If You're Bleeding, So Am I

di mamogirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** * 2012 * ***
Capitolo 2: *** * 2013, I Parte* ***
Capitolo 3: *** * 2013, II parte * ***



Capitolo 1
*** * 2012 * ***


If You’re Bleeding, So Am I

 

 

 

 


                                                                                                                                                                                                                             

 

 

 A Laura.
Grazie per essere la migliore lettrice
e sostenitrice che una pseudo autrice
possa avere.
Grazie per essere diventata una
Stupenda amica e compagna
di fangirlismi estremi e battute,
Buon compleanno.
 

 

 

 

 

 

 


 

 

2012

*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*

“Let’s go back to the start…”

 

 

 

 

Brian era in ritardo, fatto che non era mai accaduto prima di quella mattina. Brian era in ritardo e non solamente di quei cinque o dieci minuti che potevano essere imputati al traffico o a una sveglia che non aveva adempito il suo dovere: un’ora di ritardo era un lasso di minuti e secondi sufficienti per far scattare l’allarme e rendere più palpabile e giustificabile la preoccupazione e l’ansia. E Nick aveva tutti i diritti e le ragioni per essere preoccupato, perché si trattava di Brian e lui non era mai in ritardo, non lo era mai stato soprattutto quando si trattava di una giornata in studio di registrazione: sin da quando avevano incominciato, ormai quasi vent’anni prima, Brian era sempre stato il primo a varcare la porta di qualsiasi studio di registrazione in cui stavano lavorando, a volte quasi spaccando ogni record di puntualità e anticipo. Erano ormai tutti abituati ad arrivare la mattina e trovarlo già seduto su uno dei divanetti, lo sguardo catturato da un giornale o impegnato a rivedere una canzone che aveva appena scritto mentre caffè e ciambelle aspettavano solamente di essere afferrate e assaggiate.

“Tranquillo. – Brian aveva detto a Nick, la prima volta che si erano riuniti dopo le settimane londinesi e lui si era presentato con le più accattivanti e deliziose ciambelline mai viste prime. – Le ciambelle sono senza glutine e con poco zucchero. A quanto pare non sei il solo che deve stare attento a che cosa mangia. Anche se per differenti motivi.”

Brian non era mai in ritardo, non lo era stato nemmeno le giornate in cui la voce faceva più fatica a uscire e una smorfia di dolore, vergogna e imbarazzo contorceva gli angoli della bocca e portava un’ombra di grigio negli occhi. Eppure lui rimaneva, eppure continuava a sostenere di potercela fare, nonostante gli avessero ripetuto in ogni modo possibile e glielo avessero detto più e più volte che, in quei casi, poteva e doveva prima pensare a rimettersi e poi andare e registrare le sue strofe. Non era mai accaduto. Perché era Brian, ostinazione e testardaggine racchiusi in pochi centimetri di altezza e qualche chilo di muscoli e nient’altro; era Brian, colui che non si sarebbe mai messo da parte anche quando si sarebbe ritrovato con una voce afona, solamente perché il suo orgoglio glielo avrebbe impedito fino all’ultimo respiro. Era Brian e così Nick doveva sempre vederlo con quell’espressione d’imbarazzo e di vergogna, disagio e delusione mentre il maggiore si rendeva ancor sempre più conto di quanto si fosse ormai trasformato nell’anello debole del gruppo. E doveva rimanere lì a osservare senza poter far mai nulla per poterlo aiutare, là dove anche ormai le parole di supporto si erano svuotate di significato e intensità. Ed era forse quello ciò che rendeva tutta quella situazione ancor più difficile e dolorosa.

Ecco perché, quando quella mattina lo studio si era rivelato vuoto e senza caffè fumante ad aspettare il loro arrivo, Nick non aveva creduto, nemmeno per un minuto, che Brian fosse semplicemente in ritardo. Fosse stata un’altra circostanza, forse, non ci sarebbe stata quell’apprensione a tenere alta l’attenzione e far salire una strana sensazione lungo tutti i nervi e raggiungere così pericolosamente la bocca dello stomaco. Ma la loro normalità, la sua normalità, era cambiata e si era modificata totalmente solamente qualche mese prima e poco ciò aveva a che fare con il ritorno di Kevin a pieni ranghi. Non era stato un fulmine a ciel sereno, non per loro che avevano convissuto con Brian un tour che si era sempre fatto più pesante di quanto avessero mai immaginato. Sarebbe stato impossibile non notare quella voce che, ogni tanto, scompariva e si nascondeva all’interno della gola e delle corde vocali ma era stato facile credere alle scuse e giustificazioni del ragazzo: influenze e mal di gola che sembravano essere perenni e mai finire; una stanchezza che aveva più di mille ragioni per esistere, considerato il peso che Brian si era portato dietro per quasi tutta la loro carriera; l’ansia per non riuscire a essere mai al cento per cento, quei nervi che diventavano ancora più fragili e che nessuno, se non il gruppo, sapevano quanto potessero influenzare le sue esibizioni. Era stato impossibile, soprattutto per un Nick ormai più consapevole e più presente nella realtà rispetto al passato, non prendere nota di quelle linee di preoccupazione che aggrottavano la fronte dell’amico ogni volta che credeva di essere al riparo da occhi indiscreti e conosciuti. Il fulmine era arrivato durante la prima cena nella casa londinese, quando la conversazione si era fatta più pratica e si era diretta verso ciò che tutti si aspettavano e che volevano da quel nuovo album: la voce di Brian si era alzata in un sussurro, nascosta inizialmente da quella tosse che sembrava peggiorare invece che aumentare; lo sguardo era rimasto puntato sul tavolo, come quello di un bambino che sapeva che stava per annunciare qualcosa di brutto ai suoi genitori. Era rimasto il silenzio dopo la sua dichiarazione, ognuno congelato in un vortice di dubbi troppo rapido e veloce per essere analizzato a ogni suo sbuffo. Era rimasto un minuto di silenzio prima che promesse di supporto e di aiuto si alzassero dalla tavola e si avvolgessero attorno a Brian mentre ognuno cercava, a proprio modo, di capire e comprendere che cosa fosse quel termine, quella disfonia, che era entrata e si era appropriata del titolo di sesto membro del gruppo.

Era da quel giorno, da quella cena, che quella sensazione, che altro non era se non preoccupazione, si era presa possesso di un angolo della mente di Nick; lì si era costruita un nido, un primo abbozzo di casa che si era allargata sempre di più a man mano che le condizioni di Brian diventavano sempre più reali, quasi come se avessero aspettato di essere annunciate per prendere forma e sostanza. Non poteva essere così incredibile o sconvolgente se, quella mattina di ritardo, la preoccupazione aveva deciso di raggiungere e aggiungere il tetto a quella sua casa, mattoni che si aggiungevano ad altri mattoni ogni volta che Nick cercava di chiamare Brian e si ritrovava con un telefonino spento e irraggiungibile.

“Starà ancora dormendo. - Era stata la laconica risposta di Howie, per quanto nessuno e nemmeno Howie stesso vi aveva davvero creduto. – Avrà avuto una visita e si è dimenticato di dircelo.” Quell’ultima suonava molto più realistica, in sintonia con la ritrosia di Brian a condividere informazioni o notizie legate alla sua malattia. Eppure Nick sapeva che non erano quelli i motivi di quel ritardo, lui che si stava aggrappando agli ultimi scampoli di un’amicizia che non era mai stata più la stessa da anni e anni ma che, complici mille coincidenze e scuse, si stava riallineando e ridefinendosi con una nuova veste.

“Avrebbe chiamato. Avrebbe inventato qualche scusa. Qualche volta lo facevamo. Anni fa.”

Secoli fa, si era corretto mentalmente Nick mentre già cercava dove avesse messo le chiavi della macchina. Secoli prima, quando lui e Brian erano stati pressoché inseparabili e c’era sempre stato una sorta di orgoglio le volte che, facendo man bassa dei suoi metodi di corruzione e persuasione, Nick era riuscito a convincere il maggiore a inscenare una malattia per poter starsene qualche ora da soli a riposare. Una volta erano riusciti anche a perdersi una serata di premiazione, adducendo a una stanchezza che rasentava il livello di nervi pronti a scoppiare. Quella era stata l’ultima serata che avevano trascorso insieme, solo lui e Brian, prima che il temporale si scatenasse e riuscisse a dividerli.

La mente di Nick aveva continuato a girare attorno a quel ritardo, anche quando le sue dita si erano avvolte attorno alle chiavi della macchina e i piedi lo avevano trascinato fino al parcheggio, ignorando i richiami di Kevin e di Aj. No, si era detto Nick mentre ingranava la marcia e si immetteva sulla strada principale, c’era qualcosa di più in quell’assenza e si sarebbe dannato, maledettamente dannato e insultato pesantemente, se avesse lasciato correre e fatto finta di niente. Se avesse perso l’occasione, l’ennesima, per dimostrare a Brian che tutto era cambiato e che lui non era più l’amico che si nascondeva o faceva finta che non ci fosse nulla di strano o di anormale. Per dimostrare che di lui, ora, Brian si poteva fidare e appoggiare in quel momento di difficoltà.

Non ne era molto fiero, Nick, del suo passato. Era stato facile incolpare Brian per il loro distacco. Era stato facile trovare, nel suo matrimonio, la scusa e l’alibi perfetto per giustificare l’assenza durante quello che era stato il periodo più nero e brutto della sua vita. Ma la maturità aveva portato una nuova prospettiva, una consapevolezza di ciò che erano stati anche i suoi errori e che avevano contribuito a mandare a rotoli tutto, anche e soprattutto il suo rapporto con Brian. Era così che Nick si era reso conto del suo stesso atteggiamento, di come per tutti quegli anni si era reso volutamente cieco di fronte alla realtà che anche Brian, anche una persona come lui, potesse nascondere una vita non propriamente così perfetta come aveva sempre voluto e fatto credere. Non era stata, la sua, una pura intenzione: a sua discolpa, bisognava ammettere che per molti anni non c’era stato altro se non il buio e il vortice di distruzione a lambire e assuefare ogni centimetro e spazio della sua attenzione. Come avrebbe potuto Nick, quel Nick, anche solo incominciare a preoccuparsi di Brian quando a malapena riusciva a tenere la testa appena sopra il pelo dell’acqua? Come avrebbe potuto, quel Nick, riuscire a tenere testa a Brian, la persona che era sempre stata per lui una sorta di figura irraggiungibile e intoccabile? No, quel Nick nemmeno si sarebbe reso conto che qualcosa era seriamente e inevitabilmente cambiato nel maggiore, trovando qualsiasi scusa e qualsiasi pretesto per attaccare quel riflesso in cui riusciva solo a vedere le sue stesse debolezze e gli errori commessi.

Ma non era più quel Nick. C’era maturità ora nei suoi tratti. C’era la consapevolezza di aver avuto una seconda possibilità, un’opportunità così rara che non sempre veniva concessa a chi decideva di distruggersi e rovinarsi come aveva fatto lui. C’era, soprattutto, la volontà di rimettere in ordine l’unico rapporto a cui lui avesse sempre tenuto, a cui lui si era aggrappato anche quando si era convinto che Brian lo odiasse e non volesse nemmeno più sentire il suo nome. E, in fondo a quei desideri e a quelle volontà, c’era un cuore che batteva e un bisogno che niente, nemmeno il tempo, avrebbe cambiato: c’erano voluti anni per accettare quei sentimenti, sessioni e sessioni di terapia per comprendere che si era punito per qualcosa su cui non aveva mai avuto nessun controllo perché era impossibile decidere di chi innamorarsi. Ecco perché il rifiuto e l’abbandono di Brian avevano fatto male, ecco perché la sua assenza era pesata come la mancanza di ossigeno e di aria. Ed ecco perché ora, vedendo Brian ridotto in quello stato e alle prese con qualcosa decisamente e nettamente più grande di lui, l’unica cosa che Nick desiderava era poter fare qualcosa. Non sapeva esattamente che cosa, non sapeva come poteva guarire una voce usurata dagli anni e dalle pressioni, ma qualcosa andava e avrebbe fatto per portare Brian fuori da quell’angolo buio in cui si era nascosto.

Nick rivoleva Brian.

Nick rivoleva il suo Brian. E il Brian di Nick non era quell’individuo fragile, corroso dai dubbi e convinto che l’unico modo per non far pesare i suoi problemi fosse nascondersi e far finta che tutto andasse sempre e solo per il meglio. Nick rivoleva e voleva Brian in mille e più altri modi possibili, nonostante le ferite che si erano inflitti negli altri e le parole dure, e colme di rabbia, che si erano lanciati dietro nei momenti peggiori e più bassi della loro amicizia. E Nick voleva, desiderava, agognava di aver più di quello, più di un’amicizia che già da sola era qualcosa che poche persone potevano dire di aver conosciuto nella loro vita. Ed era ben consapevole e conscio che, per avere anche solo la possibilità di ottenere tutto ciò, di avere il cuore di Brian, avrebbe dovuto essere lui a compiere il primo e più coraggioso passo. Proprio perché Brian stava scoprendo, seppur involontariamente, che tutti i supereroi avevano ed erano in primo luogo una persona normale e comune come tutti gli altri: sotto il mantello, sotto quei superpoteri e quella forza al di là di ogni comprensione, Brian era un essere umano con debolezze e fragilità, con difetti e con quella capacità di farlo arrabbiare come nessun altro al mondo ma, allo stesso tempo, con quel modo di guardarlo e di amarlo in modo assoluto e completo.

Sì, Nick si era reso conto di ciò solamente quando aveva ripercorso la loro amicizia. Non sapeva se fosse lo stesso amore che lui provava nei suoi confronti, non sapeva dire ancora se quell’amore fosse semplicemente la devozione verso quel ragazzino che aveva deciso di proteggere e a cui aveva permesso di seguire ombra e percorso. Ma era quel sentimento che aveva sempre rivisto in quelle iridi azzurre, sostanza e forma di qualcosa che prometteva di andare ben oltre l’immaginabile e il possibilmente desiderabile. C’erano tanti se e ma che avrebbero dovuto fermarlo eppure eccolo lì, Nick,  di fronte alla porta di casa di Brian, e la decisione ormai presa e decisa di non lasciarlo scappare. Non solo fisicamente. Non solo per trascinarlo fuori da quella depressione che era uno spettro e un fantasma che lui conosceva e poteva riconoscere anche a occhi chiusi. Non voleva, Nick, lasciar scappare un’anima e un cuore che avrebbe fatto gola a chiunque, perché immensa e senza limiti né confini era le loro capacità di amare.

Forse non era esattamente il momento giusto e più perfetto per una dichiarazione, non quando Nick nemmeno sapeva in che stato avrebbe trovato Brian. Non aveva nemmeno dei fiori, non aveva nemmeno preparato un discorso capace di abbattere ogni resistenza e ogni barriera in cui Brian si erano sempre nascosto per non rimanere ferito e deluso. Ma chi aveva il potere di decidere ciò? Chi aveva gli estremi per poter definire un momento perfetto e un altro no? Doveva, questo, essere per forza stucchevolmente romantico? Doveva, per forza, essere narrato come in un film o in un libro? O poteva essere, semplicemente, il momento in cui Nick avrebbe fatto capire e comprendere a Brian che lui ci sarebbe stato. No, che lui voleva esserci su quella giostra maledetta, voleva assisterlo in ogni tappa per quanto difficile e dura poteva rivelarsi essere. Voleva semplicemente dire a Brian che avrebbe sempre avuto, in lui, una mano a cui aggrapparsi. Una voce che avrebbe parlato, respirato e cantato al suo posto se fosse stato necessario. Delle spalle pronte a prendersi tutti i suoi pesi e tutte le sue responsabilità, anche se forse non sarebbe mai riuscito a far sembrare semplici degli sforzi così disumani per tenere tutti e tutto sotto controllo. Soprattutto, in lui Brian avrebbe avuto sempre una fonte inesauribile di fede e fiducia, qualcuno che avrebbe sempre creduto in lui e nella sua voglia e forza di non arrendersi mai.

Perché era ciò che Brian aveva sempre fatto nei suoi confronti, molto spesso in modi e declinazioni così invisibili e impalpabili che Nick non era mai davvero riuscito a carpirli sul momento. Ne aveva potuto prendere consapevolezza solamente in ritardo, anni e anni dopo, e solamente perché i suoi occhi finalmente avevano potuto aprirsi e osservare il mondo senza il velo della depressione e della droga. Là dove Nick aveva sempre pensato che Brian avesse perso ogni speranza con lui, invece, si era ritrovato a toccare una fiducia in qualcuno che non si era mai mostrato, se non per piccoli sprazzi, e che era subito stato nascosto e coperto dal casino in cui Nick era caduto. Là dove nemmeno Nick aveva mai avuto così tanta fiducia nel diventare e essere differente da ciò che gli avevano sempre fatto credere, Brian aveva da sempre intuito che c’era una luce differente, uno spirito migliore e speciale in cui nessuno era mai riuscito a vedere prospettive e potenzialità. In silenzio e con amore Brian aveva cercato di allontanarlo dalle cattive compagnie, da quegli apparenti amici di cui Nick si era circondato per sentirsi amato e desiderato, anche se lui stesso era consapevole che erano i suoi soldi e la sua popolarità di popstar a renderlo così indispensabile e richiesto. E Nick non aveva compreso tutto ciò, non aveva capito che la strada che Brian voleva mostrargli era sì più solitaria ma era anche quella che avrebbe portato più soddisfazioni, quella che lo avrebbe accompagnato verso una migliore accettazione di sé.

Doveva tutto a Brian. Era Brian che gli aveva insegnato che cosa significava esser finalmente amato, accudito e preso in considerazione; era Brian che, seppur involontariamente, gli aveva insegnato quanto male potesse fare quello stesso amore, quando distanza e incomprensioni si intromettevano e si trasformavano in armi appuntite per fendere colpi. Era Brian che aveva tenuto saldo e unito il gruppo ogniqualvolta era sembrato sul punto di sciogliersi e scomparire, era a lui che Nick doveva il fatto di avere ancora una possibilità, più di una, per dimostrare quanto fosse migliorato e di che pasta fosse fatto il suo talento. Per tutti quei motivi ora Nick si trovava pronto a bussare alla porta del suo migliore amico e varcare i confini fra amicizia e amore, aggrappandosi alla speranza che anche Brian potesse ricambiare quei sentimenti o meno.

Non seppe dire, Nick, quanto tempo rimase con il pugno pronto a bussare, a qualche centimetro d’aria distante dalla porta bianca. Non seppe mai dire se fosse solamente trascorso un secondo o una miriade di essi perché, ancor prima che potesse toccare la superficie della porta, questa si aprì quasi come se Brian già sapesse chi si sarebbe trovato davanti. Ed era esattamente così: da una parte perché Brian si era aspettato che, fra tutti, potesse essere proprio Nick colui che non si sarebbe fermato di fronte a un telefono spento, dall’altra perché aveva visto di sfuggita la zazzera bionda che percorreva il vialetto di ingresso.

In un primo battito di silenzio, dubbi e paure si formarono attorno alla mente di Nick. Forse Howie non aveva avuto tutti i torti, forse davvero Brian aveva deciso di approfittare di quelle ore per recuperare il sonno, visto che aveva il viso e i segni di chi aveva stretto amicizia con l’insonnia. Forse non c’era nessun secondo significato dietro al suo ritardo, forse Brian aveva solamente deciso di arrendersi alla stanchezza e accettare i consigli di Kevin. Qualsiasi fosse stata la ragione dietro al suo ritardo barra assenza, era ormai troppo tardi per Nick per ritornare sui suoi passi: la decisione era stata presa e non c’erano manovre o parole che avrebbero potuto trattenerlo o dissuaderlo.

“Frick. – La scelta di quel nomignolo fu volontario, un implicito nel voler sottolineare quella nuova amicizia ritrovata. - Ho provato a chiamarti ma non rispondevi e così ho pensato... insomma... però possiamo andare in studio insieme. Così mi mostri dove prendi abitualmente quelle ciambelle che sono davvero la fine del mondo e...” Tralasciò le frasi, Nick, non riuscendo più a continuare. Non riuscendo nemmeno a sostenere lo sguardo di Brian, per quanto egli non stesse nemmeno cercando di interromperlo o sul punto di mormorare anche la più piccola delle sillabe. Nick non riusciva a trattenere lo sguardo perché, per la prima volta, davanti a lui c’era un Brian che aveva dimenticato, volutamente, di rindossare la maschera per non far preoccupare nessuno: lo osservava, Brian, e lo faceva con un’espressione che portava i segni tangibili dell’incubo che non scompariva quando le luci del sole scacciavano via la notte e le ombre; quelle di Brian rimanevano con lui, continuavano a tenere il loro posto al suo fianco mentre i loro artigli lasciavano segni indelebili, come le linee di frustrazione sulla fronte, o quella smorfia di dolore che teneva le labbra paralizzate in una linea stretta e sottile.

Ma c’era dell’altro in quegli occhi grigi che stavano fissando Nick. Quell’altro sapeva di sfida, era una luce che intimava Nick a seguire Brian senza aggiungere o fare domande. Esattamente come i vecchi tempi. Esattamente come secoli prima, quando bastava un solo incrocio di sguardi per capirsi quando le parole non avrebbero potuto convertire e trasmettere alla perfezione il messaggio. Esattamente come sempre, perché quello era qualcosa che non si dimenticava né perdeva la sua validità nonostante gli anni e i chilometri di distanza. Per la prima volta, Brian e Nick si ritrovarono a comunicare con quel linguaggio che apparteneva solamente a loro. Un’intesa che sapeva quasi di magia, una chimica con cui erano nati e che avevano potuto usare solamente quando si erano incontrati e avevano riconosciuto, nell’altro, qualcosa che apparteneva soltanto a loro. Per la prima volta, dopo anni di silenzi imbarazzanti e tesi, l’assenza di parole era una benedizione perché non c’era bisogno di spiegarsi o di chiedere. Per la prima volta era come i vecchi tempi, con Nick che seguiva e avrebbe seguito Brian ovunque lui avesse deciso di andare. Senza fare domande. Senza esigere risposte. Perché quelle sarebbero arrivate, quando Brian si sarebbe sentito pronto per parlare e per spiegarsi. Nick lo sapeva perché gli anni potevano essere passati, loro potevano essere cambiati ma certi lati non sarebbero mai stati intaccati. Brian era così e sarebbe stato sempre così, quasi timoroso quando si trattava di sfogarsi con qualcuno invece che farsi da orecchio e spalla per qualcun altro. Aveva bisogno di tempo, esattamente come aveva avuto bisogno di settimane prima di trovare la forza per dire a tutti della sua diagnosi, chiedendo e pregando per un supporto che non sempre era stato così implicito e dovuto.

Come sempre, così, Nick annuì con il capo accettando qualsiasi cosa Brian gli stesse proponendo in quel silenzio e in quello sguardo. Sempre in silenzio, Nick osservò Brian mentre si chiudeva la porta di casa alle spalle e incominciava a dirigersi verso la macchina che Nick aveva parcheggiato quasi di fronte. Si sedettero in dentro e, mentre Nick metteva in moto il motore, Brian si limitò semplicemente ad accendere il navigatore e impostare la loro destinazione. Nick non diede nemmeno uno sguardo al nome del luogo ma si limitò semplicemente a seguire le direzioni dettate e pronunciate dalla voce metallica del navigatore, allungando la mano per accendere la radio almeno per smorzare il silenzio. Solitamente non ci sarebbe stato, il silenzio. Solitamente lui e Brian avrebbero incominciato a discutere e a litigare per la musica fino a quando avrebbero trovato una canzone che piaceva a entrambi e avrebbero incominciato a cantarla. Ma c’era una nuova abitudine. Una nuova normalità a cui bisognava abituarsi. Un’altra cosa che era e che aveva dovuto cambiare, risucchiata via da quella voce che aveva smesso di essere un vanto: Brian non canticchiava più ma, invece, le labbra si chiudevano in una linea stretta, punzecchiate e mordicchiate dai denti come se si stesse forzando, con tutte le sue forze ed energie disponibili, di non cedere alla tentazione. La mascella era tesa, lo sguardo fisso sul finestrino e il paesaggio che, velocemente, si lasciava alle spalle la città e si inoltrava lungo la costa.

Che cosa passava per la mente di Brian? Si domandò Nick, Poteva solo fare supposizioni, poteva semplicemente mettersi nei suoi panni e tentare di capire come ci si potesse sentire, come lui avrebbe potuto sentirsi. Ma era quasi impossibile, per quante ricerche avesse fatto ancora non riusciva a spiegarsi perché doveva essere successo proprio a lui.

Proprio a quella voce cha amava più di qualsiasi altra cosa al mondo.

Ma, forse, Brian già si era fatto quella domanda per tanto, troppo tempo. Forse era per quella domanda che non sembrava essere più in grado di dormire e, forse, era per quella domanda che ora si trovavano lì. In macchina insieme. Diretti chissà dove. E, più di tutto, Nick non voleva fare quella domanda. Non voleva spezzare quel silenzio che, alla fine, era tornato a essere confortevole. L’unica cosa che voleva davvero fare era confortarlo nell’unico modo che conosceva, l’unico modo che non aveva bisogno di parole che potessero essere fraintese o portate su un piano sbagliato. L’unico modo che non potesse essere preso come pietà, dipinta e nascosta da falsi complimenti che volevano solamente dissipare le insicurezze e le ansie, quel buonismo di cui Brian diffidava sempre e da cui si rinchiudeva sempre a riccio per evitare di non esserne nemmeno sfiorato.  

Ma il desiderio, in Nick, era ancora e sarebbe sempre rimasto lì, insieme a quella voglia di allungare la mano e di posarla sul ginocchio dell’amico. Solo per fargli capire che andava bene, che a lui non sarebbe importato se la sua voce sarebbe uscita un po’ rauca o se fosse scomparsa di nota in nota. Solo per cercare di smuovere quell’espressione enigmatica che celava il volto, quel maestoso e complicato rompicapo che Brian era e di cui Nick doveva semplicemente spolverare la leggenda e ritornare a studiarlo e a tradurlo.  Qualche riflesso e intreccio degli anni passati c’era ancora, come il modo con cui la mano si era avvolta attorno alla maniglia per i primi chilometri: era stato sulle sue, quasi come se si fosse aspettato polemiche e discorsi che non voleva sentire in quel momento, gli stessi che Kevin cercava ogni giorno di fargli entrare in testa consigliandogli di prendersi qualche settimana di riposo e lasciar stare la musica e il nuovo album. Ma poi, quando aveva compreso che poteva ancora fidarsi di Nick, che erano ancora alleati e complici nonostante tutto, la mano e Brian stesso si erano rilassati. Ed era stato lì che anche Nick si era rilassato, convinto finalmente di essere riuscito a rientrare nella scia lasciata da Brian. Lo avrebbe raggiunto, di quello ne era sicuro. Lo avrebbe raggiunto e si sarebbe intrecciato attorno a lui, lo avrebbe avvolto in una coperta permettendogli di mettersi in pausa e ricaricare le energie. Lo avrebbe raggiunto così, almeno per ora, Nick poté godersi quella guida su quella stradina ormai quasi deserta, l’oceano azzurro alla sua sinistra e terra dorata alla propria destra. Dopo due ore e mezza di tragitto  la macchina si ritrovò a parcheggiare di fronte all’inizio di una spiaggia, vicino al cartello che annunciava e dava il benvenuto a Hope Ranch, un piccolo paesino che si trovava sotto la giurisdizione di Santa Barbara. Il sopracciglio di Nick si alzò in confusione e in una domanda, la quale venne risposta con il primo vero sorriso sul volto di Brian in quelle ore trascorse insieme.

“Che cosa c’è?” Domandò Brian, un eco di risata in quella voce rauca.

“Niente. – Ribatté Nick. – Niente.”

Brian alzò il sopracciglio, una battuta silenziosa che voleva semplicemente dire che non se la beveva e che voleva sentire quali commenti sarebbero usciti dalle sue labbra.

“Seriamente? Questa è la nostra destinazione?”

“Perché?”

Nick spense il motore, ridacchiando e scuotendo la testa in segno di arresa e di incredulità.

“Okay, okay. Dove dovremmo andare allora?” Domandò poi, sfilando le chiavi e voltando lo sguardo verso l’amico.

Brian non rispose immediatamente, lasciando andare lo sguardo verso l’immensa e infinita distesa di azzurro che si estendeva davanti a loro: non solo mare, non solo il riflesso di un’acqua cristallina che pareva calma e tranquilla, ma anche la sfumatura più chiara del cielo che quel giorno si presentava senza nemmeno una nuvola. Un dipinto che trasmetteva tranquillità e pace, un quadro capace di prendersi qualsiasi tempesta si stesse dando forza dentro di lui e portarla via. Era per quello, era per quella sensazione che Brian aveva scelto quel posto: per poter non sentire, non pensare né riflettere a come la sua vita si era ridotta a confusione e incertezza. Voleva semplicemente osservare quell’immensa e infinita distesa di mare e sperare che potesse portargli qualcosa, anche solo una giornata di pace. Quando si voltò di nuovo verso Nick, il sorriso non era scomparso né dileguato via con un soffio di vento.

“In spiaggia, ovviamente.” Rispose Brian, la voce un graffio che persino Nick si ritrovò a sussultare perché non se l’era aspettata. Scioccamente, forse, ancora si aspettava quella voce calda e rassicurante. Quella voce che era Brian.

“Che cosa aveva di male la spiaggia di Los Angeles?”

Entrambi scesero dalla macchina, l’eco delle portiere che sbattevano dietro di loro e solamente il verso di alcuni uccelli a prender nota della loro presenza. Nonostante fosse già ben mattina inoltrata, la spiaggia non era nemmeno affollata salvo per alcune famiglie sparse qua e là, i loro ombrelloni colorati e spezzare il beige dorato della sabbia e palloni che cercavano di sfuggire e farsi trascinare via dalla corrente dell’acqua.

“Troppo vicina.” Mormorò Brian, dopo qualche secondo di silenzio. Troppo vicina a tutti i suoi problemi, troppo vicina a quel luogo da cui stava scappando, perché sapeva che anche quella giornata si sarebbe conclusa in un fallimento dietro fallimento, in parole che sapevano sempre di più di commiserazione e pietà. Troppo vicina per poter davvero fermarsi un attimo e riflettere, trovare una soluzione che potesse finalmente dar respiro e pace alla sua anima e riconciliarsi con quel lavoro che ora sembrava impossibile da portare a termine con dignità. Troppo vicina all’ennesimo ostacolo, quasi come se la sua vita si fosse trasformata in una corsa che diventata sempre più complicata mentre lui, invece, si indeboliva sempre di più.

A quella risposta Nick non poté offrire nessun’altra battuta. Forse non aveva compreso tutti i sottintesi racchiusi in quelle due parole ma non era poi così difficile da intuire il suo desiderio di scappare, almeno per qualche ora, da qualcosa che era ormai diventato il centro di tutti i loro discorsi. Ormai il loro chiedergli come stava si trasformava sempre in una richiesta di informazioni, l’elenco dei miglioramenti che aveva fatto grazie la terapia o se c’era qualcos’altro che potessero fare o non fare. Nick non poteva biasimarlo se, almeno per un giorno, si fosse deciso a prendere quel consiglio barra mezz’ordine da parte di Kevin, e concedersi uno stacco da tutto e da tutti.

No, non da tutti. Non da lui.

