Anch'io posso tornare a sorridere

di gemelli89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'emergenza ***
Capitolo 2: *** Tutti mentono ***
Capitolo 3: *** Lei prima di tutto ***
Capitolo 4: *** Sensazioni ***
Capitolo 5: *** Effetti collaterali ***
Capitolo 6: *** Il tutto per tutto ***
Capitolo 7: *** Meglio una gabbia di leoni affamati ***
Capitolo 8: *** Sull'orlo del precipizio ***
Capitolo 9: *** Legami ***
Capitolo 10: *** L'eco dei ricordi ***
Capitolo 11: *** Il sapore aspro del giorno dopo ***
Capitolo 12: *** Il bagno ***
Capitolo 13: *** Una folata di felicità ***
Capitolo 14: *** Non solo macerie ***
Capitolo 15: *** Due parole ***
Capitolo 16: *** La cena ***
Capitolo 17: *** Nessuna remora ***
Capitolo 18: *** Il vecchio sapore ***
Capitolo 19: *** Piccoli bisticci ***
Capitolo 20: *** Tutto cambia ***
Capitolo 21: *** La colpa di un padre ***
Capitolo 22: *** Dolore ***
Capitolo 23: *** Prove ***
Capitolo 24: *** Ne è valsa la pena ***



Capitolo 1
*** L'emergenza ***


Vedi di sfuggita la porta alla tua sinistra, la scritta Gregory House ti indica che sei arrivata a destinazione, apri la porta, distrattamente, senza alzare mai lo sguardo dai documenti che hai in mano e che stai ancora finendo di leggere, gli stessi documenti a cui necessitano le firme del primario del reparto di diagnostica.
Non appena entri, un suono fastidioso raggiunge le tue orecchie e ti fa sbuffare sonoramente. Quella voce è proprio fastidiosa almeno quanto la presenza della donna stessa.
Ti decidi ad alzare lo sguardo. House è seduto dietro la scrivania ingombra di cartelle sparpagliate, le sue amate palle sono ferme una accanto all’altra, sintomo che nessun caso occupa la mente dell’uomo, i piedi appoggiati su un angolo della scrivania. Wilson gli è seduto di fronte mentre l’origine del suono fastidioso è dietro la sedia di House, intenta a fargli un massaggio, sua moglie Dominika.
Sono in silenzio, probabilmente il tuo ingresso deve aver interrotto i loro discorsi. Ti avvicini alla scrivania, senza dire una parola, mentre tutti gli occhi dei presenti nella stanza sono puntati su di te, porgi con poca grazia i fogli al primario.
“Potresti almeno salutare”, ed ecco di nuovo quel suono fastidioso, che rimbalza nella tua testa e fa sussultare i tuoi nervi. Cerchi di ignorarla, sperando che House si sbrighi a firmare i fogli.
“Cos’è, hai perso la lingua?” ti chiede con un sarcasmo che capisce solo lei, ed i tuoi nervi saltano. “Ti saluterò quando la smetterai di pedinarmi”, per la prima volta da quando sei entrata nell’ufficio del tuo ex capo alzi gli occhi verso la donna, che boccheggia, palesemente in difficoltà. A quanto pare non è stato House ad averla sguinzagliata per pedinarti, così non resisti alla tentazione e affondi il tuo attacco, “Pensavi che non mi fossi accorta del furgoncino parcheggiato di fronte a casa. Non troverai ciò che cerchi”. In realtà speri che lei non abbia visto più di quello che avrebbe dovuto.
Dovevi proteggere il suo segreto, si era rivolta a te disperata, e sapevi che l’aveva fatto perché non aveva altra scelta. L’amicizia che vi legava era forte, vi sentivate molto spesso, più volte la settimana ma da quando si era allontana dal PPTH, non aveva messo più piede nel New Jersey per paura che tutte le emozioni vissute in quel posto la investissero, per poi distruggere la serenità che aveva costruito con tanti sacrifici. Quando ti aveva chiamata chiedendoti di ospitarla, avevi accettato immediatamente, eri il bastone al quale lei aveva bisogno di appoggiarsi, un’amica sulla quale contare in ogni istante e per qualsiasi cosa. Ma nessun altro doveva essere a conoscenza della sua presenza. E adesso quella donna insopportabile, a cui avevi fatto presente la tua intolleranza nei suoi confronti in più occasioni, poteva rendere la situazione ancora più difficile, creare più danni di quelli che la sua povera mente poteva concepire.
“La mia era solo curiosità”, cerca di giustificarsi, “Volevo solo sapere come mai la dolce dottoressina fosse tornata”. Senti il sangue gelarsi nelle tue vene, noti le gambe dell’uomo seduto alla scrivania irrigidirsi, gli occhi, un secondo prima impegnati nella lettura dei documenti, adesso guardano un punto imprecisato sul foglio, mentre Wilson si è alzato in piedi incredulo.
La stupidità di Dominika ti sorprende ogni giorno di più, non riesce neanche a distinguere cosa la può danneggiare o meno. La sua risposta ha confermato una delle tue teorie, ti stava pedinando per gelosia, si era, in un certo senso, innamorata di House e aveva temuto che il ritorno di Cuddy potesse rovinare i suoi piani di conquista. Allora perché far sapere ad House della presenza di Lisa?
“Non avvicinarti a lei, lasciala in pace”, la tua voce è inespressiva, il tuo sguardo vago, sembri non rivolgerti a nessuno in particolare ma sai benissimo che il tuo interlocutore ha recepito il messaggio, anche se ti ignora.
C’è molta tensione nella stanza, i secondi di silenzio si protraggono aumentando il disagio, nessuno sa cosa fare o cosa dire. House sembra assorto nella lettura dei documenti che tu gli hai consegnato, o così pare.
Il trillo del tuo cercapersone sembra voler correre in tuo aiuto, hai una via di fuga. Leggi, i tuoi occhi si spalancano, l’ansia è evidente. “Rachel…” sussurri.
 
Corri più veloce che puoi, il pronto soccorso è sempre più vicino. Finalmente scorgi la sua figura, che si muove nervosamente vicino ad una porta per il primo intervento. Indossa una tuta e ha i capelli raccolti in una coda disordinata, erano a casa. Quando ti avvicini noti gli occhi rossi, pieni di terrore, ha pianto ed ha paura. “Cos’è successo?”, le chiedi col fiatone per la corsa. “Non riusciva a respirare, stavamo giocando e all’improvviso…”, gli occhi le si riempiono di lacrime, “Non mi fanno entrare” sussurra, “Ci penso io”, cerchi di rassicurarla ed entri nella stanza, ma anche tu sei preoccupata per la bambina.

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Capitolo 2
*** Tutti mentono ***


“Lisa”. Senti pronunciare il tuo nome, ti volti e Wilson è alle tue spalle. Non è cambiato di una virgola, gli occhi esprimono dolcezza e comprensione, anche se adesso solo velati da uno strato di preoccupazione. Non ci pensi due volte e lo abbracci mentre le lacrime scendono copiose. “Vedrai che andrà tutto bene”, ti sussurra.
Dopo quelle che ti erano parse ore Anna esce dalla sala, “L’abbiamo stabilizzata, adesso sta bene, ma voglio ricoverarla per precauzione”, fai un cenno con la testa, l’avevi immaginato. “Adesso sta riposando, servono i suoi dati per il ricovero, segui Emily”, e ti indica un’infermiera appena uscita dalla sala, non la conosci, deve essere stata assunta dopo la tua partenza, “Ti darà i moduli da compilare per il ricovero. Dov’è Matt?” ti domanda. Sei confusa, la paura ha paralizzato gran parte del tuo cervello, fatichi a mettere insieme i ricordi e le parole, “E’ con Brenda”.
Segui l’infermiera, ti sta conducendo alla reception. Mentre cammini osservi quello che un tempo era il tuo ospedale, le mura, l’odore, i rumori, ti è mancato tutto, lì dentro ti senti protetta, ti senti a casa, è una sensazione che a New York non hai mai provato. “Da questa parte” ti indica l’infermiera, non sa che potresti raggiungere ogni singolo posto in quell’ospedale anche a occhi chiusi.
Appena raggiungi l’ingresso dell’ospedale ti guardi intorno in cerca di Matt e lo vedi mentre ti raggiunge correndo, “Mamma!” ti chiama quasi urlando, lo prendi in braccio, hai voglia di abbracciarlo e stringerlo, “Come sta Rachel?” ti chiede. E’ preoccupato, deve essersi spaventato molto. “Adesso bene, c’è Anna con lei” gli sorridi cercando di tranquillizzarlo, “Voglio vederla”, “Andremo da lei appena compilo dei documenti”.
Fai sedere Matt sul bancone e cominci a compilare i fogli che ti ha dato l’infermiera. Wilson ti raggiunge e il tuo cuore comincia a battere freneticamente, sai che adesso dovrai inventare mille scuse e dire altrettante bugie, sei consapevole della loro necessità ma non ti piace mentire alle persone a cui vuoi bene. “Hai bisogno di qualcosa?”, ti chiede premuroso come sempre. Non fai in tempo a rispondere che Matt si intromette, “E tu chi sei? Un amico della mamma?” gli chiede con la solita gentilezza che utilizza con tutti gli uomini che si avvicinano a te. Lo rimproveri con lo sguardo e stai per scusarti per lui con Wilson ma l’espressione del tuo amico ti ammutolisce, sembra sconvolto. “James Wilson”, gli porge la mano, “Sì, sono un amico della mamma” continua, lo sguardo dell’uomo assorto ad osservare il viso del bambino come se dovesse leggere qualcosa di particolarmente complicato tra i suoi lineamenti. Sai cosa sta cercando di decifrare, Matt ha gli stessi occhi del padre, di un azzurro profondo e la sua stessa espressione curiosa e indisposta allo stesso tempo. “Matthew Cuddy” gli risponde stringendogli la mano.
“Rachel è al terzo piano, stanza 305”, Anna ti fa sussultare e distoglie l’attenzione di Wilson dal bambino. “Posso vederla? Ti prego”, ti implora Matt. Non ci mette molto a convincerti e così chiedi ad Anna se può accompagnarlo.
Li vedi allontanarsi e abbassi lo sguardo, hai paura di guardare il tuo migliore amico negli occhi. “E’ figlio di House?”, ti chiede a bruciapelo, con la stessa tonalità di voce con la quale ti ha chiesto se avevi bisogno di qualcosa. “Se la prostituta che ha messo incinta ha dato suo figlio in adozione può darsi”, ti stupisci della calma che traspare dalla tua voce, mentre all’interno del tuo corpo una tempesta di emozioni imperversa spazzando via qualsiasi cosa. Sollevi lo sguardo puntandolo dritto in quello dell’uomo, imponendo alla tua voce di non far trapelare neanche la minima incertezza. “Ho adottato Matt quando aveva appena un anno”. Osservi la sua espressione rilassarsi, “Per un attimo ho pensato che avessi potuto tenere nascosta una cosa così importante ad House”. Ti senti un mostro, i sensi di colpa, che ti avevano perseguitata per molto tempo e che eri riuscita a far tacere, sembrano essersi risvegliati e graffiano la tua anima. “Non avrei mai fatto una cosa del genere” rispondi mentre abbassi gli occhi per firmare il modulo che ufficializza il ricovero di Rachel.
 
 
Leggi il referto che hai tra le mani con una crescente preoccupazione, sposti gli occhi da sinistra verso destra, cercando di memorizzare i valori e notando come i secondi siano molto più elevati rispetto ai primi. Non ti aspettavi di certo questo risultato. Eri cosciente che la situazione potesse essere complicata ma il referto che reggi in mano urla che la terapia sperimentale a cui si sta sottoponendo Rachel non sta dando i risultati sperati, anzi, non sta funzionando per niente.
La bambina era stata ammessa ad un trial sperimentale che dava ottimi risultati nei bambini fino ai dieci anni. La cura assicurava la piena guarigione nel 98% dei casi. Possibile che Rachel facesse parte di quello sfortunato 2%?
Non potevi e non volevi crederci, c’era qualcosa che impediva al farmaco di agire e tu dovevi scoprire cos’era prima che l’ospedale di Philadelphia estromettesse la bambina dal trial.
C’era solo una cosa da fare. Certo, House e Cuddy erano due delle persone più testarde che tu avessi mai conosciuto, ma se c’era una persona che poteva farli cambiare idea, quella eri tu.

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Capitolo 3
*** Lei prima di tutto ***


Osservi i tuoi figli giocare, Rachel sta meglio, ha riacquistato energie e il suo dolce sorriso e Matt le fa compagnia. Sono molto uniti e ti senti la donna più fortunata del mondo a poter assistere ad uno spettacolo così emozionante, ma c’è qualcosa che ti turba, non sai cos’è di preciso anche se puoi immaginarlo. Sei un medico, sai che la crisi respiratoria di Rachel non prospetta niente di buono, ma vuoi continuare a guardare quello spettacolo, Rachel che mette le manine dietro la spalla decidendo in quale mano nascondere la pallina, per poi sperare che Matt scelga la mano sbagliata, quella senza la pallina, così da poter ripetere il gioco. Alla tua bambina non può succedere niente di male, cerchi di convincerti, non lo sopporteresti.
“Cos’è tutto questo baccano?”, ci spaventiamo tutti. Anna è appena entrata nella stanza e adesso sorride ai bambini, lo scherzo le è riuscito. “Che paura!”, esclama Rachel con una mano poggiata all’altezza del cuore mentre ride di gusto, anche Matt sta sorridendo ma afferma che lui non si è spaventato neanche un po’, lui è un uomo ormai.
“Posso parlarti un attimo?” e il suo sguardo muta in una maschera di serietà che mi terrorizza. Vuole parlarmi della salute di Rachel, sento il cuore perdere dei battiti, le energie abbandonano il mio corpo, mi costa una fatica enorme sollevarmi dalla sedia e seguire Anna fuori dalla stanza.
“Guarda”, mi consegna un foglio, sono le analisi di Rachel. “Com’è possibile?”, chiedo più a me stessa che ad Anna, “La cura non sta funzionando…”. “Ho controllato due volte, i risultati sono corretti”, la voce della dottoressa è preoccupata, sollevi il tuo sguardo sul suo viso, ha già in mente qualcosa, “Cos’hai in mente?” la inciti a parlare, “Ci sono due spiegazioni: o Rachel è immune al trial o c’è qualcosa che impedisce alla cura di fare effetto. Escludendo la prima ipotesi, dobbiamo cercare quel qualcosa, batteri, virus e guarirla…nel più breve tempo possibile”. Ha ragione, è sempre stata un ottimo medico, l’avevi capito sin dalla prima volta che l’avevi vista all’opera ma adesso la sua voce ti arriva ovattata, come se fosse lontana chilometri. Cerchi di recuperare la lucidità, rinchiudendo in un angolo buio del tuo cuore la preoccupazione, tua figlia adesso ha bisogno di te.
Punti lo sguardo in quello della tua migliore amica e prendi coraggio da quegli occhi verdi che ti hanno confortata e aiutata in quelle due settimane complicate, noti incertezza, quasi paura, deve dirti qualcosa che non ti piacerà, ormai la conosci troppo bene. Sono passati più di dieci anni da quando leggesti il suo curriculum, la consideri una sorella, ti capisce, ti aiuta, ascolta i tuoi sfoghi, ha condiviso con te i momenti felici e quelli tristi, sempre pronta a correre in tuo aiuto, a proteggerti. Se c’è una persona a cui affideresti te stessa, beh quella persona è Anna.
“Sputa il rospo!”, l’ammonisci con lo sguardo, quasi risentita dalla convinzione di Anna di poterti nascondere ancora qualcosa. “Voglio sottoporre il caso ad House”, lo dice veloce, si è tolta un peso. “No, non è necessario” rispondi lapidaria, sei convinta che non ci sia altro su cui discutere, Anna sa che è un argomento su cui non può spuntarla. “Abbiamo poco tempo ed House è il migliore. Il Children’s Hospital potrebbe espellerla dal trial se non troviamo una soluzione…”. Le punti il dito indice contro, “Anna Baker, sei uno dei migliori medici di tutto lo Stato, ti chiamano ‘Small House” per quanto gli assomigli sia caratterialmente che per la genialità con cui risolvi i tuoi casi. Puoi farcela da sola”. “Potrei anche offendermi. Mi hai appena dato della stronza, bastarda…”. Sollevi le sopracciglia, la sua risposta a praticamente confutato la tua affermazione. “Non c’è bisogno di aggiungere altro mi sembra”, voglio chiudere questa discussione, odio parlare di House e di tutto ciò che lo riguarda.
Ti fissa con decisione, hai già visto quell’espressione stampata sul suo volto,  hai sempre invidiato il modo in cui Anna affronta le situazioni, è sempre lucida, prende una decisione e la persegue senza abbattersi mai. A quanto pare non è del tuo stesso parere, la discussione per quanto la riguarda non è conclusa per niente. “Speravo che avresti messo da parte il tuo orgoglio, almeno per il bene di tua figlia” ed ecco un altro aspetto che l’accomuna ad House, la forza di dire sempre la verità, anche quando fa male, anche quando è scomoda.
 
Flashback:
Eravate nel tuo ufficio, esauste e impolverate. Volevi tornare a casa, da Rachel, volevi abbracciarla, eri emotivamente distrutta dopo aver saputo della morte di quella povera donna. Era morta. Le ore passate sotto le macerie, l’amputazione non erano state sufficienti, qualcuno lassù si era preso gioco di lei. Troppa sofferenza, volevi solo ascoltare tua figlia chiamarti mamma.
“Bisogna trovare House, ho parlato con Foreman ed era preoccupato. House era sconvolto quando se n’è andato dall’ospedale, potrebbe cercare conforto nel Vicodin”. Anna sta lasciando il tuo ufficio, probabilmente cercherà Wilson per informarlo della situazione di House.
“Perderà altri pazienti, non potete sempre accorrere in suo soccorso”, non sai perché lo dici, forse per alleviare i tuoi sensi di colpa per quello che gli hai detto qualche ora prima.
“Certo sarà per la paziente!”, per la prima volta da quando la conosci ti guarda con astio, è arrabbiata, il verde dei suoi occhi diventa più intenso, trasuda decisione, fermezza. “Non sarà perché gli hai detto che non ha niente, che mentre il resto del mondo va avanti lui è rimasto da solo, che non lo ami”. Ti vergogni perché sai che hai distrutto un uomo che era già sulle ginocchia, che stava lottando per cercare di diventare una persona migliore, e il fatto che altre orecchie abbiano sentito il veleno che gli hai sputato addosso non fa che aumentare il disprezzo verso te stessa. “E’ la verità” affermi mentre avresti voluto dirle che ti vergognavi, che se potessi tornare indietro non gli diresti più quelle cattiverie.
“E’ solo, perché lui non si accontenta di sposare un uomo che non ama solo perché quello di cui è innamorata non è come se l’era immaginato!”. Esce dall’ufficio senza dire niente mentre le sue parole hanno sortito su di te lo stesso effetto di uno schiaffo in pieno viso. Stava alludendo a te, ti era fin troppo chiaro.
Quella sera eri andata a casa e avevi lasciato Lucas per poi correre da House.
 
 
Aveva ragione come quella sera. Avresti fatto qualsiasi cosa per tua figlia anche chiedere aiuto ad House, “Ok, ma non deve avvicinarsi a me e ai miei figli”, scuote la testa, “…e tu dovrai essere presente a tutte le differenziali” concludi. “Vedrò cosa posso fare”.
 
 
Senti la porta aprirsi e richiudersi. Riconosceresti i suoi passi ovunque.
“Devi chiedermi qualcosa?” ti chiede mentre si avvicina alla tua scrivania, più disordinata del solito, visto che stai cercando quel maledetto foglietto in cui avevi appuntato il nome di quel cantante italiano che ascolta sempre Anna, e che ti era piaciuto molto.
“Ti ricordi dove avevo messo il bigliettino da visita di quella prostituta che faceva quei giochetti meravigliosi?”, Wilson solleva gli occhi al soffitto, “Intendevo sulla Cuddy”. Continui a spostare oggetti e polvere ma al solo sentire il suo nome i tuoi sensi sembrano acutizzarsi, “Non mi interessa”, menti. “Avrai perso il bigliettino della prostituta dietro la colonna nel corridoio del pronto soccorso”, ti prende in giro, maledizione eri stato beccato. “Lei mi ha visto?”, “No”. Eccolo il biglietto, Lucio Battisti.
La porta dell’ufficio si riapre ed entra Baker. “Non si bussa?”, ha una cartella rossa in mano, “Ho smesso da una decina di anni”, ti risponde a tono, “Più o meno da quando mi hai assunta. Bimba, 7 anni, crisi respiratorie, valori del sangue alterati, piastrine alle stelle”, comincia a snocciolarti una serie di sintomi, “C’è qualche sintomo interessante?”, “Oltre al fatto che di cognome fa Cuddy?”. Quella ragazza diventa ogni giorno più insopportabile, le strappi la cartella di mano ed inizi a leggere, i valori del sangue sono preoccupanti, ha fatto due sedute del trial sperimentale che ha quanto pare non sta funzionando. Hai letto di questo trial e la percentuale di guarigione è del 98%. “Il trial non funziona”, sentenzi, “Non può essere”, “Perché? Non puoi dirlo con certezza”, “Neanche tu se è per questo. Credo ci sia qualcosa che impedisca alla cura di fare effetto. Deve essere così…anche perché nel primo caso non potremmo fare niente per aiutarla”, la sua voce perde il suo solito vigore, trema quasi, ha paura per la vita della bambina. Puoi immaginare come possa stare Cuddy.
La porta del tuo ufficio si apre per l’ennesima volta e la cosa ti innervosisce, volevi stare da solo e invece il tuo ufficio sembra peggio dell’ambulatorio. “Sei sempre qui, devo cominciare ad essere gelosa?”, Dominika esordisce provocando Anna. Tua moglie ti fa ridere, è spregiudicata ma deve imparare che certa gente è più spericolata di lei. “Mi candiderò per il posto di Foreman solo per poter appendere la tua foto fuori dall’ospedale con WANTED scritto sopra”, le sorride Baker sardonica e ti chiedi se non fosse capace di farlo sul serio. “Pensi che questo possa fermarmi?” le chiede Dominika, “Se non basterà dirò alla sicurezza di spararti a vista”. Dominika adesso sembra non avere la risposta pronta così intervengo, “Non ti preoccupare, non farà in tempo. Appena la Cuddy scoprirà che è venuta da me con la cartella della figlia l’ammazzerà”. “Ho il suo consenso”, questo ti spiazza, deve essere veramente distrutta, “A due condizioni: non potrai avvicinarti né a lei né ai suoi figli”, “Non mi sono mai interessati i pazienti, figurarsi una mocciosa”, dici fingendo indifferenza ma in realtà ti senti umiliato, non vuole avere niente a che fare con te, “La seconda?” gli chiedo, “Dovrò seguire il caso”, “Per me va bene”.

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Capitolo 4
*** Sensazioni ***


Sei distrutta, sei sveglia da più di ventiquattro ore e non hai toccato cibo. Rachel si è finalmente addormentata e Matt è con Wilson. Troppi pensieri brutti, troppe inquietudini, fatichi a respirare, hai bisogno d’aria.
Decidi di uscire dall’ospedale, farai una passeggiata. Non guardi ciò che ti è intorno, i piedi si muovono autonomamente, sembrano sapere dove andare. Ti ritrovi vicino ad un parco, ti è familiare, ci andavi sempre quando volevi distrarti e staccare un po’ dall’estenuante lavoro di decano.
Entri, cammini e rivedi il laghetto con delle anatre che nuotano spensierate e la panchina dove ti sedevi per rilassarti. Ti appoggi, stanca, l’aria fresca ti ha fatto bene, senti la testa più leggera e il venticello ha fatto volare via un po’ di preoccupazione, ti senti più fiduciosa. Sulla tua sinistra ad un paio di metri di distanza c’è un bellissimo albero, circondato dalle foglie secche che piano piano si sono staccate dai rami per adagiarsi sconfitte al suolo. Senti scricchiolare le foglie, qualcuno si muove dietro l’albero, sarà un animale, pensi, ma quando la causa del rumore viene allo scoperto, scopri che è un uomo e non un uomo qualsiasi ma quell’uomo, House.
Lo vedi sussultare leggermente, era ignaro della tua presenza, forse era lì per il tuo stesso motivo.
I vostri occhi si incontrano e continuate a fissarvi come se non poteste fare altro. Il tuo cuore accelera i battiti, fatichi a respirare, la tua spina dorsale vibra come scossa da un fremito di puro piacere. “Ciao” e dopo tanti anni ascolti di nuovo la sua voce, lo vedi allontanarsi accompagnato dal suo fedele bastone. Non hai risposto non ne hai avuto la forza. Quell’uomo ti fa lo stesso effetto che ti faceva, quando distrutto nel corpo e nell’anima, avevi deciso di assumerlo, mascherando la tua voglia di averlo accanto a te con la scusa che lo assumevi solo per il suo indubbio talento, come quando vi rincorrevate per i corridoi dell’ospedale litigando, battibeccando, insultandovi in alcuni casi, fino a quando esausti avevate deciso di provarci, di imparare ad amarvi senza ferirvi. Lo amavi proprio come allora, come lo avevi amato dalla prima volta che lo avevi intravisto all’università. Speravi che il rancore e la rabbia avessero intaccato almeno un po’ quel sentimento, ma era bastato rivedere i suoi occhi, ascoltare la sua voce e l’amore era ritornato, integro, addirittura più prepotente come se tutte le lacrime versate non fossero bastate a farti capire che non potevate stare insieme. Ti eri chiesta più volte in quegli anni se ci fosse una condanna peggiore, amare l’unica persona che non puoi avere.
 
