Junjou in Trouble - Raising Two Babies

di manueos85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 01: Il tormento delle coliche ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02: Il riposo dei guerrieri ***
Capitolo 3: *** Capitolo 03: Visite inaspettate... ***
Capitolo 4: *** Capitolo 04: … imprevisti... ***
Capitolo 5: *** Capitolo 05: … e consigli non richiesti. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 06: Questione di tempismo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 01: Il tormento delle coliche ***


Capitolo 01: Il tormento delle coliche

 

Nowaki socchiuse con delicatezza la porta della stanza dei bimbi e sbirciò all’interno. La lampada notturna nell’angolo proiettava piccole stelline danzanti sulle pareti, attenuando l’oscurità quasi totale.

Nella penombra, Hiroki passeggiava lentamente avanti e indietro, tenendo Hideki a pancia in giù sull’avambraccio sinistro mentre con la mano destra gli massaggiava la schiena.

Il bimbo aveva iniziato a piangere verso le due di notte e aveva continuato senza sosta per quasi tre ore a causa di una colica, ma sembrava che, finalmente, fosse passata.

Hiroki aveva insistito per occuparsene da solo e lo aveva rispedito a letto con la raccomandazione di cercare di dormire un po’, visto che lo aspettava una lunga giornata di lavoro all’ospedale, ma Nowaki non era riuscito comunque a chiudere occhio. Aveva tenuto con sé Miyuki nel lettone perché non fosse disturbata dal pianto del fratellino e lei, per fortuna, dopo l’ultima poppata serale non si era svegliata neanche una volta.

“Hiro-san”chiamò piano, entrando nella stanza con passo felpato.

Il professore si girò verso di lui e Nowaki poté vedere sul suo viso stanco due profonde occhiaie scure.

“Sei sicuro di rimanere qua da solo? Sei sfinito.”

“Tu non preoccuparti e pensa ad andare al lavoro” gli rispose a bassa voce. “Se proprio vedo che non ce la faccio più a stare sveglio, chiamerò Misaki-kun o Shinobu-kun. Oggi è domenica, nessuno dei due ha lezione.”

“Credo che nè Usami-san né Miyagi-sensei saranno troppo contenti se glieli rubi.”

“Non mi interessa quello che fa Akihiko, ma il professor Miyagi farà bene a lavorare al libro, oggi, se non vuole vedere me in modalità Diavolo Kamijo domani” ribatté, stizzito solo a sentir nominare il suo irresponsabile collega. “Per colpa sua siamo in ritardo e Aikawa-san non si arrabbierà di certo con lui per questo.”

La stanchezza e la mancanza di sonno lo rendevano sempre più irritabile e il suo tono diventava ancora più brusco del solito, ma Nowaki non se la prese. D'altra parte, non aveva passato tutti quegli anni insieme al suo Hiroki senza imparare a conoscerlo. In quelle situazioni, la strategia vincente era di mantenere il sorriso e un tono dolce, magari accompagnando il tutto con una carineria che Hiro-san avrebbe accolto brontolando, ma che l'avrebbe di sicuro rabbonito. Così gli si avvicinò e lo abbracciò da dietro, avvolgendogli le braccia attorno alla vita. Si concesse un istante per respirare il profumo dei suoi capelli. Era seriamente tentato di premere le labbra sulla sua nuca e ricoprirla di baci leggeri, mordicchiando piano quella porzione sensibile di pelle, ma si rendeva conto che sarebbe stato un azzardo. Hiro-san non era proprio dell'umore adatto e, se ci teneva alla pelle, avrebbe fatto molto meglio a evitare qualunque approccio di quel genere. Così buttò fuori il fiato in un piccolo sospiro e si sforzò di attenersi al piano originale.

“Sono sicuro che Aikawa-san sarà comprensiva con te, vista la situazione. E ti ho preparato la colazione. È in cucina insieme a del caffè appena fatto.”

Hiroki girò appena la testa per lanciargli un'occhiata a cui rispose con uno dei suoi sorrisi più convincenti. Un istante dopo sentì la sua schiena e le spalle rilassarsi infinitesimamente contro il suo petto e seppe che la sua strategia aveva funzionato alla grande ancora una volta.

“Mmmm. Grazie” borbottò, prima di appoggiare la testa all’indietro alla spalla di Nowaki e lasciarsi sostenere da lui per qualche secondo, accettando quella coccola. “Dov’è Miyuki?”

“L’ho lasciata nel dondolo in camera nostra e sta dormendo ancora. Te la porto?”

“Solo se non la svegli. Adesso cerco di mettere giù anche lui.”

A malincuore, Nowaki sciolse l’abbraccio e andò a prendere la piccola. Quando tornò, Hiroki aveva già adagiato Hideki nel lettino. Il bimbo continuò a dormire, sfinito dal gran piangere che aveva fatto, ed entrambi gli uomini tirarono un cauto sospiro di sollievo. Il giovane dottore gli mise accanto la sorellina e fece a entrambi una carezza sulla testolina prima di prendere il compagno per mano e condurlo fuori dalla stanza, socchiudendo la porta alle loro spalle.

“Ora devo proprio andare, Hiro-san, ma chiamami se dovessi aver bisogno.”

“Sono a pezzi, ma sono ancora in grado di badare a due neonati addormentati” gli rispose, brontolando come sempre.

Nowaki sorrise. “Lo so, Hiro-san. A più tardi. Ti amo.”

E gli diede un affettuoso bacio sulle labbra. Sapeva molto bene cosa Hiroki pensava riguardo al bacio della buona giornata o del bentornato che, a suo dire, li facevano assomigliare ad una sdolcinata coppia di sposini stile anni cinquanta dei vecchi film americani, ma sapeva anche che in quel momento l'altro era troppo stanco per ribattere e non si sarebbe lasciato sfuggire quell'occasione per niente al mondo.

Scappò via ed era già quasi fuori dalla porta quando sentì il suo adorabile Hiro-san brontolare un “Nowaki! Idiota!” seguito da uno scontroso “Ti amo anch'io.”




Angolino dell'autrice:
Ciao a tutti, cuoricini romantici!
Eccomi di nuovo qui! Non ho potuto farci niente, non sono riuscita a trattenermi, perciò sono tornata a scrivere di Junjou! E lo faccio riprendendo una long che ho pubblicato quest'estate e che, grazie a voi che mi avete letto!, ha riscosso un successo che non mi sarei mai immaginata!
Quindi mi lancio in questa nuova avventura con una serie di one shot che vedranno protagonisti di nuovo la nostra amatissima coppia Egoist, alle prese con il difficile compito di crescere i due gemellini! Ci saranno momenti dolci, momenti buffi, guai e tanto amore, nella migliore tradizione di Junjou! Ce la faranno, secondo voi?!? 
Be', per scoprirlo, non vi resta che continuare a seguirmi!
Ciao al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** Capitolo 02: Il riposo dei guerrieri ***


Capitolo 02: Il riposo dei guerrieri

 

Nowaki si districò dalla folla di pendolari all'uscita della stazione della metropolitana e allungò il passo, impaziente di arrivare a casa.

Per tutta la mattina aveva fatto non poca fatica a concentrarsi sul lavoro e aveva spesso avuto la sensazione che il cellulare, che teneva silenzioso nella tasca del camice, vibrasse per una chiamata o un messaggio in arrivo. Ogni volta controllava subito lo schermo, ma si era presto reso conto che era solo una sua suggestione. Ogni volta si ripeteva di stare tranquillo, che non aveva senso agitarsi in quel modo, ma non c'era niente da fare. Era più forte di lui. Non riusciva ad evitarlo, anche se Tsumori se ne n'era accorto e aveva cominciato a prenderlo bonariamente in giro quando lo vedeva compiere il gesto di prendere il cellulare dalla tasca.

Era consapevole che Hiro-san, nonostante la nottata trascorsa in bianco per la colica di Hideki, aveva la situazione perfettamente sotto controllo. Era già capitato in precedenza molte altre volte. Soprattutto nei periodi d'esame, Hiroki rimaneva sveglio fin quasi all'alba per finire in tempo di correggere gli scritti degli studenti e poi, al mattino, si recava all'università a far lezione. Perdere il sonno una volta di più non sarebbe stato un problema per lui, ma Nowaki era lo stesso in pensiero.

Un conto era dover tenere una lezione su un argomento che si conosceva a memoria e meglio delle proprie tasche. Tutt'altro paio di maniche era occuparsi di due neonati.

Era stato più volte tentato di chiamare lui stesso Hiroki per accertarsi che non avesse bisogno di aiuto, ma si era sempre fatto forza e si era trattenuto, anche le volte che era arrivato a selezionare il numero del compagno dalla rubrica.

Conosceva Hiro-san troppo bene. Per prima cosa, gli avrebbe fatto una lavata di capo con i fiocchi perchè si preoccupava sempre troppo e, a detta sua, inutilmente. Poi gli avrebbe proibito di richiamarlo finché non avesse finito il suo turno di lavoro, chiudendo infine la telefonata intimandogli di tornare immediatamente a fare il proprio dovere se non voleva incorrere nella sua ira.

