Dark Angel: The New Generation

di TakyRiida
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 01 ***
Capitolo 2: *** capitolo 02 ***
Capitolo 3: *** capitolo 03 ***
Capitolo 4: *** capitolo 04 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 05 ***
Capitolo 6: *** capitolo 06 ***
Capitolo 7: *** capitolo 07 ***
Capitolo 8: *** capitolo 08 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 09 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** capitolo 01 ***


Documento senza titolo

Salve a tutte,
questa non è la mia prima fanfic a capitoli, ma la prima che sembra avvicinarsi a un possibile finale.
Solitamente infatti pubblico solo One-Shot.
Ma questa, dopo che un amico fidato mi ha detto che secondo lui è decente, mi sono decisa a pubblicarla, sperando che pure a voi piaccia.

Inizialmente non pensavo di pubblicarla, la stavo scrivendo solo per me e per una mia amica, anche se lei non conosce per niente dark angel -___-''

Va bhe...

Piccola spiegazione prima di copiarvi la storia
Inizialmente è ambientata durante la seconda serie, almeno, io ho cercato di basarmi cronologicamente riguardando le prime puntate.
Diciamo che se dobbiamo basarci sulle puntate siamo dopo la puntata del "vampiro" (quella del transgenico col sangue ubber)
E prima che scoppia il casino con White, per via del figlio (se avete domande vi dico il numero preciso della puntata e il titolo O_O)

Ho cercato di imitare lo stesso carattere dei personaggi della serie.

L'ho segnata come cross-over perchè i personaggi che si intrecciano con la storia di dark angel, fanno parte di un vecchio gdr a cui partecipavo(che purtroppo non esiste più), e per i pg utilizzati non di mia creazione ho avuto l'autorizzazione per l'utilizzo dai player.

 

E prima di lasciarvi alla lettura del primo capitolo:
dedico questa storiella ad Ice, sperando mi perdoni per non averle dato una particina in una mia vecchia One-Shot ambientata nel suo gdr.

NdA
-...- parlato
"..." pensiero
-*...*- telefono
*...* voce elettronica (televisore, radio, segreteria)

NB: Inizialmente la storia sarà divisa in due emisferi del mondo, il fuso orario non credo sia preciso al secondo, e ovviamente quando cambia la locazione cambierebbe la lingua in cui parlano.
Metto il rating giallo, non per determinate scene, ma per un linguaggio scurrile in determinati punti.

Buona lettura

Taky

ps: se a qualcuno viene in mente un titolo migliore.. accetto volentieri i suggerimenti O__O

 

Capitolo 01

21 Gennaio 2021 Giappone, città sconosciuta, ore 21.15

In una notte buia e tempestosa, una moto nera si fermò davanti ad un cancello. Il pilota, posati i piedi a terra, alzò la visiera del casco e girò la testa ad osservare l'edificio.
Una vecchia villetta, in stile giapponese, fuori dalla porta un cartello “Orfanotrofio - La torre di fiamma”.
-Sono a casa..- mormorò il guidatore, spense la moto, scese e tolse la chiave. Avviandosi poi alla porta e bussando.
Quando il proprietario, Kenji Kawamura, andò ad aprire, il motociclista si tolse il casco nero, mostrando così al vecchio la sua identità. Kenji, mentre la fissava rimase a bocca aperta, spostò lo sguardo dagli occhi viola della giovane ragazza, hai suoi capelli neri come il carbone, legati in una treccia.
-Ice...- mormorò spostandosi poi per farla entrare -Entra! Oh Hiei sarà così felice di vederti! E anche Kou!- sul volto del vecchio si formò un sorriso mentre chiudeva la porta dietro la giovane -Dove sei stata tutto questo tempo? Devi raccontarci tutto!-
Ice, sorridendo, si tolse i guanti da moto mettendoli dentro al casco -Vedo che qui non è cambiato niente..- mormorò mentre entravano nel salotto, la televisione accesa e un ragazzo poco più grande di Ice era seduto mentre sorseggiava un bicchierino di sakè, accanto a lui un bambino di una decina di anni, faceva i compiti. Entrambi, quando sentirono la voce della ragazza alzarono lo sguardo, ed ebbero la stessa identica reazione di Kenji.

La serata passò tranquillamente nonostante i fulmini all'esterno. La ragazza raccontò di tutti i posti che aveva visitato alle persono che le erano da che lei aveva memoria, rimaste vicino. Infatti nonostante Ice non fosse orfana, era cresciuta in quella villetta assieme ad Hiei, di soli due anni più grande, cresciuta ed iniziata alle arti marziali da Kenji, il direttore di quell'orfanotrofio.

-Dov'è Takami?- domandò la ragazza dopo aver raccontato tutti i suoi trascorsi dopo aver lasciato La Torre di Fiamma qualche anno prima.
-Ha rinnegato il nome della famiglia Yabe- rispose Hiei abbassando lo sguardo sulla tazza -Ora.. dopo anni di lotte, tuo zio ha finalmente la sua erede-
-E Shoko? Come l'ha presa?- domandò Ice dopo aver ingoiato del sakè.
-Lei e Takami hanno litigato, ora non si parlano più. Ho provato a chiedere il motivo a Tak.. ma non mi ha detto niente. Con Shoko non ci ho mai parlato, la vedevo solo quando accompagnava Taky al dojo insieme a Seka e Xion- gli rispose lui con un'alzata di spalle.
Ice si passò una mano tra i capelli, spostando così la frangetta -Ho capito..- chiuse gli occhi sospirando -Quindi.. ora sarà in Inghilterra, nella villa di suo padre.-
-Non intendi ripartire di gia vero?- le chiese il piccolo Kou -Sei via da anni! E qui sei mancata a tutti! Hiei può mandare un'e-mail a Takami, e dirle di venire qui! Ma tu non andare via!- il bambino si avvicinò alla ragazza stringendole il braccio.
Ice si limitò solamente a sorridere posandogli la mano sulla testa.

28 Febbraio 2021 Giappone, città sconosciuta, ore 19.30

Ice si trovava nel dojo, assieme a Kenji, avevano appena finito l'allenamento gionaliero. Avevano appena riposto le spade, quando entrò Hiei.
-Mi sono perso l'allenamento?- domandò guardando Ice.
-Sei solo il solito Hentai- rispose lei prendendo una salvietta pulita e passandosela sul volto -Che volevi Hiei? Sei venuto qui solo per darmi fastidio o..?-
-Direi la seconda. Sono riuscito a rintracciare Alexander Black- il ragazzo incrociò le braccia al petto appoggiandosi alla parete.
-E quindi?- gli occhi di Ice lampeggiarono di rabbia -Continua forza! Che ti ha detto lo zio?-
-Che non ha idea di dove sia Takami, l'ultima volta che ha avuto suo notizie, è stato grazie a, pensa un po', tuo padre- ghignò osservando la reazione della ragazza -Era in Canada, ma non è riuscito a catturarla per riportarla a casa Black. Ora sto aspettando una risposta da una mia conoscenza in america, che ci aiuterà, o forse è meglio dire, ti aiuterà a trovare la tua adorata cuginetta.-
-Fantastico. Hai altro da dirmi?- la salvietta venne buttata a terra malamente, e la ragazza tirò un calcio alla parete in legno, rompendo un'asse.
-Yuki è qui, e ti sta aspettando per uscire.- Hiei si staccò dalla parete e uscì dal dojo, tornando verso la casa.

Due ore più tardi Ice fermò la moto davanti al locale, la ragazza seduta dietro di lei scese, e poggiò le mani ai fianchi -Allora? Hai quella faccia da che siamo uscite, e ancora non mi hai detto niente.- piegò leggermente la testa, scrutando l'amica con i suoi occhi verdi.
-Che faccia ho, Yuki?- rispose Ice mentre scendeva dalla moto e si toglieva la giacca di pelle nera -La mia solita. O intendi forse dire che sono diventata ancora più bella di come ero prima?-
Yuki, rise passandosi una mano tra i capelli verdi, come gli occhi -La faccia di una persona incavolata nera. Non vorrai mica farti vedere così da Zack?-
-Lo sai benissimo che tra me e Zack non c'è più nulla.. da anni ormai.- le due ragazze si incamminarono verso il locale -E' per via di Takami. Non si trova da nessuna parte.-
-Ah. Potevi dirmelo prima. Io so dov'è.- Yuki si fermò a pochi metri dall'entrata.
-E NON POTEVI DIRMELO PRIMA?- urlò l'altra.

28 Febbraio 2021 America, Seattle, ore 10.30 circa

Takami intanto, dall'altra parte del globo, starnutì. Scosse la testa e si portò una mano in fronte.
-No, non scotto, non mi sto ammalando.- mormorò socchiudendo gli occhi, tornando a fissare la sua immagine nello specchio del bagno. Messo il dentifricio sullo spazzolino, iniziò a lavarsi i denti.
Si era appena alzata dal letto, fortunatamente era riuscita a trovare lavoro in un pub, quindi la mattina poteva dormire fino a tardi.
Una volta lavati i denti, trattenne i capelli con una mano e sputò nel lavandino, bevve un sorso d'acqua dal bicchiere risciaquandosi la bocca, e sputò nuovamente.
Finite le operazioni in bagno tornò nell'altra stanza, e posò lo sguardo sul letto in disordine.
-Che notte gente.- mormorò mentre lo sguardo le cadde su un oggetto abbandonato vicino al letto -Ma questo non è mio.- lo prese e lo osservò. Era un portafoglio da uomo in pelle nera. Lo aprì e trovò un mucchio di banconote e un tesserino della JemPony -Alec.. l'ha dimenticato qui.- sorridendo appoggiò il portafoglio al letto e andò a vestirsi.
Non aveva bisogno di rubargli i soldi, nonostante la crisi economica che c'era in quella parte di mondo. Se era in condizioni disperate, poteva benissimo andare a prelevare con la carta di credito che le aveva lasciato suo padre, anche se ciò avrebbe significato cambiare nuovamente città e lavoro.

Due ore dopo, era fuori dall'edificio della JemPony. Alzò gli occhi ambrati al cielo.
-Cosa mi tocca fare per un ragazzo, bugiardo oltretutto.- mormorò per poi entrare.
All'interno era malandato come all'esterno, appena entrati c'era una rampa, sulla sinistra diverse biciclette appese, e sulla destra un bancone. Dietro un uomo sulla trentina distribuiva pacchi urlando dietro ai suoi dipendenti. Al che la ragazza si avvicinò al bancone.
-Salve.- mormorò guardando l'uomo -Sono...-
-Senti ragazzina.- l'uomo la fermò prima che potesse dire un'altra parola -Qui stiamo lavorando, e mi bastano gia gli scansafatiche che ho qui intorno, senza il bisogno che anche tu ti metta tra i piedi. Cos'è che vuoi? Un lavoro? Non ne abbiamo.-
Takami rise, si appoggiò al bancone e spostò con la mano sinistra una ciocca di capelli arancioni.
-Veramente, credo di avere una cosa che appartiene a uno dei suoi fattorini, signore.- piegò la testa di lato ampliando il sorriso -Dove posso trovare Alec?-
L'uomo la guardò, prima gli occhi, a mandorla e di un particolare colore ambrato, poi i capelli arancioni tendenti al rosso, e infine lo sguardo finì nella scollatura della maglietta. Tornò a guardare la cartellina che aveva in mano.
-Prova agli armadietti, quell'idiota non riesce a trovare il suo tesserino.- borbottò lui voltandosi.
-Grazie.- la ragazza sorrise ancora staccandosi dal bancone e girandosi verso gli armadietti, che una volta dovevano essere di un bel rosso acceso, e ora scoloriti e in alcuni punti era pure saltata via la vernice. Camminando lentamente si avvicinò.
-Sei sicuro di non averlo lasciato a casa? O qualcuno potrebbe averti rubato il portafogli.- la voce apparteneva a un ragazzo in fondo vicino alla finestra, parlava con una persona nascosta alla sua vista dietro agli armadietti. Non era troppo alto, molto magro e capelli biondi, al collo portava una macchina fotografica e uno zainetto a tracolla pendeva sulla sua schiena -Ehi, amico, calmati. Norman ti adora, te ne procurerà un altro entro domani.-
-Si, tranquillo fratello.- a parlare era stato un altro ragazzo di colore, che si era appena avvicinato al primo -Sketchy ha ragione. E i tuoi pacchi oggi li portiamo noi.-
Takami si fermò un attimo ad ascoltare i ragazzi che parlavano. Non era sicura che la figura nascosta dagli armadietti fosse Alec.
-Ehi, cerchi qualcuno bambola?- stavolta una voce femminile dietro le sue spalle. Si girò e si trovò davanti due ragazze. Quella che aveva parlato era allincirca alta come lei, di colore, con i capelli marroni, ricci e gonfi. Al suo fianco, una brunetta con gli occhi scuri, capelli lunghi e dritti. Alla giacca di entrambe le ragazze era appuntato lo stesso tesserino che aveva trovato nel portafoglio quella mattina.
-Si, sto cercando il proprietario di questo.- dalla tasca tirò fuori il portafoglio in pelle -Lo ha dimenticato a casa mia. Ho guardato i documenti e mi hanno portato qua.-
La conversazione che aveva iniziato con le due ragazze attirò l'attenzione dei tre ragazzi, che si voltarono a guardarla.
-Che culo ragazzi...- esclamò il ragazzo con la macchina fotografica, fissando il fondoschiena della rossa.
-Non ditemi che gli uomini qui da voi sono tutti idioti?- esclamò Takami girandosi, e trovandosi così faccia a faccia con Alec -Tò guarda.- sorrise al ragazzo biondo ancora seduto che la guardava con la bocca spalancata.
-Tak, cosa..?- le domandò posando poi lo sguardo sul suo portafoglio. -Quello è mio!-
-Si, lo hai dimenticato da me.- lo poggiò sulla panca vicino alla sua gamba, e tornò a guardare le due ragazze -E' stato un piacere parlare con voi.- detto questo si allontanò, tornando verso l'uscita.
-E quella bomba dove l'hai trovata fratello?- fu l'ultima cosa che riuscii a sentire prima di uscire dalla JemPony.

Stava camminando tranquilla per strada, la mano destra dentro la tasca del cappotto, la sinistra teneva in mano il cellulare e leggeva i messaggi arrivati.
Non faceva caso alle persone che camminavano intorno a lei, finche una voce non attirò la sua attenzione. -Ehi! Tak! Aspetta!-
Si fermò, ruotando la testa guardando così alle sue spalle: Alec, in bicicletta che cercava di raggiungerla.
-Ciao.- gli sorrise una volta che lui era vicino, rincominciando poi a camminare.
-Senti..- l'aveva affiancata con la bici, e continuava a pedalare lentamente, rimanendo al suo passo -riguardo a ieri sera. Ti avrei chiamato oggi, solo che dovevo correre al lavoro.-
-Alec.- la rossa si fermò fissando il ragazzo, il sorriso non sparì dalle sue labbra -Lo capisco davvero. Ci siamo divertiti e basta. Per te non è niente di più, e io non sono la persona che insegue i ragazzi che la usano per una notte. Anche se devo dire che è la prima volta che mi succede. Ma va bene davvero.- gli posò una mano sulla spalla -Non devi farti problemi, solo perchè mi sono accorta che sei scappato via appena mi sono addormentata, e che ho scoperto che mi avevi dato un nome falso, e che per tua sfortuna hai dimenticato il portafoglio facendoti fare la figura dell'idiota.- rise e scosse la testa, rincominciando a camminare.
-No, davvero, senti mi dispiace. Voglio farmi perdonare, hai ragione sono stato un idiota!- lui continuava a seguirla -Cosa fai stasera? Ti porto fuori, e offro io.-
-Stasera lavoro. E non devi fare qualcosa perchè ti senti obbligato.- si girò a guardarlo e appena lui aprì la bocca per controbattere lei lo fermò -Senti. Stasera inizio a lavorare al crash, un'altra sera se vieni ti offro io qualcosa da bere, oggi no c'è una festa e ci sarà un casino che neanche oso immaginare. Un'altra sera ok?- il cellulare che aveva in mano incominciò a squillare -Ora devo andare, e tu devi tornare al lavoro. Ciao eh.-
Rispose al cellulare mentre Alec annuiva e si fermava, lo vide girare la bici e tornare indietro.
-Ciao Yuki, ma li da te non è notte?- domandò al telefono.
-*Si, lo è, ma senti. Ice è tornata e ti sta cercando. Dove sei ora?*-
-Ice?- si fermò, guardò in alto e vide avvicinarsi uno di quei dannati robot volanti della polizia, subito si girò abbassando la testa in modo che i capelli sciolti le coprissero il volto -Sono al sicuro, per ora. Mi faccio viva io ok? Devo andare. Ciao.- chiuse la telefonata mettendo via il telefono e incamminadosi verso casa.
“Ci mancava solo che quella stupida di Darkness si mettesse a cercarmi.” pensò la rossa morderndosi il labbro inferiorie, mentre si avvicinava al confine del perimetro, dove la pattuglia della polizia controllava chi si spostava nelle varie zone della città.

Fine capitolo 01

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Capitolo 2
*** capitolo 02 ***


Documento senza titolo

Ecco qui il secondo capitolo.

Grazie a tutti quelli che l'hanno letta e mi hanno lasciato i commenti su msn ^^

E un ringraziamento alla mia speciale musa PAWA!! *_*

Buona lettura ^^

 

Capitolo 02

28 Febbraio 2021 Giappone, città sconosciuta, ore 23.45

Yuki chiuse la telfonata dopo aver parlato con Takami. Si era chiusa in bagno per rimanere sola, e non far sentire nulla a nessuno.
-Oh mein Gott- borbottò mettendo via il telefono e tornando nel locale, avvicinandosi a Ryo -Eccomi scusate.- portò lo sguardo per un attimo su Ice, prendendo poi il suo bicchiere di birra, e ingoiando l'ultimo goccio.
-Ci sei stata una vita in bagno.- le disse Ice guardandola negli occhi -Cosa stavi combinando?-
Lei si limitò ad alzare le spalle, e girò la testa a guardare il suo ormai fidanzato -Ryo, posso stare da te stanotte? Mio fratello è tornato a casa, e dopo cinque minuti ha iniziato a litigare con mia madre.-
-Si non ti preoccupare, anzi mi chiedo quando ti deciderai a trasferirti da me- le rispose lui dandole un bacio sulla guancia.
-E io mi chiedo quando riceveremo gli inviti alle vostre nozze.- disse Zack ridendo, seguito subito dopo dalle risate di tutti i ragazzi li intorno.
Solo Ice non rise, incrociò le braccia al petto, senza togliere lo sguardo da Yuki. Le nascondeva qualcosa ne era sicura. La conosceva fin troppo bene.
“Ma poi perchè lei sa dov'è Takami e io no, questo ancora lo devo capire” pensò facendo una smorfia e corrugando le sopraciglia, abbassando lo sguardo verso il tavolo, notò un rigonfiamento nella tasca di Yuki “Il cellulare.. ma certo!” le labbra le si distesero in un lieve sorriso, mentre sciolte le braccia posò le mani sui pantaloni in pelle nera, che indossava quella sera e li pulì da uninvisibile polvere “Ogni cosa a suo tempo. Se non mi dice quello che sa, le rubo il cellulare, le frugo pure in casa se ce ne fosse bisogno.”
Mentre faceva questi suoi pensieri, Yuki la guardò mordendosi il labbro inferiore e tornando poi a guardare il suo fidanzato. Odiava mentire ad Ice, ma non era neanche il tipo di persona che veniva meno ad una promessa. E se non avesse mantenuto la promessa a Takami, la sua coscienza non glie lo avrebbe di certo perdonato. Avrebbe detto ad Ice tutto quello che avrebbe potuto, senza dirle troppo, così che non avrebbe tradito nessuna delle due amiche d'infanzia.


