Stay with me

di SiriusLoire
(/viewuser.php?uid=384702)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Il Mark Sein cadde tra le braccia del Mark Nicht.
Ormai era entrato in una spirale di dolore dalla quale era sicuro di non uscirne. Il braccio destro era praticamente inutilizzabile, era immobile, con la mano ancora bloccata nel vano del Nibelung System. Il torace gli faceva male a causa dei colpi ricevuti durante il combattimento e la caduta. Le palpebre si facevano sempre più pesanti e faceva fatica a guardare in direzione del nemico che lo aveva ferito.
“Come ho potuto commettere un errore del genere?” si domandò, isolandosi dal mondo caotico che lo circondava. Rimase qualche secondo fermo, fissando il nemico. La creatura aliena stava facendo una strage di unità e piloti.
“Non è il momento per riposare!” pensò, riuscendo a muovere il braccio. Sentì dolore, ma non gli importava: aveva altro da fare, il tempo per lamentarsi delle ferite non era ancora giunto.
-KAZUKI!-
-Soshi… Sto bene…- disse, con un filo di voce. La sua unità riiniziò a muoversi.
-Ritiriamoci, non sei in grado di continuare!- sentenziò l’amico, con un’evidente nota di preoccupazione.
-Mi… basta un solo colpo…- continuò Kazuki, passando l’arma del Sein dalla mano destra alla mano sinistra. –Devi… distrarlo.-
Soshi tacque. Il Mark Nicht si librò in aria, raggiungendo il Festum e bloccandolo. Il Mark Sieben piombò al fianco dell’unità di Kazuki.
-Kazuki-kun!- esclamò Maya, puntando il Dragon Tooth contro il Festum –Io e Minashiro ti copriremo le spalle!-
-Sì…- rispose, raccogliendo le ultime forze e aspettando il momento giusto per colpire. Sapeva che da un momento all’altro sarebbe svenuto, ma voleva fare tutto il possibile per vincere la battaglia.
Per un momento sembrò che Soshi fosse riuscito ad aprire un varco nella difesa del nemico, ma, qualche secondo dopo, la creatura riprese ad attaccare brutalmente. Kazuki vide il Mark Nicht evitare magistralmente i colpi del suo avversario, ma non riusciva ad attaccarlo.
“È possibile che abbia paura che io non riesca?” si domandò, continuando a seguire i movimenti dei due sopra di lui.
Nel frattempo, il Mark Sieben aveva puntato la sua arma verso l’avversario.
-Sono pronta a premere il grilletto in qualsiasi momento.- affermò Maya, con tono serio e pacato. –Devo solo aspettare che il nemico si scopra leggermente di più, poi faremo la nostra mossa.-
-Va… bene…- rispose. Le forze stavano cominciando ad abbandonarlo, la vista gli si annebbiava sempre di più. La fronte gli grondava di sudore, stava faticando moltissimo per restare cosciente. La parte destra della Synergetic Suit era probabilmente intrisa di sangue a causa del profondo taglio nel tricipite destro, tant’è che gli sembrava di avere qualcosa di rovente attaccato alla pelle.
In quel momento il Mark Nicht attaccò il nemico.
-Kazuki!- esclamò Soshi, aprendo un varco nella difesa del Festum. Il Mark Sein sfrecciò in aria, puntando la Luger Lance contro il nucleo dell’alieno.
“Posso farcela!” pensò, spingendo al massimo la sua unità. “Ancora un po’…”
Il Mark Sieben iniziò a sparare in direzione delle braccia dell’essere che iniziò a guardarsi intorno, non capendo cosa stesse accadendo, aprendo così una breccia ancora più grande.
“Adesso!” sussultò Kazuki. Per un attimo il dolore svanì, permettendogli di andare al massimo delle sue capacità. La lancia penetrò il torace del nemico e si aprì in due, premettendo al colpo energetico precedentemente caricato di farsi strada verso il nucleo.
L’essere iniziò a contorcersi a causa dei danni subiti.
-Kazuki! Spostati!- ordinò Soshi, riavvicinandosi al nemico: se Kazuki fosse rimasto lì ancora per qualche secondo, sarebbe stato colpito dall’onda d’urto. Il ragazzo provò a spostarsi, ma non riuscì a sfilare la lama dal nemico, era troppo debole e l’ultimo attacco gli aveva prosciugato le forze. Più ci provava, più non riusciva a rimuovere la Luger.
“Dannazione!” pensò, cercando di allontanarsi, ma senza alcun risultato.
-KAZUKI!-
Il Mark Nicht piombò sul Mark Sein, spingendolo via con forza. Con l’impatto, la placca del Nibelung System che stava sulla spalla destra di Kazuki si strappò di colpo, trascinando con sé pelle e tessuto della Suit, lasciando profondi tagli sul suo corpo. Buttò fuori tutta l’aria che aveva nei polmoni, fino a sentirli bruciare.
Soshi fece in modo che il Sein non fosse sbalzato lontano, afferrandolo per il braccio sinistro e tirandolo verso se, evitando che i due mecha si scontrassero e l’impatto causasse più danni al pilota.
Kazuki sentì il suo nome venir ripetuto parecchie volte, ma la sua attenzione era rivolta verso il Festum che, contorcendosi, venne annientato qualche secondo dopo. Chiuse gli occhi e cercò di respirare lentamente, ma un forte dolore al torace gli impediva di farlo adeguatamente.
-So… shi…- mormorò, agonizzante. La gola gli bruciava come se avesse deglutito un tizzone acceso e sentiva fitte micidiali in tutto il corpo.
“Per me… è finita?” pensò. Da quel momento in poi non capì più nulla. Sentiva voci diverse, qualche volta riusciva a riconoscere quella di Soshi, Maya e degli altri compagni. Molto probabilmente venne trasportato in un luogo sicuro e tranquillo, dato che non sentiva più il putiferio di prima. Era così privo di forze da non essersi accorto del momento in cui lo hanno tirato fuori dalla cabina di comando del suo Fafner.
“Io… devo… tornare a casa… L’ho promesso a tutti: a papà, a Canon… alla mamma… Tutti aspettano il mio ritorno, non deve finire così…”
Il suo corpo iniziò a bruciare dal dolore. Dalla sua bocca uscì un altro urlo straziante. Qualcuno stava facendo qualcosa alle parti lese del suo corpo, non sapeva cosa, ma dal dolore pensò che gli stessero strappando le membra.
-NO! LASCIATEMI!- urlò, muovendo le gambe, scalciando e puntando i piedi contro la superficie orizzontale dove era sdraiato. –QUALCUNO MI AIUTI! SOSHI! AIUTAMI!- Il dolore continuò ad aumentare a dismisura. Gridava a squarciagola e piangeva, implorando di essere lasciato in pace. –LASCIATEMI ANDARE! IO… IO DEVO TORNARE A CASA! IO VOGLIO TORNARE A CASA!!!-
Qualcuno gli afferrò delicatamente la mano sinistra e la sollevò leggermente.
-Kazuki, calmati, andrà tutto bene. Sono qui, vicino a te… Senti? Ti sto tenendo la mano.-
Kazuki voltò la testa verso la sua sinistra. Non riusciva a vedere bene a causa della luce puntatagli addosso e delle lacrime che scorrevano come un fiume in piena. Vide una sagoma. Era un ragazzo con i capelli lunghi e chiari.
-So…shi…- mormorò con un filo di voce. Riuscì a intravedere che la figura accanto a lui stava annuendo.
-Devi calmarti, Kazuki. Vedrai che andrà tutto bene.- commentò Soshi, spostandogli i capelli che, per l’agitazione, gli erano finiti sugli occhi e gli si erano attaccati alla fronte e al viso.
-Io… non voglio… morire…- disse Kazuki, chiudendo gli occhi. Le lacrime continuarono a scendere copiosamente.
-Non morirai. Adesso smettila di fare così, devi stare tranquillo…- continuò Soshi, finendogli di sistemare i capelli e asciugandogli le lacrime dall’occhio sinistro usando il pollice della mano destra.
-Io… voglio… tornare a casa… Aiutami…-
-Adesso ti addormenterai per un po’, ma non ti devi preoccupare: resterò qui al tuo fianco fino a quando non avranno finito di curarti, va bene? Prima di tutto calmati, altrimenti chi ti può aiutare non sarà in grado di farti sentire meglio.-
-Soshi…- continuò a biascicare mentre le palpebre si chiudevano lentamente. –Voglio tornare… a casa…-
-Torneremo senz’altro a casa.-
-Aiutami…-
-Sono qui. Non ti lascerò mai.-
-Fa… male…-
-Ci sono io con te. Non preoccuparti, andrà tutto bene, vedrai.-
-So... shi…-
Dopo aver mormorato quelle parole, Kazuki chiuse lentamente gli occhi e cadde in un sonno profondo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


-Minashiro-kun! Dovresti riposare. È la settima volta che ti addormenti sulla sedia accanto al letto…-
Quelle furono le prime parole che Kazuki sentì quando riprese i sensi.
