Anuc: la leggenda del corvo bianco

di grety95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** cap 1 ***
Capitolo 2: *** cap 2 ***
Capitolo 3: *** cap 3 ***
Capitolo 4: *** cap 4 ***
Capitolo 5: *** Cap 5 ***
Capitolo 6: *** cap 6 ***
Capitolo 7: *** cap 7 ***
Capitolo 9: *** Cap.8 ***



Capitolo 1
*** cap 1 ***


~Benvenuti. Immagino che voi lettori siate umani. Che strane creature gli umani! Seppur intelligenti sanno essere così distruttivi… Se c’è però una cosa che adoro di loro è la capacità di inventare e raccontare storie! A voi piacciono le storie? Magari quelle che parlano di principesse stregate e foreste incantate? Se sì, la storia che sto per raccontarvi fa al caso vostro!                                                                                                                       Chi sono io, vi chiedete? Per ora vi basti sapere che amo definirmi una “Figlia dell’Aria”; proprio così: il cielo è casa mia! Dovete però sapere anche che la mia famiglia d’origine era umana, come la vostra e che questa è la storia di una ragazza che diventò donna, trasformando in amore la sua paura più grande!

 


Ann Ursoline Costànce era sempre stata una bambina tranquilla. Sir Broadway, suo padre, era uno dei dignitari più fedeli di re Enrico e, come il suo sovrano, nutriva al contempo invidia e timore per il potere magico crescente nella vicina Brughiera.Tutti i bambini del Regno conoscevano quel luogo e nessuno di loro avrebbe mai anche solo pensato di avventurarvisi. Là, raccontavano le madri, vivevano improbabili creature che attendevano acquattate nell’ombra che un bimbo sprovveduto e disobbediente si avvicinasse. Si diceva che quei mostri affamati di carne umana assalissero chiunque s’inoltrasse nella foresta e che nelle lunghe notti estive si potesse udire il canto traditore delle fate che traeva in inganno giovani cavalieri smarriti per poi addormentarli e nutrirsi di loro.                                                                                                                                                                                                                                                     Tutti nel Regno erano cresciuti sentendo quelle storie, ma, nonostante tutto, i grandi sembravano più bramosi di potere che timorosi a riguardo.        Alla piccola Ann quei racconti non piacevano; era molto intelligente per la sua età e credeva fermamente che quelle fossero solo sciocche dicerie per spaventare i più piccoli. Comunque, obbediva sempre ai suoi genitori, così non ebbe mai l’opportunità di verificare personalmente la veridicità delle storie.Del resto non aveva bisogno di cercare avventure nella Brughiera, dato che aveva quattro sorelle più grandi di lei a cui fare innocui dispetti che le facevano infuriare parecchio.                                                                                                                                                                                            Essendo figlia di nobili, Ann vestiva elegantemente, pranzava in saloni enormi con posate d’argento e tavola imbandita e veniva esaudita in qualunque desiderio, benché fosse molto meno viziata di quanto ci si potrebbe aspettare. L’unica cosa che la bambina non sopportava della sua vita erano i suoi tre nomi. Era infatti stata chiamata Ann, poiché era tradizione che ogni figlia femmina di casa Broadway avesse un nome iniziante per “A”; Ursoline l’aveva invece scelto il padre, poiché era il nome della nonna e infine Costànce, deciso dalla madre poiché la piccola aveva faticato a venire alla luce, ma poi ci era riuscita, dando prova di grande costanza. Nonostante ciò, Ann viveva una vita felice, finché un giorno…

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Capitolo 2
*** cap 2 ***


~<> Il gentiluomo accennò un sorriso e si inchinò <>; il re fece un cenno di assenso col capo e solo allora l’uomo osò rialzarsi. Baltasàr Broadway non era diverso dalle sue figlie: stessi capelli ed occhi scuri. Aveva però talvolta un’aria infida di cui la sua progenie era, almeno apparentemente, sprovvista.                                                                                                                                                                                               << Dunque, signori!>> iniziò il sovrano <>. Gli occhi dei presenti si illuminavano di eccitazione e timore, mentre Enrico svelava all’assemblea i piani studiati per assediare finalmente la Brughiera.


Le porte della sala banchetti si aprirono improvvisamente con un gran fracasso; il padrone di casa avanzò seguito dal ragazzo delle scuderie che ricevette dal proprio signore il mantello da viaggio ed il frustino affinché li riponesse nello spazio loro adibito. Broadway ovviamente non ringraziò il servo, né lo degnò di uno sguardo, ma si diresse lesto verso il proprio posto, già apparecchiato, a capotavola.  <> disse la moglie, Donna Ilse, vedendolo. Egli però non rispose neppure a lei, limitandosi ad annuire.  <> domandò poi rivolto alla cameriera che se ne stava silenziosa in un cantuccio attendendo ordini; la donna assentì con un filo di voce. <> continuò lui, poi guardò la figlia maggiore <>. La ragazza dalla lunga treccia si alzò, fece un inchino di riverenza al padre, poi invitò le sorelle a seguirla, ma dovette strappare a forza Ann dalla sedia, poiché la bimba aveva capito che stava per succedere qualcosa di brutto e avrebbe preferito esserne al corrente.


Atala e Adél dovettero leggere più di mezzo libro per far addormentare la sorellina; poi, convinte che si fosse ormai assopita, tornarono nelle loro stanze. Ann però era furba, aspettò che l’uscio della camera delle sorelle si fosse chiuso, poi saltò giù dal letto e, guidata dalla luce di una candela, tornò ad origliare la conversazione dei genitori.


<> singhiozzava sua madre <> Nonostante tutto l’uomo era irremovibile <>. Broadway si avvicinò alla moglie e le sollevò il mento con le dita                        <>                                                        


Ann rimase molto turbata da quell’affermazione. Lei non credeva alle storie, certo, ma l’idea che suo padre morisse per eliminare una minaccia fantasma proprio non le andava giù! Presa dal panico la bambina inciampò in un candelabro, rivelando la sua presenza.<> urlò il padre, ma Ann era troppo spaventata per rispondere, così corse via più veloce che poté, tornò in camera sua e si chiuse la porta alle spalle. Per interminabili minuti rimase seduta con la schiena poggiata all’uscio, pensando a cosa potesse fare. Dopo molte riflessioni arrivò la risposta, l’unica accettabile: doveva avvertire la Brughiera del pericolo imminente, così, semmai ci fosse stato davvero qualche mostro là dentro, avrebbe avuto tutto il tempo per fuggire senza far del male all’esercito del re!


