Occhi di ghiaccio di Addy6702 (/viewuser.php?uid=867637)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non mia ***
Capitolo 2: *** Era bella ***
Capitolo 3: *** Un viaggio non gradito ***
Capitolo 4: *** Era felice ***
Capitolo 5: *** Non sarei dovuto venire ***
Capitolo 6: *** Solo in colpa ***
Capitolo 7: *** Il lato freddo ***
Capitolo 8: *** Ricordi ***
Capitolo 9: *** In ritardo con una buona scusa ***
Capitolo 10: *** Nessun lieto fine... di nuovo ***
Capitolo 11: *** La ladra ***
Capitolo 12: *** Un eroe ***
Capitolo 13: *** La scelta ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Non mia ***
Jack la guardava in adorazione. Rapunzel, la sua Rapunzel, stava attraversando la grande sala delle cerimonie per stare insieme all'uomo che amava.
C'era solo un problema:quell'uomo non era Jack. Infatti lui era seduto sul bordo di una delle finestre più grandi a piangere silenziosamente perchè lei non lo sentisse. Mentre il prete parlava Jack ripensò che avrebbe potuto essere lui l'uomo che aspettava quella visione angelica all'altare; ripensò a quell'estate nella quale Rapunzel gli si era avvicinata tanto che le loro labbra si erano sfiorate. Avrebbe tanto voluto baciarla e dichiararle il suo amore, ma scelse la strada sbagliata. In quell'istante ricordò di aver pensato quanto dolore gli avrebbe fatto vederla invecchiare e morire consumata dal tempo che non lo toccava. Così come uno sciocco si era spostato e con le lacrime agli occhi era volato via. La fatidica domanda che avrebbe voluto non arrivasse mai lo riscosse dai suoi pensieri. La coppia di giovani rispose "Si" e il cuore di Jack finì per rompersi del tutto. Si voltò e volò via per non vedere il bacio appassionato col quale l'amore della sua vita si legava a un altro. Atterrò sulle sponde del lago dove aveva conosciuto lei, chiamato "Il lago Morto". Si accasciò lì e pianse tutte le lacrime che aveva in corpo. Pianse finchè non arrivò sera e si calmò. L'oscurità era calata e i fuochi d'artificio del castello gli suggerirono che il ricevimento per le nozze era iniziato.
Non provò nemmeno a resistere alla tentazione di andare a spiare Rapunzel. Da quando l'aveva rifiutata non si era più fatto vedere, ma giorno per giorno la guardava vivere la sua vita ridendo senza mai nominarlo o soffermarsi a pensare a lui. Così andò al castello di Corona, stando ben attento a non farsi vedere da lei non curante degli altri per i quali comunque era invisibile. Eh sì, Jack Frost era lo spirito dell'inverno e controllava vento e ghiaccio con solo il suo bastone magico, ma tutto ciò aveva un prezzo: se qualcuno non credeva in lui era invisibile ai suoi occhi. Infatti quando aveva fatto la conoscenza di Rapunzel, si era stupito non poco quando lei lo vide nonostante i suoi 15 anni e la completa ignoranza sulla sua identità . La ragazza era lì che rideva e scherzava con il suo consorte. Tutta quella felicità fece venire le lacrime agli occhi a Jack (non per commozione ovviamente, ma solo per nostalgia) così si affrettò a uscire sul balconcino.
Lì sperava di stare solo, ma una voce femminile gli fece alzare la testa.
"Non credo sia opportuno parlarne ora e qui." Aveva una voce seria e tagliente. Non era male: aveva i capelli biondi racchiusi in una treccia che ricadeva su una spalla e un vestisto nero e verde stretto e regale con un grande mantello viola dietro. Era rivolta con lo sguardo verso i giardini e sembrava infastidita della presenza dell'uomo accanto a lei che però continuava a irritarla con un discorso che Jack capì subito.
"Ma allora quando? Insomma vostra maestà, ma perché continuate a rimandare la risposta alla mia proposta di matrimonio?"
"Forse perché solo un anno fa avete cercato di uccidere me e mia sorella!"
L'uomo era evidentemente in imbarazzo e si limitò a sussurrare:" Ho chiesto scusa." Jack si stava cominciando a irritare; perché quel damerino non la lasciava in pace? Si spazientì a tal punto che con un colpo di bastone fece apparire del ghiaccio ai piedi dell'uomo che cadde in modo molto buffo. La donna a quella scena rise di gusto.
"Mia regina non dovreste usare i vostri poteri per questi scopi!"
La rimproverò il caduto.
"Ma io non ho fatto nulla!!" Protestò ella guardandosi intorno.
Quando finalmente incontrò gli occhi azzurri di Jack sussultò e disse:" Io vado. Ne riparleremo ad Arendelle".L'uomo provò a ribattere ma la bionda se ne andò velocemente, attraversò la sala da ballo e arrivò in giardino.
Cominciò a camminare lentamente guardandosi in giro.
"Cerchi qualcosa?" le disse una voce alle spalle. Lei si voltò di scatto e vide quello che cercava: un ragazzo pallidissimo con capelli bianchi e gli occhi azzurri che prima avevano incontrato i suoi.
"In verità cercavo la persona che mi ha salvata da una conversazione poco piacevole. Se possibile vorrei anche sapere il nome" rispose in fine ricomponendosi e sorridendo.
Anche Jack ,con suo grande stupore, sorrise e rispose:"Credo si chiami Jack... Jack Frost"
"Bene, allora Jack Frost volevo chiedere: come hai fatto ad evocare quel ghiaccio?"
Jack sorrise seppur non aspettandosi quella domanda e rispose:" Vuoi dire che proprio non ci arrivi? Non hai mai letto la mia storia? Io sono lo spirito dell'inverno, guardiano del divertimento. Insomma tua madre non ti raccontava le favole da piccola?"
Probabilmente aveva detto qualcosa di sbagliato perché la regina abbassò lo sguardo rattristata.
"E tu hai un nome?" cambiò discorso lo spirito.
"Io sono Elsa, la regina di Arendelle. Il regno vicino a questo. Rapunzel è mia cugina e sono venuta qua per il suo matrimonio con Flynn."
Stavolta toccò a Elsa notare la reazione triste dell'altro che cambiò ancora una volta discorso.
"Perché quell'uomo credeva che il ghiaccio l'avessi creato tu?"
Elsa alzò la testa improvvisamente come se Jack avesse detto una cosa impensabile.
"Ma... Vuoi dire che tu non sai? Vuoi dire che tu non eri a conoscenza del fatto che io fin dalla nascita avevo i poteri del ghiaccio?"
Jack rimase spiazzato. Quella ragazza, era come lui, aveva i suoi stessi poteri.
Avrebbe voluto dirle molte cose ma riuscì a dire solo:"Racconta".
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Capitolo 2 *** Era bella ***
Continuarono
a parlare tutta la sera camminando per il giardino, e si raccontarono
tutti i loro drammi: Elsa aveva dovuto reprimere i poteri fin da
piccola (anche se non aveva detto perché) e aveva quasi
congelato tutto il regno l'anno prima e Jack gli raccontò di
come fosse diventato immortale e invisibile a chi non credeva in lui
(quindi era stranissimo che lei potesse vederlo dato che gli adulti non
lo vedevano quasi mai). Finirono di parlare e per qualche secondo si
guardarono negli occhi.
A
Jack in quel momento tornò in mente il momento in cui
Rapunzel gli si era avvicinata per baciarlo e una grande tristezza lo
pervase.
Elsa
si accorse dei suoi occhi lucidi, seppur non capendone il motivo, e
disse:"Io credo... Mia sorella Anna mi starà cercando per
andare a casa. Sai è incinta del secondo figlio e si stanca
facilmente. Dovrei andare."
Quella
notizia arrivò a Jack come uno schiaffo; aveva appena
trovato una persona oltre Rapunzel che riusciva a vederlo e doveva
abbandonarla?
No,
non voleva soffrire ancora di più quel giorno.
Stava
per ribattere ma fu preceduto dalla bionda che disse:"Ovest.
È il punto dove il regno di Corona confina con Arendelle. Se
un giorno ti andrà di venirmi a trovare, va a Ovest ok?"
Jack
annuì felice e si girò per volare via quando la
voce della ragazza fece voltare nuovamente il ragazzo: "Avresti potuto
essere tu lo sposo."
Jack
si voltò spaesato: come faceva lei a sapere che cosa provava
lui per Rapunzel?
Ma
quando Jack si voltò lei era sparita. Inghiottita
dall'oscurità della notte.
Doveva
sapere!
Si
recò all'entrata del castello e poco dopo Elsa
uscì dal portone parlando con Rapunzel. Lui istintivamente
si nascose dietro a una colonna. E non riuscì a sentire
ciò che dicevano ma tutte e due avevano un aria molto serena.
Aspettò
che Rapunzel se ne andasse per parlarle, ma non riuscì
comunque nell'impresa perché sopraggiunsero altre due
persone: una ragazza con i capelli rossi incinta (probabilmente la
sorella di cui Elsa parlava prima) e un uomo biondo che Jack
ipotizzò fosse il marito.
Lo
spirito decise che non era il caso di disturbare in quel momento e si
disse che l'indomani sarebbe andato ad Arendelle. Guardò la
carrozza allontanarsi e tornò sulle sponde del
lago dove poche ore prima aveva sfogato il suo dolore.
Si
distese su un ramo, ripensò a quanto fosse stata bella
Rapunzel nel suo abito bianco e come quasi tutte le notti si
addormentò piangendo.
L'indomani
Jack si svegliò con il vento che gli accarezzava il volto e
poca luce che sembrava urlargli:"FORZA IN PIEDI!! Hai già
dimenticato Elsa e le sue parole? Avanti vai vai!!"
A
quel pensiero Jack scattò in piedi e afferrato il suo
bastone magico volò verso Ovest come gli era stato detto e
dopo un'ora arrivò a un fiordo.
Si
guardò intorno e infine trovò il castello di
Arendelle.
Sembrava
quello di Corona, ma aveva un po' più torrette ed era
azzurro-verde.
Decise
di non entrare dall'entrata principale e volò su una
finestra aperta.
Entrò
e si guardò in torno: la stanza era dipinta con colori caldi
e c'erano giocattoli sparsi dappertutto; non c'era dubbio, era la
stanza di un bambino.
"Tu
chi sei?" Disse una vocina dietro di lui. Lo spirito si
voltò e vide una bambina con due codini rossi in testa, una
vestaglina rossa e due pantofoline fatte a coniglio che lo guardava
sospettosa.
"Ciao,
io sono Jack Frost."
"Io
sono Emma. Come sei entrato? La finestra è molto in alto!"
Continuò la bimba sempre più sospettosa.
"Sono
arrivato in volo"
"Non
è possibile! Tu non hai le ali!" Quella bambina cominciava
davvero a innervosirlo con il suo fare da maestrina
"È
vero ma io sono lo spirito dell'inverno e il vento mi ci ha trasportato"
"Non
è vero! La mamma dice che nessuno può vedere lo
spirito dell'inverno! Lui è invisibile!!"
Cosa?
Quella mocciosetta credeva di saperne di più di lui su
l'argomento? Ma andiamo! Lui portava il freddo e il gelo dappertutto,
lo saprà si o no se è lo spirito dell'inverno!
"Ascoltami
bene microbo! Io non sono venuto qui per te, sono venuto per la regina
e non ho davvero tempo da perdere in chiacchiere! TUTTO CHIARO?!?!?"
E
ti pareva se ora quella sottospecie di pel di carota non si metteva a
piangere a dirotto facendo un chiasso che avrebbe svegliato anche un
orso in letargo.
Quanto
la odiava!
Non
provò nemmeno a consolarla e andò spedito verso
la porta.
Un
attimo prima che potesse toccare la maniglia la porta si
aprì e Jack si ritrovò a terra col naso pulsante.
Elsa
era in piedi sulla porta e spostava lo sguardo da lui alla nipote con
un espressione che sembrava chiedersi chi soccorrere per primo.
Poi
corse verso la bimba cullandola tra le braccia intonando una ninnananna.
La
bimba si tranquillizzò quasi subito e Jack si
alzò in piedi.
"Io
sto bene non ti preoccupare, mi hai solo rotto il naso" disse lo
spirito in modo ironico.
Elsa
lo guardò acida e disse:"Su via, non sanguina nemmeno, e poi
scusa, si può sapere perché eri dietro la porta e
che ci fai qui?"
"Non
davanti alla marmocchia!" Riabbatté lui con lo stesso tono
"Io
non sono una martocchia!"
"Marmocchia,
Mar-moc-chi-a! Ma chi ti ha insegnato a parlare? Un cane?"
Elsa
e Emma lo guardarono torvo, poi la zia rimise a letto la nipote e
portò Jack in una camera da letto. Era molto diversa da
quella di Emma: questa aveva colori freddi, un enorme letto
matrimoniale e un caminetto spento dal lato opposto.
Lì
dentro si respirava aria d'inverno, tutto era freddo e azzurro.
Jack
si sentiva a casa.
"Allora,
cosa c'è?" Chiese sorridendo Elsa.
"Non
avevi detto di venirti a trovare? Eccomi!"
A
quelle parole il viso di Elsa si illuminò e
arrossì, ma si girò per nasconderlo.
"Ma
non dovevi disturbarti a venire così presto."
Ok
era il momento.
"In
verità non sono venuto qui solo per un saluto." Elsa a
quelle parole si rattristò un po' ma poi sorrise e
chiese:"Allora dimmi come ti posso essere utile!"
"Vedi:
ieri sera... Hai detto una cosa che mi ha lasciato un po' di stucco.
Hai
detto che il marito di Rapunzel avrei potuto essere io. Come facevi a
sapere... Lei ti ha mai detto qualcosa di me?" Elsa assunse un'aria
sorpresa e chiese:" Scusa Jack, ma io non ho mai detto nulla del
genere. Ne sono sicurissima."
Ma
come? Si era immaginato quelle parole?
No!
Lei
le aveva dette. E lui lo sapeva.
"Invece
le hai dette, ti ho sentita. Non devi sentirti in imbarazzo."
"Jack
io ogni giorno intrattengo discorsi noiosi e importantissimi con decine
e decine di persone come faccio a sentirmi in imbarazzo per una cosa
simile?"
È
vero! Lei non si sarebbe imbarazzata per una cosa così.
Allora io ragazzo saltò subito alle conclusioni credendo che
ella stesse mentendo per qualche strana ragione.
"Allora
perché non mi dici il motivo della tua consapevolezza sul
passato mio e di tua cugina. Cosa ti costa ammettere che lei ti ha
parlato di me?!"
Era
vero? Le stava dando della bugiarda? Ma come osava?! Lei era una
regina, e una regina non mente MAI!
"Scusa
tanto. Ma se io ti dico che non ho detto quelle parole puoi credermi!
Ora
dovrei andare. Mi aspettano a una riunione." Elsa si girò
leggermente seccata e lasciò Jack da solo.
Una
volta che Elsa ebbe abbandonato la stanza Jack si rese conto di quanto
fosse stato stupido a insistere così.
Meglio
chiedere scusa.
Si
avviò fuori della porta ma vide la regina che si avvicinava
a quell'uomo dell'altra sera, e andava con lui in una stanza piccola.
La
curiosità del ragazzo si fece subito sentire, e senza che
nessuno lo vedesse sgattaiolò a sua volta nella stanza e si
nascose dietro un mobile.
"Allora
vostra maestà, ora siamo ad Arendelle possiamo parlare del
nostro matrimonio?" Cominciò l'uomo.
"Principe
Hans le faccio presente che non ho ancora accettato la vostra
proposta." Ribbattè Elsa già irritata.
"Ma
perché?! Perché non accettate? Si può
sapere?!"
"Primo
perché lei l'ultima volta che ha fatto una proposta di
matrimonio a una reale di Arendelle dopo neanche due giorni ha cercato
di ucciderla.
Secondo
perché le vostre scuse potrebbero essere fasulle, e terzo
perché non siete l'unico ad avermi fatto questa proposta!"