Perciò Nowaki aveva fatto del suo meglio per ignorare il groppo di apprensione che avvertiva allo stomaco e aveva continuato a lavorare come sempre, cercando di non farsi scivolare via dal viso il sorriso gentile che indossava sempre anche quando si sentiva vicinissimo a perdere la pazienza.

Aveva piena fiducia in Hiro-san, su questo non c'era il minimo dubbio. Eppure, non poteva togliersi dalla mente il viso stanco e anche un po' pallido dell'altro quando lo aveva salutato quel mattino prima di uscire.

Si ripeteva come un mantra che se la sarebbe cavata benissimo anche senza di lui. Ne aveva avute ampie dimostrazioni. Il carattere di Hiro-san poteva essere scontroso, irascibile e un sacco di altre cose, ma con quei due scriccioli si trovava incredibilmente a suo agio. Li prendeva in braccio con disinvoltura, distingueva anche meglio di lui quando il loro pianto era dovuto alla fame o a qualche altro problema e cambiava i pannolini senza andare in crisi. Tuttavia, nonostante quello, l'inquietudine non passava.

Aveva il respiro corto quando alla fine raggiunse il pianerottolo di casa con le chiavi già pronte in mano, che infilò con impazienza nella serratura. Paventava quello che avrebbe trovato una volta aperta la porta. Già si immaginava scene apocalittiche, con i bambini urlanti come aquile e Hiro-san sull'orlo di una crisi di nervi per la stanchezza, pronto ad esplodere in una delle sue celeberrime sfuriate.

A quel pensiero, tutta l'urgenza che l'aveva spinto a percorrere la strada praticamente di corsa svanì e quasi esitò prima di ruotare la chiave nella toppa. Pregò soltanto di uscire più o meno indenne da qualunque scenario si sarebbe trovato davanti e mise in preventivo l'idea che avrebbe dovuto darsi molto da fare a calmare Hiroki se le sue peggiori previsioni si fossero rivelate veritiere.

Ma, quando si decise infine ad aprire, venne accolto da un perfetto silenzio che lo sorprese ancor più di un coro di urla isteriche.

Per un momento venne sfiorato dal terribile pensiero che Hiro-san se ne fosse andato, ma poi rise di se stesso per quella paura irrazionale quando notò le scarpe che il compagno usava più spesso nel loro solito angolino del genkan, il che voleva dire senza ombra di dubbio che era in casa.

Si diede dello stupido da solo mentre si sfilava le proprie prima di andare in soggiorno.

Solitamente, quando i bambini dormivano e soprattutto a quell'ora, Hiro-san stava sul divano con il laptop aperto sulle gambe, intento a digitare velocemente sulla tastiera mentre lavorava al libro, oppure impegnato a correggere qualche elaborato dei suoi studenti, mugugnando tra sé quando trovava qualche strafalcione.

Quel pomeriggio, invece, la stanza era insolitamente vuota e avvolta nella penombra a causa delle tende già tirate. Il portatile non si vedeva da nessuna parte e il tavolino basso non era coperto di fogli sparpagliati ovunque, quindi Hiroki non stava lavorando.

Anche la luce in cucina era spenta e dal locale non proveniva alcun rumore, quindi Hiro-san non poteva essere nemmeno lì, impegnato a prepararsi un'altra tazza di caffè nonostante tutte quelle che doveva essersi già bevuto.

Nowaki percepì per l'ennesima volta quel giorno una sensazione di disagio che stava diventando fastidiosamente familiare, visto che l'aveva accompagnato per tutta la mattina, e per l'ennesima volta si costrinse a mantenere la calma. Hiro-san poteva benissimo essere in bagno o nella stanza dei bambini, così decise di andare a controllare.

Un momento dopo era già nel corridoio e stava per passare oltre la porta aperta della loro stanza quando, con la coda dell'occhio, scorse qualcosa che lo fece tornare immediatamente sui propri passi, appoggiandosi con la spalla contro lo stipite mentre contemplava la scena che si trovò davanti.

Hiroki era sdraiato al centro del loro letto sul fianco sinistro, con il braccio ripiegato e la mano infilata sotto la testa. Il destro era invece allungato davanti a sé a cingere i bambini. Nowaki distingueva le forme dei loro corpicini al di sotto della trapuntina con cui erano coperti. Miyuki teneva il pollice infilato in bocca come di consueto ed era adagiata sul fianco con la pancina premuta contro il petto dell'uomo. La sommità della sua testolina scura gli arrivava appena sotto il mento. Hideki, invece, stava sdraiato sulla schiena alle spalle della sorellina, con le braccia spalancate, le manine serrate a pugno e la mano di Hiroki appoggiata sulla pancia.

Tutti e tre dormivano beatamente e Nowaki pensò che difficilimente avrebbe visto qualcosa di più dolce.

Si avvicinò silenziosamente e si sedette con cautela sul bordo del letto. Non voleva svegliarli, ma non resistette alla tentazione di allungare la mano per accarezzare le testoline dei piccoli prima di sporgersi su Hiro-san e depositargli un bacio leggero sull'angolo delle labbra.

A distanza di tanto tempo, il bel viso addormentato del suo Hiro-san lo emozionava sempre come la prima volta e ricordò che il primo bacio gliel'aveva dato in una situazione molto simile. Anche allora Hiroki stava dormendo e lui, semplicemente, non aveva potuto farne a meno.

Sorrise.

Si era preoccupato tanto, ma in quel momento passò tutto in secondo piano mentre contemplava intenerito il sonno delle tre persone più importanti al mondo per lui.

Emise un piccolo sospiro. Dormivano così quietamente che sarebbe stato un vero peccato svegliarli. Inolte, aveva visto Hiroki così tanto stanco proprio quel mattino... Di certo non gli avrebbe fatto alcun male se l'avesse lasciato riposare ancora per un po'. Ma, quando fece per alzarsi, qualcosa trattenne un lembo del maglione che indossava.

Abbassò gli occhi, sorpreso, notando le dita di Hiroki strette sull'orlo dell'indumento prima di spostare lo sguardo sul viso del compagno. Lui teneva ancora gli occhi chiusi, ma era chiaro che fosse sveglio perchè le sue sopracciglia si erano leggermente incurvate.

“Dove stai andando?” gli chiese, la voce poco più alta di un sussurro.

“Pensavo dormissi e volevo lasciarti riposare. Scusami, ti ho svegliato?”

“Non stavo dormendo neanche prima. Ti ho sentito entrare.”

“Davvero?” Nowaki era sorpreso nonostante il cenno affermativo che Hiroki fece con la testa. Si sporse di nuovo sul compagno e allungò una mano per accarezzargli la guancia prima di fargli scivolare le dita sotto il mento per fargli alzare il viso. “Apri gli occhi, Hiro-san.”

Lui lo accontentò, sollevando appena le palpebre.

“Sono stato in pensiero per tutto il tempo” confessò, appoggiando la fronte alla sua.

“Idiota” sbuffò di rimando Hiroki. “Ti avevo detto di non preoccuparti.”

“Lo so.”

“Eppure non mi hai chiamato nemmeno una volta. Sono stupito.”

“Non sai quante volte sono stato lì lì per farlo...”

“Lo so. Ti conosco troppo bene. Per colpa tua, ho dovuto tenere il telefono sempre a portata di mano perchè, se per qualche motivo non ti avessi risposto, ti avrei ritrovato a casa nel giro di pochi minuti. Cosa ti ha trattenuto?”

Nowaki ridacchiò. “Il fatto che anche io conosco molto bene te, Hiro-san. Se ti avessi chiamato, mi avresti rimproverato a non finire. Ma ho tenuto il cellulare nella tasca del camice e non sai quante volte ho avuto l'impressione di sentirlo vibrare.”

“Idiota” commentò di nuovo Hiroki, ma l'angolo della bocca gli si sollevò nell'accenno di un sorriso che non sfuggì a Nowaki.

Era così raro vedere una simile espressione sul viso dell'altro che rimase per un istante incantato ad ammirarla..

“Che ti prende, adesso?”

La domanda lo riscosse prontamente e sorrise nel vedere le sopracciglia di Hiroki aggrottarsi nel suo solito modo.

“Niente, Hiro-san. Proprio niente.” Gli diede un rapido bacio su quelle labbra tentatrici e fece per alzarsi, ma la mano che si serrò sulla sua manica lo trattenne nuovamente. “Cosa c'è?” domandò, sorpreso.

“Resta un po' qui...” borbottò Hiroli in risposta, distogliendo lo sguardo imbarazzato.

Nowaki non si fece pregare. Si sdraiò a sua volta sul letto sul fianco in modo da avere Hiroki davanti a sé, con i piccoli tra di loro. Li accarezzò ancora delicatamente sulla testolina prima di fermare la mano sul fianco di Hiroki. Nonostante fosse stato attento a muoversi piano, Hideki si agitò per un momento nel sonno, ma poi continuò a dormire beato mentre la mano di Hiro-san gli faceva un leggero massaggio circolare sul pancino.

“Sei stanco, Hiro-san?”

Lui mugugnò in risposta, scuotendo la testa.

“Dovresti riposare un po'. Adesso che sono a casa, penso io a loro se dovessero svegliarsi” gli fece notare.

“Non ce n'è bisogno.”

