i rumori della notte, gli sconosciuti animali che ogni tanto si muovevano invisibili, il vento che scuoteva le larghe foglie degli alberi, e il crepitio leggero del piccolo fuoco che avevano acceso per illuminare il loro riposo.
Il gruppo aveva lasciato la Volta Celeste da molti giorni, la destinazione era la spiaggia dove avevano ormeggiato la loro nave. Si erano mossi velocemente cercando di fermarsi il meno possibile per allontanarsi da Ima e dalle sue terrificanti visioni, sapevano che se li avessero scoperti il loro destino sarebbe stato la morte. Ma la notte era inevitabile fermarsi, bisognava riposare e non era prudente muoversi nell'oscurità.
E quella notte, come le altre precedenti, si erano accampati e avevano acceso un fuoco, facendo i turni nel restare svegli per vigilare che non giungessero pericoli.
Beatrice lanciò un'occhiata agli altri membri del gruppo, dormivano, dai loro respiri tranquilli si poteva capire che non avevano idea di cosa stesse succedendo.
"Era il tuo piano da sempre? Attendere il tuo turno di guardia notturna per accoltellare Riario?" chiese Leonardo a voce bassa.
"Facile e indolore." rispose Beatrice "Una pugnalata al cuore, si muore in meno di un minuto. Certo lui meriterebbe di soffrire di più, ma a differenza sua io non ho l'animo del torturatore."
"Ad essere sincero temevo che Zoroastro avrebbe cercato di uccidere Girolamo..."
"Voleva farlo infatti, me ne aveva parlato, ma io glielo ho impedito."
"Glielo hai impedito per poterlo fare tu." la voce di Leonardo era quasi un'accusa.
"Sì! Lo so che lo avrebbe fatto, per me, ma non sarebbe stato giusto. Posso combattere da sola le mie battaglie, e posso farmi giustizia da sola."
"Tu non sei un' assassina, hai ucciso in passato ma sempre per difenderti, non a sangue freddo."
"Riario è un pericolo per noi Leo, non saremo mai al sicuro finché rimarrà in vita." Beatrice si mosse per scansare il fratello, ma lui le afferrò saldamente la mano che stringeva il pugnale. 
"Non posso lasciartelo fare." mormorò Leonardo.
Gli occhi verdi di Beatrice si spalancarono per la sorpresa, fissarono quelli di Leonardo in un misto di rabbia e stupore, chiedevano, pretendevano una risposta, un chiarimento: "Dopo quello che ci ha fatto..." riuscì a dire con voce greve "Devo ricordarti il modo orribile in cui ha ucciso mia madre? Devo raccontarti le cose disgustose che mi ha fatto?" 
Leonardo prese fiato: "Merita di essere punito per quello che ha fatto ma..."
"Ma cosa? La morte sarà la giusta punizione per questa serpe." Beatrice osservò con attenzione il fratello "È per il Libro, vero? Lui lo vuole quanto lo vuoi tu. Lo agognate nello stesso modo. Vi ho visti in questi giorni, è da quando siamo fuggiti dalla Volta che ne parlate. Avete confabulato a lungo. Ti ha parlato di qualcosa di importante, ti ha forse promesso qualcosa?" gli chiese a bruciapelo.
Leonardo non rispose, ma era chiaro che la ragazza aveva colto nel segno. 
Beatrice si fece sfuggire una risatina nervosa e scosse la testa in segno di disappunto, allora Leonardo si avvicinò di più, il viso a pochi centimetri da quello di lei, negli occhi uno sguardo disperato: "Io non posso non sapere Bea. Devo trovare il Libro delle Lamine, leggere quelle pagine. Tu non vuoi conoscere la verità, sapere cosa ha condotto delle persone così lontano, conoscere il nostro passato? Io sì, ne ho bisogno."
Beatrice guardò suo fratello negli occhi, quegli occhi verdi così simili ai suoi, quegli occhi che conosceva da tutta una vita. Quello sguardo che conosceva da una vita. Disperato, angosciato, colmo di desiderio di conoscenza, spaventato all'idea di non poter indagare oltre. Aveva visto quell'espressione sul viso di Leonardo ogni volta che qualcuno cercava di impedirgli di lavorare, di inventare, di scoprire, ogni volta che una sua macchina non funzionava. 
Leonardo non concepiva l'idea che qualcuno volesse arrestare il proprio cammino, arrendersi, perché la sua mente era in continuo movimento. Idee, pensieri, visioni, evoluzioni di idee già partorite. Per questo si straniva con l'oppio, esso placava i suoi pensieri e dava loro un ordine. Oppio e costante ricerca, costante scribacchiare sul taccuino, costante proseguire senza mai fermarsi.
"Io voglio sapere tutto su di noi Bea. Se troviamo il Libro potremmo comprendere la nostra storia, quella delle nostre famiglie. E pensa alla conoscenza racchiusa in quel testo." mormorò emozionato Leonardo.
Eccolo, pensò Beatrice, mio fratello eccitato dalla speranza, la fase successiva alla disperazione era la consapevolezza che avrebbe trovato una nuova strada per proseguire la sua avventura. E in questo caso la strada era Girolamo Riario.
"Cosa ti ha promesso Riario?" chiese Beatrice.
"Gli archivi di Mercuri."
"Gli archivi del Vaticano di cui Mercuri era il curatore?"
"No." sorrise Leonardo "I suoi archivi privati."
Bea scosse la testa: "Lupo non aveva niente in mano, non sapeva nemmeno dove conducesse la mappa."
"Ma potrebbe avere raccolto molto altro, sui Figli di Mitra ad esempio. Riario mi ha parlato di pergamene, libri, e se questi ci aiutassero a comprendere il taccuino di Berengario?" Leonardo aveva una luce brillante negli occhi.
Beatrice avrebbe voluto dirgli che poteva essere un inganno, l'ennesimo, ma sapeva che Leonardo non l'avrebbe ascoltata, in quel momento di speranzosa euforia non avrebbe sentito ragioni. 
La ragazza sospirò e mise via l'arma che aveva in mano: "E sia. Non lo ucciderò, per ora. Ma a una condizione."
"Quale?" chiese Leonardo sospettoso.
"Quando saliremo sulla nostra nave, voglio che tu usi il tempo che passeremo in mare per riflettere se davvero vale la pena mettersi nelle mani di Riario per trovare il Libro delle Lamine." rispose Beatrice "Dovrai rifletterci molto bene prima di decidere."
Era chiaramente un tentativo, forse vano, di dissuadere Leonardo nel fare un patto col diavolo.
Suo fratello lo capì, tuttavia annuì: "D'accordo, non prenderò nessuna decisione fino a che non saremo attraccati sulla penisola italiana."
"Bene. Puoi iniziare il tuo turno di guardia. E ricorda Leonardo," aggiunse Beatrice prima di mettersi supina "sei in debito con me di un grosso favore."
 
 
L'oceano di fronte a loro e la foresta ormai lontana, finalmente.
Beatrice respirava a pieni polmoni l'aria salmastra, sembrava passata un'eternità da quando erano attraccati, e dopo un lungo peregrinare finalmente potevano tornare a casa.
Girolamo scrutò la spiaggia, abbozzò un sorriso: "La mia nave è ancorata al largo di quegli scogli, dunque ci salutiamo qui."
"Sì, e noi raggiungeremo la nostra, è a poche ore di cammino." rispose Leonardo.
"E noi, artista, ci rivedremo. Abbiamo molti di cui parlare."
"Vi scriverò una volta giunto a Firenze." disse Leonardo, non specificando se nella lettera gli avrebbe confermato o meno la loro collaborazione.
Riario guardò l'oceano: "Che avventura singolare abbiamo vissuto, della quale ovviamente non potremo parlare. Ci prenderebbero per folli se raccontassimo di questa terra lontana." 
Allungò la mano verso Leonardo il quale, educatamente, gliela strinse.
"Signori, e signora" disse il conte "Buon viaggio, ci rivedremo presto, magari a Roma." alzò una mano in cenno di saluto.
I fiorentini iniziarono ad allontanarsi.
Ma Riario chiamò Beatrice, le andò vicino, lei lo guardò interrogativa.
"Che cosa volete?"
Girolamo, con il suo consueto sorriso freddo, si chinò per bisbigliarle: "Lo so che avete tentato di uccidermi, ero sveglio quella notte. E potete stare certa che me ne ricorderò la prossima volta che ci rivedremo."
Riario fece per andarsene ma lei gli afferrò un gomito e strinse forte le dita attorno all'osso e al nervo, strappando una smorfia di dolore al conte: "E fate bene Girolamo, fate davvero bene a non dimenticarVi che ero pronta a piantarVi un pugnale nel cuore." 
Prima di essere allontanato con uno spintone Riario vide quella strana luce negli occhi di Beatrice, quella scintilla nata dal suo orgoglio e dalla sua rabbia.
Il conte si incamminò verso la sua nave senza voltarsi indietro.
La ragazza raggiunse gli altri con passo lesto, lei invece si voltò per un istante, ma non certo per guardare Riario, bensì la foresta e più lontano le alte montagne che si ergevano maestose contro il cielo. Lì c'erano la grande Città di pietra, dove Ima regnava e cercava di proteggere il suo popolo, e la Volta Celeste, ciò che restava del sogno infranto dei Figli di Mitra. 
Erano arrivati fino ai confini del mondo e ora tornavano a casa.
Era la fine di qualcosa, lo sentiva, come se lasciare quella terra segnasse per loro una linea di demarcazione. Ormai ogni cosa avrà un profumo e un sapore diverso, e la guarderemo con una luce diversa, pensò Beatrice.
Perché siamo noi ad essere diversi pur rimanendo noi stessi.
 