Non riusciva ancora ad aprire gli occhi e quasi tutto il corpo era intorpidito e incapace di muoversi. In bocca sentiva sapore di ferro, probabilmente aveva sputato sangue durante la battaglia, senza che se ne rendesse conto. La mano sinistra era poggiata su qualcosa di soffice, e qualcuno aveva la fronte appoggiata sul suo fianco sinistro e gli stringeva la mano destra.
Sentì Soshi mugugnare e muoversi.
-Attento! Hai la mano di Kazuki-kun poggiata sulla testa!- Maya prese delicatamente la mano di Kazuki e la alzò, permettendo a Soshi di rimettersi in posizione seduta, per poi riadagiarla dolcemente sul letto, lungo il corpo.
-Come avrà fatto a…-
-Lo chiedi a me? Sono tornata adesso e vi ho trovati così! Comunque sia: dovresti riposare per qualche ora. Sei rimasto sveglio tutta la notte e hai passato ore intere seduto su quella sedia, ti sei alzato solo per usare il gabinetto e rinfrescarti…-
-Gli ho promesso che sarei stato al suo fianco finché non sarebbe stato meglio…- ribatté Soshi, alzandosi dalla sedia e spostandola un po’, in modo da far spazio a Maya.
Kazuki riusciva ad immaginare solo con l’udito. Dopo qualche minuto, si accorse di essere in posizione semi seduta e di avere qualcosa poggiato sul viso, forse una maschera per l’ossigeno.
-Era… fuori di sé… non è vero?- chiese Maya, strisciando il meno possibile una sedia per portarla accanto al letto. –Mio fratello mi ha detto che era ridotto davvero male…-
Soshi afferrò nuovamente la sua mano sinistra.
-Sembrava uscito di senno…- confermò –Pensavano fosse svenuto, ma ha iniziato ad urlare ed agitarsi non appena hanno iniziato a medicarlo e prepararlo per l’anestesia. Non faceva altro che chiedere aiuto e mi chiamava. Per questo motivo mi hanno fatto entrare… Quando l’ho visto in quelle condizioni, mi sono spaventato moltissimo…-
“Soshi…” pensò Kazuki, cercando di aprire gli occhi. “Allora… eri davvero tu…”
-Ma, cercando di mantenere la calma, sono riuscito a tranquillizzarlo un po’… La prima notte non mi hanno permesso di stare con lui. Ho insistito, ma mi hanno mandato nella nostra stanza… E li mi sono sfogato…-
-Va bene sfogarsi, qualche volta…- commentò Maya –Eri parecchio preoccupato…-
-Sì. Non sapevo cosa fare. Ho passato tutta la notte sveglio, non riuscivo a dormire… Non ci sarei riuscito neppure con l’uso del sonnifero… D’altronde… è anche colpa mia se si è ridotto così.-
“Io… ho causato… tutta questa preoccupazione?”
-Non dire così, gli hai salvato la vita. Purtroppo il suo Nibelung System era difettoso, è per questo che con l’impatto si è staccato e Kazuki-kun è rimasto gravemente ferito…- sentenziò la ragazza, aprendo una bottiglia e versandone il contenuto in due bicchieri. L’odore del caffè si diffuse in tutta la stanza. –Ecco, prendi… -
Soshi mugugnò e la ringraziò.
-Non riesco a pensare altrimenti… Se me ne fossi accorto subito, lo avrei trascinato via senza fare quella manovra avventata…-
“No… mi hai salvato… Non hai fatto nulla di avventato, Soshi.”
-Fortunatamente non ha subito danni al sistema nervoso…-
Trascorsero alcuni minuti di silenzio. La fragranza della bevanda era ancora vivida nelle narici del ragazzo. Nella sua mente riaffiorarono i ricordi dei momenti in cui lui, Soshi e Maya lo bevevano tranquillamente durante le pause, sulla spiaggia di notte…
“Mi piacerebbe assaggiarne un po’…” pensò, stringendo leggermente la mano sinistra e chiudendo la destra a pugno. Strizzò gli occhi e mugugnò.
-Kazuki?!-
Il ragazzo mosse le labbra, ma non uscì alcun suono dalla sua bocca.
“Soshi… Tōmi…”
Aprì lentamente gli occhi. Provò nuovamente a parlare, ma nulla: nessun suono voleva uscire.
“Soshi… Tōmi…”
-Sta aprendo gli occhi!- esclamò Maya, eccitata. Soshi gli strinse leggermente la mano sinistra e la sollevò un po’.
Kazuki continuò ad aprire gli occhi, ma ad un certo punto si bloccò, non riusciva ad andare oltre. Voltò lentamente la testa verso di loro e li fissò. La vista era annebbiata dalla debolezza, ma riuscì a distinguere le due figure.
Soshi pose nuovamente la mano che stava stringendo sul letto e si avvicinò un po’ di più al suo viso. Kazuki notò che i suoi occhi erano cerchiati da occhiaie nere e la cicatrice dell’occhio sinistro era leggermente violacea in corrispondenza della rima inferiore dell’occhio.
-Kazuki, riesci a vederci?- chiese Soshi, sfiorandogli leggermente la spalla sinistra, nuda. Kazuki mosse leggermente la testa, come se stesse annuendo.
“Sì, vi vedo… Siete qui… Sei sempre stato qui…” pensò.
Entrambi sospirarono e sorrisero. Per un momento a Kazuki sembrò che stessero per piangere dalla gioia.
-Come ti senti?- chiese la ragazza, avvicinandosi al letto. –Stai meglio rispetto all’altro giorno?-
Kazuki annuì nuovamente. I due sospirarono sollevati.
“Quanti giorni sono passati?” pensò. Provò nuovamente a parlare ma non ci riuscì.
Soshi gli sollevò leggermente la maschera.
Mosse nuovamente le labbra, ma tutto quello che ne uscì fu un mugolio quasi impercettibile. Soshi gli risistemò la maschera come prima.
-Hai dormito per un giorno e mezzo.- rispose Soshi, sedendosi nuovamente accanto a lui. –Il dottore mi ha riferito che, finito l’effetto dell’anestesia, la prima notte hai iniziato ad agitarti come un forsennato e cercavi di strapparti di dosso le medicazioni e la flebo. In tre ore sei riuscito a strapparti i punti almeno due volte. Per questo hanno deciso di sedarti, in modo da farti stare tranquillo. Lo hai fatto solo durante quella notte, il resto del tempo lo hai trascorso senza problemi.-
Kazuki aggrottò le sopracciglia e strizzò gli occhi. L’intero braccio destro e il petto avevano iniziato a fare male.
“Che dolore!” pensò, stringendo i denti e mugugnando.
-Kazuki-kun, che succede?- chiese Maya, preoccupata.
-Deve essere finito l’effetto dell’antidolorifico. Era l’ultimo. Il dottore ha detto che sarebbero andati a prendere i rifornimenti. Secondo le previsioni, dovrebbero arrivare tra poco.- rispose Soshi, alzandosi in piedi e avvicinandosi alla flebo vuota.
-Vado a controllare.- disse la ragazza, prendendo le cose che aveva portato con sé. Si avvicinò al letto e sfiorò la mano destra di Kazuki. –Farò di tutto per fare in fretta; tu, nel frattempo, cerca di stare tranquillo, ok?-
Il ragazzo annuì. La giovane uscì dalla stanza e chiuse la porta lentamente.
Kazuki volse lo sguardo verso Soshi, che si era riseduto sulla sedia e  aveva appoggiato gli avambracci sul letto chiudendo gli occhi. Notò in una sola volta tutta la stanchezza: era rimasto sveglio per parecchio tempo, contando che avevano entrambi combattuto.
“Soshi…” pensò, sfiorandogli debolmente le mani con la sinistra. Soshi aprì gli occhi e si voltò verso di lui.
-Cosa c’è?- chiese, sbadigliando. Kazuki fece un flebile cenno con la mano sinistra, invitandolo ad avvicinarsi.
“Soshi… per favore… avvicinati…”
Il dolore tornò più forte di prima, facendolo mugugnare rumorosamente. Più che un mugugnò, sembrò un urlo strozzato. Soshi gli afferrò la mano e si avvicinò.
-Devi pensare a riposare, Kazuki.- disse il ragazzo, poggiandogli una mano sulla fronte. –Hai la febbre altissima, prova a riaddormentarti. Resterò qui fino a quando non arriveranno le medicine, va bene?-
-So.. shi…- mormorò, sforzandosi a parlare.
-Kazuki, non sforzarti più del dovuto!- lo ammonì Soshi. –Devi riposare il più possibile!-
Kazuki mosse la mano sinistra, ancora avvinghiata a quella di Soshi, e la avvicinò al petto, costringendo il ragazzo ad avvicinarsi di più.