 
Wilson è in ritardo, deve offrirti il pranzo, come sempre. Ti appoggi sgraziatamente ad una colonna nella sala mensa, decidendo di aspettarlo e ad un certo punto la vedi. Ha due vassoi e si dirige verso un tavolo, c’è suo figlio con lei. La osservi con più attenzione adesso che non ricambia il tuo sguardo. Percorri le sue gambe, i suoi fianchi, i suoi seni fino ad arrivare al viso. Il fisico deve aver risentito delle preoccupazioni dell’ultimo periodo, è più magra, più fragile, non indossa i suoi soliti tacchi e le sue gonne aderenti. Indossa un paio di jeans e un maglioncino rosso. E’ stanca, gli occhi infossati denotano una mancanza di sonno, probabilmente dorme poco e male ma è comunque bellissima. Si siede poco distante da te, è di spalle e suo figlio le siede di fronte, così decidi di compiere un passo azzardo, ti accomodi nel tavolo alle sue spalle e ti nascondi dietro un giornale sgualcito lasciato lì.
“Io volevo le patatine”, senti lagnarsi il moccioso, “Le hai mangiate ieri” lo bacchetta Cuddy. La sua voce è un suono armonioso per le tue orecchie, scatena delle emozioni che solo un buon assolo di chitarra o delle esperte mani che si muovono su un pianoforte possono suscitare.
Ti chiedi se anche lei ha provato quello che hai provato tu la mattina precedente, quando vi siete visti nel parco. Ricordi ancora le sensazioni che ti hanno invaso, l’adrenalina che scorreva nelle vene raggiungendo ogni parte del tuo corpo, sentivi il cuore battere con così tanta forza da farti sospettare che volesse spaccare le costole per correre da lei. Hai dovuto lottare contro la voglia di avvicinarti a lei e baciarla. Probabilmente no, probabilmente lei era andata avanti, probabilmente per lei eri solo l’errore più grande della sua vita.
Vedi avvicinarsi Baker, ti nascondi meglio, se la Cuddy ti avesse scoperto potevi considerarti un uomo morto. “Rachel si è svegliata, penso abbia avuto un incubo. Vuole la sua mamma”, Cuddy si alza, “Puoi restare tu con Matt?”, Baker risponde affermativamente, così bacia suo figlio e si incammina verso la stanza di Rachel. “Ce la fai a stare cinque minuti da solo senza combinare danni? Prendo qualcosa da mangiare” Baker si allontana di qualche metro.
“Perché spii la mia mamma?”, il bambino ti guarda dritto negli occhi, non puoi credere che ti abbia beccato, “Non so di cosa tu stia parlando” fingi indifferenza, “Il giornale è al contrario, sei alla mensa ma non hai un vassoio e guardavi fisso la mia mamma”, non puoi credere che un bambino così piccolo abbia notato tutte quelle cose, “Come ti chiami?” continua, “Non sono cose che ti riguardano”, devi scappare via di lì, fai per sollevarti dalla sedia, “Va bene, vuol dire che lo chiederò alla mamma. Non ci saranno molti uomini che girano con un bastone in questo ospedale”. Ti risiedi sconfitto, “House” rispondi, sei fregato, dirà alla Cuddy che la stavi spiando e lei verrà da te infuriata e comincerà a urlarti contro, ma forse la cosa non ti dispiace poi così tanto. “Tu sei il medico di Rachel. Anna dice che sei il migliore medico che ci sia in questo ospedale”, sbuffi, “Sono uno tra i migliori medici al mondo” lo correggi risentito, “Ma parlando con la mamma dice anche che sei uno stronzo”, “Sai che la mamma si arrabbierebbe se scoprisse che usi queste parole”, “Si arrabbierebbe anche se scoprisse che tu la spii”. Il moccioso è più fastidioso del previsto. “Tu e la mamma eravate amici?”, “Più o meno”, opti per una risposta che non sia una vera e propria bugia, “Anche lei ha risposto così”, sorridi sospettando quale sia il reale motivo di quella domanda, “Non ti fidi di tua madre?” lo provochi, “Controllavo solo che non mi stesse mentendo”, “E chi ti dice che io ti abbia detto la verità” continui il tuo gioco, “Infatti secondo me mentite entrambi”. Il moccioso sa il fatto suo. “Sai, non sei noioso e antipatico come i medici, amici di mamma, a New York”. Te li immagini quei barbosi medici che le girano intorno sperando di entrare nelle sue lenzuola. In fondo il moccioso ti sta quasi simpatico.
Osservi la sua espressione farsi seria, “Promettimi che salverai la mia sorellina ed io ti prometto che non dirò alla mamma che la stavi spiando”, “Promesso” non sai perché lo fai, in fondo non hai ancora la più pallida idea di cos’abbia Rachel ma sai che la devi salvare.

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Capitolo 5
*** Effetti collaterali ***


Apri per l’ennesima volta quella porta, lo fai spesso negli ultimi giorni. Percorri il corridoio più e più volte. Ti senti uno stupido, passi e ripassi davanti alla porta di Rachel sperando in cosa? Che la diagnosi caschi dal cielo magari impacchettata e con un bel fiocchetto? In realtà sei lì perché ti piace osservarli, ti piace vedere i bambini giocare e poi bisticciare, ti piace il modo in cui li guarda con amore, il modo in cui li rimprovera quando esagerano, il modo in cui ride. Vorresti che la Cuddy ti guardasse con lo stesso amore e ti sorridesse con la stessa dolcezza ma sai che non sarà possibile e così rubi i loro momenti.
“Mamma è andata via, puoi entrare” ti incita la bambina, “Passavo di qui per caso”, tenti di giustificarti entrando nella stanza, “Passi spesso di qui per caso”. Beccato. In meno di ventiquattro ore sei stato scoperto con le mani nella marmellata da due bambini. L’avanzare dell’età sta cominciando a dare i primi frutti.
“Ho convinto la mamma ad andare a casa a riposare, promettendole che se avessi avuto bisogno di qualcosa avrei chiamato zia Anna o zio Jimmy”, “E’ preoccupata per te”, “Lo so, ma se continua così si ammalerà anche lei. E’ triste come quando ci siamo trasferite a New York”, ti fissa dritto negli occhi, all’epoca la causa della sua tristezza eri tu. “Vedrai che appena starai meglio tornerà a urlarti di non uscire di casa con il tuo nuovo fidanzato senza il suo permesso”. Ride, una risata contagiosa, senti le tue labbra curvarsi in un sorriso. Devi andare via di lì, la presenza di Cuddy e dei suoi figli ti fa uno strano effetto. “Adesso devo andare. Questo ospedale senza il medico più in gamba e figo del pianeta non va avanti”, ti avvicini alla porta e stai per uscire dalla stanza. “Lei non è più arrabbiata con te. Ha solo paura ti tornare a essere triste”.
Ti allontani velocemente, per quanto la tua disabilità te lo permetta, le parole di Rachel hanno alleviato quel senso di frustrazione e tristezza, ti senti più sollevato. E’ sciocco da parte tua, la Cuddy non avrà parlato di te a sua figlia, potrebbe essere arrabbiata con te come il giorno in cui le hai sfondato casa, ma irrazionalmente ti senti meglio.
 
 
Sei di nuovo nel reparto di pediatria, come il giorno prima. La Cuddy non c’è, hai sentito Baker e Wilson parlarne, così senza neanche pensarci hai deciso di tornare da Rachel.
“Tutto bene da queste parti? Mi avevano detto che c’era una festa”, sorride ma è più pallida, non deve sentirsi troppo bene. Ti accomodi vicino al letto e non sai come possa essere possibile ma chiacchierate del più e del meno.
Scopri che studia pianoforte, parlate di accordi, di brani, di melodie. Ti ritrovi a prometterle che le farai sentire qualche tuo pezzo.
“Mamma ha dimenticato di portarmi l’acqua”, la bottiglia sul comodino è vuota. “Ci penso io” le dici, l’ennesimo gesto cortese in quei giorni. Esci dalla stanza, le porto l’acqua e poi vado via, ti dici. Devi tornare ad essere l’House bastardo e stronzo che tutti amano, cioè che tu ami mentre il resto del mondo ti odia.
“Ecco l’acqua”. E’ seduta sul letto con la mano appoggiata all’altezza del cuore, “C’è qualcosa che non va?” le chiedi preoccupato, “Mi fa male qui. Il cuore batte veloce”. Non fai in tempo ad avvicinarti per controllare la situazione che va in arresto cardiaco.
Cominci il massaggio cardiaco chiamando il carrello delle emergenze.
 
Entri nel reparto, sei mancata poco più di mezzora, avresti voluto dormire un po’ ma non ci sei riuscita. Quella mattina Rachel ti era parsa più stanca e affaticata e la preoccupazione non ti aveva lasciata in pace neanche per cinque minuti.
C’è confusione nel reparto, l’infermiera prende il carrello delle emergenze e corre in direzione della stanza di Rachel. Non pensi più a niente, corri verso la camera e appena entri vedi House prendere le piastre e subito dopo il corpo di tua figlia scosso dalle scariche elettriche. “Rachel no!” urli disperata. “Portatela fuori di qui!”. Delle mani si appoggiano sulle tue spalle e cercano di allontanarti da tua figlia. Le allontani, “Non me ne andrò di qui”, il tuo tono è così determinato che l’infermiera non si avvicina più.
Non piangi, non ne hai la forza e non riesci a pensare a niente.
Dopo le terza scarica elettrica senza esito, la dottoressa Miller del reparto di pediatria vuole interrompere i soccorsi, “Dottor House non c’è più niente da fare”, “Spostati o non avrò nessuna remore a fulminarti con una scossa. Libera!”. Un’altra scossa. Sei pietrificata, ti sembra tutto così surreale. Speri di svegliarti e scoprire che quello è solo un terribile incubo. Ma all’improvviso quel rumore continuo si trasforma di nuovo in un punzecchiante bip, “Ritmo sinusale” decreta qualcuno nella stanza, non riesci a distinguere niente e nessuno. La tua bambina è ancora viva e senti gli occhi inumidirsi. Prendi contatto con la realtà e vedi House allontanarsi dal letto, ti guarda dritto negli occhi e ti accorgi che gli tremano leggermente le mani.
 
La guardi dritto negli occhi, se il terrore potesse prendere forma assumerebbe l’espressione dei suoi occhi in questo momento. Vedi le lacrime scivolarle dagli occhi sulle guance e per l’ennesima volta quella donna riesce a far venire a galla la tua parte più fragile, quella che tieni nascosta a tutti. Senza accorgertene e senza poterlo evitare, ti avvicini e l’abbracci. Si aggrappa a te e ricambia la stretta, senti le lacrime bagnare la camicia, così l’abbracci ancora più forte. Sei lì per lei, al suo fianco, ci sei adesso che ha bisogno di te, al contrario di tanti anni fa quando cercasti conforto nel vicodin.
Wilson fa capolino nella camera, la mano stretta a quella di Matt. Sembra spaventato, deve aver intuito che la situazione deve essere precipitata di colpo. “Cos’è successo a Rachel?”, Cuddy si separa da me per abbracciare suo figlio e già senti la mancanza del suo corpo stretto al tuo. “Avevi promesso che l’avresti guarita!” ti urla contro. “Rachel sta bene adesso” cerca di calmarlo Cuddy.

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Capitolo 6
*** Il tutto per tutto ***


“Fatele un’ecografia, controllate che il cuore non abbia subito danni. Qualsiasi sia il problema è nel sangue ed è arrivato al cuore. Fate i test su tutto ciò che vi viene in mente, dobbiamo scoprire cos’è prima che arrivi al cervello”. Detto ciò tutti i medici uscirono dalla stanza lasciandolo con la sola lavagna a fargli compagnia.
Sei ancora seduto sulla sedia di fronte alla lavagna, rileggi i sintomi per la milionesima volta, il bastone ruota nervoso nella tua mano destra. Saranno passati minuti o forse ore da quando la tua squadra è uscita per fare i test. C’è qualcosa che ti sfugge e sei cosciente che non avete il tempo di fare tutti i test.
“I ragazzi stanno facendo un mucchio di test. Non avete idea di cosa abbia vero?”, è la prima volta che ti rivolge la parola da quando è tornata al PPTH. “Lo scoprirò. L’ho promesso” rispondi senza neanche voltarti.
“Quindi tu hai ignorato le mie richieste ed hai parlato sia con Matt che con Rachel”, la porta dell’ufficio si apre ed entrambi vi voltate in quella direzione, Matt è entrato insieme a Baker ed ha in mano il tuo Nintendo DS. “Quello è il mio!” dichiari piccato, il tuo videogioco in mano ad un moccioso, questo è troppo. “Gliel’ho dato io. Sarà di nuovo tuo, stai tranquillo”, ti risponde Baker con lo stesso tono col quale ci si rivolge ad un bambino capriccioso. “E da quando tu puoi prestare le mie cose…”, ma vieni interrotto. “Allora?”, ti chiede impaziente Cuddy, “Dove vi siete parlati voi due?”, “Nella mensa, ti stava spiando” spiffera il marmocchio, “Ruffiano!”, “Tu avevi promesso di guarire Rachel!”, ti risponde a tono, quasi a volersi giustificare, “Rimani comunque un ruffiano” continui imperterrito, “Non è vero!” ribatte risentito, “Sì che è vero!”, “No!”, “Ed io ti dico di sì”. Dopo l’ennesimo scambio di battute… “Smettetela tutti e due!” interviene Cuddy, “Ma mamma!!!” rispondiamo entrambi con la stessa intonazione lagnosa.
Ti sembra di essere ritornati indietro di qualche anno, quando cercavi di esasperarla in tutti i modi.
Ti accorgi che Chase sta per entrare nell’ufficio, l’espressione non promette niente di buono. “Cuddy, dobbiamo fare una differenziale, dovresti uscire”.
Vorrebbe restare e non puoi darle torto, è della salute di sua figlia di cui dovete discutere, ma quando si è così coinvolti non si ha la lucidità per analizzare razionalmente la situazione. Ne è consapevole e così lascia la stanza portando Matt con sé.
 
 
Chase entra e dopo aver controllato che Lisa sia abbastanza lontano si rivolge ad House, aggiornandolo, “Sono tre ore che facciamo test a raffica e sono tutti negativi. Non abbiamo più molto tempo, la situazione peggiora. Potrebbe essere già morta quando uno dei test risulti positivo” schietto e sincero. Guardate tutti la lavagna pensierosi, House continua a far ruotare il bastone, aggrotta la fronte, sta pensando. “Dobbiamo essere più invasivi”, eri giunta alla stessa conclusione anche tu, “Che intendi per più invasivi? Non possiamo fare più di quello che già stiamo facendo”. Chase sembra allarmato, d’altronde è abituato alle idee strambe del suo capo. “Dobbiamo fare una biopsia all’organo più danneggiato. Il fegato. Capire a che punto è l’infezione e soprattutto quale battere o virus le sta distruggendo gli organi”, spieghi a Chase, sicura che House intendesse proprio quello, “Baker, non capiremo molto prelevando un campione di tessuto”, ti fa notare, “Dobbiamo operarla” gli chiarisci. “Voi siete impazziti! Quella bambina ha le piastrine alle stelle, un intervento chirurgico può esserle fatale”, adesso è incredulo. “Non abbaiamo altra scelta”, continui a sostenere la tua tesi, operare è l’unica soluzione. “Possiamo guardarla morire senza fare niente o rischiare il tutto per tutto e provare a salvarle la vita. Parlerò io alla Cuddy”.
Sollevi un sopracciglio, non la ritieni una decisione saggia. Lisa sarà anche abituata alle stranezze di House, è stata il suo capo per molti anni ma adesso la paziente è sua figlia e non credi prenderà bene l’idea tua e di House. Se a questo si aggiunge che le doti persuasive del tuo ex capo non sono il suo punto di forza, beh, la questione potrebbe diventare alquanto spinosa.

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Capitolo 7
*** Meglio una gabbia di leoni affamati ***


“Sono nell’ufficio di Foreman?”, Wilson ti ha appena raggiunto. “Sì, da qualche minuto. Non ho ancora sentito urla, saranno ancora vivi”. “Lisa è arrabbiata vero?”, ti chiede, “Da morire”. Lo senti deglutire rumorosamente, “Stai tranquillo. Intervieni solo quando lei cercherà di mozzargli la testa”.
House era andato da Lisa proponendole l’operazione chirurgica, come unica soluzione percorribile per scoprire cosa avesse Rachel. La risposta negativa e irremovibile della Cuddy non l’aveva demorso, anzi, si era convinto ad agire più velocemente. Aveva corrotto te e i tuoi colleghi, tu dovevi distrarla mente Chase, Taub e Tredici dovevano preparare la sala operatoria. Non aveva considerato, però, che il suo ex capo sapeva benissimo di cosa lui fosse capace ed era intervenuta distruggendo il piano del diagnosta.
“Anna, noi siamo amici vero?”, rispondi con un cenno d’assenso mentre finisci di compilare la cartella di un paziente, “Ci siamo sempre aiutati e supportati, soprattutto quando dovevamo intervenire nelle liti tra quei due…”, rispondi ancora affermativamente con un cenno della testa, nel frattempo sollevi la penna dai fogli che stai compilando e lo guardi per la prima volta negli occhi, mentre una vocina nella tua testa ti manda un segnale di pericolo, “Verresti con me nell’ufficio?” ti chiede, quasi supplicandoti, “Neanche morta!”.
La Cuddyera infuriata dopo il giochetto che le aveva fatto House e quest’ultimo non era avvezzo a fare passi indietro quando si trattava di salvare la vita dei suoi pazienti.
C’era il forte rischio che crollasse l’ufficio e tu non avevi nessuna intenzione di andare incontro ad una morte così violenta e dolorosa, volontariamente.
“Non puoi lasciarmi da solo contro quei due”, ti dice quasi terrorizzato, “Potresti prendere il posto di Foreman a giorni, dovrai cominciare a fare pratica con i casini che provoca House”. “Hai presente il permesso che mi hai chiesto per la settimana prossima?”, ribatte con una luce strana negli occhi, “Non puoi fare questo. Ho già comprato i biglietti per la partita”, lo guardi sconvolta, il dolce e comprensivo Wilson si è trasformato nell’approfittatore House. “Certo che posso farlo…”
“Devi essere impazzito!!!”, istintivamente chiudi la porta, Wilson ti ha convinta ad andare con lui, o meglio minacciata.
Non avevi mai sentito urlare la Cuddy così, neanche quando House aveva rotto due tac nel giro di un mese. “Pensavi che non ricordassi più i tuoi metodi? Operare mia figlia senza il mio consenso. E tu non gli dici niente?”, chiede con impeto rivolgendosi a Wilson, il quale ha l’espressione di chi preferirebbe trovarsi in una gabbia piena di leoni affamati piuttosto che lì.
“Cercavo di salvare tua figlia!” , interviene House. “Di ucciderla vorrai dire! Un intervento chirurgico nelle sue condizioni potrebbe esserle fatale!”. Le motivazioni di Lisa sono le motivazioni di una madre preoccupata e che non vuole perdere sua figlia. “Stai lontano da lei” gli intima. “Se avessi dato ascolto a te, tua figlia sarebbe morta qualche giorno fa. Devi rivedere il tuo ruolo di madre perché non ti viene proprio bene”, ed ecco che il solito House fa capolino nella discussione. L’avevi osservato, curiosa. In genere, quando gli impedivano di salvare i suoi pazienti, quando non gli permettevano di scavare a fondo per risolvere i suoi puzzle, si impuntava, si lagnava, insisteva fino a farti capitolare per sfinimento. Fino a quel momento, invece, non aveva alzato la voce, non aveva insistito, neanche una battuta sarcastica sul fatto che Lisa non fosse più un medico da anni, sembrava addirittura comprendere la rabbia della Cuddy. Ed è un attimo, vedi la mano di Lisa muoversi veloce verso il volto di House, ma in un gesto istintivo l’uomo le blocca il braccio. “Quella è mia figlia, non uno dei tuoi soliti pazienti. Non puoi giocare con la sua vita. Io non potrei sopravvivere se lei…”, la voce perde l’impeto dovuto alla rabbia e si affievolisce non riuscendo a dare voce ad un pensiero così orribile. “Lo so”, le risponde House. Ed ecco la conferma, l’impressione che avevi avuto all’inizio non era sbagliata, House sembra comprendere il dolore, la preoccupazione e la paura che attanagliavano l’animo di Lisa. “Pensi che se si fosse trattato di un qualsiasi altro paziente avrei aspettato così tanto prima di mettere a rischio la sua vita? Cuddy, non abbiamo altra scelta, so che può sembrarti la mia solita idea strampalata, un tentativo estremo di risolvere il puzzle, ma non è così. Fidati di me”. Non vuoi o non puoi credere alle tue orecchie. House sta cercando di ottenere il consenso per l’intervento invocando la fiducia che Lisa Cuddy dovrebbe avere nei suoi confronti, dimenticandosi, forse, che è la stessa donna a cui ha distrutto mezza casa. Da quando Gregory House è un ingenuo? Avrebbero funzionato meglio i suoi soliti ricatti morali.
Il braccio di Cuddy si rilassa e House, sicuro di non incappare in un sonoro e meritato ceffone, lo lascia andare. Si guardano fisso negli occhi per qualche secondo, “Dove devo firmare?”. L’avrà drogata o il mondo avrà cominciato a girare al contrario, magari adesso Wilson comincerà a torturare le infermiere mentre House si prenderà cura dei malati di cancro.

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Capitolo 8
*** Sull'orlo del precipizio ***


“Vi voglio entro quindici minuti in chirurgia”, ti ordina House mentre Lisa si avvicina a Wilson che le porge i fogli per il consenso. Il tuo ex capo ti segue fuori dall’ufficio, “Dì a Chase che deve essere lui ad operare. Io e te lo assisteremo. Tredici e Taub devono trovare del sangue compatibile con gruppo sanguigno di Rachel. Tutto il sangue possibile”, e sottolinea in modo particolare l’ultima frase, “Potrebbe servircene molto. Devono chiamare tutti gli ospedali in zona e se è necessario costringere tutti i pazienti in ambulatorio a donare il sangue, se serve, possono anche minacciarli”. Sai che non sta scherzando. Se la situazione durante l’operazione dovesse degenerare potrebbe non bastare tutto il sangue del mondo, potrebbe non bastare niente.
 
Conosci ogni singolo centimetro del pavimento che ti scorre sotto le suole delle scarpe, il tuo cuore batte freneticamente, cerchi di tranquillizzarti in tutti i modi ma senza successo.
Sei sola in quel corridoio, appena fuori dalla sala operatoria, e se da una parte sei amareggiata al pensiero di affrontare, per l’ennesima volta nella tua vita, un problema da sola, senza un uomo accanto che capisca i tuoi tormenti, dall’altra sei grata di non dover condividere con nessuno le tue fragilità.
È passata appena un’ora da quando hai salutato tua figlia nel corridoio prima che la anestetizzassero. Senti ancora le sue dita stringere le tue, le sue labbra che ti lasciano un leggero bacio sulla guancia e il suo profumo di buono, tipico dei bambini. Ti si inumidiscono gli occhi al pensiero di quanto un esserino così piccolo ed indifeso possa essere coraggioso. Tu avevi trovato solo la forza di stringerla e dirle che le volevi bene mentre avresti voluto rassicurarla, dirle che vi sareste riviste presto e che non le sarebbe successo niente di male. Non volevi mentirle perché sapevi che, dal momento in cui avevi apposto la tua firma per il consenso, la vita di tua figlia aveva cominciato a camminare sull’orlo di un precipizio.
Scacci via quel maledetto pensiero che ti tortura ormai da mezzora, hai immaginato cosa avresti provato, come avresti reagito se qualcuno fosse uscito da quella porta per comunicarti che la tua bambina non c’era più, e per un attimo non sei riuscita a respirare. Non vuoi prendere in considerazione questa alternativa, andrà tutto bene, ti dici in un sussurro che puoi ascoltare solo tu.
Alzi gli occhi verso l’orologio appeso alla parete, sono passati poco più di dieci minuti dall’ultima volta che hai controllato l’ora, sbuffi impaziente, ti sembra di essere lì da giorni.
Senti qualcuno aprire la porta, scatti in piedi dalla sedia nella sala d’aspetto su cui ti eri appoggiata qualche minuto prima, stanca.
È Anna. Si avvicina, non riesci a capire dalla sua espressione se è un messaggero di notizie negative o positive. “E’ andato tutto bene”, ti sorride. Senti i muscoli del tuo corpo rilassarsi, non ti eri accorta di quanto fossero contratti, ispiri aria e ti senti più leggera, come se l’ossigeno che hai immagazzinato potesse aver preso il posto della preoccupazione, mentre le lacrime che fino a quel momento erano rimaste imprigionate dietro le iridi, escono allo scoperto. “Le stanno facendo una trasfusione, dovremo tenerla sotto osservazione ma non ci sono state complicazioni”.

