La Casa

di lupetto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I — Lascia ogni speranza, piccolo uomo. ***
Capitolo 2: *** II — I demoni scendono dove Vita vive. ***
Capitolo 3: *** III — Casa è dove si arriva. ***
Capitolo 4: *** IV — Ricordare uccide. ***
Capitolo 5: *** V — Compagni di sangue. ***
Capitolo 6: *** VI — Solo uno sguardo, un sordo addio. ***



Capitolo 1
*** I — Lascia ogni speranza, piccolo uomo. ***


I.

Yuri non dormì bene in quella notte di settembre, nonostante il silenzio in paese fosse assordante. Non fu il ramo di un albero a svegliarlo durante la notte, con il cuore in gola e la fronte imperlata di sudore, ma fu un semplice sogno che si tinse di nero, diventando incubo: per l’ennesima volta la sua mente lo trascinò dinanzi a una villa color canarino, con cornicioni di marmo e statue di leoni all’ingresso. Non seppe bene cosa significasse tutto ciò, ma non gli costò nulla esplorare un po’ la zona; dopotutto percepiva un sentore di ‘casa’, di accogliente, di sicuro. Superò a passo tranquillo la facciata principale della villa studiando e osservando ciò che gli occhi narravano, come per esempio i folti boschi alla sua sinistra, la rumorosa ghiaia bianca sotto le sue scarpe e il magico scintillio delle onde che s’increspano sulla riva rocciosa. Quel paesaggio, il tiepido caldo che avvolgeva il ragazzo, ogni minima e la più insignificante particolarità lo attraevano in maniera misteriosa, cominciando a diventare opprimente, soffocante.
E poi, come la corda della chitarra che si spezza nel mezzo della ballata, una figura nera come la pece apparve alla fine della via principale. Yuri non seppe bene come descriverla, intimorito e spaventato dalla sua apparizione mentre un alone d’inquietudine lo circondò in una ferrea morsa.
« Non ricordi? Non sai che posto è questo? » domandò la creatura con voce femminile, ammaliante, nettamente in contrasto con il suo aspetto. Il ragazzo scosse la testa e fece un passo indietro, pensando a un modo per svignarsela. Ma verso dove andare? Da cosa stava scappando?
« I boschi pullulano di orsi, il lago è infestato dalle alghe, la Casa cede al minimo passo, il sentiero è sbarrato da me. Dove pensi di fuggire, piccolo uomo? »
« C-cosa vuoi da me? » domandò Yuri con il cuore in gola, fermo come una statua. Non riuscì a dare una spiegazione logica a tutto questo, e gli parve che il cervello non volesse collaborare, forse in trappola come il resto del corpo. « Che cosa voglio da te? Bene, cominciamo a ragionare, pensavo fossi cambiato. Seguimi! »
La ghiaia prese a tremare e Yuri precipitò in una voragine, cadendo nel più completo vuoto mentre la luce lo abbandonava e le tenebre lo salutarono come un vecchio amico.
 
Quando aprì gli occhi, il ragazzo pensò che il suo cervello stesse per scoppiare: era seduto a un tavolo, vestito elegantemente assieme ad una bella signora. Una cameriera si avvicinò vispa e versò il tè, porgendo in un piattino diversi pasticcini dall’aria invitante.
« Siamo in Inghilterra? » domandò Yuri osservando il grande campo verde che lo circondava. « La vera domanda è quando, piccolo uomo. In che epoca pensi siamo finiti? »
« Ottocento, sbaglio? » disse il ragazzo studiando la folta chioma della quercia che li proteggeva da un pallido sole. La donna annuì e tracciò una linea immaginaria sulla tovaglia bianca, lasciando una sporca linea nera che rivelò un simbolo: la forma stilizzata di una casa. Yuri la osservò cauto e un ricordo fulmineo gli balenò in testa, la partenza per un viaggio assieme ad una sua amica.
« La tua mente reagisce, ciò significa che è di tempo che abbiamo bisogno, piccolo uomo. Vedi, un breve capitolo della tua vita è stato danneggiato, macchiato dall’Arcano. La colpa è mia, e non posso negare di essermene pentita. » La donna fece un sorso di tè e riprese a parlare, battendo delicatamente le dita sul tavolo. « Poco tempo fa hai intrapreso un viaggio con molti amici di penna, affittando una villa di montagna. Una volta arrivati molti di voi caddero a causa della loro debolezza, voi vi rammaricaste tanto: la morte per voi è rara come la vita lo è per un soldato. Ma poi, a sorpresa, ognuno di voi ricevette un dono, un’abilità fuori dal normale, e gli animi ripresero la loro spensieratezza. Ma l’uomo è volubile, schiavo dell’avidità, e un vostro fratello tradì i vostri ideali, tradì tutto quello che si costruì e la solitudine divenne per lui l’amica migliore. La vicenda, ovviamente, si concluse con la sua morte, e con diverse ferite tornaste nelle vostre case, tentando di non dimenticare ciò che, in quella vacanza, accadde. »
Yuri tentò di ricordare, di farsi trascinare dalla verità della donna, ma a ogni tentativo tutto si tingeva di nero e nulla mutava in chiaro. Cercò di aggrapparsi anche a quel ricordo lontano, aprendolo e studiandolo, ma era come superare una cinta muraria senza appigli, senza nulla in mano.
La donna si morse un labbro, afferrò una teiera e la gettò a terra: una voragine si aprì e insieme precipitarono nel vuoto, sprofondando negli abissi.
 
Quando aprì gli occhi Yuri si trovò immerso in una radura. Diversi alberi li circondavano, pieni e rigogliosi, che danzavano mossi dal vento. La donna di fronte a lui indossava una veste, e i capelli erano legati a formare una crocchia, che lasciava fuori piccole ciocche ricce. Improvvisamente, un essere dalle gambe di capra e il corpo da uomo prese a rincorrere una figura femminile, che si disperse nella vegetazione con un riso divertito.
« …Antica Grecia? » chiese Yuri, accarezzandosi la veste bianca. La donna annuì e disegnò sull’erba un simbolo: il terreno si tinse di nero e si mostrò la forma stilizzata di una spada e di uno scudo. La mente del ragazzo assisté a un altro ricordo: un patio di legno, del sangue, un ragazzo a terra.
« L’uomo è forte se unito, e per esserlo deve trovare il modo di far conciliare l’uno con l’altro: così nacquero le tribù, agglomerati di uomini con il necessario bisogno di qualcuno che li guidi. Ma, a volte, nasce la ribellione e il sangue bagna la terra di un’incerta felicità. Quello che hai visto fu la scintilla che fece traboccare il vaso, la miccia che prese fuoco e incendiò gli animi di molti, ardendo d’ira in uno solo dei ragazzi. Riesci a ricordare, Yuri? »
Il ragazzo si sforzò di pensare, di spremere le meningi, di impegnare il cervello in rompicapi legati a ricordi spezzati e a far tornare indietro fatti accaduti. Avrebbe accolto quella sfida, e nulla lo avrebbe fermato: quella faccenda nascondeva un segreto importante, e la curiosità di sapere cosa accadde veramente in quella vacanza lo dilaniava e lacerava imperterrito, portandolo a pensare di più, sempre di più, ancora, ancora, ancora…
 
« Carlo »

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Capitolo 2
*** II — I demoni scendono dove Vita vive. ***


II
 
Alberto non era mai stato in Presidenza, mai. Non era un tipo esuberante, iperattivo o logorroico; ascoltava le lezioni, prendeva ottimi voti a scuola e nel pomeriggio praticava diverse attività fisiche. Da diversi mesi si frequentava con una ragazza, sbrigava le faccende di casa più superflue e aiutava Mattia, il suo vicino, a studiare per l’esame di terza media. Tutta la sua vita era perfetta, montata come un plastico su basi d’acciaio, impossibili da far crollare, e il resto della sua esistenza si prospettava magnifico, seguendo un filo invisibile che lo avrebbe condotto prima all’Università, poi a un buon lavoro, a una famiglia con Alice e tantissime vacanze in posti esotici.
Ma si è mai visto che qualcosa vada secondo i propri piani? E’ mai successo che l’uomo abbia raggiunto tutti i suoi obiettivi e tutti i suoi sogni? No, e Alberto ne fu la prova lampante: una vacanza estiva in montagna cambiò completamente la sua vita, stravolgendola come l’uragano fa con le città, sradicando via ogni cosa.
La Casa lo aveva segnato, cicatrici e cuore erano ancora aperti, sanguinanti ed infetti, dandogli il tormento sino agli inizi dell’anno scolastico, che cominciò nel peggiore dei modi: una rissa nei parcheggi della scuola. Un ragazzo del suo anno guardò per un istante Alice, Alberto lo notò e passò subito alle mani, picchiandolo come se non ci fosse stato un domani. Il risultato fu una pozza di sangue, il viso del tipo completamente viola, l’espressione della ragazza che rivelava tutto il disgusto e la paura che stava provando per Alberto, e quest’ultimo si chiuse in se stesso, scontando quei quindici giorni di sospensione rinchiuso in camera sua.
Tornato a scuola tutti lo avevano abbandonato, nessuno cercava un approccio e tantomeno ne erano interessati. I suoi voti scesero radicalmente, non andò più a casa del suo vicino e abbandonò gli sport, preferendo semplicemente correre: la sua valvola di sfogo preferita.
Ogni tanto capitava che, sotto le coperte, Alberto piangesse per tutto ciò che gli stava accadendo, e il suo unico desiderio era quello di poter stare con i suoi veri amici e di poter vivere nel Suo posto, la Casa. Il cuore andava in mille pezzi quando il ragazzo sognava il lago della villa, il patio di legno, i boschi che sapevano di miele e terra bagnata, l’aria mite e dolce come la carezza di una madre. Ma sapeva che nulla sarebbe tornato, che anche volendo nessuno lo avrebbe seguito mai poiché tutti, al contrario, temevano un ritorno alla Casa. E Alberto andava a dormire con il cuscino bagnato anche se, il mattino dopo, il suo viso era duro come il marmo e la sua voce nera come il carbone.
A casa la situazione non era delle migliori: sua madre se ne andò durante le vacanze senza lasciare un recapito, suo padre preferì starsene da suo fratello; il ragazzo restò con sua sorella maggiore, che ogni giorno gli ripeteva più volte l’importanza e la bellezza della vita. « Io ho perso già tutto » rispondeva Alberto bevendo l’ennesima lattina di birra, guardando con rimorso la tv.
 
