Card Captor Sakura: Il Signore degli Anelli - Saga del Ritorno del Re

di Fabiola19
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Episodio 162: Il ritrovamento dell' Anello ***
Capitolo 2: *** Episodio 163: In viaggio sino al Crocevia ***
Capitolo 3: *** Episodio 164: La strada per Isengard ***
Capitolo 4: *** Episodio 165: Ritorno a Edoras ***
Capitolo 5: *** Episodio 166: La malignità di Gollum ***
Capitolo 6: *** Episodio 167: Il Palantir ***
Capitolo 7: *** Episodio 168: La visione di Arwen ***
Capitolo 8: *** Episodio 169: La riforgiatura di Narsil ***
Capitolo 9: *** Episodio 170: Minas Tirith ***
Capitolo 10: *** Episodio 171: E' il respiro profondo prima del balzo ***
Capitolo 11: *** Episodio 172: Minas Morgul ***
Capitolo 12: *** Episodio 173: La scacchiera è pronta... ***
Capitolo 13: *** Episodio 174: L' invasione di Osgiliath ***
Capitolo 14: *** Episodio 175: I fuochi di Gondor ***
Capitolo 15: *** Episodio 176: La decisione di Thèoden ***
Capitolo 16: *** Episodio 177: La caduta di Osgiliath ***
Capitolo 17: *** Episodio 178: La scalinata di Cirith Ungol ***
Capitolo 18: *** Episodio 179: La lealtà a Denethor ***
Capitolo 19: *** Episodio 180: La separazione di Li e Sakura ***
Capitolo 20: *** Episodio 181: Il sacrificio di Faramir ***
Capitolo 21: *** Episodio 182: L' accampamento a Dunclivo ***
Capitolo 22: *** Episodio 183: Andùril - La fiamma dell' Ovest ***
Capitolo 23: *** Episodio 184: Toy prende il Sentiero dei defunti ***
Capitolo 24: *** Episodio 185: Nessuna speranza ***
Capitolo 25: *** Episodio 186: Dwimorberg - Il monte Invasato ***
Capitolo 26: *** Episodio 187: L' adunata di Rohan ***
Capitolo 27: *** Episodio 188: Il Re fantasma ***
Capitolo 28: *** Episodio 189: L' assedio di Gondor ***
Capitolo 29: *** Episodio 190: La tana di Shelob ***
Capitolo 30: *** Episodio 191: Grond - L' antico martello dell' Oltretomba ***
Capitolo 31: *** Episodio 192: La tomba dei Sovrintendenti ***
Capitolo 32: *** Episodio 193: La distruzione del Cancello di Gondor ***
Capitolo 33: *** Episodio 194: Messer Li e le sue decisioni ***
Capitolo 34: *** Episodio 195: La pazzia di Denethor ***
Capitolo 35: *** Episodio 196: La cavalcata dei Rohirrim ***
Capitolo 36: *** Episodio 197: La pira di Denethor ***
Capitolo 37: *** Episodio 198: La battaglia dei Campi di Pelennor ***
Capitolo 38: *** Episodio 199: Un verde paesaggio ***
Capitolo 39: *** Episodio 200: Il Nazgùl e la sua preda ***
Capitolo 40: *** Episodio 201: Le Nere Navi ***
Capitolo 41: *** Episodio 202: La scudiera di Rohan ***
Capitolo 42: *** Episodio 203: La vittoria a Minas Tirith ***
Capitolo 43: *** Episodio 204: L' addio di Thèoden ***
Capitolo 44: *** Episodio 205: I giuramenti rispettati ***
Capitolo 45: *** Episodio 206: La torre di Cirith Ungol ***
Capitolo 46: *** Episodio 207: L' ultima discussione ***
Capitolo 47: *** Episodio 208: La Terra d' Ombra ***
Capitolo 48: *** Episodio 209: Il Nero Cancello si apre ***
Capitolo 49: *** Episodio 210: Non posso portare l' anello per te... ***
Capitolo 50: *** Episodio 211: L' ultimo atto ***
Capitolo 51: *** Episodio 212: Il Monte Fato ***
Capitolo 52: *** Episodio 213: Le aquile stanno arrivando ***
Capitolo 53: *** Episodio 214: La distruzione del Monte Fato ***
Capitolo 54: *** Episodio 215: La sconfitta di Sauron ***
Capitolo 55: *** Episodio 216: La fine di tutte le cose ***
Capitolo 56: *** Episodio 217: La Compagnia si riunisce ***
Capitolo 57: *** Episodio 218: Il ritorno del Re ***
Capitolo 58: *** Episodio 219: Verso casa ***
Capitolo 59: *** Episodio 220: I Rifugi Oscuri ***



Capitolo 1
*** Episodio 162: Il ritrovamento dell' Anello ***


Era un bel mattino. Un giorno in cui si poteva uscire a pesca serenamente. Un giorno lontano da piogge e da brutti imprevisti. Un giovane teneva tra le dita il suo vermiciattolo che a poco a poco sarebbe finito nella lenza. Gli occhi azzurri del ragazzo erano sereni con la vita che appena gli si era spalancata in faccia, mentre agganciava la sua esca per pesci al ferro dell' uncino. In seguito il ragazzo buttò in acqua la sua canna da pesca. Stava in una barca, ed era in compagnia di un' altra persona che aspettava serenamente l' abboccare di un pesce. Forse era suo amico, e aveva in testa un berretto per pescatori. I due ragazzi erano al centro del lago beati, ma la lenza del primo ragazzo che la immerse, affondò di scatto e il giovane fu preso dalla felicità e dall' emozione a quell' evento che richiamò l' amico affianco: << Smèagol! Ne ho preso uno! >> disse tenendosi dalla presa di quello che sembrava un grosso pesce: << Ho preso un pesce, Smèagol! Smèagol! >>, << Tiralo fuori! Dai, dai, dai! Tiralo fuori! >> disse Smèagol contento della preda acchiappata dal suo amico che non resse la lenza e venne trascinato giù nell' acqua dal pesce. L' altro suo amico, Smèagol, cadde all' indietro nella barca e non si ritrovò più il corpo del suo amico, notando solo il suo cappello galleggiante nell' acqua: << Dèagol! >> lo richiamò Smèagol.

Il suo amico Dèagol non mollava la canna da pesca che veniva tirata dal pesce con tutta la forza della sua bocca. Dèagol era nel fondale di quel lago e mollò la presa della canna quando non riuscì più a trattenere il fiato. Improvvisamente, Dèagol sgranò gli occhi mirando a una cosa che rispecchiava nelle sue pupille. Vide un anello semisotterrato dalla sabbia che lo attraeva. Dèagol si ricordò che non aveva le branchie e afferrò a mano piena la parte di sabbia in cui era depositato l' anello, e risalì in superficie. Dèagol buttò giù tutto il fiato che aveva trattenuto dall' apnea che fece, aggrappandosi ad una costa erbosa del lago più avanti. Smèagol lo notò che si salvava in quella costa, decidendo di andargli incontro con la barca. Dèagol si rimise in piedi, tossendo acqua che aveva ingoiato nel momento in cui risaliva su. L' ometto era a piedi scalzi sull' erba ed era fradicio dalla testa ai piedi. Osservava il cielo coperto dalle foglie degli alberi in alto e il suo sguardo ricadde sull' oggetto che raccolse nel lago. Dèagol guardava a bocca aperta l' anello ricoperto dalla terra bagnata nella sua mano e sfiorandolo con le dita; il ragazzo sorrise, ipnotizzato dal materiale cui circondava l' anello: << Dèagol! Dèagol! >> alle spalle gli giunse Smèagol, affaticato dalla corsa per vedere come stava il suo amico.

Smèagol si poggiò scon una mano alla spalla di Dèagol e curiosando cosa stesse guardando il suo amico. Anche Smèagol sgranò gli occhi dall' oggetto nel palmo di Dèagol, e anche lui ne fu attratto, assumendo un' espressione maligna al continuo sfiorare in modo concentrico l' anello da parte di Dèagol: << Dallo a noi, Dèagol, mio caro >> gli disse Smèagol bisbigliando all' orecchio. Dèagol al sentire della sua voce, richiuse la mano, coprendo l' anello. Questi si girò verso Smèagol: << Perchè? >> chiese con un sorrisino beffardo. Smèagol gli mise la sua mano intorno alla spalla: << Perchè è il mio compleanno e lo voglio >> rispose Smèagol tenendo la sua testa poggiata a quella di Dèagol e sorridendo allo strano anello. Con uno scatto Smèagol tirò in avanti la sua mano per prendere l' anello, ma questo venne ritirato dallo stesso Dèagol che voleva impedire al suo amico di prendersi l' oggetto. I due si misero faccia a faccia con Smèagol che tentava di allungare sempre le mani per recuperare l' oggetto prezioso. Entrambi si sorrisero malignamente posseduti dall' anello. Quell' armonia che vi era stata tra i due amici, ora si trasformava in un litigio serio. Smèagol girava su Dèagol non staccandosi gli occhi di dosso, e infine Smèagol allungò di nuovo la mano, afferrando quella del suo amico e cercava di aprirgliela. I due rimasero nella lotta con uno che tentava a tutti i costi di non permettere all' altro di prendersi l' anello.

Dèagol mise le mani in faccia a Smèagol per respingerlo da lui, ma reagì morsicandogli la mano che usò per coprirgli la faccia. Dèagol cercò di scappare ma venne atterrato dal suo amico e l' anello cadde distante dai due combattenti che strisciavano su di loro per avvicinarsi il più possibile all' oggetto d' oro. Ebbe la meglio Dèagol che si levò di dosso di Smèagol e riafferrò a terra l' anello, prima di impartire un altro scontro con Smèagol. I due si guardarono con aria di sfida e Dèagol afferrò brutalmente Smèagol al collo, stringendo la presa. Smèagol si liberò delle mani di Dèagol e afferrò quest' ultimo al collo, buttandolo a terra con tutto il suo peso. Ora era Dèagol a lottare per la sua vita, ma le braccia di Smèagol erano troppo lunghe perchè lui raggiungesse la faccia per cavargli gli occhi. Dèagol non riusciva a liberarsi, sentendo sempre di più la pressione sulla gola delle mani dell' amico e si accorse che le forze gli mancavano quando si dimenava sempre di meno. Dèagol spalancò gli occhi, diventando sempre di più bianco e guardando in faccia colui che lo stava per uccidere, tentando un ultimo slancio delle mani verso la faccia di Smèagol. Dèagol smise di muovere le gambe, e le braccia gli caddero vicino al viso pallido. Smèagol smise di agitarsi nel strozzare il suo amico e lentamente allentò le sue mani sul suo collo.

Smèagol si accorse che il suo amico non respirava più: Dèagol era morto. I capelli di Smèagol caddero negli occhi dello stesso dalla troppa foga nel duello, e ora guardava la carcassa immobile del suo più caro amico, Dèagol. Ma non versò lacrime per lui perchè era troppo attratto dall' anello trovato nel lago. Smèagol aprì la mano di Dèagol che racchiudeva l' anello, e che il sudore su di essa aveva fatto asciugare la terra bagnata che avvolgeva l' artefatto. Smèagol lo prese, tremando con le mani di un assassino; ma fu felice di essersi ripreso il suo oro: << Il mio... Tessoro! >> disse infilandoselo al dito e sparendo dalla circolazione. Dopo un po' di tempo, Smèagol divenne pallido in volto e nella pelle. Si accasciò nella fredda roccia, emettendo lamenti di pianto insistito e di dolore. I denti divennero color carbone e ne perdeva in continuazione, così come i capelli, forse per una vecchiaia accelerata? Le sue unghie divennero nere e incarnite sia nei piedi che nelle mani. Una voce gli risuonava in testa: << Ci hanno maledetti! Assassino! >>, << “Assassino”... >> ripetè Smèagol dondolandosi avanti e indietro accovacciato all' interno di una grotta. Di nuovo la voce riprese: << ...ci hanno chiamati. Ci hanno maledetti e cacciati via >> Smèagol smise di mordersi un dito e riguardò all' anello. D' un tratto Smèagol emetteva conati di vomito dalla possessione dell' anello, dicendo: << Gollum! Gollum! Gollum! >> si tenne la gola. Gli raschiava terribilmente da quello che stava per diventare.

Passò dell' altro tempo e i suoi capelli si fecero grigi fino a che non li perse, lasciandone alcuni sottili nella sua zucca pelata. Si addentrò sempre più nella grotta in cui era, mettendosi le mani in testa e vedendosi consumata la carne, lasciando la pelle che dava le forme delle ossa del corpo: << E abbiamo pianto, Tessoro... Perchè eravamo tanto soli >> la voce risuonava ancora più fastidiosa e perfida. Lo scheletrico Smèagol avvistò nelle acque della grotta un pesce che teneva in mira con una mano aperta. Ora si cacciava i pesci a mani nude: stava diventando a poco a poco un cavernicolo. I vestiti erano ormai a brandelli. Egli afferrò il pesce, era un pesce gatto che si apprestava a mangiare ancora vivo, senza averlo affettato. La saliva dalla bocca di Smèagol schizzava quando la aprì per addentare quel pesce che boccheggiava in assenza di acqua. Adesso cantava pure le canzoni prima di ingoiarsi le sue prede: << Che freddo stagno per fare un bagno, polposo, sì! Se mi riesce io cerco un pesce. Polposo, sì! >> si mangiò lentamente quel pesce pescato vivo e masticò, assaporandoselo, il pezzo strappato via con i pochi denti che gli erano rimasti. Passarono altri giorni e il volto di Smèagol si gonfiò in quelli che sembravano grandi bruffoli rossi che gli schiacciavano le sagome della sua faccia.

Smèagol passò così ad andare da una caverna all' altra, disabilitandosi nel camminare in piedi e iniziando a gattonare come i bambini appena nati, a tal punto di assomigliare molto a loro. La pelle assunse un colore verdignolo, mentre la voce di Gollum diceva sempre a ogni passo che faceva Smèagol per nascondersi nella grotta: << E abbiamo dimenticato il sapore del pane... Il rumore degli alberi... La delicatezza del vento... Abbiamo dimenticato il nostro nome >> Smèagol ebbe le orbite degli occhi fuori dalla loro posizione normale, e i vestiti si ridussero a una specie di mutandina usata dagli uomini primitivi. L' azzurro immenso dei suoi occhioni si posava sull' unica cosa preziosa che gli era rimasta: << Il mio Tessoro! >> esclamò circondato dall' ombra del suo nuovo habitat, rendendolo la creatura che è ora.

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Capitolo 2
*** Episodio 163: In viaggio sino al Crocevia ***


Cinquecento anni dopo gli eventi che hanno assoggettato Gollum, Li e Sakura stavano intraprendendo un viaggio insieme a lui che si sarebbe concluso con la distruzione dell' anello una volta per tutte. Si erano accampati all' interno di un cunicolo per dormire la notte. Il sole era poco luminoso in cielo per via delle nuvole nere create dal Monte Fato che sovrastavano nella zona in cui erano i due ragazzini. Li stava ancora dormendo, mentre Sakura sembrava essersi svegliata da molto; aveva lo sguardo fisso davanti a lei ed era agitata: si toccava il collo come se non riuscisse a levarsi un prurito fastidioso da lì. Nella sua testa le raggiunse l' idea di osservare ancora l' anello che aveva appeso al collo. Annotando di non essere vista da nessuno, si sbottonò la parte superiore della sua camicia, tirando fuori l' oggetto che rendeva schiava qualsiasi persona e se lo portò all' altezza degli occhi, gustandosi tutto il suo oro luccicante ancora una volta. Improvvisamente, Sakura sentì la voce affannata di Gollum che si avvicinava e si rimise dentro la maglietta il sacro anello: << Sveglia! >> disse Gollum a testa in giù dalla sommità della grotta e scendendo verso i suoi due accompagnatori per svegliarli: << Sveglia, su! Sveglia, dormiglioni! Dobbiamo andare, si. Dobbiamo andare subito >> disse la creatura scuotendo solo il cinesino addormentato.

Li si svegliò dalla voce fredda di Gollum, guardandolo mentre si allontanava con disprezzo e con aria infastidita per il brusco risveglio. Poi il ragazzo si girò verso Sakura, osservando in lei un' aria sconvolta: << Non hai dormito, Sakura? >> e gli rispose muovendo leggeremente la testa a destra e a sinistra, rannicchiata su sé stessa: << Io, invece, anche troppo >> disse Li togliendosi di dosso il mantello elfico usato come coperta quella notte e alzandosi: << Dev' essere tardi >> aggiunse scrutando il cielo coperto dalle nuvole: << No. Non è tardi >> gli rispose Sakura da dietro: << Non è nemmeno mezzodì. Si fanno più buie le giornate >>, << Come fai a dire che è presto? >> le chiese curiosamente Li: << Quelle non sono nuvole qualsiasi. Sono nuvole create apposta per queste terre >> rispose ancora la ragazzina: << E chi vivrebbe nell' ombra in un posto del genere? >> chiese Li: << Non ne ho idea... >>. La terra sotto i loro piedi cominciò a tremare violentemente. Li non riusciva a reggersi in piedi dal disequilibrio che gli provocò quel terremoto. Gollum era appostato su una collina più avanti e notò che il Monte Fato ora si faceva sentire di più, essendo molto vicini dalle sue parti. La creatura scese dalla collina avvertendo i due: << Forza! Dobbiamo andare. Non c'è tempo! >>, << No, prima Sakura deve mangiare qualcosa >> gli disse Li alla creatura che osservava nei dintorni quanto ci avrebbero messo a raggiungere il vulcano.

Ma Gollum insisteva: << Non c'è tempo da perdere, sciocco! >> e il cinesino non lo ascoltò. Prese dal suo zaino il pane datogli dagli Elfi di Lòrien e lo diede a Sakura intero: << Ecco... Tieni >> disse Li allungando il pane alla sua amata che lo prese per scartarlo dall' avvolgimento della foglia in cui era protetto: << Non mangi tu? >> chiese Sakura: << Oh, no, non ho fame. Tanto meno di Pan di Via >> rispose Li evitando ulteriori sprechi del cibo elfico. Ma Sakura insistette che anche lui doveva ricaricarsi: << Li... >> << E va bene... Non ce ne rimane molto. Dobbiamo stare attenti, o ci ritroveremo senza >> disse il ragazzo sbuffando all' insistenza della ragazza, prendendo un pezzo di pane. I due si guardarono negli occhi, assaporando la delicatezza del cibo. Poi Sakura si fece seria: << Ho paura... >> disse la cattura carte. Li si bloccò nel mangiare il pezzo di pane: << Sai che io sarò sempre con te, qualunque cosa ti succede >> le ripetè la sua regola in protezione della ragazza: << Lo so... Ma è che... >> balbettò Sakura: << Tutto quello che è successo non si può dimenticare, Li. Le nostre cicatrici rimarrano per sempre nei nostri cuori >> << E questo è un bene! >> disse il cinese: << Cosa? Che vuoi dire? >> chiese spiegazione Sakura: << Questo ci aiuterà a farci crescere nel tempo, e grazie a questa esperienza potremmo renderci conto che il nostro legame sarà ogni giorno ancora più forte >> e si avvicinò tenendo le sue mani sulle guance di Sakura.

La ragazzina riprese con il buon umore, non aspettandosi un ennesimo incoraggiamento da parte del suo Li: era proprio la persona giusta per lei, e non aveva intenzione di staccarsi da lui neanche per il minimo litigio. Sakura tolse delicatamente le mani del ragazzo sulla sua faccia, annuendo alle parole udite: << Tu sai sempre come farmi tornare il coraggio >> disse con un sorriso a Li: << Se siamo uniti potremmo affrontare qualsiasi ostacolo, e dovranno inventarsi qualcosa per staccarci del tutto! >> esclamò coraggiosamente il cinesino: << Io penso che sia una delle tue doti. Per questo mi sono innamorata di te >> Sakura si lasciò andare in quell' atmosfera creata da Li, per complimentarsi con il suo ragazzo dell' atteggiamento di una persona fedele: << Se solo tutti fossero come te! >> << Allora sai che noia! >> disse scherzosamente il cinese: << Dai, io non stavo scherzando, dicevo sul serio >> lo rimproverò Sakura dandogli una spinta sulla spalla e ricomponendosi per mangiare: << Tu stai già per finire il tuo pane e io non l' ho manco iniziato! >> si accorse Li del suo cibo ancora in mano, ridendo insieme a Sakura: << Vuoi che ti aspetti? >> le chiese: << No, non c'è problema >> rispose lui e Sakura addentò di fretta il suo pane per sbrigarsi a seguire Gollum. La ragazza ogni tanto si fermava nel guardare Li, non convinta della sua risposta.

Ma il ragazzo le intimò ancora: << Su, mangia, Sakura. Bisogna razionarlo adesso. Sicuramente basterà >> disse Li riponendo il resto del pane sul suo zaino. Sakura chiese: << Per cosa basterà? >> il ragazzo la guardò, adesso seriamente, sperando che anche lei sapesse quello che lui intendeva dire: << Il viaggio di ritorno >> rispose lui. Sakura si fermò nel mangiare, scioccata da un possibile rientro a casa, completamente dimenticata in quella zona in cui erano. La ragazza le tornò in mente Tomoeda che non la vedevano da molti mesi; le venne in mente il compleanno suo e dei suoi altri amici in viaggio, non sapendo che giorno fosse. Si sentì improvvisamente confusa e triste allo stesso momento, e gli occhi verdi si riempirono d' acqua. Le labbra di Sakura tremarono, pronta a scoppiare in un fragoroso pianto. Li la guardava con dispiacere, ma invece Sakura si passò il dorso del suo braccio sugli occhi, impedendo alle lacrime che scendessero. I due ragazzini finirono di mangiare e ripresero a seguire Gollum: << Venite, ragazzi. Molto vicini, ora... >> diceva infidamente la creatura mentre Li dava un ultimo sguardo indietro, pensando che tutto ciò che si erano lasciati alle spalle non l' avrebbero più rivisto: << Molto vicini a Mordor. Luoghi non sicuri qui. Presto! Shhh! >> continuò Gollum camminando con la solita andatura e guidando i due giovani. Più avanti del gruppo si sovrastavano nel sentiero alte colline rocciose e ancora avanti un nugolo nero che copriva una montagna sulla cima.

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Capitolo 3
*** Episodio 164: La strada per Isengard ***


Thèoden insieme a Kerochan e gli altri attraversarono la foresta di Fangorn per arrivare a Isengard più velocemente. Tutti a cavallo andavano a passo lento, facendo cautela a non disturbare gli alberi che ora poterono riposare senza alcun attacco futuro di altri nemici. La forza degli Ent si era vista in occasione della fuga degli Uruk-hai dal Fosso di Helm per rifugiarsi in quegli alberi. Toy, Gimli e Yuè non videro resti di corpi di orchi nelle vicinanze, essendo stati completamente spazzati via e schiacciati dagli abitanti della foresta. Altri brontolii si sentirono. Ma erano solo il ronfare sereno degli arbusti che ora parevano immobili. Nessuno, neanche Kerochan, poteva credere che quegli alberi, all' apparenza innocui, potessero animarsi e scatenarsi con tanta furia contro i loro nemici. Tutti i passanti osservarono nel silenzio quella leggendaria foresta di Fangorn prima di notare uno spiraglio di luce che conduceva all' entrata diretta a Isengard. Il paesaggio che si presentava oltre Fangorn era una Isengard devastata. Una breccia vi era nel muro difensivo, dove erano passati gli Ent per invadere intorno alla fortezza di Orthanc che ora erano poggiati ad essa.

Meiling e Tomoyo erano sopra il muro caduto, parlando del più e del meno: << Hai visto la faccia che ha fatto quando ci ha sorprese nella dispensa? Ah ah ah ah! >> disse Meiling con una pianta di mais alla bocca come se fosse un contadino: << Oh, sì! Era indimenticabile, eh eh eh! >> rispose Tomoyo al suo fianco: << Le due paladine Entesi ci chiameremo! >> propose Meiling ridendo e masticando la piantina. Anche Tomoyo rise alla battuta, stiracchiandosi e muovendo le gambe a penzoloni sedute sul muretto: << E' come se mi trovassi alla bottega dei Peluches >> << Hm! La bottega dei Peluches? >> chiese Meiling sdraiata sul marmo: << Con una bella amica al mio fianco e seduta su un' alta sedia, dopo una lunga giornata di lavoro >> disse Tomoyo: << Solo che non hai mai fatto una lunga giornata di lavoro >> ribattè Meiling togliendosi per un attimo la pianta di mais dalla bocca: << Oh! Hai ragione eh eh eh eh eh! >> rise Tomoyo guardando in avanti. Lo sguardo delle due si fermò sulla foresta davanti a loro, aprendo la bocca e sorridendo alle persone che ne uscirono. Kerochan, Toy, Yuè e Gimli scorsero su un muro le loro due ragazzine, finalmente ritrovate dopo tanto tempo, accompagnati da altre persone del tutto sconosciute alle amiche. Queste furono colte dalla gioia, agitando le loro mani in aria alla vista dei loro migliori amici: << Benvenuti, miei signori, a Isengard! >> esclamò Meiling mettendosi in piedi sul muro e indicando la fortezza di Saruman.

Tutti si fermarono contenti nel rivederle, ma Gimli da dietro a Yuè a cavallo iniziò a lamentarsi con le disavventure che le due avevano portato a loro: << Voi, piccole canaglie! Ci avete spinti a una bella caccia, e ora vi troviamo a... Blaterare e... A ridere! >> Toy sorrise ad un' ennesima scena del Nano insieme a Yuè: << Siamo sedute sul campo della vittoria, e abbiamo raggruppato in una sacca le proviste recuperate >> disse Tomoyo a Gimli. Meiling gli fece una linguaccia beffarda: << Il maiale salato dev' essere particolarmente buono >> aggiunse di nuovo Tomoyo per far venire l' acquolina al Nano: << Il maiale salato? >> ripetè Gimli alla sua pietanza preferita: << Hm... Ragazzine! >> commentò Kerochan alla sfacciataggine delle due: << Siamo agli ordini di Barbalbero, che governa d' ora in avanti Isengard! >> annunciò Meiling. Le due amiche fecero la conoscenza con i nuovi membri del gruppo e si sedettero a cavallo. Meiling si sedette dietro Eomer e Tomoyo dietro Toy. Il gruppo di amici camminava verso la fortezza di Orthanc per parlare con lo stregone sconfitto. Alla base della torre vi era Barbalbero che riconobbe Kerochan: << Giovane mastro Kerochan, sono contento che tu sia qui. Legno e acqua, tronchi e pietre, li posso dominare, ma qui c'è un mago con cui avere a che fare, chiuso in questa Torre >> disse l' Ent ai nuovi guerrieri a cavallo: << Mostra il tuo viso >> intimò Toy a far uscire Saruman allo scoperto.

Kerochan lo avvisò: << Fà attenzione. Anche nella sconfitta, Saruman è pericoloso >> << Prendiamoci la sua testa e facciamola finita! >> sbottò Gimli per evitare di perdere altro tempo: << No! >> tuonò di nuovo Kerochan: << Ci occorre vivo. Ci occorre che parli >> Eomer fissò la tigre bianca come se volesse risparmiare Saruman. Ci fu un breve silenzio, poi si sentì una voce chiara e intensa provenire dalla cima della torre: << Hai combattuto molte guerre e sconfitto molti nemici, Re Thèoden, e dopo hai ristabilito la pace >> era Saruman che si sporse dalla sommità, appoggiato sul suo bastone che sembrava divertirsi dall' alto della sua fortezza con le sue parole di una lieve vittoria in cuore: << Non possiamo discuterne assieme come facemmo in passato, mio vecchio amico? Non può esservi pace tra me e te? >> Re Thèoden ascoltò con rabbia lo stregone e rispondendo seccamente: << Tra noi vi sarà pace... >> poi guardò con disprezzo a Saruman: << Tra noi vi sarà pace, quando tu risponderai dell' incendio dell' Ovestfalda, e dei bambini che giacciono morti lì! >> disse con rabbia al terrore che era stato seminato nelle sue terre: << Tra noi vi sarà pace, quando la vita dei soldati, fatti a pezzi nonostante giacessero morti davanti alle porte del Trombatorrione, sarà vendicata! Quando penzolerai da una forca per lo spasso dei tuoi stessi corvi, tra noi vi sarà pace! >> concluse augurando morte certa al suo rivale.

Tutti si voltarono per sentire la risposta di Saruman, che si fece noncurante delle minacce di Thèoden: << Forche e cornacchie... Rimbambito! >> insultò al Re di Rohan lo stregone bianco, prendendo parola con Kerochan: << Cosa vuoi, Kerochan il Saggio, lasciami indovinare: la chiave di Orthanc? O magari le chiavi di Barad-dùr stessa? Insieme alle corone dei Sette Re e ai bastoni dei Cinque Stregoni? >> << Il tuo tradimento è già costato molte vite. Altre migliaia sono ora a rischio >> rispose la tigre bianca allo stregone illuminato dal sole alto: << Ma tu puoi salvarle, Saruman. Tu eri addentro ai disegni del nemico >> disse Kerochan nel farsi estorcere indizi sul piano dell' Oscuro Signore. Saruman rispose con un ghigno sulla faccia: << Così sei venuto qui per informazioni. Ne ho alcune per te >> e tirò fuori davanti a sé il Palantir, la sfera nera che vide Kerochan al momento del suo primo scontro con Saruman. Kerochan rimase attento a ciò che lo stregone bianco stava leggendo nel Palantir. Saruman vide nella sfera veggente il territorio di Mordor con l' Occhio vigile: << Qualcosa di purulento cresce nel cuore della Terra di Mezzo. Qualcosa che è sfuggito alla tua vista. Ma il Grande Occhio lo ha veduto... >> Saruman rimise tra le sue vesti bianche il Palantir: << Perfino ora lui aumenta il suo vantaggio >> Kerochan si avvicinò ancora più alla torre, sotto la direzione di Saruman, per ascoltare la sua grande voce che giungeva fino a loro: << Il suo attacco avverrà presto. Tutti voi perirete >> annunciava la sentenza ai suoi nemici lo stregone.

Meiling ebbe paura a ciò che anticipava in futuro Saruman, riguardo il potere crescente del Signore Oscuro. Lo stregone riprese: << Ma tu questo lo sai, dico bene Kerochan? Non puoi pensare che questo ragazzo si siederà mai sul trono di Gondor. Questo verme strisciato fuori dal nulla non sarà mai incoronato Re >> Toy adesso guardava a Saruman con tono di sfida: << Kerochan non esita a sacrificare quelli più vicini a lui, quelli che egli professa di amare. Dimmi, quali parole confortanti hai avuto per la ragazzina prima di spedirla alla sua rovina? >> chiese stuzzicamente Saruman sull' atteggiamento di Kerochan nel lasciare andare così in pasto al lupo i suoi più cari amici, noncurandosi delle conseguenze. Quelli che erano indietro alla tigre bianca, ora la guardavano confusi, ma non avrebbero mai pensato che Kerochan mandasse uno di loro in pericolo. Il Guardiano ripensò a Sakura e alle insidie che doveva affrontare prima di arrivare a Mordor: << La strada sulla quale l' hai posta, può portare solo alla sua fine >> disse Saruman: << Ho sentito abbastanza! Finiscilo con una freccia nel becco >> intimò Gimli a Yuè per fare star zitto il mago nella torre. Yuè fece un gesto con le mani per creare l' arco magico, ma si intromise ancora Kerochan che fermò il Giudice prima che creasse la freccia: << No! Vieni giù, Saruman, e la tua vita sarà risparmiata >> decise di parlare serenamente con lo stregone.

Ma questi era del tutto contrario alla proposta della tigre: << Conserva pietà e compassione, non so che farmene! Ah! >> e Saruman lanciò dalla coda del suo bastone una palla di fuoco verso Kerochan, colpendolo in pieno. Il fuoco ora avvolgeva la tigre: << Oh, no, Kero! >> esclamò Tomoyo da dietro. I cavalli degli amici indietreggiarono e si coprirono la faccia dall' immenso calore che veniva dal fuoco. Le fiamme si dissolsero e comparve di nuovo Kerochan, intatto da qualsiasi bruciatura, lo sguardo fermo rivolto a Saruman che rimase sorpreso dall' incolumità del Guardiano: << Saruman. Il tuo bastone è rotto! >> disse Kerochan allo stregone dal potere inferiore a quello della tigre. Il bastone di Saruman esplose in mille pezzi nella mano di Saruman, e mostrò un' espressione digrignata al fallimento della sua magia. Da dietro Saruman comparve Grima Vermilinguo, salito per assistere alla scena. Ma nel volto dell' uomo pallido si tinse una faccia dispiaciuta. Thèoden nel vederlo un' altra volta, lasciò da parte i suoi rancori con Grima, decidendo che doveva abbandonare Saruman: << Grima, non sei obbligato a seguirlo >> gli diceva Thèoden: << Non sei sempre stato come sei ora. Una volta eri un uomo di Rohan. Scendi >> gli ordinò all' uomo. Saruman non riusciva a credere che i suoi poteri lo stavano abbandonando, e notò un senso di superiorità nella voce di Thèoden che sembrava che Grima desse retta solo a lui. Grima fece per scendere: << Un uomo di Rohan? >> ma si fermò alle parole di Saruman che schernì a Thèoden adesso: << Cos'è la casa di Rohan, se non una stalla di paglia dove i briganti bevono nel fetore e i loro marmocchi si rotolano per terra insieme ai cani? La vittoria al Fosso di Helm non appartiene a te, Thèoden Signore dei Cavalli. Tu sei il figlio minore dei più grandi Re >> gli ricordò al Re di Rohan del suo basso ruolo nell' ultima battaglia.

Thèoden non diede peso a quelle parole, convincendosi che ormai Saruman era un uomo senza magia. Incrociò di nuovo lo sguardo di Grima, ripetendogli l' ordine: << Grima, vieni giù. Liberati di lui >> << Libero?! Lui non sarà mai libero >> sbottò Saruman. E fu in questo momento che Grima si oppose: << No... >> << A terra, carogna! >> lo insultò ancora Saruman essendo suo schiavo e gli mollò uno schiaffo in piena faccia. Il povero Grima cadde all' indietro: << Saruman! Tu eri addentro ai disegni del nemico, dicci quello che sai >> insistette ancora Kerochan. Saruman si voltò di nuovo da loro, non aspettandosi mai un gesto ribelle di Grima nei suoi confronti. L' uomo pallido estraò un pugnale, pronto a uccidere per sempre il suo dittatore mentre era impegnato a risolvere la questione: << Ritirate le vostre guardie, e io vi diro dove il vostro destino verrà deciso. Non sarò tenuto prigioniero qui! >> ma venne bloccato dall' uomo che aveva appena colpito che gli salì alle spalle con faccia digrignata e che colpì ripetutamente alla schiena lo stesso stregone con il pugnale. Saruman si immobilizzò al sentire la lama del coltello più volte nella sua schiena. Tutti da sotto rimasero inermi a guardare la scena che si consumava. Ma Yuè ebbe il tempo di scagliare una sua freccia magica verso l' alto della torre, colpendo Grima in pieno petto.

L' uomo pallido trasalì essendo stato raggiunto dalla freccia magica di Yuè, e lentamente lasciò il pugnale che rimase attaccato alla schiena dello stregone morente. Thèoden guardò un' ultima volta il suo vecchio compagno di Rohan, prima che questi si accasciasse al suolo della torre privo di vita con la freccia magica che sparì dal suo petto. Saruman si mise di spalle, esalando un ultimo respiro prima di lasciarsi cadere dalla sua torre. Il corpo del mago volò in aria dalla grande altezza della torre, per poi finire trafitto su una delle pale appuntite di uno dei suoi mulini. Meiling si mise una mano alla bocca per strozzare un lieve urlo alla macabra fine dello stregone di Isengard, mentre Tomoyo spalancò la bocca anche lei scioccata dietro Toy. Thèoden indietreggiò con il cavallo: << Invia messaggi a tutti i nostri alleati e ad ogni angolo della Terra di Mezzo ancora libero. Il Nemico si muove contro di noi, dobbiamo sapere dove colpirà >> avvisò Kerochan a Thèoden di preparare in ogni caso i suoi eserciti contro Sauron. Il mulino su cui era finito il corpo di Saruman cominciò a muoversi verso il basso. Sulla bocca del mago usciva del sangue, e dalla sua tasca scivolò nell' acqua il suo Palantir che si poggiò sul fondo con pesantezza.

Il mulino continuò a scendere per poi far sparire completamente il corpo di Saruman dalla vista di tutti nell' acqua, immergendolo. Il mulino si fermò lasciando il corpo dello stregone sott' acqua: << L' indecenza di Saruman si sta dissolvendo >> disse Barbalbero. Saruman era morto in un modo atroce, portandosi con sé tutto il suo male che provocò nella Terra di Mezzo. Tomoyo vide il Palantir cadere dalle vesti di Saruman, e che ora illuminava il fondale. La ragazzina lo osservò incantata: << Gli alberi torneranno a vivere qui. Alberi giovani. Alberi selvatici >> disse Barbalbero mentre Tomoyo scese da cavallo per raccogliere la sfera nera: << Tomoyo! >> cercò di richiamarla Toy, ma la ragazza continuò in quello che stava per fare; fece emergere il Palantir, e lo osservò con incanto: << Per la mia corteccia! >> esclamò Barbalbero all' oggetto trovato dalla ragazzina: << Tomoyo Daidouji! >> la chiamò Kerochan con voce imperativa. Tomoyo si girò verso di lui: << Lo prendo io, amica mia. Su, presto! >> ordinò alla ragazza di consegnargli subito il Palantir. Questa non obiettò e Kerochan decise di farlo pulire a Toy dall' acqua, per poi farlo tenere al ragazzo in custodia. La tigre lanciò un' occhiata d' avviso a Tomoyo che tolse subito lo sguardo dagli occhi di Kerochan, e intuì che il Guardiano l' aveva notata con un' espressione furbesca nel guardare il Palantir.

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Capitolo 4
*** Episodio 165: Ritorno a Edoras ***


Gli amici, sopratutto Meiling e Tomoyo, si salutarono per sempre con Barbalbero, ora a capo del regno di Isengard e fecero la strada per rientrare a Edoras. Si affrettarono nel raggiungere la collina che racchiudeva il villaggio di Thèoden. Quella notte ci sarebbe stata una gran festa al palazzo di Meduseld alla vittoria sulle forze di Isengard al Fosso di Helm. La gente era rientrata nelle sue rispettive case come ordinato da Thèoden a Eowyn. La nipote del Re li aspettava come sempre fuori dal palazzo d' oro. L' intera popolazione accolse con gioia i suoi salvatori al loro rientro. Thèoden aveva così vendicato suo figlio Thèodred dall' attacco degli orchi di Saruman e tutti i suoi soldati caduti nella battaglia al Fosso. Prima di rientrare al villaggio si fermò sulla tomba di suo figlio per ringraziarlo della protezione dall' alto che ha dato a suo padre. A Edoras continuò a soffiare vento, ma era un vento di vittoria. Scese la notte e i cavalieri di Rohan che avevano partecipato alla battaglia affianco al Re si riunirono per festeggiare al palazzo, insieme ai cittadini. Eowyn porse un calice di vino a suo zio che era in piedi davanti al suo trono per dare l' annuncio dell' inizio della festa. Tutti i guerrieri in sala si alzarono dalle panchine dopo che Toy lo fece per primo, ereggendo i loro bicchieri di birra.

Thèoden iniziò nel suo discorso, affiancato da Eomer, suo nipote: << Stasera ricordiamo chi ha versato il proprio sangue per difendere questo Paese. A voi, morti vittoriosi! >> << A voi! >> gridarono in coro i Rohirrim e gli abitanti per poi bere i boccali di birra, seguiti dopo anche da Toy. La festa proseguì nel salone della dimora di Thèoden: c' erano continui via vai di barili pronti a riempire di birra altri bicchieri vuoti di soldati vincenti. Le persone si misero a parlare con i soldati della battaglia vinta all' ultimo al Fosso di Helm e della tensione che era sparsa in tutti loro, facendo anche battute di buon gusto per alleviare i dolori subiti. Eomer si mise a riempire due bicchieri di birra da dare ai due sfidanti della serata sul bere, cioè Yuè e Gimli: << Nessuna pausa. Nessun versamento >> disse il nipote del Re porgendo i boccali ai due: << E... nessun rigurgito >> commentò il Nano. Gli uomini intorno ai due risero essendo ubriachi e per divertirsi alla sfida: << Allora è la gara del bere? >> chiese Yuè: << L' ultimo in piedi vince. Ah ah ah ah ah! >> aggiunse Gimli iniziando a bere d' un fiato il suo primo boccale. I soldati brindarono tra di loro per dare l' avvio alla gara: << A cosa beviamo? >> << Alla vittoria! >> si dissero due soldati.

Yuè poggiò il suo naso al suo bicchiere, lentamente fece scendere i litri del liquido che gli era stato dato per poi tentare di vincere la gara sul Nano. Eowyn cercò Toy per porgergli un calice di birra, in segno di vittoria e di riconoscimento. Il ragazzo sbucò da un gruppo di soldati, incrociando lo sguardo della giovane. Eowyn allungò le mani che tenevano il calice verso Toy, offrendogli la bevanda con una frase detta nel linguaggio di Rohan. Toy prese il calice e bevve da esso senza mai staccare gli occhi su Eowyn. Abbassò il calice una volta che finì con il primo sorso, guardando la bella donna che gli rivolgeva un sorriso armonioso. Toy capì dall' espressione della fanciulla un senso di forte amicizia, anzi forse qualcosa che andava oltre, e abbassò la testa. Eowyn sorrise di meno e Toy la guardò in silenzio per non dirle a chi erano rivolti i suoi sentimenti, e la lasciò. Giunse Thèoden da Eowyn, anche lui aveva assistito alla breve scena tra loro: << Sono felice per te. E' un uomo d' onore >> disse il Re a sua nipote sorridente come non l' aveva mai vista prima rivolgere i suoi occhi al giovane Toy: << Siete entrambi uomini d' onore >> rispose la donna: << Non è stato Thèoden di Rohan a condurre il suo popolo alla vittoria... >> comunicò questo a Eowyn ricordandosi delle parole di Saruman che lo rimproveravano sul suo merito errato nella vittoria al Fosso.

Ma ciò lo dicevano che era vero anche i fatti. Eowyn guardò confusa suo zio: << Ah... Non darmi ascolto >> aggiunse infine Thèoden a una faccia della nipote non adatta in tutto quel divertimento: << Sei giovane. E la serata è per te >> la rassicurò facendola tornare serena. La gara della birra andò avanti e Gimli aveva consumato molti bicchieri al suo fianco, così come Yuè, ed ora erano alla pari. Presero un altro bicchiere, ma prima di continuare a bere, Gimli si alzò un istante per far uscire aria dal suo stomaco ed Eomer lo guardò con disgusto all' odore che fece uscire il Nano da dietro: << Ah ah ah ah ah >> se la rise Gimli afferrando di nuovo il bicchiere mentre Yuè continuava a bere con calma: << Sono i Nani che vanno a nuotare con le donnine pelose! Ah ah ah ah ah >> e ne seguì un suo rutto. Yuè smise di bere, al contrario di Gimli che volle continuare ad un passo dall' essere ubriaco. O forse lo era già?: << Sento qualcosa >> avvisò Yuè guardandosi le dita. Eomer lo osservò con stupore: << Un lieve formicolìo alle dita. Credo che mi stia facendo effetto >> si preoccupò il Giudice ai sintomi che sentiva alla mano. Gimli poggiò il suo ultimo bicchiere, diventato ormai sbronzo: << Eh, eh. Che vi avevo detto? Lui non sa reggere l' alcol >> gli occhi del Nano si fecero storti. Gimli si fece cadere con la testa all' indietro e roteando gli occhi in su con la barba sporca di schiuma di birra. Si accasciò sul pavimento, svenendo dalla troppa birra ingerita. Yuè potè quindi decretare il vincitore: << Gara finita >> essendo rimasto lui l' ultimo a stare in piedi.

Meiling e Tomoyo si diedero all' esibizione come fecero al bar di Tomoeda, saltellando sopra ad un tavolo e cantando, battendo i piedi tra loro: << Oh, gira qua e là, e prosciuga la città >> nel muoversi nel bancone in legno, davano calci ai bicchieri che vi erano sul tavolo in cui loro ballavano, mentre gli uomini intorno a loro se la ridevano dalla simpatia: << Ma cibi in abbondanza mai gusterai come quelli che da noi troverai, come quelli che da noi troverai! >> le due ragazze improvvisarono ad un balletto a braccetto: << Se volete le gran marche, le troverete a tonnellate! Ma onesti, su, non cercate più... >> Kerochan si era intanto rimesso nella sua forma di piccolo orsacchiotto. E svolazzava nel vedere lo spettacolo che davano Meiling e Tomoyo, ridendosela anche lui. Tomoyo e Meiling si staccarono dal balletto, per un attimo danzarono singolarmente. Tomoyo vide la faccina piccola di Kerochan, vedendo in lui il suo sguardo d' avviso che la faceva tenere lontano dal Palantir che lei raccolse. La ragazzina si bloccò nell' incrociare la severità nel Guardiano anche se ora era in piccole dimensioni: << Tomoyo! >> la richiamò Meiling per finire la canzone. E di nuovo in coro dissero: << Ma onesti, su, non cercate più! A Tomoeda andate! >> e per concludere sbatterono a piedi pari sul bancone, ricevendo forti applausi da tutti.

Kerochan ricontinuò a sorridere, lasciando perdere qualsiasi atto brusco di Tomoyo sul riprendersi la sfera nera. Si avvicinò Toy affianco al Guardiano mentre si sentivano i ringraziamenti di Meiling agli altri: << Grazie! Siamo state brave! Grazie! >>. I soldati che assistettero al teatrino si allontanarono, avendo modo a Toy di parlare a voce normale a Kerochan: << Nessuna notizia di Sakura >> comunicò al piccolo Guardiano: << Nessuna. Niente >> disse Kerochan con amarezza: << Abbiamo tempo. Ogni giorno mia sorella è più vicina a Mordor >> tranquillizzò il ragazzo al protettore delle carte di Clow: << Ne siamo certi? >> chiese dubbioso al giovane. Toy gli rivolse lo sguardo di chi sapeva tenere i nervi saldi: << Cosa ti dice il tuo cuore? >> e adesso il Guardiano alato assunse una faccia di sollievo, avendo raggiunto ciò che la sua anima calda gli rassicurava, e sorrise convinto: << Che Sakura è viva. Si. Si, è viva >> tutta la preoccupazione di Kerochan sparì, riosservando le due amiche di Sakura, Meiling e Tomoyo scherzare con gli uomini di Rohan, alimentando le speranze di poter rivedere la cattura carte un giorno. Quando sarebbe finito quel viaggio.

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Capitolo 5
*** Episodio 166: La malignità di Gollum ***


Toy ebbe ragione nel fidarsi del proprio cuore, infatti Sakura e Li stavano ancora proseguendo per la loro strada che li avrebbe condotti sempre più dentro i territori di Mordor. La notte si fermarono a dormire nelle vicinanze di un laghetto, in compagnia della loro guida Gollum: << Troppi rischi. Troppi rischi >> balbettava nel sonno la creatura scheletrica: << Ladri. Ce l' hanno tolto, rubato. Uccidili. Uccidili! Uccidili tutti e due! Aaah! >> si svegliò di soprassalto dopo aver fatto un “bel” sogno. Gollum zittì alla sua parte Smèagol: << Shhh! Zitto! >> gli sussurrava controllando che i due ragazzini dormissero: << Non bisogna svegliarli. Non bisogna rovinare tutto ora >> << Ma loro sanno. Lo sanno! Sospettano di noi >> disse Smèagol avvicinandosi all' acqua del lago e guardando il suo riflesso. In questo vi trovò Gollum: << Cosa dice il mio Tessoro, mio caro? Smèagol non ha più fegato! >> stuzzicò al suo altro ego che piagnucolava: << No. Non è vero. No, mai >> rispose Smèagol: << Smèagol odia quei nauseanti mocciosi. Smèagol li vuole vedere... Morti >>, << E li vedremo. Smèagol l' ha fatto una volta. Può farlo di nuovo >> aggiunse Gollum con cattiveria. E ricordò il momento in cui Smèagol, ancora nella forma di un normale essere, strangolava il suo amico Dèagol per riprendersi l' anello.

<< E' nostro! Nostro! >> esclamò Smèagol maligno, dimenticando i legami che ebbe con la ragazzina prima che lo attirasse dagli Uomini. Smèagol si riprese, ormai d' accordo con Gollum: << Dobbiamo prendere il Tesoro. Dobbiamo riprenderlo >> insistette ad ogni costo: << Pazienza! Pazienza, mio caro. Prima dobbiamo condurli da lei >> dettò il piano Gollum con le sue piccole pupille nello specchio dell' acqua: << Dobbiamo condurli alla scala tortuosa >> ridacchiò Smèagol: << Si, la scala. E poi? >> << Poi, poi, poi, poi, poi, poi la scala saliamo finchè non arriviamo... Alla galleria. Ah... >> le pupille divennero piccole facendo entrare in scena di nuovo Gollum: << E una volta entrati non c'è via d' uscita. Lei ha sempre fame. Ha sempre bisogno di nutrirsi. Deve mangiare. Le arrivano solo luridi Orchi >> << E quelli non hanno un buon sapore, vero, Tessoro? >> chiese con una domanda retorica Smèagol. Gollum fece una smorfia di disgusto: << No. Hanno un pessimo sapore, mio caro. Lei brama carne più tenera >> in quell' istante aprì gli occhi lentamente Li, avvertendo le parole chiare di Gollum e svegliato dalla sua voce perfida: << Carne umana. E quando lei getterà le ossa e gli indumenti vuoti, allora noi lo troveremo >> pronunciò quelle parole con un ghigno a pochi denti rimasti. Il cinesino si accorse che stava architettando un piano vendicativo su lui e Sakura.

Smèagol disse: << E lo prenderemo per me! >> esclamando al pensiero di riuscita della sua missione, tralasciando un altro complice: << Per noi! >> aggiunse Gollum: << Si... Intendevamo per noi, eh... >> specificò Smèagol. La creatura si riaffacciò più vicina all' acqua, emettendo il suo nome: << Gollum. Gollum >> e nel suo riflesso si rispecchiavano la sua malignità e la sua viscidità: << Il Tessoro sarà nostro una volta che i mocciosi siano tolti dai piedi. Eh, eh! >> lanciò un sasso affianco alla sua immagine nel lago, notando una sagoma verde che si formava dalle onde concentriche al lancio della pietra: << Traditore! Brutto... >> era Li che aveva ascoltato ogni singola parola di Gollum quella notte. Smèagol si girò sul ragazzino e venne colpito all' altezza della tempia da una pentola estratta dal cinese. Gollum cadde all' indietro, agitandosi e chiamando in aiuto Sakura: << Ah! Ah! No! No! Padrona! >> la ragazzina si svegliò alle urla di Smèagol, vedendolo che veniva strangolato da Li. Sakura si precipitò per separarli in un' altra lite: << No, Li! Lascialo stare! >> gli intimò la ragazza, liberando la creatura dalle mani di Li. Il ragazzino raccontò quello che aveva origliato da Gollum: << L'ho sentito dalla sua bocca! Ci vuole uccidere! >>, << Mai! Smèagol non farebbe male a una mosca >> ribattè la creatura. La sua mano passò vicino alla tempia, guardando tra le dita una goccia di sangue dalla ferita provocata da Li: << Ah! Lui è un orrendo stupido cinesino, che odia Smèagol, e si inventa delle brutte bugie! >> rispose insultando il ragazzo, fingendo ad un pianto.

Li non seppe controllarsi questa volta: << Lurido verme spregevole! Ti spacco la testa! >> e fece per cercare di afferrare Smèagol, ma venne tenuto per un braccio da Sakura: << No, no, Li! >>, << Bugiardo a me? Tu sei bugiardo! >> gli urlò al mostricciatolo che si nascose dietro un albero e fece una smorfia tra i due rami dell' albero al cinesino. Sakura lo girò verso di sé: << Se scappa, siamo persi! >> avvertì Sakura a Li, tentando di farlo tornare alla normalità: << Non m' importa! >> sbottò Li, poi tornando cauto ed esausto dalla presenza della loro guida: << Non ci riesco, Sakura. Non aspetterò che quello ci elimini! >> disse volendo una volta per tutte sistemare l' orribile creatura: << Non intendo mandarlo via >> ripetè schietta Sakura. Gollum assunse ora il ruolo della vittima, mostrandosi indifeso e rannicchiato dietro all' albero: << Tu non capisci, vero? E' un furfante! >> rispose Li, ma questa semplice sentenza non funzionava più con la ragazzina: << Non possiamo fare questa cosa da soli, Li, non senza una guida. Devi essere dalla mia parte >> propose una calma discussione Sakura, e Li non avrebbe mai rifiutato a non seguirla: << Sono dalla tua parte, Sakura >> rispose ingiustamente alla ciecità di Sakura su Gollum, ma non poteva mettersi contro di lei, perchè altrimenti sarebbe dovuta andare da sola tra i pericoli del sentiero.

<< Lo so, Li. Lo so >> gli rispose Sakura, annuendo ad un saldo e non malleabile atteggiamento di Li: << Fidati di me. Vieni, Smèagol >> e una volta che le acque si furono calamte Sakura riavvicinò Smèagol porgendogli la mano. Questo a sua volta la prese, e guardò Li con un' occhiata sinistra insieme ad un sorriso malvagio in faccia, mentre gli passò davanti. Il ragazzino dovette sopportare ancora una smorfia del piccolo mostro, accennando ad un sorrisino nervoso. Doveva ancora aspettare il giorno che avrebbe smascherato quell' impostore in mezzo alla coppia di fidanzati.

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Capitolo 6
*** Episodio 167: Il Palantir ***


La festa al palazzo d' oro terminò e tutti i soldati appartenenti alla dimora di Re Thèoden si misero con i loro sacchi a pelo a dormire nelle sale. Così come Toy, Kerochan e gli altri si disposero in altri sacchi a dormire, forniti dai soldati di Rohan e dalla generosità di Thèoden. Gli abitanti fecero rientro nelle loro case. Toy uscì dalla stanza in cui era, ormai notando che tutti dormivano. Gimli sicuro, ma Tomoyo no, e si rigirava sulle sue coperte pensando ancora al Palantir. Era nervosa e infastidita nel non riuscire a chiudere gli occhi. Toy, intanto, fu nel salone dove si era svolta la festa in occasione della vittoria. Passeggiò al centro della sala, e vide Eowyn sulla sua sdraietta in legno dormire accanto al falò che si spegneva. Il ragazzo mosse il tronco per far alimentare ancora le fiamme che diminuivano sempre più, in modo che la donna si riscaldasse. Il ragazzo si avvicinò a lei sistemandole la coperta sul suo piede nudo e sulla sua spalla. Eowyn era girata da un lato a dormire, ma si svegliò subito al tocco di Toy sul lenzuolo: << Che ora è? >> chiese la bella addormentata: << Non è ancora l' alba >> la avvisò il giovane, sorridendole. Ma come fece per allontanarsi, la mano di Eowyn sbucò dalle coperte e afferrò quella di Toy.

Il ragazzo si bloccò e ascoltando quello che aveva da dire Eowyn: << In sogno ho visto un' onda immensa che invadeva terreni e sovrastava le colline >> raccontò il sogno che fece prima di essere svegliata da Toy: << Io mi trovavo sul bordo. L' oscurità era totale nell' abisso davanti ai miei piedi >> continuò con voce strozzata e accarezzando la mano di Toy. Il giovane si chinò verso di lei, aggrottando la fronte: << Una luce splendeva dietro di me, ma non riuscivo a voltarmi. Potevo stare solo lì, in attesa >> una lacrima rigò il viso bianco della donna, impaurita dall' incubo che temeva si fosse trasformato in realtà: << La notte cambia molti pensieri >> la tranquillizzò con la sua voce calda Toy: << Dormi, Eowyn. Dormi... Finchè puoi >> la donna bionda chiuse gli occhi, tenendo stretta a sé la mano del ragazzo. Toy si scostò piano piano dalla presa della mano di Eowyn, accarezzandogliela delicatamente. Il giovane si allontanò dal salone, e uscì fuori all' aperto. La notte era sgombera da stelle, e osservò un immensa desolazione oltre le mura di Edoras: << Che silenzio >> pensò il ragazzo, mentre si risistemava la spada bene nella custodia. La coda dei suoi occhi notò una figura nera sul bordo del piazzale esterno del palazzo.

Toy decise di avvicinarsi alla figura nera, affiancandola e riconoscendola in volto. Yuè si mise uno dei mantelli elfici presi a Lòrien e se lo indossò. Guardava il cielo all' orizzonte: << Le stelle sono velate. Qualcosa si scuote a Est. Un insonne malanimo >> disse Yuè al suo amico, puntando a quel punto cardinale. I due si guardarono contemporaneamente, e ripresero subito a riosservare l' orizzonte: << L' Occhio del Nemico si muove >> aggiunse Yuè. Tomoyo continuava ad agitarsi, e infine, decise di togliersi le coperte per andare alla ricerca del Palantir, ossessionata dal desiderio di indagare su di esso. Aveva il suo pigiama da notte, e i suoi piedi si posarono sul freddo pavimento. Tomoyo trattenne un urletto dal contatto con il gelo delle pianelle. Poi prese nel fare il primo passo, notando che c' erano dei soldati che dormivano per la stanza. La ragazzina cercò di respirare il più piano possibile per portare a compimento la sua impresa: << Che cosa fai? >> una voce sentì dietro di lei, girandosi di scatto dallo spavento. Era Meiling che aveva udito i passettini dell' amica. La cinesina aveva una crocchia per fare in modo che le due lunghe code si mantenessero sopra la testa per non disturbarla nel sonno. Tomoyo non rispose a Meiling, serrando i denti e continuando nella sua ricerca della sfera. Il suo sguardo si posò sulla faccia di Kerochan trasformato in tigre e con gli occhi aperti fissi su di lei. Tomoyo stava per emettere parola, essendo stata scoperta dal Guardiano, ma notò un respiro ronfante venire dalla bocca della tigre bianca.

Tomoyo mosse la sua mano davanti agli occhi di Kerochan per vedere se era sveglio. Invece, no. La tigre dormiva ad occhi aperti: << Tomoyo! >> la richiamò sottovoce Meiling. Gli occhi di Tomoyo si posarono tra le zampe di Kerochan: tra queste vi era il Palantir avvolto in una sacca. Meiling si tirò su, mettendosi seduta sul suo sacco a pelo: << Tomoyo! >> cercava di richiamarla dal gesto che stava per fare. La ragazzina dagli occhi blu prese un vasetto lì vicino per sostituirlo al posto del Palantir che avrebbe preso. La bocca di Kerochan si mosse, facendo ritirare indietro il vasetto a Tomoyo che stava per metterlo tra le zampe della tigre. Tomoyo doveva agire in fretta. Allora prese di scatto la sacca con dentro il Palantir, mettendoci al suo posto il vasetto in terracotta: << Tomoyo! Sei impazzita? >> continuò a bisbigliarle Meiling. Tomoyo si mise lontano da Kerochan, dormiente ad occhi aperti, per sciogliere la sacca del Palantir: << Voglio solo dargli uno sguardo. Per l' ultima volta >> la pregò a Meiling di lasciarle fare una cosa, mentre scopriva la sfera nera luccicante: << Rimettilo dov' era >> le intimò ancora l' amica. Tomoyo sorrise al raro nero della sfera veggente, e vi mise intorno ad essa le sue mani: << Ma... Tomoyo... >> prese per avvertirla ancora Meiling davanti a lei.

Una luce in mezzo al Palantir si formava, fino a espandersi per tutta la superficie dell' oggetto. Il viso di Tomoyo fissò quella luce che la illuminava sull' intera faccia. La luce si aprì con uno squarcio nero in mezzo, che assomigliava alla pupilla di un gatto, però era gigante. Tomoyo strinse ancora di più le mani alla sfera come se stesse per assorbirla il Palantir e si irrigidì, cercando di distogliere lo sguardo dallo strano occhio che prese forma: << No! >> esclamò Meiling vedendo che la sua amica si agitava sempre di più dalla forza del Palantir: << Tomoyo! >> adesso la ragazza chiuse gli occhi e si sentì una risatina tenebrosa in testa: << Lui è qui >> disse improvvisamente Yuè a Toy, avvertendo la presenza del nemico Sauron all' interno del palazzo. La voce parlò a Tomoyo: << Ti vedo >> le disse. La ragazzina sobbalzò in piedi aprendo la bocca e rimanendo sempre con gli occhi chiusi e le mani attaccate alla sfera che emetteva una luce intensa: << Tomoyo! >> esclamò Meiling sgranando gli occhi alla scena. Tomoyo continuò ad agitarsi, emettendo versi soffocati con la bocca. Forse un' entità maligna la stava strangolando. La ragazza cadde a terra, attorcigliandosi chissà da quale dolore lacerante. La sfera era diventata infuocata o almeno lo faceva sembrare la luce intorno ad essa: << Aiuto! Kerochan! >> gridò Meiling. Kerochan si risvegliò al richiamo della cinesina per intervenire in aiuto di Tomoyo.

Nello stesso momento entrarono in stanza Toy e Yuè per soccorrere anche loro la loro amica. La videro agitarsi bruscamente sul pavimento tenendo tra le mani il Palantir di Saruman: << Aiutatela! >> pregò Meiling. Toy strappò dalle mani della ragazza la sfera, ma il ragazzo, al tocco con l' oggetto magico, si accasciò a terra, tenuto alle spalle da Yuè. Il Palantir rotolò dalle mani del giovane; Meiling lo evitò di toccarlo anche con i piedi, seguendo la sfera con lo sguardo. Kerochan prese con la bocca le lenzuola che avvolgevano prima la sfera, affrettandosi a gettarle sopra di essa: << Tomoyo! >> gridò Meiling disperata sull' amica. La tigre lanciò le lenzuola sul Palantir in movimento, coprendolo definitivamente: << Accidenti, Tomoyo! >> ringhiò Kerochan voltandosi su Tomoyo. Questa era distesa a terra immobile con gli occhi spalancati e il viso pallido come sempre. Kerochan fece per avvicinarsi da lei di corsa, e spostò Meiling con una spallata. I cavalieri che dormivano si svegliarono dalle urla squillanti di Meiling e dal baccano che gli altri fecero. Con il suo muso, la tigre alzò la mano di Tomoyo, avvertendo che respirava ancora. Non era morta. Poi mise il palmo della sua zampa enorme sulla fronte della ragazza impalata, gli occhi blu fissi al soffitto. La tigre chiuse gli occhi, balbettando qualche incantesimo.

Toy e Yuè lo osservarono in silenzio, mentre Meiling iniziava a singhiozzare: << Ti prego, Tomoyo... >> pregava all' amica di riprendersi. Kerochan posò delicatamente la sua zampa sulla guancia della ragazza che riprese fiato, agitandosi e guardando dappertutto: << Guardami >> le disse Kerochan. Meiling tirò un sospiro di sollievo. Tomoyo guardò Kerochan a occhi sgranati, ansimando velocemente: << Kerochan, perdonami >> disse sconvolta e richiudendo gli occhi dal pianto, ma la tigre la fermò dicendole di continuare a guardarla: << Guardami. Che cosa hai visto? >> le chiese seriamente tenendo la sua zampa poggiata sempre sulla sua guancia. Tomoyo ansimò ancora prima di iniziare a parlare. Poi disse: << Un albero >> e il terrore le si leggeva negli occhi dalla cosa che vide: << C' era un albero bianco in un cortile di pietra >> specificò tremante: << Era in fiamme >> e si ricordò un albero bianco in tronco con il fuoco che lo circondava nella piazza in cui era, descrivendo la visione che la ragazzina vide sul Palantir. Kerochan spostò per un attimo il suo sguardo da un' altra parte, percependo di avere già visto un albero bianco. Poi tornò a guardare Tomoyo che continuava: << La città era in fiamme >> << Minas Tirith... E' questo che hai visto? >> chiese la tigre alla ragazza che a poco a poco stava per diventare balbuziente: << Ho visto... Ho visto lui >> aggiunse Tomoyo nel movimento della sua bocca anomalo per non pronunciare il nome del nemico Sauron.

Kerochan si impietrificò a quello che intendeva dire la sua amica: << Sentivo la sua voce nella mia testa >>, << E cosa gli hai detto? Parla! >> la scuotè Kerochan notando che la situazione si complicava. Tomoyo riprese a parlare non smettendo di calmarsi, ancora sotto shock: << Mi ha chiesto il mio nome. Non ho risposto. Mi ha fatto male >>, << Cosa gli hai detto di Sakura e dell' Anello? >> le chiese la domanda principale e forse decisiva che poteva segnare le sorti della missione per la quale sono partiti, e forse anche le sorti dell' intera Terra di Mezzo. Tomoyo fissò intensamente Kerochan a quella domanda.

La mattina dopo, Kerochan riunì al salone del palazzo d' oro tutti i suoi amici, incluso Thèoden per parlare delle informazioni che la tigre chiese a Tomoyo la notte prima: << Non c' era menzogna negli occhi di Tomoyo. Un' ingenua... >> disse il Guardiano alato ridendo beffardo: << Ma un' ingenua onesta lei rimane. Non ha detto niente a Sauron di Sakura e dell' anello >> Meiling tolse un respiro sereno, affiancata da Tomoyo, che ora la povera ragazza aveva lo sguardo di un cane bastonato. Anche Gimli e gli altri levarono un sospiro di sollievo al mancato fallimento della missione: << Siamo stati fortunati >> riprese Kerochan: << Tomoyo ha visto nel Palantir una traccia dei piani del Nemico. Sauron si muove per colpire la città di Minas Tirith. La sconfitta al Fosso di Helm ha mostrato una cosa al nostro Nemico: sa che l' erede di Elendil si è fatto avanti >> e si rivolse guardando a Toy: << Gli Uomini non sono deboli come immaginava. C'è ancora coraggio. Forza a sufficienza per sfidarlo, magari. Sauron teme questo. Non rischierà che i Popoli della Terra di Mezzo si uniscano sotto un' unica bandiera. Ridurrà Minas Tirith al suolo, piuttosto che vedere un Re tornare sul trono degli Uomini. Se i segnali di Gondor sono accesi, Rohan deve prepararsi alla guerra >> disse infine a Thèoden che ebbe qualcosa da obiettare al bianco Guardiano: << Dimmi, perchè dovremmo correre in aiuto di coloro che ce l' hanno rifiutato? >> chiese il Re Rohano a Kerochan.

La tigre fece un' espressione aggrottata e confusa: << Cosa dobbiamo a Gondor? >> domandò la motivazione dell' intervento di Rohan su Gondor: << Io andrò >> rispose Toy capendo che Thèoden non aveva alcuna intenzione di correre in aiuto del popolo ora in pericolo di Gondor: << No! >> << Vanno avvertiti >> rispose il ragazzo ad una negazione di Kerochan: << E lo saranno >> ribattè la tigre e fece per avvicinarsi al giovane: << Andrai a Minas Tirith per un' altra strada >> dandogli indicazioni sul percorso da seguire per giungere alla città: << Segui il Fiume. Cerca le navi nere. Tenete a mente: ci sono cose ora in movimento che non possono essere disfatte >> si riferì a tutti i presenti dopo che suggerì a Toy della strada da intraprendere verso Minas Tirith: << Io mi dirigerò verso Minas Tirith... E non ci andrò da solo >> pensò di portarsi con sé un altro compagno di viaggio. Kerochan lo scelse, e si diresse con lui verso il punto d' uscita della città attraverso le stalle. La tigre cominciò a lamentarsi tra la gente passante verso il suo compagno: << Di tutte le ragazzine ficcanaso, Tomoyo Daidouji, dovevi capitarmi proprio tu! Presto! Presto! >> sbraitò contro la povera ragazza indifesa e sempre stata gentile, ma che ora aveva rischiato di mandare a monte tutto. Meiling la accompagnò fino al punto in cui sarebbe partita in groppa a Kerochan: << Perchè Kerochan è così severo con me? >> chiese Tomoyo a Meiling: << Perchè hai guardato? Perchè tu devi sempre guardare? >> le domandò scocciata la cinesina.

Tomoyo capiva che l' aveva fatta grossa con la sua ingenuità, questa volta, sentendosi in colpa e rimproverata come se la trattassero come un adulto: << Non lo so. E' più forte di me >> tagliò corto Tomoyo: << Sei sempre stata così? >> le chiese antipaticamente Meiling: << Mi dispiace, va bene? >> si fermò la ragazza dai capelli blu. Meiling si bloccò nell' ascoltarla: << Non lo farò più >> le sue scuse sembrarono quelle di una bambina capricciosa. Ma ora doveva rendersi conto di essere responsabile delle sue azioni, e questo glielo fece capire Meiling: << Ma non riesci a capire? >> e si mise faccia a faccia con l' amica: << Il Nemico pensa che tu abbia l' anello. Si metterà alla tua ricerca, Tomoyo. Devono portarti via da qui >>, << E tu... Tu verrai con me? >> le chiese Tomoyo con il solito atteggiamento infantile. Meiling non le rispose, guardandola con aria severa e continuando a camminare verso la stalla: << Meiling? >> << Muoviti! >> le disse in tono accigliato Meiling. Tomoyo la seguì fino a dentro la stalla, forse adesso riuscì a capire il danno che aveva fatto: << Forza, salta >> disse Kerochan a Tomoyo, indirizzandosi verso l' uscita diretta da Edoras, e sedendosi sopra la tigre: << Quanto dista Minas Tirith? >> chiese la ragazzina dai capelli blu: << Tre giorni al galoppo, come il volo dei Nazgùl. E spera che non ne abbiamo uno alle calcagna >> si augurò la tigre con Tomoyo che fece una faccia stressata.

Kerochan si pulì con la lingua, per farsi il bagnetto come tutti i felini, prima di partire. Meiling si avvicinò a Tomoyo porgendole un oggetto: << Tieni... Qualcosa per il viaggio >> Tomoyo lo prese e lo riconobbe nel pane elfico: << Il Pan di Via >> disse Tomoyo: << So che non resisterai tre giorni dal non mangiare. Però, tu stai diventando golosona, Tomoyo >> avvisò all' amica: << Ma... ma ci rivedremo presto. Non è così? >> chiese l' amica in partenza. Meiling guardò prima Kerochan in basso che a sua volta fissava a Tomoyo: << Non lo so. Non lo so cosa capiterà >> rispose la cinesina allontanandosi dallo scatto che avrebbe fatto Kerochan: << Meiling... >> << Scusate, ragazze. Ora vi mostrerò cosa significa “fretta” >> disse Kerochan interrompendo Tomoyo: << Meiling! >> urlò di nuovo il nome dell' amica, non avendo ricevuto risposta. Kerochan sfrecciò fuori dalla stalla la cui uscita terminava al cancello principale di Edoras. Meiling corse per le scale di una torretta di vedetta, facendosi spazio da una guardia sulla strada: << Meiling! >> la richiamò Toy avendola vista fuggire, pensando che volesse seguire Tomoyo, e anche lui spostò la stessa guardia sulle scale.

Meiling raggiunse la cima della torretta, affacciandosi tra una finestrella creata dalle recinzioni in legno del muro della costruzione, e guardando all' orizzonte la sua amica che si allontanava sempre di più da lei. La raggiunse Toy in cima, mentre la ascoltava affianco parlare di Tomoyo: << Mi ha sempre seguito, dovunque andassi, fin da quando abbiamo cominciato a frequentarci >> poi sorrise ai momenti che fino ad ora passarono insieme: << Con me si è sempre cacciata nella peggior specie di pasticci, ma poi... Ma poi ero sempre lì a salvarla >> Toy la guardò per la prima volta assumere quel dolce carattere e sorridendole mettendole una mano dietro la schiena: << Ora se n'è andata. Come hanno fatto Sakura... e Li >> disse amaramente guardando Toy, che però non ebbe il solito carattere da bulletto, come ce l' aveva con sua sorella: << Una cosa ho imparato su di voi: siete molto audaci >> fece i complimenti al gruppo di amici di Sakura: << Avventati, forse. Con noi c'è Tomoyo. Eh eh eh >> rispose scherzando la cinesina con Toy e fissando la tigre bianca che si faceva ad un puntino in fondo, e con lei c' era Tomoyo, partita per la prima volta in una sua missione.

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Capitolo 7
*** Episodio 168: La visione di Arwen ***


Gli Elfi di Gran Burrone, intanto, lasciarono per sempre la loro terra per andare a salpare sulle navi dirette a Valinor. Elrond aveva chiesto anche lui a sua figlia Arwen di seguire le altre creature mistiche, forzandola e convincendola che la sua vita qui sarebbe finita in fretta, stando a Gran Burrone. La fanciulla elfo stava su un cavallo bianco, ed era in mezzo alla marcia degli Elfi. Ora si trovavano nel cuore della foresta, poco distante dalle navi. Nessuno di loro fiatò nella loro camminata, avanzando in silenzio. Arwen aveva sempre il suo cappuccio blu in testa fin dalla partenza, e in testa le risuonavano le parole che suo padre disse all' accompagnatore che sarebbe stato affianco a lei nella strada per le imbarcazioni: << Conducila per la strada più sicura. Una nave è ancora ai Rifugi Oscuri, attende per portarla oltremare. L' ultimo viaggio di Arwen Undomiel >>. Quelle frasi erano un monito per la bella donna elfica, gli occhi azzurri che smisero di trasmettere vita e i capelli neri nascosti dal cappuccio in testa, sembrava che non volesse mostrare i suoi segni particolari al mondo. Il tempo rallentò per Arwen. Alla sua destra vide un bambino che correva per il prato verde.

Questo indossava una veste bianca argentata. L' elfo femmina osservò quel bimbo correre in fondo alla foresta dal suo cavallo, fermandosi per vedere dove si sarebbe fermato. Gli occhi azzurri di Arwen la portarono ad una struttura bianca in mezzo alla radura verde. Era lo sfondo di un salotto tutto rivestito di bianco. Il bambino smise di correre quando vide affacciato al balcone di quel salotto un uomo che fissava il panorama girato di spalle al piccolo e con le mani incrociate dietro la schiena. L' uomo dai capelli grigi, doveva essere in età quasi anziana, si voltò al sentire i passi del bambino e lo accolse a braccia aperte, mentre il piccolo gli andava incontro. L' uomo scese le scale e afferrò da sotto le braccia il bambino, ridendo con lui quando se lo mise sopra la testa. Il volto dell' uomo fu familiare all' elfo. Arwen aprì per poco la bocca al riconoscere Toy dal volto invecchiato ma gli occhi e lo sguardo furono gli stessi del ragazzo che la stessa Arwen baciò. Ora aveva i capelli grigi dal troppo tempo che trascorse, ma essi avevano la stessa pettinatura di sempre. Toy stava giocando con quel bambino, divertendosi nel farlo volare intorno sopra la sua testa. Arwen notò che anche il bambino aveva gli stessi capelli neri di Toy e la stessa pettinatura.

Il suo amato sposo baciò l' innocente creatura sulla guancia. Poi il bimbo si girò verso l' elfo, guardandola seriamente. Gli occhi del bambino erano azzurri, lo stesso azzurro di quelli di Arwen, e lei capì che si trattava di forse un suo erede futuro. La faccia di Arwen si fece triste e la sua bocca si aprì dallo stupore e da un lieve senso di felicità quando vide il gioiello che il bambino portava al petto. La Stella del Vespro brillava sotto il collo del piccolo. L' elfo intuì che si trattò senza dubbio di suo figlio, nato dall' unione tra lei e Toy. Questo era un segno che il futuro per Arwen non era scuro come diceva suo padre, ma vi era uno spiraglio di luce. Gli occhi chiari del bambino sfrecciavano sempre sulla donna elfo, e questa chiuse le sue palpebre con le orbite oculari bagnate da altre lacrime che stavano per scenderle. Ora ricordò di nuovo le parole di Elrond che la avvisava sul suo futuro: << Non c'è nulla per te qui, solo morte >>. Riaprì gli occhi e si accorse che il suo figlio e il suo Toy erano spariti, portandosi via il bagliore accecante del posto in cui erano. Al loro posto vi erano solo colori verdi di vegetazione che colmavano il punto in cui Arwen ebbe la sua visione.

Ma quella visione poteva presagire ad un suo futuro migliore. Dai suoi occhi cadevano lacrime: << Dama Arwen >> la richiamò l' elfo che la stava accompagnando, avvisandola di sbrigarsi ad arrivare ai Porti: << Non possiamo tardare >> l' elfo quindi fece marcia indietro con il suo cavallo, levandosi dalla fila di Elfi viaggiatori: << Mia signora! >> disse il suo compagno vedendola allontanarsi. Galoppò per tornare a Gran Burrone da suo padre per chiedergli spiegazioni su ciò che lui aveva predetto alla figlia. Arwen passò sul ponte che collegava Gran Burrone alla terraferma, e giungendo sotto la dimora di Elrond. Il Re elfico udì il rumore di zoccoli di cavallo che si avvicinavano. Egli smise di scrivere su un foglio, sorpreso dall' arrivo di quel cavallo. Vide che saliva le scale sua figlia, e questa si tolse il mantello che portava, lasciandole addosso solo la sua maglietta scollata nelle spalle. Elrond notò che la figlia non aveva ubbidito al suo volere e ora saliva di fretta le scale fino a lui: << Dimmi cosa hai visto >> disse la fanciulla: << Arwen! >> << Tu hai il dono della preveggenza. Che cosa hai visto? >> le richiese la donna quando Elrond scattò in piedi verso lei. La faccia dell' elfo si fece seria, scrutando Arwen dall' alto delle scale e dirle ancora il suo destino: << Ho guardato nel tuo futuro e ho visto morte >>.

Questa volta Arwen non si lasciò abbindolare dalle parole fredde del padre, avendo scoperto la sua vera strada dove l' avrebbe portata nella vita: << Ma c'è anche la vita >> Elrond si voltò: << Hai visto che c' era un bambino. Hai visto mio figlio >> le ripetè Arwen raggiungendo lo spazio del balconcino su cui vi era suo padre. Elrond si poggiò alla ringhiera, dando per scontate le speranze della figlia: << Quel futuro è quasi sparito >> ribattè osservando la grande cascata di Gran Burrone. Arwen fu ancora più decisa: << Ma non è perduto >> << Nulla è certo >> rispose Elrond sedendosi su una panca del suo basso terrazzo. Arwen si abbassò a lui: << Alcune cose sono certe >> disse con voce calma. Poi mise una mano sulla guancia del padre, girando il suo viso verso lei. Gli occhi di Elrond erano lucidi, ma non voleva far cadere lacrime davanti a sua figlia, ma in fondo anche lui era dispiaciuto: << Se ora lo lascio, lo rimpiangerò per sempre. E' il momento >> avvertì il padre di entrare in azione. Ma l' avrebbe fatto?

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Capitolo 8
*** Episodio 169: La riforgiatura di Narsil ***


Arwen fece scivolare lentamente la sua mano dalla guancia del padre, staccandola: << E' arrivato il momento, padre >> disse l' elfo femmina a Elrond: << Cosa vuoi dire? >> le chiese lui: << Andare in aiuto di Toy. Ora più che mai il mio potere vitale è legato a lui >>, << Sapevo che quel ragazzo ti avrebbe portato disgrazia! >> esclamò il Re elfico alzandosi in piedi. Arwen cercò di trattenerlo per le vesti: << Tu non capisci. Non è lui la causa dei miei mali, ma il tuo senso di orgoglio nei miei confronti! >> gli disse: << Io sto facendo quello che è meglio per te! >> ribattè Elrond adirato: << Non vuoi riconoscere in un padre la sua protezione? >>, << Io sono anche fiera della tua protezione, ma questo non è il modo giusto di agire, padre! >> rituonò Arwen: << Ora, dimmi: per te è più importante la tua incolumità o quella di chi ti sta intorno? >> domandò Arwen. Elrond si zittì a quella questione, forse trovandola difficile da rispondere. Invece, egli riprese: << Io ho sempre pensato a te, Arwen. Al bene che potevo offrirti. A quello che potevo darti. E ora, non voglio che tutto ciò svanisca dolorosamente nella tua morte... >> rispose con amarezza alla figlia: << Toy mi salverà, padre. Te lo garantisco questo. E' la persona alla quale dovrò fidarmi nella vita stando fianco a fianco >>, << Quel ragazzo non rimarrà per sempre con te, lo sai? >> disse Elrond.

<< Dovrà tornarsene nel suo mondo prima o poi >> Arwen non volle aggiungere altro all' ultima frase del padre, cambiando argomento: << Una nuova arma esige ora a Toy >>, << E' tutto inutile, Arwen... >> ribattè Elrond: << No. Non ancora! >> replicò lei. Arwen si ricordò del momento in cui lei passò vicina ai frammenti di Narsil, la spada spezzata di Isildur. Le vesti nere le coprivano il corpo mentre avanzava dinanzi alla spada in frantumi sul vassoio in marmo: << Dalle ceneri la fiamma sarà risvegliata. Una luce dall' ombra spunterà. Rinnovata sarà la lama che fu spezzata >> recitò una specie di profezia. L' elfo donna salì i gradini che portavano ai pezzi di Narsil, e nell' osservarla si ricordò il tempo in cui Isildur tolse l' anello a Sauron. Era più che viva quella leggenda: Isildur si apprestò a recuperare la spada di suo padre Elendil, dopo che questo era stato ucciso dall' Oscuro Signore. La prese dall' elsa, ma il piede di Sauron, ancora in carne e ossa, schiacciò la lama. Isildur nello stesso momento si ritrovò un pezzo di spada in mano. Sauron si chinò verso l' uomo per infligergli il colpo finale, ma con un urlo di vendetta, Isildur staccò il dito in cui Sauron teneva l' anello, facendolo poi cadere affianco alla faccia dell' uomo di Gondor.

Arwen si distolse dal ricordo, ammirando Narsil in pezzi che ora luccicava: << Il senza corona di nuovo Re sarà >> concluse con la profezia con lo sguardo che si alzava verso la statua che reggeva la spada spezzata. L' elfo femmina raccontò il tutto al padre sul voler ricostruire la spada del re perduto di Gondor, leggendo un libro sulla perdita dell' anello da parte di Sauron: << Riforgia la spada >> spronò ancora a Elrond: << Padre... >> ma il Re degli Elfi si rivoltò alla figlia, decidendo di non ascoltarla. Ignorò perfino lo sguardo misericordioso che fece Arwen a lui nel pregarlo. Ad un tratto la donna elfo fissò le pagine del libro in cui si era fermata, e si fece cadere con tutto il peso sulla panchina dove si era seduto prima suo padre, sopra il morbido cuscino. Dal salto che fece nel sedersi velocemente, gli cadde il libro dalle mani, e non cercò in qualche modo di afferrarlo al volo per impedire che questo raggiungesse il pavimento. Arwen si sfregò le falangi delle dita, quasi non avvertisse più il tatto con gli oggetti che toccava. Elrond raccolse il libro ai piedi della figlia, portandoselo sotto un braccio, mentre con l' altra mano tastò le mani di Arwen.

Egli vide che erano più bianche del solito. Si fermò un attimo nel toccare i dorsi delle mani: << Le tue mani sono fredde >> disse buttando da una parte nella panca il libro e inginocchiandosi subito dalla figlia cercando di riscaldarle le mani con le sue: << La vita degli Eldar ti sta lasciando >> comunicò con voce strozzata alla fanciulla. Arwen gli sorrise, noncurante di quello che le sarebbe successo: << E' stata una mia scelta. Padre... >> ed Elrond risollevò il capo dalle mani della figlia fino ai suoi occhi azzurri, accennando ad un' espressione piangente: << Con o senza la tua volontà, non c'è nessuna nave, ora, che possa portarmi via >> concluse decisa su sé stessa la donna. Il padre la guardò intensamente, comunicandole un' ultima cosa prima di iniziare a riforgiare Narsil: << Se lui non resterà con te, dovrai partire subito per Valinor >> sentenzò ad Arwen, che si mostrò ancora sorridente: << Vale la pena correre dietro a qualcuno che ami >> rispose con dolcezza l' elfo. Quindi Elrond impartì l' ordine ai suoi Elfi fabbri: ricostruire la lama spezzata. Il ferro caldo di due pezzi di Narsil si congiunsero, e il picchio del martello battè sui due tagli della lama uniti, emettendo scintille ad ogni colpo fatto cadere sul ferro rovente. Sembrava ci fosse un pizzicco di magia che faceva saldare i pezzi della spada.

Quella notte i due fabbri elfici lavorarono con precisione nel far brillare di nuovo l' antica spada distrutta. La girarono dall' altro lato, continuando a battere sulla faccia della spada che doveva essere ancora saldata. Elrond li controllava sempre con sguardo fermo e immobile. Alla fine aveva vinto la volontà della figlia sulla prepotenza del Re elfico, che ora farebbe qualunque cosa pur di salvare sua figlia. Altri pezzi della spada vennero inseriti in una fornace, il cui fuoco veniva alimentato da una leva. La spada venne posata sul marmo per fare in modo che il fabbro con il martello sbattesse tra il taglio di due pezzi, per saldare poi la lama e creando un unico pezzo. Il martello cadde da entrambe le facce della spada, una volta che veniva girata, con più forza. Elrond sapeva che ora non si doveva perdere più tempo, e la spada fu pronta, risorta dal suo stato spezzato in cui essa era. Il mattino dopo la lama brillò alla luce del sole sorto.

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Capitolo 9
*** Episodio 170: Minas Tirith ***


In pochi giorni Elrond era riuscito nel portare a termine una parte della missione che avrebbe aiutato Toy nel combattere le forze di Mordor. Kerochan, con Tomoyo sul suo dorso, continuavano a viaggiare la mattina del secondo loro giorno di viaggio verso Minas Tirith. La tigre bianca sfrecciò tra il suolo roccioso, addentrandosi nella notte in una foresta dai lunghi alberi. Rimase sveglio il Guardiano per tutti e tre i giorni di viaggio che fece, mentre Tomoyo sulla sua schiena dormiva coperta dal suo mantello elfico. La mattina del terzo giorno arrivò in fretta per Kerochan che attraversò un ruscello di corsa, e gli schizzi d' acqua del fiume non lo indispetirono neanche: << Siamo appena entrati nel regno di Gondor! >> avvisò Kerochan alla sua accompagnatrice e ora i due salivano una collina non molto distante dal fiume che avevano appena superato. La tigre si fermò sul bordo della collina, osservando insieme a Tomoyo lo spettacolo che si stagliava avanti: videro una fortezza bianca, con palazzi alla base e al dì sopra di questi si alzava una rupe con una dimora sopra. La costruzione di pietra era davanti ad un' alto muro di montagna: << Minas Tirith. La Città dei Re >> disse Kerochan fermandosi con Tomoyo sopra per ammirare la grande Minad Tirith, che si presentava imponente sulla sua sommità per non far arrivare nuvoloni neri, che sembravano dileguarsi al passare sopra la torre bianca.

La ragazzina rimase a bocca aperta nel vedere in prima persona quella meravigliosa città presentarsi in tutta la sua bellezza ai suoi occhi. Degli uccelli bianchi svolazzarono alla base della città, togliendosi di mezzo dalla vista che le davano Tomoyo e Kerochan. I due ripresero ad avanzare fino alle porte della città sulle sue mura. I cancelli si aprirono dopo che le guardie di su riconobbero la famosa tigre bianca. Kerochan entrò di corsa nelle strette vie della città bianca, tra la gente sparsa di lì e le guardie in armatura argentata che stavano dietro a seguire il Guardiano con la ragazzina. Arrivarono ad un altro livello di Minas Tirith dove questa volta vi erano poche abitazioni, e lo superarono. Kerochan aumentò il passo, sterzando bruscamente ad ogni curva che faceva per addentrarsi sempre più nelle mura e nelle stradine dell' immensa città che portavano fino alla rupe in alto: << Fate largo! >> esclamò la tigre per spostare la gente che si parava davanti. La strada che conduceva fino in alto era tracciata a forma di spirale. Infine, Kerochan cominciò a vedere molte bandiere del simbolo di Gondor, un albero, appese sopra delle casette, intuendo che aveva raggiunto la dimora bianca che sovrastava Minas Tirith. Giunse nel cortile della dimora, tra lo stupore delle guardie di Gondor che videro la tigre bianca superarle da dietro. Tomoyo scese dal dorso di Kerochan e i raggi del sole parevano illuminare ancora di più il bianco della torre.

Kerochan e Tomoyo rimasero in silenzio mentre avanzavano verso la porta della dimora, anche questa con guardie ai lati. Nel breve tratto che li conduceva all' ingresso, Tomoyo notò un albero bianco spoglio dalle sue foglie affiancato da una fontanella, e circondato da altre guardie con mantelli neri. La ragazzina si ricordò dello stesso albero che vide quando prese il Palantir in mano: << E' l' albero... Kerochan. Kerochan! >> disse Tomoyo per richiamare il Guardiano: << Si, l' Albero Bianco di Gondor. L' Albero del Re >> rispose la tigre come se avesse già visto una simile pianta bianca, e si affrettò sempre parlando con Tomoyo: << Il sire Denethor, tuttavia, non è il Re. E' solo un Sovrintendente, un custode del trono >> spiegò a Tomoyo riguardo al presunto sovrano che regnava a Minas Tirith. La tigre si fermò nelle scalinate prima della porta d' ingresso per dare consigli a Tomoyo: << Ora fa attenzione: il sire Denethor è il padre adottivo di Eriol. Dargli notizia della scomparsa del suo amato pupillo non sarebbe saggio >> la ragazzina non fiatò a questo: << E non menzionare Sakura, né l' anello >> raccomandò di nuovo, ma Kerochan si rifermò: << E non dire niente nemmeno di Toy. In effetti, è meglio che non parli, Tomoyo >> concluse la tigre alla ragazzina ingenua. Le due ante vennero aperte dalle due guardie che sostavano ai lati. I due iniziarono così a camminare nella sala della casa di Denethor. In fondo notarono una persona seduta su un trono rosso, che rimase in silenzio nel guardare i nuovi ospiti arrivare. Tomoyo osservò delle statue bianche che si paravano ai lati del corridoio bianco, notando una somiglianza con alcuni uomini del passato che scendevano in guerra.

Kerochan e Tomoyo rimasero in silenzio per un po', prima di fermarsi al cospetto dell' anziano signore seduto: << Salute a te, Denethor, figlio di Echtelion, signore e Sovrintendente di Gondor >> disse Kerochan chinando la testa. L' anziano aveva lunghi capelli grigi che gli cadevano sulle spalle ed era chino con la testa e gli occhi chiusi. Tomoyo lo guardò avvolto dal suo mantello nero rimanere immobile. Kerochan proseguì: << Giungo con notizie in questa ora buia, e con consigli >> e fu allora che Denethor alzò la testa: << Forse giungi per spiegare questo >> disse con voce abbattuta il sovrintendente mostrando alla tigre un corno diviso a metà. Tomoyo sgranò gli occhi alla vista di quel corno, ricordando che lo utilizzò Eriol per richiamare i suoi amici per corrergli in aiuto: << Forse sei qui per dirmi perchè mio figlio è morto >> aggiunse con gli occhi lucidi e ricordando Eriol come un suo primo figlio. Kerochan non aprì bocca all' inaspettata frase di Denethor che gli giunse dopo che Eriol morì. Tomoyo aveva vivo in mente il momento in cui il suo amico morì: erano all' interno della foresta a combattere gli Uruk-hai di Saruman. Una freccia aveva appena colpito il maghetto blu alla spalla. La faccia di Eriol le fu chiara agli occhi, quando questi si girò per tornare a combattere dopo che la prima freccia lo raggiunse. Ci fu un' altra freccia che lo colpì al fianco, urlando di dolore, questa volta. Tomoyo era lì immobile con Meiling che assistettero alla brutta scena che fu colto il loro Eriol. Ricordò la freccia che decise di far terminare la vita al mago. Questa gli si piantò nel cuore, facendogli tirare la testa all' indietro.

Ora Tomoyo non seppe contenersi dal buttare giù in parole quello che pensava, notando che Eriol era morto, lasciando un vuoto a due persone: a Meiling, che iniziò ad amarlo alla fine, e a suo padre adottivo, Denethor che ora piangeva sul suo guerriero caduto. << Eriol è morto per salvare noi, una mia amica e me >> disse all' improvviso Tomoyo da dietro la tigre bianca. Denethor la guardò, accorgendosi per la prima volta della presenza della ragazzina, che ora si chinava al suo cospetto superando Kerochan: << E' caduto difendendoci da molti nemici >> proseguì la ragazza: << Tomoyo! >> cercò di richiamarla Kerochan nel riprendere il suo posto di prima. Tomoyo rialzò la testa: << Io offro i miei servigi, anche se insufficienti, in pagamento di questo debito >> decise la ragazza di giurare di punto in bianco di servire Denethor. Kerochan pregò che la sua amica ritirasse subito tutto quello che aveva appena detto. Cosa le era saltato in mente? Denethor ebbe un tic sulle labbra, e chiese a Tomoyo: << Questo è il primo ordine che ti do. Come hai fatto tu a fuggire e mio figlio no, nonostante fosse un mago potente? >> Tomoyo rispose, sospirando: << Il mago più potente può essere abbattuto da una freccia, ed Eriol ne è stato trafitto da molte >> in quel momento sembrò che Tomoyo non avesse cura delle conseguenze che avrebbero portato le sue parole. Denethor si ritirò ancora più dentro il suo stato di tristezza.

La tigre bianca diede un colpettino con la sua zampa a Tomoyo: << Alzati! >> la invitò a rialzarsi dalla posizione inginocchiata in cui era, notando il peggioramento della faccia del sovrintendente: << Mio signore, ci sarà il momento del cordoglio per Eriol, ma non è adesso. La guerra è in arrivo. Il Nemico è quasi alle porte >> avvertì a Denethor, che rialzò il viso distrutto dal dolore: << Come Sovrintendente, devi difendere questa città. Dove sono gli eserciti di Gondor? >> la voce di Kerochan si fece più imperativa nel dare disposizioni a Denethor: << Hai ancora degli amici. Non sei solo in questa lotta. Manda un segnale a Thèoden di Rohan. Che accenda i segnali! >> spronò all' anziano che non era del tutto d' accordo con ciò che gli consigliava il Guardiano alato. Denethor fece un sorrisino come se sapesse che Kerochan stava mentendo: << Tu credi di essere saggio, Mithrandir >> lo schernì il sovrintendente chiamandolo col suo appellativo nella Terra di Mezzo e indirizzandogli uno sguardo accigliato: << Ma con le tue sottigliezze non hai discernimento >> Kerochan fece una faccia severa a quello che aveva da ridire Denethor: << Credi che gli occhi della Torre Bianca siano ciechi? Io ho visto più di quanto tu sappia. Con la tua zampa sinistra mi useresti come scudo contro Mordor, e con la destra cercheresti di soppiantarmi >> comunicò il sire considerando la tigre alata un doppio giochista.

La smorfia che fece la tigre ora era uguale a quella di Denethor: << So chi cavalca con Thèoden di Rohan. Ah, sì! E' giunta voce alle mie orecchie di questo Toy, figlio di Fujitaka, e te lo dico ora: non intendo piegarmi a questo novellino di città, l' ultimo di una cenciosa casata orbata di signoria e comando >> << Non ti è concessa l' autorità per negare il ritorno del Re, Sovrintendente >> replicò Kerochan. Denethor si alzò di scatto dal suo trono: << Il Regno di Gondor è mio e di nessun altro! >> rimproverò deciso al Guardiano. Tomoyo sfrecciò il suo sguardo verso il basso per vedere come avrebbe reagito la tigre a quelle parole. Dopo che i due contendenti si fissarono per un po', Kerochan si voltò: << Vieni >> e disse alla ragazzina di seguirlo per uscire dalla sala. Denethor si risedette sul suo trono, mentre Kerochan dal fondo si lamentava con Tomoyo della pessima reazione del Sovrintendente: << Tutto è diventato vana ambizione. Userebbe perfino il suo dolore come mantello! >> derise alle spalle Denethor. La porta si riaprì dalle due guardie e i due nuovi ospiti a Minas Tirith si riversarono nel cortile: << Per mille anni questa Città è rimasta in piedi. E ora, per il capriccio di un pazzo, cadrà. E l' Albero Bianco, l' Albero del Re, non fiorirà mai più >> sbottò ancora Kerochan sul decadimento prossimo di Gondor. Tomoyo notò dapprima delle guardie intorno all' Albero Bianco: << Perchè sono ancora di guardia? >> chiese la ragazzina: << Sono di guardia perchè hanno speranza. Una tenue, morente speranza che un giorno fiorirà, e che un giorno arriverà un Re. E la Città sarà com' era una volta, prima di cadere in sfacelo >> si convinse il Guardiano mentre giravano da un lato dell' albero, per dirigersi verso la rupe.

I due amici passeggiarono nello spazio della rupe, che terminava in modo concavo. Kerochan raccontò le passate vicende dei Re di Gondor a Tomoyo: << La vecchia saggezza generata ad Ovest era stata abbandonata. I Re costruivano tombe più splendide delle dimore dei vivi, e consideravano i vecchi nomi della propria stirpe più cari dei nomi dei loro figli. Sovrani senza discendenti stavano in vecchi saloni meditando sull' araldica, o in alte e gelide torri ponendo domande alle stelle >> la tigre mise le sue zampe anteriori sul paratetto in marmo della rupe: << E fu così che il Popolo di Gondor andò in rovina. La stirpe dei Re si estinse. L' Albero Bianco appassì. Il comando di Gondor fu passato a Uomini inferiori >>; Tomoyo fece alcuni passi oltre Kerochan, attirata dal panorama all' orizzonte. Dei rombi di tuono provenivano da un vulcano in eruzione tra le montagne oscurate. Una luce rossa fuoriusciva dal vulcano, mentre più avanti a lui vi erano grossi branchi di nuvole nere: << Mordor >> disse Tomoyo alla vista delle fiamme rosse: << Sì. Eccola lì. Quella città ha sempre vissuto sotto l' Occhio della sua Ombra >> disse Kerochan avvicinandosi all' amica: << Arriva una tempesta >> avvisò Tomoyo notando il nugolo nero: << Quello non è il clima del mondo >> le spiegò la tigre bianca: << Quello è un artificio che Sauron fabbrica, un tumulto di fumo che invia davanti al suo ospite >> in questo caso l' ospite erano gli abitanti della città di Minas Tirith, su cui loro vi erano.

Kerochan proseguì tenendo il suo sguardo fisso su quelle nubi: << Gli Orchi di Mordor non amano la luce del giorno, così egli copre il sole per facilitare il loro passaggio per la guerra. Quando l' ombra di Mordor giungerà qui, la guerra avrà inizio >> annunciò il Guardiano. Il sole che illuminava quella rupe bianca, era in contrasto con il nero pece delle nuvole che sostavano davanti al regno di Gondor: << Beh... Minas Tirith... >> disse Tomoyo, avvertita da Kerochan con un tono di soddisfazione. La tigre roteò i suoi occhi verso la ragazza del tutto che preoccupata: << Davvero sbalorditivo! Dov'è che siamo diretti? >> chiese lei estasiata ancora dalla bellezza della Città Bianca. Ma Kerochan la fermò: << Oh, è troppo tardi, Tomoyo. Non si può lasciare questa Città. Un aiuto deve giungere a noi >> rispose alla faccia di Tomoyo che emise un sorriso al contrario. Il Guardiano aveva tutta l' intenzione di richiedere aiuto, anche se dovesse andar contro a Denethor.

Da un' altra parte nel sentiero per raggiungere Mordor, c' erano Sakura e Li, sempre in compagnia della loro guida Gollum. Passavano in mezzo ad un sentiero tra la natura ai lati. Li a seconda del sole quasi calato dedusse: << Dovrebbe essere quasi l' ora di cenare, almeno lo sarebbe in luoghi decenti in cui ancora esiste fare la cena >> si lamentò il cinesino: << Noi non siamo in luoghi decenti >> lo informò da davanti Gollum, riprendendo a camminare. Sakura si fermò dietro al gruppo: << Sakura? Che cosa c'è? >> gli chiese il cinesino. Sakura tirò su lo sguardo dopo che ebbe sentito la voce di Li. La ragazzina aveva lo sguardo sconvolto: << Solo un presentimento. Non credo che farò mai ritorno >> rispose Sakura priva di speranze. Li le si avvicinò per incoraggiarla: << Invece si. Certo che si. E' solo un brutto pensiero. Noi andremo e faremo ritorno, proprio come fece tuo nonno >> adesso la ragazza le venne in mente suo nonno Masaki che sicuramente la stava aspettando a casa, dopo che lui fece visita agli Elfi di Gran Burrone. Non lo vedeva da molto tempo, come non vedeva da tanto i suoi altri amici e suo padre, partito per lavoro per un anno. Ora Sakura si chiedeva che giorno fosse, e quanto tempo fosse trascorso dalla partenza del viaggio. Adesso aveva solo voglia di tornare insieme a tutti i suoi amici e parenti a casa, grazie alle parole che Li le disse: << Vedrai. Tutto tornerà come prima >> le disse affiancandola e sorridendole. La strinse per la mano, cercando di non farle perdere la forza di voler uscirne viva da quell' avventura.

Lei ricambiò con un sorriso, ma era lieve, quasi come se la sua allegria stesse ogni giorno scomparendo, ogni volta che si avvicinavano a Mordor. Infine, Sakura riprese a camminare. I tre giunsero ad una pineta, dove vi era in mezzo una statua alta e bianca, raffigurante un uomo seduto sul suo trono. Ma la testa non c' era, facendo posto ad una roccia racchiusa in una specie di tenaglia in legno dai denti accuminati sul collo mozzato della statua. Sakura e Li osservarono quella costruzione: << Credo che queste terre una volta appartenessero ad un reame. Tempo addietro, quando c' era un Re >> commentò Sakura nel vedere il decadimento della statua. Affianco al loro cammino, videro sul terreno la testa della statua. Era un giovane Re in cui sulla sua testa era cresciuta l' erba. I due ragazzini la guardarono con amarezza, intuendo che quella testa prima era sopra la statua. A un certo punto, il sole sbucò dalle nuvole grigie, e il suo fascio di luce illuminò la testa della statua. Nell' erba che era cresciuta vi erano dei fiori bianchi che inondati dalla luce solare, si intensificarono nel loro bianco chiaro. Li assistette alla meraviglia dietro di sé: << Sakura, guarda! >> chiamò la ragazzina per osservare anche lei la scena: << Il Re ha di nuovo una corona! >> esclamò il ragazzo al presentimento di un ritorno di un sovrano che ristabilisca la pace. La corona improvvisata che si creò era luminosa e decorata, ma i due la poterono osservare per poco. Le nubi rioscurarono il sole, facendo riprendere sui fiori il colore scuro dell' erba.

Il sorriso di Li e Sakura si tramutò in un' espressione improvvisa e cupa al riaffiorare dell' ombra su di loro: << Venite, ragazzi! >> li richiamò Gollum per proseguire: << Non bisogna fermarsi ora! Per di qua >> e fece cenno con la mano ai due di entrare nel sentiero più avanti. Ora capirono che le speranze erano ancora vinte dal male ancora presente nella Terra di Mezzo, e che bisognava lottare per riavere il cielo sereno. I tre si lasciarono dietro quel posto, ormai sicuri di essere vicini alla via che li avrebbe fatti portare direttamente a Mordor.

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Capitolo 10
*** Episodio 171: E' il respiro profondo prima del balzo ***


La notte alla Città di Minas Tirith divenne silenziosa. Tutti rimasero a dormire tranquillamente nelle loro case bianche, ignorando i tuoni che si sentivano da Mordor. Le guardie di Gondor si tennero sveglia a controllare la città, in caso di attacco improvviso del Nemico. Kerochan si rimise nella forma piccola, e per passare al nuovo giorno, venne data a lui e a Tomoyo una stanza su una dei palazzi della Città. Kerochan fluttuava in aria, osservando il panorama mozzafiato di Minas Tirith, e una vasta landa desolata che si estendeva oltre: << Cough! Cough! >> iniziò a tossire bruscamente, facendogli perdere per un attimo il respiro. Dietro di lui, nella sala scoperta dal balcone, c' era Tomoyo già in pigiama. A lei le furono donate le armi e le attrezzature per le ragazze che dovevano combattere. La sua maglia nera con l' albero bianco riprodotto su di essa, e protezioni, con una piccola spada, le aveva poggiate sul letto: << Immagino che sia solo una posizione cerimoniale >> commentò Tomoyo ammirando la spada che le avevano fornito, rimettendola nella custodia: << Insomma, non si aspettano veramente che io vada a combattere... O si? >> chiese dubbiosa la ragazzina: << Sei al servizio del Sovrintendente, ora. Dovrai fare quello che ti verrà detto, Tomoyo... >> le rispose Kerochan diventato piccolo e riprendendo a tossire. L' amica pensò subito di dargli un piccolo bicchiere d' acqua per fargli allievare il solletico alla gola.

<< Ridicola ragazza! >> commentò Kerochan alla decisione di Tomoyo di servire Denethor. L' amica però non si ritirò dall' azione di offrire un po' d' acqua al Guardiano alato: << Guardia della Cittadella... >> ma ogni parola che Kerochan pronunciava, egli doveva buttare giù la tosse secca che gli tornava. L' eco del suo tossire si sentì fino a tutta Minas Tirith, essendo tranquilla la notte e molto silenziosa. Tomoyo vide che il piccolo amico era piegato su sé stesso con le manine sulle ginocchia, continuando a volare a mezz' aria. Quando la sua tosse si calmò, Tomoyo allungò a lui il piccolo bicchiere: << Ah! Grazie, Tomoyo >> disse prendendo con le sue piccole mani bianche il bicchiere. Bevve un sorso: << Ci voleva proprio... >> commentò Kerochan: << Stai invecchiando più in fretta, presumo >> gli disse Tomoyo scherzando: << Questo lo capirei di più >> ribattè Kerochan: << E allora perchè stai così male? >> << E' a causa del mio persistente potere. Adesso che ne ho ottenuto così tanto, la mia forma minuscola non mi permette di reggere la mia grande aura >> spiegò il piccolo peluche: << Ed è per questo che preferisco utilizzare la mia forma originale >>, << Ho capito >> rispose Tomoyo: << Però io ti preferisco così, sai? >> confidò Tomoyo al Guardiano: << E perchè? >> << Il bianco ho sempre pensato che ti donasse molto, e infatti, così è stato. Il mio desiderio si è avverato. Finalmente ti potrò tenere come mio nuovo peluche! >> replicò la ragazzina contenta.

<< Hai avuto un pupazzetto uguale a me? >> domandò curioso Kerochan: << Si. E' stato il mio primo peluche che mi avrebbe tenuto compagnia la notte. E adesso tu mi riporterai a quei momenti >> gli occhi di Tomoyo si fecero dolci davanti al faccino piccolo di Kerochan. Lei gli mollò un pizzicotto sulla guancia: << Che carino! >> disse. L' animaletto si tenne forte la sua guancia bianca dal dolore, che assunse un lieve arrossamento: << Ahia! E va bene, ho capito... >> rispose Kerochan cercando di staccarsi di dosso dagli occhi di Tomoyo, ipnotizzata. La ragazzina si accorse d' un tratto della calma in quella notte, volgendo il suo sguardo all' orizzonte. Fece alcuni passi in avanti, scrutando le luci dei fulmini che venivano da Mordor: << Non ci sono più stelle. E' giunta l' ora? >> chiese a Kerochan: << Si >> rispose brevemente. Tomoyo si mise con le braccia sopra alla ringhiera del balcone, lasciandosi andare alla magia della notte: << Che silenzio! >> commentò a bassa voce, poggiando la testa sopra le braccia: << E' il respiro profondo prima del balzo >> annunciò solenne il Guardiano alato dietro di lei e reggendo il bicchierino: << Non voglio trovarmi in una battaglia, ma aspettare sull' orlo di una che non posso evitare è ancora peggio >> sospirò Tomoyo. Kerochan guardò dentro al suo bicchiere, poi lo poggiò su un tavolino vicino, raggiungendo la ringhiera del balcone e vi si sedette a gambe incrociate.

Ora stava affianco alla sua amica a guardare quell' immensa scena della città di Gondor coperta dal velo notturno del cielo: << C'è qualche speranza, Kerochan, per Sakura e Li? >> le chiese al Guardiano, riosservando i fuochi che fuoriuscivano da dietro le montagne: << Non c'è mai stata molta speranza. Solo quella di un ingenuo >> scherzò con Tomoyo che accennò per poco ad un sorriso. Kerochan divenne serio, sapendo che Sauron disponeva di un vasto esercito, più grande di quello di Saruman. Sapeva che molti Orchi si erano rifugiati a Mordor, e che non fu l' unica etnia a muoversi contro Gondor. Il Guardiano bianco volgeva i suoi piccoli occhi sempre lì, al Monte Fato, tenendosi pronto alle orde che si sarebbero riversate su ogni via di quella grande città: << Il nostro Nemico è pronto. Tutte le sue forze, radunate. Non solo Orchi, ma anche Uomini, legioni di Haradrim dal sud, mercenari dalla costa >> in questo momento intuì che i rinforzi dell' Oscuro Signore avanzavano verso Minas Tirith. Una mandria di grossi Olifanti in fila, uno dietro l' altro, si muoveva di giorno. Sarebbero state migliaia, e avrebbero spazzato in un baleno gli attacchi delle forze alleate a Gondor. Sopra i loro dorsi vi erano accampamenti su cui risiedevano gli uomini alleati a Sauron. Nelle coste dei regni di Gondor, navigavano i pirati, anche loro in gran numero e divisi in molte più imbarcazioni. Le coste che superarono le bruciarono per fare da segnale di fumo a quelli più avanti nelle colline.

Gli Uomini dei mari avevano un' artiglieria piuttosto pesante, e le loro navi avevano il legno appuntito sulla prua, facendo alimentare la loro inquietante presenza per le zone costiere: << Tutti risponderanno all' appello di Mordor >> disse Kerochan. A quelle parole Tomoyo venne percorsa da un brivido alla schiena: << Sarà la fine di Gondor per come la conosciamo noi. Qui il colpo di martello cadrà con più violenza >> Kerochan passò il suo sguardo alla città sul fiume di Osgiliath: << Se il Fiume verrà preso, se la guarnigione di Osgiliath cadrà, l' ultima difesa di questa Città sarà annientata >> ipotizzò le conseguenze che Minas Tirith avrebbe avuto, riponendo le ultime disperate forze a Osgiliath. Tomoyo non si abbattè tanto facilmente, e aggiunse: << Ma abbiamo il Guardiano alato. Questo varrà pure qualcosa >> il piccolo animaletto sospirò seriamente, facendo ricadere gli occhi neri ancora a Mordor: << Kerochan? >> lo richiamò l' amica, avvertendo nel suo volto una macchia di preoccupazione. Il Guardiano, seppur le note di speranza di Tomoyo, doveva ammetterle che non riusciva a vedere soluzioni alle sue vie di fuga. Kerochan buttò giù l' altro ostacolo che si sarebbe sicuramente presentato: << Sauron deve ancora rivelare il suo servo più micidiale >> comunicò la tigre. Infatti, all' interno di una fortezza oscura e piena di armi letali, vi era un Nazgùl. Degli orchi gli fecero indossare dei guanti in ferro, e nel cappuccio vi inserirono un elmo dalla grande bocca aperta e con delle fessure che si misero davanti al nero dell' ombra del suo cappuccio.