Rubato il cavallo di suo padre dalle scuderie, Ann cavalcò verso il bosco stregato, ma appena oltrepassato il confine del regno l’animale si rifiutò di proseguire, quasi percepisse una minaccia invisibile per la bambina. La piccola però non si perse d’animo, smontò e lasciò il destriero libero di pascolare nella “terra di nessuno” che separava i due mondi. Seppur titubante, Ann avanzò fino ai primi alberi << Ehilà!>> chiamò <>  Nulla le rispose, tranne il fruscio sinistro del vento tra le fronde scure. La bimba fu presa dallo sconforto “E’ come dicevo io” pensò “Non c’è proprio nulla di cui aver paura qui!” Poi, all’improvviso, qualcosa prese a muoversi tra i cespugli. Ann ebbe un tremito lungo la schiena, ma non si arrese <> ripeté, ma ancora una volta nulla uscì dal bosco. <> si lamentò frustrata <>  La piccola stava per tornare al suo cavallo quando un verso gracchiante si levò dal medesimo cespuglio. Incuriosita, Ann si avvicinò, ma urlò di terrore quando un trio di  grossi uccelli neri con gli occhi luccicanti nel buio prese il volo dal cespuglio e le si avventò contro beccandola dappertutto. La piccola gridava e scalciava in un mare di piume, finché stremata non perse i sensi.

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Capitolo 3
*** cap 3 ***


~~Quando Ann si svegliò era al calduccio nel suo grande letto a baldacchino. Sbatté più volte le palpebre e si trovò davanti il viso stanco della madre. Donna Ilse aveva le occhiaie profonde ed il viso segnato da lacrime ormai asciugate <> disse la bambina accennando un sorriso, la donna sospirò <>.                                                                                                                                                                                                                     Ilse si scostò dal letto e camminò nervosamente per la stanza <>. Mentre sua mamma continuava ad aggiungere elementi che accrescessero sensibilmente la pericolosità della bravata, la piccola rabbrividiva come al solito pensando all’appellativo “Costànce”. Stava per ribattere che quel nome era infinitamente più orribile di qualsiasi mostro nascosto nella foresta, quando il ricordo improvviso di quelle piume nere e di quegli occhietti scintillanti e di quell’orrendo richiamo roco le fece cambiare idea. <>. Ann fu costretta a ritornare in sé quando la madre la scrollò per una spalla <> la donna scosse il capo <>  La bimba ci pensò su; cosa avrebbe risposto? Guardò la madre: il suo sguardo severo non dava adito a sciocchezze. Donna Ilse perse la pazienza <>. Ann restò in silenzio, così Ilse si avviò spazientita alla porta. Stava per uscire quando la figlia la fermò <>, la donna si voltò <>. La piccola prese un grosso respiro <>. I nervi della signora crollarono definitivamente <>, Ann scosse il capo <>. Ilse calcò sulla maniglia, ma la figlioletta la bloccò nuovamente <>.                                                                                                                                                                                                                                La dama era sbigottita difronte a ciò che aveva appena sentito dire, richiuse violentemente la porta e si inginocchiò davanti alla bambina. Erano molto diverse: lei con la chioma dorata, mentre tutte e cinque le figlie avevano preso i caratteri scuri del marito. <> iniziò; la piccola non sopportava neppure quel nome, ma era sempre meglio di “Costànce”! <>. Ann guardò sua madre come se fosse lei la bambina e non viceversa <>. Colpita da quella affermazione, Ilse abbassò lo sguardo <> Qualcosa si era mosso nel cuore della donna, ma non poteva certo ammettere che quel discorso contenesse una parte di verità <> disse con un sorriso di scherno, la bimba era amareggiata <> <> <> <>. In quel momento la porta si spalancò e un malconcio Baltasàr Broadway si trascinò nella stanza <>

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Capitolo 4
*** cap 4 ***


~~Il vento soffiava sinistro tra le fronde e la pallida luna illuminava il cielo nero conferendo all’atmosfera un’aria stregata. Ann avanzava lentamente, con la mano poggiata ad un grosso tronco. <> stava gridando, ma la voce non usciva dalla sua gola, era come muta. La bambina si voltò verso la prateria per chiamare il cavallo, ma ebbe un colpo al cuore quando non lo vide dietro di sé. Chiamò l’animale per nome, ma nuovamente nessun suono uscì dalla sua bocca. Improvvisamente una raffica più forte portò ai suoi orecchi l’eco di un nitrito lontano. “E’ impossibile che si sia inoltrato nella Brughiera…” pensò la piccola, ma mosse comunque qualche passo incerto. Nuove raffiche portarono altri nitriti, questa volta provenienti da varie direzioni, tanto che Ann si accasciò a terra presa dal panico e strinse forte gli occhi. Quando li riaprì il nitrito era sparito, così come si era calmato il vento. Eppure lo vedeva, un grosso cespuglio scuro d’innanzi a lei. L’istinto le diceva che avrebbe dovuto andarsene, ma i piedi erano piantati al suolo come radici. L’unica cosa che poté fare fu lanciarsi nuovamente a terra, mentre con un frullio d’ali qualcosa di orrendo e gracchiante si levava dal cespuglio. Ann sollevò il mento ed eccoli lì, i tre corvi neri dagli occhi luminosi pronti ad avventarsi su di lei! La bambina iniziò ad urlare, ma le sue erano grida mute, poiché l’unico suono che udiva era il gracchiare furioso degli uccelli ed il martellare dei loro becchi sulla sua testa… 


<> Con un urlo furibondo Ann si alzò e realizzò con immenso sollievo di essere in camera sua e che il martellare dei becchi non era altro che il nervoso bussare di qualcuno alla porta. <>                                                                                                                           Ann si levò rapidamente le coperte di dosso e si accostò all’uscio <>. L’uomo bofonchiò qualcosa, intimò alla figlia di essere pronta dopo cinque minuti esatti e se ne andò. Ann sospirò di sollievo e corse alla toeletta. Dove un tempo c’era una dolce bambina, ora lo specchio rifletteva l’immagine di una ragazza in piena adolescenza dai lunghi capelli neri.  Ann non si vedeva bella, né brutta, era solamente se stessa.  Una serva arrivò quasi subito per aiutarla a vestirsi, poi la donna se ne andò, lasciando la fanciulla sola con la propria immagine. Di nuovo bussarono alla porta, questa volta più delicatamente. <> disse Ann scostandosi velocemente dalla toeletta. La porta si aprì ed apparve Amra, la sorella di un solo anno più grande di lei. <> esclamò la ragazzina <> corse poi ad abbracciarla <>. In realtà Ann non era contenta quanto sperava di sembrare… Amra aveva diciassette anni, quasi diciotto, ma agghindata in quel modo pareva una donna molto più matura della sua giovane età. Inoltre, Ann temeva quel giorno da mesi, il giorno del matrimonio della sua ultima sorella maggiore!                                                                                                                                                            