Bastò quel pensiero, un fugace e leggero aeroplano di carta, per far battere un po’ più veloce il cuore di Nick e sistemare, con cura e fermezza, un altro mattoncino su ciò che era il restauro e la ricostruzione della loro amicizia. Perché Brian avrebbe potuto rimandarlo allo studio, cacciarlo via in malo modo e appellarsi a quella distanza che, seppur mai pronunciata, era sempre rimasta sopra di loro come una spada di Damocle ed era sempre stata pronta a cadere e tagliare quell’ultimo e fragile filo che ancora li teneva uniti. Avrebbe potuto fare tutto ciò Brian ma, invece, aveva rispolverato dal cilindro quella loro intesa e lo aveva convinto a seguirlo, accompagnarlo in quella fuga e rifugio da qualcosa che lo stava tormentando e torturando. Ecco che cosa gli aveva chiesto con lo sguardo. Aiuto. Supporto. Orecchie per ascoltarlo e spalle grosse abbastanza per poter prendere quel peso e sostenerlo, almeno per qualche ora. E non importava, quindi, tutto quello che costellava il loro passato, crocette e punti in cui le offerte di aiuto si erano disciolte come neve al sole; non importava perché Brian aveva bisogno di lui e Nick non avrebbe mai abbassato o voltato lo sguardo di fronte a quella richiesta. Anzi, si sarebbe sistemato al suo fianco proprio come stava facendo in quel momento mentre, sempre in silenzio, incominciavano a discendere quei pochi scalini che davano accesso diretto alla spiaggia.

Passo dopo passo si lasciarono alle spalle il parcheggio e quella spiaggia che sembrava essere aperta al pubblico, scansando bambini che si rincorrevano e buche lasciate aperte per accogliere l’acqua del mare e più conchiglie possibili come premi e tesori preziosi; il sole scendeva e si appoggiava sulle solo spalle, qualsiasi centimetro di pelle libera dai vestiti e la lambiva, l’accarezzava e la scaldava, sperando di lasciare su di essa le sue pagliuzze dorate; nel frattempo, l’acqua a riva lambiva i loro piedi, portando un fresco sollievo e sperando di poterli attirare a tuffarsi in quel mare che faceva da sottofondo ai loro pensieri. Passo dopo passo si ritrovarono a superare la cinta di hotel e alberghi che proteggevano quella prima insenatura, accerchiata da lunghe file di palme e ciuffi d’erba così verde da sembrare quasi finti sotto quella luce e quel sole; la seconda spiaggia era relativamente più tranquilla, solamente qualche telone lasciato abbandonato sulla sabbia mentre i loro proprietari cercavano sollievo nelle acque poco più avanti. Ma Brian non si fermò, preferendo continuare con la speranza di trovare un angolo ancor più tranquillo: non era più quello tempo utilizzato per pensare, girare e rigirare attorno a un problema a cui sembrava non esserci soluzione; erano, invece, minuti e secondi di cui aveva bisogno per recuperare il coraggio e la forza necessaria per scardinare quei cardini che tenevano prigionieri i suoi pensieri e, soprattutto, i suoi segreti. Era stata un’idea della sua terapista, ancor prima di lanciargli l’ultima batosta e metterlo di fronte a una realtà che sembrava complicarsi giorno dopo giorno.

“Parte del tuo problema, Brian, è che sei come una spugna: assorbi ogni botta e ogni ferita, trattieni ogni reazione e opinione convinto che a pochi possa interessare e che nessuno possa davvero capire quello che ti sta succedendo. E dopo vent’anni, la tua spugna ha smesso di trattenere, è diventata troppo zuppa e troppo piena per poter continuare a lavorare ma al contrario, sta rilasciando tutte le tossine e i veleni che hai voluto nascondere. Ecco che cosa ti sta strozzando: tutte le parole che non hai detto, tutti i bocconi amari che hai dovuto ingoiare e quell’ansia di dover sempre essere ciò che il mondo si aspetta che tu sia. Tutti i sentimenti che non ti sei concesso di provare e sperimentare. Devi liberarti di tutto questo se vuoi iniziare a guarire.”

Non c’era nessun altro, se non Nick, con cui Brian sarebbe riuscito a fare ciò. Era spaventoso già di per sé, era un passo che ancora non concepiva come così fondamentale per la sua guarigione: che cosa importava ciò che era stato? Cosa importavano tutte le parole non dette, quelle rimangiate perché così poco incline all’immagine che tutti avevano di lui e tutte quelle che avrebbe voluto urlare, se ancora ne avesse avuto la possibilità? Davvero sarebbe bastata una piccola, ma quanto mai inquietante, confessione per ritrovare quella voce che stava scomparendo?

Hope Ranch.

Speranza.

Ecco perché Brian era voluto venire lì. E sapeva che Nick sarebbe venuto a cercarlo, l’amico che era ritornato a essere la sua ombra e, sotto la maturità e l’esperienza acquistata negli anni, aveva iniziato a imparare a osservarlo e studiarlo per carpire i primi segni d’allarme. In quella spiaggia che prometteva di regalare qualcosa di così prezioso, di così intangibile e, allo stesso tempo, così importante da non farsi sfuggire via,  Brian aveva solo quella, aveva solamente la speranza e la fiducia di poter trasformarsi ancora una volta in supereroe e sconfiggere il mostro che stava e che voleva interrompere il lineare e normale corso della sua vita. E sapeva, Brian, che non avrebbe mai potuto vincere se già ora si ritrovava a vacillare, schiacciato non solamente dalle aspettative per un anniversario che non sarebbe stato potuto cancellare o spostare, ma anche da dei desideri e da dei pensieri che aveva sempre ritenuto inappropriati. O, meglio dire, che il mondo in cui nato e cresciuto gli avevano fatto credere come tali.

Ecco il secondo significato di quel viaggio, che non avrebbe potuto prendersi e pretendere se Nick non fosse venuto con lui. Certo, sarebbe stato molto più facile chiederglielo direttamente ma ancora Brian sentiva che non erano ritornati a quel punto della loro amicizia, quel semplice mandare un messaggio per domandare se si poteva, o si voleva, trascorrere del tempo insieme. La seconda speranza era quella di avere un’altra possibilità, l’opportunità di cancellare tutto il male e la distanza che avevano messo fra loro e di far nascere, possibilmente, qualcosa di più profondo. Costruirsi, e lasciare che Nick lo aiutasse, quell’ancora a cui aggrapparsi quando la tempesta avrebbe deciso di ingrossarsi e scatenarsi.

Perché ciò che lo aveva strozzato fino a quel momento, per tutti quegli anni, era quel bisogno di avere Nick nella sua vita: ogni momento, ogni giorno. Ogni attimo. Forse non sarebbe riuscito a chiederglielo, forse il suo orgoglio glielo avrebbe impedito, ma il bisogno rimaneva in linea di principio, quel desiderio di avere qualcuno con cui condividere le giornate più negative e peggiori. I momenti in cui avrebbe preferito rimanersene sotto le coperte e far finta che il mondo avesse smesso di ruotare.

“Bri. – Lo richiamò Nick, fermandosi all’improvviso e rifiutandosi di continuare in quella strana e silenziosa passeggiata. Non era mai stato paziente, non era mai stato davvero in grado di aspettare. Soprattutto con Brian. Voleva capire. Voleva capirlo e voleva aiutarlo. Lo voleva, ecco perché non poteva aspettare tutto quel silenzio. – Che cosa ci facciamo qui? Perché volevi venire qui? Proprio qui?”

Brian non rispose immediatamente, limitandosi ad avvicinarsi ancor di più alla riva e giocherellando con un sassolino che veniva continuamente accarezzato dalle onde che si infrangevano sulla spiaggia. Sentì e percepì lo sguardo di Nick su di lui, quell’espressione che bruciava quasi come se volesse penetrare oltre la barriera dei vestiti e cercare di carpire via il suo segreto. Oh, forse non si sarebbe mai reso conto di quanto gli aveva tenuto nascosto durante gli anni con la semplice scusa di proteggerlo. Per poi scoprire che, per tutto quel tempo, non aveva protetto nessuno ma, invece, ferito e distrutto due anime. E di come si era portato quella colpa e quella responsabilità come un macigno che, ora, lo stava trascinando verso il fondo di quell’oceano freddo e oscuro.  

“Ci sono tanti modi per autodistruggersi. Alcuni sono ben lampanti, anche se inizialmente non riesci a notarli perché non vuoi mai accettare che qualcuno a cui tieni e vuoi bene possa arrivare a farsi così del male. Alcuni lasciano segni, indizi e sirene d’allarme che solamente un cieco non riuscirebbe a vedere. E poi ci sono quelli più subdoli, quelli che se ne stanno sotto la superficie e, come topolini invisibili, incominciano e continuano a sgranocchiare e rodere fino a quando appare la prima crepa. E, all’inizio, nemmeno la noti. All’inizio, se ne percepisci la superficie, cerchi semplicemente di coprirla o di aggiustarla, senza sapere che ormai è inutile porvi rimedio. L’intero vaso è compromesso. Così cerchi di capire come sia stato possibile ciò, quale era stato il primo colpo a rendere più fragile qualcosa che pensavi non potesse mai distruggersi o edere. E gli indizi sono lì, ora ben visibili. E tu puoi solo accorgerti che, per tutta la vita, non hai mai fatto altro che distruggerti. E tu puoi solo prender conto della distruzione che hai attorno, chiedendoti e domandandoti se ci può essere speranza. Se puoi ancora ricostruire qualcosa o se tutto è andato perso per sempre.”

Nick non sapeva che cosa rispondere, preso in contropiede da quella dichiarazione che negava con decisione l’immagine che lui aveva sempre avuto, disegnato e adornato del maggiore. Quella dichiarazione metteva Brian al suo stesso livello, annullava tutte le differenze che li aveva allontanati; quella dichiarazione rendeva Brian più umano, più composto da difetti e sbavature e non così più facile da odiare per il suo essere sempre perfetto. Le vedeva, Nick. Vedeva quelle crepe e quelle striature nell’apparenza di fortezza e di esemplare modello in cui Brian si era sempre nascosto: le poteva vedere in quelle linee attorno agli occhi di cui solo ora ne prendeva nota ed esistenza; le vedeva in quelle spalle leggermente incurvate, in quell’atteggiamento che Nick aveva visto solamente un’altra volta, quando il peso che lo stava schiacciando era la paura di non sopravvivere a un’operazione e la netta sensazione che a nessuno importasse se lui ci riuscisse o meno. Forse era stata quella la prima crepa, forse era stato quello il primo colpo che aveva costretto Brian a difendersi ancora di più, a nascondersi perché lasciarsi avvicinare non portava altro che delusione e sofferenza.

Nick non sapeva che cosa rispondere e così offrì ancora il silenzio, consapevole che Brian in quel momento aveva solamente bisogno di esser ascoltato, come nessun’altro aveva mai fatto prima. Come lui, come il suo migliore amico, non aveva più fatto perché impaurito da ciò che Brian avrebbe potuto confessargli. Impaurito che il suo eroe potesse rivelarsi essere come lui, senza davvero nessun potere speciale, fragile e vulnerabile.

“E’ strano rifletterci ora. Eppure è tutto così lampante e chiaro che, spesso, mi domando perché non ho messo un freno prima. Perché non ho chiesto aiuto quando mi serviva, quando ero così stanco e, invece, mi prendevo più pesi solamente per dimostrare che potevo farcela. E’ questo che ho fatto per tutta la mia vita: dimostrare di avere ragione, dimostrare che erano gli altri a sbagliare. Dimostrare che potevo vincere contro ogni previsione.”

“E’ anche quello che ti ho sempre più invidiato, lo sai? – Confidò Nick, avvicinandosi a Brian di qualche passo. L’acqua era così limpida e trasparente che era possibile non solamente prender nota dei riflessi dorati del sole giocare sopra i propri piedi ma, anche, catturare un piccolo pesce che se ne navigava tranquillamente attorno a ciò che, per la sua vista e conoscenza, poteva sembrare uno strambo ramo o sasso. – Quando tutti ci davano per finiti, tu ci hai preso e ci hai spinto a lottare per dimostrare il contrario. Quando qualcuno ti dava per finito, tu ti rialzavi e continuavi senza nemmeno dar adito o risposta alle loro supposizioni. E sappiamo bene come io, invece, mi sono sempre comportato: piuttosto di perdere qualche punto di popolarità o di attenzione, reagivo con rabbia e impotenza. Mi adeguavo. E scivolavo sempre più verso il fondo.”

“E ora sono io a scivolare. Non siamo molto diversi, dopotutto. – Affermò Brian, voltandosi il tempo sufficiente per lasciarsi un triste sorriso. – E’ stancante, Nick, dover sempre dimostrare di essere più di quello la gente pensa che tu sia. E’ stancante dover ricambiare qualcosa, sentirsi in dovere di dare prova che ci si è meritato qualcosa invece di solamente accettarlo come un dono. Un miracolo.”

“Intendi...?”

“Sì. – Asserì Brian con un sospiro. – Quando ti ritrovi a vivere nonostante tutto, quando continuano a ripeterti che è un miracolo essere sopravvissuto, all’inizio accetti solamente quello che è stato. Un miracolo. Ne sei grato, ti butti nel mondo senza nemmeno avere un pensiero o una paura perché sai di aver già affrontato e superato il più grande ostacolo e incubo. Sai di aver già sconfitto la morte una volta. Così ti senti invincibile, soprattutto se hai ancora la pura e naturale incoscienza di un bambino. Poi, più cresci, più ti rendi conto di quanto davvero possa pesare un regalo del genere. Dubiti. Ti domandi perché proprio a te è stato fatto quel miracolo, che cosa potresti avere di speciale per essere sopravvissuto invece che assecondare il destino. E ti rendi conto che non puoi sprecarlo, non puoi rendere vano qualcosa di così speciale e prezioso: così cerchi di essere il migliore, cerchi di essere sempre di più di ciò che ci si aspetterebbe da te. Eccellere in sport anche se non ne hai i requisiti, essere il miglior figlio possibile perché, in fondo, ti senti in colpa per quello che hai fatto passare ai tuoi genitori. Cerchi di non sbagliare mai, cerchi di essere un esempio perché è quello, in fondo, il motivo per cui sei stato graziato, no? E non accetti di fallire, non riesci ad accettare di non essere in grado a sopportare qualcosa, visto che sei riuscito a sopportare e superare ben di peggio. O di non tenere testa a ciò che il mondo, la gente, si aspetta da te. Così segui la scia, dai al mondo ciò che si aspetta anche se non è quello che davvero desideri. Ma ti dici che se continui a convincere al mondo che non hai bisogno altro della tua vita perfetta, il tuo piccolo mondo fatto da una moglie perfetta e da un figlio perfetto, un giorno anche tu incomincerai a credere che sia abbastanza. Che non devi più dimostrare nulla.”

“Dio, Brian... – Mormorò Nick, passandosi una mano fra i capelli mentre digeriva tutte quelle parole. Mentre somatizzava l’enormità del peso che Brian si era portato dentro fino a quel momento. Non c’era da meravigliarsi se ora stava crollando, era già un miracolo che non avesse fatto la sua stessa fine anni e anni prima. Ed anche lì, accerchiato da quelle ombre di cui non si era mai reso conto o notato, Nick si ritrovò ad ammirare il maggiore, quella sua tempra che era riuscito a portarlo là dove nessuno sarebbe riuscito ad arrivare sano e salvo. E anche ora che stava crollando, anche ora che non riusciva più a nascondere le crepe e le sbavature, Brian continuava a rimanere con la schiena dritta e l’orgoglio di chi, ancora, non voleva ammettere una sconfitta. Era davvero così sconvolgente se ne era innamorato di quello scricciolo di forza e testardaggine? - ... come hai fatto? Come hai fatto a non diventare matto?”

“Me lo domando anch’io. Forse diventare matto è un’alternativa nettamente migliore che perdere la propria voce, no? – Fu la domanda retorica che sfuggì via dalle labbra di Brian. Abbassò poi lo sguardo, osservando la punta dei suoi piedi che disegnava linee sulla sabbia che poi, abitualmente, venivano cancellate dall’acqua e dalle onde. - A volte vi ho invidiato, lo sai? Te e Aj, intendo. Era come se voi aveste il permesso di uscire dalla carreggiata, commettere milioni di errori solamente perché era ciò che tutti si aspettavano con le vostre radici e famiglie. Voi potevate urlare, potevate ribellarvi quando qualcosa vi calzava troppo stretto perché nessuno pretendeva da voi altro. Io, invece, non ho mai avuto quella fortuna. Immagini la reazione di tutti se, all’improvviso, avessi fatto una scenata e sbattuto la porta dopo l’ennesimo giorno di seguito di registrazione? Immagini la reazione se fossi stato scoperto a bere, o in qualche posto con compagnie non buone?”

“Beh... – Bofonchiò Nick, quasi impossibilitato nel non sorridere di fronte a quelle immagini. Quante volte, li stesso, aveva desiderato che Brian lasciasse perdere le stringhe di controllo e si divertisse un po’ di più?  - Ammetto che avrebbero urlato allo scandalo. Avresti di certo fatto passere inosservato certe minchiate che ho combinato.”

“Vedi? Persino tu ne saresti rimasto scandalizzato. – Rispose Brian, voltandosi verso di Nick e rivolgendogli un triste sorriso. - Ecco perché non mi sono mai permesso di scivolare. Non importava quanto stessi per crollare, non importava quanto volessi urlare o semplicemente sbattere i piedi. Non era quello che tutti si aspettavano da me. Non era ciò che pretendevano da me. E se io crollavo, chi avrebbe portato avanti il gruppo?”

Era vero, si disse Nick. Per quanto, almeno per qualche periodo, avesse odiato quell’aura di superiorità e perfezionismo che ruotava attorno a Brian, Nick si era sempre aspettato nient’altro che quello da Brian. Lo aveva preteso perché era lui l’esempio che voleva seguire, era lui il modello a cui voleva aspirare per diventare, finalmente, una persona migliore. Ma non si era mai reso conto dell’altra parte della medaglia, di quanto potesse essere soffocante e difficile essere un punto di riferimento per molte persone.

“Ti ho sempre ripetuto, però, che avresti dovuto mandare al paese un po’ più di persone. Invece mandavi sempre me.” L’ultima frase divenne una battuta, una lieve presa in giro che ricordava quegli anni in cui era difficile vedere lui e Brian insieme.

“Era impossibile sopportarti quando facevi la diva.” Ribatté Brian, facendo una piccola linguaccia e ricevendo, in risposta, un sorriso e una smorfia.

“Ma hai appena ammesso di invidiarmi.”

“A volte.”

“Ma era pur sempre invidia, mio caro.”

Una risata riuscì a librarsi, rauca come la voce che avrebbe dovuto usare quella stessa aria per poter prendere forma e sostanza. “Hai ragione, Ti ho invidiato.”

“Era per questo, quindi? Era per questo che mi odiavi?” Si ritrovò Nick a domandare, il tono un po’ titubante e quasi impaurito dalla risposta che avrebbe potuto ricevere.

L’espressione di Brian si addolcì, la luce del sole che fece scomparire, in un riflesso dorato, le occhiaie e i segni di quelle giornate. “Non ti ho mai odiato, Nick. Non credo che sia possibile, per me, odiarti. E’... è un po’ complicato da spiegare.”

“Ma ha che fare con tutto il peso che ti sei portato dentro, vero? Ha a che con tutto ciò che ti ha portato in questa situazione? Che ha rubato la tua voce?”

“In parte.”

“Allora spiegami. Fammi capire. Se continui a tenerti tutto dentro...” Non aggiunse, Nick, ciò che davvero avrebbe voluto dirgli. Lasciami entrare in questo casino. Lasciami capire se davvero posso avere una possibilità o se mi sono sempre inventato tutto. Se mi sono aggrappato a una speranza che era solo illusoria.

“E’ quello che sto cercando di fare.”

“Bri, non ci voleva un genio per capire che, per tutti questi anni, ti sei preso pesi e responsabilità troppo pesanti. E sì, lo ammetto, mi faceva incazzare. Mi facevi incazzare perché nessuno pretendeva che tu fossi perfetto. Io non lo pretendevo. Dov’è finito il Brian che mi ripeteva che non dovevo dar peso a ciò che gli altri pensavano di me?”

“Oh, quel Brian era solamente una maschera. Era più facile dare consigli, illudere che avessi pieno controllo della mia vita quando, invece, mi ritrovavo sempre di più ad annaspare. Ma non potevo mostrarti ciò che si celava dietro quella maschera, Nick. Anche se non aveva davvero importanza, no? Ho comunque fallito con te.”

“Fallito? Di che diavolo stai parlando?”

“Ero il tuo tutore legale. Ero la persona che ti aveva preso sotto la sua ala protettrice, ero la persona a cui tu guardavi per poter imparare qualcosa del mondo. Mi ero ripromesso di proteggerti. Era mio dovere proteggerti, era mio dovere tenerti lontano dai pericoli e dalle cattive compagnie. Da quel mondo di alcohol e droga da cui stavi cercando di scappare. Avrei dovuto fare di più.”

“Dio, Bri! No! Non è colpa tua! Sono io che ho scelto quella strada. Sono io che ho deciso di sputtanarmi solamente perché non riuscivo ad accettare quello schifo di famiglia. E nemmeno loro hanno totalmente colpa. - Nick scrollò la testa, accorgendosi e rendendosi conto che niente di tutto quello aveva più importanza. Aveva fatto pace con il suo passato, aveva accettato che, per qualche ragione, lui e Brian si erano allontanati. Ma, incredibilmente, era Brian quello che si era portato dietro tutta la responsabilità e la colpa per qualcosa più grande e inevitabile di loro. – Il punto è che non puoi continuare a punirti per ciò che io ho fatto. Nemmeno io ti colpevolizzo.”

“Ma io sì, Nick. Ho fallito. E, fallendo, ti ho allontanato. Perché non accettavo di vedere e di rendermi conto del mio fallimento, non riuscivo a sopportare quanto poco fossi riuscito in ciò che mi ero sempre prefissato. Volevo... volevo che tu capissi quanto fossi speciale. Volevo che tu capissi quanto amato fossi, anche se forse non da chi avrebbe dovuto amarti senza se e senza ma.”

“Ma io ti ho ferito. Non sono riuscito a starti vicino e tu...”

Gli sguardi di Brian e Nick si incrociarono, un’espressione di sorprendente comprensione che si rifletteva in entrambi gli azzurri delle iridi. Anni di incomprensioni, anni di pesi e di colpe lasciate in sospeso, ora finalmente sembravano svelarsi e mostrarsi, prima di volatilizzarsi via come un uccello di fuoco ormai spento e ridotto in cenere.

“Sono orgoglioso, Nick. Lo sai. Ho nascosto la delusione perché sapevo che non c’era tempo e spazio per parlare. Dovevo rimettermi e dovevo farlo in fretta perché il nostro futuro e la nostra carriera dipendeva da me e dal mio cuore. Ma invece di dimenticare, ho lasciato che quel veleno si insidiasse e si prendesse il controllo, impedendomi di essere la persona migliore e continuare ad aiutarti. Tutto ciò che mi ero ripromesso di insegnarti, amare e accettare di essere amato, se ne sono volati via perché ero troppo orgoglioso per ammettere che avevo bisogno di te.”

“E io non l’ho capito. Aspettavo che tu venissi da me, ho aspettato così tanto che tu venissi e mi dicessi che non ce la facevi più. Anelavo per ciò. E lo faccio ancora. Ecco perché sono venuto stamattina. Ecco perché ti ho sempre aspettato dopo ogni registrazione. Aspettavo il momento in cui saresti crollato. Anche se può suonare strano e alquanto malsano.”

Sarebbe bastata una parola. Sarebbe bastato uno sguardo, come quello che poche ore prima Brian gli aveva lanciato prima di salire sulla sua macchina. E forse Brian lo aveva anche fatto, forse Brian aveva lanciato la sua silenziosa richiesta di aiuto e lui non l’aveva nemmeno colta, troppo impegnato a odiare l’amico per averlo abbandonato e lasciato al buio.

Quanto tempo avevano sprecato. Quanti anni si erano lasciati sfuggire via solamente perché si erano convinti di aver deluso l’altro quando, in realtà, le uniche persone che avevano ferocemente e furiosamente odiato erano stati se stessi. Quanti se e ma che rimanevano dei grandi punti di domanda fra di loro, gocce di realtà alternative dove chissà che cosa sarebbe potuto succedere. Forse nulla, perché ancora i sentimenti di entrambi venivano tenuti rinchiusi prigionieri dentro l’anima, ancora ignari di poter uscire e poter riflettersi come se fossero gocce dello stesso specchio. E lo erano, declinati in modi differenti ma con la stessa intensità e profondità. Entrambi avevano cercato di sfuggire da quell’attrazione, entrambi si erano resi immediatamente di quanto quell’amore avrebbe potuto essere trattato dal mondo e lo avevano tenuto segregato, in parte perché essi stessi credevano a quell’etichetta.

Malsano. Strano che Nick usasse quell’aggettivo perché era lo stesso con il quale Brian si era insultato sin dal primo momento in cui aveva preso coscienza di ciò che davvero provava per Nick. Ora sapeva che per tutti quegli anni si era punito per qualcosa su cui non aveva mai avuto controllo, ora sapeva che sposarsi era stata solamente la sua ennesima facciata, il suo ennesimo adeguarsi a ciò che erano le aspettative su di lui. Non poteva cambiare tutto dalla mattina alla sera. Non poteva svegliarsi e dimenticarsi anni di pressioni e di responsabilità ma, piano piano, doveva imparare a lasciare andare via i pesi che si era portato addosso e trovare un nuovo modo per affrontare le situazioni. Brian sapeva che era ancora lontano dal sentirsi finalmente libero e liberato da quella tensione che ormai scandiva e prendeva pieno possesso di gogni sua giornata. Ma c’era qualcosa che ora, in quel momento, poteva fare. C’era una speranza che poteva trasformare in realtà, una richiesta di bisogno e di aiuto che non poteva più lasciare sottointesa e implicita.

Considerato che, ormai, era dato per scontato che sia lui sia Nick diventavano ciechi e stupidi quando si trattava di captare qualcosa che avrebbe dovuto essere semplice e lampante.

“Non ti ho mai odiato, Nick. Nemmeno nei peggiori momenti, mi era impossibile poterti odiare. Perché andava contro ciò che ho sempre provato per te. Ciò che non ho mai avuto coraggio di ammettere, anche con me stesso.”

Il cuore di Nick incominciò a battere più rapidamente, anche se era la sua mente colei che girava e ruotava come una giostra impazzita. Poteva davvero essere ciò che pensava che stava per succedere? Poteva, davvero, credere e sperare che Brian potesse ricambiare anche solo una minima parte dei suoi sentimenti? Volerlo come lui lo voleva? Non era mai stato bravo, Nick, con le parole: non le ascoltava mai per quello che erano ma, come succedeva a tutti, le prendeva e le trasformava a seconda di ciò che lui voleva sentirsi dire. O che temeva che potessero dirgli. Era così che era successo con Brian, i suoi consigli si erano trasformati in prediche e rimproveri di cui lui credeva di non aver bisogno. Ma l’amore era l’opposto dell’odio, no? Su quello non poteva sbagliarsi, anche se lui stesso sapeva che le linee di confine erano così fragili e vaghe che era facile mischiarsi e sbagliarsi.

“Stai... Bri, ti scongiuro, non...”

Brian confuse quell’opposizione, prendendola come un tentativo educato e gentile di respingere una dichiarazione che avrebbe semplicemente messo in imbarazzo entrambi. Ma non poteva fermarsi, non poteva ritrattare quanto già pronunciato. Brian doveva semplice rigettare indietro la vergogna e la delusione e finire quel discorso, indipendentemente dalla risposta e dalla reazione di Nick. Lo doveva fare per se stesso e per guarire, almeno.

“Lo so, lo so. Nessuno vuole ricevere una dichiarazione non voluta. E hai tutto il diritto di odiarmi e di lasciarmi qui, scappare il più lontano possibile da me e da questa situazione così imbarazzante. – Rispose Brian immediatamente, sperando di poter riuscire a buttare fuori quello che aveva dentro senza che la sua voce lo tradisse sul più bello. – Non ho mai potuto odiarti perché ho sempre provato l’esatto opposto, anche se per molti anni ho cercato di far finta che quei sentimenti non esistessero. Ecco perché, in parte, ti ho tenuto lontano. Non solo perché non volevo accettare il mio fallimento ma perché avevo paura che tu li notassi. Avevo paura che tu mi odiassi per quello che ero e per quello che provavo. Ho passato così tanto tempo a odiarmi per ciò, ho passato così tanti anni a punirmi e a cercare di essere totalmente l’opposto, di costruirmi quella famiglia perfetta che mi avrebbe protetto da ogni rivendicazione e insulto. Ma quella maschera, quella bugia, mi ha portato qui, Nick. Mi ha portato a rinnegare una parte di me stessa, mi ha portato a sentirmi in colpa e a punirmi solamente perché ero e sono innamorato del mio migliore amico.”

Solamente a quell’unica affermazione Brian riuscì a voltarsi e a fissare Nick negli occhi. Il sole era dietro le sue spalle così i raggi dorati scendevano e accarezzavano alla perfezione quei lineamenti che Brian aveva sempre adorato, sin da quando essi erano ancora arrotondati e sfumati con l’innocenza dell’adolescenza. Era forse troppo sdolcinato persino per lui quel pensiero ma, per un attimo, quella luce dorata aveva avvolto Nick rendendolo simile a un angelo. Il suo angelo. Colui che, bene o male, era sempre riuscito a salvarlo da qualsiasi precipizio in cui Brian stava per cadere, anche se non lo avrebbe mai saputo. Colui che avrebbe potuto salvarlo anche in quella situazione e Brian non era più restio o imbarazzato a chiedere aiuto.

“Tu... tu sei innamorato di... me?” Balbettò Nick, sconvolto e totalmente sotto shock per quella rivelazione. Quella scoperta che non era una novità, perché era sempre rimasta dentro di lui ad aspettare il momento buono per uscire e fargli capire di aver sempre saputo. Di esser sempre stato sicuro di Brian e dei suoi sentimenti.

Mai, mai, nemmeno nei suoi più pazzi sogni, Nick era mai riuscito a creare quella possibilità. Quella dimensione spazio – temporale in cui Brian, quel Brian in carne e ossa, il suo Brian, gli dichiarava quegli stessi sentimenti che avevano sempre albergato dentro di lui. Quella dimensione in cui quelle parole venivano pronunciate con così tanta onestà e purezza, profondità e intensità. Bisogno e desiderio. Voleva quasi darsi un pizzicotto, giusto per prendere davvero coscienza che tutto ciò stava davvero succedendo. Voleva, Nick, quasi incominciare a saltellare e danzare, ringraziare quella spiaggia sconosciuta che gli aveva portato la speranza tangibile di poter finalmente realizzare e rendere reale quel sogno a cui si era sempre soltanto aggrappato per superare i momenti peggiori.

“Sembri sorpreso.” Commentò Brian, non sapendo come spiegarsi la reazione di Nick. Con il suo cuore così all’aperto, con i suoi sentimenti stesi fra di loro come panni colmi di speranza e di comprensione, Brian non poteva riuscire a intuire ciò che il ragazzo stava pensando. Stava cercando un modo, forse, per far finta che niente fosse successo? Che cosa gli stava passando per la mente? Cercò, Brian, di studiare i tratti del volto per trovare qualche indizio ma sembrava che avesse perso quell’intuito particolare che funzionava solo e soltanto con Nick. O, forse, era meglio dire che aveva funzionato.

Forse lo aveva allontanato troppo per poter sperare, ora, di avere anche una sola possibilità.

“Non avrei mai... insomma...” Nick si ritrovò a farfugliare, non riuscendo ancora a trovare un filo logico a quel ciclone e a quella tempesta di emozioni che si stava scatenando dentro di lui.