-Non c’è bisogno di tirarmi a te.- disse, avvicinandosi in modo da essere quasi attaccato al suo viso e fissare Kazuki negli occhi. Per qualche secondo, gli spostò nuovamente la maschera. –Non me ne andrò, te l’ho…-
Kazuki face scivolare la mano sinistra dalla presa di Soshi e la sollevò, sfiorandogli la guancia sinistra e spingendo leggermente la sua testa verso sé. Appena la sua guancia fu quasi rasente alla punta del naso, Kazuki sollevò appena la testa, in modo da avvicinarsi al suo orecchio.
-Gra…zie…- disse, con tono di voce quasi impercettibile.
Soshi aprì leggermente la bocca e spalancò gli occhi, stupito.
-Gra…zie… per… tutto… So…shi…- e riappoggiò lentamente la testa sul cuscino. Quando Soshi si mise nuovamente nella posizione che aveva prima, gli ripoggiò delicatamente la maschera sul viso.
-Kazuki…- mormorò, accarezzandogli i capelli. Kazuki socchiuse gli occhi e, ignorando il dolore e la debolezza, accennò un flebile sorriso.
Soshi sorrise e continuò a sistemargli i capelli; lui chiuse gli occhi.
-Sei stanco?- gli chiese, spostandogli i ciuffi dalla fronte. Kazuki scosse leggermente la testa e mugugnò qualcosa simile ad un “no”.
-Non preoccuparti, adesso, però, rimettiti a dormire. Se non riposi non potrai rimetterti in sesto. Senti dolore?-
Kazuki annuì e indicò, con la mano sinistra, la parte destra del corpo.
-Sono ferite abbastanza profonde, è normale che ti facciano male.- rispose, facendogli appoggiare il braccio sinistro sul letto.–Tra un po’ arriveranno con l’antidolorifico, così potrai riposare meglio.-
“Dovresti riposare un po’ anche tu…”
-Fa... male…- mormorò, ansimante e con la voce strozzata. Chiuse gli occhi.
Soshi si chinò sopra di lui e poggiò delicatamente le labbra sulla sua fronte sudata. Kazuki sentì i capelli del ragazzo che gli sfioravano gli zigomi e le guance, facendogli il solletico.
-Passerà presto, vedrai…- sussurrò, sedendosi nuovamente e accarezzandogli la spalla sinistra. –Io e gli altri faremo in modo che le tue ferite guariscano subito, non preoccuparti. Adesso dormi, ne hai assoluto bisogno, Kazuki…-
Nonostante il dolore, dopo qualche minuto si addormentò.
 
                                                        ***********************************
 
Soshi attese che si addormentasse profondamente.
Guardò il suo corpo fragile e coperto di bende. La sua pelle pallida era piena di graffi e lividi.
Soshi poggiò il gomito sinistro sul bordo del letto e si coprì gli occhi con la mano. Le lacrime caddero sul lenzuolo.
“Perché mi hai ringraziato?!” pensò, singhiozzando e stringendo delicatamente la mano sinistra di Kazuki. “Non dovevi! È colpa mia se sei ridotto così! Non merito di essere ringraziato… Kazuki… potrai mai perdonarmi?”

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Quando Kazuki riaprì gli occhi era mattina. Il sole era appena sorto e i raggi colpivano debolmente la parte del lenzuolo che gli copriva i piedi. Non aveva più la maschera dell’ossigeno.
“Quanto ho dormito?” si domandò, voltando lo sguardo a sinistra: era solo. “Soshi… sarà andato a riposare?”
Alzò leggermente la testa e si accorse che Soshi era sdraiato sul divano, col viso completamente coperto dai capelli, e dormiva.
“È ancora qui.” Pensò, sorridendo e riappoggiando la testa sul cuscino. Voltò lo sguardo alla sua destra e notò che il braccio destro, la spalla e il petto erano completamente coperti da bende. Il braccio sinistro era ancora disteso sul letto e nella piega del gomito c’erano delle fasce che tenevano fermo l’ago della flebo.
Nel corridoio le persone avevano già iniziato a lavorare. Qualcuno chiuse una porta un po’ più forte del dovuto e Kazuki notò che Soshi sussultò.
-Soshi…- mormorò. La gola era completamente arsa e sentiva le guance prendere fuoco, probabilmente a causa della febbre. Soshi si mise in posizione seduta e si spostò la grande massa di capelli dal viso, sbadigliando rumorosamente, poi aprì gli occhi e si voltò verso Kazuki.
-Sei già sveglio…- disse con la voce ancora impastata dal sonno. Si alzò dal divano e si avvicinò al tavolino vicino al letto. –Come ti senti?-
-B-bene… credo…- biascicò Kazuki, seguendolo con lo sguardo.
Soshi prese un bicchiere e lo riempì d’acqua.
-Hai bisogno di bere un po’ d’acqua…- affermò, avvicinandosi a lui. –Riesci ad alzare un po’ la testa?-
Kazuki ci provò, ma dopo qualche secondo dovette riappoggiarsi sul cuscino. Non aveva ancora abbastanza forza per potersi sedere e tenere la testa alzata per un certo periodo. Soshi resse il bicchiere con la mano sinistra e passò l’avambraccio destro attorno alle spalle di Kazuki. –Attento, cercherò di non farti male.-
Lo sollevò leggermente e gli avvicinò il bicchiere alle labbra. Kazuki sentì le ferite tirare, ma era un fastidio sopportabile;  allungò leggermente la testa in avanti e iniziò a sorseggiare lentamente. L’acqua fresca gli dava fastidio alla gola, ma tutto sommato trovò piacevole dissetarsi. Soshi lo riadagiò sul letto, sfilando poi il braccio molto lentamente, e andò a poggiare il bicchiere dove era prima.
-Grazie…- mormorò Kazuki, chiudendo gli occhi e sospirando.
-Non c’è bisogno di ringraziarmi, Kazuki.- commentò Soshi, prendendo una sedia e sedendosi accanto al letto.
-Cosa…- chiese il ragazzo, voltandosi a guardarlo –cosa… mi… è successo… di preciso?-
Soshi chinò la testa, quasi come se non volesse rispondere alla domanda.
-Mentre stavamo combattendo…- iniziò, sfiorandogli il dorso della mano sinistra con le dita –Il Festum ti ha attaccato da dietro, ed è riuscito a penetrare nella cabina di pilotaggio, tranciandoti il tricipite destro. Per un momento hai perso il controllo del Mark Sein e, mentre precipitavi, hai preso qualche colpo alla cassa toracica, rompendoti due costole e causandoti parecchi traumi. Poi, mentre ti ho trascinato lontano dal Festum… il Nibelung System ti ha quasi strappato la carne dal braccio e dalla spalla. Sicuramente si deve essere spostato quando sei stato colpito la prima volta… Ma fortunatamente, non hai subito danni ai nervi e al sistema nervoso.-
Kazuki sentì una stretta allo stomaco: ricordò in un’istante tutto il dolore provato in quei minuti.
-Quando ti hanno tirato fuori… eri in un lago di sangue. Ho avuto molta paura… Non riuscivi a respirare e sputavi sangue…-
-Io… non ricordo… nulla…- mormorò Kazuki, socchiudendo gli occhi e facendo scorrere qualche lacrima: iniziò a sentire nuovamente dolore.
-Kazuki… adesso va tutto bene…- bisbigliò Soshi, accarezzandogli i capelli. –Sei al sicuro…-
-Fa male…-
-Non preoccuparti, guarirai in fretta, resterò qui accanto a te.-
-Ho… fatto un… bel… casino…-
-Adesso il peggio è passato, stiamo tutti bene. Il nemico è stato sconfitto, l’unica cosa di cui ti devi preoccupare è di riposare subito e il più possibile, Kazuki…-
-Ti ho… causato… un sacco… di problemi… e di stress…- continuò a mormorare, mentre le lacrime scendevano copiosamente dai suoi occhi.
-Non devi pensarlo neanche per scherzo!- Soshi si avvicinò al suo viso, a circa venti centimetri di distanza. –Sono stato io a causare problemi a te. Se mi fossi accorto subito che non riuscivi ad estrarre la Luger Lance dal nemico, avrei potuto aiutarti senza ferirti ulteriormente!-
Kazuki scosse la testa.
-No… tu… mi hai salvato… Soshi…- La voce cominciò a vibrare a causa della debolezza. –Se tu non ti… fossi lanciato col… Mark Nicht contro… di me… probabilmente l’onda d’urto… mi avrebbe ucciso… Non è colpa tua… Se c’è qualcuno… da incolpare… quello sono io…-
Soshi lo fissò.
-Kazuki… che cosa stai dicendo?-
-Mi sono comportato… come un imbecille… Volevo… combattere da solo… Sono stato… un egoista… Pensavo… di potercela fare… da solo… Volevo… finire subito la… faccenda…-
-Kazuki, per favore, smettila di parlare. Devi assolutamente riposare altrimenti le tue ferite non guariranno mai…-
-Io volevo solo… tornare a casa… Io non… voglio più combattere… questa guerra… contro quegli esseri… io…-
Kazuki chiuse gli occhi e iniziò a singhiozzare.
