Login 'n Kill - Beta Testing

di Raeiki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lo strano lavoro di papà ***
Capitolo 2: *** Un altro mondo ***
Capitolo 3: *** Il colloquio ***
Capitolo 4: *** Ultimo test ***
Capitolo 5: *** Xander Gold ***



Capitolo 1
*** Lo strano lavoro di papà ***


"Alexander, ma almeno stai ascoltando quello che ti sto dicendo?" "...eh?". Alex era troppo soffermato sul panorama fuori dal finestrino per ascoltare la voce di sua madre. Era in ansia per il primo giorno di scuola dopo e vacanze di Natale, non aveva nessuna voglia di andarci. Era praticamente uscito dalla crisi adolescenziale avendo compiuto diciott'anni, ma l'ultimo anno di scuola era uno dei suoi problemi centrali. L'altro era suo padre.

Paul Drake era un uomo sulla quarantina riservato, chiuso, mostrava poche emozioni. Era differente rispetto a suo fratello Mark, anche lui sposato e con un figlio. Il ragazzino era più piccolo di Alex di sei anni e si chiamava Albert. Alex e Albert andavano d'accordo sempre e comunque, si potevano considerare quasi migliori amici. Forse era Albert stesso l'unico conforto dell'infanzia e adolescenza di Alex.
La maggior parte del tempo che aveva, Paul lo usava per lavorare. Entrava nel suo studio verso mezzogiorno, per poi uscirne la sera tardi a mezzanotte. Le uniche volte che poteva permettersi di uscire erano le urgenze (il bagno). Mary Flakes, sua moglie, non sapeva che lavoro faceva Paul. O meglio si, lo sapeva; era uno scienziato, abbastanza sfortunato e senza uno stipendio davvero eclatante. Almeno fino a qualche anno prima. 
Improvvisamente infatti Paul cominciò a portare a casa più denaro del solito. Cercava di comprare dei videogiochi ad Alex per distrarlo, quasi come se volesse levarselo dai piedi. Il ragazzo se n'era accorto, e ha sempre tenuto le distanze dal padre, nonstante cercasse comunque di capire quale fosse la causa di questo aumento improvviso.

La verità è che Paul stava lavorando insieme a un suo superiore, Loyal Sealight, a un progetto molto, MOLTO, importante per la storia della scienza e non poteva permettersi di rivelarlo alla sua famiglia. Avrebbero iniziato a fare domande, a cercare di conoscere di più sul progetto, e lui non aveva intenzione di fare accadere ciò. Quindi preferì mantenere tutto segreto e parlò alla famiglia di un aumento del signor Wilson, il suo capo.

Alex non osava entare nello studio di suo padre: una volta aveva provato, e ci era anche riuscito per qualche minuto. Aveva visto strane apparechiature, non capì l'utilità di molti degli oggetti presenti in quella stanza. Poi Paul entrò nello studio e trovando suo figlio all'interno si infuriò tanto da metterlo in punizione per un mese. 

"Drake Alexander." "...ah, si. Presente." "Va tutto bene? Ti vedo un po' a terra." "Non si preoccupi, è il sonno." "Capisco...va bene. Pasen Stewart." "Presente...". Alex non fece caso al resto dell'appello. Non gli interessava dei suoi compagni, non parlava con nessuno di loro, tantomeno ci faceva amicizia. 
Attese la fine delle lezioni con noia, per poi salire sul pullman. Si sedette in fondo, vicino al finestrino, quando una voce gracchiante e fastidiosa lo chiamò: "Alex, non ci saluti?" "Pasen, sparisci. Se non vi ho salutati prima c'era un motivo." "Ooh, come siamo freddi oggi. E non chiamarmi Pasen, sa molto di formale. Preferisco Pasey." "Come se suonasse meglio...adesso lasciami solo, per favore. Sto ascoltando la musica." "Come vuoi...uno cerca di essere gentile...". Pasen si allontanò insieme a quegli idioti dei suoi amici. Li odiava così tanto. In giro li chiamavano "Creeps", ovvero persone sgradevoli, detestabili. In più con loro aveva iniziato a girare uno più piccolo, dell'età di Albert, che vai a sapere come si chiamava.

Appena Alex arrivò a casa gettò lo zaino sul divano e si stravaccò di fianco a esso, accendendo la tv. Sua madre entrò in salotto, con la fronte corrugata: "Non saluti neanche?". Alex la ignorò, per poi mugugnare un "ciao". "Ma si può sapere che hai?" "Niente mamma, niente. Non stavi facendo qualcosa di là?" "Senti bene, ragazzo mio. Non credere di restartene qui in casa a fare niente tuttiìo il giorno. Hai la patente da almeno due anni e non usi mai la macchina. Vai a fare un giro con i tuoi amici!" "Quali amici? Non ne ho neanche uno." "Ma perchè no?! Qual è il problema?!". Alex stava per replicare quando una figura si mise in mezzo ai due: Paul stava guardando Alex con un'espressione meditabonda, quasi come se si stesse pentendo di essere uscito dalla sua stanza. "Vieni con me un attimo, Alex.". Il ragazzo non parlò, rimase con gli occhi spalancati a fissare il padre: non era mai uscito dal suo ufficio così presto, ed era da tempo che non gli rivolgeva la parola, e di colpo gli chiede addirittura di andare nello studio con lui. Che volesse fargli una lavata di capo per come trattava sua madre? Nulla di simile.

