Harriet Potter e la Pietra Filosofale

di YomiCrazy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***
Capitolo 13: *** XIII ***



Capitolo 1
*** I ***


1° novembre, 1981.
Un anziano signore, dai lunghi capelli ed una folta barba bianca, cammina per le strade di Little Whinging, in Inghilterra. Al suo fianco, una slanciata signora da un buffo cappello in testa ed un grazioso paio d’occhiali sul naso.
“Albus, è sicuro di qual che stiamo facendo? Ho osservato a lungo questa famiglia e non mi sembra idoneo lasciale la piccola Harriet qui.”
“Non preoccuparti, Minerva, sono suoi parenti, vedrai che lo cresceranno meglio di chiunque altro.”
Le due figure si avvicinarono al numero quattro di Privet Drive, dove alloggiava la famiglia Dursley.
L’anziano signore appoggiò un piccolo fagotto vicino alla porta, dove all’estremità fuoriesciva un ciuffo di capelli neri, sottostati da una testolina rosa che sonnecchiava dolcemente.
Una sola particolarità vi era su quella bambina.
Una cicatrice a forma di saetta sulla fronte.
 
--
 
“Harriet sveglia!
Sveglia Harriet!”
Quella mattina Harriet venne svegliata da suo cugino Dudley, intento a saltare sulle scale sotto cui la bambina dormiva beatamente.
Era una normale giornata come tutte le altre, risveglio nello stanzino che gli zii gli avevano dato come camera, cugino infantile ed altezzoso che le chiudeva la porta sul naso ed ennesima sgridata di zio Vernon e zia Petunia su cose che non stavano né in cielo né in terra.
Harriet era una dolce bambina di quasi 11 anni, dai lunghi capelli neri che le ricadevano sulle spalle leggermente abbronzate, due enormi occhi di giada che sovrastavano un piccolo nasino ed un paio di occhiali circolari per guarire una vista non troppo perfetta.
La sua vita era sempre stata quella, non aveva mai conosciuto i suoi genitori e tante volte si era chiesta se mai avesse fatto qualcosa di male per meritarsi tanta sofferenza e tristezza.
Quegli odiosi zii non le permettevano mai di essere felice: lo privavano sempre dei suoi giochi, la vestivano con gli enormi maglioni del cugino che spesso e volentieri le facevano da veste e la facevano dormire nello stanzino pieno di ragni che sottostava le scale.
Non sempre però tutto era a colori scuri.
Alcune volte accadevano delle cose che Harriet non capiva ed un esempio fu il giorno di gita allo zoo.
Harriet si era appoggiata su uno dei corrimano che dividevano il pubblico da una grande teca dove vi abitava un serpente. La bambina sembrava quasi ammaliata da quell’animale e lui sembrava capire ciò che ella provava. Mentre era intenta a capire ciò che accadeva, Dudley si era avvicinato e l’aveva spinta a terra, cominciando a tormentare il sibiloso animale.
Harriet ci rimase veramente male e guardò furiosa il cugino, sperando che il serpente potesse rivendicarsi, cosa che lei non avrebbe potuto fare.
Ed ecco lì la magia.
Esatto, perché, proprio come per magia, la teca che divideva Dudley dal serpente svanì e il cicciottoso cugino finì all’interno dell’habitat in cui risiedeva l’animale, bagnandosi nello stagno artificiale che l’uomo aveva creato.
Subito il panico prese il sopravvento per il ragazzo al vedere il serpente strisciargli vicino, uscendo poi dalla teca cercando la libertà.
Ciò che davvero lasciò allibita Harriet, fu il modo in cui il serpente la ringraziò per l’accaduto, capendo la sua lingua, come se fosse stata lei ad aiutarlo.
Le risate vennero poi in un secondo momento. Quando Dudley cercò di uscire dalla teca, il vetro era tornato come per magia e lui cominciò a piangere ed a gridare per attirare l’attenzione dei genitori che, spaventati, accorsero in suo aiuto.
Solo zio Vernon si girò verso Harriet che rideva in disparte da qualche secondo.
Solo lui poteva sapere che probabilmente era tutta colpa della bambina.
 
--
 
“E’ colpa tua!”
“Non è vero!”
“Sono sicurissimo che la colpa è solo tua!”
Il rientro a casa Dursley dopo lo zoo non fu dei migliori. Lo zio Vernon era più che sicuro che Harriet ne aveva combinata una delle sue e la bambina non poteva capire come l’accaduto fosse stata opera sua.
Come al solito venne rinchiusa nello stanzino in punizione, mentre Dudley veniva coccolato ed asciugato da zia Petunia che non aveva osato neanche tentare di aiutarla.
Ogni volta che accadeva qualcosa di strano, i due zii se la prendevano sempre con lei, come se fosse capace di fare arcane magie.
Beh, effettivamente, ogni volta che aveva pensato qualcosa, automaticamente accadeva, ma Harriet pensava solo a stupide coincidenze, tranne quando in una sola notte le erano ricresciuti i capelli che la zia le aveva tagliato il giorno prima.
Harriet si accomodò sul letto sospirando, ormai abituata a quei brutti modi che gli zii usavano con lei.
Non capiva davvero il perché veniva sempre trattata male, ma sperava di poter rivendicarsi un giorno, magari una svolta che le avrebbe cambiato la vita, come per magia.
 
--
 
“Harriet, hai preso la posta?”
“Si.”
La bambina si spostò rapidamente dalla porta d’ingresso alla sala dove erano comodamente appoggiati gli zii. Nel tragitto cominciò a guardare le varie lettere e tra queste ne trovò una indirizzata proprio a lei.
Chi mai poteva scriverle?
Posò il resto della posta sul tavolo e cominciò a leggere l’intestatario.
Per la sig.na Harriet Potter.
Harriet Potter era lei e di questo ne era sicura. Il mittente era una certa scuola di Hog…
“Cos’hai fra le mani?”
“E’ per me.”
Lo zio Vernon prese la lettera che la piccola teneva fra le mani e lesse immediatamente ciò che vi era scritto sopra. Harriet aspettò che lo zio finisse ma quando quello strappò la busta fra le mani, la bambina ci rimase molto male. Perché non gliel’aveva lasciata leggere?
Nei giorni successivi molte altre lettere simili arrivarono al numero quattro di Privet Drive e come la prima volta, Harriet vedeva lo zio strapparle tutte o dare fuoco alla maggior parte di esse.
Perché non poteva leggerle?
Che cosa nascondeva questa scuola di Hog-qualcosa?
Poi, parecchi giorni dopo, accadde tutto assieme.
Zio Vernon era felice quella domenica, perché di domenica non si riceveva posta. Ma appena formulata la frase, un miliardo di lettere cominciarono a riempire casa Dursley, tutte uguali, tutte indirizzate ad Harriet Potter, tutte dalla stessa scuola che finalmente aveva un nome: Hogwarts.
Fu dopo quell’accaduto che la famiglia Dursley si vide costretta a traslocare senza che Harriet potesse capirne il motivo.
Si ritrovò così a festeggiare il suo compleanno in una catapecchia in mezzo al mare, senza una torta, senza un augurio, senza un amico, sdraiata sul pavimento di quella che doveva essere una sala, scaldata solo dalle flebili fiamme all’interno del caminetto che illuminava la stanza.
Buon compleanno Harriet, scrisse la piccola sul terreno, spostando quella che poteva essere polvere o brecciolato. Sospirò ancora, guardando il camino.
 
--
 
Era notte inoltrata quando Harriet, intenta a guardare il camino, sentì dei pesanti passi avvicinarsi alla casetta. Dudley si svegliò subito e quando un omone di grandi dimensioni buttò giù la porta, la bambina si alzò spaventata.
“Ahm… Scusate per… la porta.”
L’uomo dai lunghi e ricci capelli neri, barbuto come nessuno aveva mai visto in vita sua Harriet, rimise a posto la porta, girandosi poi verso la piccola.
“Tanti auguri di buon compleanno, Harriet!”
Recitò la filastrocca, porgendo alla bambina la famosa lettera che gli zii avevano tentato di non farle leggere più di una volta.
“C’è anche una torta ma ad un certo punto penso di essermici seduto sopra…”
L’omone porse una graziosa scatola alla piccola e lei gli sorrise aprendola, per poi poggiarla delicatamente sul divano.
In quel momento arrivarono gli zii spaventati e l’omone subito li zittì, spaventandoli.
Harriet finalmente aprì la lettera, leggendone così il contenuto:



 
Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts
Direttore Albus Silente


 
Cara sig.na
Harriet Potter
Siamo lieti di informarla che lei ha diritto a frequentare la Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
Qui accluso troverà l’elenco dei libri di testo e delle attrezzature necessarie.

 
I corsi avranno inizio il 1° settembre. Restiamo in attesa di una sua risposta via gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.
 
Con ossequi
 
Minerva McGranitt
 
Vicedirettrice
 




Alla fine della lettera Harriet rimase allibita. Scuola di magia e stregoneria?
Lei era una strega?
“So che tutto questo ti sembrerà strano, ma posso spiegarti tutto, anche il perché di quella cicatrice.”
Harriet si toccò la fronte, passando le dita sulla cicatrice.
Quell’omone poteva spiegarle tutto quanto?
“Il mio nome è Hagrid e sono il guardiacaccia della scuola da cui proviene la lettera.”
Harriet sembrò quasi venirle un infarto quando l’uomo cominciò a spiegarle tutto quello che sapeva sulla sua storia.
I suoi genitori, Lily e James Potter erano morti dieci anni prima per colpa di un mago oscuro di nome Voldemort, che nessuno nella comunità magica osava chiamarlo per nome, infatti veniva identificato con “Colui-che-non-deve-essere-nominato” o “Tu-sai-chi”.
Che la cicatrice sulla fronte gliel’aveva procurata lui mentre tentava di ucciderla ma che l’amore, la magia più grande che potesse esistere, l’aveva salvata.
Che quell’oscuro mago aveva instaurato un regime di terrore, concluso il giorno in cui aveva ucciso i Potter ed aveva tentato di farlo anche con lei.
Hagrid spiegò che l’incantesimo fatto da quel mago per ucciderla, rimbalzò su di lei e colpì lui stesso, ma nessuno sa se sia morto davvero.
“Tu sei nota in tutta la comunità magica, Harriet.
Tu sei la bambina che è sopravvissuta.”
Harriet rimase senza parole al racconto. Ora si spiegava il perché di quegli strani avvenimenti e capiva perché lo zio Vernon e la zia Petunia le davano sempre la colpa per tutto.
Loro sapevano dei suoi poteri.
Quando Hagrid creò per magia una coda di maialino sul sedere di Dudley, Harriet tornò alla realtà, scoprendo che il cugino le stava mangiando la torta in disparte.
“Nessuno deve saperlo, chiaro?”
Hagrid fece un occhiolino alla bimba che sorrise alla scena.
“Domani verrò a prenderti per aiutarti ad acquistare tutto ciò che ti serve per la scuola.”
La bambina sorrise ed annuì, finalmente trovando la strada di luce che in tutti quegli anni aveva cercato.
 
 
 
 
Note: Salve a tutti e grazie per essere arrivati fino a qui!
Qualche giorno fa mi chiesi cosa sarebbe accaduto se Harry fosse stato una ragazza e quindi ho deciso di cimentarmi in questa nuova long.
Spero di riuscire ad aggiornare con regolarità (università permettendo).
La storia viaggerà lungo i film, perché se dovessi regolarmi con i libri non finirei più di scrivere.
Non tutto sarà uguale alla vicenda, ovviamente e spero di non andare troppo OOC con i personaggi.
Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, ringraziando comunque, chiunque voglia lasciare un suo parere.

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Capitolo 2
*** II ***


Il giorno dopo aver scoperto la sua vera natura, Harriet seguì Hagrid nella Londra babbana, con in mano l’elenco dei libri di testo e le attrezzature necessarie.
La prima cosa che la ragazza notò, fu il fatto di dover comprare un calderone in peltro di misura standard e successivamente la possibilità di portarsi dietro un gufo, un gatto o un rospo.
Il guardiacaccia gli sorrise e la bambina si pose alcune domande.
“Troveremo tutto questo qui a Londra?”
“Se sai dove andare.”
L’occhiolino dell’uomo fece capire ad Harriet che qualcos’altro di strano sarebbe accaduto entro breve.
I due camminarono ancora un po’ per le strade della città, per poi entrare in una specie di bettola che portava il nome Paiolo Magico.
All’interno di esso Harriet si guardò intorno: niente si discostava dalla realtà che aveva visto fino a quel momento, ma quando Hagrid disse al signore dietro il bancone il suo nome, quello sembrò quasi svenire.
“Per tutti i folletti… E’ Harriet Potter…”
La bambina spalancò gli occhi quando notò che tutti ora la stavano fissando.
Parecchie persone borbottavano fra di loro e due addirittura vennero alla luce per salutarla e stringerle la mano. Solo ad uno Hagrid diede la sua attenzione.
“Salve professore, non l’avevo riconosciuta!”
L’uomo slanciato e balbettante si presentò con il nome di Quirinus Raptor ed a detta di Hagrid, sarebbe stato il suo professore contro le arti oscure.
La bambina lo salutò sorridendogli e quando Hagrid uscì dal retro lei cominciò a domandare sul come tutta la gente all’interno del locale la conoscesse. Il guardiacaccia rispose che lui non era la persona più indicata a dirglielo e successivamente, batté dei colpi sulle mattonelle del muro che avevano davanti. Quelle, come per magia, cominciarono a muoversi ed a spostarsi ed Hagrid parlò subito dopo, dicendo “Benvenuta, Harriet, a Diagon Alley!”
La bambina attraversò il muro con un sorriso che le arrivava da parte a parte, ciò che le si presentava davanti era una lunga stradina piena di negozietti e tanta gente che correva da una parte all’altra, con in testa buffi cappelli a punta.
Il guardiacaccia cominciò a indicargli i vari negozi in cui Harriet avrebbe trovato l’occorrente per la scuola, ma subito la bambina si incupì.
“Ma Hagrid, come farò a comprare tutta questa roba… Io non ho un soldo.”
“Ma certo che li hai, Harriet, sono li, rinchiusi nella Gringott, la banca dei maghi, non c’è posto più sicuro!
Forse solo Hogwarts.”
La prima cosa che la piccola disse all’interno della struttura, fu chiedere cosa fossero gli strani esseri che vi lavoravano all’interno. Hagrid le rispose che quelli erano dei folletti e che non erano molto amichevoli.
Arrivati davanti ad un lungo bancone, Hagrid disse al folletto che la signorina Harriet Potter avrebbe voluto ritirare il suo denaro. Oltre alla chiave della camera in cui era riposto l’oro, il guardiacaccia tirò fuori una lettera, dicendo che gliel’aveva data Silente per Lui-Sapeva-Che-Cosa, nella camera blindata Lui-Sapeva-Quale.
Harriet guardò curiosa ciò che i due si stavano scambiando, ma alla fine decise di non impicciarsi più di tanto.
La piccola ed Hagrid vennero scortati all’interno della banca e, dopo una breve sosta alla camera 687, in cui veniva tenuto l’oro che i genitori avevano lasciato alla piccola, partirono alla volta della camera 713.
Harriet riuscì solo a vedere un piccolo sacchetto che Hagrid prese, dicendo che erano affari di Hogwarts e che lei non avrebbe dovuto dire a nessuno di quella cosa.
 
--
 
Dopo aver preso quasi tutto il necessario, Harriet informò Hagrid che l’ultima cosa che gli mancava era una bacchetta magica.
“Ci vuole Olivander! Non c’è posto migliore!
Vai avanti, devo fare ancora una cosa.”
Harriet entrò nel negozietto con molta cautela e solo al terzo “C’è nessuno?” un uomo si presentò al suo cospetto.
“Mi domandavo quando l’avrei conosciuta, signorina Potter.”
Come quelli all’interno del Paiolo Magico, anche quest’uomo la conosceva ed il suo sorriso raccontava più di quanto egli voleva far sapere.
Ed infatti quello subito cominciò a parlare, raccontandogli che sia il padre che la madre avevano comprato una bacchetta magica da lui.
Che sembrava passato poco tempo da quel giorno.
Harriet fissò l’anziano signore porgerle una bacchetta, contenuta precedentemente in una scatola. La bambina non aveva mai avuto fra le mani un oggetto simile e di certo non sapeva come farla funzionare, al ché fissò il signore, aspettando un comando.
“Via”, disse lui, sorridendole, “La agiti!”
Harriet fissò la bacchetta e poi l’uomo e successivamente la bacchetta, agitandola lievemente.
E magia fu.
Quasi tutte le scatole all’interno del negozio uscirono dagli appositi contenitori ed Harriet spaventata rimise subito la bacchetta sul bancone.
“A quanto pare, no.”
Commentò solamente l’anziano, andando a prendere una seconda scatola.
“Forse… Questa.”
Harriet prese la seconda bacchetta, facendo scivolare i capelli lunghi dietro le spalle. Deglutì, sperando di non combinare altri guai. Quando però agitò la bacchetta, un vaso contenente fiori esplose e subito il signore ricominciò a dire di No, fissando le altre scatole.
Harriet poggiò delicatamente la bacchetta sul tavolo, impaurita da quel che stava accadendo.
“Mi chiedo se…”
La voce dell’anziano signore, richiamò l’attenzione di Harriet che si sistemò gli occhiali sul naso, cercando di intravedere cosa quello stava facendo.
L’uomo si avvicinò dal fondo del negozio, aprendo la scatola e porgendo la terza bacchetta alla bambina. Quando ella la prese in mano, un venticello sembrò quasi prender possesso del negozietto ed Harriet si sentì invasa dal potere.
“Curioso”, affermò il negoziante, “Davvero curioso.”
“Scusi…” cominciò Harriet, “Ma cosa c’è di curioso?”
“Io ricordo tutte le bacchette che ho venduto, signorina Potter e si dia il caso che la fenice, la cui piuma risiede nella sua bacchetta, abbia dato un’altra piuma, soltanto una e basta.
E’ curioso che lei sia destinata a questa bacchetta, quando la sua gemella… Le ha inferto quella cicatrice.”
Harriet deglutì per la seconda volta, alzando la mano verso la nuca, toccandosi la cicatrice.
“E… Chi possedeva quella bacchetta?”
L’anziano signore la guardò un po’.
“Oh… noi non pronunciamo il suo nome…
E’ la bacchetta a scegliere il mago, signorina Potter…
Non è sempre chiaro il perché, ma…
Credo che sia chiaro che noi possiamo aspettarci grandi cose da lei.
Dopo tutto, Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, ha fatto grandi cose… Terribili!
Ma grandi.”
Finito di parlare, il signore porse la bacchetta ad Harriet e lei la prese fra le mani, cercando una tasca quando ricordò di aver indossata una gonnella quella mattina, con una canotta sopra.
“Harriet!?”
Un ticchettio sulla vetrina del negozio, richiamò la bambina dai suoi pensieri. Era Hagrid.
“Buon compleanno Harriet!”
Il guardiacaccia teneva fra le mani una gabbietta con all’interno una bellissima civetta bianca. La bambina ne rimase contenta del regalo ricevuto. Era il suo primo regalo, per quel compleanno.  Forse, da tanti anni.
 
 
 
 
Note: Ed ecco a voi il secondo capitolo.
Ringrazio chi ha riposto fiducia in questa storia e chi deciderà di lasciare un commento.


 

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Capitolo 3
*** III ***


La stazione della Londra babbana era veramente grande e come sempre, molto frequentata dalle persone che abitavano nella città.
I diversi treni che partivano ed arrivavano facevano molto casino ma ad Harriet non importava, nascosta dietro la garbuglia di valige ammassate sul carrello.
Era il 1° settembre di quell’anno, il suo primo giorno di scuola ad Hogwarts, il suo primo giorno da bambina libera da tutti i soprusi che aveva subito fino a quel momento.
Hagrid camminava accanto a lei, con tutta la sua stazza, proteggendola e sorridendole ogni qualvolta incrociava il suo sguardo.
“Per dinci è già l’ora!”
I due si fermarono sul ponte che permetteva il passaggio pedonale da una banchina all’altra dei treni, dove Hagrid spiegò ad Harriet che doveva andare da Silente, scusandosi per non poterla accompagnare al binario dove sarebbe partito il treno.
“Questo è il tuo biglietto, Harriet, tienitelo stretto è molto importante!”
La bambina prese il biglietto fra le mani, controllando subito il binario da cui sarebbe partito il treno.
Ma qualcosa non quadrò.
“Ma Hagrid…” cominciò leggendo il binario, “Deve esserci un errore. Qui dice binario nove e tre quarti, ma non esiste, giusto?”
Quando si girò in direzione del guardacaccia, quello era già scomparso e lei si ritrovò da sola sul ponte. Sospirò, comunque decisa a trovare quel treno e spinse il carrello pieno di valige verso la banchina.
Arrivata davanti al binario nove, Harriet notò subito come effettivamente, il nove e tre quarti non esisteva. La banchina di destra era assegnata al numero nove, mentre quella di sinistra al numero dieci.
Si guardò intorno, decisa a cercarlo comunque e poi vide un uomo dare indicazioni ad una donna sui diversi binari. Decise così di avvicinarsi e chiedere dove fosse il suo binario, ma la risposta dell’uomo la lasciò sbigottita.
“Il binario nove e tre quarti? Vuoi fare la spiritosa?”
Harriet non poteva credere alle sue orecchie, neanche quell’uomo conosceva quel binario e forse non esisteva davvero, ma le sgrida di una donna ai suoi figli, attirarono la sua attenzione.
“…Pieno zeppo di babbani!”
“Babbani?”
Si chiese Harriet, spingendo il carrello per seguire la signora.
“Il binario nove e tre quarti è di qua!”
Harriet sorrise più convinta, avendo finalmente trovato qualcuno che andava nella sua stessa direzione.
La donna con i figli a seguito si fermò davanti ad una colonna. Uno dei tanti ragazzi dai capelli rossi si mise lungo la linea e subito dopo si mise a correre, sparendo nel muro.
Harriet sgranò gli occhi.
Quel ragazzo era davvero scomparto fra le banchine nove e dieci?
Dopo un piccolo battibecco fra i due gemelli che seguivano la donna, Harriet vide che entrambi ripeterono l’azione fatta dal fratello e sparirono all’interno del muro.
Ancora più stupore. 
“Mi scusi…”
Harriet tentò di chiedere qualcosa, ancora piena d’enfasi da quel che aveva visto.
“Può dirmi come…”
“Come raggiungere il binario?”
La bambina annuì, fissando il muro in cui erano spariti i tre ragazzi.
“Non preoccuparti cara”, cominciò lei sorridendo, “Anche Ron sta ad andando ad Hogwarts per la prima volta!”
La bambina girò il viso e vide un ragazzino dai capelli rossi sorriderle gentilmente. Successivamente la donna cominciò a spiegare ad Harriet come arrivare al binario nove e tre quarti e la piccola ebbe un sussulto al cuore quando si mise in posizione davanti al muro del binario. Era una cosa folle, del tutto folle, ma Harriet decise comunque di farlo, presa dall’enfasi del momento e spinse il carrello verso quella colonna di mattoni, passandoci attraverso senza bloccarla.
Quando cominciò a guardarsi in giro, la prima cosa che vide fu l’Hogwarts Express, il suo treno.
Il cartello con scritto “Binario nove e tre quarti” era posizionato sul muro da cui era passata ed un sorriso di meraviglia si formò sul suo volto.
Era tutto così bello, così magico.
 