<> Le due sorelle attendevano che il padre uscisse di casa per recarsi alla cerimonia. Amra sorrise <>. Ann si spazientì <> <> intervenne una voce burbera alle loro spalle. Baltasàr Broadway era molto invecchiato nei sei anni che avevano seguito la battaglia contro le creature magiche della Brughiera, e sua figlia Ann non avrebbe dimenticato tanto presto il giorno in cui si era presentato con una ferita profonda e sanguinante alla gamba in camera sua.  La ragazzina ricordava ogni particolare: la madre, già furiosa per le sue supposizioni, che quasi svenne nel vedere il marito mezzo morto. Era seguita una lunga convalescenza nel corso della quale Baltasàr si era dedicato a descrivere nei minimi dettagli la lotta contro quello che re Enrico aveva definito “uno strano elfo che vola”. In realtà, si scoprì dopo grazie ad uno scudiero del re di nome Stefano, ella era Malefica, la più bella e potente delle fate abitanti la Brughiera. Com’era prevedibile, gli umani erano stati costretti alla ritirata per non soccombere alla furia dei “terribili esseri mutanti”, come li definiva suo padre, comandati dalla fata. Re Enrico stesso era stato ferito a morte, tanto da promettere la corona a chiunque dei suoi uomini avesse ucciso Malefica.                                                                                             Ovviamente Broadway non si era lasciato sfuggire l’occasione, arrivando a spendere fior di quattrini pur di catturare la fata, senza tuttavia mai riuscirci. In effetti, l’unico che portò a compimento l’impresa fu lo stesso Stefano, che depose personalmente le ali recise di Malefica al capezzale del re. Enrico era morto pochi giorni dopo ed il suo scudiero fatto re. Circa l’anno seguente era nata la principessa Aurora e tutti nel Regno avevano festeggiato fino a che, nel giorno del Battesimo della piccola, Malefica si era presentata viva alla cerimonia ed aveva lanciato per vendetta una terribile maledizione sulla bambina. Della piccola principessa non si sapeva molto altro, tranne che era stata nascosta chissà dove per proteggerla dall’incantesimo.                                                                                                                                                  Ad Ann però non interessavano quelle storie, poiché quelli appena trascorsi erano stati per lei gli anni più duri della sua vita. Il padre, infatti, aveva speso tutto ciò che aveva per tentare di conquistare la corona. Dopo l’incoronazione di Stefano, quindi, il signor Broadway non aveva avuto altra scelta che far sposare le sue figlie con uomini facoltosi, pur di non perdere il prestigio ed il palazzo dove viveva l’intera famiglia. E così, in meno di cinque anni Alma, Atala e Adél avevano preso marito, ed ora era il turno di Amra.        


Come già era accaduto nei matrimoni precedenti, le ragazze Broadway erano la damigelle della sorella che si sposava ed era tradizione radicata che fosse la più giovane a portare le fedi all’altare. Dopo aver percorso la navata reggendo lo strascico della sorella; le prime tre figlie di Baltasàr Broadway strinsero le mani ad Amra e si inchinarono al padre, per poi tornare raggianti al fianco dei loro sposi. Ann, invece, dovendo portare le fedi, era destinata a rimanere in disparte accanto all’altare sino al fatidico momento dello scambio delle promesse. La ragazzina guardava la sorella con un misto di meraviglia e pena. Amra era l’unica delle cinque a somigliare di più alla madre. Nonostante avesse gli stessi occhi scuri delle sorelle, infatti, i suoi lineamenti erano più fini ed i capelli più tendenti al mogano che al nero pece. Il candido vestito bianco poi accentuava la sua femminilità, corredato da un portamento che, Ann ne era sicura, avrebbe fatto invidia ad una regina!                                                              La ragazza sorrideva compostamente, mentre il reverendo celebrava la funzione. Era serena, pensava Ann, o al contrario era una grande attrice. La ragazzina ripercorse mentalmente la vita della sorella dal giorno in cui era stato ufficializzato il fidanzamento alle nozze. Amra non aveva mai opposto resistenza, affidandosi alla volontà del padre con cieca fiducia. Ann non sapeva se si fosse trattato di coraggio, senso del dovere o pura convinzione… l’unica cosa di cui era certa era il fatto che lei non avrebbe mai permesso a nessuno, neppure all’amato padre, di decidere della sua vita! Le avevano insegnato ad essere obbediente, questo era vero, e lei non aveva intenzione alcuna di sovvertire l’equilibrio famigliare. Non si era lamentata neppure quando, dopo la convalescenza, Baltasàr l’aveva portata al cospetto di re Stefano, perché vedesse di persona le enormi ali di Malefica appese come trofeo nella sala del trono e credesse quindi alle “storie” sulle quali era tanto scettica. Le avevano anche insegnato ad essere educata e gentile, tranne che con “la plebaglia”, come diceva sua madre, e lei poteva essere definita senza dubbio una delle adolescenti più educate ed assennate del Regno. Tuttavia, pensava Ann, anche i genitori, pur volendo il bene dei propri figli, talvolta sbagliano. Come poteva un padre decidere quale uomo far sposare alla propria figlia, senza neppure tenere conto delle predilezioni di lei? E come poteva una figlia, pur beneducata e devota ai genitori, affidarsi totalmente alla facoltà decisionali di questi ultimi in merito a questioni importanti come un matrimonio? Perché nessuna delle sue sorelle si era fatta troppe domande sull’avvenire, giusto? Ann ne era sicura: potevano proibirle tutto, renderla docile con le carezze o col bastone, ma nessuno le avrebbe mai impedito di usare la testa!                                                             
  <> Le parole del prete scossero Ann dal profondo. “Io!” pensò “Io mi oppongo! Questi due stanno per essere legati in un legame indissolubile… e neppure si conoscono! E se non si piacessero?”                                                                                                                                                                        Sapeva di non poter parlare, cosa avrebbe pensato suo padre? Non le avrebbe mai perdonato l’umiliazione pubblica; che razza di figlia era?! Infondo… non era neppure il suo matrimonio! Eppure non poteva permettere che anche l’ultima delle sue sorelle, la fragile e dolce Amra, fosse data in pasto ai lupi senza che neppure avesse conosciuto il mondo che la circondava! Per istanti che parvero ore fissò tremante la sorella, sperando che si accorgesse del suo stato. Amra in effetti la guardò a sua volta con un’espressione preoccupata, probabilmente per il colore violaceo che stava assumendo il suo viso, giacché aveva smesso di respirare. Eppure non parlò. Le era stato insegnato a non interferire con le decisioni altrui, anche se il termine “decisione” in quel contesto le sembrava un’ipocrisia, quindi si limitò ad essere la damigella perfetta, che non rovina i matrimoni sul più bello in nome di sciocchi presentimenti. Non sentì il celebrante ufficializzare l’unione, tanto che si ricordò della pregiata stoffa con gli anelli solo quando il padre le diede un sonoro spintone nelle costole. Allora mosse qualche passo incerto e consegnò il fardello a chi era destinato, interrogandosi su cosa stesse pensando il suo nuovo cognato mentre le sorrideva in un modo che rasentava la compassione. Era in pena per lei e per la sua goffaggine? O forse stava commiserando se stesso, poiché aveva finalmente capito di avere appena attraversato la soglia di un futuro dal quale non avrebbe più fatto ritorno senza cadere nel pubblico scandalo e nella rovina del nome del suo casato? In ogni caso, pensava Ann, ormai era troppo tardi, e comunque nessuno la avrebbe dato le risposte che cercava in quella sede.

