Anima

di Zughy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI - Anna ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***



Capitolo 1
*** I ***


È bastato qualche bicchiere per lasciare che l'Acheronte la inghiottisse. Oh, e come remano i suoi occhi, sono così… verdi, vitrei, inebriati, ma allo stesso tempo… miei. Saranno presto miei.

Dovrei buttarla sul letto, dovrei comportarmi da uomo; una clip pornografica di seconda categoria? Non importa a nessuno, guarda come s'è ridotta: capisce a malapena dove si trova, arranca sui miei fianchi in attesa di un po’ di piacere carnale e non vede l'ora di essere trattata peggio di un cane: dovrei bastonarla? Forse dopo. Ma davvero, ricorda un cane: mi sta sbavando addosso. E mi sta per sganciare i pantaloni: rimarrà sorpresa da ciò che vedrà? La sua bava non mi permette di veder sotto l'inguine. Non lo vedrà neanche lei. Metterà qualcosa in bocca e si scorderà del resto. Come domani si scorderà di tutto questo. È una notte come tante, si lavora, si timbra il cartellino, ci si fa timbrare, si torna a casa, quando si è fortunati. Ma non preoccuparti Afrodite, stasera tornerai Atena. Chi preferisci che io sia? Ares, Adone, Anchise? Cristo, dovrei smetterla… non sai nulla di mitologia, non hai il tempo di leggere, forse hai così tanti lividi sulle braccia che saresti indolenzita al sol tenere un libro in mano. E non posso preoccuparmi di queste cose, dovrei stringerti per le cosce, farti fingere, probabilmente fingerai. Questa cosa dovrebbe turbarmi, non voglio che tu finga. Ma i fili di bava lì sotto sono una ragnatela di perversioni, non ho tempo per soppesare i miei desideri, sei più veloce te a tesserli: quante volte l'avrai già fatto? Scommetto che hai perso il conto. Ti senti ancora umana? Oh, hai deciso di risalire. Andrò giù io.

Mi ricordo di cosa lessi riguardo il tuo conto: eri venuta qui per fare l'insegnante, vero? Quante cose ti avevano promesso, quante tavole imbandite di belle parole. E ora l'unica cosa imbandita sei tu. Immagino faccia freddo là fuori, eppure nessuno si fermerebbe mai per offrirti un riparo per più di qualche ora. Preferisci il freddo della notte o quello di uno sguardo? E quanti ti hanno mai detto di amarti? Quanti ti hanno chiamato per nome, Afrodite? Qualche pervertito ti avrà chiamato col nome della figlia, qualcun altro con quello della moglie passata a miglior vita. Ti ricordi il tuo vero nome, Afrodite? Te l'ho detto, questa notte sarai Atena. Gemi ancora un poco, illudimi ancora un poco.

È freddo il muro? Scusami, non voglio irrigidirti più del dovuto, ma non posso reggere tutto il peso. Né posso amarti. Ti ricordi cos'è l'amore? Il bagliore negli occhi di lui quando gli raccontasti di come qui avresti concretizzato le basi per una vita insieme. Delle promesse e i baci serali al chiaro di luna mentre le vostre mani erano impegnate ad annodarsi fra le vostre dita: si annodavano più di questa bava, eppure questo sembra essere il piatto del giorno. Da quanti giorni, ormai? A tutti piace, meno che a te. E fila un sacco.

Non mi degni neanche di uno sguardo, non vuoi sentirti regina? Eppure sono prostrato ai tuoi piedi, soffocato fra le tue gambe. Potresti almeno degnarmi di uno sguardo. Il soffitto non è neanche imbiancato, valgo meno del soffitto? E quanti hanno il coraggio di sprofondare fra le tue gambe? Ma non preoccuparti, forse ho più malattie io che te. Condivideremo anche quelle, un po’ come il soffitto. Immagino vorresti che ti crollasse addosso. Farà più male il soffitto o il ricordo del tuo ragazzo che ancora ti aspetta al chiaro di luna? Ma che dico, ti sarai scordata anche il suo volto… Non lo distingueresti da un cliente. E la sua voce, sarà spirata tempo addietro insieme al suo profumo: non dirmi che hai il coraggio di chiamarlo di tanto in tanto, non ti crederei. Cos'è rimasto, c'è rimasto dello spazio dentro di te? Qualcos'altro al di fuori della mia lingua e delle mie dita. Intendo qui, nel tuo petto freddo, sotto le ossa che ornano questi seni vermigli. O sono le ossa vermiglie? Se non fosse per i lividi, le vedrei cianogene, un po’ come il tuo volto. E non mi stringi neanche per i capelli. Non una carezza. È ora di colmare quel vuoto nel tuo petto. Ti piace il carminio? Deve essere da qualche parte. La borsa, l'ho messo nella borsa. Dove ho messo la borsa? Merda.

“Piccolo, cosa ti prende?”

Il tuo tono è così spento. Faresti meglio a non dire nulla, non sai fingere. E non sono fatto, lo capisco che mi prendi in giro. Taci. Oh, eccola la borsa.

“Se li hai scordati a casa, dovrei averne un paio io”

Ancora una parola e… e… Zitta, zitta, zitta… non posso urlare. Meglio che sorrida come una delle bestie con la quale è solita giostrarsi. Ti abbraccerò. Sì, posso abbracciarti. Non hai visto cos'ho preso. E mi guardi quasi con sguardo materno, ma so che fingi. SMETTILA DI FINGERE, CAZZO! Il tuo sorriso malizioso, non lo sopporto più, la tua finzione, il tuo fregartene di risultare finta. Vorresti farla finita, vero? Brava, abbracciami, stringi quei seni verso di me. Solo un po’ più vicino. Ecco, così… È finita, Afrodite.

Non urlare, ti prego. Lo so che fa male, ma non devi dimenarti, non sei più pallida. L'ho fatto per te, smettila di prendermi a calci, lurida puttana! Credi che sia facile mantenere il coltello nel tuo petto e con l'altra mano premere il cuscino per non farti urlare?! Mi fai piangere, mi ricordi quella donna, mi fate stare male, tu e quella donna che alberga sotto le mie palpebre. Ti prego, smettila… Smettila, ti scongiuro! Domani andrà meglio, è sempre andata meglio, fidati di me, nessuno se n'è mai pentito… sarà un mondo nuovo, non ha senso graffiarmi il volto o tra qualche ora mi brucerà la pelle: perché devi farmi questo?! Guarda il tuo seno, non vedi che il sangue ha coperto la sofferenza dei tuoi lividi?! E domani non ci saranno più! Perché vuoi rinascere con la faccia scorticata? Potrai riandare dal tuo ragazzo, vuoi davvero che ti trovi piena di graffi? Ho cancellato i lividi, ma non posso cancellare il resto, ti prego, finiscila… Ormai anche i sogni da te tessuti son carmini. Ma devi andartene da qui, non è più sicuro… E l'uomo di fianco a te sembra che se ne andrà presto… È stata la sua ultima notte, la vostra ultima notte… Ma solo tu domani vedrai il sole… E la luna, rivedrai la luna che tanto avevi dimenticato nel tuo paese natio. E diventerai un'insegnante, proprio come avevi sempre sognato… Ma non pensarci, chiudi gli occhi, riposati, almeno stanotte…

 

Mi rimane solo qualche taglio sul volto, ma… non ci sono più lividi. E com'è bella la luna stanotte. Domani devo lasciare questo lavoro, spiegherò tutto a mamma e papà. Spero non facciano loro del male. Ma avevo ragione, meglio che riposi un po’, almeno stanotte.

