Blue Eyes di Elpis Aldebaran (/viewuser.php?uid=8671)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Tears of Consiounsess ***
Capitolo 2: *** Capitolo Primo: Earrings of Blood ***
Capitolo 3: *** Capitolo Secondo: A Ray in a Cloudy Sky ***
Capitolo 4: *** Capitolo Terzo: The Shots of Treason ***
Capitolo 5: *** Epilogo: Blue Eyes ***
Capitolo 1 *** Prologo: Tears of Consiounsess ***
Blue Eyes
(De
Umana Insania – Capitolo della
Vendetta -)
A Giulia,
perchè gliel'ho promesso
e per qualche assurdo motivo
che solo lei conosce,
legge quello che scrivo.
E le piace anche.
Questa ragazza mi da una soddisfazione
incredibile.
Grazie per i complimenti,
grazie di apprezzare i miei lavori,
grazie di tutto.
Prologo
– Tears of Consciounsess
“[…]
Itachi Uchiha è stato trovato morto nella sua cella, l’ora del
decesso
Probabilmente
risale per le ore 23.00.
La
guardia ha rivelato che non ci sono stati strani rumori, che tutto era come ogni
sera.
Pare
che l’omicida si sia procurato dei profondi tagli in tutto il corpo e si sia
lasciato morire dissanguato.
Una
morte lenta e dolorosa che […]” *
“[…]
accanto alla cella di Uchiha Itachi era rinchiuso il famigerato Hidan (27 anni,
condannato all’ergastolo per omicidio e organizzazione clandestina illecita).
Secondo
le autorità quest’ultimo è scomparso la notte stessa del suicidio,
non
lasciando alcuna traccia.
Una
fuga da manuale.
La polizia è già sulle sue
tracce.
Hidan
era stato rinchiuso per diversi reati, tra i più efferrati […]”
Londra,
The Sun, 15 di Gennaio,
1959.
Ino Yamanaka lesse più volte
quell’articolo di giornale di una settimana, poiché le lacrime che le riempivano
gli occhi le impedivano di scorrere
agevolmente il testo. Tremava tutta, in preda
alle convulsioni, dalle spalle strette e magre
alle gambe leggermente piegate che facevano fatica a sorreggerla. Riuscì con
grande sforzo a recuperare una sedia di legno e a buttarcisi sopra. Si
portò una mano al petto e scoprì che il cuore le martellava in modo
furioso; poteva sentire il battito
irregolare che le rimbombava nelle orecchie, assordandola.
Fu come se qualcosa si sbloccasse dentro di lei.
Poggiò la fronte sul legno duro del tavolo e le lunghe braccia si distesero su di esso; le mani accartocciavano i fogli di giornale dalle foto in bianco e nero, tutte riguardanti un
uomo alto dai lunghi capelli biondi, quasi
platinati.
Finalmente, riuscì ad urlare.
La voce acuta e disperata invadeva il suo appartamento vuoto e buio, le
lacrime cadevano come un fiume, bagnandole il
viso sciupato e la maglietta che indossava; i singhiozzi le mozzarono il fiato. Per un momento, le sembrò di essere in apnea, di non poter
respirare, di affogare nelle sue stesse lacrime.
Forse, se fosse stato così, quella
morte sarebbe stata migliore rispetto a ciò
che l’attendeva.
Desiderava ardentemente poter
tornare indietro e far finta di niente quando
ne aveva avuto l’occasione, almeno il suo
assassino l’avrebbe presa e uccisa ignara di tutto e di sorpresa. Invece aveva capito, e non c’era sensazione
peggiore che essere impotente, sapendo che un uomo sarebbe venuto a prenderti per ucciderti per vendetta, e tu puoi solo aspettare la morte e sperare
che sia veloce e indolore, pur sapendo che non sarà
affatto così.
Avrebbe voluto morire in quel
momento, se fosse servito ad alleviare il
suo dolore.
Sentì la porta
d’ingresso del suo appartamento fare uno scatto e aprirsi con un lento cigolio,
l’aria fredda esterna che entrava e le faceva rabbrividire i piedi nudi, come un
brutto presagio.
“Shi-shikamaru?”
Chiamò flebilmente, con un ultimo briciolo
di speranza.
Non ricevette
risposta, solo dei passi pesanti che attraversavano il corridoio d’ingresso e si
avvicinavano a lei, scandendo un angosciante conto alla rovescia.
Ino si alzò in piedi
di scatto, gesto dettato più dall’istinto di
sopravvivenza che da altro. Con una mossa
fulminea,
riuscì ad afferrare un coltello da cucina nel momento esatto in cui Hidan
faceva la sua apparizione.
Alto e imponente, il viso sottile
e dai tratti decisi, gli occhi dal taglio
allungato e il sorriso sadico: uguale
all’ultima volta che lo aveva visto, uguale alle foto dei giornali che ancora
occupavano il tavolo.
Era lì e l’avrebbe
uccisa.
“Buonasera.”
Salutò,
educato, avanzando di
un passo e chinando la testa
leggermente.
Ino cercò di appiattirsi contro il
muro opposto; il coltello in aria stretto
nella mano che tremava inverosimilmente. In quel momento, doveva sembrare
molto patetica.
“Sembra che mi stessi aspettando.”
Continuò Hidan, incurante della situazione, come se si fosse presentato a casa di un vecchio amico.
Prese con una mano la sedia su cui prima stava seduta la giovane ragazza
e si accomodò, accavallando elegantemente le gambe; si tolse i
guanti in pelle facendo mostra delle dita lunghe e affusolate, buttando
un’occhiata ai giornali davanti a sè,
leggendoli con falso interesse.
“Vedo che hai studiato, mia
piccola Ino. Non vedi l’ora di morire, vero?”
Chiese con voce suadente,
guardandola con occhi quasi
maliziosi.
Ino Yamanaka pregò tutti i santi
che conosceva di farla morire di crepacuore in quel
momento.
Non resse oltre la
pressione, lasciò andare il coltello e scivolò lentamente a terra in modo scomposto. I singhiozzi aumentavano sempre di
più.
“Oh, non fare così, honey. Se il tuo fidanzato farà il
bravo, non sentirai alcun dolore quando consacrerò il tuo corpo al potente dio
Jashin.”
“Lui no-“ cercò di dire Ino, respirando profondamente nella speranza di riprendere un po’ di
controllo sulle proprie azioni. “Lui,
Shikamaru non… non è il mio... fidanzato.”
Hidan le sorrise, come un padre
rivolto alla
propria bambina, scatenando una serie infinita di brividi sulla schiena della
giovane, che si irrigidì non appena vide l’uomo alzarsi dalla sedia e chinarsi
su di lei, faccia a faccia.
“Dici, tesoro?”
Domandò,
portandosi una mano
nell’interno giacca ed estraendo una foto sgualcita. Gliela mise sotto il naso e
Ino riconobbe subito i due protagonisti di quello scatto.
“Siete tu e Nara tre giorni fa,
dico bene? Siete appena usciti da casa sua dopo una bella nottata, immagino…” affermò ridendo
sguaiatamente, come a prenderla in giro.
Ino chiuse gli occhi,
vergognandosi e sentendosi stranamente nuda davanti a quel fatto, sputato come un pettegolezzo. Magari avrebbe potuto essere così, se non fosse stato pronunciato da un
pazzo religioso con precedenti penali.
“Peccato che tu sia così bella
Ino. Evidentemente ti sei scelta l’uomo sbagliato e adesso paghi le conseguenze
dei suoi errori. È vero che non si può avere tutto dalla vita, non
trovi?”
Ino non rispose mai e forse non capì
nemmeno l’ultima parte della frase, perché Hidan aveva già alzato una mano e
l’aveva colpita con forza alla testa,
facendole perdere i sensi.
Continua...
* tratto da “De Umana
Insania”
- Il giornale “The Sun” esiste
realmente ed è uno dei più venduti del Regno
Unito.
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Invece era successo quello che
nemmeno l’obiettività di Sakura era riuscita a prevedere.
Ino si era svegliata una
mattina, una come tante, e si era riflessa allo specchio, come sempre. Aveva
visto i suoi occhi azzurri, troppo chiari, e aveva pensato che le sarebbe
piaciuto qualche volta svegliarsi al mattino e perdersi in degli occhi scuri,
magari marroni e densi, calorosi come un pezzo di cioccolata
fondente.
Aveva subito pensato a
Shikamaru Nara ed era andata in crisi esistenziale.
Note di Lee (che deve
andare a studiare e non c’ha voglia,
ma è uno sporco lavoro e
qualcuno –lei- deve pur farlo):
Ho poco tempo,
quindi perdonate queste poche righe sciatte e frettolose. Questa fanfic ha
partecipato a una sfida sullo ShikaIno Official Fan Forum (Gesù, ma un nome più
corto?) controla Elwerien.
Ho perso, ma mi importa il giusto
in quanto io amo questa fic con tutto il mio cuore <3
L’ho scritta esattamente in sei ore
e ventisette minuti (i minuti sono tirati a caso, ma le ore no ù_ù) e ci è
voluta una settimana per betarla (si ringrazia Rekichan dal profondo del cuore,
la faccio lavorare ad orari assurdi).
Spero che possa piacere come piace
a me e soddisfare chi aveva letto De
Umana Insania: nessuno si immaginava un continuo, e nemmeno
io.
Gli aggiornamenti
saranno settimanali, ogni domenica sera; ammesso e non concesso che l’autrice
riesca a sopravvivere durante la settimana.
Fuggo, nella
vana speranza che qualcuno si
fermi e decida di fare l'atto caritatevole di recensire.
Besos,
Lee
Naruto ©
Masashi Kishimoto
Blue Eyes
© Coco Lee
|
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Capitolo 2 *** Capitolo Primo: Earrings of Blood ***
Blue Eyes
(De
Umana Insania – Capitolo della Vendetta -)
- Capitolo Primo – Earrings of
Blood
Shikamaru Nara guardava fisso
davanti a sé il telefono della centrale di polizia.
Sakura lo osservò per pochi
attimi, prima di farsi avanti con passo incerto
e posare accanto all’apparecchio telefonico una tazza di tè fumante; lui non
degnò nemmeno di uno sguardo né la ragazza, né la bevanda, continuando
imperterrito a memorizzare ogni singolo angolo del telefono, alla ricerca e
nella speranza di un rumore o di un tremito da parte della cornetta, o di un lampeggiare
della luce verde che indicava una chiamata in arrivo.
La ragazza dai capelli
assurdamente rosa guardò impotente l’amico, non sapendo bene cosa fare, come comportarsi, mordendosi il labbro inferiore con
insistenza. Anche lei era in ansia, aveva paura per quello che era successo, ma
cercava con tutte le sue forte di mantenere la mente fredda e lucida per non
impazzire, come stava accadendo al giovane
Nara.
La porta dell’ufficio si spalancò con un tonfo, mentre Naruto che era poggiato su una delle stampelle, entrava
goffamente tenendo stretto tra i denti un sacchetto pieno di
ciambelle. Sakura gli si avvicinò apprensiva,
aiutandolo ad arrivare fino al tavolo dove il ragazzo si sistemò per bene su una
sedia, addentando poi famelico un pezzo di
dolce.
“Novità?”
Chiese a Shikamaru seduto proprio di
fronte a lui. Il giovane negò con la testa sospirando, e finalmente dopo tanto
tempo, alzò
gli occhi sui due amici che lo guardavano, compatendolo.