"Oh
insomma! Io credo che voi usiate gli eventi del passato come scusa per
non sposarmi dato che lo sanno tutti che voi siete innamorata di quello
sciocco vichingo!" L'uomo aveva cominciato a urlare.
-Elsa
è innamorata di un vichingo? Che storia è mai
questa? Perché non me l'ha detto?- pensò Jack.
Elsa
a quelle parole diventò rossa di rabbia e chiuse gli occhi
come per controllarsi.
"Come
osa?! Ho detto publicamente che Hiccup è solo un mio amico
carissimo, che mi ha salvato la vita in un occasione di pericolo.
È naturale che io lo vada spesso a trovare! Se
sentirò ancora un insinuazione di questo genere vi
rispedirò nelle Isole del Sud con la prima nave è
chiaro?!?"
La
ragazza era davvero adirata e il principe preferì rimanere
in silenzio.
Elsa
ricompostasi disse con voce ferma:" Principe Hans io ho preso la mia
decisione riguardo alla proposta di matrimonio: io non vi
sposerò e voi tornerete nelle vostre terre tra due mesi, il
tempo di preparare una festa di addio. Non sono ammesse critiche alla
mia decisione. E ora con permesso."
"Cosa?!
No! Io non vi permetto di rifiutarmi!" Sbraitò il principe
afferrando il polso della ragazza.
"Mi
lasci subito andare o chiamerò le guatdie!" Disse Elsa
cercando di divincolasi.
"No,
tu non chiamerai nessuno!" Riabbatté Hans stringendo
più forte e tappandole la bocca.
Jack
che fino a quel momento era stato fermo a guardare uscì dal
nascondiglio intenzionato a colpire il principino con un getto di
ghiaccio; ma prima che potesse fare alcunché la stanza
cominciò a raffreddarsi sempre di più
finché non cominciò a cedere neve prima piano poi
nella stanza si formò una vera bufera.
Jack
non riusciva a vedere a un palmo dal suo naso, ma sentiva gli urli di
paura di Hans e quelli di dolore di Elsa.
Alla
fine tutto si dissolse e davanti a Jack comparve questa scena: Elsa
accasciata a terra e tra lei il principe, svenuto c'erano varie
stalattiti di ghiaccio.
Lo
spirito dell'inverno decise di aiutare Elsa prendendola in braccio e
portandola nella sua stanza.
Poi
tornò dal principe e tolse tutto il ghiaccio così
che nessuno si accorgesse di nulla.
Jack
attese a lungo che Elsa si risvegliasse accanto al suo letto, e
guardandola si accorse dello sforzo che la ragazza aveva fatto per
creare tutta quella bufera: aveva la fronte perlata dalle goccioline di
sudore, i capelli biondi erano tutti scompigliati e era immobile e
dormiva profondamente, quasi da sembrare morta.
-Anche
ridotta così è molto bella.-
Pensò
Jack ad un tratto.
Poi
scosse la testa per scacciare quel pensiero. Non aveva mai pensato che
una ragazza fosse bella da quando aveva conosciuto Rapunzel.
Ricordava
che accanto a lei tutte le altre ragazze avevano così tante
imperfezioni da non poterle contare.
Invece
Elsa... Jack si sforzò di trovare difetti e imperfezioni, ma
non ne trovò.
Era
bella.
Ad
un tratto Elsa cominciò a rigirarsi tra le coperte e piano
aprì gli occhi.
Lo
guardava e non diceva nulla.
Alla
fine però riuscì a pronunciare una sola
parola:"Grazie".
Jack
non sapeva che dire; insomma, non si era mai trovato in una situazione
simile.
"Ho
ripulito tutto. Hans non potrá dire nulla se tu informerai
gli altri per prima. Senti... Mi dispiace per prima. Ho esagerato."
Elsa
però non lo stava ascoltando più.
Era
ricaduta in un sonno pieno di sogni.
Jack
la ricoprì di muovo con il lenzuolo e volò via
dalla finestra.
Al
suo risveglio Elsa aveva la testa pulsante e vedeva tutto sfocato.
Non
ricordava nulla o quasi di quella mattina, tranne... Jack.
L'unica
cosa che ricordava era il suo pallido viso e i suoi capelli biondi
sempre scarmigliati, che le chiedeva scusa e le sorrideva.
Il
suo sorriso aveva qualcosa di speciale.
Era
bello.
La
ragazza sorrise a sua volta e scese dal letto per cominciare una
giornata che probabilmente avrebbe passato ad annoiarsi terribilmente.
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Capitolo 3 *** Un viaggio non gradito ***
Scese
la notte e Jack guardò la luna come tutte le sere.
L'ammirava, ed ogni volta non riusciva a capacitarsi che proprio lei
l'avesse riportato in vita da quel baratro di oscurità che
l'avvolgeva da morto.
Jack
sapeva bene che quella non era la sua prima vita.
Ce
n'era stata un'altra.
Una
volta era un umano spensierato e felice, con una famiglia e niente per
la testa.
Poi
salvando sua sorella sul Lago della Morte era caduto nel ghiaccio
morendo. Ma è questo che la luna fa: dà una
seconda occasione a chi la merita.
Ripensò
a Elsa, e a come gli era sembrata fragile mentre la portava in camera.
Sorrise
quasi senza accorger sene e chiuse gli occhi per poi cadere in un sonno
profondo.
"Zia
Elsa!!"
"Emma,
ma che ore sono?"
"È
mezzanotte ma non riesco a dormire."
Elsa
si mise a sedere sul suo grande letto guardando l'indifesa creatura.
Emma
somigliava terribilmente ad Anna: era sempre felice e sprizzante di
vitalità con due occhioni marroni ai quali una qualsiasi
richiesta non poteva avere un "No" come risposta.
"Perché
non vai dalla mamma allora?" Disse la donna impaziente di tornare a
letto.
"Perché
non riesco a dormire a causa di un brutto sogno su quel signore che
oggi cercava te."
Elsa
si fece immediatamente attenta e prese la bimba tra le braccia.
"E
cos'hai sognato amore?"
"Ecco
io... C'eravate lui e te e lui ti faceva piangere per un motivo. Poi
è volato via e mi sono svegliata."
Elsa
non disse nulla, e si limitò a abbracciare la piccola.
"Zia
Elsa. Lui ti ha fatto piangere?"
"No
tesoro. Mi ha aiutata. È una brava persona."
Provò a rassicurarla la donna.
"Non
è vero! Mi ha fatto piangere, e quindi è una
persona cattiva!" Cominciò a strillare la piccola
scostandosi dal petto della zia e rischiando di cadere dal letto.
"Ma
no... Aveva solo fretta di trovarmi, e tu sei stata educata con lui?"
"Si!
Ma lui ha cominciato a dire le bugie e la mamma dice sempre che non
bisogna essere gentili con le persone che mentono."
Emma
aveva cominciato a strillare sul serio e Elsa le mise una mano davanti
alla bocca per evitare di svegliare tutti.
"Parla
piano! E cosa avrebbe detto di tanto orribile Jack, si può
sapere?"
"Ha
detto di essere lo spirito dell'inverno. Ma io lo vedevo benissimo e
invece lo spirito dell'inverno è invisibile!!!"
Elsa
era stanca, aveva avuto una giornata molto pesante e non era proprio in
vena di mettersi a litigare con Emma.
"Ascolta
Emma. Tu devi capire che non tutte le cose che racconta la gente sono
vere. La tua mamma può averti detto una cosa su Jack Frost
che credeva fosse vera ma che in realtà non lo è.
Vedi lui è davvero lo spirito dell'inverno, guardiano del
divertimento."
"Davvero?!?"
Domandò la piccola incredula.
"Si
amore. E tu sei stata un po' scortese a dire che lui stava mentendo."
"Facciamo
così zia: io ti prometto che gli chiederò scusa,
a patto che il mio sogno non si avveri. Ok?"
"Ok!"
Accettò la donna.
La
bimba fece per andarsene, poi ci ripensò e disse:"Zia
Elsa... Posso dormire con te stanotte?"
La
donna fece il sorriso più convincente che potè e
disse:" Va bene. Ma solo per stanotte."
Così
la piccola si accoccolò nel grande lettone e
dormì tutta la notte.
Invece
Elsa restò ancora un po'sveglia a pensare:-Jack mi
farà mai piangere?-
e
pensa e ripensa la notte passò.
Jack
la mattina dopo si svegliò di buon’ora e senza
spiegarsi perché cominciò a guardare nell'acqua
del lago.
Come
sempre non vide nulla, la sua immagine poteva essere, infatti, riflessa
solo dal ghiaccio.
Ma
continuò a guardare come ipnotizzato da quell'acqua.
Un
pensiero gli balenò nella testa in quel momento:
-Come
stará Elsa dopo ieri? Meglio che io vada a vedere-
Poi
si libro in volo e atterrò sul davanzale della finestra in
camera di Elsa.
Lei
era lì, seduta su una sedia guardandosi allo specchio
pettinandosi i lunghi capelli argentati.
Jack
non se la sentì di dire nulla ma si schiarì la
voce per sottolineare la sua presenza.
Elsa
si voltò piano e sorrise.
"Ciao"
la salutò Jack.
"Ciao"
gli disse di rimando la giovane.
"Come
stai?" domandò lo spirito.
"Sono
in ottima forma grazie."
"Allora...
Che si fa?" chiese Jack. Non sapeva perchè ma sentiva la
voglia di passare una giornata con lei.
"Non
so, vuoi fare un pupazzo di neve?"
Jack
sorrise e annuì.
Dopo
neanche dieci minuti erano fuori a giocare con la neve creata da
entrambi.
Restarono
in giardino per tutta la mattina, fin quando una serva non si
avvicinò alla regina e le disse:" Il pranzo è
pronto vostra altezza"
"Grazie
Emily, arrivo subito" rispose la regina ricomponendosi.
Quando
la donna se ne fu andata Elsa si voltò verso Jack che
disse:"Beh, credo proprio che dovrei togliere il disturbo."
Elsa
si rattristò a quel l'affermazione e replicò:" Ma
Jack, perché non resti a mangiare?"
Jack
si stupì di quella proposta e scosse la testa dicendo:"
Sarei invisibile agli occhi della tua famiglia, meglio se non ti faccio
gare la figura della pazza che parla da sola. E poi mi aspettano
altrove."
Elsa
era un po' delusa poi capì che il giovane aveva ragione e lo
salutò per poi correre verso la sala da pranzo.
Jack
la guardò allontanarsi per poi volare via.
Mentre
era in volo un pensiero gli comparve nella mente: era passata
un’intera mattinata senza che lui vedesse o addiritura
pensasse a Rapunzel.
Quel
pensiero gli fece gelare il sangue nelle vene, come aveva potuto
dimenticarsene?!
Poi
ricordò: quella mattina il primo pensiero che gli era
passato per la mente non era se Rapunzel stesse pensando a lui o
piuttosto se stesse bene, aveva subito pensato alla salute di Elsa.
-Ma
è normale no?- si chiese Jack -Elsa è pur sempre
una mia amica che stava male. L’avrei fatto per qualsiasi
altra persona… Giusto?- Jack non poteva negare che quella
situazione gli fosse del tutto estranea; non aveva mai pensato a una
ragazza diversa da Rapunzel, e non aveva mai avuto altre amiche al di
fuori di lei e… -Va bene, basta pensarci. Tanto non
capiterà mai più!- si disse alla fine.
E
quando dopo un’ora di volo arrivò finalmente al
castello di Corona si appollaiò sulla solita finestra a
rimirare con quanta grazia Rapunzel tagliasse il cibo e lo mettesse in
bocca. Aveva desiderato tante di quelle volte nella sua vita di essere
una forchetta solo per poter sfiorare quelle bellissime labbra che
ormai aveva perso il conto. La guardò mangiare e scherzare
con Flynn e come ogni volta sentì il forte impulso di
ghiacciare quel damerino, ma poi come sempre ripensando che non era
colpa dell’uomo se era stato un ignobile codardo.
“Maestà,
è arrivata una lettera da vostra cugina Elsa di
Arendelle” disse un maggiordomo entrando e porgendo la busta
a Rapunzel che l’aprì tutta contenta.
Jack
in quel momento non pensò a quanto piacessero a Rapunzel le
lettere come d’abitudine, ma piuttosto drizzò le
orecchie per sapere cosa Elsa aveva scritto.
“Cara
cugina Rapunzel” cominciò la ragazza “ti
scrivo questa lettera per farti una richiesta importante: potresti
tenere Emma per un paio di settimane? Io Anna e Kristoff saremo fuori
Arendelle e non potremo tenerla con noi. Ci sarà un sacco di
servitù ma lei vuole stare solo con persone di famiglia. Mi
rendo conto che è una richiesta impegnativa dato che tu la
conosci poco, e prenderti cura di una bambina qualche giorno dopo il
tuo matrimonio non è proprio il massimo, ma non so a chi
altro chiedere! Se non accetterai tu la dovrò spedire dalla
cuginetta Vanellope, ma lei sta sempre a correre su quelle dannate
automobiline e non avrebbe davvero il tempo per lei. Inoltre vive in un
mondo completamente fatto di dolciumi, e non oso immaginare che cosa
farebbe Emma.
Aspetto
la tua risposta, un caloroso abbraccio
Elsa”
Rapunzel
guardò il suo consorte che dopo un po’ sorrise e
fece un cenno con la testa.
Tre
servitori in men’che non si dica portarono subito inchiostro,
penna, pergamena e il sigillo reale.
“Cara
Elsa, saremo molto felici di ospitare Emma da noi, sono sicura che
farà la brava e che non ci sarà di alcun peso.
Puoi mandarcela quando preferisci, anche stasera stessa, tanto il
viaggio è solo di un paio d’ore.
Ci
sentiamo presto
Rapunzel”
recitò la ragazza mentre scriveva la lettera.
Mise
il sigillo sulla busta che affidò a un servitore e poi
riprese a mangiare conversando con Flynn.
Jack
era rimasto un po’ perplesso da quella lettera: Elsa pativa?
E perché non l’aveva avvertito? Forse gli era
passato per la mente giocando, non essendo una cosa importante.
“Tu
dove credi che andranno?” chiese Flynn d’un tratto
come se avesse letto nella mente di Jack.
“Secondo
te? A Berck sicuramente, sai che Elsa non può stare per
molto senza vedere Hiccup; quei due sono inseparabili!”
Jack
rimase ancora più spiazzato a quelle parole:
perché Elsa non gli aveva detto che sarebbe andata a trovare
quel suo “amico” di cui Hans parlava.
Non
perse tempo e scese dalla finestra volando fino ad Arendelle.
Lì
trovò Elsa ancora nella sala da pranzo con la nipote Emma,
sua sorella e il cognato.
“Emma
su cerca di capire…” stava dicendo la madre alla
bimba in lacrime.
“No,
non voglio andare dalla zia Rapunzel! Voglio venire con voi dallo zio
Hiccup!! Perché non posso venire? Le altre volte sono venuta
anche io!!!” sbraitò Emma in preda ai singhiozzi.
“Perché
stavolta è diverso. Sta arrivando l’inverno e tu
sei troppo piccola per affrontare un viaggio così mentre ci
sono bufere di neve, figuriamoci cosa succederebbe poi lì in
Norvegia! Quello è un posto freddissimo!!”
provò a dire suo padre.
“Ma
la zia Elsa può bloccare la neve!”
ribattè la bambina incredibilmente furba.
“Non
è questo il punto amore” le disse gentilmente la
regina mettendole un braccio attorno alle spalle.
“Vedi,
io riesco a creare le bufere, ma è molto più
difficile disfarsene. Inoltre il nostro amico dell’inverno
non sarebbe contento se distruggesi il suo bel lavoro no?”
Emma
tirò su con il naso e annuì leggermente.
“Brava.
Allora farai la bambina buona?” ancora una volta la bimba
annuì.
“Prometti
che non farai storie?”
“Si”
disse quasi in un soffio Emma.
“Brava
bambina. Vedrai che torneremo prima che tu te ne accorga. Va
bene?”
“Si,
ok. Zia?”
“Si?”