Kerochan parlò del nuovo guerriero di Sauron: << Colui che condurrà alla guerra gli eserciti di Mordor. Colui che, come dicono, nessun uomo vivente può annientare. Il Re degli Stregoni di Angmar >> la faccia di Tomoyo tremò al sentire la parola “Stregoni”, e lei ne aveva già avuto a che fare con uno bianco. Non riusciva a credere che questo nuovo avversario fosse più potente perfino di Saruman. La ragazzina girò lentamente la testa verso il piccolo Kerochan: << Tu lo hai già incontrato. Ha pugnalato Sakura, in quel momento >> disse all' amica. Tomoyo si ricordò di una notte che un Nazgùl colpì alla spalla la sua migliore amica alla spalla. Erano partiti insieme a Toy per raggiungere Gran Burrone, ma avevano trovato per la strada quei nove spettri. Ci fu uno scontro con loro in una torre di vedetta, nel quale il Nazgùl che stava al centro degli spettri estraò il suo pugnale e lo conficcava nella spalla di Sakura. Non potè dimenticare l' urlo che fece quando la cattura carte si sentì la lama entrare nella carne. Tomoyo rabbrividì a quella scena, mettendosi sull' attenti e impallidendo dal terrore: << E' il Signore dei Nazgùl, il più potente dei Nove. Minas Morgul è la sua tana >> concluse Kerochan. Tomoyo non proferì parola, continuando a fissare il Monte Fato. Ma proprio da quelle parti Sakura e Li si trovarono insieme a Gollum nel territorio del Nazgùl.

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Capitolo 11
*** Episodio 172: Minas Morgul ***


Li e Sakura erano proprio nelle vicinanze di Minas Morgul, la dimora dei Nazgùl. Gollum si fermò ai lati di una strada, rimanendo accovacciato per non farsi vedere da altri occhi. Anche i due ragazzini lo seguirono, affiancandolo da una parte e dall' altra: << La Città Morta. Bruttissimo posto. Pieno di... nemici >> disse Gollum ai due viaggiatori. La creatura saltò sopra il sentiero, andando alla ricerca della scala che lui diceva di raggiungere. Sakura e Li lo seguirono da dietro, osservando la Città degli Spettri in fondo a quella strada. La Città era illuminata di verde nelle mura. Era un' immensa fortezza, uguale a Minas Tirith come era costruita. I tre passarono in mezzo al sentiero che portava alle porte della città tenebrosa: << Presto! Presto! Ci vedranno! Ci vedranno! >> avvertì Gollum, raggiungendo insieme a Li l' altro lato della strada. Sakura si fermò rimanendo ancora davanti al sentiero che portava all' ingresso, e fissò per un attimo due statue di gargoyle mostruosi che erano posti agli estremi della lunga via che terminava alle porte della fortezza: << Venite via! Venite via! >> continuò Gollum a richiamare alla ragazzina di muoversi: << Guardate! L' abbiamo trovata. La via per entrare a Mordor. La scala segreta. Salite >> il piccolo essere scheletrico inidicò una scala costruita in verticale sulle alte rocce.

Doveva essere molto ripida quella salita. I gradini in pietra continuavano fino alla fine di quella montagnola. A Li non bastò che seguire le parole della guida, affrettandosi nel scalare sulla dura roccia tagliente. Sakura rimase ancora giù in mezzo al sentiero. Girò lentamente la testa in direzione dell' entrata di Minas Morgul, come se fosse attirata dal vento che soffiava di lì. Una voce sibilante la attirava sempre più alla città fantasma. La ragazzina fu di nuovo ipnotizzata da strane presenze nella sua testa, e camminò verso Minas Morgul. Si teneva l' anello che indossava ancora come collana, come se si stringesse il cuore. Fece una smorfia di paura a ogni passo che cadeva in avanti: << No, Sakura! >> Li si accorse che Sakura si stava dirigendo in un' altra via: << Non di là! >> disse Gollum scendendo insieme al cinesino per fermare la ragazza. Ormai superarono le due statue dei mostri, ritrovandosi ad un pezzo della strada fatto. Li e Gollum afferrarono per le braccia Sakura cercando di farla svegliare dal suo stato confusionale: << Mi stanno chiamando >> rispose la ragazza incosciente, resistendo al blocco dei due compagni e spingendosi sempre più oltre il varco. Con un ultimo sforzo, Gollum e Li riuscirono a tirarla fuori da mezzo la strada pericolosa. All' improvviso si scatenò un terremoto nella zona di Minas Morgul, e Sakura cadde all' indietro, mentre Li si tenne nella roccia vicino alla scalinata.

Osservarono una luce rossa venire da sopra la città. Poi, la nebbia verde che avvolgeva la dimora del Re Stregone, si attorcigliò su sé stessa fino a formare un grande vortice da sopra la fortezza stregata. Il vortice verde arrivò in cielo, creando una massa di nuvole cariche di tuoni. Lo stesso fenomeno si notò anche dalla città di Minas Tirith. Kerochan e Tomoyo sobalzarono alla vista del grande fascio che si perdeva in cielo: << E quello che cos'è? Kero? >> le domandò Tomoyo affianco. Kerochan non aprì bocca, avvertendo che in quel punto c' era Sakura. Il lampeggio di luce verde illuminava l' intero regno di Gondor a molti chilometri distante dal regno malvagio. Sakura venne aiutata da Li a rimettersi in piedi, ancora sconvolta da quello che stava accadendo. Una specie di verso sembrava provenire dalle due statue di mostri: << Nascondetevi! Nascondetevi! >> esclamò Gollum affrettando i due a ripiegarsi sotto la strada. A Minas Tirith i soldati di guardia rimasero scioccati alla vista del vortice che proveniva dietro le montagne. Le loro armature riflettevano i bagliori di luce verde in lontananza, mentre le loro facce impaurite e preoccupate venivano illuminate dalla stessa luce. Attorno ai cavalieri si appostarono alcuni abitanti corsi a scendere in strada per osservare il cataclisma che proveniva dalle terre regnate dal male. Tomoyo si mise le mani al petto, in segno di terrore e incominciò a tremare. Kerochan la vide nel suo stato di angoscia e salì sulla sua spalla per farle conforto.

Sembrava che quel momento non finisse mai. Sakura, Li e Gollum si rimisero dietro a una scogliera, controllando quello che stava per succedere. La ragazza sudava freddo dal terrore che le provocò quel posto, stando ancora più male al peso che indossava al collo. I due ragazzini diedero un' occhiata alla strada in cui era, illuminata da un bianco improvviso di fulmini che cadevano al suolo. Da sopra le mura di Minas Morgul spuntò fuori un draghetto alato con sopra un Nazgùl. Questo aveva un elmo fatto in ferro con la parte frontale che improvvisava ad una sua faccia. La bestia alata si fermò sull' orlo della fortezza, sulla cima, come se fosse un avvoltoio che scrutava quello che accadeva in basso. Il grande rettile alato emise un ruggito malandato, e il Nazgùl cercava con lo sguardo chi avesse risvegliato il potere alla fortezza. Sakura incrociò per poco il volto incappucciato dello spettro, nascondendosi di nuovo dietro alla roccia, e mollando una smorfia di dolore. Quando l' animale smise di ruggire, fu a quel punto che il Nazgùl emise il suo urlo stridente. Sakura e Li si tapparono le orecchie, ma ormai la ragazzina aveva in testa quell' urlo e avvertì una fitta alla spalla: << Sento la sua lama >> disse Sakura quando sentì l' urlo tramutarsi nel rumore di una spada quando raschiava in una roccia. La ragazza si tenne la spalla cui aveva subito la ferita, trattenendo il suo grido di dolore più che poteva. L' urlo dello spettro smise e Sakura tirò un sospiro di sollievo, con conseguente stanchezza dallo sforzo.

Il rettile alato emise un ennesimo ruggito dall' alto, questa volta più pulito, ed era indirizzato verso le porte della città di Minas Morgul. Le due ante della città si aprirono e ne uscì un esercito di Orchi, immenso, quasi svuotasse tutta la città tenebrosa. Kerochan avvertì ciò che stava succedendo al di là delle montagne: << Infine ci siamo >> disse sulla spalla di Tomoyo, che lo guardò con un pizzico di confusione: << La grande battaglia del nostro tempo >>. Adesso l' intera lunga strada che conduceva a Minas Morgul era ricoperta da numerosi orchi verdi, armati per la guerra e con torce accese. Milioni di bandiere nere erano tenute in alto, come simbolo il quale loro portavano il buio sulle terre che calpestavano. Li, Sakura e Gollum misero leggermente la testa fuori dalla scogliera, osservando le truppe di orchi a pochi metri di distanza da dove erano loro. Alcuni di quei mostri indossavano armature pesanti e portavano lance di tutte le specie, dalle asce fino ai forconi. Il Nazgùl sorvolò sopra la lunga coda di orchi che avanzava verso Gondor, dopo che il suo animale ruggì un' altra volta. I tre nascosti nelle rocce si abbassarono per non farsi notare dallo spettro che gli passò accanto di poco: << Venite via, ragazzi. Saliamo. Dobbiamo salire >> li richiamò ancora Gollum. Questa volta tutti e due i giovani si misero a salire i gradini piccoli e umidi della ripida scala, mentre sotto di loro si facevano sempre più piccoli gli orchi in marcia lungo il ponte.

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Capitolo 12
*** Episodio 173: La scacchiera è pronta... ***


Gli abitanti di Minas Tirith ancora rimasero fermi nell' osservare la montagna dalla quale fuoriuscì il vortice di luce verde: << Ehi! Avete visto? >> << Si. Una luce era comparsa prima oltre quei monti! >> << E' stato spaventoso >> << Chi poteva essere? >> discutevano tra di loro i cittadini dietro i soldati di Gondor in guardia: << Non è il momento di mettersi a discutere. Forza, rientrate alle vostre case >> avvisò una guardia agli abitanti che mostrarono un lieve pizzico di panico. Dal balcone della loro casa, intanto, Kerochan e Tomoyo rimasero con lo sguardo fisso ad osservare il cielo che fu raggiunto dal fascio di luce verde fino alle sue nuvole. Pareva strano ora essere immersi in quel silenzio profondo, dopo un preludio di forse una qualche catastrofe che doveva abbattersi con impeto alla fortezza di Minas Tirith: << Kerochan... Cos' era quello di prima? >> chiese Tomoyo con voce tremante e sgranando ancora più gli occhi. Il Guardiano alato non rispose, e si sedette sopra la ringhiera in marmo del balcone, a gambe incrociate e assumendo un' aria da pensatore: << Kerochan, dimmi, quel luogo da dove è stata sprigionata quell' immensa luce, era Mordor? >> << No, non esattamente. Da quella parte c' era senza dubbio la tana del Signore dei Nazgùl >> rispose il piccolo peluche alato.

Tomoyo si mise una mano alla bocca, sperando che quello che stava per chiedere avesse una buona risposta. Decise di levarsi la mano davanti alle labbra, buttando giù la sua domanda: << E Sakura e Li non si trovavano in quella zona, giusto, Kero? >> chiese la ragazza accennando ad un sorriso nervoso: << Ehi, Kero, sto parlando con te! >> disse per richiamare il piccolo amico assolto in altri suoi pensieri: << Tomoyo, la faccenda è ulteriormente complicata, se non riesci a capirlo! >> sbottò Kerochan per avvisare alla ragazzina di non disturbarlo. Tomoyo si zittì al richiamo di Kerochan, ritraendo all' indietro le sue mani che stavano per scuotere il piccolo essere. Kerochan si voltò di nuovo a scrutare i colli dai quali spuntò quell' alto vortice, e per pensare alla risposta da dare a Tomoyo. Dopo una breve pausa, Kerochan riprese: << Temo che invece sia il contrario >> disse il peluche in una frase incompleta: << In che senso? >> gli chiese Tomoyo: << Nel senso che la strada di Sakura e Li ha preso una piega molto storta. Quei due saranno passati sicuramente per quella zona >> << Oh, no! >> esclamò la ragazza: << Che cosa li sarà successo, Kero? >>, << Io spero che non siano in pericolo, amica mia... Non riesco più a sentire le loro presenze >> comunicò Kerochan notando lo spostamento sempre più avanti dei due giovani avventurieri: << Che significa? >> domandò ancora Tomoyo.

Kerochan aggrottò la fronte: << Si stanno addentrando sempre più in antri oscuri. Mi è impossibile percepire la loro forza vitale! L' oscurità copre le loro sagome >> la ragazza poggiò le sue mani di nuovo sul balcone. Raschiò le sue unghie contro il materiale della ringhiera, sperando con tutta la sua anima che i suoi due amici rimanessero lontano dai pericoli: << La scacchiera è pronta. Le pedine si muovono >> annunciò il piccolo Guardiano: << Che intendi fare? >> chiese ancora la dolce fanciulla: << Adesso non si può più attendere, Tomoyo >> rispose Kerochan: << Abbiamo bisogno subito d' aiuto >> aggiunse digrignando i denti. Anche se per poco, quella notte venne passata dai pochi abitanti che si svegliarono come un evento di mobilitazione generale per la paura di un improvviso attacco nemico. Più avanti alla fortezza di Minas Tirith, sulla zona del Fiume, Osgiliath era completamente riempita da soldati di Gondor. Anche questi assistettero allo spettacolo che apparve dietro le montagne. Il silenzio che albergava a Osgiliath era tombale, non un uomo osava muovere un muscolo del corpo dopo lo strano fenomeno che scorsero e che toccò il cielo notturno. Faramir era sopra ad un balcone semidistrutto delle rovine della vecchia città sul fiume, impalato con lo sguardo che puntava alle alte cime. Il vento soffiava tra i suoi capelli biondi, insieme al suo mantello nero raffigurante l' albero bianco. Era in una posizione di guardia, con entrambe le mani che tenevano la custodia della sua spada: << Faramir >> lo chiamò il suo compagno alle spalle, anche lui indossante una veste nera come quella del suo capitano.

Lo raggiunse sopra al balcone: << Aspettiamo tue indicazioni, mio signore >> gli disse l' amico: << Non se ne stanno più verificando attacchi alla città >> parlò Faramir prestando vigilanza al punto cui era uscito il fascio di luce: << E credete che sia un buon segno? >> gli domandò l' amico. Il capitano di Gondor fu per un attimo titubante, poi proseguì: << Non c'è di che fidarsi delle insidie del male, Madril. Sospetto una ritirata temporanea degli Orchi nell' attaccare Osgiliath >>, << Avete notato anche voi quella luce in fondo alle vette? >> gli chiese il suo compagno Madril: << Pensate che siano stati richiamati da un allarme nel loro territorio? >> << Lo escludo. La fortezza di Minas Morgul è sempre stata indistruttibile al giorno d' oggi. Io penso solo che ci sia una qualche riorganizzazione delle truppe del Nemico dietro a quelle mura >> ribattè Faramir: << Intendete dire che arriveranno rinforzi nemici da un momento all' altro? >> gli chiese Madril: << Si, è così. Voglio che la sorveglianza in tutta Osgiliath sia incrementata. Dite ai nostri uomini di tenersi pronti a sguainare le proprie spade. E posizionate gli arcieri sulle torrette di vedetta a Sud della città. Gli Orchi approfitteranno dell' ombra della notte per coglierci di sorpresa, ma noi saremo stati ancora più lesti di loro nel prevedere i loro agguati >> << Come dici tu, Faramir >> e Madril si incaricò del compito di mobilitare i soldati in tutta Osgiliath. Faramir si trattenne nel balcone, dando un' occhiata beffarda all' avvicinamento di orchi dalla sua parte.

L' ultima postazione difensiva di Gondor si preparava quindi a respingere con i denti le forze di Mordor per impedire che si spargessero verso Minas Tirith. Molto più lontano dalla Città dei Re, nel regno di Rohan, la notte sembrò volare via tranquillamente. Così sembrò. Al palazzo di Meduseld, Meiling si risvegliò dolcemente nel cuore della notte, nella sala in cui lei era vi erano tutti i soldati di Thèoden che occupavano il pavimento con i loro sacchi a pelo: << Avverto una strana sensazione >> si disse a bassa voce la cinesina. Si tolse le coperte, e si mise le pantofole per uscire dalla stanza in cui era, senza far rumore tra i soldati dormienti. Da una finestra del salone principale del palazzo, Meiling si avvicinò al vetro per osservare la notte come era: << Non mi promette nulla di buono questo tempo >> commentò nell' osservare il cielo sgombero dalle stelle. Poi il suo sguardo si bloccò nella terrazza esterna alla dimora. Notò una figura dalle vesti bianche girata di spalle con lunghi capelli bianchi che gli cadevano fino alla schiena: era Yuè che volgeva ancora il suo sguardo all' orizzonte in un' altra nottata serena. Meiling decise di venirgli incontro. Aprì il portone principale del palazzo, uscendo in pigiama all' aria aperta. Non volle disturbare il Giudice alato più avanti, e decise di camminare lentamente verso di lui: << Non temere. La tua presenza non mi disturba >> disse girato di spalle Yuè per avvertire Meiling che poteva stare tranquilla: << Hai avvertito una strana presenza da fuori, Yuè? >> domandò diretta Meiling: << Si. Anche io ho percepito un flusso negativo molto lontano da qui >> rispose il Giudice capendo che anche la cinesina aveva avuto lo stesso presentimento suo.

<< Cosa pensi che sia successo? >> chiese Meiling allontanandosi di alcuni passi dalla porta socchiusa dietro di sé: << Il Nemico ha cominciato a muovere i suoi eserciti >> Meiling tenne la bocca spalancata a forma di E. La testa di Yuè si spostò più a sinistra: << Sento che Sakura è in pericolo >> << Si, lo so >> da dietro i due comparve Toy: << Siamo in pensiero per i nostri amici, Toy >> gli spiegò Meiling in mezzo ai due giovani più alti di lei: << Avete detto che mia sorella è in pericolo? >> chiese Toy ai due. Questi non emisero parola: << Ah! Lo immaginavo >> rispose il ragazzo aspramente: << Ma oltre a Sakura, anche Kerochan si trova in una situazione delicata >> annunciò Yuè. Meiling e Toy fecero un respiro di preoccupazione: << Dobbiamo subito aiutarli! >> esclamò la cinesina mostrando i pugni: << Ma che cosa aspetta Gondor a chiedere aiuto? Si può sapere che cosa passa per la testa a quelli là? >> sbottò Toy dalla tragedia che avrebbe colpito presto la città in cui risiedevano per il momento i loro due amici. Yuè frenò subito delle possibili idee dell' amico di voler cavalcare da solo per raggiungere Minas Tirith e combattere per la sua difesa: << Non essere troppo azzardato >> lo avvisò il Giudice. Toy si rimise composto: << Kerochan non rischierà una battaglia servendosi delle poche forze disponibili che ha Gondor. Sono sicuro che ci avviserà lui nel momento in cui dovremo intervenire >> disse la creatura alata con tono pacato: << Se non abbiamo ricevuto dei segnali, vuol dire che Sauron non sta ancora attaccando la città >> << Si, questo è vero. Ma hai appena detto che le sue armate si dirigono verso di essa >> aggiunse Toy.

Meiling si ritrovò così ad ascoltare in mezzo ai due ragazzi i pericoli che giungevano sulle forze del bene: << Si, l' ho detto >> concluse Yuè. Fra i tre amici calò il silenzio della notte. Speravano che tutti i loro sforzi futuri sarebbero stati utili allo svolgimento della grande battaglia che si sarebbe disputata in campo amico. Sakura e Li provarono già i primi loro sforzi nel salire la scala tra le rocce della montagna. Gollum saltellava da un masso all' altro, stando ai lati della scala: << Su, su, su per le scale andiamo, e poi dentro la galleria >> canticchiava il piccolo essere dalle forme scheletriche: << Hey, cosa c'è nella galleria? >> Li ascoltò le parole che disse Gollum. Il piccolo mostro cercò di evitare ulteriori risposte da dare al ragazzino, che si dimostrò poco che fedele a lui, tentando di proseguire nella salita. Il cinesino afferrò Gollum da una spalla e lo mise con le spalle al muro per dargli un avvertimento: << Ascoltami bene. Ascoltami bene bene. Se le succede qualcosa, è a me che ne risponderai >> lo sguardo di Li si fece minaccioso su Gollum, nel caso in cui Sakura fosse stata in pericolo: << Se sento la minima puzza di marcio, se solo un pelo mi si rizza sul collo, hai chiuso. Niente mosse furtive, niente carognate, o sei finito. Chiaro? >> Sakura si fermò nella scalata sentendo il discorso del suo ragazzo a Gollum. Sembrava che stessero litigando, data la loro vicinanza con le facce: << Ti tengo d' occhio >> gli disse infine il ragazzo.

Gollum lo osservò con la coda dell' occhio che risaliva le scale e facendogli un sorrisino da schernimento: << Di che si trattava? >> chiese Sakura quando la raggiunse Li: << Niente. Chiarivo solo una cosetta >> tranquillizzò a Sakura con una breve risposta, mentre la loro guida si dipinse in volto un' espressione maligna per tramare alle spalle del cinesino. La mattina dopo, Kerochan si ritrasformò in tigre, e decise di scendere in città con Tomoyo, per indicarle il compito che doveva svolgere: << Ragazza mia, c'è un compito da svolgere. Un' altra opportunità per una di Tomoeda di dimostrare il suo valore >> le comunicò mentre passavano tra ceste fatte in legno di un mercatino. I due alzarono lo sguardo in alto, e Tomoyo capì quello che Kerochan le disse sul suo piano la notte: << Non devi deludermi >> aggiunse il Guardiano alla giovane ragazza: << D' accordo >> rispose con decisione Tomoyo. I suoi occhi erano sicuri, e prese fiato prima di iniziare la sua missione: quella di accendere un fuoco in alto ad una torretta. La ragazzina passò davanti alla tigre bianca per poi prendere le scale che l' avrebbero portata alla torre di segnalazione di Gondor. Le speranze di soccorso erano sempre più vicine per Kerochan.

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Capitolo 13
*** Episodio 174: L' invasione di Osgiliath ***


A Osgiliath l' alba era ancora prossima a giungere. La calma tra i soldati regnava, mantenendo le stesse postazioni che Faramir diede a loro. Alcuni si cucinarono la cena su una pentola messa sul fuoco notando la tregua concessa dai nemici. Altri ancora si fumarono una pipa per smorzare la tensione. C'è chi ancora affilava le proprie spade con delle pietre. Faramir fece il giro della situazione, affiancando altri suoi soldati rimanere nelle loro posizioni. Il capitano raggiunse nel retro di una dimora, su un balcone, il suo compagno Madril, che avvertì Faramir dell' atmosfera che si era appena creata: << C'è molta quiete al di là del Fiume >> disse con la voce di uno che preparava un agguato alla sua preda: << Gli Orchi se ne stanno in disparte. La guarnigione sarà stata spostata. Abbiamo mandato esploratori a Cair Andros. Se gli Orchi attaccano dal Nord, saremo avvertiti >> descrisse l' esecuzione degli ordini che Faramir gli comunicò poche ore fa. Madril impugnava il suo arco saldamente alla sua spalla e controllando altre rovine della città che erano sparpagliate nel fiume. Dovettero aspettarsi però di tutto dagli Orchi di Mordor, che parevano essere molto più strategici di loro.

Delle barche con delle lance rivolte in avanti avanzavano nelle tranquille acque del fiume che attraversava la città di Osgiliath. Erano gli Orchi che per farsi strada tra la nebbia, accesero le loro torce. I mostri che stavano davanti a prua, impugnavano le loro asce, mentre gli altri continuavano a remare con cautela, e tenevano tutti il capo chino per non farsi scoprire dalle guardie appostate nei dintorni. Un orco dalla pelle gonfia e rosea era alla prua della prima barca, e dava indicazioni ai suoi. La sua faccia si girò verso i suoi uomini, mostrando che il suo viso era sfregiato da un ulteriore rigonfiamento della pelle: << Silenzio >> disse agli orchi che traghettavano la barca in cui era. Questo aveva solo due dita nella mano sinistra, e si portava stretto a sé il braccio di quella mano. Gli orchi traghettatori acquisirono un modo più lento di avanzare in barca alla richiesta del loro capo. I soldati appostati dalla parte in cui provenivano gli orchi, a loro insaputa, continuavano nel presidiare il posto in cui erano, controllando che non arrivassero orchi da davanti a loro. I soldati si ritirarono da quel lato per scendere a mangiare. Ma uno di loro si fermò affacciato ad una finestra tra le mura di una rovina, scorgendo gli orchi avanzare da un' altra direzione. Un orco che remava una di quelle barche si accorse del soldato di su, e quest' ultimo si sporse ancora più per assicurarsi che fossero davvero nemici, non individuandoli subito a causa della nebbia che calò nel fiume.

<< Uccidilo! >> ordinò l' orco dalla pelle rosa a un suo arciere. L' orco, sotto ordine del suo capo, scoccò una freccia che il soldato vide all' ultimo, e che non potè schivare. L' uomo venne colpito al petto dalla freccia e il suo urlo di dolore si sentì dagli altri suoi compari. Il soldato cadde all' indietro per le scale, mettendo in agitazione tutti. Faramir e Madril avvertirono del movimento alle loro spalle, e sentirono le forti chiacchiere dei loro uomini su un punto. Il capitano di Gondor scese velocemente le scale, apprestandosi a raggiungere tra le molte armature argentate il luogo in cui le parole di allarme che sentì partirono. Vide molti suoi uomini con la testa rivolta a terra, osservare un corpo di un altro degli uomini di Gondor infilzato da una freccia. I suoi occhi rimasero spalancati dalla sorpresa di vedere gli orchi che giungevano dalla parte opposta della città: << Non giungono dal Nord >> commentò Faramir accorgendosi di essere impreparato all' improvviso arrivo dei loro nemici. Il giovane corse subito indietro, ordinando a tutti a sotto voce di raggiungere in fretta le postazioni sulla riva in cui sarebbero salpati gli orchi: << Al Fiume! Presto! Presto! >> diceva uno ad uno ai soldati che prendevano di fila delle spade. Gli uomini si mischiarono così in quelli in armatura e quelli in mantello nero. Tutti corsero al Fiume: << Più in fretta >> ordinò l' orco sfregiato in volto, e i suoi orchi remarono più velocemente adesso, essendo stati scoperti.

Le barche degli orchi erano molto larghe e potevano farci stare venti orchi al massimo. Ma oltre a questo furono anche il numero delle imbarcazioni in arrivo a Osgiliath a preoccupare gli uomini che nella corsa sbirciarono da fessure nei muri della distanza con i loro avversari che diminuiva. I soldati giunsero alla batigia della riva su cui si sarebbero riversati milioni di orchi, muovendosi a passo felpato per nascondersi nelle colonne di marmo che sostenevano una struttura della spiaggetta di Osgiliath. Le barche toccarono quasi la costa: << Sguainate le spade >> disse l' orco rosa ai suoi compagni per scendere dai loro traghetti e invadere la città. Faramir e Madril si misero con le spalle rivolte a delle colonne distanti tra loro, seguiti da altri loro uomini che si nascosero in altre rocce vicine. Il capitano di Gondor tenne la sua spada all' altezza del suo viso, respirando con calma e appiccicandosi sempre più alla colonna. Il suo sguardo avrebbe detto a Madril di fiondarsi all' attacco. Altri uomini finirono di appostarsi a delle mura, mentre gli orchi davano le ultime remate alle barche per fare in modo che con i loro piedi toccassero terra. Faramir incrociò ancora lo sguardo di Madril, e questi annuì ad intervenire in qualsiasi momento. Tutti in quell' istante si ammutolirono per lasciare che le grida e i versi degli orchi circolassero per la città. In questo modo gli orchi si metteranno sicuramente a pensare che la città è stata svuotata del tutto, gli venne in mente a Faramir. Ma lui non poteva lasciare che gli altri orchi continuassero a superare Osgiliath, e per poi attaccare Minas Tirith.

In ogni caso, li avrebbero trovati nascosti, e Faramir sarebbe stato costretto a lottare. Le prime barche attraccarono alla riva, e gli orchi saltarono giù uno dietro l' altro, pronti a conquistare Osgiliath. Faramir vide i primi orchi passargli ai lati che incominciarono a sparpagliarsi per la città. L' uomo a questo punto si trattenne, immobile sulla sua colonna a rimandare ancora il primo attacco da sferrare agli invasori. La sua testa si sporse leggermente dalla colonna per dare un' occhiata ancora al suo compare. Sentiva sempre più le barche che piombavano con decisione sulla sua città di Osgiliath, e i passi veloci delle creature a bordo che bramavano di prendersi Osgiliath. Sulla faccia di Faramir si tinse una smorfia di rabbia, e scattò dalla sua posizione, venendo fuori allo scoperto per affrontare i terribili invasori. Il primo orco lo trafì alla pancia, e il capitano di Gondor venne seguito da tutti i suoi compagni che si gettarono nella mischia per respingere gli orchi. Molti fendenti vennero inflitti agli stomaci dei mostri. Un altro soldato mollò un pugno in piena faccia a un suo rivale, che tramortì a terra. Le urla di incitamento tra i soldati furono come un ruggito di carica tra loro, ma altre barche si fermarono alla riva e gli orchi che ne uscirono poterono assalire i soldati e gli uomini impegnati in altri combattimenti.

Madril e Faramir furono per il momento quelli più accaniti nella lotta. Il primo sfrecciava tra gli orchi e lasciava che la punta della sua spada tranciasse la carne delle sue vittime. Il giovane capitano fece roteare la lama di un orco e poi diede a questo un fendente verso l' alto. Lo stesso Faramir si abbassò al fendente di clava che un orco gli rivolse, scalfendo la dura roccia di un pilastro. Gli uomini in prima linea vennero sbalzati all' indietro dalla carica di altri orchi scesi dalle loro barche infuriati. Un soldato parò il colpo di un orco, ma questo lo colpì al petto con un suo martello e infine buttato nell' acqua. Faramir disarmava gli orchi facendo fare alle loro spade un giro verso l' alto, e in questo modo potè dare alle loro facce una strisciata della sua lama. La spada di Faramir trapassò il corpo in corsa di un orco, brutalmente. L' alba stava sorgendo in quella continua lotta, e da un' altra parte di Osgiliath, venne creato un ponte per fare in modo ad altri orchi di riversarsi con più facilità dentro la cittadella, evitando così gli scontri con gli uomini di Gondor. In pochi istanti, brulicarono un maggior numero di orchi per gli angoli di Osgiliath.

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Capitolo 14
*** Episodio 175: I fuochi di Gondor ***


Osgiliath avrebbe dovuto reggere ancora un po' per attendere un qualche segnale da parte di altri alleati. Tomoyo fu incaricata da Kerochan di eseguire questo compito di primaria importanza su una torre di vedetta di Minas Tirith, sopra la quale vi erano due guardie a sorvegliare la struttura. Un ponte di pietra collegava la torretta alla sua parte superiore. Tomoyo era ai lati della colonna fatta in pietra che ereggeva il capanno su cui si sarebbe acceso il segnale. Kerochan sapeva bene che Denethor non avrebbe mai permesso una richiesta d' aiuto a Rohan, e quindi tutte le sue guardie dovevano stare ai suoi ordini. Perciò decise di mandare la ragazzina ad accendere il segnale senza farsi notare dai soldati. Era più una missione pericolosa per Tomoyo, siccome doveva arrampicarsi per l' alta colonna ad un' altezza da strapiombo. La ragazza scivolò lievemente quando fu in cima al capanno all' aperto: << Ah! >> gridò quando vide sotto di lei il vuoto. Si mise una mano alla bocca, dando un' occhiata alle guardie che erano più avanti. Nessuno l' aveva sentita. Quindi potè proseguire in tranquillità la sua missione. Sotto la cupola del capanno c' era un mucchio di paglia e legna posizionati al centro. Tomoyo strisciò dietro al mucchio di materiale che aveva davanti per dare un' altra occhiata alle guardie.

Ne vide una seduta dall' altra parte del ponte che beveva e parlava con la testa rivolta da un lato con l' altro suo compagno. La ragazza salì cautamente per il grande mucchio di legna, fino a raggiungere la superficie. La tigre bianca la osservava dal basso in città, e distolse subito lo sguardo dalla torretta quando passarono affianco dei soldati, per evitare ulteriori sospetti. Dopo che le guardie furono lontane, Kerochan riprese a seguire Tomoyo. La ragazzina era riuscita a non farsi beccare quando si poggiò in piedi sulla superficie della paglia. Le due guardie erano intente a darsi delle ciotole d' acqua per dissetarsi durante il loro pasto. Tomoyo potè allungarsi dalla cima del materiale per cercare di prendere una piccola ciotola di fuoco sopra la paglia. Una corda che teneva sospeso un recipiente d' acqua si spezzò, quando Tomoyo si aggrappò a questo per prendere la ciotola di fuoco. Dell' acqua fuoriuscì dal movimento che fece il recipiente. Tomoyo perse un po' l' equilibrio e controllò avanti che le due guardie non avessero rivolto lo sguardo su di lei, ma ancora una volta erano distratte nel parlare. Tomoyo fece un ultimo sforzo e afferrò la ciotola di fuoco sospesa sopra il recipiente d' acqua, e la gettò tra la legna e la paglia che presero subito fuoco. Tomoyo fece un sorriso di soddisfazione alle guardie ingenue, ma cambiò subito espressione quando lei si accorse che stava ancora sopra la paglia che veniva lentamente raggiunta dalle fiamme.

La ragazzina notò il fuoco che si faceva sempre più alto, e scese dietro al mucchio di materiale la cui parte non era ancora stata toccata dal fuoco. La guardia si rese conto di un fuoco che si accese nel cumulo di paglia: << Cos'è? >> domandò all' altro suo compagno, e i due si alzarono e rimasero stupiti dalle fiamme generate improvvisamente. Ora il fuoco aveva assunto le dimensioni del cumulo di paglia e legna a cui Tomoyo aveva dato fuoco. Il fumo si dirigeva verso le montagne più in là, mentre Tomoyo si affrettava a scendere l' alta colonna rocciosa dal retro. Kerochan emise un sorriso di vittoria all' impresa compiuta dalla giovane e corse subito verso un altro ponte più avanti. Da qui si affacciò al lato: << Amon Dìn >> disse il Guardiano mettendo le zampe anteriori sul paratetto. Guardava in direzione della cima di una catena montuosa, vedendo un fuoco che si accese subito dopo che venne dato in fiamme il materiale alla torre di vedetta: << Il fuoco! Il fuoco di Amon Dìn è acceso! >> esclamò una guardia alla serie di altre fiaccole che si accesero in altre vette più distanti. Denethor si affacciò da una fessura, e si ritraò indietro mostrando una faccia di disapprovazione e offesa all' aiuto che si stava spargendo tramite i fuochi di segnalazione. Egli non voleva aiuti alla sua città e l' ombra della dimora in cui era mise in risalto lo sguardo accigliato: << La speranza divampa >> commentò Kerochan all' arrivo di altri soldati per assistere allo spettacolo.

I fuochi sparirono dietro altre montagne. Due uomini che erano distanti dall' ultimo fuoco acceso, si affrettarono nel bruciare la loro piramide di paglia, capendo che Gondor aveva bisogno di rinforzi. Uno di loro mise la punta della torcia in ogni lato della paglia, per fare in modo che le fiamme si spargessero più in fretta. Si sbraciavano per cercare di essere notati da altri focolai in fondo ad un' altra costa rocciosa, volenterosi di richiamare tutti gli aiuti possibili che potevano intervenire a Gondor. Il fuoco nell' altra costa si accese, seguito da uno poco distante da esso. E così, questa continua accensione delle fiamme si prolungò per altre montagne, dove la neve copriva le cime, ma dove il fuoco sapeva prevalere sul bianco intenso della distesa sulle pareti rocciose. Perfino la notte non fermava la lunga fiaccolata di torce d' aiuto a Gondor, che portavano speranza a tutti i territori su cui erano posizionati i picchi di legno e paglia. La mattina giunse presto e ancora altre postazioni prendevano fuoco dal prolungamento in numero dei picchi. Fino a dove sarebbero arrivati? Stà di fatto che quelle cime potevano essere viste da chiunque nel raggio di molti chilometri, anche se pur nascoste da alte pareti montuose. Anche le cime di altezza inimaginabile videro i segnali che si spargevano, e gli uomini di quei picchi decisero di partecipare allo spargimento dei soccorsi. Le nuvole non riuscirono a coprire neanche un alto picchio di un' alta montagna.

L' ultimo fuoco si accese. Toy era seduto all' esterno di una dimora nel paese di Edoras, bevendo del latte che gli offrirono su una ciotola. Alzò lo sguardo ad una montagna più in là, e vide sulla cima un fuoco di una qualche torcia. Però era grande. Il ragazzo staccò le labbra dalla ciotola, e si alzò per vedere meglio quelle strane fiamme nella vetta. Pensò subito che fosse un segnale d' allarme.

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Capitolo 15
*** Episodio 176: La decisione di Thèoden ***


Toy osservò per un attimo quel fuoco sopra alla montagna. Quello senza dubbio era un avvertimento che giungeva da molto lontano, sicuramente opera di Kerochan, come gli disse una notte Yuè. Il ragazzo corse via, buttando per terra la ciotola di latte. Corse per la stradina che lo conduceva al palazzo del Re, tra la gente che lo osservava con sorpresa. Salì di fretta delle scale orizzontali, ma sull' ultima gradinata egli fece fatica, e nell' affrettarsi scavalcò i gradini a due a due, accennando subito ad una stanchezza. Spalancò di botto le ante del palazzo d' oro, urlando: << I fuochi di Minas Tirith! I fuochi sono accesi! >> e tutti gli abitanti della dimora si girarono di scatto verso il giovane impazzito. Thèoden si voltò nel mentre che discuteva con Gamling e altri consiglieri in un tavolo al sentire l' annuncio di Toy che pareva essere un giornalaio che gridava a tutta la piazza delle notizie del giorno: << Gondor chiede aiuto! >> esclamò ancora il giovane disperato e con il sudore che gli si intravedeva in fronte. La gente che stava a palazzo circondò Toy con un misto di preoccupazione al suo atteggiamento perentorio. La voce si sparse nell' intera sala: la notizia dell' avvertimento di Gondor riecheggiò in ogni spazio della dimora. Ora tutti guardavano il ragazzo, nel caso in cui la sua frase avesse avuto effetto ne sarebbe uscito vincitore.

Nel caso in cui Thèoden non avrebbe reagito come risposta, il coraggio di Toy sarebbe stato vano. Eowyn affiancò suo fratello Eomer, avendo sentito le urla di Toy. Meiling era vicino a questi e teneva le mani giunte come per recitare una preghiera, sperando in un esito positivo di una sentenza del Re, che disse a chiare lettere di non avere alcuna intenzione di aiutare la Bianca Torre. Anche Yuè e Gimli erano più concentrati su Thèoden, benchè avesse un cuore nobile, alcune volte poteva essere schietto nelle sue decisioni. Mai avrebbero immaginato che il Re di Rohan rifiutasse di aiutare qualcuno in pericolo. Thèoden capì che ora tutti gli occhi puntavano a lui, che una semplice affermazione poteva decidere le sorti del conflitto contro Mordor, mettendosi così in marcia verso le truppe di Minas Tirith, oppure dando una negazione all' avviso di Toy, faceva così abbassare la sua autorità ad alcuni suoi vicini parenti. Il peso di rispondere gravava su di lui. I suoi occhi azzurri guardarono da un lato basso della sala, poi si riindirizzarono verso il ragazzo, emettendo così la sua decisione: << E Rohan risponderà >> Toy ebbe un lieve sussulto di gioia a quelle parole, e in seguito Meiling alzò le mani in aria per esultare all' intervento delle forze di Edoras: << Radunate i Rohirrim >> aggiunse Thèoden al sorriso di Yuè. Gamling si mosse subito dietro Thèoden per riorganizzare i soldati. Eomer si chinò per affermare di eseguire l' ordine dello zio e volse a Eowyn una faccia seria.

Quest' ultima accennò ad un lieve sorriso, ma anche lei come suo fratello non mostrarono atti di soddisfazione. La campana di Rohan venne suonata ripetutamente da un cavaliere che si trovò in cima alla postazione di vedetta con il suo martello, segnale che tutti i soldati dovevano muoversi e prepararsi per la cavalcata verso Gondor. Alcuni sfilavano già all' uscita della città di Edoras già in sella al proprio cavallo, e con i loro mantelli verdi che cadevano sul dorso del cavallo. Altri si affrettarono a salire in sella e a guidare il proprio destriero in mezzo alle fila di uomini che scendevano radunati alle porte di Edoras. Thèoden si indossò la sua armatura da guerra, e uscì con Eomer dal palazzo, dandogli indicazioni: << Riunisci l' esercito a Dunclivo. Tutti gli uomini che riesci a trovare. Hai solo due giorni >> disse al nipote. Prima che questi andasse oltre Thèoden, lo zio lo fermò per la spalla: << Al terzo, partiamo per Gondor. In guerra >> aggiunse quest' ultimo avvertimento al giovane. Eomer potè quindi richiamare i suoi Rohirrim: << Soldati, preparatevi a partire! >> comunicò ai guerrieri: << Gamling! >> richiamò Thèoden il suo fedele guerriero nel terrazzo esterno della dimora: << Mio signore? >> << Attraversa in fretta il Riddermark. Raduna tutti gli uomini validi a Dunclivo >> gli disse Thèoden: << Mio signore >> ubidì Gamling con indosso la sua solita armatura. Il Re si avvicinò al bordo della terrazza a osservare la mandria di suoi uomini che trafficava per le vie di Edoras. Oltre ai soldati di Rohan dovevano giungere altri rinforzi di altri alleati a Thèoden. Egli si preparava quindi a creare un esercito di massa.

La gente di Edoras guardava dalle proprie case la mobilitazione dei soldati del Re. Eowyn uscì fuori dalla stalla con un cavallo che teneva per le redini: << Cavalcherai con noi? >> le domandò Toy anche lui sistemando il suo cavallo a fianco alla donna: << Solo fino all' accampamento. E' tradizione che le donne della corte salutino gli uomini >> rispose Eowyn sistemando la sua sella. Gli occhi di Toy intravidero l' elsa di una spada sotto ad una coperta messa sul dorso del cavallo. Quando alzò la coperta per mostrare la spada a Eowyn lì sotto, questa ricoprì l' arma: << E quella? Come me la spieghi? >> le chiese Toy ironicamente, sapendo che la fanciulla bramava di combattere: << Gli uomini hanno trovato il loro capitano. Ti seguiranno in battaglia, fino alla disfatta. Tu ci hai dato speranza >> disse Eowyn cambiando discorso e notando nel ragazzo una faccia derisoria. La donna avanzò più avanti con il suo cavallo. Sulla terrazza del palazzo, Meiling si avvicinò dietro Re Thèoden con una spada che teneva tra due mani: << Chiedo scusa >> chiamò il Re voltato. Thèoden si girò vedendo la ragazzina dagli occhi rossi che recuperò alle porte di Isengard e che ora si presentava davanti al suo cospetto. Meiling era poco più bassa di Thèoden, e lei arrivava al suo petto. La ragazzina sembrava porgere un' arma al Re di Rohan: << Io ho una spada. Ti prego di accettarla >> disse la cinesina chinandosi a Thèoden su un ginocchio e mettendo la spada in verticale: << Ti offro i miei servigi, Re Thèoden >> promise Meiling volente di essere uno dei soldati di Rohan.

Il vecchio, con tutta la cortesia che aveva, tirò su la ragazza per la mano cui impugnava la spada: << Sono lieto di accettarla >> rispose sorridente Thèoden. Meiling ricambiò anche lei con un sorriso: << Tu devi essere... Meiling, Scudiera di Rohan >> la nominò Thèoden. La ragazza allargò ancora di più il suo sorriso dall' emozione della carica ricevuta e sentendo nominare per la prima volta il suo nome da un grande Re. Così scese subito a montare su un cavallo anche lei. La stradina che portava alle porte di Edoras ormai era riempita da tutti i soldati di Rohan a cavallo. In mezzo a quella fila c' erano Yuè con Gimli sempre in sella su un unico cavallo: << Cavalieri! Ah... Vorrei radunare una legione di Nani, completamente armati e ripugnanti >> ringhiò Gimli nel desiderare un esercito tutto per sé: << Forse i tuoi non dovranno andare in guerra. Temo che la guerra marci già sul loro territorio >> gli rispose Yuè da davanti sulla caduta del regno nanico, ormai distrutto del tutto in passato dall' invasione degli orchi. Gimli non emise sentenza, rimuginando sul suo popolo che ora si trovava in balìa di chissà quali mostri.

I cavalieri di Rohan furono pronti in armatura, e aspettarono gli ultimi che arrivassero al portone. Meiling era salita sopra un cavallo di sua misura e cercava di farlo muovere battendogli dei colpetti con le caviglie ai fianchi. Le donne del villaggio si tenevano strette i loro bambini dopo che un loro padre cavalcò verso l' uscita di Edoras. Thèoden osservava i momenti che si presentavano ai suoi occhi. Il vento soffiò alle sue spalle, facendogli muovere i capelli biondi. Anche lui era già sul suo cavallo bianco, pronto per la guerra. Alzò lo sguardo verso la bandiera di Rohan, sventolata da uno dei suoi uomini. Tra un po' lui sarebbe partito portando quello stemma sul campo di battaglia di Minas Tirith insieme al suo Re, che ebbe il tempo di pensare ad un suo discorso: << E così, sarà dinanzi alle mura di Minas Tirith che il destino del nostro tempo verrà deciso >> Thèoden si sentiva come prima di combattere una lunga guerra. Eppure di battaglie ne aveva vinto, ma in quel momento, il conflitto cui sarebbe dovuto intervenire era quello decisivo per tutte le forze del bene, e questo fu una novità per lui, dato che si giocavano la loro libertà dal dominio dell' oscurità. L' ultimo a salire a cavallo fu Toy, dopo Eowyn, che incrociò lo sguardo di Thèoden che gli annuì di essere pronto: << E' giunta l' ora! >> disse Eomer guidando alla partenza i Rohirrim: << Cavalieri di Rohan, giuramenti avete prestato. Adesso, manteneteli tutti! Al signore e alla terra! Ah! >> e con una ben data strattonata alle redini del suo cavallo, tutti i combattenti a cavallo lasciarono Edoras per dirigersi al raduno con altri loro loro uomini, prima di entrare a Gondor. Thèoden era sempre affiancato a Toy e i suoi amici, e naturalmente alla sua guardia del corpo, Gamling. Il numero immenso di cavalieri svuotava completamente Edoras. Anche Meiling partì col suo cavallino bianco, ora più che mai anche lei in una sua prima missione, come successe a Tomoyo.

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Capitolo 16
*** Episodio 177: La caduta di Osgiliath ***


La mattina a Osgiliath si tinse di rosso sangue con i soldati di Gondor e gli uomini di Faramir che uccidevano a più non posso gli orchi giunti da Mordor. Faramir resistette tutta la notte ai continui attacchi degli orchi, trafiggendone quanti ne poteva con la sua spada. Un orco venne buttato giù dalle scale, ma il suo compagno affianco vendicò la sua morte uccidendo l' uomo che aveva eliminato l' orco: << Dobbiamo ucciderli! >> gridava un soldato nella bolgia. Ma a niente servì il suo grido perchè gli orchi si ripresero con più vivacità e assestavano colpi di martello ai guerrieri in armatura argentea. Gli orchi si riunirono in un gruppo e insieme avanzarono investendo e calpestando come una mandria di tori inferociti i soldati per la loro strada, colpendoli poi con le loro spade. I martelli degli orchi vennero usati più frequentemente e i mostri colpivano i loro avversari, stordendoli alla testa e poi infilzargli alla pancia. Un uomo a terra era con la bocca insanguinata chiedeva aiuto mentre un orco lo finiva in tempo. Faramir era tra i soldati che venivano investiti dagli orchi, ma riuscì a cambiare strada, svoltando a destra: << Faramir! >> lo chiamò Madril con la testa sanguinante per una ferita. Il capitano si scansò dagli arcieri posizionati davanti a lui, e questi mollarono le proprie frecce sugli orchi che inseguivano Faramir, cadendo nella trappola di Madril.

Faramir si riparò dietro ad un pezzo di muro mentre vedeva gli orchi soccombere alle molte frecce dei suoi uomini: << Non possiamo fermarli. La città è perduta >> gli disse Madril quando Faramir gli si avvicinò. Il giovane uomo l' aveva intuito perchè i soldati erano privi di forze, non avendo riposato la notte. Faramir quindi diede un ultimo ordine, visto il numero di orchi che arrivavano: << Ordina di uscire allo scoperto. Ci dirigiamo a Minas Tirith >> disse Faramir. Madril e il capitano si affrettarono a richiamare tutti gli uomini che combattevano in quel momento, mentre alcuni venivano ripetutamente colpiti dai martelli degli orchi. Un grido stridente si levò in alto: << I Nazgùl! >> esclamò un uomo dopo che alcuni suoi compagni resistevano nell' uccidere gli avversari. I rettili alati fecero la loro comparsa in gran numero per aiutare gli orchi nella presa della città di Osgiliath. La coda di un rettile colpì un soldato su una torretta, e questo cadde giù da essa, sbattendo contro un' alta parete di roccia. Altri due soldati vennero afferrati dalle zampe di un' altra creatura e buttati giù dal bastione in cui erano: << Allo scoperto! >> gridava Faramir correndo e sfiorando un suo soldato: << Ripiegare! Ripiegare su Minas Tirith! >> nel prendere la via per uscire da Osgiliath, il capitano salì sul suo cavallo e avvertiva tutti di fuggire. I soldati e gli uomini abbandonarono i loro scontri e si apprestarono a raggiungere i loro cavalli, mentre altri proseguivano a piedi. Madril nella fuga dalla città venne assalito da un orco, e si abbassò al primo fendente di martello ma venne colpito in fronte dal secondo colpo, che lo stordì a terra.

<< Ripiegare! >> continuava ad urlare Faramir non notando il suo amico che non l' aveva raggiunto. I voli dei Nazgùl si fecero più bassi e le loro grida più vicine. Seguivano gli uomini dall' alto e gli sembravano delle pecorelle in fuga dal loro lupo. I cavalieri galopparono a tutta velocità per Osgiliath alle continua grida di Faramir: << Ritirata! Ritirata! >>. La città venne evasa dai soldati di Gondor e gli orchi poterono quindi camminare in territorio appena conquistato. Madril era ancora lì, ansimante e focalizzando la sua vista dopo che un orco lo colpì violentemente alla testa. Era disteso a terra, con una striscia di sangue che gli percorreva il naso. Guardò il cielo che si copriva di nubi, sentendo i passi degli invasori in avvicinamento. Un paio di orchi lo approciarono, e tra loro c' era quello dalla pelle rosea e sfregiata. Madril non potè più reagire, ormai privo della sua spada e immobile. Cercò di tenersi il più fermo possibile, ma non riuscì a non trattenere il fiato dalla paura e guardò il volto dell' orco rosa che fu di un terrore primordiale. La mano dell' orco che teneva stretta al corpo tremava e con l' altra prese di scatto una lancia che teneva un orco vicino a lui. Questa la piantò nel petto di Madril che trasalì sentendosi il suo respiro che svaniva sempre di più. L' orco vicino al suo capo emetteva una risatina a bocca aperta, mentre Madril esalava l' ultimo respiro e morendo ad occhi aperti. L' orco sfregiato estraò la lancia: << L' Era degli Uomini è finita. Il tempo degli Orchi è giunto >> annunciava facendo una smorfia maligna.

I cavalieri furono allo scoperto dalla città sui propri cavalli. I Nazgùl però stavano ancora alle loro calcagna, e guidavano il manto nuvoloso sopra di loro: << Ritiriamoci! >> gridavano i soldati. Un rettile planò a bocca aperta su di loro ma riuscirono a schivarlo. Un altro rettile prese due cavalieri in sella e li buttò da una parte. Ogni metro che superava Faramir, egli vedeva dei suoi compagni morire: << Presto, su Minas Tirith! >> urlavano ancora a forse un altro probabile attacco dei rettili. In lontananza vi era Kerochan che correva con Tomoyo sul dorso, per liberare i cavalieri di Osgiliath dalla presenza dei Nazgùl: << E' Mithrandir! >> << E' la Tigre Bianca! >> urlavano i soldati sopra le mura di Minas Tirith, con altri abitanti che vollero assistere alla scena. Kerochan corse il più in fretta che poteva mentre Tomoyo si stringeva con le mani al suo pelo bianco: << Non avere paura, Tomoyo >> la rassicurò la tigre. La ragazzina deglutì, tenendo i nervi saldi alla vista delle bestie alate che colpivano il gruppo di soldati in fuga. Un soldato venne fatto cadere dall' alto dopo che venne afferrato da una di quelle bestie: << Attenti! >> le urla di disperazione continuarono spingendo sempre più Kerochan ad una corsa contro il tempo. Lo sterminio proseguiva con le bestie alate che scendevano come falchi e afferravano con le loro zampe due cavalli con i loro fanti sopra e li lasciavano cadere a molti metri di altezza. Faramir cercò di tenersi il più basso possibile sul suo cavallo, notando davanti alla fila di uomini che lo nascondeva un Nazgùl che scendeva con la sua bestia a zampe spalancate.

Il giovane capitano fece in tempo a togliersi da dietro quella fila di uomini, vedendoli scaraventati a terra, come se fossero tanti birilli, da quel rettile. Kerochan all' ennesima strage di soldati fu alla giusta distanza dai Nazgùl per poter dirigere contro di loro la sua luce abbagliante. Dal cristallo del suo elmo, infatti, fuoriuscì un immenso fascio di luce che puntò contro le bestie alate, facendole ritirare all' ombra delle loro nuvole. I soldati seguirono Kerochan dopo che questi ebbe ritirato la sua luce bianca dentro al suo elmo, e fece da rimorchio al gruppo di uomini che riuscì a trarre in salvo e a dirigerli verso Minas Tirith. I soldati che avevano assistito alla scena dalle mura della città, corsero ad aprire il cancello pesante: << Tenetevi pronti! Stanno arrivando! >>, << Aprite! >> dissero insieme altre guardie. I ganci in pesante legno vennero sollevati dai buchi nel pavimento, permettendo così il facile scorrimento delle grandi ante. Uno dietro l' altro entrarono i cavalieri scampati all' attacco di Osgiliath e si riversarono nella piazza principale della città bianca. I loro cittadini scesero per accoglierli a braccia aperte e le donne recuperarono i loro mariti vivi: << Mithrandir! >> una voce si levò per richiamare la tigre bianca in mezzo al mucchio di uomini radunati nella piazza. Faramir sul suo cavallo si avvicinò a Kerochan: << Hanno spezzato le nostre difese. Hanno preso il ponte e la sponda Ovest. Battaglioni di Orchi attraversano il Fiume >> << Come aveva predetto sire Denethor. Da tempo aveva previsto questa rovina! >> disse un uomo del Sovrintendente anche lui corso alla piazzetta: << Previsto senza fare nulla! >> sbottò Kerochan.

Faramir alzò lo sguardo sopra al dorso della tigre, e vi trovò una ragazza dai capelli blu e gli occhi dello stesso colore: << Faramir... >> fece per parlargli Kerochan, roteando gli occhi su Tomoyo: << Questa non è la prima ragazzina che incontri sul tuo cammino >> << No >> rispose Faramir ansimante dall' adrenalina che gli creò la fuga. L' espressione di Tomoyo si fece radiante quando capì che l' uomo dai capelli biondi aveva incontrato Sakura: << Hai visto Sakura e Li? >> gli chiese con un sorriso di gioia nel sapere che i suoi due amici in viaggio potevano essere ancora visti in questo mondo. Prima che Faramir rispondesse, lo interruppe Kerochan: << Dove? Quando? >> chiedendo ad una immaginaria risposta già data dal ragazzo: << Nell' Ithilien. Meno di due giorni fa >> rispose Faramir: << Hai sentito, Kero? Sakura e Li stanno bene! >> esclamò Tomoyo con gli occhi lucidi alla tigre che sorrideva anche lei dalla felicità: << Kerochan, sono sulla strada per la valle di Morgul >> quelle parole del giovane capitano risuonarono come un monito al Guardiano, che si fece serio tutto di una volta: << E poi c'è il valico di Cirith Ungol >> aggiunse Kerochan, e Faramir annuì amaramente: << Che cosa significa? Che cosa c'è? >> domandò Tomoyo confusa, aspettando risposta da uno dei due: << Faramir, dimmi tutto! Tutto quello che sai >> disse la tigre per sapere dei pericoli che stavano per andare incontro i suoi paladini delle carte di Clow.

Faramir rivelò quindi tutto su Sakura e Li, confermando secondo quanto il Guardiano pensava su Gollum che guidava i suoi “turisti” in un viaggio pieno di insidie. Tomoyo e Kerochan non poterono più aiutare i loro amici diretti verso il baratro oscuro. Ora avevano solo il compito di stare di guardia alla città, e di proteggerla dalle orde di orchi di Mordor che presto si sarebbero riversati a Minas Tirith. Il capitano di Gondor salì direttamente da suo padre Denethor per avvisarlo della presa di Osgiliath da parte del Nemico. Kerochan e Tomoyo attendevano in una sala della dimora di sire Denethor che Faramir uscisse dalla discussione con il padre. Tuttavia quest' ultimo non fu molto soddisfatto del compito incompiuto dal figlio e della scampata presa dell' anello, e ora gli mostrava una faccia inorridita dal suo trono: << E' così che serviresti la tua città? Tu rischieresti la sua totale rovina? >> chiese Denethor oltraggiato: << Ho fatto quello che ritenevo giusto >> << Quello che ritenevi giusto? Hai mandato l' anello del potere a Mordor, nelle mani di una stolta ragazzina! >> rispose il Sovrintendente adirato a Faramir che stava in piedi davanti a lui e che ascoltava ingiustamente il suo rimprovero. Le urla di Denethor fecero da eco in tutta la sala, poi quando la voce cessò di risuonare, il sire prese a parlare: << Doveva essere riportato nella Cittadella perchè fosse al sicuro. Celato. Negli oscuri sotterranei profondi. Da non essere usato. Solo in caso di massima necessità >> queste parole le pronunciò in modo cautelo e bisbigliante, come se non volesse che qualcun altro origliasse dai muri. Erano i primi segnali che stava andando fuori di sé:<< Io non userei l' anello, neanche se Minas Tirith crollasse e solo io potessi salvarla >> rispose Faramir impavidamente: << Sempre tu desideri apparire magnifico e benevolo, come i Re di un tempo. Eriol si sarebbe ricordato dei bisogni di suo padre. Mi avrebbe portato un dono da eroe >> ora Denethor stava ripiangendo le grandi doti che Eriol possedeva e che non facevano concorrenza al suo figlio minore, Faramir: << Eriol non avrebbe portato l' anello. Avrebbe allungato la mano e se lo sarebbe preso. Sarebbe caduto >> << Non ne puoi sapere nulla! >> << Se lo sarebbe tenuto per sé >> ribattè Faramir ad alta voce, e Denethor rimase stizzito e ansimava di rabbia a denti stretti.

Faramir proseguì: << E quando fosse tornato, non avresti riconosciuto il tuo protetto >> << Eriol era devoto a me! Non era il pupillo di un felino! >> urlò Denethor balzando giù dal trono e stringendo più forte un bastone che prese affianco alla sua gamba per minacciare Faramir. I capelli grigi e lunghi gli scesero davanti agli occhi dalla troppa foga che ci mise nell' agitarsi. Faramir indietreggiò di mezzo passo alla furia cieca del padre, e questi cadde all' indietro nei gradini della sua postazione del trono. Faramir fece per avvicinarsi ad aiutarlo: << Padre >> mentre Denethor accennava ad un respiro di pianto osservando con uno sguardo da cane bastonato il figlio che gli tendeva la mano. Sul volto dell' anziano Sovrintendente si dipinse un sorriso forzato quando i suoi occhi puntavano dritto a Faramir. Quest' ultimo rimase confuso dall' espressione del padre, e fece alcuni passi indietro per fare in modo di lasciargli lo spazio per alzarsi: << Mio figlio! >> esclamò Denethor con le pupille degli occhi che si facevano grandi dall' emozione. Il viso dell' anziano si fece commosso e le labbra tiravano sempre più un grande sorriso di disperazione quasi. Dietro alle spalle di Faramir vide un ragazzino dai capelli blu e occhiali, con in mano uno scettro con un sole in miniatura sulla punta del bastone. Era Eriol. Denethor vide il volto del suo adorato Eriol roseo come lo vedeva spesso: << Padre! >> esclamò la figura del maghetto, e voltandosi fece per andare incontro al padre che finalmente smise di singhiozzare e riassunse quell' atteggiamento fiero che aveva un tempo verso il figlio che adottò alcuni anni fa. Il corpo di Eriol fu vicino alle spalle di Faramir e si dissolse nel nulla, lasciando nuovamente la faccia di Faramir davanti agli occhi di Denethor, che riassunse di nuovo l' espressione disperata. Ora tremava dal pianto mentre Faramir gli lanciava un' occhiata da soldato duro. Denethor ebbe un' illusione su Eriol, lasciandolo per un attimo viaggiare nel mondo in cui per lui andava tutto a meraviglia con la presenza del piccolo mago, ma dovette di nuovo adattarsi al mondo triste e vero in cui egli si trovava, senza più Eriol. Denethor guardò di nuovo suo figlio in piedi davanti a lui e gli fece una faccia di disapprovazione: << Lasciami! >> gli ordinò severamente. E Faramir se ne andò dalla vista di suo padre con andatura pacata, intuendo che suo padre aveva dato tutto il suo bene solo ed esclusivamente a Eriol, e questo fece ancora più male al giovane capitano.

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Capitolo 17
*** Episodio 178: La scalinata di Cirith Ungol ***


Tomoyo e Kerochan, intanto, attendevano che Faramir uscisse dalla sala di suo padre. Questi erano rimasti nell' andito esterno alla sala di Denethor, entrambi sconvolti dalle notizie dei loro due amici, Sakura e Li, portate da Faramir stesso. Tomoyo era seduta su una panchina bianca di quel corridoio, preoccupata per le sorti della sua più cara Sakura. Kerochan, sempre nella forma di tigre bianca, girava intorno a sé stesso davanti alla ragazzina dai capelli blu: << E' da molto tempo che Faramir è lì dentro. Pensi che Denethor ci aiuterà questa volta? >> chiese Tomoyo: << Ah! E' tutto inutile con lui. La sua testa è già entrata da decenni nella più totale cecità >> commentò Kerochan osservando le ante ancora chiuse del salone in cui vi erano Faramir con suo padre Denethor. Le loro urla si erano sentite poco fa, quando tra i due loro ospiti era calato il silenzio: << Sembra che non ci sia uno stretto legame di parentela tra di loro >> annotò Tomoyo amaramente: << Denethor è sempre stato così. Con tutti i suoi soldati che fallirono nelle missioni, almeno. Non ha mai dimostrato vera fratellanza con persone ritenute da lui inferiori, e questo gli causò sempre più un senso di forte egoismo che lo indusse lentamente a distaccarsi dalla sua famiglia e dal suo regno >> spiegò Kerochan: << Dovrebbe essere destituito subito >> replicò Tomoyo: << Come ti ho già detto prima, lui non è altri che un Sovrintendente, un' autorità che ha il compito di salvaguardare il trono di Gondor fino all' arrivo del nuovo Re >>.

Kerochan si mise seduto sulle zampe posteriori e riprese a discutere con Tomoyo: << L' atteggiamento di un custode è ben diverso da quello che potrebbe avere un vero sovrano. A differenza di quest' ultimo, Denethor non ha pieni poteri, e quindi di conseguenza si vengono a creare due situazioni opposte: la prima è quella per la quale gli abitanti di Minas Tirith desiderino di essere governati da un grande uomo. La seconda vicenda, invece, è più indirizzata nella soggettività del sire Denethor, il quale egli non riconosce la volontà di un suo destitutore per via della bramosità degli uomini di volersi accapparrare ogni cosa. Questo crea un conflitto principale tra i capricci del sovrintendente con la maggioranza dei cittadini di Gondor nel trovare soluzioni reciproche di pace. Quindi in entrambi i casi si presenterebbero collisioni politiche e democratiche nel sistema della grande Torre Bianca di Echtelion >>, << Tutto ciò è molto chiaro e allo stesso tempo assurdo >> rispose Tomoyo: << Voglio dire: come è possibile che si accetti sin dall' inizio questo tipo di sovranità? Intendo per i cittadini >>, << Ma loro non potevano sapere niente di quello che gli sarebbe capitato. I loro antenati adottarono questo metodo per fare in modo che perdurasse la stabilità di Gondor, ma a quanto pare i vecchi modi stanno sempre più svanendo nell' ignoranza del mondo. Bisogna fare spazio a nuovi criteri >> le parole del Guardiano risuonavano in Tomoyo come quelle di un professore da seguire.

La ragazzina si sollevò dalla panchina, e mostrò un sorriso a Kerochan: << Vorrei tanto che avessimo più tempo per parlare, Kero. Vorrei tornare ai giorni in cui sostavamo per le vie di Tomoeda a goderci le splendide giornate di sole... >> Tomoyo passò vicina alla tigre, e continuò a camminare oltre, fino all' altra parete dell' andito. Si affacciò ad una fessura per ammirare il cielo azzurro che schiariva gli alti muri della fortezza di Gondor. I suoi occhi si fecero lucidi al chiaro dei raggi di sole che le illuminavano il viso bianco: << Vorrei tanto tornare a casa >> disse con voce commossa mentre scrutava l' orizzonte dietro il quale, oltre miglia e miglia, si trovava il suo vecchio posto chiamato Tomoeda. Avrebbe tanto desiderato tornarvici con i suoi conoscienti e amici più cari. Tomoyo si morse il labbro inferiore, lasciando che una lacrima le rigasse il viso. Il suo sguardo poi roteò leggermente a destra, incrociando di nuovo le nuvole nere lasciate dal Monte Fato. Nello spiazzo che divideva Minas Tirith dalla città di Osgiliath ormai in mano agli orchi, la ragazzina intravide i corpi dei soldati abbattuti durante la fuga dai Nazgùl che venivano trascinati insieme alle carcasse dei loro cavalli da alcuni orchi. Chissà quale sarebbe stata la pena che ancora avrebbero dovuto provare quei poveri soldati inermi. Kerochan si sporse da un' altra fessura affianco a Tomoyo, osservando anche lui in silenzio quei mostri che recuperavano le loro prede uccise: << Questa Guerra deve finire! >> esclamò la ragazzina facendo un' espressione accigliata: << Avrai anche tu il momento in cui dovrai reagire. Ma credimi, non è saggio buttarsi subito a fare gli eroi >> disse Kerochan fermando l' amica. Tomoyo si strinse ancora di più i pugni lungo i fianchi e digrignò ancora di più i denti.

<< Ricordati di Meiling, e sopratutto di Sakura e di Li. Non vorrebbero mai che una loro stretta amica li lasciasse in modo così avventato >> la ragazza smise di piangere silenziosamente e tirò su la testa: << Hai ragione, Kerochan >> si asciugò le lacrime con la manica della maglietta che indossava, riacquisendo la giusta determinazione: << Anche tu sei importante per me >> disse Tomoyo voltandosi verso Kerochan che le rivolse una faccia serena: << Sai una cosa? Questa potrebbe essere la mia prima occasione per dare una mano nel sconfiggere un nemico tanto potente >> << Certo. Non dimenticarti che ti ho scelta perchè sei tu che lo hai voluto... Dopo che la tua curiosità ti ha fatto toccare cose che non sono adatte a te! >> disse Kerochan: << Ah, già! Me lo dimenticavo! Eh eh eh! >> rispose Tomoyo sdrammatizzando. I due amici ripresero a passeggiare nel grande andito, non vedendo ancora alcun segno di Faramir: << Ho un' altra domanda da farti >> << Dimmi, Tomoyo >> << Non mi hai ancora parlato di quel posto in cui sono Sakura e Li >> aggiunse la ragazza incuriosita: << Volevo sapere che razza di luogo è >> << Avrai già intuito dalle nostre facce che non è niente di sereno >> rispose Kerochan seriamente. La tigre abbassò il capo, cercando di trovare parole giuste che non potessero far preoccupare Tomoyo: << Allora? Non me lo vuoi dire? >> domandò la ragazza impaziente: << Quello in cui ora sono diretti Sakura e Li è un Passo situato nelle vicinanze di Mordor >> rispose Kerochan: << Come ha detto Faramir, vi è una scalinata fatta di dura roccia sui gradini. Molto tempo addietro un' entità maligna spazzò via ogni luogo che fosse ancora irradiato dalla luce del sole per fare in modo che il regno di Sauron si espandesse ulteriormente >> Tomoyo si fermò nel camminare, ascoltando attentamente le parole del Guardiano affianco a lei e facendo attenzione che non fossero disturbate dai suoi passi.

La tigre proseguì: << L' Oscuro Signore nacque da un essere ancora più malvagio di lui, e forse reincarnava il male primordiale. Questa creatura era chiamata Morgoth e aveva a sé diversi tipi di servi oscuri, uno tra questi è l' attuale Sauron >> l' amica che sostava al suo lato si mise le dita tra i denti come se fosse nervosa: << Prima di Cirith Ungol, allora, spuntavano verdi alberi e fresche radure selvagge. Un habitat popolato da ogni animale pacifico. Ma poi, ci fu l' attacco da parte di enormi ragni giganti provenienti dalle terre di Mordor, la terra natìa di Morgoth, a dover disboscare tutti gli alberi nei dintorni. E così gli Orchi ebbero la facilità di prendersi quella parte di terra che prima apparteneva alla razza elfica >> << E non fecero niente per togliere di mezzo gli Orchi? >> chiese ancora Tomoyo: << Purtroppo no. Anche dopo la presa degli Orchi quel territorio divenne automaticamente irriconquistabile. Gli uomini alleati agl Elfi, decisero di costruire una torre ai confini, ma anche quella venne in seguito riempita da quei mostri. Il luogo che ora è chiamato Cirith Ungol, prima era nominato come foresta di Valinor, il regno degli antichi Valar >> << E questi che ruolo avevano? >> << I Valar erano le prime divinità elfiche ad aver camminato sulla terra ferma. E la loro casa non era toccata neanche da una minima lite. La quiete era padrona di quegli angoli >> spiegò Kerochan. Tomoyo pensava ancora a Sakura e a quello che Kerochan disse su Cirith Ungol: << Spero che ce la faccino i nostri amici a uscirne vivi >> << Si. Non ti preoccupare... Ce la faranno >> la rassicurò la tigre, che voltandosi per guardare il panorama da una fessura, cambiò espressione diventando molto pensieroso.

Adesso Sakura insieme a Li scalava l' alta montagna al dì sopra della città di Minas Morgul. Ormai erano abbastanza lontano in altezza dal sentiero in cui avevano sostato poco fa. Gollum saltellava da una roccia ad un' altra, guidando il duo di ragazzi. La scala in pietra era stretta da muri rocciosi che componevano l' enorme catena montuosa, e questo rendeva difficile il movimento dei scalatori nell' aggrapparsi alle sporgenze dei gradini verticali. Sakura era davanti a Li e ogni tanto lei si girava nel controllarlo per vedere se era ancora al passo. Un vento di desolazione soffiava per quella parte superiore della montagna, e Li fu costretto a tenersi il cappello schiacciato alla testa per evitare che volasse: << Stai bene, Li? >> gli chiese Sakura: << Si. Non ti preoccupare, continua ad andare >> la raccomandò il cinesino. Entrambi i ragazzi erano affaticati dalla salita e in più i loro visi erano ammacati da un po' di polvere. Sakura scivolò improvvisamente, ma si mantenne salda ad una roccia: << Attenta, Padrona. Attenta. Molto profondo se cadi >> le disse Gollum più avanti nella scalata, con Li che era pronto a tenere la sua ragazza in caso di caduta: << Molto pericolosa è la scala >> rammentò Gollum giunto alla fine del tratto di gradini. Sakura si aggrappò alla scogliera in cui era Gollum, strisciando con le mani per prendere qualche roccia a cui tenersi: << Vieni, Padrona >> e nel toccare il dorso della roccia, Sakura mostrò ancora una volta l' anello uscito fuori dalla sua maglietta involontariamente agli occhi della creatura: << Vieni da Smèagol >> disse con perfidia Gollum notando l' oggetto a penzoloni sul collo della ragazza.

Gollum fece per allungare la sua mano verso l' anello in bella vista, approfittando dell' ingenuità di Sakura. Era quasi sul punto di riappropriarsi del suo antico gioiello: << Sakura! >> gridò Li da sotto, estraendo la sua spada: << Indietro, tu! Non la toccare! >> ma le minacce rivolte a Gollum non avevano alcun effetto su di esso, e lanciò una smorfia al cinesino, continuando a tendere la mano aperta sull' anello. Infine, la mano di Gollum strinse il braccio di Sakura e la aiutò a tirarla su, improvvisando un gesto di solidarietà: << Perchè lui odia il povero Smèagol? Che cosa ha mai fatto Smèagol a lui? >> disse Gollum per spiazzare Li che aveva già rimesso la sua spada apposto. Gollum notò che lui e Sakura erano ad una distanza alla quale i loro discorsi non potevano essere uditi dal ragazzo: << Padrona? La Padrona porta un pesante fardello. Smèagol lo sa. Pesante, pesante fardello >> le disse poggiandole una mano sulla schiena mentre Sakura cercava di rialzarsi. La creatura si avvicinò alle orecchie della giovane: << Il cinesino non lo sa. Smèagol bada alla sua Padrona. Lui lo vuole. Ne ha bisogno. Smèagol glielo vede negli occhi >> la faccia sconvolta di Sakura si paralizzò alle parole velenose di Gollum, forse per la prima volta gli dava ascolto sui pericoli che poteva portare il suo Li: << Molto presto lui te lo chiederà. Tu vedrai. Il cinesino ti porterà via l' anello >>. Lo sguardo della cattura carte balenò di scatto verso l' indifeso suo compagno che strisciava sulla fredda roccia affaticato. La ragazzina si tenne stretto tra le mani l' anello, rimettendoselo nella maglietta, sospettando di Li.

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Capitolo 18
*** Episodio 179: La lealtà a Denethor ***


La città di Minas Tirith ora era sorvegliata da altre forze in lontananza. A Osgiliath, infatti, era giunto il Re dei Nazgùl a cavallo del suo rettile. Osservava da una colonna della piccola città sul fiume l' enorme dimora della Torre Bianca. Da un balcone vicino a lui, gli si avvicinò l' orco dal volto sfigurato e rosa, e incominciò ad impartirgli i primi comportamenti una volta che fossero entrati a Minas Tirith: << Fà avanzare tutte le legioni. Non cessare l' attacco fino alla presa della Città. Uccideteli tutti >> disse con voce cupa dall' elmo che indossava. In contemporanea, la creatura alata mosse lievemente la testa, e le sue pupille nere si chiudevano al posto delle palpebre. L' orco rosa emise un ghigno nel volto, poi proseguendo: << E riguardo al Guardiano? >> chiese al Re Stregone sull' intralcio che poteva provocargli la tigre bianca: << Lo spezzerò >> ribattè minacciosamente lo spettro. Dalle mura della Bianca Città si intravedevano già i primi soldati ammassati e sorveglianti l' enorme distesa che vi era tra la perduta città di Osgiliath. Tra i guerrieri in armatura argentata si fece spazio Kerochan con il suo solito andamento maestoso. La tigre bianca mise le sue zampe anteriori sul muretto del balcone, cercando all' orizzonte qualche esercito in arrivo. Ma niente.

Seguì un breve silenzio, poi i soldati chiesero al Guardiano sull' aiuto che doveva ancora giungere a loro: << Dove sono i cavalieri di Thèoden? >> << L' esercito di Rohan arriverà? >> << Mithrandir? >> tutti ora osservavano Kerochan che meditava con lo sguardo fisso nel vuoto ed evitava di dare risposte negative ai guerrieri di Gondor: << Il coraggio è la migliore difesa che tu abbia ora >> rispose la tigre all' ultimo soldato che gli proferì parola. Il vento che soffiava era piuttosto lieve e calmo, quasi a volersi trattenere prima della battaglia che si fosse abbattuta a Gondor. Nell' andito della dimora di Denethor, intanto, Tomoyo era seduta su una di quelle tante panche ai lati. Dopo la discussione con Kerochan, ora lei sembrava più consapevole delle scelte che aveva preso sul prestare servizio al Sovrintendente. E solo dopo si rese conto anche del pessimo carattere che Denethor assunse: << Cosa ti è saltato in testa, Tomoyo Daidouji? >> si rimproverava la ragazzina facendo un sorriso ironico: << Quali servigi può, una ragazzina, offrire a un così grande signore degli Uomini? >> continuò. Per l' occasione del suo giuramento, a lei le fu data una maglietta nera raffigurante al centro lo stemma di Gondor, l' Albero Bianco: << Un bel gesto! >> disse una voce calda in fondo alla sala. Tomoyo si girò di scatto, spaventata dall' improvvisa apparizione di Faramir che camminava verso di lei. La ragazzina si tenne nell' abbigliamento le sue solite scarpe, e si alzò dalla panchina: << Un' azione generosa non va esaminata a freddo. Ti unirai alla Guardia nella Torre >> le disse Faramir parandosi davanti a lei e sorridendole.

Tomoyo ricambiò il sorriso: << Non pensavo che avrebbero trovato una tenuta che mi andasse >> << Apparteneva a un bambino della Città. Uno molto sciocco, che sprecava molte ore ad ammazzare i draghi, invece di frequentare gli studi >> comunicò Faramir alla ragazzina dai capelli neri e gli occhi blu. Questa intuì che la maglietta che indossava, una volta apparteneva allo stesso Faramir da piccolo: << Era tua? >> chiese Tomoyo stupita: << Si, era mia. Mio padre la fece per me >> rispose il capitano di Gondor sistemando la spalletta della maglia a Tomoyo: << Beh... Allora sono più alta di quanto eri tu. Anche se non credo che crescerò ancora, tranne che in larghezza >> la ragazzina assunse un' espressione seria: << Anzi, le femmine non possono permettersi di ingrassare! Eheheh! >> ribattè con le mani nei fianchi e trasformando la sua serietà in una grassa risata. Anche Faramir rise di gusto insieme alla sua piccola amica: << Non stava neanche a me. Eriol è sempre stato il combattente >> disse Faramir: << Si somigliavano tanto, lui e mio padre. Fieri. Testardi, anche. Ma forti. Come già saprai, Eriol è stato mio fratello adottivo, o almeno io lo consideravo un fratello >> l' espressione che assunse il giovane uomo diventava a tratti franca e serena. Anche Tomoyo nel risentire il nome di Eriol si faceva sempre più seria: << Mio padre lo vide che combatteva vicino ai nostri confini. E vide in lui uno spirito selvaggio nel battersi contro le forze del male, quindi decise di nominarlo massimo protettore della Città di Minas Tirith. Io ed Eriol passammo bei momenti di forte amicizia che a poco a poco si tramutava lentamente in un legame di fratellanza nelle nostre vene >> Tomoyo tornò nuovamente con gli occhi lucidi nel sentire le parole. Faramir riprese: << Prima di Eriol avevo un altro fratello, sacrificato molto tempo fa per questa guerra. Ora non ho più nessuno >> la ragazza inspirò fortemente dal naso, evitando così di far cadere le lacrime.

Faramir si accorse del volto di Tomoyo rattristito, e decise di cambiare argomento: << Devo ammettere che non ho mai visto tanti ragazzini uguali in altezza. Sai, mi riferisco ai tuoi amici: siete più o meno alla stessa statura >> << Noi siamo delle botti piccole, e dentro ci sta il vino buono, come dice mio padre >> rispose Tomoyo con allegria: << Mi ricordi il tuo nome? >> << Oh, si! Mi chiamo Tomoyo, piacere >> disse la ragazzina allungando in avanti la sua mano per stringerla a Faramir: << Bene. Credo che noi due andremo molto d' accordo, Tomoyo >> rispose l' uomo biondo sorridente: << Con me, ti assicuro, che troverai molti amici >> << A dire il vero, il tuo amico cinesino non si è dimostrato tale nei miei confronti >> ribattè Faramir indispettito: << Ti riferisci a Li? >> chiese Tomoyo: << Si. Ha una bella faccia tosta, vero? Eheh! >> scherzò lui: << Hai ragione. Devo ammettere che alcune volte non riesce a lasciar perdere. Eheheh! E' molto protettivo con le persone che gli vogliono bene >> << Ha un gran cuore anche lui >> aggiunse Faramir: << Sai, Faramir, credo che tu abbia forza, di un tipo diverso. E un giorno tuo padre se ne accorgerà >> concluse la ragazzina rassenerando il ragazzo che accennò ad un sorriso. Ora fu il turno di Tomoyo ad entrare nella sala di Denethor. Era pronta a recitare il giuramento come le era stato detto dai funzionari del Sovrintendente. Nella sala c' erano alcune donne che lavoravano per Denethor e un paio di queste giungevano a porgere un vassoio pieno di cibo al tavolo del sire. Nel grande andito vollero entrare sia Kerochan che Faramir, e quest' ultimo sapeva bene le intenzioni di suo padre. Tomoyo si mise in ginocchio ad una gamba davanti a Denethor che siedeva sul suo trono, e lei iniziò a recitare le parole di fede al sovrano: << Giuro di essere fedele e di prestare i miei servigi a Gondor, in pace e in guerra, con la vita o con la morte >> dalla bocca di Tomoyo si sentiva un lieve spasmo d' aria, forse nervosa dall' episodio che le stava capitando a lei: << Da... Da... >> ma le parole le si ingarbugliarono da sole, volendo a momenti di rifiutare il suo volere di servire Denethor.

Ma la ragazzina si fece ingannare dal gran sorriso del Sovrintendente e questo le fece proseguire nel discorso: << Da questo momento in avanti, finchè il mio signore non mi rilasci o il decesso non mi colga >> << E io non lo dimenticherò, nè mancherò di ricompensare ciò che mi sarà dato >> disse Denethor alzandosi dal trono e avvicinandosi alla sua giovane serva, tendendole il dorso della sua mano vicino alla sua bocca. Tomoyo data la breve distanza tra la sua bocca e l' anello che portava al dito il sire, baciò il gioiello delicatamente. Denethor passò la sua mano sotto il mento di Tomoyo, sollevando la testa chinata della ragazza, e mostrandole ancora di più il suo grande sorriso: << Fedeltà con amore. Valore con onore. Tradimento con vendetta >> disse Denethor voltandosi verso Faramir al centro della sala che ansimava con dolore dall' atteggiamento del padre su di lui. Il Sovrintendente si avvicinò al suo tavolo per mangiare e si sedette capo tavola, risistemando il cibo nel piatto e lanciando alcune occhiataccie al figlio. Kerochan da un lato della sala fece una smorfia di disgusto alla scena di noncuranza di Denethor al figlio: << Non dovremmo con tanta leggerezza abbandonare le difese esterne, difese che Eriol a lungo ha tenuto intatte >> parlò il vecchio custode di Gondor: << Cosa vuoi che faccia? >> chiese con il cuore infranto Faramir alla severità del padre: << Io non cederei il fiume nel Pelennor senza combattere. Osgiliath va riconquistata >> impose Denethor ignorando con lo sguardo il figlio: << Mio signore, Osgiliath è stata invasa >> << Molto dev' essere rischiato in guerra. C'è un capitano che abbia ancora il coraggio di eseguire la volontà del suo signore? >> chiese Denethor fermando l' opposizione di Faramir con il suo sguardo severo.

Tomoyo si ritrovò in mezzo a padre e figlio intenti in una discussione familiare, che tanto familiare non pareva: << Vorresti che i nostri posti fossero stati scambiati, che io fossi defunto e che Eriol vivesse >> disse Faramir con gli occhi lucidi, notando al padre di aver scoperto la sua vera umiltà riservata solo a Eriol e non a lui: << Si. Vorrei questo >> rispose Denethor tremando con la bocca prima di mettersi a bere da un calice: << Sei stato derubato di Eriol. Farò quello che posso in sua vece >> Faramir si chinò e rivolse il suo sguardo verso l' uscita del salone, non volendo mostrare i suoi occhi lacrimanti al padre: << No... >> disse sconvolta Tomoyo nel guardare il ragazzo che si apprestava ad andare alla riconquista di Osgiliath: << Se dovessi tornare, considerami di più, padre >> avvisò infine il capitano alla faccia rivoltante che fece Denethor: << Questo dipenderà dal modo in cui tornerai >> gli ribattè alle spalle il Sovrintendente: << No, sire! La scongiuro, non può mandarlo da solo a riprendere la città >> esclamò Tomoyo al fianco di Denethor che si dimostrò impassibile alle preghiere della ragazza. Kerochan abbandonò la sua posizione di quiete in cui era, avendo abbastanza del modo di fare del Sovrintendente. La tigre bianca si parò davanti a Faramir: << Ascoltami, Faramir. Non puoi affatto caricare verso Osgiliath. E' troppo pericoloso! >> << Vorrei tanto potermi redimere, Kerochan. Ma vedo che questo è l' unico modo che ho di riallacciare i rapporti con mio padre >> disse il capitano: << No, tu non capisci! Tuo padre ti sta portando alla rovina! E' come gettarsi tra le fiamme buttando al vento la vita! >> esclamò ancora il Guardiano: << Lo splendore immenso del regno di Gondor tornerà come un tempo. Le tenebre saranno cacciate via >> disse amaramente Faramir passando oltre Kerochan: << Faramir! >> ruggì la tigre per richiamarlo: << Ogni tua parola è un incitamento al suo dovere di capitano >> intervenì Denethor dal suo tavolo: << Lascia che svolga bene per una volta il suo compito >> << Ti rendi conto che stai mandando tuo figlio, il tuo stesso figlio, alle porte dell' inferno? >> domandò Kerochan furioso: << Non è colpa mia se il mio figlio prodigo è stato abbattuto da altri orchi. Se non sbaglio c' eri anche tu nella Compagnia con cui Eriol partì da Gran Burrone, dico bene? >> disse Denethor con sfacciataggine al Guardiano: << Avete tutti pensato di lasciarlo perire. Ora il mio altro figlio cadrà per mano delle stesse. Ebbene io ho perso il mio pupillo per mano di quelle creature. Dimmi: come farai a proteggere il tuo, tigre? >> schernì a Kerochan riferendosi a Faramir come allievo del Guardiano. Tomoyo e Kerochan non credettero alle parole malvagie del Sovrintendente rivolte al suo unico figlio rimasto, rimanendo sempre più sottratti da un loro amico fedele che ora aveva orecchie solo per il padre.

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Capitolo 19
*** Episodio 180: La separazione di Li e Sakura ***


La scalata a Cirith Ungol trovò una sosta nei tre viandanti. Questi si accamparono su un piano roccioso della montagna per la notte. Dormivano poggiati alla dura roccia e avvolti nei loro mantelli elfici. Solo Gollum dovette fare a meno di qualsiasi altra coperta, dovendo mettere la sua guancia sul freddo e pungente materiale. Sakura era distesa da una parte su un fianco con il mantello che le copriva totalmente il corpo. Anche Gollum dormiva beatamente, al contrario di Li che lo osservava con sguardo stancante. Il cinesino controllava che la creatura non si svegliasse da un momento all' altro e metteva in atto il suo piano di vendetta sui due ragazzi. Li era quasi sul punto di chiudere i suoi occhi. Guardò con occhi socchiusi Gollum per accertarsi che stesse dormendo, e poggiò delicatamente la testa sulla roccia, sprofondando nel sonno. Pochi istanti dopo, la bocca di Gollum smise di russare e si serrò in fretta. Gollum aprì gli enormi occhi che aveva, resosi conto che il ragazzo lo spiava fino a qualche momento. La creatura era poggiata in un piano di roccia al di sopra dei due ragazzini, e scese verso di loro approfittando del fatto di non essere visto da nessuno. Aprì lo zaino di Li e vi tirò fuori il pane elfico emettendo un sorriso malefico.

Con riluttanza, Gollum aprì la foglia che avvolgeva il lembas e ne spezzò un pezzo. La parte di pane spezzata la sgretolò nella sua mano e sparse le briciole sul cinesino dormiente, in modo che la colpa della scomparsa del pane elfico fosse attribuita a lui. Dopodichè Gollum si avvicinò al bordo della roccia, e vi gettò insieme tutto il pane elfico nello strapiombo. Si ripulì di fretta le mani per far sparire le prove del delitto, sghignazzando a bassa voce del suo piano andato liscio come l' olio. Li si svegliò di scatto sentendo la voce seppur bassa e fastidiosa di Gollum: << Che stai combinando? >> gli chiese il cinesino con voce severa e vedendolo sull' orlo del dirupo mentre si girava spaventato verso di lui: << Te la stai svignando, eh? >> << Svignando? Svignando? >> disse Gollum con stupore: << Il ragazzo cinesino è sempre gentile. Smèagol mostra loro vie segrete che nessun altro può trovare e loro dicono “te la svigni”. Te la svigni... Che bell' amico! Oh si, Tesoro mio. Bell' amico, bell' amico... >> << E va bene, va bene >> sbottò Li mettendosi in piedi e cercando di guardare verso il basso se si riusciva a vedere quella cosa che Gollum era riuscito a buttare. La creatura si rimise sopra la roccia dalla quale era scesa e fingendo a una faccia infastidita dalle parole del cinesino: << Che stavi facendo? >> gli richiese Li scrutando il vuoto dove ora non si vedeva il sentiero che conduceva a Minas Morgul: << Me la svignavo >> rispose antipaticamente Gollum con un pizzico di malvagità: << Bravo. Fà come ti pare >> ribattè Li nel concludere la discussione.

Il ragazzo si abbassò su Sakura, scuotendola per svegliarla: << Mi dispiace svegliarti, Sakura. Ma dobbiamo proseguire >> la ragazzina spalancò subito gli occhi e sospirò dal brusco risveglio. Si sollevò con la testa verso la punta delle montagne, osservando il cielo coperto dalle nuvole grigie: << E' ancora buio >> notò Sakura: << Qui è sempre buio >> aggiunse Li constatando che si trovavano in luoghi marcati dall' ombra. Il cinesino si accorse che il suo zaino era già aperto, e vi infilò le mani per vedere cosa era scomparso. Tirò fuori solo una foglia che avvolgeva prima dentro un pane elfico: << E' sparito! Il pane elfico>> esclamò Li aprendo ancora di più lo zaino. Sakura sgranò gli occhi dalla disgrazia che le era capitata: << Cosa? Ci rimane soltanto questo? >> domandò la ragazzina incredula. Li si sollevò in piedi preso dalla disperazione, essendo rimasti senza cibo e guardando allo zaino vuoto. All' altezza della sua testa c' era Gollum seduto a due zampe sul piano di roccia in cui era risalito. Il cinesino notò nella creatura il gesto della mano che grattava la testa, come segno di sospetto: << L' ha preso lui! Dev' essere stato lui! >> urlò Li indicando Gollum: << Smèagol? No, no, non il povero Smèagol. Smèagol odia il cattivo pane elfico >> rispose la creatura a Sakura per farla andare contro il ragazzo: << Sei un miserabile bugiardo! Che cosa ne hai fatto? >> disse ancora il cinese nervoso dal comportamento di Gollum che voleva che Sakura gli desse ragione: << Lui non lo mangia. Non può averlo preso lui >> disse alzandosi in piedi la ragazzina e mettendosi faccia a faccia con Li: << Guarda... Che cos'è? >> Gollum indicò qualcosa sulla spalla destra di Li. Vi passò sopra una manata e caddero ai piedi del ragazzo delle briciole di pane elfico: << Oh, briciole sui suoi vestiti. L' ha preso lui! L' ha preso lui! >> ribattè Gollum puntando il dito contro il presunto impostore al quale ora Sakura dava un' occhiataccia. Gollum si mise tra i due ragazzi, con le spalle rivolte a Li: << L' ho visto. Sparge sempre delle briciole per gli uccellini quando la Padrona non guarda >> << E' una sporca bugia! >> Li diede un pugno al volto di Gollum che sbattè la testa sull' orlo del piano roccioso: << Sei uno schifoso traditore! >> le mani del ragazzo si gettarono sul collo di Gollum, ed era più che mai intenzionato ad ucciderlo.

<< Li! Smettila! >> gli urlò Sakura mentre il cinesino dava ripetuti pugni a Gollum come se fosse un sacco da pugile: << Li! >> Sakura fece in tempo a fermarlo e a metterlo da una parte: << Lo uccido! >> << Li! No! >> lo implorò la ragazza strillando con tutta l' anima in corpo. Sakura cadde a terra, avendo messo troppa energia nella sua voce e si ritrovò sfinita: << Sakura! >> la richiamò Li vedendo un ulteriore abbandono delle forze di questa, e abbassandosi verso di lei: << Oh mio... Scusa, non volevo arrivare a tanto, ma ero così... Così arrabbiato. Su, avanti, riposa un po' >> le disse tranquillamente Li nel bel mezzo di uno spiacevole episodio: << Sto bene >> gli rispose Sakura con la faccia stanca. Li si mise a tremare dall' aria che assunse Sakura e gli occhi si fecero lucidi: << No. No, non stai bene. Sei esausta. E' quel Gollum! E' questo posto! E' quel coso intorno al collo! >> lo sguardo di Sakura divenne accigliato quando dalla bocca di Li uscì fuori un riferimento all' anello: << Potrei aiutarti... Potrei portarlo per un po'... >> gli occhi stanchi e verdi della ragazza finirono dritti alla bocca di Li, che sembrava dicesse frasi con inganno e seduzione. Il movimento delle labbra si concentrò in un' altra frase: << Dividere l' onere. Dividere l' onere... Dividere l' onere... >> sempre ora le ultime parole rimbombavano nella mente della ragazzina, ricordando sempre più ciò che le disse Gollum su Li quando da un momento all' altro voleva strappare l' anello alla sua ragazza. Sakura si perse un attimo nelle parole di Li, e poi alla fine lo respinse: << Allontanati! >> gli urlò la ragazza spingendolo verso la parete: << Non voglio tenerlo. Voglio solo aiutarti >> rispose Li tristemente intuendo di nuovo in Sakura il cambiamento che le venne quando furono a Osgiliath. La ragazzina si mise a distanza da Li e continuava a guardarlo con aria di disprezzo: << Visto? Visto? Lo vuole tutto per sé >> da dietro il mantello di Sakura sbucò Gollum che le ribadiva quanto le aveva detto poco fa: << Stà zitto, tu! Vattene via! Vattene via! >> disse Li alzandosi per avvicinarsi e scacciare il piccolo mostro.

Gollum però non si mosse e ringhiava verso il cinesino sapendo che ora era contro di Sakura: << No, Li. Sei tu >> la voce di Sakura era fredda e lo sguardo era fisso sul volto odioso del ragazzo. Il cinesino non riuscì a credere alle parole della sua amata che voleva abbandonarlo. Le lacrime gli stavano sempre più inondando i suoi occhi marroni: << Mi dispiace, Li >> gli disse ancora la ragazzina che ora dava retta solo a Gollum, che nel frattempo rideva sotto i baffi: << Ma lui è un bugiardo. Ti ha avvelenato contro di me >> insistette Li triste nel far tornare in sé la ragazza. Ma sembrava che questa volta niente poteva far cambiare idea a Sakura: << Non puoi più aiutarmi >> gli ribadì Sakura: << Non dire sul serio >> la supplicò il povero cinesino tremolando con la bocca: << Torna a casa >> aggiunse ancora la giovane con pacatezza e non mostrando alcun segno di debolezza. Li strinse i denti e cominciò a far scendere le sue lacrime dal suo volto, per la prima volta cedendo al pianto. Tutta la fatica che aveva messo per conquistare la persona che più amava, ora si disfaceva in un attimo. Li si accovacciò piangendo alla parete rocciosa, rivolgendo un' ultima volta il suo volto dolorante alla cattura carte. Sakura lo fissò inerme nella sua tristezza e, noncurante di lui, proseguì a scalare la montagna con alle spalle Gollum che per sua fortuna nessuno diede nell' occhio sulla vicenda creata da lui. Li rimase da solo a contorcersi nel suo dolore, mentre con la coda dell' occhio seguiva la sua compagna di viaggio lasciarlo provando un odio intenso. Il ragazzo si mise una mano davanti agli occhi per asciugarsi gli occhi rossi dal pianto della sua solitudine.

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Capitolo 20
*** Episodio 181: Il sacrificio di Faramir ***


La giornata a Minas Tirith assunse una specie di atmosfera funebre. I cittadini si riversarono per le vie della Città lungo i lati della strada che portava al cancello principale. In mezzo allo spazio di strada vi erano i cavalieri di Gondor al galoppo dei loro cavalli che sfilavano uno dietro l' altro. Il sire Denethor era stato molto chiaro con suo figlio Faramir: Osgiliath andava riconquistata. Tra questi c' era anche lo stesso Faramir in armatura ed elmo argentati che all' apparenza non mostrava emozioni. Era affranto dall' orgoglio del padre che non provava compassione su suo figlio. La missione era alquanto pericolosa e mortale, visto ormai i numerosi orchi che si erano insediati. La gente era triste e allo stesso tempo preoccupata nel caso del mancato riuscimento dei loro beniamini. Tra quei soldati vi erano parenti di alcune famiglie che ora erano riversate nelle vie a salutare i propri cari. Sorelle di prodi guerrieri erano consolate dai loro mariti, mentre le anziane madri o vecchie conoscenti di alcuni soldati rimasero impassibili e zitte dalla lenta camminata dei cavalieri che tenevano in alto le bandiere di Gondor. Dei fiori vennero lanciati dalle dame della Città sull' asfalto per adornare il cammino dei soldati che si avventuravano alla presa di Osgiliath.

Gli zoccoli dei cavalli sfiorarono i mazzi di fiori buttati nel loro cammino. I bambini osservarono spensierati e zitti i loro zii che si apprestavano a raggiungere l' uscita di Minas Tirith. Una donna con il volto rigato dalle lacrime porse un fiore a un cavaliere in segno di fortuna. Il soldato lo prese nel silenzio più totale che si manifestò in tutte le vie della Grande Città dei Re. Era un tipo di processione che sembrava fossero i cavalieri a seppellire qualcuno, quando tutti sapevano ed erano consapevoli che i soldati non avrebbero fatto ritorno a casa. Denethor sosteneva la sua superiorità nelle sue forze militari e impose severamente che le truppe erano sufficienti ad attaccare Osgiliath: << Faramir! Faramir! >> una voce grossa giunse dalla folla. Il giovane capitano si girò e vide la tigre bianca Kerochan che si faceva largo tra la gente e che giunse affianco al cavallo di Faramir: << La volontà di tuo padre è diventata follia. Non gettare via la tua vita in modo così avventato! >> gli supplicò di nuovo il Guardiano. Ma il giovane era come costretto da sé stesso a fare quell' azione per riuscire ad avvicinarsi nuovamente al padre: << Dove sta la mia lealtà se non qui? Questa è la Città degli Uomini di Numenor. Sarò lieto di dare la mia vita per difendere la sua bellezza, il suo ricordo, la sua saggezza >> disse Faramir superando Kerochan e puntando il suo sguardo sempre avanti. La tigre fu sconcertata dalle parole deliranti del ragazzo ormai volente fare di tutto per suo padre: << Tuo padre ti vuole bene, Faramir. Se ne ricorderà prima della fine >> rispose Kerochan fermandosi e rincuorando da lontano Faramir che si avviava verso il portone principale.

Faramir si mise in prima fila e insieme ai suoi uomini scesero nella piazzetta iniziale. Poco più avanti si ereggevano le due grosse anti del cancello che vennero aperte dai soldati che stavano in guardia. La prima cosa che videro gli uomini a cavallo fu la massa nera di nuvole che si era intensificata più di prima all' orizzonte. Ormai la città di Osgiliath era sovrastata dai cumuli di nubi che produceva il Monte Fato. Faramir e i cavalieri di Gondor erano già in pieno campo a trotterellare con i loro cavalli disposti in due uniche file verso gli Orchi che presidiavano la città conquistata. La gente che prima era in strada a salutare i loro eroi ora erano sopra le mura a guardarli mentre davano la carica. Lentamente i cavalli iniziarono ad accelerare nella corsa più forte che poterono in direzione della fortezza della città sul fiume. I vessilli che portarono i cavalieri ondeggiarono al soffio del vento in contemporanea al nitrire continuo dei cavalli. Un orco con la testa insanguinata e la bocca sporca di sangue si affacciò dietro il muretto per vedere chi stesse arrivando: i cavalieri di Gondor erano ancora all' orizzonte, lontani da Osgiliath. L' orco rosa e dal volto sfigurato sbucò dalla sua postazione con i suoi arcieri alle spalle ed emettendo una smorfia derisoria alla scena. Altri orchi saltarono fuori come funghi dalle macerie di Osgiliath alla carica degli Uomini di Faramir, che più di ogni altro mise in avanti il suo cuore pur di farsi riaccettare dal padre. Quest' ultimo era beato sul suo salone da pranzo a gustarsi le pietanze che gli portarono le sue serve. Dal lato adiacente del tavolo vi era Tomoyo seduta e con le mani giunte alle gambe: << Sai cantare, signorinella? >> le chiese Denethor dopo che ebbe ingoiato un pezzo di pollo. La ragazzina tirò su la testa verso il sire come se fosse stata svegliata da un improvviso tuono: << Ecco... Si. Almeno, abbastanza bene per la mia gente >> rispose Tomoyo.

Denethor continuò ad ascoltarla mentre mangiava: << Ma non abbiamo canzoni per grandi palazzi e tempi malvagi >> disse la ragazzina come se non volesse eseguire gli ordini del Sovrintendente: << E perchè le vostre canzoni sarebbero inadatte al mio palazzo? Cantami una canzone >> insistette con pacatezza Denethor guardando con severità Tomoyo. La ragazza capì che le parole del sire erano forzate e quindi non le restò altro che cominciare a recitare il testo canzonante. Tomoyo prese posizione per il canto mentre Denethor mangiava di fretta il cibo. La voce melodiosa di Tomoyo cominciò a espandersi per tutta la sala: << Casa è alle spalle, il mondo avanti >> i cavalieri, nel frattempo, avevano già tirato con forza le redini dei propri destrieri e ora avanzavano con velocità, saltando in su e in giù nella loro sella a causa della corsa dei cavalli. Gli orchi rimasero ad attenderli dietro le mura disfatte di Osgiliath, emergendo uno ad uno lungo il perimetro del muro e digrignando all' avvicinamento dei cavalieri: << Le strade da seguire, tante. Nell' ombra il mio viaggio va >> le parole incantevoli di Tomoyo si perdevano nel silenzio di Gondor con Denethor al suo fianco che mangiava sempre più con aria preoccupata. Faramir estraò la sua spada nella carica e urlò indicando gli orchi che spuntarono in lontananza. Oltre ai cavalieri in corsa vi erano anche gli uomini di Faramir dai lunghi mantelli verdi che decisero di seguire il loro capitano: << Finchè luce nel cielo sarà >> ad ogni frase che aggiungeva Tomoyo, si creava un susseguirsi di passi in quel rocambolesco episodio. Gli orchi tirarono fuori i loro archi, tendendo le loro frecce verso i soldati non ancora giunti nel raggio d' azione degli arcieri orchi. I paladini di Gondor continuarono a cavalcare insieme al loro capitano Faramir, forse non notando le molte frecce in lontananza puntate su di loro. Denethor spezzò un pezzo di pollo: << Nebbia e ombra, oscurità >> il tempo rallentò per Faramir e questo gli fece sentire ancora di più il lento nitrire dei cavalli insieme allo scalpitìo dei loro zoccoli.

Gli orchi tesero l' arco con le loro frecce e prendendo con cura la mira con i loro occhi tenebrosi e ingialliti. Il Sovrintendente si mise in bocca un altro boccone, immaginando la scena che si svolgeva nella vasta distesa del campo. Un orco sgranò gli occhi intuendo che la sua freccia l' avrebbe dovuta scoccare da un momento all' altro: << Tutto svanirà >> Faramir dirigeva la cavalcata spingendosi con la testa in avanti e per vedere oltre la fessura del suo elmo gli orchi posizionati sulle mura di Osgiliath. Forse non si era accorto delle frecce perchè ancora in lontananza, o forse le aveva viste e voleva fiondarsi verso la sua morte. La prima opzione fu quella a cui Faramir toccò: in un secondo momento si accorse degli archi già innalzati poco sopra le loro teste e che puntavano verso di loro. Ormai era troppo tardi per indietreggiare, la carica proseguiva verso la disfatta: << Tutto sva... >> in quel momento l' orco rosa urlò nel vuoto dello spazio l' ordine di scoccare le frecce. Gli orchi mollarono la coda di queste uno dietro l' altro e creando un nugolo di frecce verso i poveri cavalieri eroici. Dalla bocca di Denethor colava del succo di ciliegia, quasi assomigliasse ad una goccia di sangue: << ...nirà >> Tomoyo concluse solennemente la canzone armoniosa e rivolse lo sguardo su Denethor che serrò di scatto la sua bocca. Una specie di sussulto lo raggiunse nell' anima, intuendo che d' un tratto i cavalieri avevano smesso di galoppare. Tomoyo chiuse gli occhi che si fecero lucidi e si morse le labbra, scoppiando in un pianto silenzioso, capendo il gesto di Deenthor. Il silenzio calò tra i due che occupavano quella sala ormai certi e addolorati per la sorte che Faramir aveva subito.

Kerochan era seduto in un angolino di una casa in mezzo alle vie ormai svuotate dei cittadini di Minas Tirith che erano corsi ad assistere all' impresa dei loro cavalieri. Una campana suonò nel mentre che la tigre fissava il vuoto, cosciente della disgrazia che era appena capitata. Ben presto anche la gente dovette rendersi conto con i suoi stessi occhi l' orrore che si presentò nei campi del Pelennor, e della caduta di Faramir, ultimo capitano di Gondor. Come se non bastasse, dall' interno di Osgiliath, dei Troll giganti spingevano delle alte torri in legno attraverso un ponte di pietra, e si dirigevano verso la città di Minas Tirith. Degli orchi accompagnavano la marcia dei Troll al loro fianco: << March! March! March! March! March! >> gridava un orco all' avanzare dei grandi colosssi. Entro poco tempo avrebbero raggiunto l' immenso campo che giaceva frontalmente alla fortezza di Minas Tirith. Ma dove era finito l' esercito di Rohan?

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Capitolo 21
*** Episodio 182: L' accampamento a Dunclivo ***


Il sole era ben chiaro nel cielo mattutino in un altro posto. Un accampamento di soldati di Rohan si trovava in mezzo alla natura verde. Questi trasportavano con i loro carri i rifornimenti necessari per la guerra, e altri sistemavano le tende e le armi da una parte e dall' altra. Il mucchio di uomini si aprì come le acque di Mosè alla voce di un soldato a cavallo: << Fate largo al Re! Fato largo! >> era uno dei soldati di Rohan appartenenti alle truppe di Re Thèoden. Questi era sul suo cavallo bianco, affiancato da Toy, e salutava tutti i guerrieri all' accampamento sollevando la mano destra: << Mio signore >> << Salute a te, sire >> gli dissero i cavalieri. Dovunque nella distesa forestale vi erano tende bianche con gruppi di soldati che le presidiavano. Meiling sul suo piccolo cavallo osservò il rispetto che Thèoden ebbe da altri soldati fedeli al suo regno. Tutti quelli erano stati reclutati da Eomer in vista della Guerra che si sarebbe svolta a Gondor. Yuè e Gimli stavano alle spalle del Re insieme al suo nipote Eomer: << Grimbold, quanti sono? >> chiese Thèoden ad un cavaliere nel davanti al suo tendone: << Porto cinquecento uomini dall' Ovestfalda, mio signore >> gli rispose un uomo dai capelli biondi chiamato Grimbold: << Altri trecento da Fenmarch, Re Thèoden >> aggiunse un altro soldato avendo sentito della domanda del Re sul numero di Uomini in quell' accampamento.

<< I Cavalieri di Acquaneve dove sono? >> chiese ancora Thèoden: << Nessuno è venuto, mio signore >> gli rispose Gamling da dietro. Il gruppo di soldati di Rohan proseguì in mezzo alle tende, sempre tenendo alzate in alto le proprie lance, dirigendosi verso una montagna sulla quale vi era un altro accampamento di tende bianche in alto. Thèoden e gli altri si sistemarono in quella montagna nel secondo accampamento che trovarono, e scesero da cavallo. Toy passò tra i soldati che si preparavano e raggiunse Re Thèoden che si posizionò sul bordo dello spiazzo del loro insediamento. Dall' alto guardavano le molte tende bianche che poco fa vi passarono in mezzo per salire sulla montagna. Toy non riusciva a contare il grande numero di padiglioni, essendo oltre che tanti anche molto piccoli dalla grande altezza cui li guardavano. Ma nonostante ciò, Thèoden non era impressionato dalla vista mozzafiato: << Seimila lance. Meno della metà di quante speravo >> << Seimila non basteranno per spezzare le linee di Mordor >> rispose Toy al poco numero di guerrieri corsi in aiuto per Minas Tirith: << Ne arriveranno altri >> disse Thèoden sorridendo con convinzione al ragazzo: << Ogni ora persa affretta la sconfitta di Gondor. Abbiamo fino all' alba, poi dobbiamo andare >> aggiunse Toy, fermando Thèoden che stava per lasciarlo, con un promemoria quotidiano. Thèoden annuì alla frase di Toy. Un forte nitrito di un cavallo attirò l' attenzione dei due verso l' accampamento dietro di loro: << Hey! Buono! Buono... >> disse un cavaliere tenendo fermo il cavallo dalle redini.

Ma non fu l' unico cavallo ad agitarsi. Tutti i destrieri all' accampamento nitrirono all' improvviso: << Hey, ma che ti prende? >> chiese Meiling cercando di tranquillizzare anche il suo di cavallo. Yuè insieme a Gimli scrutarono i cavalli con mistero. Più il Nano stette ad osservarli mentre si agitavano, mentre Yuè passava in mezzo verso Eomer che sistemava la sua sella sul suo cavallo: << I cavalli sono irrequieti e gli uomini silenziosi >> notò il Giudice all' uomo di Rohan: << Si innervosiscono all' ombra della montagna >> rispose Eomer voltandosi a destra. Yuè seguì lo sguardo di Eomer, osservando una stretta via creata dalle alte pareti rocciose della montagna: << Quella strada, là, dove conduce? >> chiese Gimli indicando la via e poi tornando a guardare Eomer: << E' la strada per il Dimholt, la porta sotto la montagna. Chiunque vi si avventuri non fa ritorno. Quella montagna è malvagia >> rispose ancora Eomer dando un' occhiata di timore allo stretto valico e poi tornando a svolgere le sue faccende. Toy fu nella direzione del valico, e si poggiò ad una roccia per scrutare l' oscura via in lontananza, per un attimo coperta da un cavaliere che cercava di fare star calmo il suo cavallo. Il cavaliere si spostò come se volesse permettere a Toy di osservare senza alcun intralcio la via della montagna. In quelle strette pareti si formò una nuvoletta verde che piano piano formava lo scheletro di quello che sembrava un vecchio Re. Toy sgranò gli occhi a ciò che vide e gli pareva che il fantasma macabro gli facesse segno con la mano di avvicinarsi al valico: << Toy! >> gli diede un colpettino Gimli per farlo girare. Il giovane fu preso da un lieve spavento al richiamo dell' amico, e sospirava continuamente: << Troviamo del cibo >> disse il Nano notando in Toy un senso di attrazione quasi nel voler addentrarsi nello stretto sentiero.