“Non... – Come sospettato, la tensione e l’ansia unirono le forze e rubarono via l’aria, riuscendo a strozzare le corde vocali di Brian e rubargli la voce. Uscì solamente un tono atono, labbra che si muovevano ma senza pronunciare nessuna parola, se non una smorfia di dolore e di frustrazione. Lo sguardo si abbassò immediatamente, l’ombra di imbarazzo ancora troppo scura per poterla nascondere e per poter far finta di niente. Brian sentì lo sguardo di Nick focalizzarsi su di lui, un concentrato di preoccupazione e di timore che non riuscì a sciogliere il nodo alla gola. Lo aumentò, invece, e Brian si ritrovò a schiarirsi la voce più e più volte, aumentando l’irritazione e l’infiammazione. Poteva essere causato da problemi mentali e di stress ma, in quei momenti, sembravano davvero avere l’apparenza di qualcosa di fisico. Qualcosa che avrebbe dovuto essere sistemato con farmaci o con un’operazione. – Scusa.”

“No, Bri. No. Non ti devi scusare.” Nick si affrettò a rassicurare il maggiore, avanzando di qualche passo come se volesse raggiungerlo. Toccarlo. Stringerlo e dirgli che sarebbe andato tutto per il meglio. Rassicurarlo che lui, che Nick, avrebbe trovato qualcosa, qualsiasi cosa, pur di farlo stare meglio. Ma tutte quelle parole scivolarono via, risucchiate da quell’aria e atmosfera di incertezza che ancora aleggiava fra di loro.

“Beh, lasciami almeno scusare per averti messo in questa posizione. Non mi aspetto che tu ricambi i miei sentimenti. Né pretendo che tu possa anche solo provarci.”

“Ma lo vorresti, no?”

“Beh, è quella la seconda speranza che mi ha spinto e portato in questo posto. Non voglio più mentirti. Non almeno sui miei sentimenti. – Rispose Brian, combattendo contro il desiderio di nascondersi per nascondere la delusione e quel senso di imbarazzo che, nonostante tutto, stava colorando le sue guance di rosso. – Ma non cambierà nulla fra noi. Sarò sempre tuo amico, se tu vorrai. Rispetterò le tue decisioni, qualsiasi esse siano. Non voglio... non voglio metterti in una posizione scomoda e, allo stesso tempo, non voglio rovinare quest’equilibrio che siamo riusciti a ritrovare.”

“Non posso far finta che niente sia cambiato, Brian. Non puoi pretendere che possa dimenticare e scordare questo momento. – Ammise Nick, finalmente prendendo controllo di quella situazione e dei suoi sentimenti. Brian era lì, davanti a lui, Brian era lì e gli stava offrendo la più grande e immensa delle possibilità, quella che entrambi avevano sacrificato a causa di paure e di doveri. Brian era lì e Nick voleva finalmente lasciare che il suo stesso cuore si librasse e andasse a congiungersi con quello di Brian, intrecciandosi per una vita che poteva e sarebbe stata eterna. – Non voglio rimanere in questo limbo, soprattutto. Davvero non hai mai notato nulla?”

Quella volta fu il turno di Brian di sentirsi preso in contropiede, confuso dall’implicazione che si celava dietro quella domanda. Che cosa avrebbe dovuto notare? C’era qualcosa che Nick gli aveva tenuto nascosto? Poteva davvero essere quello il giorno in cui, almeno per una volta, il destino avesse deciso di portargli una ventata di felicità e di buona fortuna? Forse il fato non c’entrava nulla quella volta, forse era solamente la ricompensa per aver finalmente fatto quel passo che era sempre sembrato così pericoloso e mortale. Era sempre difficile e rischioso prendere il proprio cuore e donarlo a qualcun altro, fidandosi e credendo di poterlo consegnare in mani che lo avrebbero curato e lo avrebbero protetto, oltre a farlo crescere e fiorire sotto le carezze e i baci del proprio amore.

Brian inclinò il capo. E, questa volta, si dimenticò che c’era il suo stesso cuore che ancora volteggiava attorno a lui, pronto a offrirsi a Nick. Questa volta osservò attentamente Nick. Studiò la sua postura, cercò di leggere nelle fronde di un linguaggio che era sempre stato istintivo e senza segreti per lui e tutto ciò che trovò fu qualcosa che lo lasciò senza fiato, anche se quella mancanza di aria e ossigeno non aveva nulla a che fare con il suo problema. Come aveva potuto essere così cieco? Come aveva potuto lasciarsi convincere dalle sue stesse paure che mai avrebbe potuto essere ricambiato? Era quella la sua più bella e speciale qualità, quell’impossibilità di nascondere i propri sentimenti nonostante quanto fosse facile superare le barriere e portare distruzione nella sua anima. E lui, proprio lui che si era sempre rinvigorito di orgoglio nell’affermare di conoscere Nick meglio di qualcun altro, non aveva mai preso nota di quella luce speciale con cui quegli occhi azzurri lo osservavano; non aveva mai notato quelle fiamme di desiderio che rendevano impossibile non rimanere incatenati da quello sguardo. Non era solo la devozione di un ragazzino verso il suo eroe preferito, non era solo l’ammirazione per una persona ritenuta in grado di raggiungere la perfezione. Brian aveva fatto l’errore di fermarsi alla superficie, troppo impaurito per poter illudersi e aggrapparsi a qualcosa che, forse, avrebbe potuto rivelarsi solamente uno scherzo della sua stessa mente e anima. Aveva commesso l’errore di accontentarsi di quegli abbracci durante il loro soggiorno a Londra, nascondendosi nell’illusione che fosse solamente l’unica reazione che Nick conoscesse per confortarlo e affrontare il dramma che stavano vivendo.

“Io... ci speravo? - Mormorò Brian, ritrovandosi con la vista annebbiata da delle gocce di felicità. Sbattè le palpebre più volte ma, quando esse decisero di scendere, le lasciò scivolare via come se non ci fosse nessuna ragione per vergognarsene. E non esisteva, Non potevano nemmeno aprire gli occhi perché come poteva trovare imbarazzo quando il suo cuore stava rischiando di scoppiare contro il suo petto? – Ci speravo. Mi illudevo, certe notti. E come un pazzo mi ci sono tuffato, come un cieco sono saltato perché che cosa ho altro da perdere? Come posso perderti quando già ciò è successo?”

“Era per quello che ti odiavo. No, odiare non è la parola giusta. Perché nemmeno io avrei mai potuto provare quel sentimento verso di te. Ti amavo e non sapevo come gestirlo. Ti amavo e sapevo di non poter mai essere degno di stare al suo fianco, non quando ti avevo dato prova di essere in grado di abbandonarti alla prima difficoltà. – La mano ancora si perse fra i capelli, in quel gesto di nervosismo che faceva trasparire quanta verità ci fosse in quelle parole. – Ti amavo e non volevo risucchiarti in quel vortice in cui ero finito. Ti amavo e volevo che mi salvassi, anche se facevo di tutto per allontanarti. E quando ci sono riuscito, quando te ne sei andato, ho capito di aver commesso l’errore più grande di tutta la mia vita.”

“Oh Nick.” Riuscì Brian solamente a dire, consapevole di quanto male e inutile sofferenza si fossero inflitti a causa della paura e dell’insicurezza. Ma finalmente stavano buttando tutto fuori, lo stavano lanciando fra quelle onde che lo avrebbero portato lontano, lo avrebbe ingoiato e lo avrebbe reso solamente un eco di un passato che ora poteva finalmente rimettersi a dormire.

“E’ stato quello che mi ha risvegliato. Quando la mia terapista mi ha domandato che cos’era che mancava nella mia vita, tu eri la risposta. Tu, Brian. Tu e il tuo amore. Sapevo di non avere nessuna possibilità, sapevo di poter solo aggrapparmi ad una speranza ma sapevo anche che, se non mi fossi rimesso in sesto, non avrei nemmeno potuto provarci. Ma, come sempre, tu mi hai preceduto.” Un sorriso malizioso, un sorriso di resa e di arresa di fronte a quella superiorità che Brian avrebbe sempre avuto sopra di lui, dipinse il volto di Nick mentre la voce scivolava in un tono caldo e rassicurante. La nebbia si era diradata, tutti i dubbi della mattina erano stati dissipati in una conversazione che avrebbe dovuto esser stata fatta mesi, anni prima.

Ma aveva davvero importanza?

Aveva importanza quanto vi avessero impiegato a rendersi conto che sarebbe bastato un gesto di coraggio per raggiungere quel perfetto e magico equilibrio? O, forse, non ne aveva perché c’era sempre qualcosa da imparare dalla vita e, forse, il loro passato era servito a portarli in quei ruoli, non più stretti e rigidi ma, finalmente, scambiabili a seconda delle situazioni e del contesto.

Una risata scivolò via dalle labbra di Brian, una risata che sapeva di lacrime bagnate dalla felicità e dal sollievo. Non tutto era stato dimenticato, niente si era trasformato da incubo a sogno ma la realtà, il domani, sembravano esseri risvegliati con colori più accesi e vivaci. Il sollievo aveva trascinato via dalla spalle uno dei pesi più pesanti e già Brian poteva percepire un velo di tensione squarciarsi e allontanarsi dalle sue corde vocali.

Mancava solo un’ammissione. Forse la più difficile. Forse nemmeno così tanto difficile perché essa era già stata racchiusa in tutte le parole che si erano scambiati e si erano donati.

“Ho bisogno di te, Nick. Chissà, forse tu e questo amore...”

“Noi.” Aggiunse Nick.

“Noi... – Si corresse Brian con un sorriso. - … Noi potremmo essere il mio primo passo verso la guarigione.”

“Mh... quindi, se non ho capito male, tu staresti dicendo che io, Nickholas Gene Carter, potrei essere la tua cura miracolosa?” Fu la domanda di Nick, pronunciata con un sorrisetto malizioso e alquanto compiaciuto sul volto. Ma era solo apparenza perché, in realtà, il cuore stava letteralmente scoppiando di fronte a quelle parole, di fronte alla prospettiva di poter finalmente essere ciò che il maggiore, ciò che Brian, era sempre per stato lui: un’ancora a cui aggrapparsi per non soffocare e annegare in quell’oceano di onde pericolose e tossiche era sempre stata la sua famiglia; un eroe che, con un balzo, era entrato nella sua vita e lo aveva salvato; un faro che gli aveva sempre illuminato quale rotta avrebbe dovuto seguire.

Forse non sarebbe mai stato come Brian, forse non avrebbe mai raggiunto quel livello. Ma non importava così tanto, non importava in quanti modi avrebbe dovuto salvare il maggiore: a lui, a Nick, importava semplicemente poter rimanere lì, fianco a fianco e mano nella mano, consapevole e orgoglioso di sapere che non era davvero così inutile.

“Oddio. Diciamo che potresti essermi d’aiuto. Potresti essere un’arma in più in questa battaglia contro me stesso. L’alleato che mi ricorderà che posso combattere. L’amico che mi dirà che potrò riposarmi per qualche secondo. Il compagno che mi nasconderà in quelle ore.” Ribatté Brian, accomodando il suo tono di voce e imitando quella punta di gioco e di scherzo che lasciava un eco di qualcosa che era cambiato irrimediabilmente nell’aria attorno a lui e a Nick.

Fra di loro. Nel loro rapporto, sempre stato così unico, così raro, così speciale e così difficile da spiegare e catalogare in un’unica categoria o definirlo con un’unica etichetta. Quell’impercettibile senso, quell’implicito suggerimento lasciava presagire un volo di farfalle che si stava riunendo e preparando all’interno dello stomaco; un battito d’ali che lasciava vuoti d’aria a ogni pulsazione e, allo stesso tempo, rendeva il cuore sempre un po’ più gonfio e sempre un po’ più leggero, quasi come se fosse una bolla d’aria pronta a scoppiare da un momento all’altro. E quando sarebbe successo, quando entrambi sarebbero stati avvolti da quelle particelle invisibili e trasparenti, avrebbero finalmente potuto lasciarsi accarezzare da quel sogno, coltivato e coccolato nel corso degli anni, che stava velocemente prendendo forma e sembianze davanti ai loro occhi. Non era così difficile, non sembrava qualcosa che poteva fare loro del male: scomparsi erano i dubbi che li avevano tenuti lontani, svaniti erano le remore e le regole morali che avevano lavorato come ostacoli in quella naturale e già predestinata corrente su cui Brian e Nick avevano sempre navigato. A volte non si erano resi conto di ciò e si erano ritrovati a risalire le onde, sbattendo i remi alla ricerca di un appiglio per non cadere nelle cascate e rischiare di morire. Non avevano capito, in quei momenti, che cadere non avrebbe mai significato soccombere a un destino crudele e a una fine inesorabile ma solamente ora, dopo la fine della tempesta e dopo che la nebbia si era dissolta, i loro occhi potevano vedere che era un lago placido e tranquillo ad aspettarli.

Nick si avvicinò ancora, l’acqua che lambiva come una dolce carezza i suoi piedi e che poi scompariva richiamata dalla corrente. Nick si avvicinò ancora di più a Brian, lasciando solamente qualche minuscolo spazio vuoto fra i loro corpi; le mani si appoggiarono sui fianchi di Brian, una presa e un tocco che sembravano lasciare la propria impronta di fuoco sulla pelle. E ciò non sarebbe dispiaciuto a Nick, il desiderio di lasciare il proprio segno su quel corpo affinché chiunque avrebbe potuto sempre sapere che Brian aveva e sarebbe sempre appartenuto a lui: era sempre stato possessivo, sin dai tempi in cui aveva lanciato occhiate cariche di odio e di rabbia a chiunque osasse solamente parlare con Brian, ma ora lo sarebbe stato ancor di più. Ora che Brian sarebbe diventato, ufficialmente, l’unica persona che avrebbe potuto chiamare famiglia. La sua vera famiglia.

“Il mio livello di popolarità avrà un’impennata. Salirà alle stelle. – Continuò Nick a scherzare, anche se la sua voce si abbassò in un tono nettamente più rauco e caldo. – Immagino già i titoli: “Come ho salvato la voce più bella del mondo con soli baci e amore.””

“Certo. Perché io anche ti permetterò di parlare così apertamente di qualcosa di così privato.” Ribatté Brian, il sopracciglio alzato di fronte a quella proposta.

“Dovrai, mio caro. Altrimenti, che cosa potresti rispondere quando ti chiederanno come hai fatto a guarire?”

“Vediamo... – Mormorò Brian, il tono indeciso e la punta dell’indice che punzecchiava il labbro inferiore. - ... tanto duro lavoro?”

“Solo?”

“Tanto supporto?”

“Mh... ci stiamo avvicinando.”

“La fiducia del gruppo?”

“Mi lasci all’interno dei tuoi amici? Me tapino!”

“L’amore e il supporto della persona che più amo, anche se me ne sono reso conto solamente troppo tardi?”

“Oh! Questo sarei io, vero?”

“E chi altri? – Rispose Brian in una risata, prima di abbassare lo sguardo per un attimo di silenzio e lasciare svanire l’aria di giocosità e scherzo che li aveva circondati fino a quel momento. – Ma non sarà semplice. Dirlo così sembra molto romantico, esattamente come in una favola basta il bacio del vero amore a svegliare l’addormentata o a riportare il sereno. E vorrei crederci anch’io. Vorrei davvero credere che bastasse aver finalmente riunito la mia anima con la sua gemella per poter stare meglio.”

Nonostante tutto, nonostante la dichiarazione e l’ammissione appena fatta, Brian non voleva prendersi gioco di Nick. Non voleva illuderlo, promettergli che sarebbe bastato solamente volerlo e desiderarlo per ritrovarsi a sorridere in un mondo che era diventato, all’improvviso, privo di nuvole e di temporali. Non voleva che Nick entrasse nella sua vita come un tornado, aspettandosi di poter far scacciare gli incubi per poi abbandonarlo quando avrebbe capito che la vita non era e non sarebbe mai stata così facile e semplice. Ciò che aspettava Brian nei mesi successivi non era una vacanza né giorni ricchi e ricamati da fiori e da rosa: c’era una vita da cambiare, c’erano abitudini da sradicare e nuove routine da imparare e incorporare. E forse nemmeno quello sarebbe bastato, forse davvero la sua voce aveva deciso di abdicare e di ritirarsi in pensione. Ecco di che cosa erano costituiti i mesi successivi, seppur tutti i forse i tutti i dubbi, raggruppati in quelle nubi così grigie, dense e minacciose, sembravano sempre esser affievoliti dai raggi della speranza che, nonostante tutto, riusciva a far percepire e sentire tutto il suo calore con lievi e soffici carezze sulla pelle.

“Neanche tre secondi e stai già cercando di dissuadermi? Prima mi trascini fino a questo posto sperduto, poi mi fai una dichiarazione che chiunque morirebbe di gelosia se solo lo sapesse e ora vuoi allontanarmi? A che gioco stai giocando? Brian Thomas Littrell, nessuno ti ha mai detto prima che non si gioca con il cuore e i sentimenti di qualcuno?” L’implicita battuta fece sorridere entrambi, quella citazione di una canzone che ormai erano esausti di cantare ma di cui non ne potevano fare a meno.

“No, no. Non volevo... Non era quello che intendendo.” Brian esclamò, allungando uno buffetto sul braccio di Nick e non togliendola: la lasciò lì appoggiata e, assieme alla sua compagna, incominciò a far salire e scendere in lente e dolci carezze.

 Era sempre stato difficile resistere a quel magnetismo, quella forza d’attrazione che, come il canto di una sirena, voleva ed esigeva che si toccassero e si sfiorassero. Era sempre stata presente quella forza, sin dal primo momento in cui Brian era entrato nell’appartamento che Kevin e Howie dividevano, quell’appartamento che poi sarebbe diventato anche suo per i successivi anni. Ancora Brian ricordava il primo momento in cui aveva visto quel ragazzino che, almeno a tredici anni, non era più alto di lui e con una zazzera già biondo platino: era come se qualcosa fosse scattato fra di loro, come se una parte di loro si fosse finalmente ricongiunta con la sua gemella di cui non aveva mai visto foto ma ne aveva sempre sentito la mancanza e patito l’assenza. Ma nessuno, nemmeno e soprattutto loro, aveva potuto capire quanto profondo fosse quel legame che si era subito e immediatamente creato. Avevano dovuto chiamarla amicizia perché, almeno in quei primi momenti e anni, non c’erano altri termini o etichette che potessero definitivamente e completamente definirli.

Era sempre stato difficili resistere a quell’attrazione, a quel desiderio dei loro stessi corpi di stare vicini e intimi, soprattutto quando, per bontà della gioventù e della purezza di quell’età, nessun gesto o carezza poteva essere letto e giudicato con secondi fini e una malizia che avrebbe, inesorabilmente, rovinato e peggiorato tutto: un abbraccio che durava sempre qualche secondo in più del necessario e quel senso di farlo prolungare ancora di più, senza una ragione apparente o giustificata; una carezza che aveva l’apparenza di rassicurazione, o di confronto, ma che potevano e che entrambi volevano che potesse trasformarsi in qualcosa di più, qualcosa che poteva e doveva essere studiato fino a quando l’anima stessa non ne avesse creato un ricordo a perfetta immagine e somiglianza. E gli sguardi, quegli sguardi che, ripensandoci ora, erano sempre stati carichi di agognante desiderio e che, con la distanza e la lontananza, si erano arrabbiati e trasformati in un malinconico odio e tristezza. Un’eterna domanda su per quale motivo non potessero essere di più, per quale motivo la loro anima piangeva e si struggeva e non c’era nessun’altra cura se non stare vicini. Se non essere vicini. E quelle volte, quelle volte che si erano impilate e infilate in un elenco che ora occupava quasi metà della loro vita, quel bisogno e desiderio si era trasformato in un dolore sordo, una sofferenza fisica senza ferite o lividi che potessero giustificarne la presenza in sottofondo. Sempre presente e mai scomparso o svanito definitivamente. Ora, mentre le dita di Nick si infilavano sotto la felpa e la maglietta e mentre le mani di Brian continuavano ad accarezzare la pelle nuda e calda delle braccia, quell’invisibile dolore fantasma era finalmente svanito.

“Scherzavo!”

“Intendevo... – Per un attimo la voce di Brian si dissolse nell’aria, un’onta di frustrazione che irrigidì i lineamenti della mascella. Brian socchiuse gli occhi, contando mentalmente come la terapista, quella nuova, gli aveva insegnato mentre cercava di respirare e allentare la tensione attorno alle sue corde vocali. Quando riprese a parlare, un filo rauco ancora rimase in sospeso ma, almeno, la voce aveva conservato un minimo di normalità. Quella nuova e inusuale normalità a cui Brian non voleva abituarsi. - .... Intendevo dire che voglio solo essere sicuro che tu sappia a che cosa stai andando incontro. Non sarà sempre rose e fiori, io non potrò mai essere il tuo supereroe e, molto spesso, dovrò lasciare il mantello e il costume nell’armadio perché non avrò nemmeno le energie e la sicurezza di essere me stesso. Per non aggiungere quanto siamo in grado di farci del male...”

“Un uomo saggio, e molto gnomo, un giorno mi disse che il male peggiore ci viene sempre inflitto dalle persone che amiamo di più, perche sono le uniche a cui permettiamo di vedere ogni nostra debolezza e fragilità. – Ribatté Nick, facendo risalire una mano fino a quando le dita poterono accarezzare la linea della mascella di Brian. – Bri, non ho più bisogno che tu mi protegga dal brutto e dal negativo nel mondo. So che non sei al tuo massimo, in questo momento e, sai cosa? Non mi importa. Non mi importa se, per le prossime settimane, parleremo e ci occuperemo solo di terapie e visite. Sono pronto. Non ti amerò di meno solo perché il mio supereroe preferito sin da bambino si è rivelato essere umano. E ti dimentichi, mio caro, che anche la mia di vita non è una passeggiata per te. Magari sarai tu a deciderai di scappare, soprattutto se la mia famiglia si rivelerà essere ancor peggio di quanto non abbiano già mai dato prova negli anni precedenti. E ho ancora alcuni demoni da combattere, ci saranno momenti in cui il desiderio di autodistruggermi sarà più forte del mio amore verso di te.”

“Non voglio peggiorare le cose.”

“E non lo farai. – Lo rassicurò Nick, appoggiando le labbra sulla punta del naso di Brian. –Sono molto più forte e stabile di quanto non lo fossi qualche anno fa.”

“Sei anche molto più in salute. E si nota.” Mormorò Brian, le mani che risalirono la linea della braccia fino ad accarezzare e appoggiarsi lì dove i muscoli si gonfiavano e facevano la loro entrata in scena.

“Approvi dunque la mia ossessione per la palestra?”

“Mh... forse...” Fu la risposta di Brian, dissolta in un rossore porpora sulle guance che non era imbarazzo o vergogna ma, piuttosto, l’impossibilità di lasciare sullo sfondo quel genere di pensiero che traeva la sua origine nel piacere e nella gioia fisica.

Avrebbe voluto, Nick, lasciare perdere qualsiasi altro tipo di discorso e solamente portare l’attenzione a quei brividi, a quei tremori e a tutte quelle sensazioni che il tocco di Brian riusciva a suscitare nel suo corpo. L’alchimia e la chimica non sembrava nemmeno essere una questione da porre e da risolvere, non quando i loro corpi già sembravano rispondere alla perfezione e all’unisono agli stimoli e alla mera intima vicinanza. Ma proprio per quello, proprio per quanto Brian fosse importante e quanto differente fosse la situazione da tutte le altre e banali storie e relazioni di cui il suo passato era costellato, Nick voleva essere sicuro di non essersi lasciato sfuggire nessuna parola e nessuna promessa. Voleva che Brian fosse sicuro delle sue intenzioni, voleva fargli capire che sapeva bene che cosa lo aspettasse e non ne aveva remora e paura. Anzi, il suo stesso corpo e spirito anelava a poter finalmente avere qualcuno e qualcosa di così importante e prezioso da curare e custodire con tutte le attenzioni possibili e immaginabili. Proteggere. Innalzare e supportare perché non era il terreno, non era il fondo del pozzo, il luogo in cui Brian doveva e meritava di stare.

 “Non voglio una favola. Non voglio una vita perfetta e illusoria, facendo finta che non esista nessun problema solamente per non rovinare l’equilibrio. Voglio solo condividere la mia vita con l’unica persona in grado di completarmi alla perfezione e che mi fa desiderare, ogni giorno e ogni momento, di essere una persona migliore.”

Non c’erano parole per rispondere a quella dichiarazione. Non c’era nemmeno ossigeno per respirare, l’aria risucchiata via dall’intensità di ciò che quelle parole lasciavano come eco e segno sull’anima. Brian si sentiva come preso vittima e prigioniero di un vortice, un ciclone che aveva il suo occhio ed epicentro in quel ragazzo che aveva sempre avuto possesso e custodito la parte più importante del suo cuore e della sua anima. Per tanto tempo Brian si era detto e ridetto che non meritava quell’amore, non era degno di un’occasione quando più e più volte aveva abbandonato al proprio destino la persona che sentiva e diceva di amare più della sua stessa esistenza. Per tanto tempo Brian aveva preferito cedere alla paura, assecondarla in quelle parole che prospettavano solamente distruzione e odio se quel sogno, quel prezioso sogno di un amore così completo e così potente, fosse stato anche solo preso in considerazione. E, in conseguenza di tutto quel tempo, Brian ora ne stava pagando un prezzo fin troppo alto e fin troppo ingiusto perché il loro passato era già costellato e incasellato di cicatrici e dolori.

Non c’erano parole per reagire a quelle stesse parole di Nick, le quali già concentravano in vocali e consonanti tutto quello che era trasparito e non in quella giornata così particolarmente strana. E così particolarmente felice e speciale sotto ogni punto di vista. Non c’erano parole perché cuore e anima si erano già espressi, si erano già donati come offerta di perdona all’altro ed erano stati accettati, così com’erano: con tutti i loro difetti, con tutte le loro ombre e cicatrici. Ma anche con tutti quei desideri di rimettere a posto ciò che era stato sbagliato o i torti fatti e subiti in quegli anni in cui, sia Brian sia Nick, avevano cercato di trovare una strada differente, senza mai rendersi conto che la loro direzione era sempre stata quella di intrecciarsi e sfumarsi fino a diventare una sola.

Non c’era voce. Non c’erano frasi o altri discorsi da aggiungere. Nessun dubbio, paura o remora poteva più attaccare o farsi strada ma, anzi, essi venivano rigettati indietro con una forza e un’intensità mai visti o provati prima d’ora. In quella campana invisibili in cui si trovava Brian poteva solamente afferrare quel sogno, e quelle promesse appena pronunciate da Nick, e avvolgersele attorno come se fosse un mantello. Un’armatura. Una difesa contro gli attacchi della sua stessa mente, di un destino che si stava prendendo gioco della sua voce e di tutti quei pesi che Brian si era portato dietro negli anni, così tante responsabilità e pressioni che erano quasi riusciti nell’intento di schiacciarlo e di renderlo quasi simile a polvere e cenere.

Non più.

Perché ora Brian aveva un’arma in più, quella spada che solamente in quel momento era riuscito a estrarre dalla roccia: in quel casino in cui la sua vita si era trasformata, in quella tempesta capace di gonfiare le onda e scatenarle con gocce di incertezze e dubbi, Brian aveva trovato lo scoglio a cui aggrapparsi e su cui trovare riparo, aspettando così che il temporale si acquietasse e che il sole potesse finalmente incominciare a sorgere su un nuovo giorno e una nuova vita.

Non c’era bisogno di rispondere a quella dichiarazione, non almeno a parole. Quel momento nemmeno le richiedeva perché le loro voci avevano già esplicitato quanto e più ci fosse da dire e decidere: ci sarebbe stato tempo, in futuro, per trovare nuove soluzioni e aggiustamenti di equilibrio perché entrambi sapevano che niente poteva durare quando il fato e il destino decidevano di scatenare le loro forze e le loro rabbia. Ma non era quello il momento e l’occasione per preoccuparsi delle nubi e della pioggia, esattamente come non serviva aggiungere più altro: le parole, al contrario, potevano rischiare di rovinare la perfezione di quel frangente temporale, soprattutto se ancora quella voce avesse deciso di abbandonare la forza e mostrarsi in tutta la sua debolezza e vulnerabilità. E Brian non voleva vedere la preoccupazione, il dispiacere e la pietà negli occhi di Nick: voleva, invece, continuare a riflettersi in quell’azzurro oceano di amore e devozione, in quei riflessi dorati di assoluta e completa felicità e in tutte quelle immagini che lasciavano presagire di quale fattura sarebbero stati i suoi giorni, settimane e mesi successivi.

Non c’era bisogno di parole e così Brian non le usò ma si alzò semplicemente sulle punte dei piedi e accarezzò dapprima le labbra di Nick, velocemente e con piccoli tocchi che sapevano di ali di farfalla e di raggi dorati di sole che si appoggiavano e poi volavano via. Voleva essere, quello, solamente un primo assaggio. Un primo tentativo, quasi come se Brian fosse titubante nel finalmente prendersi ciò che il suo cuore e la sua anima avevano sempre desiderato. Una prima carezza, solo per assaporare il sapore e la morbidezza di quella labbra che promettevano una morte dolce e serena.

Un sorriso si dipinse sul volto di entrambi, la trepidazione e l’anticipazione per quel primo bacio rendevano ancora più elettrica l’aria attorno a loro. E poi quel sorriso si dissolse, lasciando spazio a un guizzo, un lampo di qualcosa che ancora non riuscivano a descrivere o spiegare negli occhi, prima di lasciare campo alle labbra e permettere loro di incontrarsi e conoscersi; rincorrersi e trovarsi;  studiarsi e studiare ogni millimetro per portare alla memoria, e al cuore, una descrizione perfetta e minuziosa di che cosa significava poter finalmente respirare lo stesso ossigeno e vivere del profumo dell’altro.

In quel luogo così speciale, che portava e donava speranza a chi vi metteva piede, e in quel bacio che si stava sfumando e perdendo fra le maglie del tempo e dei minuti, Brian si ritrovò ad aggrapparsi a una promessa che andava a sbattere e a combattere contro ciò che era sempre stata la sua vita. Ma, per la prima volta, Brian si rendeva fisicamente e tangibilmente conto che non doveva essere per forza perfetto, non doveva sforzarsi e ammazzarsi pur di rendere perfetto il mondo per amare e per essere amato. Non con Nick, almeno: Brian poteva essere se stesso, Brian poteva essere perfettamente imperfetto non solo per giustificare il suo meritato posto accanto a Nick. Ma anche, e soprattutto, per essere amato da lui fino alla fine di tutti i giorni e di tutte le notte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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C'è molto da dire su questa che, all'inizio, doveva essere una one-shot. All'inizio, doveva essere solamente una reaction fic dopo aver rivisto, per l'ennnesima volta, il documentario e la famosa discussione/litigata/si vede che vi amate dal tanto che vi insultate fra Brian e Nick. Ma poi si è evoluta, poi è diventata questo "mostro" che copre tre anni, forse i tre anni più brutti vissuti da Brian e, di riflesso, anche da noi fans. (la mia gastrite ricorda ancora ogni preoccupazione. lol)
C'è molto da dire perchè amo e sono orgogliosa di questa storia, come solo poche volte lo sono stata. Perchè sono ritornata ad amare scrivere, a rimanere per ore attaccata al computer (o anche semplicemente con carta e penna) a scrivere di questi due personaggi che, per me, sono sempre più veri e vivi che mai. Vorrei scrivere di tutto su questi due Brian e Nick. Vorrei scrivere tanto su Brian e Nick in generale anche se, per un po' di tempo, mi ritrovavo sempre bloccata da dubbi e incertezze.
Non so quanto durerà questo periodo d'oro ma una cosa è certa: continuerò sempre ad amare quei due e a scrivere di loro. <3
Cinzia 

 

 

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Capitolo 2
*** * 2013, I Parte* ***


2013










I’ve to find you
Tell you I need you
Tell you I’ve set you apart


****


La melodia incominciò a diffondersi all’interno delle cuffie, riempiendo il silenzio di una notte che sonnecchiava fra le camere buie della casa. Le note incominciarono a susseguirsi una dietro l’altra, salti e accordi che presto avrebbero lasciato spazio e preannunciato l’arrivo, atteso e già pregustato dal silenzio, della voce. Ormai conosceva lo spartito a memoria eppure il foglio era sempre davanti agli occhi, quasi come se potesse dargli un aiuto in più: gli occhi si soffermavano sulle righe, su quei pallini neri che indicavano dove la voce avrebbe dovuto posizionarsi per narrare al meglio le parole delle canzoni; l’informazione arrivava al cervello, l’input che ormai i nervi e le cellule avevano così memorizzato da essere come una seconda pelle. Ancora pochi secondi. Ancora pochi accordi.