“Ti
voglio tanto bene”
“Anche
io amore” disse Elsa stringendo forte la nipote.
“Ehi!
Guarda che divento gelosa!” scherzò poi Anna
scompigliando i capelli rossi della figlia.
“Mamma!”
protestò quella.
“Andiamo
a fare le valige?” propose Elsa alla nipote.
“Siiii!!!”
rispose lei sfrecciando fuori dalla sala.
“Ci
vediamo dopo. Ciao Anna, ciao Kristoff” disse distrattamente
Elsa uscendo a sua volta dalla stanza.
I
due cognugi si guardarono e sorrisero rimettendosi a mangiare.
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Capitolo 4 *** Era felice ***
Jack
seguì le due ragazze finché non le vide entrare
nella stanza della bambina.
Entrò
a sua volt e vide zia e nipote intente a scegliere gli abiti perfetti
da mettere in valigia. Erano così felici e spensierate,
quasi euforiche. Jack si domandò come fosse possibile che
una cosa così piccola potesse scatenare una tale gioia.
Poi
trovò la risposta: amore. Quelle due si adoravano e si
vedeva bene che anche un evento minuscolo era un pretesto per stare
insieme a divertirsi.
“Zia
Elsa! C’è lo spirito
dell’inverno!” urlò Emma ad un tratto
riportando Jack nella realtà.
“Jack!
Che ci fai qua?” chiese la regina poggiando sul letto una
gran quantità di vestiti.
“Oh
io nulla. Ero solo venuto a fare un saluto alla persona che non mi ha
detto neanche che parte”
“E
perché ti importa tanto?” chiese Emma con un
espressione furba dipinta sul volto.
Giusto!
Perché se l’era presa tanto? D’altronde
Elsa la conosceva da pochissimo, e non è che fossero oramai
legati legati al punto che lei gli dovesse raccontare ogni dettaglio
della sua vita no?
Allora
perché gli interessava tanto?
“Non
importa così tanto come pensi tu pulce! Solo che…
Ho salvato la vita a tua zia ieri e quindi mi sembra giusto che non
abbia fatto tanta fatica per niente e che lei non intraprenda viaggi
mortalmente pericolosi. Se non mi dice dove va come posso salvarla di
nuovo se necessario!” inventò Jack sul momento non
sapendo che altra risposta dare.
Emma
guardò lo spirito per un po’ e poi
scoppiò a ridere.
“Come
no! Ahahaha!! Trovane un’altra spiritello!”
“Emma,
non essere sgarbata!” la rimproverò Elsa.
“Ma
anche se fosse vero che ti ha salvato la vita, nessuno si
preoccuperebbe così tanto per questo motivo!”
-
Maledetta bambinetta, come mi piacerebbe congelarti! Mai la bocca
chiusa, mai!- pensò Jack aumentando la presa sul bastone.
“Emma
non c’è niente che volevi dire a Jack?”
chiese ad un tratto Elsa.
“No
zia cosa… Ahhhh… è vero: mi dispiace
per l’altra volta, ma era difficile credere che tu fossi lo
spirito dell’inverno. Mi perdoni?” disse Emma
facendo gli occhi dolci a Jack.
-Che
lecca piedi!- pensò fra se e se lo spirito ma poi
disse:“ Ok ti perdono, ma solo perché mi piacciono
i bambini.”
Emma
sorrise soddisfatta.
“Tesoro,
non trovo la tua vestaglietta preferita, mi sa che l’hai
lascita in camera mia. Vai a prenderla tu?” chiese Elsa
frugando nel cassettone delle vestaglie.
“Va
bene zia” rispose quella e corse via dalla stanza, lasciando
i due giovani soli.
“Allora,
dimmi la verità perché volevi sapere dove
andavo?” chiese ad un tratto Elsa a testa bassa per non
incontrare lo sguardo del giovane.
“Te
l’ho detto. Non voglio che tu ti faccia male”
rispose lui.
“Quindi…
Ti preoccupi per me?” chiese nascondendo un sorrisetto
contento.
“No!
Beh io… Forse giusto un po’. Siamo amici
no?” ammise Jack.
Elsa
sorrise ancora di più.
“Da
vero siamo amici Jack? Ma si può esserlo dopo
così poco tempo?” chiese Elsa come sempre
diffidente.
“Non
so. Ti fidi di me?” chiese lo spirito avvicinandosi.
“Si”
disse lei dopo un attimo di esitazione.
“Allora
siamo amici!” disse lo spirito sorridendo.
Elsa
alzò lo sguardo.
Jack
vide ancora una volta quei bellissimi occhi azzurri ghiaccio che su di
lei stavano a pennello.
Erano
stati la prima cosa che veramente l’aveva colpito di lei.
Aveva ammirato la sua tenacia e la sua calma durante le situazioni
critiche, ma quando aveva visto i suoi occhi era rimasto ipnotizzato.
Erano
così belli, così azzurri
così… Perfetti.
Senza
quasi accorgersene si avvicinò a Elsa trovandosi molto
vicino a lei. Quasi la toccava.
“Zia!
L’ho trovata, l’ho trovata!”
urlò una vocina dietro di lui e tutti e due i ragazzi si
affrettarono a recuperare una distanza ragionevole l’un
dall’altra.
Jack
restò lì ancora per un po’ aiutando la
piccola peste ed Elsa con le valige.
Quando
tutto fu pronto Jack si preparò a volare via.
“Verrai
a trovarmi a Corona?” chiese Emma dietro di lui
“Così ti presento la zia Rapunzel!”
Quella
bambina sarebbe stata la sua fine, Jack se lo sentiva.
“Sono
sicura che Jack ha tante cose da fare tesoro. Non
disturbarlo.” rispose Elsa per lui.
Salvo.
Elsa
l’aveva salvato da una situazione stra imbarazzante, anche se
non ne era consapevole.
“Va
bene, ci vediamo presto però!”
“Senz’alto
pulce!” rispose Jack sorridendo per poi volare via.
La
mattina seguente Jack si alzò di buon ora felice per qualche
motivo anche se neanche lui sapeva dire quale.
Qualche
giorno prima non avrebbe certo provato questa sensazione e lui lo
sapeva bene.
Ma
ora era lì con il sorriso stampato sul volto che camminava
sulle sponde del lago Morto.
Era
felice.
Elsa
era felice, si era svegliata di buon ora e aveva fatto una colazione
stupenda, si era vestita e pettinata con i suoi vestiti preferiti, ora
era sulle scale del palazzo di Corona ascoltando Anna e Kristoff fare
mille raccomandazioni alla figlia senza smettere un secondo di
stritolarla negli abbracci o soffocarla con i baci.
“Va
bene, credo che abbia capito!” sbuffò infine la
sovrana.
“Non
si è mai troppo sicuri con i figli”
ribattè la sorella.
“Si
come no! Se nascerà un maschio cosa pensi di fare
allora?” chiese Elsa punzecchiandola
“Comprerò
un guinzaglio e una museruola” scherzò lei.
“Dai
avanti, o faremo tardi!” disse spazientita Elsa.
“Va
bene. Allora ciao tesoro” si arrese la madre dando un nuovo
bacio alla figlia.
“Comportati
bene ok?” le disse il padre abbracciandola.
“Si,
si. Voi però ora andate” provò a dire
la bambina.
“Come
ti devi comportare con gli zii?” continuò la madre.
“Insomma
Anna muoviti!” la rimproverò la sorella.
“Ok
ok…” rispose Anna montando sulla carrozza inseme
al marito.
Elsa
diede un forte abbraccio alla nipote e poi tutti e tre cominciarono a
chiacchierare mentre la carrozza si allontanava dal castello.
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Capitolo 5 *** Non sarei dovuto venire ***
Arrivati
al mare i sovrani prendettero una flotta composta da tre navi che li
avrebbe portati a destinazione.
Dopo
un po’ di tempo sentirono dei forti ruggiti in aria e si
resero conto di essere vicini alla meta.
Elsa
adorava il suo amico Hiccup, era intelligente, abbastanza forte, un
grande capo e un amico leale e perfetto.
Ecco,
agli occhi di Elsa Hiccup era perfetto!
Così
simile a lei, aveva sempre paura di deludere la aspettative di tutti, e
sopra tutto di non essere all’altezza del padre deceduto non
molto tempo prima.
Elsa
non aveva mai conosciuto Stoick ma sapeva dai racconti della gente che
era stato un grande capo, un amico per tutti e una guida, tanto da
farsi chiamare “L’immenso”.
Hiccup
si sforzava sempre di essere come lui e non fallire in nessuna
occasione.
Un
po’ come Elsa.
Lei
aveva avuto paura per tutta la vita di deludere i suoi genitori non
riuscendo a mantenere il segreto dei suoi poteri e rivelando al mondo
chi era in realtà. Quando li guardava negli occhi aveva
sempre paura di cogliere nello sconforto e nell’angoscia la
delusione. Più di una volta l’aveva colta e era
rimasta sconvolta, perché anche se loro non lo ammettevano
lei sapeva che non avrebbero mai accettato la sua natura.
E
nonostante questo lei cercava di renderli orgogliosi in ogni modo
possibile, negando il suo essere.
Proprio
come lui.
Finalmente
dal banco di nebbia emersero delle gigantesche rocce con abitazioni
sopra.
Il
viaggio era finito.
Con
le loro tre navi attraccarono al porto e ad aspettarli trovarono
proprio lui: Hiccup.
“Hic!!”
urlò di felicità Elsa non appena lo vide.
“Elsa!”
urlò lui a sua volta correndo da lei per abbracciarla.
Si
volevano proprio bene quei due.
Li
legava un affetto profondissimo anche se si conoscevano da appena un
anno.
Hiccup
finite le cerimonie di benvenuto tipicamente vichinghe,
portò i suoi ospiti nelle loro stanze.
Passarono
alcuni giorni e ancora nessuna notizia di Elsa.
Jack
era davvero tentato di andarla a trovare in Norvegia, ma poi continuava
a chiedersi perché gli importasse tanto di avere notizie di
lei.
Una
piccola vocetta nella sua mente gli ripeteva sempre:“Dai
Jack, ammetti che sei geloso. Non ti va giù che Elsa sia con
un altro ragazzo. Tu provi qualcosa per lei” e
alla fine per azzittirla non ci andava.
Ma
pensava moltissimo a lei e ai suoi bellissimi occhi azzurro ghiaccio.
Gli
sembrava impossibile pensare tanto a una persona. Dopo aver conosciuto
Rapunzel la prima volta ricordava bene che non riusciva a togliersela
dalla mente, pensando sempre a lei e ai suoi lunghissimi capelli setosi.
E
dopo che l’aveva persa ogni cosa gli riportava alla mente
quel viso perfetto, quegli occhi verdi erba, quella risata angelica.
Lui
aveva amato Rapunzel con tutto il cuore.
E
ora con Elsa stava succedendo qualcosa di ancora più
complicato: non poteva smettere di pensare a lei ma comunque non
riusciva a capire cosa provasse per lei.
Aveva
amato Rapunzel per gran parte della sua esistenza, lei era stata il suo
mondo e non poteva cancellarla così.
Oppure
poteva?
Insomma
Jack si meritava di essere felice e arriva sempre pensato che la sua
felicità dipendesse Rapunzel.
Ma
ora le cose erano cambiate.
Lui
era cambiato.
Un
giorno non sapendo cosa fare decise di andare a trovare Emma,
naturalmente stando molto attento a non farsi scoprire.
Non
avrebbe mai voluto che Rapunzel lo scoprisse proprio dopo che si era
sposata, e soprattutto creare problemi a Elsa.
Entrò
nella stanza dove aveva visto giocare Emma e diede qualche colpo di
tosse per segnalare la sua presenza.
“Jack!
Sei venuto!” strillò la bambina correndo dallo
spirito per abbracciarlo.
“Ciao
pulce. Oggi non avevo nulla da fare e ho pensato di farti una visita.
Ho fatto bene?” chiese Jack cercando di liberarsi dalla
stretta ferrea della piccola.
“Si!
Sai credevo che non saresti mai venuto. Dai vieni con me, ti faccio
conoscere zia Rapunzel!” urlò ancora
più forte Emma strattonando Jack verso la porta.
-Cavolo,
e ora che mi invento?!- pensò Jack in preda alla
disperazione.
“Dai
aspetta, perché non giochiamo un po’ prima? Poi
dopo mi presenterai tua zia ok?”cercò una scusa
ragazzo.
“Mmmm…
Va bene” rispose titubante Emma
“A
che giochiamo?” chiese poi allegra.
“Vuoi
pattinare sul ghiaccio?” chiese Jack.
“Mi
piacerebbe, ma è estate e non posso uscire dal
castello”
“E
chi ha detto che devi uscire dal castello?” chiese Jack con
un sorriso birichino stampato sul volto.
Poi
con un colpo di bastone a terra tutto il pavimento si riempì
di ghiaccio cristallino.
Emma
si resse a mala pena in piedi ridendo come non mai.
“Anche
zia Elsa lo sa fare!” disse mentre scivolava sul ghiaccio
euforica.
“Dai,
tutto qua quello che sai fare pulce?” la provocò
Jack.
“Oh
te ne accorgerai ghiacciolo!” rise la bambina alzandosi in
piedi.
Continuarono
a giocare per un bel po’ ridendo e scherzando, fino a
quando…
“Jack…”
Quasi
un sospiro alle spalle dello spirito, che si voltò
lentamente per trovarsi d’avanti la causa della sua
infelicità: la bellissima Rapunzel era sulla soglia della
porta che lo guardava con le lacrime agli occhi.
Jack
non riusciva a muovere un muscolo; tutto il suo mondo era crollato come
un castello di carte, tutto lo sforzo che aveva fatto in tutti quegli
anni era andato sprecato. Lei era di nuovo lì che soffriva
con la stessa intensità con cui soffriva lui ogni giorno.
Le
lacrime le rigavano quelle bellissime guance che avrebbe tanto
desiderato accarezzare, la sua bocca era aperta come se volesse dire
qualcosa ma non riuscisse a capire cosa. I suoi occhi mostravano molti
sentimenti: era arrabbiata ma felice, triste ma desiderosa di
abbracciarlo ancora.
Jack
non poteva vederla così, non aveva mai potuto.
Prima,
quando tutto era perfetto lui l’abbracciava accarezzandole i
suoi lunghi capelli biondi, ma ora… Ora non poteva, non
poteva adesso che l’aveva fatta soffrire di nuovo.
Così
si girò piano e se ne andò sussurrando un quasi
impercettibile “Non sarei dovuto venire”.
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Capitolo 6 *** Solo in colpa ***
Jack
volò per ore e ore senza una meta precisa, piangendo
così forte che gli uccelli si spaventarono.
Di
nuovo. Aveva sofferto di nuovo, aveva fatto soffrire di nuovo e aveva
fatto ancora una volta la scelta sbagliata.
Non
sapeva cosa fare, perché non riusciva mai a essere felice?
Perché
non riusciva a fare la cosa giusta, perché non riusciva a
sentire il cuore battere per qualcuno che lo ricambiasse da vero?
La
temperatura continuava ad abbassarsi, e Jack se ne accorse.
Decise
di riprendere il controllo delle sue azioni calmandosi.
Si
accoccolò su un tetto chiedendosi dove mai fosse capitato.
Vide
quattro ragazzini giocare a palle di neve e decise di distrarsi un
po’.
Venne
sera e i ragazzini salutarono lo spiritello tornando dalle loro
famiglie.
Jack
si mise seduto su un ramo d’albero e ripensò alla
giornata vissuta.
Ma
in quel momento decise di non analizzare quello che aveva provato
rincontrando Rapunzel, ma cosa non aveva provato.
Jack
pensò che sì, si era sentito uno schifo, aveva
pianto per buona parte della giornata solo per il fatto di aver
incontrato di nuovo quegli smeraldi che erano gli occhi di lei, ma allo
stesso tempo non si era sentito come se gli mancasse un pezzo di anima,
come d’abitudine. Si era sentito semplicemente in colpa per
aver causato tutto il dolore a una persona che amava così
tanto.