--
 
Harriet fissava fuori dal finestrino la strada percorsa dal treno.
Aveva trovato una comoda cabina vuota in cui sedersi, per pensare a tutto quello che era successo e immaginarsi tutto quello che doveva ancora accadere.
Era felice, sorrideva.
Come mai aveva fatto in vita sua.
“Scusa…”
Il bambino dalla faccia simpatica e dai corti capelli rossi, sbucò dalla porta della cabina, fissandola.
“Ti dispiace? Il treno è pieno…”
“Oh, vieni pure.”
Harriet gli sorrise, ricordando di averlo visto sul binario della Londra babbana. Il ragazzino gli sorrise sedendosi, per poi cominciare a parlare.
“Comunque sono Ron. Ron Weasley.”
“Io sono Harriet. Harriet Potter.”
Dopo aver detto il suo nome, Ron sgranò gli occhi per poi allargare la bocca. Aveva avuto la stessa medesima reazione di tutte le persone che l’avevano conosciuta.
“Ma… Ma allora è vero! Hai davvero la… cicatrice?”
Harriet sorrise, alzando la frangetta da sopra la fronte, mostrandogli la ferita infertole da piccola.
“Oh, si.”
“Cavolo.”
Harriet sorrise alla reazione del bambino, simile ma diversa da tutte quelle che aveva visto.
La situazione si animò quando un carrello spinto da una signora, si fermò davanti la porta della cabina.
“Qualcosa dal carrello cari?”
Ron rispose negativamente, mostrando un panino.
Harriet fissò la faccia del ragazzino e poi le miriadi di dolciumi presenti sul carrello.
Voleva farsi un amico e così decise.
“Prendiamo tutto.”
Infilò la manina nella borsetta che teneva al collo e prese alcuni galeoni contenuti in essa. Ron ne fu prima stupito e subito dopo contento.
 
--
 
Harriet leggeva i vari nomi presenti sulle scatole dei dolciumi, guardando Ron che mangiava qualsiasi cosa tenesse a tiro.
Il bambino spiegò alcune cose sulle gelatine a tutti gusti più uno ed Harriet si schifò al sentire alcuni nomi dei cibi usati per fare quelle caramelle.
“George giura che ne ha trovata uno al gusto di caccole!”
Harriet impallidì all’affermazione dell’amico e si tolse la caramella dalla bocca, evitando il triste destino che era toccato al fratello del rosso.
Successivamente alle caramelle, la piccola prese una scatolina blu con scritto Ciocco rane.
Ron gli spiegò velocemente che non erano rane vere, ma solo un incantesimo e che all’interno di ognuna di esse vi era una figurina con una strega od un mago famoso.
“Ho trovato Silente!”
“Ah, io ne avrò circa sei di lui…”
Harriet posò la scatolina sul sedile e poi spostò lo sguardo sul topolino che Ron teneva sulle gambe.
“Ah, lui è Crosta. Mio fratello mi ha insegnato a farlo diventare giallo. Vuoi vedere?”
La bambina sorrise a Ron ed annuì, sperando di vedere qualcosa di magico.
Il piccolo prese la bacchetta schiarendosi la voce, ma prima che potesse dir qualcosa, una bambina si fermò davanti alla loro cabina.
“Qualcuno ha visto un rospo? Un bambino di nome Neville l’ha perso.”
“No.”
Harriet fissò la bambina e sorrise al modo buffo in cui portava i capelli. Sembravano un cespuglio a differenza dei suoi, lunghi e lisci.
“Oh, state facendo magia! Vediamo allora.”
Harriet spostò di nuovo il viso sul topo, mentre Ron si schiariva ancora la voce.
“Per il sole splendete, per il fior di corallo, stupido topo diventa giallo!”
L’unica cosa che Ron ottenne davvero, fu lo squittio dell’animale. Harriet alzò un sopracciglio, delusa dalla non riuscita dell’incanto.
“Sei sicuro che sia un vero incantesimo? Beh, non funziona direi.”
Ron si girò con una faccia sorpresa verso Harriet, che rispose ridendo a l’espressione sul viso di lei.
“Naturalmente anche io ho provato a farne alcuni semplici…” ricominciò la bambina, entrando nella cabina per poi sedersi difronte a loro, “… e mi sono riusciti sempre.”
Tirò fuori la bacchetta dal mantello e guardò la faccia di Harriet.
“Per esempio… Hoculus Reparo!”
Il pezzettino di scotch che teneva uniti gli occhiali di Harriet, sparì come per magia e la plastica che univa le lenti si sistemò. La mora ne rimase davvero sorpresa, quella bambina aveva appena riparato i suoi occhiali con la magia!
“Per tutte le cavallette!”
Harriet si risistemò gli occhiali sul naso e vide l’espressione della bambina di fronte a lei cambiare in stupore.
“Tu sei Harriet Potter! Io sono Hermione Granger e tu…”
Hermione si girò verso Ron, fissandolo con vero e proprio disgusto.
“Io sono Ron. Ron Weasley.”
Hermione guardò ancora con disgusto il rosso, sussurrando un Piacere che fece sorridere Harriet.
“Comunque, vi conviene indossare le vostre divise, credo che manchi poco all’arrivo.”
Harriet annuì guardandola alzarsi per andarsene, ma prima di sparire, si girò ancora una volta verso di loro, dicendo a Ron di essere sporco sul naso.
Harriet rise ancora mentre il rosso si puliva, pensando al tono di scherno usato da Hermione.
 
--
 
La sera era giunta e con lei anche il treno era arrivato a destinazione.
Harriet scese dal treno sentendo la voce di Hagrid urlare al primo anno di seguirlo e fu contenta di rivedere l’omone tanto gentile.
Il guardiacaccia la salutò e lei contraccambiò sorridendo, per poi seguirlo assieme a tutti i bambini del primo anno verso delle barche.
La vista che si presentò sugli occhiali della bambina era stupenda. Un maestoso castello si ergeva su delle montagne, con i tetti a punta e le finestre illuminate, la luna risplendeva alta nel cielo colorando l’acqua su cui tutti stavano viaggiando, sgranando gli occhi alla vista della bellissima scuola. Harriet sorrise e Ron con lei, incapaci di staccare gli occhi da quella visione.
 
--
 
Scesi dalle barche, tutti gli studenti del primo anno vennero guidati all’entrata di Hogwarts e prima di passare per il portone, una donna li fermò sulle scale, dando un caloroso benvenuto a tutti.
“Dunque…” cominciò unendo le mani, “Fra qualche minuto varcherete questa soglia e vi unirete ai vostri compagni, ma prima che prendiate posto, verrete smistati nelle vostre case.
Sono Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde.
Per il tempo che starete qui, la vostra casa sarà la vostra famiglia.
I trionfi che otterrete le faranno guadagnare punti ed ogni violazione delle regole le farà perdere punti.
Alla fine dell’anno alla casa con più punti verrà affidata la coppa delle case.”
“Oscar!”
Il discorso della signora venne interrotto bruscamente da un bambino cicciotello che acchiappò un rospo che saltellava davanti a loro. Tutti i bambini risero ed Harriet notò l’espressione della signora mutare in un rimprovero.
“Mi scusi…”
Cercò di dire il bambino, tornando fra tutti loro.
“La cerimonia dello smistamento comincerà fra pochissimo.”
Continuò ritornato il silenzio la donna, girandosi poi sui tacchi per raggiungere il portone.
“E’ vero allora, quello che dicevano sul treno.”
La voce di un bambino catturò l’attenzione di Harriet che subito capì parlasse di lei.
Il biondino era appoggiato al corrimano delle scale e la guardava con un’aria di sufficienza e altezzosità. Ciò che Harriet notò furono i suoi bellissimi occhi azzurri. Di quell’azzurro che puoi solo sognare.
“Harriet Potter è venuta ad Hogwarts.”
Il vociferare fra i bambini cominciò a farsi largo nell’entrata e tutti parlavano unicamente di lei, della bambina sopravvissuta.
Il bambino continuò a parlare, presentando due suoi amici, Tiger e Goyle e poi si avvicinò a lei, sorridendole.
“Io sono Malfoy, Draco Malfoy.”
Se non fosse stato per il ridere di Ron, Harriet pensava di perdersi davvero in quegli occhietti così vispi e tentatori.
“Capelli rossi, una vecchia toga di seconda mano, devi essere un Weasley.”
Ron fece una piccola smorfia, abbassando lo sguardo, mentre Draco ricominciava a darle attenzioni.
“Scoprirai che alcune famiglie sono migliori di altre. Non vorrai fare amicizia con le persone sbagliate.”
Harriet fissava il biondino sprizzare cattiveria nei confronti di Ron. Per quanto poteva essere carino, ciò che aveva detto era davvero ingiusto e le lasciò un gusto amaro in bocca.
“Posso aiutarti io.”
Draco tese la mano verso di lei, come a chiederle amicizia, ma Harriet fissò con disgusto quella mano e poi alzò il viso verso di lui.
“So riconoscere da sola le persone sbagliate, grazie.”
Draco la fissò sbalordito, ma non ebbe tempo di dire nulla. La donna che aveva parlato all’inizio era tornata ed aveva avvertito che tutto era pronto per riceverli.
Entrati nella sala più grande che Harriet avesse mai visto, lo stupore fece da padrone nelle emozioni. Hermione spiegò che il cielo era solo una magia, una finzione, in quanto scritto nella storia di Hogwarts che lei, ovviamente, aveva letto.
La sala era sostenuta da grandi e decorate arcate, al suo interno vi erano quattro lunghissimi tavoli davanti cui vi erano seduti gli studenti degli anni superiori ed alla fine della sala, un unico tavolo dove sedevano persone più grandi.
Un cappello malconcio era sistemato su una piccola sedia e la donna ci si fermò proprio davanti, indicando a tutti loro di fermarsi ed aspettare.
Un vecchietto si alzò dal lungo tavolo e prese parola, spiegando due semplici cose.
Harriet comprese che la foresta fuori dal castello era proibita e che nessuno poteva andarci, mentre il corridoio della  parte destra del terzo piano non doveva essere visitato.
Finito di parlare, si sedette e la donna ricominciò il suo discorso.
Disse che uno ad uno tutti loro sarebbero stati chiamati e, dopo aver indossato il cappello parlante, sarebbero stati smistati nelle rispettive case.
La prima ad essere chiamata fu Hermione, che si avvicinò allo sgabello con preoccupazione.
“E’ matta quella là.”
Harriet fissò male l’amico alle parole appena pronunciate e poi tornò a guardare la bambina.
Il cappello, appena toccò la testa di essa, cominciò a parlare, per poi urlare a gran voce Grifondoro!.
La bambina scese veloce e contenta dalla sedia, acclamata dal tavolo della rispettiva casata.
Il secondo ad essere chiamato fu Draco Malfoy, che, con la sua solita aria di sufficienza, si avvicinò alla donna.
Harriet lo guardò bene, meravigliandosi degli splendidi capelli biondo platino che aveva.
Il cappello non venne neanche appoggiato sulla testa del bambino che subito urlò Serpeverde!.
Un sorriso si dipinse sul volto del ragazzino, che si avviò verso il rispettivo tavolo.
“Tutti i maghi e le streghe cattive appartenevano alla casata dei Serpeverde.”
Harriet sembrò pensarci all’affermazione di Ron e continuò a fissare il biondino mentre la donna chiamava un’altra bambina.
Se davvero quello che diceva Ron era giusto, anche quel ragazzino sarebbe diventato cattivo. Harriet ci rimase male, mentre girava lo sguardo verso il tavolo dietro cui sedevano i professori.
Uno in particolare, notò, lo fissava senza battere ciglio e la cicatrice, dopo undici anni, ricominciò a farle male.
Ron si preoccupò subito e lei lo tranquillizzò, sentendo che l’ennesima bambina veniva smista in Tassorosso.
Il ragazzino chiamato successivamente, fu Ron ed Harriet lo guardò avvicinarsi al cappello con preoccupazione.
Quando quello venne poggiato sulla testa del ragazzo, subito lo riconobbe e poco dopo, urlò Grifondoro!, lasciando il ragazzo correre verso tutti i fratelli presenti in quella casata.
Quando il suo nome venne chiamato, Harriet rimase basita dal comportamento del vecchietto che all’inizio aveva parlato, ebbe.
Lo riconobbe, era Albus Silente, lo aveva trovato qualche ora prima sul treno e mentre tutta la sala taceva, lei raggiungeva il posto sulla sedia.
Anche Hagrid la guardava e mentre il cappello si avvicinava alla sua testa, la preoccupazione trasalì.
L’oggetto magico subito cominciò a parlare, dicendo che lei era una scelta complicata, aveva molte potenzialità ma sembrava uno smistamento difficile.
Harriet cominciò a bisbigliare di non finir in Serpeverde ed il cappello subito le rispose che quella sarebbe stata una scelta giusta per lei ma Harriet continuava a pregarlo di metterla ovunque ma non in Serpeverde e così fu.
Il cappello urlò a gran voce Grifondoro! E la casata a cui era stata assegnata applaudì a gran voce, intonando un motivetto molto carino.
La ragazza raggiunse il tavolo della casata e tutti la salutarono felici, mentre lei si sedeva.
Girò solo una volta lo sguardo verso Silente e vide come lui alzava la coppa in suo segno. La bambina sorrise e finalmente si sentì a casa.
Per lei stava iniziando un nuovo anno, una nuova vita, avrebbe avuto tanti amici, tanto divertimento e sarebbe stato tutto perfetto.
O almeno è questo quello che credeva.
 
Note: Eccovi il terzo capitolo, il tanto desiderato incontro con Malfoy!
Spero vi sia piaciuto, ringrazio chiunque leggerà e vorrà lasciare un commento.

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Capitolo 4
*** IV ***


La prima serata ad Hogwarts era trascorsa tranquilla.
Harriet ricordò di aver sgranato gli occhi alla vista del cibo che compariva sul tavolo. Non le era mai capitato di vedere una cosa del genere e Ron che si abbuffava di tutte quelle meraviglie la fece ridere molto.
Percy, uno dei tanti fratelli Weasley, le aveva spiegato che, l’uomo che l’aveva guardata durante lo smistamento, si chiamava Severus Piton ed era il capo della casata dei Serpeverde. Era insegnante di pozioni ma il rosso le aveva detto che aveva un debole per le arti Oscure e che erano anni che aspirava al posto di Raptor, l’attuale professore della materia.
Una delle cose che la colpì, furono i diversi fantasmi che durante il pasto intrattennero i ragazzi. Ron riconobbe Sir Nicola, chiamandolo scherzosamente “Nick quasi senza testa”. Harriet rabbrividì quando il fantasma si staccò la testa da un lato, come risposta alla domanda di Hermione.
“Come fai ad essere quasi senza testa?”
“Così”, le aveva risposto, mostrando ciò che le pelle nascondeva.
Ma il tutto era davvero simpatico e familiare.
Le piaceva anche così.
 
--
 
Percy Weasley, fratello di Ron, si rivelò essere il prefetto della casata dei Grifondoro ed Harriet scoprì come quel ragazzo dolce e disponibile, potesse essere anche una buona guida ed un ottimo punto fermo.
Il ragazzo spiegò ai ragazzi del primo anno, mentre camminavano lungo i corridoi, che la via più veloce per arrivare al dormitorio della casata era prendere le scale.
“Ma attenzione!”, informò, fermando davanti a molti scalini bianchi, “Alle scale piace cambiare!”
Harriet non capì cosa intendesse dire, ma quando un blocco di scale si spostò, spalancò la bocca.
Ora capiva cosa intendeva Percy!
Quei blocchi bianchi si staccavano dalle parti fisse e giravano verso altri, cambiando così conformazione. Era una scena stupenda e quasi non si accorse che il gruppo intanto era andato avanti.
Un’altra cosa che notò mentre salivano le scale per il corridoio, fu vedere i diversi quadri muoversi.
Molte signore e molti signori li salutavano mentre passavano, una delle donne sembrò quasi fare l’occhiolino a Ron ed Harriet rise indicandola, sussurrandogli un “A lei piaci”.
Quando Percy si fermò, la piccola notò come davanti a loro vi era un solo quadro che raffigurava una signora grassa ma dalla faccia dolce.
“Parola d’ordine?”
“Caput Draconis.”
La donna sorrise a Percy e poi indicò con la mano qualcosa vicino a lei.
Harriet cercò di capire cosa sarebbe accaduto, ma quando il quadro si aprì a modalità di porta, mostrando il dormitorio dei Grifondoro, si ritrovò ancora con gli occhi sgranati.
Più andava avanti e più quella scuola le piaceva.
L’interno del dormitorio era grande ed accogliente ed i colori erano quelli della casata.
Percy spiegò che le ragazze dormivano in fondo a destra, i maschi, invece, a sinistra.
La bambina sorrise e seguì Hermione verso le stanze.
Quella notte Harriet sembrò non riuscire a dormire. Si era accovacciata accanto alla finestra, con la civetta regalatole da Hagrid accanto.
Aveva deciso di chiamarla Edvige e sembrava portarle più compagnia di quanto si potesse pensare.
La notte era calma e l’acqua che costeggiava il castello era limpida.
Harriet accarezzò le piume dell’animale più di una volta, sorridendo a quella nuova vita appena presentatole alla porta.
 
--
 
Aveva incontrato Ron, quella mattina, mentre correva per andare a lezione.
Hermione l’aveva scossa più di una volta, ma Harriet di alzarsi non ne aveva proprio voglia.
Così ora si ritrovava a correre per i corridoi di Hogwarts, con Ron accanto, felice di non essere l’unica in ritardo alla sua prima lezione di trasfigurazione.
Quando entrambi entrarono nella classe, subito si tranquillizzò, non vedendo la McGranitt in giro.
“Ce l’abbiamo fatta…” cominciò il ragazzo, calmando il respiro, “Te la immagini la faccia della McGranitt?”
Appena Ron finì di parlare, il gatto che fino a quel momento era stato fermo sulla cattedra, saltò giù da essa, trasformandosi nella donna. Harriet rimase basita, come Ron, che si congratulò con la professoressa dicendole che era stata maledettamente brava.
La professoressa ringraziò il ragazzo e enfatizzò sul fatto di trasformare entrambi in un orologio da taschino per farli essere puntuali.
“Ci siamo persi.” Harriet tentò di recuperare quel ritardo, ma la McGranitt non sembrò gradire comunque la scusa, invitandoli a sedersi sperando di non perdersi anche in quell’occasione.
I due si sedettero guardandosi e poi aprirono i rispettivi libri per cominciare la lezione.
 
--
 
La materia successiva, scoprì Harriet, era pozioni con il professor Piton.
Quando la porta si spalancò alle loro spalle, la bambina saltò sul posto, accorgendosi che la figura nera e slanciata era proprio l’uomo che avrebbe fatto lezione.
“Non ci saranno sventolii di bacchette o stupidi incantesimi in questo corso.”
La presentazione della materia non sembrava molto divertente e Ron sembrò darle ragione, sbuffando ed allungandosi sul banco quanto lei.
L’uomo ricominciò subito a parlare, mostrando disprezzo verso tutti gli alunni. Parlò della materia, di come non tutti sarebbero sicuramente andati bene e di come pochi, invece, sarebbero stati eccellenti.
Mentre il professore parlava, Harriet cominciò a prendere appunti, quasi scrivendo tutto ciò che egli diceva. Quando Hermione gli diede una gomitata, alzò il viso dal libro ed incrociò quello infuriato di Piton.
“Signorina Potter…” cominciò con voce tranquilla l’uomo, avvicinandosi a lei, “La nostra nuova… celebrità.”
Ormai la piccola aveva digerito l’esser acclamata come se fosse una persona importante, visto che era la bambina sopravvissuta. Ma il disprezzo celato nel tono dell’uomo quasi le diede fastidio.
“Dimmi, cosa ottengo se aggiungo della radice di Asfodelo in polvere ad un infuso di Artemisia?”
Harriet, ovviamente, non sapeva la risposta e non era neanche molto sicura delle parole pronunciate dall’uomo, ma Hermione accanto a lei aveva già alzato la mano. Sospirò facendo un No con la testa.
“Bene, riproviamo…”, la seconda domanda doveva sicuramente essere più facile, ma neanche questa trovava risposta, mentre Hermione aveva di nuovo alzato la mano.
Come poteva sapere tutto quella ragazza?
“Non lo so signore…” rispese questa volta Harriet, guardando Piton. Ma quello, invece di fermarsi, fece ancora un’altra domanda ed anche a questa Hermione aveva alzato la mano.
“E’ chiaro…” cominciò il professore “Che la fama non è tutto… Vero, signorina Potter?”
Harriet guardò il professore con aria di sfida, facendo brillare i grandi occhi verdi alla poca luce che entrava nell’aula.
Perché quell’uomo ce l’aveva tanto con lei?
 
--
 
Le lezioni erano passate, tutti i Grifondoro si erano riuniti nella sala grande per parlare e divertirsi.
Harriet notò subito come Seamus cercava di trasformare dell’acqua in whisky, ma durante l’incantesimo qualcosa andò storto e il liquido nel bicchiere esplose, alzando una risata fragorosa nei ragazzi.
Uno strano suono richiamò l’attenzione di tutti e Ron si meravigliò della posta in arrivo.
I gufi entravano svelti ed armoniosi nella sala e lanciavano a tutti i bambini dei pacchetti.
Harriet non si scompose quando a lei non arrivò nulla, dopo tutto chi le avrebbe scritto?
Decise così di farsi prestare il giornale da Ron per informarsi su ciò che accadeva fuori dalla scuola.
Quando uno dei suoi compagni ricevette una ricordella, Hermione subito cominciò a spiegare cosa l’oggetto fosse ed a cosa servisse, attirando la sua attenzione.
Ma ad Harriet non interessò molto e decise di tornar a guardare il giornale scoprendo che qualcuno aveva scassinato la Gringott.
Subito richiamò Ron alla sua attenzione e cominciò a leggere l’articolo.
“…La stanza 713 era stata svuotata lo stesso giorno… Che strano.” Pensò, attirando l’attenzione anche di Hermione, “E’ lì che siamo andati io ed Hagrid”, concluse.
I due bambini la guardarono con fare circospetto ed Harriet pensò che, probabilmente, avrebbe dovuto chiedere spiegazioni.
 
--
 
La lezione successiva era quella di volo.
Harriet raggiunse felice il cortile fuori dalla scuola e quando la professoressa Bumb raggiunse i ragazzi, la bambina notò come i suoi occhi erano magnificamente gialli.
“Cosa aspettate? Sistemati alla sinistra della vostra scopa!”
La bambina eseguì subito l’ordine e si avvicinò al vecchio manico di scopa che era presente sull’erba.
“Stendete la vostra mano destra e dite Su!”
“Su!”
Harriet fu una dei pochi ragazzi a cui la scopa ascoltò il comando e quasi non se ne accorse.
Hermione e Ron ancora non erano riusciti nell’atto e quasi le veniva da ridere. Quando il manico della scopa del ragazzino dai capelli rossi lo colpì in pieno viso, la piccola non riuscì a non ridere e il resto dei compagni fece la stessa cosa.
Una volta che tutti i bambini riuscirono nell’esercizio, madama Bumb cominciò a spiegare come sarebbe avvenuto il loro primo volo. Dopo il suono del fischietto, tutti si sarebbero dovuti leggermente alzare da terra e poi inclinarsi di poco in avanti. Ma quando il fischio tuonò nelle orecchie dei bambini, Neville, il ragazzino con la rana, ricordò Harriet, si alzò da terra spaventato da se stesso.
La professoressa cercò in tutti i modi di riportarlo a terra, ma la scopa con sopra il bambino sembrò avere vita propria e cominciò a volare lungo tutta la scuola.
Il panico fra i bambini prese piede e tutti erano fissi a guardare un Neville sballottolato qua e là nell’aria.
Quando il mantello del ragazzo rimase impigliato in una statua su una delle torri, il volo folle si fermò.
Harriet aveva portato le mani a cono sul viso e sperava vivamente che il ragazzino si fosse fatto nulla. Quando girò il viso verso Malfoy, lo vide ridere di quel che era appena accaduto. Se c’era una cosa che non le piaceva, erano quella tipologia di bambini. Perché doveva essere così cattivo?
“Fatemi passare!”
Madama Bumb richiamò la sua attenzione, facendole vedere un Neville a terra dolorante.
Il piccolo, cadendo dalla torre, si era rotto il polso e la professoressa decise di portarlo in infermeria, assicurandosi prima che a nessuno dei bambini venisse in mente di volare.
“Avete visto che faccia?”
Harriet girò il viso verso Draco, guardando come fra le dita stringesse la ricordella.
“Se avesse visto questa, si sarebbe ricordato di cadere sulle chiappone!”
La risata generale fece infuriare la piccola che con passò sicuro si avvicinò al biondo, allungando una mano.
“Dammela, Malfoy.”
“No”, le rispose il ragazzino, girandosi verso di lei, “La metterò dove Paciock dovrà cercarsela.”
Detto questo, Draco Salì sulla scopa, dirigendosi verso il tetto della scuola. Harriet chiuse le mani a pugno e subito cercò di seguirlo, ma Hermione la fermò all’istante.
“Harriet, non se ne parla! Madama Bumb l’ha vietato e per di più non sai nemmeno volare!”
“Cosa c’è Potter!” la richiamò Malfoy dall’alto, “Pensi di non arrivare al tetto?”
Harriet sbuffò e decise di ignorare l’avvertimento dell’amica, alzandosi in volo con lo stupore generale dei compagni.
“Che razza di idiota.”
Le parole di Hermione la fecero sbuffare ancora, mentre raggiungeva tremolante l’altezza di Draco.
“Dammela Mafoy o ti butto giù dalla scopa!”
Il biondino sembrava veramente sicuro di sé, pensò Harriet, ed a differenza sua, lei stava davvero tremando sul manico della scopa.
Decise perciò di agire d’istinto e provare a rubare la pallina di vetro dalle mano del bambino ma fallì miseramente.
“E’ così? Facciamo a modo tuo allora.”
Detto questo, Malfoy lanciò la pallina lontano ed Harriet la guardò volare nel cielo e sfrecciò al suo inseguimento, prendendola prima che essa potesse frantumarsi contro una delle finestre della scuola.
Al suo ritorno sul vialetto, tutti i bambini le corsero intorno, congratulandosi per aver vinto contro il piccolo bulletto serpeverde.
Si sentiva davvero felice in quel momento, ma non durò molto.
“Harriet Potter?”
La bambina si girò su se stessa poco dopo, trovandosi di fronte la professoressa McGranitt.
“Seguimi.”
La piccola sospirò seguendo la donna, sotto le risate del Malfoy e del suo gruppetto.
Sperò di non beccarsi una punizione, mentre ancora ripensava a tutti i bambini che l’avevano esultata.
Era davvero bella, in sostanza, quella scuola.
 