Ciò non fece altro che irritargli i
nervi.
Due giorni prima era entrato a
casa di Ino, dato che la ragazza non aveva risposto né alle sue chiamate, né ai suoi
messaggi. Lui non era tipo che si preoccupava facilmente per le persone. Prima di farsi prendere dal panico o da pensieri
negativi, faceva sempre passare una settimana o qualche giorno di più; ma con
Ino non si sentiva mai sicuro. Era una ragazza incosciente, che spesso e
volentieri si metteva nei guai perché non sapeva badare agli affari suoi; lui
gliel’aveva detto un sacco di volte di stare attenta e di pensare alla sua vita,
ma sembrava che le parole le entrassero un orecchio
e le uscissero dall’altro. Quindi si era recato come spesso faceva, nel condominio dove abitava Ino, aveva salutato il portiere come sempre
e aveva preso l’ascensore fino al terzo piano.
Non aveva fatto caso alla strana
sensazione che aveva cominciato a invadergli lo stomaco come una tenaglia. All’inizio aveva dato colpa al fatto che non
avesse pranzato.
Ma quando aveva bussato alla porta
dell’appartamento numero ventidue e l’aveva trovata aperta, l’inquietudine era
diventata sovrana del suo cervello, portandolo a urlare il nome della ragazza
per tutta l’abitazione; perlustrando ogni
stanza; rivoltando cassetti e coperte,
qualsiasi cosa gli capitasse sotto mano. Alla fine
era giunto nella cucina, trovando gli articoli di giornale e il coltello sul pavimento accanto a qualche
goccia di sangue; a quella vista, nel suo cervello si stava componendo un puzzle
di frasi e immagini. Capì quello che Ino
cercava di dirgli da una settimana a quella parte, maledicendosi per essere
stato così superficiale, non avendo credendo
alla paranoie dell’amica.
La sua voce, che mai lo avrebbe
abbandonato, gli rimbombava nella testa, le sue parole di preoccupazione lo
perseguitavano: “Shikamaru, credo che
qualcuno mi stia osservando”; “Non sono
sicura, ma ho la sensazione che qualcuno sia entrato nel mio appartamento”; “Hai per caso preso la chiave di scorta di casa
mia? Non capisco, è scomparsa…”; “Shika, so che sono paranoica, ma io credo proprio
che qualcuno mi stia seguendo…”.
Tutto collegato, tutto finalmente
chiaro.
Era corso giù per le scale del
palazzo, saltando i gradini e arrivando di corsa in portineria dove aveva messo
sotto interrogatorio il vecchio custode, nella speranza che avesse visto
qualcosa o qualcuno di sospetto. E quel qualcuno c’era stato: alto, imponente,
elegante, dai capelli biondissimi, quasi argentati.
Shikamaru ricordava perfettamente
il salto all’indietro che aveva fatto il suo cuore, lo aveva sentito doloroso nel petto, come se la
cassa toracica fosse troppo stretta per contenerlo.
Era arrivato alla centrale di
polizia devastato e sconvolto; stava già
predisponendo gli uomini per una perquisizione in
casa Yamanaka alla ricerca di qualche prova, quando il telefono del suo ufficio
aveva squillato, paralizzando tutti, come se qualcuno avesse detto ad alta voce
che la persona dall’altro capo della cornetta era proprio l’uomo che stavano
cercando.
Il giovane Nara aveva risposto
tremante, sentendo la voce metallica di Hidan che lo canzonava, lo minacciava e
lo ricattava.
Voleva soldi e
lasciare il paese in modo sicuro, ma prima voleva pregare un po’ il
suo Dio, magari con qualche sacrificio umano; Shikamaru gli aveva urlato per
telefono provando a
non bestemmiare, cercando dei compromessi, qualsiasi cosa per riavere Ino
viva.
Ma Hidan era uno psicopatico, anche se questo non era stato riconosciuto
dal giudice del processo, in quanto l’uomo al momento degli omicidi era
perfettamente in grado di intendere e di volere.
Con lui non esistevano patti o
ragionamenti: o stavi con lui o contro di lui;
alle sue regole oppure morivi.
Shikamaru Nara ancora fissava il
telefono della centrale di polizia.
Naruto stava finendo la sua terza
ciambella e Sakura leggeva con attenzione il fascicolo sulla sparizione di Ino,
sperando che il suo occhio da infermiera trovasse qualche particolare utile,
come quando si deve controllare un organismo alla ricerca della malattia, il nodo della
matassa.
“Senti, Shikamaru…” iniziò poco dopo la ragazza, togliendosi gli
occhiali da vista e posandoli sul tavolo. “…
non mi hai mai parlato di Hidan né mi hai
detto perché ce l’ha con te. Cosa gli è successo?”
Il ragazzo restò immobile e Sakura
all’inizio credette che non le avesse prestato attenzione, ma poi Shikamaru si
sciolse il codino spettinato, immergendo una mano fra i capelli lunghi e
rilassandosi un momento, mentre le ciocche scure gli ricadevano scomposte
davanti agli occhi.
“Lui, quel fetente, è un seguace della
religione del dio Jashin…” cominciò piano e lentamente. “… i suoi seguaci seguono la via dell’uccisione e
dell’omicidio per onorarlo. Da quello che riuscii a capire, quando indagavo su
questa setta, prima di uccidere una vittima pregano questo Dio affinché accolga
la loro offerta; non so esattamente il perché di tutto questo, ricordo che la
mia squadra era da settimane sulle tracce del capo…”
“Hidan..?” domando Sakura,
intuendo già la risposta.
“Esatto. Riuscimmo a prenderlo una
notte di tre mesi fa, grazie a una mia intuizione particolarmente brillante, devo
dire.”
“Già, me lo ricordo. È stato un
vero colpo di genio, Shikamaru…” affermò Naruto con allegria.
Il moro non rispose, abbozzando
solo un sorriso debole e continuando con la sua storia.
“Hidan fu processato e condannato
all’ergastolo per omicidio e per organizzazione clandestina illecita. Ricordo
che prima di abbandonare l’aula di tribunale, passò davanti alla squadra omicidi
che seguì il suo caso, tra cui c’ero anche io. Mi guardò strano, non riuscì a
capire cosa cercasse di trasmettermi con quegli occhi viola: se ci penso ancora
adesso, mi viene la pelle d’oca…” Shikamaru
sospirò massaggiandosi le palpebre. Riprese l’elastico per capelli con cui aveva
giocato tutto il tempo e si rifece il suo solito codino
alto.
“Hidan sapeva che, se era stato incastrato, era stato per colpa mia. Non era un segreto, tutti quelli che avevano assistito al processo lo
sapevano. Solo adesso ricordo con esattezza tutte le piccole cose che sono successe nel momento in cui lui ci passò
davanti… il suo sguardo si era spostato impercettibilmente da me ad Ino,
che mi stava venendo incontro e mi abbracciava. Avrà pensato che fosse la mia ragazza o mia
sorella, non lo so… sicuramente qualcuno di
importante…” Sakura gli si avvicinò
mettendogli una mano sulla spalla. Adesso capiva meglio tutto: l’unico modo per
vendicarsi di Shikamaru non era ucciderlo, la sua morte non avrebbe portato a
niente.
La porta dell’ufficio si aprì
piano e un uomo dai capelli argentati fece capolino, osservando i presenti uno
per uno.
“Capitano Hatake!” urlò
Naruto, senza
un minimo di contegno. L’uomo entrò nella stanza richiudendosi la porta alle
spalle, in mano teneva una busta di colore giallo.
“Mi spiace disturbarti Shikamaru,
ma avrei una cosa da consegnarti…” disse
puntando lo sguardo su Sakura, chiaro segnale
di uscire da lì in quanto non era un agente di polizia. La ragazza capì
al volo, prendendo le sue poche cose e uscendo silenziosamente senza
protestare.
“Questa busta è per te. Non c’è il
nome del mittente e non è arrivata col postino.” disse Kakashi;
il ragazzo capì subito che Hidan aveva cominciato a muoversi contro di loro, non
avendo ancora visto le sue richieste esaudite.
Prese la busta gialla e la strappò
in cima senza tante cerimonie, sbirciando il contenuto. All’interno c’era solo
un paio di orecchini semplici, tondi che lui conosceva
benissimo.
“Sono di Ino…” mormorò,
rigirandosi quei piccoli oggetti fra le mani. Il telefono del suo ufficio
cominciò a squillare, facendo sussultare tutti
per la sorpresa. Come un razzo Shikamaru si
portò la cornetta all’orecchio, senza aggiungere nient’altro.
“Oh-oh, ciao Nara. Ti è piaciuto
il mio regalo?”
“Cosa le hai fatto? Che
significa?”
“Ancora è viva, non temere. Ho
solo pensato di mandarti i suoi oggetti personali: da
morta non credo che potrebbe più usarli, non trovi?” Shikamaru cercò con tutte
le sue forze dal trattenersi di spaccare il telefono addosso al muro, mentre vedeva Kakashi davanti a lui che lo esortava a
proseguire la conversazione. Stava cercando di
rintracciare la chiamata.
“Chi mi assicura che non l’hai già
fatta fuori?”
“Oh, caro Shikamaru, certi
trucchetti con me non funzionano. Tu sai che è viva, per poco, ma lo è. Più
aspetti a soddisfare le mie richieste, più lei soffrirà, non capisci? Ogni
giorno che farai passare, io mi divertirò a toglierle qualcosa: spero che il
sangue non ti faccia effetto.”
Chiuse la comunicazione con tono di voce
talmente divertito, da fargli arrivare il sangue alla
testa.
Shikamaru afferrò il telefono e finalmente lo scagliò contro
il muro, rompendolo in due parti.
“Nara, ti ha dato di volta il cervello?!”
Urlò Kakashi, spiazzato da quella
reazione.
“Shikamaru, non credi che sarebbe
meglio se andassi a riposare?”
Chiese invece Naruto più cautamente, questa volta senza
sorriso.
Il moro non rispose, fissando con aria persa i resti del telefono che
giacevano sul pavimento. Prese la giacca e corse via, non aspettando alcun
permesso e non salutando nessuno. Quando uscì
dalla centrale, una fitta pioggia si stava abbattendo sulla città, come sempre
in quella stagione, ma non si curò né di prendere l’ombrello, nè di chiamare un
taxi.
Cominciò a camminare lentamente,
con le gocce d’acqua che gli bagnavano il viso e i capelli; se Ino fosse stata
con lui, probabilmente si sarebbe lamentata per via dei suoi capelli che
sarebbero diventati di lì a poco crespi e nodosi, intrattabili. Si lasciò andare
ad una risata amara, prendendosi il viso con una mano e andando a sbattere
contro una signora, passando oltre senza scusarsi.
Suo padre gli aveva sempre detto
che non era lavoro per lui, quello.
Ora che ci pensava, Shikaku Nara
gli aveva sempre dato un sacco di consigli per non farsi fregare nella vita e
lui era stato tanto stolto da non seguirne nemmeno uno. Le regole di Nara Senior erano tre, semplici e
concise:
1. Fare un lavoro modesto, ma che
al contempo frutti bene e ti permetta di vivere non nel lusso, ma
nemmeno nella miseria.
2. Trovare una brava donna,
massaia, che non dia problemi e soprattutto che stia zitta la maggior parte del
tempo.