 
 
Secondo angolo dell'autrice:
Vi avviso che questo è uno degli ultimi capitoli della fanfiction, ancora poche pagine e arriveremo alla conclusione di questa vicenda, ma non disperate, non sarà la fine di tutto.
Mi piace immaginare le mie storie come se fossero seasons di una serie TV, quindi diciamo che sta per finire una stagione ma a breve ne inizierà un'altra. :) 
Ancora baci! 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 24
*** Decisioni. ***


 
 
 
Il viaggio in nave procedeva tranquillo, come se il Cielo, sapendo delle difficoltà e dei pericoli incontrati nel Nuovo Mondo, avesse deciso di risparmiare ulteriori preoccupazioni ai viaggiatori.
Leonardo si era chiuso in se stesso, si era isolato nella sua cabina deciso a convivere solo con i suoi demoni. Usciva raramente, di notte, evitava di incrociare sua sorella e i suoi amici, perché diverse emozioni si alternavano nella sua testa. C'erano la delusione e la vergogna di aver fallito nell'intento, la flebile speranza di ricavare qualcosa dal taccuino trovato nella volta Celeste, e il dubbio lacerante, non sapeva se accettare l'aiuto di Riario, l'uomo che li aveva trascinati tutti in quella ricerca e che era stato incredibilmente crudele con tutti loro. Girolamo Riario poteva diventare un valido alleato, o era meglio non fidarsi di lui come suggeriva sua sorella Beatrice? Il conte aveva davvero informazioni utili o era tutto un inganno? 
Queste domande erano delle catene che lo relegavano nell'ombra. 
Una sera Zoroastro raggiunse Leonardo nella sua cabina, bussò e una voce roca gli disse di entrare.
"Ti ho portato la cena Leo." disse appoggiando il piatto sul tavolo.
"Grazie Zo, non ho fame." rispose Leonardo senza alzarsi dal letto su cui era seduto a gambe incrociate.
"Siamo preoccupati, da quando siamo partiti sei uscito poche volte dalla cabina. Dovresti venire sul ponte, l'aria di mare ti farà bene." propose Zo.
Leonardo scosse la testa: "Non mi va, ma grazie per la premura."
Zoroastro notò che sul comò vicino al letto c'era il taccuino dell'impiccato: "Hai deciso di studiarlo alla fine."
"L'ho sfogliato, ma tanto è inutile." rispose Leonardo alzando le spalle.
"Leo..." Zo si avvicinò e appoggiò le natiche al tavolo "Capisco che tu sia deluso ed arrabbiato..."
"Arrabbiato? Sono furioso!" esclamò Leonardo balzando dal letto, guardò Zoroastro negli occhi "Abbiamo affrontato un lungo viaggio, abbiamo rischiato la vita e per cosa? Per nulla!"
Zoroastro annuì: "Lo so Leo, è frustrante."
Leonardo si avvicinò a Zo: "È una tortura! A cosa è servito tutto questo se torniamo a casa a mani vuote?"
"Non potevamo immaginare che il Libro non fosse più lì..." Zoroastro cercò di calmarlo.
Leonardo lo guardò con occhi pieni di angoscia: "Io non posso non sapere cosa ci sarà dopo lo capisci? Io non posso fallire, devo continuare a provare fino a che non riesco nel mio intento!" gli mise le mani sulle spalle "Lo capisci Zo? Non mi posso fermare adesso!"
Zo lo guardò e annuì, conosceva bene il suo amico, sapeva quanto fosse disperato di fronte a quel fallimento: "Non ci fermeremo Leo, forse ci vorrà del tempo ma capiremo come trovare il Libro delle Lamine. E poi non è vero che torniamo a casa a mani vuote, abbiamo il taccuino di Berengario, forse in quelle pagine ci sono degli indizi che ci faranno risalire ai suoi complici, e loro ci potrebbero aiutare."
Leonardo sospirò: "Magra consolazione, flebile speranza..." 
L'artista dopo un lungo silenzio guardò intensamente Zoroastro e con una mossa rapida gli prese il viso tra le mani e lo bacio. Non era uno dei suoi ormai soliti baci a stampo, Leonardo schiuse le labbra dell'amico e lo baciò con passione disperata stringendo il corpo contro il suo. 
Per un attimo Zo ricambiò quel bacio, poi si staccò: "Leo..." mormorò imbarazzato.
Leonardo osservò l'amico, gli sfuggì una risatina nervosa: "Scusami Zo. Non dovevo farlo, è stata una stupidaggine nata dalla mia tristezza." si allontanò e tornò a sedersi sul letto con lo sguardo basso "Ora vorrei rimanere da solo."
"Leo guarda che va tutto..."
"Grazie per la cena." lo congedò l'artista.
Zoroastro lo guardò per un istante e uscì dalla cabina.
Leonardo si sdraiò sul letto, rimase a fissare il soffitto in legno per un bel po', poi spense le candele.
Circa un'ora dopo sentì dei passi, la porta si aprì, nella penombra creata dalla luce della luna vide Zoroastro entrare e chiudere la porta dietro di sé.
"Che ci fai di nuovo qui?" chiese Leonardo sedendosi.
Zo si avvicinò al letto, si sedette di fronte a lui e lo baciò con trasporto prendendogli il viso tra le mani. Leonardo, incredulo, si lasciò guidare in quel bacio, ma dopo un po' si staccò.
"Zo...non che non mi faccia piacere...ma perché..."
"Perché adesso ne hai bisogno." disse Zoroastro accarezzandogli il viso.
"Ma non possiamo farlo, non sarebbe giusto verso Beatrice." rispose Leonardo.
Zoroastro sorrise avvicinando di nuovo le labbra alle sue: "E chi credi mi abbia mandato da te?" rispose slacciandogli la camicia e infilando le mani sotto la stoffa per accarezzargli il torace facendo pressione con le unghie.
Leonardo sorrise a quella risposta. La sua sorellina a Firenze gli aveva detto che sapeva di lui e di Zo, di quello che c'era stato e che in fondo c'era ancora, e aveva precisato che non le dava fastidio, che non era gelosa. Beatrice aveva mandato il suo uomo a fare l'amore con lui perché sapeva che nella sua malinconia disperata Leonardo aveva bisogno di quel calore e di quel conforto che solo Zoroastro sapeva dargli. Solo la mia piccola Bea potrebbe fare un gesto così generoso e altruista, pensò Leonardo.
Zoroastro spinse l'amico supino sul letto e iniziarono a spogliarsi a vicenda.
Leonardo sfiorò il corpo nudo di Zoroastro con le dita mentre quest'ultimo, dopo avergli mordicchiato il lobo dell'orecchio e la pelle delicata del collo iniziò a scendere per accarezzarlo con la bocca. Leonardo sospirò e sorrise, Zoroastro non aveva dimenticato cosa gli piaceva e come gli piaceva. Quando le loro labbra si unirono di nuovo Leonardo passò le dita tra i riccioli di Zoroastro, lo guardò negli occhi, l'amico gli sorrise con malizia. L'artista allora si lasciò trascinare nella sua passione e tra le braccia del suo amico dimenticò tutta la frustrazione e la delusione che aveva provato.
Dopo aver fatto l'amore rimasero sdraiati vicini, respirando a fondo. Leonardo chiese: "Ma un giorno me lo dirai mai chi dei due Da Vinci bacia meglio?" 
Nel buio sentì la risata profonda di Zoroastro, il quale come sempre non rispose e si limitò ad avvicinarsi di nuovo a lui per dargli un forte bacio sulla guancia.
Fu Leonardo a svegliarsi per primo allo sbocciare dell'aurora, si alzò, ammirò per qualche istante Zoroastro che ancora dormiva e poi uscì silenzioso dalla cabina.
Salì sul ponte semi deserto, respirò a fondo l'aria di mare, era una brezza incantevole.
"È bello rivederti Leo!" esclamò Beatrice giungendo alle sue spalle "Mi è mancata la tua compagnia in questi giorni. Hai passato una notte piacevole?" chiese maliziosa.
Leonardo rise: "Sì, direi che ci voleva." si voltò verso di lei "Grazie." 
Beatrice si appoggiò al parapetto e guardò l'oceano che rifletteva la luce rosata dell'alba: "Non c'è di che. So che Zo riesce a darti quel conforto che non potresti avere da nessun'altro. E tu ne avevi proprio bisogno dopo quello che abbiamo passato."
Leonardo annuì: "È vero."
"Mi ha detto che lo avevi baciato, e ho capito." spiegò lei.
"Sei decisamente perspicace, e premurosa." Leonardo le sorrise "Lo sai che comunque lui ama solo te, vero?"
"Lo so che mi ama." disse lei con uno sguardo sereno negli occhi "Ma so anche che un pezzetto del suo amore è rivolto a te. E potrà sembrarti strano, ma la trovo una cosa bellissima."
"Come fai a non esserne gelosa?" chiese Leonardo curioso.
"Perché quello che c'è tra te e Zoroastro non è dissimile da quello che abbiamo io e lui. Quello che abbiamo vissuto insieme nel bene e nel male ci lega in modo dissolubile, e l'amore è parte di questo legame." rispose lei "Sarete sempre parte l'uno della vita dell'altro, e io voglio che sia così per sempre."
Leonardo prese il viso di Beatrice tra le mani e le baciò la fronte: "Sei davvero speciale sorellina."
Beatrice sorrise, gli baciò una guancia: "Anche tu lo sei."
Rimasero per un po' in silenzio guardando il mare, poi Leonardo chiese: "Quindi ogni tanto mi presterai Zoroastro?"
Beatrice scoppiò a ridere e diede una spinta al fratello: "Adesso non esagerare!" 
Il ponte iniziò ad animarsi, la ciurma riprendeva i propri incarichi dopo una notte di sonno.
Beatrice chiese: "Che cosa facciamo adesso? Hai preso una decisione?"
Leonardo la guardo, sorrise: "Per intanto torniamo a Firenze. Ci meritiamo un po' di riposo, e poi, a mente più lucida, ricominceremo da zero con la ricerca. E lo faremo da soli, non possiamo affidarci a Riario, non è prudente." disse, e sua sorella annuì, felice che Leonardo avesse fatto la scelta giusta.
"Non rimpiangerai questa scelta Leonardo, vedrai."
Rimasero sul ponte a chiacchierare, e poi all'improvviso, senza che avessero toccato l'argomento in questione, Leonardo disse: "Sei arrabbiata con me? Insomma, ti ho impedito di uccidere Riario."
Beatrice scosse la testa: "Forse hai fatto bene. Hai ragione, non sono un'assassina, ma un giorno gliela farò pagare, questo è sicuro." 
Leonardo spostò lo sguardo sull'oceano: "Io non mi accorgo mai di quando ferisco le persone, tu me lo hai rinfacciato tante volte. E quando capisco di aver sbagliato spesso è troppo tardi per rimediare."
"Con me non sarà mai troppo tardi." commentò lei con un sorriso.
 