1 Marzo 2021 Giappone, città sconosciuta, ore 11.30

Ice era seduta per terra, appoggiata alla parete ad osservare Kou, che si allenava con Kenji. Sorrise ripensando a quando ci era passata lei una decina di anni prima.
Suo padre l'aveva affidata a Kenji, quando era ancora in fasce, versando una cospicua somma ogni anno, per il mantenimento della figlia, e l'addestramento alle arti marziali. Tutto questo fino all'età di sedici anni, quando Pyrgus, il padre di Ice, tornò a prenderla e la riportò in Inghilterra, addestrandola personalmente al combattimento.
Socchiuse gli occhi e li abbassò a terra, sospirando. Preferiva non pensare a quel periodo, per diverso tempo aveva provato a scappare dal padre, per tornare alla Torre di fiamma, e solo da un paio di anni, aveva riottenuto la libertà. Perchè quando viveva con il padre si sentiva come un uccello ingabbiato.
-A cosa pensi?- i suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Yuki.
Alzò lo sguardo su di lei, seria in volto.
-Alle solite cose.- incrociò le braccia al petto -Allora, vuoi dirmi quello che sai su Takami? O devo scoprirlo con la forza?- le domandò, andando subito al punto.
-Stai calma. Tak, sta bene. Precisamente non so dove si trova ora.- Yuki si sedette al suo fianco, iniziando ad osservare Kou e Kenji -Un paio di mesi fa, era a New York. Si sposta spesso.-
-E come mai tu la senti e io no?-
Yuki sorrise, se la aspettava quella domanda -Fino a un mese fa, non sapevamo nemmeno se eri viva, come poteva la nostra Takuccia, tentare di contattarti? Con il rischio poi, che tuo padre, intercettasse la telefonata.-
-Giusto, questo non lo avevo considerato.- Ice annui lentamente dopo le affermazioni dell'amica -Quindi vi sentite per telefono?- domandò subito dopo.
-Si.- Yuki tirò fuori dalla tasca un foglietto -Tieni.- mormorò allungando la mano verso Ice.
-Cos'è?- prese il foglietto e lo aprì, dentro c'era scritta una serie di numeri.
-Il numero del suo cercapersone. Più di questo non posso fare.- sospirò e strinse le labbra facendole diventare una linea sottile -Non è sicuro stare qui per te, lo sai?-
-Si. Non so neanche perchè sono tornata. Ma ora, Takami si è cacciata in un bel casino lasciando la famiglia Yabe, e lo sai bene anche tu, lei è sempre stata la più debole tra noi.- rise la bruna -Ti ricordi tutte le volte che ci faceva fare una figuraccia e subito dopo la riempivo di botte?-
Yuki non rispose, limitandosi solamente a scoppiare a ridere.


1 Marzo 2021 America, Seattle, ore 21.00

Takami, seduta su una botte in ferro vuota, beveva dalla bottiglietta d'acqua, guardando il cielo. Si era presa una pausa dal lavoro, quella sera il locale era pieno. Allungò le gambe davanti a se e guardò le punte delle scarpe da tennis.
Dopo la telefonata del giorno prima, aveva pensato molto, a tutto quello che era successo.
Tutto per colpa dell'ennesima litigata con la sorella.

***Flash Back***

Lei e Shoko, si erano trasferite nella villa dei nonni, dopo che la madre era stata trasferita dall'ufficio dove lavorava, in un'altra città.
Ormai, essendo quasi maggiorenni, avevano deciso di rimanere li, nella città dove erano cresciute, solo che la famiglia aveva imposto ad entrambe la condizione di andare a vivere a casa dei nonni.
-Una di voi due, dovrà subentrare al nonno nell'azienda di famiglia, quando si deciderà ad andare in pensione. Volete vivere qui? Va bene, ma nella casa dei nonni!- la madre era stata irremovibile sul discorso. E così nel giro di un paio di settimane, si erano ritrovate a dover vivere in quella vecchia casa.
Non avevano neanche più la libertà di prima, essendo i nonni intransigenti su molti argomenti. E le cose tra lei e Shoko, erano anni che andavano male. Grazie alla libertà concessa dalla madre, le capitava di non vedere Shoko per giorni. Ma ora la situazione era invivibile.
Il giorno che la goccia fece traboccare il vaso, Takami, era tranquillamente seduta in giardino a leggere un libro, quando arrivò Shoko, con le due cugine, Hachiko e Sakura.
Tak, alzò lo sguardo sulla gemella, e poi guardò le cugine, infine tornò a guardare le pagine del libro, senza proferire parola.
-Takami! Hai finito di oziare li?- le domandò la sorella fermandosi e poggiando le mani sui fianchi. Nonostante fossero gemelle, erano completamente diverse, sia nell'aspetto che nel carattere. Shoko infatti aveva i capelli neri, e gli occhi azzurri, ed era di qualche centimetro più alta della gemella.
-Shoko. Che vuoi? Sto studiando.- si limitò a dire la rossa, chiudendo gli occhi e sospirando.
-Dici sempre che stai studiando, ma chissà cosa fai in realtà. Di giorno fai finta di studiare, e di notte, esci dalla finestra della tua camera e vai chissà dove!- la sorella aveva alzato troppo il volume della voce, per i gusti di Takami, che subito chiuse il libro e si alzò.
-Fino a prova contraria, idiota di una sorella, quello che faccio io, non ti deve interessate.- Takami rientrò in casa passando di fianco alla sorella.
-E se i nonni venissero a saperlo?- Shoko ora incrociò le braccia al petto ghignando.
-E se i nonni venissero a sapere di Xion?- domandò Takami girandosi a guardarla.
-Se i nonni venissero a sapere che cosa?- domandò una voce maschile alle spalle di Takami. Non ebbe bisogno neanche di girarsi, per sapere che c'era proprio il nonno alle loro spalle.
In pochi secondi, scoppiò una lite tra il nonno e le due nipoti. Non sapeva neanche come era iniziata.
Si ritrovò dopo mezzora nella sua stanza, a mettere in valigia i suoi vestiti, dopo una telefonata al padre in inghilterra, e ad incamminarsi verso la porta d'ingresso.
-SE ESCI DA QUELLA PORTA, NON OSARE TORNARE SIGNORINA!- le urlava dietro il nonno -TI DISCONOSCO! NON AVRAI NIENTE ALLA MIA MORTE! TORNA SUBITO QUI!-
Lei si fermò e si girò a guardare il vecchio.
-Bene.- disse tranquillamente -Non li voglio ne i tuoi soldi, ne la tua stupida azienda. Da questo momento non consideratemi più parte della famiglia Yabe.--COSA?- il signor Yabe decise che era meglio smetterla di urlare contro la nipote -E dove pensi di andare? Come vivrai? Chi ti manterrà?-
-Diciamo semplicemente, che ora, mamma e papà non dovranno più litigare per me o Shoko. Scelgo io di mia spontanea voltà di rinunciare a questo.. inferno, e di andare in Inghilterra da papà. Ora scusatemi onorevole nonno. Il taxi mi aspetta.- e dopo quella frase si girò e uscì dalla villa.

***Fine Flash Back***

Da allora non aveva più rivisto ne Shoko, ne la madre, ne i nonni. Nonostante le telefonte che ancora riceveva dalla madre in lacrime, che la supplicava di tornare a casa.
Aveva smesso di sentirla, appena riuscì a cambiare numero di telefono. E si era accordata con Yuki, di far avere sue notizie sulla sua salute solo alla madre.
“In fondo, la mamma è sempre la mamma.” pensò sorridendo.

-Quando sorridi sei più bella lo sai?- una voce la riportò alla realtà. Girò la testa e si ritrovò davanti Alec, che la guardava, mentre teneva in mano un bicchiere di birra.
-Cosa ci fai qua?- gli chiese lei richiudendo la bottiglietta d'acqua.
-Ieri non te lo ho detto? Io e i miei amici e, o colleghi di lavoro, veniamo qui quasi tutte le sere.- il ragazzo avvicinò il bicchiere alle labbra e bevve un sorso di birra.
-Fantastico.- Takami si rialzò pulendosi i pantaloni dalla polvere. -Scusami, ma devo tornare al lavoro.-
-A che ora stacchi?- le domandò lui seguendo i suoi movimenti con lo sguardo.
-Se vuoi scopare, mio caro, ci sono molte donne sulla strada.- era di cattivo umore quella sera, e Alec di certo non glie lo stava facendo migliorare.
-Mh.- alzò le spalle mettendosi davanti alla porta per non farla rientrare.
-Spostati.-
-Se no cosa mi fai?- ora sorrideva osservandola.
-Alec, fino a ieri mattina mi volevi scaricare. Ora che cosa vuoi dalla mia vita?- esclamò esasperata alzando gli occhi al cielo.
-Farmi perdonare. E magari, parlare.-
-Parlare si, e poi magari infilarti nel mio letto.- poggiò la mano libera sul fianco. -Devo tornare al lavoro. Spostati.-
-Solo se mi prometti, che quando stacchi, vieni a fare un giro in moto con me, e ti giuro che voglio solo parlare.- lui continuò a sorridere, facendo un passo verso di lei.
-Se te lo prometto ti sposti?-
-Si.-
-Ma niente giro in moto.-
-Perchè?-
-Io vado in moto solo con una persona, e non sei tu.-
-Mi spezzi il cuore così. Guarda che guido bene!- esclamò spostandosi e permettendole così di rientrare nel locale. Lei, entrò subito, e andò senza fermarsi dietro il bancone.
-Dove eri finita?- le chiese il capo.
-Scusami, un idiota, non voleva farmi rientrare.- borbottò avvicinandosi a una ragazza, che aspettava con una caraffa di birra vuota.
-Mi fai il pieno?- le chiese lei guardandola -Ma noi ci conosciamo?-
Tak, prese la caraffa e la riempì di birra, alzò lo sguardo sulla ragazza, riconoscendola -Si, sei un'amica dell'idiota. Ci siamo viste ieri mattina, quando gli ho riportato il portafoglio.-
-Idiota?- lei spostò lo sguardo su Alec che si era avvicinato -Lo hai inquadrato subito eh?- rise e poi le porse la mano -Piacere, io sono Max.-
-Piacere mio, Takami.- le strinse la mano, e poi prese i soldi poggiati sul bancone.
-Oltre allo strano accento, hai anche uno strano nome. Di dove sei?- le chiese osservandola iniziare a lavare dei bicchieri sporchi.
-Sono per metà giapponese.-
-Max.- intervenne Alec -Diglielo tu che non la guido male la moto.-
Taky, alzò lo sguardo su Alec, e scosse il capo.
-Ha ragione sai, non la guida male la moto.- confermò Max -Ma per il resto, hai ragione tu. E' un idiota.- e si allontanò con la caraffa di birra.

Verso le due di notte, il capo le disse che era libera di andare a casa e, dopo averle dato la paga della sera, la salutò dicendole che la aspettava la sera dopo per le otto.
Quando uscì dal locale, vide Alec, aspettarla appoggiato a una moto.
-Finalmente.- mormorò lui sorridendole.
-Volevi parlare no?- disse mentre si infilava la giacca, e la richiudeva.
-Dai, ti accompagno a casa.- le porse un casco -Parliamo, e ti giuro di nuovo, che non mi infilerò nel tuo letto. Ovviamente a meno che tu non me lo chieda.-
Chiuse gli occhi e sorrise, poi afferrò il casco e se lo infilò in testa, osservò il ragazzo salire sulla moto e accendarla, e lei si sedette dietro, circondandogli la vita con le braccia.
-Se si viene a sapere che sono salita in moto con te, ti uccido.- gli disse, e lui ridendo partì.

Arrivarono dopo mezzora a casa di Takami, dopo aver attraversato due quartieri, ed i rispettivi posti di blocco. Ormai, dopo il caos nato nel 2009, era diventato normale perdere quei cinque minuti al posto di blocco di ogni quartiere, quindi nessuno ci faceva neanche più caso.
Alec fermò la moto e la spense, ed aspettò che la ragazza scese, per poi scendere anche lui. Si avviarono verso il condominio, in pessime condizioni come il resto dei palazzi di quella zona, e iniziarono a salire le scale, entrando nell'appartamento della ragazza.
Lui si sedette al tavolo, mentre la osservava togliersi la giacca e far partire i messaggi in segreteria.
* Tre nuovi messaggi. Primo messaggio, ricevuto alle ore 20.00 * * Tak, sono Yuki. Da te dovrebbero essere circa le otto di sera. Non ti chiamo sul cellulare visto che l'altro giorno quasi mi hai chiuso il telefono in faccia. Quindi sappi, che ho dato il numero del tuo cercapersone ad Ice. E no, non voglio sapere i motivi per cui non avrei dovuto darglielo. Sai come è fatta. Se non gli davo qualche informazione su dove diamine sei finita.. vabbè dai. Fatti sentire. Ah, tua madre è venuta di nuovo al negozio a chiedermi di te. Che le devo dire? *
-Chi è questa Yuki? Ha una bella voce!- le chiese Alec una volta finito il messaggio.
* Secondo messaggio, ricevuto alle ore 21.30 * * Takami! Sono tua sorella! Senti, non voglio sapere perchè sei in America, invece che in Ighilterra, e sta tranquilla, piuttosto che vederti tornare in giappone mi ammazzo, quindi non lo dirò a nessuno. Ma chiama la mamma! E' preoccupata, e stressa la vita a tutti! *
-Ma porc..- quasi bestemmio la rossa tirando un pugno al muro.
-Scappata di casa?- le chiese ancora.
-Lasciamo perdere.-
* Terzo messaggio, ricevuto alle ore 21.45 * * Takuccia, sono di nuovo io, Yuki. Ho trovato tua sorella nella mia stanza, con l'agenda dove avevo scritto il tuo numero di telefono di casa, in mano. Quindi, se ti chiama, non odiarmi. La prossima volta lo nascondo meglio! Giuro! Perdonami! *
-Fantastico.- borbottò sedendosi accanto al ragazzo ed appoggiando la testa al tavolo -La giornata non poteva finire meglio di così.-
-Fammi capire. Sei scappata di casa?- le chiese di nuovo lui, serio in volto.
-Una cosa del genere.-
-Racconta, sono curioso.-
E così, dopo aver alzato la testa e dopo aver fissato gli occhi nei suoi, non si sa per quale assurdo motivo, iniziò a raccontargli degli avvenimenti dell'ultimo anno. Tralasciando la storia dello zio e del padre, che la stavano cercando.

Fine capitolo 02

 

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Capitolo 3
*** capitolo 03 ***


Documento senza titolo

Ecco qui il terzo capitolo!!
Buona lettura ^^

Capitolo 03

10 Marzo 2021 Giappone, città sconosciuta, ore 14.30

Il tempo passava velocemente all'Orfanotrofio Torre di Fiamma, senza nessuna buona notizia che potesse aiutarla a ritrovare la cugina.

Yuki, il giorno prima, le aveva detto che l'aveva chiamata, che preferiva non rivelare dove si trovava, e che aveva iniziato a frequentare un ragazzo di nome Alec, simpatico ma idiota.

Sorrise, la ragazza, ripensando alle parole dell'amica ed immaginandosi Takami che glie lo raccontava.

-Ice. La pausa è finita.- la avvertì Kenji riportandola alla realtà.

Annuì muovendo la testa e si stese a terra iniziando a fare le flessioni. Ormai passava quasi tutto il suo tempo ad allenarsi, aiutava con le pulizie, e andava a fare la spesa quando era il suo turno. Erano ormai quasi tre mesi che stava fissa li. Non ci era abituata. L'impulso di salire in sella alla sua ninja nera, la svegliava tutte le mattine all'alba, poi sentiva l'abbraccio di Hiei, che ancora dormiva, e scacciava quell'impulso. Avrebbe potuto far finta ancora per un po' di avere una vita semplice.

Mezzora più tardi, stava tirando pugni al sacco da boxe, dopo aver fatto le flessioni e corso.

Quando Hiei, entrò nella stanza quasi urlando il suo nome.

-Che vuoi?- fermando il sacco con le mani fasciate.

-Il mio contatto, quello americano, mi ha risposto.- le tese con la mano dei fogli che lei, dopo averli presi ed osservati, guardò il ragazzo -Ti aspetta, li c'è tutto quello che ti serve, documenti, passaporto, biglietti aerei, soldi, e l'indirizzo del mio contatto. Si chiama Logan Cale, è un giornalista, lavora per SoloOcchi, ti metterà in contatto con lui, e troverai Takami.-

-Fantastico!- abbracciò il ragazzo, dandogli un bacio sulla guancia -Vado subito a preparare le valige, ma la mia moto?-

-Te la curo io.- Hiei mise una mano in tasca e tirò fuori un cercapersone e un altro foglio -Se so qualcosa di nuovo ti rintraccio io. Ah, e poi appena arrivi a Seattle, vai da questo mio amico, ti darà una moto e delle armi.-

La ragazza si limitò a sorridere, correndo subito dopo a preparare la borsa per il viaggio, lasciando Hiei nella stanza, che sospirò e si sedette a terra.

-Lasciarla andare, è la cosa migliore.- mormorò Kenji alle sue spalle.

-Lo so, ma ogni volta è sempre più dura.-

Due ore dopo era appena arrivata a Narita, l'aereoporto di Tokyo, dove consegnò la borsa e si diresse verso il check-in.

Non ebbe nessun problema a salire sull'aereo, grazie ai documenti di Hiei.

“Per una volta è bello viaggiare normalmente.” pensò sorridendo e sedendosi al suo posto “Però poteva procurarmi dei biglietti di prima classe.”

* Signori e Signore * parlò la voce nell'altoparlante * Vi diamo il benvenuto sul volo *** diretto a Settle. Faremo sosta rifornimento nella città di ***. Siete pregati di allacciare le cinture. Grazie per aver scelto la nostra compagnia. Vi auguriamo buon viaggio. *

Alzò gli occhi verso l'alto osservando i pulsanti per chiamare l'Hostess, per estrarre la maschera dell'ossigeno e quello per la luce. Sbuffò. Odiava volare.

10 Marzo 2021 America, Seattle, ore 21.30

Inconsapevole del fatto che Ice, era salita da qualche ora su un aereo che l'avrebbe portata in quella città, Takami, come tutte le sere, andò al Crash. Quella era la sua sera libera, e invece di andare dietro al bancone, guardò Steve, il suo capo, e si fece dare una birra.

-Ciao Bambola.- la salutò Original Cindy.

Da che aveva iniziato ad uscire con Alec, aveva fatto amicizia con tutti i suoi amici, la vita li a Siattle si era fatta più interessante.

Preso il suo bicchiere di birra, sorrise alla ragazza di colore -Ciao Cindy.- la salutò seguendola poi verso il tavolo da biliardo dove c'erano gli altri ragazzi. Li salutò con un sorriso e si appoggiò al muro osservandoli giocare.

-Oggi non lavori?- le chiese Max, alzando lo sguardo dal tavolo da biliardo, dopo aver mandato la palla numero 8 in buca.

-La mia sera libera.- rispose la rossa alzando il bicchiere di birra e bevendo subito dopo.

-Bene allora devi giocare anche te.- e le indicò con un cenno del capo le stecche li a fianco.

-Ho una mira micidiale.- mormorò lei prendendo una stecca e dando il bicchiere ad Alec.

-Se riesci a battere Max.- iniziò Herbal, il ragazzo di colore che lavorava con loro alla JemPony -Ti pago da bere, Sorella.- facendoli ridere tutti.

-Sei così brava?- chiese guardando la ragazza, che di risposta alzò semplicemente le spalle iniziando a posizionare le palle.

-Nessuno è mai riuscito a batterla, solo Alec le da del filo da torcere.- rispose OriginalCindy al suo posto.

-Bene.- mormorò Takami piegandosi sul tavolo da biliardo e dando così il via alla partita.

-Ehi fratello.- Sketchy si sedette a fianco ad Alec, che rimaneva seduto a guardare la partita -Guarda qua!- e gli mostrò un giornaletto tabloid -Le foto dell'altro giorno mi hanno fruttato un bel po' di denaro. Devo solo trovare altri di questi mostri di Manticore.-

Alec lo guardò alzando le sopraciglia -Tutte scemenze secondo me, devi vivere la vita come viene, fratello, e non andare a caccia di scemenze.-

-Mostri di Manticore?- chiese Takami guardandoli per un attimo.

-Come non lo sai?- l'aspirante fotografo la guardò -E' una notizia che SoloOcchi ha dato mesi fa. C'era una caserma nel Wyoming, che faceva esperimenti genetici, e creando dei mostri, per fare dei soldati perfetti. Solo che questa caserma ha preso fuoco e ora sono tutti intorno a noi, e alcuni di loro non puoi neanche riconoscerli, perchè sembrano umani. Hanno solo un tatuaggio, un codice a barre dietro la nuca. Hanno una forza micidiale, sono stati creati come armi.-

Takami si limitò a ridere.