Paul mostrò a suo figlio il monitor del computer: "Cosa vedi sullo schermo?" "Ehm...è una domanda trabocchetto?" "Rispondimi." "Ok..." Alex guardò lo schermo e non vide nulla di particolare: c'era una pagina aperta in mezzo al desktop, con una scritta che diceva: "Progetto: LOGIN AND LIVE". "Vedo una scritta...cos'è?" "Questa, Alex, è l'evoluzione." "Ah...posso tornare a guardare la tv ora?" "Sciocco, non capisci? Questo è il lavoro a cui tanto tengo e che ho dovuto tenervi segreto. Questo è il progetto Login and Live. Grazie a esso, puoi creare un avatar personalizzabile in tutti i modi possibili e...beh, vivere tramite quello stesso avatar. È un passo enorme per la realtà aumentata, e un passo enorme per scienza, tecnologia e psicologia umana. Ora: ti starai chiedendo perchè te lo mostro, immagino". Alex era rimasto senza parole. Si limitò ad annuire. "Beh, te lo sto mostrando perchè voglio che tu mi aiuti con i test.". L'adrenalina di Alex sparì. "Una cavia?" "Detto così suona male, ma tecnicamente si, mi servi come cavia.". Allora era questo per lui. Una cavia umana. "E io che mi illudevo che tu fossi umano. Cosa hai nel cervello? Usare il tuo stesso figlio come cavia? Ma hai ancora delle emozioni dentro di te?" "Non hai capito. Ho già provato Login and Live, è sicuro. Ho solo bisogno di giudizi esterni al mio parere. Devi essere sincero e imparziale, se trovi delle imperfezioni o dei problemi non esitare a dirmelo. Chiaro? Ora ti illustro come funziona. Avvicinati.". Alex non era convintissimo, ma per la prima volta stava facendo qualcosa insieme a suo padre, e poteva essergli utile in qualcosa. Dunque si avvicinò al computer.

"La chiave di tutto è la webcam. Una volta lanciato Login and Live dovra consentire alla webcam di agire, e la telecamera analizzerà il tuo volto trasmettendo i caratteri principali all'avatar. Posizionati davanti alla webcam, Alex.". Il ragazzo obbedì, fissando l'obbiettivo: "Sta facendo qualcosa?" "Si, ti sta studiando. A breve appariranno le opzioni...ecco, guarda.". Come previsto, apparì una serie di opzioni: "Entra", "Personalizza Avatar", "Esci." I settaggi non erano presenti, poichè non c'era di fatto nulla di cambiabile. Alex cliccò su "Personalizza Avatar", e apparve effettivamente un personaggio uguale a lui. Lo rese un po' più alto e ben piazzato, senza modificare altro. "Bene, ora che hai l'avatar direi che puoi accedere. Però ora è tardi, domani hai scuola. Quando torni da scuola domani proveremo il primo Login effettivo del programma."
Alex non stava nella pelle, per la prima volta aveva uno scopo. Ringraziò suo padre, che in tutta risposta sorrise. 
Il ragazzo ancora non sapeva...
...che da quel programma era destinato a nascere qualcosa di molto, molto più grande.

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Capitolo 2
*** Un altro mondo ***


"Non devi fare altro che posizionarti davanti alla webcam ed effettuare il login. Prova, dai."
Alex per un attimo esitò; in fondo quella situazione un po' lo intimoriva e non sapeva come prenderla. Alla fine si decise e cliccò "Entra".
Nel preciso istante in cui l'icona fu cliccata, la webcam sembrò rilasciare un breve flash dritto negli occhi di Alex, accecandolo e facendogli perdere i sensi.

Per un attimo si ritrovò in una zona buia e oscura, circondato da numeri, e pian piano vedeva formarsi un ambiente intorno a lui: alberi, una strada sotto i suoi piedi, delle macchine...Nel giro di pochi secondi potè riconoscere chiaramente il viale appena fuori da casa sua. Si guardò intorno, notando ogni cosa al suo posto. Voltandosi notò casa sua e fu sul punto di entrare, quando una scritta gli apparve in testa: "Non entrare.". Lì per lì non capì cosa diavolo stava succedendo nella sua testa, vedeva apparire frasi a flash. Poi si rese conto che probabilmente era suo padre. Cercò di pensare a come comunicare con lui senza entrare in casa, ma poi gli squillò il telefono.

Eppure lui non ricordava di aver messo un telefono nell'avatar, ma rispose comunque: "Pronto?" "Alexander, sono io.". La voce di suo padre nel cellulare lo fece sentire meglio per un attimo: "...papà? Sei tu vero?". La risposta di Paul parve seccata, come se stesse dicendo una cosa ovvia: "Certo che sono io. Ho inserito io il cellulare nel tuo avatar, altrimenti la comunicazione sarebbe stata complessa. Quelle frasi che ti apparivano in testa erano quello che stavo digitando nella mia chat personale, è una chat di emergenza che uso in casi eccezionali per comunicare con gli avatar." "Capisco. Quindi che devo far ora?" "Nulla di particolare. Fatti un giro, fai delle azioni, interagisci con qualcuno. Voglio vedere se gli avatar funzionano bene.". Alex confermò e spense la chiamata. Dunque doveva solo fare un giro, nulla di più.

Iniziò a camminare per il viale, dirigendosi verso la sua scuola. La scuola di Alex si trovava in pieno centro, e non c'era posto migliore per interagire con altre persone. Il ragazzo provò a fare una corsa, per trovare eventuali bug di movimento, ma era tutto impeccabile. Si sentì strano, ma non ci fece caso e continuò a camminare verso il centro. Lungo il tragitto provò a toccare alcuni elementi che trovava durante la strada: toccò un albero, una staccionata, sfiorò la portiera di una macchina, accarezzò un cane...nessun errore grafico. Però quel senso strano che sentiva non si decideva ad andarsene, quindi provò nuovamente a ignorarlo.

Giunse finalmente in centro, e provò a parlare con delle persone. Chiese informazioni su una strada a caso a un uomo, giusto per provare a interagire, e l'uomo rispose con naturalezza come se si stesse trovando davanti a una persona normalissima. Pensò che chiedere informazioni sarebbe stata la cosa più semplice e comoda da fare, dunque cercò di trovare più gente possibile per domandargli la posizione di strade, piazze, municipi, scuole eccetera. Finchè non la vide.

