Incontro in una sera di fine estate

di Le notti con Salem
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sotto la pioggia ***
Capitolo 2: *** Aiutarsi ***



Capitolo 1
*** Sotto la pioggia ***


Sotto la pioggia

Dagran si fermò a osservare il cielo sempre più cupo. Nubi temporalesche stavano soffocando con rapidità la poca luce rimasta prima del tramonto. Era proprio il momento di tornare indietro.
Aveva vagato per tutta quella giornata di fine estate in completa solitudine, com'era sua abitudine fare in quel periodo dell'anno. Zael e Lowell erano a conoscenza da lungo tempo di quel suo bisogno d'isolamento, perciò non sarebbe stato un problema spiegarlo a Syrenne e a Yurick.
Era il suo modo di rendere omaggio ai compagni caduti cinque anni prima, durante l'unica, vera sconfitta nella loro vita da mercenari. Quando quel momento dell'anno arrivava, il ricordo della loro scomparsa si faceva più doloroso e lui diventava intrattabile. Per questo si prendeva un giorno o due per sé, lasciando che Zael e gli altri si dedicassero più allo svago che al lavoro, guadagni permettendo. A Dagran sembrava che ogni volta arrivasse più in fretta della precedente, ma nell'ultimo periodo il lavoro era andato meglio del previsto, così aveva potuto lasciarli senza problemi.
Prima di rimettersi sulla via del ritorno, tirò fuori da sotto la camicia il pendente che portava al collo, una placca di metallo rettangolare con un angolo tagliato. Come la penna ornamentale legata ai suoi capelli, anche quello era il ricordo di un affetto perduto.
Quello di Celes, la sua compagna.
Lo strinse con rabbia, pensando a tutto ciò che gli era stato strappato nella sua vita, e ribadì fra sé il giuramento che aveva fatto da bambino, quando aveva lasciato il proprio villaggio in fiamme, come unico superstite.
Diede un'ultima occhiata al pendente prima di rimetterlo al suo posto, dopodiché si affrettò sulla strada, sperando che la pioggia aspettasse il suo ritorno alla locanda prima di iniziare a cadere.
Neanche a dirlo, dopo pochi passi un muro d'acqua si abbatté su di lui.
Per fortuna si era portato dietro la mantella con cui coprirsi in caso di bisogno, insieme a una collezione di epiteti locali che ripassò sottovoce rivolgendoli a ogni singola nuvola sopra la sua testa.
Dopo pochi minuti di corsa, giunse alle porte della città. Dietro le nuvole, il sole era ormai tramontato e solo i fulmini illuminavano la strada. La guardia di turno al cancello lo fece passare senza problemi e gli suggerì anche una strada per raggiungere la sua locanda bagnandosi il meno possibile. Dagran apprezzò il consiglio, anche se a conti fatti non faceva più differenza: la mantella che portava andava bene per coprire bisacce e armi, ma era troppo piccola per un uomo di quasi due metri come lui, infatti era arrivato lo stesso in città mezzo zuppo.
Lasciò di malavoglia il riparo del cancello e s'infilò nelle vie della città, seguendo il percorso consigliatogli dalla guardia. A parte lui, non c'era nessun altro in strada. Meglio così.
Mentre si affrettava a tornare alla locanda, rifletté su come utilizzare la propria parte dei guadagni dell'ultimo lavoro. Vitto e alloggio erano a posto, dato che alla locanda avevano pagato in anticipo, e anche le loro armi erano ancora in buone condizioni. Aveva preso in considerazione l'idea di fare un salto al bordello dall'altra parte della città, a intrattenersi con un paio delle loro “signorine”, ma quella pioggia torrenziale che si stava abbattendo sulla sua testa gli suggerì che forse era meglio pensare prima a un rinnovo del suo esiguo guardaroba, partendo da un mantello vero e proprio.
Stava pensando a un modo per organizzare le spese e poter fare entrambe le cose, quando per poco una carrozza non lo travolse sbucando da una strada laterale.
«Togliti dalla strada, pezzente!» gli urlò il cocchiere. In realtà c'era spazio più che a sufficienza nella via perché il mezzo passasse in tranquillità, ma il cocchiere aveva spronato di proposito i cavalli per andargli addosso.
Il mercenario fece un balzo di lato e la carrozza gli sfrecciò accanto, passando sopra un'enorme pozzanghera che lo inzuppò del tutto.
