Il Fio Della Colpa di Roccia di Burro (/viewuser.php?uid=63439)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Piccola introduzione.
Questa storia
è composta da personaggi inventati, che sono tutti fittizi.
Qualsiasi riferimento a persone realmente esistenti è un
puro caso.
Al contrario, la
sua ubicazione è precisa.
La storia
è ambientata nel North Carolina (USA), in una
città di nome Greensburg, che non esiste ma che prende
spunto (e solo per il nome) da una city non distante da Charlotte,
città principale del suddetto stato. Charlotte è
sede dei Charlotte Bobcats, una delle trenta squadre appartenenti alla
NBA. Effettivamente è solo questo il motivo per cui
l’ho scelta, dato che nella storia si parlerà
spesso di basket, e anche in maniera piuttosto approfondita.
Oltre a questo, non
ho avuto altra ragione per riferirmi al NC, o a Charlotte, scelta,
ripeto, del tutto casuale.
Tutto qui^^ mi
serviva un’ubicazione seria, altrimenti non sapevo bene come
organizzarmi con la scuola e il resto. =)
Prima o poi inserirò dei ritratti dei personaggi principali,
tanto per darvi un'idea^^.
Vi
lascio alla lettura u.u
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« Hey, Dre’! Che fai oggi pomeriggio? »
Il ragazzo distolse lo sguardo dalla finestra.
« Hm? »
« Ho chiesto, che fai oggi? »
« Quel che vuoi. » sorrise. « Non ti
stavo ad ascoltare, ammiravo il panorama. »
ghignò, accennando con un movimento della testa alle ragazze
del gruppo delle cheerleader sculettanti che stavano provando una
coreografia, al campo sportivo nel cortile ovest.
Shawn gli si avvicinò.
« Beh, possiamo fare a meno di limitarci a
guardare… »
« Ho capito, amico. Appena finisco becco Shirley e le chiedo
di farsi trovare pronta con una sua amichetta… »
« Stai scherzando? » Shawn lo guardò
incredulo.
Drake rise alla faccia dell’amico. Sapeva benissimo che aveva
appena detto una stupidaggine. Lui era Drake Foster, non gli serviva
certo fare i salti mortali per farsi dire di si da una ragazza.
« Chiudi quella bocca, pirla… »
intimò al biondo, la cui mascella sfiorava il pavimento.
« No dai, cosa serve che le chiedi?? Basta che la guardi in
faccia e quella si prostra a terra per te… Maledetto
sciupafemmine… »
Il ragazzo si alzò dalla sedia, afferrando la borsa.
« Abbiamo allenamento, vieni. »
Shawn lo seguì, scotendo la testa.
Mike tirò un asciugamano in faccia a Drake, non appena
questo aprì la porta dello spogliatoio.
« Sei in ritardo, stronzo! Vuoi che Miller tiri fuori le
solite ramanzine sulla disciplina? »
Jonathan Miller era il loro coach, anche detto “il
mastino”, con mille manie.
« Eddai, non rompere! Tu arrivi in ritardo un giorno si e
l’altro pure! »
« Io non sono l’asso della squadra. »
ribatté il ragazzo con una smorfia.
Drake lo superò ignorandolo il più possibile,
andò al proprio armadietto e iniziò a cambiarsi.
« Per farmi perdonare oggi ci troviamo tutti a casa mia!
»
« A fare che? »
« Un festino, serve chiederlo? Ci saranno anche le ragazze!
»
Lo spogliatoio sembrò risvegliarsi dal torpore, in una
cacofonia di mormorii e assensi bofonchiati a mezza voce.
« Chi porta la birra? » domandò Drake
tutto d’un fiato, passandosi la lingua sulle labbra rosse,
sorridendo malizioso.
Tutti si voltarono verso Dan, che dopo aver tentato invano di
nascondersi, abbassò il giaccone scoprendo il proprio viso.
« E va bene!! » sospirò alzando le mani
in segno di resa « Però una piccola quota stavolta
ce le mettete, eh? »
« Oh andiamo, brutto tirchio!! » gli
urlò dietro Drake « Sei un maledetto pieno di
soldi, tuo padre è il padrone della birreria più
grossa di tutta la regione, chi cazzo vuoi che se ne accorga se anche
gli porti via un paio di casse? »
Dan quasi si strozzò con la sua stessa saliva.
« D-due casse? Ma sei scemo?! »
« Guarda che siamo tanti… »
iniziò.
« …e ci sono le ragazze. »
sottolineò per concludere Shawn, facendogli notare
l’ovvietà del fatto.
Il diretto interessato li guardò un po’ titubante.
« C’è anche Missy…
» gli ricordò il biondo.
Dan cambiò completamente espressione.
« Ho detto qualcosa? Ho forse detto qualcosa?? E birra sia!!
»
Una risata si sparse per la stanza.
« Idiota… »
« Oh che vuoi?! A me Missy piace! Non voglio fare brutta
figura! »
Drake ridacchiò ancora, mentre usciva verso la palestra.
Andy chiuse il portatile, massaggiandosi le tempie.
« Non credi sia il caso di fare una pausa? Altrimenti al
posto degli occhiali dovrai impiantarti due microscopi…
»
« Grazie Joy… »
« Su, l’articolo lo finisci domani…
»
« Il fatto è che manco sono arrivato a
metà, capisci? »
« E allora? Abbiamo ancora tre giorni prima di stampare il
giornale della scuola… »
« Ah Joy, cosa farei senza il tuo ottimismo?? »
« Ti saresti già lanciato a volo
d’angelo da un ponte… »
« …Si, e poi mi ributti giù con queste
frasette catastrofiche. »
« Sono solo realista. »
Andy rivolse un’occhiataccia alla ragazza, china sulla
scrivania e sommersa da una cascata di riccioli biondo scuro. Joy
alzò la testa sistemandosi il colletto della camicia.
« Che c’è? »
« Ah nulla, figurati… » levò
gli occhiali dalla sottile montatura nera e lucida per stropicciarsi
gli occhi. « Sono proprio distrutto… »
« Allora vai a casa! Sono le cinque meno un
quarto… Ti trattieni a scuola ogni giorno da un paio di
settimane a questa parte, un po’ di tempo per te prenditelo!
Ricorda che hai anche i compiti da fare… »
Andy sorrise, ancora con i polpastrelli premuti sulle palpebre chiuse.
« D’accordo mammina… »
« Me ne vado anch’io adesso. Non ne posso
più. »
La ragazza si alzò, prendendo giacca e cartella e avviandosi
verso la porta.
« Ricordati di spegnere le luci, eh? »
« Si, si… »
« E ricorda anche che per camminare bisogna mettere un piede
davanti all’altro, mentre per… »
« Joy!!! »
In risposta gli arrivò un cuscino in piena faccia.
« No, non toccare Roger! Lo sai che deve restare sullo
scaffale di fianco alla porta… »
Roger era un peluche a forma di pinguino considerato la mascotte della
redazione. La sua posizione era praticamente sacra, ma la ragazza a
dire il vero non ci badava molto.
Roteando gli occhi, lo rimise dov’era prima, salutando Andy
con un cenno della mano e un sorriso.
« A domani. »
« Au revoir. » biascicò lui di rimando,
stiracchiandosi.
Rimase dieci minuti buoni a fissare il vuoto, poi, risvegliatosi dalla
trance, decise che era davvero ora di darci un taglio, o ne andava
della sua salute.
Spento in fretta il computer, infilò la felpa e
tirò su la cerniera fin sopra il naso, rovistando in tasca
alla ricerca delle chiavi dell’auto.
Sperava con tutto il cuore che quella vecchia carretta andasse in moto:
suo padre gliel’aveva affibbiata perché mai e poi
mai gli avrebbe permesso di mettere le mani sul suo intoccabile
gioiellino, perciò si era dovuto accontentare della vecchia
Ford Tanus del ’78 di un impossibile verde oliva, un cimelio
di famiglia…
« …si, un vero catorcio. »
commentò sarcastico, camminando lento in corridoio, mentre
si rigirava le chiavi nella mano, ansioso di tornare a casa.
« Beh, questa non è giustizia! »
sbottò Mike, calciando il pavimento.
« Ma la vuoi piantare? »
« E perché dovrei? Questo qua arriva in ritardo, e
per tutto l’allenamento sta con la testa su Marte, e Miller
che fa? Gli dà una pacchetta sulla spalla e gli chiede come
sta!! Se lo facevo io mi uccideva!! »
« Ma questo è stato un episodio sporadico. Tu ti
fai sempre i cazzi tuoi durante gli allenamenti… »
« Non è niente vero! » urlò,
rischiando di rompere un timpano al povero Shawn che era
l’unico ad avere ancora abbastanza forza da starlo ad
ascoltare.
« Si che lo è. »
« E invece no! È che quello…
quello… è solo un maledetto cocco di coach, ecco
cosa!! »
Perfino Drake si voltò a guardarlo, allibito.
« “Cocco di coach”? Mikey, ti senti bene?
»
« Mai stato meglio! E non chiamarmi Mikey!! »
Shawn roteò gli occhi, sospirando rassegnato.
« Mi sa che abbiamo tutti bisogno di un po’ di
distrazioni… » mormorò, più
a se stesso che agli altri.
Drake però parve averlo udito, dato che gli batté
affettuosamente una mano sulla spalla.
Mentre camminavano, con Mike che continuava la sua invettiva contro
Miller, Shawn scorse qualcuno in un corridoio laterale.
« Ehi, Dre’. » mormorò
all’amico. « Che ne dici se prima del party con le
ragazze ci divertiamo un po’? »
Il ragazzo lo guardò perplesso. Gli passò un
braccio attorno al collo, lasciandolo penzolare sulla sua spalla, senza
smettere di fissarlo in attesa di una risposta.
Shawn sorrise, ammiccando da sotto la scomposta frangia bionda, e
accennò con un movimento della testa al buio corridoio su
cui si era soffermato in precedenza.
« Ho trovato una “distrazione”.
»
Andy nemmeno guardava dove stava andando. Aveva gli occhi fissi al
pavimento, senza realmente vedere l’alternarsi dei piedi
mentre camminava. Probabilmente stava dormendo ad occhi aperti. Per di
più, con il bavero della felpa che quasi sfiorava il bordo
inferiore degli occhiali, nemmeno a volerlo avrebbe avuto una visuale
completa. Si sentiva un po’ talpa.
Immerso nel torpore, col cervello atrofizzato, la voce che lo
chiamò tagliente gli arrivò come se il suo
proprietario si trovasse a centinaia di metri di distanza.
Drake seguì con lo sguardo il punto che l’amico
gli indicava, e le sue labbra si piegarono in un sorriso che si
trasformò via via in un ghigno. I suoi occhi nocciola chiaro
erano illuminati e assomigliavano a quelli di un gatto, mentre
percorrevano il contorno dello studente che, a quanto pareva
inconsapevolmente, stava andando loro incontro.
« Buon pomeriggio, finocchio. »
Il ragazzo non aveva nemmeno capito quello che gli era stato detto,
tant’era soprappensiero. Alzò la testa
incuriosito, con un’espressione decisamente ebete.
« Cos…? » ammutolì. La sua
domanda era scemata in un flebile lamento nel giro d’un
secondo, o anche meno.
Solo due parole gli erano ben chiare.
Drake Foster.
Lui e tutta la marmaglia di scimmioni che di solito gli stavano alle
calcagna come obbedienti cagnolini erano lì.
E lo stavano guardando.
«Che c’è, non si saluta? »
« Ciao. » Andy non aveva nemmeno voglia di stare a
discutere. Non un’altra volta. Non con il branco.
« Sentite ragazzi, vorrei andare a casa. »
Drake ridacchiò, e poco dopo lo seguirono anche gli altri,
come se avessero un solo, enorme neurone in comune.
« Poverino. E io che credevo che ci stessi seguendo. Scusa,
pensavo male. È che sai, avevo paura che volessi
rimorchiare… »
« Senti Drake, ho detto che voglio solo…
»
Ma non riuscì a finire la frase che l’altro lo
aveva afferrato per la felpa, rischiando di soffocarlo.
« Primo. Tu non “vuoi” nulla. Secondo:
guai a te se ti prendi così tanta confidenza con me, chiaro?
»
Andy sapeva che avrebbe dovuto tacere e lasciar perdere, ma la voleva
far finita il più presto possibile, in un modo o
nell’altro.
« E come cazzo dovrei chiamarti? All’anagrafe
è segnato Drake no? Adesso lasciami andare, per favore!
»
Foster si voltò a guardare gli amici con un ghigno,
sottolineando quanto il ragazzo avesse iniziato a ragionare, dato che
chiedeva “per favore”. Stava per continuare, ma si
fermò a guardarlo in volto.
« Ehi, ora ho visto che c’è di
diverso… hai cambiato occhiali! Niente più rosa?
»
« Erano rosso scuro. » sibilò il moro,
mentre gli tornavano in mente quei poveri cristi di occhiali che
avevano commesso l’errore di trovarsi sulla sua faccia nel
momento sbagliato, ed erano finiti a terra, pestati barbaramente.
« Beh, non fa differenza. » ribatté
piatto Drake. Stava per afferrargli il nuovo paio, quando Shawn lo
interruppe.
« Ehi Dre’, non mi diventare monotono. »
L’interpellato lasciò andare il ragazzo per
raggiungere l’amico. Andy si accorse con orrore che la sua
cartella, precedentemente caduta a terra, si trovava tra le mani del
biondo, che stava amabilmente frugando al suo interno.
« E-Ehi… » sapeva che ogni supplica
sarebbe stata vana, ma tentar non nuoce, o almeno così si
dice.
« Toh, guarda che ho trovato! » esultò
Shawn, mostrando all’altro l’oggetto.
« Ehi, aspetta, quello è il mio cellulare!!
»
« Però, pensavo che sarebbe stato rosa anche
questo… » commentò Drake rigirandosi
l’apparecchio metallizzato tra le lunghe dita affusolate.
« Ridammelo. » ordinò con una nota di
panico nella voce. Ma nessuno lo ascoltò.
« Bene. » concluse infine Drake, rivolgendosi ad
Andy. « Visto che gli occhiali, a detta del mio collega
Yates, renderebbero la cosa monotona, mi interesserò di
questo. »
Il moro ebbe un sussulto.
« Non puoi rompermelo! A differenza di te, non me ne posso
permettere uno nuovo al mese, e… »
« Mica ho detto che lo spacco. »
Andy lo guardò interrogativo.
« Me lo tengo. Adios. » e se lo infilò
in tasca, raggiungendo gli altri della compagnia, che già se
n’erano andati ridendo come iene.
« No, no, mi serve! » iniziò ad urlargli
dietro il ragazzo, cercando di inseguirli.
Ma Drake tornò da lui, afferrandolo per le spalle e frenando
la sua corsa.
« Ho detto che me lo tengo io. » gli
sibilò in faccia. « Guai a te se provi a venirmi
dietro. Non voglio una checca come te alle calcagna. »
E per ribadire il concetto, prima che l’altro potesse
schermirsi, gli assestò un pugno nello stomaco che lo
lasciò senza fiato. Temendo di piantare violentemente le
ginocchia al suolo, Andy si aggrappò al suo aggressore, che
se lo scrollò di dosso senza fatica, dandogli uno spintone
che lo fece cozzare contro il freddo muro alle sue spalle.
« Ci si vede. » lo salutò gelido,
spingendosi il telefonino ancora più a fondo nella tasca dei
jeans.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Vi
ringrazio per le recensioni e per gli undici preferiti^^ scusate per il
tempo trascorso tra un aggiornamento e l’altro, ho cercato di
fare del mio meglio.
_____________________________________________________________________________________
«
Ehm… Ciao mamma… »
La voce della signora
Nolan gli giunse ovattata e metallica dall’altra parte del
telefono.
« Ciao
tesoro, è successo qualcosa? Mi sembra che tu abbia una voce
un po’ strana… »
« Ehm,
no… Cioè, a dire il vero avrei… ho
perso il telefono. In casa però! »
Per un momento si
sentì solo il silenzio.
« Come fai
ad averlo perso in casa? »
« So che
l’ho portato a casa da scuola, si, ma non mi ricordo dove
l’ho messo… Non ti preoccupare, lo
troverò presto… Te l’ho detto
perché, se non mi senti rispondere, almeno sai il
motivo… »
«
D’accordo. » dalla voce si capiva che la donna era
amareggiata. « Io devo andare adesso, sono molto
stanca… Ci sentiamo domani, eh? Ti voglio bene. »
«
Si… buonanotte mamma, ti voglio bene anch’io.
» Andy percepiva le proprie parole come fossero distanti
chilometri, forse a causa del tono leggermente incrinato.
Rimase con il telefono
appoggiato all’orecchio, ascoltando il suono della linea
libera senza realmente sentirlo. Non aveva né voglia
né tempo materiale per stare lì a dare
spiegazioni a sua madre, e non voleva farla preoccupare, che
già era occupata abbastanza con il lavoro.
Monica Nolan era
un’importante manager, promotrice della sede centrale di una
delle maggiori aziende immobiliari della zona, per cui era sempre in
giro per lavoro. Suo padre invece era un archeologo, sempre impegnato,
spesso anche all’estero. Era una cosa triste, girare la casa
costantemente soli, ma aveva il vantaggio di poter liquidare entrambi
con un “si sto bene” e “no non
è successo nulla”.
Riscotendosi,
sfilò l’accappatoio e mise il pigiama,
rintanandosi sotto le coperte come un leprotto nella tana.
«
Dre’, ti togli? »
« Eh?
»
« Dai, devo
vedere The Life of Jak… »
« Ancora con
quello stupido reality? Basta, mi hai scassato… »
« Ma Drake,
per favore!! »
« Ho detto
no! C’è un altro televisore di là,
perché non vai a guardare quello? »
« Ma qui
c’è il divano… Dai, fai il bravo
fratellone… »
« No.
»
« Daiiiii!!
Dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai!!! »
« Kat, ho
capito! Finiscila di urlarmi nelle orecchie!! »
Scocciato, si
alzò dei morbidi cuscini per lasciare il posto alla
sorellina tredicenne, che tutta contenta si accomodò sul
divano, e appropriandosi del telecomando si immerse
nell’agognato programma. Drake lo odiava, era una sottospecie
di reality stupido che raccontava le giornate-tipo di un altrettanto
stupido cantante per adolescenti in crisi ormonale. Preferiva molto di
più le partite di basket.
« Ehi,
fratelloneee!! »
Kat lo stava chiamando
a gran voce dal soggiorno. Che rumore fastidioso.
« E adesso
che vuoi?! » le urlò di rimando il ragazzo,
alquanto irritato.
Sentì i
passi leggeri di Kat avvicinarsi alla sua stanza.
« Hai
dimenticato il cellulare di là… » i
suoi occhi nocciola lo fissavano perplessi. « Ma hai cambiato
telefono per caso? »
Drake
arrossì, borbottando avanzò verso di lei e glielo
strappò dalle mani.
« Ehi, puoi
essere anche un po’ più gentile, sai? »
« Tu questo
non l’hai visto. Non farne parola con mamma e
papà, altrimenti te la faccio pagare, chiaro? »
« Va bene,
non serve che ti scaldi, solo che… »
« Chiaro??
»
La ragazzina lo
scrutò leggermente spaventata, arrotolando nervosamente una
ciocca di capelli attorno al dito.
« Si.
» interdetta, girò sui tacchi e tornò
in soggiorno.
Drake
avvertì ancora per parecchio tempo quel senso di nervosismo
che l’aveva colto all’improvviso, vedendo il
telefono d’Andy Nolan tra le mani di sua sorella. E neppure
quando si sistemò le coperte era completamente tranquillo.
«
Buongiorno, Alexander. »
Di solito quando Joy
lo chiamava con il suo nome intero, non era mai un buon inizio di
giornata.
« Io e te
dobbiamo fare un discorsetto. »
No, decisamente non lo
era.
« Buongiorno
anche a te… Cos’hai che non va? »
« E hai il
coraggio di chiedermelo? Non mi hai mai risposto ai messaggi, e neppure
alle chiamate!! E non dire che eri senza soldi, perché ti
sei fatto la ricarica ieri mattina!! »
« Scusa,
l’ho perso. »
La bionda aveva aperto
la bocca per replicare, ma alla frase di Andy, l’aveva subito
richiusa.
« Perso?
»
« Si,
l’ho perso in casa. »
« In casa?
»
« La smetti
di ripetere pezzi di ciò che dico? »
« Come ha
fatto uno ordinato come te a perdere il telefono in casa? »
«
E’ successo e basta. »
Joy gli si
parò davanti, col naso a due centimetri dal suo.
« Tu. Non.
Me. La. Racconti. Giusta. »
Andy si tolse gli
occhiali, distogliendo lo sguardo e passandosi una mano tra i capelli.
Lo sapeva che non sarebbe durato a lungo, ancora qualche secondo e le
avrebbe detto tutto.
Resisti, Andy, resisti.
Dieci, nove,
otto…
Basta solo che lei
trovi un nuovo argomento di cui parlare…
Quattro,
tre…
Andy…!
Uno…
« E va bene,
non l’ho perso. »
Trionfante come non
mai, la signorina Joy Cook incrociò le braccia passandolo da
parte a parte con uno sguardo di fuoco, che gli intimava
pericolosamente di parlare, onde evitare gravi conseguenze.
«
Senti… promettimi una cosa, però. »
« Cosa?
»
« Non dirlo
a nessuno. E quando dico nessuno, intendo proprio nessuno. Neanche al
gatto. »
« Ma che ti
è successo, si può sapere? »
« Ehi, tu
promettimi di non dirlo. »
« Va bene,
va bene… » si era improvvisamente preoccupata.
Andy
sospirò.
«
E’ stato Drake Foster. Ce l’ha lui. »
« Cosa?
»
« Si, si...
»
« Scusa, ma
non era stato sempre lui a romperti gli occhiali? »
« A-ha.
»
« E i tuoi
che dicono? »
« Mica
gliel’ho detto. »
Joy lo
fissò con sguardo interrogativo.
« No?
»
« Senti, non
voglio che si mettano a preoccuparsi per un cretino come
quello… Ho detto che li ho rotti io, e che ho perso il
telefono. »
« Ti rendi
conto che agli occhi dei tuoi sembri più incapace di un
poppante? »
« Si, ma mi
va bene così. »
« Ma ne sei
sicuro? »
« Si.
»
La ragazza lo
osservò ancora per qualche minuto, in ansia, ma senza il
coraggio di dire qualcosa di più.
Drake si stava
cambiando col ritmo di una lumaca in letargo. Non che non avesse voglia
di andare all’allenamento, ma la notte precedente aveva
dormito così male, che era tutto uno sbadiglio.
«
Dre’, pensi di farcela per domani mattina? »
« Non
rompere Shawn. » Anche le sue frasi erano lapidarie ma
strascicate. Decisamente non era giornata.
« Forza,
pelandroni!! Quanto vi ci vuole a cambiarvi, eh? Muovete le chiappe e
portatele in questa palestra, o ci penso io, ma non vi
piacerà!! »
Qualcosa aveva
abbaiato? Ah già, forse era Miller. L’indomani
avrebbe avuto luogo una partita importante per le selezioni delle
squadre di basket delle scuole superiori per i regionali, per cui il
coach era più nervoso del solito. E questo era tutto dire.
« Rogeeer!!
Dammi tu l’ispirazione!! » Andy stava piagnucolando
all’indirizzo del pinguino di peluche, che
dall’alto della sua mensola sembrava compatirlo con gli
occhietti di lucente plastica nera.
Saranno stati almeno
quindici minuti che era fermo alla stessa riga, e non riusciva ad
andare avanti. Quell’articolo voleva la guerra.
«
…E guerra sia! »
Ma dopo
mezz’ora era ancora fermo allo stesso punto. Era talmente
esasperato che avrebbe preso volentieri a testate il monitor del
computer, se avesse avuto la certezza che con questo metodo sarebbe
stato in grado di scrivere l’articolo.
« Ma dai,
diciamo le cose seriamente: a chi diavolo interessano gli articoli sul
menu della mensa?? Mi conviene aspettare a scrivere quello sulla
partita di domani… »
Si fermò,
bloccando i pensieri che stava esponendo a voce alta tra sé
e sé. Pensare alla partita gli faceva automaticamente
ricordare Foster. Foster e il suo telefono. Maledetto
bastardo…
Guardò
l’orologio appeso alla parete, che segnava le sei. Era stanco
morto, e voleva andare a casa. Spense in fretta il computer, prendendo
sottobraccio cartella e giubbino in un unico fagotto informe, e si
avviò lungo il corridoio.
« Ehi, ma
hai intenzione di tenerlo? »
« Cosa?
»
« Quello.
»
Il biondo aveva
accennato con un movimento della testa, al piccolo cellulare
metallizzato che si trovava sulla panchina, accanto alla borsa di Drake.
« Boh.
»
« Io pensavo
che l’avessi gettato. » ghignò.
« Non mi
interessa buttarlo via, anche non averlo per lui è una
tortura. Che ci fa un giornalista senza telefono? »
ridacchiò malevolo.
«
Giornalista quello? » Shawn rise sguaiatamente « Se
mi metto a scrivere un articolo io, lo faccio meglio…brutto
frocetto del cazzo… Comunque se non te ne fai nulla, dallo a
me, pensavo giusto di cambiare il mio… »
« Te lo
darei volentieri, ma ho avuto un’idea migliore…
»
Shawn lo
guardò interrogativo.
« Che
sarebbe? »
« Oh,
vedrai, vedrai… Pazienta un po’, e potrai
ridere… »
« Basta!!
Tregua! » Andy si decise a staccare, per quel giorno. Tra
l’altro in prima pagina ci sarebbe stato il pezzo sulla
partita, quindi perché tanta fatica?
Si tolse gli occhiali,
massaggiandosi il setto nasale, ammaccato. Quando non aveva ispirazione
per gli articoli, la sua agitazione lo portava a premere gli occhiali
sul naso, così forte che si lasciava le impronte. Spense i
computer, infilò le proprie cose nella cartella, chiuse le
finestre e si assicurò che ogni cosa fosse al proprio posto.
Infilò il cappotto sistemandosi bene il bavero in modo da
evitare i colpi d’aria.
Era ottobre inoltrato,
non faceva ancora molto freddo, ma bisognava stare attenti ai colpi
d’aria. Solo un paio di settimane prima Joy s’era
beccata una tosse incredibile, ed Andy aveva il timore che avrebbe
sputato un polmone da un momento all’altro.
« Shawn, non
per puntualizzare, ma vorrei sapere che ti frulla per la
testa… »
« Scusa, ma
se te lo dico, che sorpresa è? »
« Si ma sono
curioso! Quanto ti odio quando mi tieni sulle spine,
maledetto… »
In quel momento Drake
vide Andy, che soprappensiero stava andando loro incontro. Dalla sua
espressione probabilmente non si era neppure accorto di loro due.
Fecero in modo di non
allarmarlo, e quando gli furono abbastanza vicini, il biondo si fece da
parte per lasciare all’amico la possibilità di
fermarlo. Questi prese il moro per un braccio bloccandolo tra
sé e il muro. La scena si svolse tanto velocemente che Andy,
preso alla sprovvista, urlò di stupore.
« Ehi, Ehi,
calmati Nolan, mi hai ucciso i timpani… »
«
Foster… ma che? Cosa vuoi da me? Non ti basta il telefono,
vuoi- »
Ma Drake non seppe mai
come finì quella frase. Sentirono tutti e tre dei passi
avvicinarsi affannosi, e Shawn si staccò dal muro per andare
a vedere chi fosse.
« Foster!
Yates!! »
Era inconfondibile. La
voce bassa e potente del coach si riconosceva tra mille.
« Foster!
»
Drake era spaventato.
Non avrebbe voluto ammetterlo neppure a se stesso, ma era
così. Andy Nolan non l’avrebbe mai denunciato ai
professori, sarebbe stato assolutamente inutile. Grazie al suo talento
teneva alto l’onore sportivo della scuola, ed era quasi
intoccabile. Quasi, perché Miller nonostante tutto aveva un
fottutissimo senso di giustizia. Se l’avesse beccato,
l’avrebbe ucciso, come minimo. Suo malgrado dovette allentare
la presa sull’esile spalla del ragazzo, staccandolo dalla
parete sulla quale ormai aveva scavato una nicchia con la forma del
proprio corpo.
« Ah,
ragazzi, finalmente vi ho trovati… » Miller
sembrava così immerso in quello che doveva dire loro da non
accorgersi del terzo incomodo.
« Si coach,
dica pure, come mai ci cercava? »
« Beh,
dovevo darvi una notizia importante… » si
arrestò un attimo, focalizzando l’attenzione sul
moro.
Drake si accorse del
cambiamento d’espressione da parte dell’uomo, e per
evitare qualsiasi sospetto, tolse la mano dal cappotto di Andy, facendo
piuttosto scivolare il braccio attorno al suo collo.
Un’allegra chiacchierata tra amici. Non fosse che loro due,
per quanto ne sapeva il coach, non si erano praticamente mai rivolti la
parola, e che in quel momento la faccia del più piccolo non
sembrava esattamente il ritratto della tranquillità.
« Tu sei
Nolan, giusto? Come mai qui? »
Drake strinse a
sé il ragazzo minacciosamente, come per fargli capire che se
non si inventava qualcosa che gli salvasse il nobile deretano
gliel’avrebbe fatta pagare con gli interessi.
Lo sentì
irrigidirsi, ma vide che riuscì a mantenere il controllo.
« Ci stavamo
mettendo d’accordo per l’articolo che devo scrivere
domani a proposito della partita, signor Miller. Drake e Shawn mi
stavano spiegando i vari nomi dei passaggi, e le principali
modalità di gioco, dato che non sono esperto del basket.
»
Era credibile.
« Oh, bene.
Purtroppo però la partita non avrà luogo.
»
« Come??
Perché no, che è successo? »
« Il
vicepreside della scuola che la nostra squadra avversaria rappresenta
ha avuto un brutto incidente in auto, ed ora è in ospedale,
per cui i ragazzi, in segno di rispetto, hanno preferito rimandare a
domenica prossima. »
« Ah, ok.
» Drake era un po’ deluso; si era preparato tanto
per questa partita, e i suoi sforzi erano stati pressoché
vani.
Andy
approfittò del momento.
« Se non vi
dispiace io tornerei a casa, ho molte cose da fare. Arrivederci.
» e si tolse da quella situazione più in fretta
possibile.
Il solo fatto di
potersi sedere sul sedile della sua auto scassata gli sembrava un
enorme traguardo.
Era sabato, e alla
partita mancava più di una settimana.
Ma anche sette giorni
passano in fretta.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Che fastidio, che
fastidio, che tremendo fastidio!! Mi è andata via
l’ìspirazione come un palloncino
all’elio trasportato da una bufera… e quando
è tornata lei… se n’è andato
internet!!! Stupidi operatori telefonici >__> avrei
postato molto prima, altrimenti. Scusate gli errori grammaticali che ci
possono essere, avrò controllato la storia mille volte e
proprio per questo non la vedo più >__> Grazie
per avere ancora il coraggio di seguire la storia. Dopo di questo, ci
sono –al momento- altri otto capitoli pronti ad essere
postati… (ve l’ho detto che avevo ispirazione xD)
Vi ringrazio di cuore, davvero. Un bacio.
R.
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Joy gli ronzava
intorno da mezz'ora, scrutandolo come un bambino guarda curioso una
scimmia allo zoo.
« Mi vuoi
dire che c'è? » le chiese fintamente seccato.
La ragazza ebbe un
sussulto, diventando un po' rossa. Forte del suo orgoglio,
però, si erse in tutta la sua statura e fece finta di nulla.
« Mh,
niente… solo che ti vedo un po' più tranquillo
oggi, per non dire gongolante. E' successo qualcosa di particolare?
»
« No, non
esattamente. L'altro ieri sono capitato tra le mani a Foster, ma per
puro culo Miller li ha beccati e io me ne sono andato. »
Joy gli si
avvicinò di più, mentre il professore seguitava a
spiegare lo svolgimento dell'esperimento di chimica.
« Li ha
beccati a picchiarti? E sono stati sospesi? »
« Cosa? No,
no, non mi stavano picchiando affatto… »
« Per cui?
»
« Me ne sono
andato. »
« E basta?
»
« Basta
cosa? »
« Andy, ma
possibile che capisci così poco? » la ragazza si
voltò dall'altra parte, contrariata, non volendolo
più guardare.
«
Perché? » continuò tranquillo a
rigirarsi la provetta tra le mani, fingendo stancamente di seguire la
lezione.
Joy tacque per un po'.
Quando gli rivolse lo sguardo, era vistosamente preoccupata, tanto che
fece subito cambiare espressione anche a lui.
« Ehi, ma
stai bene? » le domandò, non riuscendo a
nascondere l'apprensione.
« Io si, tu
no. »
«
Ma…? »
« Lasciami
parlare. Non capisci che stai subendo delle torture? »
« Ma che,
guarda che io… »
« Ho detto
di non interrompermi! Ti picchiano, ti rompono le cose, se non te le
rompono le rubano, Drake Foster e quel branco di idioti che gli si
trascina dietro non ti lasciano mai in pace! Devi fare qualcosa, non
puoi vivere così! Non capisco come fai a stare tanto
tranquillo, sei il diretto interessato, dovresti avere più
cura di te stesso! Queste… sevizie… durano
dall'anno scorso, io non posso accettarlo! »
« Stanne
fuori. »
La ragazza strinse i
pugni, fissando ostinatamente il blocco di appunti sul banco.
« Io non
posso parlare, devi essere tu a decidere. Ma non sono più
disposta a sopportare altro da te. »
« Adesso mi
colpevolizzi? Eh? Bella amica che sei. Guarda che non è
facile neanche per me… io… »
« Non
cercare di scaricare su di me la tua frustrazione, Alexander! Se non ti
piace questa situazione, cambiala! »
« Ripeto che
non è facile! »
L'occhiata che
ricevette gli sembrò quanto più irosa avesse mai
visto. Aveva spesso assistito ad arrabbiature, anche consistenti, di
Joy, ma fino a quel punto, mai.
« Cretino.
Le cose difficili lo sono perché siamo noi a renderle tali.
»
*
« Che
schifo. »
Shawn emise un lungo
sospiro.
« Dre', la
smetti di lamentarti? Saranno tre ore che vai avanti così.
»
« Si
ma… la partita Shawn, la partita!! »
« Eh.
»
« Ma come
"eh"?! Sei senza cuore!! E io mi ero preparato tanto!! »
« E' solo
una settimana… »
« Pensa:
sono così demoralizzato che non ho nemmeno voglia di pestare
Nolan… »
« Beh, a
dire il vero non lo abbiamo mai pestato. Anzi, sarebbe interessante
vedere che tipo di impronta lascerebbero le mie bellissime nocche sulla
sua faccia. »
Drake si
ridestò al torpore.
« Non
è vero che non l'abbiamo mai picchiato, l'anno scorso per il
giorno del Ringraziamento gli abbiamo fatto un occhio nero, come puoi
non ricordartelo? E' un delitto quello che hai commesso, peggio che
dimenticarti del nostro anniversario! »
A Shawn
andò di traverso un po' dell'aranciata che stava bevendo, e
iniziò a tossire rumorosamente. Quando si riprese,
fissò l'amico allibito.
« Che
c'è? Ho qualcosa sulla faccia? »
« Da quando
abbiamo un anniversario, io e te? Per caso ci siamo ubriacati ad una
festa, siamo andati a Las Vegas e ci siamo sposati? Guarda che se
è così, sappi che quei matrimoni non sono validi,
c'è una legge! Una legge! »
«
Deficiente. E non guardarmi così, non sono mica pazzo.
»
« No? Fossi
in te qualche sospetto me lo farei venire… »
« Oooooooh
che strazio che sei, Shawn! Intendevo il giorno in cui siamo diventati
amici, non ti ricordi? »
« La rissa?
»
« Non era
una rissa… diciamo… una discussione animata?
»
« Drake,
avevi dieci anni e una sfacciataggine più grande di te,
l'altro imbecille ne aveva dodici e più segatura che materia
grigia, nel cervello… mi sembra che "discussione animata"
sia troppo evoluto come termine… »
« Beh fatto
sta che sei arrivato tu e mi hai salvato. »
« E quindi?
»
« Sei stato
il mio salvatore!! Il mio grande amico!! »
« Io mi
chiedo perché sto ancora ad ascoltarti… ma non
parlavamo di Nolan? »
« Si, hai
ragione… però davvero, non ho voglia di pensare a
lui adesso, ho anche della roba di scuola da recuperare…
»
«
Effettivamente faresti meglio a concentrarti su quello, e poi sulla
partita. »
«
Già, la partita! Partita mia… !! »
« Oddio,
adesso ricomincia, ma perché parlo sempre troppo?
Perché? »
Il biondo
fissò il muro come se fosse l'unico essere nel raggio di
chilometri in grado di comprendere le sue afflizioni, mentre Drake,
ignorandolo completamente, continuava il proprio soliloquio.
*
« Joy?
»
« Si. Dimmi.
» sistemò i documenti nella cartella, dopo aver
risposto distrattamente.
« Ascoltami.
»
La bionda
alzò la testa per accontentarlo.
«
Oggi… è sabato. »
Stavolta Joy era
davvero interessata. O forse preoccupata.
« Andy, cosa
dovrei trovarci di profondo e/o interessante in questa constatazione?
»
« No,
è che… è passata una settimana.
»
« Eh.
»
« Una
settimana senza che mi abbiano fatto nulla. »
Anche se non aveva
specificato il soggetto della propria frase, il riferimento a Drake era
comprensibile.
« Meglio.
»
« Potresti
mostrare un po' più di entusiasmo, no? »
La ragazza
sospirò.
« Senti. Lo
sai come la penso. Se anche la smettessero di romperti le scatole, tu
non avresti comunque parlato. Intendi passare sopra a tutto
così? Se non imparano adesso, un giorno potrebbero fare del
male serio a qualcuno, e i loro danni… potrebbero non essere
più riparabili. »
Andy non
trovò argomenti con cui ribattere, ma forse fu il nodo alla
gola che gli era venuto ad impedirgli di rispondere. In
verità si vergognava. Ai suoi genitori non aveva detto
nulla. Di quelli. Joy era l'unica con cui non aveva problemi a parlare,
ma la sola idea di aprirsi ad altri gli procurava la reazione opposta.
Sapeva che non andava bene, che ci stava rimettendo, ma non riusciva a
muovere un dito. Si sentiva intrappolato, come se avesse i piedi nel
cemento a presa rapida e tutto il resto del corpo libero. All'apparenza
poteva sembrare capace di qualsiasi movimento, ma nella
realtà era impossibilitato a spostarsi di un millimetro.
Neppure un misero passo avanti.
« Lasciami
un po' di tempo. Solo un po' di tempo in più. »
Ma mentre diceva
questo, dentro di sé sapeva bene che qualunque scelta avesse
fatto in futuro, sarebbe stata quella sbagliata.
*
« Shawn!!
»
A sentirsi chiamare
con quel tono, il ragazzo sapeva già per certo che si doveva
aspettare il peggio.
« Dimmi.
»
« Domani
c'è la partita!! »
« Ti prego,
dimmi che stai calmo, almeno oggi, ti scongiuro!! »
«
Uff… tu non mi dai soddisfazione. »
« Io direi
che invece sono l'unico che riesce a tenerti a freno. »
« Che
vorresti dire, scusa? »
« Che sei
pazzo. »
« Beh, tanto
è per questo che io sono il tuo migliore amico preferito,
vero? »
« Ok, adesso
mi spieghi come il tuo cervello abbia potuto partorire una cosa come
"migliore amico preferito". Sei il mio migliore amico, sei uno solo,
come fai ad essere il preferito… io… »
« Shawn
manchi di senso dell'umorismo. Si vede che hai bisogno anche tu di un
po' di adrenalina. »
« Avrei
bisogno di tranquillità. »
« Si, anche
mio nonno parla esattamente come te, se vuoi te lo presento, potreste
scoprire di avere molte cose in comune. »
L'altro
rinunciò a rispondergli, tanto era inutile. Drake e le sue
vaccate colossali. Non conosceva persona al mondo che avrebbe potuto
continuare a sparare cavolate più a lungo di lui.
« Sai una
cosa? Io penso che tu invece, abbia bisogno di… uno stimolo!
»
« No, no,
cosa ti frulla in testa? »
« Ah, te la
do io l'adrenalina… »
« Sei
preoccupante. »
« Mi
è venuta un'idea, Shawn, un'idea! E sai perché?
»
« No.
»
Drake gli prese la
testa con le mani e gliela girò in modo che osservasse il
corridoio alla sua destra.
« Sai come
si chiama quello? Andy Nolan. »
« No.
» rispose Shawn, annoiato ma bendisposto ad accettare
qualunque invito da parte dell'altro, « Quello si chiama
divertimento. »
*
Andy era stanco morto.
Non vedeva l'ora di arrivare a casa per infilarsi sotto la doccia,
cenare velocemente e sprofondare nel divano davanti ad un dvd. Era
così sereno che sarebbe riuscito a trascinarsi fino alla
palestra per seguire la partita di basket (di cui non ne capiva
pressoché nulla) e scrivere l'articolo. Era perfino in pace
col mondo, che avrebbe potuto vedere i brutti musi di Foster &
Co. senza vomitare.
« Accidenti,
ma questo dev'essere destino. »
Perché
parlava sempre così presto?
Alzò la
testa, specchiandosi negli occhi dorati di Drake. Erano compiaciuti
come quelli di un gatto che aveva appena agguantato la preda e si
preparava a mangiarla. Non ebbe neppure la forza di rispondere. Ormai
era al limite, non gl'importava neanche di ascoltarli. Che dovessero
dirgli qualcosa, insultarlo, picchiarlo, metterlo in ridicolo, non
faceva alcuna differenza, voleva solo che finisse presto. Voleva solo
andare a casa e non sentire più niente.
« Domani
c'è la partita… devo fare un po' di allenamento,
non credi? »
« E quella
borsa cos'è, ci sono dei soldi, hai rapinato una banca? Ah
no, guarda un po', è proprio quella che usi per
l'allenamento di basket, non è così? Allenamento
che hai appena finito. Almeno minacciami in modo più
convincente, o inizierò a temere che tu abbia perso in
fantasia. »
Drake
arretrò, rabbuiandosi. Shawn ebbe uno scatto d'ira
improvvisa, che colse tutti di sorpresa, Andy in particolar modo. Lo
afferrò per il bavero del cappotto sollevandolo leggermente
in modo da guardarlo negli occhi. I suoi, azzurri, sembravano ghiaccio,
freddi e impietosi.
« Non
cercare di fare del sarcasmo, piccolo cretino, hai capito? Non mi
piacciono quelli che cercano di prenderti in giro mostrandosi
superiori. »
« Ah, ce ne
sono tanti così. Ma io vi sto più simpatico, eh?
»
« Non saprei
che dirti, è una questione di sensazioni, sai? Il solo fatto
di dover sopportare la tua vista mi disgusta. »
« Spiacente,
non so che fare. »
« Potresti
iniziare con lo sparire dalla faccia della terra. » Drake
aveva preso la parola, senza curarsi della faccia di Andy che stava
diventando di una bella sfumatura bordeaux per il debito d'ossigeno.
« Tu, e
quell'aria da checca che ti porti dietro. »
« Cos'ho di
così schifoso? Sono normale… esattamente
come… » non riuscì a finire, colto da
un colpo di tosse. Finalmente Shawn lo lasciò.
Cadde a terra come un
sacco di patate. Si rialzò, spolverandosi i vestiti.
« Sei
sbagliato. E lo sai benissimo. » la voce del ragazzo era
piatta ma quell’indifferenza mal simulata era tagliente
più che mai.
« No che non
lo sono, e non sopporto questi tuoi modi- »
Non
proseguì.
Un pugno lo colse in
pieno addome, bloccandogli il diaframma. Si accasciò a
terra, colto da un improvviso conato di vomito. Foster doveva proprio
essersi affezionato al suo stomaco, dato che la metà delle
volte che si vedevano (o meglio, scontravano) glielo distruggeva.
Spinto da una furia
cieca e immotivata, Drake lo afferrò per i capelli, e senza
tante cerimonie, lo sollevò fino a guardarlo negli occhi.
Impresa alquanto difficile, dato che gli occhiali di Andy gli erano
scivolati a metà naso, e ciocche scomposte coprivano la
parte superiore del suo volto. Per di più, barcollante,
ansimava rumorosamente, cercando di immagazzinare ossigeno, costituendo
un peso morto che anche Drake faticava a tenere.
« Tu devi
stare zitto. Zitto. Hai capito? »
Uno schiaffo, in pieno
volto. Non lo avvertì subito, ma pochi secondi dopo un
calore violento gli invase la guancia, crescendo d'intensità
fino quasi a bruciare. Toccandosi la parte lesa con il palmo aperto
della propria mano, il ragazzo cercò di raffreddarla,
riuscendovi parzialmente.
« E rispondi
quando ti faccio le domande, finocchio del cazzo!! »
Andy aveva cercato di
guardarlo, di aprire bocca, ma scoprendo di non avere
sensibilità sufficiente sui muscoli delle labbra, ancora
intorpiditi, si trovò impossibilitato a fare ciò
che gli era stato ordinato. Avrebbe davvero voluto poter rispondere.
Chissà, magari questo avrebbe calmato l'altro. O forse no.
Non lo sapeva. Non capiva molto, in quel momento. Aveva le sinapsi
lente, vedeva offuscato, ma le sensazioni tattili e il dolore erano
ingigantiti come raggi solari ampliati da una lente.
« Ho capito.
»
Era davvero riuscito a
rispondere? Non gli sembrava, nella confusione del suo stordimento, di
aver avvertito la propria voce risuonare nel corridoio.
« Allora non
dici nulla? Non sei proprio capace di dire nulla?! »
Ho
capito. Scusa. Ho capito. Andy. Parla.
…Non
riesco ad emettere suoni.
Vide il pugno. Quello
si, lo vide distintamente, dinamico e nitido some una figura nera su un
fondo candido. Cercò anche di ripararsi, alzando le braccia
davanti al volto.
Ho capito, davvero.
Sentì la
collisione col suo avambraccio, ma non si mosse. Una mano diversa gli
afferrò il polso, privandolo di quello schermo che lo
separava da Drake. Stupidamente si girò chiedendosi se fosse
stato Shawn a compiere quel gesto, e così facendo si espose.
Troppo.
Il secondo pugno non
riuscì ad evitarlo.
Una mazzata. Gli
occhiali gli caddero definitivamente, e una fitta lancinante gli
esplose dallo zigomo per trasformarsi in tante piccole scintille
dipinte sulla retina. Come se già non ci vedesse poco da
solo, quello bastò ad oscurargli il campo visivo per qualche
attimo.
Relativamente poco
tempo, sufficiente per un altro colpo, questa volta dal basso, che lo
prese dritto sull'angolo della bocca. Si sentì urlare. La
voce gli era uscita automaticamente, senza che fosse lui a decidere di
emetterla. Sulla sua lingua, un liquido denso e caldo dal sapore
ferroso. Sangue. Si portò una mano tremante a tastarsi, e
scoprì di avere il labbro inferiore rotto.
« Non sai
neanche schivare. Sei proprio inutile. »
Il quarto d'ora
seguente, Andy lo passò a cercare di riprendersi dallo
stordimento. Mise a fuoco il pavimento quel tanto da indivuduare la
sagoma dei propri occhiali, e ad inforcarli. Con passi malfermi si
trascinò in bagno, e non resistendo all'impulso di guardarsi
allo specchio, scoprì che avrebbe preferito non farlo.
Lo zigomo sinistro era
già provvisto di una macchia violacea, mentre un rivolo di
sangue secco partiva dal labbro ferito fino ad inzuppare il colletto
della camicia.
Era debole, ma sarebbe
tornato a casa, avrebbe fatto una doccia e poi diretto a dormire.
La seconda mazzata,
non fisica, arrivò dopo: con orrore Andy rimase a fissare la
propria cartella, che aveva raccattato da terra. Dopo averci messo i
libri che erano stati sparsi sulle mattonelle, si accorse che c'era una
cosa fondamentale che mancava: le chiavi della macchina.
E non potevano essere
cadute lì da qualche parte, perché non c'erano
proprio da nessuna
parte. Gliele avevano prese.
Corse fuori in
cortile, scoprendo che nel parcheggio non c'era neppure l'auto. Avrebbe
volentieri chiesto un passaggio a qualche bidello, ma erano le sette,
era sabato e a scuola si trovava ormai solo lui. Quel giorno Drake e
gli altri avevano fatto tardi, e i bidelli se n'erano già
andati, figurarsi gli insegnanti.
Snervato,
tornò nell'edificio. Aprì il proprio armadietto,
e prese il cambio di biancheria che stava lì da secoli, a
cui mai era dovuto ricorrere. Avrebbe pensato di doverlo usare per
ginnastica, al limite, ma non certo perché non poteva andare
da nessuna parte ed era chiuso a scuola.
Si infilò
in una delle docce dello spogliatoio della palestra, e gli unici
vestiti puliti che aveva trovato erano la felpa e i pantaloni della
tuta da ginnastica che usava. Era con i colori simbolo della scuola,
bianco in minima parte, ma soprattutto un orrendo blu elettrico che
risaltava a miglia di distanza, colore che poi lui odiava.
Raccattò un materassino dal ripostiglio degli attrezzi
ginnici, e una coperta. Per quella notte si sarebbe arrangiato
così.
*
« Ciao Joy.
»
«
Ehilà, Andy… posso chiederti cosa ti sei messo?
»
« Non si
vede? E' la tuta da ginnastica. »
« Si, quello
si capisce, direi, intendevo dire "perché ti sei messo
quell'affare?" »
« Mi hanno
preso chiavi della macchina e macchina. Ho dormito a scuola, gli unici
vestiti puliti erano questi e, vediamo...ah si, tengo i capelli
così perché ho un leggero rigonfiamento causato
da un pugno… non è grave ma non voglio che rischi
di notarsi. »
La bionda non
riuscì neppure a formulare una risposta. La sua unica
reazione fu un cedimento della mandibola, con conseguente espressione
ebete e bocca aperta.
« Stai
cercando di prendere delle mosche? »
«
Ma… ma… sei pazzo?? Vai subito a farti vedere in
infermeria!! Irresponsabile!! Tu! Non pensi affatto al tuo corpo, sei
proprio un - »
« Buona,
buona, è tutto a posto. Ci sono stato. »
« Ah si?
»
« Si, non
è nulla di che, mi ha dato subito una pomata in modo che non
diventasse viola e non si gonfiasse troppo, in un paio di giorni
dovrebbe andare via.. comunque tu non dirle nulla, alla dottoressa
Raley intendo, le ho chiesto di non parlare di questo…
né di farmi domande. »
« Ma quanto
sei imbecille!! »
« Senti, non
ne parlerò, ok? Non finché non sarò
pronto! »
« E aspetti
che ti uccidano prima? Che sconsiderato… »
Vedendo la sua faccia,
preferì cambiare discorso.
« Ok, inizia
la partita tra poco. Andiamo, devo scrivere l'articolo, se non la
seguo, come faccio? »
Non lo
degnò di una risposta. Si limitò a seguirlo
guardandolo in cagnesco.
Andy si
accaparrò uno dei posti più distanti possibili
dal campo di gioco e dagli altri spalti, cosa che però non
gli impedì di farsi venire la nausea quando vide Foster
entrare, acclamato come un eroe.
Grazie al cielo, la
partita non durava molto. Ringraziò che il loro club di
maggior prestigio non era di baseball, o in nove inning avrebbe anche
potuto sviluppare inclinazioni al taglio di vene. Non aveva la minima
idea di ciò che sarebbe potuto accadere dopo il match, nelle
condizioni in cui era. Ma il limite stava per essere raggiunto, e
doveva davvero affrontare Drake.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Oh grazie, ottantuno
letture =) pensavo che avrei ricevuto un pacco bomba per il ritardo.
Chiedo scusa in
anticipo per eventuali errori/orrori che troverete nel testo, l'ho
letto troppe volte per riuscire a distinguere le parole ormai.
___________________________________________________________
A dire il vero, Andy non si era neppure accorto quando la partita aveva
avuto inizio di preciso. Il suo cervello era in trance, recepiva
soltanto le esclamazioni corali del pubblico. Quando si riscosse, vide
Drake compiere un'azione strepitosamente agile, con la quale fece un
canestro da due punti.
« Se fosse tanto bravo quanto intelligente io sarei a posto,
davvero... »
Joy si accomodò silenziosamente accanto a lui, porgendogli
un panino farcito con qualcosa che sembrava tonno.
« Questo significa tregua? » chiese titubante il
ragazzo.
« Questo significa che ho scoperto di avere un fastidioso
istinto materno, e dato che non hai mangiato nulla di nulla ti ho preso
questo in mensa. Ringraziami. »
« Grazie. » borbottò Andy a bocca piena,
cercando di non sputacchiare pezzetti di panino e nel contempo di non
soffocarsi per il boccone troppo grosso che aveva ingurgitato.
Sugli spalti, gli studenti scalpitavano, mentre a bordo campo le
cheerleader continuavano a dimenare i fianchi facendo un tifo molto
coinvolto. Se c'era una sfida tra le due squadre di ragazzi, la stessa
sfida era anche tra i team di cheerleader. La frenesia con cui
agitavano i pon pon aveva un che di minaccioso.
Dopo dieci minuti finì il primo quarto di partita. Con
orrore Andy si accorse che non aveva praticamente seguito nulla,
rimanendo in uno stato semi-comatoso nel quale aveva fissato la tribuna
di fronte con sguardo vacuo.
« Non ti preoccupare, non è successo nulla di che,
a parte un'altra magnifica azione di Foster a circa 7 minuti
dall'inizio. La folla è decisamente esplosa in un boato ma
tu stavi su un altro pianeta, per cui ho pensato che forse era meglio
se ne prendevo nota io. »
« Oh Joy sei un mito, come potrò mai ripagarti di
tutto quello che fai per me?? »
La ragazza sospirò scuotendo leggermente il capo. I riccioli
biondi le ondeggiarono sulle guance.
« Andy, io... Dirài che vado proprio a ficcare il
dito nella piaga, ma... Sai bene quello che voglio da te. » mentre parlava aveva iniziato
a trovare estremamente interessanti le unghie dei propri
pollici. « Tu dovresti semplicemente
dire la verità a chi di dovere, per farmi contenta.
»
« Joy. »
« Eh. »
« Lo sai, non... Non affrontiamo più questo
argomento per un po', ti prego. Non mi sento in vena. »
Questa volta gli occhi nocciola dell'amica si fissarono decisi nei suoi.
« Tu non sei mai in vena, è questo il punto.
»
*
Era ingiusto. Era totalmente ingiusto. Si, va bene, erano solo
cinquanta minuti, ma tremila stupidi secondi nei quali aveva tenuto il
culo incollato alla panchinetta in legno chiaro degli spalti, tutto per
un articolo che probabilmente quasi nessuno avrebbe letto. E lui
avrebbe potuto impegnare quella domenica mattina in modo più
proficuo.
No, un attimo, negativo. Non avrebbe potuto andare diversamente da
così. A meno che non avesse preso in considerazione l'idea
di andare a casa a piedi. Cosa fattibile, senza contare che casa sua
era a circa ventiquattro miglia dalla scuola e che la fermata
dell'autobus più vicina al suo nido distava cinque miglia.
Inoltre, pur essendo a metà ottobre il freddo sembrava
essere arrivato presto, e in media fuori c'erano dieci, massimo dodici
gradi.
« Andy, io torno al mio quartier generale. »
« Ok. »
« Vieni con me? Ti do uno strappo fino a casa tua,
così ti puoi lavare la roba che avevi ieri, sistemarti un
po'...hm? »
« Non so. »
« Come sarebbe ''non so''? »
« Si, insomma... voglio la mia auto, io. »
« Si vabbè ma credo ci siano necessità
prioritarie, al momento. »
« Si, ok, priorità, e adesso- »
Si interruppe di colpo perché un'idea gli balenò
in mente. Era quanto mai stupida, però avrebbe anche potuto
funzionare, in un fortuito caso. E si, il fallimento probabilmente gli
avrebbe regalato un pugno sul naso nella migliore delle ipotesi, ma
doveva tentare.
« Oh, ti si è inchiodata la lingua? »
« No, mi sono ricordato di una cosa che devo fare, e subito!
Grazie ma ci vediamo lunedì! »
« Cioè domani. »
« Si, si... domani. Ciao eh! »
Le schioccò un bacio sulla guancia e corse via con la borsa
che sbatteva sulla schiena e i vestiti che minacciavano di uscirne per
riversarsi a terra. Per fortuna arrivò sano e salvo fuori da
scuola.
Si guardò intorno: esattamente come previsto, si erano
dileguati tutti, diretti in aula magna a fare casino. La sua scuola
aveva vinto, e di sicuro Drake, Shawn e compagnia bella non avrebbero
di certo perso l'occasione di far baldoria. Infatti l'intero gruppo
delle oche con i pon pon era sparito assieme ai giocatori. E ti pareva.
Nel cortile principale vide i ragazzi della scuola che avevano
affrontato nella partita di quella mattina rientrare nel proprio bus,
seguiti dal loro coach che chiuse la fila.
Una vocina nella sua testa gli chiese se fosse consapevole della
cavolata che stava per fare, ma Andy la scacciò
frettolosamente. Era vero, la sua casa si trovava in periferia, era
distante.
Ma quella di Drake no.
*
Il campanello suonò una volta sola. Kat stava ascoltando
della musica con il lettore mp3 distesa sul proprio letto mentre
sfogliava una rivista. Non aveva controllato l'ora, ma di sicuro suo
fratello aveva ormai finito di giocare quello stupido match di
pallacanestro. Figuriamoci se lei aveva voglia di andarlo a vedere.
Tanto avrebbero vinto. La squadra era troppo forte, e Drake bravissimo.
Il campanello suonò di nuovo, e questa volta più
a lungo. La ragazzina non poté ignorarlo, e di malavoglia si
trascinò fino alla porta, levando gli auricolari.
Guardò chi stava al cancello scostando leggermente una
tendina del soggiorno.
Era un ragazzo alto e magro, infagottato in quella che riconobbe essere
la tuta da ginnastica della scuola superiore della città.
Alzò il ricevitore del citofono.
« Si, chi è? »
« Ehm, sono...mi chiamo Andy, sono a scuola con Drake. Sono
un suo amico. »
« Davvero? Strano, non ti avevo mai visto prima. Ad ogni
modo, se lo cerchi non c'è. C'era una partita a scuola,
dovresti saperlo, no? »
« Si, lo so, è anche finita...solo che gli avevo
prestato un quaderno e non me l'ha più restituito. Domani
è lunedì e mi serve per studiare...ti da fastidio
se entro e vado a prendermelo? Credo l'abbia messo in camera...
»
Non pensava che l'ostacolo più grande sarebbe stata la
sorellina di Foster. Non lo pensava davvero. Tutte quelle domande...
« Ciao, scusa tu chi sei? »
Andy si voltò. Una bella donna con i capelli castani molto
chiari lo fissava curiosa dal finestrino abbassato di un'auto di grossa
cilindrata.
« Ehm...signora Foster? »
« Già. »
« Buongiorno, sono un amico di suo figlio, cioè,
seguiamo lo stesso corso di storia contemporanea (ma poi Drake lo
seguiva davvero quel corso? Andy aveva completamente sparato a caso) e
gli avevo prestato degli appunti, che mi servirebbero per domani...