Tutto però, anche se buio, può illuminarsi: accade a pochi prediletti, a coloro che hanno toccato il fondo e non riescono, nemmeno con tutte le loro forze, a riemergere dalla Vita.
Settembre si mostrava triste nonostante il pallido sole regnasse su un cielo azzurro come il mare, e Alberto si girò nel letto affondando la testa nelle coperte, tentando di scacciare i fastidiosi raggi del sole: aveva dormito poco anche quella notte, perciò avrebbe utilizzato l’ennesima assenza per recuperare il sonno perduto. La sveglia suonò fastidiosa come ogni giorno, con il suo battere metallico e una melodia datata anni ’80. Alberto imprecò e la spense, rintanandosi nel suo cumulo di coperte, lontano dal mondo.
Proprio mentre Orfeo lo stava trascinando dolcemente nel sonno, qualcuno bussò lievemente alla sua porta. Alberto, per tutta risposta, emise un grugnito e non volle alzarsi, facendo intendere alla sorella che quel giorno sarebbe rimasto a casa. Passarono pochi istanti e un altro bussare, questa volta più deciso, si propagò per tutta la stanza.
« Giulia, smettila! Voglio dormire! » urlò il ragazzo infilando la testa nel cuscino, non ottenendo nessuna risposta. La maniglia silenziosamente girò senza emettere alcun suono e la figura di un ragazzo avanzò nella penombra, silente come fa il gatto: guardava incuriosito il letto, facendo attenzione a non calpestare maglie e mutande sparse sul pavimento. La figura però, forse non cosciente della sua goffaggine, inciampò sul filo del portatile e cadde a capofitto sul letto, facendo alzare un Alberto leggermente arrabbiato.
« Giulia, ti do cinque secondi per to- » disse con tono pacato guardando la figura, interrompendosi quando si accorse che non era sua sorella ad essersi buttata sul letto, ma bensì…
 
Se esistesse un premio per gli abbracci stritolanti Alberto avrebbe vinto la prima coccarda: stringeva Yuri per salutarlo, ma anche per non lasciarlo andare via.
« So che ardi dalla voglia di sedurmi su questo letto, bel marpione » commentò il tipo ridendo, contraccambiando l’abbraccio. Alberto ebbe bisogno di qualche minuto buono per realizzare che il suo amico fosse lì, che non se ne sarebbe andato e che tutto ciò che fino a quel momento parve sprofondato nell’oscurità stava per essere immerso nella luce più bella e dolce di questo mondo: la speranza.
« Innanzitutto: mi sei mancato da morire, ed ho una spiegazione più che logica ad ogni cosa. Ne parlerei volentieri di fronte ad una bella colazione, e so che hai tante cose buone, vero? Perciò mettiti qualcosa addosso – anche se con questi boxer rossi non mi dispiaci affatto! – e scendiamo di sotto! »
Alberto scoppiò a ridere, afferrò le prime cose trovate e insieme scesero di sotto, mentre Yuri si guardava incuriosito intorno.
Il ragazzo notò che l’ospite inatteso fosse leggermente cambiato: i suoi capelli lunghi avevano assunto una tonalità rossiccia e la pelle aveva perso la sua abbronzatura, rivelando una carnagione incredibilmente chiara. Ma lo avrebbe riconosciuto tra mille anche solo guardando il suo sorriso, poiché era quello che lo rendeva speciale.
Dopo aver servito una grossa tazza di caffè a Yuri e preparato il suo immancabile latte caldo con cereali, Alberto prese posto al tavolo e insieme presero a chiacchierare su tutto ciò che accadde dopo la Casa.
« Ora ti chiederai perché sono sparito: ebbene, incredibile ma vero, la nostra cara amica Corruzione mi ha cancellato la memoria. Penso che lo abbia fatto con molti altri, e penso che sia stata spinta dal fatto che alcuni di noi non abbiano preso con garbo tutta la faccenda della vacanza. Perciò fino ad una settimana fa pensavo che io e mia madre avessimo passato le vacanze in Sicilia e non mi posi mai il problema di pensarci su: dopotutto credevo fosse reale, non ne avrei mai dubitato. Ma ecco che di punto in bianco sogno questa donna che mi trascina in diverse epoche e la memoria ritorna nella mia mente come se non fosse mai stata cancellata o distorta. Perciò ho buttato giù diverse cavolate riguardo ad una borsa di studio vinta in qualche posto in Francia ed ora sono qui a bere questo caffè che mi fa innamorare con uno dei miei amici migliori. Domande? »
Alberto ascoltò attentamente e finalmente ogni suo quesito trovò risposta, lasciando che la sua mente lo riportasse a quell’estate, facendolo andare incontro però ad una triste verità: molti ragazzi non sarebbero tornati alla Casa, e il non sapere chi lo faceva stare in pensiero, dopotutto erano suoi amici.
« Hai ancora le tue Abilità? » domandò Alberto mangiando i cereali. Yuri scosse la testa e fece un sorso di caffè. « Diciamo che Madame Corruzione, oltre alla memoria, abbia cancellato proprio tutto. E dalla tua domanda deduco che tu non sia stato salvato, perciò penso che l’annullamento della Abilità sia stata una cosa che abbia compreso tutti. »
« Sei andato a trovare gli altri? »
« No, una volta tornata la memoria il primo che ho cercato sei stato tu. » rispose Yuri finendo di bere. Alberto accennò un sorriso e una volta finita la colazione salirono in camera, in modo che il ragazzo potesse darsi una lavata e vestirsi. Yuri intanto studiava ogni minimo particolare della camera da letto, dai poster di famose band al disordine addensato sulla scrivania di legno.
« Cosa si fa ora? » chiese Alberto uscendo gocciolante dalla doccia coperto da un semplice asciugamano. Yuri accennò un sorriso malizioso e scosse la testa, afferrando un paio di boxer puliti. « Direi che, per ora, tu possa vestirti! Diciamo che la cosa non è affatto facile, Al: c’è un piccolissimo, insignificante problema »
Il ragazzo, una volta vestito, guardò Yuri aspettando una risposta.
« C’è qualcun altro che ora vive nella Casa ».

 
 

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Capitolo 3
*** III — Casa è dove si arriva. ***


III.
 
Alberto sbarrò gli occhi non credendo a ciò che le orecchie ascoltarono: com’era possibile che la sua casa, il suo posto speciale, fosse occupato da qualcun altro?
« Sono un pugno di ragazzi, non so altro. Perciò faremo meglio a pianificare qualcosa e, se permetti, vorrei spiegarti cosa ho intenzione di fare! »
Il ragazzo annuì e si spostarono sulla scrivania, scansando diversi vestiti e rotoli di carta: dentro c’erano i pensieri di Alberto, ma la rabbia lo aveva portato a buttarli tutti, a nasconderli dal mondo intero. Yuri intanto aveva afferrato una penna e un foglio, e dopo essersi messo a sedere su Alberto (tranquilli, si siede su tutto e tutti!) scribacchiò qualcosa e prese a parlare.
« La Casa è frequentata da un gruppo di ragazzi, pochi rispetto al vecchio gruppo, e non escono mai dai limiti della proprietà. Penso che dovremmo trovare un approccio, perciò partire con il primo bus e arrivare lì nel pomeriggio: è probabile che la possano prendere come una minaccia, ma se dovesse scoppiare una rissa abbiamo i nostri Poteri. »
« E se non fossero gli stessi, Yuri? Ricordi quanto la Corruzione fosse volubile? Le evoluzioni, gli scambi di Doni, la regressione… e se questa volta ci uccidesse? »
Yuri si voltò a guardarlo con occhi seri e sospirò, facendo spallucce. « Dobbiamo rischiare, Al. Non voglio vivere con il rimorso di non averci provato. »
Alberto annuì e si scrollò di dosso i pensieri, aspettando che Yuri si alzasse. Il suo sogno si stava avverando, e la cosa colmava il suo cuore di gioia: il sapere che tutto sarebbe tornato come prima era uno dei pensieri che teneva stretto al cuore, evitando di pensare alle infinite probabilità che qualcosa potesse andare storto. Una volta che Yuri scelse un cappello di lana da mettersi, entrambi i ragazzi uscirono di casa, lasciando un biglietto alla sorella di Alberto: ‘Torno fra un po’ di giorni, sto da un mio amico. Ti voglio bene.’
« Starà bene senza di te? » chiese Yuri seguendolo a passo svelto. Il ragazzo annuì mentre insieme si avviavano alla stazione centrale.
 