Tra l'acqua e il fango che gli colavano addosso, era riuscito a notare due cose: il ghigno compiaciuto sulla faccia del cocchiere e l'indifferenza dei passeggeri dietro il finestrino della carrozza; due nobildonne tutte ingioiellate e un uomo di mezz'età, vestito di vari strati di pelliccia, seta e altri tessuti sicuramente costosi, che dava l'impressione di non aver mai fatto uno sforzo fisico diverso dal portarsi la forchetta alla bocca. Per quel poco che era riuscito a scorgere, i tre non avevano mostrato alcun interesse per quel che stava succedendo al di fuori dell'abitacolo, anzi, era probabile che se la carrozza lo avesse investito, si sarebbero lamentati dei possibili danni che lui avrebbe procurato al loro mezzo!
Quello scorcio di aristocrazia si allontanò lasciandolo in mezzo alla fanghiglia e a Dagran non rimase altro da fare che togliersi di dosso tutta la sporcizia che poteva e ritornare alla locanda più fradicio e furioso di prima.
Che vita di merda!
Percorse il tratto di strada che gli rimaneva maledicendo tutti i nobili e i ricchi e le loro vite da privilegiati. Non era certo il modo migliore per commemorare i suoi compagni caduti, ma per quella volta andava così.
Era ormai in vista della locanda, l'ingresso illuminato da uno dei pochi lampioni che caratterizzavano il centro della città, quando degli strani suoni attirarono la sua attenzione.
Da un vicolo in ombra accanto a lui provenivano dei tonfi, seguiti a volte da un ringhio sommesso. Prima che il mercenario potesse domandarsi cosa causasse quel rumore, un gran fracasso di legna spezzata riecheggiò per la via.
Una persona con un briciolo di buon senso si sarebbe allontanata da lì di corsa e avrebbe cercato una guardia, ma il pessimo umore di Dagran quella sera lo rendeva tutto fuorché assennato – per non parlare della sua natura impulsiva – e così, pronto a sguainare la spada e con una gran voglia di menar le mani, s'infilò nel vicolo.
All'inizio non vide nulla a causa dell'oscurità e della pioggia, poi gli occhi si abituarono e notò una sagoma a terra. Era una donna. Cadendo era andata a sbattere contro delle vecchie casse vuote facendole crollare a terra.
Mentre le si avvicinava, il ringhio di prima risuonò di nuovo nel vicolo. Dagran impugnò la spada e si preparò a sfilarla dal fodero, pronto a reagire. Era molto vicino, eppure non c'era niente nel vicolo a parte lui e la donna a terra, e pioggia e fulmini distorcevano i suoni impedendogli di capirne la provenienza.
Qualunque cosa sia, è meglio se prima mi occupo di lei, poi vedrò di avvisare le guardie.
Lasciò un momento la spada e s'inginocchiò accanto alla donna, lanciando occhiate tutt'attorno per esser sicuro che quella cosa non lo prendesse alla sprovvista.
La donna ai suoi piedi era poco più giovane di lui e indossava solo una semplice tunica grigia completamente zuppa di pioggia e un paio di stivali che avevano visto giorni migliori. Lunghi capelli neri le coprivano il viso, sormontati da un grande fiore bianco che sembrava resistere senza sforzo a quella pioggia battente. Quando Dagran cercò di scostarle una ciocca per vederla meglio, la donna si mosse e alzò il viso verso di lui. Almeno adesso aveva la certezza che era viva.
Un paio di occhi grigi lo fissavano vacui, ma lui non ci badò, troppo incuriosito dai segni che stavano sopra di essi: otto punti celesti che formavano un cerchio proprio al centro della sua fronte.
Mentre la guardava, la donna tentò di tirarsi su, ma finì col ruzzolare di nuovo a terra. La sentì mormorare qualcosa, senza però capire cosa dicesse.
«Stai tranquilla» fece lui mentre si spostava per tirarla su «Non voglio farti del male, voglio solo aiutarti. Guarda, io sto proprio alla locanda laggiù. Ti porto lì così puoi scaldarti e dirmi.... Ehi! Che diavolo fai?»
La donna aveva strisciato verso di lui mentre parlava e senza preavviso era scattata in avanti e aveva affondato i denti nel suo stivale. Dagran barcollò indietro per togliersi alla sua potente morsa e le diede uno spintone per allontanarla. La donna ciondolò indifferente e parlò di nuovo, e questa volta Dagran capì cosa diceva.