 
 
Note: Mi scuso per il ritardo, augurandomi che anche questo capitolo vi sia piaciuto, ringraziando tutte le gentili persone che seguono la storia e che per mia gioia, la commentano!

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Capitolo 5
*** V ***


“Baston… Ti ho trovato una cercatrice.”
Queste erano state le parole della McGranitt dopo aver chiesto ad Harriet di seguirla.
La bambina si era aspettata, dopo aver infranto le regole, di essere sgridata o di perdere punti casata, ma invece era successo tutt’altro.
La professoressa l’aveva portata da un bellissimo ragazzo dai capelli biondo scuro, presentandolo come Oliver Baston e l’aveva fatta ingaggiare come cercatrice di Quidditch dei Grifondoro.
All’inizio neanche lei ci credeva, tutti sapevano che nessuno del primo anno aveva mai fatto parte della squadra di Quidditch, ma a quanto pare, aveva una dote nascosta.
Tutti ormai ad Hogwarts ne parlavano, anche Ron ne era rimasto basito, come i gemelli Weasley, Fred e George. Loro lo avevano saputo prima di tutti, in quanto parte della squadra con il ruolo di battitori.
Quando Harriet aveva saputo che i due erano nella squadra, ne era rimasta felice.
L’avevano scherzosamente presa in giro, raccontandogli di come loro l’avrebbero tenuta lontana da graffi e rotture di ossa, senza però darle la parola. Harriet aveva deglutito, ma Ron l’aveva rassicurata, dicendole che il Quidditch era un gioco assolutamente fantastico. Anche Hermione, con suo grande stupore, era felice per lei. Ce l’hai nel sangue, le aveva detto, portandola subito dopo davanti ad una grande teca, dove all’interno vi erano i diversi premi vinti dai Grifondoro, indicandole poi una medaglia, dove sopra compariva il nome di James Potter.
Anche suo padre era stato un cercatore e qualcosa di caldo e dolce le si sparse nel cuore.
 
--
 
Erano ancora all’interno del giardino. Ron blaterava su quanto Harriet sarebbe stata grande, mentre Hermione lo sgridava per il tono di voce troppo alto che il rosso usava.
La bambina li fissava beccarsi, erano molto teneri assieme e sicuramente sarebbero stati ottimi amici.
“Potter?”
Un bambino biondo la chiamò da dietro, guardandola con aria di sfida. I tre bambini si girarono scoprendo che la voce proveniva da Malfoy. Ron si alzò subito, ma Harriet gli mise una mano davanti, fermandolo.
“Cosa c’è, Malfoy?”
Il biondo le fece un sorriso di scherno e poi la invitò a seguirlo.
Harriet accettò anche se i suoi due amici avevano tentato di dissuaderla e seguì il biondo lontano da loro.
“Volevi parlarmi?”
“Come hai fatto a farti accettare nella squadra di Quidditch?”
“Io… non lo so.”
La faccia di Malfoy cambiò in uno sbuffò, mentre le braccia andavano ad incrociarsi sul petto.
Gli occhi liquidi la guardavano e sembravano disprezzarla, ma Harriet non ne era certa.
“Non ci credo che tu, una ragazzina, sia stata accettata. Non è un gioco per bambine come te.”
“Lo è per te, invece?”
Il tono che il ragazzino aveva usato con lei non le era piaciuto per nulla e qualcosa, un grido di battaglia forse, si risvegliò in lei. Decise di mettere fine alla conversazione e girò i tacchi, ma prima che potesse allontanarsi, Malfoy la bloccò.
“Ti tengo d’occhio, Potter.”
 
--
 
“Ma che succede?”
I tre bambini stavano rientrando al loro dormitorio usando le scale, quando all’improvviso una di esse cominciò a muoversi. Lei e Ron subito si spaventarono, guardando in basso ma Hermione li rassicurò.
“Alle scale piace cambiare, ricordate?”
Quando le scale si fermarono, i tre bambini si mossero verso una porta che vi era alla fine del piccolo corridoio davanti a loro.
Harriet, intanto, aveva raccontato tutto quanto ai suoi due amici, dell’incontro con Malfoy e loro le avevano detto che sicuramente Draco era geloso del suo traguardo.
Harriet aveva alzato le spalle, ma la sensazione di rossore sulle gote non sembrava sparire.
Sapere che Malfoy la guardava la metteva in suggestione.
“Qualcuno ha la sensazione che non dovremmo essere qui?”
Ron la risvegliò dai suoi pensieri ed Hermione la aiutò a metabolizzare il posto in cui erano finiti.
“Noi non dovremmo assolutamente essere qui.
Questo è il terzo piano ed è proibito.”
Erano entrati in un grande corridoio scuro e lungo, dove sembrava potessero annidarsi i peggiori mostri mai pensati dai bambini.
Nel momento in cui il trio decise di andare via, il gatto di Gazza comparì dietro di loro.
I tre bambini spaventati corsero lungo il corridoio scuro che si illuminava al loro passaggio. Harriet vide una porta infondo ad esso e decise di nascondersi all’interno, senza ulteriori ripensamenti.
Con un piccolo trucchetto di magia, Hermione aprì il pesante portone ed i tre bambini ci si nascosero all’interno, richiudendo il legno dietro di loro.
Sentirono Gazza entrare e parlare con la gatta, quasi speranzoso di trovare qualcuno. Hermione avvertì dopo qualche secondo che l’uomo aveva lasciato il corridoio ed Harriet capì il perché. Davanti a lei, un’enorme cane a tre teste, si stava lentamente svegliando dal suo sonno. I tre bambini guardarono le possenti fauci delle teste sbadigliare e la paura cominciò a prendere il sopravvento.
Uscirono urlando dalla stanza, richiudendo subito la porta dietro di loro per non far uscire il cane.
Mentre tornavano al dormitorio, Ron cominciò a lamentarsi spaventato.
“Ma cosa gli salta in mente di tenere un coso come quello all’interno di una scuola!”
Harriet pensò la stessa cosa e si chiese il perché.
“Tu non li usi gli occhi, vero? Non hai visto su cosa poggiava le zampe?”
“Non gli ho guardato le zampe, ero un tantino preoccupato per le teste o forse tu non le hai notate ma erano tre!”
Harriet si pensò d’accordo con l’amico, i lunghi denti affilati delle bocche erano state la cosa che aveva visto per prima e poi forse dopo si era accorta della stazza dell’animale. Oppure no.
Ma restava il fatto che non aveva per niente notato la botola.
“Stava sopra una botola, il che significa che non stava lì per caso.
Fa la guardia a qualcosa.”
I tre si fermarono davanti alla porta del dormitorio femminile, dove Ron le avrebbe lasciate entrambe.
Harriet ripensò alle parole appena dette da Hermione e si chiese a cosa il cane facesse la guardia.
“Ora, se a voi due non dispiace, io me ne vado a letto, prima che ad uno di voi venga la brillante idea di farci uccidere. O peggio: espellere.”
Hermione girò i tacchi e sparì dietro la porta del dormitorio femminile.
Harriet fissò Ron basito e poi lo salutò, entrando nel dormitorio.
La riccia era appena entrata nella stanza e le altre due compagne le salutarono calorosamente.
Aveva trovato delle splendide coinquiline quell’anno, erano due sorelle gemelle, come i Weasley, ma erano scure di carnagione.
I letti erano sui quattro lati della stanza ed alla fine di essi vi era il baule da viaggio degli studenti.
La stanza era colorata di rosso ed oro, la prima cosa che la bambina aveva notato quando vi era entrata.
Harriet si buttò sul letto massaggiandosi la testa, incredula di quello che era appena accaduto. Hermione non sembrava in vena di parlare e quindi decise di mettersi il pigiama per andare a dormire.
Passò la notte a lisciarsi i capelli ripensando al ruolo appena ottenuto nella squadra di Quidditch.
E pensò soprattutto ad un certo bambino.
Draco.
 
--
 
La mattina dopo, Harriet era stata chiamata da Oliver.
Il ragazzo, oltre che ad essere molto carino, era anche un ottimo insegnante.
Le aveva spiegato in modo semplice e conciso tutte le regole del Quidditch, elencando tutto quello che doveva sapere.
Era rimasta molto colpita dai bolidi. Erano delle palle che avevano vita propria e tornavano indietro ad ogni battuta. Oliver le aveva dato una mazza per batterle e quando lei ne aveva respinta una, il ragazzo le aveva fatto dei complimenti, facendola arrossire di poco.
“Mi piacciono i bolidi.”
Il ragazzo gli sorrise per poi girarsi verso la cassa che conteneva tutti gli attrezzi da Quidditch.
“Tu sei una cercatrice...
L’unica cosa di cui ti devi preoccupare… E’ questa.”
Oliver diede una pallina d’oro ad Harriet e la bambina la guardò con fascino, passano le dita sulle diverse insenature.
“Il boccino d’oro.”
“Mi piace questa palla.”
“Ah, ti piace ora. Ma vedrai è velocissima e quasi impossibile da vedere!”
Oliver gli spiegò come la piccola avrebbe dovuto prenderla prima dell’altra squadra, per poter così finire e vincere la partita. Harriet fece scivolare la pallina sul palmo e quella di scatto aprì due piccole alette color oro, che subito cominciò a sbattere. Il boccino si alzò in volo velocissimo, scattando a destra e sinistra come impazzito, seguito sempre dallo sguardo verde di Harriet, meravigliosamente affascinata da tutto.
 
--
 
La lezione degli incantesimi era iniziata da poco.
Harriet aveva ritardato ed era stata costretta a sedersi lontano dai suoi due amici.
Il professore bassino e barbuto sembrava molto simpatico ed alla mano, aveva una vocetta stridula ma simpatica.
Stava spiegando come gli incantesimi erano alla base di ogni magia e di come quel giorno ne avrebbero provato uno.
“Avete tutti le vostre penne?”
Harriet vide Hermione alzare la propria, mentre Ron era completamente sdraiato sul tavolo.
Quei due si battibeccavano sempre, ma la bambina aveva capito che niente e nessuno li avrebbe divisi.
“Non dimenticate il movimento del polso che abbiamo provato: agitare e colpire!”
Harriet prese la propria bacchetta fra le mani e si guardò la propria penna bianca posta sul tavolo.
Ripeté, poi, il movimento seguendo il professore, aspettando che quest’ultimo le desse il via per provare l’incantesimo vero e proprio.
“Enunciate Wingardium Leviosa”.
Harriet guardò tutti i compagni cominciare a provare l’incantesimo e quando sentì due occhi liquidi posarsi su di lei, un brivido le percorse la schiena.
Malfoy la stava guardando.
Decise di non darci troppo peso e cominciò la sua prova, muovendo la bacchetta sotto le parole dell’incanto.
Dopo qualche secondo, la voce di Hermione le arrivò alle orecchie. Girò il viso verso gli amici e vide Ron picchiare l’aria con la bacchetta.
“Fermo, fermo, fermo”, cominciò Hermione, fermando il movimento del compagno, “Così caverai l’occhio a qualcuno.”
Harriet rise alla frase dell’amica ma non poteva dargli torto.
Ron avrebbe sicuramento fatto del male a qualcuno in quel modo.
“Per di più – continuò Hermione – sbagli pronuncia, è Leviòsa, non Leviosà.”
Sorrise ancora, guardando Ron sbuffare e poi chiederle di fare l’incantesimo.
Hermione lo assecondò, guardando la sua piuma e, dopo aver pronunciato la formula, puntare la bacchetta su di essa. La piuma cominciò ad innalzarsi in aria, segno che la magia era riuscita. Harriet rimase di sasso alla bravura della compagna e anche il professore, come lei, si congratulò con la bambina.
Seamus, che era seduto accanto a lei, preso dall’euforia, cominciò a recitare la formula, finendo poi per far esplodere tutto.
Harriet guardò la piuma incenerirsi e si allontanò di poco, indicando al professore che ce ne sarebbe servita un’altra.
 
--
 
“E’ Leviòsa, non Leviosà.”
La lezione era finita e tutti erano usciti dall’aula. Harriet aveva seguito Ron, che si era allontanato con Seamus ed un altro bambino della loro casata, bassino e di carnagione scura, ma molto simpatico di nome Thomas.
“Ti credo che poi non ha amici.”
Il rosso aveva ripetuto le parole di Hermione, prendendola in giro. All’inizio era sembrata una cosa simpatica, ma quando la riccia era sfrecciata accanto a loro piangendo, capì il grande errore.
“Ti ha sentito, credo.”
Disse Harriet, fermandosi e mordendosi le labbra.
Hermione non si fermò e continuò diritta nella scuola, lasciandoli tutti e quattro colpevoli.
 
 
 
 
 
Note: Volevo scusarmi per non aver pubblicato la scorsa settimana, ma l’università mi uccide davvero.
Vi lascio il link della mia pagina Fb, così se vorrete passare, avrete gli aggiornamenti in tempo reale, basta cliccare Qui
Ho aggiunto deliberatamente il pezzo fra Harriet e Draco, in quanto non presente nel film.
Grazie a tutti quelli che seguono e che per la mia gioia, mi lasciano un commento!

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Capitolo 6
*** VI ***


Halloween era giunto ad Hogwarts e con grande stupore di Harriet, la sala grande era stata addobbata con tante zucche volanti.
Prima che potesse bearsi di tale visione, Draco l’aveva fermata prima che potesse entrare nel portone.
Ron era andato avanti sotto consiglio della ragazzina e lei era rimasta da sola con il biondo.
All’inizio sembrasse che voleva dirle qualcosa di importante, teneva le mani nascoste nella cappa ed il solito sguardo liquido le contornava il profilo del viso.
“Malfoy, devi dirmi qualcosa?”
Draco la fissò ancora per un po’ e poi scrollò le spalle, entrando nella sala.
Harriet lo fissò andare via, chiedendosi cosa mai quel ragazzino avesse mai voluto da lui. Sospirò passando attraverso il grande portone, per poi sedersi accanto a Ron al tavolo dei Grifondoro.
“Allora? Che voleva?”
“Non lo so. Se né andato senza dirmi nulla.”
Ron alzò le spalle, addentando un dolcetto di Halloween. Harriet si guardò intorno, ricordando ancora l’offesa che avevano fatto ad Hermione. Squadrò per bene tutto il lungo tavolo, ma della riccia non ve n’era traccia.
“Ron, dov’è Hermione?”
“La sua amica Calì ha detto che è rimasta tutto il tempo chiusa nel bagno delle ragazze a piangere. Tutto il pomeriggio.”
Neville dopo aver informato Harriet, tornò a mangiare. La piccola aveva sempre adorato quel bambino cicciottello, era fifone, si, ma molto simpatico.
Ron la guardò alzando le spalle in risposta. Harriet sapeva bene quanto Hermione potesse sentirsi offesa ed avrebbe dovuto raggiungerla per scusarsi.
Quando il portone della sala si aprì di scatto, la mora saltò sul posto dalla paura. Il professor Raptor entrò di corsa, passando con velocità metà del corridoio della sala.
“Un troll! Nei sotterranei!”
La paura aveva fatto sparire le balbuzie dell’uomo ed Harriet continuò a fissarlo, finché quello non si fermò in mezzo alla sala.
“Un troll, nei sotterranei!”
Tutti ormai all’interno della sala lo guardavano attoniti, tantoché Silente si alzò dalla propria sedia, guardandolo.
“Io ve l’ho detto…”
Dopo aver pronunciato le ultime parole, il professore cadde a terra svenuto ed il panico generale si fece largo nella sala. Ogni studente si fece prendere dal panico ed Harriet notò come Malfoy dal suo tavolo la guardava spaventato ed i tuoni del soffitto finto non calmavano di certo la marmaglia di gente.
Un richiamo del preside azzittì, però, tutti all’istante.
La sala si fermò ed ogni persona guardava verso il tavolo dei professori.
“Ragazzi, per favore, niente panico!”
Gli occhi vigili del vecchio osservavano tutti gli studenti spaventati.
“I prefetti riporteranno gli studenti della propria casa nei dormitori, gli insegnanti mi seguiranno nei sotterranei.”
Harriet seguì il prefetto, senza mai distogliere lo sguardo dal biondo serpeverde, che la imitava. Fino all’uscita della sala, dove le loro strada si divisero, non si schiodarono gli occhi di dosso.
Ron cominciò a parlare di come i Troll fossero dannatamente stupidi e che qualcuno aveva voluto fare uno scherzo alla scuola. Poi ad Harriet gli si illuminò qualcosa e tirò via Ron dalla fila.
“Che c’è!”
“Hermione… Non sa nulla.”
La corsa per la scuola ebbe inizio e quando il bagno delle ragazze era ormai vicino, il Troll spuntò davanti a loro, costringendoli a nascondersi. Harriet notò come, con orrore, l’energumeno raggiungeva il bagno dove Hermione era rimasta offesa tutto il giorno ed un tuffo al cuore la prese in pieno.
L’urlo della riccia dopo qualche istante, li costrinse ad entrare di corsa nel bagno.
Hermione era sdraiata a terra vicino ai gabinetti rotti ed il Troll era fermo davanti a loro imponente.
“Hermione spostati!”
Harriet cercò di capire come aiutare l’amica, mentre quella urlava di aiutarla. Si decise, allora, di muoversi senza pensare. Si spostò i lunghi capelli neri dietro la schiena ed acchiappò un masso, lanciandolo successivamente al troll. Ron fece la sua stessa identica cosa e dopo qualche masso, l’abominio si girò verso di loro.
“Ehy, cervello di gallina!”
Ron tentava di attirarlo anche parlando, ma quando Hermione passò dai gabinetti ai lavandini, il troll si girò di nuovo verso di lei, per assestare un colpo della sua mazza contro la ceramica. Harriet più lo guardava più si convinceva di quanto fosse brutto. Era verde, grande e puzzava.
La richiesta di Hermione d’aiutarla fece scattare Harriet per la seconda volta. Tirò fuori la bacchetta, aggrappandosi all’enorme mazza del troll e crollò successivamente sulla testa dell’energumeno. I lunghi capelli le erano finiti davanti alla faccia e svolazzanti erano andati a finire contro gli occhi del troll che, preso alla sprovvista, cominciò a muoversi come un toro impazzito, quasi a disarcionare la piccola.
Harriet non capì più nulla e quando la sua bacchetta finì nel naso del mostro, quello finalmente si calmò, permettendole di scostare i capelli dalla faccia. Uno starnuto e poi un altro ancora, il troll ricominciò a muoversi e dopo aver acchiappato una sua gamba, la mise a mezz’aria, cercando di colpirla con la mazza.
Harriet spaventata si accartocciava su se stessa per non morire sperando che gli altri l’aiutassero.
“Fa qualcosa!”
Urlò poi a Ron, capendo che quello era fermo dietro di lei.
“Cosa?!”
Si sentì dire dal rosso in risposta.
“Qualunque cosa!”
Gli urlò lei di rimando, tenendosi gli occhiali per non perderli.
Sentì Hermione consigliare a Ron Agitare e colpire! E successivamente un Wingardium Leviosa!. La mazza con cui il troll tentava di colpirla si alzò in aria. Tutti, affascinati, guardarono il pezzo di legno volare sulla capoccia del mostro e quando quella gli ricadde in testa, Harriet fu finalmente libera. Alzò il viso per guardare il troll che barcollava tramortito e si spostò strisciando verso Ron per non farsi schiacciare.
Quando quello rimase immobile a terra, i tre bambini vi si avvicinarono.
“E’ morto?”
Chiese Hermione, finalmente salva.
Harriet fissò il naso del troll in cui la sua bacchetta era finita e cominciò ad estrarla da esso.
“No, non credo. L’abbiamo solo messo al tappeto.”
Quando la bacchetta fu finalmente libera, il moccio del mostro era ancora attaccato ad essa. Un conato le si fece strada nello stomaco e sembrò che Ron avesse la medesima impressione.
L’urlo della McGranitt spaventata richiamò l’attenzione di Harriet. La professoressa guardò il troll a terra e dopo essersi appoggiata al muro, guardò Ron ed Harriet.
“Esigo una spiegazione da voi due!”
La piccola ed il rosso cominciarono a farfugliare e quando Hermione richiamò l’attenzione dicendo che era colpa sua, si guardarono allibiti.
La riccia spiegò di come aveva provato a batterlo da sola e che se non fosse stato per Ron ed Harriet, sarebbe sicuramente morta. Mentre la McGranitt sgridava Hermione, la mora si girò verso i professori e notò una cosa particolare. La gamba del professor Piton era stata graffiata, i pantaloni strappati ed il sangue su di essa ne confermavano la teoria. L’insegnate di Pozioni, notando come Harriet lo guardava, si coprì senza dire niente, fissandola con astio.
“Cinque punti verranno tolti a Grifondoro per la tua grave mancanza di giudizio”, disse la McGranitt, per poi girarsi verso Ron ed Harriet, “Cinque punti… verranno assegnati ad ognuno di voi.”  
I due non capirono all’inizio il perché, ma quando la donna spiegò che erano stati molto fortunati ad aver vinto e poter raccontarlo, si sentirono subito felici. Aggiungendo un Per la vostra fortuna sfacciata.
Il professor Raptor li rimandò tutti nel dormitorio. Mentre camminavano vicini, Harriet e Ron capirono come Hermione sarebbe diventata parte del loro duo, da quel giorno in poi.
Sarebbe diventata loro amica.
 
--
 
Tutti ormai avevano saputo della sconfitta del troll da parte del duo.
I giorni passarono ed Harriet si allenava ogni giorno con Oliver per l’imminente partita di Quidditch.
Era diventata veramente brava e non era solo il giovane Baston a dirglielo. Più volava più si accorgeva di quanto liberarsi in aria sulla scopa la rendeva libera e felice.
Riusciva sempre a prendere tutte le palle da golf che Oliver gli lanciava quando faceva troppo buio e acchiappava sempre il boccino durante gli allenamenti, convincendo completamente la squadra della sua bravura.
Un giorno, al rientro dalle prove, Malfoy si fece trovare nel giardino e la fermò ancora.
“Cosa vuoi Malfoy? Devi dirmi qualcosa? O rimarrai in silenzio?”
“Quando la finirai di stare sempre sotto i riflettori, Potter?”
Harriet non capì all’inizio a cosa il biondo si riferisse, ma poi ci arrivò subito dopo.
“Non l’ho fatto apposta. Hermione era in pericolo e…”
“Non mi importa di quella lì, Potter.
Il fatto che tu abbia sconfitto il troll, non ti avvantaggerà nella partita di Quidditch di domani.”
Harriet lo guardò alzare il viso affilato e bianco, con fare superiore, mentre sulle sue labbra si allungava un sorriso di scherno.
“Non ho mai pensato ad una cosa del genere, Malfoy.”
Il ragazzo ancorò i suoi occhi cristallini in quelli giada di lei e si girò, tornando sui suoi passi.
“Ricorda, Potter. Ti tengo d’occhio.”
Harriet sentì le gote arrossirsi ed un mal di pancia infastidirla. Quel biondino la metteva sempre in difficoltà, ma quando stava con lui un senso di divertimento la prendeva sempre.
Le piaceva quel ragazzo.
 