 
Riario passeggiava avanti e indietro sul ponte della nave, lo faceva tutte le mattine per rilassarsi e sgranchirsi. Il viaggio verso il porto di Napoli era ancora lungo, e se da un lato il conte non vedeva l'ora di toccare terra dall'altro la cosa lo preoccupava, perché una volta tornato a Roma avrebbe dovuto spiegare al Santo Padre che la missione era fallita. 
Non avevano trovato il Libro delle Lamine e sembrava che la ricerca fosse terminata in un vicolo cieco, Sisto IV  avrebbe sicuramente reagito nel peggiore dei modi. Il Papa aveva investito molto in quella missione, tanto denaro e tanto tempo, ed entrambe le cose iniziavano a scarseggiare. Sisto stava invecchiando e voleva il Libro a tutti i costi, quasi sperasse che quella preziosa reliquia gli garantisse la vita eterna, o almeno un posto in Paradiso.
Girolamo scese sotto coperta, passò davanti alla cabina che aveva ospitato Lupo, vi entrò, ripensò con malinconia a quel fido alleato. La sua morte era stata orribile, profetizzata da Leda Salonicco un attimo prima di essere avvolta dalle fiamme, scosse la testa per scacciare quel pensiero. Mercuri era stato l'anello di congiunzione con i Figli di Mitra, senza di lui la ricerca sarebbe stata più difficile, neanche questo sarebbe piaciuto al Papa suo zio.
L'unico collegamento con quella antica congregazione era Antea, la sorella di Leda, sicuramente avrebbe collaborato ancora con lui, ella agognava disperatamente il Libro è la vendetta. L'idea tuttavia non lo allettava, quella donna non gli piaceva, ma non aveva molte alternative, si sarebbe accontentato di quella folle creatura per proseguire nel suo piano.
L'unica nota positiva era la presenza dell'artista, una volta tornati a Firenze Da Vinci lo avrebbe contattato per continuare la ricerca. Riario era certo di averlo convinto, tanto da non cercare di impossessarsi di quel misterioso taccuino trovato nella Volta, lo aveva lasciato nelle mani dei fiorentini. Girolamo sapeva di aver affascinato l'artista con la storia dei documenti segreti di Mercuri, e non gli aveva mentito sul fatto che Lupo custodiva gelosamente alcuni scritti, solo che non era sicuro che questi riguardassero il Libro delle Lamine e i Figli di Mitra. 
Ma in quel momento doveva tentare una mossa disperata per accaparrarsi l'interesse dell'artista, prima di tutto per non sospendere la ricerca e non buttare via mesi di fatica, e poi per sopravvivere, se Da Vinci lo avesse visto come un alleato non avrebbe permesso a nessuno di ucciderlo. E così era stato, aveva impedito a Beatrice di pugnalarlo. 
Già, Beatrice, quella ragazza dagli occhi verde smeraldo che biasimava e ammirava allo stesso tempo, il fatto di non avere alcun potere su di lei spingeva ancora di più il conte a desiderarla.
"State attento a non farVi travolgere troppo dal quel fascino discreto e candido..." la voce di Mercuri nei suoi ricordi era poco più che un bisbiglio "Potreste affogare in quello sguardo innocente e ritrovarVi all'inferno." 
Così lo aveva consigliato a Firenze, lo aveva messo in guardia da Beatrice. Ma Riario non lo aveva ascoltato, anzi, era corso da lei desideroso di mostrare a quella sfacciata ragazzina chi aveva il comando, e lo aveva fatto nel solo modo che conosceva, con la forza, con la violenza, perché dopotutto lui era un guerriero e queste erano le sue armi, in guerra come con le donne.
Se vuoi qualcosa prendilo, così gli avevano insegnato, e aveva sempre funzionato. Ma con Beatrice era diverso, Girolamo credeva di averla piegata, di avere il controllo su di lei, e invece la realtà era che la ragazza seppur ferita non lo temeva, ed era pronta a dargli battaglia.
Ma non era solo questo.
Se all'inizio l'intenzione di Girolamo era quella di rimettere in riga l'insolente ragazza Da Vinci e di togliersi un curioso prurito, ora sentiva di desiderare Beatrice per altri motivi.
Lussuria, perché la ragazza era molto bella, ma non solo. Lei gli teneva testa e questo era indubbiamente eccitante, stuzzicava il suo desiderio di conquista che rende la preda più interessante, ma c'era anche un'altro pensiero che si agitava nella mente di Girolamo Riario. 
Per tutta la sua vita era stato circondato da persone che gli avevano insegnato a non avere scrupoli né rimorsi, gli era stato detto che dato il suo retaggio nobiliare ogni cosa gli era concessa, che il fine giustificava ogni mezzo utilizzabile per raggiungerlo, e lui aveva sempre agito di conseguenza. 
E adesso sentiva il peso di tali azioni. Non lo dava a vedere e spesso lo nascondeva perfino a se stesso, ma il senso di colpa era lì, rannicchiato nel suo stomaco e vi si agitava durante la notte. Gli avevano insegnato a combattere, a mentire, a uccidere, ma nessuno gli aveva detto come placare i rimorsi che da essi derivavano. Anni addietro suo padre gli aveva spiegato che certi macigni bisogna farseli scivolare dalle spalle perché sono inutili, perché quel che è fatto è fatto, e se è stato fatto per il tuo benessere allora è cosa buona e giusta.
C'è la confessione Girolamo, gli aveva detto, fatti dare l'assoluzione da un prete e sarà tutto a posto. Ma non funzionava più, Riario aveva sommato inganni e crudeltà nella convinzione che presto non si sarebbe più sentito in colpa, si era confessato ogni volta ottenendo il perdono ma questo modus operandi era ormai inutile, e lui purtroppo non poteva smettere di tramare e uccidere. 
O forse avrebbe potuto. 
Avrebbe potuto se avesse avuto al suo fianco qualcuno diverso da suo zio, dalla sua famiglia, da sua moglie, dai suoi collaboratori, qualcuno in grado di contrastare le sue decisioni e di fargli capire che stava sbagliando invece di assecondare la sua sete di potere e di consigliargli di agire con egoismo. Girolamo aveva bisogno di una persona che lo guidasse verso il suo dimenticato lato umano, aveva bisogno di una coscienza.
Beatrice Da Vinci. 
Lei era abbastanza forte e immensamente pura per ricoprire tale ruolo.
Era questo il pensiero che strisciava nella sua mente, il motivo che spingeva Riario a volerla.
Beatrice poteva essere la sua redenzione, quella semplice ragazza cresciuta per le vie di Firenze poteva spalancare le porte del Paradiso alla sua anima sull'orlo della dannazione.
Riario uscì dalla cabina di Mercuri e si infilò nella propria, si tolse la camicia e gli stivali e si sdraiò sul letto sfatto, chiuse gli occhi.
Nel dormiveglia realizzò che aveva ragione, si convinse che l'unico modo per salvarsi era convincere Beatrice Da Vinci a camminare al suo fianco, e ovviamente trovare il Libro delle Lamine. 
Due propositi tutt'altro che facili da realizzare.
 