Victoria era la più bella ragazza che lui avesse mai visto. Non era troppo alta, aveva dei lunghi capelli rossi accesi, degli occhi verdi ma allo stesso tempo scuri, una pelle candida e una voce stupenda. Approfittò della situazione e si avvicinò a lei e le domandò: "Scusa, ehi. Senti, mi sapresti dire dove si trova la stazione più vicina?". Lei si voltò di colpo e lo squadrò da capo a piedi, guardandolo come si guarda un parente che non si vede da tanto tempo: "Ehm, si...guarda, devi attraversare la strada laggiù e andare sempre dritto, la stazione è li...scusa la domanda fuori luogo, ma ci siamo già visti da qualche parte?". Alex fu colto di sorpresa da quella domanda. Forse non aveva cambiato abbastanza l'avatar? "Ehm, no, o meglio, non credo, io...". Improvvisamente le si illuminarono gli occhi e disse: "Certo, sei Alexander Drake, dell'ultimo anno! Ecco dove ti avevo già visto. Piacere, sono Victoria.".
Lei gli tese la mano, e lui la strinse, pensando: -Merda, mi conosce allora...e adesso che faccio? Ho fatto la figura dell'idiota disorientato con lei...che faccio?!-. Lei sembrò leggergli nel pensiero e gli domandò: "Strano che tu non sappia dov'è la stazione vivendo qui..." "Eh, che vuoi farci, sono un po'...". La suoneria del cellulare gli salvò la vita: "Scusa, è mio padre. Ci si vede in giro, Victoria.". Lei sorrise e lo salutò con un cenno della mano.
Appena prima di rispondere, Alex capì di colpo cosa c'era che non andava, cos'era quello strano senso che aveva addosso. Le emozioni che aveva provato fino a quel momento da quando aveva effettuato il login erano...finte. False. Non erano emozioni vere, come lui in quel momento non era una persona vera. Era un ammasso di numeri e dati costruiti nell'ambiente per formare un ologramma solido. Era una formula matematica vivente. Quei pensieri gli fecero venire l'emicrania, quindi smise di pensarci e rispose a suo padre.

"Come sono andati i test?" "A meraviglia, sembrano non esserci errori e la gente non nota nulla di strano." "Perfetto ragazzo, ora puoi tornare indietro."
Paul disconnesse Alex, che eprse nuovamente i sensi per risvegliarsi qualche secondo dopo nell'ufficio di suo padre. "E' stato...strano. Ma bello. Lo ripeterei." "Ottimo lavoro, Alex. Grazie dell'aiuto, mi sei stato molto utile.". A quelle parole per poco il ragazzo non pianse. Era la prima volta in diciotto anni che suo padre si complimentava con lui. Non poteva credere alle sue orecchie. "...figurati, non c'è problema.". Paul sembrava quasi felice, e preparando una borsa disse ad Alex: "Ora che ho la conferma che i test vanno bene posso consegnare il progetto a Sealight. Spero solo che gli vadano bene e che non si lamenti come al solito.". Alex sorrise e si diresse verso la sua camera.

Ora che era fuori dal programma e aveva di nuovo le sue emozioni, quei pensieri di prima lo fecero sentire triste. Le sue emozioni erano state rimpiazzate da delle copie vuote e fasulle, senza valore. Pensò che dopo i vari test sarebbe passata come cosa, ma non diede troppo credito a questa teoria.
Si preparò a un duro allenamento psicologico per sopravvivere a quel programma.

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Capitolo 3
*** Il colloquio ***


La sede dell'azienda dove Paul lavorava era un palazzo di dieci piani in pieno centro. Era isolato dagli altri, nel mezzo di una piazzetta con dei giardini intorno. Imponente, la sua scritta troneggiava sopra le due porte scorrevoli dell'entrata: "PROGRESSO ED EVOLUZIONE", questo era lo slogan. Paul fissò la scritta per qualce secondo: lì dentro lo attendeva il suo superiore nonchè suo collaboratore e fornitore principale per il progetto, il signor Loyal Sealight. Sealight aveva un figlio più piccolo di Alex di un anno, a cui aveva passato tutte le sue conoscenze in campo tecnologico: il ragazzino si chiamava Benjamin Sealight, e faceva parte del gruppetto dei Creeps (quel gruppo di idioti comandato da Pasey e da quel ragazzino, Baine o qualcosa del genere). 

Benjamin, come Alexander, era stato designato come Beta Tester del sito; aveva già testato la Beta dal computer di suo padre, e aveva confermato il giudizio di Alexander, sostenendo che il programma era fondamentalmente impeccabile. Il ragazzino aveva seguito lo steso procedimento di Alex: aveva creato un avatar con le sue sembianze ed era andato in giro per la città interagendo con ambiente e persone. Tutto aveva funzionato per il meglio, ma suo padre non sembrava soddisfatto al massimo.

Paul entrò nel palazzo e si avvicinò alla reception: "Mi scusi, sono Paul Drake, sono atteso dal signor Sealight per un colloquio. Dove lo posso trovare?". La segretaria alzò lo sguardo un po' assente, e indicò il corridoio alla sua sinistra: "Vada fino in fondo, stanza C.". Paul fece un cenno con la mano per ringaziarla, e si avviò verso il fondo del corridoio. Sulle pareti erano appesi quadri di scienziati o fisici, oppure vecchie foto di automobili. Ogni stanza aveva una porta scorrevole con una targhetta a fianco, e finalmente Paul trovò la C. Bussò piano, e sentì provenire un "Avanti" dall'altro lato. Aprì la porta e vide Sealight seduto sulla sedia che scriveva qualcosa sul suo pc. Loyal alzò lo sguardo un attimo e spalancò gli occhi: "Ah, eccoti qui. Ciao, Paul.". Paul teneva lo sguardo basso: "Signor Sealight.". Il suo superiore si alzò in piedi e gli tese la mano; Loyal Sealight era un uomo sulla cinquantina, ma portava benissimo i suoi anni. Aveva i capelli brizzolati all'indietro e gli occhi azzurro cielo, era abbastanza alto e in forma. Era vestito particolarmente sportivo quel giorno, aveva una polo e dei jeans. "Prego, siediti. Dobbiamo parlare di un paio di cose." 

