Notti magiche

di Wicked_atmosphere
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo Dieci ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


NM 1cap.
NOTTI MAGICHE
(sotto il cielo di un’estate italiana)


1° Capitolo



Questa sarà l’ultima estate passata sui libri, pensò improvvisamente Vittoria. Non era un pensiero particolarmente confortante per lei, che non aveva assolutamente idea di cosa avrebbe fatto dopo la laurea. L’indirizzo umanistico che aveva scelto e la particolare situazione che stava vivendo l’Italia non lasciavano spazio a grandi speranze per il futuro, ma in fondo lei era una ragazza ottimista e sapeva che qualcosa sarebbe venuto fuori, anche a costo di andare all’estero.
Inoltre si sentiva pronta per un cambiamento. Non che la sua vita non fosse appagante, con la sua coinquilina Sofia e il gruppo di amici che frequentavano ormai da un po’, ma lei era fatta così: vedeva tutto in bianco o in nero, e la sua vita da un po’ sembrava fin troppo grigia.
Scosse la testa e cercò di tornare ai libri, ma il filo dei suoi pensieri ormai l’aveva già trascinata lontano. Così, senza pensarci due volte, uscì dalla sua stanza e andò a cercare Sofia per romperle un po’ le scatole e animare quel pomeriggio.

Lei e Sofia, sua coetanea, condividevano casa da un anno. Quest’ultima si stava per laureare in letteratura, mentre Vittoria aveva scelto biblioteconomia, e insieme le due formavano una coppia ben assortita proprio perché i loro caratteri erano praticamente opposti. Vittoria era un tipo riflessivo e timido con chi non conosceva bene, mentre Sofia era una ragazza scherzosa ed estroversa. Ma entrambe amavano leggere soprattutto i gialli, che divoravano e si rubavano a vicenda, facendo a gara a chi delle due riusciva ad indovinare l’identità dell’assassino di turno.


«Hey, coinquilina, che stai facendo di bello?» esclamò Vittoria, dopo aver aperto di scatto la porta della stanza di Sofia e averla spaventata a morte.

«Per prima cosa, quante volte ti ho detto di bussare prima di entrare?!» sbuffò Sofia, mettendosi teatralmente una mano sul cuore. «Un giorno di questi mi ucciderai prematuramente! E poi, secondo te, che cosa faccio? Quello che dovresti fare anche tu: studio!»
Sbuffò, e Vittoria si mise a ridere.

«Ma daaaai, su, non essere sempre così pesante! Anch’io stavo studiando, ma poi ho realizzato una cosa davvero importantissima...»

«Che sarebbe?»
«Questi anni non torneranno mai più, Sofia. Mai più, ti rendi conto? Non è tristissimo pensare di aver passato i nostri anni più spensierati sempre sui libri? Quando troveremo un lavoro nel prossimo futuro non avremo più né la voglia né il tempo di divertirci.»
Sofia evidentemente non aspettava altro che un input come quello per chiudere i libri e godersi un po’ la vita.
«Hai ragione!» saltò su. «Fanculo i libri, stasera si esce. Voglio fare in modo che quest’estate sia piena di avvenimenti e di avventure. Voglio ricordarmela per sempre!»

La ragazza, ormai totalmente infervorata dal discorso dell’amica, azzardò una specie di danza propiziatoria come Sandra Bullock in “Ricatto d’amore”.

«Ci sto! Per il vento, per la valle, per i maschi con le palle!»
Vittoria non ci pensò due volte a seguirla, e così presero entrambe a ballare come matte al centro della stanza, ridendo fino a rimanere senza fiato.
Dopo essersi calmate un po’, si prepararono ed uscirono per andare a incontrare gli amici dell’università al Murphy’s Law, il loro pub preferito vicino a casa.


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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


NM Cap 2
2° Capitolo

Nota autrici:

Salve a tutti/e!
Eccoci al secondo capitolo di questa storia, in cui si entra un po' di più nel vivo! Speriamo che la nostra storia vi stia piacendo, in ogni caso, buona lettura!

L.&V.




Quella sera al pub c’era più chiasso del solito, con un mare di inglesi che affollavano il locale in occasione della partita tra Italia e Inghilterra.

Sofia era appena entrata e già si era voltata verso l’amica storcendo il naso.

 «Ma come, usciamo per divertirci e tu mi porti a vedere i mondiali? Lo sai che odio il calcio!» piagnucolò teatralmente.
L’altra si mise a sghignazzare, mentre si avvicinava al bancone per ordinare da bere per tutte e due.
«E tu non guardare la partita... guardati intorno, no? Non hai notato come si è rimpinguata la fauna?»

In effetti, osservò l’altra, c’erano parecchie facce nuove. Non che lei fosse davvero a caccia, dato che dopo una vita da single si stava finalmente vedendo con un uomo, ma ogni tanto Vittoria la tormentava un po’ per quella storia perché l’uomo in questione diceva di essere in procinto di separarsi dalla moglie ma era ancora, ufficialmente sposato. L’amica non lo faceva con cattiveria, né per giudicarla, si preoccupava solo che lei potesse restare in qualche modo ferita da quella relazione.

Ad ogni modo, pensò infine Sofia, non c’era nulla di male a guardarsi intorno, magari per rimediare qualche nuova amicizia. Poco lontano dal bancone dove si era appoggiata, in attesa che Vittoria tornasse con i beveraggi, c’era il gruppetto di amici e amiche dell’università che di solito frequentavano, e insieme a loro anche quattro tizi che lei non aveva mai visto, e che si premurò di segnalare all’amica mentre questa le porgeva una birra. In particolare Valeria, una ragazza buona ma un po’ troppo piena di sé, sembrava aver catalizzato l’attenzione degli inglesi.

«Hm’, neanch’io li ho mai visti prima» sentenziò Vittoria, «ma da qui non mi sembrano affatto male.»

Sofia fu d’accordo, e senza esitare prese per mano l’amica e la trascinò fin dagli altri.
La partita non era ancora iniziata, sicché tutti stavano ancora chiacchierando tra loro un po’ in italiano e un po’ in inglese, la lingua dei nuovi arrivati, ma Valeria si occupò immediatamente di interrompere ogni discorso per fare le dovute presentazioni tra gli inglesi, che erano in quattro, e le due amiche.

«Ragazze, loro sono Dan, Kyle, Will e Woody. Sono appena arrivati da Londra. Ragazzi» aggiunse poi, con il suo inglese cadenzato, «loro sono le mie amiche Vittoria e Sofia.»

Valeria sembrava così su di giri che tra i sei ci fu quasi un attimo di imbarazzo che tuttavia si sciolse non appena ripresero le conversazioni, e Sofia si mise a fare la scema come al suo solito trovando subito in Woody un valido compagno di battute. Solo a guardarlo, quel ragazzo bassetto e un po’ tarchiato le ispirava una gran simpatia, diversamente da Will che visto da vicino cominciò presto a suggerirle quel genere di pensieri sconci che avrebbe condiviso solo con la sua coinquilina-confidente più tardi, nel segreto del loro appartamento.

Per un attimo, e con l’intenzione di farsi una risata, cercò gli occhi di Vittoria per lanciarle uno sguardo che le facesse capire la natura di quei pensieri, sicura che l’amica li avrebbe intuiti senza tante difficoltà, ma la vide così impegnata a scambiarsi occhiate con Dan che si affrettò a tornare agli affari suoi. I due non stavano nemmeno parlando insieme, e conoscendo la timidezza di Vittoria c’era da aspettarsi che ci sarebbe voluto un po’ prima che si decidesse a fare un primo passo verso di lui, ma era difficile non cogliere l’alchimia che si era creata tra di loro, nonostante la presenza un po’ ingombrante di Valeria che stava facendo di tutto per farsi notare dal ragazzo.

Si stava avvicinando il momento del calcio d’inizio e gli inglesi chiesero a Vittoria, Valeria e Sofia se volevano unirsi a loro e andare a sedersi a un tavolo. Le ragazze accettarono senza indugi, e il gruppetto finì quindi a un tavolo vicino al televisore. Ordinarono al volo qualcosa da mangiare e, al momento degli inni, i quattro ragazzi inglesi misero la mano sul cuore ed intonarono con serietà God save the Queen. Vittoria scambiò uno sguardo d’intesa con Sofia e così al momento dell’inno di Mameli anche le tre ragazze diedero sfogo al patriottismo, seguite da molti nel pub. Vittoria era seduta tra Dan e Valeria mentre Sofia, meno interessata alla partita, era seduta nel punto più distante dal televisore, vicino a Will e Woody mentre Kyle chiudeva il gruppo.

Valeria cercava di tener viva la conversazione ma si capiva che nessuno voleva realmente parlare: i ragazzi osservavano intenti lo schermo, insieme a Vittoria, mentre Sofia sorseggiava la sua birra distrattamente, controllando il cellulare.

«Siete sempre così dannatamente patriottici, voi britannici?» chiese Vittoria a Dan, sorridendo per addolcire quelle parole un po’ rudi. Dan fece un risolino e ribatté svelto:
«Non so, e voi italiani?»
La ragazza incassò per un attimo e poi rispose:
«Be’, voi avete cantato l’inno con tanto trasporto che non potevamo fare altrimenti!».

Fu azzittita da un coro di ‘Oooh’ degli altri ragazzi e puntò gli occhi sullo schermo: gli inglesi attaccavano e c’era da aver paura. Ogni suo proposito di chiacchiere con Dan fu soppiantato dall’ansia: quella sera l’Italia doveva vincere, anche solo per una piccola soddisfazione patriottica. Nonostante le sue preghiere, però, l’Inghilterra sembrò prevalere sull’Italia scatenando i ragazzi, soprattutto Woody. Per un momento le cose precipitarono, fin quando, in un’improvvisa azione, l’Italia segnò.

Vittoria si alzò con tanta fretta dal rischiare di far cadere il suo bicchiere e quello di Dan, urlando dalla gioia. Schiacciò il cinque con Sofia, abbracciò Valeria e stava per abbracciare persino Dan, ma si fermò giusto in tempo dopo aver visto il suo sguardo scuro. Allora, si limitò a dargli un pugnetto giocoso sulla spalla.
«Dai che non siete così male!» scherzò poi.
Non aveva fatto in tempo a risistemarsi che, con un errore stupido della difesa, l’Inghilterra riuscì a pareggiare. I ragazzi non si preoccuparono minimamente del fatto di essere in Italia ed esultarono come pazzi, con Woody che quasi saliva sul tavolo per gioire con Dan. Stavolta era Vittoria ad avere la faccia scura e quando Dan si risistemò a tavola le disse gongolante: «Hai ragione, non siamo male affatto!» le disse, rifilandole a sua volta un pugnetto sulla spalla.