Nowaki non replicò, ma presto notò che le sue palpebre si facevano pesanti. Allora spostò la mano sulla sua testa, infilando le dita tra i suoi capelli e iniziando ad accarezzarglieli piano, con un tocco lento e quasi impercettibile. Conosceva bene il suo Hiro-san. Sapeva che quello era il suo punto debole e infatti non ci volle molto prima che il suo respiro si facesse più profondo e scivolasse finalmente nel sonno.

“Dormi bene, Hiro-san” mormorò, prima di depositargli un altro dolce bacio sulla fronte.

E il resto del pomeriggio scivolò via così, quietamente.





Angolino dell'autrice:
Bentornati per un nuovo capitolino di questa serie, miei cari cuoricini romantici!
Che ne dite, c'è abbastanza miele per i vostri dolci gusti?!?!
Vi piace? 
Mi raccomando, recensite in tanti! Mi bastano anche soltanto due paroline, giusto per sapere se vi piace, cosa vi piace e quanto vi piace!
Intanto ringrazio chi ha già recensito il capitolino precedente, chi mi ha inserito tra le storie preferite/ricordate/etc e chi mi ha semplicemente letto, perchè è comunque una grande soddisfazione vedere il numero di visualizzazioni aumentare un pochino ogni giorno!
Siete Mitici!
Ciao al prossimo aggiornamento! Un abbraccio grande grande!

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Capitolo 3
*** Capitolo 03: Visite inaspettate... ***


Capitolo 03: Visite inaspettate...

 

Hiroki aveva affrontato i giorni precedenti il tanto temuto trasloco come un condannato a morte che cammina verso il patibolo, sapendo di non sbagliarsi nel ricordare il precedente come un'impresa titanica, ma quello stava superando di gran lunga ogni sua peggiore aspettativa.

Il fatto di esserne in gran parte responsabile non aveva minimamente contribuito a farglielo affrontare con animo più lieto e il suo umore era stato particolarmente intrattabile, al punto che anche una persona buona come il suo Nowaki aveva fatto molta fatica a mantenere il sorriso.

Due settimane prima, ad appena un mese e mezzo dal burrascoso arrivo dei gemelli nella loro vita, Nowaki era tornato a casa dal lavoro eccitato come un bambino a Natale, annunciandogli che per un colpo di fortuna aveva trovato l'appartamento ideale per la loro cresciuta famiglia. Un suo collega che abitava nel loro stesso quartiere aveva ricevuto una vantaggiosa offerta di lavoro in un altro ospedale e quindi stava per trasferirsi definitivamente in un'altra prefettura, lasciando libera la sua casa. Avendo anche lui tre figli, un maschio e due femmine, l'appartamento sarebbe stato grande abbastanza per loro quattro e per la sterminata biblioteca di Hiro-san. Dopo avergli dato quella eccezionale notizia, Nowaki non gli aveva lasciato il tempo di dire niente e lo aveva trascinato immediatamente a visitarlo. Il risultato era ovvio. Quasi prima di essersene reso conto, l'accordo era stato concluso e l'atto d'acquisto firmato.

Dopodiché erano iniziati i preparativi in ogni ritaglio di tempo che riuscivano a trovare tra i turni di Nowaki all'ospedale e le sue lezioni all'università.

Ora, mentre impacchettava l'ultimo di una infinita serie di scatoloni di libri, Hiroki si trovava ad arrabbiarsi con l'universo intero e in primis contro se stesso. Quando si erano trasferiti insieme in quella casa, dopo il ritorno di Nowaki dagli Stati Uniti, si era rilassato, convinto che non si sarebbero mai più spostati da lì, e quindi non si era più limitato come in precedenza nell'acquistare i suoi amatissimi libri.

Nowaki, molto saggiamente, in quei giorni aveva evitato qualsiasi accenno al trasloco quando parlava con lui e lo aveva trattato con le pinze per tutta la settimana, impacchettando da solo ogni altra suppellettile della casa, i loro vestiti e le cose dei bambini mentre lui si occupava esclusivamente della sua smisurata biblioteca.

Ma come accidenti aveva fatto ad accumularne così tanti? Eppure, non poteva pensare di poter fare a meno di ogni singolo volume che gli passava sotto mano. Aveva tenuto perfino quelli di Akihiko, e non soltanto i romanzi seri con cui aveva vinto prestigiosi premi, ma anche i volumetti BL da quattro soldi che quello si ostinava a mandargli incurante delle sue proteste.

Stava contemplando quella catasta di scatoloni apparentemente senza fine, tutti ordinatamente impilati ed etichettati, quando il campanello di casa suonò.

“Hiro-san” lo chiamò Nowaki dall'altra stanza. “Devono essere gli operai. Sei pronto?”

No. Non lo era. Per niente. Ma non c'era altro da fare. E poi, prima iniziavano e prima quel supplizio avrebbe avuto termine.

Mentre si faceva coraggio, sentì Nowaki parlare nell'ingresso, ma registrò che c'era qualcosa di strano quando distinse anche delle voci femminili. La sua sorpresa decuplicò quando scorse il gruppetto di persone che si era raccolto nel genkan. Un istante più tardi, Kusama-sama lo aveva raggiunto e stretto in un abbraccio uguale a quello che riservava ai figli.

Imbarazzato e non ancora abituato a quelle manifestazioni d'affetto, lanciò un'occhiata a Nowaki da sopra la testa dell'anziana signora.

“Scusate l'intrusione” gli disse poi lei mentre Ayako e Kaoru gli rivolgevano un cenno di saluto. “Ma Wacchan ci ha detto del trasloco e abbiamo pensato che poteva farvi comodo qualche mano in più.”

A quelle parole, Nowaki smise di prestare attenzione a ciò che Tadashi gli stava dicendo per voltarsi verso la madre. “Oka-san” intervenne, il tono dolce ma deciso, “non credo...”

“Oh, smettila di agitarti, Wacchan” lo rimproverò lei, interrompendo sul nascere la sua protesta. “Non ho alcuna intenzione di affaticare le mie vecchie ossa più del necessario. Infatti intendo lasciare a voi giovani questi lavori pesanti mentre io ne approfitterò per passare un po' di tempo con i miei adorabili nipotini. O vi eravate già organizzati diversamente per badare a loro?”

“No, ma...”

“Allora è deciso.” L'anziana signora liquidò ogni ulteriore obiezione con un elegante cenno della mano. Un momento dopo aveva già varcato la soglia del soggiorno.

Kaoru sospirò. “Scusa, fratellone, ma lo sai anche tu com'è la mamma. Non ha voluto sentire ragioni.”

“Lo so.”

“Quindi, a quanto ho capito, il nuovo appartamento non è molto lontano da qui” intervenne Tadashi, evidentemente riprendendo il discorso interrotto.

“È così infatti” confermò Nowaki. “Basta arrivare in fondo alla strada e girare a destra. Gli operai dell'impresa di traslochi non useranno nemmeno il furgone. Hanno detto che basterà caricare gli scatoloni sui carrelli e fare avanti e indietro a piedi.”

“Capisco. Be', in effetti così è più semplice.”

“Se siete d'accordo” si intromise Ayako, “io e Kaoru possiamo aspettare là gli operai. Possiamo dare una bella pulita e poi inizieremo a sistemare gli scatoloni non appena arriveranno.”

“Non vogliamo darvi troppo disturbo” disse Hiroki, passandosi una mano nei capelli nel suo solito gesto che Nowaki non aveva alcuna difficoltà ad interpretare.

Il suo Hiro-san stava combattendo contro il suo orgoglio. Poteva quasi vedere la battaglia in corso nel suo cervello. Da un lato il suo carattere che gli gridava di rifiutare testardamente quell'offerta, contando solo sulle loro forze, e dall'altro il desiderio di terminare quel trasloco il più in fretta possibile. Nowaki sapeva che Hiro-san avrebbe preferito aspettare un altro po' a cambiare casa, ma un'occasione come quella non sarebbe mai più capitata. Aveva sentito di doverla cogliere al volo, per questo aveva forzato un po' la mano il giorno in cui erano andati a visitare l'appartamento.

“Se fate in modo di mandare per primi gli scatoloni con gli utensili della cucina, entro sera avrete già almeno quel locale sistemato e la possibilità di prepararvi da mangiare” aggiunse Ayako, distogliendolo da quei pensieri.

Sua sorella non aveva idea del conflitto interiore di Hiroki, ma probabilmente disse le uniche parole in grado di fargli accettare il loro aiuto.

Nowaki non si era reso conto di aver trattenuto il fiato fino a quando non lo lasciò andare in un sospiro di sollievo vedendo Hiro-san che, dopo avergli lanciato un'altra occhiata, si infilava la mano in tasca e ne estraeva la sua copia della chiave della nuova casa, porgendola poi ad Ayako.

“Grazie” borbottò.

“Nessun problema! Dopotutto, siamo una famiglia!” esclamò Kaoru.

La ragazza prese la chiave dalle mani di Hiroki e, con un allegro cenno di saluto, uscì insieme alla sorella maggiore.