3. La donna in questione non deve
essere assolutamente, irrimediabilmente bionda.
Il primo punto lo aveva
completamente ignorato, in quanto lo pagavano più di qualsiasi altro lavoro
normale e il rischio di morire era abbastanza elevato, anche se lui poche volte
prendeva poche volte parte alle missioni. Era
il classico agente da ufficio, che studia i piani a tavolino, la mente di
un’intera squadra investigativa. Finora non aveva mai avuto problemi con
criminali in cerca di vendetta.
Il secondo punto non sapeva dire
con certezza, in quanto non era sposato (più
tardi lo si faceva meglio era, a suo avviso) e non sapeva minimamente con quale
donna sarebbe capitato.
Il terzo punto per lui rimaneva un
mistero e una seccatura ineguagliabile; conosceva Ino da quando aveva iniziato a
lavorare a Scottland Yard, gliel’aveva presentata Naruto ad una festa, dove le
giovani reclute entravano a far parte del vero mondo: donne, droga, assassini, tutte
cose che si vedono nei polizieschi, meno stereotipate e più vere, più crudeli di
quanto si possa immaginare.
Era una giovane che ancora
studiava all’università, giornalismo avrebbe scoperto dopo. L’aveva subito
inquadrata ancora prima di conoscere il suo nome: occhi azzurri, che servivano
ad ammaliare gli uomini e a farli diventare burro nelle sue mani; capelli
biondi, bellissimi, fatti per essere toccati, per incorniciare quel viso minuto
e dai lineamenti morbidi; pelle bianca, perché risaltava, semplicemente; gambe
da favola, su cui gli occhi maschili si soffermavano volentieri ogni qual volta
accavallasse le gambe.
Poi avrebbe scoperto anche che possedeva un carattere terribile
e una lingua biforcuta che sapeva usare benissimo, in tutti i
sensi.
Non si ricordava molto bene,
Shikamaru, se mai ci fosse stato un incontro finito senza litigare, fra loro
due; lui non la sopportava a prescindere da
tutto, gli dava l’impressione di nascondere sempre qualcosa e ciò lo infastidiva
non poco. Lei non lo sopportava in quanto era la
donna della seconda metà del secolo, che vuole emergere e farsi rispettare, e
non poteva andare d’accordo con qualcuno così maledettamente misogino e
tradizionalista; avevano una visione della vita completamente opposto,
due caratteri differenti: avrebbero finito con l’ammazzarsi, sosteneva sempre
Naruto.
Invece era successo quello che
nemmeno l’obiettività di Sakura era riuscita a prevedere.
Ino si era svegliata una mattina,
una come tante, e si era riflessa allo specchio, come sempre. Aveva visto i suoi
occhi azzurri, troppo chiari, e aveva pensato che le sarebbe piaciuto qualche
volta svegliarsi al mattino e perdersi in degli occhi scuri, magari marroni e
densi, calorosi come un pezzo di cioccolata fondente.
Aveva subito pensato a Shikamaru
Nara ed era andata in crisi esistenziale.
Ma lui in quel periodo aveva
Temari e le cose semplicemente non erano andate.
“Era bionda anche lei, che maledizione…” si disse Shikamaru, arrivato quasi al suo
appartamento, bagnato come un pulcino.
Aveva sempre cercato di scansare le
donne come Ino: non voleva complicazioni, non voleva problemi. Non sapeva
nemmeno cosa ci fosse tra loro in quel momento, se proprio doveva analizzare il
loro rapporto; Ino flirtava con ogni essere di sesso maschile che trovava almeno
minimamente attraente, perché doveva imporsi, dimostrare al mondo che col
vestito giusto e un sorriso ammiccante, qualsiasi donna poteva ottenere ciò che
voleva. Era furba, anche troppo.
Invece, Shikamaru veniva fuori da
una relazione che lo aveva assorbito completamente, anima e corpo, lo aveva
distrutto in tutti i sensi e ancora dopo mesi
che si era lasciato con Temari, a volte provava malinconia, provava tristezza
per quel futuro che sarebbe potuto essere e che per un periodo sembrava il
migliore. In quei momenti, chiamava Ino.
E non certo per
chiacchierare.
Le piaceva, ne era
consapevole. Lei ancora non voleva impegnarsi seriamente. Avevano trovato un
compromesso che andava bene a entrambi; solo, non sapeva quanto sarebbero andati
avanti, prima di rendersi conto che il solo sesso non avrebbe reso felice
nessuno.
Se mai quella storia sarebbe
finita, Shikamaru si promise che finalmente avrebbe cercato ciò che voleva dalla
vita e avrebbe messo le cose in chiaro con Ino; solo
adesso che lei non c’era -e forse non ci sarebbe più stata- capiva quanto quella
ragazza fosse importante per lui, perché anche non sentire le risatine
fastidiosamente acute o i suoi ragionamenti privi di logica gli provocava
un peso, un senso di vuoto, come se gli mancasse un pezzo di cuore, già
martoriato. Però non sapeva fino a che punto arrivava
quell’affetto, come verso una sorella, un’amica o
altro.
Ora come ora gli
interessava solo riaverla e avere una magra illusione che forse le cose potevano
cambiare.
Perché dovevano
cambiare.
Ino aveva le lacrime
agli occhi.
Cercò di tamponarsi con un panno
stracciato l’orecchio destro, dal quale colava leggermente del sangue,
macchiando i suoi vestiti.
Non sapeva dove si trovasse, la luce era sempre spenta e le
finestre erano tappate da pesanti assi di legno, che facevano passare la
quantità di luce minima affinché una persona non inciampasse. Sentiva un pesante
odore di calcinacci e polvere e un ticchettio che proveniva da qualche angolo
angusto del magazzino (almeno il luogo le sembrava tanto grande da esserlo), come il rumore
di un lavandino non chiuso bene. Aveva le caviglie legate a un paio di manette
di ferro, che le avevano tagliato la pelle, provocando due leggere ferite che le
bruciavano da impazzire, soggette allo sporco del luogo.
“Se non muoio per mano sua,
schiatterò per infezione, accidenti!” sibilò
fra i denti, osservando il panno che ormai non presentava più segni di sangue
fresco.
Dopo aver perso i sensi nel suo
appartamento, si era ritrovata distesa in quel luogo, con la testa che ancora le
faceva male per la botta ricevuta, ma che era stata fasciata alla bell’e meglio:
evidentemente Hidan la voleva ancora viva,
pronta per il suo bel sacrificio. Non ricordava quanto tempo fosse passato e non
avrebbe avuto modo di saperlo comunque, dato
che intorno a lei c’erano solo il buio e le
sagome degli oggetti e dei macchinari, forse, che la circondavano. Con le mani
libere aveva provato più volte a slegarsi i piedi, ma ovviamente non poteva
rompere delle manette di ferro. Aveva anche preso in
considerazione l’idea di tagliarsi un piede, in preda al panico iniziale,
ma poi a mente fredda aveva constatato che, se anche ci fosse
riuscita, sarebbe stato difficile scappare con una sola gamba, mentre l’altra lentamente la faceva dissanguare.
Aveva aspettato per un sacco di
tempo, almeno una notte, ne era certa, prima di rivedere
Hidan.
Quando veniva a controllare in che
stato fosse, il suo arrivo era sempre preannunciato da una porta pesante che si
apriva e si richiudeva in lontananza. Ino, fino a che non sentiva la sua voce divertita che la chiamava, sperava sempre che fosse
qualcun altro che per puro caso si fosse ritrovato in quel posto
dimenticato da Dio. Anche da Jashin, secondo lei.
Quella mattina poi, Hidan sembrava
più eccitato del solito. Blaterava riguardo a un metodo efficace per far
esaudire le sue richieste nel modo più veloce possibile, diceva che sarebbe
stato divertente e che per questo, un giorno, il suo Dio gli avrebbe manifestato
tutta la sua gratitudine e compiacenza.
Si era ritrovata, senza neanche
rendersene conto, spiaccicata al suolo a pancia in su, il suo sequestratore che
le teneva le braccia alzate sopra la testa per non farla dimenare troppo; anche al buio lui la poteva vedere benissimo in viso e
anche lei, purtroppo. Vedeva nei suoi occhi un qualcosa, non sapeva bene cosa,
che le metteva addosso un’ansia incredibile, che tutte le volte la faceva
scoppiare a piangere inevitabilmente, spaventata come non mai da quello che le
avrebbe potuto fare.
Lui la squadrava sempre; sembrava che volesse memorizzare ogni dettaglio
del suo corpo e del suo viso, come a volersi gustare ogni momento di quella
tortura; quella mattina la sua attenzione si era focalizzata principalmente
sulle orecchie. Con un dito, le aveva sfiorate
lentamente, percorrendone il profilo, dall’attaccatura superiore, tutto il
padiglione, fino alla pelle morbida del lobo, dove i suoi orecchini (i suoi
preferiti, quelli che le aveva regalato Shikamaru) facevano bella mostra,
semplici ed eleganti. Aveva sentito le sue dita stringere piano quel minuscolo
oggetto da una parte e dall’altra, mentre il cuore le martellava furioso nel
petto perché non capiva cosa le sarebbe
capitato.
Hidan aveva tirato via l’orecchino
con forza, sferzandole il lobo, spaccando in due quei pochi centimetri di carne
che la fecero urlare di dolore. Non poté nemmeno
sfogarsi a dovere con lacrime e urla, perché le tappò subito la bocca, ridendo
divertito di come il suo viso in quel momento fosse passionale, segnato
così a fondo dal dolore.
Avrebbe voluto vomitare, se non
fosse che quel pazzo fece lo stesso anche con l’orecchio destro. Questa volta,
forse, non misurando bene la sua forza, perché
sentì che probabilmente aveva strappato un po’ più di carne. Sentì il liquido
vischioso che percorreva un piccolo tratto della nuca per poi finire a terra,
dove Ino rimase sdraiata e piangente anche quando l’uomo sciolse la sua
morsa e la lasciò libera.
Si girò di lato, in tempo per
rigettare i succhi gastrici del suo stomaco.
“Oh, honey… se fai
tutte queste scene per così poco, non voglio immaginare cosa tenterai di fare
nei prossimi giorni.”
Le disse Hidan con
tutta la disinvoltura possibile, come se la stesse mettendo al corrente delle
previsioni del tempo.
Le aveva gettato quel panno
bagnato in faccia ed era sparito; il ghigno divertito che sempre lo
seguiva.
“Giuro
che se mi lascia la cicatrice e morirò, lo perseguiterò anche come spirito,
accidenti!” sussurrò Ino a denti stretti con le lacrime agli
occhi.
Cercava di rassicurarsi, ma nel
suo profondo, sapeva esattamente che questa volta le cose non sarebbero andate
per niente bene.
Continua…
Next>>
Neji si abbottonò il
cappotto elegante e risistemò i fogli che aveva poggiato sul tavolino. Quando si
tirò su, gli occhi azzurri di Naruto fiammeggiavano
indignati.
“Non è una cosa
giusta quella che stai dicendo, Neji. Shikamaru è un ottimo poliziotto, forse
uno dei migliori della centrale. Non merita la compassione di nessuno ed è
abbastanza forte e maturo da poter lavorare a mente lucida. Io credo nel suo
lavoro.”
“Talmente maturo da
scagliare un telefono contro il muro?”
Domandò sarcastico
Neji, mostrando con un ghigno i denti
bianchissimi.