«Ahi!» fece lei, anche se ovviamente non le aveva fatto male. «Comunque non darti troppe arie, ci sono ancora tanti minuti da giocare!»

Infatti, nei minuti che separavano dall’intervallo, l’Italia attaccò con rinnovata energia e stava quasi per segnare, ma in ogni caso il primo tempo si concluse sull’uno a uno. Nel momento stesso in cui l’arbitro fischiò la fine primo tempo, Valeria disse alle amiche che aveva individuato gli altri del gruppo al tavolo di fronte, e che intendeva raggiungerli.
«Venite con me?» chiese infine.
Le altre due scossero il capo quasi simultaneamente, così lei salutò tutti e se ne andò.

Sofia e Vittoria si guardarono e sorrisero: conoscendo la ragazza, sapevano senza bisogno di dirlo che si era spostata soltanto perché non le piaceva non essere al centro dell’attenzione. Alla fine, comunque, non fu una gran perdita ma tutto il contrario, perché senza di lei il gruppo sembrava più disteso, e si approfittò dell’intervallo per conoscersi un po’ meglio.

I ragazzi erano appena arrivati all’università per l’Erasmus: Dan studiava Letteratura inglese, mentre Woody Legge. Kyle invece studiava Filosofia e Will Relazioni internazionali.

«Come mai di tutti i posti che c’erano avete deciso di venire proprio qui, in Italia?» chiese Vittoria curiosa.

Dan fu il primo a risponderle.
«Studiando letteratura non potevo non venire qui, con la storia letteraria che avete e poi...»
Woody lo interruppe bruscamente.
«Su, Dan, dì tutta la verità» esclamò, e l’altro lo guardò senza capire. Così, Woody continuò: «Sei venuto qui per lo stesso, nostro motivo: il buon cibo e le belle donne!»
Tutto divertito, diede una gomitata a Will che, serio, rispose:
«Soprattutto per le belle donne!»

Dan non sembrò apprezzare molto la battuta, a cui non ribatté, e a Vittoria sembrò persino di vederlo arrossire un po’. Sarà il caldo del pub, si disse.

L’inizio del secondo tempo della partita spense tutte le risate e le chiacchiere. Dopo i primi minuti di assestamento, l’Italia segnò di nuovo scatenando la gioia di tutto il pub e anche delle ragazze, che esultarono nonostante l’atmosfera al tavolo si fosse fatta quanto mai pesante. I british fecero gruppo e per il resto della partita non guardarono altro che lo schermo. Dopo un po’ Sofia si mise a sbadigliare, evidentemente annoiata, e così Vittoria andò a sedersi vicino a lei per fare quattro chiacchiere pur mantenendo l’attenzione sulla partita.
Nonostante gli sforzi, l’Inghilterra non riuscì a pareggiare, men che meno a vincere la partita che così terminò sul due a uno per l’Italia. Appena sentito il triplice fischio, Sofia trascinò Vittoria in bagno.
«Vi lasciamo un po’ soli a leccarvi le ferite...» disse sarcastica, prima di lasciare il tavolo.


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Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