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Capitolo 5
*** Cap 5 ***


~~La rugiada brillava sull’erba e la brezza era ancora fredda, il sole all’orizzonte era spuntato da poco ed i raggi dell’aurora erano troppo deboli per contrastare l’aria frizzante. Una sola figura se ne stava immobile davanti alla finestra spalancata; Ann, ancora in vestaglia da notte, era appollaiata a gambe incrociate sul davanzale, proprio come quegli orribili uccellacci che popolavano i suoi incubi. E gli incubi non se ne andavano, pensava la ragazza; anzi, da quando era rimasta sola col padre ed i domestici nel grande palazzo, essi la tormentavano sempre più frequentemente. Erano trascorse più di tre settimane da quando Amra si era sposata; Ann sapeva tutto sulla prima notte di nozze della sorella, compreso il fatto che questa fosse rimasta molto delusa dalle… ehm… “prestazioni” dello sposo. Eppure la più piccola delle sorelle Broadway era sicura che la dolce Amra si sarebbe presto lasciata alle spalle i dubbi; infondo… fidarsi ciecamente degli sconosciuti appena sposati era la specialità della famiglia, giusto? Ci si poteva scommettere quindi che la sposina avrebbe trascorso il resto della sua esistenza cercando di rendere la propria vita coniugale la favola che non era, a costo di illudersi di amare un uomo estraneo fino a che la convinzione non l’avesse fatta innamorare veramente. Dopotutto, erano state educate all’obbedienza… e una buona moglie resta sempre fedele e sottomessa al marito, giusto? Ann ci avrebbe messo una mano sul fuoco: anche se tutti i mariti delle sue sorelle le avessero tradite l’una con l’altra, tutte e quattro le ragazze non avrebbero battuto ciglio, non avrebbero neppure esitato a concedersi al proprio coniuge appena uscito dal letto di un’altra, se costui gliel’avesse chiesto!                           

Toc toc.  “Signorina siete sveglia? Posso entrare?” Fu solo sentendo la voce della cameriera che Ann si rese conto che da quando aveva cominciato a riflettere osservando la rugiada dovevano essere trascorse almeno un paio d’ore. La camera infatti risplendeva ora di un caldo bagliore ed il sole era alto nel cielo. “Ma dico, signorina, volete prendervi un malanno?! Sentite come siete gelida, tutto questo tempo d’innanzi ad una finestra spalancata!”. Ann non rispose; forse la donna aveva ragione, si sarebbe ammalata e forse sarebbe morta a causa del freddo proprio come sua madre tre anni prima… tuttavia, pensava, avrebbe preferito morire pur di non affrontare quel giorno.                                                                                          I suoi presentimenti, infatti, si erano rivelati veritieri, poiché il padre non aveva esitato ad usare il ricevimento per le nozze di Amra come un perfetto terreno di caccia, e per caccia si intende caccia all’uomo… all’ennesimo pretendente. Il cugino dello sposo, un marchese di chissà dove, parve in effetti molto interessato alla piccola Ann; le aveva trotterellato attorno per tutta la serata ed alla fine aveva chiesto a Baltasàr il permesso di poter ospitare la sua graziosa figlia per un intero mese presso la sua tenuta. E’ superfluo dire che Broadway aveva accettato di buon grado. Ed era proprio là che Ann sarebbe stata inviata quella mattina stessa; spedita come un pacco alla mercé, tanto per cambiare, di un perfetto sconosciuto pronto, forse, a prenderla in moglie al più presto. 
La ragazza non credeva di aver mai detestato suo padre più che in quel momento, più ancora di quanto non l’avesse fatta soffrire strappandole una dopo l’altra le sue sorelle, la sua adorata Amra in particolare! Eppure Ann non era che una ragazzina, infondo, ed era stata educata all’obbedienza incondizionata. Per questo non oppose resistenza mentre la serva la vestiva e pettinava, limitandosi a piangere lacrime asciutte nel suo cuore.

Ad accoglierla davanti all’enorme portone vi era praticamente un plotone di domestici in livrea, in mezzo ai quali e a debita distanza da ciascuno di loro stava il padrone di casa che reggeva ancora l’arco ed il corno da caccia. Accanto a lui un vecchio segugio grigio rosicchiava quella che a prima vista sembrava una coda di cinghiale, la sua ricompensa. “Benvenuti nella mia umile dimora!” disse l’uomo inchinandosi leggermente, mentre padre e figlia scendevano dalla carrozza; dopodiché gli bastò schioccare le dita perché il piccolo esercito di servitori si precipitasse sui bagagli e provvedesse a sistemarli negli appositi alloggi. Soltanto in due rimasero al loro posto, evidentemente attendevano ordini di diverso genere.“Onorato della vostra presenza, mio signore!” salutò cerimoniosamente il marchese, Broadway ricambiò compiaciuto. “Avete intenzione di intrattenervi fino a cena?” continuò poi l’ospitante “No, messere. Vi ringrazio, ma rimarrò solo per il pranzo… infondo, voi desideravate più che altro la compagnia di mia figlia, dico bene?” Se prima Ann era rigida come un baccalà, ora era rossa come un peperone, e non per la vergogna… “La compagnia di mia figlia”, ma come si permetteva?! La considerava forse un animale domestico? Un tenero cucciolo da soggiogare? O peggio una bambola preziosa da usare per fare invidia agli amici? In quel momento la ragazza si fece coraggio: d’ora in poi avrebbe dettato lei le regole del gioco! “Suvvia, padre, lo sanno tutti che è il cane il miglior amico dell’uomo, non la donna!” disse volgendo le spalle ai due e chinandosi per accarezzare il segugio.                       Broadway lanciò alla figlia un’occhiata di fuoco, ma il marchese rise di gusto, poi la prese per mano costringendola a rialzarsi e sorrise sornione “Avete una mente brillante, la lingua tagliente e tutte le ragioni, mia cara, ma… io non desidero propriamente la compagnia di un amico!”. A quel punto a Baltasàr venne quasi un colpo: cosa significava tutto ciò? Anche il marchese se ne accorse e si apprestò quindi a smentire “Voglio dire, ehm… con gli amici ci si diverte, è vero, ma… sì, insomma… nulla illumina la vita di un povero scapolo come una giovane donna che passeggia per le stanze del suo palazzo e mangia dalla sua tavola e beve dalle sue coppe, mi capite, vero?”. Il signor Broadway era confuso, tuttavia decise di lasciar perdere, così la giornata continuò e gli ospiti vennero accompagnati nei loro alloggi.  

