From hate to love

di xfromhatetolove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Under the light of a thousand stars ***
Capitolo 2: *** Bruciamo all'inferno insieme ***
Capitolo 3: *** Bad at being good ***
Capitolo 4: *** Haunted ***
Capitolo 5: *** Broken strings - parte uno ***
Capitolo 6: *** Broken strings - parte due ***
Capitolo 7: *** Love don't die ***
Capitolo 8: *** New Orleans - parte uno ***
Capitolo 9: *** New Orleans - parte due ***
Capitolo 10: *** New Orleans - parte tre | Till the love runs out ***



Capitolo 1
*** Under the light of a thousand stars ***


1. Under the light of a thousand stars

 

Per festeggiare il nuovo anno, l'ibrido originale pieno di sé aveva deciso di organizzare una festa. La villa dei Mikaelson era una delle più belle a Mystic Falls, l'ingresso si presentava sontuoso, elegante, se non fosse che era sprovvisto del tappeto rosso poteva essere utilizzato per la cerimonia degli Oscar. Klaus non aveva badato a spese affinchè tutto fosse perfetto: la cura per i dettagli metteva quasi a disagio. Almeno tre uomini vestiti in bianco erano posti all'inizio del vialetto, pronti per accogliere gli ospiti e tendere loro la mano mentre scendevano dall'auto.

L'eleganza maschile si costituiva del solito smoking nero o grigio accompagnato da una cravatta o da un papillon, per la maggior parte dei quali i ragazzi meno abituati già emettevano sbuffi infastiditi e con le mani tentavano di allentarne la presa intorno al collo. Le donne, invece, facevano a gara a chi possedesse l'abito più bello. Si lanciavano occhiate minatorie, sorrisi falsi mentre maledicevano i merletti fatti a mano di chi poteva permettersi un vestito fresco di sartoria; l'aria era inebriata dei loro profumi che si mescolavano in una fragranza ottima per chi aveva voglia di vomitare.

 

Katherine giunse alla porta, dove una cameriera agghindata per l'occasione la accolse con un sorriso rassicurante.

« Buonasera Miss Pierce, vuole lasciarmi il cappotto? » chiese gentilmente con gli occhi di chi sa esattamente con chi sta parlando. Dopo un momento di esitazione per le parole della donna, la vampira si tolse il soprabito e lasciò tutto nelle sue mani. Katherine era perfetta. L'abito lungo nero metteva in risalto la pelle leggermente ambrata delle braccia scoperte e del viso. Le gambe s'intravedevano grazie alla trasparenza della gonna che si dissolveva mano a mano se si risaliva verso i fianchi, in cui un ricamo floreale impreziosito da piccoli brillanti neri e bianchi prendeva forma e si ripeteva per tutta la parte del busto. Lo scollo a v era il giusto compenso tra la sensualità che la vampira trasmetteva anche solo rimanendo ferma e l'eleganza mancata di quella sala.

A pochi metri di distanza, una figura dal look impeccabile attendeva impaziente con un calice di vino rosso in mano. Sì, non era sangue quello.

« Miss Pierce? Fai sul serio Klaus? Non mi chiamano più così da almeno un secolo. » disse ironica Katherine, sicura che fosse opera sua. Dell'amata Miss Pierce aveva ben poco quella sera, ma l'espressione sul suo volto era tutt'altro che dispiaciuta.

« L'eleganza non è questione di età, Miss Pierce. » precisò Klaus soffocando un sorriso divertito. « Ti stavo aspettando. »

Katherine poteva anche essere imprevedibile, ma non era difficile intuire che non si sarebbe lasciata scappare un evento simile. L'unico freno potevano forse essere i presenti, tra i quali spiccavano – ovviamente – Elijah ed Hayley. Chissà se Stefan sarebbe venuto.

Klaus afferrò al volo un calice di vino rosso dal vassoio che una delle cameriere si divertiva a far volteggiare tra la folla e lo porse all'attesa compagna della serata. Katherine accettò senza esitazione: il profumo di quel vino era squisitamente invitante, solo un intenditore come Klaus Mikaelson poteva scegliere una tale delizia.

« Eri così sicuro che sarei venuta? »

« Se non l'avessi fatto, ti sarei venuto a prendere a casa. »

Come diavolo ci riusciva? Odioso quanto le zanzare ed invitante come una ferita rigorgante di sangue su un collo umano, l'ibrido ultrancentenario la rendeva incredibilmente nervosa.

« Mi diverte l'idea che tu abbia organizzato un party per celebrare il nuovo anno, pensavo che neanche ti accorgessi del tempo che passa. » osservò la vampira gustandosi il sapore afrodisiaco di quel vino rosso. Per un vampiro immortale che cosa può significare l'inizio di un nuovo anno se non un altro passo verso una fine che non arriverà mai? Teneva il conto degli anni solo grazie alla data scritta sul blocca schermo del cellulare, ridendo all'incapacità di ricordarsi quanti ne fossero passati dalla sua trasformazione.

« E' solo un modo di prendere in giro la morte. » spiegò Klaus. « L'inizio di un nuovo anno è l'occasione per brindare al potere che ti impedisce di farti soccombere dalla vecchiaia. Siamo noi a dover brindare, Miss Pierce, non loro. » decretò infine in un sussurro, così vicino al viso di Katherine che il suono del suo respiro si fece quasi assordante nelle sue orecchie. La vampira si voltò inevitabilmente, incrociando lo sguardo dell'ibrido che con aria complice le sorrise alzando impercettibilmente l'angolo destro della bocca. In quel sorriso si leggeva tutto il sadismo e l'orgoglio che caratterizzavano quello che Katherine amava definire “idiota”, tutti gli anni di quella follia che persino lei faticava a comprendere. Era come leggere Freud, indecifrabile.

« Ho bisogno d'aria. »

 

Il cielo quella sera era sgombro di nuvole, si potevano indovinare le forme tra le stelle che brillavano come non succedeva da settimane. Una leggera aria fredda smuoveva i capelli di Katherine e i festoni appesi alle finestre. La vampira si strinse nel cappotto. Tirò fuori dalla tasca il cellulare, illuminando lo schermo nella speranza di un messaggio di Nadia che non si era più fatta sentire dopo la loro litigata. Era convinta che sarebbe venuta, desiderava parlarle, anche se non aveva idea di che cos'avrebbe potuto dirle per giustificarsi. Di certo non era Nadia il motivo della sua instabilità emotiva ma stare con lei attorno non avrebbe che peggiorato la sua confusione. Odiava avercelo in mente, odiava parlare dell'argomento, si odiava perchè ci pensava. Maledetto ibrido, che cosa diavolo le stava succedendo?

« Katherine. »

Una voce dal timbro famigliare attirò la sua attenzione. Era Nadia. Come poche volte in vita sua, Katherine si sentì pervadere da sensazioni contrastanti: chiederle scusa, parlarle di Klaus, che cosa doveva fare?

« Sono felice di vederti. » disse semplicemente accennando un mezzo sorriso.

« Davvero? Non si direbbe dato che non hai nemmeno pensato di dirmi che te ne andavi! Per caso hai perso il cellulare, Katherine? Telefonare ti sarebbe costata molta fatica, non è vero? »

Le domande di Nadia erano troppe per essere pronunciate tutte nella stessa frase, e se Katherine non l'avesse fermata probabilmente avrebbe continuato all'infinito. « Mi dispiace. » annunciò a gran tono sovrastando la voce della figlia, la quale rimase per un secondo interdetta per quelle parole.

« Ti... dispiace? Di cosa? Di aver pensato per te e basta come tuo solito? Dio, Katherine, dovevi solo chiamare! »

« Mi dispiace di averti lasciato credere che questa strana relazione madre-figlia potesse funzionare, ma non sono capace di portare avanti una cosa del genere. »

Seguì un momento di silenzio, rotto solo dal sospiro di Nadia, in perfetto equilibrio tra la rabbia e la delusione. Come poteva pretendere un comportamento diverso da quello? Cinquecento anni erano troppi, Katherine non poteva cambiare se stessa dopo tutto quel tempo, non importava quanto potesse provarci.

« Addio, Katherine. » disse infine la vampira, sparendo un attimo dopo tra gli alberi del bosco che si estendeva davanti a casa Mikaelson.

Quasi sollevata dall'aver concluso quella discussione, Katherine fece un lungo sospiro. Alzò gli occhi verso l'alto e scrutò il cielo con aria assente: le emozioni dentro di lei facevano a pugni, desiderava solo scollegarsi dal mondo intero. Chiuse gli occhi, mantenendo il naso all'insù e si concentrò sulla musica proveniente dall'interno della villa. “Thinking out loud” risuonava nelle casse arrivando alle orecchie di chiunque nel raggio di cinquecento metri.

All'improvviso, un botto. Katherine aprì gli occhi. Il cielo era esploso in scintille rosse e gialle che non fecero in tempo a dissolversi e già un altro botto colorò il nero della notte con un verde acceso. I Mikaelson non si erano fatti mancare nulla. Tutti gli invitati si precipitarono fuori dall'ingresso muniti di alcol e macchine fotografiche con le quali diedero il via al book fotografico della serata. La vampira lanciò un'occhiata al cellulare: le 23.59. Il conto alla rovescia iniziò. « 10... 9... » intonò il coro di voci attorno a lei « ...8 ...7 ... » “Oh, vi prego!” pensò irritata roteando gli occhi.

Una voce giunse al suo orecchio più chiara e più vicina delle altre, una voce troppo conosciuta per non farci caso.

« ...6 ...5 »

« Klaus. » disse Katherine senza voltarsi.

« …4 ...3 » continuò l'ibrido cingendole la vita con una mano.

La pelle morbida di Katherine si cosparse di brividi, il suo respiro si fece più rapido.

« ...2 ...1 »

Prima che potesse accorgersene, Klaus voltò la vampira portandola a faccia a faccia a lui. Il coro esplose in urla di gioia, i tappi delle bottiglie di champagne volarono in aria, i cellulari squillavano frenetici. Apparentemente assenti dai festeggiamenti, i due vampiri pluricentenari si sfioravano la punta del naso con respiro affannoso. Katherine si morse incontrollata il labbro inferiore, imprigionata nella stretta di Klaus, il quale impaziente avvicinò le labbra della vampira alle sue annullando completamente il mondo a loro circostante.

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Capitolo 2
*** Bruciamo all'inferno insieme ***


2. Bruciamo all'inferno insieme

 

L'appuntamento con Elijah si era rivelato un completo disastro. Pizza e cinema erano ben lontani dall'idea che Katherine aveva in mente per la serata, ma l'originale aveva insistito affinchè entrambi si concedessero per una volta di vivere come una coppia normale, lontani da tutto e da tutti. L'aveva chiesto con la sua solita aria da gentiluomo e con quel sorriso che l'avrebbe persuasa persino a guardare i cartoni animati in televisione. Le ore erano trascorse tra una carezza e l'altra, qualche bacio e come ciliegina sulla torta i progetti per il futuro. Katherine viveva dai Mikaelson da qualche mese ormai, era più conveniente e si sentiva più al sicuro ora che Klaus aveva cessato i suoi desideri di vendetta nei suoi confronti. Dalla volta in cui l'ibrido le aveva concesso il suo sangue per guarire quell'orrendo morso di licantropo sul collo, potevano finalmente considerarsi in pace. Elijah ripeteva spesso quanto desiderasse portare Katherine a New Orleans, alla vecchia villa dei Mikaelson, e mostrarle quella che lui e i suoi fratelli consideravano la loro città. Non che alla giovane vampira dispiacesse l'idea di passare le giornate a fare shopping e oziare a letto, ma il groppo che le si fermava in gola ogni volta che l'originale si pronunciava sulla loro relazione era troppo grande per essere ignorato.

 

Una volta fatto ritorno a quella che ormai poteva considerarsi casa sua, Katherine congendò l'originale e il suo perfetto abito grigio con tanto di fazzoletto e cravatta nera, in partenza per New Orleans per questioni in cui la vampira evitò di immischiarsi. Dopo un rapido bacio sulla porta d'ingresso, i due si separarono.

Il divano sembrava più grande del solito quella sera, troppo grande per chi non aveva compagnia. Priva dell'unica persona che sembrava realmente tenere a lei, la vampira si accontentò di un bicchiere di bourbon rubato dalla collezione di Klaus – sperò solo che non se ne accorgesse. Forse avrebbe dovuto utilizzare quel lasso di tempo in solitudine per valutare la sua relazione, capire quale fosse il problema: cosa poteva mancarle? Elijah sembrava volerle dare tutto, era sempre presente ed era forse l'unico a non condannarla per il suo passato. Si sentiva amata, ma allo stesso tempo tremendamente sola.

Era ancora troppo sobria per riflettere su un argomento simile, perciò il primo bicchiere se ne andò in un solo sorso. Una smorfia di sofferenza prese forma sul volto di Katherine al passaggio dell'alcol in gola, ma andò subito oltre, alzandosi e servendosene un altro. Come poteva sentirsi sola? Egoista come al solito, non si accontentava mai di nulla. Senza ombra di dubbio Elijah l'amava, ne era sicura, ma mancava qualcosa. Pizza e cinema? L'appuntamento perfetto che Katherine aveva in mente era a base di sangue caldo e si svolgeva negli angoli più remoti di Mystic Falls. Al solito, l'unica che poteva soddisfare le sue aspettative era solamente lei.

Presa ormai a versare il terzo bicchiere, quasi non si accorse che Klaus era appena entrato in salotto.

« Io ti permetto di startene in casa mia ventiquattro ore su ventiquattro e tu mi ripaghi rubando dalle mie scorte? » si presentò a lei con la solita aria arrogante.

« Dovresti chiuderle a chiave le tue scorte, Klaus. » controbatté la vampira senza voltarsi verso il padrone di casa. Non era certa che provocarlo fosse stata la scelta migliore, ma era troppo impegnata a gustarsi il bourbon per pensare a come rispondere.

« Prendi. » ordinò l'ibrido lanciandole una sacca di sangue AB positivo sotto il naso.

“AB positivo?”

A Katherine s'illuminarono gli occhi nel reggere tutto quel sangue tra le sue mani, da quanto tempo non si nutriva? Nonostante i tre bicchieri di whisky la vista era ancora abbastanza nitida da permetterle di aprire il tappo di plastica morbida della busta e assaggiarne il contenuto. Bevve un sorso abbondante, separandosi poi da quella droga per leccarsi le labbra in un sospiro di sollievo.

« Dov'è Elijah? » chiese Klaus, che nel frattempo aveva preso posto sul divano, ad un paio di metri da lei. Tra le sue mani reggeva un bicchiere di vetro pieno fino all'orlo dello stesso sangue che aveva consegnato a Katherine.

« A New Orleans, a quanto pare aveva delle commissioni da sbrigare. » spiegò lei, avvicinandosi al divano e sedendosi all'angolo opposto all'ibrido. « E Hayley? Dov'è? »

« Non ne voglio parlare. » tagliò corto lui, notando il bicchiere ormai vuoto. Optò per il bourbon questa volta, di cui si scolò due bicchieri uno dietro l'altro. Il silenzio che piombò in quell'enorme salotto permetteva quasi di sentire il proprio respiro mentre entrambi tacevano col bicchiere tra le mani e lo sguardo assente.

« Dal tuo stato direi che non hai ben apprezzato la novità, Katerina. » intervenne l'ibrido nascondendo un sorriso divertito, impaziente di cambiare argomento.

« Non so di cosa tu stia parlando, Klaus. » disse Katherine in tutta sincerità, aggiungendo un pizzico di noia al suo tono distratto.

« Elijah... New Orleans... vuoi dirmi che non ne sai niente sul serio? » questa volta, evitò persino di trattenere le risate.