Comprarono i biglietti del bus e lo aspettarono seduti poco lontano dalle fermate, chiacchierando del più e del meno. Entrambi erano cambiati, ma ai loro occhi erano tornati i soliti Yuri e Alberto, semplici, e tutto il tempo passati lontani venne colmato immediatamente, lasciando svanire ombre di malinconia e tristezza. Una volta arrivato il bus salirono e il loro viaggio cominciò, mentre i paesaggi dai finestrini mutavano forma: da campi completamente scarni a folti boschi, da paesini rustici su diverse colline a roccaforti in rovina, coperti da edere e rovi. Yuri guardava il paesaggio, cantava, dava fastidio ad un bambino seduto di fronte a lui, stuzzicava Alberto e ogni tanto sonnecchiava, alzandosi di scatto per sapere se fossero arrivati. Al contrario, l’altro ragazzo era tranquillo e puntava gli occhi al di là del vetro, perdendosi nei ricordi e nella bellezza della natura, cercando di eclissare il sonoro pianto che finse il bambino dopo che Yuri gli ebbe rotto per sbaglio il giocattolo. Alberto sorrise e scosse la testa, contando i minuti e le ore che lo speravano dalla sua vera Casa, dal suo posto nel mondo. Ma anche Morfeo reclama spazio nella vita degli uomini, e mentre Yuri si svegliava un’ultima volta e ascoltava la musica al cellulare, Alberto cadde in un sonno leggero e tranquillo, rotto solo dagli scossoni delle ruote sull’asfalto rovinato e dal chiacchiericcio sommesso dei viaggiatori seduti dietro di lui.
« Al, andiamo. Siamo arrivati! » sussurrò deciso Yuri mentre Alberto si ridestava: casa. Scesero ansiosi dal bus e si ritrovarono immersi nel crepuscolo mentre, pochi metri più in là un cartello fatiscente indicava uno stretto sentiero che si apriva a fatica nella selva. L’aria era fredda e pungente, pochi erano i versi che s’udivano lontani: anche gli animali si tenevano lontani dalla Corruzione, pensò Alberto.
Quest’ultimo fece strada e Yuri si strinse a se, serrando la mano nella sua: il ragazzo non pensò un solo istante di lasciarla, non in quel momento, non mentre stavano per addentrarsi nel Sentiero.
 
« La sento, Al. » sussurrò Yuri guardando a fatica le fioche luci della Casa, il fiato che cominciava a mozzarglisi in gola. Alberto annuì: la Corruzione stava entrando lentamente in lui, e il naso cominciò a farsi saturo. Ammise che quella brutta sensazione di soffocamento non gli mancò affatto, e reggendosi a Yuri decise che sarebbe stato meglio fermarsi e che la Corruzione avrebbe fatto velocemente il suo corso. Il ragazzo annuì e prese a tossire, mentre una sostanza nera e densa come il petrolio schizzava lontana macchiando la ghiaia.
E la donna apparve poco distante dalla coppia, le sembianze orrende coperte dalla Corruzione. « Le regole sono cambiate, piccoli uomini, e nessuno è più al sicuro. Yuri, mio caro, hai ascoltato la mia richiesta: sapevo che non mi avresti deluso. Alberto, quanto tempo è passato. Sbaglio, o eri uno dei migliori? Spero che tu abbia apprezzato la mia clemenza nei tuoi confronti. »
Alberto la guardò dubbioso mentre dal naso cominciava a scorrere, densa, la Corruzione. Yuri si inginocchiò a terra e prese a vomitare, tenendosi con una mano la fronte, emettendo sommessi gemiti di dolore.
« Ma come, non capisci? Non hai dimenticato perché io non ho voluto che tu dimenticassi. »
« Che cosa su- ccede? » domandò il ragazzo avendo afferrato cosa disse la donna. Cercò di aiutare Yuri ma cadde anche lui, stringendosi un braccio al ventre: si sentiva morire dentro, come se qualcosa lo stesse divorando.
« Ho reso la Selezione più ardua… buona fortuna, miei Impavidi. »
E tutto si tinse di nero.
 
« E’ sveglio? »
« Non stargli così vicino, Greg… »
« A questo punto dovrebbe essere freddo e invece la sua pelle è calda come il fuoco! »
« Lasciatelo dorm- hey, si sta svegliando! »
Yuri udiva voci lontane, che lentamente si fecero più intense e vivide. Aveva la testa in fiamme, come del resto ogni sua parte del corpo: il dolore era diminuito ma non svanito. Di una cosa era certo però, ce l’aveva fatta. Aprì piano gli occhi e vide quattro visi fissarlo incuriositi.
« Ehm, ciao! » disse un ragazzo dagli occhi verdi, aprendosi in un sorriso. « Tu devi essere… Yuri, giusto? »
Il ragazzo annuì e si tirò leggermente su mentre tutti gli altri si allontanavano di un poco.
« Io sono Edoardo, sei nella Casa. Vi abbiamo trovato fuori al fianco della Signora: ci ha spiegato la situazione. Il tuo amico sta alla grande, è di sotto che sta mangiando. »
Yuri ascoltava guardandosi intorno: era nella sua vecchia stanza. C’era tutto, dal cassettone di noce alla grande finestra bianca, dalla sedia con diversi vestiti piegati alla porta bianca del bagno. I muri erano rimasti del loro colore giallo chiaro, alti e immensi. Era felice, immensamente felice.
« Grazie Edoardo. Voi invece? Chi siete? » domandò curioso, stringendosi la coperta sul petto. Una delle ragazze si alzò con sguardo molto autoritario e assunse una posizione rigida: portava dei pantacollant neri e un lupetto dello stesso colore. I suoi occhi e la sua pelle le donavano un aspetto orientale, assieme ai corti capelli neri raccolti in una coda alta. « Sono Isabella, piacere di conoscerti. Spero che la tua permanenza qui possa essere lunga e felice. »
Yuri sorrise e un’altra ragazza si fece avanti, decisamente diversa dall’altra: cardigan blu notte, gonna nera molto lunga. I suoi capelli biondi cadevano lisci come seta lungo la schiena, contrastando con gli occhi azzurro ghiaccio. « Sono Samanta » disse porgendo al ragazzo la mano, il quale la strinse con dolcezza.
Uno dei ragazzi, Greg, lo guardava con occhi scrutatori. Forse non sapeva se fidarsi di quel nuovo arrivo, se accoglierlo o respingerlo, perciò la sua presentazione fu un semplice cenno del capo, al quale Yuri rispose con un sorriso. Cominciare con il piede sbagliato non avrebbe aiutato per nulla la situazione, e avrebbe impedito la nascita di litigi.
« Non ama gli estranei » commentò Edoardo mettendo un braccio sulla spalla del compagno. « Direi che ci siamo presentati tutti, anche se manca Vittoria. Abbiamo un’altra compagna, Yuri, ma attualmente non è qui, tornerà fra poco per cena. Bene, ti aspettiamo di sotto. »
Il ragazzo annuì e li salutò mentre uscivano dalla stanza. Yuri si alzò dal letto e respirò piano, guardandosi ancora una volta intorno, pizzicandosi un braccio per realizzare realmente che non stava sognando: era lì, era a casa.
Si fece una doccia nel suo amato bagno e tornò in camera per indossare i suoi vestiti, ma si rese conto aprendo il cassettone che aveva solo indumenti estivi. Forse avrebbe dovuto chiedere qualcosa a Edoardo, anche se era più alto e grande di lui, o forse… no: proprio sulla sua amata sedia c’erano una felpa e un pantalone di tuta grigia. Li indossò e si asciugò i capelli, guardandosi un’ultima volta allo specchio: quanto avrebbe voluto che anche gli altri ci fossero, che il gruppo tornasse a vivere lì. Ma, forse, quel desiderio avrebbe richiesto più tempo del previsto, e per ora tutto ciò che poté fare Yuri era di godersi il suo bentornato.
Si chiuse la porta alle spalle, percorse il lungo e familiare corridoio pieno di quadri e arazzi, scese le scale ed entrò in cucina sotto lo sguardo di tutti, compreso Alberto, che si alzò e corse ad abbracciarlo, o meglio… a stritolarlo per l’ennesima volta.
« Ce l’abbiamo fatta! » esclamò Yuri sorridendo. Il ragazzo annuì felice mentre, in cucina, entrava la sconosciuta Vittoria. I lunghi capelli castani erano raccolti in una treccia, gli occhi vispi osservavano i nuovi arrivati con curiosità. « Buonasera gente. Chi… sono questi qui? »
Alberto fece le presentazioni e la ragazza fece lo stesso, sfilandosi il giaccone per poi gettarlo sul divano. Yuri la guardò studiandola, notando che assieme a Greg erano la coppia titubante, coloro che avrebbero preferito non averli fra i piedi. Edoardo ruppe il silenzio creatosi con un ‘a tavola!’ e tutti presero posto, cominciando a mangiare.
Yuri mangiò lentamente per via del forte dolore alla gola, perciò optò per qualcosa che non dovesse masticare, e la vellutata di verdure faceva al caso suo.
« E’ una specialità di Samanta » commentò Edoardo durante la cena, e Yuri si complimentò con la ragazza, la quale ricambiò con modestia. Era di animo gentile, e la sua empatia sapeva farti stare a tuo agio, e di questo il ragazzo ne fu immensamente grato: il silenzio era quasi assordante. Una volta spazzolati i piatti e pulita la tavola, tutto il gruppo si trasferì in salotto e da lì cominciò l’introduzione ufficiale alla nuova Casa.
« L’estate passata fu un pretesto da parte dell’intero gruppo creatosi in rete per passare del tempo insieme, perciò con tanta organizzazione trovammo questo posto last minute e accettammo l’offerta: grande, non curato particolarmente e vecchio, parametri che rientravano perfettamente nei desideri di tutti. » Yuri si interruppe tossendo violentemente, ma sotto lo sguardo preoccupato di Alberto si fece forza e continuò il racconto. « Una volta arrivati e attraversato il Sentiero molti di noi cominciarono a morire come se fossero stati colpiti dalla peste: cadevano uno ad uno, e i sopravvissuti cercarono di giungere ad una spiegazione. La Corruzione dilagava lungo tutto il percorso che collegava la strada alla Casa, e tutti ne fummo infettati, nessuno escluso. Arrivammo a fine giornata e due quarti del gruppo venne decimato mentre, i superstiti, cominciarono a manifestare particolari Abilità: una ragazza era capace di correre come un fulmine, un altro ragazzo controllava l’elemento dell’acqua, un’altra ancora era capace di cambiare la sostanza delle cose. E da quel momento, la vacanza che tutti credemmo potesse diventare serena e tranquilla si trasformò in una vera e propria avventura, con diversi scontri e morti, con scoperte, amori travagliati e legami stretti. Alla fine dell’estate molti di noi non vollero più saperne della Casa, perfino del gruppo, e scomparirono dalla circolazione. Altri invece persero la memoria – me compreso – e, infine, alcuni restarono immacolati e intoccati, eccezion fatta per la rimozione totale delle Abilità. E questa è stata in breve la nostra storia nella Casa. La vostra? »
Tutti i presenti ascoltarono catturati, e molti di loro mostrarono forte interesse nei loro nuovi compagni, ritenendoli più vicini di quanto potessero immaginare. Poi, dopo diverse domande e curiosità da colmare, Edoardo prese a raccontare.
« La nostra storia è simile alla vostra, ma è appena cominciata. Scegliemmo questo posto per via della posizione, e per il fatto che fosse completamente immerso nella natura. Una volta arrivati molti di noi cominciarono a morire, esattamente come i vostri vecchi compagni, e i sopravvissuti manifestarono diverse Abilità. Da quel momento in poi passammo a combattere diversi… mostri di pietra provenienti da nord, generati da un amuleto che recentemente abbiamo distrutto. Pare che appartenesse ad uno dei vostri, se non sbaglio, e per il momento stiamo tranquilli. E’ bello qui, si sta bene, è come sentirsi a casa. »
Yuri annuì, concordando con ciò che disse Edoardo. Isabella intervenne chiedendo loro quali Abilità possedevano l’estate scorsa, e questa volta parlò Alberto, visto che Yuri aveva fatto uno sforzo enorme e fu costretto a farsi una tazza di tè per lenire il dolore.
« Le nostre Abilità erano molto particolari. Inizialmente si presentavano sotto forma di Doni basici, come ad esempio il controllo su una determinata caratteristica: io sapevo diventare invisibile. Con il tempo, le Abilità, a seconda di chi le possedeva, prendevano due strade: l’Evoluzione o il Cambiamento. La prima avvenne in tutti, tanto che cominciai a padroneggiare campi di energia pura. La seconda era rara, e consisteva nel cambio drastico di una Abilità in qualcos’altro. Solitamente i mutamenti andavano a seconda del soggetto. Yuri all’inizio era un dominatore del sangue, poi ebbe un Cambiamento e assunse la capacità di cambiare sesso a piacimento e il controllo diretto sulla natura. Infine raggiunse un terzo stadio ed ottenne il dominio sul calore. »
I ragazzi ascoltarono attenti e catturati da ciò che Alberto diceva, tanto che ci furono scambi di sguardi tra di loro che andavano dall’incredulo allo sgomento.
« Noi abbiamo avuto gli stessi esiti e posso confermarvi che, alla fine, le Abilità raggiungono la vetta massima. » disse Isabella rompendo il silenzio. Tutti gli altri annuirono, ascoltando poi Edoardo.
« Seguivate una specie di… gerarchia? »
Yuri si schiarì a fatica la gola. « No, però diversi ragazzi fungevano da punto di riferimento per tutto il gruppo. Voi? »
« Siamo rimasti in cinque, ora ne saremo sette perciò non vedo a cosa servirebbe. Siamo tutti uguali, abbiamo diverse Abilità provenienti dalla stessa fonte, ma questo non ci rende l’uno più importante dell’altro. » rispose il ragazzo facendo spallucce. A Yuri scappò un sorriso di tranquillità: nulla di quello che avevano pensato potrebbe prendere vita e di questo ne fu grato. Ma la mancanza degli altri si fece subito sentire, perciò fece di tutto per conoscere meglio gli altri. Il gruppo continuò a chiacchierare e a conoscersi fino a notte fonda, per poi sciogliersi con diversi ‘buonanotte’ e ‘sogni d’oro’.
Yuri dormì profondamente come Alberto, ed entrambi, per la prima volta dopo mesi, riposavano felici.