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Capitolo 9
*** Legami ***


Sei stanca morta, non vedi l’ora di andare a letto. Sono stati due giorni intensi e tu hai bisogno di stenderti e chiudere gli occhi.
Rachel ha risposto bene allo stress dell’operazione e alla cura, e tu sei restata al suo fianco tutto il tempo, non ricordi neanche più quando è stata l’ultima volta che sei entrata in cucina o che hai cucinato un pasto caldo. Inoltre, il consiglio ti aveva convocato per il giorno seguente, creando scompiglio nella tua testa. I tuoi figli ti avevano esplicitamente chiesto di restare a New Jersey e l’idea cominciava a solleticare la tua fantasia, segno che dovevi scappare lontano da lì il prima possibile. Non era fattibile pensare di restare  a stretto contatto con la tua vecchia vita senza che i segreti custoditi con cura per anni venissero fuori. Ma immaginavi cosa volesse proporti il consiglio e il pensiero di tornare non ti dispiaceva. In fondo al PPTH avevi lasciato i tuoi migliori amici, persone su cui avresti potuto contare in qualsiasi momento.
Come se tutto questo non bastasse, House, nei due giorni dopo l’intervento, era stato presente più del solito, come una bella ma fastidiosa melodia ai tuoi pensieri.
Aveva passato la mattinata con Matt, dopo che Anna a seguito di un’emergenza gli aveva appioppato tuo figlio. Quando eri scesa in mensa per il pranzo, gli avevi trovati seduti ad un tavolo con un vassoio a testa che chiacchieravano animatamente, e House non aveva perso occasione per rinfacciarti di essere una madre assente, che lui era un medico e che era impegnato a salvare delle vite, al contrario di lei che chiamava lavoro firmare dei documenti inutili, e che non poteva perdere tempo a fare da babysitter al marmocchio. I commenti pungenti di House non ti avevano minimamente toccata, ormai conoscevi i suoi modi di fare, ma ti appuntasti mentalmente di farla pagare alla tua migliore amica.
Dopo aver mangiato il suo pranzo e quello di Wilson, che nel frattempo vi aveva raggiunto, aveva accampato delle scuse assurde su livelli da superare, record da infrangere, o qualcosa di simile, e con ciò, lui e Matt erano usciti dalla sala mensa insieme per dirigersi chissà dove.
Quando, intorno alle sei del pomeriggio, eri andata nell’ufficio di House per portare Matt a casa e non li avevi trovati, ti eri un po’ preoccupata ma poi Chase ti aveva suggerito di controllare nella sala medici.
Erano intenti a giocare alla Wii, talmente concentrati da non accorgersi della tua presenza alle loro spalle. Non credevi che potessero legare così tanto in poco tempo, e per l’ennesima volta, da quanto sei tornata al PPTH, ti chiedi se la decisione di tenerlo all’oscuro della gravidanza sia stata la scelta giusta.
Il suono del campanello ti distrae dalle tue elucubrazioni mentali e quel dito premuto un po’ più del normale sul pulsante del campanello ti fa sospettare su chi ci sia dall’altra parte della porta di casa.
“Che ci fai qui?” gli chiedi in tono brusco, “Sempre gentile. Certe abitudini non si perdono mai”. Ha tra le mani un pacco, “Ho portato questo per Matt”, e ti porge con i suoi soliti modi poco gentili il pacco tra le mani, noti però una punta di imbarazzo nella sua voce. “Vieni, accomodati. Non dovevi disturbarti”, anche tu sei a disagio, non è da House fare regali, “Non è un regalo. L’ho rubato ad un bambino in pediatria”. “House!” urla tuo figlio uscendo dalla sua cameretta, e gli si fa incontro come se non lo vedesse da anni e non da alcune ore.
Prendi il contenuto dalla busta ed è una Wii nuova di zecca, vuoi farglielo notare ma non ti sembra il caso, l’unico modo che ha House per fare un gesto carino è farlo passare per qualcosa di meschino. “E’ per me? Una Wii tutta per me!”, hai visto poche volte tuo figlio così felice. “Ti prego, resta, così giochiamo ancora”, gli prende la mano e cerca di strattonarlo verso la sala da pranzo, dove c’è la televisione. House sembra incerto e ti guarda quasi a volerti chiedere il permesso, “Hai cenato?”, gli chiedi rassegnata, a quanto pare House continuerà a fare da sottofondo in quella giornata, “Se per cena intendi un’insipida insalata, posso restare a digiuno”, lo guardi contrariata, “Pasta, tonno e olive, sono abbastanza saporiti per il tuo palato sofisticato?”, gli chiedi sarcastica. Sembra soppesare la scelta, “Allora accetto”.
Li osservi dal corridoio, House è incastrato dietro il televisore, “Ma sei sicuro di aver letto bene? Questo cavo non sembra andare qui dietro”, la sua voce arriva ovattata, “House io non so leggere” gli risponde seccato Matt. House sbuca da dietro la tv e lo guarda sconcertato, “E allora perché mi hai detto che questo va dietro il televisore?”, “Guarda”, Matt gli si avvicina e gli mostra il libretto delle istruzioni. House sparisce di nuovo e dopo pochi secondi sullo schermo compare la schermata della Wii. “Funziona!” urla contento Matt, “Sono un genio!”, ed ecco che i geni di House si mostrano in tutto il loro splendore, “Guarda che sono stato io a farla funzionare. Qui c’è un solo genio, è sono io”, “Io ho capito come farla funzionare senza sapere neanche leggere”, la vicinanza di House deve aver acuito le cose che tuo figlio ha in comune con il padre perché non ti eri mai accorta di quanto gli somigliasse. “Io alla tua età sapevo già leggere ed uscivo già con un sacco di fidanzate”, o forse è solo il fatto che House si comporta come un bambino a farteli sembrare così simili, “Ecco perché stasera sei qui con me invece che con una ragazza”. House è ammutolito, per la prima volta nella tua vita lo osservi uscire sconfitto da uno scontro verbale. A quanto pare padre e figlio si assomigliano più di quanto tu abbia mai voluto ammettere. “E’ pronta la cena”, richiami la loro attenzione.
La serata era trascorsa tranquilla e serena, Matt si era divertito un sacco ad ascoltare i metodi con cui House risolveva i suoi casi e ancora di più ad ascoltare come ti prendeva in giro quando eri il suo capo. Avevi immaginato tante volte come sarebbe stata la vostra vita se tu avessi deciso di mettere al corrente House della tua gravidanza e te l’eri immaginata proprio così.
Dopo aver sistemato un po’ la cucina ti unisci a loro, avevi sempre avuto una passione per i videogiochi.
“Ed ecco a voi la vincitrice!”, urli alzando le braccia in alto in segno di vittoria, “La prima ad aver superato il quinto livello”. “Mamma è solo un gioco, non c’è bisogno di essere così competitiva”, gli occhi di Matt ridotti a due fessure, “Disse quello che ha perso”, lo prendi in giro. “Non esulterei troppo se fossi in te. Io ho ancora una vita”, House non demorde, “Ma se sei ancora al terzo livello”, gli fai notare, “Posso farcela”, insiste.
“Game Over”, la scritta era in bella vista sullo schermo della tv. Ridi trionfante, mentre House incolpa il joystick della sua sconfitta. “Smettetela. È più divertente Rachel come compagna di giochi”.
Guardi l’orologio, “E’ ora di andare a letto. Sono le 10”, “No dai mamma. C’è House, aspettiamo un altro po’”, cerca di convincerti, “Assolutamente no e House sta per andare via. Vero?”, House conferma la tua versione ma Matt sembra voler fare i capricci. “Ricordi l’accordo? Puoi trasgredire alla regola “alle 10 a letto” solo una volta a settimana e domani c’è la festa di bentornata per Rachel. Scegli, se resti sveglio stasera, domani si va a letto alle 10 anche se ci sono ospiti”. Matt e Rachel erano riusciti a strapparti quell’accordo l’anno prima, era stata una lunga trattativa in cui avevi dovuto cedere almeno un po’. Rispetto ai tre giorni richiesti da Matt, in cui era possibile andare a letto oltre le dieci, ne avevi concessi solo uno, anche in questo era simile ad House, il compromesso era l’unica arma utilizzabile quando si interstardiva per ottenere qualcosa.
Ritorni in salotto dopo un quarto d’ora, Matt si è addormentato più velocemente del solito. “Vuoi qualcosa da bere?” esordisci, hai proprio bisogno di qualcosa con cui rilassarti. Dopo aver riempito due bicchieri di whisky ti avvicini al divano e ti siedi vicino ad House.
Porti il bicchiere alle labbra e sorseggi la bevanda mentre House svuota il bicchiere in un solo sorso. Il silenzio amplifica il disagio e l’imbarazzo che si è creato per via della vicinanza.
“Baker ha lasciato tutto com’era”. Quando eri andata via Anna si era trasferita nella tua casa, lasciando tutto esattamente com’era quando ci abitavi tu, “Non le piacciono i cambiamenti, un po’ come te”, lo guardi di sottecchi mentre sorseggi un altro po’ di whisky, “Già. Ma ha spostato la macchina però”, “Credo abbia preso in considerazione l’idea di lasciarla qui ma sarà stata costretta a spostarla per via della corrente. In inverno fa freddo”, gli sorridi e lui fa altrettanto. Non avresti mai pensato che saresti riuscita a sorridere di quel piccolo disastro.
“A New York com’è il lavoro?”, a quanto pare House sta cercando di intavolare con te una conversazione civile, non è capitato molto spesso da quando lo conosci. “Faticoso. L’ospedale è più grande del PPTH e di conseguenza anche le scartoffie da firmare, ma il fatto di non dover rincorrere per i corridoi un medico che cerca di ammazzare i suoi pazienti un giorno sì e l’altro pure, rende il lavoro sopportabile”, stai mentendo, pagheresti qualsiasi cifra per avere un medico come lui alle tue dipendenze. “Bugiarda”, quanto ti era mancata la sua espressione strafottente, “Daresti qualsiasi cosa per avere uno come me tra i tuoi dipendenti”, e come al solito non ha perso il vizio di leggerti nella mente.
Ti sporgi e appoggi il bicchiere sul tavolino, i tuoi sensi avvertono un movimento e senti le sue dita sfiorarti la guancia. Sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio, ti volti, con il cuore che ha preso a battere freneticamente, il suo viso è a pochi centimetri dal tuo. Non riesci a muoverti, chiudi solo le palpebre quando le sue labbra sfiorano le tue, un brivido percorre il tuo corpo mentre il cervello manda un messaggio di pericolo che il cuore ignora bellamente. Le sue labbra fanno pressione sulle tue, fino a quando stanche di fare resistenza, non si schiudono. Senti il suo sapore invadere la tua bocca, rispondi al bacio, non puoi farne a meno, avverti la sua barba ispida pungere il palmo della tua mano, lo stai accarezzando. A quanto pare il tuo corpo si muove senza ricevere nessun impulso, il tuo cervello non ha, ormai, nessuna voce in capitolo.
Le sue dita si insinuano sotto la tua felpa percorrendo con dolcezza e esitazione il tuo fianco sinistro. I vostri respiri diventano più irregolari, le sue dita giocano con l’orlo del reggiseno… “Mamma!!”, Matt urla dalla camera. Ti allontani da lui improvvisamente, vi guardate quasi a voler cercare una spiegazione a quello che è appena successo negli occhi dell’altro. “Scusa, devo…”, non riesci neanche a parlare. Ti alzi dal divano e quasi correndo raggiungi tuo figlio.
Matt ha avuto un incubo, gli capita spesso nell’ultimo periodo. Gioca a voler essere l’uomo di casa, “ci sono io a proteggervi” ripete in continuazione a te e a Rachel ma in realtà ha paura che la sua sorella maggiore lo lasci da solo.
Lo accarezzi mentre ti racconta di brutti mostri che lo minacciavano e per la prima volta nella tua vita non lo ascolti. Sei troppo distratta a pensare all’uomo che è seduto sul divano del tuo salotto e a come comportarti quando te lo ritroverai di fronte.
È passato più di un quarto d’ora da quando l’hai lascito solo e speri che, colto dalle tue stesse paure, dai tuoi stessi dubbi, se ne sia andato.
Chiudi la porta della camera facendo attenzione a non fare rumore. Ti volti e House è appoggiato al muro con lo sguardo perso in chissà quale pensiero. Si volta verso di te e ancora una volta la sua espressione ti paralizza, non riesci a muoverti.
Lo osservi avvicinarsi, il bastone appoggiato ancora al muro, le sue labbra tornano a torturare le tue, che non cercano neanche di fare resistenza lasciando insinuare la sua lingua nella tua bocca, le tue mani percorrono le sue braccia e si uniscono dietro al suo collo.
Un lampo di razionalità squarcia il tuo cervello, le tue mani si staccano e fanno forza sul suo petto spingendolo quel tanto che basta per poter parlare, “House non possiamo…”, ti guarda spaesato, “…sei sposato”, la tua voce ridotta ad un sussurro. “Sai perché l’ho fatto”. Certo che lo sai, voleva farti del male, “Questo non cambia le cose”. Rimane a pochi centimetri da te, gli occhi fissi nei tuoi, fatichi a mantenere la giusta lucidità, c’è una parte di te che vorrebbe tornare a sentire il suo sapore. “Vorresti dirmi che uno stupido anello mi lega ad un’altra donna più di quello che lega noi due”. Una strana sensazione ti invade, senza saperlo House è entrato in un frammento della tua anima che tieni nascosto a tutti, la consapevolezza di essere legata ad House più di qualunque altra donna. Può un anello legare due persone più di un figlio? Ciò che vi lega, anche se lui non può saperlo, sta dormendo placidamente nella camera accanto.
Probabilmente interpreta il tuo silenzio, o più semplicemente osserva i tuoi lineamenti addolcirsi al pensiero di vostro figlio, perché la sua bocca sfiora la tua e una sensazione di compiuto, di perfetto si impadronisce della tua razionalità mettendola a tacere. Ti rassegni all’idea, contro la quale avevi combattuto per tanto tempo, di appartenergli. Le tue mani sono fatte per accarezzare il suo corpo, la tua bocca per baciarlo, i tuoi occhi per scrutare ogni singolo lineamento.
Senti la porta alla tua sinistra aprirsi, entrate in camera da letto combattendo contro la forza di gravità per non cadere.

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Capitolo 10
*** L'eco dei ricordi ***


Sei stesa sul tuo letto a pancia in su, il respiro accelerato. Avete fatto l’amore con voracità, violenza quasi, il desiderio di sentirvi ancora uno parte dell’altra ha bruciato qualsiasi cosa, anche la voglia di assaporare quei momenti che vi sono mancati.
Ti sollevi cercando qualcosa con cui coprirti. “Dove credi di andare”, il suo respiro sfiora il tuo orecchio mentre un braccio ti avvolge la vita impedendoti qualsiasi movimento. Percorre la tua spina dorsale, posando un bacio per ogni vertebra. Non riesci a trattenere un brivido di piacere. La pressione del braccio si fa più insistente e ti ritrovi stesa sul letto mentre House riprende a baciarti.
 
Spalanchi gli occhi, la sveglia sul tuo comodino ti avverte che sono le sette. Non dormivi per più di cinque ore di fila da settimane. Il braccio destro di House ti cinge il fianco, lo sposti leggermente mentre cerchi di sgusciare via da quell’abbraccio, non vuoi svegliarlo.
Ti dirigi in cucina, in cinque minuti hai preparato del caffè, ti siedi su una sedia del bancone e avvicini la tazza colma di liquido caldo alle labbra.
La tua mente ripercorre quello che è accaduto quella notte, le immagini si susseguono. Ricordi che avete fatto l’amore più volte, con una lentezza esasperante, come a voler compensare la velocità del primo rapporto, come se speraste che quei momenti potessero durare in eterno. Ricordi le sue labbra rincorrere le sue mani mentre correvano su tutto il tuo corpo. Ricordi di avergli chiesto di non fermarsi. Ricordi il suo corpo, sotto al tuo, rispondere alle tue spinte e i suoi occhi azzurri osservarti dal basso.
Ricordi che mentre il piacere estremo stava per arrivare, lui ti ha raggiunto portando i suoi occhi all’altezza dei tuoi, ti senti sommersa da quel mare azzurro e poi… un’emozione così intensa scuote ogni singola cellula del tuo corpo, anche a distanza di ore. Appoggi la tazza del caffè sul bancone per paura che ti possa cadere. Senti ancora l’eco della sua voce mentre sussurra il tuo nome, quasi a volerti pregare di non lasciarlo ancora, come se la sua stessa vita dipendesse da te.
Il rumore del bastone sul pavimento ti riporta alla realtà, “Buongiorno” esordisce entrando in cucina, “Già sveglio?”, ostenti una tranquillità che in realtà non hai, speri non si accorga di quanto quella notte ti abbia turbata. “Meglio che Matt non mi veda qui, potrebbe spezzarmi le gambe ed io ne ho già una che non funziona”, sorridi pensando a cosa avrebbe potuto fare Matt se avesse trovato House nel tuo letto. “Hai ragione. Sta anche per arrivare mia sorella e l’ultima volta che vi siete visti non è andata proprio bene”.

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Capitolo 11
*** Il sapore aspro del giorno dopo ***


Stai evitando House da quando hai varcato la soglia dell’ospedale, più di sei ore fa. Non sai cosa fare, hai bisogno di pensare e per farlo devi stargli il più lontano possibile.
“Vuoi che Rachel faccia il trial a New York!?”, Anna ti ha appena fatto prendere un accidenti, non l’avevi sentita arrivare. “La smetti di farmi spaventare! Non puoi comportarti come tutte le persone normali!”. Ti ignora, lo fa sempre quando non condivide una tua scelta, “Sbaglio o non volevi usare le tue conoscenze per far entrare Rachel nel trial a New York?”, continui imperterrita a scrivere la lettera per la richiesta di trasferimento, attui la sua stessa strategia, la ignori. “Cos’è successo con House ieri sera?”, sollevi la testa dai fogli di colpo, com’è possibile che lei sappia qualcosa? Sospetti addirittura che abbia dei poteri magici. “House ieri sera ti cercava nel reparto di pediatria, così gli ho detto che eri andata a casa”, ti spiega, “Non ci vuole un genio per capire quale sia la ragione per cui vuoi scappare a New York”, “Niente” rispondi troppo velocemente, “L’ultima volta che avete fatto niente”, e con le mani imita le virgolette, “Avete concepito un figlio”. “Sei impazzita o cosa!?”, ti guardi intorno sperando che nessuno abbia sentito.
Tua sorella sta per raggiungervi così decidi di far cadere il discorso ma continui a guardare Anna in cagnesco. “Dov’è Matt?” le chiedi quando si avvicina. Eravate rimaste d’accordo che ti avrebbe raggiunto in ospedale con tuo figlio. “Con House. Da quanto quei due vanno così d’accordo?”, leggi perplessità sul suo viso, “Da quando si sono visti la prima volta” rispondi sperando che tua sorella non voglia farti la solita ramanzina, “Non pensi che la cosa possa rivoltarsi contro di te”. Come non detto, quando si tratta di House tua sorella deve girare il coltello nella piaga. “Per favore Julia non ti ci mettere anche tu”.
“Lei è la Dottoressa Cuddy? Piacere Cole Turner. Mi hanno detto che devo ringraziare lei per la proposta che mi ha fatto il consiglio”. Non ti ha lasciato neanche il tempo di rispondere, sapeva già di parlare con la Dottoressa Cuddy.
“Non mi deve ringraziare. Mi hanno chiesto il nome di un buon legale e il Dottor Ross mi ha parlato molto bene di lei. Ho pensato potesse essere un’ottima idea, lei si è trasferito qui da poco”, il suo sguardo ti mette in soggezione. “Io non sapevo, invece, che anche lei fosse tornata qui, altrimenti avrei accettato immediatamente la proposta del consiglio, senza perdere tempo”, non ne sei sicura ma sembra che ci stia provando. “Non sono qui per lavoro. Mia figlia è ricoverata qui”, “Spero stia bene”, “La dimettono oggi. Grazie”, gli sorridi cordiale. “Posso invitarla a cena stasera? Solo per ringraziarla della fiducia”. Ok, ci sta provando. “Mi dispiace ma stasera dimettono mia figlia e le stiamo organizzando una festa a casa”, non hai proprio voglia di uscire con un uomo in questo momento, hai già un sacco di problemi con gli uomini già presenti nella tua vita. “Facciamo domani sera allora”, a quanto pare non è abituato a sentirsi dire di no. “Ho due figli. Non ho nessuno a cui lasciarli. Non mi è possibile liberarmi…”, la sua espressione spavalda scompare. “Può tenerli Anna i bambini, così tu potrai…”, si intromette tua sorella ma la fulmini con lo sguardo, “Io ho un appuntamento domani sera. Non posso tenerli”, giunge in tuo soccorso Anna.

“Chi è quello che sta parlando con mamma?”, Matt sta guardando verso sinistra, volgi lo sguardo nella stessa direzione, la Cuddy sta parlando con un uomo, gli sorride mentre lui la guarda come un leone quando punta la sua preda. Una sensazione di fastidio ti solletica lo stomaco. “Non ne ho la più pallida idea”.
Quell’uomo, sulla quarantina, bruno, occhi verdi, camicia perfettamente stirata e sorriso accattivante, trasuda arroganza e presunzione da tutti i pori.
“Meglio andare a controllare”. Matt corre verso la madre, tu lo segui, vuoi proprio capire chi possa essere.
Matt le si avvicina, “Amore ti sei svegliato bene?”, Cuddy lo prende in braccio e come di consueto lo fa sedere sul bancone. “Sì. E tu chi sei?”, nella voce lo stesso tono inquisitore con il quale ti ha estorto il nome la prima volta che vi siete visti in mensa. “Matt! Devi imparare a essere più gentile!”, lo rimprovera Cuddy, “Scusalo, è molto protettivo nei miei confronti”, “E fa bene. Piacere Cole Turner”, gli porge la mano, a quanto pare cerca di far colpo sulla madre attraverso il figlio. Tipico. “Matthew Cuddy” e Matt ignora la sua mano tesa. Quel bambino ti ricorda qualcuno.
“Allora per domani sera? Riesci a liberarti?”, il bamboccio è sveglio, l’ha già invitata a cena. “Noi abbiamo un impegno per domani sera”, Matt cerca di stroncare sul nascere le aspettative di questo Turner. “Tu sei troppo piccolo per avere impegni”, cerca di zittirlo Julia. “House ha preso i biglietti per il cinema. Domani sera c’è “Pirati! Briganti da strapazzo” e Rachel ci tiene tanto a vederlo”.
Senti gli occhi di tutti i presenti addosso, “Li ha comprati Wilson”, ci manca solo che la tua reputazione di misantropo vada in fumo. “Perfetto. I bambini possono stare con House così tu hai la serata libera”. Da quando la sorella della Cuddy è entusiasta all’idea di lasciare i suoi nipoti, da soli, con te? Quella mattina quando Matt ti era corso incontro, per poco non ti aveva preso a pugni nella reception dell’ospedale.
“Non mi sembra una buona idea”, non sai se essere risentito o sollevato dalla perplessità della Cuddy, “Può andare Wilson con loro così potrà badare ai tre bambini”, insiste la sorella, la gentilezza dev’essere un fattore genetico.
Ti guarda dritto negli occhi, non ti è chiaro se preferirebbe che tu le impedissi di uscire con quell’uomo o se sta considerando l’idea di lasciare i suoi figli a te e Wilson. “Se per te va bene, chiederò a Wilson di accompagnarci”. Se non vuole uscire con quell’avvocato da quattro soldi può benissimo dirgli di no, a te lo diceva in continuazione. Ogni volta che volevi aprire il cranio di un paziente non faceva altro che ripetertelo.
“Allora passo a prenderti domani sera. Alle otto va bene?”, sembra esitare, “Sì”. “Tu non mi stai per niente simpatico. Tieni giù le mani da mia madre”, il dito indice puntato contro l’uomo, “Matt smettila! Scusalo ancora”. Sorride cordiale al bambino ma neanche Matt deve essergli così simpatico. Si allontana visibilmente compiaciuto, è convinto che la preda sia in trappola.
“Ma tu da che parte stai?”, Matt si rivolge a te quasi esasperato, “Dalla parte di quelli che vogliono vedere il film”.
Te ne vai, la gamba ha cominciato a pulsare, ti porti una pillola alla bocca in un gesto così abituale che ti accorgi di aver ingerito del vicodin solo quando ti resta il suo sapore aspro in bocca.

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Capitolo 12
*** Il bagno ***


Qualcuno traffica dietro la porta di casa, ti avvicini con cautela, sembra il rumore di una chiave che sbatte contro la serratura senza riuscire ad entrare. Apri la porta di colpo. “Che ci fate qui a quest’ora?”. Lisa ti aveva lasciato i bambini prima di uscire con quel fusto di avvocato e House e Wilson erano venuti a prenderli mezzora prima, era impossibile che fossero già di ritorno, “E come mai Matt è dentro una sacco dell’immondizia?”, il bambino è all’interno di una busta nera che gli arriva fino al collo. “E’ caduto in una fontana. Gocciolava”, per House sembra una spiegazione ovvia, “Certo…”.
Lo lasci entrare, Rachel è alle sue spalle con un sorriso mezzo sdentato, i denti da latte la stanno abbandonando, “Non mi sono mai divertita così tanto in vita mia” ti dice raggiante. “Dov’è Wilson?”, gli chiedi mentre chiudi la porta, “E’ corso in ospedale per un’emergenza. Come se questa non lo fosse, bisognerà fargli il bagno. Io non ho mai fatto il bagno ad un bambino. Baker devi aiutarmi”, il geniale House è impaurito all’idea di doversi occupare, da solo, di due bambini. “Non ci penso proprio. Ho un appuntamento”, cerchi di svignartela prima che House riesca ad incastrarti, “Baker un po’ di rispetto per gli handicappati”, nel frattempo hai preso il cappotto e la borsa “Ciao”, ti avvii verso la porta, “Sono il tuo ex capo. Se ti puoi considerare un medico decente è grazie a me” , lo senti urlare dal salone mentre ti chiudi la porta alle spalle.
 
 
La vasca è piena di acqua, Rachel ti ha portato un cambio pulito. “Credo sia meglio che le robe bagnate rimangano nella busta”, lo aiuti a spogliarsi, “E adesso riesci a saltare direttamente nella vasca?”, “Potrei farmi male”, ti risponde perplesso. “Ma devo fare sempre tutto io!?”, lo sollevi e lo immergi nella vasca. “Ecco il bagno schiuma, la spugna e lo shampoo”, Rachel te li porge, “Servono tutte queste cose per fare il bagno?”, “Sì”.
“Stai fermo. Dobbiamo sbrigarci, devi essere pulito e vestito per quando tonerà tua madre. Non so come, ma credo che darà la colpa di tutto a me. Se ti vedrà sano e salvo forse potrò evitare di essere ucciso”, gli dici mentre gli fai lo shampoo, “Ma la colpa è tua”, puntualizza Matt, “Sei stato tu a dirmi di vedere se ci fossero i pesci nella fontana”. “Mica ti ha detto di tuffarti però”, Rachel prende le tue difese, “Dai ascolto a tua sorella. È più intelligente di…”, ma vieni interrotto, “Questo non significa che mamma non darà la colpa a te”.
Matt, non curante dell’acqua che sta schizzando ovunque e che dovrai pulire tu, continua a non stare fermo neanche un secondo. Allunghi la mano per prendere l’accappatoio e farlo uscire, con la coda dell’occhio lo vedi aggrapparsi al rubinetto e mettersi in piedi, scivola e sta per dare una bella testata contro il marmo, ma i tuoi riflessi sono più veloci, le tue mani lo tengono in piedi. Ti accorgi di una macchia rossa sul gluteo di Matt e per un lungo istante trattieni il respiro, rimani immobile. Devi sembrare sconvolto perché Rachel ti guarda preoccupata, ti appoggia una mano sulla guancia, come un tempo aveva fatto sua madre, “Stai bene House?”. Riacquisti un po’ di lucidità, “Sì, tutto bene”, mentre continui a fissare Matt.
 
Sei seduto su quel divano a fissare il vuoto, ti rigiri una foto tra le mani, non riesci a guardarla, ti stordisce, ti fa perdere la tua amata razionalità.
La porta dell’ingresso si apre, senti il rumore dei suoi tacchi. Si affaccia nel salone mentre si toglie il cappotto, “I bambini dormono?”, fai un cenno con la testa, “Da mezzora”, “Scusami pensavo di tornare prima. Wilson?”, “E’ andato in ospedale per un’emergenza”.
Non vuoi perderti in convenevoli, vuoi arrivare al sodo prima che il tuo cervello esploda. “Matt è caduto in una fontana” le dici senza aspettare che lei ti faccia alcuna domanda sulla serata, “Cosa?” ti chiede allarmata, “Sta bene, voleva vedere i pesci ed è finito dentro l’acqua. Gli ho fatto il bagno…”. “Tu gli hai fatto il bagno!?”, effettivamente anche tu stenti a crederci, “Sai, si scoprono un sacco di cose facendo il bagno”, ti fermi un attimo, “Matt ha una macchia rossa su un gluteo”. E’ sospettosa, non sa dove vuoi andare a parare e questo la rende inquieta. “Ne ho una identica sul cuoio capelluto” concludi, aspettando una sua reazione.
Ti fissa, leggi qualcosa di strano nei suoi occhi, terrore forse? Non lo sai, ma è lo stesso modo in cui ti ha guardato quando le consegnasti la spazzola tra i calcinacci del suo salone.
“Cosa vorresti dire?”, la sua voce trema, “Ho adottato Matt quando lui aveva…”, guardi la foto che hai in mano attirando anche l’attenzione della Cuddy che si ammutolisce di colpo.
La foto ritrae una Cuddy, probabilmente, al settimo mese di gravidanza e Rachel intenta a baciarle il pancione.
“Non volevo crederci all’inizio, ho pensato ad una coincidenza…ed io non credo mai alle coincidenze”, sollevi lo sguardo dalla foto e lo punti negli occhi della Cuddy, “Ma poi tua figlia mi ha tolto ogni dubbio. ‘Non stava fermo neanche nella pancia di mamma. Gli ultimi mesi, quando la pancia era diventata enorme, scalciava come un matto’. Così mi ha detto. E poi mi ha fatto vedere qualche foto”.
Appoggia la mano sulla poltrona come se non avesse neanche la forza per reggersi in piedi.
“Ho scoperto di essere incinta quando sono arrivata a New York” confessa.
“E hai pensato bene di non dirmelo”, la interrompi, “Io non sapevo neanche dove fossi”, alza la voce ma poi sembra pentirsene, “Ma poi l’hai saputo dov’ero”.
“Sì, e scusami tanto se non ho pensato di venire in carcere per avvisarti che saresti diventato padre”.
“Non fingere con me Cuddy, non mi avresti detto comunque niente”. Nel frattempo ti sei alzato, siete uno di fronte all’altro, i respiri accelerati e immersi in una discussione che nessuno dei due è in grado di affrontare.
“Hai ragione. Non l’avrei fatto comunque. Ma non mi vorrai dire che avresti fatto i salti di gioia all’idea di diventare padre”.
“Avrei voluto scegliere”, hai alzato la voce, credi di averla  spaventata, “Tu hai scelto per me e per Matt. Hai deciso che io non sarei stato in grado di fare il padre e che tuo figlio potesse crescere senza di me”.
“Abbassa la voce, i bambini stanno dormendo”. Le sorridi beffardo, “Cos’è Cuddy? Hai paura che scoprano che la loro madre non è perfetta come credono?”, resta in silenzio e così affondi l’attacco, “Di certo non sei un buono esempio, uscire con un uomo appena conosciuto dopo che due giorni fa sei venuta a letto con me. Cos’è avevi voglia di un altro figlio?”.
La vedi arretrare di colpo, come se le tue parole l’avessero colpita fisicamente. “Come ti permetti? Tu non sai…”, l’arrivo di Rachel la fa desistere dallo scagliarsi contro di te, “Mamma tutto bene?” ti chiede mentre si stropiccia gli occhi assonnata, “Ho sentito qualcuno gridare”. “Sì, tutto bene amore. Io e House stavamo solo parlando”, le da un bacio sulla guancia, “Vai a letto ora”.
Appena sente la porta chiudersi, punta gli occhi nei tuoi, hanno recuperato la solita determinazione che negli ultimi minuti avevano smarrito. “Forse è meglio che tu vada”.
Ti incammini verso la porta ed esci da quella casa.