Solo quando Gimli si allontanò dal giovane, questi ebbe ancora la possibilità di gettare lo sguardo verso quella via che sembrava maledetta. Lo spirito di quello scheletro era scomparso nel momento in cui Toy venne distratto dal suo piccolo amico. Il ragazzo guardò per un' ultima volta la montagna con gli occhi che la scrutavano da una parte e dall' altra; poi si distaccò nel fare altre cose. Il giovane quasi impaurito corse verso Thèoden: << Voi sapete cosa c'è lì, non è vero? >> chiese al Re anche lui guardingo verso quella strada: << E' una vecchia strada abbandonata. La usarono gli antichi uomini alleati di Isildur >> rispose Thèoden seriamente: << Cosa? Gli uomini di Isildur? Il caduto Re di Gondor, dici? >> domandò insistentemente Toy: << Si. C'è una leggenda secondo la quale al momento della dipartita di Isildur, alcuni suoi uomini lo tradirono, non aiutandolo nell' agguato che gli costò la vita. Pare che lo spirito del Re abbia perseguitato le loro anime in vita >> raccontò il Re di Rohan. Toy chiese ancora con un brivido alla schiena: << Hanno già scontato la loro condanna, quindi? >> << Io non credo. Anche nell' altro mondo la maledizione non li lascia tregua >> comunicò Thèoden con sguardo cupo. Il Re si allontanò dal ragazzo, lasciandolo in bambola dalla macabra storia: << Ma che cosa significa questo? >> pensò Toy. Sempre nell' accampamento, Meiling risistemava le sue cose con cura nella sua tenda. Poi uscì fuori dal tendone per pulire con una spazzola il suo pony e renderlo adatto al cavalcamento di una signorina come lei. Eowyn poco più in là trasportava una cesta di vestiti pronti ad essere lavati. Oltre ad essere una delle scudiere di Rohan, lei era anche una specie di casalinga. Vide da lontano Meiling che spazzolava con cura il cavallo, e decise di avvicinarsi a lei: << Ciao >> la salutò da dietro: << Oh, ciao! >> la salutò Meiling poggiando da una parte la sua spazzola e girarsi verso la donna: << Ti piacciono i cavalli, vero? >> le chiese Eowyn.

La cinesina si sentì un po' in imbarazzo e rispose: << Si, molto. Io mi chiamo Meiling >> disse la ragazzina stringendo la mano alla donna: << Io sono Eowyn. Molto piacere, Meiling. Il tuo nome mi fa ricordare qualcosa di molto dolce, lo sai? >> << Oh, grazie >> disse Meiling: << Il tuo, invece, è un nome che ti fa onore, Eowyn. Tu in fondo sei una donna molto protettiva verso i tuoi cari. Io lo so >> << Si, in effetti, è come dici tu. Farei qualsiasi cosa pur di dare una mano ai miei parenti e vederli sorridere >> disse Eowyn sorridente a Meiling: << In questo, credo che ci assomigliamo molto noi due >> rispose la cinesina: << Allora andremo d' accordo. Vuoi essere la mia nuova amica? >> domandò Eowyn: << Si! Certo! >> esclamò con entusiasmo Meiling unendo i suoi pugni al petto: << Bene. Allora dobbiamo promettercelo >> Eowyn alzò il mignolo della sua mano destra, facendo capire a Meiling di unire il suo altro mignolo. Le due dita si incrociarono per recitare la filastrocca: << Giurin giuretta, detta e corretta, fatta e benedetta, la mia parola è schietta >> dissero in coro le due femmine: << Prometto di esserti fedele d' ora in avanti >> dichiarò Meiling tenendo ancora il dito unito: << E prometto anche di tornare dai miei amici >> aggiunse Eowyn. La cinesina sobbalzò alle parole della donna, poi sorrise ricordando ancora una volta i suoi amici sparsi nelle loro rispettive missioni e con la speranza che un giorno si riunirà a loro. Le due smisero di incrociare le dita: << Sai, ho avuto l' onore di essere nominata scudiera di Rohan da tuo zio! >> comunicò la cinesina alla dama bionda.

<< Davvero? Lo sai che anch' io ho lo stesso titolo? >> rispose Eowyn. Meiling ci rimase un po' male alla scoperta: << Ma così non possono esserci due scudiere nello stesso villaggio! >> << E chi l' ha detto? Innanzitutto una vera guerriera non può andare a combattere con i suoi vestiti che indossa quotidianamente >> le fece notare Eowyn: << Eh? Come dici? >> chiese Meiling confusa: << Per essere una vera scudiera hai bisogno di un piccolo ritocco >> disse la dama bionda alla ragazzina. La notte calò sull' accampamento di Rohan. I primi fumi si levarono oltre le tende bianche per via dei fuochi accesi dai cavalieri per arrostirsi la cena. Eowyn dalla sua tenda si prestava a vestire Meiling con un' armatura: << Ecco... Una vera scudiera di Rohan! >> annunciò Eowyn alzandosi in piedi dopo che sistemò l' elmo da guerra alla ragazzina: << E' fantastico! >> commentò Meiling toccandosi l' elmetto dall' emozione: << Sono pronta! >> esclamò la cinesina estraendo la spada data dalla donna. Per poco che il suo fendente non tagliò la pancia di Eowyn nella troppa foga di impugnare un' arma: << Oh! Ah ah ah ah ah! >> disse la donna ridendo e tenendo le mani alzate per far fermare la ragazzina nel manovrare la spada: << Chiedo scusa >> disse Meiling dal pericolo che scaturì da un semplice movimento: << Non è così pericolosa. Non è nemmeno affilata >> aggiunse ancora la ragazza in armatura esaminando la spada arrotondata sulla punta: << Eh, non va bene. Non abbatterai molti Orchi con una lama smussata. Forza! >> ed Eowyn fece uscire la piccola guerriera dalla tenda per provare all' aperto alcuni fendenti che poteva dare nel vuoto: << Dal fabbro. Corri! Eh eh >> la incoraggiò Eowyn facendole smettere di tirare altri fendenti, a parte che era vicino a Eomer che mangiava intorno al fuoco e seduto su un tronco la sua cena.

Affianco a Eomer c' era Gamling e videro la cinesina passare con energia al lato: << Non dovresti incoraggiarla >> comunicò Eomer alla sorella: << Non dovresti dubitare di lei >> << Non dubito del suo cuore, ma della portata del suo braccio >> commentò con una battuta il nipote del Re alla risposta di Eowyn. Gamling rise di gusto alla frase di Eomer: << Perchè Meiling dovrebbe restare indietro? Lei ha motivo di andare in guerra quanto te. Perchè non può combattere per coloro che ama? >> chiese ingiustamente Eowyn alla vista del coraggio di Meiling non riconosciuto da Eomer: << Sai poco sulla guerra, come quella ragazzina >> rispose alzandosi in piedi il soldato. Eowyn si fermò alle sue parole: << Quando la paura la coglie, e il sangue, e le grida, e gli orrori della battaglia la investono, credi che starebbe lì a combattere? >> domandò Eomer mettendosi faccia a faccia con la sorella che lo guardava con antipatia: << Scapperebbe. E avrebbe ragione di farlo >> poi mise la sua mano sulla spalla della sorella, dicendole francamente: << La guerra è di competenza degli Uomini, Eowyn >> e la lasciò tornandosene in tenda avendo lui l' ultima parola. La faccia della donna era contraddittoria al volere del fratello che imponeva che le femmine non erano nate con l' istinto di combattere, ma bensì di proteggersi. Ma Eowyn non voleva più che un altro suo conoscente morisse. Questo ce l' aveva ben chiaro in testa da molto tempo, da quando suo padre morì.

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Capitolo 22
*** Episodio 183: Andùril - La fiamma dell' Ovest ***


Il cuore della notte giunse a Dunclivo, dove tutti gli Uomini di Rohan e quelli trovati da Eomer dormivano sereni nelle proprie tende. Dei soldati pattugliavano i bordi dello spiazzo del colle dove vi era l' accampamento. Mentre passeggiavano notarono una figura a cavallo che saliva lentamente la strada per giungere verso di loro. Il cavallo bianco del misterioso tipo incappucciato fece di corsa una curva della stradina per raggiungere il più presto i soldati. Nella curva che fece notò una pietra grossa che raffigurava la sagoma di uno spettro tenebroso. Toy intanto dormiva con la sua solita spada tenuta stretta tra le mani. Si agitava nel sonno, sognando chissà quale incubo. Una luce bianca gli circondò la vista. Il bagliore si attenuò mostrandogli dall' alto una donna distesa su un lettino in un cortile. Toy la riconobbe in Arwen, e sembrava fosse giacente priva di vita. Sotto il lettino delle foglie si mossero dal forte vento che penetrò da fuori. Arwen spalancò gli occhi. Una zoomata visione del ragazzo lo portò nel buio di una caverna e poi vi ritrovò di fronte una scultura in pietra goffa, rappresentante uno spettro incappucciato: << Io scelgo una vita mortale >> la voce dell' elfo femmina gli penetrò nelle orecchie, facendo agitare ancora di più Toy: << Come avrei voluto poterlo vedere un' ultima volta >> disse Arwen sorridendo tristemente. Una lacrima le scese dall' occhio destro, fissando in alto il soffitto della sua cameretta. Stava morendo? Gli occhi di Arwen si chiusero delicatamente.

Il bagliore intenso che si creò, illuminò il volto di Arwen, emettendo così un' altra scena agli occhi di Toy: dalle sue vesti vide cadere la Stella del Vespro. Egli fece in tempo solo ad indirizzare il suo sguardo verso il gioiello cadente, ma non potè impedire che si frantumasse in mille pezzi nel pavimento. Il giovane si svegliò di soprassalto estraendo la sua spada e digrignando i denti: << Signore? >> una voce dalla tenda chiamò Toy che ansimava dall' incubo in cui si risvegliò. Un soldato di Thèoden si era affacciato all' interno della tenda del giovane per richiamarlo: << Re Thèoden vi attende, mio signore >> comunicò il soldato uscendo dal tendone. Toy sospirò rendendosi conto che si trattava solo di un brutto sogno. Rimise la lama della spada dentro la sua custodia e si apprestò a raggiungere Thèoden nel suo padiglione. La guardia che lo aveva svegliato lo condusse in breve alla tenda del Re. Toy notò che all' accampamento vi erano ancora soldati svegli che sbrigavano altre faccende oppure che rimanevano di guardia alle altre tende. Il soldato che scortò a Toy aprì il velo della tenda per permettere al ragazzo di entrare. Toy vide all' interno Re Thèoden chinato su un uomo incappucciato. Il Re si allontanò dall' uomo non appena vide il ragazzo: << Prendo congedo >> disse Thèoden alla figura nera, e lasciò la tenda. Nel momento in cui si incamminava verso l' uscita del padiglione, Thèoden camminò frontalmente verso Toy indirizzandogli uno sguardo di serietà, e poi lo superò da una parte per lasciare lui e l' uomo misterioso da soli.

Il ragazzo osservò Thèoden con aria confusa prima di passare i suoi occhi all' uomo incappucciato che siedeva sulla poltrona. Il tizio misterioso si alzò in piedi e si mise con tutto il suo corpo scoperto da davanti di fronte al ragazzo. Toy per un attimo lo riconobbe, ma fu certo della persona che aveva pensato quando l' uomo si tolse il cappuccio. Le sue orecchie erano a punta come quelle degli elfi: era Elrond, il padre di Arwen, giunto a Dunclivo a quell' ora della notte. Toy chinò subito la testa colto dall' improvvisa comparsa del Re elfico: << Mio signore Elrond >> fece per salutarlo in fretta. Elrond non salutò il giovane, andando subito al dunque: << Vengo da parte di colei che io amo >> disse l' elfo con la voce sconvolta ma mantenendo sempre la sua solita lucidità. Toy ripensò al sogno che aveva fatto, sicuramente riguardava una tragedia su Arwen, e così era quando Elrond proseguì: << Arwen sta morendo. Non sopravviverà a lungo al male che ora si sparge da Mordor >> la faccia del giovane assunse un' espressione digrignata al dolore che la sua amata aveva in questo momento. Gli occhi di Elrond si posarono sul gioiello che Toy portava sempre al collo: << La luce della Stella del Vespro si affievolisce. Mentre il potere di Sauron aumenta, le sue forze diminuiscono. La vita di Arwen ora è legata al destino dell' anello. L' Ombra è su di noi, Toy. La fine è giunta >> annunciò drammatico il sire elfico: << Non sarà la nostra fine, ma la sua >> rispose Toy ammettendo che prima o poi ci passava solo la donna elfo a morire. Elrond fece un' espressione triste: << Tu vai verso la guerra, ma non verso la vittoria >> riprese Elrond sul conto del giovane che non capiva il concetto dell' elfo.

La creatura mistica si avvicinò di alcuni passi al ragazzo, ogni volta che aggiungeva una parola: << Gli eserciti di Sauron marciano su Minas Tirith, questo lo sai. Ma in segreto egli invia un' altra forza che attaccherà dal Fiume >> comunicò Elrond. Toy aveva già sentito parlare dell' altra armata di Sauron da Kerochan nel momento in cui Tomoyo aveva visto qualcosa sul Palantìr di Saruman: le Navi Nere erano le imbarcazioni le quali la tigre aveva detto al giovane di cercare. In questo istante, nella notte del grande Fiume di Gondor, delle navi fiancheggiarono le coste dello stesso regno, dopo che le diedero fuoco: << Una flotta di navi dei Corsari veleggia dal Sud. Entreranno nella Città tra due giorni. Siete numericamente inferiori. Vi occorrono più uomini >> avvertì il signore elfico alla faccia sorpresa di Toy riguardo la flotta dimenticata da lui: << Non ce ne sono >> rispose quest' ultimo drasticamente: << Ci sono coloro che dimorano nella montagna >> aggiunse Elrond. Un respiro macabro attraversò la testa di Toy, e contemporaneamente, una grande folata di vento entrò nella tenda. Il giovane ebbe in mente il volto dello scheletro che vide al valico della montagna, tutto di colore verde e con occhi ciechi. Toy rimase paralizzato alla sua breve visione, e di colpo il vento si calmò dentro la tenda, facendo smettere di far agitare i veli che costituivano il padiglione: << Assassini... Traditori... >> li nominò così Toy ricordandosi di ciò che gli raccontò Thèoden sul monte. Elrond osservò il giovane come se non volesse affatto richiamare l' esercito di quello scheletro: << Dovrei chiamarli a combattere? Non credono in nulla. Non rispondono a nessuno >> << Risponderanno al Re di Gondor >> replicò Elrond. Dalle sue vesti tirò fuori una lunga spada tenuta stretta da una cintura alla lama.

Elrond la tenne su due mani facendola mostrare a Toy che sollevò lo sguardo interrogativo sull' elfo: << Andùril, fiamma dell' Occidente, forgiata dai frammenti di Narsil >> disse il nome della spada Elrond avvicinandosi sempre più al ragazzo per porgergli la spada. Toy si avvicinò alla spada quando l' elfo si chinò con le mani in avanti. Il giovane la osservò in tutto il suo splendore e a poco a poco tremò dalla nuova arma letale ricostruita dagli Elfi. Toy prese la spada e si portò l' elsa rivolta verso l' alto: << Sauron non avrà dimenticato la Spada di Elendil >> disse. Strinse lentamente l' elsa dell' arma per poi estrarla con velocità dalla cintura dalla quale era circondata. Alzò la spada estratta davanti a sé, notando che era più lunga di quella di prima e che superava le teste di lui e di Elrond di una parte di braccio umano: << La lama che fu spezzata farà ritorno a Minas Tirith >> disse con decisione Toy osservando la lama lucente: << L' Uomo che può brandire il potere di questa spada, può chiamare a sé un esercito più micidiale di qualunque altro su questa terra >> disse Elrond con energia: << Metti da parte il novellino. Diventa ciò che sei nato per essere. Prendi la via del Dimholt >> poi l' elfo pronunciò parole elfiche al giovane dopo che questi abbassò la spada: << Ho dato Speranza all' antica razza dei Dunedain >>. Il ragazzo per un attimo abbassò la testa per lo sconforto dal non essere dapprima convinto della sua impresa. Infine anche lui rispose in elfico al Re: << Ma non ho dato speranza per me >> e subito queste ultime parole vuote, si rimise la spada nella cintura cui era prima legata. Ora sapeva esattamente lo scopo della sua missione.

 

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Capitolo 23
*** Episodio 184: Toy prende il Sentiero dei defunti ***


Re Elrond lasciò l' accampamento sul suo solito cavallo bianco. Toy subito dopo la partenza del re degli elfi, si affrettò a sistemare il suo cavallo della sella e della spada datagli da Elrond. Eowyn sbucò fuori da dietro una tenda, notando il ragazzo che si preparava e che aveva già il destriero posizionato verso il valico della montagna. La donna intuì le intenzioni di Toy e si avvicinò di corsa a lui: << Perchè fai questo? >> gli disse la dama al suo fianco. Il giovane fu colto dall' improvviso intervento di Eowyn, non notata fino ad ora. La donna continuò a supplicarlo di non andarsene: << La guerra è a Est. Non puoi andare via la vigilia di una battaglia >> Toy si girò completamente dalla faccia di Eowyn con tutto il suo corpo: << Non puoi abbandonare i tuoi uomini >>. Il ragazzo distaccò continuamente i suoi occhi dal volto della donna: << Eowyn... >> e le passò accanto non trovando le parole per risponderle: << Ci occorri qui >> disse ancora Eowyn assumendo la faccia triste. Toy stava sistemando le redini: << Perchè sei venuta? >> << Non lo sai? >> gli domandò la scudiera di Rohan delusa. A quella domanda, Toy capì il motivo per il quale la donna lo seguiva. Era innamorata di lui. Ma il ragazzo le aveva già detto dell' appartenenza del suo cuore a un' altra anima. Toy sollevò lo sguardo su Eowyn, notando dietro di lei una figura che li guardava non molto vicina. Meiling aveva sentito i dialoghi dei due.

Anche lei sembrava rattristita alla situazione della sua amica Eowyn, ritrovandosi anche sé stessa nei suoi panni. Aveva sofferto, come ora lo sta facendo la dama, per la perdita della persona a cui cominciò a piacerle, Eriol. La cinesina in pigiama da notte aveva le mani lungo i fianchi lasciate immobili e gli occhi suoi rossi che luccicavano per le lacrime che le si formavano nelle orbite. Toy aveva inutito anche nella faccia di Meiling che anche la ragazzina aveva subito una grave perdita di una persona amata più in una semplice amicizia. Persino Toy ricordò il momento in cui Eriol gli morì tra le braccia, e solo ora fu ancora più dispiaciuto della perdita di quest' ultimo quando Meiling osservava lo stesso trattamento cui era sottoposta Eowyn. Il ragazzo mise di nuovo a guardare negli occhi di Eowyn la ricerca di una sua risposta mentre questa cercava di sorridere per non far capire al giovane che l' aveva ferita: << E' solo di un' ombra e un pensiero che sei innamorata. Non posso darti quello che cerchi >> le disse Toy. Eowyn fece alcuni passi indietro e ansimò dal rifiuto che le diede il ragazzo. Non poteva ancora credere di aver subito un' ennesima delusione e in più l' allontanamento di una persona a lei cara. Toy si avvicinò di nuovo a Eowyn per rincuorarla dal gesto che fece su di lei: << Ti ho augurato gioia sin da quando ti ho vista >> concluse con dolcezza il baldo guerriero. La donna aprì la bocca lievemente, singhiozzando già al pianto cui doveva sfogarsi. Toy guardò di nuovo i suoi occhi lucidi e le accarezzò la guancia che si faceva sempre più rossa.

Meiling aveva il viso rigato dalle lacrime, e non pronunciava parola a quello che Toy stava facendo, stringendosi le braccia dal dolore che provava. Poi il guerriero si staccò da Eowyn, osservandola con sguardo dispiaciuto prima di avventurarsi per il valico. Il ragazzo prese il cavallo dalle redini e svoltò l' angolo per avviarsi dentro il monte e lasciando la dama piangente e senza alcun sorriso da emettere. Toy attraversò le tende sparse prima dell' entrata del valico, ma una voce lo fermò in tempo: << Dove credi di andare, me lo dici? >> Gimli era seduto da un lato di una tenda e si alzò in piedi nel vedere il suo amico incamminarsi da solo nella sua missione: << Non questa volta. Questa volta devi restare, Gimli >> gli rispose Toy. Il Nano per tutta risposta fece una smorfia beffarda: << Non hai imparato nulla sulla testardaggine dei Nani? >> al fianco di Toy sbucò Yuè che trasportava il suo cavallo bianco. Anche lui era pronto a seguire il suo più fedele amico nella missione: << Tanto vale che ti rassegni. Verremo con te, giovanotto >> replicò Gimli una volta per tutte alla sbuffata di Toy: << D' accordo. E' chiaro che non mi staccherò mai da voi >> commentò il giovane sorridendo insieme ai due. Il suo sguardo roteò da Yuè per dargli il permesso che poteva venire con Toy. E così ancora una volta i tre amici furono insieme sui loro cavalli, ovviamente sempre con Gimli e Yuè su un unico. Si avviarono senza sosta verso il buio della montagna. I cavalieri ancora andanti di qua e di là per l' accampamento, si girarono dai tre che prendevano la via verso il valico. Thèoden uscì dalla sua tenda, accortosi dei suoi uomini che si sporgevano dai propri padiglioni per osservare i tre pazzi che volevano avventurarsi per la strada maledetta. Il Re vide per un attimo Toy sul suo cavallo sicuro di sé.

<< Cos'è successo? Dove sta andando? >> chiese un soldato vedendo Toy e i suoi amici andare alla montagna. Meiling si mise in prima fila tra i soldati per vedere dove stesse avviandosi Toy. Gamling si mise al fianco della cinesina, pure lui curioso di sapere le intenzioni dei tre. La figura di Toy sparì dalla vista dei presenti non appena si addentrò nel buio dell' ombra del monte: << Non capisco >> disse un secondo soldato vedendo anche Yuè e Gimli con il loro cavallo che sparivano dalla circolazione: << Sire Toy! >> gridò un cavaliere di Thèoden: << Ma dove va? >> si chiese Meiling: << Perchè parte la vigilia della battaglia? >> domandò di nuovo lo stesso soldato. Sia lui che Meiling trovarono risposta da Gamling: << Parte perchè non c'è alcuna speranza >> << Parte perchè deve farlo >> aggiustò la risposta Thèoden sbucato dall' accerchiamento dei suoi uomini intorno a lui e a Gamling: << Troppo pochi sono venuti. Non possiamo sconfiggere gli eserciti di Mordor >> replicò Gamling sulla risposta da lui data. Re Thèoden scuotè la testa, avvicinandosi sempre più al centro del gruppo: << No, non possiamo >> disse affermando la frase della sua guardia che ora lo guardava spiazzato insieme al resto dei cavalieri: << Ma li incontreremo in battaglia, nonostante tutto >> aggiunse infine Thèoden ad un sicuro intervento di Toy sul campo di combattimento. Tutti attorno al Re furono per un certo senso soddisfatti dalle sue parole. Meiling decise quindi di avvertire alla tenda Eowyn per informarla della decisione presa da Toy. La ragazzina cercò il capanno della damigella, sapendo che sicuramente lei non voleva saperne più niente sul suo passato amante. La cinesina scostò i veli dell' entrata della tenda, trovando Eowyn seduta su una sdraietta e affranta. Meiling entrò silenziosamente nella tenda: << Hey >> disse per richiamare Eowyn: << Hai saputo di Toy? >> chiese la ragazzina dietro la dama.

Eowyn stava singhiozzando pesantemente e si mise rannicchiata su sé stessa al sentire del nome di Toy. La cinesina si rattristò ancora più al pianto della donna e fece per avvicinarsi a lei, sedendosi sulla sdraietta: << Su, non piangere. Non devi abbatterti così >> << Ma io lo amavo... Non ho mai trovato una persona che fosse in grado di tenermi >> rispose la bella Eowyn dai lunghi capelli biondi. Meiling si risentì di nuovo cadere nella tristezza, ma non poteva piangere davanti alla sua amica. Quindi tirò su le lacrime che stavano per nascere, e riprese con un suo discorso pacato tenendo il suo braccio sulla schiena di Eowyn, che sollevò il suo dolce viso triste sulla ragazzina: << A volte corriamo dietro alle persone che pensiamo ci facciano sentire importanti. Ma non dobbiamo fermarci al primo ostacolo che ci viene incontro >> disse la ragazzina piena di esperienza: << Eh? >> disse Eowyn smettendo per un attimo di piangere e guardando Meiling con gli occhi lucidi: << Sono sicura che prima o poi la tua anima gemella si farà viva >> << Tu lo pensi veramente? >> << Ma certo. E vedrai che sarai una donna ancora più forte e sicura al suo fianco >> rincuorò Meiling alla grande amica. Eowyn si asciugò le lacrime con i polsi delle mani, inspirando dal suo naso che si fece rosso sangue: << Grazie per questo conforto, Meiling. Ti sono grata >> ringraziò alla cinesina: << Figurati. Toy è sempre stato un ragazzo in gamba, e non avrebbe mai voluto farti del male, fidati >> << Si. E' solo che non riesco più di nuovo a ridere adesso >> aggiunse singhiozzante Eowyn.

L' amica cercò di nuovo di farla rasserenare: << Ti devo confessare una cosa da amica ad amica >> le disse Meiling. Eowyn smise di agitarsi e ascoltò a gambe incrociate nella sdraietta la ragazza: << In confronto a me, tu sei fortunata. Perchè io ero più o meno nella tua stessa situazione. Ero innamorata, e spensierata. Sembrava che fosse l' uomo adatto a me. Però purtroppo, non ho saputo dirgli che lo amavo >> Eowyn continuò ad ascoltare la ragazzina con aria sconvolta: << Mi ha protetta quando io e un' altra mia amica ci trovammo in pericolo, e... >> il silenzio avvolse per un po' le due ragazze: << Ma non devi stare in pensiero per me. Non ti accadrà mai una cosa del genere >> disse cambiando espressione Meiling e ridendo per sdrammatizzare: << E hai sofferto così tanto? Mi dispiace >> rispose Eowyn alla tragedia cui toccò alla sua piccola amica. La cinesina sorrise debolmente a Eowyn e le passò di nuovo la mano sulla schiena per incoraggiarla a non buttarsi giù. Meiling si tirò di nuovo in piedi, prima di lasciare Ewoyn: << Sappi che per qualunque cosa ci sarò sempre anch' io. Non sei sola, ricordalo >> la informò Meiling uscendo poi dalla tenda. La dama però non fu soddisfatta della discussione con Meiling e si appoggiò alla sdraia colpita dalla tristezza che le venne quella sera.

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Capitolo 24
*** Episodio 185: Nessuna speranza ***


Il cielo sopra ai capanni si fece rosso e le nuvole spuntavano nella cortina azzurrognola a stratti. L' alba era arrivata all' accampamento ed Eowyn osservava i primi spicchi di sole che si elevavano da dietro le montagne. La donna si era alzata presto per vedere lo spettacolo che tanto attendeva. Ma inoltre in quella mattina Eowyn la aspettava con ansia, visto che la mattina che doveva ancora arrivare dava il via della partenza dei cavalieri verso Minas Tirith. E così Eowyn non avrebbe più rivisto suo zio e suo fratello, a meno che non fosse andato tutto bene nella battaglia. Ma in cuor suo si sentiva uno strano presentimento sulle vite dei propri cari: << Non hai dormito? >> alle spalle della giovane sbucò Thèoden con le braccia dietro la schiena che passerellava per il prato dell' accampamento. La dama si girò verso il Re: << La maggior parte del tempo l' ho passata a contare le pecore. Dicono che sia un buon metodo per dormire >> << Mh. L' ho immagino >> rispose Thèoden sorridendo e mettendosi a fianco alla nipote. Il Re si mise anche lui ad ammirare il sole che lentamente sorgeva, e sospirò: << Raramente ho potuto godermi spettacoli di questo genere. Sai, per via delle mie questioni, ho tralasciato quasi tutti i miei familiari. E alcuni pensavano che li avessi dimenticati >> Eowyn si girò verso lo zio e i due si scambiarono gli sguardi.

Thèoden però sapeva riconoscere gli occhi tristi di sua nipote. Decise di non dirle niente nel momento in cui erano girati faccia a faccia. Thèoden si rivoltò verso il sole che sorgeva: << Ho capito che ci tenevi a quel ragazzo, più di ogni altra cosa, Eowyn >> disse il vecchio: << E mi dispiace >> << Non ti preoccupare, zio. Sono abituata >> gli disse la giovane. Thèoden non riusciva a credere alle parole uscite dalle labbra di Eowyn, e le mostrò una faccia aggrottata: << Adesso che ci penso, tutta la famiglia dalla quale sono nata è stata eliminata. Non c'è stata mai una persona che fosse rimasta con me per un po' >> << Eowyn, ma che dici? >> le chiese lo zio: << Thèodred gli ho voluto sempre bene, e per questo è dovuto soccombere ai nemici. Perfino mio padre fece la stessa fine. Poco dopo mia madre lo raggiunse mettendo fine alla sua vita >> la donna fece per girarsi con disperazione da Thèoden: << Nessuno ha potuto colmare il vuoto che mi porto dietro da tanto. Sarò una donna dal cuore forte, ma non credo di poter resistere ancora a lungo >> << Eowyn, hai ancora me e tuo fratello Eomer che ti proteggono >> aggiunse Thèoden: << Si, ma non basta per stare vicino a voi. Quelli che decidono di starmi accanto, prima o poi, se ne vanno >>. Due guardie dietro di loro stavano nelle loro posizioni già pronte per partire per Gondor. Eowyn si girò verso i due soldati e si sentì ancora più depressa: << Io non voglio che andiate in guerra >> disse stringendo il braccio del Re: << Ma... >> << Voglio esserci quando cavalcheremo oltre le mura di Minas Tirith, e vedere la gloria condivisa con voi, sire >> << Sai che non mi è permesso portarti sul campo di battaglia >> aggiunse ancora Thèoden: << Non m' importa. Dammi un' occasione per dimostrarti che non sono solo una semplice casalinga >>.

A questo punto Thèoden dovette dire la verità su ciò che pensava su Eowyn: << Sei stata privata di un passato roseo, Eowyn. E questo lo capisco. Ma è molto più pericoloso se ti bruci con il fuoco >> << Mio padre e mio cugino sono morti perchè pensavo che non servisse il mio aiuto >> il Re di Rohan gli venne in mente suo figlio Thèodred, morto in una vile imboscata degli orchi. Lui sapeva benissimo delle abilità combattive di Eowyn, ma non avrebbe mai permesso che facesse la stessa fine del padre. Il vecchio Re si strinse i pugni e abbassò la testa, chiudendo gli occhi e digrignando. Eowyn lo guardava tristemente, sapendo di aver riaffiorato alla mente una persona bene voluta in comune da entrambi. Thèoden rialzò la testa, assumendo lo sguardo sereno ma provato dalla rabbia per la scomparsa del figlio: << Tuo padre aveva lo stesso tuo comportamento selvaggio. Gli stessi capelli lunghi che gli cadevano sulle spalle >> disse Thèoden accarezzando la guancia della nipote: << Aveva sempre a cuore la sua famiglia. Era un po' testardo come te. Al contrario di tua madre che era più un tipo che si preoccupava più spesso, non permetteva a tuo padre di prendere iniziative tanto avventate. Del resto era anche mia figlia >> sorrise con carità il vecchio alla donna. Eowyn fu colta da un lieve sussulto, scoprendo forse solo ora l' assomiglianza di sua madre con suo zio. La dama socchiuse gli occhi e si poggiò con la testa sul petto di Thèoden, ripensando a tutto ciò che l' aveva portata fino a lì. Il Re mise una mano sulla nuca di quella che una volta era una semplice bambina ai suoi occhi, e poggiò il suo mento sopra la testa di Eowyn, toccandole i bei capelli biondi che si portava. Poi la fece staccare dal suo petto, e la prese per le spalle, osservandola nel viso: << Ricordo il primo giorno in cui sei nata >> raccontò Thèoden.

Eowyn sembrava quasi spaventata mentre lo zio proseguiva: << E pensare che fino allora eri un piccolo fagottino tra le braccia di mia figlia. Ora ti vedo cambiare giorno dopo giorno, diventando sempre più bella e autonoma. Sei stata macchiata da tanti eventi che hanno contribuito alla tua crescita. Non scordare mai chi sei, capito? Tu sei una scudiera. La più valorosa di tutte. Nelle tue vene scorre il sangue dei Signori dei Cavalli, non devi dimenticarlo >> lo zio continuò a incoraggiarla riguardo al non abbattersi subito: << Ti seguirò dovunque andrai. Lasciami impugnare la mia spada. Saprò proteggerti >> insistette la donna: << No, Eowyn... >> << Posso combattere! >> in quell' istante Thèoden gli ritornò alla memoria l' episodio con la nipote prima dello scontro con i Mannari di Isengard. La risposta che le diede non fu calma, anche perchè si trovavano nel bel mezzo di un attacco improvviso. Zio e nipote si guardarono negli occhi. Il sole all' orizzonte rimaneva ancora dietro le vette delle montagne, lasciando ancora il bagliore rosso che rifletteva nel cielo. Dopo un po' Thèoden riprese a parlare: << Ti prometto che avrai l' occasione di combattere. Vuoi vendicare tuo cugino e tuo padre che questo mondo ti ha portato via. Io stesso ho la rabbia che mi ribolle dentro. Però, Eowyn, non sei ancora pronta per una vera battaglia >> la donna sembrò astenersi da altre proteste da dare, e rimase con la bocca cucita. Lo zio sorrise un' altra volta, notando la serietà della nipote, quasi volesse assumere un broncio. Thèoden si rimise le mani dietro la schiena e camminò oltre Eowyn, indirizzando avanti il suo sguardo: << Ho lasciato istruzioni >> e si fermò a pochi passi davanti alla nipote che tenne le braccia conserte: << Il popolo deve seguire la tua guida in mia vece >> lo sguardo del Re roteò alla sua sinistra.

Si voltò di nuovo su Eowyn: << Occupa il mio trono nel Palazzo d' Oro. A lungo possa tu difendere Edoras, se la battaglia va male >> << Quale altro dovere vuoi che io esegua, mio signore? >> la domanda che fece la donna fu pronunciata con parole prive di armonia e speranza. Si era già convinta che anche suo zio doveva abbandonarla. Che anche lui sarebbe morto come il padre e il cugino: << Dovere? >> chiese il Re intuendo nella nipote un atteggiamento stanco dalle troppe delusioni che fino ad ora aveva ricevuto e assumendo un tono misericordioso di voce. Thèoden si avvicinò a lei rivolgendole un altro sorriso: << No >> la toccò per le braccia e poi le prese le mani. Le guardò per un momento e poi si rimise a parlarle alzando lo sguardo: << Vorrei che tu sorridessi di nuovo. Non piangere per coloro per cui è giunta l' ora >> le palpebre di Eowyn cominciarono a sbattere a ripetizione, invogliando anche la sua bocca a costituire l' espressione del pianto. Ma Thèoden la bloccò in un altro suo momento disperato. Eowyn tirò su le lacrime: << Tu vivrai per vedere questi giorni rinnovati. Basta con la disperazione >> disse Thèoden mettendo le sue mani nelle guance della fanciulla e toccando la sua fronte con quella della nipote. 

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Capitolo 25
*** Episodio 186: Dwimorberg - Il monte Invasato ***


Yuè, Gimli e Toy furono oltre il buio della montagna e si ritrovarono nel lungo tratto del sentiero mattutino. Una vasta strada desolata si presentava, con alte pareti di roccia bianca. Nel silenzio più totale e nel vento che soffiava per le cime di quelle pareti, si sentiva un altro rumore che accompagnava i nostri eroi. Era quello degli zoccoli dei loro cavalli. Ai lati del sentiero vi erano dei valichi oscurati all' interno dai muri che li circondavano: << Che razza di esercito si attarderebbe in un posto simile? >> domandò Gimli all' aria macabra che destava quel posto: << Uno maledetto >> rispose Yuè. Il Nano guardò al suo compagno con occhi dispetosi, pensando che volesse farlo spaventare ancora di più di quello che era: << Senti, tu, specie di elfo. Solo perchè hai dei poteri magici che ti permettono di fronteggiare qualsiasi creatura rivoltante, questo non ti dà il diritto di avere un atteggiamento vessatorio sui tuoi compagni. E' ingiusto! >> disse Gimli alle parole quasi altezzose del Giudice. Toy roteò le sue orbite dietro di lui per chiedere spiegazioni all' amico: << Hey, Yuki. Anche tu sai della leggenda che dimora in queste vie? >> gli chiese: << Più che una leggenda questa mi sembra una storia vera >> << No! Più che una storia vera, questo sembra un racconto dell' orrore, altrochè! >> sbottò di nuovo Gimli: << Non dirmi che hai paura, Gimli >> disse Toy con tono beffardo: << Paura? Ma figuriamoci! Sono stato sotto terra molto più a lungo di qualsiasi cadavere nella mia vita, e non ho mai avuto a che fare con strane presenze >> rispose seccamente il piccolo amico.

<< I miei poteri hanno la capacità di intuire gli avvenimenti del futuro, mio caro Gimli. Questo è un dono che mi lasciò Toy per farmi continuare ad esistere >> spiegò la creatura alata in un momento di gratitudine al giovane. Il ragazzo si girò nuovamente in avanti a guardare la strada, ascoltando sempre il suo amico parlare dietro: << I miei riflessi mi hanno portato a celare i racconti più oscuri di questo pianeta >> << Ecco che ci risiamo! >> sbuffò Gimli: << Pensi che quest' elmo che indosso mi copre bene le orecchie, secondo te? Mi spiace per il tuo intervento, Yuè, ma finchè sarò nel vostro gruppo non tollererò certe sciocchezze >> ma il Giudice sembrò non interessarsi alle lamentele del piccoletto. I tre amici notarono che la nebbia sul loro cammino scendeva sempre più. Fu l' atmosfera che Yuè aspettava per cominciare a raccontare la storia della montagna maledetta: << Molto tempo fa, gli Uomini della montagna giurarono all' ultimo Re di Gondor di andare in suo soccorso, di combattere >> il cavallo di Toy nitrì improvvisamente. Gimli sembrò che si tenne più forte che poteva alla schiena di Yuè. Toy, invece, lo ascoltava attento: << Ma quando arrivò il momento, quando il bisogno di Gondor fu incalzante, fuggirono, svanendo nel buio della montagna >> poco sopra le loro teste notarono dei rami di alberi tenebrosi che si muovevano lentamente. Ad ogni passo che facevano in avanti, la coda dei loro occhi notava sempre il buio di alcuni valichi ai lati, rendendo meno opportuno l' intenzione di addentrarvici in uno di questi. Yuè proseguì: << E così Isildur li maledì. Non avrebbero più trovato pace fino all' adempimento della promessa >> ogni tanto Toy si girava da un lato quasi avesse un tic nervoso per la storia raccontata da Yuè. Ora si immaginava che l' esercito fantasma si nascondesse in ogni angolo della montagna, pronto a sorprenderlo come fece quello scheletro verde.

Il ragazzo scrutava con aria seria la coltre di alberi nei dintorni, facendo sempre cautela ai passi che faceva il suo cavallo: << Chi li richiamerà dalla grigia penombra? >> domandò Yuè in quella valle dimenticata. D' un tratto si mise a guardare il cielo, quasi delirasse alle parole che stava per emettere: << Il popolo dimenticato. L' erede di colui al quale fecero giuramento, arriverà da lontano. Il bisogno lo spronerà. Egli varcherà la soglia della Via dei Morti >> adesso dava occhiate a Toy come se volesse osservare una qualche sua reazione spaventata al discorso dell' amico. Il giovane ebbe uno sguardo terrorizzato alla profezia al quale era legato. Anche se doveva essere un sovrano senza macchia e senza paura, la stessa ora gli percorreva il sangue: << Basta! >> urlò Gimli agitandosi dietro Yuè: << Non ne posso più di queste tue storielle! Per una volta abbi pietà di coloro che provano per la prima volta l' ebrezza di un' avventura all' insegna del terrore! >> << Quindi Yuè è riuscito a farti preoccupare? >> domandò di nuovo Toy. Il Nano si fermò all' ennesima provocazione del ragazzo: << Ehm... No! Io ho detto così per te! Non volevo che il nostro amico ti appesantisse o ti intimorisse con i fantasmi >> si giustificò Gimli: << Io non ho paura >> disse Toy seriamente. Dei corvi spuntarono dalle alte punte degli alberi. I loro versi si sentirono fino a tutta la valle, facendo sobbalzare Gimli: << Che cos' erano? Che cosa è stato?! >> << A quanto pare i volatili della zona non apprezzano l' ambiente >> notò Yuè. Toy continuò a fissare i corvi che si allontanavano sempre più in fondo: << Oh! Non vi preoccupate. Erano solo dei semplici uccelli. Magari erano dei passeri... >> << Gimli, i passeri non hanno quel tipo di verso >> disse Toy.

<< Ah si? E allora a che razza appartenevano? >> chiese ancora il Nano ingenuo dalla paura: << Erano dei corvi. Di solito non si allontanano così di fretta dai luoghi. Forse qualcosa li ha spaventati >> Gimli cominciò a respirare in continuazione alle parole di Toy: << Spero che sia stato solo uno scoiattolo a spaventarli! >> si augurò ancora il Nano sopraffatto dal racconto di Yuè, al posto di Toy. I tre amici salirono così per una strada in salita. La via si fece più stretta man mano che salivano in alto, così come le ombre degli alberi ai lati si facevano più fitte. Gli avventurieri si abbassarono ad un ramoscello che era cresciuto nelle parti inferiori di un albero. Scesero da cavallo dopo che intravidero in fondo un passaggio scavato nella roccia. Avanzarono tenendo le redini dei loro cavalli strette nelle loro mani, e non si fecero intimorire dagli alberi spogli che circondava quel luogo. I molti rami che erano cresciuti in modo scheletrico fecero effetto all' atmosfera che si era creata nel gruppo e sopratutto erano ben adatti all' ambiente di lì. Il Nano Gimli fu di nuovo impressionato dalla paurosità degli arbusti: << Non mi piacciono per niente questi rami >> << E' la geometria delle loro piante che li permette di crescere secondo diverse direzioni >> spiegò Yuè al piccolo amico: << Ah! Adesso fai pure il saputello? >> gli disse Gimli poi guardando avanti all' entrata della roccia che si presentava buia all' interno. Gimli impugnò saldamente la sua ascia, avanzando insieme ai suoi due amici: << Il calore del mio sangue sembra che me l' abbiano portato via >> commentò ancora gelandosi a pochi metri da essa. I tre amici si fermarono, osservando l' uscio dell' ingresso. Yuè puntò il suo sguardo sopra la porta, decifrando con tono cupo le scritte che vi erano incise, mentre teneva sempre le redini del suo cavallo: << “La via è chiusa. Fu creata da coloro che sono morti. E i Morti la custodiscono. La via è chiusa” >> dei simboli raffiguravano quello che sembrava un antico monito. Toy e Gimli si mostrarono confusi e immobili a quelle parole, avvertendo un senso di timore in esse.

Un improvviso ululato tenebroso fuoriuscì dall' interno della grotta verso i tre amici. Si misero le braccia sopra gli occhi per proteggersi dalla forte aria che li investì. I cavalli che tennero Yuè e Toy si liberarono delle prese dei loro due fanti, cominciando a scappare terrorizzati dal verso rabbrividente. Toy cercò di afferrare fino all' ultimo le redini del suo cavallo, ma era ormai già incamminato ad una lunga corsa: << Brego! >> lo richiamò il ragazzo. Del fumo cominciò a uscire dalla grotta alle spalle dei tre. Gimli rimase paralizzato a fissare nuovamente l' entrata davanti, e rendendosi conto che erano in assenza di cavalli che avrebbero dovuto farli arrivare a Minas Tirith prima che la battaglia si svolgesse a favore degli Orchi. Ora i due destrieri stavano sicuramente vagando nelle tenebre della foresta, e non li avrebbero più recuperati. Il Nano indietreggiò di alcuni passi, mantenendo sempre avanti la sua ascia e dirigendo il suo sguardo a Toy che sembrava sicuro di sé. Anche Yuè si girò verso il suo amico che rivolgeva una faccia di sfida alla grotta. I capelli di Toy scesero in mezzo ai suoi occhi neri, sottolineandogli ancora di più l' espressione decisa al vento che gli soffiava contro: << Non ho timore della morte >> disse il giovane andando avanti ai due ed addentrandosi nel buio con la sua spada Andùril sguainata e a portata di mano. La sagoma di Toy scomparve accompagnata da un altro lamento raccapricciante. Yuè fu il secondo ad entrare, anche lui senza timore e paura, a seguire il suo compagno e lasciando per ultimo Gimli: << Beh, questa è una cosa mai sentita! Due comuni mortali andranno sottoterra quando un Nano non osa farlo? >> si chiese incredulo alla scena. Infine dovette dare retta alla sua reputazione che rischiava di scemare a causa della codardia del primo Nano al mondo: << Oh! Oh, sarei lo zimbello di tutti! >> anche Gimli si apprestò a varcare la buia entrata per raggiungere i suoi amici e tremando all' oscurità che lo inghiottì in un secondo.

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Capitolo 26
*** Episodio 187: L' adunata di Rohan ***


L' alba smise di dare il suo spettacolo all' accampamento di Dunclivo, lasciando posto alla mattina. Erano le prime ore del giorno e già i cavalieri di Rohan si alzarono dalle loro tende e si affrettarono a salire sui loro cavalli: << Presto! Presto! >> si dissero tra di loro i soldati prendendo le munizioni per l' ultimo tratto di viaggio che li avrebbe condotti direttamente a Gondor. Altri si munirono di lance da tenere già in sella mentre eseguivano altri ordini: << Portate dell' acqua per il viaggio! >> avvertì un altro uomo. I cavalli erano tirati a forza dalle redini per l' affrettamento dei loro fanti nello sbrigarsi a prepararsi per la partenza. Altri guerrieri in armatura spensero i fuochi che accesero alle loro pentole dopo che si prepararono la colazione in un attimo. Dovevano sbaraccare tutto e non dovevano lasciare alcuna traccia del loro insediamento per altri visitatori di quelle zone. Si presero tutte le precauzioni necessarie pur di non lasciare indizi a qualche altro nemico nei paraggi. I cavalieri già organizzati si posizionarono sulle loro rispettive selle, incitando gli altri compagni: << Coraggio! Mostriamo il vero valore dei Rohirrim! >> << Partiamo per Minas Tirith! >> altre voci erano indirizzate ad altri colleghi ancora in fase della loro preparazione nelle vesti che dovevano indossare. Thèoden ed Eomer uscirono da una tenda già pronti in armatura: << Dobbiamo viaggiare leggeri e veloci >> comunicò il Re al nipote camminando verso i loro cavalli.

Intorno a loro una massa di soldati si velocizzava nelle loro faccende seguite dalle loro grida: << Bardate i cavalli! >>. Thèoden proseguì: << Lunga è la strada. Uomini e bestie devono arrivare con la forza per combattere >> impartì altri ordini a Eomer per razionalizzare gli averi dei propri soldati. I due guerrieri salirono in groppa al loro cavallo seguiti da un pugno di soldati e attendendo che altri fossero pronti per la guerra. All' interno della tenda di Eowyn, Meiling si sistemò da sola l' elmo che le fece indossare la stessa donna la notte prima. La cinesina si affrettò a legarsi di nuovo il suo vecchio mantello elfico intorno al collo. Prese di corsa l' armatura che le procurò Eowyn e i guanti, indossandoseli come se fosse una guerriera di esperienza. Meiling si posizionò davanti allo specchio della dama di Rohan, e si ammirò nel suo nuovo look da guerriera. I suoi occhi rossi brillavano sotto l' ombra del suo elmo, e le lunghe code dei suoi neri capelli scendevano dai lati della sua testa. Fece un paio di pose al suo riflesso nel vetro per osservarsi nei movimenti che faceva nella sua armatura: << Mh... Dovrò fare qualcosa a queste >> si disse la ragazzina notando le due code che scendevano da sotto l' elmo. Se lo tolse e si portò alle due crocchie un elastico con il quale poteva tenere legati i capelli. Nella tenda fece la sua comparsa la bella Eowyn, che notò ciò che stava facendo la sua piccola amica: << Hey, che stai facendo? >> le chiese Eowyn: << Tutti quanti si stanno preparando a partire. E noi non siamo da meno >> rispose Meiling guardando la sua acconciatura allo specchio: << Eh sì! Devo proprio dire che siamo amiche intime io e te >> esclamò Eowyn.

Meiling le fece l' occhiolino, sorridendole simpaticamente. Si indossò di nuovo l' elmo e si stirò ancora i guanti, muovendo le dita se fossero bene inserite. Eowyn abbassò la testa alla gioia della cinesina di dover combattere: << Qualcosa non va? >> le chiese Meiling: << Beh, io credo che non potremo scendere in battaglia questa volta >> << Cosa? Ma che dici? >> domandò Meiling all' amica: << Il Re ha stabilito che le donne della corte debbano restare al villaggio fino al rientro dell' esercito >> spiegò Eowyn a Meiling: << E va bene così, dai. Ci saranno altre cose per la quale vale la pena lottare >> << Eowyn, sei stata derubata dei tuoi sogni. Come puoi lasciare che tuo zio rischi la vita in mezzo a quello scontro? Se non sbaglio tu sei stata la prima a dirmi che bisognava lottare per proteggere ciò che ti è caro >> replicò Meiling delusa dal cambiamento di Eowyn: << Ricordati che io sarò sempre al tuo fianco. Qualunque cosa tu abbia bisogno >> la donna si sentì in colpa per ciò che aveva fatto credere alla piccoletta, e cercò quindi di spiegarle la verità qual' era: << Meiling. Il tuo nome è un ornamento alla tua famiglia. Su questo io ne sono certa. Ma arriva un punto nella tua vita in cui devi decidere cosa scegliere: se ascoltare i tuoi parenti, quelli che ti hanno istruito per molto tempo, oppure ragionare di testa tua, e scegliere quindi la tua strada indipendentemente dal volere di chi ti circonda >> la ragazzina la ascoltò come se stesse parlando un professore, e cercava di afferrare i concetti che riusciva a capire dalla bocca di Eowyn.

La dama continuò a parlare: << A volte però è anche saggio ascoltare i propri superiori, ogni tanto >> << Tu hai dato ascolto a tuo zio per molto tempo, Eowyn. Questo non vuol dire decidere per cosa è bene e per cosa è giusto >> disse Meiling: << No, tu non capisci... >> prese parola di nuovo Eowyn, ma venne di nuovo bloccata dall' intervento della cinesina: << Se per te gettare la spugna è diventata una consuetudine, allora che senso ha la notte sognare le proprie imprese e non fare niente il giorno dopo per farle avverare? Io penso che invece tu ti nasconda all' ombra della luna. Non permettere che i tuoi sogni diventino un' utopia. Ti prego. Anch' io ho bisogno di qualcuno che la pensi come me >> le parole di Meiling furono giorno dopo giorno toccanti per Eowyn. Ma questa mostrò solo un sorriso di felicità e di spensieratezza: << Io sostengo quello che dici, Meiling. Sei una guerriera. Esattamente come lo ero io da bambina. La maggior parte dei nostri sogni provengono dalla nostra età infantile, e alle volte ci aggrappiamo a questi per immaginare la nostra vita in un mondo migliore >> << No, non è vero >> insistette Meiling: << Mi dispiace, ma è così >> aggiunse ancora Eowyn: << Se vuoi veramente bene a qualcuno, beh, i momenti per dimostrarlo ci saranno sempre. E' solo che tu non vuoi saltare oltre il muro di casa perchè tuo zio ti ha tenuta lontano dai pericoli. Eowyn, insieme riusciremo a superare questa tua barriera >> ma ancora una volta la scudiera rimase inamovibile sulla sua decisione: << Tu mi assomigli molto nel carattere. E solo ora mi sono resa conto di quello che avrei potuto fare se solo mio padre fosse partito in battaglia quando io maturai nel mio volere combattivo. Avrei potuto cambiare lui, mia madre e il resto della storia del nostro paese. Così come le sorti di mio cugino. Ma ero solo una bambina. E il destino ha voluto che vivessi questa vita >> Meiling aveva ancora da ridire a ciò: << So che è difficile buttarsi tutto alle spalle, credimi. Perfino io l' ho notato. Ma ci sono altre cose per cui vale la pena di lottare. E te lo dimostrerò >> << I tempi sono ben diversi da quelli che mi aspettavo >> la cinesina allora prese la spada che Eowyn le diede l' altra sera e se la mise nella cinta che portava intorno alla vita.

Guardò di nuovo a Eowyn: << Allora questo è un addio? >> le chiese: << Temo di si >> rispose brevemente la scudiera: << Non è mai troppo tardi, Eowyn! >> le disse infine Meiling uscendo di corsa dalla tenda: << Meiling, aspetta, tu non puoi... >> ma non fece in tempo a fermarla che la cinesina si era già involata verso il suo cavallo. Meiling raggiunse il suo animale da trasporto e gli mise sulla schiena la sella. Intorno vi erano ancora i cavalieri di Rohan che finivano di mettersi a galoppo dei loro destrieri. In quel preciso istante, Meiling venne raggiunta da Thèoden a cavallo unito a suo nipote Eomer e ad altri soldati in sella: << Le ragazzine non sono adatte alla guerra, mississ Meiling >> la avvisò Thèoden volendo parlarle nel momento in cui la cinesina si voltò: << Tutti i miei amici sono andati in battaglia. Mi vergognerei a non farne parte >> ribattè ingiustamente Meiling: << Ci sono tre giorni per Minas Tirith e nessuno dei miei Cavalieri può averti come fardello >> << Io voglio combattere! >> esclamò lei al Re, assumendo la testardaggine di una volta di Eowyn. Ma tutto ciò che le disse Thèoden fu: << Non aggiungerò altro >> prima di superare la ragazzina guerriera. Meiling cadde in un' ennesima delusione, dopo quella che le diede Eowyn. I cavalieri dietro la ragazzina correvano ai loro cavalli per dirigersi verso il combattimento e incitando a gran voce: << Avanti! Coraggio, sbrighiamoci! A cavallo, andiamo! Avanti, avanti! >> << In sella! Minas Tirith ci aspetta! Coraggio, tutti insieme! Bisogna muoversi, presto! >>. Gli occhi di Meiling si fecero lucidi dal troppo orgoglio preso e vedendo Thèoden allontanarsi le veniva da star male al pensiero che un qualche suo non intervento bastasse per capovolgere la situazione per la conquista del male.

I molti cavalli in corsa passarono a fianco alla ragazzina come se non la notassero in quella bolgia. Una mano da dietro di lei, era aperta nella sua direzione. Meiling si sentì che tutto il suo peso era come d' un tratto alleggerito dalla presa di una mano misteriosa: << Oh! >> esclamò la ragazzina. In un attimo si ritrovò seduta davanti nella sella di un cavallo con dietro un cavaliere: << Cavalca con me >> le sussurrò una voce femminile con lei. Meiling si girò nella persona che la prese, riconoscendo Eowyn indossante un elmo e l' attrezzatura dei cavalieri di Rohan. Finalmente aveva cambiato idea: << Mia signora! >> disse Meiling dalla sorpresa che le fece la sua amica Eowyn. Le due femmine si mischiarono tra i soldati in corsa, seguendo Thèoden ed Eomer che guidavano le truppe: << A Mians Tirith! Presto! >> gridava Eomer a fianco a suo zio per richiamare gli altri soldati sparsi per l' accampamento: << In formazione! In formazione! In formazione, muovetevi! In formazione, muovetevi! >> ripeteva il nipote di Thèoden. Una mandria di soldati galoppava sotto le bandiere da loro svolazzate in alto del simbolo di Rohan: << Cavalcate! Cavalcate su Gondor! >> spronava Thèoden i suoi. E così l' esercito di Rohan si mise a cavalcare in un grande stormo verso la capitale Minas Tirith, svuotando la foresta nella quale erano accampati, per la battaglia decisiva, e finalmente Meiling potè dare un contributo in questa Guerra. Ma Rohan doveva sbrigarsi ad arrivare a Minas Tirith, perchè numerose schiere di Orchi si spargevano per il campo della fortezza di Gondor, avanzando al suono di tamburi di altri orchi e spingendo alte colonne in legno in prima fila e parallele l' una dall' altra. I Troll battevano i loro rulli nei tamburi, incitando la marcia e le grida dei piccoli orchi che sventolavano le loro bandiere dinanzi alle mura bianche. Ancora pochi attimi e la battaglia sarebbe cominciata.

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Capitolo 27
*** Episodio 188: Il Re fantasma ***


Forse le seimila lance di Rohan potevano tenere testa ad un immenso esercito. Forse? Un altro aiuto doveva giungere a Thèoden e, principalmente, a Gondor. All' interno della grotta in cui erano entrati Toy, Yuè e Gimli, si accese una fiamma nell' ombra. Era Toy che era riuscito a trovare una torcia e ora la reggeva insieme alla sua spada davanti a sé. Dietro il giovane c' erano Yuè e il solito Gimli accorsi nell' aiutarlo: << Restate vicini >> avvisò Toy ai due amici facendosi luce con il fuoco nella pancia della caverna. Iniziò a scrutare prima di fare qualsiasi passo in avanti le vie coperte dal buio. Si spostò alla sua destra, facendo luce ad un angolo. Questo era coperto da tanti piccoli teschi a terra. Toy sobbalzò alla loro vista e guardò i due amici silenziosamente per indicare loro che non era la giusta strada, oltre ad essere praticamente insorpassabile dalal montagna di teschi che si estendeva in fondo. Toy ignorò quella strada, facendo da guida al gruppo. Yuè guardò nel vuoto di quell' angolino oscuro con un misto di preoccupazione: << Che cosa c'è? Che cosa vedi? >> gli chiese Gimli da dietro stringendosi sempre l' ascia: << Vedo sagome di Uomini. E di cavalli >> rispose il Giudice: << Dove? >> chiese il Nano ingenuo. Il gruppo di amici rimase attaccato per una stretta galleria con la nebbia che infestava quel luogo. Toy stette con gli occhi attenti a scrutare il sentiero che intraprendevano mentre Yuè parlava senza prestare attenzione a Gimli e fissare le pericolose pareti rocciose: << Vessilli pallidi come brandelli di nuvole... Lance si innalzano come boschetti d' inverno attraverso una coltre di nebbia... I Morti le seguono. Sono stati convocati >> comunicò con espressione rabbrividita Yuè a passo felpato.

<< I Morti? Convocati? Lo sapevo >> giustificò Gimli voltandosi dietro per mettersi in guardia, e abbassando in un secondo momento l' ascia per sdrammatizzare: << Eh... Ah... Molto bene. Eh eh. Molto bene! Yuè! >> esclamò il Nano non trovando per un attimo il suo compagno e affrettandosi a raggiungerlo più avanti. La nebbia cominciò ad alzarsi fino alla vita dei tre compagni di viaggio. Dal vapore creato si formavano delle braccia di fumo che si poggiavano per le braccia di Yuè e per il corpo di Toy. I due amici fecero un movimento lento del loro corpo per far svanire le mani del vapore verde. Gimli fece piccoli e cauti passi pensando di non essere acchiappato dalle mani scheletriche. Una di queste si formò a pochi metri da lui e veniva verso il suo volto. Il Nano emise un soffio per allontanarla, ma questa continuò a venire verso di lui, costringendolo a soffiare su di essa ripetutamente. La mano scomparve. Ma un' altra comparve dall' altro lato più vicina a lui, facendo riprendere Gimli a soffiare. Dovette agitare per breve le sue mani per farla svanire del tutto, diventando un gioco insopportabile e fastidioso per il cuore di Gimli che cominciava a battere all' impazzata alla vista di presenze trasparenti. Una terza mano velata gli si poggiò alla lunga barba e perfino il soffio divenne persistente e ripetitivo, così come il movimento delle mani. I tre avventurieri erano circondati da tante mani scheletriche al corpo, dovute all' innalzamento della cortina di nebbia oltre le loro ginocchia. Un breve scricchiolìo si sentì sotto di Toy, e il ragazzo si bloccò osservando ciò che c' era sotto e che aveva sfiorato con il piede: << Non guardate in basso >> sussurrò Toy ai due. Gimli fece un passo avanti e disintegrò con la suola un oggetto fatto probabilmente di materiale sottile. Ma non era vetro. Lo scricchiolìo che si sentì sotto il piede di Gimli fu più sonoro di quello di Toy. Il Nano rimase immobile, roteando i suoi occhi verso il basso e rabbrividendosi ancora di più alla macabra scoperta.

Non appena la nebbia si dissolse, Gimli scorse una infinita quantità di teschi proprio sotto di lui, e così come Yuè e Toy. Il piccoletto fece una smorfia di ribrezzo non appena fece cadere tutto il suo peso sul piede che schiacciava il teschio. Fece per guardare in avanti, seguendo il consiglio di Toy, ma dovevano per forza calpestare tutti quei teschi sotto di loro pur di avanzare. Allora Gimli strinse i denti. Calpestò un secondo teschio al quale ci fu una faccia schizzinosa del Nano, strizzando un occhio dal disgusto. Al terzo passo che fece le sue palpebre sbatterono ancora di più dai brividi, e così continuò a fare buffe smorfie, facendo versi strani dalla paura da quando iniziò ad accelerare il passo per uscire dal cimitero di quei teschi. I tre furono fuori dal primo tratto della galleria, ma si ritrovarono in un altro punto. Yuè e Toy si guardarono in alto, esaminando l' immenso baratro dove erano finiti questa volta. La nebbia sotto i loro piedi si dileguava più in fretta. Solo un cerchio di luce creato dalla torcia di Toy faceva in modo che i tre amici stessero vicini l' uno all' altro. Nel continuo girarsi su sé stessi, della polvere cadde da una struttura davanti a loro. Una specie di fortezza abbandonata da molti anni si presentava ai loro occhi in tutta la sua imponenza, ma conservava ancora il suo stile macabro insieme alla grotta che ospitava quella costruzione. Gimli si mosse a mò di aragosta tenendo la sua ascia in orizzontale e preparandosi all' attacco. I tre erano in mezzo a due ostacoli: un muro di una vecchia fortezza e dal lato opposto un buco nero che sembrava senza fine. La nebbia che si dileguava, andava a finire in quell' oblio oscuro: << Chi entra nei miei domini? >> una voce tenebrosa si udì alle spalle dei nostri amici.

La voce che parlò fece da eco in tutta la caverna. Toy si girò, seguito da Yuè e da Gimli, indirizzando la luce della torcia verso le scale dell' antica fortezza. Una sagoma verde si generò ai piedi della scalinata. Questa aveva un mantello rosso con una corona portata alla testa come un elmo, significato che era un Re di qualche esercito caduto. Il corpo non era altro che uno scheletro, con la barba che spuntava dal mento dalle ossa dure. I denti dello spirito verde erano messi in risalto dall' assenza totale di carne nei contorni. Gli occhi erano scavati e le orbite erano bianche, facendo avere al fantasma una cieca vista. Lo spirito maligno brandiva una lunga spada. Toy riconobbe il fantasma che vide al valico di Dunclivo: << Uno che avrà la vostra lealtà >> disse il ragazzo alla domanda del Re trasparente. Yuè socchiuse gli occhi per fare attenzione alla guardia di quel morto: << I Morti non consentono ai vivi di passare >> << Invece lo consentirai a me >> ribattè Toy all' opposizione del fantasma che emise una macabra risata: << Ah ah ah ah ah ah ah ah ah ah ah ah ah ah! >> nell' aprire la sua bocca dal ridere, il volto dello spettro si scavò ancora di più su sé stesso, così come il naso mozzato divenne ancor meno visibile. La risata si sentì ampiamente fino alla parete rocciosa oltre l' oblio nero. Da quei muri si formarono delle strutture di una città. Ma era una città fantasma, lo spirito della costruzione che Toy e gli altri videro per prima. Si voltarono verso ciò che stava capitando ai loro occhi e videro che dei cavalieri verdi sbucarono da quella città con le loro armi bene alzate. Un mucchio verdignolo di spiriti guerrieri si ammassò alla parete. Gimli sgranò gli occhi dal terrore: << La via è chiusa >> proseguì nel parlare la figura del fantasma, recitando la scritta che Yuè lesse all' entrata: << Fu creata da coloro che sono morti. E i Morti la custodiscono >> intorno al Re morto si crearono altre sagome di suoi guerrieri. In poco tempo l' intera caverna fu circondata da spettri verdi e scheletrici. Toy, Yuè e Gimli si ritrovarono approcciati dai tanti omini trasparenti: << La via è chiusa. Ora devi morire >> disse spaventosamente il Re dei Morti, avanzando con le sue truppe sui tre eroi.

Yuè creò la sua freccia magica e la scagliò contro il fantasma, ma la fronte dello spettro venne attraversata dalla stessa freccia, creando per poco un grande buco che poi si richiuse in un attimo. Gimli si strinse con rabbia l' ascia, non potendo colpire il fastidioso spettro. Toy prese coraggio e si fece avanti sfidando il Re: << Io vi invito a rispettare il giuramento >> << Nessuno tranne il Re di Gondor può comandarmi >> si impose il Re defunto avvicinandosi a passo felpato verso Toy. Il ragazzo si tenne la lama della sua spada all' altezza dei suoi occhi: << Ah! >> il fantasma vibrò il suo fendente verso Toy, ma questi parò incredibilmente il colpo della lama trasparente del Re morto e roteò verso il basso la spada di quest' ultimo: << Quella lama fu spezzata! Ah... >> ma ancora con stupore, Toy afferrò il collo dello spirito, stringendogli le ossa visibili e non toccabili fino a quel momento: << E' stata ricostruita >> rispose con fermezza Toy puntando la lama di Andùril sotto la gola del suo avversario. Toy spinse indietro il Re che non rise più insieme ai suoi fedeli alla presenza dei tre amici. Ora gli spiriti temevano il baldo giovane che era riuscito a parare il fendente del loro Re, rimanendo sempre attorno alle prede: << Combattete per noi, e riacquistate il vostro onore. Cosa rispondete? >> chiese il ragazzo con decisione ai defunti e facendosi spazio tra i loro occhi bui come quelli di un teschio, e i loro veli trasparenti. L' esercito dei Morti si aprì al passaggio di Toy che alzava a mezz' aria la spada per tenere a bada gli spettri. Li guardò un' altra volta nei volti sfregiati nell' osso, ripetendo: << Cosa rispondete? >> << Ah! Sprechi tempo, Toy. Non avevano onore da vivi e non lo hanno ora che sono defunti >> intervenì Gimli per non perdere ulteriori minuti preziosi per l' incolumità di Minas Tirith.

Ma il giovane non si staccò dalla sua missione di recuperare forze utili al conflitto con gli Orchi che giungevano a Gondor: << Io sono l' erede di Isildur >> la spada di Toy venne indirizzata ad ogni spettro che lo circondava: << Combattete per me, e io riterrò rispettato il vostro giuramento >> la punta di Andùril si fermò al volto derisorio del Re fantasma: << Cosa rispondete? >> chiese per l' ennesima volta Toy: << Ah ah ah ah ah ah ah ah ah! >> ma al contrario il Re si mise nuovamente a ridacchiare malignamente. Gli spettri che fino ad ora circondavano i tre amici, svanirono fila dopo fila dal centro fino in fondo al gruppo: << Avete la mia parola! >> gridò tendendo la mano Toy, assumendo l' atteggiamento contrario di chi esultava per la fuga di quei terribili fantasmi: << Combattete per me, e io vi libererò da questo sonno eterno! Cosa rispondete? >> ma a nulla valevano le parole disperate del ragazzo. Il suo eco sbattè ora contro le nudi pareti di roccia, dietro le quali scomparvero gli eserciti fantasma: << Fatevi avanti, traditori! >> sbottò Gimli volendo anche lui l' intervento in guerra degli spettri. Con gli spiriti sparì anche la cortina di nebbia che accompagnava l' intera armata trasparente. Ci furono dei rumori dall' alto delle teste di Yuè e di Toy. L' intera caverna cominciò a tremare, facendo cadere dei piccoli sassi dalle pareti di roccia. Gimli si guardò ai piedi e vide che rotolavano fino a lui dei nudi teschi. Della polvere si staccava dalle mura della costruzione davanti ai tre eroi; pezzo dopo pezzo, la fortezza si disintegrò, facendo fuoriuscire una cascata di teschi da essa dal continuo tremolìo della terra. Toy emise un' espressione di imminente pericolo.

I teschi continuarono a uscire creando uno tsunami che stava per tramortire Toy e gli altri: << Via! >> gridò il ragazzo. Lui, Yuè e Gimli si misero in salvo saltellando in spazi di roccia non ancora inondati dai teschi, come se un fiume in piena stesse spazzando via delle case. Ma a breve tutti e tre furono raggiunti ai piedi da quella cascata che sembrava volesse spingerli verso il buco nero in basso. Il rumore che si sentiva era assordante con le ossa che sbattevano l' una contro l' altra. Toy passò in mezzo ad un' onda di teschi, nuotando e sbracciandosi per farsi spazio dalla forza d' urto. Così anche Gimli e Yuè continuarono ad avanzare con fatica, come in mezzo alla pesante neve, prima di fare un ulteriore sforzo per uscire dal forte getto di teschi in caduta libera e dopo essere stati colpiti ripetutamente da essi: << Scappate! >> avvisò Toy correndo con i suoi amici verso un corridoio. La cascata di teschi si espandeva fino ad ogni più stretto passaggio, alternata da cadute di pesanti massi che per poco non schiacciò Yuè e Gimli dietro Toy. I tre eroi si affrettarono a lasciare il posto in decadenza con le pareti che si sgretolavano su sé stesse. Giunsero all' uscita della caverna, sbucando all' aria aperta da un buco di una roccia in una collina. Del fumo fuoriuscì alle loro spalle dovuto alla caduta delle macerie all' interno della montagna. I tre sospirarono allo scampato pericolo sotto il cielo grigio che si presentava sopra le loro teste. Ma Toy non fu del tutto libero dalle conseguenze dell' incontro fallito con il Re fantasma. Il giovane fece alcuni passi in avanti, ricordandosi un altro obiettivo che Kerochan gli aveva dato: le Navi Nere.

Ora queste erano ben visibili nel corso del Fiume sotto la lunga discesa della collina su cui stavano Toy e i suoi amici. Nelle coste in cui i Corsari passarono, il ragazzo notò che il villaggio di lì era incendiato, saccheggiato da quegli stessi pirati. Le fiamme si innalzavano già alle porte del regno di Gondor. Toy fu sconvolto nel vedere le numerose imbarcazioni che remavano oltre lo stretto che permetteva il passaggio nel corso d' acqua che portava al porto di Minas Tirith. Toy si inginocchiò dalla disperazione e dal suo fallimento in missione. Gli occhi divennero lucidi, abbassò la testa dalla frustrazione, mentre Yuè lo affiancava e lo consolava dandogli una pacca sulla spalla. La creatura alata e Gimli emisero il loro commento di tristezza, sospirando amaramente, quando lo stesso Nano mise le mani giunte sul ferro dell' ascia tenuta in verticale sul terreno. Un lieve ululato fece sobbalzare Toy. Il ragazzo capì che si trattava della presenza del Re fantasma, ancora presente dietro la roccia della montagna sotterranea dalla quale fuggirono. Si mise in piedi osservando la parete rocciosa con un lieve stupore al ritorno dello spettro. Il Re spettro attraversò il muro roccioso e si avvicinò faccia a faccia a Toy. Il primo esitò per un attimo, poi decretò la sua sentenza: << Combatteremo >> decidendo così di entrare in guerra al fianco del giovane per poter accorrere in aiuto di Gondor che era minacciata a Minas Tirith dagli Orchi di Mordor.

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Capitolo 28
*** Episodio 189: L' assedio di Gondor ***


I Troll spinsero tra la folla di orchi che si era creata davanti alle mura di Minas Tirith l' ultima colonna di legno per posizionarla nella stessa linea delle altre. In questa colonna vi erano degli orchi nascosti al suo interno, e che fossero usciti non appena avessero toccato le mura della Città. Un trambusto di molte di quelle creature si fece sentire perfino oltre la cinta muraglia bianca. Versi di orchi inneggiatori si trasformarono in un unico coro da guerra: << Aprite il cancello! Presto! >> esclamò una guardia da sopra. I cavalieri di Gondor aprirono le due grosse ante del portone per far entrare l' ospite che stava dinanzi a loro. Un cavallo marrone si apprestò ad entrare in solitario, senza il suo fante. Ma alcuni videro dietro al cavallo un soldato privo di elmo che aveva agganciata la sua caviglia nella sella del suo destriero. L' uomo giaceva privo di vita mentre il suo cavallo lo faceva strisciare con la schiena sulla terra. Il soldato che riportò indietro l' animale era stato raggiunto da due frecce, una sotto il braccio destro e l' altra al fianco della stessa parte. Tutti i cavalieri che sostavano al portone si avvicinarono al giovane inerme: Faramir era riuscito a non farsi prendere dagli Orchi, o meglio il suo cavallo era riuscito a scappare in fretta. I cavalieri presero per le redini il cavallo di Faramir, affrettandosi a tirare dentro il corpo del loro capitano.

Un altro soldato slegò la caviglia del giovane che era legata alla sella, e prese con sé il corpo di Faramir. Il sangue gli usciva nei punti in cui le frecce lo avevano colpito, sporcando l' argenteo dell' armatura di rosso. Intanto gli Orchi preparavano delle catapulte per il lancio contro la Città Bianca. Tra di loro giunse l' orco rosa dal volto sfigurato in groppa ad un mannaro. L' orco emise un sorriso malvagio mentre pattugliava con la sua bestia tra le fila di orchi. Il lupo ringhiò ad un orco a fianco per farlo intimorire. I soldati al portone misero Faramir su di una barella per portarlo nel cortile dell' Albero Bianco: << Presto! In fretta! >> ordinava un cavaliere dai capelli biondi. Sempre in mezzo agli Orchi, l' orco rosa si preparò a scendere dal suo mannaro. Lanciò ad un altro orco le redini del lupo, in modo che non si agitasse dall' assenza del suo padrone sopra. L' orco ebbe difficoltà a scendere a causa della sua posizione goffa nel corpo, e cercò di aiutarlo un altro orco, ma questi venne respinto con forza dall' essere sfigurato, zoppicando e tenendosi il braccio sinistro attaccato al corpo. Dalla dimora bianca uscirono Denethor seguito da Tomoyo, Kerochan e da altri servi del sire. Tutti loro si riversarono a cogliere il capitano sopravvissuto: << Faramir! >> esclamò Kerochan vedendolo su una barella. Il Sovrintendente corse più veloce di tutti, disperato e allo stesso tempo ansimante dalla corsa. Si accasciò alla barella del figlio per accertarsi delle sue condizioni: << Non ditemi che è morto >> supplicò il sire chinandosi sul volto dormiente del figlio: << Erano inferiori di numero. Nessun sopravvissuto >> comunicò il soldato biondo.

Tomoyo sgranò gli occhi alla vista del cadavere di Faramir, in cui parlò poco fa con la ragazzina prima che questa prestasse giuramento a Denethor. Ora Tomoyo non poteva credere che la persona a cui aveva parlato se ne era andata per sempre: << Paura... La Città ne è infestata >> notò l' orco rosa sniffando nell' aria un' atmosfera di puro terrore e ridendosela: << Alleviamo il loro dolore. Rilasciate i prigionieri! >> << Catapulte! >> urlò un orco con una profonda cicatrice nel volto e un teschio usato come corona all' ordine del suo capo. Le catapulte vennero mollate. Ma come era possibile che i cadaveri dei soldati catturati nell' agguato per la riconquista di Osgiliath fossero ammassati nello spazio stretto delle catapulte? L' orco con il teschio sopra emise una risata divertita, evidentemente notando che la frase dell' orco rosa era ironica. Delle specie di sassi a punta vennero lanciati verso le mura di Minas Tirith. I soldati si coprirono con i loro scudi all' arrivo di quei sassi, evitando di essere colpiti duramente. Ma i sassi che sbatterono a terra e contro gli scudi dei cavalieri fecero un tonfo come se fossero stati spiaccicati come pomodori. Il loro urto negli scudi non fu tanto violento, e i presenti scoprirono l' orrore che si celava dietro: teste mozzate dei cavalieri prigionieri erano state lanciate su di loro. I soldati si girarono intorno sbigottiti e terrorizzati allo scenario piuttosto macabro. Tra i loro piedi rotolavano i capi dei loro compagni che tenevano al momento della loro esecuzione la bocca aperta: << I miei figli si sono spenti. La mia stirpe è finita >> disse piagnucolando Denethor, sconvolto dalla perdita di un altro suo caro. Tomoyo si avvicinò a Faramir per assicurarsi anche lei che fosse morto come dicevano. Mise una mano sulla fronte del capitano, notando che non era fredda: << E' vivo! >> disse la ragazzina mentre il Sovrintendente si allontanava: << La Casa dei Sovrintendenti è venuta meno >> << Và curato, mio signore >> continuò a dire Tomoyo.

Ma il sire era ormai delirante: << La mia stirpe è finita! >> si sporse dal davanzale del cortile, e quella che prima era un' espressione addolorata presto si trasformò in puro terrore al panorama che Denethor vide nel campo di Minas Tirith: << Mio signore! >> la voce di Tomoyo echeggiò lontana per lui, sentendosi immobilizzato e tremante. Immense fila di orchi erano distese e circondanti dal primo all' ultimo mattone del muro solido di Minas Tirith. Le grida dei piccoli esseri suonavano paurosamente all' intera cittadinanza di Gondor. I Troll caricavano con grandi massi le catapulte, pronte questa volta ad abbattere il muro difensivo: << Rohan ci ha lasciati soli >> disse tra sé e sé Denethor. Una dopo l' altra le catapulte vennero attivate, lasciando che i grandi massi si abbattessero sui muri. Questi si sgretolarono al contatto con le enormi pietre, facendo cadere i mattoni bianchi nei piani inferiori alla Città. Le urla di terrore si sentirono tra i passanti che sostavano da quelle parti, fuggendo dal bombardamento degli Orchi. L' orco rosa rise soddisfatto alle grida che si spargevano per le vie della fortezza: << Ci attaccano! >> << Eothar, vieni qui! Vieni qui! >> esclamò una donna per richiamare suo figlio. Tutti dagli uomini ai bambini correvano sempre più all' interno della Città: << Thèoden mi ha tradito >> aggiunse vendicativo il sire Denethor. Le catapulte continuavano ad essere usate per colpire i punti deboli del muro e così facilitare il passaggio in un secondo momento per gli invasori. Una roccia colpì un balcone sul quale sostavano delle donne. I soldati che passarono per la via sottostante fecero in tempo a non essere colpiti dalle grandi macerie: << Attenti! >> avvertì uno di quelli facendosi sfiorare dai grandi pezzi di mattone. Denethor sbottò improvvisamente: << Abbandonate i vostri posti! Scappate! Mettetevi in salvo! >> tutti guardarono increduli il sire che perse le staffe dall' attacco che stava subendo la Città. I soldati non seppero cosa fare e si guardarono tra di loro se rifiutare l' ordine del Sovrintendente oppure rifugiarsi. Denethor fece per girarsi verso i suoi soldati nel cortile, ma venne improvvisamente colpito in faccia da una frustata di una coda bianca: << Oh! >> per un attimo il colpo lo fece rinvenire in sé. Kerochan però aveva deciso di farlo zittire una volta per tutte, stanco dei suoi ordini dati a vanvera. La tigre rivolse una smorfia antipatica all' uomo prima di colpirlo con una testata alla pancia e poi atterrarlo con una zampata alla schiena, facendolo svenire. Tutti, compresa Tomoyo, guardarono il Guardiano che aveva osato colpire il Sovrintendente, e che adesso era stato soppiantato dall' autorità di Kerochan che prese le redini del comando: << Prepararsi alla battaglia! >> ordinò a tutte le truppe. Anche Gondor si preparava così a contrattaccare al nemico.

Kerochan scese per la Città spargendo l' ordine di difenderla: << Presto! Alle mura! Difendete le mura! >> e i soldati eseguirono il suo ordine accorrendo in tanti al bastione. In quella bolgia una donna cullava il suo neonato per farlo smettere di piangere: << Alle vostre postazioni! >> ripeteva la tigre. I cavalieri che prima scappavano al rifugio, ora seguivano Kerochan verso le mura, occupandole in breve tempo e schierandosi in due file: << Dai! Salite! Più veloci! Più veloci! >> gridava un soldato. La tigre bianca saltò la piccola scalinata che portava alle mura e intravide tra le fila dei soldati gli eserciti degli Orchi con alti pilastri in legno in prima linea: << Spedite quelle orrende bestie nell' abisso! >> disse con odio alle creature la tigre: << Lanciare! >> le catapulte di Gondor fecero la loro entrata in scena con il lancio di grossi pezzi di mura caduta poco prima dal bombardamento degli Orchi. Ogni piano dell' immensa Torre Bianca aveva una catapulta che veniva usata per l' attacco diretto contro le armate di Mordor. L' orco rosa insieme ai suoi soldati seguirono con lo sguardo i massi che volavano nel cielo per poi finire a schiacciare gli orchi che si trovavano nella direzione delle rocce lanciate. Per un attimo le truppe si agitarono non appena un masso terminò in mezzo a loro: << Restate dove siete! >> ordinò l' orco rosa per non far perdere le posizioni ai suoi. E allora gli Orchi risposero con altri lanci, ma la prima catapulta venne abbattuta dal masso lanciato da Minas Tirith, mentre le altre liberarono senza intralcio gli enormi sassi contro le mura. Gondor rispose con un altro bombardamento di proporzioni più grandi rispetto a quelle rocce che gettavano prima. Quest' ultima pietra si mise in mezzo alle cascate di altre rocce degli Orchi e finì per schiacciare altri mostri.

Kerochan seguiva gli attacchi della sua fazione con tensione e coraggio, camminando per il lungo perimetro del muro: << Ci occorre altro pietrame per... >> << Attenti! >> gridò un soldato venendo sbalzato dall' impatto con una roccia, insieme ad altri suoi compagni, e distruggendo una parte del muro. Altri rinforzi giunsero dai soldati di Gondor, spargendosi per le difese della Città: << Al livello inferiore, presto! >> urlò un cavaliere. Dalle fila di soldati che uscirono da un portone, dietro di loro c' era Tomoyo con un elmo argentato alla testa e correva per aiutare i prodi guerrieri: << Raddoppiate la guardia! >> ordinava un altro. I massi lanciati da Minas Tirith si attutirono nel tonfo quando schiacciavano a gruppi gli orchi che dovevano stare fermi all' ordine del loro capo. Una colonna in legno venne colpita in pieno da un grande masso, e gli orchi nascosti su di essa caddero a catinelle a terra. Gli Orchi ribatterono il danno subito spazzando via un' altro mucchio di soldati appostati nelle mura superiori con un altro sasso enorme. Un lancio a sorpresa partì dalle mura, prendendo alla sprovvista l' orco rosa che si girò verso l' enorme pietra. Gli orchi che stavano intorno a lui si scansarono inutendo la direzione del masso che cadeva ormai con tutto il suo peso sull' orco sfregiato in viso: << Ah! >> gridò il mostro dovendo anche lui rompere il suo ordine di stare alla propria postazione per scansarsi dalla roccia in arrivo. Un Troll guardò stupidamente il suo capo che sputò al pezzo di roccia al quale si era poggiato a mezzo metro da lui. Uno strillo assordante provenì dal cielo. I Nazgùl a bordo delle loro solite creature scendevano in picchiata verso Minas Tirith per dar man forte agli Orchi nella conquista della Città. Le persone che si trovarono allo scoperto nel cortile, fuggirono alla vista dei rettili volanti che si abbattevano sulle catapulte, disintegrandole. Il Signore dei Nazgùl con il suo elmo a punta sul cappuccio guidò la sua bestia sugli Uomini di Gondor, facendo cadere alcune guardie su un pontile e continuando ad urlare sonoramente sovrastando le vie di Minas Tirith.

I soldati nelle stradine si ripararono insieme agli arcieri sotto dei balconcini vicino. Tomoyo li seguì di fretta e si tolse l' elmo, gridando dal dolore che le sue orecchie e quelle dei soldati ebbero al verso perforante del Nazgùl. La bestia alata dello spettro nero planò sulla cinta muraglia travolgendo i soldati come al gioco del bowling uno dietro l' altro con le sue zampe, e prendendone alcuni stretti per poi lasciarli cadere nel vuoto. Kerochan spronava da un bastione gli arcieri che colpivano in basso gli orchi che si avvicinavano con le torrette: << Respingeteli! Non cedete alla paura! Restate ai vostri posti! Combattete! >> altre catapulte vennero azionate e un loro masso centrò nuovamente una colonna in legno, facendo saltare in aria gli orchi nascosti lì dentro. Un Nazgùl volò verso un' altra catapulta, distruggendola in mille pezzi, i quali si sparsero nei soldati sottostanti l' oggetto. I guerrieri batterono in ritirata venendo storditi dal lamento dei Cavalieri Neri. La strage in volo continuava con il primo gruppo di uomini che veniva buttato giù e con il secondo gruppo che venne lasciato cadere ad un' altezza spaventosa sui tetti delle case di giù. Un tonfo si sentì quando i corpi dei cavalieri sbatterono con violenza sui mattoni delle case. Tomoyo assistì davanti ai suoi occhi la morte di alcuni cavalieri buttati sul pavimento dai Nazgùl. I muri di alcune abitazioni continuarono a crollare, schiacciando i soldati che nel panico scortavano i cittadini impauriti per le vie trafficate. La ragazzina cadde su sé stessa dal boato che si sentì più in là di muri distrutti. Fece per rialzarsi, e vide intorno a lei solo persone che scappavano e che la urtavano. Cadde un' altra volta a terra, e si rialzò un' altra volta, controllandosi i palmi che non fossero sbucciati. Altre persone travolsero la povera Tomoyo che a sua volta ricadde frastornata a terra. Minas Tirith era bersagliata dalle catapulte nemiche e dal volo dei Nazgùl, e questo permise ai Troll di spingere ancora di più le torrette con gli orchi all' interno.

Gli arcieri di Gondor scoccarono le loro frecce alle pareti delle torri in avvicinamento: << Non alle torri! Mirate ai Troll! Eliminate i Troll! Abbatteteli! >> gridava Kerochan all' attacco delle grosse creature che cadevano sotto i colpi delle frecce degli Uomini di Gondor che si conficcavano nelle spalle in gran numero mentre nel cielo, che si faceva sempre di più grigio dall' arrivo degli Orchi, svolazzavano le bestie alate. Delle torrette vennero spinte sulle mura prima che i Troll morissero dopo la cascata di frecce. Le bottole delle torrette si aprirono frontalmente, e distrussero la sommità del muro difensivo quando si agganciarono a terra. Dal polverone che si creò, uscirono i tanti orchi nascosti in quelle colonne, una strategia quasi uguale a quella del cavallo di Troia. I mostri si mischiarono nel gruppo di cavalieri, combattendo con loro in uno scontro feroce. Gli arcieri appostati ai lati delle mura, mirarono tutti vicini tra loro nel punto da dove uscivano gli orchi. Alcuni di questi caddero all' indietro del trampolino della torre finendo tra la mandria di altri orchi che si accalcava oltre le torrette verso il grande portone di Minas Tirith. Tra questi spuntò un ariete in legno lungo alcuni metri. I soldati di Gondor lanciarono le loro frecce agli orchi in carica, abbattendoli nella corsa davanti al portone. L' ariete degli Orchi sbattè con forza sulle ante chiuse del grande cancello. Gli uomini scoccarono altre frecce negli orchi circostanti alla porta, mentre l' ariete continuò a sbattere violentemente nel duro cancello. La lunga cinta muraglia di Minas Tirith fu invasa da torrette che si aprivano una dietro l' altra permettendo così l' ammassamento di altri orchi invasori: << Respingeteli! >> gridava ancora Kerochan.

La battaglia si svolgeva in terra e in aria, perchè il cielo era sovrastato dai Nazgùl e dai continui bombardamenti di rocce da una parte e dall' altra. La tigre si trovava nel mezzo della bolgia tra cavalieri e orchi, e si girò d' istinto dietro di lui, avvertendo una presenza di sua conoscienza: << Tomoyo! Torna alla Cittadella! >> gli ordinò il Guardiano vedendo la ragazzina confusa in quell' inferno che scendeva le scale: << Ci hanno chiamati per combattere >> rispose Tomoyo in un momento forse di pazzia. Un' altra bottola si aprì alla carica degli orchi che si diffusero per quel piano scaraventando e uccidendo con le loro sciabole i soldati sulla loro strada. Kerochan notò un orco che uccise contemporaneamente due soldati e che puntava alla ragazzina che iniziò a tremare dalla paura. L' orco caricò sull' indifesa Tomoyo armato di spada, ma si intromise Kerochan che saltò con un ruggito sopra al mostro, e lo finì quando questi si rialzò con un' artigliata alla faccia: << Questo non è posto per una ragazzina >> avvisò la tigre bianca davanti a Tomoyo che rimase immobile e ancora terrorizzata. Il Guardiano mollò un' altra artigliata ad un altro orco e così a tutti gli altri che lo circondavano, girandosi su sé stesso e muovendo il suo corpo come un atleta. Tomoyo rimase in disparte al combattimento di Kerochan, e subito un' altra mandria di orchi saltò giù da una torretta, investendo altri cavalieri di Gondor. Kerochan continuò a vibrare i suoi artigli sui corpi degli orchi che lo attaccavano. Scansò il colpo di uno e lo prese dalla nuca con la sua zampa, facendogli sbattere la testa nei gradini bianchi. Ma la tigre non si era accorta che un orco lo stava per colpire alle spalle. Tomoyo estraò senza pensarci la sua spada e in un gesto veloce la conficcò nello stomaco dell' orco che si impalò davanti a Kerochan, mostrandogli una smorfia di dolore prima di cadere a terra con tutto il suo peso morto. La ragazzina aveva salvato la vita al Guardiano, e ora ammirava senza paura il sangue della sua vittima sulla lama della sua spada: << Una vera Guardia della Cittadella! Ora torna sulla collina, presto! Presto! >> si complimentò Kerochan con l' amica dicendole di tornare al suo posto. La ragazzina annuì risalendo di nuovo le scale.

Intanto l' ariete degli Orchi sbattè ancora sul portone con maggiore impeto, provocando negli Orchi che lo tenevano una spinta che li fece sbattere contro le grosse ante. Gli arcieri continuarono a difendere le mura scagliando frecce a ripetizione e provocando una montagna di cadaveri davanti all' ingresso all' esterno della Città. L' orco rosa vide alcuni dei suoi orchi che scappavano lontano dal portone, schernendoli: << Che cosa fate, feccia buona a nulla? >> << Il cancello non cede, è troppo robusto! >> gli rispose un orco osservando i suoi compagni che venivano raggiunti dalle frecce degli Uomini e che cadevano nella montagnola di corpi che si ingrandiva sempre più: << Tornate lì e buttatelo giù! >> insistette il capo: << Niente può farlo cedere >> ribattè l' orco. Il mostro roseo e dal volto sfregiato fece un sorrisino maligno: << Grond lo farà cedere! Portate la testa di lupo! >> esclamò agli altri orchi ordinando di far entrare in gioco una nuova arma. Di colpo gli orchi smisero di lanciare frecce al portone e ritirarono l' ariete che non serviva a nulla per l' abbattimento del cancello. Dal fondo delle armate di orchi cominciarono ad arrivare dei grossi buoi che trainavano con le catene legate a loro un immensa struttura in legno che conteneva quello che sembrava un grande ariete. Ad aiutare i buoi vi erano anche altri Troll che spingevano la grossa costruzione in legno da dietro. Gli orchi si divisero in due per lasciare il passaggio all' ariete che presto avrebbe buttato giù il grande cancello. Gli orchi cominciarono a gridare quello che sembrava il nome dell' ariete: << Grond! Grond! Grond! Grond! Grond! >> Kerochan si sporse dal muro difensivo e sgranò gli occhi all' arma che giungeva da lontano: << Grond! Grond! Grond! >> gli orchi continuarono a gridare all' incitamento di portare avanti la macchina che portava il grosso oggetto alle mura, e alzavano tutti insieme i pugni al ritmo della pronuncia del nome: << Grond! Grond! Grond! Grond! Grond! Grond! >> i loro piccoli occhi brillavano alla speranza che si faceva largo tra di loro chiamata Grond: era un grosso ariete raffigurante in scultura il corpo di un grande lupo. Dalla bocca di questo fuoriusciva del fuoco acceso con le fiamme che ardevano perfino nei suoi occhi minacciosi e che erano indirizzati al verde del portone di Minas Tirith: << Grond! Grond! Grond! Grond! Grond! Grond! >> il nome risuonava tombale nel campo di battaglia, per fare paura agli avversari che nel frattempo erano impegnati con alcuni orchi saliti nelle mura della città.

Più lontano da Minas Tirith, nel Fiume di Gondor, le Navi Nere proseguirono la loro remata tra le coste dei confini del regno degli Uomini. Avevano appena finito di saccheggiare e bruciare un villaggio di vedetta da quelle parti e i Corsari nelle imbarcazioni si risistemavano nei loro oggetti di attracco al porto di Minas Tirith. Tutti i pirati erano rivestiti di nero e si portavano anche delle barbe nere per dare importanza alla loro bandiera dello stesso colore. In una costa c' erano Toy, insieme a Yuè e a Gimli che erano già in posizione di estrarre le loro armi contro i nuovi invasori a Gondor, non appena furono scesi nella costa dove ora i tre amici erano. La prima nave dei Corsari si diresse con la punta nella riva della costa: << Non potete proseguire >> disse a gran voce Toy tenendosi in spalla la lama della spada. Un pirata che siedeva sulla nave si sporse per vedere l' uomo che avesse parlato, e lo vide insieme ad altri due nella riva che costeggiarono: << Voi non entrerete a Gondor >> impose severo il ragazzo. Anche gli altri pirati si sporsero per osservare l' eroe che osava sfidarli e scoppiarono in una grossa risata: << Chi sei tu per negarci il passaggio? >> gli chiese il corsaro che si alzò dal posto tra il divertimento dei suoi compagni. Toy questa volta non si fece sentire dai pirati, escogitando un piano con Yuè: << Yuki, un avvertimento che sfiori le orecchie del nostromo >> disse Toy, e Yuè obbedì creando subito l' arco con la freccia magica puntata sul pirata che aveva parlato: << Attento alla mira >> avvisò Gimli a Yuè. Il Giudice socchiuse gli occhi pronto a colpire, ma il Nano lo spinse per un fianco e questo provocò una diversa direzione della freccia che venne scoccata sulla nave, finendo per conficcarsi nel petto di un pirata a fianco a quello che aveva parlato: << Aaah! >> strillò dal dolore il corsaro morendo: << Oh! >> commentò Gimli ironicamente per aver spostato volontariamente la freccia. I due amici lo guardarono con un sopracciglio alzato: << Ora basta? Vi abbiamo avvertiti? Preparatevi allo scontro! >> comunicò il Nano al veliero pirata: << Ah ah ah ah! >> ma si levò un' altra risata derisoria alla pazzia dei soli tre amici contro i molti pirati: << Scontro? Con voi e con quale esercito? >> chiese ancora il pirata di prima. Toy lo guardò sorridendo beffardamente e poi annunciando: << Questo esercito >> e dalle spalle dei tre spuntarono attraversando i loro corpi il Re dei Morti con tutto il suo esercito andando alla carica dei corsari che gettarono delle urla di terrore a quelle da battaglia degli spiriti verdi. In un attimo le navi da guerra vennero completamente spazzate via dalla presenza dei corsari, permettendo a Toy e ai suoi amici di avere un mezzo veloce con cui raggiungere in fretta Minas Tirith.

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Capitolo 29
*** Episodio 190: La tana di Shelob ***


Mentre la battaglia a Minas Tirith proseguiva, Sakura continuava il suo viaggio senza il suo compagno Li, mandato via perchè secondo la ragazzina bramava di prendere l' anello. In questo episodio diede maggiore importanza Gollum che era riuscito nel suo piano di separare i due ragazzi, e ora guidava la cattura carte nel viaggio per Mordor. I due rimasti nel gruppo finirono di scalare l' alta montagna. Gollum tese la mano a Sakura per avvisarla che avevano terminato la salita. La ragazzina si tenne a delle rocce, barcollando dalla fatica che la raggiunse nella ripida salita. La creatura che la accompagnava rimase attaccata ad una roccia al lato e scese da questa per passare in un' altra roccia alla destra di Sakura. Davanti ai due si presentava una galleria: << Lì dentro >> disse Gollum indicando alla giovane di proseguire per quella caverna buia. Sakura aggrottò la fronte alla vista di quell' oscura galleria: << Cos'è questo posto? >> domandò in tono da rifiuto. La galleria era costituita da pareti umide e nere così come tutto il resto. L' immenso cunicolo sembrava terminasse nelle viscere della terra: << La Padrona deve andare dentro la galleria >> comunicò la creatura a Sakura che si ritraeva sempre più dietro ad una roccia: << Ora che sono qui, non credo di volerlo >> rispose la ragazzina. Stava per fare marcia indietro ma Gollum insistette: << Ma è l' unica via. Entra... O torna indietro >>. Sakura lo guardò con la coda dell' occhio quasi non volesse mostrargli la sua faccia impaurita.

La ragazzina però era già lì e rifarsi tutta la scalinata da sola in discesa non poteva. Ma ormai era quasi vicino alle Terre di Mordor: << Non posso tornare indietro >> si disse Sakura passando avanti e addentrandosi nel buio cunicolo con timore. Gollum rise dopo che Sakura passò avanti, ma dovette trattenersi perchè anche lui doveva accompagnarla, o almeno fino ad un certo punto. Scese dalla roccia e si mise alle spalle della giovane, e non più davanti come fece nella salita: << Cos'è questo odore? >> chiese Sakura all' interno della galleria avvertendo un forte tanfo: << Sporcizia di Orchi. Gli Orchi vengono qui qualche volta >> le rispose Gollum. La ragazzina si accorse che la luce penetrava a tratti nella galleria, e si mischiava con il buio intenso dal quale essa era nata. Sakura continuò ad avanzare nei cunicoli che dividevano la struttura della grande caverna. Gollum intanto si era approfittato del momento di buio totale all' inizio per lasciare da sola al suo destino la cattura carte la cui magia era bloccata dal potere dell' anello: << Presto! >> la avvertiva la voce di Gollum da qualche parte. La ragazzina vagò per gli stretti passaggi, fermandosi in un cunicolo più grande alla sua sinistra: << Di qua >> la voce di Gollum si sentì in quel buco oscuro: << Smèagol? >> lo chiamò tremante Sakura: << Sono qui >> rispose Gollum avanti alla ragazzina. Questa seguì ancora la voce che la guidava nel buio, sorpassando senza accorgersene degli ossicini su una roccia a fianco a dove si era fermata. Sakura inciampò su qualcosa e si tenne ad una parete per non cadere. Al tatto del muro roccioso però, sentì nelle mani una gelatina. Sakura si agitò dal ribrezzo che le fece quella cosa, liberandosene subito: << E' appiccicoso. Che cos'è? >> disse a voce alta la ragazzina sempre più spaventata dalla sostanza che non riusciva a riconoscere nel buio.

L' eco della sua voce si sentì in ogni angolo e ogni cunicolo intorno a lei, cercando di tenere sempre accesa la sua voce in modo che Gollum la guidasse nel tenebroso sentiero: << Vedrai. Oh, sì. Vedrai... >> le rispose la voce di Gollum con perfidia. Sakura continuò ad avventurarsi, passando poi per un' altra parte della galleria completamente ricoperta da ragnatele. La ragazzina rabbrividì alla loro vista e sentì dei rumori dietro di lei: << Smèagol? >> altri rumori si sentirono sempre più vicini a lei: << Smèagol! Smèagol! >> lo richiamava la cattura carte. Si voltava sempre continuamente da ogni parte, trovando sempre cunicoli rivestiti di ragnatele. In uno di essi scorse la sagoma di qualche essere imbalsamato. E constatando le dimensioni di quello che era nel bozzolo, la cattura carte intuì che vi era un ragno dalle dimensioni gigantesche. Le gocce dalle umide pareti cominciarono a sbattere ripetutamente sul terreno, rendendo ancora di più la cattura carte sotto tensione. Ora dal suo viso cominciava a uscire sudore freddo che si mescolava con le sue lacrime che sgorgavano dagli occhi verdi: << Li... >> ripensava adesso al suo fidanzato che era stato allontanato da lei stessa. Ora ripiangeva il momento in cui si fidò di Gollum dalla prima volta, non ascoltando il povero Li, e questo la fece cadere nella trappola del mostricciatolo che odiava in quell' istante più di ogni altra cosa. Questa forza di rifiuto su Gollum, che fece capire alla cattura carte che lui era solo un impostore, diede a Sakura uno spronamento nell' andare avanti nella galleria. Ma non appena Sakura fece un passo, notò che sotto la pianta della sua scarpa provenì uno scricchiolìo sinistro.

La ragazzina si guardò ai piedi e vide una distesa di ossa avvolte da ragnatele. Tirò lentamente su la testa dallo sbigottimento che le venne, accorgendosi che vi erano altre cose imbalsamate vive che pendevano sopra le pareti. Una rondine non molto lontana dalla vista di Sakura stava girando su sé stessa nel mucchio di tele che la teneva immobile e con gli occhi sbarrati. Intorno all' animale vi erano degli scheletri anch' essi avvolti dalle tele che fabbircava qualunque fosse il ragno che vi abitava. Doveva essere un grande divoratore viste le carcasse appese in superficie. Un ennesimo rumore si udì, ma era più un verso di una qualche creatura demoniaca. Sakura corse tra le pareti adornate di ragnatele per scampare alle urla che incombevano su di lei del nuovo mostro che pareva avesse fiutato l' odore della ragazzina. Nella scalinata di Cirith Ungol, Li scendeva gli stretti gradini. Il suo volto era addolorato e piangeva lacrime secche, avendone buttate giù molte prima a causa dello shock subito dalle parole che gli disse la sua amata Sakura. La vista di Li si annebbiò ancora più ogni volta che ripensava al cambiamento che assunse Sakura nei suoi confronti. Il cinesino scivolò su un gradino, causando una dolorosa discesa nella scalinata, sbattendo la schiena sui duri gradini e rotolando giù fino ad atterrare con la guancia nella dura roccia di un piano della montagna. Il ragazzo sollevò la testa con fatica, scorgendo un cibo a lui familiare poggiato a pochi metri da lui. Vide delle foglie verdi e dei pezzi di una pietanza sopra il fogliame. Assomigliava tanto al Pane elfico che era sparito dal suo zaino, e che era uno degli oggetti che fece scaturire il conflitto con Sakura. Il ragazzino allungò la mano per esaminare il cibo e prenderlo. Se lo portò all' altezza dei suoi occhi e confermò a sé stesso che si trattava del Pane elfico. Le ultime lacrime che rigavano il volto di Li caddero sopra i pezzi di pane sbricciolato. Ora sapeva che il colpevole di tutto era quel viscido di Gollum. Gli occhi lucidi del cinesino si infiammarono dalla rabbia ripensando al sorrisino beffardo di Gollum. Strinse il Pane che prese nella mano, digrignando i denti ed urlando dalla furia: << Aaahhh! >> lo sfogo che emise Li echeggiò fino a tutta la scalinata. Le mani gli prudevano più che mai dal voler uccidere una volta per tutte la creatura che aveva osato separare lui dalla sua Sakura. Ma il primo pensiero era rivolto principalmente alla ragazzina ora da sola nelle mani di Gollum. Li si voltò verso la scalinata, dovendo raggiungere Sakura il più velocemente possibile, risalendo gli infiniti gradini che finivano oltre delle rocce che segnavano la vetta della grande montagna.

Sakura continuò a scappare dai rumori che le giunsero alle spalle. Si fece largo tra gli infiniti corridoi di ragnatele che erano seminate nel terreno e intorno alle pareti dei cunicoli. I piedi di Sakura si impigliarono nelle tele che calpestava nella corsa, facendola cadere di schiena a terra tra i molti resti di scheletri sotto la lunga tessitura di ragnatele creata dal ragno che a breve avrebbe raggiunto la ragazzina. Una carcassa avvolta dalla tela cadde tra le gambe di Sakura, e questa la fece rotolare da un altro lato lontano da lei. La ragazzina si agitò ancora di più per liberarsi dalla ragnatela che sembrava si indurisse ogni volta che cercava di tirarsi su. Una mano scheletrica si poggiò sulla povera Sakura che urlava dal terrore per dimenarsi dalla trappola della tana del ragno gigante. La ragazza cominciò ad emettere lamenti di pianto essendo circondata dai corpi senza vita e in decomposizione delle creature che erano finite sotto le fauci del ragno. Sakura ansimava dal panico: << E a te, Sakura Kinomoto, io dono la luce di Earendil, la nostra Stella più amata >> improvvisamente nella testa le vennero in mente le parole di Galadriel che non vedeva da tanto tempo, dal giorno in cui la abbandonò partendo da Lothlòrien. La cattura carte infilò di fretta la sua mano nella tasca dei suoi pantaloni, prendendo la boccetta in vetro con del liquido luminoso dentro, uno dei doni della dama elfica. Se la portò all' altezza degli occhi mentre rimaneva sdraiata nella distesa della tela, e ricordando ancora le parole di Galadriel: << Possa essere per te una luce in luoghi oscuri, quando ogni altra luce si spegne >>. Sakura si ricordò la formula elfica che le insegnò Galadriel per l' utilizzo della boccetta: << Salve Earendil più brillante delle Stelle! >> urlò per recitare la regola e tenendo sollevata in alto la magica boccetta, il quale liquido divenne abbagliante.

Si sentì un altro lieve rumore che proveniva alle spalle di Sakura. La ragazzina fece per voltarsi lentamente e allo stesso tempo sentì dei tocchi di bastone nel terreno. Ma a quello a cui si presentò alla giovane non era pronto nessuno: sgranò gli occhi visualizzando delle grosse zampette pelose e si alzò subito in piedi per dirigere la luce verso la creatura che stava per venire verso di lei. Il ragno gigante spuntò dal buco nero in cui era nascosto e si apprestava a colpire Sakura muovendo le sue viscide zampe. Il mostro enorme si fermò come acciecato dalla forte luce che emanava la boccetta di Sakura. Questa indietreggiava cercando il momento buono per scappare, immobilizzata in quel momento dal terrore, ma inciampò su uno scheletro dietro di lei, rendendo oscuro il corpo del ragno che avantaggiato dall' ombra riprovò ad attaccare Sakura. Ma ancora una volta la ragazzina si rialzò in piedi puntando la luce sugli occhi del ragno che si bloccò con le sue chele a mezzo metro dalla ragazza. Il ragno indietreggiò di nuovo, e Sakura ricadde di nuovo a terra. Il mostro fu con il suo ventre sopra il corpo della giovane, che estraò la sua spada Pungolo per ferire ad una delle otto zampe il ragno. La creatura emise un urlo di dolore quasi stridente, facendo approfittare a Sakura della distrazione del suo cacciatore per squagliarsela. La cattura carte si infilò attraverso la scorciatoia di un buco per seminare in fretta il ragno che si era ripreso dal dolore e che toccò per un attimo la schiena di Sakura alla volta del suo inseguimento. Sakura si tenne stretta la boccetta e Pungolo, e ogni tanto si guardava indietro ai versi del ragno che avanzava al suo passo. La giovane si girò spesso per puntare il fascio di luce sul ragno che interrompeva per un secondo l' inseguimento, e poi si attaccava ad una parete buia, facendo a zig-zag per raggiungere la sua preda che scappava come un coniglio indifeso.

La piccola bocca del ragno si aprì pregustando già la carne di Sakura. I suoi piedi la portarono in un buco che scendeva verso il basso, e la ragazza vi si tuffò scivolando e finendo in un altro cunicolo. La testa del ragno era troppo grossa perchè passasse nello stretto buco e quindi si tirò indietro. Sakura fu salva dalle grinfie del ragno, e continuò a scappare sfiorando alcune ragnatele che le si appiccicavano con densità alle parti del suo corpo. Svoltò l' angolo e si abbassò a dei cadaveri completamente imbalsamati, ma nel guardarli non si accorse che davanti a lei c' era un muro di ragnatele. La ragazzina sbattè contro la tela rimanendovi appiccicata con tutto il corpo. I movimenti di Sakura si facevano sempre meno agitati dalla colla che sembrava esserci nella tela. Ora la ragazzina era la farfalla che era finita nella classica tela del ragno, e si girò indietro aspettandosi da un momento all' altro l' arrivo della gorssa bestia. Sakura cercò disperatamente di liberarsi nel mentre che l' ombra delle prime zampe del ragno spuntavano dall' angolo di un cunicolo: << Mosca birichina, piangi, piccina? Nella ragnatela tu sarai... Mangiata >> sbucò Gollum da dietro una roccia davanti che si prendeva gioco della sorte a cui Sakura stava per subire, schernendola con un sorrisino provocatorio. La giovane alla vista del suo traditore digrignì i denti, mettendo tutte le forze che aveva per tagliare la tela con la spada Pungolo. Il ragno gigante apparve dietro i cadaveri imbalsamati cui Sakura si abbassò prima di finire appesa per la tela. Sakura emise altri sforzi nel dare fendenti alla ragnatela con il mostro gigante che incombeva dietro di lei. Gollum emise un verso spaventato misto a vigliaccheria e fuggì dalla tana per aspettare che il ragno avesse finito con il suo banchetto. Il braccio sinistro di Sakura fu libero dalle tele, e quasi allo sfinimento, la ragazzina tagliò con più decisione l' altra sua parte destra del corpo legata con la bestia che avanzava lentamente poggiata sopra le pareti della grotta. Sakura tagliò gli ultimi pezzi di tela, e si voltò per un' ultima volta dal ragno che vide pericolosamente vicino a lei una volta che fu libera dalla ragnatela. Cercò di prendere la spada Pungolo, ma questa dovette lasciarla avvolta nella dura tela per scappare dal mostro a otto zampe.