Sul viso della vampira si disegnò un gigantesco punto interrogativo. “Non so cosa?”

« Elijah ha comprato una casa una settimana fa, non molto lontano da villa Mikaelson in effetti. Per voi. » annunciò mantenendo quel sorriso idiota sulle labbra, in attesa di una qualsiasi reazione.

Gli occhi e la bocca di Katherine si spalancarono, incapaci di mettere in funzione in cervello e apprendere la notizia. Si stava prendendo gioco di lei? Sì, sicuramente: come poteva Elijah aver comprato una casa senza avvertirla? Le passarono in rassegna per il cervello tutti i discorsi del vampiro originale, i suoi progetti per il futuro, la scocciatura nell'avere Klaus in mezzo ai piedi tutti i giorni e non poter vivere nella loro intimità. Katherine si sentì mancare. Incapace di dire una parola, rimase in silenzio, prendendosi la testa fra le mani.

« Se stai cercando di dire che sei sconvolta, l'ho capito. »

« Non sono sconvolta, sono infuriata. »

Persino infuriata era la parola scorretta, poteva considerarsi confusa, e non era colpa dell'alcol.

« Non ce la posso fare. » mormorò incamminandosi in direzione di una nuova bottiglia di bourbon.

« Già, la convivenza non fa per te. » ghignò Klaus godendosi la scena.

Katherine stappò violentemente il whisky.

« Piantala, sappiamo entrambi che le cose con Hayley non funzionano. » precisò la vampira irritata.

Prima che potesse accorgersene, l'ibrido le piombò davanti, rubandole la bottiglia dalle mani e portandosela alla bocca fino a finirla quasi completamente. A Katherine ci vollero un paio di secondi per capire esattamente cosa stesse succedendo, gli effetti dell'alcol iniziavano a fare effetto e il pavimento ormai aveva perso stabilità.

« Entrambi sappiamo il perchè. » disse con una delle sue espressioni più serie, mantenendo il suo sguardo fisso e intenso in quello di Katherine.

« Il Paradiso non ci si addice. » rispose in tono grave la vampira, respirando irregolarmente nel sentire Klaus avvicinarsi.

« Bruciamo all'inferno insieme. »

Lasciò cadere la bottiglia a terra, incurante del vetro che si frantumò schiantandosi a contatto col suolo. Afferrando Katherine per i fianchi la trascinò contro la parete retrostante, bloccandola con forza e fiondandosi sulle sue labbra. Sorretta ai fianchi dalla presa di Klaus, la vampira avvolse le braccia intorno al suo collo, stringendo i capelli tra le dita e avvicinando il viso al suo. Le labbra leggermente screpolate dell'ibrido a contatto con la pelle morbida del collo di Katherine, creò un'inevitabile scossa di brividi lungo tutto il corpo. Cosa diavolo stava succedendo? Era tra le braccia del nemico e si sentiva tremendamente bene. Le mani di Klaus raggiunsero la pelle nuda della sua schiena, il suo respiro si fece profondo e affannoso. Una volta afferrato l'orlo della t-shirt nera, Katherine strappò il tessuto con forza, liberando completamente l'ibrido della fastidiosa veste che la separava dalla sua pelle. Affondando le dita tra i ricci dei suoi capelli, Klaus la spinse violentemente contro lo stipite della porta, svincolandola dall'impiccio della canottiera blu notte che ancora la avvolgeva, lasciandola con la biancheria nera di pizzo che aveva distrattamente scelto di indossare quella mattina. Nascose la testa nell'incavo del suo collo, baciando e mordendo la pelle profumata di Chanel n.5. Con un gemito soffocato, Katherine inarcò la schiena e contrasse i muscoli, abbandonata alle sensazioni contrastanti di quel momento. Le sue mani raggiunsero la cintura in pelle marrone che reggeva i pantaloni di Klaus, che in una sola manovra si ruppe e cadde a terra. Faceva caldo, più del normale.

Con la stessa velocità con cui si erano ritrovati contro quel muro, ora erano entrambi nella camera da letto dell'ibrido originale. Gli skinny jeans di Katherine giacevano ormai sul pavimento, affiancati da quelli di Klaus, mentre i due raggiungevano il letto king seize, troppo grande per una sola persona. Le loro gambe s'intrecciavano, le loro labbra faticavano a separarsi. Katherine restava distesa sotto il corpo accaldato dell'ibrido, il quale scostandosi a fatica dalla sua bocca scese a baciarle il collo, la spalla, la clavicola. Un sospiro pesante uscì incontrollato dalla sua bocca, abbandonata al piacere provocato da quella sensazione. Klaus raggiunse il suo ombelico e una volta afferrati gli angoli esterni degli slip in pizzo li lasciò cadere a tera insieme al resto. In un secondo, la vampira si ritrovò sopra di lui, ferma a fissarlo negli occhi. L'intenso colore castano si schiarì per un istante di in un giallo intenso. Allungando le mani sulla sua schiena, l'ibrido liberò Katherine dall'ultimo indumento che ancora portava addosso.

Bruciare all'inferno non poteva essere più piacevole. Il tocco della pelle sudata di Klaus sulle dita di Katherine, le labbra rotte dai morsi, l'affanno dei loro respiri. Nessuno dei due meritava il Paradiso, nessuno dei due lo desiderava. Passioni laceranti, azioni incontrollate.

Le unghie di Katherine strisciarono sulla schiena di Klaus con violenza, graffiando la pelle che si ripristinò subito dopo una fuoriuscita di sangue. I loro sospiri si unirono, le loro labbra si cercavano.

Nella tasca dei jeans, il cellulare di Katherine vibrava insistente: “2 chiamate perse: Elijah.”

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Capitolo 3
*** Bad at being good ***


3. Bad at being good

 

Mystic Falls di sera era un posto tremendamente noioso: per la maggior parte, la gente di rifugiava al Mystic Grill a bere in solitudine e a constatare quanto la vita facesse schifo. Nelle strade regnava il silenzio. C'erano solo gli ultimi impiegati ritardatari che uscivano di fretta dall'ufficio per raggiungere la macchina; qualcuno di loro si precipitava al telefono per avvisare la famiglia del ritorno a casa, qualcuno si guardava intorno nella speranza di non fare brutti incontri. Come poteva Katherine lasciarsi scappare il più bel momento della giornata?

Era passata una settimana dal suo “incontro” con Klaus e in quegli ultimi giorni pensò a tutto tranne che all'accaduto. Elijah l'aveva nuovamente portata a cena, ma non aveva fatto alcun riferimento alla convivenza – per fortuna. Come poche volte in vita sua, la vampira egoista e meschina sentiva un peso allo stomaco accomunabile al senso di colpa. Non che l'avesse mai provato, ma era certa di non sbagliarsi.

Con la sua perfetta figura se ne stava appoggiata al muro di uno degli angoli più bui del centro: le braccia incrociate al petto, gli stivali neri a tacco alto e la giacca di pelle nera. Osservava nascosta nell'ombra uno dopo l'altro i malcapitati che camminavano distrattamente nei dintorni, ignari dello sguardo attento della predatrice. Studiava i loro atteggiamenti, cercava di indovinare la loro professione, il loro ruolo nella vita privata. Si rivelavano tutti piuttosto scarsi, nessuno di loro sembrava poter soddisfare le sue aspettative. Iniziava quasi a spazientirsi - cattivo segno per un vampiro affamato - ma una chioma bionda e disordinata attirò la sua attenzione. Il ragazzo passeggiava lento sul ciglio opposto della strada, muoveva le labbra quasi impercettibilmente, seguendo il ritmo della musica che suonava nelle cuffiette. Accennando un sorriso divertito, Katherine si avvicinò a lui con andatura decisa, cadendo ad un paio di metri di distanza da lui.

« Ahia! » urlò avvolgendosi la caviglia tra le mani, compiaciuta di aver catturato lo sguardo del biondino.

« E' tutto okay? » domandò lui precipitandosi a fianco alla vampira con voce preoccupata. Occhi di un azzurro intenso, lineamenti precisi e un sorriso da mozzare il fiato. Era perfetto.

« Oh... sì, grazie. » disse Katherine appoggiandosi alla sua mano per aiutarsi ad alzarsi in piedi. Un sorriso trionfante prese forma sulle sue labbra; poteva sentire i battiti del ragazzo accelerare mentre senza fretta si avvicinava a lui.

« Allora occhi blu: non emettere un fiato. » ordinò Katherine fissandolo intensamente nelle iridi color oceano. Lo sguardo assente del giovane fu una prova sufficiente per capire che aveva appreso l'ordine. La vampira poteva già assaporare il gusto del suo sangue sulla lingua mentre i suoi occhi si riempivano di un intenso colore rosso vivo e i canini si affilarono impazienti di perforargli la carotide.

Come una folata di vento, qualcuno giunse a fianco a lei e si avventò sulla preda.

« Diamine, Klaus! » sbottò più irritata che mai Katherine non appena si rese conto della presenza di quell'idiota. L'ibrido la ignorò completamente, continuando a bere dal collo ormai squarciato del ragazzo, che con sguardo assente restava immobile tra le sue braccia. « Hai finito? »

Klaus si separò dalla preda, sospirando di piacere e di sazietà. Il ragazzo dagli occhi blu cadde nell'abbraccio di Katherine che preparò i canini e li affondò nella sanguinosa ferita, lacerando ulteriormente la carne viva. Il sapore di quel liquido caldo e denso che giungeva a contatto con la sua gola era in grado di condurla sull'orlo del precipizio: era irascibile, affamata, incontrollata. Con furia, bevve fino all'ultima goccia di quel sangue, lasciando che la povera vittima cadesse a terra, morta. Osservando il corpo inerme, si passò la lingua sulle labbra, gustandosi gli ultimi residui della sua cena.

« Quanta classe, Katerina. »

La vampira alzò gli occhi, quasi si era dimenticata che Klaus era ancora in piedi davanti a lei, fermo a godersi la scena.

« Il sangue abbonda in questa città Klaus, non è carino rubare la cena degli altri. » sentenziò Katherine con la solita aria scocciata. Se aveva voglia di infastidirla, la missione poteva dirsi completata.

« E privarti del piacere di incontrarmi? Oh, non l'avrei mai permesso. » ridacchiò l'ibrido con un finto sorriso colpevole, sempre immobile in attesa di una risposta. Limitandosi ad uno sbuffo irritato, la vampira si girò di spalle e riprese il cammino lungo il marciapiede, incurante del ragazzo che giaceva sull'asfalto in una pozza di sangue.

« Mi stai evitando per caso? »

« Oh, pensa: stavo cercando di non darlo a vedere! »

Certo che lo stava evitando! Che cos'avrebbe dovuto dirgli? Nulla, non c'era niente di cui parlare.

L'ibrido comparve davanti a Katherine con una velocità impercettibile all'occhio umano, sbarrandosi in mezzo al marciapiede col solito sorriso irritante. In un secondo, la sua espressione divenne seria. « Hai visto Elijah oggi? » domandò in tono decisamente interessato.

« Perchè? »

« Perchè non è tornato a casa e pensavo che magari... »

« … che magari gli avessi raccontato tutto? No, Klaus, non gli ho detto nulla, come tu non hai detto nulla ad Hayley. Ora, per favore, spostati. » concluse con la massima serietà la vampira, dandogli una piccola spinta per liberarsi il passaggio.

Seguì un silenzio assordante, accentuato dall'assenza di anima viva (o morta) tra le strade buie che percorrevano.

« Continui ad evitarmi, Katerina. »

« Certo che continuo ad evitarti, Klaus! Vorresti che ti prendessi sottobraccio e cavalcassimo insieme verso il tramonto? »

« Ho solo bisogno che mi ascolti un attimo. »

« Ti concedo trenta secondi. » decretò infine Katherine senza smettere di camminare.

Klaus giunse al suo fianco e l'afferrò per un braccio, costringendola a voltarsi verso di lui. « Non devi dirlo, è chiaro? » ordinò prendendole il mento tra le mani e guardandola negli occhi.

« Indosso verbena, Klaus. »

« Non ti sto soggiogando, ti sto dicendo che non devi dirlo. » precisò l'ibrido con tono grave, capace di incutere timore.

« Perchè? Perchè Elijah ed Hayley ti odierebbero in eterno? È strano che tu ti faccia così tante paranoie, non credevo fossi capace di tenere a qualcuno. »

Non era esattamente il tipo di frase che Katherine avrebbe detto prima di quella folle settimana, non credeva che sarebbe stata capace di ficcarsi nei guai dicendo una cosa simile. Tutto ciò che desiderava era terminare quella discussione e cercare un'altra gola da squarciare, libera da quei dannati pensieri che la riportavano alla notte col suo peggior nemico.

« Odierebbero tanto me quanto te, love. » le ricordò l'ibrido, consapevole del fatto che certe cazzate si fanno in due.

« Le persone già mi odiano! Una più, una meno: che differenza fa? » sbottò lei alzando il tono di voce.

« Quella persona è Elijah! L'unica in grado di amarti. »

Katherine rimase interdetta, indecisa se pronunciarsi contro il tono di sfida di Klaus o contro l'idea di essere amata da una persona e di non meritarlo nemmeno.

« Beh, potrebbe essere l'occasione giusta per dire la verità, no? L'hai detto tu stesso: la convivenza non fa per me. Quindi perchè non dare prova del mio spudorato e menefreghista modo di far del male anche all'unica persona che tiene a me? Per quanto io ci provi, faccio schifo ad essere una brava persona. »

Il fiume di parole che uscirono dalla bocca di Katherine si caricarono di un forte senso di disgusto verso la propria persona. Era consapevole di ciò che aveva fatto ma sperava che se non l'avesse detto ad alta voce non sarebbe stato vero, sarebbe stato solo un brutto incubo. L'ibrido, che la fissava in silenzio, rimase chiaramente stupito dalla furia con cui Katherine si liberò dal peso che portava dentro.

« Noi non siamo brave persone, Katerina. »

 

L'aria della stanza d'hotel era ormai impregnata di Chanel n.5, il letto era perennemente sfatto e il minifrigo ospitava solo sacche di AB positivo (e qualche birra). Dopo una settimana passata in quel luogo, Katherine iniziava a rimpiangere casa Mikaelson.

Si lasciò cadere sul letto, inerme, e fissò a lungo un punto indefinito sul soffitto. Elijah non chiamava. Perchè non chiamava? Per una volta che desiderava sentire la sua voce!

« Cosa stai facendo? » sussurrò piano, lasciando che la mente si riempisse di domande a cui non sapeva rispondere. Vedere Klaus fu strano, forse un po' imbarazzante e involontariamente piacevole. Si odiava per aver ceduto a lui, alle sue labbra, al suo tocco, e lo odiava immensamente per averle permesso di cedere. Katherine Pierce era in preda al panico. Sapeva di non poter andare avanti a lungo nell'evitare Elijah, che le lasciava messaggi dal tono preoccupato in segreteria e faceva di tutto per decifrare la sua inspiegabile ed improvvisa lontananza. Era da escludere l'idea che potesse aver capito qualcosa, insomma... la vampira egoista ultracentenaria e l'ibrido folle e omicida si odiavano a morte e così sarebbe stato per sempre.

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Capitolo 4
*** Haunted ***


4. Haunted

 

Quella fu la prima volta in cui Katherine si sentì così vicina alla morte. Certo, era scappata da un ibrido immortale che fremeva di vendetta, ma non si era mai veramente chiesta quali mezzi avrebbe usato per ucciderla. Si aspettava qualcosa di lento, doloroso... una morte penosa per chi come lei era sopravvissuta contro tutto e tutti per cinquecento lunghi anni. Sarebbe stato quindi così terribile?

 

« La sua presenza è proprio necessaria? » si lamentò Elena ad alta voce, camminando a testa alta tra i tronchi umidi del bosco.