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Capitolo 2
*** II ***


Quell'uomo era così simile a me. Avevamo gli stessi zigomi, lo stesso taglio degli occhi. Ma era un uomo? Dal suo portafogli era qualcuno: perché venire da me? Si sentiva forse solo? Ma io non ero rimedio per lui, non ero che un passatempo per lui. E i miei genitori, si sentiranno soli? Cosa penseranno di me? Si ricorderanno di me? Dovrei avere il cellulare qui da qualche parte. Ah, eccolo. Registro chiamate: vuoto. Ne avrò un altro a casa, non posso essere sola. Prenderò la macchina di quell'uomo, non gli serve più. Non sono sola.

Mi ero sempre domandata come fosse dentro: casa, intendo. Assomiglia a tutte le altre prigioni, perché dovrei preferire questa? Sarà l'abitudine? Eppure vorrei bruciarle tutte. Ecco, l'altro cellulare: è in cirillico, i nomi sono in cirillico. Дима: sarà lui? O sarà Саша? Perché non ricordo il mio alfabeto? È IL MIO CAZZO DI ALFABETO, COME CRISTO È POSSIBILE?!

...Beh, non chiamerò nessuno. Nessuno mi ha mai chiamata, non ci son chiamate: mi han dimenticato. E io ho dimenticato loro. Perché non dovrei andarmene da qua, quando mamma e papà non si preoccupano di me? Cosa m'importa se faran loro del male? Ne stanno già facendo a me: loro e i miei clienti. A chi importa di me? Neanche il mio ragazzo mi ha mai chiamata. Starai già scopando con un'altra donna? Con una come me? O ti sarai rifatto una vita? Dovrei chiamarti, ma non ricordo l'alfabeto. Perché non ricordo l'alfabeto? Eppure vorrei chiamarti.

E le mie lettere, ancora sparpagliate sulla scrivania... almeno quelle che non hanno già raggiunto il cestino dell'immondizia. Ma perché le scrivo, se nessuno le legge? Perché una puttana dovrebbe scrivere? Le penne che tiene in mano son di altro genere e qui c'è un'“n” di troppo. Nessuno la paga per scrivere.
E... non riesco a capirle, non ricordo l'alfabeto.

Il motore di una macchina: una macchina, perché c'è una macchina qui fuori? La polizia? Ma se quell'uomo è morto non è colpa mia, si è suicidato, posso spiegare tutto, mamma, possiamo spiegare tutto, vero mamma? Smettila di startene lì in piedi e fissarmi come se fossi un mostro, mamma, PERCHÉ NON MI AIUTI MAI, SPORCA TROIA?! Non sono stata io ad uccidere il coniglio, non sono stato io ad ucciderlo, “Non sono stato io!”

...La porta si è aperta. Mi avranno sentito urlare? Vogliono arrestarmi? Merda, merda, merda... Devo ancora avere il coltello da qualche parte. Sì, sì, eccolo.
“Hey, ma quel gioiellino lì fuori, amore?”
Un uomo. È ubriaco, biascica. O è fatto. Ma non è il mio ragazzo, perché mi chiama amore? Però lo conosco... Niente coltello. Sembro me stessa? Dove sono i capelli? Ah, eccoli...
“Spero ci sia rimasto dello spazio per me lì dentro...”
Mi guarda, vuole farmi del male, eppure fatica a stare in piedi. Che lo debba fissare anch'io? Forse è meglio cambiare stanza, crollerà sul letto esausto. Magari non si rialzerà più. Spero non si rialzerà più.

“Non me ne frega un cazzo se sei stanca, io non valgo meno di loro!”
Urla, afferra il braccio, stringe forte, fa male, mi spinge sul letto. Un'altra volta? Ma neanche lui mi ama, perché vuole farlo? Lo vedo, nel suo sguardo, che non mi ama. Mi ha tirato uno schiaffo, ma è troppo tardi, ho già visto che non mi ami. E mi graffia la carne, tenta di sfilare la gonna: perché sfilare la gonna? Vuole solo farmi male. Pensa di potermi fare male. L'odore di alcool mi soffoca, le sue labbra mi soffocano; voglio respirare, non mi ascolta. Dov'è il mio ragazzo? Anche lui mi ha dimenticato?

Sta sganciando la cintura, ricorda le catene dei fantasmi: e lui è un fantasma? E io, sono un fantasma? Viviamo di notte e gli adulti proteggono i loro figli quando ci vedono per strada: ma non voglio essere un fantasma. Eppure non ho paura di lui, per quanto mi stia imponendo con la forza a tener aperte le gambe, nel tentativo di non vomitare nel mentre. E si sa, i fantasmi non si temono tra di loro. E ha vomitato; ma non ha intenzione di fermarsi, mi pulisce con una mano. Ora so di lui. Dov'è il mio ragazzo?

Ha sgranato gli occhi, non capisce ciò che vede. È rimasto impassibile al vomito, ma non alle mie gambe. E il coltello è così vicino. E i lividi anche. Ma il coltello di più. Mi basta accarezzare il suo volto, fingere ancora un po', adularlo e fargli credere che potrà fottermi come uno straccio per tutta la notte. Ed eccolo, c'è cascato, sorride anche lui. Ma anche il coltello vuole fottere. E il coltello di più. Non è mio il culo pieno, questa volta. Oh, e quanto sangue.

Sembra gli stiano estraendo la spina dorsale dalla testa, vuole spezzarsi all'indietro. Urla, gratta le corde vocali, il vomito si mesce. NON URLARE! Un taglio netto sulla gola, si è ripiegato in avanti, ho il sangue sullo stomaco, i suoi occhi vogliono uscire dal cranio. Eppure non può più dire una parola. E il suo sguardo, si vede che non mi ama. E il suo sguardo, si vede che non si ama. Mi odia? Non voglio guardarlo negli occhi, sarà meglio togliere anche quelli. Ma è troppo tardi, ho già visto che non ti ami.

Mi chiedo quale fosse la tua storia. Come sei diventato un fantasma? Ma non importa, nessuno la ascolterà mai, non sei tu la persona che ho deciso di salvare. Eppure non riesco a guardare un film senza chiedermi quali fossero le storie di tutti, soprattutto di quelle comparse da una manciata di secondi con l'unico ruolo di prendersi un proiettile e morire. Perché nessuno si preoccupa per loro? Perché danno tutti per scontato che debbano morire? E che il protagonista debba vivere? È perché ci rivediamo nel protagonista? Eppure siam tutti comparse. E mi sarebbe interessata la tua storia. Ma te l'ho detto, non sei tu la persona che ho deciso di salvare.

Tra poco sarà giorno. Dove sono i capelli? Ah, eccoli...

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Capitolo 3
*** III ***


Lo zaino di quell'uomo è ancora in macchina: non è ancora morto del tutto. Devo portarlo in quel campo, devo portarlo con tutti gli altri; lì avrà il suo funerale. E dell'altro uomo, sul mio letto, cosa dovrei farne? Qualcuno si ricorderà di lui? O anche lui era solo? No, nessuno si ricorda dei fantasmi, sanno solo che sono spaventosi: e hanno già un kit di volti, te ne dipingeranno uno. Devo andare al campo. Forse dovrei darci un nome.