Risposte alle
Recensioni:
Saeko no Danna: sono contenta che alla fine tu
abbia recensito, rendendomi molto felice e soddisfatta *smile*: ricevere
recensioni è sempre una gioia, quindi ti ringrazio. Dato che non leggi spesso le
AU, spero vivamente che continuerai a leggere e recensire questa facendomi
sapere le tue opinioni, nella speranza che non ti deluda la storia e che tu la
possa trovare almeno un po’ interessante come “De Umana
Insania”.
Grazie ancora e spero e presto…
^^
Mimi18: grazieH Twin, mi dai sempre
grandi soddisfazioni ù_ù; sai che questa fic è molto importante per me, che la
amo da morire, e sapere che possa piacere molto anche ad altri per me è una
grande soddisfazione! Se mai farò il terzo capitolo di questa saga (aiuto!),
sarai la prima a leggerlo, te lo prometto! ><
Ti voglio bene, caraH..
XD
Shika: naaaaa! Non ti preoccupare con i
ritardi, sai che io e loro andiamo d’accordo! XD
Per me è stato un piacere
dedicarti questa fic, perché in tutte le fic che ho scritto, belle o brutte (più
brutte che belle), tu ci vedi sempre il lato buono. Senza contare che mi riempi
di complimenti e il mio ego si gonfia in modo osceno! XD
Grazie Giulietta, apprezzo
veramente tanto :) …
Si ringrazia anche chi ha messo
questa storia tra i preferiti, ovviamente.
Aggiornamento tra una
settimana!
Lee
Naruto ©
Masashi Kishimoto
Blue Eyes
© Coco Lee
|
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Capitolo 3 *** Capitolo Secondo: A Ray in a Cloudy Sky ***
Blue Eyes
(De
Umana Insania – Capitolo della Vendetta -)
2. Capitolo Secondo – A Ray in a
Cloudy Sky
Sakura stava tagliando in modo
quasi maniacale e perfetto una semplice carota.
In una pentola, del riso bianco
stava cuocendo lentamente e in un’altra, del curry stava per essere completato
con l’aggiunta, appunto, delle suddette carote. Dal salotto, la musica di una
radio si diffondeva ovunque, facendole muovere a terra un piede involontariamente, concentrata com’era sul piatto
che stava cucinando con tanta attenzione. Non era mai stata brava in cucina, era
una delle tante cose che la faceva sembrare mascolina agli occhi di molti; sua
madre, proprio per questo, le aveva sempre detto
che mai ci sarebbe stato un uomo che avrebbe desiderato sposarla un giorno, e
così anche Sakura aveva cominciato a crederci,
rassegnandosi.
Poi era arrivato Naruto. Ed era
per lui che in quel momento aveva messo da parte la sua se stessa aggressiva e
poco femminile, per prendere un libro di cucina e mettersi a preparare per il suo fidanzato impossibilitato, del
buon riso al curry (almeno sperava che venisse buono, era sopravvissuto a Itachi
Uchiha, non poteva mica permettere che crollasse per
avvelenamento).
Il campanello dell’appartamento
trillò tre volte e Sakura si precipitò, senza
pensare, ad aprire al visitatore inaspettato
prima che potesse farlo Naruto.
Neji Hyuuga salutò con un cenno di
mano, entrando nell’abitazione con eleganza; la sua perfezione e i suoi modi di
fare raffinati stonavano in modo palese col disordine della
casa.
“C’è qualche problema?”
Domandò Naruto zoppicando verso di
lui.
“Diciamo di sì. Volevo informare
te, prima di andare a dirlo a Nara…”
Neji si accomodò sul divano rosso
mogano del salotto, mettendo sul basso tavolino davanti a sé dei fogli scritti
fittissimi.
“Siete riusciti a scoprire dove è
stata portata Ino?”
Domandò
Sakura.
“Purtroppo no, siamo in alto mare. Non abbiamo trovato testimoni che abbiano
visto Hidan, potrebbe anche aver lasciato la città, per quanto ne sappiamo. Ma
conosciamo qualcosa sulla sua fuga…”
Naruto sbirciò i fogli di Neji,
assottigliando gli occhi per cercare di leggere.
“… Hidan è fuggito dal carcere con un
complice.”
“Vuoi dire che là fuori c’è
qualcuno che lo sta aiutando anche adesso?”
“Molto
probabile.”
“E’ una pessima notizia.”
Constatò il biondo, grattandosi distrattamente il mento con la punta del
gesso.
“Già… e non essendo a conoscenza di che faccia abbia o
chi sia, non sappiamo nemmeno se ci tenga
sotto controllo e se faccia sapere i nostri
spostamenti a Hidan, dato che non abbiamo trovato un minimo indizio su di lui e
sul suo nascondiglio…”
Il terzetto rimase silenzioso per
alcuni istanti, ognuno immerso nei proprio pensieri quando uno strano odore si espanse per la casa, facendo arricciare
il naso a Neji.
“Oh no! Il curry!”
Sbarrò gli occhi
Sakura, precipitandosi in cucina. Si sentirono vari trambusti, tra cui il rumore
di una pentola che
cadeva a terra, un’imprecazione della giovane e vari utensili che,
probabilmente, venivano lanciati da una parte all’altra della
cucina.
Quando tutto sembrò finito, Naruto
sorrise a Neji come a scusarsi e riprese il discorso di
prima.
“Avete fatto delle
ricerche?”
“Ovviamente. Abbiamo tentato di
rintracciare tutte le persone coinvolte col culto di Jashin di cui Hidan era a
capo prima che venisse arrestato. Erano tre uomini e
quattro donne che si occupavano dei riti, altri erano una sorta di
assistenti o persone con cui avevano affari; delle quattro donne, due si sono
trasferite all’estero, una è morta, l’altra è qui in città ed è già stata
interrogata, ma è pulita. Sembra che abbia messo la testa a posto e si sia
sposata.
Dei tre uomini, uno attualmente è
ricoverato in ospedale in prognosi riservata, uno lavora a Manchester e un altro
si è ritirato in Cornovaglia, predicando in nome del dio Jashin
laggiù.”
Naruto si buttò sullo schienale
del divano, riflettendo a lungo sulle notizie
appena ricevute. Apparentemente, nessuna di quelle persone che erano state a
stretto contatto con Hidan adesso erano in grado di
aiutarlo.
“Che mi dici dei vari
collaboratori, gli uomini in affari di cui mi hai accennato
prima?”
“Lo stesso vale per loro. Trasferiti, morti… Gli unici due di cui non si sa nulla
sono due uomini. Pensiamo che vendessero le vittime da sacrificare o cose del
genere…”
Disse con un moto di
disgusto Neji, voltando il viso in un’altra direzione, come a non volerci
pensare.
“Credo che proprio
queste due persone siano la nostra traccia.”
“Lo penso anche io.
La mia squadra ci sta già lavorando; l’unico indizio che abbiamo è l’iniziale
dei loro nomi, probabilmente.”
“In che
senso?”
“Sono stato negli archivi e ho
guardato la scatola delle prove che furono portate in aula nel processo contro
Hidan. Tra i reperti, c’erano diverse lettere e
messaggi firmati presumibilmente da questi due uomini misteriosi; ognuno firmava
con una ‘K’, con una calligrafia differente.”
“Credi che siano i
loro nomi?”
“Se veri o in codice, questo non
saprei dirlo, Uzumaki.”
Il biondo annuì, alzandosi
barcollante dal divano e stiracchiandosi.
“Domani esporrò tutto questo a
Shikamaru. Ci sta che, col cervello che si
ritrova, veda qualcosa che a noi è sfuggito.”
“Non credo. Se mi permetti, in
questo momento Nara è abbastanza inutile. Non ha la
freddezza per lavorare come si deve. Mi domando perchè non lo abbiano
allontanato dalle indagini.”
Neji si abbottonò il
cappotto elegante e risistemò i fogli che aveva poggiato sul tavolino. Quando si
tirò su, gli occhi azzurri di Naruto fiammeggiavano
indignati.
“Non è una cosa
giusta quella che stai dicendo, Neji. Shikamaru è un ottimo poliziotto, forse
uno dei migliori della centrale. Non merita la compassione di nessuno ed è
abbastanza forte e maturo da poter lavorare a mente lucida. Io credo nel suo
lavoro.”
“Talmente maturo da
scagliare un telefono contro il muro?”
Domandò sarcastico
Neji, mostrando con
un ghigno i denti bianchissimi.
“La verità è che in questo momento
non è in grado di svolgere il suo mestiere, ecco tutto. È uguale a tutti gli
altri: niente più, niente meno. Dammi retta, Uzumaki, tenetelo il più lontano
possibile dalle operazioni, è un
consiglio.”
Il giovane Hyuuga
non badò all’occhiataccia furente che gli lanciò Naruto. Salutò educatamente
Sakura, che si era momentaneamente riaffacciata dalla cucina, e tolse il
disturbo sbattendo la porta dell’ingresso.
“Alla faccia del
brutto carattere…”
Commentò Sakura,
perplessa.
“Neji Hyuuga è così, freddo e
calcolatore, non ammette mai errori. Gli ci vorrebbe una donna, per
ammorbidirlo.”
“Ho un’amica carina, vuoi che
faccia un tentativo?”
“Se è Tenten a cui stai pensando,
non credo sia una buona idea. Lei lo ucciderebbe.”
Sakura sembrò pensarci seriamente,
poi scoppiò a ridere, poggiandosi sullo stipite della
cucina.
“Sì, forse hai
ragione.”
Naruto si rimise a sedere sul
divano, sintonizzando la radio su un programma di
musica Jazz.
Sakura tornò ai
fornelli, tentando di riparare al danno del curry bruciato.
Naruto era la cura
migliore alla sua malinconia. Con le sue risate e battute, anche col suo esser
goffo e imbranato col gesso, le faceva dimenticare per alcuni secondi la
tristezza che era venuta nel momento in cui aveva appreso della scomparsa di
Ino.
Era il suo sole in un giorno di
nuvole.
Quando Shikamaru Nara il giorno
dopo arrivò alla centrale, una nuova busta anonima lo aspettava sulla scrivania.
Kakashi Hatake attendeva su una sedia vicino, le mani congiunte in grembo e gli
occhi stanchi solcati dalle occhiaie profonde
di chi lavora anche di notte.
“Inutile dire che anche questa è
arrivata senza postino.”
Disse
soltanto.
Shikamaru si fece forza, aprendo
la busta con uno strappo.
Migliaia di fili d’oro caddero sul
tavolo, sparpagliandosi, mentre gli occhi del giovane si aprivano turbati, non riuscendo a capire in un primo
momento che cosa fossero.
“O mio Dio…”
sussurrò, portandosi una mano alla bocca. “…questi sono i suoi capelli…”
Toccò tremante la
ciocca bionda caduta dalla busta sentendone la consistenza poi, come se fosse
stato punto da qualcosa, ritirò in fretta la mano,
sconvolto.
Kakashi si avvicinò
al ragazzo, facendolo mettere a sedere. Sapere che quei capelli erano
appartenuti fino a poche ore fa a una ragazza sequestrata, ricevere un pezzo di
lei era una cosa che faceva contorcere le viscere dello stomaco anche a uno come
lui. Fece sparire il più in fretta possibile tutto quanto, controllando prima
che nella busta non ci fosse altro, qualcosa di utile,
magari.