"Innanzitutto, come ho specificato nella mail, mio figlio Benjamin ha fatto una prova su Login and Live. Tutto perfetto, nessun bug, nessun errore grafico negli avatar, niente di sbagliato. Hai fatto un ottimo lavoro, Paul.". Era raro sentire un complimento da Sealight, dunque Paul annuì in segno di gratitudine. "Gradirei però, prima dell'uscita ufficiale del sito, che tuo figlio e il mio collaborassero per un ultimo test. Non so, ma c'è qualcosa che...". Paul sbarrò gli occhi: "Che? C'è qualche problema? Qualcosa che non le piace?". Sealight scosse la testa: "No, non è che non mi piace, ma...non mi soddisfa. Non mi appaga. Non ha nulla di così...eclatante, capisci? Certo, è un passo enorme per la realtà aumentata, ma oltre a creare un tuo avatar e farlo camminare per la città al tuo posto, qual è l'utilità?". Paul era demoralizzato, ma allo steso tempo arrabbiato e confuso. Provava troppe emozioni in quel momento, dunque decise di non esprimersi e di controllarsi: "Va...va bene, farò fare quest'ultimo test ai nostri figli per vedere se si può aggiungere qualcosa di più al programma. Per renderlo più...emozionante.". Sealight sorrise: "Ci siamo capiti allora. Paul, hai del potenziale. Un grande, grandissimo potenziale. Puoi fare ogni cosa: quindi falla. Ok? Non deludermi.".

Paul tornò a casa nervoso, non parlò con nessuno e si chiuse nel suo studio. Come poteva non capire la genialità del progetto? Come poteva reputarlo noioso? Cosa diavolo voleva di più? Sealight era davvero troppo esoso, e Paul si trovava con le spalle al muro. Cosa avrebbe dovuto aggiungere? Non riusciva davvero a capire. Appena si calmò, trovò il tempo per parlare a suo figlio dell'ultimo test: "Alex, vieni nello studio un secondo.". Alex come al solito stava giocando ai videogiochi, ma mise in pausa ed entrò nella stanza di suo padre: "Che c'è?". Paul lo guardò con uno sguardo severo: "Devi fare un altro test uno di questi giorni, poi speificheremo bene quando." "Ah, perfetto!". Al ragazzo era piaciuto il test, specie perchè era riuscito a rompere il ghiaccio con Victoria. Forse era la sua occasione perfetta per provarci una buona volta con lei. Ma suo padre lo interruppe alzando la mano: "Non ho finito. Devi collaborare con il figlio del signor Sealight, Benjamin.". 
Tutti i piani di Alex si frantumarono. Ben Sealight? Dei Creeps? Lo stesso idiota talmente orgoglioso di sè stesso che una volta in un tema aveva sostenuto che "I miei occhi azzurri sono come gocce cadute dal cielo", e da lì lo chiamavano (con un tono un po' sprezzante) Skydrops, traducibile in "Gocce di cielo". Lo odiava a morte, e non voleva avere nulla a che fare nè con lui nè con quegli imbecilli dei suoi amici. "Mi dispiace, ah-ah, non se ne parla. Non collaborerò con...". Non fece in tempo a finire la frase che suo padre lo prese per le spalle e lo fissò con uno sguardo che non aveva mai visto prima di quel momento. Sembrava dovesse ucciderlo da un momento all'altro: "Ascoltami bene. Tu fai quel che ti dico io, ok? Hai accettato di essere il Beta Tester, porta fino in fondo il tuo lavoro. Non ritirarti come un fallito. Almeno non farmi perdere questo lavoro. È la grande occasione, capisci?! Se fai qualche stronzata, ho finito di vivere. Abbiamo finito di vivere. Sono stato abbastanza chiaro?". Alex non seppe come rispondere; era spaventato a morte da quello scatto furioso di suo padre, quindi si limitò ad annuire. 

Il giorno stabilito per il test era il venerdì di quella settimana. Alex sperava che quel giorno non arrivasse mai, ma purtroppo chiedeva tanto. Infatti, il venerdì arrivò in fretta, e suo padre subito dopo la scuola lo accompagnò all'ufficio di Sealight. 
Appena entrati Alex strinse la mano prima di Loyal, poi, con riluttanza, anche quella di Ben. "Bene ragazzi. Mettetevi davanti alla webcam, in pochi secondi inizierà il test. Come l'altra volta, dovrete semplicemente ricavare un reportage del programma: scovare degli eventuali glitch o bug, robe del genere, con l'aggiunta di una piccola missione: pensate a qualcosa di emozionante che potreste aggiungere al programma, qualcosa che lo renda ancora più...figo. Adesso andate.". 

Alex non conosceva la seconda parte del test, non gli era stata introdotta da suo padre. Cosa intendeva Sealight con "qualcosa di emozionante"? Decise però di pensarci una volta entrati nella simulazione, quindi effettuò il login.

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Capitolo 4
*** Ultimo test ***


"Quindi non è la tua prima volta nel programa?". Ben fece la domanda come se il fatto che Alex fosse lì lo stupisse. L'altro senza voltarsi gli rispose: "No. Ho già fatto un altro test.". Ben lo guardò in faccia con un'espressione un po' riluttante, per poi dirgli: "Ascolta, probabilmente avrai sentito le...voci su di me. E mi starai giudicando come uguale ai miei amici. Ma fidati, ho poco da spartire con loro, li trovo...limitati. Il più delle volte non capiscono cosa voglio dire. L'unico che sembra capirci qualcosa è l'ultimo arrivato, Edward Baine, lo conosci? È più piccolo, ma è davvero sveglio. Alex, ascolta...". Il ragazzo voltò la testa verso il suo interlocutore: "...possiamo essere amici. Non è necessario questo astio. Davvero.". Alex ci pensò un attimo. Cosa ci perdeva, in effetti? Tanto valeva provarci. Non aveva mai avuto un vero amico, e lui sarebbe stato il primo se la cosa fosse andata nel verso giusto. "Va bene, cercherò di essere meno chiuso. Proverò a collaborare di più. Ok?". Ben sorrise e gli diede una pacca sulla spalla, tendendogli l'altra mano: "Grazie, Alex. Grazie per provarci.". Alex fissò quella mano; ebbe una strana sensazione in quel momento, come se la cosa avesse avuto delle conseguenze...negative. Ma strinse la mano, abbozzando un sorriso. "Figurati...dai, finiamo questo test."