-NON VOGLIO PIÙ AVERE A CHE FARE CON QUESTE STRONZATE!-
Si coprì gli occhi con l’avambraccio sinistro e cercò di asciugarsi le lacrime con la mano destra. Pianse a lungo, dicendo che non voleva più avere a che fare con la guerra. Soshi provò a calmarlo un po’, ma non ci riuscì.
-Ehi… dai… Calmati, Kazuki. Ti prego, non piangere…- disse Soshi, afferrandogli dolcemente il polso sinistro e facendogli poggiare il braccio sul letto. Cercò di asciugargli le lacrime, ma più ci provava, più esse sgorgavano dai suoi occhi castani.
-Non dire così… Stanno tutti combattendo per sopravvivere, anche bambini come Miwa. E anche noi due dobbiamo combattere. Dobbiamo essere la loro guida. Capisco che il futuro possa sembrarti spaventoso, ma per favore… Hanno bisogno di noi. Hanno bisogno del tuo aiuto, Kazuki.-
Soshi sorrise e gli accarezzò lo zigomo sinistro. –Anche io sono stufo di questa storia. E non voglio più vederti ferito e sofferente, però… abbiamo la possibilità di porre fine a questo conflitto. Abbiamo il potere per farlo. Anche se questo potere consuma le nostre vite. Se riusciremo a compiere questa missione difficile, nessuno dovrà più soffrire tutto quello che abbiamo passato noi.-
Kazuki provò a calmarsi, ma le lacrime non si fermarono.
-Io… non voglio morire… Io voglio… vivere… Voglio… che tu rimanga con me… per sempre… Voglio vivere… in pace… con tutti…-
-Tu vivrai, Kazuki. Farò di tutto per salvarti. Te l’ho già promesso…- Soshi sorrise nuovamente. –Hai sempre combattuto al mio fianco. Sei stato il primo a capirmi, a capire cosa provai per tutto quel tempo. E hai atteso il mio ritorno per anni, senza mai rinunciare… Salvarti è il minimo che possa fare, Kazuki.-
Si avvicinò un po’ di più al suo viso.
Kazuki riuscì a percepire la sincerità attraverso quegli occhi a tratti grigi e a tratti viola che lo fissavano con dolcezza e sicurezza. Li ha sempre trovati affascinanti.
-Soshi…-
Con uno slancio, Kazuki riuscì ad alzarsi e premette le sue labbra contro quelle di Soshi. I due rimasero in quella posizione per un paio di secondi, poi Kazuki cominciò a sentire nuovamente dolore. Iniziò a riadagiarsi sul letto e Soshi rimase attaccato a lui, accompagnandolo dolcemente con la mano.
Si staccarono per un attimo.
Soshi lo fissò, stupito. Kazuki sorrise, facendo scorrere le ultime lacrime dagli occhi.
Fece per riavvicinarsi e le loro labbra si intrecciarono nuovamente. Sollevò la mano destra e afferrò con forza la spalla sinistra di Soshi, tirandolo a se. Soshi continuò a tenere la mano destra tra i suoi capelli bruni e poggiò delicatamente l’altra mano sul suo petto, cercando di evitare la parte lesa. Kazuki poggiò con sicurezza la mano sinistra sulla schiena di Soshi e strinse il tessuto della maglietta. Continuarono a baciarsi, staccandosi e riattaccandosi di continuo, per alcuni minuti.
Soshi riuscì a liberarsi dalla presa di Kazuki appena sentì che la sua pelle si faceva sempre più calda. La vista del ragazzo si stava annebbiando a causa della febbre, ma non gli importava: voleva continuare quello che stava facendo. Sentì la mano sua fresca che gli sfiorò le guance e la fronte.
-Sei bollente…- commentò Soshi, rispostandogli i capelli dalla fronte –Hai la febbre molto alta!-
-N-no…- mormorò Kazuki. Toccò entrambe le guance di Soshi, ma il braccio destro era molto debole e lasciò sollevata soltanto la mano sinistra. –Tranquillo… sto bene…-. Sentì gli occhi bruciare.
Soshi scosse la testa e si alzò dalla sedia, poi si diresse verso l’armadietto accanto alla porta. Kazuki lo seguì con lo sguardo e vide che stava cercando qualcosa lì dentro. Gli occhi iniziarono a bruciare.
-Vado un attimo al bagno, torno subito.- disse, prendendo una piccola bacinella e due panni. Kazuki annuì e mugugnò.
“Ti prego… fai in fretta…”
Soshi rientrò quasi subito. Prese uno dei panni, lo inumidì e lo passò dolcemente sul viso di Kazuki. Il ragazzo provò sollievo nel sentire qualcosa di fresco a contatto con la pelle.
-Sei completamente sudato.- commentò Soshi, ribagnando il panno e poggiandoglielo sulla fronte. Kazuki ribatté con un mugugno. Soshi prese l’altro panno e glielo passò sulla pelle scoperta dalle lenzuola e dalle bende. –Ti fa male qualcosa?-
-Ho solo… un po’ di mal di testa…- rispose flebilmente.
-Non senti dolore per le ferite?-
-Solo… un po’…-
Soshi sorrise e continuò a passare il panno sulla sua pelle bianca, evitando di fare troppa pressione sui lividi e sui graffi.
-Adesso, seriamente, smettila di parlare e cerca di riposare un po’.-
-Anche tu… Soshi…-
-Che hai detto?-
-Anche tu… dovresti riposare un po’…- Kazuki sorrise e lo guardò. Soshi sospirò e sbuffò.
-Riposerò quando tu starai meglio.-
-Sei… strambo… Soshi…-
-Tra poco io e i dottori controlleremo le tue medicazioni, poi ti porterò qualcosa da mangiare. Hai bisogno di accumulare energie e di riposo assoluto se vuoi guarire il prima possibile.-
Kazuki annuì. –Quanto… tempo resteremo in questa base?-
-Partiremo domani, all’alba. Il viaggio durerà parecchie ore, poi trascorrerle dormendo e cercando di riposare… Non preoccuparti, faremo salire prima i feriti, ti starò accanto per tutto il viaggio.-
-Soshi…-
-Sì?-
-Torneremo a casa presto… giusto?-
Soshi sorrise e gli accarezzò la guancia sinistra con il panno.
-Ci torneremo molto presto, Kazuki…-

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Si svegliò in una stanza completamente buia. Uno spazio nero che sembrava non avere una fine. Era sdraiato su quello che poteva essere un pavimento. Si alzò in piedi. Sentiva il suo corpo leggero, quasi come se non gli fosse successo nulla. Indossava la divisa bianca dell’Alvis.
-Le mie ferite…- disse, controllandosi il torace e il braccio destro. –Non ci sono più!-
-He he!-
Kazuki si voltò di scatto. Alle sue spalle c’era un bambino, lo stesso che lui e Maya avevano incontrato qualche giorno prima del combattimento. Da sotto i suoi capelli biondi si intravedevano gli enormi occhi a palla.
-Quindi… che cosa hai deciso?- disse fissando Kazuki negli occhi. –Vieni anche tu dalla nostra parte?-
Il ragazzo lo fissò, aggrottando le sopracciglia. Strinse entrambe le mani a pugno, fino a sentire le unghie penetrare la pelle del palmo.
-Che cosa vuoi da me?- chiese. Il bambino ridacchiò.
-Solo che tu decida.-
L’essere svanì dalla sua vista. Kazuki sussultò.
-Ma devi fare in fretta.-
Si voltò: era alle sue spalle. Poi sparì nuovamente.
-Ora sei solo. Solo, solo, solo.-
Il bambino continuava a schernirlo, apparendogli alle spalle e poi sparendo qualche secondo dopo. Kazuki non faceva altro che voltarsi e spostarsi. Non riusciva a prevedere da dove potesse apparire. Rideva. Gli diceva che era da solo. In effetti, in quel momento, lì c’erano solo loro due.
-Non è vero! Io non sono solo!- esclamò. Il cuore iniziò a battergli all’impazzata. L’ambiente circostante divenne sempre più nero e angusto, come se le pareti si fossero ristrette in un lampo. Kazuki sentì l’aria mancare. Sentì pressione sulle parti ferite. Sentì il sangue colare sul suo corpo e impregnare i suoi vestiti. Il dolore lo stava facendo impazzire. Provò a spingere le pareti lontano da se, ma più spingeva più esse lo comprimevano.
-Kazuki, riesci a vederci?-
-Kazuki, non sforzarti più del dovuto! Devi riposare il più possibile!-
-Io e gli altri faremo in modo che le tue ferite guariscano subito, non preoccuparti. Adesso dormi, ne hai assoluto bisogno, Kazuki…-
“Soshi! Aiutami!”