“Nara…”
“La prossima volta
cosa ci manderà? Un dito? Un orecchio? Il
cuore?”
Pronunciò con
rabbia, prendendosi il viso tra le mani.
“Non ci sarà una
prossima volta.”
Affermò Kakashi,
prendendo dei fogli
da un cassetto della scrivania .
Shikamaru li esaminò bene, ma non
riuscì lo stesso a capire cosa il suo superiore stesse cercando di
dirgli.
“Lo abbiamo trovato, o meglio,
abbiamo trovato tre possibili posti in cui potrebbe essere. La zona è fuori
città, dopo East London.”
“E’ un posto immenso, come potete
dire di averlo trovato?” rispose con foga il ragazzo.
“Personalmente, se dovessi
scegliere un posto dove nascondere un prigioniero, sceglierei dei magazzini
abbandonati o una vecchia fabbrica, non credi che sarebbero dei bei posti? O
magari una cantina.”
“E’ ovvio, mai nessuno andrebbe a curiosare…”
“Appunto. E mi
risulta che nella zona che abbiamo rintracciato, ci siano tre vecchi
magazzini per materiali da costruzione di una famosa ditta, la Madoson&Co. Ha chiuso
parecchi anni fa per bancarotta, ma ancora i suoi magazzini sono sparsi per la
periferia di Londra.”
Shikamaru guardò a lungo Kakashi,
scrutando il suo viso per verificare se quello che gli stava dicendo fosse uno
scherzo oppure no. Forse tutta quella situazione
poteva avere una svolta positiva.
Forse il suo incubo stava per
finire.
“Dobbiamo andare subito a
controllare, non possiamo aspettare oltre!”
“Ho già
convocato tre squadre, si stanno preparando. Fallo anche tu e vai da Naruto, ha
delle notizie da darti…”
Detto questo si
separarono.
Ino si passò una mano fra i capelli corti, tagliati male e in modo
impreciso.
Era contenta, almeno
quella volta non era stato versato del sangue. Vedeva Hidan davanti a sè che
lucidava con un panno la canna di una pistola grigio scuro, una Colt Navy del
1870, e deglutì
tremante, pensando che probabilmente quella era l’arma che avrebbe messo la
parola fine alla sua breve
vita.
Cambiò posizione delle gambe,
deboli e graffiate, cercando una postura più comoda. Essere in quel posto le
aveva fatto venire tutte le crisi che conoscevi: di nervi, isteriche, tutto.
Ormai era arrivata alla conclusione che non sarebbero mai riusciti a trovarla e
a liberarla in tempo dubitava che Hidan avesse lasciato dietro di sé degli
indizi sul luogo del sequestro, che poteva essere ovunque. Anche all’estero, per
quanto ne sapeva lei.
“Non siamo all’estero, piccola
Ino, non temere.” Rispose la voce dell’uomo come se avesse sentito il suo muto
ragionamento, “Siamo ancora a Londra, all’incirca. Sai, è difficile scappare con
una ragazza rapita appresso: le persone farebbero troppe domande.”
Continuò con un sorriso amichevole
che le fece rizzare tutti i peli delle braccia.
Si era chiesta più volte, in quei giorni, cosa ci fosse in Hidan che non andasse. A quanto ne sapeva lei, prima di
immischiarsi nella religione di Jashin, era stato un notaio di nota fama,
benestante e frequentatore dell’alta società; aveva soldi, successo e un
certo potere tra i suoi clienti e colleghi, evidentemente. Un uomo comune
avrebbe venduto l’anima al diavolo per avere una vita come la sua, e Ino non
riusciva proprio a capire cosa lo avesse spinto a diventare in quella maniera;
in un certo senso, era molto simile a Itachi
Uchiha.
“Hidan…” pronunciò
timorosa, con voce roca. Quello la guardò interrogativo, invitandola con gli
occhi viola a parlare.
“… perché segui
questa religione? È… è orribile…”
“Honey, piccola… perché questa domanda
così difficile e complicata?”
“Se… se devo morire, almeno voglio capire
meglio per cosa lo
faccio.”
L’uomo la guardò compiaciuto,
rimettendo la pistola nel fodero e avvicinandosi a lei lentamente, felice per
quella domanda e voglia di sapere.
“Mi sembra giusto. Mi perdonerai
però se il mio sarà un discorso confuso e complicato. ‘Perché’ è la domanda più
difficile che un essere umano possa fare.”
Ino lo vide mettersi comodo su una
sedia traballante di legno, mentre si accendeva un sigaro che emanava un odore
nauseante.
“Vedi, Jashin è un dio che vuole
sacrifici, umani chiaramente. Lui è convinto che gli uomini, tutti dal primo
all’ultimo e me compreso, siano dei sudici peccatori, una razza ingrata,
sommersa dai vizi e dall’ipocrisia. Lui ama il mondo, immensamente, e per questo
non sopporta di vederlo in mano a degli esseri tanto spregevoli come noi; anche
io un giorno morirò per mano di qualcun altro ed allora sarò felice di essermi
liberato da questo male comune, da questo mondo malato che ormai non ha più
nulla da offrire e quindi deve essere distrutto. Jashin ama proprio questo: la
distruzione totale, completa di questo mondo corrotto, è convinto che dalla
distruzione possa nascere qualcosa di migliore. Io sono consapevole di essere
soltanto una sua pedina, lo aiuto in questo progetto e un giorno verrò ripagato;
è una religione magnifica che in pochi sanno apprezzare e comprendere e tu, honey, devi sentirti onorata di
contribuire a tutto questo. Non devi vedere la
faccenda in modo negativo, sono sicuro che dopo la morte, ovunque tu andrai, mi
ringrazierai per quello che ti ho fatto.”
Ino rimase
seriamente scioccata dalle sue ultime parole. Non poteva credere che le avesse
detto che un giorno gli sarebbe stata grata!
Cercò di
controllarsi, mentre un moto di rabbia la percorreva tutta. Avrebbe voluto
alzarsi ed urlargli che si poteva ficcare i suoi ringraziamenti con tanto amore
su per il didietro, se proprio ci teneva; invece rimase
immobile, continuando ad osservarlo e mordendosi la
lingua.
“E dimmi… stai cercando di fare del male a Shikamaru solo per
vendetta?”
“Detto così
sembra altamente
immorale. Il tuo compagno ha impedito che noi della setta del dio Jashin
compissimo il nostro dovere e questo non è stato bello.”
Adesso lo sguardo di Hidan si era
fatto più sarcastico e minaccioso, come se al ricordo dell’avversario la sua
fiamma della vendetta stesse avvampando più del solito.
“E’ uno sporco
infedele e il dio Jashin disprezza le persone come lui. Volevo che soffrisse, ma
non col morire: per
noi seguaci e servitori di Jashin, la morte è la nostra massima aspirazione, è
l’avvicinamento col nostro Dio e il nostro massimo contributo alla sua opera.
Non volevo che quel Nara avesse un tale privilegio prima di me, così ho pensato
che farlo soffrire per il resto dei suoi giorni fosse un bel modo per punirlo.
Non sei d’accordo con me?” Chiese a Ino, con
occhi seriamente interessati alla risposta che poteva dare la giovane. Ma quella
rimase zitta, incapace di pronunciare anche un singola parola: qualsiasi cosa
avesse detto, non gli sarebbe piaciuto sicuramente e l’avrebbe fatta fuori prima
del tempo.
Il silenzio piombò ancora fra i
due. Hidan sembrava un bambino davanti a una grande ruota panoramica per la
prima volta, immerso in sogni affascinanti e fantasie nascoste; Ino cercava in
tutti i modo di scacciare dalla mente tutto quello che aveva sentito finora
perché, anche se fosse sopravvissuta, era sicura che si sarebbe portata gli
incubi appresso per un sacco di tempo.
Cercò di ripensare a tutto quello che era accaduto, a come fosse
capitata in quel posto, quando quell’incubo fosse iniziato e perché non avesse
potuto far nulla per evitare tutto ciò.
“Perché… come hai
fatto a fuggire dal carcere?” chiese piano, ricordandosi di quel particolare
strano e inspiegabile di cui avevano parlato anche i
giornali.
“Come
prego?”
“Voglio dire… era
pieno di polizia: come hai fatto ad evadere senza che nessuno ti
vedesse?”
“Sei molto curiosa
Ino, deduco sia una caratteristica comune di voi giornalisti.”
Constatò pensieroso,
sorridendo di quel fatto buffo.
“Come dire… sono
uscito dalla porta della mia cella e poi da quella secondaria, lì ho preso una
macchina e sono andato in periferia. Semplice.”
Ino continuava a
guardarlo perplessa, non capendo. Hidan si rese conto del suo sguardo
dubbioso.
“Honey, ragiona, è ovvio che qualcuno mi
ha aiutato. Mi considero una persona abbastanza intelligente e astuta, ma non
tanto da aprire una porta di ferro a mani nude e poi…”
Ino già non
ascoltava più, si era fermata a due frasi prima.
Era ovvio che qualcuno lo avesse
aiutato? A quella domanda c’era solo una risposta.
“Ha un complice nella polizia.”
Decretò Shikamaru mentre si
dirigeva verso le macchine di Scotland Yard. Dietro di lui, Naruto lo seguiva
veloce, per quanto potesse, guardandosi poi
attorno.
“Vuoi dire che
finora abbiamo lavorato col complice di Hidan? Sei
sicuro?”
Shikamaru vide i
suoi colleghi prendere posto nelle varie macchine, preparandosi probabilmente
all’operazione finale di quel rapimento. Quando notò che nessuno stava badando a
loro, si rivolse a Naruto parlando a bassa voce.
“Questo spiegherebbe
un sacco di cose: come è fuggito dalla prigione senza essere visto, come abbia
preso le informazioni su di me, come recapitasse le buste gialle senza postino,
come sapesse i miei orari di lavoro. Prima che questa storia finisca, troveremo
anche questo figlio di puttana.”
Si allontanò da
Naruto che, arrabbiato, rientrò negli uffici, maledicendo il braccio rotto e la
gamba zoppicante che gli impedivano di andare in missione.
Shikamaru si sistemò
sul sedile accanto al guidatore, aspettando che il capitano Hatake lo
raggiungesse; dietro di sè, altri due agenti avevano preso posto nella vettura,
fermi e immobili pronti all’azione. Uno di loro lo colpì particolarmente per la
sua alta statura, sottolineata dallo spazio angusto della
macchina.
“Qual è il vostro
nome, agenti?”
Chiese, più per
necessità che per educazione. Voleva rendersi conto con che gente
lavorava.
“Io sono Aburame.
Numero di matricola 0056.”
Rispose uno di loro
come una macchina, sistemandosi sul naso un paio di occhiali
tondi e scuri che non gli permettevano di leggere il suo
sguardo.
“Agente Zukuka, lavoro nella
seconda divisione della squadra omicidi.”
Rispose l’uomo alto, alzando una
mano. Shikamaru intravide sul polso di questo un cicatrice circolare,
somigliante da lontano a un bracciale.
“Come te la sei procurata?” chiese il giovane subito, senza
pensarci.
“Cicatrice di
guerra, ho partecipato alla Seconda Guerra Mondiale, prima di venire in
polizia.”
Nara annuì,
sentendosi quasi più sicuro ad avere come compagno un elemento del genere:
sicuramente, non gli sarebbe mancata l’esperienza.