Quella volta non avrebbe fallito. Quella volta la voce sarebbe uscita. Perfetta. Senza sbavatura. Esattamente come avrebbe sempre dovuto essere.

“Vuoi continuare a cantare. Vuoi continuare ad avere assoli, perché tanto in studio gli errori si possono sempre correggere e puoi rifare una canzone infinite volte. Ma quando saremo in tour? Che cosa succederà? Non puoi smettere al primo errore e riprendere da capo. Non possiamo coprirti per due ore. Che cosa farai, allora? Che cosa dirai per salvarti la faccia? Per salvare la nostra immagine e reputazione?”

L’eco delle parole di qualche ora prima si insinuarono fra le note e gli accordi, riuscendo a catturare uno strato di attenzione e rubarla via dalla canzone. Le mani si strinsero in pugni ben stretti e chiusi; i muscoli delle braccia tesi come corde di violino e quasi al punto di rottura, messi sotto pressione dalla rabbia che nasceva di reazione di fronte a quel ricordo. Il mostro rosso della rabbia non si era ancora assopito ma, anzi, aveva preso a nascondersi in un antro scuro e buio della sua mente e lì aspettava il momento perfetto per uscire e fendere la sua spada, sopravvivendo e cibandosi di quell’orgoglio ferito che continuava a bruciare e a sanguinare. Eppure, era quello stesso orgoglio a fondere, e infondere, le energie necessarie per rispondere e ribattere a quel colpo che aveva tutta l’apparenza di voler abbattere ogni resistenza. Era quella fenice che ora stava sbattendo le sue ali dentro l’anima, piume rosse impreziosite dal desiderio di dimostrare che si sbagliavano.

Dimostrare che lui si sbagliava.

Dimostrare che no, non ci sarebbe stato bisogno di fare annunci, né di mettere le mani in avanti e giustificarsi per il disastro e il terremoto che avrebbe potuto ridurre in cenere e polvere tutto il nuovo progetto. Non ci sarebbe stato bisogno di scuse né di alibi perché lui non avrebbe fallito né deluso le aspettative.

Non lo avrebbe permesso.

Si era già dimenticato con chi stava parlando? Si era già dimenticato di che cosa era stato capace di fare, di come si era ripreso in mano vita e palco dopo una sola manciata di settimane da un’operazione al cuore? Si era già dimenticato di come aveva tenuto insieme il gruppo per anni, un faro che aveva tenuto acceso la sua luce e aveva oscurato quel caos e casino che si era creato attorno a loro? Si era già dimenticato di come i suoi di problemi erano stati quasi in grado di distruggere il gruppo e di come ancora non si rendeva conto che era stato un miracolo se ne fosse uscito senza ferite o cicatrici perenni?

No, ovviamente no. Ovviamente lui non riusciva a vedere oltre quella che, ancor oggi, credeva fosse stata un’ingiustizia nei suoi confronti. Un trattamento ingiusto, fatto di multe salate da pagare perché arrivava in ritardo alle registrazioni o preferiva trascorrere metà del tempo perso fra i suoi problemi e palliativi che non facevano altro che peggiorare le sue paranoie e il suo terrore. No, ovviamente ora lui si erigeva a protettore e condottiero del gruppo, si vestiva di leader che si preoccupava del bene e della reputazione dello stesso e il cui unico problema, ora, era quella voce che aveva deciso di prendersi una salutare e più che meritata pausa.

Rabbia e frustrazione si ritrovarono ad allearsi, congiungere le mani e intrecciare le dita fino a quando non assunsero la forma e la sostanza di una palla. La gola si ritrovò a dover combattere contro quella sfera che si era e continuava a prendere sempre più spazio, i muscoli attorno alle corde vocali che diventavano sempre tesi e rigidi impedendo all’aria di passare e di trasformare l’impulso di cantare in note che, almeno un tempo, apparivano e si mostravano con vestiti di assoluta perfezione e celestiali. Il pugno si alzò quasi come se avesse una propria volontà e un proprio controllo, scontrandosi contro il leggio e facendo volare in aria il primo foglio dello spartito.

A fargli male non erano state le parole, per quanto anch’esse avessero adempito il loro compito e si fossero trasformate in sale che bruciava, oh se bruciava, le ferite già sanguinanti e aperte da molte settimane. A fargli male era stato il semplice, piccolo ma così doloroso particolare di chi aveva lanciato quelle sfere colme di aculei. Lui  era il suo compagno. Non ci doveva essere una sorta di alleanza fra coloro che si erano promessi di difendersi e proteggersi da ogni attacco esterno? Come poteva lui, la persona che solo un anno prima si era offerto di essere suo sostegno e sua fonte di forza, dimenticarsi ogni parola e attaccarlo alle spalle? Attaccarlo con quei colpi ben affilati e tesi, quelle punte e quegli artigli che conoscevano bene ogni punto debole e ogni traccia di pelle che si sarebbe piegata con sangue e dolore dietro il loro passaggio? Come poteva lui, anima gemella per sua stessa ammissione, non vedere che cosa si nascondeva dietro la sua maschera? Non vedere quanto lui si stesse aggrappando a quei frammenti della persona che era stata, e che forse non sarebbe mai potuto più essere, per non cadere in quel buco nero che aspettava solo di fagocitarlo con le enormi fauci?

L’argento microfono registrò il respiro che si levò dalle sue labbra, uno sbuffo d’aria che voleva buttare fuori tutti quei pensieri. Non poteva rimanere arenato su quel lido, altrimenti la rabbia e il dolore avrebbero vinto e lui si sarebbe ritrovato a sbattere la testa contro il muro mentre cercava un modo per risolvere quella diatriba.

Non voleva farlo, non almeno quella volta.

Non poteva sempre essere lui quello che faceva sempre il primo passo, colui che cercava sempre di acquietare le acque e far ritornare il sereno nella loro vita. Non poteva dedicarsi anche a quello, non poteva fermarsi e preoccuparsi di scoprire da dove avesse avuto origine tutta quella rabbia che si era scatenata, che era stata presa e scagliata contro di lui quel pomeriggio. Non poteva perché ogni energia rimasta, quelle poche che erano sopravvissute per chissà quale miracolo inatteso, non potevano essere sprecate e gettate via nel cercare di comprendere qualcosa che ancora Brian faticava ad accettare come reale. Era vero, in quei mesi si erano allontanati, lui si era allontanato per non far soffrire nessuno, ma mai si sarebbe aspettato quello tsunami che aveva preso forza quel pomeriggio.

“Non ho più paura di te!”

Il tono colmo di risentimento ritornò a bussare alle porte ma Brian lo scacciò via, ignorando completamente il tuffo doloroso del suo cuore che ancora sanguinava per quella ferita che si era creata con la sua anima gemella.

O, almeno, ci provò a ignorare quella fitta che non aveva niente di fisico.  Ma era sempre lì. Pulsava. Bussava. Strepitava, scalciava. Voleva essere presa in esame, voleva essere compresa e, più di tutto, voleva che qualcuno si prendesse cura di lei. Ma, per farlo, Brian avrebbe dovuto fermarsi e ascoltare quei sentimenti, quelle reazioni che sarebbero state capaci di ridurlo a pezzi. Di questo ne era sicuro. Stava sopravvivendo di tensione e di nervi, si stava cibando di quella rabbia e di quell’orgoglio ferito che voleva dimostrare a tutti quanto si stessero sbagliando e quanto, invece, c’era ancora forza dentro quella voce ridotta in sussurri e frammenti.

Un respiro. L’attacco che arrivò come un momentaneo sollievo dalla piega che i suoi pensieri stavano prendendo. Canta, si incoraggiò Brian. Canta e dimentica tutto quello che è successo.

Le labbra si aprirono. L’aria incominciò a risalire la trachea, le corde si prepararono per muoversi e modellare la voce affinché emettesse le note che erano state imparate come se fossero accordi di una melodia basilare e fondamentale.

“Wanna be just...”

Ed ecco che, ancora una volta, per l’ennesima volta quella notte, la voce si ruppe e si spezzò ancor prima che potesse terminare la prima strofa. Nemmeno quattro parole, perché essa si era dissolta su quel just che era venuto fuori come se qualcuno avesse messo le mani attorno al suo collo e avesse incominciato a stringere e stringere, stringere fino a quando nessun filo di aria potesse uscire. La fitta di dolore infiammò la gola, risalendo sulle vie e le autostrade del sistema nervoso fino a quando giunse al quartiere generale: l’allarme risuonò nella testa, un segnale che invitava il corpo a smettere e interrompere quell’azione così deleteria per il suo benessere e funzionamento.

La frustrazione si prese il centro del palco, facendo sbattere il pugno contro il leggio che, come se fosse stato di carta, dondolò per qualche secondo. La musica continuò a proseguire nel suo viaggio, anche quando le cuffie furono riappoggiate al loro posto, ignara di quelle gocce di lacrime che si stavano radunando negli occhi.

Tanto, a che cosa serviva continuare?

La sua dimostrazione di testardaggine si era già frantumata di fronte allo scoglio della realtà, cruda e spietata nel distruggere le sue speranze e quella voglia di rivalsa contro chi lo stava già cancellando da quel mondo. Quel desiderio di dimostrare che era sbagliato, dannatamente sbagliato, non poter più contare sulla sua voce e su di lui.

Ma la verità era ben altra. La realtà era che l’unica persona a sbagliarsi era solamente e proprio lui. La realtà era che, a malincuore, doveva accettare che le parole di quel pomeriggio fossero un pozzo di verità che lui non voleva e non poteva accettare.

Come poteva accettare quella situazione?

Come poteva accettare di non poter più cantare come aveva sempre fatto? No, nemmeno e solamente quello. Come poteva accettare che il suo stesso corpo, il suo stesso cervello, si stava alleando per fargli appendere il microfono e andare in pensione prima del tempo?

Come poteva non dar ragione a Nick?

Come poteva non dargli ragione quando la sua voce non aveva fatto altro che dar sostanza e forma alle sue più temibili e spaventose paure? Come poteva non dargli ragione quando aveva semplicemente osservato, e sottolineato, che non sarebbe mai stato in grado di mentire e illudere tutti una volta che sarebbe salito sul palco? Il ricordo della manciata di esibizioni che avevano fatto durante l’inverno ritornò prepotentemente alla ribalta, rammentandogli tutti gli attacchi di panico e di ansia che avevano costellato i minuti prima di salire sul palco o uscire sotto le luci dei riflettori; gli rammentarono le lacrime di frustrazione che aveva rimangiato indietro ogni volta che si era risentito, ogni volta che si era ritrovato a scorrere via commenti e domande di fans che sapevano perfettamente che qualcosa non andava.

Come avrebbe potuto portare avanti non solo tutta la promozione ma anche un tour mondiale? Come avrebbe potuto sorridere e pretendere che niente stava andando a rotoli, che la maschera non si stava spezzando assieme a quelle note che scomparivano insieme alla sua voce?

Non poteva dubitare. Non poteva commettere nessun passo falso.

Che cosa gli sarebbe rimasto, altrimenti?

Non voleva accettare la proposta di Kevin, mettere i freni a quel treno che aveva lasciato la sua stazione di partenza già da troppo tempo, fin troppo per poter tirare la manovella e chiedere di poter aspettare che lui rindossasse i soliti panni di faro e luce. Ed era, poi, quello che davvero avrebbero fatto? Davvero avevano intenzione di fermare tutto, qualcosa di così eccezionale che capitava solamente una volta nella vita e carriera di un gruppo, solamente perché lui si era rovinato la vita e non sapeva come uscirne? Davvero, Kevin, avrebbe continuato a offrirgli il suo supporto anche quando avrebbe scoperto la verità, quel segreto che ancora nessuno era riuscito a soffiargli via?

“Non so se guarirò, Kevin. Non è solo la voce...”

Conosceva suo cugino. Sarebbe stato un peso troppo grosso per continuare un tour che avrebbe dovuto presentarli, ancora una volta, al mondo. E non avrebbe compreso. Nessuno avrebbe compreso per quale motivo lui voleva continuare a sottoporsi a quella tortura, perché era quello che il canto era diventato, invece di prendersi una meritata pausa e pensare a rimettersi in piedi. Quella era invece la vera condanna per Brian, lui che non era mai stato capace di rimanere senza niente da fare. Rimanere impassibile mentre il tempo scorreva via, la vita scorreva via, e lui non ne faceva parte solamente perché il suo corpo si rivelava essere un prodotto difettato. L’aveva già vissuta quella sensazione, seppur con l’incoscienza di un bambino che considerava un’ingiustizia il solo non poter andare fuori e giocare con i suoi amici. L’aveva già vissuta e ora, a mente fredda e con la maturità dell’essere adulto, si ricordava alla perfezione che cosa volesse significare essere chiusi in un angolo, tagliati via da tutto; essere compatiti, essere vittime di pietà perché sembrava un’ingiustizia che tutto ciò dovesse succedere sempre e solamente a lui; sapeva già fin troppo bene quali parole sarebbero state usate nei suoi confronti, un presente che si sarebbe trasformato in un passato narrato con nostalgia.

Non voleva essere quello.

Voleva essere Brian, anche se non sapeva più esattamente chi fosse quella persona.

Voleva essere se stesso. Voleva continuare a essere quel ragazzo che aveva sempre preso la vita con facilità, lasciandosi avvolgere da tutte le cose belle che la vita e che Dio gli aveva donato; voleva continuare a godersi la sua famiglia, quella famiglia per cui aveva lottato e che molti avevano storto il naso e gufato che non sarebbe durata. Invece...

Invece non si stava godendo niente di tutto quello perché ogni secondo della sua vita era stato avvelenato da quello che gli era capitato, ogni aspetto era stato preso e capovolto come se non ci fosse nessun’uscita d’emergenza.

Come poteva spiegare tutto questo? Come poteva qualcuno comprendere come non ci fosse via d’uscita, come nessuna terapia sarebbe stata in grado di riportarlo a ciò, e colui, che tutti volevano e pretendevano? E la rabbia era diventata ancora più potente davanti ai loro sguardi accusatori, davanti ai dubbi che lui non stesse davvero facendo tutto quello che serviva per continuare a lavorare, per continuare a essere quella colonna solida a cui tutti si erano appoggiati, su cui persino Kevin si era affidato quando aveva deciso di abbandonare tutto perché stanco dei drammi e del mondo della musica.

Chi era il vero codardo?

Non lui. Certamente, non lui. Se fosse stato codardo avrebbe abbandonato tutto. Avrebbe salutato quei manager che a malapena sopportava e tutti quei bocconi amari che aveva e che continuava a inghiottire perché tanto la sua opinione non contava mai nulla. Se fosse stato davvero codardo avrebbe salutato tutti e si sarebbe rintanato lì, a Hope Ranch, e si sarebbe trovato un lavoretto come insegnante e avrebbe continuato la sua normale vita di padre, seguendo Baylee in qualsiasi avventura avrebbe voluto prendere parte. Avrebbe continuato a essere il compagno di Nick, sempre ammesso e concedendo che fosse quello lo stesso pensiero o se, invece, anche lui avesse già deciso che era troppo difficile stare al suo fianco in quel momento.

Forse era meglio se fosse stato lui a scindere ogni redine. Lasciare libero il gruppo. Lasciare libero Nick. Se ne sarebbe andato da qualche parte, il mondo si sarebbe dimenticato di lui e lui si sarebbe dimenticato di come ci si sentiva a essere il centro dell’attenzione e a quanto appagante fosse sapere di avere il potere di far felici persone che nemmeno conosceva, visi che si fondevano l’uno nell’altro ma che avrebbero sempre ricordato il momento in cui la sua voce aveva accarezzato le loro cicatrici e le aveva lenite, portando una boccata di aria e di felicità.

La frustrazione e la rabbia, il rifiuto di continuare a rimanere vittima di quella spirale e di quel circolo vizioso, si trasformò in lava di un vulcano che eruttò all’improvviso: la mano prese i fogli e li fece volare via, lontani da quella voce che non riusciva più nemmeno a seguire quelle note così facili e semplici. Non ne aveva bisogno, d’altronde. Poteva continuare anche senza spartito.

Avrebbe continuato, su quello non ci sarebbe mai stato nessun dubbio. Avrebbe continuato, Brian, fino a quando si sarebbe ritrovato solamente con un filo sufficiente a far entrare e uscire l’aria per respirare; e, forse, persino in quel frangente avrebbe tentato ogni possibilità e ogni risorsa pur di non arrendersi. Pur di non capitolare ed esser costretto ad ammettere la sconfitta. Così Brian riprese a cantare, anche se la musica era andata avanti senza di lui, anche se non era più la sua parte quella che si stava apprestando a cantare.

Ma non importava.

Brian attaccò le note senza nemmeno prendersi un secondo per respirare o per calmarsi. Le spalle si alzavano e si abbassavano sotto il peso, e la spinta, di quel temporale che cercava in tutti i modi di uscire dal suo sterno. La rabbia voleva uscire, era come un leone che si sentiva prigioniero in una gabbia e le cui zampe stavano scalpitando per poter azzannare e graffiare. Ma l’unica cosa che esse riuscivano a graffiare erano quelle fragili corde vocali perché quella foga, invece che aiutare il proprio proprietario a sconfiggere i nemici e riprendersi il proprio posto, lavorava contro di lui. Le note uscivano spezzate, atone sillabe che le labbra continuavano a pronunciare mentre Brian cercava di combattere e sconfiggere quel blocco che non dipendeva, non più, solamente dalle sue ansie e dalla tensione.

La canzone terminò e, solo in quel momento, Brian si lasciò conquistare e fagocitare da quella rabbia che covava, quella dolorosa accettazione che aveva di nuovo fallito. Dalla gola, affaticata e dolorante, si librò un urlo capace di trasmettere tutta la disperazione, angoscia e odio per quella persona in cui si era trasformato; in un gesto impossibile da prevedere, il leggio si ritrovò  a sbattere contro la porta, un rumore secco che echeggiò nella piccola stanza e che vibrò assieme ai singhiozzi; le lacrime che ormai scendevano liberamente, sintomi e prove di una giornata che stava finalmente riscattando il prezzo di quelle settimane e di quei mesi in cui ogni emozione e reazione era stata taciuta. Si era aggrappato, Brian, a una forza che ormai era esaurita, scomparsa in quel buco che finalmente poteva aprirsi sotto i suoi piedi e lasciar uscire quegli artigli che bramavano sangue e carne.

Brian aveva fallito.

E, forse, era ora giunto il momento di abbandonare la battaglia.






*********





I fari della macchina illuminarono una striscia di spiaggia, uno spicchio di luce gialla che si adagiò sulla cresta dell’acqua e che, come in un gioco di bambini, si ritrovò a essere divisa in riflessi multicolori prima di ritornare a essere una sfumatura di nero profondo. Silenziosamente l’auto si fermò di fronte all’unica casa che troneggiava in quell’insenatura, una conca creata dall’acqua e dalla natura e che poi l’uomo aveva deciso di sfruttare per dar vita a quel rifugio in cui potersi nascondere da tutto e da tutti.

Nick spense la macchina ma non uscì subito da essa: le mani rimasero ben strette attorno al volante mentre lo sguardo cadde sulle facciata della casa totalmente avvolta dal silenzio e dal buio. Sembrava non esserci nessuno ma era quella la lezione che Nick si era ritrovato a imparare in quella manciata di ore, intreccio di mesi e settimane che ora avevano semplicemente il peso di un periodo senza tempo e misura: l’apparenza era una maestra nel tendere inganni, dipingere la realtà con colori e tessuti in grado di mascherare anche una conoscenza che avrebbe dovuto essere chiara e limpida.

E lui ci era cascato in pieno in quel tranello.

La casa appariva vuota ma Nick sapeva che non era così e che l’oscurità mascherava e nascondeva la persona che era venuto a cercare. D’altronde avevano comprato quella casa esattamente per quel motivo: rifugiarsi quando il mondo sembrava esser diventato troppo pesante da sopportare e tutto quello di cui avevano bisogno era stare assieme, vivere il loro amore e il loro rapporto senza i giudizi e i costanti sguardi delle altre persone.

Era stato amore a prima vista. L’avevano notata quel primo giorno in cui le loro anime si erano unite e avevano immediatamente pensato che potesse essere quello il posto perfetto per costruire la loro famiglia: distaccata dalle altre, stile e struttura completamente differente e così nascosta dalla natura che era impossibile che qualcuno delle loro fans potesse trovarla consultando internet. L’avevano comprata al volo e si erano trasferiti non appena erano riusciti a rimetterla in sesto, domeniche trascorse a dipingere e sabati pomeriggi trascorsi fra un negozio di arredamenti e uno di oggetti di casa. In quei frangenti, in quegli attimi, era stato così semplice credere che tutto potesse andare al meglio: il sole aveva donato a Brian un’abbronzatura dorata sulla sua pelle, il viso si rilassava non appena i polmoni inspiravano l’aria salmastra e gli occhi perdevano quell’espressione tormentata e preoccupata che oscurava l’azzurro ogni volta che tornavano in città. Nick aveva creduto che potesse essere così semplice, Si era lasciato prendere vittima nella rete intricata delle apparenze e aveva creduto, ciecamente e fortemente, che potesse bastare un pizzico di amore e di riposo per rimettere in senso decenni di abusi e di autodistruzione.

Ma, con l’arrivo delle autunno, tutto era cambiato. La sua vita aveva incominciato a trasformarsi in una strada lastricata di opportunità e di progetti e, così, tutte le sue promesse di combattere a fianco di Brian si erano sentite messe da parte e, con il passare del tempo, si erano allontanate con il capo abbassato e una stretta attorno al cuore.

Come aveva potuto comportarsi in quel modo?

Ecco dov’era nata la rabbia di quel pomeriggio. L’odio non era mai stato rivolto a Brian, le punte avvelenate delle parole erano ritornate e avevano colpito la sua anima, portando come prova dei suoi crimini quegli sguardi e quelle espressioni che lo incolpavano di abbandono. Non aveva potuto ammettere la verità, non aveva potuto guardare in faccia Brian e ammettere tutte le sue mancanze, tutte quelle scuse che avrebbero dovuto uscire invece di attacchi e di ingiustizie. Ed era stato un lavoro facile, così semplice perché erano innamorati, erano l’uno la gemella dell’altro e ogni debolezza e fragilità era già stata offerta su un vassoio d’argento e ornato delle più preziose decorazioni

Come aveva potuto distruggerlo in quel modo?

In fondo all’anima, in quell’angolo dove aveva relegato ogni ricordo di un periodo che avrebbe voluto dimenticare e scambiare con qualcun altro, Nick sapeva che la motivazione di quel gesto non era stata rabbia, non per lo meno fine a se stessa e  volta a creare la maggior distruzione e dolore possibile; non era arrabbiato con Brian, a parte quella lieve sfumatura rosacea per non essere stato usato come spalla su cui appoggiarsi o sfogarsi nei momenti peggiori. La rabbia era per quello che gli stava succedendo, un’ingiustizia perché se c’era una persona che non meritava quell’inferno era proprio il suo compagno, quella persona così sempre sicura di sé e della sua identità e che ora sembrava essere impaurito anche della sua stessa ombra.

E una fredda e ghiacciata ombra si era avvolta attorno a Nick quando, una volta tornato a casa, si era accorto dell’assenza di Brian. Non c’erano parole per spiegare quella sensazione, quell’immediata e assoluta consapevolezza che quell’assenza era più di un semplice ritardo o di un bisogno di rimanere da soli o lontano da lui. Nick l’aveva saputo sin dal primo momento in cui aveva messo piede in casa e il freddo lo aveva colpito in pieno stomaco, riuscendo a farlo boccheggiare e annaspare per la mancanza di ossigeno. Come una fantasma, Nick aveva percorso ogni centimetro della casa, sfiorando fotografie e mobili come se potesse riportare Brian lì con lui con solamente la forza del pensiero e del suo desiderio. Non voleva, Nick, essere lasciato in quel modo. Non voleva, Nick, che quella relazione si trasformasse nell’ennesimo fallimento, quell’impossibilità di poter essere per Brian ciò che lui era sempre stato nei suoi confronti: avrebbe dovuto offrire supporto, avrebbe dovuto offrire quella difesa e protezione che aveva semplicemente e solamente messo in parole dentro una stupida canzone.

Un tempo, forse, Nick si sarebbe rintanato in un angolo e avrebbe maledetto la sua mala sorte, quella sorta di maledizione che rovinava sempre ogni sua relazione e che gli strappava via sempre l’amore e l’opportunità di essere amato e felice. Non più ormai. Nick non era più quel ragazzino che covava così rancore e non riusciva mai a trovare la forza per lottare per ciò che amava e che gli spettava di diritto. Oh, la paura che quell’assenza potesse trasformarsi in qualcosa di tangibile e definitivo era lì, sussurrava e tremava sotto i nervi e la pelle. Ma Nick la usò per non arrendersi, la usò come energia per rimettersi in piedi e recuperare le chiavi della macchina. La usò come benzina per una ricerca in ogni angolo della città, perché più di tutto Nick voleva e doveva ritrovare Brian. Non solo per salvare il loro rapporto, non solo per abbassare lo sguardo e chiedere perdono per il suo egoismo ed egocentrismo che gli faceva sempre dimenticare che esisteva un mondo attorno a lui.

Ma soprattutto per salvare Brian.

Si stava perdendo, Brian. Nick lo aveva visto nei suoi occhi, in quell’espressione vacua che non aveva nemmeno mostrato un accenno di reazione quando lui gli aveva confidato la sua sicurezza in un suo recupero. Brian si trovava in quel luogo dove Nick era rimasto per fin troppo tempo, reso schiavo da un’insicurezza che si era trasformata in carceriere e tormentatore.

Il suono della portiera che si apriva e richiudeva echeggiò fra il rumore delle onde che si infrangevano sulla spiaggia. Era lì e Nick lo sapeva perché quel luogo, quella casa, racchiudeva l’ultima fonte di speranza e di fede a cui Brian avrebbe potuto aggrapparsi in quei momenti. Nick salì velocemente i pochi scalini dell’ingresso e la sua intuizione si rivelò esatta quando bastò una semplice spinta per aprire la porta di casa.

“Bri, questo è un invito a qualsiasi ladro a entrare. O, peggio, una fan!”

“Non fare il solito uccello del malaugurio. Chi vuoi che ci trovi così lontani dalla civiltà?”

“E i vicini? Non li conosciamo nemmeno...”

“No! – lo aveva interrotto Brian mentre svuotava il sacchetto della spesa. – Tu non li conosci perché nemmeno hai fatto uno sforzo per sapere chi erano.”

“Okay, okay. – Si era arreso Nick, indeciso come sempre sul posto della frutta. – Ma le mie fans sono psicopatiche. Potrebbero trovarmi ovunque! Un giorno torneremo a casa e le troveremo sedute sul divano a spulciare la nostra posta.”

“Beh. – Era stata la risposta di Brian alzando le spalle. – Vorrà dire che le costringerò a fare tutti i lavori che tu dimentichi. E la frutta va in frigorifero altrimenti va male in pochi giorni.”

Nick scosse la testa, allontanando il ricordo e sorridendo di fronte alla semplicità e domestichezza di quell’immagine. Tutto era sembrato così semplice e Nick rivoleva quei momenti, quegli attimi di cui sentiva così tanto la mancanza ogni volta che era lontano o che stava lavorando ed era un conforto sapere di avere una casa a cui poter tornare. Una famiglia.

Ancor prima di domandarsi dove Brian avrebbe potuto nascondersi, un rumore sordo lo indirizzò verso il piano sotterraneo, lì dove avevano costruito un piccolo studio di registrazione. Era stata, ovviamente, un’idea di Brian e lui lo aveva seguito, contento semplicemente di come entusiasta era apparso Brian nel parlare di fare musica e di un futuro colmo di progetti e di canzoni. L’ennesimo segno ingannatore, l’ennesima apparenza che lo aveva fuorviato e portato così lontano dalla realtà.

“Non è un’idea stupida, se ci pensi. E’ un investimento, ma non abbiamo problemi di soldi. E, una volta recuperate le spese, potremo persino risparmiare tutti i soldi che spendiamo per affittare uno studio.”   

Preoccupato per ciò che quel rumore potesse significare, Nick si affrettò a scendere le scale e dirigersi verso la stanza. Una volta aperta la porta Nick impiegò qualche secondo per registrare ciò che i suoi occhi stavano vedendo: dalle casse si sentiva, quasi come una malefica e diabolica litania, delle noti che a sprazzi uscivano come un eco di una voce che era stata; fogli erano stati gettati tutt’intorno, il leggio giaceva in un angolo come se una tempesta lo avesse preso prigioniero e poi buttato quando si era reso conto che non poteva essergli utile. E poi, in mezzo a quel ciclone di distruzione, ecco Brian. O una forma che poteva assomigliare a lui perché Nick faceva fatica a riconoscerlo, faceva fatica a riconnettere l’uomo che amava con quella figura che tremava e si sforzava di non lasciar scappare via la bestia di rabbia che si era presa possesso dei suoi lineamenti.

Agì d’istinto. Agì senza nemmeno pensare a qualcosa da dire, o a far sapere a Brian che si trovasse lì con lui. Agì con l’unico desiderio di fare qualcosa, di far capire e comprendere a Brian che non era da solo in quella battaglia. Di fargli finalmente arrivare il suo supporto e il suo amore, sottolineando in ogni forma come non lo avrebbe mai lasciato. Non per una discussione che ora sembrava sciocca e stupida. Non per qualcosa che doveva rimanere nel passato, perché tutto quello che ora aveva importanza era far sì che Brian non cadesse in quel pericoloso e mortale vortice di distruzione.

Le braccia di Nick si strinsero attorno al suo corpo, ancora tremante e fremente per l’energia che viaggiava attraverso i nervi, muscoli che cercavano di ribellarsi a quell’immobilità e a quella sensazione di essere stati fatti prigionieri. Brian tentò di divincolarsi, c’era un peso che stava tentando di distruggere e di schiacciare il suo petto e la sua mente continuava a ripetergli che solamente la libertà avrebbe potuto offrirgli conforto e sollievo da quel dolore opprimente. Cercò, Brian, inutilmente di liberarsi e di allontanarsi perché una parte di sé non voleva essere così vicino a Nick, non dopo tutte le ferite e i colpi che erano stati infieriti in un frangente che non poteva avere nessun legame o collegamento con quello che lui e Nick erano diventati nei passati mesi.

Non voleva il suo conforto. Non voleva le sue carezze e quell’abbraccio che, a ogni secondo che passava lentamente, diventava sempre più opprimenti e soffocante. Non voleva le sue scuse, non quando le sue parole e i suoi sguardi erano stati capaci di distruggere le sue difese e lo avevano ridotto in quelle condizioni, un’ombra nera e fragile che stava cercando disperatamente di recuperare parte fondamentali del suo essere e del suo spirito. Brian non aveva bisogno di Nick, non aveva bisogno che gli ricordasse quanto poco ci fosse della persona che era sempre stata e che mai avrebbe permesso a parole e veleni di entrare e portare distruzione. Brian non aveva mai avuto bisogno di Nick, colui che si era professato suo amico ma che poi l’aveva abbandonato di fronte alla prima difficoltà e al primo vero ostacolo; colui che si era professato suo amante e suo compagno, sua metà e anima gemella e che poi si era dimenticato persino della sua stessa esistenza fino a quando essa si era dimostrata troppo dolorosa da nascondere sotto i drappi o da rimettere sotto il letto.

