If you love someone you don't hurt her

di fantasya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Permettimi di dirti addio ***
Capitolo 2: *** Non lo so, Tate ***
Capitolo 3: *** Non posso! ***
Capitolo 4: *** Spiegazioni ***
Capitolo 5: *** AVVISO IMPORTANTE ***
Capitolo 6: *** Confusione ***



Capitolo 1
*** Permettimi di dirti addio ***


Permettimi di dirti addio.

POV’s Tate
L’avevo vista parlare con il ragazzo appena arrivato nella casa. Perché lui sì? Ed io?
Non potevo sopportarlo. Sapevo di aver fatto una stupidaggine. Sapevo che non mi avrebbe perdonato. Ma lei non poteva sapere perché l’avevo fatto. No, non poteva.

*Flashback*
Mi avvicinai a sua madre, non volevo ma dovevo. Nora piangeva tutto il tempo, non smetteva mai. Sentivo le sue grida. Voleva un figlio ed io capivo cosa significava essere soli. Volevo solo ridarle suo figlio. Vivien mi fissava, credendomi suo marito. Abbassai in fretta la zip della tuta in lattice e feci quel che dovevo. Non riuscii a togliermi dalla testa Violet, fu a lei che pensai. Quando tutto finì mi sentii un verme. Mi trascinai in cantina e piansi lacrime inutili.
*Fine flashback*

 
Ma io, in compenso, non potevo vederla con un altro. Così, quando lei si allontanò, mi avvicinai a lui.
“Ora ti ucciderò, niente di personale, sul serio” spiegai guardandolo tremare.
Già, niente di personale, che bella battuta. Lui i limitò a guardarmi, tremante, mentre lo spingevo stringendogli la gola tra le mani. In realtà volevo ucciderlo per altri motivi. Se Violet non poteva avere me avrebbe avuto lui, per sempre. “Non fissarmi. Puoi voltarti dall’altra parte? Non guardarmi!!” urlai, incapace di sostenere la paura del suo sguardo.
“Tate,” una voce fin troppo familiare dietro di me. “Tate, che fai? Lascialo!”
“Tu devi stare con lui, per sempre. Mi hai detto di andarmene!” gridai stringendo la docile gola di quel ragazzo.
“Ma non ti ho detto addio, permettimi di dirti addio” sussurrò lei. Immediatamente mollai la gola del ragazzo e mi avvicinai a lei. Mentre la baciavo sapevo che il ragazzo fuggiva, così come il resto della sua famiglia, spaventata da Ben e Vivien. Ma mi importava solo di quel bacio.
Non poteva essere un addio. Non lo sarebbe stato. Era l’unica cosa di cui ero certo, l’unica cosa in cui creddi realmente nella mia non-vita.
 
*Nota autrice*
Spero che il primo capitolo vi piaccia anche se è piuttosto breve.

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Capitolo 2
*** Non lo so, Tate ***