Sakura rotolò fuori da un buco, avvolta ancora nella tela appiccicosa che si era portata al momento della fuga. Atterrò fuori dalla caverna infestata dal ragno mentre sentiva ancora i versi del mostro alla mancata cattura della preda. La ragazzina si ritrovò nel sentiero che andava esternamente alla galleria, e fece per liberarsi dalle ragnatele che le rimasero appiccicate nel corpo: << L' hai scampata, vero, Tessoro? Non questa volta. Non questa volta >> all' improvviso la aggredì Gollum che cercava di prendersi con tutte le sue forze l' anello: << Nooo! >> gridò Sakura lottando con il Gollum che conobbe nel labirinto roccioso. Il mostricciatolo lanciò Sakura contro una parete, ma questa reagì finalmente lanciandosi di scatto contro Gollum e lo sbattè contro la parete opposta, mollandogli un pugno e avvolgendogli le mani intorno al collo: << Non siamo stati noi. Non siamo stati noi! >> diceva Gollum per giustificarsi del gesto vile contro la sua Padrona: << Smèagol non farebbe del male alla Padrona. Abbiamo promesso. Tu devi crederci. E' stato il Tessoro! Il Tessoro ce l' ha fatto fare! >> l' espressione di Sakura si trasformò da vendicativa e crudele in compassionevole alle suppliche di pietà della creatura. La ragazzina si staccò da Gollum, rendendosi conto che stava tentando di ucciderlo per la prima volta, e ora lo guardava con dispiacere. Gollum tossì, respirando dal pianto che forse anche lui stava per emettere per la prima volta. Gli occhi azzurri di Gollum si aprirono tristi alla cattura carte che si risollevò in piedi acquisendo che l' anello magico era la causa di ogni male nella terra: << Devo distruggerlo, Smèagol >> disse la ragazzina al mostro indifeso: << Devo distruggerlo per il bene di tutti e due >> annunciò decisa a lui proseguendo in avanti. Il piccolo mostro la osservò camminare e le rivolse da dietro una faccia furiosa volendo prendere a tutti i costi l' anello.

Gollum assalì di nuovo Sakura alle spalle, che cadde all' indietro e si portò la creatura fastidiosa più avanti, oltre la quale c' era un dirupo profondo. Gollum emise un ultimo grido cercando di tenersi il più possibile alla roccia, ma invece sparì inghiottito dal buio profondo. Finalmente Sakura era riuscita a disfarsi di lui e sentì l' eco delle sue urla echeggiare fino a lei. La giovane sospirò da una piccola vittoria, ma il male più grande era un altro. Quando Sakura si rimise in piedi le sue gambe facevano fatica a reggerle. Ora vagava da sola nella strada per arrivare a Mordor, tra le rocce appuntite che vi erano ai lati dello stretto sentiero. Sakura si poggiò ad una roccia ansimando: << Mi dispiace tanto, Li >> si inginocchiò raggiunta dalla fatica che il suo corpo le segnalava: << Mi dispiace tanto >> si scusò con Li che lo aveva cacciato lontano da lei. Infine, tutto il corpo di Sakura si accasciò in avanti contro il duro sentiero. Ma la faccia della ragazzina si poggiò su un mucchio di foglie. Sakura sollevò lo sguardo vedendo che il posto in cui si trovava prima era cambiato. Intorno non c' erano più distese di rocce nere o nuvole cariche di fulmini. L' ambiente era costituito da alti alberi spogli con le loro foglie gialle che cadevano in pieno autunno. Un sole caldo illuminava quel luogo. La cattura carte era morta? Si trovava in paradiso? Sakura guardò all' altezza delle foglie sul terreno e vide dei piedi scalzi che poggiavano sopra il manto delle foglie cadute. Una veste bianca iniziava dagli stinchi della persona davanti a lei che accoglieva la ragazzina a braccia aperte. Lo sguardo di Sakura si fermò al volto della persona, riconoscendo Galadriel con i suoi capelli biondi che le cadevano fino al petto. Portava un cappuccio bianco sopra la testa, e fece per avvicinarsi alla piccola eroina: << Questo incarico è stato affidato a te, Sakura Kinomoto. Se tu non troverai il modo, nessuno potrà >> e ancora le parole dell' elfo femmina le passarono per la testa, nonostante la dama non parlasse ma rivolgeva un sorriso alla cattura carte. Galadriel allungò una sua mano verso Sakura che osservò di nuovo con serietà Galadriel, e poi prese con decisione la mano calda dell' elfo, mettendosi in testa che se la missione di distruzione dell' anello falliva, tutto ciò che era più caro a Sakura sarebbe finito. Galadriel allargò il suo sorriso ancora di più e si risollevò dopo che Sakura le afferrò la mano, aiutandola ad alzarsi da terra. La ragazzina fu di nuovo in piedi, ma non c' era più traccia della dama elfica e del luogo incantato. La ragazzina si ritrovò nel luogo oscuro dove Gollum l' aveva fatta finire. Sakura respirò pesantemente, scrutando il cielo non più chiaro ma nero che era normale di quel posto. Emise un altro respiro deciso e continuò a proseguire in avanti con la speranza nel cuore alla visione di Galadriel.

Nel frattempo, tre cavalieri a cavallo giungevano verso un raduno di altri loro compagni sulla collina. Il sole splendeva nel lago dietro di loro. Uno di questi teneva una bandiera di Rohan, segno che quei guerrieri appartenevano alle truppe di Thèoden che riposavano in quelle lande. Il primo dei tre era Eomer e raggiunse Thèoden, informandolo di quello che accadeva a Gondor: << Mi riferiscono che Minas Tirith è circondata. Il livello inferiore è in fiamme. Legioni del Nemico avanzano da ogni parte >>. Il Re intuì che non potevano più fermarsi e avvisò tutti i soldati: << Il tempo è contro di noi. Preparatevi! >> disse ad ogni uomo per rimettersi subito a cavallo. Più in là c' era Eowyn in assenza di elmo che si riposava insieme a Meiling: << Fatti coraggio, Meiling. Presto sarà tutto finito >> le disse la scudiera che si teneva lontano dagli occhi dei soldati con l' amica. La cinesina si gustava un panino che la donna le diede durante la sosta dei cavalieri. Meiling osservò con ammirazione la bella dama in armatura in piedi, e sentì in lei un forte spirito di coraggio. Decise di incoraggiarla alla faccia triste che Eowyn fece: << Mia signora... Tu sei bella e coraggiosa, e hai molte cose per cui vivere... E molti che ti amano >> la donna la ascoltò in un altro suo discorso: << So che è troppo tardi per tirarsi indietro. So che non serve a molto ormai sperare. Se fossi un Cavaliere di Rohan, capace di grandi azioni, ma... Non lo sono. Sono una ragazzina >> Eowyn sorrise all' impavidità nelle guerre della sua piccola amica che siedeva a terra. Meiling proseguì: << E so che non salverò la Terra di Mezzo. Voglio solo aiutare i miei amici. Sakura. Li. Tomoyo... Più di ogni altra cosa vorrei rivederli >> disse nostalgicamente la cinesina. Eowyn aprì lievemente la bocca, stupita dalle frasi di Meiling, e si avvicinò a lei. Meiling sorrise di nuovo però lo fece amaramente. La scudiera di Rohan cercò di incoraggiare questa volta la piccola amica con un sorriso sincero.

<< Prepararsi a partire! >> la voce di Eomer si sentì dalle due amiche: << Fate presto! Cavalcheremo tutta la notte >> annunciava Thèoden ai soldati. Un corno risuonò in cima a tutti i guerrieri di Rohan per dare il via alla ripartenza. Meiling fissò Eowyn al suono del corno di Rohan, come se volesse accertarsi se anche la dama guerriera sapeva che tra poche ore sarebbero giunte sul campo di battaglia. Eowyn annuì a quello che voleva chiederle Meiling. Il corno suonò una seconda volta. La cinesina cercò il suo elmo, ritrovandoselo a fianco. Lo prese e se lo indossò davanti a Eowyn, che a sua volta si rimise anche lei l' elmo: << Alla battaglia >> comunicò la guerriera alla piccola amica: << Alla battaglia >> ripetè sicura Meiling. Rohan avrebbe viaggiato senza sosta verso Minas Tirith che ora aveva il bisogno necessario dell' intervento di Thèoden.

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Capitolo 30
*** Episodio 191: Grond - L' antico martello dell' Oltretomba ***


La notte a Minas Tirith non lasciò tregua ai continui bombardamenti degli orchi. Le loro catapulte vennero caricate di pesanti palle di paglia e per lo più infuocate. Gli orchi mollarono le catapulte con i pesanti carichi di fuoco verso le mura della Città Bianca. Due palle infuocate finirono in una dimora che iniziò a bruciare alla sua porta al contatto con le fiamme. Un' altra catapulta venne azionata, facendo continuare il bombardamento di fuoco a tutte le altre strutture in legno. Invece, gli Orchi che sottostavano al grande cancello di Minas Tirith, continuavano ad inneggiare l' utilizzo del grande ariete: << Grond! Grond! Grond! Grond! Grond! Grond! Grond! Grond! Grond! >>. L' enorme arma aveva le sembianze di un lupo, dalle cui fauci eruttava delle fiamme, così dai suoi stessi occhi. I Troll si misero dietro la struttura in legno per prendere le funi che erano legate all' ariete. Le grosse bestie indietreggiarono, tendendo le corde verso di loro per poi lasciarle con tutto il peso della testa di lupo che andava a infrangersi con il muso di ferro sul legno delle grosse ante del Cancello principale di Minas Tirith. La grande porta tremò, facendo cadere della polvere di legno da esse, e con le catene che coprivano le ante interne della porta che tremarono allo sbattere di Grond. Gli orchi che si misero ai lati del grosso ariete emisero altre urla di incitamento, e altri cercavano di abbattere i soldati sopra le mura, scagliandogli contro le loro frecce velenose.

Dalle mura scese Kerochan seguito dai soldati, e dava loro ordini: << Tornate al cancello! Presto! >> gridava alla folla di guerrieri in armatura argentata e fermandosi in mezzo a essi. Gli arcieri di Gondor si unirono insieme e si posizionarono in direzione del cancello su cui sbatteva il grosso ariete. Il muso del lupo sbattè di nuovo sul grande portone: << Prepariamoci ad accoglierli! >> esclamò un soldato intrepidante che teneva la sua freccia puntata al portone in caso fosse ceduto, e nel caso in cui fossero entrati gli Orchi. La tigre bianca continuava a richiamare altri soldati da dietro le alte mura per accorrere in aiuto degli altri loro compagni arcieri: << Servono altri uomini! Voi, scendete giù! >> e un pugno di soldati discese le scale che collegavano alla trincea del balcone e si mischiarono tra gli altri guerrieri sguainando le spade e tenendo alzati gli scudi. Il grande portone tremò un' altra volta. I soldati furono stupiti nell' osservare le grosse ante che si muovevano pericolosamente. Fino ad ora nessun peso ha fatto in modo che il cancello di Minas Tirith tremasse: << Hey? Avete visto? Il cancello ha cominciato a tremare >> notò un soldato tra il gruppo appostato nella piazzetta frontale all' ingresso. Kerochan ebbe uno strano presentimento riguardo all' improvviso brusco movimento che fece il legno pesante del cancello: << Prima non si era mosso però! >> esclamò il Guardiano volendo vederci chiaro sulla situazione che stava accadendo ai suoi occhi. Salì di nuovo le scale che portavano alla trincea superiore: << Fatemi passare! Presto! E' urgente! >> disse Kerochan facendosi largo tra i soldati che mobilitavano la scalinata. La tigre si sporse dalle mura e vide in basso a sinistra un grosso attrezzo nero che veniva usato contro le grandi ante del cancello.

Per un attimo non fu colto dal timore, non conoscendo la natura di quell' ariete che aveva le forme di un lupo selvaggio: << Ma che cos'è quello? Ho un brutto presentimento! >> pensò il Guardiano affacciato. Alle sue spalle intanto proseguiva il traffico di soldati che scendeva giù dalle scale per riversarsi nella piazza. Kerochan ne fermò uno: << Hey, tu, vieni qui >> chiamò un guerriero che lo affiancò per un attimo: << Si? Dice a me? >> chiese il soldato in armatura argentata avvicinandosi a Kerochan: << Si. Ho bisogno che tu risponda ad una mia domanda: tu sai qualcosa su quell' arma che stanno usando gli Orchi per abbattere la porta? >> il soldato seguì lo sguardo di Kerochan e fece anche lui per affacciarsi verso il campo di battaglia. I suoi occhi passarono a sinistra, individuando il grosso ariete in metallo. Il soldato sobbalzò alla vista dell' immensa arma, emettendo un' espressione impaurita: << Che cosa c'è? >> chiese la tigre. L' uomo iniziò a balbettare nel pronunciare le lettere: << I-i-io pensavo che... >> << Pensavi cosa? Parla, è importante! >> sbottò la tigre alata. Il guerriero deglutì, poi riprese: << Pensavo che si trattasse di una leggenda >> il tremolìo che gli percorse il corpo si fece sentire anche in tutta la sua armatura che emetteva dei rumori come se delle gocce di pioggia la stessero colpendo: << Spiegati meglio, ragazzo. Non ti capisco >> disse Kerochan confuso alla reazione del giovane: << Quella è l' arma del Mondo Infernale. L' unico martello che è in grado di buttare giù qualsiasi portone di una qualunque città >> << Che cosa? >> << Si. E' risorta dalle sue stesse ceneri, o almeno così io lo credevo fino a pochi minuti fa, per riprendere il compito per il quale è stata creata >> il racconto si fece tutt' altro che superficiale. Il Guardiano indirizzò nuovamente lo sguardo sull' ariete che veniva preso per le sue corde da dei grossi Troll che poi le rilasciavano per dare la spinta finale alla pesante arma. Un nuovo rumore si sentì. Kerochan vide i sostegni di pietra che circondavano il grande portone che tremarono dalla potenza del colpo dell' ariete.

Digrignò i denti e stette di nuovo ad ascoltare il soldato: << Ascoltami >> disse la tigre per fare una domanda all' uomo impietrito: << E' necessario che tu mi dica di più su questo aggieggio. E' veramente così letale come dici? Voglio dire: le mura della vostra Città non sono mai crollate a nessun tipo di attacco nemico, nonostante avesse un vasto esercito >> il soldato guardò intensamente la tigre come per dirgli che aveva accennato ad una virgola di sottovalutamento riguardo alle armi degli inferi: << Insomma, mi stai dicendo che c'è il rischio che la Città cada sotto le mani degli Orchi? >> domandò ancora Kerochan: << Io non me lo auguro questo >> disse sinceramente il soldato abbassando il capo pensando ad una simile disgrazia: << Però le storie su Grond, il martello del Primo Signore Oscuro, si dice che siano vere >> dalla fronte del Guardiano Bianco scese una goccia di sudore a ciò che stava per informarlo il soldato: << Così si chiama, Grond, il martello forgiato dalle fiamme dolorose dell' Inferno. Il suo primo uso fu per mano di Morgoth, il primordiale essere maligno di tutti i tempi. Morgoth creò questo possente martello per rendersi invincibile nei combattimenti con i suoi nemici, sopratutto gli Elfi. Attirò l' attenzione di Fingolfin, un Elfo del reame beato di Valinor, che divenne furioso con Morgoth per lo sterminio di suo fratello nelle terre del male >> nel mentre che il soldato parlava un altro forte urto sopraggiunse alla porta in cui vi si creò una piccola crepa nel suo legno: << La battaglia nel quale fu usato Grond era di dimensioni pazzesche, non credenti all' occhio degli Uomini. Morgoth era un uomo dalla forza stratosferica che riuscì a brandire con le sue nude mani il pesante martello. Ogni volta che il muso del lupo sbatteva a terra, questo creava delle crepe dalle quali uscivano delle fiamme che provenivano dal Regno Infernale. Si dice che nonostante Fingolfin avesse un fratello dal pessimo carattere, alla dipartita di quest' ultimo, il primo Elfo di Valinor venne percosso da una scarica di pura ira e furia che lo portarono a cavalcare fino ad uno delle fortezze di Morgoth. L' Elfo sfidò in un duello all' ultimo sangue il perfido Morgoth, infliggendogli molte ferite, alcune gravi ma che permisero all' Oscuro Signore di perdurare >> Kerochan interruppe il racconto: << E l' Elfo? Che fine ha fatto allora? >>.

Seguì una pausa con la tigre bianca che era tenuta sulle spine dalla esasperante risposta che avrebbe dovuto dargli l' uomo. Infine, quest' ultimo disse: << Fingolfin morì. Fu colpito in pieno corpo dal martello gigantesco che disintegrò letteralmente ogni osso che costituiva il suo scheletro. In seguito, il corpo dell' Elfo venne portato fino al suo reame dai suoi uomini sopravvissuti nella battaglia con l' Oscuro Signore, e sepolto ai piedi della sua dimora. Nessuno ha mai più opposto resistenza al potere della testa di lupo, che più avanti venne usata come ariete >> Kerochan rimase in silenzio per qualche minuto, fissando con occhi sgranati la guardia che gli aveva confidato il segreto che celava l' ariete mostruoso. Il Guardiano ora gettò gli occhi sulla faccia di Grond che sembrava ruggisse alla carica contro Gondor con gli occhi e la bocca coperti dal fuoco intenso che viveva dentro questi e che i loro margini erano avvolti dalle fiammelle che si staccavano nell' aria: << Mi hai dato informazioni sufficienti, soldato. Ora dobbiamo raggruppare il più possibile tanti uomini quanti ce ne chiede il nostro bisogno >> disse Kerochan riprendendosi dalle notizie e ripartendo alla carica. La tigre scese le scale, lasciando che l' uomo con cui aveva parlato richiamasse con un fischio alcuni suoi compari: << Alla porta, presto! Dobbiamo concentrarci sulla difesa del portone principale! >> esclamò facendo un movimento con il braccio per riversarsi nella piazza per contenere l' ingresso improvviso degli Orchi che sarebbero entrati grazie al possente martello dell' Oltretomba, Grond. Il caos era generale in tutta la Città con le fiamme che cominciarono a nascere sulle mura del primo piano, e con i soldati che si muovevano e si agitavano come se fossero formiche.

Nella grotta del ragno dove Sakura era scappata, giunse Li armato della sua spada che teneva bene alzata e salda tra le sue mani: << Ma che posto è? >> si chiese il cinesino addentrandosi nella galleria e avvertendo da subito la puzza che la infestava: << Uh! Che odore! >> commentò il giovane tappandosi il naso e proseguendo in avanti alla ricerca di Sakura. Passarono pochi minuti perchè raggiungesse un cunicolo ricoperto di tele nelle pareti. Dei corpi appesi a dei bozzoli roteavano sopra la sua testa, e se ne accorse non appena una goccia caduta dalla parete umida di su si infranse sul suo cappello verde: << E' terribile! Qualunque creatura abiti qui, si può dire che non è cortese con i suoi ospiti >> disse Li ironicamente. Fece alcuni passi avanti, trovandovi una boccetta con del liquido dentro. Come la prese in tutta la sua mano, gli venne in mente il dono che la dama degli Elfi, Galadriel, fece a Sakura. Quello era il suo portafortuna e se lo mise in tasca, proseguendo negli stretti cunicoli. Nella lenta camminata della grotta ripensava alla sua Sakura e cercava di trovarla nei buchi più scuri: << Speriamo che Sakura non sia già nelle grinfie del mostro >> si augurava Li. Andò avanti e si accorse che una luce bianca si trovava sicuramente dietro ad un angolo di una parete. Li corse per svoltare l' angolo e si ritrovò davanti ad uno squarcio di pezzi di tela oltre i quali c' era un fascio di luce che era sprigionato da un buco largo quanto il corpo di un essere umano magro. Tra i pezzi di tela, Li vi trovò una spada dalle dimensioni di un pugnale: << Eh? E' la spada di Sakura quella! >> esclamò il cinesino avvicinandosi per recuperare l' arma legata nella ragnatela appiccicosa. Il ragazzo prese l' elsa di Pungolo e liberò la lama dalle tele cui si avvolsero intorno ad essa. Li si portò la spada agli occhi, intuendo che la cattura carte era ancora viva: << Sakura... >> nella lama di Pungolo il cinesino vide il riflesso della sua compagna e fu ancora più deciso nel ritrovarla. Si infilò nel piccolo buco che portava all' uscita di quella galleria, e finì nella direzione di uno stretto sentiero: << Sakura è andata avanti, ne sono sicuro >> notò tra sé e sé Li: << Però ho il dubbio che il ragno che dimori nella grotta le stia dando ancora la caccia, visto che non ho trovato difficoltà nel superare la sua tana >>. Il ragazzo si rimise la sua spada nella custodia, decidendo di tenere in mano Pungolo: << Devo sbrigarmi! Sakura è in pericolo! >> disse Li affrettandosi nel proseguire nel sentiero di rocce ai lati che portavano più su in quella valle, sotto il nero pece del cielo.

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Capitolo 31
*** Episodio 192: La tomba dei Sovrintendenti ***


Tomoyo osservò la Cittadella di Minas Tirith dal cortile dell' Albero Bianco, affacciata al paratetto dai mattoni bianchi. Le fiamme che si generarono nella parte inferiore delle mura della Città, fecero in modo che il loro bagliore raggiungesse la faccia sconvolta della ragazzina a molti metri d' altezza da esse. Vide la gente che continuava a scappare nei pontili che erano sparpagliati per le case bianche in quella notte di fumo e fuoco. Le alte colonne fumogene giunsero fino alla terrazza della dimora di Denethor. La ragazzina restò inerme ad osservare la scena che si svolgeva nelle piazze sottostanti con gli Orchi che tentavano di buttare giù il grande cancello di Minas Tirith. D' un tratto, Tomoyo sentì una porta che si apriva. Si voltò e notò che le ante della dimora del Sovrintendente erano aperte. Tra l' Albero Bianco che era intromesso nella vista di Tomoyo, la ragazzina scorse il sire Denethor in veste nera e con i soliti capelli lunghi e grigi. Egli teneva una torcia in mano, e fece per scendere le scale. Evidentemente si era ripreso dopo la batosta che gli inflisse Kerochan al momento dell' attacco iniziale della Città. Dietro al Sovrintendente c' erano un gruppo di guardie, di quelle che sorvegliavano l' Albero Bianco all' inizio, che reggevano una barella con sopra il corpo di un giovane soldato con le mani giunte al petto.

La ragazzina riconobbe Faramir sopra la barella. E si ricordò che era ancora vivo quando lei lo toccò nella fronte. Ancora più indietro ai soldati, vi erano dei servi di Denethor che reggevano delle torce per il cammino che il loro sire doveva fare: << Io sono il Sovrintendente della Casa di Anàrion. Perciò ho camminato. E perciò dormirò >> disse in un suo monologo il custode di Gondor, guidando nella sua marcia i suoi soldati. Tomoyo si staccò dal muretto e decise di avvicinarsi a quella che sembrava una fiaccolata, non essendo ancora notata da Denethor. La giovane si mise a fianco all' Albero Bianco, fermandosi ad ogni breve tratto per spiare Denethor che continuò a parlare tra sé e sé nella disperazione che lo accolse da quando il suo ultimo figlio, Faramir, era caduto sotto le frecce degli Orchi di Osgiliath: << Gondor è perduta. Non c'è speranza per gli Uomini >> annunciava il sire drammatico. Tomoyo alzò lo sguardo sopra la sua testa verso il cielo. Ma i suoi occhi blu incrociarono i rami spogli dell' Albero, e notò tra uno di questi un fiore bianco che sbocciò tra l' assenza delle foglie dell' arbusto. Sembrava che quel fiore fosse un simbolo di speranza per le sorti di Minas Tirith. Tomoyo guardò a lungo quel fiore meraviglioso, e si immaginò davanti al fiore la faccia della sua amica Sakura. Gli occhi le si fecero lucidi quando le tornò in mente e chiaro il volto della sua amica più intima di sempre: << Sakura... Mi manchi molto, adesso >> si disse la ragazzina ripensando ai momenti felici e alle risate che la cattura carte passò con lei: << Sembra quasi che il tuo nome sia stato scelto per il volere del destino. Sakura, il fiore di ciliegio. Per noi è stato un simbolo di speranza. E spero che lo sia anche per questa città >>.

Tomoyo si mise le mani unite nella forma di una preghiera, e chinò la testa: << Se solo fossi qui, in questo momento, la tua presenza mi farebbe star meglio, amica mia. Ti prego, anche se sei lontano, proteggici >> disse la ragazzina come se non avrebbe più rivisto la sua compagna del cuore. Ma ora era inutile sperare a qualsiasi altra persona in quel piccolo mondo chiamato Gondor che stava per essere distrutto dalla forza del male. La base inferiore di Minas Tirith era presidiata da soldati che respingevano gli Orchi che tentavano di salire da loro, scagliandogli tutto l' arsenale di frecce che avevano. La notte aveva perfino coperto i corpi degli orchi che erano estesi nel campo di battaglia, lasciando solo le loro torce a formare tante specie di lucciole sparse qua e là nel nero del terreno: << Continuate a respingerli! Forza! >> esclamò un soldato ai suoi altri compagni. Altre frecce vennero scagliate da sopra la trincea verso i piccoli mostri che si accalcavano sotto le mura. Nel frattempo, il grande cancello continuava a vibrare ai colpi continui del martello Grond: << State uniti, uomini! State sempre uniti! >> raccomandava Kerochan in prima fila. I guerrieri argentati si misero attaccati l' un l' altro, unendo i loro scudi e tenendo le lunghe lance puntate orizzontalmente verso il portone: << Prima o poi cederà, signore? >> chiese una guardia di Gondor alla tigre bianca: << Voi tenete i ranghi serrati! >> replicò adirato Kerochan mettendosi nella posizione di attacco. Alcuni soldati digrignarono i denti alla potenza dell' incessante sbattere dell' enorme ariete da dietro il portone, cercando di resistere al dover cedere nelle loro posizioni di difesa. Le pupille del Guardiano alato fissarono le ante che ondeggiavano ai colpi d' ariete degli Orchi. Il rumore che Kerochan sentì provenire dal cancello, si fece alle sue orecchie muto.

In quell' istante le sue pupille ballerine nelle orbite formarono la figura di Sakura. Il suo viso bello e radioso come sempre, fece tornare alla mente di Kerochan tutte le avventure passate con la sua collega e amica cattura carte: << Oh, Sakura! Spero che quest' avventura si concluda nel modo migliore per entrambi. Dobbiamo portare a termine insieme questa missione! Ora non sei solo tu che gravi sul destino della Terra di Mezzo, ma tutti quelli coinvolti in questa lunga battaglia. Le nostre strade dovranno pur rincontrarsi un giorno o l' altro >> pensò profondamente la tigre alata all' evento cui stava vivendo. La porta vibrò per l' ennesima volta: << Si, io sono sicuro che ce la farai a uscirne viva da tutto >> << Coraggio! Vi voglio reattivi al nemico che tra un po' ci accoglierà dentro! >> disse la tigre smettendo di parlare nella sua testa ed esortando i soldati che rimasero nelle loro postazioni. Nel sentiero di Cirith Ungol, la nostra Sakura continuava a proseguire nella via districata ai lati da pareti rocciose. La ragazzina si tenne ad una roccia, sentendo che le forze erano come risucchiate dal suo interno. Le sue gambe tremavano lievemente: << Ma cosa mi sta succedendo? >> si chiese Sakura nella più completa solitudine del cammino. Le dita delle mani poggiate alla dura pietra cominciarono a contorcersi dal resistere del non cadere: << Le mie forze? Mi stanno abbandonando? >> disse ancora la ragazzina con la vista che le si offuscava sempre di più. Lentamente, fece in modo che i suoi palmi si staccassero dal sostegno roccioso: << No! >> esclamò con convinzione riafferrando la parete e tenendosi il più stretta possibile ad essa: << I miei amici hanno bisogno di me. Li, Tomoyo, Meiling, Yuki, Toy e Kerochan. Tutti loro confidano nelle mie capacità di cattura carte e di amica. Non posso deluderli ora >> la voce della ragazzina si fece tremante dallo sforzo che compiva nel reggersi alla roccia e contemporaneamente avanzare a passo lento. Una mano di Sakura si levò dal materiale duro e si infilò nella tasca dei pantaloni della ragazzina, che cercava qualcosa: << Eh? No. Non è possibile... >> disse Sakura allargandosi la tasca: << La Luce di Earendil. E' sparita! >> il gioiello luccicante che Galadriel aveva donato alla ragazzina non c' era più: << Accidenti! Devo averlo perso nella galleria del ragno, povera me! >> continuò a disperarsi Sakura: << E in più c'è anche la mia spada laggiù. Non posso più tornare indietro. Forza, Sakura, devi cavartela senza armi d' ora in poi >> si incoraggiò continuando a strisciare sul muro di roccia e andando avanti nel sentiero. Una zampa da dietro di lei si poggiò nella sommità di una roccia distante. Il ragno stava inseguendo la cattura carte senza che questa se ne accorgesse, e le tendeva una trappola che sarebbe scaturita nella sua cattura, al momento opportuno.

Tomoyo, nel mentre, continuava a seguire Denethor con i suoi soldati che trasportavano Faramir per un ponte che sembrava condurre in un padiglione isolato dalla Città. Il Sovrintendente era quasi alla fine del pontile e la ragazzina camminò cautamente, mantenendosi ad una distanza che gli uomini del sire non potessero vederla. Di colpo la marcia lenta di Denethor si fermò con lui in prima fila ad arrestarsi con la torcia tenuta. Tomoyo si bloccò nei suoi passi, confondendosi nell' oscurità della notte con la sua maglia nera che indossava. Forse Denethor aveva sentito dei passi che lo seguivano, e quindi si erano accorti di lei? Pensò la ragazzina dagli occhi blu. Denethor, invece, si era bloccato in un altro dei suoi monologhi, e aveva lo sguardo indirizzato verso sinistra sentendo le grida del suo popolo provenire da sotto le mura ai continui bombardamenti di palle infuocate degli Orchi: << Perchè gli sciocchi scappano? Meglio morire prima che dopo. Perchè morire dobbiamo >> l' ultima frase del sire venne detta con tristezza in confronto al resto che veniva enunciato con un sorrisino di sconfitta. Denethor riprese dunque a passeggiare, fino a che non raggiungesse il luogo al quale voleva arrivare. Di seguito anche i soldati ripresero a trasportare la barella di Faramir con delle piccole fiammelle alle loro spalle dei servi di Denethor che illuminavano seppur per poco la via da percorrere. Tomoyo, accortasi che il gruppetto aveva proseguito, si affrettò anche lei a mantenere la distanza di sicurezza che si era data. Oltre la fine del ponte, la ragazzina scorse una seconda struttura di un' altra Cittadella dalle dimensioni uguali al complesso delle abitazioni che circondavano la fortezza di Minas Tirith.

Denenthor aprì la porta di una dimora poco lontana dal lungo pontile cui aveva attraversato. Il suo passo divenne più veloce nell' affrettarsi ad entrare in quella sala dove i raggi della luna illuminavano di blu delle mattonelle all' entrata. Così anche i suoi soldati lo seguirono dentro. La sala che si presentò era adornata di statue di vecchi Re nella posizione di sepoltura messe ai lati di pareti incavate nel bianco dei muri. Lo stile della struttura interna della dimora era di tipo antico romanico e dovunque il bianco cappeggiava dappertutto. Alcune statue piccole di altri antichi sovrani erano poste nell' incavità del muro però in piedi: << Nessuna tomba per Denethor e Faramir. Nessun lungo, lento sonno di morte imbalsamato >> disse Denethor andando con la torcia messa in avanti verso un altare in marmo al centro della sala, sempre seguito dai suoi uomini che tenevano i sostegni della barella sulle loro spalle: << Bruceremo come i Re barbari del passato >> disse ancora il sire annunciando il modo con cui voleva morire ai suoi soldati. Girò intorno all' altare in marmo per un po', e poi si fermò ad un lato, dando un altro ordine ai suoi uomini: << Portate legna e olio! >> la sua voce era divenuta fredda e priva di ogni valore alla vita. Denethor voleva farsi bruciare vivo insieme a suo figlio Faramir, ritenuto da lui morto. Tomoyo rimase ancora fuori dalla dimora per aspettare il momento opportuno per entrarci: << Chissà che cosa staranno combinando là dentro. Non mi piace per niente questa situazione >> si disse la ragazzina mantenendosi ancora per un po' nella fine del ponte, distante da Denethor. Non aveva sentito ancora nulla del rogo che il sire stava pianificando su di lui e su Faramir. A questo punto non seppe più cosa fare, se entrare di sua volontà nella sala, oppure andare a chiamare Kerochan. Ma la tigre bianca stava controllando l' ingresso principale che non cedesse insieme ad altri soldati volenterosi di combattere. In entrambi i casi, Tomoyo si sarebbe ritrovata ad un vicolo cieco, e prima o poi se avrebbe scelto una opzione, l' altra situazione si sarebbe andata a complicare sempre di più.

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Capitolo 32
*** Episodio 193: La distruzione del Cancello di Gondor ***


Le ante dell' ingresso principale di Minas Tirith tremarono di nuovo al violento colpo che gli Orchi diedero al legno con Grond. Le catene che scendevano parallelamente al dorso del portone si scuoterono sbattendo ripetutamente nel legno. Altre polveri del materiale scesero dalla sommità. Alcuni soldati si accorsero che anche i sostegni di mattone che circondavano le ante avevano delle piccole crepe nei punti in cui la superficie legnosa raschiava allo spingere delle armate degli Orchi con il loro martello possente. Da dietro le alte mura si udirono ancora le grida di incitamento dei piccoli esseri all' utilizzo del grande ariete. L' ultimo colpo che cadde con violenza sul portone, fu un preavviso che il cancello stava per cedere. I soldati a lance puntate sulle ante tremolanti indietreggiarono dalla paura: << Fermi! Fermi! >> ordinava Kerochan passando a fianco alle fila di soldati schierati di fronte al cancello, e guardandoli negli occhi li avvisava di non scappare con il suo tono di voce imponente. Dall' esterno delle mura il martello enorme si ritraò indietro dovuto al forte tirare delle sue corde dai Troll. Anche gli orchetti davano man forte all' attacco del grande cancello, e alcuni si misero nelle travi in legno della struttura che racchiudeva la testa di lupo per scagliare le loro frecce più ravvicinati alle trincee delle mura bianche. I soldati di sopra proseguirono nel rispondere allo scoccare delle frecce nemiche con le loro, creando una pioggia di stecche con la punta accuminata tra i mostricciatoli di giù, che si proteggerono con i loro scudi.

Il grande ariete venne lasciato dai Troll, e i suoi lunghi fianchi e la sua grossa statura scesero con tutto il loro peso in avanti nel suo muso, infrangendosi con la bocca che eruttava fiamme sul portone di Gondor. A quest' ennesimo urto le ante in legno si squarciarono in un grande buco. La testa di lupo spuntò sulla piazza principale della città di Minas Tirith alla vista dei soldati che sembrava a loro che il lupo ruggisse dalle fiamme che infestavano le sue fauci. Le fiamme bruciarono i contorni del buco formato da Grond, e si dispersero con una piccola onda nell' aria. Delle aste in legno volarono dal portone dal punto in cui sbucò il martello dalla faccia mostruosa. I suoi denti erano aguzzi e tra di essi fuoriusciva il fuoco ardente della bocca di Grond. I cavalieri di Gondor emisero espressioni di paura e timore quando la testa dell' ariete li guardava minacciosi. Kerochan osservò con la coda dell' occhio le facce impallidite dei soldati, e cominciò a incoraggiarli fissando all' arma degli Orchi il cui muso si era presentato a lui: << Siete soldati di Gondor. Qualunque cosa oltrepassi quel cancello, non cederete terreno! >> avvertì il Guardiano alato al gruppo di uomini che era riuscito a far intervenire. La testa di lupo tornò di nuovo indietro. I Troll mollarono l' ariete, e questa volta l' urto non fu dannoso. Il corpo di Grond spinse le due ante distrutte al centro, facendole aprire. Da sotto l' ariete uscirono fuori dei Troll armati di una grande clava e con un elmo con delle corna di toro sopra. Al loro ingresso nella piazza, ruggirono pericolosamente e sbattendo la loro clava sul palmo delle loro mani avanzavano a grandi passi sui piccoli soldati.

Kerochan si accorse delle parole che disse ai suoi guerrieri, riepnsando all' ordine che emanò ai soldati sul non muoversi e sgranò gli occhi alle enormi creature che incombevano su di loro. Alcuni soldati però erano già partiti alla carica sui Troll, e la tigre non potè avvisarli in tempo perchè vennero lanciati via con una mazzata di clava oppure schiacciati come insetti: << Puntare! Lanciare! >> gridò Kerochan agli arcieri per scagliare le loro frecce sulle alte creature. Gli archi vennero lasciati delle loro frecce e queste si piantarono a nugolo verso il corpo di un Troll che stava per cadere all' indietro. Ma un suo altro compagno Troll, lo spinse da un lato in modo che non gli intralciasse la strada nel cadere e il secondo mostro avanzò verso le truppe di Gondor che abbassarono le loro lance all' altezza delle sue ginocchia. Ma con l' entrata a Minas Tirith dei Troll, così entrarono anche gli Orchi appostati di fuori che caricavano contro i soldati, maneggiando le loro mazze contro di essi. Gli Orchi si scontrarono nella mandria di soldati appostati, lanciandosi su di essi e alcuni evitarono di essere trafitti dalle loro lance. Iniziò un duro scontro dove gli orchi diedero frustate delle loro mazze e dove i soldati piantavano le punte delle lance sulle creature che riuscivano ad abbattere. Ma i Troll continuavano a spazzare via i soldati e a disintegrarli con le clave. I guerrieri di Gondor risposero con altri scocchi di frecce sui Troll infuriati che si proteggerono dalla cascata alzando il loro braccio alla testa. Le grandi creature diedero una nuova carica, ruggendo e mostrando i piccoli occhi gialli che si aprirono improvvisamente al loro urlo; i denti canini erano sporgenti dalla loro grande bocca, ed un po' di saliva fuoriuscì dalle loro lingue.

Decise di intervenire Kerochan che con il suo solito ruggito si fece largo tra la folla di soldati per abbattere i giganteschi Troll. La tigre corse da quelle creature, sfoderando i suoi artigli micidiali. Un' ultima mazzata vibrò da un Troll centrale prima che la tigre bianca gli perforasse la carne con le sue unghie, all' altezza di un punto vitale. Kerochan fece attacchi a zig-zag tra i mostri che caddero privi di vita a terra, lasciando cadere le loro pesanti clave e sbattendo la schiena violentemente sulle pianelle della piazza, emettendo un ruggito strozzato. Gli orchi continuarono ad assalire i soldati argentati con fendenti delle loro sciabole. In pochi attimi entrarono nella piazza altri orchi seguiti da altri Troll per invadere la città Gondoriana. L' intero cortile principale fu invaso da Mannari che azzannavano i soldati e dai loro orchi che massacravano senza pietà gli avversari, incendiando poi le dimora circostanti. Dal pontile più in alto, Tomoyo assistette all' improvviso riversamento dei piccoli mostri. Sembravano tante piccole formiche con pezzi di pane che trasportavano con loro. In questo caso il pezzo di pane era il fuoco giallo che la ragazzina vide: << Oh, no! Si mette male >> disse lei stringendo forte il marmo del ponte cui si era affacciata per osservare quello che succedeva sotto di lei: << Se non faccio qualcosa, Kerochan potrebbe rimetterci la pelle, un' altra volta! Però Denethor è lì dentro, e non so cosa stia facendo con Faramir >> Tomoyo fu di nuovo colta nel pensare alla sua decisione nel fare le cose. Si girò di nuovo verso l' entrata della dimora dove Denethor era entrato, osservandola con espressione digrignata mentre sentiva le urla delle donne della Città di Minas Tirith che si spargevano fino a lassù: << Mio signore Denethor! >> dal fondo del ponte Tomoyo udì una voce di una guardia che correva verso la dimora dove si era infiltrato il sire.

La ragazzina vide la guardia arrivare verso di lei, ma ancora troppo lontano perchè la vedesse chiaramente: << Mi devo nascondere! >> si consigliò a sé stessa Tomoyo. Con un movimento veloce delle gambe la giovane si nascose dietro la spagliera della fine del pontile, e si accovacciò in tutto il perimetro del marmo. La guardia la vide che le passava a fianco mentre si apprestava ad aprire le ante della dimora in cui Denethor e i suoi uomini non erano ancora usciti. Il cavaliere di Gondor dal mantello nero aprì un' anta della porta, lasciando l' opportunità a Tomoyo di ascoltare quello che il soldato aveva da comunicare al Sovrintendente. Denethor si girò verso il suo cavaliere ansimante: << Mio signore >> lo salutò lui: << Devi avere un buon motivo perchè tu sia qui da me >> gli rispose il sire scocciato: << Si, mio signore. Giungo con brutte notizie, purtroppo >> a quel punto Tomoyo scivolò lentamente più avanti per cercare di sentir meglio dall' esterno della dimora: << Il Cancello, sire. Il Cancello principale di Minas Tirith è stato distrutto >> la ragazzina, alle parole della guardia, si bloccò di colpo avendole udite perfettamente. Denethor e i suoi soldati rimasero senza parole e sconvolti. Anzi più i suoi uomini rimasero scioccati dalla notizia che gli giunse alle orecchie, piuttosto che lo stesso Denethor che si dimostrò impassibile, ma mantenendo la solita tristezza titpica del suo carattere: << Come avevo predetto, la nostra discendenza sta per finire >> annunciava quasi fiero il Sovrintendente: << Mi perdoni, sire? >> chiese spiegazioni la guardia: << Non è possibile distruggere gli eserciti di Mordor. Sono stato uno sciocco a provocarli nel tentativo di riconquistare Osgiliath. E ora, tutti loro uniti, ci disintegreranno come niente >> nel frattempo la ragazzina sempre appostata fuori, spalancò gli occhi dal terrore che la assalì.

<< Mio signore, cosa intende fare ora? >> << Non c'è più niente da fare. Ora c'è solo da concludere >> il sire fece capire alla guardia che piuttosto che essere ucciso dal Nemico, preferiva morire con le sue stesse mani insieme al figlio creduto morto. Ma proprio nel momento in cui Tomoyo stava per scoprire le intenzioni di Denethor, l' anta della porta aperta si chiuse per il vento di desolazione che cominciò a soffiare. La ragazzina emise una smorfia di frustrazione alle mancate parole che il vecchio custode stava per pronunciare. All' interno della sala, Denethor diede ordine ai suoi: << Posatelo >> dicendo di poggiare la barella di Faramir a terra con il suo corpo. La guardia osservò il suo capitano disteso: << Volete portarvi anche vostro figlio con voi? >> chiese ancora a Denethor, intuendo quello che stava per mettere in atto: << Si. E con me e Faramir la stirpe dei discendenti di Gondor finirà, una volta per tutte. Così che nessun altro Re salga al trono >> << La ragazzina di prima diceva che vostro figlio è ancora vivo >> aggiunse il soldato. Tomoyo adesso si mise in un altro lato della dimora, aspettando il momento buono per sbirciare cosa stesse facendo Denethor: << Anche se si può ancora salvare, ormai tutto è perduto. L' ultima difesa di questa Città è stata annientata. Tu pensi che ci sia altro modo per uscirne da questa guerra che l' Oscuro Signore ha iniziato? >> la voce calda del Sovrintendente si fece di nuovo sentire, e il soldato gli rispose: << Abbiamo il Guardiano alato, mio signore... >> << Bene. Allora stai al suo fianco a soccombere, o guarda la rovina della Città che si incrementa sotto il tuo sguardo >> il soldato si zittì alle parole del sire che riprese con i preparativi per la sua cerimonia e quella del figlio. La guardia fece per uscire silenziosamente dalla dimora. Tomoyo si nascose dietro al muro, sentendo la porta che si riapriva. Vide la guardia che si allontanava dalla casata in marmo bianco con delusione. La ragazzina rimase confusa, sempre più dubbiosa su ciò che stava accadendo lì dentro: << E' davvero giunta la fine >> si disse il soldato che non accelerò il passo nel pontile, ma assunse un' andatura piuttosto lenta da funerale.

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Capitolo 33
*** Episodio 194: Messer Li e le sue decisioni ***


Là dove la speranza era ormai perduta a Gondor, nelle terre di Cirith Ungol questa continuava a vivere se anche per poco. Sakura portava avanti il suo compito di distruzione dell' anello sulle lande desolate del nemico. La cattura carte, senza più nessuno al suo fianco, si teneva alle dure rocce proseguendo il sentiero frastagliato da queste ai lati. Svoltò un angolo e si convinse che le sue gambe potevano reggerla nella continua camminata. Si ritrovò in una piccola parte di terra dove poco più avanti c' erano delle scale. Ma lo sguardo di Sakura si fermò sullo sfondo del paesaggio che le si presentò: un' alta torre spuntava in lontananza in tutta la sua imponenza e il cielo da quelle parti si fece a tratti rosso e nero con dei fulmini che rimbombarono sopra la sommità della fortezza. Sakura corse subito dietro una roccia alla vista di quella torre, come se la stesse controllando, e le diede un' occhiata impaurita prima di decidere di salire le scale. La piccoletta non si era accorta che il ragno della grotta di prima la stava pedinando. Il rivoltante animale spuntò silenziosamente da un buco in alto di una roccia dietro Sakura. Questa emise una faccia di sfida nel voler riosservare la torre, e spuntò da davanti alla gradinata che tra un po' avrebbe preso. Fece per avvicinarsi sempre più con i suoi occhi alla veduta della torre, e così fece il ragno gigante, scoprendo il suo intero corpo all' aperto. Sembrava che stesse seguendo i movimenti di Sakura, e infatti era un metodo per giungere da lei più rapidamente. La cattura carte non si accorse che il ragno stava piano piano scendendo verso di lei con le chele grosse e pelose che bramavano la carne della ragazzina. L' orrendo animale si trovò sopra a Sakura, a pochi centimetri dalla sua preda.

La ragazza ansimò nella quiete più totale, emettendo già i primi passi per salire i primi gradini, tenendo d' occhio la torre che si innalzava sopra le distese rocciose. Osservò sempre attenta il paesaggio oscuro che avvolgeva l' ambiente della torre nella quale venne costruita. Un rumore improvviso di sassolini caduti attirò l' attenzione di Sakura, che si girò di scatto dietro di lei. Ma non trovò nessuno nei paraggi, solo dei cunicoli stretti e bui. Lo stesso rumore si risentì alla sua destra, ma ancora una volta vi trovò un altro cunicolo. Nella distrazione che fu presa Sakura, il ragno estraò il suo pungiglione e si alzò in alto per colpire alle spalle la ragazzina. Si sentì un viscido suono di qualcosa che strisciava, facendo nuovamente rivoltare Sakura che trovò il paesaggio in lontananza della torre prima che si oscurasse da una carcassa nera. Fu un attimo, Sakura sobbalzò quando il pungiglione del ragno la infilzò al petto: << Uh... >> emise un verso da un improvviso colpo subito. Era stata punta, e lei sapeva benissimo che qualunque creatura da quelle parti era letale. Non ebbe neanche il tempo di riconoscere l' animale che l' aveva punta. Sakura si immobilizzò e fissò con disgusto la scala davanti a sé, tremando dall' aria che non era più in grado di respirare. Il suo naso si tappò d' un tratto, peggio del raffreddore. Un sapore raccapricciante la raggiunse alla gola, e dalle labbra serrate le uscì una schiuma bianca. La ragazzina fu presa dal panico a quello che le stava succedendo. Tossì una volta, intuendo che l' aria le mancava. I suoi occhi si sgranarono per poi lentamente abbassare le sue palpebre dallo svenimento che stava per avere. Stava per morire soffocata da quella schiuma che forse le intasava le vie respiratorie. Giunse l' ultimo disperato tentativo di inspirare aria, e poi la cattura carte svenne, cadendo all' indietro. Le zampe del ragno la afferrarono da dietro la schiena prima che sbattesse contro il duro terreno e iniziò a far girare il corpo della ragazzina con le otto gambette, spruzzandole contemporaneamente la tela dappertutto. Sakura stava per diventare cibo per quella creatura, ma almeno il fato le ha servito una morte non dolorosa per lei dato che era diventata un cadavere. Il ragno stava per aprire le sue fauci e sbranarsi l' intera ragazza quando stava per finire di avvolgerla nella ragnatela. Il ragno era messo sulla sporgenza delle rocce da entrambi i lati, e copriva Sakura a mezz' aria nel suo bozzolo. Aprì nuovamente le fauci ma dovette serrarle perchè i suoi occhi rotearono verso una debole luce davanti.

Una spada era messa in parallelo a quella che sembrava una boccetta luminosa, tenute da qualcuno: << Lasciala andare, lurido essere! >> disse la voce del ragazzo che impugnava l' arma contro il ragno. Era Li che con la sua vestaglia verde si dava un effetto più combattivo nella sua posizione d' attacco contro il gigante animale, e ora gli intimava di lasciar stare la sua Sakura caduta nella trappola del mostro. Il ragno si fermò e intuì che il cinesino aveva intenzione di combattere il grosso animale, e gli ruggì contro: << Lasciala andare! >> ripetè Li al mostro a otto zampe scuotendo la boccetta. Il ragno lasciò cadere il corpo imbalsamato di Sakura. Li la guardò nello stato in cui si trovava e si mostrò al ragno, con espressione furibonda: << Non la toccherai mai più! Avanti, fatti sotto >> disse Li avvicinandosi senza paura alla bestia. Questa scese dalle rocce e fece per allungare le sue zanne verso il cinesino che parò l' attacco con la spada Pungolo di Sakura. La bestia cercò allora di colpirlo con la sua lunga zampa anteriore, ma Li con ottimi riflessi schivò il colpo e ferì alla zampa il ragno che tentò di nuovo di morderlo. Il ragazzo si abbassò, sbattendo la lama della spada sui denti enormi del ragno. Il mostro lanciò lontano Li con tutta la sua forza che mise nelle zampe. Li sbattè la schiena a terra e la boccetta di Earendil gli volò lontano dalla sua portata, con il liquido che perse energia fluorescente. Quando il ragazzo si risollevò, si accorse che la boccetta era finita sotto il ragno e questo levò di mezzo il dono di Galadriel con un piccolo tocco. Ora il ragno si accingeva a caricare su Li. Il ragazzo tenne in alto la spada per far scendere il suo fendente sulla testa del mostro che fece volare via anche l' arma con una zanna.

Il muso del mostro cadde sul corpo di Li che cercava di tenere ferme le zanne del ragno da terra. La creatura portò il cinesino contro l' altezza del muro mentre teneva sempre ferme le fauci della bestia affamata che si agitavano sempre di più. Il ragno si liberò della presa del ragazzo, dando un morso a vuoto e affrettandosi a colpirlo. Li risalì la breve montagnetta di rocce e con i suoi piedi diede calci alla testa del mostro che si tenne lontano dall' azzannarlo. Il piede del ragazzo si mise nello spazio tra gli occhi del mostro e le sue fauci. Il grosso animale scese giù, riprendendo fiato dal duro combattimento con il cinesino che non voleva saperne di essere mangiato. Li fece per salire la roccia, ma il ragno lo afferrò da dietro la maglietta con le sue zampe, e lo portò sul suo dorso, facendolo rotolare fino a giù. Il giovane si ritrovò Pungolo al suo fianco, e la riprese tenendosi pronto ad un nuovo attacco del mostro che girava intorno da sopra le rocce, guardando sempre il cinesino per fiondargli sopra di nuovo. Il ragno scese un' altra volta dalle rocce e si precipitò sul suo avversario che cadde all' indietro perdendo l' equilibrio. L' animale approfittò del momento per mangiarlo una volta per tutte, ma Li fu così veloce da puntare la spada verso il muso del ragno. La punta si conficcò in uno dei tanti occhi del mostro che si dimenava dal dolore che per la prima volta qualcuno è riuscito a fornirgli. Le piccole zampette anteriori alla bocca del ragno grattarono nel punto in cui l' occhio era stato colpito. La lama di Li adesso aveva del sangue nero su di essa. Ora era il cinesino che aveva la situazione in pugno e accerchiava il ragno per colpirlo nel momento in cui avrebbe riaperto gli occhi. Il mostro si scoprì la vista ed ebbe di nuovo l' uso delle fauci. Il fendente di Li era rivolto alla bocca dell' animale. Ma questi afferrò in tempo la spada tra le sue zanne e la roteava da una parte e dall' altra insieme al ragazzo che non mollava l' elsa dell' arma.

Il giovane si vide così strattonato da tutte le parti, fino a quando il ragno non sputò lontano la spada dalle mani del suo possessore. Il mostro spinse bruscamente Li da dietro la schiena, facendogli volare il cappello verde, e il ragazzo cadde più avanti quasi a raggiungere la spada. Li sollevò lo sguardo e allungò la mano per prendere l' arma a pochi metri da lui. Ma riuscì a sfiorarla nell' elsa perchè il mostro poggiò la sua zampa dove la mano di Li stava toccando la spada. Il ragazzo fece in tempo a tirare indietro la sua mano e si sentì l' ombra del ragno che lo copriva. Il cinesino si voltò e vide il pungiglione che spuntava da dietro all' animale e che puntava a lui. Li rotolò da una parte, schivando il colpo del pungiglione che si piantò al terreno. Il giovane continuò nel rotolare sempre inseguito dal ragno che mancava sempre il bersaglio, centrando solo la sabbia la quale ricopriva il terreno. Cominciò a girare la testa al ragazzino che continuava a rotolare, e decise di fermarsi per un istante, ma il ragno roteò la parte con il suo pungiglione scoperto velocemente sulla sua nuova preda. Ancora una volta Li rotolò per schivarlo e fece alcuni giri per giungere alla spada. Il pungiglione stava per piombargli addosso, ma Li colpì l' animale con l' arma proprio nella parte in cui era uscito il pungiglione. Il mostro gridò dal dolore che la lama gli aveva fornito quando la sua parte con cui si nutriva era stata colpita. Li gridò dalla rabbia al fendente che mollò al mostro gigante. Estraò la spada con forza dalla parte del ragno cui si piantò. La bestia si sollevò dal ragazzo e fece per indietreggiare, sempre contorcendosi dal dolore. L' animale, a causa della parte ferita zoppicò e tentò di riattaccare il ragazzo che ebbe il tempo di prendersi anche la Luce di Earendil e di puntarla verso il ragno. Li cadde di nuovo all' indietro ma questa volta il ragno non lo attaccò più, le cui grida si fecero stridenti. Li lo tenne a bada puntandogli nell' occhio acciecato la luce della boccetta, e facendolo ritrarre sempre più indietro mentre cadeva nel tentativo di coprirsi la faccia: << Ah! Indietro! >> gli ordinò Li avvicinandogli addosso la luce. Il ragazzo diresse il ragno verso un buco nel quale avrebbe potuto nascondervi, e così la bestia fece ormai battuta da un essere più piccolo di lei. Con le sue zampe, l' orribile mostro indietreggiò nel buco e vi mise tutto il corpo per sparire nell' ombra più totale. Sarebbe andato nel buio più sconosciuto a tutti, talmente in profondità che i suoi lamenti non potevano essere uditi da alcun altro.

Il ragazzo aveva vinto contro la bestia orribile, accertandosi che non sarebbe più uscita dalla sua tana. Il cinesino andò subito dalla sua Sakura per soccorrerla: << Sakura! >> esclamò Li poggiando delicatamente la spada e la boccetta a fianco al corpo imbalsamato di lei. Era completamente avvolta da quelle tele appiccicose e fece per farle scoprire il volto. Tirò più forte che poteva la ragnatela che copriva la faccia della cattura carte, e il suo sguardo si posò su quello immobile della sua adorata. Sakura aveva il volto pallido, bianco come il latte e i suoi occhi verdi erano fissi nel vuoto. La sua bocca era serrata. Li aveva le mani sporche di sangue di ragno quando le abbassò sulla tela creata dalla creatura. Il giovane osservò la faccia ferma di Sakura che sembrava essere diventata un cadavere. Gli occhi di Li si fecero lucidi e tremò allo sguardo impietrito della sua compagna, emettendo i primi respiri di pianto: << Oh, no. Sakura! Sakura! >> disse per svegliarla scuotendola dal sonno che la raggiunse. Ma fu inutile. Il cinesino si portò su un ginocchio il corpo di Sakura, tenendola sotto il capo. I suoi occhi con quelli paralizzati della ragazzina erano vicini adesso e lui piangeva sul suo volto: << Svegliati. Non lasciarmi. Non lasciarmi qui da solo un' altra volta. Non andare dove io non posso seguirti >> supplicò al corpo senza vita della cattura carte. Ma la faccia di Sakura era come un rimprovero per il povero Li che fu affranto dalla seconda perdita della sua amata, e questa volta era molto più che drammatica la scena. Fissò ancora il volto pallido, facendo cadere delle lacrime sulle sue guance: << Svegliati >> ripetè il giovane addolorato, ma si rese conto che Sakura aveva smesso di vivere: << Non stai dormendo, vero? E'... Oh, no! >> disse Li strazziante nel suo pianto e portandosi sotto il mento la testa di Sakura per stringerla forte e non pronunciare la parola che decretava la fine delle vite umane.

Il giovane fu l' unico in quel posto a provare dei sentimenti, dove le altre creature abitanti non erano mai state provate da questi. Così anche Sakura divenne una di quelle creature, il quale corpo non mostrava emozioni al pianto del cinesino che era arrivato tardi nel salvarla. La mano di Li strinse più forte la tela dietro la nuca di Sakura e si fece dondolare il cadavere per consolarsi. Una luce a fianco a Li gli illuminò una parte del viso. Il cinesino gettò lo sguardo sulla spada Pungolo che si era accesa di blu improvvisamente. Li la osservò con tristezza mentre le sue ultime lacrime gli rigavano il viso sporco di polvere. Infine, intuì il motivo per cui la spada si era illuminata: c' erano degli orchi nelle vicinanze. Il ragazzo si voltò verso le scale davanti a lui, avvertendo dei passi scendere verso di lui: << Tornate qui, feccia! >> disse una voce perfida dai gradini coperti dalle rocce. Li si girò impanicato alla ricerca di un nascondiglio in cui stare all' arrivo dei mostricciatoli. Quattro orchi spuntarono dalla scalinata, scendendo verso lo spiazzo prima della gradinata. Gli orchi notarono una figura imbalsamata distesa ai piedi della scala: << Che cos'è? >> chiese l' orco primo della fila avvicinandosi al corpo e seguito dagli altri tre. Il suo sorriso si fece malefico a quello che era successo alla ragazzina avvolta nelle tele: << Pare che la vecchia Shelob se la sia voluta spassare >> annotò la creatura ai suoi compari. Li si era nascosto all' interno di uno dei cunicoli lì vicino, e con sé aveva la spada Pungolo e la luce Earendil. Aveva deciso di lasciare Sakura lì in balìa dei mostri scesi. Il ragazzino si sporse dalla parete viscida del cunicolo per vedere cosa avrebbero fatto a Sakura: << Ne ha ucciso un altro, eh? >> chiese un altro orco attorno al corpo della cattura carte: << No >> rispose l' orco di prima. Quest' ultimo tastò il corpo della ragazzina con l' impugnatura di una sua frusta, e la faceva scuotere al suo tocco: << Questa qui non è morta. Ah! >> comunicò al suo compagno con il solito sorriso.

Li non riuscì a credere alle sue orecchie riguardo a quello che gli orchi si dicevano tra loro: << Non è morta? >> ripetè a bassa voce il cinesino con gli occhi rossi dal troppo piangere. Questa notizia fu per Li un misto di sollievo ma anche di ingenuità, visto che Sakura portava ancora l' anello al collo: << Lei la infilza col suo pungiglione e questa si affloscia come un pesce senza lisca! Ah! >> raccontò l' orco tastando ancora il corpo immobile di Sakura che era stato raggiunto dall' attacco del ragno femmina chiamata Shelob: << Poi lei procede con la preda. Ah! E' così che le piace nutrirsi. Sangue fresco! Ah! >> l' orco interpellò il suo altro compagno a fianco che aveva le sembianze di un Uruk-hai di Isengard, e sembrava che gli stesse raccontando una battuta. Poi l' orco si voltò verso il corpo inerme: << Portatela nella torre! >> ordinò ai suoi altri compagni che erano intorno. L' Uruk e un altro orco presero Sakura da una parte e dall' altra, incamminandosi già verso la risalita delle scale: << Li Shaoran, stupido! >> si rimproverò il ragazzino nell' aver lasciato la sua compagna nelle mani degli Orchi: << Questa feccia si risveglierà tra un paio d' ore >> << E desidererà non essere mai nata >> concluse l' orco che era sceso per primo, guardandosi nei dintorni come se ci fosse qualcun altro, alla frase di un suo compagno che stava trasportando la vittima, e si mise come chiudi fila salendo le scale dopo che diede un' ultima occhiata al posto del ritrovamento del corpo. Per Li fu una gioia nel sapere che la sua Sakura non l' aveva ancora abbandonato. Ma doveva per forza raggiungerla prima che quegli orchi sapessero che la ragazzina portava l' anello. Si accertò che gli orchi fossero distanti da lui e si mise ad inseguirli fino alla loro tana per recuperare la sua compagna e portare a termine la missione per la quale il loro viaggio ebbe inizio.

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Capitolo 34
*** Episodio 195: La pazzia di Denethor ***


Nella città di Minas Tirith la notte fu più lunga del previsto. Nonostante la guerra che si infiammava per le vie e i piani inferiori della Torre Bianca, altri problemi si prospettavano all' orizzonte. Il sire Denethor stava per bruciarsi con suo figlio Faramir creduto morto da lui. Intanto, la piazzetta del cancello ormai distrutto di Minas Tirith era ricoperta da orchi e Troll, e nessuno potè più reggere un attacco offensivo alle creature della notte. Tomoyo si avvicinò finalmente all' entrata della dimora dove il Sovrintendente era lì dentro da alcuni minuti. Superò l' uscio della porta e corse a passo felpato verso una colonna in marmo fuori dalla dimora, non facendosi sentire dagli uomini che stavano più avanti. Ma la ragazzina si accorse che era già arrivata alla sua meta, ed era proprio più avanti nella sala. Vide ciò che il sire Denethor stava preparando. Le mani di alcuni servi del custode presero Faramir dalla barella e misero il suo corpo sopra della legna che era stata posizionata sull' altare in marmo. Faramir emetteva dei mugolii dalla sua bocca tenuta chiusa. Sembrava quasi che stesse dormendo, e non era più svenuto. In seguito, i servi del Sovrintendente posizionarono altra legna, tenuta insieme a gruppi di lunghi tronchi, ai lati dell' altare per coprirlo del materiale cui doveva essere bruciato. La ragazzina si spinse lentamente ancora più avanti, incamminandosi nel corridoio che portava al centro della sala. Dopo la faccia scioccata che vide nella guardia che uscì dalla dimora, Tomoyo volle accertarsi che le intenzioni di Denethor non fossero così malvagie. Ma dovette ricredersi la piccola avventuriera.

Prima di varcare completamente la soglia dell' ingresso, Tomoyo sentì ancora una volta i combattimenti che si svolgevano al piano entrante alla Città. Sentì le lance degli uomini che sbattevano contro le spade degli Orchi. Denethor fece per chinarsi dal figlio e gli tenne la testa mentre lo guardava nelle palpebre chiuse: << La dimora della sua anima si sgretola. Sta bruciando. Già bruciando >> disse il vecchio con tristezza e accarezzando la guancia del suo ultimo figlio. Sebbene i mugolii di Faramir erano ben uditi alla distanza ravvicinata del sire, allora quest' ultimo era già conscio che il suo erede come custode di Gondor respirava ancora. Tomoyo osservò a metà del corridoio la scena che si svolgeva nella sala, e scoprì il tetro mistero che si celava su Faramir. La ragazzina fu inorridita quando le giunse l' informazione al cervello che Denethor voleva bruciare suo figlio, anche se non l' aveva accettato mai nelle sue decisioni. Tomoyo ne ebbe abbastanza di tutto ciò e accelerò il passo, mentre i servi del custode del trono continuarono imperterriti nel loro lavoro di ammucchiamento della legna da ardere: << Lui non è morto >> disse con voce strozzata la ragazzina giungendo al lato dell' altare. In quel momento Denethor sollevò lo sguardo su di lei, mostrandole una faccia accigliata, avendo interrotto il suo tempo nel cullare il suo bambino una volta: << Lui... Lui non è morto! >> Tomoyo presa dalla disperazione e dal disgusto di quell' episodio afferrò la legna per toglierla ai lati dell' altare. I presenti si fermarono nel circondare di legna la struttura in marmo, osservando meravigliati quello che stava facendo quella ragazzina. Denethor scese di corsa verso di lei con fare scocciato e la prese per la spalla con forza: << No! No! No! >> urlò la ragazzina vedendosi trascinata e allontanata dal salvare il suo amico dalle fiamme. Gettò d' improvviso la legna che aveva appena tolto, a causa della presa di Denethor su di lei.

<< Non è morto! >> gridava a squarciagola Tomoyo dimenandosi dalle grinfie del sire che ormai non c' era più con la testa sulle spalle. Tentava di rialzarsi ma il continuo trascinare di Denethor le impediva di alzarsi correttamente in piedi. Le sue caviglie strisciavano sul pavimento mentre continuava a gridare ai servi che ripresero nell' ammassare la legna: << No! No! No! >> << Addio, Tomoyo, figlia di Sonomi. Ti esonero dal mio servizio >> annunciò Denethor gettando a terra fuori dalla dimora la ragazzina. Tomoyo in quell' istante venne attraversata da uno strano dubbio nella mente. La sua faccia era spaventata e confusa: come faceva Denethor a sapere della sua famiglia? Non aveva parlato con nessuno dei suoi cari, eppure il Sovrintendente era venuto a saperlo. Tomoyo si girò da terra verso il sire che si presentava in piedi in tutta la sua pessima autorità: << Lo sai anche tu che tuo figlio è ancora vivo! >> gridò Tomoyo contro il vecchio << No. Non è vivo. Le speranze lo hanno abbandonato da un certo periodo >> disse Denethor freddamente: << Questo perchè tu lo hai coinvolto nel tuo orgoglio >> ribattè subito la ragazzina: << E perchè mai avrebbe dovuto dar retta ad una ragazzina e al suo amico gattino? >> << Tu... sei solo un vigliacco! E te ne pentirai! >> disse ancora la piccola: << Abbandoni così il tuo popolo alla rovina? Non hai mai fatto niente di buono a quanto capisco. Sei un viscido... >> ma Tomoyo venne fermata da Denethor: << Forse ci andrei piano con le parole, ragazzina. Non sei ancora abituata a pronunciare parole che si adattino al tuo linguaggio >> Tomoyo si mise a respirare afannosamente dalla troppa foga che ci mise nel rispondere al sire.

Ora Denethor trovò l' istante in cui la ragazzina crollò nella sua serenità, e la schernì con un sorriso provocante: << Credi che sia facile la vita quando devi sottostare ad un padre che ti ha sempre guardato con disprezzo, fin dal giorno in cui sei nato? No. Non è di certo bello. Ma tu in fondo non ce l' hai un padre come quello che ho avuto io >> << Ma questo non ti dà il diritto di prendertela con i tuoi successori! >> riprese Tomoyo sempre a terra: << E ancora una volta non capisci il senso delle cose >> disse Denethor. La ragazzina lo guardò in tutto il suo odio, digrignando i denti e con gli occhi blu che si facevano lucidi. Vedeva la figura del Sovrintendente che ondeggiava tra le sue pupille. Tomoyo tirò la testa da una parte, sbattendo le palpebre per far cadere da una parte le gocce di tristezza che la stavano raggiungendo agli occhi. Poi riprese a fissare Denethor con sguardo di sfida: << Quando quest' oscurità sarà finita, vedrai come il tuo popolo ti rispedirà dritto nel tuo “trono” >> si prese gioco del sire: << Puoi sperare quanto vuoi, ragazzina, ma il Signore Oscuro non cesserà mai di esistere. Questa è una regola assoluta >> << E tu che ne sai? Che diavolo ne sai? >> domandò adirata Tomoyo: << Aspetta solo che i miei amici arrivino qui sul campo di battaglia, e i tuoi occhi dovranno ricredersi alle tue convinzioni >> << Ah, ma certo! Tu stai forse parlando di quel tuo amico famoso, com'è che si chiama? Ah! Toy Kinomoto, scommetto >> disse Denethor ironicamente: << Si, esatto, proprio lui! Te la farà vedere! >> continuò con le minacce la ragazzina: << Io so che ha una sorella che viaggia nelle terre del Male. Credi che ce la farà a portare a termine il suo fatidico compito? >> Tomoyo assunse un' espressione scioccata alla domanda che Denethor le fece riguardo le sorti della sua amica. Rimase zittita dalla frase del sire che ebbe campo libero per parlare: << Questo è quello che odio di quei miserabili Kinomoto. Sono presi dal troppo eroismo nelle vene, che comporterà la loro disfatta più totale. Mio padre era legato ad un altro uomo che considerava come il suo unico unico figlio. Non ero io >> il Sovrintendente proseguì nel raccontare una delle sue storie tristi come fece adornare il suo habitat: << Quell' uomo era Fujitaka >> la ragazzina sobbalzò al nome del padre di Sakura. Denethor doveva essere una qualche specie di nuovo stregone che si era alleato in un certo senso dalla parte di Sauron, un po' come Saruman: << Ho vissuto nella trascuratezza di mio padre per tutta la mia infanzia, fino alla sua morte. E ora non permetterò ad un nuovo membro della famiglia Kinomoto di prendere le redini di Gondor >>.

Il vecchio era più che mai furibondo con l' avvenuta del Re sul suo trono regale se il Male fosse stato sconfitto: << Ma oltre al padre di quei mocciosi, ci fu un' altra piega che assunse la mia esistenza. Mia moglie passò a miglior vita a un decennio dal nostro matrimonio. Questo mio episodio mi condusse ad una visione diversa del mondo. Tutti erano felici nel regno di Minas Tirith, e allora decisi che la vita tra i miei concittaddini non doveva essere rosa e fiori, una volta che io stesso passai nella carica di Sovrintendente >> la ragazzina ebbe da dire un' altra cosa: << Come ho già detto sei solo un viscido che si approfitta delle situazioni a suo favore, pur di danneggiare gli altri. Questo ti ha reso diverso >> << Diverso da chi? Da te? >> aggiunse Denethor deridendo la ragazza: << Che cosa intendi dire? >> domandò Tomoyo: << Se so tutte queste cose lo devo solo alla pietra veggente. Il Palantìr >> il ricordo della sfera nera era sempre impresso nella memoria di Tomoyo come un fuoco che non si spegneva mai: << Grazie alla predizione del futuro, ho potuto constatare che l' Oscuro mi avrebbe attaccato. Ed è proprio per il suo temuto potere che non osai difendere la Città sin dai tempi remoti. Anche tu ti trovi nella mia stessa situazione, Tomoyo. Il fatto di aver guardato i piani di Sauron ti ha prolungato l' assenza dai tuoi compagni. Non hai mai pensato che fossero anche loro danneggiati dal tuo gesto avventato? >> chiese fastidiosamente: << Stà zitto! Stà zitto! >> Tomoyo si rimise in piedi e si lanciò contro Denethor che fu un' altra volta reattivo e respinse a terra la giovane. Tomoyo si rialzò con i denti stretti e si stringeva i pugni dalla rabbia: << Ora và e muori nella maniera che riterrai più giusta >> concluse solennemente il sire chiudendo le ante della dimora, osservando un' ultima volta lo sgardo furioso della ragazzina.

Il Sovrintendente riprese a dare ordini ai suoi soldati: << Versate olio sulla legna! >> Tomoyo sentì quelle parole quando si voltò e scuotè la testa, sbattendo i pugni nel duro pavimento in segno di sconfitta. Alla ragazzina non rimase altro che andare alla ricerca di Kerochan, tra le vie trafficate di soldati che scendevano in guerra. Si ritrovò in una via dove alcuni guerrieri si apprestavano a scappare per primi dalle mura cadute, con un paio di loro che erano sostenuti da altri per via delle ferite riportate in altri combattimenti. Il traffico di soldati era minore rispetto a quello che doveva presentarsi più in giù nel sentiero. Tomoyo sentiva le urla dei soldati passanti mentre si faceva largo tra di loro: << Forza, muovetevi! >> << Fate presto laggiù! >> gridavano alcuni. La ragazzina cercò di sovrastare quelle urla e il rumore che le armature dei soldati facevano al loro correre: << Kerochan! Dov'è Kerochan? >> chiese tra i soldati fuggitivi Tomoyo. Le figure di uomini scappare aumentarono alla vista di lei, notandone alcuni feriti alla testa con la fascia bianca che era macchiata da una chiazza di sangue rosso. Un altro lo vide alla sua sinistra con il braccio ingessato. Notò anche alcuni guerrieri come arcieri che scappavano dalle trincee del piano inferiore alla Cittadella. Tomoyo ebbe il cuore in gola e si rimise a chiamare il suo amico: << Kerochan! >> con il poco tempo che lei aveva a disposizione per salvare dal rogo Faramir. Ma poco tempo ci fu anche per i soldati di Gondor che erano prossimi alla sconfitta.

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Capitolo 35
*** Episodio 196: La cavalcata dei Rohirrim ***


Altri bombardamenti di palle di fuoco colpirono la Città, disintegrando le sommità di alcune dimore e bruciandole dall' alto. Tutta Minas Tirith era diventata un campo minato di fuoco e fiamme, e i soldati dalle loro mura cercavano di eliminare più orchi possibile, scagliando loro le frecce. Kerochan si trovava nel mezzo dei soldati che combattevano alle porte distrutte del cancello. Ma la tigre si accorse che i nemici stavano entrando sempre di più con i loro enormi Troll che spazzavano un numero impressionante di uomini: << Ritirata! La Città ha ceduto! >> gridava il Guardiano, ordinando alla fuga i soldati di Gondor. Questi scapparono per la via che portava alla piazza iniziale, risalendola in fretta mentre un Troll da lontano avanzava su di loro, schiacciando gli uomini che si trovavano sul suo cammino e incendiando la zona conquistata di Minas Tirith: << Ripiegare sul secondo livello! >> ordinò Kerochan da delle scalette che portavano al piano superiore. I soldati continuarono a scappare, nonostante il continuo bombardamento di palle infuocate su di loro che rotolavano, investendo i malcapitati di fiamme: << Portate via le donne e i bambini! Portateli via! Ritirata! >> disse ancora la tigre bianca correndo tra le fila di soldati in fuga per salvaguardare le persone più deboli: << Presto! Presto! >> tutti i sopravvissuti alla distruzione del cancello entrarono di corsa al secondo livello, varcando uno dietro l' altro le ante alle grida di Kerochan. Sebbene il sole era già splendente nel cielo, le nuvole degli Orchi erano già posate sulla Città. Sul campo di battaglia, l' orco rosa diede l' ultimo ordine di sterminio ai suoi servi: << Muovete sulla Città! Uccidete quelli che incontrate! >>.

Gli orchi ebbero il dovere di entrare nelle vie della bianca cittadella. Grida di guerra si fecero sentire tra i mostri assetati di sangue, e in gran numero cominciarono a sparpagliarsi in ogni angolo, saccheggiando e bruciando tutto quello che incontravano. Inutilmente i soldati scagliarono le frecce contro i loro nemici che essendo in molti e muovendosi veloci, scansavano le frecce dei soldati. Gli orchi arrivarono al primo piano per conquistarlo, ingaggiando uno scontro con i soldati che cercavano di difenderlo: << Abbattiamoli! >> disse un soldato disperato al riversamento delle creature su di loro. Delle donne scapparono da lì, lasciando che i loro soldati si sacrificassero per salvarle. Gli orchi furono accaniti nel duello agli uomini di Gondor. E subentrarono anche dei Troll nella mischia. Le grida delle donne si fecero sentire più forti e come delle pecore spaventate si accalcarono risalendo le scale insieme ai loro bambini. Un orco prese a martellate ripetute un uomo alla testa, e un altro mostro di carnagione rossa morse al collo un soldato dopo che lo aveva strodito con un colpo dell' elsa della spada. Alcuni cittadini si ritrovarono nella bolgia tra soldati e orchi, con i primi che cercavano di tirarli fuori dalle grinfie degli orchi, decidendo di sacrificarsi per mettere in salvo gli anziani. Un soldato gemetteva a terra colpito alle spalle da un orco. In altre vie, gli orchi assalirono dei soldati in un vicolo cieco e li finivano all' ombra di un balconcino. Tra questo caos, un Troll fece volare lontano un soldato. Le donne scapparono ancora, deviando strada ad ogni orco che incontravano. Calpestarono il corpo di un loro cittadino caduto sotto i fendenti degli invasori: << Per Minas Tirith! >> si udì un altro grido di carica prima che un orco facesse vibrare la sua mazza appuntita verso la faccia di un uomo che volteggiò sopra un cumulo di paglia. Altri mostri saltarono addosso ai soldati, massacrandoli di botte e di accoltellate in tutto il corpo. Dovunque vi erano duelli tra soldati e orchi che occupavano le strette vie della Città, e i Mannari si mischiarono nell' esercito di uomini per sbranarli dall' interno e permettere agli orchi di andare più avanti: << Combattete! Fino all' ultimo uomo! Per la vostra vita! >> gridava Kerochan cercando di aiutarli.

La tigre balzò in avanti dopo che diede un' artigliata ad alcuni orchi invasori: << Kerochan! >> una voce più forte di tutte le altre si sentì in fondo ad alcuni soldati che scappavano e il Guardiano intravide la faccia di Tomoyo. La tigre bianca si voltò verso la parte in cui aveva sentito la voce chiamarlo, interrompendo un nuovo attacco diretto ad altri orchi sparsi per la Cittadella. Tomoyo si faceva largo tra un ultimo gruppo di soldati, prima di scorgere meglio Kerochan e corrergli incontro: << Kerochan! Denenthor è uscito di senno! Sta bruciando vivo Faramir! >> gli comunicò la ragazzina fermandosi davanti a lui. La tigre bianca non esitò neanche un istante: << Monta! Svelta! >> intimò all' amica di salire sul suo dorso. I due presero una scorciatoia che portava ad una terrazza superiore. Superarono un corridoio, giungendo al terrazzo, ma una presenza li fece fermare. Una bestia alata planò e si posò sul paratetto con sopra un Nazgùl. Ma lo spettro aveva una maschera sopra al cappuccio, e Kerochan capì che si trattava del Re dei Nazgùl. Il rettile fece un passo avanti verso Kerochan con Tomoyo sopra, e li puntava pronto ad attaccarli. Kerochan si mise nella posizione di attacco, rizzando il pelo bianco contro il Re Stregone: << Torna nell' abisso! >> disse il Guardiano al Cavaliere Nero che emanò un respiro tombale. Tomoyo fissava impietrita la figura del Nazgùl che una volta pugnalò Sakura. Kerochan emise una luce dal suo elmo, creando uno scudo che avvolgeva lui e la ragazzina, e malediva ancora l' avversario: << Torna nel nulla che attende te e il tuo padrone! >> << Non sai riconoscere la morte quando la vedi, tigre? >> disse con voce tetra lo Stregone Nero. Tomoyo sentì un lieve rumore assordante alle orecchie al suono della voce del Nazgùl, e si tenne stretta i denti, emettendo un breve urlo al dolore che le giunse.

Il Re Stregone fece spuntare dal suo mantello la sua spada, mentre la sua bestia si avvicinava sempre più a Kerochan: << Questa è la mia ora! >> annunciò il Nazgùl tenendo sollevata la spada. La lama venne avvolta per la magia dello Stregone da delle fiamme. Intorno al fuoco si creava lentamente un vortice d' aria che aumentava il suo raggio d' azione. Kerochan si sentì il pelo risucchiato dal vortice della spada in fiamme, nonostante fosse protetto con Tomoyo dallo scudo. Gli artigli di Kerochan si piantarono nel pavimento per evitare che si avvicinasse ulteriormente dallo Stregone. La bestia del cavaliere nero spiegò le ali, mettendosi in piedi a due zampe e mostrando tutto il suo lungo corpo agli avversari. Tomoyo afferrò il pelo della tigre e si accovacciò su di esso per evitare che l' aria la risucchiasse. Il rettile emanò un grido prolungato, e allo stesso tempo i due amici si tennero pronti all' impatto che il Nazgùl avrebbe lanciato. La spada dello spettro finì di creare il vortice, e ciò che successe dopo si verificò dopo un paio di secondi. Lo scudo che avvolgeva Kerochan e la ragazzina si infranse in mille pezzi. Dall' esplosione dello scudo, la tigre finì a terra e Tomoyo volò all' indietro all' urto, finendo distante da Kerochan di pochi metri. La tigre cercò di rialzarsi, affaticata dalla perdita di gran parte del suo potere nello scudo: << Kerochan! >> lo richiamò disperata Tomoyo attaccandosi alla parete. Il muso della bestia alata scese verso la tigre e gli emanò contro un forte ruggito. L' aria che uscì dalla bocca del rettile fu talmente forte che Kerochan ricadde a terra, sbattendo l' intero corpo sul duro pavimento come se il ruggito della creatura lo stesse schiacciando. Tomoyo estraò la sua spada e si precipitò per attaccare la bestia al suo grido di battaglia. Ma la ragazzina si bloccò quando l' animale le ruggì mostruosamente. Tomoyo fu impietrificata da quel verso che le fece salire i brividi lungo la schiena. Kerochan sollevò lentamente la testa incrociando il volto del Re dei Nazgùl: << Hai fallito. Il mondo degli Uomini cadrà >> disse lo spettro alla faccia di Kerochan che risultava sconvolta al potere che il Nazgùl aveva esercitato su di lui.

Lo spettro fece per alzare in alto la sua spada, pronto ad un altro attacco da infliggere al Guardiano Bianco, seguito al suo respiro cupo. Il suono di un corno giunse alla terrazza quando il Nazgùl stava per finire la tigre. Il Cavaliere Nero si voltò al rumore del corno che risuonava in lontananza. Kerochan aggrottò la fronte al corno che udì. Erano altri orchi che stavano per giungere? Il Guardiano seppe riconoscere il corno, e non era quello delle creature malvagie, ma quello di un popolo al quale il suo intervento era stato richiesto. Il Nazgùl guardò ancora una volta Kerochan, ed emise un urlo stridente, decidendo di lasciare lui e la sua amica, volando verso il punto in cui era partito il corno. I due amici tirarono un sospiro di sollievo allo scampato pericolo, osservando lo spettro che svolazzava lontano da loro con la sua bestia alata. Nel campo di battaglia, gli orchi marciavano verso la Città, ma il loro capo dal volto sfigurato venne attratto dal secondo suono del corno, e l' orco si fermò per osservare coloro che si presentavano nella collina più in su. Il ruggito del Nazgùl volò sugli orchi attenti all' esercito che si presentava ai loro occhi. Uno dopo l' altro i mostri si voltarono verso i cavalieri in arrivo, e l' orco rosa emise una smorfia di odio, mettendo in risalto la sua bruttezza. Dalla collina spuntarono dei cavalli guidati dai loro fanti cavalieri sopra. L' esercito nemico degli orchi si portava dietro il sole che spazzava via nel loro perimetro le nuvole degli Orchi invasori. Il corno suonò una terza volta per avvisare ai cavalieri giunti la presenza dei mostri nel campo di Gondor. I cavalli si sparsero fino al bordo della collina, e alcuni cavalieri tenevano delle bandiere verdi alla loro portata con il simbolo di un cavallo su di esse. Era Rohan che finalmente aveva portato i primi raggi di speranza nel territorio di Gondor. I cavalli indossavano delle protezioni in ferro in quasi tutto il corpo, e quelli in prima fila si fermarono all' ordine dei loro fanti che tenevano insieme a tutto il resto dei loro compagni le lance al cielo. La camminata dei cavalli terminò fino in fondo all' ultima fila. Ed ecco che apparve Thèoden la cui armatura risplendeva dorata alla luce del giorno. Fece alcuni passi avanti con il suo destriero bianco, ammirando il paesaggio di Minas Tirith come si presentava adesso. Dalla collina in cui era potè vedere le immense distese nere di molteplici Orchi che erano sparse per il grande cortile della fortezza bianca. Sopra al terreno di Gondor regnavano le nuvole nere di Mordor. Il grido degli orchi si fece sentire all' arrivo dei Rohirrim, e si levò tra tutte le creature come se stessero facendo la ola. Ciò che si distingueva dall' ombra di Mordor era il materiale bianco di cui era fatta la Torre Bianca che come sempre si presentava ai suoi ospiti in tutta la sua imponenza.

Le mura della Città erano in fiamme lungo le sue trincee. Eowyn, travestita da cavaliere di Rohan, era in prima fila. Davanti a lei sul cavallo c' era Meiling anche lei camuffata da piccolo soldato. La dama di Rohan ansimava alla vista dell' esercito di Sauron riversato più avanti e si strinse ancora di più la lancia che teneva alzata. Meiling ebbe lo stesso atteggiamento della donna: la cinesina aveva gli occhi sgranati dal terrore ed evitava di tremare per non essere notata dai cavalieri intorno: << Tomoyo è qui. Lo sento... >> si disse tremante la cinesina. Il braccio di Eowyn le passò davanti e spronava a bassa voce la piccola amica che fu presa dalla paura di combattere come disse Eomer: << Coraggio, Meiling! Coraggio per i nostri amici! >> le disse Eowyn cercando anche lei di controllare il battito cardiaco. Quasi ripiangeva ciò che le disse il fratello riguardo alla competenza sola degli Uomini in guerra. Da un lato più avanti della prima fila, spuntò proprio Eomer con la sua solita lancia, e osservava il panorama che gli Orchi offrivano. Tra quei mostri, l' orco rosa impartiva i primi ordini di disposizione delle sue truppe, passando in mezzo a queste: << Formare le fila, vermi! Formare le fila! Le picche davanti! Gli arcieri dietro! >> gli orchi da davanti si mossero di alcuni passi tenendo le loro forche puntate verso i cavalieri e inginocchiandosi in modo da tranciare le gambe dei destrieri. Meiling emise un lieve urlo nel vedere gli Orchi che si muovevano come insetti disgustosi, pensando che stessero per attaccare, e si mise una mano per tapparsi la bocca. Per fortuna nessuno la sentì. Thèoden osservò la mossa degli orchi e con un verso di rabbia guidò il suo cavallo bianco alla sua destra, troterellando davanti alla prima fila di soldati per dare i suoi di ordini.

Il vecchio Re cavalcò verso suo nipote Eomer: << Eomer, porta la tua Eored sul fianco sinistro >> << Prepararsi! >> rispose il giovane soldato per organizzare la sua parte di esercito all' ordine di suo zio. Thèoden arrivò così da Gamling, dicendogli: << Gamling, segui il vessillo del re al centro! >> e la fedele guardia di Thèoden si tenne pronto ad eseguire i comandi del suo sovrano, dirigendosi nella zona centrale dell' esercito: << Grimbold, porta la tua compagnia a destra dopo aver passato le mura! Avanti, e non temete l' oscurità! >> diede con tono più combattivo l' ultimo ordine Thèoden al suo alleato Grimbold in elmo e armatura così come lo era anche Gamling. Grimbold si spostò nel lato destro della compagine guerriera. Thèoden rimase sul posto, iniziando a dire il suo discorso incoraggiante ai suoi cavalieri: << Desti! Desti, Cavalieri di Thèoden! >> Eowyn abbassò lo sguardo per non essere vista dallo zio che guardava negli occhi i suoi soldati in prima linea. Il Re continuò a spargere la sua voce in tutta la lunga fila: << Lance saranno scosse! Scudi saranno frantumati! Un giorno di spade! Un giorno rosso! Prima che sorga il sole! >> ogni parola si diffondeva nelle grandi schiere di uomini dei cavalli di Rohan. Oltre ai seimila soldati di Edoras si aggiunsero altri aiuti dei popoli all' interno della regione di Rohan. I soldati a cavallo si espandevano fino ad altre colline in fondo larghe alcuni metri quadri, con il sole che abbagliava le schiere dei guerrieri sul ferro della loro armatura. Gli uomini di Thèoden in prima fila misero le proprie lance inclinate di alcuni gradi, facendo sporgere la parte superiore più avanti alle teste dei cavalli. Gli orchi notarono che le lance dei soldati di Rohan avevano cambiato posizione, e anche loro eseguirono un cambiamento mettendosi tutti inginocchiati e puntando più avanti le forche.

Eowyn continuava a dare conforto a Meiling sentendo che le sue reazioni dovevano essere quelle di una donna che non era mai entrata in guerra. La stessa Eowyn si rassicurò per poco alle parole che disse alla sua piccola amica: << Vada come vada, resta con me. Io baderò a te >> la cinesina non pronunciò parola ancora scioccata all' immenso esercito che le apparve. Deglutì. In fondo alla sua sinistra sentì dei colpi di spada che sbattevano contro un resistente materiale. Meiling si sporse leggeremente e vide Thèoden sul suo cavallo che sbatteva la sua spada su tutte le lance inclinate. Percorreva così tutta la prima fila pe rportare fortuna al tocco delle armi dei suoi cavalieri: << Cavalcate ora! >> esclamò Thèoden. Dopo che ebbe sbattuto con le lance, queste si ritraevano indietro una dietro l' altra. Meiling vedeva Thèoden che si avvicinava da loro e che continuava ad inneggiare i suoi uomini: << Cavalcate ora! Cavalcate per la rovina e per la fine del mondo! >>. Eowyn sentì ancora il colpo che suo zio le diede alla lancia anche quando lui si ritrovò alla fine della fila: << Morte! >> gridò il Re muovendo la sua spada per seguirlo nelle urla. I cavalieri risposero in coro alzando le lance: << Ehhh! >>; Eowyn chiuse gli occhi, concentrandosi per tenersi pronta alla battaglia mentre Thèoden gridava ancora: << Morte! >> << Ehhh! >> e lo seguirono di nuovo i Rohirrim. Venne un altro grido da parte del Re: << Morte! >> i soldati alzarono ancora le lance, e questa volta partecipò Meiling che puntò la sua spada avanti e urlando alla carica: << Ehhh! >> << Ahhh! >> anche Eowyn alzò in alto la sua lancia dopo che la sua piccola amica urlò. Le grida dei Rohirrim sovrastarono qualunque avversità in quel momento dando spazio alla pura emozione e alla gloria. Infine il sole spuntò completo da dietro i cavalieri e illuminava la strada di questi verso la liberazione di Minas Tirith: << Avanti, Eorlingas! >> urlò ancora Thèoden come fece al Fosso di Helm in una delle sue epiche battaglie contro la rovina e indirizzando la sua spada verso gli orchi. Un corno tra i soldati suonò, seguito da altri corni che davano il via alla cavalcata dei Rohirrim. Giunse il momento. Thèoden iniziò ad avanzare con il suo cavallo, facendo muovere le altre fila di cavalli dietro di lui: << Morte! >> gridò un' ultima volta l' impavido vecchio.

I cavalieri lo seguirono con un altro coro. Eowyn e Meiling urlarono di nuovo passando di fretta vicine dietro Thèoden. Tutti i cavalieri si mossero dando inizio ad una lenta galoppata con le ultime grida che sparivano. Il cavallo del Re acquistava sempre più velocità, così come quello di Eowyn che aveva Meiling esitante dello scontro. I respiri dei soldati si fecero affannati dopo le urla che levarono al cielo. L' adrenalina sembrò entrare per la prima volta dalle due uniche femmine in mezzo a quegli uomini. La lenta galoppata si trasformò in una corsa per tutti i cavalli dei Rohirrim. Il perimetro dell' esercito era puntato al centro della prima fila, intenti tutti a seguire il loro Re, che sfrecciava senza freni, e cercavano di stare al suo passo. I Rohirrim si apprestavano così a scontrarsi a viso aperto con gli orchi, maneggiando le loro mazze per poi essere affondate nella carne dei mostri. Gli arcieri orchi si misero in prima fila a passo felpato, coprendo gli orchi che puntavano le forche. Le loro frecce puntavano poco sopra le loro teste, e avrebbero eliminato lentamente i cavalieri che stavano per raggiungerli. Il fiato dei cavalli divenne pesante dal troppo correre. Sembravano animali addestrati alle gare da corsa con i loro fanti che digrignavano i denti tenendosi pronti a vibrare i loro fendenti sulle orrende creature. Eowyn e Meiling continuarono a farsi coraggio urlando a più non posso alla carica, e il loro destriero superò i cavalieri che tenevano loro testa nella corsa. Un polverone si creò tra gli zoccoli che calpestavano il terreno, dando l' impressione che stessero arrivando dei tori imbufaliti: << Tirate! >> ordinò l' orco rosa di lasciar scoccare le frecce.

La prima cascata arrivò sui soldati, e alcuni furono abbattuti, finendo calpestati insieme ai loro cavalli dalla mandria di altri soldati. Ma erano troppo veloci perchè potessero essere presi da attacchi nemici. Loro erano i Rohirrim, i soldati a cavallo più letali della Terra di Mezzo. Meiling gridò un' altra volta, non intimidendosi dei caduti e provando sempre più odio per gli orchi che appartenevano alla razza che eliminò il suo adorato Eriol. La seconda cascata di frecce venne rilasciata e colpì altri soldati, ma erano di meno rispetto ai primi, circa due. Thèoden gridò a sua volta, esortando a non smettere di caricare ai suoi uomini: << Tirate a volontà! >> disse esasperante l' orco rosa. Il terzo nugolo piombò sempre su meno cavalieri, mantenendo intatto lo spirito selvaggio dei Rohirrim che erano a pochi metri dall' abbattersi sui piccoli mostri. L' orco rosa sgranò per la prima volta i suoi occhi, rendendosi conto che erano in troppi perchè le frecce potessero abbatterli immediatamente. C' eravamo quasi. Ormai lo scontro era imminente. Eomer alzò a mezz' aria la sua lancia, urlando a più non posso contro gli orchetti che si fecero piccoli e spaventati dalla furia tempestosa dei Rohirrim. La paura adesso infestò quelle viscide creature che tenevano imbambolati le loro forche e si guardavano tra di loro dal panico su cosa fare. Un orco accennò ad un indietreggiamento, ma questo sembrò ancora di più alimentare e imbestialire i cavalieri infuriati che scalpitavano dal voler spazzare via gli orchi. Questi indietreggiarono di alcuni passi con le loro forche, vedendo un soldato che era in mezzo alla mandria passare in pochi istanti davanti alla fila. Lo scontro avvenne. Uno dopo l' altro, dal centro fino a entrambi i lati, i cavalieri si piombarono di impeto contro i corpi paralizzati degli orchi, investendoli con la velocità di una ferrari con i loro cavalli. I mostri erano violentemente urtati da quelle frecce umane che li colpivano senza pietà. I cavalieri già mischiati tra i mostri lanciavano a quelli più avanti le loro lance. Proseguì il calpestamento degli orchi che sbattevano contro le gambe dei cavalli e cadevano uno dietro l' altro come birilli. Eowyn insieme a Meiling provò l' ebrezza del vento che le soffiava in faccia quando si sentì vittoriosa nel calpestare i nemici, e gridava con tutto il suo cuore. I soldati ebbero così il modo di farsi strada tra i piccoli mostri, continuando ad investirli. La prima schiera di orchi era sistemata e si accingevano a raggiungere la seconda. Anche la seconda fazione, nelle sue prime file, indietreggiava alla carica violenta dei Rohirrim. L' orco rosa cedette anche lui al panico di dover essere schiacciato dagli zoccoli di Rohan. Ma anche lui non ebbe il tempo di scappare a causa della forte ondata di cavalieri che si sparse sul suo esercito senza avere alcuna possibilità di fuga. Thèoden finiva gli orchi passanti al fianco del suo destriero con falciate della sua spada; Eomer urlò più decisivo tenendo bene in vista la punta della sua lancia che mostrava agli occhi delle creature impaurite. Il campo di Minas Tirith venne invaso dai cavalieri che lo ripulivano dappertutto dalla presenza degli orchi di Mordor. La vittoria stava per accogliere Rohan, ad un passo dall' impresa più grande di tutte contro l' esercito dell' Oscuro Signore.

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Capitolo 36
*** Episodio 197: La pira di Denethor ***


Nessuno avrebbe mai sostenuto la cavalcata dei Rohirrim. Una prova era stata data contro gli Uruk-hai i quali i soldati di Rohan si scontrarono. La sconfitta di Thèoden allora sembrava prossima, ma l' intervento tempestivo di Eomer e dei suoi Rohirrim fu utile per rovesciare le sorti del conflitto al loro favore. Thèoden venne salvato da suo nipote, e ora erano insieme a dare il loro sostegno alle forze di Gondor che rischiavano il totale annientamento. Gli ultimi secondi furono come sempre decisivi per l' incolumità della gente da proteggere per Rohan. Kerochan con Tomoyo sulle spalle continuava a sfrecciare tra le vie della Città per raggiungere la sommità della Torre Bianca, dove era da sistemare un' ultima cosa: il sire Denethor stava per bruciarsi con suo figlio Faramir. La tigre si fece largo tra i soldati e le donne in fuga: << Permesso! Scusate, vado di fretta! >> disse per farsi strada: << Pista! >> fece una sgommata per risalire una ripida salita. Non si fermò neanche un istante: << Speriamo di arrivare in tempo. Quello stregone ce ne ha fatto perdere fin troppo! >> notò Kerochan a Tomoyo che si teneva salda al suo pelo ed era distesa su di esso per reggersi meglio: << Kerochan, dobbiamo ricorrere all' uso delle tue ali per raggiungere in fretta la dimora. Correre ti farà stancare inutilmente >> lo avvisò dal dorso l' amica dagli occhi blu: << Ancora una volta, Tomoyo, dobbiamo fare a meno delle mie comodità >> << Cosa? >> gli disse la ragazzina incredula: << Vedi, con l' attacco che io ho subito dal Re dei Nazgùl, la gran parte dei miei poteri era incentrata sulla solidità dello scudo che io creai. E quindi con la distruzione della mia difesa, ho perso alcuni usi magici comuni su di me >> spiegò la tigre bianca allungando sempre più le sue zampe nella corsa.

La ragazzina sospirò scocciata: << Mai una volta che le cose vadano per il verso giusto! >> commentò lei: << Hey! Che stai insinuando? Che io sono uno sprovveduto, forse? >> ringhiò il Guardiano con un pizzico di antipatia: << Sto dicendo che tutte le situazioni sono sfavorite a noi, perfino quelle che possono essere banali diventano le più complicate >> << Ah! Pensavo stessi dubitando delle mie risorse >> rispose Kerochan con lieve sollievo e ironia: << Lo sai? Stavi meglio quando eri un peluche >> confidò Tomoyo al Guardiano che emise un' espressione imbarazzata al riguardo: << E perchè scusa? >> << Almeno non ti atteggiavi nel modo in cui lo stai facendo ora >> rispose dicendo la verità Tomoyo: << Lasciamo perdere >> concluse infine Kerochan interrompendo la conversazione. I due entrarono così in una serie di archi formati da scogliere di pietra nel quale vi erano alcune case costruite sopra. Un soldato tra la folla che andava nella direzione opposta a quella di Kerochan, avvertì alcuni suoi compagni: << L' esercito di Rohan! I Rohirrim sono arrivati a Gondor! >> a quella frase la tigre e Tomoyo emisero un verso di sorpresa. La tigre alata si fermò in un' altra terrazza lì vicino di un piano superiore. La ragazza scese dalla schiena della tigre e si apprestò ad avvicinarsi al balcone per vedere cosa accadeva al campo di battaglia. La sua vista racchiuse le distese colline del campo di Minas Tirith e vide dei cavalli che si scontravano con gli orchi che fino ad ora presidiavano l' enorme cortile della Bianca Fortezza. Kerochan si appoggiò con le sue zampe al paratetto, sorpreso dall' inaspettato arrivo di Thèoden: << Ma certo! Era il corno dei Rohirrim >> disse entusiasta il Guardiano: << La nostra richiesta d' aiuto è giunta a destinazione dunque >> << Si! >> esclamò Tomoyo. I suoi occhi si fecero lucidi mentre un sorriso le si dipingeva in volto: << Quest' incubo avrà presto fine! >> si disse convinta la ragazzina tenendosi le mani unite come per recitare una preghiera. La tigre sorrise a sua volta alla scena vittoriosa che sorgeva dal campo: << Su, forza, Kerochan! Andiamo a salvare Faramir! >> spronò al suo amico alato: << E allora monta, ragazzina! >> rispose allo stesso tono la tigre. Tomoyo balzò con un salto sul dorso dell' animale e questi scattò in avanti prendendo un' altra strada in salita alla volta della Torre Bianca.

La mandria di cavalieri di Rohan impazzita proseguiva nello sterminio delle crudeli creature. Un orco stava per abbattere un cavaliere lontano da lui con la sua freccia, ma Meiling notò insieme ad Eowyn il mostro con l' arco rivolto verso l' indifeso soldato. La cinesina prese le redini del cavallo e lo indirizzò verso l' orco che venne travolto senza preavviso dalla carica dell' animale veloce, impedendo così che la vita di un soldato cadesse nelle mani di quel mostro: << Ottima mossa, Meiling! >> le disse Eowyn da dietro: << Grazie! >> rispose la cinesina sorridendo e lasciando le redini di nuovo alla dama. Il Guardiano non si perse in altri momenti decisivi della battaglia e corse il più in fretta che poteva alla dimora bianca sempre con Tomoyo sopra che si teneva saldamente. La strada che Kerochan prese andava a spirale nell' agglomerato di abitazioni costruite nella solida roccia: << Ci siamo quasi! >> annunciò la tigre riconoscendo una via composta da altri archi in pietra e sorpassandoli sotto. Si accorse in quella via che delle dimore di sopra stavano bruciando dal fuoco che si propagava da esse: << Ormai manca poco! >> si ripeteva ancora Kerochan. In quel momento una casa situata sopra delle pareti bianche si disintegrò dalle fiamme che la avvolsero. I pezzi in roccia della dimora caddero violentemente nel sostegno in pietra, e a sua volta questo si staccò dal fianco della montagna la quale è stata circondata da abitazioni. Il grosso pezzo di roccia stava cadendo su Kerochan: << Attento! >> lo avvisò Tomoyo notando più avanti la valanga di pietre che li avrebbero colpiti. Kerochan alzò lo sguardo e non smise di continuare a correre, convinto che sarebbe riuscito a passare in mezzo ai grossi frammenti di pietra: << Ma sei impazzito? >> << Reggiti! >> intimò il Guardiano alla sua amica a bordo.

Il felino accelerò sempre di più nella sua andatura e le zampe sembravano che gli stessero per scappare. Assunse la velocità di un leopardo affamato: << Kerochan! >> gridò la ragazzina girando la testa da un lato per non vedere la fine che stava per fare. I due entrarono nella pioggia di detriti in pietra. La tigre saltò da una parte all' altra a zig-zag, schivando le pesanti rocce che si frantumavano nel duro pavimento. Il grosso polverone che si sollevò dalla disintegrazione dei massi, acciecò per poco Kerochan che si diede una spinta sulle sue zampe posteriori nel fumone che si creò, e ne uscì fuori sterzando con l' ultimo masso che si distruggeva in mille pezzi dietro di lui. Entrambi gli amici si salvarono. Ma Tomoyo lanciò un grido disperato: << Sopra di noi! >> e indicò in alto l' oggetto che stava per cadere sopra le loro teste. Un ultimo pezzo di roccia cadeva nella direzione in cui Kerochan con Tomoyo si erano fermati ed era a pochi metri di distanza da loro: << Non questa volta! >> ruggì Kerochan. Dalla sua bocca si formarono delle fiamme, e la tigre la aprì verso la roccia in caduta libera, facendo liberare la palla di fuoco che si dirigeva sull' enorme masso mentre la ragazzina rimase con gli occhi sgranati alla vista di quella pietra. La palla di fuoco centrò il bersaglio, e il masso si disintegrò in tanti piccoli sassi che si spargevano intorno ai due amici. Tomoyo buttò giù tutto il fiato che aveva trattenuto, accorgendosi che lei e Kerochan erano salvi. Ma un altro loro compagno doveva ancora esserlo, e si affrettarono nel raggiungerlo. All' interno della famosa dimora, Denethor era messo in piedi nella legna insieme a suo figlio Faramir. Il Sovrintendente prese un calice pieno d' olio e si rovesciò in tutto il corpo la sostanza liquida. Poi gettò a terra il calice e inclinò il suo viso bagnato d' olio su quello dormiente di Faramir, anche questo interamente ricoperto della sostanza infiammabile nel corpo. Le gocce d' olio sul volto di Denethor caddero sulla faccia del capitano di Gondor. Questi si scuotè un po' al contatto con le gocce, non aprendo ancora gli occhi.

Il sire fece finta di nulla tra i suoi soldati che non guardavano a Faramir, riconoscendolo morto. Poi annunciò l' ultimo suo ordine da Sovrintendente: << Date fuoco alla nostra carne >> prese respiro e chiuse anche lui gli occhi tenendo le sue braccia alzate per formare con tutto il suo corpo una croce. Quattro soldati tenevano delle torce e lentamente avvicinavano le fiamme del fuoco alla legna. Denethor alzò lo sguardo in alto, mostrandosi soddisfatto al suo sacrificio da dare in questa guerra persa e accennando ad un sorriso satanico. I soldati inclinarono piano piano le torce verso il materiale che avrebbe preso fuoco. Dei servi del sire Denethor rimasero dietro ai soldati per osservare in silenzio il rituale che stava per compiersi. Le fiamme erano a pochi centimetri dalla legna. Un ruggito provenì in fondo alla sala, e le porte della casata si spalancarono improvvisamente, entrando in scena Kerochan e Tomoyo. Le due guardie che controllavano la porta si girarono all' entrata a sorpresa dell' animale. Denethor si voltò di scatto dietro di sè, adirato più che mai al colpo di scena che si verificò, così si fermarono anche tutti gli altri soldati: << Che cessi questa follia! >> sbottò Kerochan al Sovrintendente. Ma questi non aveva intenzione di ascoltare le suppliche del Guardiano, e prese furtivamente e di fretta la torcia di un soldato vicino a lui. Il sire si portò vicino alla faccia la torcia, le quali fiamme illuminarono ancora di più la sua faccia demoniaca resa più in risalto dai capelli grigi bagnati che cadevano davanti ai suoi occhi. Tutti i presenti in sala, compreso Kerochan, si paralizzarono alle serie intenzioni di Denethor. Il vecchio custode era distante dalla tigre, e questa non poteva fare niente perchè in ogni caso Denethor si sarebbe dato fuoco: << Puoi trionfare sul campo di battaglia per un giorno, ma contro il potere che si è innalzato ad Est non c'è nessuna vittoria >> avvertì al Guardiano che non si era ancora arreso alle forze di Mordor. Il Sovrintendente gettò nella legna la torcia. E subito intorno a lui e a Faramir si creò una grande fiamma. Il ragazzo che era disteso sopra la legna si mosse appena. Tomoyo sgranò gli occhi a quello che Denethor aveva osato fare, decidendo di terminare la sua vita accanto al suo ultimo figlio. Kerochan digrignì i denti e afferrò con la bocca la lancia del soldato alla sua destra. Il Guardiano corse con Tomoyo verso il rogo che era stato appiccato. Per qualche strano motivo le guardie non fermarono il gesto di Kerochan, forse avendo capito che Denethor era uscito fuori di testa tragicamente.

La tigre andò verso il lato frontale a Denethor e vibrò contro la pancia del sire un colpo del legno della lancia. Il custode del trono perse l' equilibrio stando in piedi, e cadde all' indietro, sbattendo la schiena contro il duro pavimento e salvandosi dal fuoco. Ora rimaneva solo Farmair da salvare; ma ancora dormiva. Tomoyo lo vide avvolto intorno dalle fiamme. La ragazzina si mise in piedi sul dorso della tigre e saltò verso Faramir, finendo accanto a lui. Tomoyo non perse altro tempo e mise le sue mani sotto la schiena di Faramir, e attuò tutta la forza che aveva in spirito per farlo rotolare giù dall' altare coperta dalla legna bruciante. Con un urlo di disperazione, la giovane spostò il corpo del figlio del Sovrintendente, e rotolò anche lei insieme a lui. Nel rotolamento Faramir era stato raggiunto da delle fiamme ad un fianco, e Tomoyo cercò di spegnerle velocemente con il suo mantello elfico. Denethor si riprese dalla caduta e si diresse verso la ragazzina che aveva salvato suo figlio: << No! >> urlò il sire aggredendo Tomoyo e strattonandola per un braccio: << Non mi porterai via mio figlio! >> diceva delirante Denethor. Kerochan si preparò ad attaccare il vecchio pazzo mentre Tomoyo cercava di dimenarsi dalla sua presa, agitandosi e urlando. La tigre bianca scattò in avanti e ruggì contro il Sovrintendente che fece in tempo a vedere la faccia furiosa della tigre che gli veniva incontro. Con il salto che Kerochan si diede, le sue zampe anteriori spinsero il corpo di Denethor, facendolo finire sopra al fuoco. La ragazzina venne tratta in salvo dal suo amico Kerochan e si ritraè indietro per non essere raggiunta dalle fiamme che avvolgevano piano piano l' olio cosparso su Denethor.

Quest' ultimo alzò lo sguardo in mezzo al fuoco per vedere ancora una volta le palpebre chiuse di suo figlio che trovò così al momento della nascita. Ma, invece, non fu questa l' ultima visione che Faramir gli diede. Infatti, il capitano di Gondor riaprì gli occhi al padre: << Faramir! >> disse con sollievo Denethor rivedendo il chiaro degli occhi del figlio che era ancora confuso dal sonno che lo colse; Faramir spostò la sua testa verso il padre che andava in fiamme. Denethor trasformò la sua espressione gioiosa in una smorfia di dolore, sentendo il fuoco che penetrava dentro la sua pelle: << Ah! >> il vecchio custode si mise a urlare con le fiamme che lo assalirono completamente. Si alzò dall' altare, resistendo alle fiamme e diventando così una torcia umana. Tomoyo sobbalzò alla vista di quella scena che stava per concludersi con l' orribile fine del pazzo sire di Gondor. Questi saltò giù dalla legna infuocata e scappò verso un corridoio opposto a quello dell' entrata mentre le fiamme lo consumavano in corpo: << Così trapassa Denethor, figlio di Echtelion >> annunciò Kerochan osservando impassibile la figura di Denethor che si allontanava in quel corridoio. La torcia umana uscì dalla dimora e corse verso la rupe dalla quale si sarebbe gettato nel grande dirupo, cadendo per alcuni metri da un' altezza paurosa, suicidandosi. Nel mentre il suo gesto era totalmente ignorato dai cavalieri di Rohan che si apprestavano a finire gli orchi nel campo di battaglia.

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Capitolo 37
*** Episodio 198: La battaglia dei Campi di Pelennor ***


Rohan stava per uscire vittoriosa da Gondor. I soldati scagliavano i fendenti delle loro spade sugli Orchi impauriti che caddero a terra privi di vita. Eomer vibrò la sua lama sulla faccia di un altro orco, e poi utilizzò una forca per infilzare alla testa le orribili creature che emisero un breve urlo mentre cadevano strazzianti. I cavalieri massacravano così gli orchi che erano riversati nel campo del Pelennor, con il sole che splendeva alto e che aveva finalmente spazzato via le nuvole nere di Mordor. Thèoden continuava a dare fendenti alle teste degli orchi. Uno di quei mostri stava per allungare la mano sul Re di Rohan ma Thèoden lo fermò facendo cadere la lama della sua spada sopra la testa del nemico. Anche Eowyn e Meiling ebbero lo stesso atteggiamento tipico di chi stava combattendo; la prima scagliava fendenti al ritmo delle sue urla, mentre Meiling affondò la sua spada nel petto di un orco. Gli orchi furono così costretti a scappare lontano dai cavalieri di Rohan, lasciando il dominio della Città di Gondor. Alcuni di loro venivano uccisi da altri soldati nella fuga. Vittoria stava per giungere: << Spingeteli verso il Fiume! >> esclamò Eomer maneggiando la sua spada in avanti. I Rohirrim diedero di nuovo la carica agli orchi fuggitori, mandandoli lontano dalle mura di Minas Tirith: << Rendete sicura la Città! >> disse Thèoden a impresa compiuta. I cavalieri smisero di inseguire gli orchi vedendo che ormai erano distanti da loro, e alzarono le spade al cielo in segno di vittoria: << Ce l' abbiamo fatta! >> disse Eowyn felice: << Urrà! Evvai! Scappate pure, mostri! >> disse Meiling insultando le creature malefiche che scappavano a gambe levate.