Non lo voleva nemmeno in quel momento. Non voleva aver bisogno di Nick, non voleva aggrapparsi a quelle braccia affinché lo salvassero e gli impedissero di rinchiudersi in se stesso, di proteggere e di farsi ferire da quell’oscurità e da quel veleno che sembravano diventare sempre allettanti e attraenti: nelle loro braccia non avrebbe più sentito nulla, anestetizzato da tutte quelle parole che il suo stesso cervello formulava e che avevano lo spessore e la potenza delle più affilate e appuntite spade. Voleva rinchiudersi là e non essere più raggiunto da niente e nessuno, soprattutto da quella disperazione che le braccia di Nick riuscivano a lasciar trapelare e che era in grado di risvegliare una parte di se stesso e della sua anima che Brian aveva pensato che fosse già stata distrutta, prima vittima di una battaglia che non sarebbe mai finita fino a quando uno dei due combattenti avrebbe alzato le mani e dichiarato la propria arresa. Non lo voleva, almeno così una parte della sua anima e del suo spirito continuavano a ripetere, gridare e urlare. Non voleva aggrapparsi a Nick, non voleva lasciarsi prendere dallo sconforto e ammettere anche con lui ciò che ormai tutti sapevano. Ciò che Nick stesso gli aveva urlato con una rabbia che ancora stava cercando una vendetta e un secondo round per poter prevalere. E fu a quella che Brian si aggrappò, si lasciò accecare da quell’unica fonte di energia rimastagli.

“Sei contento, no? Sei soddisfatto di aver avuto ragione?” Il tono era iniettato di veleno, una serpe che si era ritrovata ferita e aveva solamente quel siero per poter sconfiggere il suo nemico. Era un sussurro, un intreccio spezzato di sillabe e di intonazione che spesso, ogni secondo, si ritrovava a dover combattere contro quel muro creato non solo dai muscoli della gola ma anche con il panico e lo stress che rendevano tutto ancor più complicato.

Nick non si lasciò sfiorare da quell’accusa. Forse, qualche anno prima, si sarebbe sentito toccato e ferito dal tono che Brian stava usando con lui e si sarebbe rivoltato contro di lui esattamente come aveva fatto qualche ora prima. Seppur le motivazioni dietro la sua sfuriata e uscita melodrammatica erano così differenti, così agli antipodi, che non era nemmeno possibile comparare quei due Nick. Ora, nella sua mente, c’era solamente un unico pensiero “calma Brian. Ha bisogno di te, anche se non vuole ammetterlo.” ed erano quelle frasi a erigere la più alta e resistente delle difese. Perché Brian non stava urlando contro di lui, contro Nick. Quelle frasi, quell’odio che si sentiva nelle vocali e che rendeva più tagliente una voce spezzata e senza respiro, erano rivolte contro Brian stesso ed era quella una cosa che Nick conosceva bene, fin troppo bene. E faceva male vedere Brian, il suo Brian, ridotto in quelle condizioni. Faceva male vedere la sua altra metà, quella persona così forte e orgogliosa, essere trascinata in quel vortice nero da cui Nick era riuscito a malapena a uscirne.

Così le braccia si strinsero ancora di più attorno a Brian, le labbra si posarono sulla pelle madida e bagnata del collo e il naso si ritrovò ad accarezzare le punte dei capelli. Brian oppose più resistenza, cercò in tutti i modi di allontanarsi da quei tocchi che riuscivano a portare un sollievo alle sue ferite, che sapevano attrarre la sua anima e le ricordavano per quale motivo si erano stretti e intrecciati in un unico cammino e famiglia. Ma Nick non glielo permise, non gli avrebbe più permesso di nascondersi e di scappargli via. Era il suo turno di lottare per e contro di lui e non importava con quante cicatrici e segni ne sarebbe uscito: quando sarebbero usciti da quel temporale, lui e Brian mano nella mano, ognuna di quelle lacrime sarebbe scomparsa come se non fosse mai esistita. Ne sarebbe valsa la pena. Così strinse di più il suo abbraccio e le dita incominciarono a lasciare tocchi di carezze sulla pelle del polso di Brian.

“Come posso essere contento se tu stai male? Davvero mi credi così crudele?”

Un mezzo respiro si trasformò in un attacco di tosse, respiro e lacrime che si erano dati a pugni per poter uscire e che, alla fine, si erano ritrovati sconfitti da una forza ancor più potente. Brian sapeva che avrebbe dovuto calmarsi, respirare a lungo e tutte quelle inutili parole che la sua terapista era solita ripetere ogni volta che lo spingeva ad affrontare un discorso che faceva scattare i campanelli d’allarme. Nemmeno quello era mai servito, il panico e la disperazione sembravano sempre trovare il modo per fare battaglia e baldoria e, in quel momento, erano lì pronte per far stappare le bottiglie di champagne perché le truppe nemiche e di difesa erano state sconfitte.

“Come posso crederti dopo oggi?”

“Scusami. Dio, Bri... non avrei mai voluto arrivare fino a quel punto. Ma non.. non sapevo come far breccia dentro a quel muro in cui ti sei nascosto. E ho sbagliato. Ho totalmente sbagliato.” Ancora aveva i brividi, Nick, se ripensava a quella discussione. Non solo per le parole che aveva usato, non solo perché aveva dato dimostrazione di quanto ancora fosse immaturo e incapace di sostenere quel peso: la responsabilità di riprendere Brian e portarlo lontano da quel precipizio al quale si stava pericolosamente avvicinando. Mancava poco, quello era stato il pensiero che lo aveva scosso e percosso nel peggiore dei modi. Era bastato osservare, realmente e attentamente per la prima volta durante tutti quei mesi, lo sguardo ormai vacuo e privato di ogni emozione di Brian per capire che tutto stava per finire. E nel peggiore delle possibilità e dei finali.

Come aveva fatto, Nick, a non accorgersene?

Come aveva potuto, lui che si era sempre fatto orgoglio di quanto bene conoscesse ogni sfumatura di quell’azzurro? Gli occhi di Brian erano più di una finestra della sua anima, i suoi occhi erano capaci di sottolineare e di rendere più incisive, più profonde e, spesso, anche più spietate le parole che venivano pronunciate da quella voce che ora stava scomparendo. L’azzurro di Brian, soprattutto quella calda e profonda sfumatura che era sempre riservata a lui e Baylee, narrava e rassicurava di un amore, di una lealtà e una devozione che era difficile da trovare in un mondo in cui tutti preferivano pensare prima a se stessi e solo in un secondo momento alla persona amata. Quel Brian era scomparso, era stata quella la dolorosa realtà che aveva lasciato Nick boccheggiante. Quel Brian era scomparso insieme a quella luce che aveva sempre reso rari e unici i suoi occhi.

E lui, e Nick, non se n’era nemmeno accorto.

E si era impaurito. La gravità della situazione lo aveva preso in contropiede, lo aveva costretto ad affrontare quei discorsi senza nemmeno aver preparato le parole o cercato un modo per riuscire a far passare il suo messaggio. Aveva sperato in quella canzone, quelle strofe che aveva creato e a cui aveva affidato la sua preghiera, il suo scongiuro affinché Brian si lasciasse finalmente avvolgere dalle sue braccia e gli affidasse il compito di aiutarlo. Di proteggerlo. Di difenderlo.

“E  questo é il più grande eufemismo di tutta la storia. – La battuta uscì sibillina, anche se un parte, una minima e intangibile punta di rabbia scivolò via e scomparve dal corpo di Brian. L’ammissione di Nick era già una medicina, una sorta di sciroppo che portava via l’infiammazione e faceva apparire ciò che si era ed era stato nascosto dalle fiamme e dal fuoco. Quell’ammissione riportava le lancette indietro, resettava tutto affinché rimanessero solamente loro due, due ragazzi con due passati completamente differenti e così ancora incapaci di lasciarseli alle spalle e di dimenticarsi degli errori fatti in passato. – Ti avevo avvertito. Te l’avevo detto che non potevo promettersi fiabe o favole.”

La ferità ancora pulsava. Il tradimento per esser stati abbandonati faceva ancora male e non sarebbe bastata una semplice scusa per rimettere tutto a posto. E Nick questo lo sapeva.

“L’ho scritta per te. La canzone. Non sapevo come fare, non sapevo come raggiungerti e strapparti da quell’incubo in cui ti eri nascosto. Dall’incubo da cui mi hai escluso, come se questa fosse solamente una tua battaglia e non una guerra che avremmo dovuto combattere insieme. Per questo ho scritto queste parole. Voglio essere il tuo scudo. Non so, non potrò mai sapere effettivamente e realmente che cosa significa dover fare i conti con questo, con la tua voce, ogni giorno ma...”

“Ma cosa?” Brian si staccò di colpo da Nick, quell’ultima frase era stata capace di riaccendere la rabbia e di darle ancora più benzina. Era come se ci fosse un mostro dentro Brian, una bestia che stava allungando i suoi artigli e stava scalpitando per poter uscire e potersi finalmente sfogare contro qualcuno. Poter finalmente ferire e lasciare il segno del suo passaggio su qualcun altro.

Nick tentò di avvicinarsi. Tentò di allungare la mano e riavvicinare Brian contro di lui. Ma il maggiore si staccò, il corpo che quasi cercava in tutti i modi di evitare ogni contatto quasi come se avesse paura di contaminarsi. O di arrendersi senza prima essersi sfogato, senza prima aver buttato fuori tutte quelle accuse che stavano facendo marcire un’anima che già si era ritrovata con più falle e fragilità di quanto avrebbe mai potuto immaginare.

“Sto solo dicendo che fa male vederti così. Fa male non poter far nulla per...”

Quel mostro non riusciva a sopportare quel vittimismo, non voleva e non poteva permettere che Nick scambiasse i ruoli e lo facesse passare per il cattivo della situazione. Come poteva anche compararli? Certo, Brian stesso era consapevole di quanto doloroso potesse essere starsene in un angolo e sentirsi inutile mentre la persona che amavi soffriva e si allontanava ma...

Brian scosse quel pensiero mentre il peso contro il suo petto diventava ancora più pesante e ancor più difficile diventava riuscire a respirare.

O pensare.

Mille voci si confondevano dentro la sua testa, voci che gli dicevano che doveva continuare a combattere contro Nick, allontanarlo prima che potesse venire risucchiato in quel vortice; voci che, invece, puntavano il dito contro il ragazzo e lo imputavano di tutti i possibili crimini che avrebbe compiuto, il peggiore di tutti quello di non solo averlo lasciato da solo a combattere ma aver preso armi e averle rivolte contro di lui. In quella cacofonia di urla, un sussurro si levava da una parte remota della sua anima e lo incitava, voleva spingerlo a finalmente abbandonare quell’ultima remora di roccia a cui si stava aggrappando  e lasciare che fosse Nick, per una volta, a essere l’eroe e trarlo in salvo. Ma tutte quelle voci scomparivano, si silenziavano di fronte a quella spezzata e ansimante, rauca come se fosse stata abusata e vittima di un’infinita influenza, che ancora riempiva l’aria in sottofondo. La sua voce che tentava di cantare una canzone che Nick aveva scritto per lui, una preghiera affinché riuscisse a ricordare che aveva un alleato, che qualcuno voleva prendere il suo posto in quella battaglia e non si tirava indietro, nemmeno se significava prenderlo e metterlo di peso di fronte al riflesso dell’uomo, dell’ombra, che era diventato.

L’attacco divenne ancor più pressante, Brian si sentiva preso ostaggio da infinite desideri e non aveva idea di quale fosse la voce che avrebbe dovuto seguire.

“Ascolta Nick. Ascolta il tuo cuore.” sembrò suggerire la sua anima ma Brian si sentiva ancora arrabbiato, profondamente ferito e profondamente dispiaciuto per non essere capace di perdonarlo e di scusarsi perché anche lui aveva commesso i suoi errori e non c’era mai stato mai nessun altro bisogno se non quello di far felice Nick, di lenire i suoi di dolori e di dubbi.

“Ascolta Nick. Vuole aiutarti.”

Come poteva aiutarlo? Come poteva lui, Brian, aiutare Nick quando non sapeva nemmeno che cosa gli stava succedendo? Il suo mondo si era completamente distrutto, mesi prima di quella discussione, e lui si era semplicemente lasciato andare, lasciar trasportare via da quelle correnti fredde e ghiacciate.

“Non puoi far nulla, Nick. – La voce di Brian uscì in un piatto e atono sussurro. Gli occhi si chiusero, non volendo lasciar uscire e rendere visibili tutta la distruzione che si portava dentro. – Non c’è nulla...”

“No. – Lo interruppe Nick. – No. Lo dici solo perché sei stanco. E ci credo che lo sei. Ma non puoi abbandonare così. Non puoi perdere la speranza di...”

“Di cosa? Di tornare a cantare? Di tornare a essere il cantante che tutti vogliono? Di tornare a essere il Brian di sempre? – Da sussurro la voce si alzò e incominciò a prendere le somiglianze di un urlo, un grido di un dolore che finalmente aveva trovato un’apertura e un’uscita e non avrebbe sprecato quella sua unica opportunità di fuga. – Nn succederà Nick! Non sarò mai più quella persona. Non potrò più cantare, per quanto io continua a intestardirmi. E odio tutto questo. Odio, odio, odio ciò in cui mi sono trasformato. Odio questa voce.”

Nick fece ancora un passo in avanti, costringendo Brian a fare un passo indietro perché non lo voleva vicino, non quando si sentiva come se le mura di quella stanza avessero deciso di rimpicciolirsi e di stringersi attorno a lui, risucchiando via anche quel poco di ossigeno che i suoi poveri polmoni riuscivano a malapena a lavorare e trasformare in aria preziosa e necessaria. Ecco quello di cui aveva bisogno Brian in quel momento: spazio. Aria. Una distanza di sicurezza che potesse difendere e proteggere Nick nel caso in cui il mostro avesse deciso che il suo sangue non era più sufficiente, che per sopravvivere aveva bisogno di altra energia, di un’altra anima da ridurre poco più di un deserto arido. Eppure, allo stesso tempo, c’era il bisogno di annullare quella distanza e di gettarsi contro Nick, buttargli tutto quel peso che lo stava soffocando nella speranza di poter riempire il suo spirito con speranza e fiducia, fede ed energie perché tutto voleva Brian tranne che arrendersi.

E nemmeno la sua voce si arrese, nonostante fosse poco più di un sussurro travestito con l’apparenza di un urlo adulto. Non si arrese e non lasciò tempo o battuta a Nick di rispondere, o di allargare ancora di più quella voragine che stava mangiucchiando e rosicchiando ciò che rimaneva dell’uomo che era stato. O che aveva finto di essere, visto quanto labili e confusi fossero quei confini e quanto poco ormai si sentiva vicino a quella persona, quel bambino che aveva sconfitto la morte e il ragazzo che le aveva dato la pugnalata finale.

“Odio sapere di non poter più essere quella voce. Odio dover sentirmi, ogni giorno, come qualcosa di inutile e vecchio che presto sarà gettato via e abbandonato perché non può essere più usato. Odio sentire la mia voce, odio sapere ormai esattamente i momenti in cui essa si spezzerà o gli attimi in cui sarà solamente un battito di respiro senza aria. Odio non sapere più che cosa significa svegliarsi e trascorrere un’intera giornata senza questo costante e infinito dolore. Odio che questa cosa, questo mio problema, si sia messo fra di noi. E sono stato io a lasciarlo entrare, sono stato io che gli ho permesso di portare tutta questa distruzione.”

“Bri, andiamo. Non è così grave. Credi davvero che ti possa lasciare per questo? Credi davvero che possa odiarti perché stai passando un periodo non facile e non sai come uscirne fuori? Proprio io?” Un tempo, forse, Nick si sarebbe impaurito di quella lite. Un tempo, senza nemmeno usare avverbi di dubbio, Nick non avrebbe nemmeno pronunciato mezza parola per paura di perdere l’amore di Brian, per paura di perdere quell’unica relazione che aveva senso, significato e importanza nella sua vita. Ma non c’erano più quegli artigli a bloccarlo e a fermarlo: non aveva più paura perché sapeva, era più che certo e consapevole, che ciò che lui e Brian avevano sarebbe stato in grado di sopportare ogni temporale. D’altronde, si era già dimostrato resistente in tutti quegli anni in cui le peggiori tempeste erano state in grado di allontanarli in differenti terre e atmosfere.

Nick non avrebbe permesso a Brian di scomparire. Non così, non perché le sue stesse paure lo stavano convincendo di essere il peggior mostro vivente in quel mondo. Brian gli aveva dato sicurezza e fede quando lui non ne aveva nemmeno un’unghia ed era più che naturale, più che logico e implicito, che ora lui volesse, desiderasse e anelasse a fare lo stesso.

“Oggi...”

“Lascia perdere oggi. Oggi è stato solo un cumulo di stress e di parole che non ci siamo detti in questi mesi e di cui entrambi abbiamo colpe. Non ci stiamo distruggendo. Non stai distruggendo il gruppo. Stai solo distruggendo se stesso. E la cosa peggiore è che pensi, anzi credi, che non importi a nessuno. Che non m’importi.”

Gli occhi di Nick si erano oscurati, quello Brian ancora riusciva a riconoscerlo. Era un’ombra di tristezza, un dolore sordo che Brian stesso conosceva, perché era stato lo stesso che aveva scosso il suo corpo quando si era ritrovato testimone della distruzione di Nick senza poter far nulla. Avrebbe voluto, Brian, allungare una mano e cercare, tentare, di cancellare quella tristezza da quegli occhi che avrebbero dovuto essere sempre colmi di gioia e di felicità. Anche se faceva male vederlo felice, quando lui stesso non sapeva nemmeno più che cosa significasse quell’emozione.

Il senso di colpa per quel pensiero si aggiunse al peso che opprimeva il suo petto e che, dopo così tanti tentativi di respirare, ora incominciava a dare segni di fatica e di dolore. Sarebbe mai giunta una fine? Sarebbe mai arrivato il momento in cui il suo cervello, quella mente che si stava ribellando contro il suo stesso essere, avrebbe deciso che era tempo di prendersi una pausa? Voleva solo quello, Brian. Voleva riavere la sua vita. La sua voce. Il suo rapporto con Nick.

Non voleva essere invidioso di lui.

Le spalle si abbassarono, ormai anch’esse sconfitte in quella battaglia. Gli occhi rimasero puntati sul pavimento, la vista ormai annebbiata da lacrime che, nonostante non avevano mai chiesto e ottenuto il permesso di uscire, rigavano il volto e si lanciavano dal mento per poi scomparire sulle piastrelle del pavimento.

“Odio questo mostro che si è preso dimora dentro di me, verde per l’invidia e la gelosia perché vorrebbe essere te. Odio questo veleno, Nick. Che razza di persona sono diventata?”

Giò. Che razza di persona era diventata? Brian si domandò fra sé e sé. Da quando si era lasciato avvolgere così tanto dai suoi problemi da non nemmeno più riuscire a trovare un filo di eccitazione e di orgoglio per tutto quello che Nick stava riuscendo a realizzare? Nick, la persona che amava più di qualsiasi altro oltre a suo figlio?

“Oh Bri. – Mormorò Nick, riuscendo finalmente a raggiungere il ragazzo. O quello che ne rimaneva perché il suo cuore non riusciva a riconciliare quelle due immagini. Come aveva fatto a non accorgersene? Non solo non aveva notato ma aveva anche rigirato il coltello nella piaga, ricordandogli quanto agli antipodi si fossero ritrovati. – Di che cosa mi dovresti invidiare?”

“Non farmelo dire, per favore.” Lo scongiurò Brian, i pugni così stretti che le nocche delle dita erano ormai così bianche da lasciare intravedere il segno delle ossa. Non voleva ammetterlo, non c’era bisogno di ammettere qualcosa per cui avrebbe dovuto essere orgoglioso. Non invidioso.

Finalmente Nick riuscì a colmare la distanza che si frapponeva fra lui e Brian. Avrebbe voluto prenderlo fra le braccia ma si rendeva conto di quanto quella mossa avrebbe potuto trasformarsi in qualcosa di controproducente, non fosse solamente per tutti quei segni che allarmavano la presenza di un attacco di panico. Prese semplicemente le mani di Brian fra le sue, quei pugni che sembravano dolorosi solamente a osservarli; lentamente e con delicati tocchi, Nick slegò le dita e le liberò da quella stretta per poi lasciare che le sue stesse dita scivolassero sul polso, dove piccoli cerchi e linee senza direzione tentarono di portare sollievo e calma. Brian si focalizzò su quei tocchi, su quel ritmo che voleva insegnare al suo cuore come avrebbe dovuto battere: non frenetico, non come se fosse in procinto di dover cantare di fronte a migliaia di persone e già sapendo di ritrovarsi di fronte all’ennesimo fallimento. Quei tocchi gli ricordavano che erano solo loro due, Brian e Nick, e che non c’era niente che non avrebbero potuto affrontare; non c’era niente che avrebbe potuto far scappare Nick lontano da lui, nemmeno quell’ammissione che sapeva di nemico invece che di compagno.

Che razza di persona era diventata?

“Ti dico io che persona sei, Brian. – Rispose Nick, come se fosse stato in grado di leggergli nella mente. O forse Brian aveva mormorato quella parola ad alta voce, anche se era difficile ormai capirne la differenza. – Non sei cambiato. Non ti sei trasformato in una brutta persona tutto a un tratto. Sei semplicemente stanco, esausto. Perso. Sono mesi che devi affrontare qualcosa che chiunque troverebbe spaventoso, qualcosa che non si può facilmente risolvere con due medicine o con un’operazione. E hai ragione, non potrò mai avere idea di quello che stai passando nemmeno se sprechi questi ultimi scampoli di voce che hai per spiegarmelo. Posso immaginare, posso tentare di mettermi nei tuoi panni, ma non riuscirò mai a comprendere come ci si sente sapendo di non aver più a disposizione ciò che mi permette di lavorare.”

“Non è una scusa per essere geloso di te. – Ribatté Brian, un senso di calma che era quasi riuscito a prendere centro e possesso dei suoi nervi. La presenza di Nick, quei tocchi e quelle carezze, gli avevano dato la sicurezza che, almeno fra loro due, le cose si sarebbero sistemate. Provava ancora rabbia ma, a mente quasi un filo più lucida, sapeva che non era totalmente e completamente indirizzata a Nick ma, più che altro, verso se stesso. Aveva sbagliato in tutte quelle settimane e ammettere i suoi errori non era mai stato il suo tratto migliore. – Sono più che orgoglioso di te, questo lo sai? Ma...”

“Ma ti domandi perché non puoi essere te, perché a te sono toccati scampoli e battaglie da combattere invece di poter semplicemente cantare e fare tutto ciò che la tua mente progetta di fare? – Nick osò appoggiare le labbra sulla fronte di Brian, lasciandosi sfuggire un lieve sospiro di sollievo quando Brian non fece cenno di muoversi. – Questo lo posso comprendere, Bri. Ho passato più anni di quanto vorrei ammettere a invidiarti perché sembravi avere tutto quello che io avevo sempre desiderato: eri felice, avevi una famiglia e, soprattutto, una voce che faceva impazzire chiunque.”

“E la sto pagando a caro prezzo quell’illusione.”

“Ritornerai a essere il migliore, Brian. Conosco bene la persona che amo.”

“Davvero?” Si ritrovò Brian a ribattere, un filo di veleno nel suo tono di voce che, però, rimpianse quasi immediatamente. Voleva smettere tutto quel circolo vizioso, quell’amarsi con così grande passione ed onestà che veniva sempre controbilanciato da una capacità di farsi del male che era quasi impossibile da credere.

Nick accusò il colpo, abbassando per qualche secondo il volto e ributtando indietro la risposta piccata che era nata sulle labbra. Aveva ragione, almeno in parte. Brian. Brian aveva ragione a dubitare delle sue parole perché Nick non gli aveva dato nessun indizio per controbattere a quel tarlo. Ma non gli avrebbe permesso di continuare con quel dubbio, gli avrebbe dimostrato che di lui ci si poteva fidare, che su di lui Brian poteva appoggiarsi e trovare tutto quello che, ora, gli mancava per continuare a combattere.

“Forse hai cambiato vestiti. Forse ora ti nascondi. Ma da qualche parte c’è ancora quel Brian che ho sempre conosciuto e ammirato. Quel Brian che andava fiero della sua voce. Quel Brian che non hai mai permesso a niente e nessuno di vincere sopra di lui.”

Ci fu un attimo di silenzio, interrotto solamente dalle note rotte e spezzate di un disco che non ne sapeva di voler smettere e ricordare a tutti per quale motivo si trovassero in quella posizione. C’erano tante cose che Brian avrebbe voluto dire a Nick, ribattere quella fede e quel credo così incrollabile. Ma le forze si erano esaurite e Brian non voleva più litigare, non voleva più discutere e spiegare. Voleva sentire, provare tutte quelle emozioni che aveva, che era stato costretto a gettare in un angolo per paura che potessero essere contaminati e avvelenati da tutt’altro. Voleva ritrovare la strada per tornare fra le braccia di Nick, per risentirsi ancora parte di qualcosa che non si era concesso per molto tempo.

Il silenzio continuò il suo lungo e lento percorso mentre Brian avvicinava il corpo fino a quando non c’erano più distinzioni di sorta fra il suo e quello di Nick; fino a quando pelle e pelle poterono riprendere a conoscersi, piccole bolle che si formavano su di esse per il sollievo di poter essere finalmente riunite. Le labbra di Brian si appoggiarono sugli angoli della bocca di Nick, un primo e imbranato tentativo di trasmettere ciò di cui aveva bisogno in quel momento: una bolla di respiro, un frangente in cui niente di tutto quello che lo tormentava potesse aver senso e prendere controllo ancora su di lui; un’alternativa di quella dimensione in cui non c’erano rimasugli di discussione, rancore e risentimento. Spinto da quel desiderio, spinto dal bisogno di stare ed essere un unico corpo ed essenza con Nick, i suoi tocchi diventarono sempre più sicuri e confidenti: le labbra scivolarono su quelle di Nick, chiedendo con silenziosi baci di poterlo perdonare per la distanza che lui stesso aveva messo fra di loro nei mesi precedenti. Una mano si infilò fra i capelli, accarezzando quei fili che si erano allungati e che ora potevano essere arricciati attorno alle dita, mentre piccoli fuochi d’artificio incominciavano a farsi strada fra i tocchi, a volte dolorosi e a volte solamente fin troppo passionali, delle labbra di Nick contro le sue. Nick aveva compreso e stava seguendo l’esempio di Brian, lasciando che fosse il suo corpo a rispondere alle scuse e offrirne di sue, usando quel linguaggio di cui si era sempre fatto cavaliere e ambasciatore. Nei baci di Brian, in quei movimenti che si stavano facendo più frenetici e che volevano solamente portare i due corpi ancora più vicini e intimi possibili, c’era una disperazione che Nick conosceva bene: c’era il bisogno di perdersi, il bisogno di consegnare ogni parte di se stesso nelle mani di qualcuno che avrebbe potuto ricostruirlo. Guarirlo. Lenire quelle cicatrici e farlo sentire come se quella malattia, quella voce che si era ridotta a un sussurro, non avesse però attaccato l’essere e l’essenza di ciò che Brian era.

Le braccia di Nick si cinsero attorno alla vita di Brian, le labbra che scivolarono lungo la mascella e che si fermarono poi per qualche secondo a pochi centimetri dal collo, volendo e desiderando rendere omaggio alle corde vocali, accarezzarle e ricordare a Brian che erano ancora il suono più bello che lui avesse mai ascoltato sin dall’inizio dei tempi e della musica. In quell’attimo, il corpo di Brian si irrigidì improvvisamente. Il respiro era affannato, il cuore sembrava stesse correndo la più lunga e pericolosa delle maratone e c’era una vocina che incitava Brian ad allontanarsi e nascondersi il più lontano possibile. Ma non lo fece. Brian rimase fermo fra le braccia di Nick, quella presa su sui fianchi che sembrava bruciare la sottile e fragile batteria dei vestiti e lasciare la sua impronta sulla pelle. Un marchio che si sarebbe poi trasferito nell’anima, un altro ricordo e memoria che non era più, e non sarebbe mai stato, un individuo ad affrontare da solo le intemperie della vita: erano in due, due cuori che battevano all’unisono e che sanguinavano e si distruggevano in una struggente e stridente armonia.

“Odio anch’io quello che ti sta succedendo, Bri. – Le labbra di Nick si muovevano sulla pelle di Brian, piccoli respiri di aria che le labbra di Brian avrebbero voluto rubare via, se non fossero fin troppo attente a quelle parole che stavano pronunciando. – Odio che qualcosa ti stia portando la voce. E non è solo per il gruppo, anzi, quello è davvero l’ultimo dei miei pensieri. Odio tutto questo perché amo la tua voce. E mi manca. Dio, se mi manca. E’ uno dei suoni che più amo al mondo.”

Un singhiozzo riuscì a sfuggire via dalla gola mentre Brian appoggiava la fronte contro il petto di Nick, le dita che si attorcigliavano attorno ai lembi della maglietta che il compagno indossava. Per tutto quel tempo Brian si era semplicemente lasciato avvolgere dal disastro creato dentro di lui, senza mai accorgersi di quanto quella tempesta avesse rovinato e ferito anche le persone che gli stavano e che avevano continuato a stargli accanto nonostante tutto. Avrebbe voluto insultarsi, un’altra colpa da addossare e indossare come se fosse una lettera scarlatta. Ma, in quel momento, era una carezza calda che scioglieva parte di quel ghiaccio  che si era avvolto attorno alla sua anima.

La mano di Nick risalì tutta la linea del fianco, andando poi ad appoggiarsi sulla guancia di Brian. Ci fu un accenno di sorriso sul volto di Brian ma Nick non riuscì a vederlo, non avendo a disposizione una vista che gli permettesse di vedere oltre i vestiti. O il suo stesso petto.

“Mi manca il modo in cui pronunciavi il mio nome, quel Nick caldo e avvolgente che mi ha sempre fatto sentire amato, anche quando sapevo che mi stavi prendendo in giro. O che mi urlavi dietro perché eri preoccupato e impaurito per me. Mi manca quel tuo tono sagace con cui mi hai sempre corretto, quella saggezza che non era mai una predica o un semplice mostrare e vantarsi di sapere più di qualsiasi altra persona nella stanza. Ma più di tutto... più di tutto mi manca quella voce che sapeva librarsi in ogni tonalità, scala o accordo e lo faceva sembrare come qualcosa di naturale. Ma c’è ancora, riesco a vedere e captarne i riflessi in certi momenti ed è come un tuffo indietro nel passato: anche se ancora nascosta, anche se con qualche ruggito qua e là, quando canti ancora riesci a cancellare ogni brutto pensiero che possa passarmi per la testa. Ti sento cantare e so che tutto andrà alla perfezione. Ti vedo cantare e il mondo riacquista colori e ottimismo. – Era difficile, per Nick, mettere in parole che cosa davvero significava la voce di Brian per lui. Non erano solamente le reazioni fisiche, quel tuffo di un cuore che sembrava voler esplodere per l’oceano di emozioni che note e armonie riuscivano a far nascere. C’erano ragioni che andavano oltre a quello, c’erano motivazioni che, alla fine di ogni discorso, erano anche le basi di una sopravvivenza durante uno dei peggiori periodi che Nick avesse mai vissuto sulla propria pelle. – Quando mi drogavo, c’erano notti in cui l’unica compagnia era la tua voce. Sapevo che non potevo chiamarti, la mia mente continuava a ripetermi quanto tu mi odiassi e quanto mi avresti insultato se mi avessi visto in quelle condizioni. Ma avevo bisogno del tuo calore, avevo bisogno di qualcosa che mi ricordasse quanto bello potesse essere il mondo e la vita, nonostante tutto quell’oscurità di cui mi ero circondato, così ascoltavo le nostre canzoni. Ascoltavo la tua voce e mi ripetevo che potevo farcela, se non solo per poterti far cambiare idea e riaverti. Anche solo come amico.”