 
3° Capitolo
 
Le due scoprirono quasi subito che in realtà, più che del bagno avevano bisogno di appartarsi per commentare e spettegolare sulle nuove e interessanti conoscenze di quella sera.
«Valeria ha dato davvero il meglio di sé.» commentò Sofia divertita, dandosi uno sguardo veloce allo specchio e aggiustandosi i capelli.
 «Tu dici?» le rispose Vittoria sullo stesso tono, mentre l’altra si metteva a ridacchiare.
«Ancora un po’ e ci affogava tutti con la sua bava appiccicosa... hai sentito come se la tirava con Dan?»
Anche Vittoria prese ad esaminarsi allo specchio.
«È la prova vivente che quello sugli italiani che non sanno parlare inglese non è uno stereotipo. Mi vergogno per lei.»
«Comunque non posso darle torto, sai, quel Dan è veramente un bel tipo... o no?» aggiunse Sofia, dando di gomito all’amica.
«Uhm, sì, è carino...»
 «Ma come sarebbe carino?! Carino è un cane, o un vestito in una vetrina... insomma, hai visto che occhi?»
Vittoria si girò a squadrarla, fingendosi seria.
«Hey, frena un attimo, devo ricordarti che sei già impegnata?»
«Ma no, figurati» le rispose Sofia, visibilmente soddisfatta, «volevo solo provocarti, e vedo che come sempre ci sono riuscita.»
«Sofi, io ti voglio bene, davvero, ma certe volte ti prenderei volentieri a cazzotti.»
«Perché mai dovresti prendermi a cazzotti, tesoro? Perché sto parlando di Dan “Begli Occhioni”? Sembra anche un tipo interessante, sai, di quelli intelligenti ma non secchioni noiosi...»
Sofia ormai era partita per la tangente, e Vittoria non sapeva più come farla tacere. Era una fortuna che nel bagno non ci fosse nessuno a parte loro due.
«Sofi, per favore...»
«Sai qual è la prima cosa che ho pensato appena vi ho visti vicini?»
«Non lo voglio sapere ma temo che me lo dirai lo stesso.»
«Ho pensato wow, che coppia perfetta!»
«Sofia!!»
La ragazza si mise a ridere, più per la reazione dell’amica che per il loro dialogo. Alla fine aveva detto la verità su quello che aveva pensato, per quanto fosse ancora troppo presto per fare qualunque congettura su Dan, anche se lei si riteneva piuttosto capace nell’arte di inquadrare le persone.
Vittoria era arrossita un po’ ma non sembrava dispiaciuta per quell’affettuosa presa in giro (del resto, pensò Sofia, dopo anni di pacifica convivenza era impossibile che non avesse imparato a conoscere e sopportare le sue battute cretine), anzi, forse parlare un po’ di Dan e dell’effetto che aveva avuto su di lei era una cosa che in fondo aveva desiderato, giusto per chiarire un po’ le idee anche a se stessa. Tuttavia non mancò di restituirle il favore facendo allusioni al modo in cui lei e Will avevano chiacchierato tra un passaggio di pallone e l’altro.
«Tra i quattro mi sembrava quello più distratto di tutti» disse Vittoria, «a parte te ovviamente. Dovevo farti lasciare a casa il cellulare stasera!»
Sofia le sorrise.
«Dai, l’ho usato appena cinque minuti...»
«Anche Will sembra un tipo interessante, comunque.»
«È così dolce e pacioso... penso che potrei sposarlo, un ragazzo del genere. Ha anche le fossette sotto la barba... no, dico, le fossette... io adoro le fossette!»
Vittoria si portò una mano al viso e scosse la testa.
 «Sei senza speranza!» dichiarò teatrale, mentre Sofia ancora se la rideva.
«Scherzi a parte» aggiunse quest’ultima, «i ragazzi sono davvero simpatici. Non mi sembrano i soliti tizi da pub e da locali, se capisci cosa intendo.»
«Sembrano più che a posto anche a me» concluse Vittoria, accennando alla porta. «Ma penso che dovremo uscire da questo cesso e tornare da loro, se vogliamo scoprirlo.»
Le ragazze, di ritorno dal bagno, si avvicinarono al bancone del bar ed ordinarono degli shots; Vittoria volle offrirli ai ragazzi, ancora tristi per la partita.
«Rallegratevi, altro alcol è in arrivo!» affermò ritornando al tavolo. «Almeno così potrete affogarci le vostre tristezze!».
I ragazzi non si tirarono indietro e presto la tavola fu di nuovo piena di risate.
Rimasero a chiacchierare fino a tardi, tra una birra e l’altra, di musica e altre passioni. Sofia raccontò di quando, con una sua amica, erano andate fin sotto l’hotel dei Muse pur di scattare loro una foto.
«E niente, mentre mi facevano la foto non ho resistito e ho abbracciato di slancio Matthew Bellamy... è un tale figo della madonna... e insomma, poi c’è scappata una manata sul sedere. Per un attimo ho pensato che sarebbe arrivato qualcuno a tagliarmi via la mano!»
Vittoria rise a quelle parole, insieme a tutti gli altri. Solo Dan rimase un po’ perplesso e pensieroso.
«Cosa c’è Dan, vuoi forse dirmi che a te non è mai capitato?» lo istigò Sofia.
«Non dico che non mi sia mai capitato, anche io ho avuto gli ormoni a mille da ragazzo» fece lui, «è solo che ecco, ora che sono cresciuto non mi verrebbe più in mente. Insomma, non dovremmo essere legati alla bellezza esteriore dei cantanti, dovremmo solo apprezzare le loro canzoni, ciò che esse ci regalano quando le ascoltiamo. Tutto il resto è superfluo.»
Finì il breve discorso ed abbassò gli occhi, quasi intimidito dall’essere al centro dell’attenzione.
«Uhm, bel discorso, comprendo il tuo punto di vista… anche se non sono d’accordo.» gli rispose Sofia, guardando invece che l’amica Vittoria era in totale adorazione del ragazzo.
«Io sono d’accordo con te, Dan!», affermò infatti dopo due secondi netti, e Sofia si morsicò la lingua pensando a quante serate avevano trascorso sbavando su foto e video di attori e cantanti vari.
Quando il pub fu pronto a chiudere il gruppetto aveva tutt’altro che esaurito le chiacchiere, così i ragazzi proposero di accompagnare Vittoria e Sofia fino a casa con il pretesto di parlare ancora un po’. Tuttavia, una volta fuori, Woody ci ripensò, e dichiarandosi troppo stanco e alticcio per fare una camminata salutò tutti per tornare all’appartamento che divideva con gli altri, e Kyle ne approfittò per accomiatarsi e andarsene con lui.
«Hey, non vorrete lasciarmi sola con questo marcantonio qui, vero?» protestò Sofia, probabilmente anche lei un po’ sbronza, verso i due che si allontanavano, mentre Vittoria le faceva mille gestacci cercando di non farsi notare e soprattutto di farla tacere. Ma sapeva che in fondo Sofia era fatta così, collezionava una figura barbina dietro l’altra e sembrava oltretutto che la cosa le piacesse. Dopo essersi sbracciata come una scema per salutare Kyle e Woody si attaccò al braccio di Will, che se anche aveva bevuto come gli altri mostrava un grande autocontrollo, e gli fece un gran sorriso tirandogli la barba sul mento. «
Non fare scherzetti, capito?» gli intimò, e lui scosse la testa.
«Ho la faccia di uno che fa scherzetti?»
«No, affatto, e questo mi preoccupa ancora di più. È la tua aria insospettabile, da bravo ragazzo... hey, Danny!» strillò improvvisamente Sofia, verso Dan. «Garantisci tu per il tuo amico?»
Dan tossicchiò innervosito. Vittoria invece la incenerì con uno sguardo che prometteva guai seri, ma Sofia era troppo contenta per l’esito di quella serata per preoccuparsi delle conseguenze, per non parlare di quanto le piacesse l’idea di prendere in giro Dan e il suo contegno.
«Dai, stavo scherzando...» disse infine per raffreddare gli animi, mentre l’amica si avviava e Dan si metteva al suo fianco.
Il pub non era lontano dall’alloggio delle ragazze. I quattro camminarono lentamente per prolungare un po’ le chiacchiere, e una volta arrivati a destinazione si trattennero a concludere la serata nella semioscurità dell’androne ma dopo qualche minuto passato a rovistarsi nelle tasche, Sofia dichiarò di aver perso il cellulare.
«Mi dev’essere caduto sulla via del ritorno» disse spazientita, «perché quando siamo usciti dal pub sono sicura di averlo messo in tasca dopo aver guardato l’ora.»
Si voltò verso Will e sgranò gli occhioni castani.
«Saresti così gentile da accompagnarmi a cercarlo? Sono mezza ubriaca» aggiunse, «mi sa che non ci vedo troppo bene.»
Non stette neanche ad aspettare una risposta: lo trascinò via tirandolo per un braccio prima che Vittoria le desse un segno di aver capito le sue intenzioni e cercasse di fermarla.
«Facciamo prestissimo!» strillò, dandosi a una mezza fuga dopo aver sentito la sua voce rimbombare per tutto l’androne.
Il povero Will la seguì, più spiazzato che mai.
«Ma non ero io quello che non doveva fare scherzetti?» ironizzò.
Sofia trotterellò per un centinaio di metri e poi si fermò. Si voltò a guardare verso il portone dello stabile che aveva appena lasciato, e vedendo che Vittoria non l’aveva seguita si rilassò. Sorrise, magicamente tornò in sé e si tirò fuori il cellulare dalla tasca.
«Non farti illusioni, tesoro» disse poi al ragazzo, «volevo solo lasciare Dan e Vittoria soli per cinque minuti.»
Lui ridacchiò.
«Quindi non sei mezza ubriaca?»
«Figurati... sono solo un po’ brilla, ma giusto un po’.»
«Vuol dire che non posso esercitare il mio fascino su di te?»
Lui sapeva di interessarle almeno un po’, Sofia non si era certo risparmiata occhiate e frecciatine durante la serata, ma essendo un tipo stravagante c’era da aspettarsi che l’avesse fatto di proposito soltanto per provocare. Gli era bastato vedere in che modo aveva preso in giro Dan per quella sua uscita sui giudizi superficiali.
Guardandola vide che si era fatta un po’ più seria e si affrettò ad assicurarle che la sua battuta era stata assolutamente innocente, senza alcun fine.
«Mi piaci molto, sai?» gli rispose lei. «Mi piaci davvero. Sei un ragazzo simpatico e così tranquillo... potresti stare bene con una pazzoide come me. Il fatto è che mi sto vedendo con un tizio...»
Sofia lasciò cadere la frase e pensò al suo uomo.
«Una storia seria?» le chiese Will, e lei, che in quel momento non sapeva davvero che cosa rispondere, preferì glissare.
«Ti pare che una come me possa prendere seriamente qualcosa?» rispose, e poi scoppiò a ridere.
Aveva cercato in ogni modo di convincere l’uomo a uscire quella sera, facendogli notare che se l’avesse raggiunta al pub, come peraltro aveva già fatto altre volte, in quella confusione nessuno avrebbe fatto caso alla sua presenza, ma nessuna delle sue suppliche era andata a buon fine. Lui era stato molto gentile nel rifiutare, perché lui era sempre gentile, tuttavia aveva di nuovo messo la scusa dei figli davanti alla possibilità di trascorrere del tempo con lei, e Sofia cominciava un po’ a risentirsi per quei rifiuti.
Quella sera non era uscita con l’intenzione di farsi una nuova storia ma pensava davvero che Will fosse un bel tipo, in tutti i sensi. Era carino, educato e non si era scomposto nonostante lei gli avesse praticamente dato il tormento, e anche per il resto non aveva proprio nulla da obiettargli. Il ragazzo, un po’ robusto e con l’aria più da uomo che da ragazzo, era il genere che le andava più a genio, e più lo guardava più si ripeteva che forse avrebbe fatto bene a ripensare alla relazione che stava vivendo. Certo, non quella notte.
«Sto con un uomo sposato» sbottò a un certo punto verso Will, per studiare la sua reazione. «Però lui mi dice di stare con la moglie soltanto per i figli.»
Apparentemente lui non fece una piega.
«Tanti uomini sposati lo dicono quando si fanno un’amante.» se ne uscì, diretto come un treno.
«Pensi che io sia una rovina famiglie?»
Sofia lo sfidava con lo sguardo, ma lui non accettò la sfida.
«Penso che siano affari tuoi.» concluse.
«Molto, molto diplomatico. »
«Lo penso davvero.»
«Non sapevo che era sposato quando ci siamo messi insieme. L’ho conosciuto a una festa... una cosa importante, per gente ricca... lui è in una band molto famosa, e io ero lì a servire al suo tavolo durante la cena. Ci siamo lanciati un’occhiata per caso e poi non abbiamo più smesso di guardarci per l’intera serata, e alla fine con una scusa lui mi si è avvicinato e mi ha chiesto di dargli il mio numero. Così, spudorato. Ti rendi conto?»
A quel punto Will aveva deciso che lei lo stava solo prendendo in giro, così l’assecondò perché finisse il discorso, per vedere fino a dove si sarebbe spinta.
«Guarda che non sono la tua nuova migliore amica» ribatté, «non devi per forza raccontarmi i fatti tuoi.»
Sofia gli pizzicò un braccio.
«Dai, non rompere e sta’ a sentire. Gli ho dato il mio numero perché immaginavo che tanto se lo sarebbe perso, o comunque non mi avrebbe mai richiamata. Uno così che richiama una cameriera, ho pensato, figuriamoci! Aveva l’aria da rockstar, e infatti il giorno dopo sono andata a fare qualche ricerca in rete sulla serata precedente e sbam!, mi sono ritrovata il suo nome sulla prima pagina degli eventi mondani di un quotidiano famosissimo. Insomma, ho capito chi era, ma non immaginavo che mi avrebbe chiamata sul serio.»
«Invece l’ha fatto?»
«Il giorno dopo, e siamo usciti a cena nel posto più nascosto che ti puoi immaginare, il genere di bettola dove non porteresti neanche una di quelle.»
«Hm, carino...»
Sofia rise buttando indietro la testa.
«Ci siamo divisi una pizza unta e bisunta e abbiamo bevuto Coca Cola dalla stessa lattina... è stato fantastico. E poi ci siamo rivisti il giorno dopo, e il giorno dopo ancora. Lui ha scoperto che in questo quartiere può star tranquillo perché ci sono soltanto studenti che vanno e vengono, e io intanto ho scoperto quello che non c’era scritto nell’articolo di giornale, e cioè che lui è qui in vacanza da un mese e mezzo con moglie e figli.»
Forse lei stava dicendo la verità, dopotutto.
«E perché non l’hai lasciato?»
La ragazza diede un’occhiata al cellulare e vide che ormai era passata quasi mezzora da quando aveva lasciato Vittoria e Dan, così prese di nuovo Will sottobraccio e cominciò a camminare per tornare indietro.
«Mi sentivo sola» rispose, cercando di mettere un tono noncurante in una verità che invece aveva parecchio a cuore. Parlare così apertamente con un ragazzo che praticamente non conosceva, per un momento la fece sentire strana, e anche un po’ patetica. «Immagino che anche questa cosa non ti suonerà nuova, comunque è più che altro per questo che ho deciso di rivedere quest’uomo. È più grande di me... parecchio più grande di me, e ci sa fare. Nessuno mi ha mai fatta sentire come lui. È banale, lo so, ma la vita spesso lo è.»
Will annuì.
«Questo è vero.»
«E tu, mio bell’omaccione?»
«Io cosa?»
«Hai una ragazza o qualche storia per le mani?»
«Non sono sicuro di volerne parlare adesso.» rispose lui sul vago, guardandosi intorno un po’ innervosito.
«Ma come, io ti ho raccontato i segreti più intimi della mia vita e tu non vuoi ricambiare?»
«Guarda che non ti ho chiesto io di farmi tutte quelle confidenze...»
Il portone di casa era ormai vicino. Sofia si fermò e così fece anche lui. Lei gli si mise di fronte, sorrise, e andò di nuovo a tormentargli la barba.
«Sei troppo carino per non avere una storia» commentò, «ma se non sei pronto a parlarne sarò paziente e aspetterò.»
Will pensò alla fidanzata che aveva lasciato in Inghilterra con la promessa di comportarsi bene. Non che non si fosse comportato bene fino a quel momento, ma non poteva non ammettere con se stesso che Sofia era un tipo davvero particolare.
«Pensi che i piccioncini abbiano avuto abbastanza tempo per star soli?» chiese lei con aria sorniona. «Vittoria mi ucciderà appena rientro, me lo sento.»
Soffocò una risata. Si sentiva di nuovo bene, rilassata.
«Non lo so» rispose Will, «riesco a pensare solo a quanto Dan si sarà sentito imbarazzato. È un tipo piuttosto timido.»
«Oh, anche Vittoria lo è, per questo secondo me avevano bisogno di farsi quattro chiacchiere da soli.»
Will la guardò sogghignando.
«Ma tu riesci mai a farti gli affari tuoi?»
«Mai!» ribatté lei, per nulla offesa.

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


NM Cap 4 4° Capitolo


Non appena Sofia si fu allontanata con Will adducendo la scusa, Vittoria era sicura che lo fosse, di aver perso il cellulare, la ragazza si ritrovò da sola con Dan di fronte al portone di casa. A quel punto, lei fece quello che faceva sempre quand’era nervosa o imbarazzata: fu scontrosa.
«Dan, devo proprio salutarti, sai, domani mattina devo alzarmi presto per andare a lezione...»

Il ragazzo, che fino a quel momento non aveva detto una parola, si riscosse e la bloccò proprio mentre lei gli stava praticamente chiudendo il portone in faccia.
«Aspetta» le disse, «sono arrivato solo stamattina e domani devo andare anch’io all’università. Il mio italiano non è un granché e non vorrei perdermi... ti spiacerebbe se ci andassimo insieme?»