«Cibo» la sua voce era stralunata.
«Ehm, va bene. Ti porto qualcosa da mangiare e...»
«Fame!»
La donna partì di nuovo all'attacco, e questa volta a farne le spese fu il braccio destro del mercenario, alzato per difendersi. Grazie alla pioggia e a qualche residuo di fango dall'incontro con la carrozza, Dagran riuscì a liberarsi con uno strattone senza rimetterci un pezzo di carne, ma così facendo perse l'equilibrio e cadde di schiena sulle pietre bagnate della strada. La donna fu subito su di lui.
«Cibo!»
Era una pazza indemoniata.
Dagran era in posizione di svantaggio: entrambe le spade – quella cerimoniale e quella per combattere – erano bloccate sotto di lui e anche se fossero state libere, lei era troppo vicina perché potesse impugnarle e usarle come si deve. La cosa però non era importante, perché i suoi pugni sarebbero stati più che sufficienti. Si preparò a sferrarle un cazzotto appena avesse tentato un nuovo attacco, alla faccia della galanteria. Lei si mosse, lui era pronto, ma prima che potesse fare alcunché, la lotta era già finita.
La donna, dritta su di lui, traballò un attimo e poco dopo gli si afflosciò addosso mezza svenuta con un rantolo. Nonostante fosse esile e molto più bassa di lui, il suo peso era tale da mozzare il fiato al mercenario.
I due rimasero immobili per un po', poi Dagran, vedendo che la donna non accennava a muoversi, si tirò su scrollandosela di dosso. Prese in considerazione l'idea di abbandonarla lì sotto la pioggia.
Cerco di aiutarla e mi azzanna neanche fossi una bistecca?!
Alla fine però decise di portarla comunque alla locanda. Non gli sembrava giusto lasciarla alla mercé di quella cosa ringhiante nascosta nel vicolo... o lasciare lei libera di aggredire qualcun altro scambiandolo per un pasto.
«Almeno ci sarà un pericolo in meno in giro per le strade» borbottò fra sé il mercenario.
Lei sembrava abbastanza cosciente da poter essere guidata nei suoi passi senza rischiare altri morsi, così le passò un braccio attorno alla vita, la incoraggiò a ricambiare la stretta e cercando di ripararla dalla pioggia più che poteva nonostante fossero entrambi già fradici, la condusse all'ingresso della locanda.

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Capitolo 2
*** Aiutarsi ***


Aiutarsi

Il grande salone della locanda era pieno di gente, com'era prevedibile con un tempo del genere. Dagran rafforzò la presa sulla donna come meglio poteva e dalla soglia cominciò a farsi strada in mezzo alla folla. Mentre passavano fra i tavoli tutti occupati, schivando le gambe dei clienti seduti e le cameriere coi loro vassoi, si domandò quale fosse il modo migliore per risolvere il problema fra le sue braccia. Poteva chiedere alla padrona della locanda e ai suoi clienti abituali, per vedere se qualcuno riconosceva quella donna. Ma se poi nessuno l'avesse riconosciuta? E se nel frattempo si fosse svegliata e avesse tentato di mordere qualcun altro? Meglio pensare prima a quell'eventualità e poi alla sua identità.
La porterò nella nostra stanza, così se mi attacca di nuovo potrò mandarla al tappeto senza problemi. Certo, se ci fossero anche gli altri sarebbe meglio...
Proprio in quel momento notò Lowell seduto al bancone, impegnato a godersi un boccale di birra e a impedire a un paio di cameriere di svolgere i loro compiti. Di sicuro le stava riempiendo di lusinghe sdolcinate come al solito. Quando fu più vicino però, si rese conto di essersi sbagliato: il Mago stava raccontando una delle sue avventure in giro per il mondo, creando con la sua magia dei burattini di ghiaccio che replicavano le parti più interessanti. Se Dagran non interpretava male le figure in movimento sul bancone, Lowell stava raccontando della difesa di Forte Redwall dall'orda di Reptid Striati, quando loro si erano incontrati per la prima volta, e la storia stava piacendo, a giudicare dalle facce della gente lì attorno. Gli dispiaceva rovinare il suo spettacolo, ma in quel momento aveva bisogno di lui, così gli andò vicino e con un colpo di tosse attirò la sua attenzione. Quando lo vide, Lowell gli rivolse il suo solito sorriso allegro.