 

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Capitolo 25
*** A Roma. ***


Girolamo Riario era immerso nella vasca di ottone, immobile.
Immerse il capo sotto il pelo dell'acqua, se avesse potuto sarebbe rimasto per sempre in quel silenzio ovattato e tranquillo. Ma non poteva, doveva uscire dalla vasca, vestirsi e comunicare al  Santo Padre suo zio che la missione non aveva avuto un esito positivo.
In realtà questo glielo aveva già detto quella mattina, era rientrato a Roma e il Papa in piena eccitazione aveva voluto riceverlo subito senza dargli il tempo di riprendersi dal lungo viaggio. Girolamo gli aveva non gli aveva raccontato i dettagli della sua avventura, aveva detto solo due cose: Mercuri era perito nell'impresa e la mappa conduceva a un nascondiglio vuoto. Sisto lo aveva fissato con occhi pieni di rabbia, lo aveva colpito in faccia con un pugno e gli aveva sibilato di farsi un bagno e di vestirsi in modo adeguato per il loro successivo incontro.
"Vedi di essere convincente nelle tue giustificazioni." lo aveva ammonito il Papa.
Per sua fortuna riuscì ad esserlo, suo zio lo ascoltò con attenzione e gli concesse il perdono per aver fallito.
"Dopotutto siamo stati ingannati tutti da questi Figli di Mitra dissidenti," commentò "ma forse avreste potuto condurre ricerche più approfondite, non credi Girolamo?"
Eccola, la disapprovazione che suo zio non gli faceva mai mancare.
"Sì, Santità." rispose semplicemente "Tuttavia ci sono speranze. L'artista Da Vinci ha con sé il taccuino dell'impiccato, e lo ho convinto a collaborare, vuole trovare il Libro ed è disposto a tutto pur di farlo, anche di allearsi con noi."
Sisto annuì: "Dovrai dunque recarti nuovamente a Firenze, ma non credo che i Medici ti accoglieranno con benevolenza. Come pensi di aggirare questo ostacolo?"
"Convocherò Da Vinci a Roma, non rifiuterà l'invito dato che gli permetterò l'accesso agli archivi segreti vaticani, tutta quella conoscenza lo attirerà qui."
"E poi?"
"Mi servirò di lui fino a che non avremo trovato il Libro delle Lamine, dopo di che decideremo cosa fare di questo Leonardo Da Vinci." rispose Girolamo "Se la ricerca andrà a buon fine potremmo sempre pensare di tenerlo vicino come collaboratore, la sua mente geniale farebbe fiorire il Vostro pontificato."
"Non vedo come un artista sodomita possa essermi di aiuto." disse Sisto sprezzante.
"Le sue macchine da guerra, ad esempio. I Medici ne stanno finanziando la costruzione per rendere Firenze militarmente indipendente, immaginate se potessimo averle noi, saremmo invincibili contro ogni nemico." suggerì Riario.
"Ne riparleremo una volta trovato il Libro." tagliò corto Sisto "Riguardo a Firenze, mentre eri lontano ho scomunicato Lorenzo De Medici."
Riario ne fu colpito: "Una mossa estrema, ma indubbiamente necessaria. E il Medici come ha reagito?"
"Si è recato a Napoli per cercare un accordo finanziario con re Ferrante, sta ancora aspettando una risposta. Io ho ovviamente inviato una lettera al re per ricordargli la sua devozione verso di Noi." Sisto sorrise compiaciuto "Presto quell'usuraio fiorentino verrà da Noi strisciando per cercare un accordo, e potremo mettere le mani su Firenze."
Riario commentò: "A quel punto non avremo più problemi economici, le banche di Firenze saranno a nostra disposizione."
Il Papa rise: "Le avremo, basterà avere pazienza. E a proposito di pazienza" disse tornando serio "sappi che ti affido nuovamente  l'incarico di trovare il Libro delle Lamine nipote, e cerca di non deludermi questa volta."
Girolamo deglutì: "Sì, Santo Padre, non Vi deluderò."
"Bene, perché non ti saranno concesse altre occasioni." aggiunse Sisto con un sibilo.
Riario annuì e dopo essersi inchinato per baciare l'anello del Papa si avviò verso la porta, quando fu sulla soglia suo zio gli chiese: "Girolamo, ti hanno detto che tua moglie è qui?"
Girolamo si bloccò, impietrito, poi sospirò e continuò a camminare lungo il corridoio allontanandosi dalla risatina compiaciuta del Santo Padre.
 
 
Non vedeva suo marito da più di un anno, ma la cosa non dispiaceva a Caterina Sforza.
Si era sposata perché suo padre l'aveva obbligata, essendo di nobili natali di certo non poteva esimersi da un matrimonio di convenienza, quindi meno doveva stare a contatto con Girolamo Riario più lei era felice. Non aveva dimenticato come aveva preso la sua verginità di ragazzina, di come lui si fosse impuntato a voler consumare quel matrimonio prima del tempo consentito dalla legge solo per tutelare quella alleanza tra Milano e Roma.
Col tempo aveva imparato a godere dei piacere coniugali, sporadici a dire il vero, ma quell'amplesso sbrigativo e doloroso era una cicatrice che non si sanava.
Nonostante non amasse quel marito imposto ne era leggermente gelosa, mal sopportava le occhiate fugaci ed eloquenti che lanciava a certe servette. Non capiva il perché di tale gelosia, forse era dettata dalla sua giovane età, quei sedici anni in cui si odia e si ama allo stesso tempo senza sapere perché. 
"Caterina." la voce di Girolamo la fece voltare.
Era bella, sua moglie, pensò Riario, con quella chioma rossa indomabile e quegli occhi chiari, la pelle delicata, e quel sorriso sempre beffardo e fiero. Ma non riusciva ad amarla, e certe volte la sua presenza era fastidiosa. Ma non si sentiva in colpa, per Caterina era lo stesso e lui questo lo sapeva.
"Bentornato." disse lei dandogli un bacio leggero sulla bocca "Che ti è successo all'occhio?" chiese vedendo il taglio sul sopracciglio.
"Nulla, un incidente." tagliò corto Girolamo.
Caterina capì che si trattava dell'ennesimo eccesso d'ira di Sisto, e decise di cambiare argomento: "Ho saputo di Mercuri da alcuni valletti, mi dispiace molto. Dovrò inviare una lettera di condoglianze ai suoi familiari." 
Girolamo annuì: "Peccato non potergli restituire un corpo da seppellire."
"Come stai Girolamo?"
"Mi prenderò qualche giorno per riposare e poi tornerò a dedicarmi ai miei affari." disse sbrigativo "E tu? Sei stata bene?"
"Molto bene direi. Sono venuta a Roma perché mi avevano informato che stavi tornando, e visto che stai bene e che hai del lavoro da sbrigare credo che partirò presto per Forlì." gli sorrise.
Certo, pensò lui, mai stare troppo insieme come marito e moglie, sarebbe fastidioso.
Lei continuò: "Credo che queste notti dovremmo passarle insieme, le nostre famiglie premono per un erede..." disse con un certo distacco.
Girolamo concordò: "Certo, sarebbe auspicabile che tu concepisca prima che tu parta."
Caterina fece una smorfia che Girolamo non notò, derivava da come entrambi trattavano l'argomento. Un figlio dovrebbe essere desiderato, non voluto per motivi politici, e giacere insieme dovrebbe essere un piacere cercato, e non imposto. Ma chi ha nobili natali non può sperare nell'amore e in ciò che esso regala, lo sapeva bene.
 