Incespicò un po’ sulle ultime parole. Faceva davvero tenerezza, e Vittoria non poté fare a meno di sorridere.
«Non mi dispiace affatto, figurati» gli rispose. «Vediamoci qui verso le nove e mezzo. Ti farò strada.»

Lui le sorrise di rimando, e di slancio si avvicinò per baciarle le guance.
«Ti ringrazio davvero. Allora a domani.»

Il mattino dopo, Vittoria si sorprese molto nel vedere che Sofia si era alzata di buonora, dato che di solito restava a letto fino all’ultimo minuto disponibile.

«Ma buongiorno!» le disse tutta gaia. «Allora cara» continuò con fare confabulatorio, «ieri sera tu e Dan vi siete augurati la buonanotte? Voglio sapere tuuuutti i particolari!»
Vittoria sorseggiò un po’ di caffè.
«Caschi male, non ho molto da raccontarti. Lo stavo salutando e lui mi ha chiesto se potevo accompagnarlo all’università perché aveva paura di perdersi. Tutto qui.»

Sofia, che aveva preso posto a tavola davanti all’amica, e si era messa a far colazione anche lei, mandò un versetto strozzato e iniziò a sputacchiare caffellatte dappertutto. Vittoria, con fare rassegnato, la raggiunse per assestarle qualche pacca sulla schiena finché non si riprese.

«Ma come tutto qui? Hai un appuntamento con lui... ti pare poco?» esclamò. «Hai altre cose raccontarmi che non ti sembrano così importanti?»
Vittoria scosse la testa e la guardò per metà divertita e per metà innervosita.
«Proprio nulla. A te invece com’è andata con Will?»
Sofia la ragguagliò in fretta, ridendo tutto il tempo.
«Credo che ormai abbia paura di me e che mi consideri una squilibrata. Chissà perché...»
«Già, chissà perché!» le fece eco Vittoria.

Dopo colazione le ragazze si prepararono in fretta e scesero in strada, puntuali alle nove e mezzo.
Qualche minuto dopo videro arrivare un gruppetto di ragazzi, e Vittoria si lasciò sfuggire un verso di disappunto: Dan si era portato dietro Will, Woody e Kyle. Si voltò a guardare Sofia che si strinse nelle spalle.
«Che possiamo farci?» le mormorò l’amica.

«Buongiorno splendori!» esclamò Woody tutto allegro, appena raggiunse le due. «Spero non vi dispiaccia se siamo venuti insieme... dato che dobbiamo andare tutti nello stesso posto...»
A quel punto, le ragazze si divisero. Sofia si incaricò di accompagnare Woody, mentre Vittoria accompagnò Dan e gli altri due alle rispettive facoltà, e dato che Dan era nella sua stessa facoltà, alla fine i due rimasero soli.
Lei non poté fare a meno di rivolgergli una domanda muta, con lo sguardo, che lui prontamente interpretò.
«Stamattina mi hanno braccato» precisò a mo’ di scusa, «non volevo portarmeli, ma siccome nemmeno loro conoscevano la strada...»
Il suo sguardo era dolcissimo. Vittoria non poté resistergli così gli sorrise.
«Ok, messaggio recepito» poi diede un’occhiata all’orologio. «Adesso però devo proprio scappare!»

Trascorsa una mattinata piena di lezioni noiose, la ragazza, tutta immersa nei suoi pensieri, raggiunse il cortile della facoltà. Si sedette su una panchina e aprì la sua agenda per controllare le date degli esami che vi aveva appuntato, riflettendo sul fatto che doveva darne altri due in quella sessione estiva per sperare di concludere al più presto, e arrivare alla laurea in tempi decenti.

Era talmente presa dalle sue congetture che non si accorse che qualcuno si era seduto accanto a lei e la stava osservando.
«Però, quanto sei concentrata!»
Vittoria saltò di diversi centimetri sulla panchina, soffocando un urletto. Poi si girò di scatto e vide Kyle seduto accanto a lei.
«Oddio, mi hai spaventata, lo sai?»
Lui si strinse nelle spalle e si mise più comodo sulla panchina.
«Come mai da queste parti?» chiese allora Vittoria, intanto che il battito del cuore tornava normale dopo lo spavento.
«Dan mi ha scritto di incontrarci qui per andare a mangiare qualcosa insieme. Ti ho vista e ho pensato di chiederti se ti andava di unirti a noi.»
Vittoria incrociò lo sguardo enigmatico del ragazzo. In quel momento si rese conto di quanto le riusciva difficile instaurare una conversazione con lui, ma accettò comunque il suo invito. Mandò anche un messaggio a Sofia per chiederle se voleva essere della partita, ma l’altra le rispose subito che era ancora a lezione e non poteva proprio sganciarsi.
Qualche minuto dopo, un gran gruppo di ragazzi uscì in giardino, segno che doveva essere finita una delle lezioni. Dan era tra loro. Aveva lo sguardo un po’ perso, e indossava dei grandi occhiali da lettura. Si guardò per un attimo intorno, poi Kyle agitò una mano per aria e lui raggiunse l’amico e la ragazza.
Sorrideva.
«Hey, ciao di nuovo!» salutò allegro, «Allora? Dove si va a mangiare?»
Vittoria disse ai due che conosceva una rosticceria poco lontana dall’università dove si mangiava molto bene, così i tre si avviarono.

L’atmosfera spensierata della sera precedente sembrava essere svanita: dopo aver ordinato, infatti, i ragazzi rimasero in silenzio, ognuno coi suoi pensieri. Solo quando finalmente arrivò il cibo il silenzio ebbe fine, e Vittoria chiese ai due com’era andato il loro primo giorno di università in Italia.
Dan si dichiarò soddisfatto, dato che era riuscito a seguire quasi tutte le lezioni, Kyle invece era un po’ meno ottimista: doveva decisamente abituarsi alla nuova lingua. Parlarono anche dei rispettivi hobbies, così la ragazza scoprì che Kyle era un appassionato lettore, soprattutto di gialli, mentre Dan amava il cinema, in particolare quello di Lynch. Rimase addirittura sconcertato quando scoprì che lei non aveva mai visto “Twin Peaks,” e si fece promettere che avrebbe rimediato al più presto a quella gravissima mancanza, come lui stesso la definì.

Dopo il pranzo, e molte altre chiacchiere, Vittoria guardò distrattamente l’ora e si accorse che erano già le due e mezzo.
«Oddio, ragazzi è tardissimo!» esclamò, raccogliendo in fretta le sue cose dal tavolo. «La prossima lezione è in un’aula sempre affollatissima, se non mi sbrigo finirà che dovrò sedermi per terra!»
I due sembravano divertiti dalla sua improvvisa fretta, mostrando nel contempo che invece loro non avevano alcuna fretta di muoversi.
«Niente lezioni pomeridiane voi, eh? Fortunelli!» li canzonò Vittoria, lasciando sul tavolo i soldi del suo pranzo e schizzando verso la porta.



Nda:

Ciao a tutti/e!
Eccoci con l'aggiornamento settimanale... la storia è ancora nella sua fase introduttiva, ma presto si arriverà al clou!
Spero che voi lettori silenziosi la stiate apprezzando, perché non ci date qualche feedback? Sarebbe molto gradito e... chissà, magari potremmo decidere di aggiornare prima!

A presto (o prestissimo, dipende solo da voi!)