Non lo so, Tate

Hayden si avvicinò a passo felpato dietro di me, mentre fissavo quella splendida creatura che avevo perso così facilmente. Ancora dopo molto tempo rimanevo a punirmi pensando al modo in cui l’avevo lasciata volare via. In quel momento odiai come non mai il fatto di essere immortale. Il fatto di dover restare ogni fottuto giorno in quella casa, vederla che si riprendeva la “vita” in mano, mentre io marcivo nei miei sbagli.
“Dovresti smetterla e divertirti con me” mormorò Hayden, avvicinandosi ancora di più. L’allontanai staccandomela di dosso. La odiavo. Era colpa suo se Violet, la mia bellissima Violet, era arrivata in questa casa. Colpa sua se Violet era morta qui. Forse avrei dovuto ringraziarla perché così l’avevo potuta conoscere ma, che senso aveva se ora soffrivo così? Forse c’era un senso che la mia mia fottutissima mente del cazzo non riusciva a cogliere.
Ho sempre saputo di essere marcio. Un giorno Ben disse che tutti possono essere salvati. Quasi gli crebbi. Ma quando Violet mi disse che io ero oscurità completa. Beh, da quel giorno non credo più ad un emerito nulla.
D’altronde tutte le cose in cui avevo creduto si erano rivelato idee di merda. Nora non urlava più ma ora? Vivien era morta e Violet mi ignorava. “Non dovresti essere così duro con te stesso..” sussurrò Hayden strusciandosi contro la mia schiena.
“Rilassati con me”…
A quelle parole scattai, spingendola contro il muro, un ringhio basso che mi usciva dalla gola. “Tu sei pazza! Pazza, mi hai capito?” gli gridai in faccia. Hayden cominciò a ridere, isterica. “Oh-oh.. Il toro che dice cornuto all’asino. Se io sono pazza tu cosa sei? Un folle!”. Sapevo che non poteva morire. La spinsi di nuovo contro il muro, facendole battere la testa. “Continua, mi è sempre piaciuta la violenza…” mugolò lei.
Mi staccai di scatto, disgustato da lei ma anche da me stesso. Mi riattaccai alla porta, fissando Violet parlare con sua madre. Teneva una sigaretta tra le dita, tanto ormai fumare non le faceva del male. Si gettò i capelli dietro le spalle ed essi rimasero per un attimo sospesi in aria, una coperta liscia e lucida. Chiusi gli occhi ricordandone il profumo. Tirò una volta dalla sigaretta, soffiando il fumo in piccole nuvolette che si sparsero velocemente in aria. Chiusi gli occhi ricordando il sapore delle sue labbra.
Ci eravamo giurati di rimanere uniti, di dirci tutto, di vivere finché morte non ci avrebbe unito ancora di più. Ma io avevo tradito la sua fiducia. Io. Io con la mia stupidissima testa. Io. Mi trascinai in cantina, seduto sulla sedia a dondolo. Lì avevo spaventato quella stronzetta che dava fastidio a Violet. Avevo spaventato anche Violet ma lei non si era allontanata da me. Quello era successo dopo.
“Normal people scare me” dio, quanto adoravo quella frase. Cominciai a dondolarmi, lentamente. “Spero di non darti fastidio..” disse Hayden, alle mie spalle, avvicinandosi. Volevo restare solo, doveva andarsene. Continuava ad avvicinarsi. “Vattene!!” le gridai contro, odiandola. “Voglio solo divertirmi…” ridacchiò lei, appoggiandomi le mani sulle spalle. Poi una voce, oh, voce amata, mi salvò. Mi sentii librare, vivo per un attimo. “Non l’hai sentito, lascialo in pace” disse Violet, avanzando nella cantina, sigaretta ancora tra le labbra. “Oh, ecco l’angelo venuto dal cielo.. Piccola, Violet, cosa ci fai qui?” canticchiò Hayden, accarezzandomi le braccia. Tremai cercando di allontanarmi ma lei mi inchiodò alla sedia. “Mollalo..” sibilò Violet, schiacciando la sigaretta sotto gli stivali. Hayden si lasciò in una delle sue risate psicopatiche dicendo: “Se no cosa mi fai?”
Violet si avvicinò, e disse: “Non hai un figlio di cui occuparti? Ah già, dimenticavo. È morto”. Hayden provò ad attaccarla ma Violet si scansò, facendola cadere a terra. Le diede un calcio e Hayden se ne andò, sibilandole contro. “Perché l’hai fatto?” chiesi, sorridendole. Lei mi guardò mentre mi alzavo, sussurrando: “Odio Hayden, è lei che mi ha rovinato la famiglia..”
La raggiunsi, posandole le mani sulla vita. Avvicinai il viso al suo, i nasi che si sfioravano, la bocca ad un soffio. “Sicura che l’hai fatto solo perché la odi?” chiesi, poco prima di posare le labbra sopra le sue, finalmente accarezzando i suoi capelli setosi. Sentii le lacrime riempirmi gli occhi. “Non lo so Tate, non lo so..” mormorò lei, abbracciandomi..


 
*angolo autrice*
Rieccomi… Ohw, ma quanto amo Tate?
Spero che mi seguiate e…. Che vi piaccia!!
Ci sentiamo alla prossima!

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Capitolo 3
*** Non posso! ***