«Ehi capo. Non pensavo saresti tornato in giornata, ma visto il tempaccio non c'è da stupirsi» disse. In quel momento il Mago notò la donna fra le sue braccia e la sua voce assunse una sfumatura maliziosa. «Ma guarda, ti sei portato dietro un po' di compagnia! Vuoi qualche suggerimento dal maestro per rendere più piacevole la serata?» Un paio di uomini ridacchiarono a quelle parole, mentre le cameriere alzarono gli occhi al cielo con finta disapprovazione.
Dagran stava per dirgli che non aveva bisogno di consigli quando si trattava di attività di coppia sopra o sotto le lenzuola, ma proprio in quel momento la donna barcollò e per poco non scivolò via dalla sua presa.
«Ma che ha? Non si sente bene?» chiese Lowell preoccupato. Ogni traccia di malizia era sparita.
«L'ho trovata in un vicolo qui vicino» spiegò in fretta Dagran «Poi ti racconto, ma mi serve il tuo aiuto adesso.»
Il Mago annuì, dopodiché si rivolse al suo pubblico con aria mesta. «Signori e signore, mi dispiace, ma l'avete sentito il capo: il dovere chiama! Comunque non temete, finiremo la storia più tardi.»
Con un gesto fece evaporare le figure di ghiaccio, poi si sporse verso una delle cameriere e le chiese di portargli in camera un piatto adatto a una persona che stesse poco bene. Una volta organizzato tutto, i due uomini si allontanarono dal bancone, e mentre l'altro lo aiutava a sorreggere la donna per tutto il tragitto, Dagran gli raccontò come l'aveva trovata.
«Mmh... non ho sentito di bestie o aggressioni sospette in zona» disse Lowell mentre salivano le scale «Sarà meglio controllare di nuovo, prima di seminare il panico per niente. Per quanto riguarda lei, è probabile che sia solo una fanciulla che è rimasta troppo tempo a digiuno. A guardarla sembra innocua...»
«Innocua? Dillo al mio braccio e al mio stivale: se avesse morso più forte, a quest'ora mi starei dissanguando in strada!»
«Andiamo, non fare lo scorbutico. È ovvio che è solo una donzella in difficoltà, quindi tranquillizzati.»
«La fai facile! Se poi quando si sveglia scambia anche te per una bistecca non dire che non ti avevo avvertito» sbuffò Dagran.
«Beh, non sarebbe la prima volta che vengo morso da una donna, anche se di certo questa sarebbe meno piacevole delle precedenti» ridacchiò Lowell, poi studiò la donna in mezzo a loro «Mi piacerebbe sapere chi è. Chissà, magari è una nobildonna che è appena riuscita a scappare da una banda di rapitori, e scoprendo che l'hai portata al sicuro anziché lasciarla in strada in balia delle intemperie, potrebbe ricoprirci di soldi come ricompensa!»
Dagran gli lanciò un'occhiata scettica. A quel punto il Mago sospirò.
«O magari è pericolosa come dici, e a quel punto la mandiamo al tappeto e poi chiamiamo le guardie. Nel frattempo però cerchiamo di soccorrerla al meglio.»
Su quello non aveva niente da obbiettare. In effetti anche lui voleva saperne di più su di lei, inoltre Lowell poteva avere ragione: forse lo aveva attaccato solo perché era in preda a delle allucinazioni per colpa della fame o di qualche trauma.
Raggiunta la cima delle scale, s'infilarono in un corridoio e lo percorsero a metà, fino alla loro stanza. Una volta dentro, Lowell si occupò delle lampade e del camino, mentre Dagran sistemò la donna su una sedia vicino al fuoco. Quando tutto fu pronto, nella stanza iniziò a diffondersi un piacevole tepore.
« E questa è fatta» disse il Mago «Ora però è meglio se le diamo dei vestiti asciutti... e anche a te» aggiunse sentendo Dagran starnutire. Peccato che quelli che indossava fossero gli unici che gli erano rimasti. Consapevole di ciò, Lowell gli offrì uno dei suoi ricambi. Dagran apprezzò il gesto dell'amico, ma purtroppo, pur avendo una corporatura simile, la differenza di altezza fra i due faceva sì che gli abiti di Lowell gli andassero tutti troppo corti, troppo stretti o entrambe le cose. L'unica maglia quasi della sua misura era una vecchia camicia blu a cui mancavano diversi bottoni; per i pantaloni, sapendo di non poter avere altrettanta fortuna, si accontentò del primo paio che gli capitò a tiro nella cassettiera. Intanto l'amico aveva già tirato fuori una camicia bianca, dei vecchi pantaloni neri e una coperta per la loro ospite.