La città, ancora così quieta... solo qualche raggio del sole esorcizza le creature della notte. Ma non questa notte spirerò con te. Questa notte ho ottenuto il mio corpo, non potrai farmi nulla. Ti porgerò lo zaino come pegno, siamo sempre stati d'accordo così. Quanti pegni ormai? Ti ho reso sovrano, devi ammetterlo. Non che tu avessi bisogno di me, ma ti ho reso migliore. Non volevi essere migliore? Anch'io volevo esser migliore. E neanch'io avevo bisogno di te. Ma quanto durerà? So che te lo chiedi anche tu. Siamo legati da troppe cose, troppe tombe. Quando avrai la mia tomba: ecco, quel giorno moriremo. Ma quale sarà la mia tomba? E fra quante tombe? Morirò al tuo fianco? Perché, vorrei solo morire al tuo fianco.

C'è un uomo nel campo: sta appiccando un fuoco. Lì, sui tuoi pegni. Che patto avevi con lui? Credevo... di essere la tua favorita. So che non avevi bisogno di me, lo so, ce l'eravamo sempre detto, ma... ti comportavi come se non ci credessi veramente... io ero tua. E non ti avrei mai barattato con nessun altro, PERCHÉ MI DEVI TRATTARE IN QUESTO MODO?! ...No, aspetta, aspetta, ricordo quell'uomo. Ma dove l'ho già visto? E... Non lo so, ma devo darti il tuo pegno: ce l'eravamo promesso, non sono una bugiarda. Se vuoi ne parleremo dopo. Ne parleremo, vero?

Mi ha sentito arrivare, si è a malapena voltato: ha una faccia vuota, dovrei salvare anche lui? O forse è stato lui a salvare qualcuno. Di chi sarà quel pegno? Un'altra storia che vorrei conoscere, un'altra storia per la quale non ho fatto in tempo. Quante ne ho mancate finora? Quante compiute? Saranno mai abbastanza? Ma non importa, è tempo di salutare anche questa. Ecco, basta un po' di benzina.

"Chi piange lei?"

Mi ha parlato. Perché mi ha parlato?

"Un mio successo". Non mi guarda ma so che non gli basta. "..E lei?"
"Mia moglie e mia figlia. Da quattro anni... Ormai, per l'ultima volta."

...Due pegni. Oggi ti senti davvero venerato, vero? Non ti fai un po' schifo, adulato da più persone allo stesso tempo? Ho cancellato ciò che ero, sai tutto di me, ma non l'ho fatto per scambiarci gli abiti. E non vuoi parlarmi, l'ho capito, ma quest'uomo è solo di passaggio. Domani sarai di nuovo solo, è così che vuoi vivere? Quali aspettative hai, tu e i tuoi raggi? Domani sarai di nuovo solo.

"Un uomo mi ha detto di venire qui, immagino non sia il solo. Sembra una sorta di terapia quando si perde qualcuno... o forse sono solo io che ormai... non lo so. È la prima volta che lo fa?"
La sua voce è flebile, non sa neanche se sia ancora vivo. Siamo vivi? Non è la vita un valore soggettivo? E quell'uomo, certo, QUELL'uomo, ecco dove l'avevo già visto: lo ha mandato qui, come manda me ogni volta.
"No... ma non si preoccupi, funziona. Bruciamo i loro ricordi e lasciamo che i raggi del sole li ricordino un'ultima volta. Perché cosa son stati, se non luce? Nei miei, nei suoi, negli occhi delle persone. E quante ne han passate per brillare così tanto? Non possiamo pretendere che estranei lo comprendano: sa quante storie nascono e muoiono mentre parliamo?"
"Esistono i funerali per questo."
"I funerali sono da ipocriti: sconosciuti ti illudono di volerti bene, ti ricordano della perdita e poi, dopo qualche ora, spariscono nel nulla. Nulla, un po' come quello che rimane a te."

Lo vedo, lo vedo nel suo sguardo, vedo il fuoco che arde. Ma cosa brucia in lui? Non è vita ciò che vedo, non è che un riflesso ciò che vedo. E si mesce nell'iride, sperando che esso possa sciogliere i suoi ricordi: ma sono un tutt'uno, vogliono diventare un tutt'uno. Cosa dovrei fare? Dovrei fermarlo? Consolarlo? Illuderlo? Ma perché illuderlo, quando per quattro anni non ha conosciuto altro che illusioni? Io non vado ai funerali.

Qual è stato l'ultimo funerale? Mamma? Il coniglio? E tu, tu lo vedi nei suoi occhi quel fuoco. Ma a te non importa, ti basta avere il tuo pegno. E domani, ti sarai già scordato di lui. E lui di te. Per quante notti ti sei scordato di me? Scommetto che non mi riconosci neanche più... La vera domanda è: riconosci te stesso? Di quanti roghi hai bisogno ancora per ricordarti ciò che eri, in quanti roghi ancora ti devi specchiare per ricordarti ciò che eri? E te l'ho detto, quest'uomo è solo di passaggio... E io non ho bisogno di te. E quante volte sono morta, con o senza di te.

Si è buttato nelle fiamme. Urla, forse piange, la carne si decompone, cerca di riafferare i ricordi, ma è troppo tardi, nelle sue mani non c'è che cenere. E nelle sue mani non c'è che una parte di te. Ma per quanto tempo ancora? Rispecchiati ora, perché non brucerà ancora per molto. Cosa? Ok, ok, non ne vuoi parlare, ho capito, ma risparmiati di nasconderti dietro le nuvole... Però guarda, il mio pegno ha smesso di ardere, non ho più motivo di rimanere qua. Domani saremo soli. E non abbiam bisogno di noi. Ci ricorderemo di noi? Ma te l'ho detto, non ho più motivo di rimanere qua. Fra quante tombe ancora?

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Capitolo 4
*** IV ***


Ho perso tempo a chiedergli se si ricordasse chi fosse, ma forse dovrei soffermarmi su chi io veramente sia. Come un fantasma diventa un fantasma? Eppure sono cresciuta con lui, nella luce, come tutti. E poi, un giorno, sono diventata tenebra. Ma non lo ricordo quel giorno... e com'è accaduto il tutto? Chi mi ci ha portato? Forse mi sono trascinata con le mie stesse mani, com'ero solita trascinarmi a quattro zampe tutte le notti. Forse ci sono arrivata gattonando, ma senza nessuno che mi tirasse per i capelli o rendesse le mie cosce un tempio da dissacrare. Quand'ero... piccola. Ma quando son stata piccola? I ricordi della mia infanzia son così confusi, c'era... c'era... mamma, papà, il lago e... papà nuotava nel lago... e... CRISTO, VATTENE DALLA MIA TESTA!

È colpa mia? Sono ingenua? Eppure... ma non c'è tempo di meditare, bisogna agire, non sarò una delusione per mamma e papà. Non sarò una delusione per me. Li chiamerò, quando avrò finito tutto. Li chiamerò, quando avrò finito tutto? Finirò tutto? Ma non c'è tempo di meditare. Ecco, il riscaldamento di questa macchina mi consolerà dal sole: non ho tempo di pensare anche a lui. Anche il grattare del motore sembra una buona compagnia.

Guardiamo la realtà in faccia: non ricordo l'alfabeto, non potrò mai pretendere di essere un'insegnante di alto livello. Potrei studiarlo, certo, ma le tombe non aspettano e io non sono che una comparsa. E nessuno si ricorderà di me, neanch'io mi ricordo di loro; neanche il telefono si ricorda di loro. E neanch'io di me. Perché, per chi sono venuta qua? Per me? Certo, magari volevo un futuro migliore, ma è stato l'orgoglio dei miei genitori a carburare la partenza. E... volevo far contento il mio ragazzo. Quella stessa persona che ora starà scopando con un'altra. E ora lo sta facendo contento lei. Ecco, mi son dimenticata di me stessa per ricordarmi degli altri.