Quando fu accompagnata nelle sue stanze, Ann non rimase troppo sorpresa: era tutto molto simile a come se l’era immaginato e per nulla diverso a ciò cui era stata abituata fin da bambina. Eleganti mobili riccamente lavorati, stoffe pregiate e soffici guanciali. L’unico particolare che le tolse il fiato esattamente quanto le fece corrugare la fronte fu un sontuoso abito che sembrava essere stato cucito tessendo i raggi del sole posato proprio sul suo letto. “E’ un mio personale regalo di benvenuto, milady…” disse il marchese comparendo sull’uscio “E sarebbe una gioia per me vedervelo indossare al banchetto di questa sera!”. Ann non sapeva esattamente come reagire, pertanto sorrise compostamente ed accennò un inchino, ringraziando l’uomo per la sua generosità ed esprimendo tutto il piacere che avrebbe provato nell’esaudire quella richiesta. Quando finalmente lui se ne andò lasciandola libera di ambientarsi, la ragazzina corse subito al grande specchio per osservare come l’abito, una volta indossato, si sarebbe adattato al suo corpo. Tuttavia… quel che vide non le piacque. Non fraintendete, cari lettori! Il capo in sé aderiva perfettamente alle linee ancora acerbe ed imperfette del suo fisico adolescente, ma era proprio questo a preoccuparla: quel vestito sembrava stato realizzato apposta per valorizzare le sue “curve”, seppur appena abbozzate, e la generosa pur non volgare scollatura ne era la conferma! Fu allora che il panico la invase, che tutte le sue ansie si manifestarono contemporaneamente, quasi a volerle spaccare la testa. Fu il momento della disillusione, di aprire gli occhi. L’adolescenza era stata un lampo nel cielo sereno della sua vita, e come ogni lampo annunciava la tempesta. Ora lo sapeva, sapeva che il gioco di suo padre era iniziato per l’ennesima volta, ora non era più una ragazzina… era una donna! E Baltasàr non aspettava altro: ora anche la più giovane delle sue figlie era diventata una preziosa merce con cui conquistarsi la benevolenza della nobiltà!  Era terribile, pensava Ann, quanto l’Uomo potesse essere spregevole e spietato… e ancor più quanto fosse stupido, credendo di poter comprare un’anima ed al contempo tradendosi con un oggetto banale quale un vestito! Fu quella la prima volta in cui Ann Ursoline Costànce Broadway volse lo stesso sguardo di una volpe braccata verso il luogo lontano che si vedeva appena dalla grande vetrata di quella stanza estranea, lo stesso da cui erano nate le sue paure più profonde, lo stesso da cui aveva avuto origine la rovina della sua famiglia, il posto a causa della cui esistenza suo padre aveva dapprima perso il suo onore, poi la sua fortuna ed infine aveva iniziato a “vendere” le sue figlie come fossero vacche. Dopo anni Ann si ritrovò a fissare speranzosa nientemeno che la Brughiera.    

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Capitolo 6
*** cap 6 ***


~~“Sta buono, ti prego! Non abbaiare!”                                                                                                                                                                                  La mantella scura che portava sulle spalle l’avrebbe di certo aiutata a sparire nella notte, se non fosse stato per il vecchio sacco di pulci che non le si staccava un secondo dal fianco. “Twingo, per favore! Devi restare qui!”                                                                                                                                La robusta inferriata delle scuderie cigolò mentre Ann tentava di chiuderla senza fare troppo rumore, e stridette ancor più quando le forti seppur ossute ed anziane zampe del segugio vi si poggiarono sopra freneticamente. “Va via, ho detto! Sciò!” sussurrò la ragazza seccata e con il cuore a mille, mentre la pesante cancellata ritrovava il suo aggancio nel resto della recinzione. Quando la serratura scattò, Ann emise un sospiro di sollievo: fino a quel momento era andato tutto liscio! Stava per andarsene quando il cane guaì tanto profondamente che pareva supplicarla di restare. A quel punto lei non resistette. Badando a muoversi con cautela si accovacciò ed infilò le mani tra le sbarre, permettendo così al suo peloso amico di strusciarvisi sopra e leccarle. “Sei stato un amico prezioso. Lo sai questo, vero?”. E lo era stato veramente… Ann era sicura che non sarebbe sopravvissuta durante quel mese infernale se il vecchio segugio non le avesse tenuto compagnia! Ma ora il tempo stava per scadere, presto suo padre sarebbe giunto in visita e qualora il marchese avesse mostrato l’intenzione di convogliare a nozze, la sedicenne e spensierata Ann sarebbe presto stata l’infelice consorte di un ricco uomo ottuso e volgare! Sin dalla prima notte la ragazza aveva pensato alla Brughiera come alla sua ultima e unica, anche se folle e disperata, ancora di salvezza, e finalmente ora aveva avuto il coraggio di fare quel salto nel vuoto che, sapeva, avrebbe cambiato la sua vita per sempre. Certo, erano stati gli incubi a farla desistere fino ad allora, ma era arrivata alla conclusione che avrebbe preferito essere trucidata viva dai corvi neri che lasciarsi rinchiudere nella prigione, seppur dorata, che il padre stava costruendo per lei! All’inizio ci aveva provato veramente, si diceva, aveva cercato di essere come Amra, di non disonorare suo padre, ma si era accorta di essere troppo diversa dall’amata sorella! La prima sera, quella del famoso banchetto, aveva sì indossato l’abito di sole come desiderava il suo ospite, ma, giusto per marcare il concetto che amava pensare con la testa che il Cielo le aveva donato, si era presentata con una leggera mantella che le copriva le spalle, gli avambracci e soprattutto il seno! Ovviamente il padrone di casa non era rimasto molto soddisfatto, ma si era mostrato ad ogni modo cordiale con la giovane impertinente che, dal canto suo, era orgogliosa di poter dimostrare che in una ragazza non ci sono solo il corpo od i vestiti! In ogni caso, la parvenza di rispettabilità era svanita non appena la quarta coppa di vino del marchese aveva iniziato a fare effetto. Il distinto rampollo si rivelò essere null’altro che un viziato donnaiolo senza gusto per la vita, né rispetto per la gente attorno a lui. Più volte i signori Broadway avevano ripreso la figlia per la confidenza che dava ai domestici, ma mai, pensò Ann, suo padre avrebbe trattato i suoi servitori come faceva il marchese! Inoltre, quando non era troppo ubriaco, passava il tempo ad interrompere le considerazioni della fanciulla burlandosi di lei e chiamandola “idealista”, “piccola sognatrice senza carattere”, “strega dalla lingua biforcuta” ed altri appellativi simili. Ciò che però l’aveva spinta alla fuga era avvenuto esattamente la sera precedente. Il marchese, forse sbronzo, forse meschino, l’aveva infatti seguita fino alle sue stanze e, una volta che lei si fu ingenuamente spogliata, era entrato con un subdolo pretesto. Ann non poté sopportare la cupa bramosia del suo sguardo, ma quando lui le chiese di non nascondere la sua nudità, lei, impotente, non osò disobbedirgli. Infondo, sapeva che quel giorno sarebbe arrivato, prima o poi, e meglio si abituava al fatto che un umo la vedesse nuda, meno faticosa sarebbe stata la prima notte di nozze, con lui o con un altro. Era stata quindi immobile mentre lui si avvicinava come un felino pronto all’assalto ed esaminava ogni centimetro di pelle nuda su di lei. Poi però una sua mano si era intromessa violentemente tra le cosce di lei, bramando ciò che vi era celato; allora Ann non aveva più saputo trattenersi ed aveva bloccato con quanta più forza possedeva il polso dell’uomo “Non è virtuoso violare una damigella finché ella non può entrare formalmente nel vostro letto, signore!” aveva replicato col tono più fermo che riusciva ad emettere senza scoppiare in lacrime per la rabbia ed il pudore “E voi siete un uomo dabbene, giusto?”. Purtroppo per lei quella che doveva essere un’ intimidazione si trasformò in una sfida, provocando il marchese ad osare di più “Ho sempre saputo della tua lingua da vipera!” aveva esordito lui, poi le aveva stretto la mano attorno al collo, spingendola contro il muro “Ma più il serpente è velenoso, più è eccitante rischiare!”. Detto ciò si era insinuato nella bocca di lei, quasi strappandole le labbra dalla violenza con cui le mordeva, mentre con le mani le strizzava i piccoli seni involontariamente induritisi. Poi, senza neppure tentare di spogliarsi, l’aveva lasciata andare e raggomitolarsi sul pavimento “Dimmi, signorina, credi forse che sia necessaria una formula ufficiale poiché un uomo e una donna possano dividere il letto?” si era poi chinato e l’aveva costretta a guardarlo negli occhi “Volete la verità, Miss Broadway? L’ufficialità è solo per il denaro! L’unico scopo del matrimonio, del “dividere il letto”, come dite voi… sono i soldi!  Grazie a voi vostro padre potrà permettersi gli agi che sogna, poiché io, in quanto genero, sarò sempre in debito con l’uomo che mi ha dato sua figlia e con lui condividerò la mia immensa fortuna! Quanto a te… quanto credi di valere, eh? Sei giovane sì, ma in quanto a bellezza, puh… ne devi fare di strada! Tu sei solamente l’ornamento in una stanza già perfettamente arredata!” era quindi scoppiato in una fragorosa risata  “Non te la prendere, Ann! Questo è lo scopo di ogni donna! Essere perfette decorazioni con cui far ingelosire e di cui essere gelosi, nulla più di ciò! Pertanto… averti per me ora, o tra una settimana non fa differenza, perché vedi… tu sarai mia comunque! E sei destinata ad aspettarmi per sempre come una moglie devota, se non vuoi affrontare l’ira e la pubblica umiliazione del tuo paparino!”.
L’ennesimo latrato di Twingo riscosse Ann dai suoi tristi pensieri “Ora devo proprio salutarti…” disse la ragazza, poi si avvolse nel mantello e corse in direzione della lontana Brughiera. Non aveva percorso tutto il perimetro delle scuderie, che sentì nuovamente qualcuno guaire e sbuffare tra i cespugli e la cancellata. Il segugio l’aveva in effetti seguita ed iniziò ad abbaiare forte, tanto che le guardie sarebbero corse allarmate in pochi secondi. Ad Ann non restò dunque che farsi inseguire fin dove l’inferriata si abbassava, dopodiché vi si arrampicò e con non poca fatica riuscì a sollevare il cane oltre la barriera, rassegnata a portarlo con sé purché facesse silenzio.  I fuggitivi riuscirono giusto ad appiattirsi sotto ad un cespuglio, prima che un manipolo di uomini armati corse reggendo le torce nel punto esatto dove loro si trovavano poco prima. “Hai visto cos’hai combinato?” sussurrò la ragazza al segugio, mentre i soldati discutevano tra loro su quello che sembrava un falso allarme. Giunsero poi alla conclusione che bisognava trovare il cane e chiuderlo assieme ai cavalli, affinché non disturbasse il sonno del padrone e della sua ospite con inutili abbai. Ann si morse quindi le labbra già scorticatele da qualcun altro, perché ora Twingo era fuori dalle mura del maniero e sarebbe stato impossibile, nonché un’impresa fallita in partenza, riportarlo al suo posto senza essere vista e senza che lui la smascherasse di nuovo! Fu però l’animale, tra lo stupore della ragazzina, a risolvere tutto, giacché uscì furbescamente dal nascondiglio e percorse un altro quarto del perimetro per poi abbaiare di nuovo, attirando così l’attenzione perché l’amica riuscisse a fuggire. Si rincontrarono dopo qualche centinaio di metri, quando neanche la guardia più esperta avrebbe saputo distinguere il mantello di Ann dal buio pesto della notte e continuarono a correre verso l’ignoto.
 