Nel battaglione di Rohan si diffuse un festeggiamento temporaneo e presto il territorio di Gondor sarebbe stato ripulito da quelle laide creature. Thèoden sorrise ai volti soddisfatti dei suoi uomini mentre guardava le sagome degli orchi che andavano verso l' orizzonte. L' espressione del Re però si fece stupita ad un qualcosa che non si aspettava. Passò la sua spada insanguinata dall' altro lato della sua faccia preoccupata. Sentì dei barriti in lontananza accompagnati da dei passi che facevano tremare la terra. Eomer ebbe la stessa faccia di suo zio alle creature che giungevano da loro. I soldati si fermarono nel festeggiare e videro oltre l' esercito di orchi in fuga degli elefanti che si materializzavano alla loro vista. Un corno suonò nel punto in cui avanzavano i grossi animali da guerra. Questi portavano sulle loro schiene delle postazioni dove stavano degli uomini coperti da delle vesti, come quelle dei predoni del deserto. Le enormi bestie avevano zanne lunghe che scendevano quasi fino al terreno, ed erano comandati da altri uomini con delle strisce bianche sul viso. Il corno suonò da uno di questi e dava l' avviso dell' arrivo del nuovo esercito di Sauron. Gli elefanti erano disposti su un' unica fila e avanzavano verso l' esercito di Rohan. I cavalli nitrirono un po' dalla paura e i cavalieri tirarono le redini per tranquillizzarli, anche se loro stessi temevano le grandi bestie da combattimento. Eowyn e Meiling furono paralizzate dal terrore, sperando che non si sarebbero lanciati contro quelle bestie: << E quelli da dove spuntano? >> domandò la cinesina con lo sguardo impaurito. La dama dietro di lei non le rispose perchè troppo presa a guardare la grandezza degli elefanti. Un coro da guerra si levò tra gli uomini che cavalcavano le bestie i cui piedi quadrati e pesanti accelerarono sempre di più il passo. Gli orchi fuggitivi passarono in mezzo alle zampe degli elefanti, nascondendosi dietro di questi per non essere spazzati via dalla loro furia. Thèoden digrignò i denti e ordinò: << Serrate le fila! Serrate le fila! >> i soldati si misero uniti tra di loro tenendo le lance compatte mentre i loro cavalli nitrivano in continuazione.

Gli elefanti alzarono le loro proboscidi e barrirono insieme, mostrando le schegge in legno appuntite che avevano nella sommità delle loro lunghe zanne: << Suonare la carica! Scontro frontale! Aaah! >> disse Thèoden ai Rohirrim che persero ogni loro convinzione sul campo di battaglia. Gamling suonò il corno di Rohan, partendo poi all' urlo del Re e dei soldati alla carica delle gigantesche bestie. I cavalli si impennarono e infine si misero a correre con la velocità che li caratterizzava e uno dopo l' altro i guerrieri partirono alla riscossa. Perfino Eowyn non volle tirarsi indietro e partì contro le bestie sempre incoraggiandosi con il suo grido da guerra. Meiling socchiuse gli occhi a quella che sarebbe stata una catastrofe. I Rohirrim e gli elefanti con gli uomini sopra di essi si stavano per scontrare. La testa di un elefante si scuotè a destra e a sinistra ripetutamente prima di mischiarsi con i soldati coraggiosi. E quando arrivò il momento, l' elefante centrale fece cadere come un pendolo le sue zanne scheggiate sui soldati in prima linea, facendoli volare insieme ai loro cavalli per alcuni metri. Altri uomini di Rohan venivano scalciati dalla forza delle zampe delle bestie, sbattendo contro di esse per poi venire schiacciati. Un altro elefante vibrò verso il basso le sue zanne contro altri cavalli che volavano a peso morto nell' aria e ricadere con un tonfo a terra. I cavalli cercarono di raggirare gli elefanti ma questi li respingevano sempre con le zanne accuminate. I guerrieri puntarono le lance sugli animali ma anche le loro armi vennero spezzate dalle zanne che per poco non spazzarono via pure i cavalieri che si allargavano al passaggio tra di loro degli elefanti.

Altri fendenti di zanna investirono gli indifesi cavalieri. Un altro elefante portava del filo spinato grosso che partiva da una zanna e finiva dall' altra. L' elefante caricò con il suo filo per alzare in alto le carcasse dei cavalli che arrivavano verso di loro. I soldati di Rohan si misero a scagliare le loro frecce sulle pance dei grossi animali che continuavano a seminare vittime con i loro colpi. Al lancio delle frecce ci pensarono gli uomini in veste nera appostati sopra le schiene delle bestie e colpivano a caso i cavalieri di Rohan che cadevano uno dietro l' altro ai colpi degli uomini di Sauron. Così i loro elefanti potevano avere l' occasione di falciare gli arcieri a cavallo. Un soldato di Rohan che si trovava insieme ad altri suoi compagni nella mira degli uomini ciechini, lanciò la sua freccia colpendone uno che cadde dal suo tendone con un urlo di dolore. I soldati di Rohan cercarono così di abbattere i nemici di sopra scagliando loro le frecce ma anche questi risposero al fuoco provocando perdite da una parte e dall' altra. Improvvisamente la zampa di un elefante schiacciò in pieno un arciere di Rohan, e provocò la caduta contemporanea di altri cavalli che scappavano sotto di loro. L' uomo che guidava gli elefanti spostò la sua bestia da una parte, schiacciando un altro soldato. L' uomo emise un urlo come se fosse divertito alla scena. Il suo elefante aveva il filo spinato alle zanne e colpiva da dietro i cavalli che finivano insieme ai cavalieri nelle punte del filo mentre la bestia era in corsa. Eomer si mise a distanza di sicurezza dalla bestia e osservava i suoi uomini che scappavano o che tentavano di mettersi in salvo dalle sue zanne che falciarono un altro po' di soldati, e tra queste si incastrò un cavallo imbizzarrito. Un ennesimo cavaliere venne schiacciato dalla zampa dello stesso elefante che Eomer aveva puntato. Sotto il dorso dell' animale vi erano tre cavalieri che scagliavano frecce alla sua pancia. Uno di loro era Gamling, e rimase solo dopo che i suoi altri due compagni vennero raggiunti dal peso delle zampe dell' elefante. Gamling scoccò un' altra freccia sulla pancia dell' animale, per poi raggiungere Eomer: << Abbattilo! >> gli disse al nipote di Thèoden. Il cavaliere guardò ancora una volta quello che comandava l' elefante che si apprestava a muovere la sua bestia contro il soldato Rohirrim. Eomer si mise la sua lancia nella posizione per tirarla e la indirizzò verso l' uomo sulla testa dell' elefante. Questo cadde dalla sua postazione colpito al petto dalla lanca di Eomer. Ma l' arma del soldato si impigliò nell' orecchino dell' elefante con il peso dell' uomo colpito che gli tirava la grande orecchia.

L' elefante emise un ruggito di dolore quando l' orecchia si stirò e barcollava verso sinistra da un altro suo elefante con tutto il carico degli uomini di su che cadeva a terra con i due elefanti che si scontrarono. L' elefante che venne urtato finì con il peso della sua zampa che schiacciava la testa del suo altro animale e la postazione dei suoi uomini, mentre lo stesso animale sopra di questi finiva infilzato alla pancia dalle zanne di quello che aveva schiacciato. Eowyn e la sua amica Meiling si trovarono nel bel mezzo di quell' inferno, passando vicino agli elefanti che facevano tremare la terra con le loro zampe. La cinesina barcollò appena al tremolìo che si sentì quando l' enorme bestia le passò accanto. La piccoletta emetteva dei lamenti quando un elefante stava per venirle incontro, ma Eowyn cambiò direzione e si abbassò alla zannata dell' elefante che fece muovere i capelli biondi della dama mentre le zampe dell' animale mancarono per poco il cavallo. Di nuovo Eowyn cambiò strada quando la zampa di un altro elefante si parò nel cammino: << Prendi le redini! >> disse a Meiling dandole anche la spada. La ragazzina si trovò improvvisamente indaffarata nel tenere delle cose insieme con Eowyn che le metteva fretta nel dare indicazioni: << A sinistra! Vai a sinistra! >> esclamò la scudiera alla piccola amica che diresse per sbaglio il destriero sempre avanti ma che in un secondo momento lo fece deviare, tagliando la strada ad un elefante che era diretto verso le due femmine. Passarono sotto il ventre di un altro elefante, e Meiling ammirò con il fiato sospeso l' ombra enorme che copriva il cavallo su cui era. Sorpassarono l' elefante e la cinesina cominciò a destreggiarsi con le redini, e passò la spada nuovamente ad Eowyn che a sua volta ne estraò una seconda. Le due amiche si addentrarono sotto la pancia di un altro elefante. Eowyn vibrò le sue due spade per colpire le zampe anteriori dell' animale. Meiling venne di nuovo colta dalla suspence come se stesse attraversando una galleria senza aria. Il cavallo passò sotto l' elefante e poco prima di uscire, la dama di Rohan ferì alle altre due zampe il grosso animale che era stato gambizzato gravemente e si accasciava al suolo dietro alle spalle di Eowyn, schiacciando con la prima zampa ferita un soldato con il suo cavallo al momento della caduta. Eomer radunò alcuni cavalieri per uccidere un elefante: << Mirate alla testa! >> urlò il nipote di Thèoden scagliando una freccia nella postazione degli uomini sopra. Altre frecce di Rohan venivano fatte piovere all' altezza della testa dell' elefante che si alzò a due zampe e si scuoteva facendo cadere a terra gli uomini che trasportava: << Abbattetelo! Abbattetelo! Abbattetelo! >> gridava Thèoden notando alcuni uomini di su che si tenevano alle travi della postazione per non cadere. Gamling provò anche lui a contribuire all' assalto del gigante elefante, ma questi non cedette minimamente a cadere. Si presentò Eowyn a lancia puntata verso l' animale e la lanciò ad una delle sue zampe posteriori.

L' elefante cedette sulle zampe posteriori, mettendosi seduto. Il rumore che provocò nello sedersi era talmente forte che il cavallo di Eowyn si impennò bruscamente dallo spavento e fece cadere all' indietro Meiling ed Eowyn. La testa dell' elefante stava precipitando verso Eowyn, ma con riflessi pronti la ragazza si spostò in fretta, evitando di essere schiacciata dal peso dell' elefante morente. La postazione sulla schiena di questo si cappottò facendo spargere per il campo di battaglia gli uomini. Eowyn si rialzò in piedi dopo la caduta dell' elefante e cercò la sua amica d' improvviso scomparsa: << Meiling! >> ma tutto quello che vide fu il caos che si spargeva in quel campo dove si mischiavano orchi e cavalieri che combattevano con sullo sfondo gli elefanti imbizzarriti che sterminavano chiunque si trovasse davanti a loro. Era stata divisa dalla sua compagna e sperò che non l' avesse schiacciata l' elefante. Thèoden ammazzava gli orchi che lo stavano per circondare con la sua spada. Eowyn non ebbe tempo per andare a cercare la sua amica dispersa in quella mandria, e decise di soccorrere suo zio che veniva circondato da altri orchi. La donna con l' elmo piombò alle spalle di uno di quei mostri e lo infilzò alla schiena con un fendente, continuando a sistemare gli altri orchi, difendendo lo zio. Thèoden si voltò quasi stupito dal soldato che lo aiutò nel combattere, avendo la sensazione di averlo già visto manovrare quella spada sui mostri che abbatteva. Il Re però non si perse in altri pensieri e tornò immediatamente a uccidere altri orchi. Da dietro il cadavere di un elefante spuntò Meiling che strisciò su di esso, essendosi salvata anche lei dallo schiacciamento dell' animale abbattuto da Eowyn. La ragazzina tossiva dalla troppa polvere che si levava fino ai suoi occhi e come si rialzò da dietro il grande corpo disteso della bestia, venne subito attaccata da uno degli uomini in veste nera che erano nella postazione dell' elefante caduto.

La cinesina si abbassò al colpo della lancia di quello e lo uccise con la sua spada allo stomaco, provocandogli una ferita mortale. Non riusciva più a vedere Eowyn tra tutto quel movimento generale di orchi che correvano e cavalieri che andavano incontro a questi. Meiling era ormai priva dell' elmo alla testa e le sue code nere le scendevano liberamente sulle spalle come un tempo. La piccola guerriera dagli occhi rossi squarciò violentemente un orco che le veniva incontro. Anche Eowyn da un' altra parte del campo uccideva uno alla volta gli orchi che incrociavano la sua strada verso di lei, piantando in loro la lama della sua spada. Ancora Meiling si abbassò al fendente di un altro nemico, sempre per primo un uomo, e lo finì con la sua spada. Un orco prese la ragazzina per le spalle e la alzò in alto. Meiling si dimenava dalla presa del mostro, scalciando mentre la scuoteva da tutte le parti. La lama della piccoletta ferì prima l' orco alla pancia e poi alla gola per poi piantargliela ripetutamente allo stomaco, lasciando così in pace la guerriera cinese e cadere privo di vita al suolo. Eowyn infilzò la sua lama nel corpo di un altro orco che si era lanciato verso di lei, e si girò per vedere se c' erano altri orchi. Ma da dietro le giunse l' orco dal volto sfregiato e di carnagione rosa che era sopravvissuto alla carica dei soldati di Rohan, e ora si lanciava con il suo ruggito per attaccare la donna in armatura. La dama parò tre colpi della spada manovrata dall' essere orribile, e al terzo spinse l' arma del suo nemico in basso che le rivolgeva una smorfia di odio seguita sempre dal suo verso strozzato. Eowyn digrignò i denti e colpì dal nervoso con un pugno la faccia malformata dell' orco. Questo reagì con un altro fendente orizzontale al quale Eowyn si abbassò di fretta e fece una giravolta nel mentre che sollevò in alto la spada dell' orco. La donna notò che il mostro era privo di difesa frontale della sua arma e ne approfittò per far scendere la sua spada nella gamba del mostro rosa che cadde a terra dolorante dal colpo letale subito dalla sua avversaria. La battaglia andava avanti con i Rohirrim che venivano sempre più dimezzati dalle grandi bestie di Sauron, e ora sia loro che i soldati di Gondor stavano per subire la stessa sconfitta insieme.

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Capitolo 38
*** Episodio 199: Un verde paesaggio ***


All' interno delle mura di Minas Tirith, gli orchi si sparpagliarono per le vie della grande Città seminando distruzione e panico per gli abitanti che fuggivano al riparo dai loro soldati. Gli Uomini di Gondor in armatura argentata si misero a formare un blocco in una stretta via, impedendo che i terribili mostri avanzavano per il secondo piano della fortezza. I cavalieri abbassarono le loro lance, puntandole agli orchi che correvano verso di loro, agitando le loro sciabole in aria. Le due parti si scontrarono ferocemente in un duello all' ultimo sangue dove ogni coppia era formata da un cavaliere e da un orco che si scagliavano a vicenda fendenti delle proprie armi. Kerochan e Tomoyo scesero dalla dimora dove ebbero salvato Faramir per guidare una truppa di soldati alla difesa della bianca Città. La tigre con Tomoyo sopra stavano a capo del gruppo dei cavalieri a cui facevano da guida alla carica contro gli orchi. Quando i mostri sbucarono da un angolo, Kerochan diede l' ordine: << Attaccateli tutti quanti! >> e il Guardiano alato fece un salto, scavalcando le prime file di orchi in arrivo e piombando in mezzo a loro con Tomoyo che li colpiva con la sua spada per farli tenere distanti da Kerochan e da lei. Gli orchi che Kerochan aveva superato si distraerono dall' acrobazia del Guardiano e vennero sorpresi dall' attacco travolgente dei soldati di Gondor capitanati dalla tigre bianca. Nel campo del Pelennor le cose andavano diversamente. I soldati di Thèoden venivano ridotti in numero dalla potenza degli elefanti da guerra e a stento riuscivano a scagliare le loro frecce sulle teste dei grossi animali, dovendo prima allontanarsi dal raggio d' azione degli uomini sopra le schiene di essi. Eowyn continuò a dilaniare i corpi degli orchi che le stavano intorno, anche per proteggere suo zio, e si spinse sempre più nel mucchio di mostri che si estendeva più in là nella radura.

Meiling dovette fare a meno di recuperarsi l' elmo, impegnata nel faticoso duello con le creature che le giungevano di fronte. Fece cadere velocemente la sua spada in verticale su un orco che nel prendere la rincorsa venne colpito prima che potesse saltare addosso alla ragazzina, e cadde ai suoi piedi. La cinesina ansimava pesantemente dalla fatica nel manovrare la lama contro gli esseri brutti. Era ancora nella posizione inchinata del momento in cui la sua spada roteò verso terra per abbattere l' ultimo orco che si ritrovò vicino. Aveva un' espressione accigliata e i suoi occhi rosso rubino sfrecciavano da una parte all' altra del campo martoriato dalla battaglia andando sempre alla ricerca della sua amica Eowyn scomparsa. Tutto ciò che vide ai suoi occhi furono i corpi di quelli che partecipavano alla battaglia cadere a terra senza vita. Orchi, uomini e cavalli crollavano in combattimento con l' uccisione da parte degli avversari che li avevano affrontati. Ora erano diventati tutti delle anime che vagavano chissà in quale tetro luogo: << Eowyn! >> gridò Meiling per sovrastare le urla da guerra e per richiamare la sua amica con cui era un attimo fa a cavallo. Ma non rispose nessuno. Sembrava come se fosse una formichina in mezzo a quella bolgia di orchi e soldati che si ammazzavano l' un l' altro. Degli uomini dall' alto di un elefante continuarono a scoccare le loro frecce ai loro bersagli noti come i cavalieri di Rohan. I corpi che strazziavano a terra dei cavalieri, venivano poi totalmente distrutti e schiacciati dalle zampe delle bestie da guerra. La cinesina rimase scioccata e senza parole all' orrore che vide per la prima volta in un campo di battaglia, e decise di richiamare la sua amica, levando la faccia al cielo: << Eowyn! Dove sei? >> gli occhi della cinesina si fecero lucidi e pieni di lacrime al momento che stava passando. La sua voce attirò un altro po' di orchi verso di lei e fu costretta nuovamente a riusare la sua spada anche se cominciava a rifiutarsi di combattere. Meiling tirò in su le lacrime e si mise nella posizione d' attacco per scagliare i suoi fendenti d' arma sulle creature in arrivo: << Forza, allora. Fatevi sotto! >> tuonò decisa la ragazzina. Gli orchi seguirono la frase provocatoria di Meiling e corsero infuriati su di lei. Nel breve tempo che divideva la cinesina dalle orrende creature, Meiling ripensò alle parole che sentì in lontananza tra Eomer ed Eowyn la notte che la stessa Meiling indossò l' armatura fornita dalla scudiera di Rohan: << La guerra è di competenza degli Uomini, Eowyn >> questa fu la prima frase che le balenò in mente.

La ragazzina però sembrava non dimostrare cedimento nella lotta, ma allo stesso tempo mostrava ragione per le parole che pronunciò Eomer all' inizio: << Quando la paura la coglie, e il sangue e le grida e gli orrori della battaglia la investono, credi che starebbe lì a combattere? >> Meiling digrignò i denti a quelle parole che sottolineavano ogni suo intervento che sarebbe risultato inutile e non competente con lo svolgimento della battaglia. Strinse ancora più forte la sua spada nell' elsa, pensando anche al fatto che la guerra si sarebbe persa lo stesso con o senza lei: << Scapperebbe. E avrebbe ragione di farlo >> la frustrazione colse Meiling sentendosi dentro un bricciolo di fuga e di voler abbandonare il campo di battaglia. Esattamente come aveva predetto il fratello di Eowyn. Ma l' orgoglio della guerriera cinese era troppo forte per voltare le spalle ad una sua compagna che ora era dispersa lì nel campo: << Oh, Tomoyo. Spero che ci rivedremo presto. Da questa parte o dall' altra >> pensò Meiling con i suoi orchi assalitori che le erano ormai a pochi centimetri di distanza. La cinesina fece un passo in avanti e riprese a maneggiare come sapeva fare lei e come le insegnò Eowyn fin dal primo momento. A Minas Tirith, le pareti bianche delle dimore racchiudevano nelle loro strette vie i cruenti duelli che si svolgevano sparsi ovunque. I soldati di Gondor si difendevano con i denti pur di non far passare gli orchi oltre le loro armature. O almeno cercarono di tenerli distanti mettendo all' altezza delle loro gole il legno delle lance, come se stessero tenendo a bada un cane randaggio. Kerochan sferrava artigliate ai mostri che saltavano verso la sua direzione e nel caso in cui questi gli si aggrappavano ai fianchi lui si esibiva in una giravolta in modo che gli orchi rimanessero confusi una volta che li avrebbe uccisi.

Tomoyo combattè duramente contro quelle orribili creature che piano piano la stavano circondando. Ad ogni fendente che partiva dalla sua spada, altri orchi le stavano sempre più intorno. La tigre bianca al suo fianco vibrò una zampata sulla faccia di un orco, e poi eseguì un salto spostandosi sempre più all' interno della mandria di mostri. Dalla sua bocca Kerochan fece uscire un turbine di fuoco che fece propagare su tutti gli avversari che vedeva su di lui. Si creò un turbine di fiamme roventi che il Guardiano continuò a far uscire dalla sua bocca roteando su sé stesso. Le fiamme investirono ogni orco che si trovasse nel raggio d' azione della tigre e in poco tempo si espanse un enorme tornado di fuoco che avvolgeva Kerochan al centro: << Kerochan! >> esclamò Tomoyo voltandosi insieme ad altri soldati per osservare lo spettacolo che fece nascere Kerochan. Il calore rovente si dissolse lasciando un enorme vapore che si innalzava dal punto in cui le fiamme nacquero: << Stai bene, Kero? >> domandò l' amica dagli occhi blu. Una folata di vento spazzò via il fumo che circondava Kerochan che si presentò agli occhi dei presenti con le sue ali bianche che lo proteggevano all' interno del tornado di fuoco che si era creato per sterminare gli orchi. Tomoyo emise un sospiro di sollievo e notò che degli orchi di cui si occupò Kerochan, non ne era rimasta alcuna traccia: << Ottima mossa, Kero >> << Risparmia i complimenti. Credo che non è abbastanza per sistemarli >> rispose Kerochan ai complimenti di Tomoyo. In men che non si dica, da dietro agli orchi spuntarono dei Troll che puntarono le loro grandi clave alle truppe di soldati guidate da Kerochan: << Ah! Aiuto! >> esclamò un soldato che teneva impegnato un orco. Ma questi si dimenò dalla presa della lancia del soldato e lo infilzò alla pancia con una spada. Come nel gioco del domino altri soldati caddero in prima linea uccisi dagli orchi che si sentirono rianimati dall' arrivo dei loro altri compagni Troll.

Questi ultimi davano mazzate ai soldati malcapitati che volavano per alcuni metri in lontananza: << Oh, no! E' terribile! >> commentò Tomoyo alla scena che vide con i soldati scaraventati per molti metri più avanti. Da dietro la ragazzina si posò un' ombra enorme. Un Troll stava per far scendere la sua clava sopra la testa della ragazzina. Tomoyo si girò lentamente, notando che gli orchi che l' avevano circondata prima erano come spariti nel nulla, lasciando spazio al loro amico gigante. La clava stava per caderle nella faccia che rimase immobilizzata insieme al corpo dalla paura del Troll che si presentò a lei: << Tomoyo, attenta! >> gridò Kerochan balzando verso l' amica con tutte le forze che aveva in corpo. Il muso della tigre sbattè contro le gambe di Tomoyo, facendola cadere a pancia in su sul dorso dello stesso Kerochan che si scansò all' ultimo dal colpo della clava che disintegrò una mattonella del pavimento bianco. Il Guardiano con la sua amica sopra si posò all' inizio di una salita, avvertendo a gran voce i soldati che ancora combattevano: << Ripiegare! Ripiegare! Sono in troppi! Abbandonare le postazioni! >> annunciava agli uomini di tirarsi indietro allo scontro. I soldati fecero dietro front per raggiungere Kerochan che proseguiva a percorrere la salita. Gli orchi si misero al loro inseguimento, volendo finire i soldati con cui combattevano prima. Tomoyo si girò sempre sopra al dorso di Kerochan e vide dietro di lei l' esercito di soldati che correvano seguendo la via che prese la tigre bianca. Più indietro ai soldati, c' erano i Troll insieme agli orchi che allungavano ancora di più il passo per aggredire i guerrieri in fuga. Alcuni di quei mostri saltarono alle spalle dei soldati all' ultima fila e li atterrarono con violenza nel duro pavimento. La ragazzina guardò, nel mezzo del tempo che per lei rallentò, gli ultimi movimenti dei soldati catturati nel dimenarsi dalla presa degli orchi prima che questi affondassero le loro spade su di loro. Tomoyo girò di nuovo la testa avanti, guardando la strada che Kerochan percorreva. Delle lacrime si formarono nelle orbite della ragazza alla tragedia che stava sempre più per avverarsi. Kerochan aprì delle ante di un corridoio all' aperto e fece passare tutti i soldati: << Presto! Tutti dentro! >> ordinò il Guardiano. I guerrieri di Gondor si affrettarono a risalire la lunga strada con alle calcagna gli orchi che bramavano il loro sangue. Un soldato uccise nella corsa un orco in prima fila, mollandogli un fendente in piena faccia. L' orco cadde in avanti, e il suo corpo fece inciampare gli altri mostri dietro di lui. I cavalieri argentati si riversarono oltre la porta del corridoio e la richiusero bloccando la serratura delle due ante. Si trovarono in un vicolo cieco dove un muro alto si stagliava alle loro spalle. Kerochan e Tomoyo si appostarono su un balcone costruito ad altezza pavimento: << Tieniti pronta, Tomoyo >> disse la tigre comunicando alla ragazzina di estrarre la sua spada.

Gli orchi dall' altra parte si rialzarono alla caduta subita. Da dietro di loro arrivò in corsa un loro Troll che tendeva un martello pesante. L' enorme mostro fece cadere violentemente il martello contro il legno delle ante, volendo abbattere la porta che lo separava dagli uomini. Presto anche gli orchi dietro di lui lo vollero aiutare nel buttare giù la porta il più in fretta possibile. Tutti i piani fino a dove si erano rifugiati Kerochan e i cavalieri erano ormai invasi dal numero immenso di orchi che entrarono a Minas Tirith anche grazie all' intervento degli Uomini del Sud che tenevano impegnati gli uomini di Thèoden al campo. Da alcuni piani inferiori si sentirono le urla della gente di Gondor che si metteva al riparo più avanti mentre i soldati che li proteggevano sistemavano degli orchi che li stavano inseguendo. Il Re dei Nazgùl sorvolò la Città con il suo rettile alato che emanava il suo solito verso di rabbia, e vide che lentamente la fortezza bianca stava decadendo. Il Troll continuava a sbattere ripetutamente il suo martello sulla porta che chiusero i soldati di Gondor per proteggersi. Dietro al mostro gli orchi attendevano a lance alzate il loro accanimento sugli uomini indifesi. Dall' altra parte della porta, i cavalieri puntavano a loro volta le loro lance contro le ante che tremavano al colpo del martello del grande orco e alcuni tenevano spinta la porta in caso fosse ceduta la serratura. I cavalieri si avvicinarono ammassati con le loro lance sempre più nello spazio del portone colpito dagli orchi di fuori. Tomoyo si mise seduta e con le spalle appoggiate alla ringhiera del balconcino si tenne all' altezza degli occhi la sua spada. A fianco c' era Kerochan nella sua solita posizione d' attacco: << Una volta che saranno entrati, non esitare a lasciarne uno in vita. Capito, ragazza mia? >> disse la tigre a Tomoyo che annuì tristemente al suo amico. Un altro colpo giunse alla porta, e Tomoyo abbassò lo sguardo fissando la terra. Era preoccupata. Nonostante avessero salvato Faramir dal padre Denethor impazzito, le cose in Città non erano cambiate, neanche con l' intervento di Rohan che si vedeva anche lei soccombere alla resistenza del nemico. Gli occhi di Tomoyo fissarono la faccia bianca della tigre che si mostrava attenta. La ragazzina ripensava alle vittime che aveva visto fino adesso venire uccise e le veniva sempre in testa il momento in cui sarebbe diventata una di loro. Rivolse a Kerochan uno sguardo privo di ogni speranza: << Non credevo sarebbe finita così >> disse la ragazzina spiazzata da ogni idea di uscire fuori da quella battaglia.

Kerochan la osservò di sbieco, e poi girò il suo volto ora sereno sull' amica: << Finita? No, il viaggio non finisce qui >> rispose la tigre sorridendo. La ragazzina rimase incredula all' energia felice che emanava il bianco Guardiano, quasi a rimanere incantata poco prima che dovesse essere giustiziata. Kerochan respirò, e poi proseguì: << La morte è soltanto un' altra via. Dovremo prenderla tutti. La grande cortina di pioggia di questo mondo si apre e tutto si trasforma in vetro argentato. E poi lo vedi >> la ragazzina lo ascoltò cogliendo l' emozione di quelle parole e creando con la sua bocca un sorriso che si allargava sempre più in attesa della sua ora. Sapeva benissimo che non c' era più altro da fare, ma volle continuare ad ascoltare nonostante la disperazione che la assaliva la saggezza del suo amico: << Cosa, Kerochan? Vedi cosa? >> domandò incuriosita la ragazzina estasiata. I rumori della guerra l' avevano abbandonata, sentendo solo il silenzio che si sarebbe sentito dopo che la sua vita sarebbe finita. Kerochan descrisse così meravigliosamente il paesaggio che sarebbe venuto fuori dopo il trapasso prossimo: << Bianche sponde... E al di là di queste, un verde paesaggio sotto una lesta aurora >> il suo sguardo tirò avanti quasi avesse bene chiaro il posto divino che avrebbe spettato a tutte le anime passate a miglior vita. Tomoyo sorrise dalla commozione, con il suo volto distrutto dalla fatica in battaglia e gli occhi che si facevano lucidi. La tigre bianca emise un sospiro sereno alla beatitudine del luogo che si immaginava: << Beh, non è così male >> commentò la ragazzina con castità: << No. No, non lo è >> confermò onestamente Kerochan ad un suo sorriso più bello di sempre. Tomoyo annuì amaramente, dovendo lasciare quel crudele mondo da un momento all' altro e chiedendosi se avrebbe mai rivisto i suoi amici nel cielo, quando la sua anima lo avrebbe fatto. Il portone tremò di nuovo, facendo sobbalzare i cavalieri che lo tenevano spinto. Kerochan assunse di nuovo la sua faccia seria, dando un' occhiata alla piccola amica per avvisarla di tenersi pronta. Tomoyo si strinse più forte la spada, e chiuse gli occhi, arrendendosi al fato che la attendeva. Ma era troppo giovane per lasciare il mondo terreno, e se avrebbe voluto lasciarlo, non era certo quello il momento che lei si aspettava, giunto così veloce e inaspettatamente.

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Capitolo 39
*** Episodio 200: Il Nazgùl e la sua preda ***


Le vite sul campo di battaglia sarebbero terminate in fretta. Ormai la pesante sconfitta e la distruzione di ogni uomo di Gondor era vicina per i piani dell' Oscuro Signore. I Rohirrim continuarono sempre in minor numero a resistere ai colpi del nemico proveniente dal deserto con i suoi elefanti da guerra. Ma ogni speranza stava svanendo sempre più in piccole porzioni. Thèoden dal suo cavallo abbatteva gli orchi in arrivo nella sua direzione, forse sembrava l' unico a non aver perso completamente le speranze. Così come Eowyn non si fermava nell' abbattere i mostri più avanti. Gli elefanti investirono sempre più uomini di Rohan a cavallo e si avvicinavano minacciosamente alle mura bianche della Città. Eomer richiamava a sé tutti i soldati che gli erano attorno, spronandoli al combattimento: << Mantenete i ranghi! Mantenete i ranghi! >> gridava allo sfinimento il soldato. Più avanti, in direzione della cinta muraglia di Minas Tirith, Meiling si accaniva con più veemenza sui mostri invasori. Nel suo spirito guerriero ribolliva la collera al pensiero che tutti i suoi conoscenti venissero sterminati senza pietà dalle forze di Sauron. Combattè selvaggiamente con il coltello tra i denti per cercare dietro agli orchi che abbatteva la sua amica Eowyn, ma questa era ancora nascosta tra la selva di mostri che correva qua e là nella prateria. Un uomo in veste nera le piombò davanti, ma la cinesina fece in tempo ad abbassarsi ad un ennesimo fendente di un nemico, finendolo conficandogli la lama della sua spada in pancia. La ragazzina passò vicino ad un elefante che per poco non la schiacciò con le sue enormi zampe. Dopo che si rotolò nella terra per schivare il piede dell' elefante, Meiling venne avvolta da altri orchi che la approcciarono intorno, e dovette nuovamente vibrare la sua lama contro le solite creature. Una di queste strappò alla cinesina il mantello elfico che portava, prima di essere uccisa dalla stessa ragazza.

Gli uomini avvolti dalle loro veste nere lanciavano frecce sui cavalieri di Rohan. Il massacro dei Rohirrim avveniva senza alcuna pietà o compassione. Eomer si chiedeva nel suo inconscio come hanno potuto mettersi in testa di affrontare l' intero esercito dell' Oscuro Signore con le poche forze a disposizione. Si guardò intorno per rendersi conto dell' ulteriore diminuzione di suoi uomini nel campo di battaglia. Vedeva le loro carcasse che volavano sopra la sua testa, spazzate dalla forza delle zanne degli elefanti. Cascate di frecce si alzarono nel cielo, partite dai soldati Rohirrim che intraprendevano un batti e ribatti di frecce con gli uomini del deserto sopra alle schiene delle bestie con le zanne. Ma furono sempre i primi a dover soccombere per la potenza straordinaria e inimmaginabile degli elefanti. Si andava a finire verso la strage assoluta di questo passo, pensò Eomer. Anche il cavaliere di Rohan però non aveva un animo codardo, e decise di continuare nell' uccisione dei suoi nemici, abbattendoli con la carica del suo cavallo come fece all' inizio. Gli orchi che restavano illesi dalla carica del cavallo venivano squartati dalla spada del giovane biondo. Thèoden si osservò circondato da immense distese di orchi che potevano essere facilmente abbattute, ma dietro a questi c' era il sostegno delle pesanti creature: << Radunatevi da me! Cavalieri di Rohan! >> ordinò il Re. Nessuno in quel caos stette a sentirlo, se non Eowyn sotto l' elmo che portava. La donna si apprestava a raggiungere suo zio, ma per avvicinarsi a lui doveva prima farsi largo tra gli orchi che la circondavano. In quel momento un soldato riuscì a raggiungere Thèoden in quella bolgia: << Mio signore! Ordini la ritirata! >> consigliò elevando la sua voce sopra le urla di dolore degli uomini ammazzati: << Cosa? >> domandò Thèoden quasi contrariato: << La nostra armata non resisterà a lungo. L' esercito del Nemico è di gran lunga superiore a noi! Ritiriamoci in fretta! >> il vecchio Re si guardò ancora tra i suoi uomini, vedendoli scaraventati a terra e schiacciati sotto il peso dei loro cavalli, dopo che degli elefanti li urtarono oppure venivano fatti fuori dagli orchi dopo i ripetuti colpi di frecce degli uomini a bordo delle bestie enormi. L' animo di Thèoden non ostentava ad un ritiro dal campo di battaglia. Essendo una persona buona e gentile, il Re Rohano sapeva che in certe situazioni era meglio ritirarsi. Ma se c' era di mezzo qualche popolo da difendere egli non era l' uomo che scappava a gambe levate. Thèoden così disse: << No. Possiamo ancora farcela! >> piantandosi sulla sua salda decisione di non ritirata.

Gli elefanti barrirono più forte come se la battaglia stesse volgendo al termine. Le loro zampe calpestarono le sagome di cavalli e cavalieri, o li urtavano al loro passaggio. La zampa di un secondo elefante fece volare in alto un cavaliere con il suo destriero che a loro volta sbatterono nel volo contro la zanna di un altro elefante, staccando così dalla sella il cavaliere che cadeva a terra tramortito dal traffico degli animali inferociti che non lasciavano scampo ai soldati indifesi. A Thèoden passò per la testa di raccogliere un pugno di uomini per riorganizzarsi all' attacco, ignorando il consiglio della guardia: << Tutti voi, restate dove siete! >> diceva il Re a dei cavalieri impauriti: << Mi avete sentito? Restate uniti! Venite intorno a me! >> e fece per avvicinarsi da loro con il suo cavallo bianco: << Intorno a me! Intorno a me! A me! >> e questa volta sembrarono fermarsi al suo ordine. Ma qualcosa nei loro occhi fece pensare al Re che si fossero fermati alla vista dei grossi elefanti. Ma non fu così. I loro cavalli cominciarono a nitrire, allontanandosi sempre più da Thèoden. Un urlo stridente si sentì alle orecchie di Thèoden. Per il Re il tempo rallentò spaventosamente con i cavalli dietro di lui che scalciavano per correre via. Thèoden girò il volto al cielo verso l' urlo che sentiva muoversi e dando un' occhiata intimorita alla creatura che svolazzava verso l' esercito. Dal fumo che si era levato in alto, comparve un pipistrello gigante che sembrava puntare allo stesso Thèoden. Per il Re non ci fu il tempo di tirare le redini al cavallo che la creatura alata spiegò le sue ali per planare, mentre i cavalieri si allontanavano dal raggio d' azione della bestia alata. Questa aprì la bocca verso Thèoden per il quale era già troppo tardi per scansare il colpo. Il Re si vide sollevato insieme al suo cavallo tramite la bocca del grosso rettile che afferrò il fianco del cavallo bianco e lo roteava con forza in aria. Eowyn potè vedere la scena alla quale suo zio era finito non appena i cavalieri si dileguarono. Vide il corpo che volteggiava nello spazio e che venne rilasciato dalle fauci della bestia da una parte.

La donna emise una smorfia d' orrore fissando il lungo collo del rettile che si girava velocemente tenendo svolazzanti nel vuoto le zampe del cavallo afferrato e che poi fu scaraventato violentemente a terra. Il corpo del cavallo rotolò sopra Thèoden, le quali ossa si frantumarono dal peso del cavallo che lo tramortiva. La vista di Thèoden fu libera ai lati e potè osservare che il mondo ruotava per lui. Il Re sbattè con violenza la testa al terreno, fermandosi a pancia all' aria, mentre il corpo del suo destriero bianco si fermava sopra di lui. Thèoden fu pieno di dolori e di lividi e sopratutto confuso a quello che gli stava succedendo. Meiling osservò da lontano la scena che si consumava, emettendo un verso di paura e sbiancando dal terrore. L' elmo che indossava Thèoden rotolò fino ai piedi di Eowyn, così come lo scudo tenuto al lato del cavallo bianco, giunse vicino alla scudiera. La donna cominciò ad ansimare mentre rivolgeva i suoi occhi atterriti dall' elmo dorato fino al corpo disteso a terra dello zio. La bestia alata ruggì per allontanare i cavalieri nei dintorni come se fosse un leone che metteva il suo marchio sul suo cibo ottenuto. Sopra il rettile vi era il Re Stregone: << Saziati della sua carne! >> disse con gli occhi che si riempivano di nero dal buio che c' era sotto il suo cappuccio guardando Thèoden che a malapena riusciva a muovere le braccia. La bestia stava per banchettare dietro l' ordine del suo padrone con il corpo di Thèoden fuori uso. Fece per avvicinarsi al Re gravemente danneggiato, spalancando la bocca per addentarlo, ma si intromise Eowyn tra la bestia alata e suo zio, armata di scudo e della sua spada: << Ti ucciderò, se osi toccarlo! >> minacciò la donna soldato allo spettro.

Meiling scorse che davanti al rettile c' era un cavaliere con i capelli lunghi biondi che gli spuntavano da sotto l' elmo. Riconobbe la sua amica Eowyn in lontananza: << Oh, no, Eowyn! >> esclamò la cinesina correndo verso di lei. Altri orchi si pararono sulla sua strada e le mostrarono una faccia famelica. Meiling doveva ancora occuparsi di altri nemici prima di giungere dalla donna per aiutarla. Iniziò a far roteare la spada verso le creature, aprendo un' altra dura lotta senza fine con loro. Il Nazgùl con la corona, tuttavia, non fu intimidito dalle parole del soldato che osò sfidarlo con la voce grossa: << Non metterti tra il Nazgùl e la sua preda >> avvertì il Cavaliere Nero come monito per avventurieri privi di esperienza. Thèoden sollevò la testa, notando che il soldato che lo aiutò nel massacrare gli orchi, era corso in suo aiuto. Per la prima volta il Re, sotto il peso del cadavere del suo cavallo, fu protetto da uno dei suoi fedeli soldati direttamente proprio davanti ai suoi occhi che si fecero sempre più pesanti e boccheggiando come un pesce fuori dall' acqua. La bestia alata emise un ruggito strozzato, aprendo la bocca tutta impastata di saliva, e allungò la testa per mordere Eowyn. Questa schivò il colpo, sentendo solo la pelle della creatura alata che le toccava il braccio quando mancò il bersaglio e dopo che tolse lo scudo alla dama. La donna sotto le vesti di cavaliere alzò in alto la sua spada e piantò la lama in orizzontale nel collo della creatura. Un altro colpo tagliò in profondità la carne dell' animale che nel momento in cui stava rialzando la testa, questa si staccò rimasta a penzoloni da un pezzo della carne. Il corpo della creatura saltò un paio di volte, prima di barcollare con il collo mozzato e flessibile che quasi si dovesse attorcigliare. La carcassa dell' animale cadde da un lato con il Nazgùl che a sua volta si tenne alle redini del rettile morto. Eowyn si riabbassò per prendere lo scudo, tenendo la spada in avanti per attaccare il suo avversario. Le ali della bestia si contorcevano da sole, unite tra di loro, e queste si aprirono quando riemerse in mezzo a loro la figura del Nazgùl. Lo spettro si girò verso il suo avversario, estraendo la sua spada. Lo sguardo di Eowyn si posò alla sua destra, notando un' altra arma letale che teneva con sé lo Stregone: una mazzafrusta lunga alcuni centimetri dondolava leggermente sospesa. La palla che doveva colpire i malcapitati era circondata da tante punte accuminate.

Eowyn fissò terrorizzata l' arma, poi deglutì guardando il suo avversario dritto nella maschera mentre intorno ai due rivali proseguiva la marcia di elefanti che si mischiavano tra uomini e orchi nella lunga battaglia che infestava in quei campi. Il Nazgùl saltò giù dal corpo del suo animale, e con il suo urlo stridente fece cadere in avanti la sua mazzafrusta che si allungò di molto verso la donna. Eowyn scansò il colpo che si piantò nel terreno; Thèoden cercava di sporgersi da oltre il suo cavallo per vedere se il suo cavaliere avrebbe tenuto testa al Signore dei Nazgùl. Lo Stregone smosse dal terreno la mazzafrusta e cominciò a farla roteare per colpire l' elmo del soldato che si abbassò al secondo attacco. La mazzafrusta cadde verticalmente verso il giovane guerriero che ancora una volta fece in modo che il colpo finì nel terreno. L' arma del Nazgùl roteò un' altra volta all' altezza della testa di Eowyn che fu ancora brava nell' abbassarsi in tempo per ben due volte di seguito e incrociò il volto dello spettro con la maschera che le metteva paura con il suo verso raccapricciante. Eowyn rabbrividì, e in quel momento la mazzafrusta le sfiorò la lama della spada. La donna indietreggiò al colpo che scheggiò la sua spada, abbassandosi alla rotazione sempre più veloce della mazzafrusta che al secondo giro costrinse Eowyn ad alzare il suo scudo per proteggersi. Ma il materiale dello scudo si frantumò in mille pezzi, ferendo la donna al braccio che si accasciò dal colpo subito sul corpo del cavallo bianco che schiacciava suo zio. Il dolore che sentì al braccio era talmente forte che quasi non si sentì più l' arto, ed emise una smorfia di sofferenza da dover gettare a terra la sua spada e stringersi il braccio al petto: << Eowyn! >> gridò Meiling vedendo tra uno spazio degli orchi con cui combatteva la sua amica che venne ferita dal Nazgùl. Ora il Re Stregone fu in vantaggio e tenne le braccia allargate con le sue due armi pronte ad essere nuovamente riutilizzate mentre faceva fuoriuscire un suo grido di soddisfazione.

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Capitolo 40
*** Episodio 201: Le Nere Navi ***


La dama bionda si appoggiò ferita al dorso del cavallo bianco. In mezzo ai soldati che scappavano in lontananza, vi era Eomer che lottava duramente con gli orchi che lo attaccavano ai lati. Non si accorse che suo zio era finito a terra, con il peso del suo cavallo che gli premeva la cassa toracica, evitando che il vecchio Re respirasse. Nessuno poteva andare in soccorso della bella Eowyn che finì alle strette del Signore dei Nazgùl il quale teneva sotto tiro il soldato che si lamentava del dolore al braccio, causato dallo spettro con la sua mazzafrusta pesante e appuntita. Ma nessuno sapeva che sotto a quell' elmo da soldato si celava la donna dai lunghi capelli biondi: << Eowyn! Resisti! >> urlò Meiling correndo verso di lei. Ma venne bloccata da un orco che le sbarrò la strada; la cinesina uccise il mostro con un taglio profondo alla pancia. Questi cadde con tutto il suo peso a faccia in avanti: << Ma quanti sono? >> si chiese Meiling quando nel rialzare lo sguardo si trovò circondata dalle creature dal volto sgradevole. Dovette ancora attendere prima di raggiungere la sua amica in pericolo e in balìa del Re Stregone che si girò da un lato, intuendo che la ragazzina stava venendo in aiuto della persona che scelse il Nazgùl come suo avversario: << La tua amichetta ha un grande cuore, se pensa che ti riuscirà a salvare da me. Ma sarà ancora così quando glielo farò cessare di battere? >> disse con la voce tetra di sempre il Nazgùl con la corona che gli faceva avere un' impressione ancora più oscura con le punte che circondavano il ferro di questa. Eowyn cercò di girare la faccia verso lo spettro nero, tremando e socchiudendo su di lui gli occhi. Si sentì che le forze improvvisamente la stavano abbandonando e barcollava con la testa che d' un tratto pesava da un lato.

La vista di Eowyn si offuscò lentamente, poi riprendendo la normale visuale quando la donna continuò a resistere al dolore. Il Nazgùl davanti a lei fece alcuni passi nella sua direzione, accorciando sempre di più la distanza che li separava: << Non c'è alcuna speranza di redenzione che tu possa ottenere da me, Uomo dei Cavalli. Rassegnati, è finita >> continuava a parlare il Nazgùl alla sconfitta imminente che stava per giungere al suo sfidante: << L' Oscurità, così come ci sei nato, sarà la tua tomba! >> lo maledì Eowyn assumendo la voce grossa dei tipici soldati in guerra: << La tua spavalderia ti costerà molto cara, quando non avrai nient' altro che la tua testa intatta nel terreno. Io sono il Signore dei Nazgùl. Il più potente dei Nove, ricordalo >> ribattè malignamente lo spettro: << Tu... Tu non farai più del male a nessuno >> rispose Eowyn in armatura da combattimento: << Presto la tua stregoneria svanirà con tutti i tuoi servi. Qui, sul campo di battaglia >> Eowyn riprese ad ansimare dal fiato che trattenne nel dire la frase al suo rivale. Il Re Stregone alzò la testa leggermente: << Il mio esercito non ha fine. C'è un' altra parte che attende il suo intervento in questa guerra >> << Ma di che stai parlando? >> domandò sbigottita Eowyn tenendosi il braccio ferito attaccato al petto: << Ci sono coloro che viaggiano nelle acque delle regioni di Gondor. Presto saranno qui per finire le vostre misere vite >> la minaccia del Nazgùl sembrava vera e concreta. Dalle acque calme di un Fiume, comparve tra la nebbia la prua di una nave che tagliava le piccole onde. Il grande veliero era seguito da altre imbarcazioni uguali nella struttura, e giungevano trasportate dal soffio del vento verso un porto lì vicino. Degli orchi si misero a osservare da quel porto le navi che giungevano. Quei mostri erano sparsi laggiù e alle loro spalle vi era lo sfondo di una battaglia tra grandi elefanti e alcuni soldati. Il porto in cui sostavano, non era altro che quello di Minas Tirith. Gli orchi sorrisero perfidamente all' avvistamento delle navi: << Comunica al tenente che sono arrivate le vele nere >> disse un orco per informare un altro orco di avvisare il loro comandante di truppa mentre le imbarcazioni stavano per sostare.

Eowyn sgranò ancora di più gli occhi, per un attimo capendo quale era l' esercito in arrivo. Il Nazgùl rise lievemente alla faccia atterrita del soldato: << Vedo che te ne sei ricordato. Ogni uomo in quelle navi è sotto il comando del mio potere supremo, e principalmente del potere dell' Oscuro Signore >> << I Corsari? >> chiese tremando Eowyn da sotto l' elmo: << Si. Le vostre forze si ridurranno ad un cumulo di macerie. La razza degli Uomini cesserà una volta per tutte di esistere, lasciando spazio al dominio dell' Occhio Osservatore in queste terre >> annunciò il destino che sarebbe piombato severo e crudele a Gondor. La donna sottoforma di cavaliere ebbe ancora la forza di reagire: << No. C'è ancora speranza >> disse coraggiosamente la ragazza: << Finchè la bandiera di Rohan sventolerà in alto nel cielo, il regno del Male non avrà ancora vinto. Come successe in passato, anche quest' Era si concluderà con un epilogo definitivo. I miei amici saranno qui per difendere la Città di Gondor >> Eowyn digrignì i denti, tenendosi stretto il braccio colpito e lamentandosi dal dolore atroce. Il Re Stregone fissò per un po' il soldato che desisteva dallo svenire: << Quanti uomini pensi che io abbia ucciso? E' solo un assaggio di quello che dovrò seminare >> la donna si rimise a guardare il suo avversario con aria preoccupata mentre continuava a parlare: << Ho annientato tanti di quei genitori un tempo, che i loro bambini sono divenuti schiavi della volontà dell' anello. Quest' oggetto si trova qui. E in più abbiamo la possibilità di abbattere il Regno degli Uomini per sempre >> le armate di Mordor si erano dirette a Minas Tirith a causa del giorno in cui Tomoyo incrociò telepaticamente tramite il Palantìr lo sguardo di Sauron.

Il Nazgùl si avvicinò ancora di un passo: << La vera forza è data dagli uomini benevoli che non avevano ancora scoperto la supremazia che si nascondeva al dì la del loro capo. Oltre questo, c' era proprio l' anello. Caduto nella razza degli stessi e andato perduto per anni. E' stato facile soggiogare le menti degli uomini, la cui stirpe è debole. Non hanno più una guida concreta, ed è un vantaggio per noi per sminuire qualsiasi altro risveglio del potere dei grandi Re >> Eowyn tirò ancora su la testa per parlare al Re Stregone: << Quindi, tu temi gli Uomini. Non è così? >> chiese per schernire lo spettro: << Ho comandato molte legioni di Orchi, e tutte centravano il bersaglio umano. Sicuramente tra le vittime di un tempo c' erano finiti i tuoi genitori >> a quelle parole lugubri del Nazgùl, Eowyn si bloccò ripensando alla fine che fecero i suoi parenti quando era piccola. Non poteva dimenticare la terribile infanzia che fu costretta a subire all' età di una bambina indifesa, vedendo il corpo di suo padre martoriato dai colpi dei nemici. Con la testa poggiata al cavallo bianco, Eowyn si sporse dietro per vedere se suo zio Thèoden era ancora vivo. Lo vide con gli occhi chiusi, accasciato al terreno, senza dare segni di vita. Il volto pallido e con chiazze di lividi in alcune parti davano la sensazione a Eowyn che era morto pure lui: << Come vedi tutti muoiono in questa crudele guerra >> riprese il Nazgùl osservato dal soldato donna con paura: << Il loro sacrificio sarà utile per le sorti del regno di Mordor, dove tutti i suoi abitanti potranno spargersi incontrastati per tutti i territori liberi dal mio padrone Sauron >> << Ne parli come se stessi beneficando l' arrivo del tuo tempo >> ribattè Eowyn contorcendosi dal dolore al braccio: << E non è così? Tutti i pesi morti saranno carne fresca da macello. Altri diventeranno nostri uomini del mare, saccheggiando interi villaggi dell' Ovest per la ricchezza che questi hanno. Un immenso piano distruttore sarà attuato in breve con la caduta prossima di Gondor. Non c'è niente che possa salvarvi. Solo la morte vi attende >> Eowyn cercò di allungare l' altro suo braccio ferito per riuscire ad afferrare in basso la sua spada gettata poco fa, approfittando del momento in cui il Re Stregone si mise a parlare. Riuscì a toccare con le dita l' elsa dell' arma, ma non ad alzare completamente la spada. Il piede del Nazgùl era atterrato sulla lama tagliente e impediva alla donna di sollevarla. Il suo sguardo si sollevò da quello ancora più ravvicinato dello Spettro che le sussurrava in modo sinistro una cosa: << Dopo che mi sarò occupato di te, ucciderò la tua amica >> disse il Nazgùl schiacciando al terreno ancora di più la spada in modo che Eowyn lasciasse la sua presa. Ora la dama di Rohan stava per subire un altro attacco del Nazgùl, forse sarebbe stato quello decisivo.

Nel porto di Minas Tirith, costeggiato da piccole costruzioni di garage per le navi che arrivavano lì, attraccarono le Navi Nere dei pirati corsari di Sauron. Gli orchi erano nella piazza del porto, aspettando l' arrivo del loro tenente che accoglieva i loro Corsari alleati. Le imbarcazioni frenarono davanti al porto una a fianco all' altra: << In ritardo come al solito, feccia dei pirati! >> esclamò spazientito l' orco tenente che si faceva spazio tra i suoi uomini. In mano teneva una falce che usò in quel momento per aprire le acque chiuse degli altri orchi. Il volto era segnato da una lunga cicatrice verticale, e in testa teneva dei teschi appesi ad un lungo bastone dietro la schiena. Arrivò in prima fila, e continuò a dare fretta ai pirati che non vide sulle navi, forse tutti stavano remando nel piano inferiore della barchetta: << Ci aspetta un lavoro di coltello! Forza, topi di fogna! Scendete dalle navi! >> urlò furibondo e soddisfatto l' orco tenente tra i versi esitanti dei suoi soldati alla comparsa dei pirati. Da sopra la prima nave che attraccò al porto però saltò giù con un' acrobazia un ragazzo dai capelli neri e una lunga spada tenuta. I suoi vestiti erano uguali a quelli di un samurai in allenamento. Insieme al ragazzo, scesero con lui un Nano ed una creatura alata che lo affiancarono. Gli orchi assunsero un' espressione confusa e stupita all' arrivo di soli tre tipi sconosciuti dalla nave. Non erano altri che Toy con Gimli e Yuè che riuscirono a prendere grazie all' aiuto dei fantasmi verdi le navi dei pirati. Ora il ragazzo lanciava uno sguardo vendicativo verso gli orchi davanti a lui che fino a quel momento avevano dominato nel campo di battaglia, e chissà quanti amici erano in pericolo, pensò Toy con i capelli che gli davano un' espressione ancora più decisa nell' attaccare i mostri. L' orco tenente impugnò la sua falce e i suoi uomini cominciarono ad agitarsi pronti a spazzare via i tre pochi nemici che avevano. Yuè li guardò senza alcuna importanza, avanzando insieme a Gimli e a Toy che alzò la sua spada da un lato e spostandola indietro per darsi la carica nello sferrare il colpo. Come potevano tre vermi aver sconfitto l' armata dei Corsari di Umbar? E come potevano essere convinti di sconfiggere gli orchi? Tutto ciò sembrò inutile ai mostri che quasi quasi ebbero compassione per gli avversari che stavano per cadere in fretta sotto le loro armi. Ma i tre amici tenevano lo sguardo fiero e deciso nell' attaccare gli orchi di Mordor: << Ce n'è in abbondanza per tutti e due. Che vinca il Nano migliore! >> esclamò Gimli pieno d' orgoglio e iniziando a correre con l' ascia tenuta salda in mano verso le sue prede. Yuè creò così il suo arco magico per scoccare la prima freccia all' apertura della nuova sfida con il Nano. Anche Toy iniziò a correre verso l' armata di orchi. Da dietro i tre guerrieri spuntarono l' esercito dei Morti che attraversò il legno delle navi per seguire il loro nuovo Re Toy che urlò alla carica sugli orchi che si mostrarono impauriti e incapaci di attaccare alla vista dei fantasmi verdi. Toy lasciò il fendente della sua spada sull' orco tenente mentre cercava di scappare insieme agli altri orchi che venivano uccisi in massa dai fantasmi tenebrosi giunti con i tre avventurieri. Altri fantasmi arrivarono camminando nelle acque del mare verso il Porto di Gondor e riversarsi così sul campo di battaglia, eliminando tutti gli orchi presenti al loro passaggio con il Re dei Morti più spietato che mai. Toy finalmente giunse al campo di Minas Tirith per soccorrere i suoi amici e liberarli dalle grinfie degli orchi con l' esercito dei Morti fino ad ora il loro aiuto non riposto da tempo. 

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Capitolo 41
*** Episodio 202: La scudiera di Rohan ***


L' esercito fantasma si spinse nelle radure dei campi del Pelennor. I tre amici si fecero strada nella miriade di orchi eliminandoli in grandi quantità. I mostri che rimanevano illesi dal travolgimento dei Morti, venivano abbattuti da Gimli e da Yuè con avanti Toy a guidare la combo di attacchi che si infrangevano sui corpi degli orchi. Ma il gruppo era solo all' inizio della distesa di orchi che avevano invaso l' enorme cortile di Minas Tirith con gli uomini del deserto insieme agli elefanti. Ci sarebbe voluto poco tempo per gli spiriti della Montagna ripulire il territorio di Gondor dagli intrusi accorsi a migliaia per l' assedio della fortezza. Ma erano ancora ben distanti dal Signore dei Nazgùl che, nel caos generale, stava torturando la dama di Rohan sotto l' uniforme di soldato. Eowyn si trovava ancora più all' interno dell' insieme di orchi, e stava subendo le sofferenze che le impartiva lo Spettro nero che teneva ferma con un piede la spada della fanciulla. In quel momento, distante dai due avversari, Meiling cadde a terra spinta da uno degli orchi che ancora la fronteggiava. Il volto della cinesina, oltre ad essere sporco di terra, era scoperto da quando aveva perso l' elmo dopo la caduta da cavallo, sfoggiando la sua decorosità nelle lunghe code nere che le scendevano come sempre dai lati della testa. La faccia di Meiling si fece accigliata nel fissare le creature che la circondavano sempre più per chiudere il cerchio attorno a lei. Riprese subito la sua spada caduta a fianco e rialzandosi con un salto continuò a infliggere ripetuti fendenti alle pance degli orchi che caddero uno ad uno a terra. La ragazzina ansimava dopo che emise degli sforzi nel manovrare ancora una volta la sua arma: << Accidenti, non sono ancora abituata a tenere un ritmo così costante. Sopratutto quando devo combattere, per di più per la prima volta lo sto facendo >> commentò Meiling fissando i corpi immobili degli orchi.

Altri di quei mostri corsero verso di lei prima che si potesse girare e raggiungere la sua amica Eowyn che stava per essere finita dal Nazgùl spietato. Meiling strinse i denti all' ennesima lotta che dovette per forza intraprendere con orchi e uomini che le giungevano ai lati: << Mi dispiace, Eowyn. Dovrai aspettare ancora prima che io venga ad aiutarti >> pensò la piccola guerriera stringendosi forte l' elsa della spada per puntarla nuovamente sui nemici scatenati. Con un salto maestoso, la cinesina piombò in mezzo al gruppo di suoi avversari e roteò a più non posso l' arma su di loro con altri che venivano a cercare di dare una mano ai loro compagni caduti. Il Nazgùl dalla maschera minacciosa spostò con un piede la spada di Eowyn un po' meno vicino da lei, sapendo che non poteva compiere sforzi nell' allungarsi il braccio: << Davvero tu saresti riuscito a battermi una volta per tutte? >> domandò il Re Nazgùl al soldato dolorante all' arto destro: << Oppure era solo una convinzione che ti sei posto per superare la verità oscura che si celava dietro al piano del mio padrone? Ah, è vero! >> i denti di Eowyn furono ancora più ben in vista, mostrando anche le gengive rosse come il sangue dalla rabbia che le bolliva dentro, alle provocazioni dello Stregone: << Il tuo atto di eroismo per proteggere il tuo Re sembra andato in frantumi come schegge di vetro >> un calcio dello stivale in ferro del Nazgùl arrivò all' altezza del ginocchio di Eowyn che diede un verso di dolore che si placcò subito: << Aaah! >> << Che modo inutile di sprecare la propria vita mortale. Vagherai nel nulla più totale, come punizione per gli stolti che non pensano prima di reagire contro chi hanno davanti >> disse ancora il Cavaliere Nero mentre la donna soldato si teneva con il braccio ancora in funzione il ginocchio colpito: << Qui finisce la stirpe degli Uomini a Cavallo di Rohan. Lenta e dolorosa sarà essa >> ancora il piede dello spettro nero schiacciò con violenza la gamba destra della dama, premendo nel tentativo di rompere lentamente le ossa: << Ah! Ah! Basta, ti prego! >> implorò Eowyn scambiata per un soldato dal Nazgùl per via dei capelli biondi che portavano alcuni dei Rohirrim lungo le spalle. Il Nazgùl fece cadere il peso della sua gamba sulla pressione del suo piede. Eowyn aumentò l' urlo strazziante mentre il piede dello spettro le scendeva in profondità nella carne, quasi volesse trapassarla dall' altra parte. Poi si sentì un rumore di ossa rotte dalla gamba della donna che strozzò il suo urlo giunto al punto che stava per diventare sonoro a qualsiasi orecchio. Meiling si voltò avendo sentito poco prima un lieve urlo. I suoi occhi si sgranarono alla vista della sua amica la cui gamba subiva una rottura critica dal peso che il Nazgùl esercitava: << No! Lasciala! >> esclamò la cinesina, ma la sua corsa venne interrotta dalla spinta di un altro orco con cui non aveva smesso di combattere, così come tante altre creature che ancora la circondavano.

Meiling alzò lo sguardo fissando Eowyn che tremava al dolore che le forniva il Nazgùl. La ragazzina cominciò a tremare dalle labbra, gli occhi le si fecero lucidi dopo che assunse un' espressione rattristata a quello che stava subendo l' amica bionda. Le gambe degli orchi le coprirono la visuale dello scontro di Eowyn e il Cavaliere Nero. Meiling abbassò la testa, poggiando la fronte al terreno e sbattendo i suoi pugni dall' impotenza di riuscire a correre in aiuto di Eowyn a causa della rivalità con gli orchi. Anche la cinesina cominciò a tremare, però dalla furia che la stava per prendere. Eowyn si sentì un fischio assordante alle orecchie mentre fissava senza fiato il cielo grigio sopra di lei. Il dolore alla gamba era talmente forte che quasi le sembrò che i suoi sensi la stessero abbandonando, pronta per passare a miglior vita. I suoi occhi semicoperti dall' elmo che le nascondeva la testa ruotarono nel buio della maschera del Nazgùl, rivolgendogli tutto l' odio che sentiva, comunicandoglielo digrignando i denti. Le sue palpebre si socchiusero dalla fatica di sopportare quelle pene infernali. Il piede dello spettro si levò delicatamente dalla gamba spezzata di Eowyn: << Ormai siete tutti condannati. Guardati intorno, e dimmi se c'è un' anima viva che resiste all' attacco nemico >> disse il Re Nazgùl. Eowyn fece roteare le sue orbite oculari in ogni angolo del campo di battaglia che riusciva a scorgere. Vide nient' altro che morte. Morte per tutti i soldati che fuggivano dalle bestie feroci che avanzavano per vantaggio degli orchi che circolavano in mezzo a loro. La sua vista si fermò ad un lato, dietro al velo nero del Nazgùl. Eowyn riconobbe il corpo di Gamling, disteso a terra su un fianco, il volto pallido e una grossa quantità di sangue che partiva dalla tempia fino a bagnargli metà faccia. Così come per suo zio, anche le sue guardie più fedeli si stavano spegnendo chiudendo per sempre i loro occhi. In quel luogo di desolazione, la donna non riuscì a non evitare che gli occhi le si gonfiassero di lacrime pronte a scendere lungo le sue guance: << La magia del mio attrezzo che ti ha appena colpito di circolerà nelle vene. E per te non ci sarà più niente da fare >> informò il Nazgùl alla dama di Rohan la cui vista si offuscava sempre di più. Nella sua testa ritornarono in superficie ricordi della vita che fino ad ora aveva vissuto: << Hai destrezza con la lama! >> le ritornò alla luce il momento in cui la sua spada si scontrò con quella di Toy. Si diceva che prima di morire, il proprio cervello mostrava agli occhi del morente tutta la sua vita che gli passava davanti. Eowyn stava morendo? La cosa non le passò minimamente in testa. Altre voci giunsero alle orecchie di Eowyn: << Tu sei figlia di Re, una Scudiera di Rohan... >> << Chi lo sa che cosa hai detto alle tenebre nelle amare veglie notturne >> si ricordò della voce strisciante di Grima così come molte altre finora dimenticate come quelle di suo zio Thèoden: << Basta con la disperazione >> quella del fratello: << Sai poco sulla guerra, come quella ragazzina. Non dovresti incoraggiarla. La guerra è di competenza degli Uomini, Eowyn >> si sentì perfino la sua stessa voce combattiva: << Posso combattere! >> << No. Devi farlo, per me >> e sempre la negazione di suo zio che le impediva di farla entrare in guerra.

Non si scordò mai dell' innamoramento che ebbe con Toy e dell' occasione in cui chiese a lui del gioiello che portava al petto: << Dov'è lei? La donna che ti ha donato quel gioiello. Mio Signore? >> << Sta andando nelle Terre Immortali con ciò che resta della sua stirpe >> << Perchè fai questo? >> << Perchè sei venuta? >> << Non lo sai? >> << E' solo di un' ombra e un pensiero che sei innamorata. Non posso darti quello che cerchi >> adesso la giovane donna soldato si chiedeva quale fosse lo scopo per cui era andata a combattere lì. Era la delusione che le ha inflitto Toy che la spinse in quell' inferno? Facendo così avrebbe trovato soddisfazione riempiendo il vuoto creato dal ragazzo? I suoi occhi andavano sempre più a rimanere fissi verso il terreno, seguendo le sagome di cavalieri gettati a terra. Divenne tutto scuro per lei. Non una luce si infiltrava nel totale buio che le circondava la visione. Stava accadendo come quel sogno che raccontò una notte a Toy, tenendogli stretta la mano, dove lei si trovava sulla cresta dell' onda immensa che abbatteva alberi e inondava colline. Sotto di questa, l' oscurità era così opaca che nessun altro poteva riscorgere il giorno della mattina dopo: << Eowyn! Resisti! >> risentì in lontananza la voce dell' amica: << Tu sei una Scudiera di Rohan! Eowyn! Eowyn. Eowyn... >> le parole di Toy si fecero sempre più remote mentre la vista della donna si materializzava in un altro posto. Un verde prato si trovò alla vista degli occhi, con i filetti d' erba che si agitavano delicati al soffio del vento primaverile. Un cielo azzurro e sgombero da nuvole, con un sole bello che radiante in alto, si presentava in tutto il terreno tipico del paesaggio di montagna. Eowyn si rialzò con i capelli biondi liberi che le scesero in avanti. Non aveva più l' elmo. Si mise le mani per toccarsi il viso, e notò che queste erano diventate piccole. Indossava un vestito roseo e smanicato, come quello che portavano le bambine piccole quando lo era lei: << Eowyn, tesoro! Vieni, papà è rientrato a casa >> la piccola Eowyn si voltò verso la voce che la chiamò, vedendo una donna con i capelli marroni raccolti con una crocchia che le agitava la mano, le faceva segno di rientrare a casa: << Si, arrivo mammina! >> rispose da lontano Eowyn, facendo agire il suo cervello secondo l' età che aveva. La piccola bambina corse verso l' entrata di Edoras per raggiungere la sua dimora, dopo che la madre girò l' angolo. Eowyn spalancò la porta di casa e vi trovò nella tavola di cucina un uomo dai lunghi capelli biondi seduto a capo tavola con addosso ancora l' armatura sporca che usò nell' ultima battaglia: << Papino! Sei rientrato! >> esclamò la bambina saltando in braccio al padre: << Amore. Vieni qui >> disse il padre guerriero alzandosi per prendere in braccio la bella bambina: << Sei come sempre la più bella, dopo tua madre ovviamente! >> disse scherzando l' uomo incrociando lo sguardo indispetito della moglie.

<< Attento, amore mio, che rischi di rimanere a digiuno per nove mesi con i tuoi soliti giochetti di parole >> lo avvisò la moglie mescolando la minestra che stava cuocendo in pentola: << Lo sai che mi piace giocare con tutti >> << Ma si rischia di scottarsi così >> ribattè ancora la donna dai capelli marroni. In cucina arrivò un altro bambino poco più alto di Eowyn. Anche lui aveva i capelli biondi come il padre: << Hey, papino! Lo sai che oggi sono riuscito a salire a cavallo? >> gli disse il bambino: << Oh! E bravo, il mio piccolo guerriero! E come è stato? >> chiese il padre venendo interrotto ancora dalla moglie: << Eomund, non avevamo detto che Eomer non poteva salire sui cavalli fino a quando non aveva restituito i giocattoli in legno di un suo compagno? >> << Non ti preoccupare per quello. L' importante è che non li rompa >> << Me lo auguro. Siccome l' ho visto scivolare alle spalle del bambino e prenderli senza chiedere il permesso! >> notò la donna al marito chiamato Eomund sul furto che aveva compiuto il loro figlioletto Eomer: << E va bene. Hai ragione. Eomer, questo pomeriggio devi restituire quei giocattoli al tuo compagno, capito? >> << Ma papà, Eomer mi aveva promesso che ci avrei giocato anche io con quelli >> aggiunse la piccola Eowyn in braccio al padre: << No, non è vero, papà. Eowyn è una bugiarda, si sta inventando tutto >> << Bugiardo sei tu! >> ribattè la bambina al suo fratello maggiore Eomer: << Hey, adesso basta, bambini. Vi prometto che giocherò io con voi >> rispose il padre per placcare gli animi focosi dei due figli: << Si! Prima giocherai con me! >> disse Eowyn abbracciando al collo il padre: << Papà, voglio di nuovo andare a cavallo. Mi aiuteresti con la sella? >> gli chiese in basso il piccolo Eomer: << Va bene. Prima andrò da te >> rispose ancora il padre poggiando a terra la sua figlioletta: << No, papà! Mi hai appena detto che giocavi con me >> protestò Eowyn: << Si, scusa tesoro, hai completamente ragione. Perchè, invece, tu ed Eomer non andate a cavalcare il pony che abbiamo nella stalla? Ti và? >> propose l' uomo: << Mh... Va bene! >> << No, io con Eowyn non voglio salirci, papà! Non è capace >> disse scuotendo la testa Eomer: << Hey, ometto, ricordi cosa ti ho detto riguardo alle femmine? Se ne vuoi conquistare una, devi prima dimostrare di saperti comportare bene con tua sorellina, ok? >> << Va bene, papà... >> disse il piccolo Eomer facendo il broncio: << L' ultimo che arriva trasporta il pony per tutta la giornata! >> esclamò Eowyn involandosi già verso la stalla: << Papà ha detto che dobbiamo salirci insieme, imbrogliona! >> << No, io solo devo salirci! >> << No, Eowyn! >> si sentirono le urla dei due bambini mentre lasciavano la cucina.

Il padre li guardò con un gran sorriso: << Tua figlia ha preso tutto da te, Eomund. Sopratutto il colore degli occhi >> gli disse la moglie al suo fianco: << E tu, Thèodwyn, hai dato tutto il tuo carattere a tuo figlio >> << Si, siamo una famiglia perfetta, tesoro >> e i due si baciarono mentre la minestra smise di cuocere nel caminetto. Venne l' ora di pranzo, e la famigliola mangiò la minestra preparata dalla donna di casa: << Come sempre, amore, ti sei superata nel cibo. Non c'è paragone con quello delle altre tue amiche >> fece i complimenti Eomund alla moglie Thèodwyn: << Per farvi stare bene, farei di tutto >> << Papà, quando è che giocherai con me? >> << No, Eowyn. Deve giocare prima con me. Te l' ho detto anche prima! >> aggiunse ancora Eomer: << Sentite, bambini, facciamo che domani mattina giochiamo? >> domandò il padre: << No! Papà! >> dissero in coro i due piccoli fanciulli: << Bambini, vostro padre è molto stanco adesso, e ha bisogno di riposo >> << Ma mamma... >> << Bambini, vostra madre ha sempre ragione. Non ditele il contrario >> si intromise di nuovo Eomund: << Ok... >> la madre cominciò a sparecchiare in tavola: << Papà, ascolta, io e Eowyn stiamo andando a giocare con i giocattoli in legno >> << Va bene, andate >> lasciò il permesso ai suoi figli di andare in camera loro e di giocare: << Domani dove andrai? Sempre in battaglia? >> gli chiese Thèodwyn notando che i due loro figlioletti erano andati via dalla cucina: << No. Domani sarò da tuo fratello, Thèoden, per aiutarlo con il raccolto del suo giardino >> << Ha sempre bisogno di noi, a quanto vedo >> disse Thèodwyn: << Beh, almeno mi lascia fare un lavoro leggero dal combattere, eh eh eh! >> scherzò ancora Eomund con la moglie: << Vado a riposarmi, tesoro >> disse il marito alzandosi da tavola e salutando la moglie con un bacio: << Non dormire troppo, pigrone >> scherzò Thèodwyn sorridendo al marito che andava in camera sua.

Thèodwyn passò la sera a cucire nel frattempo che i suoi bambini si divertivano nel giocare. La notte giunse in fretta quel giorno. Dopo che la famiglia ebbe cenato, tutti si rimisero a dormire nei propri letti: << Questa serata mi è sembrata troppo corta >> commentò Eomund nel letto alla moglie: << E' il tuo mestiere che ti fa velocizzare le giornate, amore >> rispose Thèodwyn dall' altra parte del letto: << Forse si... Buonanotte >> << Buonanotte >> i due amanti chiusero gli occhi, cadendo nel sonno della notte. Poco dopo si sentì qualcuno bussare alla porta: << Chi sarà mai a quest' ora? >> domandò Eomund svegliandosi con gli occhi assonnati: << Non lo so. Dovremo andare a controllare >> propose la moglie giungendo alla porta d' ingresso con Eomund in camicia da notte. I due aprirono la porta e trovarono sull' uscio una sagoma incappucciata: << Lei chi è? >> chiese Thèodwyn nel cuore della notte. L' uomo davanti a loro si tolse il cappuccio, mostrando il suo volto: << Thèoden, fratello. Come mai giungi da noi? >> chiese la donna al fratello dal volto ringiovanito e con i capelli biondi che formavano un caschetto: << Devo parlare con voi. E' una questione importante >> disse Thèoden: << Oh, si, certo. Entra pure >> ed Eomund fece segno a Thèoden di entrare. I due notarono che il fratello di Thèodwyn aveva un' aria molto seria. Il trio si sedette nel tavolo di cucina senza fare rumore e incominciò a discutere il loro ospite, Thèoden. La discussione si tirò per le lunghe, fino alla fatidica proposta che lo stesso Re di Rohan fece a Eomund.

La faccia del cavaliere era alquanto pensierosa ad un compito che poteva comportare la sua vita: << Ripulire le terre del Mark? >> disse Eomund: << Ti chiedo di sterminare gli orchi esploratori che brulicano nei confini con Isengard >> emanò la cortesia Thèoden di voler essere aiutato. Thèodwyn strinse il braccio del marito, sapendo tra i presenti che la missione era delicatissima trovandosi nei pressi della roccaforte di numerosi orchi mandati lì da Sauron: << Mi stai chiedendo un' impresa che va oltre le mie aspettative. Mi dispiace, Thèoden, ma non credo di poterti aiutare >> << Tu sei l' unico che mi possa aiutare, invece >> ribattè quasi severo il Re del Palazzo di Meduseld. Calò il silenzio, poi Thèoden riprese: << La tua Eored è l' unica armata in tutto il regno di Rohan che è in grado di sostenere l' aggressione di quelle orribili creature. Lo so che ti sembrerò un sovrano troppo altezzoso, ma ci conosciamo da sempre, da quando è nato questo villaggio di Edoras. Quindi non prendere la mia proposta come un ordine nel caso in cui non venisse eseguito, si rischierebbe di essere condannati >> le parole amichevoli del sire Thèoden giunsero come un ostacolo a Eomund. Egli non poteva lanciarsi in una missione suicida nelle terre a quel tempo governate dal Signore Oscuro, e non poteva lasciare con tanta facilità la sua famiglia che più di tutti voleva bene. Da un lato della porta di cucina, c' era la piccola Eowyn che si era appostata dietro e ascoltava ciò che suo zio diceva a suo padre. La bambina pensò subito che non avrebbe più giocato insieme con lui, essendo la mattina dopo indaffarato. Ma attese fino all' ultimo la risposta del padre che fu: << Si. Va bene, ci andrò >> rispondendo in tono secco: << Bene, dunque. Manderò alcuni dei miei cavalieri, se le cose si metteranno male per te >> informò Thèoden a Eomund: << Ma come? Tu non ci sarai? >> << Oh, no. Il mio compito è quello di tenere sotto controllo il regno da qualsiasi forza del male. In questo modo, se io venissi da te, permetterei a Sauron di avere via libera nel conquistare Edoras. Capisci? >> disse Thèoden: << Si. Certo... >> rispose Eomund alla frase giustificante del Re. Quest' ultimo se ne andò dalla dimora, si rimise il cappuccio in testa dopo che ebbe salutato sua sorella e il cognato, e cavalcò verso il suo Palazzo d' oro. Thèodwyn guardò insieme a suo marito la sagoma del cavallo che si allontanava nel cuore della notte.

La piccola Eowyn era già tornata a letto quando i suoi genitori furono fuori dall' uscio della porta. La bambina si rimise le coperte e si girò da un lato ripensando alla delusione che suo padre indirettamente le diede confermando di andare in aiuto dello zio. Thèodwyn ed Eomund rientrarono in silenzio nei loro letti, addormentandosi a quella notte che segnava la vigilia della battaglia che si sarebbe svolta l' indomani. L' alba arrivò. Il sole illuminò la stanza dove Eowyn ed Eomer dormivano. La bambina si rigirò dalla parte opposta per nascondersi alla vista dei raggi abbaglianti del sole che la infastidirono alle palpebre chiuse. In quell' istante la porta della cameretta si aprì ed entrò Thèodwyn per svegliare i figlioletti: << Svegliati, tesoro. Oggi potrai giocare con tuo fratello... >> << Papà non c'è, vero? >> disse girata la bambina, interrompendo la madre che le stava parlando: << Ma che dici, tesoro. Papà è ancora qui. Solo che è molto stanco da quanto ha mangiato ieri notte, tutto qua >> disse Thèodwyn inventandosi una scusa da dire alla figlia. Il volto di Eowyn si girò completamente alla faccia della mamma, dicendole chiaramente la risposta che diede pochi secondi fa: << Ieri ho sentito voi e zio Thèoden che parlavate sulla nuova missione di papà >> a quelle parole schiette e dirette Thèodwyn divenne seria, togliendo la mano che aveva su Eowyn per svegliarla. Si rialzò dalla posizione inginocchiata in cui era e si mise in piedi, congiungendo le mani unite verso il basso e guardando la dolce Eowyn con un po' di preoccupazione: << Però, ti assicuro che dopo papà tornerà e giocherà con te >> comunicò accennando ad un lieve sorriso. La bambina guardò sempre con serietà la mamma che cercava di convincerla in un ritorno del padre. Thèodwyn lasciò la stanza seguita dallo sguardo attento della figlia che non osava chiedere altro alla mamma.

Il giorno trascorse tranquillo nella famiglia. Eomer ripuliva il dorso del pony che usò con la sorellina nella stalla. Thèodwyn cuciva uno dei tanti vestiti del suo lavoro da sarta, mentre Eowyn era fuori nel giardino verde della sua casa. La piccoletta giocava con i giocattolini in legno che suo fratello Eomer aveva preso al suo compagno. Si divertiva proprio nell' improvvisare oggetti volanti con le costruzioni legnose che tra un po' avrebbe provato anche il padre. Il rumore di una vecchia carrozza attirò Eowyn. La bambina guardò all' orizzonte, notando un carrello fatto in legno con un lenzuolo bianco e gonfio sopra di esso. Il lenzuolo aveva delle macchie rosse in superficie, e il carretto in cui questo era depositato era a sua volta trasportato da un cavallo marrone. Attorno al carrello in legno c' erano dei soldati di Rohan guidati in prima fila da Thèoden a galoppo del suo solito destriero. Eowyn fece per alzarsi e osservare meglio quelli che stavano per arrivare, e riconobbe subito suo zio Thèoden con i vestiti regali di come doveva essere un sovrano. Il lungo mantello rosso scarlatto gli scendeva fino ai fianchi del suo cavallo: << Mamma! Mamma! E' arrivato lo zio! >> gridò la piccola bambina per avvisare la madre. Eomer si sporse dalla stalla in cui era per vedere anche lui se quello che stava dicendo Eowyn era vero. Thèodwyn raggiunse la figlioletta in giardino e si fermò alle sue spalle: << Non vedo papà, mamma. Dov'è? >> chiese la piccola entusiasta. La madre socchiuse gli occhi per osservare meglio se tra quei soldati c' era suo marito. Ma le bastò incrociare da non poco lontano da lei lo sguardo di suo fratello sconvolto per avvertire subito la figlia: << Eowyn, tesoro, torna subito in casa con tuo fratello >> disse con un filo di voce la donna: << Perchè mamma? Che è successo? >> << Fallo e basta, amore, ti prego >> insistette Thèodwyn. La bambina corse in casa, e ossevò dalla finestra di camera sua la scena che si svolgeva nel giardino. Vide sua madre che si inginocchiò con le mani in faccia stando davanti al carro con il lenzuolo bianco e a tratti rosso: << Ma che fai mamma? >> si chiese Eowyn. Il tempo trascorse lento negli avvenimenti che accaddero dopo. Thèoden raccontò di come gli orchi di Isengard approcciarono Eomund e di come lo uccisero mentre sua sorella piangeva silenziosamente nella stanza dove giaceva il corpo del marito coperto dal lenzuolo. Thèoden era insieme a lei e cercava di confortarla dalla perdita del suo uomo: << Non ha sofferto inutilmente. Si è sacrificato per proteggere la sua famiglia >> << Perchè lui?! Perchè!!! >> gridò improvvisamente Thèodwyn ancora in ginocchio e grondante di lacrime sul corpo semiscoperto di Eomund: << Voglio restare con lui... Voglio rimanere in questa stanza per sempre con lui! >> decise la donna strazziata.

Thèoden le poggiò una mano sulla spalla: << Sorellina, non credo che questo sia ciò che tuo marito vorrebbe che tu faccia... >> << Prenditi cura dei miei figli, Thèoden. Ti prego, fallo per me. E per Eomund >> aggiunse ancora Thèodwyn. Il Re capì subito dal tono della sorella che lei era ancora lucida e che sapeva benissimo quello che faceva. Lasciò delicatamente la spalla della donna: << Come vuoi, sorellina >> disse Thèoden. Dietro alla porta c' era Eowyn che riuscì ad aprire senza far rumore l' anta e sbirciò all' interno della stanza quello che accadeva: fece la macabra scoperta della fine di suo padre, il cui volto era girato casualmente nello spiraglio della porta in cui gli occhi di Eowyn lo fissavano. La bambina cominciò a tremare e ad emettere lievi lamenti di pianto. Poi sentì a chiare lettere quello che lo zio disse a sua madre: << Mi prenderò cura dei tuoi due figli, Thèodwyn, non ti preoccupare >> la piccola Eowyn chiuse lentamente la porta, quasi ad un rifiuto di andare a vivere con lo zio. Nel momento dopo, Eowyn si perse gli auguri che suo zio fece alla mamma: << Sono sicuro che tua figlia diventerà una vera scudiera quando saprà del destino di suo padre. E sono anche sicuro che lotterà pur di vendicarlo. In fondo, hanno lo stesso carattere >> un sorriso sereno si formò sulla faccia del Re di Rohan che consolava la donna abbattuta: << Si... Hai ragione >> rispose Thèodwyn sorridendo e guardando ancora il cadavere di suo marito martoriato dalle frecce degli orchi. Thèoden lasciò la stanza e riscese le scale che conducevano a questa. Un forte nitrito di un cavallo si sentì dall' esterno della dimora mentre Thèoden giunse al piano terra: << Ma che succede? >> si chiese mentre correva per uscire in giardino. Notò davanti a lui un cavallo nero che sfrecciò in mezzo ai suoi soldati verso il mondo esterno alla recinzione della dimora. Sopra al quadrupede c' era una piccola bambina bionda che teneva le redini: << Eowyn! Tesoro, ma che fai?! >> disse Thèoden vedendo sua nipote che cavalcava già quel grosso cavallo per lei: << Dammi un cavallo! >> ordinò ad uno dei suoi uomini. Thèoden andò a tutta birra a raggiungere il destriero che si portava via sua nipote. Eowyn lo vide poco distante da lui e gli gridò: << No! Non voglio stare con te! Vattene via, zio! >> << Eowyn, amore, è pericoloso andare a cavallo per te! Non hai l' età! >> rispose preoccupato il vecchio uomo affiancando il cavallo nero: << Non voglio andare a vivere con te, zio! Io voglio il mio papino! >> e il cavallo nero si imbizzarrì di colpo, velocizzando la corsa e superando il cavallo di Thèoden. Il cielo si fece grigio e con i rumori dei fulmini che cominciavano a rimbombare.

Un fragoroso tuono cadde davanti alla strada del cavallo nero che impennò bruscamente e fece cadere dalla sella la povera Eowyn che sbattè violentemente la testa sul terreno d' erba: << Eowyn! >> la raggiunse lo zio a cavallo. Si avvicinò dal destriero che aveva disarcionato la sua nipotina e lo tenne fermo dalle redini, tranquillizzandolo. Poi scese dalla sella per accertarsi che la sua Eowyn non si fosse fatta niente di male. La vide distesa a terra, immobile e con gli occhi chiusi. Fece per chinarsi su di lei e la scuotè con una mano: << Eowyn, svegliati! Come stai? >> la piccola bambina riaprì gli occhi, focalizzando l' immagine dello zio: << Zio... Perchè? Perchè è successo questo a papà? >> domandò singhiozzando la piccola: << Va tutto bene, Eowyn. Vieni, ti riporto a casa >> disse Thèoden tendendo la mano alla nipotina per aiutarla ad alzarsi: << Grazie, zio... >> la bambina fece per prendere il palmo dello zio che d' un tratto le finì intorno al collo, cominciando a strozzarla: << Ah! Zio... >> disse la piccola Eowyn. Il volto dello zio si materializzò nel volto oscuro del Re Stregone che con i suoi guanti ferrosi stringeva la gola di Eowyn. La donna si ritrovò nuovamente nel posto di prima, avvolto dalla guerra che si svolgeva a Minas Tirith, e con lei ancora alle prese con lo spettro nero: << Stupido. Nessun Uomo può uccidermi >> disse il Nazgùl sollevando dal collo il soldato donna che lo aveva sfidato. Adesso Eowyn boccheggiava dal fiato che le si interrompeva dallo strangolamento. La sua faccia fu all' altezza di quella del Nazgùl: << Ora muori >> le indirizzò le ultime parole d' addio prima di infliggerle il colpo fatale. Meiling fece in tempo a raggiungere il Nazgùl, e gli piantò alla schiena un pugnale. Il terribile spettro si irrigidì al colpo che lo raggiunse dietro, mollando il collo della donna che finì a terra. Lo spettro lanciò un grido più acuto verso il cielo dopo che la cinesina lo infilzò tra il mantello e l' armatura con una lama. A sua volta, il Nazgùl si inginocchiò ferito. Meiling si sentì un dolore fitto al braccio che usò per manovrare la spada che aveva: << Ahhh! >> il suo urlo fu quello di uno che provava per la prima volta una grave ferita. Si tenne il braccio più forte che poteva mentre anche lei cadeva all' indietro strazziante. Eowyn si rialzò vedendo che il suo avversario era stato messo fuori uso dalla sua amica che arrivò in tempo per salvarla. Ora era la donna che teneva il coltello dalla parte del manico, o meglio la spada. Questa si tolse l' elmo dalla testa, mostrando al Nazgùl urlante la sua vera identità: << Io non sono un uomo. Aaahh! >> e vibrò il suo colpo dritto alla faccia scura dello spettro, in mezzo alla maschera in ferro. La spada si piantò nel vuoto d' aria nero, giungendo dall' altra parte della maschera e toccando il materiale che tremò alla punta della spada. Dei cerchi concentrici si formarono nel volto del Nazgùl che sembrava aver ingoiato un pezzo della lama. Eowyn staccò la spada dal suo avversario, e si creò nell' aria una piccola onda repulsiva. Il Nazgùl si chinò su sé stesso con un movimento innaturale del corpo che veniva assorbito da uno strano vortice al suo interno. Le creature e gli elefanti intorno cominciarono ad allontanarsi d' improvviso mentre la maschera dello spettro si accartociava come se fosse un pezzo di carta e faceva manovrare la testa del Nazgùl bruscamente. Meiling strinse i denti da terra, allo stesso tempo confusa per la scena che si svolgeva. Eowyn si inginocchiò sfinita e il corpo del Nazgùl si ripiegava sempre più verso il basso fino a che le sue vesti non toccarono terra. Non rimasero nient' altro che questi dal vortice che risucchiò lo spirito del Cavaliere Nero, e presto le due amiche si resero conto della vittoria sul loro temuto rivale mentre intorno la battaglia continuava.

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Capitolo 42
*** Episodio 203: La vittoria a Minas Tirith ***


Le due amiche, Meiling ed Eowyn, si riunirono nei loro sguardi dopo che la figura del Re Stregone era sparita tra le due. Meiling si rialzò a fatica da terra, anche lei si teneva il braccio all' altezza della mano ferito da una strana magia: << Ce l' abbiamo fatta? >> chiese la cinesina tremando: << Penso di si. Eh eh... >> commentò Eowyn con un pizzico di stupore. Entrambe videro le vesti distese al suolo del Re Stregone dei Nazgùl, e capirono che l' avevano sconfitto: << Non si rialza più >> notò ancora Meiling: << Ah! >> << Eowyn, che cos' hai? >> chiese preoccupata la cinesina vedendo la sua amica che si teneva forte il braccio. La donna libera dall' elmo, alzò la testa verso la piccola amica: << Comunque, per essere due eroine, siamo messe entrambe male. Non è vero? >> aggiunse Eowyn scherzando con Meiling che le fece un sorriso liberatorio e pieno di gioia all' abbattimento riuscito del nemico: << Si, finalmente! >> esclamò la ragazzina con l' arto che le faceva sempre più male: << La magia di quello stregone deve averci fatto qualcosa >> disse Eowyn assumendo l' espressione seria. Meiling in quel momento si ricordò del Re Thèoden dietro alla sua amica: << Eowyn! Presto! Dobbiamo aiutare tuo zio! >> << Hai ragione. Forza, aiutami! >> disse Eowyn avvicinandosi alla carcassa del cavallo per spostarla. Meiling fece un passo in avanti, ma si dovette fermare con il dolore al braccio che la costrinse ad inginocchiarsi a terra: << Ah! Che male! >> si lamentò sofferente lei: << Non possiamo fare sforzi, mi sa. Le nostre ferite devono essere molto gravi >> notò la donna di Rohan: << No, aspetta. Ce la faccio... >> Meiling tentò di rialzarsi, e questa volta sembrò pronta a reggersi. Un forte rumore giunse in lontananza.

Eowyn e Meiling si girarono contemporaneamente in avanti e videro una mandria di orchi che le stava per raggiungere. Le terribili creature le circondarono anche ai lati e si ritrovarono nel solito cerchio di mostri di prima: << Ma che succede adesso? >> domandò la cinesina. I corpi degli orchi travolsero le due amiche, separandole un' altra volta. Meiling venne spintonata dalle molte creature, e non potè farsi spazio tra loro a causa della forza che esercitavano e anche a causa della ferita al braccio: << Meiling! Attenta! >> gridò Eowyn per sovrastare le urla degli orchi: << Eowyn! >> gridò ancora la cinesina vedendosi spinta come dalle acque di un torrente. La ragazzina finì in ginocchio dalla spinta degli orchi e si ritrovò con la faccia all' altezza dei piedi dei mostri che la sfioravano in faccia. Non si accorse che nel cercare di schivarli o di colpirli, lei si stava allontanando dalla sua amica ritrovata. Per sbagliò saltò dalla parte sbagliata per schivare un orco, e vide lo scudo di uno di questi che le andò direttamente in piena faccia. Meiling svenne dal colpo sùbito e si distese a terra priva di sensi. Ad aver fatto smuovere le orde di orchi erano l' esercito dei Morti capitanato da Toy. I fantasmi fecero strada in mezzo ai tre amici che colpivano gli orchi con i loro fendenti: << Quindici! Sedici! >> cominciò nella conta Yuè scoccando le sue frecce magiche ai mostri che si presentavano davanti. Toy parò il colpo di spada di due orchi e ne scalciò uno davanti a sé, e riprendeva a parare il colpo di un altro poi abbattendo l' orco. Il ragazzo fece una giravolta e ne uccise un altro di fronte. Un altro giro gli permise di ritrovarsi faccia a faccia con un orco che anche questo si vide il fendente parato e poi venire tramortito con un pugno mollato dal giovane guerriero. Toy continuò ad eliminare i nemici; ne uccise due con un colpo solo e vibrò la sua spada sulla testa di uno e successivamente tramortì un altro orco con la sua spada. Dietro al giovane vi era Gimli che gli copriva le spalle. In mezzo a tutto quel nuovo caos c' era Eowyn, anche lei investita dalla mandria di orchi fuggitivi dall' esercito fantasma. La dama si ritrovò distesa a pancia in giù nella terra e cercava la sua amica Meiling dopo che si riaprirono le acque in movimento degli orchi: << Meiling! >> cercò di chiamarla disperata Eowyn tra i cadaveri che vedeva.

Un verso disumano di un orco attirò la sua attenzione. L' orco rosa sbucò tra le carcasse di orchi in fondo per iniziare ad inseguire Eowyn che poco fa aveva ferito alla gamba quell' orco sfigurato. La faccia della donna impaurita si girò lentamente dietro, scorgendo con gli occhi l' orco che si teneva a malapena in piedi e che si dava all' inseguimento della donna. All' ennesimo ruggito del mostro, Eowyn cominciò a strisciare più in fretta che poteva per sfuggire alla furia del suo avversario. Il braccio della scudiera non era ancora del tutto funzionante. Toy continuò a parare i colpi degli orchi e ne trafisse uno alla pancia, affondandogli più in profondità la spada. Infine, gli diede un altro pugno, facendolo staccare dall' impalamento della lama e cadendo con tutto il suo peso a terra. Eowyn strisciò ancora via dall' orco rosa che lentamente prendeva terreno per raggiungere la sua preda. Anche lui strisciava tenendosi la gamba ferita, ma nonostante questo, accorciava le distanze con la donna. Eowyn si trovò davanti una carcassa che le faceva da ostacolo, ma vi trovò un' arma utile. La carcassa di un altro cavallo disteso fece in modo che la donna riuscisse a scorgere l' elsa di una spada. Eowyn dovette però sporgersi tra i cadaveri di uomini per riuscire ad allungare la mano verso l' arma. L' orco dietro di lei ne aveva già una, e se la procurò estraendola dal terreno. Una lunga clava ora era a portata della sua mano e stava per colpire la dama bionda. Il giovane Toy abbattè un orco e fece strisciare la lama della spada nella pancia di un altro e in seguito la fece ricadere sulla testa di un altra creatura. La spada del ragazzo vibrò su un altro mostro che nella carica superò Toy che fornì una vittima al Nano. Gimli roteò la sua ascia sulla faccia di quell' orco che si girò stordito dal colpo per cadere privo di vita su una montagnetta di altre carcasse sotto di lui.

L' orco rosa zoppicava con la clava appuntita verso Eowyn che cercava di prendere con tutti gli sforzi la spada trovata. Allungò le dita per raggiungere l' altra estremità del manico, ma l' elsa scivolò indietro, impedendo alla donna di impugnare un' arma. Era spacciata. Eowyn fece una smorfia di disperazione alla mancata presa della spada. L' orco alzò in alto la sua clava pronto a farla piombare sulla testa di Eowyn, ma il braccio che teneva la clava fu mozzato d' un tratto. La spada di Toy tagliò di netto l' arto dell' orco rosa che si inginocchiò a terra. Sopraggiunse Gimli che con un doppio fendente della sua ascia e di una sua spada, colpì alla pancia l' orco malformato che si piegò in avanti. Toy scivolò alle spalle del mostro e lo trafì da dietro la schiena, uccidendolo definitivamente. L' orco cadde in avanti privo di vita, ed Eowyn fu tratta in salvo dall' intervento di Toy che non si accorse della presenza sul campo di battaglia della donna. Il ragazzo e il Nano ripresero a sterminare altri orchi avanti nella mandria che infuriava: << Ah! Ventinove! >> esclamò Gimli mozzando le gambe a due orchi: << Yuki! >> lo richiamò Toy avvertendo il Giudice Supremo di un nemico sulla sua strada. Yuè si voltò dopo che ebbe ucciso un orco con un pugnale elfico e rivolse lo sguardo in cielo, mentre dietro di lui i fantasmi verdi proseguivano nell' uccidere le creature di Mordor. Un elefante con sopra un carico di uomini camminava nella direzione del Giudice con la solita imponenza di sempre. Yuè sgranò gli occhi e si avvicinò all' animale a passo felpato, dopo che gli fu dato una specie di ordine di abbattimento della grande bestia. Il Giudice saltò sulla zanna dell' elefante che mollò un colpo di proboscide per colpire Yuè ma che a sua volta scansò la frustata e balzò sulla zampa anteriore dell' animale, rimanendo aggrappato. L' animale si faceva largo tra gli orchi fuggitivi dall' esercito dei Morti. Yuè attese il momento giusto per saltare nella gamba posteriore, e ci riuscì mettendosi poi a scalare la lunga gamba fino al dorso della bestia. Yuè si mise nella posizione d' arciere per colpire gli uomini che si affacciavano verso di lui per colpirlo dalla loro postazione con le loro frecce. Yuè creò le sue frecce magiche, contando gli uomini che colpiva, e mantenendo la sfida con Gimli: << Trentatrè! Trentaquattro! >> due uomini in veste nere caddero dalla schiena dell' elefante. L' uomo che comandava la bestia si accorse della caduta dei due da dietro, cercando chi li avesse colpiti.

Un uomo balzò dalla postazione per piombare su Yuè che fu reattivo e colpì in pieno con la sua freccia il servo di Sauron che cadde alla sua destra, finendo giù dall' elefante. Ne scese un altro armato però di lancia che sfidò il Giudice che ancora una volta fece perdere l' equilibrio all' uomo con la lancia per poi spingerlo verso l' esercito dei Morti che alla caduta del corpo su di loro non sentirono alcun colpo essendo trasparenti, se non quello dello stesso che sbatteva a terra. Un terzo uomo si presentò saltando da Yuè, ma come sempre non utilizzò più frecce e spostò l' uomo dandogli un colpo d' anca e facendolo piombare anche lui giù dall' elefante. La creatura alata saltò verso una corda che sporgeva dalla postazione degli uomini e si dondolò a mezz' aria, spingendosi dalla gamba di davanti dell' elefante che barriva alla presenza dell' intruso. Yuè cercava di prendere un pugnale dalla sua tasca, evitando che la proboscide dell' elefante cercasse di colpirlo a fianco. Infine, il Giudice tirò fuori il pugnale elfico e tagliò le corde di sostegno che tenevano ferma la postazione degli uomini. Le corde si slacciarono di seguito, e gli uomini di su si sentirono il disequilibrio che arrivò nel loro tendone, barcollando da una parte all' altra. L' uomo davanti che guidava la bestia notò che la postazione su cui lui era stava per cadere. Il Giudice colse il momento per tenersi alla grossa corda su cui era, e cominicò a scalare fino al dorso l' elefante tenendo sempre più con meno forza la corda per poi lasciarla quando tutta la tenda era riversata verso il vuoto. Gli uomini di sopra si sentirono cadere verso il basso, e al contatto con il terreno le travi in legno della postazione caddero su di loro mentre l' esercito dei Morti passava sopra ai loro cadaveri. Yuè ora, libero da qualsiasi ostacolo, aveva il compito di fermare l' elefante senza guida. Creò con una sola mano tre frecce magiche, sfruttando i grandi poteri che Galadriel gli diede per rafforzare la sua magia, e si diresse sopra la testa dell' elefante. Puntò le tre frecce sopra la grande testa e le scoccò, piantandosi nel cranio a distanza ravvicinata. Il grosso elefante barrì di dolore e il suo passo diminuiva fino a che non si fosse accasciato al suolo. Il corpo enorme della bestia strisciò per alcuni metri e Yuè scese da esso scivolando tramite la proboscide come se avesse uno skateboard ai piedi. Il Giudice balzò con classe dall' animale che dietro di lui si girava da un fianco per morire per sempre.

Yuè chinò la testa da un lato incrociando lo sguardo di Gimli che si presentò davanti a lui con aria stupita e infastidita dalla grossa vittima che il Giudice era riuscito ad uccidere: << Comunque conta per uno! >> esclamò il Nano indispetito e preparandosi a finire gli ultimi orchi rimasti dal passaggio dei Morti: << Coraggio, allora! Forza! >> disse ringhiando Gimli e vibrando la sua ascia sulle facce di due orchi, più arrabbiato che mai. Toy si aggiunse al piccolo amico squarciando il corpo di un altro orco e colpendo uno alle spalle. Il braccio con cui Toy teneva la spada si fermò di colpo perchè questo era immobilizzato da un orco che sorprese da dietro il giovane. Quest' ultimo prese con l' altro braccio libero la testa dell' orco, avvolgendola, dopo che roteò verso il basso il braccio paralizzato, e con un movimento veloce spezzò il collo al mostro. Toy rialzò la testa per vedere le vittime che si spargevano nel campo, e oltre a quelle l' andamento della battaglia. Si girò intorno e vide insieme a Yuè e a Gimli che gli elefanti in fuga venivano raggiunti dai fantasmi verdi e li uccidevano senza pietà. Gli orchi erano stati tutti eliminati dal Pelennor, lasciando solo in vita i pochi cavalieri di Rohan sopravvissuti allo sterminio di massa. I fantasmi entrarono così a Minas Tirith per liberare la Città dagli orchi che ancora presidiavano all' interno. Salirono nei piani della fortezza, scavalcando grandi recinzioni in pietra che dividevano delle stradine della Città e facendo piazza pulita degli orchi invasori che tanto avevano minacciato Gondor. Gli incendi nella Città si spensero al passaggio degli spiriti della montagna, facendo elevare i fumi in alto, e decretando così la vittoria ottenuta e tanto sudata a favore delle forze del bene a Gondor.

 

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Capitolo 43
*** Episodio 204: L' addio di Thèoden ***


Era fatta. L' esercito mandato in massa dall' Oscuro Signore per la conquista di Gondor era morto. Ogni singola pedina che aveva composto l' immenso esercito di Sauron era stata spazzata via come polvere dall' attacco dei fantasmi, grazie alla guida di Toy e dei suoi amici. Le nuvole grigie rimasero per un po' in cielo, ma già si scorgevano i primi deboli raggi di sole che da molto non si posava su quelle terre finalmente liberate dalla presenza di Mordor. Seppur si cantava vittoria da una parte, dall' altra si doveva dare l' addio ai propri cavalieri moribondi. Eowyn si trovò da questo lato di un episodio che giunse a battaglia conclusa. La donna strisciò tranquilla ma allo stesso tempo in apprensione verso una persona che si era dimenticata di soccorrere: suo zio Thèoden. L' aveva lasciato svenuto l' ultima volta che lo guardò nel frattempo che combatteva contro il Re dei Nazgùl. Eowyn strisciò da un lato del cavallo per arrivare alla testa di Thèoden, ancora bene in vista insieme a metà del corpo. L' altra parte era schiacciata dal peso della carcassa del cavallo bianco sopra. La donna ansimava dalla fatica e dalla disperazione e utilizzò tutte le sue forze per rivedere ancora il viso dello zio, mettendoci in atto anche i muscoli dell' altro suo braccio intatto. Fu abbastanza vicino allo zio da notare i lividi che erano sparsi nella faccia. Le palpebre di Thèoden si aprirono per osservare la persona che respirava tanto forte davanti. Gli occhi azzurri del Re di Rohan visualizzarono i contorni di un uomo dai lunghi capelli biondi. Doveva essere per forza Eomer che era andato a soccorrere suo zio morente; pensò lo stesso Thèoden. Ma la vista gli fece mettere ancora di più a fuoco la persona che aveva davanti.

La faccia rosea come quella di una femmina fu per poco chiara al Re giacente a terra. I suoi occhi erano socchiusi, ma volle aprirli ancora un po' di più per confermare se quella che aveva di fronte era una donna, o un angelo caduto dal cielo. La testa di Thèoden si mosse poco, cercando di voltarsi in modo completo al viso della donna. La mano di Thèoden passò nella guancia della fanciulla e la riconobbe mentre questa lo accarezzava in fronte con la sua mano e gli rivolgeva un sorriso di gioia nel vedere che il suo Re è riuscito a riprendersi: << Riconosco il tuo viso... >> disse con voce rotta Thèoden mentre l' espressione di Eowyn si faceva singhiozzante nonostante il dolce sorriso: << Eowyn. La vista mi si oscura >> annunciava lo zio alla nipotina togliendole la mano dalla guancia. La sua voce era più soffocata dal respiro che non riusciva a buttare fuori che dalla calma che lo colse in quel momento sapendo che la morte lo stava prendendo a sé. Eowyn si fece seria, tremando dai bordi delle sue labbra per non emettere alcuna smorfia di pianto. Accarezzava ancora lo zio come se fosse un cane ferito e lo guardava intensamente negli occhi per dargli forse attraverso il suo sguardo triste una speranza di vita: << No. No, vedrai, ti salverò >> disse sospirando Eowyn allo zio morente: << Lo hai già fatto. Dal momento in cui tu sei nata >> comunicò Thèoden con un sorriso sereno e con le labbra che si riempivano di sangue: << La tua nascita per me, Eowyn, è stato il più bel dono che abbia mai ricevuto in vita mia >> << Non sprecare fiato... >> consigliò cautamente la donna: << Ne ho riservato abbastanza per te, o mia scudiera >> proseguì Thèoden sempre più con la voce che gli si spegneva gradualmente. La nipote si mise ancora più con il suo braccio vicino alla testa dello zio, scrutando nelle sue pupille se c' era ancora qualche fiammella accesa, rappresentante l' anima. Notò ancora che le pupille erano nere del colore dei vivi e si mise ad ascoltare in silenzio le ultime parole che doveva dire un corpo la cui vita stava lasciando per sempre il mondo terreno: << Faccio ammenda delle mie azioni su di te, Eowyn... Perdonami. Ho lasciato che il mio desiderio di averti danneggiasse le persone a te care >> << Solo ora capisco quanto mi hai sempre voluto bene... E questo perchè volevi colmare il vuoto lasciato dai miei genitori >> disse Eowyn con gli occhi che le si fecero lucidi. Thèoden aggrottò la fronte alla faccia di tristezza della nipote e le ribadì ciò che le disse all' accampamento a Dunclivo: << Non ti ho forse detto: “ Non piangere per coloro per cui è giunta l' ora”? Perchè tu, nipote mia. Tu vivrai per vedere questi giorni rinnovati >>.

Eowyn tirò in su le lacrime, rispettando il volere dello zio che non voleva rattristarsi nei suoi ultimi istanti di vita: << Scusa, se... Se ti ho dato questo dispiacere >> fece le sue scuse la donna allo zio: << E' normale. Eowyn, io in cuor mio, ho cominciato a sentirmi ancora più legato a te e a tuo fratello quando tua madre mi ha chiesto di prendermi cura di voi >> la verità arrivò alle orecchie di Eowyn veloce e sconvolgente: << M-Mia madre lo ha chiesto? >> domandò la dama incredula: << Si. L' ha fatto per non farvi sentire soli. Il suo dolore era diventato troppo grande perchè voi riuscivate a sopportarlo. Così, mi ha chiesto il giorno che riportai tuo padre per l' ultima unzione, di badare a voi >> la mente di Eowyn ora viaggiò indietro nel tempo fino al ricordo in cui sbirciò dalla porta della camera funebre. Aveva ancora la curiosità di ogni bambino, come era del tutto nella norma, ma non avrebbe mai pensato che il suo sesto senso sarebbe andato ad arrivare a tanto. Quel giorno per Eowyn significò la scoperta della verità che cela il mondo intero: la vista del cadavere del padre la segnò profondamente, tanto da passare un' infanzia seria, resa ancor più peggio dalla morte improvvisa della madre che si lasciò afferrare dal troppo dolore accumulato, facendole stroncare la vita in età adulta. Thèoden partecipò ai funerali della sorella e del cognato tenendosi stretti i suoi nipotini, Eomer ed Eowyn. Eomer rispetto alla sorella riuscì a superare lo shock della perdita dei genitori, diventando un cavaliere di Rohan che sapeva mantenere il sangue freddo nelle battaglie dove si rischiava la vita. Eowyn con gli anni volle evadere dalla prigione di depressione che cadde su di lei, decidendo di seguire le orme del padre, come fece il fratello. Diventò una dama regale di palazzo, mentre dall' altra parte era una prode guerriera, fiera di sé: << Non ho mai scordato il carattere di tuo padre, Eowyn >> riprese a parlare il Re di Rohan smuovendo la nipote dal suo stato di pensiero: << Sei uguale a lui. E' a causa mia che la morte gli giunse in fretta >> ammise con serenità Thèoden trovando in Eowyn tutto il benessere che poteva nascondere una donna che aveva passato le pene dell' inferno fin dagli inizi: << Ero sempre attaccato alla vostra famiglia, nella speranza di non essere dimenticato. Ma gli chiesi un compito troppo pericoloso per l' incolumità della sua vita >>.