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Capitolo 13
*** Una folata di felicità ***


Sali in moto frastornato dalla miriade di emozioni e sentimenti che ti invadono. Non sei abituato a gestirle.
Indossi il casco e parti, senza una meta. Hai solo voglia di guidare.
Non sai cosa provare, non sai come sentirti, non sai come comportarti.
Un figlio con Lisa Cuddy, neanche nei tuoi incubi peggiori. Forse dovresti smetterla di mentire anche a te stesso, l’idea che ci sia qualcuno che con il solo fatto di esistere vi lega così indissolubilmente l’uno all’altra ti fa sentire bene.
Non hai mai pensato di diventare padre, troppe responsabilità, troppi doveri, soprattutto per uno come te abituato a pensare solo a se stesso.
Hai il terrore al pensiero di doverti occupare di un bambino. A casa hai solo cibo in scatola, riviste e dvd porno, vicondin nascosto ovunque. Non pulisci casa da tempo immemore a meno che Dominika non sia passata di recente. Ah già, Dominika, dovresti spiegargli anche che hai sposato quella donna solo per il gusto di far soffrire sua madre. Per non considerare che se c’è un caso che ti appassiona, non c’è niente di più importante per te, neanche un figlio. Non sei propriamente un buon modello di padre, mancano le premesse e non sei neanche sicuro di voler cambiare per poterlo diventare.
Eppure c’è una sensazione nuova che ti invade, una sensazione piacevole che allevia i tormenti di una vita infelice, ma che al contempo ti fa desiderare di scappare lontano per non doverci convivere. Meglio la tua amata solitudine.
Tutte le volte che una folata di felicità è entrata nella tua vita, il risultato finale è stato cadere sempre più nel baratro. È se succedesse anche questa volta? Se non fossi capace di prenderti cura di tuo figlio? Se scopristi che preferisci restare solo con i tuoi puzzle?
Troppe domande senza risposte. E per un razionale come te è inconcepibile non sapere. Ma c’è un’altra domanda che ti affligge. Saresti capace di continuare con la tua vita ignorando l’esistenza di tuo figlio che cresce a chilometri di distanza da te?
 
Sei finito, dopo aver macinato un sacco di chilometri, nel parcheggio dell’ospedale. L’ultimo posto in cui pensavi di andare.
“Maledizione House! Che ci fai qui?”. Dopo aver spento la moto, eri entrato in ospedale e ti eri diretto nell’ufficio di Wilson. Avevi passato la notte su quel divano, aspettando Wilson, anche se adesso non eri sicuro di voler parlare.
“Mi nascondo dal direttore sanitario”, gli rispondi ironico, “Sono io il direttore sanitario” ti risponde mentre appende il cappotto all’appendi abiti e indossa il camice, “Cavolo me n’ero dimenticato! Per fortuna sei anche mio amico, altrimenti ero fregato”, richiudi gli occhi e mantieni la stessa posizione.
“House, ho un paziente tra mezzora”, lo senti dirigersi verso la scrivania, spostare la sedia e sedersi. “Ho fatto sesso con la Cuddy”, gli dici la prima cosa che ti viene in mente, “Cosa?”, sorridi immaginando la sua faccia sconvolta, “Voi due siete…non so cosa siete. Ne avete parlato? Cosa farete? Lei come sta? House avete combinato un macello la prima volta…”. Ti sollevi di colpo e ti metti a sedere, ti massaggi la gamba e infili una mano in tasta per prendere il flacone di vicodin, “Di prima mattina hai l’energia per fare tutte queste domande?”, “E tu di prima mattina quante pillole di vicodin hai già ingurgitato?”. Sbuffi sonoramente, “Dieci”, osservi la sua espressione sconvolta, “Non ho chiuso occhio stanotte”.
“Torna dalla Cuddy e parlate di quello che è successo stanotte”, ha pensato che tu sia sconvolto per la notte passata con la Cuddy, “Due notti fa”, puntualizzi mentre ti alzi e cominci a camminare per lo studio, hai bisogno di muoverti. “Sei ubriaco? Perché non riesco a seguirti”, “Ho fatto sesso con la Cuddy due notti fa” gli chiarisci.
Socchiude gli occhi, sta cercando di capire, “Se hai fatto sesso con la Cuddy due notti fa, perché sei qui oggi?”. Aggrotti la fronte e la sfiori con il pollice, “Hai mai pensato di diventare padre?”, Wilson è sempre più confuso, “Vuoi diventare padre?”, ti chiede, anche a lui sembra assurdo, “Perché tu no? Ed io che speravo in te per il concepimento”.
“House ma che ti è preso stamattina? Parli di figli…ma hai assunto qualche altra droga?”. Ti siedi alla sedia di fronte alla scrivania, la testa bassa, “Matt è mio figlio”. Ride come se gli avessi appena raccontato una barzelletta. Lo fissi serio e il suo sorriso si spegne di colpo, “Non stai scherzando…” dice più a se stesso che a te, “Ne sei sicuro? Non avrai mica tratto conclusioni affrettate come con tuo padre?”, ti chiede sospettoso, “Conclusioni esatte oltre che affrettate”, sposti lo sguardo, “In realtà sì, Matt ha una voglia rossa simile alla mia”, sospira, “House non sei l’unico al mondo con una voglia. Se andrai da Lisa chiedendole se Matt è tuo figlio la farai arrabbiare”, “L’ho già fatto”, si è ammutolito di colpo, “E’ mio figlio”. Alza la cornetta del telefono che ha sulla scrivania, “Avvisa il signor Smith che non potrò riceverlo oggi”.
Gli racconti di quello che hai scoperto dopo che lui ti aveva abbandonato con un Matt gocciolante. “Quindi Rachel ti ha fatto vedere delle foto…”, non è ancora convinto, “Senti House, hai preso un sacco di vicodin, non è possibile che tu abbia immaginato tutto?”. Gli sbatti in faccia la foto che ti ha dato Rachel e che ti sei portato dietro quando la Cuddy ti ha sbattuto fuori di casa. “Stento anch’io a credere di essere padre, ma tu non mi aiuti se continui a mettere in dubbio la mia parola”.
“Cosa intendi fare?”, è preoccupato, “Non lo so”.

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Capitolo 14
*** Non solo macerie ***


Una mano ti tocca leggermente la spalla, “Lisa…” ti volti, Wilson ti ha appena raggiunto in una sala d’aspetto deserta, “Come sta Rachel?”. “Bene. Le stanno facendo gli ultimi controlli prima che inizi la cura sperimentale”. Si siede accanto a te, “Ma sappiamo entrambi che non sei qui per questo”, ti ostini a guardare il pavimento, “Se devi dirmi che sono stata irresponsabile, disonesta…fallo in fretta perché sono stanca”. “Perché non me lo hai detto?”, la voce è accompagnata dalla sua solita dolcezza, pensavi, invece, che fosse arrabbiato con te, “Pensavo fossimo amici”. Lo guardi negli occhi per la prima volta da quando è arrivato, “Sei anche amico di House”, rispondi con semplicità, “Non mi credevi capace di mantenere il segreto?”, adesso sembra risentito, “No, è che non sarebbe stato corretto chiederti di mentire al tuo migliore amico”. “Sì, ma noi ci siamo sentiti dopo che sei andata via di qui. Perché non me l’hai detto? House era sparito chissà dove e avrei potuto aiutarti”, si ferma un attimo colto da un’illuminazione, “Ecco perché non volevi che ti raggiungessi a New York”. Sospiri rassegnata. “Ho scoperto di essere incinta quando sono arrivata a New York. All’inizio non ci volevo credere, avevo rinunciato all’idea di restare incinta e avevo già una figlia stupenda a cui volevo bene. Un figlio dall’uomo che più avevo amato nella mia vita ma che mi aveva fatto soffrire più di chiunque altro. Non sapevo se essere più arrabbiata o grata al destino”, cerchi di rispedire le lacrime indietro, “Non sapevo che fare. House era sparito e mi chiedevo se fosse stato capace di essere un padre o se avrebbe fatto soffrire mio figlio come aveva fatto con me e con tutte le persone che gli sono state vicine. Ho deciso di crescerlo da sola. E la serenità che mi ha colto quando ho preso questa decisione mi ha fatto capire che era quella giusta”, involontariamente le tue labbra si curvano in un sorriso ripercorrendo i ricordi, “Quando è nato e per la prima volta, ha puntato i suoi occhi nei miei, ho capito che House aveva ottenuto una vendetta più soddisfacente di quella di distruggermi casa. Suo figlio aveva i suoi stessi occhi, e quegli occhi mi avrebbero accompagnato in ogni istante della mia vita. Per non parlare del fatto che crescendo ha cominciato ad assomigliare a suo padre anche nei modi di fare. Avevo un House in miniatura che mi scombussolava le giornate. La nostra storia non aveva lasciato solo macerie intorno a noi, ma anche qualcosa di buono”. Il suo sguardo comprensivo e sempre disponibile ti era mancato a New York, ti senti sollevata adesso. “Lui è confuso. Non è facile per uno come lui scoprire che…”, “Non avrei voluto che lo scoprisse così”, lo interrompi, “Non avrei voluto che lo scoprisse, ma rimedierò. Andrò via il prima possibile, tornerò a New York già domani, così lui potrà tornare alla sua vita di sempre”. “Pensi sia la scelta giusta?”, noti una nota di apprensione nella sua voce, “Non possono mettere a rischio la serenità della mia famiglia”. Rachel esce dalla sala visite mano nella mano con Anna. “La nostra piccola principessa sta benissimo”. Rachel ti raggiunge correndo e ti stringe forte.

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Capitolo 15
*** Due parole ***


Sei in quell’ufficio ormai da mezzora ma i tuoi amici non vogliono mollare. “Ho già deciso”, ripeti per la millesima volta. “Dovresti parlarne con lui” interviene Wilson, “Di cosa? Di ciò che è meglio per mio figlio? Non lo riguarda”, rispondi infastidita. “Credo che otterresti di più se gli parlasti prima di metterlo di fronte al fatto compiuto”, cerca di farti ragionare Anna ma non vuoi sentire ragione, “Vedrete che House dopo averci pensato capirà che accollarsi un figlio non è propriamente una delle sue priorità e sarà d’accordo con me”, “E allora perché non vuoi parlarne con lui visto che sei così sicura?”. Anna non perderà mai il vizio di sbattere la verità cruda e nuda in faccia alla gente. Ha capito che stai ostentando una sicurezza che non hai.
La porta dell’ufficio si apre di colpo facendoti sobbalzare. House rimane fermo sulla soglia, probabilmente non si aspettava di trovare così tanta gente nell’ufficio di Wilson. “Bugiarda numero uno”, ed indica me, “Bugiarda numero due”, e sposta il bastone verso Anna, “E amico traditore. Ci siete tutti all’appello, tanto meglio”, “Io non ho fatto niente”, gli fa notare Wilson, “Ti avevo chiesto di restarne fuori”, “L’ho fatto per il tuo bene. Per il vostro bene”, sposta lo sguardo verso di te, “Testardi come siete…”.
“Hai già parlato con il consiglio?”, House lo interrompe puntando gli occhi dritti nei tuoi, “Come fai a sapere…”, Wilson gli ha raccontato della proposta, gli lanci un’occhiata di rimprovero, sembra volersi scusare con lo sguardo. “Ancora no, ma questo a te non interessa”, “Vuoi rifiutare la proposta e tornare a New York”, dal tono non si direbbe una domanda, non rispondi, “Ti ho già detto che non sono affari tuoi”. Fa due passi verso di te, “Ti consiglio di accettare”, “Tu consigli…ma sei impazzito?!”, se il suo scopo è farti arrabbiare, ci sta riuscendo. “Ho parlato con un legale”, un’espressione sconvolta si dipinge sulla tua faccia e su quella dei tuoi amici, “Se decidi di tornare a New York chiederò il fare il test del DNA e se sarà positivo, anche se mi sembra ovvio, un giudice deciderà quando potrò vederlo”. Appoggi una mano sulla poltrona, hai come la sensazione che la terra sotto ai tuoi piedi abbia iniziato a tremare, la paura ti assale, paura di quello che potrebbe succedere se House rientrasse prepotentemente nella tua vita, di come spiegare a tuo figlio che gli hai mentito, di come potrebbe reagire Rachel sapendo che suo fratello ha un papà mentre lei no e di quello che potrebbe combinare House. Non vuoi vedere tuo figlio soffrire.
“Stai scherzando”, ti sforzi di alzare la voce così da sembrare più sicura ma il risultato è pessimo. “Per niente” e il suo timbro così spavaldo, così arrogante, ti fa rabbia. “House, forse sarebbe meglio parlarne con calma”, cerca di farlo ragionare Wilson. “Restatene fuori”. Sembra così sicuro; l’incertezza, la paura, il tormento che hai letto nei suoi occhi la sera prima sembrano un lontano ricordo. “Se deciderai di restare”, continua, “Vedremo come andranno le cose e decideremo insieme se e come dirgli che io sono…”, non trova le parole, ed ecco che i suoi occhi si ombrano, ne puoi leggere tutta la paura che lo tormenta, non riesce neanche a dare voce al pensiero di essere padre.
“Non puoi entrare nella vita delle persone e incasinargliela a tuo piacimento, in base ai tuoi capricci”, ti ha appena ricattato e non puoi tollerarlo.
“Non dovresti essere arrabbiata. Quella che ti sto offrendo è un’opportunità”.
Sei incredula, “Un’opportunità? A me questo sembra un ricatto”.
“Tu hai scelto per me e Matt fino ad adesso, da ora le decisioni le prenderemo insieme, mi sembra più che ragionevole”.
“Certo, ragionevole. Non riesci a prenderti cura neanche di te stesso e adesso vuoi crescere un figlio”, cominci a gesticolare, segno che la discussione si sta accendendo.
“Ti ho già detto cosa penso di te come madre? Ah sì, ieri sera. Non c’è bisogno che lo ripeta”.
Sorridi sarcastica, ti avvicini a lui, quasi a volerlo sfidare, “E cosa farai quando tuo figlio avrà bisogno di te? Correrai al tuo adorato vicodin?”, l’allusione alla conclusione della vostra storia è stato un colpo basso e forse hanno ragione Wilson e Anna, alzare i toni non risolverà il problema, “House”, cerchi di controllare il tono della voce, “Fare il padre non è un gioco, il ruolo di un padre non si limita a divertirsi con lui, a fargli da mangiare. Devi essere presente sempre, devi fargli capire che tu lo aiuterai in qualsiasi momento. Lui deve essere il tuo primo pensiero, prima di te stesso, prima del tuo lavoro. House non possiamo dirgli che sei suo padre se poi alla prima difficoltà lo lascerai da solo. Non fargli questo”, distoglie gli occhi, che fino a quel momento erano stati fissi nei tuoi e li punta verso la finestra, “Avvisami quando prenderai una decisione”.
Un’ira incontrollata monta dentro di te. Possibile che non capisca che non si tratta solo di te e lui ma della felicità di Matt, “Come diavolo fai a non capire! Non ti permetterò di distruggere la vita di mio figlio!” gli urli in faccia.
“E qui che sbagli, Cuddy”, gli occhi puntati di nuovo nei tuoi, “Non è tuo figlio. Matt è nostro figlio”.
Hai il respiro accelerato, sei agitata, spaventata, arrabbiata, ma sono bastate quelle due parole pronunciate dalla sua voce, e tutti quei sentimenti sembrano essere più lontani mentre il tuo cuore sembra in grado, di colpo, di vedere la situazione da una prospettiva differente rispetto al tuo cervello.
Lo fissi in quegli occhi azzurri come l’oceano, incapace di formulare qualsiasi frase, l’eco delle parole “nostro figlio” stordisce i tuoi sensi.
Esci da quella stanza, hai bisogno di stare da sola.
 
 
Sta per raggiungerti, il ticchettio dei suoi tacchi si fa sempre più vicino, fingi indifferenza. Dovrebbe essere già entrata nel tuo studio ma l’assenza di qualsiasi rumore ti spinge a sollevare lo sguardo. La vedi, ferma, dietro la porta a vetri del tuo ufficio. Vi guardate mentre la sua mano raggiunge la maniglia della porta. Si ferma a pochi passi dalla scrivania, “Ho appena accettato la proposta del consiglio”, non c’è risentimento nella sua voce, fai un cenno con la testa come a volerla ringraziare per averti comunicato la sua decisione. “Promettimi che non gli dirai per nessuna ragione di essere suo padre senza averne parlato prima con me”, “Certo”.
Si morde il labbro inferiore, “Ho sempre fatto un gran casino nella mia vita privata e quando il mio casino si è unito al tuo sappiamo com’è andata a finire. Cerchiamo di non rovinare l’unica cosa buona che abbiamo fatto”, “Cuddy, lui può essere la mia ultima possibilità”.
Raggiunge la porta, sta per uscire ma poi sembra ripensarci, “Ti raddoppio le ore di ambulatorio”, ti dice sorridendo compiaciuta, “Ma…sei il capo da neanche mezzora e poi io non ho fatto niente” le rispondi scandalizzato, “Così impari a ricattarmi. Ci vediamo domani mattina alle nove” e lascia il tuo studio.
Un sorriso sale fino alle tue labbra. Andrà tutto bene ti dici.

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Capitolo 16
*** La cena ***


“Cercavo proprio voi due”, sollevi lo sguardo dal tuo pranzo, il tuo nuovo capo è di fronte a te in tutto il suo splendore, gonna aderente, maglietta scollata e tacchi alti. “Perché ho la percezione che non sarà niente di buono?”, solleva gli occhi al cielo, “Stasera siete a cena da me”, “Cosa si festeggia?” le chiedi mentre infilzi la bistecca, “Mia madre e mia sorella vengono a trovare la bambina”. Ti blocchi di colpo e noti che anche Wilson, di fronte a te, è rimasto con la forchetta sospesa a mezz’aria. “Io…io”, cerchi una scusa plausibile per non andarci, “Voi due siete a cena da me!” ha intuito che cercavi una scusa, “Questo mi sembra un ordine più che un invito” le fai notare, sbuffa, “Mia sorella ha avuto la brillante idea di invitare Turner e così Matt ha invitato House, che non riesce a dirgli di no. Ho bisogno di voi”, “Non credo di essere la persona più adatta per questa serata, Wilson invece è perfetto”, cerchi di svignartela, “Anna ho bisogno di te, non ce la posso fare senza voi due”.
“E va bene” le rispondi rassegnata. Non che tu non voglia passare una serata in compagnia di Lisa, Matt e Rachel, ma la madre della Cuddy è veramente una iena, avresti preferito passare la serata a fare tamponi anali.
Wilson non ha neanche bisogno di rispondere, la sua indole da soccorritore dei sofferenti non gli permette di sottrarsi a certi compiti.
La Cuddy si allontana rincuorata. “House che non riesce a dire di no a Matt? Lo credi possibile?”, ti chiede Wilson sospettoso, “E più probabile che voglia tenere sott’occhio Turner. Matt non avrà dovuto neanche insistere, quei due hanno lo stesso obiettivo…marcare il territorio”.
 
 
Eri nel pieno dei preparativi della cena, non cucinavi molto spesso, ma quando ne avevi l’occasione la coglievi al volo, ti piaceva prenderti cura dei tuoi ospiti, soprattutto da quando, grazie ad Anna, avevi cominciato ad apprezzare la cucina italiana. Per quella serata avevi deciso di fare un antipasto leggero, solo delle bruschette col pomodoro, come primo lasagne, per secondo arrosto di vitello con patate e per finire un buon dolce al cioccolato.
Senti bussare, e ti chiedi chi diavolo potesse essere. Avevi un mucchio di cose da fare e i primi ospiti sarebbero arrivati da lì a due ore.
“Tu sei in ritardo solo quando devi venire a lavoro?”, House era sulla soglia di casa, “Potrei stare con i bambini…immagino che avrai un sacco di cose da fare”, ti sposti lasciandolo entrare, “Grazie, sei gentile”, “Ero di strada. Ho accompagnato qui vicino una mia amichetta, e per amichetta intendo…”, lo spingi verso il salone, dove Matt e Rachel stanno giocando, “Non mi interessano i particolari”.
Guardavi il tuo armadio con aria interrogativa, era strapieno di vestiti eppure non sapevi cosa indossare per la serata. Eri in ritardo, dovevi sbrigarti, così afferri un vestito e ti chiudi in bagno.
Mancavano solo gli ultimi ritocchi e saresti stata pronta per accogliere gli ospiti. Il suono del campanello, però, ti avverte che non sarà così, “Rachel potresti aprire tu”, “Non posso mamma!”, urla dal salone, “Sto per raggiungere il tuo  record”. Maledici il videogioco! “Ci penso io!” House si è appena proposto per andare ad aprire la porta, se si tratta si tua madre, è probabile che crolli la casa. Un’altra volta.
 
 
“Vedo che mia figlia non ha perso le vecchie abitudini!”, Arlene Cuddy è appena apparsa e già hai voglia di scappare, la serata a quanto pare sarà lunga, “Anch’io sono felice di vederti”. Le fai segno di entrare, la donna supera l’ingresso e si dirige verso il salone, seguita da Julia. “Ciao nonna”, la salutano Rachel e Matt. Li saluta con un leggero bacio sulla guancia, “La mamma dov’è?”, “In camera” le risponde prontamente Matt, “Sta finendo di prepararsi” le spieghi, “Lisa lascia i suoi figli da soli con te?”, “Le ho già detto che non è un granché come madre”, ironizzi.
“Buonasera, scusate il ritardo”, Cuddy ha appena fatto il suo ingresso. Indossa un abito grigio, di un tessuto morbido che legato dietro il collo, le fascia i seni, i fianchi, fino ad arrivare alle ginocchia. Una cinta di tessuto nera le cinge la vita e richiama il colore delle decolté.
Saluta sua madre e sua sorella mentre tu socchiudi le labbra per ispirare dell’ossigeno, il tuo cervello ne ha proprio bisogno.
“Sììììììì, sono arrivata al quinto livello!!!” urla Rachel che era tutta intenta a giocare al videogame. “Non ci posso credere, siamo stati battuti da due femmine”, si lagna Matt rivolgendosi a te con aria sconfitta, “Avrà imbrogliato” cerchi di rincuorarlo, “Non è vero!” ti risponde piccata la bambina con lo stesso cipiglio severo della madre, tant’è che ti aspetti di dover fare delle ore extra di ambulatorio, “Non dargli retta, non sanno perdere. Hanno sostenuto la tesi dell’imbroglio anche con me” le dice sorridendo Cuddy.
La scena è seguita da un silenzio imbarazzante, “Io vado a preparare gli stuzzichini”, cerca di smorzare l’atmosfera la Cuddy, che con passo incerto si dirige verso la cucina seguita dalla sorella, mentre Arlene si accomoda in una delle poltrone del salotto. Tu la imiti, sedendoti di fronte alla donna.
“Aspettiamo qualcun altro?” chiede, osservando la tavola imbandita, “Zio Jimmy, zia Anna”, comincia Rachel, “E quell’antipatico dell’avvocato”, conclude Matt, “Sempre se non fora”, aggiunge divertito, contagiando sia te che Rachel. “Ci fosse mai stato un fidanzato di tua madre che ti sia stato simpatico” controbatte Arlene, “Turner non è il suo fidanzato!”. Il campanello pone fine ai discorsi, “Rachel, puoi aprire tu?” la voce della Cuddy vi raggiunge dalla cucina, “Sì mamma”, le risponde la bambina alzandosi…
 
...Intanto, in cucina,…
 
“Non penserai di cambiare discorso così facilmente?”, le mani appoggiate ai fianchi, e per un attimo Julia ti ricorda la postura che assumeva tua madre quando cercava di scoprire chi fosse il tuo fidanzato ai tempi del liceo.
“Non c’è nessun discorso da cambiare. Non ho invitato io House, è stato Matt”
“E tu non potevi dirgli che si trattava di una cena di famiglia”.
“Sapeva che ci sarebbe stato Turner”, gli rispondi già allo stremo delle forze e non vi eravate neanche seduti a tavola, “Ma tu e lui uscite insieme, è diverso”, “Io e Turner siamo usciti una volta insieme” puntualizzi, “E ti ricordo che sei stata tu ad invitarlo, quindi come potrai notare non ho nessuna colpa né della presenza di Turner, né di quella di House”.
“Ciao, serve una mano?”, il viso di Anna compare da dietro lo stipite della porta, “No grazie, è già tutto pronto”, le sorridi rispondendo alla sua occhiata complice. Probabilmente aveva immaginato che tua sorella ti stesse tormentando ed era corsa in tuo aiuto. “Allora resto qui a chiacchierare con voi, non vorrei dover essere costretta a testimoniare su chi ha picchiato chi”, la guardi con aria interrogativa e anche un po’ preoccupata, “Tua madre e Matt discutono su quanto Turner sia adatto ad assumere il ruolo di fidanzato. Credo che finirà per picchiarlo o per picchiare House che lo spalleggia”, ti spiega con noncuranza, mentre tu combatti con l’istinto di scappare lontano.
Guardi tua sorella con un’espressione omicida, lei era l’unica che avrebbe potuto spifferare, a tua madre, dell’uscita con l’avvocato, “Le ho solo detto che uscivi che un bell’uomo e che sarebbe stato a cena con noi”.
Ti dirigi, preoccupata, verso il salone quando il campanello richiama la tua attenzione. “Smettetela immediatamente!” e la discussione si interrompe di colpo mentre soddisfatta apri la porta lasciando entrare Turner. “Ciao Lisa”, “Buonasera. Accomodati, gli altri sono in salotto”. L’uomo indossa un elegante vestito nero e una camicia bianca lasciata aperta nei primi bottoni. E’ decisamente affascinante. “Ho portato questo vino. Spero si sposi bene con la cena che hai preparato”, “Andrà benissimo”.
Lo accompagni nel salone dove ci sono tutti gli altri, “Spero di non essere in ritardo”, “Certo che no”, mia sorella è sbucata dalla cucina con in mano il vassoio con gli stuzzichini e sorride compiaciuta a Turner e ti chiedi se non sia lei ad aver fatto un pensierino su quell’uomo.
 