Ma
come era possibile che i suoi sentimenti fossero cambiati? Come era
possibile che lui non provasse più le stesse sensazioni di
una volta?
E
così la vocina che avrebbe davvero voluto non si presentasse
si fece presente e disse:“Ma
dai Jack è palese! A te ora piace Elsa e questo ti allontana
da Rapunzel!”
E
se la voce avesse avuto ragione? Se Jack avesse da vero provato dei
sentimenti per Elsa nonostante il poco tempo passato insieme? Jack
sulle prime pensò che fosse impossibile, ma in fine si
decise che non era poi tanto assurdo no? Del resto non gli ci era
voluto molto per innamorarsi di Rapunzel, e questo voleva dire che
quando due persone si vogliono bene davvero non c’era bisogno
di tempo per rendere i loro sentimenti reali.
Jack
si alzò dal ramo ancora un po’ confuso, ma con una
sola idea in testa: andare a trovare Elsa.
E
se si fosse già addormentata? Avrebbe aspettato il suo
risveglio.
E
se fosse stata in compagnia di quel suo amico? Avrebbe aspettato
finché la conversazione tra i due non fosse finita.
E
se… Oh insomma, lui le voleva parlare, punto e basta!
Non
sapeva esattamente che dirle ma doveva parlare.
Arrivò
a Berck e la trovò abbastanza squallida, con poche casette
in legno e draghi che saltellavano… Un secondo!
Draghi?!?!
Allora
non erano leggende quelle che aveva sentito sulla Norvegia,
c’erano seriamente i draghi là.
Che
cosa bizzarra!
Si
avviò verso la casa più grande infilandosi dentro
una finestra.
La
scena che si parò di fronte a gli occhi di Jack lo fece
sobbalzare: c’erano Elsa e Hiccup accoccolati
d’avanti al caminetto con la testa di lei appoggiata sulla
spalla di lui.
Non
sapeva cosa pensare, tranne che quello non era il modo in cui due amici
si comportano.
Cercò
di mantenere la calma e stava per attirare l’attenzione della
giovane quando una frase lo fece quasi urlare.
“Allora
a quando le nozze?” chiese Elsa guardando negli occhi il
vichingo che le sorrise.
COSA?!?!?
Elsa si stava per sposare? E con quello che aveva sempre detto essere
un amico?
Il
cuore di Jack si era spezzato di nuovo. In quel momento
pensò che era nel suo destino soffrire per amore e che fosse
stato solo un orribile scherzo del destino che sia Elsa sia Rapunzel
riuscissero a vederlo.
“In
verità non lo so, ma comunque presto, sai con anche il bimbo
in arrivo…”
COME?!?!?!
No, Jack non poteva più sopportare quel dolore. Non poteva
più sopportare di vedere una persona cara a lui sposarsi e
avere un figlio per giunta!
Non
voleva ma si lasciò sfuggire un singhiozzo che evidentemente
Elsa sentì perché si voltò
guardare il ragazzo.
Senza
dire una parola, per la seconda volta in una giornata Jack
volò via per versare lacrime amare.
Perché
non poteva essere normale? Perché non poteva essere un
ragazzo visto da tutti con un inizio e una fine, senza la paura di
provare dei sentimenti per paura di vederli morire con gli anni.
E
in lacrime si addormentò.
Elsa
non riusciva a dormire, si girava e rigirava nel letto, non tanto per
la scomodità, ma per quello che aveva visto quella sera.
Jack
si era presentato e l’aveva vista in quella situazione, e non
voleva che Jack si facesse idee sbagliate.
Ma
ora mai il danno l’aveva fatto e il motivo per il quale non
poteva dormire era anche che si chiedeva come esattamente trovare Jack
e parlargli.
Alla
fine pensa e ripensa si addormentò.
Il
giorno seguente Elsa si alzò di buon’ora e
benché si fosse addormentata a un’ora tarda non
era affatto stanca; si vestì e andò a fare
colazione.
Quando
ebbe finito disse a tutti che andava a fare una passeggiata sulle
montagne vicine rifiutando ogni compagnia.
Camminò
e camminò finché non arrivò alla cima
di una delle montagne più piccole, e lì
sussurò all’aria:“Portamelo”.
Allora si alzò un forte vento e dopo una mezzora la sagoma
di un ragazzo apparse tra la neve trasportato dal vento che cercava di
tenere a freno.
Jack
si era svegliato con le prime luci dell’alba come era solito
fare, e per distrarsi un po’ aveva deciso di cercare dei
bambini che giocavano con la neve e così chiamò
il vento perché lo trasportasse nel villaggio più
vicino.
Era
quasi arrivato quando il vento cambiò improvvisamente
direzione, trasportandolo violentemente sempre più a Nord.
Benché cercasse di fermare il vento, questo non demordeva e
continuava a portarlo verso la destinazione che ormai Jack aveva capito
essere Berck.
Finalmente
quel volo infernale era finito e Jack atterrò, poco
elegantemente, ai piedi di Elsa che non si scompose nemmeno un
po’.
Il
ragazzo si rialzò per guardarla negli occhi.
“Che
cosa vuoi?” chiese sgarbatamente.
“Beh,
prima di tutto si saluta”
“Ciao,
che vuoi?” ripeté lo spirito.
“Niente,
voglio solo sapere perché ieri sei venuto a trovarmi per poi
andartene senza salutare” rispose tagliando corto lei.
“Beh…
Ecco… Io…” lo spirito era entrato in
crisi, non sapendo più cosa fare.
“Perché
volevo sapere come stavi, dato che non avevo più notizie di
te da un po’, ma poi ho visto che eri col tuo futuro marito e
ho lasciato perdere.” sputò tutto d’un
fiato.
Elsa
assunse un’aria stupita e confusa, per poi scoppiare a ridere
in faccia a Jack che rimase senza parole a quella reazione.
“Futuro
marito? Chi? Hiccup?!? Ma non diciamo sciocchezze via!”
riuscì a farfugliare Elsa tra le risate.
“Ma…
I' ho sentito…” provò a dire Jack.
“Quello
che intendevo quando ho detto -A quando le nozze- intendevo le nozze
con la principessa Merida di Dumbroch della quale è
innamorato e dalla quale avrà un figlio, tutto
qua!” lo precedette Elsa riuscendo a smettere di ridere.
“Ah…”
riuscì solo a dire Jack.
Che
sciocco era stato, non si era fidato della parola di Elsa, che Hiccup
fosse soltanto un buon amico e adesso lei l’avrebbe preso per
un paranoico. Fantastico, quella giornata non avrebbe potuto in
assoluto andare peggio!
“Ma
scusa, perché ti interessa così tanto se mi sposo
con qualcuno?” chiese ad un tratto Elsa rompendo il silenzio.
No,
si era sbagliato. C’era un modo in cui quella giornata
sarebbe potuta andare peggio!
“Non
mi interessa” mentì lui.
“Non
mentire, ti ho visto ieri. Eri su l’orlo di una crisi di
nervi si vedeva benissimo. Perché non mi dici una buona
volta che cosa succede?"
Jack
non sapeva più che dire o fare così
agì d'istinto e con una mossa decisa afferrò il
volto di Elsa tra le mani e appoggiò le sue labbra su quelle
di lei.
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Capitolo 7 *** Il lato freddo ***
Fu
un contatto strano. Strano ma bello. Era come se due ghiacciai si
fossero scontrati e fossero diventati una cosa sola. Dopo un primo
momento di stupore, con grande sollievo dello spiritello, anche Elsa
ricambiò il bacio.
Sapeva
di non essere quel tipo di persona, di solito era una donna posata,
rigida, ma soprattutto distaccata e fredda. Non era insomma il tipo di
persona che bacia i ragazzi conosciuti qualche settimana prima!
Ma
quel bacio le era piaciuto così tanto che la minuscola parte
del suo cervello che le diceva di fare atti impulsivi aveva preso il
sopravvento.
Continuava
a baciare Jack rimandando e rimandando il momento in cui si sarebbe
staccata da lui.
Alla
fine i polmoni non resistettero più e la regina di ghiaccio
si allontanò, anche se solo di pochi centimetri dalle labbra
del ragazzo.
Quando
Elsa alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Jack
il ragazzo non poté fare a meno di perdersi in quello
sguardo che era sempre stato glaciale ma che ora si era sciolto come un
gelato al sole.
Guardava
e riguardava quei grandi blocchi di ghiaccio cristallino che lo
fissavano pieni di domande che non voleva dire.
Nessuno
poteva esprimere neanche con le parole più belle quello che
provava Jack. Era felice? No, non era sicuro di quello che aveva fatto
e questo non lo faceva sentire bene.
Era
triste? No, aveva provato emozioni mai sentite in anni e anni di
esistenza.
Jack
aveva così tante emozioni dentro che non riusciva a
contarle, anche se... Si può contare un emozione? Bo, chi lo
sa!
-Ecco,
comincio a fare discorsi da stra pazzo! È vero che le donne
ti fanno diventare pazzo!- rifletté cercando in tutti i modi
a non pensare a ciò che aveva appena fatto.
"E
ora che succede?" disse Elsa scegliendo una delle mille domande che gli
ronzavano nella testa e allontanandosi da Jack.
"Non
lo so. Non ho esperienza di queste cose."
"Non
dirlo a me, ventun'anni chiusa in una stanza non incontravo molti
ragazzi." Jack abbozzò un sorriso apprezzando il sarcasmo
della ragazza.
"Vuoi
che vada via?" chiese Jack ad un tratto.
"NO!
Cioè, si... Non so!"
"Risposta
chiarissima, complimenti!"
"Smettila,
non è questo il momento di ironizzare!"
"Ti
faccio presente che prima sei stata tu a farlo. Comunque... Adesso che
si fa?"
"Non
saprei. Insomma, tu cos'hai provato?" chiese la ragazza senza tante
cerimonie.
"Io...
In verità non lo so." rispose il ragazzo dopo un attimo
d'esitazione.
"Già,
neanche io lo so"
Bugia.
Lei
sapeva benissimo che quello che gli aveva fatto provare Jack era una
sensazione stupenda che nella sua vita aveva provato raramente:
libertà.
Quando
era con Jack si sentiva libera di fare qualsiasi cosa. Si immaginava
così il volo degli uccelli , intenso ma non troppo, non
prolungato ma costante, ma soprattutto fatto senza pensieri. E quel
giorno Elsa aveva volato più alto di quanto avesse mai fatto
in tutta la su vita.
Ma
naturalmente non l'avrebbe mai detto.
"Allora...
Che ne dici di rimanere solo amici per ora?" propose lo spirito.
"Così
non ci complichiamo troppo la vita, che ne pensi?" chiese in fine.
"Buona
idea. Per me va bene" mentì Elsa facendo un sorriso sforzato.
Dopo
un po' di silenzio imbarazzante Jack con una scusa volò via
e Elsa tornò al villaggio andando subito a letto nonostante
l'ora ben poco tarda e le proteste di sua sorella.
"Elsa?"
Hiccup
entrò nella fredda stanza e si sedette accanto alla regina
che fece finta di dormire.
"Lo
so che non dormi. Quando dormi ti tremolano le palpebre."
Elsa
sorrise e aprì gli occhi guardandolo, sedendosi poi sul
bordo del letto.
"Non
è vantaggioso che tu sappia tante cose di me"
scherzò la ragazza.
"Ma
le so, e quindi questo comporta anche il fatto che tu vai sempre (e
dico SEMPRE) a letto alle 10:00 in punto. Ma non stasera. Non hai
neanche mangiato!"
"Non
avevo fame..."
"Raccontale
a tua sorella e tuo cognato queste scuse, ma non a me. Te l'ho detto
che ti conosco troppo bene."
Elsa
rise.
Hiccup
era come un fratello per lei. Un grande e stupendo fratellino che non
la lasciava mai in pace, e che a costo di diventare irritante cerca di
farla sorridere.
"Lo
sai che puoi dirmi sempre tutto"
"Ok..."
si arrese
"Allora,
prima di tutto devi sapere che da qualche giorno conosco un ragazzo..."
cominciò a raccontare lei.
Quando
ebbe finito la sua storia Hiccup aveva una faccia sconvolta.
"Che
c'è?" chiese Elsa preoccupata.
"Che
c'è!?! CHE C'È?!? Tu, Elsa regina di Arendelle,
la ragazza più responsabile che conosca si è
andata a baciare con un ragazzo che conosce da pochissimi giorni. Ma
scherziamo?!?" Urlò il ragazzo.
"Hiccup,
non urlare!" Lo rimproverò la sovrana.
"Eccome
se urlo! Ma come? Dove è andata a finire la tua
maturità, il tuo senso del giudizio, la tua..."
"La
tua freddezza?" Finì per lui la regina.
"Elsa
io non volevo dire..."
"Si,
volevi dire esattamente questo”
Hicccup
non sapeva più cosa dire, e abbassò la testa
sconfitto.
“Vedi
Hic, anche tu che sei il mio più caro amico mi vedi come una
persona fredda e distaccata, perché io ho voluto che tutti
mi vedessero così. I miei genitori mi hanno sempre detto di
lasciare il mondo al di fuori del mio cuore per proteggere le persone a
cui voglio bene.
Ma
non riesco a spiegarmi la ragione, con Jack è diverso. Lui
è una persona nuova con la quale posso confrontarmi e che
non mi conosceva neanche lontanamente. Con lui posso mostrare
l’altra parte di me.
“E
con me no?” chiese Hiccup con l’espressione di chi
è stato tradito.
“Hic,
il fatto che io ti stia raccontando queste cose dimostra come io mi
fidi ciecamente di te e che ti ho sempre mostrato tutte e due le parti
di me”
“E
allora qual’è la differenza tra me e
lui?”
Elsa
ci pensò un po’ e poi rispose:
“Lui
non conosce la mia parte fredda.”
Questo
chiuse la conversazione. Elsa tornò a provare a dormire e
Hiccup anche, entrambi senza alcun esito.
|
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Capitolo 8 *** Ricordi ***
Le
giornate passarono e finalmente il lieto evento arrivò.
Tutta Berck era in festa per l'imminente matrimonio del suo capo clan.
C'era
un enorme via vai di persone che portavano qualcosa. Il tutto era
organizzato dalla madre di Merida, che cercava in tutti i modi di
fermarla.
"Mamma,
non c'è assolutamente nessun bisogno di tutte queste
decorazioni!"
"Tesoro,
tu sei una principessa, e come tale devi avere il più bel
matrimonio di tutti i tempi!"
"Ma
io non lo voglio il matrimonio più bello di tutti i tempi!
Voglio un matrimonio normale!"
"Perché
accontentarsi di normale quando se ne può avere uno da
favola?"
"Forse
perché io odio le favole?!?!?!"
"Non
usare quel tono con me e... No! Quello bisogna metterlo
lì!!!"
"Ecco
vedi? Non mi rimproveri neanche più!!"
"Avanti
Merida, sembri una bambina capricciosa, scusa ora c'è troppo
da fare. Che ne dici di andare a provare il vestito?"
"Sai
che io quei vestiti complicati non li so mettere"
"Sta
arrivando Elsa, chiedi a lei, ma lasciami lavorare ok?"
"Bene."
Si arrese la rossa andandosene come una furia.
"Tua
madre sta facendo le cose in grande eh?"
"Non
me ne parlare, mi sembra di vivere un incubo. Oggi! Che dovrebbe essere
il giorno più felice della mia vita!"
"È
così terribile?"
"SI!!!
A proposito la strega vuole che mi provi il vestito con te."
"Se
non chiami tua madre strega si può fare." rispose la regina
ridendo.
"Io
non esco con questa roba addosso!!!!!" Si sentì strillare da
dietro il separè dove pochi minuti prima era entrata
un'isterica ragazza.
"Dai
Mer. Non puoi stare tanto male."
Con
uno sbuffo la giovane principessa di fece vedere e... Era meravigliosa.
Il vestito era lungo fino ai piedi e aveva dei bellissimi ricami alla
fine. Era totalmente bianco con dei fiorellini azzurri alla vita e
infine attorno alla testa della giovane c'era una stupenda coroncina di
rose che si confondevano tra i capelli della rossa.
