La Casa che la morte dimenticò

di PokeShiira
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quella notte ***
Capitolo 2: *** Riflessione ***
Capitolo 3: *** Mademoisielle ***
Capitolo 4: *** La Nonna ***
Capitolo 5: *** Dannazione! ***
Capitolo 6: *** Sei tu, Cara? ***



Capitolo 1
*** Quella notte ***


Melinda odiava guidare di notte. Faceva del suo meglio per evitarlo. Si spostava per tratte brevi verso un negozio se si accorgeva di essere a corto di assorbenti o se non aveva nulla per cena dopo essere tornata a casa, quel genere di cose che capitano ogni tanto. Ma lei faceva del suo meglio per non uscire quand'era buio a meno che qualcuno non venisse a prenderla.

Così, naturalmente, si trovò ad affrontare il viaggio più lungo della sua vita quella notte senza luna, punteggiata da poche stelle, spirali di nuvole che volteggiavano sopra di lei e ettari di foresta su entrambi i lati. Come molte delle cose sgradevoli della sua vita, questa era dovuta a suo padre.

Non parlava né vedeva più quel bastardo da quindici anni, ma subito dopo essersi addormentata quella notte... No, si sbagliava. In quel momento doveva essere già domani. All'improvviso, il suo telefono squillò, e la sua voce era all'altro capo del filo.

"Ho bisogno di te, Mellie. Per favore, vieni ora!" Disse solo questo, e poi cadde la linea.

Il vecchio doveva essere sbronzo probabilmente, ma non l'aveva mai chiamata prima Mellie, non dai tempi in cui era una bambina e cercava ancora di convincere sua madre a riprenderselo.

Le sembrò come se fosse stata addormentata per un lungo tempo, svegliarsi e sentire di nuovo la sua voce dopo tutti quegli anni. Sembrava che stesse piangendo. La sua voce era proprio come la ricordava dall'ultima volta che l'aveva sentita.

Come in un sogno, si era alzata, vestita, ed era entrata in macchina. Era già fuori città e a metà strada dalla vecchia abitazione di suo padre prima di rendersi conto che non aveva modo di sapere se viveva ancora là. Riceveva notizie da sua madre di tanto in tanto nel corso degli anni sui suoi spostamenti.

L'ultima volta che sentì sua madre parlarle di lui fu sette anni fa. Era mai stato in un posto solo così a lungo? Non che lei ricordasse. Aveva sette anni quando sua madre finalmente ne ebbe abbastanza e lo mise alla porta. 

Prima di ciò, ogni tanto facevano un trasloco. La casa in cui abitavano fu la loro sistemazione più duratura; sedici mesi esatti. Dopodiché divennero due anni, e poi la casa seguente divenne l'appartamento che lasciò quando si trasferì per vivere da sola. In tutto quel tempo, lo sentì sporadicamente se andava bene, e finalmente decise che sarebbe stato più semplice dimenticarsi di lui.



Fino a quella notte.

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Capitolo 2
*** Riflessione ***


Dopo due ore di guida scoprì di aver ragione di dubitare che il padre fosse ancora nello stesso posto. Il suo ultimo indirizzo conosciuto era un appartamento malridotto in una zona a basso reddito della città in cui era cresciuta. Era al numero 24 o al 42? Forse era 14. Sicuramente aveva un 4 in mezzo. Non aveva importanza. Il suo nome non era su nessuno dei campanelli.

Bastardo! Suo padre ubriaco l'aveva chiamata a notte fonda, non facendo nient'altro che chiederle di raggiungerlo per una ragione che non era neanche abbastanza importante da esser rivelata per telefono, e poi si aspettava di punto in bianco che lei sapesse dove si trovava in quel momento. In un impeto di rabbia, tornò indietro marciando verso la sua auto, sbattè la portiera e ripartì per dirigersi da dove era venuta. Era così arrabbiata che non fece attenzione a dove stava andando e mancò una traversa in cui doveva girare.

L'altra cosa che notò, fu che si trovò su un tratto di strada solitaria. Le auto erano rade, ma la rilassava il fatto che ne passasse una ogni mezz'ora circa. L'orologio sul cruscotto segnava le 2:27 del mattino. Guidava da più di cinque ore da quando era uscita di casa. Di notte.