Si ripassò indietro, al passato, alla notte in cui Thèoden arrivò alla casa di Thèodwyn, sua sorella, e Eomund. Non si scordò mai la discussione animata che ebbe con il marito di sua sorella poco prima che cedesse alle intenzioni del Re di Rohan: << Eomund, mi serve il tuo aiuto. E' una questione importante >> diceva allora Thèoden seduto a capo tavola e parlando con Eomund: << Cos' altro vuoi che faccia? Devo ripulire il Palazzo? Tra un po' avrò la carica di tuo subordinato, di questo passo >> << Io non andrei direttamente sul sottile. Stai diventando troppo superficiale >> << Dalle tue parole, si direbbe che il compito da svolgere è di vitale importanza >> << Eccome... >> << Senti, io sono un Cavaliere al servizio della Patria. Non posso stare ai doveri di un solo sovrano. Il mio compito è per tutti >> << Sarò onesto con te, Eomund. Un vero Cavaliere di Rohan svolge qualsiasi missione che gli si venga data nel suo campo, inclusi i servizi che egli presta in altre abitazioni >> << E questo comporta anche un servizio militare >> << Giusto. La missione che ti sto per dare, riguarda gli orchi. Sono stati avvistati nei paraggi degli Emyn Muil. Esattamente ai confini con le Terre del Mark. Questi nemici sono addestrati duramente alla sopravvivenza alla lotta all' ultimo sangue, e con questo intendo anche il combattimento con l' utilizzo di armi letali >> << Sai benissimo che nessun Uomo è stato in grado di rispedirli nel regno da cui sono spuntati >> ribattè sporgendosi in avanti Eomund: << Si, ti capisco. Ma noi abbiamo i Cavalieri più veloci in tutta la Terra di Mezzo. Questo sarà un vantaggio per te per farti spazio tra quelle creature. Sarai completamente sotto protezione dal momento in cui ti unirai a loro >> << E' fuori discussione! Non se ne parla >> disse adirato Eomund sbattendo con violenza la mano sul tavolo: << Dopo tutto il tempo che ho passato a regnare in questo Popolo, tu mi volti le spalle? Se ricordo bene mi hai scelto come sovrano di Edoras. Perchè ci appoggiavamo l' un l' altro. Come fratelli >> << Mi stai barattando, per caso? >> chiese provocatoriamente Eomund: << No. Ti faccio le mie più profonde discolpe per il mio atteggiamento poco rispettoso nei tuoi confronti. Ma ti chiedo di fare questo, per la tua famiglia. Per il tuo Popolo. Per Rohan. Non te lo sto chiedendo per soddisfare i problemi di un sovrano >> << Ripulire le Terre del Mark, dici? >> arrivò alla domanda tanto fatidica Thèoden con il suo ricordo su Eomund.

La risposta che giunse fu quella catastrofica: << Si. Va bene, ci andrò >> furono una delle ultime frasi che sentì udire dal cognato prima che questi partì verso il cielo più blu. Il volto di Thèoden ora era pallido, privo di ogni vitalità. La dama a fianco aspettava con pazienza le successive parole veritiere dello zio: << Sono stato uno sciocco, Eowyn. Se solo avessi dato più importanza all' unione della famiglia, della nostra famiglia, a quest' ora avevi dei genitori con cui consolarti. Anziché guardare me per tutta la vita come se io fossi l' unico genitore che è stato in grado di starti a fianco, ora vivresti giorni più sereni >> parlò Thèoden quasi allo sfinimento: << Zio... Non ho nessun rancore contro di te. Mi hai cresciuta esattamente come io volevo. Come una scudiera di Rohan. Hai fatto più che felici mia madre e mio padre. Non incolparti per ciò che non ha avuto alcuna ripercussione su di me >> profonde parole uscirono dalla bocca di Eowyn rivolte allo zio sul cui volto non si intravedeva neanche una ruga di tristezza, ma anzi si stirava un gran sorriso: << E' quasi ridicolo. Io sto lasciando questo mondo per il male che ho portato al mio genero. Dev' essere il cerchio del destino che si è ricordato che dovevo saldare. Per l' ultima volta >> ripetè autolesionandosi il Re: << No... Io non ti lascerò andare >> si promise Eowyn iniziando a emettere i primi versi di pianto: << Eowyn, il mio corpo è spezzato... >> disse sorridendo Thèoden poi diventando di nuovo serio all' espressione della nipote: << Devi lasciarmi andare >> la donna ancora non credeva che suo zio la stava per abbandonare, come tutti quelli che l' avevano finora circondata. La dama si rattristì a tal punto che le guance le si fecero rosse dal trattenere lo sfogo, non potendo risparmiare allo zio morente una scena di lacrime: << Vado dai miei padri, nella cui gloriosa compagnia ora non dovrò più vergognarmi >> gli occhi di Thèoden rotearono da un lato della faccia di Eowyn per fissare il cielo che tra un po' avrebbe raggiunto.

Poi il suo sguardo si posò nuovamente su Eowyn che cercava di confortarla facendole un sorriso forzato dalla stanchezza che calò su di lui. Eowyn rimase impassibile, pensando che ciò che stava per cogliere lo zio fosse solo un avvenimento ancora da rimandare. Thèoden girò ancora piano la testa verso la nipote: << Eowyn... >> iniziando a dirle qualcosa. Il capo del Re di Rohan emise uno scatto lieve, fermandosi immobile nella posizione in cui lo teneva inclinato. Gli occhi di Thèoden rimasero aperti con le palpebre che non sbattevano più. Tutto il corpo si fermò di eseguire le azioni che il cervello comandava, anche esso fermo per sempre. Lo sguardo fisso del Re era rivolto con insistenza ad Eowyn che capì che lo zio era stato portato via dalla morte. La donna non fiatò, sempre più presa dal cordoglio della scomparsa dello zio. Gli occhi della fanciulla cominciarono a sbattere a ripetizione e formò con la bocca una smorfia di dolore profondo e di tristezza, dando inizio ad un pianto strazziante. La bocca tremò sempre di più fino a quando non la aprì per piangere ad alta voce mentre guardava un' ultima volta gli occhi spenti dello zio che ora guardavano all' altezza del terreno. Eowyn poggiò la fronte sul petto di Thèoden per sfogarsi nel suo pianto, avendo assistito all' addio di un suo parente. Ora il sole era scoperto sul campo di battaglia, libero dalle nuvole di Mordor, e illuminava il cadavere di Thèoden che in vita compì le gesta eroiche tipico dei cavalieri coraggiosi.

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Capitolo 44
*** Episodio 205: I giuramenti rispettati ***


I raggi del sole squarciarono le nuvole, logorandole dal calore che la grande stella lasciò fuoriuscire alla sua ricomparsa in cielo. La luce illuminò a grandi chiazze il terreno del Campo del Pelennor, così come la fortezza bianca che ora era libera da qualsiasi forza del male. In breve tempo tutta l' immensa distesa del cortile di Minas Tirith venne investita dal fascio di luce che si sprigionò più forte che mai per allontanare via i residui di nuvole grigie dal territorio di Gondor. Ora regnava il silenzio dopo che una violenta e lunga tempesta si era abbattuta sugli indifesi uomini di Gondor. Ma era un silenzio piacevole sotto il sole che splendeva alto più che mai. Da un piano superiore della Città scese Kerochan il Bianco che riacquistò il suo potere del volo dopo la scomparsa del Re Stregone. Sopra di lui c' era la solita Tomoyo che venne salvata dall' intervento della squadra dei Morti. La tigre planò con delicatezza nel terreno distrutto dal conflitto nelle diverse zolle. La ragazzina nella quiete che regnava ora, scese dalla schiena del Guardiano alato seguendo la calma circostante. Osservò da ogni parte la distruzione che raggiunse il campo nel più totale scontro all' ultimo sangue di sempre. Dovunque si voltava vedeva carcasse di orchi, uomini e cavalli sparse per ogni metro quadrato della superficie: << Che tristezza. Mi piange il cuore a tutto ciò >> commentò Tomoyo stringendosi le mani al petto, sopportando lo scenario apocalittico che avvolgeva i due : << E' la triste sorte di chi cade combattendo, purtroppo >> disse Kerochan solennemente guardando avanti a quel cimitero di soldati quasi mostrasse tutta la sua impassibilità in quella desolazione. I cadaveri sparsi qua e là avevano lunghe lance spezzate che usarono nel combattimento con gli elefanti e che si posarono ai loro piedi.

<< Ora la pace a Rohan e a Gondor regnerà per sempre >> aggiunse Tomoyo sicura degli avvenimenti futuri: << Si. E sarà sempre così. Il silenzio si spargerà nel grande campo dove una volta si svolse la battaglia contro le forze di Sauron >> la ragazzina annuì ascoltando le parole dell' amico che girò la testa alla sua destra, attirato da qualcosa. Tomoyo lo vide che l' aveva abbandonata per un attimo mentre lei era incantata nel fissare i molti corpi che si presentavano ai suoi occhi blu. Kerochan camminò tra le persone che giacevano a terra non smettendo mai di distogliere lo sguardo da ciò che gli apparì più avanti. Socchiuse gli occhi dalla potente luce di sole che investì ogni parte di terra. Tra il fumo che si levava dal campo, la tigre bianca si fermò a distanza di sicurezza da ciò che vide prima. Tomoyo lo affiancò da un lato fermandosi e osservando le misteriose sagome che fecero rimanere sbigottita la ragazzina. La bocca non emise alcun suono, anche questa bloccata dalla visione che apparì a Tomoyo. Oltre i due amici c' erano Yuè, Gimli e Toy anche loro che guardavano di fronte al fenomeno che attirò la vista di ogni presente: gli spettri verdi sostavano al cospetto del giovane Toy tutti quanti riuniti e fissare lui. I guerrieri scheletrici erano complici della salvezza del regno di Gondor dagli orchi, e Tomoyo potè vedere ora chiaramente gli eroi che li aiutarono nel sconfiggere le creature di Mordor, anche se li aspettava più in carne invece che tutto ossa e tenebrosi. In prima fila ai numerosi Morti c' era il loro Re che era faccia a faccia con Toy: << Liberaci >> disse il sovrano scheletrico con la sua voce che echeggiava tombale nell' aria, dove un vento di vittoria soffiava nel campo. Toy sospirò, giunto alla separazione con la temibile armata degli spiriti della montagna, avendo promesso loro di sganciare le catene della maledizione alle quali Isildur mise loro tramite la sua anima vendicativa: << Cattiva idea >> aggiunse Gimli da dietro il ragazzo bisbigliando le parole per non farsi sentire dal Re dei Morti, che al contrario capì chiaramente ciò che il Nano diceva per paura che questi spiriti si trasformassero in entità malvagie: << Molto utili, questi giovanotti, quando si è alle strette, nonostante siano morti >> proseguì Gimli dando ogni tanto un' occhiata allo spirito verde che a sua volta guardava la piccola creatura come se fosse un ostacolo che cambiava di botto l' ultimo tratto che dovevano percorrere.

<< Ci hai dato la tua parola >> disse insistentemente il Re dei Morti ribadendo quello che Toy promise a loro. Il giovane non esitò più nel parlare: << Ritengo il giuramento rispettato. Andate. Abbiate pace >> annunciò Toy pacatamente al sorriso maligno ma soddisfatto del sovrano trasparente. Quest' ultimo emise un verso di liberazione prolungato, e il vento cominciò a soffiare forte su di lui e sul suo esercito. Il Re dei Morti alzò la testa al cielo, chiudendo gli occhi come se fosse cullato dal vento che giungeva a lui. I capelli bianchi che gli spuntavano dalla sua corona si mossero al soffiare dell' aria, come se d' un tratto fossero diventati reali. Gimli lanciò un' espressione scocciata al ragazzo che non lo aveva ascoltato e sospirò almeno di essersi levato un peso dallo stomaco con la scomparsa a breve dei Morti. Il vento consumò le sagome dell' esercito dei Morti con il loro Re che sparivano partendo dai piedi fino alla testa. L' ultimo a sparire fu proprio il Re con la sua faccia scheletrica che veniva scomposta in piccole bricciole che si disperdevano nell' aria. E con la liberazione dell' esercito della montagna, sparirono anche con esso il merito dell' impresa nel salvare Gondor dagli orchi malvagi, e nessun abitante di Minas Tirith avrebbe mai saputo chi realmente li avesse messi in salvo dalle orde di mostri, dando inizio alla nascita di leggende sul conto della difesa della Torre Bianca. Lo spazio dove c' erano prima i Morti era nient' altro che carcasse di orchi cui i fantasmi si misero sopra. Toy si voltò dietro di lui dopo che tutto ritornò alla normalità, e rivide Tomoyo insieme a Kerochan che rimasero ad osservare lo spettacolo quasi sinistro che comparve a loro. Finalmente il gruppo di amici era riunito nella desolazione del campo di battaglia, dopo che fu diviso dai propri impegni di riorganizzazione nel sferrare l' attacco agli orchi invasori. La tigre bianca si chinò davanti a colui che sarebbe stato il nuovo Re, l' erede di Isildur, che condusse alla guerra l' esercito maledetto. Toy per tutta risposta all' inchino e al sorriso di Kerochan, gli fece una faccia felice nel rivederlo sano e salvo insieme a Tomoyo, essendosi già riformato il gruppo che decise di combattere a Gondor.

Ora i soldati di Rohan vivi in campo cercavano tra i milioni di cadaveri quelli che avessero le vesti dei Rohirrim e che caddero in battaglia. I corpi che venivano recuperati andavano poi bruciati nel grande falò come da tradizione del loro popolo. Nel cercare i propri morti c' era silenzio e lutto. Eomer girava lo sguardo qua e là nel vedere più volte solo carcasse di suoi compagni caduti. Tomoyo vagò disorientata nei mucchi di corpi sparsi nel terreno, guardando con dispiacere gli occhi aperti dei soldati morti. La testa di Tomoyo si voltò prima da un lato e poi davanti, e qui si bloccò. La ragazzina emise un respiro di sorpresa e di sbigottimento a ciò che i suoi occhi le indicarono sul terreno. Tomoyo corse in mezzo alle carcasse di soldati di Rohan, saltando un braccio mozzato che era situato a metà strada dall' oggetto che la separava. Infine, lo raggiunse. Un mantello verde e di lunghezza uguale a quello che anche lei portava adesso, era disteso tra i corpi di due soldati. La ragazzina con il fiato in gola prese in fretta il mantello, avendolo già visto indossare da un' altra persona. I Rohirrim però avevano il mantello colore scuro, e quelli non potevano possedere un mantello di colore verde chiaro. Si portò la sommità del mantello verso i suoi occhi, e scorse tra il fiocco dello stesso che c' era una foglia fatta in vetro. Riconobbe quella foglia, avendola già vista la prima volta a Lothlòrien quando gli Elfi consegnarono i mantelli elfici a lei e agli altri. Le venne in mente una persona che era rimasta al suo fianco nei molti pericoli affrontati: << Meiling... >> disse con voce strozzata Tomoyo rialzandosi in piedi e preoccupata per la sorte che ha subito la sua amica nella battaglia. Non avrebbe mai pensato che anche Meiling fosse scesa in guerra per avere un ruolo nella difesa della Città. La conosceva troppo bene: era coraggiosa fin troppo, ma mai avrebbe immaginato che fosse stata messa fuori gioco, nonostante la sua perduranza negli scontri.

Tomoyo si sentì come un pugno allo stomaco improvviso vedendo ed esibendo davanti ai suoi occhi il mantello che venne indossato dalla cinesina con cui si era legata profondamente in amicizia. Un urlo proveniente da un cuore disperato lacerò l' aria che albergava nel campo fino ad ora: << Nooooo! >> era Eomer che poco più in là corse alla vista di qualcuno di familiare che giaceva immobile a terra. Il Cavaliere di Rohan gettò da due lati l' elmo e la spada che brandiva in battaglia per correre verso il cadavere. Eomer si gettò in ginocchio per raccogliere il corpo. La faccia del cavaliere aveva assunto l' espressione di uno che era strazziato dal dolore di aver perso una persona cara. Come sollevò il cadavere dalla schiena di questo, l' urlo di Eomer fu ancora più disperato: << Nooooo! >> tra le braccia teneva Eowyn, il cui volto era pallido e gli occhi chiusi. Era morta anche lei, pensò il cavaliere urlando a squarciagola al cielo, aprendo la bocca più grande che poteva. Riabbassò la testa, singhiozzando bruscamente sul corpo della sorella che ritrovò disteso lì in quel campo di battaglia. Le sue lacrime gli rigavano la faccia rossa dallo sfogo disumano che gli venne, e queste scesero fino alle guance della sorella defunta. I cavalieri intorno a lui continuarono nella ricerca di altri corpi, sentendosi anche loro il dolore che provava il giovane cavaliere alla perdita della sorella. L' urlo di Eomer si fece sempre più in lontananza alle orecchie di Toy. Il ragazzo rimase sconvolto alla scoperta che Eowyn era scesa in battaglia per proteggere i suoi cari. Forse dopo che diede una delusione d' amore alla fanciulla, questa ha voluto andare verso il suicidio per far morire dentro di lei le cicatrici che si provocò nel suo cammino della vita. Toy si sentì in colpa a ciò, e quel ritrovamento fu come una condanna per il ragazzo che ora fissava incredulo il bianco della pelle di Eowyn che divenne ancora più intenso di prima. La disperazione colse anche lui, ma non mostrò lacrime alla scena, solo una faccia ancora più triste del solito. Il dolore gli fu più concreto quando Eomer piangeva sulla fronte della sorella travestita da guerriero, e si dondolava il suo corpo durante il grande pianto insieme a quello della sorella. Kerochan guardò a bocca cucita l' episodio, sapendo che delle sue conoscienti erano rimaste coinvolte nella battaglia alle porte di Minas Tirith. Toy si avvicinò per tastare il polso della donna, e sentì che pulsava ancora. C' era ancora della vita in lei. La notte stessa furono recuperati tutti i feriti ritrovati nel campo e in Città, per poi essere portati nelle Case di Guarigione di Minas Tirith. Una donna fece strada a Toy che le chiese di portarlo nella stanza dove erano depositati i corpi dei feriti. Dall' entrata della stanza delle cure, Toy vide Eowyn distesa su una barella. Sembrava che dormisse. La donna era sorvegliata con costanza dal fratello in apprensione per lei.

Toy si offrì per curare la donna che gli chiese la mano. Il giovane si fece largo tra le barelle di corpi in mezzo al pavimento in mattonelle per salire verso il punto in cui c' era Eowyn. Le Case di Guarigione erano situate all' interno delle dimore bianche, e dalle pareti opposte della Casa si poteva osservare una parte dell' agglomerato della fortezza. La notte sembrò più tranquilla in quel momento, almeno non ci furono gli attacchi degli orchi a far allarmare gli abitanti e a cancellare il momento magico del cielo notturno. Toy si mise accovacciato insieme a Eomer a fianco, e iniziò ad accarezzare il braccio che Eowyn aveva scoperto. Toy lo prese e si portò l' arto più vicino per osservarlo. Vide sulla pelle dei graffi blu che sembravano però sotto di essa. Al ragazzo vennero date delle foglie di Re, le stesse usate per curare sua sorella Sakura dall' avvelenamento del pugnale del Nazgùl. Il giovane intuì che lo stesso accadde ad Eowyn. Passò sul braccio della guerriera le foglie, iniziando la cura. Poi, dopo un po', immerse in una ciottola d' acqua un fazzoletto che strizzò per farlo diventare umido. Il ragazzo tese all' altezza dei suoi occhi a sinistra il fazzoletto, lasciando che le gocce smettessero di scendere da questo. Portò il fazzoletto sulla fronte di Eowyn che ora in quella posizione di riposo si faceva onore dalla fatica che accumulò in battaglia e dal suo coraggio preso per parteciparvi. Eomer non smise un attimo di guardare sua sorella che veniva curata da Toy. Entrambi preoccupati per la fanciulla di Rohan e sperando che si riprendesse il più presto possibile. Eomer continuava a stringersi forte le mani, sfregandosele dalla tensione che lo colse in quel momento. Passarono un paio d' ore e, dopo che Toy tolse il fazzoletto dalla fronte di Eowyn, aspettò sempre nel silenzio di Eomer che si risvegliasse la sorella. Il giovane e apprensivo Toy passò la sua mano sul viso della scudiera delicatamente. Poi questa emise un improvviso respiro regolare, ripetendolo più volte, facendo muovere la cotta ferrosa della maglia dei guerrieri che lei indossava. Eowyn aveva riacquistato il battito cardiaco che sembrava nascosto da un qualche sortilegio. Le palpebre di Eowyn si aprirono e i suoi occhi chiari e stanchi incrociarono lo sguardo del giovane Toy che era riuscito a salvare la vita alla sorella di Eomer. Eowyn sorrise al ragazzo mentre Eomer tirò fuori un sospiro di sollievo come vide che gli ocche della sorella si erano riaperti. Toy si occupò di altri feriti nella stanza, essendo stato abilitato un tempo dagli Elfi nel saper curare le persone.

Eowyn venne messa a riposo su un letto delle Case per recuperare completamente le forze. La giovane fanciulla si risvegliò il giorno dopo, all' alba. Aveva le vesti bianche e i capelli allisciati che tornarono a riassumere la lunghezza di sempre. Eowyn si alzò dal letto e andò alla fessura di un muro per affacciarsi e guardare la vita che si svolgeva fuori da quella Casa. Eowyn fu investita dai raggi dell' alba mentre si guardava le mani che riassunsero colorito dopo che fu colpita dall' arma avvelenata del Nazgùl. Dall' inizio della stanza cui si trovava la dama, c' era un uomo anche questo in veste bianca alla maglietta. Questo aveva una fascia bianca al petto per curarlo delle ferite subite in battaglia. L' uomo dirigeva lo sguardo sul viso della fanciulla, mentre una donna che si occupava del posto gli passava accanto a lui con una torcia in mano; ma non gli importò niente di nessuno, tranne di Eowyn. L' uomo era Faramir, anche lui ripresosi dalle cure vitali di Toy, e guardava d' incanto Eowyn da dietro di lei. La donna alzò lo sguardo verso l' esterno per osservare l' aria mattutina che le passava tra i capelli e contro la faccia seria che dovette riassumere ogni volta che moriva un suo caro. Ma sicuramente, Eowyn non avrebbe più dovuto tenere ad ogni tragico evento quella faccia triste, perchè a sua insaputa Faramir sembrò sicuro di essere l' uomo giusto per tirarle su il morale. Le labbra del capitano di Gondor si incurvarono per formare un altro sorriso al profilo del viso dolce di Eowyn. Un altro giorno stava finendo. Il campo di battaglia veniva rimosso dai cadaveri che lo ricoprivano, dando fuoco a questi, constatando prima che erano morti. La notte calò nuovamente sul campo e Tomoyo non si dava pace nella ricerca del corpo della sua amica Meiling. Lei si sentiva che era lì, e non voleva che il suo corpo finisse bruciato dai cavalieri che stavano di guardia lì al campo: << Meiling! Meiling! >> urlò il suo nome nell' aria, tenendo a portata di mano il mantello che ritrovò. Era a tutti i costi intenzionata a rivederla, anche se era morta, ma voleva lo stesso rivedere il suo viso che da un momento all' altro rischiava di rimuovere dalla testa. Gli occhi di Tomoyo si fecero lucidi, e si fermò in un punto in cui pensava che anche quel giorno aveva fallito la ricerca. La ragazzina si girò dietro di lei, osservando la pancia di un elefante nella sua direzione. L' animale era sdraiato e morto. Vicino a questo notò delle scarpette nere che una sua conosciente portava sempre. Delle gambe spuntavano fuori sotto la corpo di un orco. Lì sotto c' era qualcuno, e Tomoyo pensò subito alla sua amica nascosta sotto a quel cadavere. La ragazzina si gettò sul corpo per spingerlo da una parte con il nodo alla gola che le si stringeva sempre di più dall' emozione. Come la carcassa dell' orco si spostò, Tomoyo vide la sua Meiling sdraiata da un lato che teneva gli occhi chiusi: << Meiling! >> la richiamò per poi prenderla da sotto la schiena e mettersela tra le ginocchia: << Meiling, sono io... >> continuò a dire l' amica. Meiling riaprì gli occhi. Questa aveva una striscia di sangue che le spuntava dalla bocca: << Sono Tomoyo >> riprese con le lacrime agli occhi Tomoyo dalla gioia di rivedere la sua amica sveglia e rivolgerle lo sguardo. Tomoyo e Meiling si sorrisero a vicenda: << Sapevo che mi avresti trovata >> disse lentamente Meiling: << Si >> Tomoyo mise una mano sulla nuca dell' amica sdraiata mentre quest' ultima si guardava triste nel campo di martiri: << Mi lascerai qui? >> chiese la cinesina con voce tremante da un pianto che stava per far uscire: << No, Meiling. Mi prenderò cura di te >> promise l' altra amica nella ricongiunzione con la ragazzina ferita. Tomoyo si guardò intorno per cercare una coperta per proteggere l' amica dal vento fresco che soffiava quella notte. Le mise, infine, il mantello elfico che trovò per primo e che gettò ai piedi della cinesina per soccorrerla. Tomoyo stette un po' lì in quel campo minato dove anche delle bestie grandi giacevano. Poi si mise l' amica ritrovata in spalla per condurla alle Case di Guarigione di Gondor, dove si sarebbe rimessa in sesto con le cure che Toy diede a quelli feriti nella battaglia.

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Capitolo 45
*** Episodio 206: La torre di Cirith Ungol ***


La notte sembrava essere più lunga da un' altra parte, dove le alte montagne rocciose si innalzavano minacciose verso il cielo nero e a tratti rosso. In mezzo alle catene montuose si ereggeva un' alta torre nera che sovrastava le cime delle altre montagne circostanti. Delle urla non comprensibili si udirono nella zona dove la torre era situata. Queste erano accompagnate da rumori di catene. La cima della torre aveva delle colonne appuntite poggiate sul suo marmo. Attraverso una delle fessure create dalle colonne a punta, si scorse l' ultimo pianerottolo della fortezza. Dentro in quel punto c' era Sakura sdraiata da un lato con i polsi legati duramente con una grossa corda. Le mani ce le aveva incrociate all' altezza del petto. La ragazzina era ancora provata dal colpo che il grosso ragno gigante le inflisse, e dormiva ancora. Sakura indossava la sua solita maglietta e aveva la testa avvolta in parte dalle tele del ragno, mentre le altre che aveva in corpo erano state tolte dagli orchi che la presero con loro. Due orchi stavano ora dietro di lei e rovistavano qualcosa in un tavolo. Sakura si risvegliò senza far alcun rumore, e si guardò silenziosamente intorno per riuscire a riconoscere il posto in cui era stata portata. I suoi occhi verdi rotearono dietro di lei, intuendo che c' erano degli orchi alle spalle. L' orco più grosso, che aveva le sembianze di un Uruk-hai, esaminava lo scettro rosa della cattura carte, mentre l' altro suo compagno più magro guardava la custodia di un pugnale che la loro preda si era portata dietro. Sakura intuì che le proprie armi erano state requisite dai due mostri che probabilmente l' avevano presa durante il suo stato di immobilizzazione.

Il respiro della cattura carte si fece sempre più acuto al sentire dei rumori sinistri che provenivano da dietro di lei quando gli orchi buttavano da una parte le armi della ragazzina, ritenute forse inutili. L' orco più magro tirò fuori la cotta di maglia di Mithril la quale fu donata a Sakura da parte del nonno Masaki. L' orribile mostro esibiva il suo prezioso oggetto luccicante e fece alcuni passi per iniziare a portarselo con sé mentre si intravedeva nella sua faccia un' espressione di gioia. L' Uruk dalla stazza più enorme del suo compagno si voltò verso quest' ultimo che aveva preso una maglietta preziosa, e si ingelosì volendo a tutti i costi prenderla mentre gettò da una parte lo scettro di Sakura. L' Uruk-hai emise un verso di rabbia facendo voltare di scatto l' orco: << Giù le mani! Quella camicia lucente è mia! >> disse l' energumeno con gli occhi rossi che si facevano sempre più minacciosi sul volto dell' orco esile che si teneva stretta la maglia. Sakura sgranò gli occhi e li fece indirizzare in su, sentendo le voci perfide dei due orchi, e avendo sempre più paura: << Andrà al Grande Occhio insieme ad ogni altra cosa >> rispose l' orco che teneva la maglia di Sakura che si accorse in un secondo momento che lei non aveva niente sotto alla solita maglietta che portava in un' avventura. Sakura si sentì in pericolo dal sapere che anche lei prima o poi sarebbe stata portata al cospetto della grande orbita oculare di Sauron. La ragazzina cominciò ad agitarsi, approfittando del dibattito tra i due orchi, per tentare di liberarsi dalle strette corde che le avvolgevano le mani: << Non prendo ordini da puzzolenti topi Morgul! >> sbraitò l' Uruk-hai spingendo l' orco e poi per apprestarsi a strappargli dalle mani la maglia. L' orco però prese una spada che casualmente trovò vicino a lui e la puntò verso il suo compagno che si fermò ad un soffio dalla punta: << Tu toccala e io t' infilo questa lama nella pancia! >> lo minacciò con tono di sfida. Sakura era sempre più agitata dalle parole crude che uscivano dalla bocca dell' orco malvagio. L' Uruk-hai fu più veloce del suo compagno e gli levò dalle mani prima la spada che gli puntò e poi aggredendolo. I due orchi intrapresero così una rissa per il possesso della maglia e si afferrarono l' un l' altro per il corpo, spingendosi da una parte e dall' altra, mentre Sakura rimase il più ferma possibile con la bocca che tremava dalle urla di lotta dei due contendenti.

Ebbe la meglio l' Uruk-hai che spinse da una parte l' orco che cadde verso una bottola creata per salire al piano dove erano. L' orco però si tenne con braccia e gambe agli estremi del buco, evitando così di cadere verso il basso. Ora cercava di rialzarsi, ma la bottola era troppo grande perchè riuscisse perfettamente a risalire con i piedi. A questo punto sopraggiunse l' Uruk che si fermò sopra il compagno che si dimenava dalla trappola in cui era, ma non gli rimase altro che essere colpito dal piede dell' Uruk che lo fece rotolare giù dalla scala in legno facendolo sbattere nei piccoli gradini e travolgendo un orco che era ai piedi di quella scala. Ancora più sotto alla scala c' erano altri orchi al piano terra della torre che si cibavano delle loro pietanze. Tra questi erano mischiati anche degli Uruk-hai di Isengard, fuggiti dal decadimento del loro regno verso le vicinanze di Mordor. Uno di loro osservò dall' alto, mentre teneva in mano una ciottola di minestra, qualcuno che rotolava dalle scalinate in marmo a chiocciola. L' orco che venne sbattuto fuori dal piano superiore, rotolò per tutta la gradinata dura, finendo per piombare su alcuni Uruk che tenevano le loro ciottole di minestra in mano. Come il corpo dell' orco finì tra questi, gli Uruk si agitarono a causa della minestra che schizzò fuori dai loro piatti. L' orco caduto si rimise in piedi per tornare all' attacco per la ripresa della maglia. Ma l' Uruk che stava su si affacciò per dare ordini ai suoi compagni: << Quello schifoso voleva infilzarmi! Uccidetelo! >> ringhiò con furia il grosso orco seguito dagli sguardi dell' orco e dei suoi altri Uruk che eseguirono l' ordine. Approcciarono l' intruso tra loro, sguainando le loro sciabole e partendo all' attacco. Ma l' orco se la cavò egreggiamente, sfilando la sua spada e roteandola intorno ai suoi avversari. Un Uruk lasciò il suo fendente verso la testa dell' orco che con agilità fece un salto a due gambe unite per scansare il colpo e a mezz' aria scalciò i suoi piedi contro l' avversario. Lo colpì alla pancia, facendolo precipitare dalla sporgenza della torre in cui era.

L' Uruk svolazzò nel vuoto, rompendo con la sua testa dei deboli sostegni in legno. Poi il suo collo si spezzò quando colpì con la testa la dura roccia del bastione della torre. Infine cadde con tutto il suo peso su una tendina di sotto. Gli orchi di su videro che un loro compagno era nei guai e decisero di scagliarsi contro gli Uruk. Un orco si gettò alla carica di uno di quelli, ma venne facilmente respinto contro un suo compagno che gli fornì alle spalle dell' Uruk una pesante clava. L' orco prese l' arma e la sbattè con violenza sulla testa di un Uruk mentre arrivò di sorpresa un altro suo compagno che infranse la sua clava contro il mostro che aveva lanciato il suo compagno prima. Un altro orco si aggrappò alla schiena di un Uruk, ma questi lo prese tra la testa e le gambe e lo fece roteare intorno, colpendo altri orchi fastidiosi che si ritrovava nei dintorni. Gli orchi giunsero al piano dove si svolgeva la rissa e uno dal colorito verde vomito emise un ululato con gli occhi rosso sangue che brillavano fiammeggianti dalla rabbia. Questo corse verso la mischia di Uruk-hai e ne afferrò uno ingaggiando lo scontro. Gli scontri tra orchi e Uruk si sparsero per tutti i piani della grande torre. In una scala un orco brandiva la sua lunga spada per abbattere gli Uruk-hai nemici, e finì con dei fendenti un suo avversario, infilzandolo alla pancia nell' ombra di un angolo. Un orco cadde da una piccola scalinata e il suo rivale stava per assestargli il colpo di grazia con un martello. L' Uruk vibrò la mazzata sul cranio dell' orco che rotolò fino alla fine delle scale. Un suo compagno finì l' essere appena caduto gettandogli in piena faccia una pesante e grossa palla di duro cemento. Dal sentiero che conduceva alla torre, sbucò appostato ad un lato di una scogliera il giovane Li. Era riuscito a scorgere la grande fortezza nera dove la sua amata era stata portata. Sentì dei suoni di lame che venivano scheggiate tra di loro nei pressi della torre. Queste erano seguite dalle grida furibonde degli orchi che erano sparsi in tutta la roccaforte maligna. Il cinesino fece un' espressione accigliata, stringendo i denti dai versi delle creature che avevano catturato Sakura. Egli teneva sempre in mano la spada Pungolo che lo aveva guidato per tutto il sentiero con la sua luce che segnalava gli orchi nella direzione della lama.

La spada si spense d' un tratto, non avvertendo più la presenza degli orchi. Li decise di andare a vedere da dove provenivano tutti quegli schiamazzi di orchi, e di scoprire cosa stesse accadendo. Ma la ragione principale per cui scese verso l' entrata della torre era per andare a recuperare Sakura, e lo voleva fare ad ogni costo, anche eliminando qualsiasi orco gli intralciasse la strada. Man mano che si avvicinava all' ingresso della fortezza, sentiva sempre più i rumori rimbombanti di oggetti che venivano sbattuti per terra e anche le grida dei mostri lì dentro aumentarono di suono. Il cinesino vide la grande entrata della torre: un alto varco con il cancello in legno che era fermo sopra la sua testa. Questo gli facilitò il passaggio nella torre. Come sorpassò il varco del cancello, vide ai lati dell' entrata al suo interno delle statue lugubri, la cui identità gli era del tutto sconosciuta. Il cinesino impavido notò nel corridoio che lo portava al piano terra della fortezza i corpi di orchi buttati alle pareti. Le urla che sentì prima si accorse che cessarono subito come mise piede nel perimetro della fortezza. Alla vista dei corpi dei mostri nell' entrata, Li alzò lo sguardo e osservò che non vi era alcuna anima viva. In tutta la fortezza calò il silenzio improvviso con le carcasse di altri orchi e Uruk-hai sparse in ogni piano. Il ragazzino intuì che si erano tutti quanti massacrati a vicenda, e la fortuna riuscì a girare ancora a suo favore. Li corse nelle vie della torre andando a recuperare Sakura, e trarla in salvo dalle grinfie di altri orchi che forse erano sopravvissuti al massacro reciproco. Li estraò nella corsa anche la sua tradizionale spada, brandendola insieme a Pungolo. Scavalcò i cadaveri di tutti gli orchi che incontrava nella strada. Svoltò a sinistra, incominciando a salire le lunghe scale a chiocciola dove con tutta probabilità la sua Sakura si trovava nella cima più alta della torre. Ad un certo punto, Li rallentò, andando a passo felpato notando che c' erano dei corpi di orchi gettati nei gradini. Si nascose dietro ad un pilastro della gradinata, osservando che più avanti la scalinata c' erano degli orchi sulla direzione opposta alla sua. Questi stavano scendendo le scale. Da un momento all' altro avrebbe dovuto intraprendere uno scontro con loro, e quindi decise di cominciarlo e finirlo da subito. La lama Pungolo cominciò ad illuminarsi avvertendo la presenza dei mostri. Il cinesino strinse forte le spade che teneva in mano e ringhiò occultato dall' ombra del pilastro per mettere paura ai nemici in arrivo sulla sua strada. Sfruttò la fiamma di una torcia vicino a lui per far ingrandire sul muro di roccia la sua ombra che minacciava come se fosse un mostro abominevole le creature sui gradini. I quattro orchi cominciarono ad indietreggiare e uno di loro sgattaiolò via dal gruppo su per le scale. Li smise con il gioco della sua ombra, e si mostrò alla luce dei tre orchi rimasti, sfidandoli e tenendo le sue spade puntate su di loro. Gli orchi si guardarono come se fossero stati presi in giro e scesero ringhiando contro il solo avversario che avevano di fronte.

Li venne incontro ai suoi nemici e si abbassò al fendente del primo orco e lo finì infilzandogli la sua spada nella pancia: << Questo è per Sakura! >> gridò con vendetta il cinesino mentre gettava da una parte il corpo morto dell' orco. Il ragazzino affrontò il secondo, parando il colpo della spada del mostro e poi vibrando orizzontalmente Pungolo sul petto dell' orco che cadde giù dalla scala a chiocciola nel vuoto mentre Li gridava: << Questo per Tomoeda! >> il terzo e ultimo orco che gli si presentò fece scendere la sua mazza verso la testa di Li, ma il ragazzo fu agile da schivarlo e scivolò alle spalle dell' orco per spingerlo giù dalla scalinata, verso il vuoto dove il suo secondo compagno era finito: << E questo è per il mio maggiordomo! >> tuonò dall' alto Li guardando il corpo dell' orco che sbatteva con violenza a terra. Li continuò nella scalata verso l' alto con Pungolo che non smetteva di brillare, ancora per la presenza di orchi nei paraggi. Da una via segreta delle scale, spuntò fuori l' orco che si disgregò dai suoi tre compagni sopravvissuti. Questo era l' Uruk-hai che voleva ottenere la maglia lucente dalle mani del suo compagno orco. Ma alla fine era riuscito il primo ad avere la cotta di Mithril e se la teneva stretta in mano. Diede un' occhiata alla strada se era libera, dopo che si apprestava a uscire dalla torre nera con il bottino tanto desiderato. Li intanto continuava a salire nelle scale che univano le torrette inferiori alla cima per affrettarsi nel raggiungere Sakura in alto nel piano superiore tra tutta la struttura. Sakura era ancora viva e nei suoi paraggi non vide alcun orco. Fu il momento buono per lei di tentare a divincolarsi dalle strette corde che la avvolgevano ai polsi. Diede un' occhiata alla bottola, poi cercò di farsi strisciare le corde sui suoi pantaloni nella speranza che si togliessero, ma niente: << Smettila di squittire, topo di letamaio! >> una voce sinistra le giunse dalla bottola dove era caduto l' orco. La ragazzina si girò di scatto e vide lo stesso mostro che teneva la sua maglia, ora vivo dal massacro degli altri suoi compari. Il mostro sentì la ragazzina emettere versi nel tentativo di sciogliersi le funi. Estraò il suo pugnale pronto a finire la preda, nonostante egli zoppicava dallo scontro avuto con alcuni Uruk: << Ti dissanguerò come un maiale infilzato! >> esclamò perfidamente l' orco facendo vedere la lama del suo coltello alla ragazzina, per poi affondarlo da un momento all' altro nella sua carne. Fece per caricare la pugnalata mentre Sakura rimase immobile dal terrore; ma il mostro verde trasalì emettendo un verso strozzato. Gli occhi dell' orco si sgranarono, e questo gettò a terra il pugnale. Si sentì un rumore di un resistente pezzo di carta che veniva strappato con forza. Sakura sobbalzò dalla posizione in cui era da sdraiata, vedendo che dal petto dell' orco spuntava la punta blu di una spada. L' arma si spinse ancora più oltre la cassa toracica dell' orco che si ritrovò trafitto dalla lama di un nemico. Il suo sangue nero scendeva con una goccia dal buco che gli creò la spada lucente. Alle sue spalle spuntò Li che aveva fatto in tempo a salvare la sua Sakura, e ribattè all' orco l' ultima frase che questo disse: << No, se ti infilzo io prima >> pronunciò le parole con rabbia mentre il mostro impalato si contorceva dal dolore, boccheggiando come un pesce fuordacqua.

<< Li! >> esclamò Sakura con gioia riconoscendo la figura del ragazzo che l' aveva salvata. Il cinesino estraò dal corpo dell' orco la spada Pungolo, e la carcassa della creatura cadde da un lato mentre la vita lo lasciava per sempre. Così anche Pungolo smise di brillare quando l' orco esalò il suo ultimo respiro. Li si avvicinò a Sakura inginocchiandosi verso di lei. Appoggiò Pungolo da una parte e rivolse alla ragazza una faccia di sollievo all' intervento riuscito per salvarla: << Oh, Li, mi dispiace tanto per quello che ho fatto >> si scusò innanzitutto la ragazzina con il suo amato dopo che lo fece allontanare da lei con le parole che Gollum diceva sul conto del cinesino. Ma ormai era acqua passata e Li sapeva bene che Sakura non lo avrebbe mai allontanato volontariamente. Il cinesino sorrise alla cattura carte mentre si affrettava a toglierle le corde alle mani: << Ti porto via da qui >> << Ah, è troppo tardi >> ribattè Sakura guardando a Li che slegava le corde per poi sfilarle dai polsi della cattura carte: << E' finita. L' hanno preso >> proseguì la ragazzina nell' informare dei fatti accaduti al ragazzo che la guardava con confusione: << Li, hanno preso l' anello! >> specificò meglio Sakura riuscendo finalmente a poggiare i palmi delle mani nel pavimento per portarsi all' altezza della faccia di Li e avvertirlo con preoccupazione: << Ti chiedo scusa, ma non l' hanno preso >> ribattè seriamente il cinesino. Il ragazzo si alzò in piedi mentre veniva fissato ininterrotamente da Sakura con aria incredula. Li abbassò lo sguardo per prendere un qualcosa dalla tasca dei pantaloni bianchi che aveva. Tirò fuori l' anello magico, sempre tenuto nel ferro di una collanina. Il gioiello dondolò alla vista ipnotizzata della ragazzina che si sentì di nuovo attratta come al solito dal materiale dorato dell' anello: << Credevo di averti perduto, e così l' ho preso. Solo per custodirlo, però >> spiegò Li con calma alla cattura carte che durante il litigio era diventata possessiva e permalosa quando le fu detto che l' anello voleva portarselo Li, ma solo per aiutarla. Lui tese l' anello più avanti per restituirlo sempre nell' assoluta pazienza a Sakura: << Dammelo >> disse lei con tono imperativo e aprendo la sua mano verso l' anello per recuperarlo dalle mani di Li che ritraè indietro l' oggetto pronto a nasconderlo di nuovo alla vista della ragazzina. Ormai Li non aveva più dubbi: il carattere di Sakura era dovuto al possedimento dell' oggetto dorato che fino ad ora aveva tenuto alla sua portata per tutta la strada percorsa sino a lì. Il cinesino guardava con un misto di preoccupazione e ansia la sua amata che stava nuovamente cadendo in tentazione. Il respiro della cattura carte si fece affannoso: << Dammi l' anello, Li >> supplicò al povero Li che non sapeva se la reazione di Sakura fosse stata la stessa di prima: << Dammi l' anello >> fece un passo indietro, quasi avvertendo l' entità maligna che avvolgeva l' anello che sembrava richiamare Sakura, come se fosse un' ossessione.

Li guardò il gioiello mentre con la sua mano lo avvicinava sempre più al palmo della ragazzina. L' anello fu preso con uno scatto dalla sua portatrice originale mentre lo sguardo ansioso del ragazzo cinese balenava ancora sulla faccia di Sakura che prima di rimettersi al collo l' anello, lo fissò all' altezza dei suoi occhi per alcuni secondi. Li non emise alcuna parola all' effetto che il gioiello dava a chi era costretto a portarselo. L' anello ricadde al centro del petto di Sakura, davanti all' unica maglietta che questa indossava: << Devi capire. Questo è il mio fardello. Ti distruggerà, Li >> iniziò a parlare Sakura avvertendo del pericolo che l' anello era in grado di portare al suo amato. La ragazzina si alzò in piedi affaticata e si teneva al muro mentre ansimava sempre guardata da Li che per un momento aveva creduto che Sakura riassumesse l' atteggiamento di prima, quello che l' anello le portò al momento della separazione con il cinesino: << Vieni, Sakura >> le intimò Li per organizzare la fuga dalla torre in cui erano. Il ragazzino si abbassò per prendere la spada Pungolo: << Meglio trovare dei vestiti adatti. Non possiamo entrare a Mordor con questi indumenti >> annotò nel suo piano di volersi mischiare tra le creature che c' erano, nel caso avessero trovato qualche orco, per passare inosservati agli occhi nemici. Così Li e Sakura si misero delle armature di orchi che trovarono nei pressi dell' uscita e la oltrepassarono. Camminavano ora sulla salita del sentiero che conduceva alla fortezza. Entrambi portavano degli elmetti con il becco a punta con una fessura che faceva spazio alla loro vista. Delle sciabole erano poste nelle cinture dei pantaloni dell' armatura che indossavano adesso. I due ragazzini si fermarono sulla cima della strada in salita per vedere il posto che tanto dovevano raggiungere: Mordor. Erano all' interno del territorio nemico. Le nuvole nere che avvolgevano il posto facevano credere che fosse arrivata già la notte. Più giù nella valle oscurata c' erano tante luciole gialle sparse per il terreno, al quale la vista non riusciva a vedere per la troppa oscurità che lo invadeva. Sullo sfondo della vallata si ereggeva un vulcano in eruzione con al suo fianco, un po' più distante da questa montagna, c' era un' altra imponente fortezza con un faro in cima che faceva cadere il proprio fascio di luce sul terreno circostante. Sakura e Li si scambiarono un' occhiata attraverso le fessure degli elmi con il becco e poi riosservarono il panorama più avanti a loro: << Ce l' abbiamo fatta, Sakura. Siamo arrivati a Mordor >> disse con il tono di voce coperto dal ferro dell' elmo Li: << Sono così tanti... Non passeremo mai inosservati >> rispose con amarezza Sakura anche lei con il tono di voce coperto dalla ferraglia che portava in testa.

La ragazzina individuò le molte luci distese nella valle, come le torcie di orchi che si muovevano laggiù. Seguì la lunga fila di puntini gialli che si prolungava fino in fondo a sinistra, alzando poi lo sguardo al fascio di luce partito dal faro che lei non aveva notato da subito. Sakura si raggelò da sotto l' armatura non appena vide il grande faro che sovrastava le rocce le quali lo circondavano. Ma non era un faro e, infatti, la ragazza riconobbe meglio la struttura dalla roba che alimentava la luce di su: << E' lui, l' Occhio >> disse ansimando di seguito e indietreggiando di un passo. Li inizialmente non aveva capito dove lo sguardo di Sakura era diretto, perchè lui era impegnato a guardare le creature che si muovevano al buio del loro habitat. Infine, alzò lo sguardo seguendo quello terrorizzato di Sakura, fino al punto che indicava con la vista. L' Occhio di Sauron ora potevano ben vederlo dal vivo, con le sue fiamme che avvolgevano la sua nera pupilla che creavano il fascio luminoso. Questo si spostava da una parte e dall' altra con l' Occhio dell' Oscuro Signore che roteava in continuazione senza fermarsi nel controllare il territorio. La grande orbita fatta di fuoco era posta tra due pilastri a punta che erano uniti tra loro con una curva sotto all' Occhio sospeso in aria. Il cinesino si voltò da Sakura che ancora non era tranquilla nell' aver messo piede nella terra di Mordor. Cercava di farla stare calma, guardandola insistentemente per farla smettere di agitarsi: << Dobbiamo entrare lì, Sakura. Non c'è altro da fare >> informò il coraggioso Li alla ragazzina. Questa esitò per un momento, poi lanciò un' occhiata pronta al suo amante per comunicargli che potevano iniziare a muoversi: << Forza, andiamo giù per la collina, per cominciare >> prese l' ultima parola di nuovo Li. Sakura attenuò il suo battito cardiaco, rassicurata come sempre dalla persona che l' aveva accompagnata nel suo lungo viaggio, e fece i primi passi per scendere il sentiero, seguita alle spalle dal suo Li che era pronto a proteggerla.

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Capitolo 46
*** Episodio 207: L' ultima discussione ***


Arrivò il secondo mattino a Minas Tirith dopo la conclusione della battaglia che si svolse alle mura. I cittadini, nelle strade deserte e coinvolte nella guerriglia con gli orchi, si aiutavano a vicenda per ricostruire i pezzi ceduti dalle dimore colpite dai bombardamenti degli enormi massi. Nelle Case di Guarigione, intanto, si dava assistenza agli ultimi feriti ritrovati sul campo. Tra questi c' era anche Meiling, poggiata su una barella, distesa su di essa con la mano destra completamente avvolta dalle bende dopo che anche a lei le fecero la cura delle foglie di Re. Tomoyo era seduta a fianco alla sua amica che ora riposava tranquilla. La ragazza dagli occhi blu fissava la faccia di Meiling che riprese colorito dall' estrazione del veleno che aveva cominciato a diffondersi nelle sue vene. Poi diede un' occhiata triste all' armatura che aveva indossato tanto coraggiosamente la sua amica, e pensava allo spavento che si era presa nel rivedere il suo mantello privo del corpo della cinesina. Ora però Tomoyo potè stare tranquilla, ma era ancora provata dallo shock subito. Nella stanza di guarigione entrò Eowyn con addosso il solito vestito bianco e lungo. Tomoyo non si girò per vedere chi fosse entrato, ancora troppo in pensiero per Meiling che non le distoglieva gli occhi di dosso. La dama di Rohan vide la ragazzina accovacciata con le spalle ferme, e capì che non era un bel momento per lei. Eowyn si avvicinò da dietro Tomoyo con passo silenzioso e calmo, e quando le fu a fianco in piedi le disse: << Ehi... >> la ragazzina si girò verso l' alto per provare a riconoscere chi l' aveva chiamata: << Ciao >> la salutò Eowyn. Tomoyo sorrise nel rivedere di nuovo la donna che ebbe conosciuto la prima volta a Edoras: << Ciao >> << Tu sei l' amica di Meiling, giusto? >> domandò la donna sedendosi e portandosi le ginocchia al petto per parlare con Tomoyo.

La ragazzina assunse di nuovo la faccia triste: << Si >> disse rispondendo con tristezza e rimettendosi la testa sulle ginocchia. Eowyn imitò anche lei l' espressione della ragazza, accorgendosi che era stata segnata da un avvenimento che forse avrebbe cambiato la sua vita. La dama si rigirò a guardare la sua piccola amica distesa e dormiente sulla barella, ripensando ai momenti in cui le stava davanti sullo stesso cavallo. La luce del sole penetrava radiante nella sala attraverso le feritoie nei muri. Il sorriso tornò nuovamente a Eowyn, sicura di quello che stava per dire alla ragazzina abbattuta dal dolore: << Non devi preoccuparti per lei >> disse rivolgendosi a Tomoyo. La piccola ragazza fece per ascoltare le parole incoraggianti della donna accanto a lei: << Vedrai che Meiling se la caverà >> << Davvero? >> chiese con voce rauca Tomoyo. Eowyn annuì, e poi riprese: << E' un' ottima guerriera con un gran cuore, in fondo. Tiene molto ai suoi amici. Non sarà certo qualche sortilegio oscuro a farla allontanare da voi >> la donna fece un' occhiolino a Tomoyo che nonostante la simpatia e l' incoraggiamento ricevuto era ancora un po' sotto tensione: << Grazie. Mi hai dato sicurezza con le tue parole >> ringraziò Tomoyo a Eowyn: << Il merito è solo di Meiling. E' stata lei che mi ha sostenuto in tutti i miei momenti di tristezza >> specificò sorridente la dama: << Su, ora raggiungi gli altri. Starò io con lei fino a quando non si riprenderà >> avvertì Eowyn alla ragazzina: << Va bene. Mi hai convinto >> rispose infine Tomoyo alzandosi e dirigendosi verso l' uscita della Casa di Guarigione, riponendo la sorveglianza in Eowyn sulla sua amica che riposava ignara delle attnezioni che le stavano dando. In una sala della dimora della Torre Bianca, si erano riuniti tutti i protagonisti della battaglia a Minas Tirith: c' erano Kerochan, nella solita forma di tigre bianca, Yuè, Gimli, Toy ed Eomer. Quest' ultimo venne a sapere dalla sorella che il loro zio era morto, lasciando così l' eredità del regno di Rohan ai suoi due nipoti. Nella stanza entrò dalla porta in fondo Tomoyo con tutta la calma del mondo. Tutti si girarono sulla ragazzina, avendola attesa all' ultimo per parlare tra di loro: << Come stai, Tomoyo? >> le chiese Toy con affetto: << Sto meglio, grazie >> rispose la ragazzina dopo che ebbe chiuso la porta con delicatezza: << E Meiling? Si sta già riprendendo, scommetto >> disse Kerochan: << Beh, diciamo di si. Adesso è molto affaticata dal combattimento intrapreso negli altri giorni, e sta riposando >> spiegò Tomoyo: << Meglio così >> aggiunse Kerochan: << Le foglie di Re sono un' ottima medicina elfica. Presto riacquisterà le forze, e sarà in grado di muoversi di nuovo >> disse Toy tranquillizzando Tomoyo che le pareva ancora scossa. La ragazzina accennò ad un sorriso al giovane, prima di riabbassare la testa. Toy la guardò dispiaciuto dall' espressione che assunse la piccoletta: << Abbiamo un' altra questione di cui occuparci, adesso >> iniziò a parlare Kerochan per dare inizio a quella che sarebbe stata l' ultima discussione prima dello scontro definitivo con Sauron.

Tutti stettero ad ascoltare il Guardiano alato mentre faceva dei passi qua e là per comunicare il suo discorso ai presenti in sala: << L' impresa della nostra Sakura si sta sempre più avviando verso il pericolo. Ho avvertito che le forze del male sono all' oscuro della presenza della nostra eroina nei suoi covi >> << E questo è un bene. Sakura sarà al sicuro con Li al suo fianco >> disse Yuè sperando nelle capacità della ragazzina: << No, ti sbagli, Yuè >> rispose Kerochan. La sala bianca rimase ancora nel silenzio nell' attesa della spiegazione della tigre sulla risposta data: << Il rischio, al contrario, si sta sempre più avvicinando per lei. Anche se ora è dietro le linee nemiche, sarà una questione di tempo prima che Sauron intraveda l' anello nel suo territorio >> Kerochan si mise di spalle al gruppo, pensando in quel momento quasi da rompicapo. Aveva ragione: si era sempre detto che più si era vicini al pericolo, meno si veniva notati; ma in questo caso, il pericolo era troppo grande per poter passare inosservati. Toy sospirò amaramente alle parole di avviso della tigre bianca, e continuò ad ascoltarlo insieme alla quiete degli altri: << Sakura è passata oltre la mia vista. L' oscurità sta aumentando >> e lo stesso Guardiano avanzò in mezzo al gruppo. Toy si staccò da fianco a Tomoyo e passò avanti, mettendosi di spalle a tutti e mettendo le braccia conserte, pensando ad una soluzione. Poi il ragazzo disse, guardando in alto: << Se Sauron avesse l' anello, lo sapremmo >> << E' solo una questione di tempo >> aggiunse Kerochan parlando a Toy girato di spalle. Eomer e Yuè si ritraevano da qualsiasi intervento, l' uno a fianco all' altro, con il primo che rimaneva nella sua posizione di guardia e il Giudice a sinistra che mise anche lui le braccia conserte. Gimli era seduto su un trono della stanza e fumava una pipa durante quella discussione. Kerochan si rimise a parlare: << Ha subito una sconfitta, si, ma... Dietro le mura di Mordor, il nostro Nemico si sta riorganizzando >> << Che rimanga lì! Che marcisca! Perchè interessarcene? >> chiese Gimli togliendosi per un attimo la pipa per dire la sua: << Perchè diecimila Orchi ora si trovano tra Sakura e il Monte Fato >> rispose la tigre decisa sul Nano che si ritolse la pipa per pensare alla domanda inutile che fece: << L' ho mandata al macello >> si rimproverò Kerochan riguardo a quello cui la cattura carte aveva affidato. Si rese conto solo ora che la missione era diventata insidiosa, ma anche dall' inizio avrebbe dovuto fermarsi. Gli tornarono in mente le parole di Saruman, quando gli dissero in un suo ultimo scontro verbale ciò che avrebbe portato il viaggio intrapreso dalla paladina delle carte. Purtroppo però era una cosa che doveva assolutamente compiersi: << No. C'è ancora speranza per Sakura >> disse contrariato il fratello Toy sul destino di sua sorella, confortando il gesto che Kerochan fece per incaricarla di questo compito.

<< Ha bisogno di tempo e di passare al sicuro attraverso le pianure di quelle terre. Questo possiamo darglielo noi >> proseguì Toy nell' escogitare un suo piano per far passare la sorellina inosservata: << Come? >> domandò Gimli sullo stratagemma del ragazzo: << Attiriamo gli eserciti di Sauron. Svuotiamo le sue terre. Poi raduniamo le sue forze e marciamo sul Nero Cancello >> alle parole impulsive di Toy, seguì una brusca tosse di Gimli a causa del fumo della pipa che gli andò di traverso per il pazzo piano che pronunciò il giovane: << Non possiamo ottenere la vittoria con la forza delle armi >> intervenì facendosi avanti Eomer, ribadendo che gli uomini a disposizione erano pochi in confronto al resto dell' esercito degli Orchi di Sauron: << Non per noi stessi. Ma possiamo dare a Sakura una possibilità, se teniamo l' Occhio di Sauron fisso su di noi. Renderlo cieco ad ogni altra cosa che si muove >> rispose Toy in modo astuto sullo svolgersi del piano, guardando poi Kerochan con sicurezza: << Un diversivo >> specificò Yuè sul ruolo che dovevano assumere nella battaglia. Tutti furono d' accordo tra loro, tenendosi pronti per la partenza da Minas Tirith verso le terre nemiche per l' ultima battaglia. Anche Gimli, che sorseggiava il fumo della pipa, volle dire anche lui un commento di approvazione ironico: << Certezza di morte, scarse possibilità di successo... Che cosa aspettiamo? >> domandò lui improvvisando ad un tono coraggioso agli altri: << Sauron sospetterà una trappola. Non abboccherà all' amo >> disse Kerochan sotto voce a Toy, che tutt' altro si dimostrò dubbioso: << Oh, io credo di si >> pronunciò la sentenza con decisione. La tigre emise un mugolìo di insicurezza, ma si fidò ugualmente del piano di Toy: << Tuttavia, c'è da sapere come Sauron ha individuato subito la Città di Minas Tirith, senza passare per l' entroterra di Gondor >> aggiunse Kerochan agli altri. Tutti in sala si misero a pensare. E fu in quel momento che Tomoyo prese la parola: << Io credo di saperlo >> disse la ragazzina. Gli amici si voltarono da lei per ascoltare le informazioni che la piccoletta era riuscita a cogliere: << Durante un mio confronto con Denethor, sono venuta a sapere che lo stesso sire era in possesso di un altro Palantìr >> << Ma certo... Allora, era vero quello che si diceva sull' esistenza delle ultime tre sfere veggenti >> confermò Kerochan la frase di Tomoyo: << E' probabile che quel vecchio pazzo abbia guardato la sfera per sbirciare nei piani di Sauron. E questo attirò lo sguardo dell' Oscuro Signore direttamente qui. Ora si spiega tutto quanto >> << Beh, allora Sauron saprà questo >> aggiunse Toy con spirito combattivo mentre le sue parole erano ben udite in ogni angolo della stanz ain cui era: << Dovrà sapere che la sua ora si sta avvicinando. Che noi gli faremo visita al più presto >> queste furono le ultime parole date dal giovane in quella che fu l' ultima discussione.

Prima di partire lo stesso giorno, Toy decise di scendere verso la sala del Palantìr che Denethor aveva tanto usato con malvagità. Le indicazioni della postazione della sfera gli furono date dalla tigre Kerochan, che conosceva l' intera fortezza di Gondor. La sala era uguale a quella dov' era finora, solo un po' più buia. Al centro c' era un altare con un trono in basso a fianco, e un altro in cima alla struttura in marmo che era composta da gradini. Toy brandiva la sua spada Narsil verso l' altare dove era posizionato il Palantìr. Il giovane si inginocchiò, notando che il velo nero era posto in un piano più basso all' altare. Fece per toglierlo, scoprendo così la sfera nera che emise una fiammella nel suo vetro. Toy si ricordò dell' effetto che faceva a chiunque guardasse nel Palantìr, e distolse subito lo sguardo da una parte. Chiuse gli occhi nel mentre che la mano alla quale aveva scoperto la sfera stava per tastarla. Nella breve attesa che la mano si appoggiasse al cristallo nero, questa tremò al suono che fuoriuscì dalle fiamme create all' interno del Palantìr. Poi il ragazzo afferrò a mano aperta la sfera, e la girò dall' altro lato, sempre tenendo gli occhi chiusi. Toy non avvertì un senso di svenimento questa volta, e si portò il Palantìr all' altezza degli occhi, che li riaprì nello stesso momento in cui l' Occhio di Sauron si materializzò nella sfera e si girava verso la faccia di Toy che aveva un' espressione d' odio rivolta all' orbita oculare. Questa si riempì in tutta la superficie di fiamme, però sempre dentro al materiale cristallino, e la parte che Toy vedeva, ora racchiudeva la postazione dove l' Occhio era. Le fiamme si dissolsero dall' immagine, lasciando spazio solo all' Occhio, la cui immagine si fece sempre più ravvicinata con la pupilla nera che sembrava allargarsi di poco. Toy cominciò a tremare all' inizio, respirando affannosamente mentre il sudore freddo gli colava dalla fronte alla visione di Sauron. Ma il ragazzo resistette al cedimento alla paura e affrontò l' Occhio che lo stava scrutando in quel momento. Il giovane voleva mettersi in contatto con Sauron, e gli lanciò una specie di avvertimento: << A lungo mi hai dato la caccia. A lungo ti ho sfuggito. Ora non più. Ammira la Spada di Elendil! >> esclamò rude Toy mettendo la spada Narsil tra lui e la sfera, per poter far mostrare la lama lucente all' Oscuro Signore.

La pupilla dell' Occhio si espanse fino a mostrare nel buio del suo colore la vera forma di Sauron in armatura che teneva un tempo al dito l' Unico Anello che alzava con tanta superiorità. L' immagine di Sauron com' era un tempo si oscurò, facendo emergere una faccia dal colorito pallido che teneva gli occhi chiusi. I capelli neri della persona che fu visualizzata nel Palantìr fecero provare in Toy un senso di riconoscimento in quel viso. La voce di Sauron cominciava a dire parole nella sua lingua non comprese dal ragazzo che sgranò gli occhi e si portava la lama della spada dall' altro lato della faccia mentre la faceva passare in mezzo alla sua vista paralizzata. Il giovane Toy vide l' immagine che si zoomava da sola, e vide il corpo di Arwen, sdraiato su un lettino della sua terrazza forse privo di vita. Toy riprese a tremare, e facendo una faccia sbigottita alla vista del corpo della sua amata, lasciò il Palantìr che ricadde sul marmo dell' altare con un sonoro colpo. Il ragazzo indietreggiò incredulo a quello che il Signore Oscuro era riuscito a vedere in lui, riguardo ai sentimenti su Arwen. Quando Toy si fermò nel fare passi, il ciondolo della Stella del Vespro che portava in una tasca scivolò verso il pavimento. Si accorse troppo tardi del gioiello in caduta libera, proprio come il sogno che fece una notte, e non potè fare altro che guardare il cristallo che si frantumava in piccoli pezzi al contatto con il duro lastrico. Tutto ciò voleva dire che Arwen era morta? Che la sua vita si era spenta, e questo si verificò con la rottura del legame che lo legava a lei, la Stella del Vespro? Toy si rimise in viaggio con gli altri suoi amici a cavallo, ripensando al momento in cui la Stella si frantumò. Ora portava solo l' armatura dei cavalieri di Gondor, però quella raffigurante l' albero bianco, mentre sul suo petto non era mostrata alcuna collana. Il dubbio lo corrodeva più che mai al pensiero della sorte di Arwen. Ma adesso doveva solo sconfiggere Sauron, e l' avrebbe fatto. Egli stava in prima fila a cavallo, seguito da tutti i suoi compari e con gli uomini di Rohan e di Gondor sopravvissuti alla battaglia di Minas Tirith riuniti in un unico battaglione.

Meiling si era ripresa dalla sua guarigione e cavalcava questa volta dietro Eomer sullo stesso cavallo, e tornava ad indossare l' armatura che le diede Eowyn all' inizio. Lo stesso valeva anche per Tomoyo che si rimise l' attrezzatura di Gondor con l' elmo dei soldati, e lei era a bordo della tigre bianca Kerochan. Il pugno di soldati era lungo quanto la metà della stradina che portava all' ingresso principale della Città, molto di meno dell' esercito dei Rohirrim che giunse nel territorio di Gondor. Poche bandiere venivano svolazzate da davanti, così come nel resto della fila. Intorno a loro, nel vasto campo devastato dalla prima battaglia, erano rimasti solo pezzi di legno che costituivano le torrette d' assalto degli Orchi. Alcune di queste erano bruciate. I corpi che nei giorni prima erano sparsi per tutto il grande cortile, ora non erano più in vista; erano stati tutti bruciati lì, nel punto in cui erano rimasti al momento della morte in combattimento. Il cielo era azzurro, e faceva pensare ad un buon augurio per l' ultimo confronto con le forze di Mordor. Ma ciò che accompagnava la mandria dell' esercito fu il vento fastidioso che si levò d' un tratto. Kerochan teneva non più la faccia normale come era suo solito quando viaggiava verso altri confini, ma era serio, quasi da essere triste. Lo stesso valeva per Yuè, a cavallo insieme all' inseparabile compare Gimli, che rivolgeva una faccia seria all' orizzonte. Tomoyo si accorse del silenzio che la tigre sulla quale era portava, e la ragazzina si sentì un brutto presentimento, roteando gli occhi in direzione della bianca città che con tutta probabilità non pensava di poter riammirare. Meiling si voltò da dietro Eomer con lo stesso presentimento. Tutti ora si dirigevano verso il conflitto finale, non emettendo alcuna parola. Tutto quello che si sentì era il vento che li avrebbe accompagnati verso le terre proibite e oscure di Mordor.

Da una terrazza coperta di Minas Tirith, c' era Eowyn che osservava dall' alto la scia di soldati che attraversava la stretta stradina del passaggio al Cancello della Cittadella. Dietro di lei si stava avvicinando a passo normale Faramir, ormai privo di fasce e indossava un abbigliamento di colori scuri. Al centro della terrazza c' era una piccola fontana che dava più bellezza al luogo circostante. Eowyn era in piedi sul balcone, e si teneva distante dall' orlo, fermandosi tra un arco creato dalle colonne in pietra. Era avvolta da un lungo vestito blu: << La Città è caduta nel silenzio >> disse la scudiera avvertendo i passi di Faramir che si dirigevano verso di lei: << Non c'è più calore nel sole. Fa tanto freddo >> Faramir fece un gradino per raggiungere Eowyn e starle a fianco mentre lui rivolgeva un sorriso al paesaggio ai suoi occhi: << E' l' umidità della prima pioggia di primavera... >> rispose il capitano osservando il cielo che preannunciava l' arrivo della nuova stagione, tanto armoniosa per lui. Eowyn si voltò verso il viso di Faramir, dopo che le sue parole di tristezza vennero colmate dalla dolcezza di quelle dell' uomo. I due si guardarono intensamente negli occhi: << Non credo che questa oscurità durerà ancora >> concluse Faramir rendendosi sicuro della disfatta prossima del buio. Egli prese la mano di Eowyn, che a sua volta la strinse con sicurezza attorno a quella di Faramir. Per la prima volta la dama sorrise in poco tempo ad una persona sconosciuta. Ma sapeva che lui non si sarebbe più staccato da lei. Entrambi erano legati nelle loro strade forse da una strana coincidenza del destino: Faramir aveva perso, oltre al suo primo fratello Boromir, suo fratello adottivo Eriol, mentre Eowyn suo cugino Thèodred, dopo che i suoi genitori l' avevano abbandonata con la loro morte. Avevano perso due parenti che erano sovrani delle loro rispettive Città: Denethor, Sovrintendente di Gondor, e Thèoden, Re di Rohan. Anche questi due erano provati dalla perdita dei loro pupilli, rispettivamente di Eriol e di Thèodred. Ma tutto questo era servito per far ritrovare la felicità ai due amanti di adesso, Faramir ed Eowyn. Quest' ultima sorrise a Faramir scambiandosi gli sguardi dagli occhi chiari con gli stessi dell' uomo. Eowyn mise la sua testa sotto il mento di Faramir che si strinse a sé la donna, cullandola nel suo caldo abbraccio mentre la Città era sotto di loro in quel panorama dolce. Nessuno li vedeva, erano soli, e stavano più in alto di tutti. Rimasero lì in quella terrazza, entrambi certi che sarebbero rimasti a vivere per sempre insieme. Ora non importava più dell' Oscurità ai due, perchè era nato un nuovo legame per la dama di Rohan e il Capitano di Gondor: l' amore, e lasciarono che questo li prendesse insieme al soffio delicato del vento che giungeva a loro.

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Capitolo 47
*** Episodio 208: La Terra d' Ombra ***


Sakura e Li, sempre nelle vesti di orchi, scesero una collina scivolando su di essa. La prima a toccare il fondo della discesa fu la cattura carte, seguita poi dal suo Li. Entrambi si avvicinarono al bordo della stradina in cui erano per osservare meglio l' operato degli orchi che videro prima da lontano. Li videro sempre con le piccole fiammelle che lampeggiavano nella distesa nera, marciare compatti al suono del corno: << Guarda! Gli Orchi! Si stanno allontanando >> disse Li facendo notare a Sakura le schiere di molti orchi che si spostavano verso destra, nella parte opposta a quella dei due ragazzini. Il fascio di luce che partiva dall' Occhio di Sauron era sempre in movimento nel raggio dove la sua torre lo ereggeva: << Vedi, Sakura? Un po' di fortuna, finalmente >> aggiunse il cinesino ottimista alla sua Sakura a fianco. I due stavano riprendendo fiato dalla fatica presa per salire e scendere, causata anche dal peso delle armature degli Orchi che indossavano. Ma entrambi si interruppero nel recuperare udendo una voce che proveniva dallo stesso sentiero in cui erano: << Muovetevi, lumaconi! >> Li e Sakura si voltarono alla loro destra e intravidero più indietro degli orchi che marciavano nella stradina che andava a incurvarsi verso la montagnetta. Dei colpi di frusta si sentirono nel gruppo di mostri in arrivo che tenevano sollevate delle torce: << Avanti, più in fretta! >> urlò di nuovo la voce grossa che guidava forse quelle truppe. I due ragazzini cominciarono ad agitarsi, presi dal panico, e cominciarono a girare la testa da una parte e dall' altra non sapendo dove nascondersi, essendo giunti ad un' unica via senza sbocchi. Quindi decisero di appiccicarsi alla parete da cui erano scesi, e si sedettero a terra per confondersi con le rocce di lì.

Li si sporse per osservare a che punto erano arrivati gli orchi, e li vide che avevano appena svoltato l' angolo e continuavano a marciare imperterriti colpiti dalla frusta di un qualche loro orco comandante: << Non battete la fiacca, muovetevi, o vi frusto fino all' osso! >> la voce si sentì più minacciosa che mai. Sakura diede un' occhiata a Li attraverso l' elmo, temendo il peggio. Il cinesino si coprì un lato della faccia con una mano nella quale indossava un guanto di un orco. Per non dare troppo nell' occhio, abbassarono la testa per evitare che gli orchi li potessero notare negli occhi. I mostri passarono proprio di fronte a loro mentre occupavano in gran numero la stradina dove poco fa i due avventurieri erano: << Forza! Che cosa vi ho detto? In formazione! Rimanete tutti in formazione, maledetti! >> disse urlando a squarciagola un orco nella fila. Il piano sembrò riuscire per Li e Sakura, fino a quando non si fermò accanto a loro in piedi l' orco che brandiva la frusta. Questo indossava un' armatura e aveva pochi capelli nella testa, lasciandogliela calva nella parte superiore. L' orco osservò le sue truppe per un po' da un lato, poi si girò improvvisamente dalla parte dove erano seduti Li con Sakura, e li guardò in modo adirato: << In piedi! >> urlò contro di loro l' orco, scambiando i due ragazzini per degli orchi. Ma entrambi pensavano di passare inosservati almeno. Sakura si irrigidì al sentire la voce del mostro, tremando, mentre Li lo scorse con la coda dell' occhio mentre li cominciò a fissare: << Avanti, lumaconi! >> disse l' orco ai due manovrando la sua frusta per colpire l' armatura di Li. Il mostro continuò a frustare entrambi, e questi si alzarono in piedi, ordinando di passare immediatamente nell' esercito: << Voi due andrete dritti in prima linea! Muoversi! Forza, nei ranghi! >> e strattonò i due poveri ragazzi per mandarli in mezzo agli orchi: << Muoversi! Muoversi! Muoversi! >> Li e Sakura si ritrovarono così mischiati tra mostri deformati e in armatura. Il cinesino incrociò da dietro la faccia putrefatta di un orco che emetteva versi strani. A fianco a Li c' era Sakura che roteò i suoi occhi da una parte e dall' altra, vedendo intorno a lei solo orchi mostruosi. Si trovarono proprio nel mezzo della schiera, costretti ad andare al passo di tutti. L' orco con la frusta tornò a dare frustate alla compagine di orchi ai lati: << Ai cancelli, lumaconi! Su, muoversi! >> la lunga fila di orchi stava per unirsi ad altre schiere più avanti che incrociavano le loro strade con quelle di altri compagni arruolati per la battaglia.

Si sarebbero riuniti tutti quanti alle porte del cancello come detto da quell' orco: << Più in fretta! Non sapete che siamo in guerra? >> disse con ferocia il mostro con la frusta digrignando i denti gialli e mostrando i suoi occhi completamente con le orbite scure. La voce dell' orco arrivò fino in fondo dove Li e Sakura proseguivano la loro marcia. Si guardarono negli occhi, preoccupati di finire per combattere tra le prime linee dei mostri non appena si sarebbe aperto il Nero Cancello. Un' altra marcia si stava compiendo però all' esterno del mondo oscuro di Mordor. I soldati di Gondor e di Rohan, riuniti per fronteggiare una volta per tutte l' esercito di Sauron, si incamminavano nel sentiero verso le porte di Mordor. In prima fila c' era Toy a cavallo seguito da dietro e in silenzio dai suoi altri amici riuniti insieme per riformare la vecchia Compagnia che partì da Gran Burrone un po' di tempo fa. Ora dovevano recuperare gli altri due componenti che mancavano all' appello e che stavano rischiando la loro vita nel completamento della missione di distruzione dell' anello. Gli orchi batterono i loro tamburi per accompagnare la marcia dei loro guerrieri che stavano per scendere in guerra: << Compagnia, alt! >> si fece risentire l' urlo dell' orco con la frusta. Un corno risuonò nell' aria, avvisando l' arresto della marcia. Sakura e Li si fermarono di colpo con gli orchi che avevano davanti che fecero gli ultimi passi prima di bloccarsi sulla posizione dell' attenti. La ragazzina venne spintonata un po' anche perchè lei cominciava a barcollare con la testa che sembrava le pesasse dall' elmo che portava in testa: << Ispezione! >> avvisò l' orco il motivo per cui le sue truppe dovettero fermarsi subito. Ispezione? Che voleva dire? Pensò Li in quel momento, ma una voce al suo fianco dovette subito farlo smettere di prendere coscienza di quello che stava accadendo: << Li, aiutami! >> Sakura implorò al suo amato di correre in suo aiuto, mentre questa cedeva sulle gambe: << Sakura! >> bisbigliò il cinesino reggendola per evitare che le sue ginocchia toccassero terra.

L' ispezione era cominciata dalla prima fila. Un orco calvo e grasso dalla pelle bianca controllava che ogni orco reclutato fosse a posto con le armi, e diede una spinta a quelli cui passava oltre. Poi l' enorme orco ispezionatore si fece largo tra le fila di orchi, passando in mezzo a questi: << In piedi, Sakura! In piedi! >> suggerì frettoloso Li notando l' orco in fondo farsi lentamente avanti: << E' pesantissimo! >> esclamò affaticata Sakura stando ancora in ginocchio. La ragazzina chinò il capo cercando di rialzarlo più volte, ma sembrava sempre che la testa fosse attratta alla terra. Come Sakura chinò di nuovo la testa, Li potè capire il motivo per cui la sua amata stava male: le catene che tenevano l' anello intorno al collo della ragazzina cominciarono ad affondarsi nella carne della cattura carte, lasciandole il segno rosso. L' anello stava assumendo sempre più massa nel suo metallo? Com' era possibile? Li cercò in tutti i modi di darsi una risposta contemporanea alle molte domande che gli vennero in quegli istanti, ma i suoi occhi erano attenti nell' osservare la bestia ispezionatrice più avanti. Questa si fermò di profilo rispetto a come la vedeva Li. Poi la testa dell' orco si girò lentamente verso la direzione dei due ragazzini. Il cinesino capì che il mostro lo stava guardando da lontano e si paralizzò nei movimenti: << Oh, no! >> commentò Li. La bestia mosse la testa a sinistra, poi d' improvviso spalancò gli occhi, mostrando quello sinistro accorto di vista e totalmente bianco, mentre l' altro occhio era di colore rosso. L' orco cominciò a sbraitare e a emettere il verso di un toro imbestialito mentre si faceva largo tra gli orchi che li separava al suo passaggio spostandoli con le grosse braccia. Stava andando verso Li e Sakura che probabilmente aveva scoperto la loro vera identità: << Che faccio? Che facciamo? >> si domandò il ragazzo reggendo ancora Sakura. L' orco continuava ad avanzare minacciosamente verso i due malcapitati. La distanza tra il mostro e i due ragazzini si accorciava sempre di più.

A Sakura le venne in mente un' idea a pochi attimi dalla loro cattura dell' orco: << Colpiscimi >> << Cosa? >> chiese Li incredulo alla proposta della ragazzina di voler essere colpita: << Colpiscimi, Li. Comincia a lottare >> insistette Sakura nel suo stato di debolezza. Il cinesino arrivò quindi alla risposta del piano di Sakura e la spinse di poco, improvvisando ad una rissa tra orchi: << Levati di dosso! Nessuno può spingermi, verme schifoso! >> in un attimo si creò l' agitamento tra gli orchi circostanti i ragazzini e Li fece un gesto brusco per risollevare di forza Sakura e mimare dei colpi. Gli orchi si sbracciarono per incitare i due loro compagni a proseguire nella lotta, e questo fece rallentare l' orco che dovette mettere molta più forza nelle braccia per spostare i molti guerrieri orchi che erano sulla sua strada. Sakura diede un colpetto alla spalla di Li e questo fece finta di essere stato colpito duramente da un pugno, saltando all' indietro e spostando di alcuni passi gli orchi dietro: << Levati di dosso! >> disse di nuovo Li alla carica per riprendere bruscamente Sakura senza farle del male. I due si strinsero in un loro abbraccio come se stessero davvero litigando, e arrivò davanti a loro l' orco con la frusta: << Smettetela! Smettetela! >> urlava assestando frustate ripetute ai due ragazzini mentre gli orchi intorno emettevano versi disumani alla lotta che si era creata: << Tu! Ti strapperò le budella, se non fai finire questo chiasso! >> minacciò l' orco calvo giunto dall' altro mostro con la frusta per avvisarlo di far calmare le acque. Fu l' occasione buona per Li e Sakura di sgattaiolare via mentre i due orchi erano impegnati in una discussione: << Via, Li! Ora! >> disse Sakura seguendo Li per uscire dalla bolgia di orchi. Nessuno li vide scappare mentre si rifugiavano dentro una tenda lì vicino ad un lato. L' orco calvo ora li cercava inutilmente, non vedendoli nei paraggi. I due ragazzini si addentrarono nel passaggio segreto della tenda mentre le urla dell' orco ispezionatore si sentirono in lontananza per loro: << Muovetevi, feccia! >> ordinò infuriato facendo riprendere la marcia: << Riformate le fila! Coraggio! >> riprese l' orco con la frusta a colpire le creature in marcia: << Riformate le fila, lumaconi! In fila, lumaconi! Muoversi! Muoversi! Muoversi! >> adesso Li e Sakura fuoriuscirono dalla tenda e si arrampicarono in una scogliera, sparendo dalla zona in cui erano capitati e camminando verso una landa desolata di rocce, dove più in là si ereggeva chiaramente la torre dell' Occhio vigile.

Si ritrovarono in un deserto di solo rocce, da sotto le quali spuntavano delle colonnine di fumo. L' aria che si respirava era arida, proprio come quella del Sahara. Si stavano avvicinando sempre più alle late temperature del Monte Fato, e la fatica si fece sentire sempre di più per loro. Sakura continuava sempre a barcollare più costantemente, mentre Li a poco a poco non si faceva strisciare i piedi. I due vagarono per ore in quella zona calda, accennando ad un passo sempre più appesantito dalle armature che si portavano ancora addosso. Infine, la terra sotto i loro piedi si fece a tratti più rossa mentre i loro sguardi si sollevavano in alto con lo sfondo della torre dell' Occhio e il Monte Fato più vicini che mai. Sakura e Li si misero a scalare una ripida salita rocciosa. La ragazzina fece per inginocchiarsi per poggiare meglio il piede e facilitarsi meglio la salita, ma dovette arrendersi alla troppa debolezza acquisita fino ad ora. Cadde con tutto il peso dell' armatura che sbatteva di colpo sulle rocce sotto di lei. Li si girò lentamente dietro, vedendo Sakura a terra mentre sullo sfondo dove era il ragazzino, era mostrata la montagna di fuoco. La cattura carte fece per togliersi l' elmo dal becco a punta, e riprese a respirare l' aria a pieni polmoni, anche se era un po' calda: << Non ce la faccio. Non... Non ce la faccio a portare l' anello, Li. E'... E'... E' un tale peso da portare... E'... E' un tale peso >> si mise con la faccia accasciata alle rocce Sakura, supplicando al cinesino una sosta mentre lei recuperava fiato distesa a terra. Li si tolse di conseguenza l' elmo, accorgendosi di non essere più in vista degli orchi in quel deserto, e indicò con la spada dell' orco che teneva sempre in mano una zona sicura per riposarsi un po' più a destra del Monte Fato: << Andiamo da quella parte. Il più diretti possibile. Non ha senso portare cose che magari non ci servono >> disse Li seguito con lo sguardo stanco di Sakura. I due si posizionarono nel punto indicato da Li, e si liberarono dell' armatura pesante, gettandola sotto una collina. La maglia in ferro come toccò il fondo si sentì un rumore forte di metallo. Sopra la maglia ci finirono gli elmi pesanti che rotolarono nella parete rocciosa con un gran fracasso.

Li e Sakura tornarono ad indossare il solito abbigliamento che avevano tenuto nascosto sotto l' armatura per tutto quel tempo. La ragazzina era poggiata ad una roccia con la schiena attaccata ad essa e teneva gli occhi chiusi rimanendo seduta. Li tremava dall' improvviso vento freddo che soffiava da quelle parti. Poi il cinesino alzò gli occhi al cielo e si levò il cappello verde per vedere come era il panorama sopra le loro teste. Si immobilizzò per poco, aprendo leggermente la bocca: << Sakura... >> la richiamò Li per farle osservare il cielo come si presentava. La cattura carte emise dei mugolii quando il suo ragazzo accanto la scuoteva per una spalla. Gli occhi verdi seguirono la testa di Li che era rivolta verso su: << Guarda. Ci sono luce e bellezza lassù. Nessun' ombra può toccarle >> i due scorsero tra le nuvole rosse che si allontanavano un pezzo della notte stellata. Il cielo era blu, come se il sole fosse appena tramontato, e milioni di piccole stelle erano sparse nella cortina. Tutte brillavano incantevolmente agli sguardi di Li e di Sakura che si ritrovarono in un' atmosfera romantica ora. Il ragazzino sorrise a quello spettacolo, poi si girò da Sakura la cui testa era poggiata sulla spalla di lui. Dormiva e allo stesso tempo respirava quasi affannosamente per la mancanza di acqua e di cibo che perdurava nel loro viaggio. Li pensò che forse aveva finalmente ottenuto un bel momento da passare serenamente con la sua fidanzata sotto quel cielo stellato, ma quando vide che Sakura aveva gli occhi chiusi Li non volle disturbarla. Sentì ancora di più il suo fiato del tutto irregolare e divenne di nuovo serio quando si rimise a gettare lo sguardo nella desolazione in cui era con la sua anima gemella. I due ragazzini erano riparati da un rialzamento del terreno roccioso e oltre loro c' era l' Occhio che non smetteva di girare continuamente il suo sguardo. Erano entrati nel suo raggio d' azione, e se ne accorsero quando la sua luce illuminò la zona dove erano nascosti i due avventurieri. Sauron continuò a riguardare da altre parti, sempre muovendo il suo Occhio con degli scatti, per non farsi sfuggire alcun spostamento di qualche sassolino al suo sguardo.

Le truppe di Rohan e di Gondor continuarono a marciare nelle lande desolate per giungere al Nero Cancello. Queste erano guidate da Toy e da Kerochan, con i principali protagonisti sopravvissuti anche loro alla battaglia a Minas Tirith. Tutti da Meiling e da Tomoyo non mostrarono segni di voler buttare giù una qualche battutina per sdrammatizzare la situazione. Sapevano che si stavano avviando al confronto finale, e i diecimila Orchi che li attendevano dietro alle porte del cancello nemico non sarebbero stati sconfitti tanto facilmente, visto il poco numero di guerrieri che vi era. I soldati camminavano a piedi, e altri preferivano galoppare sul proprio destriero. I rumori delle armature che si sentivano ad ogni passo fatto dava vitalità al silenzio che si era creato dall' inizio del tragitto di Toy. Il giovane si fermò con i suoi occhi nel guardare un qualcosa che sembrava si sentisse di avere raggiunto. Continuò la lenta galoppata mentre continuava a guardare a bocca chiusa l' ostacolo che si ritrovò sullo sfondo. Yuè seguì lo stesso comportamento di Toy nell' osservare quella che sembrava una cinta muraglia nera. Svoltarono completamente l' angolo di una roccia, scorgendo un lungo muro accuminato in superficie con due torri di vedette ai suoi estremi che nascevano da due pareti di catene montuose ai lati. Il cielo sotto al muro era grigio e carico di pioggia. Le nuvole sembravano spuntare da dietro il bastione: Toy capì che il clima che proveniva da quelle mura era tipico di Mordor, come gli era stato raccontato da Kerochan. Il Nero Cancello era dunque proprio davanti a loro. All' interno delle terre di fuoco, Sakura e Li vollero dissetarsi prima di proseguire la strada verso il Monte Fato. La ragazzina prese una borraccia che aveva tenuto in tasca per un tempo impreciso, e decise di bere tutta l' acqua che era rimasta. Ma come aprì la bocca, Sakura si bagnò le labbra con piccole gocce, anzi neanche, perchè sembravano che le gocce sparivano al soffio del vento. Sakura cercò di far uscire quel po' d' acqua che c' era dal sacchetto, premendolo e sbattendo il tappo sul palmo di una sua mano. Ma il risultato fu quello di non ricevere alcun dono dell' acqua che si aspettava, intuendo che era finita, almeno dalla sua borraccia. Si fece avanti Li che si inginocchiò per porre il tappo della sua sacca riempita d' acqua a Sakura: << Prendi la mia. C'è rimasta qualche goccia >> disse Li offrendo quella quantità d' acqua che bastava per far dissetare la povera ragazza affaticata. Sakura prese senza indulgiare la borraccia e si bevve quel po' di acqua che riuscì a bagnarle la bocca mentre aspettava che le scendesse boccheggiando come un pesce. La ragazza ansimò di meno questa volta, staccandosi la borraccia dalla bocca, ma era ancora provata dal peso che portava al collo. Le sue labbra erano screpolate come se non aveva trovato acqua o cibo da giorni: << Non rimarrà niente per il viaggio di ritorno >> avvertì Sakura preoccupata per le poche scorte d' acqua rimaste.

I suoi occhi e quelli di Li si fecero lucidi, e quest' ultimo avvisò con amarezza alla sua compagna: << Non credo che ci sarà un viaggio di ritorno, Sakura >> ribattè Li. La giovane girò la testa poggiata alla roccia verso il volto del suo amato che ora era lui ad aver perso le speranze, quando pensava che non le avrebbe mai lasciate andare. Chi poteva adesso confortarla in quel momento difficile? Tuttavia, Li si rimise in piedi e porse la sua mano a Sakura, e questa la afferrò, rialzandosi grazie all' aiuto del cinesino affranto. I guerrieri di Gondor e Rohan si stavano posizionando su diverse file, uno alla volta. Le loro facce in seguito si voltarono alle porte serrate del Cancello di Mordor, tenendo ognuno stretto il proprio scudo e lancia originale del proprio popolo d' origine. Gli ultimi cavalieri di Gondor si misero in prima linea e si voltarono verso al Cancello, attendendo degli ordini. Dalla destra delle truppe si avvicinavano Eomer con un cavaliere di Gondor che teneva alzata in alto una bandiera con il simbolo dell' albero bianco. Con loro c' era anche Toy che li guidava per congiungersi con il resto dei suoi amici radunati al centro della prima fila di soldati. Anche questi misero i propri cavalli nella direzione del Cancello, e anche loro attendevano nell' agire. Il vento soffiava continuo tra i vessilli di Rohan e di Gondor che erano in balìa dell' attesa snervante della comparsa del nemico ai loro occhi. Ma fino ad adesso il Cancello rimaneva chiuso. Sakura e Li intrapresero un altro tragitto nelle terre di Mordor, passando sempre tra le rocce di quel deserto infestato da fumi e cenere. La ragazzina che stava davanti a Li, assunse uno strano movimento nel camminare. Si teneva il petto con l' anello e con una mano faceva muovere l' aria a caso. Sembrava quasi che zoppicasse e che accennava a segni di cedimento. Li guardò a Sakura con aria confusa, non capendo cosa le stesse prendendo quando lui che le stava dietro al passo aveva l' andatura normale. La ragazzina saltò giù da una piccola scogliera, muovendo l' aria con entrambe le mani. Poi si fermò a osservarsi intorno. La sua faccia come nel resto della sua pelle era sporca di terra, come Li. Nelle orecchie di Sakura ora si sentiva una vocina bisbigliante e sinistra che le attraversò la testa ripetutamente. La ragazzina cominciò a voltarsi per guardare a Li, ma questo notò un fascio di luce diretto verso di loro: << Sakura, a terra! Nasconditi! >> gridò il cinesino accovacciandosi tra le rocce e nascondendosi tra esse strisciando con la pancia. Sakura ebbe il tempo di sentire la voce di Li, ma non di nascondersi perchè fu subito investita dalla luce che proveniva da quel faro. La ragazzina sgranò gli occhi dal terrore quando capì che l' Occhio di Sauron l' aveva individuata. In lontananza riuscì a vedere la pupilla che si stringeva di poco, con le fiamme formate in modo orbitale, che la puntava fermamente. La cattura carte rigirò il viso terrorizzato e fece per cadere a terra con tutto il suo peso. Li sentì un tonfo sonoro, pensando che Sakura era svenuta d' improvviso. Vide il corpo di Sakura poggiato da un lato mentre era voltato di spalle e con la testa che poggiava a terra: << Sakura! >> cercò di richiamarla preoccupato il cinesino per il brusco movimento che lei fece. Alzò la testa il ragazzino, ma la riabbassò subito perchè sia lui che Sakura erano finiti sotto il tiro dell' Oscuro Signore che restava fermo solo in quella zona. La situazione stava sempre più complicandosi. Toy sarebbe dovuto intervenire da un momento all' altro, sapendo che il tempo si stringeva sempre di più e che la missione stava scivolando dalla lama del coltello.

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Capitolo 48
*** Episodio 209: Il Nero Cancello si apre ***


<< Dove sono? >> domandò Tomoyo da sotto l' elmo argentato che portava in testa. La ragazzina era sul dorso del solito Kerochan e attendeva insieme al resto del gruppo un avvenimento che ancora doveva presentarsi davanti a loro. Il Nemico avrebbe fatto la prima mossa oppure i nostri eroi? Toy guardò la piccola amica che aveva appena chiesto una domanda in tono quasi da aver paura. In effetti, un po' di suspance c' era dalla trepidante attesa che qualcosa accadesse alle porte di Mordor. Il giovane quindi tirò le redini del suo cavallo, galoppando in avanti verso le porte del Nero Cancello. Eomer con Meiling, Kerochan con Tomoyo e Yuè e Gimli seguirono ognuno sui loro cavalli la figura di Toy, sostenendolo a fianco nella breve camminata. Il soldato di Gondor stava come sempre al fianco di Eomer, sventolando il vessillo dell' albero bianco. Il piccolo gruppo si staccò da davanti alle schiere di uomini di Gondor e di Rohan radunati lì per avvicinarsi alle porte chiuse del Cancello che ancora adesso lo erano. Tutti quelli che seguivano Toy ai lati si fermarono nella galoppata, sottostando a pochi metri dalle ante del Nero Cancello. Nella terra di Mordor, intanto, Sakura era posta sdraiata da un lato sul terreno roccioso sempre con il fascio caldo dell' Occhio che rimaneva fisso su di lei. Poteva sentire il calore della luce che le illuminava la schiena. La ragazzina aveva gli occhi sgranati dal terrore e cercava a tutti i costi di respirare il più piano possibile, ma sembrò che il terrore ormai l' aveva presa. Dall' esterno delle mura di Mordor, invece, Toy in compagnia dei suoi vecchi amici di viaggio decise di mettere in atto il suo piano di diversivo, iniziando ad avvertire a voce alta Sauron di uscire allo scoperto: << Che il Signore della Terra Nera venga avanti! Che giustizia sia fatta su di lui! >> le parole del ragazzo rimbombarono dalle pareti enormi dell' ingresso nero, facendo da eco alle orecchie di quelli che erano fermi dinanzi alle porte massicce.

Il silenzio sembrò essere la risposta data alla frase di Toy, che in quel momento era già stata cancellata dalla mente di tutti. Erano presi dalla tensione di dover affrontare il vero Nemico faccia a faccia, che nel caso in cui avessero perso, il mondo sarebbe crollato nelle tenebre. Meiling da dietro Eomer osservò da una parte all' altra la lunga cinta muraglia che era arricchita da punte ferrose. Anche lei la quiete le cadde come buona consigliera in quell' istante. Gimli che stava nella direzione parallela a Meiling, ascoltava il silenzio tombale che si sparse in ogni uomo e cavallo, non emettendo alcuna parola anche lui. Tutti i nostri amici sottostanti al Nero Cancello rimanevano muti. Solo la bandiera di Gondor aveva il suo suono di vitalità che era espresso dal suo continuo sventolare. Il cavallo di Eomer nitrì lievemente, facendo stare sempre più con gli occhi attenti lo stesso Rohirrim che divenne agitato dall' improvviso rumore dell' animale mentre lui fissava con timore le porte chiuse di Mordor. La quiete si interruppe con lo scricchiolìo di quelli che sembravano ingranaggi arrugginiti. Kerochan che anche lui se ne era rimasto nel silenzio totale alzò lo sguardo da sopra la sommità delle due ante chiuse, sentendo anche il suono di una porta che veniva smossa dopo molto tempo di inattività. Le due ante del grande cancello cominciarono ad aprirsi lentamente verso di loro, e tutti si tenevano pronti per passare all' azione. Yuè guardò all' altezza dei suoi occhi per attendere l' avversario che doveva confrontarsi con lui e gli altri. Meiling girò d' improvviso la testa anche lei all' altezza fin dove i suoi occhi riuscivano a vedere, e spalancò la bocca dallo stupore. Toy invece era quello nel gruppo che riusciva a tenere il sangue freddo e la calma a quello sinistro scricchiolìo che accompagnava l' apertura del Cancello di Mordor. Notò come gli altri suoi compagni vicini una figura in sella ad un cavallo che sbucò tra la piccola fessura delle ante che si aprivano ancora un po'. Un cavallo tutto attrezzato di ferraglia nel corpo camminava verso il gruppo di amici che stavano davanti alle porte del Nero Cancello. Un uomo stava sorpa di esso, tenendo strette le redini per comandare il suo destriero. Almeno fino ad un momento fa quella figura sembrava quella di un umano. Ma tutti scorsero nella sua testa un elmo che andava a coprirgli l' intero volto fino a poco sopra la bocca dove il ferro della protezione era inarcato verso l' alto con due semionde. I cavalli dei presenti nitrirono all' entrata in scena della misteriosa figura, notando poi ai lati dell' elmo due piccole corna rivolte verso l' alto. Tomoyo con Kerochan rimasero impalati e senza parole all' avanzare dell' uomo spuntato da dietro i cancelli di Mordor e lo scrutavano con un misto di stupore e di una leggera dose di odio verso le creature che facevano parte del regno di Sauron.

La pelle del cavallo su cui era il misterioso individuo si riuscì ad intravederla attraverso dei buchi nell' armatura del destriero negli occhi: era nera, esattamente il colore che tutti si aspettavano per far intimorire i propri ospiti. Un aspetto più tenebroso la dava la ferraglia messa sopra la pelle del cavallo. Questo si fermò per ordine del fante che era sopra di lui, e anche quest' ultimo era vestito di nero con l' armatura argentata che gli dava un effetto macabro. L' uomo dal viso semicoperto dalla maschera iniziò a parlare a distanza dai suoi ospiti che sembrava che li potesse vedere anche oltre l' elmo che gli copriva la vista: << Il mio padrone, Sauron il Grande, vi porge il benvenuto >> quando si mise a parlare i suoi denti erano aguzzi e uniti tra loro, e anche ingialliti. In più la sua bocca era impastata di sangue rosso. Il macabro essere emise un sorriso a denti stretti, facendo notare a tutti la larghezza della sua bocca e chinando il capo leggermente verso destra. Toy non mostrò alcun segno di intimorimento all' avversario che stava di fronte, e anzi lo guardava con una smorfia di superiorità. Yuè fissò il nero uomo con sguardo inquietante mentre sentì per la prima volta la voce cupa e profonda dell' essere che forse era stato sputato fuori dalle viscere dell' inferno e che gli fece rimpicciolire le pupille dalla paura che stava iniziando a nascere nel cuore del Giudice Supremo. La testa di quell' uomo, se c' era ancora una specie umana sotto a quell' elmo, si girò da una parte e dall' altra come se stesse osservando le truppe di uomini in fondo, poi riniziò a parlare, mettendo in mostra delle cicatrici intorno alla sua bocca insanguinata: << Vi è qualcuno in questa folla con l' autorità di trattare con me? >> << Noi non veniamo per trattare con Sauron, infedele e maledetto >> fu a questo punto che intervenì Kerochan che sfidava a viso aperto l' uomo sul cavallo nero, mostrandogli un tono deciso. L' uomo girò di scatto la sua testa individuando subito la tigre bianca che stava parlando, e digrignò i denti sporchi di sangue quando Kerochan si mise ad insultare l' Oscuro Signore. Il Guardiano continuò a parlare alla vista di quella bocca scoperta: << Dì questo al tuo padrone: le armate di Mordor devono disperdersi. Egli deve lasciare queste terre e non farvi ritorno >> disse la tigre stipulando delle condizioni che solo il servo del male doveva rispettare. Ma la bocca dell' uomo schernì Kerochan, sorridendo malignamente a denti stretti: << Ah! Vecchio peloriccio >> e si poteva notare il macabro colorito pallido della pelle che si intravedeva dell' uomo che si mischiava con il rosso scarlatto della bocca. Riprese a parlare dopo che Kerochan lo guardò con disgusto da quanto la bocca del rivale a cavallo riusciva ad allargarsi: << Ho un pegno che mi è stato ordinato di mostrarvi >> annunciò il cavaliere dal viso coperto. Mise una mano su una tasca dei suoi pantaloni ed estraò una maglietta bianca. L' indumento al momento della sua estrazione emise un suono di catene raschiate tra di loro, e tutti i presenti si resero conto della cosa che l' uomo tirò fuori.

La maglia bianca la esibiva di fronte agli occhi di coloro che stavano intorno a lui. Era una maglia di Mithril, la stessa che portava Sakura e che le fu donata dal nonno poco prima della partenza da Gran Burrone. Kerochan la riconobbe e la sua faccia si stava stirando in un' espressione incredula, come se tutto il mondo gli fosse caduto addosso in un istante. Gimli da dietro Yuè a cavallo emise un verso di stupore alla vista della cotta di Mithril: << Sakura... >> disse Tomoyo sconvolta, credendo che della sua amica fosse rimasta solo la maglietta bianca. L' uomo che reggeva la maglietta fece una smorfia derisoria e lanciò l' oggetto lucente verso Kerochan. La tigre afferrò la maglia con la bocca mentre dava occhiate prima al tessuto e poi al cavaliere crudele: << Sakura! >> esclamò con voce strazziata di nuovo Tomoyo. La bocca del cavaliere si aprì in modo spaventoso, rinfacciando alla ragazzina un verso macabro: << Silenzio! >> disse Kerochan a Tomoyo tenendo la maglietta stretta tra i denti: << No! >> esclamò Meiling da dietro Eomer non contenendo l' emozione triste che provò alla vista della maglia di Sakura e intuendo che non ce l' aveva fatta nella missione. La bocca si girò nella direzione dove Meiling aveva parlato: << Silenzio! >> ripetè la tigre bianca per evitare di far agitare i toni. La cinesina con l' elmo alla testa si nascose di nuovo dietro la schiena di Eomer, cominciando a singhiozzare per la presunta e tragica fine della sua amica Sakura e di suo cugino Li. I membri della compagnia che erano rimasti in un breve tratto del viaggio con la loro piccola cattura carte, ora si sentirono in colpa e addolorati per la perdita del componente principale del gruppo. Non si sarebbero mai aspettati che proprio lei dovesse lasciare questo mondo, quella persona a cui tutti erano molto a cuore. Il cavaliere dalla bocca larga diresse il suo sorriso verso tutte le facce dei presenti, e mostrò di più le gengive rosse: << La ragazzina era cara a voi, vedo. Sappiate che ha sofferto grandemente per mano di chi l' ha ospitata >> disse l' uomo con un filo di voce noncurante nel descrivere la morte della cattura carte, e rivolse di nuovo quel suo sorriso derisorio a tutti mentre Toy si mostrò adesso sconvolto per la notizia della scomparsa di sua sorellina. Gimli strinse i denti, fremendo dal voler eliminare una volta per tutte quel serpente che osava prendersi gioco di Sakura. Il Nano emise un piccolo strappo alla schiena di Yuè che, nel frattempo, rimase immobile e scioccato dalla notizia che gli arrivò funesto e sgranò gli occhi con un po' di tristezza e di sgomento. Aveva già perso un vecchio padrone delle carte, e ora doveva venire a sapere della morte della sua nuova custode direttamente dalla bocca di un essere che andava cancellato per la sua faccia ripugnante.

Kerochan riabbassò lo sguardo, chinando anche la testa mentre Tomoyo da sopra faceva scivolare la sua mano per accarezzare il materiale di Mithril indossato da una sua scomparsa amica. Ora se la immaginava indossare ancora la cotta di maglia mentre la sua anima stava svolazzando nell' azzurro del cielo: << Chi avrebbe detto che un essere così piccolo potesse sopportare tanto dolore? E lo ha fatto, Kerochan. Lo ha fatto >> disse l' uomo mascherato. Tomoyo alzò gli occhi verso di lui, mostrando gli occhi lucidi attraverso l' elmo e mordendosi il labbro inferiore per trattenere il pianto di rabbia che stava per far uscire fuori. La tigre bianca al sentire il suo nome risollevò la testa delicatamente e anche i suoi occhi gialli, per la prima volta, si inondarono di lacrime pronte a cadere per la scomparsa della sua compagna cattura carte. Tutte le avventure passate con lei gli tornarono in mente una dietro l' altra, e neanche lui riusciva a credere che Sakura fosse andata via per sempre. Il Guardiano si sentì debole, incapace di reagire alla perdita dell' unica persona ben voluta da parte di tutti. L' uomo a cavallo emise un verso con la bocca, alitando nell' aria come per fare un suono di desolazione e di fallimento rivolto agli amici della cattura carte che si sentivano abbattuti. In quel momento Toy strinse le redini del suo cavallo, e iniziò a trotterellare al lato del cavaliere con la bocca larga. Questo notò sempre da sotto l' elmo il movimento del ragazzo che sembrava mantenere fino all' estremo il sangue freddo: << E chi è costui? L' erede di Isildur? >> chiese l' uomo nell' istante in cui il giovane gli passava accanto: << Per fare un Re non basta una lama elfica spezzata... >> Toy fu dietro al cavaliere e vibrò un fendente della spada Narsil verso l' uomo che lo decapitò in un gesto veloce e pieno di ira che esplose all' ultimo. La testa dell' essere al servizio di Sauron volò cadendo a terra con un tonfo. Meiling emise un sospiro di sorpresa al gesto di Toy.

Kerochan guardò la testa mozzata del cavaliere in modo sconvolto perchè ancora in balìa della notizia della dipartita di Sakura: << Conclusione delle trattative >> commentò Gimli alla scena. Di seguito il cavallo con il corpo e la testa da una parte del cavaliere sparirono nel nulla, lasciando i presenti sconcertati e confusi: << E' sparito! >> esclamò Meiling. Ma Toy era troppo acciecato dalla rabbia per badare a queste cose e diresse il suo cavallo verso Kerochan: << Io non ci credo >> disse il giovane non volendo accettare che sua sorella era morta. Poi guardò la tigre negli occhi che svelavano la triste realtà per lui, ma continuava a ripetersi con decisione: << Non ci crederò! >>. L' Occhio di Sauron che fino a quel momento puntava a Sakura da dentro Mordor, ora spostò il suo fascio di luce in un' altra direzione alla sua destra, spalancando un po' di più la nera pupilla. Li potè quindi rialzarsi dalla posizione da sdraiato in cui era, notando la luce che si dirigeva lontano da lui e da Sakura, entrambi creduti morti dai loro amici che sostavano al Nero Cancello. Le ante di questo si mossero ancora di più verso Toy e gli altri. Il giovane fece passare la lama insanguinata della sua spada dall' altro suo lato, e il suo sguardo insieme a quello degli altri rimase fisso e sgranato da quello che stava per riuscire da dietro le mura moventi. Le truppe di orchi di Sauron si intravidero marciando verso di loro con il Cancello che metteva in risalto, ogni volta che si apriva sempre di più, il vasto numero di mostri che fino ad ora rimasero ad attendere dietro le ante. Yuè diede un' occhiata divertita ed esitante allo scontro che tra un paio di minuti avrebbe dovuto intraprendere per l' ultima volta: << Ripiegare! Ripiegare! >> ma Toy ordinò in fretta la ritirata a tutti quanti e incominciò a dirigersi verso le schiere di Gondor e di Rohan. Kerochan si mise a seguire il ragazzo, e così fecero a ruota Eomer con Yuè e Gimli e il soldato di Gondor mentre alle loro spalle si formava lo sfondo che il campo di Mordor presentava con i suoi orchi armati per la battaglia finale. Una luce da dietro i numerosi orchi splendeva all' altezza delle teste, segno che Sauron era stato attirato con successo dal piano del giovane Toy. Ma ce l' avrebbe fatta a sconfiggere l' esercito dell' Oscuro Signore?

Gli uomini di Gondor e di Rohan cominciarono ad agitarsi alla vista degli orchi che spuntavano in gran numero da dietro il cancello che si apriva. I loro passi sembravano si muovessero da soli all' indietro: << Se n'è andata, Sakura >> avvertì Li alla sua amata che iniziò a muoversi naturalmente dopo che rimase immobile sotto lo sguardo di Sauron. Il cinesino fece per gattonare verso Sakura, dando uno sguardo anche al fascio indirizzato da un' altra parte: << La luce è passata oltre, lontano, verso Nord. Qualcosa ha attirato il suo sguardo >> specificò l' avvenimento Li. La ragazzina si rimise lentamente in piedi, aiutata da dietro dal suo ragazzo, che la prese per i fianchi e la mise nella posizione eretta. Lo sguardo della cattura carte ora si volgeva al Monte Fato dove avrebbe continuato e portato a termine la sua missione di distruzione dell' anello. Delle grida si levarono dagli orchi in avvicinamento insieme al rumore delle loro armature che vibravano nel terreno con il battere dei loro passi minaccioso. Le ante furono completamente aperte e mostrarono ai cavalieri di Gondor e Rohan il vero numero dei mostri che si estendeva da una parte e dall' altra del cancello. Gli uomini mossero più frequentemente le loro teste fra di loro, guardandosi negli occhi riempiti di paura e titubanti nel fuggire. Arrivò in tempo Toy che li avvertì: << Restate fermi! Restate fermi! >> gridava a piena voce il giovane mentre i suoi compagni si mischiavano nel gruppo di soldati pronti ad attaccare. Gli uomini rotearono la loro testa verso il ragazzo che sembrava avesse un gran coraggio e cominciava a passare di fronte alla prima linea con il suo cavallo, iniziando in un suo discorso: << Figli di Gondor, di Rohan, fratelli miei... >> e le due fazioni riunite si strinsero ancora di più tra loro avvertendo delle parole di incoraggiamento di un loro Re prima di scendere e combattere in guerra. Toy trotterellava mentre la sua voce cercava di farla spargere in tutte le orecchie dei guerrieri di fronte a lui: << Vedo nei vostri occhi la stessa paura che potrebbe afferrare il mio cuore >> e nessuno proferì parola nel lasciar parlare il sommo ragazzo, seguito anche dagli sguardi in cui la speranza stava emergendo poco alla volta: << Ci sarà un giorno in cui il coraggio degli Uomini cederà, in cui abbandoneremo gli amici e spezzeremo ogni legame di fratellanza. Ma non è questo il giorno! >> continuò Toy ascoltato anche dal resto della sua compagnia: << Ci sarà l' ora dei lupi e degli scudi frantumati quando l' Era degli Uomini arriverà al crollo. Ma non è questo il giorno! Quest' oggi combattiamo! >> disse spronando l' esercito, suscitando in alcuni uomini un brivido lungo la schiena dall' adrenalina che stava per prendere loro: << Per tutto ciò che ritenete caro su questa bella terra vi invito a resistere, Uomini dell' Ovest! >> alzò la spada in alto e un susseguirsi di altre lame sguainate si sparse per tutti gli uomini davanti a Toy, tenendosi pronti allo scontro diretto con Mordor. Non uno non osò estrarre la sua arma. Gondor e Rohan potevano concordare a vicenda sotto la guida del futuro sovrano Toy, il cui cavallo si impennare, voltandosi verso gli orchi in arrivo. Il giovane tenne in alto la sua spada con i mostri che lentamente svuotavano le loro terre per approcciare agli uomini di Gondor e di Rohan con la fiducia ritrovata grazie a Toy.