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ***


5° Capitolo
 
Il mese successivo trascorse velocemente, tra le ultime lezioni e gli esami. Vittoria e Sofia videro più di rado i quattro ragazzi inglesi, ognuno preso dai suoi guai e dai suoi corsi di studio. Si incontravano soltanto qualche volta al Murphy’s Law, per fare quattro chiacchiere tra un ripasso e l’altro.
Finalmente, intorno alla metà di luglio, Vittoria diede l’ultimo esame che si era proposta per la sessione estiva, e Sofia si era liberata già da qualche giorno. Non c’era occasione migliore per festeggiare e riprendere un po’ di vita sociale, soprattutto perché anche il gruppo dei british aveva terminato con le incombenze universitarie, così, approfittando delle belle giornate di sole le ragazze decisero di organizzare una gita in bicicletta, e nel giorno stabilito si presentarono puntuali all’alloggio dei ragazzi.
C’era soltanto Dan ad aspettarle, giù in strada e già in sella alla sua bici.
«Gli altri stanno ancora dormendo» le informò, «volete salire e aspettare che si sveglino? Possiamo farci un caffè...»
Prima che Vittoria potesse rispondere Sofia aveva già parcheggiato la bicicletta e si era intromessa, facendo il gesto di rimboccarsi le maniche.
«Non preoccuparti, Dan» disse, «ci penso io a svegliare quei tre, voi intanto avviatevi pure.»
Lui ridacchiò e le diede le chiavi dell’appartamento.
«Ti raccomando, non spaventarli.» fece il ragazzo.
«Non contarci!» gli rispose lei, sorridendogli di rimando e poi ammiccando verso Vittoria, e prima che l’amica potesse dire o fare qualunque cosa lei era già scomparsa oltre il portone d’ingresso.
Dunque Vittoria e Dan si avviarono da soli, e pedalando la ragazza si mise a riflettere sul ragazzo che era con lei, osservandolo sottecchi. Ciò che le piaceva di Dan era il suo essere così diverso dai ragazzi della sua età: era gentile, posato, decisamente molto inglese.
Sentendosi osservato, lui si girò nella sua direzione e le chiese a cosa stava pensando.
«A niente!» replicò lei in modo scherzoso, dandosi poi da fare per superarlo.
Quando si accorse che perdeva terreno, lui si prestò al gioco.
«Che fai» le strillò, «osi sfidarmi in velocità?»
La strada era in piano, quindi fu semplice per il ragazzo riportarsi prima vicino a lei e poi superarla.
«Io andavo in bicicletta quando tu ancora portavi il pannolino!» la prese in giro.
«Hey, ora non esageriamo, non abbiamo tutti questi anni di differenza» fece Vittoria, raggiungendolo. «E poi in qualcosa dovrete pur eccellere, voi poveri inglesi, visto che col calcio non vi è andata tanto bene!»
A Dan non importava granché dell’uscita clamorosamente veloce dell’Inghilterra dal mondiale, ma si finse oltraggiato dal commento di lei e iniziò a zigzagare con la bici fingendo di volerla speronare.
I due erano così presi da quel gioco che non si accorsero di un pedone che era entrato sulla pista ciclabile per attraversarla. Dan frenò bruscamente e Vittoria gli andò addosso, facendo cadere entrambi malamente. L’uomo che aveva causato quel piccolo incidente li scansò per un pelo.
«Ragazzi, state bene?» si affrettò a chiedere, dopo aver raggiunto i due. «Mi spiace, camminavo sovrappensiero e proprio non vi ho visti.»
«Tutto bene» si affrettò a rispondere Vittoria, «è anche colpa nostra che non stavamo guardando davanti a noi.»
La ragazza si rimise in piedi e si controllò: non aveva niente di rotto, solo qualche graffio e delle macchie sui pantaloncini. Ma subito dopo vide che a Dan era andata meno bene. Aveva attutito la sua caduta e sostenuto il suo peso, quindi si era sbucciato entrambe le mani e aveva battuto la fronte da qualche parte, in un punto da cui stava perdendo parecchio sangue.
Pian piano si rimise in piedi anche lui, preoccupandosi però di Vittoria prima che di se stesso.
Del resto quel gioco stupido l’aveva iniziato lui.
«Come stai?» domandò sollecito.
«È tutto a posto. Ma tu piuttosto...»
«Io? Dai, non preoccuparti, me la sono vista peggio nella mia vita.»
Il pedone intanto, vedendo che i due stavano bene e che se la potevano cavare da soli, si accomiatò con un cenno di saluto.
«Be’, direi che possiamo andare adesso...» disse Dan.
«Andare dove, esattamente?» rispose Vittoria allarmata. «Stai perdendo sangue dalla fronte, non te ne sei accorto?»
Lui si toccò per un attimo la fronte, e rimase sorpreso di trovarsi effettivamente del sangue sulle dita.
«Adesso ti siedi su quella panchina e ti fai mettere almeno un cerotto.» concluse la ragazza.
Il suo tono era perentorio, non lasciava nessuna possibilità di replica, quindi Dan alzò le braccia in segno di resa e fece quello che lei gli aveva detto.
Dopo aver raccolto le bici, e constatato che non avevano subito danni, le portò vicino alla panchina per eliminare l’ingombro. Prese la sua borsa dal cestino della bici e ci scavò dentro finché non trovò quello che cercava: un flaconcino di Amuchina, fazzoletti e un cerotto. Soddisfatta dalla sua ricerca tornò dal ragazzo così armata e si diede da fare per medicargli la ferita sulla testa.
Nel frattempo Sofia, che era riuscita a svegliare gli altri tre ragazzi, sopraggiunse con loro sulla pista ciclabile cittadina. Woody, che era in testa al gruppo, pedalava pigramente e intanto si guardava intorno, notando la gente che gli passeggiava accanto.
Una signora col passeggino, un ragazzo che correva, e su una panchina una ragazza praticamente stesa sopra un ragazzo coi capelli spettinati per aria come quelli di Dan... e a quel punto frenò di colpo, e Will a momenti gli andò addosso.
«Si può sapere che cosa ti prende?» sbottò, intanto che anche gli altri due rallentavano e poi frenavano qualche metro più indietro.
Woody non rispose, ma quando anche gli altri ebbero inquadrato bene la scena, e capito che i due avvinghiati sulla panchina erano proprio Vittoria e Dan, si misero a fare strani versi e a ridere.
C’era stato un iniziale momento di imbarazzo, per Vittoria, quando si era resa conto che non sapeva esattamente da che parte sistemarsi per pulire bene la ferita sulla fronte di Dan. Ci aveva provato standogli seduta vicino, ma con pessimi risultati, così alla fine era stata costretta ad alzarsi, mettergli di fronte e sporgersi anche un po’ per vederci meglio.
A quel punto, il ragazzo dai modi molto inglesi le aveva posato senza tanti complimenti una mano sulla schiena, e l’aveva attirata un po’ più vicina a sé.
«Altrimenti non finirai mai di curarmi» le aveva detto a mo’ di giustificazione, «e quella roba che stai usando brucia veramente un casino.»
Certamente non aveva inteso essere in qualche modo malizioso, forse quel gesto gli era scappato con le più innocenti intenzioni, in ogni caso Vittoria lo apprezzò molto, e nel continuare a disinfettare la ferita ci mise tutta la sua calma. Lui teneva gli occhi chiusi, e lei si perse così tanto a guardarlo che a momenti si metteva persino a contargli le lentiggini.
Ad un certo punto lui aprì gli occhi.
«Hai finito, piccola infermiera? Sai, mi stai praticamente sulle ginocchia e non sei poi così leggera, me ne sono reso conto anche nella caduta...»
Vittoria caricò ancora di più il suo peso addosso a lui.
«No, mio paziente impaziente, non ho ancora finito. E comunque dovresti ringraziarmi per le cure, invece che lamentarti, considerando che è colpa tua se siamo caduti!»
Sorda ai brontolii del ragazzo, si rimise al lavoro. Stava per prendere un nuovo fazzoletto e completare l’opera quando si sentì osservata, e poi sentì i fischi, gli ululati e le frasi poco lusinghiere arrivare alle sue spalle. Era impossibile non sentirle, del resto, e un attimo dopo Dan si sporse di lato, perché anche lui doveva essersene accorto, e arrossì violentemente.
Alle spalle di Vittoria, Woody, Will, Kyle e Sofia ridacchiavano divertiti. I ragazzi li raggiunsero in fretta e si misero a tormentare il povero ragazzo, ironizzando sulle sue capacità amatorie, mentre lei, che era stata quasi sbalzata giù dalla panchina, andò a prendere la sua bici e si affrettò ad allontanarsi. Sofia la raggiunse subito, mentre Dan, con sguardo dispiaciuto, la guardò praticamente scappare.
«Cara la mia V, io ti appoggio sempre, lo sai, ma mi spieghi perché ora sei così arrabbiata?» chiese Sofia all’amica, una volta che furono sole. «Non sei contenta di aver concluso finalmente qualcosa con il tuo Dan-occhi-belli
«È proprio questo il punto!» esclamò Vittoria, «Non abbiamo concluso proprio un bel niente, gli stavo solo medicando una ferita.»
Le raccontò brevemente della loro caduta.
«Ora capisco tutto.» commentò Sofia.
«Ma non sono arrabbiata perché non è successo nulla» precisò Vittoria, «è solo che quando siete arrivati voi lui mi è sembrato sollevato.»
In quella frase, Sofia trovò in un certo senso conferma alle sue parole.
«Io non credo che sia così» replicò, per confortare l’amica, «e comunque vedrai che Dan ti cercherà di nuovo e ti darà spiegazioni, se dovrà dartele.»
Infatti, una volta a casa, il cellulare di Vittoria suonò per avvisarla dell’arrivo di un messaggio. Mentre Sofia cercava di leggere il mittente, strillando «È Dan? È Dan?» l’altra corse in bagno e si chiuse dentro per poter leggere il messaggio in pace. In effetti era proprio del ragazzo, che la invitava al Murphy’s Law quella sera stessa per parlare un po’.
Vittoria arrivò all’appuntamento che era molto nervosa. Anche perché Sofia non aveva fatto altro che riempirle la testa di consigli su come vestirsi e comportarsi, facendola agitare, se possibile, più di quanto non fosse agitata per conto suo.
Dan era già seduto ad un tavolo. Lei lo raggiunse e lo salutò. Dopo un primo attimo di silenzio, i due iniziarono a chiacchierare del più e del meno, spensieratamente, come se tra loro non fosse accaduto nulla di particolare né ci fosse qualcosa da chiarire, che doveva poi essere il motivo di quell’uscita.
Dopo qualche birra decisero di fare una passeggiata e, ironicamente, finirono proprio sulla stessa pista ciclabile dov’erano stati nel pomeriggio. Si sedettero su una panchina e si resero conto che, tra una risata e l’altra, avevano quasi concluso la serata senza discutere di quella loro mattinata particolare.
Fu Dan a rompere il ghiaccio.
«Mi dici come mai stamattina sei scappata via in quel modo?»
Si sistemò a gambe incrociate davanti a lei, e Vittoria si volse a guardarlo accomodandosi in posizione quasi speculare.
«Tutti quei commenti e i fischi mi hanno imbarazzata» gli confessò, «e poi...»
«Poi?»
«Be’, mi è sembrato che tu fossi contento dell’arrivo degli altri, e questo non mi ha fatto piacere.»
Parlando gli si era molto avvicinata, per osservare l’espressione dei suoi occhi. Dan li spalancò, sorpreso.
«Mi dispiace che tu l’abbia pensato perché non è affatto così» le rispose. «È che io non sono bravo a parlare di certe cose.»
Fece quell’ultima precisazione quasi a se stesso, parlando a voce bassa, e Vittoria si sporse istintivamente verso di lui. A quel punto, Dan annullò la già scarsa distanza che c’era tra loro e la baciò. La ragazza, passato un primo istante di sorpresa, ricambiò il bacio, apprezzando alquanto il modo che lui aveva trovato di esprimere certe cose.

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei ***


NM6
6° Capitolo

Dal giorno di quella gita in bicicletta, alla fine della quale sia Sofia che gli altri si erano vagamente scusati per aver messo in imbarazzo Dan e Vittoria, le cose per il gruppo erano proseguite di bene in meglio.
L'estate era calda ma non torrida, e le gite per la città, al mare o in cerca di qualsiasi altro svago si erano moltiplicate e avevano fatto sì che il rapporto tra le ragazze e gli inglesi si approfondisse. Escludendo le relazioni che si erano strette un po' di più, prima quella tra Dan e Vittoria e poi quella tra Will e Sofia, stavano tutti bene nella reciproca compagnia e specialmente nelle lunghe nottate che la bella stagione invitava a vivere fino in fondo.

Dopo qualche settimana di puntate praticamente quotidiane al Murphy's per birra, patatine e improbabili serate di karaoke, Sofia aveva iniziato a perdere interesse per tutta quella socialità e così un giorno, a pranzo, aveva annunciato la sua intenzione di restare a casa la sera stessa a guardare un buon, vecchio horror anni Ottanta.
Woody ne aveva immediatamente approfittato per prenderla in giro.
Il fatto che loro due si punzecchiassero per ogni cretinata, quando Sofia non era troppo impegnata a mettere a dura prova la pazienza di Will, era diventato ormai un passatempo e insieme anche una barzelletta nel gruppo.