Ogni cinque minuti controllava il suo cellulare. Da quando capì di essersi persa, iniziò a controllarlo e scoprì di non avere copertura di rete. Si fermò anche ad una stazione di servizio (chiusa, ovviamente), sicura che ci sarebbe stato campo là attorno da qualche parte, ma niente.

Fa il punto della tua vita, Mellie, pensò. Hai oltrepassato i trent'anni, odi il tuo lavoro, tu e tua madre non andate per niente d'accordo, non parli e non vedi tuo padre da poco meno di metà della tua vita, non hai tempo per gli amici o per le relazioni grazie al lavoro sopracitato, e ora eccoti qui, intrappolata in una strada che non hai mai visto prima, di notte, e non puoi nemmeno dare un'occhiata su Google Maps. Che donna intelligente sei.

Considerò rapidamente di fermarsi e di far segno alla prossima macchina di passaggio. Poi capì subito l'inutilità del piano. Nessun altro su questa strada avrebbe avuto campo. Quindi non c'era nulla da fare. Avrebbe dovuto guidare finché non si fosse imbattuta in una casa. Si sarebbe sentita in imbarazzo a svegliare qualcuno, ma non c'era scelta. Doveva ritrovare la strada per tornare sulla via principale.

Ma fino a quel momento, l'unica cosa che riusciva a vedere su entrambi i lati erano solo alberi. Chilometri e chilometri di alberi. Nessuna luce filtrava attraverso le fronde. Nessuno segno che indicasse il passaggio di qualcuno, tranne la strada e la gente che ovviamente la usava.

Non c'erano neppure altri segnali stradali oltre gli indicatori dei chilometri. Era davvero nel mezzo del nulla? Si trovava a pensare proprio questo quando i suoi fari illuminarono qualcosa sulla strada; un cartello squadrato di legno - ovviamente non di quelli distribuiti dal governo. Non era un cartello per la benzina/cibo/alloggio, o un segnale chilometrico, o un cartello che indicava una distanza da un punto. Sembrava un cartello pubblicitario che indicava un'attività là intorno. Rallentò per leggerlo.

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Capitolo 3
*** Mademoisielle ***



Roadhouse di Nonna Royce! Venite a soggiornare per una notte da Nonna! Si prenderà cura di voi! Stanze! Vitto! Prezzi bassi! Alla prossima uscita!



Il suo cuore accelerò i battiti. Non era affatto interessata a fermarsi da Nonna Royce, ma ogni attività ha sicuramente una linea fissa. Al massimo, avrebbe potuto ricevere una mappa, o le avrebbero potuto indicare la strada giusta. Decise di fermarsi là.

Stava quasi per mancare lo svincolo. La Roadhouse di Nonna Royce era infossata alla fine di una lunga, sporca strada privata e sterrata, appartata in mezzo agli alberi. Aveva appena finito di percorrere la stradina sporca, prima di accorgersi che stava là. Continuò fino a fermarsi e poi svoltò dentro.

La casetta si trovava davanti a lei. Era a due piani e sembrava avere all'incirca otto o dieci stanze. Grande per essere una casa ma piccola per qualsiasi abitazione che potesse permettersi vitto e alloggio. Si avvicinò e controllò se vi era un segnale di un posto libero; niente. Non perché l'insegna non era illuminata, non c'era proprio nessuna insegna. La luce del portico era accesa e la facciata dell'edificio era illuminata da quella luce e dai suoi fari. Nessun cartello di alcun genere.

Quasi si chiese se non avesse sbagliato posto, ma era certa di non aver visto alcun'altra uscita tra questa casa e il cartello che la indicava. Si fermò nel vialetto e tirò fuori il cellulare di nuovo. Ancora niente campo. Fece una piccola ricerca di eventuali segnali wireless disponibili. Senza nessuna sorpresa, non ve ne era alcuno. Neanche uno protetto.

Non c'è nessun altro a parte me qua, pensò.

A quel punto, non si sarebbe stupita di trovare anche la casa vuota. Ma la luce era accesa ed era una road house. Ci sarà stato qualcuno a lavorare alla reception.

Scese dall'auto e si diresse verso il portico. Mentre si voltò per controllare che le luci lampeggiassero per essere sicura di aver chiuso le portiere dell'auto, pensò di vedere un movimento tra gli alberi. Qualcosa dalla forma umana. Si fermò e guardò di nuovo. Niente. Pensò di averlo immaginato.