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Capitolo 7
*** cap 7 ***


~~Ann sentì qualcosa di ruvido, caldo ed umido bagnarle la faccia; aprì gli occhi e trovò il vecchio Twingo impegnato a svegliarla con affettuosi “bacetti”. “Ehi!” esclamò ridendo, poi affondò le mani nella pelliccia dell’animale per coccolarlo “Mi fai il solletico!”. I due si rotolarono per un po’, finché il segugio iniziò a sentire il peso degli anni e si accucciò sfinito ai piedi della sua nuova padroncina. Solo allora Ann si ricordò dove fosse, perché e soprattutto… che c’era un enorme ostacolo che la separava dalla sua libertà. Arrabbiata, umiliata ed euforica all’idea della fuga, la ragazza si era infatti dimenticata dell’impenetrabile barriera di rovi eretta anni prima da Malefica per separare la Brughiera dal mondo umano. Ora quelle spine soprannaturalmente enormi si stagliavano a pochi metri da lei e le impedivano di arrivare alla meta, dove nessuno, neppure suo padre od il marchese, avrebbe mai potuto trovarla, perché non l’avrebbero mai cercata in un simile posto.  Un brontolio nello stomaco le ricordò inoltre la sua imprudenza: sicurissima di riuscire nell’impresa e troppo occupata a non farsi beccare durante la fuga dal castello, non aveva pensato a portare con sé acqua e viveri. Sapeva che nella lussureggiante Brughiera dovevano esserci laghi e fiumi per alimentare la vegetazione e dissetare le creature che vi dimoravano, ma mai aveva riflettuto sulla possibilità che qualcosa le impedisse di arrivare sulle sponde di quegli specchi d’acqua. Gettò uno sguardo al povero Twingo ancora ansimante e il cuore le si strinse in una morsa: senza acqua sarebbero sicuramente morti entrambi! Cosa poteva fare ora? Di certo non sarebbe mai tornata da dove era venuta e men che meno al palazzo di suo padre! Si guardò attorno e scorse una piccola fattoria al limitare della “terra di nessuno”. Se non fosse stata figlia di un nobile, avrebbe certamente chiesto asilo laggiù; non le sarebbe infatti dispiaciuto guadagnarsi da vivere con le proprie forze, con quella stessa dignità che dimostravano le serve al suo palazzo. Ann però conosceva suo padre, sapeva che non avrebbe mai mollato, che avrebbe perquisito ogni singola abitazione del regno pur di trovarla. Anche per questo aveva scelto proprio la Brughiera… In ogni caso non poteva lasciarsi morire di stenti, né riservare una simile sorte al suo amico a quattro zampe! Così, dopo aver lanciato una fugace occhiata ai minacciosi rovi, chiamò il cane e si diressero entrambi verso la casupola all’orizzonte.