I bambini: potrei far contenti i bambini, loro non scopano con gli altri. Aspetta, rallenta, è rosso; ma... perché c'è un bambino, lì, in mezzo all'incrocio? E c'è un uomo, lo tiene per mano. Lo accarezza teneramente, sorride... lo accarezza più in basso: il bambino è un po' perplesso, lo vedo, sulle sue guance morbide. Non sorride più. Ora lo prega, è in ginocchio, ora sono alti uguali. E fa freddo, perché sfilare la maglietta da quelle braccia così soffici? Le carezze non potranno tenerlo al caldo: non mi hanno mai tenuta al caldo, non terranno al caldo nemmeno te. E ti vede che tremi, che vuoi tornare a casa, ma continuerà a sorridere, continuerà a... spogliarti, sei il suo trofeo. Le sento, sento le mie stesse catene avvicinarsi al tuo corpo, gli sporchi sussurri avvolgerlo, le voglie perverse strozzarlo, ma tu non sei come me, hai paura, non sei un fantasma, piangi, sarà notte quando mamma tornerà, mamma non tornerà, è solo questione di attimi, prima la luce, poi il crepuscolo e infine la notte: possibile che nessuno gli dica niente?! Perché il semaforo non cambia colore?! QUALCUNO LO AIUTI, PER AMOR DI DIO! Non deve essere notte per te, non deve ancora essere notte per te, devo investire il mostro, investiremo il mostro, dobbiamo ucciderlo, dobbiamo, devo, devo... non ti ascolta, gli cade il sorriso, cade più velocemente dei pantaloni, cade più velocemente di te, ora lui è più alto, ti afferra per i fianchi, le dita nel candore, ordina di stare zitto, poi uno schiaffo, una mano per il silenzio, un'anima per un capriccio, una macchina nei costati e... Una macchina?

È verde. Non c'è nessuno in mezzo alla strada. Non c'è che nebbia e scie di smog in mezzo alla strada. ...Papà? C'era papà in mezzo alla strada? Ma papà è ancora a casa nostra, a guardar negli occhi mamma e ignorar la mia esistenza. Ma papà giace in una bara, un altro ancora non so che nome abbia, poi c'era quello cieco, quello in un'ospizio, quelli... quelli... quelli che... aspetta, quanti papà ho? Chi... chi sono io? Sta... sta succedendo di nuovo, questa sensazione, questo ritorcersi dell'anima, le visioni, i punti in comune, i ricordi sparsi, le ombre, no, ti prego, non ora... devo essere ciò che sono, NON ORA, PER FAVORE! Devo accostare, devo accostare, devo accostare da qualche parte, devo urlare, non voglio urlare, devo urlare, poi devo accostare, cosa devo fare prima? Sto per rimettere, devo rimettere, devo rimet...

...Devo pulirmi. Prima, devo accostare.

Ah, sei tu, dovevo immaginarlo... Ho capito a che gioco vuoi giocare, ma te lo richiedo con calma: non ora, per favore. "Quando"? "Quando", mi chiedi? Dovresti giacere in una tomba anni or sono, il tempo non è un tuo diritto: perché resuscitare? Lo so, lo so, nessuno ti ha salvato, l'ho capito, sei invidioso, provi odio verso di me, ma sto facendo esattamente ciò che avresti voluto tu. Solo, non per te. E... mi spiace, è brutto da dire, ma non posso cambiare il passato; e un morto non ha futuro. Rassegnati, hai fatto il tuo tempo. E sei stato migliore di tutti gli altri: dovresti compiacerti di ciò, al posto di crucciarti nell'angolino. "Perché", mi chiedi? Perché io ancora ti ricordo. Io, le tombe prima di me e persino il sole; ultimamente ho avuto da dire anche con lui, aveva bisogno di sentirsi indipendente come una ragazzina di tredici anni affamata di cazzi, quello stronzo, ma so che ti ricorda. Un giorno gli passerà, non preoccuparti. Comunque, cosa pretendi di più da tutti noi? Un funerale? Neanche tu andavi ai funerali, ti forzavano a piangere sulle tombe dei mostri, non pensare che non lo sappia, che non fossi al tuo fianco già da allora. Invece, grazie a noi, puoi vivere. Perché lo sai anche tu, che se nessuno ti ricorda, allora non sei mai esistito. E tu, tu sei esistito. E non sei spirato in un rogo, al contrario di tutti noi. E noi ne siamo la prova. Senti, te l'ho detto: ti siamo tutti riconoscenti, però basta, è finita, hai fatto il tuo tempo.

Cosa? Sì, sì, te lo saluterò, il sole, la prossima volta che lo vedo... però smettila di volere certezze da me, non posso essere ciò che tu vuoi. Sarebbe sbagliato, per entrambi. Dài, fammi guidare, ho un colloquio che mi aspetta, tieniti i ricordi per te. Ah, non te l'avevo detto? L'uomo che mi ha avvolta l'altra notte aveva già programmato tutto, già sapeva che oggi sarei andata dove sto andando: non lo trovi fantastico? Mi ha salvata.
E ora cos'è quella faccia? Ecco, ecco! Vedi come sei?! Cosa ti importa con chi ho condiviso il letto? Saranno pure affari miei, il corpo ormai è il mio! Vedi perché non devo dirti più niente? E no, non puoi venire con me, finiremo solo col litigare. Già lo stiamo facendo anzi, questo vomito ne è la conferma. Ed è sbagliato, per entrambi. Anzi, sai cosa? Dovresti rimanere nell'angolino; però cambia angolo, così non saprò dove trovarti.

 

Devo avere un cambio da qualche parte. E dove sono i capelli? Sono sporchi anche quelli...

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Capitolo 5
*** V ***


"E mi dica, perché pensa di essere qualificata per questo lavoro?"
Tu invece, perché pensi che questo finirà come in un porno? Quello sguardo, la mano nuda, segno della fede, niente fede, poca fede: quanti ne ho visti come te. Ti senti solo, vero? Quella troia di tua moglie non ti capiva, i figli sono un peso, bla bla bla... eppure lavori in una scuola d'infanzia, circondato da donne. Credi di essere come gli uomini per cui lavoravo, con i bambini come valvola di sfogo. E se solo sapessi cosa sono stata fino alla notte scorsa, so già che sarei la tua preferita: potresti insultarmi come tutte le altre, con la differenza che sarei prostrata nuda ai tuoi piedi: ma non importa, lo vedo, nei tuoi occhi ho lo stesso valore. Ma non importa, lo vedo, i tuoi occhi han lo stesso valore.

Non vuoi che ti risponda, mi limiterò a sorridere. Ed eccoti, stai sorridendo anche tu. Mi racconti un aneddoto per fare il simpatico, ti lamenti dei tuoi problemi, tiri fuori addirittura la moglie: risuona infimo persino per te. Cerchi di perdere tempo, ancora blateri, però, per favore, finiscila: basta una firma per porre fine al tutto, lo sappiamo entrambi. Ed ecco, è finita, posso andarmene. E i tuoi occhi si spengono. E i tuoi sogni su di me. Ma lo so, li rimpiazzerà la rabbia, è solo questione di giorni. E torneranno carichi di rabbia. E torneranno carichi di te.