-Ti sei fuso il cervello con tutte queste scemenze.- disse OriginalCindy dandogli una sberla sulla testa.

-Ma guarda che è tutto vero!- borbottò lui.

-Dovrei presentarti mio padre allora.- ghignò Tak incrociando le braccia al petto, mentre osservava Max, mandare la palla numero otto in buca -Ha studiato genetica all'università, e pure lui ti direbbe che sono tutte scemenze futuristiche, inventate per vendere quella..- indicò il giornale con un dito -spazzatura.-

-Ben detto Sorella.- esclamò OriginalCindy.

Il cercapersone di Max, squillò in quel momento -Alec, prestami il cellulare, che devo telefonare.- disse lei guardando il numero apparso nel cercapersone e, dopo aver preso il cellulare, andò al bancone, chiamando Logan.

-Ciao, sono io. Che ti serve?- chiese subito, mentre posava lo sguardo su un ragazzo, alto con gli occhi azzurri e capelli neri, che entrava in quel momento.

-Si, domani? Va bene. Per cosa?- non toglieva lo sguardo dal ragazzo, mentre lo vide avvicinarsi al bancone e parlare con Steve.

-Sto cercando questa ragazza.- gli sentii dire mentre tirava fuori una foto dalla tasca, intravide solo per un attimo la foto, c'erano due ragazze ritratte una con i capelli neri e degli insoliti occhi viola e l'altra, era Takami.

-Devo andare, ti chiamo io.- disse a Logan chiudendo la chiamata, e tornando velocemente verso il tavolo da biliardo -Tak, c'è un ragazzo che ti cerca al bancone.-

-Cosa?- Takami si fece seria in volto, mentre la guardava, sembrava quasi spaventata. Spostò subito lo sguardo alle spalle di Max, e incrociò lo sguardo con colui che la stava cercando -Diaz..- mormorò riconoscendo suo cugino, il fratello di Ice -Ma porc.. devo andare, scusate.- lasciò andare la stecca da biliardo si girò e corse via, uscendo dalla porta sul retro.

-Cosa?- Alec si alzò dalla sua sedia e fece un passo verso di lei, si girò poi vedendo arrivare il ragazzo, di corsa, per seguire la rossa. Gli si piazzò davanti fermandolo, e subito Max, lo affiancò.

-Ciao.- lo salutò sorridendo -Possiamo aiutarti?-

-Spostatevi.- disse Diaz serrando le labbra.

-Non credo proprio.- esclamò Max al suo fianco.

-Fantastico, ora grazie a voi due l'ho persa, e chissà quando riuscirò a rintracciarla di nuovo.- estrasse un telefono cellulare dalla tasca, e se lo portò all'orecchio, girandosi e avviandosi verso l'uscita -Papà? Si, l'ho vista. No, mi è scappata.-

-Vai da lei.- mormorò Max ad Alec -Ci penso io a lui.-

Alec seguii il consiglio di Max, e uscii subito dal locale andando verso l'appartamento della ragazza. Quando arrivò, trovò la porta aperta, e sul letto uno zaio, con dentro dei vestiti.

-Takami?- chiamò la ragazza che apparve dal bagno, con in mano delle spazzole e altri vari oggetti -Cosa stai facendo?-

-Scusami, Alec, ma devo andare via.- lei si avvicinò allo zaino e mise tutto dentro.

-Perchè?- domandò afferrandola per un braccio e facendola voltare -Chi era quello?-

Lei lo guardò per un attimo e poi abbassò lo sguardo, senza rispondere.

-Takami, non ti abbiamo sempre detto che gli sconosciuti non devono intromettersi negli affari di famiglia?- chiese una voce sulla porta, facendo girare i due ragazzi.

C'erano Diaz, e altri due ragazzi, uno teneva in mano una mitragliatrice, e l'altro una pistola, con la quale sparò verso Alec, che non ebbe il tempo di spostarsi, e si accasciò al suolo.

-No!- successe tutto velocemente, la ragazza si inginocchiò e girò Alec.

-Tranquilla cuginetta, era solo un dardo tranquillante, dormirà per qualche ora.- disse ancora Diaz avvicinandosi -Ora, vieni con me, non vorrai mica costringermi ad ucciderlo vero?-


11 Marzo 2021 America, Seattle, ore 19.15

L'appartamento di Logan Cale, era situato nella vecchia zona commerciale di Seattle, che dopo l'onda elettromagnetica, era diventata la zona dei ricchi. Più che appartamento era da considerare un attico con vista. Le pareti dipinte di rosso, e il mobilio elegante.

Max, osservava tutto quello, appoggiata con la schiena alla finestra, mentre Alec, si era appena ripreso, dopo aver dormito per quasi 24 ore.

-Allora si può sapere che è successo?- domandò la ragazza guardando Logan.

-Sono riuscito a prendere il video di una telecamera davanti al palazzo di Takami. Un paio di minuti e possiamo guardarlo.- rispose girando la sedia e posando lo sguardo su Alec -Cosa ricordi?-

-Ero appena arrivato nel suo appartamento, stava... stava facendo le valige.- mormorò il ragazzo appoggiandosi con la schiena al divano -Quando.. c'erano tre uomini sulla porta, armati, uno era il ragazzo che era venuto al crash a cercarla.-

-Chi diavolo è in realtà Takami?- domandò irritata Max, allontanandosi dal vetro e iniziando a camminare avanti e davanti alla finestra.

-Ecco il video è arrivato.- disse Logan aprendo il file. Stavano per visionare il filmato quando suonò il citofono. -Scusate un attimo.- fermò il filmato e si alzò dalla sedia andando a rispondere.

-Chi è?- domandò Max seguendolo.

-Me ne ero completamente dimenticato. Un mio contatto del giappone, un paio di mesi fa mi aveva chiesto aiuto per cercare una persona. E l'altro giorno gli ho risposto che avrei potuto aiutarlo, ma che avevo bisogno di più informazioni.- Logan si massaggiò le tempie con le dita -Ho fatto venire qui la ragazza che conosce meglio questa persona. Era il lavoro per cui ti avevo chiamato ieri.-

-Va bene, una cosa alla volta però. Voglio scoprire prima chi sono questi stronzi che hanno sparato ad Alec.- borbottò Max, poco prima che la porta si aprii, e ne entrò una ragazza con gli occhi a mandorla, capelli neri e occhi viola. -Io ti conosco..- mormorò, avvicinandosi alla nuova entrata.


Ice era appena scesa dall'aereo e, dopo aver recuperato il suo bagaglio, si incamminò verso l'indirizzo che le aveva dato Hiei, seguendo le indicazioni su una cartina che teneva nella mano sinistra.

Non le ci volle molto per arrivare al palazzo dell'amico di Hiei. Guardò il campanello, e suonò appena vide il cognome Cale. Le rispose una voce maschile, che le aprii subito indicandole il piano.

“Come avrà fatto Hiei a conoscere questo riccone.” pensò salendo sull'ascensore. Pochi minuti ancora, e avrebbe avuto le risposte che cercava.

Appena entrò nell'appartamento, si ritrovò davanti un ragazzo che non doveva avere neanche 30anni, i capelli biondi gli ricoprivano più di metà fronte, e portava degli occhiali dalla montatura trasparente, gli occhi invece azzurri. “Ha pure l'aspetto di un ricco” pensò osservando i suoi vestiti “Magari, dopo che mi avrà aiutato a trovare Takami, potrò rubargli qualcosa di interessante.”

-Io ti conosco..- una voce femminile interruppe i suoi pensieri, portò così lo sguardo sulla ragazza, non si era accorta di lei. Aveva lunghi capelli castani, labbra grosse e occhi marroni. Osservò i suoi vestiti, sportivi “No, di certo non è la moglie.” pensò inarcando le sopraciglia.

-Mi conosci? Strano. Perchè io non conosco te.- disse incrociando le braccia al petto. Da quando era salita sull'aereo il giorno prima, aveva dovuto rincominciare a parlare in inglese, cosa che oltretutto odiava.

-Tu dovresti essere Ice, l'amica di Hiei.- disse il ragazzo -Io sono Logan, e lei è Max.-

-Saltiamo i convenevoli.- sbuffò alzando gli occhi al cielo -Dove trovo SoloOcchi?- chiese riportando lo sguardo su Logan.

-Lui ha affidato l'incarico a me, e..- iniziò lui ma fu subito fermato da Max.

-Logan, aspetta.- lei si avvicinò -Prima ci deve spiegare perchè ieri, il ragazzo che ha sparato ad Alec, aveva una tua fotografia.-

-Chi ha sparato a chi?- domandò Ice guardandola.

-Questo non me lo avevi detto.-

-Un ragazzo, alto, capelli neri e occhi azzurri. Ha sparato a un mio amico, e portato via la sua ragazza.- Max incrociò le braccia al petto senza togliere lo sguardo da Ice -E prima di tutto questo, è venuto al Crash, cercando questa ragazza e mostrando una foto dove c'ervate te e lei. E ora voglio sapere perchè.-

Fine capitolo 03

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Capitolo 4
*** capitolo 04 ***


Capitolo 04


11 Marzo 2021 America, Seattle, ore 20.00

Da che era arrivata nell'appartamento di Logan Cale, era passata almeno mezzora. Inizialmente Ice, non capiva se quella ragazza di nome Max, parlasse seriamente o si fosse fatta di qualcosa, confondendola così con qualcun altro.

Dopo aver visionato il video, non ebbe più dubbi: sua cugina era stata portata via dal fratello. Imprecò e si sedette sul divano, appoggiandosi con i gomiti alle ginocchia, incrociando le dita, ed appoggiandole alle labbra. Stette ferma così per un po', pensierosa, mentre i tre nella stanza la osservavano, aspettando risposte.

Una volta rimesse le idee al loro posto, Ice, appoggiò la schiena al divano, incrociò le braccia e guardò Alec -Sei riuscito a portartela a letto?- gli chiese.

-Scusa?- il ragazzo spalancò gli occhi.

-Che centra ora?- Max, appoggiò le mani ai fianchi osservando la ragazza.

-Semplice, perchè io mi sono fatta un viaggio per nulla. E voi, probabilmente non rivedrete mai più Takami.- si alzò dal divano avvicinandosi alla finestra.

-Chi era quell'uomo?- domandò Logan, seduto ora su una sedia, vicino al computer.

-Quale? Quello che l'ha portata via?- Ice osservò fuori dalla finestra -Mio fratello. Diaz Black.-

-Black?- Logan la fissò -Tutto questo non ha senso. A meno che voi non siete imparentati con Pyrgus Black.-

Ice non si girò, e si limitò a sorridere -Cosa sai di lui?-

-Pluriassassino inglese, che ha addestrato i suoi figli come macchine da guerra, non ai livelli di Manticore.- Logan guardava Max ora.

-Appunto.- la bruna si leccò le labbra e si girò -Pyrgus Black è mio padre, e Takami, è la figlia di Alexander Black.- si avvicinò nuovamente al divano -Solo che non sai una cosa di Pyrgus, è ossessionato dalla famiglia. Dobbiamo stare tutti uniti, tutti devono lavorare per lui, ognuno è specializzato in qualcosa di diverso. Io sono riuscita a sfuggirgli, un paio di anni fa. Mentre Takami era protetta dalla famiglia di sua madre, ma da che è stata disconosciuta.. gli manca solo il cognome Black.- Ice fece una pausa dal suo racconto, chiudendo gli occhi e per poi riaprirli poco dopo -Sinceramente non ho neanche idea di come abbia fatto questi ultimi mesi a sfuggire a Diaz, lei non si sa difendre.-

-E allora perchè tuo padre la vorrebbe?- solo ora Alec si decise a parlare.

Ice alzò la mano sinistra e tenendo il dito indice teso, la avvicinò alla tempia -Perchè è intelligente, e ha una mira infallibile. Non che io non abbia queste due qualità, ma io sono più utile a Pyrgus come guerriero corpo a corpo.- abbassò nuovamente la mano -Inoltre, credo che lo zio la costringerà a tornare all'università.-

Due ore più tardi, Alec tornò nel suo appartamento. Osservando i mobili, gli tornò in mente la prima volta che ci era entrato. Lo spazio era occupato più da televisioni che da altro.

Si era tenuto solo un televisore, il più grande, gli altri li aveva venduti tutti. Il resto del mobilio non lo aveva modificato.

Si andò a sedere sul divano in pelle nera, accendendo la televisione.

Dopo cinque minuti si rese conto che non riusciva a concentrarsi su nessun programma trasmesso, iniziò così a cambiare i canali. Si fermò sul canale 17, dove c'era la pubblicità di un arnese per tagliare i capelli. Inconsciamente passò la mano sinistra tra i capelli corti, appena tagliati, mentre la mente gia vagava a cinque giorni prima.

***Flash Back***

Si era svegliato da pochi minuti, si ricordava poco e niente della sera prima, ma di una cosa era sicuro: Takami lo aveva mandato ancora in bianco.

Alzò la testa e guardò l'orologio. Erano solo le sei del mattino. Ma per fortuna era domenica, e nemmeno Norman sarebbe riuscito a schiavizzarlo quel giorno.

Riappoggiò così l'orologio e si girò.

Takami? Che diamine?” dormiva, tranquilla dandogli la schiena. Non si aspettava di trovarla li, con addosso una sua maglietta. Poi tutto gli tornò in mente. Aveva alzato un po' troppo il gomito, e Takami con l'aiuto di Max, lo aveva riportato a casa.

Non avevano fatto sesso “Purtroppo..” ma era riuscito a convincerla a rimanere li a dormire.

Le si avvicinò maggiormente, e la abbracciò con il braccio destro, mentre il sinistro lo aveva piegato e ci aveva appoggiato sopra la testa.

A quel tocco lei si sveglio, e lentamente si girò.

-Buongiorno.- disse lei aprendo di poco gli occhi.

-Buongiorno.- lui sorrise osservandola -Non volevo svegliarti, scusa.- mormorò al suo orecchio.

-Ah no tranquillo.Ci sono abituata.- sbadigliò portandosi una mano davanti alla bocca -Che ore sono?-

-Le sei.. io non dormo mai più di quattro ore a notte.- con la mano le accarezzava lentamente il fianco.

-Sembri mia cugina. Solo che lei a volte si addormenta, e poi dorme per due giorni di fila.- lei stava sdraiata supina, e girò solo la testa verso di lui -Ma, da donna appena sveglia quale sono, ti posso assicurare che sei una versione molto più bella da vedere, di lei. E per questo non ti tirerò dietro niente, come invece facevo con lei quando mi svegliava troppo presto.-

-Mi sento onorato.- staccò la mano dal suo fianco e la avvicinò alla guancia, accarezzandola lentamente, per poi spostarla sulla nuca della ragazza, e infilando le dita tra i capelli. Con una lieve pressione la avvicinò a se e la baciò. Lei non oppose resistenza, girandosi verso di lui ed appoggiando la mano destra sul suo petto, mentre la sinistra la appoggiava sulla sua guancia.

Alec teneva gli occhi socchiusi, osservandola. Teneva le palpebre abbassate e le ciglia, stranamente scure rispetto al colore dei capelli e delle sopraciglia,nascondevano gli occhi. Sulla guancia aveva una linea rossa, della stessa forma della cucitura del cuscino, e i lunghi capelli arancioni/rossi erano scompigliati, e avevano bisogno di una pettinata. Si stacco dalle sue labbra e ridacchiò.

-Cosa c'è?- lei aprì gli occhi e lo osservò.

-Di mattina sei buffa, sempre bellissima, ma buffa.- sussurrò dandole un bacio veloce e per poi alzarsi.

-Cosa pretendi. Mi sono appena svegliata.- sentiva il suo sguardo addosso mentre tirava si infilava dei pantaloni sopra i boxer, e rimaneva a petto nudo. Andò in bagno, lasciando la porta aperta, e si sciaquò il volto con acqua fredda, osservandosi poi allo specchio.

-Dovrei tagliare i capelli.- disse prendendo un ciuffo.

-Te li taglio io, se vuoi.- sentii la sua voce e si girò a guardarla. Era sempre sul letto, solo che ora stava seduta e aveva circondato le gambe con le braccia.


Un'ora più tardi erano davanti alla televisione, ed Alec stava seduto su una sedia mentre lei, con un paio di forbici in mano, gli tagliava lentamente i capelli. In televisione una pubblicità su un arnese per tagliare i capelli.

-Quel coso non serve a niente, solo a prendere polvere.- la sentii borbottare.

E lui sorrise.

Lei posò la forbice e prese un asciugamano, e glie lo passò delicatamente sulla pelle del collo e delle spalle.

-Alec..- lo chiamò lei, mentre sentiva le sue dita fredde sfiorargli la zona di pelle dove avrebbe dovuto avere il codice a barre, ogni due settimane infatti lui e Max, entravano di notte in un ambulatorio, e si rimuovevano il codice, che impiantato nel loro dna ricompariva puntualmente.

-Mh?- teneva gli occhi fissi sulla televisione, e non si girò a guardarla.

-Hai..- lei continuava ad accarezzargli la pelle -Hai una strana macchia sul collo, non viene via.-

Il codice a barre aveva rincominciato a comparire. Girò la testa verso di lei.

- Sketchy.- rispose lui -Ieri al lavoro mi ha sporcato il collo con un pennarello indelebile. Si vede che non è ancora andato via.-

Lei annuii solamente, sfiorandogli le labbra con un bacio.

***Fine Flash Back***


La pubblicità era finita da un pezzo. Ma lui si era perso in quel particolare ricordo.

Era stranamente terrorizzato all'idea che lei scoprisse cosa lui era realmente e da che “famiglia” arrivava, quando invece anche lei aveva una famiglia stramba, non come la sua ma quasi.

Si passò una mano sul collo, dove solo pochi giorni prima lei lo aveva accarezzato. Se si concentrava poteva ancora sentire le sue dita fredde.

Scosse la testa. Doveva riprendersi.

Solo una ragazza in vita sua lo aveva fatto andare in quello stato. E ora lei era sotto terra. Morta per colpa sua.

“Rachel..” spense la televisione e si alzò dal divano andando in camera da letto “No. Lei non è paragonabile a Rachel. E non mi farò coinvolgere ulteriormente.”

12 Marzo 2021 America, Seattle, ore 00.15

In quel momento Takami, si sveglio. Aveva ancora addosso i vestiti di quando Diaz l'aveva portata via dal suo appartamento. Ora erano in uno squallido Motel.

Le aveva legato i polsi dietro la schiena con delle manette. Cercò di mettersi seduta. Le facevano male tutti i muscoli delle spalle.

Vide Diaz, addormentato sulla poltrona, e la televisione accesa, il volume tenuto basso. Il canale 4 trasmetteva in quel momento una serie di pubblicità.

Forse, visto che Diaz dormiva, avrebbe potuto provare a scappare, se solo non avesse avuto le mani legate dietro alla schiena.

Piegò le ginocchia e ci appoggiò la fronte.

Teneva gli occhi chiusi, mentre le lacrime iniziavano a rigarle le guance.

Solo quando senti una vibrazione alzò la testa, si girò a guardare Diaz, che dormiva ancora, quel rumore non lo aveva svegliato. Si guardò così intorno, cercando la fonte del rumore. Aveva gli occhi appannati, ma alla fine lo vide. Un telefono cellulare, appoggiato al comodino vicino al cugino.

“Ora devo solo capire, come diamine faccio a telefonare, con le mani legate.” penso strisciando vicino al comodino.

Osservò nuovamente il cugino, mentre poggiava i piedi nudi a terra e si alzava lentamente. Senza distogliere lo sguardo, diede la schiena al comodino e cercò di prendere il cellulare con una mano.

Non riuscii ad essere silenziosa come avrebbe voluto. Ma per fortuna Diaz non si svegliò.

Guardò fuori dalla finestra. L'unica cosa che si vedeva era l'insegna del Motel.

Si sedetta di nuovo sul letto ed aprii il cellulare.

Si leccò le labbra, mentre lentamente cercava di comporre il numero del cercapersone di Max.

Passarono una decina di minuti. E il cellulare rincominciò a vibrare, girò la testa guardando il numero sul display. Sconosciuto.

Schiacciò il pulsante di risposta, e sentii la voce di Max, dall'altra parte della linea.

-Diaz! Diaz, svegliati!- parlava ad alta voce, sperando che Max la sentisse, e che Diaz non si accorse del cellulare scomparso.