«Un buon vecchio film anni Ottanta?» aveva ripetuto il ragazzo, fingendosi scandalizzato. «E un paio di ferri e un gomitolo di lana non li vuoi? Se ti ci metti adesso a sferruzzare, per quest'inverno avrai fatto babbucce per tutti.»
Sofia aveva afferrato una manciata di patatine fritte da un cestino in mezzo alla tavola e gliele aveva tirate.
«Sai dove te le ficco le babbucce di lana?!» aveva ribattuto a gran voce, mentre lui se la rideva e Vittoria la implorava con lo sguardo di non strillare.
«Non farti sempre riconoscere» le aveva detto, guardando con discrezione gli altri avventori del chiosco in cui il gruppo si era fermato a pranzare, augurandosi che nessuno stesse prestando loro attenzione. Non che fosse davvero importante, ma anche i rimproveri affettuosi di Vittoria facevano parte delle dinamiche del gruppo. Sofia ovviamente aveva protestato e incolpato Woody di provocarla sempre. «Non hai più cinque anni» le aveva ricordato l'amica, «dai, su, fa' la brava...»
Le prese in giro erano andate ugualmente avanti per un po', finché Sofia non si era slanciata ad abbracciare Will implorando il suo soccorso e la sua protezione.

«Dì qualcosa a quell'essere terrificante... è tuo amico!»
«Mio amico?» aveva ribattuto Will, «E chi lo conosce questo qui?»
Tutti si erano messi a ridacchiare, e a quel punto era sembrato che l'argomento serata fosse concluso, ma poi Woody, senza più ironia, aveva insistito sulla decisione di Sofia.
«Vuoi veramente passare tutta la serata in casa?»
Lei aveva annuito, mangiucchiando una patatina molliccia e ormai fredda.
«Perché ti scandalizzi tanto?» aveva risposto. «Sono solo stufa della birra e del solito casino.»
Lui aveva sospirato e scosso energicamente la testa, concludendo che per lei proprio non c’era speranza.
«Sono del segno dell'Ariete» aveva aggiunto Sofia, «mi stanco facilmente delle cose» Improvvisamente si era voltata a guardare Will, a cui era ancora appiccicata. «Alle cose ma non alle persone.» aveva specificato con un gran sorriso.
Lui, come spesso accadeva, aveva tossicchiato innervosito e si era voltato a guardare da un'altra parte.
Era stato un bene, aveva pensato quel giorno, che il gruppo stesse pranzando all'aperto e tutti avessero indossato gli occhiali da sole, così nessuno aveva potuto vedere la sua faccia andare a fuoco. Sofia riusciva immancabilmente ad imbarazzarlo, e lui nemmeno sapeva spiegarsi il perché, dato che a parte le provocazioni verbali e poco altro nessuno dei due si era mai sbilanciato verso l'altro. Era stato da subito un rapporto curioso, il loro, innocente di fondo ma non privo di reciproca attrazione.
Sofia era esuberante e spesso ironica, quindi difficile da prendere sul serio, ma talvolta, quando le loro mani o i loro sguardi si erano incontrati, gli era parso di avvertire una tensione elettrica anche da parte sua, e forse era quello il motivo per cui le permetteva di tormentarlo in continuazione, ma quando la pantomima con Woody aveva avuto fine, e lei gli aveva chiesto ufficialmente se aveva voglia di tenerle compagnia quella sera («Non metterti strane idee in testa, Orso» gli aveva detto, «pensavo soltanto di dividere una pizza e guardare un film.»), per un momento il suo imbarazzo era stato sincero.

Alla fine però, tanto per non alimentare né speranze né chiacchiere, lui aveva accettato.
Aveva passato una bella serata con lei, tranquilla esattamente come Sofia l'aveva impostata, pertanto non c'era stato motivo di rifiutare un secondo e un terzo invito, e nemmeno per autoinvitarsi una quarta volta, finché il loro dividere la cena e un film era diventato praticamente una piacevole abitudine. Così il loro rapporto si era intensificato un po' di più, benché non fosse mai sconfinato dall'amicizia, o quasi.
Una sera Sofia si era presentata con gli occhi rossi e più arruffata dal solito, e messa alle strette aveva confessato di aver litigato col suo affascinante pseudo-fidanzato. Non l'aveva contattato per giorni, occupata com'era stata a godersi il tempo che trascorreva con gli amici, e quand'era accaduto la loro conversazione aveva preso una piega poco piacevole. Nulla per cui valesse la pena di disperarsi, eppure lei, di solito propensa e molto capace a sdrammatizzare, in quell'occasione si era sentita ferita profondamente dalle parole e dal comportamento dell'uomo.

Will non era riuscito in nessun modo a farle rivelare i dettagli di quella conversazione, ma al primo singhiozzo aveva accolto volentieri Sofia in un abbraccio. Per poco non si erano baciati, ma poi lei si era tirata indietro al momento giusto, scusandosi e anche accusandosi per quella che aveva definito una debolezza. Si era asciugata gli occhi e gli aveva finalmente sorriso.
«Sei troppo speciale per me» gli aveva detto, «non potrei mai baciarti per disperazione.»
Anche lui aveva sorriso di quell'uscita.

«Quando ti bacerò» aveva concluso la ragazza, «lo perché voglio farlo e non perché ho litigato con qualcuno.»
«E chi ti dice che io mi lascerò baciare da te?» aveva risposto lui, divertito ma anche piacevolmente turbato per quello che era quasi accaduto.
Un po' alla volta, senza che ce ne fosse motivo, forse perché doveva semplicemente accadere, anche gli altri avevano iniziato ad unirsi alle serate casalinghe dei due. Il primo era stato Woody, che una sera era piombato nell'appartamento delle ragazze con una confezione di birre in una mano e un sacchetto formato famiglia di pop-corn nell'altra.
«Kyle mi ha dato buca» aveva annunciato sulla soglia, «e io sono stufo di stare a guardare Dan e Vittoria che fanno i piccioncini.»
Una volta entrato in casa aveva guardato Will, seduto sul divano, e poi Sofia.
«Non è che stavate facendo i piccioncini anche voi due, vero?»
Il secondo ad unirsi al gruppetto, che ormai si era trasferito dal Murphy's all'appartamento di Vittoria e Sofia o a quello dei ragazzi, era stato Kyle. Infine anche Vittoria e Dan, che trovavano il tempo di stare insieme durante il giorno, avevano abbandonato il pub in favore delle cene in casa, arricchendo le serate con il loro contributo di film finché anche quelli non erano venuti a noia un po' a tutti, e si era sentito il bisogno di fare qualcos'altro.

Quel qualcos’altro si presentò nelle spoglie di una rivista, il cui nome era ‘Cronache di sangue dal mondo’, che Vittoria portò a casa insieme alla spesa per la cena e che, al caffè, mise con un sorriso al centro della tavola.
Sofia se ne impossessò immediatamente.
«Uh, che cos'è?»
«Una rivista di cronaca nera.» L'amica la guardò illuminandosi tutta. «Non la solita rivista piena di pettegolezzi, sia chiaro... è una cosa seria. Ha anche una sezione di racconti nelle ultime pagine, e per quanto ho potuto vedere non sono affatto male.»
«Sembra stupenda...» commentò Sofia, iniziando a sfogliarla.
«È un primo numero, e a quanto pare è anche fresca di stampa. L'ho scoperta per caso.»
«Sai che il caso non esiste» ribatté l'altra, mentre Woody si sporgeva oltre la sua spalla per dare un'occhiata alle pagine patinate, «se l'hai notata un motivo doveva esserci per forza.»
«Non capisco il motivo di tanto entusiasmo» interloquì il ragazzo, «in fin dei conti si parla di morti.»
«Si parla anche di misteri» precisò Sofia, «e il mistero è affascinante.»
Woody le sfilò la rivista dalle mani e si mise a sfogliarla per conto suo.
«Sempre morte resta» disse di rimando, «e comunque non mi sembra di vedere la cronaca internazionale.»
«E invece c'è, testa di cavolo!» sbraitò l'amica cercando, senza successo, di riprendersi il quotidiano. «Guarda a pagina sedici.»
Anche Dan e Will si erano avvicinati, evidentemente interessati all'argomento.
«Uhm, è vero...» disse Woody, annuendo. «In ogni caso ancora non capisco che cosa dovremmo farcene di tutta questa cronaca.»
Finalmente Sofia riuscì a riprendere la rivista che poi passò nelle mani di Vittoria.
«Non dobbiamo per forza commentare la cronaca» disse quest'ultima, «potremmo solo leggere i racconti e chiacchierare di quelli. Dovete ammettere che le storie misteriose e paurose vanno a nozze con le lunghe nottate estive.»
Sofia approvò.
«E poi abbiamo esaurito tutti i film decenti che volevamo guardare, e a meno che non vogliamo tornare al pub...»
«Forse non è poi una cattiva idea.»

La voce di Kyle giunse innaturalmente lontana non solo perché il ragazzo era all'altro capo della stanza, sul divano, intento a trafficare con il cellulare anziché partecipare alla conversazione con gli altri, ma anche per il tono freddo che l'aveva accompagnata.
Tutti si voltarono a guardarlo, mentre lui neanche alzò la testa e continuò a far scorrere l'indice sul display del cellulare.
«Insomma, parlare di morte e di morti a voi sembrerà divertente... ma io lo trovo morboso.»
Vittoria e Sofia si scambiarono un'occhiata quasi colpevole che poi condivisero coi ragazzi. Dopo qualche istante, probabilmente per via del silenzio, Kyle tornò presente nella stanza e guardò il gruppetto che era ancora a tavola. Sembrò rendersi conto solo in quel momento di quello che aveva detto e degli sguardi che le ragazze gli stavano indirizzando, e quando accadde Sofia ebbe la netta impressione che ne fosse rimasto egli stesso colpito, e che per quello volesse cercare di rimediare.
«Era solo la mia opinione» disse, «non volevo essere critico.»
Accennò un sorriso e attese che l'atmosfera si scongelasse, ma ci volle un po'.
«Hey» saltò su Woody di colpo, «e se invece facessimo una partita di strip poker? Porto io le carte!»
Un attimo dopo tutti, anche Kyle, si unirono alla sua risata e la tensione del momento si sciolse, ma qualcosa nella serenità del gruppo quel giorno sembrò essersi irrimediabilmente incrinata.