Brian si ritrovò a boccheggiare, schiacciato da quei singhiozzi che volevano uscire dalla gola e che volevano finalmente urlare tutto il dolore, e la rabbia, che aveva covato per fin troppo tempo. Non si era mai permesso di crollare, non si era mai permesso di dare ascolto a quella parte così fragile e bisognosa di attenzioni e di cure; l’aveva, invece, nascosta e coperta con false intenzioni e una maschera di forza, di voglia di non lasciar vedere nessuna crepa e di non voler accettare ciò che gli stava succedendo. Le parole di Nick erano come una musa, una sirena che aveva finalmente trovato ciò che stava cercando e cantava per loro, cantava per quelle ferite che volevano essere lenite e quelle lacrime che volevano finalmente uscire. Ogni difesa crollò davanti a quell’ammissione e Brian lasciò che lo tsunami avanzasse la sua forza e la sua intensità, lasciandogli la strada libera e spalancata per poter sbuffare le sue onde. I singhiozzi arrivarono convulsi, sbattiti di respiro e di lacrime che facevano a botte pur di prendere il volo, pur di sfuggire via da quella solitudine e finalmente poter essere ascoltati.

Dio, se si era sentito solo!

E ora comprendeva quanto tutto fosse stata colpa sua. Solo ed esclusivamente colpa sua. Si era allontanato da tutti per non soffrire e, in quell’oceano buio, si era lasciato convincere che a nessuno importasse delle sue lacrime e dei suoi problemi.

Le lacrime continuarono a scivolare lungo il suo viso, bagnando la maglietta in cui Brian si stava nascondendo e aggrappando; Nick non badò a quei piccoli particolari ma, semplicemente, strinse ancora più l’abbraccio attorno a quel corpo che, mai prima di quel momento, era sembrato e apparso così piccolo e fragile. Nick non badò nemmeno a quelle ore che incominciarono a sfumarsi l’una nell’altra, scandite solamente dai singhiozzi di Brian; non si accorse nemmeno di quando, all’improvviso, si ritrovarono seduti con la schiena contro la parete.

Non importava nulla perché Brian aveva bisogno di lui. E Nick non lo avrebbe più lasciato da solo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Questo capitolo è risultato essere qualcosa di totalmente fuori da ogni programma. Ecco perchè lo pubblico in due parti, visto che conta ben 36 pagine e la lunghezza non avrebbe permesso di sguazzare abilmente nelle acque del Briangst più profondo. lol 
Domani pubblicherò la seconda parte di questo capitolo. =) 

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Capitolo 3
*** * 2013, II parte * ***


 

 

 

 

 

 

 

How was I so blind to miss you crumbling inside?
Is it too late now to fix you? Let me make it right.
Cause there’ll be no sun on Sunday
No reason for words to rhyme
Cause if you’re bleeding, so am I.

 

 

 

 

 

 

A svegliare Nick non furono i raggi del sole appena nato, non ancora caldi a sufficienza per risultare pesanti e soffocanti ma quel tiepido da essere una soffice e leggera carezza mattutina sulla pelle; non fu nemmeno quel primo accenno di brezza che, salendo dalla spiaggia e spinta dalle onde del mare, portava in omaggio per la colazione un aroma pungente di sabbia e salsedine. A svegliarlo, quando ancora la luce non era sufficientemente forte per oltrepassare la barriera delle tende di organza bianche, fu un più che naturale e basilare bisogno di usare il bagno. A malincuore, così, Nick si ritrovò costretto a staccarsi dal corpo di Brian, apparentemente e fortunatamente ancora addormentato e troppo esausto per poter esser disturbato dai suoi movimenti. Rimase lì per qualche secondo, il corpo appoggiato sul gomito e le dita della mano che accarezzavano velocemente la pelle dell’avambraccio, la punta che seguiva le linee e i contorni che dipingevano in nero il bicipite. Non voleva staccarsi, non voleva ritornare in quello stato di assenza con il quale Nick aveva dovuto convivere tutti quei mesi precedenti, settimane e giorni che erano stati dissolti dai baci e dai tocchi che si erano scambiati solamente qualche ora prima.

Era differente. Era tutto così differente da solo quelle poche ore trascorse via, quando era stato così difficile persino scambiare e incrociare lo sguardo, quando le uniche carezze che si erano scambiati erano stati veloci e rapidi baci alla mattina prima di incominciare due vite totalmente differenti e lontane l’una dall’altra, nonostante condividessero tetto e letto. Era differente perché sembrava, davvero, quasi come se avessero preso una macchina del tempo e avessero deciso di ritornare a quel primo, e meraviglioso, periodo della loro relazione, quando era stato quasi impossibile nascondere quel cambiamento fra di loro e quando ogni momento e ogni secondo sembrava perfetto per sfiorarsi e toccarsi. Quando anche solo cinque minuti di assenza sembravano essere lunghi cinque anni e una stretta si prendeva possesso del cuore fino a quando lui e Brian non si fossero riuniti e ritrovati l’uno nelle braccia delle altre.

Nick non voleva allontanarsi da quel letto, né voleva staccarsi da Brian. Non immediatamente. Non era solo il desiderio e il bisogno di sentirsi ancora più vicino, ancora più intimo e parte di quell’anima che andava e doveva essere conosciuta e studiata dall’inizio: c’era anche una sfumatura di paura nelle sue intenzioni, un filo invisibile che voleva tenerlo legato al braccio di Brian. E se fosse stato solamente un sogno? Se fosse stata solamente un’illusione, una di quelle serie di immagini ricreata dalla propria mente per poter addolcire e tranquillizzare l’anima e lo spirito? Ecco dove si intrecciava la paura, il terrore di alzarsi da quel letto e ritrovarsi rigettato nella realtà di tutti i giorni, in quel limbo dove nessuno dei due sapeva come comportarsi e come fare il primo passo.

Nick non voleva allontanarsi ma si ritrovò costretto a eseguire l’ordine lanciato dal suo corpo; recuperò dal fondo del letto il lenzuolo, che avevano gettato nella foga del momento la notte prima, e lo drappeggiò con cura e tocchi gentili attorno al corpo di Brian.

“Torno subito.” Sussurrò Nick, quasi come se fosse davvero preoccupato e intimorito dal pensiero che Brian potesse svanire un’altra volta non appena lui se ne sarebbe andato da quel letto. Le labbra vennero attratte dalla pelle del viso e si appoggiarono sull’osso della mascella, lasciando un’impalpabile e dolce bacio su di essa mentre la punta del naso, prima di staccarsi, si perse qualche secondo a giochicchiare con dei ciuffi di capelli.

Seppur ogni gesto e movimento di Nick era stato compiuto in modo da non svegliare Brian, quell’accortezza era più che inutile e futile. A svegliare Brian, infatti, non era stato né il sole né il profumo del mare sgattaiolati dentro dalla finestra lasciata aperta; non erano stati nemmeno i movimenti del compagno, né la luce bianca del bagno che si dipanava sul pavimento e si rifletteva poi in una fascia sulla parete. Non c’era stato niente, nemmeno uno dei tanti e piccolini rumori di una casa che aveva già qualche annetto sulle sue fondamenta, perché non era possibile svegliare qualcuno che già non stava dormendo e a cui il sonno era stato alla larga per buona parte della notte. O, forse, era meglio e molto più azzeccato dire che gli occhi di Brian non si erano mai realmente chiusi, né la sua mente aveva deciso di prendere una pausa dal preciso ed esatto momento in cui i loro corpi si erano abbracciati e sdraiati sul letto, soddisfatti di essere finalmente riuniti ed esausti dopo aver cercato di chiedere scusa e perdono per la lontananza e la distanza.

Brian e il sonno avevano incominciato a litigare qualche mese prima, quando l’inverno aveva iniziato a sciogliere le sue maglie e allungarle attorno a qualsiasi cosa, e qualsiasi persona, che incontrasse durante il suo tragitto e percorso. Era stata una discussione accesa, contornata da paure e ansie ed erano state loro a sancire quella rottura, quasi come se esse volessero approfittare di ogni arma a loro disposizione per poter aggiungere punti e avvicinarsi sempre più pericolosamente alla vittoria. Brian e il sonno avevano dovuto dirsi addio, o forse era stato solamente un doloroso arrivederci travestito di cui nessuno dei due voleva ancora parlarne, troppo feriti da quella lontananza che aveva lasciato i suoi segni e le sue ferite sull’unico corpo tangibile della coppia.

La vita di Brian si era trasformata in un’unica e infinita costellazione di notti insonni, ore trascorse a girare attorno a un problema e analizzarlo da ogni angolo possibile, senza mai però riuscire a trovare una soluzione. Un aggancio. Un’apertura che avrebbe permesso a Brian di sconfiggere i suoi mostri e poter tornare a essere la persona e il cantante che tutti volevano e si aspettavano che fosse. Erano stati minuti in cui i suoi occhi si erano abituati all’oscurità e, nella penombra, avevano deciso di appoggiarsi sui tratti e lineamenti del compagno che, ignaro di quella insonnia e solitudine, aveva continuato a dormire e a sperare in un futuro migliore e più brillante. Erano stati secondi combattuti, l’anima di Brian presa in mezzo dal desiderio di essere coccolata e confortata, il bisogno di svegliare Nick e finalmente metterlo a corrente di come niente stesse andando per il verso giusto e di quanto fosse così vicino a cadere vittima di quel buco nero che si stava allargando sotto ai suoi piedi. Ma era sempre stata l’altra parte a vincere, quell’orgoglio che mai gli avrebbe permesso di abbassare la maschera e di ammettere che aveva bisogno di aiuto, che era debole e fragile e che non ce l’avrebbe mai fatta da solo.

Tante volte Brian aveva allungato una mano. Nel buio di una casa silenziosa e addormentata, Brian aveva allungato e quasi sfiorato la spalla del compagno con le dita: flebili carezze, intangibili tocchi che si erano dissolti nell’aria mentre le lacrime incominciavano a scendere e dipingere scie invisibili sulle guance di Brian. Mostri e spettri si erano raccolti attorno a lui, i loro invisibili e gelidi artigli che si erano appropriati di centimetri di pelle e che lo avevano trattenuto dal parlare, lo avevano convinto che non vi era senso nel disturbare il sonno di qualcuno e rovinargli completamente e totalmente la vita, aggiungendo pesi e problemi di cui non aveva nessuna conoscenza né responsabilità. I mostri volevano solamente la compagnia di Brian, si cibavano in un enorme buffet di ansie e preoccupazioni e poi si allietavano con quella vergogna e imbarazzo che sembrava un vino inesauribile. Tante volte Brian aveva allungato una mano e altrettante volte questa si era ritratta, come se le dita si fossero bruciate, scottate da una pelle protetta da fiamme e fuoco. Non poteva svegliare Nick, né poteva confidargli quel veleno che stava sempre di più acquisendo terreno nella sua anima. A che cosa sarebbe servito? Come avrebbe potuto Nick anche solo tentare di salvarlo o di capire che cosa gli stava succedendo? La testa si negava da sola quell’opportunità, la mente creava obiezioni e critiche che erano difficili, se non impossibili, da contraddire e sconfiggere. Alla fine, però, la spada di Damocle veniva sempre lanciata dall’orgoglio e da quel senso di dover proteggere, sempre e comunque, la vita e il benessere delle persone che più amava. Alla fine, Brian si trovava sempre a mettere come priorità qualcun altro ma era l’unica cosa che sapeva fare, l’unico modo che conoscesse per ripagare tutti i casi e la confusione che aveva portato, volente o non volente, all’interno della loro vita e del loro mondo.

E come poteva rovinare l’ottimismo di Nick? Come poteva portargli via la soddisfazione e l’orgoglio per tutti quei progetti che stavano finalmente prendendo forma, lui che aveva sprecato così tanto tempo della sua giovinezza dietro a mulini a vento e illusioni che si erano trasformate in chimera? Come poteva rubare quel sorriso, quella luce negli occhi che brillavano sempre con una sfumatura differente ogni volta che Nick si ritrovava a parlare del futuro? Non poteva, era quella l’unica risposta che Brian si era dato. Non poteva, nonostante la sua anima si ritrovava a morire giorno dopo giorno, a ogni possibilità di chiedere aiuto che veniva silenziata e soppressa senza tanti rimpianti o recriminazioni. Non poteva chiedere aiuto, non poteva alzare bandiera bianca e sperare che qualcuno, che Nick, accogliesse il suo SOS. Non poteva, Brian, e una vocina sibillina e subdola aveva rincarato le dosi, sottolineando come e quanto a Nick non sarebbe davvero importato di salvarlo o meno, non ora che aveva ripreso le redini della sua vita. Non poteva e Brian vi aveva creduto, circondato solamente da nubi nere e dense e con la sensazione che l’unica soluzione per terminare tutto fosse lasciarsi prendere ostaggio dai mostri.

Forse, si ripeteva Brian a volte per trovare la forza per andare avanti, forse un giorno si sarebbe svegliato e si sarebbe reso conto che era stato tutto un incubo. E se quello sarebbe successo, se quello che sembrava un’illusione sarebbe riuscito a trasformarsi in realtà, qual era il motivo di spaventare tutti e farli preoccupare per nulla? Che ragione poteva esserci nel rovinare tutti i progetti di Nick se poi tutto sarebbe svanito in una bolla di sapone? E così Brian era rimasto in compagnia dei mostri e dei fantasmi, lasciando che le ore della notte trascorressero senza nemmeno chiudere occhio e trascorrendo le giornate evitando ogni contatto possibile.

Anche quella notte, o meglio dire quegli scampoli di luna e stelle rimaste, era trascorsa senza che il sonno venisse a bussare alla sua porta. Non c’era stata ancora nessun’offerta di pace o di risoluzione ma a Brian era importato poco, visto che almeno i mostri e i fantasmi se ne erano stati lontani, ai piedi di una casa che non potevano infestare con le loro accuse e i loro consigli non richiesti. E Brian sapeva anche chi doveva ringraziare per quella protezione, quelle braccia che si erano strette attorno a lui e non gli avevano permesso di nascondersi o di scappare via. Era stato un sollievo quell’abbraccio. Era stata una sensazione di cui Brian aveva quasi perso la memoria, un calore e un amore di cui gli erano rimaste solamente sfumature ed echi ma che non erano mai stati capaci di sciogliere il freddo che si era nominato re e imperatore della sua anima. In quell’abbraccio Brian si era sentito protetto e difeso e non c’erano stati pensieri o paure che avevano potuto o che erano riusciti a superare quell’alta mura che Nick aveva costruito a sua protezione. Non c’era stato nulla se non il riscoprirsi parte di una coppia, parte di un team che avrebbe dovuto combattere insieme i nemici e non era riuscito, invece, ad allearsi e a coabitare. Non c’era stato nulla se non lasciarsi avvolgere da quell’amore di cui aveva avuto paura nell’affidarsi e nell’aggrapparsi e non perché non ne aveva fiducia ma per il ragionamento opposto. Per il timore di ritrovarsi fin troppo dipendente da esso da non riuscire più a sopravvivere senza avere Nick attorno a lui. Non c’era stato nulla se non l’osservare i lineamenti di Nick e scoprire, a malincuore, nuove linee di preoccupazione che potevano essere solamente sorte a causa sua; ristudiare un volto che ora, sotto il riflesso della luna, si mostrava con una ritrovata maturità che non faceva altro che migliorarlo e renderlo ancor più attraente e magnetico.

Quando era successo?

Quando Brian aveva smesso di considerare Nick come suo alleato e quando aveva incominciato a vederlo e ritenerlo come un nemico?

Quando aveva permesso a quel veleno, a quella malattia, di insidiarsi nell’unica cosa bella che poteva e doveva essere in grado di salvarlo e renderlo una persona migliore, un combattente e guerriero più forte?

C’era così tanto da risolvere, così tanta polvere da scopare via e così tanti frammenti da rimettere in ordine. Eppure, forse per la prima volta, Brian non sentiva quel peso impedirgli quasi di respirare. Forse era solamente merito di quell’uomo in cui quel ragazzino, che decenni prima lui aveva preso sotto la sua ala protettrice, si era trasformato davanti ai suoi occhi e che non aveva avuto paura di prenderlo e di metterlo davanti a uno specchio per mostrargli il suo vero riflesso. Per mostrargli il fantasma che, per tutti quei mesi, aveva indossato e camminato nei suoi panni.

No, non forse.

Nick scelse quel momento per ritornare dalla sua capatina in bagno. Convinto di essere riuscito nell’impresa di non fare rumore, il trovarsi di fronte allo sguardo attento di Brian fu quasi uno shock. Si chiuse la porta dietro le spalle, ricordandosi di spegnere la luce prima di rifare i passi che lo riportavano a letto.

Maledizione! – Borbottò fra sé. ­– Per una volta che era riuscito a dormire!”

“Ti ho svegliato? Scusa, io...” Si scusò Nick, passandosi una mano fra i capelli e mordicchiandosi il labbro inferiore.

“Tranquillo. – Lo interruppe Brian, mettendosi a sedere e risistemando il lenzuolo bianco. – Per svegliarmi, avrei dovuto essere addormentato. E quello non accade da un po’ di tempo, oramai.” Ammise con tono malinconico e con velo di rassegnazione.

Fu quell’ammissione a stringere lo stomaco di Nick in una morsa mentre quel velo di apparente illusione veniva squarciato senza molti né troppi complimenti. Con quei primi raggi di sole che entravano nella camera, Nick poteva prendere coscienza e visione di tutti quei segni che si era sempre lasciato sfuggire, in parte perché troppo impegnato nel suo mondo per accorgersi di quanto Brian stesse andando alla deriva e, dall’altra, perché non aveva voluto vedere. Per molte settimane, prima di quell’incontro e discussione, Nick aveva preferito voltare viso e sguardo e credere che non stesse succedendo niente di grave, credere che se fosse accaduto qualcosa di veramente grave Brian gliene avrebbe parlato e avrebbe chiesto il suo aiuto. Non era abituato a quel ruolo, non era ancora pronto per assumersi una posizione che era sempre stata del maggiore e che lui sì, aveva invidiato e anelato, ma che non sapeva come incominciare a cucirsela attorno.  Così aveva glissato davanti a quei chili che scomparivano a vista d’occhio o di come gli unici due a mangiare finivano sempre per essere lui e Baylee; aveva voltato le spalle non appena vedeva il sorriso di Brian assumere i contorni di una maschera, quel velo che usava sempre per non preoccupare chi lo circondava ma che racchiudeva in sé una silenziosa e disperata richiesta di aiuto; le notti si addormentava tranquillamente sul suo fianco, semplicemente rassicurandosi che Brian fosse accanto a lui ma ignaro che trascorresse quelle ore con gli occhi aperti e fissi sul soffitto, impegnato in una disperata lotta contro i suoi demoni e contemporaneamente a cercare una soluzione che riportasse il sole e spazzasse via le nubi di tempesta dal loro mondo. Non aveva mai fatto domande, Nick, neppure quando era palese che le terapie non stavano migliorando e che Brian era a pochi centimetri dal crollare nel bel mezzo di una registrazione.

Eppure non aveva fatto niente.

Eppure aveva lasciato che Brian scomparisse davanti ai suoi occhi, solamente perché la paura lo aveva tenuto immobilizzato e pietrificato. Solamente perché la rabbia si era insinuata dentro la sua anima e aveva iniziato a sussurrare e insinuare il seme del dubbio: perché Brian non gli parlava? Perché non si fidava di lui? Perché non gli chiedeva una mano, perché non si confidava e gli diceva che cosa lo stava tormentando così tanto? A che cosa erano valse le loro promesse di un anno prima? Ricordava, Nick, alla perfezione quando si era accorto di come le cose erano molto peggio di ciò che sembravano. Ricordava, Nick, di come la realtà si era presentata con un pugno allo stomaco e si era presentata senza trucco e senza inganno. Ricordava che era successo durante una delle ultime sessioni di registrazioni, ricordava di come aveva trovato Brian nascosto in un angolo, un attacco di panico in corso e Aj che tentava di calmarlo. Ricordava di come fosse stato in quel momento che si era reso conto di quante cose Brian gli aveva preferito non dire, forse intenzionalmente e, forse, perché sicuro che a lui non gliene avrebbe importato molto; di come era cambiato e si era trasformato l’uomo di cui si era innamorato e che ancora amava, seppur lo aveva messo in un angolo per potersi dedicare ai suoi progetti e alla sua ritrovata vita.

E ora i segni di quei mesi erano ben visibili come mai lo erano stati prima di allora: la carnagione pallida e lo spirito ormai abbattuto e sconfitto; le occhiaie che, come un pugno che aveva lasciato lividi neri sotto gli occhi, parlavano di tutte le notti insonni e di tutti i problemi che non solo non l’avevano lasciato in pace ma, così palesemente, sembrava aver anche succhiato via ogni energia lasciando solamente un mucchio di ossa e qualche muscolo. Era quello che faceva più male, vedere come Brian si fosse quasi fisicamente rimpicciolito come se volesse creare i minor problemi possibili. Come se avesse cercato di scomparire anche fisicamente, e così silenziosamente in modo che nessuno se ne accorgesse.

Davvero Brian era riuscito a credere ciò? Davvero pensava di poter scomparire senza che nessuno, senza che lui, sentisse e sentisse la sua mancanza?

Avrebbe rimesso a posto la situazione. Nick si ripromise quelle parole mentre saliva sul letto e si avvicinava a Brian, quello scricciolo che si era sempre dimostrato così forte e che ora non riusciva, o non voleva più, nascondersi e celare le sue debolezze. Forse era per quello che quella discussione aveva preso luogo, per quanto ancora Nick avrebbe desiderato e voluto rimangiarsi molte delle parole che aveva lanciato. Forse, a volte, essere l’anima gemella di qualcuno significava avere il potere di distruggerle, avere il dovere di metterle di fronte a ciò che erano diventati e togliere ogni traccia di illusione e maschere. Ridurli sì a pezzi, buttarli giù per poi aiutarli a ricostruirsi. Aiutarli a rimettersi in piede e riprendere a brillare come avevano sempre fatto, mentre loro ritornavano nella loro scia e li avrebbero seguiti ovunque essi fossero andati.

Era per quello che Nick non aveva voluto abbandonare al primo ostacolo, nonostante la rabbia e il dolore per quella fiducia che non era mai stata donata. Era per quello che ora Nick era lì, pronto a chiedere perdono per ogni sbaglio commesso e più che desideroso e bisognoso di essere tutto ciò di cui Brian avesse bisogno. Pronto a rimettere in sesto ciò che quella lontananza, soprattutto emotiva, era riuscita a spezzare in quella relazione che era e sarebbe sempre stata la cosa più importante e preziosa di tutta la sua vita. Ora Nick sapeva discendere che cosa fosse il vero amore da quella bugia che gli era stata proposta dai suoi genitori: il vero amore non era una favola, benché quando il sole splendeva sembrava ed era qualcosa di così meraviglioso da non poter essere veramente reale. Il vero amore non era una fiaba ma era un continuo provarci, non abbandonare mai la nave solamente perché aveva preso una brutta onda e ora si ritrovava arenata in una secca. Il vero amore, quello che lui e Brian avevano fra le mani, era rimanere fianco a fianco anche e soprattutto durante le tempeste, lottare anche se questo significava rivolgersi contro la propria metà e poi risolvere. Parlare e ritornare a salpare verso l’orizzonte e nuovi mari.

“Sei riuscito a dormire qualcosa stanotte, almeno?” Domandò Nick, una punta di calda preoccupazione in quella voce che ancora narrava di sonno.

Brian scrollò le spalle, sperando di poter trovare un filo di umorismo rimasto dentro di lui. Non sapeva esattamente che cosa rispondere, per quanto una bugia in quel momento sembrava ed era inutile. Avrebbe preferito continuare a non rispondere, dimenticato nel suo angolo mentre il mondo continuava a girare e lui continuava a sperare di poter aprire bocca e ritrovare lì la sua voce. Ma non sarebbe successo, non almeno così all’improvviso come solo un miracolo poteva essere. E così Brian si ritrovò a dover cercare, sforzarsi per trovare qualcosa che era sempre stato così facile: scherzare era sempre stata la sua arma di difesa, l’ironia gli aveva permesso di dissimulare ogni rabbia e sopportare lo stress di un lavoro che, molto spesso, tendeva a contornarsi da incubo invece che essere dorato di sogni. Era strano dover fare ciò, doversi sforzare per qualcosa che si era sempre rivelato essere una sorgente di forze da cui attingere, un velo dietro cui nascondersi per poter essere, o lasciar credere di essere, la persona che tutti amavano e che volevano che Brian fosse.

Il Brian che lui stesso voleva essere, per quanto il suo ideale e standard si era rivelato esser fin troppo perfetto per poter essere raggiunto e adempito in tutte le sue sfumature. Era quello che nessuno aveva ancora capito, neppure Nick era riuscito a vedere dietro quell’impossibile standard che Brian si era prefissato e per il quale non ammetteva nessuna sbavatura e nessun errore. Quel livello, quel modello a cui Brian aspirava a essere, era sempre stata la costante spinta e carica che lo aveva mosso per poter  migliorarsi ogni giorno: non per potersi alzare su un piedistallo e poter guardare tutti dall’alto al basso, giudicando le loro vite e decisioni senza ascoltare le loro giustificazioni e ragionamenti; ma per aver la forza di guardarsi allo specchio ogni giorno e sapere di non aver tradito i suoi ideali e quel miracolo, quel dono, che gli era stato concesso a soli cinque anni. Voleva meritarlo quel regalo, voleva essere all’altezza di quella seconda possibilità, e non c’era altro modo se non quello.

Essere perfetto.

Tutto nasceva da lì. Tutto aveva origine da quelle enormi aspettative che si era caricato sulle proprie spalle, quell’ideale che difficilmente avrebbe raggiunto perché era scientificamente impossibile poter esser sempre perfetto e non commettere errori. E forse Brian non l’aveva ancora accettato. Forse il problema, parte della sua malattia e di quelle mani che si stringevano attorno alle sue corde vocali, era che non aveva ancora fatto i conti con quell’universale verità: non sarebbe mai riuscito a essere il Brian perfetto, non sarebbe mai riuscito a indossare quegli abiti che tanto agognava di poter possedere.

Il padre perfetto. Il compagno perfetto. Il cantante perfetto.

Soprattutto quell’ultimo.

Soprattutto quell’ultimo in quel particolare periodo della sua vita.

Brian era sfuggito da quella presa di coscienza. In realtà, in quei mesi, non si era mai spostato in nessuna direzione ma era rimasto lì, pietrificato davanti a un bivio senza sapere dove doveva andare: da una parte c’era il burrone, il vuoto che lentamente aveva gettato le sue radici e che queste si erano poi attorcigliate attorno ai suoi piedi e stavano già risalendo su per le gambe. Erano stati quei rami a costringere Brian ad agire in difesa, spegnere e chiudere ogni parte della sua anima pur di non sentire quel formicolio che risaliva sempre più velocemente. Brian aveva accolto il nulla, aveva lasciato che un buco nero si mangiasse ogni emozione e sentimento e rendesse ancora più palese e doloroso il suo totale fallimento. Perché il non provare nulla si era limitato solamente alla gioia e alla felicità, alla soddisfazione e a tutti quei sentimenti che diventavano colori nell’anima; una volta che questi erano scomparsi, una volta che era solamente un deserto arido, la vergogna, l’imbarazzo, la delusione e la disperazione avevano trovato un terreno su cui piantare le proprie tende e avevano alzato le loro bandiere. Sfuggire da quei pensieri era stato impossibile, le loro parole si trovavano in ogni angolo in cui Brian cercava di nascondersi e si ritrovavano a essere pronunciate, distorte e cambiate di senso e intenzione, dalle persone a cui lui si era sempre aggrappato per poter essere aiutato e salvato. Sfuggire da quella domanda, quel dubbio amletico sulla sua stessa esistenza, era stato impossibile esattamente come lo era stato trovare una risposta.

Chi era lui senza la sua voce?

Chi era Brian se non poteva cantare e far felici le persone?

La mano di Nick si appoggiò su quella di Brian, una carezza che ebbe il potere di riportare Brian indietro e di staccarsi da qualche artiglio che era ancora ben fermo e saldo dentro la sua carne. L’ondata di imbarazzo, per quelle lacrime che ancora volevano mostrarsi in tutta la loro bellezza e crudele verità, arrivò e si accomodò dall’altro lato del letto; una voce incominciò a bisbigliare al suo orecchio, sussurrandogli quasi come se il tocco e l’amore di Nick potesse davvero bruciarlo e fargli del male. O forse era il contrario, così aveva sempre creduto Brian: aveva sempre preferito nascondersi e allontanarsi da quell’amore prima di rovinarlo e di avvelenarlo con i suoi problemi e i suoi demoni. Anche in quel frangente Brian cercò di allontanarsi, anche fisicamente. Anche in quel frangente Brian tentò di nascondersi, chiudersi attorno a se stesso perché l’abitudine era una bestia difficile da combattere e perché già si aspettava che Nick cedesse, che lasciasse perdere e tornasse a qualsiasi altra faccenda che aveva in mente.

Come succedeva sempre.

Ma quella volta non accadde. Quella volta Nick oppose resistenza, stringendo le sue dita sempre più strette attorno alla mano di Brian in una sorta di silenziosa richiesta. “Sono qui.” sembravano voler dire quelle carezze, “Sono qui e non ti lascio. Non voglio voltarti più le spalle. Non permettermelo più.” Brian si ritrovò impossibilitato a fare ciò che era sempre stata la sua difesa perché un altro istinto stava prendendo sempre più forza e stava alzando la propria voce. Ed era l’istinto di far felice Nick, l’istinto di adattare la sua vita affinché quella di Nick potesse splendere e risplendere: lo aveva fatto con Leighanne, aveva mosso mari e monti pur di far sì che ogni suo desiderio potesse trasformarsi in realtà, pur di vedere quel sorriso sul volto e sapere che era stato lui a farlo nascere e a permettergli di continuare a risplendere senza preoccuparsi delle ombre e dei temporali. Lo stesso ora stava succedendo con Nick, Nick che lo stava implorando di aprirgli un piccolo scorcio e permettergli di entrare in quel mondo nero e freddo in cui lui si era nascosto. E per quanto odiasse tutto ciò, per quanto il suo stesso istinto di sopravvivenza si stesse ribellando di fronte a quella proposta, Brian non poté fare altro che abbassare il viso e accettare. Rimandare indietro l’orgoglio e la vergogna, dimenticare che cosa significasse riguardare indietro agli ultimi mesi e vederli solamente come un continuo e freddo inverno. Perché Nick non si sarebbe arreso, non quando si metteva in testa qualcosa. Non quando si rendeva conto di aver sbagliato e voleva rimettere a posto gli errori commessi. Non quando aveva promesso a Brian, poco meno di un anno prima, di rimanere al suo fianco e di voler essere il miglior compagno possibile.

La punta delle dita di Nick si appoggiò sotto il mento di Brian e, con spinte gentili, alzarono il viso in modo che potessero guardarsi negli occhi. Ci fu un attimo che si riempì di sollievo quando Nick ritrovò, finalmente, un bagliore di luce nell’azzurro che, almeno fino a qualche ora prima, era sempre stato di una più dolorosa sfumatura di grigio. Spenti, privati di ogni energia e di ogni appiglio a speranze o fede.