Però suo figlio al momento è ancora a scuola,
quindi pensavo di aspettarlo qui...se non le dispiace. »
La donna gli sorrise dolcemente invitandolo ad entrare. Si chiese come
da una madre così gentile e affabile avesse potuto nascere
un mostro simile. Ma forse certe domande è meglio non
farsele.
La signora Foster lo fece accomodare in sala da pranzo, glissando
dolcemente sulla tuta che Andy ancora indossava. In fondo non aveva
avuto modo di cambiarsi, grazie al suo pargolo.
« Allora come hai detto che ti chiami? »
« Andy, signora. »
Non gli interessava mentire sul proprio nome, anzi sarebbe stato ancora
meglio, se lei l'avesse saputo.
« Ma è da tanto che conosci Drake? Non ti ho mai
visto... »
« Ah...no, a dire il vero non ci frequentiamo molto,
però è un ragazzo davvero simpatico e vitale...mi
piace la sua compagnia... >>
E anche quella dei suoi
dolcissimi amici...
« Bene, mi fa piacere. >>
Davvero. Quella donna era un angelo. Questo alimentava le sue ipotesi
che in realtà Drake fosse stato adottato, o abbandonato
davanti alla porta di casa Foster da un demone maligno.
A smentire le sue ipotesi fu lo sguardo vivace che la donna gli
rivolse, identico a quello del figlio quando era buono e tranquillo,
con le iridi dorate che assumevano le stesse sfumature. Bah, la
genetica.
« Mi scusi, avrei un po' di fretta...non vorrei sembrarle
scortese, ma posso andare a prendere il quaderno io stesso? Non voglio
essere invadente, solo che... »
« Oh, no caro, non preoccuparti. So bene che Drake
è parecchio disordinato e si scorda di restituire quello che
gli viene prestato... non hai idea di quante volte il povero Shawn
è dovuto venire a riprendersi le proprie cose: appunti, oggetti
vari...ah, cosa devo farci con quel ragazzo? »
Metterlo in una gabbia e
sedarlo?
« Comunque se mi da il permesso ci metto solo cinque minuti,
davvero... »
« Si, si certo! Kat, gli mostri dov'è la stanza di
Drake, per favore? »
La ragazzina annuì. Andy si accorse solo in quel momento che
lo stava fissando con sguardo curioso, come se fosse stato uno strano
animaletto.
Lo condusse al piano di sopra.
Effettivamente, soffermandosi a guardarsi attorno, doveva ammettere che
avevano proprio una bella casa: ampia e spaziosa, con mobili in legno
chiaro e tende dai toni caldi e luminosi. Nel complesso, una dimora
accogliente e allegra.
« Ecco qui. Attento a non ucciderti, c'è un
letamaio per terra. Mio fratello non è ordinato, ma neanche
tanto pulito, fidati. Come tutti i maschi. Esclusi i presenti, forse.
»
Annuì con un cenno della testa senza badare ai suoi
commenti, ed entrò.
Tutto sommato una camera comune. Mobili in legno rivestito in laminato
bianco, pareti color verde pastello, tende acquamarina. Una bella
stanza, non fosse stato per il caos soffocante che vi regnava.
A Drake non serviva nascondere qualcosa per evitare che fosse trovata:
avrebbe potuto lascialra dovunque, in quel porcile.
« Bene Andy. » disse a sé stesso.
« Hai cinque minuti. Sfruttali bene. »
Drake doveva davvero essere stupido. Altrimenti non si spiega
perché avrebbe dovuto mettere le chiavi dell'auto di Andy
nel posto più comune ed idiota possibile: il cassetto della
biancheria intima. Le aveva trovate subito, nonostante la sola idea di
frugare tre le mutande di Foster gli desse il voltastomaco. Meglio non
pensarci troppo. Per recuperare il cellulare bastava chiamarlo con
quello di casa. Drake aveva un apparecchio telefonico proprio sul
comodino. Digitò velocemente i numeri e udì dopo
pochi secondi la flebile suoneria provenire da un punto indefinito alle
sue spalle.
Si voltò per scoprire con orrore che il suono era ovattato
da qualcosa come un quintale di vestiti buttati a montagna sul tappeto.
Magnifico.
Chiuse gli occhi e iniziò a scavare. Sperava che il piccolo
aggeggio metallizzato fosse il più in alto possibile,
perché immergere le mani in quell'ammasso informe di stoffa
di dubbia condizione igienica era rivoltante, peggio dell'altro
cassetto, dove almeno la roba era pulita.
Quando estrasse il telefono tirò un sospiro di sollievo.
*
In quel momento, niente gli sembrò più profumato,
morbido ed accogliente del proprio divano.
E niente più scemo e prevedibile di Drake.
Certo, non poteva portare la sua auto -quel catorcio- chissà
dove, ma almeno non "nasconderla" nel parcheggio pubblico del quartiere
limitrofo, dai. Gli ci erano volute due ore di girovagare continuo
prima di arrivare allo spiazzo, ma quella ricompensa scacciava tutto,
anche il freddo penetrato fino alle ossa attraverso la stoffa sottile
della felpa.
Si svestì e si infilò in bagno. Aveva avuto la
tentazione di buttarsi in doccia totalmente vestito, ma poi,
ripensandoci, frenò gli istinti.
Chiuse il getto e uscì dalla cabina, si avvolse un
asciugamano attorno alla testa, inforcò gli occhiali e
infilò l'accappatoio, stringendovisi come al tesoro
più grande sulla Terra. Tornò in soggiosno e
accese il camino. Per fortuna era un ragazzo abbastanza previdente: due
giorni prima aveva già preparato la legna pronta da
accendere in caso di freddo improvviso, non appena fosse tornato a casa
da scuola.
In poco tempo il crepitìo dei ramoscelli più
sottili invase la stanza, seguito a breve dalla fiamma che
circondò i grossi pezzi di legno posti sul fondo. Le lingue
di fuoco che danzavano oltre il vetro erano uno spettacolo che
riscaldava anche solo attraverso lo sguardo.
Si accomodò sul divano e prese in mano il proprio telefono:
era strano, ma sembrava che Drake per tutto quel tempo avesse
continuato a caricargli la batteria e a tenerlo acceso. Infatti anche
le chiamate e i messaggi a cui non aveva risposto, fatte da Joy e dai
suoi genitori prima che li avvisasse di aver "perso" il cellulare,
erano stati archiviati.
Cos'aveva in mente, di usarlo, se Andy non fosse riuscito a riaverlo?
Pazzo.
Chissà se aveva già scoperto che qualcosa
mancava. Chissà che stava facendo in quel momento. Ma a dire
il vero, ora poco gli importava.
*
Drake ritornò a casa verso le sette di sera. Era stanco,
felice e aveva un'espressione soddisfatta dipinta sul viso,
accompagnata da un sorriso ebete che sembrava stampato.
« Dre'? »
« Eh...? »
« Ci sei o ci fai? »
« Sto bene Shawn, grazie di esserti preoccupato per me.
»
« Sarà. Io comunque ti accompagno a casa in
macchina. »
« Riesco ad arrivarci a piedi, da solo. »
« Non credo. Forse tu non te ne sei reso conto,
però tutti quanti abbiamo accumulato una grande tensione
prima della partita, soprattutto perché è stata
rimandata di una settimana, che non è poco, e specialmente
tu hai risentito di questo, che sei la punta di diamante della nostra
squadra... »
« Wow, mammina, allora ti preoccupi davvero per me!
»
« Dai, scemo. Guarda che sono stanco anch'io. »
Drake lo guardò. Effettivamente sul viso perfetto dell'amico
c'erano segni di spossatezza evidenti.
« Allora forse sarà meglio che sia io a portare a
casa te. Non voglio che rischi di fare un incidente per strada.
»
Shawn sorrise.
« Ma no. »
« Ma si. Addesso vieni a casa con me, telefoni ai tuoi e dici
che resti a dormire da me, va bene? »
« Ma non ho un cambio... »
« Te ne presto uno io. Dai, vieni, o mi farai fare quattro
infarti finché non mi arriverà un messaggio da
te, che sei a casa, intero. »
« Va bene. »
« Ehe, lo sapevo che ti avrei convinto!! » sorrise
compiaciuto.
Shawn si chiese che strani meccanismi avesse il suo cervello, quando
dopo la frase pronunciata da Drake si ritrovò a pensare che
nonostante la stanchezza non aveva sbagliato neanche un congiuntivo.
Wow.
*
« Ehm...Drake...? »
« Si? »
« Potresti ripetermi per favore cos'è esattamente
questa? »
« Camera mia. »
« Da quant'è che non vengo a farti visita?
»
« Due settimane. »
« E in due settimane sei riuscito a ridurla
così???? »
« Ehm...si. »
« Qui altro che dormire, prima bisogna sistemare tutto.
Assolutamente. O di notte avrò gli incubi su strane creature
fatte di vestiti sporchi che cercano di strangolarmi, davvero.
»
« Scusa. Sai che per me è difficile mantenere
ordine, qui dentro. »
« Si, noto. Molto, molto difficile. »
« Beh, intanto ti presto un paio di boxer puliti, e guarda,
te li do anche nuovi, mai messi, così poi non ti lamenti
che- oh cazzo. »
« Che c'è? »
« Le chiavi! Ero sicuro di averle messe qui! »
« Che chiavi? E comunque, se permetti, in mezzo a 'sto casino
io non mi direi sicuro di nulla. »
« No, no, fidati, le chiavi dell'auto di Nolan, le avevo
messe nel cassetto perché così le avrei trovate
subito all'occorrenza. Ma non ci sono. »
« Magari le ha prese tua madre. »
« Figurati. Lei non ha proprio la voglia, né il
coraggio, a dirla tutta, di ficcare il naso in camera mia. E mia
sorella prova disgusto solo a passarci davanti. »
« Allora non ne ho idea. Non avranno di certo messo le gambe.
»
« Aspetta che controllo una cosa. »
Si voltò a frugare tra vestiti abbandonati sul pavimento,
mentre Shawn assumeva inconsapevolmente un'espressione schifata.
« Non c'è. »
« Cosa non c'è? »
« Il telefonino di Nolan. »
« E quindi? »
Drake scese le scale di corsa senza rispondere, perciò
all'amico toccò seguirlo in fretta, se voleva capire come
stavano le cose.
« Mamma? »
« Si? » la signora Foster stava preparando la cena,
e non si voltò, mentre tagliava dei pomodori freschi.
« Oggi è venuto per caso qualcuno qui?
A...prendere qualcosa? »
« Oh, si, un tuo compagno di scuola. E' venuto per degli
appunti. Davvero tesoro, se restituissi le cose che ti vengono prestate
non faremmo queste figuracce. »
Drake sussultò e sentì i battiti del proprio
cuore accelerare. E se era Nolan? E se aveva detto qualcosa? I suoi
dubbi furono sciolti direttamente dalla madre.
« Povero ragazzo, si vergognava a chiedere indietro i suoi
appunti. E' stato qui pochissimo, giusto il tempo di recuperare il
quaderno. L'ho lasciato andare in camera tua, spero non ti dispiaccia.
Ad ogni modo, è stato un miracolo che ne sia uscito vivo.
Dovresti davvero sistemarla. Shawn, non sarai disordinato anche tu come
lui, spero! »
« Ehm no, signora...senta, il ragazzo per caso aveva i
capelli neri? »
« Si, neri e lisci, gli occhiali e si chiamava Andy. A dire
il vero era la prima volta che lo vedevo. Tu lo conosci? »
« Si. » rispose il biondo, mentre osservava le
diverse reazioni della pelle sulle gote di Drake man mano che
differenti pensieri si succedevano nella sua mente.
« Si, » ripeté « lo conosco
benissimo. »
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Non
avrei voluto inserire un capitolo così Andy centric.
Davvero. Però è introspettivo, ed è il
preludio alla seconda parte della fanfiction. Che da dopo questo
capitolo sarà più sensuale, ma anche
più angst. Scusate u.u.
Volevo
inoltre rispondere a Kahoko: Shawn si comporta da deficiente,
è vero. Però in realtà non ha un
carvello da buttare come Drake, è solo troppo pigro per
opporsi al suo amico. Quindi dal punto di vista emotivo è
effettivamente stupido, ma a scuola ha buoni voti, ad esempio.
Però si, verrebbe da prendere a calci anche
lui…>_>
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La redazione era
completamente vuota, così come la quasi totalità
delle aule scolastiche. Arrivare in anticipo significava
tranquillità, e alle prime ore della giornata era un
toccasana.
«
Buongiorno!! »
Joy sentì
un bacio schioccare tra i propri capelli gonfi.
« Andy?
Cos'è tutta quest'allegria di primo mattino? »
« Ho
recuperato tutto: telefono, chiavi, auto. »
La ragazza lo
squadrò.
« E anche
shampoo e bagnoschiuma direi. »
« Grazie,
davvero gentile… però si, anche quelli!
»
« Scusa ma
come hai fatto? Hai allungato a Foster una bustarella? »
«
Macché, con quello non si può parlare
né negoziare. Sono andato a casa sua. Quando lui non c'era,
ovvio. »
« Cos'hai
fatto tu?! » quasi si strozzò con il
caffè.
« Si, ho
fatto un salto fino alla villa, e per fortuna ho incontrato sua madre,
che è stata davvero molto gentile. Con una scusa banalissima
-cioè di prendere degli appunti che avevo dato a Drake- sono
riuscito ad andare in camera sua. Ma poi quella donna è un
angelo. Mi ha accolto con una gentilezza… »
« Allora
Foster figlio è adottato. »
« Si, l'ho
pensato anch'io, ma lui e sua mamma hanno la stessa faccia, per cui ne
dubito… »
« Beh dai,
anche se non hai fatto nulla di ciò che ti ho chiesto, mi
sento sollevata. Perché hai recuperato tutto, intendo.
»
« Grazie.
»
« Questa
storia non finirà comunque. »
« Che
pessimismo. »
« Realismo,
Andy. Sai meglio di me che hanno la testa dura. E avranno
già capito che sei stato tu a riprenderti le tue cose, o
perché gliel'ha detto la madre di Drake o perché
l'ha capito lui. »
« Beh non
credo che senza qualche dritta ci sia arrivato. E' più
facile che abbia pensato di aver perso la roba. »
«
Può darsi, anche se non ne sono convinta. E comunque ne
avrebbe parlato con il suo caro amichetto Yates. Se Drake è
stupido, lui non lo è di certo. »
«
Cos'è, lo lodi adesso? »
« Guarda che
non sono mica io a dire questo, sono i risultati che parlano. Per
quanto scapestrato e bullo sia, Shawn ottiene sempre ottimi risultati a
scuola. E lo vedo spesso in biblioteca. Anzi, diciamo che ogni volta
che ci vado lo trovo lì a sfogliare dei libri, e ne prende
un sacco in prestito. Non è cretino come gli altri, fidati.
Non proprio "tutto muscoli e niente cervello" direi. Apprezzabile,
anche se questo gioca a nostro svantaggio. »
« Beh e con
questo, alla fine, dove vuoi andare a parare? »
« Che
davvero dovresti parlare con il preside, o con gli insegnanti.
»
« Al massimo
col preside. E comunque non può farci niente. Primo: ci
vogliono le prove. E siamo uno contro, uhm, vediamo… cinque
o sei? Secondo: non ho certo voglia di spiegare il perché di
tutto questo. Non al preside. Non brilla per intelligenza secondo me.
Ed è più uno di loro, che una persona di vedute
aperte. »
« Allora
è perché ti vergogni? »
Andy rivolse lo
sguardo altrove. Cercò di concentrarsi sul cortile che si
stendeva oltre la finestra, ma non vide nulla. I suoi occhi vagavano
nel vuoto, catturando la luce senza inviare segnali al cervello.
Si, mi vergogno da
morire.
« Non
è che mi vergogno… »
Per un attimo temette
che gli si sarebbe allungato il naso come a Pinocchio.
« E cosa
allora? »
« Non voglio
che gli altri si facciano gli affari miei. »
« In
realtà hai paura, non è così?
»
Assunse uno sguardo
fintamente stupito, rivolgendole gli occhi senza fissarli nei suoi.
« Paura? E
di cosa? »
« Del
giudizio altrui. Hai paura di essere giudicato. E ti vergogni,
perché credi che ti riterranno sbagliato o qualcosa da
eliminare, o malato, da correggere, o- »
« Ho capito,
adesso basta! »
Joy si
bloccò interdetta, guardando l'amico da cui aveva distolto
l'attenzione, mentre gesticolava nel proprio monologo. Il ragazzo aveva
il capo inclinato in avanti, con la fronte poggiata sulle mani che
nascondevano parzialmente il volto. Era come rannicchiato su
sé stesso, i gomiti sulle cosce per sostenere malamente il
busto.
«
Andy… » sussurrò. Non credeva che
l'avesse sentita, aveva faticato lei stessa ad udire la propria voce.
Avvicinò la
sedia alla sua e allungò titubante un braccio. Quando la sua
mano gli sfiorò la spalla, lui sussultò.
« Io non
sono una persona orribile. »
Era un'affermazione,
ma tanto incerta da sembrare una domanda.
«
Sei… sei un cretino e non sono io a doverti dire che sei una
persona meravigliosa, perché lo sai anche tu. Non credevo
che un anno e mezzo di cazzate sparate da un branco di imbecilli
potesse farti il lavaggio del cervello. »
« Non lo so.
Non so nulla. Non ho mai parlato con i miei genitori, sono sempre via,
ma non mi sento abbandonato da loro, so che mi vogliono bene, ma
io… Mi sento una merda, se proprio devo essere
sincero… mi sento… non voglio che la gente mi
odi. Sono uno come tanti… »
« Lo so.
»
Senza sollevare la
testa la abbracciò stringendola forte. Lei
ricambiò l'abbraccio, preoccupandosi quando
avvertì il corpo dell'amico tremare per i singhiozzi.
« Non sono
sbagliato. »
« Lo so. E
lo sai anche tu. »
« Per quanto
ancora dovrò vivere così? Se penso a me stesso mi
viene la nausea. »
« Senti, sei
troppo suggestionabile. »
« Non
riesco, non riesco ad essere razionale come te. »
singhiozzò forte, e tossì, per un attimo incapace
di parlare.
« Andy,
io… »
Non
proseguì. Al momento non le veniva nulla da dire, nulla che
non fosse banale o scontato. Il ragazzo continuò a piangere
forte. Era debole, e si faceva schifo per questo, ma da un altro punto
di vista era stato anche troppo bravo a non farsi venire una crisi di
nervi. Ogni parola, anche se senza valore, lo colpiva.
Una pugnalata. Ogni
singolo sospiro lo era.
Un colpo.
Poi un altro.
E così era
passato un anno.
E così era
passato un anno e mezzo.
E così si
era giunti al punto di rottura.
Mentre singhiozzava
rumorosamente sulla spalla di Joy, i suoi nervi tesi sembrarono
rilassarsi, scaricare la tensione accumulata per così tanto
tempo. Anche le nocche delle sue mani, livide per la forza con cui
stringeva la maglia della ragazza, riacquistarono il loro colore
naturale, e lui lasciò andare di poco la morsa delle proprie
dita, rendendosi conto solo in quel momento che forse aveva un po'
esagerato. Il suo fisico era esile, vero, ma aveva comunque abbastanza
forza fisica, soprattutto, ne aveva più di Joy.
«
Joy… » accettò il fazzoletto che gli
venne porto e si soffiò il naso. Poi si schiarì
la voce rauca, deglutendo per eliminare quel fastidioso senso di gola
impastata che aveva.
« Ti ho
fatto male? Non credevo di stringerti così. Scusa.
»
« No, non ti
preoccupare. Non mi hai mica rotto una costola. »
Annuì in
silenzio immergendosi di nuovo nel fazzoletto di carta.
« Mi sono un
po' calmato. »
Si sforzò
di sorridere, ma corrugò la fronte istintivamente, quando
vide che Joy non sembrava affatto tranquilla.
« Sai,
Alexander… » disse la ragazza dopo un paio di
minuti di assoluto silenzio « A dire il vero, alle medie tu
mi piacevi. »
Le gote di Andy
reagirono immediatamente, infiammandosi di stupore e imbarazzo.
« Oh si, e
tanto anche. » Joy lo fissò con gli occhi nocciola
lucidi e dall'espressione triste, mentre tendeva le labbra in un
sorriso dai toni amari.
«
Non… non ne avevo idea. »
«
Già, perché non l'ho mai detto a nessuno. Sai
com'ero -grassottella, con l'apparecchio per i denti e dei capelli
inguardabili- mentre tu eri sempre stato un bimbo, e poi un ragazzino,
bellissimo. Con quei tratti leggermente femminei e quegli enormi occhi
scuri avevi sempre conquistato tutti. Anche me. »
Si interruppe per
allungarsi a prendere la bottiglietta d'acqua sulla scrivania e a
versarne un po' in un bicchiere che porse all'altro, riempiendone un
altro per berlo a sua volta.
« Era
incredibile che fossi io la persona più vicina a te. Noi
così diversi. Io così emarginata e tu
socievole… »
« Ma anche
tu eri sempre tra la gente! »
« Si ma non
credere che non mi sentissi sfigata da morire. »
Rise.
« Poi
nell'estate tra la seconda e la terza media ho fatto lo sviluppo,
praticamente… ho tolto l'apparecchio, sono cresciuta un po',
mi sono asciugata dai chiletti in più… i miei
capelli sono diventati un po' più seri. Mi consideravo anche
una bella ragazza. »
« Sei ancora
una bellissima ragazza Joy. E pure sveglia. Hai un sacco di spasimanti.
»
« Si, lo so,
ma eri tu che mi interessavi. Tu che mi eri così vicino
eppure eri il più irraggiungibile. Mi chiedevo
perché non ti interessassi per nulla a me. Eppure me lo
dicevi anche, che ero così carina. »
« Ti dicevo
la verità. Scusami, non volevo che stessi peggio. »
« Ma no, ero
così contenta. E poi a metà dell'anno in cui
eravamo in terza media mi hai detto che eri gay. Che lo sei, tuttora.
»
«
Perché mi fidavo di te. »
«
Già. »
« Scusami.
Non avrei dovuto dirlo. »
« Mah, non
saprei. A dire il vero ad un certo punto mi sono sentita quasi
sollevata. Perché non era un mio problema. A te
semplicemente non piacevano le ragazze. Quindi non è che
fossi io ad avere qualcosa in meno ad una ipotetica fidanzata del
futuro, o che ne so. Mi capisci? »
« Si, si.
»
« Solo
adesso mi accorgo di essermi comportata molto egoisticamente.
»
«
Perché? »
« Insomma.
Ero la tua migliore amica. Una sorella quasi. Avrei dovuto accorgermene
prima. Tu non stavi affatto bene. Da quando hai capito il tuo reale
orientamento sessuale sei diventato strano, più triste come.
Io questo l'ho riconosciuto solo dopo una lunga riflessione, e solo
dopo che me l'avevi detto. Ti ha messo a disagio, sempre, e io avrei
dovuto capirlo già dall'inizio. E poi quando finalmente ti
sei aperto a me il mio primo pensiero è stato per me stessa.
Ho completamente ignorato le tue implicite richieste d'aiuto.
Perdonami. Io si che mi sono sentita una merda. »
« Tu mi hai
aiutato più di chiunque altro. Davvero. Perché
anche se magari pensavi alla tua condizione, la verità
è che ti sei sempre impegnata per farmi sentire a mio agio
in qualunque posto. Quindi ti devo ringraziare. »
«
Sarà come dici tu. » Joy sospirò,
scrollando le spalle e distogliendo lo sguardo di nuovo.
« Non mi
sembri molto –come dire- tranquilla. »
« Mi piaci
ancora, è questo il punto. Non sono mai riuscita davvero a
rinunciare a te. »
Fu così
sorpreso da non riuscire a replicare.
« No
aspetta, non fraintendere. » si affrettò ad
aggiungere lei « In realtà credo che la mia
recidività sia solo frutto di testardaggine acuta. E'
proprio nel mio carattere rifiutarmi di accettarlo. Solo
perché non riesco a togliermi dalla testa
quest'idea… che sarebbe anche stato bello se tu avessi
ricambiato. Solo perché sono così schifosamente
cocciuta, tanto che mi do fastidio da sola. »
« Cosa vuoi?
Cosa… cosa vuoi sapere? »
« Avrei solo
voluto vedere com'era. Come sarebbe stato con te. »
Riuscirono entrambi a
sostenere lo sguardo l'uno dell'altra. Continuarono a fissarsi. Joy
tamburellava sulla sedia con le dita, in assenza di altro di
più intelligente con cui tenersi impegnata.
« Io non ne
ho idea. Per le ragazze non riesco a provare interesse. Per quanto
abbia una fervida immaginazione, proprio è inutile. Non
funziona. »
« Lo so. Ed
è forse questo che fa aumentare la mia curiosità.
»
« Si, non
avrei avuto dubbi. E' proprio tipico di te. »
« Scusami.
»
Andy
sospirò e si sistemò meglio sulla sedia.
« Solo
questa volta. »
Joy si alzò
mordendosi il labbro inferiore, muovendo qualche passo verso il centro
della stanza e distanziandosi dall’amico. Non era stata
così nervosa neanche ad un esame. Mai. Sentì
movimento alle proprie spalle e sapeva che anche Andy si era alzato in
piedi. Lo vide appoggiato al termosifone, le mani in tasca, lo sguardo
sul pavimento. Dopo essersi avvicinata a lui, gli prese il viso con la
mano destra e lo baciò. Ah, già, si era
dimenticata di levargli gli occhiali. Ma non ci sarebbe stata un'altra
volta, e non badò a quei dettagli insignificanti.
Era lei.
E Andy.
Il suo primo -e per
ora unico- amore.
E si stavano baciando.
E poi basta.
Si staccò.
« Lo sapevo.
»
« Cosa?
» chiese lui.
« Era solo
testardaggine. » gli sorrise.
« Ah.
Quindi? »
« Io di te
non sono innamorata. »
« Ah no?
»
« No.
»
« Non hai
sentito nulla? »
« Proprio
no. Però usi un ottimo burro di cacao. »
scherzò.
«
Cioè, io mi sono anche sprecato a farmi baciare da te e tu
vieni a dirmi che non hai sentito nulla?! »
Stavolta Joy rise
sonoramente, mentre l'altro sollevava gli occhi al soffitto, e lo
abbracciò inspirando il profumo dei suoi capelli.
«
Però ti voglio sempre tanto bene. Ci sarò sempre
se avrai bisogno di sfogarti o parlare. »
« Grazie
tante, lo sapevo già. »
«
Sarà meglio che mi trovo il ragazzo, sai? Mi sono crucciata
per un nonnulla per ben tre anni, volendo essere pignoli. »
« Si,
sarà meglio davvero, o potrei strangolarti…
»
*
Una giornata iniziata
in modo strano può anche finire per essere monotona.
Infatti, la mattinata di Andy si era rivelata piatta come
l'elettrocardiogramma di un morto, per non dire noiosissima fino allo
sfinimento. Quasi rimpiangeva il brio che gli regalava Foster.
« Tu,
maledetto! Per fortuna che resti sempre dopo la fine delle
lezioni… così potremo parlare di te a casa mia.
Vorrei tanto sapere che diavolo credevi di fare andandoci, brutto
finocchio! »
Beh, forse non
così tanto.
Drake era all'altro
capo del corridoio, e gli si avvicinò a grandi passi.
Però era solo.
« Qual buon
vento? »
« Sta'
zitto. » ringhiò « Come ti sei permesso?
»
« Senti, se
qui c'è qualcuno che si è permesso troppe cose,
quello sei tu. E non alzi neanche tanto la voce, adesso che non hai i
tuoi cagnolini al seguito eh? »
«
Perché sono da solo non è detto che non possa
gonfiarti di botte. »
« Drake.
»
« Che cazzo
vuoi? Non dovresti neanche fiatare. »
« E' questo
il punto. Perché, perché mi odi così
tanto? Io non ti ho fatto nulla. E non dirmi "perché
esisti", ormai non è una scusa valida. Parliamo seriamente.
Perché continui a picchiarmi così?
Perché mi rovini o mi porti via le cose? Perché
Drake, cosa t'interessa? »
Stavolta il ragazzo fu
colto di sorpresa e non rispose subito. Lo guardò come se
avesse chiesto perché il colore blu si chiama "blu".
« Nolan.
» non proseguì. Non sapeva come dire quello che
voleva, ammesso che lo volesse davvero.
« Cosa
c'è? »
« Tu mi fai
schifo. »
«
Fantastico, e dimmi, ti do altri fastidi? »
« Sei un
finocchio. »
« Sono gay.
»
« Dillo come
vuoi, è sempre una cosa schifosa. E anche contro natura.
»
« E per
questo devi picchiarmi? »
« Dovrei
ucciderti. I malati vanno curati. »
Questo gli faceva
davvero male. Avrebbe dovuto urlare per farle diventare parole stupide.
Ma quel ragazzo sembrava davvero così convinto di
ciò che diceva, e che quello che usciva dalla sua bocca era
la verità assoluta, che Andy si sentì molto fuori
posto.
« Io non
sono malato. »
« Lo sei.
»
« No. Sono
semplicemente una persona come le altre. E comunque io mi comporto
sempre meglio di te, che fai atti di bullismo. Lo sai quanti assassini
ci sono nel mondo? Quanti delinquenti? Quante persone davvero cattive?
O quante persone davvero malate? Pensa ai pedofili. Tutto il male che
fanno ai bambini. Io non faccio male a nessuno. »
« E dimmi,
con chi avrai dei figli? »
Andy tacque.
« Devo per
forza avere dei figli? Dimmelo, sono obbligato? Quando avrai una
famiglia, e dei figli, fanne uno anche per me, ok? »
« Per
favore. Quello che hai detto è una cosa stupida. »
« Lo so. Ma
non posso farci niente. Certo non sono perfetto come tu vorresti, ma io
mi impegno in quello che voglio fare, e ho anch'io degli ideali che
voglio perseguire. Posso fare del bene a questo mondo, anche
più di te, che come massima aspirazione hai quella di
correre dietro ad una palla e buttarla in un cestino appeso. »
« Il basket
è uno sport, è bellissimo ed è la mia
passione. »
« Perfetto,
allora tu farai tanti figli e giocherai a basket, io non
farò figli ma magari farò un lavoro dove si salva
la vita alle persone. Siamo pari così, no? E adesso lasciami
andare a casa. »
« Questo non
significa che smetterai di farmi schifo. »
Andy aveva mal di
gola. Non voleva certo finire a fare discorsi filosofici con quel
cretino. Però li stava facendo. E si sentiva sbagliato. Ma
più che altro triste, triste da morire, perché
un'altro essere umano lo odiava per qualcosa che era, e non per le sue
azioni verso il mondo.
Era l'odio che gli
faceva male.
Sentiva un peso su di
sé.
Un peso che non voleva
portare. Avrebbe voluto sentirsi normale.
Normale come gli
altri. O forse anche no.
Non ne aveva idea, a
dire il vero.
Avrebbe voluto morire,
se questo gli avesse portato un po' di sollievo.
Non si era mai sentito
così depresso, mai.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Questo
capitolo è stato peggio di un parto trigemellare, l'ho
cancellato e riscritto totalmente non so quante volte. Spero che
così sia almeno in parte comprensibile. E' difficile
spiegare perché Drake abbia continuato a maltrattare Andy,
ed è difficile spiegare la reazione finale di Andy, i
meccanismi del suo cervello contorto da Re delle Pare Mentali. Gomen
nasai in anticipo >__>
Volevo
rispondere a cry_chan che mi ha lasciato una recensione che mi ha
colpito o.O mi ha colpito davvero!! Non credevo che una mia storia
potesse suscitare tanto sentimento xD Grazie a te per leggerla, e
grazie della recensione ^_^
Volevo
anche cogliere l’occasione per dire a tutti coloro che
leggono, che se lasciano due righe (mi bastano davvero due righe!!) in
cui mi dicono che ne pensano della storia, sarei davvero
felice…perché vedo che ci sono parecchie letture,
e siccome i consigli aiutano a migliorare, qualunque cosa abbiate da
dire su questa fic, per favore scrivetela…Grazie a tutti!!
Finora siamo a quota 1180 hits!!!
Grazie
di cuore^^
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« Ti faccio
schifo? »
« Si.
»
« E non mi
pento di quello che ti ho fatto. »
Andy si sentiva come
sotto una pressa, soffocato, senza ossigeno, schiacciato.
« Tu pensi
che solo perché io sono diverso da te, allora puoi sentirti
in diritto di ghettizzarmi, o peggio, eliminarmi? Un po' come quando
chi usciva un po' dagli schemi era classificato come eretico, oppure
quando le donne che volevano sentirsi più emancipate erano
etichettate come streghe e bruciate sul rogo.
Ma non siamo
più nel medioevo, né ai tempi dell'Inquisizione.
Bisogna guardare la
cosa in un modo più umano. Ci hai mai pensato a questo?
»
« Certo che
ci ho pensato, ed è a quello che hai visto finora che sono
arrivato. »
« Davvero?
»
« Esatto.
»
«
Ma… sei sicuro? Che quello che pensi sia giusto? Se
così fosse, la violenza sarebbe giusta. Ed è un
controsenso. »
« Violenza?
Io direi piuttosto correzione di una malattia. »
« Invece
è violenza. E qualsiasi sia la tua motivazione, è
sbagliata. E non si può giustificare. Cos'è, vuoi
intraprendere un'altra Crociata? Vuoi fare una Guerra Santa? Io non
posseggo di certo la "verità assoluta", però
neanche tu. E non dovresti sentirti in diritto di giudicare.
Anche
perché io credo che quello che pensi non sia farina del tuo
sacco. »
« Nessuno mi
costringe a pensare cose che non voglio pensare. »
« Invece
sì. »
« E chi?
»
Andy si prese del
tempo prima di rispondere. Non riusciva a guardare l’altro in
volto, e lasciò vagare gli occhi su ogni dettaglio che il
cervello archiviava ma che lui non vedeva realmente. Forse parlare a
Drake in questo modo, con paroloni e discorsi seri, era buttare perle
ai porci. Forse si sarebbe sentito deridere e schernire.
Però quello che diceva gli veniva da dentro, dal profondo.
Drake non era cattivo. Uno cattivo è più subdolo.
Uno cattivo non ti risponde quando gli fai obiezioni: elude le tue
frasi e ti ferisce, non con percosse, ma con parole. Quegli occhi
dorati di cui non sopportava l’insistenza dello sguardo non
portavano odio. A volte disgusto, curiosità, ma non odio.
« La
società. » mormorò infine « E
anche una morale troppo chiusa e bigotta. Ma se ci pensi bene non
c'è scritto in nessuna legge che chi è "diverso"
va fatto fuori. Quindi non puoi attaccarti a queste motivazioni.
»
Drake
sospirò. Le iridi di solito energiche e fisse erano stavolta
tremule, vive ma cariche di turbamento. Tentò di parlare,
non disse nulla e sospirò di nuovo. Anche lui ora era in
difficoltà. L’attenzione era catalizzata dal muro,
dal pavimento. Dalle cose sterili. Da ciò che non poteva
fargli domande a cui aveva timore di rispondere.
Tentò di
dire qualcosa.
Si, ma cosa? Tanto
valeva parlare in modo sensato. Tanto valeva riconoscere le proprie
mancanze, i propri limiti.
Alzare bandiera
bianca, almeno per un po’. Liberarsi dai crucci.
« Vuoi la
verità? » rispondere con una domanda non era
gratificante per nessuno dei due, ma l’altro annuì
piano invitandolo a continuare. Avrebbe voluto anche gli insulti, pur
di ricevere una risposta.
« Quelli
come te mi fanno paura. Contrariamente a quanto pensi io non sono
stupido, e ci ho pensato parecchio su questo. Ho anche provato a
trattenermi dal picchiarti, ci ho provato davvero. Ma è
più forte di me.
Ogni volta che ti vedo
mi trovo a chiedermi perché non puoi essere come tutti,
perché devi essere così… anormale,
perché devi turbare la tranquillità…
»
« La
tranquillità?? Ma che cazzo dici? Cosa sei? Un cavallo con i
paraocchi che ha paura di buttare lo sguardo su una strada che non sia
quella verso cui è indirizzato? »
« Senti
frocetto, non mi farai venire i sensi di colpa in questo modo. Non ci
sperare. »
« Non voglio
farti venire nessun senso di colpa. » ora sentiva lui stesso
la rabbia montare.
Una rabbia che non
avrebbe voluto provare. Che cavolo voleva quello? Rimanere fossilizzato
lì, tra quelle solite quattro mura, senza un minimo di
cambiamento, perché altrimenti qualcuno avrebbe potuto
“turbare la tranquillità”…ma
stava per caso scherzando?! Ricorrere alla violenza pur di far restare
tutto forzatamente uguale? Usare delle barbarie pur di mantenere la
facciata perfetta? Era così…
così…ipocrita!
Si rendeva conto anche
minimamente di tutto quello che gli aveva fatto passare?
No. Certo che no.
« Ma sei
davvero sicuro di ciò che pensi? La violenza per te
è giusta? Anche se usata in questo modo, è
giusta? »
« L'hai
detto anche tu che non ho la verità assoluta, ma non
cambierò idea e intendo andare avanti per la mia strada.
»
« Ma ti
senti quando parli? Neanche un nazista farebbe discorsi simili! E poi
ostenti tanta determinazione quando neppure tu sai davvero quello che
fai. »
« Cosa?
»
« Anche con
la storia del mio cellulare… l'hai preso ma poi l'hai tenuto
bene come se fosse stato tuo. E' come se agissi e poi facessi dei passi
indietro. »
Drake distolse lo
sguardo mentre negava. Questo significava solo una cosa per Andy: era
davvero insicuro delle proprie azioni. E anche se aveva riflettuto,
agiva ciecamente, seguendo l’istinto, seguendo il suo
subconscio, comportandosi in modo ipocrita perché era quello
più comodo. Ma non era giustificabile: Drake era grande,
poteva capire ormai che il concetto di fondo era il rispetto della
persona in sé, non poteva cavarsela dando la colpa agli
insegnamenti ricevuti o dicendo “lo faccio ma non so
perché”, non era accettabile.
« Io non
faccio nessun passo indietro. »
« Allora
perché quella volta non l'hai gettato? » non
sapeva realmente che dirgli. Non ci capiva più nulla di
quelle reazioni tra l’imbarazzato e il confuso e
l’infastidito.
« Vuoi che
lo faccia adesso? »
« Non
è questo il punto. Devi ammettere che neppure tu sei davvero
sicuro di quello che fai! Perché è
così!! Svegliati! » il timbro della sua voce era
esasperazione.
Drake
ridacchiò.
« No, mai,
perché non è vero. »
« Invece io
sono convinto che tu sia solo orgoglioso, e non vuoi ammettere di
sbagliare. Ma anche se tu ti scoprirai, io non ti
giudicherò, perché a differenza di te sono una
persona civile. »
Però si
stava comportando in modo infimo. Gli stava sbattendo in faccia le sue
debolezze, come Drake aveva fatto con Andy per anni. Girava il dito
nella piaga. Foster, quello che non ha mai dubbi su nulla. Il modello,
il punto di riferimento.
Quello popolare.
Quello giusto.
Che invece si rivelava
essere la persona più insicura sulla faccia della Terra. E
falsa, in un certo senso. Era così frustrante.
« Sarebbe
come darmi del cretino da solo. »
« Dovresti
solo riconoscere di essere umano e quindi di non essere infallibile.
Non hai novant'anni, è ovvio che a quest'età si
facciano delle cazzate. »
Drake
sospirò quasi sconsolato. Andy mosse qualche passo verso di
lui.
« Si forse
non mi sono comportato nel modo migliore possibile, ma non è
colpa mia. »
L'altro non disse
nulla. Davvero, era già un passo avanti la discussione che
era appena avvenuta, ma di nuovo pensò che proprio non
riusciva, né voleva, giustificarlo per le sue azioni. Non si
può scagliare una bomba e dopo scusarsi dicendo che tutti
commettono sbagli. Troppo semplice. Chi ha sbagliato deve anche pagare.
Ma che poteva fare? Che poteva dirgli? Non era un giudice. Non era un
carceriere. Non un boia. Non un’entità superiore
che poteva elargire giudizi a destra e a manca.
La sensazione di
impotenza lo affondò. Voleva piangere, per liberarsi di
tutta la tensione, ma se ne sarebbe vergognato.
Anche Drake
già si vergognava di se stesso. Il suo volto era la
personificazione del rimorso. Lo sguardo basso, dimesso. Si mordeva il
labbro inferiore.
Ma non bastava.
“Non voglio
le tue scuse, non me ne faccio nulla delle tue scuse!!”
Lo urlava dentro di
sé ma la voce non usciva e la gola gli doleva da morire,
come avesse ingoiato fuoco vivo.
“Tutto
quello che voglio da te è che tu soffra! Sono cattivo.
Sono stronzo adesso,
si, lo sono e non me ne pento! Mi hai fatto desiderare, alcune volte,
di non essere mai nato…”
Aveva davvero bisogno
di piangere. Ma dopo lo sfogo avrebbe ancora sentito quella rabbia che
non poteva sconfiggere… Voleva solo che Drake provasse sulla
propria pelle ciò che lui stesso aveva avvertito: la
sensazione di essere sbagliato. Ma quel ragazzo era inattaccabile. Non
aveva nulla a cui aggrapparsi per questo. Poteva essere incerto sui
propri pensieri, sui propri ideali, ma sulla propria
identità no.
E un uomo si sente
perso quando non ha più nulla in cui riconoscersi.
E Drake…
E lui…
Un pensiero gli
balenò in testa, e Andy si sentì vittorioso. Col
senno di poi si sarebbe definito pazzo, senza alcuna
razionalità, ma in quel momento, dove la ragione non aveva
alcun peso, il sottile inganno che il suo cervello stava architettando
gli sembrò la soluzione perfetta.
Perfetta per affossare
anche se solo di un poco Drake.
Perfetta per
vendicarsi.
« Sai Drake
» iniziò, la voce incerta e tremula per
l’emozione. Stava facendo un azzardo…ma doveva
provare…
« il fatto
è che...la cosa che più mi ha fatto soffrire in
tutto questo tempo, è che all'inizio io ti ammiravo. Mi
sembravi una brava persona. »
« Senti,
risparmiati le ramanzine. » non si era accorto di nulla. Ci
credeva a quel “ti ammiravo”. Ci credeva
perché era impegnato a pensare a se stesso. Di nuovo.
« E
poi...tu... »
« Cosa
c'è? »
« Tu eri
sempre così lodato da tutti. Così solare.
Così affabile. Così carino. »
Drake
indietreggiò. Forse aveva capito. O forse no. Forse era
l’effetto sorpresa. Andy decise che quella era la volta
decisiva. Doveva recitare una parte. E l’avrebbe fatto
benissimo.
« Cosa vuoi
da me? » la voce uscì stridula, tanto da farlo
stupire di sé stesso.
« E invece
ti sei rivelato quello che più di tutti mi odiava...
»
« Ti ho
già detto che non ti odio. »
« Ma
sembrava così!! E proprio perché eri tu mi ha
buttato il morale a terra. »
«
Perché, cosa c'entro io? »
Andy si
scoprì un bravo attore, assumendo la propria espressione
più triste e contrita.
E, in quel momento,
decise di mettere da parte la propria coscienza.
«
Perché tu mi sei sempre piaciuto da morire... »
Riuscì a
resistere dallo scoppiargli a ridere in faccia.
« Eh?
»
« E' vero.
»
Invece no, disse
quella solita coscienza, che si sbrigò a zittire.
« Io ti
piaccio? » incredulo, sbigottito, con la mascella cadente per
lo stupore.
« Si.
»
Invece non
è così.
« E tu
invece ti sei messo con Shirley... »
Proprio la ragazza
più popolare della scuola.
« Ma a lei
interessi solo perché sei il ragazzo più in vista
di tutti. »
E a me neanche per
quello.
« E allora?
» sbottò Drake, ancora indeciso su quale santo
chiamare in aiuto.
« Tu le vuoi
bene? »
« E' carina,
tutto qui. Un divertimento, e lo sa anche lei. Mica dobbiamo sposarci,
solo che io sono un uomo, lei una donna, e a volte abbiamo bisogno, per
così dire, di contatto fisico. »
Drake era un
sempliciotto. Stava al suo gioco senza saperlo. Colto
dall’effetto sorpresa, si era dimenticato di intimargli di
farsi gli affaracci suoi. E Andy aveva facilmente fatto breccia nella
sua intimità. Aveva acquistato un po’ di
confidenza.
« Quindi la
usi? »
« Non ho
detto che non sono affezionato a lei... »
«
Però non siete così interessati l'uno
all'altra...quindi perché non stare con qualcuno che ti
vuole bene non solo per la tua popolarità? »
« Qualcuno,
chi? »
« Io.
»
Ma per favore.
« Anche se
mi hai fatto soffrire tanto...non smetterò di averti nel
cuore. »
Mi sembra di guardare
un film strappalacrime di serie B, così
esagerato…e non guardarmi così.
« Ma che
stai dicendo? »
Sto sparando cazzate,
non lo capisci? No che non lo capisci. Tu ci credi. Perché
per quanto sciocco e perditempo alla fine sei ingenuo. Troppo.
« Mi piaci.
Se tu provassi a conoscermi meglio, allora forse... »
« Forse
cosa? » guardava Andy come se il moro fosse impazzito. Ma se
l'aveva sempre evitato come la peste, come faceva a dire di essere
interessato a lui? Cos'aveva, la sindrome di Stoccolma?*
Prima di rispondere
Andy lo fissò negli occhi.
« Forse
potrei piacere anch'io, a te. »
«
Impossibile. »
Tu dici?
« Tu dici?
»
Drake sarà
anche stato agile e veloce, ma erano troppo vicini perché
potesse scappare. Inoltre, nello stato confusionale in cui era non
riuscì a capire bene ciò che stava succedendo.
Andy
allungò una mano e la poggiò sulla sua spalla,
per poi portargli entrambe le braccia al collo, e premere le labbra
sulle sue.
L'altro rimase
così, immobile, incapace di elaborare i dati, segnali
disperati che gli vorticavano nel cervello.
Poi di colpo si rese
conto di quello che stava facendo.
Lui. E Andy. Stava
baciando un ragazzo.
E non
avvertì nulla, non brividi, non repulsione, non schifo,
perché alla fine sentiva solo un paio di labbra che erano
quasi come le sue, che non avevano nulla di così orrendo. E
fu quello che lo spaventò oltre ogni altra cosa.
Joyce la chiamava
“epiphany”. Rivelazione.
Per la maggior parte
delle volte scioccante e inaspettata.
« Questo
è troppo!! »
Si
divincolò spingendo l'altro più lontano possibile
da sé, e incapace di proferire altre parole, corse via
coprendosi la bocca con una mano, come se fosse qualcosa che non doveva
mostrare in pubblico per nessun motivo.
Andy non si mosse.
*
« Dre', stai
bene? »
« No.
»
Shawn si aspettava che
all'inizio l'amico negasse. Invece una risposta cosi diretta lo colse
di sorpresa.
« Ehi, che
succede? E' tutta la mattina che sei strano. »
« Niente.
»
Adesso lo riconosceva.
« Ma se hai
appena detto che non stai bene. »
« Sono
affari miei. Non ti riguardano. »
Interdetto, non seppe
cosa replicare.
«
Insomma...non è credibile! » il castano
saltò fuori con un affermazione che solo lui capiva.
« Non
è credibile cosa, Drake? »
« Dopo tutto
quello che abbiamo fatto, dopo tutto quello che HO fatto, cosa mi viene
a dire? »
« Di cosa
stai parlando? Mi sono perso qualche passaggio? »
« Avanti, la
lezione è finita, andiamo a pranzo in mensa. »
Senza guardarlo
infilò la tracolla della cartella e si diresse fuori
dall'aula. Shawn era un po' preoccupato. Non che Drake fosse sempre
stato allegro, per carità a tutti capitavano momenti "no",
però di solito ne parlava, non manteneva il silenzio stampa
a quel modo.
« Ehi, cosa
ti succede oggi? »
« Smettila
di chiedermelo, ok? »
Il ragazzo tacque.
Appoggiò a terra la propria roba e andò a
prendere un vassoio e un paio di piatti, poi si diresse al bancone del
cibo.
Dopo poco
tornò e porse all'amico una porzione di pasta col formaggio,
che iniziò a rimestare controvoglia con la forchetta.
« Almeno
potresti mangiare un po'. »
« Non ho
fame. »
« Proprio
non vuoi dirmi cos'hai? »
Drake lo
guardò fisso con un'espressione indecifrabile. Poi gli si
avvicinò iniziando a parlargli sottovoce.
« Senti...se
un ragazzo ti dicesse... »
« Che cosa?
»
« Se ti
confessasse... »
...
« Vuoi
andare al punto del discorso? »
« Ah. No.
Niente. »
« Come "no,
niente"? »
« Quello che
ho detto. Lascia perdere. » e infilò in bocca una
forchettata di pasta.
« Ehi, pensi
proprio di ignorarmi così? »
Ma per il resto della
giornata non ricevette nessuna risposta.
Più tardi,
verso le quattro, i due con tutto il resto della squadra si diressero
all'allenamento di basket, nella palestra. Come al solito Miller li
aspettava puntualissimo e col classico cipiglio burbero. Mai che si
sciogliesse, quell'uomo. Neppure alla loro vittoria di domenica aveva
fatto qualcosa in più che dire "Bravi ragazzi" e "Dovremo
comunque migliorare".
Sembrava un
carceriere, più che un allenatore.
Drake a questo non
badò. Il suo pensiero era rivolto a Nolan.
Che diavolo gli era
saltato in testa? Come fa a piacerti una persona che non ha fatto altro
che trattarti come uno straccio da piedi? E comunque Andy non conosceva
nulla di lui, solo la facciata.
Boh. Era nel caos
più assoluto.
E comunque,
oltretutto, come aveva potuto baciarlo? Non che fosse stato il suo
primo bacio, però di certo era la prima volta che baciava un
maschio. Non gli era successo mai, neanche per sbaglio.
E la cosa che gli dava
più fastidio era che non faceva tanto...schifo. Era stato
solo un bacio.
Mike, uno dei suoi
compagni di squadra, gli sfrecciò davanti palleggiando, e
interrompendo per un attimo il filo dei suoi pensieri.
« Lui
però non lo bacerei manco morto. »
bisbigliò a sé stesso storcendo la bocca.
Si stupì di
quanto aveva detto solo dopo aver realizzato pienamente la frase.
Anche di Nolan pensava
la stessa cosa. All'inizio, almeno. Il solo toccarlo, che non fosse per
prenderlo a pugni, gli provocava stizza, fastidio. Ma se ripensava a
quel breve momento in cui le loro labbra erano entrate in contatto, non
riusciva a trovarsi disgustato.
« FOSTER!!
»
Un urlo titanico lo
riportò con i piedi per terra.
« S-si,
coach? »
« Si
può sapere a che stai pensando?! Il canestro, l'hai
sbagliato tre volte di fila! »
« Mi scusi.
»
« Quando sei
sul campo devi pensare al campo, e basta. Sono stato abbastanza
chiaro?! »
« Certo
coach. Non si ripeterà più. »
Ma proprio due minuti
più tardi, un'altra disattenzione si fece avanti, e lui
venne riportato alla realtà da un colpo fortissimo sul naso
che lo fece capitolare a terra.
« Ehi Dre',
stai bene?? »
« Che
diavolo è successo?! »
« Ma come,
non hai sentito Dan?, ti ha urlato dietro di prendere la palla tre
volte! E alla fine tu l'hai presa, direttamente in faccia
però. »
« Il naso
non è rotto, non ti preoccupare, ho solo preso una zuccata.
»
« Vai in
infermeria. Anzi, ti accompagno. »
« Grazie,
riesco a camminare da solo. » sbottò.
Un'espressione ferita
si dipinse sul viso di Shawn. Drake si sentì un po' in
colpa, ma si alzò da terra e snobbando il leggero capogiro
che ne seguì, partì e uscì dalla
palestra.
Non era nulla. Solo
una botta.
Drake riposava seduto
su un letto, con un pacchetto di ghiaccio secco premuto sul naso. La
dottoressa se n'era andata in presidenza, per alcune questioni
amministrative, e lui era rimasto da solo. Per evitare scocciature,
tirò le tendine bianche in modo da celarsi alla vista di
chiunque fosse entrato.
Dopo dieci minuti
circa, nei quali si stava annoiando a morte, sentì la porta
aprirsi.
«
Dottoressa? » disse la persona che era appena entrata. Non
capì se fosse qualcuno di sua conoscenza perché
la voce gli giungeva ovattata da dietro il paravento.
Nessuna risposta.
«
C'è nessuno? »
Silenzio.
«
Dottoressa? »
"E che palle...ma non
ha niente di meglio da fare, questo qui?"
Drake
scostò leggermente la tendina per vedere chi era quel
testardo che continuava a sbraitare ad un muro, e quando lo vide quasi
cadde dal letto. Sperava di non aver fatto troppo rumore, ma sapeva che
nel silenzio più totale i suoi sussulti dovevano essere
risuonati come colpi di pistola.
« Ah ma
allora c'è qualcuno... »
"no, no, no, no!!"
Il ragazzo che era
appena entrato si avvicinò al suo letto e tirò la
tenda.
« Drake
Foster? »
Merda. Era proprio
Nolan.
« Drake,
cosa ti è successo? »
« Niente,
assolutamente niente. E stammi lontano! »
« Si, si
certo... »
Il ragazzo si sedette
ai piedi del letto senza guardarlo.
« Devo solo
aspettare che rientri la dottoressa, non ti darò fastidio.
»
In realtà
la sua sola presenza gli faceva andare il sangue alla testa. Era in
stato confusionale, pensando a lui, a lui e a quello stupido
comportamento a cui era stato spettatore il giorno prima. Ma Andy
rispettò ciò che aveva detto, non lo
guardò né gli rivolse la parola.
----------------------------
* La sindrome di
Stoccolma è a grandi linee una difesa psicologica che si
sviluppa in persone che sono state rapite o segregate o seviziate, e
che le porta ad affezionarsi o innamorarsi del rapitore o di chi ha
fatto loro del male, pur di non avvertire la sofferenza.
--------------------------
Per il momento il
capitolo è finito, ma non questa vicenda dell'infermeria.
Semplicemente stava diventando troppo lungo e ho dovuto tagliare una
parte, che inserirò nel prossimo. Inoltre volevo farvi vedere più o meno le facce di quei due. Questo è il link di un disegno di Andy e Drake, che siccome mi piacciono molto insieme, ho ritratto abbracciati. Per vederlo, cliccate lì ---> AD
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Grazie delle recensioni,
ragazze, sono davvero felice Q3Q così mi fate
arrossire...che tenerezza...le risposte le metto subito,
così poi potete andare alla lettura in
tranquillità...
@cry_chan: non ti preoccupare,
aggiorno! Il fatto è che sono una che rischia molto la "fuga
dell'ispirazione" e anche se ho dei capitoli già pronti
aspetto, di norma, un mese prima di postare il successivo, in modo da
non creare disagi se per caso mi partisse qualche neurone...capisci? =)
Grazie mille per i
complimenti ^^
@DarkViolet92: (che bel nick) beh
c'è sempre una prima volta ^^ grazie mille del commento, mi
fa piacere...=)
@damis: se ci fossero un Andy e
un Drake io spererei che almeno avessero un po' più di
neuroni di questi due xD a quanto pare la versione "confusa" di Drake
è molto piaciuta...bene, perché sarà
confuso per molto tempo ancora!! u_u grazie del commento =)
@Regina di Picche: anche il tuo è
un bel nick! solo il mio fa schifo? °__° intanto grazie
per l'occhiata alla gallery in dA ^__^ poi grazie per la recensione,
è molto attenta °v° di sicuro
avrò disseminato imprecisioni ed errori di battitura, ma non
sono molto brava nel controllare, e va a finire che quando rileggo dopo
qualche mese mi verrebbe da bruciare tutto...grazie davvero per leggere
la mia storia =) e non preoccuparti per le recensioni, se hai voglia di
scrivere qualcosa bastano due righe...mi fa solo tanto piacere sapete
cosa pensate !! così posso migliorarmi
òwò
@reader: si Drake ha una maschera
di AMIANTO sulla faccia...ma Andy scava u.u e comunque, non che lui sia
un santo >__> grazie del commento!! Mi piacciono le
persone che si fan prendere dalle emozioni *lascia perdere i miei
scleri...*
@jecu: che tenerezza questo
commento, con il "ti sa conquistare poco a poco"
ç___ç grazie...!!
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Per paura di qualche mossa azzardata, Drake non gli tolse gli occhi di
dosso. Poteva sembrare paranoico, ma non se ne curò affatto.
Guardandolo bene, con
più attenzione, Andy era davvero un ragazzo particolare.
Aveva tratti delicati,
e una pelle molto chiara, che contrastava con i capelli neri.
Drake sotto quel punto
di vista si considerava uno nella norma, certo, era un ragazzo carino,
eppure aveva un viso abbastanza anonimo. I capelli castano chiaro, un
naso regolare, labbra che non erano ne carnose né
sottili...Andy attirava più l'attenzione.
Anche
perché era magro, ma non così esile, se lo si
guardava bene. Ed era solo circa cinque centimetri più basso
di lui. Eppure non apparteneva a nessun club sportivo, solo alla
redazione del giornale della scuola.
Provò a
pensare a com'era prima. Prima che scoprisse che Andy era gay.
Non l'aveva mai tenuto
molto in considerazione. Avevano frequentato le stesse scuole medie.*
Effettivamente Nolan era molto ben voluto, da tutti. Ma il loro
istituto non era molto grande. La loro High School comprendeva invece
più di duemilacinquecento studenti.
Non gli era mai stato
neppure antipatico. Indifferente, a dirla tutta.
Finché un
giorno, all'inizio della prima superiore, lo vide baciare un ragazzo
nel cortile sul retro. Allora ne parlò con Shawn e gli altri
della squadra. E da quel momento divenne il loro stupido passatempo.
Effettivamente,
adesso, ripensandoci in un altro modo, e da un altro punto di vista, si
sentiva davvero un idiota. In fondo non era colpa di Andy se non
reagiva ai pestaggi, o alle provocazioni. Lui era molto spesso da solo,
ma aveva l'appoggio, per così dire, del "branco". Avrebbero
potuto rovinargli la vita in due minuti, se l'avessero voluto. Andy era
supportato da Cook, la sua amica. Non l’aveva detto a nessun
altro, Drake ne era praticamente certo.
« Scusa, per
cosa ti serve? »
Andy alzò
la testa di scatto, riportato bruscamente alla realtà da uno
stato quasi catalitico.
« Come?
»
« La
dottoressa. »
« Ah. Un
articolo del giornale. »
« Quello
della scuola? »
« Si. Sai,
per i fondi all'infermeria e cose simili. »
« Ah,
capisco. »
Si sentiva molto
stupido a parlare di cose tanto superficiali con lui. Dopo tutto quello
che era successo, dopo quello che aveva fatto, dopo i loro discorsi.
Dopo il bacio.
Si sentì
avvampare le guance e si voltò a guardare quanto erano sexy
i neon della stanza. Si, di un ottimo giallino colera, impolverati al
punto giusto.
E dire che era sempre
stato così disinvolto, con gli altri e con Shirley. Si erano
scambiati effusioni in pubblico parecchie volte. Però
quell'unico brevissimo contatto era per lui tanto strano e fuori norma
che si imbarazzava a pensarci tra sé e sé.
Avere quella presenza
lì accanto, gli procurava tensione. Se ne sentiva talmente
tanta attorno che avrebbe potuto toccarla con le mani.