«Le starà tutto largo, ma finché Syrenne non torna non voglio rischiare di farmi trovare di nuovo con le mani nella sua roba: una è stata più che sufficiente, e non mi ha neppure lasciato spiegare!»
Mentre si spogliava, Dagran ridacchiò ricordando quell'episodio: Lowell era quasi irriconoscibile dopo la punizione della guerriera!
Dopo essersi asciugato e aver cominciato a cambiarsi, la cameriera bussò alla porta e consegnò al Mago un vassoio con una scodella di zuppa di verdure dal profumo appetitoso. L'amico non fece in tempo a poggiare il tutto sul tavolo che la donna si riscosse dal suo torpore.
«Cosa... dove mi trovo?» chiese guardandosi intorno. La sua voce adesso era decisa, non come nel vicolo.
«Sei alla Locanda Decima Porta. Stai tranquilla: sei al sicuro qui con noi » le rispose Lowell con voce suadente. La donna però non sembrava molto convinta, infatti il suo sguardo dubbioso continuava ad andare dal Mago, che le sorrideva con eccessiva convinzione, a Dagran, che era ancora a torso nudo.
«Ti ho trovata mezza svenuta giù nel vicolo qui vicino» intervenne Dagran  mettendosi la camicia.
«Ah sì, ricordo di esserci andata» fece la donna. All'improvviso cominciò a fiutare l'aria, quasi fosse un animale selvaggio. Dagran ignorò quello strano comportamento e proseguì:
«Sei stata fortunata che io passassi da quella parte. C'era una qualche bestia lì nei paraggi che stava per assaliti.»
«Una bestia?»
«Già. Non la smetteva di ringhiare, così ti ho portata qui. Non ho visto cosa fosse; probabilmente era un cane randagio, di quelli grossi.»
«Oh. Ti ringrazio per l'aiuto, ma temo che non ci fosse nessun cane» disse lei. Sembrava imbarazzata e i due uomini non riuscirono a comprenderne il motivo.
«Beh, qualcosa c'era per forza! Altrimenti quei ringhi da dove...?»
Proprio in quel momento, lo stesso ringhio che aveva sentito in strada rimbombò nella stanza. Dagran e Lowell si guardarono attorno sconcertati, poi il loro sguardo tornò di nuovo sulla donna vicino al camino. Aveva la faccia rossa per la vergogna e si stringeva le mani sullo stomaco.
«Non mangio da due giorni» mormorò lei.
Dagran era stupefatto: sia Zael che gli altri gli avevano fatto notare spesso, fra battute e sogghigni, che lui diventava particolarmente “rumoroso” quando era affamato, ma era certo che il suo stomaco non avesse mai ruggito a quel modo.
E io che pensavo che fosse un cane. Sfido io che ha cercato di azzannarmi!
I due uomini si scambiarono un'occhiata. Ormai era chiaro che l'aggressione nel vicolo era stata solo un “incidente”. A quel punto Lowell ridacchiò.
«È perfino peggio di te, capo! Beh, almeno a questo possiamo rimediare subito» il Mago tornò al tavolo, prese la scodella di zuppa e il cucchiaio e li porse alla loro ospite.
«Ecco qui. Non sarà una bistecca o roba simile...» sottolineò quelle parole con un ghigno verso Dagran, che sbuffò infastidito «...ma visto che non eravamo certi delle tue condizioni, abbiamo pensato a qualcosa di caldo e facile da mandar giù.»
Per un istante a Dagran parve di vedere un luccichio pericoloso negli occhi della donna mentre lei fissava la pietanza che le veniva offerta. Senza badare al cucchiaio, la donna prese la scodella, se la portò alle labbra e in tre lunghi sorsi bevve tutta la zuppa, raccogliendo famelica i pezzi di verdura rimasti sul fondo con le dita. Forse la fame aveva preso il sopravvento sull'etichetta, ma Dagran dubitava che fosse una nobildonna. Una volta ripulita la scodella, chiese se ne poteva avere ancora e Lowell annuì con un sorriso.