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette ***


7° Capitolo

Capitò che una sera il gruppo tornasse al Murphy’s Law, complice una festa di compleanno a cui non avevano potuto non partecipare. C’era anche Valeria in quell’occasione, e tra una birra e l’altra si avvicinò sempre di più a Kyle finendo per ridere di ogni minima cosa lui dicesse. Sofia, che già in passato non aveva manifestato grande stima per la ragazza, fece una smorfia in direzione di Vittoria, che la colse al volo.
«Cosa devono sopportare i miei occhi!» sbottò Sofia, fingendosi disgustata. «Ci mancava un’altra coppia di colombi in amore!»
Il riferimento a Vittoria e Dan fece sorridere entrambi, specie quando la ragazza gli saltò praticamente sulle ginocchia e Sofia si coprì gli occhi, esclamando un “Bleah!” e andando a tormentare Will com’era sua abitudine.
Con le sue stupidaggini aveva inteso farsi sentire soprattutto da Valeria, perché cogliesse il suo disappunto nel vedere come cercava di intrufolarsi nel gruppo pur non essendo stata invitata, ma lo scherzetto non le riuscì affatto.
Al contrario. Quando alla chiusura del pub, dopo che il barista li aveva praticamente spazzati fuori tutti, il gruppo se n’era uscito barcollando brillo per tornare a casa, Kyle era abbracciato a Valeria e non sembrava volersene staccare.
Girato un angolo la ragazza vide qualcosa che attirò la sua attenzione: un carrello del supermercato abbandonato.
«Hey ragazzi» urlò, «venite a vedere che cos’ho trovato!»
Gli altri, che avevano superato lei e Kyle, tornarono indietro.
«Chi vuole salire con me su questo coso? Lo facevo sempre da ragazzina... è divertente! Io salgo e voi mi spingete giù per questa piccola discesa e ci facciamo un sacco di risate.»
Will, sempre il più maturo (e probabilmente anche il meno sbronzo) obiettò subito.
«Forse non è una buona idea. Tra l’altro non lo vedo messo bene...» disse, indicando il carrello che in effetti era alquanto malconcio. Gli altri furono d’accordo con lui e cercarono di dissuadere Valeria, quando inaspettatamente Kyle li interruppe.
«Se vuoi ti spingo io.»
Sul gruppo calò un improvviso silenzio, e tutti si fecero così seri che sembrarono aver smaltito di colpo la sbornia. Tutti meno Valeria ovviamente, che si mise a saltellare come una bambina, felice che qualcuno l’avesse appoggiata.
«State tranquilli, è tutto collaudato!»
A quelle parole Vittoria rabbrividì e si voltò a guardare Kyle, ma non lesse nessuna emozione nei suoi occhi. Poi osservò come al rallentatore Vittoria che entrava nel carrello e Kyle che prendeva la rincorsa per lanciarla giù per la discesa. Allungò una mano come per volerli fermare, ma quando lo fece era troppo tardi.
Dei minuti che seguirono non le rimasero che alcuni, brevi flash: Dan che chiamava l’ambulanza, il sangue di Valeria sulle sue mani e i vestiti, le imprecazioni di Sofia, Woody che cercava di calmare la ragazza ferita. E, in disparte, Will che strattonava Kyle e lui che gli diceva una frase che non avrebbe mai dimenticato.
«Gliel’avevo detto di non avvicinarsi troppo a me: sono come il fuoco, brucio tutto quello che trovo sulla mia strada.»
 
***
Da quella notte, ritrovare l’affiatamento e la spensieratezza che c’erano state nel gruppo fu un po’ dura, almeno in un primo momento, perché era difficile per i ragazzi perdonare Kyle per aver assecondato la pazzia di Valeria. Quella bravata infatti le era costata parecchi giorni di ospedale, alla fine dei quali era tornata nella sua città d’origine a trascorrere il resto dell’estate.
Così, mentre Kyle scontava il suo esilio in solitudine, gli altri disdegnarono il pub e tornarono a trascorrere le bollenti serate estive, quelle che Sofia aveva soprannominato “serate in giallo”, nel parchetto condominiale del palazzo dove alloggiavano le ragazze. Là infatti c’era un bel patio circondato da piante e alberi; portavano delle sdraio, qualche birra e discutevano di estratti da “Cronache di sangue dal mondo” oppure inventavano loro stessi delle storie.
Fu una di quelle sere che, a sorpresa, il ragazzo si ripresentò agli altri. Mentre la discussione era caduta sul caso di una donna che con la complicità di un’amica aveva fatto a pezzi il marito e poi l’aveva sparso per tutta la città per evitare la cattura, la figura alta e snella del ragazzo era comparsa di colpo tra gli alberi. Nel vederla spuntare come dal nulla Sofia aveva fatto un salto sulla sedia, e persino Will e Woody si erano alzati e quasi messi in allarme.
«Sono io ragazzi» aveva detto Kyle. «Vengo in pace a chiedere perdono.»
Sembrava sinceramente contrito, tanto che persino i suoi baffi caratteristici erano come mogi, piegati verso il basso.
«Sono stato proprio un coglione» aggiunse, «non avrei mai dovuto spingere Valeria giù per quella discesa. Ma dovete considerare che ero un po’ brillo...»
«Un po’ brillo è un eufemismo» lo interruppe Dan, «ma bisogna ammettere che lo eravamo quasi tutti, e che non ti abbiamo fermato in tempo. In un certo senso è come se ognuno di noi ne fosse un po’ responsabile...»
A quelle parole, Sofia e Vittoria si lanciarono un breve sguardo d’intesa, segno che non erano del tutto d’accordo con quell’analisi, ma dopo che Dan ebbe proposto a Kyle di restare, e che quest’ultimo le aveva guardate entrambe come a chiedere il loro permesso, avevano ceduto.
«Stare solo è una barba» ammise il ragazzo, «mi sono mancate così tanto tutte le storie di delitti passionali...»
Sofia gli puntò l’indice sotto il naso.
«Sei di nuovo nel gruppo e va bene, ma ricordati che devi ancora delle scuse a una certa persona... che sfortunatamente o fortunatamente per te non è qui!»
«Chiamerò Valeria al più presto» promise il ragazzo, «se mi fate avere il suo numero. E farò del mio meglio per farmi perdonare.»
Vittoria non disse nulla, e gli sorrise, ma dentro di lei non riusciva a dimenticare la frase che Kyle aveva pronunciato alla fine di quella serata maledetta.

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto ***


NM8 8° Capitolo


Dal ritorno di Kyle in poi il gruppo si riunì, anche se non tutti erano grandi amanti del mistero e di storie delittuose. Will e Woody, per esempio, partecipavano soltanto per animare le conversazioni con commenti fuori luogo e battute, e naturalmente per la birra e la compagnia. Gli altri tre invece sguazzavano con fin troppa disinvoltura nei crimini forniti dalle trame dei libri ma soprattutto della loro nuova rivista preferita.
Una sera Vittoria piombò nel patio trafelata e sventolando come una matta il nuovo numero di “Cronache di sangue dal mondo”.
«Ragazzi, questa dovete proprio sentirla!» strillò, e poi iniziò a leggere un trafiletto di cronaca internazionale.

«”Londra, Gran Bretagna, agosto 201*. L’eccezionale ondata di caldo di questo mese ha portato alla macabra scoperta di un cadavere in avanzato stato di decomposizione. Il corpo, chiuso in una plastica appesantita con dei massi, è stato rinvenuto sul fondo di un affluente del Tamigi rimasto ora a secco a causa dell’impennata delle temperature. Una prima analisi forense ha determinato che si tratta di una giovane donna tra i venti e i trent’anni, di generalità al momento ignote. Rimane da chiarire la causa della morte, per la quale si attendono i riscontri dell’autopsia e l’analisi dei materiali rinvenuti sulla vittima.” Insomma, questa notizia dovrebbe interessarvi, dato che siete inglesi. Che ne pensate?»

«Sembra un caso intrigante.» commentò Dan.
«Stando così le cose» ribatté lei, «dovremmo approfondire un po’. A voi che cosa suggerisce la notizia?»
La ragazza si voltò verso Will, immancabilmente. Lui le rispose con un’occhiata di sopportazione.
«È inutile che mi guardi con quella faccina... lo sai che questa roba non mi interessa.»
«Ma tesoro, se non partecipi ti annoi...»
«Non preoccuparti, mi diverto a sufficienza ascoltando le vostre assurde teorie.»
«Perché assurde?» si intromise Vittoria. «Parliamo di fatti reali.»
«Fatti reali su cui facciamo delle ipotesi basate sul nulla» le rispose Dan. «Forse Will ha ragione.»

Sofia sbuffò.

«Io al Murphy's non ci torno, vi avverto...»
«Nessuno ha detto che dobbiamo tornare al pub.» soggiunse Vittoria, cercando di sedare gli animi.
«Perché non torniamo a concentrarci sulla notizia, invece? Se qualcuno non vuole ascoltare ovviamente è libero di andarsene.»
I ragazzi fecero tutti un cenno d'assenso, per comunicare che sarebbero rimasti. Solo Kyle esitò un momento, e finse di guardare altrove, ma probabilmente più per l'accenno alla loro ultima volta al Murphy's che per altro.
«Sapete a cosa pensavo?» disse allora Sofia. «Al fatto che il cadavere è stato appesantito. Chi ha ucciso quella ragazza sapeva quello che stava facendo, se si è preoccupato di assicurarsi che colasse a picco.»
«Assicurato... o assicurata» intervenne Dan. «Perché dai per scontato che l'omicida sia un maschio?»
Sofia si strinse nelle spalle.
«Dicevo per dire. E tu perché dai per scontato che si tratti di omicidio? Magari la ragazza è morta per un incidente.»

L'aria della sera, ancora rovente, per un attimo si gelò. Se non ci fosse stata Vittoria a fare da paciere, quella pazza di Sofia sarebbe stata capace di scatenare sempre una tempesta in un bicchier d'acqua. Era una brava ragazza, e una persona gradevole, ma se c'era una cosa che le piaceva fare in particolare era trasformare delle semplici frasi in provocazioni, per poi raccoglierle e sfruttarle a dovere, ed era un passatempo che a Dan non andava troppo a genio.