Hiroki rimase a fissare per qualche secondo la porta chiusa, completamente stranito, fino a che non venne riscosso dalla voce di Tadashi che chiedeva a Nowaki dove avevano messo gli scatoloni con le stoviglie. L'uomo si stava già rimboccando le maniche e pareva del tutto a suo agio, come se frequentasse la loro casa da una vita intera. Anche le sorelle di Nowaki lo avevano trattato con il disinvolto affetto che riservavano al fratello e Hiroki sentì che, dopo giorni di umor nero, lo stress che aveva accumulato iniziava a diminuire.

Sentì su di sé lo sguardo contento del compagno, ma fece finta di non accorgersene. Non era ancora pronto ad ammettere che quel trasloco, forse, non sarebbe stato la gran tragedia che si era aspettato.




Angolino dell'autrice:
Ciao a tutti i miei cari cuoricini romantici! Sono tornata a tormentarvi con un nuovo capitolino!
Quello di oggi è cortino, ma spero vi piaccia lo stesso!
Come sempre, grazie a tutti per aver seguito i precedenti e aver recensito!
Ciao alla prossima! Un super abbraccio
manueos85

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Capitolo 4
*** Capitolo 04: … imprevisti... ***


Capitolo 04: … imprevisti...

 

Quando terminò la spiegazione, Hiroki sollevò lo sguardo sui suoi studenti, che l'avevano ascoltato in religioso silenzio fino a quel momento, le teste chine e le matite che correvano veloci sui fogli prendendo freneticamente appunti.

Nessuno aveva osato distrarsi neanche per un secondo, né c'era stato qualcuno tanto temerario da provare ad utilizzare il cellulare sotto il banco credendo di non essere visto. Erano ancora troppo spaventati dal pessimo umore che aveva mostrato nei giorni precedenti il trasloco, che aveva fatto emergere il peggio del peggio del Diavolo Kamijo.

Ma, dal momento che alla fin fine questo era andato meglio del previsto, il giovane professore si sentiva con una disposizione d'animo più buona del solito, così decise che per quel giorno li aveva torturati abbastanza.

Chiuse il libro e lo appoggiò sulla scrivania insieme ai suoi occhiali da vista.

“Per oggi è tutto” disse.

Era un annuncio talmente tanto inaspettato che ogni singolo studente lo fissò con un'espressione sbalordita, dal momento che di solito soltanto il suono della campanella aveva il potere di interrompere le lezioni del Diavolo Kamijo. Lui li ignorò, riordinando con tutta calma i suoi fogli di annotazioni sull'argomento del giorno e riponendo gli occhiali nella loro custodia, ma non volle rinunciare ad una delle sue abituali, pungenti osservazioni.

“Ricordatevi che questi argomenti rientreranno nei prossimi esami, quindi studiate e dimostratemi che non ho sprecato il mio tempo ad insegnare a delle immeritevoli zucche vuote che non capiscono un accidente di letteratura. E ora, tutti fuori dai piedi.”

Non ne era certo, ma gli parve di cogliere qualche sospiro di sollievo nel fuggi fuggi generale che seguì le sue parole. Nessuno studente si attardò per chiedergli chiarimenti sulla lezione, così recuperò la sua valigetta e uscì a sua volta dall'aula. Si avviò senza fretta verso l'ufficio che condivideva con Miyagi con la mente già mille miglia lontana dalla lezione che aveva appena tenuto e concentrato invece sul progetto del libro. Nel pomeriggio, Aikawa-san sarebbe passata a fare il punto della situazione e Hiroki era abbastanza soddisfatto dei progressi che avevano fatto negli ultimi giorni. Anche se aveva dovuto chiudere un occhio e sopportare la puzza di fumo causata dall'aumento del numero di sigarette fumate quotidianamente da Miyagi, era stato contento di vedere il professore impegnarsi finalmente nel lavoro.

Tuttavia, giunto in prossimità dell'ufficio, si rese conto che c'era qualcosa di diverso dal solito. Un inconsueto numero di studenti ciondolava per il corridoio e un gruppetto di ragazze era assiepato davanti alla porta chiusa dell'ufficio, bisbigliando concitatamente l'una con l'altra e tentando di sbirciare all'interno. Un simile, inspiegabile comportamento lo lasciò perplesso per qualche istante, ma non si soffermò troppo a pensare sul perché quasi tutti gli studenti vennero colti dall'improvvisa fretta di sparire dalla circolazione non appena lo videro avvicinarsi.

“Miyagi!” esordì, aprendo la porta dell'ufficio. “Mi auguro che tu non abbia battuto la fiacca mentre ero impegnato con la mia le...”

Ma le parole gli morirono in gola in un borbottio incomprensibile quando scorse il collega comodamente seduto alla sua scrivania. Teneva tra le labbra una sigaretta spenta, giocherellandoci distrattamente mentre scorreva alcuni fogli che teneva nella mano. Fin lì niente di strano, se non fosse che l'altro suo braccio era impegnato a sostenere Hideki, seduto sul suo grembo con l'aria di trovarcisi perfettamente a proprio agio.

Il professore alzò gli occhi dal fascicolo e gli rivolse uno dei suoi soliti smaglianti sorrisi.

“Ah, eccoti qui!” lo salutò, come se niente fosse. “Ho appena finito di stampare le modifiche all'indice che Aikawa-san ha richiesto la volta scorsa. Credo che oggi sarà soddisfatta dell'impostazione. Devo ammettere che aveva ragione lei, in questo modo la sequenza dei capitoli è molto più coerente con la logica alla base del libro.”

Per un momento, il senso di quelle parole gli rimase oscuro e Hiroki sbatté le palpebre, stupefatto.

“Perché mio figlio è qui?” riuscì a chiedere non appena ritrovò la voce.

“Probabilmente per lo stesso motivo per cui è qui anche tua figlia” ribatté il professore.

“E perché anche mia figlia è qui?”

“Questa è una buona domanda. Io mi sono solo ritrovato lo scricciolo in braccio due minuti dopo che il tuo bel dottorino si è presentato a quella stessa porta cercando te. Io proverei a chiedere spiegazioni a lui.”

Miyagi gli indicò la sua, di scrivania, e Hiroki ci mise qualche altro istante a rendersi conto che Nowaki era davvero seduto sulla sua sedia, con accanto il passeggino gemellare e Miyuki tra le braccia, impegnata a terminare il suo biberon.

Non appena si accorse della sua presenza, però, Nowaki scattò in piedi con un'espressione sollevata.

“Hiro-san! Finalmente ti ho trovato! Ho provato a chiamarti un'infinità di volte.”

“Com'è possibile? Il mio telefono non ha mai suonato, altrimenti ti avrei risposto.”

“Il tuo telefono avrebbe suonato se fosse stato acceso, Hiro-san” replicò lui con pazienza.

E Hiroki ricordò soltanto in quel momento che la sera precedente gli era completamente uscito dalla testa il fatto di dover mettere a caricare la batteria dell'apparecchio. Non ebbe nemmeno bisogno di estrarre il cellulare dalla tasca della giacca per verificare che era davvero, irrimediabilmente spento.

Borbottò tra i denti un'imprecazione prima di tornare a concentrarsi su quanto gli stava dicendo il compagno. “Ti ho portato tutto quello che ti serve, un paio di cambi ciascuno e il latte già pronto, devi solo scaldarlo. Io non so a che ora potrò essere a casa, ma se l'emergenza rientra presto...”

“Che emergenza?” Hiroki faticava a seguire il discorso perché era ovvio che se ne era perso un pezzo mentre era ancora impegnato a maledire la scarsa durata delle batterie dei cellulari moderni.

“L'emergenza all'ospedale, Hiro-san. Mi hanno richiamato in servizio.”

“Ma... e i bambini...”

“Mi dispiace, Hiro-san, ma non ho potuto rifiutare. Mi hanno chiesto di raggiungere l'ospedale appena fossi riuscito a sistemarli in qualche modo e l'unica soluzione che avevo era portarli qui da te...” Nowaki si strinse nelle spalle, dispiaciuto. “Miyagi-san dice che non ci sono problemi a farli stare qui, visto che per oggi non hai altre lezioni.”

Il collega si affrettò ad eclissarsi dietro i suoi fogli quando gli scoccò un'occhiataccia degna del miglior Diavolo Kamijo, liquidando la questione con un vago gesto della mano e una risata gioviale. “Suvvia, Hiroki! Ad Aikawa-san non importerà per niente di avere attorno i tuoi pargoletti mentre lavoriamo!”

Hiroki aveva già pronta una replica adeguata per quell'affermazione, ma dimenticò completamente ciò che stava per dire quando, un istante più tardi, Nowaki gli si avvicinò, porgendogli la bimba. Fu un riflesso istintivo quello che lo spinse a tendere le braccia e stringersi al petto la piccola.

Distratto da Miyuki, Hiroki non si rese conto che Nowaki gli era ancora vicinissimo finché non sentì le sue dita imprigionargli il mento, facendogli alzare il viso per incontrare il suo sguardo, le sue labbra ad appena un soffio dalle proprie.

“Ti chiamo appena esco dall'ospedale” promise in un sussurro. “Ti amo.”

Il contatto fu troppo rapido e leggero per essere considerato un vero bacio, ma Hiroki si sentì lo stesso arrossire furiosamente per l'imbarazzo all'idea che Miyagi si stesse godendo la scenetta con malcelato divertimento. Era certo che lo avrebbe preso in giro fino alla morte per quello.