 
Dopo una settimana Caterina Sforza e il suo seguito fecero ritorno a Forlì mentre il conte Riario rimase a Roma per organizzare nei minimi dettagli un nuovo piano per impadronirsi del Libro delle Lamine.
Doveva coinvolgere Leonardo Da Vinci, per questo gli scrisse una lettera in cui lo invitava a Roma.
"Qui potremo finalmente continuare la ricerca che abbiamo dovuto così bruscamente interrompere" aveva scritto "e i documenti privati di Lupo Mercuri ci saranno certo d'aiuto." aveva aggiunto per stuzzicare la curiosità dell'artista. 
Mandò un messaggero, ma dopo un mese ancora non aveva ricevuto risposta.
"Hai consegnato la lettera a Da Vinci in persona?" chiese Girolamo al suo servo.
"Sì, mio signore, come mi avevate ordinato, e lui ha detto che Vi avrebbe risposto a breve." ripose il messo, preoccupato della sua sorte, i suoi padroni sapevano essere crudeli se venivano delusi.
Riario invece decise di scrivere un'altra lettera e inviò nuovamente il servo a Firenze.
Ma anche questo messaggio rimase senza risposta, fatta eccezione per una rassicurazione verbale che Da Vinci aveva comunicato al messo.
"Dite al conte Riario che presto mi farò vivo.", ma non fu così.
Riario concluse che probabilmente Da Vinci stava tramando qualcosa, con molta probabilità aveva deciso di proseguire la ricerca da solo per avere il Libro tutto per sé. Girolamo capì che doveva escogitare un nuovo piano per mettere le mani sull'artista, il Papa non gli avrebbe perdonato un altro fallimento.
Dopo alcuni mesi passati a raccogliere informazioni e a scervellarsi su come agire un valletto si presentò al suo cospetto.
"Una persona chiede di Voi mio signore."
Riario sperò si trattasse di Da Vinci, ma il ragazzo gli disse che si trattava di una donna.
"Dice di chiamarsi Antea Salonicco. Posso farla accomodare?" chiese.
Il conte era sorpreso, poi annuì: "Nello studio azzurro, dille che sto arrivando."
Antea. 
Riario si rese conto di essersi scordato di lei, l'ultima volta che l'aveva vista, o meglio che aveva avuto sue notizie, era stato prima che lui e Lupo partissero per quella terra lontana. Mercuri gli aveva descritto le sue condizioni, aveva usato parole come "distrutta, deturpata, pazza".
Il suo amore e il rispetto che sentiva per lei era svanito nelle pieghe di quella orrenda cicatrice che le rigava il volto.
Riario era sospettoso, quella donna non gli era mai piaciuta, ma dopotutto ciò che lei bramava più di ogni altra cosa era proprio il Libro delle Lamine, quel fine comune valeva un briciolo di fiducia.
Raggiunse lo studio e vide la donna seduta su un divanetto, intenta ad ammirare i quadri appesi alle pareti e gli arazzi blu e argento che decoravano la stanza.
Quando vide il conte si alzò e fece un inchino e un sorriso, la cicatrice raggrinzì per un istante.
Riario le fece un fugace baciamano: "Come state Antea?"
"Premuroso a chiedermelo. Sto bene, la ferita è rimarginata e non mi duole, e io sono colma di nuova speranza." si sedette di nuovo "Ho saputo di Lupo, e che non avete trovato il Libro.
Girolamo si accomodò accanto a lei: "Non sembrate molto addolorata..."
"Per Lupo? Quel bastardo ha avuto che meritava per avermi usata e ingannata...sono più addolorata per il fatto che il Libro non sia ancora stato trovato." rispose la donna.
Riario represse una risatina sarcastica e un commento sul fatto che anche lei aveva ingannato e usato molte persone per i suoi scopi, si limitò a chiedere: "Come avete avuto queste informazioni?"
"I nostri amici sono tornati a Firenze." sorrise lei, a Girolamo parve che la ferita guizzasse "E hanno raccontato cosa è successo."
"Ma dubito che lo abbiano raccontato a Voi." disse Riario.
"No, infatti. Ma lo hanno raccontato a un nostro nuovo alleato."
"Nostro?"
"Sì. E Vi assicuro che il suo aiuto è stato e sarà provvidenziale e decisivo." ridacchiò la donna "Quanto siete partiti ero disperata, credevo che sarei stata dimenticata e abbandonata da chiunque, e venne in mio soccorso un uomo, mi disse che mi avrebbe aiutata e che lui e la sua gente si sarebbero presi cura di me, ed è stato così. Loro vogliono il Libro quanto noi..."
Girolamo la interruppe: "Loro chi?"
"Si fanno chiamare i Nemici dell'uomo." rispose Antea.
Quel nome Riario lo aveva già sentito, Mercuri lo aveva gridato poco prima di morire stritolato dalle corde.
"Guardatevi dai Nemici dell'uomo." aveva detto esalando l'ultimo respiro.
Riario non ne fece cenno alla donna. "E chi sono?" chiese.
"Sono coloro che accolgono chiunque sia alla disperata ricerca del Libro, chiunque voglia avvicinarsi a quella reliquia con devozione e fede, come noi Girolamo. Sanno che il Libro non può finire nelle mani di qualunque bifolco, non tutti gli uomini possono maneggiarlo." Antea sorrise di nuovo "Conoscono il nostro valore, e vogliono aiutarci."
Riario annuì, anche se questa spiegazione lo convinceva poco: "E l'uomo che Vi ha soccorsa, il nuovo alleato che a quanto pare conoscono anche Da Vinci e la sua combriccola, chi è?"
"Carlo De Medici. Lo so, è strabiliante." rise Antea "Il figlio illegittimo di Cosimo De Medici che tradisce la sua stessa famiglia." 
"Strabiliante invero...credevo fosse impegnato in viaggi missionari e cose simili..." mormorò Riario "Perché lo fa?"
"Cosimo era un padre orribile, non ha mai provato affetto per quel figlio bastardo, gli ha perfino preferito i nipoti, e a un certo punto Carlo ha capito che non meritava di essere trattato così, che anche a lui spettavano gloria e potere." Antea fece una smorfia "Si è unito ai Nemici dell'uomo molti anni fa, sono la sua famiglia adesso. Loro sono un tutt'uno capite?"
Riario annuì di nuovo, conosceva bene quella sensazione di abbandono: "E Carlo ha un piano?"
"Un ottimo piano, credetemi. E questo piano è già iniziato." ridacchiò lei "Carlo è riuscito a insinuarsi nella corte del Medici, ha fatto credere di essere stato chiamato da Lorenzo per aiutare Clarice Orsini nel guidare la città in sua assenza, ha perfino detto che il nipote lo ha informato della missione di Da Vinci."
"Deve essere davvero un uomo brillante e scaltro." commentò Riario.
"Lo è, sa il fatto suo. E infatti è riuscito nel suo intento, ha ingannato tutti, e ha ottenuto ciò che voleva. Per questo sono qui, per mostrarVi i risultati del suo piano."
Girolamo era confuso: "Risultati? Pensavo volesse collaborare con noi per mettere in atto un piano..."
"Carlo a Firenze ha gettato le basi per la nostra alleanza, adesso grazie ad esse potremo lavorare insieme." spiegò Antea.
Riario era spazientito "Quali basi avrebbe gettato?"
Antea era invece decisamente contenta, gli occhi color dell'ambra brillavano: "Soldi e potere Girolamo. Ha svuotato le casse dei Medici, in banca non hanno più un fiorino. Clarice e Piero Da Vinci sono stati così sciocchi da concedergli libero accesso e diritto di firma ai libri contabili." 
"Notevole. Senza soldi i Medici sono vulnerabili..."
"E anche Leonardo, finora era Lorenzo a finanziarlo. Senza fiorini non avrà modo di muoversi troppo liberamente."
Riario dovette ammettere che questo Carlo era stato astuto, aveva preso due piccioni con un'unica fava.
"E il potere, deriva dai soldi?" chiese.
Antea rise, una risata cattiva: "Il vero potere sta nello stringere tra le dita la vita di qualcuno e poterne fare ciò che vuoi, allentare la presa su di essa o soffocarne il respiro con una mossa delle falangi. Carlo può disporre della vita dei Da Vinci come meglio crede, non potranno rifiutargli nulla."
Girolamo si sporse verso Antea, curioso e inquietato allo stesso tempo: "Cosa gli fa avere questo potere?"
"Non lo immaginate? Cosa potrebbe fare strisciare quella arrogante di mia nipote e il suo fratello bastardo fino a raccogliere la terra con la lingua, supplicando pietà?" il viso di Antea sembrava un macabro dipinto, Riario ne fu quasi spaventato.
Riario rifletté, poi il suo viso si illuminò: "Ha un ostaggio." comprese.
Antea lo incalzò: "Ancora meglio. Abbiamo due ostaggi."
Riario la guardò sorpreso, si grattò la barba con le dita: "Una scelta singolare. Di solito basta una sola vita da barattare, scelta con cura, per far vacillare anche il più testardo dei nemici."
La donna sorrise, la sua voce era ormai roca, come se questo discorso la eccitasse: "Una vita da barattare e una vita che servirà da monito."
Girolamo comprese, e deglutì.
Uno degli ostaggi sarebbe morto subito, probabilmente in modo orribile, e l'altro avrebbe vissuto sotto la minaccia della stessa sorte se i Da Vinci non avessero collaborato fedelmente.
Astuto, crudele ma efficace. Riario fece infine la domanda più importante: "Chi sono gli ostaggi?" 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 26
*** A Firenze. ***