Sulla porta, esitò. Se fosse stata una roadhouse non avrebbe dovuto aver problemi ad entrare. Ma se si fosse sbagliata? Se avesse aperto la porta e fosse entrata, si sarebbe potuta trovare arrestata là in Culonia, Nientelandia. Cautamente, provò a girare la maniglia. Funzionava. Spinse delicatamente la porta. Si aprì. Il sollievo la pervase quando vide che si trovava in un atrio piccolo, ma decorato con gusto, che era stato evidentemente riqualificato come hall. Una scrivania pittoresca, con un modesto libro degli ospiti lasciato sull'angolo destro insieme ad alcune riviste, e alcune sedie. Scorse brevemente i titoli -- Mademoiselle, Blue Book, The New Country Life, Arts & Architecture -- prima di rivolgere l'attenzione al piccolo scranno.

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Capitolo 4
*** La Nonna ***


Non c'era un computer. Era una cosa piacevole. Era come se la casa fosse di un'epoca passata. Forse la vecchia Nonna Royce non amava particolarmente la tecnologia. C'era, tuttavia, un campanello, proprio come ci si sarebbe aspettati di trovarne uno nel 1929. Non era neanche il tipo di campanello argentato che devi pigiare per farlo suonare; era una piccola campana di porcellana. Questo posto iniziava sembrarle graziosissimo.

Per favore lasciare un recapito telefonico, e si è pregati di utilizzare la linea della pensione, non si cambiano pezzi da 50. Prese la campanella e la scosse.

Per un po', non accadde nulla. Poi vide una luce accendersi nella stanza adiacente e l'ombra di una donna anziana proiettata sul muro. L'ombra si mosse verso di lei e nel giro di pochi secondi, vide la sua proprietaria: Nonna Royce, che poteva benissimo somigliare a tutte le nonne di ogni fiaba.

"Beh, oh cielo," disse. "Buongiorno tesoro. Perdona il ritardo ma è passato un po' di tempo da quando abbiamo ricevuto ospiti a quest'ora. Posso sapere il tuo nome, cara?"

Nonna Royce era bassina, con i capelli grigi legati in una crocchia ordinata dietro la testa, un vestito che aveva una foggia da anziana degli anni venti, e un maglione rosa sbiadito. Melinda pensò che somigliava proprio a come avrebbe voluto che apparisse sua nonna, ma sua nonna materna morì quando era giovane, e non aveva mai visto la madre di suo padre. Quasi le faceva male rifiutare l'ospitalità della piccola e dolce donna, ma comunque, doveva tornare a casa.

"Veramente, sono dispiaciuta", iniziò. "Ma il fatto è che mi sono persa. Non sono neanche sicura di dove mi trovo..." "Oh, povera ragazza", disse Nonna Royce. "Siediti che ti preparo un té, o quello che vuoi. Devi aver freddo." "Davvero, grazie, ma sto bene," disse Melinda con gentilezza. "Ho solo bisogno di usare il telefono, se posso, o se potesse darmi una mappa, anche questo sarebbe d'aiuto. Vivo ad un paio d'ore da qui..."

Si interruppe, non sapendo se fosse vero. Poteva benissimo aver viaggiato per quelle cinque ore in direzione completamente sbagliata.

"Oh, cara," disse la piccola donna mestamente. "Mi dispiace, tesoro, ma le linee telefoniche sono interrotte. Per quanto riguarda la mappa, beh... Una volta ne avevo una, e se la cerco dovrei averla ancora, ma adesso sarà datata. L'autostrada è stata spostata da allora, per quel che ne so."



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Capitolo 5
*** Dannazione! ***


Il cuore di Melinda sprofondò. Come poteva avere una fortuna ancora più avversa? Nessun telefono, cellulare o mappa. Cosa poteva fare? Doveva tornare a casa. Era attesa al lavoro per le 8 del giorno seguente. E perché le linee telefoniche erano inutilizzabili? Il tempo era freddo ma limpido. Stavano riparando una linea nelle vicinanze?
 