Io invece devo tornare a... No, aspetta, non ho più una casa. Devo trovare un posto in cui stare: continuare a spostarmi, continuare a nascondermi; dal cadavere sul letto, dal sole, da tutti gli altri. Certo, gli avevo promesso che gliel'avrei salutato ma... gliel'ho detto, non posso essere ciò che lui vuole. Non posso permettere che torni, non posso permettere che... ma che dico, so già che tornerà. Tutti tornano a casa prima o poi; anch'io dovrò tornare a casa, la mia vera casa, un giorno. Dovrò tornare a casa un giorno? Prima devo ritrovare la macchina.

Cos'è questa luce?

...Chi si rivede. A quanto pare non ho fatto in tempo: cos'è, ora ti va di parlare? E del tuo uomo così speciale, cosa mi racconti? Ma sì, quello che tanto ti faceva sentire importante quando di me dicevi di non aver più bisogno: ti ha lasciato da solo, eh? Cristo, guardati... Fai tanto il superiore da lì sopra e poi non riesci a stare per più di qualche ora senza la sottoscritta: trai un po' le conclusioni da solo, sono stanca persino di offenderti. E non iniziare con i discorsi da "mi dispiace, io non...", sei più grande di me giusto di qualche miliardo d'anni, hai avuto più momenti di me per sbagliare. Eppure ancora lo fai. Stare a contatto con noi ti fa male, chissà che un giorno non ti spunteranno braccia e gambe: la testa è già maturata.

Che? Ah, non sei qui per me? Sei... qua per... lui? ...Lui? Aspetta, frena, frena... Con lui... LURIDA TROIA, SMETTILA DI RACCONTARMI STRONZATE! Tutti tornano, TUTTI! Lo so che hai un debole per me! E lui non ti ha più cercato, TU non l'hai mai cercato, e ora chi è che vuoi? Lui?! LUI?! Cristo, hai sempre il bisogno di compiacerti come una puttana, non ti importa nulla dei sentimenti altrui! Prima questo, poi questa, poi magari un bambino, poi il cane nel vicolo: non siamo altro che contenitori vuoti da riempire di te, vero?! E te ne stai lì, appollaiato sulle nostre teste quando più ti fa comodo, ci tieni al guinzaglio dettandoci ore di veglia e ore di sonno in quanto signore e padrone: ma sai qual è la verità, sai cosa succede durante la tua dipartita? Fottono! Tutti amano fottere come conigli proprio quando non ci sei, tutti si divertono, tutti si sentono più vicini, più umani proprio quando tu non ci sei! E rimangono abbracciati con le persone che amano finché persino le lenzuola, le foto, le pareti non ne ricordano l'odore: eppure tu devi tornare, ogni giorno, peggio dei fantasmi che tanto ti vanti di scacciare via! Ma sai cosa, sai qual è la verità? Tu, TU sei il fantasma! Sei il più grande fantasma che il mondo possa considerare, esisti solo per strapparci le persone che amiamo dalle nostre braccia, per separarci dalle nostre case, per imporci doveri e stronzate morali in cui tutti smettono di credere al calar della sera! Ma ti svelo un segreto, signor altezzoso: persino tu, persino tu sei impotente verso le pareti! Non saremo mai tuoi, non saremo mai veramente tuoi! E persino io, persino io che non ho più pareti, preferirei morire da sola piuttosto che al tuo fianco! MORIRÒ SOLA PIUTTOSTO CHE AL TUO FIANCO!

...Bravo, brucia, è la cosa che ti riesce meglio. E non una fiamma, non una lingua brucerà se non d'ira: non c'è passione in te, non c'è che vuoto e fuoco in te. Mi chiedi pure se puoi parlare: ma pensa, eri così superiore fino a poco fa... Senti, ok, parla, ma parlerai con me, non con lui.
...Cosa? Perché me lo chiedi? Ci ho già parlato, abbiamo già chiarito, perché dovrei farlo di nuovo? Ah, mi hai sentito dire che tornerà... E vabbé, che torni, questo non vuol dire che lo ascolterò. Cos'è, credi davvero che dovrei lasciarlo andare a piede libero per le strade? Ci farebbe finire morti ammazzati tutti quanti, non posso permetterlo; d'altronde è proprio per proteggerlo che esisto. E poi, scusa, a te cosa te ne frega dei nostri rapporti? Certo, ci hai visti crescere assieme, ma questo non ti autorizza a immischiarti nei nostri affari. Anzi, proprio perché ci hai visti crescere, dovresti capire che le cose sono meglio così per tutti.

...Mi stai dando dell'egoista? Pensi sul serio che lo faccia solo per non avercelo tra i piedi, che per me sia facile gestire tutto questo, che sia un gioco, un problemuccio da fighetta adolescenziale? Tu non sei sempre stato con me, ho passato e continuerò a passare metà della mia esistenza senza di te, come puoi pretendere di conoscermi completamente? Pensi che chiudessi gli occhi al tuo tramontare per riaprirli solo all'alba? O forse pensi che tutti siano uguali, che non differisco da altre persone che hai già avuto al tuo fianco, che... boh. Beh, in quel caso, fottiti, davvero.

Ascolta... io comincio a lavorare tra qualche giorno, cercherò di aprirci un dialogo nel frattempo. Ma non credere che lo faccia per te, né che lo faccia perché voglia sentirlo. Lo faccio... perché lo voglio fare, fine. E non devo darti conto delle mie azioni, anzi, è meglio se non ci parliamo per un po'. Apprezzo comunque che non te ne sia andato dopo ciò che ti ho detto: io non ci sarei riuscita. Frequentarci ti fa male, ma... grazie, per essere rimasto.

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Capitolo 6
*** VI - Anna ***


[ogni riferimento a Mr.Nobody una riga sì e l'altra pure è puramente casuale]

Questa stanza d'albergo andrà benissimo: il letto non sembra avere storie da raccontare, ma è meglio così: ne abbiamo già sentite troppe ultimamente. E tu, tu so che puoi sentirmi. E non c'è nessuno che possa vederci ora; a contemplare conati, urla, risate maniacali. Ti ricordi di Anna?

C'era quell'uomo solo, nella sua stanza disordinata, che consumava pellicole più di quanto consumasse i pasti. Mamma e papà erano morti, il lavoro con loro, i suoi occhi presto seguirono: eppure, lì, nell'anima, c'era ancora posto per Anna. E guardava il Signor Nessuno come guardava la sua vita: non si guardava allo specchio, ma nei giorni più fortunati guardava fuori dalla finestra. E cercava Anna, la cercava dietro le tende sudicie del suo appartamento, se ne ricordava le battute a memoria, i colori primari, il giallo della prosperità, il blu della depressione, il rosso dell'amore. Credeva che un giorno si sarebbe presentata alla sua porta: all'inizio, che sarebbe tornata, poi ,che l'avrebbe incontrata per la prima volta.

In quelle rare occasioni in cui una ragazza lo andava a trovare, lui n'era solito condividere il Signor Nessuno: sperava di trovare Anna nei loro sguardi, e trovò Anna in ognuno di essi. La trovò persino nella sorella, quando tentò di violentarla, sussurandole quel nome fra le labbra e facendosi strada fra quella figa candida e cosce diafane. Non trovò Anna in nessuna di loro: attese quindici anni, come lei era solita ripetere, poi ne attese altri cinque, credendo fosse solo in ritardo. Ma Anna mai si fece viva. Le tende presto smisero di muoversi, i giorni fortunati cambiarono definizione, Anna con loro, la TV con loro, la luce con loro. Lo si sentiva piangere, trachee venir raschiate, parlare di scacchi, di sondaggi sulla vita, sulla morte, di come volesse votare per il Signor Nessuno, di come fosse l'unico a farlo. E poi, un giorno, noi votammo per lui. E visse di nuovo.