Come per il test precedente, i ragazzi si limitarono a semplici azioni giornaliere: camminare per il centro, interagire con le persone, interagire tra loro per testare i rapporti tra due avatar differenti, fare azioni normali o basilari…nulla di eclatante, insomma. Però Alex ricordò le parole di Sealight: “Pensate a qualcosa di emozionante.” Cosa potevano aggiungere di emozionante? Scherzando, propose a Ben: “Senti, pensavo alla richiesta di tuo padre di pensare a qualcosa di figo da aggiungere. E se aggiungessimo, che so, dei poteri?”. Ben sembrò interdetto, come se la cosa gli interessasse ma lo insospettisse allo stesso tempo: “Spiegati.”. Alex sorrise: “Ma si…nulla di serio, tranquillo.” “No, mi interessava…spiegati meglio.”. Alex lo guardò con uno sguardo interrogativo, ma rispose ugualmente: “Aggiungerei dei power up, diciamo così, agli avatar. Ad esempio che so, sensi sviluppatissimi, forza moltiplicata…come nei videogiochi, capisci? Ma non ero serio, stavo fantasticando.”. Ben aveva ancora quello sguardo sospettoso, e la cosa non faceva che preoccupare Alex. “Non…non è male, sai? Potrebbe essere un’idea. Ne parlerò a mio padre.”. Alex sul momento non seppe cosa rispondere, quindi si limitò a un semplice “ok”. Però non era pienamente convinto di quell’idea…non sapeva se fidarsi di Sealight.

Dopo alcuni giri, Alex incontrò Victoria accompagnata da un’altra ragazza. Lui diede una gomitata a Ben: “Ehi. La conosci?”. Ben ridacchiò: “Certo, è Victoria Clarence. Ha un anno meno di noi se non erro. Gran gnocca, eh? L’altra invece non so chi sia, è sua sorella?”. Alex inarcò un sopracciglio, fissando l’altra ragazza. Sembrava timida e un po’ sulle sue, aveva i capelli castani e mossi, gli occhi chiari di un colore tra il verde e l’azzurro, e uno sguardo un po’ malinconico. “Mh…no, non è sua sorella di sicuro. Conosco sua sorella, è amica di mio cugino Albert. Ma lei…mai vista in giro. Andiamo a chiederglielo?”. Ben spalancò gli occhi: “Che?! Adesso?!”. Alex mise su la sua migliore faccia di bronzo: “Certo. Nel mio ultimo test ci siamo parlati. Poi tu sei più popolare di me…avanti.”.  Sealight non sembrava d’accordo, ma alla fine accettò e si avvicinarono alle due ragazze. Alex si fece avanti per primo: “Ehilà, Victoria! Come va?”. La ragazza stava messaggiando al telefono, e subito non si accorse di lui. Appena la chiamò alzò lo sguardò e gli sorrise: “Ciao Alex!”. Poi voltò lo sguardo e notò Ben di fianco a lui: “Benjamin Skydrops Sealight? Giri con Alex?”. Le brillavano gli occhi, quasi come se si trovasse davanti a Johnny Depp. “Er…si. Dobbiamo fare…un progetto sulla società, e quale modo migliore di analizzare la società che uscire in centro?”. Alex girò gli occhi, sperando che la scusa reggesse. “Oh, interessante? Volete unirvi a noi? Siamo in giro da un po’ e non sappiamo che fare. Ah, che scema, non vi ho presentato Wendy, una mia amica. Non viene nella nostra scuola e non esce spesso. Wendy, loro sono Alex e Benjamin.”. Quando disse il nome di Ben assunse un’aria quasi sognante. Wendy sembrò risvegliarsi dal suo torpore e abbozzando un sorriso strinse la mano ad Alex e a Ben.  Alex fissò per un attimo la ragazza, notando in lei qualcosa di…particolare. Forse il suo comportamento un po’ schivo gli ricordava il suo.

I quattro ragazzi girarono insieme per il centro tutta la sera, finchè il signor Sealight non mandò un messaggio al figlio dicendogli di disconnettersi dal programma. “Beh ragazze, è stato divertente. Dovremmo uscire più spesso noi quattro.”. Victoria rise: “Quando vuoi tu…Skydrops. Ci sentiamo!”. Ben le sorrise, facendole un cenno con la mano mentre si allontanava. Appena si voltò si trovò la faccia corrucciata di Alex davanti: “Beh? Che ho fatto?”. Alex gli si avvicinò socchiudendo gli occhi minacciosamente: “Non ci provare neanche. Victoria è mia, amico.”. Ben rise: “Ma se ho visto benissimo come vi guardavate tu e Wendy. Non me la fai, Alex. Dai, torniamo all’ufficio di mio padre a dare il rapporto.”

I due si disconnetterono e Benjamin si congedò insieme a suo padre, lasciando il suo numero ad Alex. Paul, appena lui e suo figlio furono soli, gli domandò: “Com’è andata? È stato così tragico?”. Alex cercò di sorridere: “No, è stato…diverso dalle aspettative. Ben non è così male.”. Paul gli diede una pacca sulla spalla: “Bel lavoro, Alex. Avete trovato qualcosa di nuovo?”. Alexander pensò alla sua idea di prima, e preferì non parlarne al padre per il momento. Era il suo piccolo momento di gloria, finalmente aveva un valore per Paul, e non voleva mandare tutto a monte. “No, nulla di che. MI dispiace.”. Paul fece spallucce: “Poco male, ci penseremo io e Loyal. Ottimo lavoro, figliolo. Hai fatto un ottimo lavoro.”