“Non ti nascondere, Bri. Non più. Per favore. – Nick scongiurò il compagno, le labbra a pochi centimetri dal suo orecchio in una calda carezza capace di giungere fino all’angolo più remoto dell’anima e incominciare a sciogliere i primi ghiacci. – Non mi chiudere fuori, solo perché vuoi proteggermi o proteggere te stesso. Solo perché credi che non mi possa importare perché non è così. Mi importa, Brian. Mi importa perché posso essere felice solamente se anche tu lo sei. E se non lo sei, se stai male o sei ferito, allora lo sono anch’io. Odio vederti così. Odio vederti ridotto nell’ombra di quel Brian di cui mi sono innamorato e che è sempre stato un modello ed esempio da seguire. Odio essere inutile, odio non poterti aiutare ma come posso farlo se non mi dici come stanno le cose? Come posso proteggerti e difenderti dal mondo se non mi dici chi è il nemico che stiamo combattendo? Voglio farlo. Voglio essere il tuo soldato. Voglio rimettere a posto le cose fra di noi.” Le labbra ridiscesero lungo la mascella, asciugando e portando via quella solitaria lacrima che era riuscita a sfuggire via come reazione alle sue parole, e si appoggiarono poi sull’angolo della bocca di Brian.

Brian non abbassò lo sguardo, per quanto quello fosse il risultato di una lotta, di una battaglia, che era riuscita a conquistare terreno e forze per ogni angolo e minuto prezioso della sua vita. Brian non abbassò lo sguardo ma, all’opposto, voltò il viso in modo da poter sfiorare le labbra di Nick e appoggiare la fronte contro la sua. Il tempo smise di avere importanza, diluendosi in un’impercettibile sfumatura dove i secondi sembrava e duravano un’eternità. Brian avrebbe potuto ribattere che non era esattamente tutta sua la colpa, avrebbe potuto prendere il coltello dalla parte del manico e infilzare la carne di Nick per poter far male quanto lui gli avesse fatto male il giorno prima.

“Non ero io che mi nascondevo. Non inizialmente. Sei tu, Nick, che mi hai abbandonato al mio destino. Sei tu che ti sei lasciato rubar via da tutti i tuoi progetti, da tutte quelle avventure in cui non potevi farmi partecipe perché avrebbero distolto l’attenzione da te. Sei tu che hai voltato le spalle di fronte alla distruzione. Tu mi hai lasciato da solo ad affrontare tutto. Come posso sapere che non lo farai ancora quando saprai la verità?”

Ma Brian non pronunciò quelle parole ma, anzi, le lasciò scivolare via fino a quando non poterono più prendere possesso della sua mente e della sua anima. Perché quei pensieri non avevano più senso per essere resi reali, non quando Brian si ritrovava a riflettersi in uno sguardo capace di chiedergli scusa in modi e con parole che non potevano essere pronunciate e sostenute dalla voce. Non quando, in quell’oceano azzurro che si estendeva infinitamente negli occhi di Nick, Brian ritrovava finalmente tutto quell’amore e quella dedizione che gli erano mancati durante i precedenti mesi.

Combattere contro Nick non aveva più senso. Aveva combattuto contro i suoi sentimenti per buona parte della sua vita, per quale motivo doveva continuare a combattere anche ora che stavano insieme? Che senso aveva perdere energie così preziose in una lotta che era inutile, visto che Nick era dalla sua parte.

Era quella la realizzazione che era arrivata durante quella notte di riflessione e di insonnia, durante quelle ore in cui i suoi occhi e la sua anima si erano rinfrescati la memoria dei lineamenti di Nick e di riavere la loro altra metà gemella finalmente ritornare lì dove doveva stare. Al suo fianco. Era la realizzazione e la presa di coscienza di aver bisogno di Nick, di non poter davvero sconfiggere quella malattia e lo spauracchio della depressione senza poter attingere e appoggiarsi sul suo compagno: Nick era il suo faro. Nick era la mano che avrebbe potuto salvarlo da quelle onde in grado di sommergerlo e affogarlo, portarlo in salvo e lontano da quel vortice nero che già era stato in grado di rosicchiare e ridurre in frammenti buona parte del suo spirito.

Ma doveva permettere a Nick di salvarlo.

Brian aveva bisogno di Nick. Ed ecco perché la discussione del giorno prima, a pelle, era sembrava ed era stata percepita come una pugnalata alle spalle. Dentro quella stanza Brian si era sentito abbandonato, il tavolo rotondo aveva preso le sembianze e le apparenze di un banchetto per carnivori dove lui era il cibo che sarebbe stato offerto loro e alle loro fauci, senza avere però nessuna difesa o protezione a disposizione proprio perché era stato Nick a togliere ogni pezzo e spogliarlo della sua armatura: ogni sua fragilità e debolezza erano state presentate come pietanze, abbellite e decorate e poi messe in bell’esposizione affinché tutti potessero vedere, criticare e giudicare. Affinché tutti potessero vedere chi era il Brian che si nascondeva dietro la facciata: non era quel gigante di perfezione che aveva dato falsa forma e sembianza, non era nemmeno qualcuno a cui poter affidare tutto il peso del gruppo. Era solamente un bambino impaurito, terrorizzato. E bisognoso di rassicurazioni e di amore.

Era così che Nick si era sentito tanto tempo prima? Era così che Nick si era sentito durante quel periodo, quell’accumulo di anni e di settimane, in cui loro due non potevano nemmeno abbellirsi del titolo di veri amici, men che meno migliori? Era così che si era sentito, dunque? Aveva provato anche lui quella fitta di tradimento, abbandono e di esser stati feriti e colpiti là dove era più difficile lenire e guarire? Anche lui aveva provato quel senso di disperazione e di agonia nello scoprire di non avere più un alleato in colui che era sempre stata la persona in grado di salvarlo e di riportarlo sulla retta vita?

Eppure Brian non poteva continuare a incolpare Nick di quel crimine, esattamente come Nick ormai non lo riteneva responsabile di quel terribile periodo ormai alle loro spalle. Le colpe erano in entrambi: erano in quell’orgoglio che non ammetteva mai debolezze e che era incapace di abbassare la testa, nemmeno e soprattutto di fronte alla più umiliante delle sconfitte; erano in quell’animo che ancora non era capace di fermarsi e di focalizzarsi su qualcun altro che non fosse se stesso, forgiato da anni e anni in cui nessuno aveva mai davvero contato sul suo aiuto e sul suo supporto. Scrollarsi quelle colpe non sarebbe stato facile, scrollarsi quelle colpe era come togliersi ogni vestito e rimanere completamente nudo, sperando e avendo fiducia che niente avrebbe potuto colpirli mentre forgiavano nuove vesti e nuove armature. Scrollarsi quelle colpe non avrebbe significato puntarsi il dito e rimanere con il broncio, urlare fino a quando anche l’ultimo filo di voce fosse stato usato e rubato via. La guerra aveva già mietuto le sue vittime e ora c’erano solamente le macerie da ricostruire.

La mano di Brian si appoggiò sulla guancia di Nick, le punta delle dita incominciarono a sfiorare e ad accarezzare la pelle in gesti e tocchi che facevano pulsare l’anima con lacrime di nostalgia e di malinconico sollievo. In quei minuti non c’era bisogno di usare parole, né offrire spiegazioni e giustificazioni per il temporale che aveva appena terminato di sfiancare i loro corpi ed esaurire le loro energie; quei secondi erano solamente dedicati a riappropriarsi di quel legame, di quell’amore, che solamente un anno prima era sembrato così forte e maestoso, così giovane e spregiudicato nel buttarsi nelle onde della vita senza prima prepararsi. Non avrebbero più commesso lo stesso errore. In qualche modo, sarebbero riusciti a ritornare quella splendida coppia che aveva fatto invidia a chiunque posasse occhi sopra di loro ma, quella volta, sarebbero stati più forti e più consapevoli di che cosa poteva o non poteva avere in serbo per loro il futuro.

“Scusami. – Sussurrò il filo di voce che era rimasto dentro Brian. La mattina era sempre il momento peggiore, certe volte sembrava che le sue corde vocali si fossero trasformate in carta vetrata e le fitte acute di dolore non erano mai così facili da ignorare e far finta che non esistessero. Ma ciò, almeno per il momento, non aveva molta importanza. – Non volevo portarti nel mio incubo. Non sapevo come chiederti di aiutarmi. Non sapevo come... “ La voce si interruppe, portata via come se un ladro invisibile fosse riuscito a prenderla e portarla via.

Un’ombra di imbarazzo oscurò gli occhi di Brian, un velo di lacrime si prese il compito di far brillare l’azzurro che ancora portava dentro di sé pagliuzze e sfumature di grigio. Nick offrì un sorriso, malinconico e desideroso di poter far qualcosa per cancellare via almeno il dolore, prima di lasciare che fossero le labbra a soffiare via quella tristezza con piccoli baci.

“No. Sono io che devo scusarmi. Non mi sono accorto di niente. Non mi sono accorto di quanto tu stessi soffrendo. Io, che amo dire in giro di essere la tua anima gemella. – Una risata ironica si levò fra i due visi, dileguandosi velocemente insieme alla brezza mattiniera. – Avrei dovuto prestarti più attenzione. Avrei dovuto premere di più, spingerti ad ammettere i problemi invece che lasciarti da solo. Ho creduto che il tuo silenzio significasse che le cosa stavano funzionando, esattamente come avrebbe fatto un estraneo che non conosce così a fondo la tua anima e il tuo carattere.”

“Lo sei Nick. Non dubitare mai di ciò, nemmeno quando ci ritroviamo ad affrontare queste incomprensioni e queste battaglie. Litigare. Discutere. Lottare per la tua altra metà. E’ anche questo amore. Anzi, forse sono proprio questi i test che ti fanno capire se quello che abbiamo sia davvero reale o sia solo frutto della nostra immaginazione e di una fantasia così idilliaca e perfetta. Se c’è una cosa che sto imparando sulla mia pelle è che non siamo perfetti, siamo fatti di striature e di gomitoli di difetti e ferite. Siamo fatti di orgoglio e di testardaggine, di sbadataggine e di ingenuità. Continueremo a sbagliare. Continueremo a farci del male, proprio perché quello che proviamo è così forte e intenso che, spesso, ci ritroviamo a bruciarci. Continueremo a farci del male e a distruggerci, per poi ricostruirci più forti e consapevoli del nostro amore.”

La mano di Nick si perse fra i capelli di Brian, scivolando su quei fili che ancora, ogni tanto, ritrovavano l’istinto per arricciarsi e trasformarsi in quei riccioli caldi che erano sempre stati in grado di rubare via uno sbuffo di aria dai suoi polmoni. Di fronte a quelle parole Nick si ritrovava senza niente da offrire come risposta: come riusciva Brian a offrire quella saggezza quando a malapena riusciva a trovare un senso in ciò che gli stava succedendo? Eppure era sempre stata quello ciò che lo aveva da sempre attirato verso il maggiore, ciò che lo aveva spinto a eleggerlo come sua guida e come esempio da seguire: perché, nonostante tutto, Brian sapeva riuscire a trovare una lezione da imparare e portare con sé in ogni situazione. Perché, nonostante tutto, Brian riusciva a ritrovare la sua strada anche quando la sua vita era stata nascosta dalla nebbia. E quella forse era la più fitta e densa nebbia in cui Brian si era ritrovato a essere circondato. Ma l’avrebbero superata insieme. Era quello il suo compito, era quello il dovere di Nick: prendere Brian per mano e portarlo oltre il grigio e il freddo, portarlo là dove il sole già stava brillando e scaldando per lui. Ma non ci sarebbe mai nessun paradiso, per Nick, se non poteva condividerlo con la sua anima gemella.

Con Brian. E quella famiglia che amava ogni giorno, ogni secondo, di più.

“Ti amo, Brian Thomas Littrell. Anche se a volte sei così impossibile da comprendere.”

“Non c’è molto da capire. – Ribatté Brian. – Voglio solo cantare. Voglio continuare a fare ciò che ho sempre fatto.” Anche in quel frangente la voce si spezzò ma, perlomeno, la causa stavolta poteva essere attribuita a quel groppo di lacrime e singhiozzi che voleva uscire a tutti i costi.

“Anche se fa male?”

“Ormai ci sono abituato. – Risposte, scrollando le spalle come se quel pensiero non fosse così di vitale importanza. – Magari un giorno scomparirà esattamente come è comparso.”

Quella risposta colpì Nick come un pugno allo stomaco. Ne aveva avuto il dubbio in quelle settimane, un tarlo che aveva incominciato a prendere forma soprattutto il giorno prima con il modo, quasi furioso e cieco, in cui Brian si ostinava ad aggrapparsi ai suoi assoli come se niente fosse cambiato. Ma ora, con quelle parole e con quello sguardo che era ritornato assente, Nick ebbe la conferma a tutte le sue paure. Un moto di frustrazione si impossessò del suo corpo, insieme alla voglia di prendere a testate qualcuno e qualcosa: probabilmente sarebbe stato più utile dirigere quel colpo verso il compagno, scrollarlo fino a quando non si fosse reso conto che si stava nascondendo dietro a una falsa illusione.

Come era potuto essere stato così cieco? Come aveva potuto non capire che Brian ancora non aveva accettato quello che gli era successo? Che ancora credeva di poter ritrovare la sua voce al mattino, come se essa fosse semplicemente scomparsa per qualche mese?

“Ma non succederà, lo sai anche te. Non così, non solamente pregando e non facendo nulla.”

“Ci ho provato, okay? – Ribatté Brian più aspramente e duramente di quanto avrebbe voluto. Ma si riprese subito, abbassando lo sguardo. – Ci ho provato e non è successo niente lo stesso.”

“Ma... Bri, stavi migliorando! Rispetto all’anno scorso...”

Brian non diede tempo a Nick di finire quella frase. In un secondo di staccò da lui, anche se la mano ancora stretta attorno al suo polso gli impedì di lasciare quella conca in cui si erano nascosti, quella goccia invisibile in cui si erano rinchiusi in modo da riconoscersi e riprendere dall’inizio. Solamente un giorno prima Nick lo avrebbe lasciato andare, mormorando qualche scusa o semplicemente rimanendo in silenzio. Ma non erano più le stesse persone del giorno prima, non erano più il Brian e il Nick che si erano tirati dietro parole colme di risentimento e di rabbia e si erano voltati la schiena di fronte al dolore e alla sofferenza dell’altro.

Non c’era nessuna comparazione, non almeno per Brian. C’era solo un prima, quel prima dove le note uscivano alla perfezione e cantare era la cosa che più riusciva a farlo sentire libero; tutto il resto era una pallida copia, piccoli passi che erano stati spazzati via da quella diagnosi ancor più crudele di qualche settimana prima. Ma Nick non sapeva nulla di quella giornata, perché il destino aveva fatto sì che il suo giorno peggiore coincidesse con uno dei migliori del compagno. Nick non sapeva nulla, nonostante quel giorno Brian aveva voluto, più di tante altre volte, potersi nascondere fra le sue braccia e lasciarsi consolare con baci e parole di supporto e di rassicurazione.

Una mano si appoggiò sulla sua spalla, un tocco capace di infondere un calore che Brian aveva dimenticato che potesse esistere. Presto la mano ridiscese verso il petto e Brian si ritrovò circondato nell’abbraccio di Nick, braccia che sembravano quasi volerlo difendere e proteggere da quel vortice che stava ridiventando sempre più grande e sempre più profondo. E Brian non voleva ritornarci, non voleva ritornare a essere prigioniero in quella foresta oscura e fredda. Anche se significava dover dire tutto a Nick, anche se significava dover ricordare tutti quei precedenti mesi.

“Non sono come te, Bri. – La voce di Nick arrivò in un sussurro, ancor prima che Brian potesse recuperare una qualche sorta di forza per affrontare il discorso. – Non sono capace a leggerti come tu fai con me. Sono troppo egocentrico. Mi distraggo facilmente dalla confusione e dai mille pensieri che ho in testa. Dalle infinite cose che vorrei fare, dire, far accadere affinché tu stia meglio. A volte do’ per scontato che non c’è niente di cui preoccuparsi, visto il modo con cui vai avanti senza fermarti; a volte do’ per scontato che tu abbia tutto sotto controllo e così mi preoccupo solo di me. Ma tu sei un maestro nel nasconderti, nel far sì che tutto il nostro universo giri attorno a me e nel rendermi l’unica stella luminosa e brillante di questo firmamento; tu sei un maestro nel prenderti cura di tutto e di tutti, tranne che di te stesso. E non sai come chiedermi aiuto, forse pensi e credi che non mi importi di poterti salvare. E ti sbagli, Bri. Io voglio aiutarti. E non voglio che ciò, che questo rapporto così squilibrato, diventi la nostra abitudine. Non voglio che tu rimanga nell’oscurità perché... temo che un giorno tu possa scomparire, schiacciato da quei satelliti di problemi e di ansie che hai tenuto nascosto per non farmi preoccupare. Non ho più paura della tua ostinazione e della tua testardaggine nel dover fare e sopportare tutto da solo. Ma devi dirmelo. Non avere paura che io ti possa voltare le spalle o rimandarti a qualche altro momento. Tu verrai sempre prima di qualsiasi progetto, stupido o importante che sia. Ma devi dirmi che cosa vuoi che io faccia. Devi dirmi di che cosa hai bisogno. Da me. Da noi. Da te stesso.”

Era quella l’unica confessione e supplica che Nick potesse fare a Brian, consapevole che non avrebbe mai potuto possedere una bacchetta magica, o il più potente dei libri ricchi di incantesimi, per aiutare e guarire Brian. Il suo migliore amico. Il suo compagno. L’altra metà del suo cuore e la sua anima gemella. Ed era proprio per quello che non voleva sbagliare, non voleva commettere errori e causare più danni di quelli che il suo istinto, la sua impetuosità, la sua sbadataggine e il suo essere totalmente focalizzato su se stesso avevano già causato. Non voleva più quel rapporto di dipendenza dal maggiore. Non voleva che la loro relazione continuasse a essere così unilaterale, indirizzata verso un’unica direzione mentre l’altra via, quella di Brian, dimenticata nell’oblio e nella rovina. Voleva essere, Nick, un compagno a tutti gli effetti. Voleva prendersi parte di quei pesi che stavano schiacciando la figura ormai esile di Brian, voleva che il maggior potesse appoggiare la spalla contro la sua e che si fidasse, totalmente e ciecamente. Voleva, desiderava e agognava che si fidasse così tanto da lasciare che fosse, per una volta, Nick a prendersi cura di lui in modo che si potesse dedicare e focalizzare tutta la sua attenzione nel lottare contro quella malattia e rimettersi in piedi. Voleva, Nick, vedere Brian tornare brillare e avere la consapevolezza di averlo aiutato. Di essere stato lì per lui, di averlo accompagnato passo dopo passo in quel tortuoso cammino che, molto spesso, era somigliato e continuava a somigliare a un percorso a ostacoli. Voleva, Nick, risentire la voce di Brian accarezzarlo come la più soffice e dolce delle carezze e voleva, Nick, rivedere quel luccichio ogni volta che le dita di Brian si sarebbero avvolte attorno a un microfono. Voleva, Nick, tutto quello e ben oltre, raggiungere l’impossibile pur di poter tornare a respirare e assaporare il sorriso di Brian.

Brian prese un lungo respiro, un soffio di aria che uscì tremolante e che si portò via qualche goccia di lacrima e di singhiozzo. Una mano si allungò fino a quando non riuscì a raggiungere e appoggiarsi su quella di Nick che, come il più resistente degli scudi, si era messa a protezione di quella parte del petto dove il cuore batteva; le dita si intrecciarono attorno alle proprie compagne e sorelle mentre i polpastrelli incominciarono ad accarezzare il dorso della mano con rassicuranti e regolari cerchi e linee.

Avrebbe dovuto essere molto più semplice. Non era per quel motivo e per quella ragione che si diceva che l’amore fosse in grado di cambiare le persone? E, davanti a lui, c’era un Nick totalmente differente da quello con cui aveva incominciato una relazione solamente l’anno precedente. O il ragazzino che aveva sconvolto la sua vita, che non si era mai crucciato dei problemi del maggiore perché fin troppo invischiato e impantanato nel caos e nell’oscurità che era la sua stessa vita. Davanti a Brian, in quel momento, c’era un Nick cambiato e maturato, cresciuto perché i mesi precedenti gli avevano dato un ultimatum e, di fronte alla prospettiva di perdere l’altra parte della sua anima, lui si era reso conto che non c’era niente di così troppo grande, troppo insormontabile o sconvolgente che potesse fargli cambiare idea. Non c’era niente che potesse fargli rimpiangere la decisione di unire cuore e anima con quelle di Brian.

Avrebbe dovuto essere semplice anche per Brian. Dopo tutti quegli anni, dopo un passato che ancora reclamava di essere accudito e messo a riposo, Brian avrebbe dovuto essere in grado di mettere da parte l’orgoglio e la sua ostinazione per poter permettere a qualcuno, a Nick, alla metà del suo cuore, di vedere tutte le crepe e le fragilità che intaccavano il suo spirito, in modo che potesse lenirle e aiutarlo a guarirle. Perché era questo l’amore. Non era pretendere e aspettare che qualcun altro potesse salvarti, prendere tutti quei pezzi rotto e ricostruirli come se fosse il più semplice e complicato puzzle mai visto; l’amore era aiutare il proprio compagno a cercare i tasselli perduti, sostenerti mentre tu stesso cercavi di risollevarti in qualche modo, sicuro e consapevole che qualcun altro sarebbe stato pronto a offrirti un unguento o una fasciatura per poter guarire le tue ferite.

Nick non doveva e non poteva salvarlo. Nick avrebbe dovuto semplicemente accompagnarlo in quella guerra, prode e fido alleato anche quando ogni battaglia sembrava perduta già in partenza. Nick avrebbe dovuto essere la sua protezione, il suo angolo in cui rinchiudersi quando i nemici, quando quel nemico, si fosse rivelato troppo forte per essere combattuto ad armi pari. Ma era un rischio. Era un enorme salto nel vuoto e senza avere la sicurezza che ci fosse una rete, sul fondo, pronta ad accoglierlo per evitare che ci si facesse male. Era un atto di cieca fiducia, qualcosa che Nick gli aveva sempre concesso tutte quelle volte che si era affidato a Brian per una guida e per essere accompagnato oltre l’oscurità che lo stava inghiottendo.

Perché lui non ci riusciva?

Non era perché non si fidasse di Nick. Non era perché non credeva e non riteneva il ragazzo in grado di sostenerlo e di dargli tutto ciò di cui avesse avuto bisogno. Brian sapeva che, sotto quell’aria e quell’apparente egocentrismo e desiderio di essere sempre al centro dell’attenzione, Nick nascondeva una vena che stava solamente aspettando il momento giusto e perfetto per esplodere e inondarlo con le sue attenzioni, il suo amore e la sua voglia di prendersi cura di qualcuno. Il suo desiderio di essere, almeno per una volta, il perno sul quale Brian avrebbe potuto appoggiarsi ed essere ripagato di tutti quegli anni in cui lo aveva protetto e nascosto sotto la sua ala.

Quindi, perché non ci riusciva? Perché Brian non riusciva a lasciarsi prendere fra le braccia di Nick?

Lo voleva. Lo desiderava. Lo agognava.

Nella parte più custodita e più fragile della sua anima, Brian voleva che Nick allungasse le braccia e lo riportasse in superficie, lontano da quel fondo nero cui era e stava continuando a cadere. Sembrava essere una caduta senza fine, un continuo e ripetitivo ruzzolare da una parete così liscia che sperare per un appiglio, anche il più misero ramoscello, era come sperare di una tempesta di pioggia in un deserto. Brian voleva ma, allo stesso tempo, non voleva trascinare Nick, o tutto il resto del gruppo, in quello che era e doveva essere solamente e soltanto suo di incubo. Cosa sarebbe successo se, una volta riuscito a sbrigliarsi da quelle nebbie, si sarebbe accorto che era ora Nick a essere rimasto prigioniero di paure e mostri che non erano nemmeno i suoi? Come poteva, Brian, lasciarsi aiutare se c’era anche la remota possibilità di riportare la persona che amava nella tana di quei mostri e fantasmi che aveva lottato così tanto e così duramente per sconfiggere?

Era un rischio e, per amore, valeva correrlo. Esattamente come lui stesso aveva fatto tanti anni prima, fidandosi e facendosi supportare dall’istinto di dover sopravvivere per poter aiutare Nick. E Nick... Nick non era più quell’anima fragile che si lasciava modellare e attrarre per paura di non essere preso in considerazione e amato. Nick era ormai consapevole del suo valore ma, soprattutto, sapeva riconoscere quali fossero le battaglie e le persone per la quale valeva la pena combattere.

Brian desiderava che qualcun altro, che Nick, si prendesse carico di tutto ciò che ora lui non era più in grado di trovare forza ed energia per fare: credere che ci fosse una luce in fondo a quel tunnel che sembrava essere tortuoso e infinito. Sperare di essere forte abbastanza per sopportare un intero tour, consapevole che la sua voce non sarebbe mai stata in grado di risplendere come ai vecchi tempi e rischiando di riportare nell’oscurità e nell’oblio il duro lavoro del gruppo. Illudersi che quello che stava vivendo fosse semplicemente un incubo, l’unico modo che la sua mente fosse riuscita a concepire per metterlo in guardia su quanta pressione e quanto stress inutile si metteva sulle spalle, di quanto le sue preoccupazioni e le sue ansie di non essere più perfetto stessero ormai logorando ogni centimetro del suo sistema nervoso e della sua anima.

Più di tutto, più di qualsiasi altra cosa, Brian agognava nel trovare un rifugio, un angolo così nascosto e così segreto dove nessuno avrebbe nemmeno più potuto trovarlo. Si sarebbero dimenticati di lui, ecco quello che segretamente Brian si augurava. Si sarebbero dimenticati di lui, non avrebbero più fatto caso che sul palco mancava una quinta persona. Si sarebbero dimenticati che stava rischiando di rovinare tutto, così come Howie gli aveva rammentato: in quell’angolo, al sicuro da tutto e da tutti, Brian avrebbe potuto far finta che il mondo avesse smesso di girare, quasi come se avesse deciso di mettersi in pausa e aspettare che lui potesse crollare e rimettersi in sesto.

Ma ciò non poteva succedere, ecco perché Brian aveva sempre stretto i denti e continuato come se nulla fosse davvero successo. Brian non poteva pretendere che tutto il mondo, o le vite degli altri, si fermassero e incominciassero a girare attorno a lui e a come risolvere i suoi problemi. Senza rimorsi, rimpianti o conseguenze. Si era sempre detto che non poteva pretendere o anche solamente chiedere qualcosa del genere, non dopo aver rovinato e preso attenzione della vita dei suoi genitori quando aveva quasi rischiato la vita a cinque anni: ricordava come la vita e la routine della famiglia si fosse all’improvviso modificata e modellata per accomodarla attorno agli orari dell’ospedale e delle visite; ricordava come suo fratello fosse stato messo da parte per colpa sua, a volte dimenticato ed altre volte, molto più spesso, rimproverato per parole che venivano semplicemente da un bambino a cui erano stati portati via diritti e privilegi. Brian si era detto e ripromesso che non avrebbe più permesso una cosa del genere, soprattutto ora che era lui stesso un genitore ma, in quel frangente, Nick lo stava rassicurando, anzi, lo stava spingendo a pretendere che almeno il loro di mondo, il loro universo, potesse e dovesse ruotare attorno a lui almeno per quella volta.

Era così allettante. Era una proposta che Brian avrebbe voluto accettare senza nemmeno guardarsi indietro, senza nemmeno rimorsi e rimpianti. E non ci potevano essere altri dubbi, non quando la mano di Nick gli ricordava e gli rammentava che non lo avrebbe mai lasciato cadere nel vuoto, nell’ignoto o all’indietro.

Ma non poteva leggergli nella mente. Non poteva, Nick, sapere di che cosa Brian aveva bisogno se lui non glielo diceva. Non poteva aiutarlo se nemmeno aveva idea di che cosa stavano combattendo, o come poter aiutarlo a sconfiggerlo. E se Brian voleva anche solo incominciare a guarire, il primo passo era lasciare che qualcun di cui si fidava ciecamente, Nick, potesse entrare e vedere quelle cicatrici che aveva cercato di nascondere e che, in cambio, esse avevano quasi tentato e riuscito a distruggerlo completamente. Doveva raccontargli tutto, dargli tutte le informazioni e poi, forse, finalmente avrebbe potuto lasciargli il controllo della nave e cercare di recuperare qualche energia. Prepararsi per le nuove battaglie e per quel tour che sembrava già l’anticamera dell’inferno.

“Ho smesso con la terapia. Non funzionava. Ed era strano, nemmeno la dottoressa sapeva spiegarsi perché stessi peggiorando invece che migliorando. Anzi, avrei dovuto essere già a un passo dalla guarigione. Così ci sono stati altri esami, test e test che mai avrei pensato di dover o essere costretto a fare. Non è... non è solo disfonia. C’è anche un problema neurologico. A che serviva, quindi? A che serviva continuare a parlare di me stesso quando è il mio stesso cervello a ribellarsi contro di me?”

Nick non sciolse l’abbraccio. Anzi, al contrario, si strinse ancora di più attorno al corpo del compagno, quel corpo che tremava sotto di lui per tutte le lacrime che non era riuscito a sfogare quando aveva ricevuto quella notizia. Non poteva Brian dimenticare quell’orribile giorno: non aveva detto niente a Nick degli esami, sperando di poter tornare a casa con un sorriso e un peso in meno sulle spalle. E poi gli era caduto il mondo letteralmente addosso, si era sentito mancare la terra sotto i piedi quando gli era stato detto che non solo la sua battaglia non era terminata ma, al contrario, si era ingrandita e complicata all’infinito.

“Che... che cosa significa? Cancro?”

“No, no. Grazie al cielo, no. – Si affretto Brian a rassicurare Nick, quel tono così pieno di paura e di panico che era impossibile non minimizzare la sua situazione. Non era così grave, d’altronde. Anche se sembrava essere senza speranza e senza una fine.  – E’ un... è difficile da spiegare.”

“Provaci. Sai che non ho bisogno di paroloni.”

“E’ un problema di connessione. Il mio cervello, spesso, non riceve i messaggi dai neuroni. Non li codifica e, di conseguenza, non da l’ordine alle mie corde vocali di lavorare e di emettere le note. Ecco perché, a volte, arrivavo qualche secondo dopo il mio attacco.”

“Perché non me ne hai parlato? Cristo, Bri...” Nick si interruppe, socchiudendo gli occhi e cercando di calmare quella voce che voleva urlare e gridare, voleva accusare il maggiore di averlo tenuto nell’ombra e di non essersi fidato. Di non averlo considerato un partner, di continuare a vederlo e considerarlo come un bambino invece che come un adulto. Ma ora Nick sapeva che non era quella la verità, che la colpa era più di ricercare in Brian stesso e che niente, se non qualche piccola bricciola e sfumatura, era da imputare a lui.

“Scusami. – Mormorò Brian, il tono basso di chi sapeva che c’era una ragione per cui essere imbarazzo e vergognarsi del proprio comportamento. – Volevo... volevo davvero parlartene. E l’ho quasi fatto, sai? Ti ho chiamato così tante volte che avrei potuto essere accusato di stalking. Ed ero arrabbiato, furioso che tu non mi rispondessi quell’unica volta in cui avevo così tanto e disperato bisogno di te. Ma quando sei tornato a casa, il volto così splendente e così orgoglioso per l’opportunità che ti avevano dato, tutta la rabbia è scivolata via. Assieme a quel segreto. Perché non potevo rovinare quella giornata. E nemmeno quella successiva. Così, piano piano, mi sono convinto che se non avessi parlato, se non avessi parlato ad anima viva di quello che era davvero successo, di come la situazione si era trasformata in un battito di ciglia, forse tutto si sarebbe risolto da solo.”

“Ma non è successo.”