«Certamente. Anzi, a questo punto credo sia il caso di portar su qualcosa di più sostanzioso. Però nel frattempo è meglio se ti metti addosso qualcosa di asciutto»  aggiunse vedendola rabbrividire. Il Mago le porse il ricambio e la coperta e uscì nella stanza. Dagran nel frattempo prese i pannelli paravento appoggiati accanto alla cassettiera e un altro asciugamano e li sistemò accanto al camino affinché potesse cambiarsi con un po' di privacy. Solo in quel momento si ricordò che lei non era Syrenne e che poteva sentirsi a disagio a spogliarsi in presenza di uno sconosciuto.
«Ora ti lascio sola, così puoi cambiarti in tranquillità» disse avviandosi verso la porta, ma lei lo fermò.
«Non sarà necessario. Questi vanno più che bene» disse facendo un cenno ai pannelli. A quel punto Dagran annuì e se ne andò a sedersi al tavolo ad aspettare. Si voltò dall'altra parte quando cominciò a sentire i fruscii umidicci degli abiti bagnati che lei si stava sfilando. Poco qualche minuto la donna uscì da dietro i pannelli con i vestiti di Lowell addosso e la coperta avvolta sulle spalle.
«Grazie per avermi soccorsa,» disse «e scusa se ti ho morso. Di solito mi comporto in maniera più civile, ma quando ho troppa fame perdo la ragione.»
«Non c'è problema, anzi, ti capisco fin troppo bene» rispose Dagran mentre radunava i vestiti bagnati e li metteva ad asciugare accanto al fuoco insieme agli stivali «L'importante è che adesso tu possa mettere del cibo vero sotto i denti...»
«Mirania.»
«Come, scusa?»
«Non mi sono ancora presentata. Mi chiamo Mirania.»
«Ah. Beh, io sono Dagran» le disse porgendole una mano, che lei strinse con gentilezza. Guardandola meglio, Dagran si ritrovò a pensare che era davvero molto bella... soprattutto ora che i suoi denti erano lontani dai suoi arti. Poco dopo Lowell tornò nella stanza annunciando che la cena sarebbe arrivata nel giro di un quarto d'ora.
«Visto che gli altri dovrebbero tornare a momenti, ho chiesto di preparala per tutti. Ovviamente ho fatto includere delle porzioni abbondanti anche per te» concluse rivolgendosi a Mirania.
«Grazie mille, però non so come ripagarvi...»
«Sciocchezze, non ce n'è bisogno! E dammi pure del tu. Il mio nome è Lowell.»
Dopo le presentazioni, il Mago la intrattene spiegandole cosa facevano per campare e raccontandole qualche aneddoto della loro vita da mercenari. Dagran ascoltò paziente l'amico mentre tralasciava di proposito i dettagli più tristi delle loro missioni, e allo stesso tempo studiava Mirania, che dava l'impressione di essere molto interessata ai suoi racconti. Sembrava che non la turbasse affatto essere sola con dei mercenari, e questa era una cosa positiva.
Un brusio nel corridoio annunciò il ritorno dei loro compagni mancanti. Il primo a entrare fu Zael, mentre rispondeva a un commento di Syrenne.
«Vorrà dire che la prossima volta che incrociamo un Mago in cerca di assistenti, cambieremo strada!»
Salutò Lowell, poi notò che non era solo nella stanza.
«Ehi, Dagran! Non pensavo di trovarti...» s'interruppe quando notò Mirania. Poco dopo fecero capolino anche Syrenne e Yurick.
«A quanto pare abbiamo ospiti. Cliente o amica?» chiese la mercenaria.
«Permettetemi di presentarvi Mirania. Il boss l'ha soccorsa giusto una mezz'ora fa» li informò Lowell prima di completare le presentazioni.
«Chissà che strazio sopportare questo qui e le sue ciance!» aggiunse alla fine Syrenne rivolgendosi a Mirania «Se ti hanno infastidita in qualche modo, basta una parola e faccio il culo a strisce a tutti e due!»
Mirania la ringraziò divertita e le assicurò che non ce n'era bisogno.
«A proposito di bisogno,» fece Dagran all'improvviso con tono serio «cosa sono tutte quelle fasciature?»
I suoi compagni infatti erano pieni di bende, ed era sicuro che non ce le avessero quella mattina quando li aveva lasciati. Anche i loro vestiti avevano degli strani segni, simili a bruciature. Zael guardò gli altri due prima di cominciare a spiegare con aria titubante:
«Beh, quando te ne sei andato stamattina, si è presentato alla locanda un tizio, un Mago che aveva bisogno di assistenti, e dato che gli avevano parlato di noi, ci ha chiesto se potevamo aiutarlo con i suoi esperimenti. La padrona della locanda lo conosceva e ne parlava bene, perciò abbiamo accettato, ma...»