L' Occhio illuminava l' avanzata del suo esercito sullo sfondo, tenendo d' occhio la battaglia che a breve si sarebbe svolta alle porte del Nero Cancello. Sakura e Li ripresero la camminata tra le ceneri del terreno di Mordor, faticando nella salita verso la montagna di fuoco. I fumi di calore si sentirono sempre di più, così come la fatica fisica. Sakura scivolò da dietro Li e rimase a pancia in giù nella terra. Perfino il cinesino si accasciò seduto e si tenne il fianco sinsitro a causa del respiro irregolare che gli venne dovuto alla pressione dell' aria calda che inalava dal naso. I due ragazzini sentirono più che mai la debolezza nel loro corpo come se i molti chilometri percorsi durante il loro lungo tragitto causarono un effetto sul loro organismo. Delle rocce incandescenti schizzavano fuori dalla bocca del vulcano al quale Sakura era strettamente nei paraggi. La mandria degli orchi intanto stava accerchiando i soldati ai lati che a loro volta si strinsero in un pugno di terra. Toy, affiancato da Yuè e da Kerochan, si teneva stretta la spada osservando gli orchi che prendevano sempre più terreno verso di loro, e con la distanza che si accorciava sempre di meno. Sakura risollevò la testa dal terreno e si ritrovò il volto completamente sporco dalla fuliggine del terreno. I suoi occhi verdi erano stanchi e rossi quando osservò il fuoco e la lava che fuoriuscivano dal Monte sopra di lei. Lo riconobbe, era il Monte Fato. La vetta tanto ricercata a lungo nella quale l' anello avrebbe smesso di farle del male, una volta gettato dentro. La ragazzina doveva assolutamente compiere quella missione di vitale importanza, non poteva permettere che le forze la abbandonassero proprio in questo momento. Si aggrappò con entrambe le mani alle rocce sparse al suolo per strisciare lungo di esse e provare a dare un ultimo sforzo mentre Li giaceva dolorante al fianco e se lo teneva forte come se avesse avuto d' improvviso una fitta. La ragazzina si portava il corpo in avanti mentre si spostava lungo la pancia sopra le pietroline. Pensava a Tomoeda, distante molti chilometri dall' altra parte del mondo e a tutti i costi voleva salvarla. La forza dello spirito era più forte di lei e le sue mani scivolavano sulla superficie delle rocce per il sudore accumulato in corpo, ma lei non cedeva e afferrò con più decisione la roccia, strisciando su di essa per poi superarla e arrivare su un manto di terra fatto di polvere di rocce. Le mani di Sakura non seppero però aggrapparsi saldamente ad un saldo sostegno. Il palmo della sua mano destra stringeva un pugno di pietroline e le racchiudeva con forza a sé insieme ad altre che teneva strette nell' altro pugno, ma Sakura si sporse in avanti con il dorso e cercò di rilazare la metà del busto, arrancando nel terreno. Ma la ragazzina poggiò il mento al suolo e vi accasciò la guancia destra in seguito, chiudendo gli occhi sopraffatti dalla fatica. La sua bocca poteva tastare la terra mentre il suo fiato respingeva le pietroline intorno alle sue labbra secche e assetate. L' anello ora le stava sotto, nascosto dalla sua carcassa ancora attaccatole al collo. Li e Sakura erano esausti proprio negli istanti conclusivi della loro missione, ritrovandosi ai piedi del Monte di fuoco.

Tomoyo scese da Kerochan e sfilò la sua spada da guardia della Cittadella, pronta anche lei a combattere fino alla morte. Meiling espirava osservando gli orchi che si muovevano intorno a loro come se stesse per salire sul ring ad abbattere un suo avversario. I mostri si accalcavano tra loro, esibendo un vortice che racchiudeva il pugno di soldati in trappola. Eomer roteò i suoi occhi a sinistra notando solo ora il grande numero di orchi che si mischiava su di loro. Era impossibile riuscire a sterminarli tutti. Dopo la vittoria a Minas Tirith, il suo battaglione di Rohirrim si era ridotto di parecchio. Tutti quanti avevano lasciato andare i loro cavalli liberi, e questi si allontanavano a gran corsa dagli orchi in arrivo. Ora rimasero a corto di destriero, sapendo che anche se si fossero ritrovati a cavallo le cose sarebbero andate allo stesso modo. Gli orchi si velocizzarono nell' ammassamento reciproco tra di essi, stringendo sempre più il cerchio per tenere sotto scacco i soldati che si guardavano in prima linea da ulteriori attacchi frontali degli orchi. Ora erano davvero circondati da ogni lato dai mostri che brulicavano pericolosamente su di loro con le loro fauci ben aperte per far finire al macello i coraggiosi e ultimi eroi che avevano provato a sfidare gli eserciti di Mordor. Una piccola ellisse si formava costituita da soldati di Gondor e di Rohan mentre il grigio delle nuvole si posava anche sopra questi, entrando nell' atmosfera del regno di Sauron. Kerochan guardava desolato la mandria di mostri che stringeva sempre più il cerchio. Ma ancora non poteva credere che con tutti gli sforzi che lui insieme agli altri mise in quest' impresa, non era riuscito a far andare le cose per il verso giusto. Le mille avventure passate con Sakura stavano per terminare nei suoi ricordi con la velocità che il suo trapasso gli avrebbe portato: << Chi pensava di morire combattendo fianco a fianco a un angelo? >> si disse amaramente Gimli mettendo da parte per una volta il divertimento con Yuè nell' uccidere orchi, rendendosi conto che erano in trappola: << E invece fianco a fianco ad un amico? >> rigirò la domanda il Giudice alato al Nano mostrandogli un sorriso pieno di misericordia, ammettendo di aver condiviso in una frase i più bei momenti con il piccolo amico cui stava per morire insieme e per sempre. Gimli si girò verso Yuè, sorridendo a sua volta all' angelo amichevole. Poi disse promettendo: << Sì. Questo potrei farlo >> con la coscienza anche lui di aver stretto un legame sincero con tutti nella compagnia, e adesso si pentiva del fatto di doversi separare da loro per l' ultima volta. Potevano stare solo lì ad attendere che tutto fosse finito in fretta. Aspettare il calare del viaggio che intrapresero insieme dalla lontana Tomoeda.

 

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Capitolo 49
*** Episodio 210: Non posso portare l' anello per te... ***


Li si riprese dal suo stato di debolezza e gattonò nel terreno per raggiungere la sua Sakura che era rimasta priva di sensi. Il ragazzino strinse i denti, sopportando la debolezza fisica e graffiando a dita spalancate il terreno per poi passare la sua mano sotto ad un braccio di Sakura fino al petto per poterla girare verso di sé. La testa della ragazzina pendeva chinata da una parte mentre Li cercava di reggerla tenendola alzata. Il ragazzino si sedette nella ghiaia rocciosa e si portò tra le braccia Sakura che aveva gli occhi chiusi e il suo fiato era pesante dalla troppa esalazione dell' aria circostante nelle pendici del Monte Fato dove i due ragazzini erano finiti. Li guardò in alto verso la vetta ancora non raggiunta mentre il vento caldo che proveniva dalla montagna gli investiva la faccia e il suo ciuffo di capelli che gli spuntava dal cappello verde si muoveva al soffio dell' aria. Il suo respiro era affaticato e fissava la meta da tanto stabilita sopra di lui che ancora doveva essere tastata con i piedi di Sakura per poterci gettare all' interno l' anello. Nel cielo grigio i detriti che sputava il Monte volarono per molti metri in lontananza, come se la cortina di nuvole fosse attraversata da una pioggia di stelle cadenti. Il tutto poteva essere perfetto per l' atmosfera romantica tra i due amanti che giacevano lì in quella landa desolata di pietroline allo stremo delle forze, e l' una tra le braccia dell' altro. La situazione alle porte di Mordor non si prospettava delle migliori per il piccolo gruppo di amici insieme ai soldati. Gli orchi ormai avevano sbarrato ogni via di fuga per l' ultimo pugno di uomini accorso nelle loro terre per liberarle dal dominio del perfido Sauron che tanta distruzione aveva sparso per le altre terre con la maggior parte del suo esercito e grazie anche a qualche suo alleato che gli fu fedele allora. La compagnia stava davvero per finire nei più gloriosi dei modi di dover andarsene dalla faccia della terra.

In mezzo al gruppo di protagonisti, tra loro partirono le parole di Eomer: << Beh, ragazzi, è stato un onore combattere al vostro fianco. Vi ringrazio di tutto >> disse il cavaliere affranto. Gimli da sotto di lui lo rimproverò in modo quasi serio: << Ah! Ma sentitelo: dopo la più grande spavalderia dei Cavalieri di Rohan, ecco che giunge la più grande modestia dei Rohirrim. Che mi venga un colpo! Proprio adesso dovevi scegliere il momento per gettare le armi? >> chiese il Nano rammaricato dalla piega che si stava assumendo il loro piano da diversivo: << In questo momento, credo che tutti siamo consapevoli del fallimento in larga scala del tentativo di rovesciare l' intero regno di Mordor >> rispose sempre Eomer con solennità. Toy mostrò dalle sue labbra i denti digrignati per la frustrazione, reggendo all' altezza degli occhi la sua spada. Yuè abbassò le mani lungo i fianchi in segno di resa. Kerochan osservò con la coda dell' occhio il gesto inaspettato del suo collega alato, e spostò per un attimo le sue orbite per vedere se il Giudice non avrebbe rialzato le braccia: << Hm! >> esclamò la tigre mettendosi nella posizione di attacco e stringendo sempre in bocca la cotta di Mithril: << Conosco quella mossa, Yuè. Non dirmi che anche tu vuoi gettare la spugna, ora? >> << Eh. Mi hai sottovalutato, compare. Se pensi che dieci orchi ripetuti mille volte mi intimoriscono, posso solo dirti che non mi conosci tanto abbastanza da permetterti di essere al mio fianco >> ribattè con schernimento Yuè assumendo un sorriso derisorio rivolto a Kerochan anche se non stava guardando a lui: << Oh, beh! Allora ti chiedo scusa, collega, se mi sono messo a dubitare del tuo potenziale >> aggiunse ancora il Guardiano Bianco: << Una cosa però è sicura. Se non è Gimli a stuzzicare Yuki, state tranquilli che qui c'è il solito vecchio Kerochan a riaccendere la fiammella di rivalità. Ah ah ah ah! >> si intromise Toy sdrammatizzando il momento critico al quale stavano per subire. Anche gli altri risero di gusto alla battuta di Toy, tutti tranne Kerochan: << Adesso ti ci metti pure tu a prenderti gioco di me? Non pensi che mi basti anche un solo Yuè per farmi rizzare il pelo dal nervoso? Vuoi assumerti anche tu il suo aspetto per caso? >> scherzò amichevolmente Kerochan. Tra il gruppo della compagnia si sparse un lieve sorriso beffardo alla morte che stava per prenderli. Tutti aspettavano senza alcuno scrupolo il destino che ancora li attendeva. Gli orchi che riuscivano a vedere le loro prede in prima fila, cominciarono ad alzare in alto i loro scudi e a sbatterci contro le loro lance che tenevano impugnate nell' altra mano. In questo modo speravano di mettere un po' più di agitazione ai soldati stretti nella piccola parte di terreno in cui questi erano. Dei versi immondi provenivano dalle bocche delle orrende creature. Nessun soldato provò la sensazione di paura che spesso avvertivano negli scontri precedenti: << Sembra che il tuo discorso li abbia rimessi in sesto, giovanotto >> commentò Eomer nei confronti di Toy riguardo ai ranghi tenuti saldi dai guerrieri di Rohan e di Gondor.

Il ragazzo lanciò un' occhiata fuggitiva al cavaliere per comunicargli dell' apprezzamento del complimento sulle sue parole: << Non attaccano ancora. Come mai? >> domandò sospettoso Kerochan, trovando risposta in Yuè: << Sanno che siamo dei bersagli facili adesso. Quindi hanno pensato bene di tenerci ancora sulle spine per un po' >> << E' ovvio. Si stanno prendendo gioco di noi perchè siamo a viso scoperto e più vulnerabili >> spiegò meglio Toy: << O forse ci stanno graziando >> aggiunse Gimli: << Magari adesso ci offrono una pioggia di frecce come spettacolo per intrattenerci >> ribattè Eomer ironicamente: << Ad ogni modo, noi siamo pronti in qualsiasi caso >> ringhiò Kerochan mettendosi nella posizione per attaccare allungando in avanti le sue due zampe anteriori e abbassando il busto come se fosse pronto a scattare. In mezzo al gruppo anche Meiling volle essere partecipe a quel tergiversare continuo: << Sapete, io non riesco ancora a credere che siamo arrivati fin qui senza più un proseguo del nostro viaggio. Il solo pensiero che quei mostri hanno tolto di mezzo Sakura, mi fa ribollire di rabbia nelle vene >> confessò la cinesina con l' elmo di Rohan che gli faceva inglobare alla vista solo gli orchi che vedeva davanti e con la sua spada che teneva puntata verso i mostri che tremava dall' elsa fino alla lama per la furia che Meiling doveva scatenare contro i terribili avversari. I suoi stessi denti si stringevano con forza dal troppo trattenere la collera che le passava in tutto il corpo. Tomoyo che stava a fianco alla cinesina, assunse un' espressione accigliata e preoccupata per qualche azione impulsiva che la sua stretta compagna poteva compiere da un momento all' altro. Le tornò in mente l' episodio in cui la stessa Meiling discuteva fino a perdere il fiato con Barbalbero che non voleva che gli Ent scendessero in guerra: << Lì ci sono i nostri amici! E' del nostro aiuto che hanno bisogno! >> la voce chiara della cinesina le fu concreta ora, ricordando le avventure passate con gli Ent e con il vecchio Barbalbero che chissà se avrebbero rassicurato che il suo posto d' origine fosse rimasto al sicuro. Tomoyo strinse le palpebre e abbassò la testa, digrignando anche lei i denti e iniziando a tremare dalla rabbia al pensiero che tutte le creature che fino adesso avevano conosciuto rischiavano di sparire per sempre se lei e i suoi amici non sarebbero riusciti a tenere testa agli orchi di Mordor, e così Sauron avrebbe prolungato il suo dominio fino a Tomoeda: << Meiling, non ti preoccupare, io starò al tuo fianco per combattere un' ultima volta! >> pensò Tomoyo piena d' orgoglio nell' ultima delle battaglie che doveva svolgere, riaprendo gli occhi e lanciando uno sguardo di sfida ai nemici che tentavano di farli spaventare con il rumore causato sui loro scudi. Toy teneva la lama della sua spada Narsil all' altezza degli occhi e perfino lui sentì un formicolìo tra le dita dal voler affondare la sua spada tra le carni degli orrendi mostri: << Mamma. Ora finalmente sei in compagnia di mia sorella. Prenditene cura da lassù. Io ti prometto che la vendicherò! >> si disse con il pensiero il giovane stringendo l' elsa di Narsil la cui lama doveva essere ancora vibrata verso gli esseri che erano stati autori dell' atroce fine di sua sorella.

Nell' interno di Mordor, Li e Sakura erano ormai in sosta sulla distesa del pendio della montagna. Il cinesino aveva gli occhi lucidi dal non riuscire a raggiungere il picco del Monte Fato ormai ben visibile dal punto in cui era. Ora ripensava a tutta la fatica e i mille pericoli che insieme a Sakura aveva dovuto affrontare in quel tortuoso viaggio. Ma la tristezza gli venne quando era cosciente insieme alla ragazzina che teneva tra le braccia che gli sforzi avevano abbandonato loro. Il ragazzino osservò con amarezza il paesaggio circostante che si presentava ai suoi occhi pieni di lacrime e sentì il respiro di Sakura che si faceva pesante. Le rivolse lo sguardo mentre questa rimaneva a bocca aperta con le labbra secche e gli occhi chiusi. Il vento caldo soffiava forte in faccia al cinesino e a Sakura i quali entrambi avevano il volto sporco di terra. Le lacrime di Li pulivano con una striscia la sporcizia che aveva nelle guance e cominciò a parlare alla cattura carte con la voce che gli tremava: << Ti ricordi di Tomoeda, Sakura? >> gli chiese ricevendo come risposta dei brevi lamenti come se la povera ragazza stesse facendo un brutto sogno. Li proseguì con il nodo che gli si formava alla gola alla mancanza della città da cui erano partiti: << Presto sarà primavera. E i fiori di ciliegio sbocceranno alla luce del sole... E gli uccelli nidieranno nel boschetto di nocciole... E l' orzo estivo sarà seminato nei campi a valle... >> Sakura riaprì dolcemente le palpebre mentre Li si commuoveva dalla bellezza che Tomoeda gli aveva riservato in passato. Non vedeva da molto tempo tutto quello splendore, e non aveva neanche memoria del giorno in cui loro erano, per via del cielo che vedeva sempre oscurato dalle nuvole. Nel campo di battaglia di Mordor, tutti i loro amici stringevano i denti pronti a sacrificarsi per il bene della Terra di Mezzo e per l' intero pianeta che rischiavano di essere presi dal dominio dell' Oscuro Signore: << E si mangeranno le prime fragole con la panna. Ti ricordi del sapore delle fragole? >> le domandò Li singhiozzando dalle lacrime. Sakura prima di mettersi a parlare emise un sospiro secco dovuto alla mancanza di acqua nel suo corpo: << No, Li. Non ricordo il sapore del cibo... Nè il rumore dell' acqua... Nè il tocco dell' erba... Buio. C'è tanto buio >> le parole prive di vitalità di Sakura fecero rattristire ancora di più a Li, rendendosi conto che l' anello aveva portato nel totale oblio alla ragazzina che perse di conseguenza e col trascorrere dei chilometri le sue emozioni che si portava fin da quando era una bambina: << Non c'è... Non c'è velo tra me e la ruota di fuoco. Lo posso vedere con i miei occhi da sveglia >> le orbite della cattura carte si sgranarono alle continue viste che l' Occhio di Sauron le aveva da sempre dato nel viaggio. Ora riprese a tremare dall' incubo che si ricordò e che la perseguitava nel sonno e nella vita quotidiana.

Il cinesino tirò in su le lacrime e una dose di coraggio gli perversò nel cuore: << E allora liberiamocene, una volta per tutte! >> disse pieno di rabbia lasciando cadere le lacrime che gli pendevano dalle ciglia: << Coraggio, Sakura! Non posso portare l' anello per te, ma posso portare te! Coraggio! >> il cinesino con un grande sforzo prese Sakura dalla schiena con entrambe le mani e se la mise in spalla, tenendola dalle mani e dalle gambe mentre la pancia della ragazzina poggiava sulla nuca di Li. Quest' ultimo si sollevò in piedi, resistendo alla fatica accumulata e deciso a portare a termine la missione per la quale erano partiti insieme al resto dei loro compagni. Si mise con il piede ben ancorato al suolo mentre ad ogni passo che faceva la sua resistenza aumentava sempre di più. Era la forza dell' amore per Sakura che lo aveva spinto a compiere quel gesto forzato: << Grazie, Li... >> disse la ragazzina da dietro mentre si accasciava con la testa sulle spalle dell' amato. Questo strinse i denti e il fumo e il vento gli andavano a finire nelle orbite che si fecero rosse nel guardare con tono di sfida la vetta in fiamme del Monte Fato. Li procedette a piccoli passi tra le ripide colline di terreno che si presentavano nel fianco della catena rocciosa. Non si curava del peso di Sakura, perchè il loro legame sapeva che era in grado di superare qualsiasi ostacolo, ed era riuscito a riallacciarlo e potè stare sicuro di reggere la fatica. Quel viaggio si sarebbe concluso nel migliore dei modi, e questo se lo giurò, anche fosse stata l' ultima cosa che avesse fatto per sé stesso ma sopratutto per Sakura e per il bene degli altri. Il vulcano ora eruttava più frequentemente ogni volta che accorciava le distanze sulla vetta, ma anche di questo Li non si curò.

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Capitolo 50
*** Episodio 211: L' ultimo atto ***


Gli orchi ora se ne restavano fermi nei loro movimenti. Fissavano le loro prede accerchiate nel pugno di terra nel quale erano rimaste dall' inizio, attendendo che la vita per loro giungesse al termine da subito una volta che si sarebbero lanciati all' assalto degli orchi. Questi distavano dal Cancello di alcuni metri e alcune bandiere nere erano alzate tra il loro branco che si estendeva fino attorno al cerchio di uomini di Gondor. In lontananza, alle spalle delle migliaia di creature provenienti da Mordor, si ereggeva la torre di Barad-dùr con l' Occhio del Nemico puntato verso gli uomini che rimasero approcciati dalle creature di Sauron. Quella luce in fondo, pareva assomigliasse ad un vero e proprio faro. Tra i pochi soldati, c' erano in prima fila Toy affiancato da Yuè e da Kerochan, con il resto dei componenti della compagnia che tenevano bene in vista agli orchi le loro spade ben taglienti. Il giovane a capo del gruppo stava pronto per vibrare la sua spada, portandosela indietro mentre fissava la mandria di orchi distesa ai suoi occhi. Meiling e Tomoyo stavano l' una a fianco all' altra, reggendo le proprie lame e puntandole in modo minaccioso ai mostri. Uno tra quelli si mise a ruggire verso il gruppo di amici riunito insieme ai soldati: << Allora? Che aspettate a farvi avanti? >> chiese in tono schernevole Meiling infastidita dai versi delle creature che sembravano volessero spaventarle: << Meiling, ti dispiacerebbe non provocarli? Sai io ci tengo alla mia pelle fin quando desidero avercela attaccata >> disse Kerochan cercando di far abbassare l' impavidità della cinesina: << Quindi non si fanno avanti, a quanto ho ben capito? Hm! >> aggiunse Yuè sorridendo in modo beffardo e lasciando da parte la discussione intrapresa tra la tigre bianca e Meiling.

<< Vorrà dire che faremo in modo che anche le loro bocche attendano le nostre carni! >> ringhiò Gimli agitando l' ascia. Tomoyo si mise a parlare, intervenendo nella discussione: << Giusto! >> fu concordante con il Nano la ragazzina, destando dalla sua amica Meiling ogni certezza che lei si fece riguardo ad un ovvio comportamento di Tomoyo. Ora quest' ultima incrociò lo sguardo sorpreso della cinesina e si sentì un po' in imbarazzo: << Che c'è? Perchè mi guardi in quel modo, Meiling? >> domandò Tomoyo trovando nel volto di Meiling un sorriso di buon gusto: << Non mi ricordavo che fosse questa l' amica con la quale sono partita da Tomoeda >> disse ridendo simpaticamente la cinesina. Tomoyo rimase un po' titubante dalla risposta che doveva dare all' amica, non aspettandosi da lei quella risata: << Comunque sono contenta di essere qui con te, Tomoyo >> aggiunse questo dopo la risata Meiling, sorridente all' amica. Tomoyo tornò a risorridere da sotto l' elmo che portava, e annuì alla frase di Meiling che le portò di nuovo la serenità. Poi Tomoyo fece scivolare la sua mano fino alla bocca di Kerochan nella quale teneva ancora stretta la cotta di Mithril. La ragazzina afferrò la maglia lucente e il Guardiano sentì la presa di Tomoyo, lasciando la maglia nelle mani dell' amica una volta spalancata la bocca. Come Tomoyo ebbe la cotta nella sua mano, se la portò all' altezza degli occhi e potè osservare con più chiarezza il bel colore bianco intenso che avevano gli oggetti creati con Mithril. Meiling e gli altri osservarono il gesto di Tomoyo nel prendere la maglia e nei loro cuori vi fu un attimo di tristezza quando la ragazzina strinse fra le dita il materiale splendente. Tomoyo digrignò i denti chinando la testa verso la maglia, e un tremolìo di rabbia le pervase la pelle. Pensava ancora a Sakura, la cui fine secondo quanto le aveva fatto credere quell' uomo a cavallo era stata crudele e senza pietà. Ma chiunque in quell' istante pensava alla loro eroina del cuore Sakura, diventata per il gruppo un simbolo importante di speranza nel viaggio. Tomoyo si risollevò il capo di scatto e la mano che teneva la maglia di Mithril la mise lungo il fianco. Poi si rigirò di nuovo verso Meiling, rivolgendole uno sguardo deciso: << Anch' io sono contenta che tu sia al mio fianco, Meiling. E come il resto di voi, naturalmente >> la cinesina alle parole care dell' amica, ricambiò con un sorriso pieno d' affetto mentre tutti gli altri intorno fecero una faccia contenta all' amicizia che c' era tra le due: << Ti prometto, Tomoyo... >> fece per parlare Meiling e per allungare la sua mano verso l' amica: << ...che io ti proteggerò sempre >> la mano tesa della cinesina si congiunse con l' altra di Tomoyo, che intuì il gesto dell' amica. Le due tenevano nelle mani esterne le proprie spade e nelle altre rimaste le dita reciproche. La stretta unione delle ragazzine era talmente emozionante che tutti quanti si resero conto che sia Meiling che Tomoyo si somigliavano nel portare entrambe l' armatura e gli elmi.

Le ragazzine simboleggiavano così l' unione dei due paesi di Rohan e di Gondor, dando maggiore fiducia ai soldati impauriti dietro di loro nelle fila. Nelle terre della montagna di fuoco, Li continuava a trasportare Sakura sulle spalle, superando la fatica che gli venne pochi istanti fa. Le goccioline di sudore che gli uscivano dalla fronte, lentamente gli colavano sul viso accaldato dal sentire ad ogni passo che faceva le fiamme del Monte Fato che iniziavano a riscaldare il terreno iniziando dal pendio in cui il cinesino era con Sakura. Sentiva la stessa cattura carte che non riusciva a respirare correttamente per il troppo fumo che le arrivava in faccia, reso ancora più continuo dal forte vento caldo: << Resisti. Tra non molto la nostra strada giungerà alla fine... >> comunicò Li alla sua dolce ragazza. Il ragazzo fece un passo in avanti, e la sua gamba cominciò a tremargli quando poggiò il piede sul terreno a causa dei vestiti da guerriero che indossava, insieme al cappello verde, e per il peso che Sakura gli dava sulle spalle. Ad un tratto la vista di Li si annebbiò, offuscando per poco il paesaggio che vedeva davanti. Le piccole pietre che erano sparse nelle lande del deserto del Monte Fato sembravano essere diventate per il cinese tante luci sparpagliate ovunque. Li scuotè la testa per riacquisire la vista che aveva prima: << Avanti! Non posso mollare ora! >> si rimproverò a sé stesso. Fece per scendere dalla collina di ghiaia sulla quale si era fermato per un po', ma al passo successivo fatto per la discesa, la gamba di Li cadde in avanti così come lui stesso e Sakura. I due ragazzini rotolarono giù dalla collinetta raschiando tutto il corpo sulle pietroline fino al fondo del rilievo. Arrivati giù, Sakura cercò di rialzarsi subito su, ma le forze per lei l' avevano abbandonata e si rimise di nuovo accasciata al terreno roccioso. Li nella caduta aveva perso il suo cappello verde e si era strappato le maniche del vestito da guerriero che portava durante la cattura delle carte. Dietro la sua schiena portava la sua solita spada che usava per scontrarsi con le carte di Clow, deposta nella propria custodia in modo obliquo. La spada Pungolo gli era rimasta per fortuna attaccata alla cintura dei pantaloni, e piano piano risollevò la testa, strizzando un occhio dal lieve dolore che gli pervase il volto e digrignando i denti: << Non posso cedere... L' ho promesso >> si disse Li guardando Sakura che era finita davanti a lui nel rotolamento e stando con la pancia poggiata al terreno: << Ho promesso a Kerochan che ti avrei tenuta d' occhio... >> continuò a parlare il cinesino, rialzandosi in piedi aiutandosi con i pugni e ricordando la promessa che fece a Kerochan poco prima di lasciare Tomoeda. Gli occhi del cinesino fissavano il terreno, strisciando i gomiti per darsi la spinta per rialzarsi: << Non devi perderla, Li. E' un ordine >> le parole imperative di Kerochan nella forma di tigre arrivarono alla mente di Li come un avvertimento da non essere preso troppo alla leggera.

Si ricordò di Kerochan, dimenticato durante il viaggio, caduto nelle miniere di Moria nell' oscurità più totale. Adesso a Li gli venne in mente il momento in cui avrebbe dovuto consolidare la scomparsa di un suo vecchio compagno. Le forze gli vennero meno a questo punto: << No! >> esclamò d' improvviso sbattendo i pugni: << Io ti porterò in salvo, Sakura. Fosse anche l' ultima cosa che farò! >> e il ragazzo preso da una nuova spinta di coraggio, afferrò la sua amata e se la caricò in spalla dopo che la osservò con gli occhi chiusi nel volto: << Kerochan si fidava di me. Non voglio che la promessa che gli feci diventi invana. Tu gli stavi molto a cuore, Sakura. A tutti stai molto a cuore, ma io forse, sono quello che prova dei sentimenti più grandi degli altri nei tuoi confronti. Perchè io ti amo, per questo >> quel discorso balenò nella testa del giovane guerriero mentre si rimetteva il cappello in testa e con Sakura di nuovo sopra si incamminava verso il Monte Fato, e continuava a pensare: << Sì. Questa sarà la mia ultima azione per sconfiggere il Male una volta per tutte >> la strada fatta in pietre si fece in salita per il ragazzino, ma era più che convinto a portare a termine l' impresa a tutti i costi, sfidando la pioggia di detriti infuocati che il vulcano spuntava dall' alto. I nostri amici, intanto, non avevano ancora mosso una spada contro gli orchi e ancora esitavano nello sferrare l' attacco. I soldati sia di Gondor che di Rohan tenevano scudi e lance alzate. Anche loro avrebbero seguito allo scontro i loro primi comandanti, Eomer e Toy. Gimli e Yuè facevano delle smorfie di sfida agli orchi ancora ululanti tra di loro, emettendo versi maligni. Meiling e Tomoyo si guardavano da una parte e dall' altra, controllando che non ci fossero orchi troppo vicini al gruppo. Kerochan ringhiò dalla rabbia che gli fremeva dal voler attaccare le sue prede senza cuore. Toy osservò la luce dell' Occhio di Sauron che puntava a loro e in quel fascio di luce si immaginò la figura di sua madre Nadeshiko, con la quale ci parlò in occasione della caduta dal dirupo e durante il suo stato di covalescenza: << Devi proteggere Sakura >> << Eh? Mamma? >> disse Toy sgranando per un attimo gli occhi allo spirito della sua mamma che vide in cima alla torre dell' Occhio vigile. Kerochan sentì una parola fuoriuscire dalla bocca del giovane e si girò verso di lui, guardandolo in modo confuso. La voce di Nadeshiko gli continuò a rimbombare in testa dopo che lo spirito dai lunghi capelli grigi si dissolse nel nulla: << Quella è la tua strada >> e furono queste le ultime parole che Toy riuscì ad udire da Nadeshiko.

Il giovane era incantato nel punto in cui la madre apparve in direzione del fascio di luce del Grande Occhio e ora fu attratto dalle fiamme che l' orbita emetteva intorno alla sua nera pupilla. Riuscì a sentire alle orecchie la voce sibilante di Sauron che lo richiamava in lontananza: << Toy... >> il giovane abbassò la sua spada verso la terra molto delicatamente e fece per allontanarsi di alcuni passi dal gruppo. Yuè e Kerochan da dietro lo guardarono sorpresi nel camminare a faccia in avanti senza mai muoverla. Videro il mantello rosso di Toy che sventolava nell' aria, nel mentre che faceva roteare con un giro lento la sua arma per riportarla al punto iniziale. Meiling allentò la presa della sua spada quando notò Toy che si dirigeva con noncuranza verso lo sguardo lontano dell' Oscuro Signore. La cinesina lo fissò immobile con la bocca semiaperta: << Dove stai andando? >> chiese Kerochan al ragazzo che si fermò al suono della voce del Guardiano. Gimli ed Eomer si unirono nel guardare le intenzioni per le quali Toy stava mettendo in atto. Per un attimo stettero attenti ad intervenire su di lui, pensando che volesse gettarsi nella mischia: << Toy, dove vai? >> gli chiese ad alta voce Tomoyo. Ma nelle orecchie del guerriero di Gondor si sentiva solo la voce di Sauron che gli dava il soprannome: << …Elessar... >> lo stesso appellativo con il quale lo chiamò anche Galadriel. Tutti i suoi amici sporsero il collo in avanti dallo strano piano che saltò in mente al ragazzo. Poi lo viderò che si voltava verso di loro nel silenzio che piombò nel campo. Kerochan incrociò lo sguardo spaesato di Toy, forse capendo attraverso gli occhi cosa stava per fare. Ma pensò che si trattava di follia alla quale il giovane non era pronto. Ma notò che l' espressione del ragazzo era diversa dalle solite e un sorriso gli si dipinse leggermente sul viso: << Per Sakura >> disse pacatamente Toy. Tutti colsero al volo il messaggio che voleva dire non appena il ragazzo si rigirò impugnando a due mani l' elsa della spada e mettendo in atto una pazzia improvvisa. Corse alla carica verso la mandria di orchi dopo che i suoi occhi memorizzarono bene le facce confuse degli amici. Tomoyo strinse i denti e seguì il condottiero delle armate. Meiling non obiettò all' ordine di carica di Toy e corse anche lei insieme alla sua amica Tomoyo. Di seguito i restanti componenti della compagnia si misero a correre, facendo esplodere con un urlo il loro dolore per Sakura. Kerochan corse come un ghepardo mentre i soldati si apprestavano a raggiungere e a proteggere il loro idolo Toy. Meiling e Tomoyo che fino ad ora erano avanti agli uomini, presto vennero raggiunte e superate dai soldati. Tutti erano sicuri di vendicare la loro amica del cuore. Kerochan ruggì e allo stesso tempo Toy stava per far cadere il suo fendente sulle prima fila di orchi. Yuè creò il suo arco magico e scagliò una freccia sulla fila di mostri per aiutare il suo amico partito di fretta alla riscossa. Il ragazzo spostò la lancia di un orco e poi roteò su sé stesso per mischiarsi ed uccidere gli orchi che si presentavano davanti a lui con tutta la bestialità che riusciva a tirar fuori nella battaglia. I soldati così travolsero alcuni orchi in prima fila insieme ai loro protagonsiti e si scontrarono frontalmente con le altre schiere di orchi. Fu l' ultimo atto che i prodi cavalieri delle terre libere della Terra di Mezzo eseguirono per la volontà di Toy nello scontrarsi con il nemico.

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Capitolo 51
*** Episodio 212: Il Monte Fato ***


Alla fine Toy si gettò alla carica degli orchi con l' ira che gli brillava negli occhi e roteando a più non posso la sua spada sulle carcasse dei mostri. Dietro di lui c' erano a coprirgli le spalle il resto dei suoi compagni con cui aveva passato le avventure, seguiti a loro volta dai soldati di Gondor e di Rohan. Tutti nel campo alle porte di Mordor si battevano più per riempire il buco di vendetta che si erano creati dentro al cuore, a causa della presunta dipartita di Sakura. Ma facendo così mettevano in atto il loro piano escogitato, e davano la possibilità ai due ragazzini di portare a termine la missione. Li continuava a camminare lentamente con Sakura in spalla, salendo dei grossi gradini in pietra. Salì su l' ultima piattaforma rialzata e si fermò non appena svoltò l' angolo di una scogliera. Più avanti sopra ad un sentiero che portava in un piano rialzato, vide un cunicolo scavato nella parete di una montagna che si ereggeva alta. Il cinesino spalancò la bocca alla specie d' entrata che era creata nel muro di roccia, e cercò di individuare il luogo esatto in cui era: << Guarda, Sakura >> disse il ragazzino per richiamare la cattura carte e per farle notare l' apertura nella montagna. Questa aveva le sembianze di una bocca spalancata minacciosamente dai denti aguzzi e ai lati dell' ingresso c' erano delle rocce appuntite. Una piccola struttura in ferro era posizionata sopra alla bocca. Dentro a questa si poteva notare la luce di una specie di falò acceso: << Un passaggio. Ci siamo quasi >> aggiunse ancora Li. Riprese poi a salire i gradini faticosamente, reggendo sempre Sakura sopra di lui. Da sopra la scogliera cui stava a fianco Li, spuntò una mano che poggiò nel terreno roccioso e dopodichè una testa con pochi capelli che crescevano nel cranio. Un verso che proveniva da una gola rauca si fece sentire da sopra quello scoglio, seguito poi da un tono perfido di voce: << Bravi i ragazzini a salire così in alto! >> Li fece in tempo a voltarsi su verso la roccia al suo lato e rivide Gollum.

La creatura balzò a due zampe dalla roccia in contemporanea con la luce di un fulmine uscita tra le nuvole grigie. Il cinesino non ebbe l' attimo di spostarsi per via del peso che Sakura dava a lui, e si ritrovò travolto da Gollum che in qualche modo era riuscito a salvarsi dalla caduta nel dirupo nei pressi della tana del ragno. Gollum saltò sopra la schiena della cattura carte e cominciò ad agitarsi sopra di essa e colpendo alla fronte Li con una manata veloce. Il ragazzo cercò di levarsi la creatura di dosso, scuotendo il corpo di qua e di là, ma il piccolo mostro non voleva sentire ragione di mollare le due prede e afferrò i capelli di Li che se li sentì tirare dall' alto e il cinesino cadde all' indietro insieme a Sakura e a Gollum. Questi ultimi due rotolavano giù dal breve tratto di gradini mentre Li sbattè la schiena con violenza sulla dura roccia e il suo verde cappello finì in fondo tra uno stretto passaggio fra due rocce, perdendolo per sempre. Sakura finì con la pancia in giù e cercò di scappare da Gollum, ma fu subito raggiunta dall' essere sgradevole con il quale iniziò a lottare con le mani. La ragazzina però si sentì subito le dita scheletriche di Gollum intorno al collo e il mostricciatolo serrava di più la presa. Sakura sgranò gli occhi dal terrore mentre si sentiva il respiro che cominciava a mancarle dallo strangolamento. L' urlo che emise fu proprio strozzato, in confronto a quello rauco di Gollum che rivolgeva un' espressione furiosa alla ragazzina che lo aveva gettato nel burrone poco tempo fa. Gollum girò la testa di Sakura di poco mentre lei cercava di togliersi le mani del mostro, facendo sempre più fatica a respirare. Ora poteva vedere la vera malvagità di Gollum nei suoi occhioni azzurri e pericolosi: << Non si va da quella parte. Non si fa del male al Tessoro >> disse il mostricciatolo crudele alla ragazzina che stava strangolando. Li intanto cercava di riprendersi dalla botta subita, ma la sua testa stava ancora riprendendosi, avendo subito anche questa una botta dallo schianto violento con il terreno. Sakura cercò di parlare a Gollum, nonostante la voce le si attenuava un po' alla volta: << Hai giurato! Hai giurato sul Tesoro! >> esclamò la ragazzina disperata tentando di rimettere Gollum sulla parola che fece a lei. Ma la creatura fece una smorfia per prendersi gioco della faccia di Sakura, non ascoltando quello che gli diceva: << Smèagol ha promesso! >> aggiunse la ragazzina accorto di fiato. Fu allora che il sorrisino maligno si mostrò nel volto di Gollum, rivelando le sue intenzioni riguardo all' anello con una risposta inaspettata: << Smèagol ha mentito. Ah! >> e riafferrò di fretta il collo di Sakura, stringendolo di nuovo con entrambi le mani e guardandola soffocare lentamente. Stava per rifare quell' omicidio sul suo caro amico di molti anni fa. L' odio glielo si leggeva negli occhi, così come la sua sete di sangue. Sakura si sentì irrigidire sempre di più dallo strozzamento, e i suoi occhi verdi si fecero lucidi dalla troppa mancanza d' aria. L' urlo della giovane si stava per spegnere dalla pressione che sentiva nel collo. La testa la fece muovere involontariamente da un lato, avvertendo i neuroni che si stavano spegnendo uno dietro l' altro.

Per Sakura era la fine. In quel momento, Li si riprese dalla botta e prese subito a piene mani un grosso sasso vicino a lui. Il ragazzino lanciò la pietra come un giavellotto verso Gollum, colpendolo all' altezza della tempia. Il mostro rotolò giù ancora dalla rampa di gradini in pietra, mollando il collo di Sakura essendo stato tramortito dal duro masso. Sakura riprese a respirare, tossendo con forza mentre restava ancora sdraiata distesa sulle rocce per recuperare fiato. Gollum si rialzò a quattro zampe e si teneva la testa colpita al lato, emettendo un verso di dolore. I suoi occhi maligni ripuntarono a Sakura, approfittando dello stato in cui lei era, per riprenderle l' anello rubato. La creature si mise a gattonare di corsa verso la ragazza. Questa fece in tempo a voltarsi e vedere la faccia di Gollum che le lanciava una smorfia di rabbia con un taglio dalla parte superiore dell' occhio destro. Li però fece in tempo a raggiungere Gollum, e a mettersi fra lui e Sakura con un grido di battaglia. Il cinesino si lanciò sul mostro, atterrandolo ancora una volta nei gradini e rotolando insieme a lui giù dalla scalinata. Gli scontri presero vita anche nelle vicinanze del Monte Fato, quindi. Nel campo di Mordor, le forze del bene si destreggiavano nell' affettare gli orchi. Eomer vibrò due colpi di scudo in piena faccia a due mostri che si ritrovò davanti. Toy vibrò il suo fendente verso un altro orco nella mischia e Gimli roteava la sua ascia sui suoi avversari che cadevano privi di vita a terra. Anche Yuè ci fece l' abitudine nel combattere e colpiva gli orchi con il suo arco magico, il cui potere poteva sfreggiare il viso di chiunque ne venisse in contatto e parava i colpi delle armi degli orchi con lo stesso strumento. Tomoyo piantò la sua spada nella pancia di un orco, ritrovando il suo spirito di guerra assopito. Il Nano Gimli colpì con il ferro tagliente dell' ascia un altro orco al collo, e questo cadde giù, morendo sul colpo dopo che il piccolo guerriero prima di finirlo muoveva l' arma come se fosse una frusta con le catene. Meiling, anche lei avvolta nella bolgia più totale di quella battaglia, manovrava la sua spada sulle pance degli orchi che la approcciavano. Eowyn non era più vicino a lei, e proprio per questo si scatenò con impeto sulle creature malvagie, mettendo in azione tutta la forza combattiva che la dama di Rohan riuscì a farle tirare fuori. Toy uccise un altro orco a terra e in quell' istante nel cielo grigio si sentirono delle urla stridenti in lontananza. Dal cielo di Mordor spuntarono i Nazgùl a bordo dei loro rettili volanti che puntavano verso l' esercito di uomini per finirlo una volta per tutte. Le creature alate erano in maggioranza rispetto alle altre volte, e stavano per sferrare tutto il loro attacco sugli indifesi soldati impegnati nella lotta contro gli orchi. Li continuava, nel frattempo, a lottare contro Gollum. Quest' ultimo sbattè il ragazzino con violenza su una parete rocciosa. Gli scivolò con velocità davanti e lo afferrò per la testa, sbattendo di nuovo il povero ragazzo sulla roccia. Li si trovò stordito dal colpo e Gollum ne approfittò per prenderlo dalle braccia, bloccandolo in una mossa.

Poi l' essere mostruoso morsicò Li al collo, e questo urlò dal dolore che si risentì nella carne morsicata, esattamente come successe al primo incontro con la creatura Gollum. Ma questa volta il giovane non si lasciò cadere a terra e a sua volta afferrò la testa del mostro e la sbattè nella roccia in cui questo fece finire il ragazzino. Gollum si accasciò da un lato dal colpo che gli inflisse Li che finalmente ebbe l' occasione di picchiare di santa ragione il mostricciatolo che lo aveva deriso tutto questo tempo. Gollum lanciò un' occhiata furibonda al suo rivale, mettendogli in mostra la ferita insanguinata che lo stesso Li gli provocò con il sasso. Il mostro si rigettò all' attacco del cinesino, ma quest' ultimo estraò fuori la spada Pungolo che ferì con un fendente in orizzontale Gollum allo stomaco. La creatura lanciò un grido di sofferenza, tenendosi la pancia tagliata di striscio e assumendo una faccia mista a rabbia e a dolore verso il ragazzo. Li si rigirò davanti, cercando con lo sguardo Sakura non appena ebbe sistemato il piccolo essere: << Sakura! >> la richiamò Li correndo verso di lei. La vide che stava risalendo di fretta la salita verso l' ingresso della montagna. Sakura si tirò fuori l' anello appeso al collo, stringendolo con una mano mentre faceva dei grandi passi verso l' alto. Il ragazzo seguiva Sakura da lontano cercando di recuperare il passo con lei. Pungolo era sempre tenuta ben salda dal giovane in corsa. Il suo sguardo ricadde sull' entrata della montagna e fu allora che spuntò di nuovo Gollum al suo fianco che correva con tanta velocità. Il cinesino incrociò gli occhi del mostro che gli indirizzava una smorfia durante il continuo correre. Li digrignò i denti notando che il suo rivale si era ripreso in fretta e gli lanciò un fendente di spada contro, ma Gollum saltò sopra delle rocce ai lati, raggiungendo Sakura più avanti. La cattura carte ricadde a terra quando il mostro le atterrò con un salto sopra la schiena e stava per darle un pugno in testa mentre era ancora sdraiata: << Aiuto, Li! >> gridò la cattura carte. Il cinesino fu come un fulmine dietro a Gollum che lo prese dalle braccia e lo lanciò con tutta la forza che aveva da una parte per liberare Sakura: << Stai bene, Sakura? >> << Si, grazie >> rispose la ragazzina al suo salvatore. I due rigettarono lo sguardo verso Gollum, ma non lo ritrovarono più sul terreno. Li puntò in avanti la spada, pronto a difendere la ragazzina dagli improvvisi attacchi della creatura: << E ora dov'è andato? >> chiese Sakura. Dei sassolini scivolarono da dietro una scogliera alle spalle dei due ragazzi che si girarono di scatto verso il rumore che sentirono. Non trovarono nessuno sopra alla roccia, ma intuirono che si era nascosto tra le rocce sparse in giro.

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Capitolo 52
*** Episodio 213: Le aquile stanno arrivando ***


Li e Sakura si ritrovarono in trappola come all' inizio dell' incontro con Gollum in quel labirinto di rocce affilate. Solo che adesso il luogo in cui erano aveva l' impressione di riportarli a quel labirinto. I ragazzini rimasero per un po' guardinghi nelle proprie posizioni, aspettando l' assalto del piccolo mostro: << Vuole impedirci di raggiungere il Monte Fato quel furfante >> disse Li con la lama Pungolo bene in vista davanti al suo volto. Sakura si teneva stretta al braccio del suo amato per paura di essere attaccata inaspettatamente da Gollum in ogni momento: << Dove pensi che ci attaccherà, secondo te? >> domandò la ragazza: << Non lo so. E' ossessionato esclusivamente dall' anello. Solo questo vuole >> << Se solo ti avessi dato retta da prima, anziché dare ascolto a quel disertore >> si rimproverò la giovane per le azioni passate che la portarono alla divisione con il suo Li: << Su, ora non importa. Non è stata colpa tua se gli altri hanno permesso a quel mostro di vivere >> la consolò il ragazzino al fianco di lei. La cattura carte si risollevò ancora una volta il morale dalle parole del ragazzo. I due continuavano a stare attaccati l' uno all' altro in mezzo a quel sentiero districato ai lati da rocce e avvertirono degli orribili rumori di gola provenire da alcune parti: << E' qui vicino. Lo sento >> informò Sakura a Li: << Si. E' meglio che ci nascondiamo >> consigliò il giovane. I due si infilarono sotto ad una distesa di rocce alte, nascondendosi dietro a queste per non essere sotto l' occhio attento di Gollum che li cercava. Sbirciarono al di là della roccia in cui si erano appostati per dare un' altra occhiata allo spiazzo in cui loro erano prima: << Non c'è alcuna traccia di lui in giro >> disse il cinesino stando di guardia. Poi si voltò di nuovo da Sakura per parlare del piano che gli venì in mente: << Ascoltami, Sakura >> << Si? >> << Non appena uscirà fuori Gollum, voglio che tu ti dirigga il più in fretta possibile a quell' ingresso che c'è nella montagna. Io ti coprirò le spalle >> il piano del cinesino sembrava essere perfetto per entrambi.

Ma Sakura cercò di fermarlo: << No, aspetta. E cosa succederà se quel mostro avrà la meglio su di te? >> disse con preoccupazione la ragazza: << Andrà tutto bene. Non temere. E' solo un' insulsa creatura, non mi farà del male, tranquilla >> rispose con pacatezza Li per far calmare la sua amata. Sakura fece un' espressione triste e abbassò lo sguardo a terra. Li la prese da sotto il mento, facendo scivolare il palmo della sua mano sulla guancia calda della ragazzina. Questa ritirò su la testa, guardando negli occhi il suo ragazzo che le rivolgeva un sorriso sereno: << Andrà tutto bene >> ripetè il cinesino. Le pupille di Sakura tremarono improvvisamente e infine anche lei rivolse un gran sorriso di spensieratezza a Li: << Hai ragione, Li. Si, ce la faremo >> si disse convinta la ragazza: << Non appena faremo ritorno a casa, andremo subito al Luna Park a divertirci, ok? >> propose infine il giovane facendo l' occhiolino a Sakura, che annuì alla frase. Li riassunse l' espressione seria e sempre attaccato ad una grande pietra, sfruttò il riflesso della sua spada per osservare la strada in cui erano com' era. Per un attimo sembrò tutto tranquillo, ma come fece passare la sua spada verso un' altra direzione, intravide la figura di Gollum che osservava la lama del ragazzo. Li sobbalzò per un istante alla vista improvvisa del mostro: << Eccolo, è lì! >> esclamò il giovane voltandosi verso il punto in cui aveva visto Gollum. Invece, non vi trovò niente: << L' hai visto Li? >> domandò con agitazione la cattura carte: << Si. Sa che siamo qui >> la bocca della ragazzina si aprì dal panico che le venne. Li cominciò ad attuare il piano che aveva detto poco fa alla giovane: << Su, forza, Sakura. Fai come ti ho detto >> << Si, certo >> e la portatrice dell' anello sgattaiolò tra le rocce più avanti per giungere di nascosto alla via che portava al passaggio sotto la montagna. Li strinse l' elsa della sua spada più forte che poteva e dando un' occhiata di sbieco dietro alla roccia in cui stava, digrignando i denti nel caso in cui il mostricciatolo fosse apparso dalle sue parti. Un movimento d' aria veloce passò nella direzione di Li, e si girò di scatto davanti a sé per vedere chi fosse passato. Lo stesso rumore gli giunse alle orecchie da una parte sopra la sua testa: << Lo so che sei qui! >> esclamò il ragazzo tenendo puntata la lama in avanti e distaccandosi dalla parete in cui era. Fece alcuni passi all' indietro, arrivando quasi ad un' altra vicina roccia alle spalle. Dei sassolini si mossero al suo lato e come si voltò vide dal buio di due rocce vicine che spuntò Gollum emettendo il suo grido d' attacco. Il cinesino venne a sua volta riafferrato nel corpo dalla mostruosa creatura, cadendo di nuovo all' indietro mentre cercava di colpirlo alla testa con l' acciaio della spada. Gollum continuò ad agitarsi, saltando più volte sulla pancia del cinesino che in un istante si liberò della furia del mostro mollandogli un gancio destro in piena guancia. Il mostro balzò con un salto, essendo stato respinto dall' attacco del giovane guerriero. Li approfittò della caduta del suo avversario per dargli il colpo di grazia, ma il suo fendente finì direttamente nel terreno dal veloce spostamento di Gollum.

Kerochan si dava da fare nell' abbattere i nemici. Prima infilò i suoi artigli nella pancia di un orco e poi balzò con un ruggito sulle molte creature che vedeva intorno, atterrandole e tramortendole con la sua forza prorompente per aiutare i soldati in difficoltà. La stessa tigre parò il colpo di una spada di un orco diretta verso la sua faccia, e con il peso delle sue zampe fece in modo che la lama si affondasse al terreno per poi finire l' avversario con una zampata artigliata in pieno volto. Yuè si faceva largo tra i molti mostri, ferendoli mortalmente ai fianchi con i suoi pugnali elfici che agitava da una parte e dall' altra. Kerochan risentì subito quell' urlo agghiacciante di Nazgùl in arrivo. Tra lo scompiglio generale tra orchi e soldati, il Guardiano sollevò al cielo il suo sguardo e vide una creatura alata che comparve tra le nuvole di Mordor, che cominciavano ad abbassarsi su di loro, ad ali spiegate e con le sue zampe ben aperte che si dirigevano verso i soldati per spezzare le loro linee. Mentre da dietro la tigre bianca si consumavano gli scontri mortali e ravvicinati di orchi e uomini, all' altezza degli occhi gialli del grosso felino alato scese una farfalla. Era la stessa farfalla che gli giunse al momento cui la chiamò per farsi salvare dalla fortezza di Saruman. Il piccolo animale svolazzava di fronte al muso di Kerochan che gli rivolgeva uno sguardo pieno di speranza e di soddisfazione. La farfalla riprese a volare in alto sopra la testa della tigre, avendo intuito che delle altre creature alate stavano per giungere in battaglia. Nel breve tempo che separava l' attacco della cavalcatura del Nazgùl sugli uomini impegnati nello scontro con gli orchi, Kerochan riaffiorò alla mente il momento in cui chiamò la farfalla. Prima che gli orchi li approcciassero intorno, alla tigre arrivò da un lato la farfallina e le disse qualcosa sempre nella lingua della creatura, esattamente come quella volta. Poi successivamente la tigre si rimise nella posizione d' attacco, ringhiando dopo l' ordine che diede all' animaletto volante. Kerochan si distaccò da quel ricordo al sentire più vicino il verso del Nazgùl che con il suo rettile alato stava per investire gli uomini di sotto. Ma all' improvviso una nuova creatura attaccò la bestia del Cavaliere Nero. Questa aveva le stesse dimensioni del rettile e lo allontanò dalle teste dei guerrieri con una spinta dalle zampe. Un' aquila reale e gigantesca adesso teneva impegnato il Nazgùl nel cielo, salvando da una rovinosa sconfitta gli uomini di Gondor e di Rohan: << Le Aquile! >> esclamò Tomoyo in mezzo agli scontri con una goccia di sangue nella bocca: << Arrivano le Aquile! >> gridò sicura a piena voce a tutti quelli che riuscivano a sentirla. La gioia e la speranza raggiunsero la ragazzina nel campo di battaglia che potè rasserenarsi all' intervento delle creature che d' istinto capì che erano dalla loro parte. Meiling fu l' unica a sentire la voce dell' amica, essendo in disparte da altri scontri con i mostri.

Anche lei sopra la sua testa vide l' aquila gigante che lottava con i rettili degli Spettri Neri. Dal cielo giunsero altre cinque aquile che cominciarono a lottare con i Nazgùl. Una delle aquile fece una piroetta in volo e poi afferrò con i suoi artigli l' animale grigio. Un' altra si piombò su un altro suo avversario che lo fece roteare intorno a sé stesso, facendo disarcionare il Nazgùl di sopra che cadde nel suolo, scomparendo nell' aria. Così tutte le altre aquile si scelsero il proprio rivale alato e affondarono sui colli lunghi dei rettili i loro becchi. La battaglia cambiò tutto d' un tratto il suo volto, suscitando una vittoria prossima per le forze del bene: << Sì! Evvai! >> esclamò Meiling a pugni serrati tifando per l' aiuto che le grosse bestie alate diedero sul campo di battaglia. Li, intanto, era alle prese con Gollum per evitare che il viscido mostro raggiungesse Sakura nel proseguo della stradina verso il Monte Fato. Il guerriero faceva cadere in continuazione i suoi fendenti per riuscire a colpire Gollum che si scansava da una parte e dall' altra agli attacchi del cinese. Gollum fece per riprendere fiato dalla tormentosa lotta con il rivale, ma questi non gli lasciò tempo neanche di pensare che subito un altro fendente era indirizzato al mostro e che ancora una volta si mise in salvo, scansando il colpo con una rotolata. In seguito, Gollum balzò in avanti, scappando dalla furia del cinesino e nascondendosi dietro altre rocce: << Torna qui, maledetto! >> esclamò con rabbia Li all' inseguimento del mostricciatolo che lo perse di vista quando si addentrò nel labirinto di rocce. Sakura saltava tra un macigno e l' altro per affrettarsi nel giungere all' ingresso della montagna di fuoco. Li cercava dietro ad ogni parete di roccia per controllare se Gollum si nascondesse da qualche parte. Il ragazzino risentì la voce maligna e tonante del mostro nascosto per il labirinto districato dai frammenti: << Molto abile il ragazzo, oh sì, Tessoro. Molto abile >> << Dove sei? >> gridò di nuovo il cinese per cercare di seguire la voce del nemico: << Le tue gesta non ti porteranno a salvare la tua ragazza del cuore, cinesino >> disse minacciosa ancora la voce rauca di Gollum, mimetizzato alla vista di Li: << Farabutto >> commentò a bassa voce il giovane. Gli occhi castani del guerriero si abbassarono vedendo delle goccioline di sangue al suo fianco. Le seguì con la coda dell' occhio e notò che finivano oltre la roccia cui si era poggiato adesso. Gollum era scivolato di soppiatto alle spalle del ragazzino, esattamente dietro al muro di pietra in cui quest' ultimo si rifugiò, ma non si era accorto che la ferita inflittagli alla pancia gli stava lasciando la scia per individuarlo.

Li roteò i suoi occhi più avanti, scorgendo la figura di Sakura che lentamente stava per raggiungere la meta del Monte Fato. In quello stesso istante i versi di Gollum si stavano sempre più avvicinando alle spalle di Li. Il guerriero tenne sollevata all' altezza degli occhi la spada pronta a farla cadere addosso al mostro. La figura di Gollum gattonava con più velocità non sapendo che Li era pronto a finirlo miseramente di sorpresa tra le rocce usate come posto in cui nascondersi. Il giovane però preferì non uccidere ancora l' animale e prese la sua spada dalla lama. Non appena sentì il fiato di Gollum più vicino a lui, Li fece cadere il colpo sulle gambe del mostro che perse l' equilibrio nella corsa essendo stato colpito dall' elsa dell' arma di Li. L' essere dall' andatura curva rotolò bruscamente fino a che non sbattè la testa su una scogliera più avanti, facendogli perdere i sensi. Il cinesino potè quindi andare all' inseguimento della sua Sakura per aiutarla nel compiere l' obiettivo di distruggere l' anello. Ma ancora una volta Gollum si riprese piano piano dall' ennesima botta subita e lanciò una faccia furiosa mentre Li si allontanava da lui.

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Capitolo 53
*** Episodio 214: La distruzione del Monte Fato ***


Li si afferrò alle rocce del pendio ai piedi dell' entrata al Monte Fato, e con il volto segnato dalla polvere del terreno, vide con i suoi occhi che inneggiavano alla vittoria che Sakura finalmente entrava nel passaggio illuminato della montagna. La vide sparire all' interno del monte dopo che lei superò le pietre affilate in alto e con la struttura superiore che si lasciò dietro che pareva agli occhi di Li minacciosa mentre da ancora più in alto si ereggeva il vulcano che eruttava il magma incandescente. Li si rimise Pungolo nella custodia all' altezza dei suoi pantaloni e scavalcò anche lui l' ultima piattaforma rialzata prima di sorpassare il varco scavato nella montagna. La temperatura lì dentro era molto elevata per via della lava che ribolliva sotto. Il cinesino camminò su un lungo pontile in roccia e barcollava da una parte e dall' altra a causa delle esplosioni di roccia fusa nella lava di sotto. L' intero monte tremava per il distaccamento dei propri massi dalle colonne di roccia che finivano nel materiale bollente. Le luci delle fiamme abbagliavano il volto di Li che tra il molto fumo che gli appannava la vista, cercava di richiamare la ragazzina che era appena entrata: << Sakura! >> gridò il ragazzo quasi preso dalla disperazione che la sua amata fosse caduta per sbaglio verso il magma di sotto. Il fumo che circondava Li si dissolse e riuscì a vedere la sua Sakura lontano da dove era il ragazzino. Lei stava sul bordo del pontile costruito all' interno della montagna, e si girò come le giunse alle orecchie la voce di Li. Per un certo senso, lo sguardo di Sakura era cambiato perchè pareva si voltasse verso Li con tanta calma e con noncuranza alla sua preoccupazione. Sakura rispose così al richiamo del cinesino: << Sono qui, Li >> e il giovane accolse nel tono di Sakura una nota di egoismo mentre la guardava immobile tra quel continuo terremoto che investiva il Monte al suo interno.

Li si avvicinò a piccoli passi verso la sua amata, accorciando sempre di meno la distanza che separava lui da lei. Oltre al pontile, ai lati non si riusciva a vedere nient' altro se non i vortici di fumo che si alzavano dalla lava. Dei bagliori simili a quelli che emettevano i tuoni quando esplodevano nel loro rombo si sprigionarono dal basso verso il magma fuso: << Distruggilo! >> gridò tra i rumori assordanti del vulcano Li rivolto a Sakura, intuendo che aveva cambiato di nuovo atteggiamento dovuto alla presenza dell' anello. Ancora non l' aveva buttato e sperava con tutto il cuore Li che la sua amata non fosse ricaduta nella tentazione dell' anello. Gli occhi verdi di Sakura scesero in basso e poi si voltò osservando il gioiello che teneva nascosto tra le mani. Si portò una mano nel ferro della collana per dirigere l' anello attaccato verso il vuoto del dirupo del pontile. Anche lei stette pericolosamente sul bordo della rupe rocciosa e osservò con ansia l' anello che tanto l' aveva fatta soffrire e che si era portata in quel lungo viaggio. Lo scrutava con dispiacere non riuscendo a credere che tutto sarebbe finito a breve. Adesso Sakura era già sotto l' effetto dell' anello che le diceva di non buttare il prezioso metallo nelle fiamme: << Avanti! Ora! Gettalo tra le fiamme! >> continuò a incitarla Li da dietro per costringerla a mollare il magico anello. La ragazzina riuscì perfettamente ad udire le parole chiare del cinesino che sempre si teneva a distanza dal bordo dove era la ragazza, che cominciò ad ansimare più frequentemente indecisa sul cosa fare. Gettò un' occhiata al magma di sotto forse per ritrovare quella sicurezza che poteva darle nel staccarsi da ogni legame che l' anello le dava con malvagità. La mano della cattura carte era ancora bene allungata a tendere la collana in avanti, mentre sotto vi era un fiume di lava che scorreva verso destra e che vide spuntare da una cavità nella roccia. La ragazzina osservò a lungo il fiume bollente scorrere di lungo con tutta l' ansia che le venne in quel momento. L' esito della missione dipendeva solo da lei, ma avrebbe fatto la scelta giusta?: << Cosa stai aspettando? >> chiese questa volta disperato Li con le lacrime agli occhi convinto di dover sopportare un' altra negazione da parte della ragazzina che continuava a spronare per lasciar cadere l' anello: << Avanti, gettalo! >> ripetè alla nausea il giovane. Sakura non si accorse che la sua vista era troppo ravvicinata all' anello a penzoloni e subito il suo sguardo passò sul piccolo cerchio dorato che brillava ai flash improvvisi che la lava emetteva quando delle pietre la toccavano durante il loro processo di fusione sul liquido. Gli occhi della cattura carte, verdi com' erano, puntarono entrambi all' anello rimanendo fissi su di esso. La bocca di Sakura si chiuse dando all' espressione della ragazza un' impressione lugubre. La fronte la portò in direzione dell' anello magico che guardava con attrazione. Sì, Sakura rimase di nuovo ipnotizzata dall' anello a pochi attimi dalla sua distruzione. La voce bisbigliante di Sauron le passò da un orecchio all' altro quando le sue pupille racchiusero nel loro nero colore l' Unico Anello ancora rimasto in vita e non ancora distrutto.

I continui bagliori riflettevano sull' oro del gioiello. Li attendeva preso dalla tensione un qualche gesto della ragazzina che continuava a rimanere immobile sul bordo, esitante dell' azione prossima che il suo cervello le stava comunicando. La bocca del cinesino tremò con frequenza dall' incredulità: erano riusciti a raggiungere la vetta del Monte Fato ed a entrarvici, e ora non riuscivano a mettere il punto sulla questione per la quale sono stati incaricati. Guardava Sakura girata di spalle che fissava con insistenza l' anello. L' espressione della ragazzina divenne accigliata e i suoi denti si strinsero con forza dal continuo bisbigliare che lo spirito di Sauron rivolgeva a lei. Infine, Sakura si voltò verso di Li che gli lanciò un' occhiata diversa e decisa dalla decisione che la sua mente prese. Il ragazzo respirò a fatica con il cuore che si sentì che gli batteva in gola all' attesa della risposta di Sakura che rivolgeva una faccia prepotente a lui: << L' anello è mio >> disse perfidamente la cattura carte dal comportamento del tutto cambiato. Tirò l' anello via dalla catena in ferro cui era legato e lo mise nella posizione di doverlo indossare. Tutta la fatica che Li fece insieme a Sakura risultò del tutto futile a quel punto e poteva stare inerme ad assistere la scena che si svolgeva ai suoi occhi, rifiutando di credere a ciò che vedeva: << No. No >> supplicava il giovane disperato. L' indice sinistro di Sakura stava sempre più per accorciare la distanza dal cerchio dell' anello. Voleva infilarselo volontariamente, di sua iniziativa. Sakura assunse un ghigno malvagio sul volto che rivolse a Li prima di infilarsi gradualmente l' anello e sparire dalla vista: << Nooo! >> urlò il cinesino da dentro la montagna quasi da attirare lo sguardo di Sauron che assistiva alla battaglia. L' Occhio avvolto dalle fiamme però sentì la presenza dell' anello messa in atto e il suo fascio di luce si posò direttamente sull' entrata della montagna dopo che la sua pupilla si dilatò di poco. I Nazgùl che lottavano nel cielo con le aquile reali emisero il loro urlo stridente e diressero le loro creature alate verso il Monte Fato a tutta velocità in volo, seguendo il richiamo d' avvertimento di Sauron per prendere una volta per tutte l' anello nelle mani di Sakura. Kerochan guardò gli Spettri Neri che abbandonavano d' improvviso il campo di battaglia, svolazzando verso l' Occhio. La tigre era sfinita dal continuo lottare con gli orchi ed emise una smorfia di stanchezza nello sferrare un' altra artigliata ad un altro orco mentre dietro di lui si consumavano gli scontri tra soldati e i soliti mostri. Ebbe un brutto presentimento alla ritirata dei Nazgùl dal campo insieme al cambio della vista dell' Oscuro Signore. Le orme delle scarpe di Sakura si potevano vedere che marcavano il terreno roccioso del ponte. La ragazzina nell' invisibilità dell' anello cominciò a dirigersi da un lato della rupe mentre il cinesino la cercava dappertutto tentando di individuarla. Dalle spalle dello stesso ragazzino, degli occhi enormi e azzurri lo puntarono da dietro. Gollum era riuscito a riprendersi dall' ultimo attacco del cinesino e riuscì a colpirlo alla testa con la stessa roccia che usò lo stesso Li per ferire alla testa Gollum.

Li cadde a terra privo di sensi colpito duramente dal masso di Gollum che cercava con tanta impazienza la cattura carte. Intuì che aveva già indossato l' anello e notò che le sue orme stavano tornando indietro forse a causa della vista del mostro che le comparve davanti dopo che ebbe sistemato Li. Il mostro digrignò i denti e lasciò cadere la roccia per assalire il corpo invisibile di Sakura. L' orribile essere mise in una morsa la testa della cattura carte che ancora sotto l' effetto dell' anello cercava di liberarsi del fastidioso Gollum di dosso che sembrava volasse a mezz' aria. Toy non era ancora sfinito dal continuo combattere e uccise un orco, poi piantando la sua spada nel torace di un altro che aveva davanti. Un terzo orco gli giunse al lato ma il ragazzo lo respinse con una testata e si apprestava a finirlo. Il terreno dove si svolgeva la battaglia tremò seguito da un ruggito di una qualche bestia che si posizionò alle spalle di Toy. Questo si irrigidì mentre il vento cominciava a soffiare più forte di prima, e nel girarsi vide la creatura che doveva affrontare. Un enorme orco completamente indossante un' armatura sfidò il ragazzo, e teneva una lunga e grossa spada affilata. L' elmo dell' orco gli copriva tutto il cranio lasciando solo in vista i suoi piccoli occhi minacciosi e gialli. La bocca era abbastanza larga da riuscire a mostrare a Toy i suoi denti affilati. L' energumeno ruggì un' altra volta pronto a colpire Toy con la sua grande spada, ma il giovane non si fece prendere dalla paura e decise di affrontare l' immensa bestia. La spada dell' orco scese fino alla testa di Toy che in qualche modo riuscì a far evitare che il fendente dell' enorme avversario gli cadesse in testa, parando il colpo di striscio. Il giovane parò un' altra volta il fendente della bestia, così come una terza volta e abbassò la lama dell' orco fino al terreno per colpirlo a guardia abbassata. Ma l' intera carcassa del mostro era avvolta solo dalla ferraglia che Toy riuscì a sfreggiare di poco. Questa volta il fendente che Toy stava per lanciare all' orco gli venne parato dalla stessa bestia di fronte. La lotta tra Sakura e Gollum proseguiva con i due che danzavano sul bordo della rupe di roccia. Il mostricciatolo stava cercando di individuare la mano dove Sakura aveva indossato l' anello. Li strisciò a terra ancora stordito dal colpo del masso alla nuca e tentando di mettere a fuoco la vista, che risultò danneggiata anche per via del colpo che lui stesso ricevette da dietro quasi a farlo svenire del tutto. Sentiva i lamenti di Sakura che uscivano fuori dall' aria circostante. Gollum intanto individuò la mano di Sakura e la afferrò, prendendo anche il dito cui era messo l' anello. La piccola creatura morse il dito di Sakura a denti stretti e sputò qualcosa dalal sua bocca. Uno scricchiolìo di ossa si sentì improvvisamente e Sakura riapparve urlante di sofferenza: << Aaah! >> Gollum cadde dietro di lei, lasciandola stare mentre si contorceva dal dolore. Si portò la mano all' altezza degli occhi e si sentì una fitta nel dito dove portava l' anello prima. La falange superiore del dito era completamente staccata e la parte che era rimasta si dipinse di rosso fino a coprire tutta la mano. La ragazzina si inginocchiò spalancando ancora di più la bocca per emettere il suo urlo atroce e per far scendere alcune lacrime di sofferenza.

Il grosso orco che lottava con Toy d' un tratto spinse con il suo enorme braccio il ragazzo guerriero che volò di alcuni metri lontano dalla bestia feroce, fino a finire con la faccia sulla terra. Yuè assistette alla scena in cui il suo amico Toy veniva sbalzato con tutto il suo peso come se fosse un sacco di patate più avanti. Il Giudice Supremo cercò di farsi largo tra gli orchi per correre in aiuto del giovane in difficoltà. Li si riprese in parte dallo strodimento e giacente da un lato a terra, vide la sua Sakura che si accasciava agonizzante anche lei a terra girata di spalle rispetto al ragazzino e che si guardava il dito mozzato e dal quale sgorgava il sangue rosso e nero. Gollum così aveva vinto la lotta con la cattura carte e riuscì a prendergli finalmente l' anello tanto desiderato. Se lo mise tra due dita nel frattempo che assaporava la soddisfazione di toccare di nuovo il metallo dorato del gioiello magico. La sua espressione era quella di un pazzo satanico che rivedeva dopo tanto tempo una cosa a lungo sottrattagli. La sua bocca si spalancò dalla sorpresa mentre fissava con gli occhioni azzurri il piccolo cerchio dell' oggetto che tutti quelli che lo bramavano gli davano la caccia. Ora era finito nelle mani di Gollum, l' essere più ignobile che la Terra di Mezzo avesse mai potuto sputare fuori dalle sue viscere. Si portò l' anello sopra la testa, reggendolo sempre a due dita e per lanciargli quella lunga occhiata d' intenso volere di potere che aveva da sempre ricercato. L' anello era passato nelle mani del male e presto il mondo sarebbe caduto nella totale disfatta e rovina se solo Gollum l' avesse indossato al dito. Quasi non riusciva ad emettere un suono dalla sua bocca talmente era entusiasta della sua faticosa presa dell' anello magico. Lui stesso era talmente furbo da poter ingannare Sauron, ma con il perduramento dell' anello lo stesso Signore Oscuro avrebbe continuato a espandere i suoi eserciti alla ricerca del suo diamante forgiato. Toy rialzò la testa dopo la spinta che gli diede l' orco. Un brutto presentimento gli balenò in testa riguardo alla rovina che incombeva pericolosamente sulle forze del bene. Dei passi pesanti si avvicinavano nella sua direzione e Toy si voltò da terra osservando l' orco enorme che si affrettava nel finire il piccolo suo avversario tenendo su un' altra sua mano una mazza appuntita. Yuè spinse con rabbia un orco che gli parò la strada e si diresse verso il suo amico per soccorrerlo, ma altri orchi gli pararono la strada mentre lui urlava al vento il nome di Toy per richiamarlo e per vedere se lo sentiva ancora. Gollum si portò l' anello in basso dopo l' adorazione che diede ad esso e lo strinse nel suo pugno, allargando le braccia come se fosse un re sulla sua rupe che governava incontrastato un suo esercito.

Un' esplosione di gioia sprizzò da Gollum che iniziò a ridere maleficamente. Sakura indirizzò alla creatura uno sguardo pieno d' odio scordandosi del dolore che provava al dito che ancora sanguinava: << Sì! Sì! >> Gollum iniziò anche a saltare dalla vittoria e invocando il gioiello preso con sé: << Tessoro! Tessoro! Tessoro! Tessoro! Tessoro! >> Sakura in quel momento venne attraversata da un formicolio nella faccia che rivolgeva vendicativa e furiosa al viscido essere. Digrignò i denti nel mentre che si rimetteva in piedi sempre tenendo un' espressione accigliata al nemico distratto dall' entusiasmo. La ragazzina si tenne il dito ferito e la sua postura era inclinata da un lato. Li si riprese del tutto questa volta e osservò la scena che gli si presentava agli occhi: Sakura andava a passo normale verso Gollum con l' intenzione di farla finita con lui. Il mostricciatolo girava intorno a sé mentre se la cantava a più non posso: << Ah, ah, ah! Tessoro! >> la mano insanguinata di Sakura venne sbattuta sulla faccia di Gollum che si distolse dal suo momento di gloria, ritrovandosi a dover lottare con la ragazzina che cercava di strappargli l' anello. Le mani dei due contendenti si muovevano di qua e di là, strattonandosi per il possesso dell' anello. L' orco gigante che sfidò Toy ruggì contro il ragazzo che riuscì a rialzarsi in piedi, ma venne nuovamente sbattuto al suolo quando il piede dell' energumeno lo schiacciò dal petto fino a coprirgli tutto il dorso. Toy non si diede per vinto ed estraò un pugnale e lo conficcò nella dura pelle del grosso piede dell' enorme orco che ruggì dal dolore e tolse il suo piede da dosso al giovane. Kerochan rimase inerme ad osservare la scena che si compiva ormai le sue forze erano allo stremo. Sakura e Gollum lottavano sempre sul ciglio della rupe, spostando le loro mani in ogni direzione per prendersi l' anello. I movimenti diventarono troppo bruschi fino a quando la gamba di Gollum non si mise davanti a quella di Sakura che perse l' equilibrio e spinse per sbaglio l' orribile essere nel vuoto. Entrambi però caddero dalla rupe. Il primo a cadere dall' enorme altezza fu il perfido Gollum. Nel breve tempo che lo separava dal contatto con il magma, egli potè riosservare l' anello che fu di nuovo nelle sue mani. Se lo portò coperto al petto con entrambe le mani scheletriche mentre la sua schiena era rivolta verso il magma. Forse non si era manco accorto di stare cadendo perchè la sua faccia era uguale a quella di qualcuno che poteva riposare in eterno con il suo oggetto preferito. Il corpo di Gollum toccò la sostanza della lava con un tuffo. Il troppo calore fece in modo che la carcassa di Gollum si squagliasse in fretta, e questo si vide la propria pelle diventare rossa dalla lava che lo scioglieva. Si portò la mano in alto nel tentativo di salvare l' anello in cui questo era, prima che il magma trascinasse giù Gollum, fino a farlo sparire del tutto. Così passò a miglior vita il tanto fastidioso Gollum, mentre l' anello rimase ancora galleggiante nel magma bollente.

Non si sentì il secondo tuffo, quello dove Sakura sarebbe caduta nel calore della lava. La ragazzina si era miracolosamente salvata e adesso stava a penzoloni nel vuoto, aggrappata alla roccia della rupe. Li si sporse per soccorrerla, e allo stesso tempo diede un sospiro di sollievo all' incolumità della ragazzina. La faccia di lei notò che era molto stanca e a stento riusciva a tenere ben aperti gli occhi. Il cinesino si mise a pancia in giù e allungò il braccio per fare in modo che Sakura afferrasse la mano una volta raggiunta. La ragazzina doveva solo allungare la sua perchè quella di Li si fermò di pochi centimetri: << Dammi la mano! >> disse il cinesino a Sakura che non aveva più neanche un bricciolo di forza a causa della ferita che Gollum le provocò, e questo le stava facendo perdere piano piano i sensi. Anche lei sarebbe caduta presto nel magma. L' anello, intanto, si illuminò intorno della sua scritta dorata per via del fuoco che la faceva uscire. Ma ancora rimase intatto dal calore della lava: << Afferra la mia mano! >> continuava a dirle Li con le lacrime agli occhi. Sakura allora allungò la mano sinistra, cioè quella ferita gravemente, per prendere la mano di Li. Ma il troppo sangue che era sull' arto di Sakura evitò che la stretta tra quella di lui e quella di lei si saldasse, facendo scivolare il braccio sinistro della cattura carte che si ritrovò pericolosamente sempre più verso il baratro infuocato: << No! >> esclamò Li quando la sua amata scivolò per poco. Sotto di lei, le rocce delle pareti che toccavano il magma si stavano staccando una alla volta dal posto in cui erano situate. Il Monte Fato stava per distruggersi al suo interno con la lava che saliva di livello. Sakura guardò quel magma che sembrava essere la causa della sua fine, e poi guardò con occhi privi di speranza e dispiaciuti Li. La cattura carte aveva il peso del braccio rivolto verso il basso: << Non cedere ora >> ordinò il ragazzino con la mano sempre tenuta aperta verso Sakura: << Non cedere ora >> e cercò a tutti i modi di abbassarla sempre di più mentre gridava a squarciagola: << Afferrala! >> Sakura vide quindi la disperazione del suo amato che la implorava di salvarsi. La giovane diede l' ultimo sforzo e con uno slancio del braccio a penzoloni riuscì a stringere la mano di Li che lentamente tirava su la salvatrice della Terra di Mezzo. L' anello cominciò a far uscire il fumo intorno a sé con le scritte che rimanevano sempre incise nel suo oro. Il magma cedette al peso dell' oro dell' oggetto che si sciolse in un' onda concentrica nel materiale incandescente. Presto il male avrebbe cessato di esistere con la distruzione dell' Unico Anello.

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Capitolo 54
*** Episodio 215: La sconfitta di Sauron ***


Ora Li aveva finalmente rimesso Sakura in piedi con uno sforzo decisivo della cattura carte: << Stai bene, Sakura? >> chiese il cinesino tra il cataclisma del Monte: << Si... >> ma Sakura non ebbe il tempo di finire la frase che il cinesino la abbracciò forte a sé. I due ebbero gli occhi lucidi dalla soddisfazione di essere riusciti a portare a compimento la missione. Ma adesso dovevano subito andarsene da quel luogo decadente. I ragazzini si tolsero dall' abbraccio, guardandosi negli occhi e sorridendo. Un altro bacio stava per nascere tra i due, ma si bloccarono quando le rocce della parete superiore si staccarono e scivolarono verso il magma di giù. I due stettero a guardare come se incantati dallo spettacolo che gli stava dando il Monte Fato alla sua distruzione, stando su quella rupe. I due amanti si strinsero le loro mani ritrovandosi ad osservare il tramonto. Ma in realtà era il tramonto del regno di Sauron, e lo capirono quando si dipinse nelle loro labbra un sorriso sereno. L' Occhio di Sauron cominciò ad avvolgersi sempre più di fiamme fino a far scomparire i contorni della sua pupilla nera. L' orbita sobbalzò verso l' alto emettendo uno strano urlo sonoro. La pupilla si dilatò più del previsto, mantenendo la stessa quantità di fiamme su di essa. Lo sguardo cominciò a girarsi di scatto da una parte e dall' altra forse diventato cieco e privo di una visione fissa. Nel campo di battaglia l' orco enorme stava per far cadere la sua lunga spada con un fendente su Toy, ma dovette improvvisamente fermarsi nel far cadere il colpo allo sentire l' urlo stonato che proveniva dall' Occhio. Il mostro enorme si voltò verso l' Occhio, interrompendo il dover giustiziare il giovane Toy che al momento chiuse gli occhi per non vedere la sua stessa fine. Fu salvo questa volta da ciò che stava accadendo all' Occhio. Toy si mise seduto da un lato. Intorno a lui non c' erano altro che orchi e soldati che lottavano tra loro.

Tutti si fermarono nel combattere attratti dai lamenti che il Grande Occhio stava dando ai presenti. L' orco enorme, che sovrastava tutti, lasciò cadere la sua spada a terra e si mise le mani davanti per paura di qualcosa. Poi la bestia si mise a scappare tra la mandria di orchi e soldati che si spostavano al suo passaggio. L' urlo stridente, quasi uguale a quello dei Nazgùl, giunse anche alle orecchie di Kerochan che rimase impalato nell' osservare con un misto di speranza il disastro che stava accadendo al male sulla sua torre di vedetta. I soldati di Gondor e di Rohan proseguivano alcuni il loro duello con le creature mostruose. Yuè si voltò anche lui attirato dall' urlo di Sauron, e insieme al Giudice anche altri soldati si voltarono alle sue spalle, lasciando perdere gli scontri con i loro orchi. Toy si sollevò in piedi non staccando lo sguardo dalla luce in lontananza dell' Occhio che fino ad ora era posata sul campo di battaglia. Il vento forte si sprigionò nella direzione del gruppo di amici che combatteva alle porte di Mordor e un po' alla volta gli orchi si allontanavano dal campo di battaglia, lasciando i loro rivali ad osservare lo spettacolo dell' Occhio che urlava. Toy aveva la bocca spalancata al nuovo e probabile attacco che stava per scagliare l' Oscuro Signore. Così pensava il ragazzo. Tomoyo e Meiling si fermarono nel combattere quando gli orchi con cui combattevano se la davano a gambe da loro. Le due amiche volsero lo sguardo verso la luce dell' Occhio ancora ben visibile a loro: << Ma che succede? >> domandò Meiling con la spada tesa in avanti. Tomoyo non emise alcuna parola a riguardo per via dello strano e insolito verso che l' Occhio faceva. Anche Eomer e Gimli rimasero confusi dall' anomalia di quel momento che investiva le forze del male. Tutti aspettavano un qualche improvviso fenomeno sotto a quel cielo grigio nella direzione di Sauron. Perfino i soldati smisero di attaccare gli orchi in fuga, lasciandoli fuggire tra di loro verso il deserto che li attendeva. Un vortice di nuvole si creò sopra all' Occhio urlante, e queste si illuminarono dal forte rossore che le fiamme dell' orbita assunsero. Sullo sfondo della torre di Barad-dur c' era il vulcano che proseguiva nel suo lento processo di eruzione. Tutto sembrò normale al Monte Fato, tranne a quello che succedeva all' Occhio. D' improvviso il piano inferiore della torre dove era posto l' Occhio cominciò a sgretolarsi. E così via per gli altri piani della fortezza che stava come d' un tratto assumendo sempre più peso. La cinta muraglia che circondava la torre si distrusse in mille pezzi. La torre si stava inclinando verso il terreno sempre di più, e nessuno riuscì a credere al decadimento della struttura che fino ad ora era eretta sul regno di Mordor. Stava veramente crollando. Ma tutti non ebbero ancora il coraggio di emettere un grido di entusiasmo alla distruzione del sostegno dell' Occhio, che ancora era presente sulla sommità della fortezza e ancora lanciava all' aria il suo urlo strazziante con il vortice rosso delle nuvole che lo circondava intorno.

Le dimensioni dell' Occhio si fecero a tratti un po' più piccole quando la torre assumeva una posizione orizzontale e parallela al suolo. L' intero corpo della fortezza si sgretolò in tanti detriti in pietra, lasciando solo l' ultima parte superiore che teneva l' Occhio vivo che cadeva nel vuoto. La pupilla in fiamme di Sauron continuava a girarsi di scatto e vedeva il paesaggio che si cappottava alla sua vista. Per Sauron gli sembrò che il cielo lo stesse schiacciando verso il terreno mentre le torrette circostanti la zona venivano abbattute dalla valanga di pezzi di torre disintegrata. La tigre bianca vide la decadenza di Barad-dur e così anche quella di Sauron, e si convinse che la vittoria era arrivata per loro. Gli occhi gialli di Kerochan si fecero lucidi mentre la bocca tremava dall' emozione di quell' evento: la sconfitta di Sauron. Un sorriso commovente infine si formò nel Guardiano, intuendo che Sakura era ancora viva e che era riuscita a distruggere l' anello. Anche l' espressione di Toy assunse una faccia contenta, stirando il suo sorriso a bocca aperta mentre il suo viso si illuminava delle alte fiamme che provenivano dall' Occhio in caduta libera. Anzi tutte le facce dei presenti si illuminarono del bagliore della luce dell' Occhio. E l' idea che Sakura fosse ancora viva si sparse presto in tutti i suoi componenti della compagnia: << Sakura... >> disse Toy con gli occhi che gli si riempivano di lacrime al sapere che la sua sorellina era viva e vegeta. L' ultimo pezzo della torre si era già staccato dalla colonna in frantumi con l' Occhio di sopra che emetteva una luce intensa al cielo rosso tra le nuvole che lo avvolgevano. L' urlo persistente dell' orbita continuò fino a che un risucchio d' aria non fece rimpicciolire la pupilla dell' Occhio insieme alle fiamme. Un piccolo puntino di luce fiammeggiante rimase tra le due colonne a punta unite tra loro a forma di U. Il puntino esplose in aria provocando un' immensa onda d' urto che finì per distruggere alla sua espansione gli ultimi pezzi della torre. L' onda investì anche il terreno formando delle onde di terra che si propagavano fino in fondo. Dell' Occhio di Sauron non rimase più alcuna traccia e un grido da in mezzo al gruppo di soldati si levò al vento: << Sakura! Sakura! >> era Meiling che dopo che si tolse l' elmo, agitava in aria la sua spada richiamando il nome della ragazzina. La gioia le pervenì in tutto il corpo quando il suo sesto senso le comunicò che la sua altra amica e Li erano sani e salvi. Tomoyo si tolse a sua volta l' elmo e delle lacrime le rigarono il viso bianco. Ma anche lei fu felice dell' evento dove tanto male era stato liberato verso di loro e le avevano fatte soffrire. La ragazzina seguì la cinesina nell' agitare in aria la sua lama al cielo. Tutti poterono saltare dalla gioia, compreso Gimli che strinse i suoi pugni in alto mentre urlava dalla felicità nell' osservare la scomparsa di Sauron. L' onda d' urto che partì dalla torre distrutta, toccò anche il terreno di Mordor che divenne bianco quasi a sgretolarsi. E in effetti fu così.

Gli orchi all' interno di Mordor si videro cadere d' un tratto nel vuoto con il cedimento del terreno esteso. Le crepe nella terra continuarono ad aumentare in tutto il luogo del male mentre i soldati si liberarono definitivamente del maligno sul loro mondo. Il profondo cratere si espanse nell' interno di Mordor e gli orchi rimasti non sapevano dove andare e decisero la maggior parte di evacuare la zona verso l' esterno del cancello, passando ai lati del pugno di uomini rimasto in vita. Ma dovunque andavano, le crepe li raggiungevano e il terreno cedeva ai loro passi come se volesse trascinarli a forza verso la sorte che comportava a coloro a cui il loro Padrone moriva. Delle gradinate di terreno si staccarono fino a cadere nel buio della terra con immense schiere di orchi che sprofondavano nelle viscere. La struttura del Nero Cancello cadde anche essa nel vuoto, così come anche le alte torrette di vedetta che erano bene alzate ai lati del cancello. Queste si spezzarono in due per poi abbattersi nel terreno che cedeva ad ogni costruzione e essere formato dal male. Tutti i soldati si guardarono ai lati nella gioia nel vedere le creature che fino a poco fa combattevano con loro che sparivano sotto i loro piedi per sempre. Le rocce alle quali erano costruite le torrette, si staccarono dalle loro catene montuose dando una visuale deserta del regno di Mordor ai propri ospiti. Gli orchi che riuscirono a salvarsi e ad uscire in tempo dalla zona di Mordor, se ne fuggirono di corsa dai soldati. Le crepe per loro fortuna si fermarono solo nelle circostanze del Nero Cancello, lasciando vivi il pugno di mostri in fuga e che chissà se avrebbero trovato rifugio tra altre montagne più avanti. Il vulcano del Monte Fato ad un certo punto esplose sulla sua sommità, facendo schizzare di qua e di là delle rocce cui si trovarono nel punto dell' esplosione. Un alta quantità di fuoco e fumo si elevò al cielo tra i tuoni che rombavano da un' altra parte tra le nubi rosse. Meiling si fermò nell' inneggiare a Sakura, scoprendo che la sua amica e suo cugino Li erano ancora fermi all' interno del Monte Fato che in quell' istante esplose. La tristezza tornò nel volto della cinesina temendo il peggio per i due salvatori. Kerochan fece cadere una lacrima da un suo occhio pensando che sia Li che Sakura erano finiti travolti nell' esplosione del vulcano, così come Toy assunse una faccia sconvolta alla catastrofe del monte in cui erano situati i due ragazzini autori della salvezza della Terra di Mezzo. Le creature alate con i Nazgùl sopra, che erano andati nella direzione dell' entrata del Monte, ora si ritrovarono sotto alla cascata di detriti che volavano dallo scoppio della montagna, colpendo le cavalcature in pieno e bruciando insiema ai loro fanti incappucciati mentre cadevano nel vuoto dei crateri formati. Anche gli Spettri Neri sparirono consumati dalle fiamme delle rocce incandescenti. Ma nessuno fu felice alla loro scomparsa. Gimli osservò la distruzione della montagna di fuoco con serietà e rammarico. Tomoyo si inginocchiò piangente e invocando tra le lacrime il nome della sua amica sicuramente carbonizzata dall' esplosione del vulcano insieme a Li. Fu una vittoria parziale per le forze del bene a causa del sacrificio certo della salvatrice che potè godersi per pochi istanti la sua liberazione dall' anello prima di finire tra le fiamme dopo di esso.

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Capitolo 55
*** Episodio 216: La fine di tutte le cose ***


Il Monte Fato stava così cominciando a crollare al suo interno dopo che l' anello del potere si sciolse nel magma. Sakura e Li si accorsero in un secondo momento dell' esplosione che colpì una parete laterale del vulcano, e si distaccarono dalla loro stretta di mani quando grossi macigni finivano nella lava bollente creando tanti schizzi di materiale incandescente: << Forza, usciamo da qui! >> esclamò il cinesino. Sakura però faceva fatica a muoversi a causa dei danni che subì nella lotta contro Gollum. Li la notò che a stento si reggeva in piedi e le prese subito la mano per aiutarla nella corsa mozzafiato che stavano per intraprendere. Senza obiettare, Sakura decise di correre verso l' uscita del Monte, venendo sostenuta dal suo amato che la reggeva dal braccio che lei mise dietro il collo di Li. I due ragazzini scapparono dai massi in caduta libera dalla parete superiore della montagna e si diressero, facendo dietro front, al passaggio all' inizio del ponte. Man mano che i loro passi toccavano la roccia del pontile, videro dietro di loro che l' intera struttura si stava spezzando in grandi pezzi che cadevano nella lava che cresceva di livello e che fuoriusciva dai buchi delle rocce staccate nella parete. I due amanti saltarono d' istinto dal pezzo del pontile che al loro passaggio crollava, e riuscirono a proseguire nella corsa verso la luce del mondo esterno, lasciandosi alle spalle il magma che inghiottiva letteralmente ogni cosa e con l' ultimo pezzo del ponte che sprofondava nel materiale incandescente con un grande schizzo. Li e Sakura furono appena oltre l' ingresso alla montagna del Monte Fato. La ragazzina si fece trascinare di poco da Li, mentre lei barcollava verso il terreno con la debolezza che si fece sempre di più sentire nell' ultimo sforzo che doveva dare per salvarsi interamente dalla sua missione. Sullo sfondo, alle spalle dei due giovani, il calore della lava si librò nelle rocce che superavano e man mano che andavano avanti. La lava cominciò a fuoriuscire dall' ingresso.

La bocca dalle pietre a forma di denti lunghi e aguzzi sputò all' esterno il mare di magma in eccesso che vi era all' interno del monte. Sakura e Li cominciarono a correre a più non posso quando si videro la lava che si espandeva rasa al suolo. I due fecero alcuni passi prima di saltare da un bordo del ripiano dove era posto l' ingresso e si aggrapparono ad una scogliera poco distante da loro. La lava inondò completamente il punto in cui i due giovani erano prima, scampando per un pelo al materiale bollente che di poco non prendesse i piedi dei due ragazzi. Dal campo di battaglia si poteva vedere il terribile spettacolo dell' eruzione del vulcano con lo spargimento di pietre infuocate che si elevavano in alto, oltre la colonna del fumo a forma di fungo gigante. Come tanti ruscelli, la lava si spargeva fino a tutta la catena montuosa del Monte Fato verso la sua base. Dei rombi di tuono si sentirono poco distanti dal Monte in eruzione, ma presto quei tuoni sarebbero cessati a breve, data la desolazione che presentava il regno una volta temuto di Mordor. I soldati scampati alla loro più totale rovina rimasero nel punto in cui prima si ereggevano le ante del Nero Cancello ora sprofondato sotto terra insieme ad un altro gran numero di Orchi. Tutti erano stupiti e sbigottiti dai fatti che accadevano ai loro occhi. La sconfitta di Sauron con conseguente declino del suo territorio aveva suscitato festa e baldoria negli animi delle forze del bene. Ma subito assunsero una faccia sconvolta alla distruzione in larga scala del Monte Fato. Lì dentro c' erano i due missionari spericolati e temevano che questi ultimi non fossero riusciti a salvare la pelle. L' impresa era quasi compiuta. Nessuno si sarebbe mai aspettato un colpo di scena di quel genere che nel dubbio si era portato via le vite dei due ragazzi partiti fin sopra la montagna. Tutti pensarono che anche quei due, nei loro ultimi istanti di vita, avessero creduto di riuscire a tornare a casa sani e salvi, ma che si dovettero ricredere quando il Monte decise di seppellirli con sé nella sua lava. Eomer sgranò gli occhi dall' incredulità che gli passò nel cuore, dopo che ebbe assistito inerme all' esplosione fatale del monte. Non era giusto. Erano riusciti a sconfiggere l' Oscuro Signore ma non a portare in salvo il duo degli ultimi membri della Compagnia. Gimli rimase ancora senza parole mentre gettava la sua ascia a terra dallo sconforto. Yuè emise le prime parole che furono pronunciate dopo il terribile episodio. Il Giudice Supremo sembrava che stesse boccheggiando dall' aria che tutto d' un tratto finì di entrargli in corpo: << Non sento più la loro energia >> comunicò l' angelo solenne e con un senso di abbattimento. Meiling e Tomoyo avevano le spade abbassate, e quest' ultima rimaneva sempre in ginocchio sul terreno, singhiozzando dal pianto e spezzandole la voce che cercava di far uscire dalla gola: << Sakura... Li... >> disse Meiling tremando, poco dietro alla sua amica, e guardando sconvolta la scena della distruzione del Monte di Fuoco. Toy cominciò a tremare dalla bocca e non riuscì nenache lui a emettere un suono.

Kerochan aveva lo stesso morale degli altri e sopra le loro teste svolazzavano nell' aria le grandi Aquile reali richiamate dalla tigre. Quei grossi uccelli mettevano sotto il cielo grigio un presentimento di tristezza, quasi volessero comunicare la morte dei coraggiosi ragazzi che sfidarono le insidie del loro viaggio. Li e Sakura si aiutarono a vicenda a rialzarsi in piedi nella roccia in cui erano ora. I due fecero alcuni passi nel piccolo ma largo masso verso il ciglio della sua roccia, e osservarono la lava che li circondava dopo che era scesa dalla sommità del vulcano. I detriti in pietra che fuoriuscivano dalla bocca del vulcano cadevano sul fianco della montagna, alimentando la discesa del materiale rovente verso valle. La roccia su cui erano i due ragazzini era circondata dal magma sceso fino a loro, così come in tutte le altre rocce che venivano raggiunte dalla sostanza. Sakura come fu sul ciglio dello scoglio ritornò a respirare l' aria calda di fuori, ammirando il panorama che le si presentava agli occhi. Le sembrò di tornare a respirare con più sollievo quell' aria calda, quasi disperandosi dalla felicità di essersi tolta un peso dallo stomaco: << Se n'è andato >> disse la ragazzina come se fosse appena riemersa da sott' acqua e con lo sforzo che le fece riempire gli occhi di lacrime. Li si girò verso di lei e stava al fianco sinistro della cattura carte, rivolgendole un' espressione provata dalla fatica che arrivò al momento giusto per lui: << E' fatta >> aggiunse di nuovo Sakura con la voce un po' strozzata dall' emozione di essersi liberata dell' anello di dosso: << Si, Sakura. Ora è finita >> confermò il fatto il cinesino cercando di riprendere fiato anche lui da una lunga apnea, durata per tutto il viaggio fino a dare il sospiro di sollievo. Le lacrime di gioia stavano per cadere dagli occhi di Sakura che fece una smorfia che segnava il preludio allo sfogo con la bocca che le si serrò tremolante. Anche gli occhi di Li volevano piangere adesso, accorto del cappello verde che ora si consumava nella lava, bruciando lentamente. I due ragazzi non ebbero ancora il momento di scoppiare in una grossa risata mista a pianto che un forte boato si sentì da sopra di loro, all' inizio della sommità del vulcano, facendo tremare la zona circostante. Sakura e Li persero l' equilibrio dal forte tremolìo che percosse anche il pezzo di roccia in cui erano e si poggiarono con le mani su di essa. Le cascate di detriti si sparsero fino ad ogni parte della distesa di magma che era in discesa nel pendio. Altri pezzi di roccia finirono nelle vicinanze della rocccia dove Li e Sakura erano, costringendo ai due ragazzini di aggrapparsi ancora più sopra alla scogliera per non essere raggiunti dagli schizzi. Sakura poggiò la sua testa nella dura roccia, sdraiandosi poi su di essa. La ragazzina chiuse gli occhi, lasciandosi trasportare dalla folata di vento che le giungeva in faccia. Potè finalmente riposarsi dopo tutti gli ostacoli che lei aveva percorso insieme a Li in quella burrascosa avventura. Ora si sentivano solo gli schianti dei meteoriti infuocati provenienti dalla montagna in eruzione che colpivano la lava nel suo lento scorrere verso giù.

Ma a Sakura non interessavano più quei rumori, né tanto meno quel posto in cui lei si trovava insieme al suo amato Li. Ripensava in quell' istante di pausa a tutte le disavventure che incominciarono a succederle da quando scoprì per la prima volta della presenza del magico anello. Tutti i luoghi più strani che aveva scoperto Sakura le furono ben chiari in testa, come se ci fosse passata solo ieri. I pensieri più oscuri le passarono di fretta davanti al buio che le avvolse la vista con le palpebre abbassate. Non potè mai dimenticare il primo incontro con i Nazgùl, avvenuto nelle foreste fuori dai confini di Tomoeda. Fu solo il primo di mille pericoli che la giovane cattura carte doveva superare. La ferita che le inflisse uno degli Spettri Neri adesso non le faceva molto male, ma si rese conto di essere stata colpita in uno scontro con le armi nel suo lungo tragitto verso Mordor proprio in quell' occasione. Venne aiutata da una giovane elfo donna, chiamata Arwen, che insieme a suo fratello Toy aiutarono la cattura carte a guarire presto dalla ferita del pugnale del Nazgùl. Un altro dei momenti più tristi del suo cammino fu l' assistere alla tragica fine di uno dei suoi più cari compari, Kerochan. Un demone lo trascinò giù nel cratere oscuro delle gallerie di Moria, senza dare la possibilità a Sakura di andare ad aiutare il suo compagno. Pensava che ora Kerochan la stesse guardando soddisfatto da lassù per la compiuta dell' impresa. I giorni in cui visse senza la presenza del Guardiano giallo furono per lei senza senso. Versò tante lacrime addosso ai suoi vestiti, rimpiangendo gli attimi in cui non era riuscita a stare al fianco del suo amico che scelse di sacrificarsi per il bene della Compagnia. Così come non scordò le sue ultime parole: << Fuggite, sciocchi! >> poco prima di cadere inesorabile nel vuoto. Ma il vero motivo per cui Sakura non potè salvare Kerochan fu per causa di Eriol, anche lui adesso nel regno degli angeli insieme alla tigre alata. La calda stretta delle braccia del piccolo mago le fu concreta nel corpo. Ma solo ora capì che lui lo fece per evitare che anche Sakura finisse tragicamente e in fretta la sua avventura, nonostante bramasse di prenderle l' anello in alcune occasioni. La scomparsa della tigre venen digerita lentamente dai membri del gruppo di avventurieri, i quali dovettero affidarsi alle loro forze senza la magia di Kerochan. Difficile fu l' integrarsi con le altre creature della Terra di Mezzo per Sakura, gli Elfi, che le ostacolarono il proseguo del viaggio per evitare che lei portasse il gioiello al cospetto della dama Galadriel. Le venne in mente uno dei tanti giorni dimenticati, uno dei quali dovette lasciare Lothlòrien. Nei giorni seguenti si accamparono in una costa del Grande Fiume, dove più all' interno vi si estendeva una foresta. Qui furono presi alla sprovvista dagli Uruk-hai di Saruman che ingaggiarono una cruenta battaglia con i membri della Compagnia che tentava di proteggere fino ai denti l' incolumità della portatrice dell' anello, come loro amica. In quel viaggio Sakura non fu lasciata da sola, perchè Li fece una promessa a Kerochan con il quale gli confermò che sarebbe stato al fianco della giovane nel caso le cose fossero andate male. Si ricordò il momento in cui salvò Li da un possibile annegamento nelle acque del fiume, rinfacciandole la promessa fatta al suo più caro amico: << Ho fatto una promessa, Sakura. Una promessa: non devi perderla, Li Shaoran. E non voglio farlo. Non voglio farlo >> quelle erano le parole del cinesino che cedette al pianto nella sensazione di essere abbandonato da Sakura.

L' incontro con la creatura Gollum segnò una svolta nel viaggio della cattura carte e Li. I due ebbero molti confronti nello decidere di riporre la fiducia in quel piccolo mostro. L' incontro con Faramir fu una causa, a favore di Li, per rompere definitivamente i loro legami con la loro guida poco affidabile. Ma Sakura non desistette dal continuare a voler Gollum tra il gruppo. Stando nella compagnia degli uomini di Faramir, i due scoprirono direttamente da lui che Eriol era morto, essendo stato il fratello adottivo per il Capitano di Gondor. Si resero conto che due membri della loro Compagnia originale erano morti per sempre, lasciando un vuoto che non potevano colmare altre persone. Sempre nel proseguo del viaggio, e lasciato Faramir alle spalle, Sakura si accorse una volta congedatatsi da Li che i piani di Gollum erano intenti nel prendersi l' anello. Un' altra cicatrice dovette portarsi la cattura carte al petto, con il pungiglione del ragno gigante. Il cinesino però fu sempre al suo fianco a salvarla, così come in occasione dell' ultimo duello con Gollum, dove quest' ultimo morì tra le fiamme del Monte Fato con il suo adorato gingillo. Tutti quei brutti pensieri vennero lasciati da parte dalla nostra Sakura che ora si immaginava un altro posto, lontano e non ancora passatole per la testa. La ragazzina sorrise sempre di più, tenendo sempre serrati gli occhi: << Riesco a vedere Tomoeda... >> ed ecco, la città di Tomoeda a lungo tenuta distante dagli occhi della ragazzina, ora le si formò davanti la struttura dell' intera città. Li la ascoltò in silenzio e ancora pensieroso al fianco: << Il fiume di campagna... >> continuò Sakura a descrivere i luoghi vicino a casa che anche Li cominciava a materializzare a sé, nel frattempo che si commuoveva piano piano: << Casa nostra... I fuochi d' artificio di Kerochan... Le luci della festa di nonno Masaki... >> tutte quelle cose furono le ultime esperienze vissute dalla giovane prima di lasciare due giorni dopo la sua città natale: << Noi che balliamo alla festa... >> aggiunse tristemente il cinesino alla beatitudine del momento in cui lui e la ragazzina ballavano alla festa quella sera spensierati. Il ragazzino aveva gli occhi lucidi nel parlare e sospirava al proseguo della frase, ascoltato dalla sua amata con amarezza ripensando ai loro dolci attimi da innamorati. Sakura girò leggermente la testa verso Li che era seduto sulla roccia e socchiudendo gli occhi: << Avevi nastri nei capelli. Se mai mi fossi sposato con qualcuna, saresti stata tu. Saresti stata tu >> ripetè il povero ragazzo iniziando a piangere per un' occasione di matrimonio che aveva in mente di organizzare senza pensieri. Ma ora si rese conto che i problemi tra lui e la cattura carte non erano finiti, che anche se tutte le carte di Clow erano state catturate, doveva ammettere che altri tipi di magia si sarebbero sparsi nel globo. Sakura si commosse anche lei da ciò che il suo amato stava progettando per il loro futuro senza pace. Anche se avevano solo 14 anni, il mondo era ancora pronto a separarli come se sapesse che i due paladini delle carte erano insieme.

Il naso di Sakura divenne rosso dai singhiozzi che emetteva e delle lacrime le scesero sul viso, rigandoglielo fino al mento. Poi la giovane si rialzò, mettendosi seduta anche lei sulla roccia per confortare il suo Li abbattuto dalle lacrime e dal suo destino con la sua amata ancora incerto. Sakura mise una mano sulla spalla di Li, e poggiò la sua fronte nella tempia del ragazzo in lacrime: << Sono felice di essere con te, Li Shaoran. Qui, alla fine di ogni cosa >> gli disse la ragazzina colpita dai sentimenti profondi di Li, resi ancora più forti in tutto quel viaggio. Poi lei guardò il panorama davanti mentre passava la sua mano oltre il collo di Li, per stringerlo forte a sé. Le lacrime continuarono a scendere tra i due che si guardarono negli occhi lucidi e affondarono le loro labbra in un bacio passionale. Il loro amore era ancora vivo e di questo ne furono felici entrambi nel mentre che si stringevano con affetto. I due si staccarono dal bacio intenso e si poggiarono le teste l' una all' altro, cullandosi in quel pezzo di roccia non ancora investito dal magma. Per loro la missione era compiuta, e chissà se qualcuno sapeva che erano ancora vivi. Non rimase altro per loro che attendere la fine di tutto. Sarebbero sopravvissuti? Sarebbero tornati a casa? Tutto ciò non gliene importava. Ma erano sicuri che poterono toccarsi le proprie mani, aspettando che il tempo avrebbe fatto il suo corso sui loro cadaveri sperduti in quella colata di lava. Entrambi si accasciarono alla roccia, tenendosi sempre per mano e chiudendo gli occhi come per voler accogliere la morte con serenità. Non si sa quanto tempo passò. Ma a Li e a Sakura non importò più di nulla. Dormivano beati nel piccolo scoglio di pietra, sotto lo stesso cielo grigio e con le rocce che ancora saltavano fuori dal vulcano che si liberava del magma. La sostanza avvolgeva la pietra dei due ragazzini distesi che sembrarono essere in un' isola deserta. Il cielo grigio però si squarciò di una intensa luce bianca non notata dai due eroi sognanti. Sempre nella parte bianca del cielo comparvero tre aquile svolazzanti la zona del Monte Fato, ed emettevano i loro maestosi versi. Sembravano che si dovessero avvicinare ai due relitti distesi nella roccia. Nell' aquila di davanti c' era il solito Kerochan, nelle sembianze di una tigre bianca. Era sul dorso della grande aquila e vide i due suoi paladini delle carte sdraiati alla roccia. Li riconobbe subito con i loro vestiti tradizionali, e fu fortunata la tigre che la sua memoria non lo tradì nel visualizzare la sua cara Sakura. Non era tempo per i pianti. Kerochan adesso pensava solo a recuperare i due ragazzini salvi. La sua aquila planò nella roccia e afferrò con le sue zampe la cattura carte, riprendendo poi il volo. La seconda aquila invece prese Li, e anche questa riprese il volo seguendo le sue altre due compagne. Sakura si risvegliò a malapena quando fu tratta in salvo e la sua testa si girava verso l' alto dell' animale che l' aveva salvata. Una luce bianca le apparve agli occhi con la figura di una donna dai lunghi capelli grigi che la fissava con serenità: << Mamma... >> balbettò la ragazzina. Gli occhi di Sakura rotearono verso il cielo di sopra che a lei le risultava più chiaro, mentre sotto il magma si faceva sempre più in lontananza. Sakura si lasciò trasportare ancora una volta dal soffio del vento e lasciò che di nuovo i suoi occhi si chiusero. La voce di sua madre le rimbombò alle orecchie durante il viaggio in volo verso chissà quale meta, se la morte non la voleva accogliere in fretta: << Sakura... Sakura... Sakura... >> e tutto si fece di nuovo bianco per lei.

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Capitolo 56
*** Episodio 217: La Compagnia si riunisce ***


La vista di Sakura si tuffò nuovamente nel bianco intenso. Lo stesso bagliore che le pervenne quando si sentì male alla ferita del Nazgùl alla spalla. Pensava che le stesse accadendo lo stesso anche ora. Ma il suo cervello non pensò a tutto ciò. Anzi la cattura carte dormiva ancora con gli occhi che non accennavano a riaprirsi. Aveva la testa messa su un cuscino bianco. Nel sonno sentì il cinguettìo di qualche passero di fuori dalla finestra e il lento scorrere di quella che sembrava acqua. La ragazza aprì le palpebre sempre di più e vide tra i suoi occhi una luce mattutina che le illuminava il viso. Gli occhi della cattura carte rotearono di qua e di là nella stanza in cui si trovava, e piano piano si rimetteva con il busto in su, aiutandosi con le mani nell' alzare la schiena dal materasso in cui era poggiata poco fa. Non si rese conto della vestaglia bianca che portava in corpo perchè il suo sguardo si fermò davanti a lei alla cosa che fluttuava nell' aria. Un piccolo peluche bianco e con le braccia conserte ora fissava con espressione normale la ragazzina che si riprendeva dal lungo sonno. Sakura rimase immobile alla piccola creatura bianca che le si presentò e che stava sopra alla spalliera dei piedi del letto. La faccia tonda e bianca del piccolo essere guardava con un cenno di approvazione Sakura. Era Kerochan che sembrava trattenesse una reazione divertita alla faccia che avrebbe fatto la ragazzina nel rivederlo ancora in vita. Infatti così era. Sakura sospirò dall' emozione che anche lei trattenne per poi dire il nome dell' amico che pensava non avrebbe più rivisto: << Kerochan? >> un sorriso di gioia e di felicità si formò nel volto della ragazzina dagli occhi provati dal dolore e dalla fatica del lungo viaggio che cercavano di spalancarsi il più forte possibile alla vista del vecchio Kerochan. Non si curò del bianco che avvolgeva il piccolo peluche, perchè Sakura aveva solo voglia di abbracciarlo a sé. I piccoli occhi neri di Kerochan si fecero lucidi, poi mostrò un largo sorriso alla ragazzina stupita positivamente. La bocca del piccolo peluche si aprì, dando inizio ad una grossa risata di felicità per la riunione con la sua amica del cuore.