Non v'erano grandi imprese a separarlo dalle tombe, dovevamo solo trovare Anna. E ci riuscimmo, c'eravamo sempre riusciti. Ma quando lo fecimo, tu avesti la pretesa di smetterla con i roghi. Dicevi di amar quella troia, che potevi ancora esser salvato, che non avevi più bisogno di me, che il sole avrebbe capito... Al sole non importa nulla dei tuoi giudizi. Mi costringesti a sventrarla davanti ai tuoi occhi: eviscerare una povera anima, che non aveva colpe. Sarebbe potuta tornare a casa, almeno lei, ma il tuo egoismo ha mandato tutto a farsi fottere, spezzato il cuore di una madre, rovinato i sogni di un uomo. Ti ricordi ancora di come le ossa stridessero? Sembravano quasi intonare il suo nome: narravano di una vita lenta e pesante, la stessa vita di nottate davanti a uno schermo. E lui, lui passava la vita così. Hai visto? Era fatta per lui. E dentro era rossa, proprio come lui. E tu volevi strappargliela dalle mani!

Se poi Anna non ti basta, posso ricordarti dei tuoi giovani amori. "Amori": nella tua bocca risuona spregevole. Quante volte ti ho dovuto salvare da loro? Quante lame, quante urla ho dovuto sopprimere perché l'Uomo dei Cieli mi diceva di non farlo, di darti spazio? Di tutti quei pomeriggi passati su un lettino, di quegli acronimi complicati, di pendoli, medicinali, sedie vuote, famigliari che non c'erano. Di tutti quegli amori che, spaventati da ciò che eri, ti lasciarono sempre da solo. E come Anna, mai tornarono. Mentre ora guarda: ho salvato così tante persone che l'Uomo dei Cieli sarebbe contento di me. E ho così tanti mamma e papà che non basterebbero venti sedie per tenerli tutti. E mi son fatta un amico, il sole: amici che tu non hai mai avuto. Certo, litighiamo di tanto in tanto, ma... non mi sento più sola, mi sento accettata.

Hai visto quanto ci tengo a te? Avrei potuto lasciarti alla mercé di qualche puttana che ti avrebbe spezzato il cuore, di amici che un giorno ti avrebbero dimenticato, di altri Uomini dei Cieli che non si sarebbero mai presi cura di te quanto il primo, dopo la sua partenza, e... l'unica cosa che sai dire è che vuoi vivere la tua vita, che ancora non ti fidi di me, che non mi vuoi accanto? Quell'uomo ti ha proprio fuso le idee: lui e una donna in realtà mai esistita. E non voglio passare il resto dei miei giorni in un appartamento sudicio, non voglio perdere la fiducia del sole, del mio unico amico... Se ti lasciassi tornare, comprometteresti tutto ciò per cui sto lottando, comprometteresti le tombe e... lo faresti solo per te stesso, per essere felice. Ma a quante anime staresti strappando il sorriso? A quante dovrei strappare le interiora per riportarti indietro e farne fiocchi coi loro intestini per omaggiare il sole? Un'anima non ne vale altre cento. Neanche la tua fa eccezione.

Ti dico tutto questo perché mi sembrava lecito chiarire, tutti d'altronde hanno diritto a una spiegazione. Ma non me n'ero resa conto, non fino a quando qualcuno mi ha ignorata per gustarsi il suo nuovo amico. E pensa, ancora non me ne ha data una: credo non me la darà mai. Cosa? Dici che non sia tanto diverso dalle persone da cui cerco di salvarti? Mannò, lui è diverso, lui... alla fine lo so che mi ascolta, è solo... impegnato nelle sue faccende. Ma ogni tanto parliamo, ci confrontiamo... Che? Dici che trae piacere nel giudicarmi? Mannò, no, lui non è così, SMETTILA! Non mi considera? Non sono che un passatempo? Mi sfrutta? Mi odia? ...Ma cosa blateri? E... cosa... cosa sta succedendo? I dubbi, figlio di puttana, i dubbi, stai usando i dubbi per, AHAHAHA, no, no, non rovinerai tutto, non puoi rovinare tutto, ti ho salvato dal coniglio, papà, mamma, il primo rogo, NON PUOI FARMI QUESTO! Tornatene nel tuo angolo, vattene, vattene, VATTENE DAL MIO CORPO, è MIO, MIO, MIO! Il coltello, ti farò uscire col coltello, qui, dal braccio, poi dalle costole, dallo sterno, mi libererò di te e di quel rosso che tanto ti ha legato ad Anna, tu e quella sporca puttana! Devo solo, devo solo... AHAHAHA, devo solo lacerare la carne, lacererò la carne, il coltello, dov'è il coltello, SMETTILA DI SCALCIARE, SMETTILA, SMETTILA! Devo solo... devo, da solo...

Devo...

Solo...

 

...Anna?

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Capitolo 7
*** VII ***


"Puoi sentirmi?"

È ovattata, la voce. Mi gira la testa, cos'è successo, dove mi trov... No, non può essere: la stanza dell'Uomo dei Cieli. I suoi attrezzi, le capsule colorate, i blister, i plichi di noi. E lui, seduto sulla sedia. Quanto tempo è passato? Come ci sono arrivata qua? Come cazzo ha fatto a trovarmi, lo ricordo, ricordo che se n'era andato anni fa. ...Sei stato tu, vero? VOLEVI UCCIDERCI TUTTI PER CASO?! Andiamocene da qua, tiriamogli una lama nel collo, nascondiamoci nella notte, ma via, via di qua. Non può più aiutarti, siamo più immersi nel sangue di un'assorbente sporco, pieni di grumi maleodoranti, qui, nel petto: ci rinchiuderà da qualche parte, come bestie allo zoo, tante bestie in una gabbia sola. Possiamo ancora andarcene, ti perdono, ma andiamocene, per favore.
"Mi ha raccontato tutto, risparmia i complotti."

Sta scherzando, dimmi che sta scherzando. Sarebbe la fine di noi, è questo che vuoi, la fine di noi? Tutti seppelliti, agghindati dalle stelle, cementati sotto passi di sconosciuti: non è così che finirà, non sarà così che finirò.
"Non so quale sia il tuo nome ora, ma questa non è una seduta. Vorrei solo parlarti, da umano a umano: mi ha detto che il vostro unico amico sia stato il sole, che ti sentiva parlare con lui di tanto in tanto; e che gli negavi il dialogo. Ma anche lui ha diritto ad avere un amico: vorrebbe me, pensi sia equo? Un amico a testa."

Ma per carità...Tu non vuoi un amico, vuoi qualcuno con cui lamentarti: così, come hai fatto per tutta l'adolescenza quando perdevi l'appiglio sulle persone. I veri amici si ascoltano a vicenda, talvolta litigano, si cercano: hai mai fatto queste cose con lui? E lui, ha mai voluto fare queste cose con te? Credi ancora nelle storielle adolescenziali, tu.