Quando Kakashi
Hatake li raggiunse, partirono insieme a tutte le altre pattuglie alla volta di
East London, sfrecciando sulla statale che fiancheggiava il Tamigi e che li
portava nella periferia industriale, uno scenario completamente diverso dal
chiassoso centro di Londra.
Il gruppo di vetture
si separò in tre diverse direzioni, ognuna diretta a un magazzino diverso della
Madoson&Co; Shikamaru osservava fuori dal finestrino il
paesaggio tetro, il
cielo sempre nuvoloso che, in quella
circostanza, era semplicemente
perfetto.
Arrivati nelle vicinanze dello
stabilimento, le quattro macchine di Scotland Yard si fermarono, parcheggiando
in un luogo nascosto dagli alberi, dove difficilmente qualcuno le avrebbe
notate.
L’aria era più fredda e l’umidità
data dal fiume era più percepibile che in città, facendo rabbrividire gli agenti quando scesero dalle auto.
Tutti misero mano
alle proprie pistole e si radunarono in cerchio per ascoltare le direttive del
capitano Hatake. Alla fine si diressero verso il magazzino,
disperdendosi.
Naruto,
dopo aver parlato con Shikamaru, si era chiuso negli archivi della
centrale, controllando le personali schede, una per una, degli agenti di polizia
della loro centrale, cercando un indizio su qualche nome che potesse risultare
sospetto.
Ma come aveva immaginato, niente
compariva su quei curriculum immacolati. Tutti
sembravano bravi uomini, agenti con la testa a posto che mai nella vita avevano commesso
qualcosa, nemmeno un piccolo furto. Sconsolato, buttò l’ennesima cartellina sul
tavolo, massaggiandosi gli occhi stanchi, convincendosi che forse Shikamaru
stavolta aveva preso un granchio e lui stava solo facendo del lavoro
inutile.
La porta
dell’archivio si aprì con un sommesso cigolio, facendo passare Neji
Hyuuga.
“Ti stavo cercando, Uzumaki. Posso
sapere che ci fai rinchiuso in questo posto?”
Il biondo si voltò verso il suo
interlocutore, non scordando le parole che aveva usato contro Shikamaru la sera
prima.
“Secondo il mio amico, il complice di Hidan si
troverebbe all’interno della polizia. Quindi sto cercando fra i curriculum di
ogni singolo poliziotto se c’è qualche indizio, una traccia…”
“Può essere, ma sono qui per farti
sapere un’altra cosa, comunque. Ho trovato il nome dei due uomini che erano con
la setta di Jashin.”
Naruto sbarrò gli occhi, invitando
il collega a parlare.
“Sono stati nominati una sola
volta nel processo contro Hidan, per sospetto di complicità, ma furono subito
lasciati perdere. Uno è Kisame Hoshigaki, un noto avvocato di Liverpool; l’altro
è conosciuto col solo nome di Kakuzu. C’è veramente poco su di lui, se non che è
stato un mercenario durante la guerra, e da allora deduciamo che abbia
continuato la sua attività per qualche ricco che voleva togliersi un po’ di
disturbi. Sembra sia scomparso poco prima l’incarcerazione di
Hidan.”
Naruto ci pensò un attimo,
guardando Neji perplesso.
“Perché ho come l’impressione di
aver già sentito questo nome?”
Continua…
*Colt Navy: è una rivoltella, una pistola che
spara a ripetizione, molto semplice. È di produzione americana ed è stata usata
nelle Guerre Indiane, nella Guerra di Crimea e nelle battaglie risorgimentali.
Immessa nel mercato statunitense nel 1850, è stata usata fino al 1873 circa
(cit. Wikipedia).
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Aveva tanto sperato che qualcuno,
lui, la venisse a salvare; ogni minuto passato in quello schifo di posto
aveva pregato Dio (lei, che in tutta la sua vita non era mai nemmeno entrata in
una chiesa) di mandarle una qualsiasi persona a prenderla, a dirle che andava
tutto bene e che sarebbe tornata a casa. Ma adesso, dopo quello che le aveva
detto Hidan, si era rassegnata alla sua fine, forse ingiusta, e aveva cominciato
a desiderare che Nara se ne stesse a casa, al sicuro, perché se lui fosse morto,
lei sicuramente non sarebbe riuscita ad andare avanti lo
stesso.
“Shikamaru,
smettila, ti prego… vattene via!”
Note di
Lee:
Oh, Mon Dieu!
Eccomi qua col secondo capitolo,
che a dirvela tutta è il mio preferito in assoluto; primo per la presenza
NaruSaku (originariamente nella mia testa ci doveva essere anche la scena lemon
fra i due, ma per ragioni di tempo l’ho dovuta saltare), secondo per il pezzo
sulla religione di Jashin, sulla quale mi sono svenata. Non esisteva nessuna
notizia a riguardo, solo che questa religione predica il massacro e
l'assassinio. Nel Jashinismo, qualsiasi cosa che non sia la distruzione totale è
considerata un peccato (cit. Wikipedia).
Per cui capirete, oh cari lettori o
presunti tali, che tutta la descrizione in merito esposta da Hidan, è farina del
mio neurone.
Risposte alle
Recensioni:
Mimi18: Adesso puoi dire cosa ti piace di
questo capitolo senza spoiler vari! XD Come si denota, anche nella preferenza
dei capitoli abbiamo gusti in comune, e ciò mi preoccupa quasi più della
sincronizzazione della vescica, oh Gesù! XD Seriamente parlando, sono felice che
recensisci ogni capitolo nonostante tu abbia già letto tutto. Lo apprezzo
davvero molto, TwinH.
Kaho chan: Oh, Kaho! Che sorpresa! Sono
indecisa se prendere quel “Non mi ricordavo che fossi
così brava, davvero Lee” come un complimento o no, fatto sta che mi sono messa a
ridere. XD
Sono molto felice che
ti piaccia la fanfic e sicuramente il betaggio della Reki ha contribuito molto.
Non si spiega come la prima parte dell’intera storia, fatta con calma e
pazienza, fosse piena di frasi che non tornavano, mentre la seconda parte, più
lunga e fatta di fretta senza poi essere riletta, sia venuta solo con qualche
errore di battitura.
Eh, i misteri della
vita…
And so, spero che
continuerai a leggere, a ‘sto punto, nella speranza che anche il resto dei
capitoli ti piaccia.
Ringrazio come sempre
tutti quelli che leggono, anche se non recensiscono, ma che se lo facessero
renderebbero sicuramente felice una povera creatura del Signore.
ù_ù
Prossimo aggiornamento a domenica
22 marzo, ore imprecisate.
Lee
Naruto
© Masashi Kishimoto
Blue
Eyes © Coco Lee
|
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Capitolo 4 *** Capitolo Terzo: The Shots of Treason ***
Blue Eyes
(De
Umana Insania – Il Capitolo della
Vendetta -)
3.
Capitolo Terzo – The Shots of Treason
Shikamaru avanzava lentamente fra i cespugli bassi e spogli; la pistola
stretta tra le mani e rivolta verso il basso. Stava avanzando da solo,
consapevole che, a una cinquantina di metri dietro di lui, Kakashi Hatake lo
seguiva silenzioso e scaltro, coprendogli le
spalle.
Gli altri agenti si
erano disposti lungo tutto il perimetro dell’edificio, bloccando tutte le
possibili via di fuga alternative: se Hidan teneva Ino imprigionata là dentro,
l’avrebbero preso senz’altro.
Riuscì ad arrivare
ad una piccola porta arrugginita nascosta dietro alcuni rami bassi di un albero,
doveva essere stata un’uscita di sicurezza probabilmente. Con un piccolo pezzo
di fil di ferro fece scattare la serratura e scivolò come un’anguilla
all’interno del magazzino, enorme, buio come la notte; l’umidità era ancora più
alta e da lontano un rumore ripetitivo, come di un rubinetto che perde, lo
accompagnava ad ogni passo dentro quel posto invivibile. Riuscì presto ad
abituarsi all’oscurità, camminando però sempre a tentoni per paura di
inciampare.
Era tutto troppo
silenzioso e surreale e una strana ansia gli attanagliava il cuore,
velocizzandogli la respirazione.
In lontananza, sentì
la porta da cui era entrato chiudersi leggermente, segno che anche Kakashi era
dentro con lui.
Questo lo fece
sentire più tranquillo.
Con passo più fermo
si avventurò ancora all’interno dello stabile, tra sacchi di sabbia e cemento,
montagne di mattoni e macchine da costruzione.
Arrivò alla fine di
un corridoio, le cui pareti erano formate da scaffali in acciaio e scatole di
bulloni e utensili vari; la luce flebile della sera passava da una finestra
chiusa in malo modo con delle assi di legno ormai marce, illuminando piano un angolo dove una sedia di
legno era vicino al corpo rannicchiato di una ragazza.
“Ino!” urlò Shikamaru con voce stridula e incredula, correndo verso di
lei. Quella aprì gli occhi di scatto, guardandosi intorno e, non appena
intravide nel buio la figura del ragazzo correre verso di sè, le lacrime le
uscirono in automatico dagli occhi, mentre con le braccia cercava di avvicinarsi
più che poteva al ragazzo, strascicando il proprio
corpo.
Lui non doveva
essere lì.
“No! Ti prego, torna
indietro o ti ammazzeranno! Scappa, Shikamaru! Ti prego!” gli urlò con quanto
fiato aveva in gola, disperata. Sentì il panico farsi
avanti.
Tutti, ma non
lui.
Ma il ragazzo non
sentirla, buttandosi poi davanti a lei in ginocchio, guardandola con occhi
spalancati, come un naufrago che dopo tanto tempo vede la sua terra, come Ulisse
che rivede la sua
Itaca.
Le prese il viso tra le mani,
accarezzandole le guance bagnate e sporche, sentendo sotto di sé la sua pelle, i muscoli che si muovevano a testimoniare che fosse
lei, viva, e non un’allucinazione.
“Ino, Ino, Ino…”
Le disse, baciandola
un attimo sulle labbra senza chiedere il permesso, specchiandosi nei suoi occhi
magnifici che col tempo non avevano perso luminosità.
“Lui è qui! Scappa
ti prego! Scappa o ti ammazza!” supplicava invece Ino, cercando di allontanarsi,
piangendo ancora senza ritegno. Aveva tanto sperato che qualcuno, lui, la venisse a salvare; ogni minuto
passato in quello schifo di posto aveva pregato Dio (lei, che in tutta la sua
vita non era mai nemmeno entrata in una chiesa) di mandarle una qualsiasi
persona a prenderla, a dirle che andava tutto bene e che sarebbe tornata a casa.
Ma adesso, dopo quello che le aveva detto Hidan, si era rassegnata alla sua
fine, forse ingiusta, e aveva cominciato a desiderare che Nara se ne stesse a
casa, al sicuro, perché se lui fosse morto, lei sicuramente non sarebbe riuscita
ad andare avanti lo stesso.
“Shikamaru,
smettila, ti prego… vattene via!”
Riuscì a dirgli
spingendolo via con le poche forze che le rimanevano.
Lui la guardò un attimo perplesso,
riavvicinandosi e cominciando ad armeggiare con le
manette.
“Non capisco di cosa ti lamenti,
seccatura…” affermò in tono che voleva
sembrare di rimprovero, ma che inevitabilmente lo fece
sorridere.