« Credimi: se avessimo potuto, ne avremmo sicuramente fatto a meno! » ribatté Stefan mentre tentava in tutti i modi di far funzionare la torcia che reggeva tra le mani.

« Sempre gentili voi due, mi chiedo cosa ne penserebbe Damon al riguardo, non credo sarebbe così dispiaciuto di avermi al vostro fianco. »

Katherine e la sua solita aria da prima donna riecheggiavano nel silenzio della notte, persino superando l'odio dei suoi compagni di avventura.

« Ti sbagli: ti preferivo quando stavi in cantina. » precisò una presenza alle spalle del gruppo, che munita di torcia funzionante si avvicinò a passo svelto e sguardo attento. Katherine doveva aspettarselo: Damon era la persona che più la odiava, secondo in classifica dopo il grande ibrido psicopatico e immortale.

« Bene! Quindi... quale sarebbe il piano? » domandò la vampira inclinando la testa di lato, in attesa di un chiarimento sulla grande missione del giorno. Salvare il mondo non era esattamente il suo passatempo preferito, ma non aveva nulla di meglio da fare da quando la sua fuga era cessata. Se non altro, poteva vantarsi di essere essenziale per i Salvatore, ancora una volta.

« Prendete questi. Tu e Damon vi dirigerete verso sud, mentre io ed Elena controlleremo questa zona. » spiegò brevemente Stefan, consegnando ad ognuno un barattolo in cui vi era contenuto uno strano miscuglio di strozzalupo e verbena, perfetto per una caccia all'ibrido.

Katherine non poté fare a meno di ridere. « E perchè mai dovreste essere voi a rimanere qua col monopolio degli zaini? La vera domanda non è perchè io sono qua, ma perchè c'è lei. » disse indicando Elena, che con un'espressione corrucciata tentava di stappare il barattolo. Quest'ultima rimase in silenzio, mantenendo la sua aria scontrosa ed imbronciata che a quanto pare le compariva sul viso alla sola vista della sua doppelganger.

Katherine non riusciva a capacitarsi di quante forze i fratelli Salvatore sprecassero per il loro fragile gioiello umano e non riusciva a capacitarsi dell'influenza che ella avesse su di loro. Come poteva anche solo pensare che la sua presenza potesse in qualche modo essere d'aiuto? Avevano un branco di ibridi neonati senza controllo da affrontare, lei non avrebbe fatto altro che rallentarli. Senz'altro, Katherine Pierce non avrebbe rischiato la morte per proteggere quella che si poteva definire la sua “copia uscita male”, si trovava lì solo perchè la noia e la monotonia della vita la divoravano e non era mai sbagliato concedere un favore per averne un altro in cambio.

« Non è il momento per questa discussione, Katherine. Tu e Damon andate e se volete, prendete un paio di paletti. » concluse infine Stefan, spazientito. Un paio di paletti? Quale ruolo avrebbero potuto svolgere due paletti di legno nell'uccisione di un branco di lupi? Ormai sconcertata, la vampira si rassegnò al piano e s'incamminò verso la direzione indicata con Damon al suo fianco.

 

Il silenzio in cui era immerso quel bosco metteva quasi i brividi. Katherine e Damon camminavano già da venti minuti e nulla: nessun rumore sospetto, nessuna strana presenza, sembrava tutto noiosamente tranquillo.

« Avremmo già dovuto trovare qualcosa a questo punto. » sentenziò la vampira mentre trascinava i piedi sul suolo umido.

« Forse Klaus li ha fatti fuori prima di noi. » ridacchiò Damon accelerando leggermente il passo.

Era davvero così divertente? Katherine cominciò a pensare che forse non era stata una buona idea quella di mettersi in pericolo solo per aiutare un gruppo di eroi che si credevano in grado di salvare la situazione. Tutti sapevano che contro Klaus non c'era via di scampo: se voleva costruirsi un esercito, nessuno poteva impedirlo.

Improvvisamente, lo scricchiolio di un ramo spezzato ruppe il silenzio.

« Hai sentito? » scattò Katherine arrestandosi.

« Che cosa? »

« Damon, c'è qualcuno. »

Seguirono secondi lunghi quanto l'eternità. Il buio del bosco sembrava ancora una volta non presentare altri suoni se non quello dei loro respiri, ora leggermente affannosi. Rimasero in ascolto, in attesa di un qualche altro segno che potesse confermare la teoria di Katherine ma nulla accadde.

« Non è divertente, Katherine. » sbuffò irritato il vampiro riprendendo il cammino verso la meta ancora indefinita. Con un sospiro rassegnato, la vampira si mise sul piede di partenza.

Come la più veloce delle creature, una figura sconosciuta comparve alle spalle di Damon senza possibilità di previsione. Canini affilati, pupille di un giallo abbagliante, macchie di sangue che ricoprivano quasi ogni spazio dei suoi indumenti. Un ibrido, infine.

« Damon! » urlò Katherine costringendo il vampiro a voltarsi.

L'ibrido ricoperto di sangue si avventò sulla sua preda, affilando i canini bramosi di caccia. Damon lo afferrò per il collo, arrestando il suo viso a pochi centimetri da quello della creatura per lui letale. Il morso di licantropo conduce i vampiri ad una morte lenta e dolorosa ed in quel momento combattere era inutile, qualsiasi normale vampiro avrebbe perso contro un ibrido. Incapace di pensare ad una qualsiasi altra via d'uscita, Katherine strinse il paletto di legno tra le mani e si scagliò contro il nemico, perforandogli con forza la schiena e trapassandogli il cuore. L'ibrido cadde a peso morto tra le sue braccia, ma con grande sorpresa, non era solo. Quello che doveva essere il suo migliore amico, giunse a velocità impercettibile all'occhio umano e afferrò il collo di Katherine, mordendo la pelle bianca con quanta più forza possedeva. In quel momento, tutto si fece nero e la vampira cadde a terra priva di sensi.

 

Una mano calda le sfiorava la pelle del viso mentre con difficoltà tentava di aprire gli occhi: la vista di Elijah fu il sollievo più grande che potesse cercare in quel momento. Gli occhi socchiusi si guardavano intorno, infastiditi per via della luce del soggiorno di casa Mikaelson. Come c'era finita lì? L'ultima cosa che ricordava era il buio del bosco e un dolore atroce al collo prima di cadere completamente inerme a terra. Che fine aveva fatto Damon?

« Che è successo? » domandò lei stordita, mentre tentava di mettersi seduta.

La mano di Elijah la trattenne, costringendola a rimanere sdraiata sul divano.

« Eri nel bosco, uno degli ibridi ti ha attaccata. » spiegò il vampiro originale molto brevemente. « Ti ha morsa, Katherine. »

Impulsivamente, la vampira si portò una mano al collo, scoprendo una ferita non rimarginata che le provocava un gran prurito, oltre che dolore. Era stata morsa da un licantropo, non aveva più vie d'uscita.

« Sto morendo. » mormorò deglutendo rumorosamente.

La sensazione di fuoco ardente che bruciava sul suo collo era un qualcosa di mai provato prima, era come se tutte le sue forze fossero concentrate sul dolore, su quell'irrimediabile disastro.

« No, non lo permetterò. » disse Elijah stringendo le mani deboli di Katherine tra le sue. « Ho chiamato Klaus, sarà qui a momenti. »

Klaus era la cura, l'unico mezzo per sopravvivere, e in quanto tale, la vampira poteva considerarsi spacciata. L'ibrido non l'avrebbe mai aiutata, non le avrebbe mai somministrato il suo sangue, non se l'alternativa era la soddisfazione di vederla morire sotto i suoi occhi una volta per tutte. Il suono di un urlo dilagò in tutta la villa, riempiendo di angoscia gli occhi già lucidi e pronti a tutto di Elijah, fermo ed incapace di proferire parola. Il respiro di Katherine si fece irregolare, soffocato; la ferita era in pessime condizioni, sentiva la sua fine più vicina che mai.

« Allora, dov'è la malata? » domandò improvvisamente una voce alle loro spalle.

« Niklaus, ti ho chiamato mezz'ora fa! » lo riprese Elijah a denti stretti.

« Avevo da fare... » si scusò lui con un mezzo sorriso divertito.

In silenzio, si avvicinò al corpo di Katherine. I suoi occhi spenti non avevano nemmeno la voglia di guardarlo in faccia mentre con quel sorriso idiota si godeva la scena. Elijah si alzò, lasciando spazio al fratello accanto alla vampira. L'amava davvero, non poteva immaginare di perderla così.

« Dopo cinquecento anni, non pensavo che la tua morte sarebbe avvenuta così. » ghignò Klaus alzando un sopracciglio.

« Se sei venuto per gongolare, prendi un paletto e facciamola finita subito. » disse Katherine con voce roca, persino il passaggio dell'aria in gola iniziava a diventare insopportabile.

« Oh, per quanto mi piacerebbe ficcarti un paletto nel cuore, credo che passerò... 

vedere il tuo bel viso spegnersi lentamente è molto più piacevole. »

« Niklaus, ti prego! » urlò Elijah prendendosi la testa tra le mani, stremato.

Un sorriso divertito prese forma sul volto dell'ibrido, il quale posò il suo sguardo fisso su Katherine fino a farsi scappare un sospiro colpevole. Una volta portatosi il polso alla bocca, morse violentemente la carne, perforandola fino a permettere al suo sangue di uscire. Allungando la mano sana, prese la vampira consentendole di rimanere seduta e avvicinò il polso insanguinato alle sue labbra, consentendole di bere. Nel sentire il sangue caldo a contatto con la sua lingua, Katherine si gustò a pieno quel liquido che goccia dopo goccia rimarginava il morso. Avrebbe voluto comprendere il motivo di quel gesto, ma non aveva nemmeno la forza di mettersi a pensare: tutto quello che desiderava era tornare a vivere.

« Non lascerò morire la donna di mio fratello. Puoi restare qui, Katerina. »

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Capitolo 5
*** Broken strings - parte uno ***


5. Broken strings - parte uno

 

La brezza estiva che si respirava in quella sera di luglio conferiva agli abitanti di Mystic Falls pace e tranquillità, e voglia di fare festa. Il falò organizzato nella piazza principale era la scusa ideale per chi aveva voglia di sbronzarsi o andare a caccia di compagnia per la notte. Forse un po' patetico, ma Katherine sentiva un'incredibile voglia di prenderne parte.

Ancora avvolta nell'asciugamano bianco, la vampira si posizionò davanti allo specchio e si sciolse i morbidi ricci, lasciandoli cadere disordinati sulle spalle. Osservò per qualche eterno secondo l'immagine riflessa, valutando ogni suo dettaglio con estrema attenzione. La persona che stava fissando sembrava diversa: stessi occhi castani, stesso sguardo intenso, stessa pelle candida, stesso fisico magro ma sinuoso; eppure, qualcosa non andava. Il ricordo della notte con Klaus riaffiorava nella sua mente di continuo, procurandole quel senso di benessere che tentava di mascherare col disgusto. Per quanto ancora sarebbe durata? Doveva liberarsi di lui e di tutti quei sensi di colpa.

Persa nei suoi pensieri, quasi non si accorse dell'arrivo di Elijah.

« Sei bellissima. » dichiarò il vampiro originale mentre, appoggiato allo stipite della porta della camera da letto, osservava Katherine ammirato.

La vampira sorrise, realmente colpita da quel complimento.

« Sarò pronta entro quindici minuti, lo prometto. » lo avvertì in previsione di un rimprovero sul suo costante essere in ritardo. Per quanto potesse fingersi indifferente e distaccata col mondo intero, qualsiasi parola di Elijah era oro per lei. Nonostante i mille dubbi sulla loro relazione, lui era l'unica persona che teneva veramente a lei... era decisa a non lasciarselo scappare. Elijah si avvicinò a passo lento, gustandosi ogni dettaglio di quella visione.

« Potresti anche metterti addosso un sacco della spazzatura, saresti perfetta comunque. » disse giungendo davanti a Katherine, prima di lasciarle un lungo bacio sulle labbra impregnate di burro di cacao alla mandorla. Separandosi a fatica da quella bocca, Elijah posò gli occhi fissi in quelli di Katherine. La piacevole sensazione che scaturiva da un gesto così semplice era tutto ciò a cui entrambi sembravano aspirare.

« O potrei direttamente non metterli... i vestiti. » sussurrò la vampira col suo tono più sensuale.

Elijah sorrise, visibilmente estasiato da quella prospettiva.

« O guarda, se fosse per me non ci sarebbe nessun problema ma l'idea che qualcun altro possa gustarsi la vista delle tue curve mi infastidisce terribilmente. »

Sentendo quelle parole, l'espressione di Katherine cambiò radicalmente, senza possibilità di mascherarlo. Tutta la leggerezza di quella situazione svanì nel sentire il senso di colpa riaffiorare in lei. Per la prima volta in vita sua, mentire divenne difficile; si sentiva in dovere di sputare in faccia ad Elijah la verità, quella verità che la stava consumando.

« Credo metterò il vestito rosso. » annunciò con voce atona abbassando gli occhi verso il basso, fingendo uno dei suoi migliori sorrisi.

Con un rapido bacio sulla fronte, l'originale si allontanò, lasciando alla vampira la possibilità di prepararsi in tranquillità.

 

Gradino dopo gradino, Katherine giunse alla fine di quella scala infinita che la portò al piano terra. Elijah la aspettava con le spalle al muro già vicino alla porta, vestito di una semplice camicia bianca, di un paio di pantaloni neri e di quell'incredibile fascino che avrebbe stregato chiunque.

« Finalmente! Credevamo ti fossi persa nel guardaroba. »

Una voce interruppe il silenzio, accompagnata dall'entrata trionfale della figura che poteva giovare alla vista di Katherine meno di qualsiasi altra. L'ibrido si fermò ad un paio di metri di distanza, tendendo Hayley sotto braccio, che reggendosi il ventre leggermente ingrossato si limitò ad una risatina divertita.

Trattenendosi dal pronunciare frasi poco gradite ai nuovi arrivati in sala, la vampira s'incamminò silenziosa verso l'uscita, raggiungendo Elijah e lasciandosi avvolgere in vita dalla sua stretta sicura.

I fari della macchina parcheggiata sul vialetto s'illuminarono, rischiarando l'ambiente circostante.

« Katherine, tu vieni dietro con me. » ordinò Klaus aprendole la portiera dei sedili retrostanti con fare da gentiluomo.

« Come scusa? » domandò lei con aria esterrefatta. Doveva condividere la macchina con la coppietta di neogenitori, la cosa era già abbastanza irritante senza il bisogno di sedersi accanto a quell'idiota.

« L'ultima volta che Hayley si è seduta dietro ha vomitato il pranzo di una settimana, nelle sue condizioni non è il caso di farla stare peggio. » spiegò Klaus con tono rigido, facendo segno alla vampira di salire in macchina.

Incrociando lo sguardo premuroso di Elijah, guidatore sicuramente migliore di Klaus ed in quanto tale unico in grado di garantire il benessere della piccola lupa incinta durante il tragitto tra le vie poco ospitali di Mystic Falls, Katherine si convinse infine ad entrare in auto, sbuffando rumorosamente.