«Che vogliamo fare adesso, litigare?» disse Vittoria.
Sofia fece una smorfia divertita, e colto il tono dell'amica si voltò di nuovo verso Dan.
«Scusami» gli disse, «non volevo essere antipatica.»
La conversazione tornò allora al caso di cronaca, sul come era stato ritrovato il cadavere della sconosciuta.
«Non è da escludere che abbia avuto un incidente» soggiunse Vittoria, guardando Dan di traverso, «ma è anche innegabile che chiunque fosse con lei ha cercato di nascondere il corpo.»
Il ragazzo la guardò con aria complice, sorridendo appena.
«Sarà comunque difficile trovare delle prove fisiche su di lei, l'acqua le avrà cancellate.»
«Se era in un sacco forse qualcosa si è conservato...» osservò Sofia.
«Vi immaginate che puzza quando l'hanno aperto?» si intromise Woody. Non gli piaceva molto la piega che aveva preso la conversazione, lo si intuiva dalle smorfie schifate che faceva man mano che gli altri si addentravano nei dettagli, ma nello stesso tempo non poteva fare a meno di ascoltare. Era un po' come stare di fronte a un incidente mortale, quando la curiosità prende il sopravvento sul disgusto. E in ogni caso qualche puntata di CSI alla fine l'aveva vista anche lui. «Sarà stata tutta sfatta...»
Will, che fino a quel momento era stato stravaccato su una sdraio, si alzò di colpo mettendo in allarme Sofia.
«Dove vai?»
«A prendere un'altra birra» le rispose lui, «così vi do il tempo di esaurire l'argomento decomposizione.»
Lei lo seguì con lo sguardo, senza smettere di sorridere, ascoltando solo distrattamente l'amica che chiedeva come avrebbero potuto scoprire l'identità di un cadavere in quelle condizioni.
«Dai denti, probabilmente» si intromise Kyle, stuzzicandosi i baffi. «Le impronte saranno andate.»
Dan annuì.
«O potrebbero estrarre il DNA dal midollo osseo...»
«In qualche modo stabiliranno la sua identità» tagliò corto Sofia, che iniziava a perdere interesse per quel tipo di dettagli, «penso piuttosto che sarà più difficile ricostruire la dinamica sua morte, non credete?»
«Non saprei» replicò Kyle, «se per esempio trovassero che ha una frattura cranica...»
«Potrebbe essersela fatta cadendo» lo interruppe lei. «Sta litigando con qualcuno, scivola, batte la testa e se la rompe, finisce in fondo all'argine del fiume. La persona che è con lei viene presa dal panico e decide di far sparire il corpo.»

Qualche minuto più tardi Will tornò in giardino con una nuova bottiglia di birra, che Sofia gli rubò dalle mani mentre lui le passava accanto. Ne bevve soltanto un sorso, senza lasciargli il tempo di replicare, e poi gliela restituì.

«Allora, avete finito di parlare di cose schifose?» chiese il ragazzo tornando ad accomodarsi sulla sdraio.
«Sei arrivato al momento giusto» lo canzonò Dan, «siamo passati alle possibili dinamiche di questa morte.»
«Si tratta di un delitto premeditato, di un incidente o di uno scherzo finito male?» disse Sofia intendendo essere divertente, prima di rendersi conto della sua gaffe. Kyle era trasalito tanto da versarsi la birra addosso, e gli altri si erano di nuovo ammutoliti. La ragazza fu tentata di intervenire e scusarsi ma alla fine non lo fece, per non lasciar intendere nemmeno per un secondo di aver fatto di proposito un riferimento all'incidente di Valeria. Del resto era stato Kyle stesso a voler tornare nel gruppo, aveva pensato, e quando aveva deciso di farlo per forza di cose doveva essere stato pronto ad accettare il fatto che si sarebbe parlato ancora di quella notte.

«Lo scherzo finito male mi sembra improbabile» disse Vittoria. «Diciamo che questa ragazza è con qualcuno... un amico o un'amica, e questo qualcuno la spinge per gioco facendola scivolare. Lei cade e si rompe la testa, e l'altro che fa? Corre a recuperare un sacco e si preoccupa di appesantirlo?»

«Se l'incidente fosse avvenuto di giorno sarebbe stato ancora più improbabile» la sostenne Dan, «non fosse che il rischio di essere scoperti era più alto.»
Sofia agitò una mano.
«Va bene, scartiamo questa ipotesi. Ci resta l'omicidio premeditato.»
Guardò in tralice Kyle cercando di sondare il suo umore, che com'era prevedibile si era fatto taciturno. In fondo le dispiaceva per l'amico, e sentì quasi l'urgenza di porre fine subito alla conversazione. Ma non ce ne fu bisogno, perché quella si esaurì da sola nel giro di poche battute, e dopo che un improvviso temporale costrinse il gruppo a fuggire dal patio e a cercare rifugio in casa.

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Capitolo 9
*** Capitolo Nove ***


NM 9
9° Capitolo

Le serate in giallo si susseguirono man mano che l’estate si esauriva, e i ragazzi erano ormai sempre più presi e avevano fatto proprio il caso della sconosciuta ritrovata nel Tamigi, che era arrivato ad offuscare tutti gli altri crimini di cui avevano letto, un po’ per l’interesse “patriottico” degli inglesi, un po’ perché dopotutto la ragazza era una loro coetanea. Con quelle premesse, l’importanza del caso era innegabile.

Le ricerche del gruppo erano andate presto oltre “Cronache di sangue dal mondo” per sfociare in rete e nei telegiornali che trattavano il caso. Scoprirono così, con la loro profonda dedizione, che Scotland Yard aveva fatto dei progressi con il caso e l’aveva dichiarato un omicidio.


«Hey Vittoria, corri qui a vedere che cosa ho trovato!» gridò un pomeriggio Sofia, mentre leggeva un articolo online.

Vittoria piombò nella sua stanza.
«Novità sul nostro caso?»
L’altra lesse a voce alta.
«Scotland Yard ha incontrato la stampa per gli aggiornamenti sul caso di Christine J. Durante le prime indagini, in seguito alle quali si riteneva che la ragazza fosse soltanto scomparsa, erano stati ascoltati i genitori che si erano dichiarati stupiti dalla situazione. Christine, infatti, aveva appena vinto una borsa di studio per una prestigiosa facoltà in America, e non avrebbe avuto alcun motivo per fuggire di sua volontà.
La polizia aveva dunque deciso di interrogare e di mettere sotto torchio almeno altre due persone più vicine alla ragazza, Kyle S. e Matt K., rispettivamente migliore amico ed ex-ragazzo, ma i due erano stati rilasciati poco dopo per mancanza di prove di un coinvolgimento nella sua morte.
Alla luce di tali fatti, e secondo le ultime notizie rilasciate alla stampa, le autorità si riservano di richiamare i due per ulteriori accertamenti...»
L’articolo proseguiva con dettagli sulla morte della ragazza, resi noti dal medico legale, che non lasciavano dubbi circa l’evento delittuoso che si era consumato. Ma a quel punto la lettura delle due si era già fermata da un pezzo.

«Kyle S.» ripeté Sofia con un filo di voce. «Che sia una coincidenza?»
Vittoria aveva già preso il cellulare per scrivere a Dan.
«Io non credo molto nelle coincidenze» rispose all’amica. «Ora mi faccio dire da Dan il cognome di Kyle... a questo punto mi sembra doveroso.»

Il ragazzo rispose praticamente subito, e Sofia vide Vittoria che quasi impallidiva.


«Allora?» la sollecitò.

«Simmons» rispose Vittoria. «Il cognome di Kyle è Simmons.»
«Oddio, allora quel Kyle S. può essere proprio lui!»
Il cellulare di Vittoria suonò di nuovo. Era Dan che chiedeva spiegazioni. A quel punto, Sofia gli inviò direttamente il link con la notizia che aveva appena letto, e nel giro di pochi istanti lui richiamò Vittoria.
«Arrivo appena posso» disse sbrigativo, «dobbiamo parlare di una cosa importantissima.»

Quando arrivò al loro appartamento, le ragazze si stupirono che con lui ci fossero anche Will e Woody.

«Ma cosa sta succedendo ragazzi?» esordì Sofia.
«Kyle è sparito» disse Will, serio. «Ci siamo accorti solo stamattina che la sua stanza era vuota...»
«E la padrona di casa ha detto che se n’è tornato in Inghilterra per degli affari molto urgenti» lo interruppe Woody. «Gliel’ha riferito quand’è passato a pagare l’affitto. Ma poi ora Dan ci ha fatto vedere questo articolo e insomma...»
Sui volti dei cinque ragazzi si rifletteva lo stesso sbigottimento per quell’improvvisa svolta del destino.



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Ciao!
Rieccoci qui ad aggiornare col penultimo capitolo di questa storia!
Siamo sempre qui per accogliere qualunque critica o commento...

Alla prossima!

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Capitolo 10
*** Capitolo Dieci ***


10° Capitolo
 
Era arrivato settembre, e con esso l’avventura degli inglesi ebbe termine.
I ragazzi avevano continuato a seguire con passione la vicenda dell’omicidio di Londra visto l’apparente coinvolgimento di Kyle in esso, ma proprio quando si trovarono all’aeroporto, prossimi a lasciare l’Italia, appresero dalle pagine del Times la fine di quella storia.
 
«La vicenda dell’omicidio del Tamigi si conclude oggi, amaramente.
Secondo quanto dichiarato da Scotland Yard, infatti, il caso è stato chiuso per mancanza di indizi definitivi a carico dei due maggiori sospettati. Kyle S. e Matt K., riascoltati in ulteriori occasioni in merito alla morte di Christine J., sono risultati estranei alle vicende. Anche le analisi forensi sui resti hanno dato risultati non probatori, che hanno dunque condotto le autorità alla chiusura del caso.
Rimane l’accorato appello dei genitori della ragazza alle istituzioni e a tutta la comunità: “Noi non ci arrenderemo e non dimenticheremo Christine. Viviamo nella speranza che qualcuno ci aiuterà a renderle la giustizia che merita”»
 
Appena Woody, che aveva letto l’articolo, chiuse il giornale, per un attimo nel gruppetto scese un pesante e innaturale silenzio.
Ma poi arrivò il momento dei saluti, dei baci e degli abbracci. Non degli addii, perché le ragazze avevano deciso, e promesso, che dopo la laurea avrebbero trascorso un lungo periodo in Inghilterra.
Tuttavia si separarono dagli inglesi con un po’ di tristezza, finché, mentre guardavano il loro aereo che decollava, Vittoria non richiamò l’attenzione dell’amica.
«Quindi, ricapitolando» disse, alzando una mano e iniziando a contare sulle dita. «In quest’estate abbiamo conosciuto delle persone meravigliose e forse anche trovato l’amore, abbiamo bevuto, giocato alle detective e passato il tempo con uno squilibrato. Mica male, eh?»
Sofia sogghignò.
«Dai, proprio squilibrato Kyle non lo era... ma anche se non è matto del tutto, e a quanto pare nemmeno un assassino, rimane comunque parecchio strambo!»
Vittoria si unì alla sua risata.
«Comunque avevi ragione...» disse a Sofia, prendendola sottobraccio mentre si avviavano all’uscita dell’aeroporto.
«A che proposito?»
«Quest’estate ce la ricorderemo davvero per sempre!»

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