--
 
Il giorno della partita di Quidditch era arrivato. Harriet sentiva lo stomaco in subbuglio e non aveva toccato cibo. Per quanto i suoi due amici le chiedevano di addentare qualcosa, lei non riusciva proprio a mangiare.
Malfoy, intanto, la stava osservando.
“Buona fortuna per la partita di Quidditch, signorina Potter.”
Severus Piton si era avvicinato alla tavolata ed aveva cominciato a guardarla con aria di sufficienza.
“Dopo aver affrontato un troll, sarà un gioco da ragazzi. Anche se la partita sarà contro i Serpeverde…”
Harriet fissò il liquido nero negli occhi dell’uomo e quando quello si allontanò, notò la sua zoppicata.
Una lampadina si accese nella sua testa.
“Ecco perché il sangue…”
“Il sangue?” Le chiese Hermione.
Harriet cominciò a spiegare la sua teoria: secondo le prove da lei raccolte, Piton avrebbe usato il troll come diversivo per poter raggiungere la stanza in cui vi era nascosto il cane a tre teste. Qualcosa però era andato storto e l’animale l’avevo morso, per questo non riusciva a camminare bene.
Hermione non capì bene il motivo ed Harriet continuò, dicendole che il giorno in cui era andata alla Gringott, Hagrid aveva prelevato qualcosa e che quella cosa riguardava Hogwarts.
Ron alzò le spalle in segno risposta ed Harriet percepì che come al suo solito, il rosso non aveva capito granché. Hermione, invece, come da programmato, aveva capito tutto.
“E’ ciò che sorveglia il cane – continuò la mora – è ciò che Piton vuole.”
I tre bambini si guardarono ma un pigolio famigliare ad Harriet fermò i loro discorsi.
Edvige stava volando sopra di loro con un pacco stretto fra le zampe.
Tutti guardarono la civetta lasciare quello che aveva portato fra le mani di Harriet ed una specie di scintillio si fece strada negli occhi di Ron.
“Strano… -cominciò la bambina – io non ricevo mai posta.”
“Dai, apriamolo!”
Ron era il più entusiasta di tutti e tre notò Harriet e quando la carta fu tolta, lo stupore del rosso arrivò alle stelle.
“E’ un manico di scopa.”
“Non è un semplice manico di scopa, Harriet – cominciò il bambino, sempre felice – E’ una Ninbus 2000!”
Harriet si chiese chi le avrebbe mai mandato un regalo così e quando girò il viso, vide Edvige accarezzata da nodose mani dolci.
La professoressa McGranitt.
 
 
 
 
Note: Ecco qui il sesto capitolo, sperando che vi sia piaciuto, ringrazio tutte le magnifiche persone che seguono e che vogliono lasciarmi un commento!

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Capitolo 7
*** VII ***


La partita era vicina.
Harriet fremeva dalla paura e dall’eccitazione e non riusciva più a stare nella sua stessa pelle.
La sua prima partita di Quidditch era alle porte e tutti confidavano in lei per prendere quel dannato boccino.
Quel boccino che avrebbe portato i Grifondoro alla vittoria ed i Serpeverde alla sconfitta.
Il giorno della partita, Harriet si era fermata davanti al campo da gioco, vicino a Ron ed Hermione, intenta a farsi rimirare dagli amici.
Il rosso stringeva fra le dita il manico di scopa, contento per lei e per la sua sfacciata fortuna, mentre Hermione la aiutava a sistemarsi la casacca dei Grifondoro. Harriet era vestita di uno strettissimo pantalone bianco ed una maglia dei colori della casata. Per l’eccitazione non era riuscita a sistemarsi il mantello e la riccia non aveva finito ancora di aiutarla quando un certo biondino si presentò davanti a lei con a seguito Tiger e Goyle.
“Cosa vuoi Malfoy?”
Ron era pronto a prenderlo a mazzate, ma come al solito Harriet si mise fra i due litiganti, prendendo la scopa per poi mandare via gli amici. Draco fece la stessa cosa con i suoi scagnozzi e, ancora, i due rimasero soli.
“Volevi parlarmi?”
“Non credo che sarà facile per te vincere, oggi, Potter, ma sono comunque venuto a darti la buona sfortuna.”
Harriet allargò le labbra in un sorriso così finto che neanche il peggiore degli attori avrebbe mai fatto e poi girò di spalle, per dirigersi verso gli spogliatoi dove il resto della squadra la stava aspettando. Sentì però dietro di se il biondo seguirla e prenderla per un polso, come a volerle dire altro. Ma quello che fece, la lasciò scioccata per un po’.
Le accarezzò una guancia e andò via senza aggiungere altro.
 
--
 
“Paura Harriet?”
La porta di legno che le si ergeva davanti la separava dal campo da Quidditch. I due gemelli, nello spogliatoio, l’avevano alleviata un po’ dalle sue paure, prendendo scherzosamente in giro il discorso che Baston faceva tutte le sante volte ma ora, trovarsi lì, era tutt’altro che facile.
“Un… Un po’.”
“E’ normale. Accadde anche a me la prima volta.”
“Cos’è successo?”
“Io… Non mi ricordo. Ho preso un bolide in testa dopo i primi due minuti di partita.
E mi sono risvegliato all’ospedale.”
Ora si che Harriet era davvero spaventata. Sentì di andare in iperventilazione e guardò la porta come se fosse una delle sue più grandi paure. Decise di cercar di pensare ad altro e si portò i capelli dietro la nuca, costruendo una cosa bassa.
Quando la musica cominciò a risuonare alle orecchie di tutti e la porta finalmente si aprì, agli occhi della piccola, tutto sembrò vacillare. La squadra salì sulle scope volanti ed uno ad uno, tutti cominciarono a lasciare la il terreno per volare sul campo da Quidditch, passando intorno a bandiere, Serpeverde e spalti.
Lee Jordan, un Grifondoro dalla pelle scura e dai lunghi capelli rasta, era il presentatore di quella partita e subito cominciò a parlare, urlando nel microfono come un vero sportivo.
Un turbinio di emozioni erano a cavallo nella testa e nel cuore di Harriet, intenta a cercare di concentrarsi sulla partita.
Hermione, Ron, Neville, Dean, tutti i suoi amici Grifondoro assieme ad Hagrid la acclamavano dagli spalti e fra i Serpeverde una testolina bionda la guardava, senza però muoversi tanto.
Harriet volò decisa al centro del campo, sopra i suoi compagni, mettendosi di fronte al cercatore nemico.
Madama Bumb, arbitro della partita, si avvicinò al baule in cui venivano tenute le palle per giocare.
“Mi raccomando – cominciò fissando le due squadre – voglio un gioco pulito… da tutti voi!”
Tutti si guardarono e quando la donna diede un calcetto al baule, bolidi e boccino volarono via.
Madama Bumb prese in mano la pluffa e quando essa venne lanciata in aria, il gioco ebbe inizio.
Harriet subito si spostò di lato, sperando che nessuno dei bolidi la prendesse in pieno, cercando di trovare in tutto quel casino il boccino d’oro.
“Angelina segna! Dieci punti a Grifondoro!”
Dopo pochi secondi di partita, gli spalti rosso oro acclamarono ed Harriet sorrise ai primi punti appena fatti dalla sua squadra.
La pluffa fu rimessa in campo, all’inizio era nella mano dei Serpeverde, ma poi tornò in quella dei Grifondoro che segnarono di nuovo dieci punti, acclamati da tutta la squadra e da Harriet in persona, felice dell’andamento della partita.
La pluffa fu di nuovo messa in gioco e quando i Serpeverde tentarono di segnare, Oliver parò la palla senza problemi. Marcus Flint, il capitano della squadra verde argento, si arrabbiò come pochi. Harriet vide il moro prendere la mazza e battere uno dei due bolidi verso Baston che cadde a terra svenuto, regalando così dieci punti ai Serpeverde.
Tutti i Grifondoro alzarono un coro di proteste ed Harriet guardò con rabbia Flint.
Fu così che il gioco divenne ricco di falli, i Serpeverde giocando sporco segnarono altri dieci punti ed Harriet guardò affranta i suoi compagni, sentendosi impotente.
Durante la partita la piccola fu quasi investita da uno dei bolidi e se non fosse stato per uno dei due gemelli, l’avrebbe presa in pieno.
“Tutto bene Harriet?”
“Si, ehm… Grazie.”
Il rosso gli fece l’occhiolino ed Harriet sperò che Ron prima o poi gli dicesse il modo per distinguere quei due uragani.
Ma poi, durante questi pensieri, i suoi occhioni verdi videro il boccino d’oro.
Subito Harriet si lanciò alla presa della pallina ma dopo qualche metro ed un bolide evitato, qualcosa cominciò ad andare storto. La sua scopa iniziò ad andare contro il suo volere, come a disarcionarla.
I lunghi capelli le finivano in faccia ad ogni virata e se non avesse avuto gli occhiali, sarebbe rimasta cieca in una frazione di secondo.
Harriet tentò in tutti i modi di rimanere attaccata al manico di scopa, ma quando quella si voltò su se stessa, lei si trovò a rimanerci attaccata con una mano, sentendo un coro di ooooh! provenire dagli spalti rosso oro, mentre una sonora risata si innalzava da quelli verde argento.
La piccola tentò in tutti i modi di rimanere ancorata alla scopa. Riuscì prendere il manico con entrambe le mani ma la scopa ricominciò a muoversi, quasi accorgendosi di esser rimasta ferma per troppo tempo.
La lunga coda le ballonzolava dietro ed era quasi stancante il fatto di avere i capelli così lunghi.
Fu una manciata di secondi indescrivibili e poi la scopa ritornò ferma. Harriet alzò lo sguardo fissandola e dopo essersi dondolata un po’, risalì a cavallo del manico, ripartendo alla corsa del boccino.
Il cercatore nemico era già all’inseguimento della pallina dorata, la piccola vi si avvicinò e cominciò a spingerlo, per poi riessere spinta dal ragazzo. Un battaglia senza tregua si svolse a mezz’aria fra i due, Harriet rimase ancorata alla scopa fino alla fine e quando il boccino cadde in picchiata, lei lo seguì senza pensarci due volte.
La pallina dorata volva sempre più veloce verso il basso, il pavimento si faceva sempre più vicino e quando il cercatore nemico si rialzò per paura, lei si accorse di poter avere la vittoria in pugno.
Si mise in piedi sulla scopa dopo averla rialzata e, allungando una mano, seguì il boccino sul campo, saltando poi su di esso nel tentar di prenderlo, cadendo dalla scopa sul terreno da Quidditch.
Il tempo sembrò quasi fermarsi. Harriet non aveva il boccino fra le mani e qualcosa nella suo fondo lingua le faceva venire i conati. Dopo aver tentato di vomitare una, due, tre volte, finalmente il boccino le uscì dalla bocca e fiera, lo innalzò in aria, sentendo Lee Jordan urlare “Harriet Potter ha preso il boccino! Centocinquanta punti a Grifondoro che vince la partita!”
Tutti cominciarono ad esultare, la bambina si guardò intorno, mentre tutta la squadra le si avvicinava per esultarla ed i gemelli Weasley battevano le mazze contenti della vittoria.
Harriet si girò anche verso gli spalti giallo oro, guardando i suoi amici acclamarla e poi girò di poco lo sguardo verso Malfoy, che la fissava sorridendo.
 
--
 
La partita era finita da poco.
Harriet era negli spogliatoi a cambiarsi e quando i due amici la raggiunsero, oltre all’essere contenti per la partita le portarono brutte notizie.
“Cosa? Piton mi stava lanciando il malocchio alla scopa?”
“Si, Harriet e se non fosse stato per Hermione, a quest’ora staresti in infermeria per una brutta caduta!”
Harriet non poteva credere a quello che i due amici le stavano raccontando. Ok che quel professore non la sopportava, ma addirittura tentare di infortunarla?
Il trio uscì dagli spogliatoi sovrappensiero e quando un Malfoy si mise fra di loro, Ron si mise fra i due sbuffando.
“Malfoy, ora basta!”
“Togliti dai piedi, lenticchia. Non devo parlare con te.”
Ron quasi gli saltò addosso nel tentavo di pestarlo, ma Hermione riuscì a trattenerlo, spostandosi di lato con lui.
“Bella partita, Potter.”
“Devi essere più carino con i miei amici.”
“Essere carino con quelli lì? Potter, è già tanto che sia qui a farti le mie congratulazioni.”
“Davvero ti stai congratulando con me?”
Draco sorrise, girandosi poi su se stesso per sparire nella coltra delle serpi.
Hermione e Ron si riavvicinarono alla piccola e subito vollero spiegazioni.
“Passi troppo tempo con quello, Harriet.”
“Ma Ron, è lui che mi cerca per…”
“Che vi siete detti?”
“Niente… Solite scemenze.”
“Anche prima?”
Harriet ci mise un po’ per capire di quale prima si parlasse e poi ricordò la carezza.
Arrossì portandosi una mano sulla guancia, abbassando lo sguardo al ricordo.
“Si… Anche prima.”
 
 
 
 
Note:  Lo so che è più corto degli altri, ma volevo chiuderlo con questa perla.
Insomma, questi due, non sono carini?
Grazie a chiunque sia arrivato sino a qui e chi, per mia gioia, voglia lasciarmi un commento!

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Capitolo 8
*** VIII ***


La prima partita di Quidditch era appena finita.
Malfoy a parte, tutta la casata dei Grifondoro si congratulava con lei, Harriet Potter.
La bambina non si era mai sentita amata così tanto e più passava il tempo, più capiva che Hogwarts era la sua casa. L’unico posto in cui sarebbe dovuta essere.
Ma adesso c’era qualcos’altro che doveva comprendere.
Piton ed il malocchio alla scopa.
Come da programma, lei, Ron ed Hermione, uscirono il giorno dopo per andare da Hagrid e gli raccontarono tutto. Il guardiacaccia ascoltò il racconto dei bambini, ma non se ne curò affatto. Per lui erano tutte sciocchezze e solo quando Harriet disse che Piton aveva affrontato il cane a tre teste ad Halloween, Hagrid si degnò di interessarsi.
“Chi vi ha parlato di Fuffy?”
Harriet ci mise qualche secondo a capire e Ron anche, solo Hermione intuì che quello fosse il nome del cane.
“Fuffy è mio! L’ho comprato da un’irlandese ad un pub lo scorso anno. L’ho prestato a Silente per sorvegliare la…”
Hagrid si bloccò.
Harriet lo guardò.
“Si?”
“Non dovevo dirlo.
Niente più domande, non mi fare più domande!”
Harriet tentò di spiegare ancora ad Hagrid che Piton voleva ciò che il cane sorvegliava ed il guardiacaccia rispose di nuovo a favore del professore. Solo in quel momento entrò in scena Hermione.
Harriet non era mai stata così contenta di sentire quella saccente parlare.
La riccia disse di come avesse letto tutti i libri e sapesse tutto sull’argomento dei malocchi.  Bisognava tenere il contatto visivo e lei era sicura che Piton non avesse sbattuto le palpebre.
Hagrid sospirò e guardò tutti quanti accigliato.
“Ascoltatemi tutti e tre. Ciò che il cane sorveglia è una questione privata fra Silente e Nicolas Flamel.”
Il guardiacaccia, però, si bloccò per una seconda volta.
Harriet ripeté il nome, ricordando di averlo già sentito e chiese ai due amici chi fosse. Nessuno seppe darle una risposta, ma lei ne era certa.
Nicolas Flamel lo aveva già sentito.
 
--
 
Il natale era ormai giunto ad Hogwarts.
La neve che scendeva lenta e fredda si posava sulle punte del castello, come zucchero a velo e regalò ai bambini del primo anno una splendida vista ghiacciata.
I gemelli come al solito si divertivano a giocare e lanciare palle di neve agli altri ed Harriet non era mai stata tanto felice in vita sua a quel natale. Ron si lamentava continuamente dei punti che Fred e George facevano togliere a Grifondoro, ma alla piccola non importava poi così tanto.
Quei due Weasley stavano rendendo quelle giornate molto movimentate.
Durante il periodo natalizio, gli studenti potevano tornare a casa per le feste, ma Harriet decise di rimanere a scuola. Tornare dai Dursley non era per nulla un’opzione. Ron Ron ed Hermione la informarono che sarebbero tornati a casa ed Harriet annuì, pensando che avrebbe passato il natale da sola.
Più il tempo passava, più la scuola si svuotava. Il giorno della partenza della loro amica era arrivato ed Harriet aiutò la riccia nel fare i bagagli quella mattina, parlando di ciò che avrebbe dovuto fare durante il Natale.
“Lo so che ti chiedo tanto, Harriet, ma voglio che ti metti a cercare informazioni su Nicolas Flamel mentre sarò via.”
La determinazione della bambina mentre piegava le maglie la si poteva sentire a pelle ed Harriet annuì infilando nel baule di Hermione i suoi calzini.
“E dove cerco?”
“Nella biblioteca, è ovvio.”
“Ma abbiamo già cercato lì…”
“Non nella sezione proibita.”
Harriet si diede della stupida ed annuì ancora.
Hermione la ringraziò per l’aiuto e le disse che l’avrebbe raggiunta nella sala grande dove già Ron le aspettava.
Così Harriet uscì dalla sala comune e partì spedita per cercare l’amico.
Ma qualcuno la bloccò prima.
“Potter.”
Draco Malfoy era accanto all’entrata della sala e la stava aspettando con il suo baule accanto.
“Malfoy.”
Salutò lei, arrestando il passo accanto a lui.
“E così rimani a scuola, è Potter… Ma dopotutto, non potresti andare da nessuna parte.”
“Fatti gli affari tuoi Malfoy, la mia vita non deve interessarti.”
“Ma infatti non m’interessa. Ero venuto giusto per dirti Buone Vacanze.”
“Gentile da parte tua.”
“Non ci contare.”
Il sorriso beffardo che si allungò sul viso del biondo fece andare Harriet su tutte le furie. Scrollò le spalle andandosene, mentre Draco la guardava. Sospirò pesantemente al ricordo di quel bambino ma, una volta avvistato Ron, dimenticò tutto.
“Ciao.”
“Hey, ti va di giocare agli scacchi dei maghi?”
“Agli scacchi dei maghi?”
“Si, ora ti spiego.”
Il bambino insegnò ad Harriet a giocare, ma la bambina non faceva altro che perdere mentre i suoi pezzi le davano della stupida. Non ne era proprio capace.
Si staccarono dalla scacchiera solo quando Hermione attirò l’attenzione, indicando che quel gioco fosse una cosa da barbari.
“No, sono solo gli scacchi dei maghi. Hey, hai fatto i bagagli!”
“E perché tu no?”
“Cambio di programma, i miei genitori hanno deciso di andare in Romania a trovare mio fratello Charlie.”
“Bene, così potrai aiutare Harriet. Lei andrà in biblioteca a cercare informazioni su Nicolas Flamel.”
Harriet si sentì rilassata nel sentire quelle parole. Non avrebbe passato l’ennesimo natale da sola. Ma Ron non era della sua stessa idea.
“Ma abbiamo già cercato migliaia di volte!”
Harriet rise, ricordando di aver detto la medesima cosa. Si rallegrò nel non essere la sola.
“Non abbiamo cercato nella sezione proibita…
Buona natale!”
Quando Hermione girò i tacchi e se ne andò, le uniche parole di Ron furono abbiamo avuto una cattiva influenza su di lei!
Harriet annuì, ricordando come la riccia era sempre stata contraria a certe cose.
 
--
 
La mattina di Natale era giunta.
Harriet era rimasta da sola nella camera, perché oltre Hermione, anche le due gemelle erano partite.
Aveva così deciso di lasciare Edvige libera per la stanza, a patto che non facesse danni irreparabili.
Quella mattina Harriet venne svegliata dalle urla di Ron. Si alzò sul letto mezza stordita, sbadigliando e cercando gli occhiali sul comodino. Come al solito, i capelli erano un disastro e così decise di raggiungere la sala comune con un laccetto per farsi una treccia bassa.
Quando uscì dal dormitorio, il rosso gli diede il buon natale e lei sorrise, osservando poi il maglione rosso che il ragazzo portava. Aveva un grande R d’oro cucita al centro.
“Ma che ti sei messo?”
“Oh… L’ha fatto mia madre… Anche tu hai ricevuto qualcosa.”
“Ho ricevuto dei regali?”
Harriet non poteva crederci. Chi mai le avrebbe mandato qualcosa per natale? I Dursley non le davano neanche l’augurio, quei giorni…
“Si. Dai scendi!”
Harriet fermò la treccia con il codino e scese le scale a piedi nudi, con la canotta da notte che le svolazzava sulle gambe, raggiungendo così in poco tempo la sala comune.
Ron le indicò i pacchi e lei li guardò sorridente.
Ne prese uno bello morbido e lo scartò subito, scoprendolo poi un maglione. Ron la fissò mentre se lo rigirava fra le mani e poi sospirò.
“E’ da parte di mia madre.
E’ un maglione alla Weasley.
Ce lo fa tutti gli anni.”
Harriet si rigirò il maglione color smeraldo fra le mani, sentendosi scaldare il cuore. Nessuno le aveva mai regalato nulla e per lei era speciale.
“Che gentile.”
Ron alzò le spalle ed Harriet appoggiò il maglione sul bracciolo di una delle poltrone nella sala comune, prendendo poi un altro regalo.
Si mosse verso un divanetto e, dopo essersi seduta, aprì la lettera che sovrastava la carta da regalo.
 Tuo padre me lo diede prima di morire.
E’ ora che ti sia restituito.
Fanne buon uso.