-Che vuoi dannata?- borbottò lui aprendo gli occhi.


12 Marzo 2021 America, Seattle, ore 00.30

Max, era ancora a casa di Logan, osservava Ice, che a sua volta osservava il ragazzo, lavorare al compute. Fino a che il suo cercapersone non iniziò a squillare.

Non conosceva quel numero, ma dopo aver chiesto il permesso a Logan, lo richiamò.

-Pronto?- nessuno dall'altra parte -Pronto?- ripete di nuovo.

-*Diaz! Diaz, svegliati!*- riconobbe la voce di Takami, era lontana, ma era sicuramente la sua.

-*Che vuoi dannata?*- una voce maschile, rimase zitta in ascolto.

-*Mi vuoi spiegare perchè siamo in questo schifoso Motel, pure il suo nome fa schifo. “Notte da sogno”, non potevi permetterti un albergo migliore?*-

Max prese una penna e scrisse il nome del Motel su un foglietto, lo fece vedere a Logan, facendogli cenno di stare zitto.

-*Semplicemente, perchè domani arriverà Vicktor a prenderci, e in un albergo di lusso avremmo dato troppo nell'occhio. Ora zitta e dormi*-

La chiamata venne interrotta, e lei abbassò la cornetta.

-Avevi ragione. E' intelligente, ma anche stupida.- Ice la guardò non capendo a cosa si riferisse -Era Takami, non so come abbia fatto. Ma so dov'è. E a quanto ho capito, rimarrà li fino a domani mattina.-

-Ho trovato l'indirizzo.- disse Logan distogliendo lo sguardo dal pc.

-Vado a prenderla.- prese il biglietto che le porgeva Logan, attenta a non toccarlo, e si girò verso Ice -Vieni con me?- le chiese avviandosi verso la porta.

-Che domande, ho voglia di prendere a calci il culo rinsecchito di mio fratello.- Ice ghignò e la seguii. Dietro di loro Logan prese le chiavi della macchina.

-Vi porto io.- disse lui -Sulla moto di certo non ci state in tre.-

Fine capitolo 04

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Capitolo 5
*** Capitolo 05 ***


Chiedo perdono! Sono stata assente a lungo ma vi assicuro che la fic è bella e completa nel mio pc!
Spero di riuscire ad insesire tutti i capitoli in fretta!!
Buona lettura!



Capitolo 05

12 Marzo 2021 America, Seattle, ore 01.10
Logan fermò la macchina davanti al motel. Osservò l'insegna, di uno squallido neon fucsia, poi passò a guardare le condizioni dei muri: vecchi, sporchi e cadevano a pezzi.
-Bene, ora dobbiamo solo scoprire la stanza.- mormorò girando la testa a guardare prima Ice e poi Max, che si stava togliendo la giacca in pelle nera e rimaneva con una semplice canotta.
Aprii la portiera e scese dalla macchina, e si avvicinò al bancone dove c'era il custode.
La videro prendersi una ciocca di capelli e iniziando a giocherellarci con un dito. Poi si staccò dal bancone e si allontanò avvicinandosi alle scale.
Ice scese dalla macchina e la raggiunse.
Lui rimase li, e le osservò salire le scale.
Non sarebbe stato di aiuto, quindi poteva solo stare li ed aspettare, tenendosi pronto ad accendere il motore, e partire appena loro fossero salite sul veicolo.
Accese la radio, tamburellando le dita sul volante.
I minuti passavano lentamente, e Logan si sentiva inquieto, o semplicemente annoiato. Si piegò in avanti guardando verso il secondo piano, e vide il braccio di una persona penzolare fuori dalla ringhiera, e se la vista non gli faceva brutti scherzi, un'altra persona accasciata contro il muro, svenuta.
La porta vicino a quei due individui era aperta, e pochi secondi dopo vide uscire Max, e subito dietro di lei Ice, con quella che doveva essere Takami, tenuta su una spalla.
Girò la chiave e accese la macchina, facendo si che il motore iniziasse a riscaldarsi. Neanche un minuto dopo, Max si sedette al suo fianco, e Ice aprii la portiera dietro il suo posto, non si girò, sentii solo un tonfo e la portiera che si richiudeva.
-Dannata Darkness, non potresti cercare di essere più delicata?- girò lentamente la testa e vide la ragazza, che solo poche ore prima, aveva visto nel video.
-Zitta! Demente di una cugina.- borbottò Ice -Ti perdo di vista per pochi mesi, e tu che fai? Combini un disastro colossale.-
-Pochi mesi? Sei sparita per più di due anni, idiota!-
Logan ascoltò la loro discussione mentre ripartiva con la macchina, e guidava tranquillamente, guardandole ogni tanto dallo specchietto retrovisore.
-E tu la consideri una buona ragione, per andartene di casa, senza lasciare detto a Hiei, o almeno a Kenji, dove poterti trovare, in caso di bisogno.- Ice incrociò le braccia al petto -No tu lo vai a dire a Yuki, che persa com'è per Ryo, scrive le cose per non dimenticarsele, lasciando così una traccia per rintracciarti.-
-Hai finito di farmi la predica? Sei sempre stata più avventata di me, e hai fatto molti più errori.-
-QUESTO NON TI DA IL DIRITTO DI FARNE ANCHE TE!- la bruna era arrivata ad urlare.
Spostò lo sguardo su Max, seduta al suo fianco, che si massaggiava le tempie, stringendo le labbra.
-Ragazze, non credo sia questo il momento di discutere..- disse Logan cenrcando di mettere fine a quella discussione -..piuttosto, prima che arriviamo al posto di blocco. È meglio che gli togli le manette.-
La discussione terminò così, e Max sospirò alzando gli occhi al cielo, facendolo sorridere. “Le avrebbe picchiate se non avessero smesso.” pensò guardando ancora nello specchietto retrovisore. Le due ragazze non si parlavano più, Takami dava le spalle ad Ice, mentre quest'ultima, con una forcina che si era tolta dalla testa, liberava le mani della prima.
Riportò lo sguardo sulla strada, e tornò a guardarle solo quando sentii il secondo scatto.
Le manette erano abbandonate sul sedile in mezzo alle due, Ice seduta a braccia incrociate guardava fuori dal finestrino, mentre Takami si massaggiava i polsi, guardando verso il basso.
-Arigatou...- quella parola, poco più di un sussurro, proveniva da Takami, rivolta sicuramente alla cugina.
-Scema, non c'è bisogno che mi ringrazi. L'avresti fatto anche tu per me.- rispose Ice sorridendo.
 

12 Marzo 2021 America, Seattle, ore 02.30
Alec, era appena riuscito ad addormentarsi, quando sentii bussare alla porta. Di malavoglia si alzò dal letto e, strisciando i piedi, si avvicinò alla porta e la aprii senza guardare dallo spioncino.
Si ritrovò davanti Takami che lo guardava, tenendo le mani dietro la schiena, essendo più bassa di lui di diversi centimetri in quel momento le sembrò un cane che era appena stato sgridato dal padrone.
Guardò nel corridoio, e vide solo Max infondo, insieme a quell'altra ragazza, che si allontanavano. Fece così un passo indietro, spostandosi dalla porta e facendola entrare. Lei abbassò la testa, facendo scivolare i capelli ai lati del volto. La osservava chiudendo la porta dietro di lei, e girando la chiave.
-Accomodati..- disse a bassavoce, incrociò le braccia al petto e la osservò. Le dava ancora le spalle, i vestiti era sporchi e sgualciti, e nonostante il freddo che faceva in quel mese, la maglia era senza maniche, osservandola meglio, riconobbe i vestiti di due giorni prima. Fece vagare lo sguardo sulle sue braccia fino alle sue mani, soffermandosi sui polsi, i lividi delle manette erano ancora visibili sulla pelle bianca.
Si avvicinò a lei da dietro, sfiorandole le braccia con le dita -Sei congelata.- mormorò. Lei ancora non parlava.
-Ti prendo una maglia aspetta.- si allontanò da lei tornando in camera e prendendo una maglia pulita dall'armadio, tornò verso di lei, ancora non si era mossa. Le si mise davanti e le infilò la maglietta da sopra alla testa -Tak.. devi collaborare..- le sussurrò ancora mentre lei muoveva le braccia da sotto alla maglietta e le infilava nelle maniche, facendole poi ricadere lungo i fianchi.
Le posò la mano destra sulla guancia facendo pressione ed alzandole così il volto. Gli occhi erano rossi e gonfi di pianto.
In una lenta carezza, spostò la mano dalla guancia al collo, per poi portarla dietro alla nuca, l'altra mano la posò dietro alla schiena, stringendola così a se in un abbraccio. Gli appoggiò le labbra sui capelli, e rimasero fermi così per diversi minuti, finche lei non alzò le braccia e ricambiò l'abbraccio incominciando a piangere.
-Perchè stai piangendo?- le chiese accarezzandole i capelli.
-Perchè.. non riesco a capire se mi odi, per quello che... che è successo.- la sua voce tremava.
-No. Non ti odio.- mormorò, mentre si abbassava e la afferrava saldamente sotto al sedere con il braccio, tirandola su, e tenendola così sollevata da terra. Lei spostò le braccia e gli circondò il collo, senza smettere di piangere.
-Ti.. ti devo delle spiegazioni..- mormorò mentre appoggiava la fronte sulla spalla.
-Non ce né bisogno, mi ha gia detto tutto tua.. cugina.- andò in camera e la fece sdraiare sul letto, sistemandosi poi di fianco a lei, ed abbracciandola. -Dormi, parleremo domani.-
Le baciò la fronte, stringendola a se.
La ascoltò per non so quando piangere, finche non si addormentò esausta. Decise che il giorno dopo avrebbe chiamato Norman e si sarebbe dato per malato.
 
 
12 Marzo 2021 America, Seattle, ore 03.00
Diaz, seduto ancora sulla poltrona, teneva una busta piena di ghiaccio contro la guancia con la mano destra, con l'altra teneva in mano il cellulare. Premendo i pulsanti con il pollice, aprì la sezione delle chiamate inviate, e vide un numero a lui sconosciuto.
Imprecò a bassa voce scorrendo poi la lista fino a giungere al numero di casa Black. Portò il dito sul pulsante verde, e aspettò qualche secondo prima di premerlo. A quell'ora in inghilterra dovevano essere circa le nove del mattino.
Si avvicinò il cellulare all'orecchio e attese.
-*Pronto?*- rispose la voce dello zio, Alexander, il padre di Takami.
-Sono io.-
-*Cosa è successo?*-
-Ice, assieme a un'altra ragazza. L'hanno portata via.- mormorò chiudendo

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Capitolo 6
*** capitolo 06 ***


Ed ecco il nuovo capitolo, ringrazio quelli che hanno aggiunto la storia ai preferiti e chi la sta seguendo!
Buona lettura!



Capitolo 06
 
12 Marzo 2021 America, Seattle, ore 11.00
Quando Takami si svegliò, si ritrovò nel letto da sola. Lentamente si mise a sedere, e si guardò attorno. Riconobbe la stanza di Alec.
Abbassò lo sguardo sulla maglia che indossava, nera e troppo grande per la sua corporatura. Avvicinò il lembo del collo della maglia al naso e l'annusò: nonostante ci avesse dormito, aveva ancora l'odore del ragazzo.
Muovendosi lentamente si alzò dal letto e andò nell'altra stanza. Lo vide, per terra, mentre faceva delle flessioni, era a petto nudo, indossava dei pantaloni e un paio di scarpe da ginnastica. Tak, si appoggiò allo stipite della porta mentre osservava i muscoli della schiena del ragazzo che si contraevano per poi rilassarsi.
Alec sapeva che lei si era alzata ed ora lo stava osservando. Fece solo un'altra serie di flessioni e poi si alzò da terra. Le dava ancora la schiena, e sapeva che così lei avrebbe visto il suo codice a barre, ormai completamente ricomparso.
Prese la salvietta bianca, appoggiata sullo schienale del divano e si asciugò il sudore dal volto, e poi dal collo, appoggiando infine la salvietta sulla spalla destra. E, dopo un profondo respiro si girò a guardarla.
-Buongiorno..- mormorò lei. Il suo aspetto era uguale alla sera precedente. Gli occhi non si erano ancora sgonfiati, e nella cornea si potevano vedere ancora le vene rosse. Dalla punta del naso, fino alle guancie, la pelle era arrossata. Le labbra infine erano leggermente gonfie e di poco più rosse del normale.
-Piangere ti rende brutta.- disse lui rimanendo fermo.
-Lo so.- con la dita della mano iniziò a giocherellare con un chiodo che sporgeva dallo stipite della porta.
-Perchè non me lo hai detto? Avrei potuto aiutarti.- le chiese andando a sedersi su uno sgabello vicino al muro, li era la zona pranzo della casa. Non aveva un tavolo, ma nel muro che doveva dividere la cucina dal salotto, c'era una specie di buco, e sopra fissata una tavola di legno, all'altezza di un tavolo.
-E come? Ci conosciamo da troppo poco, e fino a mezzora fa, neanche sapevo chi eri davvero.- fece un passo verso di lui -E se non avessi visto il tuo tatuaggio non lo avrei saputo neanche ora.- unii le mani all'altezza del ventre -Come potevo fidarmi di te a tal punto?-
Lui non le rispose, rimase a fissare il legno. Poggiò il gomito su esso, e poi la mano chiusa a pugno la poggiò sulla guancia.
-Anche Max..?- Takami provò a formulare la domanda, interrompendosi e iniziando a mordersi il labbro inferiore nervosamente.
-Si. Grazie a lei siamo tutti liberi.- lo vide fare un sorriso ironico.
-Alec? Perchè non riesci a guardarmi?- fece un altro passo verso di lui.
-Perchè non riesco più a capire chi sei.- rispose dopo un profondo sospiro.
Lei rise e scosse la testa -Sono sempre io. Non ho mai mentito su chi o cosa sono io...- lasciò la frase in sospeso, facendo scattare il ragazzo, che si avvicinò a lei in un nanosecondo.
-E invece io si?- domandò con rabbia, afferrandola per le braccia -E' questo che intendevi?-
-No io..- cercò di allontanarsi -Mi fai male.- gemette.
Lasciandola, la spinse costringendola a fare due passi indietro.
-Mi hanno fatto in laboratorio. Lo sai?- non la gurdava, le dava le spalle -Ho passato l'adolescenza imparando la bella arte dell'assassino, ci sono persone in giro che vogliono ammazzarmi. Un giorno probabilmente ci riusciranno.- si fermò girandosi a guardarla di nuovo.
-Hai solo paura di lascirti andare e amare veramente qualcuno.- disse lei facendo un passo verso di lui.
-Si, hai ragione. L'ultima volta che l'ho fatto, quel qualcuno ha subito un attentato ed è morto. Fai un favore a te stessa. Fila via.- si girò dandole nuovamente le spalle -La maglia puoi tenerla.- andò a sedersi sulla poltrona in pelle nera ed accese la televisione.
Takami tornò nella camera e si infilò le scarpe ai piedi, per poi avvicinarsi alla porta. Girò la chiave e poggiò la mano sulla maniglia. Ruotò di poco il busto verso Alec, ma vide solo la sua testa spuntare dalla poltrona. Aprii la bocca per parlare ma poi la richiuse.
Aprii la porta e mormorando un “ciao” usci richiudendo la porta dietro di se.
 
 
12 Marzo 2021 America, Seattle, ore 11.30
Davanti al portone del palazzo di Alec, c'era parcheggiata una motocicletta nera. Sul sellino vi era seduta Ice, che guardava il cielo aspettando con le braccia incrociate al petto.
Era li ormai da un'ora buona.
E finalmente vide Takami uscire dal portone.
Le si avvicinò silenziosa, di diverso dalla sera prima aveva solo una maglia nera, troppo grande per lei. Guardò la cugina, inarcando un sopraciglio.
-Fai schifo oggi.- mormorò salendo sulla moto e porgendole un casco.
-Grazie Erin.- lei prese il casco e sorrise mettendoselo. La sentii salire dietro di lei. -Ti devo chiedere dove hai preso questa moto?-
-Ehi! Non l'ho rubata!- sbuffò mentre l'accendeva -E' stato Hiei a procurarmela.-
 
Partirono, senza più dirsi una parola.
Si lasciarono alle spalle Seattle, e i transgenici appena conosciuti.
Ice guidò per ore, senza fermarsi. Fino ad arrivare alla città di Kent, dove si fermarono ad alloggiare in un vecchio motel. La cugina non parlò mai, e una volta dentro alla stanza, si sdraiò nel suo lato del letto, e la sentii piangere silenziosamente.
La bruna prese il telefono, e compose il numero di Hiei, senza distogliere lo sguardo da Takami. Attese in linea, finche non rispose.
-*Si?*-
-Ice.-
-*Tue notizie così presto? Che è successo?*- domandò Hiei allarmato.
-Abbiamo incontrato Diaz. Ora siamo a Kent. Hai un posto sicuro per noi?- mentre parlava, si avvicinò alla finestra e guardò fuori, scostando di poco la tenda.
-*Mh.. che ne dite dell'Italia?*-
-Se il posto è sicuro.- lasciò andare la tenda e si girò di nuovo a guardare la cugina.
-*Se riesci ad arrivare a Portland, prendete un aereo per Milano. Zack ti aspetterà li.*-
-Zack?- domandò inarcando le sopraciglia -Per forza lui?-
-*Preferisci Mark?*- lo sentii ghignare dall'altro lato del telefono.
-No. Va benissimo Zack. Ciao.- chiuse la telefonata sbattendo la cornetta.
Si sdraiò vicino alla cugina e l'abbracciò da dietro.
-Vuoi raccontarmi?- le chiese in un sussurro, cercando di esserle di conforto.
-Non.. non c'è niente da raccontare.- sussurrò lei.
Rimase a fissare i capelli della cugina in silenzio. Lasciandola piangere a dirotto fino a che non la sentii rilassarsi ed addormentarsi. A quel punto spense la luce e si girò a guardare il soffitto. Quando erano piccole, la vita non era complicata.
 
***Flash Back***
-Ice! Ice!- si sentii chiamare, mentre camminava lentamente per le vie di quel maledetto paesino mentre andava a scuola.
“Sempre meglio qui, che con mio padre in inghilterra.” pensò Ice girandosi, e vedendo le due gemelle Yabe, che le correvano incontro. La loro divisa scolastica era impeccabile, rispetto alla sua.
-'iao- mormorò lei tornando ad incamminarsi, mentre Takami la affiancava e la prendeva a braccetto.
-Scusa se ieri non sono venuta alla Torre di Fiamma.- disse iniziando a camminare seguendo il suo passo -Ma.. io e Shonee-chan (nee-chan suffisso per sorellina) siamo state colte di sorpresa.-
-Da?- domandò lanciandole un'occhiata di sbieco.
-I cugini Oki.- rispose Shoko con un sorriso ebete sul volto.
-Siete uscite con quei due idioti?- Ice spalancò gli occhi guardandole e fermandosi in mezzo alla strada.
-Non sono due idioti!- rispose la gemella bruna poggiando le mani sui fianchi -Sono stati molto dolci! Ci hanno invitato ad andare all'acquario. E poi ho beccato la nostra Takuccia, che quasi baciava Seka!-
-Takami!- esclamò quasi schifata Ice.
-Ehi! Vogliamo parlare di te e Hiei?- la rossa riprese a camminare, verso la scuola, mentre Ice, a quella affermazione diventava tutta rossa in volto.
-Nee-chan! Aspettami!- Shoko rincorse la sorella, dandole una sberla in testa appena la raggiunse.
Ice rimase un po' indietro ad osservarle, e sorridendo le segui.
***Fine Flash Back***

 
Quel ricordo la fece sorridere. Una banalissima mattina mentre, ancora quattordicenni, andavano a scuola. Quando tra Takami e Shoko c'era ancora semplice affetto fraterno, e non odio come ora. Quando la vita era semplicemente tranquilla e non c'erano Pyrgus, o Diaz, a perseguitarle e, o tormentarle.
“A volte.. tornerei indietro volentieri.” pensò Ice prima di chiudere gli occhi ed addormentarsi a sua volta.
 