“Non sarà difficile” pensava Ann “Busserò, spiegherò la mia situazione e chiederò qualcosa da mangiare in cambio di qualche lavoretto. Se mi dimostro gentile non avranno motivo di cacciarmi via!” Mentre faceva questi discorsi tra sé era ormai giunta alla fattoria “Ci siamo, Twingo! Ora devi stare buono, promettimelo!”. Il segugio abbaiò in segno di assenso e la ragazza si preparò a bussare. Le sue nocche avevano appena sfiorato il legno, quando un nuovo timore l’assalì: e se l’avessero riconosciuta?  Era pur vero che non passava le giornate a scorrazzare per il regno, ma che era figlia di Broadway lo si capiva solo guardandola e se non altro tutti avrebbero notato la somiglianza con le ben più note sorelle maggiori. Inoltre… anche ammesso che non la riconoscessero all’istante, un’eventuale insistenza da parte di suo padre li avrebbe indotti a pensare a lei, qualora le cose fossero andate come temeva. Approfittando del fatto che nessuno fosse venuto ad aprirle, Ann corse sul retro, dove il recinto dei maiali le suggerì un camuffamento. La ragazzina infilò quindi una mano sotto il muso di una grassa scrofa che allattava i suoi piccoli e raccolse una manciata del fango in cui gli animali si rotolavano. Si sporcò quindi il viso, le braccia ed il mantello, poi, calatoselo quanto più poté sugli occhi scuri, tornò a bussare alla porta. Ad aprire venne una giovane donna dal viso segnato dalle tribolazioni. Portava un neonato tra le braccia ed un secondo bambino, più grandicello, fece capolino da dietro la tunica della madre. Ann si inchinò all’istante e si presentò come aveva stabilito. La signora le sorrise benevola e le disse di aspettarla lì fuori. Dopo poco tornò con un secchio d’acqua e dei panni puliti e, con grande stupore della giovane ospite, le disse di lavarsi e cambiarsi d’abito, poi sarebbe potuta entrare e rifocillarsi assieme al suo cane. Ann non poté fare nulla. Così, dopo essersi pulita la faccia cercò di tenere più capelli possibili sul viso, affinché rimanesse per lo più nascosto. Il pasto fu semplice come la casa e chi vi abitava, ma Ann mangiò tutto di buon grado e ringraziò più volte la padrona di casa ed offrì il suo aiuto per sdebitarsi. Dal canto suo la donna fu felice di tale proposta ed affidò alla piccola forestiera il compito di badare ai suoi due figli mentre lei finiva le faccende domestiche.

Era ormai pomeriggio, Ann sapeva di non potersi trattenere a lungo. A quell’ora, si diceva, suo padre aveva già sicuramente setacciato mezzo regno per trovarla e tra non molto, il giorno seguente al massimo, sarebbe passato di là. Riuscire ad attraversare la barriera di rovi era dunque la sua sola speranza! Improvvisamente il figlio maggiore della contadina corse esultando verso di lei e svegliò il fratellino che dormiva sereno tra le sue braccia. Persino il vecchio Twingo fu strappato al suo sonno ed iniziò a latrare ed agitarsi non appena il ragazzino mostrò il motivo della sua contentezza. Non appena Ann capì di cosa si trattasse, balzò in piedi tanto rapidamente che per poco il neonato non le sfuggì di mano. Il piccolo monello infatti reggeva, tenendolo per le zampe, uno dei corvi più grossi e più neri che la ragazza avesse mai visto. La povera bestia era terrorizzata, tanto che non si arrendeva e continuava a sbattere le ali, beccare e gracchiare nella speranza di liberarsi. Guardandolo la paura di Ann si trasformò rapidamente in pena. “Tienilo!” annunciò il bambino “Ci verrà un bello stufato con questo! Vado ad avvertire la mamma!”. Ann era sbiancata difronte a tale richiesta. Un conto era sopportare la vista di un corvo che stava per diventare il piatto forte della sera, ma doverlo tenere con le proprie mani era decisamente troppo dopo ciò che le era successo in quella terribile notte di alcuni anni prima! In ogni caso Ann non voleva essere sgarbata con chi si era dimostrato tanto gentile con lei e di certo non voleva fare la figura della sciocca ragazzina di città. Così depose il bimbo nella cesta e, dopo aver respinto un agitatissimo Twingo, allungò la mano per prendere il volatile. Non osava guardarlo per paura di non riuscire ed il ragazzino, accortosene, le chiese se le facesse impressione. L’orgoglio di Ann la spinse a negare e, fissando l’animale, chiuse le dita tremanti attorno a quelle zampe ruvide. “Ecco fatto!” esclamò il figlio della contadina “Mi raccomando, non farlo scappare! Mamma è a rammendare laggiù, la informo e torno subito!”. Se aveste visto la giovane Ann in quella situazione, avreste riso certamente a crepapelle! Dopotutto… non è sempre facile nascondere e superare le proprie paure. Ad ogni modo, nel tempo necessario al ragazzino per raggiungere la madre, Ann ebbe occasione di osservare meglio ciò che aveva per le mani e, dopo la repulsione e la pena, iniziò a notare la straordinaria bellezza dell’animale. Era senza dubbio regale, con quel piumaggio nero e lucente che pareva carbone puro. Inoltre le penne erano lunghe e soffici, tanto da ricordarle una giacca da uomo. Istintivamente il suo indice si mosse in direzione del capo del corvo, per accarezzarlo. “Non sei tanto male…” gli disse “Forse potresti addirittura piacermi!”. Improvvisamente Twingo le saltò addosso facendole mollare la presa, per poi gettarsi sul malcapitato volatile. La scena durò pochi istanti, ma fu terribile. Il povero corvo sarebbe certamente morto se Ann non si fosse lanciata tra lui ed il cane, fermando quest’ultimo e recuperando il primo. “Ne hai passate tante per oggi!” esclamò poi, ancora con il fiatone, rivolta al volatile. Si voltò e vide che madre e figlio erano ormai abbastanza vicini per decretare definitivamente la morte del pennuto. La ragazza ed il corvo si guardarono quindi e per la prima volta sembrò scoccare una scintilla tra i loro occhi scuri. Come al solito, Ann prese la decisione senza pensarci. “Scappa!” sussurrò fingendo di inciampare e liberando così l’uccello nero che, senza farselo ripetere, spiccò il volo della salvezza e sparì oltre la barriera di spine, al sicuro nella Brughiera.