«...quello là è un completo incapace!» aggiunse stizzito Yurick «Ha fatto esplodere un mucchio di provette piene di acido e veleno e per poco non ci ammazzava incendiando la casa!»
«Comunque, grazie a Yurick siamo riusciti a contenere i danni» concluse Zael.
Dagran era senza parole, e Lowell non era da meno.
«Dai non fate quelle facce» intervenne Syrenne « Ci ha pagato in anticipo, ed è pure un bel gruzzolo! Solo che dobbiamo tornare anche domani e dopo, e io preferirei evitare una seconda doccia d'acido...»
Dagran si massaggiò gli occhi cercando di mantenere la calma. Li aveva lasciati per mezza giornata e loro rischiavano di finire inceneriti per colpa di un Mago imbranato! Certo, non era la prima volta che accettavano un lavoro senza dirgli niente – Zael era il suo secondo, dopotutto, e spesso trovava lavori migliori di quelli che sceglieva lui stesso – e di solito le cose andavano benissimo, ma rischiare di saltare in aria così...
Tirò un lungo sospiro. L'agitazione che provava in quel momento era senza dubbio a causa del periodo, una specie di paura da scampato pericolo.
Andiamo, io oggi ho rischiato di farmi tirare sotto da una carrozza e per poco Mirania non mi sbranava! Ho visto molto di peggio, non dovrei prendermela così.
Intanto Lowell e Syrenne avevano cominciato a bisticciare. Il Mago li rimproverava per non averlo portato con loro, mentre la guerriera gli rinfacciava che se lui non fosse stato troppo preso a sfarfallonare dietro le cameriere si sarebbe accorto che in effetti avevano cercato di chiamarlo.
«Scusate» disse Mirania. Per un momento tutti si erano dimenticati della loro ospite «Se il problema sono le ferite, posso occuparmene io.»
Detto questo, fece sedere Yurick, che era il più vicino, poi cominciò a mormorare parole incomprensibili. Le mani della donna iniziarono a risplendere di una luce bianca, e quando toccò il braccio di Yurick, il ragazzo prima rabbrividì, poi sgranò l'occhio buono dallo stupore.
«Sei una Maga Guaritrice!» esclamò. Togliendosi le bende infatti, il ragazzo e gli altri videro che le sue ferite erano scomparse senza lasciare segni.
«Sì. Studio la Magia da quando ero piccola, anche se in realtà i miei poteri non sono proprio come quelli degli altri Maghi.»
Quando finì con Yurick, si occupò di Zael e Syrenne, e nel giro di pochi minuti i tre feriti furono di nuovo in perfetta forma.
«Grazie mille, Mirania! Non mi sono mai sentita così bene!» Syrenne era su di giri e Lowell cercava in tutti i modi di contenerla.
Anche Dagran era impressionato: quella donna aveva curato le ferite dei suoi amici in un batter d'occhio. Un potere del genere era molto utile, specialmente per dei combattenti, ma di solito i praticanti di quell'arte magica preferivano lavorare come medici personali presso le famiglie nobili, o al massimo offrivano i loro servizi agli eserciti. Mirania però non dava l'impressione di venire da una qualche milizia, e di certo i suoi non erano abiti che un nobile avrebbe lasciato indossare al suo medico personale. Forse era una Guaritrice itinerante.
Una Maga come lei ci farebbe davvero comodo...
Anche Zael doveva aver pensato la stessa cosa, infatti gli si avvicinò e i due uomini cominciarono a confabulare sottovoce. Dopo un rapido scambio di opinioni, si fecero un cenno d'intesa, poi Dagran si avvicinò alla Maga.
«Hai delle capacità straordinarie» iniziò.
«Grazie» rispose lei, e prima che Dagran potesse aggiungere altro disse:
«Posso chiedervi un favore?»
Il mercenario guardò i compagni. Nessuno aveva niente in contrario, così la lasciò proseguire.
«Suppongo che con il vostro lavoro, vi capiti spesso di visitare posti nuovi, vero? Anch'io sono in viaggio da parecchio e non sempre mi capita d'incontrare persone così gentili, soprattutto all'ora dei pasti, inoltre è sconsigliabile andarsene in giro da soli quando si è affamati. Ecco, quello che voglio chiedervi forse vi sembrerà inopportuno, ma... posso unirmi al vostro gruppo?»