« Stammi un
po'a sentire, vuoi dirmi cosa ci trovi in me? »
« Devo avere
dei motivi? Mi piaci e basta. »
Risposta pronta. Andy
tornò di nuovo a guardare altrove, apparentemente
ignorandolo. Drake invece si sentiva agitato, ed era incapace di stare
fermo.
« Non
può essere solo quello. Devi avere...dei...motivi.
»
« Che
cocciuto che sei. Ti ho detto che non lo so. Mi piaci e basta.
»
« Insomma,
pensaci! »
Stavolta l'altro
aspettò prima di rispondere. Drake notò in lui un
cambiamento di espressione, ma non riuscì a decifrarlo. Era
già abbastanza impegnato a cercare di non scappare.
« Uhm,
vediamo... »
Non sapeva che dire.
Pensava che bastasse zittirlo con una risposta secca, ma stavolta non
ci era riuscito. Provò a pensare ai lati positivi di Foster.
Era un bravo cestista.
Interessante.
Lui di basket non ci
capiva un'acca.
Era bello.
Troppo superficiale.
Anche se doveva ammettere che era bello davvero. Quei furbi occhi
dorati avrebbero attirato l'attenzione di chiunque.
Era...solare? Certo,
finché non ti ringhiava addosso e ti rompeva gli occhiali e
ti pestava e ti rubava metà cose.
Però doveva
ammettere che era solare.
« La
tua...vitalità? »
« Tutto qui?
» sembrava un po' scettico.
« Sei
carino. Molto carino. » gli sembrò che Drake fosse
arrossito. Doveva essere una sua impressione.
« Oh si,
carinissimo, soprattutto con questa cosa sulla faccia e un naso gonfio
e rosso che sembra un incrocio tra una carota e un peperone. »
« Ma dai,
è perché hai preso una botta. Forse. Hai preso
una botta? »
« Pallonata.
»
« Ah.
»
« Beh,
continua. »
« Certo che
devi essere davvero narcisista per farti dire tutte queste cose.
»
« Sono solo
curioso! »
« Anche la
tua curiosità è un lato positivo. Almeno, a me
piace. Sei curioso come un bambino. » sparata sul momento.
Per fortuna gli dava degli indizi su cosa dire.
« Ma sta'
zitto... » voltò la testa dall'altra parte per non
farsi vedere.
Andy si accorse che
era davvero arrossito. Allora non era stata una sua impressione, Drake
si era imbarazzato. Questo un po' lo lasciò spiazzato. Non
aveva mai visto il suo lato "infantile". Non immaginava che ne avesse
uno. Drake, quindi, era una di quelle persone che sembrano avere una
scorza dura, ma che in realtà sono morbide come burro.
Non credeva che solo
per uno stupido bacio gli si sarebbe schiuso come la corolla di un
fiore in primavera.
Era stupito. E anche
un po' perplesso.
« Guarda che
se continui a tenerti quel sacchetto di ghiaccio sul naso, ti si
staccherà per congelamento. »
Il ragazzo si
girò di nuovo a guardarlo. In effetti, doveva ammettere che
non aveva tutti i torti. Dal freddo, il naso gli faceva un po' male.
Abbassò il ghiaccio e lo mise sul tavolino di fianco al
letto.
« Ehi.
»
« Cosa vuoi?
»
« Scusa sai,
potresti essere anche un po' più gentile quando rispondi...
comunque ho visto che hai un taglio. »
« Dove?
» Drake si osservò le mani.
« No, in
faccia. Probabilmente quando hai preso la pallonata ti ha anche
graffiato. Sanguini, aspetta. »
Si alzò e
andò a trafficare in un armadietto, poi tornò con
una bottiglietta contenente un liquido verde chiaro trasparente, un
batuffolo di cotone e un cerotto.
Drake cercò
di indietreggiare, ma non riuscì a fare altro che risalire
di poco sulla testiera del letto.
« Cosa vuoi
fare? » la voce gli uscì stridula.
« Ti
disinfetto, tutto qui. Adesso sta' fermo, mi sembra che questo
disinfettante sia di quelli che bruciano. »
Sembrava fuoco
liquido. Ma non era quello che lo preoccupava. Piuttosto, Andy gli si
era avvicinato un po' troppo, per una semplice disinfettata. Insomma,
aveva le braccia lunghe, poteva anche distenderle, non serviva che gli
stesse così appiccicato. Cercò di non incrociare
il suo sguardo.
Gli tolse il batuffolo.
« Brucia?
»
« Solo un
po'. Non muoio, non ti preoccupare. »
Andy stava per aprire
la confezione del cerotto, quando l'altro gliela strappò di
mano.
« Sono
capace di mettermelo da solo. »
«
Già, e scommetto che vedi benissimo dove hai il graffio
perché hai gli occhi anche sulle mani, vero? Eh si, li
vedo... avanti idiota, da' qua. »
E glielo tolse senza
tante cerimonie dalle dita, poi glielo schiaffò altrettanto
bruscamente sul viso, prese il disinfettante e il resto e
andò a metterli via.
Drake pensò
che forse si era offeso.
Il broncio con cui
l'altro tornò a sedersi non fece altro che confermare.
« Ok, ok,
grazie. »
« Mh.
» fu la sua unica risposta.
« Comunque
per inciso, sappi che il tuo amore incondizionato, non è
corrisposto. »
« Come fai a
dirlo? »
Inarcò un
sopracciglio.
« Vuoi che
non sappia neanche quello che penso? Ti ho detto che non mi interessi!
Zero. Nada. Comprendi? »
« Ma se non
mi conosci neanche come fai a dire che non sei interessato a me?
»
« Beh
neanche tu mi conosci ma a quanto pare sai benissimo che sei
interessato. E' lo stesso discorso, non ti pare? »
« No.
Perché non puoi rifiutarmi a priori. »
Mamma mia che testa
dura.
« Senti,
Nolan, sei un ragazzo, e tanto basta. »
« Ne sei
sicuro? »
Drake sentì
un nodo prendergli la gola, cosa che lo impossibilitò a
rispondere. Andy gli si avvicinò lentamente.
« Prova a
pensare che io sia Andy. »
« Tu sei
Andy. » cercava di prendere tempo.
« Si,
ma...solo Andy. Una persona. Fine. »
« E poi?
»
« Chiudi gli
occhi. »
« Non se ne
parla neanche. »
« Se non
vuoi provare, scappa. Vattene. »
Forse era vero che la
curiosità di Drake era pari a quella di un bambino.
Non si mosse.
Questa volta
registrò tutto molto meglio.
Ogni sensazione, ogni
movimento, ogni sospiro. Le labbra di Andy erano piacevolmente calde, e
descrivevano degli spostamenti quasi circolari sulle sue. La sua
lingua, umida...un momento. La sua lingua??
« Ehi, ehi,
frena!! » si staccò bruscamente.
« Che
c'è? »
« Pensavo
che volessi baciarmi! » la sua voce suonava quasi
scandalizzata.
« E io cosa
stavo facendo? » chiese l'altro infastidito per essere stato
interrotto sul più bello.
« Mi hai
messo la lingua in bocca! »
« Detto
così non è per niente piacevole. »
« Comunque
non dovevi farlo. »
« Mai
sentito parlare di bacio alla francese? »
« Io la
chiamo slinguazzata. »
«
Però. Che finezza. Ad ogni modo finché non te ne
sei accorto non mi sembrava che ti facesse tutto 'sto schifo.
»
Dovette riconoscere,
anche se a malincuore, che aveva ragione. Ma si era spaventato, e
l'aveva interrotto. Diamine, odiava non avere il controllo della
situazione. Di solito le ragazze si piegavano a lui come carta al
vento, facevano tutto quello che lui, anche implicitamente, chiedeva. E
anche in quella situazione così nuova e palesemente assurda,
voleva essere lui a tenere in mano le redini del gioco.
Perché era di un gioco che si trattava, no?
« E va bene.
» disse infine, in un sussurro. « Vuoi che provi
questa inebriante esperienza? » chiese con tono canzonatorio.
« Sei tu a
volerlo. »
Drake
preferì glissare sull'ultima frase del moro. Si mise in
posizione più eretta con la schiena, portò una
mano dietro la nuca dell'altro e annullò la distanza tra
loro. Insinuò la lingua tra le sue labbra fino a che i due
muscoli si intrecciarono, poi iniziò a muovere il capo in
modo deciso. Curiosità, ecco ciò che lo spingeva
ad agire. Da parte di Andy, amore. O questo era quello che credeva lui.
Stavolta fu proprio
Andy il primo a staccarsi.
« Ma non
puoi essere un po' più delicato? »
« Di cosa ti
lamenti? »
« Non so,
stai cercando forse di ammazzarmi? »
« Sei tu che
non sai apprezzare. » gonfiò il petto
orgogliosamente « Io bacio benissimo. »
« Allora,
oltre che baciare benissimo, prova ad essere un po' più
dolce! Così ti godi meglio il momento, ci hai mai pensato?
Lo so che magari per te baciarsi è un preliminare stupido e
che deve durare poco, tanto basta arrivare al sodo, ma io non la penso
come te. »
« Tsk.
» sbuffò l'altro. « Femminuccia.
»
Il moro gli
scoccò un’occhiata rabbiosa.
In quel momento
entrò la dottoressa. Andy la chiamò, per il suo
articolo, momentaneamente dimentico di Drake, e l'altro ne
approfittò per levare le tende.
« Doc, io
sono a posto, tolgo il disturbo! »
« Aspetta.
»
Il ragazzo si
sentì fermare da una lieve stretta attorno al suo polso. Si
voltò, e vide due pozzi color caramello che lo fissavano
supplicanti da dietro un paio di occhiali.
« Aiutami
anche tu, a raccogliere le informazioni. Ok? »
« Eh?
»
Andy gli si
avvicinò, per parlargli senza essere sentito dalla donna
seduta alla scrivania. Perché Andy sapeva di doversi
conquistare la sua fiducia. Drake no. Per cui lo ascoltò.
« Stai un
po' con me. Cosa ti costa? »
Effettivamente, nulla.
Di nuovo per semplice
curiosità, il ragazzo rimase con l'altro. Ascoltarlo fare
milioni di domande alla dottoressa era di una noia mortale, ma lui era
interessante.
Si stupì di
vederlo così concentrato nello scrivere le risposte della
donna di fronte a loro, le sue lamentele per quanto le strutture di
primo soccorso nella scuola fossero carenti di manutenzione e obsolete,
per il disinteresse del preside nei confronti di un argomento tanto
delicato, per il rischio a cui erano sottoposti gli studenti.
Non la stette molto a
sentire, per la verità, ma guardò Andy mentre
annotava le cose scrivendo alla velocità della luce sul
blocchetto per gli appunti.
Notò che in
alcuni passaggi importanti, aveva il tic di mandarsi alcune ciocche di
capelli dietro l'orecchio sinistro, con una tale noncuranza che si
aspettava che prima o poi si graffiasse da solo.
Quando ebbe finito,
salutò brevemente la dottoressa e uscì dalla
stanza.
Assonnato, anche Drake
fece lo stesso, ma prese la direzione opposta a quella dell'altro
ragazzo, finché una voce non lo bloccò.
« Dove vai?
»
« A casa.
»
« Non vieni
con me? »
« Dove?
»
« Alla
redazione. Devo copiare a computer gli appunti, scrivere l'articolo,
darlo a Joy perché corregga la bozza e discutere con lei i
dettagli. »
A Drake quasi
andò la saliva per traverso. Questo gioco stava iniziando a
durare un po’ troppo.
« No grazie,
io passo. »
«
Perché? »
« Se vuoi
vedermi morire di noia fa' pure. Ci vediamo domani a scuola. Adios.
» e girò sui tacchi camminando lungo il corridoio
a lunghe falcate.
Andy lo
guardò finché non lo vide sparire dietro
l'angolo.
L'aveva baciato di
nuovo.
Però Drake
l'aveva lasciato fare. Ma era cretino o cosa? Non si fermava a pensare
a quello che faceva?
Invece ci pensava
eccome.
Mentre trotterellava
verso casa, Drake si inchiodò.
« Oddio...
»
L'aveva realizzato in
quel momento. Di nuovo. Si erano baciati di nuovo.
E lui non l'aveva
fermato. Anzi aveva ricambiato.
Si tastò le
labbra e gli venne un conato di vomito. Lo stomaco si
rivoltò come un calzino, e dovette appoggiarsi ad un albero
a bordo strada per non cadere.
Cosa gli stava
succedendo? Era forse impazzito? Aveva baciato un uomo, e
più di una volta.
Doveva stare male, per
forza.
Eppure non riusciva a
non pensare a lui.
Era davvero una
persona normale. Un adolescente, un moccioso, proprio come lui.
Solo due ragazzini.
Non c'era niente di
male se...
« E invece
si, maledizione!! » urlò, più a
sé stesso che a qualcun'altro.
*
« Alexander.
»
« Di che
colpa mi sono macchiato stavolta? »
Joy lo raggiunse nel
corridoio della scuola.
« Cosa ci
facevi con Foster? »
« Nulla.
»
« Stavate
parlando o sbaglio? »
« Mh.
»
« E
perché gli hai chiesto di venire con te? »
«
Cos'è, un interrogatorio? »
« Voglio
semplicemente capire. »
Andy
sospirò.
« Abbiamo
parlato. Ieri. »
« Ah.
»
« Di tutto
quello che è successo nell'ultimo anno e mezzo. Ha ammesso
di avere sbagliato. Ha detto che quello che ha fatto è stato
dettato da stupidità, non cattiveria. Da insicurezza, da
paura. Non che l'omosessualità gli faccia meno schifo, d'ora
in avanti, solo che a quanto pare ha compreso il detto "vivi e lascia
vivere". »
« Tutto qui?
»
« Tutto qui.
»
« E decidi
di non far nulla, come al solito? Se davvero è pentito,
dovrebbe andare lui stesso a rivelare quello che ha fatto ai
professori, al preside e chiederti scusa anche davanti a loro.
»
« No.
»
« Come
sarebbe a dire "no"? »
« Non
importa. »
Joy lo
squadrò bene prima di riprendere la parola.
« Di' la
verità, cosa stai architettando? »
« Nulla.
» sbottò Andy, cercando di assumere la propria
espressione più innocente.
« Non
sperare che mi fidi. »
Stavolta il ragazzo
non cercò di discolparsi, ma si sciolse semplicemente in un
sorriso amaro.
« Se te lo
dicessi, mi odieresti, Joy. Tu e il tuo senso di giustizia. Io non sono
puro di cuore come te, per metterla sul biblico. »
« Ma che
stai farfugliando? »
« La
vendetta è una cosa brutta, ma io avrò la mia.
Voglio vederlo contorcersi per i pensieri contrastanti della sua mente,
dilaniarsi su questioni nelle quali non è capace di
decidersi, solo così potrà capire come ci si
sente ad avere paura. Paura Joy, quella con la P maiuscola. Sentirsi
fuori posto, sentirsi indegni della gente, del mondo, della
società. Butterò giù tutte le sue
certezze, una dopo l'altra. E solo quando lo vedrò
strisciare mi darò un po' di pace. »
E detto questo se ne
andò.
« Io
l'articolo lo termino domani. » concluse mentre usciva dal
portone.
Joy rimase come
pietrificata sul posto. Era quello l'Andy che conosceva? Se si, doveva
essergli accaduto qualcosa. Di tremendo, sicuramente. O forse era la
frustrazione accumulata piano piano, a farlo parlare così?
Per volere una vendetta simile a tutti i costi, quanta rabbia repressa
doveva serbare in cuore? Pensarci le faceva scendere i brividi
giù per la schiena.
« Non farti
del male, Andy...ti prego. » e non riuscì a
trattenere improvvise lacrime calde e amare, che le rigarono le guance
interrotte solo da violenti singhiozzi.
-------------------------------
Vi chiedo scusa. Andy
NON è un bimbo innocente, NON è un santo e NON
è portato al perdono. E' un po' bastardo di suo, ha le sue
zone di luce e quelle d'ombra. Ora mi verrete a dire che non doveva
reagire così, che passerà dalla parte del torto,
che ripagare le malefatte con la stessa moneta non porta a nulla di
buono...beh, lo so anch'io. Ma tutti facciamo cose stupide no? Vi
dirò, nemmeno io reagirei così. Ma lui
è un po' cretino, e preferisce complicarsi la vita. Credo
che si capisca che non ha fatto una conversione istantanea e NON
è affatto innamorato di Drake. Lo vuole solo condurre
all'esasperazione. Imbecille .__.
*Appunto:
“scuola media” non è un termine che si
possa usare per le scuole americane. Però non ho voglia di
stare a incasinare tutto con riferimenti a sistemi di istruzione a noi
estranei, per cui mantengo alcune parole del nostro lessico scolastico
per facilitare la comprensione delle loro età…ok?
=)
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Vi
dirò che l’ultima reazione di Joy l’ho
scritta ad occhi bendati…quel pianto è esagerato
oltre ogni dire, e mi stava venendo la carie ai denti da
quant’era smelenso, ma non posso far comportare i personaggi
sempre come vorrei…ha avuto uno
“svarione”, credo sia appropriato chiamarlo
così, e non succederà di nuovo (anche
perché è osceno).
Mi
ha fatto molto piacere vedere le vostre recensioni, hanno ognuna un
punto di vista diverso e ognuna riporta impressioni
differenti…purtroppo ad alcune di voi piace il lato dolce
della storia, ad altre quello peperino, ad altre ancora quello angst.
Se vi accontentassi tutte (e mi piacerebbe, davvero) dovrei scrivere
circa quattro seguiti diversi xD ma non si può, e la storia
andrà in un solo senso u.u credo che parecchia gente ne
sarà delusa, ma vi do una rassicurazione: nulla è
stabile, tutto è precario, nella nostra vita.
Perciò le carte in tavola possono cambiare come una
bandierina al vento.
Cioè:
non pensate che in questa gabbia di matti ci sia un personaggio che
riesce a stare tranquillo u.u tutto può mutare in qualunque
momento, e non è detto che qualcosa che sembra tranquillo e
pacifico lo resti per molto.
Ora
passiamo alle risposte alle recensioni^^ (si, l’introduzione
qui è lunga ma se volete, potete saltarla, come sempre u.u)
damis: a quanto pare
hai capito bene ciò che voglio far capire qui =) chi gioca
col fuoco scopre che è un’arma a doppio
taglio…son contenta che ti piaccia come stanno andando le
cose ^^
cry_chan:
anche a me piace Andy manipolatore, però ogni tanto mi sale
il rimorso per quello che gli ho fatto fare…non saprei, ad
un certo punto i personaggi fanno quello che vogliono >_>
neppure a me è piaciuta la reazione di Joy u.u grazie per la
recensione =*
Unendlichkeit:
ecco il pepe xD si anche a me piace, così come adoro il lato
infantile e puerile e anche un po’ sciocco di Drake.
“Alexander” è stata una scelta
istantanea, è un nome che in tutte le sue traduzioni
(Alexander, Alessandro, Alexandre) significa molto per me, e il
diminutivo è solo perché, beh…quando
Andy viene chiamato col suo nome intero, cosa rara, lo fa risaltare di
più, no? E poi è una cosa più o meno
dovuta, è realistica: gli inglesi/americani abbreviano
TUTTO. Mi dispiace ammetterlo ma è così xD spero
che la storia continuerà a piacerti anche dopo alcuni
risvolti futuri.
DarkViolet92:
ehi ehi non indovinare tutto subito eh, io volevo trattenervi con un
po’ di suspence, ancora!! xD grazie per la recensione, spero
che continuerai a seguirmi ^^
_Armonia_:
sisi io adoro le manipolazioni mentali, mentre sono contraria
all’uso della forza bruta x prevalere. Infatti speravo si
notasse il contrasto tra il tentativo di Drake di piegare qualcuno a
sé (ricatti, torture etc) e quello di Andy (scavare dentro
una persona) grazie per averlo notato ^^ comunque ad un certo punto mi
sono ricordata che Andy è pur sempre un ragazzino e non una
macchina da guerra psicologica, per cui non so se avrà la
forza di continuare così imperterrito…vedremo!
Grazie della recensione =*
RiflessoCondizionato:
figurati, non è lunga!! E poi leggo tutto u.u sai, a me
piace sviluppare i personaggi poco a poco, altrimenti se dicessi tutto
subito nessuno seguirebbe più la storia e anch’io
perderei interesse a scriverla…a dire il vero mi sa che io
stessa scopro di cosa sono capaci i miei pg man mano che la storia va
avanti xD si, credo che lo scambio di ruoli sia un passaggio dovuto,
dopotutto chi non ha mai desiderato vendicarsi per un torto
subìto? Grazie davvero della recensione, è molto
piena, grazie!! Spero che continuerai a lasciarmi commenti ^^
Ricordo
come sempre che sia commenti positivi che negativi sono ben accetti,
servono a migliorare! Anzi, devo dirvi che attraverso ciò
che ho letto ho deciso di cambiare alcune parti della storia che prima
risultavano un po’ forzate…grazie a tutte ^__^ e
le risposte sono colorate perché io faccio confusione e se
devo trovare subito un paragrafo di ciò che ho scritto, se
non è diviso per colore divento scema e non lo trovo
più. Scusate, sono parecchio imbranata u.u
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Quella sera a cena
c'erano tutti. Sua madre, suo padre, Kat. Ma nessuno sembrava essersi
accorto della sua tintarella verde malaticcio. Non aveva fame, per
niente. Si sentiva marcio dentro, per quello che aveva fatto.
« Tesoro, mi
passi l'insalata? »
« Si, tieni.
» prese la terrina e la mise tra le mani della madre.
« Grazie.
Drake, sei un po' taciturno stasera, c'è qualcosa che non
va? »
« No, no.
» si sforzò di sorridere, sperando che la sua
smorfia non sembrasse piuttosto una mezza paresi.
« Ah, sapete
cos'ho sentito oggi? » intervenne suo padre.
« No, cosa?
» chiese Kat, che alle novità era sempre
interessata anche più del dovuto.
« Avete
presente i Delson, quelli che stanno nel quartiere sud? »
« Quelli che
hanno la catena di profumerie? »
« Si loro.
Dai amore, li avevamo invitati all'ultimo cocktail che abbiamo fatto a
casa nostra, non li ricordi più? »
« Mi sa di
si, la moglie era quella donna alta con quell'orrendo vestitino color
lilla slavato? »
« Si,
proprio quella. Beh, si dice che abbiano litigato con il figlio minore,
quello di vent'anni, e che lui sia andato a vivere via. »
« Ma dai?
»
« Si, si. E
sapete perché? »
« No, di
certo. Illuminaci. »
Il signor Foster si
protese di più sul tavolo, quasi temesse di essere sentito
da altri.
«
Perché hanno scoperto che era gay. »
Kat e Susan fecero la
stessa esclamazione di disappunto misto a stupore. Erano proprio
identiche. Drake piuttosto avvertì una morsa allo stomaco
che non sembrava intenzionata a lasciarlo.
« Si, vi
dico! »
« Oh, poveri
loro. Un figlio così è una vera disgrazia.
» commentò sua madre rattristata.
« Scusate,
vado un attimo in bagno. » mormorò Drake.
« Tesoro,
sei sicuro di stare bene? »
« Si, forse
ho preso solo un colpo di freddo tornando a casa da scuola. »
Si
allontanò da quella stanza il più in fretta
possibile, le pareti che gli sembravano opprimerlo come una coltre di
fumo marmoreo, corse alla cieca fino ad arrivare al bagno, chiuse la
porta a chiave alle proprie spalle e si gettò sulla tazza
del gabinetto, vomitando anche l'anima.
*
« Shawn, ho
bisogno di parlarti. »
« Ah,
buongiorno anche a te. »
« Sbrigati!
» gli urlò Drake, afferrandolo per una manica
della camicia e infilandolo a forza dentro la prima classe vuota che
trovarono.
« Dre', che
ti prende? Sei strano, non lo puoi negare, da almeno tre giorni, e io-
»
« Sta'
zitto, ti prego. » si massaggiò le tempie cercando
le parole giuste.
«
Nolan...lui... »
« Cos'ha?
»
« Mi si
è dichiarato. »
Shawn rimase basito
per qualche attimo, per poi scoppiare a ridere fino a doversi tenere lo
stomaco con le mani.
« Oddio, non
ci credo, ma che è, cretino? Si è innamorato di
te?! Questa si che è bella!! »
« Non
c'è niente da ridere. »
« Avanti,
Dre', non ti riconosco più, sei così serioso!! Un
tempo ad una notizia simile ti saresti piegato in due peggio di me!!
»
« Si, ma non
sono quello spensierato di una volta, chiaro?! »
Il biondo si
fermò a guardarlo. Nei suoi occhi non lesse nulla, a parte
molto nervosismo.
« Cosa
c'è? »
« Mi ha
baciato. »
« Bleah...
vabbè, e allora? L'hai menato? Non vorrai dirmi per caso che
l'hai ucciso, spero! Guarda che io non ti copro più le
spalle! »
«
Deficiente, ti ho detto di non scherzare. Mi ha baciato due volte.
»
« E allora?
»
« Mentre
un'altra volta...sono stato io. »
« Sei stato
tu a far cosa? »
« L'ho
baciato. L'ho baciato anch'io. »
Non ebbe il coraggio
di guardarlo. Shawn invece non riusciva a staccargli gli occhi di
dosso. Non capiva. Cos'era successo al Drake che se ne faceva un baffo
di tutto e di tutti? Da quando era diventato così taciturno?
Così freddo?
« Shawn...
se... se io... »
« Cosa
c'è? »
« Non
è che mi interessi Nolan. Però...non mi ha fatto
schifo. Lo capisci? Ho paura. »
Lo guardò,
gli occhi dorati che avevano perso la loro brillantezza, due bulbi
vitrei che supplicavano per ottenere un appiglio, per non affogare.
Afferrò di getto Shawn per le spalle, perdendo l'equilibrio
e appoggiandosi ad un banco con la schiena, boccheggiando prima di
riuscire a parlare.
« Se io
fossi gay, mi odieresti? »
In un riflesso
incondizionato il biondo lo spinse via in malo modo.
« Toglimi le
mani di dosso, Dre'! »
Ma si pentì
subito di quello che aveva detto.
«
Cioè...scusa, non intendevo dire che...insomma..no che non
ti odierei cretino, saresti sempre tu! Il mio migliore amico. Fine.
»
« Se io ti
baciassi ti farebbe schifo. »
« Si, e non
provare a farlo per favore. »
« A me con
Andy non ha fatto schifo. »
« Lo so,
questo me l'hai già detto. Ma per uno stupido bacio non
significa che tu sia gay. Magari avevi solo voglia di provare qualcosa
di diverso. »
« Ma
lui...non è una persona orribile. »
« Lo so
Drake. »
« E allora
perché l'abbiamo sempre trattato così? »
« Io pensavo
che ce l'avessi con lui. »
« Lo pensavo
anch'io. Perché...è sbagliato essere omosessuali,
capisci? »
« A me non
me ne frega granché, se devo essere sincero. »
« Ho paura.
» e Shawn non collaborava...dov'era finito l'amico che non
sopportava Nolan e lo voleva spiaccicato a terra come una mosca
fastidiosa? Stava dicendo quello solo per consolarlo?
« Ti ho
già detto che per un bacio non è detto che devi
essere per forza- »
« No. Non
è solo per quello. Ripensandoci, se fossi stato tanto sicuro
di ciò che credevo, e di ciò che credevo di
essere, non me la sarei presa così a cuore, non l'avrei
considerata una cosa personale. Il fatto è che la prima cosa
che ho pensato quando ho visto Nolan baciare quel tizio, in prima
superiore, nel cortile...ho provato solo curiosità. Solo
quella. »
« Cosa
vorresti dire? »
«
Probabilmente sono bisessuale, ecco. Forse non m'interessa di nulla.
Però se i miei genitori lo venissero a scoprire...
»
« Allora
è questo il problema? »
« Quale?
» guardò l'amico. Sembrava arrabbiato, gli occhi
azzurri stretti a due fessure rabbiose.
« Tu sei
sempre stato condizionato dai tuoi genitori. Tuo padre è una
personalità dominante, e tu sei sempre stato succube di lui,
lo so. E lui è omofobo all'estremo. Forse è per
questa sua omofobia che tu hai iniziato a provare curiosità,
e dall'altro lato, schifo verso i gay e verso te stesso, per aver
pensato cose simili. »
Lo strinse a
sé, scoprendo che tremava.
« Ma non ti
devi preoccupare. E' vero, hai fatto le tue minchiate, ma sei e sarai
sempre una persona meravigliosa. Io ti voglio bene Drake. Se hai
bisogno di parlare, ci sono. E se credi che Nolan possa essere una
persona interessante anche da quel punto di vista, allora ok. Va bene
lo stesso. De gustibus, no? » sospirò, stingendolo
più forte.
« Ma dove lo
trovo un altro amico come te? »
«
Dappertutto. Se sai cercare. E comunque, grazie anche a te. »
Sorrise tra i suoi
capelli morbidi e castani.
*
Anche dopo la
chiacchierata liberatoria con Shawn, Drake non si sentiva tranquillo,
né sereno o in pace con sé stesso. Fu per questo
che quando vide Andy dirigersi verso di lui, quel giorno, in mensa,
provò la stessa paura e si allontanò in fretta.
Non voleva vederlo, non ancora.
« Andy, che
fai? »
« Come che
faccio? »
« Stavi
andando da Foster. »
« Lo so Joy,
grazie. »
« La domanda
è: perché cavolo stavi andando da lui? »
« Per
parlarci? »
« Tutto qui?
E parlare di cosa? Non mi pare che voi abbiate tanto in comune.
»
« Beh,
potrebbe essere, e potrebbe anche non essere. »
« Quando la
smetterai di darmi risposte tanto evasive? »
«
Più avanti. Dai tempo al tempo. »
« Dio,
quanto mi fai innervosire quando fai così. »
Prese la sua roba e
andò a mangiare fuori in giardino. Andy si sentì
un po' in colpa, ma non voleva perdere di vista il proprio obiettivo.
Purtroppo Drake sembrava irrintracciabile, e per quel giorno dovette
rinunciare.
Per circa quattro
giorni la storia si ripeté identica. Drake sembrava
improvvisamente sparito dalla circolazione. Lui, che te lo trovavi tra
i piedi anche nei momenti meno opportuni, ora era svanito.
Completamente.
Andy era irritato.
Dopo cinque giorni era convinto che avrebbe dovuto rinunciare, ma un
colpo di fortuna, forse, gli fece cambiare idea.
Quella mattina, la
prima persona che incrociò sulle scale fu proprio Drake.
«
Ehilà! Buongiorno! » lo accolse con un sorriso
falso e calcolato, che però l'altro non smascherò.
« Non ho
tempo, devo andare in classe. »
« Sbaglio o
mi stai evitando? »
« Non
sbagli. » rispose l'altro, superandolo di corsa e scendendo i
gradini quasi saltando.
Non era deciso a
lasciarlo scappare. Non stavolta. Lo rincorse e quando finalmente
riuscì a raggiungerlo lo bloccò afferrandolo per
un braccio.
« Drake, che
ti succede? »
Il ragazzo non si
voltò.
« Lasciami
stare, Andy. »
L'altro
restò un po' sorpreso da quell'uscita, tanto che
allentò involontariamente la presa.
« Mi hai
chiamato Andy... » disse in un sussurro. «
C-comunque...dimmi, cos'hai? »
« Non lo so.
»
«
C'è qualcosa che ti ho fatto? »
« Oh si,
quello si. »
« Cosa?
»
Drake a quel punto si
voltò di scatto.
« Lo sai
bene cosa! Che ti aspettavi, che fosse tutto rose e fiori?! Non capisco
neanche quello che voglio!! Non so che fare!! Ho paura. Paura ok? Devo
mettere in ordine i miei pensieri. E adesso lasciami stare. »
e si divincolò dalla stretta, correndo in classe senza
più voltarsi.
A quanto pare le cose
funzionavano, esattamente come voleva, e l'altro sembrava
più travagliato che mai. Qualcosa dentro di lui
però sembrava impedirgli di gioirne. Scacciò via
quella stupida vocina, e si decise che per completare il piano serviva
ben altro. Non era abbastanza, non ancora. Una settimana di dilemma non
erano nulla, nulla rispetto a quello che aveva patito lui per un
periodo così prolungato.
*
Purtroppo le cose per
Andy non furono così facili. Drake continuava ad evitarlo
come la peste, e per di più sembrava che Shawn fosse
più che intenzionato a fargli da cane da guardia, e come al
solito, ad assecondarlo in tutto e per tutto. Così,
passarono due inutili settimane nelle quali non riuscì a
fare niente.
Non aveva potuto
neanche parlargli. Peggio di un testimone sotto il programma di
protezione dell'FBI. Doveva agire, però.
Così, quel
pomeriggio si costrinse a fare qualcosa che non avrebbe mai pensato:
cercò su google notizie sul basket e sulla squadra del loro
Stato. E la ricerca ottenne buoni risultati.
Fece due passi dopo la
scuola, e andò a suonare per la seconda volta il campanello
di casa Foster.
Fu di nuovo Kat ad
andare al citofono.
«
Sì? »
« Ciao, sono
Andy Nolan. Ti ricordi di me? »
La ragazzina
guardò fuori dalla finestra.
« Ah si,
cerchi mio fratello o devi recuperare altri appunti? »
« No,
stavolta sono qui proprio per lui. »
« Ok.
»
Il cancello si
aprì dopo il segnale elettronico, e si presentò
in casa conciato decisamente meglio dell'ultima volta.
« Ciao Kat.
»
« Ciao, ti
ricordi il mio nome? »
« Si, ho una
buona memoria per questo. »
« A-ha.
Drake è su in camera. Te lo chiamo? »
« Non ti
disturbare, vado a trovarlo io. Tanto conosco la strada. »
« Okay.
»
Drake stava facendo
dei compiti, di malavoglia, ma aveva quasi finito, quando
sentì bussare alla porta della propria stanza. Possibile che
quella rompiscatole di sua sorella non avesse ancora capito che non gli
doveva distrarre i neuroni quando aveva la porta della camera chiusa?!
Si diresse a passi pesanti verso la maniglia, la tirò,
pronto per dirle quattro paroline dolci...
« Buonasera.
»
Chiuse la porta di
scatto. Solo dopo si rese conto che avrebbe anche potuto spaccare il
naso alla persona che si trovava dall'altra parte del legno. La
riaprì titubante.
« Nolan?
»
« Vuoi
sbatterla ancora? No perché avvisami prima, così
non rischio di fare un infarto. »
« Scusa.
»
« ....
»
« No,
cioè, che diavolo vuoi? Fuori da casa mia!! »
« Dai,
smettila di evitarmi, non... »
« Se i miei
genitori ti trovano qui...oddio...vattene, vattene subito!! Se ti
vedessero, tu che sei...tu... »
« Non ho
scritto "frocetto del cazzo" in fronte, se è questo che
intendi. E non dimenticare che tua mamma mi ha già visto una
volta, e in tenuta decisamente pittoresca. Eppure non ha detto niente.
»
«
Perché tu non li conosci. Entra in camera, muoviti, e non
fare rumore. »
« Non sarai
un po' paranoico? »
Senza dargli bado,
Drake lo afferrò per il bavero del cappotto e lo
tirò dentro la stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
« Che vuoi?
»
« Sei libero
sabato pomeriggio? »
«
Perché? »
« Esci con
me. »
.....
« Che cosa?!
Sei pazzo? No. Non se ne parla. Primo: non ti conosco. »
« Non sono
un maniaco... »
« Secondo: i
miei genitori sanno che non ti conosco. Non ti hanno praticamente mai
visto. E uscire io e te, da soli...neanche morto. E poi non ci voglio
uscire con te. »
« Proprio
non me la vuoi dare? »
« Eh?!
»
«
Un'occasione. »
« Ah. No. E
ora fuori. »
« Sabato
c'è la partita dei Charlotte Boncats. »
« Bobcats.
»
« Cosa?
»
« Si
chiamano Charlotte Bobcats. »
« Ah, si.
Beh, comunque, sabato, Qui a Greensbourgh. »
« E allora?
»
« Non
vorresti andare a vederla? »
« Avrei
dovuto prendere i biglietti secoli fa, adesso saranno introvabili,
finiti, oppure ad un prezzo stratosferico. »
« Non se tuo
zio è uno dei responsabili dell'organizzazione nello stadio.
»
Estrasse due sottili
strisce dalla tasca interna del cappotto e gliele mise in mano. L'altro
le guardò come estasiato.
«
Tu...tu...sei un mito!! » e per l'euforia gli si
lanciò addosso abbracciandolo.
« Cosa devo
pensare di te dopo questo? »
Drake si
staccò come scottato da una fiamma invisibile.
« Cancella
gli ultimi quattro secondi. » borbottò deglutendo
a fatica.
« Proprio
quattro? Allora, vieni? »
« Io...
»
Le scelte possibili
erano tre: andare alla partita sapendo di accettare l'uscita con Andy.
Non uscire con Andy sapendo di rinunciare ad una partita potenzialmente
indimenticabile.
Oppure, uccidere Andy,
sotterrarne il corpo e andare alla partita da solo.
E l'ultima delle tre
sembrava davvero molto, molto allettante.
« Non
saprei, ci devo pensare. »
« Capisco.
» lasciò vagare lo sguardo sulla stanza,
magicamente pulita e con tutti i mobili tornati visibili.
« Ti
aspettavi che dicessi si subito? »
« A dire il
vero non avevo aspettative particolari. »
« Io con te
non ci voglio uscire. » in mano stringeva ancora i biglietti.
« Sono una
persona così orribile? »
« Ti ho
già spiegato il motivo. »
Il moro
sospirò. « Ok, allora lo prendo come un no.
» e stese la mano verso di lui. «
Chiederò a Joy di andarci. »
Drake
osservò quei biglietti come qualcosa di raro e prezioso.
Effettivamente erano entrambe le cose.
« Non ho
detto "no", ho detto che non lo so. »
« E che non
vuoi uscire con me. »
Drake lo
fissò a lungo e in silenzio. I suoi occhi grandi lo
guardavano tranquilli e con una nota di rassegnazione da dietro le
lenti. Si sentì un po' egoista. Se avesse accettato di
uscire l'avrebbe fatto solo per la partita. E questo lo sapevano
entrambi.
Era orgoglioso. E lo
sapeva. Non avrebbe mai chiesto scusa ad Andy per le vicende passate.
Però in un qualche modo voleva farsi perdonare. Perdonare,
per gli errori del passato. Sperando di trovare un po' di sollievo.
In fondo, era come
aveva detto Shawn, no? Lui era lui, indipendentemente da chi gli
piaceva. Quindi, poteva anche provare.
Con Andy...con
chiunque.
« Forse con
te ci voglio uscire. »
« Forse?
»
«
Perché tra tutte le cose, hai scelto proprio questa, la
partita? »
« So che ti
piace il basket. Mica sei una ragazza. Avresti preferito che ti avessi
chiesto di andare a fare shopping? »
« Dio, no!!
»
« Anche
perché non te l'avrei mai chiesto. Me + shopping = totale
disastro. »
« Grazie.
»
Andy sgranò
gli occhi.
« Come?
»
« Ti
ringrazio. E' davvero una cosa molto carina, quella che hai fatto.
Comunque, anche se non ci fosse la partita di mezzo, verrei lo stesso
con te. »
« E' un si.
»
« Si. In
fondo certe scelte le devo fare indipendentemente dal giudizio degli
altri. »
Il moro rimase
piacevolmente sorpreso. Drake stava cambiando. In così poco,
brevi riflessioni lo avevano portato ad una trasformazione radicale nel
suo modo di pensare e di agire. Lo aveva spinto alla ribellione, alla
ricerca di una propria identità, di una propria
libertà di scelta. Forse, davvero non era così
infimo.
Si chiese se per caso
fosse impazzito. Era il solito Drake. Non poteva perdonarlo
così facilmente.
Non lo avrebbero
comprato un paio di sorrisi e qualche sguardo felino.
-----------
Fine
capitolo.
Stupido,
cocciuto Alexander.
Mi
piace troppo il rapporto di fortissima amicizia che
c’è tra Shawn e Drake. Si vede che sta testa
bionda gli vuole bene, un bene di quelli disinteressati,
sapete…decisamente sono la coppia di amici che preferisco...
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Mi rendo conto di stare
postando dopo due settimane (diciassette giorni per la precisione) ma
non ho proprio la forza mentale per tenere nel computer un capitolo che
ho praticamente finito da secoli...
damis: Andy il vendicatore xD
quando ho scritto il pezzo della "confessione" di Drake a Shawn non ho
neppure pensato a qualcosa di diverso...non so se si sia capito ma a me
Shawn piace parecchio, ed essendo Drake una persona di cui ha profonda
stima, non credo che avrebbe potuto arrabbiarsi o imbarazzarsi, a parte
il momento di shock iniziale...grazie della recensione ^^
cry_chan: anch'io non sopporto le
persone come il padre di Drake! Per loro diverso=sbagliato...!!
Nell'ultima scena del capitolo, quando Andy chiede a Drake di uscire,
mentre scrivevo stavo facendo un appassionato tifo per lui xD eppure
sono io l'autrice, dovrei sapere come vanno le cose...e invece non
è così!! Quando mi metto a scrivere, spesso e
volentieri, decido sul momento cosa deve accadere =) grazie per la
recensione ^^
DarkViolet92: spero che maturi in
fretta u.u insomma, ha sedici anni, ormai deve imparare a pensare con
la propria testa!! Grazie mille per la recensione =) spero che anche
questo capitolo ti piaccia...
Unendlichkeit: anche tu con la fissa di
Alèxandros? >3> tu e una mia amica fareste una
bella coppia, perché lei adora Alessandro Magno e il nome in
sé, è una specie di totem per lei sisi u.u
la scena della cena mi ha fatto stare male per Drake ;__;
poverino, neanche se lo merita, in fondo...sei pronta ad amare Shawn?
Brava, vedo che avremo possibilità di andare d'accordo...xD
Shawn il santo della pazienza, dovremo chiamarlo d'ora in poi...pure
alla partita xD vedrai u.u e grazie anche a te per la recensione ^^
RiflessoCondizionato: tranquilla, non cambio
totalmente la storia per i commenti dei lettori, solo che le recensioni
sono spesso strumenti che ci fanno aprire gli occhi e ci indicano,
precisamente, cosa c'è che non va in alcune parti della
storia...avevo già dei dubbi su qualcosa che avevo scritto,
e grazie alle recensioni di tutte ho capito cos'era e l'ho cambiato, e
adesso sono soddisfatta =) sono contenta che ti sia piaciuto il
capitolo, e mi scuso per gli aggiornamenti non proprio veloci, ma lo so
che anche se scrivo due o tre capitoli di seguito poi
arriverà un momento in cui ci sarà un "blocco" e
non voglio squilibri troppo fortu tra un update e l'altro...ho i tempi
di un bradipo xD grazie davvero per la recensione, come sempre...^__^
un bacio.
--
Sono davvero
felice, perché ho notato che a tutte piace il rapporto
Drake/Shawn, a cui tengo in modo particolare...grazie!!!
>///< ora vi lascio alla lettura ^^ Un bacio a tutte, e
un abbraccio forte ^^
--------------------
L'aveva completamente ignorata. Per due settimane, forse poco
più. Non la badava, completamente. E' un breve tempo, ma se
si è abituati a parlare continuamente, anche solo del
più e del meno, la lontananza e il vuoto si avvertono.
Eppure Andy sembrava
non avere intenzione di dirle cosa stava facendo. Cercava Foster. Lo
rincorreva per i corridoi. Stava a rimuginare a computer, e quando
riusciva a parlargli sembrava più burbero di prima.
Dato che non si voleva
scucire, e lei sapeva quanto maledettamente bravo era a tenere segreto
qualcosa, se lo voleva, doveva scoprirlo con le proprie forze. O grazie
ad un altro informatore.
Joy si diresse nella
biblioteca scolastica, si sedette al tavolino più vicino
all'entrata, aprì un libro e attese.
Dopo un quarto d'ora
circa, Tra altri studenti che andavano e venivano dalla stanza, scorse
una testa bionda. Era lui.
*
Shawn aveva bisogno di
un libro, per distrarsi. Era venerdì, e come ogni
venerdì la seconda ora pomeridiana era di laboratorio di
chimica. Materia che gli era facilissima, se non si trattava di
pratica. Ne usciva sempre nervoso fino al limite, e l'unica cosa con
cui riusciva a calmarsi erano dei libri. Possibilmente di fantascienza.
Per cui appena
varcò la soglia della biblioteca e inalò il
profumo lieve e polveroso della carta stampata si sentì
subito meglio. Salutò la ragazza che stava alla scrivania
d'entrata e mosse qualche passo verso lo scaffale che gli interessava.
Si trovava all'altra estremità dell'aula, per cui molto
spesso si sedeva sul pavimento a leggere, perché
quell'angolino era più intimo e silenzioso della sala di
lettura, e un poco più buio.
Estrasse un libro
dalla mensola quando sentì qualcosa sfiorargli la schiena.
Ne fu così sorpreso e insieme spaventato che
lasciò inavvertitamente cadere il tomo, girandosi di scatto.
« Ah.
Sei...la Cook. » terminò con una nota quasi
interrogativa nella voce.
« Si. Ho
bisogno di parlarti. »
«
Com'è che da una settimana a questa parte vogliono tutti
parlare con me? »
Joy lo
fissò perplessa.
« Ah, lascia
stare. Cosa vuoi, piuttosto? E per favore, non saltare fuori
così, mi hai fatto prendere un colpo. »
« Cosa sta
succedendo? »
« Cosa sta
succedendo dove? »
« Con
Foster. Il...il tuo amico. E Andy. »
« Il caro
Nolan non te ne ha parlato? »
Joy si
risentì un poco. Dalla sicurezza con cui rispondeva, Shawn
doveva certamente sapere cosa stava accadendo. L'unica all'oscuro di
tutto era lei.
« Non mi
parla più da un po'. Sembra...preso da altro. »
« Oh, eccome
se lo è. Pensa che sabato lui e Dre' dovrebbero uscire.
Secondo me si sono bevuti il cervello tutti e due, ma alla fine sono
cose che non mi riguardano. »
La ragazza fu
così shockata che quasi si dimenticò di come si
faceva a parlare.
« Che...che
diavolo...COSA?! »
« Non
urlare, siamo in biblioteca. E non chiedere spiegazioni a me. Non mi
è dato di conoscere le arcane ragioni per le quali tutto
d'un tratto Nolan si è innamorato di Drake e Dre'
è passato a...sponde diverse. »
« Eh?
»
Il biondo
posò i suoi occhioni azzurri sulla faccia sconvolta della
ragazza che gli stava di fronte.
« Ho
l'impressione che tu ti sia persa qualche passaggio. Te lo riassumo io.
Circa tre settimane fa il tuo caro compagno d'avventure deve avere
fatto un qualche discorso strano e mezzo filosofico con Dre'. Il che lo
ha scombussolato parecchio, a giudicare dalle facce che faceva il
giorno dopo. »
« Si, fin
qui c'ero. »
« E alla
fine di quel discorso, Andy si è dichiarato. »
« Non ci
credo. » mormorò lei scotendo piano la testa.
« Invece si.
Ha detto a Dre' che gli piace. E pensa un po'? L'ha baciato. Drake ha
provato a non pensarci concentrandosi in altro, ma non è
stato che un breve palliativo. Era così "concentrato" che
tra un po' si faceva rifare il setto nasale da una pallonata, ad
allenamento.
Solo dopo qualche
giorno mi ha spiegato cosa c'era effettivamente che non andava.
»
« Dimmi
cosa. »
« Devi
sapere che nella famiglia di Drake la morale, a proposito di questo
tema, è rigidissima. Da come suo padre ne parla, a volte mi
ricorda un nazista. Giuro, non scherzo, è molto duro. Per
cui Drake ha sempre avuto paura di affrontare questo argomento anche
con sé stesso. E la sfiga ha voluto che lui non avesse, in
realtà, alcun odio verso gli omosessuali. »
« Ah no? Mi
riesce davvero molto difficile crederlo. » rispose sarcastica
Joy.
« Invece
è così. Fidati. Drake... » non
continuò, lasciando cadere la frase nel vuoto.
...
«
Perché non parli? Ti è caduta la lingua?
»
« Sono
affari suoi, personali. »
« Sono anche
affari di Andy, e quello che lo riguarda, riguarda anche me. »
« Drake
prova interesse verso Andy. »
La ragazza non
replicò. Rimase a guardare Shawn come se da un momento
all'altro la sua testa dovesse aprirsi e lasciar saltare fuori un
cartello con su scritto "sei su scherzi a parte!!".
Ma non accadde nulla.
« Scusa...ne
sei sicuro? » avanti, dov’era la telecamera di
Candid Camera?
« Bah, non
ne è sicuro neanche lui. E' per questo che gli ha detto di
si, quando Andy gli ha chiesto di uscire. Per...provare. »
Joy tacque per un po'.
Doveva un attimo riorganizzare i propri pensieri, o avrebbe sommerso il
biondo con domande a cui probabilmente nemmeno lui era in grado di
rispondere, se non avanzando ipotesi.
« Non
capisco perché Andy non me ne abbia voluto parlare.
Comunque...escono loro due soli? »
« Vanno a
vedere la partita dei Bobcats. » e qui ebbe un moto di
stizza. « Biglietti introvabili. Avrei voluto andare a
vederla anch'io, a dirla tutta. »>
« Che roba
è? »
Shawn quasi si
strozzò con la sua stessa saliva.
« Che roba
è? Tu chiedi...? I Charlotte Bobcats sono la squadra di
basket simbolo del nostro Stato, il team che ci rappresenta nell'NBA,
come puoi non conoscerli?! »
« Scusami se
non so nulla -e neppure m'interessa- di pallacanestro! E non guardarmi
così, sembra che abbia ucciso qualcuno! »
«
Questo...questo E' un delitto! »
Joy decise di
ignorarlo onde arginare i cataclismi imminenti.
« Torniamo
al nostro discorso principale, per favore. »
Contrariato, l'altro
annuì.
« Comunque
si, escono da soli. »
« E i suoi
genitori? »
« Di Dre'?
»
« Si.
»
« Non lo so.
La madre ha visto Andy una volta sola, il padre mai. »
« Capisco.
»
« Forse
dovremo andare con loro. »
« Eh?
» Joy era scandalizzata.
« Non dico
di stare lì a reggere il moccolo, sia chiaro. Solo...faremo
finta di essere in gruppo. Altrimenti succede un bel casino. »
«
Perché vuoi farlo? In fondo non credo staresti tanto male se
quei due non approfondissero la loro conoscenza. »
« Lo faccio
per Drake. Non hai idea di quanto ci stia male per questa storia. Il
tuo caro amichetto l'ha messo in un bel casino, e parlo del casino
interiore, non col mondo. Si tormenta, praticamente. Perché
non sa cosa vuole, non sa che fare. »
In quel preciso
istante a Joy tornarono in mente le crude parole che Andy le aveva
rivolto tempo prima, a proposito di una vendetta che voleva avere a
discapito di Foster.
Non sapeva quanto di
tutta quella faccenda fosse stato architettato da Andy, che dopo la
rivelazione del suo interesse nei confronti dell'altro doveva esserci
dentro comunque, fino al collo, ma non riusciva a capire che diavolo
stesse succedendo.
Come aveva fatto ad
innamorarsi di lui?
E l'altro non poteva
chiudere subito la faccenda?
E dato che Andy si era
accorto che Drake gli piaceva, sarebbe ancora stato in grado di
vendicarsi, qualunque cosa quel termine volesse dire, per lui?
Non riusciva a darsi
risposte sensate. Però Shawn aveva ragione.
Qualunque cosa stesse
accadendo, dovevano aiutarli, in un modo o nell'altro.
« Si, forse
hai ragione. »
« Ok. Ne
parlo prima con Drake. »
« Ok , io
avviso... cioè... » voleva forse dire "avviso
Andy"?
Abbassò lo
sguardo vergognandosi un po'. Foster aveva detto tutto a Shawn, mentre
lei invece era venuta a sapere i fatti dall'amico di uno dei diretti
interessati.
Sussultò
leggermente quando si sentì poggiare una mano sulla spalla,
e alzò gli occhi per incontrare quelli azzurri dell'altro,
con un'espressione gentile e quasi compassionevole.
« Senti, non
so perché Andy non ti abbia raccontato nulla,
però forse si sentiva imbarazzato, o avrà avuto
comunque i suoi buoni motivi. Se provi a parlargli come fai di solito
riuscirete a chiarirvi. In fondo sei la sua migliore amica, no?
»
« Mh. O
così almeno pensavo. »
« Ti
conviene andare da lui adesso, prima che sia troppo tardi o che torni a
casa. »
« Si, penso
di sì. Grazie. »
Shawn
scrollò le spalle in segno di noncuranza, ma Joy lo
ringraziò anche col cuore, per la disponibilità
che aveva dimostrato nei suoi confronti. Fece dietro front diretta alla
redazione, dove sapeva che avrebbe trovato Andy.
*
« Ciao.
»
« Ciao Joy.
» il ragazzo non smise di digitare sulla tastiera del
computer, alzando a malapena il viso per salutarla.
« Ho parlato
con Shawn. »
« A-ha.
»
Probabilmente non
l'aveva davvero ascoltata. Si incamminò verso la scrivania e
spense il monitor.
« Ehi.
» lo richiamò.
« Che
c'è? » si voltò verso di lei stizzito
da quel gesto improvviso.
« Ho parlato
con Shawn. »
Stavolta il ragazzo
aprì bocca per rispondere, ma la richiuse immediatamente
realizzando la frase.
Sgranò gli
occhi.
« Tu cosa?
»
«
Perché non mi hai detto che ti piaceva Drake Foster? E...e
comunque...come fa a piacerti? Cioè, dopo tutto quello che
è successo?! »
Il moro si
girò a guardare il monitor ormai scuro.
« Questo non
te lo posso dire. »
« Oh,
fantastico. Quanti altri segreti hai? No, dimmi almeno il numero,
così mi regolo. »
« Scusa se
non ti ho detto questa cosa. Ma tu non avresti approvato. » E
Andy sapeva di non riferirsi ai suoi incontri-scontri con Drake, ma
alla tela che stava tessendo.
« Ok.
Senti...a me sta bene lo stesso, capisci? »
« Si.
Però...non voglio parlarne. E ti prego, non dire nulla.
»
« Va bene.
»
....
« A
proposito. »
« Cosa?
»
« Come fate
sabato? »
« Shawn ti
ha detto anche questo? »
« Si.
»
« Come
facciamo per cosa? »
« E' sabato,
e i genitori di Drake sono a casa entrambi. La partita è
alle otto. Dovrete partire circa alle sette. »
« Lo so.
»
« Sarete
soli. »
« Si, so
anche questo. »
« Quindi?
»
Non rispose,
perciò Joy riprese il discorso.
« Io e Shawn
avevamo pensato di accompagnarvi. »
« Eh?
»
« Se veniamo
anche noi, i sospetti cadranno, se sospetti ci saranno. E' anche
possibile che i suoi genitori non pensino nulla. I tuoi, poi sono
sempre via per lavoro. Da quant'è che non li vedi?
»
«
Papà è tornato due settimane fa ma è
partito l'altro ieri...mamma anche, perché così
si potevano vedere...però è partita di nuovo
stamattina. »
« Ok,
meglio. Allora, che ne dici? »
Andy annuì.
« Grazie.
»
*
« Oh, grazie
Shawn, mi stai salvando la vita!! Ma scusa, tu e la Cook che fate
mentre noi siamo nello stadio? »
« Non lo so
e non ci voglio pensare. Io quella partita però la voglio
vedere, per cui credo che andrò in un pub di quelli col maxi
schermo e me la guarderò li. »
« A-ha. Beh,
davvero, grazie...grazie ancora. »
« Smettila,
mi fai venire i brividi. »
*
Sabato sera
arrivò anche troppo in fretta. Andy aveva provato a
documentarsi sulle regole della pallacanestro, ma non ci aveva capito
nulla e aveva rinunciato miseramente dopo venti minuti di assoluta
catalessi. Si sarebbe fatto spiegare qualcosa durante il match. Era
anche un'amichevole, per cui non si sarebbe rotto i timpani ascoltando
le tifoserie. Almeno sperava.
Drake a questo
sembrava proprio non pensarci. Saltellava come una cavalletta avanti e
indietro per il soggiorno di casa, con al collo la sciarpa dei
Charlotte Bobcats, che implorava pietà.
Quando il campanello
suonò, Kat ringraziò il cielo perché
finalmente poteva liberarsi di quel suo fratello irriconoscibile, o
piuttosto, peggio del solito.
Al posto del guidatore
era Shawn. Aveva ritenuto opportuno guidare perché, tra
tutti, era quello decisamente più tranquillo. Drake era in
un pianeta a parte, Andy era in tensione per Drake, Joy per Andy.
Ringraziò il suo sangue freddo, mise in moto e
partì salutando con una mano i genitori dell'amico fermi
sulla soglia della casa.
Arrivati nei pressi
dello stadio, la folla iniziava a farsi pressante. Già si
sentivano urla concitate, il traffico era bloccato e clacson infuriati,
quanto gli automobilisti che ne facevano spropositato uso, risuonavano
per le strade.
E per fortuna che a
dicembre stavano tutti in casa per il freddo.
« Qui ci
lasciamo. » disse Shawn parcheggiando l'auto alla bell'e
meglio in un parcheggio a circa trenta metri dall'imponente palazzo
dello sport.
« Ok. Grazie
del passaggio. »
« Grazie
amigo! » Gli fece eco Drake, che sembrava avere
momentaneamente riacquistato le proprie facoltà mentali e la
propria lucidità.
Shawn, ancora
risentito perché non avrebbe potuto godere della partita dal
vivo (come invece avrebbe fatto Andy, che di basket ne sapeva quanto un
marziano sull’allevamento delle marmotte) fece loro un
sorriso sarcastico e si avviò in direzione opposta. Joy lo
seguì, salutandoli con la mano e guardando apprensiva Drake,
che sembrava avere intenzione di farsi venire una crisi epilettica il
più presto possibile.
Entrare nello stadio
fu come buttarsi nel pieno della corsa dei tori di Pamplona. Neanche
loro capirono come riuscirono ad arrivare vivi e potenzialmente integri
ai propri posti a sedere. Andy si sedette e tirò
giù accanto a sé l'altro, che aveva di nuovo
lasciato scappare i neuroni. Effettivamente doveva ammettere che anche
lui sentiva la tensione fremere sotto la pelle, contagiato dagli altri
spettatori presenti. L'edificio era gremito di persone, pieno zeppo
come una scatola di sardine.
« Andy, tra
un po' inizia!! »
« Drake
calmati, o avrai un collasso alla fine del primo quarto. »
« No fidati,
duro fino alla fine. Fidati. »
Ma la cosa gli
riusciva molto difficile.
Quando i giocatori
entrarono in campo da entrambe le tribune esplosero dei boati. Non
aveva mai sentito tanto casino in vita sua. Però non appena
rivolse lo sguardo al campo di gioco rimase lui stesso senza parole.
Coloro che vi si trovavano schierati al centro non erano persone
normali. Erano qualcosa di più. Dieci...specie..di armadi.
Fisici possenti e arti lunghissimi. Si immaginò in mezzo a
loro e all'improvviso si sentì piccolo e insignificante.
« Ehi Andy!
Andy, hai visto? Guarda quello là, quello sulla destra.
»
Il ragazzo fece come
gli era stato indicato, e rivolse il suo sguardo al primo giocatore da
destra, un uomo abbastanza alto ma non tra i più massicci
della squadra. Aveva il pizzetto sopra cui spiccava un sorriso furbo.