La risata di Kerochan fu per Sakura un qualcosa di forte e di armonioso che stava a pennello con l' ambiente circostante e radiante che investiva la stanza in cui lei era. Anche Sakura iniziò a ridere al pari di Kerochan che si dimostrò felice a pieno per la riuscita della missione che perseguitava la cattura carte. Sakura rise, quasi a non voler gettare lacrime in quel momento per via delle altre che aveva già versato nelle sue disavventure. La porta della stanza si aprì d' improvviso, facendo interrompere la risata di Sakura. Dall' uscio della porta si fermarono due figure di due ragazze. Una aveva i capelli neri e gli occhi blu, mentre l' altra aveva solo gli occhi diversi, color rubino. Erano due ragazze molto familiari a Sakura, e queste si presentarono nella stanza a bocca aperta, puntando direttamente lo sguardo su Sakura che stava a letto. Tomoyo e Meiling sentirono le risate della loro amica che non vedevano da molto tempo e le rivolsero un gran sorriso di entusiasmo: << Sakura! >> disse Meiling stando pronta a correre verso di lei insieme a Tomoyo. La cattura carte fece una faccia come se la risata la soffocasse alla vista delle sue due più care amiche. Sakura non fece in tempo ad emettere parola che sia Meiling che Tomoyo le furono addosso, correndo dalla porta per saltare sul letto dove era la portatrice dell' anello: << Sakura! >> esclamò Tomoyo abbracciata dalla stessa Sakura, al ritmo della risata di Kerochan che non era stata ancora interrotta. Le due ragazzine strattonarono Sakura dall' immensa gioia nel rivederla ancora lì con loro e saltellando a più non posso nel letto con le ginocchia, affiancando la loro amica che si girava da una parte e dall' altra delle due nuove facce che vedeva, con le parole che non riuscivano a uscirle dalla gola. Kerochan scoppiò in una risata di gusto, come risposta ad una qualche battuta. Ormai il male era passato e tutti poterono ridersela serenamente con spensieratezza. Sakura cominciò a ridere a bocca spalancata, mentre anche Meiling e Tomoyo erano divertite a loro volta dalla strana risata di allegria della loro compagna rivista: << Lo sapevo che saresti tornata, Sakura >> le comunicò Tomoyo allungando la faccia verso la ragazzina che stava a letto: << Mi sei mancata, Tomoyo >> rispose serena e felice Sakura. Stranamente la sua amica non si era messa ancora a piangere, e quella frase doveva essere per lei la goccia che dava inizio alla cascata di lacrime alla quale tutti erano abituati a vedere in Tomoyo. Presto la ragazzina dagli occhi blu cominciò a tremare nell' intera faccia e a fare una smorfia, mordendosi il labbro inferiore per trattenere il pianto. Sakura notò gli occhi della sua amica che si facevano sempre più lucidi. Le rivolse un sorriso dispiaciuto alla sua assenza da lei, e infine Tomoyo non riuscì a non far cadere le lacrime: << Anche tu mi sei mancata, Sakura! >> gridò la ragazzina abbracciando forte la cattura carte.

Meiling si tolse con un dito dalle ciglia una lacrima, mostrando anche lei commozione per la scena tra Tomoyo e Sakura. La cinesina non riusciva ancora a credere che la sua amicizia con la giovane paladina delle carte potesse diventare tanto profonda. Ricordò il primo giorno che fece la conoscienza con lei e doveva ammettere che in principio la odiava, a causa del possesso della mano di Li. Tomoyo smise di singhiozzare tra le braccia di Sakura e riprese a ridere come all' inizio, lasciandosi delle piccole gocce di lacrima che le pendevano dalle ciglia. Rivolse la sua faccia divertita a Sakura, tenendola dalle spalle, e anche quest' ultima riprese nella risata allegra, così come Meiling che volle anche lei abbracciare la sua più cara amica ritrovata. In quel rumore di grasse risate, fece la sua comparsa alla porta spalancata della stanza un piccolo essere più o meno della stessa statura delle ragazzine. Questo emise un urlo a braccia aperte, pieno di nient' altro che gioia. La barba lunga e rossa gli cadeva al petto. I suoi capelli erano lo stesso rossi. Sakura riconobbe la figura di quell' essere che aveva le sembianze di un Nano a tutti gli effetti: << Gimli! >> disse la ragazzina sprizzante di felicità mentre le sue due amiche continuavano a ridere senza un domani. Gimli emise quindi anche lui la sua più bella risata, applaudendo al rincontro con Sakura dalla quale si era staccato dall' attacco degli Uruk-hai di Saruman. Il Nano socchiuse gli occhi dal grande sorriso che mostrò alla ragazzina nel vederla e si mise dinanzi al letto, lasciando che Meiling e Tomoyo ridessero ancora tra loro con la loro più cara amica. Subito dopo Gimli, nell' uscio si presentò un' altra figura, questa volta alta. Era un ragazzo dai capelli grigi e portava degli occhiali. Indossava una camicia bianca e pantaloni neri, e si mise a sorridere a Sakura: << Yuki! >> esclamò di nuovo lei. Il vero volto di Yuki, non più nella forma di Yuè, le si presentò agli occhi come una tra le più belle sorprese che le potessero mai capitare nella sua vita: << Ciao, piccola Sakura >> rispose con il solito sorriso il giovane. Sakura non riuscì ad evitare che i suoi occhi le si gonfiassero di lacrime per la ricomparsa del viso del ragazzo che fu per lei la prima cotta. La cattura carte si sentì che ancora non poteva scoppiare in lacrime. Infatti, come Yuki passò oltre la porta, dietro di lui comparve una seconda figura di un altro ragazzo, ma questo aveva gli occhi e i capelli neri e indossava un vestito completamente rosso. Il fratello di Sakura, Toy, fece un sorriso alla sua sorellina vedendola viva e vegeta nel letto. A sua volta la ragazzina non seppe non far scendere le lacrime ancora una volta, mentre stringeva con le braccia Meiling e Tomoyo: << Toy! >> disse infine lei, vedendo come risposta del fratello un gran sorriso a pieni denti quando si apprestava ad entrare nella stanza, senza mai distogliere gli occhi felici da sua sorella che pensava non avrebbe più rivisto. Toy si mise anche lui dinanzi al letto, affiancando Yuki con Gimli e con Kerochan che era in piedi sulla spalliera.

La Compagnia era finalmente riunita di fronte a Sakura e guardavano tutti la salvatrice della Terra di Mezzo che veniva strattonata ripetutamente dalle prime due amiche che la assalirono nel letto. Gimli si tolse una lacrima dall' occhio, assistendo alla scena di ben ritrovato in mezzo al vecchio gruppo. Ne avevano passate insieme, tra mille pericoli e ostacoli, ma ce l' avevano fatta alla fine. Il male era sconfitto, e sembrava non dovesse più tornare ora, in quel luogo incantato di una qualche stanza radiosa. Sakura cominciò così a parlare a Meiling e a Tomoyo del suo tempestoso viaggio, così come fecero a loro volta le due amiche dalla loro cattura per mano degli Uruk-hai fino al loro incontro con Sakura, tagliando negli eventi che volevano raccontare in un secondo momento alla loro amica. Meiling mimò una caduta di un pesce sul materasso, raccontando probabilmente qualche avvenimento che stava raccontando alla sua amica cattura carte: << Pensavamo di tornare insieme, e ciò è avvenuto per fortuna! >> esclamò il piccolo Kerochan alzando le piccole braccia bianche. Sakura e gli altri ascoltarono le parole del Guardiano bianco con grande allegria, poi si mise a parlare la ragazza: << Sono così felice e commossa dal rivedervi, ragazzi. Temevo che non ce l' avrei fatta >> ammise strofinandosi gli occhi Sakura. Poi si accorse che la mano in cui era stata ferita al dito, era improvvisamente guarita e di nuovo completa. Si portò l' arto davanti ai suoi occhi e si mosse le dita contemporaneamente, rimanendo senza parole al miracolo che l' aveva colpita: << Ma come è successo? >> << Ho fatto in modo che con la mia magia la tua mano rispondesse perfettamente ai movimenti di prima >> rispose Kerochan: << Sei stato in grado di guarirmi? Grazie, Kero >> disse Sakura soddisfatta: << Beh, ce un' altra persona però che ti ha sempre sostenuto nel viaggio >> annunciò il peluche bianco. Tutti si voltarono verso la porta, trovando alla sua comparsa il giovane Li Shaoran, il ragazzo di Sakura. Questo indossava una maglietta bianca con pantaloni marroni, ed era del tutto libero dalla sua vestaglia verde. Sia Meiling che Tomoyo scesero dal materasso per fare spazio ai due amanti di congiungersi con gli sguardi. Li fece alcuni passi nella stanza, non distaccando gli occhi da Sakura che anche lei non smetteva di fissare la persona che rimase nonostante i loro conflitti al fianco della portatrice dell' anello. I due si sorrisero lievemente l' un l' altro, entrambi in fondo rammaricati da ciò che li aveva divisi. Nessuno dei due volle agire sull' altro per un riattaccamento d' affetto, perchè erano molto provati dal tortuoso viaggio che bastò solo per loro un sorriso per risistemare le cose. Dopodichè Sakura chiese di scendere dal letto per uscire dalla stanza in cui era. I suoi piedi, con le pantofole indossate, calpestarono il duro pavimento di un' antica città. La ragazzina era accompagnata da Kerochan che le fluttuava all' altezza della testa. Sakura si fermò sull' uscio della porta vedendo molti volti sconosciuti che cominciavano a fissarla con serenità e con un gran sorriso. La gente del luogo non era altro che i cittadini di Minas Tirith che ora splendeva più bianca di prima, dopo che fu ricostruita dall' assedio degli Orchi.

Sakura fece per camminare tra la folla che le indirizzava un bel sorriso. Davanti alla ragazzina si pararono tre figure dai capelli biondi che le mostravano anche loro il loro più bel sorriso. Solo dopo Sakura fece la loro conoscienza come Eomer, Eowyn e Faramir. Dopo aver saputo del nome della Città di Minas Tirith e di quello che il Guardiano alato aveva passato durante l' assenza della sua paladina delle carte, lui insieme a Sakura camminarono fino a sopra la rupe della dimora bianca dei Re. Si fermarono nel cortile dell' Albero Bianco, passeggiando un po' prima di sedersi in una panchina che circondava l' arbusto: << E così hai combattuto con i tuoi nuovi poteri da Guardiano bianco? >> domandò Sakura seguita sempre dal piccolo peluche: << Si, esatto >> << Dovrò abituarmi a questa tua nuova trasformazione >> ribattè Sakura poi sedendosi nella panca con un sospiro. Kerochan si sedette al suo fianco: << Devo ammettere che questa città non è niente male. Un po' mi dispiace lasciarmi tutto questo alle spalle >> si disse la cattura carte con amarezza e ammirando il bel cortile della piazzetta dell' Albero Bianco: << Partire? >> chiese il piccolo peluche. Sakura gli lanciò un' occhiata confusa, non capendo la risposta dell' amico: << C'è un' ultima cosa da fare, Sakura >> disse solenne il Guardiano: << E cioè? >> << L' incoronazione del nuovo sovrano >> rispose il piccolo Kerochan: << Ah, sì! E' vero. Me ne avevi parlato. Quasi me lo dimenticavo, eh eh eh! >> rise sbadatamente la ragazzina: << Sai, Sakura, tuo fratello Toy se lo è davvero meritato il ruolo di re di Gondor >> << Stai dicendo che è lui che è stato scelto come successore di questo regno? >> domandò Sakura non accennando ad un attimo di pausa all' improvvisa notizia. Poi la piccola ragazza fece una lieve risata, trattenendola dalla bocca che si teneva chiusa con un l' indice piegato: << Caspita io non ce lo vedrei indossare una corona a mio fratello, dopo tutti litigi che mi ha fatto passare quando eravamo piccoli. E quindi a Toy è un Re. Mh, molto bene >> commentò ancora la ragazzina ripensando alla più alta carica che suo fratello aveva ricevuto: << Ti devo dire che tuo fratello si è dimostrato tutt' altro che un ragazzino come lo conoscevi tu. Avresti dovuto vedere il momento in cui ha caricato contro gli Orchi, dopo che ha pronunciato il tuo nome. Se ne era andato allo sbaraglio con grande coraggio... >> nel raccontare le gesta di Toy, Kerochan si mise in piedi sulla panchina e prese nello svolazzare nell' aria, mimando gli scontri che il ragazzo fece con i suoi piccoli pugni gialli. Sakura guardò e ascoltò Kerochan di spalle al suo lato che era impegnato nel mimare ciò che raccontava con un sorriso che sembrava forzato. La ragazzina incurvò il sorriso, facendo una faccia rattristita nell' istante in cui il piccolo peluche non la guardava. Abbassò il capo in giù e si strinse i pantaloni bianchi all' altezza delle sue ginocchia: << ...e infine è stato anche il comandante di un esercito di morti che... >> Kerochan si fermò nel parlare non appena notò una volta girato l' espressione della cattura carte che fissava verso il terreno.

Il peluche bianco le si avvicinò davanti alla testa china e fece per toccarla: << Sakura, qualcosa non va? >> << Non lo rivedrò mai più, vero? E' così? >> disse la cattura carte con gli occhi tristi: << Ti riferisci a Toy? >> e lei annuì silenziosamente per rispondere al piccolo animale volante: << Mi dispiace, Sakura >> rispose Kerochan abbassando anche lui di poco la testa. Sakura risollevò il suo capo e guardò per alcuni secondi con aria triste Kerochan che stava davanti ai suoi occhi. Poi gli chiese: << Quando averrà l' incoronazione? >> << Domani mattina >> << Allora domani, se sarò in forze, andrò a vederlo un' ultima volta. Altrimenti puoi dirgli che gli manderò delle lettere nel caso in cui nostro padre venisse a sapere delle nostre avventure >> quello fu come un segreto per Kerochan che doveva mantenere ad ogni costo nei confronti del fratello della sua migliore amica. Sospirò amaramente: << Va bene. Nel caso non fossi in grado di restare, ho già avvisato agli Elfi che devono venire di accompagnarti nel viaggio verso casa tua >> e si allontanò da Sakura, volando verso la dimora bianca. Sakura tornò a guardare verso terra, ma aggiunse un' ultima cosa Kerochan: << Però sono sicuro che non sarete poi tanto lontani, dopotutto >> la cattura carte tirò su lo sguardo verso il piccolo Guardiano che le sorrise strizzando i piccoli occhietti neri. Gli occhi verdi della cattura carte si fecero di nuovo pieni di vitalità, mentre un bel sorriso le si stampava in volto, ricambiando quello del piccolo peluche alato. Questo continuò a svolazzare per la sua strada, sapendo di aver rincuorato con le sue parole la piccola Sakura alla vigilia della sua più totale separazione con il fratello. La notte venne goduta con serenità dalla ragazzina, che si ritrovò così a vedere le prime luci dell' alba del giorno successivo. Tra poche ore ci sarebbe stata la fatidica incoronazione del Re Elessar.

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Capitolo 57
*** Episodio 218: Il ritorno del Re ***


Quel giorno doveva essere per tutti il più bello. E per la prima volta le aspettative della gente di Gondor furono avverate. I raggi del sole fuoriuscivano più luminosi che mai dal cielo sgombero di nuvole nere. La grossa stella lucente si alzava da sopra l' alta catena montuosa che si poggiava alle spalle della Città Bianca, anch' essa appariva più splendente che mai. Le piccole ombre sui pendii della montagna rocciosa ora non facevano più effetto al pubblico che sovrastava sulla superficie della rupe bianca. Ed era proprio lì che si teneva la cerimonia in occasione dell' incoronazione del nuovo Re degli Uomini. L' intero cortile dell' Albero Bianco era occupato in ogni suo metro quadrato da ogni abitante e guardia che era risiedente nella bianca cittadella di Gondor. Le molte fila di uomini e donne andavano a chiudere ogni spazio libero della rupe, per assistere all' evento che cambiava le sorti del governo della razza degli Uomini liberi ora senza più alcun sovrintendente che bramava anch' egli nelle ombre della rovina. I tanti giorni di sofferenza per Gondor e per l' intera Terra di Mezzo stavano per mettere la parola fine con il breve atto che si sarebbe svolto in quegli istanti. La gente si fermava dinanzi alla dimora bianca dove stava il perfido Denethor. Il cortile esterno delle mura di Minas Tirith, faceva uno strano effetto ora che era ripulito da qualsiasi cadavere. Così lo stesso effetto di liberazione lo fecero le pareti ricostruite della fortezza bianca, dopo l' assedio degli Orchi di Mordor. Ed ecco che si poteva vedere il giovane Toy, inginocchiato sulla fine dei gradini verso l' alto che attendeva con il capo chino che il suo ornamento gli fosse depositato sopra ai capelli neri. Il ragazzo portava un' armatura argentata e indossava un mantello nero. Di fronte a lui c' era il piccolo Kerochan, bianco in tutta la sua pelliccia e si accingeva a prendere con le piccole mani la corona che era poggiata su un cuscino rosso che a sua volta era tenuto alzato dal Nano Gimli, che smise del tutto di indossare la propria armatura da guerra, sicuro di essere finalmente libero da conflitti che potevano colpire la sua gente. Ai lati della gradinata dove era racchiusa la scena dell' incoronazione, c' erano delle guardie e soldati di battaglia che tenevano alzate le proprie lance con i loro scudi, come da cerimonia.

Il piccolo Guardiano prese delicatamente la corona dal cuscino, bella e argentata, e se la portò in alto alla testa di Toy. Poi con l' aiuto delle sue due piccole ali, fece in modo che il ferro della corona toccasse dolcemente il cranio di Toy. L' oggetto argentato aveva due specie di ali di fronte e dietro con alcuni diamanti incastonati in esse. Gimli guardò con gli occhi lucicanti di meraviglia la bellissima corona che lentamente poggiava verso il basso, e tenne anche la bocca spalancata dall' emozione di quel momento. Infine, Kerochan abbassò interamente la corona seguendola con lo sguardo. Lo stesso Guardiano incoronò così il giovane Toy, divenuto così il Re di Gondor. Posizionò accuratamente la corona e rivolse un sorriso al ragazzo appena incoronato: << Ora arrivano i giorni del Re >> annunciò a grande voce il piccolo animale volante a tutti i presenti che si sporgevano per vedere l' atto di incoronamento verso il loro nuovo sovrano. Kerochan si librò un po' più in alto da Toy, staccando le manine dalla corona che adornava con più regalità il guerriero Re. Questo rivolse un sorriso a Kerochan che si mise a mandare un augurio ai popoli della Terra di Mezzo: << Possano essere benedetti! >> si disse con convinzione il peluche tornando indietro nel volo per permettere a Toy di rialzarsi. Il giovane si distolse dalla posizione da inginocchiato in cui era, mettendosi in piedi alle spalle di tutta la gente che lo guardava da dietro. La faccia che fece fu quella di uno che doveva esibirsi da un momento all' altro sul palco, e attendeva che i sipari si aprissero. Toy emise un sospiro di incoraggiamento, poi si voltò con tutta la bellezza che la sua corona gli stava dando verso il popolo riversato nella piazzetta del regno di Gondor e salendo sopra la fine dei gradini mentre Gimli e Kerochan si mettevano nei gradini di sotto per far capire la sovranità di Toy. Un forte urlo di entusiasmo e forti applausi si levarono da tutte le persone che circondavano il cortile bianco della dimora dei sovrintendenti. Ora acclamavano il loro nuovo Re pacifico, dopo che furono trascorsi molti anni dall' incoronazione del loro ultimo re. Le mani di ogni cittadino presente lì battevano in alto al cielo e con grande foga alla riuscita della coronazione di Elessar. Toy, portante la sua corona alla testa, osservò con pacatezza il nuovo suo popolo che lo accoglieva davanti a lui. Aspettò che gli scrosci di applausi terminassero. Poi diede inizio al suo discorso da nuovo sovrano: << Questo giorno non appartiene a un uomo solo, ma a tutti >> si guardò intorno alla sua gente con tanta speranza e sollevò le mani come se fosse un Re celestiale che aveva anche il compito di papa: << Insieme ricostruiamo questo mondo, da poter condividere nei giorni di pace >> le prime parole del nuovo Re convinsero il popolo radunato e altri applausi e gridi di entusiasmo partirono dalla folla.

Gimli si mise giù nei gradini, ai lati insieme alle altre guardie di Gondor. Una pioggia di petali bianchi d' improvviso scese sopra le teste della gente. Il Nano tirò lo sguardo in alto al cielo aperto, che come un miracolo, sprigionò la pioggia primaverile di petali di fiori in occasione del futuro roseo che la Città di Gondor doveva aspettarsi. Il Nano spalancò la bocca all' ennesima meraviglia di quel giorno a lungo non definito felice. Tra la gente che si mise ad applaudire, c' erano pure Faramir, con la sua solita armatura argentata da soldato, a fianco ad Eowyn, più bella del solito e in abito bianco. La donna portava intorno alla testa una coroncina dorata e sottile. I due ora erano più che mai innamorati e felici anche per il bel giorno che si stava prospettando, e si scambiavano sorrisi armoniosi anche in vista del loro futuro radioso. Sotto la continua pioggia di petali bianchi, la gente proseguiva nell' applaudire ininterrottamente tra i sorrisi. Perfino le guardie, anche se erano nel loro stato dell' attenti, non poterono non rivolgere un gran sorriso in quel momento. Toy chiuse gli occhi e cominciò a intonare un canto. Le persone smisero di applaudire alla meravigliosa voce che il nuovo Re degli Uomini stava per far uscire fuori. Le parole erano elfiche, insegnategli dalle stesse creature fin da quando era bambino. Il giovane Re si mise a cantare: << Giungo dal Grande Mare nella Terra di Mezzo >> l' armoniosa voce si sparse con sonorità tra tutte le orecchie dei presenti, mentre i petali cadenti dal cielo di primavera inondavano la dimora del nuovo sovrano. Toy riaprì gli occhi, cogliendo la serenità di quel posto, tanto cercata dopo che due persone elfiche avevano segnato con la loro morte il carattere da guerriero del giovane. Queste due persone si trattavano di Haldir, e della dolce Arwen, entrambi morti per mano delle forze del male durante la Guerra dell' Anello. Toy era riuscito a riportare la pace in tutta la Terra di Mezzo, vendicando così le vite di Haldir e di Arwen. Quella pioggia di petali sembrava che il cielo l' avesse lasciata cadere in memoria delle vittime durante le molte battaglie svolte per la distruzione dell' anello maligno. Nessuno potè mai dimenticarsi delle gesta eroiche del grande Thèoden, ora anch' egli nel regno divino in attesa di una nuova avvenuta tra i suoi cari. Così come nessuno potè dimenticarsi di altre persone che hanno sacrificato la loro vita per salvaguardare qualcosa appartenente a loro. Tutti avevano sofferto in questo periodo di guerre senza fine, ma adesso si poterono levare ogni sofferenza con l' acclamazione del loro Re sovrano, che guardava ai suoi occhi quello spettacolo della sua gente ammutolita dalla sua voce, sotto una rosea pioggia di petali: << Sarà questa la mia dimora, quella dei miei predecessori, sino alla fine del mondo >> concluse intonato Toy. Scese le gradinate per passare in mezzo al corridoio che la sua gente aveva formato. Nella passeggiata vide da un lato alla sua destra Eowyn insieme a Faramir che si chinarono al suo cospetto, così come fecero le altre persone che osservavano il Re. Eowyn e Faramir risollevarono lo sguardo verso Toy, anche loro erano sereni sapendo che ora la Terra di Mezzo non avrebbe più avuto i suoi martiri.

I due erano legati dalle perdite di padri e di fratelli o cugini che li avevano portati all' unione tra loro. Toy ricambiò loro un sorriso sereno, scusandosi tramite questo con la donna di Rohan la quale diede una delusione all' inizio sull' amore che questa gli offrì, rifiutandolo. Ora però anche i più piccoli litigi erano ormai acqua passata, solo gioia e armonia si sparsero quel giorno a Gondor. Toy proseguì dopo che fece l' inchino a sua volta ai suoi cittadini che si abbassavano a lui. Vide poi dalla parte opposta della fila Eomer. Anch' egli divenuto sereno, fece un passo in avanti per chinarsi al suo Re e amico di battaglia. Il giovane sovrano lo salutò quindi chinando di poco il capo. Dietro a Toy c' erano Gimli con il piccolo Kerochan che seguivano la camminata del Re, insieme ad alcune guardie di Gondor dietro al suo mantello nero. Toy rivolse lo sguardo in avanti sotto la continua caduta di petali bianchi, trovando il suo amico Yuè che gli veniva incontro nella più totale pacatezza. Egli portava una sottile coroncina elfica intorno alla sua testa, e dietro di lui vi erano un gruppo di Elfi. Toy come li vide, aveva saputo da Kerochan che sua sorellina sicuramente era stata riportata a casa senza vedere l' incoronazione del fratello. Si sentì un lieve nodo alla gola come si avvicinava alle creature elfiche. Toy e Yuè furono di fronte, l' uno all' altro, sorridenti a vicenda. Si misero le mani sulle spalle, e Toy con tanta fiducia nel suo amico Giudice, gli disse in elfico: << Grazie >> ringraziandolo di tutte le avventure passate insieme e dei pericoli che superarono. Yuè sorrise di più, e i suoi occhi azzurri rotearono alla sua destra, tenendo sempre la faccia rivolta al suo amico Re. L' occhiata che diede Yuè da una parte fu un avviso per Toy che capì, quando il Giudice Supremo rindirizzò lo sguardo su di lui. Toy quindi guardò oltre la spalla di Yuè, fermandosi nel guardare la cosa che vide. Volle rigirare lo sguardo, ma pensò di capire cosa stava per succedergli. Due elfi si scostarono per far vedere a Toy un velo bianco eretto, tenuto da qualche persona dietro. A fianco al velo bianco, c' era Re Elrond, riconosciuto nel silenzio e nella confusione del giovane. Il Re Elfo era vestito totalmente di bianco come il resto dei suoi compagni. Ma non era lui che reggeva il velo bianco. La persona che era dietro, scostò il tessuto pallido, rivelando a Toy l' identità dell' elfo che era nascosto dietro. Infine, Toy la vide. Era Arwen. Bianca come sempre nella pelle, portava una veste bianca anch' essa con una corona degna di una regina e bianca anche questa alla testa. Toy si scostò dalla spalla di Yuè per incamminarsi verso la fanciulla, il quale azzurro nei suoi occhi lo incantò come sempre. Era resuscitata dai morti, ma sembrava che il suo dolce viso insieme alla sua bellezza non fossero stati scalfiti dalla morte, lasciando l' elfo donna più viva che mai. Elrond, con un sorriso misto a commozione e felicità, bisbigliò qualcosa alla figlia che si incamminò incontro a Toy, fissandolo nel nero dei suoi occhi e reggendo da un lato il velo bianco che finora l' aveva tenuta nascosta in tutta la faccia. Toy e Arwen adesso erano i protagonisti e amanti della scena che si svolgeva fra loro, osservati intorno dalla molta gente.

I due furono l' uno di fronte all' altra. Arwen abbassò lo sguardo, suscitando un pensiero di mancanza dal suo amato che doveva ancora essere colmato. Toy scostò da una parte il bastone del velo bianco per riuscire a vedere completamente Arwen. Questa non riusciva a trovare le parole da dire a Toy, abbassando di nuovo lo sguardo a terra. Il giovane inclinò il capo da un lato, cercando nel silenzio lo sguardo di Arwen che sembrava quello di un cane bastonato. La fanciulla risollevò la testa per la mano di Toy che la poggiò sul suo mento. Gli occhi dei due si incrociarono di nuovo ed Arwen sospirò, rendendosi forse conto di essere riuscita a scampare alla morte e a rivedere il suo amato vivo. Gli occhi di lei le si fecero lucidi dall' emozione trattenuta in un sorriso. Toy guardò quasi con tristezza e stupore la donna che aveva sempre amato, ora che si presentava a lui con l' aspetto di come l' aveva lasciata. Toy senza esitazione, affondò le sue labbra in quelle di Arwen, avvolgendo i due in un bacio passionale di fronte a tutta quella gente e sotto i petali bianchi che continuavano a scendere. La gente riprese ad applaudire al bacio dei due. Arwen fece cadere l' asta del velo bianco, poggiando le sue braccia intorno a Toy. I due fecero alcune giravolte, non staccandosi mai dal bacio profondo con gli occhi di tutti che li continuavano a fissare. Tutti i sorrisi ora si spalancarono ancora di più dalle loro labbra, mostrando i molti denti bianchi che finora nascondevano. Elrond applaudì a sua volta all' amore e alla vita che sua figlia era riuscita a trovare con Toy, trattenendo le lacrime che l' Elfo stava per far cadere dalla commozione. Toy guardò Arwen con gli occhi suoi che le dicevano che aveva perso le speranze di rivederla, ma adesso potè tornare a sorriderle, piangendo dalla gioia di toccare di nuovo le sue labbra. Arwen si staccò dal bacio, rimanendo sempre vicina al naso di Toy e lo accarezzò nelle guance rigate dalle lacrime, riprendendo a baciarlo. Toy e Arwen si accarezzarono a vicenda, anche tra le lacrime di alcuni cittadini che li stavano a guardare intorno. Poi il giovane abbassò la sua testa nelle spalle di Arwen che scoppiò in un bel sorriso a denti stretti, riabbracciando il suo amato rincontrato. Toy e Arwen continuarono a passeggiare tra la folla che si faceva spazio, aprendo un corridoio per i due amanti. Si tenevano mano nella mano, spensierati come giovanotti. Toy non aveva ancora visto sua sorellina nei dintorni, e intuì che era già arrivata a casa. Ma gli bastò svoltare l' angolo di un paio di persone per ricredersi sui suoi pensieri. Di fronte a lui e ad Arwen, ci furono da sinsitra Meiling, Sakura, Li e Tomoyo. I quattro ragazzini partiti insieme a lui, lo guardavano con felicità, consapevoli di doverlo salutare un' ultima volta: << Sakura... >> fece per parlare il fratello Re. La ragazzina aveva smesso di versare lacrime, e tirava avanti un gran sorriso: << Non dire niente, fratello. So che il tuo compito è quello di controllare questa Città >> Toy emise un sospiro quasi di stupore e tristezza alle parole che Sakura disse, non aspettandosi que suo atteggiamento duro.

Sakura riprese a parlare: << Ed è per questo che decido di congedarmi dal nostro legame di fratellanza >> il ragazzo però emise un' espressione del tutto che felice, non adattandosi per niente all' armonia del luogo. I tre amici che circondavano la cattura carte rivolsero un sorriso, come se stessero bene con qualcuno, al loro Toy che dovevano lasciare per sempre. Arwen però capì le vere intenzioni di Toy, che lo vide del tutto spaesato in mezzo a quella gente, osservando inerme la decisione presa duramente da Sakura che voleva accettare di separarsi da lui. Dietro a Toy e ad Arwen, si avvicinarono il piccolo Guardiano alato con Gimli e Yuè, che si dimostrarono dispiaciuti per il colpo morale che Toy ricevette. Tutti nella piazzetta si fecero a tratti seri. L' elfo femmina poggiò le sue mani nelle guance del giovane rattristito e girò verso di lei la sua faccia, guardandolo ancora negli occhi ora che si facevano a poco a poco lucidi: << Il tuo destino è proteggere tua sorella. Lei ha bisogno di te, e tu di lei >> disse con voce dolce Arwen: << Mi dispiace, Arwen, se non posso stare con te >> rispose il giovane affranto, cogliendo il volere dell' elfo di lasciarlo andare da sua sorella: << In verità, anch' io devo partire. Tu sei troppo legato a tua sorellina, il vostro legame non può essere spezzato. Ed è proprio tua madre che volle questo saldo aggancio tra voi >> il ragazzo cominciò a tremare dal pianto, non aspettandosi di dover dire addio ad una persona tanto amata da lui: << Andrò nelle Terre mortali. Lì troverò la vera pace. Non dolerti per la mia partenza, perchè mi era già prevenuto il tuo vero destino >> detto questo, Arwen baciò più intensamente Toy che a sua volta spezzò i continui singhiozzi con l' unione delle sue labbra all' elfo donna. I presenti ripresero ad applaudire più forte che mai con Elrond che fu anche lui al fianco dei tre amici di Toy che gli furono alle spalle nella camminata. Sakura riprese a sorridere, facendo cadere alcune lacrime dall' emozione che quei momenti la portarono. Così come Meiling e Tomoyo ebbero la stessa reazione di Sakura, ma queste si asciugarono in fretta le lacrime per continuare ad applaudire i due amanti. Li continuò anche lui a seguire i gesti delle tante persone, rasserenato dall' intenzione di Toy di restare nel gruppo. Fu ancora più felice quando Sakura riprese a sorridere come si doveva, non trattenendo più le lacrime che doveva far scendere in quell' occasione. Toy si staccò dal bacio di Arwen, e fece alcuni passi all' indietro, roteando i suoi occhi a tutto il popolo riversato lì. Estraò la sua spada Narsil, dicendo con voce che poteva essere udita da tutti: << Mi scuso anche con tutti voi. Ma non posso essere io il Re >> disse tagliando corto il giovane. La spada la indirizzò con la punta verso il duro pavimento, e la gettò con forza su di esso. La lama si ruppe in tanti pezzi, proprio come successe alla spada originale, distaccandosi dal ruolo di discendente degli Uomini di Numenor. La gente di Gondor però capì al volo ciò che stava facendo il ragazzo, e si tolse la corona alata per porgerla ad un altro sovrano che voleva lui stesso eleggere. Toy si fermò dall' unico conoscente di Gondor, Faramir, andando verso di lui per mettergli la corona. Ma il capitano della Città, lo anticipò, fermandosi al suo cospetto. Toy mise la corona sulla testa di Faramir che abbassò per farsi incoronare.

Il ragazzo biondo risollevò il capo, scambiando un sorriso con Toy. I due si presero per le spalle, e Toy disse a Faramir: << Eriol sarebbe orgoglioso di te >> il giovane capitano stirò ancora di più il suo sorriso, per poi abbracciarsi con Toy per darsi l' ultimo saluto con lui. Eowyn a sua volta sorrise, accettando il gesto di Toy con la folla che approvò anche lei il degno sovrano di Gondor. Toy, infine, si voltò verso Sakura e i suoi tre amici. Faramir seguì lo sguardo di Toy, affiancato sempre da Arwen, e rivolgeva grande rispetto sui due che aveva conosciuto a Osgiliath, Sakura e Li. Questi si chinarono al cospetto del nuovo Re Faramir, seguiti anche da Tomoyo e da Meiling. Ma vennero fermati da Toy, che prese parola, intuendo nello sguardo di Re Faramir un qualcosa che i quattro piccoli avventurieri non dovevano fare: << No >> disse Toy facendo alcuni passi in avanti. I quattro amici ritirarono su la testa, ascoltando ciò che il giovane aveva da dire a loro: << Non inchinatevi a nessuno >> annunciò il giovane ex Re. E questo, seguito da Faramir, Arwen e gli altri, si chinò al cospetto di Sakura e dei suoi amici intorno. Così fecero anche Gimli, Yuè e Kerochan. Tutta la gente nella piazzetta avevano riconosciuto l' impresa più grande di tutti, quella che i quattro amici avevano intrapreso in quelle terre e dove nessuno aveva mai avuto l' intenzione di portare avanti. Si chinarono così ai quattro con tanto rispetto di sovranità, in una scena emozionante. Tutta la gente sulla rupe, comprese le guardie, si videro le proprie schiene inclinate verso il pavimento sugli eroi principali che portarono alla salvezza della Terra di Mezzo. Sakura e Li, che in confronto a Meiling e Tomoyo rivolgevano un sorriso alla gente chinata a loro, erano quasi impauriti e irrequieti al gesto che le molte persone fecero. I due erano più provati nella serietà, essendo stati coinvolti in più episodi di tristezza che li portarono quasi a uccidersi a vicenda. Sakura roteò da una parte e dall' altra i suoi occhi verdi, colpita all' ultimo dall' emozione del gesto che Toy e gli altri fecero davanti a lei. Però anche a lei dispiaceva lasciare quel magico posto, dopo le tante avventure passate, doveva dire addio alla Terra di Mezzo. Toy si risollevò dalla posizione in cui era, insieme a Yuè e a Gimli. Il Giudice Supremo mise una mano sulla spalla del ragazzo, continuando a sorridergli. I membri della Compagnia si riunirono intorno a Toy, fissati con felicità da Arwen e da Elrond. Dopodichè tutti si risollevarono in piedi. Toy incrociò lo sguardo del Nano che capì che dovevano lasciarsi con lui: << Torniamo a casa >> disse sempre il giovane rivolto a tutti i membri, compreso Gimli che non poteva venire, per partire alla volta di Tomoeda. Il piccolo Kerochan annuì alla proposta di Toy, non appena anche Sakura e Li con Tomoyo e Meiling gli furono davanti. Così lasciarono la grande fortezza bianca di Minas Tirith, tra i saluti strappalacrime di Meiling con Eowyn, e quelli di Tomoyo con Faramir, per abbandonare le molte persone accorse lì ad occupare la rupe che li racchiudeva in una grande famiglia. Yuè si salutò così con Gimli che disse di rimanere a Minas Tirith per un po', per poi partire anche lui per Valinor. Il gruppo originario di Tomoeda lasciò per sempre il regno di Gondor.

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Capitolo 58
*** Episodio 219: Verso casa ***


Tra i cavalli che diedero loro la gente di Minas Tirith, Sakura insieme al suo gruppo originale, seguì la mappa della Terra di Mezzo che non consultava dall' inizio del viaggio. Guardò l' ultimo posto in cui era stata, proprio la fortezza di Gondor, ora in minatura nella cartina e lontana dalla cattura carte che prima fra tutti si lasciò alle spalle i luoghi oscuri e tetri che dovette percorrere. Nel lungo viaggio di ritorno, Sakura annotava tra i giorni che percorse il resoconto delle sue avventure sul suo diario di bordo: << E fu così che ci lasciammo alle spalle le grandi lande della Terra di Mezzo >> il gruppetto, accorto del piccolo Kerochan che rimase ancora un po' lì a Minas Tirith, passò sotto i valichi delle montagne che conducevano a Gondor. Ma queste le percorsero nella strada di ritorno, andando verso Rohan, la città degli Uomini dei Cavalli. Vi passarono solo in lontananza, riosservandola anche nella cartina disegnata e sentendo già la mancanza di stare al suo interno. Passarono poi per la foresta di Fangorn, sempre a distanza da essa, e Meiling e Tomoyo riaffiorarono alla mente i ricordi passati con Barbalbero. Non videro nelle circostanze il grande umanoide, forse già riposava nel suo habitat naturale. Ma alla fine le due furono sollevate dai bei momenti che passarono insieme, e salutarono a piena mano la foresta anche se Barbalbero non le vedeva da quella collina sovrastante Fangorn. Risalirono il Fosso di Helm, annotato nella cartina sempre da Sakura, che durante le notti in cui si riposava lei scriveva sempre sulle pagine del suo diario: << E la Compagnia dell' Anello, pur legata in eterno da amicizia e amore, ebbe fine >> ripensava al gruppo di amici partito da Gran Burrone con il quale condivise nel primo tratto fino a Moria, una salda unione reciproca. Poi lentamente cominciò a dividersi la Compagnia, con la perdita di Kerochan e di Eriol. Infine, all' ultimo punto di ritrovo degli amici, Sakura notò che solo il maghetto non era presente.

Un altro componente però dovette staccarsi dalla Compagnia, e fu Gimli, che con l' aiuto che aveva dato al gruppo di Sakura, si sollevò da ogni incarico per salvaguardare qualsiasi suo regno dei Nani. A quest' ora il piccolo Nano sarà già partito per le Terre mortali, pensò ancora Sakura. Il giorno seguente, riprendendo il viaggio, la ragazzina insieme a suo fratello Toy e a Yuki, ritrasformatosi in forma umana, con Meiling e Tomoyo e Li, riconobbero tra le distese di rocce l' ingresso esterno delle gallerie di Moria. Il primo luogo che dovettero oltrepassare e il quale segnò per loro un brutto evento. Ora che ci ripassavano intorno, non faceva più effetto la sua vista agli occhi dei nostri eroi. Si lasciarono indietro anche il reame di Lòrien, che vedendolo di passaggio, si ricordarono della dama Galadriel, bella e fredda con le sue parole di tentare anche lei alla presa dell' anello dalle mani di Sakura. Anche lei era un lontano ricordo, ma rimanè come buona consigliera nel cuore della cattura carte. Infine, Toy passò di ritorno sempre affiancato dai suoi compari, nelle vicinanze di Gran Burrone, la cui valle era come al solito incantata dall' enorme cascata che scendeva fino a giù: << Dopo tredici mesi precisi da quando Kerochan ci aveva spinti al nostro lungo viaggio, ci ritrovammo a guardare un panorama familiare. Eravamo a casa >> la ragazzina annotò quest' ultima parola sul suo diario. “Casa”. Erano dunque passati tredici mesi da quando lei era partita, e come Kerochan poco prima che Sakura ripartisse da Minas Tirith, le disse che trascorse poco più di un anno nel suo viaggio, questa a stento riuscì a credere alle parole del piccolo Guardiano. Ma ora l' unica cosa che pensava era di godersi il paesaggio di Tomoeda, insieme a Li e al resto del gruppo in groppa sui rispettivi pony con valigie appese ai loro fianchi. Dopo che ebbero superato la locanda del Puledro Impennato, dove fu Toy ad accogliere sua sorellina insieme ai suoi tre amici, finalmente rividero già i primi palazzi di Tomoeda che si innalzavano dalla strada che conduceva alla grande città. Meiling, Tomoyo, Li, Sakura, Toy e Yuki, tutti e sei percorsero l' asfalto della strada in fila indiana per entrare nelle prime vie di Tomoeda. Il tempo sembrò non essere mai cambiato da quelle parti, rimanendo sempre con la solita chiarezza mattutina che si presentava ai suoi abitanti. La vista di Tomoeda per Sakura fu come la serenità che le pervase l' animo dopo tanto tempo. Fu come se la piccola cattura carte fosse tornata alla deriva, in seguito ad essere scampata ad una violenta tempesta. Ora per lei tutte le guerre erano ormai lontane stando sopra al suo destriero, i quali zoccoli toccavano l' asfalto della città. La ragazzina quindi ora aveva 15 anni, e non ebbe il tempo di festeggiarli a causa del percorso che stava ancora facendo. Così come gli altri, tutti nel gruppo avevano un anno in più rispetto al giorno in cui partirono da Tomoeda per fare il lungo viaggio. Toy e Yuki, invece, avevano entrambi 18 anni. Il gruppo di Sakura svoltò l' angolo di una recinzione di un muro, entrando tra le vie deserte delle case che erano sparse ai lati della strada e l' una che si affacciavano all' altra opposta al marciapiede.

Gli avventurieri che fecero rientro a casa, portavano delle magliettine nere con al centro l' Albero Bianco di Gondor e dei mantelli scuri. Videro che le stradine erano sì vuote di gente, ma la vita continuava nei cortili dei caseggiati. Notarono un uomo anziano, basso e cicciotello che spazzava nel punto di fronte a casa sua. Il vecchio alzò lo sguardo da terra, sentendo degli scalpitii di zoccoli di cavallo in avvicinamento. Vide sei animali che passeggiavano davanti a lui, essendosi messo a spazzare fuori dal cancelletto di casa sua. Stava per riabbassare la testa, ma i suoi occhi vollero fermarsi per continuare a fissare le persone che notò con la coda dell' occhio che erano seduti sopra i piccoli quadrupedi. Fissò con dubbio i ragazzini, avendoli già visti tutti e sei da qualche parte. La prima della fila fu Tomoyo, che salutò al vecchietto dopo tanto tempo dalla lontananza dagli abitanti di Tomoeda: << Salve >> disse la ragazzina. Dietro di lei, c' era la sua amica del cuore Sakura che salutò sorridente l' uomo con un gesto del capo, dicendogli: << Buongiorno >> ma il signore anziano guardò i passanti come se fosse rimasto imbambolato da qualcosa e li osservava con un broncio tipico della vecchiaia. Passò poi Meiling con suo cugino Li che fecero cenno con la testa un saluto al vecchio spazzino, che fino ad ora rimase ancora fermo nel ricambiare i saluti. E per ultimi ci furono Toy e Yuki; il primo salutò con un lieve imbarazzo il signore, a causa dell' impressione che il giovane poteva dare a questo per i suoi vestiti da cavaliere medievale che indossava: << Buongiorno >> disse Toy di fretta e sollevando la testa in su per non incrociare dall' imbarazzo gli occhi scrutatori dell' anziano. Yuki, con i soliti occhiali da studente che si portava, aveva un effetto da nobil uomo con l' armatura nera che sfoggiava all' occhio del testimone a cui passavano davanti: << 'Giorno >> lo salutò Yuki, affiancando il suo amico Toy, in modo confidenziale. Il signore lasciò che i sei ragazzi furono abbastanza lontani dalla sua vista per riprendere a spazzare nei dintorni del suo ingresso, dopo che scuotè la testa in direzione dei suoi passanti come se li avesse avvisati di un qualcosa che loro non avevano fatto. Sakura e i suoi amici si affiancarono l' un l' altro, occupando la strada libera da qualsiasi altra persona: << Ah! Lo sentite anche voi? >> chiese la cattura carte annusando l' aria fresca che proveniva dalla sua città: << Questa è l' aria di casa nostra, ragazzi >> << Si. Finalmente ci siamo tornati >> aggiunse Tomoyo al lato destro di Sakura. Presto i sei amici giunsero ad un incrocio della strada, fermandosi di colpo. Tomoyo si fece avanti al gruppo, tirando le redini del suo pony: << Io devo svoltare adesso. La mia casa si trova laggiù >> disse la ragazzina dagli occhi blu: << Oh. E' un peccato. Non potrai ancora stare con noi ancora per un po', Tomoyo? >> le chiese Sakura con dispiacere: << No. Mi dispiace anche a me lasciarvi. Ci rivedremo domani mattina a scuola, non ti preoccupare >> ribattè Tomoyo: << Accidenti! Da quanto tempo è che non andiamo a scuola! Avremo perso delle lezioni, o addirittura saremo rimasti all' anno precedente. Che guaio! >> commentò alla disperazione la cattura carte: << E per me e Yuki sarà la stessa cosa! >> aggiunse amaramente Toy, dimenticando tutto d' un tratto la sua spensieratezza e riemergendosi nella dura vita quotidiana che lo avrebbe atteso l' indomani.

Tomoyo però sembrò placcare le acque dei suoi amici che a poco a poco cominciarono ad assumere facce pensierose miste a preoccupazione: << Può essere che non sia così, come ho detto io. Magari qualcuno dei nostri compagni di classe ci darà gli appunti per recuperare le lezioni >> << Io non ho proprio intenzione però di studiarmi tutti gli appunti delle lezioni di un anno in un giorno solo! >> protestò Meiling, guardata un po' dagli altri come se fosse una bambina esagerata nelle reazioni: << Domani chiederemo a scuola i vari dettagli >> concluse Tomoyo tagliando corto: << Sì, va bene. Allora a domani, Tomoyo >> fece Sakura per salutare la sua amica, ma si fece avanti Meiling, indirizzando il suo pony verso Tomoyo: << Io andrò con Tomoyo, ragazzi. Dovremo vederci anche noi domani >> << Come mai? >> chiese Li all' improvviso cambiamento della cugina: << Perchè mi sono dimenticata il mio zaino a casa sua proprio l' ultimo giorno che ci incontrammo per studiare, poco prima della partenza >> rispose la cinesina stando in mezzo tra Tomoyo e il resto del gruppo: << Come vuoi. Allora a domani, Meiling >> la salutò allontanandosi il cugino Li: << Ciao, ragazze >> le salutò infine Yuki seguito poi da Sakura. Il gruppo di Sakura così rimase a quattro componenti, e questi si diressero verso la casa di Toy e della sorellina, venendo scortati nel breve tragitto con i pony da Yuki e da Li. Svoltarono l' angolo della lunga via, e alla loro scomparsa dietro all' angolo, una porta di un negozio situato nella via che avevano lasciato si aprì, e si sporse una donna di quel negozio che osservava la direzione che presero i ragazzi. La donna aveva lunghi capelli grigi e occhi castani. Il viso era pallido e portava un vestito rosso scuro con un altro abito bianco poggiato sopra. Si trattava della signorina Maki Matsumoto, la proprietaria del negozio di peluches, dove fece la conoscenza per la prima volta di Sakura: << Ma quella era Sakura? Vuol dire che è tornata >> disse sorridendo la signorina dalla parte in cui la cattura carte aveva svoltato. Il sole su Tomoeda stava calando, ormai entrato nella fase del crepuscolo. Sakura e Toy, accompagnati da Yuki e da Li, giunsero sotto il portone di casa loro: << Grazie per averci accompagnato, ragazzi >> disse la giovane ringraziando Yuki e il cinesino: << Non c'è di che, Sakura. Per qualunque cosa abbiate bisogno i vostri amici saranno sempre disponibili >> la rassicurò Yuki con simpatia. La ragazza scese dal suo puledro, insieme a Toy, per dividersi dai due che erano rimasti al loro fianco: << Ci vediamo, Li >> disse Sakura avvicinandosi al fianco del pony del suo ragazzo. Quest' ultimo allungò la mano per prendere quella della sua amata e la guardò negli occhi con tutto l' amore che provava per lei: << A domani, Sakura >> rispose felice Li alla tranquillità che ora poteva godersi in santa pace con la sua ragazza nei giorni successivi. Sakura strinse più forte la presa di Li, ribadendogli: << A domani, Li >> e le pupille profonde dei due sprofondarono in quelle dell' altro con tanta passione, quasi a far scoppiare un bacio passionale tra loro nel bel mezzo degli sguardi di Toy e di Yuki. I due amanti si lasciarono le mani, voltandosi le spalle dopo che Toy e Yuki si fossero salutati. I due fratelli lasciarono senza pensare i due destrieri proprio davanti al cancelletto di casa loro, una volta varcato.

Fratello e sorella riaprirono la porta di casa loro, rendendosi conto che la lasciarono ancora privata del blocco della serratura. Entrarono come la prima volta in una dimora sconosciuta, ma in quel caso quella era la loro abitazione da tanto mancata. Il pavimento in legno del loro salotto era coperto da una cortina di polvere, che seppur era poca era molto visibile agli occhi di quelli che entravano nella casa. Pensarono subito al loro papà, ancora fuori continente e che come sarebbe rientrato non avrebbe saputo nulla del lungo viaggio che i suoi due figli fecero: << Ne è passato di tempo, vero? >> disse Toy ammirando il perimetro della stanza che si presentava a lui: << Sì. E' da tanto che non mi sentivo a casa >> aggiunse Sakura al fianco del fratello, entrambi che stavano sull' uscio della porta d' ingresso, quasi fossero timidi a mettere il primo piede sul pavimento della loro casa. Sakura e Toy toccarono il legno della pavimentazione, ma la loro reazione fu passiva: rimasero privi di qualsiasi entusiasmo in quell' occasione, o forse trattenevano l' emozione dai molti chilometri fatti fino ad ora per un viaggio di andata e ritorno per la loro umile casa. Rimasero incantati per un po' a guardare ogni parete della loro abitazione, fino a quando Toy sbloccò il silenzio che li avvolgeva: << Dovremo toglierci queste armature, altrimenti papà si insospettirà >> << E perchè dovrebbe dubitare di queste? >> domandò la ragazzina al fratellone: << Fidati. E' meglio per noi che le mettiamo da parte >> e Sakura senza obiettare si sfilò l' armatura. I due fratelli le misero in un baule vecchio in legno, dove prima tenevano i loro giocattoli i quali li usavano quando erano piccoli: << Yawn! Io mi sa che andrò a sdraiarmi >> disse la cattura carte sbadigliando dalla stanchezza. Il fratello annuì con un mugolio alla frase della sorellina, rialzandosi dopo aver depositato la sua armatura nel baule. Sakura salì le scale che la portavano in camera sua. Riaprì dopo tanto tempo la stanza da letto in cui dormiva da sempre, non trovando Kerochan che come lei sapeva rimase a Gondor per controllare per un po' l' operato del Re. La ragazzina si lanciò nel materasso del suo letto di schiena, accasciandosi alla morbidezza che il materasso le offriva. Una voce che non sentiva da molto tempo, le giunse alle orecchie: << Sono tornato, ragazzi! >> suo padre Fujitaka aveva fatto rientro a casa nell' istante in cui lei stava per chiudere le palpebre in un sonno profondo: << Ciao, Toy. Come andiamo? >> lo risentì dall' inizio delle scale che portavano alla sua stanza, mentre parlava con il fratello: << Sai qualcosa dei due pony che ci sono qua fuori? >> gli chiese il padre: << Uh? Papà >> disse lentamente Sakura guardando il soffitto: << Dov'è il mio altro angioletto? >> i passi del padre si fecero sempre più sonori, fino a che la maniglia della porta della camera di Sakura non si mosse e la porta si spalancò: << Ciao, tesoro >> riapparve la faccia di Fujitaka, allegra e radiante come sempre. Notò che la sua piccola figlia stava sdraiata sul letto e abbassò il tono della voce, pensando che Sakura stesse dormendo: << Anche oggi vedo che è stata una giornata dura a scuola. Ti lascerò dormire, non ti preoccupare >> le comunicò il padre buono richiudendo con cura la porta. Sakura aveva davvero gli occhi chiusi, ma riuscì a sorridere anche se non aveva ancora visto in faccia il padre: << Si. Sono tornata a casa >> aggiunse tra sé e sé la ragazzina e si addormentò con la luce del sole che scendeva e che illuminava l' intera stanza in cui era.

Non disse niente al padre riguardo alle sue avventure sulla Terra di Mezzo per paura che si preoccupasse, stessa cosa fece Toy, rimanendo in silenzio sull' argomento durante la cena di quello stesso giorno. I due fratelli dormirono per recuperare le forze, tenendosi pronti al rientro a scuola di domani mattina. Avrebbero rivisto tutti i loro compagni. La mattina arrivò come sempre puntuale, e Sakura si rivestì come da routine indossante il suo abbigliamento scolastico. La ragazzina fece la solita strada a piedi per andare verso scuola, e al suo fianco ci furono Meiling e Tomoyo che le continuarono a parlare delle tante disavventure che le due amiche si ritrovarono ad affrontare. La voce di Meiling era più energica nel narrare i fatti: << Avete cavalcato degli alberi viventi? >> domandò Sakura interrompendo l' amica cinesina: << Sì, esatto. Dovevi vederli, Sakura. Erano dei veri e propri umanoidi. E ci lanciammo insieme a loro nell' attacco contro quei terribili mostri, scagliando loro delle pesanti pietre. Ah ah! Gli orchi rotolavano via come birilli, e facevano “Boom!”, “Crash!”, oh sì! >> << Devo dire che ve la siete spassata! >> rispose Sakura scherzosamente con le due: << Anche Tomoyo è stata molto aggressiva, lo sai? >> interpellò Meiling la sua altra amica: << No, non è vero. Ho fatto solo finta di essere combattiva, andiamo >> si giustificò Tomoyo per non far intimorire Sakura che la vedeva sempre con un atteggiamento gentile. Le tre arrivarono così nel piazzale della loro scuola, osservando tutti gli scolari in divisa che transitavano lì, rivedendoli dopo tanto tempo. Ancora non avevano visto un loro compagno di classe nei paraggi, e decisero di raggiungere la loro aula d' origine. Riaprirono la porta scorrevole della loro classe dove tutti i loro compagni avrebbero svolto la lezione in quell' anno: << Eh? Sakura? Meiling? Tomoyo? Ma che fine avevate fatto? >> chiese la loro amica Rika Sasaki rivedendole sbuccare dall' uscio della porta della loro classe. Tra tutti i compagni si sparse lo stupore alla ricomparsa delle tre ragazzine scomparse per più di un anno dalla scuola. Rika le approcciò insieme al suo solito gruppetto formato da Yamazaki, Chiharu e Naoko: << Eravamo tutte in pensiero per voi. Dove siete state? In un' altra scuola? >> chiese Chiharu in agitazione: << Non diteci che vi trasferite tutte ad Hong Kong? >> aggiunse Naoko: << Ma no, non lo faremo mai. Cosa vi salta in testa? >> disse Sakura calmando gli animi di tutti per parlare a nome di lei e delle due amiche che aveva intorno. Un po' di scocciatura c' era da parte delle amiche di classe, che rimettendosi nella loro calma, lasciarono da parte la mancanza che Sakura e le due sue amiche fecero sentire a tutta la classe: << Però siamo contente che siate tornate >> concluse con un sorriso Rika, venendo contraccambiata a sua volta dal sorriso delle tre ragazze.

Dei passi frettolosi si sentirono nel corridoio dove stava la classe di Sakura. Un ragazzo affannato dal respiro, e anche lui in divisa scolastica, si poggiò alla porta aperta scorrevole dietro a Sakura e Meiling con Tomoyo: << Scusate. Sono ancora in tempo? >> Rika con il suo gruppo insieme a Sakura si voltarono vedendo Li ansimante in una delle sue corse mattutine: << Guarda chi si rivede! Ci sei anche tu, Li, eh? >> gli disse Yamazaki entusiasta: << Ah, sì... Per fortuna >> commentò cercando di riprendere fiato il cinesino: << Buongiorno a tutti >> una voce femminile alle spalle di Li fece attenuare di poco il brusio all' interno della classe. Li in contemporanea allo stupore e alla sorpresa di Sakura e delle due amiche, Meiling e Tomoyo, rividero un viso familiare che tornò a fare loro lezione. Una donna dai lunghi capelli rossi e dal viso radiante, ora guardava al gruppo composto da Sakura con grande accoglienza: << Salve, signorina Mizuki >> salutarono in coro tutti gli alunni, destando un bel sorriso in Sakura. Alla vista della ricomparsa della signorina Mizuki, la cattura carte si sentì sollevata di morale. Era tornata per insegnare nella sua scuola inaspettatamente. La lezione di Mizuki andò avanti, riadattando Sakura allo svolgimento della vita a scuola come se in qualche modo la professoressa avesse intuito il male nel quale la cattura carte era finita. Le ore di Mizuki finirono al suono della campanella, dando inizio alla ricreazione. Sakura cominciò a parlare dal suo banco con quelli adiacenti dove stavano Tomoyo, Meiling e Li, e discutè con loro riguardo alla questione della permanenza in quella classe: << Non vi sembra strano che la signorina Mizuki non si sia accorta che noi siamo fuori corso? >> << Sì, infatti, come è possibile? >> si chiese Tomoyo stupita anche lei: << Qui c'è qualcosa di veramente strano, secondo me >> << E cosa potrebbe essere, Li? >> domandò Meiling al cugino che intervenì nella discussione: << Non ne ho idea. Ma penso che in un certo senso, non sia tanto brutto >> allora Sakura chiamò Rika per ulteriori spiegazioni non appena questa le passò vicino al banco: << Senti, Rika >> << Dimmi, Sakura >> << Tu sai qualcosa riguardo alla nostra continua frequenza in classe? >> << Non riesco a capirti >> << Tutti sanno che siamo rimasti lontano dagli studi per un anno, e vorremmo sapere come facciamo ad essere nell' elenco dell' anno successivo >> la risposta di Rika fu come quella di voler interpellare un' altra persona: << Beh, abbiamo trovato una persona che si è offerta prima di tutti noi nel volervi far trattenere ancora con noi. Pensa che con la sua pacatezza è riuscita a vincere il dibattito che si accese al consiglio dei professori di qualche settimana fa >> << Ma di chi stai parlando? >> chiese più nel dettaglio la cattura carte: << Io ho fatto in modo che la vostra assenza rimanesse occultata agli occhi delle altre cariche di docenti che mi sovrastano >> la signorina Mizuki si mise a fianco di Rika, mostrando la sua faccia contenta ai quattro ragazzini.

<< Oh. La ringraziamo infinite volte >> rispose Tomoyo chinandosi a lei come se fosse una regina e mettendosi le mani giunte al petto: << Sappiate che in questa classe siete i ben voluti voi, così come tutti quelli che ne fanno parte >> Mizuki strinse l' occhiolino ai ragazzi, ricevendo da loro una faccia piena di soddisfazione: << Ah! Quasi dimenticavo: Rika insieme a Yamazaki e gli altri vi aiuteranno a consegnarvi gli appunti annuali delle lezioni che si sono svolte in classe >> aggiunse la donna radiante mettendo una mano sulla spalla di Rika: << Avete tutti un cuore d' oro. Non smetterò mai di ringraziarvi abbastanza per essere parte della vostra famiglia >> con queste parole Sakura fu ad un soffio dal commuoversi. La mattinata scolastica terminò e volò in fretta. Al suono della campanella, Sakura e i suoi tre compagni di classe si salutarono con Rika e gli altri rivisti: << Ciao! Ci vediamo domani >> << Ciao, Rika! Yamazaki, Naoko, ciao a tutti! >> rispose la cattura carte sbracciandosi con il suo gruppo per salutare Rika che ebbe un' ultima cosa da dire: << Ah, Sakura! Stasera vi va di venire alla serata nel bar della città? >> << Ma sì, perchè no. Così parleremo più sugli argomenti che dovremo ripassare >> ribattè Sakura. La ragazzina andò con il suo solito gruppo verso casa sua, dopo che si separarono da Rika. I quattro amici nella strada del rientro alle loro case, si separarono uno alla volta, rimandandosi l' appuntamento a stasera al bar. Sakura nel lungo viale che l' avrebbe condotta a casa, si fermò alla sua destra. Nell' incrocio che c' era, notò in fondo le figure di Nakuru e di Spinel. Questi erano nella loro forma normale, e il loro sguardo attirò la cattura carte che si avvicinò a loro: << Ciao, Sakura. Come va? >> le chiese Nakuru una volta vicine: << Bene >> rispose corto la ragazzina. Un senso di disagio provò in quella pausa che lei si diede, ricordandosi che Nakuru e Spinel erano legati a Eriol, ora non più nel mondo reale. Sakura decise di dire qualcos' altro: << State andando all' aereoporto? >> << Sì. Hai voglia di accompagnarci? >> le chiese Spinel, delle stesse dimensioni di Kerochan però nero: << Certo. Andiamo >> rispose sicura Sakura. Così la ragazzina accompagnò nella lenta camminata i due discepoli di Eriol, rimasti in assenza di un padrone adesso. Sakura però si accorse che sia Nakuru che Spinel cambiarono strada, imboccando la via che li portava alla vecchia casa distrutta del maghetto blu. Sakura non si rese conto che la sua espressione venne notata dalla coda dell' occhio di Nakuru, mentre Spinel lo intuì senza voltarsi: << Abbiamo intenzione di farti vedere una cosa >> comunicò l' assistente di una volta di Eriol. Sakura li seguì a fianco non emettendo ancora una parola. Infine, la cattura carte indovinò il luogo che era sicura l' avrebbero portata i due. Una lunga recinzione di ferro si stagliava in un isolato di lì. Oltre a questa vi erano le macerie della vecchia dimora di Eriol. Ma Nakuru e Spinel si fermarono dietro al cancello chiuso da un anno, nel quale nessuno poteva entrare nella villa del mago defunto. Sakura scoprì che i due discepoli di Eriol erano già al corrente della sua morte, quando notò dinanzi all' ingresso della villa proprio sull' asfalto, una lapide piatta costruita sopra la strada. Nel marmo della lapide c' erano inscritte le seguenti parole: “Qui giace l' anima di Eriol Hiragizawa, erede e reincarnazione del Signor Clow Reed”.

La ragazzina si immobilizzò alla vista di quella tomba, sentendosi a poco a poco le parole che le mancavano al momento in cui stava per farle uscire fuori dalla sua bocca. Si sentì un vuoto nel cuore, e come si girò per vedere le espressioni di Nakuru e di Spinel, rimase ancora più addolorata ai loro occhi fissi e tristi sulla lapide. Un vento da cimitero soffiò tra le teste dei tre riuniti lì. Poi Nakuru cominciò a parlare: << L' abbiamo costruita noi, per ricordarlo. Siccome il suo corpo non è stato più ritrovato, decidemmo che il contenitore della sua anima dovesse trovarsi qui, ai piedi del luogo in cui prima si ereggeva la sua villa >> la piccola ragazzina abbassò lo sguardo a terra: << Mi dispiace, Nakuru. Mi dispiace, Spinel... >> << Non devi affrangerti tu. Siamo noi che dobbiamo soffrire >> rispose la ragazza alta: << Io non ho il coraggio di ripensarci, Nakuru... >> disse d' un tratto Spinel tremando da un pianto che stava per far esplodere: << No, su, vieni qui, Spinel >> disse la ragazza stringendosi fra le braccia il piccolo corpo di Spinel che iniziò a sfogarsi nel silenzio. Sakura li guardò con compassione alla tristezza della lapide di Eriol, costruita da loro in segno di memoria al piccolo mago: << Ci dispiace se ti abbiamo rovinato la giornata così... >> fece per parlare Nakuru e per asciugarsi una lacrima che le stava per cadere dalle ciglia. Poi salutò la piccola Sakura baciandola sulla fronte: << Ci rivedremo al più presto, piccola cattura carte >> e un sorriso segnato dal dolore si formò nel volto di Nakuru che lasciò lì la ragazzina. Spinel rimase ancora per un po' tra le braccia della ragazza che si allontanava per andare a prendere un taxi, in modo da giungere all' aereoporto più in fretta. I pensieri di Sakura adesso erano solo rivolti al dover partire. Proprio come stavano per fare Nakuru con Spinel verso Londra, alla casa d' origine di Eriol, anche lei si convinse che l' unica soluzione ad ogni male era quella di partire. Era troppo giovane per sopportare tanto di quel dolore in quel momento, e con una nuova partenza sarebbe riuscita a colmare tutta quella tristezza. Ma dove partire? Non le rimase altro che tornare a casa, nella speranza che tutti quei pensieri negativi le svanissero in fretta: << Sono a casa! >> avvertì Sakura non appena fu dentro il salotto. Si tolse della vestaglia in camera sua, non vedendo nessuno in cucina. Come riscese le scale per andare a mangiare per il pranzo, vide suo padre girato di spalle che finiva di cuocere la carne in padella: << Ciao, papà >> << Oh, ciao, tesoro. E' venuto a trovarci il nonno stamattina, lo sai? >> comunicò la notizia di Masaki da molto non visto dalla ragazzina. L' aveva lasciato quando era partita da Gran Burrone, e da allora gli Elfi lo riportarono nella sua casa d' origine, in cima alla collina a Tomoeda. Era curiosa di vedere l' aspetto che aveva il nonno: << E dimmi, come sta? >> << Non molto bene, ha detto. Le forze lo abbandonano ogni tanto, tipico della vecchiaia. Ha anche detto che tra non molto se ne andrà da questo posto >> Sakura ebbe un sospiro di panico alla notizia che il padre le diede d' improvviso: << Ma non ti preoccupare, voleva dire che sarebbe partito in nave. Non ho ben capito perchè ha intenzione di lasciare per sempre Tomoeda, è strano >> terminò la frase Fujitaka.

Il padre riprese a cucinare, convinto di aver tranquillizzato la figlioletta, che rimase in silenzio ad ascoltare fino ad ora il suo adorato genitore che faceva saltare ogni tanto la carne nella padella: << Sakura? Sakura? >> cercava di richiamarla nel mentre che guardava se la carne fosse cotta, e non sentendo risposta si disse: << E' già andata su in camera, scommetto >> ma la ragazzina ancora non si era mossa da dietro le spalle del padre. La parola “partire” le fu di nuovo in testa dall' aver sentita più volte quel giorno. Nel suo silenzio, quindi, decise di risalire la gradinata di scale che portava in camera sua con tutta la calma che si diede. Nella sua stanza c' era solo lei. Guardò lo scaffale sopra alla testa del suo letto, proprio nel punto in cui di solito stava Kerochan. Si sentì abbandonata alla sua solitudine senza nessuno con cui parlare in quel momento. Si accasciò nel materasso morbido del suo lettino con gli occhi che le tremavano a chissà quale scelta avrebbe preso. Il viaggio che doveva fare suo nonno, doveva essere per forza un viaggio di sola andata, e questo la piccola quindicenne lo avvertì nel suo presentimento. Abbassò la testa sul suo cuscino, attendendo che la sera arrivasse in fretta per lei, dove sarebbe andata al baretto con tutti i suoi amici a distrarsi un po'. Il cielo divenne rosso dal tramonto, mettendo in risalto le sagome dei passanti che camminavano nei dintorni della periferia. Dentro al bar c' erano altre persone, allegre come sempre, non segnate da nessun altro viaggio pericoloso che intrapresero nella loro vita. Un uomo giovane portava un suo prodotto, maturato in grandi dimensioni, dentro a quel locale. Una zucca enorme che questo teneva fra le braccia, sembrava suscitare una risata di buon gusto tra i presenti del bar. Sakura, come faceva di solito al bar, si limitò ad ordinare le pietanze per lei e per i suoi amici. Le stava per portare al loro tavolo, quando per poco non fece cadere l' uomo con la zucca enorme che si portava dietro con tutta allegria: << Hey, attenta alla zucca! Eh! Ah, ah, ah! >> le disse il signore con tutta allegria e poggiando il suo ortaggio sul suo tavolo con altri suoi amici. Sakura emise un sorriso forzato all' uomo, prima di sedersi. La ragazzina fu al fianco di Li nel posto a tavola. Davanti a loro c' erano Meiling e Tomoyo. I quattro si sorridero a vicenda, senza proferire ancora parola alla felicità del locale che sembrava del tutto diversa ai loro occhi. Presero nel silenzio, e guardandosi intorno, i loro bicchieri pieni d' acqua. Cercavano poi con lo sguardo gli altri loro amici Rika con le sue due amiche, trovandole in fondo in un tavolo. Rika salutò Sakura alzando una mano, e la cattura carte ricambiò con un cenno della testa e sorridendo alla compagna in fondo. Li, Meiling e Tomoyo tornarono con Sakura a riguardarsi l' allegria che si diffondeva intorno a loro, in tutto il locale. Non una persona si asteneva dal ridere. Rividero nel tavolo dove era posizionata la zucca enorme, l' anziano signore che salutarono non appena lo videro per primo a Tomoeda. Loro erano gli unici a tenersi il broncio per un' avventura che doveva lasciargli un bel ricordo, ma invece fu il contrario. Si sentivano cambiati in mezzo a quella gente che riempiva il bar a poco a poco. Sarà l' età che ha contribuito il loro cambiamento nel viaggio?

Comunque, Meiling ebbe il coraggio di guardare negli occhi i tre compagni con cui decise di partecipare al lungo tragitto. In tutti, lei inclusa, da Li a Sakura e Tomoyo, vedeva la malinconia che prese loro in quell' istante. La Terra di Mezzo era stata per loro un posto pieno di insidie si, ma quelle facce tristi significavano per loro un buon ricordo che tornò loro in mente nelle disavventure intraprese. Tomoyo lanciò un' occhiata a tutto il suo gruppo, dicendo di prendere i loro bicchieri e di fare un cin-cin contemporaneo. Poi bevvero in coordinazione l' acqua che c' era dentro, sorridendo lievemente per affondare i loro dispiaceri dell' avventura ormai lasciata alle spalle. Riposero i bicchieri sul tavolo, e non ostentarono a toccare cibo nei loro piatti dall' improvvisa chiusura del loro stomaco. Da dietro di loro, si sentì la voce di Yamazaki che scherzava con alcuni signori del posto: << Hey, bella zucca! E' buona da mandarla giù intera, eh eh eh! >> si voltarono e videro il loro amico giocherellone che stava nel tavolo dove c' era l' ortaggio maturato. Lo osservarono in tutta la sua felicità, con il sorriso che gli si allargava sempre di più. Nel tavolo di Rika, intanto, tutte stavano parlando tra di loro, tranne Chiharu. La ragazzina fissò continuamente a Yamazaki che stava nel tavolo della zucca, e che ora si spostò per prendere ordinazione prima di andare al tavolo del suo gruppo originale. Chiharu non smise di distogliere lo sguardo da Yamazaki, sorseggiando un bicchiere d' acqua, e si alzò di scatto dal tavolo accennando ad un' espressione accigliata verso il suo amico a cui regalò un peluche qualche anno fa. Naoko vedendo che Chiharu si dirigeva verso Yamazaki, commentò alle altre: << Guardate, si sta avvicinando! >> e tutte sorrisero con grande ammirazione alle spalle dell' amica. Sakura e i suoi tre amici notarono la camminata accelerata di Chiharu, sollevando gli occhi verso di lei. Andò al bancone degli ordini dove c' era anche Yamazaki. Ora i quattro amici notarono che la ragazzina era ad una distanza ravvicinata dalla fronte di Yamazaki, e Tomoyo sgranò gli occhi dalla sorpresa del gesto tra Yamazaki e Chiharu, mentre Rika, Naoko e altri compagni di classe rimasero soddisfatti da quell' evento come se ne fossero già al corrente. In quell' anno in cui erano mancati per il loro viaggio, Sakura, Li, Meiling e Tomoyo, si trovarono ad assistere ad un colpo di scena inaspettato, sorridendo come se fosse la prima volta per loro. Li commentò con un sospiro dall' alta temperatura che avvolgeva Yamazaki in quell' istante. Sakura riprese così a ridere dalla gioia con tutti gli altri. La mattina dopo nel piazzale della scuola, Chiharu e Yamazaki arrivarono tenuti stretti per mano, e sollevarono in alto le loro braccia nel mezzo dell' accoglienza di tutti i loro compagni di scuola che applaudivano al loro nuovo amore. Tra quegli scolari c' era anche la signorina Mizuki, batteva anche lei le mani dal bell' evento dei suoi due alunni.

Chiharu sorrise a pieni denti, attaccandosi al petto del suo amato Yamazaki, che l' aveva fatta ridere da sempre, da quando si erano conosciuti. Sakura stava vicino a Li, ed entrambi nella gioia ripensavano al loro primo momento d' amore, riguardando negli occhi di Yamazaki e di Chiharu la passione nata da un loro stretto legame d' amicizia. La stessa cosa era toccata sia per il cinesino che per Sakura. La ragazzina fu risollevata quel giorno dai pensieri brutti che di nuovo le pervasero nella mente. Ma ancora l' idea del nonno che ben presto doveva partire la lasciò un attimo in pensiero. Passò una settimana dal fidanzamento tra Chiharu e Yamazaki, e Sakura aiutò il padre a riordinare la casetta del nonno sulla collina, di proprietà ancora dei Kinomoto. Siccome la presenza del vecchio non si sarebbe più sentita da quelle parti, la sua casa era meglio tenerla in ordine per evitare che con il tempo crollasse. Sakura, tra le cose di suo nonno Masaki, trovò il diario personale di questo, quello che fece vedere a sua nipote la prima volta a Gran Burrone. In quella settimana, Sakura scrisse nelle pagine successive alla storia del viaggio che Masaki intraprese anche lui una volta, il resoconto del viaggio che la ragazzina ebbe avuto. Ora Sakura passeggiava la mattina di quel giorno nel corridoio della sua casa, sorseggiando una tazza di thè caldo mentre si avvicinava al tavolo per finire il diario del nonno. Ripensò ad un suo monologo: << Come fai a raccogliere le fila di una vecchia vita? Come fai ad andare avanti, quando nel tuo cuore cominci a capire che non si torna indietro >> gli occhi della giovane rotearono in tutta la stanza della sua cameretta, poi rimettendosi a riscrivere nelle pagine del libro: << Ci sono cose che il tempo non può accomodare, ferite talmente profonde che lasciano un segno >> la penna della ragazzina scrisse quest' ultima frase aggiunta nel diario, e infine mise il punto. Ripose la penna delicatamente nel contenitore e sfogliò verso la pagina cui c' era il titolo del racconto di Masaki. Riprese delicatamente la penna di prima, volendo aggiungere il titolo della sua avventura sotto a quello del nonno. La porta di casa, sentì che si aprì: << Sono tornato! >> era Toy che riacquisì in quei giorni di scuola il suo tono di voce scocciato. Sakura da camera sua smise per un attimo di scrivere, toccandosi la spalla, sentendo un lieve dolore nel punto in cui una volta la spada del Nazgùl la infilzò lì. Quel momento l' aveva completamente cancellato, ma la cicatrice continuava a rimanerle, e si massaggiò la parte colpita. La ragazzina intuì che la porta di casa si richiuse dopo alcuni secondi dal solito. La porta di camera sua si aprì e vide Li che arrivò a casa insieme a suo fratello Toy: << Sakura? Cosa c'è? >> le chiese il cinesino notando da subito l' espressione di Sakura nel toccarsi la spalla: << Ciao, Li. Sei venuto con mio fratello, vero? >> << Si, sono qui per dirti una cosa >> la ragazzina continuò a massaggiarsi la spalla con Li che le stava accanto in piedi: << E' passato un anno da quel giorno, Li. Non è mai guarita del tutto >> rispose Sakura sospirando desolata dall' evento in cui ricevette il primo colpo dello Spettro Nero.

Toy fece il bucato come suo compito di quel giorno, e stendeva la roba nel giardino. Dietro a lui arrivò svolazzando un piccolo animaletto dalle piccole ali. Il giovane smise di mettere delle mollette su delle vestaglie bianche, avvertendo la presenza di qualcuno alle spalle: << Sei tornato, Kerochan >> disse Toy guardando il piccolo peluche bianco: << Si, sono io >> disse con lo stesso tono di serietà il Guardiano: << Devo dirti qualcosa riguardo a Sakura >> e Toy fece un cenno con il capo per ascoltare l' informazione che Kerochan aveva da dire al fratello della cattura carte: << In seguito alla distruzione dell' anello, saprai che tutto è tornato alla normalità >> << Si, ebbene? >> chiese serio il ragazzo: << C'è una regola che comporta ad una sorte per tutti i portatori dell' anello. Avendo indossato quell' oggetto, sono stati influenzati da esperienze negative che ad opera del male hanno costretto i portatori ad un cambiamento sempre più radicale nei comportamenti d' origine >> << E deve partire anche lei? >> chiese Toy strozzando la voce quasi come se venisse a conoscenza di una triste verità: << Si. Partirà anche lei per Valinor >> il fratello digrignò i denti e si avvicinò al muro esterno di casa per sbattere con tanta rabbia il suo pugno. Tremò per alcuni secondi, rimanendo fermo nella sua posizione in cui diede il gancio alla parete, osservato con un' espressione mista a dispiacere e severità da Kerochan: << E lei lo sa? >> domandò ancora Toy voltandosi dal piccolo Guardiano alato e trattenendo la rabbia in corpo: << Penso che il suo cuore la stia indirizzando verso il punto in cui dovrà partire >> rispose Kerochan solenne. Intanto nella camera di Sakura, Li fece cadere il suo sguardo al libro in cui la ragazzina aveva finito di scrivere. Lesse il primo titolo nella prima pagina: << “Andata e ritorno. Un racconto fantastico di Masaki Amamiya” >> poi lesse il titolo di sotto: << “E Il Signore degli Anelli di Sakura Kinomoto”. L' hai finito >> le disse il cinesino a fianco con felicità e soddisfazione. Sakura chiuse il libro: << Non proprio. C'è spazio per qualcosina >> ribattè con un sorriso rivolto al suo amato che d' un tratto si fece serio: << E' il momento >> la ragazzina si fece a tratti triste e a tratti decisa a quello che Li voleva dirle: << Kerochan mi ha riferito che tuo nonno partirà presto. Ci ha dato appuntamento al tramonto alla campagna fuori città >> informò il ragazzo a Sakura: << Ed è per questo che lo accompagnerò nell' ultimo tratto >> << E io sarò con te al tuo fianco >> aggiunse Li mettendo una mano sulla spalla della cattura carte, rivolgendole un sorriso di sostegno. Sakura non potè fare altro che sorridere a sua volta, nascondendo quello che si sentiva di fare anche lei, non potendo rompere il legame d' amore che c' era con Li. Sakura e Li scesero le scale, dirigendosi verso l' uscita. In quel momento entrò Fujitaka: << Sono rientrato! >> avvertendo a gran voce il resto della sua famiglia.

Incrociò sua figlia e Li che si apprestavano a uscire: << Ciao, papà. Scusa, ma io e Li abbiamo una cosa da svolgere adesso >> << Come te ne vai di già? >> chiese stupito il padre: << Sì, lo so, ma ti prometto che quando rientrerò ti preparerò un pranzo con i fiocchi! Adesso vado, ciao >> disse in fretta la cattura carte: << Arrivederci >> rispose Li al padre della sua amata, che non appena entrambi furono fuori, Fujitaka si sporse in cucina non trovando niente in tavola: << Ah. Non ha fatto in tempo a preparare il pranzo >>. Li e Sakura presero i due pony che il padre della ragazzina aveva voluto lasciare lì, e si incamminarono verso la campagna che avrebbero raggiunto: << Meiling e Tomoyo ci staranno aspettando? >> chiese Sakura in groppa al pony, ricevendo risposta da Li che annuì con la testa nel mentre che galoppava a fianco della sua amata verso il punto d' incontro. Fujitaka iniziò così a preparare le pentole per cucinare il cibo. Dall' entrata di cucina si fermò Toy, poggiato sulla parete che guardava con tristezza il padre. Aveva intenzione di avvisarlo di quello che sua sorella stava per fare: << Ah! Ci sei Toy. Tua sorella oggi era di fretta, e perciò non ha potuto preparare il pranzo. Mi aiuteresti ad apparecchiare? >> il ragazzo non seppe trattenere ancora di più la bocca cucita, e buttò giù quello che aveva da dire: << Pà, ascolta. Devo dirti una cosa >> << Si, tutto quello che vuoi, figliolo >> disse con la solita pacatezza il padre, quasi da far compassione alla verità che il figlio stava per rivelargli: << So che tu e mia madre una volta mi avete portato in quel posto magico da piccolo. Tu hai conosciuto gli Elfi, vero? >> il padre sobbalzò e la sua faccia divenne d' un tratto seria: << E come fai ad esserne a conoscenza? Toy, dimmi che succede o cosa è successo in realtà >> gli disse Fujitaka, e ben presto scoprì del viaggio che sua figlia e suo nonno dovevano fare verso le Terre mortali: << Ma che storia è mai questa? >> domandò sempre più stupito il padre. Ora, anche se lo voleva, non poteva più raggiungere la sua Sakura, la sua bambina. Si trovava ormai già oltre i confini di Tomoeda, per adempiere al suo ultimo viaggio di sola andata e senza mai più un ritorno.

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Capitolo 59
*** Episodio 220: I Rifugi Oscuri ***


Sakura e Li raggiunsero sui loro pony le loro amiche, Meiling e Tomoyo. Anche queste non avevano lasciato andare i loro destrieri, come furono di ritorno alla città. I quattro amici riuniti nella radura della campagna, si salutarono in silenzio e attesero solo qualche secondo prima che una carrozza spuntasse alla loro vista in lontananza. Il tramonto era appena incominciato da quella parte, e si vedeva il sole che non aveva ancora toccato l' orizzonte, diventare giallo intenso dietro alle nuvolotte sparse nella cortina del cielo a tratti giallastro anch' esso. A trainare la carrozza dalla cupola bianca era Kerochan, trasformato in tigre bianca, e teneva con la bocca le redini della carrozza. I quattro amici videro la tigre bianca che si avvicinava a loro, e diedero un colpo di talloni ai fianchi dei loro pony per mettersi in cammino a fianco della carrozza. Lì dentro c' era Masaki Amamiya, il nonno di Sakura, divenuto sicuramente molto più vecchio rispetto a come lo vedeva sempre la nipotina. Nella collinetta in cui erano, c' era una casetta abbandonata nel bordo dell' altura. Sakura scese dal suo cavallo, lasciandolo libero di pascolare nella natura per salire dentro alla carrozza con suo nonno per vederlo in che condizioni era. La ragazzina fece un suo monologo: << Mio nonno una volta mi disse che la sua parte in questa storia sarebbe finita, che ognuno di noi deve venire e andarsene nel raccontarla >> il Guardiano alato salutò i quattro compagni con un occhiolino mentre stringeva le redini in legno alla bocca: << La storia di nonno Masaki era ormai finita. Non ci sarebbero stati altri viaggi per lui, salvo uno >> pensò di nuovo la cattura carte ripartendo, e sentendo la carrozza che si muoveva. Si mise al fianco del nonno, con le rughe che gli coprivano adesso ancora di più il volto e che quasi non gli permettevano di spalancare meglio gli occhi. Lo fece appoggiare sulla sua spalla, notando che si era abbassato notevolmente di statura, conseguenza della mancanza dell' Unico Anello.

Meiling, Tomoyo e Li si misero avanti alla strada con i loro pony, seguendo l' indicazione di Kerochan che diceva di fare rotta verso Gran Burrone. La carrozza dai tre amici era notevolmente staccata e in quell' occasione, Masaki dentro con la sua nipotina, le chiedeva spiegazioni di quel lento ma sereno cammino, che pareva volesse far gustare la tranquillità delle campagne che osservavano e dell' aria fresca che circolava fino a loro: << Dimmi di nuovo, nipotina mia. Dove andiamo? >> domandò Masaki con la voce stanca di chi era segnato dalla pesante vecchiaia. Sakura così gli rispose con tono delicato: << Al porto, nonno. Gli Elfi ti hanno accordato un onore speciale: un posto sull' ultima nave che lascia la Terra di Mezzo per sempre, insieme al resto del mondo naturale >> Masaki aveva già la malattia della perdita di memoria a breve tempo, e si rese conto che l' anzianità lo aveva già afferrato. Tutto a causa di quel perfido anello che tenne con sé, e che non voleva prima togliersi. Ripensò quindi all' oggetto con tanta malinconia, ricordando molto confusamente il materiale dorato di esso: << Sakura... >> fece per chiamare la sua nipotina, chiedendole riguardo all' oggetto dorato: << C'è qualche possibilità di rivedere quel mio vecchio anello, hm? Quello che ti ho dato >> un lieve sorriso di speranza si tinse tra le rughe di Masaki, alzando di poco la testa per incrociare gli occhi verdi di Sakura. La ragazzina pensò a quell' anello. Ormai dimenticato, e gettato tra le fiamme del Monte Fato. Stava pensando ad una risposta da dare al nonno che ancora per poco bramava il possesso dell' oggetto. Sakura mentì per il bene del suo adorato parente, non guardandolo negli occhi: << Mi dispiace, nonno. Temo di averlo perduto >> rispose la cattura carte mostrando un pizzico di delusione. Masaki riabbassò la testa, perdendo quindi ogni importanza della rivista del prezioso oggetto: << Oh. Peccato >> disse il vecchio. Poi sospirò e chiuse gli occhi, riappoggiando la testa sulla spalla della nipotina: << Volevo tenerlo per l' ultima volta >> si addormentò, cullato dallo scalpitìo degli zoccoli dei cavalli che sentiva dall' esterno. Sakura poggiò a sua volta la sua guancia nella testa del nonno, addormentandosi anche lei e cullata dal rumore rilassante degli zoccoli. Nipote e nonno dormirono trainati in quel tratto del loro viaggio. Masaki aveva la barba più lunga del solito, ed emetteva dei soffi dalla sua bocca ogni volta che russava. Il gruppetto arrivò così a Gran Burrone. Sakura e Masaki si svegliarono, e scesero dalla carrozza. Kerochan mollò le redini del carro, e Meiling, Tomoyo e Li scesero dai loro rispettivi tre pony, parcheggiati all' ingresso di Gran Burrone. Li e Sakura sostennero il nonno Masaki ai lati per aiutarlo nella camminata verso i porti del regno di Elrond. Scesero delle scale con Meiling, Tomoyo e Kerochan che stavano dietro a Masaki che teneva un bastone su una mano per aiutarsi a fare i passi. Il porto si presentava con una struttura in stile unico. Grigie pietre componevano il paesaggio dell' architettura del Porto Elfico, con la natura delle piante che cresceva in alcuni pilastri.

Sakura, Li, Tomoyo e Meiling alzarono lo sguardo verso a ciò che i loro occhi videro. Una luce non molto intensa inondò i loro visi, rimanendo scioccati in modo positivo dallo spettacolo circostante. Sakura sembrò non interessarsi di tutto ciò, forse ancora presa dal pensiero che suo nonno doveva partire. Ma alla fine pure la ragazza avrebbe seguito il suo Masaki, e forse era questo in realtà che la spingeva a tenere una faccia seria e indifferente. Masaki rialzò la testa dalla posizione curva che la sua schiena ogni tanto gli faceva assumere, e anche lui vide il panorama mozzafiato con un bagliore che brillava nei suoi occhi. Masaki emise un verso di puro stupore, quasi dovesse prendergli un attacco di cuore. Poi commentò dopo che ebbe osservato il posto: << Bene. Questo è uno spettacolo che non avevo mai visto prima >> un veliero bianco e grande era ancorato al porto. Oltre il veliero, c' era una baia racchiusa da alte scogliere scoscese che andavano a formare uno stretto passaggio, con il sole che lentamente tramontava all' orizzonte, ma che ancora rimaneva alto sul mare. La passerella per salire sulla nave bianca era già posizionata sul marmo. Poco distanti al veliero c' erano tre sagome vestite di bianco che fissavano la compagnia che giunse lì al porto. Sakura e gli altri osservarono l' espressione di Masaki nel guardare il paesaggio, poi fecero cadere lo sguardo sulle sagome bianche che li fissavano. Masaki fece loro un inchino solenne come se li avesse già visti prima. Le tre sagome bianche non erano altro che Elrond con Sire Celeborn e Galadriel, la cui veste terminava sulla sua testa con sottili tessuti bianchi. I tre re elfici così fecero un cenno con la testa per salutare il Masaki che una volta li incontrò nelle sue avventure passate a Gran Burrone. Vedendo Elrond, Sakura le venne in mente Arwen, partita anche lei per le Terre mortali. Tra non molto l' avrebbe seguita fino a lì, prendendo quella nave armeggiata al porto. Galadriel fece per parlare: << Il Potere dei Tre Anelli è cessato. E' arrivato il momento per il dominio degli Uomini >> annunciò la dama di Lòrien stando a fianco a suo marito Celeborn con tutta la solarità del suo sorriso. Con la distruzione dell' Unico Anello, di conseguenza anche gli altri anelli elfici smisero di emettere la loro energia, disintegrandosi nell' aria della terra. La ricomparsa di Galadriel adesso non faceva più alcun effetto a Sakura e agli altri amici, divenuti più consapevoli del potere che la dama sapeva sprigionare dalla sua bellezza. Ma adesso anche questa divenne nient' altro che un aggettivo privo di ogni valore. Elrond parlò in elfico a Masaki: << Il Mare ci chiama a casa >> disse il Re Elfico presagendo anche la sua partenza così come quella degli altri due elfi da Gran Burrone. Masaki socchiuse gli occhi e sorrise avendo capito il linguaggio di Elrond. Quest' ultimo allargò le braccia per accogliere il vecchio, che adesso risultava ancora più convinto nel partire, attratto da chissà quale magia e sorridente più del solito: << Credo di essere, ma sì, pronto per un' altra avventura >> e il nonno di Sakura si liberò delle prese di Li e di Sakura, scendendo dei pochi gradini e si diresse a passo felpato, reggendosi sempre dal bastone, verso la passerella della nave.

Così si avvicinarono pure Sakura, seguita da Li, Meiling e Tomoyo con Kerochan per stare più vicini alla nave che avrebbe salpato verso l' orizzonte. Masaki era adesso poco più alto di Sakura, ma più basso degli Elfi quando passò accanto a Re Elrond per sostenerlo nella camminata della passerella. L' Elfo mise una mano sulla schiena del vecchietto per poi salire insieme a lui nella nave, e rimanere nel piano inferiore dell' imbarcazione, attendendo la partenza. Galadriel guardò quasi con stupore il vecchio Masaki ed Elrond che salivano nell' ultima nave pronta a salpare. La donna elfo fece un sorriso quasi sulla soglia dell' eccitazione, prima di salire anche lei nella nave insieme a suo marito. Avrebbero ritrovato altri Elfi nel posto chiamato Valinor. Sakura rimase ancora con lo sguardo indifferente nel vedere il nonno che spariva dalla sua vista sotto al livello dell' imbarcazione, a confronto degli altri che continuavano a sorridere. Kerochan fece dei primi passi avanti, e si mise davanti al suo gruppo: << Dove stai andando? >> gli chiese Tomoyo con gli occhi lucidi dalla scena della partenza di Masaki. La tigre la guardò, così come tutti gli altri, fino al profondo delle pupille dei loro occhi, annunciando il suo saluto con un gran sorriso: << Addio, miei coraggiosi amici >> disse il Guardiano bianco. Li emise un suo più bel sorriso, mentre anche i suoi occhi si bagnavano dalla commozione. La tigre guardò poi Tomoyo, con la quale aveva condiviso la maggior parte dell' avventura, e poi Meiling che non riuscì a tenere alzata la testa facendo cadere una lacrima dal viso. Tomoyo cominciò a sbattere le sue palpebre più forte, trattenendo ancora le sue lacrime all' amico in partenza: << La mia opera è terminata. Il mio compito di proteggervi si conclude così. Qui, infine, sulle rive del Mare, si scioglie la nostra Compagnia >> Sakura guardava intanto nella sua calma apparente la disperazione delle sue due amiche. Queste scoppiarono ancora di più in lacrime all' ultima frase di Kerochan, trattenendo i versi tristi che si facevano scappare: << Non vi dirò “Non piangete”, perchè non tutte le lacrime sono un male >> disse ancora la tigre indirizzando ora gli occhi verso il cinesino che si tratteneva ancora dall' emozione e cominciava a sospirare. Tutti non si aspettavano quell' improvvisa partenza di Kerochan da loro, e non osarono chiedere a lui il perchè di tale decisione per via del silenzio che stava a poco a poco per metterli a tacere. La tigre si voltò per incamminarsi verso la passerella, ma Sakura non si lasciò scappare neanche una lacrima dal suo viso, resistendo passivamente a ciò che le accadeva intorno. Sotto al suo braccio aveva il diario personale di suo nonno. Pensò che Kerochan non aveva intuito che lei voleva partire. Ma la tigre bianca si fermò nel proseguire ad andare avanti, voltandosi di nuovo verso i suoi compagni, attirando una qualche loro speranza che il Guardiano avesse cambiato idea. Ma invece disse: << E' il momento, Sakura >> con voce solenne. Meiling e Li si girarono sorpresi dalla sentenza della tigre verso la loro amica Sakura, poi lo stesso fece Tomoyo: << Che cosa vuol dire? >> domandò il cinesino girandosi più volte verso Kerochan. Sakura adesso sembrò ritrovare i suoi sentimenti umani, distogliendosi da quel momento di passività: << Siamo partiti per salvare Tomoeda, Li. Ed è stata salvata. Ma non per me >> rispose la cattura carte scorgendo negli occhi di Li un senso di depressione.

<< Non dire sul serio. Non puoi andartene >> disse Li tremando e balbettando a poco a poco con gli occhi marroni che si inondavano di lacrime, ma non voleva piangere sul pulito del suo vestito verde da guerriero. O almeno non voleva farsi vedere così da Sakura, in quel momento in cui si disse che aveva versato lacrime a sufficienza durante il viaggio. Sakura fece scivolare il suo sguardo verso il libro rosso che teneva, e lo porse a Li, che lo riconobbe da subito. Il ragazzino lo prese e le lacrime gli scesero tutte in avanti, pronte a sbocciare dagli occhi mentre abbassò la testa per guardare la copertina del libro: << Le ultime pagine sono per te, Li >> e questo strinse ancora di più il libro, digrignando i denti dal resistere dal piangere. La cattura carte passò quindi ai saluti. Si voltò verso Meiling la cui faccia era rigata dalle molte lacrima che faceva scendere dai suoi occhi lucidi e rossi. Sakura le poggiò una mano sulla spalla e la cinesina si morse il labbro inferiore. Meiling si gettò per abbracciare la sua migliore amica, conosciuta quando era ancora sua nemica, e pianse silenziosamente sulla spalla della ragazza in partenza. Soffocò i lunghi singhiozzi che dovevano uscirle in quell' ultimo abbraccio che doveva dare alla sua rivale di un tempo. Sakura si sentì lo stesso triste, vacillando al punto anche lei di piangere, non appena si distaccò dall' abbraccio con Meiling per guardarla negli occhi. La cinesina fece una smorfia come quella che fanno i neonati quando trattengono un pianto. Sakura ebbe un momento di tenerezza nel guardare quella faccia da bambina di Meiling. Passò avanti nei saluti, lasciando la spalla di Meiling e andando dalla sua prima migliore amica, Tomoyo. Questa sembrava che piangesse non molto, solo nei momenti più opportuni rispetto a Meiling che cominciò col piangere a più non posso. Sakura questa volta si lanciò lei per abbracciare un' amica che l' aveva sempre sostenuta dai primi momenti della sua vita. Si conoscevano dalle elementari, e dirle addio proprio adesso ad un' età ancora troppo giovane per entrambe le sembrò il più presto possibile. Le lacrime di Tomoyo bagnarono la spalla di Sakura, in modo che la cattura carte si ricordasse di lei durante la sua permanenza nelle Terre mortali. Tomoyo e Sakura si staccarono dall' abbraccio e la ragazza dagli occhi blu fissò la sua amica, decidendo di farla proseguire nel salutare, mentre si tirava in su alcune lacrime per poter apparire agli occhi di Sakura un' ultima volta prima che si voltasse con espressione tranquilla. La giovane paladina delle carte andò verso Li, ritornando da lui e standogli frontalmente come all' inizio. Il cinesino stava ancora resistendo dal piangere e la sua tremarella finiva nei suoi pugni chiusi. Sakura allora si gettò tra le braccia del suo amato, e i due si strinsero a vicenda con molta forza, quasi nessuno dei due volesse staccarsi dall' altro. Li chiuse gli occhi sopra al braccio di Sakura, promettendosi sempre che non avrebbe fatto cadere una lacrima. La ragazzina fu dispiaciuta dalla prova di forza del ragazzo, rivelata inutile alla fine per via della sicura partenza della sua ragazza.

Sakura e Li si tennero in quel caldo abbraccio per alcuni secondi, poi lentamente si staccarono l' un l' altro, e la giovane accarezzò la schiena di lui, facendo scivolare la sua mano fino alle mani del cinesino, prendendole e afferrandole. I due si scambiarono un' occhiata triste, non mostrando le lacrime proprie, sapendo che nessuno dei due credeva che il loro amore sarebbe finito in questo modo. Le labbra di Sakura e quelle di Li si congiunsero, facendo dare il via ad un altro bacio passionale tra loro. La ragazzina staccò la sua bocca dal suo amato che continuava a guardarla come se cercasse in lei una qualche risposta di opposizione alla partenza che doveva essere fermata ad ogni costo. Sakura lasciò le mani dell' amato, rivolgendo gli occhi verdi su Kerochan che la attendeva per salire con lo sfondo del mare che si faceva giallo dal lento calare del sole. La ragazzina fece così i passi per dirigersi verso la passerella, lasciandosi alle spalle le due amiche, Meiling e Tomoyo, con Li che ancora guardava al terreno preso dalla rabbia che dal dolore per la partenza di Sakura. Le altre due femmine si contorcevano nel loro pianto, rimanendo abbracciate tra loro per farsi forza a vicenda. La mano di Sakura poggiò sul dorso della tigre bianca, per tenersi a lei in modo da non cadere dalla trave in legno collegata alla nave. In quel momento, Li si bloccò nel roteare gli occhi sul pavimento, forse avendo trovato una soluzione a ciò: << Un momento, aspettate! >> esclamò il ragazzino, fermando nei passi la dolce Sakura con Kerochan che erano sulla sommità della passerella. I due che dovevano salire a bordo si voltarono inaspettatamente verso il giovane ribelle: << Cosa c'è, ragazzo? >> gli domandò Kerochan. Li fece per togliersi il cappello verde dalla testa e se lo tenne all' altezza del petto con entrambe le mani: << C-che intenzioni hai, Li? >> gli chiese Meiling stringendosi forte a Tomoyo piangendo insieme a lei. Sakura attese come il resto del gruppo la sentenza del suo amato che emise parola: << Anch' io, in realtà, sono un portatore dell' anello >> << Che cosa?! >> disse Sakura: << Non vorrai anche tu... >> fece per parlare Tomoyo, ma il cinesino proseguì: << Tutti i portatori dell' anello hanno il destino di salpare per le Terre mortali, giusto? Ebbene, io voglio partire insieme a Sakura >> la ragazza spalancò la bocca dallo stupore alla proposta del ragazzo che era riuscito a conquistarla: << No! >> << No, ti prego, non andartene anche tu! >> dissero urlando le due amiche che rischiavano di rimanere sole senza Sakura e Li a Tomoeda. Sakura ebbe di nuovo gli occhi lucidi a quella scena, serrando le labbra dalla commozione mentre il caldo del tramonto le toccava la schiena: << Se voi dovrete partire, allora noi vi seguiremo >> annunciò Meiling coraggiosamente. Sakura non volle però che accadesse tutto ciò, e una forte tristezza le pervase il cuore: << No... Non posso... >> si disse balbettando. I tre suoi amici che erano a terra stettero ad ascoltarla attentamente, poi accolsero a orecchie spalancate la risposta di Sakura: << Non posso partire! >> esclamò la ragazzina saltando giù dal patibolo.

Si gettò tra le braccia del suo amato che fu vicino alla trave. Sakura scoppiò in lacrime, e tra lei e Li ci furono ad abbracciarli anche Meiling e Tomoyo, grondanti di lacrime sui due fidanzati: << Vi prometto che non mi allontanerò mai da voi, lo giuro! >> si disse questa volta e mantenendo la promessa Sakura. Li la staccò dal suo abbraccio, e la accarezzò nelle guance: << E io ti prometto che saprò curare ogni tuo male. Anzi, noi sapremo curarti da ogni afflizione e dolore. Siamo una famiglia, dopotutto >> e così i quattro si misero in cerchio, tenendosi nelle spalle di quello che avevano a fianco. Kerochan osservò la scena dalla trave, rimanendovi ancora sopra: << E' così, dunque >> disse il Guardiano, attirando l' attenzione dei quattro ragazzini verso di lui e proseguendo nel parlare: << La volontà della portatrice è questa. Però come da regola, sulla nave non possono salpare più portatori insieme. Allora, sono io che vi dico addio >> la tigre bianca salutò il gruppo di Sakura a terra, finendo nello salire sulla nave. Sakura si spinse in avanti per cercare di fermare Kerochan che non aveva ancora salutato come si doveva: << No, Kero, aspetta! >> ma la ragazzina si strinse ancora a Li per trattenersi dalla vicinanza con la trave in legno. La faccia della tigre non si era ancora voltata dal gruppo: << Kero, perchè fai questo? Dimmi perchè? >> si disse la cattura carte non ricevendo risposta da Kerochan. Adesso lo vide sull' altro lato della barca, osservando l' orizzonte che stava per raggiungere mentre il vento che giungeva dal mare, sfiorava la pelle bianca del felino. Questo si voltò verso Sakura e gli altri, mostrando loro un sorriso celestiale che si adattava al bianco della sua pelle. Tomoyo e Meiling si staccarono dalla coppia di innamorati, per osservare meglio la partenza del loro amico Kerochan. Anche se non era Sakura a partire, le due furono lo stesso tristi e piangenti alla partenza di un altro loro componente del viaggio. Li teneva stretta Sakura nei fianchi, mentre la ragazzina si stringeva la maglietta per il gesto d' addio della tigre. Il suo più caro amico d' avventure stava per lasciarla per sempre, e davanti a tutto ciò non seppe trattenere le lacrime ancora a lungo. Kerochan rimase lì a sorridere per un po', poi fece per scendere al piano inferiore dell' imbarcazione insieme agli altri Elfi, dopo che fece un cenno con la testa per rassicurare Sakura che starà bene in quel periodo. I due colleghi di magia si saranno mai più rivisti? Anche se il sorriso della tigre era pieno di speranza, Sakura non riuscì lo stesso a vedere un possibile ritorno del compagno da lei. La nave, infine, si staccò dal porto iniziando a dirigersi oltre la baia, in quello stretto passaggio che si affacciava verso chissà quale altro luogo paradisiaco. Oltre a Kerochan, Sakura non potè più rivedere suo nonno Masaki. Per entrambi era ancora più dispiaciuta, e non le restò altro che guardare le vele dell' imbarcazione che si spiegavano al soffio del vento per condurre i naviganti nelle Terre di Valinor. I quattro amici furono inermi nell' impedire la partenza di Kerochan, e rimasero lì sulla riva in marmo a osservare lentamente la nave che poi sarebbe sparita alla luce del sole che tramontava.

Tomoyo e Meiling si guardarono negli occhi, smettendo di piangere, e accettarono la decisione della tigre di voler partire a quel punto. Le due lasciarono il porto, risalendo le scale verso i loro pony che ebbero lasciato all' inizio. Li e Sakura rimasero ancora lì a vedere lo spettacolo della nave che sarebbe sparita ai loro occhi non appena fu indirizzata all' altezza del sole calante. Sakura sospirò dal pianto, accarezzando i capelli di Li con delicatezza. L' ultima scena fu indimenticabile per i due, forse trovandosi un po' in un panorama romantico. L' acqua del mare ora brillava al chiaro del sole in lontananza, dando ancora più fastidio agli occhi arrossati di Sakura. Infine, lo vide: un' ultima volta vide la nave dove era Kerochan che raggiunse in fretta l' orizzonte. L' imbarcazione si confuse con il bianco del riflesso del sole sul mare, sparendo nella meraviglia dei soli due spettatori che rimasero fermi lì a vedere il compiersi del breve tragitto visibile dell' ultima nave per Valinor. Con essa sparirono Kerochan, Masaki, Galadriel, Elrond e Celeborn, ora sicuri che le loro vite non sarebbero più state rese in balìa dei dolori che subirono nella loro vita terrena. Sakura e Li si apprestarono a lasciare Gran Burrone, salutando i pochi Elfi che vi rimasero, prima di tornare a Tomoeda. I quattro amici rimasti raggiunsero i confini della città, e scesero dai loro cavalli, lasciandoli liberi nella campagna. In seguito fecero a piedi la strada per riaccompagnare Sakura a casa. Ancora nessuno aveva parlato dallo shock subito per la partenza di Kerochan. Tenevano compatti il muso triste verso l' asfalto. Poi Sakura decise di rompere il silenzio: << Senti, Li? >> << Cosa c'è? >> << Sai dirmi quando hai usato l' anello, per curiosità? >> a quella domanda il cinesino rispose in modo veritiero: << Quando quegli Orchi ti presero con loro per portarti in quella Torre. Sai, pensavo che te ne fossi andata per sempre da questo mondo, dopo quell' episodio che successe con il ragno, ma poi ho sentito uno di quei mostri che confermava che eri ancora viva >> << E poi sei venuto a salvarmi >> disse Sakura con gli occhi che le brillavano dall' amore più acceso che mai per Li: << Si. Finchè il tuo cuore batterà, noi saremo sempre con te a darti una mano >> un sorriso sereno si formò in Sakura, così come nelle altre due amiche sue. Continuarono così a camminare, fino a quando non si sentì una voce preoccupata provenire da una casetta alla loro sinistra. Quella casa era di Sakura, e dalle finestre videro una persona che correva per uscire mentre continuava a gridare: << Sakura! >> la persona che ne uscì era Fujitaka, che vedendo la sua figlioletta passeggiare nella strada frontale alla casa, si gettò verso di lei per stringerla forte: << Papà?... >> Sakura esitò dal venire incontro al dolce padre, poi intuendo la reazione di quest' ultimo. Gli occhi della ragazzina si fecero lucidi, potendo rivedere il padre, non abbandonato alla sofferenza della figlia in partenza: << Papà! >> la ragazzina pianse ancora, correndo verso le braccia del padre che la attendevano al cancelletto della casa. Padre e figlia si strinsero in un loro abbraccio familiare, sotto gli occhi felici e commossi di Meiling e Tomoyo, mentre Li fu solo fiero di quella scena. Dalla porta di casa Kinomoto, sbucò Toy che si poggiò alla parete del muro a braccia conserte, sorridendo al ritorno sperato della sorellina: << Oh, papà! Mi sono dimenticata di dirti quanto mi sei mancato! >> << Sì, anche tu, tesoro. Anche tu >> rispose commosso Fujitaka alle lacrime della figlia.

Quest' ultima si ricordò delle parole di Kerochan, estrappolate in uno dei suoi discorsi: << Mia cara Sakura, non si può essere sempre divisa in due. Dovrai essere salda per molti anni. Hai tanto da godere, da vivere, da fare. La tua parte nella storia continuerà >> Li si fece avanti per restituire il diario di Sakura, appartenente originariamente a Masaki. Sakura si staccò dall' abbraccio con il padre, prendendo il libro, dopo aver abbracciato di nuovo Li per ringraziarlo di essere con lei. Ora Sakura guardò con più ammirazione quel cielo che si faceva rosso al tramonto, forse rendendosi conto che il sole stava calando alla fine della sua più grande avventura: << Bene. Sono tornata >> disse in conclusione la ragazzina sorridendo con le lacrime che le si asciugavano in volto dalla serenità. Toy la guardò con un sorriso dall' uscio della porta, incrociando lo sguardo di lei, per poi rientrare in casa alla risoluzione dei fatti. Per Sakura fu come un invito a stare in quel posto, chiamato casa. Rientrò insieme al padre, salutando Li, Meiling e Tomoyo. Percorse insieme al genitore le pianelle che portavano all' ingresso di casa Kinomoto. Fujitaka chiuse il cancelletto, ora divenuto più sereno al rientro della sua figlioletta che non immaginava quali pericoli fu costretta a sperimentare nel lungo viaggio tortuoso. Sakura però si lasciò tutto alle spalle, nella più totale spensieratezza di quel cielo tramontante che faceva presagire a prossimi giorni di serenità. La ragazzina rientrò così in casa, seguita dal padre che chiuse quella porta della loro dimora, sicuro che non vi sarebbero più giunte altre disavventure per la cattura carte. Il riflesso del sole che tramontava illuminò il legno della porta, prima di sparire nell' oscurità, ora che non faceva più terrore a nessuno. Il perfido Sauron fu solo un brutto ricordo ormai, e Sakura si preparò a trascorrere i propri giorni in serenità, sempre con la speranza che Kerochan l' avrebbe rincontrato, da un momento all' altro.

THE END. Salve a tutti, questa storia si è conclusa con un lieto fine, come si sapeva dal film. La vita per Sakura sembra appena incominciata, e chissà quali altre avventure la aspetteranno nelle prossime fanfiction dedicate alla mia eroina preferita. P.S. Ho aggiunto in un secondo momento questa didascalia. Non mi resta altro che salutarvi, e alla prossima fiction [Sulle note di "Into the West" performed by Annie Lennox]

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