Harriet alzò il viso e Ron alzò le spalle in segno di risposta. Decise così di aprire il pacco, poggiando il biglietto da una parte. Quando la carta fu stracciata, una specie di stoffa piena di disegni colorati scuri si fece largo fra le sue mani.
“Che cos’è?”
Harriet si alzò dalla poltrona, allungando la stoffa che le arrivò sino a terra.
“Una specie di… Mantello.”
“Beh… Vediamo come ti sta, mettilo.”
Harriet annuì ed indossò il vestiario. Prima di potersi accorgere di quel che era successo, sentì Ron urlare un Oh, cavolo!
Harriet non ne capì il perché ma quando abbassò lo sguardò, lo intuì.
“Il mio corpo è sparito!”
“Io so cos’è!
E’ il mantello dell’invisibilità!”
Harriet si stupì ancora di più e fece una piroetta su se stessa, guardando a terra.
“Sono invisibile?”
“E’ rarissimo!
Chissà chi te lo ha mandato.”
“Non lo dice.
Scrive solo… Fanne buon uso.”
I due bambini si misero a pensarci, ma prima che potessero dire qualcosa, Fred e George entrarono nella sala comune con un maglione di lana a testa di colore blu. Su di uno vi era una F e sull’altro un G. Entrambe le lettere erano di uno sgargiante colore giallo.
“Buon natale!”
“Guarda! Anche Harriet ha ricevuto un maglione!”
“Già ma il suo è più bello!”
“E non c’è la lettera sopra, questo perché mamma sa che tu sai come ti chiami!”
“Ma anche noi lo sappiamo come ci chiamiamo!”
“Gred e Forge!”
Harriet rise di gusto mentre i gemelli parlottavano fra di loro. Il fatto che uno finisse la frase dell’altro era sempre una cosa spettacolare.
Ma l’aria di giochi e scherzi finì con l’entrata in scena del muso di Percy.
“Cos’è tutto questo baccano?”
Harriet fissò il ragazzo, notando come anche lui avesse ricevuto il suo maglione.
“Guarda, P come prefetto!”
Cominciò uno dei gemelli, avvicinandosi al ragazzo.
“Infilatelo, su!”
Continuò l’altro, raggiungendo il gemello.
“Ma io … non … voglio…”
“Ah, no! Scordati di sederti al tavolo dei prefetti.”
Ricominciò uno dei gemelli, acchiappando Percy per un braccio.
“Il natale si passa in famiglia!”
Finì Fred, prendendo l’altro braccio del fratello.
Harriet fissò il trio lasciare la sala comune, sorridendo fra sé e sé a quella scena.
--
 
La notte era giunta. Per quanto lei e Ron avrebbero dovuto cercare informazioni su Nicolas Flamel, avevano passato tutto il tempo a giocare ed a pensare a stupidi scherzi da fare a Malfoy. Ma quella notte, immersa nel buio con Edvige, decise di provare quel mantello, da sola.
Così si alzò dal letto, prese il vestiario e dopo averlo messo, uscì dal dormitorio, diretta alla biblioteca della scuola.
Semmai qualcuno – Gazza – girasse per i corridoi, non l’avrebbe mai vista di certo.
La biblioteca di notte sembrava più spaventosa che di giorno.
Harriet camminò per il lungo corridoio, arrivando fino alla parte Proibita della grande sala. Cominciò a leggere i vari titoli sui libri e sembravano uno più sbagliato dell’altro.
Dove sei, ripeteva passando con la lanterna che si era portata dietro sulle copertine, Dove sei… Nicolas Flamel… Flamel…
Niente.
Non trovava niente.
Decise così di togliersi il mantello e posare la lanterna, per guardare meglio da vicino. Optò per un grande libro che sembrava vecchio di qualche anno e lo aprì curiosa. Ma quello, appena sfogliato, cominciò ad urlare ed Harriet spaventata lo mise a posto, sospirando.
Ma qualcos’altro la riportò sull’attenti.
Gazza era entrato nella biblioteca ed aveva sentito l’urlo.
Harriet spaventata acchiappò il mantello di corsa, ma dimenticatasi della lanterna, la fece cadere a terra, facendo altro rumore.
Quando arrivò alla porta che dava sui corridoi della scuola, la bambina intravide Gazza e svelta indossò il mantello, rendendosi invisibile a tutti.
Il bidello cominciò a camminare per la biblioteca, con gli occhi vispi attenti ad ogni movimento. Harriet si infilò fra due scaffali e quando Gazza passò avanti, uscì dalla porta, finalmente in salvo.
 
--
 
Erano quasi quattro mesi che passava in quella scuola, ma ancora non aveva imparato tutti i corridoi. Aveva camminato per un po’, ma non aveva ancora trovato la torre dei Grifondoro.
Era deciso.
Si era persa.
Aprì una porta a caso e quando entrò Mrs Purr, alzò gli occhi verso di lei, come se la vedesse. Cominciò ad andarle incontro miagolando e lei, spaventata, corse via, seguendo il corridoio. Ma ad una delle svolte, si fermò di scatto.
Piton stava spingendo Raptor contro il muro, come per minacciarlo.
La piccola guardò i due uomini da dietro il mantello ed indietreggiò giusto di qualche passo.
“Non ti conviene avermi come nemico, Raptor.”
La voce strascicata e senza emozioni di Piton la fece avanzare di qualche passo, portandola dalla parte opposta del corridoio. Quell’uomo faceva paura anche fuori dalle lezioni.
“N-Non so c-cosa vuoi dire…”
Ciò che invece colpì Harriet, fu la voce balbettante di Raptor. Quello lo era sempre e comunque.
“Lo sai perfettamente.”
Harriet guardò il duetto ma quando Piton si girò allungando una mano, lei capì che il suo respiro era comunque udibile sotto il mantello. Si tappò la bocca continuando ad indietreggiare e lasciando che Piton agguantasse l’aria. Passarono alcuni secondi, come se il professore stesse pensando e poi tornò ad agguantare Raptor, dicendogli che avrebbero fatto presto un’altra chiacchieratina.
Ciò che lasciò basita Harriet, fu la frase seguente.
“Quando avrai deciso a chi dare la tua lealtà.”
La bambina decise che avrebbe voluto sapere di più, ma un Gazza senza fiato interruppe il duetto.
“Professori, ho trovato questa lanterna nella sezione proibita.
E’ ancora calda.
Vuol dire che uno studente non è a letto.”
Piton e Raptor scivolarono via dal corridoio e Gazza li seguì, sempre correndo senza fiato.
Harriet sbuffò e si girò dalla parte opposta, seguendo il corridoio verso una grande porta che poi aprì per entrarci.
Se ciò che pensava fosse vero, avrebbe dovuto raggiungere la torre dei Grifondoro prima di loro o l’avrebbero beccata in flagrante.
Poi avrebbe dovuto dire tutto a Ron ed Hermione, di come Piton stava minacciando Raptor.
La stanza in cui era entrata sembrava una grande aula in disuso. Harriet si tolse il mantello e si avventurò in essa, osservandola.
Le grandi vetrate illuminavano la stanza, completamente impolverata e solo un oggetto era presente imponente al suo interno.
Uno specchio.
Era poggiato su due piedi di ottone ed il colore della pittura faceva credere che fosse vecchio di anni.
Ci si avvicinò incuriosita e solo da qualche centimetro lesse sopra la superfice specchiata una scritta strana.
Emarb eutel amosi vout linon ortsom.
Harriet non capì bene, ma quando abbassò gli occhi verso la superfice riflettente, vide qualcosa di strano.
Accanto a lei, da una parte un uomo dai corti capelli neri e dallo sguardo gentile e dall’altra una donna dai lunghi capelli rossi e dal viso amorevole.
 
 
 
 
 
Note: Eccovi l’ennesimo capitolo!
Ho aggiunto il pezzo sui gemelli perché era troppo bello per essere tagliato…
Ringrazio tutte le persone che seguono e che ogni volta, lasciano un commento!

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Capitolo 9
*** IX ***


Aveva girato il viso dietro di sé più di una volta.
Niente.
Alle sue spalle, l’uomo e la donna non erano presenti ma ogni volta che tornava a guardare lo specchio, loro erano lì, a fissarla dolcemente, sorridendole amorevolmente.
Harriet indugiò un pochino, deglutendo la troppa saliva che teneva in bocca. Qualcosa al suo interno sembrava riconoscere quelle due figure.
Le così bella, così delicata…
“Mamma…”
Disse sorridendo e la donna annuì con un gesto della testa allargando le labbra felice.
Lui così fermo, ma così protettivo…
“Papà…”
Anche l’uomo annuì sorridendo
Ma quando Harriet tornò a guardarli entrambi, la dona perse il sorriso e sembrò quasi che gli occhi volessero trattenere le lacrime.
Harriet sospirò allungando una mano verso lo specchio. Voleva toccarli, sentirli, abbracciarli…
La donna sorrise dolcemente ed allungò una mano sui suoi capelli, lisciandone dolcemente una ciocca, per poi poggiare dolcemente una mano sulla sua spalla. Harriet sussultò e poi girò il viso verso il punto in cui doveva trovarsi la mano di sua madre. Allungò debolmente le dita e si toccò la spalla, girando poi il viso verso lo specchio.
Sorrise.
E sorrise anche la madre.
 
--
 
Harriet si precipitò nel suo dormitorio, pensando di svegliare Hermione per farle vedere ciò che aveva scoperto ma raggiunto il letto della ragazza, si fermò.
La riccia non era a scuola.
Si girò su se stessa e corse nel dormitorio dei maschi, sempre nascosta dal mantello ed entrò in tutte le stanze finché non vide una testolina rossa spuntare da uno dei letti.
La camera era vuota, Ron dormiva da solo ed Harriet sorrise, correndo verso di lui.
“Ron! Ron, devi venire a vedere!”
Il rosso si tirò su stancamente quando la bambina lo privò delle coperte e si tolse il mantello.
“Ha-Harriet, cosa ci fai qui…”
“Alzati, dai, muoviti!”
“Ma perché…”
“C’è una cosa che devi venire a vedere!”
Il rosso mugugnò qualcosa e si alzò piano, seguendo la bambina fuori dalla sala comune.
 
--
 
La corsa per la scuola era stata parecchio lunga.
Harriet non ricordava bene il corridoio che conduceva allo specchio e Ron più di una volta l’aveva pregata di tornare a dormire, ma quando la porta che aveva attraversato si presentò ai suoi occhi, tirò il rosso per la maglia e l’attraversò, richiudendola poi alle spalle.
“Vieni, vieni!
Ci sono i miei genitori!”
Ron corse appresso alla bambina, tenendosi stretto la vestaglia e quando arrivò davanti allo specchio, si fermò ansante.
“Harriet… Io vedo solo noi…”
La bambina si girò su se stessa e fissò l’amico, per poi tirarlo al suo posto.
Quando Ron si fermò al centro dello specchio, sul suo viso se presentò un’espressione sbalordita.
Harriet sorrise.
“Li vedi? Quello è-”
“Sono io!”
Harriet si zittì all’istante e guardò l’amico tutto felice.
“Però sono caposcuola… Ed ho in mano la coppa del Quidditch!”
Harriet aggrottò la fronte, non capendo cosa Ron stesse farneticando. Come poteva vedere quelle cose?
“E per la miseriaccia… Sono anche il capitano della squadra!
Sto una favola…”
Harriet girò il viso verso lo specchio, sempre più sorpresa. Lei non vedeva nulla di tutte quelle cose.
“Harriet…”
La bambina si girò verso l’amico, fissando i contorni del viso del ragazzo ancora contenti.
“Pensi che questo specchio mostri il futuro?”
Harriet abbassò gli occhi, dolorosamente sconfitta.
“Come può essere… I miei genitori sono morti…”
Ron la guardò un po’ mortificato e poi si guardò ancora un po’ nello specchio.
 
--
 
Erano passate alcune ore.
Ron era tornato a Grifondoro e le aveva chiesto di seguirlo, ma lei aveva deciso di rimanere davanti lo specchio, ancora per un po’.
Secondo il rosso, quell’oggetto emanava qualcosa di brutto ed aveva parecchio insistito, ma Harriet non lo aveva ascoltato.
Era seduta davanti la parete riflettente da tanto tempo.
Voleva memorizzare qualsiasi cosa dei suoi genitori.
Li voleva lì, con lei.
Le mancavano molto.
Tornò anche la sera successiva. E quella dopo ancora.
Continuava a rimanere ferma davanti lo specchio, come se da un momento all’altro, i suoi genitori uscissero dalla parete e l’abbracciassero.
Ci si sarebbe persa lì, se solo avesse potuto…
“Di nuovo qui, Harriet?”
La bambina si alzò spaventata, riconoscendo la voce di Silente dietro di lei.
Si sistemò accanto allo specchio, abbassando il viso sconfortata.
“Credo che anche tu, come molti prima di te, hai scoperto la particolarità dello specchio delle Brame.
E… Suppongo che tu ormai abbia capito cosa fa.”
Harriet ci aveva pensato molto.
Di certo lo specchio non mostrava il futuro, ma neanche il passato.
“Voglio darti un indizio…”
La bambina alzò il viso verso l’uomo, guardandolo davvero.
Aveva la lunga barba che gli cadeva sul ventre, una lunga tunica rossa ed i soliti occhiali a mezza luna sul naso.
“L’uomo più felice della terra guarderebbe nello specchio e vedrebbe solo sé stesso.
Esattamente com’è.”
Harriet girò il viso verso lo specchio, unendo i fili dei mille ragionamenti che si era fatta.
“Allora… Lui ci mostra quello che vogliamo.
Qualunque cosa vogliamo?”
La bambina si girò nuovamente verso Silente che annuiva alle sue parole.
“Sì… E no.
Ci mostra solamente i profondi e più tormentati desideri del nostro cuore.
Ora tu, Harriet, che non hai mai conosciuto i tuoi genitori, li vedi lì… Accanto a te…”
Harriet girò ancora il viso verso lo specchio, triste al pensiero di non averli mai incontrati.
“Ma ricorda questo, Harriet…
Lo specchio non ci dà né la conoscenza, né la verità.
Molti si sono smarriti davanti a lui…
Hanno perso il senno!”
La bambina guardò di nuovo lo specchio, consapevole del fatto che anche a lei sarebbe accaduto, sicuramente. Si stava perdendo fra le braccia dei suoi genitori, riflessi lì dentro.
“Ed è per questo che domani verrà trasferito…
Ed io devo chiederti di non provare a cercalo nuovamente…
Non serve a niente rifugiarsi nei sogni, Harriet…
E dimenticarsi di vivere.”
Harriet, che aveva girato il viso per fissare Silente, tornò nuovamente a guardare lo specchio, intrecciando gli occhi con sua madre che le sorrideva gentilmente e poi suo padre, che annuiva come in risposta alle frasi del vecchio mago.
Non li avrebbe più rivisti, dopo quella notte.
 
--
 
Natale passò molto in fretta.
Ron e Harriet decisero di dare altre occhiate alla sezione proibita, ma non trovarono comunque nulla.
Quando Hermione tornò a scuola e ricevette la brutta notizia, il trio quasi sospirò all’unisono, davanti alla grande sconfitta.
Durante la notte, Harriet sentiva continuamente la riccia parlare fra sé e sé e sfogliare così tanti libri che solo al pensiero, a lei facevano venire mal di testa.
Accadde tutto qualche giorno dopo, mentre era in biblioteca a ripassare con Ron.
Hermione li raggiunse tutta trafelata, con un sorriso stampato sul volto.
“Vi ho fatto guardare nella sezione sbagliata!”
Urlò ai quattro venti, mostrando un grande libro.
“Come posso essere stata così stupida!”
Quando Hermione poggiò con prepotenza il libro sul bancone, ad Harriet venne quasi un infarto e si ritirò, chiudendo i sui compiti.
“L’ho trovato una settimana fa.
Cercavo una lettura leggera.”
La riccia cominciò a sfogliare il libro ed Harriet guardò Ron con paura.
“Quella… Sarebbe leggera?”
Hermione alzò il viso giusto per fulminare di poco l’amico e poi tornò a sfogliare le pagine.
“Eccolo qui!
Nicolas Flamel è l’unico che ha fabbricato la Pietra Filosofale.”
“La cosa?”
Dissero all’unisono Harriet e Ron, facendo sbuffare sonoramente Hermione.
“Uffa… Ma voi non leggete?”
I due si scambiarono ancora uno sguardo, prima che la riccia cominciasse a leggere il grande libro.
Secondo quella lettura, la Pietra Filosofale era una sostanza magica molto potente che aveva la capacità di trasformare qualsiasi tipo di metallo in oro puro e produceva, inoltre, l’elisir di lunga vita, che rendeva immortale chi lo avesse bevuto.
Harriet alzò un sopracciglio a quelle parole e Ron si sporse un poco sul libro.
“Immortale?”
“Vuol dire che non muori mai.”
“Lo so che vuol dire!”
Harriet zittì Ron prima che i due ricominciassero a litigare e far passare quella lettura in secondo piano.
Hermione fulminò ancora il rosso e poi ricominciò la lettura.
Secondo profonde ricerche, l’unica pietra ancora in circolo apparteneva a Nicola Flamel, noto alchimista, che l’anno precedente aveva festeggiato il suo seicento sessantacinquesimo compleanno.
Harriet e Ron si guardarono sconvolti. Seicento sessantacinque anni.
Alla faccia della gioventù.
“Ecco cosa sorveglia Fuffy al terzo piano, ecco cosa c’è sotto la botola.
La pietra filosofale.”
Harriet fissò prima Hermione e poi Ron, rimanendo quasi basita.


--
 
Giunta la notte, i tre ragazzi aspettarono che Grifondoro andasse a dormire e dopo essersi vestiti, corsero verso la catapecchia in cui viveva Hagrid.
L’erba bagnata di rugiada emanava un profumo dolcissimo e le nuvole, quella notte, sembravano giocare a nascondino con le stelle.
Sarebbe bello se potessi vivere una vita normale, pensò Harriet mentre correva lungo il prato, fermandosi poi davanti la porta di Hagrid.
Quando l’omone aprì e li vide, sorrise gentilmente.
“Scusate ma sono impegnato, non ho voglia di vedere gente.”
Prima che riuscisse a chiudere definitivamente la porta, i tre urlarono assieme Sappiamo della pietra filosofale!
Hagrid aprì, di nuovo, sconcertato la porta e li fece entrare sbuffando.
Harriet si intrufolò svelta e cominciò a togliersi il mantello fissando il suo primo amico del mondo magico.
“Per me Piton sta cercando di rubare la pietra.”
“Piton? – chiese Hagrid – Per dinci, non ce l’avrete ancora con lui, eh!”
Harriet si sistemò su un divanetto, lisciandosi i capelli davanti mentre il guardiacaccia fissava un pentolone sul fuoco.
“Hagrid – tentò lei dolcemente – sappiamo che vuole la pietra ma non sappiamo bene il perché!”
“Piton è uno degli insegnanti che protegge la pietra! – commentò, mentre Hermione fissava Harriet accigliandosi – Non ci pensa nemmeno a rubarla!”
“Che cosa?”
Chiese subito a Ron, quasi stranita.
“Hai sentito – la rimbeccò Hagrid, girandosi successivamente, - bene adesso andate, sono un po’ impegnato.”
“Hagrid, aspetta!
Uno degli insegnanti?”
“Ma sicuro! – si intromise Hermione, richiamando l’attenzione di Hagrid – ci sono altre cose che proteggono la pietra, dico bene? Magie, incantesimi…”
“Proprio così.”
Neanche l’aria di sfida da saccente di Hermione era riuscita a smuovere un po’ il guardiacaccia.
“Una gran perdita di tempo, secondo me.”
Harriet fissò il viso della riccia trasformarsi in vero disgusto e quando si girò verso Ron, scoprì anche il perché.
Il cane di Hagrid gli era avvicinato e lo stava annusando.
“Nessuno può avvicinare Fuffy!
Nessuno sa come farlo! 
Solo il sottoscritto e Silente.”
Continuò il guardiacaccia, pavoneggiandosi.
I tre bambini guardarono Hagrid sospettosi e lui mugugnò qualcosa, che somigliava più ad un questo non dovevo dirvelo… Non dovevo dirvelo…
Harriet avrebbe voluto dire qualcosa, ma un picchiettio proveniente dalla pentola sul fuoco di Hagrid, richiamò la sua attenzione.
Il guardiacaccia si avvicinò al camino e infilò le mani nel pentolone, prendendo una grande palla nera che, a sentire i gemiti di Hagrid, scottava e non poco.
Tutti si spostarono verso il tavolo della catapecchia, disponendovisi intorno e subito Harriet fissò quello che sembrava un uovo.
“Hagrid, ehm… Cos’è esattamente?”
“Questo è un… è un…”
“Io lo so che cos’è!”
Si intromise Ron, sorridendo, per poi girarsi sospettoso verso Hagrid.
“Ma Hagrid… Dov’è che l’hai preso.”
“L’ho vinto! –disse subito, più come difesa che come risposta – ad uno straniero conosciuto ad un pub… Sembrava contento di liberarsene, per la verità…”
Più il tempo scorreva, più quella palletta si muoveva ed Harriet decise che allontanarsi era la cosa più prudente da fare. Si spostarono tutti all’indietro e quando i pezzi di quella cosa si sparpagliarono per tutta la casetta, Harriet vide un braccino verde alato uscire da quello che aveva scoperto essere un uovo.
Tutti erano estasiati.
Quella creaturina che si stava muovendo sul tavolo, grugnendo ogni tanto, era proprio un drago.
Un cucciolo di drago!
“Questo è… - cominciò Hermione, spezzando l’atmosfera che si era creata – un drago.”
“Ah no – si intromise Ron – non è un semplice drago. E’ un Dorsorugoso di Norvegia!
Mio fratello Charlie… li sta studiando in Romania.”
“Non è un amore?”
Harriet girò il viso verso Hagrid, consapevole che il guardiacaccia aveva sempre voluto avere un drago.
“Dio lo benedica, guardate, riconosce la mamma!
Ciao Norberto!”
“Norberto?”
Chiese Harriet, fissando Hagrid accarezzare dolcemente il collo del drago.
“Si, beh… Deve pure avere un nome, no?
Non è vero Norberto?”
La piccola cominciò a ridere, mentre Ron si nascondeva dietro di lei per non far vedere ad Hagrid quanto fosse stupido quel nome, ma quando il drago tossì e diede fuoco alla barba del guardiacaccia, tutti lo fissarono impauriti.
“Beh… Ha bisogno di un po’ di addestramento…”
I tre si guardarono, immaginando come sarebbe andata a finire, ma prima che la conversazione potesse andare avanti, Hagrid allungò il viso verso la finestra.
“E quello chi è?”
Harriet girò il viso e vide una testolina biondo platino allontanarsi di corsa dalla finestra, quasi spaventata.
“Malfoy…”
Disse in tono quasi rabbioso, sospirando poi amaramente.
“Oddio…”
Pronunciò solo Hagrid, spaventato all’idea.
 
 
 
 
Note: Lo so, picchiatemi, ma ho avuto parecchi problemi la scorsa settimana, anzi, non credevo neanche di riuscire ad aggiornare oggi, visto che ho passato la settimana in ospedale…
Fortunatamente ora sto bene e mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto.
Nel prossimo, preparatevi ad un po’ di Fluff fra Harriet e Draco!

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Capitolo 10
*** X ***


“Hagrid ha sempre desiderato un drago, me l’ha detto quando ci siamo conosciuti.”
Erano usciti da poco dalla catapecchia del guardiacaccia ed i loro cuori battevano all’unisono.
Malfoy li aveva visti fuori dal dormitorio oltre l’orario consentito ed aveva visto anche il drago.
“E’ pazzesco…”
Sentì dire da Ron, mentre guardava Hermione girarsi e controllare che fossero soli nel corridoio della scuola.
“E peggio ancora, Malfoy lo sa…”
Harriet di una cosa era sicura: Draco non avrebbe detto niente, altrimenti sarebbe stato punito.
Anche lui era fuori dal dormitorio, giusto?
“Non capisco, è così grave?”
Chiese infine Hermione, fissando l’amico.
“E’ un guaio…”
Harriet guardò Ron stralunarsi e girò il viso verso il punto che il ragazzo stava fissando.
Si fermò con il cuore in gola.
La McGranitt.
“Buona sera.”
Harriet vide il biondo sgusciare fuori dal mantello della donna e quasi si sentì esplodere.
Gliel’avrebbe fatta pagare.
 
--
 
“Nulla e ripeto nulla da ad uno studente il diritto di girovagare di scuola di notte…”
Harriet ed i suoi amici avevano seguito la capocasa nell’aula di Trasfigurazione ed erano fermi da ormai cinque minuti a farsi rimproverare.
Draco era appostato a pochi passi da lei ed ogni volta che girava il viso, lo vedeva ridacchiare del triste destino che gli aveva imposto.
“Perciò come punizione delle vostre azioni… Vi saranno tolti cinquanta punti.”
Harriet girò il viso verso la professoressa, stupita del numero appena pronunciato da essa.
“Cinquanta?”
Esordì, sbalordita anche da sé stessa.
“A testa.”
Harriet girò il viso di nuovo verso Malfoy, che la fissava ridacchiando come solo una piccola serpe avrebbe potuto fare.
“E per essere certi che non capiti più… Tutti e quattro sarete messi in castigo.”
“Scusi professoressa…”
La bambina fissò Draco avvicinarsi al tavolo dietro cui la McGranitt li sgridava e si fece due conti.
Aveva detto tutti e quattro.
“Per caso ha detto… Tutti e quattro?”
Harriet passò il viso da Draco alla professoressa e dalla professoressa a Draco.
“No, mi hai sentito benissimo signor Malfoy.
Vedi, per quanto nobili fossero le tue intenzioni, anche tu eri fuori dalla stanza oltre l’orario.”
Ad Harriet quasi scappò una risatina. Lo aveva immaginato qualche secondo prima ed ora eccoli là.
Puniti tutti assieme.
“Ti unirai ai tuoi compagni in castigo.”
Draco girò il viso verso di loro ed Harriet sorrise, alzando le spalle.
Adorava la McGranitt.
 