Con lo sguardo sembrava percorrere attentamente le fila degli spalti
ammiccando qua e là. Per un attimo i suoi occhi, attenti e
quasi felini, gli ricordarono quelli di Drake, nonostante fossero neri,
contro il dorato di quelli dell’altro. Anzi, tutta la sua
figura gli ricordava per intero Foster, anche se ad una prima occhiata
dovevano sembrare incomparabili, anche perché il giocatore
era di colore, mentre Drake aveva colori chiari dominanti anche nei
capelli.
« Chi
è? » chiese, seriamente incuriosito.
« Quello
è Gerald Wallace, il mio idolo. Gioca come ala piccola*,
proprio come me. Quanto vorrei diventare come lui…sai che
nel 2006 ha ricevuto il premio di “Migliore nelle palle
rubate dell’NBA”? E’ agile come una
gazzella, in campo. »
« Davvero?
»
« Si!
»
Il tono di Drake era
sognante. Per curiosità, Andy lo guardò a lungo.
I suoi occhi brillavano di una luce intensa che mai gli aveva visto
prima d'ora, e i suoi capelli contrastavano con l'acceso colore arancio
e blu della sciarpa che indossava, caricandosi di sfumature alla luce
artificiale delle lampade.
Non riuscì
a fare a meno di pensare che era bellissimo. Non solo per il suo viso,
anche perché le sue emozioni trasparivano completamente dai
suoi occhi astuti e dal suo sorriso largo e spontaneo.
In quel momento
pensò che non v'era altro luogo in cui volesse essere a
parte lì dove già stava, accanto a Drake.
La tela che aveva
intessuto fino a quel momento, stava inghiottendo anche lui.
*
« Ma no,
dai, non è possibile!! »
« Cosa? Cosa
non è possibile?! »
Andy era leggermente
esasperato. Tutti facevano, o meglio urlavano commenti sulla partita,
in più gli speaker facevano la cronaca tecnica.
E lui non ci stava
capendo niente.
« Era un
fallo, Andy. »
« Ah.
»
Un giocatore fece
canestro, e sul tabellone luminoso, due punti vennero aggiunti al
punteggio della squadra avversaria.
«
Perché hanno segnato due punti? Non era sotto al canestro..
E' un tiro da tre... »
Drake lo
guardò male.
« Secondo te
le linee che ci sono per terra servono come ornamento? »
« Delimitano
qualcosa. »
« Ma va'??
Dai? Non lo sapevo. »
« Drake non
prendermi in giro, non ci capisco niente. »
L'altro
sospirò.
« Ti spiego
in breve: dalla linea di metà campo in poi, verso ogni
canestro, quella è zona da tre punti, finché non
arrivi alla prima linea bianca, quella più esterna. Ecco,
oltre quella c'è la zona da due punti, mentre l'altra area,
la più interna, è da un punto. Ci sei fin qua?
»
« Ah. Si. Ho
capito. »
« Grazie.
Ora posso continuare a guardare. »
« Vai vai.
»
Nel secondo quarto di
partita ad Andy sembrava di avere le idee un po' più chiare.
Anche perché all'inizio, per la maggior parte del tempo non
aveva affatto guardato l'incontro, aveva tenuto gli occhi fissi su
Drake finché le fiamme alle guance non gli suggerirono di
cambiare obiettivo.
Proprio nel gruppetto
che stava seguendo con lo sguardo, un giocatore della squadra
avversaria tirò violentemente la maglia da dietro di un
componente dei Bobcats.
« Ehi
guarda, è fallo antisportivo!! Arbitro, ma sei cieco?!
IMBECILLE!! » sbraitò improvvisamente colto dal
furore, trascinato anche dallo sdegno degli altri tifosi.
Sentendo un
pizzicorino alla nuca, si voltò alla sua sinistra e
trovò che Drake lo stava fissando allibito.
« Che
c'è? »
« Sei sicuro
di stare bene? »
« Mai stato
meglio. E' quell'arbitro idiota che... Aspetta, era un fallo
antisportivo quello? »
L'altro
annuì ancora ad occhi sgranati.
« Come lo
sai? Tu, che tra un po' non distingui una palla da basket e una da
pallavolo? »
«
L'ho...letto su internet. »
Il ragazzo gli
scoppiò a ridere in faccia in modo molto poco delicato,
senza riuscire a trattenersi.
« Mi sa che
ho avuto una cattiva influenza su di te... » cercò
di dire tra le risate.
Si rialzò
senza smettere di ridere, mettendo in bella vista i canini
bianchissimi. Che sorriso bastardamente ammaliante, notò
Andy.
Il suo cervello gli
disse che per una recita ben costruita, si stava facendo trasportare un
po' troppo, ma qualcosa dalle parti del suo cuore schiacciò
quei fastidiosi suggerimenti non richiesti, e con uno sguardo complice
di cui non si credeva capace, rimase ad ascoltare Drake mentre gli
spiegava, man mano che la partita si svolgeva, le varie regole del
gioco.
Andy ne venne
inconsapevolmente assorbito, fino a che non ci fu più nulla
attorno a lui che la partita e la voce dell'altro.
_____
*l’ala
piccola è un ruolo del basket. Non ho voglia di mettervi
link pieni di informazioni tecniche (che mi sono sorbita tutte quante,
dalla prima all’ultima) quindi vi spiego in poche parole:
un’ala piccola è il giocatore più
versatile dal punto di vista delle funzionalità.
E’ di media corporatura e altezza, tra i giocatori, per cui
può scattare tra gli altri giocatori, rubando loro la palla,
oppure fare portentose schiacciate, perché di solito ha
anche un’ottima elevazione.
Ho
scelto questo ruolo per Drake perché è alto 1,88
metri ed è molto agile e scattante.
E
poi Gerald Wallace ha la faccia simpatica =)
Tanto
per informazione, Shawn gioca come playmaker, la cui maggiore
qualità deve essere l’abilità nel
maneggiare la palla e nello sfondare la difesa avversaria. Deve essere
molto bravo negli assist (ovvero i passaggi che permettono ad un altro
di fare canestro) e infatti è la spalla di Drake, nelle
partite. Anche perché è un po’
più massiccio di lui come corporatura, anche se di poco
più basso.
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Sono riuscita a far passare
quasi un mese, yay!! Rispondo alle recensioni u.u
damis: sono contenta che ti
piaccia il basket, così se scrivo qualche boiata tu puoi
correggermi xD eh si Andy si sta facendo coinvolgere, ma
chissà come andrà a finire? *risata sadica*
grazie della recensione, spero che anche questo capitolo sia di tuo
gradimento >__<
cry_chan: eh si, Andy ha gli
ormoni in subbuglio, ma Drake mi sembra che ce li abbia molto
più attivi...non so perché, ma l'ho visto sempre
come un tipo un po'..."fisico". Non che sia stupido comunque xD Joy non
riesce a non impicciarsi. Ha proprio l'anima della giornalista .__.
Grazie della recensione ^^
RiflessoCondizionato: ma non ti preoccupare
cara, non faccio mica pagare la multa se qualcuno non riesce a
recensire xD spesso e volentieri neppure io ho tempo per lasciare
commenti, quindi non ti scusare! Piuttosto sono contenta che il
capitolo ti sia piaciuto, e soprattutto contenta perché
Shawn riscuote successi, ed è il personaggio che in fondo,
ha il posto più importante nel mio cuoricino...davvero la
storia ti ricorda qualcosa che c'è in una delle tue? Che
cosa carina <3 non ho letto le tue storie, devo ammetterlo,
però se mi dici qual è potrei darci un'occhiata
>__<
Volevo ringraziare
in generale tutte le persone che seguono questa storia e fare i
complimenti a coloro che continuano a recensire, per la perseveranza
che hanno xD io non so se riuscirei a lasciare sempre un parere su
tutti i capitoli di una storia *si gratta il mento pensierosa*
p.s. per Alice (si
tu, proprio tu) anche se mi dici a scuola cosa ne pensi, due righe puoi
anche scrivermele, sai? ò.ò
---------------------------------------------------------------------------------------------
Si stava divertendo, non poteva negarlo.
Lui e Drake erano
completamente gasati, per il fatto che i Bobcats stavano avendo
decisamente la meglio sull'altra squadra.
E lui, che pian piano
riusciva a distinguere le varie azioni, iniziava a godersi davvero il
gioco. Sentiva lo spirito sportivo entrargli dentro come energia pura.
Non credeva che un
gioco potesse unire così tanto.
*
La sirena
suonò. La partita era finita.
« Hanno
vinto Andy, hanno vinto!! »
Urla di giubilo
riempirono completamente il palazzetto, i tifosi esultavano in massa
come un unico corpo, i giocatori stringevano la mano a quelli della
squadra avversaria, come di consueto dopo una partita, in segno
d'amicizia e di rispetto, mentre gli speaker sovrastavano a fatica il
rumore che sorgeva dagli spalti.
*
La fredda aria
invernale sferzò loro il viso come lame affilate,
costringendoli a rialzare fin sulle guance il bavero dei cappotti. Andy
ringraziò il suo cappuccio di pelo: era sempre stato molto
sensibile al freddo.
« Tutto ok?
»
« Si, si.
Tu? »
« Sto bene.
Mi devo abituare a 'sta temperatura polare, ma sono a posto. »
Una lieve melodia si
levò attorno a loro.
« E' un
telefono? »
« Accidenti,
è il mio! » disse Drake, iniziando a rimestare
nelle tasche alla ricerca dell'apparecchio. Quando finalmente lo
trovò lesse il nome sul display e per poco non fece un
infarto, l'espressione che si tramutava da tranquilla a sconvolta.
« Oh merda.
»
« Che
c'è? »
Si accinse a
rispondere.
« P-pronto?
»
Una voce femminile
leggermente distorta dalle vibrazioni metalliche del cellulare si
levò così alta e stridula che non fu necessario
mettere in vivavoce per sentirla a distanza.
« Drake!!!
Dove diavolo sei finito?! Perché non mi hai detto dove
andavi stasera?? Sono dovuta venire a saperlo da tua sorella!! TUA
SORELLA!! Cosa ci fai alla partita?! Senza di me!! »
« M-ma
Shirley...io... »
« E poi
oltre tutto, come se questo non bastasse, sei fuori con quella
sciacquetta!! »
« Eh?!
» chiese flashato il ragazzo, posando gli occhi su Andy. Non
gli sembrava il termine più adatto per definirlo,
"sciacquetta".
« La Cook!!
Come hai potuto?! »
« Ah, Joy...
» tirò un sospiro di sollievo.
« COME OSI
CHIAMARLA PER NOME?! »
« Scusami,
ma non avevo capito di chi parlavi, comunque- »
« Avresti
dovuto dirmelo!! Perché non mi hai chiesto di venire con
te?! Perché?? Sono o non sono la tua ragazza?! »
« Ma
Shirley, a parte il cheerleading a te cosa interessa del basket...?
»
« Avrei
potuto stare vicino a te, Drakey... » sbottò con
voce piagnucolosa.
A sentirsi storpiare
il nome a quel modo, Drake ebbe l'impulso omicida di scagliare il
telefono il più lontano possibile, in mezzo alla neve
magari, che sbraitasse da solo al fresco.
« Senti,
adesso devo andare...scusami piccola, ti chiamo domani io, ok?
»
« Non
sperare di cavartela così!! » strillò
di nuovo lei, inviperita.
« Mi
farò perdonare...come si deve. »
Ci fu un breve
silenzio proveniente dall'altro capo della linea.
« Ok
tesoruccio...ci sentiamo domani allora... »
« Si. Ciao.
»
« Ciao
ciao... »
Andy
ascoltò inorridito il cambiamento di voce da parte della
ragazza. La preferiva stridula piuttosto che forzatamente seducente.
Aveva i brividi lungo la schiena. E non era per il freddo.
« Scusami la
domanda ormai stupida ma...tu non le hai detto nulla? »
« Ehm, no.
»
« Ma sei
scemo? Non la conosci abbastanza per sapere che avrebbe reagito
così? »
« Si ma era
in campeggio con le altre cheerleader, mica sapevo che tornava oggi!
»
« In teoria
tra fidanzati ci dovrebbe essere più comunicazione...
»
« Beh sai,
non è che io e lei "comunichiamo" molto...se non altro non a
parole. »
« Si si non
voglio sapere altri dettagli, per favore. » poi
però spinto dalla curiosità, non si trattenne
« Te la sei portata a letto? »
« Cosa? Ah,
no, non ancora. »
« Cosa
significa "non ancora" ? » borbottò incrociando le
braccia al petto.
« Niente.
Assolutamente niente. »
« Ti sei
messo con lei solo per quello! Solo con quell'obiettivo lì,
oddio, che schifo! Una cosa davvero da bastardi! » gli diede
le spalle per andarsene, ma venne bloccato prima di riuscire a muovere
più di due passi.
« Andy
aspetta, aspetta... insomma, non puoi biasimarmi. »
« Ah no?
»
« Cosa puoi
ottenere da una come lei? Conversazioni amichevoli? Conversazioni
sportive? Conversazioni intelligenti? Sinceramente non mi va di parlare
di vestiti da consigliarle o di tonalità del lucidalabbra,
argomenti in cui non sono neanche particolarmente ferrato. E non
guardarmi così. »
«
Perché come ti sto guardando? »
« Male.
»
« Non
è vero! »
« Vuoi uno
specchio? »
Il loro confronto
visivo fu interrotto da un rumore molto esplicativo proveniente dallo
stomaco di Drake.
« Di' un
po', da quanto non mangi? »
« Dalle
cinque. Ero troppo agitato per la partita. »
« Beh
menomale, così non eri agitato per dover uscire con me.
»
Un secondo. Ma
provocargli agitazione e confusione non era il suo obiettivo primario?
« Guarda che
ero in subbuglio anche per quello. Diciamo, entrambe le cose. Anche se
comunque Shawn e Joy ci sono venuti in aiuto. »
Si, era proprio quello
il suo obiettivo.
E adesso?
« Stai
tranquillo, anche se sei con me... fai sempre quello che ti senti di
fare...non...non sforzarti. »
Ma che diavolo stava
dicendo?! Era impazzito?! E i suoi propositi??
« Grazie.
» rispose l'altro.
Stava per succedere. E
sta volta per davvero. Andy lo sentiva. Solo che non capiva cos'era
quella stretta allo stomaco, né perché la faccia
gli stesse diventando bollente pur essendo fuori alla mercé
del freddo polare. Sentiva solo il cuore rimbombargli nelle orecchie.
Non gl'importava di
essere per strada. Tanto era buio, e nessuno avrebbe badato a loro, in
un parcheggio pieno zeppo di auto di ogni dimensione. Alzò
la testa quel tanto che gli bastò per raggiungere le labbra
di Drake, che trovò ghiacciate. Anche le sue risentivano
dell'aria gelida, e non avevano molta sensibilità.
Man mano che
approfondirono il bacio però, sentirono riaffiorare il
calore e con esso anche gli stimoli tattili.
Drake cercò
la sua lingua, la intrecciò alla sua, poi si tirò
leggermente indietro per far si che fosse Andy ad allungarsi verso di
lui.
E l'altro rispose a
quel gesto, cercando la sua bocca come fosse ossigeno, portando le mani
fasciate da morbidi guanti in lana ad accarezzargli le gote arrossate
per l'aria sferzante.
Il moro si
sentì spingere lentamente contro un'auto, ma non
avvertì nessun senso di prigionia, si beò solo
delle attenzioni dell'altro. Lasciò che la sua bocca
scendesse lungo il collo lasciando una sottile linea di baci, che si
concentrarono in un solo punto appena sopra la clavicola. Poi
risalì e prima di continuare a baciarsi si guardarono negli
occhi per un attimo fugace.
Si sentirono dei passi
in lontananza, ma entrambi li ignorarono. Andy avvertì le
dita fredde di Drake insinuarsi sotto la propria maglia, e voleva
dirgli di smettere, ma tutto ciò che ne ricavò fu
un gemito sulle labbra dell'altro.
« Ehi guarda
cos'abbiamo! Un moccioso tifoso di quei ladri! »
Una lama di ghiaccio
scese lungo la schiena ad entrambi. Subito dopo, fuoco. Quasi come se
avessero toccato una recinzione elettrificata, si staccarono superando
qualsiasi previsione di velocità. Un semplice richiamo
proveniente da qualche punto imprecisato era bastato a provocare una
tachicardia momentanea.
Drake si
voltò: a circa una ventina di metri da loro distinse a
fatica un gruppo di tre, no quattro uomini adulti. Vide che stavano
fissando proprio loro due. Capì subito a cosa si riferivano:
il suo giubbotto non aveva il cappuccio col pelo come quello di Andy,
perciò anche alla flebile luce dei lampioni si vedeva
chiaramente la sua sciarpa dai colori sgargianti.
Quelli dovevano essere
tifosi della squadra che aveva perso contro i Bobcats, e anche un po'
brilli, a giudicare da come faticavano a camminare diritti.
« Ladri a
chi? » disse, incapace di trattenersi.
« L'arbitro
era comprato! » gli urlarono quelli in risposta.
« Drake,
andiamo via... » sussurrò Andy tirandogli la
manica del giubbino.
« Non era
comprato, è stata una vittoria schiacciante! »
« Drake, ti
prego...lascia perdere, andiamo! » la sua preoccupazione non
faceva che aumentare.
«
O-ho..senti com'è coraggioso... »
« Drake, ora
basta! » gli disse Andy, rendendosi conto solo dopo di aver
alzato troppo la voce.
Gli altri
ridacchiarono.
« Dovresti
ascoltare la tua ragazza, moccioso. »
Il ragazzo si
voltò.
« Andiamo
via, ti prego. Shawn ti ha scritto dov'erano andati lui e Joy,
infiliamoci in quel bar e basta, non dovrebbe essere molto distante.
»
L'altro
annuì.
« Va bene,
andiamo. »
Intanto l'altro
gruppetto si stava avvicinando a loro, a giudicare
dall'intensità crescente delle loro parole.
« Merda.
Presto, muoviamoci! »
Andy prese per mano
Drake e si incamminò dapprima lentamente, superando l'auto
che aveva fatto loro da appoggio nei momenti precedenti.
« Ehi!
Aspettate un attimo. » disse perplesso uno degli uomini.
« Cosa
c'è? » gli chiese uno dei suoi amici.
« Quella non
è una ragazza. » sbraitò cercando di
indicare col dito malfermo il moro.
Le cose si mettevano
ancora peggio.
« E' un
maschio! Ladri e pure finocchi. »
« Cazzo.
» riuscì solo a dire Drake.
Non di molto aiuto. Ma
cosa poteva esserlo?
« Corri
più veloce che puoi!! » gli urlò Andy,
per poi iniziare a correre egli stesso.
Ecco, forse quella
frase.
Per fortuna erano
completamente sobri, e questo giocava a loro favore. Sgattaiolarono
svelti tra le macchine fino ad arrivare all'uscita del parcheggio, per
poi sfrecciare lungo la strada principale senza voltarsi.
« Come si
chiama? »
« Cosa?
»
« Il pub
dov'è Shawn! »
« Non mi
ricordo! »
« Guarda nel
telefono! »
« Non
c'è tempo. Corri! »
Gli schiamazzi dei
quattro tizi sbronzi si facevano sentire, segno che li stavano
rincorrendo.
L'adrenalina
entrò in circolo automaticamente. Entrambi i ragazzi
sentivano il cuore in gola.
« Era
qualcosa come Molly. No, Miley. »
« Sei
sicuro? »
« No, c'era
una "a". Mal...Mil... »
« Mia?
»
« Esatto!
Come lo sai? »
Andy gli
indicò qualcosa dritto davanti a loro: seguendo la linea del
braccio, Drake notò un'insegna al neon viola, che si
distingueva per il colore particolare.
« Ok,
muoviti! »
« Aspettami,
non ho tanta resistenza come te, io. » Andy sentiva il fiato
corto.
« Si. Tanto
quelli sono indietro. Fai un ultimo sforzo. »
Si catapultarono nel
bar a velocità supersonica, ansimanti e sudati, attirando lo
sguardo dei clienti più vicini alla porta. Fortunatamente
alla tv davano la partita in diretta, per cui erano quasi tutti
lì davanti, a guardare i replay migliori in un programma di
discussione sportiva.
« Guarda
-anf- Drake... Sono lì. »
« Li ho
visti anch'io... »
Joy alzò un
braccio per salutarli e fece loro segno di avvicinarsi.
« Che vi
è successo? Siete stati inseguiti da un branco di leoni
scappati dallo zoo? »
« Peggio.
» commentò Andy, dopo essersi seduto a riposare.
« Tifosi
della squadra perdente incazzati e ubriachi fradici. »
« Ottimo
riassunto. »
L'unico commento di
Shawn fu uno sbadigliante "Oh", mentre Joy non disse nulla, ma la sua
espressione si fece chiaramente apprensiva.
« Non
preoccuparti, siamo riusciti a scappare, come vedi. »
« Di' un
po', avete una calamita per i guai, voi due? »
« Spero di
no! » sbottò Drake, ordinando una coca al
cameriere per rinfrescarsi la gola, secca per la corsa improvvisa e
forzata. « Vuoi qualcosa anche tu? » chiese ad
Andy, che si era appena svestito del cappotto e dei guanti ed era
andato a sistemare anche il suo sull'attaccapanni.
« Oh, si
grazie.. solo acqua. »
« Sei
sicuro? »
« Si, si.
»
Drake fece spallucce e
ordinò anche per lui. Quando il moro si sedette, l'altro gli
scostò una ciocca ribelle che si era incastrata tra la
stanghetta degli occhiali e il suo orecchio. Il gesto lento e misurato
non sfuggì agli altri tre, con conseguente silenzio
imbarazzato e sguardi che vagavano dappertutto tranne che sulle loro
facce, di chiunque fossero.
« A-hem...
» Shawn si schiarì la voce per rompere il mutismo
« Allora bella la partita. »
« Si si.
» annuì convinto Drake. « Hai visto
Wallace? » gli chiese concitato.
« E tu
Felton? » rispose di rimando il biondo.
Dopo un paio di
secondi, guardandosi sempre negli occhi, esplosero in un «
Certo che si!! » e scoppiarono a ridere, dandosi un cinque
con la mano.
Erano davvero uniti. E
il basket li legava ancora di più. Joy li guardò,
sorridendo, per poi rivolgersi ad Andy, che era seduto di fronte a lei.
« Senti
ma....di' la verità: non c'hai capito un tubo, vero? Della
partita. »
« Ehi! Ma
per chi mi hai preso, mica sono così cretino. »
rispose con tono fintamente offeso « Drake mi ha spiegato le
cose man mano che la partita si svolgeva. » ammise infine tra
lo sconfitto e lo sconfortato.
« Ma no, hai
capito tutto subito. » lo rincuorò l'altro.
« E poi quella del fallo antisportivo è stata
micidiale! »
« Oh, sta'
zitto. »
Andy gli
tirò un leggero pugno sulla spalla, ma questo non
impedì a Drake di continuare a ridergli in faccia.
« No,
davvero, avreste dovuto sentire con che fervore faceva il tifo!!
» continuò imperterrito.
« Ma la
finisci? » cercò di tirargli un altro pugno, che
venne prontamente bloccato dall'altro.
« Ammetilo
che il basket è un bello sport. »
« Passabile.
»
« Guarda che
mi offendo. »
« Chi se ne
frega. »
Al momento la cosa che
gli importava di più era che se Drake non mollava
immediatamente il suo polso avrebbe potuto fare fumo dalle orecchie,
perfino. Per fortuna arrivarono le loro bevande, e il ragazzo
iniziò a bere la propria acqua. Avrebbe voluto affogarcisi.
Non si era mai sentito tanto imbarazzato in vita sua. Però
non poteva darlo a vedere, per cui cercò di simulare
noncuranza e tranquillità.
Joy però,
scettica e fin troppo abituata alle sue prove teatrali d'autore, si
voltò verso Shawn, mormorando qualcosa che solo lui poteva
sentire.
« Adesso
sì che mi sembra di reggere il moccolo. »
« Non me lo
dire. » borbottò il biondo da dietro le dita della
propria mano appoggiata sul viso in una posa falsamente contemplativa.
« E voi
cos'avete fatto tutto questo tempo? »
« Ah, io ho
guardato la partita. »
« C'era da
immaginarselo. E tu Joy? »
« Mentre lui
non badava a me perché troppo intento a guardare lo schermo,
tanto da dimenticarsi di chiudere la bocca e stare lì
impalato come un ebete insieme ad un'altra dozzina di idioti, ho preso
un bel ragazzo che ho incontrato qui dentro e siamo andati a pomiciare.
»
Shawn rimase anche
questa volta a bocca aperta, come se la sua mascella sentisse
terribilmente l'influsso della forza di gravità.
« Tu cosa?
»
Joy lo
osservò a lungo prima di rispondere.
« Ho
guardato anch'io la partita, cretino. Solo che non ero a due centimetri
dal televisore. »
Shawn si
rilassò leggermente, mantenendo però
un'espressione involontariamente crucciata.
« Come hai
fatto a dire una cosa simile con lo stesso tono con cui stai parlando
ora? Ma sei un automa?? »
« Ah, no.
» intervenne Andy « Joy è fatta
così. Potrebbe dirti qualunque cosa con la stessa voce e la
stessa espressione. E' il suo talento speciale. Pensa che un
giorno… »
« Oh no, non
di nuovo. » sbottò lei.
« Un giorno
mi ha detto che era riuscita a trovare il regalo di Natale che voleva
per sua madre, e due secondi dopo mi ha raccontato che uno dei suoi
vicini di casa era stato ricoverato in ospedale per intossicazione
alimentare, con lo stesso tono che io ho capito che si era intossicato
per il regalo che lei aveva fatto a sua madre!! Ti sembra possibile?!
»
« La devi
proprio sbraitare ai quattro venti, questa stupida storiella?
»
Lui rise compiaciuto.
Era uno dei lati più divertenti e interessanti della
ragazza, la sua impassibilità in certe situazioni.
« Non ci
trovo nulla da ridere. Cioè... mi ha fatto credere di aver
perso di vista una donna alla quale avrebbe potuto succedere di tutto!
Mi sento uno schifo. Grazie Joy, questa mi mancava proprio. »
« E
comunque, ci tengo a precisare che avrebbe potuto davvero accadermi
qualunque cosa, tanto per l'attenzione che avevi tu... »
« Scusa.
»
Shawn a quanto pare
era davvero sconvolto.
Per evitare collassi
di neuroni, Drake glissò amabilmente sulle sue ultime uscite
e propose di tornare a casa, mozione approvata da tutti i presenti.
Il viaggio di ritorno
fu di gran lunga più tranquillo di quello di andata. Il
primo ad essere portato a destinazione fu Drake. Andy scese prima di
lui per permettergli di smontare dalla parte del marciapiede e non da
quello della strada. L'altro suonò il campanello di casa
propria e attese.
« Beh,
allora grazie della serata. »
« Grazie a
te. » rispose il moro, sorridendogli dolcemente.
«
No...davvero... » riprese lui, e senza riuscire a trattenersi
gli stampò un lieve bacio sulle labbra.
« Bentornato
Drake. »
La voce di suo padre
lo attraversò da parte a parte. Si era totalmente
dimenticato di essere davanti a casa sua. L'aveva visto? O con il suo
corpo era riuscito a coprire la scena? Non voleva saperlo. Non voleva
chiederlo.
« Ciao
papà. » gli sembrava di avere del cemento a presa
rapida in bocca.
« Tutto bene
la partita? »
« S-si.
»
« Noi
andiamo Dre'. » disse Shawn, intimando ad Andy di rientrare
il più velocemente possibile in auto, cosa che
eseguì immediatamente.
«
Buonanotte. »
«
Buonanotte. »
« 'Notte
signor Foster. »
«
Altrettanto, ragazzi. »
Dal tono di voce
sembrava tutto tranquillo. Ma non si poteva mai sapere. Il biondo mise
in moto la macchina e ripartirono.
Dopo circa venti
minuti di strada si scorse la casa di Andy.
« Comunque
voi pensate che se ne sia accorto? Che...mi ha baciato. »
« Non credo.
Spero di no. » disse Joy. « 'Notte Andy. Sta'
tranquillo. »
« Mh.
Buonanotte anche a voi. »
Joy abitava solo un
paio di isolati più in là, ma Shawn insistette lo
stesso per accompagnarla in auto.
« Guarda che
ci arrivavo anche a piedi. »
« Lo so ma
dopo quello che mi hai detto stasera non ho più intenzione
di far camminare una donna sola neanche per dieci metri. »
« Ti ho
proprio shockato? Guarda che scherzavo. »
« Ma
è vero che ci sono un sacco di delinquenti in giro!
»
« Non
c'è nessuno qui. Per quanto mi riguarda, il primo
delinquente potresti essere tu. »
« Grazie, e
io che mi preoccupo anche. Comunque le prossime volte non ti perdo di
vista, così non mi farai vergognare come un ladro.
»
« Le
prossime volte? »
« Quando
dovremo di nuovo, diciamo, fare da spalla a quei due. »
« Ah.
»
« Non sei
convinta. »
« No, no, lo
sono. Beh, al momento buonanotte. »
«
Altrettanto. Joy. »
Salutò il
ragazzo con la mano ed infilò le chiavi nella serratura.
Le prossime volte.
Bah.
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Non
preoccupatevi, non ci saranno morti né feriti xD alla
prossima!!
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Woohoo!! Sono riuscita a
fare un aggiornamento dopo un mese e un giorno!
cry_chan: già, chi
è questa Shirley?? Eppure la sua prima apparizione l'ha
già fatta nel primo capitolo (dovevo essere scema a creare
un personaggio come lei) è la dolce e pacata fidanzata (se
se) di Drake. E' la capo cheerleader...che ragazza interessante xD mi
fa piacere che tu abbia rivalutato Joy ^^
RiflessoCondizionato: ma figurati se mi annoi, io
adoro le recensioni fatte col cuore così, come la tua
♥♥♥♥♥..io ho
sinceramente paura dei tifosi ubriachi xD è un'accoppiata di
fattori assolutamente tremenda...poveri ragazzi!! ): non sapevo di
descrivere baci che vi attizzano così tanto xD ne sono
felice! Non odiare Shirley...poverina, perdonala, perché non
sa quello che fa u.u spero he anche questo capitolo ti piaccia
°v°
damis: se il padre di Drake li
avesse visti il pover'uomo non si ritroverebbe più
né testa né palle, per cui visto che è
ancora vivo credo non li abbia notati...xD non vi dirò nulla
su Joy e Shawn u.u sono solo amici. spero che anche questo cap ti
piaccia, fammelo sapere >__<
ACEdance: (lol scrivere il tuo nick
mi fa sorridere, è tenero ♥) infatti manco
l'hanno visto il bacio...io ci tengo alla pelle di Drake!!! Dai, che ti
trovo una Joy in carne ed ossa te la regalo per il compleanno (come se
ti servisse poi xD) leggi anche questo capitolo e dimmi se ti fa 'chifo
o se è passabile, mi fido del tuo giudizio!
ç^ç
DarkViolet92: ha! E io non vi dico nulla
di nulla su Joy e Shawn u.u tzè. Spero che questo capitolo
ti piaccia, grazie della recensione =)
Grazie a tutte
quante di nuovo. E non odiate Shirley xD
_____________________________________________________
« Comunque da te non me lo sarei mai aspettato, mi deludi
Dre’. »
«
Perché? »
« Pensavo
che io e te ci saremmo divertiti… »
« E invece?
»
« Invece ci
sei cascato. Ecco cosa. »
« Per
carità. Con Shirley? Stiamo insieme. Ma non stiamo
“davvero” insieme. »
« Mica
parlavo di lei. »
« E di chi?
»
Il biondo
alzò un sopracciglio.
« Hai anche
il coraggio di chiedere? »
Drake
sollevò il proprio sguardo dal pranzo, osservando
l’amico in modo interrogativo. Ma poco dopo
realizzò.
« Nolan?
» borbottò a bocca piena. « Ma
va’. »
« Ah! Non
puoi negare. Non puoi. Dico sul serio. »
« Siamo
usciti una volta sola! Stai sparando assurdità, controllati.
»
« Per
favore. Lo conosciamo da una vita. Non è che ci sei uscito
una volta dopo che l’hai conosciuto due settimane fa
chissà dove. Una vita, una vita. »
« Si, non
serve che mi ripeti le cose. »
« No, forse
non te ne rendi conto… Ma, per prima cosa, hai cornificato
Shirley. »
«
Perché credi che lei non l’abbia fatto nei miei
confronti? Non pensavo vivessi nel mondo delle fiabe. »
concluse scuotendo affranto il capo.
Shawn fece una pausa
stupita per la seconda volta. Stava iniziando a dargli fastidio, questo
non aver la risposta pronta.
« Bah,
cornuti e contenti. » si decise a mangiare il proprio
sandwich.
« Hai
intenzione di farmi la predica? Se non sbaglio non sono mai stato
l’unico a prendere le cose alla leggera. »
« Lo so,
però Shirley è un caso più unico che
raro. La maggior parte delle ragazze che si comporta piuttosto
“liberamente” non ha mai pretese, ma lei
è una tale tritura-ammenicoli… »
« Ok, allora
dopo le parlo. »
« Ecco
bravo. Vedi di non farla sbraitare troppo. »
« A-ha.
»
« E vedi di
deciderti. »
« In che
senso? »
«
L’affare con Shirley è solo una parte del mio
discorso di prima. L’altra riguarda proprio Nolan. »
«
Perché? »
« La
signorina Morgan sarà scaricata oggi stesso, dico bene?
»
« Esatto.
»
« E con
Nolan quanto intendi continuare? »
«
Finché voglio. » borbottò
concentrandosi sul piatto e continuando a mangiare.
« Se lo dici
tu. Ci eravamo promessi di non incappare in storie serie. Te lo sei
forse dimenticato? »
« No.
Vedrai, non combinerò casini. »
« Non lo so,
sei troppo preso da lui. »
« Ma no.
Perché ci siamo baciati? Come se per me fosse stato il primo
bacio, per favore. E neanche per lui. Non è un grande
affare, l’ho fatto perché mi andava, punto.
»
« Hai chiuso
gli occhi. »
« E tu che
ne sai? »
« Quando sei
sceso davanti a casa tua, gli hai dato un bacio. E hai chiuso gli
occhi. Una cosa oscena, sembravate due fidanzatini. »
« Mi piace e
basta! Ce ne sono mille come lui. »
« Oddio, non
guardare da questa parte! »
« Cretino,
non mi riferivo a te, parlavo in generale. »
« Mh.
Perciò devo dedurre che per te lui non è niente
di speciale. »
« Certo che
no. »
« Guardami
in faccia quando lo dici. »
Drake
sbuffò, e si voltò mostrandogli il suo miglior
sguardo irritato.
« Ho detto
che per me non è niente di speciale. »
A questo punto gli
toccava credergli.
Ma non ci riusciva.
*
« Ciao Andy.
»
« Ciao.
» rispose l’interpellato con un sorriso.
« Oggi ci vediamo solo a pranzo eh? Non abbiamo corsi in
comune, stamattina. »
«
Già. Tutta colpa del fatto che tu hai mollato chimica.
»
« Ho
scoperto che non mi piace così tanto. »
La ragazza
scrollò le spalle. « Scelta tua. Piuttosto, hai
sentito Drake? »
« No.
Però se suo padre avesse notato qualcosa, sabato sera, me
l’avrebbe detto. »
« Non ti ha
scritto, domenica? »
« Guarda che
non ce l’ha il mio numero. »
« Come no?
Si è tenuto il tuo telefono per più di una
settimana! »
Andy scosse la testa.
« Non si è salvato il numero, in ogni caso.
»
« Ma scusa,
uscite insieme!! Come potete non scambiarvi i numeri? Ah, sono
circondata da idioti. »
«
Grazie… comunque piano con quell’”uscite
insieme”. Siamo solo andati a vedere una partita. Di basket.
» Andy sottolineò l’ultima parola.
Ancora non ci credeva.
Basket. Cioè, lui… basket!! Davvero, davvero
senza
parole.
« Si, avete
visto la partita… e poi? »
« Cosa
“e poi”? »
« La smetti
di ripetere quello che dico? Sei fastidioso. »
« No,
è che non capisco cosa vuoi insinuare. »
« Dai, ti ha
baciato quando eravamo davanti a casa sua. »
« Non me lo
ricordare. Credevo che quel giorno la mia vita sarebbe finita. Mai
più voglio vedere suo padre, mai più. Come se poi
l’avessi visto, tra il buio e la tensione che avevo.
»
« Non
cercare di spostare il discorso su padri, madri, fratelli o quel che
è. Stavamo parlando di te e lui. »
« Sei una
rompiscatole, lo sai? »
« Si, e ne
vado fiera. Tu continua a raccontare. »
« Joy, hai
proprio l’anima del giornalista. »
« Prego?
» chiese lei inarcando un sopracciglio.
« Avvoltoio.
Ecco cosa sei. Comunque… beh… noi…
»
« Oh, deduco
che vi siate baciati eccome. Insomma, per festeggiare la vittoria.
»
« Ma
perché ti interessa tanto? Questo è gossip.
»
« Questa
è morbosa curiosità, e lo sai che io sono LA
morbosa curiosità, in persona. O forse mi sto dando allo
yaoi. »
« Al che
cosa? »
« Niente, tu
non hai sentito niente. »
Andy la
fissò. Anche lei era preoccupante. Decise di lasciar cadere
il discorso, anche perché parlarne lo metteva in imbarazzo.
Si voltò ad ammirare il giardino della scuola imbiancato
dalle stille di rugiada che, ghiacciatesi, erano diventate brina. Il
flebile sole che filtrava dalle nuvole le faceva rilucere, come
minuscoli cristalli dalle mille sfaccettature.
All’improvviso
gli balenò in mente un ricordo. Il suo discorso con Drake.
Due settimane e mezzo prima. E in due settimane era successo di tutto.
Gli tornò
alla memoria anche un’altra cosa. Quella che avrebbe voluto
seppellire.
Si fermò a
riflettere.
Dio, che aveva fatto.
Drake gli piaceva. Si, non ci volevano tante ore di pare mentali e
analisi per capirlo. Avrebbe potuto sviscerare le proprie reazioni ed
emozioni, ma il risultato sarebbe stato sempre quello.
Gli piaceva.
Un’infatuazione,
o serio interesse che fosse, gli piaceva.
Cos’era il
piacere, poi? Armonia. Complicità. Credeva di non avere
nulla in comune con lui. Si sbagliava.
E anche il basket,
doveva ammettere che gli andava a genio.
Ma lui soprattutto,
lui era al centro della sua attenzione. Lui, in tutta la sua
sfacciataggine, il suo infantilismo, lo sguardo furbo che ti
conquistava. Ora capiva perché era tanto popolare. Non
riuscivi a farne a meno, una volta che l’avevi conosciuto.
E lui, adesso, ne
aveva bisogno come l’aria. Dopo due sole settimane.
Si era ficcato nei
guai.
Com’era
partito tutto?
Ah si.
Cercava una vendetta.
Voleva che Drake si innamorasse di lui, per farlo tormentare.
Perché
dubitasse della propria identità.
Ed era vero, Drake era
stato male. Aveva sofferto. Si era sentito sbagliato. Andy non sapeva
che avesse anche subìto disturbi e indisposizioni fisiche,
indigestioni, ansia. Però lo immaginava.
E si sentiva uno
schifo.
Da una parte, si era
reso conto di avergli fatto male. Davvero male. Si sentiva cattivo,
sporco. Uno stronzo.
Dall’altra,
comprendeva che, dopo tutto il casino che aveva combinato, non era
neanche riuscito a raggiungere il proprio obiettivo: non era rimasto
freddo e distaccato. Si era fatto coinvolgere. Aveva aiutato quel
ragazzo con lo stesso fervore con cui aveva cercato di farlo stare
male, se non con più attenzione, addirittura.
E alla fine non
s’era neppure vendicato, perché in quel vortice di
subdoli inganni c’era finito pure lui.
E ogni volta che
guardava Drake un senso di amarezza lo riempiva. Perché Andy
era un bugiardo. Perché gli aveva mentito.
Perché non
era innamorato di lui. O meglio, all’inizio no.
Doveva dirglielo? Se
lo avesse fatto, avrebbe rovinato tutto. Se lo avesse fatto, Drake
l’avrebbe odiato. E a ragione.
Se non
gliel’avesse detto, si sarebbe portato dentro il peso. Ma se
lo meritava. E se l’avesse detto a Joy?
No, lei
l’avrebbe scuoiato vivo. Non poteva dirglielo. Anche
perché parlarne sarebbe stato ammettere che si,
l’aveva davvero fatto, aveva davvero architettato una cosa
simile, aveva davvero fatto quella cazzata, la più grande
della sua vita.
Però, a
pensarci bene, se non gli fosse venuto in mente un piano tanto stupido,
non avrebbe mai conosciuto davvero Drake.
E non sarebbe stato
così bene. Perché con lui stava davvero
così bene. Doveva ringraziare la sua stupidità.
Probabilmente.
Ma certe cose era
meglio dimenticarle.
« Andy, ti
sei imbambolato? Il discorso, non l’hai finito! »
« Non
c’è più nulla da dire. » le
rispose tranquillamente. Poi, come desideroso di intavolare
un’altra conversazione, la richiamò «
Joy. »
« Si?
»
« Grazie di
essermi sempre vicina. »
« Figurati.
Ti sono stata accanto nei tuoi momenti peggiori, adesso che sei entrato
in quello di gloria vuoi che sparisca? E poi lo sai che ti voglio bene.
Sei come il fratello intelligente che non ho. »
« Dai, tuo
fratello è una brava persona. »
« Prego?
» alzò un sopracciglio.
A dire il vero Andy
non conosceva bene il fratello di cui Joy stava parlando. Era
più vecchio di loro, aveva 24 anni, e abitava in
un’altra città, con la moglie. L’aveva
visto solo un paio di volte, tempo prima, quand’era piccolo,
e l’impressione che gli aveva fatto era buona. Si vedeva che
era fratello di Joy. Innanzitutto erano uguali. Stessa faccia. E poi,
litigavano spesso, ma si volevano bene, erano legati.
« Ma dai.
Sei la sua “ricciolina”. »
« Oh ti
prego, non dirlo mai più. Odio quando mi chiama
così. »
Ridacchiò.
Come avrebbe dovuto chiamarla? I ricci di Joy sembravano oro colato su
tralci di vite fresca. Il ricordo della precedente riflessione stava
già scemando. In fondo stava bene. Più o meno.
*
Drake aveva detto a
Shawn che avrebbe chiuso i ponti con Shirley. Cioè, non
sarebbero stati più fidanzati. Perché lei era
carina, certo, le era affezionato, certo, ma…non poteva
più stare con lei. Per lei non provava solo interesse
fisico, altrimenti avrebbe potuto stare con chiunque lo attraesse.
Era una ragazza
simpatica. Si sapeva divertire. Era davvero affascinante.
Però
c’era una nuova incognita, ora, nella sua vita.
Un’incognita che si chiamava Alexander. E se pensava a lui
non poteva far finta di essere interessato a Shirley. Non era certo una
cosa passeggera. Lo avvertiva. E stare con lei era un impegno. Non
poteva darlo per scontato.
Però come
al solito, tra il dire e il fare, ormai c’è di
mezzo un intero sistema solare, altro che mare.
Quando avrebbe dovuto
dirglielo? E soprattutto, come? Ma più importante ancora:
come diavolo avrebbe reagito? Probabilmente staccandogli la testa a
morsi.
Non era solo una
questione “lei mi ama tanto”, perché non
era certo innamorata di lui.
Le piaceva, oh si. E
c’era anche il fatto che lui era molto popolare. E lei era la
reginetta della scuola, praticamente. In più, la caposquadra
delle cheerleader. La più in vista. Presuntuosa,
orgogliosamente consapevole della propria bellezza.
Tutti si sarebbero
aspettati che loro stessero insieme. Tutti.
Ma si sa, le cose
molto spesso non vanno come ci si aspetta. Se l’avesse
lasciata avrebbe scatenato qualcosa come un pandemonio.
In più,
Dan, uno dei suoi compagni di squadra, era innamorato perso della
migliore amica di Shirley, Missy Collins, e se avesse combinato un
casino, lui lo avrebbe ammazzato.
Ma ciò che
andava fatto, andava fatto. Non c’erano scusanti.
Finite le lezioni,
Drake si incamminò deciso verso l’aula di arte.
Sapeva di trovarla lì, dato che quello era il suo corso
pomeridiano.
« Ehi. Ciao.
»
« Ciao
Drake!!! Come va? »
« Bene.
» le sorrise. Lei lo abbracciò raggiante.
« Possiamo
parlare? »
« Certo!
»
« In privato
però. »
«
Si… » la sua espressione si fece perplessa
« C’è qualcosa che non va, Drake?
»
« No, non
proprio. »
La condusse in
un’aula vuota, e chiuse la porta alle proprie spalle. Era il
momento. Si sentiva una persona orribile. Però doveva farlo,
era meglio per entrambi.
«
Shirley… io non ti voglio mentire. »
Lei annuì
in silenzio, lasciandolo proseguire.
« E non
voglio essere costretto a farlo. Perciò prima che sia troppo
tardi, voglio essere onesto con te. »
La ragazza
corrucciò leggermente la fronte, ma non disse nulla.
« Le
cose… le cose non sono più come un tempo. E
io… non… »
« Cosa?
»
« Non... non
me la sento più di stare con te. Scusami. »
Lei sgranò
gli occhi e indietreggiò.
Fece una smorfia,
quasi come se stesse per piangere, ma poi tirò su col naso e
cercò di restare seria.
«
Per... Perchè? »
Drake avrebbe voluto
concludere così, senza dirle una parola di più.
Però glielo doveva, almeno quello.
«
Perché… c’è
qualcuno… a cui penso. Spesso. Troppo spesso. E non voglio
fare così, devo scegliere. E purtroppo, questa è
la mia scelta. Mi dispiace Shirley. Mi dispiace. »
« No, ok.
Va... va bene. » una lacrima che non riuscì a
trattenere le rigò la guancia.
« Va bene.
Posso almeno sapere chi è? »
« No.
Preferisco di no. »
« Ok.
»
« Shirley,
mi dispiace davvero… »
« No, va
bene. Va… » nascose la testa tra le mani e
iniziò a piangere. « No… »
mormorò tra i singhiozzi « E’ giusto
così, non ti devi sforzare, non farlo, sono
solo… presa alla sprovvista… »
Drake non
riuscì a non sentirsi, comunque, sollevato. Le si
avvicinò e le diede un bacio a fior di labbra.
« Questo
è l’ultimo. Su, tranquilla… non
piangere. Troverai sicuramente qualcuno meglio di me. » le
scostò una ciocca di capelli biondi dal viso.
« Perdonami,
ma ora devo andare. »
« Ok.
» disse lei, momentaneamente più calma.
« Ok. Ci vediamo, Drake. » e si voltò
per prendere un fazzoletto dalla cartella.
Drake era un
po’ triste, ma doveva davvero andare. Doveva. La
abbracciò un’ultima volta e uscì dalla
stanza. Probabilmente adesso che lui non era più accanto a
Shirley, stava piangendo come una fontana. Urlando, sbraitando. Tirando
calci ai muri. Aveva forse chiamato Missy per raccontarglielo tutta
incazzata tipo iena. Ma non importava.
Era suo diritto
sfogarsi. Forse avrebbe cercato di sputtanarlo in qualche modo.
Ma neppure questo
importava.
E non credeva comunque
che lei l’avrebbe fatto.
Ora doveva andare.
Doveva andare da Andy.
Doveva…
« Drake!
» Dan gli correva incontro sventolando la mano in saluto.
« Ciao. Oggi
ci vediamo ad allenamento? »
« Si. Adesso
però… »
« Ok,
fantastico! Senti, sabato sera sei libero? Io e gli altri andiamo al
Donovan’s. »
Il Donovan’s
era uno dei locali più in vista di Greensbourgh. Era
praticamente la loro seconda casa, ci andavano sempre. Ma non era
monotono, era… bello così.
« Ma io
dovrei… »
« Dai Drake,
il Donovan’s! Sono quasi riuscito a invitare Missy ad uscire
con me! »
Che tempismo.
Al Donovan’s
non poteva dire di no. Non poteva proprio.
« Ok Dan, ci
sarò. A che ora? »
« Alle nove.
Come al solito. Ci porti anche Shirley? Così lei
porterà tutte le altre del loro gruppo, e avremo musica,
cibo, bibite e ragazze. »
« Beh, a
dire il vero… » forse era meglio glissare
« Si, credo ci sarà anche lei. »
« Stupendo!
A dopo allora. »
« A dopo.
»
Lo salutò
velocemente e si diresse da qualche parte.
Si perché
non aveva proprio idea di dove fosse Andy. Alla redazione non
c’era, l’aveva appena superata ed era tutto chiuso.
Quindi… dove cavolo avrebbe potuto cercare?
Andando per
esclusione, nei laboratori no. A lui, lo sapeva, piacevano le materie
umanistiche. Meno di pratico c’era, meglio stava.
Nell’aula di storia? Salì una rampa di scale e
cercò la porta. Bussò, sicuro che comunque non ci
fosse nessuno in particolare. Non c’era neppure Andy in
effetti.
Non era andato a casa,
o gliel’avrebbe detto. Magari doveva aspettare che Shawn
finisse le lezioni al suo corso di lettere, lui che era il cervello di
ogni situazione avrebbe saputo consigliarlo meglio.
Anche
perché non aveva nessunissima voglia di rivoltare la scuola
come un calzino.
Si, decisamente. Si
diresse a grandi passi dall’amico, sicuro che sarebbe stato
la soluzione ideale. In effetti lo era, ma per motivi totalmente
diversi.
« Ehi! Ola
Shawn, hai finito? »
« Si
finalmente… oggi la lezione è stata di una noia
mortale, mi stavo addormentando! »
« Solo oggi?
Ma se sei mezzo imparentato con un ghiro! »
« Ah,
spiritoso… comunque, piuttosto, cosa ti ha portato fino a
questa porta? Cioè, lettere! L’equivalente della
peste per te. »
« Non trovo
Andy. »
Shawn lo
fissò per un po’, quasi come avesse detto
“non trovo il quaderno di scienze” o
un’altra sciocchezza simile.
« E quindi?
»
« Non so,
magari tu che sei più sveglio di me sai darmi consigli. Da
qualche parte nella scuola deve essere. »
Il ragazzo
scoppiò a ridere. Drake si sentì irritato. In
fondo era una cosa seria!
« Sei
irrecuperabile. »
«
Perché? »
Il biondo non rispose
e lo afferrò per un braccio, portandolo nell’aula,
da dove stavano ancora uscendo studenti desiderosi di tornare alle
proprie case. Drake si guardò intorno per vedere se
c’era qualcosa che spiegasse il gesto dell’amico, e
in effetti c’era, eccome.
« Andy.
»
« Esatto.
»
« Qui?
»
«
E’ lettere, non marziano. »
«
Vabbè, ma… »
« Se vuole
fare il giornalista, lo scrittore, o quel che è, ovvio che
segue il corso di lettere. »
« Si ma qui
sorge un altro dubbio. »
« Ovvero?
»
« Tu.
»
« Eh.
»
« Da
quant’è che segui questo corso? »
« Siamo in
questa scuola da due anni, quindi direi… due anni?
»
« Esatto. E
lui? »
« Due anni.
»
« Ma bene.
»
« E con
questo? »
Drake si prese una
piccola pausa per evitare di bestemmiargli dietro, e si
massaggiò lentamente le tempie. Per fortuna che doveva
essere Shawn il più sveglio. Ah, no, un attimo, lui era
sveglio solo quando si trattava di cose logiche come ragionamenti o
robe simili, per tutto il resto aveva la stessa brillantezza di un
bradipo.
«
L’hai avuto nello stesso corso per due anni, e non mi hai mai
detto niente?! »
« Tanto a me
non deve mica niente. »
« No, non
capisci… quando noi… quando io… quando
lo
prendevamo in giro, gli portavamo via le cose e tutto quel periodo
idiota, tu l’hai sempre avuto in corso. Perché non
me ne hai parlato? Se tu lo conoscevi… »
«
Perché non ho mai parlato a lui!! Cioè, lo
conoscevo, magari, ma solo da un punto di vista scolastico…e
poi lui lo vedi com’è, un nerd –anche se
non è fanatico dei computer- e sta sempre in prima fila. Io
più vicino alla porta sono, meglio è: sempre
pronto a scappare. » concluse annuendo convinto.
« Si,
ma… » nonostante il discorso di Shawn fosse
perfettamente logico, normale e comprensibile, Drake sembrava deciso a
trovare qualche pretesto per rimproverarlo di non avergli mai fatto
parola su quel fatto che –solo ora- gli sembrava tanto
straordinario.
«
“Ma” cosa? » ribatté subito il
biondo alzando le sopracciglia. « Tu parli sempre con tutti
quelli che hai nei corsi? Non credo proprio. »
«
Ma… Andy è Andy! »
« Andy
è Andy adesso, prima era “un soggetto inutile,
finocchio e potenzialmente dannoso”. Nonché, in
certi ambiti, l’essere più insignificante su
questa Terra. Neppure tu gli avresti parlato. »
Sospirando,
l’altro si sentì finalmente pronto ad accogliere
la verità. Tutto quello scambio di interessanti
verità l’aveva distolto dal suo obiettivo: andare
da Andy.
Però, ora
che ce l’aveva davanti (e del tutto inconsapevole della
propria presenza, a giudicare dall’attenzione con cui
continuava a scrivere su un quaderno, o quel che era, il naso a poco
più di due centimetri dal banco) non si ricordava
più perché lo volesse vedere.
O meglio, forse non
l’aveva mai saputo. Sapeva soltanto che dopo aver parlato con
Shirley, e ancora prima di concludere la conversazione, si sentiva
libero. Non solo libero da lei, che bene o male, non era una
carceriera, ma piuttosto libero da tutto quanto, dalle costrizioni,
dalla gente…
Sembrava assurdo
perché prima aveva una ragazza ed era un giovane brillante,
di talento sportivo, popolare. Ora era sempre lo stesso Drake, ma non
aveva una fidanzata (senza contare che quella che aveva appena lasciato
era la più in vista, che equivaleva a dire che parecchi
ragazzi avrebbero dato via un braccio pur di trovarsi al suo posto con
la bella bionda), aveva messo le questioni personali davanti ad un
amico (Dan e la sua “questione Missy”) e come se
non bastasse si era preso una cotta per un ragazzo, con cui tra
l’altro era pure uscito una volta. Quindi, custodiva un
segreto.
Eppure non si era mai
sentito così eccitato, felice, di certo non spensierato, ma
vivo.
Quando giocava a
basket si sentiva pieno di vita. Ma anche adesso. Guardare
quell’esile figura seduta di spalle e quasi accartocciata tra
sedia e banco, i suoi capelli neri e lucidi dai riflessi opalescenti,
le spalle ampie ma ossute, gli metteva addosso una tenerezza
indicibile. E dire che lui non era mai stato un tipo tanto
sentimentale. Effettivamente tutto ciò che di bello notava,
aveva sempre un paragone concreto, per ciò che aveva ora
davanti a sé invece, faticava a trovarne definizione,
“elevato”, o forse
“spirituale”, o forse ancora
“superiore”, ma non rendeva l’idea. La
sua materia grigia si era divisa in tanti piccoli esserini festosi che
gli impedivano di costruire discorsi sensati, pensieri sensati.
Si decise: avrebbe
raggiunto Andy e poi tutto il resto sarebbe stato di minore importanza.
Non gli serviva un motivo per andare da lui, aveva lui e questa era
già una valida ragione.
---------------------------------
Ho
interrotto qui il capitolo perché di perdermi negli
sproloqui non verbali di Drake non ne avevo proprio voglia xD tanto
è partito per la tangente, quindi riportare su carte
(virtuale) ciò che il suo cervello concepisce sarebbe
diventato impossibile. Non mi chiamo mica James Joyce io. Al prossimo.
*saluto militare*
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Evviva
i neurini di Drake che ballano il merengue. Anche i miei neuroni lo
ballano, per cui se le risposte alle recensioni sono corte vi prego di
scusarmi...çç
cry_chan: *abbraccia* si Shawn
è decisamente il più figo :D e Drake da quando ha
imparato a pensare, lo fa troppo spesso...grazie della recensione cara
=)
damis: tu sei sempre
quella che fa le predizioni più esatte xD beh Shirley
è un discorso a parte, però per adesso
è tranquilla, quindi lasciamola stare che è
meglio...o no? *sorriso sadico*
Regina di Picche:
mia cara, le tue recensioni sono sempre così piacevoli
♥ non mi lamento perché qualcuno no ha tempo di
recensire è__é e poi a volte non si ha nemmeno la
voglia, ma lo capisco, anch'io sono una lettrice eh =) grazie per le
correzioni grammaticali, ti giuro che i puntini di sospensione sono la
mia tortura: so che ne vanno messi tre (le variazioni di numero sono
solo svarionamenti miei) però non sapevo se fosse una regola
fissa quella di staccare le parole che vengono dopo...grazie per la
delucidazione ^^ per quanto riguarda il saremo/saremmo dato che la
frase è al futuro (pensavo che io e te ci saremo divertiti
-in futuro) ho lasciato una sola m, ma siccome era troppo vaga la cosa
ho optato infine per mettere il condizionale... parlando d'altro, non
so cos'è 'sta fissa che hanno tutte ma Shawn e Joy non si
piacciono, mi pare ò.ò ma i fandom si sa, sono
facili a nascere xD grazie della recensione ^^
Bibby111: oh che
bello una nuova recensitrice -si spera- ! Sono contenta che la storia
ti sia piaciuta =) dato che odio gli uke-checca isterica ho cercato di
rendere Andy un ragazzo normale, pur lasciandogli un margine di
"sensibilità" in più...spero che anche questo
capitolo ti piaccia, anche se Andy verserà qualche
lacrimuccia...un bacio =*
ACEdance: io ti
voglio bene e del tuo giudizio mi interessa perché anche se
è di parte ti conosco e so discernere le cose troppo "di
parte". E comunque sono fermamente convinta che tu abbia un'ottima
capacità analitica -e pure un tantino estremista e cinica
nei confronti dei miei personaggi- quindi mi va bene che tu mi
rimproveri gli svarioni da fangirl u.u beh Shirley sarà
anche una cheerleader ma di fronte a certe cose tutti o quasi
reagiscono allo stesso modo...avrà modo anche lei di
riflettere sull'evento! Mica è finita qui. E Drake ha un
cervello essenzialmente molto semplice (diciamo che ha un circuito
solo) per cui si entusiasma come un bambino di cinque anni, e non
accetterò recriminazioni in merito u.u e Shawn è
più figo quindi ragiona meglio. (anch'io sono di parte,
concedimelo C:) leggi questo capitolo ma non ammazzarmi.
DarkViolet92: non
confermo né smentisco a proposito di Joy e Shawn, scoprirete
più avanti come va a finire...ad ogni modo Andy ha un cuore
quindi prima o poi doveva pentirsi...o almeno nella mia ottica
è così =) altrimenti avrebbe proprio esagerato...
Volevo
ringraziare tutte/i, sia coloro che hanno recensito, coloro che hanno
solo letto e i 33 che hanno inserito la storia tra le loro "seguite" ^^
Grazie a voi questa fanfic continua!! *__*b
Vi
chiedo solo di perdonarmi le reazioni di Andy che avranno luogo in
questo capitolo, spiego meglio alla fine per non rovinarvi la lettura
^__^v
--------------------------------------
« Drake, o
ti riscuoti da ‘sto stato di trance, o mi vedrò
costretto ad adottare metodi poco ortodossi. »
« A-ha.