"Mer,
sei stupenda come non mai." Fu l'unico commento dell'amica.
"Ma
non è affatto il mio stile!" Protestó la
capricciosa principessa.
"Se
questo vestito fosse stato secondo il tuo stile a quest'ora saresti in
un vestito tutto strappato per facilitato i movimenti."
"Che
bel vestito sarebbe!"
"Merida,
ti devi sposare non andare a tirare con l'arco!"
"Ok,
ok."
La
sposa si rimirò una seconda volta allo specchio e poi
sorrise.
"Non
posso cedere che mi sto seriamente per sposare. Non sembravo proprio il
tipo capisci?"
"Capisco"
"Insomma,
da piccola credevo che non mi sarei mai sposata e che avrei sicuramente
regnato su Dumbroch da sola fino alla mia morte. Poi arriva Hiccup..."
"E
stravolge tutti i tuoi piani di infanzia!" Scherzò la regina.
"Beh,
si! Non è che prima non riuscissi ad amare. È che
non volevo."
"Volevi
restare fredda col mondo, ma poi arriva lui e ti sconvolge tutto i
piani buttando all'aria tutto l'intero mondo che con tanta fatica ti
eri costruita." Disse per lei Elsa parlando oramai più con
sé stessa che con l'amica.
"È
comparso così, all'improvviso e ha fatto breccia nel tuo
cuore anche se contro la tua volontà, e poi quando ti ha
baciata tutta la terra ha cominciato a girare più forte
intorno a te arrestandosi di colpo quando lui ha pronunciato la parola
‘amica’ ”
“Ma
cosa stai dicendo?” chiese Merida riscuotendo
l’amica dai suoi pensieri.
“Cosa?”
Elsa si riprese ancora un po’ frastornata.
“Ma
ti senti bene? Hai una faccia…”
“Si,
si sto bene. Scusa, ora devo andare.” e con un rapido gesto
si girò verso la porta uscendo dalla stanza, lasciando la
povera sposa senza parole.
Elsa
camminava. Non le importava la direzione verso la quale andasse, le
bastava camminare.
Andava
avanti e indietro per le vie di Berck guardando la strada che spariva
sotto il suo vestito.
Si
fermò a riposare sulle rive di un laghetto, sotto un grande
salice, e chiuse gli occhi.
Sentiva
il gelido vento sul suo viso e dentro le orecchie, sentiva
l’odore dell’inverno dentro i polmoni e la pace nel
cuore.
I
ricordi le riaffiorarono alla mente.
Era
il suo dodicesimo compleanno e aveva chiesto ai suoi genitori come
unico regalo di poter trascorrere una giornata fuori.
Aveva
insistito così tanto che i suoi genitori avevano
acconsentito.
La
portarono a giocare in riva a un lago e dopo tutta la mattina passata
bene successe che perse il controllo dei suoi poteri.
Non
ricordava come li aveva persi, si ricordava solo di una enorme paura
che le attanagliava il cuore e oscurava la mente.
Nessuno
poteva descrivere come si sentiva Elsa in quei momenti. Lei sola sapeva
che ogni volta che mostrava i suoi poteri e guardava negli occhi i suoi
genitori vedeva solo… Paura.
Loro,
i suoi genitori, le persone che più di tutti avrebbero
dovuto amarla, avevano paura di lei. La vedevano come un mostro. E la
cosa più orribile era che Elsa non poteva smettere di
amarli. Quel giorno, prima dell’incidente, sembravano
così felici. Sembrava che tutte le loro preoccupazioni e
paure fossero di colpo svanite e non vedessero altro che la loro
piccola bimba.
Ma
poi tutto era andato in frantumi.
Elsa
aveva creduto che in quel modo l’avrebbero accettata,
così non usava mai i suoi poteri volontariamente. Ma i suoi
poteri erano parte di lei. E non riusciva a reprimere la sua natura.
Ma
a loro non importava, loro volevano solamente una docile e inoffensiva
fanciulla che avrebbe fatto di tutto per essere come gli altri.
Ed
Elsa li amava. Voleva odiarli, ma li amava.
Erano
i suoi genitori. E volevano il meglio per lei. O almeno era quello che
una bambina ingenua poteva credere.
Crescendo
si rendeva sempre più conto che non avevano mai fatto nulla
per il suo interesse. Ma solo per avere una figlia da mostrare come
“normale”.
Non
le volevano bene come avrebbero dovuto. Perché chi ti ama ti
ama per quello che sei, e non per chi potresti essere.
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Capitolo 9 *** In ritardo con una buona scusa ***
Elsa
era immersa in quel ricordo, e non si era accorta che intorno a lei era
iniziato a nevicare.
Quando
se ne accorse aprì gli occhi, e si trovò
d’avanti un sorridente Jack.
"Ciao"
la salutò.
"Ciao.
Che ci fai qui?"
"Non
posso venire a trovare una mia amica?"
La
parola amica fece rabbrividire Elsa, ma in ogni caso
acconsentì a fargli vedere Berck.
Camminando
un po' trovarono una scena curiosa e divertente:
"Hiccup
su, non fare come mia madre! Perché non vuoi guardarmi in
faccia?"
"Perché
porta sfortuna vedere il vestito della sposa prima del matrimonio."
"Ma
è una leggenda per spaventare i novelli sposi!"
"E
se non lo fosse?"
"Ma
che succede qui?" Si intromise Elsa d'un tratto.
"Il
tuo caro amico non vuole parlarmi guardandomi in faccia
perché indosso questa roba!" Disse la rossa indicando il
vestito.
"
Ma che ci posso fare? Il mio è un popolo di tradizioni e io
come capo clan le devo rispettare tutte!"
"A
me sembra solo che ti vuoi rendere ridicolo!"
"Ecco,
vedi che stiamo litigando, porta già male!"
"Paranoico!"
"Scorbutica!"
"Non
lo pensi sul serio"
"Invece
si!"
"Ma
se mi hai chiesto di sposarti!"
"Ero
ubriaco?"
"Io
ti uccido!!!!"
Elsa
e Jack ridevano a crepa pelle fino a quando non decisero di dare alla
coppia un po' di intimità.
"Come
fanno quei due ha sposarsi tra qualche ora?"
"In
realtà ne fanno spesso di questi litigi. Poi a un certo
punto Merida afferra Hiccup per la giacca e lo bacia. Tutto sistemato!"
"Questo
si che è amore!!" disse ironico Jack.
Elsa
fece una risatina, e continuarono a camminate in silenzio.
Un
silenzio che fu Jack a rompere:
"Pensavi
davvero quello che hai detto nel camerino della rossa?"
Il
cuore di Elsa si arrestò di colpo.
Per
un secondo ci vide sfocato e non respirò più.
Jack aveva davvero sentito tutto quello che aveva quasi confessato e
che per chi conosceva la loro situazione era facile da interpretare.
E
ora?
Che
fare?
La
ragazza respirò varie volte profondamente prima di buttate
fuori tutto quello che aveva dentro:" Si, dicevo sul serio! Tu mi
piaci, più di quanto vorrei, e non sono capace di accostate
il tuo nome alla parola amico che tu usi tanto con me. Io con te ho
instaurato un rapporto che non ho neanche con mia sorella, la persona
che mi ama di più sulla faccia della terra" fece una lunga
pausa nella quale provò a indovinare le emozioni dello
spirito.
Non riuscendosi si rassegnò, e con un sospiro disse:
"Sai,
forse dato che io provo questo per te ma tu non sembra per me... forse
sarebbe meglio non veder..."
"NO!
Io non posso non vederti più! Sei una persona comunque molto
importante per me e non posso perderti, ti prego. Farò
qualsiasi cosa!"
E
senza pensarci più su rifece quell'azione che non aveva
fatto dormire entrambi i ragazzi: fece di nuovo posare le sue labbra su
quelle della bionda.
Elsa
aveva sognato molte volte che Jack lo rifacesse e amò ogni
singolo attimo che seguì; amò le braccia di lui
attorno ai suoi fianchi, amò la il rumore dei loro respiri
sincronizzati, amò la gentilezza con cui le sue fredde
labbra stavano sulle sue.
Tutto
il mondo aveva preso a girare forte come la prima volta.
Si.
La
prima volta.
Quando
una speranza era stata frantumata con una semplice parola.
Non
voleva che succedesse di nuovo.
Si
spostò.
Non
avrebbe voluto farlo per tutto l'oro del mondo ma lo fece.
Jack
la guardò con aria interrogativa.
"Conoscevi
mia cugina vero? Ne eri innamorato?" gli domandò lei come
per rispondere.
Jack
colto alla sprovvista boccheggiò guardandola strano.
Poi
sotto lo sguardo sostenuto della regina disse:"Si…”
Jack
aveva capito dove Elsa voleva andare a parare, non poteva permettersi
di perderla per questo.
"Senti,
se credi che ti ho baciata solo perché mi ricordi tua
cugina... Non è così."
"No?"
"No!
Tu sei molto di più! Sei una persona stupenda che ha bisogno
di essere amata. Come me" disse l'ultima parte a voce appena udibile.
"Amici?"
chiese la regina che ormai si era arresa al credere che Jack
l’amasse come un’amica.
"No!"
rispose lo spirito facendo sollevare la testa alla ragazza.
"Ti
prego, non ce la faccio più. Io... Non so che cosa fare ne
cosa provo per te. So solo che per te provo dei sentimenti forti. Che
cosa dici?"
Elsa
non aveva parole.
Era
felice o era triste?
Non
ne era certa e così agì d'istinto, come faceva
sempre quando era con Jack.
"Si!!"
"Si?"
"Voglio
intraprendere una più ampia relazione che supera l'amicizia."
Jack
la guardò sorridendo e disse:" Ok, prima regola: niente
frasi troppo complicate. Quando siamo insieme niente linguaggio formale
ok?"
Elsa
sorrise arrossendo alla parola "insieme".
“Scusa,
cercherò di controllarmi.”
Restarono
in silenzio a guardarsi, non accorgendosi nemmeno che si stavano
avvicinando.
Quando
furono a pochi centimetri l’uno dall’altra
finalmente si resero conto della situazione; ma non si allontanarono,
ma sorrisero e annullarono la distanza.
Quel
bacio non fu il migliore che si fossero mai dati, non gli fece provare
emozioni mai sentite prima, ma comunque questo bacio era qualcosa forse
migliore: una certezza. La certezza che quello non sarebbe stato
l’ultimo, e che niente e nessuno avrebbe potuto separarli.
Quando
si staccarono Jack guardò Elsa in quei suoi grandi occhi
azzurri ghiaccio e disse:“ Te l’ho mai detto che mi
piace baciarti?” scherzò il ragazzo.
Elsa
rise di gusto.
“E
che mi piace la tua risata?” continuò.
“Allora
la sentirai spesso perché tu sei forse l’unico che
riesce a farmela fare!”
“Vuoi
dire che tu non ridi praticamente mai?!?” si
meravigliò Jack.
Elsa
scosse la testa un po’ imbarazzata.
“Allora
rimediamo subito!” annunciò il ragazzo, e detto
questo si avventò sulla povera regina solleticandola senza
pietà.
Elsa
rise, rise tanto finchè non le mancò
l’aria dai polmoni, e strillò a Jack di fermarsi.
“Visto?
Ti ho fatto ridere!”
“Si,
ma potevi evitare di arrivare a questo!” lo
rimproverò Elsa che si era accasciata a terra dal ridere.
“Beh,
questo è il modo più veloce, la prossima volta ti
faccio fare un voletto di tutta la zona ok?” propose lo
spirito sedendosi accanto a lei.
“Davvero?”
chiese ansiosa la regina.
“Certo,
possiamo andare anche adesso se ti va!”
“Adesso?
Ma fra poco c’è il…
MATRIMONIO!!!!!”
“Cosa?”
“Io
sono la testimone dello sposo! Non posso fare tardi, o Hiccup non mi
guarderà più in faccia!”
“Ok
ok, ma ora calmati!”
“Non
dirmi di calmarmi Jack!” gli urlò Elsa cominciando
a correre verso il palazzo delle unioni sotto lo sguardo divertito
dello spirito.
“Vuoi
che ti accompagni?” le gridò dietro lo spirito.
“Se
ti va!!!!” urlò distrattamente Elsa.
Jack
sorrise e si mise a volare al suo fianco.
Elsa
dopo quelle che sembravano ore di corsa arrivò al palazzo
delle unioni dove l’aspettava Hiccup.
“Elsa
finalmente!! Dov’eri?!?!?!?” disse il vichingo
venendole incontro.
“Te
lo dico dopo, ora entriamo!”
“Ma
è tutto a posto?”
“Il
mio migliore amico si sposa, come potrebbe non essere a
posto?”
“Io
ho un po’ paura!”
“Ma
di che?”
“E
se poi non funziona?”
“E
se poi funziona?”
“Non
sei d’aiuto!”
“Senti
Hic, io vi vedo ogni giorno vivere insieme, e anche se litigate spesso
riuscite sempre a trovare una soluzione e a tornare a
sorridere.”
“Dici?”
“Non
lo dico, lo so!”
“Ok,
entriamo?”
“Entriamo!”
“Ma
prima non sarebbe meglio stare un po’ qui fuori?”
“Hiccup
Haddock III entra subito in questo posto con me o non ti dico cosa
potrei fare, per non parlare di quello che ti farebbe Merida!”
Hiccup
al pensiero rabbrividì, e con l’aria
più convinta che riuscisse a fingere entrò.
Il
matrimonio fu memorabile, e nonostante le prime insicurezze
filò tutto liscio!
Neanche
il più abile scrittore potrebbe descrivere la
felicità degli sposi, o il più grande pittore
dipingerne l’amore.
Merida
baciava Hiccup che cercava di non arrossire sotto le risate di sua
madre e di Elsa.
Tutti
bevevano birra e si divertivano come pazzi, anche Jack che si dava alla
pazza gioia facendo scherzi a tutti.
Alla
fine i due sposi si ritirarono in camera per…ehm…
Godersi la nottata? E tutti andarono nelle loro case chi più
chi meno ubriaco.
Elsa
entrò in camera sua con Jack.
“Non
mi divertivo così da secoli!!!”
“La
cosa buffa è che tu lo dici in modo letterale!”
“Già!”
rise lo spirito.
Elsa
assunse un espressione un po’ imbarazzata e
disse:“Senti, io mi dovrei cambiare per poi andare a
letto…”
“Oh…”
Jack sembrava un cane al quale hanno rubato l’osso ma sorrise
e disse:“Nessun problema Fiocco di Neve!”
“Fiocco
di Neve?” domandò Elsa con un sorriso.
“Si,
perché non ti piace?” chiese Jack.
Elsa
lo baciò mettendogli le braccia attorno al collo.
“Non
saprei proprio descrivere quanto mi piace!”
Jack
sorrise e continuò a baciarla.
“Ok
basta…” disse a un certo punto lo spirito andando
verso la finestra.
“Se
continuiamo così finisce che non mi controllo più
e finiamo a letto insieme.”
“JACK!”
lo rimproverò la regina arrossendo violentemente.
“Dai,
scherzo! O forse no…”
La
regina non ebbe il tempo di ribattere, perché Jack era
già sparito, volando verso la luna.
Elsa
fece una risatina e andò a chiudere la finestra.
“Buona
notte Jack…”.
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Capitolo 10 *** Nessun lieto fine... di nuovo ***
Elsa
e Jack da quel giorno passarono ogni momento possibile insieme.
Giocavano tanto, animando pupazzi di neve e facendosi cadere l'un
l'altro sul ghiaccio.
Ma
Jack non era del tutto felice.
Per
quanto Elsa gli scaldasse il cuore e lo facesse sentire felice,lui
pensava ancora tantissimo a Rapunzel.
Per
quanto si sforzasse non riusciva sul serio a togliersela dalla testa.
I
suoi occhi verde smeraldo erano sempre con lui, così come il
suo sorriso e i suoi capelli dorati.
Non
sapeva davvero che fare, e non voleva che Elsa vivesse nel timore di
essere davvero un rimpiazzo.