“Oh, fate come se non ci fossi!” esclamò infatti il collega. “Salutarsi con un bacio aiuta a mantenere vivo il legame di coppia! Parlo per esperienza personale!”

“Ti riferisci al matrimonio con la tua ex-moglie, o alla tua nuova relazione sentimentale con Shinobu-kun?” fu il commento mordace di Hiroki mentre Nowaki recuperava il suo cappotto e la sua borsa.

“Touchè!” ridacchiò Miyagi. Prese la manina di Hideki e la agitò. “Forza, mio piccolo amico, saluta papà che sta andando a lavorare!”

Nowaki sorrise e accarezzò il bimbo sulla testa. “Grazie, Miyagi-sensei.”

Prima di chiudersi la porta alle spalle, rivolse un ultimo cenno di saluto a Hiroki che, però, pareva come pietrificato. Il giovane professore si era reso conto solo in quel momento che la porta dell'ufficio era rimasta aperta per tutto il tempo e che chiunque si fosse trovato a passare per il corridoio poteva aver visto o sentito tutto quello che era accaduto in quei brevi minuti.

Hiroki si precipitò a spalancarla e a scrutare il corridoio, ma nemmeno Nowaki era più in vista. Leggermente sollevato, andò a mettere Miyuki nel passeggino, ma il suo umore era ormai irrimediabilmente rovinato. Anche i suoi studenti ebbero modo di accorgersene nei giorni seguenti, quando si resero conto che il loro scorbutico professore pareva aver sviluppato una incomprensibile ossessione per le porte chiuse, e fu una vera fortuna che al suo orecchio non giunsero mai le voci più incredibili che avevano preso a rincorrersi per i corridoi riguardo una sua recente paternità.



Angolino dell'autrice:
buongiorno a tutti i miei cari cuoricini romantici che, nonostante tutto, continuano a seguirmi! Vi adoro tutti! 
Vi stritolo in un giga abbraccio fortissimo perchè siete veramente meravigliosi! 
Comunque, tornando alla nostra storia, spero che vi piaccia il capitolo di oggi! 
Vi aspetto sempre qui per il prossimo aggiornamento!
Ciao!
manueos85

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Capitolo 5
*** Capitolo 05: … e consigli non richiesti. ***


Capitolo 05: … e consigli non richiesti.

 

Non lo avrebbe ammesso ancora per un bel po' di tempo, ma Hiroki era contento di essersi lasciato convincere da Nowaki a traslocare in quell'appartamento. La stanza che era stata destinata a diventare il suo studio e biblioteca personale era quanto di più simile aveva sognato nei suoi sogni da ragazzino, quando i libri che possedeva bastavano appena a riempire una sola libreria.

Ora, invece di essere accatastati alla meno peggio in ogni angolo del soggiorno, ogni volume aveva trovato la sua precisa ubicazione e c'era perfino margine per ampliare ulteriormente la collezione.

Hiroki non osava nemmeno immaginare quanto potesse aver speso Nowaki per acquistare tutte quelle librerie, ma il compagno aveva voluto a tutti i costi fargli quel regalo e non c'era stato verso di fargli cambiare idea.

Si guardò attorno, soddisfatto di come era riuscito a disporre i volumi, ma, dopo aver passato l'intera mattina a svuotare gli ultimi scatoloni rimasti dopo il trasloco, non aveva per niente voglia di mettersi a lavorare. In ogni caso mancavano ancora diversi giorni per il prossimo aggiornamento con Aikawa-san, per cui non sarebbe stato un problema se si fosse preso il pomeriggio per sé. Stava già pregustando l'idea di sprofondare nel divano con una bella tazza di caffè e un buon libro, che una volta tanto avrebbe letto per puro piacere, approfittando del fatto che i bimbi dormivano beatamente nella loro stanza, quando il suono del campanello giunse a infrangere i suoi propositi di relax.

Perciò, quando aprì la porta e si trovò davanti Akihiko, le sue sopracciglia si aggrottarono in un'inclinazione che Nowaki avrebbe definito pericolosa, salvo poi scattare verso l'altro per la sorpresa quando notò i due orsacchiotti di peluche che lo scrittore teneva tra le braccia come avrebbe fatto lui con i gemellini, ciascuno dei quali adorno di un bel fiocco attorno al collo.

“La tua ossessione sta peggiorando. Adesso li porti anche a passeggio, i tuoi orsacchiotti?” non riuscì a impedirsi di commentare.

“Abbi un po' di rispetto per i fratelli minori del mio Suzuki-san, dal momento che ho personalmente scelto questi due esemplari della mia collezione perché diventino i migliori amici dei tuoi marmocchi” ribatté Akihiko con il suo solito sorrisetto stampato sulle labbra. “È profumo di caffè, quello che sento?”

Hiroki sbuffò, ma indietreggiò per lasciare entrare il vecchio amico e, mentre lui si toglieva le scarpe nel genkan, passò in cucina per riempirgli una tazza.

“Cosa hai fatto al povero Misaki-kun per estorcergli il mio nuovo indirizzo?” gli chiese poi, raggiungendolo in soggiorno e porgendogli una tazza fumante.

Akihiko si era già accomodato sul divano con una gamba accavallata sull'altra e il braccio sinistro allungato sul bordo dello schienale, del tutto a proprio agio. Prese un sorso di caffè, prima di lanciargli a sua volta un'occhiata penetrante. “Da quand'è che hai a cuore la salute dei tuoi studenti? Se non sbaglio sei tu quello che si diverte a terrorizzare i ragazzini. Anche lui sudava freddo ogni volta che aveva lezione con il terribile Diavolo Kamijo.”

“Mi sta a cuore Misaki-kun perché è un bravo baby-sitter e cucina benissimo” replicò Hiroki. “Quindi ti sarei davvero molto grato se non lo maltrattassi.”

“Ah, vedo che il tuo è un interesse di parte. Comunque, puoi fidarti ciecamente di lui. Non so cosa tu abbia fatto per entrare nelle sue simpatie, ma a quanto pare ti è leale fino alla morte. Per quanto lo abbia torturato, e ti garantisco che mi ci sono applicato davvero tanto, ha tenuto la bocca cucita. Non sono riuscito a cavargli una sola sillaba di dove eri andato a rintanarti con la tua famigliola felice. Per scoprirlo, ho dovuto seguirlo di nascosto l'ultima volta che è venuto qui.”

“Probabilmente mi è grato per le lezioni extra che gli ho dato per recuperare tutte quelle che ha perso. O forse si è fatto incantare dalla parlantina sciolta di Nowaki. Quando sono insieme, quei due chiacchierano senza sosta come due vecchie comari.” Hiroki si strinse nelle spalle, ma l'espressione irritata di Usami lo sorprese.

L'alto sbuffò infastidito. “Ultimamente è stato fin troppo impegnato con quel suo lavoro part-time alla Marukawa.”

“A me ne è parso entusiasta. Ha parlato per ore di quello che fa per aiutare al reparto pubblicazioni e di quel suo manga preferito...”

Un altro sbuffo infastidito da parte di Akihiko. “Ancora lui!” sbottò. Ora l'irritazione dello scrittore era davvero palese.

“Ma non mi dire!” commentò quindi Hiroki, incrociando le braccia e scrutando l'amico con un'espressione sorpresa.

“Cosa?”

“Sei geloso.”

“Ma fammi il piacere!”

“La tua negazione è di per sé una conferma.”

“Non giocare con le parole con me. È un terreno su cui non mi potrai mai battere, professore.”

“Non sto giocando con le parole. Sto sottolineando l'ovvio. Lo scrittore di best seller e vincitore di premi internazionali ha paura di perdere contro un mangaka qualunque.”

“Sei irritante.” Usami sbuffò di nuovo. “Ma sei anche il migliore a cui chiedere per le mie ricerche perciò per questa volta lascio correre.”

“Quanta magnanimità” sospirò Hiroki, alzando gli occhi al cielo. “Non ti servirà a niente cercare di corrompermi facendo leva sul mio ego.”

“Davvero? Neanche un pochino?”

“Cosa ti serve questa volta?

Ormai era chiaro che i suoi programmi per il pomeriggio non si sarebbero mai realizzati. Disse mentalmente addio ai comodi cuscini del divano, poi condusse Akihiko nel suo studio mentre l'altro gli riempiva le orecchie con un elenco interminabile di dettagli che richiedevano delucidazioni.

Tuttavia, lo scrittore si zittì non appena varcò la porta della stanza. Hiroki fece finta di niente, ma dentro di sé era orgoglioso della reazione che aveva ottenuto. Riuscire a tappare la bocca a Usami era una soddisfazione senza pari ed era tutto merito di Nowaki. Forse, se il compagno fosse rincasato abbastanza presto, avrebbe anche potuto prendere in considerazione l'idea di ricompensarlo con qualcosa di speciale.

Nascose un sorrisetto e cercò di darsi un contegno cercando quello che gli serviva dagli scaffali mentre Akihiko si guardava attorno.

“È un posto magnifico dove nascondersi da Aikawa-san” commentò infine, sedendosi sulla poltrona da ufficio di Hiroki. “Meglio ancora che quel tuo bugigattolo all'università, visto che adesso lei lo frequenta spesso.”