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Capitolo 4
*** IV — Ricordare uccide. ***


IV
 
Il sole stava sorgendo quando Yuri si svegliò. Fuori dalla finestra gli uccellini cinguettavano senza sosta mentre il vento faceva danzare gli alberi, e il tutto creava l’armonia perfetta, la tranquillità. Dopo essersi alzato dal letto decise che, per passare il tempo, sarebbe andato a correre: perciò afferrò un paio di scarpe, si vestì comodo ed uscì dalla Casa senza fare rumore, immergendosi nell’aurora.
Arrivato al limitare del bosco fece un bel respiro,  indietreggiò di pochi passi e cominciò a correre, mentre un ricordo lo investì: lo stesso tragitto, i suoi amici, una ragazza che avanza come il vento. Michela, Cristina, Giacomo… possibile, si chiese Yuri, dimenticare cosa accadde? Come si puo’ chiudere gli occhi al passato?
I minuti parvero allungarsi all’infinito e il ragazzo avanzava nella selva senza esitare, superando gli ostacoli come soleva fare con la sua Abilità, e un leggero sentimento d’ansia lo attanagliò. E se non avesse ricevuto il Dono? Come sarebbe andata?
Sbuffò, dandosi dell’egoista, pensando che essere lì nella Casa fosse già un dono, e che non avrebbe dovuto chiedere altro. Proseguì per altri diversi metri fin quando i polmoni non reclamarono una pausa, e rallentò la corsa prendendo a camminare tranquillamente. Fu in quel preciso momento che sentì lo scricchiolio del pacciame sotto le scarpe e trovò all’improvviso la Signora di fronte a lui, completamente diversa: folti capelli biondi, occhi azzurri come lapislazzuli, pelle candida come la neve invernale.
« Non sono sempre un ammasso di catrame, sai? »
« Certo, lo so: a volte siete anche Miss Universo » commentò il ragazzo sedendosi su un alto tronco caduto. La Signora accennò un sorriso e prese posto al suo fianco, prendendo un bel respiro. « Sono tanti anni che passeggio per questo bosco e non c’è giorno in cui lui non sia diverso, muta continuamente, vive di vita propria! »
« Quanti anni, esattamente? »
« Sai contare? »
« Posso provarci! »
« Medioevo, all’incirca. »
Yuri sbarrò gli occhi e si toccò le dita, mimando qualche numero con le labbra. « Non vi facevo così vecchia… »
La Signora accavallò le lunghe gambe. « Non ti facevo così sciocco! »
« Voi mi lusingate »
« Sono apparsa per un motivo, Yuri, e non porto liete notizie » disse la Signora guardando il ragazzo negli occhi. « E’ stata aperta una Dimensione Demoniaca nel profondo della Selva che genera, lentamente, diversi mostri Infernali. L’allerta non è alta poiché, in questo momento, è la Corruzione che li uccide, ma si presuppone che la fuoriuscita delle bestie vada ad aumentare e che qualcuna di esse possa sfuggire alla Corruzione stessa e darvi noia. Non vi chiedo di cominciare una guerra, per ora, ma di tenere sotto controllo la situazione. Domande? »
« Voi cosa dite? Per cominciare: esistono gli Inferi? E poi… chi o cosa lo ha aperto? »
La Signora si alzò e si sfregò le mani producendo Corruzione, dandogli poi la forma di un grande specchio che affonda nel terreno, i bordi tempestati di grandi pietre violacee.
« Questa è una Porta Demoniaca, colei che collega le due Dimensioni, la nostra e quella delle Bestie. Gli Inferi esistono, ma non come li ha concepiti la Chiesa al tempo del Rinascimento: non si trovano sotto di noi ma bensì in un… universo parallelo, se vogliamo definirlo tale. La regola è questa, piccolo uomo: non esiste un solo tempo, tantomeno un solo luogo. »
Yuri increspò le sopracciglia e si alzò, guardandosi intorno: mille domande affollavano la sua mente, ma la fittizia paura che una Bestia potesse essere lì, ad aspettare il momento giusto, lo faceva stare male.
« La tua Abilità sta arrivando, Yuri. Devi solo pazientare. »
« Come posso contrastare questa orda di Demoni senza uno straccio di Dono? »
« Il fatto che io ti abbia parlato di questo problema non vuol dire che tu debba risolverlo da solo. Hai dei nuovi amici, hai Alberto: basta il lavoro di squadra e il gioco è fatto. »
« Potevi benissimo dirlo a qualcuno di loro se la tua intenzione fosse quella di etichettarmi come portavoce dei tuoi problemi. E non venirmi a parlare di gioco di squadra, non sono nuovo in questo campo. »
La Signora alzò un sopracciglio e schioccò le dita, facendosi trovare in mano un tridente color petrolio, le punte acuminate e lunghe come braccia.
« Devi imparare a portare rispetto, piccolo uomo: ti offro un posto dove stare e un’abilità sovrannaturale, non puoi contemplare che io tolleri un comportamento ingrato da parte tua. »
Il tridente non lo intimorì affatto: il suo animo si era incendiato e nulla, nemmeno il buonsenso, avrebbe fatto ragionare Yuri.
« Il posto che mi offri ha ucciso persone che amavo, ha seminato discordia, ci ha messo gli uni contro gli altri: se non desideri il mio essere ingrato, comincia a non trattarci come poveri Mortali. »
La Signora non batté ciglio: in un sol colpo il tridente trapassò la gamba di Yuri, ritraendosi come di vita propria. L’urlo che il ragazzo emise fu agghiacciante e, quasi come se fosse stato chiamato, un enorme serpente sbucò improvvisamente dal nulla e si fondò sull’arma, tempestandola di morsi, riducendola a brandelli.
« Non è possibile… » sussurrò Yuri, premendosi una mano sulla coscia. Il serpente si frappose fra il ragazzo e la Signora, sibilando minaccioso. Lei lo guardò con occhi stupiti tornando lentamente a sedersi sul tronco.
« La scelta di tornare qui è stata tua, Yuri. La scelta di tornare a vivere di nuovo la Morte è stata tua, non mia. Io offro, non obbligo. L’Abilità o la Casa non sono cose comuni, e tantomeno non sono cose che possono essere accettate senza un giusto prezzo. Abbiamo sbagliato entrambi, la mia superbia e la tua ira sono peccati che vanno adoperati contro il nemico, non fra di noi. » La Signora si alzò e prese a camminare, voltandosi un’ultima volta. « Perdono la tua impudenza e sappi che non sono per le seconde occasioni. Se ho scelto te un motivo v’è, e lo scoprirai tu stesso. Riferisci ciò che ti ho detto agli altri, impara le Arti e… tieni a bada il tuo amico. »
Yuri guardò la Signora dissolversi in un cumulo di denso fumo nero e sorrise.
« Kaa! »
Il serpente si fiondò su di lui e lo avvolse dolcemente tra le sue spire, passando la lingua sulla guancia. Yuri lo abbracciò e una lacrima scese dalla guancia, scoppiando a ridere: il dolore parve non dargli fastidio.
« Come mai non sei fatto di sabbia? »
Kaa lo guardò incuriosito e sibilò, poggiando la testa sulla spalla del ragazzo. Il colore della pelle era di un marrone acceso, che alla luce del sole brillava vivace. Yuri lo accarezzò e dopo diversi minuti si rimise, a fatica, in piedi: la ferita era abbastanza brutta, perciò si incamminò verso la Casa con Kaa che lo seguiva silenzioso.
 