Dagran rimase spiazzato dalla domanda e cercò con lo sguardo Zael, sorpreso quanto lui.
«Prometto che non sarò un peso» continuò la Maga «Posso usare la Magia per guarirvi e anche per difendervi, anche se in quel ramo devo fare un po' più di pratica. Imparerò a usare anche la spada, se sarà necessario.»
La risposta era ovvia, ma non furono né Dagran né Zael a darla.
«Miseriaccia, certo che sì!» esclamò Syrenne circondandole le spalle con un braccio «Te l'avrei chiesto io se non mi avessi preceduta. Vedrai, ci divertiremo insieme!»
«A quanto pare è il nostro anno fortunato: abbiamo raddoppiato le nostre fila, e pure aggiungendo elementi di mio gusto» commentò Lowell compiaciuto. Com'era prevedibile, Yurick non disse niente, ma non sembrava avere nulla in contrario. Dagran e Zael si scambiarono un'ulteriore occhiata, e quando quest'ultimo sorrise, Dagran confermò il verdetto.
«Sembra che siamo tutti d'accordo, perciò... benvenuta nel gruppo, Mirania» le disse «Parleremo dei dettagli durante la cena, però prima vorrei scambiare due parole con te, se non ti dispiace. Scusate ragazzi, ve la rubo giusto un paio di minuti» aggiunse rivolto al resto del gruppo quando Mirania acconsentì.
I due uscirono in corridoio e rimasero davanti alla porta chiusa.
«Va bene qui, non ne avremo per molto» esordì lui «È probabile che qualcuno si sia già messo a origliare, perciò non ti farò domande imbarazzanti: quelle me le tengo per quando saremo più in confidenza.»
Lei ridacchiò e lo invitò a proseguire.
«Ok, allora andrò subito al dunque» le rispose appoggiandosi alla porta «Come avrai capito, sono io il capo del gruppo e ti dico subito che sono felice di accoglierti. In realtà stavo per proportelo io di unirti a noi, perciò sono rimasto un po' sorpreso quando mi hai preceduto. Vista la circostanza però, vorrei sapere se ne sei davvero sicura. Sei una Guaritrice dopotutto; con i tuoi poteri hai una marea di possibilità più allettanti e di gran lunga più sicure della vita da mercenario, senza contare la pessima opinione che hanno tutti nei confronti di gente come noi.»
«Sì, sono sicura» confermò Mirania «Come hai detto tu, la mia Magia mi offre molte opportunità, e in effetti ho provato più volte a sfruttarle, ma in tutta sincerità stare al servizio di un nobile o di un esercito non fa per me. Troppe restrizioni e regole assurde da rispettare. Non potrei muovermi come voglio e questo ostacolerebbe la mia ricerca...»
«Ricerca? Sei una studiosa?»
«Non esattamente. Si tratta di una vecchia promessa che ho fatto a mia madre.»
Mirania distolse lo sguardo. Un'ombra era calata sul suo volto.
Un'altra persona con un passato triste alle spalle.
Dagran voleva saperne di più riguardo questa promessa e la ricerca che comportava, ma vista l'espressione della Maga decise di lasciar perdere per il momento e di concederle lo stesso un po' di fiducia.
«Non c'è bisogno che me lo spieghi adesso» la rassicurò «Mi basta sapere che possiamo aiutarci a vicenda. Ricorda comunque che abbiamo dei lavori da svolgere e che le ricerche le dovrai fare nel tuo tempo libero.»
Lei tornò a guardarlo e poi con un sorriso annuì «Mi impegnerò al massimo.»
«Mi fa piacere sentirlo. In qualunque caso, di tempo libero noi ne abbiamo in abbondanza il più delle volte, e se ti serve aiuto basta chiedere. In fondo il nostro gruppo è come una famiglia, perciò...»
Non sapendo cos'altro aggiungere, Dagran scrollò le spalle.
«Me lo ricorderò» replicò Mirania soddisfatta. Lui si perse a guardarla per un attimo. Aveva proprio un bel sorriso. Poco dopo si riscosse.
«Ehm, sì, adesso è il caso di tornare di là» fece per aprire la porta, ma si fermò a metà «Se c'è qualcosa che vuoi chiedere prima di tornare dagli altri...» 
«In effetti una cosa ci sarebbe» disse lei dopo una breve pausa.
«Forza, chiedi pure.»
«A che ora si mangia?»

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