 
14 Marzo 2021 Italia, Milano Malpensa, ore 11.00
Quando l'aereo atterrò all'aereoporto di Milano, le due cugine si incamminarono verso il ritiro bagagli. Dove recuperarono le due semplici borse, e andarono poi a sedersi, nella sala d'attesa. Takami ancora parlava poco e niente. Prese gli occhiali sa sole dal bagaglio a mano e si coprì così gli occhi ambrati, ancora leggermente arrossati.
Col tempo le sarebbe passata. Alla fine non sapeva neanche lei perchè si sentiva così male, ne perchè continuava a piangere come un'adolescente.
Guardò la cugina che, seduta di fianco a lei con le gambe accavallate, scrutava accigliata la porta.
-Ice. Sembri una porca, un po' di contegno.- sorrise, dopo giorni che non lo faceva -In fondo, è solo Zack. Nessuno di cui preoccuparsi.-
Ice girò la testa guardando la cugina -Hai appena ritrovato la parola, e gia spari cazzate.- borbottò sbuffando.
La fece ridere, mentre posava lo sguardo sul ragazzo dai capelli castani, dritti che, grazie al gel, sfidavano la forza di gravità.
-Ecco Zack.- disse la rossa alzandosi e andando incontro al ragazzo -Ciao caro.- lo salutò dandogli un bacio sulla guancia.
-Takuccia, quanto tempo.- sorrise lui portando poi lo sguardo su Ice -Ciao, Ice.-
-Nh...- lei si limitò ad alzarsi ed avvicinarsi, mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni. Lasciando che i due chiaccherassero del più e del meno, si diressero al parcheggio ed entrarono nell'auto.
 
14 Marzo 2021 America, Seattle, ore 09.00
Erano passati due giorni. Due giorni, da quando l'aveva cacciata da casa sua, e chissà quando l'avrebbe rivista. Forse mai più.
Si avvicinò al suo armadietto, lo aprii e prese il pacco che doveva consegnare il giorno prima.
-Ehi.- girò la testa e guardò Max che si era appena avvicinata -Logan mi ha detto di chiederti se hai più visto Takami o sua cugina.-
-No.- le diede una risposta secca chiudendo di scatto l'armadietto -Saranno andate via, visto che qui le hanno trovate.- si avvicinò alla sua bici, ci salì sopra e andò via. Lontano dalle domande e dallo sguardo di Max.
 
Quella sera al Crash, si sedette da solo al bancone, bevendo un whyski dopo l'altro. All'inizio della serata Sketchy si era avvicinato e aveva iniziato a parlare dei transgenici e di come li avrebbe trovati. Si limitò a guardarlo soltando, e ad ingoiare un altro bicchiere di liquore, lo fece parlare senza ascoltarlo. Così, quando l'altro si rese conto di non essere ascoltato, se ne andò da solo.
Da lontano Max e OriginalCindy lo osservavano, confabulando tra di loro sul suo comportamento strano, e quando Sketchy si allontanò da Alec, si unì al loro tavolo, confermando i sospetti delle due.
 
Un'ora più tardi, Alec si alzò dal bancone, e se ne andò a casa, sotto lo sguardo stupito dei suoi colleghi di lavoro. Non fece caso a quanto tempo ci mise ad arrivare a casa.
Si accorse solo di essere arrivato quando si stese sul letto.
La mente vagava per conto suo.
 
***Flash Back***
Era appena entrato nel locale. La notò subito per il colore dei capelli: rossi, tendente all'arancione, legati in due code che ricadevano sul davanti. Non l'aveva ancora vista in faccia però, era voltata di spalle.
Fece vagare lo sguardo sul suo corpo, indossava un vestito verde, la schiena era quasi completamente scoperta,  una striscia argentata girava intorno al busto dell'abito come una spirale. La gonna, che le arrivava a metà coscia, era dello stesso colore del vestito, e il bordo era argentato come la decorazione dell'abito. Le gambe fasciate da calze nere, e gli stivali in pelle nera le arrivavano al ginocchio.
Tornò a guardarle la schiena. Tra le scapole aveva un tatuaggio, uno spicchio luna tribale con una farfalla appoggiata sul lato inferiore.
Rimase a fissarla per qualche minuto, poi lei si girò.
Lo sguardo gli cadde sulla scollatura, profonda, ma non eccessiva. Al collo aveva un ciondolo a forma di stella a cinque punte racchiusa dentro a una fascia d'argento e sopra incisi strani simboli. Alzo lo sguardo sul suo volto: gli occhi a mandorla erano leggermente truccati, ed erano di un insolito colore, parevano quasi gialli.
Decise così di avvicinarsi.
-Ciao- la salutò sorridendo. Lei ricambiò il saluto, distendendo le labbra in un sorriso, mostrando così i denti dritti e bianchi. Poi tornò a voltarsi verso il proprietario del locale. La vide mentre gli stringeva la mano, e appena Steve si fu allontanato, si appoggiò al bancone vicino a lei.
-Posso offrirti da bere?- le chiese.
Lei lo guardò, inarcando leggermente le sopraciglia, poi si mise seduta sullo sgabello di fianco al suo.
-Cosa prendi?- lo sguardo gli era caduto sulle sue labbra. Non aveva messo ne il rossetto ne il lucidalabbra, non ne aveva bisogno.
-Quello che prendi tu.- rispose, mentre appoggiava i gomiti sul bancone.
-Due birre..- disse voltandosi verso il barista, per poi tornare a guardarla -Al..Alan- non seppe perchè ma gli diede un nome falso. Ma, in fondo, se la serata fosse andata bene, non l'avrebbe più rivista.
-Takami, puoi chiamarmi Tak.- sorrise ancora, portò poi lo sguardo su Steve, che le aveva appena appoggiato la birra davanti.
Alec prese la sua birra e la alzò, lei lo imitò e fecero scontrare i bicchieri per un breve brindisi.
Parlarono, non si ricordava neanche di cosa. Rimasero li per ore, poi le chiese dove abitava, e vista la lontananza si propose di accompagnarla.
Vedendola rimanere in silenzio, si diede mentalmente dello scemo “Ho rovinato tutto, e chi riuscirà più a portarsela a letto” pensò poco prima che lei gli sorrise di nuovo ed annuisse muovendo il capo.
Quando uscirono lei si mise un cappotto, e lo chiuse del tutto.
“Che spreco..” pensò camminando al suo fianco.
 
Arrivarono all'appartamento di lei dopo mezzora di cammino. La vide fermarsi davanti al portone, e la mano destra andò alla tasca tirando fuori un mazzo di chiavi.
La vide infilare la chiave nella toppa, poi si girò, e gli sorrise di nuovo.
-Grazie per la serata.- le sentii dire.
Alzò la mano e le accarezzò la guancia “Ti prego, fai che non si tiri indrietro” pregò mentalmente mentre si chinava verso di le e la baciava sulle labbra.
La sentii allontanarsi per un momento, lo fissò negli occhi, poi si riavvicinò e si baciarono di nuovo. Le circondò la vita con le braccia e sentii le sue mani aggrapparsi alla maglietta.
Quando si staccarono di nuovo, lei era rossa in volto.
Lo fece sorridere.
-Vuoi.. salire? Per un.. caffè?- gli chiese. Quanto sperò in quella frase.
Annuii soltanto con la testa, baciandola poi su una guancia.
La seguii dentro al portone, tenendole una mano, salirono le scale e poi entrarono nell'appartamento. Mentre lei andava vicino ai fornelli a preparare il caffè, lui chiuse la porta e si tolse la giacca. Si avvicinò all'angolo cottura e appoggiò la spalla contro la parete, senza toglierle gli occhi di dosso.
Il rossore dal volto le era sparito “Peccato..” pensò, mentre la osservava togliersi il cappotto ed appoggiarlo allo schienale di una sedia.
-Di dove sei?- le chiese mentre le guardava di nuovo gli occhi.
-Sono nata a Londra, ma mia madre è giapponese.- gli rispose mentre si appoggiava al lavello con la schiena, e lo osservava. -Tu?-
-Wyoming- in fondo era vero, aveva solo saltato il dettaglio che era nato in laboratorio.
In quel momento la stanza fu invasa dall'odore del caffè, e lei spense il fuoco e versò il liquido nero dentro a una tazza -Zucchero?-
-No grazie.- prese la tazza dalle sue mani sfiorandole le dita -Tu non lo prendi?-
-E chi dorme poi..- rise lei mentre andava a sedersi sul letto. Mentre sorseggiava il caffe si guardò intorno,  il letto matrimoniale era vicino alla finestra. Dall'altro lato il tavolo con due sedie. E poi una porta, dove si intravedeva il bagno.
-Niente televisione?- domandò poggiando la tazza vuota nel lavello.
-Non la guardo. Preferisco la compagnia di un buon libro se sono in casa, ma ci sto poco. Se non sono al lavoro esco e cammino.- disse lei.
Lui le si avvicinò e si sedette al suo fianco.
-Grazie per il caffè.- la vide scuotere solamente il capo.
Si chinò nuovamente verso di lei, baciandola ancora. Stavolta rispose subito, e la passione crebbe.
***Fine Flash Back***

 
-Noi non siamo fatti per loro. Rappresentiamo un pericolo.- mormorò Alec poggiandosi una mano sul volto e chiudendo gli occhi.
 
 
Fine capitolo 06

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Capitolo 7
*** capitolo 07 ***


Capitolo 07
 
20 Aprile 2021 Italia, Cagliari, ore 12.00

Il sole primaverile, si rifletteva sull'acqua del mare. La lieve brezza di vento faceva muovere la gonna, e la modellava attorno alle gambe. Le passeggiate sulla spiaggia il quel periodo erano favolose, basta che non ci si avvicinava all'acqua, ancora troppo fredda.
Gli auricolari del lettore mp3 nelle orecchie.

“Nessuno sa chi sono realmente.
Non mi sono mai sentita così vuota prima d'ora.
E se io avessi sempre bisogno di qualcuno per non essere sola...
Chi mi conforterà e mi farà sentire forte?”
 

La canzone di Rie Fu risaliva ad almeno una quindicina di anni prima, ma si adattava completamente al suo stato d'animo. Appoggiò la mano sinistra sul ventre.
Ormai non aveva più dubbi.
Doveva solo trovare il coraggio di dirlo ad Ice, e poi a suo padre, e al resto della famiglia. Dopotutto una notizia così non se la sarebbe potuta tenere per se troppo a lungo.
 

“E ancora, il viaggio continua.
anche in un così tranquillo giorno.
ed ogni nuova fase della luna
brilla sul mio cuore benevolmente
così noi offriamo una preghiera
aspettando per un nuovo giorno da condividere.”
 

Appena la canzone fu finita, spense il lettore mp3 e si girò, incamminandosi verso casa. Zack, più di un mese prima, le aveva portate in quella cittadina. Precisamente non aveva ben capito dove si trovasse, la geografia non era il suo forte, ma sapeva che se usciva di casa e seguiva l'odore della salsedine, arrivava al mare, e dopo un po' di volte che si era messa a seguire il suo naso, aveva imparato la strada. Andava li tutti i giorni, a fare una passeggiata.
Vivevano lì lei, Ice e Zack.
Ma solo Zack conosceva la lingua. Lei ed Ice parlavano in inglese quando capitava di venir interpellate da un abitante di quella cittadina. E, sempre Zack, si occupava di andare a fare la spesa, e le accompagnava se dovevano comprare qualcosa di particolare.
 
Quando entrò nell'appartamento, uno stano odore le arrivò alle narici. Le venne subito la nausea.
-Chi diamine si è messo ai fornelli?- domandò alla casa apparentemente vuota. -Ice? Dannazione!- quasi urlò andando in cucina. C'era qualcosa nella padella, che ormai era da buttare.
-Cosa?- chiese la cugina arrivando alle sue spalle.
-Quante volte ti devo ripetere che quando cucini, devi rimanere qui ed assicurarti che non bruci niente! Il cibo non va sprecato!- le urlò contro spegnendo il fornello e buttando il tutto nella pattumiera.
-Ops.. ero andata.. ehm.. in bagno!- cerco di giustificarsi.
Takami la guardò inarcando le sopraciglia.
-Chiama la pizzeria.- disse solamente andando nel salottino e sedendosi sul divano.
Prese il libro appoggiato sul comodino e continuò.
Era un libro di poesie di un autore americano e, fortunatamente, anche se l'edizione era italiana, sul lato sinistro ogni poesia era in inglese. Se non fosse stato così non sarebbe riuscita a capire neanche una parola.
 
Quando Zack tornò, con le buste piene di bottiglie in vetro, appena riempite d'acqua alla fonte, vide la pizza sul tavolo. Guardò le due ragazze, entrambe sul divano, ma solo Ice era sveglia.
-Cos'hai bruciato?- le chiese mentre riponeva le bottiglie nella dispensa.
-Cosa ti fa pensare che io abbia bruciato qualcosa?- rispose lei a bassa voce.
-Semplicemente perchè c'è la pizza.- ghignò tornando in sala e sedendosi sulla poltrona davanti ad Ice -E Takami ci permette di mangiare la pizza, solo quando tu bruci qualcosa e lei non ha voglia di cucinare.-
-Non pensi che io mi sia messa a far finta di cucinare perchè, forse, avevo voglia di mangiare della pizza?-
-La cosa non mi stupirebbe ma.. hai pur sempre bruciato qualcosa.-
La discussione terminò li con Ice imbronciata, Zack che si tratteneva dallo scoppiare a ridere e Takami che dormiva tranquilla.
 
 
10 Maggio 2021 Italia, Cagliari, ore 09.00

-Takami non si è ancora alzata?- chiese Zack entrando in cucina.
-Oh si che si è alzata.- mormorò Ice mentre sorseggiava il caffè. Nella cucina c'era odore di croassant.
-E dovè?- il ragazzo piegò la testa guardando verso la sala, ma anche li non vi era traccia di Takami.
-In bagno. A vomitare.- mormorò lei con una smorfia.
-E' la terza mattina di seguito. Ma che è? Incinta?- i due si guardarono.
-No.- esclamarono in coro scuotendo la testa.
-Ma ci pensi? La nostra, sempre attenta amica, che commette un errore di percorso.- rise Zack, sedendosi e prendendo una brioche, addentandola.
Ma il dubbio rimase ad entrambi. E subito dopo quel pensiero, un altro, lo stesso nella mente di entrambi, lo seguii. “Ma chi diavolo potrebbe essere il padre?”
 
Quando Takami tornò dal bagno, si sedette il più lontano possibile dalle brioche.
-Allora?- le chiese Zack -Ti devo portare in ospedale?-
-No. Non ce né bisogno, so benissimo che cos'è.- sorrise, rilassata.
-E..?- stavolta fu Ice a parlare. Nessuno dei due le toglieva gli occhi di dosso.
-E cosa?- li guardò, complottavano alle sue spalle? Non capiva.
-E che cos'hai?-
-Ah! Quello.- rise, ma stavolta fu una risata nervosa ad uscirle dalle labbra -Ehm.. sono incinta.-
-COSA?- entrambi scattarono in piedi appoggiando le mani sul tavolo.
-Incinta. Gravidanza. Aspetto un bambino.- incrociò le braccia al petto -Vi sembra strano che io abbia fatto del sesso? Guardate che uso sempre precauzioni.-
-Se le avessi davvero usate, non saresti in questo... questo... stato!- esclamò la cugina avvicinandosi.
-Su ogni confezione, c'è scritto che funzionano solo al 97%. C'è sempre quella minima percentuale di fallimento.- borbottò la rossa -Sono stata sfortunata, in un certo senso.-
 
15 Maggio 2021 Inghilterra, periferia di Londra, ore 17.00

-L'avete trovata?- domandò Pyrgus entrando nel salottino al piano terra. Nella stanza, Diaz e Vicktor erano seduti a bere il thè mentre Alexander, osservava delle fotografie.
-Si.- fu quest'ultimo a parlare -Ma sembra ci siano delle novità.-
-Quali?- Pyrgus prese una tazza pulita, posata sul tavolino e si versò del thè.
-Takami. Aspetta un bambino.-
Ghignò, girandosi a vedere la reazione del fratello. Sembrava impassibile, ma lui sapeva che se avesse avuto tra le mani il padre, il quieto Alexander, sarebbe stato in grado di ucciderlo.
-Chi è il padre?- domandò avvicinando la tazza alle labbra.
-Non lo sappiamo, ma da quel che abbiamo potuto capire, Takami vuole tornare a Seattle, probabilmente per dare la lieta novella al futuro papà.- ora fu Diaz a parlare.
-E ovviamente la mia Erin, l'accompagnerà. Andate a Seattle, voglio la mia Erin. Cercate di scoprire chi è il padre del bambino. Se è un banale idiota lasciate stare Takami.-
 
15 Maggio 2021 America, Seattle, ore 11.00

Seduta sul palazzo più alto di TerminalCity, Max osservava la città.
Ormai era passate due settimane da quando era riuscita a portare la maggior parte dei suoi fratelli in quella zona della citta. Dove, dopo l'incidente biochimico, le scorie tossiche si erano sparse per tutto il settore sette.
Era l'unica zona della città sicura per loro. Nessuno andava li, a meno che non erano immuni ad ogni virus, o scoria tossica. E per sfortuna dell'uomo, solo quelli di Manticore lo erano.
La guerra ormai era aperta.
Ogni singolo agente della polizia, aveva circondato le recinzioni del settore. Li volevano morti. Ma loro, uniti, avevano issato la loro bandiera, dipinta da Joshua, il primo “mutante” che Sendman, il loro padre come lo chiamava il suo cucciolone, aveva creato. Una bandiera divisa in tre parti. Quella più bassa era nera, indicava Manticore, e il buio da dove arrivavano. In mezzo una striscia rossa, dove si trovavano ora, e in altro la striscia bianca, dove volevano andare. Al centro c'era disegnata una colomba. Erano loro quella colomba.
Era lei a guidarli, a far si che avessero scorte di cibo e armi, con l'aiuto di Alec e Logan. E sempre lei, a quanto avevano scoperto da poco, era quella perfetta. Per colpa di un difetto, a suo parere, nel suo codice genetico. Che neanche uno dei suoi cloni, come l'x5-453, o la piccola pipistrella x7-452, avevano. E la prima doveva sperare di non contrarre mai la malattia che aveva infettato la seconda. Stessa malattia che aveva contratto anche Brin.
Tra tutti i “soldati geneticamente modificati” presenti li a TerminalCity, gli unici che voleva al suo fianco, a parte Joshua e Alec, i suoi undici fratelli scappati con lei nel 2009, anche se ormai era meglio dire sette, visto che tre erano morti e uno non aveva più la memoria. Loro sette non erano li con lei. Ancora nascosti, con le vite che si erano create.
Non aveva più avuto notizie neanche di Jace, e del suo bambino. Il bambino che portava il suo nome. “Chissà se è maschio o femmina” pensò sorridendo.
 
-Ehi cucciolina.- la voce di Joshua interruppe il corso dei suoi pensieri -Alec dice che ha chiamato Logan. Ti sta aspettando a casa sua. Dice che è urgente, ma non dice altro.-
-Va bene, cucciolone.- si alzò dando una pacca sulla spalla del ragazzo-cane -Allora io evaporo. Mentre non ci sono state attenti.-
 
Appena arrivò nella casa di Sandman, dove ora si nascondeva Logan, si appoggiò con una spalla allo stipite del salotto.
-Ciao straniera.- la salutò Logan con un sorriso, dalla sua postazione davanti ai pc nuovi.
-Hai chiamato?-
-Si. Non indovinerai mai chi mi ha contattato, e chi sta tornando a Seattle.- lo vide ghignare, mentre Asha appariva alle sue spalle.
-Asha?- chiese sorridendo.
-No ma che centra?- scosse la testa -Lei è qui per delle questioni del S1W.-
-Ciao Max.- disse lei, bionda con i capelli a caschetto “Quel taglio gli sta proprio male” pensò sorridendole.
-Allora? Chi? No non dirmelo in nostro caro amico Donald è vivo?- incrociò le braccia al petto -Oppure White ha radunato qui tutta quella sua strampalata setta?-
-Takami.- Logan si appoggiò allo schienale incrociando le braccia al petto.
-Ah.- si girò e andò in cucina a prendere una lattina di soda nel frigo -E come mai?-
-Non lo so. Ma deve parlare, con molta urgenza con Alec.- la sua voce la raggiunse in cucina mentre lei apriva la soda e beveva un sorso.
-Ma quanti mesi sono passati? Tre? Quattro?- domandò tornando verso la zona dei computer.
-Tre. A quanto mi hanno detto si sono nascoste in Italia, e visto che le acque sembrano calme hanno deciso di tornare qui, momentaneamente, per poi tornare probabilmente in giappone.- gli spiegò lui aprendo una l'ultima e-mail di Hiei.
-Non ho voglia di combattere pure con la famiglia di quelle due.- sbuffò lei leggendo la mail a un metro di distanza da Logan.
-Non credo ce ne sarà bisogno.-
 
20 Maggio 2021 America, Seattle, ore 09.30

E così erano di nuovo in quella città. Zack, dopo che le aveva accompagnate in aereoporto a Milano, era tornato a casa sua. E loro dopo ore di viaggio erano di nuovo li.
Dovevano fare in fretta. Presto Takami non sarebbe più potuta salire su un aereo. Ice, ancora non riusciva a digerire la notizia che solo dieci giorni prima la cugina le aveva dato.
Da allora aveva passato ogni singolo momento al telefono con Hiei, ad organizzare il viaggio, e a trovare un appartamento, per il loro soggiorno.
Hiei le aveva anche aggiornate sugli ultimi avvenimenti di Seattle, e avevano deciso che tramite Logan, avrebbero contattato Alec perchè, ovviamente, nelle condizioni in cui si trovava Takami, non potevano avvicinarsi al settore 7.
 