Una volta entrato in cucina trovò i ragazzi impegnati in una conversazione: Alberto, a quanto pare, si trovava nel fitto di una conversazione.
« ‘Giorno! »
Tutti si voltarono verso di Yuri e cominciarono a preoccuparsi visibilmente: la sua coscia era coperta di sangue e con uno spacco decisamente aperto. Edoardo fu il primo ad alzarsi e a soccorrerlo, facendolo stendere sul sofà.
« Che diamine è successo? E perché sei appena rientrato? »
E Yuri raccontò per filo e per segno cosa successe, chiamando poi Kaa: il serpente entrò dalla porta socchiusa e guardò attento i ragazzi, riconoscendo Alberto. Intanto Edoardo stava premendo la mano contro la ferita, gli occhi chiusi e la fronte aggrottata per la concentrazione: Yuri si stava già sentendo meglio.
« La mia vecchia Abilità era il dominio sul Calore, e come famiglio trovai, acciambellato sulle mie gambe, un serpente fatto di sabbia. Lo chiamai Kaa, ed oggi mi ha difeso spuntando dal nulla: ha mandato a farsi benedire il tridente della Signora, avreste dovuto vedere la sua faccia. »
« Hai un serpente come amico? Questo è il tuo Dono? » chiese Greg con ironia.
« No, è qualcosa di più grande » rispose Samanta, guardando Yuri. « Hey, hai una voglia da qualche parte? »
La domanda, all’inizio, apparve strana. Yuri ci pensò un po’ su prima di rispondere: sapeva soltanto di… sapere. Sentiva che quella domanda non fosse semplicemente nata da una curiosità, ma che fosse collegata a qualcosa.
“Ma nessuna di quelle cose catturò Alice, la quale era fortemente presa invece da un tatuaggio che si era ritrovata sul fianco che la Rosa stava accarezzando: tre linee ondulate che andavano a formare un triangolo.”
Rapidamente Yuri alzò un lembo della maglia e si guardò il fianco: la voglia era lì, come se ci fosse stata da sempre, come se non fosse mai sparita.
« Come facevi a…? »
« Sono Arcana, traffico con la magia » rispose Samanta increspando le labbra.
Yuri accennò un sorriso: la sua Abilità era tornata, quella che aveva sempre amato.
« Voialtri? Quali Doni possedete? » chiese Alberto guardandone uno alla volta. Edoardo si alzò e indicò la coscia di Yuri: non c’era più nulla, la ferita era stata completamente rimarginata, neanche l’ombra d’una goccia di sangue.
« So riportare ad una condizione di benessere ogni parte fisica del corpo, che sia il mio o di altri. »
Isabella, seria in volto, strinse a se l’accetta che aveva al fianco. « Me la cavo nell’arte della guerra. »
Alberto la guardò incuriosito, ma la ragazza fece finta di non notarlo.
« Io padroneggio il fuoco! » disse Greg stando vicino a Vittoria, che concluse il discorso dicendo la sua Abilità. « Sono una Cacciatrice. »
« Figo. Edoardo, grazie! » disse poi Yuri mentre il ragazzo sorrideva e lo aiutava ad alzarsi. Le chiacchiere continuarono fino all’ora di pranzo per poi riaccendersi durante i pasti, e si dissiparono nel pomeriggio quando il gruppo di ragazzi si radunò in cortile.
 
Alberto stava compiendo un percorso improvvisato assieme agli altri ma, al contempo, pensava. Quanto tempo ancora sarebbe passato prima che il suo Dono si manifestasse? Provò un senso di inutilità, quasi di rabbia nel sapere che, per il momento, doveva essere l’unico umano. Yuri stava riacquisendo i suoi poteri lentamente, ma mostrava già ottimi risultati… quando sarebbe arrivato il suo turno di poter dimostrare qualcosa agli altri?
Sbagliò ad infilare un piede nella rete dell’arrampicata e cadde per terra, sentendo il fiato mancargli per lo schianto: una mano lo aiutò ad alzarsi, era Isabella.
« Massima concentrazione in quello che fai, Alberto. La rete non è stabile come un muro o come una scala. »
Il ragazzo annuì e riprese a compiere il percorso, notando che i suoi nuovi compagni avevano fatto un buon lavoro ad allestire un campo d’allenamento: chissà perché non lo costruirono anche quelli del vecchio gruppo.
Quanto gli mancavano. Non riusciva, per esempio, a guardare un posto senza che i ricordi non affiorassero e gli inondassero la mente. Era più forte di lui, e non avrebbe mai sostituito il vecchio gruppo col nuovo. Fortunatamente aveva Yuri, e questo, in un certo senso, gli bastava.
Concluse il percorso assieme agli altri e prese a fare stretching seguendo Isabella, che oltre ad una lingua tagliente e ai modi rigidi, possedeva un corpo da urlo e un viso molto particolare, marcato, sfacciatamente deciso. Arrivato il tramonto erano tutti stanchi, e dopo aver mangiato qualcosa ognuno rimase per i fatti propri: Alberto si fece una doccia, indossò qualcosa di comodo e decise di conoscere meglio la ragazza, così si diede un ultimo sguardo allo specchio e tentò di dare una forma ai suoi capelli, che inspiegabilmente avevano una forma strana, come se si fosse appena svegliato. Poi guardò la maglia che portava e se la sfilò, cercandone un’altra nell’armadio: il suo sguardo non poté fare a meno di soffermarsi sul corvo che ad ali spiegate se ne stava sul suo cuore, ancora più bello dalla prima volta che se lo tatuò. Rappresentava la libertà, ma anche l’oscurità che tutti gli uomini hanno nel cuore, un’oscurità che per quanto possa essere piccola e distante resta sempre lì, nell’angolo più recondito di noi stessi.
Con quella maglia stava decisamente meglio, perciò prese un respiro profondo e uscì dalla sua stanza, percorrendo il corridoio fino alla porta di Isabella.
Bussò.
Nessuno rispose.
Bussò di nuovo e la porta, immediatamente, si aprì: la ragazza era in reggipetto e pantaloni del pigiama, in mano reggeva un piccolo piumino. Alberto resistette all’impulso di non far scendere lo sguardo, e lo mantenne sui suoi occhi.
« Ciao! » disse Isabella appoggiandosi alla porta.
« Ehm… ciao. Disturbo? »
« No, figurati. Che succede? »
« Volevo chiederti se, visto che non ho ancora manifestato il Dono, ecco… se tu potessi farmi vedere qualche arma, magari adatta a me »
Isabella annuì e gli fece cenno di entrare. Il ragazzo, senza battere ciglio, la seguì. Sulla sua schiena ambrata, tatuato perfettamente al centro delle scapole, c’era un lupo che ululava alla luna: non era riccamente decorato, o minuzioso nei dettagli. Era un tatuaggio semplice, “povero”.
« Allora… da come il tuo corpo rispondeva all’ambiente che lo circondava possiamo dedurre diverse cose: primo, niente armi leggere. Hai buoni muscoli, ossa forti, ma poca agilità. Secondo, hai bisogno di un’arma che non ti dia impiccio: tendi a distrarti, ma al secondo tentativo persegui l’obiettivo e non ti dai per vinto, perciò abbiamo bisogno di qualcosa che vada dal maneggevole al semplice da riporre. »
La teca di Isabella sembrava fosse stata rubata da un museo di armi: aveva ogni cosa, dalla semplice pistola a fruste d’acciaio. La ragazza pensò silenziosa studiandole a grandi gruppi, aprì l’ultima teca e tirò fuori…
« Due Asce! »
Alberto, a primo sguardo, non si immaginò con quelle grandi cose fra le mani, perciò si limitò ad annuire e a sentirle per la prima volta. Isabella gliele porse e lui le afferrò, percependo il freddo legno scuro che all’estremità terminava con una dura lama d’acciaio: non ebbe nessuna scintilla, nessun moto di interesse. Le vedeva solo come armi barbare, goffe. Forse Isabella gliele aveva date proprio perché pensava lo stesso di lui, chi lo sa.
« Domani mattina, all’alba, ti aspetto al campo d’addestramento. Buonanotte! »
Lo accompagnò alla porta e Alberto, ancora una volta, guardò catturato il suo tatuaggio. E andando a dormire il ragazzo si fece trascinare dall’immaginazione in boschi lontani, dove grandi lupi ululavano alla luna e correvano come il vento.
 