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Capitolo 9
*** Cap.8 ***


Attorno al tavolo, quella sera, l'atmosfera non era delle più allegre. Nonostante la padrona di casa facesse di tutto per negarlo, infatti, Ann sentiva che i suoi ospiti erano arrabbiati con lei. Non poteva dargli torto, lo sapeva: erano una famiglia modesta e probabilmente non mangiavano carne da giorni. Forse, dopotutto, lasciar scappare quel grosso corvo non era stata la migliore delle idee per ripagare la loro ospitalità. Nonostante fosse schiacciata dai sensi di colpa, però, Ann sentiva di aver fatto la cosa giusta; la vista del povero volatile prossimo alla morte l'aveva straziata. “C'era molta agitazione oggi in città” La voce secca del marito della contadina distrasse la ragazza dai suoi pensieri. Era un uomo magro, dal viso scavato, e a Twingo non piaceva. Il vecchio segugio, normalmente affettuoso con tutti e perennemente alla ricerca di coccole, aveva infatti iniziato ad abbaiare furiosamente fin da quando l'uomo aveva fatto il suo ingresso in quella misera casupola, costringendo quindi la moglie a chiudere il cane nel fienile. “Ah, sì?” intervenne la donna “Cosa è successo?” Il contadino bevve l'ultimo sorso del poco vino che era stato portato in tavola apposta per lui “Nobili. Erano alla ricerca di qualcuno, una ragazza forse...” A quelle parole Ann trasalì, rovesciando la minestra rimasta nella ciotola semivuota “Chiedo scusa...” si affrettò a dire per non destare sospetti “mi sembrava di aver visto un ratto” Ann si accoccolò accanto a Twingo sulla paglia morbida e profumata. Non era un letto con cuscini di piume, ma alla ragazza sembrava un giaciglio comodissimo. Alcune travi spostate lasciavano entrare i luminosi raggi della luna e Ann si lasciò cullare da quella strana sensazione di oblio che lentamente si stava impossessando di lei… Ann sognava: il vento portava i nitriti concitati dei cavalli, spronati dai loro cavalieri a non rallentare la corsa, lo scalpiccio degli zoccoli sul sentiero polveroso, le grida degli uomini che sembravano aver raggiunto un qualche obiettivo. Poi tutto si fece buio e la ragazza si rivide bambina, davanti a quell'ennesimo cespuglio immerso nell'inquietante silenzio della notte. Ann sapeva cosa stava accadendo, sentiva, come il cervo avverte il fiato del segugio sul collo, che presto sarebbero apparsi quegli occhi, quelle zampe ruvide che graffiavano l'aria, mentre i corvi si libravano maldestramente in aria, spaventati dalle suppliche solitarie di una bimba urlate al vento della Brughiera. Infine arrivò anche il suono, ma non era il verso gracchiante dei corvi, sembrava più un mugolio, un lamento, un guaito seguito da un ringhio; quando alla fine giunse l'abbaio, finalmente Ann si svegliò. Twingo graffiava ansimando le assi che costituivano la porta. Ann ci mise pochi istanti a capire che qualcuno discuteva, là fuori, ancor meno per riconoscere, con suo enorme sgomento, la voce di suo padre prima e del marchese poi. “No!” La sua mente era in subbuglio, il suo corpo si muoveva da solo; in quel momento sembrava una volpe braccata che cerca disperatamente una via di fuga. Le sue mani trovarono il catenaccio della porta e lei iniziò a tirare con tutte le sue forze. Stava per aprirla, ma qualcuno all'esterno la richiuse con forza ed attraverso un pertugio si udì la voce canzonatoria del contadino “Non temere dolcezza, tra poco sarai libera, il tuo paparino è venuto a riprenderti! Ma non vogliamo proprio perdere la ricompensa e farti scappare; vero?” Ann si portò le mani tra i capelli: era finita. Tutta la sua determinazione, la fuga, non era servito a niente! “Cosa facciamo, Twingo?!” Come se l'avesse capita, il segugio fece due giri su se stesso, poi iniziò a scavare in un punto del fienile dove le assi, sporgendo da terra, avrebbero permesso la fuga di una persona minuta. “Sì, bravo!” commentò la ragazza prendendo coraggio ed iniziò a spingere con tutte le se forze contro il legno, per allargare il passaggio. Fuori si stavano concludendo le trattative tra suo padre ed il contadino: non c'era tempo e questo rese Ann ancora più determinata. Con un ultima spinta riuscì a spezzare il legno e, grazie allo scavo di Twingo, entrambi scivolarono fuori strisciando come bisce. Non appena fu in piedi, la ragazza iniziò a correre, sperando che nessuno l'avesse notata. Era ormai convinta di averla fatta franca, ma uno degli uomini di suo padre l'agguantò all'improvviso “No! Lasciatemi!” Ann scalciava e si dimenava, ma la stretta della guardia era troppo per lei. Guardò dietro di loro e vide il marchese avanzare con un ghigno sinistro sul viso, come a dire “Credevi di scappare? Te l'avevo detto che saresti stata comunque mia!” Lo seguiva suo padre, Baltasàr Broadway, col suo solito sguardo severo, che ora ostentava disprezzo e delusione per quella figlia che l'aveva tradito. Ann si sentì stringere il cuore in una morsa ed iniziò a supplicare “Mi dispiace tanto, padre! Non volevo deludervi, ma quell'uomo che voi avete scelto come mio marito è un mostro! Non gli importa nulla di me, vuole solo esibirmi come trofeo. Vi scongiuro! Non fatemi tornare da lui!” Insensibile alle parole della ragazza che era poco più che una bambina, il signor Broadway non rispose, diede anzi ordini al suo scagnozzo perché portasse la figlia al cospetto del designato genero, accennando al fatto che Ann dovesse implorarne il perdono e confidare che non annullasse il fidanzamento a causa della sua riprovevole condotta. Il destino della giovane sembrava segnato, quando improvvisamente un frullio d'ali ed un verso gracchiante si insinuarono tra lei e la guardia, distraendo l'uomo e permettendo quindi ad Ann di scappare, di nuovo. Senza pensarci la ragazza si fiondò verso la Brughiera, incurante dell'impatto che il suo corpo avrebbe avuto con le fitte spine dei rovi. Sentiva che la stavano seguendo, ma percepiva continuamente il gracchiare e lo sbattere le ali del corvo, che si accaniva sugli inseguitori facendole guadagnare terreno. Non rallentò finché non si trovò effettivamente la strada sbarrata dall'enorme roveto, senza pertugi che le offrissero una via di scampo. Con il cuore in gola si voltò e vide il contadino che con la sua forca procedeva spedito verso di lei. Chiuse gli occhi, preparandosi all'inevitabile, quando come per magia le spine alle sue spalle si diradarono, aprendole un passaggio. Incredula, Ann iniziò ad indietreggiare lentamente, con i rovi che si districavano a pochi centimetri da lei. Il contadino rimase come pietrificato da quella visione, poi però si riscosse e le si gettò addosso. L'avrebbe afferrata, Ann lo sapeva, ma una massa di pelo arruffato piombò sul contadino ringhiando e lo fece rovinare a terra. Ann, commossa da quel coraggioso atto d'amore, chiamò a se' il cane perché la seguisse tra le spine, ma Twingo non fece in tempo a guardarla scodinzolando che la forca calò su di lui trapassandogli il petto. Ann era scioccata, tutto era accaduto così in fretta. I suoi occhi si riempirono di lacrime e lei fece per gettarsi sul suo amico, ma il muro di rovi si richiuse all'improvviso, imprigionandola lontano da lui, lontano da tutti: sola, nella Brughiera.

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