“Scordatelo!” replicò immediatamente il padrone di casa. “Era proprio questo il motivo per cui non volevo che Misaki-kun ti dicesse il mio nuovo indirizzo. Non voglio ritrovarmi nessuno scrittore fannullone tra i piedi a intralciare anche il mio, di lavoro.”

“Ah, ma non devi più preoccuparti per questo. Ho fatto un giuramento solenne. Non scapperò dalle mie date di scadenza.”

“Sì, certo. E da oggi gli asini hanno imparato a volare.”

Hiroki estrasse un volume dallo scaffale e lo porse allo scrittore.

Akihiko lo sfogliò distrattamente. “Se un mangaka riesce a rispettare le date di consegna, io posso fare ancora meglio.” Si soffermò ad osservare con più attenzione alcune pagine. “Queste illustrazioni sono davvero magnifiche.”

“Lo so. Perché credi che te lo abbia dato? E a me questo sa tanto di gelosia.”

“Lo pensi davvero?”

“Da quanti anni ci conosciamo?” sbuffò Hiroki. “Non eri così competitivo neanche quando si trattava di ottenere l'attenzione di Takahiro, e la tua è stata un'infatuazione decennale.”

“Allora ero più giovane. Con Takahiro non è mai stato a doppio senso e avevo troppa paura di poterne perdere anche l'amicizia se avessi mostrato i miei sentimenti. Misaki è diverso.”

“Lo vedo.”

Akihiko ridacchiò. “Buffo che stiamo parlando di questo proprio io e te.”

“Beh, direi che ormai è storia vecchia. Tu hai il tuo Misaki e io ho Nowaki e due bambini.”

“A proposito di Misaki, deve aver di nuovo incontrato Haruhiko, dato che ho la casa invasa da quintali di arance. Non ne vorresti un po'? Mi faresti solo un grande piacere se me ne volessi liberare.”

“Temo di non aver capito il nesso esistente tra Haruhiko e le arance” borbottò Hiroki, allungando a Usami altri due volumi e concentrandosi a sfogliarne un terzo.

“A quanto pare, anche il mio caro fratello adora Misaki. Qualche estate fa lo ha sommerso di fragole e ciliege solo perché lui gli ha detto che gli piacevano. E io non ho intenzione di bere spremuta d'arancia per i prossimi quattro mesi consecutivi.”

“Se proprio vuoi... Nowaki ne sarà felice. Ti serve altro?”

Akihiko scosse la testa. “Posso disturbare ancora un po' e dare un'occhiata qui a questi libri?”

Hiroki si strinse nelle spalle, fingendo indifferenza, ma in realtà Akihiko sapeva che non era così tanto irritato dall'averlo tra i piedi come appariva. Fin da ragazzini, i libri erano sempre stati il loro terreno comune ed era piacevole parlare con qualcuno che ne aveva letti tanti quanto lui.

“Faccio un altro po' di caffè” annunciò quindi, prima di lasciarlo immerso tra le pagine.

Quando tornò, reggeva con la sola mano destra un vassoio su cui aveva poggiato le due tazze perchè la sinistra era impegnata a tenere uno dei due bambini contro il petto.

Akihiko non disse niente, ma lo osservò senza farsi accorgere mentre Hiroki appoggiava il vassoio sulla scrivania con un'abilità che denotava una lunga pratica. Se ci avesse provato lui, avrebbe rovesciato il caffè ovunque lungo il tragitto dalla cucina fin lì. Il suo vecchio amico sembrava del tutto a proprio agio mentre si risistemava la bambina tra le braccia prima di prendere un sorso dalla tazza che aveva preparato per sé e andare a sedersi sull'unica altra sedia nella stanza dall'altro lato del tavolo.

Senza dire una parola, Hiroki aprì il suo laptop e si immerse nella lettura di qualcosa, anche se ogni tanto i suoi occhi si abbassavano sulla bimba che teneva in grembo, impegnata a sgambettare e ad agitare le manine in direzione di un giocattolo di gomma colorato a forma di coniglietto che lui le teneva davanti.

Il silenzio si protrasse per alcuni minuti mentre entrambi erano concentrati sulle rispettive letture, esattamente come quando studiavano insieme da ragazzi. Alla fine, Akihiko chiuse il proprio libro e, dopo aver appoggiato il gomito sul tavolo e il mento sul palmo della mano, fissò lo sguardo sull'amico.

“Perché mi fissi in quel modo?” chiese Hiroki, quando se ne accorse.

“Perché, nonostante quel tuo caratteraccio impossibile, sei inaspettatamente paterno. Se tua madre ti vedesse in questo momento, si metterebbe a piangere dalla gioia.”

Hiroki non disse nulla, ma il modo in cui le sue sopracciglia si aggrottarono parlava per lui e Akihiko sospirò.

“Tua madre chiama ancora me per sapere se suo figlio è vivo e sta bene.”

“Non fingere che la cosa ti infastidisca. Chiama anche te perché vuole avere anche tue notizie. Lo sai che ti adora.”

“Non mi infastidisce ricevere telefonate da lei” puntualizzò Akihiko. “Ma chiama solo me perché sono l'unico da cui può sperare di ricevere tue notizie.”

“Ci sentiamo regolarmente ogni settimana” fu la pronta replica di Hiroki.

“Per parlarle del tuo lavoro. Sai benissimo che non è quello che vuole sentirsi raccontare.”

“E di che altro potrei parlarle? Non sono un eccentrico scrittore famoso come te. Sono un ordinario professore all'Università e conduco una vita tranquilla.”

“Una vita tranquilla come quella dell'ultimo periodo?” sbuffò lo scrittore, in tono derisorio.

L'altro non ribatté e Usami soffocò un'imprecazione nella sua tazza, trangugiando un sorso di caffè. Poi prese un profondo respiro.

“Senti, Hiroki, siamo amici da tanto tempo. Io non voglio ficcare il naso nella tua vita privata, ma sono già passati due mesi da quando avete adottato questi bambini e lei non sa nemmeno che hai una relazione stabile da anni. Seriamente, dovresti chiamarla e dirle tutto. Conoscendola, la faresti davvero molto felice. Beh, io adesso me ne vado. Ti ho già rubato fin troppo tempo e Misaki mi starà aspettando a casa con la cena pronta.”

Lo scrittore si alzò e, prima che l'altro avesse modo di dire qualcosa, si era già avviato alla porta, agitando una mano in segno di saluto.

Quando sentì la porta d'ingresso chiudersi con un tonfo, Hiroki sospirò e chiuse il computer portatile con un gesto secco, appoggiando poi il gomito sul tavolo. La mano salì a massaggiarsi la tempia con la punta delle dita. Sentiva già che gli sarebbe venuto un gran mal di testa a causa delle parole di Akihiko, che avevano scatenato un'infinità di pensieri conflittuali nella sua mente. In quelle condizioni, non se ne parlava proprio di concentrarsi di nuovo sul lavoro.

Si fece passare la mano fra i capelli, resistendo all'impulso di sospirare ancora, e abbassò lo sguardo sulla bimba, che si era addormentata con il pollice in bocca.

“Cosa dovrei fare, secondo te, Miyuki?” mormorò.

Quando Nowaki tornò a casa, un'ora più tardi, lo trovò ad aspettarlo seduto sul divano con il cordless tra le mani e due tazze di caffè pronte.

Gliene allungò una e il compagno la prese con uno sguardo perplesso.

“Sarà una telefonata molto lunga” lo avvertì, prima di comporre il numero di casa.

“Chi stai chiamando, Hiro-san?”

“Mia madre.”

Bastarono quelle due parole. Nowaki comprese immediatamente.

“Va bene” disse soltanto, sedendosi accanto a lui.




Angolino dell'autrice:
Ciao a tutti i miei adoratissimi cuoricini romantici!!!
Come state?!?! Vi sta continuando a piacere questa ff? Spero di sì!
Mi raccomando, continuate a seguirmi e, se volete, lasciate anche una recensione piccina piccina!
Ci rivedremo di nuovo qui tra qualche giorno con un nuovo capitolo!
Un giga abbraccio!
ciao!!! 
manueos85

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Capitolo 6
*** Capitolo 06: Questione di tempismo ***


Capitolo 06: Questione di tempismo

 

Non aveva mai amato molto la parte burocratica del suo lavoro, ma nelle ultime settimane aveva preso a pesargli di più. Quando poi si sentiva sotto una lente d'ingrandimento come in quel momento, faceva veramente molta fatica a trattenere l'irritazione.

Terminò di scrivere la lettera di dimissione e archiviò la cartella insieme alle altre già completate prima di rivolgere un'occhiata di sbieco a Tsumori che, seduto a cavalcioni di una sedia con una lattina di caffè in mano, aveva passato l'ultima mezzora a studiarlo come fosse l'ultimo esemplare rimasto di una specie estinta.

“Tsumori-sensei” sbuffò, lasciando cadere la penna sul tavolo, “avremmo finito molto prima se mi avessi aiutato invece di perdere tempo in quel modo.”