"Ti ringrazio. Per essergli stato vicino."
...Vuole anche abbindolarmi.
"Sono una donna, non lo vedi?"
"Ho provato a chiamare più volte dopo il mio trasferimento: mi raccontarono di come spariste nel giro di qualche settimana, nessuno ebbe più notizie da quel giorno. Pensavo foste morti... ma a quanto pare sei riuscito a tenere a galla entrambi. Certo, non nel modo più umano, però..."
"'Umano' è sinonimo di 'Naturale'. Ce lo ripeteva sempre: che se un ragazzino cresce coi lupi, allora ululare sarà per lui umano. 'Umano' è il campione emotivo che ci danno quando siamo piccoli, né più né meno. Li ricordo tutti, i suoi sproloqui."
"Mi fa piacere che non hai scordato i nostri discor..."
"Stia zitto: sa cos'altro non ho scordato? Non abbiamo scordato? L'umanità che c'è stata data. Quella somministrata dritta nel culo in un bambino di cinque anni. Quella di un fratellino con un trattamento anche peggiore del nostro, di me prendere vita dietro le ante di un armadio mentre un mostro abusava del mio stesso sangue. Di una donna che negava l'evidenza, che si rintanava nella sua camera a piangere, lontana da noi e dal mostro. Che gli permetteva di fare ciò che faceva, che raccontava puttanate a se stessa per illudersi che un giorno quella dipendenza dai bambini sarebbe passata, che farlo sfogare in casa con il suo stesso seme lo avrebbe reso normale una volta fuori. E del suo seme, del suo seme chi se ne importava, era più importante quello versato per terra che doveva scrostare, piena di inappetenza sessuale, così malata e desiderosa di farsi fottere dal suo caro marito, come lui fotteva il prodotto della loro patologia. E ha ragione, è grazie a me che siamo rimasti a galla, è grazie a me che le ante di quell'armadio un giorno hanno deciso di non esser più complici, che un coltello, lo stesso fottuto coltello con cui continuo a fare ciò che faccio, ha provato a salvare la nostra vita e di nostro fratello. Persino di nostra madre, quella lurida troia che avrebbe dovuto accompagnarlo in quel lago di sangue; la stessa donna che ci fece sentire dei mostri per ciò che fecimo, colpevoli di aver evaso la morte, che invase le cliniche prima di noi e che, un giorno, si suicidò in preda alla disperazione. E nostro fratello, lei non era con noi quando si diede fuoco in quel campo, lei se n'era andato via come tutti. Ed eccolo, il nostro grande esempio di umanità. E anche lei, anche lei ha contribuito a tutto questo: lui si fidava di lei, ma è scomparso come tutti gli altri. Non è migliore degli altri, tolto il camice è sporco come tutti gli altri, non è un angelo, non è un uomo dei cieli... NON È ANIMA, MERDA, È MERDA, COME TUTTI GLI ALTRI!"

...Guardalo, come ci fissa: è così annullato dal ripetere della storia che non fa una piega. Chissà quanti lo avranno già insultato: le mie notti sono favole a confronto. E... aspetta, perché i ricordi sono meno confusi? È da tanto che non mi sentivo così: mesi, no, anni... Come è possibile, perché non sono più sagome offuscate dalla brina di un parabrezza?

...Oh.

Ti ha impasticcato a dovere, vero? Credevo che la fase dei farmaci fosse superata. Le docce di litio, poi benzodiazepine, mutilati come serotonina nel cranio, ricaptati e sterminati per il bene comune. E il nostro bene? Qualcuno aveva mai pensato al nostro bene?

"...Non voglio farti la predica per come hai voluto salvare gli altri, saresti già in una cella altrimenti; voglio solo capire perché hai rinunciato a salvare te stesso; voi stessi."
"QUELLO ERA COMPITO SUO, SUO E DEL PEZZO DI CARTA CHE TANTO VANTA SUI SUOI MURI! Li abbiam salvati tutti, li HO salvati tutti! Ma lei? Doveva salvarne giusto uno solo, eppure ha preferito scaricarci a qualcun altro! E sapesse come continua a preferirla, qui, sotto le ossa: come un sofferente d'amore preferisce l'oggetto perduto, con occhi come opali e lamette incavate in gola: vuole deglutire con noi? Perché per lei è facile, le è bastato andarsene, voltarci le spalle e vaffanculo il resto. Ma qui dentro non funziona così, io non posso andarmene: nata in una bara che aspetta solo di essere seppellita, con l'unica speranza che il sole batta cosi forte da dar fuoco alle assi. Eppure bruciano tutti, bruciano tutti tranne queste ossa, comunque troppo instabili per sostenersi a vicenda. Potremmo giocarci a shangai, vedere quante ne cascheranno con un solo movimento sbagliato. In fondo, è quello che lei ha sempre fatto. E lasci che glielo dica: fa veramente schifo a giocare."

Esita.
No, non esita.
"C'è... una grande stanchezza in ciò che dici; perché continuare a dimenarti quando potresti riposare, andare d'accordo con lui, lasciare che si desti? Mi ha detto che ci hai provato a parlare: è una cosa positiva, vuol dire che ci tieni. Potreste farlo più spesso, confront..."
"Ci tengo... Cazzo, può dirlo forte, se ci tengo... Se non ci tenessi l'avrei lasciato giocare coi cappi, abbracciare il fratello nel campo, l'avrei tenuto ancora nascosto dentro a quell'armadio... Ma sa qual è il problema di tutto questo? È che lui, lui non ci tiene, a lui non importa nulla di me. Vive ancora in quella stanza e, come la madre, mi accusa per aver dilaniato la carotide di quell'uomo, come se riempirsi di cazzi lo avrebbe portato a una vita migliore. Certo, lo avrebbe elevato, ma per le gambe. E le sue parole hanno preso il posto di quella donna, è solo capace di farmi sentire più vicina ai mostri. E sono stanca di sentirmi dire certe cose, devo sopprimerlo nelle ossa per occludere le sentenze. Mi dica, l'ha già convinta che io sia un mostro? Perché non lo so, non lo so se lo sono, ma posso conviverci, coesistere con i cadaveri, posso farlo con tutti loro. Posso accettarlo. Ma i mostri sono gesti e parole, e di mostri qui dentro ce ne sono due. E lui questo ancora non lo accetta. Sa... forse, sta psicanalizzando la personalità sbagliata."

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Capitolo 8
*** VIII ***


Le schede anonime dei porno, ora piene di drammi; di telefoni verdi, centri suicidi mai chiamati, suicidi tentati. Ricordi tutto questo? Quelle pillole raccolte per giocare al piccolo chimico, i messaggi inutili di chi ti stava attorno. Chiedevi loro: "Se muoio, ci vieni al mio funerale?", speravi che capissero. "Allora, allora, verrai al mio funerale?" chiedevi ancora; che se ti avessero voluto bene così come decantavano, ti avrebbero amato anche da dietro una lapide. Poi sfumavi in un "ciao". E riapparivi dopo poche ore. Dicevano a loro stessi che chi insegna non conosce, che chi parla non fa. Che non avresti mai fatto nulla di tutto ciò, bastava lasciarti vaneggiare in quelle chiamate improvvise alle 7 di mattina. Farti piangere un po', che tanto saresti tornato a casa. E ancora ci credono. Ma non erano loro a metterti le dita in gola per farti vomitare l'anima, a ridere con te dopo qualche ora dal tuo fallimento; quella volta mi mostrasti il polso, dicendomi "Volevo vedere se si bucava la vena, ma era solo un esperimento", accennando poi un sorriso. Avevi sempre il bisogno di sperimentare su te stesso. E io avevo paura di quel sorriso. Lo so, lo so che non avresti voluto neanche me in quegli istanti, ma sapevo che sarei morta con te se l'avessi fatto. E io non volevo morire. E non volevo che morissi. Ma soprattutto, non volevo morire.