Yuri era nudo, di fronte a se il grande specchio che aveva in camera. Si studiava attento, usava le mani per toccare ogni parte del corpo, la tristezza lo avvolgeva. In quegli stessi occhi nocciola vedeva Alice, e la possibilità di tornare lei, ma sapeva che sarebbe stato impossibile: dopotutto non ci sarebbe stata un’altra Evoluzione, quello era lo stadio finale. Per la seconda volta in quella giornata si sentiva egoista, e quel sentimento creava caos in lui, due poli contrapposti che squarciavano il suo petto urlando la propria opinione; ragione da un lato e sentimento dall’altro.
Kaa si avvicinò furtivo allo specchio, guardò il padroncino riflesso sulla superficie di vetro e salì su di lui, adagiandosi al petto com’era solito fare. Yuri sorrise e lo accarezzò, sapendo che almeno lui, della vecchia vita, era tornato.
Sospirò, si mise il pigiama e… qualcuno bussò alla porta. ‘Alberto non riesce a dormire, sicuro!’ pensò andando ad aprire: sulla soglia, con due tazze di tè fumante, c’era Edoardo.
« Pensavo ne volessi un po’ dopo la giornata di oggi! »
Yuri sorrise e lo fece entrare, facendolo sedere sul letto. Edoardo gli porse la tazza e cominciò a bere dalla sua.
« Non dovevi… » commentò il ragazzo tra un sorso e un altro, trovandolo buonissimo. Kaa se ne stava acciambellato al suo fianco e teneva lo sguardo fisso su Edoardo, facendo intendere chi comandasse lì.
« Non ti ho dato un benvenuto come si deve ieri, perciò volevo farmi perdonare. »
« Ci sei riuscito! » rispose Yuri, studiando il ragazzo: quegli occhi verdi erano penetranti, molto indagatori. I capelli erano bruni, quasi neri, e cadevano a piccole ciocche ondulate sulle tempie e sulle spalle, dandogli un’aria trasandata ma ‘da bravo ragazzo’.
« Volevo anche scusarmi per la freddezza di Greg e Vittoria, non si fidano moltissimo di chi disturba la loro quotidianità! »
« Tranquillo, li capisco: anche io sarei diffidente se due sconosciuti piombassero nel luogo in cui vivo. »
« Mh. Posso chiederti una cosa? »
Yuri annuì mentre finiva di bere il tè. Kaa salì sopra le sue gambe e prese ad addormentarsi, muovendo lento la coda.
« Tu e Alberto siete… fidanzati? »
Il ragazzo scoppiò a ridere e il serpente si svegliò di colpo, cercando di capire il motivo di tanta ilarità. Edoardo lo guardò accennando un sorriso, tenendo le due tazze vuote in mano.
« No, siamo ottimi amici, quasi fratelli. Una volta ci frequentavamo ma le cose erano un tantino diverse. Sai… ero Alice. »
Edoardo annuì e sbadigliò, alzandosi. Dove se ne stava andando con tutta fretta? Forse aveva raggiunto lo scopo di quella visita notturna.
« Bene. Vado a dormire, domani ci si allena. »
« Va bene. E grazie ancora! »
Il ragazzo sorrise e si chiuse la porta alle spalle, lasciando dietro di se odore di legna bruciata: aveva acceso il camino. Yuri tornò a letto, Kaa lo raggiunse e cominciò a pensare di nuovo, ancora, senza smettere. Pensò a Riccardo, a Ciro, ad Alberto, ad Alice. Non si puo’ avere tutto dalla vita, e di questo se ne avrebbe dovuto fare una ragione.
Imporsi la verità fa male, ma illudersi ti distrugge.
 
« Possiamo farcela, manca così poco! » sussurrò Martina, portandosi le mani alla gola. Giacomo giaceva a terra immobile, dalla bocca zampillavano rivoli di Corruzione; aveva un colorito spettrale, ancora più pallido di quanto lo fosse normalmente. La ragazza fece uno sforzo enorme, strinse i suoi polsi tra le mani e cercò di trascinarlo, ma cadde a terra anche lei, battendo la testa sulla ghiaia.
Diana si voltò indietro, ma la testa cominciò a farsi pesante, il nero l’avvolse come un manto buio e preferì inginocchiarsi, per poi distendersi su un fianco, rannicchiandosi.
 
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Capitolo 5
*** V — Compagni di sangue. ***


V
 
Il mattino seguente fu Vittoria, uscendo dalla Casa, a vedere tre corpi distesi supini in una pozza di Corruzione. Andò a chiamare gli altri e tutti insieme portarono il trio in soggiorno, aspettando che si riprendessero al caldo. Yuri e Alberto non stavano nella pelle, la felicità li inondava come un fiume in piena, ma il momento del risveglio parve prendere molto tempo, e l’inquietudine li stringeva al petto furente.
Nel primo pomeriggio Martina fu la prima a svegliarsi e Alberto le portò qualcosa da mangiare mentre, a cerchio, i ragazzi si disponevano attorno a lei. Yuri le buttò dolcemente le braccia addosso e la ragazza contraccambiò debole l’abbraccio, aprendosi in un piccolo sorriso che tentava di oscurare l’evidente dolore. Subito dopo si svegliarono anche Diana e Giacomo, che vennero accolti con un caldo ‘bentornato’. Mentre si rifocillavano a dovere Yuri cominciò a porsi un dubbio: c’era Martina quando il vecchio gruppo passò le vacanze nella Casa? Non si stava confondendo con l’altra Martina? La ragazza forzuta?
Nel dubbio prese da parte Alberto, che finito di fare il caffè lo raggiunse in un angolo del salone. « Martina non è mai stata qui, giusto? »
« Qui alla Casa vennero in tanti, ma a dirti la verità non ricordo. L’unico modo per saperlo sarebbe… chiederlo!  »
Yuri aveva già pensato a quella soluzione, ma non lo convinceva molto: la ragazza avrebbe potuto prendere quella domanda come una specie di accusa, del tipo ‘Come mai sei venuta qui? Chi ti ha invitato?’. Così andarono dalla ragazza, che stava nettamente meglio: aveva riacquistato il suo colorito e parlava, molto poi! Yuri lo prese come un segnale positivo, e fattosi spazio sul divano chiese: « Martina, volevamo sapere… tu non sei mai venuta qui, giusto? »
« L’ho chiamata io. » rispose Diana stringendo fra le mani una tazza di caffè. Ormai tutti si erano presi un posto in salotto, e comodi ascoltarono la conversazione. Yuri fece salire Kaa sul petto e prese ad accarezzarlo, mentre lui silente schiacciava un pisolino.
« Come mai? Ma soprattutto… come mai siete venuti? »
« La Corruzione cominciò poche settimane fa ad entrare nei miei sogni. Mi parlava di ricominciare, e io non mi rifiutai. Così, in segreto, sono scappata di casa e ho affittato una macchina, passando a prendere Giacomo e Martina, che volle unirsi a noi dopo averlo richiesto ai pochi rimasti nel gruppo. Ed ora eccoci qui. »
Poco dopo, Edoardo si presentò al trio e raccontò in breve cosa fosse successo fino a quel momento. Poi volle rimanere solo con Martina per spiegarle cosa, in effetti, le stesse accadendo. Diana e Giacomo non ebbero bisogno di spiegazioni, sapevano già tutto riguardo agli ‘effetti’ della Corruzione. Isabella intanto aveva preparato diverse attività da svolgere e, dando il tempo di un’ora, aspettò tutti quanti nel cortile. « E, mi raccomando, vestitevi il più comodamente possibile: non sarà una passeggiata! »
Yuri usò quell’ora per starsene con i suoi vecchi amici, prendendo a ridere e a scherzarci su. Giacomo s’era fatto più altro (come se già non lo fosse) e aveva messo su un bel fisico, non come quello di Alberto o Edoardo però, ma… più grande, massiccio. Diana invece restò sempre la stessa, eccezion fatta per le striature rosse che risaltavano sul nero della sua chioma e gli occhi ancora più verdi, magnetici.
L’ultimo quarto d’ora Yuri si fece velocemente una doccia, si vestì e legò i capelli in una coda alta. Un ultimo sguardo allo specchio ed uscì fuori dalla sua camera, il sorriso dipinto ad arte sul volto: stava ricominciando a stare realmente bene!
 
‘Uccidili!’
La voce si propagò nella testa di Alberto mentre stava per infilarsi la tuta da allenamento. Chi aveva parlato? Il ragazzo si guardò intorno, muovendo la testa lentamente per cercare di capire da dove provenisse. ‘Uccidili!’ continuava a sussurrare una voce femminile, suadente, calda come il fuoco. Alberto non vide nessuno, cercò anche in bagno, ma non v’era ombra di persona lì dentro. ‘Uccidili!’ ripeteva, lasciando intendere che provenisse nella sua testa. Cosa stava succedendo? Chi doveva uccidere, Alberto?
‘I nemici. Gli intrusi. Coloro che non sono tuoi amici’ rispose la voce con tono grave, ammonitore. Il ragazzo scosse vigorosamente la testa e finì di prepararsi, dandosi poi uno sguardo allo specchio. Arrivato alla porta fece per aprirla, ma quella non volle saperne di schiudersi, nemmeno di uno spiraglio.
‘Uccidili!’
« Non ucciderò nessuno! » urlò Alberto in preda all’ira, picchiando le mani contro il legno venoso della porta. « Nessuno, capito?! »
‘Uccidi coloro che hanno occupato questa Casa, rivendica ciò che è tuo!’. Il ragazzo si portò le mani alla testa e la scosse veemente, come se cercasse di scacciare via quella entità che lo stava tormentando. Finalmente, dopo svariati tentativi, la porta si aprì e Alberto uscì iracondo dalla stanza, mentre la voce continuava a cantilenargli in testa che avrebbe dovuto farla finita, che avrebbe dovuto ucciderli tutti.
 