L'altro gli rivolse un sorriso furbo. “E perché mai? Con le scartoffie sei molto più bravo di me. E poi, è molto più divertente osservare che finalmente anche tu sei diventato umano come tutti noi!”

“Che vuoi dire?”

Nowaki gli rivolse un'occhiata interrogativa, a cui il collega rispose sollevando la lattina mezza vuota come in un brindisi.

“Intendo dire che perfino il caro Kusama-sensei, l'uomo sempre perfetto e sorridente, alla fine sta perdendo la sua proverbiale pazienza. Che succede? Guai in paradiso?”

“Non so di cosa tu stia parlando” rispose Nowaki.

“Sì, certo. Come no! I pulcini vi fanno dannare? O il problema è mamma chioccia? Le hai arruffato troppo le penne e ti ha sbattuto fuori dal letto coniugale? Oppure adesso che ha scoperto le gioie della maternità è troppo impegnata per il suo gagliardo galletto? Diamine, se quello che nasconde sotto i vestiti è all'altezza di quel bel faccino, capisco bene che tu faccia fatica a tenere a posto le mani...”

“Tsumori-sensei!” intervenne scandalizzata l'anziana infermiera che, fino a quel momento, era rimasta in disparte a riordinare le cartelle cliniche. Diede uno scappellotto al medico con un'espressione di rimprovero sul viso. “La smetta di importunare Kusama-sensei!”

In un ospedale grande come quello, le notizie viaggiavano veloci e non ci era voluto molto prima che si venisse a sapere del lutto che aveva colpito il giovane pediatra tanto adorato dalle infermiere. Quando era rientrato a lavorare dopo la prima settimana, tutte gli avevano manifestato la loro simpatia per il momento difficile che stava passando, ma presto erano trapelate anche altre indiscrezioni. Tra i corridoi si vociferava che la defunta sorella gli avesse lasciato i figli, due neonati, in affidamento, ma questo particolare passò presto in secondo piano quando cominciarono a circolare voci molto più piccanti riguardo la sua vita sentimentale.

Qualche giorno più tardi, stanco di essere additato da tutti e dei bisbiglii alle sue spalle, Nowaki aveva deciso che ne aveva abbastanza. Di fronte alle infermiere riunite nello studio medici, aveva detto loro chiaro e tondo la verità. Aveva immaginato di suscitare reazioni scioccate ed era preparato a dover lasciare il proprio lavoro, ma loro lo avevano sorpreso stringendoglisi attorno in un fronte compatto e prendendo le sue difese contro chiunque osasse parlare male di lui, sia in sua presenza, ma soprattutto in sua assenza.

Da allora, capitava spesso che nei suoi giorni liberi portasse i bambini in visita all'ospedale. Le infermiere, soprattutto quelle più anziane, adoravano i piccoli non meno del loro padre adottivo e li coccolavano senza ritegno. In un paio di occasioni, era persino riuscito a convincere Hiro-san ad andare con lui. Ricordava ancora la prima volta. All'inizio erano rimaste tutte come paralizzate, incantate dal suo bell'aspetto nonostante le sopracciglia aggrottate come al solito. Si erano riscosse solo quando gli aveva passato un braccio attorno alla vita e lo aveva tirato più vicino al suo fianco con fare possessivo mentre lo presentava. In seguito, Hiro-san era stato passato ai raggi X dalla capo-infermiera, che lo aveva congedato al termine dell'interrogatorio con il severo ammonimento di prendersi cura a dovere del loro Kusama-sensei se non voleva passare dei guai. L'espressione stupefatta che si era dipinta sulla faccia di Hiro-san lo aveva fatto ridere per diversi minuti.

Fu riscosso da quei pensieri quando sentì l'esagerato triste sospiro di Tsumori. “Ma, Shizuki-san, non lo sto importunando!” si difese l'altro medico. “Siete sempre tutte dalla sua parte. Questo non è affatto giusto!”

“Se facesse anche lei la sua parte di lavoro, Tsumori-sensei, io non sarei costretta a rimproverarla tutte le volte” replicò lei. “E la smetta di ficcare il naso negli affari privati altrui!”

Nowaki le sorrise e la donna gli fece un occhiolino con fare complice prima di uscire dalla stanza. Ma se si era illuso che l'argomento fosse finito lì, si sbagliava di grosso.

Non appena la porta si chiuse alle spalle dell'infermiera, Tsumori-sensei tornò alla carica.

“Ho indovinato, vero? Cos'è? L'adorabile Hiro-san ha smesso i panni della mogliettina sexy e amorevole a favore della modalità mammina isterica sempre impegnata?”

“Hiro-san non è isterico, anche se è molto impegnato con il suo lavoro. Riusciamo a gestirci bene e abbiamo degli amici che ci aiutano.”

“Sì, certo. Lo immagino. Da quanto tempo non fate sesso?”

“Tsumori!” Nowaki arrossì furiosamente, lanciando un'occhiata scioccata al collega.

“Be'? Che male c'è? È normale che le occasioni diminuiscano quando arrivano dei bambini in famiglia. Dopo la nascita di nostra figlia, la mia ex moglie non mi ha guardato in quel modo per almeno sei mesi.” Tsumori fece una pausa ad affetto, prendendo un sorso di caffè. “Tu, mio caro Kusama, hai i chiari sintomi dell'astinenza.”

Nowaki stava ancora pensando alle parole del collega quando varcò la porta di casa un'ora più tardi. Onestamente, non poteva dirsi insoddisfatto della sua vita, ma era un fatto incontrovertibile che erano spesso entrambi troppo impegnati o stanchi per andare più in là di qualche semplice coccola e qualche abbraccio prima di crollare addormentati. Se voleva essere del tutto sincero con se stesso, Hiro-san gli mancava.

“Sono a casa” sospirò, togliendosi le scarpe nell'ingresso.

“Bentornato.”

Ma la voce che gli rispose non era quella che si aspettava di sentire. Pensava di trovare Misaki-kun impegnato a preparare la cena, ma fu Hiro-san ad affacciarsi alla porta della cucina. La sua giacca era abbandonata sulla spalliera di una sedia e indossava ancora camicia e cravatta, anche se si era arrotolato le maniche sugli avambracci.

“Sei già a casa, Hiro-san?”

“Ho finito prima del previsto, per fortuna.”

Hiroki ritornò in cucina, dalla quale proveniva l'allettante profumo del curry di Misaki, e Nowaki distinse i rumori che faceva il compagno nel preparare la vaporiera per cuocere il riso.

“Quindi Misaki-kun è già andato via?”

“Sì. Akihiko è venuto a prenderlo mezzora fa.”

Fece una rapida tappa in bagno per lavare le mani, poi tornò in soggiorno e si lasciò cadere sul divano con un sospiro stanco, appoggiando la testa e chiudendo gli occhi. “Com'è andata la conferenza?”

“Bene.”

“Anche oggi le infermiere mi hanno chiesto di portarti insieme ai bambini la prossima volta che ho un giorno libero. A quanto pare, hai fatto colpo su di loro.”

“Ma non ne hai abbastanza dell'ospedale? Ci devi andare per forza anche quando non lavori?”

Sentendo la voce di Hiroki molto più vicina di prima, aprì gli occhi solo per trovarselo in piedi davanti, con le braccia incrociate sul petto e le sopracciglia aggrottate. Sembrava irritato, ma anche così Nowaki non poteva non trovarlo bellissimo.

Sorrise senza rispondere, allungando lentamente una mano. I suoi occhi rimasero fissi in quelli color caramello del suo Hiro-san mentre le dita sfioravano il tessuto della cravatta, lo afferravano e tiravano leggermente verso di sé. L'altro lo assecondò, piegando la schiena e appoggiando le mani sulla spalliera del divano. Trattenne il respiro fino a quando non sentì le labbra di Hiro-san appoggiarsi sulle sue e schiudersi sotto l'invito della sua lingua.

Il bacio si fece più profondo. L'altra mano raggiunse la nuca di Hiroki, infilandosi tra i suoi capelli, mentre le dita che stringevano la cravatta risalirono fino al nodo e lo allentarono. La striscia di stoffa cadde a terra dimenticata mentre passava ad occuparsi dei primi bottoni della camicia. Gli accarezzò col pollice la pelle della gola, sorridendo tra sé nel percepire le sue pulsazioni farsi più rapide e il respiro leggermente affannato quando si staccò da lui.

Si guardarono per qualche istante, giusto il tempo perché Nowaki leggesse nelle iridi del compagno lo stesso desiderio che si sentiva scorrere con forza nelle vene.

Gli costò fatica rimanere immobile quando Hiroki gli si fece più vicino, appoggiando un ginocchio tra le sue, e abbassò lo sguardo su di lui. Non gli chiese il permesso per infilare a sua volta le dita fra i suoi capelli e tirarlo più vicino a sé per un bacio più appassionato del precedente, ma Nowaki non avrebbe obiettato comunque e rispose con pari ardore.

Fu in quell'esatto momento che il telefono squillò, mandando in frantumi le sue aspettative.

Hiroki gemette, accasciandosi e appoggiando la fronte sulla sua spalla per un momento prima di risollevarsi e andare a prendere il cordless.

“È mia madre!” esclamò esasperato, riconoscendo il numero sul display. “Di nuovo.”

“Dovresti risponderle.”