 

Seduto a mezzo metro di distanza dalla vampira, Klaus poteva percepire il suo respiro irregolare accompagnato dal frenetico tic di controllare il cellulare, probabilmente per tenere la mente occupata. La sua compagna, la madre di sua figlia, era seduta davanti a lui, con la solita mano protettiva posta sul ventre e gli occhi chiusi, in un atto di estrema tranquillità. Contrariamente al tentativo di Katherine di fingere di non essere seduta accanto al nemico, Klaus la osservava imperterrito con la coda dell'occhio, ripercorrendo ogni dettaglio del suo corpo elegantemente seduto. Il profilo del viso era illuminato a tratti dal bagliore delle auto in corsa, i cui abbaglianti delineavano i perfetti tratti del naso e della bocca. Inconsciamente, l'ibrido portò i ricordi alla quella notte e al sapore di quelle labbra ancora sporche di sangue e whisky. Mantenendo uno sguardo serio ed impassibile cacciò quel pensiero, concentrandosi sulla strada. L'autocontrollo non era mai stato il suo forte, così come non era tra i pregi di Katherine. Sentiva ancora i residui d'eccitazione che gli percorrevano la spina dorsale alla sola vista di quelle gambe scoperte; negare la forte attrazione che provava per quel corpo non era nelle sue intenzioni, era perfettamente consapevole dei danni che la vampira creava alla sua salute mentale, anche ora che l'aveva resa finalmente libera. Distratto dalla voce del fratello, Klaus tornò alla realtà.

« Eccoci arrivati. » annunciò Elijah spegnendo i motori.

 

La scena che si presentò davanti ai loro occhi era ridicola. Un ammasso di ragazzini - la cui età viaggiava tra i quindici e i vent'anni - sbronzi e barcollanti, musica di pessimo gusto, odore insopportabile di erba e sigarette. Klaus storse il naso, guardandosi intorno con aria dubbiosa. Perchè diavolo erano andati in un posto del genere? Improvvisamente, la vista di una ragazza dalla carnagione chiara e vestita di un abito gloriosamente corto cancellò ogni suo pensiero contrariato. Era stanco di tutte quelle sacche di sangue, era stanco di tutti i problemi che aveva dovuto fronteggiare nell'ultimo periodo: Hayley, la bambina, i licantropi e quelle odiose streghe che pur di sconfiggerlo avrebbero incendiato - per la terza volta - l'intera città di New Orleans. Gli serviva una pausa, e quella piccola umana faceva al caso suo.

« Vado a cercarti qualcosa di semplice da bere. » annunciò sorprendentemente allegro rivolto ad Hayley. « Torno subito. »

Dopo un casto bacio posato sulla mano della lupa, l'ibrido si allontanò, immergendosi nella folla. Con decisione, afferrò il braccio della biondina adocchiata in precedenza, non avrà avuto più di diciassette anni. Senza far storie, la ragazza abbandonò i suoi amici e si fece condurre da Klaus nell'angolo più buio che quel luogo potesse offrire, troppo poco lucida per rendersi conto di ciò che stava accadendo. L'ibridò preferì saltare direttamente ai fatti ed evitare inutili convenevoli, così puntando i suoi occhi azzurri fissi in quelli castani di lei le intimò di rimanere in silenzio. In un attimo, gli affilatissimi canini perforarono la carotide della malcapitata e lentamente prosciugarono fino all'ultima goccia del suo caldo e delizioso sangue. Sentire scorrere quel liquido contro le pareti della sua gola fu per lui una liberazione, come se ogni tormento fosse scomparso e non ci fosse null'altro a cui poter rivolgere i suoi pensieri. Il corpo inerme della ragazza cadde privo di vita tra le sue braccia, toccando poi l'asfalto bagnato del suo stesso sangue. Klaus la osservò, assorto. Si sentiva meglio? Forse. Quel dannato senso di rabbia aveva abbandonato la sua mente e il suo stomaco? Affatto. Sentiva ancora quel fuoco bruciargli le ossa e quel piacevole ricordo tornare imperterrito al cervello.

 

« Vado a prendere qualcosa da bere. » dichiarò Katherine notando il suo bicchiere e quello di Elijah ormai vuoto. « Scotch? »

« Mi accontenterò anche di un bicchiere di vino rosso. » sorrise lui appoggiando la schiena allo schienale dell'unica panchina libera trovata.

« Torno subito, tienimi la borsa per favore. » disse infine la vampira stampandogli un bacio divertito sulla guancia, un secondo prima di incamminarsi in cerca di qualche bottiglia ancora piena.

La situazione non era così male. Certo, quei bimbi - perchè solo così potevano essere definiti - non erano la sua idea di divertimento, ma per quanto la musica spacca-timpani facesse schifo, era bello vivere per una sera in un ambiente diverso dal Mystic Grill o da casa Mikaelson. Dopo la sera del chiarimento con tanto di spuntino, Katherine si era decisa a tornare a casa e abbandonare l'albergo: Elijah iniziava a domandarsi perchè mai se ne fosse andata e, c'era da ammetterlo, nulla poteva competere contro gli agi che presentava quell'abitazione. Le cose sembravano funzionare, lei e Klaus si limitavano a qualche battutina e i pasti venivano consumati in orari differenti, giusto per non permettere un qualche strano approccio intimo tra i membri acquisiti della famiglia.

La vampira giunse al tavolo delle bevande e l'unica cosa che sembrava rimanere era un bicchiere di birra e un dito di rum di basso costo. Non era esattamente quella la sua idea quando decise di prendere “qualcosa da bere”, solo il pensiero di ingurgitare tali schifezze le faceva venire voglia di vomitare. Ormai decisa a tornare indietro a mani vuote, sentì un braccio avvolgersi intorno alla sua vita e tirarla vita con forza.

« Klaus. » sussurrò lei accorgendosi di averlo ad una decina di centimetri da viso. « Che diavolo vuoi? » domandò con una smorfia infastidita, appoggiandogli le mani sul petto e facendo forza per allontanarsi, con scarsi risultati.

« Devo parlarti. » spiegò Klaus stringendo la presa per tenerla ferma.

« Adesso?! »

Uno sbuffo irritato sfuggì dalla bocca di Katherine « Va bene, parla. »

« Questo pomeriggio Elijah mi ha chiesto se per caso avessi a che fare con la tua misteriosa fuga in hotel. »

Il suo tono di voce traspariva la massima serietà, mista a quel pizzico di preoccupazione che tentava in tutti i modi di mascherare.

« Sei paranoico. » dichiarò la vampira annoiata tentando ancora una volta di divincolarsi.

« Katherine. » disse lui a denti stretti, bloccandola contro il muro stringendola per i fianchi. « Sono serio. » precisò quando ormai la distanza di sicurezza tra i due poteva dirsi allarmante.

Lei deglutì rumorosamente.

« Elijah non sa nulla e non lo verrà a sapere mai, non sono una stupida. »

« Oh, non credo che tu sia stupida, Katerina, credo solo che mentire ad Elijah non ti stia riuscendo più così semplice come credevi. » la provocò lui con la fastidiosa espressione di chi sa di dichiarare il vero.

Aveva ragione? La mente della vampira era un groviglio di vocine irritanti che parlavano sovrastandosi l'una all'altra, mandandola in confusione. E Klaus... lui era decisamente troppo vicino.

« Non manderò tutto a fanculo solo perchè tu credi che non sappia mentire. Questo, questa strana cosa disgustosa che c'è tra di noi, non ha ragione di esistere, quindi spostati e fammi tornare da lui. » lo pregò lei ormai stanca di quella situazione.

« Va bene, vai. » sospirò Klaus lasciando la presa.

 

Fattasi spazio tra la folla, finalmente la figura elegante di Elijah si fece chiara davanti ai suoi occhi. In assenza di alcol tra le mani, si munì del suo miglior sorriso e si avvicinò a lui con fare allegro, decisa a dimenticarsi dell'incontro con Klaus. Diversamente da ciò che si aspettava, Elijah l'attendeva con un'espressione tutt'altro che rassicurante.

« Ehi. » mormorò lei sedendosi sulle sue gambe.

Seguì un momento di silenzio, il silenzio più assordante che Katherine avesse mai udito. Lo sguardo dell'originale si alzò fino ad incontrare il suo, ed impassibile la scrutò per qualche secondo.

« Elijah, stai bene? » chiese la vampira visibilmente preoccupata.

« Devi dirmi qualcosa, Katherine? »

Il suo tono era fermo, duro. La sua espressione impenetrabile.

Katherine si sentì mancare: lui sapeva, Elijah sapeva tutto.

« A cosa ti riferisci? » mormorò lei vaga, pregando con tutta se stessa che non stesse capitando davvero. Forse non si stava riferendo a Klaus, forse si stava riferendo alla rossa a cui aveva accidentalmente staccato il collo la sera prima.

L'originale si alzò in piedi, incurante della vampira che seduta sulle sue ginocchia dovette mettersi d'impegno per non cadere a terra.

« Andate all'inferno. Tutti e due. » disse senza trasparire emozioni, porgendo a Katherine il suo telefono. Non poté fermarlo che egli era già sparito nel nulla, lasciandola sola con le sue immense bugie. Trattenendo a stento le lacrime, la vampira posò lo sguardo sullo schermo illuminato del telefono. Nadia le aveva mandato un messaggio. “Dove sei? Voglio sapere tutto della tua notte con Klaus.”

Incurante delle persone che la osservavano stranite, Katherine si accasciò a terra, lasciando che le lacrime rigassero il suo viso.

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Capitolo 6
*** Broken strings - parte due ***


6. Broken strings – parte 2

 

La serata si stava rivelando piacevole. Il vino rosso poteva considerarsi bevibile, la musica bastava non ascoltarla e Hayley seduta sulle sue ginocchia era la ciliegina sulla torta. Col suo sorriso più vero, non separava mai la sua mano dalla pancia coperta del vestito a fiori che le aveva comprato Klaus per l'occasione. L'ibrido la osservava divertito.

« Dovrei pensare a darle un nome. » rifletté la lupa ad alta voce.

« Direi che di tempo ne abbiamo ancora, Hayley. »

Klaus le sorrise di rimando, sfiorandole con la punta delle dita la guancia leggermente rosata con la massima delicatezza, quasi avesse paura di farle del male. Era bella, quella situazione. Era come se si fosse dimenticato di tutto, lasciando da parte i dubbi costanti e convincendosi che quello era esattamente il posto dove avrebbe dovuto essere. Si dimenticò di New Orleans, delle streghe, della pessima musica e persino di Katherine.

« Che ne dici di tornarcene a casa? A New Orleans. » azzardò posando lo sguardo serio su quello di Hayley. « Quello che andava fatto è stato fatto, non abbiamo più ragioni di rimanere a Mystic Falls. Elijah e Katherine probabilmente si trasferiranno a breve e tu sarai al sicuro, lo prometto. »

L'espressione felicemente sorpresa di Hayley fu la risposta a tutte le sue domande. La lupa posò entrambe le mani ai lati del viso di Klaus, attirandolo a sé fino ad unire le loro labbra ancora ferme in quel sorriso.

« Klaus! »

Una voce femminile risuonò più alta di tutto il resto, catturando la loro attenzione.

« Tempismo perfetto, Katherine. » ironizzò l'ibrido con l'irritazione dipinta in volto. Nonostante gli sforzi fatti per eliminare – o almeno sfumare – quell'immagine dal suo cervello, alla vista di quelle perfette curve racchiuse nel vestito rosso attillato sul busto ed in vita che lasciava libere le gambe si rivelò tutto inutile.

La vampira si avvicinò a passo svelto, giungendo più vicina a lui di quanto si aspettasse. Lanciò un'occhiata minacciosa ad Hayley, la quale percependo la stranezza della situazione si alzò dalle comode gambe di Klaus e si allontanò da loro di un paio di passi.

« Elijah lo sa. » disse Katherine con voce ferma.

Bastarono quelle tre semplici parole per trasformare la smorfia annoiata di Klaus. Si poteva percepire l'improvvisa instabilità del suo corpo, il nervosismo gli si dipinse in volto, le sue labbra si contrassero ansiose. Come faceva Elijah a saperlo? Come lo aveva scoperto? Dov'era adesso? Perchè non era ancora arrivato per ucciderlo? Troppe domande senza risposta gli annebbiavano la mente, impedendogli anche solo di ragionare su quale potesse essere la sua prossima mossa.

Katherine era ferma davanti a lui. Le braccia distese lungo i fianchi, le spalle che si alzavano ritmicamente per il respiro affannoso e le guance ancora rosse a causa di un evidente pianto incontrollato.

« Elijah sa cosa? » domandò improvvisamente Hayley ancora immobile alle sue spalle.

Nessuno sembrava avere il coraggio di fare un passo o di proferire parola. Il silenzio sembrava l'unico modo pratico per far fronte a quel disastro.

« Dov'è adesso? » si decise a chiedere Klaus ignorando completamente la domanda della sua compagna.

« Non lo so, pensavo che fosse già qui e che ti avesse già staccato la testa. » dichiarò Katherine con voce tremante, impaurita persino dalla sua ombra.

« Vai a casa. » le ordinò lui prendendo da terra il ramo caduto di un albero e spezzandolo in due con un colpo secco. Se Elijah non era lì, aveva qualcosa di più in mente di un semplice scontro tra fratelli, ma non aveva alcuna intenzione di farsi cogliere impreparato.

« Cosa? No! Klaus se tu- »

« Katerina! » la interruppe lui piombandole a pochi centimetri dal viso obbligandola ad frenare la lingua. Non gli importava di cos'avrebbe pensato Hayley, desiderava solo portare entrambe al sicuro. « Prendi un taxi e porta Hayley a casa. »

La vampira annuii silenziosamente, socchiudendo gli occhi in cerca della semplice forza di continuare, ignara di ciò che sarebbe successo dopo.

Sospirò profondamente, cercando lo sguardo ormai lontano di Klaus che con un cenno della testa gli ricordò di allontanarsi. Ormai rassegnata, si voltò dall'altra parte, pronta a tornare a casa e crogiolarsi nell'attesa; il suo piano cadde in frantumi trovandosi quella perfetta figura dall'espressione seria ed impenetrabile ad appena tre metri di distanza.

« Elijah. » mormorò indietreggiando di un passo.

 

Elijah era lì, di fronte a lei. La camicia bianca ancora perfettamente stirata infilata nei pantaloni e le scarpe nere scamosciate fastidiosamente pulite nonostante il fango in cui giacevano. Il senso di instabilità passò da uno stato emotivo a fisico quando vedendo l'espressione rabbiosa dipinta sul viso del vampiro originale, Katherine sentì le ginocchia cedere. Avrebbe dovuto agire, fare qualcosa affinché da quella situazione uscissero vivi entrambi i Mikaelson, la ragazza incinta poco più distante e lei stessa. Ma che fare? Qual era il grande piano a quel punto? Era tutto andato a rotoli. Tutte le notti insonni passate a convincersi che mentire era la scelta più giusta. Una di quelle rare volte in cui fare del male a qualcuno le sembrò così sbagliato. “La verità è l'arma più potente mai esistita.” ricordò Katherine pensando alle parole di un'ombra passata. Solo, non abbastanza forte per reggere il peso del paletto di quercia bianca che Elijah stringeva nella mano destra.

« Elijah. » disse cauta la vampira alzando piano le mani quasi in segno di resa – neanche fosse lei quella in pericolo di morte.

« Non vuoi farlo davvero. » gli ricordò.

Una smorfia divertita comparve sul volto del vampiro.

« Non voglio farlo davvero? Sei l'ultima persona che può dare consigli qua, Katherine. »

Il tono freddo era in perfetta sintonia col sorriso enigmatico e lo sguardo glaciale impressi sul suo viso. Le iridi castane si posarono su Klaus, in piedi a qualche metro di distanza. L'ibrido ricambiò lo sguardo intenso, quasi non servissero ulteriori parole a spiegare quanto disastrosamente quella famiglia fosse caduta in frantumi. E la ragione era sempre e solo quella vampira egoista e manipolatrice capace persino di rompere legami di sangue.

« Lo so che vuoi uccidermi, ma... » l'ibrido deglutì a forza, alzando il braccio avanti a mo' di tregua, poi con voce ferma proseguì « ...evita loro lo spettacolo. » domandò irrequieto indicando con un cenno del capo le due ragazze coinvolte.