Ai posti di blocco c'erano meno guardie, infatti quasi tutte erano intorno al TerminalCity, ci misero poco ad arrivare al palazzo, dove Hiei gli aveva affittato un appartamento.
Dopo aver sistemato le loro cose, Takami si andò a sdraiare sul letto, mentre Ice sistemava le provviste. La maggior parte di esse era composta da ramen in scatola “Scaldi l'acqua, versi e mangi” pensò mentre riponeva l'ultima scatola.
Si avvicinò poi alla finestra, e si tolse il maglione. Rimase con addosso solo il top rigorosamente nero. Con la mano destra andò a sfiorare il tatuaggio che aveva sulla schiena: un'ala nera da demone e una bianca da angelo, unite nel centro da un Tao.
Takami l'aveva sempre presa in giro, soprattutto per l'ala bianca “Te sei un demone, come puoi avere un'ala bianca” pensò con una smorfia a quella frase che praticamente le ripeteva almeno una volta ogni mese da che avevano 16 anni.
 
Sentii il cellulare di Tak squillare, si allontanò così dalla finestra e guardò il numero.
* Mamma * lesse nel riquadro verde.
-Pronto?-
-*Ice?*- chiese la voce dall'altro capo della linea.
-Si sono Ice.-
-*Takami?*-
-In questo momento sta dormendo. Il viaggio l'ha stancata.- si avvicinò alla porta della stanza della cugina osservandola mentre dormiva in posizione fetale.
-*Ma è andato tutto bene? Il bambino sta bene?*- maledì il giorno che quella stupida chiamò Hazuki, la madre, per dirle del bambino. Da allora quella santa donna chiamava almeno una volta al giorno.
-Si, zia. Stanno entrambi bene. Ora ti saluto. Il fuso orario mi ha stravolto pure a me.-
-*Va bene. Ciao Erin, e state attente.*-
-Ciao.- chiuse la telefonata con una smorfia. Erin. Continuavano a chiamarla così nonostante tutti sapessero quanto odiava quel nome.
Appoggiò il telefono sul tavolo e andò a sedersi sulla poltrona chiudendo gli occhi.
 
 

Fine capitolo 07

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Capitolo 8
*** capitolo 08 ***


Capitolo 08
 
21 Maggio 2021 Inghilterra, periferia di Londra, ore 10.00

-Sono arrivate?- domandò Alexander al telefono.
-*Si, circa diciotto ore fa, se i calcoli sono giusti.*-
-Bene. Appena scoprite chi è il padre, fatecelo sapere.- mormorò abbassando la cornetta e chiudendo la telefonata.
Si passò una mano tra i capelli rossi, dello stesso colore di quelli della figlia, anche se ormai a lui erano spuntati molti capelli bianchi. Era preoccupato. Non riusciva a capire cosa aveva in mente il fratello.
Sospirò.
Decise poi di alzarsi dalla sedia e uscire da quella stanza. Avrebbe continuato più tardi a scrivere il suo ultimo libro sugli effetti della genetica comparata.
Camminando lentamente, salì le scale, arrivando al terzo piano. Li c'erano solo camere da letto, e la scala che portava alla soffitta. Ma lui era diretto alla stanza della madre.
Elizabhet Black, era una vecchia signora ormai ottantenne, ma nonostante la sua età era sempre una bella donna, nonostante le rughe, e i capelli bianchi. Takami e Shoko erano, tranne per la forma degli occhi ereditata dalla madre, il suo ritratto. Quando era giovane, e ancora non si era sposata con William Black, molti uomini cadevano ai suoi piedi solo dopo averla guardata negli occhi, azzurri. Come quelli dei suoi figli, e dei suoi nipoti, con l'eccezzione delle due cugine.
Quando Alexander entrò nella stanza, trovò la madre addormentata. Si avvicinò silenziosamente al letto e si sedette sulla sedia posta alla destra, vicino al comodino. Su di esso vi era un vaso in cristallo con dentro dei fiori, che puntualmente ogni giorno venivano cambiati con quelli freschi, vicino ai fiori una cornice d'argento. L'uomo la prese.
Nella foto vi erano ritratti la madre e il padre, con i tre figli: lui, Pyrgus e la loro sorellina Mary. Tra loro, solo lui aveva ereditato i capelli rossi della madre, gli altri due li avevano neri.
Rimase li fermò ad osservare la cornice, sfiorando l'argento con il pollice le rose in rilievo.
-Cosa ci fa qui, il mio piccolo alchimista?- la madre li chiamava ancora con i soprannomi che gli aveva affibiato quando erano bambini. Ognuno diverso. Lui il piccolo alchimista, per quella sua mania di leggere libri fantasy che parlavano di alchimisti, mania che aveva abbandonato da tempo.
-Sono venuto a vedere come ti senti oggi, mamma.-
-Sto bene.- la vide sorridere, mentre riponeva la cornice sul comodino -Ma dov'è la mia nipotina? Non era venuta a vivere qui con noi?-
-Takami, ora è in America. Ma tornerà presto, vedrai.- le prese la mano tra le sue.
-Ieri, Py ha detto che diventerò di nuovo nonna.- Elizabhet girò la testa verso di lui -Hai fatto pace con Hazuki?-
-No mamma. Io e Hazuki non torneremo insieme.- quell'idiota del fratello. Non poteva starsene zitto, una buona volta.
-Oh, e allora perchè Py dice che c'è un nuovo Yabe in arrivo?- domandò ancora -Che poi, non sono mai riuscita a capire, perchè non hai dato alle bambine il nostro cognome.-
-Lo avrai sognato.- sussurrò baciandole la mano -E sinceramente, non saprei dirtelo neanche io perchè. Al tempo, Hazuki mi aveva completamente stregato.-
-Te lo ha sempre detto la mamma. Non sposarla, va a finire male.- mormorò ancora la vecchia -Ma almeno una cosa buona è uscita da quel matrimonio. Due cose buone.- le palpebre le si abbassarono. Si era addormentata di nuovo.
Alexander Black rimase li ad osservarla dormire, tenendo sempre la sua mano tra le sue. Non era il caso che la madre, venisse a sapere che Takami aspettava un bambino. Probabilmente se Shoko non lo avesse chiamato ed avvertito, a quest'ora non lo avrebbe saputo neanche lui.
 

21 Maggio 2021 America, Seattle, ore 05.00
Max, si era appena svegliata nella sua camera. Dopo molto lavoro, erano riusciti a ricavare delle stanze, in quei vecchi palazzi. Ancora non aveva parlato ad Alec, nonostante era stata avvisata da Logan, che la ragazza sarebbe tornata il giorno prima.
Ogni volta che provava a parlare con il ragazzo di questioni che andavano nel sentimentale, lui diventava serio e, dopo delle risposte sgarbate, cambiava stanza.
Si alzò dal letto, e si incamminò verso la loro “base operativa”. Alec era li, che guardava Joshua mentre dipingeva nuovamente Anni.
Chiuse gli occhi e sospirò.
-Josh, devi andare avanti.- il ragazzo aveva le braccia incrociate, era ormai un mese, che cercavano in tutti i modi di tirarlo su di morale che era a pezzi, dopo la scoperta della morte della ragazza.
-Alec.- lo chiamò lei.
-Cosa c'è Max?- lui girò soltando la testa.
-Ti devo parlare, vieni?- si girò andando verso la porta, fermandosi poi ad aspettare il ragazzo che la seguiva. Andarono sul tetto e si sedettero vicino alla bandiera. Lei portò le ginocchia al petto, circondandole con le braccia. Non sapeva come incominciare.
-Max?- quando lui la chiamò, lei inspirò profondamente.
-Forse.. avrei dovuto dirtelo qualche giorno fa.- iniziò parlando lentamente. -Quando Logan mi ha chiamato, circa cinque giorni fa. Non era solo per avvertirmi che erano arrivate le nuove armi, grazie ad Asha.-
-Ah no?- non la guardava, fissava dritto davanti a se.
-No...- fece una pausa poi riprese -Voleva avvertirmi che lei stava per tornare.-
-Quando?- non aveva avuto bisogno di dire il suo nome.
-Ieri.-
-Hai ragione Max.- lui si alzò -Avresti dovuto dirmelo prima.- e la lasciò sola sul tetto.
 
A qualche settore di distanza, anche Takami era sveglia, e fissava fuori dalla finestra della sua stanza. Indossava la maglia nera del ragazzo, era troppo grande, ma sopra c'era ancora il suo odore.
Appoggiò la fronte contro il vetro freddo, e il respiro, lasciò un alone sul vetro.
-Non dormi?- le chiese la cugina entrando nella stanza.
-Non ho più sonno. Il fuso orario è tremendo.- non si girò a guardarla.
-Tra qualche ora vado da Logan Cale, te lo ricordi?- la sentii avvicinarsi -Sei sicura di volerglielo dire?-
Non rispose. Allontanò la testa dal vetro, e passò la mano sull'alone, cancellandolo.
-Come vuoi Tak.- sentii le molle del letto cigolare.
Rimasero entrambe in silenzio, ad osservare dalla finestra, il sole che sorgeva.
 
Sei ore più tardi, Ice si trovava davanti a quella casa distrutta, dove ora abitava Logan.
“Marrone, puzzolente ed ammuffita.” pensò con una smorfia avvicinandosi alla porta “Io odio le cose marroni puzzolenti ed ammuffite.” chiuse la mano a pugno e bussò.
Aspettò, per qualche minuto, con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni, fino a che la porta non si aprì.
-Ciao. Ti aspettavo.- disse Logan spostandosi per farla entrare.
-Come mai sei finito qui? Avevi uno stupendo attico.- disse guardandosi intorno. Dentro era esattamente come fuori, tranne per la puzza.
-Lunga storia.- lo vide dirigersi verso i computer e sedersi alla sedia. -Come mai qui?-
-Ho accompagnato Tak. Ma Hiei non ti ha detto proprio niente?- lo seguii nella stanza, avvicinandosi poi al camino acceso.
-Solo che tua cugina doveva parlare con Alec.- lo sentii battere le dita sulla tastiera -Chiamo Max, e le dico di mandarlo qui?-
-No.- si girò a guardarlo mentre tirava fuori dalla tasca un foglio bianco -Noi siamo alloggiate qui. Digli di passare, il prima possibile. Non possiamo rimanere per molto, Takami tra poco non sarà più in grado di prendere l'aereo.-
-E' malata?- lui prese il foglietto guardando l'indirizzo.
-Una cosa del genere.- si avviò verso la porta -Ti saluto. Preferisco non lasciarla sola.-
Quando sentii la porta sbattere, alzò lo sguardo dal foglio. Aveva capito poco niente da quella conversazione. Premette il pulsante invio sulla tastiera e la chiamata partì.
Pochi istanti dopo, apparve sullo schermo la faccia del trangenico che in quel momento si occupava del pc.
-Ciao Logan.- lo salutò -Max arriva aspetta due secondi.-
-Ciao, ti ringrazio.- sorrise. Era uno dei pochi che non aveva problemi con loro.
-Ehi.- la ragazza apparve sullo schermo.
-Ehi.- attento a non far riprendere la mano dalla webcam accarezzò lo schermo dove i pixel trasmettevano la sua guancia. -Ho una cosa per Alec, l'indirizzo dove può trovare Takami. Deve andarci il prima possibile. A quanto pare è malata, e prima parlano, prima Ice la riporta via. Se passa troppo tempo non può metterla su un aereo, a quanto pare.-
-Malata? Quale è l'indirizzo? Lo avverto subito, anche se non so dirti se ci andrà.-
-Si che ci vado.- vide Alec apparire alle spalle di Max.
 
Due ore più tardi, Alec, si fermò davanti al palazzo dove Takami ed Ice alloggiavano. Spense la moto e si tolse gli occhiali da sole.
Alzò lo sguardo sul palazzo e sospirò, prima di scendere dalla motocicletta e dirigersi verso il portone, non fece in tempo ad aprire la porta che si trovò facci a faccia con Ice.
-Sei tu.- disse lei spostandosi per farlo entrare -Terzo piano, interno 13. Io torno tra mezzora, massimo un'ora. Se la fai agitare, ti ammazzo.-
-Sempre cordiale.- entrò nel palazzo e andando verso le scale. Iniziò a salirle, riponendo gli occhiali e le chiavi della moto dentro alla tasca del giubbotto in pelle marrone.
Non sapeva neanche cosa dirle, non si erano lasciati in un bel modo, e da che aveva parlato con Logan continuava a chiedersi quale malattia potesse mai avere.
Quando arrivò davanti alla porta, risame per qualche minuto li fermo davanti. Dall'interno sentiva solo una voce cantare, la riconobbe subito. Chiuse la mano a pugno e bussò.
“Non sta così male, se ha voglia di cantare.” pensò inarcando le sopraciglia.
-Ice! Cosa diamine hai scordato?- aveva smesso di cantare, sentiva i suoi passi avvicinarsi alla porta, e quando l'aprì se la trovò davanti.
Rimasero in silenzio entrambi a guardarsi, quel giorno indossava una salopet in jeans, decisamente troppo grande per lei, e una maglia a collo alto nera. Il ciondolo che le aveva visto la prima sera al collo era sempre li. C'era qualcosa di diverso in lei.
-Ciao.- le disse -Posso entrare?-
Lei si spostò, annuendo solamente con il capo.
-Logan ha detto che mi dovevi parlare con urgenza, e che sei malata.- entrato nell'appartamento, si girò nuovamente a guardarla, mentre chiudeva la porta -A me sembra che stai benissimo, un po' ingrassata forse.-
-Non sto così male.- la sua voce ora era poco più di un sussurro -Ice, esagera sempre.-
Rimase appoggiata alla porta, le si avvicinò di un passo.
-Allora, cos'è che dovevi dirmi di così urgente?-
-Io..- fece una pausa, la vide leccarsi il labbro inferiore -Volevo scusarmi. L'ultima volta che abbiamo parlato, ho detto delle cose che non volevo neanche dire.-
-Facciamo tutti degli errori.- le si avvicinò ancora, fino a trovarsi a solo un passo di distanza. Erano tre mesi che non la vedeva e, anche se aveva messo su qualche chilo, le pareva ancora più bella di prima. Alzò una mano, avvicinandola alla sua guancia, per poi sfiorarla in una leggera carezza.
Lei alzò gli occhi verso di lui. Erano lucidi, come se stesse per piangere.
Non seppe più resistere, si chinò e la baciò.
Sentii subito le sue braccia che le circondavano il collo, mentre ricambiava quel bacio. Fece passare l'altra mano sulla sua schiena tirandola verso di se.
Gli si gelò il sangue nelle vene appena sentii.
Si staccò di colpo allontanandosi di un passo, lo sguardo fisso sul suo addome.
-Cosa..?-
Lei, inizialmente confusa dalla reazione di Alec, sbatte le palpebre diverse volte, per poi tornarlo a guardare mentre appoggiava le mani al ventre. Anche se piccolo, c'era gia un rigonfiamento.
-Tu sei..?- non riusciva a pronunciare quella parola.
-Si.- la sua risposta arrivò come una secchiata di acqua gelata. Si girò e andò a sedersi, tenendo gli occhi chiusi.
-Di chi è?-
-Tuo.-
-E quando avevi intenzione di dirmelo?-
-Sono tornata solo per questo.-
 
 
22 Maggio 2021 America, Seattle, ore 02.00
Era tornato da poco a TerminalCity. Dopo aver parlato con Takami, era andato in un pub, dove non lo conoscevano, e si era riempito di whisky.
Solo all'ora di chiusura del locale, si era deciso a tornare.
Dopo aver parlato con la ragazza, che poi non avevano parlato molto, erano rimasti entrambi in silenzio fino al ritorno di Ice, a quel punto se ne era andato, dicendole che l'avrebbe chiamata lui, e che doveva pensare.
 
-Dove diamine sei stato?- lo aggredì Max appena mise piede in quella che era diventata la base operativa -Ma tu puzzi di alcolici! Hai bevuto?-
-Lasciami stare Max.- borbottò lui andando a sedersi sulla prima sedia libera.
-No che non ti lascio stare, cos'è successo da ridurti in quello stato?- la ragazza aveva alzato il tono della voce, e ora tutti i presenti lo fissavano.
-Per una volta, non riesci a farti i cazzi tuoi?- le rispose alzando il tono della voce.
Il silenzio cadde nella stanza.
-Tornate al lavoro, ok?- Alec si alzò dalla sedia uscendo poi dalla stanza, e andando sul soffitto. Andò a sedersi dove solitamente trovava Max, vicino alla bandiera. Sapeva che lei lo aveva seguito.
“Non riesce mai a farsi i cazzi suoi.” pensò ancora mentre lei lo affiancava.
-Te l'ho detto gia mesi fa. Se sei ne casini, dimmelo prima.- disse.
-Non sono io nei casini.- mormorò senza girarsi a guardarla -Non in prima persona almeno. Takami è incinta.-
 
 
Fine capitolo 08

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Capitolo 9
*** Capitolo 09 ***


Capitolo 09
 
24 Maggio 2021 America, Seattle, ore 10.00
Due giorni. Erano gia passati due giorni.
Era riuscita a convincere Ice a rimanere ancora per un po', le aveva detto che l'avrebbe chiamata, e voleva fidarsi. Avrebbe aspettato.
Li seduta sulla sedia, con un barattolo di gelato posato sul tavolo, guardava la televisione. Normalmente l'avrebbe spenta, ma Ice aveva insistito nel volerla guardare.
-Quanto ancora dobbiamo aspettare?- le chiese mentre lei prendeva un'altra cucchiaiata di gelato e se la infilava in bocca -Diaz è qua, lo sai vero? Dobbiamo andarcene, a meno che non vuoi tornare in Inghilterra. Ma sappi che io non ti seguirò.-
Ingoiò il gelato.
-Ice, tu vai se non ti senti sicura. Io me la saprò cavare.- rispose alzando le spalle -Ti sto solo rallentando. Se non fosse per me, a quest'ora avrebbero perso di nuovo le tue tracce.-
-Non ti lascio sola, ok? L'ultima volta che l'ho fatto sei.. insomma guardati!- la vide alzarsi dal divano e dirigersi verso la cucina. Dal mobile tirò fuori una scatola di ramen precotto.
-Ancora con questa storia?- alzò gli occhi al cielo, mentre la sentiva mettere una pentola sul fuoco, sicuramente stava facendo scaldare l'acqua per il ramen.
-Si. Ancora.- le rispose alzando la voce -E non la smetterò tanto presto. Io non ti riconosco più, queste cavolate dovrei farle io, e di certo non tu.-
-Oh andiamo, Erin.- lasciò andare il cucchiaio dentro al barattolo -Io non sono perfetta. Non lo sono mai stata.-
-Non ho mai detto questo, intendevo dire che io faccio abbastanza casini per entrambe, e tu invece avresti dovuto fare solo cose buone e positive. Fare la brava ragazza per entrambe.-
-Scemenze.- si alzò dalla sedia per riportare il gelato nel frigorifero.
-Si ormai sono scemenze, perchè hai iniziato a fare cazzate. E tutte le mie teorie per avere la coscienza a posto, sono andate a farsi fottere.-
Takami aprii la bocca per ribattere, ma lo squillo del telefono mise fine alla discussione.
Afferrò la cornetta e rispose.
-Pronto?-
-*Ti aspetto a casa mia. Puoi venire subito?*- riconobbe la voce di Alec.
-Si, arrivo.- chiuse la chiamata e tornò a guardare la cugina -Inizia a preparare le valige. Io torno il prima possibile.
-Va bene.- mormorò versando l'acqua calda dentro alla confezione, e prendendo un paio di bacchette.
 