I due Sealight arrivarono nell’enorme casa appena fuori città. Loyal l’aveva comprata per la sua famiglia quattro anni prima, quando il suo lavoro aveva iniziato a fruttare moltissimi soldi. Entrarono e la cena era già pronta in tavola, ma i due avevano altro a cui pensare. Entrarono nello studio di Loyal, una grossa stanza piena di scaffali contenenti libri di informatica e tecnologia e dossier vari. “Allora, Ben. Che avete fatto in quest’ultimo test?”. Il ragazzo si guardava intorno in ansia: avrebbe dovuto parlargli dell’idea di Alex? “Niente di che, siamo stati in giro a testare le solite cose, le interazioni, azioni basilari, cose del genere. Quello che avevo fatto nell’altro test. Come l’ultima volta, non sono stati rilevati bug o imprecisioni grafiche. Tutto impeccabile.”. Loyal sembrò soddisfatto: “Molto bene. E dimmi…avete pensato a qualcosa di innovativo da aggiungere? Visto che i giovani saranno parte integrante del target a cui è rivolto il programma tu e Alexander Drake eravate perfetti per il test…”. Ben deglutì a fatica. Aveva paura a dirgli di no, sapeva che si sarebbe innervosito oltremodo. “Er…s-si. Abbiamo pensato a qualcosa.” “Beh, dimmi ragazzo, sono curioso.”. Gli tremavano le mani dall’ansia, ma alla fine si lasciò andare: “Delle abilità speciali.”. Il padre aggrottò la fronte; non sembrava contrariato, ma più confuso: “Di che si tratta?” “Beh…gli avatar possono avere dei…potenziamenti, ecco…tipo videogiochi…ma era un’idea passeggera, niente di più…davvero…”. Loyal scosse la testa con un’aria delusa, ma si interruppe subito: “Ragazzo…mi hai dato un’idea geniale. Non solo diventerò ricco sfondato e famoso…ma diventerò potente più di chiunque altro.”

Ben non capiva. Cosa intendeva suo padre? “…in che senso potente?”. Loyal aveva un sorriso raggiante e gli occhi spalancati, come se avesse appena ricevuto l’illuminazione: “Ma certo! Come ho potuto non pensarci prima…un videogioco! Realtà aumentata a dismisura! Il tuo avatar è personalizzabile in modi diversi a seconda dei gusti del giocatore, come in un tipico gioco di ruolo…con l’aggiunta di armi e come mi avete suggerito voi ragazzi di abilità speciali! Ma non è finita. Sarà un enorme torneo. Gli avatar formeranno delle squadre, e si ammazzeranno a vicenda. La squadra vincitrice per ogni stato andrà a formare la mia…squadra speciale, chiamiamola così. A quel punto possiederò una squadra…no…un esercito di superuomini con abilità fuori dal normale, con la quale potrò rovesciare il governo e diventarne il capo…grazie agli avatar invincibili e potenziati…figlio mio, sei un genio!”. Ben era sbiancato. Tremava dalla testa ai piedi, ed era paralizzato dal terrore. Ogni tanto suo padre quando sentiva delle notizie che non gli andavano a genio aveva dei…raptus, che lo portavano vicino alla pazzia per pochi minuti. Ma erano minuti di terrore per lui e sua madre. Ecco, quello era uno di quei momenti. Loyal stava chiaramente delirando, ma sembrava disposto a vendere l’anima per quel progetto malato. “Benjamin…tu mi aiuterai. Te ne intendi meglio di me di videogiochi e degli interessi dei ragazzi. Da stasera stessa inizierò a modificare la Beta, e poi ne parlerò a Paul per sentire il suo parere. Ne andrà pazzo, di sicuro!”. Ben vide suo padre gesticolare in maniera spasmodica, gli faceva ancora più paura del solito, ma si fece forza: “No. Non ti aiuterò in questo piano malsano per un’ipotetica conquista del mondo. Sei totalmente impazzito, non sei in te. Riprenditi, pensa, ti prego…”. L’espressione di Loyal si trasformò in pochi secondi: “Benjamin…se non mi aiuterai in questo progetto, ti farò fuori. Nel MIO nuovo mondo non ci sarà spazio per i codardi e per i fannulloni come te. Nessuno intralcerà il progetto, tantomeno tu o tua madre, e continuerò a costo di accopparvi entrambi. Chiaro?”. Ben sussultò. Non stava scherzando, non era l’aria di uno che scherzava. Quindi, per prendere tempo, accettò. “Benissimo, vedo che hai capito. Domani ti illustrerò meglio le modifiche. Il progetto si chiamerà…

…Login and Kill.”

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Capitolo 5
*** Xander Gold ***


Per almeno due mesi Alex si dimenticò di Login and Live. Non ne parlava con suo padre, né con Ben.

Furono due mesi intensi per il giovane: cominciò a uscire con Wendy fino a mettersi insieme, mentre il suo ormai migliore amico Ben stava con Victoria. Suo padre era immerso fino alla testa nel lavoro, e raramente lo vedeva. Le poche volte che si vedevano chiacchieravano dopo molto di cose non inerenti né al lavoro né all’azienda. Tutto stava andando per il meglio, era perfetto: aveva una ragazza, un migliore amico e suo padre era finalmente fiero di lui. Ma purtroppo, alla fine di ogni salita è destinata a iniziare una discesa.

Ben ultimamente si comportava in modo strano con Alex, cercando di evitare determinati argomenti; prima tra tutti, il programma. Ogni volta che Alex anche solo accennava il discorso Ben divagava, lo interrompeva e parlava d’altro. In più aveva un’espressione strana negli occhi, quasi triste. Ma la felicità che pervadeva Alex in quel periodo lo distraeva dall’aria più cupa del solito di Ben.
In quei mesi, Paul aveva lavorato moltissimo per perfezionare la Beta e ne aveva dato una copia a Sealight così che anche il collega potesse lavorarci sopra. Una sera, appena prima di cena, gli arrivò un messaggio di Loyal che lo chiamava urgentemente in azienda per una riunione con i “piani alti”. Paul non si aspettava che i dirigenti già sapessero del progetto, dunque accettò e si precipitò in ufficio. Alex pensò che forse il programma era pronto finalmente, e la cosa non fece che renderlo ancora più euforico: forse, una volta ultimato e messo online il programma, suo padre avrebbe avuto del tempo per la sua famiglia. Anche sua madre sembrava condividere questo pensiero, anche se sembrava meno convinta del figlio. Alex provava a rincuorarla, ma piangeva spesso e si deprimeva a causa del lavoro opprimente del marito. Il ragazzo sperava davvero con tutto se stesso che il programma finisse in fretta.