Ad Elijah uscì uno sbuffò ironico, dopo il quale si prese un paio di secondi per riflettere sulle parole da replicare.

Katherine lo osservò silenziosa, incapace anche solo di valutare le opzioni: correre a casa o sorbirsi lo scontro fraterno all'ultimo sangue? In realtà, non era così facile come scelta dato che tornare a casa significava tornare in quella casa, in cui probabilmente non avrebbe mai più messo piede; e poi Klaus credeva davvero che Hayley le sarebbe andata dietro senza fare domande? Esclusa la prima scelta, pensò che forse ritrovarsi con un paletto affondato nel cuore non sarebbe stato poi tanto male.

Persa col suo sguardo assente, il gemito soffocato di Klaus arrivò al suo orecchio quando ormai il paletto gli aveva perforato il torace fino a raggiungere il tronco dell'albero al di là della sua schiena, alzandolo da terra di qualche centimetro.

« Che cazzo sta succedendo? »

La voce tremante di Hayley attirò su di lei l'attenzione, inconsapevole di non voler sapere realmente la risposta alla sua domanda.

« Oh, giusto... tu ancora non lo sai. »

« Elijah, ti prego. » implorò Klaus contorcendosi dalla posizione scomoda.

In in gesto rapido, il vampiro strinse con forza l'estremità del paletto e con cotanta forza lo ruotò nel petto del fratello che urlò incontrollato per il dolore.

« Klaus e Katherine sono stati insieme. » dichiarò monotono.

Silenzio. Si poteva percepire il suono della carne che si lacerava ad ogni movimento di Klaus a contatto col paletto troppo vicino al cuore per pensare anche solo di ribellarsi.

Hayley si portò una mano alla bocca, aperta per la notizia più che inaspettata. « Mio Dio. » fu tutto quello che riuscì a dire. Allungò la mano libera fino al bracciolo della sedia sul quale lei e Klaus erano rimasti seduti per quasi tutta la serata, cercando un appoggio stabile per reggere il peso del suo corpo, diventato insopportabile.

Katherine socchiuse le labbra, sul punto di proferire parola. Qualunque cosa pur di mettere fine a quell'assurda situazione. Neanche si erano accorti di quella decina di persone che si era radunata in un angolo per assistere sconcertati alla scena. Chiama la polizia, chiama il 911. Tutte grandi idee, tutte inutili se l'intenzione era quella di fermare un Mikaelson assetato di vendetta.

« Elijah. » lo richiamò la vampira avvicinandolo di un passo.

« Sta' zitta, Katherine. » ringhiò lui.

 

Quel maledetto paletto affondato nella sua carne toglieva il respiro e la facoltà di pensare. Forse non era poi male come sensazione, tutto concentrato in quell'atroce dolore fisico e un conseguente allontanamento dal dolore mentale. Ma anche il dolore mentale insisteva, in un angolo remoto del suo cervello in fiamme, ma c'era. Incapace di affrontare lo sguardo sconvolto, distrutto, fiammante di Hayley, alzò gli occhi verso Katherine, in piedi ad un paio di metri di distanza con una gamba più avanti capace di darle stabilità. Il disprezzo del tono col quale Elijah si rivolse a lei lo infuocò più di quanto potesse immaginare.

« Lasciala stare, non è lei che vuoi uccidere. » lo provocò in un gemito sofferente.

Lo sguardo di Elijah si colorò di quella scintilla d'orgoglio ferito tenuta forzatamente nascosta fino a quel momento.

« Ora ti preoccupi per lei? » rise amaramente inclinando la testa di lato. « Non pensavo che in quella scopata, o in quelle, sono felice di non conoscere il numero esatto... potessi aver cambiato opinione sul suo conto. » si sorprese ironico Elijah premendo inaspettatamente il paletto più o fondo provocando un sussultò dolorante del corpo dell'ibrido « Credevo che la considerassi... com'è che hai detto l'ultima volta? “La stronza psicopatica e viziata che scrocca nottate nel tuo letto come una prostituta.” » ricordò il vampiro fingendo un improvviso lampo di genio.

L'aveva detto davvero? Tra tutti i nomi, gli aggettivi, le metafore usate da Klaus per descrivere Katherine Pierce, Elijah aveva deciso di ricordare il momento in cui l'aveva paragonata d una prostituta. Fisso nello sguardo della vampira, l'ibrido non si scompose vedendo la sua espressione completamente distrutta. Era stato un coglione, come al solito. Ma come poteva in quel momento essere lo stato d'animo di Katherine la sua preoccupazione più profonda? La vampira ritrasse lo sguardo, cercando appiglio in qualsiasi cosa in grado di impedire a quell'odiosa lacrima di bagnarle il viso.

Suoni di sirene e luci blu ad intermittenza fecero irruzione in quella situazione che da occhi esterni doveva apparire come il tentato omicidio di un pazzo ubriaco. Nessuno degli interessati sembrò curarsi dell'arrivo di ambulanza e polizia però.

« Sono io quello che vuoi veder morto, fallo e basta. »

Senza indugiare oltre – il che avrebbe dato spazio a ripensamenti e sensi di colpa – Elijah liberò il petto di Klaus dal paletto, lasciando che l'ibrido si accasciasse a terra stordito. Ci vollero circa due decimi di secondo prima che Katherine mettesse a fuoco il braccio alzato di Elijah ancora aggrappato a quel paletto letale, preciso e perpendicolare al cuore del fratello.

« Elijah, no! » urlò invano precipitandosi nella sua direzione.

L'immagine appariva poco nitida agli occhi dell'ibrido quando uno schiaffo in pieno viso la atterrò prima che potesse controbattere. Katherine cadde a terra, cosciente ma col margine del labbro inferiore sanguinante. I morbidi ricci le coprivano a tratti il viso sul quale i due intensi e lucidi occhi castani fiammeggiavano come brace sotto la cenere. Fu più forte di lui, quell'irrefrenabile impulso di uccidere chiunque l'avesse ridotta in quel modo. Incredibile pensare a quanto, fino a pochi mesi prima, Klaus moriva dalla voglia di infliggere alla doppelganger che gli era scappata per più di cinquecento anni pene peggiori dell'inferno, e ora desiderasse solo punire il suo aggressore come meglio meritava.

Un bagliore illuminò le sue iridi giallo-azzurre nel mettere a fuoco il paletto pronto a perforagli la carne, il torace e giungere al cuore. Lo afferrò con una mano, intercettando il gesto non abbastanza rapido di Elijah che si ritrovò a mani nude e quasi senza accorgersene, ad urlare per il dolore inflitto dal paletto bianco-avorio dentro il suo petto. Trattenutosi dal centrare il cuore, Klaus si avvicinò all'orecchio del fratello inerme.

« Ho detto. Di lasciarla. Stare. » scandì profondamente penetrando nella carne viva di Elijah, dolorante al suolo.

 

Spazio autrice

Salve a tutti, cari e care! Spero abbiate gradito il capitolo. Come avrete capito, è stato diviso in due parti, così da poter rispettare le scadenze prefissate per la pubblicazione. Entrambi i capitoli sono leggermente più lunghi dei precedenti, ma ho comunque preferito non sbilanciarmi troppo (anche perchè finirei per annoiare, temo).

Che dire? Tengo incredibilmente al legame che si è creato tra Klaus e Katherine e spero di avervi emozionato almeno la metà di quanto mi sono emozionata io a scriverlo!

Il prossimo capitolo verrà pubblicato il 19 aprile (causa impegni scolastici), se vi va lasciatemi una recensione!

Baci xx

xfromhatetolove

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Capitolo 7
*** Love don't die ***


7. Love don't die

 

« Ehi! Me ne versi un altro? »

La voce di Katherine risuonò più forte del casino nel quale era immerso il Mystic Grill in quel normalissimo venerdì sera – o notte, probabilmente. “Love don't die” dei The Fray si sprigionava ad altissimo volume dalle casse poste solo a qualche metro di distanza dal suo orecchio, il pesante odore di alcol le inebriava a pieno il naso, la vista cominciava ad offuscarsi.

« Stai spaventando i clienti. » la rimproverò di rimando Matt dall'altro lato del bancone, ormai senza speranza davanti a quella situazione.

Katherine lanciò un'occhiata scocciata alla sua destra, piegando poi la bocca in un sorriso ironico alle due ragazze bionde ossigenate il cui fazzoletto che consideravano un vestito scopriva quasi interamente le gambe perfettamente abbronzate; un cosmopolitan tra le mani e dieci passate di rossetto rosso fiammante sulle labbra.

« Oh, andiamo, Matty... non farmi arrabbiare. » lo pregò sporgendo il labbro inferiore in una malriuscita espressione da cucciolo. Era... quanto, il quinto bicchiere quello? Aveva fatto di decisamente peggio, poteva sopportarlo. Lo alzò dritto in faccia al ragazzo, scuotendolo leggermente per invitarlo al prossimo giro, ma Matt non sembrava voler collaborare.

« Sei ubriaca, Katherine. » le ricordò un secondo prima di sparire in magazzino.

Con uno sbuffo rassegnato, la vampira posò il bicchiere vuoto sul bancone e appoggiò il mento sulla mano, sorreggendosi la testa divenuta leggermente pesante. Neanche si ricordava l'ultima volta in cui si ritrovò in una situazione simile, ma evitò di pensarci dato il concentrato di autocommiserazione che l'aveva perseguitata negli ultimi tre giorni. Aveva girovagato a vuoto sul terriccio umido dei boschi al confine della città e preso in prestito una stanza in uno squallido bed&breakfast non troppo distante. Indossava abiti puliti grazie alla gentile e disponibile signorina del negozio di abbigliamento appena dietro il liceo, l'unica boutique decente a Mystic Falls. Dall'esterno, nessuno avrebbe potuto dubitare che qualcosa in lei non andava, era sempre dannatamente bella.

« Ubriaca, » intervenne una voce alle sue spalle « ma sempre e comunque di classe. »

Marcato accento britannico, un concentrato di ironia evidente della sua voce. Cosa diavolo voleva quell'idiota?

« Buonasera a te, Klaus. » lo salutò lei senza staccare lo sguardo da un punto indefinito sulla parete degli alcolici. Si nascondeva nel posto più frequentato della città, pensava davvero che non avrebbe incontrato qualcuno di sua conoscenza? Poteva quasi sentirsi sollevata dal non avere incontrato Elijah, o peggio una lupa incinta con un paletto in mano assetata di vendetta. Fu quasi sorpresa dal rendersi conto che Hayley non era ancora arrivata per ucciderla. Erano passati tre giorni, com'era andato avanti il mondo nel frattempo? Dov'erano andati le vittime e il traditore a smaltire la notizia? Tutte domande a cui non aveva voglia di dare una risposta.

Klaus prese posto a fianco alla vampira, allungando le mani dietro al bancone per afferrare la prima bottiglia capitata a tiro. Tequila. Perfetto.

« Cominciavo a pensare che avessi lasciato la città anche tu. » la esortò l'ibrido, evidentemente interessato a scambiare quattro chiacchiere.

« Ho avuto di meglio da fare. » spiegò brevemente Katherine con una smorfia. Il forte odore di alcol si disperse nuovamente nell'aria quando Klaus stappò la bottiglia per riempire il bicchiere della sua compagna e portarsela poi alle labbra per bere a canna senza problemi. Un giro in più non avrebbe di certo cambiato le cose. La vampira sgolò il tutto in un solo sorso, scuotendo poi la testa per riprendersi dall'impatto dell'alcol a contatto con la sua gola.

« Elijah non torna a casa da quella sera, sospetto che abbia optato per un viaggio in macchina. Nemmeno Hayley si è più fatta vedere, ma suppongo si sia cercata un hotel in cui stare. » disse Klaus in quello che sembrava più un flusso di coscienza. « Non mi sembrava il caso di chiamare nessuno dei due. » precisò infine prima di portare nuovamente la bottiglia alla bocca.

Quindi Elijah era sparito. Ovviamente era sparito: chi avrebbe voluto rimanere nei paraggi del fratello che è andato a letto con la sua ragazza assolutamente consenziente?

« La tua stanza è un caos. Puoi venire a prendere le tue cose quando vuoi, hai le chiavi. Non hai dormito insieme ai barboni nelle ultime due notti, vero? »

« No! » replicò Katherine disgustata.

Klaus rise divertito, più spontaneo di quanto l'avesse mai visto.

« Vieni, andiamocene di qui. » ordinò stringendo la bottiglia di tequila in una mano e le dita esitanti di Katherine nell'altra.

 

Facendosi spazio tra la folla, la vampira e l'ibrido raggiunsero finalmente l'uscita del locale, cogliendo appena in tempo le ultime note della canzone. Il cielo stellato che si parò davanti a loro prometteva un week-end di sole e una notte di coppiette sdolcinate e baci romantici tra i prati abbandonati della periferia.

« Dove abbiamo intenzione di andare? » domandò Katherine alzando un sopracciglio, confusa su quali potessero essere i piani dell'ibrido.

Klaus alzò gli angoli della bocca in un sorriso enigmatico e s'incamminò a passo deciso verso l'uscita del parcheggio. La situazione non prometteva niente di buono, ma seguire il nemico in quel momento sembrò la scelta più allettante.

Mystic Falls era immersa in un desolato silenzio, accompagnato da quel tocco di oscurità e mistero che la rendevano forse più interessante. Ad appena centro metri di distanza dal Mystic Grill tutto taceva, non c'era anima viva – o morta – se non quella di una macchina solitaria che sferzava a tutta velocità per superare quelle strade buie. Dove diavolo stavano andando?

« Sai, stavo meglio sullo sgabello del Grill. » si lamentò Katherine con uno sbuffo infastidito da quella situazione assurda. Klaus alzò gli occhi al cielo di rimando, porgendole poi la bottiglia di tequila ancora piena per un quarto, probabilmente per convincerla del contrario. Senza esitare, la vampira accolse l'invito e bevve un paio di sorsi. Era ancora lucida, o almeno abbastanza da distinguere il suono dell'acqua corrente e un ponte ergersi davanti ai loro occhi.

« Wow, Klaus: il posto più noioso dell'intera città... questa volta ti sei superato. » commentò sarcastica allargando le braccia in un finto inchino.

« Non farmi arrabbiare, Katerina. » la ammonì lui strappandole la bottiglia quasi vuota di mano.

Con una smorfia confusa, Katherine evitò di parlare oltre e saltò sulla staccionata che fungeva da avvertimento, in caso qualcuno non si fosse accorto che in quel momento il marciapiede terminava e con un passo più a destra si finiva in acqua. Con le braccia aperte per tenersi in equilibrio, passeggiò esitante sul percorso tracciato da quella trave larga una decina di centimetri. Situazione instabile data la quantità di alcol in circolo nel suo corpo. Klaus la guardava dal basso verso l'alto con aria divertita, godendosi a pieno la visione di una Katherine un po' ubriaca e concentrata sul suo percorso. Un paio di macchine giunsero dalla direzione opposta, abbagliando la vista della vampira già troppo barcollante. “Non cadere!” si ordinò speranzosa quando il piede sinistro mancò la trave e il movimento frenetico delle sue braccia non bastò per sorreggerla. Troppo confusa per capire come fosse successo, si ritrovò tra le braccia di Klaus che a mo' di principe azzurro l'aveva afferrata prima che il suo corpo raggiungesse l'asfalto. Deliziato da quel momento ironico, Klaus la osservò mentre frettolosamente si scostava dalla sua presa per tirarsi in piedi. Da quei suoi occhi lucidi era chiaro che ad essere poco sobri erano in due.