“Non capisci perché non mi
ascolti, accidenti!” gli urlò lei, prendendolo per il viso come poco prima aveva
fatto lui.
“Devi andartene, e se non vuoi
farlo per te, per la tua vita, fallo per me. Ti ucciderà e io non
voglio!”
“Mi spiace, seccatura, ma dopo
tutte le notti insonni che mi hai fatto passare, restare in vita sarebbe un bel modo per ringraziarmi!”
E di nuovo si
ributtò sulle manette che tenevano legati i piedi.
Ino pianse ancora
più forte, premendo un mano contro la bocca. Aveva la strana consapevolezza che
non sarebbero usciti da quel posto vivi insieme. Era esattamente come la sensazione che aveva avuto in casa sua
prima che Hidan venisse a prenderla: quel ghiaccio che ti blocca il sangue nelle
vene, che ti fa perdere i battiti del cuore.
Voleva urlare,
scalciare via quell’imbecille che non la lasciava al suo destino, poter dire prima
di morire a Hidan, che il suo dio Jashin era una grande
stronzata.
“Shikamaru…” mormorò flebile, sfinita.
E fu un secondo, non
ebbe nemmeno il tempo per urlare.
L’ombra di Hidan era
apparsa velocemente, come liquido nero sul pavimento. Un gesto fulmineo, e col
calcio della pistola aveva colpito il ragazzo alla nuca.
“Finalmente ci rivediamo, Nara.”
Sibilò
sadico, compiaciuto, osservando il ragazzo che tentava di rialzarsi dopo la
botta subita.
Shikamaru fece leva
sugli avambracci, incredulo, scuotendo la testa per far tornare la vista
normale; il dolore alla nuca gli aveva fatto vedere le stelle, nel senso vero
dell’espressione.
“Hidan, ti prego…”
lo supplicò Ino, aiutando il compagno ad alzarsi.
Era un incubo e non
si poteva svegliare; non avrebbe mai voluto vedere tutto
quello.
“Honey, allora le mie lezione sulla
religione di Jashin ti sono servite.” Le disse Hidan canzonatorio, ridendo ad
alta voce.
“L’edificio è
circondato da poliziotti… se… se fai fuori me… non riusciresti comunque a
scappare… sei… sei in trappola…”
Riuscì a formulare
Nara mettendosi a sedere, respirando
forte.
Ino l’osservava impotente: perché
era così sicuro di lui? Non vedeva quanto erano nei guai? Se ne rendeva
minimamente conto?!
“Oh, credo che tu non sappia una
gran bella cosa del mio piano, caro il mio eroe.”
“Quella di avere un complice? Mi
spiace, ma lo so.”
Rispose Shikamaru
con un ghigno, ricambiato da Hidan.
“E sai anche chi è?” chiese
curioso come un bambino. Ino ormai aveva cominciato a interpretare ogni singola
parola, gesto o tono di voce del ricercato. Non le ci volle molto a capire che
stava prendendo in giro Nara, che stava giocando con lui a una battaglia
psicologica senza precedenti.
“No? Te lo dico io…” continuò
Hidan notando il viso spaesato del ragazzo, “Eravamo in affari, quando avevo la
mia bella setta, Kakuzu, lo conosci? Oh, ma forse tu lo conosci col suo anagramma… è l’agente Zukuka,
no?”
Gli occhi del giovane si
spalancarono per il disgusto.
Per tutto quel tempo aveva avuto
il complice di Hidan a nemmeno un metro di distanza e
non se n’era accorto!
“A quest’ora avrà
già sistemato tutti i poliziotti qui attorno, lasciandoci soli. È stato carino,
un vero gentiluomo.”
Decretò
avvicinandosi ai due
e inginocchiandosi di fronte e loro, per poterli osservare dritti negli
occhi.
“Sai, prima di uccidere uno di voi
due, volevo finire di raccontare alla piccola Ino come sono scappato dal
carcere. Sembravi così appassionata al mio racconto, honey…”
Le disse, carezzandole il viso con la punta delle dita. Ino strinse
gli occhi, non osando scansarsi, mentre Shikamaru sembrò ringhiargli
contro.
“Non
toccarla!”
“Oh-oh! Siamo
gelosi?” chiese divertito, ritirando la mano. “Sai, Itachi me lo diceva sempre
che voi della polizia siete dei sentimentali. Aveva proprio ragione. Ho sempre
invidiato il suo intelletto e la sua sottile ironia, mi piaceva,
già.”
Hidan aveva preso a
passeggiare avanti e indietro, raccontando con aria assorta e felice, come di
chi narra di vecchie scorribande fra amici.
“Sapete, la sua
morte era stata programmata. Eh sì, mica credevate che si fosse suicidato solo a
causa del processo, oh no!, facevamo tutti parte dello stesso giro, sì sì.
Teneva gli affari qui a Londra per conto del buon vecchio Kisame e se la cavava
bene. Peccato che non condividessi il fatto che uccidesse tutte quelle ragazze
senza una preghierina al dio Jashin, era un infedele anche lui! Quando lo
arrestarono dopo di me, sapevamo entrambi che non sarebbe finita lì, noi grandi
uomini non potevamo finire i nostri giorni in una putrida
cella…”
“Tu… eri d’accordo
con Itachi? Eravate complici?!” urlò Shikamaru, scioccato. Finalmente alcuni
pezzi del puzzle stavano cominciando a tornare al loro posto, la verità stava
venendo a galla, rivelando qualcosa di talmente grosso che, forse nemmeno loro
avevano immaginato.
“Ovvio, Nara! In
cella mi aveva detto che Kakuzu era entrato nella polizia sotto falso nome,
bisognava trovare solo un pretesto, un momento di confusione per farmi uscire… e
quale occasione migliore della sua morte? Oh, che genio di ragazzo! Spero che
adesso sia in un bel posto!”
Hidan scoppiò a
ridere. In quel momento Shikamaru afferrò la sua pistola e sparò un colpo dritto
verso l’uomo.
Ino urlò spaventata,
presa alla sprovvista.
Hidan rimase
immobile, osservando poi con calma il suo corpo, perfetto e
immacolato.
Nara lo aveva
mancato di poco.
A una velocità
incredibile tirò fuori la pistola a sua volta, e prima di poter sparare al
ragazzo, cinque spari risuonarono per il magazzino,
secchi.
“Kakuzu li vuole
proprio massacrare…” pronunciò Hidan, con un ghigno, mentre anche lui premeva il
grilletto.
Questa volta non ci
furono errori di traiettoria; il colpo prese Shikamaru in pieno petto.
Senza una parola, un
gemito o altro, si accasciò al suolo sotto gli occhi di Ino che
urlò.
Il tempo si era come
fermato. Il fumo lentamente saliva dalla canna della pistola per disperdersi
nell’oscurità, accompagnando l’ultimo sospiro di vita di Shikamaru.
Ino gli si avvicinò,
tremante, muovendolo nella speranza che si riprendesse; lo chiamò più volte,
prima piano, poi urlando il suo nome senza più lacrime, svuotata fino all’ultimo
nell’anima.
Guardò il suo viso
leggermente abbronzato, i lineamenti che le erano così mancati in quei giorni di
prigionia, la sua bocca semiaperta, dalla quale era stata baciata poco prima; i
suoi capelli castani, legati sempre in quel codino così fuori moda e quella
fronte spesso aggrottata in un’espressione perplessa.
Ino guardava tutto questo,
guardava quei dettagli che non avrebbe più rivisto.
Lo guardava e si rendeva conto che
era tutto finito in un secondo, nemmeno il tempo per un addio.
Il dolore ancora non
era giunto, sentiva solo il vuoto che pesava.
Hidan le si
avvicinò, toccandole una spalla, leggero.
“Honey, non disperare,
lui…”
“Ti prego,
uccidimi.” Gli chiese senza guardarlo. Voleva finirla anche lei, prima che la
consapevolezza della morte del giovane Nara le penetrasse nella pelle e nel
cuore, facendola impazzire dal dolore.
E sembrava che Hidan
non stesse aspettando che quella parola. Felice, puntò il grilletto alla sua
testa bionda, caricando il colpo che avrebbe detto fine a
tutto.
“Buon viaggio,
piccola Ino.”
Ino chiuse gli occhi, pronta ad
accogliere il suo destino, dopo tanto tempo che lo vedeva davanti a sé, ma che non riusciva mai a
raggiungere.
Sentì il rumore secco dello
sparo.
Poi niente.
Aveva immaginato di sentire il
bruciore della pallottola che le perforava la carne, il cranio e infine arrivava
al cervello, distruggendole tutto. Invece niente, solo la canna della pistola
che aveva abbandonato la sua testa e un corpo che cadeva con un tonfo accanto a
lei.
Aprì un occhio, si guardò attorno
e svenne.
Continua…
Next>>
“Per la
prima volta, aveva visto la morte in faccia, aveva rischiato seriamente di non
poter vedere più i suoi cari, le facce amiche, un semplice cielo azzurro; tutto
questo perché amava un uomo dal lavoro duro e la vita complicata. Su questo non
poteva farci niente, non poteva comandare il suo cuore.
Adesso, doveva solo
capire cosa desiderava e cosa voleva farne della sua vita; per chi
viverla.”
Risposte alle
Recensioni:
Mimi18: TwinH, mi cara, dolce e adorata
TwinH… innanzitutto: auguriiiii! XD Approfittiamo anche di questo spazio per
ricordare quanto stai diventando vecchia. ù_ù
Ma lo sai che le tue recensioni mi
lasciano sempre a sospirare felice, e soddisfatta tutto il giorno? Davvero, come
piace a te questa storia credo non piaccia a nessuno; cogli perfettamente quello
che io ho voluto trasmettere e ti piace quello che io ho voluto far piacere al
lettore. Il nostro essere TwinH non c’entra niente qui, è che tu riesci a capire
quello che io voglio veramente scrivere e comunicare e ciò non può che rendermi
immensamente felice! <3
Adesso, dopo questo capitolo, puoi
di nuovo spoilerare quanto vuoi! XD
Saeko no Danna: Dire che sono felice che il pezzo
di Hidan ti sia piaciuto, è dire poco. C’ho talmente sputato sangue su quella
parte, che le tue parole sono uno dei migliori ringraziamenti che uno scrittore
possa ricevere, davvero.
Spero che questo capitolo ti
piaccia in altrettanto modo, anche se dubito perché sono sempre stata sul filo
dell’OOC qui, e ciò mi ha provocato una seria crisi nervosa; quindi a te il
giudizio dei miei sforzi. XD
Ti ringrazio per avere la costanza
di recensire ogni singolo capitolo, alla prossima!
Si ringrazia tutti quelli che,
almeno una volta nella loro vita, si sono imbattuti in questa fan fiction. Se
poi l’hanno letta e l’hanno odiata, mandandomi accidenti perché gli aveva
rovinato la giornata… bhè, quello è un altro discorso.
La pubblicazione del prossimo e
ultimo capitolo potrebbe avere un leggero ritardo, ma niente di
eterno.
Lee
Naruto
© Masashi Kishimoto
Blue
Eyes © Coco Lee
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Capitolo 5 *** Epilogo: Blue Eyes ***
Blue Eyes
(De
Umana Insania – Il Capitolo della
Vendetta -)
Epilogo – Blue
Eyes
“[…] la sentenza
della Corte Suprema Britannica ha giudicato
l’evaso Hidan (27 anni, condannato in
precedenza all’ergastolo) colpevole di tutte
le accuse.