Quando arrivò davanti alla porta dell'appartamento di Alec, suonò subito infilandosi poi le mani in tasca. Non ci volle molto prima che la porta si aprii. Lei entrò e si slacciò la giacca, la porta si richiuse dietro di lei con un tonfo.
-Prima di parlare..- iniziò lui avvicinandosi -Vorrei fare una cosa.- le prese la giacca dalle mani posandola sulla sedia.
-Cosa?- lo seguiva con lo sguardo mentre infilava le mani nei pantaloni. Quel giorno aveva indossato dei vecchi pantaloni di Ice, talmente grandi che ci sarebbero entrate almeno due persone, e sopra un maglione nero.
-Devi solo stare ferma.- lui le si avvicinò di nuovo mettendosi davanti a lei.
-Va bene.- le mani di lui le alzarono la maglia scoprendo solo la pancia. Stette fermo a guardarla per qualche minuto, per poi posarci sopra una mano.
-Guarda che è troppo presto se vuoi sentirlo muoversi.- mormorò, senza muovere un muscolo.
-Lo so.- lui allontanò la mano e lasciò ricadere la maglia -E' così difficile.-
-Cosa è difficile?- si allontanò da lui -Non ti ho chiesto niente Alec, ritenevo solo giusto dirtelo.--
-E tu pensi che con la situazione attuale io accetti silenziosamente che tu riparta e vada via?- si avvicinò ancora a lei -Non indietreggiare.-
-E cosa dovrei pensare? Che tu vuoi mettere su famiglia?- rise piegando la testa di lato -Andiamo, non dire scemenze.-
-Perchè no scusa?- incrociò le braccia al petto osservandola -Almeno ci possiamo provare. Saresti protetta, ventiquattro ore su ventiquattro. E se le cose vanno male, ognuno per la sua strada.-
-Ci devo pensare.- lei si girò andando verso la sedia dove era la sua giacca, ma lui la fermò afferrandola per un braccio.
-Aspetta.-
-Cosa?- appena si girò verso di lui si ritrovò la sua faccia a pochi millimetri di distanza, e in pochi secondi le sue labbra sulle sue.
  
 
24 Maggio 2021 America, Seattle, ore 12.00
Takami se ne era andata da più di un'ora ormai, ed Ice era rimasta ferma ad oziare sul divano. Con il telecomando continuava a cambiare canale in televisione, senza guardare niente di specifico.
Nella tasca dei pantaloni il cercapersone vibrò, fino a che lei non lo prese non lo fermò schiacciando il pulsante per poi guardare il numero di telefono.
Spense la tv e si alzò dal divano andando a prendere la cornetta del telefono.
“Chi diamine è che rompe..” pensò mentre aspettava che rispondevano.
-*Pronto?*- una voce femminile, la riconobbe subito.
-Yuki! Dannazione, ma non dovresti dormire a quest'ora? Da te dovrebbe essere mezzanotte!-
-*Oh, mi hai richiamato subito, che brava!*-
Fece una smorfia massaggiandosi una tempia con la mano libera -Che vuoi Yu-chan?-
-*E' vero che Tak è incinta? Ho appena finito di  parlare con Hiei*-
-Si.- la sentii scoppiare a ridere, e se la immaginava, seduta sul suo letto che si teneva la pancia con un braccio e che si contorceva come una pazza. -Hai finito? Guarda che te la mando li così te li sorbisci tu i suoi sbalzi di umore.-
-*Scusa! Ahah! Scusa, ora smetto. E ridicolo però! Tak! Incinta!*-
-Hai chiamato solo per questo?-
-*No.. ehm. No, ho chiamato anche per sapere come va.*-
-Malissimo. Quella dannata ha continui sbalzi di umore, ed è insopportabile, più del solito.- fece una pausa mentre si appoggiava con la schiena al muro -Poi ieri, ho visto Diaz, lui non sa che l'ho visto però.-
-*Oh! Approposito di Diaz! Hiei ha scoperto che non vogliono più Tak, ora che hanno ritrovato le tue tracce.*-
-Bhe ma non posso mica lasciare Takami da sola per scappare!-
-*E lasciarla con il padre del bambino?*-
-Chi quell'idiota? Figurati se si prende le sue responsabilità!- alzò gli occhi al cielo. Certo per lei sarebbe stato più facile se quel Alec, o come diamine si chiamava, si fosse preso le sue responsabilità e aveva anche la forza necessaria per proteggere sua cugina da eventuali problemi familiari.
-*Protrebbe non essere come sembra lo sai?*-
-Vedremo. Tra poco dovrebbe tornare Takami, e scopriremo che intenzioni ha il trangenico padre.-
-*Transgenico?*-
-Te lo spiego un'altra volta. Ora ti saluto.-
-*Ciao!*-
Chiuse la telefonata con Yuki, e si grattò la pancia alzando la maglietta. Tornò al divano rimettendosi nella posizione di prima e afferrò il telecomando per riaccendere la televisione. Prima di schiacciare il pulsantino rosso, girò la testa verso la porta, aveva sentito dei passi nel corridoio.
Riappoggiò il telecomando e si rialzò dal divano, cercando di fare il meno rumore possibile. Lo sguardo vagò nella stanza in cerca di qualunque cosa potesse usare come un'arma.
“Maledizione, quando ti serve una pistola, o anche un fucile, quello non cè mai” pensò prendendo la scopa, e nascondendosi vicino alla porta, premendo la schiena contro il muro.
Trattenne il respiro, finche non bussarono alla porta.
-Si?- domandò ad alta voce.
-Pizza.-
“Peccato che io non ho ordinato nessuna pizza.”
-Mi spiace, hai sbagliato. Devi bussare alla prossima porta è sempre lui che la ordina. Sbagliate sempre a consegnare.- cercò di usare un tono naturale mentre teneva la scopa come una mazza da baseball.
-Oh mi dispiace.-
-Di niente.- osservava la maniglia, che lentamente si girava, perchè diamine non aveva chiuso a chiave?
Le giunture della porta cigolarono, e lei si leccò le labbra pronta a colpire in faccia chiunque stesse per entrare, e appena la porta fu completamente aperta, lei mosse le braccia per colpire, come se la faccia dell'uomo/donna fosse la palla che arrivava al massimo della velocità consentita dalla fisica.
Lo colpii sul naso, quello indietreggiò fino a sbattere la schiena contro il muro e lei si avvicinò a lui premendogli le setole della scopa contro il collo e tenendolo fermo contro il muro.
-Diaz.- sorrise vedendo il fratello che ora aveva perso i sensi, si guarò poi prima a destra ed infine a sinistra, constatando che nessuno si era affacciato dalla porta.
Lasciò la scopa a terra e trascinò il ragazzo per i piedi dentro l'appartamento, dopo aver chiuso la porta, andò ad aprire la valigia e prese del nastro isolante usato nei traslochi, quello passava tranquillamente i controlli all'aereoporto, e tornando nella stanza principale, iniziò a legare le mani del rgazzo dietro la schiena, in modo che non si potesse liberare. Passò poi ai piedi. Infine lo trascinò vicino alla colonna portante, posta vicino alla cucina, da un lato di essa c'era appoggiato il tavolo, gli altri tre lati erano liberi, ed era proprio contro uno di questi tre lati che appoggiò la schiena di Diaz, per poi legarlo con lo schoch, facendo più giri intorno alla colonna.
-Ecco così sembri proprio un salame.- mormorò tornando sul divano ed accendendo la televisione in attesa del risveglio del fratello.
 
Ci mise un'ora a riprendersi. E la ragazza si inginocchiò subito al suo fianco.
-Ciao, fratellone.- sussurrò avvicinando la faccia al suo orecchio.
-Erin.- sbatte più volte le palpebre osservandola. Le intanto si era seduta sulle sue gambe -Come hai fatto..?-
-L'altro giorno ti ho visto, e sapevo che tenevi d'occhio la casa.- gli appoggiò una mano sulla guancia accarezzandola lentamente, per poi scendere verso il collo -Poi mi hanno detto che non vi interessa più Takami, e mi è bastato aspettare.- avvicinò il volto al suo sfiorandogli il naso con il proprio -Ma mi hai stupito. Venire qui da solo.-
-Avrei dovuto aspettare il ritorno di Vicktor.-
-Infatti.- lei ghignò e si alzò allontanandosi da lui e andando verso la cucina.
-Sono qui per riportarvi a casa, Ice, tutte e due.- lo sentii tossire mentre apriva un cassetto del mobile e tirava fuori un coltello da cucina -E questo è un ordine di papà. Dovete tornare a casa.-
-No.- tornò da lui rimettendosi nella posizione precedente -Sai cosa faremo invece? Aspetteremo il ritorno della nostra adorata cuginetta. Poi tu chiamerai Vicktor, e gli dirai di andare a nord, mentre noi ce ne andremo e sempre tu rimarrai qui legato come un salame. E se non ti va bene..- gli avvicinò il coltello alla gola, sfiorandolo lentamente -..ti uccido. In fondo è per questo che papà mi ha cresciuto. Uccidere.-
-Sono tuo fratello, non puoi...- balbettò lui.
Lei infilzò il coltello nella parete vicino al volto di Diaz -Anche io ero tua sorella, quando hai cercato di violentarmi. Ma questo non ti ha fermato. Perchè dovrebbe fermare me?-
-Stai bluffando. Non lo farai mai.- socchiuse gli occhi continuando a fissare quelli di Ice -Tu odi farlo.-
-Hai ragione. Io odio uccidere.- riprese il coltello per il manico e lo staccò, subito dopo si alzò ed appoggiò l'arma improvvisata sul tavolo -Lo odio perchè mi rende più simile a te e a nostro padre. E invece io non sono come voi.- mentre parlava prese lo schoch e ne staccò un altro pezzo con il quale andò a coprire la bocca del ragazzo. -Io, non sono affatto come voi.-
 
 
24 Maggio 2021 America, Seattle, ore 16.00vvv-Pronto?-
La vibrazione di un cellulare lo svegliò. Si alzò dal letto e andò a recuperare l'oggetto nella tasca dei pantaloni, abbandonati a terra.
-Pronto?-
-*Dov'è Takami? Perchè rispondi tu al suo cellulare?*-
-Chi parla?- domandò rimettendosi a letto.
-*Sua cugina. Insomma vuoi dirmi dov'è?*-
Lui girò la testa a guardare la ragazza che dormiva accanto a lui nel letto, sorrise mentre le scostava una ciocca di capelli dietro all'orecchio.
-Sta dormendo.-
-*COSA?*- allontanò il cellulare dall'orecchio -*Non voglio sapere cosa è successo. Sto venendo li. Svegliala!*-
La linea cadde. E lui fissò il cellulare per un secondo prima di appoggiarlo sul comodino. Ormai era pomeriggio inoltrato, erano passate almeno cinque ore da che Takami era entrata nel suo appartamento.
Si chinò verso di lei dandole un bacio sulla fronte.
-Svegliati.- le sussurrò nell'orecchio mentre le accarezzava la schiena con una mano -Tak, sveglia.-
-Mh.. cosa c'è?- borbottò lei mentre sentiva le sue braccia circondargli la vita.
-Tua cugina sta venendo qui.- lentamente aveva iniziato a lasciarle dei baci sulla spalla nuda.
-Cosa? Ma che ore sono?-
-Quasi le quattro.- la vide sbarrare gli occhi, e la presa delle sue braccia svani, mentre si alzava dal letto. -Che ti prende?- si mise seduto.
-E' tardi.- lei rincominciò a raccogliere i suoi vestiti sparsi a terra nella stanza -Come fai a sapere che Ice sta venendo qui?-
-Ha appena chiamato.- decise di alzarsi anche lui e vestirsi.
  
 
Fine capitolo 09


 

NDA - Dovrebbe essere corretta in caso se riuscite a farmi presenti gli errori ve ne sarei grata!!!!

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10
 
24 Maggio 2021 America, Seattle, ore 17.00
Ci mise mezzora ad arrivare all'appartamento di Alec, ma prima di entrare nel palazzo, cercò Vicktor tra le strade li intorno. Considerato che Diaz era solo, aveva sicuramente seguito Takami.
Ed infatti fu vicino ad un chiosco che lo trovo, e dopo avergli puntato la pistola di Diaz contro la schiena, cercando di non farsi vedere, ed averlo portato in una viuzza nascosta, lo tramortì legandolo con un paio di manette, sequestrate anche quelle a Diaz.
Si era portata dietro il nastro, ormai quasi consumato, e tappò la bocca anche al secondo dei suoi fratelli.
In totale erano in quattro, quelli riconosciuti almeno. Il padre aveva seminato molto in giro, e ce ne erano molti che lei stessa non conosceva. I “bastardi” dovevano essere almeno cinque. Ma lei ne aveva conosciuto solo uno, abitava in russia, con la madre, e per fortuna nessuno dei due era sotto l'influenza del signor Black.
 
Sistemato il fratello, nascose la pistola dietro la schiena, coprendola poi con il giubbotto. Entro nel palazzo, e il più velocemente possibile, arrivò alla porta dell'appartamento.
Appena bussò, venne subito il ragazzo ad aprire e la fece entrare. Lei non lo guardò neanche, avvicinandosi alla cucina, seduta sulla poltrona nera. Sulle spalle aveva una felpa di Alec, gli accarezzò la guancia -Dio mio Tak, sei congelata.-
-Eh..- la vide alzare le spalle.
-Allora cosa avete deciso?- domandò guardando ora Alec.
-Non so cosa ha deciso lei ma io..- aveva le braccia incrociate e stava appoggiato alla parete -Io non intendo lasciar perdere. In fondo quello è pur sempre mio figlio.-
-O figlia...- mormorò Takami, mentre si fissava le mani appoggiate sul grembo.
Erin tornò a guardare la cugina -Non ti permetteranno di rimanere qui, lo sai?-
-Sarà protetta, non riusciranno a portarla via.-
-Scusa ma non riesco a fidarmi delle vostre capacita.- si alzò e, dopo aver appoggiato le mani sui fianchi, si girò verso Alec -Siete forti, ben addestrati. Ma non vi conosco, e non mi fido.-
Successe tutto in un attimo, lo vide sorridere, e subito dopo si ritrovò piegata in avanti con il braccio destro tenuto dietro alla schiena, non riusciva a muoversi.
-Ti basta?- lo sentii sussurrare.
-Alec, lasciala..- Takami si era alzata dal divano, e lui la lasciò andare.
Si massaggiò la spalla dolorante con la mano sinistra -Takami, faremo quello che vuoi te.-
-Io..- la guardava, e con la mano destra si torturava una ciocca di capelli -Io non voglio metterti in pericolo. Senza di me.. riusciresti a nasconderti, io ti rallento.- la vide leccarsi il labbro inferiore -Ma è anche vero che non voglio che mio figlio cresca senza un padre. Se non peggio, che venga cresciuto e studiato dallo zio per via del suo possibile codice genetico.-
-Va bene.- annuii. La cugina non aveva tutti i torti.
Se fossero andate via insieme, prima o poi le avrebbero rintracciate e catturate, rallentate dal bambino, non che fosse un peso. E concordava con lei sul metodo di crescita.
Non sarebbe bastato che lei se ne fosse andata senza Tak, doveva fare qualcosa di più. Qualcosa che sua cugina avrebbe fatto per lei, se fosse stata al suo posto. In passato l'aveva vista sacrificarsi, per proteggerla. Quando andavano a scuola, si prendeva le punizioni al posto suo, e una volta a una riunione di famiglia, si era presa un pugno mettendosi sulla traiettoria di esso, per proteggerla.
-Alec, hai qualcosa di forte da bere?- chiese sospirando.
Cinque minuti dopo, aveva in mano un bicchiere pieno di whisky, avrebbe preferito del sake. Lo sorseggiava lentamente.
Takami si era riseduta sulla poltrona ed Alec, seduto su una sedia, beveva anche lui, ma una quantita molto inferiore rispetto alla sua.
-Diaz, è legato come un salame a casa, e Vicktor è dietro l'angolo svenuto, o forse si sta riprendendo giusto ora.- ruppe così il silenzio -Dammi un paio di ore e ti porto le tue cose. Poi io vado via, prima che Pyrgus mandi qualcun altro.-
Posò il bicchiere vuoto e si avvicinò alla cugina dandole un bacio sulla testa.
 
 
24 Maggio 2021 America, Seattle, ore 20.00
Dopo aver spento il cellulare, lo poggiò sul mobile, e andò verso la poltrona. La ragazza era li ancora avvolta dalla sua felpa. Lei alzò lo sguardo e gli sorrise.
Si chinò verso di lei e la baciò sulle labbra, sentii le sue braccia circondargli il collo e la prese in braccio, per poi sedersi sulla poltrona nera.
-Come ti senti?- le chiese mentre le accarezzava la schiena.
-Sono stanca.- Takami appoggil la testa nell'incavo del suo collo, mentre si stringeva a lui.
-Vuoi andare a dormire?- le baciò i capelli, mentre con l'altra mano le accarezzava la gamba.
-No, vorrei stare un po' così.- sentii la sua mano sfiorargli la guancia, in una lenta carezza.
Con una mano prese il telecomando ed accese la televisione, poi ritornò nella posizione di prima e rimasero fermi. Lei iniziò ad accarezzare i suoi capelli, giocando poi con una ciocca.
-Vorresti essere andata con lei?- le chiese, mentre in televisione davano un incontro di boxe.
-No. Sono solo preoccupata.- la sua voce era poco più di un sussurro -Ice è.. impulsiva, e potrebbe commettere qualche sciocchezza.- la sentii muoversi lentamente -Essendo cresciute insieme, sono stati pochi i momenti che passavamo seprate.-
-Raccontami..- le baciò la fronte.
-Da che ho memoria, siamo sempre state insieme. I miei hanno divorziato quando ero piccola e, lo zio ha mandato Ice in un orfanotrofio in Giappone.- lei iniziò il racconto, e lui rimase li ad ascoltarla in silenzio -Tutti dicevano che io e la mia gemella, eravamo molto unite, ma ero e sono più unita ad Ice. La mattina ci trovavamo lungo la strada per andare a scuola, e il pomeriggio dopo i club scolastici, andavo all'orfanotrofio e la osservavo allenarsi.- fece una pausa inumidendosi le labbra -Quando compimmo quattordici anni, la madre della nostra amica, Yuki, ci arruolò per aiutarla col suo negozio di animali. Poi vennero i ragazzi. Io e Seka stavamo sempre insieme a lei e Zack. Poi finito il liceo, io sono andata all'università, ed Ice è scappata per via dello zio. Poi ho litigato con mia sorella, sono andata via di casa, e dopo un lungo viaggio sono arrivata a Seattle, il resto lo sai.-
-Sei sicura di non essere pentita?-
Lei non rispose, si scostò da lui, e si mise seduta sulle sue gambe, gli appoggiò le mani ai lati del volto e lo baciò. -Si.. sono sicura-
Lui riafferrò il telecomando e spense la televisione, poi le circondò la vita con le braccia, e si alzò tenendola in braccio, incamminandosi verso la camera. Quando arrivarono al letto, la fece sdraiare e si sdraiò sopra, rincominciando a baciarla.
 