Sei tutta intenta a preparare del buon espresso italiano, la cena è andata bene, anzi è stata a lunghi tratti piacevole. Sei ancora viva, sono tutti ancora vivi, ed è bastato posizionare le teste calde a debita distanza le une dalle altre.
Poggi l’ultima tazzina sul vassoio, l’aroma del caffè è stupendo. Ha ragione Anna quando si rifiuta di bere quello americano, e per fortuna aveva deciso di lascarti la macchina dell’espresso insieme alla casa, quando avevi riassunto la carica di direttore sanitario.
Appoggi il vassoio sul tavolo mentre tutti si servono, e noti che i bambini si sono addormentati sul divano. “Allora signor Turner, lei di cosa si occupa?”, distogli l’attenzione dai tuoi figli, fissando tua madre dritto negli occhi. Un brivido di paura percorre la tua persona, a quanto pare tua madre ha atteso che Matt si addormentasse prima di sferrare la sua offensiva. “Sono un avvocato, mi occupo delle cause che riguardano l’ospedale, problemi di assicurazione, citazioni per inadempienze, medici che non seguono il protocollo. In questo primo periodo mi sono reso conto che le mie cause riguardano soprattutto il dottor House”, lo provoca, e ti penti di aver cantato vittoria troppo presto, “Perché io al contrario dei miei colleghi salvo vite” risponde House piccato. “L’ho sentito dire. Le infermiere parlano molto. In realtà, ero curioso di conoscere la signora House, mi hanno detto che è una bellissima donna”. Ti infastidisce sentir parlare di un’altra donna in questi termini, Dominika è la signora House, sua moglie, tu, invece, non sei nessuno. “Non pensavo che tu fossi uno di quegli uomini che lasciano le mogli a casa e vanno a divertirsi in giro”, continua. Wilson guarda la tazzina del caffè, forse sperando di leggerne il futuro, Anna si muove nervosamente sulla sedia e quando sposti lo sguardo su House noti che ti sta osservando per poi abbassare lo sguardo, anche lui si sente a disagio, come tutti quelli che sono a conoscenza della situazione. “E’ tornata in Ucraina per un po’”, “Kiev è una bellissima città”, “Come fai a sapere che viveva a Kiev prima di venire in America?” gli chiede House. Esita per un attimo, “L’ho letto nel tuo fascicolo. Noi avvocati dobbiamo sapere tutto dei nostri clienti”.
Per fortuna la conversazione si era concentrata sulla vita professionale di Turner, evitandoti così di dover affrontare questioni spinose. Non ti sentivi più tranquilla però, sapevi a cosa saresti andata incontro appena gli ospiti avessero superato la soglia della porta di ingresso, tua madre aveva sorvolato sulla questione matrimonio di House, ma le occhiate che ti aveva lanciato tra una frase sgradevole e un finto sorriso cordiale, non ti avevano lasciato dubbi, ti avrebbe rinfacciato il rapporto che avevi ristabilito con House, usando il suo matrimonio come pretesto per umiliarti.

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Capitolo 17
*** Nessuna remora ***


Eri seduta sul divano, avevi deciso si restare ancora un po’. Conoscevi bene le dinamiche della famiglia Cuddy, Lisa era preoccupata di dover affrontare una discussione con sua madre, Arlene, invece, non vedeva l’ora di discuterne e Julia, a quanto pare, avrebbe spalleggiato sua madre, perché nonostante le due sorelle si fossero sempre aiutate e supportate, quando la discussione verteva su House, la sorella minore si schierava dalla parte della strega cattiva, epiteto che avevi affibbiato alla donna dopo che in una discussione ti aveva predetto lo stesso futuro di House, sola, drogata e magari chiusa in qualche manicomio o prigione. Così, anche se restia a immischiarti nelle liti altrui, ti ritrovi seduta su un divano, mentre lo sguardo compassionevole di Wilson ti chiedeva se eri sicura di voler rimanere. No, non eri sicura, di lì a qualche minuto si sarebbe scatenato l’inferno, ma Lisa aveva bisogno di un’amica.
“Quindi tu e Cole uscite insieme?”, aveva già cominciato a chiamare l’uomo per nome, sintomo che le era simpatico. “No” rispose Lisa mentre si accomodava sul divano. “E’ troppo gentile per i tuoi gusti?”, l’interrogatorio era appena iniziato, poi l’avrebbe accusata di qualche azione scorretta e gli insulti sarebbero arrivati di lì a poco. “Sono impegnata con mille cose”, Lisa aveva appena iniziato a gesticolare, segno che era agitata, “La casa, il lavoro, i bambini. Non so se l’hai notato ma mi sono appena trasferita”, “L’ho notato. Diciamo anche che sei impegnata a essere l’amante di House”. Come previsto lo sviluppo della conversazione aveva seguito il solito filo logico, tu lo sapevi, Lisa lo sapeva, ma adesso osservavi i suoi occhi smarrirsi, i denti torturare le sue labbra, le mani stringersi una all’altra come a voler cercare supporto reciproco. Ogni volta che la conversazione arrivava a questo punto Lisa si trasformava in una bambina spaurita, come se fosse tornata indietro, a quando sua madre la rimproverava per una marachella o un traguardo fallito.
La donna in grado di dirigere un ospedale, di farsi rispettare da tutti, i cui ordini erano eseguiti con solerzia e scrupolosità, spariva per lasciare spazio ad una donna così incauta da presentarsi sul campo di battaglia, senza né armi né armatura. Forse perché malgrado l’esperienza, sperava che sua madre l’aiutasse invece di giudicarla. Sbagliava. “Non sono l’amante di House”, nel tono di un voce un pizzico di decisione e risentimento, “Mi stai dicendo che non è entrato nel tuo letto?”. Un lampo di comprensione le attraversa gli occhi, la notte passata con House l’annovera proprio in quella categoria. Prende aria ma dalla sua bocca non esce alcun suono. “Lo sapevo”, un sorriso maligno modifica i lineamenti di Arlene, “Pensavo di aver cresciuto una donna perbene ed invece scopro che ho cresciuto una puttana che va a letto con uomini sposati”.
Stenti a credere alle tue orecchie, non solo per il silenzio della Cuddy, ma non ti capaciti di come una madre, di fronte al dolore così evidente di una figlia, continui a infierire divertita, invece di tenderle la mano e capire.
“Adesso basta”, non urli ma il sibilo che fuoriesce dalle tue labbra congela l’aria e gli occhi delle tre donne sono puntati su di te, “E’ sua figlia e lei non ha la minima remora nell’offenderla, nell’umiliarla. Ma che razza di madre fa una cosa del genere”. Non sembra turbata dalle mie parole, anzi, sembra quasi divertita, “E quale razza di amica approverebbe una relazione insieme ad uno psicopatico. Le è entrato dentro casa con la macchina rischiando di ucciderla. Sperate che adesso finisca il lavoro?”, si alza in piedi, quasi a volerti sfidare, ma non ti intimorisce neanche un po’, “Quale razza di amica”, continua, “Approverebbe una relazione con un uomo sposato”. Inarchi il sopracciglio, lo fai sempre quando sei costretta a sentire delle assurdità, “Quale madre rinfaccerebbe alla figlia qualcosa che ha fatto anche lei o che addirittura continua a fare”, la tresca tra la madre di Lisa ed un aitante messicano, sposato, era diventata di dominio pubblico dopo il ricovero di Arlene. Non che ti interessasse la sua vita privata ma non sopporti l’ipocrisia. “Non ti permetto di parlarmi in questo modo!”, ti urla la donna oltraggiata dalla tua sfacciataggine. “Ed io non le permetto di rivolgersi così a…”, “Anna basta”, ti interrompe la Cuddy, “House è il padre di mio figlio. Farà parte della sua vita e quindi anche della mia. Ti chiedo di accettarlo, se non lo farai, ti chiedo di esimerti dal giudicare le mie scelte”.

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Capitolo 18
*** Il vecchio sapore ***


Erano passate due settimane dalla cena a casa della Cuddy e tu eri sempre più confuso. Lei era diventata fredda, distaccata, ti aveva chiesto di avvisarla prima di presentarti a casa sua, di non portare i bambini nel tuo appartamento e di non andare a prenderli a scuola per nessuna ragione, sembrava addirittura infastidita dalla tua presenza. Ti eri sentito umiliato, ferito, avevi distolto per un attimo gli occhi dal suo viso, avevi fatto un cenno di assenso con la testa e ti eri allontanato mentre un paio di vicodin scivolano piano nella tua gola.
Il ritorno di Dominika, poi, aveva reso ancora più difficile l’ultima settimana. Ricordavi ancora la sfuriata della Cuddy la mattina dopo il confronto che c’era stato tra te e tua moglie.
 
Falshback:
Eri di fronte alla porta di casa quando un rumore proveniente dall’interno attrae la tua attenzione. La porta non è chiusa, la apri con cautela, senza far rumore, credendo si trattasse di un ladro, ma un buon profumo investe il tuo olfatto. Si trattava di Dominika, era tornata. Non ti infastidiva la sua presenza ma in quel momento eri preoccupato. Gli avvenimenti che avevano scombussolato la tua vita, avevano inevitabilmente cambiato le tue priorità e non potevi continuare ad assecondare una relazione così atipica come quella che avevi con Dominika. Sulla carta e per lo Stato era tua moglie, un matrimonio concepito solo per un proprio tornaconto era diventato qualcosa di più. Nonostante ogni tanto sparisse per mesi, avevate passato molto tempo insieme e lei allietava le tue giornate rendendole meno dolorose. Questo però non aveva niente a che fare con l’amore e non poteva coesistere con un figlio, non poteva coesistere con la presenza costante della Cuddy nella tua vita, nei tuoi pensieri.
Avevate cenato in silenzio, avevi solo risposto ad alcune domande sul ritorno della Cuddy in ospedale, concentrato sul modo più giusto per spiegare a Dominika la situazione. Così, di colpo, senza tatto e senza la minima sensibilità, le dici che ti eri rivolto ad un avvocato per la separazione, e non perché tu sia il solito bastardo ma perché sei giunto alla conclusione che non c’è un modo giusto per dire certe cose, specialmente se a cercarlo sei tu.
“I documenti sono pronti, c’è bisogno della tua firma. Puoi restare qui fino a quando non trovi un posto dove stare”
È ammutolita, la osservi per la prima volta da quando hai iniziato a parlare. È turbata, sorpresa. “Ecco il motivo per cui è tornata la dottoressina. Rivuole il suo giocattolo”. È arrabbiata, si alza dalla sedia, e ti guarda fisso negli occhi, “Ti userà, passerà del tempo con te ma poi non ti accetterà per quello che sei e ti lascerà di nuovo solo”. Non vuole perderti, sei importante per lei, ne hai la consapevolezza guardando i suoi occhi inumidirsi leggermente, ma a maggior ragione devi troncare questo rapporto. Non potrai mai ricambiarla come lei merita. “Ho già deciso” sentenzi. Afferra la borsa e il cappotto e mentre sta per uscire si volta, “Lei non è la donna giusta per te”, e la sua figura scompare dietro la porta. Ha ragione, nessuna donna è giusta per te, nessuna donna dovrebbe essere condannata ad amare un uomo come te, ma se ce n’è una, quella è Lisa Cuddy.
 
La mattina dopo la Cuddy era entrata come una furia nel tuo ufficio sbattendo i tacchi un po’ più del solito. “Ti sarei grata se chiedessi a tua moglie di starmi lontana. Non sono rimasta qui per farmi insultare da lei. Io ricopro un ruolo di prestigio e non può arrivare una qualunque a offendermi facendomi passare per una sgualdrina davanti ad un sacco di gente”.
Sei seduto alla tua scrivania, immobile, senza avere la minima idea di ciò di cui stava parlando, ti eri solo sorbito le sue urla che probabilmente avevano raggiunto anche i parcheggi sotterranei.
Lei nota la tua espressione perplessa e il sorriso ironico che spunta sul tuo viso e si innervosisce ancora di più, “Non so cosa tu le abbia detto”, il dito indice puntato su di te, “Ma risolvi questo macello!!!”
“Non ho idea di cosa tu stia parlando”, ti appoggi allo schienale rilassato, come se non fossi stato sgridato come un bambino di cinque anni, “Dovresti spiegarti invece di urlare”, felice che dopo giorni di indifferenza, fosse tornata ad essere la Cuddy di sempre.
Si era poggiata alla scrivania ed era anche ricomparso quel sorrisino che sfoderava quando voleva sfidarti, “Tua moglie si è presentata stamattina davanti a scuola di Matt dicendomi di essere una rovina famiglia”.
“Parlerò con Dominika”, le dici…
 
I tuoi pensieri vengono interrotti. Parli del diavolo, anzi, pensi al diavolo…
La dottoressa Cuddy è appena entrata nel tuo studio e si dirige decisa verso di te. Ti sembrerebbe una scena già vista se non avesse tutt’altra espressione.
“Hai cinque minuti?” ti chiede cortese, “Se vuoi fare sesso mi libero” le rispondi con i tuoi soliti modi, “Devo chiederti un favore”, ti ignora, “Allora del buon sesso mi sembra il minimo”. Sbuffa esasperata. Provi un perverso piacere a farla arrabbiare.
“Potresti stare con i bambini stasera?”, “Ho il poker”, sembra riflettere un istante, “Ok” ti risponde delusa mentre si accinge a lasciare il tuo ufficio, “A che ora devo stare a casa tua?”, le chiedi. Se vuoi una chance come compagno, come padre, devi cominciare a dimostrarle che può contare su di te, che non sei il solito egoista che pensa solo alle proprie esigenze. “Alle otto” ti sorride e percepisci un pizzico all’altezza del muscolo cardiaco, come se la felicità stesse cercando di varcare la soglia del tuo cuore, ma la scacci immediatamente, un solo sorriso non può provocare tutto ciò, non in Gregory House.
La osservi allontanarsi, nel suo tailleur sexy e su i suoi  tacchi vertiginosi e non sprechi l’occasione di soffermarti sul suo sedere.
 
Sei in anticipo di cinque minuti, non è da te, anzi, mina la tua reputazione di menefreghista ritardatario ma, dopo aver rinunciato al poker, presentarsi in anticipo avrebbe consolidato l’idea che, sapevi già si fosse insinuata in lei, stavi cercando di cambiare e, magari, dopo essere tornata dalla cena con i finanziatori, potevi sfoderare le tue indubbie doti di seduttore per farla capitolare.
Bussi alla porta con il bastone. Apre senza neanche chiederti chi sei, “Potrei essere un pervertito” le dici, e poi ti immobilizzi, gli occhi fissi su di lei, che sta cercando di infilarsi un orecchino. È semplicemente bellissima. Indossa un abito di raso rosso, con una scollatura generosa e delle semplici perline sparse qua e là ad ornarlo. Un leggero trucco che mette in evidenzia i suoi bellissimi occhi e il suo dolce sorriso. “Sono abituata ad avere a che fare con i pervertiti. Ho un dipendete che mi molesta in continuazione”, non dai importanza alla sua solita risposta puntale e pungente, troppo impegnato a contemplarla, fino a quando un dubbio fastidioso non si insinua nella tua mente, “Dove devi andare vestita così?”, la vedi titubare e la conosci abbastanza bene da leggere nei suoi lineamenti i sensi di colpa per averti mentito, o per meglio dire, omesso la verità. Il dubbio diventa certezza. “Esco con Turner”, “Carino da parte tua, chiedere a me di restare con i bambini mentre tu te la spassi col primo arrivato”, “Io non me la spasso e sono libera di uscire con chi mi pare”.
Entrate nel salotto dove Rachel paziente sta insegnando a Matt le lettere dell’alfabeto. “House!!!” urla Rachel, sinceramente felice di passare del tempo con te, Matt, invece, ti saluta con indifferenza. C’è qualcosa che non va. “Fate i bravi e a letto alle dieci”, “Io non vado a letto alle dieci” le risponde piccato Matt, “E per quale ragione?”, hai pochi dubbi sulle motivazioni di tuo figlio, “Se tu esci con uno che mi sta antipatico perché io devo andare a letto quando lo decidi tu?”, “Non sono cose che puoi decidere tu. Sono decisioni che spettano a me e tu le accetterai. Chiaro!”. Non l’hai mai vista rivolgersi così ai bambini e da come la guardano nemmeno loro. Possibile che per la Cuddy questa frequentazione sia così importante tanto da costringere Matt ad accettare un uomo che non sopporta?
Il suono del campanello vi avverte che quel damerino da quattro soldi è arrivato. “Loro hanno cenato”, ti dice la Cuddy mentre si infila il cappotto, “Ci sono dei tramezzini nel frigo nel caso vi venisse fame. Io vado”, “Ciao mamma” le risponde Rachel, “Ciao” le dice Matt in tono atono. Lo guarda dispiaciuta per il modo in cui l’ha zittito pochi minuti prima e senza dire niente, prende la pochette e se ne va.
 
Rachel ha insegnato a Matt tutte le lettere dell’alfabeto mentre tu hai appena finito di vedere una sitcom, “Mi passi il telecomando?” chiedi a Matt, “Prenditelo” ti risponde rude, “Ei mostriciattolo, non puoi prendertela con me se sei arrabbiato con tua madre”, “Sono arrabbiato anche con te”, “E perché mai?” gli chiedi conscio di non aver fatto niente, se non considera il fatto che, il giorno prima, gli avevi rubato l’ultimo leccalecca che c’era in clinica, “Potevi chiedere tu alla mamma di uscire. E adesso che facciamo? Quello lì non mi piace per niente. Io non lo voglio come papà”, “Neanche io”, concorda Rachel.
“Non diventerà vostro padre perché esce con vostra madre”, sbotti infastidito. Ti guardano un po’ preoccupati, si staranno chiedendo se in ospedale gira una qualche sostanza che faccia reagire in maniera spropositata le persone. Non hai mai provato un senso di possesso così forte nei confronti di qualcuno, in un istante ti sei immaginato Turner alla partita di lacrosse di Matt, o al saggio di pianoforte di Rachel, e hai reagito di istinto, sei tu quello che farà parte delle loro vite, “Correte troppo con la fantasia”, cerchi di spiegarti con calma, “Sono usciti solo un paio di volte”, “Sono usciti insieme altre volte” ti rileva Matt sconsolato. Ed ecco spiegato il motivo dell’allontanamento della Cuddy delle ultime settimane, non ha avuto neanche il coraggio di dirtelo in faccia. Questo però non cambia le cose, “Anche se Turner dovesse fidanzarsi con vostra madre, questo non significa che diventerà vostro padre se voi non lo volete”.
 
I bambini dormono già da un po’ ma della Cuddy nessuna traccia. Sei nervoso, credi di aver fatto un solco sul pavimento, tra il divano e la finestra, per quante volte sei andato a controllare se i due piccioncini fossero tornati.
Gli abbaglianti di una macchina illuminano il salone, ti avvicini alla finestra, e osservi Turner aprire la portiera della macchina per far scendere la Cuddy. Idiota. Si avvicinano lentamente all’ingresso, si sorridono. Che avranno da ridere, poi. Si fermano ad un paio di passi dalla porta, riesci a vedere solo la nuca dell’uomo che per metà è coperto dalla colonna dell’ingresso, mentre la Cuddy è di fronte a te che sorride seducente all’uomo. Lui le accarezza la guancia. L’avevi già detto che era un idiota? La figura di Turner scompare dietro la colonna, ti ci vogliono solo pochi attimi per capire quello che sta succedendo, le labbra dell’uomo si appoggiano su quelle della Cuddy. Si stanno baciando.
 
 
Osservi Cole avvicinarsi al tuo viso, istintivamente sposti il piede sinistro cercando di allontanarti da quella situazione, ma poi intravedi due occhi azzurro oceano che ti stanno guardando al di là della finestra e pensi che il modo migliore per demolire qualsiasi piano per riconquistarti sia quello di vederti insieme ad un altro. Rispondi al bacio. Senti la lingua di Cole entrare di prepotenza, la sua mano fa pressione dietro alla tua schiena in modo da approfondire il bacio e l’unico pensiero che invade il tuo cervello è che non ha il suo sapore, non ha la sua delicatezza, semplicemente non è lui. Non è House.
Vi staccate, lo guardi per qualche secondo, “E’ meglio che io vada”, “Ok”, ti bacia sulla guancia e si allontana.
Entri in casa, ti fermi un attimo ad osservare la porta, chiedendoti se stai facendo la cosa giusta, ti volti e per poco non ti viene un colpo, House ti osserva ad una manciata di passi. “Che ci fai lì?”, gli chiedi mentre raggiungi il salotto passandogli accanto, “Vi siete baciati”, senti i suoi passi irregolari alle tue spalle, “Che fai mi spii?” gli chiedi con veemenza, voltandoti e ritrovando i suoi occhi troppo vicini, ci puoi leggere tormento, sofferenza, angoscia. Vorresti abbracciarlo. Gli appoggi una mano sul petto, “House, forse è meglio che tu vada”, ti afferra il polso, “Hai fatto l’amore con lui?”, la voce ridotta ad sussurro, deglutisci rumorosamente, “House mi fai male”, sa che stai mentendo, la presa è salda ma non tanto da provocarti dolore, “Hai fatto l’amore con lui?”, “Non sono cose che ti riguardano. Dovresti preoccuparti con chi dorme tua moglie” gli rispondi. Senti la presa affievolirsi, punta lo sguardo verso qualcosa di imprecisato e tu cominci a respirare, di nuovo, “E’ andata via di casa. Ho chiesto la separazione”. Ti senti una cretina perché il cuore ha cominciato a battere più velocemente, come se la voce celibe sullo stato civile risolvesse tutti i problemi. “Se lo hai fatto per noi...”, “L’ho fatto perché voglio essere un uomo migliore” ti risponde sicuro. Senti gli occhi inumidirsi, vuole essere un uomo migliore per Matt e forse anche per Rachel. È felice quando è con loro, senti i lineamenti del tuo viso rilassarsi, addolcirsi. I suoi occhi sono tornati a torturarti, ne leggi speranza e paura allo stesso tempo, teme di non essere all’altezza, di rovinare tutto, di perdere per l’ennesima volta quella felicità da cui fugge da tutta una vita ma a cui, in fondo, aspira.
Avvicina le sue labbra alle tue, basta un leggero tocco affinché il tuo corpo si senta attratto come una calamita verso il suo, basta un solo tocco affinché tu riconosca il vecchio sapore, vecchio perché hai cercato di sostituirlo, inutilmente, vecchio perché eri una giovane donna quando hai capito che l’avresti cercato per tutta la vita. Fai pressione con la mano dietro la sua nuca per approfondire il bacio, per cancellare il bacio dell’uomo con il quale hai passato la serata.
Vorresti restare in quel limbo dove tutto è perfetto ma sai che la vita reale, per quanto lontana, è il posto in cui dovete tornare una volta terminato l’ossigeno. Interrompi il bacio, le paure, i tormenti, i dubbi, le inquietudini, ti assillano. Avete provato ad essere una coppia ed è risaputo com’è andata a finire, non puoi rischiare di vivere di nuovo quell’incubo, per te stessa, per i tuoi figli, “Torna a casa” gli dici senza neanche guardarlo, ma sei sicura che lui abbia capito, che anche lui lotti con i tuoi stessi fantasmi.

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Capitolo 19
*** Piccoli bisticci ***


Lavorare in ospedale è diventato divertente e stimolante come un tempo. La Cuddy è tornata a dribblare le varie idee strambe di House, radiazioni totali, biopsie rischiose, interventi invasivi, cure sperimentali, ed House è occupato nella ricerca, più disparata, di scuse con cui evitare l’ambulatorio e nella soluzione dei suoi adorati puzzle, anche se avevi il sospetto che azzardasse delle ipotisi assurde solo per far arrabbiare la Cuddy.
Finalmente una sensazione di tranquillità, sicurezza, familiarità invade le tue giornate. Tutto è come prima. Odi i cambiamenti, li hai sempre odiati. Nella tua vita si sono abbattuti come un uragano violento che senza pietà ha spazzato via ogni cosa, e tu hai sempre dovuto ricostruire tutto con fatica, collezionando una cicatrice dopo l’altra. Avevi deciso che saresti diventata un medico quando tua madre era morta davanti ai tuoi occhi senza che tu avessi potuto fare niente. Un dolore così forte, così straziante che avevi lasciato il tuo Paese, l’Italia, per rifugiarti dai ricordi, dalla quotidianità, da tutto quell’amore che un attimo prima c’era e dopo non c’era stato più.
In America avevi faticato molto, tanto da diventare uno dei neo medici più ambiti del Paese. Avevi ricevuto varie proposte, tra cui quella della dottoressa Lisa Cuddy, una delle poche donne ha ricoprire il ruolo di amministratore sanitario. Eri andata al colloquio incuriosita, e l’incontro ti aveva piacevolmente sorpreso, quella donna bella e intelligente non aveva niente a che fare con i vari decani che avevano cercato di assumerti. Non aveva un atteggiamento, spocchioso e arrogante ma aveva cercato di metterti a tuo agio, mostrandoti come il suo ospedale cercasse di raggiungere sempre il meglio. Quel giorno avevi capito di aver trovato un capo eccezionale, giusto e motivato, ma non potevi sapere di aver trovato anche un’amica.
Quando se n’era andata avevi sofferto molto, senza House e Cuddy l’ospedale aveva perso la sua vitalità, la sua verve, e neanche il ritorno di House aveva colmato il vuoto che ti aveva lasciato Lisa. Lavoravi con passione e competenza perché salvare vite era l’unica cosa che ti dava la forza di andare avanti nonostante il costante dolore per la perdita di tua madre, ma avevi perso l’entusiasmo dei primi anni.
Adesso tutto era perfetto…anzi migliorato. Ridi divertita. La Cuddy e House avevano cominciato a bisticciare come un tempo e anche per questioni che esulavano l’ambito professionale, ed era un vero spasso assistere alle loro discussioni…

10 giorni prima…
Eri andata dalla Cuddy per farti firmare dei fogli di dimissioni quando House aveva spalancato la porta col suo solito sorriso bastardo.
“Finalmente ti sei degnata di venire a lavoro! Possibile che debba fare sempre tutto io per salvare la vita dei nostri pazienti!”, con passo spavaldo si era avvicinato alla scrivania, “Se ti riferisci all’idea bizzarra di infettare con un virus potenzialmente letale il paziente, ti avevo già detto di no ieri sera”
“A dire il vero l’ho anche proposto al paziente”, la Cuddy appoggia la penna sui fogli e gli lancia un’occhiata omicida, “Ma in quel momento si è ricordato di aver tradito la moglie con un aitante ballerino brasiliano e così abbiamo risolto il caso mezzora fa”.
Era venuto solo per rinfacciarle la sua assenza.
“Vuoi sapere dov’ero?” la domanda è retorica, perché senza aspettare risposta gli dice di essere stata a scuola di Matt. “Che è successo?” le chiede, “Matt ha raccontato ai suoi amichetti di una ragazza, affetta da una malattia che non le faceva provare nessun dolore, e a cui hanno estratto dall’intestino una tenia lunga otto metri. Ti ricorda qualcosa?”, gli chiede provocatoria, “Non dirmi che vogliono che vada da loro per raccontare ai bambini dei miei casi”, si lagna e ha ragione, vista l’esperienza che aveva avuto in un’aula piena di bambini qualche anno prima. Non era finita proprio bene.
“Certo che no! Le mamme si sono lamentate con la maestra perché i bambini sono tornati a casa traumatizzati. Smettila di raccontare a Matt e Rachel dei tuoi casi”, “Di cosa dovrei parlare con i bambini? Potrei fare come gli altri padri, insegnarli come guardare il sedere della maestra o come tradire le loro madri con la babysitter”, sbotta infastidito. “House”, sussurra preoccupata, “Hanno chiesto alla maestra di cambiargli classe. Ha difficoltà nel rapportarsi con gli altri bambini, ha avuto gli stessi problemi a New York ma grazie alla sua insegnante, che era anche mia paziente, siamo riuscite ad aiutarlo. Non voglio che passi di nuovo lo stesso disagio”, “Ok” le risponde dispiaciuto all’idea di non poter più raccontare dei suoi casi ai bambini.
Finalmente la Cuddy ha firmato i documenti, così puoi lasciarli da soli a discutere sul pargolo. “Vorrà dire che stasera gli insegnerò come guardare sotto le gonne delle sue amiche. Le mamme saranno sicuramente più contente”, scoppi a ridere, ti erano mancate da morire le loro discussioni, “Vuoi fare da cavia?”, chiede alla Cuddy che lo guarda accigliata, “L’ambulatorio ti aspetta” gli risponde sempre con lo stesso cipiglio severo anche se sei sicura che, appena House uscirà dal suo ufficio, un sorriso spunterà anche sul suo volto.
Il tuo buon umore, però, dura poco perché dopo cinque minuti ti raggiunge Turner, “Dov’è andata la Cuddy stamattina?”, “Perché lo chiedi a me?”, “Perché lei è strana in questi ultimi giorni”, “C’era un problema alla scuola di Matt”, rispondi rassegnata, in quei pochi giorni avevi capito una cosa dell’avvocato, era persistente. “La West Village di New York non ha niente a che vedere con la scuola che frequenta adesso” afferma l’uomo, “Gli ci vorrà solo del tempo per ambientarsi” gli rispondi, prima di allontanarti per visitare un paziente che era in attesa in sala visite.