Paul entrò puntuale nella sala riunioni, trovando tutti i presenti seduti tranne il suo collega. Il direttore principale dell’azienda si alzò in piedi, stringendo la mano a Paul: “Congratulazioni, signor Drake. La vostra idea è stata geniale, fremo nell’attesa della Legione.”. Quest’ultima affermazione lo lasciò perplesso: “…L-legione?”. Il direttore si accigliò e fece per dire qualcosa, ma fu bruscamente interrotto da Loyal: “Eccomi. Paul! Vedo che vi siete già salutati.”. Drake sembrò interdetto: “Ehm…si…”. Il viso di Sealight si accese in un sorriso a trentadue denti: “Bene, ne ho già parlato ai dirigenti e manchi solo tu. Login and Live è cambiato radicalmente, Paul. Adesso si chiama Login and Kill e verrà messo online sotto forma di videogioco. Gli avatar degli utenti si uniranno in squadre e si uccideranno a vicenda come in un tipico gioco di ruolo, e le varie squadre vincitrici diventeranno il mio…no, il nostro plotone di avatar potenziati. Superuomini, Paul, mi capisci? Potremo portare non solo innovazione scientifica…governeremo il mondo grazie ai nostri avatar! Sarà impegnativo, ma ce la faremo!”.

Paul era pietrificato. Doveva essere per forza uno scherzo. Ma capì che non era così quando notò che i dirigenti erano serissimi e annuivano convinti. Era totalmente malsano, pazzo, senza capo né fondo e gettato a caso come piano che non poteva essere vero. Sealight stava ancora sorridendo e aveva il fiatone per quanto si era esaltato nello spiegare il suo progetto, e gli si era scomposto un ciuffo che si aggiustò poco dopo. “Loyal…”. Sealight lo interruppe subito notando il tentennamento nella voce di Drake: “Oh, Paul, andiamo. Non puoi rifiutare! Capisci che è geniale?! Eh?! NON PUOI RIFIUTARTI, AMICO MIO!”. Paul si tirò leggermente indietro: “Loyal, è chiaro che sei completamente impazzito. Come puoi anche solo pensare di trasformare il nostro piano originario di evoluzione della realtà aumentata in…in un…in un neonazismo! Sei fuori di testa, e la risposta è no, no e assolutamente no!”. Il sorriso del collega si spense, e il suo volto divenne improvvisamente cupo. “…capisco.”. Abbassò lo sguardo e si voltò verso i dirigenti, che non sembravano soddisfatti dalla risposta di Drake. Mentre avanzava verso il direttore girò la testa: “Sei fuori dal progetto. Non mi lasci possibilità, mi dispiace tanto.”. Per Paul questo era troppo: “Non osare! Tu non hai questo potere su di me, Loyal! Non puoi cacciarmi dal MIO progetto, perché l’idea è stata MIA! NON TUA! NON OSARE, LOYAL!”. Il direttore si alzò in piedi, socchiudendo gli occhi: “Veramente ha ragione il signor Sealight. È stato promosso in seguito alla proposta del suo piano. Promozione che sarebbe dovuta toccare anche a lei, ma avendo dichiarato di non voler prendere parte al progetto finale per la creazione della Legione questo fa del signor Sealight un suo superiore. Questo gli da quindi il diritto di licenziarla. Sono addolorato, professor Drake.”. Paul non disse nulla. Gli crollò il mondo sulle spalle, e sotto gli sguardi delusi dei dirigenti e di Sealight uscì dall’ufficio. Non andò nemmeno a casa, camminò senza una meta precisa finchè non si fermò dietro un bar che ogni tanto frequentava e scoppiò in lacrime, pensando al suo lavoro di una vita trasformato in una maledetta dittatura virtuale. Entrò nel bar, e rimase lì per un paio d’ore a bere e a pensare al crollo del suo luminoso progetto.

Alex aveva accompagnato Wendy fino a casa, che distava pochi isolati dalla sua.  “Grazie Al, scusa se mi faccio scarrozzare in giro ma ho la macchina in riparazione…”. Lui abbozzò un sorriso: “Non preoccuparti, ci mancherebbe. Ci vediamo domani allora, notte!”. Lei si alzò in punta di piedi e lo baciò, gettandogli le braccia intorno al collo. Lui fu colto alla sprovvista: non era la prima volta che si baciavano, ma mai così…d’impulso. Quando si staccarono lei lo salutò con un cenno e lui fece lo stesso, avviandosi verso casa sorridente.
Appena entrò vide sua madre di nuovo in lacrime, e credette di capire per quale motivo. Ma apparentemente si sbagliava: “Tuo padre non si trova. Non è tornato a casa stasera, ho telefonato all’azienda e mi hanno comunicato che è stato licenziato. Io…io…”. Alex sbarrò gli occhi. Gli tremavano le gambe. Licenziato?! Quando? Perché? Doveva subito trovarlo e farsi spiegare cosa era andato male con il progetto. “Vado a cercarlo mamma, mi porto il telefono così se lo trovo ti chiamo. Va bene? Tu cerca di calmarti, ci vediamo più tardi.”. Lei annuì in preda ai singhiozzi, e Alex corse fuori a prendere la macchina, con la mente invasa da mille pensieri.