« Prendete l’arma che sentite più vostra, scegliete un compagno e allenatevi! »
Isabella aveva portato diverse armi nel cortile e... Yuri non aveva mai preso in mano una spada in tutta la sua vita, e trovarsi di fronte a tutti quei pezzi di ferro non lo rallegrava affatto: cosa avrebbe scelto?! Si avvicinò assieme agli altri verso il grande mucchio e osservò esattamente la fornitura. C’erano tre spade, due spadini, quattro pugnali, un’ascia, qualcosa più grande di un’ascia, una sciabola, dei bastoni, mazze e altre armi di cui non aveva mai sentito parlare. Guardandosi intorno vide Diana afferrare un bastone mentre Giacomo serrava i pugni su due pugnali; Martina non c’era, sicuramente dormiva profondamente dopo tutto lo shock vissuto. Dei ragazzi “nuovi” ben pochi scelsero delle armi poiché già ne avevano: Vittoria portava sulla schiena un arco lungo ed una faretra di pelle e, al suo fianco, Edoardo stava impugnando una spada. Che cosa avrebbe scelto Yuri? Sbuffò impaziente e scelse il pugnale, tenendolo saldamente in mano.
Dopodiché, con un sorteggio si scelsero le coppie: lui andò con Vittoria, Alberto con Edoardo, Isabella con Giacomo, Diana con Greg e Samanta non partecipò, preferendo starsene seduta a leggere un piccolo tomo.
« Prima regola, non ferire gravemente. Seconda regola, mantenere la calma. Terza regola, lavorate più sulla difesa che sull’attacco. Quarta regola: niente Abilità. Pronti? Si comincia. »
Yuri guardò Vittoria e tentò di assumere una posizione solida, portando le mani a pugno di fronte al volto: lo aveva visto fare nei film, in quel momento avrebbe scoperto se potesse funzionare. Vittoria afferrò l’arco e, veloce come una saetta lo affondò contro le braccia del ragazzo, che vennero meno per l’inaspettato attacco e il legno robusto prese Yuri in pieno viso, facendolo cadere a terra. Si rialzò più deciso e tentò un affondo, ma la ragazza lo evitò con un’agilità unica, colpendo Yuri al fianco: cadde di nuovo, facendosi molto male al polso poiché ci cadde rovinosamente sopra. Il ragazzo sospirò ma tornò in piedi, accompagnato da Kaa, che apparve dal nulla e sibilò furente: nessuno attaccava il suo padrone.
« Le Abilità non possono essere utilizzate » commentò con tono acido Vittoria, leggermente allarmata dal boa che minaccioso muoveva la testa. « Non lo controllo io, si comporta così quando sono sotto attacco! »
« Non è una scusa! » rispose lei, incoccando una freccia. Yuri le impose di fermarsi frapponendosi fra lei e Kaa, lanciandole uno sguardo di incomprensione. « Perché dovrei usare l’Abilità? Sono qui per imparare ad adattarmi, non per giocare sporco. »
« Allora liberati di quella bestiaccia e combatti! »
Yuri, cercando di placare la rabbia, tornò in posizione di attacco e tentò ancora una volta di colpire Vittoria, ma di nuovo lei lo evitò, usando l’arco per divincolarsi. Il pugnale cadde a terra e Yuri, indifeso, fece per afferrarle l’arma ma la ragazza fu incredibilmente più rapida, tanto che rispose con un contrattacco e mandò, per l’ennesima volta, Yuri al tappeto. Kaa, senza esitare, spalancò le fauci e si avventò su Vittoria, avvolgendola nelle sue spire, facendole cadere l’arco. Tutti gli altri smisero di duellare e tentarono di fermare il serpente, ma senza risultato.
« Kaa, fermati! Non mi sta facendo del male, tranquillo! » urlò Yuri, ma Kaa non ne volle sapere e per tutta risposta strinse veemente la ragazza, che tentava a muso duro di liberarsi da quella presa mortale. Greg, in difesa dell’amica, avanzò verso il serpente e lo strinse con una mano, liberando una vampata di fuoco: Yuri urlò mentre il boa sibilava furioso e balzava indietro, impregnato di rabbia.
« NON OSARE TOCCARLA, MOSTRO! » urlò il ragazzo, guardando Yuri. « NON PERMETTERTI MAI PIU’ DI AVVICINARTI A LEI, ALTRIMENTI TI UCCIDO! »
Non era per niente in se, tanto che Isabella dovette fermarlo mentre Edoardo curava Vittoria.
« Come sempre Vittoria ha esagerato e questa volta ne ha pagato il prezzo! » Samanta si era alzata improvvisamente e si era schierata dalla parte di Yuri, aiutandolo ad alzarsi.
« Un enorme boa la stava per uccidere per colpa di uno sfigato che non sa lottare e tu appoggi lui? » continuò Greg, le mani crepitanti di fuoco incandescente. Isabella cercò di frapporsi ma non servì a nulla. « Credi di spaventarmi, Gregorio? Sto solo riportando la realtà dei fatti: il suo famiglio lo stava semplicemente proteggendo da un attacco. Yuri non riesce ancora a padroneggiare il suo Dono. » disse Samanta con tono deciso.
« Tranquilla, ha ragione, Kaa non avrebbe dovuto comportarsi così ed è colpa mia, non so controllarlo. » « Te ne rendi conto solo ora, idiota? Dopo che quell’orrore stava per farla fuori? »
Improvvisamente il cielo si riannuvolò, dense nuvole nere vorticavano minacciose. Un fulmine cadde violento poco distante, propagando un rombo di tuono da far accapponare la pelle. Greg sputò sull’erba e strofinò le mani, mandando scintille tutt’intorno.
« Ti stai schierando dalla parte sbagliata, Sam. »
« Non ci dovrebbero essere divari tra noi, ragazzi… » rispose Isabella arcigna, cercando di intervenire: Samanta scosse la testa. « Nel momento in cui un problema si manifesta più e più volte bisogna eliminarlo alla radice. Percepisco ostilità da te e Vittoria sin dalla loro venuta, e non capisco il perché. Questo posto non è nostro, è di loro proprietà: sono stati i primi, voi non potete vantare nessun diritto. »
« Quando siamo arrivati non c’era nessuno, perciò la Casa è nostra. Ed ora questo non c’entra proprio nulla: deve fare delle scuse a Vittoria. » rispose Greg indicando Yuri, il quale sospirò: « Ti chiedo scusa a nome di Kaa, mi dispiace! »
« Non scusarti, stanno usando questo fatto come pretesto. Vi vogliono fuori, ma io no. » disse Samanta mentre un secondo fulmine scendeva a terra, emettendo un tuono inquietante. L’aria si stava caricando di energia elettrostatica, il vento s’era alzato. Kaa si guardò intorno e balzò sulle spalle di Yuri, il quale si strinse a Samanta, afferrandole la mano.
« Hai ragione, Samanta, ma il problema non si elimina con la morte. Basta poterne parlare. »
Greg sogghignò e prese un gran respiro, mentre tutti i ragazzi guardarono rapiti l’immensa colonna di fuoco che cominciò a far uscire fuori dalla sua bocca.
Samanta alzò le mani e una violenta corrente fredda si innalzò in cielo, tentando di sopprimere le fiamme che parvero affievolirsi per poi ricominciare, più alte e più forti di prima. Yuri guardava spaventato la scena, cercando di usare la sua Abilità ma senza risultato. Samanta abbassò le mani e scatenò un acquazzone che ridusse notevolmente l’enorme colonna e indebolì Greg. Il ragazzo allora riassorbì il fuoco e prese a correre verso la ragazza, sputando fiamme vivaci e resistenti all’acqua. Lei, per tutta risposta, sfregò le mani ed emise un fulmine violetto che colpì Greg in pieno petto, mandandolo completamente a tappetto in un solo colpo.
Nello stesso istante smise di piovere e le nubi si diradarono. Vittoria soccorse immediatamente il ragazzo verificando che respirasse. Tutti gli altri si riunirono, e Samanta si avvicinò a Yuri. « Non chiedere mai scusa per qualcosa di cui non devi scusarti, mai. Stasera vediamoci qui fuori, ti aiuterò a controllare il Dono. »
Yuri le fu immensamente grata, sentendosi però in colpa per cosa successe: la vicenda si stava nettamente intricando nella Casa, e sapeva bene a cosa avrebbe portato un litigio.
Ma le cose, purtroppo, possono peggiorare in pochi, brevi istanti, e basta un nonnulla per creare scompiglio. Volgendo lo sguardo fra i ragazzi Yuri impallidì, le lacrime gli salirono agli occhi: tutti i ragazzi si voltarono, e dietro di loro un Alberto sorridente reggeva una delle sue asce insanguinate, e nell’altra mano la testa del loro caro amico Edoardo.

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Capitolo 6
*** VI — Solo uno sguardo, un sordo addio. ***