--
 
La professoressa li guidò fino alla fine del corridoio, dove Harriet riconobbe Gazza.
Immaginò di dover passare la notte con lui, ma quando sentì le parole Hagrid  e Foresta proibita quasi si spaventò.
Il bidello della scuola li prese con sé e cominciò a camminare verso la catapecchia del guardiacaccia.
Draco si mise fra lei e l’uomo, sorridendole, per poi cominciare a camminare.
Durante il tragitto il biondo non si girò neanche una volta a guardarla ed Harriet pensò veramente di prenderlo a calci per la bella bravata fatta.
Gazza, intanto, chiacchierava su quant’erano belli i tempi andati e di come le punizioni di una volta erano decisamente più soddisfacenti delle ultime.
Quando arrivarono alla baracca del guardiacaccia, Gazza comunicò loro che avrebbero passato il castigo con Hagrid nella foresta proibita.
Harriet si sentì sollevata. Quell’omone le voleva molto bene e l’avrebbe sicuramente protetta.
“Una combriccola penosa, Hagrid.”
Il guardiacaccia li raggiunse in poco tempo a testa bassa, tirando spesso su col naso.
La bambina notò le guance colorate e gli occhi rossi, segno di un pianto esagerato.
“Ah, buon dio, non dirmi che te la prendi ancora per quel maledetto drago…”
Harriet si fermò dietro il biondo, vicino a Ron ed Hermione. Il ragazzo sembrava non calcolarla.
“Norberto non c’è più…
Silente l’ha spedito in Romania, vivrà in una colonia.”
“Ma questo è un bene, no? Sarà con la sua stessa specie.”
Neanche le perle di saggezza di Hermione riuscirono a riattaccare il cuore infranto di Hagrid.
“Si ma se poi non gli piace la Romania? Se gli altri draghi gli fanno i dispetti?
E’ solo un cucciolo, dopotutto.”
Harriet quasi rise, ma poi vide Draco muoversi davanti a lei.
Era tutta colpa di quel biondino serpeverde.
“Ah, cerca di tornare in te stesso, via, devi andare nella foresta, insomma.
Devi avere prontezza di spirito…”
“La foresta proibita?”
Harriet fissò Draco ribattere, per la prima volta, ai commenti di Gazza.
“Credevo fosse uno scherzo!
Non possiamo andarci!”
Gazza si girò debolmente verso Draco, fissandolo con astio vero e proprio.
“E’ vietato agli studenti e ci sono… I lupi mannari.”
“Ah, c’è peggio dei lupi mannari tra quegli alberi…”
Harriet fissò scettica Gazza fino a quando una debole manina non si attaccò alla sua cappa.
Draco la stava cercando, tentando di non farsi vedere da tutti gli altri.
“Puoi starne certo…”
La mano del biondo saliva sempre più verso il suo braccio e la piccola ci posò la sua, senza neanche sapere perché.
Stupido Malfoy, pensò.
 
--
 
La foresta era spaventosa come l’aveva immaginata.
Il buio faceva da padrone in quel posto e i rami secchi degli alberi facevano strane forme nell’ombra.
Malfoy viaggiava dietro a lei, attaccato alla sua cappa, mentre Hermione e Ron trotterellavano dietro ad Hagrid sull’erba.
Harriet ricordò di quanto la casata serpeverde non fosse particolarmente coraggiosa e pensò di esserlo lei per Draco.
Dargli coraggio, anche se non se lo meritava affatto.
Era colpa sua se si trovavano in quella situazione.
Il guardiacaccia si fermò dopo una decina di minuti. Harriet sentì mollare la presa della mano del biondo, quando si avvicinò ai suoi amici. Hagrid, intanto, si era accucciato ed aveva raccolto qualcosa di argenteo e viscoso.
“Hagrid… - chiese debolmente – cos’è?”
“E’ il motivo per cui siamo qui.
Lo vedi questo? E’ sangue di unicorno.
Ne ho trovato uno morto qualche settimana fa.”
Harriet era sicura che il suo cuore non era l’unico a battere ferocemente dalla paura.
Qualcuno aveva ucciso un unicorno e loro sarebbero stati i prossimi, sicuramente.
“Ora… Questo è stato ferito gravemente da qualcosa.”
La bambina abbassò lo sguardo, avvicinandosi di più a Draco, ma qualcosa catturò la sua attenzione.
Un’ombra.
O forse era solo il vento?
“Perciò – riprese Hagrid, facendole tornare il cuore a battere – è nostro compito cercare quella povera bestia.
Harriet, Hermione, voi venite con me.
Ron tu andrai con…”
“No, io non vado con quello lì.
Mi lascerebbe nel mezzo della foresta, ne sono sicuro.”
“Ron…”
Cominciò Hermione ed Harriet si mise nel mezzo del gruppo.
“Hagrid, vado io con Malfoy.
Fra loro non scorre… Buon sangue.”
“Cosa?”
Chiesero Ron ed Hermione.
Il guardiacaccia li fissò e poi acconsentì con uno sbuffo. Harriet vide Draco fissarla debolmente e poi girare il viso verso Hagrid.
“Va bene… Allora prendo Thor.”
“D’accordo – fece Hagrid, girandosi – ma ti avverto… E’ un gran vigliacco.”
Sia Harriet che Draco si girarono verso il cane.
Si erano messi in un bel pasticcio.
 
--
 
“Aspetta che lo venga a sapere mio padre… Questa è roba da domestici.”
Harriet sbuffò sonoramente al commento del biondo e si girò verso di lui con stizza.
“Ti ricordo, Malfoy, che se avessi tenuto la bocca chiusa, adesso non saremmo qui!
E se non ti conoscessi bene… Direi che hai una gran fifa.”
Il biondo riprese a camminare scocciato e quando passarono vicino ad un cespuglio, Harriet si spostò di lato vedendolo muoversi, fra le braccia del biondo.
Il vento.
“Dicevi?”
Harriet abbassò il viso ed arrossì. Aveva fatto la figura della stupida.
Draco ridacchio ed allungò una mano verso di lei, prendendola per tenerla stretta. Harriet sgranò gli occhi a vedere le sue dita incrociate con quelle del biondo e quasi si sentì liquefarsi dalla vergogna.
“Andiamo Thor.”
Il biondo riprese a camminare e lei lo seguì, sentendosi stranamente felice del gesto.
Camminarono ancora per un po’, mano nella mano. Draco si guardava intorno con la lanterna e teneva sempre stretta la sua mano, quasi come se fosse l’ossigeno.
“Draco…?”
Il biondo mugugnò qualcosa, facendole capire che l’ascoltava.
“Perché ce l’hai con me?”
“Perché questa domanda stupida?”
“Mi hai seguita… E poi hai detto tutto alla McGranitt…”
“Te l’ho detto che ti tenevo d’occhio, Potter.”
“Si, però… Non capisco.
Tu mi odi?”
Draco si fermò alla domanda e sospirò abbassando la lanterna.
Harriet aveva tutte le buone ragioni per chiederlo, no?
Prima faceva la spia mettendola nei guai e poi si ritrovava a camminare mano nella mano con lui come una coppia di fidanzatini.
“Potter, senti, non…”
Un guaito di Thor, però, fermò ciò che il biondo stava per rivelarle. I due si avvicinarono curiosi al cane e quando alzarono il viso verso ciò che quello puntava, quasi morirono d’infarto.
Una figura nera incappucciata era ricurva sul collo di un unicorno disteso a terra.
Harriet non riuscì a capire  bene cosa stesse facendo, sentiva solo la stretta di Malfoy farsi più salda.
Quando la figura alzò il viso, mostrando la bocca sporca di sangue di unicorno, la sua cicatrice cominciò a far male e Malfoy la strinse a sé, impanicato.
“H-Harriet, andiamo!”
La piccola cercava davvero di muoversi, ma non riusciva a spostarsi di lì.
C’era qualcosa in quell’uomo, qualcosa che doveva sapere.
Thor cominciò ad abbaiare e fuggì via, mentre Draco tentava di tirarla per la mano, spaventato fino al midollo.
La figura si spostò dall’unicorno e volò a pochi passi da loro, sempre rimanendo incappucciata.
“Forza, andiamo!
Cosa aspetti, dai!”
Malfoy la tirava per le braccia ed il fatto che l’avesse chiamata per nome, per la prima volta, le scivolò giù come se niente fosse.
Quando la strana figura tentò di avvicinarsi, Harriet indietreggiò spaventata e cadde addosso a Malfoy inciampando su un tronco, finendo entrambi a terra, lui dietro con la lanterna accanto e lei fra le sue braccia, in mezzo alle sue gambe.
La figura si faceva sempre più vicina, Draco la stringeva e l’abbracciava sempre più forte. Harriet non riusciva a smettere di guardare quella cosa e quando pensò che tutto sarebbe finito, chiuse gli occhi infilando la testa fra il capo ed il collo del ragazzo, sentendolo tremare più che mai.
Il suo profumo ed il poco coraggio che cercava di infonderle nell’abbracciarla e proteggerla, crearono un cocktail inebriante.
Poi il suono di un galoppo.
Un salto.
Harriet aprì gli occhi, girando debolmente la testa tenendo sempre le mani strette a quelle di Draco.
Qualsiasi cosa li avesse salvati, adesso li stava raggiungendo.
Malfoy la tenne stretta a se, finché non riconobbero quello che era un centauro.
“Harriet Potter… Devi andare via.”
La ragazzina alzò il viso verso il biondo, fissando il terrore nei suoi occhi e si distanziò un poco da lui.
Draco sembrò accorgersi solo in quel momento di cos’era accaduto ed aprì le braccia, arrossendo vergognosamente.
Harriet ridacchio e si alzò, seguita dal biondo.
“Harriet..”
La bambina si girò verso il centauro, che li aveva ormai raggiunti.
“Molte creature ti conoscono nella foresta.
Non è un posto sicuro.
Specialmente per te.”
Harriet lo guardò stralunata, mentre sentiva Draco avvicinarsi a lei e prenderle ancora la mano.
“Co…cos’era quella cosa da cui mi hai salvato?”
“Una creatura mostruosa – disse la creatura, avvicinandosi ancora di più – E’ un’azione orribile uccidere un unicorno.
Bere il suo sangue ti tiene in vita  anche se sei ad un passo dalla morte.”
Il centauro sembrò arrabbiarsi un po’ ed il biondo di riflesso strinse più forte la mano di Harriet, che ridacchiò dentro di sé.
Serpeverde.
“Ti tiene in vita, però, ad un prezzo spaventoso.
Hai ucciso una cosa purissima e dal momento che il suo sangue tocca le tue labbra, vivrai una vita a metà.
Una vita dannata.”
Harriet si incupì a quelle parole e sentì Draco strattonarla.
Voleva andare via, ma lei voleva sapere.
“Ma… Chi sceglierebbe una vita così?”
“Non ti viene in mente nessuno?”
Il centauro cominciò ad avvicinarsi, mentre il biondo si allontanò di poco.
Ma Harriet stava capendo.
Era quasi giunta a capire chi fosse quella presenza oscura.
“Intendi dire… Che chi ha ucciso l’unicorno… e che beveva il suo sangue… quello era Voldemort?”
Sentì Draco pigolare dietro di lei e capì che anche a lui faceva paura sentire quel nome. Gli strinse dolcemente la mano, accarezzandogli il palmo con delicatezza.
“Sai cosa è nascosto nella scuola, in questo preciso momento, signorina Potter?”
Harriet indietreggiò sbattendo contro il petto di Malfoy che le circondò la via con il braccio, lasciando andare la sua mano.
La bambina aveva capito cosa intendeva il centauro.
La pietra filosofale.
E Voldemort voleva proprio quella. 




Note: Ed eccovi qua il capitolo!
Fortunatamente l’ho scritto all’inizio della settimana, altrimenti non sarei riuscita a pubblicare.
Il mal di gola a preso possesso di me e del mio corpo! xD
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, che i due piccioncini vi abbiano fatto dire un sonoro awwww e…
Beh, niente, ringrazio chiunque voglia lasciarmi un commento!

 

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Capitolo 11
*** XI ***


L’abbaiare di Thor fece allontanare repentinamente Malfoy, lasciando Harriet sola e senza sostegno. La voce di Hermione le fece capire che il cane aveva cercato aiuto e che il biondino non poteva dar segni di debolezza.
“Harriet!”
La bambina girò il viso verso la riccia, che sembrava preoccupata sul serio, con accanto Ron che fissava prima lei e poi Malfoy, con lo sguardo corrugato. Il guardiacaccia sistemò l’arma che aveva portato sul grembo e sospirò di tranquillità.
“Salve Fiorenzo. Vedo che hai conosciuto la nostra Harriet Potter. Tutto bene piccola?”
Harriet annuì un po’ colpita, cercando la figura di Draco dietro di lei, distante kilometri.
“Harriet Potter…” la bambina si girò verso il centauro, scoprendolo a pochi passi da lei “Io qui ti lascio… Sei al sicuro, ora. Buona fortuna.”
Il rumore degli zoccoli di Fiorenzo fece da sottofondo alla scena che avevano tutti ormai dimenticato.
L’unicorno morto a terra.
 
--
 
“Vuoi dire che tu-sai-chi in questo momento è la fuori nella foresta?”
Harriet fissò Hermione sconcertata, seduta nella sala comune dei grifondoro davanti al caminetto. Ron aveva preso delle cioccorane e fissava loro due senza però entrare nella discussione.
“Si, ma è debole! Deve bere il sangue degli unicorni… Non capite? Ci eravamo sbagliati! Piton non vuole la pietra per se… Vuole rubarla per Voldemort! Con l’elisir di lunga vita, Voldemort tornerà forte e… e tornerà.”
Finito il monologo, Harriet si mise seduta, accorgendosi in quel momento di aver camminato ininterrottamente avanti ed indietro sullo stesso pezzo di pavimento. Ron aveva lasciato i dolci e si era catapultato su una cioccolata calda. Aveva lo sguardo preoccupato.
“Ma… Se torna, tu non credi che cercherà di… - Esitò un po’ Ron, ingoiando saliva – ucciderti… vero?”
“Se avesse potuto, avrebbe cercato di uccidermi stanotte.”
“E pensare che ero tutto preoccupato per l’esame di Pozioni…”
Ad Harriet scappò un sorriso e si strinse nelle spalle saltando poi quando Hermione riprese a parlare urlando.
“Ci siamo dimenticati una cosa! Chi è l’unico mago che Voldemort ha sempre temuto?”
Ron si girò verso la bambina che rispose con un sguardo perso.
“Silente! – sospirò Hermione – Finché Silente sarà qui, Harriet, tu sei salva,  finché sarà pronto ad aiutarti, tu non puoi essere toccata.”
Harriet annuì sospirando. La riccia aveva ragione.
“Si ma… - Riprese Ron subito, lasciando la cioccolata – nella foresta non c’era Silente. Harriet era sola con Malfoy. Che per dirla tutta, è già una cosa buona che non sia scappato come un codardo.”
La piccola arricciò le labbra e fissò Ron.
“Malfoy ha tentato di salvarmi, non è cattivo come sembra!”
“Ed in che modo? Hai detto che se non era per Fiorenzo, sarebbe successo qualcosa di brutto!”
“Già, ma… Ma lui ha tentato di tirarmi via. Sono stata io a metterlo in pericolo.”
Hermione schioccò la lingua contro il palato e si alzò per avvicinarsi ad Harriet.
“La cosa positiva, ora, è che sei qui, Harriet. Grazie o meno a Malfoy.”
La corvina annuì, ma lo sguardo del rosso era strano.
Sospettava qualcosa.
 
--
 
“Ho sempre sentito dire che gli esami di fine anno ad Hogwarts erano difficili, ma io li ho trovati piacevoli!”
“Parla per te per favore…”
Il giorno degli esami era arrivato e con esso il quasi fine anno scolastico.
Le giornate erano avanzate repentine e Malfoy non si era più avvicinato di molto. La guardava distante, come a farle capire che era presente. Ad Harriet piaceva e la distraeva dal continuo dolore che la cicatrice gli dava.
Anche quel dì aveva ripreso a dolere e la testa sembrava esplodere. Entrambi i suoi amici se n’erano accorti e quel giorno Ron glielo chiese.
“Tutto bene Harriet?”
“La cicatrice… - commentò con fiato pesante – non fa altro che bruciarmi…”
Hermione sorpassò il rosso e le si avvicinò sospettosa.
“Non è la prima volta…”
“Ma non così!”
“Forse dovresti farti vedere…” balbettò Ron.
“No… Secondo me è un avvertimento. Significa pericolo in vista. Ahia!”
Il trio si fermò verso l’uscita della scuola, sotto un arco. Hermione e Ron guardarono Harriet che alzò il viso rapita dal suono di un flauto. Quello di Hagrid.
“Ma certo! – urlò ricominciando a camminare, rincorsa dagli amici – Non vi sembra curioso che quello che Hagrid desidera di più sia un drago e che si presenti uno sconosciuto che per caso ne ha uno?!
Quante persone vanno in giro con un uovo di drago in tasca, perché non ci ho pensato prima!”
Il camminare diventò correre e tutti e tre si diressero verso il guardiacaccia, cercando di trovare la verità nascosta.
“Hagrid, chi ti ha dato l’uovo di drago!”
L’omone smise di suonare quando i tre bambini gli si fermarono davanti e li fissò con fare interrogativo.
“Com’era fatto?” chiese ancora Harriet.
“Non lo so – rispose Hagrid – non l’ho mai visto in faccia, teneva il cappuccio.”
“Ma con quello straniero, ci dovrai aver parlato!” provò ancora la corvina, sicura che la chiave fosse in quello scontro.
“Beh… Voleva sapere di che genere di creature mi occupavo. Gliel’ho detto!
Dopo Fuffy, un drago non sarebbe stato un problema!”
Harriet impallidì.
“Sembrava interessato a Fuffy?”
“Ma certo che era interessato a Fuffy! Non ti capita spesso di incrociare un cane a tre teste anche se sei del mestiere. Ma gliel’ho detto!
Gliel’ho detto sì!
Il trucco, con ogni bestia, è sapere come calmarla!
Prendi Fuffy per esempio – Harriet ingoiò saliva, ascoltando ciò che voleva sapere fin dall’inizio – basta un po’ di musica e si addormenta come un ghiro!”
I tre bambini si guardarono impauriti ed Hagrid si accigliò, capendo di aver appena detto qualcosa di sbagliato. Harriet tornò sui suoi passi correndo e Ron ed Hermione la seguirono, ascoltando in sottofondo gli urli del guardiacaccia che li chiamava.
 
--
 
La corsa per tutto il castello era stata sfrenata. Avevano cercato il preside in lungo ed in largo, accorgendosi poi di non sapere il luogo in cui si trovava il suo ufficio. Hermione acchiappò Harriet per una mano, dicendole che probabilmente la McGranitt lo sapeva e la corsa ricominciò, questa volta verso l’aula di trasfigurazione.
Quando entrarono all’interno di essa, la professoressa era seduta al banco e scarabocchiava qualcosa su un vecchio tomo. Arrivati davanti al bancone si fermarono tutti ansanti ed Harriet si arpionò al legno della cattedra senza respiro.
“Dobbiamo vedere il professor Silente, immediatamente!”
La McGranitt li guardò un po’ accigliata e poi lasciò la penna, passando gli occhi su ognuno.
“Temo che il professor Silente non sia qui.
Ha ricevuto un gufo urgente dal ministero della magia ed è dovuto partire subito.”
Harriet sbuffò e si scrollò la testa, facendo scivolare le ciocche di capelli in avanti.
“Partire, ma adesso? E’ una cosa importante! Si tratta della pietra filosofale!”
La McGranitt sgranò gli occhi ed alzò il viso come se avessero appena ucciso qualcuno.
“Come sapete-”
“Qualcuno tenterà di rubarla.” La bloccò subito la corvina, guardandola con sincerità.
La professoressa chiuse il tomo e li guardò ancora tutti quanti.
“Non so come voi tre sappiate della pietra, ma vi assicuro che è protetta benissimo!
Ora tornate nei vostri dormitori… In silenzio.”
Harriet fissò gli amici e sospirò affranta, girando i tacchi ed uscendo dall’aula. Com’era possibile che la professoressa prendeva un avvertimento così alla leggera? Doveva fare qualcosa.
“Non è uno straniero quello che Hagrid ha incontrato – disse subito Harriet appena fuori dall’aula – Era Piton e voleva sapere da lui il modo per quietare Fuffy!”
“E con Silente che è partito…” Hermione si bloccò appena prima di continuare.
Una voce strascicata e melodrammatica aveva salutato i tre ragazzi apaticamente. Harriet si girò verso il professore, cercando di scorgere in lui ciò che davvero cercava.
“Allora, tre giovani grifondoro come voi, cosa ci fanno al chiuso… in una giornata bella come questa?”
Harriet fissò Ron che subito si girò verso Hermione. La riccia alzò lo sguardo verso Piton e tentò di dire qualcosa, senza però riuscirci davvero.
“Dovete fare attenzione… Si potrebbe pensare che tramiate qualcosa…”
Durante la risposta, il professore si girò verso Harriet e quella lo guardò con sospetto, facendo alzare un sopracciglio di stupore all’uomo. Gli sguardi si sostennero per un po’ e poi il professore girò i tacchi, scomparendo nei corridoi.
“Harriet… - la riccia la chiamò, tirandogli la cappa – ora che facciamo?”
“Scendiamo nella botola – commentò tranquilla – stanotte.”
 