»
« Nocciola
bacata, devo andare a casa. »
« Non
chiamarmi “nocciola bacata”, i miei capelli hanno
un colore bellissimo. »
« E io devo
andare a casa. »
Drake lo
guardò, levando gli occhi di dosso ad Andy con uno sforzo
epocale, cercando di fissarlo nel modo più rancoroso che
potesse, ma tanto lui non ci riusciva per nulla a lanciare occhiate
cariche d’odio, neppure simulato, soprattutto se vedeva due
occhioni azzurro cielo enormi, a palla, che sembrava Nemo di
“Alla ricerca di Nemo” e che…
« Maledetto
traditore. »
« Che ho
fatto adesso? »
« Hai gli
occhi! »
Solo il muro
riuscì a notare un tic nervoso che colse il biondo al
braccio, quasi fosse indeciso tra il misurare la febbre
all’amico con la mano, o usarla per spedirlo su Marte con un
pugno.
«
Cioè, » si decise a spiegare lui « hai
gli occhi troppo belli. Troppo blu, celesti, cerulei o come si dice,
troppo di cristallo e ti perdono. »
« Scusa,
quando esattamente siamo passati dal parlare dei miei occhi a parlare
di perdono? Hai perso un po’ di cervello strada facendo?
Forse dalle orecchie? O dal naso. Sai, gli egizi quando mummificavano i
corpi, estraevano con un lungo uncino… »
« No,
grazie, non m’interessa. Preferirei digerirlo, il pranzo di
oggi, non vomitarlo. Comunque intendevo che ti perdono anche se non mi
hai mai detto di Andy, che è in corso con te e blablabla.
»
« Ma che
gentile concessione… »
« Voglio
andare da lui. » espresse poi con tono lamentoso.
« E invece
di fare i capricci come un moccioso dell’asilo, vacci, no? Ti
si sono cementati i piedi? »
«
Ma… mi sento un idiota. »
«
Perché? »
«
Beh… » si avvicinò a lui sussurrando,
come se temesse che qualche orecchio indiscreto potesse cogliere le sue
parole « Non c’è solo lui in classe,
anche qualcun altro sta scrivendo qualcosa o riordinando gli
appunti… »
Shawn
sospirò.
« Devi
sapere che noi, in quanto esseri umani, abbiamo una vasta gamma di
possibilità di comportamento. E dato che hai, fino ad ora,
frequentato solo ragazze, e intendo Shirley e quell’altro
vagone di sventole che hai avuto in questi anni, hai focalizzato su un
unico tipo di incontro. Ma sai, non è che se devi andare a
trovare la persona che ti piace nella sua classe, l’unico
tipo di approccio è 1) entri, 2) fai in modo di farti notare
da tutti, 3) ti siedi di fianco a lei e vi avvinghiate come anguille
selvatiche, ovviamente attirando l’attenzione in ogni modo
provocante che possa esistere, 4) forse finalmente inizi a parlare
–e ripeto forse. »
« E che devo
fare? »
« Entrare e
dire “ciao” è troppo difficile? Ti stai
facendo più problemi di tua sorella. Non è che da
quando sei gay ti sei rincoglionito? »
« Non sono
gay. »
« Allora non
neghi di essere rincoglionito. Beh almeno l’hai ammesso, ora
si può procedere alla guarigione. »
« Nessuno vi
ha insegnato che tra “gay” e “checca
isterica” c’è una differenza ben
definita? »
Una voce dal tono
fortemente irritato e sarcastico li colse di sorpresa, alle spalle.
« A dire il
vero volevo iniziare il discorso apostrofandovi con un paio di paroline
dolci, ma non sapevo quale fossero le più adatte, per cui ho
preferito lasciar perdere. »
« Andy.
» il lamento di Drake gli era uscito di bocca in un basso
rantolo.
« Ecco
sfumati i tuoi piani di conquista. » borbottò
stancamente Shawn « La prossima volta farai come hai sempre
fatto in vita tua? »
«
Cioè? »
« Prima
agisci, poi, forse, pensi. »
« Non ti
sopporto, Shawn. »
« Invece io
ti amo. » sospirò sistemandosi meglio lo zaino
sulle spalle. « Adesso devo proprio andare, ho sopportato fin
troppo di questi svarioni. Ciao Andy, occupatene tu. »
« Ciao
Shawn. Buon pomeriggio. »
Il biondo gli sorrise.
« Ciao, idiota. » borbottò dolcemente,
salutando l’amico con un affettuoso bacio tra i capelli. In
risposta gli arrivò un broncio corredato da una serie di
sguardi corrucciati, ma sapeva che andava bene così.
Quando
sparì girando l’angolo, Andy si voltò a
guardare Drake.
« Che cosa
aspettavi ad entrare? E piuttosto, perché volevi farlo?
Credevo avessi paura di prendere l’orticaria, mettendo piede
in cotanta letteratura. »
Drake perse tutti i
buoni propositi che si era messo in testa.
« Ho
piantato Shirley. » confessò laconico. Un inizio
perfetto.
« In
giardino? »
« Andy.
»
«
…Scusa. »
…
« Ma
l’hai lasciata davvero? »
« Si.
»
«
Perché? Lei ti piaceva. Insomma… non solo
fisicamente. »
« Lo so.
Però… »
« Cosa? Ti
ha tradito? »
« Si ma non
è quello il punto. Anch’io l’ho fatto.
» non notò uno sguardo di profondo rimprovero da
parte del moro. « Diciamo che… non era abbastanza.
Lei non era abbastanza per me, o per lo meno… non era quello
che volevo. »
Andy lo
fissò confuso. Cosa lasciava intendere quella mezza frase?
C’era qualcosa da leggere tra le righe, o era una semplice
considerazione a sé stante?
Quell’”abbastanza”
che Shirley non era… a cosa si riferiva?
Era lui quello che gli
aveva fatto capire che lei non era all’altezza? Oppure era
solo lei ad essere troppo stupida o non sufficientemente adeguata a
Drake?
Il ragazzo lo guardava
con palese disagio dipinto negli occhi dorati.
«
Non… non dici nulla? »
« Beh, mi
dispiace un po’ per lei. Ci sarà rimasta male.
» non è che gli dispiacesse davvero, ma non sapeva
che dire, e una frase simile, anche se di circostanza, gli sembrava
appropriata.
« Credo di
si. Cioè, si. Ha pianto. Forse dopo che me ne sono andato mi
ha maledetto in tutti i modi ma… va bene. Davvero.
»
« Ok.
»
Si guardarono, tra
l’imbarazzo e il non saper bene cosa dire.
« Io sono
abbastanza? »
Gi era uscita
così, quella stupida domanda, senza un filtro razionale,
direttamente dalla corteccia cerebrale alla bocca, come se in mezzo non
ci fosse proprio nulla che lo facesse rinsavire prima di avventurarsi
in terreni pericolosi.
« Io non
riesco a capirti bene. Sei così… diverso da me.
»
Aveva detto tutto e
niente.
« Non credo
che... tu abbia proprio risposto alla mia domanda. »
« Mi piaci.
»
« Anche tu.
»
« Quello che
so di certo è che sei molto più di
“abbastanza”. » sorrise, arrossendo.
Andy non era una
persona impulsiva. Se non altro, lo era a parole, nel ficcarsi nei guai
per le boiate che sparava, ma non aveva mai picchiato nessuno, tanto
per dirne una, né fatto sgambetti o cose simili,
perciò quello che avvenne negli istanti successivi lo visse
come guardando un film, come dall’esterno, come fosse stato
il corpo di un altro, e non il suo, ad agire.
Seppe solo che fu
pienamente cosciente del prima e del dopo. Prima era fuori
dall’aula. Dopo era dentro. Prima c’era molta gente
nella stanza. Dopo, ora, adesso, c’erano solo lui e Drake.
Prima la porta era aperta e la luce accesa. Ora era chiusa e la luce
spenta. Era dicembre, era dicembre e faceva freddo, fuori in cortile, la
nebbia era indice dell’umidità diffusa, quel
pulviscolo gelido che li circondava. Erano le quattro. Non era
luminoso, tra le pareti gremite di scaffali silenziosi che li
circondavano, come racchiudendoli in un nido di carta e inchiostro, ma
non era neppure quel buio pesto che fa sentire sperduti e impotenti.
Era tutto di un grigio azzurro perlaceo e lattiginoso, mentre la fioca
luce pomeridiana, fredda, veniva spezzata, dispersa e cristallizzata da
quelle goccioline invernali che appannavano i vetri. Non seppe per
quanti minuti, ore o forse solo secondi, rimasero a guardarsi negli
occhi. Vedeva le iridi di Drake, di una sfumatura quasi verde. I raggi
che entravano dalle finestre sembravano lunari, surreali, disegnavano
strane ombre allungate e geometriche sui muri, che si piegavano e si
rompevano sui banchi, le sedie, gli oggetti scompostamente appoggiati a
mensole e armadi, la lavagna con ancora qualcosa scritto, con i residui
dei pennarelli, le mattonelle fredde, il muro sporco, libri, fogli,
penne, carte cartine mappe le pareti il tepore tutto era luce ed ombra
e niente era mezzo tono, il contrasto cromatico, i respiri…
« Drake.
»
…il suo
nome.
Erano uno di fronte
all’altro, immobili, le braccia lungo i fianchi, inutili e
senza vita. Gli occhi tremuli.
« Baciami.
»
E chiuse gli occhi. E
un attimo prima era in piedi, e quello dopo era seduto. Su un banco,
sospinto dall’altro, obbediente e silenzioso. Sembrava che
non volesse altro che quell’invito, sembrava che non
riuscisse a trovare abbastanza coraggio per chiederglielo. Non era il
solito bacio. Quello timido, quello del “mi piaci”,
del “sono attirato da te”.
Quello fisico.
Sembrava che fossero
corpo e spirito mischiati, e che tutto insieme si stesse toccando. Si
stavano baciando anche i loro cuori.
Andy non ci capiva
niente. Ed era sicuro che neanche Drake ci capisse qualcosa. Ma non
importava. Ora era con lui e lo voleva. Con ogni singola cellula.
Lo sapeva, in quel
momento, com’era iniziato tutto.
Quel ragazzo
l’aveva torturato, oh si.
Voleva vendicarsi, oh
si.
Voleva farlo
innamorare, oh si. Poi magari tradirlo, o prenderlo per il culo o
sputtanarlo davanti a tutti.
Farlo stare male,
ferirlo in qualunque modo.
Ma poi si era accorto
che sotto le minacce c’erano problemi più gravi. E
non ci voleva un genio a capire che la famiglia di Drake era stata la
principale causa di quel suo comportamento aggressivo.
Sentiva di essere
importante per Drake, lo sapeva, ne era certo.
E lo perdonava.
Di tutto.
Per sempre.
Fanculo alla vendetta,
fanculo al “guarda che all’inizio lo stavi
prendendo in giro in un modo orribile”
Si era comportato
altrettanto male. Ora erano pari.
La sua anima stava
gridando. Si sentiva cattivo. Stava provando a convincersi che buttarsi
tutto alle spalle era possibile.
Ma gli veniva da
piangere.
Le mani di Drake erano
ovunque. Sui suoi fianchi, sulle sue gambe, sul suo torace, il suo
petto il suo collo. Gli aprirono la cerniera della felpa. Si
insinuarono sotto la maglietta. Tastarono l’ombelico, gli
addominali poco definiti, le costole in evidenza, passarono alla
schiena, e lo strinse a sé spingendo con i palmi aperti
sulla sua pelle.
Drake stava agendo per
istinto. Ma era lucido. Più che mai. Si ricordò
per un attimo Shirley. Com’era eccitante toccarla,
com’era insignificante rispetto a quello. Eppure
ciò che stava facendo, praticamente, non era nulla, nulla:
solo lievi contatti, e dove? Ovunque. Aveva voglia di tastare tutto il
suo corpo come un cieco che vuole costruire nella propria mente
l’immagine di una persona toccandone i lineamenti. Le sue
labbra poi, erano talmente calde, umide, morbide, dolci. Gliele morse
scherzosamente, gliele leccò, le succhiò, le
assaporò come nettare prezioso. Si staccò ansante
e gli sollevò il capo, avventandosi sul suo collo e
affondandovi i canini affilati, senza ferire. Passò la
lingua ruvida come quella di un gatto sul punto che si arrossava un
po’ per la pressione invasiva dei denti, e iniziò
a costellarlo di piccoli baci. Gli abbassò la cerniera della
felpa, infiltrandosi sotto la T-shirt per disegnare con le lunghe dita
affusolate tutta la superficie epidermica possibile. Sentiva il corpo
dell’altro percorso di brividi al passaggio delle sue mani
fredde, ma non gli dispiacque, perché avvertiva la reazione,
la vita sotto i polpastrelli, gemiti che era lui a provocare, a
strappare alle labbra riluttanti. Gli levò la felpa
definitivamente, gli tolse gli occhiali per avere più
accesso al suo viso, tanto a che serviva vedere? Bastava il contatto.
Era più forte di qualsiasi stimolo visivo. Lo strinse in
vita con le braccia e lo sollevò prendendolo su di
sé, mentre l’altro gli cingeva la vita con le
gambe per ancorarsi meglio, fiondandosi sulla sua bocca e intrecciando
la sua lingua con la propria.
Poi gli
sfuggì dalle mani. Dall’abbraccio.
Volontariamente.
Con un gemito
soffocato.
Andy si
accasciò sul banco su cui prima era stato seduto. Poi
scivolò a terra, raccogliendosi sulle ginocchia piegate,
incapace di alzare la testa, fissando il pavimento.
« Andy! Che
ti succede?! » Drake era spaventato, sorpreso. Aveva il
fiatone.
Andy si sedette a
terra e si coprì il volto con le mani.
« Andy.
»
« Alexander.
»
« Ehi.
»
Nessuna risposta.
Un singhiozzo. Un
altro. Un pianto sommesso ma non del tutto silenzioso.
« Sono
andato troppo oltre? »
Scosse la testa. I
lunghi capelli corvini ricaddero come una coltre scomposta sulla faccia
già nascosta dalle dita.
«
E’ colpa mia. » lo disse in un modo quasi
indecifrabile.
Drake era sempre
più allarmato, gli venne in mente di tutto, di peggio, il
terrore più puro lo colse, ma la prima cosa che fece fu
quella di afferrarlo per le braccia e sollevarlo fino a che
tornò in posizione eretta. Ma non riuscì a
liberare il viso per guardarlo negli occhi. Fu spettatore solo della
continuazione del suo pianto.
« Non ci
riesco. » singhiozzò ancora « Non posso.
Non posso. Non sono sereno. Non così. »
« Ma cosa ti
prende adesso? »
« Ti voglio
bene. Ti voglio troppo bene. E’ per questo che non ci riesco.
»
« Non riesci
a fare cosa? »
« Non riesco
a fare tutto questo con tranquillità. E come potrei.
»
« Ma che
cos’è successo, si può sapere?
» si sentiva arrabbiato, frustrato. Voleva fare qualcosa ma
non sapeva cosa, perché non sapeva niente di niente.
Gli afferrò
i polsi con violenza, senza preoccuparsi di fargli male, li
allontanò e sgarbatamente gli sollevò i capelli
dal viso, scoprendolo del tutto.
Rosso, accaldato, con
le lacrime che avevano rigato le guance ma che si erano bruscamente
fermate per la sorpresa. Non tardarono a stillare di nuovo sulle ciglia
nere.
« Voglio
aiutarti, qualsiasi cosa sia, ma devi dirmi cos’hai.
» aveva paura, ma il suo tono era deciso.
« Non puoi
aiutarmi. Non puoi. »
Ringhiò
rabbioso. Voleva sapere. L’altro sospirò in un
singhiozzo convulso.
« Ti ho
mentito. »
Un filo di voce. Che
spezzò la stanza. Perfino i volumi sugli scaffali sembravano
mormorare tra loro curiosi.
«
Mentito… » non era una domanda, né
un’affermazione. Drake ripeté apaticamente la
parola, come se non ne avesse capito il significato. « Su
cosa? » sembrava tornato in sé.
«
A… all’inizio. » si sentiva male, sapeva
cosa sarebbe successo poi, ma doveva dirglielo.
«
All’inizio quando? »
Non riuscì
a sostenere il suo sguardo, e si concentrò su un punto
imprecisato del pavimento.
« Dopo che
abbiamo parlato, un mese fa, un mese e mezzo, due mesi, chi se lo
ricorda, non lo so… io mi sono dichiarato a te. Ti ho detto
che mi piacevi tanto. Che quello che mi faceva più male del
tuo comportamento verso di me era il fatto che mi piacevi, ma sembravi
odiarmi. Che ti trovavo attraente, interessante, carino, vitale.
»
Drake
bloccò le sue sinapsi, perché non voleva fare
congetture, non voleva concludere qualcosa di troppo doloroso. Volle
solo sentirselo dire, così avrebbe sofferto una volta sola.
« Non era
vero. »
…
« Non mi
piacevi. Non mi piacevi. Avevo tanto rancore. Tanto. E paura. Ti ho
detto che mi piacevi perché volevo metterti in confusione.
»
« E come?
» si stupì del proprio tono controllato.
« Volevo
farti innamorare di me, se possibile. O comunque, volevo che avessi dei
dubbi sulla tua sessualità, e di conseguenza, che ti odiassi
come odiavi me perché ero gay. Perché sono gay.
»
« Volevi,
praticamente, fare rivoltare le mie convinzioni contro me stesso? Per
farmi avere una crisi di identità? »
Andy annuì,
incapace di confermare a parole.
«
Perché? »
« Non avrei
mai potuto attaccarti su altri fronti. Tu sei più forte,
più popolare, più famoso e benvoluto di me. Sei
più ricco e più talentuoso in campo sportivo,
più potente. Più tutto. L’unica cosa
che mi restava era l’attacco psicologico. »
« Non potevi
dirmi che pretendevi delle scuse da me? Mi ero
già… accorto di avere fatto una cazzata.
»
« Tu non
capisci. Ero diventato talmente frustrato da perdere il mio senso di
giustizia e diventare cattivo. Ho fatto una cosa subdola,
ma… ti prego, cerca di comprendermi!! Due anni Drake. Due
anni, Due fottutissimi anni nei quali non c’è
stato un giorno in cui non avessi morse allo stomaco per quello che mi
facevate! Mi avete picchiato, mi avete derubato, umiliato, danneggiato
svariate cose, offeso nei modi peggiori… »
« E credi
che io non sia stato male? » era calmo solo perché
doveva ancora raggiungere il limite.
« Cosa?
»
« Dopo che
ti è venuta la brillante idea di baciarmi. Sai per quanti
giorni ho avuto lo stomaco rovesciato come un calzino? Sai quanti pasti
ho vomitato? Quante notti ho passato in bianco? »
« Drake!! Tu
parli di giorni, io di mesi! Anni!! Ma non voglio giustificarmi, so che
ho sbagliato, voglio solo farti capire… »
« CERTO CHE
HAI SBAGLIATO!! » urlò, incapace di autocontrollo.
Lo fissò,
tremante di rabbia, i pugni che si aprivano e si chiudevano
convulsamente.
« Quindi tu
non provi nulla per me. Stai solo facendo la puttana? O stai trattando
me come tale? Io non mi vendo a nessuno!! »
« Ma che
dici, certo che provo qualcosa per te! »
« Cosa?!
Cosa? »
« Mi piaci.
» si bloccò, ma un fiume di parole si
riversò sull’altro senza che Andy avesse il potere
di fermarlo « Mi piaci da morire, non ho mai provato una cosa
simile, ti voglio bene, ma non ti voglio solo bene, ti voglio
più che bene, ti desidero, con tutto me stesso, non vorrei
mai separarmi da te, non voglio, non lo voglio davvero, ogni volta che
ti vedo e che sento la tua voce mi ci annego in quelle parole, mi perdo
nei tuoi occhi, nel tuo profumo, io… »
« Basta
così. »
Il moro
restò a bocca aperta, incapace di continuare.
« Non so se
crederti. Non lo so. So solo che probabilmente mi sono innamorato di
te, ed è stata la stronzata più grande della mia
vita. Ti ho fatto male, si, ma… ti sei comportato in un modo
orrendo. Schifoso, lo sai? Rivoltante. Non posso, non riesco a tenere
gli occhi fissi su di te. Non voglio più vederti. Me ne
vado, anzi… » accennò un risolino
isterico. Voltò le spalle in modo meccanico e scomposto. A
grandi passi si allontanò.
Dopo un attimo di
smarrimento, Andy infilò la felpa e gli corse dietro.
«
Aspetta… » sussurrò «
Aspetta, aspetta, aspetta!!!! Non andare!! Urlò in un climax
ascendente di voce, senza preoccuparsi del fatto che in giro per la
scuola c’era ancora qualche bidello che riordinava le classi
o qualche insegnante che avrebbe potuto seriamente preoccuparsi. Drake
aveva già il giubbotto addosso e la cartella a tracolla, che
aveva lasciati fuori dalla porta dell’aula in cui si
trovavano, era al di là dell’uscita della scuola,
ma a lui non importava, non poteva, non voleva perderlo…
Non ora.
Incurante del gelo e
dell’umidità, corse come un cretino dietro a quel
ragazzo, fino a raggiungerlo e ad afferrarlo per un braccio.
« Drake.
Drake. Ti supplico. »
Quello si
voltò e afferratolo per le spalle lo sbatté
addosso al muro in un modo che gli ricordò i vecchi tempi.
Si accorse di tremare in modo incontrollato, ma non di paura. Uno
freddoloso come lui, stava praticamente morendo. Drake
continuò a schiacciarlo sulla fredda parete, ma con le
braccia distese, quasi volesse mantenere la distanza tra loro. Aveva la
testa china e ci mise un po’ prima di riuscire a parlare, e
quando lo fece, la sua voce era rotta e insicura.
«
Io… ti volevo. E volevo essere tuo. Ma adesso è
come se mi fossi sempre stato chiuso, e la persona di cui mi sono
innamorato, un’altra. Non tu. Non riesco a sopportare la tua
vista. Lasciami andare, e non rivolgermi la parola. »
E detto questo se ne
andò. Andy si sentiva sprofondare. Tornò dentro,
avvertendo su di sé solo ghiaccio. Si vestì ed
andò alla propria auto. Ma prima di riuscire a partire,
stette un quarto d’ora buono a fissare il nulla.
Era successo.
Aveva rovinato tutto.
-----------------------------
IMMAGINE DEI PERSONAGGI PRINCIPALI cliccare qui sopra ^^b - Per ringraziarvi delle oltre 3400 letture!!
NOTA
PER TUTTI: come avevo detto prima del capitolo, qui le
reazioni di Andy sono parecchio estreme. E' lagnoso, piange,
schiamazza, va fuori con cinque gradi e un'umidità
così densa che si taglia col coltello, però...
riflettete un attimo: dopo tutto quello che gli è successo
vuole solo essere tranquillo. Forse ancora più che stare con
Drake, desidera la pace. E portarsi dentro il peso di aver mentito ad
una persona che adesso è così importante per lui,
è uno strazio. Almeno adesso s'è tolto il peso.
Non so se sperasse in un perdono immediato, però dopo aver
trovato felicità, vedersela sfuggire dalle mani a questo
modo fa scattare automaticamente la paura morbosa di lasciare andare
questa felicità, e nello specifico, Drake. Purtroppo non
s'è lasciato convincere, neppure dalla disperazione.
Sarò anche melodrammatica, però io sono emotiva e
reagisco così, e in Andy c'è tanto del mio
cervello :( non riesco mai a staccarmi totalmente dai miei personaggi,
vi chiedo scusa...
NOTA
FACOLTATIVA (SALTATELA SE VOLETE):
Ah,
volevo aggiungere una nota, anzi, più di una.
-Il
nome Alexander l’ho usato perché per me ha un
significato particolare, ma soprattutto perché è
il nome-simbolo per una delle mie migliori amiche.
-Drake
deriva dalla serie tv “Drake & Josh”,
andata in onda su Italia 1 nel 2009 in estate (credo. La mia memoria
è una realtà molto discutibile). Amavo il nome e
il personaggio.
-Il
basket non lo sopporto. Allora perché il basket?
Perché un mio compagno di classe (con tendenze yaoi non
naturali, ovvero, che si dedica allo yaoi solo per far piacere a me e
darmi un po’ d’ispirazione artistica) gioca a
basket e lo ama. E lo ammiro per questo suo impegno.
-Le
cheerleader perché non-riesco-a-sopportarle. Ok,
è ginnastica, ok è divertente, ok dà
carica alla squadra, ma Cristo, perché sanno dimenare un
po’ il fondoschiena credono che solo questo basti nella vita.
Poi escono dal liceo e non sanno più fare un cazzo. Ok,
scusate lo sfogo, ma quando vedo certe cose inutili
all’ennesima potenza mi viene il nervoso…
-Giornalismo
non è il sogno di Andy, ma di Joy (che non segue lo stesso
corso di Andy ma quello di un altro insegnante perché quello
del corso di Andy le sta sull’anima)
-Andy
vuole fare…non ve lo dico u.u
Perché
questi appunti? Perché ho trovato delle incredibili
somiglianze tra la mia storia e quella di Mady, “I
can’t love you”, che ho scoperto recentemente. Non
è colpa mia se il protagonista di chiama Derek e il suo
amico lo chiama Drake e suo fratello gioca a basket e le sue amiche
cheerleader sono scimmie analfabete!!! E’ una situazione
molto comune in America u.u
Quindi,
Mady, se per caso ti capita di leggere questo messaggio,spero che non
ti prenderà un colpo come è preso a me! A parte
quelle cose lì, le due storie non hanno un tubo di niente in
comune. No, lo dico perché mi dispiacerebbe che lei lo
pensasse (magari manco sa che esisto, io, e pure la mia fan fiction, ma
quando una persona s’impegna x scrivere qualcosa ci tiene al
proprio lavoro, no?)
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Rispondo
subito alle recensioni =)
Bibby111:
mwhahahahah finché sono nella mia modalità
perfida potete tenervi la vostra speranza èvé no
dai, sto scherzando...però un fondo di verità
c'è: non credo che sia così facile riappacificare
gli animi... a presto ^^
damis: mi dispiace
che in questo capitolo Shawn venga un po' strapazzato, ma gli
voglio troppo bene per non farlo soffrire Q3Q grazie della recensione
<3
DarkViolet92: eh
già è proprio un bel po' di tempo ciò
che ci vuole...grazie della recensione =)
________________________________________________________________________________
Quando Andy rincorse
Drake per cercare di fermarlo, non aveva idea che l’avrebbe
pagata cara, per questo. Il giorno dopo si svegliò solo
perché risentiva dell’orario abituale, ma
più di aprire gli occhi e sbattere le palpebre due o tre
volte, non riuscì a fare.
« Ah,
Alexander… Mi dispiace. Sembra bella alta. » sua
madre guardava corrucciata il termometro. « Beh, se non
altro, nella sfortuna, è stata una fortuna che io fossi a
casa per un bel periodo… Ma come te lo sei preso un febbrone
simile? »
« Sono
uscito da scuola in felpa. » borbottò amareggiato.
« Allora te
la sei cercata! » lo rimproverò.
« Lo so,
scusa. »
Monica lo
guardò dolcemente.
« Rimani a
letto, e per qualsiasi cosa, chiamami, d’accordo? Io devo
sistemare la casa, ma non farò rumore. »
« Certo
mamma. » le sorrise di rimando.
Lei gli
accarezzò la testa e gli rimboccò le coperte, per
poi uscire dalla stanza e dirigersi verso il piano terra. La
sentì scendere le scale con i suoi soliti passi felpati.
Ammirava molto sua madre. Una donna tanto bella quanto brillante.
Riuscì a
rimanere concentrato su di lei per poco, mentre il cervello passava
sotto il dominio dell’ “argomento Drake”,
che essendo fresco fresco del giorno prima, gli bruciava come lava
incandescente nelle viscere e nello stomaco.
Aveva rovinato davvero
tutto. Quello che c’era stato. Quello che avrebbe potuto
esserci.
Non si aspettava nulla
di più, dopo una simile confessione, ma avrebbe tanto voluto
che Drake l’avesse compreso. Dopo quanto era successo, come
poteva dimenticare tutto? Anche sapendo quello che aveva fatto, come
avrebbe potuto?
« Ma non ha
dimenticato. » sospirò tra sé e
sé.
Forse avrebbe davvero
dovuto dire tutto ai suoi genitori. Ma non ne aveva nessuna voglia. Si
sarebbe sentito solo sgridare per non averne parlato prima. E sua madre
avrebbe dato in escandescenze, partendo come un bersagliere verso la
scuola e cercando Drake, Shawn e tutti quelli della loro compagnia per
fucilarli. Suo padre le avrebbe detto di calmarsi, mentre con perfetta
discrezione andava a prepararle l’arsenale.
Quei due erano fatti
così: lei impulsiva, lui pacato, ma sotto sotto
perfettamente complementari.
No, aveva deciso.
Quello l’avrebbe lasciato perdere. Tanto per come stavano
andando le cose, Drake era sparito dalla sua vita. E forse, non vi
sarebbe mai più tornato.
Un paio di giorni dopo
venne a trovarlo Joy, che aveva amorevolmente scritto per lui gli
argomenti delle lezioni che si era perso.
« Tu dimmi
come farei senza di te. »
« Faresti lo
stesso, solo forse senza una rompiscatole. » lo
salutò con un buffetto sulla spalla, prese la sedia della
scrivania di Andy, e la portò vicino al letto, sistemandosi
accanto a lui.
« Allora
come sta l’ammalato? Ma tu d’inverno devi sempre
prenderti il colera, non ce li hai gli anticorpi? »
« Guarda che
quella anormale sei tu, che il massimo grado che ha visto il tuo
termometro in sedici anni è stato trentasette e
mezzo… »
«
Perché ho delle buone difese immunitarie. »
« Devi
proprio vantartene qui e adesso? »
« Certo.
»
« Comunque
questa influenza me la sono presa per colpa mia… »
«
Addirittura? Perché non ti bastano le sessioni di febbri da
cavallo che ti vengono, no? »
« Avevo
un’ottima ragione per correre come un cretino fuori al
freddo, anche se non sono servite a concludere nulla. »
« Quale?
»
« Stavo
parlando con Drake. »
« E questo
spiega tutto? »
« Se mi
lasci finire… Dicevo, stavamo parlando. Poi ci siamo
baciati. In una classe, era vuota. »
« Lo spero
bene. »
«
Ecco… Ci stavamo baciando, però mi è
venuta in mente una cosa che… Oddio, ho paura a
raccontartelo. »
«
Perché? » era curiosa e lo guardava con fare
interrogativo.
« Prima che
ti dica cos’è successo, sappi subito che ti
arrabbierai. Però… Sappi anche che non te
l’ho mai detto perché avevo paura che mi avresti
scuoiato vivo. Ma dato che sono ammalato, non farlo ora, ok? »
« Se non so
di cosa mi devi parlare… »
« Tu
promettimelo e basta. »
« Va bene,
non ti ucciderò. Adesso spicciati a parlare. »
Andy fece un bel
respiro, e cominciò. Le raccontò tutto, fin
dall’inizio. Fin da quando avevano parlato lui e Drake,
proprio come aveva detto al ragazzo. Lei non lo interruppe mai, e
conveniva o dissentiva con lui per qualcosa solo con brevi cenni della
testa, o con occhiate più o meno eloquenti. Quando giunse al
momento clou della narrazione, la vide ancorarsi alla sedia con le
mani, mentre tratteneva il fiato dallo stupore. Stava per dire, o
meglio, urlare qualcosa, ma si trattenne perché voleva
ascoltare tutto quanto, prima di commentare.
«
…e così lui se n’è andato, e
io mi ritrovo qui con il colera addosso. »
Joy sembrava stata
centrifugata. Aveva uno sguardo allibito.
« E tu, per
tutto questo tempo, cosa diavolo hai fatto, praticamente? »
« Mi sono
dannato l’anima. »
« Mio
Dio… Ma tu sei cretino. Cioè, sei davvero
cretino. Perché non me l’hai detto subito?! Ma
ancor peggio, come ti è passato per la testa!!! Cosa ti eri
fumato? »
« Niente,
è quello il problema. Ancora non capisco come ha fatto il
mio cervello a partorire un’idea tanto contorta. »
« Ma la tua
mente è contorta, questo si sapeva. Piuttosto mi chiedo dove
hai trovato il fegato di attuare un’impresa simile.
»
« Non me lo
chiedere, non lo so. »
« Ma lui ti
piace o no? »
« Se mi
piace? Da morire! Ci penso continuamente. »
« Ma
quand’è esattamente che la finzione si
è trasformata in realtà? Intendo dire,
quand’è che da recita, il tuo interesse
è diventato reale? »
« Non lo so,
è stato troppo graduale perché ci sia un giorno
preciso. Comunque credo che la partita che siamo andati a vedere abbia
influito in maniera decisiva. Ero lì con lui, e nessun altro
attorno. Oddio, ho proprio fatto un gran casino. »
« Se non
altro bisogna riconoscere che se non fosse stato per questa trovata
adesso non saresti innamorato cotto di lui, che tra l’altro
non mi sembra neppure male, come persona. »
« Si,
l’avevo pensato anch’io… »
Tra loro
calò il silenzio. Joy continuò a fissare
straniata le pieghe che le coperte modellavano sul corpo di Andy,
mentre lui cercava il particolare interesse che poteva suscitare un
soffitto bianco e nudo.
« Dimmi una
cosa. » esordì piano.
« Mh.
» rispose Joy, senza togliere gli occhi dal piumino.
« Non ti
è venuta voglia di uccidermi? »
« Oh, non
sai quanta. » lo scrutò apprensiva e con
un’espressione quasi dolente « Ma ormai
è troppo tardi, hai già fatto tutto tu. Neppure
sgridarti servirebbe, ti sei già rovinato con le tue mani.
»
Era un po’
indelicato, ma Andy dovette riconoscerne, a malincuore, la fondatezza.
Qualcuno
bussò allo stipite della porta socchiusa. Una voce calda,
bassa ma limpida chiese il permesso di entrare.
«
Papà!! » Andy avrebbe tanto voluto saltare fuori
dal letto e correre ad abbracciarlo, ma le forze gli permisero solo di
sollevarsi in posizione un po’ più eretta sul
cuscino.
Il signor Nolan
entrò nella stanza, sorridente come sempre.
« Oh chi si
vede!! Buonasera, Joy. Quanto tempo!! »
« Buonasera,
Philip!! E’ tornato anche lei. » la ragazza gli
sorrise e strinse la mano che l’uomo le porgeva.
« Eh si,
Monica mi ha detto che questo furbone s’è beccato
la febbre… Come stai, Andy? »
« Sono stato
meglio, ma qui a letto mi riposo… e tu papà? Come
va? »
« Bene! Non
sono potuto tornare appena tua madre mi ha telefonato,
perché dovevo ancora terminare una sessione al museo di
Caleigh, ma sono riuscito ad accorciare lo stesso i tempi. »
« Che
cos'hai fatto? »
« Ho dovuto
tenere una presentazione su alcuni resti paleontologici ritrovati
alcuni mesi fa. Hanno terminato la pulizia e la lucidatura due
settimane fa e adesso sono pronti per l'esposizione. »
« Era lo
scheletro di un T-Rex? » chiese Joy interessata.
Philip rise di gusto
« No Joy, magari lo fosse stato! Purtroppo è
difficile ritrovare oggetti organici tanto grandi... Succede solo su
Jurassic Park! »
« Beh se le
servono degli scheletri può prendere suo figlio, appenderlo
al soffitto o metterlo in una teca sotto formalina! »
« Che
vorresti dire? » protestò lui.
« Che sei un
mucchietto di pelle e ossa. Vedi di nutrirti, anche se stai male,
altrimenti andrà a finire che ti piegherai come un foglio di
carta. »
Andy sbuffò
e si mise a bere un po' del tè caldo che sua madre gli aveva
portato prima di scendere. Suo padre continuò a parlare loro
del museo e delle sue ricerche, e il bruciore che sentiva al petto
iniziò pian piano a scemare.
*
Andy avrebbe tanto
voluto svegliarsi e scoprire che era stato tutto un incubo. Scoprire
che Drake gli voleva ancora bene. Ma se lui non avesse combinato il
casino iniziale, Drake non gli avrebbe voluto bene, perciò
ripristinare la situazione precedente non era una vera soluzione.
Avrebbe piuttosto
desiderato di non aver mai conosciuto lui e tutti i Foster. Ecco,
meglio l'apatia alle sofferenze.
Stava da superschifo.
"Schifo" era troppo riduttivo. Oltre alla febbre, com'è
giusto che fosse, s'era buscato un bel raffreddore e gli dolevano le
orecchie e la gola.
Non si sentiva bene
con niente del mondo circostante, la sua unica soluzione era dormire in
un letargo sofferto, cercando di respirare con la bocca mentre il setto
nasale aspirava solo una minima quantità di aria calda come
fumo di fornace.
Non appena si
sentì abbastanza lucido da rendersi conto che la noia lo
uccideva, frugò velocemente nella libreria dello studio
cercando qualche lettura leggera. Sua madre non era una donna normale:
teneva sugli scaffali alcuni libri romantici per ragazzine, e li
leggeva anche spesso. Diceva che erano teneri e divertenti, ma Andy si
chiedeva solo se Monica non avesse sbattuto la testa troppo forte
quand'era giovane.
Ad ogni modo il suo
cervello non era in grado di impegnarsi con qualcosa di più
serio e decise di buttarsi alla lettura per giovani adolescenti alle
porte della pubertà.
Pessima idea.
Le scenette romantiche
non erano un buon ricostituente, soprattutto per la situazione in cui
egli stesso versava da ormai già quattro giorni. Stupidi,
idiotissimi romanzetti rosa. Avrebbe tanto voluto che la vita fosse
stata come in una storia di quelle: dopo appena due pagine dal litigio
Drake sarebbe tornato da lui implorante di perdonarlo (per cosa poi?) e
dicendo che era stato uno sciocco a non capire i suoi sentimenti, lui -
Andy - nonostante fosse stato circondato da una pestilenziale aura
batterica avrebbe avuto un aspetto carino, tenero e solo un po'
più arrossato, avrebbe fatto di nuovo breccia nel cuore
dell'altro e bam! - Tutti vissero felici e contenti.
Si guardò
allo specchio, tanto per curiosità. Seconda pessima idea.
I capelli erano
scomposti e grassi - doveva lavarli assolutamente - aveva le labbra
screpolate, il naso rosso e graffiato a forza di soffiarlo, due
occhiaie violacee da far paura a Dracula e il resto della pelle di un
verdino cadaverico. Il ritratto della salute. E soprattutto davvero
sexy.
Andò in
bagno sconsolato e si infilò nella doccia. Ah, l'acqua calda
e il bagnoschiuma profumato, i piccoli piaceri della vita!
Ripensò con
più calma alla sua situazione attuale: lui stava male, non
c'era possibilità di recupero momentaneo, Joy non poteva
fare nulla, Joy era comunque l'unica a conoscere la situazione nei
dettagli, Drake lo odiava, Shawn di riflesso lo super-odiava, Drake non
era di certo a casa a struggersi dall'amore per lui. Porbabilmente
l'aveva già mandato a quel paese definitivamente e stava
cercando un'altra ragazza. Una donna magari.
Anzi lo sapeva dov'era
Drake. Perché era sabato, ormai era una settimana che stava
a casa in quarantena, e week end + tempo passato = Drake si era
già scordato di lui. E per lui e la sua compagnia di amici
il sabato era il giorno sacro da passare da Donovan's. Ci avrebbe
scommesso la testa.
Si mise a fantasticare
su quello che stava potenzialmente facendo Foster. Pessimissima idea.
Non c'è due senza tre.
*
« Dai Dre',
che ti ci vuole a prepararti? »
« Taci.
»
« Siamo
nervosetti... »
« Shawn, sto
scegliendo i miei vestiti migliori, ok? Se devo morire voglio almeno
farlo con decoro. »
«
Perché dovresti morire? »
« Ne abbiamo
già parlato: ho mollato Shirley, Missy è amica di
Shirley, Shirley è arrabbiata con me, di conseguenza lo
è la sua amica, di conseguenza ogni mio amico viene guardato
male da loro. »
« Non siamo
mica all'asilo, Drake... E poi a te cosa importa? »
« Dan mi
staccherà la testa se Missy non vorrà parlargli
per colpa mia! »
« Ma cosa
vuoi che succeda... Tu sei tu, Dan è Dan, e quei due scemi
non c'entrano un accidenti con te e Shirley. »
« Speriamo.
» il ragazzo uscì titubante dalla propria stanza.
« E quelli
sarebbero i tuoi vestiti migliori? » lo squadrò
Shawn.
« E' la mia
maglietta preferita! » protestò scandalizzato
« E comunque non potevo mettermi un completo, era proprio da
funerale... »
«
Vabbè lasciamo perdere, tu sei troppo contorto e illogico
per capirti. Muoviti che siamo in ritardo, avevamo detto di trovarci
con gli altri alle nove, no? »
« Beh,
perché che ore sono? »
« Indovina
un po'? Le nove! E siamo ancora a casa. »
Drake sapeva per
esperienza che quando Shawn abbassava il tono di voce per una strana
legge di proporzionalità inversa si alzava automaticamente
il suo livello di nervosismo. E non era una buona cosa. Si
vestì in fretta e furia attorcigliandosi la sciarpa in
qualche modo quand'era già sulla porta, e
bofonchiò un saluto inidirzzato, più che ai
genitori, ad un punto imprecisato della porta del soggiorno.
Si infilò
in auto senza aspettare una risposta.
Dopo dieci minuti che
stavano viaggiando - ai cento all'ora perché Shawn odiava
essere in ritardo - si ricordò di qualcosa che gli fece fare
un tuffo al cuore.
« Merda, il
cellulare!! L'ho lasciato sul comodino!! »
Shawn lo avrebbe
ammazzato. Si, di lì a poco lo avrebbe sgozzato, tagliato a
pezzi e avrebbe buttato i resti del suo corpo in un fosso al buio,
così nessuno se ne sarebbe accorto fino alla mattina
successiva, ma allora sarebbe stato troppo ghiacciato perché
il coroner capisse l'ora del decesso. Probabilmente gli avrebbe
cancellato le impronte digitali e gli avrebbe strappato i denti per
impedire alla polizia di identificarlo.
Morto, in un fosso e
senza un nome.
Shawn gli
lanciò un'occhiata fulminante e iniziò a frugarsi
in tasca.
Eccolo, il coltello!
Già vedeva i titoli in prima pagina: "Ritrovato a pezzi
corpo di ragazzo, sconosciuta l'identità" e ancora "Un
efferato assassinio a Greensbourgh, la polizia non ha ancora una pista
da seguire"
Il biondo estrasse
qualcosa che luccicava alla luce dei lampioni costeggianti la strada, e
allungò il braccio verso di lui.
« Se la tua
testa non fosse attaccata al collo, avresti perso anche quella.
» e gli mise in mano il suo telefono. « L'ho preso
io prima di uscire. Apprezza e ringrazia. »
A Drake sembrava di
avere ricevuto un dono divino.
« Oh
telefono, mio caro telefono... »
« Ringrazia
me, non lui... »
Finalmente
iniziò a scorgere l'insegna azzurra del locale. Era
più bella di quella del Paradiso. Chissà se il
Paradiso ce l'aveva poi, un'insegna...
Parcheggiarono in un
tempo record (i miracoli che solo Shawn poteva compiere) e si unirono
agli altri, già all'interno del locale e forniti di tavolino
e bevande. Drake cercò Shirley, e la trovò
placidamente appollaiata accanto a Missy, con davanti un bicchiere
colmo di un liquore dal vivace colore arancio. Era bellissima come
sempre. I lisci capelli biondi le ricadevano attorno al viso e sulla
spalla destra, lasciando sensualmente scoperto il lato sinistro del
collo. Il vestito blu faceva risaltare la pelle chiara.
Quando lo vide
agitò leggermente la mano in segno di saluto e gli sorrise.
Menomale. Anche Missy lo accolse sorridendo. Gli era andata di lusso.
«
Finalmente, pensavo vi foste persi! »
« Ciao Dan,
tutto ok? »
« Alla
grande! » l'amico lo salutò con un'affettuosa
pacca sulla spalla. Per quella sera sarebbe rimasto vivo.
« Se volete
lamentarvi del ritardo con qualcuno dovete prendervela con questa
tartaruga, sia chiaro. » puntualizzò Shawn.
« Dai Shawn
Connery, rilassati... »
Shirley
chiamò il biondo e lo invitò ad andare a ballare
con gli altri.
« Drake,
quante volte devo dirti che i nostri nomi non si scrivono allo stesso
modo, sei... » ma non finì la frase
perché Mike, Dan e Shirley l'avevano già
trascinato in pista. Dopo due secondi già si era dimenticato
il fastidio per essere arrivato in ritardo e afferrò Drake
stesso per un braccio coinvolgendolo nel pogo generale.
Questi si
abbandonò momentaneamente alla musica. Aveva riflettuto
parecchio quella settimana, su Andy, sul loro rapporto, sul suo
comportamento... Ora però non ne poteva più. Non
ci voleva pensare. Musica, amici, un po' di svago. Si, così
andava bene.
Constatò
con piacere che Dan e Missy stavano ballando avvinghiati.
Schioccò le labbra: almeno lui non avrebbe dovuto affrontare
la ghigliottina. Shirley gli si avvicinò. Era radiosa,
quella sera. I capelli le ondeggiavano ad ogni movimento. Gli stava
ancora sorridendo. Allora era vero che non s'era arrabbiata
così tanto...
Dopo un paio d'ore
erano tutti più o meno brilli, e il delirio incalzante si
stava prendendo i loro corpi e le loro giovani menti: battute assurde,
amoreggiamenti, ma tanto erano loro e solo loro, i fantastici dodici, e
niente andava oltre i limiti. Shawn era l'unico che ancora riusciva a
fare battute intelligenti.
O meglio, l'unico che
ancora faceva battute umanamente comprensibili: a parte il fatto che
doveva riportare Drake e sé medesimo a casa vivi e
potenzialmente integri, non poteva bere alcool per principio. Non che
non gli piacesse. Non che soffrisse di pressione bassa. Semplicemente
dargli degli alcolici equivaleva a liberare il Grande Demone delle
Disinibizioni.
Perché
Yates junior non reggeva neanche una goccia di birra... E quindi era un
astemio forzato. Se non altro era il loro grande giudice supremo, colui
che evitava sempre per un pelo che qualcuno soccombesse per gli
eccessi. Oppure, come piaceva definirlo a Drake, la loro "Mary Poppins"
(un giorno ci avrebbe rimesso la testa per questo).
Si
accoccolò meglio tra i cuscini del divanetto su cui sedeva.
Shawn non solo era
sobrio, ma si sentiva sobrio. Anche lui avrebbe voluto spassarsela un
po', essere un po' - ehm - "allegro"... Beh magari non allegro come
Mike mancava solo che si mettesse a ballare in mutande sul tavolo -
però più rilassato... Shirley gli si sedette
accanto.
« Allora
come procede la serata? » si ravviò i capelli con
un gesto veloce e felino.
« Tutto
bene. Sono stufo di bere succo d'arancia però. »
« Mi
dispiace... »
« Figurati,
non è colpa tua se ho una resistenza da poppanti.
» le sorrise.
Shirley
ricambiò il sorriso e si avvicinò di
più.
« Senti
Shawn, te lo chiedo francamente: sai chi ha Drake per la testa?
»
« In che
senso? »
Sapeva di aver posto
una domanda retorica. E sapeva benissimo a cosa Shirley si stesse
riferendo. Strano però che fosse stata così
diretta.
« Quando mi
ha lasciata si è giustificato dicendo che si era innamorato
di un'altra. »
« Ti ha
detto proprio così? »
Shirley lo
guardò sollevando leggermente le sopracciglia. «
Beh ha detto che un'altra persona occupava i suoi pensieri. »
Shawn annuì
tacendo. Drake non aveva mentito, non si era preso la briga di fingere
che almeno fosse una ragazza. Ma ormai non importava più
molto, dato che era successo quello che era successo.
Osservò l'amico con la coda dell'occhio, impegnato in una
vivace imitazione di un proprio professore. Da quando Andy gli aveva
svelato ciò che aveva architettato, tutto era finito
nell'oblio di colpo. Drake non ne aveva voluto parlare, e lui non gli
aveva ancora chiesto nulla, per rispetto. Quando ne avesse avvertito il
bisogno, lui era lì.
« Io e Drake
non parliamo molto di questi argomenti. » mentì
« Non so chi possa essere. Mi dispiace. » le
sorrise cercando di essere convincente. Non doveva sforzarsi molto, era
piuttosto bravo a dissimulare imbarazzo e bugie.
Shirley
conservò un'espressione piatta. Non riuscì a
capire se l'aveva bevuta. Confidava nel futuro, ad ogni modo.
« Insomma,
Drake mi ha scaricata per un'ignota figura? »
inarcò un sopracciglio, lievemente infastidita.
« Purtroppo
è la verità. »
La ragazza
sospirò. « Allora mi toccherà
accontentarmi di questa verità. » tornò
a sorridere. « Vuoi provare qualcosa di diverso? »
« Mh?
»
« Da bere!
» esclamò lei, porgendogli un bicchiere pieno di
qualcosa a metà tra l'arancio e il magenta.
« Ma non
posso bere alcolici, Shirley! »
« Lo so,
infatti non è alcolico. E' solo frizzante. »
« Beh sembra
invitante... Cosa c'è dentro? »
« Segreto!
» gli strizzò l'occhio « Su, assaggialo.
»
Shawn si
portò alla bocca il bicchiere e ne sorseggiò il
contenuto. Era frizzante e bruciava un po' la gola, però era
buono. Aveva anche sete. Era molto buono. Fruttato.
Molto frizzante
però. Un po' caldo. Strano.
Shirley sorrise. Gli
occhi nocciola contornati di matita argentata sostenevano
un'espressione fintamente sorniona, e si ridussero piano a due fessure.
Il biondo la
guardò con occhi lucidi. Rise di rimando mostrando i canini
bianchi.
« Andiamo a
ballare, Shawn? » gli chiese lei melliflua.
Il ragazzo
annuì ancora sorridendo.
« Oh, dove
vai? » la delicatezza di Drake nel porre certe domande era
storia.
« Pista.
» rispose Shawn. Si sentiva la testa un po' pesante.
« Torniamo tra un po'. »
Gli occhi dorati
dell'amico lo fissarono seri. Da quando in qua...?
Non si sentiva
abbastanza in forze per controbattere e lo lasciò andare
senza interrogarlo ulteriormente.
Shawn non distingueva
bene i vari suoni, la musica era alta. Cinse Shirley in vita. Si
muoveva molto bene. Ma aveva mai ballato con Shirley? Pensò
un pochino: no, probabilmente no. Un grosso errore non averlo mai
fatto, perché era così brava. Beh forse non era
brava nel senso che aveva tecnica... Ma poi c'era una tecnica per
ballare quel tipo di musica?
... Ma che domande si
stava facendo? Le luci erano vorticose.
Gli piaceva
quell'atmosfera. Il vestito di Shirley era senza spalline, e per il suo
continuo divincolarsi stava un po' scendendo sul seno. Glielo
sistemò, e lei gli sorrise.
« Ehi piano,
dove tocchi? » gli giunse la sua risata argentina.
La ragazza gli si
strinse più forte addosso. Shawn non le rispose. Non sentiva
lingua e cervello molto collegati. Ballava.
Era liberatorio. I
capelli della sua ballerina profumavano di albicocca. Gli piaceva
ballare.
Qualcuno lo chiamava,
qualcuno che si trovava molto lontano da lui, e la sua voce era
talmente ovattata... Non lo badò e continuò a
ballare.
Shirley
guardò con soddisfazione il viso di Drake, abbastanza
alticcio da non riuscire a staccarsi dal divano, abbastanza lucido da
osservare con orrore le mani di Shawn, che senza alcun ritegno
percorrevano il corpo scolpito della giovane.
Sorrise di nuovo.
« Shawn...
» la sua voce nell'orecchio era calda e invitante «
Sei davvero un bravo ballerino sai? »
Più che
altro si sentiva ebete. Non pensava di essere un granché
dato che le sue gambe si muovevano da sole. Non c'era un cervello a
controllarle, fosse stato per lui il suo corpo avrebbe potuto finire un
po' più in basso dello sterno.
Il seno di Shirley
premeva morbido sul suo petto. La stringeva. Non voleva farle male.
Voleva... La voleva. La voleva? La assecondò.
« Cosa cazzo
sta facendo? »
Drake
incespicò. La sbornia gli passò di colpo. Shawn.
E Shirley. Avvinghiati come due anguille in mezzo alla pista,
trascinati in un ballo che non era più un ballo, sembrava
così... Oscenamente osceno. Basta. Doveva fermare quello
spettacolo, erano pornografici, era ovvio che Shawn aveva qualcosa che
non andava, aveva... Aveva bevuto.
Era ubriaco. Era da
tanto che non lo vedeva così ma non avrebbe potuto
dimenticarsi l'atteggiamento dell'amico sotto l'effetto dell'alcool, in
passato erano stati momenti troppo devastanti perché
finissero nel dimenticatoio.
Ma mica era cretino,
lo sapeva che lui era relegato ai succhi di frutta, che diavolo aveva
bevuto? Guardò i bicchieri sul tavolino. Uno di succo
d'arancia, uno color magenta che non riconosceva... Succo magenta? Che
roba era? Lo afferrò e lo annusò. Era fruttato.
Lo assaggiò.
Merda.
« Shawn!
Vieni via! »
Non si staccava da
Shirley. L'aveva anzi sollevata tenendola per la schiena e la stava
baciando con più vigore.
« Smettila
cretino, non sai quello che fai! Se te ne penti... »
Non lo sentiva. Non lo
sentiva affatto. Non c'era altra soluzione: lo staccò da
Shirley. Il ragazzo lo guardò inebetito sorridendo.
« Che fai?
Mi stavo divertendo... Ma...! Oh, che bella ragazza... »
Drake stava per
rispondergli irritato che non era una donna quando Shawn si
fiondò anche su di lui.
Si, decisamente sapeva
di alcool.
Sentiva gli schiamazzi
di approvazione degli altri, seduti sui divanetti color porpora.
Riuscì con fatica a staccare l'amico dalle proprie labbra, e
lo guardò negli occhi, lucidi e arrossati, per poi voltarsi
verso la bionda. Questa non gliela doveva fare.
______________________________________________
La
finisco qui altrimenti il capitolo diventa troppo lungo. Shawn
morirà? Lo saprete nella prossima puntata!!
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Bibby: non credo che
questo cambierebbe poi tanto le cose… Quando Shawn
è ubriaco può succedere di tutto, si sa u.u
quindi nessuno se ne preoccupa molto. Direi che è piuttosto
una fortuna xD grazie della recensione, spero che anche questo capitolo
ti piaccia :)
damis: fossi stata
al posto di Drake avrei riempito Shirley di improperi fino a perdere la
voce, però a volte anche lui, stranamente, riesce a trovare
le parole giuste. O quasi xD grazie della recensione e un bacione anche
a te <3
areon: hai recensito
tesoro ç___ç si Andy è stupido ma gli
vogliamo bene per questo, no? =) spero che questo capitolo ti piaccia
:) quasi quasi me la stampo anch’io *pensa* alla
prossima piccolina mia >u<
RiflessoCondizionato:
visto? Puntuale come un orologio svizzero! Mi sa che sei
l’unica a cui Shirley non sta antipatica… spero
che anche questo capitolo ti piaccia, purtroppo è venuto
più lungo del previsto, ma dato che te la vuoi leggere in
vacanza forse è meglio così xD un bacio =*
wappa: oh una nuova
lettrice :3 benvenuta xD è tanto tenero che tu chiami
Alexander “Alex” <3 sono contenta
che la scena ti sia piaciuta e che ti abbia fatto ridere, io mi sentivo
un po’ in colpa per Shawn mentre la scrivevo…
Riguardo agli aggiornamenti devo avvisarti che vado ad un ritmo
regolare mensile, come un manga xD detto ciò spero che anche
questo capitolo ti piaccia =)
Volevo
ringraziare ancora tutti coloro che recensiscono, che hanno la storia
tra le seguite (41, wow!) o che semplicemente leggono =) siete il mio
sostegno!! *____*v
P.S.:
ascoltate la Waka Waka!! (come se c’entrasse qualcosa con la
storia…>_>)
___________
« Shirley!
»
Era furibondo. No,
furibondo non rendeva l’idea. Avanzò con ampie e
veloci falcate verso la ragazza. D’accordo, forse strozzarla
non era molto legale, doveva darsi una calmata.
«
E’ inutile che mi guardi con quell’aria di
sufficiente innocenza. » per non urlare come un ossesso e
farsi riconoscere da tutti aveva dovuto digrignare i denti. «
Come hai potuto far ubriacare Shawn? Lo sai che non regge neppure mezza
birra, deficiente! »
« Oh, si
è ubriacato? Mi dispiace… Magari la prossima
volta stai più attento a quello che fai. »
Si
massaggiò energicamente le tempie. «
Tu… » fece una pausa per selezionare con cura le
parole « Tu sei - non doveva cedere alla rabbia, doveva solo
– una gran vacca. »
« Prego?
»
Oh, ed era
perfettamente inutile che spalancasse gli occhi a quel modo, sapeva che
se lo sarebbe dovuta aspettare. Beh, non da Drake magari…
« Si.
Contenta? Ecco, adesso te l’ho detto. Sei proprio una vacca.
In tutte le sfaccettature che questo epiteto possa avere. E anche una
gran stronza. Tu nella tua… Stupida… Presunzione
di essere sempre la migliore, e ti chiedi perché mi sono
innamorato di un altro – un’altra? »
« Che fai,
balbetti? »
Taci,
gallina…
« Non
cambiare discorso. » borbottò frettolosamente
« Qui si parla del fatto che poiché sei una
principessina viziata, che pensa che tutto le sia dovuto, sei arrivata
a fare del male a Shawn. Questo, è questo il peggio. Ti
rendi conto che hai messo a rischio la salute di una persona
perché ti sentivi offesa? Ridicolo. Tutto è
ridicolo. Tu lo sei. Sei patetica. »
« Ehi, ti
pare giusto abbandonarmi qui? » qualcuno aveva parlato da un
punto imprecisato dietro di lui.
Voce strascicata.
Pacca sulla spalla. Singhiozzo.
« Eddai
Shawn riprenditi, per l’amor del cielo… »
Il ragazzo gli si
appoggiò ad una spalla sorridendo. In quel momento quanti
neuroni gli erano già morti? Lo afferrò per un
braccio e cercò di portarlo in bagno. Non collaborava.
Perché non collaborava?
« No, che
fai? Non ci voglio venire! Dove mi porti? Lasciami stronzo…
»
« Almeno
adesso hai capito che sono un ragazzo eh? »
«
La-scia-miiii… » la voce sfumò.
« Dio se ci
sei dimmi che non è giunta la sua ora… »
Vedeva il bagno. Lo
vedeva, vicino, rassicurante… Era una sua impressione o la
porta riluceva?
Spalancò il
battente con un gomito trascinandosi dietro l’amico, lo fece
appoggiare al lavandino e aprì il rubinetto.
L’aria
fresca sembrava averlo calmato, e questo aveva già iniziato
a portare a galla i primi effetti dell’eccesso di alcool.