Aveva già cercato nei posti dove era solito andare suo padre: al suo bar preferito gli avevano detto che era stato lì a bere qualche birra, per poi andarsene al parco in centro. Alex era diretto lì in quel momento, quando notò una figura barcollare verso una panchina per poi collassarci sopra. Parcheggiò lì vicino e si avvicinò; come immaginava si trattava di suo padre, non molto lucido, lo sguardo fisso nel vuoto e gli occhi rossi. “…papà?”. L’uomo girò lentamente la testa verso il figlio, e senza dire una parola accennò un sorriso: “Alex…come va con Wendy?”. Il ragazzo aggrottò le sopracciglia afferrando suo padre per la collottola e scuotendolo: “Hai idea di cosa diavolo stai facendo?! La mamma è ansia per te, non ti sei nemmeno presentato a casa, non hai chiamato, niente!”. A Paul lacrimavano gli occhi, ma non pianse. Si limitò a dire: “Dì alla mamma…che mi prenderò un attimo nella mia vecchia casa. Quella sul limitare del bosco. Tornerò quando starò un po’ meglio…davvero…adesso lasciami solo, ti prego.”. Alex non si lasciò bastare quella risposta: “Adesso tu mi spieghi che diavolo è successo con Sealight, al lavoro.”. Riluttante e con estrema fatica psicologica, Paul spiegò a suo figlio l’accaduto. Alex non poteva crederci, e sentiva una rabbia bruciante crescergli in corpo: “Vai alla vecchia casa, allora. Ma chiama la mamma e spiegale dove sei. Fatti sentire spesso, e soprattutto vedi di riprenderti. Ci vediamo, ora devo andare a parlare con una persona.”. Aiutò suo padre ad alzarsi, e visto che la casa distava parecchio decise di accompagnarlo in macchina.

Mentre tamburellava nervosamente le dita sul volante pensava a quanto fosse sbagliata quella situazione, e a quanto potesse essere pericoloso il tutto. Ma se c’era una persona con cui doveva assolutamente parlare in quel momento era Ben. Lo aveva già chiamato e lo stava aspettando fuori dalla sua enorme casa. Appena lo vide uscire si precipitò giù dalla macchina e notò che il suo amico aveva uno sguardo teso ed era pallido: “…sei sicuro di stare bene?”. Ben prese fiato: “Ehm, si, si. Credo di si. Che cosa c’è?”. Alex spiegò al suo amico del licenziamento di suo padre e dell’idea di Sealight, ma Ben non sembrava sorpreso. Anzi, sembrava più spaventato. Gli tremavano le mani e teneva lo sguardo basso. Alex ci mise un attimo, ma poi ci arrivò: “…Ben, tu lo sapevi già.”. Il ragazzo alzò la testa di scatto, ancora più pallido di prima: “A-Alex, io non…non potevo fare nulla…”. Alex si lasciò cadere le braccia lungo i fianchi a peso morto, gettando la testa all’indietro: “Ascoltami Al, mio padre è pazzo. Avrebbe ucciso me e mia madre se avessi rifiutato! Capiscimi, ti prego!”. Alex lo fulminò con lo sguardo: “DOVEVA ESSERCI UN ALTRO MODO! SE ME LO AVESSI DETTO ALMENO NE AVREMMO TROVATO UNO!”. Ben abbassò la testa, con uno sguardo cupo negli occhi, lo stesso che aveva nei giorni precedenti. Uno sguardo colpevole. Alex cercò di calmarsi: “Ascoltami, Ben. C’è ancora tempo per risolvere questa situazione. Troverò un modo, ma ho bisogno del tuo aiuto.”. Ben ci pensò un attimo, per poi rispondere: “Non so se voglio davvero risolvere la situazione, Al. Pensaci. Potresti finalmente avere rispetto. Potremmo essere qualcuno…”. Alex era esasperato: “Certo, qualcuno di pazzo e assassino! Ben, ma ti stai ascoltando?! Stai dicendo un mare di cazzate, per favore, non può averti traviato davvero!”. Lo sguardo di Benjamin rimase invariato: “Mi ha offerto tutto, Alex. Lui è mio padre. E ora mi costringi a metterti davanti a una scelta. Non potremmo restare amici se rifiuti di unirti alla Legione. Ti prego, pensaci.”. Alex non disse nulla. Sferrò un pugno in pieno viso a Ben provocandogli una ferita sul labbro, e senza dire una parola si voltò e salì in macchina. Ben, rialzandosi a stento, gli urlò dietro: “STAI FACENDO UN ERRORE, AL. FIDATI DI ME.”. Il ragazzo non ascoltò nemmeno le urla del suo vecchio migliore amico, e se ne andò verso casa.

In una sera sola stava crollando tutto, di punto in bianco. Ma perché? Perché non poteva essere davvero felice per una volta? Non accettava questa condizione passiva, doveva fare qualcosa per fermare Sealight, per vendicarsi. Poi trovò la soluzione: per battere Login and Kill, doveva usare Login and Live. Dunque passò la notte a modificare la Beta nell’ufficio del padre, aggiungendo materiale della Beta di Sealight. Una volta ottenuto ciò che gli serviva eseguì delle modifiche nel design del suo avatar: aveva mantenuto il fisico che gli aveva impostato in precedenza aggiungendo un’armatura che ricordava vagamente quella di Mega Man, uno dei suoi personaggi dei videogiochi preferiti, cambiandone il colore in uno più giallo, quasi aureo. Il suo personaggio era destinato a combattere, quindi aggiunse come armi dei grossi pugni meccanici dello stesso colore dell’armatura, attaccati a loro volta a delle catene che li rendevano come delle micidiali mazze ferrate da usare sia nel corpo a corpo che più a distanza. Infine come ultimo pezzo mise in testa al suo avatar un elmo con lo stesso design di The Rocketeer, un personaggio dei fumetti che aveva sempre amato. Il suo avatar era ultimato, e ora doveva solo dargli un nome: nei videogiochi era sempre la parte più difficile.

Dopo averci pensato per un po’, decise di chiamare il suo personaggio Xander Gold, e lo salva nell’archivio della Beta. Ora che il personaggio era pronto, doveva semplicemente trovare e uccidere Sealight. Facile a dirsi. Aveva bisogno di aiuto senza dubbio, ma si sarebbe arrangiato. L’unico pensiero che occupava la sua mente in quel momento era la vendetta, e l’avrebbe ottenuta in tutti i modi possibili. O almeno ci avrebbe provato.

Fine prima stagione.

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