--
 
La luna era sorta puntuale ed il sole era morto nelle acque del lago come tutte le sere. Il castello era avvolto da una fredda nottata stellata e gli unici a sapere che il mondo era in pericolo, erano gli unici svegli in quel momento, vestiti e pronti per la missione.
Harriet, Hermione e Ron scesero le scale del dormitorio, mantello dell’invisibilità in spalla, passo felpato e cuori pesanti.
La corvina aveva salutato Malfoy quel pomeriggio, senza però dirgli niente. Aveva solamente alzato la mano, conscia che sarebbe potuta morire quello stesso giorno.
L’unica cosa che la svegliò dai suoi pensieri, mentre attraversava la sala comune, fu il verso di Oscar, il rospo di Neville.
Ron cominciò subito a scacciarlo, ma la voce del loro compagno di stanza li rizzò tutti sull’attenti.
“Voi non dovreste essere qui.” Commentò Neville, alzandosi dal divanetto su cui era rimasto seduto tutta la sera.
“Uscite di nuovo di nascosto, vero? – cominciò mettendosi fra loro e la signora grassa – Non ve lo permetto! Metterete grifondoro nei guai e… e vi prendo a pugni!”
Harriet fissò il bambino panciuto alzare le mani, ma una luce grigia attraversò la stanza prima che potesse rispondere.
Hermione aveva lanciato un Pietrificus Totalus ed aveva steso il bambino senza troppa fatica. Il silenzio piombò nella stanza e Ron ingoiò saliva.
“Alcune volte sai essere terrificante – le disse impacciato – lo sai, sì?
Bravissima… ma terrificante.”
Harriet guardò ancora un po’ i suoi amici e poi si strinse la coda alta che si era fatta, passando accanto al corpo di Neville.
“Scusa.”
“Scusa…”
“Scusa amico – tentò Ron, pensandolo davvero – ma è per il tuo bene…”
 
--
 
Il corridoio era proprio come lo ricordavano. Tetro, oscuro e per niente pulito. Durante il tragitto sotto il mantello, Ron aveva più volte schiacciato il piede di Hermione ed aveva quasi sfasciato gli occhiali ad Harriet, ma la cosa più difficile era sicuramente affrontare il cane a tre teste. Come lo avrebbero addormentato?
Hermione aprì la porta che lo rinchiudeva con un Alohomora e quando il legno si mosse, una musica soave uscì dalla stanza. I tre entrarono curiosi e quando la porta si chiuse alle loro spalle, scoprirono la dura realtà.
Fuffy stava russando. Accanto a lui, una magnifica Arpa suonava delle melodie dolci e sognanti ed Harriet ipotizzò che il professore era già stato lì.
Il trio si avvicinò al cane e subito Ron cominciò a lamentarsi.
“Ha un alito spaventoso…”
“Lascia stare – commentò Harriet, avvicinandosi ancora – dobbiamo spostare la zampa.”
“Cosa?”
Gli urlò subito Ron, già battendo i denti dalla fifa. La corvina si girò verso di lui, guardandolo male.
“Muoviamoci.”
Hermione sospirò e si avvicinò per prima all’animale, acchiappando un pezzo della zampa. Harriet e Ron si unirono subito dopo e, dopo essersi saldati bene con i piedi a terra, spinsero tutti all’unisono, spostando la zampa del cane da sopra la botola.
Harriet si tolse della polvere dalla gonna e fissò Ron cercare di non annusare ancora l’alito dell’animale.
Sia lei che Hermione aveva optato per un abbigliamento più o meno comodo, con delle calze pesanti che le coprivano le gambe ed un maglione per il freddo. Ron aveva messo dei pantaloni larghi ed una camicia, che si stringeva saldamente ogni volta che aveva paura.
La riccia si avvicinò ancora alla botola e la aprì con decisione, rivelando un buco nero senza fondo. Harriet li guardò tutti e sospirò.
“Vado prima io, non seguitemi finché non vi do il segnale, se succede qualcosa di brutto, datevela subito a gambe.”
“No Harriet – si intromise Ron, fissandola con coraggio – non posso lasciarti-”
“Aspetta – lo fermò subito lei – non vi sembra troppo... Silenzioso?”
Ron alzò un sopracciglio ed Hermione girò il viso.
“L’arpa. Ha smesso di suonare.”
Tutti e tre guardarono verso il magico strumento e soltanto quando Ron cominciò a lamentarsi che capirono il guaio in cui si erano cacciati.
Fuffy si era svegliato e li guardava ringhiando con tutte e tre le teste.
“Saltate! –urlò subito Harriet –Forza!”
La corvina si buttò nella botola per prima, seguita da Hermione e successivamente da Ron che scampò ai denti di una delle teste per un soffio.
Caddero su qualcosa di stranamente morbido e viscido, illuminato soltanto dalla luce che usciva dalla botola e la prima cosa che riuscirono a pensare fu wow.
Si guardarono intorno spaesati e Ron sorrise.
“Fortuna che c’è questa specie di pianta…”
Harriet si ritrovò grossomodo d’accordo con l’amico, ma quando la pianta cominciò a muoversi, la paura prese il sopravvento.
“Fortuna hai detto?!” urlò cercando di fuggire da quel groviglio di rami che cercava di bloccarla.
Hermione era stranamente tranquilla, non aveva detto nulla come al suo solito ed Harriet pensò che probabilmente, era spaesata quanto lei. La pianta continuò a circondarli e più si muovevano più ella li legava stretti. La corvina immaginò che prima o poi l’avrebbe strangolata, ma Hermione ricominciò a parlare consolandola.
“State fermi tutti e due. Questo è il tranello del diavolo, dovete stare calmi, altrimenti vi ucciderà più in fretta.”
Harriet sbarrò gli occhi e fissò la riccia spalancando la bocca.
Ucciderli più in fretta?!
“Ora si che posso stare calmo!”
Urlò Ron, dando voce ai suoi pensieri, ma quando la riccia scomparve fra i rami, i due si sentirono persi per davvero.
“Hermione!” urlarono in coro spaventati, cercando di liberarsi dalla pianta, ma la voce di Hermione calmò l’animo di Harriet ancora una volta.
“State calmi!”
“Hermione dove sei?” chiese Harriet con le palpitazioni in gola.
“Fate come vi dico, fidatevi!”
La corvina decise di seguire i consigli della riccia e chiuse gli occhi, cercando di rimanere calma. Dopo un lasso di tempo minimo, i rami sotto di lei si districarono e cadde nel vuoto, abbracciando il pavimento subito dopo.
“Stai bene?”
Le chiese subito Hermione, avvicinandosi ed aiutandola ad alzarsi.
“Si – rispose Harriet, tornando in piedi e sistemandosi le vesti – sto bene.”
Ron dall’alto continuava ad urlare ed a divincolarsi e la riccia alzò lo sguardo sospirando.
“Non sta calmo o sbaglio?”
“No, non sta calmo…”
“Devo fare qualcosa!”
Harriet si sentiva impotente e guardava Hermione rimuginare fra sé e sé.
“Ricordo di aver letto una formula ad Erbologia – cominciò, cercando di sovrastare le urla di Ron che chiamavano aiuto – Tranello del diavolo, tranello del diavolo… Ma il sole gli fa male!
Ma certo, il tranello del diavolo odia la luce del sole!”
Harriet annuì furiosamente e alzò il viso nello stesso momento in cui la riccia alzò la bacchetta, corrugando le ciglia.
Lumus solem!”
Una luce si sprigionò dalla bacchetta della ragazza e dopo qualche secondo, i rami si dirasparono ed un urlo strozzato si fece largo nella stanza. Ron cadde a terra subito dopo, abbracciando il pavimento come poco prima aveva fatto Harriet.
“Ron! – urlò Hermione – Ron, stai bene?!”
“Si… - rispose subito il rosso, alzandosi a fatica – uuh! Fortuna che eravamo calmi.”
Harriet lo guardò accigliandosi ed Hermione fece la stessa cosa.
“Per fortuna che Hermione si è applicata ad Erbologia.”
Ron le guardò sorridendo e la corvina sospirò.
L’unico ragazzo del gruppo… L’unico che aveva urlato come una femminuccia.
 
 
 
 
Note: Non ci credo… Sono riuscita a finire il capitolo in tempo!
Sono stata in ospedale fino sta mattina e credevo di mandarvi in bianco… Spero almeno di riuscire a passare le feste in famiglia!
Ed ecco qui, comunque, il nuovo capitolo, con Ron che urlicchia come pochi facendo poi il vago con le ragazze… Eh, Ron Ron…
Grazie a chiunque mi segue ancora e che commenta ogni volta!

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Capitolo 12
*** XII ***


L’inizio non era stato dei migliori.
Solo per entrare nella botola, il trio aveva dovuto affrontare un cane a tre teste e, per grande fortuna, era già stato addormentato.
La seconda difficoltà era stata il tranello del diavolo. Senza Hermione, sicuramente Harriet e Ron sarebbero morti lì.
Soprattutto Ron.
Ma in quel momento…
Avevano attraversato l’unica porta che vi era dal corridoio in cui erano caduti dal tranello del diavolo. Harriet aveva sentito un battito d’ali e dopo aver attraversato l‘uscio, una mandria di chiavi con delle ali volavano per tutta la stanza che si era presentata a loro.
Curioso… aveva detto la riccia, ma secondo Harriet era stupefacente.
Continuando a camminare per la grande sala in cui erano capitati, Harriet notò con sempre più orrore che l’unica via d’uscita era una porta chiusa.
“Scommetto che una di queste… Serve per aprire quella porta.”
Commentò, indicando un grande portone di legno chiuso. Fra loro e la porta, però, illuminata dalla luce della luna, una scopa lievitava a mezz’aria. Harriet la guardò un po’ stralunata.
“Che cosa significa?”
Chiese scettica Hermione.
“Non lo so…”
Rispose la corvina, fissando ancora la scopa. Ron, intanto, aveva tirato fuori la bacchetta e fissava la serratura con decisione. Si avvicinò alla porta e pronunciò più di una volta Alohomora, senza però avere particolare successo. Il rosso girò il viso tutto sconsolato ed Hermione fece uscire un grugnito di disapprovazione.
“Ed ora che facciamo!?
Ci saranno migliaia di chiavi lassù!”
Mentre Harriet guardava le tante chiavi, ne individuò una che rispecchiava il commento di Ron.
Grande e vecchia.
Arrugginita…
Eccola! – disse indicando un punto preciso per aria – La vedo! Quella con l’ala spezzata!”
Tutti si guardarono, mentre Harriet ricominciò a fissare la scopa. Qualcosa non andava. Possibile che non vi erano trabocchetti?
“Che cos’hai?”
La corvina alzò il viso verso Hermione, ingurgitando saliva.
“E’… è troppo semplice.”
“Oh, avanti Harriet! – gli urlò Ron – se Piton l’ha presa con quella vecchia scopa, puoi farlo anche tu! Sei la più giovane cercatrice del secolo!”
Harriet annuì sorridendo ed allungò la mano verso il manico di scopa. Appena le sue dita toccarono il legno, un rumore strano attirò la sua attenzione. Tutte le chiavi alate si erano riunite e la stavano puntando. La corvina, presa dal panico, salì sulla scopa muovendo una mano intorno al viso per scacciare le chiavi e mentre Ron borbottava qualcosa, partì al volo cercando di non schiantarsi contro i muri.
La vecchia chiave arrugginita cominciò a volare via ed Harriet aumentò la velocità rincorrendola fra i pilastri che tenevano in piedi la stanza. Virò più e più volte, riuscendo poi ad acchiapparla in picchiata.
“Prendete la chiave!”
Urlò ai due lanciandola ad Hermione, per poi risalire seguita sempre dalle chiavi impazzite. Anche se quella a cui loro erano interessati era stata presa, Harriet continuò imperterrita a volare seguita dalla mandria. Fece un paio di piroette intorno ai pilastri e quando Hermione le urlò di muoversi, lei si fiondò a tutta velocità fuori dalla porta, fermandosi prima di spiaccicarsi al muro.
 
§§
 
La stanza successiva a quella delle chiavi impazzite, come le aveva rinominate giustamente Ron, fu un salone ancora più grande pieno di personaggi di marmo. Harriet li fissò sbalordita mentre scorgeva Ron indugiare molto forte.
“Non mi piace… - sentì dire da Hermione – non mi piace per niente.”
“Cos’è? – chiese agli altri, quasi spaventata – Un cimitero?”
Ron negò vistosamente e le superò salendo sul pavimento rialzato poco dopo le statue nere.
“No, non lo è.
Questa è una scacchiera.”
Come per magia, appena il rosso aveva pronunciato la parola scacchiera, delle torce intorno a loro si accesero e Harriet poté vedere tutto con chiarezza.
Intorno a lei, quelli che erano i pezzi del gioco stavano eretti e fissi gli uni contro gli altri, poggiati sulle caselle bianche e nere della scacchiera. La sala era enorme e i grandi archi permettevano alla stanza di contenere tutto il gioco.
Harriet ed Hermione raggiunsero Ron sulla scacchiera e si guardarono intorno. Dietro di loro vi erano i pezzi neri e davanti, invece, i bianchi. La corvina strizzò un po’ gli occhi e poi indicò un punto dietro i bianchi.
“Lì! La porta!”
Si guardarono sorridenti e poi si avviarono, ma appena arrivati davanti i pedoni bianchi, quelli estrassero le spade e li fermarono. Indietreggiarono tutti e tre un po’ impauriti ed Hermione lanciò un altro grido di sconforto.
“Che facciamo?”
“E’ ovvio – cominciò Ron – dobbiamo attraversare la sala giocando.”
Harriet fissò l’amico incerta. Lei era una sega. E sicuramente neanche Hermione ne era capace. Ma Ron… Ron era bravissimo a scacchi.
“Allora… Harriet, prendi il posto dell’alfiere, Hermione, tu dovrai essere la torre, quanto a me… Io farò il cavallo.”
Tutti annuirono ed andarono a prendere il loro posto. Hermione ed Harriet si sistemarono sulle caselle vuote, mentre Ron si arrampicò sul cavallo, reggendosi alle briglie. 
La stanza calò nel silenzio più totale. Harriet si guardò intorno spaesata ed Hermione disse quel che lei aveva pensato fino a quel momento.
“Ed ora che facciamo?”
“Beh, i bianchi muovono per primi e poi… Giochiamo.”
Un primo pedone bianco cominciò a muoversi sulla scacchiera. Harriet rimase allibita, senza però emozionandosi troppo.
“Ron… - attirò l’attenzione Hermione – non vorrai dirci che sarà… veramente come giocare ai veri scacchi dei maghi. O sì?”
Harriet girò il viso dalla riccia al rosso e lo vide un po’ in difficoltà. Si morse le labbra, sperando che non avesse dimenticato la bravura nel giocare al dormitorio.
“Tu, laggiù! – urlò però il rosso – D5!”
Harriet girò il viso e vide un pedone nero muoversi di due caselle. Si fermò al lato destro del pedone bianco e, appena il turno passò al nemico, l’altro pedone sfoderò le spade e lo distrusse.
Hermione urlò un po’ ed Harriet si portò le mani al petto strozzando la paura.
“Si Hermione… - sentì dire il rosso – credo che questo sarà esattamente come gli scacchi dei maghi.”
Harriet fissò l’amico indugiare e la riccia rimanere impalata dalla paura.
Il gioco ricominciò subito dopo. Tutte le mosse le conduceva Ron ed era ben attento a non muovere Hermione ed Harriet, tenendole fisse ai loro posti. I pezzi si distruggevano uno dopo l’altro, i marmi si attaccavano e passavano da parte a parte nell’intento di braccare Re e Regina nemici.
Harriet guardava allibita il gioco, scovando mosse che lei neanche avrebbe mai immaginato. Ogni tanto si girava verso Hermione e la guardava ritrarsi ad ogni attacco dei nemici, cercando di evitare i pezzi di marmo volanti.
L’ultima mossa toccò alla regina. Sfoderò la spada ed attaccò la torre davanti a lei, riducendola in pezzettini. Harriet si abbassò evitandone un pezzo, rialzandosi spaurita.
Ora toccava di nuovo a loro. Si guardò un po’ intorno, cercando di indovinare la prossima mossa del rosso, ma poi si sgranò gli occhi. Non vi erano più pezzi. E restava solo un’unica disperata mossa da fare.
“Aspetta un momento…”
“Hai capito, vero Harriet? – la fermò subito Ron – Una volta fatta la mia mossa, la regina mi mangerà, così darete scacco matto al Re.”
“No! – urlò la corvina, portandosi le mani al petto – Ron, no!”
“Cosa c’è?”
Chiese Hermione, che di scacchi proprio non ne capiva.
“Ron ha deciso di sacrificarsi!”
Hermione trasalì e si girò fulminea verso il rosso.
“No, non puoi! Deve esserci un altro modo!”
“Volete evitare che Piton prenda la pietra o no? - Urlò Ron, più con paura che con vera rabbia. – Harriet… - riprese subito dopo – Sei tu quella che deve continuare, lo so… Non io, non Hermione, tu!”
Harriet indugiò e lasciò cadere le mani lungo i fianchi annuendo.
Com’erano finiti in quella situazione? Davvero stava per sacrificare un amico? Perché la sua vita faceva costantemente così schifo?
“Cavallo in H3.”
Appena Ron pronunciò le parole, la pedina su cui era seduto si mosse lentamente, fermando un L accostandosi poi accanto alla regina. Harriet vedeva Ron andare in iperventilazione e la cosa non l’aiutava per niente. Il suo primo amico, il rosso Weasley stava per esser lasciato indietro. E tutto questo a causa di Piton che voleva la pietra per darla a lui: Voldemort.
Mentre la regina si girava per raggiungere Ron, Harriet la fissò con tutto l’odio che potesse mai contenere il suo corpo. Perché dovevano farlo? Perché non poteva vivere serena?
La regina si fermò davanti al cavallo ed i respiri dei tre si fermarono. Accadde tutto in poco tempo. Il pezzo degli scacchi sfoderò la spada e trafisse il cavallo con potenza, facendo cadere il rosso sulla scacchiera, con tutti i pezzi di marmo che lo colpivano.
“Rooon!”
Urlò Harriet, portandosi le mani alla bocca. Ma il rosso non si alzava, non dava segni di vita. Hermione, spaventata, si mosse subito, ma Harriet la richiamò.
“Non ti muovere! Non dimenticare… Stiamo ancora giocando…”
La riccia la guardò un po’ preoccupata e poi tornò ferma al suo posto.
Harriet allora si girò di nuovo verso la regina e, ingurgitando saliva, si mosse lenta verso di lei, fermandovisi davanti.
“Scacco matto.”
Come a dar veritiera la cosa, la spada della regina cadde a terra, lasciandola disarmata. Harriet la fissò un poco e poi si mise a correre verso il rosso. Hermione la raggiunse in poco tempo e subito controllarono il ragazzo.
“Sta bene…”
Sospirò Hermione. Harriet sorrise e poi si alzò, fissando la porta dietro ai pezzi bianchi aprirsi.
“Dobbiamo andare…”
“Ma…”
“E’ vivo. Torneremo a prenderlo.”
Hermione annuì e si alzò lasciando Ron svenuto a terra, seguendo la corvina dietro l’ennesima porta.
 
§§
 
“Cosa pensi che troveremo ancora?”
Subito dopo gli scacchi, le due bambine erano entrate in una stanza dall’odore sgradevole. Steso a terra vi era un grande gigante ed Harriet spinse velocemente Hermione verso la porta dietro di lui.
Fortuna che l’hanno già steso… pensò mentre cercava di togliersi quell’odore dal naso.
“Beh, da quel che ho capito, i professori proteggono la pietra con delle prove – commentò Hermione, avvicinandosi alla corvina per pulirle il mento dalla polvere – abbiamo affrontato il Tranello del Diavolo, sicuramente apparteneva alla professoressa Sprout.”
“E poi ci sono stata le chiavi.”
“Si – continuò Hermione – opera del professor Flitwick.”
“Poi gli scacchi.”
“La professoressa McGranitt.”
“Quindi mancano solo…”
“Il professor Raptor, il gigante ed ora…”
“Piton. La sua prova.”
Harriet non finì di parlare che, appena superata la porta, delle fiamme bloccarono le uniche due uscite della stanza in cui le due bambine erano finite. La corvina si guardò intorno e scoprì un lungo tavolo con sopra diverse bottiglie.
Hermione si precipitò sorpresa verso un pergamena poggiata accanto alle boccette.
“Guarda Harriet…”
La riccia srotolò la pergamena ed Harriet si posizionò dietro di lei per leggerne il contenuto, che recitava:
 
Hai davanti il pericolo, hai dietro la salvezza,
tra noi, due sole aiutano chi ci si raccapezza,
una fra tutte sette consente di avanzare,
un’altra invece porta indietro, a quanto pare,
in due è contenuto puro vino d’ortica,
tre possono ammazzarti in men che non si dica.
Scegli, se non desideri restar per sempre qui,
ti diamo quattro indizi e ti aiutiam così:
primo, per quanto il subdolo veleno sia nascosto
a sinistra del vino d’ortica è sempre posto;
secondo, agli estremi ce ne son due diverse
ma a farti andare avanti sono avverse;
terzo, lo vedi bene, son tutte disuguali,
la nana e la gigante non ti saran letali:
infine, le seconde da destra e da sinistra,
sono gemelle al gusto, ma non a prima vista.

 
Harriet si grattò stranita la testa, ma quando vide Hermione sorridere, immaginò che la riccia sapesse già la risposta.
“E’ geniale. Si tratta semplicemente di logica! Molti maghi rimarrebbero incastrati qui a vita.”
“Come noi?”
Azzardò la corvina, ma subito, Hermione la fulminò.
“Certo che no. Su questo foglio c’è scritto tutto quello che serve per superare la prova.”
“Cioè?”
“E’ semplice – cominciò la riccia guardando le bottiglie – Sette boccette, tre contengono veleno, due vino d’ortica ed una ci farà tornare indietro, mentre l’altra ci farà andare avanti.”
“E quale dobbiamo bere?”
“Dammi un minuto.”
Hermione fece un profondo respiro e si mise a fissare le boccette. Leggeva e rileggeva la pergamena, fissando ed indicando poi le varie bottiglie. Ogni tanto contava e si fermava, sembrava maledirsi e poi ripartire.
Harriet si sentiva davvero inutile. Riusciva a pensare solo a quanto stava perdendo per colpa di quel mostro. Quella doveva essere l’ultima battaglia.
“Ho capito! – la risvegliò Hermione urlando – Quella più piccola ci farà attraversare il fuoco per raggiungere la pietra!”
“Dentro c’è a malapena un sorso, basta per una di noi…”
“Harriet, ascoltami – la bloccò Hermione sorridendo – Ron su una cosa aveva ragione: sei tu quella che deve continuare, non io, non lui… tu.
Harriet si sentì come colpita ed affondata. Tutti credevano in lei, mentre lei stessa non sapeva neanche cosa poter fare contro un mago oscuro potentissimo.
Hermione si apprestò a prendere l’ultima bottiglietta all’estremità destra e si riavvicinò alla corvina.
“Tornerò da Ron.”
“Si – commentò debolmente Harriet – fai così. Torna da lui, usate la scopa nella stanza delle chiavi e mandate Edvige da Silente. Io cercherò di trattenere Piton.”
Hermione annuì e si morse un labbro.
“Stai attenta… Potrebbe esserci Tu-Sai-Chi.”
“Beh, sono stata fortunata una volta – sorrise per rassicurarla – ne avrò sicuramente di nuovo.”
Hermione sospirò ed abbracciò la corvina.
“Sei grande, lo sai Harriet?”
“Non brava quanto te.”
Rispose imbarazzata la corvina.
“Io? – chiese subito la riccia – tanti libri e molta furbizia… Tu sei altro, sei coraggio, amicizia, e… Oh… Ti prego sta attenta.”
Harriet annuì.
“Forza, bevi e torna da Ron.”
Hermione aprì la boccetta e bevve, per poi girarsi verso la porta ed attraversare le fiamme. Harriet la guardò allontanarsi e poi si girò verso la parte opposta. Aprì la bottiglietta e bevve, per poi attraversare le fiamme con determinazione.
Ciò che vi era oltre il fuoco, fu l’ennesima stanza.
All’interno c’era già qualcuno, ma Harriet constatò che non era Piton.
E neanche Voldemort.
 
 
 
 
 
Note: Pensavate che non pubblicassi, eh? Ed invece eccomi qui!
Avete passato bene le feste? Buon Natale in ritardo!
Ho deciso di inserire le prove che nel film sono state deliberatamente tagliate, sperando che vi sia piaciuta come idea. Vi avverto anche che il prossimo è l’ultimo capitolo.
Ringrazio tutte le persone che continuano a seguirmi, ancora ed ancora!

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Capitolo 13
*** XIII ***


Mentre percorreva le scale che l’avrebbero portata, finalmente, alla stanza finale, Harriet sospirò e si portò una mano alla fronte. La cicatrice le doleva e sicuramente voleva dire che qualcosa di brutto le avrebbe dato il benvenuto.
Una stanza in modalità anfiteatro, si presentò però al suo cospetto subito dopo la sala delle pozioni. In fondo ad essa, al centro, lo specchio delle brame.
Harriet rimase stupida del fatto che il potente oggetto fosse ancora lì, ma non fu quella la sua preoccupazione principale. Bensì l’uomo che si specchiava davanti.
Quell’uomo non era Piton.
E neanche Voldemort.