 
 
A Firenze la pioggia sembrava non voler concedere una tregua.
L'Arno si era ingrossato e graffiava gli argini come se cercasse di scavalcarli, per questo erano stati posti sacchi di sabbia lungo il fiume, in via precauzionale.
Beatrice era sveglia, le piaceva ascoltare il ticchettio della pioggia sul tetto della sua camera, si strinse nello scialle grigio che aveva sulle spalle, respirò l'aria umida.
Era a casa, la sua Firenze, la città che le era mancata in modo inimmaginabile. 
Guardò i rivoli d'acqua che scivolavano sui vetri delle finestre, le ricordavano le lacrime di gioia che avevano inumidito le gote di Verrocchio quando li aveva visti entrare in bottega.
Andrea aveva abbandonato studenti e scalpello per correre ad abbracciarli.
"I miei ragazzi..." aveva mormorato stringendo in un unico abbraccio Leonardo e Beatrice.
Ormai da quel giorno erano passate molte settimane, tutto sembrava tornare a una normalità a cui non erano più abituati da quando era iniziata la ricerca del Libro delle Lamine.
Da quando erano scappati eludendo la sorveglianza di Riario era cambiate alcune cose.
Lorenzo De Medici era partito per Napoli in missione diplomatica, una missione segreta aveva specificato Piero Da Vinci. Suo padre a differenza di Andrea non si era lasciato andare a lunghi gesti affettuosi, li aveva abbracciati ma il suo rapporto con i figli era ancora imbarazzato.
Lorenzo, aveva spiegato Piero, era stato scomunicato, ciò poteva scoraggiare i governanti degli altri stati della penisola e dell'Europa dal fare affari con Firenze. Pertanto il Magnifico si era recato di nascosto a Napoli per cercare l'appoggio economico e politico di re Ferrante. 
"Quindi dovremo continuare a far credere a tutti che Lorenzo sia ancora nelle sue stanze, malato." aveva concluso Piero.
"Come procedono le trattative?" aveva chiesto Leonardo.
"Non lo sappiamo, per la propria e nostra sicurezza Lorenzo ha deciso di non inviare messaggi a riguardo." 
Nonostante il clima teso per la sorte del marito Clarice aveva dato alla luce un bellissimo maschietto, sembrava che il piccolo avesse aspettato l'arrivo della fidata Beatrice per nascere. 
Questo lieto evento aveva dato il via a gioiosi festeggiamenti in tutta la città, ed era stato proprio a una festa organizzata nei giardini del palazzo che Leonardo e gli altri avevano conosciuto Carlo De Medici.
"Dunque Voi siete a conoscenza del nostro viaggio?" aveva chiesto Leonardo.
"Sì, Lorenzo me ne ha parlato nella speranza che potessi esservi d'aiuto una volta tornati, non era certo della sua presenza. Non dimenticate che sono figlio di Cosimo, mio padre mi ha raccontato molte cose riguardo al Libro." aveva risposto Carlo "Dobbiamo assolutamente parlarne, ovviamente in un luogo più appartato." aveva detto prima di congedarsi.
Zoroastro, una volta tornati alla bottega, aveva espresso le sue perplessità sul Medici: "Carlo non mi convince."
"Perché?" chiese Beatrice.
"Ho sentito molte storie su di lui, sul fatto che in realtà Cosimo non lo abbia mai realmente considerato un figlio, anzi, gli avrebbe sempre preferito i nipoti. Ho sentito anche dire che Cosimo abbia allontanato la madre di Carlo, una serva, perché era troppo affettuosa con il figlio."
"Dicerie da cameriere." rispose Nico.
"Può darsi, ma non mi convince. Chiamalo sesto senso, è meglio stare in guardia." 
Leonardo annuì: "Zo ha ragione, siamo già stati ingannati in passato."
"Sentiamo prima cosa ha da dire lui, in base a questo ci regoleremo." aveva proposto Beatrice, e dato che tutti avevano concordato non ne avevano più discusso.
Da allora avevano incrociato Carlo diverse volte tra le mura del palazzo, ma non c'era stata ancora nessuna conversazione sul Libro delle Lamine. 
Zoroastro, addormentato accanto a lei, tossì e si girò su un fianco. Beatrice lo guardò, sospirò e si alzò dal letto, a piedi scalzi si allontanò e andò nella stanza adiacente, e uscì su un piccolo balcone coperto.
La pioggia era scrosciante, alcune gocce rimbalzavano dal davanzale di pietra sulla sua pelle, erano fredde ma piacevoli. 
Beatrice si strinse nello scialle, guardò Firenze coperta di pioggia e illuminata da una flebile luce, stava albeggiando. 
Era stata paziente con Zoroastro, ma quando erano tornati in città aveva deciso di chiederglielo.
"Quindi hai conosciuto tuo padre." gli aveva detto, riprendendo il discorso iniziato nella Volta Celeste.
Lui l'aveva guardata, colpevole, e aveva annuito: "Sì."
"Raccontami come è andata." lei lo avevo messo alle strette.
Zoroastro aveva dunque raccontato la verità: "Ho ricevuto una sua lettera, diceva di volermi incontrare. Mi ha dato appuntamento a Roma nella sua casa, sperava che volessi raggiungerlo, voleva raccontarmi la verità sulla mia nascita, sulla storia d'amore con mia madre... Così sono partito, a voi ho detto che mi recavo a Roma per un lavoro."
"Perché ci hai mentito?"
"Perché mi avreste messo in guardia, vi sareste preoccupati... Ad ogni modo, sono partito e ho incontrato quest'uomo, mio padre...ho notato subito una certa somiglianza tra noi."
"Cosa ti ha raccontato?" 
"Mi disse di essere l'erede di una famiglia di ricchi mercanti, e che molti anni prima era venuto a Firenze per affari, si era trasferito per gestire in prima persona gli accordi commerciali con i clienti della zona. Frequentava spesso la taverna in cui lavorava mia madre, è così che si sono conosciuti e alla fine si è invaghito di lei, e sono diventati amanti. La relazione è durata mesi, è un giorno lei si è presentata a casa sua accarezzandosi il ventre, felice, gli disse di essere rimasta incinta, di essere pronta a sposarlo e creare una famiglia con lui.
Ma mio padre era già sposato, la sua famiglia aveva un nome importante da preservare e un figlio illegittimo sarebbe stato uno scandalo, così aveva respinto mia madre, le aveva detto di essere stato molto chiaro all'inizio della loro relazione, che sarebbero stati semplici amanti, le ha offerto dei soldi, le aveva detto che avrebbe pensato al mio mantenimento ma che non poteva certo lasciare tutto per vivere con noi. 
Mia madre iniziò a perseguitarlo, prima lo supplicò di non lasciarla, poi lo minacciò, lo insultò. Rifiutò i suoi soldi e non si presentò più alla sua porta, lui non la vide più. Mio padre provò a cercarla alla locanda dove lavorava ma gli dissero che era tornata dai suoi genitori a Peretola, lui mi disse di aver tentato di raggiungerla ma non la trovò."
"Ed è tornato a casa."
"Sì, poco dopo è tornato a Roma e vi è rimasto.
Molti anni dopo era tornato a Firenze per affari, e la curiosità su cosa fosse successo a mia madre e a me prese il sopravvento, così ci cercò e vide la mia famiglia, mia madre e quello stronzo del mio patrigno, il modo in cui mi trattavano... Così mi scrisse la lettera. Non aveva idea che mia madre potesse essersi trasformata in un mostro che odia il proprio sangue, lui aveva conosciuto una donna dolce e delicata, non l'arpia che noi due conosciamo. 
Voleva...voleva che potessi conoscere un genitore che in fondo non aveva mai smesso di pensare a quel bambino che non aveva potuto crescere. Voleva darmi una famiglia, in ritardo.
Ero dubbioso, lo ammetto, ed ero pieno di rabbia per l'abbandono, gli dissi che gli avrei fatto sapere. Dopo due giorni lo incontrai di nuovo, gli dissi che in fondo mi ero sempre chiesto chi fossi in realtà, quale fosse la mia origine, e ora potevo scoprirlo. Avevo passato la vita sentendomi chiamare figlio dei mori, nato da uno stupro, faccia da cane turco, e ora sapevo non era vero, non ero nato in quel modo orribile." la voce di Zoroastro si era fatta flebile.
"Così hai passato quei mesi con lui, per conoscere quell'uomo e la sua famiglia, la tua famiglia." aveva detto Beatrice.
"Era una persona simpatica, gentile. Non mi ha detto molto in realtà, era sempre vago sulla famiglia d'origine, so solo che erano mercanti, viaggiatori, che era una famiglia rispettata e temuta da molti. Io volevo sapere ma lui diceva che un giorno mi avrebbe spiegato molte cose, ma dovevo avere pazienza perché certe cose non sono semplici da comprendere, bisogna apprenderle per gradi. Mi sono fidato delle sue promesse. 
Mi rivelò che questo simbolo" mostrò a Beatrice il tatuaggio che aveva sul dito "era lo stemma di famiglia, che mi avrebbe rivelato il suo significato." ridacchiò amaro "Mi sono perfino tatuato questa cosa sulla mano.
Comunque, dopo diversi mesi passati con lui mi sono svegliato una mattina nella casa in cui diceva di abitare e in cui mi ospitava, e lui non c'era. La casa era vuota, mio padre se ne era andato. Trovai un sacchetto colmo di monete e un biglietto sul tavolo della cucina, lo lessi, diceva che era pericoloso per me stare con lui, che gli si spezzava il cuore ma  non era il momento giusto, e che mi lasciava del denaro, un modo per occuparsi di me...tutte stronzate insomma. Sono tornato a Firenze, vi ho detto che gli affari erano andati bene e ho usato i soldi di mio padre per pagare alcuni debiti che avevo qui, ma a voi ho detto che era il mio compenso per il lavoro svolto."
"Ma perché non ci hai detto la verità Zo?" aveva chiesto Beatrice.
Zo l'aveva guardata, c'era tristezza nei suoi occhi: "Mi vergognavo di aver creduto a quell'uomo, mi ero fidato di lui e...mi sentivo umiliato, d'accordo?"
Beatrice aveva annuito: "Lo posso capire." gli aveva accarezzato un braccio e preso la mano "Certo che è strano, insomma, ti ha cercato lui, e poi se ne è andato...senza raccontarti di più sulla tua famiglia..."
"Te l'ho detto, pensava non fossi pronto allora..."
"Allora?" chiese Beatrice d'istinto, come se quella precisazione temporale l'avesse destata.
Zo si era morso nervosamente un labbro, come se volesse parlare ma qualcosa lo trattenesse dal farlo. 
Beatrice lo notò: "Devi dirmi altro?"
"No" aveva risposto velocemente Zoroastro."Mi spiace di avervi mentito Bea." le aveva stretto la mano nella sua, con l'altra le aveva accarezzato il viso e l'aveva attirata a sé per baciarla. 
E da quel gesto Beatrice aveva capito che le stava mentendo. Aveva ricambiato il bacio e lo aveva stretto a sé ma in cuor suo sentiva che c'era qualcosa che lui le nascondeva. Lei e Zoroastro si erano raccontati ogni cosa, ogni segreto, ma questa volta lui aveva preferito tacere sull'incontro con suo padre, e probabilmente le stava ancora nascondendo qualcosa. 
"Principessa..." la voce flebile di Zoroastro la distolse da quel ricordo, lui si era svegliato e non trovandola nel letto si era alzato per cercarla "Che fai?" si stropicciò gli occhi, sembrava un bambino assonnato, con i riccioli scompigliati.
"Non riuscivo più ad addormentarmi." gli sorrise.
Zo si avvicinò e la abbracciò, tenendola stretta le disse: "Non accenna a smettere."
"Già." rispose lei.
Chiediglielo, diceva una vocina nella sua testa, chiedigli di suo padre, chiedigli cosa sta nascondendo. Ma Beatrice la ignorò, e si godette il caldo abbraccio dell'uomo che amava.
 