Disse a Nonna Royce il nome della sua città, ma Nonna disse solo "Che tu ci creda o meno, non ho mai sentito il nome di quella città. Come hai detto che si chiama?" Lo ripeté. "No, non mi dice niente. Mi spiace. Non saprei dirti in che direzione si trovi. Perché non resti per la notte, cara. Ti farò uno sconto per il disturbo." "Grazie mille. E' molto gentile da parte sua. Ma devo andare a lavoro domani e devo tornare a casa. Non sono neanche sicura del perché sono fuori casa stasera. L'unica ragione che avevo sembra non essere più tanto importante."
 
"Tesoro, non ti consiglierei di rimetterti alla guida stanotte," disse Nonna Royce. "Perché, sono quasi le tre del mattino, e non hai neanche dormito. Forse le linee si risistemeranno nel mattino, e potrai chiamare al lavoro e far sapere che farai ritardo."
 
"Non funzionerà neanche così." rispose. "Sono io che apro. Non ci sarà nessuno là ad aspettarmi. No, mi dispiace, devo davvero andare. Mi dirigerò nell'altra direzione finché non ritrovo la strada dalla quale sono venuta."
 
Al che, l'espressione di Nonna Royce, già un po' preoccupata, sembrò mutare - in una di paura. Fece una pausa, guardando Melinda come se volesse dirle qualcos'altro per trattenerla. Alla fine disse, a malincuore, "Va bene, tesoro, se sei sicura. Sta attenta, adesso. Non parlare con nessuno finché non sarai di nuovo in strada."
 
L'ultimo avvertimento le sembrò un po' sciocco. Dopo tutto, cos'era Melinda, una bambina? Ringraziò Nonna Royce per la sua gentilezza e si diresse verso l'auto. A circa metà strada dall'auto ricordò di aver pensato d'aver visto qualcosa muoversi tra gli alberi. I suoi occhi scrutarono entrambi i lati dell'area in cui si trovava, cercando qualsiasi cosa che sembrasse muoversi da sola piuttosto che mossa dal vento leggero. Non vide nulla. Soddisfatta, si avvicinò all'auto. Tutti e quattro gli pneumatici erano sgonfi.
 
Dannazione!
 
Si chinò e vide dei lunghi tagli su ogni copertone. Qualcuno in questo piccolo appezzamento di Green Acres le aveva fatto fuori i pneumatici nel tempo che aveva impiegato a scoprire che non avrebbe avuto alcun modo di contattare nessuno quella notte.
 

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Capitolo 6
*** Sei tu, Cara? ***


Dovevano essere stati i bambini di qualche fattoria limitrofa, pensò cupamente. Quando non si trova niente di meglio da fare, si esce la sera per tagliare pneumatici. Si fermò e se ne fece una ragione. Non sarebbe andata da nessuna parte quella notte. Non aveva alcuna scelta a quel punto; doveva rimanere là per la notte fino al mattino, quando con buon auspicio avrebbero risistemato le linee e avrebbe potuto chiamare qualcuno al lavoro per sostituirla, e poi il carroattrezzi per i pneumatici. Sospirò e tornò nella casa. Poté sentire Nonna Royce mentre tornava nella sua stanza. Aveva già spento le luci. Rassegnata al suo destino, Melinda suonò di nuovo il campanello.

"Sei tu, cara?" sentì chiamarla Nonna Royce.

"Sì, sono io," rispose. "Mi dispiace disturbarla. Mi chiamo Melinda Orton. Mi scusi per non averglielo detto prima. Credo che prenderò una camera in affitto per la notte, se l'offerta è ancora valida."

"Oh, certo che lo è, tesoro," disse Nonna Royce, rientrando nella stanza e accendendo le luci. "Melinda. Oh, è davvero un bel nome, cara. Bene. Vediamo di sistemarti. Scrivi il tuo nome e l'ora di arrivo nel libro là e ti darò una chiave. Tutte le stanze in affitto sono al secondo piano, e ce ne sono solo un paio libere."

"Ci sono altre persone qui?"

Questo dettaglio era inaspettato. Non c'era neanche un'auto nello spiazzo quando vi entrò lei.

"Oh sì, signorina Melinda." Nonna stava trafficando nella stanza adiacente. "Il signor Norris, il giovane Calvin, c'è un po' di gente qui." Tornò con una chiave in mano. "Solo per curiosità, cosa ti ha fatto cambiare idea?"

Sembrò avvampare mentre le faceva questa domanda, sebbene fosse sollevata dal fatto che Melinda sarebbe comunque rimasta.

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