VI
 
La sera calò lungo la Casa come un manto materno, che trapuntato di stelle vegliava sul capo dei ragazzi. Dopo l’episodio verificatosi nel pomeriggio l’ostilità si fece sentire pesantemente, tanto che il gruppo si divise in due parti: da un lato i vecchi ospiti della Casa, dall’altro i nuovi ospiti. Alberto venne cacciato dalla villa e, con una coperta scolorita si rintanò nel Patio, dove le folate di vento non potevano investirlo. A differenza degli altri ragazzi Yuri affrontò la cosa in modo più razionale e non diede sfogo ai sentimenti: il tempo di conoscenza con Edoardo fu relativamente poco, ma ciò non nascose che in un certo senso vi si era affezionato. Ma aveva già visto tante di quelle morti che ebbe bisogno di pochi minuti per tornare, un po’ malinconico, con i piedi per terra.
Dopo che l’unanimità decise di tener fuori Alberto, ognuno se ne andò in camera propria, eccezion fatta per Samanta, che in cucina assieme a Yuri preparavano qualcosa di caldo da portare al loro amico.
« Non è colpa sua, Sam. Penso che abbia agito qualcun altro lasciando a lui il lavoro sporco… pensa che nel vecchio gruppo mi diede un pugno per aver fatto soffrire un suo caro amico: insomma, quello che intendo dire è… »
« …che Alberto è un pezzo di pane e non farebbe del male a una mosca. Si, lo penso anche io, in fin dei conti il suo comportamento è ingiustificabile ma agli occhi degli altri appare solo una parola: assassino. Stasera pensavo di istruirti un po’ su quello che so, in modo da districare questa matassa scarlatta. Svelto, prima che qualcuno ci senta… non voglio far scendere altri fulmini dal cielo stasera. »
Yuri annuì e, messo tutto in un cesto di vimini, si coprirono ben bene ed uscirono silenziosamente dalla Casa, inoltrandosi nel buio. Kaa, sinuoso, apparve al fianco del ragazzo, strisciando tra l’erba agile.
« Come fai a conoscere tante cose? » domandò Yuri a Samanta lungo il tragitto. Ella rispose: « In parte percepisco, in parte lo studio. Un po’ come riesci tu a percepire il pulsare delle piante, capisci cosa intendo? »
« Si, capisco. Da dov’è che vieni? Si insomma, dov’è che abitavi prima di abitare qui? »
« In un piccolo paesino della Toscana. Tu? »
« In una città marittima lungo la costa del Mar Adriatico. Distanti, eh? »
Samanta annuì e ben presto salirono le piccole scale del Patio, trovando un ragazzo che tremava avvolto in una coperta. Yuri poggiò il cesto al suo fianco e Alberto si svegliò, guardandoli con stupore.
« Cosa ci fate qui? »
« Abbiamo pensato di portarti qualcosa da mangiare, hai saltato la cena. » rispose Yuri tirando fuori il termos con tè bollente, due sandwiches e un pugno di biscotti. Il ragazzo si aprì in un sorriso e prese a mangiare, bevendo lentamente dal bricco. Samanta gli appoggiò una seconda coperta sulla schiena e si sedettero al suo fianco. Alberto spazzolò tutto in pochi minuti e, alla fine, li abbracciò calorosamente per ringraziarli.
« Cosa succede Al? » domandò poi Yuri accarezzando Kaa.
« Non è stata colpa mia. Io ero… una specie di spettatore, osservavo incapace di agire. Prima di scendere in cortile una voce sinistra mi ordinava di uccidere chi trovammo al nostro arrivo qui, nella Casa. Io, all’inizio, mi sono ribellato ma poi… ho ucciso Edoardo. E beh… ». Gli occhi del ragazzo si riempirono di lacrime e s’arrossarono. Samanta tirò fuori un fazzoletto e glielo porse mentre Yuri annuiva, dispiaciuto per tutta quella situazione. « Cosa ricordi della voce? Sapresti descriverla? »
« Femminile, languida, prepotente… »
« Che possa essere la Signora? » chiese Samanta a Yuri, ma quest’ultimo rispose alzando le spalle. « Il suo scopo è farci sopravvivere, non decimarci fra di noi. »
« Prima lezione da imparare, non fidarti di ciò che vogliono farti intendere Yuri. » commentò la ragazza giocando con una ciocca di capelli. Il ragazzo annuì e sospirò, abbracciando spontaneamente Alberto, che contraccambiò l’abbraccio. Dopo una lunga chiacchierata Yuri e Samanta si alzarono per tornare alla Casa, e il ragazzo si rintanò sotto le coperte, non tremando più.
Lungo la stradicciola per tornare, il duo continuò a parlare mentre Kaa svaniva nell’erba, magari aspettando il ragazzo acciambellato sul letto. L’aria s’era fatta più fredda, gli alberi scuri si lasciavano guidare dal vento.
« E’ strano. »
« Cosa? » chiese Yuri a Samanta.
« Come mai sia apparso prima il tuo famiglio mentre il tuo Dono fatica a mostrarsi completamente. Fino ad ora hai fatto apparire solo fiori… »
« Penso sia colpa del mio corpo. La Corruzione ha attecchito ma lo ha riconosciuto, e una delle mie teorie è che molto probabilmente devo aspettarmi ben altro dal Dominio sulla Natura. Vero, il triangolo è tornato, ma ciò non spiega l’assenza quasi totale dei miei poteri. »
« Si, lo credo anche io. Staremo a vedere come si comporta la Corruzione allora. »
« E’ l’unico modo per saper- »
La frase di Yuri restò inconclusa poiché qualcosa sibilò nell’aria e il ragazzo si piegò in due, cadendo in ginocchio sull’erba. Samanta lo afferrò in tempo prima che battesse la testa sulla ghiaia e, esattamente sul fianco sinistro, una freccia dalle piume rosse cominciò a far scorrere sangue.
La ragazza riconobbe Vittoria svanire nei boschi, l’arco stretto in pugno. Yuri provava talmente tanto dolore che non riusciva ad emettere alcun suono. Samanta lo fece distendere e, mantenendo il sangue freddo, sfilò la freccia: questa volta il ragazzo urlò, cacciando fuori tutta l’aria accumulatasi nei polmoni. Alcune luci si accesero alle finestre e poco lontano, dal Patio, uno scalpiccio di piedi si sentì arrivare.
Samanta si sfilò la cinta e la legò al bacino di Yuri, fermando l’emorragia. In quello stesso istante Kaa apparve minaccioso al fianco del ragazzo, guardandosi intorno: sapeva che Samanta non avrebbe potuto attaccare il suo padroncino, perciò furente cominciò a girare in tondo, pronto a difendere la vita di Yuri. Quest’ultimo, in lacrime, respirava lentamente.
« Lezione numero due: se vieni ferito la prima cosa da fare è bloccare l’emorragia con qualcosa di fermo. Una volta che il sangue coagula è bene chiudere la ferita, e… Scusami ma non mi viene in mente null’altro da dire. Insomma, ‘guarda quanto sono belle le stelle’ sembra una presa per il culo! »
A Yuri scappò da ridere ma provò molto più dolore, tornando a respirare lento, concentrandosi sull’ossigeno che entrava ed usciva, diffondendosi lungo tutto il corpo.
« Gr-grazie Sam… » mimò con le labbra, portandosi una mano alla fronte zuppa di sudore freddo. La ragazza accennò un sorriso e continuò a tener premuto mentre accorrevano gli altri.
« Chi è stato? » chiese Alberto mentre Diana e Giacomo, armati, guardavano atterriti la scena. Sui volti si dipingeva rabbia.
Poco dopo arrivarono Isabella e Gregorio, il quale preferì volgere lo sguardo altrove. Kaa, forse per vendetta o per assicurarsi che non facesse del male a Yuri, gli sbarrò il passo alzando la testa: lo superava di diversi centimetri, gli occhi iniettati d’ira e la le fauci pronte a scattare.
« Forza, portiamolo dentro. » disse Isabella aiutando Samanta e gli altri ad alzare Yuri, che pesava quanto la piuma di un’oca. Proprio quando fecero per varcare la soglia il ragazzo chiuse gli occhi, e cadde in un sonno profondo che non regalò incubi.
Che prometteva pace.
 
Il mattino seguente Yuri era disteso sul suo letto, il fianco fasciato e lindo. Si tirò su e non sentì un minimo dolore, perciò preferì darsi da fare piuttosto che annoiarsi fra le coperte. Indossò qualcosa, si legò i capelli e scese in cucina. Nell’aria non c’era odore di colazione ma di fiori selvatici, e di linfa. Kaa apparve al suo fianco sibilando, come se volesse portarlo fuori dalla Casa. Yuri, guardandosi intorno senza vedere nessuno lo seguì, e una volta arrivato sulle sponde del lago vide il gruppo celebrare il funerale di Edoardo: c’era una barca di legno, il corpo del ragazzo adagiato sulle asse circondato da mille fiori diversi, la testa vicina al corpo come se non fosse mai stata decapitata.
« A quanto pare siamo tutti » annunciò solenne Isabella mentre il ragazzo si avvicinò a Diana e Giacomo. Martina era visibilmente diversa e in mano stringeva una chitarra. Alberto, al fianco di Isabella, aveva lo sguardo a terra contrito e mortificato. Yuri si guardò intorno notando l’assenza di Vittoria: ‘faremo i conti quando tornerà!’ pensò scuro in volto mentre prestava attenzione al discorso della Stratega.
« Siamo riuniti per dare il solenne Addio a Edoardo, uno dei più grandi compagni che io abbia mai avuto. Sempre pronto a guidare il gruppo, sempre gentile e altruista, sempre pronto persino a sacrificare la propria vita per salvare la nostra. Sicuramente non sarà facile dimenticarlo, e questo dovrebbe spronarci a non farlo: dopotutto era parte della famiglia, sia per chi lo conosce da molti anni, sia per chi lo conosce da ben poco. »
Yuri notò, durante il discorso, l’incrinarsi della voce che ad ogni parola mascherava i sentimenti di Isabella, e ci riuscì fino alla fine. Però poi, mentre si allontanava dal fianco della barca, scoppiò in un silenzioso pianto, confortata dalla materna presenza di Samanta. Inaspettatamente Alberto prese parola.
« Vorrei scusarmi per aver ucciso Edoardo. So che può turbarvi ciò che starò per dire ma… non era mia intenzione aver commesso questo. Mi hanno usato, e molto probabilmente questa ‘forza’ lo farà ancora, ancora e ancora. Lo conoscevo da poco ma aveva stoffa, e sicuramente una vita davanti. Addio. »
Concluse, allontanandosi dalla spiaggia, tornando nel patio che ormai era diventato il suo piccolo rifugio. Poi fu il turno di Greg, di Samanta, di Diana, Giacomo e Martina. Poi venne per ultimo Yuri.
« Aveva degli occhi profondi Edoardo, degli occhi in cui potevi perderti o ritrovarti. Se qualcuno mi chiedesse di descriverli non ci riuscirei a parole, tantomeno a gesti. Però posso parlarne, ma non mi sembra giusto sproloquiare riguardo al suo verde smeraldo piuttosto che parlare del suo cuore. E’ stato il primo a salvarci, il primo a darmi il benvenuto, il primo a portarmi una tazza di tè in camera. E’ stato perfetto e speciale, bello e forte come un leone, potente e libero come il vento. E non è giusto, non è affatto giusto aver perso uno dei diamanti più belli. Mancherà a tutti, nessuno escluso. Addio, Edoardo. »
Così, tutti vicini, spalla a spalla, i ragazzi lo guardarono navigare verso il centro del lago mentre Martina strimpellava la sua chitarra con una dolcezza unica, riempendo l’aria con le note di Somewhere Over The Rainbow. Greg, puntando un dito verso il cielo, emise una lancia di fuoco che trafisse le nuvole come una cometa e avvolse la barca in fiamme color tramonto.
Addio, amico.


 

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