«
Urgh… Non mi sento bene… »
Il suo viso si
contrasse in una piccola smorfia. Drake si bagnò le mani con
dell’acqua fresca e le passò sulle guance
arrossate e calde di Shawn. Le braccia con cui era ancorato al marmo
del lavabo gli cedettero un po’ al tocco refrigerante. Stava
lentamente riprendendo lucidità.
« Come va,
un po’ meglio? »
«
Mmmh… »
« Shawn?
»
«
Non… Non riesco… »
« Cosa?
»
«
Non… »
Si mise diritto con
uno scatto fulmineo, quasi fosse stato scottato, si premette le mani
sulla bocca e corse giusto dentro il gabinetto che gli stava di fronte.
Drake entrò a sua volta e lo sostenne per la vita,
sollevandogli i capelli dalla fronte madida di sudore.
« Il
mio… Stomaco… »
Un altro conato gli
impedì di continuare.
Sospirò.
« Sei a
posto? » chiese titubante Drake, un po’ teso, per
poi rilassarsi al cenno d’assenso che ricevette in risposta.
Shawn si
liberò dolcemente dalla sua stretta e andò a
sciacquarsi la bocca. L’altro intanto si era seduto
sull’unica sedia nella stanzetta9865.
« Mi sento
rivoltato come un calzino, un calzino che però prima
è stato investito da un tir… »
« Se non
altro non sei impazzito. Tu non bevi più nulla che non sia
stato prima passato ad un attentissimo vaglio, sia chiaro…
»
« Ho la
testa pesaaaante… »
«
…che poi mi diventi un pervertito e perdi il senso del
pudore. E poiché questo già lo sappiamo,
preferiamo evitarlo, vero? »
« Oh
no… Che ho fatto stavolta? »
« Vuoi
saperlo? »
« Aspetta
che mi siedo, non vorrei svenire per lo shock. »
Drake si mosse per
alzarsi e lasciargli il posto, ma Shawn lo fermò.
« Tu sei
più morbido della sedia, e scusami ma in questo momento non
ho bisogno di mettere le chiappe su del legno freddo, mi sento
già abbastanza uno straccio… »
Gli si
accoccolò in braccio appoggiandogli la testa su una spalla e
nascondendovi gli occhi.
« Avanti
spara… Che ho combinato? »
«
Allora… Iniziamo dal principio: per prima cosa sei andato a
ballare. »
« Si, me lo
ricordo. »
« Con
Shirley. »
«
Vabbè, ricordo anche questo. Più o meno.
»
« Stavate
ballando in maniera molto – ehm – focosa.
»
« Mh?
»
« Insomma
diciamo che eravate un po’ pornografici. »
« Ok dai
questo si può anche sopportare, non è
così vergognoso… »
« E poi non
contenti vi siete messi a limonare… »
« CHE COSA?!
» il ragazzo aveva alzato di colpo la testa e ora lo stava
fissando ad occhi spalancati.
« La tua
mascella è parecchio… Cadente…
»
« Io ho
fatto che cosa?? »
« Eh mi
dispiace… »
« Mio Dio,
sono deficiente… »
« Non hai
mica deciso tu di ubriacarti… Su dai non è
così grave… Anchesepoihaibaciatome ma tutto si
risolve… »
« Eh?
»
« Eh?
»
«
No… Non ho capito quello che hai detto. »
« Quando?
»
«
Drake… »
«
Ok… Beh… quando sono venuto a staccarti da
Shirley La Piovra hai… Deciso di rivolgere le tue attenzioni
a me… Ecco si… A me. »
«
Attenzioni? »
«
Attenzioni. »
« Ho tentato
di stuprarti? »
« Mi hai
baciato. »
Il ragazzo fece
pesantemente ricadere la testa sulla spalla dell’amico.
« Sono
troppo distrutto per vomitare un’altra volta. »
« Ehi, non
sono così schifoso! »
« Primo: non
me lo ricordo per cui non posso giudicare. Secondo: spero che tu abbia
cercato di mandarmi via… »
« Mandarti
via? »
« Se quando
ti ho baciato mi hai assecondato, sappi che sei un imbecille con la
patente di imbecille. »
« Non sono
così lobotomizzato, fidati un po’… E
poi perché avrei dovuto assecondarti? Non sei mica Andy
e… »
Si zittì.
Gli prese un nodo alla gola e strinse a sé il biondo
nascondendosi a sua volta nell’incavo del collo
dell’altro.
« Che
ricordo orribile… »
« Beh
cambiamo discorso. Se non ne vuoi parlare. »
« Non
voglio. Scusa. »
« Non
importa, è tutto ok. »
Annuì con
un cenno della testa. Stettero in silenzio, perché al
momento quello era più utile di tante parole.
Così, seduti e abbracciati, ad ascoltare il rumore ovattato
che giungeva dall’altra stanza. Chissà che diavolo
stava facendo Shirley adesso… Nessuno dei due se ne
curò poi tanto. Preferivano stare loro due soli, vicini tra
loro e lontani dal mondo, a non pensare a nulla, a respirare
l’uno sulla pelle dell’altro, a dimenticare per un
po’ lo schifo che c’era fuori.
« Ho la gola
impastata e mi sta venendo un crampo al collo. »
« Bevi
acqua. » rispose Drake con voce roca.
« Si.
»
Lo sentì
sollevarsi, e le gambe prima riscaldate dal suo corpo ricevettero una
sferzata d’aria fredda. Il rumore dell’acqua che
scorreva era monotono e ipnotizzante. Si massaggiò le tempie
senza aprire gli occhi.
« Torniamo
di là? »
« Se lo
faccio, litigo con Shirley. »
« Non
è detto. Se vuoi ci litigo io. »
«
Pfft… Ti voglio bene Shawn. »
« Devo per
caso ripeterti che non ero cosciente quando ti ho baciato? »
« Ha! Sappi
che mi hai infilato la lingua in bocca, brutto alcolizzato maniaco
pervertito… Ti denuncio per molestie, ecco cosa…
»
« Oh mio
Dio, che schifo, ma non puoi risparmiarmi certi dettagli? »
«
Però a parte la puzza di alcool non era così
male… Ripetiamo? »
«
Non… Non se ne parla neanche! Senti: non
m’interessa se non vuoi risolvere i tuoi problemi con Nolan,
ma se sei sessualmente frustrato vedi di trovare una soluzione. E di
trovarla in fretta. »
« Non ci
parlo più con lui. Ho chiuso. »
« Bene. Ma
io non sono un ripiego ok? »
«
Dai… Neanche un contentino? Un assaggino? »
« Ti annego
nel cesso, giuro. »
«
Dai… Per il tuo amico! Solo un bacino piccolo…
»
« No.
»
« Ti
prometto che tengo le mani a posto… Fatti baciare Shawn!
» stava ridendo a vedere le espressioni disgustate
dell’altro.
Il ragazzo si
chinò su di lui fino a sfiorargli il naso col proprio.
« Fatti
crescere un bel paio di tette, e poi ne riparliamo. Eh? »
Drake
scoppiò a ridere. « Grazie. Lo sapevo che di te
potevo fidarmi. Ti voglio sempre irreprensibile, ok? Non farti traviare
dalle tentazioni come ho fatto io… »
« Non
c’è pericolo. Te l’ho già
detto, mio caro: le tette. Le tette. » e annuì
convinto.
La serata
poté considerarsi conclusa. Usciti dal bagno,
salutarono in fretta gli altri e annunciarono che tornavano a casa.
Nessuno obiettò, poiché la faccia di Shawn aveva
una sfumatura talmente poco sana che l’unico posto in cui si
poteva mandarlo era a letto. Drake insistette per guidare, quasi
utilizzando le cinture di sicurezza a mo’ di camicia di
forza. Era incredibile, quel biondino con la testa vuota: aveva il
fisico debilitato e lo stesso voleva mettersi al volante. Che zuccone.
« Dai
rompiscatole… »
« Ho detto
no. »
« La
macchina è mia, se guidi tu come ci arrivo a casa?
»
« Dormi da
me. »
« E il
pigiama? E le mutande? E il letto? »
« Ho tutto.
»
« Non mi
metterò le tue mutande, sappilo. »
« Ne ho di
nuove, lo so che sei schizzinoso… »
Controvoglia, facendo
capricci, sospirando, Shawn inviò un sms al padre
avvisandoli che si sarebbe fermato dall’amico. Non era la
prima volta, per cui non avrebbero fatto storie.
«
E’ tardi. E’ l’una e mezza. Beh, non
così tardi ma i miei saranno a letto di
già… Quindi quando ti fai la doccia vedi di fare
un po’ piano… »
« Si si non
ti preoccupare, so essere silenzioso come un gatto. »
« Se sei nel
pieno delle tue facoltà. »
« Dettagli.
»
Anche il tragitto dal
cortile al salotto fu una tortura. Era già dicembre, e
sudati com’erano, nonostante sciarpe e giubbini, si stavano
congelando. Tra un po’ si aspettavano di trovare i pinguini
in giardino.
« Doccia
doccia doccia! »
« No, prima
io! Sono stanco e debilitato, ricordi? »
« Tsk! Ti
offro ospitalità e mi ripaghi così? »
Il biondo non gli
rispose, e levatosi i vestiti alla velocità della luce si
infilò nel box aprendo l’acqua calda.
«
Ah… Che gioia… »
« Almeno non
buttare la roba come riso ad un matrimonio. »
« Scusa.
»
« Figurati,
tanto è da una settimana che sono diventato un
casalingo… »
Per fortuna che
avevano un bagno al piano inferiore, mentre le camere da letto erano al
primo piano, perché il buon proposito di fare poco rumore si
era dissolto in un nanosecondo non appena erano entrati in casa.
*
« Cazzo sono
già le due. »
« Se non
fossi così lento a lavarti… Ci hai messo
mezz’ora. »
« Eh,
esagerato. »
« Io ci ho
messo cinque minuti. »
« Smettila
di lamentarti, sembri mia madre. Parla meno e lavora di più.
Non riesco a sistemare il materasso. »
« Se non
avessi un materasso nell’armadio dovresti dormire per terra.
»
« Ah no, tu
mi avresti ceduto il tuo letto. Ma poi perché hai un armadio
nel materasso? »
« Io avrei
cosa? » si premette una mano sulla bocca per non ridere
troppo forte.
« Un
ar… Ok, ho sonno. »
« Ok
così dovrebbe essere a posto. Mettiamoci a dormire subito,
mi cala la palpebra… »
« Yes.
» si infilò sotto le coperte.
Si salutarono
sottovoce e spensero le luci. Dopo cinque minuti, però, una
voce tremula si alzò dal letto più basso.
Sembrava che faticasse a parlare, ma l'altro non ne comprendeva il
motivo, assonnato com'era.
«
Drake… »
Un mugolio infastidito
con qualche nota di disappunto fu tutto ciò che ebbe in
risposta.
« Stavo
pensando che se ero ancora ubriaco avresti dovuto dormire con le spalle
al muro. »
«
Perché ti metti a pensare adesso a ‘ste
cose… » non riusciva neppure ad intonare una
domanda degna di questo nome.
« Non lo so.
Non so se ridere o piangere. » soffocò una
risatina nel cuscino.
« Te la do
io la soluzione… Dormi. »
Finalmente senza
più interruzioni, Morfeo regnò indisturbato fino
al mattino successivo.
*
«
…allora non vieni ancora a scuola? Ma che palle…
»
« Joy, ho la
febbre, no che non vengo. » la voce risuonava metallica
dall’altoparlante del telefonino.
« Appestato!
» lo canzonò la ragazza scandendo bene le sillabe.
« Ti manderemo al lazzaretto, o in quarantena! Su di te
dovrebbero fare le ricerche quelli di X-Files, il tuo sistema
immunitario non è normale! »
« Solo
perché è inutile non vuol dire che sia da
analizzare… Senti adesso vado, ho anche mal di testa.
»
« Ok. E mi
raccomando, guarisci presto. » giunse all’entrata
della scuola. Aveva l’orecchio che scottava,
perché il suo telefono era datato e la batteria si
surriscaldava in fretta. Scivolò tra qualche studente
frettoloso cercando di non farsi investire, e mentre ne schivava un
altro, rimase per un momento col fiato sospeso.
Di fronte e lei, in
fondo al corridoio, aveva notato una testolina bionda lentigginosa e a
fianco un ragazzo con dei vispi occhi dorati. Si, erano loro.
« Joy? Ci
sei ancora? »
« Andy.
» lo chiamò piano.
« Dimmi.
»
« Ti sei
chiarito con Drake? » poi, senza aspettare una sua risposta,
specificò meglio. « Voglio dire, gli hai almeno
parlato... L’hai proprio più sentito? »
« No, non mi
ha telefonato, né io ho fatto altrettanto con lui.
»
« E quando
hai intenzione di farlo? »
«
Perché dovrei? Adesso? Primo: sono ammalato e sono parecchio
stanco. Secondo: lui mi odia, ok? Ed è anche abbastanza
comprensibile. Comunque sono lo stesso arrabbiato con lui,
perché… »
« Non mi
interessa un fico secco del perché sei arrabbiato con lui.
Queste cose non le devi dire a me, le devi dire a lui. »
« Se gli
parlo a questo modo si arrabbia ancora di più, e se gli dico
che mi dispiace di essermi comportato così, non mi crede.
Non mi ha creduto la prima volta, per qual motivo dovrebbe farlo ora?
»
« Forse
perché è passato del tempo e anche lui ha avuto
modo di riflettere sopra l’accaduto? Dio, Andy, sei
così smidollato. »
« Hai
nient’altro da dirmi? »
« Sei un
imbecille. Ma tanto lo sai già, a che serve ripetertelo?
» e riattaccò il telefono, rabbiosa.
Arrestò la
sua camminata rimanendo a braccia conserte a fissare i due ragazzi, che
armeggiavano con libri e quaderni accanto ai propri armadietti. Aveva
una gran voglia di andare da Drake e spaccargli la faccia. Quel
cerebroleso di Andy non aveva tutti i torti: Drake avrà
anche potuto essere ferito dal comportamento subdolo
dell’altro, ma non è che negli anni precedenti lui
si fosse comportato proprio al bacio… Come se non bastasse,
dopo aver confessato la sua losca trama, il ragazzo si era scusato,
cosa che non credeva l’altro avesse mai fatto.
Però da un diverso punto di vista capiva benissimo Foster;
anche lei si sarebbe sentita irrimediabilmente ferita e tradita, dopo
una rivelazione simile. Su questo Joy stessa sapeva di essere
intransigente: chi si prendeva gioco dei suoi sentimenti doveva perire
nel modo più atroce e doloroso. Questo era il suo pensiero,
ed era molto estremo perché lei, abituata ad essere schietta
e trasparente, a volte anche a sproposito, sapeva bene che non si
sarebbe mai potuta trovare nella situazione di dire “Ti ho
mentito”.
Ma vedere le cose
anche dal punto di vista di colui che stava dalla parte del torto, le
aveva fatto comprendere quante potessero essere le sfaccettature di una
situazione simile, e quanto sottile e soggettiva fosse la linea che
divideva il torto e la ragione.
Persa nei suoi
pensieri non si era resa conto che uno degli oggetti principali delle
sue elucubrazioni si era allegramente defilato. Si diresse verso la
redazione del giornale scolastico e accese il computer, senza realmente
guardare il monitor.
Quando
arrivò la pausa pranzo, Joy aveva finalmente preso una
decisione. Scese in fretta le scale con la borsa che le sbatteva sul
fianco ad ogni passo, e percorse il corridoio con lo sguardo che
saettava attento scrutando gli studenti. Sapeva che la
probabilità più alta di incontrarli si
concentrava attorno alla mensa, per cui all’angolo del
corridoio svoltò a destra, e infatti li vide, Drake e Shawn,
che chiacchieravano tranquilli nei pressi dell’entrata.
Il primo a notarla fu
il biondo, che fece cenno all’amico di voltarsi. Non appena
il ragazzo la vide, seguendo lo sguardo dell’altro, assunse
un’espressione indecifrabile, tra lo sprezzante,
l’imbarazzato e l’arrabbiato, ma darne una
definizione precisa era pressoché impossibile.
Si fermò
accanto a loro, col respiro un po’ accelerato; non si era
resa conto di aver quasi corso nell’ultimo tratto percorso.
« Drake,
dovrei parlarti. »
Il ragazzo le rispose
con una smorfia. « Non ho niente da dire a te. Né
altro da farmi dire. Vattene. »
« No,
davvero, dovresti ascoltarmi. Andy… »
«
Già, proprio a lui ho pensato quando ti ho vista. Sarai
contenta adesso, eh? Cosa speravate di ottenere? Quanto ci avete
ragionato sopra, prima di decidere in quale modo prendermi per il culo?
» ogni sillaba era veleno. E non c’era da
biasimarlo.
« Non
iniziare così, ti prego. Innanzitutto io di questa cosa non
ne sapevo nulla, Andy me ne ha parlato dopo che a te. E non sto
tentando di scaricare tutta la colpa su di lui, voglio solo dire la
verità ed essere chiara, ok? »
« E credi
che possa fidarmi? »
« Ti ho mai
detto qualcosa che poi si è rivelata essere falsa? Vi ho mai
raccontato balle? » si rivolse anche a Shawn, nella speranza
che questi l’aiutasse. I suoi occhi azzurri erano
però freddi e accusatori.
« Capirai,
come se ci fossimo parlati tanto. »
« Drake,
Andy sta male. Non voglio che tu provi pietà per lui.
Intendo che sta male perché ha la febbre, e non è
venuto a scuola. Altrimenti ti avrebbe parlato lui. »
« E
così ha mandato te a fare da portavoce? Non ha neppure le
palle per telefonarmi? »
« Non
è così! E’ stanco, non si sente bene ed
è sempre a letto, lo capirai almeno un
po’… Ad ogni modo, devi credere quanto dico che
gli dispiace di essersi comportato così. Drake, tu a lui
piaci un casino, lui ti vuole bene! Te ne vuole davvero tanto! Ti
prego, non odiarlo… » era poco concentrata, e
stava perdendo sia la sua proverbiale imparzialità, che la
sua capacità di essere convincente con le parole. Male,
molto male.
« Ma come
puoi chiedermi una cosa simile? »
«
Dre’, abbassa la voce… »
« Oh chi se
ne frega, Shawn! Mi sentano pure tutti! » si rivolse di nuovo
alla ragazza, col viso arrossato per l’ira. « Io
non lo odio. Come... Come potrei odiarlo? Solo che mi ha deluso,
cazzo… Mi ha deluso da morire. E non riesco a perdonarlo! E
non lo farò, fino a quando non verrà da me in
ginocchio a… »
« Stai
esagerando!! Prova a pensare a tutto quello che hai fatto tu a lui,
piuttosto! Ha passato due anni d’inferno grazie alle tue
trovate da deficiente! Gli hai fatto di tutto, o non te lo ricordi
più? L’hai picchiato, gli hai rotto degli oggetti,
gliene hai portati via altri… Gli occhiali da vista te li
ricordi? Le sue scarpe da ginnastica? Il telefono? L’auto?
Sei diventato smemorato di colpo, per caso? »
Drake la
afferrò per il maglione e la attirò a
sé, avvicinando i loro visi tanto che si trovavano a neppure
due centimetri di distanza.
« Sei venuta
qui per difendere Andy o per farmi semplicemente incazzare? »
Joy annaspò un poco, afferrandogli gli avambracci per
allontanarlo da sé. « Torna da me
un’altra volta e io… »
« Smettila.
»
Tagliente, secco e
perentorio, il richiamo di Shawn arrivò come da
un’altra dimensione. Strinse forte il polso di Drake e
quest’ultimo mollò la presa di scatto, barcollando
sul posto e spostando velocemente lo sguardo dalle proprie mani
tremanti e rosse per la stretta che avevano tenuto sulla stoffa grezza,
a Joy, che si accarezzava il collo, tossendo lievemente. Aveva gli
occhi lucidi per lo spavento.
«
Io… Io… » balbettò. Non
riusciva a trovare le parole. Ora che si era un po’ calmato
si era anche reso conto di quello che stava per fare.
La ragazza non lo
ascoltò, e voltatasi di scatto, si allontanò a
passi veloci, le mani ancora attorno al proprio collo.
« Ma ti sei
bevuto il cervello? »
« Shawn, io
non… »
« Di solito
sto dalla tua parte, ma stavolta hai esagerato. Ti rendi conto di
quello che stavi per fare? Era proprio questo che Joy intendeva con
“trovate da deficiente”. Se non impari a
controllare gli scatti di rabbia finirai per fare davvero male a
qualcuno, male irreparabile e scusami se sono così franco,
ma non ti verrò a difendere in quel caso. Sappilo. E
comunque sia, lei non ti ha fatto nulla, ok? Toccala un’altra
volta e ti stacco le palle. E se dovessi avere un incontro ravvicinato
con Andy e ti comporti così anche con lui, te le stacco lo
stesso. »
« Scusa.
»
« Non
è con me che devi scusarti. » Il suo tono si era
fatto più dolce.
« Si, hai
ragione. » e lasciò la mano dell’amico
per dirigersi di corsa nella direzione che la ragazza aveva preso prima
di lui.
La trovò
seduta su uno dei gradini della porta sul retro, quella che dava sul
cortile interno della scuola. Era rannicchiata in un angolo e si
abbracciava le ginocchia. Le si avvicinò calmo, come se
avesse dovuto raggiungere un gattino senza spaventarlo e farlo
scappare. Si sedette accanto a lei, ma non sapeva come cominciare. Le
parole gli sembravano tutte troppo banali. Allora appoggiò
anche lui il mento sulle ginocchia alzate e guardò
l’erba del vasto giardino, cosparsa di goccioline ghiacciate.
Solo allora si rese conto che sia lui che Joy erano senza giubbotto, e
fuori faceva un freddo cane. Si voltò a guardarla di nuovo,
e vide che aveva il naso e le guance arrossati per la bassa
temperatura. Forse un po’ tremava. Le si avvicinò
di più e le circondò le spalle con un braccio,
dopo aver ritirato le mani dentro alle maniche morbide e calde della
felpa. Al tocco iniziale, lei ebbe un piccolo sussulto, ma si
tranquillizzò subito dopo.
« Stai
attento a non diventare verde la prossima volta. O dovremo chiamarti
Hulk Foster. »
« E pensare
che volevo iniziare io il discorso. » sospirò
amaramente. « Scusami. Ti ho fatto male? »
Joy scosse la testa. I
riccioli biondi le ricaddero scomposti attorno al viso.
« Ho solo
preso paura. Tanta. Adesso capisco davvero come si è sentito
Andy, tempo fa. E tu non eri da solo e lui non prendeva solo spaventi.
»
«
L’abbiamo picchiato parecchio, lo so. »
« Ma
perché? » la domanda terribile. Non sapeva mai
cosa rispondere.
« Per
stupidità. » disse infine. « Ti pare che
esista una ragione intelligente per dare a qualcuno il diritto di
picchiare? »
« No.
»
« Infatti. E
poi per paura. Quando ho scoperto che era gay mi sono sentito quasi
preso in causa, perché l’ho scoperto per, diciamo,
visione diretta, e c’eravamo solo io, lui e l’altro
ragazzo che Andy stava baciando. E mi sono sentito coinvolto. Solo che
a casa mia omosessualità, blasfemia, inferno,
omicidio… Sono più o meno la stessa cosa. E gli
altri mi hanno seguito perché sono dei caproni, ecco
perché. Mi considerano il leader del gruppo, e sono dei
caproni. Brutto binomio, eh? »
« Il
peggiore. Il “branco”… » non
riuscì a trovare qualcosa di abbastanza offensivo da
abbinarci, e tacque.
« Anche
Shawn è così idiota? »
domandò dopo un po’. Le poche volte che ci aveva
parlato, le aveva dato un’impressione diversa.
« Shawn
è pigro. » rise Drake. « Così
pigro e menefreghista che si lasciava trascinare dalla mia
impulsività senza muovere un dito. E comunque pensa anche
che avevamo dai tredici ai quattordici anni, all’epoca in cui
è iniziato tutto. Eravamo mocciosi. E’ cambiato,
adesso. Anche prima, mi ha sgridato, sai? Meno male. Lui è
più ragionevole di me, è il mio “freno
a mano”… »
« Cosa sarei
io? »
In piedi accanto allo
stipite della porta, il ragazzo li osservava con un sorrisino
sarcastico ma affettuoso.
« Shawn
coccolami, mi sento una merda con le gambe. » si
lamentò Drake con voce piagnucolosa.
« Per
fortuna che non hai detto “col cervello”
perché non sarebbe stato del tutto esatto…
» si sedette accanto a lui e gli diede un bacio sulla fronte.
« Ti sei
scusato? »
« Si.
»
« Ringrazia
che è una donna pacata, fosse stata un’altra,
*coffcoff*Shirley*coffcoff*, avrebbe accolto la tua ammenda evirandoti
senza alcun ripensamento… »
«
E’ inutile che fai allusioni idiote… Ricorda cosa
ha fatto a te piuttosto, quella baldracca… »
«
Perché, che ha fatto? » chiese Joy, curiosa.
« Non fare
la giornalista con me, Cook. Non sono così scemo da scucirmi
davanti a te. »
«
Praticamente l’ha fatto ubriacare, così lui ha
ballato con Shirley in un modo oscenissimo, poi l’ha baciata,
poi ha baciato me e poi è andato a vomitare. E le ultime due
cose non sono legate da rapporti causa-effetto, sia chiaro. »
« Grazie
Dre’. Tu si che sai cos’è la
discrezione. »
Joy fu scossa da
piccoli tremiti prima di scoppiare in una fragorosa risata.
« Ma come ha
fatto a farti ubriacare? Non ti sei accorto di bere troppo? »
« Lui?! Ma
se non regge neanche un centilitro di birra! Pensa che una
volta… » la bocca gli venne bruscamente tappata da
una mano dell’amico.
« Ok, fine
dei racconti imbarazzanti! Prima di iniziare a decantare aneddoti,
pensa che io mi vergogno come un ladro, ok? »
« Tanto tu
mi perdoni, vero? » disse piano lui, socchiudendo gli occhi
come un gatto sornione.
« Ormai ti
conosco, è inutile che provi con me quegli sguardi furbetti,
non m’incanti. »
Drake gli
scoccò un leggero bacio sulle labbra, che fecero allontanare
di colpo l’altro come se fosse stato scottato.
« Ma che
schifo!! Non farlo mai più! »
« Hai visto?
Io so sempre come neutralizzarti… »
Joy era un
po’ sconvolta, ma non disse nulla. Piuttosto, dopo qualche
secondo, avanzò la proposta di rientrare, dato che nessuno
dei tre aveva un giubbino, e rischiavano l'assideramento. Oltretutto la
pausa pranzo stava per finire, e dovevano tornare alle loro lezioni.
Nessuno dissentì, e la ragazza in cuor suo si
sentì già un po' riscaldata. Forse aveva
combinato davvero qualcosa di buono. Infine, l'unica cosa che serviva
per superare quel momento difficile, era semplicemente affrontare la
questione.
*
Andy guardò
il termometro. La febbre era finalmente scesa. Si sentiva meglio
già da prima, e ciò significava che era
decisamente sulla via della guarigione. Il raffreddore era
già affievolito e riusciva a respirare bene. Tra due giorni
avrebbe potuto tornare a scuola, forse anche prima.
Il telefonino
squillò. Lo prese e osservò lo schermo, ma sul
display campeggiava la scritta "numero sconosciuto", e in effetti il
numero sottostante non l'aveva mai visto. Rispose, curioso.
« Indovina
chi è tornato dall’Europa? » e poi
seguì una risata che era assolutamente inconfondibile.
« Sono fuori dalla porta, aprimi! »
Andy lanciò
via le coperte e quasi ruzzolò giù dal letto.
Senza inforcare le ciabatte scese le scale rischiando tre volte di
cadere e rompersi l’osso del collo. Corse verso
l’entrata e vide oltre il vetro lavorato del portoncino una
sagoma scura che si muoveva. Giunse in scivolata fino alla porta e
l’aprì di scatto, gettandosi al collo della
persona che gli stava di fronte ancora prima di guardarlo in volto.
« Josh!!
» urlò felice. Quella mattinata uggiosa si stava
decisamente trasformando in una splendida giornata.
_______________________________________________________________
Teheeeee!! Chi
sarà mai ‘sto Josh?? Capitolo lunghissimo per i
miei standard. O__O
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Supermega
ritardo di quattro giorni!! Scusatemi ragazzi/e .__.
DarkViolet92: io su
Josh non mi posso scucire, ma ti posso assicurare che Joy ringrazia
perché apprezzi gli sforzi che sta facendo u.u Spero che
anche questo capitolo ti piaccia ^^
Cry_chan: Credo che
la differenza tra Drake e Shawn sia che entrambi sono idioti, solo che
Shawn lo è con stile xD Anch’io punterei su
Josh-cane, si si xD
RiflessoCondizionato:
Io l’opzione e) Josh = criceto indonesiano, la sfrutterei
volentieri u.u purtroppo era già tutto deciso e il fato non
ha voluto modifiche u.u Sono contenta che dopo questo episodio sia tu
che altre abbiate iniziato ad apprezzare Joy, all’inizio non
stava molto simpatica ai lettori, forse per la sua ingente presenza
accanto ad Andy e nel suo cuoricino-ino xD Spero che tu riesca a
leggere questo capitolo…
Damis: sono felice
che ti piacciano i dialoghi xD io adoro scrivere attraverso i dialoghi
e per questo punto su essi molto più che sulle parti
descrittive… E Josh saprete finalmente chi è, in
questo capitolo! Continua a seguirmi =)
ShadowHeart:
noooooooo ti prego, ti imploro, pietà!!! Non voglio che mi
ammazzi xD e comunque prima leggi questo capitolo, e poi decidi cosa
farne di me u.u Anche se non ti rivelerò mai dove abito,
mwhahahahahah!!
NekoRika: argh, hai
recensito il primo capitolo xD Non so per quale intervento divino mi
sono accorta della tua recensione, sta di fatto che è
così, e ne sono felicissima u.u Innanzitutto
perché tira in ballo un po’ tutti li aspetti della
storia, e sono contenta che gli sviluppi ti siano piaciuti (e concordo
su Shirley, ognuno ha le sue motivazioni, e nessuno a questo mondo
è completamente dalla parte del torto o della ragione). E
poi io adoro le tue fanfic ^^; quindi la tua recensione, senza nulla
togliere alle altre, mi ha un po’ riscaldato il
cuoricino… Spero che continuerai a seguire la storia, anche
dopo l’introduzione dei due personaggi che qui
presenterò =)
IceWarrior: credo
che la tua sia una delle recensioni più lunghe che io abbia
mai ricevuto, se non la più lunga, ma questo mi ha fatto
molto piacere, e spero di riuscire a replicare ad ogni punto =) Per
prima cosa sono piacevolmente colpita dalla tua analisi dei personaggi
principali, molto attenta e precisa, e soprattutto azzeccata ^^ Alla
seconda osservazione che hai fatto ti sei praticamente risposta da sola
xD Ho vagliato attentamente i possibili risvolti che il gesto di Andy,
quello di tentare di conquistare Drake, avrebbe potuto avere. Ho scelto
di farlo cadere nella trappola velocemente e in modo tanto sprovveduto
perché, semplicemente, è ciò che
esprime il carattere e l’indole di Drake. E’ un
ragazzo impulsivo e che, come spesso Shawn gli rimarca, agisce prima di
pensare. Inoltre la sua omofobia era qualcosa di innaturale, derivante
più dalla paura di affrontare il proprio vero
“io” piuttosto che da fondate convinzioni. In fin
dei conti, il subdolo piano architettato da Andy è stato per
lui l’ancora di salvezza che gli ha permesso di liberarsi dai
pregiudizi e dalla personalità opprimente del padre, il
baluardo che Drake ha inconsciamente afferrato vedendolo come la
propria unica possibilità di evolversi e di non diventare,
come invece stava accadendo, una persona violenta e brutale.
Per
quanto riguarda il rapporto Drake-Shawn, devo confessare che li adoro
insieme, e che devo trattenermi come una matta per non scrivere di un
Drake assatanato che tenta di stuprare l’amico. Accidenti a
me e alla mia anima da fangirl! Grazie del commentone, spero che anche
questo capitolo (di poco più lungo del precedente) sia di
tuo gradimento =)
______________________________________________________________________________________________
« Josh!!
»
Il ragazzo gli sorrise
di rimando. « Allora, ho sentito che ti sei preso un bel
febbrone! Tanto per cambiare, eh? »
«
Già, non mi smentisco mai. Oh, ma ci sei anche tu! Scusami,
dietro a questo bestione non ti avevo vista… »
«
“Bestione” a chi?! »
« Ciao Andy.
Come stai? » La giovane scansò Josh e
andò a sua volta ad abbracciare l’amico
convalescente.
« Tutto
bene, grazie… Piuttosto, voi due dovete raccontarmi un bel
po’ di cose! Su, entrate. »
Eveline non se lo fece
ripetere e si accomodò nel soggiorno, seguita a ruota dagli
altri due.
« Scusate se
vi accolgo in questo modo, ma fino a due minuti fa ero a letto.
»
« Ti abbiamo
disturbato? »
« No,
tranquilla… Allora, com’è
l’Europa? »
«
Fantastica. » Rispose semplicemente la ragazza. «
Io e Josh abbiamo passato tre mesi stupendi. Siamo stati prima in
Germania, a Berlino, e poi in Spagna, a Madrid. »
«
Però, proprio nelle capitali! »
« Si.
Davvero grandiose. A me è piaciuta più Berlino,
se devo esser sincera… A lui, come puoi ben immaginare, ha
colpito maggiormente la Spagna. »
«
Assolutamente si!! Ci sono delle ragazze che… Una bomba.
»
«
…si. La Spagna ti ha colpito, caro mio, in testa
però. E anche forte. »
« Oh per
favore. Sei soltanto gelosa perché io ho trovato da
divertirmi e tu no. » Si voltò verso Andy.
« Ma ti pare che una debba essere gelosa del proprio
fratello? »
« Non sono
gelosa, semplicemente io non mi metto a pomiciare con la prima che
capita, per quanto bella sia. Tu non ti fai problemi, eh? »
« Si
è trovato una fidanzata spagnola? » Chiese Andy a
bassa voce, che ancora non aveva capito bene il vero argomento della
discussione.
« Pfui,
fidanzata, questo qui? Non sarebbe capace di far durare una storia
neppure convivendoci, con la ragazza, figuriamoci se si trovano in due
continenti diversi. Tanto per spiegarti in poche parole, nel gruppo di
studenti in cui eravamo – gruppo decisamente variegato e
multietnico – lui è quello che, tra locali, bar e
discoteche, si è divertito di più. Facendo
l’idiota. »
« Non ho
fatto l’idiota, sono solo un tipo esuberante! »
« Non sei
esuberante, sei un esibizionista egocentrico, e anche un cretino. Non
sai quante volte ho sperato che il buon Dio mi cambiasse faccia. Almeno
nessuno avrebbe pensato che eravamo fratelli. »
« Quanto la
fai tragica. E poi rassegnati, Eve, l’unica cosa che ci
distingue, a parte la lunghezza dei capelli, si trova molto
più in basso del viso. »
« Seguendo
il tuo dito, si direbbe che tu ti sia dimenticato di non portare la
quarta di reggiseno. E poi, io non sono così brutta.
» Sbottò incrociando altezzosamente le braccia e
raddrizzando la schiena impettita.
« E sei
anche un tappo. »
« Sei tu che
sei fuori misura, idiota. Guarda che sono un metro e settanta, sai?
»
Andy li guardava
sorridendo. Non aveva neppure voglia di metterli a tacere. Avevano
vinto un concorso per un viaggio di tre mesi in Europa, e avevano
potuto frequentare una scuola tedesca e una spagnola. Era contentissimo
per loro, ma gli erano mancati così tanto che anche
assistere ai loro soliti battibecchi era piacevole. Anzi, lo convinceva
ancora di più che erano tornati davvero, che erano
lì accanto a lui, pronti a ricostituire lo storico quartetto
con lui e Joy. Si conoscevano fin dalle scuole elementari, inoltre Andy
e i gemelli erano vicini di casa.
« Comunque
Eve non ha tutti i torti… Sbaglio o sei cresciuto ancora?
»
Josh si
schiarì la voce orgoglioso. « Ma certo. Adesso
sono alto un metro e novantadue centimetri! »
«
…di pura stupidità. »
« Avete
appena sentito la critica del giovedì mattina proposta
dall’acidissima Eveline So-Tutto-Io Fortington. »
« Dai
ragazzi, siete appena tornati a casa, non siete contenti? »
« Non avrei
potuto essere più felice! » Assicurò la
ragazza. « Finalmente potrò chiudere a chiave la
porta della mia stanza e lasciare questo scimmione fuori. »
« Insomma
voi due! Prima “bestione”, adesso
“scimmione”… Che vi ha preso? »
«
“Bestione” non è terribile. »
Cercò di rimediare l’interpellato. « Si
può anche prendere come un complimento. »
«
Già, è sempre lei che deve fare la guastafeste.
Beh Andy, raccontaci anche tu come ve la siete passata tu e Joy in
nostra assenza! »
Andy
abbassò lo sguardo prima di rispondere, pensando a quale
notizia avesse potuto dire per prima.
« Beh, a dir
la verità, di cose ne sono successe un sacco…
»
*
Drake si sentiva teso.
Mentre prendeva la sua roba dall’armadietto, negli spogliatoi
della palestra, non poté fare a meno di pensare alla
situazione della loro squadra scolastica, che era abbastanza
preoccupante. La loro scuola era piuttosto grande e grazie a questo
fatto, avevano reclutato parecchie matricole nel loro team, ma uno dei
titolari, Stan Mercer, si era infortunato seriamente ad un ginocchio,
terminando così la propria carriera di giocatore e
lasciandoli scoperti per il ruolo di Ala Grande.
C’era sempre
la possibilità che tra quelli del primo anno vi fosse
qualche talento nascosto, o comunque qualcuno dalle capacità
sfruttabili, ma Stan era uno dei loro punti di forza, e quella domenica
mattina vi sarebbe stata un’importante partita per decretare,
a livello regionale, le squadre che si sarebbero guadagnate
l’accesso al campionato nazionale di basket delle scuole
superiori.
Si cambiò
in fretta ed entrò nella palestra. Anche il coach Miller non
aveva un’espressione serena, o per meglio dire, li guardava
ancora più in cagnesco del solito. Si misero tutti in fila
per il regolare saluto, ma il professore fece loro cenno di sedersi
sulle panchine, e a sua volta prese posto su una sedia.
« Ragazzi,
come sapete Mercer non potrà giocare questa domenica.
» Come al solito, andava subito dritto al punto. «
E forse, mi duole ammetterlo, dovrà rinunciare completamente
a diventare un giocatore professionista. E’ stato dimesso
dall’ospedale l’altro ieri e si trova ancora a casa
a riposo. Di certo non lo si può colpevolizzare, dato che il
suo infortunio è stato causato da un’altra persona
e non da una sua mancanza, né si può dimenticare
che è stato sempre un prezioso elemento per la nostra
squadra, ma non ci si può adagiare su questo brutto evento e
dimenticare di essere realisti.
Forse penserete che
sia un ragionamento crudele, ma dobbiamo assolutamente rimpiazzare
Mercer. E dobbiamo farlo il più presto possibile, anche per
lui. Se vedesse che il suo team è rallentato dalla sua
mancanza, si sentirebbe un peso, e avrebbe ancora più sensi
di colpa di quelli che già avverte. Vi chiedo in primo luogo
la massima collaborazione e mi rivolgo soprattutto a quelli del primo
anno. Coloro che si trovano al secondo e al terzo anno già
hanno coscienza della struttura della squadra, dei suoi punti di forza
e di quelli deboli. Voi matricole siete più inesperti, per
quanto dotati, e poiché ancora non siete stati indirizzati
ad un ruolo preciso, dovrete dimostrarmi tutta la vostra
versatilità, soprattutto per poter colmare il vuoto lasciato
da Mercer, il cui ruolo era quello di Ala Grande.
Quello di cui abbiamo
bisogno è di qualcuno che abbia caratteristiche intermedie
tra un Centro, ovvero un difensore, e un attaccante. E’ un
ruolo per il quale è necessaria una buona presenza fisica,
una certa prestanza e soprattutto molta energia; un’Ala
Grande deve essere in grado di agire bene sui rimbalzi e anche sui
passaggi.
In questi giorni ci
alleneremo più duramente del solito. E come ultima cosa, ma
non per questo meno importante, ricordatevi sempre che quando si
è in campo, è bene ricordarsi del proprio ruolo,
ma la cosa migliore è tenere a mente che si gioca in una
squadra. Bisogna aiutarsi e collaborare: il gioco di squadra
è tutto, ragazzi. Niente individualismi o colpi di testa.
Bene, è
tutto, iniziamo pure con un po’ di riscaldamento! »
Drake si sentiva
più rincuorato; Miller sarà anche stato un orso
scorbutico, ma come allenatore ci sapeva fare eccome. Era un abile
orchestratore e sapeva come tenere il loro morale alto. Gran parte di
queste qualità le aveva anche Shawn, che infatti ricopriva
un ruolo molto versatile e che era decisamente bravo a controllare la
situazione generale in campo. Possedeva un’ottima regia del
gioco e – cosa che non guastava per uno come lui –
era scattante e agile come un furetto.
Nonostante il clima
lugubre, l’allenamento fu un vero successo. Grazie al
consolatorio discorso di poco prima, si sentivano tutti pieni di forze,
e in campo si dimostrarono attenti e coordinati. Dan non
sbagliò neppure un canestro (poiché, anche se per
un cestista bravo come lui era facile centrarli tutti, qualcuno
sfuggiva sempre) e Mike sembrò meno burbero del solito;
nella partita finale “matricole contro 2°-3°
anno” evitò perfino di difendere l’area
sotto canestro col metodo del terrore, cosa che invece era solito fare
servendosi della propria stazza e dell’espressione
inquietante.
Il tempo passava
velocemente e in modo piuttosto piacevole.
*
Eveline, seduta
accanto al fratello che guidava, ripensava intensamente alla visita a
casa di Andy.
« Ma stai
scherzando? » Gli aveva domandato dopo che il ragazzo ebbe
finito un sunto di tutto quello che era capitato dall’inizio
della scuola.
« Proprio
per nulla. » Sorrise.
« Non avrei
mai creduto che Drake Foster fosse gay. Ma c’è
diventato a causa tua? » Chiese ancora, incredula.
« No, te
l’ho già detto. Questa sua tendenza era
“latitante” ma presente da tanto tempo nella sua
mente. Io sono stato solo… La scintilla che ha acceso il
tutto. »
« Pazzesco.
Dopo tutte le stronzate che ha fatto. »
« Ad ogni
modo, penso che mi ci vorrà un po’ per realizzare
bene questa cosa. » Affermò Josh, grattandosi il
mento soprappensiero. « Se mi avessi detto di punto in bianco
che quel damerino figlio di papà era dell’altra
sponda ti avrei riso in faccia, ma dopo aver sentito tutto questo
racconto non posso fare a meno di convincermene. »
Le case e gli alberi
sfrecciavano davanti ai suoi occhi, visti ma non realmente guardati. Il
cielo era già scuro e la scia indistinta di abitazioni la
intontirono. Sbadigliò sonoramente e allungò una
mano per accendere l’autoradio.
« Certo che
la vita di Andy sembra un film. » Borbottò a bassa
voce, sicura che il fratello l’avrebbe comunque sentita.
«
Già. » Commentò. « E negli
ultimi tempi si sono moltiplicati gli effetti speciali. »
«
…Credi che i genitori di Drake sospettino qualcosa?
» chiese poi.
« Non lo
credo affatto. Se avessero anche il minimo presentimento che nella loro
famiglia ci possa essere qualcosa che non è perfetto,
l’avrebbero già individuato. Probabilmente Drake a
quest’ora si troverebbe in riformatorio o in un ospedale
psichiatrico. »
« Mmh, hai
ragione. Che tristezza. »
« Puoi
scommetterci. Meno male per Andy che i suoi genitori hanno una mente
molto più aperta. Mi chiedo però
perché non abbia mai detto loro che subiva violenze da quel
gruppo di idioti. »
« Andy
è uno che rimugina troppo sulle cose, e anche se sembra
forte per ciò che ha sopportato, ha bisogno
dell’approvazione degli altri. »
« E con
questo? »
«
Avrà pensato che se lo raccontava ai genitori, questi
avrebbero perso fiducia in lui, forse… O comunque si
sarà vergognato. »
« Come fosse
colpa sua! » Rimbrottò stizzita Eveline.
*
Drake era sfinito.
L’allenamento era stato intensivo, proprio come annunciato da
Miller, e non che le sue sessioni normali fossero tanto più
leggere. In più era durato due ore e mezza invece che solo
due ore. Da infarto. Si chinò a prendere un asciugamano
dalla propria borsa, seguito a ruota da Shawn. Mentre frizionava la
fronte e il collo, un ragazzo passò dietro di lui e si
diresse verso l’allenatore, che si trovava a centro campo.
« Su
Dre’, andiamo a lavarci? Sono mezzo morto…
»
« Si,
si… Arrivo. »
Poco prima di uscire
dalla porta della palestra, si voltò curioso a guardare chi
stesse parlando con Miller: uno spilungone, ben piazzato ma snello, con
folti capelli castani e due occhi di un verde tanto intenso da
catalizzare completamente la sua attenzione. Lo colse una fastidiosa
sensazione di dejà vu. Aveva già visto quel
ragazzo, di questo ne era certo.
Si, ma dove?
Nonostante la piena sicurezza di conoscere quel viso, non riusciva a
ricordarsi il frangente in cui l’avesse già
incontrato, neppure sforzandosi. Controvoglia, caracollò
dietro all’amico fino a raggiungere le docce.
« Shawn?
» chiese accostando la bocca al muro che separava i due
cubicoli.
« Si?
» rispose l’altro.
« Hai visto
chi stava parlando con il coach? »
Silenzio. «
…Qualcuno parlava con Miller? »
« Se, ciao.
»
« No,
dai… Chi parlava con lui? »
« Non lo so,
per questo ho iniziato ‘sto discorso. Pensavo
l’avessi notato. »
« Non
l’hai visto in faccia? »
« Si, e so
anche che non è la prima volta che me lo trovo davanti. Solo
che non ricordo quando… »
«
E’ inutile che ti metti a pensarci adesso. Dopo questo tour
de force io non mi ricordo neppure la mia data di nascita. »
« Si, hai
ragione. »
« Come
sempre. Hai finalmente imparato a riconoscere la mia supremazia.
»
Drake aprì
la porta della doccia, vi sfrecciò fuori, si
infilò fulmineo in quella di Shawn e gli chiuse
completamente l’acqua calda.
L’urlo del
povero ragazzo, che non aveva potuto ribellarsi perché si
stava lavando i capelli e nella fretta dei movimenti un po’
di shampoo gli era entrato in un occhio, echeggiò per tutto
lo spogliatoio. Insieme alle risate di scherno di Drake.
« Tu. Vuoi.
Morire. »
« Credici.
» lo prese in giro, mentre gli rivolgeva linguacce e gestacci
dalla doccia di fronte.
*
Quel
venerdì mattina si prospettava essere meraviglioso. Andy si
sentiva benissimo e pronto per tornare a scuola. Aprì la
finestra della propria stanza e scoprì con piacere che
nonostante il freddo dicembrino, era sorto un pallido sole, e il cielo
era limpido.
Fece colazione con
entrambi i genitori, che dopo un bel po’ di tempo avevano
finalmente possibilità di lavorare vicino casa (anche se
sapevano che presto avrebbero dovuto spostarsi di molto) e si volevano
godere appieno il loro rinnovato quadretto familiare.
Salutati brevemente
questi, uscì dal portoncino di casa per raggiungere il
garage, quando il rumore di un clacson attirò la sua
attenzione.
«
Ehilà! »
« Josh, Eve.
Buongiorno. » Salutò gli amici sventolando
energicamente la mano.
« Ti va di
farti dare un passaggio? » Chiese Eveline, che si trovava
alla guida.
« Come no!
Arrivo subito. » Salì in auto sul sedile
posteriore, accanto agli zaini dei gemelli. « Che bel
calduccio qui. Non posso uscire due minuti che già rischio
di congelare. »
«
Quest’inverno sembra più freddo del solito.
»
Arrivarono a scuola in
perfetto orario, anche in anticipo.
« Vai troppo
veloce. Sei spericolata. »
«
Sta’ zitto Josh, sei tu il nonnetto che va ai trenta
all’ora. »
« Dai trenta
agli ottanta c’è una bella differenza. »
« Dai, le
strade non sono ghiacciate. »
« Dio, che
sorella devo avere… »
« Ciao
ragazzi! » Una voce squillante li raggiunse. «
Pronti per riprendere la solita noiosissima scuola americana?
»
« A dire la
verità mi mancava casa. » Ridacchiò
Eveline, abbracciandola.
Poco più in
là, Drake stava chiedendo a Mike se aveva per caso visto chi
stesse parlando con Miller il pomeriggio precedente, dopo gli
allenamenti.
« Ancora con
questa storia? »
« Shawn, sai
come sono fatto. La curiosità potrebbe uccidermi. »
« Datti un
po’ di tregua! O almeno, danne a me. »
« Ma voglio
assolutamente sapere chi è… »
piagnucolò.
Svoltando
l’angolo, sbucarono nel corridoio principale. In direzione
contraria giungeva il gruppetto di Andy. Drake lo notò
subito: aveva l’aria un po’ smunta, Joy non gli
aveva mentito. Dopo la chiacchierata-diverbio che aveva avuto con la
ragazza, si sentiva comunque più sollevato. Si sentiva
perfino in grado di sopportare la presenza di Andy senza dare di matto,
ed era già qualcosa.
Doveva ammettere che
comunque, in quelle due settimane che era mancato da scuola, ne aveva
avvertito l’assenza. Brillante come Shawn e quasi
più loquace dell’amico, gentile e bendisposto
verso di lui, nonché terribilmente carino e una vera gioia
per gli occhi. Come riusciva a farne a meno?
Era così
concentrato su Andy che si accorse dopo un bel po’ di uno
studente molto alto che lo accompagnava. Uno studente con folti capelli
castani e due grandi occhi verdi…
« Shawn,
Shawn è lui!! »
« Cosa?
»
« Quello!
Quello vicino ad Andy! »
«
Cos’è, un attore famoso? »
« Ma no,
demente, è quello che ieri parlava col coach! »
« Ah
davvero? »
« Si! Ecco
perché mi sembrava di conoscerlo, è amico di
Andy… »
« Questo non
spiega proprio nulla! Io non l’ho mai visto
dall’inizio dell’anno. L’hai visto solo
tu. Non è che magari è uno spirito che solo tu
sei in grado di percepire? »
« No, hai
ragione tu, all’inizio dell’anno non
c’era… E allora dove- » Si
bloccò di scatto, realizzando in un unico momento chi fosse
quel ragazzo.
La consapevolezza
della situazione che gli aveva fatto conoscere la sua esistenza gli
giunse come un getto d’acqua fredda, uno sciame
d’aghi sulla schiena.
« Drake,
c’è qualcosa che non va? »
Non c’era
dubbio, era lui. Stesso viso, stesso modo di camminare, lo stesso
atteggiamento teatrale e la parlata accompagnata da
un’imponente gestualità. E soprattutto quegli
stessi stupendi occhi smeraldini. Forse, solo un po’
più alto. Ma d’altronde, era passato un anno e
mezzo.
Si definì
stupido, per non essersene ricordato subito. Era stato difficile
perché fin dalla prima superiore si era concentrato su Andy,
lasciando da parte le sue amicizie. Neppure di Joy, prima di
approfondire i rapporti, aveva un’idea precisa.
Ma quel ragazzo era
indimenticabile, perché l’aveva visto in una sola,
unica, ma fondamentale occasione.
« Drake,
stai bene? »
«
E’ lui, ne sono certo. E’ proprio quello
lì. »
« Chi? Chi
diavolo è? »
« Ti ricordi
in prima superiore, quando ti ho detto che Andy era finocchio e quando
abbiamo iniziato a creargli problemi? »
« Si.
»
«
L’avevo scoperto da solo, perché l’avevo
visto baciare un ragazzo nel cortile sul retro della scuola. »
« Me lo
ricordo. » Annuì. Poi anche nei suoi occhi
passò un lampo d’improvvisa comprensione.
« No, vuoi dire che… »
« Esatto.
E’ lui. Quello che stava baciando Andy, è quel
ragazzo alto con i capelli castani. »
I quattro ragazzi
camminavano assieme, e mentre Eveline e Joy parlavano fra loro, Josh,
decretando quei discorsi troppo “da femmine” decise
di intavolare un'altra conversazione con Andy. Questi, curioso come non
mai di sapere di più sul loro viaggio all’estero,
cominciò a tempestarlo di domande, a cui l’amico
era più che felice di rispondere.
«
…E comunque i resti del muro di Berlino sono una figata!
Hanno lasciato che artisti da tutto il mondo disegnassero su questo i
loro graffiti, e così oltre che un monumento alla memoria,
è anche uno splendido “arredo urbano”,
per usare un eufemismo. »
« Ragazzi,
scusate. » Li interruppe Joy. « Siamo arrivati.
Questa è l’aula di tedesco. »
Josh scrutò
la porta con fare circospetto. Si ricordava di un laboratorio
linguistico al primo piano, ma forse, quell’anno, avevano
cambiato leggermente la disposizione delle classi, e né lui
né Eveline erano riusciti ad assimilare la nuova pianta
prima della partenza. Quando le sue ipotesi vennero confermate dai due
amici, li salutò con un abbraccio e assieme alla sorella si
avviò verso la sua prima lezione dopo il ritorno a casa. Joy
e Andy continuarono a camminare verso i rispettivi corsi, quando Drake,
trafelato, raggiunse i due e afferrò la ragazza per un
braccio, trascinandola con sé, congedandosi con un
“Ciao” bofonchiato tra i denti ed evitando il
più possibile un contatto visivo con l’altro.
Andy, troppo sorpreso
per pensare a qualunque altra cosa, rimase a fissare l’angolo
dietro il quale avevano svoltato i due, con la mascella leggermente
cadente e le sopracciglia rialzate.
« Drake?
…Drake! Che diavolo stai facendo?! Dovrei andare a lezione!
» Il braccio le faceva quasi male da quanto il ragazzo la
stava strattonando. Una ciocca di capelli le entrò in bocca,
ed ella la tolse rabbiosa. « Insomma, vuoi fermarti? Sembri
un mentecatto, un pazzo, un esagitato! Un cretino! Beh, più
del solito. »
Drake finalmente
arrestò la sua corsa e la spinse dentro un’aula
vuota; chiuse la porta senza accendere neppure una luce,
cosicché entrambi i loro volti erano illuminati solo da una
flebile luce proveniente dalle finestre. Afferrò Joy per le
spalle.
« Tu devi
spiegarmi un po’ di cose. »
La ragazza accese la
luce e lo guardò sarcastica. « E tu devi spiegarmi
che ti è preso all’improvviso, idiota. »
Notò che aveva un’espressione stralunata, come se
gli avessero detto che il giorno dopo sarebbe stato ferragosto.
« Chi
è quel ragazzo che prima camminava con Andy? »
« Chi, Josh?
»
« Che ne so
io come si chiama! Non te l’avrei chiesto, altrimenti.
»
« Si
può sapere perché non ti calmi? »
« Non posso
calmarmi! » La voce gli uscì alterata. «
Io lo so chi è quello. »
« Ma allora
lo conosci oppure no? » Iniziava a spazientirsi. A giunta che
rischiava di arrivare in ritardo per le lezioni, doveva anche sorbirsi
gli sbalzi d’umore di Drake?
«
Insomma… Quello che voglio sapere, è che tipo di
relazioni ha con Andy. »
« Sono
amici… Perché? »
« Amici?
Solo amici? »
« Mi stai
facendo perdere la pazienza. »
Drake
allentò la presa e portò una mano a massaggiarsi
le tempie. « Al primo anno ho visto quel ragazzo baciare
Andy. »
«
“Quel ragazzo” ha un nome, e te l’ho
già detto. Comunque questi sono affari loro, non ho nessun
diritto di spiattellarli al primo che passa. »
« Ti sembro
il primo che passa? Joy!! Devi aiutarmi… »
« Drake,
ascoltami bene: se hai qualche problema con Andy, col suo passato, con
le sue amicizie, con qualunque cosa lo riguardi… Devi
arrangiarti con lui. E se proprio vuoi che ti dica la mia, credo che tu
non dovresti avanzare nessuna pretesa su Andy, specialmente quella di
essere geloso di lui, e specialmente dopo averlo rifiutato! Buona
giornata. »
Fece per andarsene, ma
Drake la bloccò. « Ehi, » lo
richiamò « sei un uomo? Allora tira fuori le
palle. » E uscì dalla stanza sbattendo la porta.
« Shawn, ti
prego. »
« Ho detto
di no. »
«
Ma… Ma siamo amici!! Per favore, ti supplico…
»
«
E’ proprio perché sono tuo amico che ti rispondo
di no. Arrangiati. »
« Con che
faccia vado da lui? Con che faccia? »
« Con la
tua. Magari senza quell’espressione da schizofrenico, o
prenderà paura. E pettinati. Sembri un pulcino passato in
mezzo ad un temporale. »
Il ragazzo
lasciò cadere pesantemente la testa sulle braccia,
sospirando.
« Hai quasi
infilato i capelli nel purè. E alzati! »
« Credi che
mi manderà a quel paese? »
« Non ne ho
idea. Però, se vuoi la mia, non credo che presentarsi da una
persona e ficcare il naso nei suoi affari sia un buon metodo di
riallacciare i rapporti… Poi, vedi un po’
tu… »
« Beh, tanto
ormai lui mi odia. Peggio di così non può andare.
»
« Ti ha per
caso detto che ti odia? »
« No,
ma… »
« E allora
come puoi saperlo? »
«
D’accordo, ma… »
« Se vuoi
sapere cosa pensa una persona, devi chiederglielo! »
« Si,
ma… »
« E smettila
di complicarti la vita. Intesi? »
« Ok.
» Iniziò a fissare l’amico senza dire
nulla, e questi, sentendosi osservato, cercò di chiedergli
cosa volesse, rischiando di soffocarsi col boccone che stava
masticando. « Oh, nulla… » Rispose Drake
ignorando i rantolii dell’altro. « Avrei voluto
ringraziarti. Solo che siamo in mensa, non si può.
»
Shawn
deglutì rumorosamente. « Perché da un
po’ di tempo a questa parte non riesci a ringraziarmi dicendo
semplicemente “Grazie”? »
Drake
ridacchiò, ma non gli rispose. Finito di pranzare,
tornò mesto alle sue lezioni, senza aver davvero voglia di
seguirle. Quel pomeriggio aveva laboratorio linguistico, prima
spagnolo, e poi tedesco. Nei corsi pomeridiani, solitamente, facevano
esercizio pratico e lavori di gruppo, mentre lasciavano grammatica e
letteratura alla mattina.
Entrò in
aula assieme al resto degli studenti, che occuparono i propri posti a
sedere facendo, come sempre, un gran casino. La professoressa
entrò per ultima e cercò di zittire tutti, senza
un gran risultato. Sospirando, estrasse il registro e iniziò
a fare l’appello. Era un passaggio noioso, ma assolutamente
necessario, dato che, nonostante il corso di spagnolo fosse diviso in
tre sezioni per l’ingente numero di frequentatori, ogni
classe contava almeno trenta studenti.