Non posso!
Da quel bacio, dopo quel momento d’insicurezza negli occhi di Violet, era tornato tutto alla noiosissima normalità. Non ci parlavamo. Io guardavo lei, lei mi ignorava. Fottutissima realtà.
Intanto l’agente immobiliare tentava disperatamente di vendere la nostra casa. Era riuscita a convincere un’altra famiglia. Avevano una figlia dell’età di Violet ed un giorno
cominciarono a scaricare scatoloni: l’avevano acquistata. Dovevamo farli fuggire, in fretta. Prima di tutti Moira si presentò a loro, la solita scusa della cameriera.
Poi, sempre nello stesso giorno, altri di noi comparvero alla famiglia. Quando andai nella vecchia stanza di Violet, disgustato dall’idea che un’altra la utilizzasse,
vi trovai Violet che parlava con la ragazza. Credo si chiamasse Stephie. “Credimi, tu non vuoi morire..” stava dicendo Violet. “Non vuoi fare la mia stessa fine”
Stephie la guardava come fosse pazza. “Vattene! Non so nemmeno chi sei” Urlò spingendo Violet verso la porta. Già odiavo quella Stephie.
“Posso mostrarti che sono un fantasma” sussurrò Violet, togliendosi un coltello dalla tasca posteriore dei pantaloni. Sapevo cosa voleva fare.. Farla scappare mostrandole che non poteva morire.
Non potevo sopportare la vista di Violet che si feriva, così mi feci avanti.
“Violet, non farlo, ti prego” sussurrai entrando nella stanza. La nuova ragazza, Stephie, mi fissò senza capire chi fossi.
“Tate, non può restare qui, non può fare la mia stessa fine.” Mi pregò lei. “Allora fallo su di me. Sfogati su di me, feriscimi.
Basta che ripensi a ciò che ho fatto…”  le dissi. Mi sarei fatto torturare piuttosto che vedere lei ferirsi di nuovo, come quando era viva.
Forse la convinsi perché si voltò verso di me, la mano stretta intorno all’impugnatura. Sentii la punta della lama nel petto. Cominciò ad affondarla mentre Stephie urlava.
“Non posso!” urlò Violet. E ne fui felice. Non mi interessava essere trafitto e sarei tornato normale poco dopo, ero già morto. Ma l’idea che lei non volesse farmi del male mi rendeva… Felice.
Che parola strana. Felicità. Era da tanto che non ne assaporavo il sapore sulla lingua. Guardai Violet negli occhi e la rassicurai: “Violet. Fallo. Finalmente sfogati.”
Posai le mani sulle sue e l’aiutai ad affondare la lama nel mio petto, giù fino all’impugnatura. Ignorai il dolore ed estrassi il coltello, gettandolo contro il muro.
Poi, con le mani imbrattate del mio stesso sangue, accarezzai la guancia di Violet per poi abbracciarla, sporcandola del sangue uscito dalla ferita che si stava chiudendo. Stephie scappò.
Qualche secondo dopo sentimmo la macchina che sgommava sull’asfalto.
Posai il mento sulla testa di Violet e sussurrai: “Cosa stiamo facendo? Che senso ha tutto questo se stiamo male?”. Sentii le sue lacrime bagnarmi la camicia, la strinsi più forte.
“Tate..” singhiozzò. “Quello che hai fatto… È… Difficile da sorpassare! Hai stuprato mia madre, santo Iddio!” Ora gridava. Odiavo quando lei stava male. “Lo so.. Ma non sai perché l’ho fatto!” risposi.
Violet si staccò da me e si sedette sul suo letto. Batté la mano sullo spazio accanto a sé, invitandomi a raggiungerla. “Allora spiegami…” mormorò.
Si appoggiò alla mia spalla. “Sono tutta orecchi”
*Angolo Autrice*
Allooora….  Eccoci qua con Tate che vuole convincere la sua Violet.
Ci riuscirà?

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Capitolo 4
*** Spiegazioni ***