-KAZUKI!-
“Soshi, dove sei?!”
-Kazuki, calmati, andrà tutto bene. Sono qui, vicino a te… Senti? Ti sto tenendo la mano.-
“Io… non sento niente! Dove sei?! Soshi?!”
-Ci sono io con te. Non preoccuparti, andrà tutto bene, vedrai.-
“Non lasciarmi solo! Dobbiamo tornare a casa! Dove sei?!”
-Ci torneremo molto presto… Kazuki.-
“Soshi! Soshi! Aiutami!”
-SOSHI!-
Quando urlò, le pareti svanirono e lui cadde a terra, privo di forze. Le ferite si riaprirono e lui si trovò circondato da un lago di sangue. Il bambino era accanto a lui e lo guardava dall’alto in basso. Kazuki voleva scappare, ma una strana forza lo teneva incollato al pavimento.
-Quindi ti sei deciso?- gli chiese, chinandosi e sfoderando un sorriso inquietante.
-Lasciami andare!- esclamò Kazuki, cercando di alzarsi senza alcun risultato.
-Tu ora verrai con me…- disse, chinandosi e allungando la mano verso di lui.
-VATTENE!-
Il bambino rise e continuò ad avvicinare la mano sempre di più.
-LASCIAMI! NON MI TOCCARE! STAMMI ALLA LARGA!-
Tirò indietro il braccio e la sua mano si trasformò in una lama dorata. L’espressione sul suo volto si fece sempre più folle.
-NO! LASCIAMI! TOGLITI DI MEZZO! VATTENE! LASCIAMI! BASTA… BASTA… BASTA… BASTA!!!-
La lama gli penetrò il petto. Chiuse gli occhi e dalla sua bocca uscì un urlo assordante.
Quando li riaprì si accorse di essere in grado di alzarsi. Si alzò in piedi, sulla superficie morbida. Sentì qualcosa che cercò di afferrarlo per il bacino e farlo tornare giù. Lui le sferrò un calcio, colpendola di striscio, e si voltò verso sinistra per scappare, ma, appena fece per andarsene, cadde a terra, con un tonfo sordo. Il suo corpo iniziò a bruciare dal dolore. Sentì qualcosa attaccata al braccio sinistro. Nel furore la afferrò e la strappò via.
La cosa che lo seguiva cercò nuovamente di afferrarlo, ma lui riuscì a scacciarla nuovamente con una pedata. Gattonò ansimante verso quella che sembrava essere una porta e, con gli occhi spalancati e sbarrati, si arrampicò fino alla maniglia. Cercò di aprire la porta, ma non ci riuscì.
-FERMO!-
La cosa che lo seguì si lanciò contro di lui, facendolo sbattere contro la porta. Sentì le sue costole rompersi nuovamente.
Venne afferrato e trascinato indietro da un braccio che gli passò da sotto le ascelle e sul petto.
-NO! LASCIAMI! LASCIAMI!-
Kazuki tirò una gomitata con forza e colpì la persona dietro di lui in pieno petto. Lasciatosi il tonfo alle spalle, si rilanciò contro la porta. Cercò di raggiungere la maniglia, ma il dolore gli impediva di raggiungerla. Sentiva le ferite tirare e diventare roventi, ma cercò di spingersi oltre le sue possibilità.
Si toccò il costato destro con la mano sinistra e cercò di raggiungere la maniglia.
Doveva scappare. Voleva scappare. Lui doveva vivere. Lui voleva continuare a vivere. Non era una persona che si arrendeva facilmente. Doveva allontanarsi da quella minaccia. Voleva salvarsi. Voleva essere in grado di tornare a casa. Tornare a casa assieme a Soshi e gli altri. Soshi. Dove era in quel momento? Perché non era lì al suo fianco? Perché non lo stava aiutando?
-Soshi…- mormorò Kazuki, strisciando verso il basso sullo stipite della porta. Dagli occhi sgranati iniziarono ad uscire lacrime. Si sedette e si appoggiò contro lo stipite. –Dove sei?... Soshi… Aiutami… Soshi-
Si sentì solo come se fosse stato l’ultimo essere umano rimasto sulla terra.
-Perché… non mi rispondi… Soshi… Per favore… aiutami… Sono… solo… Dove sei?... Soshi…-
Portò le ginocchia al petto-
-Perché… mi hai abbandonato?... Perché?... Qui… fa… freddo… Dove sei? Soshi… Soshi… Soshi!-
Sentì che la persona dietro di lui stava respirando a fatica e ogni tanto tossiva.
“Che accidenti vuoi da me?!” Si voltò lentamente, stringendo i denti come se stesse ringhiando.
Poi, appena vide cosa realmente era, sbatté le spalle contro la porta, terrorizzato: Soshi era inginocchiato in terra e aveva la mano destra poggiata sullo sterno e lo massaggiava. Faceva respiri profondi e ogni tanto tossiva.
-SOSHI!-
Kazuki si lanciò verso di lui, gattonando, e lo afferrò alle spalle.
Soshi continuava ad ansimare, alzò la testa e fissò Kazuki negli occhi, cercando di camuffare la sua espressione di dolore e sgomento con un sorriso. Si rizzò e tolse la mano dal petto. Kazuki si sedette in terra e, senza forza nelle braccia, fece cadere le mani sul pavimento, colpendolo sonoramente con le nocche.
-Kazuki…- disse, cercando di non ansimare. –Sono qui. Non aver paura…-
Kazuki aveva ancora gli occhi spalancati. Cosa stava succedendo? Cosa aveva fatto?
-Mi hai fatto prendere un colpo!- esclamò Soshi, allungando la mano destra e accarezzandogli i capelli. –Ti sei fatto male come ti sei lanciato giù dal letto, vero?-
Il ragazzo continuò a tenere quell’espressione smarrita per un po’. Soshi aprì leggermente la bocca, stupito.
-Kazuki…- disse, afferrando il ragazzo al fianco destro, evitando la ferita pulsante. I suoi occhi si spalancarono sempre di più e iniziarono a lacrimare. –Kazuki! Rispondi! Mi vedi? Sono qui! Sono di fronte a te!-
-So…shi…- mormorò Kazuki, iniziando a tremare. Le lacrime iniziarono a scorrere lungo il viso magro e iniziarono a cadergli sulle cosce e sul pavimento.
Soshi era lì tutto il tempo, al suo fianco. Allora perché si sentì solo?
“Ho pensato che tu non fossi in grado di stare al mio fianco e proteggermi…” pensò, chinando la testa in avanti e iniziando a singhiozzare. “Ma tu eri qui, al mio fianco, per tutto il tempo! Come ho potuto dubitare di te?!”
 –Soshi!-
Soshi annuì. –Sì, sono io. Sono qui con te. Va tutto bene… Mi hai fatto male, sai? Mi hai sferrato un calcio al braccio, una pedata alla spalla e una gomitata allo sterno. Che ti è successo?-
Kazuki affondò il viso sul petto di Soshi e iniziò a piangere. Urlava. Afferrò la giacca del ragazzo sul fianco sinistro e sulla schiena, scivolando verso il basso. Le sue urla erano interrotte dai singhiozzi e le lacrime continuavano a scendere copiosamente, bagnando la camicia di Soshi e cadendo a terra. Tremava come una foglia al vento. Soshi gli passò la mano destra tra i capelli, avvicinandogli la testa al petto, e strinse la mano sinistra sul suo fianco, tirandolo a se. Lo abbracciò, cercando di non stringere troppo e fargli male. Poi poggiò la guancia destra sulla testa del moro e sospirò.
-Non piangere…- mormorò Soshi, singhiozzando anche lui. –Dai… smettila di piangere…-
-Aiutami…- disse, continuando ad affondare il viso nel suo petto. –Aiutami… per favore…-
Soshi lo abbracciò forte, quasi come se non volesse farlo andare via.
-Sono qui… Sono qui accanto a te, Kazuki.- La voce gli tremava. –Andrà tutto bene. Sarò sempre al tuo fianco!-
Kazuki sentì le ferite diventare sempre più calde. Si erano riaperte. Ma non gli importava. Lui voleva stare con lui, in quella posizione. Era al sicuro, quello di prima era solo un brutto sogno. Un incubo. Un maledetto incubo.
Qualcuno aprì la porta ed entrò.
-Che cosa è successo?!-
-Kazuki-kun! Minashiro-kun!-
-CHIAMA IL DOTTORE!- ordinò Soshi. –CHIAMALO IN FRETTA!-
-Che cosa è successo?- chiese Maya, ansimante. L’altra persona che era con lei andò di corsa a cercare il dottore della base.
-Ha cercato di fuggire…- rispose Soshi. –Ha fatto un incubo terribile e si è svegliato così…-
Kazuki sentì le palpebre farsi sempre più pesanti e le forze lo stavano abbandonando. Chiuse gli occhi.