Ma
non era così, lei lo faceva sentire felice con un suo
sguardo, e un suo bacio lo faceva sentire normale.
Già,
perché Elsa gli dava sempre questa sensazione. .
Lui
era uno spirito dell’inverno, un essere immortale, insomma
l’ultima persona che si potrebbe dire
“normale”. E invece Elsa con un solo sguardo lo
faceva sentire di nuovo umano, di nuovo vivo.
Ma
non avrebbe mai smesso di pensare alle sensazioni che Rapunzel gli
faceva provare, e anche al dolore che gli provocava non averla accanto.
Anche
se, quando era con Elsa tutto spariva, ogni incertezza, ogni dubbio,
diventava soltanto polvere, soltanto un ricordo.
L’amava,
ma non gliel'avrebbe mai detto, perché se l’avesse
fatto, avrebbe in un certo senso tradito i suoi sentimenti per Rapunzel.
Ogni
giorno passeggiavano a lungo mano nella mano nei giardini reali.
Gli
piaceva tanto farlo, solo passeggiare, come la prima volta consapevoli
del fatto che senza parole puoi ascoltare meglio il cuore.
A
volte passavano accanto a un giardiniere che pensava che la regina
fosse impazzita a dare la mano all’aria.
Ma
nessuno dei due ci faceva caso, anzi, ci ridevano anche sopra!
Un
giorno il cielo si ricoprì di nuvole nere, così
tutta la servitù e la famiglia reale, si preparò
a un forte acquazzone rintanandosi nel palazzo.
Ma
non Elsa, lei non avrebbe potuto rinunciare per nulla al mondo al suo
momento con Jack, e così andò
all’appuntamento come al solito.
Per
un po’ non successe nulla, ma ad un tratto goccia dopo
goccia, cominciò a piovere con tanta forza che gli alberi
più piccoli cominciarono già a sradicarsi.
Elsa
e Jack corsero a ripararsi nel castello, ridendo della loro
stupidità al rimanere fuori.
Arrivati
in camera chiusero la porta e si guardarono: erano bagnati da capo a
piedi, e sgocciolavano dappertutto.
“La
prossima volta do ascolto a mia sorella!” commentò
la regina prendendo un telo e asciugandosi i capelli.
“Ma
non ti sei divertita a correre sotto la pioggia Fiocco di
Neve?” sorrise Jack.
“Parli
bene tu, non rischi una polmonite!” ribattè la
regina.
“E
poi come fai a trovare sempre il lato positivo delle cose?”
“Se
non lo trovo io che sono lo spirito del
divertimento…”
“Vero
anche questo!”
Si
guardarono per un po’ sorridendo.
“Oh…
Ehm… Ti devi cambiare?” chiese Jack abbassando la
testa.
“Cosa…?
Oh! Si, è vero.”
“Allora
vuoi che vada?”
“Sarebbe
meglio…”
“Bene”
“Bene”
Jack
si avvicinò a Elsa e la baciò come
l’ultima volta.
Non
riusciva mai a capire come facessero i baci di Elsa a accendergli quel
gran fuoco dentro, come solo il tocco delle sue labbra lo inducesse a
volere di più. Non riusciva a staccarsene, doveva toccare
quei fianchi perfetti, sentire le braccia di lei intorno al collo, e
strofinare il suo freddo naso sul suo.
Continuava
a baciarla, per sentire quella sensazione meravigliosa, che non aveva
mai provato.
Alla
fine i polmoni di lei cedettero e si staccò per cercare aria.
“Fammi
indovinare” scherzò lei ansimante “ora
te ne andrai per non finire col fare azioni avventate, ho
ragione?”
Jack
non rispose.
Non
sapeva cosa dire del resto. Ricominciò solo a baciarla,
passando dalle labbra allo zigomo e poi al collo.
“Tu
che vuoi che faccia Fiocco di neve?” le sussurò
all’orecchio prima di ricominciare a baciarla.
Poi
la prese in braccio e l’adagiò delicatamente sul
letto.
Smise
di baciarla per un secondo rimirando quegli stupendi occhi di ghiaccio
guardarlo aspettando.
“Resta”
furono le ultime parole della ragazza prima di chiudere gli occhi e
abbandonarsi totalmente al piacere che Jack le procurava.
Jack
si svegliò nel cuore della notte, la luna si ergeva alta in
cielo.
Lo
spirito guardò accanto a se Elsa che dormiva.
L’aveva
già vista dormire, ma non era stata la stessa cosa.
Adesso
Elsa aveva il sorriso stampato sulle labbra, e i suoi lunghi capelli
sciolti con la sua pelle pallida esposta ai raggi di luna la facevano
sembrare un angelo.
Jack
sorrise e piano si alzò andando alla finestra.
Guardò
la luna piena e bianca come il latte.
Sembrava
sorridergli.
Jack
sorrise a sua volta.
Non
aveva mai capito cosa spingesse la luna a dargli tutte quelle nuove
opportunità, tutte quelle nuove occasioni di essere felice.
L’aveva
riportato in vita perché si era sacrificato per sua sorella,
ma non aveva mai capito perché aveva permesso a Elsa e a
Rapunzel di vederlo.
Ma
sorrise alla luna.
“Grazie”
le disse.
Ormai
era come se la luna lo ascoltasse ogni notte, e gli rispondesse, anche
se con un modo muto.
Jack
guardò un ultima volta Elsa.
Non
seppe mai perché fece quel gesto, solo che lo fece.
Si
rivestì, raccolse il suo bastone, scrisse un biglietto a
Elsa e la baciò sulla fronte per poi volare via.
Arrivato
sul lago Morto provò a guardare il suo riflesso attraverso
l’acqua e come al solito non vide nulla.
Ma
non ci fece molto caso, perché stava pensando ad altro.
Quella
era stata la notte, forse, più bella della sua vita, e non
poteva fare a meno di pensarci ogni momento.
Quando
chiudeva gli occhi, rivedeva quei capelli platinati, quel sorriso solo
per lui, e quegli stupendi occhi azzurri.
Ricordava
come la stringeva a se e come la baciava teneramente, e non poteva fare
a meno di sentire un crampo allo stomaco di felicità.
L’amava
ogni giorno di più, e di questo non poteva non accorgersene.
Aveva
amato Rapunzel come non avrebbe più amato nessuno nella
vita, ma ora c’era Elsa nella sua vita, ed era il momento di
rendersene conto.
Così,
creò un piccolo ciondolo di ghiaccio, con il pendente fatto
a fiocco di neve.
Lo
mise nella tasca della sua felpa e si addormentò.
Il
mattino dopo i raggi del sole accarezzarono il viso di Jack
svegliandolo.
Lo
spirito si alzò in piedi e si mise in viaggio.
Al
suo arrivo però Elsa non c’era, ma solo il letto
vuoto e le lenzuola tirate via.
Da
prima Jack credette che Elsa si fosse alzata prima del previsto, ma poi
notò una cosa strana: il biglietto che le aveva lasciato era
stato fatto in coriandoli.
Era
sul pavimento, ormai era illeggibile, ma ce n’era un altro
sopra.
Il
ragazzo lo prese e lo aprì, non potendo credere a cosa
c’era scritto:“Trovami,
se puoi”.
Non
era la scrittura di Elsa.
Non
era il modo di fare di Elsa.
Non
era stata Elsa a scrivere il biglietto.
Elsa
era stata rapita.
Jack
aveva perso di nuovo il suo lieto fine.
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Capitolo 11 *** La ladra ***
Elsa
si risvegliò in una cella buia e umida, con un odore
terribile, e anche qualche ratto desideroso di cibo.
Come
era finita lì?
Il
suo ultimo ricordo era un risveglio brusco e degli uomini che
l’afferravano e le facevano perdere i sensi.
Si
guardò le mani, erano di nuovo legate con due forti catene
di acciaio, come l’anno prima.
Provò
a congelarle, ma non ci riuscì.
Le
avevano messo addosso un vestito fatto di stracci come quelli dei
carcerati delle prigioni di Arendelle, e si vedevano bene i lividi che
aveva sui bracci doloranti.
Aveva
fame e sete.
Ma
non era questa la sua priorità, perché i suoi
pensieri indugiavano su Jack.
Dove
poteva essere andato, e perché non l’aveva
protetta?
Aveva
molte domande, ma la rassicurava il fatto che era invisibile e
immortale, e quindi non gli sarebbe potuto capitare nulla.
Si
mise a sedere e appoggiò la testa contro il muro.
C’era
una finestrella dalla quale entrava uno spicchio di luce.
Doveva
essere pomeriggio.
Chiuse
gl’occhi e ascoltò il mare sotto di lei
schiantarsi contro gli scogli.
“Ascolti
il mare Elsa? Bene, sarà una delle poche cose piacevoli che
potrai fare qui”
Una
voce emerse dall’oscurità. Era la voce di una
ragazza
A
Elsa sembrava familiare, ma non ci fece caso.
“Chi
sei?” chiese alzandosi in piedi.
“Oh,
lo vedrai…”
“Che
ci faccio qui che vuoi da me?”
“Voglio
ciò che non è tuo ma hai.”
“E
questo che vorrebbe dire?”
“Non
fare l’ingenua!”
“Senti,
davi sapere che io ho i poteri del ghiaccio e…”
“...quando
hai paura non li controlli e potresti fare del male a qualcuno, o se
non altro scappare di qui, si si si! Ma vedi questo non mi spaventa
affatto! Quelle catene sono fatte del materiale più forte
che l’uomo abbia mai creato, e comunque qui siamo in mezzo a
un mare caldo, che non puoi ghiacciare, né attraversare a
nuoto. Sei in trappola!”
“Ma
perché mi fai questo?!?!”
“Perché
tu mi hai portato via l’unica cosa di inestimabile valore di
cui mi importasse. E ora è tua! Non posso tollerarlo
questo”
Elsa
cominciava a essere davvero spaventata, e una lacrima
cominciò a scorrerle lungo la guancia.
“Ti
prego… Dimmi che cosa ti ho rubato! Te lo
restituirò, ma tu lasciami andare!”
“Non
è così semplice. Vedi, tu mi hai rubato una cosa
che a parer mio non vuole stare con te, ma è
costretto.”
A
Elsa cominciava a venire un dubbio terribile.
“Cosa
ti ho rubato, ti prego, dimmelo!”
“Non
ci arrivi da sola. Riflettici. Ciò che non è tuo
ma hai…”
Elsa
scosse la testa. Non avrebbe mai ammesso che lui non era suo. Non
l’aveva rubato a nessuno, e non avrebbe mai ammesso un
crimine da lei non commesso.
“Io
non ho rubato nulla!” disse con convinzione alzando gli occhi.
“Oh,
invece l’hai fatto!” ribatté la figura.
“Dimmi
chi sei!!” urlò Elsa avvicinandosi alle sbarre.
La
figura uscì allora dall’ombra mostrando un corpo
di donna mingherlino e alto.
Aveva
due grandi occhi verdi e corti capelli biondi...
“RAPUNZEL!!!”
“Ciao
cugina”
“Anna
ora calmati!!”
“Come
faccio a calmarmi Kristoff? Come faccio?!?!?!?!?!?!”
Anna
strillava andando avanti e indietro per la camera da letto.
“Vedrai
che starà bene!”
“Come
fa a stare bene è scomparsa!!”
“Io
rivoglio la zia Elsa!!!”
“Visto?!?!?!
Ora anche Emma fa le storie!”
La
principessa di Arendelle non si dava pace; sua sorella usciva molto
spesso da sola tornando tardi, l’altra sera ha quasi
rischiato una polmonite per farsi una passeggiata in giardino, la
servitù dice sempre che la vede parlare da sola, e ora era
anche scomparsa.
Anna
non era abituata a questo genere di cose.
Non
era abituata a prendere tutte le responsabilità sulle spalle.
“Anna,
se ti agiti fai male al bambino!”
“Mamma
io voglio una sorellina sana!!” si lamentò Emma.
“Le
guardie sono già alla ricerca di Elsa
e…”
“E
se non trovano nulla?!?!?” lo interruppe la moglie.
“E
se fosse stata fatta prigioniera dei banditi, o dal principe Hans
o…”
“Amore!
ORA BASTA!!!” urlò Kristoff.
Anna
lo guardò smettendo di camminare.
“Vedrai
che tutto andrà per il meglio ok? Troveremo Elsa e si
sistemerà ogni cosa ok?”
Anna
andò ad abbracciare il marito.
“E
se chiedessimo aiuto a Jack?” propose ad un tratto Emma.
“Chi
è Jack tesoro?” chiese Anna.
“Lui…
è un amico di zia Elsa, si si.”
“Davvero?
E com’è che io non ne sapevo nulla?”
“Beh,
era un segreto!”
“Oh…
Ma ora mi puoi dire Jack dov’è?”
“Non
lo so…” ammise la piccola.
Anna
assunse un aria un po’ delusa.
“Ma
la zia Elsa quando lo voleva sussurrava al vento il suo nome!”
Kristoff
e Anna si guardarono l’un l’altro con aria stupita.
“Come
al vento?” chiese il padre alla piccola.
“Si
babbo, così!”
Emma
sgusciò via dalle braccia della madre e andò ad
aprire la finestra.
Aspettò
che ci fosse un po’ di vento e sussurrò al
vento:“Jack Frost… per favore!”
Passarono
alcuni minuti, e poi la figura di un ragazzo si presentò
alla finestra.
“Pulce!
Sei tu che mi hai chiamato?” si stupì Jack.
“Sì,
sono stata io!”
“Emma,
chi è quello?!?!” chiese Anna prendendo la bambina
in braccio e allontanandola dalla finestra.
“Tu
mi vedi?!?!?!” disse Jack chiedendosi che fine avesse fatto
il “hai un bastone magico ma non ti può vedere
nessuno”.
“Lui
è Jack Frost mamma!”
“Aspetta,
quel
Jack Frost?!?!?”
“Ma
di che state parlando voi due? Qui non c’è nessun
uomo a parte me!”
Anna
si girò verso Kristoff che guardava imbambolato la finestra
vedendo solo il nulla.
“Ma
certo che non c’è tesoro!” disse Anna.
“Ora,
scusa ma vado a mettere a letto Emma!” trovò poi
una scusa per uscire dalla stanza.
“Ma
sono le 4:00 del pomeriggio!”
“Non
importa, Emma è stanchissima vero tesoro?”
“Sì.
Notte babbo!”
Anna
fece un cenno col capo allo spirito, e quello la seguì fuori
dalla stanza.
Entrarono
nella camera da letto di Emma.
Jack
guardò Anna nell'attesa che lai parlasse.
Invece
successe una cosa bizzarra: Anna si avvicinò a lui con un
enorme sorriso sul volto e gli cominciò a stringergli la
mano.
O
meglio, a stritorargli la mano.
“Insomma,
tu sei Jack Frost vero? Oh, è un vero piacere conoscerti,
eri il mio idolo da bambina, sai? Mia madre a dodici anni mi ha detto
che non esistevi, ma io lo sapevo che non era vero! Ho sempre creduto
in te come in Babbo Natale, il coniglietto di Pasqua la Fata del
Dentino…”
“Si
si, va bene, e questo spiega perché puoi vedermi”
la interruppe lo spirito “Ma ora potresti lasciarmi la mano?
Sai, mi fai un po’ male.”
Anna
lasciò andare la mano imbarazzata.
“Scusa.
Tu e mia sorella state insieme allora?”
“Cosa?”
“COSA!?!?!?!”
Emma
era diventata paonazza e sembrava quasi non reggersi in piedi.
“Mamma,
la zia Elsa sta insieme a Jack Frost? Non voglio che la zia voglia
più bene a lui!!!”
Emma
scoppiò a piangere.
“Come
fai a sopportarla tutto il santo giorno?” chiese lo spirito
ad Anna.
“Un
po’ di rispetto, è mia figlia. Ma state insieme si
o no?”
Jack
rispose con un piccolo gesto del capo seguito dagli strilli
più forti di Emma.
“Oh
mio Dio pulce smettila di piangere! Vuoi che arrivi tuo
padre?!” la rimproverò lo spirito ottenendo il
risultato sperato. Emma smise di piangere, ma continuò a
guardare storto Jack.