2giorni prima:
“Non dovreste operare”, “E da quando un avvocato prende decisioni mediche?” controbatte House, rivolto più alla Cuddy che a Turner, “Non mi sembra neanche un granché come avvocato” continua, “E’ stato per cinque anni nello studio di Morris-Carter a Londra, che è specializzato in diritto sanitario” intervieni, “Ma tu da che parte stai?”, ti chiede House, “Però neanche a me sembra un granché come avvocato”, cerchi di recuperare prima che il tuo ex capo ti faccia fuori. Turner ti guarda sospettoso. Avevi preso informazioni sull’uomo perché una parte del tuo cervello ti diceva di averlo già visto da qualche altra parte e così avevi indagato un po’ ma senza risultati.
Non sai come riesci sempre a infilarti nei casini, deve essere un talento fuori dal comune il tuo. Ti era bastato schierarti dalla parte di House in una differenziale e lui ti aveva costretta a seguirlo nel tentativo di far cambiare idea alla Cuddy, che aveva già dato parere negativo all’intervento sotto consiglio di Turner. Wilson era accanto a te con la tua stessa espressione disperata, lui era già lì quando avevate fatto irruzione nell’ufficio della Cuddy. La sua era solo sfiga.
“Lui è qui per consigliarci”, gli risponde Lisa, “Lui è un avvocato ma tu sei un medico. Dovrebbe interessarti la salute del paziente”, “Io devo tutelare tutti i pazienti dell’ospedale e tutti medici che lavorano per me. Non hai il consenso del paziente e non posso autorizzare un intervento così rischioso basato su una diagnosi campata in aria”, “Pensavo che concordassi perlomeno sulla diagnosi”, sembra risentito, “Ma non abbiamo prove mediche. Portamene una e ti darò l’autorizzazione”, si siede alla scrivania accavallando leggermente le gambe, conscia che House non si rassegnerà tanto facilmente, “Le analisi non sono risolutive”, “Aspetteremo i risultati di quelle risolutive allora”, “Ci vorranno tre giorni” sbotta esasperato, “Il paziente non ha tre giorni”.
“Forse dovremmo…”, “Il paziente non denuncerà l’ospedale una volta guarito” lo interrompe House. L’avvocato viene bellamente ignorato. Purtroppo lui non sa che quando quei due litigano, non esiste nient’altro. Tu, Wilson e Turner potreste anche iniziare a ballare il can-can, loro non si accorgerebbero di niente.
“Non puoi saperlo”, “Licenziami! Al processo dirò che ho fatto tutto da solo. Me ne assumerò la responsabilità, così il tuo del sederino sarà al riparo”, la provoca House, “Non ho nessuna intenzione di licenziarti”, la Cuddy si solleva dalla scrivania e raggiunge la sedia, cederà, ne sei certa, come sempre d’altronde. “Forse dovremmo…”, ma anche adesso Turner viene ignorato, “Ma tu devi capire che non puoi fare sempre di testa tua ignorando gli altri” lo interrompe Lisa, “Cos’è vuoi farmi pagare adesso la litigata di ieri sera?”. Avevano appena varcato la soglia della sfera privata, sembravano marito e moglie più che colleghi. “Certo che no. Ma tu fai sempre così. Vuoi sempre aver ragione su tutto”, “I leccalecca non hanno mai ucciso nessuno”. Ti scappa un sorriso, non ci puoi credere, stanno litigando sui leccalecca che, quasi sicuramente, House ha dato a Rachel e Matt nonostante il divieto di Lisa.
“Ti avevo chiesto di non darglieli perché altrimenti non mangiano niente a cena”, risponde sconcertata Cuddy per la piega che sta prendendo la discussione, “House vorrei solo evitare di mandare in banca rotta l’ospedale”, gli dice Lisa cercando di riportare la conversazione sui giusti binari.
La questione si era risolta con l’autorizzazione della Cuddy all’intervento e il paziente che aveva promesso di non denunciare l’ospedale se i motivi dell’infezione non fossero stati resi noti.


…anche adesso…
La Cuddy era riuscita ad incastrarti in un estenuante e noioso lavoro, revisionare cartelle mediche. Aveva promesso ad House e ai bambini di andare con loro al cinema e non sarebbe mai riuscita a revisionarle tutte per il giorno dopo, così ti aveva fregata. Aveva fatto leva sulla delusione che avrebbero subito Matt e Rachel se tu non l’avessi aiutata e così avevi ceduto.
Adesso ti ritrovavi davanti ad una pila di scartoffie da controllare e ad una Cuddy, soddisfatta dei suoi metodi di persuasione, che ti spiegava cosa andava fatto, come se tu non lo sapessi già.
“Mi spieghi cos’è questa storia? Chi è questo John, Jerry o come diavolo si chiama lui?”, House è appena sbucato dal nulla, “Si chiama Joan ed è un amico di Rachel” lo corregge paziente Lisa, “Rachel non ne ha parlato in questi termini”, Lisa sorride “Ti avrà detto che è il suo fidanzato”, “Non è troppo piccola per avere un fidanzato? E poi perché deve venire al cinema con noi?”, House sembra infastidito, “Lo ha invitato Rachel ed io ho parlato con la mamma di Joan e per lei non ci sono problemi se viene al cinema con noi”, “Continuo a pensare che sia troppo piccola per aver un fidanzato”, l’espressione sconcertata di Lisa ti diverte, “House sono dei bambini, non credo le salterà addosso durante la proiezione del film”, House si avvicina al volto della donna, “Tu non li conosci i maschi, sono tremendi sin da piccoli. Quel moccioso comincerà a mettere le mani ovunque”. Tu e Lisa scoppiate in una fragorosa risata, “Non essere sciocco”, vi guarda seccato, “Comunque io mi siederò in mezzo così terrò sotto controllo la situazione”, “Non ci pensare nemmeno, tu sarai seduto accanto a me. Non sarai mica geloso?”, gli chiede a bruciapelo. Sì pensi tra te e te, è proprio geloso, e chi l’avrebbe mai detto. Sbuffa rumorosamente e mette su la solita espressione di quando è imbarazzato, “Non dire stupidaggini”, e se ne va con la coda tra le gambe.

Lisa è andata via da un’ora e tu hai ancora un mucchio di cartelle sparse sul tavolo, l’ordine non è mai stato il tuo forte. Speri solo che sia valso a qualcosa e che quei due testoni dei tuoi amici tornino finalmente insieme.
Hai bisogno di un caffè. Appoggi la cartella sulla pila dei documenti revisionati ed esci dall’ufficio di Lisa per dirigerti in caffetteria. Fai appena un paio di metri quando la tua attenzione viene catturata da un uomo che si tiene il braccio destro e che sta cercando di entrare di soppiatto in una delle sale visite.
“Che stai facendo?”, l’uomo che hai riconosciuto essere Turner, si volta spaventato, “Ma la camicia è piena di sangue. Che hai fatto?” gli chiedi preoccupata dalla macchia rossastra che si espande sempre di più. “Niente di grave, solo un taglio. Sto cercando qualcosa con cui disinfettarlo”. Cerca di coprire la ferita alla bene e meglio. “Fammi vedere” e scosti la manica, “La ferita è profonda, c’è bisogno dei punti. Entra, arrivo subito a medicarla”.
Il taglio è netto, “Cos’è successo? Sembra che qualcuno ti abbia accoltellato”, lo guardi preoccupata, il suo silenzio conferma le tue paure, “Spiegami cos’è successo altrimenti sarò costretta a chiamare la vigilanza”. Sembra titubare, “Un ladro nel parcheggio. Ho reagito, mi ha ferito ed è scappato”, “Perché non hai chiamato la vigilanza?” gli chiedi stupita, l’avevi sorpreso mentre cercava di entrare furtivamente nella sala visite, quasi volesse nascondere qualcosa, “Perché non volevo creare confusione e perché non voglio fare brutta pubblicità all’ospedale”, annuisci anche se non ti sembrano ragioni valide. Noti un piccolo tatuaggio all’interno del polso, un quadrifoglio, “Bello questo tatuaggio”, cerchi di cambiare discorso, “L’ho fatto quando ero ragazzo”.
“Domani, appena puoi, fammi chiamare così disinfettiamo la ferita”, lo osservi indossare la giacca, “Grazie”, ti dice mentre si avvicina alla porta, “Turner”, lo chiami, “Dovresti parlare con Lisa del vostro rapporto”, ti guarda sorpreso per qualche secondo e poi va via senza dire niente.
Sospettavi che volesse salvaguardare la reputazione dell’ospedale per non creare problemi alla Cuddy, ma ti sembrava ormai palese che Lisa, anche se inconsciamente, avesse scelto l’uomo col quale condividere la sua vita ed ti era sembrato giusto mettere in guardia l’avvocato prima che fosse troppo tardi.

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Capitolo 20
*** Tutto cambia ***


“Ti hanno cacciato di casa?”, entra in casa barcollando più del solito, il peso del borsone deve essere insostenibile per un dolore così logoro, “Il palazzo è pericolante, ci hanno cacciato con gentilezza dalle nostre case finché non sarà messo in sicurezza”, getta rumorosamente il borsone per terra e si lascia cadere stanco sul divano, mentre la mano destra massaggia la coscia, quasi a voler implorare il dolore di lasciarlo in pace almeno un po’. “E hai deciso di venire…”, l’idea che House abbia deciso di trasferirsi a casa tua ti agita. Sarebbe pericoloso e rischioso stare nella stessa casa così a stretto contatto, “Andrò più tardi da Wilson”, e il sorriso insolente che appare sul suo volto ti fa capire quanto lui abbia, perfettamente, intuito le tue preoccupazioni, “Ho la macchina dal meccanico e mi sembrava costoso chiedere al taxista di aspettare fino a dopo cena qui fuori”, ti spiega come se volesse sedare le tue preoccupazioni. “House resta a dormire qui, ti prego!” lo implora Matt che ha ascoltato la conversazione, “Sì resta con noi!” lo spalleggia Rachel, “Non credo che House voglia dormire sul divano” intervieni, “Io potrei dormire con te mentre lui potrebbe dormire con Matt nel mio lettino”, suggerisce Rachel. House istintivamente si volta verso di te e ti senti a disagio quando osservi tre paia di occhi azzurri imploranti. Sai che una riposta negativa ti sarebbe stata rinfacciata, dai tuoi figli, fino a data da destinarsi, per non considerare che House avrebbe avuto la conferma dei tuoi timori nell’averlo così vicino. “Se per House non è un problema dormire nelle lenzuola delle winx”, rispondi rassegnata, “Sìììììììììììì” urlano i tuoi figli in coro mentre corrono verso il borsone e con estrema fatica lo trascinano fino alla loro stanza, non li hai mai visti prodigarsi così. “Hai paura di non riuscire a resistermi se ti sono vicino?” ti chiede provocatorio House, “Non dire sciocchezze” lo ammonisci con fare da amministratrice, “Immagino che Turner non prenderà bene la mia presenza a casa della sua fidanzata”, “Io e Turner non stiamo insieme” rispondi più velocemente di quanto avresti voluto, “Vuoi dire che quando verrà a prenderti per uscire a cena, mi sorriderà e mi darà una cordiale pacca sulla spalla?”. Ti siedi e accavalli le gambe mentre lo guardi con aria soddisfatta, “Perché non mi chiedi direttamente se sto ancora vedendo Turner invece di girarci intorno?” I lavori si stanno protraendo più del previsto così che House è a casa tua da più di due settimane e, nonostante tu ammonisca Anna tutte le volte che insinui, ironica, che quella delle riparazioni siano solo una scusa per stare vicino all’uomo dei tuoi sogni, devi ammettere, almeno a te stessa, che, ormai, sembrate una famiglia. Gli hai liberato due cassetti nella tua camera per mettere le sue cose, mangia ciò che gli cucini e passa le serate con te e i tuoi figli, che da qualche giorno a questa parte, nella tua testa, sono diventati i vostri figli. Ha insegnato a Matt le regole del lacrosse e ha aiutato Rachel a studiare degli spartiti per le sue lezioni di piano. Ti ha anche consigliato di comprarne uno perché le sarebbe stato utile esercitarsi. E aveva anche ricominciato a renderli partecipi dei suoi casi più strani e tu, al contrario di qualche tempo prima, non avevi avuto il coraggio di riprenderlo. “Dormono?” ti chiede distraendosi dalla visione di un programma di dubbio gusto, “Sì” e osservi il suo sguardo indugiare più del dovuto sul tuo completo da notte. Non che fosse qualcosa di provocante, un pantaloncino e una canotta. Sufficienti, però, a lasciare scoperti porzioni di pelle capaci di stuzzicare la fantasia di un uomo, specialmente se si considera la vicinanza costante che avevate avuto da quando si era trasferito a casa tua. A te era bastato vederlo sbucare dal bagno con indosso solo un paio di pantaloni affinché la tua immaginazione creasse degli scenari altamente sconsigliati alla visione di minori. Ti siedi accanto a lui, e prendi una delle richieste strampalate che le infermiere ti presentano in continuazione sperando in un tuo assenso, anche se eri cosciente che quella sera non l’avresti letta, avevi altro a cui pensare. “Credo che dovremmo parlare con i bambini, che ne dici?”, si volta di scatto verso di te, eri sicura che non ci fosse bisogno di specificare niente e che lui avrebbe capito a cosa ti riferissi, “Credi sia il momento giusto?”, “Penso che sia inutile continuare così. Dammi solo qualche giorno per preparare Rachel”. Fissi i suoi occhi indecifrabili per chiunque altro tranne che per te. Qualche mese prima ne avevi letto paura, paura di non essere all’altezza del ruolo, di non essere pronto per certe responsabilità, adesso la paura è quella di essere respinto, di rompere un equilibrio che avevate stabilito senza troppi affanni, come se foste sempre stati insieme, come se non ci fosse stato un passato che vi aveva segnato irrimediabilmente. Paura di essere ferito dalle persone a cui vuole bene, di aver messo in gioco i propri sentimenti, esponendosi all’ennesima delusione della sua vita. Lo baci. Ogni qualvolta il suo lato umano emerge non riesci a tenere a freno i sentimenti che provi per lui. Non fai in tempo ad allontanarti che ti ritrovi schiacciata dal suo corpo, senti la sua mano destra salire lungo la gamba, e in secondo i tuoi pantaloncini sono sul pavimento, le sue labbra hanno finalmente finito di tormentare le tue ma solo per scendere più giù, sul collo. Piccoli baci, piccoli morsi, e sei già in estasi. House sa come farti fare quello che vuole. “House aspetta! I bambini”, fai forza con la mano sulla sua spalla in modo da allontanarlo almeno un po’ e recuperare un po’ di lucidità, “Non mi sembra uno spettacolo adatto a loro”, ti dice tra l’ironico e lo scettico, “Intendevo che i bambini potrebbero svegliarsi” gli spieghi, “Vuoi che prenoti una camera in un motel? Ci vorrà un po’ ed io dovrò impegnarmi molto per non perdere…” e con la mano indica il suo basso ventre, “Sei un idiota!” lo bacchetti, infastidita dal suo umorismo da quattro soldi, “Andiamo in camera da letto” continui, “Vuoi chiedere a Rachel di lasciarci il letto o le chiedi di spostarsi un po’ più là?” ti chiede perplesso, “Rachel è nella sua camera, con Matt”. Recuperi i pantaloncini, e lo guardi maliziosa, fino a quando i suoi occhi si illuminano, “Dottoressa Cuddy, lei ha organizzato tutto per adescare un povero e ingenuo dottore come me. Dovrebbe vergognarsi”, ti sorride in modo così sexy che un fremito attraversa tutto il tuo corpo. Si alza dal divano e ti segue. Avevi preparato i suoi piatti preferiti, gli avevi abbuonato le ore extra di ambulatorio che gli avevi affibbiato il giorno prima e avevi indossato uno dei tuoi vestiti sexy che, sapevi bene, avrebbe solleticato e non poco la sua fantasia. Cammini all’indietro continuando a sorridergli come a voler confermare le sue deduzioni. House allunga il passo così di colpo, che ti ritrovi schiacciata tra la porta della camera da letto e il suo corpo, “Mi vuoi baciare?” ti chiede con voce roca, “Sempre”. Ti sfiora le labbra, senti la sua lingua per un attimo a contatto con la tua, poi si allontana, avvicina ancora di più il suo corpo al tuo e percepisci quanto ti desidera. Non puoi più frenare il tuo desiderio, lo baci quasi di prepotenza mentre la tua mano accarezza con delicatezza la su erezione, un gemito gli sfugge tra le labbra, la mano che teneva ferma dietro la spalla armeggia con la maniglia della porta che si apre con un clic lasciandovi entrare, e in un attimo vi ritrovate stesi sul letto in preda al desiderio che sbatte irrequieto contro i vostri indumenti, pronto ad esplodere appena ciò che copre la vostra pelle fosse caduto a terra. “Che ci fai qui?”, avevi intravisto il tuo migliore amico nella stanza suggerita dalla Cuddy, intento a guardare la sua sitcom preferita. “Faccio due chiacchiere con Tom. È uno che ascolta”, ti risponde ironico, “Si chiama Jerry. E dubito che ti ascolti visto che ha perso l’udito prima di entrare in coma”, “Vatti a fidare!” esclama risentito al paziente. Ignori le solite battutine, “Che ci fai qui?”, sai che devi insistere e pazientare per ottenere qualche risposta da House, “Scappo dalla Cuddy. Quella donna è insaziabile”, “Strano! È stata la Cuddy ha dirmi che ti avrei trovato qui”. Si è ammutolito, adesso sembra di colpo interessato alle schermaglie amorose dei due pseudo attori in tv, finge indifferenza, lo fa sempre quando intuisce che la discussione riguarda qualcosa che gli sta particolarmente a cuore. Gli hai riferito di aver parlato con la Cuddy, e lui sa che tu sai. “E’ preoccupata” gli riveli, “Come mai? Pensa che scappi in Messico?”, continua a guardare la tv sorseggiando caffè, “No, ha solo paura che tu non stia bene. La eviti da ieri”, “Ho un caso!” si infervora. Si volta verso di te con faccia perplessa, di chi sa di essersi tradito, “House, Lisa mi ha detto che stasera parlerete con i bambini”, mi interrompo per osservarlo, anche se lui è tornato a guardare la tv, “E’ normale che tu abbia paura. È una cosa importante”. Un silenzio imbarazzante invade di colpo la stanza ed è una sensazione strana perché nel vostro rapporto non ce n’è mai stato, L’ironia era l’arma con la quale House combatteva questi tipi di situazioni ma adesso non sembra riuscirci. “Farò un casino!” si lascia scappare, “House…”, “Non mi dire che questa volta le cose andranno diversamente”, ti interrompe, “Con uno come me non ci sono alternative, bisogna solo aspettare la catastrofe da un momento all’altro”, “House, il legame con un figlio è qualcosa che non si rompe, per quante cavolate farai ti basterà volergli bene e lui ti perdonerà. E poi ti preoccupa l’idea di non essere un buon padre, sei sopra la media rispetto alla maggior parte degli uomini che si apprestano a diventare genitori”, gli sorridi. “Basta parlarne. Se tu esprimessi i tuoi sentimenti riusciresti a…”, continui a camminare, accanto al tuo amico, senza ascoltarlo più di tanto. Gli lasci la convinzione che siano state le sue parole a farti smuovere dalla stanza. Wilson non può di certo sapere che la Cuddy ti ha minacciato. Ti aveva fatto sapere, tramite un bigliettino, che se non ti avesse visto per le tre di quel pomeriggio, ti avrebbe cacciato di casa. Quella donna ormai ti conosceva bene, aveva specificato con accuratezza la data, in modo da non lasciarti via d’uscita, tipo “Pensavo ti riferissi a domani pomeriggio” o “Non intendevi il prossimo anno?”. Svoltate l’angolo ed eccola là, sembra ancora più bella. Ha un’espressione concentrata, si morde le labbra, i fogli che ha in mano devono essere importanti perché assorbono tutta la sua attenzione, ma ancora per poco perché tra cinque minuti tu sarai accanto a lei e volente o nolente dovrà distrarsi. Un’infermiera le passa la cornetta del telefono con aria dubbiosa, lei la prende senza farci troppo caso, ancora intenta a leggere i documenti. Ad un tratto alza di scatto il viso, ha un’espressione strana, “Come scomparso?” le senti urlare alla cornetta. Capisci immediatamente che è successo qualcosa di grave perché i suoi lineamenti mutano, trasformati dalla preoccupazione e dalla paura. Ripassa la cornetta all’infermiera che adesso la guarda spaventata, “Cos’è successo?”, le chiedi raggiungendola, “Matt”, risponde con un filo di voce, gli occhi umidi e fissi su un punto imprecisato, “Cosa?” le chiedi impaziente, sta facendo preoccupare anche te, “Era la polizia. Matt è sparito”.

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Capitolo 21
*** La colpa di un padre ***


~~Erano passate due ore da quella telefonata. Eri rimasta in ospedale per sbrigare le pratiche più urgenti e coordinare il lavoro dei vari reparti. Avevi comunicato, ai primari, che la dottoressa Cuddy aveva bisogno di alcuni giorni per risolvere delle questioni familiari. Era stata la stessa Lisa a chiederti di mantenere il riserbo sulla questione. Wilson, che era rimasto con te per aiutarti nel lavoro, ti aveva abbandonato al tuo destino dopo circa mezzora, troppo preoccupato per Matt per riuscire a fare altro. Gli avevi detto di andare e che avresti pensato a tutto tu, ma adesso, che eri da sola in macchina, diretta a casa di Lisa, ti chiedevi come facesse a fare il medico e ad avere a che fare così spesso con la morte.
La casa di Lisa dista quindici minuti dall’ospedale ma ti sembrava di guidare da ore. Tutto tende ad amplificarsi quando le brutte notizie piovono senza preavviso.
Wilson ti aveva tenuta aggiornata per tutto il tempo ma a quanto pareva non c’erano novità. Matt era sparito nel giro di pochi secondi, giusto il tempo in cui Marina si era distratta per controllare che Rachel non si fosse fatta male dopo essere caduta. E a niente erano valse le ricerche immediate da parte della polizia. Il bambino sembrava essere scomparso nel nulla.
Sentivi l’angoscia accelerare i battiti del tuo cuore e un nodo stringersi alla gola provocandoti un dolore sordo. Sapevi che più tempo passava più la situazione si complicava.

Finalmente vedi il profilo della casa della Cuddy. C’è molta confusione intorno, due macchine occupano il vialetto della villa e c’è un via vai di agenti che si muovono freneticamente, facendoti agitare ancora di più. Mentre parcheggi, sulla strada, noti anche qualche faccia sbucare dalle finestre delle villette intorno, incuriosite dall’inusuale confusione.
Cammini titubante verso la porta che è socchiusa, la spingi leggermente, ed entri in assoluto silenzio, cercando di fare poco rumore, come se ci fosse il rischio di svegliare qualcuno. House nota immediatamente la tua presenza ma rivolge di nuovo lo sguardo di fronte a sé, come se non ti avesse visto. Cinque passi in avanti, si volta, e cammina per altri cinque passi, massaggiandosi convulsamente la gamba destra. Wilson, invece, è seduto sul divano, con le mani sugli occhi, immobile, mentre due agenti armeggiano con il telefono. “Ci sono novità?” chiedi, Wilson sembra accorgersi di te in quel momento, “Nessuna” è la sua risposta.
House sembra essere in un mondo a parte, isolato da tutto e tutti, continua a macinare chilometri, senza prestare attenzione a nulla.
Lisa entra nel salone in quel momento e ti abbraccia con foga. È veramente disperata, ha gli occhi rossi e sembra invecchiata di colpo di dieci anni. Si siede sul divano. “Nessuna novità”, ti dice senza che tu le abbia chiesto niente, “Lo cercano da ore e tra un po’ sarà buio”, continua mentre gli occhi le si riempiono di lacrime. Wilson la raggiunge e le passa un braccio sulle spalle, dandole leggere pacche. È così abituato ha consolare la gente che sembra trovarsi a suo agio in questa situazione. Tu, invece, non sai bene cosa fare o dire. Dovresti consolarla, lo sai, ma qualsiasi parola di conforto ti sembra inutile. Vorresti poter fare qualcosa, attenuerebbe il senso di impotenza che tanto poco sopporti, anche l’andirivieni di House ti sembra, ad un tratto, un ottimo modo con cui passare in tempo e scaricare la tensione ma la mente sembra bloccata, non riesci a fare niente quando all’improvviso un uomo vi raggiunge e si ferma a pochi passi da te, “Signora Cuddy, il detective Williams vuole parlare con la tata e la bambina, dove sono?”, sobbalzi sentendo la voce dell’uomo appena entrato, “In camera, perché?” risponde la Cuddy titubante, “Ha bisogno di fare alcune domande, e forse sarebbe il caso che si unisca anche lei, non vorremmo che la bambina si spaventi troppo”. Lisa si alza tremando leggermente, le gambe malferme, mentre si incammina verso il corridoio. 
La tensione sembra si sia allentata, ma nel tuo caso è solo sostituita dall’imbarazzo. Stai per voltarti e fare segno al detective di uscire per parlare da soli, ma non fai in tempo, “Scusami se non ti ho avvisata prima, sapevo che si trattava del tuo capo ma non ho avuto un attimo di tempo”, “Non ti preoccupare” rispondi mentre un rossore sale verso le tue guance. House interrompe il suo incedere colpito dalla familiarità della conversazione e Wilson vi guarda incuriosito. Hai due secondi per decidere cosa fare, così ignori le mille domande, sospese nell’aria, dei due primari e ti rivolgi a Harry, è così che si chiama l’uomo appena entrato, “Ci sono novità? Possiamo fare qualcosa?”, “Purtroppo nessuna. Abbiamo attivato immediatamente le ricerche, anche con i cani, ma dopo tutto questo tempo se il bambino si fosse allontanato da solo l’avremmo già trovato. Abbiamo setacciato palmo palmo tutta l’aria intorno al parco”, si interrompe di colpo, “Williams, la bambina è con la tata e la madre nella camera in fondo, quella con la porta aperta, ti stanno aspettando”. Segui con lo sguardo il detective, ed è solo quando nchiude la porta alle sue spalle che Harry inizia di nuovo a parlare, “Adesso dobbiamo pensare concretamente che si tratti di un rapimento, abbiamo messo sotto controllo il telefono e il detective vuole sapere se la bambina o la tata abbiano visto qualcosa di sospetto”, “Ma perché rapire Matt?” gli chiede Wilson, “Non crediamo sia stato scelto a caso, chiunque l’abbia rapito sa che si tratta del figlio dell’amministratrice dell’ospedale. Sicuramente vorranno dei soldi, a meno che la dottoressa Cuddy non abbia qualcuno che può avercela con lei nell’ambito lavorativo. Ed è per questo che c’è anche lei nella camera”.
Una voce roca riempie la stanza con suo, solito, tono gentile, “Come mai voi due vi conoscete così bene?”, sapevi che House, nonostante la situazione non avrebbe messo a tacere la sua mania di ficcare il naso nei fatti altrui, “Io e Anna usciamo insieme” risponde tranquillamente Harry. Semplice. Harry non aveva idea del ronzio dei pensieri nella tua testa, erano cinque minuti buoni che cercavi una scusa plausibile e non ti era venuto in mente di dire la verità, forse perché sapevi delle conseguenze alla parole pronunciate dal tuo ragazzo. Nessuno ti aveva mai sentito parlare di fidanzati o relazioni più o meno importanti, neanche Lisa, che consideravi la tua migliore amica era mai riuscita a scardinare quel muro che avevi innalzato, tra te e l’amore. Non che non ci avesse provato, i primi tempi ti aveva presentato una caterva di dottori, avvocati e uomini d’affari, ma poi aveva alzato bandiera bianca. Le tue frequentazioni duravano al massimo un paio di mesi e si concludevano più o meno alla stessa maniera, o scappavi tu o scappavano loro. Ogni qualvolta che la storia cominciava ad essere un po’ più seria, ogni qualvolta che la tua vita veniva sconvolta dalle abitudini di un’altra persona, sentivi il panico salire fino alle viscere, sentivi tutte le tue sicurezze vacillare, avevi paura di essere ferita, di soffrire ancora e allora cercavi conforto nella tua solitudine, nella tua routine.
Tutto era cambiato quando avevi conosciuto Harry, ad una partita di football. Ti aveva corteggiato nonostante cercassi in tutti i modi di scoraggiare i suoi tentativi. Avevi ceduto per sfinimento e, mangiando una pizza, avevi scoperto che quel ragazzo tanto testardo aveva molte cose in comune con te. L’amore per lo sport, per la musica italiana, per i film d’azione e i telefilm, per le serate passate in tranquillità a chiacchierare del più e del meno, per la cucina italiana. Man mano quel ragazzo, che ti rendeva così indisponente, era riuscito a buttare giù quel muro fatto di paure, insicurezze e arroganza e la felicità era ritornata a bussare al tuo cuore. Non era stato facile, non eri abituata ad essere felice, dopo aver perso tua madre non avevi più permesso a nessuno di avvicinarsi così tanto, per il terrore di restare di nuovo sola, di soffrire ancora, perché sapevi che non saresti riuscita a sopravvivere ad un altro dolore, non sarebbe servito trasferirsi in un altro continente, quel dolore ti avrebbe annientato.