“L-lei?”
Chiese la bambina, quasi stupita e del tutto convinta che quell’uomo non poteva far del male a nessuno.
“N-No! Non può essere! Piton era… era lui che..”
“Si…”
La interruppe il professor Raptor.
“Lui era il tipo giusto, vero?”
Chiese, senza balbettare.
“Con lui in giro, chi sospetterebbe del p-p-p-p-povero, ba-b-b-balbettante, professor Raptor.”
Harriet piegò il viso, facendo scivolare i capelli di lato, avvicinandosi di poco.
“Ma quel giorno, alla partita di Quidditch… Piton ha cercato di uccidermi!”
Ricordava bene le parole di Hermione. Quell’uomo le aveva lanciato il malocchio alla scopa!
“Mmmmh…”
Fece Raptor, muovendo la testa.
“No, cara mia. Io ho cercato di ucciderti!”
Harriet lo fissò sbalordita. Pensare che qualcuno la volesse morta era spaventoso, ma sentirsi dire quelle parole le bloccò il cuore per davvero.
“E credimi – continuò il professore – Se il mantello di Piton non avesse preso fuoco interrompendo il mio contatto visivo, io ci sarei riuscito!
Anche con Piton che borbottava le sue contromaledizioni.”
Ad Harriet caddero le braccia a terra.
“Piton stava cercando di proteggermi?”
“Sapevo che eri un pericolo per me fin dall’inizio! – la interruppe anche Raptor – Specialmente dopo Halloween!”
“Allora… - ragionò la corvina – Lei ha fatto entrare il Troll!”
“Che brava Potter… Si.
Ma Piton, sfortunatamente, non c’è cascato. Mentre gli altri correvano verso i sotterranei, lui è andato al terzo piano per intercettarmi!”
Harriet fissava sempre più sbalordita il professore. Tutti i tasselli stavano andando al loro posto e per quanto fosse poco sveglia, capiva anche lei quel che Raptor diceva fra le righe.
Piton stava cercando di proteggere lei e la pietra.  
Il professore si girò verso lo specchio sbuffando, visibilmente disturbato da qualcosa. Harriet sentì dolore alla cicatrice di nuovo, fissando il turbante che l’uomo aveva in testa.
“Piton… Non mi lasciava quasi mai da solo, ma lui non capisce… Io non sono mai solo.
Mai.”
Harriet si strusciò con forza la cicatrice, cercando di capire il discorso di Raptor sopra il dolore.
“Allora – riprese il professore – Cos’è che fa questo specchio?”
Harriet fissò Raptor, cercando di capire dove fosse la pietra e come evitare di morire.
“Vedo quel che desidero – lo sentì dire – Mi vedo con in mano la pietra.
Ma come la prendo?!”
Usa la ragazza.”
Ad Harriet quasi venne un infarto. Non vi era nessuno in quella stanza a parte lei ed il professore, chi poteva aver parlato? Si guardò intorno incredula e spaventata, per poi esser richiamata da Raptor.
“Vie qui, Potter! …Subito!”
Harriet guardò il professore e, stringendosi le mani, si avvicinò cauta allo specchio, scendendo uno ad uno i gradini. Indugiò ed ingurgitò saliva, fermandosi poi davanti alla parete riflettente.
“Dimmi… - le disse Raptor – Cosa vedi?”
Harriet avrebbe immaginato i suoi genitori, ancora lì una volta, con lei, sorridenti e felici assieme. Ma non vide quello. La lei riflessa nello specchio le sorrideva furbetta e con un gesto repentino, aveva infilato la mano nel maglioncino ed aveva tirato fuori da esso una pietra rossa. La pietra filosofale.
Sgranò gli occhi sbalordita, sentendo il maglioncino diventare più pesante.
Lei aveva la pietra?
La Harriet dello specchio le fece l’occhiolino, infilando poi la pietra di nuovo nel maglione, girando la testa in modo che la coda le impedisse di impicciare i capelli con le dita.
La corvina fuori dallo specchio si sbalordì ancora ed abbassò gli occhi verso il maglioncino, facendo scivolare le dita sul taschino, stringendolo piano.
La pietra era lì!
Respirò con fatica, accorgendosi che fino a quel momento aveva tenuto i polmoni in assenza di ossigeno e si guardò ancora una volta allo specchio.
“Cosa c’è?!”
La riportò alla realtà il professore.
“Cosa vedi?!”
Harriet ingurgitò saliva e tentò una scusa.
“S-sto stringendo la mano a Silente. Ho… - indugiò – vinto la coppa della case, credo…”
Mente…”
Harriet respirò a fatica, sentendo ancora quella voce strascicata. Come faceva a sapere che non aveva visto quello, nello specchio?
“Dimmi la verità!”
Le urlò il professore, quasi in preda alla rabbia.
“Che cosa vedi!”
Harriet si girò verso Raptor spaventata ed indietreggiò di poco.
Fa parlare me con lei…”
Padrone, non ne avete la forza.”
Harriet indietreggiò spaventata e tornò verso gli scalini, concordando sul fatto che quell’uomo era strano.
Ho abbastanza forza per quessssto…”
Raptor cominciò a sciogliersi il turbante con lentezza ed Harriet decise di risalire il primo scalino, cercando di capire cosa stesse accadendo.
Di chi era quella voce?
Da dove veniva?
Si girò verso la porta, sperando di vedere Hermione scendere le scale seguita da Silente, pronti a salvarla, ma niente di ciò accadde.
Si girò nuovamente verso lo specchio e annaspò aria, vedendo il turbante slacciato. Quando il professore lo tolse, Harriet perse un battito.
Un viso era intagliato nella nuca di Raptor e cercava di stiracchiarsi e tornare alla sua forma normale. La corvina non capiva chi potesse essere, ma la voce che aveva sentito fino a quel momento apparteneva sicuramente a quella strana cosa.
Harriet Potter.
Ci rivediamo…”

Harriet era palesemente sbalordita. Aveva raggiunto il massimo dello sbalordimento e cercava di capire come facesse quella cosa ad essere viva sulla nuca di Raptor. Chiuse la bocca, accorgendosi fino a quel momento di averla tenuta spalancata, agganciando tutti i fili dei discorsi fino a formulare un unico pensiero.
“Vol-Voldemort?”
Si… - fece la faccia sulla nuca – Vedi cosa sono diventato? Vedi cosa devo fare per sopravvivere?”
Voldemort. Colui che aveva ucciso i suoi genitori e poi aveva tentato di farla fuori, ora era lì, di fronte a lei e le parlava come un vecchio amico.
“Vivere a spese di un altro… Sono un parassita…”
Harriet mandò giù aria e si accontento di averlo ridotto in quello stato. Se Voldemort, in quel momento, era solo una faccia parlante, questo voleva dire che non era poi così tanto forte.
Bere il sangue di unicorno mi rinvigorisce… Ma non può darmi un corpo tutto mio. C’è una cosa, però, che lo può fare.”
Harriet batté le ciglia e si allontanò di poco.
Una cosa che, quando si dice la sorte, sta nella tua tasca!”
La corvina si guardò il maglione e poi si girò per correre verso la porta, sperando che i suoi due amici fossero riusciti a richiamare Silente o minimo la McGranitt. La sua vita era in pericolo, Voldemort la stava minacciando e quando una barriera di fuoco le fermò la corsa, si accorse di essere in trappola e di essersi spinta troppo oltre.
Non era Voldemort il problema.
Ma Raptor.
Cercò invano di cercare un’altra uscita, ma il fuoco si era rapidamente sparso per tutta la stanza. Si fermò sullo scalino più in alto e si portò le mani al petto.
Non fare l’idiota… Perché andare incontro ad una morte orripilante…”
Harriet non riusciva a darsi tregua. Cercava in tutti i modi di trovare un varco e scappare di lì, ma niente in quella stanza sembrava aiutarla.
Unisciti a me… Vivi!”
Mai!”
Urlò lei, in un impeto di rabbia. Come poteva, Voldemort, chiederle una cosa del genere? Aveva ucciso i suoi genitori!
Il coraggio ce l’avevano anche i tuoi – riprese Voldemort, ridendo – Dimmi, Harriet… Ti piacerebbe vedere tuo padre e tua madre insieme? Possiamo farli tornare… Ti chiedo solo… Qualcosa in cambio…”
Harriet abbassò il viso verso il maglioncino, evitando di guardare i suoi genitori nello specchio. Voldemort voleva la pietra filosofale per risorgere e, in cambio, le avrebbe ridato sua madre e suo padre. Ne valeva davvero la pena?
Allungò la mano nel maglioncino, tirando fuori la pietra per poi passarla fra le dita. I lunghi capelli si spostavano facendo intravedere il colore rosso di essa ed Harriet indugiò.
Si… Così, Harriet… Non esiste bene e male… Esiste solo il potere… E quelli troppo deboli per averlo.
Insieme faremo cose straordinarie… Avanti, dammi la pietra!”

I suoi genitori scomparvero dallo specchio ed Harriet strinse l’oggetto fra le dita.
“Bugiardo!”
Urlò con quanto fiato aveva e tentò di indietreggiare, sentendo il calore delle fiamme ustionargli la schiena.
Uccidila!”
Tuonò Voldemort e la bambina prese un respiro.
Raptor volò verso di lei e la spinse sul marmo delle scale, facendole cadere la pietra. Le dita si stringevano intorno al suo collo e respirare era sempre più difficile. Era finita per lei? Cosa poteva fare?
Scalciò un po’ e poi poggiò le mani sul polso del professore, tentando di allontanarlo ma qualcosa di strano accadde.
Il braccio di Raptor cominciò a fumare e subito dopo delle grida raggiunsero le sue orecchie. L’uomo la lasciò respirare e lei tossì un paio di volte guardando la mano del professore sgretolarsi come cenere. Harriet si fissò le mani e sentì Raptor imprecare e chiedere cosa fosse successo.
Idiota! – continuò Voldemort – Prendi la pietra!”
La corvina fissò l’oggetto magico e poi, raccogliendo tutto il coraggio rimastole, si alzò e piazzò le mani a palmi aperti sul viso del professore. Come era accaduto alla mano, anche il volto cominciò a fumare e Raptor urlò ancora, allontanandosi di poco. Harriet si guardò le mani. Che potere aveva? Cosa era riuscita a fare?
Il professore si sgretolò in poco tempo e le vesti caddero a terra, facendo vagare per la stanza la polvere della sua pelle. Harriet indietreggiò guardandosi le mani ed ingurgitò saliva spaventata.
Cosa diamine era successo?
Girò il viso respirando con calma e fissò la pietra sulle scale. Si avvicinò e la raccolse, portandosi i capelli dietro la schiena. Sorrise, contenta di aver sconfitto Voldemort ancora una volta, ma un venticello freddo la raddrizzò.
Si girò sentendo qualcosa bisbigliare alle sue spalle e quando finì la piroetta, scoprì una nuvola di fumo ergersi e prendere la forma di un volto. Indietreggiò cercando di evitarla, ma quando quella la trapassò, urlò con tutto il fiato che aveva, vedendo il buio racchiuderla in un guscio.
E poi il pavimento freddo.
E poi il nulla.
 
--
 
La luce del sole disturbò il sonno ristoratore di Harriet.
La bambina si mosse dolcemente fra le coperte, sentendo il calore di esse avvolgerla e proteggerla. Si issò sul letto, cercando di fare mente locale e si mise gli occhiali, trovandoli su un comodino accanto a lei.
E poi… wow.
Sul letto e sui comodini, lo spazio  era stato riempito di dolci, dolcetti, leccornie e cioccolato. Rise portando i capelli di lato e si sistemò meglio, guardando i colori delle diverse carte dei dolci.
“Buon pomeriggio, Harriet.”
La voce di Silente la risvegliò dalla sua felicità e tutti i ricordi tornarono a mente.
“Ah… - Fece il vecchio, guardando i dolci – Doni… Dei tuoi ammiratori?”
“Ammiratori?”
Chiese lei, piegando la testa.
“Quello che è accaduto nei sotterranei –cominciò Silente, arricciando le dita – tra te ed il professor Raptor… 
E’ segretissimo. Perciò, naturalmente, tutta la scuola lo sa.”
Harriet rise, fissando i doni portatole. Ciò la rendeva felice ma imbarazzata allo stesso tempo.
“Molte persone sono passate a vedere come stavi, Harriet… Perfino Fred e George Weasley. Ti hanno portato una tavoletta della tazza del gabinetto. Credo che abbiano creduto che l’avresti trovato divertente, ma madama Chips l’ha giudicata una cosa poco igienica e l’ha confiscata.”
Harriet allungò le labbra in un sorriso vero e proprio, ricordando il giorno in cui era salita sull’Hogwarts Express. La signora Weasley aveva rimproverato i gemelli e, scherzosamente, gli aveva chiesto di non fare pasticci o cose strane, come per esempio, inviarle una tavoletta del water. Neanche a dirlo, i due avevano cominciato a macchinarci sopra.
“Vedo che Ron ti ha risparmiato la fatica di scartare le tue cioccorane.”
Riprese Silente, attirando l’attenzione di Harriet.
“Ron era qui? - Chiese la bambina, stupita – Sta bene? Ed Hermione?”
“Bene… - Rispose Silente – Stanno bene tutti e due.”
Harriet si quietò, ma un altro pensiero le martellò la testa.
“Ah, la pietra! Dov’è finita?”
“Calmati… La pietra è stata distrutta. Io e Nicolas abbiamo parlato… Ed abbiamo deciso che questa era l’unica soluzione.”
“Ma così Flamel… morirà?”
Silente la guardò, capendo che lei ormai sapeva molte cose e le si sedette accanto, sul letto.
“Ha sufficiente Elisir per sistemare le sue cose, però sì. Morirà.”
Harriet sospirò e poi una nuova domanda le martellò la testa.
“Mi scusi, ma… Come ho fatto ad avere la pietra? Mi stavo fissando allo specchio e…”
“Ah… - La interruppe il vecchio – Vedi, solo una persona che avesse voluto trovare la pietra… Trovarla e non usarla… Avrebbe potuto prenderla…
E’ stata una delle mie idee più brillanti. Rimanga fra me e te, questo sì che è tutto dire…”
Harriet ridacchiò e si pettinò i capelli con le dita, fissando ancora i doni.
“Ora che la pietra è sparita – riprese però a chiedere – Voldemort non tornerà mai più?”
Silente indugiò e fissò un punto a vuoto.
“Ho paura… Che ci siano altri modi in cui tornare…
Harriet… Lo sai perché il professor Raptor non sopportava che tu lo toccassi?”
Harriet negò e lasciò le mani libere in grembo.
“Beh… A causa di tua madre. Lei si è sacrificata per te. Ed un atto come questo lascia il segno.”
La corvina si portò subito la mano sulla fronte, ma Silente negò immediatamente.
“Non è un segno visibile. Ti resta dentro, nella pelle.”
“Che cos’è?”
“L’amore Harriet… L’amore…”
La bambina sorrise e si lasciò coccolare dall’anziano signore che, proprio con l’amore, curò tutte le sue paure. Voldemort era stato sconfitto, ma non del tutto.
Incontrare l’assassino dei propri genitori era stato faticoso per Harriet e lo era stato ancora di più combatterlo, ma l’amicizia per Hermione e Ron e quel sentimento per Draco Malfoy… L’avevano risvegliata. E tutto il coraggio e la voglia di vivere era sfociata. Harriet aveva vinto una battaglia. La prima di tante.
 
--
 
 
 
Madama Chips le aveva dato gli ultimi ritocchi di bende e poi l’aveva lasciata vestire per poi uscire. La cena sarebbe stata servita di lì a poco ed Harriet non aveva nessuna intenzione di perderla. L’unica cosa che la bloccò sul lettino, di nuovo, fu una testolina bionda che spuntò dal portone. La corvina osservò Malfoy superare a grandi falcate tutta l’infermeria, raggiungendola subito.
“Potter!”
“Malfoy…”
Strascicò lei, ridacchiando di nascosto.
“Perché stai ridendo?”
Harriet alzò le spalle, fissando Draco con il fiato corto. Aveva fatto tutta quella strada per vederla? Era una cosa dolcissima…
“Smettila di attirare sempre l’attenzione, dopo un po’ sei ripetitiva!”
…o forse no.
Harriet sbuffò sedendosi, iniziando a legare i capelli in una coda alta. Draco la guardò, abbassando il viso per riprendere a respirare regolarmente e poi infilò le mani nelle tasche dei pantaloni.
“Allora… - iniziò la corvina – Perché sei qui?”
“Ieri mi hai salutato pensando di non tornare viva?”
Harriet fissò gli occhi azzurrini del ragazzo, sorpresa. L’aveva beccata ed alla grande. Ma era la verità. Non era riuscita ad avvicinarsi a lui e quello era stato l’unico modo per salutarlo.
Abbassò il viso, mortificandosi a mo’ di risposta.
“Sei una stupida.”
“Malfoy, senti, se devi…”
“No, ascolta tu. – la interruppe il biondo – Smettila di cacciarti nei guai! E’ stato un gesto impulsivo e da grifondiota quel che hai fatto!”
“Come, scusa?”
Draco sbuffò e tolse le mani dai pantaloni, gesticolando qualcosa. Harriet lo guardò accigliata, cercando di capire se il biondo fosse venuto per confortarla o per darle contro.
“Mai più – lo vide dire – Mai più gesti impulsivi e da coraggiosi.”
Harriet si addolcì ed annuì, incrociando le mani in grembo. Draco rilassò le spalle e si avvicinò, passandogli dolcemente le dita sulle guance.
“Ti aspetto in sala grande – commentò sorridendo – Così potrò vedere la sconfitta sulla tua faccia.”
Harriet non aveva mai imprecato, ma quello, pensò, era sicuramente il momento più adatto per cominciare.
 
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L’entrata della sala grande era vicina ed Harriet non vedeva l’ora di incontrare i suoi due amici. Ripensava al tocco di Draco ed alle gentili parole fra le righe da lui dette. Si era preoccupato. Si era preoccupato per lei.
“Harriet…”
La voce di Hermione la risvegliò e la bambina alzò il viso, vedendo i suoi due amici.
“Hermione… Tutto bene?”
La bambina annuì ed Harriet girò il viso verso Ron, sorridendo.
“E tu, Ron?”
“Tutto bene – rispose il rosso. – Tu?”
“Tutto bene.”
Finì lei, sorridendo e raggiungendo i due ragazzi, abbracciandoli come se fosse la prima volta.
 
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Harriet aveva mangiato un casino quella sera. I discorsi delle persone che erano venute al suo tavolo, le congratulazioni di amici ed altri studenti, i litigi classici di Ron ed Hermione, perfino le bandiere verdi argento… Tutto le era scivolato sulla schiena, finalmente libera da quell’oppressione che le aveva regalato quell’anno scolastico. Voldemort l’avrebbe lasciata in pace almeno per un po’ e questo le dava la forza di riprendersi e trovare il modo di sconfiggerlo a dovere.
In quel momento, l’unico problema, era il sorrisetto di un certo serpeverde.
La McGranitt richiamò l’attenzione di tutti sbattendo il cucchiaino sul calice d’acqua ed Harriet quasi perse il cappello a punta nero, nel girarsi verso il tavolo dei professori.
“Un altro anno… - cominciò Silente – E’ passato. Ora, se ho ben capito, va assegnata la coppa delle case. La classifica è la seguente:
al quarto posto… Grifondoro con trecentododici punti.”
Tutta la sala applaudì ed Harriet sospirò affranta, fissando il sorrisetto di Draco. Quanto avrebbe voluto lanciargli una coscia di pollo…
“Al terzo posto… Tassorosso con trecentocinquantadue punti.”
Il solito applauso si fece largo nella sala.
“Al secondo posto… Corvonero con quattrocentoventisei punti.”
Un applauso più grande e qualche ululato rallegrò la sala. Harriet guardò il succo di zucca. Mancavano solo le serpi.
“Ed al primo posto… con quattrocentosettantadue punti… Serpeverde!”
Tutto il tavolo verde – argento si alzò sorridente e felice, gli applausi delle altre casate si mutarono in poco tempo ed Harriet guardava Draco di sott’ecchi.  Sapeva essere così dolce ma così stronzo…
“Si si, complimenti serpeverde – riprese Silente, poco dopo – complimenti, tuttavia… Alcuni recenti avvenimenti vanno presi in considerazione.”
Harriet fissò Hermione, come a chiederle quali e la riccia alzò le spalle, girandosi verso il tavolo dei professori.
“Ho alcuni punti dell’ultimo minuto da assegnare…”
Anche Ron si interessò, dopo quella frase. Harriet fissò Draco e poi tornò a guardare Silente.
“Alla signorina Hermione Granger, per il lucido uso dell’intelletto mentre altri erano in pericolo… cinquanta punti.”
Un coro si alzò in favore della riccia ed Harriet applaudì sorridendole.
“Secondo… Al signor Ronald Weasley – e qui, notò Harriet, Ron divenne più rosso dei suoi stessi capelli – Per la migliore partita a scacchi che si sia vista ad Hogwarts da molti anni a questa parte… cinquanta punti.”
Un secondo coro. Harriet strinse le mani a Ron e sorrise.
“E terzo… Alla signorina Harriet Potter… Per il suo sangue freddo ed eccezionale coraggio… Attribuisco a grifondoro… sessanta punti.”
Un altro coro di applausi ed Harriet si sentì quasi il cibo risalire dalla vergogna. Draco la guardava sbuffando ma poi le sorrise. Stronzo ma gentile.
“Ragazzi, con questi punti… siamo alla pari con serpeverde!”
Hermione aveva ragione. Li avevano quasi raggiunti, ma non bastavano.
“Ed infine – richiamo, ancora, l’attenzione Silente – occorre un notevole ardimento per affrontare i nemici… Ma molto di più per affrontare gli amici… Attribuisco dieci punti a Neville Paciock.”
Ultimo coro di applausi. Tutti si alzarono in piedi applaudendo il ragazzo che, preso dalla vergogna, sembrò quasi sotterrarsi sbalordito dai punti appena guadagnati.
“Presumendo che i miei calcoli siano esatti, sono del parere che un cambio di decorazioni… sia opportuno!”
Ed ad un battito di mani di Silente, le tende verdi-argento cambiarono colore, diventando rosso – oro. Lo stesso colore della casata dei grifondoro.
“Grifondoro vince la coppa delle case.”
Tutti i cappelli volarono in aria. Harriet ed Hermione si abbracciarono felici e gridarono tutte contente. La corvina poteva vedere Malfoy blaterare e sbuffare, fissandola con sguardo decisamente apatico. I festeggiamenti e gli abbracci, però, le fecero cambiare punto d’attenzione e la festa per la vincita della coppa la prese in pieno, facendole dimenticare tutte le cose brutte che erano accadute.
Si girò verso Hagrid, cercando di fuggire dalle grinfie di Lee Jordan, sorridendogli e salutandolo. Anche lui era fiero di lei.
 
--
 
Il treno stava per partire. Hagrid urlava a tutti quanti di salirci ed Harriet si affrettò a passare Edvige ad uno degli assistenti di viaggio. Hermione la tirò, subito dopo, verso la cabina ma la vista di Malfoy la bloccò.
“Un momento.”
La riccia la fissò con sguardo torvo e poi entrò nel vagone.
“Hey…”
Disse lei, avvicinandosi. Draco la guardò con le labbra arricciate e poi schioccò la lingua.
“Finalmente le vacanze, così mi starai lontano, Potter.”
“Non sono io quella che ripete sempre ti tengo d’occhio.”
Il biondo si ingrugnì e si girò di scatto, ma Harriet lo bloccò prendendolo per un polso, fissandolo in quegli splendidi occhi. Quegli stessi occhi che all’inizio dell’anno l’avevano colpita.
“Mi… Mi scriverai?”
Draco la guardò un po’ stralunato, riprendendosi il braccio. Sembrava non esser intenzionato a rispondere o comunque era restio nel farlo. E poi abbassò lo sguardo.
“Lo farò.”
Harriet sorrise ed abbassò il viso arrossendo.
“Tutto bene Harriet?”
Hagrid spezzò quel momento e la corvina si girò verso il guardiacaccia, sentendo Malfoy urlare contro Tyger e salire nel vagone del treno.
“Hagrid…”
Disse lei, sorridendo.
“Pensavi di andartene senza salutare, eh?”
Harriet negò e poi fissò l’uomo cercare qualcosa nella giacca.
“Tieni, questo è per te…”
Un grosso album rosso fuoriuscì dal giubotto di Hagrid e la corvina lo aprì subito dopo incuriosita. Un album di foto. Un album di foto di lei e dei suoi genitori. Nella prima pagina erano raffigurati suo padre e sua madre con lei in braccio, felici ed uniti. Ad Harriet si strinse il cuore e lo chiuse, stringendolo al petto.
“Grazie Hagrid.”
L’omone le sorrise e poi la salutò, facendosi abbracciare.
“Ora vai, su Harriet, vai e… Senti, un’ultima cosa… Se quello scemo di tuo cugino Dudley ti dà qualche seccatura, puoi sempre… Minacciarlo di fargli spuntare due orecchie ed una coda.”
“Ma Hagrid… - rise lei – Non ci è permesso fare magie lontano da Hogwarts, lo sai bene.”
“Io si – rispose prontamente il guardiacaccia – Ma tuo cugino no, giusto?”
Harriet annuì e scappò via verso gli amici.
Mentre il treno partiva e lasciava Hogwarts, la corvina capì a pieno una cosa. Finalmente, dopo tanto tempo, aveva scoperto la verità, tutta la verità e quella, la scuola… Era il primo posto che poteva chiamare casa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: Non so neanche io come faccia ad essere pronto questo capitolo, ma eccolo qui!
Buon anno! Avete passato delle belle vacanze? Io ho festeggiato in un castello a tema Harry Potter il capodanno… E’ stato davvero bellissimo. E voi?
Ringrazio tutti quelli che hanno seguito questa storia e che l’hanno rivissuta con me. Ben presto comincerò a pubblicare il secondo capitolo della saga, intanto, se volete, potete trovarmi alla pagina fb Qui .
Grazie a tutti, buone feste ancora!


 

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