“Jack,
tu sai dov’è andata Elsa?” chiese Anna
con uno sguardo di supplica.
“No”
ammise il ragazzo “non l’ho più vista da
ieri notte”
Anna
si accasciò su una sedia prendendosi la testa tra le mani.
Jack
notò come quella ragazza che esteriormente sembrava piena di
vita dentro fosse fragile e inadatta a queste situazioni.
Scosse
la testa per risvegliarsi dai suoi pensieri.
“Avete
trovato qualcosa di interessante nella camera di Elsa?”
chiese Jack.
“No,
solo segni di lotta quasi irriconoscibili, vuol dire che
l’hanno stordita quasi subito, o che erano in tanti e che
hanno avuto la meglio velocemente, e un biglietto”
“Si,
Trovami,
se puoi. L’ho
letto anche io.”
“La
cosa strana, è che mi sembra di averla già vista
quella calligrafia. Sembra, non so… Familiare?”
“Che
vuoi dire con questo?”
“In
famiglia, (e intendo zii, sorelle, cugini) tutti hanno avuto lo stesso
insegnante privato, questo comporta che ci ha insegnato a scrivere in
un certo modo a tutti. Quindi in famiglia hanno tutti la stessa
calligrafia, più o meno.”
“Ok,
quindi tu credi che sia uno della famiglia in base alla calligrafia con
cui sono state scritte tre parole?”
“Almeno
io ho una teoria”
“Ok
ok. Hai un’idea di chi potrebbe avere un motivo in famiglia
per odiarla?”
“Lei
è la regina quindi da quando è nata è
stata odiata dagli eredi al trono i miei zii.”
“Non
credo, perché se no l’avrebbero uccisa alla
nascita, e non dopo che anche tu hai fatto una figlia”
“Vero.
Ma forse mi sbaglio, non è la calligrafia che credo
io”
“Posso
vedere il biglietto?”
“Si,
certo”
Anna
uscì dalla stanza.
“Il
biglietto odora di zia Rapunzel.”
Era
stata Emma a parlare.
Jack
si girò di scatto verso la piccola che si comportava come se
non avesse detto nulla.
“Che
cosa hai detto?”
“Io
sono brava a riconoscere gli odori. La zia Rapunzel, tutte le mattine
si metteva un profumo alla violetta. E quel biglietto profuma come
lei”
Jack
era sconcertato.
Sapeva
benissimo che Rapunzel si metteva sempre quel profumo, e lui stesso
glielo portava quando lo finiva e sua madre non voleva comprarlo.
Si
mise a ragionare.
La
calligrafia di famiglia. Rapunzel aveva imparato a scrivere quando era
diventata principessa.
Il
profumo. Lei lo usava per tutto, anche per le lettere.
Un
buon motivo. Se avesse scoperto che lui e Elsa erano più che
amici non l’avrebbe mai accettato, del resto non
l’ultima volta che l’aveva vista non era stato
piacevole per nessuno dei due.
NO!!
Non era possibile. Rapunzel era la persona più buona che
avesse mai messo piede sulla terra, e non era possibile che facesse
qualcosa di male alle persone che la circondavano.
E
poi lei ormai era sposata, e non pensava più a lui, giusto?
Non
poteva pensarci, non poteva essere stata lei!
O
forse...
“Ho
trovato la lettera!”
Jack
riemerse dai suoi pensieri.
“Jack
tutto bene?”
“Anna…”
disse Jack ignorando la domanda “Verresti con me a Corona?
Dobbiamo recuperare tua sorella”
Anna
non rispose. Sfrecciò solo verso la porta per prepararsi.
Dopo
neanche un quarto d’ora la carrozza era già pronta
e in viaggio verso Corona.
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Capitolo 12 *** Un eroe ***
Elsa
non ne poteva più della prigionia.
La
nutrivano a pane e acqua, le guardie erano due loschi figuri che la
guardavano come un bambino guarderebbe un dolce, e in più
sua cugina la picchiava sempre.
Non
se lo sarebbe mai aspettato da lei.
Insomma,
sapeva che c’era stato qualcosa tra lei e Jack, ma non
pensava che fosse ancora così attaccata a questa storia.
Ma
sopra tutto, quando guardava gli occhi di Rapunzel, non vedeva niente.
Non
c’erano emozioni, ne rabbia, ne amore, ne gelosia, ne
rimpianto.
Solo
un enorme vuoto impossibile da colmare.
Elsa
diventava sempre più debole e fragile.
Ogni
giorno quando la lasciavano un po’ in pace ascoltava il vento
che gonfiava le onde del mare e gli chiedeva invano di portare un
messaggio a Jack.
Non
perdeva mai la speranza che lui arrivasse, come da piccola non aveva
mai perso la speranza di essere normale, e di apparire perfetta ai suoi
genitori.
Sussurrava
al vento ogni minuto il suo nome, finché sua cugina non la
veniva di nuovo a prendere, e la portava nella stanza grande.
La
stanza grande (come la chiamava Rapunzel) era una stanza con una grande
teca di vetro, dove Elsa veniva rinchiusa.
Poi
Rapunzel chiudeva tutti i condotti d’aria e lasciava
lì Elsa finché la regina non cadeva a terra priva
di sensi.
Allora
venivano riaperti i condotti d’aria finché la
ragazza non si svegliava e allora riempivano d’acqua la teca,
fin quando Elsa non finiva l’aria per la seconda volta. Alla
fine di questa mostruosa tortura la portavano nella sua cella, e
lì riposava fino alla mattina seguente.
Elsa
era sfinita, ma non poteva arrendersi. La felicità esisteva,
e lei non avrebbe smesso di cercarla.
“Anna!
Quale gradevole sorpresa, che ci fai qui?”
Ad
accogliere l’ospite dal suo viaggio era venuto
l’ormai re di corona Flynn Rider.
Anna
aggrottò subito le sopra ciglia, non era da Rapunzel non
accogliere gli ospiti, sopra tutto se erano di famiglia.
“Rapunzel?”
chiese infatti.
“Lei…
ehm…” Jack al fianco della principessa
notò subito che Flynn non sapeva cosa rispondere. Come se
cercasse una risposta semplice e credibile.
“...
Lei è malata.”
Anna
si finse addolorata.
“Oh,
mi dispiace tanto, posso vederla?”
“NO!
Voglio dire… No, deve riposare.”
“Certo.”
“Allora,
cosa posso fare per te?”
“Io…
Vedi, è molto doloroso per me parlarne, ma… Elsa
è morta!”
Flynn
si bloccò a quelle parole, e la sua fronte si
inumidì di goccioline di sudore.
“Oh,
mi dispiace molto. So che voi eravate molto unite.”
“Infatti,
e ora lei non c’è più. Ed è
stata anche assassinata! Non vorrei mai che capitasse a me”
“Già…”
“Ma
stiamo facendo tutto il necessario per scoprire il colpevole, le nostre
guardie hanno già una teoria.”
“Cosa?!”
Anna
sorrise senza farsene accorgere. Flynn le stava cedendo, gli si leggeva
in volto.
“E
a cosa porta la teoria?”
“Ancora
le guardie non ci hanno informato, ma pensano che sia uno di famiglia.
Dicono che hanno trovato delle prove.”
“P-prove?”
“Si.
Ti immagini come deve essere uccidere un tuo parente? Io non ce la
farei mai! Voglio dire, il suo volto mi perseguiterebbe tutte le notti,
non mi darei pace sapendo di averlo ucciso, e non ce la farei a vivere
con la paura di essere scoperta.
Sarebbe
un peso insostenibile che mi aggrava sul cuore” disse tutto
questo con un aria davvero spettrale, e Jack si meravigliò
della sua teatralità.
Poi
Anna guardò Flynn dritto negli occhi e chiese:“Non
sei d’accordo?”
“Non
puoi capire quanto...”
“Come?”
“Ah…
No, nulla. Si sono d’accordo. Potresti andare nella tua
stanza da sola? Tanto conosci già la via vero?”
“Certo,
non preoccuparti.”
Dette
queste parole Flynn si dileguò come un ombra, e Anna
andò nella sua stanza.
“NON
CI POSSO CREDERE!!! SE QUEI DUE HANNO FATTO DEL MALE A ELSA SUBIRANNO
TUTTA LA MIA IRA!!!”
“La
tua ira adesso la stanno subendo le mie orecchie, per favore calmati e
smettila di urlare!”
“Hai
ragione, ma se sono stati da vero loro? Capisci quanto sia difficile
per me?! Lei è mia cugina io mi fidavo di
lei…”
“...
e io l’amavo.” concluse Jack con gli occhi lucidi.
Anna
si zittì subito.
“Mi
dispiace…” disse dopo un po’.
“Non
sai a me. Intendo, non mi dispiace di essermene innamorato, ma che lei
abbia fatto del male alle persone che ama per me. Questo è
ingiusto.”
“Molte
cose sono ingiuste al mondo Jack. Guarda me! Sono rimasta chiusa per 14
anni della mia vita in un palazzo solo perché mia sorella
aveva un potere che non controllava. Ti sembra giusto? No, non lo
è. Ma io ho avuto parte di responsabilità in
quella situazione. Vedi Jack, se ti arrendi alle situazioni, non
cambierà mai niente. Se c’è una cosa
che i libri mi hanno insegnato sugli eroi è che loro cercano
sempre di cambiare una situazione disastrata. E che non si arrendono
mai”
“Allora
decisamente non sono un eroe”
“Ma
puoi esserlo. Tutti possono. Credimi Jack, eroi non si nasce, si
diventa.”
Jack
alzò la testa, e guardò Anna. Quella ragazza
aveva qualcosa che lo affascinava; la maggior parte del tempo era
allegra, ma chi la conosceva bene, sapeva che non era quella la sua
vera identità. In realtà era forte e fragile allo
stesso tempo. Era una ragazza dai mille talenti. E forse era questo che
faceva innamorare le persone di Anna: aveva sempre
l’atteggiamento giusto quando qualcuno aveva veramente
bisogno di lei.
“Allora
diventiamo eroi: riportiamo Elsa a casa”
Quella
mattina Elsa si svegliò con il solito giro di chiavi nella
cella.
Ma
quella volta quando alzò lo sguardo non trovò la
solita guardia, ma Rapunzel.
“Cosa
c’è cugina? Hai licenziato le guardie
perché ti disturbavano quando mi guardi soffocare?”
“No
cugina, oggi ti voglio raccontare una storia”
Elsa
venne portata ancora una volta nella stanza grande, ma questa volta al
posto della teca c’era un tavolino con tanto cibo
sopra.
“Siediti
cugina” ordinò Rapunzel.
Elsa
si sedette.
“Ora
mangia”
Elsa
educatamente si riempì il piatto e cominciò a
mangiare.
“Mi
avevi promesso una storia” disse ad un tratto posando le
posate.
“Vero.
Allora…
C’era
una volta una ragazza. La poverina era rimasta segregata in una torre
per tutta la sua vita per colpa del potere che emanavano i suoi capelli.
Era
una strega che la teneva lì, salendo e scendendo
dall’altissima torre usando i capelli della ragazza che
avendo proprietà magiche crescevano a dismisura, tanto che a
12 anni erano già arrivati a 64 piedi. Spacciandosi per sua
madre la strega sfruttava la povera fanciulla mantenendo la giovinezza
attraverso i capelli della giovine.
Ma
la ragazza aveva sempre visto delle strane luci nel cielo il giorno del
suo compleanno, lanciate da tutto il regno di Corona, dato che lei non
era solo una bambina speciale. Era una principessa!
La
ragazza desiderava intensamente vedere che cosa fossero quelle grandi
luci che sembravano brillare per lei.
Un
giorno con una scusa allontanò la strega dalla torre, e il
giorno del suo quindicesimo compleanno si calò con i suoi
lunghi capelli giù dalla torre e si avviò verso
il bosco.
Ma
la ragazza non aveva considerato che non conosceva effettivamente la
strada per andare nel regno e vedere le luci, e così si
perse nel bosco.
Arrivò
alla fine sulle sponde di un lago, e essendo molto stanca si
fermò a riposare.
Tutto
ad un tratto però, il lago cominciò a ghiacciarsi
benché fosse estate.
Allora
la ragazza alzò lo sguardo e vide un ragazzo.
Era
bellissimo.
Certo,
lei non aveva mai visto un ragazzo in vita sua, ma tutto di lui la
rapiva; i suoi occhi azzurri, la sua pelle diafana, il modo in cui si
muoveva simile ad un fiocco di neve sbattuto al vento.
Fu
lei la prima a parlare, e il ragazzo fu sorpreso di ciò.
Perché?
Perché
quello non era un semplice ragazzo, quello era lo spirito
dell’inverno. E lei era l’unica che lo potesse
vedere; come se fosse un segno del destino.
Lui
la riportò alla sua torre, dato che ormai era troppo tardi
per le luci.
Da
allora i due cominciarono a passare un sacco di tempo insieme, e come
è tradizione in ogni favola si innamorarono.
O
meglio, lei si innamorò di lui.
Non
faceva altro che pensare a quei suoi stupendi occhi blu cielo, a cosa
non facesse per farla ridere, per farla stare bene, fino a che, il suo
diciassettesimo compleanno lui le promise che l’avrebbe
portata a vere le luci.
Lei
era euforica, perché il suo grande sogno si stava avverando,
e lo avrebbe realizzato con la persona di cui più le
importava.
Lungo
la via si trovarono in una radura deserta, e lo spirito, colse
l’occasione, per giocare un po’.
Si
divertirono tanto, fino a quando la ragazza, non poté
più sopportare di stare lontana da quelle labbra perfette, e
vi si avvicinò fino a sfiorarle.
Ma
in quel momento il cuore della ragazza fu spezzato in tanti minuscoli
pezzi, perché lo spirito si allontanò da lei
volando via.
La
ragazza tornò alla torre piangendo.
Si
sentiva un grande baratro sotto i piedi, e si sentiva risucchiare
mentre cercava di rimanere su.
Piangeva
sempre, non mangiava e non dormiva.
Piangeva
e basta.
Cosa
mai si poteva mai fare?
Lui
non l’amava, mentre il suo amore era tanto grande, che
ogni giorno si metteva alla finestra della sua torre
guardando il cielo e aspettando che lui comparisse, ma non succedeva
mai.
E
così giorno dopo giorno lei appassiva e si spegneva.
Ma
la cosa che le sembrava più innaturale, era che sentiva il
ragazzo sempre accanto a lei.
Loro
erano connessi da un legame così profondo che lei poteva
avvertine la presenza da chilometri di distanza.
Allora
un giorno capì.
Lui
era sempre lì con lei.
E
non in senso spirituale, in senso letterale.
La
giovane si convinse che lui la spiasse sempre, e che il suo non fosse
stato un rifiuto, ma una costrizione.
Il
motivo non gli interessava. Sapeva solo che lui era sempre
lì.
E
fu in quel momento che ricominciò a vivere.
E
per il suo diciottesimo compleanno un tale bussò alla sua
porta (si fa per dire, in realtà fece irruzione nella sua
torre), e lei lo costrinse a portarla a vedere le luci.
Non
voleva più soltanto vederle per capire che
cos’erano, ma voleva andarci affinché lo spirito
si ricordasse del loro sogno e venisse allo scoperto da lei.
Ma
non successe.
Invece
l’uomo che la portò alle luci si
innamorò di lei, e fu lui alla fine a liberarla dalla strega
e ricondurla al suo regno.
Ma
la ragazza amava quel tale?
Lo
amava.
Ma
amava di gran lunga di più la persona che le aveva tolto e
poi ridato la voglia di vivere.
Cosa
poteva fare?
Quando
lui le chiese di sposarlo, lei cosa fece?
Fece
la cosa che le sembrò più giusta:
accettò.
Ancora
nutriva la speranza che il suo amato arrivasse e fermasse il
matrimonio, anche se questo non successe, e la ragazza
ricominciò a soffrire sempre di più.
Poteva
esserci fine a quello che il baratro poteva fare?
No!