La porta della camera, in fondo al corridoio, si spalanca di colpo…
“La bambina e la signora Gonzalez mi hanno appena parlato di un furgoncino dei gelati. La gelataia ha insistito per regalare un gelato al bambino”, il detective Williams vi aveva appena raggiunti in salone, spostando l’attenzione di House e Wilson da te e Harry, “Strano come comportamento”, riflette Harry, “Sì, infatti. Voglio che recuperiate tutti i video di sorveglianza e rintracciare questo furgoncino”, “Ok”


Erano le nove, il buio era calato e di Matt nessuna traccia. Eri in cucina intenta a mettere dello spezzatino nei piatti, spezzatino che nessuno avrebbe mangiato. La voce del probabile rapimento di Matt si era diffusa e i vicini erano stati così premurosi da portare qualcosa da mangiare per la cena. Peccato che tutti avessero deciso che lo spezzatino fosse il pasto più indicato in quelle circostanze ed era così che cinque vassoi pieni di carne ti osservavano speranzosi.
Senti il campanello suonare, la porta aprirsi e riconosci la voce di Harry. Quando sbuchi nella stanza affollata noti delle foto che passano di mano in mano, “Cosa sono?”, chiedi osservandole, “Siamo risaliti al furgoncino dei gelati. Era fermo al parco, apparentemente vuoto. Dai video non si vede nessuno avvicinarsi, quindi è strano che abbia avuto fretta di vendere gelati al passaggio dei bambini e della tata. Per giunta, subito dopo il rapimento di Matt, il furgoncino viene ripreso mentre va via ad alta velocità. Stiamo cercando di rintracciarlo. Queste sono le immagini, forse qualcuno di voi l’ha già visto in giro, sospettiamo che vi spii da un po’”.
Osservi il furgoncino. È bianco, senza nessun particolare rilevante, potrebbe essere uno dei migliaia di furgoni del New Jersey. Sfogli le foto, ed un particolare attira la tua attenzione, sulla portella del conducente c’è un logo particolare, rosso e giallo, sembrano due lettere, una ‘G’ e una ‘S’. Ti sembra di averlo visto ma non riesci a ricordare dove. “L’hai già visto?” ti chiede Harry, guardandoti curioso, “No, non mi sembra. Il logo credo si averlo già visto ma forse si tratta di qualche pubblicità”, “Ok. Se vi viene in mente qualcosa, chiamatemi”.

Eri rimasta a dormire dalla Cuddy, anche se non avevi chiuso occhio. Erano quasi le sei ed eri stesa sul divano con una leggera coperta sulle gambe e gli occhi spalancati, incapaci di chiudersi, come se dipendesse da quello la vita di Matt. Wilson, invece, respirava profondamente sulla poltrona accanto a te. Avevi persuaso Lisa ad andare a dormire, verso le due, convincendola che restare svegli non avrebbe riportato Matt, più velocemente, a casa. Le avevi preparato una camomilla e dato dei calmanti e, seppur protestando, Lisa alla fine si era arresa. House, che ti aveva spalleggiato aiutandoti a convincere Lisa, non aveva chiuso occhio, come te, aveva passato la notte vagando per la casa e ingurgitando pillole a profusione, la gamba lo tormentava. Per fortuna Rachel si era addormentata sul divano subito dopo cena, spossata dalla giornata intensa. Di lì a poche ore vi avrebbe raggiunto Julia, la sorella della Cuddy.
Senti una macchina fermarsi nel vialetto, ti sollevi dal divano, cercando di sbirciare e noti un uomo che si avvicina alla porta di ingresso. Due colpi secchi. Ti chiedi chi possa essere, sperando che non sia nessun vicino con l’ennesimo spezzatino. “Turner?! Che ci fai qui?”, gli chiedi spalancando la porta, “Scusa l’ora ma non sono riuscito a dormire, sono troppo preoccupato. Ci sono novità?”, “Nessuna, ma vieni, entra”, e ti sposti lasciandolo passare. Wilson si è svegliato e House è appena sbucato da non sai dove. “Scusate per l’ora ma volevo sapere se ci fossero novità”, “Nessun problema. Accomodati. Faccio il caffè”. Wilson si affretta ad andare in cucina mentre House non si prende la briga di rispondergli.
Un’altra macchina illumina la stanza con i fari, riconosci la targa, è Harry. L’orario è inusuale, i battiti aumentano, l’adrenalina sale, non riesci a sederti o a muoverti dal punto in cui sei. Harry porta notizie vista l’ora, ma buone o cattive? House zoppica verso la porta mentre Lisa sbuca dal corridoio, probabilmente svegliata dai rumori. L’aria sembra solida, anche respirare diventa difficoltoso, sai che tutti i presenti nella stanza stanno pensando quello che pensi tu, la polizia ha idea di dove possa trovarsi Matt o Harry è lì per dire ad una madre e ad un padre che il loro bambino non c’è più.
Entra sventolando un cd, “Scusatemi per l’ora ma ci è appena arrivato in centrale e vogliamo che lo vediate anche voi”. Si dirige alla tv e inserisce il dvd, clicca play e la scena che vi si para davanti è agghiacciante. Lisa scoppia in lacrime abbracciando Wilson, House fissa l’immagine come pietrificato, anche Turner sembra turbato e come dargli torto. Matt è seduto su una sedia bendato e con una giornale in mano che riporta la data di ieri, piange spaventato. Alle sue spalle, un uomo, vestito di nero e col passamontagna calato sul viso, comincia a parlare, la sua voce sembra contraffatta, “Come potete vedere Matthew sta bene, non gli è stato torto un capello. So che pensate che sto facendo tutto questo per soldi ma non è così”, sembra sputare ogni parola come se gli costasse uno sforzo immenso, “Cosa si prova dottor House? Cosa si prova quando la vita di tuo figlio dipende da un uomo che può decidere se farlo vivere o morire?”. Ti volti leggermente verso House, non l’avevi mai visto così, gli tremano le mani vistosamente, ha ancora gli occhi fissi sul televisore ma dilatati fino all’inverosimile come se qualcuno lo avesse appena trafitto con un pugnale, la bocca leggermente spalancata. “Adesso lo scoprirai. Aspetterai, sperando che tuo figlio torni sano e salvo a casa e sarò io ha decidere”. Il video si era interrotto così. “Credo abbia mandato questo video alle televisioni locali”, continua a guardare tutti cercando di decifrare le reazioni, “La cosa più importante ora è un’altra. Matt è davvero suo figlio?”, House sembra risvegliarsi in quel momento, cercando di mascherare la paura e il turbamento, “Sì”, risponde con un filo di voce, “E nessuno di voi ha pensato che questa informazione potesse essere essenziale!”, è molto arrabbiato, “Ci avete fatto perdere un sacco di tempo!”, continua, guardandoti intensamente. Intuisci che si è sentito tradito nello scoprire questo segreto che gli avevi tenuto nascosto.
“Sono in pochi a saperlo” gli dici quasi a volerti scusare, “Questo potrebbe tornarci utile. Voglio sapere i nomi delle persone che ne sono informate. Qualcuno di loro potrebbe essere coinvolto”, “E’ impossibile”, gli dici, “Sono persone fidate quelle messe al corrente della paternità di House”, ti guardi intorno e ti stupisci nel vedere Lisa con gli occhi chini sul pavimento come se non avesse sentito niente, come se la questione non la riguardasse, cerchi con lo sguardo anche House e lo trovi alle tue spalle intento a guardare fuori. Ti chiedi come possa sentirsi visto che gli ultimi sviluppi portano a credere che la causa del rapimento sia lui. “Voglio comunque i nomi”. Lisa sembra risvegliarsi in quel momento e con un briciolo di voce inizia a snocciolare i vari nomi, “La dottoressa Baker, il dottor Wilson, mia madre, mia sorella e il marito e come può notare sono tutte persone fidate”, “Beh, credo che anche l’equipe di House possa sospettare qualcosa ma anche loro sono persone fidate” la interrompi, Lisa ti guarda sorpresa e ti chiedi come possa non averci pensato, “Anche mia madre lo sa”, la voce di House sembra provenire da lontano, da un’altra stanza, di un’altra casa, esistita parecchi anni prima, sembra che non parli da secoli, “E Dominika”, “Come??!!”, Lisa per la prima volta, da ore, sembra aver riacquistato le energie perse. Si alza dal divano minacciosa, puntando il dito verso House, che non retrocede di un centimetro, “Come hai potuto…”, “Dominika!!!” urli più forte di lei, “Cosa Dominika??” ti chiede House, “Il furgoncino!”, tutti ti guardano come se fossi matta, ti chiedi come fanno a non capire, “Ti ricordi quando Dominika ci spiava perché voleva scoprire perché eri tornata qui?”, tutti continuano a guardarti, turbati o preoccupati, “Sulla portella del conducente c’era un logo come quello nella foto!”, “Dominika non può averlo fatto. E poi hai sentito quell’uomo? Io ho deciso della vita di suo figlio, ed era un uomo appunto”, ti fa notare, giustamente, “Avrà un complice”, suggerisci, “Ma per quale ragione avrebbe dovuto farlo?”, “Scusate”, interviene Harry, leggermente seccato, “Volete spiegarmi anche a me la situazione. Dominika è la sua ex moglie, giusto?”, chiede, “Come fai…”, ma House si interrompe osservandoti, “Sì, colpa mia” ammetti, “E lei sa adesso dove si trova la sua ex moglie?”, gli chiede, “Non la sento da un paio di mesi, ma non può essere stata lei…”, “E come ha reagito quando lei l’ha lasciata?” lo interrompe Harry, “Ma come fa a sapere che l’ho lasciata io? Che domanda stupida, sei sempre tu la pettegola”, si rivolge seccato a te, “Signor House non abbiamo tempo da perdere, la sua ex come ha reagito…”, ma House lo interrompe, “Male. Lei pensa che io sarei stato infelice con…” ma non finisce la frase con un’espressione tra il preoccupato e l’incredulo. “Cercheremo questa Dominika e probabile che il logo sia solo una coincidenza ma è meglio non lasciare niente di intentato”.
Harry aveva appena chiuso la porta, dirigendosi alla macchina, quando la Cuddy in uno scatto d’ira cerca di colpire House, Wilson la blocca, appena dopo il primo schiaffo, ma Lisa sembra sull’orlo di una crisi di nervi, “E’ tutta colpa tua!!!” gli urla, mentre Wilson fatica a trattenerla, anche tu ti avvicini, “Lisa smettila” le dici cercando di tenerle ferme le mani, “Ti avevo chiesto di lasciarci in pace!!! Ma tu avevi voglia di fare il padre! E sei entrato nelle nostre vite e adesso mio figlio potrebbe…”, la voce adesso ridotta ad un sussurro, le lacrime scendono copiose. Si accascia su Wilson, “La porto in camera, sperando che si tranquillizzi”.
“Io forse è meglio che vada ora”, Turner si alza dal divano e si dirige verso la porta, “Tienimi aggiornato” ti chiede, “Ok”.
Torni in salotto dopo aver chiuso la porta dietro Turner ed House è fermo nello stesso punto in cui era quando Harry aveva lasciato la casa. Il viso arrossato dove Lisa l’aveva colpito, l’espressione vuota, “Ha detto quelle cose perché è sconvolta. Non è colpa tua” gli dici cercando di rassicurarlo, “Ha ragione invece. Dovrei smetterla di rovinare la vita alle persone”, si volta e si dirige a passi stanchi verso la porta, “Dove vai?” gli chiedi preoccupata, ma lui non risponde, “House” lo chiami ma lui ha già chiuso la porta.

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Capitolo 22
*** Dolore ***


~~Il sole è alto in cielo, i suoi raggi baciano delicatamente i profili della case entrando attraverso le finestre e illuminando le camere. Queste giornate ti mettono di buon umore ma non ora, non con Matt nelle mani di chissà quale criminale. Adesso, invece, sembrano volerti prendere in giro, sembrano voler sottolineare come il mondo continui ad andare avanti, ignaro della sofferenza che aleggia nel tuo cuore.
Sono passate poche ore da quando House aveva lasciato casa di Lisa ma ti sembra un’eternità, sembra tutto un brutto incubo, come se la tua mente non possa accettare che tutto questo sia successo a voi, a Lisa.
Wilson era uscito a cercare House visto che non era riuscito a calmare Lisa. C’era voluta tutta la tua capacità di persuasione e un po’ di oggetti rotti, tra cui il tuo orologio da polso, per calmare Lisa. Nel frattempo era arrivata Julia, la sorella della Cuddy, che si era presa cura di Rachel, facendola svagare un po’.
Lisa ti raggiunge in cucina, le passi una tazza di caffè appena fatto, non vi dite niente, basta solo uno sguardo, una lacrima scivola solitaria sulla sua guancia, “So che ho sbagliato” ti dice distogliendo gli occhi dai tuoi, “Lisa nessuno ti giudica. Nessuno di noi può neanche lontanamente immaginare quello che stai passando. Vedrai che anche House la penserà così”, cerchi di confortarla, “Dov’è?” ti chiede, “Non lo so. È uscito subito dopo la tua sfuriata. Era a pezzi. Credo che anche lui la pensi come te. Crede sia colpa sua” le rispondi non riuscendo a mascherare la tua preoccupazione, “E le mie urla non hanno aiutato”, sospira rumorosamente quasi a voler scacciare il nodo che ha in gola e che le fa inumidire gli occhi. Il silenzio si protrae per qualche secondo, “Wilson è uscito a cercarlo?”, le rispondi con un cenno del capo mentre sei intenta a sorseggiare del caffè, “Spero che l’abbia trovato e che stia bene”. Lo speri anche tu e ti dispiace che Lisa abbia quest’altra preoccupazione.
Sentite qualcuno aprire la porta, uscite dalla cucina e Wilson e House entrano in casa. Wilson si dirige verso il salotto e tu lo segui chiedendogli a mezza voce se era tutto ok, “Abbastanza” è la risposta del medico.
Ora siete tutti e quattro nella stessa stanza, in silenzio, un silenzio che ti fa impazzire, siete tutti immobili con gli occhi fissi in un punto, non sapendo bene che fare. Tutti tranne House che ha ripreso a macinare chilometri. Non aveva rivolto la parola a nessuno, l’unico contatto che era riuscito a concedersi con Lisa era stato un veloce sguardo.
All’improvviso Cuddy si alza di scatto dal divano, come se il suo cervello avesse costretto il corpo a fare qualcosa che non voleva. La segui con gli occhi mentre si avvicina ad House, “House mi dispiace” le senti dire. Lui si ferma e la guarda con un’espressione inedita sul volto, “Io non so cosa mi sia preso. Ero spaventata, terrorizzata. Chiunque abbia preso Matt è un pazzo…”, “Avevi ragione invece” la interrompe, “Appena Matt tornerà a casa vi lascerò in pace. Ti prometto che tornerà sano e salvo”, “Non dire stupidaggini. Abbiamo bisogno di te. Chiunque abbia preso Matt è un pazzo. Non è colpa tua”. Vedi House avvicinarsi a Lisa e abbracciarla mentre una lacrima scivola sul suo volto. Distogli lo sguardo, ti sembra di violare qualcosa di particolarmente intimo e preferiresti essere da un’altra parte, e noti che anche Wilson sta pensando la stessa cosa, ma un minuto dopo House sembra essere tornato quello di sempre e Lisa è ritornata a sedersi sul divano.
Julia rientra poco prima dell’ora di pranzo insieme a Rachel.
Le ore passano lente. Hai sentito Harry ma non ci sono novità né su Matt né su Dominika. Non fai in tempo a pensarlo che qualcuno bussa alla porta facendovi sobbalzare tutti. È Harry. “Ci sono novità”, esordisce, “Abbiamo trovato Dominika, ora è in ospedale in coma”, si affretta a concludere prima che qualcuno lo interrompa. Lisa perde quel po’ del colore che aveva acquistato e Julia le passa una mano sulla spalla, Wilson e House restano in silenzio, scioccati dalla piega che stava prendendo la situazione, “Cos’è successo?” gli chiedi, “Un incidente. Secondo noi non è una coincidenza. Forse è stato il suo complice. Non sappiamo molto. Quando ci hanno chiamato lei era già incosciente. Ma la cosa più importante è che ci è arrivato un nuovo video”, Harry si avvicina al televisore, e il terrore di ciò che potresti vedere ti fa torcere le budella. Speri che non sia peggio dell’ultima volta. Osservi House perdere velocemente colore e stringere il bastone convulsamente, l’ultimo video l’aveva scosso e non sapeva bene cosa aspettarsi da questo. Matt ha sempre un giornale in mano con la data di oggi ma non è bendato, “Mamma” chiama mentre delle lacrime spuntano dai suoi bellissimi occhi azzurri, senti Lisa singhiozzare abbracciata a Julia. Deve essere straziante vedere una persona a cui vuoi bene chiederti aiuto senza che tu possa fare niente per aiutarlo. “Dottoressa Cuddy” interviene l’uomo col passamontagna, “Come ci si sente quando tuo figlio ti chiede aiuto e l’unica persona che può aiutarlo rimane indifferente alle sue suppliche? Adesso è il mio turno di restare indifferente”. Il video si interrompe di colpo.
“Ma cosa diavolo vuole quest’uomo?” urla Lisa in preda alla paura, alla frustrazione, all’angoscia, “Rivoglio indietro mio figlio”, Julia le porge un bicchiere d’acqua e le chiede se vuole sdraiarsi un po’. Lisa accetta ma dubiti che abbia effettivamente capito quello che le è stato detto. Sembra non avere più la forza mentale per fare niente. Julia l’aiuta a camminare mentre si dirigono in camera.
“Quest’uomo ha preso in ostaggio nostro figlio perché abbiamo fatto qualcosa al suo di figlio”, sul suo volto compare la solita espressione che assume quando cerca di risolvere i suoi casi, “Sembra proprio di sì, dottor House”, risponde Harry ma, sei abbastanza sicura che, quella di House, non era una domanda ma una constatazione. Sai che sta riflettendo. “Dovrò chiedere all’amministrazione dell’ospedale le cartelle dei suoi casi, crediamo che il responsabile di questo sia lì”, “Ma non ha chiesto nessun riscatto?”, interviene Wilson, “Non crediamo sia interessato ai soldi” gli risponde Harry, “E cosa vuole allora?”, “Dolore” rispondi ad un Wilson che ti guarda sbalordito, “Vuole che House e Cuddy provino lo stesso dolore che ha provato lui”.
Wilson continua a tormentare Harry con una miriade di domande, non riesce a capire come si possa fare del male ad un bambino, ma lui non sa cos’è il dolore, quello profondo, quello che ti svuota, quello che ti toglie la voglia di vivere, che ti fa toccare il fondo. Quando una perdita ti colpisce così da vicino, come quella di un figlio, il tempo sembra fermarsi, rimani lì, immobile, aspettando che tutto prenda di nuovo ad avere un senso, che tutto ritorni ad essere come prima, e poi ti accorgi che, mentre tu sei fermo lì, con il dolore come unico compagno di vita, la gente intorno a te continua a vivere e ti chiedi come facciano a ridere, a divertirsi, mentre la persona a te cara è morta e non potrà più gioire o ridere. Quella sofferenza ti logora piano piano e ti fa scendere sempre più giù, fino a farti fare cose insensate.
Sei arrivata anche ad un’altra conclusione. Se il rapitore non era interessato ai soldi ma solo a farla pagare a Lisa e House, l’unica soluzione, affinché Matt potesse tornare a casa, era trovarlo. Trovarlo prima che il rapitore potesse fargli del male.
 

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Capitolo 23
*** Prove ***


~~Sei dovuta tornare in ospedale, un incidente a catena ha reso necessario la presenza di più medici possibili, così tu e Wilson siete dovuti andare via da casa di Lisa per occuparvi dei feriti. Avevi anche dovuto operare, un intervento di routine, un paio d’ore, ma erano state le due ore più serene degli ultimi giorni. Avevi una vita nelle tue mani, la salute della donna stesa sul tuo tavolo operatorio, dipendeva da te e così avevi chiuso i pensieri riguardanti Matt fuori dalla tua mente, pronti a tornare appena avessi varcato la soglia della sala operatoria.
Ti era toccato anche fare il turno in ambulatorio per poter permettere ad alcuni colleghi di tornare a casa, almeno per un po’, ma virus intestinali, raffreddori e infezioni non ti permettevano di staccare la mente da quello che succedeva fuori dall’ospedale. Guardavi il cercapersone ogni cinque minuti ma nessuno ti aveva cercato. “Il signor Lampard”, vedi un ragazzo sui vent’anni farsi avanti e seguirti nella sala visite numero due, è vestito di nero, ha vari tatuaggi che compaiono dai vestiti e vari piercing sul volto, “Scommetto che si tratta di un infezione”, “Come fa a saperlo?”, ti chiede ingenuo, “Sono un bravo medico. Riconosco i sintomi solo guardando in faccia i pazienti”, lo prendi in giro. Alza la maglia, ha il capezzolo destro particolarmente rosso e leggermente gonfio per via di un piercing. Noti che ha tutto il torace pieno di tatuaggi. “Spero che si affidi ad una persona competente per questi tatuaggi. Sa che rischia un sacco di infezioni”, “Ho un sacco di amici che li fanno gratis”, ti risponde ridendo, “Allora siamo messi bene”, ti giri per prendere il blocco del ricettario, “Oltre a curare questa infezione sarà meglio fare qualche analisi per le varie infezioni che può aver contratto, così siamo sicuri. E si rivolga ad un tatuatore specializzato per i tatuaggi…”, ti interrompi di colpo. Tatuaggi. Ad un certo punto la tua mente sembra essere stata colta da un’improvvisa illuminazione. Come hai fatto a non pensarci prima? “Tutto bene dottoressa?”, ritorni in te, “Sì certo”, rispondi ma con la mente persa nelle tue elucubrazioni. Non riesci a credere a quello a cui stai pensando, ‘non può essere’, ti dici, ma un’altra voce insorge, quella più razionale, ‘perché no?’.
“Brenda, io devo sbrigare delle pratiche nell’ufficio della Cuddy. Non ci sono per nessuno”. Ti chiudi in ufficio e cominci a fare chiamate e a controllare documenti. Devi capire se la tua intuizione è giusta o è campata in aria.
Ne esci dopo più di due ore, sfrecciando fuori dall’ospedale, verso la tua macchina, quando il cellulare prende a squillare, rispondi, “Anna ma dove diavolo sei? Sono ore che ti cerco”, “Avevo spento il cellulare, dove sei?”, gli chiedi frettolosa mentre apri la macchina e ci butti dentro i vari documenti che ti sei portata insieme, “A casa della dottoressa Cuddy”, “Arrivo” rispondi con lo stesso tono impaziente, “Ho delle novità” e riattacchi senza dargli il tempo di chiederti altro.