 
24 Maggio 2021 America, Seattle, ore 21.00
-Diaz..- mormorò Ice inginocchiandosi accanto al fratello -Prendo in prestito il tuo cellulare.- si mise a frugare nelle tasche del cappotto fino a che non trovò quello che cercava.
Aprii la rubbrica e iniziò a far scorrere i numeri, fino ad arrivare alla lettera “P” -Non hai salvato il suo numero ne sotto papà, ne sotto Pyrgus. Per la prima volta nella tua vita, non sei prevedibile.- mormorò girandosi a guardare il fratello -Proviamo sotto “casa” allora. Altrimenti chiamiamo lo zio Alexander.-
Quando diede il via alla chiamata, ci vollero soltanto tre squilli prima che rispondesse qualcuno dall'altro lato del telefono.
-*Pronto?*- la fortuna volle che proprio Pyrgus, fra tanti, rispondesse al telefono.
-Indovina chi ha preso a calci tuo figlio, e sta per ridurlo ad un insaccato pronto per la vendita-
-*Oh, mia dolce Erin. A cosa devo l'onore?*- la riconobbe subito.
-Voglio proporti un accordo.-
-*Le tue proposte sono sempre interessanti.*- gli parve di sentirlo ghignare -*Sentiamo.*-
-Diaz e Vicktor, interi, con qualche livido, ma integri.- iniziò lei girandosi a guardare il fratello -E me.-
-*Te?*-
-Si, torno a casa.-
-*E che cosa vuoi in cambio?*-
-Che ti dimentichi per sempre di Takami, del bambino e del padre. Si lo so che sai tutto.- fece una pausa - Altrimenti credo che perderai sicuramente due figli.-
-*Potrei anche permettermi di perdere due figli*- mormorò lui -*Sopratutto due idioti, che si fanno mettere nel sacco da una giovane ragazza.*-
-Va bene, allora li ammazzo....a meno che tu non abbia qualche altra idea.- lei si mosse per la stanza inginocchiandosi vicino a Diaz -E dire che pensavo che non vedessi l'ora di potermi riabbracciare.-
-*Un semplice campione di sangue del bambino.*- lo sentii fare una pausa -*E sarai tu a procurarmelo. Dopo, Takami e quel transgenico saranno liberi di vivere la loro vita, crescere il bambino e fare altri figli. Se poi Alexander, vorrà la testa di quel transgenico, posso assicurarti che io non avrò niente a che fare con loro e quello che succederà.*-
-Il mio di sangue dovrebbe bastarti. Facciamo così: se non accetti... perderai tre figli e non due.- si allontanò di nuovo da Diaz, iniziando a passeggiare per la stanza -Pensavo che mi amassi Pyrgus. Da quando in qua il sangue di un moccioso non ancora nato vale più di me?-
-*Ci sono cose che vanno oltre.*- sentii dei rumori, probabilmente aveva rotto qualcosa -*Ma posso accettare la tua offerta, per ora.*-
-Mi ucciderò se mai proverai a farle del male, lo sai vero?- domandò lei seria -Come vuoi che arrivi li?- domandò infine fermandosi e tornando a guardare Diaz.
 
 
25 Maggio 2021 America, Seattle, ore 12.00
Aveva appena finito di preparare da mangiare, quando qualcuno bussò alla porta.
-Alec? Vai tu?- chiese Takami mentre metteva il cibo in un piatto.
Il ragazzo si alzò dalla poltrona e si avvicinò alla porta, quando l'aprii si trovò davanti Ice, e dietro di lei due ragazzi che non aveva mai visto.
-Chi..?- domandò la rossa avvicinandosi alla porta -Oh.- esclamò soltando incrociando le braccia.
Alec guardò prima Ice e poi Takami, rimanendo in silenzio. Infine guardò i due ragazzi, entrambi avevano i capelli neri e gli occhi azzurri.
-Ice, tu puoi entrare, voi due no.- disse la ragazza tornando in cucina a prendere il piatto e una forchetta.
-Cuginetta, la gravidanza ti rende più simpatica del solito, lo sai?- eslamò il ragazzo più alto.
-Crepa, Diaz.- rispose lei anando a sedersi vicino al bancone che fungeva da tavolo.
-Aspettate qui, due minuti e andiamo.- la bruna entrò nell'appartamento chiudendosi la porta dietro le spalle.
Alec sospirò e tornò a sedersi sulla poltrona, lasciando le due ragazze parlare tra loro.
-Che significa?- Takami si infilò nella bocca una forchettata di cibo.
-Vado a casa. Per un po'-
-Mh..- ingoiò il boccone e tornò a guardare la cugina -Tu? A casa? Per quale assurdo motivo?-
-Ho le mie ragioni. Fai una cosa, per un po' non cercarmi.- Ice le si avvicinò appoggiandole una mano sulla testa -Fammi sapere quando nasce il bambino, il sesso, se è in salute, e tutto il resto. Poi se si fa vivo mio padre, o manda qualcuno da te. Chiama Hiei, e lui mi contatterà.-
Takami si leccò le labbra -Che patto hai stretto con Pyrgus?-
-Nessun patto. Tu fai solo come ti ho detto.- Ice si incamminò verso la porta e prima di aprirla si girò verso il ragazzo -Trattamela bene eh.-
-Certo.- rispose lui alzando solo una mano.
-Erin.- la rossa si era alzata e l'aveva raggiunta -Ti prego. Stai attenta.-
 
 
Fine capitolo 10

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11
 
20 Dicembre 2021 America, Seattle, ore 21.00
Erano passati sette mesi, da quando Ice l'aveva lasciata li con Alec, ed era tornata a casa.
Non aveva ricevuto notizie ne visto nessun parente.
L'unica che continuava a sentire era Yuki, che da li a pochi giorni sarebbe arrivata a Seattle, assieme a Ryo.
Ormai aveva avuto il bambino, un bel maschietto, forte e robusto. Avevano deciso di chiamarlo Ben, in memoria del clone genetico di Alec.
-Speriamo che non abbia le sue stesse tendenze omicide.- aveva scherzato Max quando aveva scoperto il nome che avrebbero dato al bambino. Ma era rimasta soddisfatta, visto che Ben per lei era come un fratello.
Per ora vivevano tranquilli nell'appartamento, ogni tanto litigavano, ma riuscivano a riappacificarsi ogni volta. Il bambino la teneva impegnata praticamente tutto il giorno, ma almeno di notte dormiva, così che lei ed Alec riuscivano a riposare ed a passare un po' di tempo insieme.
Lui di giorno si divideva, in parte lavorava ed in parte aiutava Max e gli altri transgenici a terminalcity.
 
Era appena tornato a casa, e la trovò seduta sulla poltrona, che cullava il bambino. Quando era nato, la prima cosa che avevano controllato era il collo. Lui era libero, non aveva il codice a barre.
-Ciao.- la salutò mentre chiudeva la porta.
Lei girò la testa e gli sorrise, si alzò dalla poltrona e andò a mettere il bambino nella sua culla.
-Com'è andata oggi?- gli chiese lei mentre rimboccava le coperte al bambino e gli si avvicinava.
-Come al solito. Norman ha urlato tutto il giorno con tutti. E mi ha chiesto del piccolo Ben, ha detto che domani mi porta una torta fatta in casa per noi, e oggi mi ha dato questo.- dalla tasca tirò fuori una tutina da bambino, argentata, con una fascia nera in vita e in rosa una scritta.
-Monti Cora?- gli chiese lei alzando lo sguardo su Alec -Non metterò quella cosa a Ben. E' pacchiana.-
-Si lo so.- lui sorrise ed appoggiò la tutina al tavolo, poi le si avvicinò e le poggiò le mani sulla vita -Sai cosa devi fare?- lo vide chinarsi, sentii poi le sue labbra sul collo -Glie lo metti solo per un giorno, vieni a trovarmi al lavoro e...- le sue mani gli accarezzavano la schiena -Gli fai vedere che ha indosso la tutina, poi non glie la metti più con la scusa che gli va piccola.-
Lei gli circondò il collo con le braccia stringendosi a lui -Potrei farlo ma, tu cosa mi dai in cambio?-
Lui la sollevò e si incamminò verso la stanza -Ma se ti convinco tu lo farai.-
-Ci sto.- si baciarono mentre si sdraiarono sul letto.
 
 
21 Dicembre 2021 America, Seattle, ore 10.00
Spingeva la carrozzina, camminando lungo la strada. Erano usciti da un'oretta, lei e Ben, e ormai la JemPony era vicina. Guardò il bambino, e fece una smorfia appena intravise la tutina argentata che aveva fatto indossare al bambino.
-Cosa ci tocca fare per far contento papà, vero Ben?- gli mormorò mentre entravano nell'edificio.
Si avvicinarono al bancone dei pacchi e ci si appoggiò con il gomito.
-Sono indecisa se ucciderti, o ringraziarti.- mormorò guardando la schiena di Norman.
-Oh, ciao!- lui uscii da dietro al bancone e si avvicinò alla carrozzino -Ecco il mio campione! Diventerà un grande lottatore come il padre!-
-Piuttosto preferisco che lavi i cessi per tutta la vita.- mormorò Tak mentre osservava l'uomo che dava attenzioni al bambino.
-La tutina gli sta d'incanto, ci ho messo una notte intera per cucirla.-
-Oh, che bravo, peccato che presto non gli starà più.- si appoggiò al muro incrociando le braccia.
-E glie ne cucirò un'altra allora.- lei alzò gli occhi al soffitto.
 
Due ore più tardi erano di nuovo a casa, e lei prese in braccio il bambino, lasciando la carrozzina contro il muro.
-Che ha il mio bambino?- sussurrò sfiorandogli la fronte con le labbra -Sei troppo silenzioso, che succede amore mio. Accidenti..- lo allontanò quel tanto che bastava per guardarlo in volto, era leggermente arrossato -Scotti.-
Portò il bambino nella culla e prese il telefono.
-Ora ci pensa la mamma.- compose il numero di Logan ed avviò la chiamata.
-*Pronto?*-
-Logan, sono Takami.- iniziava ad agitarsi e parlava molto velocemente -Conosci un dottere? Che può venire a casa?-
-*Che succede?*-
-Ben, ha la febbre. Non voglio portarlo fuori ancora, temo si possa prendere una polmonite.- 
-*Te ne mando subito uno, fidato.*-
-Grazie. Puoi chiamare i ragazzi a terminalcity?-
-*Avverto Alec.*-
-Grazie, ciao.-
 
-E' solo un po' di febbre, si riprenderà presto.- disse il dottore, mentre lei camminava avanti e indietro nella stanza -Presto starà meglio, dagli le medicine che ti ho lasciato, due gocce nel latte, solo due gocce. In tre giorni dovrebbe stare meglio.-
-Grazie davvero.- si avvicinò alla borsa e prese il portafoglio -Quanto le devo?-
-Niente, si figuri.- lui sorrise scuotendo la testa -E' un favore che faccio a Logan.-
-No, senta.- aprii il portafoglio e guardò dentro -Ho solo 50 dollari, se la sua parcella è più alta, glie li porto domani.-
-Non voglio che mi paghiate. Se ci mettiamo a rubare soldi anche noi medici.- disse lui avviandosi verso la porta.
-Allora prenda questi soldi, la prego.- gli porse la banconota -Per favore.-
-Va bene.- prese la banconota e se la mise in tasca -Ora torno in ospedale. Se in tre giorni non migliora, mi chiami.-
-La ringrazio.- lo accompagnò alla porta e poi la chiuse, appoggiandosi con la schiena.
 
Due ore dopo, Alec aprii la porta dell'appartamento e, correndo, si avvicina alla culla di Ben.
-Sei arrivato..- mormorò la ragazza entrando nella stanza.
-Cos'è successo?- le chiese lui mentre osservava il bambino.
-Aveva un po' di febbre, Logan ha mandato un medico.- lei si avvicinò e gli poggiò una mano sul braccio.
-Niente di grave?- le circondò le spalle con un braccio.
-No in tre giorni dovrebbe stare meglio.-
-Grazie a Dio.-
-Na, chiami pure Taky.- lui rise e scosse la testa.
-Fai tanto la grande donna ora, ma scommetto che prima sei andata in panico.- lei lo baciò, circondandogli il collo con le braccia -Stai cercando di corrompermi?- lei lo baciò ancora -Non ci riuscirai.- le mani della ragazza scesero lungo le braccia fino alle mani -Che intenzioni hai?- lei iniziò a tirarlo verso la camera -Oh, ora capisco.- lui lanciò un'occhiata al bambino.
-Ha preso la medicina, e ora sta dormendo.-
-Ora capisco perchè sei quella giusta.-
Lei si fermò lasciandogli le mani. -Cosa?-
-Niente lascia stare.- alzò la mano destra accarezzandole i capelli spostando così una ciocca dietro l'orecchio.
-Alec!- si scostò da lui appoggiando le mani sui fianchi.
Si appoggiò le mani sulla faccia coprendosela. Non sapeva neanche lui perchè lo aveva detto, lei era ancora li che lo guardava, sentiva il suo sguardo su di se.
-Scusami.- si girò e si incamminò verso la porta uscendo da casa.
 
Un'ora dopo era arrivato al cimitero dove era sepolta Rachel. Si inginocchiò vicino alla lapide e sfiorò il nome della ragazza.
-Che cosa ci fai qui?- una voce maschile lo portò a girarsi. Vide quell'uomo che avrebbe dovuto uccidere quando ancora era a Manticore, e alla fine non ci era riuscito e la figlia era andata in coma, la figlia che lui stesso aveva amato. Due anni prima era pronto a morire, per mano di quell'uomo, si sentiva colpevole per cio che era successo a Rachel.
-Non lo so neanche io.- mormorò tornando a guardare la lapide -Probabilmente sono qui per chiedere scusa a Rachel, di nuovo.-
-Un essere spregevole come te che ha i sensi di colpa.- l'uomo lo affiancò guardando anche lui la lapide -Ti avevo detto che se ti fossi fatto rivedere ti avrei ucciso.-
-Ho un figlio.- disse, neanche lui sapeva perchè aveva detto proprio quella frase.
-Dovrei ucciderlo, come tu hai ucciso mia figlia. Così magari proveresti lo stesso dolore che sto provando tutt'ora io.- lo sentii sospirare -Ma non lo farò, perchè amo troppo mia figlia.-
-Anche io l'amavo.- parlava a bassa voce -Le avevo confessato tutto, prima dell'incidente, volevo farvi scappare, in modo che loro non se ne accorgessero. Ma.. le cose mi sono sfuggite di mano.-
-Non mi interessa saperlo.- sentii i suo passi allontanarsi.
Alec si alzò e si girò verso l'uomo -Aspetti.-
-Cosa vuoi ancora Simon, mi hai gia portato via tutto.- lo vide fermarsi.
-Vorrei sapere, se secondo lei, Rachel da dove è ora, mi permetterebbe di essere felice, con la madre di mio figlio.-
-Stai facendo la domanda alla persona sbagliata.- l'uomo si girò e con il volto in lacrime -Io vorrei solo vederti morto. Te lo ripeto. Vattene e non tornare mai più.-
Si girò a guardare un'ultima volta la tomba di Rachel e poi tornò alla sua moto.
Salì in sella e si infilò il casco.
Gli ci volle poco per farla partire, e imboccò la strata per uscire dalla città. Guidò praticamente tutta la notte e poi, alle prime luci dell'alba arrivò nel Wyoming, vicino ai cancelli delle rovine di Manticore.
Il cellulare, nella sua tasca, vibrava ogni mezzora, ma lui lo ignorava, e non rispose neanche una volta. Rimase li seduto a guardare le rovine, ed a pensare.
 
 
23 Dicembre 2021 America, Seattle, ore 20.00
Due giorni. Erano passati due giorni.
Ed Alec non era ancora tornato.
Takami camminava avanti e indietro per la stanza. Sua madre, Hazuki, era seduta sulla poltrona e teneva il piccolo Ben in braccio, mentre Yuki la osservava dalla sedia vicino al bancone.
-Tak.. mi rendo conto solo ora che è la prima volta che lo dico a te.- disse la ragazza incrociando le braccia -Solitamente lo devo dire ad Ice. Ma ti devi dare una calmata.-
-Non ci riesco a calmarmi Yu. Due giorni, sono passati due giorni. E lo sapeva che stamattina sareste arrivate.- si fermò per un attimo mentre passava la mano sinistra nervosamente tra i capelli -Lo sapeva, e lui cosa fa, esce senza dire niente e sparisce per due giorni.-
-Forse...- iniziò la madre alzando per un attimo gli occhi dal nipotino -Dovresti tornare in Giappone con noi.-
-Mamma! Ti prego.-
Riprese a misurare la stanza, camminava avanti e indietro. Nessuna delle due donne nella stanza con lei parlavano. Cadde il silenzio, il tempo veniva scandito dai passi della ragazza, e ogni tanto il piccolo Ben, emetteva un suono dalle braccia della nonna.
Cinque minuti passarono così, e il nervoso di Takami aumentava secondo dopo secondo.
Quando sentirono la chiave entrare nella toppa della serratura, tutte e tre le donne scattarono girandosi verso di essa, e pochi secondi dopo entrò il ragazzo.
-Dove cazzo sei stato!- esclamò Takami avvicinandosi e parlando a bassa voce.
-Ti devo parlare.- sussurrò lui guardando prima le due donne, per poi concentrare la sua attenzione sulla rossa -Ben sta bene?-
-Ben sta benissimo. Ora voglio sapere di te.-
-Dovevo riflettere.-
-Su che cosa Alec?- per un attimo Takami alzò il tono di voce, per poi riabbassarlo subito -Non potevi farlo qui? O a Terminalcity?-
-No, avevo bisogno di stare da solo.-
-Alec. Non è così che ci si comporta quando si dice che si vuole avere una famiglia.- gli puntò le mani sul petto e lo spinse -Mi hai fatto preoccupare, dannazione a te. Potevi essere morto per quanto ne sapevo. E poi torni qui, tutto fresco e tranquillo, senza neanche dirmi dove sei stato.-
-Nel Wyoming.-
-E cosa ci sei andato a fare?- nessuno dei due si accorse che Hazuki e Yuki  si erano alzate e avevano cambiato stanza, portando con se il piccolo Ben.
-Te lo ho detto, dovevo pensare.-
-A che cosa?-
-A Rachel.-
-Oh perfetto. Un'altra donna. Mia madre ha ragione, me ne devo tornare in giappone.-
-No, Tak, aspetta. Rachel è morta.- lui la interruppe subito prendendola per le spalle -Lei è morta più di due anni fa, per colpa mia.- Lei rimase in silenzio guardandolo, senza capire di cosa parlava -Io l'amavo, è stata il mio primo amore, ed è morta, si può dire per mano mia. L'anno scorso, quando ho cercato di allontanarti è stato perchè non volevo che tu.. facessi la stessa fine.-
-Allora è lei... non mi avevi mai detto il suo nome.- la ragazza si allontanò da lui di un passo -La.. la ami ancora?- la sua voce tremava.
-Una parte di me.. non smetterà mai di amarla.-
-Capisco.- Takami si girò, per non fargli vedere le lacrime che le solcavano le guance e si allonanò da lui lentamente.
-Tak, aspetta.- Alec la fermò per un braccio.
-Cosa?- domandò lei senza voltarsi.
-Mi dispiace..- ora la sua voce era poco più di un sussurro.
-Ormai è troppo tardi.- lei strattonò il braccio, liberandosi dalla presa del ragazzo.
-Takami...- la chiamò nuovamente.
-Cosa c'è?-
-Mi vuoi sposare?- a quelle parole, la ragazza spalancò gli occhi e si voltò a guardarlo -Io.. ho amato Rachel, ma lei ormai fa parte del mio passato. Ora, nel mio presente, ci siete tu e Ben.- le si avvicinò sfiorandole la guancia con una mano -E non voglio che un fantasma del passato, mi rovini le cose più belle che mi sono capitate nella vita.-
-Alec..- lui per posò un dito sulle labbra.
-Fammi finire.- si mise una mano in tasca e tirò fuori un piccolo pezzo di roccia -Sapevo gia di volere questo, ma il mio passato.. Joshua lo definisce oscuro, come il passato di tutti quelli come noi. Veniamo dall'ombra, dal segreto. E ognuno di noi, sta cercando di raggiungere la luce, ed io..- le prese una mano e le posò la roccia sul palmo -Voglio che siate tu e Ben ad aiutarmi a raggiungerla. Questo.. è un pezzo di ciò che resta di Manticore. Sono andato nel Wyoming per prenderlo oltre che a riflettere. E voglio che tu lo tenga.- si chinò versò di lei appoggiano la fronte contro la sua -Non posso darti un anello di diamanti, diamine, lavoro come fattorino alla JemPony.-
-Non voglio un anello di diamanti.- le lacrime avevano rincominciato a scenderle lungo le guance -Voglio solo te.-
Mentre Alec, si chinava di più per sfiorarle le labbra con un bacio, sentirono una voce dall'altra parte della porta che dava alla camera.
-Era ora!-
 
 
Fine capitolo 11

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