-Santo cielo! Le sue ferite!!!- esclamò Maya.
-Aiutami a sollevarlo e a metterlo sul letto.-
Kazuki smise di sentire e vedere, proprio come se fosse entrato in un sonno profondo.
Un po’ di tempo dopo, sentì qualcosa solleticargli il mento.
Aprì gli occhi e capì che era sdraiato sul letto. Voltò lo sguardo a sinistra perché sentì qualcosa sul suo torace.
Soshi stava dormendo con la guancia sinistra sul suo pettorale sinistro e con la mano sinistra poggiata sul suo sterno. Il braccio destro passava dietro la nuca di Kazuki e la mano era leggermente lontana dalla spalla ferita.
-Soshi…- mormorò Kazuki, muovendo il braccio sinistro e accarezzandogli i capelli. –Sei rimasto qui per tutto il tempo, vero?-
Soshi, ancora addormentato, mugolò e mosse leggermente la testa. Kazuki sorrise.
-Dovresti… riposare un po’… anche tu…- Alzò flebilmente la mano destra e andò a toccare quella di Soshi, poggiata sul suo sterno. –Se vuoi… puoi restare così… Non c’è problema…-
-Ka…zuki…-
Soshi aprì lentamente gli occhi e alzò la testa.
-Buon giorno…- Kazuki sorrise flebilmente e continuò ad accarezzargli i capelli.
Soshi gli balzò addosso, abbracciandolo.
-Grazie al cielo stai bene!- esclamò, con voce tremante.
-S…Soshi… SEI TROPPO PESANTE!!!- mugugnò Kazuki, cercando di spostarlo. Sentì una forte pressione sulle costole rotte e un po’ di dolore alla ferita.
-Scusa…- Soshi si sedette e iniziò ad accarezzargli i capelli dalla parte più alta della testa fino alle ciocche che gli ricadevano sulle spalle nude. –Mi hai spaventato tantissimo!!! Pensavo che tu stessi… stessi…-
Kazuki si sedette, ignorando il dolore e sorridendogli. Afferrò la mano di Soshi e chinò la testa, chiudendo gli occhi.
-Scusa, Soshi… Ero terrorizzato… da quell’incubo… Ho provato a scappare e pensavo che tu… non fossi tu… e che tu fossi un nemico…- disse, cercando di stringere la mano di Soshi con entrambe le mani. Le dita gli tremavano a più non posso. Per un momento pensò di aver nuovamente paura. –Ma quando ti ho visto sul pavimento… ho pensato che… ti avessi quasi… ucciso…-
Soshi strinse le sue mani pallide e fredde.
-Kazuki, va tutto bene… Hai avuto quella reazione a causa dell’adrenalina che hai accumulato durante il combattimento e quando sei stato ferito. Inoltre, tutto ciò che è successo, ti ha causato quell’incubo e quella reazione che hai avuto una volta sveglio. Questo è ciò che ha detto lo staff medico. Non hai avuto occasione di sfogarti per bene… Fortunatamente ti ho bloccato… nonostante ti abbia causato la riapertura delle ferite…-
Kazuki si sentì leggermente più sollevato. Scosse leggermente la testa, solleticandosi le sopracciglia con i ciuffi.
“Pensavo di essere in pericolo, ma tu mi hai salvato nuovamente, Soshi.”
-Soshi… tu mi hai salvato. Non mi interessa se nel farlo mi hai ferito… Se fossi scappato, avrei potuto prendere il comando di un drone e sarei fuggito da qui, creando un casino molto più grande di quello che ho già fatto…-
-Non posso sopportare il fatto di esser stato così avventato in ciò che ho fatto… Perdonami, Kazuki…-
Soshi chiuse gli occhi e dal suo occhio sinistro scese una lacrima.
-Soshi…- Kazuki gliela asciugò usando l’indice destro. –Non dei chiedere scusa… ma… se ti farà sentire meglio…-
Chinò un po’ la testa e lo baciò. Poi poggiò la sua fronte contro quella del ragazzo e chiuse gli occhi, toccando poi le sue guance con entrambe le mani. Soshi sussultò.
-Ti perdono… perché tu lo hai fatto per salvarmi… Ricordatelo, Soshi…-
Soshi lo abbracciò dolcemente e gli baciò la guancia sinistra. Kazuki lo cinse alla vita con le braccia e poggiò il mento sulla sua spalla sinistra.
La paura non c’era più. Sapeva che Soshi sarebbe sempre rimasto al suo fianco.
-Grazie, Kazuki…-
-No, sono io che devo ringraziarti, Soshi. Grazie per prenderti cura di me e delle mie ferite… Grazie…-
-Adesso dovresti riposare. Partiremo tra un paio di ore. Sarà un viaggio difficilissimo per te…-
-Ti preoccupi troppo… Sto bene…-
-Lo so e devo preoccuparmi… Adesso riposa almeno un po’, resterò al tuo fianco fino a quando non verranno a chiamarci.-
Kazuki sorrise e sospirò.
-Va bene, se le cose stanno così… riposerò un po’…-
“Grazie per tutto quello che stai facendo, Soshi.”

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Erano fermi da almeno dodici ore.
Nell’ambiente si sentivano solo lamenti. Era nella cabina accanto a quella dei feriti in maniera più grave di lui, quelli di cui non era certa la sopravvivenza, e il loro parlare, lamentarsi, urlare non lo facevano riposare affatto. Inoltre non avevano attrezzature adatte, quindi dovettero usare dei semplici sedili come letti. Erano in centinaia tra militari e civili.
Vide lo staff medico passare più volte di fronte alla porta della cabina mentre trasportava barelle con i corpi di chi non ce l’aveva fatta a superare il lungo viaggio e la partenza. Uomini, donne, bambini… La morte non faceva distinzione.
L’odore del disinfettante misto al sangue lo nauseava, ma doveva sopportarlo.
All’inizio era in cabina con tre persone, ma due furono spostati poi nell’altra e il terzo non ce l’aveva fatta: i dottori portarono via il suo corpo esanime tre ore dopo la partenza .
La schiena gli faceva male, aveva un forte mal di testa non solo per lo stress, ma anche per la botta che prese quando cadde dal letto quella notte: qualche ora dopo essersi ripreso, si accorse che sopra il sopracciglio sinistro aveva una medicazione. Inoltre era un po’ nervoso. Non sapeva il motivo, molto probabilmente era per l’effetto dei medicinali che gli venivano somministrati e per l’eccessiva durata di quel viaggio che in origine doveva essere di sei o sette ore.
Aveva gli occhi chiusi e respirava lentamente. Aveva solo il braccio sinistro fuori dal lenzuolo e teneva l’avambraccio poggiato sul torace, sfiorando con la mano il costato.
-Kazuki-kun…-
Aprì gli occhi. Maya era accanto a lui, inginocchiata.
-Devi prendere la medicina. Dovrebbe aiutarti a riposare meglio.- disse, porgendogli una pastiglia. Lui la prese lentamente con la mano, tremante, e la mise in bocca. La ragazza lo sollevò leggermente dalla seduta del sedile per fargli bere un po’ d’acqua. Poi lo riadagiò lentamente e gli sistemò il lenzuolo.
-Grazie…- mormorò, socchiudendo gli occhi. Maya sorrise.
-Minashiro-kun arriverà tra un po’.- disse la ragazza, accarezzandogli la spalla destra: sentiva un leggero fastidio quando gli toccavano le parti ferite, non era un dolore vero e proprio. –Ripartiremo tra un paio d’ore, appena la tempesta si placherà. Gli altri ci stanno già aspettando nella nuova base…-
Kazuki annuì e chiuse gli occhi.
-Soshi… deve essere davvero carico di lavoro…- mormorò. Sospirò e sorrise, riaprendo gli occhi e voltandosi verso Maya. –Adesso che… io non posso fare nulla…-
-Devi riposare, Kazuki-kun. Non preoccuparti del lavoro. Perché non provi a dormire un po’?-
-Ci… proverò…- mugolò, cercando di sistemarsi un po’ meglio.
-Mi dispiace che abbiano dovuto usare questi sedili al posto dei letti…- mormorò Maya, mettendosi in piedi. –Deve essere scomodissimo…-
Kazuki annuì e mugolò. –Per fortuna…- disse, guardando la flebo attaccata al suo braccio. –L’antidolorifico e le medicine mi aiutano un po’ a combattere il dolore…-
Maya sospirò e sorrise.
-Vado a vedere come stanno andando le cose. Prova a dormire per almeno un paio d’ore, va bene?-
Lui annuì e lei se ne andò.
Fissò per un po’ il soffitto. Alzò la mano sinistra e la guardò. Le cicatrici degli anelli del Nibelung System erano sempre più evidenti. Riappoggiò l’avambraccio sul torace e sospirò.
“Forse… dovrei provare a dormire un po’…” pensò, chiudendo gli occhi.