Stai per bussare ma la porta si apre di colpo, Marina sta andando via, probabilmente è venuta a trovare Lisa, “Grazie” le dici mentre lei tiene la porta aperta per farti passare. Entri nel salotto, Wilson, Harry, House e la Cuddy sono tutti lì, con l’espressione di chi sta camminando sui carboni ardenti. “Finalmente!”, esclama Harry, infastidito dalla tua assenza e dal modo in cui hai interrotto la chiamata, “Quali sarebbero queste novità?”, “So chi ha rapito Matt”. Silenzio. Nessuno sembra aver assimilato appieno le tue parole, ma hai tutti gli occhi dei presenti puntati addosso. “L’avvocato Cole Turner” dici quando nessuno ti chiede niente, “Cosa?” esclama stupita la Cuddy, “Anna non puoi accusare qualcuno solo perché ti sta antipatico”, “Non lo farei mai”, rispondi guardando in tralice Wilson, la sua è un’insinuazione che non accetti, “Ho le prove. E credo sia anche l’assassino di quell’uomo che avete trovato morto vicino all’ospedale, Paul Morris” dici, rivolgendoti a Harry. Ancora silenzio. Ti aspettavi reazioni differenti, domande, dubbi, rabbia, urla, qualsiasi cosa, ma non il silenzio. “E’ assurdo. Secondo me sei impazzita. Ma lui non sa neanche che Matt è figlio di House” ti fa notare Lisa, “Quello avrebbe potuto dirglielo Dominika”. Silenzio. Ma cosa prende a tutti? Sai chi ha rapito Matt e tutti ti guardano come se fossi matta?
“Hai parlato di prove. Quali prove hai?”, ti chiede Harry, “Hai indagato per conto tuo?”, “No, è successo tutto per caso. Guardando il video hai notato che il rapitore ha un tatuaggio all’interno del polso?”, “Sì, un quadrifoglio. Abbiamo cercato tra i pregiudicati ma nessuno ha quel tatuaggio”, ti spiega il tuo ragazzo, “So per certo che Turner ha quel tatuaggio sul polso destro. Ho beccato Turner che cercava di entrare di soppiatto in una sala visite, la sera che rimasi in ospedale per cercare di smaltire le cartelle cliniche, aveva un taglio profondo sul braccio, provocato sicuramente da un’arma da taglio e ho visto il tatuaggio. Mi ha detto che si trattava di una rapina e lì per lì non ci ho fatto caso ma poi ho controllato, e la data corrisponde con quella del ritrovamento del cadavere a pochi metri dall’ospedale”, “Mi sembra un po’ poco per accusare qualcuno di omicidio”, ti interrompe Harry, “C’è dell’altro. Paul Morris è uno dei titolari dello studio in cui Turner ha lavorato prima di venire in America. Ho sempre avuto l’impressione di averlo già visto, così ho preso informazioni. Sul suo curriculum è saltato fuori che aveva lavorato per Morris-Carter. Vi ricordate? Ve l’avevo detto quando stavamo discutendo su una differenziale, Turner ti aveva consigliato di non far operare un paziente, mentre, ovviamente, House voleva operare ed io avevo accennato al fatto che avesse lavorato per cinque anni nello studio Morris-Carter”, non aspetti neanche un cenno di assenso, avevi fretta di far capire che avevi ragione, “Io avevo parlato qualche giorno prima con la sua segretaria, ma Morris non poteva rispondermi, e le avevo chiesto informazioni riguardo Turner. La segretaria non sapeva dirmi niente perché era lì da appena un anno ma mi disse che mi avrebbe richiamato”, adesso tutti pendevano dalle tue labbra, “Mi sono ricordata che Brenda, il pomeriggio del presunto omicidio, mi aveva inviato una e-mail nella quale mi informava che un certo avvocato Morris chiedeva un appuntamento urgente e che mi avrebbe richiamato. Ovviamente non l’ha fatto”, nel frattempo peschi dal mucchio di carte la copia dell’e-mail che Brenda ti aveva inviato con tanto di data in evidenza, “Non ho mai capito che il Morris che mi aveva chiesto l’appuntamento, fosse quello dello studio legale che avevo chiamato per avere informazioni su Turner, almeno fino ad oggi”, ti fermi un attimo per prendere fiato, hai il cuore che batte all’impazzata per l’adrenalina che hai in circolo, “E’ proprio lui l’uomo che abbiamo trovato morto. Abbiamo notificato la sua morte ai familiari appena siamo riusciti a identificato”, precisa Harry. Sembra turbato ma sinceramente interessato, anche a lui sembrano assurde queste coincidenze. “Ho anche richiamato lo studio legale e l’avvocato Carter, il socio di Morris, mi ha confermato che non avevano mai sentito parlare di questo Turner”. Silenzio. Un silenzio carico di incredulità. “Hai detto che era stato ferito?”, “Sì”, rispondi a Harry, “Abbiamo trovato del sangue sulla scena del crimine ma non abbiamo trovato riscontri al riguardo”, adesso sembra crederti molto di più. “E hai scoperto tutto questo in un pomeriggio?”, ti chiede ammirato Wilson, “A dire il vero ho scoperto altro”, l’ennesimo silenzio ti porta a continuare, “Ha preso informazioni su di te Lisa, e su Matt in particolare. Sapeva che scuola frequentava quando eravate in America, me l’ha accennato quando hai avuto quel problema con Matt a scuola, e ha preso informazioni anche su Dominika. Durante la cena che abbiamo fatto qui da te, sapeva che Dominika veniva da Kiev, e a domanda diretta ha risposto che ne era a conoscenza perché era sul fascicolo di House, vi ricordate?”, osservasti Wilson e Lisa fare un cenno di assenso con la testa, “Sul fascicolo è presente solo il luogo di nascita di Dominika, non quello in cui viveva prima di venire in America. Ho anche chiamato l’immigrazione e l’avvocato Turner, in quanto legale dell’ospedale in cui lavorava il coniuge della signora Dominika, ha potuto chiedere tutto quello che voleva”. Silenzio. “Ma perché Turner avrebbe rapito Matt?” ti chiede Wilson sorpreso e titubante al tempo stesso, “Per suo figlio, il motivo mi sembra chiaro”, “Se suo figlio fosse stato nostro paziente ce lo saremmo ricordati” ti fa notare, “Forse ha cambiato aspetto. Di sicuro ha cambiato nome perché nessun Cole Turner ha mai avuto a che fare con l’ospedale. Ho già controllato”. Noti lo sguardo ammirato e stupefatto di Harry, “Il problema è che sono solo indizi. Non posso arrestarlo, anche perché se si sente braccato potrebbe fare qualche stupidaggine”, “Quindi dobbiamo aspettare senza fare niente?”, House era stato in silenzio, immobile per tutto il tempo, “Mi sembra che sia chiaro che Turner abbia rapito Matt. Arrestatelo e costringetelo a dirvi dov’è mio figlio, altrimenti ci penserò io”. È la prima volta che vedi House sconvolto, ma la durezza del suo sguardo ti fa capire che non sta scherzando. “Non reagisca impulsivamente dottor House, potrebbe far precipitare la situazione”.

 

“Baker”, ti senti chiamare mentre ti avvii verso la tua macchina, “Dobbiamo fare qualcosa, non permetterò che quell’avvocato da strapazzo faccia del male a mio figlio”, non l’hai mai visto con quello sguardo, determinato e furioso allo stesso tempo, neanche quando cerca di far passare le sue intuizioni per prove mediche, riuscendo puntualmente a salvare la vita dei suoi pazienti. “Hai sentito Harry, non possiamo prenderlo e costringerlo a parlare”, “E da quando ti fai condizionare da quello che ti dicono gli altri?”, ti sta sfidando e provocando, sa che non ami l’autorità, come lui, e spera che, provocandoti, tu ceda e faccia qualche mossa azzardata. “House, quell’uomo non ha niente da perdere, potrebbe fare qualche pazzia se si sente braccato. Potrebbe uccidersi e lasciare Matt senza acqua e cibo per giorni, solo per il gusto di vendicarsi. Non riusciremo mai a trovarlo in tempo se Turner non parla”, cerchi di farlo ragionare, “Lo so”, ti dice, la voce un po’ più sommessa ma la determinazione nel suo sguardo non sembra vacillare, “Ma stavo pensando, hai controllato tutti i miei casi e non c’è niente giusto?”, “No” rispondi, “E se, invece, si trattasse di un caso che non ho accettato? D’altronde perché prendersela con Cuddy? Se il figlio fosse morto per la mia incapacità se la sarebbe presa solo con me?”. Il ragionamento di House non fa una piega, e ti dai della cretina per non averci pensato prima. “Andiamo”, gli dici salendo in macchina, “Ci sbrigheremo prima se siamo in due a controllare i documenti”.
Avevate controllato una caterva di cartelle cliniche, ovviamente non vi eravate limitati al controllo dei nominativi, Cole Turner poteva essere un nome fittizio, “Ma quanti casi hai rifiutato?”, eravate lì da ore e le cartelle da controllare sembravano aumentare invece che diminuire. Ti faceva male la schiena e il collo, per non parlare del mal di testa. Avevate scartato i casi recenti, Cole Turner poteva aver cambiato nome ma difficilmente avrebbe potuto cambiare aspetto in poco tempo, e i casi in cui i pazienti erano persone adulte o anziani, ma i documenti da controllare erano comunque tanti. “Come di certo sai, non mi occupo di casi banali, ma questo non impedisce alla gente di pensare di essere più speciale degli altri, anche se hanno dei semplici reumatismi”. Ti senti un po’ rincuorata nel sentire quelle parole, House sembra aver recuperato un po’ del suo egocentrismo.
Il suo cellulare suona, “Cuddy”, noti un lampo nel suo viso, “Arrivo subito” e riattacca. “Dominika si è risvegliata e vogliono che vada anch’io. La mia presenza potrebbe invogliarla a collaborare”, ti spiega, “Vai, ci penso io qui”, lo vedi allontanarsi in fretta e furia, “Fammi sapere se ci sono novità” gli urli dietro.

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Capitolo 24
*** Ne è valsa la pena ***


~~Hai provato a contattare sia Harry che House ma senza successo, probabilmente sono entrambi da Dominika. Corri verso la macchina, hai bisogno di vederli, sei convinta di aver scoperto la vera identità di Cole Turner ma hai bisogno del loro aiuto. A quanto pare Turner aveva mantenuto lo stesso nome del figlio per attuare la sua vendetta, Cole Dawson. L’età e l’epilogo del caso combaciavano. Infili la chiave nel cruscotto quando il telefono comincia a suonare. Rispondi senza prestare troppa attenzione, “Dottoressa Baker”, senti un brivido che ti attraversa tutto il corpo, “Turner”, rispondi avendo riconosciuto la voce. Hai l’impulso di chiedergli dove diavolo avesse nascosto Matt, ma cerchi di ragionare, non sa che voi sospettate di lui e questo vantaggio poteva rivelarsi fondamentale per poter trovare Matt. “Non avevo idea che avrei dovuto guardarmi da te piuttosto che da quel genio di Gregory House. Come hai fatto a scoprire che ero io?”, ti sbagliavi, non avevate nessun vantaggio, sapeva che tu sapevi e che stavate indagando su di lui. Non hai idea di come comportarti, sai che quella telefonata è importante, potrebbe andarne della vita del bambino. “Lascia andare il bambino. Non peggiorare la tua situazione”, è la prima cosa che ti è venuta in mente di dire. Devi cercare di tenerlo impegnato al telefono mentre cerchi di raggiungere la stazione di polizia per cercare di rintracciarlo. Gli scappa una risata di scherno, “Non hai idea della mia situazione, Baker”, “Forse ne so più di quello che immagini, Mark Dawson”, “Hai scoperto proprio tutto allora”, “Quasi” rispondi mentre esci dal parcheggio dell’ospedale, correndo come non mai. “Sono con Matt. Se vuoi vederlo e magari salvargli la vita, prendi la seconda uscita della statale 176. Sono in un magazzino abbandonato a cinque chilometri dalla statale, è l’unica costruzione che c’è, non puoi sbagliarti. Ti aspetto e non portare nessuno con te”. Chiude la chiamata mentre senti il cuore battere all’impazzata, la salivazione ridotta a zero e le gambe tremare. Ti fermi in preda all’agitazione. Era inutile restare lì. Componi il numero di House, adesso il cellulare squilla, mentre fai inversione e ti dirigi verso il magazzino che ti ha indicato l’avvocato. “Baker” risponde, “Dominika ha confermato che il rapitore è Turner”, “Lo so”, lo interrompi, “Mi ha appena chiamato, “Che ti ha detto?” ti chiede con un vena di preoccupazione nella sua voce, “Sa tutto. Il suo nome è Mark Dawson ed è un caso che hai rifiutato. Mi ha detto che si trova in un magazzino, insieme a Matt, sulla 176, seconda uscita, a cinque chilometri. È l’unica costruzione nei paraggi, secondo le sue indicazioni. Io mi sto dirigendo lì. Avvisa Harry”, “Baker potrebbe trattarsi di una trappola, aspettami, non è saggio che tu vada da sola”, sorridi tra te e te, non avevi mai visto House preoccuparsi per te, “Potrebbe essere una trappola ma se c’è una possibilità di portare a casa Matt, devo rischiare”, “Ok”, ti risponde, io sto partendo adesso, carco di raggiungerti il prima possibile”, “House”, lo fermi prima che possa chiudere la chiamata, “Vuole che vada da sola, quindi niente casino altrimenti potrebbe innervosirsi. Avvisa Harry, mi raccomando”.


Le indicazioni erano precise. Era l’unico fabbricato, intorno solo boschi e sterpaglie. Era una zona isolata, un posto ideale se non si voleva dare nell’occhio. Se avessero arrestato Turner e lui non avesse voluto collaborare, il bambino sarebbe morto, in quel capannone abbandonato, di stenti.
Entri con estrema cautela, facendo molta attenzione. D’altronde quella poteva essere una trappola e Turner poteva essere nascosto ovunque, pronto a farti del male.
Sei lì dentro da un paio di minuti, ma il sole che ti accarezza dolcemente la nuca ti sembra un lontano ricordo. Hai i muscoli contratti e i sensi all’erta, pronti a captare ogni minimo movimento.
All’improvviso senti la voce di Matt, la parte irrazionale prende il sopravvento su qualsiasi pensiero, non ti interessa più se si tratta di una trappola, Matt è lì, e tu vuoi solo raggiungerlo, rincuorarlo, sai che sarà spaventato.
Entri in una stanza grandissima e praticamente vuota, i rumori, anche i più piccoli, si amplificano, sembrano urtare le pareti e tornare indietro. Matt è al centro della stanza, seduto su una sedia, e Turner è al suo fianco, armato. Indossa la giacca e la cravatta. Ti sembra ancora più assurdo ora che è lì, di fronte a te, vestito come quando veniva a lavoro, mentre in realtà stava soltanto affinando il suo piano di vendetta.
“Zia Anna” urla Matt, visibilmente felice del fatto che un viso amico è apparso dopo giorni di paura. Istintivamente ti avvicini ma Turner ti punta la pistola contro, “Ferma lì”, ti dice ma non ce n’era bisogno, ti eri bloccata alla vista dell’arma puntata contro il petto, “Stai tranquillo Matt, vedrai che andrà tutto bene”.
“Come hai scoperto che ero io?” ti chiede ancora, distogliendo la tua attenzione da Matt, “Il tatuaggio” rispondi, un sorriso ironico compare sul suo viso, “Sai Baker, mi hai reso la vita impossibile con tutte le tue intromissioni. Avrei dovuto capirlo, quando facevi indagini sul mio passato, che saresti stata una spina nel fianco. C’era qualcosa di me che ti era familiare, giusto?”, “Proprio così ma la tua vera identità è stata l’ultima cosa che ho scoperto. D’altronde il Mark Dawson che ho conosciuto io non ha niente a che vedere con l’uomo che ho di fronte adesso”, “Ho apportato delle migliorie, in effetti ”, l’accenno di un sorriso tirato compare sul tuo viso, “Non intendevo questo”, ti interrompi un attimo, “L’uomo che ho conosciuto io era una brava persona, onesta. Lascia andare Matt, lui non c’entra con questa storia, è solo un bambino”, “Anche mio figlio lo era!” urla, e per la prima volta hai paura che possa sparare sul serio. “Ho letto la sua cartella”, cerchi di calmarlo, “Quando tuo figlio è arrivato da noi, i suoi sintomi ci hanno fatto sospettare subito che si trattasse di un tumore al cervello, ma dalla tac ci siamo accorti che  le metastasi del suo tumore erano dappertutto. Le tac precedenti erano negative, nessuno avrebbe potuto capirlo in tempo. Forse il tumore era troppo piccolo e troppo aggressivo e la giovane età di tuo figlio non ha aiutato. Né House né Cuddy avrebbero potuto fare niente. Fidati. Lascialo andare”, gli dici accennando a Matt, “Io non mi fido più di nessuno. Cosa credi che non sappia che, dopo una settimana, House ha salvato la vita del figlio di un noto uomo d’affari? Il ricco e influente Randall. Quel bambino era dato per morto e ora, invece, è vivo. Mio figlio non aveva la sua stessa importanza perché io ero un poveraccio, vero?”, urla ancora e non sai se è un buon segno oppure no, “Cuddy è un’amministratrice ma non avrebbe anteposto i soldi alla salute di tuo figlio e ad House non frega niente se un paziente è ricco, povero, omosessuale, cattolico o ateo. A lui interessa solo il caso, l’unica cosa gli importa è che il caso stimoli la sua mente contorta”, “Non ti credo” insiste.
Non riuscirai a convincerlo, non lascerà mai andare Matt.  Devi guadagnare tempo, la polizia e House stanno per arrivare, devi farlo parlare, così cambi tattica. “Sai Mark, ho scoperto un sacco di cose sul tuo conto ma alcuni dettagli del tuo piano mi sono ancora oscuri”, “Forse perché il piano ha subito dei cambiamenti in corso d’opera”, ti fissa negli occhi con un’intensità tale da farti sentire vulnerabile, possibile che abbia capito che vuoi solo costringerlo a parlare?
“Dopo la morte di mio foglio ho passato dei momenti difficili”, forse eri riuscita nel tuo intento, “Avevo perso il lavoro e venduto la casa per pagare le sue cure. Non mi era rimasto più niente, ma poi la sete di vendetta mi ha dato la giusta motivazione per continuare a vivere. Ho trovato dei lavoretti e ho cercato di risparmiare, fino a quando non ho messo da parte i soldi per darmi una ripulita, ho tagliato i capelli, sistemato i denti e preso in affitto una casa. Nel frattempo House era finito in galera e la Cuddy si era trasferita a New York. Così l’ho seguita. Sarebbe stata lei la prima a pagarla e poi sarebbe toccato ad House. Quando sono arrivato a New York ho deciso che sarebbe stato meglio cambiare identità e così sono diventato Cole Turner e, avendo lavorato presso uno studio legale, mi sono fatto passare per un avvocato. Ho cominciato a inviare curriculum fino a quando un piccolo studio legale non mi ha assunto”, aveva iniziato a parlare e sembrava non volersi fermare, probabilmente aveva aspettato quel momento per tanto tempo, “Ho atteso per mesi, forse più di un anno, fino a quando nessuno avesse potuto mettere in dubbio che io fossi un bravo avvocato e che fossi sempre stato Cole Turner. Ho rintracciato la Cuddy che, nel frattempo, aveva avuto un figlio. Assurdo vero?”, si interrompe ma tu non rispondi, “Lei aveva il figlio che mi era stato tolto. Ed era l’amministratrice di un grande ospedale di New York, e lo studio legale con cui lavorava era il più importante che ci fosse in città, sarebbe stato impossibile riuscire a farmi assumere. E proprio mentre stavo perdendo le speranze, la fortuna ha bussato alla mia porta. Uno dei soci dello studio era corrotto, mazzette e relazioni con la criminalità. Mi è bastato mettere la polizia sulle sue tracce per poi toglierlo dai guai per guadagnarmi i suoi favori”, un sorriso soddisfatto gli increspa le labbra al ricordo di quanto fosse stato astuto, “Mi ha fatto assumere, garantendomi uno stipendio di tutto rispetto, così sono riuscito a permettermi un intervento di chirurgia plastica per togliere la cicatrice che mi sfigurava. Un uomo senza cicatrici, a quanto pare, ispira più fiducia.  Ce l’avevo fatta. Avevo cambiato anche aspetto, nessuno mi avrebbe potuto riconoscere. Adesso dovevo solo cercare di avvicinarla per poi rovinarle la vita”, “E allora perché sei venuto a Princeton-Plainsboro?” gli chiedi cercando di seguire i suoi discorsi, “Perché le cose sembravano non voler andare come io volevo. Lisa Cuddy si era trasferita di nuovo nel suo vecchio ospedale, o almeno era quello che pensavo io. Così mi sono licenziato, spiegando che volevo tornare nella mia terra di origine e chiedendo, a miei capi, di poter mettere una buona parola per far sì che mi assumessero in questo ospedale. Sapevo che si sarebbero rivolti a Lisa Cuddy. È stato solo quando sono arrivato qui che ho scoperto che Lisa non si era trasferita, ma era qui solo per far curare sua figlia. Non potevo tornare subito a New York, sarebbe parso sospetto. Ho preso tempo con il consiglio e ho deciso di conoscere Lisa, di invitarla a cena. Sarebbe stato un gioco da ragazzi avvicinarmi a lei appena tornato a New York. Ed è stato allora che House è comparso. Era uscito di galera. La cosa mi ha turbato ma ho deciso in fretta come muovermi. Ho pensato di conquistare la fiducia di Lisa Cuddy e nel frattempo avrei fatto di tutto per far tornare House in galera. Non ci sarebbe voluto molto, conoscendo la fama di House e visto che la sua fedina penale non era immacolata”, “Mi stai dicendo”, lo interrompi, “Che non avevi intenzione di fare del male al bambino?“, gli chiedi sorpresa, “Sì, proprio così. Volevo conquistare Lisa Cuddy, diventare il suo uomo ed entrare in casa sua. A quel punto non ci sarebbe voluto molto per drogarla e farle credere di stare impazzendo. Avrebbe perso il suo ospedale, la custodia dei figli e chissà, se fossi stato fortunato, sarebbe finita in manicomio”, una risata maligna esce dalla sua bocca facendoti venire la pelle d’oca, “Ma ho capito praticamente subito che la dottoressa Cuddy e il dottor House non condividevano solo il lavoro. Loro  si amavano. Non avevo nessuna speranza di conquistarla. Pensavo di dover dire addio al mio piano. Mi ero esposto e non potevo architettare un altro piano senza attirare l’attenzione, e sai cosa è venuto in mio soccorso?”, “La fortuna?”, lo prendi in giro, “No, no”, ride, “I pettegolezzi delle infermiere. Hanno cominciato a spettegolare su House e Cuddy. Le liti, i battibecchi, le battute a sfondo sessuale avevano attirato le chiacchiere dei dipendenti negli anni passati. Le infermiere scommettevano che sarebbero tornati insieme presto. Ed avevano ragione. Ma si chiedevano che fine avrebbe fatto fare House alla sua dolce e avvenente mogliettina. È stata una specie di visione. Lei era la mia unica opportunità. Ho preso informazioni, l’ho contattata e lei era stata appena lasciata da House. Ci ho messo una serata per farle credere di esserle amico, che condividevamo lo stesso destino, io ero stato mollato dalla Cuddy e lei da House. Sai Baker, le persone innamorate diventano stupide”, scuote la testa, “Ad un certo punto, quando ha cominciato a fidarsi ciecamente di me, mi ha confessato che Matt era figlio di House, ed è stato quello il momento in cui ho progettato il rapimento del loro figlio. Sarebbe stata la vendetta perfetta, non credi? L’ho convinta che il rapimento li avrebbe allontanati e che lei avrebbe potuto riavere il suo principe azzurro. Ha rapito il bambino ma, dopo aver visto il primo video che avevo mandato alle  tv locali, ha capito che i miei piani erano diversi. Voleva andare dalla polizia e così mi ha costretto a causare l’incidente. Pensavo fosse morta, ed invece no, ma non poteva comunque parlare”. In quell’istante capisci che quell’uomo aveva perso il lume della ragione, pur di perseguire il suo piano di vendetta avrebbe ucciso chiunque, “E di Morris cosa mi dici?”, quella domanda ti perseguita da quando hai cominciato a mettere i tasselli del puzzle al posto giusto. Ti senti in colpa, se non avessi preso informazioni su Turner, lui sarebbe ancora vivo. “Quello è stato uno dei problemi che mi hai causato. Ho visto Morris in ospedale che parlava con Brenda e chiedeva di te. Dovevo agire in fretta. L’ho ucciso mentre si allontanava dall’ospedale. Ha reagito, mi sono anche ferito e tu, gentilmente, mi hai curato”, un leggero sorriso strafottente gli compare sul viso, “A proposito, grazie”.


Osservi i suoi lineamenti indurirsi di colpo, segui con la coda dell’occhio il suo sguardo, “Hai avvisato House!!!” urla. Punta la pistola alla testa del bambino, “Fermo, fermo” lo implori, “Cosa sei venuto a fare qui?”, gli domanda ignorandoti, “Sono venuto per salvare mio figlio. È me che vuoi. Sono io il colpevole”, gli risponde con una tranquillità che ti mette più ansia di quella che già hai, “Ti propongo uno scambio”, continua, “La mia vita per quella del bambino”. Non sta scherzando, è disposto a sacrificarsi. “No, troppo facile. Voglio vedervi soffrire. Se muori sarà finito tutto in un attimo, invece, se uccido lui”, e sposta lo sguardo su Matt, “I sensi di colpa vi perseguiteranno per tutta la vostra vita. Non riuscirete neanche a guardarvi negli occhi tu e Lisa. Perderete tutto”, la voce colma di trionfo.
“Mi ricordo di tuo figlio”, intervieni, attirando su di te l’attenzione, “Ho parlato con lui mentre cercavi di convincere la Cuddy che tuo figlio aveva bisogno di House. Ricordi?”, “Certo che ricordo. Ricordo tutto di lui, ogni singolo secondo”, “Quel bambino era una forza della natura. Credo avesse capito che la malattia stava vincendo la battaglia ma continuava a sorridere. Mi disse che gli dispiaceva vederti così disperato e che era molto orgoglioso di te. Cosa penserebbe di te ora? Cosa penserebbe vedendoti mentre punti una pistola alla testa di un bambino?”, ti fissa senza parlare, per la prima volta rivedi l’uomo che avevi conosciuto qualche anno prima, “Vuoi sentirti dire che è stato ingiusto quello che è successo a tuo figlio? Sì, lo è, ma non è prendendotela con una creatura che non ha nessuna colpa che le cose si aggiusteranno. Rendi tuo figlio orgoglioso di te, lascialo andare”, adesso piange, “Credimi, se avessi potuto fare qualcosa per salvargli la vita, l’avrei fatta. Mia madre è morta di cancro tanti anni fa e so cosa si prova quando la ragione della tua vita muore. Ero una ragazza felice, nonostante mia madre lottasse contro la malattia ogni giorno, ero circondata d’amore. Le prime giornate primaverili, il Natale, il giorno del mio compleanno, tutto era stupendo, e quando mia madre se n’è andata ho scoperto che era lei a rendermi felice. Non sono più stata la stessa, niente mi rendeva più felice, ero arrabbiata con il mondo perché il mondo non è giusto”, senti le lacrime salire fino agli occhi e un nodo stringere la gola, era da tanto che non parlavi di tua madre, “Lascialo andare. Fallo per tuo figlio, fallo per te stesso. La morte di un innocente tormenterà anche te”. Vedi le sue mani tremare, i suoi occhi spaesati, come se all’improvviso non sapesse bene chi fosse o cosa stesse facendo, abbassa la pistola. “Vai da tuo padre”, gli dice sconfortato. Matt scende a fatica dalla sedia e si dirige verso House. Si allontana dal suo aguzzino di pochi passi, quando la polizia fa irruzione, “Volevate solo fregarmi!” urla, alza la pistola e fa partire un colpo.


Senti i sensi intorpidirsi, come se tutto quello che succede intorno a te arrivasse, ai tuoi occhi, alle tue orecchie, ovattato. Ricordi solo di aver agito d’istinto. Ti eri frapposta tra la pistola e House e la pallottola ti aveva colpito. All’inizio non avevi sentito dolore ma solo una forte pressione. Senti qualcuno urlare, “Chiamate il 911”, è House. Lo vedi togliersi la camicia ed esercitare una pressione dove la pallottola ti aveva colpito. “Baker! Baker! Resta con me!”, ti urla, “Guardami!”, “House”, e ti stupisci nel sentire la tua voce così lontana, come se non fosse tua, “Promettimi”, e ti interrompi di nuovo, parlare ti costa una gran fatica, “Che ti prenderai cura di Lisa e dei bambini”, “Non ti prometto un bel niente”, “Prometti”, “Ti prometto che farò arrabbiare la Cuddy per molti anni e toccherà a te sopportarla”, la sua solita ironia, “Mi basta questo”, ti fermi ancora, adesso fai fatica a respirare, ed hai l’impressione che intono a te ci sia un gran casino, ma non ne sei sicura, “Se hai intenzione di farla arrabbiare per molti anni vuol dire che non hai intenzione di scappare tanto presto”. “Dove diavolo è questa ambulanza!” lo senti urlare, “House”, lo richiami, “Io e te siamo uguali”, “Io sono molto più bello”, sorridi ma non sei sicura che i tuoi muscoli rispondano ai tuoi comandi, “Abbiamo entrambi più paura della felicità che dell’infelicità”, adesso ti guarda negli occhi, ti specchi in quei meravigliosi occhi azzurri in cui, per anni, hai visto il tuo stesso disagio, il tuo stesso tormento, “Perché entrambi sappiamo che la felicità è come un fulmine nella tempesta. Dura pochi secondi e poi ti lascia, da solo, sotto la pioggia. È più facile essere sempre infelici che assaporare la felicità per poi restarne senza”, ti fermi, ti è costata un’immensa fatica fare quel discorso, “Ma ne vale la pena House. In questi momenti sono i giorni felici a dare un senso a tutto”. Senti in lontananza una sirena mentre le forze ti abbandonano, “Anna!”, è Harry, lo riconosceresti ovunque, si inginocchia accanto a te, riacquisti un po’ di forze guardando i suoi occhi, “Ti prego non lasciarmi”, senti la disperazione impadronirsi della sua voce, “Non ti lascerò mai. Ti amo” e finalmente riesci a dire quelle due parole, “Anch’io ti amo” risponde mentre viene allontanato così da lasciare spazio ai paramedici.

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