 
"Riario non demorde." commentò Zoroastro vedendo andare via il messaggero del conte, era la seconda volta che veniva a Firenze con una lettera per Leonardo.
"Sta cercando di organizzare un incontro, vuole che gli porti il taccuino di Berengario così potremo studiarlo insieme, magari trovare risposte nei libri dell'archivio segreto di Mercuri..." Leonardo sbuffò qualcosa, appallottolò la lettera e la buttò in un angolo del suo studio "Gli ho risposto che presto mi farò vivo e avremo modo di ricominciare la ricerca."
"Mangerà la foglia appena leggerà il tuo messaggio." disse Zoroastro.
"Lo so, infatti non abbiamo molto tempo. Dobbiamo trovare un modo per allontanarci dal sua sguardo, e non solo dal suo." Leonardo rifletté un attimo, poi chiese "Hai parlato con Beatrice?"
Zoroastro abbassò lo sguardo e iniziò a giocherellare con una zampina del pipistrello impagliato che l'amico aveva sulla scrivania.
"Per la miseria Zo!"
"Lo so! Le ho parlato del primo incontro con mio padre."
"E basta? Non avevi proprio altro da dirle?" chiese con amaro sarcasmo Leonardo "Mi pare ci siano molte altre cose che dovresti confessarle, e visto che il tempo stringe..."
"Cazzo Leo, lo so, va bene? Lo so!" Zoroastro si grattò la barba, nervoso.
Leonardo mise una mano sulla spalla dell'amico: "A me hai confidato tutto, anni fa, e io ho capito, temevi che ti avrei allontanato, che non mi sarei più fidato di te e non l'ho fatto, anzi ho apprezzato la tua sincerità." 
"Ho dovuto farlo, dovevo metterti in guardia...e volevo dirlo anche a Beatrice ma poi tutto sembrava essersi fermato, non mi avevano più cercato. E adesso..."  Zoroastro guardò Leonardo negli occhi "I Nemici dell'uomo, Leonardo, dobbiamo guardarci da loro, Mercuri aveva ragione." 
"E lo faremo, non gli permetteremo di ostacolarci." gli disse convinto Leonardo "Abbiamo già abbozzato un piano, no? Dobbiamo solo perfezionarlo, e tu devi parlare con mia sorella." 
"Lo farò appena tornerà da palazzo." Zoroastro si morse un labbro.
"Vuoi che ci sia anche io? Magari posso..."
"...metterti tra me e i suppellettili che mi tirerà addosso? Sì, grazie, lo apprezzerei." concluse Zo.
Leonardo scoppiò in una risata fragorosa, poi guardò l'amico sorridendo: "Beatrice ti ama, e ti capirà. Si arrabbierà, certo, ma ti perdonerà questo lungo silenzio. Se c'è una persona che può farlo è lei."
 