Passarono un paio di ore.
Continuò a sentire lamenti e urla, ma cercò di ignorare il chiasso. Non riuscì comunque ad addormentarsi.
Aveva tutto il corpo intorpidito per la posizione scomoda.
Maya tornò e, preso uno sgabello, si sedette accanto a lui.
-Kazuki-kun… ti sta salendo la febbre?- chiese Maya, preoccupata. –Hai le guance rosse…-
-Può darsi…- mormorò lui. Maya gli sfiorò la guancia destra.
-Sei caldo… Vuoi che ti…-
Kazuki scosse la testa. –No, sto bene così… Grazie, Tōmi… Dovresti riposare anche tu…-
Maya sorrise. –Non preoccuparti, sto bene… Ancora qualche ora e potrò andare a dormire anche io…- Sospirò. –Sono molto preoccupata per Minashiro-kun… Non mangia da ieri notte e non dorme da quasi ventiquattro ore… Inoltre hanno tutti notato che è molto debole…-
-La partenza è prevista tra due ore.-
Maya si voltò verso la porta e Kazuki si alzò leggermente, voltando la testa verso chi aveva parlato. Soshi si avvicinò ai due.
-Davvero?- domandò la ragazza.
-Sì, la tempesta sta finendo. Purtroppo, con i feriti gravi a bordo, non possiamo permetterci di volare. Alcuni Fafner trascineranno l’aereo per un po’ di tempo, in modo da guadagnare terreno.-
Maya annuì. –Vado anche io.-
-Non ce n’è bisogno, Tōmi.-
-Più siamo meglio è, no?- ribatté la ragazza. Soshi, in evidente imbarazzo, sbuffò. –Tu dovresti stare con Kazuki-kun …-
-Grazie  per essertene occupata tu mentre io ero impegnato.-
Maya scosse la testa e mugolò. –Di nulla, essendo vostra amica è il minimo che possa fare! Adesso vado a dare una mano anche io, ci vediamo una volta arrivati lì!-
La ragazza uscì dalla cabina. Soshi si sedette sullo sgabello, continuando a fissare la porta.
-Tōmi è troppo stanca, la manderanno indietro. Dovrebbe prendersi una pausa…- mormorò.
-Senti da che pulpito viene la predica…-
Soshi lo guardò come se volesse rimproverarlo. –Ha passato tutta la notte sveglia, non deve sforzarsi troppo o avrà un mancamento…-
-Soshi… Lo stesso vale per te… Dormi poco e niente… e non…-
-Tu non devi preoccuparti per noi, Kazuki…- disse, chinandosi e accarezzandogli i capelli. –Devi pensare a riposare il più possibile…-
Kazuki lo guardò. Era pallido, le occhiaie erano più profonde del solito e la mano con cui gli stava accarezzando i capelli stava tremando.
-No, Soshi…- mormorò avvicinando la mano sinistra al suo viso e sfiorandogli la guancia. –Sei debole, si vede lontano un miglio… Non voglio… che tu stia male per stare appresso a me… Puoi riposare anche standomi vicino…-
-Io voglio che tu stia bene… poi, una volta guarito, mi occuperò di…-
-No!- Kazuki si sedette di scatto, poggiando i piedi a terra. –Devi pensare a te stesso adesso!-
-Kazuki! Adesso sdraiati e…-
Kazuki scosse la testa  mugugnando.
-Vuoi capire o no che la tua salute ha la priorità? Per favore… cerca di capire cosa...-
-Mi stai dicendo che vuoi rischiare di stare male per… -
-Io voglio solo che tu stia bene!-
Kazuki scosse nuovamente la testa e scattò in piedi. –Ma come posso stare…-
-Smettila!-
-SOSHI, SMETTILA TU!-
Quando Kazuki capì cosa aveva fatto era troppo tardi. Aveva il braccio destro disteso verso l’esterno. Il dorso della mano gli formicolava. Soshi era accasciato a terra, sul fianco sinistro, e si massaggiava la guancia destra.
Kazuki si sedette di colpo e si toccò la spalla destra, mugugnando: il movimento fu eccessivo. Strinse i denti e chiuse la mano destra a pugno.
“Se non capisci questo… allora perché ti ostini a starmi vicino?!”
-Kazuki…- mugugnò Soshi, alzandosi. Lo guardò spaventato. -Adesso calmati… Non fare così!-
-Vattene!-
Kazuki lo fissò furente. Aveva le sopracciglia così tanto aggrottate che il cerotto sulla fronte rischiò di staccarsi. Strinse con forza la mano sinistra sulla spalla destra: il sangue gli stava ribollendo nelle vene. Soshi lo fissò con gli occhi sgranati e la bocca aperta.
-Ka…-
-TI HO DETTO DI ANDARTENE!- gridò, indicandogli la porta con la mano destra, continuando a tenere la sinistra sulle ferite e lo sguardo puntato verso il pavimento. –NON VOGLIO PIÙ VEDERTI! SPARISCI!!!-
Soshi rimase per qualche secondo immobile; poi abbassò lo sguardo sospirando e andò verso la porta.
“Ma che accidenti sto dicendo?!” Kazuki guardò Soshi che abbandonava lentamente la stanza. La paura iniziò a prendere il sopravvento. Fece scivolare lentamente la mano sinistra verso il gomito. “Non andartene… Non lasciarmi da solo!”
L’unica cosa che uscì dalla sua bocca fu un mormorio.
-Soshi…-
-Se vuoi stare da solo, allora ti accontento!- disse con tono secco, continuando a dargli le spalle. Poi sospirò e uscì dalla cabina.
Kazuki si sdraiò supino e iniziò a fissare il soffitto. Strinse i denti. Le lacrime iniziarono a scorrere come un fiume in piena.
“Che cosa ho fatto?!” pensò, singhiozzando e poggiando le mani chiuse a pugno sugli occhi. Volle urlare, ma quando aprì la bocca uscì solo un respiro affannoso. “Perché gli ho detto quelle cose?! Perché mi sono comportato così?!”
Tenne la bocca aperta, cercando di parlare o urlare, ma nulla: uscivano solo sospiri e singhiozzi.
“Torna da me! Resta con me! Me lo hai promesso!”
Quando riaprì gli occhi sussultò. Sopra di lui c’era il cielo grigio. Pioveva, ma la pioggia non gli cadde addosso.
Guardò le sue braccia e le sue mani: indossava la Synergetic Suit. Voltò la testa verso destra: era ferito, ma le placche del Nibelung System erano attaccate al suo corpo come se nulla fosse.
-Che succede?- mormorò, infilando le dita negli anelli. Il Mark Sein si riattivò, mettendosi in piedi. –Dove mi trovo?-
Si guardò intorno: accanto a lui c’erano centinaia di unità distrutte. Sgranò gli occhi. Riuscì a vedere i droni della compagnia Perseus che giacevano a terra, immobili.
-Soshi!- esclamò. Nessuno rispose. –Non riesco a capire se il Crossing sia ancora attivo o meno! Soshi! Tōmi!-
Il Mark Sein si librò in aria e iniziò a perlustrare la zona. Smise di piovere.
Trovò solo lande desolate e aride, piene di Fafner e velivoli distrutti. All’improvviso vide qualcosa di familiare.
Il Mark Sieben giaceva a terra, prono, con un’enorme spacco sulla schiena, quasi come se fosse esploso. La cabina di pilotaggio era accanto al drone ed era aperta.
-Tōmi!!!-
Kazuki si avvicinò con il Mark Sein e analizzò l’interno della cabina con le telecamere dell’unità. Era vuota. Al posto di Maya c’erano tanti cristalli verdi.
-Non è possibile!!!- esclamò. Fece qualche passo indietro e urtò qualcosa. Si girò e sgranò gli occhi.
Una delle ali del Mark Nicht, completamente distrutta. Il cuore iniziò a battere all’impazzata.
Notò che sul terreno c’era del liquido scuro, come se fosse stato sparso da qualcuno per indicargli la strada.
-Soshi!-
Seguì le tracce e pian piano trovava diverse parti del Mark Nicht: una mano, un piede, un braccio, una gamba, l’altra ala… Quasi come se avesse combattuto contro un Festum e quest’ultimo lo avesse dilaniato.
Continuò a gridare il nome di Soshi. Lo fece più e più volte. Ma nessuna risposta.
Raggiunse una spiaggia.
-Soshi!!!-
La carcassa del Mark Nicht giaceva sulla sabbia. Un mecha che in origine era maestoso in quel momento era ridotto ad un cumulo di ferraglia.
La cabina di pilotaggio era incastrata tra le rocce ed era aperta. Soshi era lì dentro, privo di sensi, almeno fu ciò che Kazuki sperò. Le placche del Nibelung System erano staccate dal suo corpo.