Prese posto vicino a
Shawn in ultima fila, indossò uno delle due paia di cuffie in
dotazione al computer che aveva davanti, posò la testa sulla
spalla di Shawn, e chiuse gli occhi.
Fu un sonno agitato,
ma se non altro lo aiutò a rasserenarsi e gli infuse un
po’ di coraggio in più. Se l’amico non
l’aveva svegliato, significava che la professoressa era
rimasta alla cattedra tutto il tempo, e questo era un bene.
« Avresti
anche potuto fare finta di seguire, comunque. » Lo riprese
Shawn.
« No, non
avevo proprio voglia. Avevo bisogno di fare un sonnellino post-pranzo.
» Sbadigliò sonoramente.
« Du bist
wirklich dumm. » Lo apostrofò l’altro.
« Non
parlarmi in tedesco, la lezione non è ancora iniziata! E
comunque non sono uno scemo… »
Rimbrottò.
Quell’ora
volò. E Drake fu costretto a stare attento, suo malgrado.
L’insegnante di spagnolo avrebbe anche potuto essere dolce e
permissiva, ma quello di tedesco non tollerava nessuno sgarro. Per
fortuna quel giorno non avevano allenamento di basket, quindi appena
suonò la campana prese in fretta la propria roba e si
diresse di filato fuori dall’aula. Salutò Shawn
con un bacio sui capelli (e lui non ne fu per nulla contento, tanto che
sentì le proteste dell’amico seguirlo lungo le
scale) e si fiondò nel cortile, aspettando pazientemente che
gli studenti uscissero. Dopo cinque minuti scorse tra le altre una
testolina con folti capelli neri, e finalmente intravide il viso di
Andy. Con un leggero risentimento, notò a fianco a lui,
oltre a Joy, anche Josh, e una ragazza molto bella che gli somigliava
incredibilmente.
Nonostante le gambe
gli sembrassero diventate ghiaccio, riuscì ad armarsi di
forza di volontà e a raggiungere il ragazzo. Quando egli si
accorse della sua presenza, non riuscì a nascondere un certo
stupore, e forse anche imbarazzo.
« Ciao.
»
« Ciao.
» Salutò Andy di rimando, abbassando lo sguardo.
« Posso
parlarti? »
Il ragazzo
annuì, e lo seguì lontano dagli altri, che dietro
suo incoraggiamento proseguirono lasciandoli indisturbati.
«
Beh… Come stai? Joy mi ha detto… »
« Bene,
grazie. »
«
Ecco… Joy mi aveva parlato di – voglio dire
– ho riflettuto un po’ e… » Fu
interrotto da Josh che richiamava Andy cercando di attirare la sua
attenzione.
« Ehi, Andy,
ti ricordi che stamattina sei venuto con noi? Ti aspettiamo, ok?
»
« Ah,
è vero! Si grazie Josh! »
« Quanto ci
metti? » Chiese ancora. Drake si infastidì un
po’, sentendosi quasi un peso, una faccenda da sbrigare in
fretta.
« Ah,
io… Tra cinque minuti arrivo. » Rispose
l’altro, titubante. Il ragazzo si infastidì ancora
di più.
« Si
può sapere che diavolo ha quel Josh? Non vede che sei
impegnato? » Borbottò, acido.
« Beh, scusa
sai se si preoccupa per me. E poi ha solo fatto una domanda. »
« Si,
si… » In realtà non voleva far
innervosire Andy, altrimenti il suo tentativo di riconciliazione
sarebbe andato a farsi friggere. « Ma senti, chi è
quel ragazzo? Non l’ho mai visto
quest’anno… » La curiosità,
purtroppo, ebbe la meglio.
«
E’ un mio amico, è stato in Europa per questioni
di studio… »
« Si, certo,
eccone un altro che dice che è solo un
“amico”. »
« Scusami?
»
« Andiamo,
sai benissimo di cosa sto parlando! Se è tuo amico,
perché l’hai baciato? »
Andy
indietreggiò di un paio di passi, inarcando le sopracciglia.
« Quando l’avrei fatto? »
« Beh, al
primo anno… Vi ho visti nel retro della scuola…
Ma in fondo non importa, giusto? » Cambiò
discorso vedendo l’espressione rabbuiata di Andy «
Ti stavo dicendo che… »
« Importa
eccome invece! Sono due settimane che non ci parliamo e la prima cosa
che mi vieni a chiedere è questa? E poi a te cosa interessa?
Pensavo che non volessi avere più nulla a che fare con me!
»
« Si,
ma… »
« E non lo
neghi neanche! »
« No, in
realtà volevo dire che era solo curiosità, la
mia, non volevo ficcanasare… »
« Mi spiace
ma hai dato proprio quell’impressione! Se vuoi proprio
saperlo in prima superiore ero molto confuso, e baciare Josh
è stato solo un errore dettato da questa confusione e dalla
mia sprovvedutezza, siamo solo amici, e lui è etero! E
comunque tu dovresti essere l’ultimo a rompere le scatole,
dato che ti attacchi alla bocca di Shawn ad ogni buona occasione!
»
« Che cosa?
Non è vero! »
« Certo,
come no! Credi che non sappia quello che fai? Se hai intenzione di
scusarti per qualcosa, sappi che hai completamente sbagliato approccio.
»
« Beh, caro
il mio santarellino febbricitante, se c’è qualcuno
che si deve scusare per il suo comportamento, quello sei tu! Dopotutto
non sono stato io a raccontarti un mucchio di frottole sui miei
sentimenti facendoti innamorare e poi dandoti dell’imbecille,
giusto? »
« E chi ti
ha mai dato dell’imbecille? E comunque mi sarò
comportato da idiota io, ma non è che tu ci sia andato tanto
leggero, o devo forse rammentarti tutti i miei lividi e tutti i danni
che mi hai fatto? Eh? »
« Bene,
fantastico! Ancora non capisco perché ti ho aspettato fuori
da scuola! »
« Non
chiederlo a me! Adesso se non ti dispiace io me ne torno a casa!
»
« Bene, vai
pure! Se è così che vuoi dimostrare di tenerci a
me per farti perdonare… »
Andy, che si era
avviato verso il cancello della scuola, si voltò di scatto,
furibondo. « Non ho nessuna intenzione di farmi mettere sotto
processo da uno come te! E comunque, se proprio vuoi saperlo, in prima
superiore io non stavo affatto con Josh! »
« Ah no? E
con chi allora, con lo Spirito Santo? »
« No, con
Eveline! » E girò sui tacchi raggiungendo i
gemelli, che si trovavano già al parcheggio.
Drake rimase impalato
a fissare il cancello come uno scemo. Andy stava con chi?
« Allora,
risolti gli enigmi? » Shawn lo raggiunse e gli mise una mano
sulla spalla. L’altro si voltò a guardarlo, ancora
incredulo.
« Non ci
crederai mai… »
« Non
crederò a cosa? »
« Vieni a
casa mia, ti spiego tutto. » Disse soltanto.
______________________________________
Ad
agosto sarò in vacanza dal 4 al 20 (presumibilmente) e non
so se riuscirò a rispettare la scadenza di un mese esatto
per l’aggiornamento.
Cercherò
di essere il più veloce possibile. Al prossimo capitolo ^^
|
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Chiedo
scusa a tutti voi per questo aggiornamento di due mesi
anziché uno. Non voglio portare scuse, sebbene ce ne siano,
ma vi prometto che cercherò di essere puntuale d'ora in poi,
come lo sono stata, più o meno, in precedenza.
Non
ho avuto molto tempo di controllare gli eventuali errori grammaticali e
mi scuso in anticipo, e non risponderò singolarmente alle
recensioni. Ringrazio tutti voi che seguite questa storia e vi lascio
alla lettura. Grazie =)
_________________________________________________________________________________
La casa era silenziosa
e buia, solo una flebile luce proveniva dalla stanza di Drake, dove lui
e Shawn stavano seduti sul letto sepolti tra le coperte. Per fortuna di
entrambi erano soli, dato che Kat era a casa di un’amica e i
genitori si trovavano ancora al lavoro; così, almeno,
avrebbero potuto parlare francamente senza timore di essere scoperti da
orecchie che indiscrete sentivano più di quanto avrebbero
dovuto.
« Drake.
» Richiamò l’amico, dopo che
l’interpellato ebbe finito il racconto. « Ma sei
sicuro di aver visto bene? »
« Certo che
lo sono. Mi ricordo quel giorno come fosse ieri. »
« Eppure
Andy ha detto che era il ragazzo di Eveline… »
Protestò ancora, lasciando la frase cadere in un vuoto
silenzio.
Drake chinò
la testa e si guardò le gambe incrociate, liquidando il
tutto con un’alzata di spalle: nonostante fosse
l’unico testimone di quanto avvenuto un anno e mezzo prima,
era colui che probabilmente ne aveva capito meno di tutti.
Eppure era
assolutamente sicuro di avere ricordi esatti
dell’avvenimento: che tra Eveline e Andy ci fosse qualcosa
non aveva molta importanza, il ragazzo era incollato
all’amico in un bacio per niente casto, e quello era
inconfutabile. Non gli importava di avere come prova solo la sua
parola, anche a costo di attirarsi le ire del diretto interessato
avrebbe indagato a fondo nella faccenda, perché doveva
saperne di più; inoltre, anche se di minor peso, il fatto
che Andy avesse a quei tempi una relazione eterosessuale era un
episodio alquanto bizzarro che necessitava anch’esso di
esplicazioni.
« Ad ogni
modo, » interloquì Shawn «
ciò che urge adesso è riallacciare i rapporti con
il tuo lovelove. »
« Come cazzo
l’hai chiamato? » Il ragazzo non sapeva se
picchiarlo o ridere, o fare entrambi.
« Drake,
rispondimi sinceramente: tu ne sei innamorato, no? »
L’amico
scrollò leggermente le spalle facendo scorrere
distrattamente lo sguardo attorno a sé. « Non lo
so, a dir la verità. Qualche settimana fa ne ero pienamente
convinto, però adesso… Insomma,
cos’è l’amore, infine? »
Rivolse a Shawn uno sguardo piagnucoloso e supplichevole, che
però lo lasciarono indifferente.
«
E’ una domanda di tale portata che rispondervi adesso su due
piedi è impossibile… Tu vuoi stare con lui?
»
« Sarebbe
una delle definizioni di “amore”? »
« Non
proprio. Comunque, rispondi alla mia domanda. »
Drake
indugiò pochissimo. « Si, dannazione, si. Io
voglio stare con lui. »
« E allora,
buttati! »
« Ma
qualcosa tra di noi si è rotto, capisci? »
Replicò esasperato. « Come possiamo passare sopra
a quello che è successo così senza- »
« Passare
sopra a cosa? Drake ma non capisci? »
Il ragazzo lo
fissò straniato, lasciandolo proseguire. « Quello
che voglio dire è che ciò che è
successo tra te e Andy, secondo me, avrebbe dovuto unirvi ancora di
più! »
«
…Stai delirando? »
« Zitto e
ascolta: Andy ti ha confidato di aver iniziato tutto per vendetta, no?
»
Drake
annuì, senza riuscire a comprendere lo scopo di quel
discorso.
« E dopo ti
ha detto che però pian piano si è innamorato di
te, no? Fino al punto ti doverti confessare tutto, perché
stare con te altrimenti sarebbe stato insopportabile! »
« E con
questo? »
« Andy si
è aperto totalmente con te, ormai lui per te non ha
più segreti! Ti ha detto tutto! E ha quindi dimostrato di
voler agire con te a carte scoperte, di volersi fidare ciecamente di
te. »
« Si, me ne
sono reso conto. E’ stato un atto di grande forza di
volontà, perché ammettere di aver giocato sporco
è difficile e umiliante. Ma ciò non toglie che si
sia comportato male… »
L’amico lo
interruppe con un gesto sbrigativo della mano. « Se dovessimo
attaccarci a tutto, vivremmo soli e isolati dal mondo. Ricorda che
comunque io, te e gli altri, gli abbiamo regalato quasi due anni di
inferno, cosa di cui mi vergogno ancora adesso. E comunque lui si
è scusato nel modo più sincero e contrito
possibile per il suo comportamento, noi cos’abbiamo fatto?
Abbiamo lasciato cadere la faccenda nel silenzio, nel nulla. Anche se
tu sei stato travolto dai fatti, hai gettato alle spalle il tuo operato
violento senza preoccuparti dei danni che abbiamo causato. Ed
è ciò che ho fatto anch’io. »
Drake non rispose,
accogliendo il discorso dell’amico, che purtroppo non faceva
una grinza, con una silenziosa e mesta vergogna per se stesso.
« Non gli ho
mai chiesto scusa… »
« Lo so.
»
« Ho come
l’impressione di essere io quello più in torto tra
i due, eh? »
Shawn
sospirò amaramente. « Mi sa di si. »
« Non ho
nessun diritto di impicciarmi dei suoi affari. Ma accidenti, sono
curioso, devo sapere! »
« Allora
dovrai chiederglielo con gentilezza, e ciò che lui ti
risponderà… Beh, sarà solo una gentile
concessione. In quanto a balle, menzogne e inganni siete più
o meno pari, tu non devi nulla a lui – a parte delle scuse
– e lui non deve nulla a te. »
« Tradotto
in termini spicci, sono nella merda. »
« No,
semplicemente devi agire con accuratezza e andarci con i piedi di
piombo. »
Drake si strinse di
più nella coperta di pile che stava usando per coprirsi le
spalle, e poggiò la testa sulle gambe dell’amico.
In un gesto amorevole e quasi paterno, questi iniziò ad
accarezzargli la testa, poggiandogli poi un morbido bacio sui capelli.
L’altro, alla stregua di un gattino infreddolito, si
stiracchiò allungandosi verso di lui e lo cinse in vita,
poggiandogli la testa sul petto e toccando con la fronte la pelle calda
e liscia del collo. Adagiandosi sul cuscino e continuando a stringersi,
i due si abbandonarono lentamente a Morfeo.
*
Josh sorseggiava
rumorosamente la propria cioccolata calda, guadagnandosi occhiate acide
e infastidite da parte della sorella. Quel pomeriggio avevano deciso di
trasformarlo in una piccola rimpatriata, e si erano riuniti a casa dei
gemelli per guardare un film e chiacchierare del più e del
meno.
« Josh
finiscila, non si capisce niente. » Gli sibilò
irosa in un orecchio.
« Non
rompere, è bollente! »
Infastidita,
voltò la testa di scatto e cercò di riprendere la
visione della pellicola. Con pessimi risultati. Nervosa, gli tolse la
tazza di mano, si recò in cucina praticamente volando oltre
il corridoio e versò nella bevanda un po’ di latte
freddo; tornò dal fratello e gliela rese, con un
atteggiamento leggermente più addolcito.
Quando questi per
ringraziarla le schioccò un bacio umido e zuccheroso sulla
guancia, fu con un mezzo sorriso che gli si appoggiò ad una
spalla.
« Voi due
non cambierete mai. » Commentò affettuosamente
Joy, mentre un Will Smith di pixel si agitava sullo schermo
« Abbiamo
fatto bene a scegliere di vedere “Io, Robot”.
» Disse Eveline, glissando su quanto asserito
dall’amica poco prima. « E’ un film
interessante. »
«
E’ tenerissimo. » Rispose l’altra.
« Adoro come Isaac Asimov, alla quale opera si è
ispirata questa pellicola, riesce a descrivere il rapporto tra umani e
robot e come questi ultimi, descritti attraverso le sue parole,
sembrino così… »
« Vivi?
» Concluse Josh. « Si, lo credo anch’io.
»
Andy avrebbe voluto
dire la sua, se non che il cellulare squillò
nell’esatto momento in cui aprì bocca. Prese
l’apparecchio dal tavolino di fianco al sofà e
osservò il display tramutando la sua espressione da curiosa
a corrucciata.
« Chi
è? » Fece Joy, osservando la leggera smorfia
dell’amico.
« Lui.
» Rispose soltanto.
Si alzò dal
cuscino e si diresse in cucina portando il telefono
all’orecchio e rispondendo. La voce di Drake gli giunse
metallica dall’altro capo della linea, ma non era per la
naturale distorsione timbrica che il tono era incerto e titubante.
« Ciao.
» Interloquì.
« Ciao.
»
« Disturbo?
»
«
…No. Dimmi. »
« Avrei
bisogno di parlarti. »
Andy
sbuffò. Al momento avrebbe voluto godersi la giornata, e non
era propriamente sicuro che intavolando una discussione con Drake
questa sarebbe stata classificabile come “bella, divertente,
piena di eventi piacevoli”.
« Non
intendevo subito. » Continuò l’altro,
quasi a smentire i suoi pensieri. « Anche perché
vorrei parlarti a quattr’occhi, se possibile. »
« Oh.
» Rispose Andy, quasi preso in contropiede. « Beh
domani a scuola… »
« No,
preferirei parlare in privato. »
« Mi stai
invitando a casa tua? »
« Diciamo
che mi sto invitando a casa tua. »
Il ragazzo
staccò per un attimo il telefono dal padiglione, guardandolo
come se questo potesse dargli una spiegazione per un comportamento
così sfacciato. Optò comunque per una risposta
cortese. « Beh, io ho la casa libera domani
pomeriggio… »
« Ottimo.
Non voglio essere sfrontato, beninteso… E’ che se
tu venissi da me non sarei molto tranquillo. »
« A-ha.
»
« Troppo
traffico in casa. »
« Capisco.
»
« Contando
anche che credo di aver sentito mia sorella blaterare qualcosa a
proposito di un party e di varie amiche… Per
carità. »
« Certo, non
saprei come darti torto. »
«
Allora… A domani? »
« Si. Vieni
alle quattro? »
« Ok.
»
Si salutarono in
fretta dopo che Andy gli ebbe comunicato il suo indirizzo, e quando
concluse la telefonata questo rimase in cucina per qualche secondo,
nella stanza buia e fresca. Dal salotto giungevano ovattati i discorsi
degli amici e i rumori cacofonici del film, che non riusciva a
distinguere bene. Si sentì stranamente vuoto.
Un tempo, una
telefonata simile l’avrebbe lasciato rincuorato, con le
guance bollenti per la gioia di parlare a quel ragazzo che tanto voleva
e che si sforzava di non volere. Solo pensare al suo nome gli procurava
una fastidiosa morsa allo stomaco, nonostante non si sentisse
più in colpa. Provava tristezza, tanta. E un senso di
amarezza che sarebbe stato duro a morire. Si assopiva, certo, ma
latente continuava a ricordargli quello che avrebbe potuto avere e che
invece aveva gettato alle ortiche.
Tornò in
soggiorno cercando di dimenticare la conversazione che si era appena
svolta. Per fortuna, nessuno fece domande.
Il giorno dopo Andy si
sentiva ancora nervoso, quasi osservato. A lezione di lettere
c’era anche Shawn, questo lo sapeva bene, ma erano i propri
rimescolamenti interiori a turbarlo. E la cosa era più
letterale di quanto ci si potrebbe aspettare. Non aveva idea se le pare
mentali che era capace di imbastire in poco tempo avrebbero potuto
avere effetti anche fisici, ciò che sapeva era che oltre a
sentirsi inquieto, la colazione gli stava risultando indigesta come non
mai. Uno strano peso gli impediva di sentirsi bene al 100%, influendo
negativamente sull’attenzione che stava prestando al
professore.
«
…e quindi lo scrittore lascia spazio a varie interpretazioni
che ogni lettore potrà apportare a modo proprio. Sentiamo un
po’ le vostre opinioni. Signor Nolan, lei che dice?
»
Un remoto angolino del
cervello di Andy gli stava sussurrando di aver quasi udito il proprio
nome, ma questi non vi badò finché questa vocina
fastidiosa tornò per la terza volta, e cercò di
scuoterlo in maniera parecchio pressante.
« Signor
Nolan! »
Il ragazzo quasi
scivolò dalla mano con cui sorreggeva il mento, mentre il
suo gomito sentiva venire meno l’appoggio del banco.
«
P-professore… Mi scusi, non l’ho
sentita… »
« Lo credo
bene, è la quarta volta che ti chiamo! »
« Mi
perdoni… Ero sovrappensiero. » Ammise sottovoce,
sentendo la vergogna montare.
« Sicuro di
sentirti bene? » Chiese l’uomo, mostrandosi gentile
e apprensivo nonostante avesse benissimo potuto affibbiargli una nota e
una bella lavata di capo.
« Certo, sto
benissimo. Ero solamente distratto, mi scusi. »
« Passi
questa volta, ma che non si ripeta più. Tornando al nostro
argomento di discussione, qualcuno ha opinioni in merito? »
Uno studente doveva
avere alzato la mano dietro Andy, perché il professore gli
diede la parola. Prima che potesse realizzarlo appieno, il ragazzo
avvertì nelle proprie orecchie la voce profonda e melodiosa
di Shawn, che diceva la sua sui significati del sogno iniziale del
racconto breve “The Sisters”, firmato Joyce.
Non lo stette
realmente ad ascoltare, lasciandosi cullare dal suo tono narrativo e
rassicurante.
Quel pomeriggio
sembrava non passare mai, quasi quanto la mattinata a scuola era
praticamente volata. Andy aspettava ormai esasperato che la lancetta dell’orologio toccasse le quattro . Decise di
distrarsi: andò in cucina e mise sul fuoco un pentolino con
dell’acqua per il tè, quasi assopendosi davanti
alle danzanti fiammelle blu del fornello. Poco dopo, era
così intento a versare il liquido nella tazza che il trillo
insistente del campanello lo fece sobbalzare, rischiando di ustionarsi.
Andò ad
aprire e si diede mentalmente dell’idiota per non aver
preparato abbastanza acqua a servire due tazze,
nell’eventualità che Drake avesse voglia di
qualcosa di caldo.
Spalancò
l’uscio rabbrividendo, ed eccolo là: stretto nel
giubbotto blu, un berretto di lana scura calcato sui capelli chiari,
qualche ciuffo ribelle che usciva da sotto l’orlo per
ricadere fastidioso sugli occhi dorati, le mani in tasca. Il suo
nervosismo si poteva intravedere dalla punta del piede che leggera
tracciava piccoli circoletti nella ghiaia davanti al cancello, mentre
mordicchiava distrattamente la cerniera del bavero.
« Vieni,
entra pure… E sbrigati che si muore di freddo. »
Aggiunse Andy con un mezzo sorriso.
L’altro non
aspettò un ulteriore invito e si precipitò verso
la soglia, sfregando le suole sullo zerbino.
Si richiuse la porta
alle spalle mentre il padrone di casa gli chiedeva il giubbotto e gli
offriva da bere. Accettò volentieri una cioccolata calda,
che Andy, dopo aver sistemato il capo sull’attaccapanni, si
affrettò a scaldare.
« Come stai?
» Chiese Drake, rivolgendo lo sguardo alla schiena di Andy
che trafficava con tazze e pentolini.
« Bene.
» Rispose frettoloso. Poi si voltò a guardarlo in
volto. « Tu? »
« Non
c’è male. »
« Ah,
siediti pure… E scusami del disordine. Nella cioccolata vuoi
altro zucchero? Se vuoi posso tirare fuori qualche biscotto, e-
»
«
E’ la prima volta che vengo a casa tua. » Lo
interruppe.
Andy si
immobilizzò, per poi posare ciò che teneva in
mano e lasciar ricadere le braccia lungo i fianchi, improvvisamente
pesanti. « Si, è vero. »
Accese il fuoco e
andò a sedersi di fronte a lui, al tavolo.
« Strano che
tu ci sia venuto per un motivo simile… »
«
Più che strano, triste. Avrei voluto visitarla in
tempi più felici. » Nei suoi occhi di
solito vivaci e allegri si notava un’aria malinconica.
« Si, mi
avrebbe fatto piacere. »
Drake prese un
biscotto dal piatto che gli era stato sistemato davanti, e lo
addentò senza dire altro.
Passarono
così alcuni minuti in silenzio, non imbarazzati, ma
pensierosi. L’ospite lasciava vagare lo sguardo curioso su
ogni mobile, Andy lo teneva fisso sul tavolo scuro senza una
particolare ragione.
« Oh la
cioccolata. » Si ricordò d’un tratto. La
versò e portò all’altro la tazza.
« Allora, » proseguì « dicevi
di volermi parlare. »
« Esatto.
Innanzitutto devo chiederti scusa. »
Andy non gli chiese il
perché di quelle scuse. In qualunque caso, sentiva che Drake
si sarebbe spiegato da solo, e infatti non si sbagliava.
« Per un
sacco di cose, a dire la verità. Per averti
picchiato… più volte. Per averti rotto gli
occhiali, per averti preso il telefono, per averti rubato le chiavi
della macchina e la macchina stessa, - e iniziò a rivangare
fatti di più di un anno prima – e poi per averti
nascosto dei libri, per averti segregato in un’aula e averti
impedito di seguire la conferenza della scuola, per averti fatto
arrivare in ritardo parecchie mattine e averti fatto sgridare dai
professori, per aver nascosto nella tua redazione i registri di alcuni
professori, per averti imbrattato l’armadietto, per averti
spesso rovesciato addosso i vassoi della mensa e poi… non mi
ricordo. Comunque, scusa. »
Andy lo
fissò serio. « Scuse accettate. Non significa
certo che ti perdoni. » In risposta ricevette uno sguardo
allarmato. « Intendo dire… non posso dirti
“grazie delle scuse, adesso con un colpo di spugna
laverò via tutto quello che è
successo”, perché non è possibile.
Però voglio la tua parola che non lo farai mai
più. »
«
E’… è ovvio! »
« Non parlo
solo di me. » Il ragazzo assottigliò gli occhi da
dietro le lenti spesse.
« Per ovvio
includevo anche questo, certamente, Non alzerò un dito su
nessuno, lo prometto. »
« Beh anche
io comunque devo- »
« No!
…No. Tu le tue scuse me le hai già fatte, e
sinceramente sono risultate molto meno impacciate delle mie. Volevo
dirti solo che… io… »
Non riuscì
a proseguire, fermato da un’inspiegabile voglia di mordersi
le labbra. Forse non trovava le parole? Fece un respiro profondo e si
massaggiò le tempie. Quando riaprì gli occhi che
aveva leggermente strizzato, li riversò dritti in quelli
neri dell’altro.
« Devo
essere franco, Andy. Quello che voglio sei tu.
Cioè… ci ho pensato su, credimi. Mi piaceva
com’eravamo prima. Mi piaceva quando eravamo così
legati, e mi manca da morire quel periodo. Io ti voglio. E sono
perfettamente serio. »
Andy si mosse nervoso
sulla sedia.
« E non
m’importa di quello che dovrò fare per
riconquistare la tua fiducia, e non m’importa dei tuoi
trascorsi… »
« Bugiardo!
»
« Come?
» Il ragazzo s’interruppe interdetto.
«
E’ una balla! Credi che non ti conosca? So benissimo che sei
curioso da morire, figuriamoci se non te ne frega nulla del mio
passato. »
«
Beh… » Drake sembrò rifletterci un
attimo sopra. « In effetti mi sta esplodendo la cistifellea a
pensarci, però ho deciso che sono affari tuoi e non me ne
deve fregare nulla. »
Andy lo
guardò scettico. « A me non cambia nulla dirtelo,
Drake… Mi ha dato fastidio solo che quel giorno tu me
l’abbia chiesto come se fosse l’unica cosa che
volevi sentire da me, ecco tutto. »
Il ragazzo assunse
un’espressione compiaciuta che però
mascherò subito. « No, ho deciso che non mi deve
interessare. Voglio solo sapere una cosa… Tu… Sei
gay? »
« Beh, mi
sembra che i trascorsi siano piuttosto chiari… »
« Non
significano nulla per me i trascorsi, voglio sentirlo da te: sei gay
oppure no? »
Andy lo
guardò fisso. « Si. »
« Non ti
piacciono le ragazze? »
« No.
»
« Neanche un
pochino? »
« No, Drake,
non me ne frega niente delle ragazze, mi piacciono gli uomini.
»
Il ragazzo
tirò un sospiro di sollievo.
« Sono stato
con Eveline perché volevo provare a vedere com’era
con le ragazze, e il risultato dell’esperimento è
stato terribile, dopo appena una settimana mi sono messo a slinguare
suo fratello, ma ti pare? Ecco tutto! Un comportamento affatto
esemplare… » Aggiunse allegro.
« Ti avevo
detto che non ne volevo sapere niente! » Protestò
l’altro, non ascoltato.
« Comunque,
tornando seri… Anche a me mancano quei bei momenti passati
assieme, Drake. »
Di nuovo il silenzio
si frappose tra di loro. Drake allungò le mani a prendere
tra queste quella di Andy, calda e morbida come la zampa di un gatto.
« Possiamo
ricominciare? » Chiese sottovoce.
« Come
amici? »
Annuì,
delicato. « Per il momento voglio solo credere che tu non mi
odi. »
« Non ti
odio affatto, Drake… »
« Nemmeno
io. Ti prego… Non scappare da me. »
L’interpellato
scosse la testa. « Ci tengo davvero alla nostra amicizia, e
lo dico in tutta sincerità. Solo… una cosa.
»
L’altro
strinse di più la sua mano.
« Vorrei che
anche Josh ed Eveline ti andassero a genio, voglio dire…
Loro sono parte della mia vita. Hanno un posto fondamentale nel mio
cuore. E non voglio pensare all’opinione che puoi avere di
Josh, ma ti assicuro che oltre ad essere assolutamente etero
è una persona fantastica. »
Drake
soppesò per qualche secondo la risposta da dare. «
…Basta che non mi chiedi di essere culo e camicia, ok?
Perché io il culo non lo voglio fare affatto. »
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
Chiedo
scusa se non rispondo alle recensioni ma è quasi
l’una e sono proprio stanca >_>
Chiedo
scusa anche per l’aggiornamento bimestrale.
Purtroppo con i corsi all’università ho davvero
poco tempo a disposizione, e
devo organizzarmi per fare tante cose. Spero di riuscire a postare tra
un mese
il prossimo capitolo. Un bacio e un abbraccio collettivo :* buona
lettura.
***************************
Andy
si alzò lasciando Drake seduto al tavolo a scaldarsi
con la sua cioccolata bollente; accostò il volto alla
finestra e tirò
leggermente la vaporosa tenda color salvia, per osservare il vialetto
del suo
quartiere. Erano appena le quattro e mezza, ma già
imbruniva, il sole pallido e
distante non riusciva a colorare il tramonto che si presentava freddo e
argenteo ai suoi occhi. Dal tepore della sua cucina riusciva tuttavia a
guardare al crepuscolo con distacco, percependovi qualcosa di etereo e
quasi
magico.
Scosse
la testa cercando di tornare con i piedi per terra;
abitare nei pressi di un bosco doveva aver contribuito a spegnere
qualche
sinapsi di troppo. O forse la colpa della sua sensibilità al
mistero era da
attribuire ad un padre archeologo troppo affascinato
dall’irrazionale e dagli
antichi miti – specialmente quelli egiziani, di cui aveva
sentito parlare circa
un migliaio di volte – e da una madre che sosteneva il gioco
del marito anche
quando non ce n’era affatto bisogno.
«
Che guardi? »
La
voce dell’amico giunse inaspettata ma non sgradita da
qualche parte alle sue spalle.
Si
strinse nel maglione minimizzando la propria risposta
con un’alzata di spalle. « Il tramonto. »
«
E com’è? »
Andy
lo guardò interrogativo, aspettando che la domanda
venisse esplicata, invano. « In che senso
“com’è”? E’un
tramonto… Sii più
specifico. »
«
Di solito non mi fermo a guardare il sole che cala.
Soprattutto non d’inverno; non faccio in tempo a voltarmi che
già sembra notte.
Mi mette tristezza, tutto questo buio. Tutto questo freddo. »
Il
ragazzo rimise la tenda al suo posto e si avvicinò
all’altro, prendendo posto su una sedia accanto a lui.
« Sei un tipo
freddoloso? » Nonostante fosse una cavolata, era sempre un
tratto di lui, che
non aveva ancora avuto occasione di acquisire.
«
Non molto a dire la verità. Mi sembravi tu quello che si
congela subito. »
La
sottile allusione di Drake ci mise un po’ a farsi
strada nella memoria di Andy, che solo dopo qualche secondo
realizzò che il
ricordo a cui aveva fatto riferimento risaliva a poco più di
un mese prima.
«
Oh… » Commentò, abbassando gli occhi a
mo’ di scusa. «
La partita di basket a Greensbourgh, vero? In effetti quella sera si
rischiava
di morire assiderati… »
L’imbarazzo
colse entrambi impreparati; Andy distolse lo
sguardo cercando di trovare qualcosa di interessante in una cucina di
cui
conosceva ogni dettaglio da sedici anni, mentre Drake tornò
a soffiare sulla
cioccolata, bevendola a piccoli sorsi rumorosi dal cucchiaio.
La
conversazione sembrava precipitata nel mutismo, in una
sorta di limbo di cristallo, che ambedue avevano paura di frantumare
col secco
suono delle proprie voci. Restarono immersi in un silenzio evanescente,
mentre
ogni tanto, in un andirivieni monotono e quieto, Andy andava ad
alimentare la
stufa a legna; Drake lo osservava zitto mentre apriva la portelletta e
i
riverberi aranciati e tremuli del fuoco gli coloravano i capelli.
Questi
tornò per l’ennesima volta a sedersi accanto a
lui,
con le gote arrossate e umide per la ventata di calore a cui aveva
esposto il
viso. L’ospite si affrettò a distogliere lo
sguardo, preoccupato che
l’insistente contatto visivo potesse lasciar trasparire i
pensieri che gli si
affollavano nella testa. All’interno della scatola cranica,
probabilmente,
stava avendo luogo un summit tra tutti i neuroni che dicevano la
propria sul da
farsi, dai più moderati che suggerivano di levare le tende e
tornarsene a casa,
ai più ribelli e rivoluzionari (e incoscienti) che urlavano
a gran voce di
saltare addosso ad Andy, di baciare quelle guance tonde deliziosamente
imporporate
e mordicchiare il suo collo bianco.
No,
non poteva dare ascolto a questi ultimi: con tutta la
fatica che aveva fatto per riuscire a ricostruire una parvenza di
tregua, di
non belligeranza con il ragazzo, nemmeno per un milione di dollari
avrebbe mandato
tutto a puttane.
Recise
momentaneamente i collegamenti col proprio sistema
ormonale, che incalzante, stava diventando sempre più
fastidioso.
«
Accidenti, sono già le cinque? Si è fatto tardi.
»
Andy
lo guardò con l’espressione sorpresa e colpevole
di un
giornalista che è sorpreso a dormire ad occhi aperti nel bel
mezzo di una
conferenza stampa.
«
Oh… Si si certo. » Cercò di ripiegare.
« Comunque non mi
disturbi se resti qui, sai. »
«
Immagino, ma devo proprio rientrare. Non ho detto a
nessuno che uscivo, e sarà meglio che mi faccia trovare a
casa per l’ora di
cena. »
«
Se vuoi puoi restare a mangiare da me. » Propose in uno
slancio di generosità.
«
Davvero, mi piacerebbe, ma è meglio che vada. Grazie
della cioccolata, era ottima. » Prese la tazza e il piattino
e li portò nel
lavabo, ignorando le proteste dell’altro che voleva fare di
tutto per sembrare
un perfetto e accogliente padrone di casa.
Andy
lo accompagnò alla porta, dopo avergli passato
giubbotto e berretto, aprì il cancello e rimase sulla soglia
per salutarlo,
sfregandosi con le mani le braccia infreddolite.
«
Allora grazie di tutto, Andy. »
Al
ragazzo non era sfuggita la lieve inflessione con cui
aveva pronunciato il proprio nome, impercettibilmente più
marcata e profonda.
«
Grazie a te. Grazie davvero… Di essere venuto fin qui.
»
Strusciò un piede, avvolto da una morbida pantofola, contro
una caviglia,
nervosamente. Il non avere una risposta pronta anche per quel momento,
evento
insolito ad uno con la lingua biforcuta come la sua, gli urtava
incredibilmente
i nervi.
Con
un gesto sgraziato e incerto, ma sufficientemente
veloce, Drake gli portò una mano sulla spalla e
avvicinò il volto al suo;
istintivamente Andy strizzò gli occhi e abbassò
il viso, cercando di proteggersi
da un contatto. Si trovò invece stretto ma non imprigionato
in un abbraccio che
lasciava trasparire un tono convulso e disperato, suggeriti dalla forza
con cui
le mani del ragazzo si erano avvinghiate al suo maglione.
Si
lasciò cullare, dimenticandosi del gelo che li
circondava e che faceva uscire il loro fiato in piccole volute bianche.
Cinse
con entrambe le braccia il collo e la schiena ampia,
accarezzandogli i capelli morbidi da sopra il berretto; gli occhiali
gli
stavano scivolando via dal naso, ma non vi badò,
perché quel momento, quella
dolce curva che le loro figure formavano, avviluppate l’una
nell’altra, era più
importante anche del tempo.
Poggiò
entrambe le palme delle mani sulle tempie di Drake
e gli baciò la fronte fredda.
Questi
in tutta risposta gli sollevò il mento e premette
piano le labbra sulle sue nel bacio più dolce – e
breve - che avesse mai
ricevuto in vita sua; preso in contropiede, sciolse il contatto e lo
guardò
rabbuiato, sistemandosi gli occhiali sul setto nasale, leggermente
ammaccato.
«
E’ essere amici, questo, per te? »
Rimbrottò a pochi
centimetri dal suo volto.
L’altro
inarcò le sopracciglia sottili, volgendo lo
sguardo a terra. « Questo è essere
“noi”. E’ essere “Drake e
Andy”, perché non
riesco a vedere un rapporto tra noi senza contatto fisico. »
«
Il tuo problema è che non vedi nessun rapporto senza
contatto fisico… Quante volte hai baciato Shawn, tanto per
fare un esempio? »
«
E questo deve essere per forza un problema? »
Sussurrò,
la voce di poco più stridula e piagnucolosa.
L’altro si fermò
davvero a riflettere, spiazzato. « Uhm…
» Sospirò, affranto. « Suppongo di no.
»
Rimasero
a guardarsi per qualche secondo; Drake era
fermamente convinto di avere stampata sulla faccia
un’espressione ottusa, ma
scrollò le spalle e ripeté in un sussurro che era
più conveniente per lui
tornare a casa.
Inaspettatamente
Andy gli sorrise, in un gesto che l’altro
non riuscì a decifrare ma che riuscì lo stesso a
togliergli un grosso peso dal
cuore. Raggiunse il cancelletto a passi incalzanti cercando di
sopperire al
gelo e salì in auto. Fece inversione di marcia e poco prima
di riprendere la
via di casa sollevò di poco la mano sventolandola in
direzione dell’amico che
ricambiò ondeggiando rigidamente il pugno che, dato il
freddo, non ne voleva
sapere di aprirsi.
Sgattaiolò
in casa più in fretta possibile, rincorso dal
pressante ricordo di ciò che era successo quando si era
arrischiato ad uscire
senza cappotto.
Saltellando
da un piede all’altro per scacciare i brividi,
si fiondò come un missile davanti al camino, lottando con se
stesso per non
gettarsi sul vetro incandescente. Sprofondò nella sua
poltrona preferita e
rimase a fissare il fuoco con un’espressione ebete per circa
mezz’ora, poi si
alzò e si sentì più stanco che mai;
frugò nell’armadietto dei libri e si mise a
riordinare degli appunti, ma non riuscì a pensare ad altro
se non al bacio di
Drake, e lo odiò per averlo fatto. Rivedeva la scena nella
sua mente, e ogni
volta provava un moto di stizza. Era davvero così debole da
farsi fregare da
una bocca calda? O forse era più corretto chiedersi, era
davvero così
disperato? Non riuscì a non arrossire, ripensando a quei
pochi secondi per
l’ennesima volta.
Il
viaggio di ritorno fu all’insegna dell’ansia.
Sebbene
sembrasse che tutti avessero deciso di non sfidare il gelo e rimanere a
casa,
Drake guidò stringendo convulsamente il volante e
spidocchiando guardingo ad
ogni angolo, nel più vivo terrore che spuntasse suo padre
dal nulla e scoprisse
dov’era andato.
Fino
all’ultimo metro prima di intravedere la familiare
schiera di villette tra le quali c’era anche la sua bella
casa color crema,
aveva temuto di farsi beccare dai genitori. Avrebbe adottato
l’unica tattica in
grado di salvarlo: negare, negare sempre, anche se non era sicuro che
questo
gli avrebbe risparmiato di trascorrere il resto dei suoi giorni in una
fredda
cella d’isolamento al manicomio più vicino.
Poi
si disse che i manicomi non esistevano più e che erano
stati sostituiti da ospedali psichiatrici nei quali i pazienti venivano
curati
e non detenuti, ma una malefica vocina nella sua testa gli
insinuò il dubbio
che qualche pazzoide ne avesse tenuto aperto almeno uno.
Infine,
dandosi mentalmente del paranoico, mise l’auto al
sicuro in garage ( « E se i miei arrivano adesso e sentono
che ha il motore
ancora caldo?! » pensò allarmato) e si
fiondò in casa dissimulando in maniera
assai poco credibile l’aria colpevole che gli s’era
appiccicata addosso da
almeno un’ora.
Le
stanze erano buie e silenziose, ma tiepide. Sbirciò nel
camino: era rimasta una bella dose di tizzoni che ardevano rossastri
come una
piccola fornace. Prese un paio di ciocchi e li gettò nel
porta legna, poi salì
in camera e osservando un po’ i quaderni, un po’ la
play station, optò per la
seconda e si buttò sul materasso afferrando il joystick.
La
mattinata si presentava umida e fredda. Il gelido
vapore che esalava dagli alberi inargentati e dalle strade si insinuava
sotto i
vestiti e Drake camminava in fretta verso la scuola cercando di
scaldarsi le
mani sfregandole energicamente l’una contro l’altra
e procedendo spedito.
Non
appena entrò nell’atrio sentì il calore
invaderlo e
benedì i termosifoni, bene
dell’umanità. Non avevano dato un Nobel a chi li
aveva inventati? No? Ma come avevano potuto?! Intravide Shawn che
prendeva
alcuni libri dal proprio armadietto, e senza neanche salutarlo, lo
agguantò per
il cappuccio e lo trascinò nella prima aula vuota che gli
capitò a tiro.
«
Devo parlarti. » borbottò senza tanti preamboli.
L’amico
lo guardò stralunato. « Meno male, per un attimo
ho temuto che volessi stuprarmi. » replicò,
alludendo sarcastico alla presa
ferrea che l’altro ancora esercitava sul suo giubbino, e che
si affrettò ad
allentare.
«
Scusami. »
«
Dicevi? » continuò, invitandolo a spiegarsi.
«
Ieri sono andato a casa di Andy. »
Shawn
annuì poco convinto, non capendo perché quella
zucca
vuota gli stesse ribadendo cose che già sapeva.
«
Vi siete sbranati? » chiese poi, cercando di capire
quale fosse il punto del discorso. Doveva essere una cosa molto seria,
a
giudicare dall’espressione a tratti funerea e a tratti
sconvolta di Drake.
«
L’ho baciato. » esalò infine in un
sospiro sconsolato.
«
E ti ha mandato affanculo? »
L’amico
scosse la testa.
«
Allora non vedo dove sta il problema. »
«
Ma tu… non sei arrabbiato? Ho rischiato di rovinare
tutto… » ammise con un singulto strozzato.
Shawn
si passò una mano sulla fronte. « Ti ha sgridato?
No. Ti ha tirato un pugno? No. Ha risposto al bacio? A quanto pare si.
Non ci
vedo niente di male Dre’, tu sei fatto così, lo
sapevo che non saresti riuscito
a tenere le mani a posto. Non le tieni neanche con me, figurarsi con il
signor
Occhidolci Nolan. »
«
Grazie tu si che sai sempre come non farmi sentire un
idiota. » soffiò irritato, simile ad un grosso e
fulvo gatto dagli occhi dorati
e dalle orecchie a sventola.
«
Su, muoviti, dobbiamo andare a lezione – e tu sei sempre
in ritardo. Se poi incontriamo Andy e lui non ti falcia significa che
non sei
andato male, ok? E smettila di fare quella faccia lì.
» gli ordinò accigliato,
dopo aver visto il broncio che Drake aveva messo su.
Riusciva
sempre ad essere terribilmente infantile, nei
momenti meno indicati.
Andy
giunse a scuola trafelato e in ritardo, a dispetto
della sua proverbiale puntualità. Schizzò come un
razzo nella classe di lettere
antiche, e trovò gli altri studenti che assonnati
sistemavano le borse e gli
zaini su sedie e banchi. Qualche testa si girò a guardarlo
mentre ansimava e
prendeva posto.
«
Andy, tutto bene? » un ragazzo piuttosto basso con i
capelli rossicci gli si era avvicinato silenziosamente e gli aveva
messo una
mano sulla spalla.
«
Ah, Vincent, ciao… Si tutto bene… »
disse annaspando
sull’ultima parola.
«
Sicuro? Mi sembri un po’ di corsa. »
sollevò un
sopracciglio e gli lanciò un’occhiata in tralice.
La
verità era che il ragazzo aveva del fanatismo verso gli
orari delle lezioni e per lui “ritardo” significava
essere in anticipo di soli
cinque miseri minuti. Rincuorato ma perplesso, Vincent tornò
al proprio posto
scotendo la testa.
In
fondo era un ragazzo così bravo e tranquillo, lui, che
proprio non comprendeva come potessero esistere persone con una simile
frenesia
nelle vene, e consigliò ad Andy di rilassarsi e respirare a
fondo onde evitare
un infarto alla veneranda età di sedici anni e mezzo.
Le
ore trascorsero lente e monotone, e quando suonò la
campana dell’una e un quarto, che segnava l’inizio
della pausa pranzo, gli
studenti si risvegliarono magicamente e schizzarono fuori dalle aule
come
proiettili, chi diretto alla mensa, chi a casa, chi al bar, e infine
alcuni che
semplicemente avevano voglia di una passeggiata ristoratrice per
sgranchirsi un
po’ le gambe.
Andy
si ritrovò con Joy, Eve e Josh sotto tacito accordo,
e notò piacevolmente che nulla sembrava cambiato e i mesi di
assenza degli
amici erano lontani e costituivano uno sfocato ricordo.
Si
sedettero al loro tavolo preferito, che era un po’
piccolo ma appartato, e sistemarono i vassoi quasi come stessero
giocando a
tetris per riuscire a farci stare anche quattro persone con annessi
bagagli.
Andy
iniziò a mangiare il suo pasticcio di carne, e il
cielo volle che il suo sguardo fosse intercettato da Drake, che cercava
un tavolo
libero, proprio mentre il nostro eroe era alle prese con un pezzo di
lasagna
particolarmente grosso e bollente, col quale rischiò un
po’ di ustionarsi e un
po’ di strozzarsi. Tossì e gli vennero le lacrime
agli occhi, mentre sentiva le
guance e le orecchie scaldarsi violentemente per l’imbarazzo,
e venne salvato
in corner da Eveline che gli diede qualche poderosa pacca sulla schiena
che
quasi gli sfondò il costato ma lo salvò da
soffocamento sicuro. Risollevando
gli occhi, vide che Drake gli sorrideva imbarazzato e lo salutava con
la mano.
Nel farlo, i piatti che aveva sul vassoio scivolarono di lato e per
poco non
finirono di sotto, mentre Shawn imprecava e aiutava l’amico a
non combinare
disastri.
Uno
pari.
E
dato che gli dei sembravano aver voglia di divertirsi,
il gruppo ben fornito e variegato di cheerleaders e giocatori della
squadra di
basket scolastica decise di andare ad accaparrarsi il grande tavolo
proprio
accanto a quello in qui il quartetto stava consumando il proprio pranzo
fumante. Non era vicinissimo, ma di sicuro nessun altra tavolata era
altrettanto a portata d’orecchio.
Joy
scoccò loro un’occhiata di disapprovazione,
evidentemente alludendo allo starnazzare delle ragazze che, civettuole,
ridacchiavano stupidamente e si rassettavano i bei capelli per farsi
notare.
«
Ah già, me n’ero quasi scordato! »
esclamò ad un tratto
Josh, interrompendo il rumoroso sferragliare di forchette e coltello e
abbandonando le posate al proprio destino; si batté una mano
sulla fronte e
sgranando gli occhi fece assumere alla sua bocca una perfetta forma
ovale.
«
Che diavolo c’è adesso? » chiese Eve,
aggrottando le
sopracciglia nella sua solita espressione da
“adesso-Josh-spara-una-cazzata”.
«
Mi sono dimenticato di chiedervi una cosa… »
continuò
ignorandola, e ammiccando a Andy e Joy. « Chi è il
capitano della squadra di
basket? »
Andy
rischiò la trachea una seconda volta. «
Perché ti
interessa saperlo? »
«
E’ urgente, devo parlargli! »
«
E’ urgente e te ne sei dimenticato? Credimi, se fossi
solo un po’ più lento andresti
all’indietro. » gli rimproverò la
sorella,
scotendo la lunga coda, esasperata. « Se solo non avessimo la
stessa faccia,
faticherei a credere che siamo parenti. E’ pur sempre
probabile che ti abbiano
fatto un trapianto alla nascita. »
«
Dai Eve, non essere acida. » le rispose allegramente.
«
Allora, chi è? » ripeté, rivolto a Joy.
«
Drake Foster » disse quella tranquillamente.
«
Davvero? » e la bocca di Josh tornò a formare la
sua
perfetta O.
Andy
annuì. « Che devi dirgli? »
«
Adesso sentirai. » replicò l’amico con
un guizzo
divertito negli occhi. Si alzò abbandonando momentaneamente
i suoi broccoletti
e si diresse verso il tavolo dove si trovava la squadra. Dopo aver
adocchiato
Drake, gli comunicò che aveva bisogno di parlargli ma che
non c’era problema se
anche gli altri ascoltavano. Il ragazzo rimase un po’
interdetto e rivolse uno
sguardo nervoso ad Andy, che finse di non aver visto nulla, e si
concentrò sul
proprio piatto tendendo però l’orecchio tanto che
aveva paura che si staccasse
dalla sua testa e andasse a posarsi tra le braccia di Dan, che era
seduto nel
posto più esterno.
«
Ho parlato con il professor Miller e ho concordato il
mio ingresso in squadra. Ho sentito che vi manca un giocatore che si
prenda il
ruolo fisso di ala grande, giusto? »
Drake
annuì lentamente, curioso.
«
Beh, se è possibile vorrei candidarmi. »
Il
tavolo cadde nel silenzio. Tutti fissavano Josh, questo
nuovo arrivato che appena aveva fatto vedere la sua faccia
già si era proposto
per una parte così importante, si era inserito bruscamente
nel loro gruppo come
un cuneo appuntito e ora pretendeva anche riconoscimenti.
Però non poterono
fare a meno di notare che la stazza era assolutamente perfetta per i
requisiti
richiesti, e anche come fisico il ragazzo sembrava adatto. Drake
comprendeva
bene che un rifiuto netto sarebbe stato da pazzi. Aveva una gran voglia
di
mandare via Josh a calci perché si, era un bambino, era
infantile e si, era
assolutamente geloso di lui e del rapporto speciale che poteva vantare
di avere
con Andy, ma d’altro canto la sua squadra era a corto di
giocatori davvero
validi e quel ragazzo sembrava la manna caduta dal cielo. Li guardava
con
quegli occhi grandi e tondi da cucciolotto felice, e Drake si aspettava
quasi
di vederlo scodinzolare.
«
Per queste questioni burocratiche devi parlare con
Shawn. » disse infine.
L’interessato
gli scoccò un’occhiata infastidita e gli
assestò un calcio negli stinchi, così forte che
lo fece quasi piangere.
«
Per le questioni burocratiche, eh? Com’è che gli
affari
in cui bisogna impegnarsi anche col cervello li lasci sempre a me?
»
«
Perché sei tu quello col cervello qui…
» rispose in un
sospiro affannato Drake, piegato sul tavolo dal dolore, con ciocche di
capelli
che sfioravano pericolosamente il purè di patate.
L’amico
gli mollò un buffetto sulla testa e si rivolse a
Josh con un sorriso.
«
Allora stasera alle quattro presentati in palestra e
facci vedere di cosa sei capace. Poi ti faremo sapere. Ok? Immagino che
Miller
ti abbia mandato da noi perché questo lunedì era
impegnato, mi pareva avesse
accennato qualcosa del genere sabato… Ad ogni modo, affare
fatto. Ci si vede
questo pomeriggio. » concluse, porgendogli la mano, che venne
presto afferrata
e stretta con vigore.
A
Josh, se possibile, si era illuminato ancor più il viso;
tornò dagli amici barcollante e con lo sguardo vacuo e
sornione.
«
Come mi piacerebbe far parte di una squadra… »
mormorò
prima di rituffare la forchetta nei broccoli e infilarsene una generosa
porzione in bocca.
Alle
tre in punto Josh Fortington stava scavando un solco
nel pavimento dello spogliatoio maschile della palestra scolastica a
furia di
camminare avanti e indietro lungo lo stesso breve percorso. Avrebbe
dovuto
cambiarsi già adesso? Avrebbe dovuto presentarsi alle
quattro in punto oppure
prima? Se si fosse presentato in orario avrebbe rischiato di apparire
troppo
ossequioso, se fosse arrivato in anticipo invece avrebbe dato
l’impressione di
essere previdente o semplicemente noioso e bacchettone?
Si
sedette sulla panca di fianco al borsone che aveva
appoggiato di malagrazia pochi minuti prima, ma dopo alcuni secondi si
rialzò
in piedi, quasi come se il sedile fosse incandescente.
Iniziò a ripetersi
febbrilmente le regole del basket, anche se le conosceva perfettamente
a
memoria e in quella specie di “provino” che avrebbe
dovuto sostenere non si
richiedeva una conoscenza teorica, ma pratica.
Guardò
l’orologio: erano le tre e cinque minuti. Maledisse
il tempo che passava così lento e si vide come in un
cortometraggio mandato
avanti in flashforward, davanti ad un lungo tavolo al quale erano
seduti i
ragazzi della squadra, con al centro Drake che lo fissava con occhi
freddi e
gli diceva che era la peggior dimostrazione a cui avesse mai assistito.
Una
forte stretta lo prese alla bocca dello stomaco, e
decise che doveva fare qualcosa, altrimenti sarebbe morto di angoscia
entro un
quarto d’ora. Si cambiò in fretta indossando una
T-shirt e un paio di
pantaloncini corti, infilò un paio di morbidi calzini di
spugna e poi le scarpe
da ginnastica, sfilò un asciugamano dalla borsa e se lo mise
attorno al collo,
poi andò in palestra. Come immaginava, era già
aperta; molto probabilmente
Drake aveva chiesto al responsabile di lasciare così la
porta anche dopo la
fine delle lezioni mattutine in vista dell’occasione speciale
di quel
pomeriggio. Si infilò nella stanza e accese le luci.
L’odore di plastica e
legno tipico degli strumenti ginnici lo fece sentire un po’
più a casa; posò il
borsone a terra e andò nel ripostiglio a prendere un
pallone. Afferrò l’oggetto
e lo fece scorrere tra le mani grandi, tanto che con le lunghe dita
tornite
riusciva a tenere comodamente la palla senza doverla afferrare con
entrambe le
palme. Tastò con i polpastrelli la ruvida superficie
arancione, prese un bel
respiro e iniziò a riscaldarsi. Fece qualche giro del campo
palleggiando
davanti a sé, cambiando mano e ritmo. Poi ripeté
alcuni palleggi incrociati
sotto le gambe e provò qualche mossa veloce, scatti, scarto
dell’avversario –
immaginario – con stop della palla, e infine qualche tiro a
canestro. Poi
decise che aveva voglia di esercitarsi un po’ anche su una
delle cose che
stavano particolarmente a cuore ai ruoli di centro e ala grande, ovvero
i
rimbalzi sotto canestro. Lanciò la palla verso il tabellone
e il cerchio del
cesto e corse fulmineo per afferrarla non appena veniva respinta senza
centrare
il canestro. Lanciava, saltava e poi afferrava la palla schizzando
dall’altra
parte del terreno di gioco. Reiterò
quest’operazione per parecchie volte, finché
si sentì abbastanza carico, e poi provò qualche
tiro libero per testare la
propria mira. Ma gli piaceva troppo correre, intercettare la palla,
scartare i
giocatori, così si mise a fare un po’ di finte e
deviazioni improvvise,
segnando un canestro alla fine del lungo percorso, come a coronare
l’azione.
Da
poco lontano gli giunse il suono di qualcosa che
avrebbe potuto essere un applauso.
Si
voltò di scatto, col fiatone.
Drake
era appoggiato allo stipite della porta con una
spalla e teneva le caviglie incrociate; notò che si era
già completamente
cambiato indossando la divisa da allenamento della squadra. Sorrideva.
«
Vedo che hai già iniziato il riscaldamento. Molto bene,
così possiamo cominciare subito con la parte principale di
questo incontro. »
«
Cosa dovrò fare? » chiese Josh.
Intanto,
da dietro le spalle del capitano erano spuntati
Shawn, Dan MacGill, Mike Evans e un paio di ragazzi di cui Josh non
conosceva
il nome. Presero posto sulle panchine riservate al coach e alla
squadra, appena
davanti alle tribune e adiacenti al campo. Il ragazzo salutò
nervoso: non si
sentiva molto sicuro, ora che aveva sei paia di occhi puntati addosso.
Anche
Shawn sorrideva, e questo lo mise molto più a suo
agio del ghigno a metà tra il malizioso e il divertito che
troneggiava sul viso
appuntito di Foster. Assomigliava ad un’alta e smilza volpe
che si leccava i
baffi, pronto a catturarlo come un indifeso leprotto.
Drake
gli si avvicinò. Effettivamente il suo paragone, da
quella prospettiva, non gli sembrava più tanto felice: lui
era circa dieci
centimetri più alto dell’altro, e parecchio
più grosso.
«
Allora… » disse, raggiungendolo e squadrandolo per
bene,
sempre con quel suo sorrisetto strafottente nel quale Josh vedeva un
che di
pornografico « …abbiamo pensato un po’ a
cosa farti fare, e siamo giunti alla
conclusione che un breve incontro uno contro uno è la cosa
migliore. »
Il
ragazzo avrebbe voluto deglutire ma sembrava che non
fosse rimasta una goccia di saliva nella sua bocca.
«
E chi dovrò sfidare? » chiese con voce roca.
Drake
gli si avvicinò ancor di più, fissando, per
quanto
possibile, le iridi dorate nelle sue.
«
Me, e chi sennò! L’ala piccola di solito
è quella che
insieme al playmaker dà più fastidio ad
un’ala grande, ma visto che Shawn deve
rimanere in panchina a osservarti da un punto di vista esterno, io ti
studierò
direttamente sul campo. Sei pronto? »
Josh
annuì, e passò la palla a Drake.
Shawn
mise il fischietto in bocca, e soffiò.
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
Bene,
sembra che per Yule io riesca a rispettare i limiti mensili
d’aggiornamento ^^ e già che ci sono rispondo
anche alle recensioni!
areon: ecco, lo
sapevo io che con quel capitolo avrei soddisfatto la tua indole di
donna da shojo u.u comunque non ti devi preoccupare,
arriverà molto,
molto di più di un semplice bacio…
*sguardo da assatanata* tremate u.u/
RiflessoCondizionato:
e tra l’altro sia nella storia che da noi si è
circa a Natale, per cui stranamente sono riuscita a far combaciare le
stagioni e una bella atmosfera con caminetto e cioccolata calda ci
vuole xD spero che ti piaccia anche questo capitolo :3
Buona
lettura a tutti.