 
Clarice guardava il suo bambino, era innamorata. Le era capitato con tutti i suoi figli, si riscopriva capace di un amore che non aveva eguali.
"Sta benissimo." la rassicurò Beatrice "Il rigurgito è normale. Questo bambino è forte e molto carino."
"Carino? È bellissimo!" rise Clarice prendendo in braccio Giuliano.
Beatrice sorrise, avrebbe voluto dire che aveva gli occhi dello zio di cui portava il nome, ma si trattenne. La ferita per la perdita di Giuliano durante la congiura dei Pazzi era ancora aperta nonostante fossero passati molti mesi.
Una balia entrò nella stanza per allattare, e Madonna Orsini le affidò Giuliano.
"Le sorelle se lo litigano, lo vizieranno." raccontò Clarice mentre accompagnava Beatrice fuori dalle stanze del pargoletto "Grazie per essere venuta a controllarlo, ho sempre paura che..." trattenne le lacrime.
"Lo so, siamo stati tutti toccati da una grande sofferenza e questo ci rende più guardinghi." Beatrice prese le mani di Clarice tra le proprie "Ma adesso siamo al sicuro, Lorenzo tornerà presto e non penseremo più al dolore provato."
Clarice le strinse le mani e le sorrise, si congedò più serena.
Beatrice percorse i corridoi del palazzo per raggiungere l'uscita, e incrociò Carlo sul suo cammino.
"Beatrice Da Vinci." disse l'uomo con un sorriso.
"Signore." rispose lei, con reverenza.
"Siete venuta a controllare lo stato di salute del piccolo Giuliano." 
"Sì, infatti." rispose Beatrice, anche se quella di Carlo non era una domanda.
"Clarice è fortunata, ho sentito cose molto lodevoli su di Voi. La Vostra conoscenza della medicina è impressionante, soprattutto dato che alle donne non è concesso di studiare certe arti."
"La mia famiglia credeva che essere una donna non fosse un ostacolo per l'istruzione. Anzi." gli sorrise, ma era a disagio.
Carlo ridacchiò: "Potreste essere considerata una pioniera in futuro."
"Non tengo molto ad essere ricordata dai posteri, ma grazie. Ora scusatemi ma devo tornare a casa."
"Posso rubarVi solo qualche minuto? Avrei bisogno di un Vostro consiglio su una questione." chiese Carlo.
Beatrice non era tranquilla, ma non trovò nessuna motivazione valida per rifiutargli il suo aiuto e svicolare: "Immagino di poterVi concedere qualche minuto. Di cosa avete bisogno?"
"Vorrei discutere con voi sul...Libro..." rispose a voce bassa, avvicinandosi "Ma mi rendo conto che è un argomento delicato. Avete affrontato molti pericoli, e so che avete sacrificato molto per questa ricerca, questo credo vi renda più diffidenti ed è comprensibile, io vi capisco." la guardò intensamente "Non vorrei che pensaste che io voglia inserirmi a forza nel vostro gruppo e nella vostra vita, vorrei solo potervi aiutare. Per mio padre non c'era nulla di più importante della sicurezza del Libro e di coloro che lo proteggono, e io vorrei solo proseguire nel suo intento." sorrise a Beatrice "Quindi vorrei sapere da Voi, come posso aiutarvi senza sembrare invadente? Lo chiedo a Voi perché credo che abbiate una grande sensibilità Beatrice, ho imparato che in una donna risiede una ponderata saggezza che conduce alle giuste decisioni..."
Beatrice lo interruppe: "La Vostra disponibilità è ammirevole, la apprezzo molto. Parlerò con Leonardo, sono certa che anche mio fratello sarà felice di ricevere il Vostro aiuto. Dopotutto abbiamo un obiettivo comune." gli sorrise, il più dolcemente possibile.
Carlo annuì, la ringraziò e si allontanò nei corridoi del palazzo.
Beatrice respirò profondamente, e si diresse di nuovo verso l'uscita, il discorso mellifluo di Carlo e i suoi occhi scuri che la scrutavano come se volessero ipnotizzarla le avevano fatto capire una cosa: Zoroastro aveva ragione, non si dovevano fidare di Carlo.
Si infilò nel piacevole caos quotidiano di Firenze per raggiungere la bottega. Appena arrivata a casa ne parlerò subito con gli altri, pensò, come se non avessimo già abbastanza preoccupazioni adesso ci si mette anche il bastardo di casa Medici.
Arrivata entrò nel suo laboratorio.
"Ciao!" salutò Zoroastro, era seduto sulla panca, lui le sorrise "Pensavo fossi con Leonardo, per organizzare la partenza."
"Abbiamo ancora dei dubbi su come agire."
"Riario presto capirà che non intendiamo aiutarlo, e manderà i suoi uomini a prenderci."  disse Beatrice riponendo la borsa con le medicine.
"Sì, è vero, e presto troveremo una soluzione ma..." Zoroastro si alzò e si avvicinò a lei "Bea, devo dirti una cosa. Avrei dovuto dirtela prima ma non sapevo...non trovavo il momento, le parole."
Beatrice lo guardò negli occhi, lo sapeva che le stava nascondendo qualcosa. 
"Ma adesso non posso più tacere."
"Dimmi tutto." lo incalzò lei.
"ZOROASTRO!" una voce profonda e concitata li  interruppe.
"Cazzo..." Zo serrò la mascella.
"Zoroastro, per fortuna sei qui! Voi tutti dovete venire con me, è un'emergenza!"
"Cosa succede? Chi siete?" Bea spostò lo sguardo da Zoroastro sull'uomo che era appena entrato nella stanza.
L'uomo ignorò la ragazza, era agitato: "Zoroastro, dobbiamo andarcene, dovete venire con me, il patto ormai è rotto." 
Gli occhi di Zoroastro si spalancarono, increduli: "Cosa? Ma avevi detto..."
"Lo so cosa ho detto ma tutto è cambiato!"
"Mi volete spiegare???" gridò Beatrice con voce stridula "Questa è casa mia signore, quindi sareste così cortese da dirmi che succede? Chi siete?"
"Bea..." Zoroastro sospirò e le si mise accanto, guardandola negli occhi "Lui è Armen, mio padre."
"Tuo padre?" mormorò lei, e guardò con curiosità quell'uomo. In effetti a osservarlo bene la somiglianza era evidente.
"Era di questo che volevo parlarti, vedi lui...."
"Scusatemi ma non c'è tempo! Prendete le vostre cose e venite con me! Avvisa il tuo amico Leonardo, ce ne andiamo." Armen si grattò nervosamente il polso tatuato.
Gli occhi di Beatrice erano sgranati, accusatori, rivolti verso Zoroastro: "Cosa mi hai tenuto nascosto?"
Armen rispose, severo: "Zuccherino, ti prego, avrai il tempo per conoscere tutta la storia, hai la mia parola, ma per favore, andiamo via. Siamo in pericolo." 
"In pericolo, e chi ci minaccia?" chiese Beatrice infastidita da tanta confidenza.
Armen sospirò: "I Nemici dell'Uomo bambina, e se non ci sbrighiamo..."
"I Nemici del...che diavolo mi hai tenuto nascosto Zo?" gridò di nuovo a Zoroastro, era furiosa "Cosa sta succedendo?" 
Lui la afferrò per le spalle per calmarla: "Mi dispiace mi dispiace ma ti prego, fa come dice mio padre. Ti spiegherò principessa, giuro che lo farò." si allontanò per prendere la sua sacca e iniziò a buttarvi dentro alla rinfusa le sue poche cose che teneva da Beatrice.
La ragazza lo osservò, poi sospirò per calmarsi e fece lo stesso, riempì una sacca a sua volta.
"Vado a dirlo a Leonardo." disse Zoroastro  uscendo dalla stanza.
Beatrice prese anche una piccola borsa con le medicine, un kit d'emergenza, e lo mise nella sacca.
"Sono pronta." disse a denti stretti "Dove andiamo?"
"In un posto sicuro zuccherino, lì non ci troveranno."
"Perché ci danno la caccia? Cosa è successo?" chiese mentre scendevano le scale.
"Ho dovuto rompere un patto vecchio di secoli tesoro, non la prenderanno bene."
 
 
 
"Come sarebbe a dire che non sono qui? Mi avevi detto che c'erano degli ostaggi."
Riario guardò Antea in cerca di risposte, ma la donna ne sapeva quanto lui.
"Girolamo, Vi prego, sedetevi, tutti e due." Carlo de Medici cercava di mantenere la calma, ma la situazione lo metteva a disagio e lo faceva infuriare.
Insieme a loro nella stanza c'era un uomo incappucciato, il viso si scorgeva appena, e l'individuo era vicino al muro, in un angolo poco illuminato, come se volesse rimanere in disparte ma essere comunque parte di quel colloquio.
Il misterioso incappucciato fece accomodare i due ospiti su un divanetto.
"So che avete fatto un lungo viaggio, faticoso" disse con voce calma "e questo fallimento non è un accogliente benvenuto. Purtroppo siamo stati traditi. Non me lo sarei mai aspettato da Armen."
"Armen! Quel borioso maleducato che mi hai presentato tempo fa? Sapevo che nascondeva qualcosa." disse Antea "Cosa ha fatto?"
"Ci aveva assicurato due ostaggi ma ha mentito. E in più, Leonardo e i suoi amici sono scomparsi. Deve averli fatti scappare." rispose Carlo.
"Perché? Cosa lo ha spinto a tradirvi?" chiese Riario.
Carlo si grattò nervosamente la testa: "Armen è il padre di Zoroastro, l'amico di Da Vinci."
"Ne ero certa! E voi gli avete affidato un incarico così importante nonostante questo?" protestò Antea "Ridicolo!"
"Non rivolgerti a noi così." disse l'uomo incappucciato alle spalle di Carlo "Sei con noi da poco tempo, non sai nulla di noi, non giudicarci Antea."
La donna represse un ringhio.
Riario serrò le mani  nervosi: "È quindi il Vostro piano è fallito." si alzò "Ho fatto tanta strada per nulla." guardò Antea con disprezzo "Mi avevi assicurato che avremmo avuto il Libro delle Lamine..."
"E possiamo ancora averlo, Girolamo." Carlo cercò di rabbonirlo "Abbiamo qualche asso nella manica, non tutto è perduto."
Riario lo guardò, lo incuriosiva quest'uomo. Tradiva la sua stessa famiglia, si chiese perché. In fondo con Antea facevano una bella coppia.
"Va bene, ormai siamo in ballo, quindi balliamo. Cerchiamo di risolvere questo contrattempo." deci se Girolamo, anche perché non aveva molte alternative, da solo non aveva speranze di trovare i Da Vinci, alleandosi con i Nemici dell'Uomo poteva disporre di più risorse per muoversi in un mondo misterioso che gli era estraneo.
"Armen ha rotto il nostro patto, sarà severamente punito per questo." disse l'incappucciato.
Carlo annuì: "Questo è certo. Ora vi mostro la Vostre stanza, il nostro nascondiglio è spartano ma accogliente. Riposate conte Riario, e domani studieremo un piano per prendere ciò che ci spetta."
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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