L’imputato è stato
condannato a morte mediante sedia elettrica.
L’esecuzione è
chiusa al pubblico e si svolgerà questo pomeriggio alle 6.00 P.M. Dopo il processo,
Tsunade (57 anni, membro della Corte Suprema Britannica)
ha
dichiarato che
[…]”
Londra, The Sun, 7 di Febbraio,
1959.
Sakura ripiegò con cura il giornale e lo lasciò sul bianco lettino d’ospedale,
mentre Ino si rivestiva veloce e preparava la sua borsa dei vestiti davanti a
lei, pronta a lasciare quel posto che puzzava di
disinfettante.
“Ino…”
La chiamò l’amica,
riavviandosi una ciocca di capelli rosa dietro l’orecchio. “…dovresti parlare
con Shikamaru. Non puoi trattarlo in questo modo…”
La bionda sembrò non
ascoltarla, continuando a prepararsi come se niente fosse.
Tre giorni prima si
era risvegliata in quella stanza, il viso sorridente di Sakura che la osservava.
Le aveva raccontato che Hidan era stato colpito, prima che potesse farla fuori,
da uno sparo al braccio da Neji Hyuuga che, insieme a Naruto e ad altri della
centrale, erano partiti di corsa quando avevano scoperto la vera identità
dell’agente Zukuka.
Quando erano
arrivati al magazzino, avevano trovato gli altri poliziotti a terra feriti o
legati, incapaci comunque di muoversi o di continuare la missione. Erano entrati
dalla porta secondaria che aveva aperto Shikamaru e subito si erano trovati
Kakuzu. Neji. senza tanto riflettere, gli aveva impiantato cinque colpi di
pistola al petto, uccidendolo.
Hyuuga, insieme ad
Hatake, era corso in direzione di alcune voci e lì aveva visto Nara a terra.
D’istinto aveva sparato ad Hidan, arrestato subito dopo dai colleghi che avevano
fatto irruzione. Shikamaru si era rialzato senza tante cerimonie pochi secondi
dopo, un po’ frastornato, togliendosi il pesante giubbotto anti proiettile che gli aveva
salvato la vita.
Una cosa da niente,
proprio.
“Ino non è giusto quello che stai
facendo e lo sai.”
Insistette Sakura, aiutando l’amica a mettersi la giacca pesante. Silenziose,
uscirono dall’ospedale, raggiungendo subito un taxi che le avrebbe condotte al
carcere di massima sorveglianza, dove Hidan sarebbe stato finalmente
giustiziato.
Sakura più volte le
aveva consigliato di non presentarsi, che non sarebbe stato affatto salutare per
la sua mente rivedere quell’uomo che l’aveva torturata, ma Ino era impuntata
sulla decisione.
Voleva vederlo
morire.
Voleva avere la
certezza che lui non avrebbe più potuto farle del male.
Solo in quel modo
avrebbe potuto mettere una pietra sopra a tutto quello che era
accaduto.
Arrivarono al
carcere velocemente; Naruto le
attendeva all’entrata col solito sorriso bonario sulle labbra; Sakura gli si
avvicinò, sistemandogli il colletto della camicia. Quella scena fece sorridere
in modo amaro Ino, al pensiero che lei probabilmente non avrebbe mai potuto fare
una cosa del genere.
Non si accorse di
Shikamaru che si era avvicinato, prendendola delicatamente per un braccio,
buttando così all’aria il suo piano di stargli lontana. Non era arrabbiata con
lui, questo mai!, ma
vederlo le faceva male, perché certe cose non si possono
cancellare.
“Come stai?”
Chiese lui,
accompagnandola all’interno del carcere, superando i controlli per
entrare.
“Bene, nonostante
tutto.”
Rispose, guardandolo
intensamente.
“Ti devo parlare,
puoi ascoltarmi?” chiese, facendo vedere il suo documento di polizia a un’agente
che controllava l’entrata alla stanza dell’esecuzione.
Si fermarono in un
angolo appartato, mentre davanti a loro alti funzionari pubblici e giuridici
facevano il loro ingresso discutendo di politica, come se non stessero andando a
vedere esecuzione.
“Senti, sai che a me
non piace parlare…” iniziò subito con aria scocciata, guardandola. Ino stava
ferma e rigida come un palo, con la paura di quello che sarebbe potuto uscire
dalle labbra del ragazzo. Qualche mese fa avrebbe pagato qualsiasi cosa per
sentirsi dire ti amo, e c’era una
parte di se stessa che ancora lo sperava e lo desiderava; ma dentro di lei
esisteva anche un’altra parte che avrebbe solo voluto dimenticare, tornare alla
vecchia vita di prima, una vita senza Shikamaru Nara ad affollarle i pensieri
ogni singolo istante.
Quando il ragazzo
aprì di nuovo la bocca, lo sguardo di Ino si piantò sul pavimenti senza che lei
se ne rendesse conto.
“Ma è giusto che ti
dica una cosa: io mi sono innamorato di te.”
Glielo disse
tranquillo, come se stesse chiedendo a sua madre di fargli il
bucato.
“Oh.” Rispose
Ino.
“Già… che palle…”
bofonchiò Shikamaru, voltando il viso altrove, imbarazzato anche se non lo dava
a vedere. Non aveva mai detto una cosa del genere, non lo aveva detto neanche a
Temari in modo esplicito.
Ma con Ino era
sempre stato tutto diverso, con lei aveva dovuto togliersi ogni maschera,
smettere di nascondersi dietro a bugie e scuse.
“Shikamaru, sai cosa
significa questo per me… ma per
ora io non voglio più vederti.”
Era come se il
giovane avesse ricevuto una doccia fredda addosso, tanto rimase sconcertato da
quella risposta. Lei lo amava, lui l’amava, finalmente!, ed era logico che
dovessero stare assieme, o almeno provarci. Era un’operazione matematica
sensata, dove era il problema?
“Io ti amo, e sempre
lo farò, ma devo capire fino a che punto. Io ho rischiato di morire per te e
devo comprendere se è un prezzo che posso ancora pagare per amarti o no.” Ino
chiuse gli occhi, sospirando, vedendo che il ragazzo non le rispondeva ma si
limitava a fissarla, come se non avesse capito cosa aveva
detto.
“Ti prego, non
cercarmi più.” Detto questo se ne andò, lasciando Shikamaru con i suoi
pensieri.
Certe esperienze
nella vita non si possono dimenticare, rimangono impresse dentro di te per sempre,
segnano la tua esistenza in modo decisivo. Per la
prima volta, aveva visto la morte in faccia, aveva rischiato seriamente di non
poter vedere più i suoi cari, le facce amiche, un semplice cielo azzurro; tutto
questo perché amava un uomo dal lavoro duro e la vita complicata. Su questo non
poteva farci niente, non poteva comandare il suo cuore.
Adesso, doveva solo
capire cosa desiderava e cosa voleva farne della sua vita; per chi
viverla.
Arrivò alla stanza
circolare dell’esecuzione; una sedia elettrica era posta su un piccolo palco,
protetto da una spessa parete di vetro che la divideva dal resto della stanza.
Dall’altra metà, era piena di sedie per gli sfortunati poliziotti e personaggi
politici che assistevano alle condanne. Ino individuò Sakura, seduta accanto a
Naruto, e si accomodò anche lei, sperando che il tutto fosse
veloce.
Altre persone entrarono e occuparono i posti a sedere. Lentamente tutto
si riempì. Solo un uomo corpulento se ne andò fumando un sigaro; vestiva firmato
e in modo elegante, con giacca e cravatta; aveva un’espressione da ricco, di chi
è abituato ad avere tutto ai suoi piedi. Nell’uscire, andò a sbattere contro
Neji Hyuuga che educatamente si scusò e passò oltre. L’uomo, però, seguì il
ragazzo con lo sguardo finché non fu più visibile, ghignando e mostrando i denti
aguzzi.
“Non dovresti farti
vedere in giro, Kisame.”
Una giovane donna lo
raggiunse; una rosa bianca fra i capelli, marcava ancora di più la sua bellezza
fuori dal comune.
“Lo so, ma volevo vedere chi ha
fatto fuori i miei clienti.”
Rispose l’uomo, porgendo il
braccio alla donna che accettò con un sorriso.
Insieme, raggiunsero una macchina nera, di lusso; un’autista in divisa li
attendeva.
Tutta l’area intorno al carcere
era circondata da poliziotti e da alcuni agenti dei servizi segreti, come potè
constatare la donna con un’occhiata furba.
Lei li conosceva bene, giocava spesso con loro
“Kakuzu era un’ottima fonte di
guadagno. Una grande
perdita.”
“Lo so, ma qualcuno
dovrà pagare. Io ci ho perso un sacco di soldi, Konan.” La donna annuì, salendo
in macchina dell’uomo e, dato un cenno all’autista,
partirono.
Shikamaru entrò nella stanza,
poggiandosi di lato contro il muro, in quanto i posti a sedere erano già tutti
occupati.
Nel silenzio
generale, Hidan fu accompagnato sul palco con la sedia elettrica da due medici
che collegarono i vari cavi e fili al suo corpo. Mantenne sempre gli occhi
chiusi. Non li aprì nemmeno quando un dottore gli chiese se era pronto, o se
c’era qualcosa che voleva dire prima di morire.
Ino deglutì; senza
rendersene conto si avvicinò al vetro, poggiandoci sopra una mano, fasciata da
una candida benda.
Quando fu annunciata
la prima scossa, Hidan aprì di scatto gli occhi e guardò proprio nella sua
direzione, osservandola bene; scrutando quella giovane che avrebbe dovuto essere
il suo sacrificio per il dio Jashin.
E, prima di sentire
il suo corpo sussultare sotto le forti scosse elettriche,
si perse in quelli che sarebbero stati l’ultima cosa che avrebbe visto.
I suoi occhi
blu.
Fine (?)
Note:
La
Corte
Suprema Britannica non
esiste.
Il giornale “The Sun” esiste
realmente ed è uno dei più venduti del Regno Unito.
Molte informazioni sono state prese
da Wikipedia.it
Note della
Lee:
La storia è finalmente finita.
Adesso potete saltare di gioia, strapparvi i capelli, o semplicemente mandarmi a
fanculo: libera scelta. ù_ù
Si ringrazia nuovamente
Rekichan per il paziente betaggio a orari disumani.
Mi scuso, ma questa volta non posso
rispondere alle recensioni, perché vado piuttosto di fretta (non dovevo nemmeno
aggiornare oggi). Ma volevo comunque ringraziare Saeko no Danna che con
pazienza mi è stata accanto in queste settimane, recensendo puntualmente ogni
capitolo, rendendomi assai felice. Mimi18, la mia TwinH, che nonostante
sapesse già tutta la trama non è mancata a recensire ugualmente, manifestando
tutto il suo entusiasmo per questa fan fiction; ti adoro <3. Lucia
lair, che ha recensito per la prima volta lo scorso capitolo dopo aver messo
la storia nei preferiti.
Ringrazio tutti quelli che hanno
sempre letto in silenzio, che hanno messo questa storia tra i preferiti, e se
volessero farmi sapere qualcosa, le loro opinione a riguardo, mi renderebbero
molto felice e soddisfatta.
Alla prossima…
Lee
Naruto © Masashi
Kishimoto
Blue Eyes © Coco
Lee
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