Spiegazioni

E ora? Cosa potevo dirgli? D’un tratto mi venne un’idea. Presi il coltello che si era conficcato nel muro e ne pulii la lama con la mia maglietta.
Mi sedetti sul letto e il materasso si piegò al mio peso, spingendo Violet ancora più vicina a me. Pensai con ironia al fatto che avessi ancora un peso nonostante fossi ormai un essere parzialmente inesistente. Sia nel senso di vita che dal punto di vista altrui.
Alzai il coltello, la lama scintillò alla luce artificiale della lampada.
“Secondo te, Violet, un coltello fa del bene o fa del male?” le chiesi.
Violet ripensò a come la lama fosse affondata facilmente nella tenera carne di Tate e non ebbe esitazioni, mossa da quell’istinto che la portava a preoccuparsi irrazionalmente di Tate. “Del male.” disse, certa.
“Mettiamo quindi che una vittima sia stata legata. Un coltello taglierebbe le corde che la imprigionano. Sarebbe un male?” proposi io. Violet mi fissò per qualche istante, come a voler capire cosa intendessi. Poi si decise a rispondere. “No. In tal caso sarebbe un bene.. Ma non capisco dove vuoi arrivare..”
“Hai mai sentito il termine ‘quella mossa è un arma a doppio taglio ’?” le chiesi. Lei si limitò ad annuire, fissandomi il viso come se volesse decifrarmi.
“Ripensa a quello che ho fatto. Lo capisco, non ho scusanti. Ma io, in quel momento, pensavo di fare del bene. Avevo in mano il coltello, pensavo di salvare la vittima. Solo dopo ho capito che avevo creato la vittima. Avevo usato il coltello come arma piuttosto che come salvezza. Allora mi sono aggrappato a te. Ho sperato che la tua luce mi aiutasse, che sarei cambiato. Tu mi dovevi illuminare, calmare la mia pazzia.” mormorai tirandomi i capelli. “Non ci sono riuscito, non ce l’ho fatta. Ho rovinato anche te!” urlai stringendomi la testa tra le mani.
*Sei pazzo. Tate. Ti odia. Non ti vuole. Nessuno ti vuole* le voci sussurravano incessantemente nella mia testa. “Basta!” Urlai posando la testa sulle ginocchia, accovacciandomi sul pavimento dove ero caduto.
Rimasi così, prendendo fiato, finché una mano leggera non mi sfiorò il collo, tranquillizzandomi.
“Tate.. tate.. Ti prego, guardami..” mormora Violet, stringendomi la spalla. Scuoto la testa, mi rifiuto. Conosce già la mia pazzia, la mia oscurità. Non le permetterò di vedere la mia debolezza, gli occhi lucidi.
“Tate.. Per favore…” sussurrò ancora lei. Alla fine cedetti, alzai il volto e vedo la mia luce.
“Non posso dimenticare. Non posso. Ma, forse potrò perdonare. Tempo, chiedo tempo Tate.” mi rassicurò. Un peso si sollevò dal mio cuore immobile. “Ma tu mi odi. Non mi vuoi. Nessuno mi vuole..” dissi pensando alle voci.
Lei mi sorrise e disse: “Sì, ti odio Tate. Non ho mai odiato una persona così tanto. Ma non volerti? Mai. Perché il mio più grande difetto, il mio più grande sbaglio, è che ti amo. Ti amo più di quanto ti odi. Ti amo come non dovrei, perché amare l’oscurità fa male. Ma sono così. Non potrei mai non volerti…”
L’accenno lieve di un sorriso mi alzò l’angolo delle labbra. “Anche se io sono il coltello che ferisce?” . Lei sorrise: “Vorrà dire che mi ferirò. Tanto, più morta di così. Non avremo mai un amore pulito, senza sangue, sangue o dolore. Ma noi siamo così”
Mi abbracciò e già mi sembrò di vedere uno spiraglio di luce nella mia vita ormai spenta.
*angolo autrice*
Dan dan daaan… xD Rieccomi dopo un periodo di tempo non molto definito. La fine della scuola, inizio vacanze e campo estivo mi hanno prosciugata xD
Quindi rieccomi con un capitolo dolcioso (sono buona oggi) su Violate. In questo capitolo ho tolto un po’ do Horror.. Ma mi rifarò nei prossimi… aha Lasciate una recensioncina e vedrò di continuare prima di partire per le vacanze.

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Capitolo 5
*** AVVISO IMPORTANTE ***


AVVISO

Gente, non potete immaginare quanto mi dispiaccia essere sparita così, nel nulla.
Purtroppo sono stata schiacciata dagli impegni: stava per iniziare l'anno degli esami e mi ritrovavo impegnata più che mai nel tentativo di affrontare per l'appunto quell'anno al meglio.
Una volta tornata l'estate non ho saputo resistere. Mi sono riposata escludendomi da social o impegni,
riposandomi dopo gli esami ben riusciti.
Quindi, ora, se ancora c'è qualcuno disposto ad ascoltare questa povera pazza amante della scrittura,
io sarò ben felice di continuare tutte le mie storie.
Immaginatemi in ginocchio, a chiedere perdono. 
Con affetto e redenzione, 
la vostra Fantasya

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Capitolo 6
*** Confusione ***


Confusione
 
“Il dolore è una ferita che sanguina quando una mano la tocca, tranne quella dell'amore,
ed anche premuta da una carezza buona essa fa sangue,
quantunque non la strazi più la sofferenza.”