La mano serrata alla sua e le loro dita intrecciate portò entrambi a domandarsi con evidente chiarezza cosa stavano combinando; perchè nessuno dei due sembrava intenzionato a spezzare quel legame?

« Ti va un bagno? » domandò Klaus in un sussurro così vicino che Katherine si dimenticò per un attimo di respirare. Senza aspettare una risposta, l'ibrido scavalcò il guardrail al margine della strada e trascinando la vampira con sé si insinuò nel sentiero tracciato da terriccio umido e ghiaia che conduceva alle sponde dirette del fiume.

« Vorresti davvero fare un bagno? »

L'idea non era così male in effetti: caldo estivo afoso e nessun altro divertimento a cui fare riferimento.

« Sì. » dichiarò lui.

Le opzioni non erano molte, non quando due mani la presero di forza all'altezza dei fianchi per lanciarla violentemente verso l'alto fino a farla atterrare con un effetto parabola dentro all'acqua non così calda come si era immaginata. L'impatto con la superficie del fiume la stordì, costringendola a trattenere il respiro fino a quando non riemerse all'aria aperta.

« Ma che cazzo! » urlò indignata ispezionando il vestito completamente fradicio e perfettamente aderito al suo corpo.

Appoggiato con le braccia conserte all'altura di erba e terriccio che impediva all'acqua di fuoriuscire dalle sponde, Klaus la osservava a sua volta divertito e ammirato dalla vista di quelle curve accentuate.

« Che c'è? Hai dimenticato il costume da bagno? Tranquilla, non è nulla che non abbia già visto! » le ricordò in tono provocatorio.

Sforzandosi di ignorare quelle parole, Katherine si liberò del vestito rosso papavero per sfoggiare la biancheria anch'essa rossa ricamata con inserti neri sulle cuciture. Lanciò il vestito in direzione di quell'idiota che la guardava perfettamente asciutto a pochi metri di distanza, il quale lo afferrò al volo e lo appoggiò su un masso dalla superficie piatta.

« Hai intenzione di entrare anche tu o hai fatto tutta questa sceneggiata solo perchè volevi vedermi mezza nuda? Non che possa fartene una colpa, insomma, posso capirlo. » rise Katherine spostando il peso su una gamba e incrociando le braccia al petto, aspettando una risposta con finta impazienza. Bastò per convincere l'ibrido a spogliarsi di maglietta e jeans ed entrare in acqua coperto solo dei boxer Calvin Klein grigi e bianchi sull'elastico. La raggiunse prima che potesse accorgersene, piombando davanti a lei con la pelle bagnata che rifletteva in un gioco di luci il chiarore della mezza luna sopra le loro teste. Katherine deglutì forzatamente, costringendosi a cacciare dalla mente gli apprezzamenti sulle spalle squadrate, la pelle chiara che lasciava intravedere le vene bluastre delle sue braccia, le clavicole accentuate e le mani strette in due pugni all'altezza dei fianchi. Dopo una rapida scansione della sua figura, la vampira ritrasse lo sguardo.

« Bagno fatto, possiamo tornare di sopra ora? » domandò simulando il suo tono più scocciato. Come se quella situazione le dispiacesse veramente!

Klaus mosse un ulteriore passo verso di lei, annullando quasi completamente la distanza che separava la punta dei loro nasi. Divenne persino impossibile riconoscere di chi fosse il respiro quando entrambi andavano a mischiarsi in uno solo ed irregolare. In un gesto spontaneo, la vampira si morse il labbro inferiore, e fece cadere gli occhi fissi sulla bocca leggermente socchiusa dell'ibrido ad una vicinanza allarmante. Era l'alcol o stava davvero desiderando con tutta se stessa di azzerare la distanza che separava le loro labbra? Regnava il silenzio, potevano persino percepire i brividi invadere ogni centimetro della loro pelle.

It ain’t what you say, it’s what you do.

« Vuoi davvero tornare di sopra? » mormorò l'ibrido sfiorandole il mento per costringerla a fissare gli occhi nei suoi. “Sì!” avrebbe voluto dire. Liberarsi da quell'inferno dolorosamente piacevole, porre un freno a quell'odiosa situazione. Poteva sentire la pelle del suo torace sfiorare la sua, la mascella irrigidirsi sotto il tocco delle sue dita, la sua mano avvolgerle sicura il fianco nudo.

« Klaus... » tentò in un sussurro.

Troppo tardi. Le sue labbra erano già su quelle di lei con una furia travolgente, le bocche schiuse non desideravano altro che il tocco delle loro lingue. Spinta violentemente contro una balaustra poco distante, Katherine si sentì bloccata con la schiena contro il legno ed il petto contro quello di Klaus, le gambe intrecciate e i bacini che premevano l'uno contro l'altro.

Le dita dell'ibrido s'incastravano tra i suoi capelli, una mano le disegnava con polpastrelli tutta la linea della spina dorsale fino a giungere al ferretto del reggiseno e slacciarlo con innata maestria. L'acqua era gelida ma Katherine si sentiva andare a fuoco. I fianchi, i bordi degli slip, la pelle del suo fondo-schiena. La vampira incurvò la schiena, liberando il collo dai capelli bagnati che Klaus si affrettò a ricoprire di lunghi baci fino a risalire all'orecchio, alla guancia, alla bocca.

I pensieri si annullarono, il cervello di Katherine aveva definitivamente smesso di lavorare se non in funzione dell'ibrido che la stringeva come se fosse stata una tortura starle lontano per tutto quel tempo. Era così sbagliato e così piacevole che l'avrebbe seguito fino all'inferno.

Non ci volle molto prima che entrambi si ritrovassero nudi, senza difese, senza possibilità di tornare indietro. Avvolgendole una mano intorno alla vita, Klaus la costrinse a voltarsi di spalle, bloccandole la mano contro il legno della staccionata e risalendo dal ginocchio fino all'interno coscia con l'altra. Katherine sentì un gemito morirle in gola e il respiro spezzarsi ad ogni tocco. Non c'era scusa valida che valesse il groviglio di sensazioni che le dominavano mente e corpo in quel momento.

 

No matter where we go
Or even if we don’t
And even if they try
They’ll never take my body from your side
Love don’t die

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Capitolo 8
*** New Orleans - parte uno ***


8. New Orleans - parte uno

 

Mettere piede a New Orleans fu come entrare nel viale dei ricordi: la musica, il profumo d'alcol e le piume svolazzanti erano ancora vivi nella mente di Katherine dopo tutti quegli anni. Si respirava un'aria insolita e tanto calda quanto piacevole, così lontana da Mystic Falls. Le ci erano voluti circa quindici minuti per preparare la valigia quando Klaus, piuttosto contrariato dalla sua voglia di accompagnarlo, le aveva ordinato di fare in fretta. Non che si aspettasse una reazione positiva da parte sua, chi avrebbe voluto trascinarsi dietro la ex ragazza del fratello un'ora dopo esserci – di nuovo – andato a letto? Perfino Katherine sapeva che quella sarebbe stata una pessima idea, ma si trattava di Elijah, non l'avrebbe lasciato affrontare un branco di lupi desiderosi di vendetta da solo.

« Dovevi per forza portarti dietro il cambio di vestiti? » si lamentò l'ibrido lanciando l'ennesima occhiata infastidita alla valigia rosso fiammante aperta sul letto king size della camera degli ospiti.

« Per quanto apprezzi l'ospitalità, Klaus, non ho intenzione di puzzare e stare giorni interi senza lavarmi i denti. »

“Ospitalità” forse era una parola azzardata dato che ancora non aveva visto Elijah aggirarsi tra le mura di casa Mikaelson e aveva paura di scoprire la sua reazione nel vedere i due maledetti aggirarsi per i corridoi. Ma evitò di pensarci e si concesse solo un rapido cambio della t-shirt inseguito a quelle interminabili ore in macchina passate a litigare su quale stazione radio ascoltare. Quei due non sarebbero mai andati d'accordo, poco ma sicuro.

« Immagino che Elijah non abbia risposto alle tue chiamate... »

« Dopo la seconda ha inserito la segreteria. Camille ci aspetta al Rousseau, dobbiamo muoverci. »

Evitando di domandare chi diavolo fosse Camille, Katherine infilò il cellulare nella tasca posteriore dei jeans e seguì Klaus fuori casa.

 

Quel bar le ricordava tremendamente il Mystic Grill, forse per colpa dell'arredamento in arte povera o forse per colpa della clientela all'apparenza parecchio noiosa ed anonima. Camille era una ragazza bionda, giovane e dall'espressione piuttosto preoccupata. La smorfia di sorpresa che comparse sul suo viso quando Katherine varcò la soglia del bar subito dopo Klaus lasciò intuire che non aveva la più pallida idea di chi ella fosse ma entrambi i vampiri preferirono non aprire l'argomento ed annoiarla con complicate spiegazioni.

« Elijah è stato qui prima e sembrava pronto a scatenare una guerra. » spiegò brevemente la biondina versando ad entrambi un bicchiere di bourbon, come se avessero tempo per un drink! « Klaus, non so quale sia il problema tra voi ma devi aiutarlo. »

« Sono qui per questo Cami. » precisò l'ibrido, trattenendosi dal sembrare scontroso. « Ma è difficile prestare soccorso a qualcuno che neanche risponde alle tue telefonate! »

Camille sospirò silenziosamente, scrollando leggermente la testa.

« Mi aveva detto che sarebbe tornato con una sorpresa e, beh... pensavo che sarebbe stato finalmente felice, ma... Klaus, sembra distrutto. Qualunque cosa tu abbia combinato devi mettere a posto le cose. »

« Non è così semplice. »

Ancora una volta, la ragazza scrollò la testa sconsolata. C'era qualcosa di invidiabile tra quei due, il modo in cui lei riusciva a calmarlo era disarmante, impossibile quasi pensare che esistesse qualcuno capace di tale impresa. Tutto quello che la vampira riusciva a fare, al contrario, era mandarlo in confusione.

« Scusami, mi mette a disagio non sapere il tuo nome... » disse ad un certo punto spostando lo sguardo attento e puramente curioso su Katherine.

« Sono Katherine. » si presentò lei in tono pulito e cordiale, quella ragazzina sarebbe stata perfino capace di addomesticare un serpente a sonagli. A Camille s'illuminarono gli occhi, le iridi divennero più luminose e l'espressione sul suo viso dimostrò chiaramente che quel nome non le era affatto nuovo.

« O mio Dio, tu sei Katherine! La ragazza di Elijah! »

Katherine s'irrigidì. Crampi allo stomaco, labbra serrate, sguardo impassibile: quella era l'ultima cosa che si sarebbe aspettata di sentire. Klaus simulò una smorfia divertita, probabilmente volta a placare la voglia che aveva di rompere lo sgabello accanto a lui.

« Tu non sai quanto Elijah mi abbia parlato di te, diceva che desiderava portarti qui molto presto ma insomma, non l'ha mai fatto. È davvero molto innamorato di te, non... »

« Camille. » intervenne l'ibrido prima che la discussione su quanto l'amore di Elijah fosse forte provocasse un ulteriore disastro. « Se vedi Elijah digli che lo aspetto a casa, da solo. »

 

 

« Qual è il piano dunque? » domandò Katherine sedendosi su una delle sedie in legno del cortile mentre con una mano reggeva il bicchiere di bourbon versatogli da Klaus. L'ibrido temporeggiò qualche secondo, sfogliando distrattamente le pagine del quotidiano aperto e un po' spiegazzato sul tavolino lì accanto. Perfetto: Elijah non si era ancora fatto vedere e lui non aveva un piano.

« Klaus, ti rendi conto che un branco di lupi assetati di vendetta stasera si scaglieranno contro tuo fratello? »

« Certo che me ne rendo conto, Katerina. » precisò lui con tono annoiato, calcando il tono sul nome della vampira. « Ma Elijah non vuole il mio aiuto e inoltre non sa nemmeno della tua presenza qui. Quindi se tu hai un piano... avanti, non vedo l'ora di sentirlo. » concluse invitandola ironicamente con un gesto della mano a continuare il discorso.

Inevitabilmente, la vampira alzò gli occhi al cielo e butto giù un sorso di whisky. Contrariamente alle aspettative però, qualcuno varcò i cancelli di casa Mikaelson.

« Mi aspettavo di trovarti da solo, Niklaus. » intervenne con un sorriso amaro il vampiro Originale vestito del suo solito abito grigio con cravatta abbinata.

Katherine si alzò in piedi, subito seguita da Klaus, ma nessuno sembrava intenzionato a prendere la parola. Soprattutto, cos'avrebbero dovuto dire? “Ciao Elijah, siamo venuti in tuo soccorso per rimediare a tutto il male che ti abbiamo causato” non sembravano affatto le parole adatte.

Più Elijah la guardava, più Katherine desiderava scomparire. Sentiva il peso delle sue azioni e non sapeva come gestire tutto quel groviglio di emozioni negative che quello sguardo pieno d'odio le provocava. Lui non le tolse gli occhi di dosso neanche un secondo, la scrutò in ogni gesto e dettagli, studiando perfino il ritmo del suo respirò. La vampira abbassò gli occhi, sforzandosi di non pensare a quello sguardo accusatore e ragionare sulla questione “lupi”, ma Klaus – fortunatamente – la precedette.

« Stavo appunto dicendo a Katherine che forse è il caso di mettere da parte i problemi personali e concentrarsi sulla vittoria. » lo informò tendendo una mano in avanti in segno di resa.

Ad Elijah uscì un rumoroso sbuffo divertito. Mosse un paio di passi in avanti, addentrandosi nel cortile per raggiungere il fratello e la vampira che gli stava ad appena un metro di distanza. « Hai ragione, Niklaus: dobbiamo concentrarci sulla vittoria. » annuì in tono pacato raggiungendo la rampa di scale che portava al piano superiore.

Klaus e Katherine si guardarono disorientati, visibilmente sorpresi da quell'atteggiamento fin troppo calmo per qualcuno che aveva appena rivisto le due persone che in cinque minuti gli avevano causato più dolore che tutto il resto in mille anni.

« Quindi che succede? Lotteremo contro quei lupi fino a che non saranno tutti morti? Ad essere sincera l'idea di essere morsa e dover farmi un cocktail con il sangue di Klaus non mi piace. » sentenziò Katherine incrociando le braccia al petto, sorpresa lei stessa di aver ripreso la capacità di parlare.

« Oh, per quanto mi l'idea di un drink col sangue di Klaus mi aggradi... » spiegò Elijah con evidente ironia « ...non sarò con voi quando quei lupi verranno stanotte. »

Calò il silenzio. Che cosa stava farneticando? Tutta questo impegno, questa rabbia per quei lupi che desideravano solo rivendicare la supremazia sulla città e ora neanche voleva combattere? Klaus alzò un sopracciglio.« Di cosa stai parlando? »

« Oh, andiamo, credevi davvero che avrei impedito a quei lupi di rubarti da sotto il naso la cosa per la quale stai faticando da mesi? Il ruolo di re al quale aspiri, New Orleans ai tuoi piedi... non sono qui per aiutarti Klaus, ho detto io ai lupi di venire a farti visita questa notte non appena ho saputo del tuo arrivo. »

Ci fu una pausa, un sorriso beffardo comparve sul volto del vampiro Originale mentre il suono del sangue gelarsi nelle vene di Klaus e Katherine risuonava nell'aria.

« Godetevi la festa. »

Il cancello si spalancò qualche metro dietro le loro spalle liberando l'ingresso ad una ventina di licantropi.

 

Spazio autrice

Buonsalve carissimi! Come è già chiaro dal titolo, anche questo capitolo sarà diviso in due parti per questioni di lunghezza e tempi di pubblicazione. È leggermente più corto rispetto al solito ma forse così vi annoierà di meno essendo povero di contenuti.