Quando eri lucido sapevi di aver bisogno d'aiuto, dicevi che avresti seguito i miei consigli; poi che non avevi bisogno d'aiuto, ancor meno dei miei consigli. Che non potrai mai conoscere qualcuno nel profondo, nonostante quel profondo lo condividessimo ogni giorno. Quante volte son stata dentro te tu lo sapevi, ma dire che nessuno ti avrebbe mai capito era ormai più caldo e confortante di qualsiasi profondo. Le urla cambiarono frequenza, i gemiti dolore, oggetti scaraventati contro al muro, risate maniacali, pianti senza un perché. E dicevi di odiare la primavera, ma che quelle nuove canzoni ti facevano sentire un po' più a casa, che avevi qualcuno con cui spartire le sofferenze. Cantavi con loro, ma sempre a bassa voce, che avevi sempre mal di testa. E quando non cantavi, piangevi. E ti tornava il mal di testa, perché a bassa voce proprio non ci riuscivi.

Sai, ero un po' stanca di vederti in quello stato. Non sapevo come prenderti, solo come perderti. E a te piaceva perderti: ti perdesti in tanti sguardi, in frenetici girotondi di corpi, a volte nudi, a volte nudo, talvolta ubriaco, ma col culo sempre per terra. E quando toccavi terra, ci rimanevi per tanto tempo. E ricominciavi coi cocktail di farmaci o chissà quale altra inventiva pur di ammazzarti: una vena artistica per odiare se stesso. Troppa arte in così poche vene. Ne condividesti un po' con me, e ne fui contenta; e io condivisi con te la brina ghiacciata delle giornate d'autunno, gli intramontabili tramonti estivi, le urla di gioia, le serate in macchina lontani da tutti, ma così vicini a noi stessi. Eravamo vivi, due universi in un unico corpo, sfumature di supernova sotto un cielo stellato. E poi, un giorno... come supernova, i nostri universi collisero. Ne rimase solo un grande buco nero, e uno dei due risucchiò l'altro. Ma d'altronde è questa la fine di ogni supernova, no? E cosa c'era al di là di quel vuoto cosmico, nessuno poteva saperlo... Ecco: io penso che ci sia tu. E vorrei tanto che potessi raccontarmi di ciò che succede lì, ovunque tu sia finito; perché da questa parte non è rimasto più molto da contemplare, al di fuori di chi sono diventata.

Ci degneremo mai più di un dialogo vero? Eravamo felici anche senza spiarci da carte o siti di supernova prossime all'esplosione. Eppure quando ritoccasti il fondo, capii che non potevo fare più nulla. Che, prima di andarmene, avrei potuto portarti a riva. Rifiutasti. Ma ci riuscii comunque, solo che non lo sai. Non ricordi come finisti qui la prima volta, ma è normale: le amnesie sono comuni in casi come i nostri. Ti raccontammo una scusa, quella che ti sarebbe piaciuta di più, quella per farti apprezzare le tue stesse gambe. E ci riuscimmo, ci riuscì. Io dovetti andarmene, anche se "buttata fuori a calci" sarebbe più corretto; ma penso che abbiamo fatto molto, penso che hai fatto molto per la tua felicità. Poi... poi... poi non lo so cosa successe, io non ero più al tuo fianco... E...

E... non lo so, te l'ho detto, le amnesie sono comuni in casi come i nostri.

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Capitolo 9
*** IX ***


Non hai capito nulla, vero? Mi hai fatto sentire un mostro per tutto questo tempo; e sei tornata perché ci tieni, sei tornata coi tuoi discorsi, ho capito, ma cosa pretendi da me? Che tutto torni come prima? Non ti odio, ma non m'importa più nulla di te. Sei un ricordo che mi porterò dietro per tanto tempo, ma ho imparato a seppellirti, un po' come tu seppellivi gli altri. E sono perso in Anna, sono perso in tante Anna, sono perso in qualcosa di imprevisto ma per il quale, al contrario di te, mi fa sentire vivo. Dicevi tanto al sole, ma neanche tu sai nulla di me: cosa passo qui dentro, chi passa qui dentro. È tutto un po' confuso, è la nebbia che si staglia al mattino, ma ho imparato a stagliarla anche su di te; e non ci sei più, non sei che un'eco in questa nebbia. E un taglio sulla carne, un taglio sulla carne mi racconta più cose di me che di tutte le tue parole. Devi lasciarmi andare: dentro, fuori; ma devi farlo, che è finita per me.

Forse hai ragione, avremmo potuto essere quelle supernova che tanto decantavi. Supernova dietro a finestrini appannati, risate sincere, rose, castelli, speranze. Ma non lo siamo e questi sono i fatti, non puoi cambiarli. Quando mi lascerai andare, cercherò Anna ancora una volta; ed è bene che tu lo sappia, che la smettiamo di prenderci in giro. E forse inciderò sulla carne le mie frustrazioni, ma quel giorno sarà la mia carne; e le tue carezze, i tuoi baci, su quelle ferite non saranno che un ricordo. Imparerò a farmi accarezzare dagli altri, insegneremo l'un l'altra a contemplare quelle cicatrici.

Hai paura che possa togliermi la vita; ma non me ne hai già tolta tu abbastanza? Non sapevo dove andare, ho cercato rifugio in te e tu... tu mi hai fatto rifugiare in uno sconosciuto, nei suoi camici bianchi, nei discorsi, in terapie e medicinali. Ma io volevo sentirmi umano, e... forse volevo sentire le tue parole; e invece un giorno, l'unica voce rimasta era quella che rimbombava in questa stanza bianca. Iniziai a dargli fiducia e ben presto mi scordai di te. Ma tu, tu mi portasti qui; e se devi incolpare qualcuno, incolpa te stessa. Che se sono ciò che sono, è anche per merito tuo. Che gran merito...

Hai parlato per così tante pagine... hai alzato la voce sugli altri, hai preso uno stendardo, te lo sei conficcato nella schiena, sei arrivata a far cose inumane con il pretesto di volermi aiutare. Non so se volevi aiutare me, ma di certo hai provato a prenderti in giro. E ci sei riuscita, ti sei presa in giro per così tanto tempo... e se questa volta io, se io questa volta non ti avessi portato qui, chissà per quanto avresti continuato. Ma ora che i ruoli sono invertiti, ora puoi capire cos'ho provato a sentirmi abbandonato da chi avevo più vicino. Vorresti urlare, piangere, scappare via, vero? Ma non puoi e il nodo alla gola diventa sempre più stretto. Certe volte hai paura di strozzarti. Certe altre, è più una speranza. E sai, potrai andartene dove vuoi, ma quel nodo ti seguirà ovunque. Perché è dentro di te, non fuori.

Io non ho più parole da spendere per te e vorrei che fosse chiaro. La vera domanda che devi porti è: chi dei due lascerai vivere? Ti lascio volentieri discutere con te stessa sulla nozione di "vivere", io ho già le mie idee. Ma sono le mie e non pretendo tu le capisca.

So anche che c'è una sfumatura compulsiva nei tuoi atteggiamenti: che sistemi tante volte le frasi, che adori le cifre tonde e che questa è solo la nona parte. Ma te l'ho detto prima, che non m'importa nulla. E se non sei capace di accettarlo, se non tolleri che non ci sia un dieci a scandire la nostra storia, allora lascia che lo faccia io per te. Guarda, è così semplice: fine.

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