-Oscar Wilde
 
Non avevo la più pallida idea di ciò che stava accadendo tra me e Violet. A volte parlavamo, altre volte mi ignorava.
In presenza di sua madre, ovviamente, accadeva la seconda.. Ma non potevo biasimarla.
Ogni minuto che passava senza che ci parlassimo rendeva il peso di ciò che avevo fatto un po’ più pesante sul mio petto.
Un giorno la trovai seduta nella sua vecchia stanza, le gambe incrociate mentre si osservava il braccio. Rimasi sulla porta, sperando che non mi notasse.
Tuttavia, senza nemmeno alzare la testa, lei si rivolse a me:
- Avvicinati.. stavo pensando..-
Non le diedi tempo di finire, ero già al suo fianco ad osserva insieme a lei il braccio.
"Se vuoi davvero morire, taglia in verticale, le ferite non si richiuderanno."
Chiusi gli occhi, scacciando il ricordo di quella sgradevole frase che le avevo rivolto, in un sussurro, un consiglio macabro e stupido rivolto ad una persona come lei.
-Dicevo.. Stavo pensando, siamo morti. Eppure le cicatrici della nostra vita rimangono, non si decidono a svanire. Come un marchio sulla pelle, pronto a ricordarti in che schifo di situazione ti trovassi prima.. In che schifo di situazione ti trovi ora.- riprese a parlare lei.
Ci pensai un attimo, osservandola mentre si accarezzava la pallida pelle del braccio, costellata da minuscole cicatrici rosa, simbolo di debolezza o forza, chi lo sa.
Dunque mi decisi a parlare: -E’ come quello che è successo tra noi, vero? E’ rimasto come una cicatrice, fin troppo visibile.-
Lei mi sorrise triste aggiungendo: -E ogni volta che proviamo ad avvicinarci la ferita si spalanca e fa male, male da morire. Sanguina e brucia, corrode l’amore che ancora era rimasto.-
-Si risanerà mai questa ferita?- la mia domanda giunse spontanea, ormai la stessa da tempo.
-Abbiamo l’eternità davanti e nulla di certo… Ora, Nora non sopportava più il bambino e si è presa una pausa.
L’ha lasciato a Moira e io pensavo di passare a dare.. Non so, un’occhiata. Ti va di venire?-
L’ultima frase quasi era stata balbettata in un sussurro confuso, un groviglio di parole e sentimenti.
Mi limitai ad annuire, porgendole una mano ed aiutandola ad alzarsi.
Ci avviammo in silenzio, uno accanto all’altra, attraverso i corridoi fino alla stanza del bambino.
Quando varcammo la soglia Moira mi lanciò una sguardo, non saprei dire se di sorpresa o avvertimento, ed uscì in silenzio.
Violet si avvicinò al bambino, accogliendolo tra le braccia scoperte dalla maglia senza manica, colme di bracciali e lacci.
Posò una carezza sulla guancia del neonato, che zittì il suo pianto osservando il volto di Violet. 
Lei sorrise e mi fece cenno di avvicinarmi, notando che ero rimasto a debita distanza quasi con un timore reverenziale.
Mi avvicinai alla culla, affacciandomi verso il bambino, avvolto nelle coperte. Era un bambino appena nato, fermo a quell’età per l’eternità.
Non seppi se essere dispiaciuto per lui o geloso dell’innocenza che ancora lo pervadeva, al contrario di me.
Gli sorrisi, sperando che non scorgesse tutta l’oscurità che sapevo di avere dentro.
Sorprendendomi, il neonato sollevò una minuscola mano paffuta nella mia direzione, ridendo.
Una mano più grande ma sottile si posò sul mio braccio:  Violet mi sorrise esortandomi a non aver paura.
Allora mi sporsi ancora di più, allungando a mia volta la mano e lasciando che il bambino mi stringesse un dito.
Nessuno, vedendolo ridere e stringere il mio dito, lo avrebbe considerato morto.
La mano di Violet era ancora sul mio braccio mentre mi sussurrava emozionata: -Credo tu abbia fatto colpo.-
La tranquillità fu interrotta da un rumore brusco, come qualcuno che trattiene il fiato improvvisamente.
Sia io che Violet ci voltammo verso la porta spalancata, mentre mi liberavo delicatamente dalla stretta del bambino.
Sulla soglia della porta, gli occhi leggermente sgranati fissi su noi due, c’era Vivien.

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I’m Back!
E rieccomi con un nuovo capitolo, pronta a ricominciare.
Fatemi sapere cosa ne pensate e prometto, giuro, croce sul cuore, che il prossimo capitolo uscirà presto.
Con affetto,
Fantasya

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