Quando iniziai a scriverlo non sapevo bene dove sarei andata a parare e non lo so nemmeno ora ad assere sincera ma vedremo tutto nel prossimo capitolo. Fino ad allora, un abbraccio xx

Ps. mancano ancora solo due/tre capitoli al termine della storia quindi se vi va fatemi sapere come pensate si concluderà!

xfromhatetolove

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Capitolo 9
*** New Orleans - parte due ***


9. New Orleans – parte due

 

Il cancello si spalancò qualche metro dietro le loro spalle liberando l'ingresso ad una ventina di licantropi.

Fu come un fulmine a ciel sereno, come un paletto a pochi millimetri dal cuore, come la verbena a contatto con le pareti della gola. La bocca di Klaus diventò asciutta, l'espressione confusa divenne incredibilmente seria. Aspettava da tempo ormai una qualche liberazione della rabbia che Elijah reprimeva ostinato dentro di sé, sicuramente impaziente di fargliela pagare per ciò che aveva fatto. Neanche fosse stata solo colpa sua, in fondo: il sesso chiama almeno due persone all'appello. E gliel'aveva fatta sotto il naso, quel bastardo! Gli aveva dichiarato guerra nella stessa casa in cui avevano vissuto insieme per decenni e in cui avevano progettato pochi mesi prima di riprendersi la loro città, New Orleans. Colpo basso, Elijah! Ed Hayley era a conoscenza del folle piano di vendetta del vampiro Originale? Dalla notte in cui tutto venne rivelato, Klaus non aveva più pensato ad Hayley, o almeno non come aveva pensato a Katherine. Sapeva che quella lupa all'apparenza bisognosa di aiuto sapeva cavarsela benissimo da sola ed infondo credeva davvero di essersi un po' – solo un po' – innamorato di lei. Ma lì, in quel momento, l'unica cosa a cui riusciva a pensare era Katerina, a meno di un metro di distanza da lui.

La vampira indietreggiò di un passo. Klaus poteva percepirne il respiro ormai irregolare e perfino il tremore delle dita affusolate distese lungo i fianchi. Quanto l'aveva desiderata morta! Aveva sognato per secoli di vedere quella luce egoista e combattiva spegnersi nei suoi occhi, aveva immaginato mille e mille modi per punirla dopo essere fuggita quella notte in Inghilterra, aveva agognato la sua morte per così tanto tempo che ora l'idea insensata di volerla al sicuro gli sembrò assurda. Katherine rimase immobile, mossa solo dal movimento delle spalle ad ogni profondo respiro. Lanciò un'occhiata all'ibrido, incontrando il suo sguardo inspiegabilmente già fisso su di lei. Erano passati appena sessanta secondi, ma i licantropi non sembravano avere pazienza.

« Katherine c'è un'uscita sul retro. Va' via. » ordinò l'ibrido senza interrompere il contatto visivo col branco di lupi.

Ma Katherine non mosse un muscolo.

« Katerina » ripeté Klaus spazientito « vai via! »

La vampira si decise e indietreggiò ulteriormente di un paio di passi, prendendo nuovamente contatto con la realtà e trovando ancora il terreno sotto i suoi piedi. L'ultima volta in cui provò così tanta paura, era morente sul divano di casa Mikaelson con la mano stretta a quella di Elijah, il quale implorava affinché il fratello le salvasse la vita. Dov'era Elijah quindi? La odiava così tanto da lasciarla morire per mano di quelli che considerava i nemici per eccellenza dei Mikaelson?

La vampira accelerò il passo e raggiunse una delle porte in vetro che conducevano chissà dove. Non sapeva nemmeno dove stesse andando, aveva completamente perso la sua capacità di ragionamento. Si ritrovò in un'ampia stanza con un tavolo da pranzo al centro intagliato in arte povera, un paio di lampadari scendevano eleganti dal soffitto rischiarando sufficientemente l'ambiente, qualche bicchiere vuoto e una bottiglia di tequila erano poggiati disordinatamente sul legno del tavolo. Katherine si guardò intorno in cerca di una via di fuga, finchè il suo sguardo disperato trovò una piccola porta posta a fianco di uno scaffale la cui presenza c'entrava poco col resto dell'arredamento. Si precipitò su di essa, avvolgendo saldamente le dita intorno alla maniglia e forzando per aprirla. Ma dalla porta si liberò appena una folata di un piacevole vento serale estivo e si richiuse immediatamente dopo. Un braccio si materializzò all'altezza del suo viso, appena una decina di centimetri più a destra della sua guancia.

« Non vai da nessuna parte, Katerina. »

Quella voce dal tono dannatamente sensuale la privò dell'ultimo sprizzo di lucidità ancora presente in lei.

« Vuoi davvero uccidermi? » domandò la vampira quasi in un sussurro.

Ancora non capiva con quale forza le gambe la reggevano in piedi, come le ginocchia tremanti fossero in grado di mantenerla in equilibrio. Se là fuori la guerra fosse iniziata o meno, la vampira non lo sapeva. Riusciva a mala pena a sentire il suono del suo respiro spezzato e la pelle olivastra del suo corpo sudare freddo.

« Per quanto vorrei dirti di sì, no: non voglio ucciderti. » rispose il vampiro dopo un eterno minuto di silenzio.

Katherine poggiò la fronte contro la porta procedendo con respiri profondi per non impazzire.

« E allora perchè vuoi tenermi qui? » domandò nuovamente mordendosi il labbro inferiore per paura della risposta. Era terrorizzata da quella situazione, forse la morte sarebbe stata meno dolorosa che fronteggiare la verità e i sensi di colpa.

« Elijah... » lo richiamò, desiderosa di interrompere quel fastidioso silenzio.

Il vampiro originale scostò la mano dalla porta ed indietreggiò di un passo, il giusto da permettere a Katherine di rilassare i muscoli e rallentare la respirazione.

« Vorrei odiarti quanto odio lui, Katerina. » mormorò lui, costringendola a voltarsi per guardarlo.

« Vorrei smettere di pensare a dove ho sbagliato e cominciare a pensare dove tu hai sbagliato. Vorrei guardarti e non provare altro che disgusto per la persona che ho amato così intensamente e che mi ha ripagato tradendomi con mio fratello... » Ad Elijah scappò un ghigno amaramente divertito. « Pensavo vi odiaste, pensavo provassi ribrezzo per colui che ti ha perseguitata per cinquecento anni! »

Parole taglienti e odiosamente vere. Che cosa diavolo li aveva portati a quella situazione? Ti annoi? Va' al Grill e mangiati il cameriere, non andare a letto col fratello omicida psicopatico del tuo ragazzo! Mossa veramente stupida e così piena di conseguenze che era difficile credere di averla desiderata così ardentemente, in quel momento e in tutti i momenti successivi all'accaduto.

« Elijah... mi dispiace per tutto il male che ti ho... abbiamo causato e vorrei avere le parole giuste per permetterti di credere a ciò che ti sto dicendo ma sono un'egoista e una traditrice e sono arrivata a farmi odiare da così tante persone che ormai ho perso il conto... »

« Io non ti odio Katherine! Non ci riesco. Qua davanti a te perdo il controllo, mi sento come se avessi fallito nel renderti felice... come può quel coglione di Klaus darti di più? »

Darle di più? Klaus le toglieva il respiro, la privava della razionalità nei momenti del bisogno, la spogliava di tutte le sue difese. Altro che darle di più, Klaus distruggeva tutto ciò che l'aveva caratterizzata per secoli.

« Ci siamo fatti del male a vicenda, Elijah. Non sono stata con Klaus per ferirti, l'ho fatto perchè volevo provare a me stessa di essere ancora... me. E ci tenevo a te, ci tengo ancora, ma quella delle cene al lume di candela e dei picnic in mezzo al prato non sono io! Voglio tornare a casa e non preoccuparmi di chi ho mangiato per cena, sentirmi soddisfatta nel condividere il mio ennesimo bicchiere di whisky con qualcuno che è sbronzo almeno quanto me e non con qualcuno che mi porta a casa perchè “sto bevendo troppo”... » sputò tutto d'un fiato allargando le braccia per enfatizzare il veleno delle sue parole.

Elijah serrò la mascella e alzò leggermente il mento per assimilare il monologo di Katherine e allo stesso tempo evitare di perdere la testa. Con gli occhi gonfi di lacrime che si sforzava di non far uscire, gli zigomi arrossati per lo sforzo di rivelare quelle verità e i capelli ricci leggermente scompigliati, la vampira sembrava l'essere più fragile presente sul pianeta. « Hai infinite ragioni per bramare vendetta contro me e Klaus ma non complicare le cose più di quanto non lo siano già. Lasciami andare, Elijah. Andrò a New York, Miami, Milano, lontano da qui e non sentirai più parlare di me e ti innamorerai di qualcuno che si meriti ogni singola parte di te. Se una piccola parte di te ci tiene ancora a me, lasciami andare via. »

Le parole di Katherine suonavano come una preghiera appena sussurrata, una richiesta disperata in un momento disperato. Le sopracciglia corrucciate creavano la solita ruga in messo alla fronte e le dita delle mani si stringevano in due pugni lungo i fianchi; la sua espressione rimase impassibile, neanche si accorse della lacrima che traboccando dall'occhio andò a rigarle la guancia e cadde silenziosa sul pavimento. Elijah schiuse le labbra quasi impercettibilmente, pronto alla tanto attesa sentenza, ma il suono di un vetro, o dieci vetri che si frantumavano appena al di là della stanza in cui i due ancora si trovavano, catturò la loro attenzione. Entrambi lanciarono un'occhiata verso la porta in vetro ancora intatta, indecisi se aspettare la sua disgregazione o se superarla e andare a controllare che cosa stava succedendo in cortile.

« Ho visto come Klaus ti ha guardata alla festa, quando ti ho colpita. » riprese monotono il vampiro poco chiaro su dove volesse andare a parare. « Si preoccupa per te e sei l'unica arma in grado di ferirlo ora, non proverei nemmeno ad immischiare Hayley in una situazione del genere. » Oh, già, Hayley! Ci mancava proprio lei all'appello. Non sia mai che le capitasse qualcosa! « Per questo non puoi andare via, Katerina. »

Fu un attimo e Katherine si sentì circondare in vita e trascinare fuori da quella stanza, oltrepassando la porta in vetro tra le braccia di Elijah e giungendo fino in cima alle scale che conducevano ad un piccolo terrazzo con vista sul cortile; neanche aveva capito come ci fosse arrivata ma evitò di preoccuparsene in quel momento. Cosa intendeva con “arma”? Non voleva davvero ucciderla per vendicarsi di Klaus, l'ibrido se ne sarebbe fregato altamente di quell'incidente di percorso. Era vero, quello con Klaus era stato probabilmente il miglior sesso della sua vita ma si rifiutava di credere che a lui importasse qualcosa, non se la scelta era tra lei e la sua città. Katherine si vedeva già morta, non sapeva come ci sarebbe arrivata ma sapeva che il tempo che le rimaneva era minimo.

« Klaus! » urlò il vampiro originale portando una mano intorno al collo di Katherine.

In quella villa immensa calò il silenzio, tutti gli sguardi si rivolsero verso Elijah a qualche metro di altezza da terra. Katherine lanciò un'occhiata verso il basso, impaziente di sapere cosa si era persa in quelli che erano stati appena cinque minuti e pesavano come due ore. Klaus teneva una mano nel petto di uno dei lupi, stringendo il cuore tra le dita pronto a strapparlo e porre fine a quella che avrebbe classificato come un' “esistenza miserabile”. Almeno la metà dei licantropi giaceva sul terreno cementato privi di vita mentre gli altri si scagliavano inutilmente contro l'ibrido. Era affascinante come venti fossero comunque troppo pochi per battere Klaus Mikaelson e se non fosse che Elijah le stringeva violentemente il collo, Katherine si sarebbe goduta volentieri lo spettacolo.

L'ibrido si voltò insieme agli altri, impassibile di fronte all'immagine che si presentò davanti.

« Arrenditi, lascia New Orleans e non tornare, o Katerina muore una volta per tutte. »

Spazio autrice
Look who's back! Tra la maturità e i primi giorni di libertà la mia storia è un po' refrigerata ma vi posto ora il penultimo capitolo - sempre che ci sia qualcuno ancora interessato! Non faccio alcun tipo di promesse, non so quando posterò il decimo e ultimo capitolo.
Se vi va, lasciatemi una recensione, mi fa sempre piacere.
xfromhatetolove

 

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Capitolo 10
*** New Orleans - parte tre | Till the love runs out ***


10. New Orleans – parte tre | Till the love runs out

 

« Arrenditi, lascia New Orleans e non tornare, o Katerina muore una volta per tutte. »

Il tono di Elijah era fermo e risoluto. Pareva quello di sempre, ma c'era una qualche sfumatura nella sua voce che lo rendeva distante. Il galante vampiro Originale aveva abbandonato tutta la sua famosa nobiltà d'animo e si era trasformato in un corpo privo di anima, voglioso di vendetta.

Katherine sentì il cuore sprofondarle del petto. Stava seriamente pensando di ucciderla? Lui che in passato avrebbe fatto di tutto pur di salvarla da quel coglione di suo fratello, lui che aveva giurato di amarla. La versione 2.0 di Elijah risultava incomprensibile agli occhi dei presenti, più che mai a quelli della vampira ancora immobile tra le sue braccia, che non era ancora caduta a terra grazie alla presa incredibilmente stretta.

« Tu non la ucciderai, Elijah. » dichiarò Klaus spezzando il silenzio, tranquillo come chi sa di avere ragione.

« Non la ucciderò? »

Quasi offeso da quell'accusa, Elijah strinse con forza il collo di Katherine tra le dita incitando inevitabilmente la vampira ad afferrargli il braccio con fare affannoso nel tentativo di liberarsi. Sentendola dimenarsi sotto la sua presa, Elijah avvicinò le labbra all'orecchio di Katherine, scostandole appena i capelli con la punta del naso. « Sta' ferma. » le ordinò in un sussurro.

« Non sai cosa stai facendo. Se la uccidi, vivrai con la morte della donna che ami sulla coscienza, sappiamo entrambi che non passerebbe giorno senza sofferenza. Se la uccidi, non avrai più nulla. »

« Ho perso tutto nel momento in cui le due persone a me più care mi hanno pugnalato alle spalle! » urlò l'Originale fino a quasi far tremare le pareti.

« Oh quindi credi che ucciderla sia la soluzione? » ridacchiò Klaus limando il clima pungente di quella conversazione ormai sentita e risentita.

Elijah rifletté in silenzio per qualche secondo senza togliere lo sguardo dalla figura del fratello, il quale reggeva ancora in mano il cuore della sua ultima vittima. La vampira, immobile sotto la sua presa, sentiva la morte avvicinarsi ogni secondo di più: o lei o la città, la scelta di Klaus era già scritta nelle stelle. Si ritrovò quindi a valutare la situazione come mai aveva fatto prima, a immaginarsi finalmente come l’ago della bilancia in una faida famigliare da cui dipendeva il destino suo e di una delle città più belle che avesse mai visitato. Quell’equilibrio su cui lei non aveva diritto di pronunciarsi e che l’avrebbe condotta alla fine di una vita di fuga e di doppi giochi, una fine nelle mani di quell’ibrido che cinque secoli prima l’aveva costretta a trasformarsi nel diavolo più bello mai visto su questo pianeta.