-SOSHI!-
Kazuki fece espellere la sua cabina di pilotaggio sulla sabbia, accanto al Mark Nicht. Attese che si aprisse e balzò fuori. Corse a perdifiato, raggiungendo le rocce. Il sangue non smise di colare, lasciando una lunga scia sulla sabbia.
Salì sulle rocce, fino a raggiungere la cabina. Si lanciò al suo interno e afferrò il corpo del ragazzo, completamente coperto di sangue e ferite, trascinandolo fuori. Respirava ancora, ma appena Kazuki abbassò lo sguardò sussultò: una grossa scheggia di cristallo spuntava dal petto di Soshi.
-NO!- gridò, poggiandolo delicatamente su una superficie piatta. Lo tenne in posizione semi seduta sollevandolo con il braccio sinistro e con la mano destra gli sfiorò la guancia sinistra. Il suo viso era completamente coperto di sangue.
-SOSHI! RISPONDIMI! SOSHI! TI PREGO, RISPONDIMI!!!-
Soshi mugugnò e aprì gli occhi. Dal suo petto spuntò un altro cristallo. Si voltò lentamente verso Kazuki: i suoi occhi erano vitrei, come se la vita lo avesse già abbandonato. Sorrise. Iniziarono a spuntare cristalli anche in altre parti del corpo.
-Kazuki…- mormorò. –Non… non piangere…-
Kazuki sentì le lacrime bollenti scavargli le guance.
-Soshi…- mormorò. –No…-
-Andrà… tutto bene…- ribatté. Apparvero cristalli anche sul suo viso.
Kazuki scosse la testa.
-Smettila di parlare!- esclamò, sollevandolo e saltando giù dalla piccola scogliera. –Ti porterò in un posto sicuro! Cureranno le nostre ferite e allora sì che andrà tutto bene!-
Il corpo di Soshi era ormai completamente coperto di cristalli.
-Kazuki… io…- mormorò.
Kazuki si ritrovò con due frammenti di cristallo in mano. Sgranò ancora di più gli occhi. Attorno a lui c’erano solo cristalli. No. Non erano cristalli. Il corpo di Soshi si era frantumato in milioni di pezzi.
Cadde in ginocchio e guardò il cielo. Chiuse gli occhi, coprendoli con entrambe le mani, e urlò.
-SOSHI! SOSHI!!!-
-KAZUKI?!-
Spostò leggermente le mani. Sopra di lui c’era il soffitto della cabina dove si trovava.
Gli occhi gli bruciavano come non mai e aveva la bocca spalancata e impastata di saliva.
Qualcuno gli afferrò con dolcezza gli avambracci e gli fece spostare le mani dagli occhi, facendogli  poi distendere le braccia lungo il corpo.
-Kazuki, stai tranquillo, sono qui.-
Kazuki si voltò verso destra. Soshi era inginocchiato accanto a lui e lo stava fissando spaventato. La sua guancia destra era rossa.
-So…shi…- mormorò, continuando a fissarlo. –Era… un incubo…-
Soshi sorrise. –Era solo un brutto sogno. Adesso calmati…-
Kazuki chiuse gli occhi. Le lacrime continuarono a scendere; tutto il suo viso era fradicio di quelle e di sudore e i ciuffi dei capelli si erano attaccati alla pelle.
-Mi hai quasi spaccato i timpani.- disse Soshi, pulendogli il viso con un fazzoletto.
-Tu…- mormorò Kazuki, in preda ai singhiozzi. –Tu… eri morto…-
Rimasero in silenzio per qualche secondo. Soshi continuò ad asciugargli le lacrime e il sudore, passando dolcemente il pezzo di stoffa sul suo viso.
-Io…- continuò Kazuki, stringendo i pugni e i denti. –Io… non ho potuto salvarti!-
-Era solo un incubo, Kazuki.-
-Eri… lì… tra le mie braccia… e… un attimo dopo non…-
Soshi gli prese la mano sinistra con entrambe le mani.
-Che cosa senti?-
-Sono… le tue mani… e sono… calde…-
-E cosa significa?-
Kazuki aprì gli occhi, continuando a fissare verso l’alto. –Sei… vivo… e… sei qui… Con me…-
Soshi sorrise sbuffando. –Visto? Non mi è successo niente. Adesso calmati, dopo tutto il chiasso che hai fatto in questi minuti arriveranno per controllare cosa è successo.-
-Scusa… per prima…- mormorò, continuando a piangere e singhiozzare. –Io… non…-
-Eri arrabbiato e avevi bisogno di sfogarti.- commentò Soshi, aiutandolo a sedersi. Gli accarezzò la guancia destra e sorrise, cercando di asciugargli le lacrime con il pollice. –Non devi scusarti, ti capisco…-
-Ti… ho fatto male…-
-Entro un paio d’ore passerà, vedrai.-
Soshi si avvicinò a lui e lo strinse a sé. Kazuki, in risposta, lo abbracciò e poggiò le sopracciglia sulla sua spalla.
-Sono stato un idiota…- mormorò Soshi, sfiorando il collo del ragazzo con le labbra e stringendolo sempre di più. –Pensavo che, col dolore che provavi, non facessi caso alla mia condizione fisica… invece sei fin troppo altruista e onesto per pensare solo a te stesso.-
-Che ragionamento è? Credi che non mi potessi accorgere… che ne so… se tu fossi svenuto o crollato a terra perché… eri senza forze?-
Soshi ridacchiò e poggiò il muso sulla spalla destra di Kazuki. –Hai ragione…-
-Eri… troppo sconvolto per pensare a te stesso… Non so… se definirti… idiota… o…-
-Credo che “idiota” faccia al caso mio…-
Kazuki rise. In quel momento si sentiva rilassato. Tirò su col naso. –Sei assurdo…-
-Ti fa male qualcosa?-
Kazuki scosse la testa. –No… niente…-
-Le ferite?-
-Credo siano a posto…-
Rimasero in quella posizione per un paio di minuti.
-Non… volevo mandarti via…-
-Lo so… ma… ho aspettato a rientrare qui… Avevo paura che ti innervosissi nuovamente e che stessi male perché eri arrabbiato con me.-
Kazuki sollevò la testa e gli diede un bacio sulla guancia rossa. Era rovente.
-Devo averti dato un colpo molto forte, vero?- bisbigliò, sfiorando la pelle con le labbra.
Soshi annuì. –Mi hai fatto cadere dallo sgabello.-
-Ti sei… fatto male da qualche altra parte?-
-No. Non preoccuparti.-
Soshi lo strinse di più al suo petto.
-Non… sei arrabbiato… con me?-
Soshi scosse la testa. –Forse prima lo ero un po’… ma dopo la tua reazione ho capito che stavo esagerando… Non volevo farti preoccupare…-
Kazuki sospirò. –Adesso va tutto bene… non è successo niente di grave… Prima o poi mi sarebbe passata…-
-Ma… avrei potuto evitare di andarmene… Se non me ne fossi andato, avrei potuto cercare di calmarti e non farti addormentare in quelle condizioni…-
-Soshi… tu stai cercando di farmi stare bene… e lo apprezzo molto…-
-Kazuki, io devo farlo. Devo. Voglio aiutarti. Ad ogni costo.-
Kazuki sorrise.
-Ti voglio bene, Soshi…-
-Anche io ti voglio bene… Kazuki.-
Si lasciarono per un po’. Poi si avvicinarono fino a quando le loro labbra si sfiorarono. Kazuki si lasciò andare, permettendo a Soshi di baciarlo. Il biondo infilò le dita tra i suoi capelli scuri e un po’ spettinati, mentre Kazuki poggiò le sue mani sulle sue spalle per poi infilare anche lui le mani nella lunga chioma del ragazzo.
-Però adesso dovremmo riposare un po’…- sbuffò Soshi, staccandosi lentamente dalle sue labbra.
Kazuki annuì e mugolò. Si sdraiò sui sedili e si coprì con il lenzuolo facendosi aiutare da Soshi. Chiuse gli occhi. Sentì Soshi sbuffare e poi qualcosa appoggiarsi sul suo fianco destro.
Aprì gli occhi: Soshi era seduto sul pavimento e aveva la schiena poggiata sulla struttura del sedile e la testa sul bordo della seduta. Kazuki iniziò a giocherellare con i ciuffi biondi che gli capitavano a tiro.
-Ti verrà un bel mal di schiena…- mormorò, chiudendo gli occhi e sorridendo.
-Non vedo perché dovrei stare comodo quando tu sei sdraiato su quell’affare…- si giustificò, muovendo la testa per sistemarsi meglio. –Adesso dormiamo. Mancano ancora più di dieci ore di viaggio, possiamo riposare quanto ci pare…-
Kazuki mugugnò in approvazione. –Non ho la più pallida idea di che ore siano… quindi… buona notte, Soshi...-
Soshi sbuffò e mugolò. –Buona notte, Kazuki.-
Il moro sorrise e sospirò.
“Grazie per tutto quello che hai fatto e che stai facendo per me, Soshi.”

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3269123