“Evidentemente no. – Sospirò Brian, rendendosi conto ora di quanto stupidamente si era comportato. Non era ancora pronto per raccontare al mondo tutti i suoi problemi e drammi, forse non lo sarebbe mai stato, ma nascondersi in quel modo aveva solamente peggiorato la situazione. Aveva perso tempo prezioso. Aveva perso energie preziose. Se solo ne avesse parlato prima, forse non sarebbe arrivato a quel punto. – Ma non riuscivo a vedere oltre quel buio. Che senso aveva parlarne? Che senso aveva fare terapia se tanto il problema era il mio cervello? Se tanto non sarei mai tornato a essere come prima?”

Nick rimase in silenzio per qualche secondo, la mente che cercava di avvolgersi attorno alle parole di Brian. Era qualcosa di troppo grande per comprendere così facilmente, c’erano tanti dettagli che Brian ora stava glissando ma Nick si ripromise di non nascondersi più. Finita quella giornata, una volta che si fosse assicurato che Brian avesse recuperato energia e sonno, lo avrebbe accompagnato a ogni incontro possibile. Voleva capire.

Voleva aiutare Brian.

Scivolò di fronte a lui. Il corpo accusò il colpo dell’assenza, della mancanza di intima vicinanza fra di loro ma Nick voleva assicurarsi di avere l’attenzione di Brian, di poterlo osservare mentre gli prometteva che avrebbe mosso qualsiasi stella e pianeta pur di rendere più sopportabili i prossimi e seguenti mesi.

“Dimmi che cosa vuoi fare. Nessuno ti obbliga a continuare, possiamo fermare tutto e rimandare il tour a quando ti senti più forte. Non sforzarti. Lo hai detto anche te, devi prima pensare a risolvere questa situazione per te stesso.”

“Lo sto facendo, Nick. Se mi obblighi a fermarmi, sarà anche peggio. Quest’anno è importante per il gruppo, non aggiungermi il peso di essere colui che ha rovinato ogni possibilità. Posso farcela. In qualche modo ce la farò.”

Nick scosse il capo, ancora gli era difficile comprendere i motivi per cui Brian si stava fissando e intestardendo sul continuare a cantare come se non ci fosse niente di male. Come se lo stesso cantare non fosse una sofferenza fisica. Una parte di lui capiva quel ragionamento, anche per lui il palco era sempre stato una sorta di angolo di paradiso, un luogo dove potersi scrollare ogni problema e poter finalmente sentirsi se stesso e felice. Ma lui non aveva mai avuto a che fare con i problemi di Brian, lui non era mai salito sapendo già che sarebbe stata un’esibizione al di sotto delle sue potenzialità. Lui non aveva mai visto il palco come un nemico, un mostro capace di accendere il panico e farlo rinchiudere in un bagno con il cuore che batteva all’impazzata e l’aria che faceva fatica a entrare nei polmoni.

Fosse stato per lui, se la decisione fosse dipesa solamente da lui, Nick avrebbe posticipato ogni esibizione a data da destinarsi, non fin quando fosse stato sicuro che Brian potesse affrontare il mondo. Perché non c’erano solo i concerti e le partecipazioni televisive: ci sarebbero state interviste, commenti ed era ormai palese che persino le fans si erano accorte che qualcosa non andava. Voleva, Nick, difenderlo da tutto quello che la gente sarebbe stata in grado di tirargli dietro, semplicemente perché ignorava quanto duramente Brian stesse lottando per non far preoccupare nessuno e far sorridere milioni e milioni di persone.

Ma spettava a Brian decidere. E, a Nick, spettava semplicemente accogliere le sue richieste e rendere il tutto più sopportabile possibile.

“So che non comprendi, Nick. E a volte anch’io faccio fatica a comprenderlo. Ma ho bisogno che tutto vada avanti. Ho bisogno di cantare, per quanto molto spesso vorrei nascondermi e sperare che nessuno mi chieda perché canto così da schifo. Ho bisogno di sapere che posso essere ancora utile, che posso e sarò sempre Brian invece che un’ombra, qualcuno che ha fatto grande il passato ma che non può avere voce e capitolo in questo presente e futuro. Solo così posso essere sicuro di avere sempre una ragione per alzarmi dal letto e combattere. – Brian appoggiò la fronte contro quella di Nick, appoggiando le labbra sulle sue e sfiorando le punte dei nasi. – Non mi fermare, Nick. Non mi costringere ad arrendermi. Fammi cantare. Solo così potrò avere una speranza per vincere.”

Le mani erano ancora intrecciate, avendosi cercate e ricercate fino a quando ogni dita aveva potuto riprendere il suo posto accanto e sopra l’altra. Nick osservò quell’intrecciò, osservò di come le sue mani erano in grado di coprire e nascondere quelle del suo compagno, esattamente come il suo corpo sarebbe stato in grado di coprire e nascondere quello di Brian. Era tutto differente dalla sua situazione, per quanto Nick fosse ancora convinto che certe azioni nei suoi confronti fossero state ingiuste ed estreme: ma Brian, a sua differenza, non arrivava mai in ritardo per gli incontri, o per le registrazioni. Era sempre il primo, già pronto nel suo angolo con le cuffie e non abbandonava il microfono fino a quando la sua parte non risultasse almeno normale. Non perfetta, non straordinaria come in passato. Ma era lì, anche quando lo sguardo si faceva più preoccupato mentre lui, mentre Nick, se ne andava e sbatteva le porte appena qualcuno osava muovergli qualche critica.

Ma Brian era sempre stato una persona migliore di lui, non c’era da stupirsi se affrontava quella situazione con l’orgoglio e la maestosità di un vecchio leone, forse affaticato ma mai pronto ad arrendersi o a essere sconfitto.

“Hai ragione. Non capisco. Più che altro perché non sopporto vederti in questo stato. E non so come potrò sopportare di non correre al tuo fianco sul palco, Ma se ne sei sicuro...”

“Che altro potrei fare, Nick? Mettermi da parte? Non abbasso la testa e non nego che mi piace avere la maggior parte degli assoli nelle canzoni ma... – Brian scosse la testa, cancellando quel pensiero. Il pensiero di abbandonare. Il pensiero di vedere il gruppo andare avanti senza di lui. – Non potrei sopportare di vedervi in giro e io a casa, lasciato e dimenticato per una voce che ora non è propriamente la stessa. Ma prometto che ritornerà. Prometto che farò di tutto, non mi nasconderò questa volta. Almeno con voi. Soprattutto con te. Riprenderò la terapia. Farò tutto quello che serve, chiederò a Howie di aiutarmi ma...”

Nick si ritrovò senza parole, forse mai si era ritrovato a essere il ricevitore delle preghiere e degli scongiuri di Brian. Era strano, era come ritrovarsi in un mondo parallelo dove le cose funzionavano all’incontrario e dove era Brian ad aver bisogno dell’approvazione e del supporto di qualcun altro. Della sua, di quella di Nick.

“Bri, nessuno andrà avanti senza di te. Se decidi che hai bisogno di una pausa, ce la prendiamo tutti. Se decidi che vuoi andare avanti, per quanto ancora non creda che sia la scelta migliore, allora andiamo avanti.”

“Lo è, Nick. Voglio solo cantare. Voglio solo fare il mio lavoro e avere, per quanto possibile, qualcosa di normale a cui aggrapparmi.”

“Okay. – Si ritrovò Nick ad ammettere. Perché tanto Brian avrebbe continuato per la sua strada e, alla fine di ogni discorso, Nick preferiva combattere al suo fianco che contro di lui. Ed era quello che avrebbero dovuto fare sin dall’inizio: loro due, seduti insieme sul letto a organizzare i piani e fondere le energie insieme. Era quello che si era sempre immaginato, era come aveva creato nella sua mente come l’amore avrebbe dovuto funzionare e colorarsi. – Okay. Se è questa la tua decisione, ti appoggio. Completamente. Se qualcuno avrà da obiettare, criticare o giudicare, dovrà vedersela con me.”

Un sorriso si dipinse sul volto di Brian, una luce che Nick non vedeva da così tanto tempo che, per un momento, avrebbe voluto fermare il tempo e ritrarlo nella sua mente. Perché quella luce era così brillante e rassicurante, perché quella luce avrebbe dovuto continuato a illuminare e riflettersi nei suoi occhi.

“Grazie. – Mormorò Brian, anche se avrebbe voluto urlare quella piccola parola. Era ciò che aveva più desiderato sentire uscire dalle labbra di Nick: sapere di avere il suo appoggio, sapere di poter contare sulla sua forza e sul suo supporto per quanto sarebbero arrivati giorni più duri e freddi. Con Nick al suo fianco, persino quella seconda malattia non sembrava più così pericolosa e paurosa. – Grazie, Nick.” Il sussurro arrivò in un respiro, attorniato da tutte quelle parole che non avevano bisogno di essere pronunciate ma che si posarono sulla pelle di Nick come invisibili e silenziose farfalle. Era una semplice parola, forse la più semplice che esistesse al mondo, eppure era così potente quando arrivava e si avvolgeva attorno all’anima: era in grado di far scivolare via ogni tensione e ogni delusione, ogni filo rosso di rabbia e ogni scampolo di gelosia che avevano cercato, inutilmente, di contaminare quello spirito. A Nick bastava semplicemente quella parola. Per quanto fosse strano, perché lo era sentirsi ringraziare da Brian, dal proprio compagno, per qualcosa che sarebbe stato offerto senza bisogno di essere chiesto o richiesto. 

“A una condizione. – Disse Nick deciso e determinato, l’indice alzato e lo sguardo di chi non avrebbe ammesso obiezioni. – No, anzi. Più di una condizione.”

Brian alzò gli occhi al cielo, lo sguardo divertito dalla piega di quella conversazione e, allo stesso tempo, piacevolmente rassegnato a essere diventato il principale e più importante progetto di Nick per i prossimi mesi e anni. “E quali sarebbero?” Ribatté con un accenno di risata che arrotondava le vocali e iniettava quel caldo accento del sud che Nick adorava.

“Ti accompagno a ogni incontro. Voglio sapere tutto, dalla diagnosi alle terapie che ti hanno consigliato e, se ce ne fosse bisogno, anche di altri pareri. Non mi importa quanto tempo impiegheremo, non m’importa se dovremo fare mille viaggi o spendere soldi. Faremo tutto ciò che è possibile e anche oltre. Insieme. Perché ci sono, questa volta. E voglio esserci in ogni step.”

“Non ho bisogno che mi tieni la mano come un bambino...” C’era una sorta di ribellione nel tono di voce di Brian, un rimasuglio di quell’indipendenza e di quell’opposizione a sentirsi trattare come se fosse un vaso fragile che aveva bisogno di mille attenzioni e di mille cure. E, sotto quell’aspetto, navigava un fiume di imbarazzo nel lasciare che Nick potesse vederlo nei suoi momenti più fragili, in quegli attimi in cui avrebbe dovuto smontare l’armatura e riporre il mantello nel cassetto.

“Tu no, forse. Ma io sì.” La battuta di Nick arrivò in una via di mezzo fra il divertito e la verità. Ed era soprattutto quell’ultima a voler vincere a tutti i costi: aveva bisogno, Nick, di esserci. Di assicurarsi che Brian seguisse il piano, assicurarsi che non si rintanasse ancora nel suo angolo e nel suo nascondiglio solamente perché la situazione si attardava a migliorare. Assicurarsi che non ci fosse niente di più serio, niente di così grave e capace di strappargli Brian dalle mani e portarglielo via per sempre.

Qualcosa, un accenno di quei pensieri riuscì a sfuggire via e a presentarsi nel suo sguardo perché l’espressione di Brian si addolcì e una mano si appoggiò sulla sua guancia, prima di lasciare posto a un soffio di bacio.

“Allora dovrò proprio sacrificarmi.”

“Sì. Non si accettano scuse questa volta. – Asserì Nick, prima di alzare un secondo dito a fare da compagno all’indice. – Seconda condizione: se non ce la fai, se una giornata risulta essere troppo pesante o altro, devi dirmelo. Non m’importa se è nel bel mezzo della notte, se prima di salire sul palco o nel bel mezzo del concerto.”

“Non si cancella nulla. Che questo sia chiaro.”

“Questo lo decideremo in seguito, okay?”

“No. – Ribatté Brian perentorio. Non avrebbe sopportato qualcosa del genere, non ci sarebbero se o ma che lo avrebbero trattenuto dal salire su un palco e fare il suo lavoro. Eppure il pensiero era un altro, il vero tarlo era quella vocina che sibilava su quello che avrebbero potuto pensare le fans, la scusa che avrebbero dovuto usare e le implicazioni... no, no. Non sarebbe riuscito a sopportare tutta quella pressione. – Questa è la mia unica condizione.”

Quella volta fu Nick a sospirare, costretto e dovendosi arrendere di fronte all’ostinazione di Brian. “Penso che questa posso concedertela. Magari faremo finalmente felici le fans di Howie...”

“Come? Non la prendi come occasione per sfoggiare ancora di più la tua bravura?”

“L’unica cosa che potrei sfoggiare è una sonora figuraccia. – Mormorò Nick, sorridendo e le guance arrossate. – Nessuno può cantare come te. E alcune note... preferisco che sia Howie a dimostrare questa teoria.”

“Povero Howard.”

“Lo hai detto anche te. In un gruppo bisogna prendere sia il buono sia il cattivo.”

“Abbiamo finito con le condizioni?”

“Dov’ero rimasto? Ah, giusto. La terza. La terza condizione... beh, in un certo senso te l’ho già chiesto ma... non sono bravo a intuire ciò di cui hai bisogno. Credo di aver già dato ampia prova di ciò. Quindi, la terza condizione è che devi parlami, okay? Dimmi se hai bisogno che ti lascio in pace, dimmi quando hai bisogno di spazio o quando hai bisogno di me. In qualsiasi modo. Solo così posso aiutarti. Tutto il resto lo figureremo assieme. Ma questo... questo ho bisogno che sia tu a dirmelo.”

Brian non rispose immediatamente, per quanto le risposte fossero già pronte per essere pronunciate e stessero scalciando per poter abbandonare quel cassetto in cui erano state rinchiuse per tanto, forse troppo tempo. Scivolò lungo il letto, finendo per prendere il posto e il lato che era sempre occupato da Nick perché amava svegliarsi con i raggi del sole che accarezzavano la sua schiena e amava poter essere una protezione fra la luce e Brian. Scivolò e poi fece cenno a Nick di raggiungerlo e si ritrovarono ancora l’uno di fronte all’altro, fianco a fianco in quella che sembrava l’inizio di una nuova finestra della loro vita. La mano andò a cercare la sua compagna, avendo accusato la mancanza solamente in quei pochi secondi di spostamenti e aggiustamenti: a volte era più necessaria una stretta di mano di baci e di carezze. Brian la preferiva, soprattutto in quei momenti e in tutti quegli attimi in cui voleva ricordarsi che era tutto vero, che la sua vita ora girava attorno alla sfera di Nick e non era più un solitario e abbandonato satellite.

C’erano tante cose che Brian avrebbe voluto dire a Nick, tanti bisogni e desideri che avrebbe voluto che prendessero forma e che si sistemassero comodamente vicino a loro. Forse ci sarebbero stati altri momenti, altri scampoli di giornate in cui si sarebbero sistemati in un angolo e avrebbero discusso di come portare avanti quella battaglia. Ma non era quello che, ora, Nick gli stava chiedendo. Nessuno prima di allora gli aveva chiesto di che cosa avesse bisogno: davano per scontato che lui lo avrebbe chiesto e, nel caso contrario, significava che tutto era a posto e che potevano dedicare e focalizzare le loro attenzioni su chi ne aveva davvero bisogno. Nemmeno Nick glielo aveva chiesto in quel primo anno di relazione ma non c’era ora bisogno di tirare fuori la lista e l’elenco di recriminazioni. Ora glielo stava domandando e c’erano solamente poche cose che Brian si sentiva di richiedere ora.

Le uniche cose di cui avesse davvero bisogno per riprendere la battaglia e combattere al meglio delle sue forze.

“Ho bisogno che tu mi stia accanto anche, e soprattutto, quando  faccio di tutto per allontanarti e nasconderti ogni debolezza. So di non essere una persona facile con cui vivere, so di essere testardo e ostinato come un mulo e che, molto spesso, mi comporto da idiota solamente perché non voglio ammettere che c’è qualcosa che non va. Ho bisogno che tu me lo dica. Ho bisogno che tu mi ricordi che non sono solo in questa situazione. Che siamo in due.”

“Intendi come ho fatto ieri?” Domandò Nick, un sorrisetto che curvava all’insù un angolo della bocca.

“Magari con meno urla e insulti. Eviterei di dover litigare con te un’altra volta in questo modo. -  Brian rifletté lo stesso sorriso di Nick, un implicito che ormai quella tempesta era stata definitivamente rischiarata e dimenticata. – Ho bisogno che tu sia la mia forza. Non ne ho più. Sono completamente svuotato e non voglio soccombere. Non voglio perdere. Non lasciare che io mi arrenda ancor prima di aver combattuto tutte le battaglie.”

Forse Brian non ne sarebbe mai stato capace. Di arrendersi. Forse non gli era mai stato inculcato il significato di quella parola o, forse, la sua stramba e disconnessa mente aveva scambiato quel termine come un sinonimo di continuare a combattere. Ma mai, prima di quel momento almeno, Brian si era ritrovato così pericolosamente vicino a quella sottile e invisibile linea di confine: percepiva il vento, freddo e ghiacciato, sbattere contro di lui e cercare di portarlo via come se fosse una semplice e inerme foglia; sentiva e veniva sempre di più schiacciato dalla forza e dall’intensità di tutti quei pesi che lui stesso si era messo sulle spalle ma forse, per la prima volta, non si sentiva accerchiato mentre Nick cercava di prenderne qualcuno e di alleggerire il suo carico.

Per la prima volta Brian sentiva il soffio lieve e caldo del sollievo.

“Mai. Non potrà succedere mai. – Ribatté Nick immediatamente, l’espressione sconvolta come se Brian avesse appena ammesso di non credere più in Dio. Entrambe erano dei sacrilegi. – Tu che ti arrendi? Non esiste. No. Decisamente no.”

“Perché? – Si ritrovò Brian a domandare, la voce spezzata e strozzata dall’insicurezza e da quella malattia di cui ancora nessuno aveva trovato una perfetta e potente cura per sconfiggere. – Perché tutti date per scontato ciò? Non è ovvio, Nick. Non sono... non sono Superman. Sono un’anima persa che non sa più dove sbattere la testa e che sa solamente andare avanti.”

“Ti sei risposto da solo. Non arrendersi non significa solamente vincere e uscirne trionfatore. A volte, anzi, nella maggior parte dei casi, non arrendersi significa semplicemente continuare per la propria strada e aspettare tempi migliori. E poi sei la persona più competitiva che conosca. Cercheresti di vincere anche se avessi tutti i più possibili e immaginabili svantaggi di questo mondo.” Rispose Nick con tutta la convinzione che potesse riuscire a trasmettere con solo il suo tono di voce e il suo sguardo. Si sporse poi velocemente verso il compagno, appoggiando le labbra sulla sua tempia e lasciandole contro quella pelle fredda che sapeva lievemente di sale.

Brian lasciò scivolar via una prima lacrima di fronte a quelle parole. Ma non voleva piangere. Non voleva più piangere. Era stanco di quelle lacrime, era stanco di quei singhiozzi che altro non facevano che peggiorare lo stato della sua gola. Così Brian decise, in quel momento, di non lasciar vincere il pianto: chiuse semplicemente gli occhi e li strinse, li strinse più forte che poteva, li strinse fino a quando le lacrime dovettero arrendersi e comprendere che, almeno per quel momento, non c’era nessuna via di fuga.

Le labbra di Nick scivolarono dalla tempia sulla palpebra, portandosi via con le loro carezze quelle gocce che erano, comunque, riuscite a scappare e trovare una sorta di labile libertà. Dall’occhio non vi era così tanta distanza dal naso, così le labbra ricoprirono anche quei centimetri di pelle con dolci tocchi che fecero crescere il sorriso sul volto di Brian. Ed era così attraente, era così magnetico poter finalmente vedere quelle guance rischiararsi e arrossire per un’emozione che non aveva nulla a che fare con l’imbarazzo e la vergogna, che Nick non riuscì a trattenersi dal picchettare quegli angoli incurvati all’insù: una sensazione salata colpì il suo palato, un sapore che tristemente aveva poco o nulla a che fare con l’acqua di quel mare cristallino che si stava oscurando e incupendo davanti ai loro occhi. Le labbra di Brian sapevano di lacrime, sapevano delle ferite che quella situazione avevano inflitto e sapevano di quei colpi che le sue stesse parole, le parole di Nick, avevano infierito e lasciato il segno il giorno precedente. Così Nick cercò di rimediare a quell’errore, cercò di lenire almeno quelle cicatrici di cui colpa e responsabilità portavano il suo nome; cercò, Nick, di asciugare quel ricordo amaro e salato di lacrime che aveva causato, sperando di poter essiccare e far scomparire il loro ricordo e i loro echi. E poi giù, le labbra scivolarono verso quella conca in cui la gola avrebbe dovuto proteggere quelle preziose e così altrettanto fragili corde vocali. Ma il problema non era una semplice e forse più risolvibile questione di non aver adempiuto al proprio dovere; il vero dilemma e mistero risiedeva in muscoli che avevano preso fin troppo seriamente quel compito, senza avere però la consapevolezza che stavano rischiando di uccidere ciò che era stato detto loro di proteggere con così tanta cura e devozione. Era un tacito rimprovero, ammise mestamente Nick. Era come se quei muscoli volessero rimproverarlo e tacciarlo di tutto ciò che non aveva mai fatto, di non aver protetto ciò che lui stesso considerava come la più bella voce che fosse apparsa nel suo universo: in parte era colpa sua, in parte era colpa di Nick e di tutti coloro che non si erano mai resi conto di quanta pressione Brian metteva su se stesso, quanto fosse così pesante cercare di essere la pietra sopra la quale basare tutta una carriera e una band.

Brian si irrigidì al primo contatto, un accenno di protesta sembrò volersi librarsi da quelle labbra che ancora pulsavano e si gonfiavano dell’eco dei tocchi di Nick. Tentò di spostarsi, tentò di voltare il viso per almeno non osservare quelle carezze dolci e gentili che portavano conforto e amore verso quell’unica parte che, mai come in quel periodo, in quegli ultimi anni, Brian era arrivato a odiare. Nick non glielo permise, non gli permise di allontanarsi né di rinunciare a quella che poteva essere definita se non un’adorazione, un portare rispetto e conforto con la speranza che quella voce potesse tornare, una volta visto e percepito quanto era ancora amata e adorata. Era lo stesso che Brian aveva fatto con lui, ancor prima che decidessero di eliminare ogni dubbio e riunirsi sotto un unico e medesimo tetto: notti, sprazzi di tempo e attimi rubati, in cui Brian aveva cercato di lenire quell’insicurezza e quell’incertezza che Nick ancora provava verso il suo corpo, teatro di battaglie con uno specchio che non aveva sempre riflettuto un’immagine in cui Nick potesse rivedersi e amarsi.

Era sconvolgente. Era incredibile. Era impossibile, per Brian, poter concepire e toccare con mano quanto Nick credesse e avesse così cieca fiducia in lui e nella sua ormai esaurita forza. Era come un’inaspettata ma quanto mai desiderata tempesta di pioggia fresca e vento dopo mesi e mesi in cui la siccità e l’inverno rigido avevano fatto da padroni ed erano riusciti a inaridire il più protetto dei giardini; la carezza di quelle labbra, di quella fede espressa tramite quei baci, assomigliava e sapeva di quel primo, timido, raggio di sole che riusciva finalmente a sgranchirsi le braccia e riscaldare l’atmosfera alle porte dell’estate: era come essere avvolti in una morbida e rassicurante trapunta, così calda da riuscire a sciogliere quegli artigli che avevano affondato e si erano quasi aggrappati alla pelle, riuscendo a indebolire e a rendere ancora più vulnerabile quell’anima che già stava boccheggiando ed era sfibrata da quella perenne e quotidiana battaglia.

Una battaglia senza fine.

Perché era quello il particolare che rendeva tutto sempre più arduo, che rendeva quella guerra qualcosa di cui difficilmente ne sarebbe uscito perché Brian, una fine, ancora non riusciva a vederla. Non quando ogni minimo passo in avanti veniva corrisposto con altri ruzzoloni all’indietro; non quando ogni volta che riusciva a trovare qualcosa che funzionava, inevitabilmente si ritrovava davanti a un nuovo e improvviso muro di cinta. Non quando Brian si ritrovava a doversi scontrare con un mostro e un nemico che faceva parte di se stesso, che si era alimentato per anni e anni con le sue ansie e le sue paure, che ne aveva generate altre e che era riuscito a insidiarsi così dentro di lui da sapere alla perfezione quali punti colpire e dove avrebbe causato il maggior danno possibile.

Ed era per quello, a fondo della questione, che Brian aveva bisogno di quell’incrollabile roccia di fiducia in cui Nick si era trasformato. Ecco perché Brian non aveva più dubbi nel lasciarsi trascinare almeno per qualche metro, per qualche curva e fino al prossimo traguardo, da Nick: forse si sarebbero fatti male entrambi, forse si sarebbero fatti male e avrebbero rischiato di litigare come avevano fatto il giorno prima. Ma non erano più ragazzini alla ricerca di qualcosa o di qualcuno, o che non avevano ancora idea di come poter affrontare il mondo mentre ancora cercavano di stabilire un equilibrio fra di loro. In quel momento era Nick il più forte, era Nick colui che avrebbe, e che voleva soprattutto, dovuto prendersi il peso di entrambi i due mondi: lottare contro quello scambio di ruoli, ora, significava solo sprecare energie che non poteva più permettersi di perdere..

“Più di tutto il resto, Nick, ho bisogno che tu continui a credere in me. Ho bisogno che tu continui a ripetermi che posso farcela, che posso non solo recuperare un minimo di normalità ma tornare a essere il cantate che sono sempre stato.”

Nick staccò le labbra dalla gola di Brian e semplicemente appoggiò la fronte contro quella del compagno, lasciando che attimi e minuti si sfumassero l’uno nell’altro mentre i loro sguardi si scambiavano parole e promesse difficili, se non impossibili, da pronunciare.

“Io non ci credo solamente, Brian. Perché è come credere negli alieni, o in qualche divinità o mistica figura religiosa: puoi solo sperare che possa esistere ma non ne avrai mai la perfetta e completa certezza. Ecco perché non posso solamente crederci. Sono convinto di ciò, sono convinto che prima o poi tornerai a stupire il mondo con la tua voce. Non sarà semplice. Non sarà come svegliarsi una mattina e ritrovarla lì, accanto a te, con un semplice biglietto di scuse. Ma ce la farai. E non importa se non riesci a vedere ancora questo lieto fine, Bri. Ho fiducia abbastanza per crederci anche al posto tuo.”

La mano di Brian si appoggiò sulla guancia di Nick, gocce trasparenti e invisibili d’acqua che scivolavano e rigavano il volto: Brian non poteva trattenere le lacrime di fronte a quella prova di amore e fiducia, esattamente come si ritrovava inerme nel far uscire la voce ora che anche un groppo aveva preso possesso delle sue corde vocali. Così sfiorò semplicemente le labbra di Nick con le sue, accoccolandosi contro il suo  corpo e lasciandosi avvolgere dal suo abbraccio.

In quel luogo, in quella conca creata apposta e alla perfezione affinché i loro due corpi potessero essere una cosa sola, niente di ciò che aveva tribolato e quasi distrutto Brian aveva più importanza. Almeno per quel momento. Per quelle ultime ore mancanti di una mattina che aveva appena sbattuto e aperto i suoi occhi. Almeno per quell’unica giornata di respiro. Lì non si crucciò, Brian, di quella gola che aveva incominciato a infiammarsi e a far male, né del fatto che probabilmente non sarebbe riuscito a parlare o a deglutire senza vedere e sentire fuochi d’artificio lungo tutti i nervi. Perché l’abbraccio di Nick si fece più stretto e caldo, quasi come a voler far scomparire i primi accenni di brividi. Ce l’avrebbe fatta, si disse Brian mentre Nick strofinava la punta del naso fra i ciuffi di capelli e poi lasciava una farfalla di bacio sulla fronte. In qualche modo sarebbe riuscito ad uscirne vittorioso. Perché quella in cui si era ritrovato ad affrontare non era una battaglia, una guerra, che doveva essere affrontata contando solamente sulle proprie forze. Non era come tutto ciò che si era ritrovato ad affrontare nella sua vita, quando era bastato abbassare il viso e dar fondo a ogni energia per poter recuperare dopo l’operazione al cuore; non era, nemmeno, come osservare il proprio gruppo cadere a pezzi di fronte ai propri occhi e decidere, senza mai dubitarne o avere qualche dubbio, di prendersi carico di quei pesi e attraversare quella tempesta di sabbia, abbandono, droga e alcohol. Era lui ora ad aver bisogno di essere sostenuto, era lui ad aver bisogno di mani che lo avrebbero sollevato e di spalle che si sarebbero prese parte di quel peso e di quel bagaglio che gravava sulle sue spalle: ciò di cui aveva sempre avuto paura, ovvero essere preso e messo da parte perché non più in grado di cantare, non sarebbe mai successo e nemmeno se, per qualche infausto motivo, lui non sarebbe riuscito a recuperare fino a fondo la sua voce.

Quel giorno, in quel dopo una discussione che sembrava aver avuto i precisi contorni di una bomba atomica o di un ciclone, Brian aveva appreso una lezione fondamentale: non ci si poteva sempre salvarsi con i propri poteri o con le proprie armi; non ci si poteva sempre nascondersi all’interno del proprio mantello, non si poteva sempre far finta che niente fosse cambiato e continuare a cercare di salvare il mondo quando a malapena si riusciva a stare in piedi, mentre pezzetti del proprio spirito crollava e si disintegravano attorno a lui. Forse alcuni non sarebbe mai riuscito a ritrovarli e riprenderli, e forse nemmeno ci sarebbe stato più un posto per loro dove sedersi e ricomporsi. Ma altri lo attendevano, altri erano stati forgiati per infondere nuova linfa all’anima, offrirgli nuove energie e forze per sostenere il mostro e il nemico a testa alta; e quei nuovi tasselli, quei ricambi, erano lì fra le mani di Nick, l’anima gemella che si era accorta di sanguinare negli stessi punti in cui quella di Brian era rimasta ferita ed esamine, l’anima gemella che si stava struggendo per poter essere d’aiuto e che, molto spesso, si era ritrovata di fronte a un muro invalicabile e imperforabile.

Era quella la prima battaglia che Brian doveva affrontare e vincere, ed essa non era contro dei muscoli che stavano tentando, in tutti i modi, di soffocare la sua voce o contro una mente che non riusciva più a codificare dei messaggi semplici e basilari per la sua carriera. La prima e più importante battaglia, per Brian, era lasciare cadere ogni difesa e ogni armatura costruita nel tempo, quella custodia in cui si era nascosto perché certe situazioni gli avevano insegnato che non sempre ci si può fidare di chi ci circonda: ma ora quella barriera era essa stessa arma del nemico, era essa stessa un pericolo e qualcosa in grado di fargli perdere la guerra più importante.

Doveva fidarsi.

Ecco qual era la sua prima battaglia. Brian doveva fidarsi e imparare a contare su quelle braccia che lo tenevano stretto e che lo stavano proteggendo dal freddo delle prime luci della notte. Brian doveva imparare, soprattutto, a lasciare aperto un piccolo spiraglio affinché l’oscurità, che ora occupava gran parte del suo spirito, potesse essere spazzata via da quei raggi di fiducia e speranza che arrivavano non solo da Nick, non solo dalla sua anima gemella, ma anche da tutte quelle persone che ancora, nonostante tutto, credevano in lui. Solo così avrebbe potuto ritrovare se stesso e la sua forza.

E, forse, anche la sua voce.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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E niente.
Amo scrivere questi due personaggi.
Amo scrivere Brian e Nick, nonostante il mio complicato rapporto con il secondo.
Amo Brian. 

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