Hiroki abbassò lo sguardo sul telefono che squillava tra le sue mani, imprecando qualcosa a bassa voce.

Nowaki ricordava perfettamente la conversazione di quasi un mese prima, quando il suo Hiro-san aveva finalmente deciso di raccontare tutto alla madre. Il compagno aveva attivato il viva voce, così aveva potuto sentire ogni parola dello scambio tra la donna e il figlio, il quale le aveva raccontato, tra mille esitazioni, cos'era realmente Nowaki per lui e quali cambiamenti erano avvenuti nella loro vita in quell'ultimo periodo. Era rimasto in silenzio ad ascoltare, facendo forza a Hiroki con la sua semplice presenza e stringendogli la mano ogni volta che le domande della madre si facevano troppo imbarazzanti per rispondere senza arrossire. Non che lei si fosse opposta alla loro relazione, anzi! Non era rimasta turbata dallo scoprire che il figlio aveva una relazione con un uomo. A quel punto, considerata la reticenza di Hiroki ad uscire con una donna, le era venuto il sospetto di quella che poteva essere la verità ed era stata felice di scoprire che, dopotutto, anche suo figlio aveva trovato qualcuno in grado di convivere con il suo caratteraccio scorbutico. Lo aveva rimproverato soltanto per averle taciuto le cose per così tanto tempo, ma tutto era passato in secondo piano quando le avevano detto dei bambini. Era elettrizzata all'idea di essere diventata finalmente nonna ed era letteralmente scoppiata a piangere di gioia nel sentire gli strepiti di un affamatissimo quanto impaziente Hideki.

Da quella memorabile sera, Kamijo-sama telefonava ogni pochi giorni per avere notizie dei tanto sospirati nipotini.

“Parlale tu” gli disse Hiro-san, mettendogli in mano il telefono. “Se ti chiede di me, non sono ancora tornato dalla conferenza.” Dopodiché girò sui tacchi e scappò a rifugiarsi in cucina prendendo come scusa il riso da preparare.

Nowaki sospirò rassegnato.

Fu un'altra mezzora difficile. La madre di Hiro-san, pur non avendolo mai visto, lo adorava già e chiacchierava tanto quanto suo figlio era di poche parole. Quando alla fine riuscì a concludere la conversazione, era esausto.

Ripose il telefono prima di andare ad affacciarsi alla porta della cucina, appoggiandosi con la spalla allo stipite. Hiroki era impegnato a togliere il riso cotto dalla vaporiera e non si era accorto della sua presenza, così gli si avvicinò silenziosamente e gli circondò la vita con le braccia. Lui sussultò, facendo quasi cadere il cucchiaio.

“Nowaki!” esclamò.

“Sì, Hiro-san?”

“Ma ti diverte così tanto farmi spaventare?”

“Non è colpa mia se non mi senti quando sei così assorto in quello che fai.”

“Di questo passo, mi farai venire un infarto prima dei quarant'anni.”

“Sei in buone mani, sono un medico.”

“Sei un pediatra.”

“Dettagli.”

“Mmmm. Ora potresti anche lasciarmi andare.”

“No.”

Nowaki fece scorrere una mano verso l'alto attraverso il petto di Hiroki fino a incontrare i bottoni che era riuscito a slacciare prima di essere interrotti. Sorrise nel ritrovarli come li aveva lasciati, poi gli prese il mento tra le dita e glielo fece sollevare. Sentì Hiroki sospirare quando gli depositò un bacio sotto l'orecchio e tracciare con le labbra una scia fino alla spalla, scostando il colletto della camicia al suo passaggio.

“Nowaki? Che stai facendo?”

“Non si capisce, Hiro-san? Riprendo da dove siamo stati interrotti.”

Mordicchiò piano quella pelle delicata mentre con l'altra mano si avventurava più in basso. Superò l'ostacolo della cintura e si infilò più sotto, scivolando dentro i pantaloni e sotto l'elastico dei boxer. Hiroki gli si appoggiò contro, rovesciando la testa all'indietro sulla sua spalla. Il suo respiro era già più rapido e, quando iniziò ad accarezzarlo con gesti lenti, gli si spezzò in piccoli ansiti.

“Hiro-san...” sospirò Nowaki. Lo abbracciò più forte, premendosi contro la sua schiena. “Hiro-san, mi sei mancato...”

“Anche a me...”

Quelle parole mormorate gli fecero battere il cuore più veloce. Non riuscì neanche a dispiacersi troppo quando Hiroki gli allontanò la mano che si era intrufolata sotto i suoi vestiti perché un momento dopo si rigirò nel suo abbraccio per poterlo guardare negli occhi. Le sue braccia gli scivolarono dietro al collo e alzò il viso a offrire le labbra per un altro bacio.

Nowaki non si fece pregare. Se ne staccò soltanto quando l'umana necessità di respirare si fece troppo impellente per essere ignorata ancora.

“La cena sarebbe pronta...” mormorò Hiroki, con il fiato corto.

“Può aspettare...”

Tornò a baciarlo come se non ne potesse mai avere abbastanza. Gli accarezzò la curva della schiena, percependo il suo calore al di sotto del tessuto sottile della camicia. Le sue mani scivolarono ancora più in basso e i palmi modellarono per un momento i fianchi stretti del compagno prima di terminare la loro corsa sulla rotondità mascolina delle sue natiche, dove si strinsero e lo premettero di più contro di sé.

Hiroki si aggrappò di più alle sue spalle.

E in quell'esatto momento udì il primo gridolino provenire dalla stanza dei bambini, seguito immediatamente da un pianto irritato. Hideki si era svegliato, era affamato e non si faceva alcuno scrupolo nel farlo sapere ai genitori con tutto il fiato che aveva.

Fu Nowaki questa volta a gemere di frustrazione, appoggiando la fronte sulla spalla di Hiroki come poco prima l'altro aveva fatto con lui, rimanendo così per qualche secondo. Rialzò la testa quando Hiroki si sciolse dal suo abbraccio e gli diede una piccola pacca.

“Vai a prendere tuo figlio. Io intanto gli preparo il latte. E prendi anche Miyuki, che sicuramente sarà sveglia anche lei” gli raccomandò, con una spintarella d'incoraggiamento.

Ma non aveva ancora raggiunto il corridoio che la voce dell'altro lo richiamò indietro.

“Nowaki?”

“Sì, Hiro-san?”

Si girò indietro, sorpreso, ma lui gli dava le spalle e trafficava per accendere il fornello e scaldare l'acqua. Ciononostante, poté vedere lo zigomo di Hiroki rosso come un pomodoro quando si allungò per appoggiare un pentolino sulla fiamma.

“Gli diamo il latte e poi...”

Hiroki concluse la frase con un borbottio indistinguibile. Sapevano benissimo entrambi che, con il pancino pieno, i piccoli si sarebbero addormentati nel giro di pochi minuti come angioletti.

“... e poi, Hiro-san, sarai tutto per me” concluse per lui Nowaki.

Non gli servì una risposta. Sorrise mentre percorreva il corridoio fino alla cameretta dei bambini e accoglieva tra le braccia Hideki, che smise di piangere all'istante. Pur così piccolo, aveva già imparato che, quando uno dei suoi papà lo prendeva, presto la sua fame sarebbe stata soddisfatta.

“Ciao, giovanotto” gli disse.

Lui lo guardò in viso con i grandi occhioni spalancati, emettendo un gridolino contento quando Nowaki strofinò la punta del naso contro il suo.

Come aveva previsto Hiro-san, anche Miyuki era sveglia e il giovane medico spostò Hideki sul braccio sinistro prima di chinarsi di nuovo per prendere anche lei con l'altro libero. La bimba sgambettò e stirò le labbra in un sorriso enorme riconoscendo il papà. E come la prima volta, Nowaki si sentì scoppiare il cuore di gioia, completamente disarmato di fronte a quell'espressione della piccola.

“Ciao, principessa.” Diede anche a lei un bacio affettuoso prima di avviarsi di nuovo verso la cucina mentre Hideki riprendeva a scalpitare.

“La pappa è quasi pronta. Abbi pazienza soltanto un altro pochino, giovanotto” gli disse, ninnandolo per calmarlo prima che si rimettesse a piangere.

Ma non poté fare a meno di sorridere quando pensò che quelle parole avrebbe potuto dirle non soltanto al figlio, ma anche a se stesso. In fondo, rifletté, Tsumori poteva aver azzeccato il motivo della sua frustrazione in quelle ultime settimane, ma non aveva del tutto ragione. Lui e Hiroki avevano ancora la voglia e tante occasioni per godere della loro intimità. Le opportunità non mancavano. Era soltanto una questione di tempismo.





Angolino dell'autrice:
Oh, oh, oh! Buon Natale, cuoricini romantici!
In questa Vigilia, vi porto in regalo il nuovo capitolo di questa ff! Vi piace?!?
Faccio a tutti i miei auguri di un felice Natale e di un fantasmagorico Anno Nuovo! Ingozzatevi di pandoro o panettone, brindate alla grande con un buon prosecco alla mezzanotte del 31... 
ma vi aspetto di nuovo tutti qui dopo la Befana con un nuovo capitolo!
Ciao!
manueos85

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