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Josh non aveva fatto
in tempo a sentire il sibilo del fischietto di Shawn, che Drake era
già sparito da davanti ai suoi occhi. Sapeva che era
l’asso della sua squadra, e nonostante avesse più
volte sentito parlare delle sue abilità, solo ora riusciva a
capire quale ragione ci fosse di prodigarsi in cotante lodi. Quello non
era un essere umano, era un folletto. Un folletto che correva come un
fulmine. Si ritrovò ben presto alle sue spalle nel tentativo
di raggiungerlo e sottrargli la palla, ma nessuno sforzo
riuscì a colmare il vantaggio che l’avversario
aveva su di lui, e in breve tempo Drake mise a segno un canestro, con
una tale grazia che per un fugace attimo Josh si ritrovò a
guardarlo con la mascella cadente.
Tentando di riprendere
il controllo della situazione, gli si oppose e allargò le
braccia per impedirgli di passare. Drake palleggiava guardandolo fisso
negli occhi: sembrava un’altra persona, completamente diversa
da quella che poco prima gli sorrideva beffarda, e per quanto esile in
confronto a Josh, questo dovette ammettere a se stesso che gli incuteva
un certo timore e, si accorse con una punta di sorpresa, una
significativa dose di reverenza.
Osservò
come una scena in slow-motion i muscoli degli arti di Drake tendersi
nello scatto, un fascio di nervi e tendini che si muoveva
all’unisono, armoniosa, mentre scartava a sinistra.
Josh sentì
le guance avvampare: aveva previsto il suo spostamento. Era riuscito a
calarsi nel gioco ed ora aveva compreso le intenzioni
dell’avversario: voleva schivarlo passandogli di fianco alla
spalla destra, e aveva già mosso qualche passo incrociato
verso di lui. Si slanciò nella rotta di collisione, pronto
ad afferrare la palla e a strappargliela dalle mani, ma con un
improvviso gesto, Drake caricò il proprio peso completamente
sull’altra gamba, spinse forte e scartò dalla
parte opposta, filando velocemente e raggiungendo l’altro
canestro, dove mise a segno un secondo punto; quella di prima era stata
solo una finta, anzi, probabilmente il ragazzo gli aveva permesso di capire
i suoi movimenti, lasciandolo nell’illusione di poterlo
sconfiggere..
Josh era sconvolto:
era davvero questo il livello che gli veniva richiesto? Di questo passo
non sarebbe mai riuscito a raggiungere Drake e a sottrargli la palla, e
ciò significava che non avrebbe superato la prova. Di colpo
tutto il suo ottimismo filò via come sospinto da una fredda
sferzata di vento invernale, e la tensione muscolare scemò
assieme all’autostima.
Era fregato.
L’avevano
sottoposto ad un esercizio impossibile per lui, non sarebbe mai stato
adatto. Avrebbe fatto meglio a ritirarsi prima di fare la figura di
cacca più colossale della sua vita.
A qualche metro di
distanza da lui, Drake faceva volteggiare il pallone
sull’indice destro, imbronciato.
« Beh, si
può sapere che hai? »
Josh aveva le mascelle
bloccate, come se avesse masticato cemento a presa rapida, e
riuscì solo a fissare il suo interlocutore con uno sguardo
ebete, che cercò di far sembrare anche lontanamente
un’espressione interrogativa.
«
Dov’è finita la forza che avevi prima »
e fece un ampio gesto col braccio ad indicare il campo «
quando stavi provando da solo? Così mi deludi. »
Concluse.
Non rideva. Il sorriso
sghembo con cui l’aveva accolto sembrava solo un lontano
ricordo.
« Sei troppo
veloce. » borbottò in un pigolio, che di sicuro
l’altro non udì.
Una voce assonnata si
levò dagli spalti.
« E dagli un
po’ di tregua… » sbottò
Shawn, grattandosi la testa con fare noncurante. « Sei
partito come un proiettile! Guarda che non stai mica giocando contro
Shannon Kinsey. »
Josh non conosceva la
persona che era appena stata nominata, ma immaginò che fosse
qualcuno che Drake odiava molto, perché tutto ciò
che rispose all’amico si risolse in un lungo e basso ringhio
gutturale. Gettò a terra la palla riprendendo a farla
rimbalzare, i polpastrelli lividi per quanto l’aveva,
probabilmente inconsciamente, stretta fino a quel momento.
« Ti do
un’altra possibilità, intesi? » gli
urlò dietro, con gli occhi che gli sembravano dardeggiare
lingue di fuoco, furiosi come non mai.
… O forse
era solo lui ad essere troppo impressionabile, avrebbe detto a se
stesso più tardi.
Ripartì
alla carica. Josh piegò le ginocchia e lo
aspettò, rassegnato. Non sarebbe riuscito a fermarlo neppure
questa volta, ne era certo.
Infatti la scena si
ripeté quasi identica alle due precedenti, e il nostro
giovane eroe stava quasi pensando al peggio, quando qualcosa lo fece
trasalire.
Aveva notato un
movimento, un tremito nei gesti di Drake. Sembrava come se
fosse… Arrabbiato. Anzi, no, non era la parola giusta.
Furibondo, era la
parola giusta. Non aveva idea di cosa gli fosse successo, ma la rabbia
che infondeva in ogni palleggio lo facevano sembrare leggermente
più tremolante e scoordinato, per quanto sempre fatale.
Josh lo
inseguì. Gli corse dietro sospinto da una forza
d’animo di cui non conosceva l’origine, ma vedeva
quasi uno spiraglio, nel buio totale della sua sconfitta.
D’altronde,
si disse, lui aveva le gambe molto più lunghe di quelle di
Drake, e anche se l’altro aveva più
possibilità di essere agile e veloce perché era
più piccolo di lui, non c’era motivo per cui non
potesse compensare la mancanza di leggerezza con la prestanza fisica.
Gli arrivò di fianco e sentiva quasi di poterlo sovrastare;
tese un braccio per bloccarlo, ben attento a mirare al pallone per non
commettere fallo, e sentì le dita sfiorare la superficie
ruvida. Non riuscì ad afferrarlo, però comprese
di avere destabilizzato l’avversario: quando questi si
preparò a lanciare a canestro, Josh si accorse di come la
sua postura risultasse quasi stonata, nel complesso delle grandiose
azioni che Drake aveva eseguito precedentemente.
Lo spiraglio di luce
che aveva avvertito poco prima si allargò fino a diventare
una gioiosa finestrella che gli faceva ciao ciao con le tendine
(pensò seriamente di avere un calo di glucosio tra i
neuroni) e seppe esattamente ciò che doveva fare: Drake non
centrò il canestro; la palla sbatté forte sul
tabellone e ritornò ai giocatori. Un rimbalzo! Quello era un
rimbalzo! Ed era la mossa che per antonomasia spettava al
“centro” e all’”ala
grande”.
Un colpo di fortuna?
Josh si sentiva come
colpito in pieno petto da una secchiata d’acqua fresca.
Saltò con tutta la forza che aveva in corpo e
arrivò alla palla molto prima dell’altro, anzi, la
sua azione fu così eclatante che Drake non ebbe neppure la
possibilità di saltare come si doveva.
Strinse il pallone
come se fosse stato il suo bambino, e schizzò via verso il
canestro opposto. L’altro, com’era da aspettarsi,
gli era già alle calcagna, ma questa volta lui era
lanciatissimo. In un gesto furtivo che quasi lo prese in contropiede,
Foster gli fu addosso pronto a riprendere in mano le redini del gioco,
ma ormai erano già entrati nell’area
più piccola: Josh balzò di nuovo verso
l’altro, e senza neppure tentare di ricordarsi come fosse una
posa decente per mirare a canestro, vi schiacciò dentro la
palla appendendosi con le mani al cerchio di metallo rosso, mentre la
retina gli solleticava gli avambracci.
Quando scese a terra,
la prima cosa che notò fu il sorriso furbo di Shawn, che
ammiccava nella sua direzione con i tondi occhi azzurri. Sembrava
stranamente consapevole della situazione e per nulla sorpreso di
com’era andata a finire, e anche Drake doveva essere
abbastanza confuso su questo, perché non toglieva gli occhi
di dosso all’amico, anche se dalla sua posizione Josh non
riusciva a intravedere la sua espressione.
Quando si
voltò, si ritrovò con i vispi occhi dorati
puntati dritti nei suoi, ma non riuscì ad elaborare molto di
più, dacché uno strano ronzio gli aveva invaso le
orecchie.
Il ragazzo
continuò a fissarlo da sottinsù mordendosi il
labbro inferiore, e Josh si accorse solo in quel momento che non
sembrava per nulla stanco o affaticato: in confronto al suo fiatone,
col petto che si alzava e si abbassava dolorosamente, il leggero
luccichio del sudore sulle gote rosse di Drake sembrava una manciata di
brillantini natalizi. Si, era decisamente fuori allenamento.
Si aspettava di essere
sbranato, e invece, dopo qualche secondo, il ragazzo di fronte a lui si
sciolse in un sorriso ormai quasi familiare, che lo rincuorò
quasi più del suo successo di poco prima.
« Era
proprio questo che mi aspettavo. » disse continuando a tenere
quell’espressione di una felicità talmente
spontanea e sincera che Josh non riuscì a fare a meno di
unirsi a lui in un sorriso decisamente più contenuto e
modesto.
Drake
ridacchiò mettendo in mostra due file di perfetti denti
candidi e tese la mano all’altro, che la strinse con vigore.
Poi, veloce come un
gatto, il ragazzo andò alle panchine e saltò in
braccio a Mike Evans, un ragazzo di colore che era, se possibile,
ancora più grosso di Josh, e di sicuro più
burbero.
« Allora
Mike, che ne dici, è con noi? » chiese alludendo
all’altro, che li raggiunse caracollando incerto.
« Se non ti
togli dai piedi lo farò entrare in squadra al tuo posto.
» borbottò, fissando guardingo il compagno, che in
quel momento era impegnato a protendersi verso Shawn nel tentativo di
afferrargli il fischietto.
Si rivolse poi a Josh
e lo studiò con attenzione.
« Dovrai
migliorare, mi sembri un po’ fuori forma. Hai mai giocato a
basket? »
« Solo
amatorialmente, con degli amici. » rispose pronto.
«
E’ già qualcosa. Non sei tremendo, per non aver
mai giocato seriamente prima d’ora. »
« Ho-hoo!!
» commentò Drake solare « E’
un gran complimento questo
da parte di Mike, lo sai? A me dice sempre che sembro una cavalletta
impazzita! » Aggiunse ridanciano, concentrandosi sul succo di
frutta che stava bevendo avidamente rannicchiato vicino alle ginocchia
di Shawn, seduto per terra dopo essere stato nuovamente fulminato da
un’occhiataccia di Mike ad un suo tentativo di buttarlo
giù dalla panchina per accaparrarsi un posto.
«
Perché tu lo sei,
una cavalletta impazzita. » commentò
l’interpellato. « Se solo fossi un po’
meno esuberante ed esibizionista, porteremo a casa risultati
più soddisfacenti! »
Josh esitò
un attimo, poi si arrischiò a prendere la parola.
«
Ehm… Ma voi non siete i secondi nel campionato regionale
delle scuole superiori? » chiese, come se non capisse davvero
cosa ci fosse da essere insoddisfatti di questo.
« Secondi, appunto.
» rispose Mike, gelido.
Mentre questo non
guardava, Drake gli fece segno di lasciar perdere.
*
« Allora
com’è andata? » gli chiese Andy allegro
quando si incontrarono alla fine delle lezioni pomeridiane.
« Beh,
sembra bene. » rispose « Mi hanno detto che non
posso essere sicuro dell’ammissione senza prima aver
consultato ufficialmente Miller, il coach, ma loro metteranno una buona
parola per me. »
« Giudizio
unanime? »
« Direi di
si. » disse stiracchiandosi allegro. « Come sarei
felice di poter entrare in squadra, dev’essere fantastico!
»
« Lo spero
per te. » Andy gli diede un’affettuosa pacca sulla
schiena. « Se fossi in grado di correre per più di
due metri senza inciampare nelle mie stesse gambe proverei anche io ad
iscrivermi a qualche club, ma fino ad allora… Vi invidio
davvero tanto, sai? Tu, Shawn, Drake… »
« A
proposito di Drake! » trillò l’amico
« Ma lo sai che è davvero… »
Andy non seppe mai
cos’era, perché in quell’esatto momento
Joy uscì dalla propria classe e si accodò al duo,
congratulandosi con Josh. La testa di Eveline sbucò da
dietro i riccioli biondi dell’amica, e sotto al cipiglio
scontroso si aprì un sorriso che addolcì il suo
viso fino a renderla quasi irriconoscibile.
« Allora,
complimenti. » mormorò soave.
« Grazie!
» disse Josh, raggiante più che mai, schioccandole
un rasposo bacio sul naso che la fece tornare al suo sguardo torvo di
sempre.
All’improvviso
sembrò che il fratello avesse un’illuminazione, e
la prese per entrambe le spalle facendola trasalire.
« Sai a chi
assomigli? »
Eve lo
scrutò accigliata, guardandolo con un’espressione
che diceva chiaramente che no, era impossibile che capisse a chi poteva
assomigliare, almeno secondo i contorti ragionamenti del fratello.
« A Mike
Evans! » squittì ridendo. « Avete la
stessa faccia così… Affabile? » e
riprese beffarla.
Con sommo disappunto
della diretta interessata, anche Andy e Joy si unirono a Josh, incapaci
di trattenere le risa. Mike e la ragazza non avrebbero potuto essere
più diversi nell’aspetto, ma come atteggiamento
sembravano fatti con lo stesso malandato stampo.
Il cipiglio di Eveline
si fece, se possibile, ancora più altero, e stette un passo
avanti a loro per tutto il tragitto fino ai cancelli della scuola,
scotendo la lunga coda castana in segno di disapprovazione.
*
Il giorno dopo, a
pranzo, il gruppetto composto da Andy, Eve, Josh e Joy fu intercettato
dallo sguardo di Shawn che si sbracciò per attirare la loro
attenzione e si diresse trafelato verso il loro tavolo. Dando
indicazioni a Drake su cosa voleva per pranzo, lo lasciò a
sbraitargli dietro per aver abbandonato la fila piazzandogli il vassoio
vuoto tra le mani, davanti alla signora della mensa che lo fissava
seccata e spazientita.
« Allora,
come va? » chiese sorridendo a tutti, e nella fredda luce dei
neon sembrò ancora più lentigginoso.
« Bene, e
tu? » cercò di rispondere Josh a bocca piena,
rischiando di sputacchiare il pasticcio un po’ dappertutto.
« Non
c’è male… » rispose titubante
l’altro, sperando di aver decifrato in modo corretto i
grugniti del ragazzo.
Shawn percorse i volti
dei presenti con gli occhi, continuando a sorridere benevolo, anche se
quando incrociò lo sguardo di Andy entrambi arrossirono e
cercarono di concentrarsi altrove. La separazione violenta tra Drake e
Andy di qualche settimana prima aveva colpito anche il loro rapporto,
finora amichevole; fu così che a Shawn cadde
involontariamente lo sguardo sulla scollatura di Joy, per nulla
profonda ma sufficiente abbastanza a far risaltare le sue prominenti
forme, e avvampando fino ad una delicata tonalità di
bordeaux, si sforzò di tornare a fissare in faccia Josh,
quasi dimentico del motivo per cui l’aveva cercato.
«
Ehm… » iniziò, sperando che Joy non si
fosse accorta che non l’aveva esattamente guardata negli
occhi « Abbiamo parlato con Miller. » disse,
riacquistando la propria aria razionale e composta.
Eve vide il fratello
trattenere il fiato.
«
E…? »
Il sorriso sul volto
di Shawn si fece più largo « Benvenuto in squadra,
Josh. »
Il ragazzo
sussultò sul posto e fece uno sforzo inumano per trattenersi
dall’alzarsi e saltellare con le mani di Shawn tra le sue,
come un perfetto imbecille. Dubitava che dopo avrebbe avuto ancora
qualche speranza di giocare con loro.
« Bene,
quindi gli allenamenti sono martedì, giovedì e
venerdì dalle quattro e mezza alle sei, poi il sabato o la
domenica c’è la partita, e si tiene ogni due
settimane. Vediamo che altro… Ah si!, per la divisa facciamo
oggi, ok? Hai già della roba da ginnastica
nell’armadietto? »
Josh annuì
« Ho la tuta della scuola. »
«
Fantastico. » disse Shawn « Ora vado altrimenti
Dre’ mi sgozza… Ci si vede! » E
tornò di corsa al proprio tavolo agitando le braccia per
calmare Drake, che sembrava avere tutta l’intenzione di
tirargli dietro il suo piatto di roast beef.
« Non
è un tipo molto paziente, quel Foster…
» osservò Josh un po’ apprensivo.
« No,
proprio per niente. » fece sarcastico Andy, concentrandosi
sulle proprie patate arrosto e cercando di non pensare alle
sfaccettature del carattere di Drake, ora impegnato in una furibonda
lotta con un paio di spaghetti felloni e completamente ignaro della
speculazione filosofica sul suo conto.
Andy cercò
di spostare l’argomento della conversazione, e non gli venne
alla mente nulla di meglio che parlare della nuova occupazione sportiva
dell’amico.
« Allora,
oggi hai il primo allenamento? »
«
Così pare. » rispose Josh, allegro.
« Scusate se
vi interrompo. » s’intromise Eveline, con tono
sommesso. « Chi è quella ragazza bionda?
»
« Quale
delle quaranta ragazze bionde che ci sono in questa sala? »
le fece eco il fratello.
Eve accennò
brevemente con un dito al tavolo dove il club di basket quasi al
completo e il club delle cheerleader stavano pranzando in modo
particolarmente chiassoso. Era possibile distinguere due studentesse
dai capelli chiari, ma solo una aveva lunghe onde dorate che le
ricadevano sulle spalle e che lei continuava a scuotere con fare
seducente.
« Oh,
Shirley Morgan. » disse Joy inarcando un sopracciglio.
« Perché ti ha colpito? »
L’altra non
rispose subito, ma continuò a fissare torva –
quindi con uno sguardo nella media – la ragazza che le era
stata indicata.
« Continuava
a girarsi verso di noi e a fare commenti con la sua amica, quella con i
capelli ricci e la pelle scura… »
« Missy
Collins. » la aiutò Joy, annuendo. «
E’ la sua migliore amica, nonché una delle ragazze
più popolari » e qui alzò le
sopracciglia in modo tale, per la convinzione che una simile
definizione non fosse mai stata tanto inappropriata, che si aspettarono
di vederle scomparire sotto i capelli « di tutto
l’istituto. E poi su di loro non è che ci sia
molto altro da dire. » concluse con una nota amareggiata
nella voce.
« Hai capito
di cosa stavano parlando? » le chiese Andy, convinto che per
una volta tanto non sarebbe stato lui nel mirino delle loro
conversazioni.
« Beh, non
è che si siano date tanta pena di nasconderlo. »
rispose. « Anzi, mancava solo che si mettessero ad indicare
col dito in modo plateale, tipo i mocciosi dell’asilo.
Stavano facendo commenti su Josh. » concluse, un sorriso
obliquo sul volto. « E sembrava che stessero – ehm
– apprezzando quello che vedevano. »
L’attenzione
del fratello sembrò improvvisamente svegliarsi in quel
momento, e allungò il collo perché dalla sua
posizione non riusciva a vedere bene le due ragazze.
« Davvero
facevano apprezzamenti? » chiese scrutando il tavolo con gli
occhi verdi spalancati « Joy, mi puoi ripetere quali sono?
»
La ragazza
eseguì, ma aggiunse « Ti consiglio caldamente di
non farti abbindolare da un paio di gambe lunghe e di moine,
però. »
Josh interruppe
finalmente la sua opera di osservazione e guardò
l’amica. « Perché dici così?
» chiese, leggermente preoccupato per la possibile risposta.
»
«
Beh… Forse è meglio che sia qualcun altro ad
elencarti tutte le ragioni. O meglio, a descriverti la scenetta.
» aggiunse, con un risolino di scherno.
Andy
sbuffò. Non gli andava molto di rivangare il fatto,
perché gli ricordava il periodo felice che aveva trascorso
con Drake, ma pensò che l’incolumità
dell’amico fosse molto più importante.
« Ok, ti
dirò cos’è successo. Tu però
acqua in bocca, ok? Me l’ha raccontato Drake, e mi ha
promesso di non farne parola con nessuno… »
« E quindi
è ovvio che noi tre lo dobbiamo sapere assolutamente.
» concluse per lui Eve, con una luce vagamente inquietante
negli occhi.
Andy
assentì ridendo e si lanciò nel racconto della
malefatta di Shirley in discoteca ai danni di un povero e ignaro Shawn.
«
…e magari a lui nemmeno piace. »
commentò Eve, aspra. « Si vede da qui che
è solo una sottospecie di gallina pesantemente truccata.
» aggiunse poi, quasi in un bisbiglio rivolto solo a se
stessa.
« Pare di
no. » disse Andy, confermando la sua intuizione. «
E ci è rimasto veramente male, perché lo sanno
tutti che lui non regge l’alcool, e insomma, è
stato un colpo basso. »
Josh sembrava affranto
e deluso, come un bambino a cui viene offerta una torta bellissima ma
dal sapore orripilante. La voglia di approfondire la conoscenza delle
cheerleaders era sfumata all’istante.
*
Quel pomeriggio non
sembrava neppure troppo freddo nonostante fosse dicembre, e la
prospettiva delle vacanze di Natale che si avvicinavano – a
dire il vero mancavano solo un paio di giorni – fece sentire
Andy assolutamente bendisposto verso il mondo.
Quando salì
in macchina, fu con una certa allegria che infilò la chiave
nel quadrante e accese il motore, alzando quasi al massimo il volume
dell’autoradio e mettendo sulla sua stazione preferita.
Arrivò a
casa circa venti minuti dopo, parcheggiò l’auto
nel suo garage, accanto alla facciata rivolta verso la strada, e stava
quasi per infilare la chiave nella toppa quando sentì un
forte trambusto provenire dal retro dell’abitazione.
Un po’
allarmato, brandì la borsa della scuola come
un’arma, pesante per tutti i libri di cui era stipata, e
percorse il vialetto di ghiaia.
Voltò
l’angolo, col cuore in gola, e…
« Mamma!
»
Abbandonò
la cartella lungo il fianco, sollevato ma ancora con il sangue che gli
pulsava nelle vene. Sorrise, contento di vedere la madre prima del suo
ritorno a casa previsto precedentemente, ma la sua espressione
cambiò subito alla vista di quella della donna.
Era una maschera di
apprensione, con i capelli arruffati e lo sguardo fuggente.
«
Mamma… che succede? » chiese, non tanto sicuro di
voler ricevere una risposta.
Lei gli si
avvicinò e lo guardò grave.
«
E’ papà. »
Andy sentì
il respiro mancargli.
«
Cosa… Cos’è successo? »
« Stava
tornando da uno scavo, quando… Un incidente. »
deglutì. « Un incidente con un tir. »
Sembrò
incapace di proseguire.
Ad Andy turbinarono
nella mente le peggiori immagini di incidenti stradali che aveva visto
nei suoi sedici anni di vita. Ma perché i notiziari erano
così ossequiosi nel farle vedere, eh? Avrebbe preferito
rimanere nell’ignoranza.
Non sapere.
Ma doveva chiedere.
«
E… Stanno… Bene? »
Monica
respirò a fondo, le labbra le tremavano.
« Jared ha
perso un braccio. » pigolò, mentre lacrime calde
le solcavano il viso. « Papà è in sala
di rianimazione. Le sue condizioni sono gravissime. »
Si accasciò
sul petto del figlio, incapace di proseguire.
«
Dov’è? »
« A
Greensbourgh. » disse lei, la voce spezzata dai singhiozzi.
« Andiamo.
»
I suoi occhi erano
velati, e sentiva un forte bruciore alla gola, ma quando Andy
parlò la voce era ferma.
Aiutò la
madre a salire nella sua auto, e si mise al volante.
-------------------------
Ho
ho ho!!! Buone feste mie care e miei cari *U*
Purtroppo
dato che sono una sadica, Andy non passerà delle vacanze
altrettanto felici e serene u.u
Ma
non disperate, nulla è perduto!!
Auguri
a tutti voi :)
Ah già, Jared è un collega di Philip Nolan, il
papà di Andy. E' un ragazzo giovane che si è
laureato da poco, e potrebbe comparire ancora, più avanti
nella storia.
|
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Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
Ok, vi chiedo scusa di nuovo, ma questi esami
mi stanno uccidendo e il capitolo pure. L'avrò riscritto
tipo quattro volte e continuava a farmi schifo. Questa è la
versione "finale" e spero vivamente che vi piaccia .-.
Rispostine...
areon: NO, non è
Jared Leto u_u il mio Jared, detto anche J.J.
per ovvi
motivi,
è un ragazzotto svampito con i capelli fulvi e le lentiggini
e non c'entra un tubo con il figone dei 30stm u_u
Eveline
è scorbutica, ma proprio per questo è puccia
<3 si, la amo tanto. Per sapere se Phil muore devi leggere il
capitolo /awe
RiflessoCondizionato: si effettivamente ho
tifato per Drake anche io, che dovrei essere imparziale, ma Josh... Non
è che mi sia antipatico, è che Josh è
proprio un coglione >_> altro che Eve, lei è
bella, intelligente, forte, tenace, *coffcoff* ok la smetto di
influenzare la gente sui miei stessi pg...>_>
Come sempre, buona
lettura.
______________________________________________
Andy aveva quasi la sensazione di trovarsi in una bolla
d’aria che rendeva tutto il resto dei rumori ovattati e
distanti. Sua madre taceva, e il suo respiro leggero era impercettibile
anche ad un orecchio in ascolto.
Ripensandoci
più tardi, avrebbe attribuito la calma che regnava
innaturale allo shock della notizia appresa, ma non era del tutto
convinto di ciò.
Probabilmente il suo
cervello si stava ancora rifiutando di elaborare ciò che
Monica gli aveva riferito, perché non poteva accettarlo, suo
padre morto, no, era una cosa impensabile. I medici di sicuro
l’avrebbero salvato, non c’era di che preoccuparsi.
E poi non poteva essere così grave, insomma…
Jared aveva perso un braccio, ma era vivo e vegeto, no?
Ma capita spesso,
gli mormorò una voce malefica dall’interno della
sua testa, decisa ad insinuare in lui il germe del pessimismo, capita molto spesso che negli
incidenti qualcuno muoia e qualcun altro rimanga praticamente illeso,
non sarebbe il primo caso…
No, non doveva
pensarci. Sarebbe finito tutto bene, e questo pensiero sarebbe
diventato ben presto distante e sarebbe finito nel dimenticatoio.
Vedeva già lui, sua madre e Philip seduti davanti al loro
camino in un imprecisato inverno futuro, tutti integri e sani, a
brindare alla loro salute e totalmente concentrati sulla meravigliosa
serata.
Ma man mano che si
avvicinavano alla zona dell’ospedale, la stolta sicurezza
lasciava posto a tensione, preoccupazione, e quando
l’imponente struttura color mattone fece capolino tra i
condomini, Andy deglutì, un lampo di panico negli occhi
scuri.
« Mamma.
» mormorò, quando furono scesi dall’auto.
Lei si
voltò a guardarlo ma non sembrò essere in grado
di aprire bocca per rispondergli.
« Quante ore
fa è avvenuto l’incidente? »
Monica lo
fissò a lungo e poi tirò su col naso,
stringendosi nelle spalle.
« Cinque ore
fa, ormai. Non sono riusciti a contattarmi prima di quattro ore dopo
l’arrivo in ospedale, perché hanno dovuto cercare
di stabilizzare le condizioni. Solo in seguito hanno frugato tra gli
effetti personali per avvertire le persone più vicine.
»
La mente di Andy
lavorava frenetica. Se dopo quattro ore dall’incidente le
condizioni di suo padre erano ancora sul
“gravissimo” ma non erano peggiorate, allora forse
c’era la possibilità che si sarebbe salvato?
Non riusciva a fare a
meno di pensare però, che le sue farneticazioni fossero solo
un disperato tentativo di crearsi una ragione, seppur labile, per non
gettarsi dal primo ponte che avrebbe incontrato.
Durante il viaggio in
auto aveva desiderato quasi di poter volare, di raggiungere
quell’ospedale il più in fretta possibile, e ora
che era lì sentiva un assoluto terrore scorrergli nelle
vene, e ad ogni passo che facevano verso il portone lo sentiva
avvicinarsi tanto velocemente che se non fosse stato attento avrebbe
potuto inghiottirlo.
Per un folle momento
aveva sperato di trovarlo chiuso, ma era chiaro che l’entrata
di una clinica non era di certo sprangata alle tre del pomeriggio.
Varcarono la soglia e
si guardarono entrambi attorno, per un momento spaesati; la quiete
congelata che regnava nel vasto parcheggio si trasformò di
botto in un brusio concitato mischiato a varie voci da nastro
registrato provenienti dalla sala d’aspetto e dalla fila di
ascensori sulla loro destra.
I cartelli colorati
indicavano vari blocchi di reparti, e poco sotto quello del Pronto
Soccorso videro una targa recante la scritta “Urgenze
– rianimazione – terapia intensiva, piano terra,
corridoio giallo”.
Di nuovo un torpore
mistico si era impossessato di Andy, e il percorso gli
sembrò durare ore, quando invece con tutta
probabilità avevano impiegato non più di due o
tre minuti per raggiungere la sala dove suo padre era ricoverato. Un
paio di volte aveva creduto di urtare della gente che camminava in
senso contrario, ma non era mai riuscito a produrre sufficienti sinapsi
per scusarsi, e quando la porta scorrevole dai vetri lucidi si
aprì davanti a lui e alla madre, pensò che le
porte dell’inferno avrebbero prodotto di sicuro un rumore
più gradevole.
Fu grato a Monica per
aver preso l’iniziativa con la signorina della segreteria,
perché si sentiva le mascelle cementate, e in ogni caso non
avrebbe probabilmente saputo mettere in fila nemmeno il proprio nome
col cognome.
La donna chiese loro i
nominativi e un documento d’identità valido per
poter permettere loro di proseguire oltre; Andy frugò nella
cartella che teneva addosso, ancora piena dei libri che si era
dimenticato di deporre in auto, così che si accorse solo in
quel momento che la cinghia della tracolla gli stava segando la spalla
e gli provocava una certa dose di dolore.
Estrasse la patente di
guida, la prima cosa che gli era capitata sotto mano, e la porse alla
signorina che gli sorrise dolce, scrutandolo da capo a piedi con i suoi
limpidi occhi azzurri.
« Siete la
moglie e il figlio del signor Nolan? » chiese infine.
Monica
annuì. « Possiamo vederlo? »
Elga, Andy
riuscì a leggere il nome sul cartellino di riconoscimento,
scosse il viso incorniciato di corti capelli biondi con
un’espressione che pareva sinceramente dispiaciuta.
« Mi dispiace signora. » disse «
Purtroppo le sue condizioni sono tali che a nessuno è
permesso entrare nella stanza. Si trova nella sala di rianimazione, che
è riservata esclusivamente al personale medico e deve
rimanere totalmente sterile. Quando verrà trasferito nella
camera apposita per i ricoverati gravi ma in condizioni stabili, allora
potrete visitarlo. Mi risulta che la persona che si trovava con lui al
momento dell’incidente sia nel reparto di chirurgia qui a
fianco – e indicò un corridoio con la porta rossa
sulla sinistra della segreteria – e sia possibile andarlo a
trovare. Come desiderate. » concluse.
Monica aveva lo
sguardo perso nel vuoto, ma poco dopo si riscosse e chiese al figlio
cos’aveva intenzione di fare. Questi si strinse nelle spalle
e propose di raggiungere Jared; entrambi lasciarono la sala
d’aspetto di quel pianerottolo e si diressero
nell’altra corsia secondo le istruzioni
dell’infermiera.
Qui trovarono
un’altra segretaria e ripeterono la procedura di
identificazione, e dopo aver ottenuto il numero di stanza dove si
trovava l’amico, la raggiunsero senza dire una parola. Appena
entrarono, Monica si trattenne a stento dal premersi una mano sulla
bocca e Andy strinse quasi convulsamente la cinghia della borsa,
finché le nocche delle mani diventarono livide.
Il ragazzo giaceva
sull’ultimo letto vicino alla finestra oscurata da pesanti
cortine grigie, e non aveva nulla a che fare con il giovanotto energico
e dalla pelle abbronzata che avevano sempre visto: il suo volto
sembrava un ammasso di carne tritata, circondato da ciocche di
scomposti e arruffati capelli fulvi, che ricadevano sulle spalle.
Ciò che non era coperto di tagli rossastri e freschi, era
pallido o violaceo. Un grosso livido si estendeva sullo zigomo destro,
e il labbro inferiore era spaccato lungo un angolo.
Avvicinandosi Andy si
accorse che l’aspetto dell’amico non era poi
così terribile, e le sue ferite non erano gravi come
sembravano da lontano.
Sembrava che stesse
dormendo profondamente, ma quando furono quasi a livello del letto, il
ragazzo alzò lo sguardo e puntò su di loro due
iridi grigie, a malapena visibili sotto gli occhi pesti.
Andy lasciò
cadere di malagrazia la cartella su una sedia e si gettò al
capezzale del degente.
« Oh
Jared… Come ti senti adesso, fa male? »
L’interpellato
cercò di sollevare un braccio tremante e di estrarlo da
sotto le lenzuola, e seppure la cosa sembrò costargli uno
sforzo immane, riuscì a posargli un avambraccio sulla spalla
e a tirarlo più vicino a sé.
« Non
molto… A dire il vero. » gli borbottò
all’orecchio. « Ho mezzo corpo anestetizzato.
» tossì, e riuscì a schiarire la voce
impastata. « Acqua. » gracchiò.
Monica, che era la
più vicina al comodino, afferrò una bottiglietta
di plastica e la passò al figlio, che la aprì e
la posò sulle labbra di Jared.
Bevve avidamente, ma
riuscì ad ingollare solo qualche sorso, e quasi subito si
scostò come se anche quello fosse uno sforzo eccessivo per
lui. Strinse gli occhi, sofferente, e si lasciò ricadere
pesantemente sui guanciali.
«
E’ stata colpa del ghiaccio. » disse dopo un
po’, guardando affranto il soffitto bianco. Era tutto bianco,
lì dentro. Le lenzuola, le pareti, il soffitto, gli armadi.
Anche la pelle di Jared era bianca, dove non era rossa o viola.
Sembrava che il dolore avesse portato via tutti i colori tranne quelli
più forti e terrificanti.
O forse, di nuovo, era
Andy ad essere troppo suggestionabile.
« Cosa
è stata colpa del ghiaccio? » chiese Monica, anche
se era consapevole di conoscere già la risposta.
«
L’incedente. » rispose il ragazzo, senza
distogliere lo sguardo dalle lampade al neon spente. « Quel
camion… Non credo che corresse troppo forte. Eravamo in
autostrada dopotutto. E sembrava davvero
pulita. C’era il sale, anche. Ma… » e
qui sembrò doversi concentrare per ricordare con precisione.
« Deve aver perso il controllo del veicolo. Si. Ha sbandato.
Ha divelto il guardrail, ma non quello di lamiera, quello di cemento
che divide i due sensi di marcia, capisci? E quando ce ne siamo
accorti, ormai ci era addosso. » concluse, con la voce che
sfumava. « E Philip… »
Guardò
entrambi con uno sguardo interrogativo, anche se il terrore che vi si
scorgeva nascosto faceva capire che temeva il peggio. «
Nessuno mi ha detto niente. » aggiunse con voce strozzata.
« Non
sappiamo. » disse Monica, scuotendo la testa. «
E’ ancora vivo. » disse poi, tanto per chiarire il
dubbio principale.
Jared volse lo sguardo
dall’altra parte, mentre il suo petto sussultava leggermente,
quasi come se anche piangere fosse troppo devastante per il suo fisico.
Andy prese un fazzoletto, e dopo aver costretto l’amico a
voltarsi, tamponò le lacrime dalle sue guance segnate e
dagli occhi che teneva chiusi, un po’ per la vergogna, un
po’ per il dolore.
« E
tu… » azzardò Monica. « Ci
hanno detto… Il braccio… »
« La mano.
» la corresse Jared. « La mano destra. Tranciata di
netto. Andata. Per fortuna che sono mancino. » aggiunse dopo
una breve pausa.
« Ti fa
male? »
« Figurati.
Almeno quello… Mi hanno dato talmente tanto anestetico che
credo basterà per una settimana. Non riesco mica a tirar
fuori il braccio da sotto le lenzuola sai, non me lo sento neppure.
»
La donna
annuì comprensiva e gli chiese se aveva bisogno di altro. Il
ragazzo stava per rispondere, quando entrò un medico seguito
da un altro paio di robusti infermieri.
« Lei
è il signor Jared Johnson? » chiese al paziente,
che annuì.
« Dobbiamo
parlare con lei. Da soli. » aggiunse poi in un eloquente tono
che non ammetteva repliche.
I due visitatori
uscirono in corridoio, dove rimasero a ciondolare per circa
mezz’ora, senza avere la minima idea di cosa fare. Nessuno
dei due propose di ritentare la fortuna con la segreteria del reparto
di rianimazione, consapevoli del fatto che le condizioni di Philip
erano talmente gravi e instabili che molto probabilmente sarebbero
stati mandati via a vista.
Quando il dottore
uscì, Andy notò che aveva in mano un generoso
plico di fogli, ma non riuscì a leggere quello che dicevano
le stampe; si avvicinò al medico e gli domandò se
potevano tornare nella camera.
« Siete
amici del signor Johnson? » ribatté questi.
« Si, siamo
i parenti di Philip Nolan, quello… Che ha avuto
l’incidente con lui. »
Il primario
annuì, pensoso.
« Beh,
suppongo che non ci sia nessun problema nel farvi rimanere un
pi’ con lui. » disse, alludendo a Jared con una
fugace occhiata alla porta socchiusa. « Ma non potrete
rimanere più di tanto, perché il nostro paziente
sarà presto trasferito. »
«
Trasferito? » gli fece eco Monica, mentre il dottore
aggiungeva di avere una certa fretta e di non poter restare a dare
esplicazioni a loro. Li salutò con un cenno molto distinto e
una stretta di mano, e se ne andò seguito dai due infermieri
che l’avevano accompagnato.
Quando la testa di
Andy fece capolino dalla porta, Jared sussultò, come
interrotto nel mezzo di riflessioni particolarmente intense. Sembrava
turbato.
Il ragazzo si
avvicinò al suo letto.
«
C’è qualcosa che non va? » gli chiese
timido, ma non era sicuro di voler davvero sapere la risposta.
« No.
» sospirò Jared. « Mi hanno proposto di
farmi fare un intervento alla mano, all’ospedale di
Charlotte. Un trapianto. »
« Beh ma
è fantastico, no? » disse Monica, con
un’espressione vagamente più rincuorata.
« Ormai la medicina dei trapianti delle mani è
progredita parecchio dai primi interventi, e hanno più volte
mostrato, anche ai notiziari, che la ripresa dei pazienti è
stata molto buona, e che riescono ad utilizzare la mano come se fosse
la propria, o quasi. »
Jared
guardò altrove, leccandosi velocemente le labbra secche.
« Non lo so. » rispose dopo una breve pausa.
« E’ sempre una cosa… Pericolosa. Devono
connettere tutto, anche i nervi, e se sbagliano… Potrei
rimanere paralizzato dalla spalla al polso per sempre! »
concluse, disperato.
«
Ma… Hanno sempre delle mani a disposizione? »
chiese piano Andy, preferendo spostare il fulcro del discorso
perché non sapeva come lenire la devastazione interiore
dell’amico, perfettamente comprensibile, di fronte ad un
dilemma da cui probabilmente sarebbe dipeso il suo futuro.
« No.
» ribatté Jared. « A dire il vero
è… » scrollò le spalle
incapace di continuare, ma poi si fece forza e concluse «
E’ una mano bionica. »
Alle sue parole lo
sguardo di Monica sembrò sprofondare in un abisso.
«
Una… Cosa? »
Jared
annuì, sorpreso dalle sue stesse parole. « Non
sarebbe il primo intervento di questo tipo, e di sicuro non
sarà l’ultimo. E’ tutto per un progetto
delle università mediche, l’hanno già
fatto anche in Italia, il primo è stato più di
due anni fa, e mi hanno anche detto che il paziente sta ancora bene e
anzi, va alla grande. Io sono giovane e in forze, sono il candidato
ideale, capite? E’ meglio di una mano presa da un…
cadavere, poi. Non c’è pericolo di rigetto per
un’altra pelle, ma per metallo o quello che è
insomma, che è sterile… Anche se ovviamente
all’inizio dovrò prendere un sacco di farmaci
immunodepressori, o mi inietteranno delle cellule staminali, non lo
so… Meglio di niente però, eh? » e li
guardò entrambi sperando che almeno loro potessero dargli un
qualche responso.
« Per me
dovresti provare. » disse la donna, animata da una strana
luce negli occhi umidi, protendendosi verso Jared quasi a rafforzare le
proprie parole. « Insomma, se è un progetto
così particolare, nuovo, quello che vuoi…
Chiameranno un’equipe di esperti, non dei chirurghi generali
che non sono abbastanza qualificati, no? » chiese scuotendo
la testa, come se anche solo l’ipotesi di un tale azzardo
fosse inimmaginabile.
« A dire il
vero – disse l’altro con un mezzo sorriso
– ho già accettato. Preferisco rischiare piuttosto
che condannarmi ad una menomazione certa. Non voglio credere di essere
già spacciato. Non posso. Ci saranno un sacco di
bioingegneri… »
Monica
annuì, e gli scostò i lunghi capelli dal viso con
fare materno.
« E
poi… » aggiunse il ragazzo « Mi portano
via in elicottero. Figo, no? Io ho sempre sognato di volare, anche se
ovviamente non per una ragione simile. » e si
sforzò di nascondere la nota di panico che aveva pervaso la
sua voce.
*
Dopo ore di attesa che
parvero interminabili, senza più Jared che ormai era
già stato trasportato nella struttura ospedaliera di
Charlotte, un dottore uscì trafelato dalla sala di
rianimazione e andò a parlare con Andy e Monica. Le
condizioni di Philip sembravano stabili, e finalmente qualcuno sembrava
propenso a dire loro concretamente quali traumi aveva subito,
dacché ormai ne avevano le scatole piene di sentirsi dire
solo che versava in “gravissime condizioni”, senza
un’esplicazione in più.
Il verdetto non era
comunque dei più felici, anzi.
Frattura cranica, per
fortuna non profonda, e una costola spezzata aveva perforato un polmone
e la sua pleura, causando il collasso della parte ferita
dell’organo.
Purtroppo Philip aveva
manifestato sintomi di febbre già dopo tre ore
dall’incidente, e oltre all’applicazione del
drenaggio avevano dovuto somministrargli una certa dose di antibiotici
per prevenire infezioni gravi.
« Lo teniamo
in coma farmacologico. » spiegò il dottore.
« Dopo numerosi controlli abbiamo verificato che non ci fosse
nessun danno alla corteccia cerebrale, ma quello è il
problema minore. La frattura si sanerà, ma il capo deve
stare in immobilità completa. Il trauma peggiore
è comportato dal pneumotorace, che è abbastanza
esteso. A causa della forte lesione dovuta all’incidente si
è rischiato di ottenere un emopneumotorace, ma il deflusso
forzato del sangue è stato applicato tempestivamente, e
questo non si è mescolato alla miscela d’aria del
polmone. Abbiamo stabilizzato le condizioni, e al momento è
fuori pericolo. »
«
E’ salvo quindi? » mormorò Monica,
facendo chiaramente intendere che al di là di specifici
dettagli medici, era quella risposta a starle maggiormente a cuore.
« Si, posso
affermarlo quasi con certezza. Naturalmente lo teniamo sotto controllo
costante. »
« Posso
restare qui per la notte? »
Il medico
indugiò un po’ prima di rispondere. «
Signora… Al momento suo marito non è in grado di
avvertire la presenza di altre persone, neppure degli infermieri, ed
entrare nella sala dov’è ricoverato è
vietato per chiunque non faccia parte del personale addetto. Vada a
riposare, di sicuro è rimasta qui per molto tempo. Se ci
sono emergenze la chiameremo, ma per il momento può
ritornare domani. »
Anche se riluttanti, i
due seguirono il consiglio e andarono a casa; Monica ebbe qualcosa da
ridire quando Andy annunciò che il giorno dopo non sarebbe
andato a scuola, ma i suoi tentativi di rifiuto furono talmente deboli
che dopo un po’ capitolò. Dopotutto era
l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale, e
non sarebbe sicuramente stato una grave perdita.
Una parte difficile di
tutta quella faccenda fu spiegare a Joy e agli altri cos’era
successo, l’indomani, quando non lo videro
all’istituto; dovette raccontare tre volte a tre persone
diverse l’accaduto, perché come al solito Eve e
Josh non si trovavano mai a casa nello stesso momento e avevano scelto
momenti diversi per contattarlo. Tutto ciò fu molto penoso
per Andy, che ormai aveva ripercorso mentalmente o verbalmente il
giorno prima tante di quelle volte da avere la nausea al solo pensiero.
Quando il telefono
squillò per la quarta volta, immaginò con gioia
di gettarlo fuori in giardino e lasciare che si congelasse.
Era Drake:
probabilmente Joy o Josh avevano raccontato tutto anche a lui e Shawn,
ma Andy sentì che non ne poteva più di parlare
con degli estranei di Jared e suo padre, e fu molto tentato di non
rispondere. Infine quasi solo per cortesia, premette il piccolo tasto
verde e ascoltò la voce squillante di Drake raggiungerlo
metallica dall’altro capo dell’apparecchio. Per
fortuna il ragazzo fu molto comprensivo; non gli fece domande su
ciò che era capitato ma chiese semplicemente se Philip stava
migliorando, e se lui a la madre avevano bisogno di qualcosa, anche
solo di un po’ di conforto.
Fino a poco prima si
sentiva in guerra con il mondo, non aveva voglia di parlare –
o meglio discutere – con nessuno, ma appena sentì
la voce di Drake sentì che il peso che da ore gli opprimeva
il petto stava leggermente scemando, lasciando posto ad un calore
corroborante, che lo avvolgeva come un abbraccio.
Aveva un nodo alla
gola, che gli costò un doloroso silenzio mentre Drake gli
chiedeva preoccupato se fosse tutto a posto.
« Grazie.
» riuscì solo a mormorare, e riattaccò
il telefono.
Andy diede per
assodato che quello era il peggior Natale della sua vita. Non era
disperato e non si strappava di certo i capelli urlando come in una
pantomima, ma si sentiva costantemente ansioso, all’erta, con
il panico nel cuore ogni volta che un dottore gli si avvicinava per
dargli notizie del padre. Aveva il terrore di sentire che era
peggiorato, che aveva avuto una ricaduta, che le ferite non si
sanavano, che aveva riportato un danno irreversibile. Invece poco a
poco Philip migliorava, anche se con una lentezza quasi esasperante.
*
Andy aveva appena
finito di apparecchiare la tavola per il pranzo; si sedette, e lo
sguardo gli cadde sulla madre, che stava ancora ai fornelli e gli dava
la schiena.
La osservò,
con un misto di amore e sofferenza, il cuore più pesante.
Era sempre stata una donna così bella, alta, formosa, dai
tratti dolci e decisi e i colori scuri tipici di
un’ascendenza ispanica.
La guardò a
lungo, e gli parve che portasse sulle spalle il doppio degli anni che
aveva, infagottata in abiti sgualciti, con i capelli in disordine e
occhiaie violacee che non si curava più nemmeno di
nascondere.
Cosa poteva fare?
Aveva provato a darle tutto il conforto che poteva. Le aveva detto
“Io sono qui, mamma” e l’aveva racchiusa
nei suoi abbracci di uomo acerbo, accarezzandole la testa e baciandole
le guance. Ma a mano a mano che i giorni passavano, le telefonate di
amici e parenti lontani si facevano più rade, le visite dal
padre - che pur essendo cosciente a tratti, non aveva la forza di
parlare o di interagire con loro – si contornavano di
un’atmosfera greve e pesante.
E Monica si chiudeva
lentamente in un silenzio carico di pensieri che non voleva
condividere, nemmeno con lui.
L’olio nella
padella era caldo, e sfrigolava rilasciando il suo aroma; la donna vi
svuotò la confezione di straccetti di carne, e prese a
mescolare fino a quando si rese conto che aveva preparato troppo per
due persone sole. Quando lei cucinava, erano sempre in tre a casa.
Sempre.
Andy se
n’era accorto, come si rendeva conto di ogni minimo
movimento, espressione, allusione gestuale, da un po’ di
tempo a quella parte. Voleva dirle che non importava, che avrebbero
messo da parte quello che avanzava, ma il suo pensiero si era appena
articolato nella mente che il campanello suonò.
Era un rumore
squillante, ma gli sembrò profondo come quello di un gong da
monaci buddhisti, e lo fece trasalire. Sperò vivamente che
chiunque fosse l’avventore, avesse poco da riferire;
sbirciò da dietro la tenda del soggiorno, e il suo cuore
ebbe un tuffo quando riconobbe la sagoma smilza che si sporgeva oltre
le punte del cancello per vedere se c’era qualcuno in casa.
Era tremendamente
tentato di fare orecchie da mercante, ma all’ultimo non
resistette ed aprì l’uscio. Attese in silenzio e
con la porta socchiusa, finché i passi si fecero
più vicini, e si trovò faccia a faccia con
l’ospite.
Prese come di consueto
il cappotto e la sciarpa, e notò che Drake recava in mano un
involto piuttosto grosso.
« Spero di
non disturbare… » mormorò, anche se non
era necessario parlare così piano.
In realtà
Andy si sentiva disturbatissimo, ma allo stesso tempo era felice di
avere qualcosa che lo distraesse dal sentimento di impotenza e dai
sensi di colpa che provava ogni volta che guardava sua madre persa
nella propria tristezza, e si sentì un po’ crudele
di aver pensato questo.
Il ragazzo venne
accompagnato in cucina, dove la stufa recava un po’ di calore
e vita, con la legna che scoppiettava allegra dietro lo sportello.
«
Oddio… Stai mangiando! Scusami, è che pensavo che
alle tre del pomeriggio… Che tempismo pessimo, mi
dispiace… Ti lascio in pace, me ne vado…
»
« No, fermo,
non ci disturbi affatto! » Andy lo trattenne per un braccio.
«
“Ci”? C’è qualcun
altro… » non fece in tempo a formulare la domanda
che Monica era appena uscita dalla dispensa con un vasetto di salsa al
curry in mano.
Andy le
mostrò un sorriso forzato e balbettando presentò
Drake sperando che sua madre non se la prendesse con lui per non averla
avvisata della visita. Con suo immenso stupore, il viso della donna si
illuminò e le sue belle labbra si aprirono in un sorriso
dolce e sincero come non ne vedeva da giorni.
« Drake
Foster… » ripeté assorta. «
Non disturbi, figliolo, non devi preoccuparti… Vieni,
siediti. Mi dispiace che tu sia venuto adesso, pranzando saremo di poca
compagnia… Tu hai già mangiato,
immagino… »
Drake si strinse nelle
spalle, imbarazzato. « A dire il vero torno giusto adesso da
un allenamento con la squadra, ehm, della scuola, e non sono passato da
casa perché volevo venire a trovare Andy, per cui in
realtà no… »
Lo sguardo della donna
si illuminò, e lei si affrettò a prendere un
piatto e delle posate dalla credenza.
« Perfetto!
Spero che ai tuoi genitori non dispiaccia se resti qui per pranzo,
sempre se ti va… »
« Non
c’è nessuno a casa, signora Nolan, i miei sono
entrambi al lavoro. Ma è sicura che non sono di troppo?
»
Monica non avrebbe
potuto essere più convinta che Drake fosse una manna dal
cielo, e glielo fece capire con svariate pacche sulla spalla e inviti a
prendere posto a tavola. Quasi dimentico dell’altro motivo
per cui era lì, il ragazzo si batté un palmo
sulla fronte e consegnò ad Andy il pacco che teneva in mano,
spiegando che era un dolce natalizio che aveva chiesto a sua madre di
fare – « Perché io sono proprio negato
in cucina… » - per un amico che voleva andare a
trovare.
Il ragazzo lo
accettò, pensando che in fondo la signora Foster si stava
dimostrando una buon’anima molto più di quanto
avrebbe potuto credere; e dopo averlo assaggiato, tutti si convinsero
che aveva anche delle mani d’oro.
Drake passò
con loro tutto il pomeriggio, e la loro casa si riempì di un
po’ di vitalità, che negli ultimi tempi aveva
fatto sentire la sua mancanza, lasciando un vuoto grigio e opprimente.
Andy capì, d’un tratto, cosa serviva alla madre.
Lui le aveva di certo
offerto tutto il conforto e l’affetto che era in grado di
offrire, ma nonostante questo il loro nucleo familiare, già
di per sé ristretto, si era chiuso e isolato sempre di
più. Drake era non solo un estraneo, ma un elemento che
almeno per Monica era completamente nuovo, e non semplicemente una
“distrazione”, che era una definizione fin troppo
superficiale e semplicistica, ma una finestrella sul mondo esterno, una
ventata di luce. Andy benedì quel suo carattere solare ed
esuberante, perché lo stava facendo rinascere. Sentirlo solo
per telefono, se ne rese pienamente conto, non era neppure lontanamente
sufficiente. Aveva bisogno di lui, di averlo accanto, di poterlo
toccare con le mani per convincersi che non era un miraggio lontano.
Dopo aver sistemato la
cucina alla fine del pranzo, Monica decise che era ora di dare una
sistemata anche a se stessa, e li lasciò per recarsi al
piano superiore.
Drake la
seguì con lo sguardo e poi si voltò verso Andy.
« A quanto
pare ho fatto una buona impressione, o no? »
Il ragazzo gli sorrise
senza rispondere. Si protese verso di lui e gli poggiò la
testa su una spalla, chiuse gli occhi e inspirò il suo
profumo. « Si. » mormorò. «
Un’ottima impressione. »
Drake gli
accarezzò il viso, dolcemente. « E tu come te la
passi? »
«
…vorrei tanto che mio padre stesse bene in fretta. La casa
è vuota senza di lui. Non che fosse mai stato presente
fisicamente, era sempre in giro per lavoro, ma il solo pensiero ch lui
c’era, là fuori, era come averlo sempre
accanto… »
Drake
abbozzò un sorriso amaro che Andy, ancora ad occhi chiusi,
non colse.
« Pensa un
po’ che con il mio, di padre, la situazione è
all’esatto opposto. La sua ditta non è certo
distante da casa, e ce l’ho anche troppo tra i
piedi… Ma mai un abbraccio, un sorriso, un gesto
d’amore. A volta mi chiedo se io e Kat siamo davvero figli
suoi. Lei ha la sua stessa faccia, ma io sono tutto mia madre,
chissà, potrei essere il risultato di una scappatella. A
volte… » e qui la voce si fece più dura
ma incerta « A volte vorrei davvero che non fosse mio padre.
Almeno non soffrirei così tanto per le sue non-attenzioni.
»
Andy alzò
il volto fino ad incontrare gli occhi dell’altro, lucidi, che
fissavano ostinatamente il tavolo senza battiti di ciglia. Non sapeva
che dire. Non aveva mai avuto di questi problemi, e si rese conto in
quel momento di quanto fosse fortunato. Aveva paura a dire qualcosa,
paura di pronunciare parole vuote, di circostanza, che non avrebbero
aiutato nessuno. Prese il volto di Drake tra le mani e lo costrinse con
dolcezza a guardarlo.
« Tu sei un
ragazzo tenace, Drake. Di sicuro un giorno troverai anche la forza di
affrontare tuo padre e di mostrargli le tue paure e le tue insicurezze.
»
« Non lo
so… E’ sempre stato una figura
così… Autoritaria? Non lo so. Imponente, di
sicuro. »
« Si, magari
incute timore, ma anche lui è un essere umano. »
Drake
sospirò. « Mai parole furono più sagge.
E’ umano, soprattutto quando sbaglia. »
Andy aveva esaurito i
consigli. Gli si avvicinò. Dal piano superiore giungevano i
passi della madre che stava probabilmente facendo la spola tra la sua
camera da letto e il bagno, ma li ignorò. Si era riproposto
di avere un rapporto platonico con Drake, aveva giurato che dopo quella
faccenda ci sarebbe andato con i piedi di piombo, che lo avrebbe
guardato da lontano e gli avrebbe parlato quando c’erano
altri amici con loro.
Si, vabbè.
Scalciò
prepotentemente tutti quei pensieri nefandi, e baciò le sue
labbra dolci, che sapevano di crema, di zucchero e di caramello.
Drake rispose al
bacio, stringendogli la nuca tra le dita affusolate, e portando
l’altro braccio a cingere i fianchi sottili di Andy.
Com’era bello dimenticarsi di tutto e sentire solo i loro
corpi che strusciavano l’uno contro l’altro come
due gatti…
Andy lasciò
la propria sedia e si sedette a cavalcioni dell’altro,
gettandogli le braccia al collo e continuando a baciarlo con vigore.
Sentiva le sue mani dappertutto e si scostò i capelli dal
viso, gettando alcune ciocche dietro le orecchie.
All’improvviso
Drake si staccò come se avesse avuto
un’illuminazione folgorante.
« Andy.
»
« Dimmi.
»
« Tua
madre… » esitò « Lei sa che
tu sei… »
« Cosa?
»
Abbassò la
voce e si guardò intorno. « Lei sa che sei gay?
» bisbigliò.
Andy lo
fissò, e pensò che probabilmente Drake si era
fatto qualche scrupolo nel caso Monica tornasse da loro e li trovasse
in quella posizione non giustificabile con “lo stavo solo
abbracciando”.
« Si che lo
sa. E anche mio padre. » riprese a baciarlo, ma Drake lo
scostò dolcemente da sé.
«
E… Come l’hanno presa quando gliel’hai
detto? »
«
Allora… » cercò di far tornare alla
mente le scene del fatidico giorno. « Mia madre si
è messa a piangere, mio padre è rimasto in
silenzio, ma non l’ho mai visto tanto sconvolto. Per un
po’ non mi hanno parlato, ma ero abbastanza piccolo, e
l’accettazione è stata poco traumatica. Hanno
sempre tentato di cambiarmi, anche se non apertamente, fino
all’anno scorso, ma alla fine si sono messi l’anima
più o meno in pace. Sono stati loro a
“spingermi” a mettermi con Eveline. Fino a che non
mi sono letteralmente buttato su Josh, e allora hanno rinunciato al
diabolico piano. »
Ridacchiò
quando notò Drake fare un movimento stizzito al nome di
Josh, e gli stampò un bacio sulle labbra a mo’ di
scusa.
« Se io lo
dicessi ai miei… Beh, probabilmente sentiresti parlare del
mio brutale assassinio al notiziario serale. »
« Ad ogni
modo adesso sei a casa mia, no? »
Il ragazzo lo
fissò con quegli occhi dorati che sembravano poterti
guardare dentro, e gli sorrise mettendo in mostra i canini affilati.
« Si.
» rispose, e lo attirò a sé riprendendo
a baciarlo. Aveva voglia di lui. Aveva fame di lui. Non
poteva starne senza, o sarebbe impazzito. E se un giorno avesse dovuto
affrontare l’ira di suo padre, l’avrebbe fatto,
sarebbe sceso in campo, perché aveva qualcosa per cui
combattere, e quel motivo che lo faceva andare avanti per la propria
strada, non se lo sarebbe mai fatto portare via.
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