« Avete mai giocato a nascondino? » domandò improvvisamente Elijah con un gesto teatrale della mano. Afferrando la vampira per il fianco la voltò fino a scontrare il naso con il suo, le pose entrambe le mani sulle guance e la costrinse a guardarlo negli occhi. « Va’ a nasconderti nel posto più remoto di questa casa, spaventati all’idea che qualcuno possa trovarti. Se è Klaus a trovarti, sei salva. Se ti trova uno di questi lupi, beh… ho vinto. »

 

Quale fosse il suo nascondiglio ancora non lo sapeva, ma l’idea di essere sbranata da un branco di lupi le faceva desiderare di possedere il mantello dell’invisibilità di Harry Potter. Dal corridoio che portava alle camere da letto per gli ospiti le voci dei due fratelli in cortile giungevano chiare e tonde alle sue orecchie:

« Tic tic, Klaus, hai giusto trenta secondi prima che sia tutto finito… »

“Trenta secondi e sarà tutto finito” sussurrò Katherine continuando la sua ricerca.

« Perché non la uccidi tu, Elijah? Katerina ti ha fatto del male per secoli e tu decidi di darle una possibilità? Uccidila e togliti questo dente… »

“E l’altro dente con cui ti ha tradito allora?” sbuffò lei ormai senza fiato catapultandosi al di là di una porta socchiusa.

« Non è il momento di fare trattative, fratello… il tempo scorre! Mancano circa dieci secondi, sai? »

Sottomessa ormai alla consapevolezza di una morte imminente, Katherine si chiuse la porta dietro le spalle e serrò tutto con due giri di chiave — come se in qualche modo potesse salvarla.

« 7…6…5 » mormorava una voce ovattata al piano di sotto.

Con le spalle al muro si concesse quel tempo tra vita e morte per recuperare la dignità e l’onore che una Petrova non dovrebbero mai perdere, dopodiché si tirò in piedi e aprì gli occhi per mettere a fuoco il suo inutile nascondiglio. La finestra aperta lasciava entrare la perfetta combinazione di vento e luce con cui tutti desidererebbero svegliarsi al mattino, e mentre le tende color champagne svolazzavano malinconicamente, la sensazione di essere al sicuro ora era più vicina. Una camera da letto arredata con mobili vecchio stile, un pungente odore di vernice ad inebriare l’aria e un le lenzuola ancora sfatte che pendono dal materasso fino a toccare il pavimento. Nell’angolo a fianco all’armadio un cavalletto coperto da un telo bianco sostava taciturno. Katherine lanciò un’occhiata fuori dalla finestra ma ritrasse lo sguardo, consapevole di non voler sapere cosa stesse succedendo di sotto, e curiosa si avvicinò al cavalletto che liberò dal telo con l’aiuto di entrambe le mani. Svelato il mistero, le ginocchia cedettero e caddero a terra insieme ai suoi nervi.

« Non è possibile. » mormorò senza fiato scovando la sigla “N. M.” all’angolo destro in basso.

D’improvviso, la terra incominciò a tremare.

 

Come una scossa di terremoto il pavimento perse di stabilità ed il lampadario ornato in vetro iniziò a ondeggiare. Dalla finestra aperta provenivano urla rabbiose e poco amichevoli interrotte solamente da lamenti strazianti. Il panico s’impossessò della casa quando Klaus squarciò il cielo gridando più forte di qualsiasi altro rumore.

Passi veloci e pesanti girovagavano per tutta casa e ogni volta sembravano più vicini a quella stanza. Ogni attimo era uno strazio e ogni pensiero era troppo insopportabile per poterlo sviluppare.

In mezzo a quella moltitudine di suoni, il nome di Katherine risuonò come un fulmine a ciel sereno. Chi diavolo era stato? La vampira indietreggiò di un passo e strinse i pungi fino a farsi male con le sue stesse unghie, gli occhi fissi sulla porta e un’espressione allarmata dipinta in volto.

D’un tratto, le urla cessarono. Lentamente la maniglia della porta di piegò all’ingiù, in silenzio. Chi avrebbe vinto la partita a nascondino?

« No, no, no. » pregò ad alta voce. Chiuse gli occhi: aveva perso, game over.

« Katherine. »

L’accento britannico non le era mai piaciuto molto, ma in quel momento fu il suono più affascinante mai udito.

 

 

Con la casa deserta, il suono del vento tra le foglie era l’unico rumore percepibile. Non sapeva bene come ci fosse finita, ma al suo risveglio Katherine si ritrovò comodamente distesa tra le lenzuola sfatte di quella stanza. Ad illuminarle il viso ora era una luce tenue proveniente dalla lanterna appesa sul terrazzo, mentre il cielo era diventato di un blu intenso. In sottofondo, una voce poco lontana catturò la sua attenzione.

« Io la amo. » dichiarò questa con tono malinconico e serio.

« Lo so. » precisò una seconda voce.

« Perché lei? » continuò la prima.

« Perché è ciò che ho di più simile a me. »

Una smorfia a metà tra il divertimento e lo stupore prese possesso del viso di Katherine mentre con estrema calma si mise seduta. Scostò la chioma riccia da un lato e inspirò profondamente, ancora leggermente scossa per gli ultimi avvenimenti. Il viso dell'ibrido le tornava ripetutamente in mente, lì in piedi dietro alla porta aperta, con un sorriso vittorioso e i pugni chiusi lungo i fianchi, ancora frementi di rabbia. Aveva vinto, quindi? O aveva rinunciato a tutto per salvarla come si aspettava Elijah?

« Sei sveglia. »

La vampira alzò gli occhi fino ad incontrare la figura disegnata da Klaus appoggiato allo stipite della porta. Sì, era sveglia e la sua mente era troppo imbottita di pensieri per formulare una risposta a quella affermazione.

« Stai bene? » domandò lui in un secondo tentativo.

Stava bene? Probabilmente ci sarebbe voluto un esame di coscienza per stabilirlo ma Katherine Pierce era semplicemente troppo orgogliosa per stare male.

« Sì, certo, sto bene. »

Con le labbra appena socchiuse, spostava ripetutamente lo sguardo dalle sue mani intrecciate sulle sue gambe alla parete giallo-ocra qualche metro dietro a Klaus.

« Dovresti indossare meno profumo. » sentenziò quindi lui avvicinandosi al letto e sedendosi sul fondo, dove i piedi di Katherine non arrivavano.

« Come scusa? » domandò lei tornando finalmente a guardarlo in viso.

« Il tuo profumo. E’ così che ti ho trovata prima. »

Le labbra dell'ibrido s'incurvarono all'insù in quel sorriso divertito che tanto la faceva infuriare, consapevole di averla colta alla sprovvista. La vampira schiuse le labbra per rispondere, ma cambiò idea richiudendole subito dopo. Perchè quel maledetto idiota non andava dritto al punto? Ad esempio, perchè non le spiegava qualcosa d'importante sugli avvenimenti delle ultime ore o su dove diavolo era andato Elijah dopo la loro conversazione appena fuori quella stanza o perchè teneva un simile dipinto in camera sua.

« Cos'era quella scossa di terremoto? » domandò alla fine, buttandosi sulla prima delle mille domande che aveva in mente.

« Non avrai per caso pensato che con Elijah in quelle condizioni rabbiose, sarei venuto ad affrontarlo senza un piccolo aiuto? » la interrogò di rimando l'ibrido, ottenendo in risposta solo un'espressione più dubbiosa di prima.

« Era una strega. » si affrettò a dire prima di beccarsi qualche insulto dalla mora tutta occhi che gli stava di fronte.

« Una strega? » Katherine alzò un sopracciglio « che ha procurato un terremoto mentre la casa veniva infestata da lupi mannari e io stavo per essere squartata viva? »

Scossa o no, la vampira pluricentenaria non aveva fama per la sua pazienza.

« Non sono io la strega qui, non so quale bidibibodibidù abbia provocato quella scarica di terremoto. So solo che per cinque eterni minuti, quei lupi erano in condizioni pietose abbastanza da permettermi di raggiungerti prima di loro. » sputò Klaus con tono irritato « Oh, e ho anche avuto il tempo di staccare il collo a tutti loro prima che villa Mikaelson diventasse la villa dei licantropi. »

La vampira rimase in silenzio, deglutendo rumorosamente. Sembravano infiniti, quegli attimi in cui i due giocavano a guardarsi e ritrarre lo sguardo non appena s'incrociavano con gli occhi. Niente più lupi furiosi, niente più Originali in cerca di vendetta, eppure l'aria dentro a quella stanza era insopportabilmente pesante.

« Perchè quel ritratto, Klaus? »

“O Katherine, gliel'hai chiesto davvero?” la riprese una fastidiosa voce nella sua testa mentre i denti afferrarono il labbro inferiore e lo strinsero con forza.

L'espressione sul viso di Klaus si fece stupita, tornando seria appena un secondo più tardi. Lanciò un'occhiata gelida al ritratto scoperto alla sua sinistra, osservandolo per qualche attimo, prima di tornare con gli occhi sulla vampira, dallo sguardo nervoso.

« Perchè quando sono tornato a New Orleans, in primavera, non riuscivo a dormire e ho pensato di dipingere la causa della mia insonnia. » spiegò scrollando le spalle in un gesto liberatorio, evitando lo sguardo inquisitorio di Katherine ad appena mezzo metro di distanza da lui.

Dopo essersi schiarita la voce, la vampira posò i piedi a terra e si alzò lentamente per raggiungere la finestra aperta. Col solito fare elegante, incrociò le braccia al petto e, mantenendosi di spalle al resto della stanza, osservò ciò che si presentava davanti a lei, godendosi a pieno l'aria fresca della sera.

Il silenzio che avvolgeva gli unici due esseri viventi presenti in quella immensa villa non faceva altro che affollare la mente di entrambi con pensieri confusionari e contraddittori. Sarebbero mai giunti ad una conclusione, ognuno perso in quel mare di desiderio e disprezzo? Era come una fune contesa da entrambi i capi che indecisa sul verdetto finale si spezza nel mezzo, sgretolando ogni speranza di libertà.

Ma cos'era la libertà per una come Katherine? Costretta a fare i conti con i suoi sentimenti per l'uomo che le aveva rovinato la vita?

« Credo che toglierò il disturbo. » decretò rimanendo immobile davanti a quella finestra.

Dietro di lei, il suono quasi impercettibile delle suole in gomma sotto le scarpe scamosciate di Klaus si avvicinava allarmante.

« Non devi andartene per forza. » le ricordò l'ibrido rimanendole un passo più indietro.

La vampira poteva sentire il suo respiro sulla pelle delle spalle, scorgendo un paio di ciocche ricce muoversi ritmicamente sulla sua guancia.

« Tu non vuoi che io resti qui, Klaus. Se io resto, le cose si complicheranno e comincio appena a vedere la luce in fondo al tunnel... ne ho abbastanza di brancolare nel buio. »

« La luce in fondo al tunnel? » domandò Klaus con tono ironicamente squillante, quando decise di continuare la conversazione faccia a faccia. « Katherine, tu non vuoi la luce! Tu ami il buio, ami l'ignoto. » decretò tirando l'angolo destro della bocca in quello che sembrava un sorriso compiaciuto.

« Klaus! » implorò lei esasperata, allontanandosi di un passo da quello sguardo ipnotico.

Aveva ragione, quell'idiota. E lo detestava.

« Katherine. » le rispose lui con una rapida riverenza del capo.

« Perchè ti diverti a complicarmi la vita? »

« Come come? Io ho perso mio fratello, la mia fidanzata e madre di mia figlia, le mie speranze di allearmi coi lupi e per poco non perdo pure casa mia e tutto per te! Sei tu a complicarmi la vita, Katerina! »

« Benissimo! Allora posso andare a complicare la vita a qualcun altro, lontano il più possibile da te. »

« Sai dov'è la porta. » ringhiò l'ibrido lanciandosi fuori dalla camera da letto, accompagnato dal tonfo della porta contro lo stipite in legno.

Era rimasta da sola. Non sapeva nemmeno come, e non sapeva neanche per quanto ancora avrebbe retto in quella posizione rigida e tesa. Coi pugni serrati, si schiarì la voce e si strinse nuovamente le braccia al petto. Vuota e privata della facoltà di comporre un pensiero sensato — esclusi forse tutti gli insulti possibili per insultare quell'essere che aveva appena fatto la sua uscita trionfale, lasciandola lì come un pesciolino rosso di cui non frega nulla a nessuno — raggiunse la porta ed impugnò la maniglia con decisione. Inconsapevole del perchè, tentennò qualche secondo, giusto il tempo di sentire un respiro profondo al di là del legno. Rimase in ascolto, ferma in quella posizione silenziosa, finchè dal corridoio qualcuno girò la maniglia al posto suo.

Barcollando per allontanarsi, il castano dei suoi occhi s'inchiodò ancora una volta a quell'azzurro enigmatico, troppo vicino per sfuggire alla sua profondità.

« Klaus, cosa— » domandò con un inspiegabile fiato corto, ad appena un sospiro dalla sua bocca.

« Resta almeno questa notte. »

Suonò quasi come un ordine, un ordine supplicato. La consapevolezza della fragile zattera su cui stavano navigando trasformò l'incontro delle loro labbra nell'unico giubbotto di salvataggio disponibile.

Tutto era sbagliato. Era sbagliato il modo in cui Klaus stringeva tra le mani il viso di Katherine, impegnata a cercare un sostegno stabile nell'abbraccio intorno al suo collo. Era sbagliato quando la t-shirt in pizzo di Katherine cadde a terra insieme a quella un po' sgualcita di Klaus. Sbagliato quando la schiena di Katherine toccò le morbide lenzuola del letto. Sbagliato quando le sue mani trafficarono con la cintura dell'ibrido e quando trovando troppo disturbo nel slacciare la fibbia correttamente, decisero di staccare violentemente la pelle fino a far saltare le piccole parti dell'accessorio in giro per la stanza. Sbagliati quei baci sul collo e quei conseguenti brividi che percorrevano ogni centimetro di pelle. Sbagliati quei graffi sulla schiena, che troppo violenti lasciavano piccole scie di sangue, che talvolta ricadevano in piccole gocce sulle lenzuola disfatte. Completamente sbagliato l'incastro perfetto delle gambe di Katherine attorno alla vita di Klaus. Sbagliate le mani intrecciate e i sospiri di piacere tanto graditi alle orecchie dell'ibrido.

 

Disturbato dalla luce del mattino Klaus aprì gli occhi lentamente, strofinandoli poco cautamente con le mani. La finestra era rimasta aperta e lasciava entrare quell'odioso cinguettio di tortore che lui aveva sempre detestato, ma che quella mattina sembrava aver acquistato un tono più piacevole.

Ancora con gli occhi imbronciati per il sonno, sorrise spontaneamente nel ricordare gli ultimi eventi: la vittoria contro i licantropi, la tregua col fratello Elijah, le ore passate con Katherine.

Allungato un braccio accanto a lui, però, si scontrò con un letto vuoto. Storse il naso in un'espressione sorpresa e si voltò a controllare, decretando tristemente giuste le sue ipotesi.

Katherine non c'era. Al suo posto, il cuscino ospitava un post it un po' spiegazzato.

 

Till the love runs out.

Katherine ❞

 

Spazio autrice

Lo so, questo capitolo ci ha messo troppo tempo ad arrivare, ma essendo l'ultimo ho preferito dedicarmi alla sua stesura in maniera particolare.

Che dire? Mi spiace lasciare i miei bimbi, la mia piccola ship, ma avevo già preventivato che questa storia sarebbe durata dieci capitoli e non di più. A questo proposito però, ipotizzando che ci sia un ritorno di ispirazione con idee nuove e un altro po' di tempo libero, posso dire never say never: il finale lascia aperte ancora tante strade per un seguito!

Spero che questa storia vi abbia tenuto un po' di compagnia e spero che i miei pochi (ma BUONI!) lettori restino con me anche per quest'ultima volta facendomi sapere cosa ne pensano del capitolo finale! Ve lo immaginavate così o avevate altre idee al riguardo?

Lasciatemi una recensione, mi farete felice!

xfromhatetolove

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