Infatti
quella sera lei vide di nuovo il suo amato, al ricevimento, e ebbe la
risposta a tutte le sue teorie: lui le stava sempre vicino.
Ma
lui non venne da lei, non la prese tra le sue braccia come prima, ma si
innamorò si un’altra.
Una
ragazza se vogliamo, molto più bella, molto più
regale e molto più intrigante di lei.
Ma
non per questo si doveva sentire in diritto di portare via alla ragazza
quello che amava di più!!
In
quei giorni la giovane seguì la coppia, odiando sempre di
più la ragazza, tanto che una volta si lasciò
anche sfuggire qualche parola, mentre i due passeggiavano nei suoi
giardini. E dire che era persino sua cugina!
Non
sapeva davvero cosa fare, se andare avanti, o dar sfogo alla sua ira.
Naturalmente
scelse la seconda, la più giusta.
Così
fece rapire sua cugina, portandola in un’isola in mezzo al
mare, ma lasciando vari indizi su come trovarla.
Perché?
Perché
vuole portare lo spirito dell’inverno all’isola,
costringerlo a guardarla negli occhi e a dirle che non l’ama.
Che lui vuole l’altra e che è andato avanti con la
sua vita.
Voglio
vedere Jack dire che non si è pentito di essersi innamorato
di te.”
Chiedo mille volte scusa, ma
questo era il capitolo che sarebbe dovuto uscire ieri (o ieri l'altro
non ricordo), e visto che ho già scritto la storia da
un'altra parte ho invertito i capitoli.
Lo so, potete anche spararmi!
Dopo avervi chiesto ancora scusa, mi dileguo silenziosamente, sperando
che nonostante la mia pollaggine continuiate a seguire la mia storia
(anche perché dopo questo manca solo l'epilogo!) Ciao ciao!
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Capitolo 13 *** La scelta ***
Jack
e Anna si erano messi a spiare Flynn di recente, appostandosi dietro le
porte, e facendo altre “gran fesserie” come le
definiva Jack.
Certe
notti, Flynn si chiudeva in camera sua e parlava con qualcuno, anche se
i due amici non riuscivano a capire chi, e quindi ipotizzavano essere
Rapunzel.
“Basta
Anna! Non si può andare avanti così!”
“Devi
essere paziente!”
“Paziente?
Una settimana Anna, è passata una settimana! E ancora
nulla!”
“Ok,
ma sappiamo che Flynn e Rapunzel ci sono dentro fino al collo,
cioè, non è una buona notizia, cioè
è una pessima notizia, ma si sistemerà
tutto!”
“Perché
non facciamo irruzione nella camera di Flynn quando lui si chiude
dentro?”
“Ci
avevo pensato anche io, ma io non sono in grado di
affrontarlo!”
“Io
si però!”
“Jack,
sei invisibile e inconsistente, non puoi nemmeno tirargli i
capelli!”
“Si,
ma posso congelarlo!”
“Non
voglio farlo morire! E poi da morto non servirebbe a nulla!”
“Ok,
allora perché non gli congelo tutto meno che la
faccia?”
“Perché
noi siamo i buoni Jack! Non facciamo queste cose!”
“Ci
siamo comportati da buoni in questi giorni e cosa abbiamo concluso?
Nulla!”
“Jack,
basta! Ti stai comportando da persona irrazionale!”
“E
vediamo quale sarebbe il piane della rossa tanto razionale che ho di
fronte?”
Anna
ci pensò un po’ su.
“Ok,
faremo irruzione come vuoi tu...”
“Fantastico!”
“...Ma
a modo mio!”
“E
quale sarebbe il tuo modo?”
“Non
lo so ancora! Lo inventerò sul momento credo!”
Jack
sbuffò “Bene, accetto!”
“Allora
andiamo!”
Come
ogni sera Flynn si era rintanato nella sua camera a parlare.
Anna
e Jack si appostarono dietro la porta ad origliare:
“Sono
sempre più sicuro che ci abbiano
scoperti…”
“10...”
“No!
Non detto proprio niente!”
“9...”
“Si,
te lo giuro!”
“8...”
“Ma
Anna mi aveva detto che era morta, perché mentire?”
“7...”
“NO!
Nel modo più assoluto mi rifiuto di farle del
male!”
“6...”
“Si,
certo che ti amo, ma credo che questa storia sia andata troppo
oltre!”
“5...”
“Ma…”
“4...”
“Ok,
lo farò. Tu però promettimi che
quest’incubo finirà presto!”
“3...”
“Bene…”
“2…”
“Lo
farò...”
“1…”
“A
dopo…”
“ADESSO!!!”
Anna
entrò come una furia nella stanza puntando un coltello alla
gola di Flynn.
“Che
cosa succede qui?!?” urlò il re di Corona.
“E
tu con chi stavi parlando?” disse Anna notando che in giro
non c’era nessuno.
“Con
nessuno!”
“Non
credere di farmi fessa, ho sentito tutto, e personalmente trovo
orribile che tu voglia uccidermi!”
“Io
non voglio ucciderti Anna! Metti giù il coltello ti
prego!”
“NO!
IO VOGLIO SAPERE DOVE TU E RAPUNZEL TENETE MIA SORELLA, COSA LE AVETE
FATTO E PERCHÉ! No aspetta, il perché me lo posso
immaginare, MA TUTTO IL RESTO LO DEVI CONFESSARE!!!!!!”
Flynn
era impaurito, tremava e sudava tremendamente.
“Non
parlerò” disse spaventato.
“Ok,
ora ti voglio dire una cosa! Sai com’è vivere
tutta la vita in un castello isolata dal mondo e con la persona a cui
vuoi più bene che non esce mai dalla sua stanza e ti ignora
completamente per un motivo che tu neanche sai? Lo sai come ci si sente
a vedersi un giorno sparire tutto quello che hai di più caro
e non sapere neanche perché?!? O passare le intere giornate
a chiedersi cosa hai fatto di sbagliato, o se ci sia qualcosa che non
va in te?
E
poi scoprire che tua sorella ti ha sempre amato, tornare a ridere con
lei, sentirsi di nuovo amata, solo per vederla sparire contro la
volontà di entrambe una seconda volta?!?!” le
lacrime avevano cominciato a sgorgare dagli occhi della ragazza.
“Ti
prego, io voglio essere felice, voglio mia sorella! Per
favore!”
E
con grande sorpresa di Jack e Anna anche Flynn si mise a piangere. Era
un pianto strano, come se avesse voluto piangere da giorni ma si fosse
sempre trattenuto.
“Mi
dispiace Anna, mi dispiace da vero! Non volevo questo, non volevo
niente di tutto questo.”
Il
poverino si accasciò a terra.
Anna
si sedette d'avanti a lui.
“Flynn,
ti prego. Non ho mai avuto mia sorella. Ti scongiuro.”
“Ok…
É successo tutto un giorno, Rapunzel non stava quasi
più nel castello, era sempre fuori in viaggio, e io non la
vedevo quasi mai. Un giorno le chiesi il perché e lei mi
disse tutta la verità, di un certo Jack che le aveva
spezzato il cuore, ma mai abbandonata, e che mi amava,
ma…”
In
quel momento non ce la fece più a parlare, perché
la sua voce fu rotta dal pianto.
Jack
anche piangeva, e Anna pure.
Ognuno
di loro aveva un motivo diverso, ma il dolore era paragonabile.
Flynn
piangeva perché si sentiva tradito.
Jack
piangeva perché non sapeva che fare, e il sentirsi impotente
non gli piaceva.
Anna
piangeva perché la felicità gli era stata
strappata ancora una volta.
Flynn
fu il primo a smettere di piangere.
“L’ha
portata in un isola. Comunicavamo da lì attraverso lo
specchio magico rubato a una vecchia strega” disse respirando
forte.
“Un’isola
in mezzo al mare tra la Norvegia e la Danimarca, era una vecchia
prigione per i cattivi più spietati”
“Grazie,
ma come ci arriviamo?”
“Non
lo farete! Ci andrò io da solo!”
“Cosa?
No Jack no! É mia sorella!”
“Ma
Rapunzel vuole me! Sono io che devo farlo. Riabbraccerai tua sorella,
lo prometto!”
E
prima che la rossa potesse dire alcunché Jack
volò via.
Dopo
ore di ricerca Jack trovò l’isola di cui parlava
Flynn e vi si avvicinò.
C’erano
due guardie all’entrata, ma lui non ci fece nemmeno caso.
Entrato
dentro cominciò a cercare in tutte le celle.
Ma
più andava avanti più aveva paura.
Non
paura di non trovare Elsa, ma sopra ogni altra cosa, di cosa avrebbe
fatto se avesse incontrato Rapunzel.
Come
avrebbe reagito?
Insomma,
lei aveva imprigionato una ragazza innocente per giorni, e non una
ragazza qualunque, sua cugina!
Era
cambiata, ed era tutta colpa sua.
Jack
aveva paura, paura di non saper resistere alle forti sensazioni che lei
gli dava.
Finalmente
arrivò alla cella giusta.
Elsa
era lì dentro, seduta a terra con la testa appoggiata alla
parete e gli occhi chiusi.
Sembrava
quasi addormentata, ma parlava; sussurrava al vento il nome dello
spirito.
Jack
non perse un secondo, congelò la serratura sfondando la
porta con un calcio.
Elsa
aprì a fatica gli occhi.
Quando
vide Jack il cuore le fece un gran balzo.
Non
riusciva a credere che fosse lì da vero.
“Elsa!
Elsa dai andiamo, sono io Jack!” il ragazzo prese in braccio
Elsa che si avvinghiò al suo collo come una bimba fa con il
padre.
“Jack…
Sapevo che mi avresti sentita!”
“Ok,
però ora usciamo di qua!”
Lo
spirito si voltò e uscì.
Ma
non fece neanche due passi che una voce familiare lo colse alle spalle:
“Te
ne vai così presto Jack?”
Il
ragazzo si voltò piano.
“Non
vuoi salutare una vecchia fiamma?”
Jack
non riusciva a crederci.
Era
paralizzato, e gli scivolò quasi Elsa dalle braccia.
Le
gambe gli tremarono e cadde a terra.
Rapunzel
approfittò di questa sua distrazione per prendere Elsa dalle
sue braccia e portarla lontana da lui.
Questo
fece riprendere Jack.
“Rapunzel
ti prego! Lei non ha fatto nulla!”
“No,
è vero… Ma tu si! Tu mi hai spezzato il cuore
tanti anni or sono, e poi come se non bastasse mi sei stato sempre
accanto!”
“Come
lo…”
“Come
lo so? Andiamo Jack, io e te abbiamo sempre avuto una connessione, ecco
perché io ti posso vedere!”
“Quindi
hai sempre saputo che io c’ero” disse Jack con un
soffio.
“Si
Jack, e io sono andata a vedere le lanterne, perché era il
nostro sogno! Speravo che ti saresti fatto vivo!”
Jack
abbassò la testa e cominciò a piangere.
“Ti
ricordi quando piangevi perché nessun altro ti poteva vedere
Jack?” sorrise Rapunzel.
Jack
annuì.
“E
ti ricordi di come io ti consolavo stringendoti in un forte abbraccio
che donava più gioia a me che a te?”
Jack
annuì di nuovo.
“E
non ti mancano tutte le risate che facevamo insieme? Tutte le cosa che
dicevamo insieme? Il modo in cui tu congelavi tutto?”
“Si…”
“Ma
possiamo riaverli con noi! Devi solo pentirti di esserti innamorato di
lei!” disse puntando il dito contro la povera ragazza
tremante a terra.
Jack
sprofondò in un baratro di malinconia e solitudine.
Tutto
intorno a lui diventò nero e silenzioso.
Come
poteva scegliere?
Non
poteva.
Non
voleva!
Rapunzel
era stata la prima volta in cui si è sentito parte di
qualcosa, mentre Elsa l’aveva fatto sentire normale.
Amava
entrambe, era sempre stato così, e questa era una
realtà che non si poteva modificare.
In
quel momento, pensò a tutto quello che aveva passato con
Rapunzel e con Elsa.
Le
risate, i baci, le emozioni positive e negative.
Non
riusciva a vedere la minima differenza tra l’affetto che
provava per una o per l’altra.
Ricordò
quella volta al lago con Rapunzel e di come si fosse sentito euforico
nel sapere che lei lo vedeva, e della sensazione di calore che gli
aveva dato incontrare gli occhi di Elsa sul balcone.
Scorreva
ogni ricordo tentando di trovare il dettaglio che faceva la differenza.
Calde
lacrime cominciarono a scendere sulle sue guance, impossibili da
trattenere, perché ora che la fine era vicina i ricordi
erano come coltelli conficcati nel cuore, come una cicatrice per anni
chiusa ma adesso riaperta, come qualcosa che sei costretto a fare ma
che fa male.
“Jack…”
La
voce di Elsa lo fece riemergere dai suoi pensieri, e alzò la
testa.
Era
così fragile, come una bimba appena nata, o come una bambola
di porcellana, che con un solo tocco si rompe.
I
suoi grandi occhi azzurri lo guardavano supplicanti non di salvarla, ma
di sceglierla.
Aveva
bisogno dell’amore di Jack più del cuore che le
batteva nel petto, e se non l’avesse ottenuto si sarebbe
spezzata.
Poi
lo sguardo di Jack si spostò verso Rapunzel.
Anche
lei aveva lo stesso guardo di supplica di Elsa, ma lei non dipendeva
completamente dalla decisione che Jack avrebbe preso.
Non
era stanca, sciupata e piccola, ma il suo amore per lui le aveva dato
la forza di muoversi contro un suo familiare.
Lei
cercava di fargli vedere che il suo amore lo meritava più di
chiunque altro, e l’aveva sempre fatto.
Rapunzel
aveva sempre fatto di tutto per ricongiungersi a Jack, persino
ricattare una persona, e poi sposarla.
Lei
meritava il suo amore.
Jack
fece un ultimo sforzo ripercorrendo per l’ultima volta i
ricordi, finché non si soffermò su uno in
particolare.
Aveva
preso la sua scelta.
Si
alzò a fatica.
Guardò
prima Rapunzel poi Elsa poi di nuovo Rapunzel.
In
fine guardò la regina di Arendelle e con le lacrime agli
occhi le disse:
“Mi
dispiace Elsa. Lei merita il mio amore”
Elsa
non disse niente.
Non
si mosse.
Non
pianse.
Non
urlò.
Continuò
solo a tenere lo sguardo fisso su Jack, come se sperasse in una sua
frase che ribaltasse la situazione.
“Jack!”
Rapunzel
era saltata al collo di Jack e piangeva di gioia.
“Jack,
ti ho ritrovato, ti ho ritrovato finalmente! Sapevo che non mi avresti
abbandonato di nuovo!”
Jack
affondò il viso nei capelli di Rapunzel.
Odoravano
di cannella, era sempre stato così.
Fin
da quando l’aveva conosciuta la prima cosa che aveva notato
erano stati i capelli.
Setosi,
lunghi e morbidi.
Jack
ci avrebbe giocato per ore.
Ci
affondò una mano dentro accarezzandoli e cullando dolcemente
la sua proprietaria.
“Ti
amo Jack”
Le
lacrime uscivano ormai a fiumi dagli occhi di entrambi.
“Ti
amo Rapunzel. E lasciarti è stata la decisione
più sbagliata della mia vita”
Jack
sapeva cosa doveva fare e aprì gli occhi guardando Elsa e
aumentando la pressione sul bastone da lui mai abbandonato.
Prese
un lungo respiro.
“Come
la più giusta è stata andare avanti”
Lo
spirito si divise da quell’abbraccio e fissò
Rapunzel in quei suoi grandi occhi verdi.
“Jack…”
“Perdonami”
Con
un rapido gesto del braccio il bastone venne a contatto con la pelle di
Rapunzel ghiacciandola.
Rapunzel
non sentì più niente, solo dolore e freddo, tanto
freddo.
Si
stava trasformando in una statua di ghiaccio.
Indietreggiò
e cadde in ginocchio.
Jack
la guardava ancora piangendo.
“Perché…”
riuscì solo a dire.
“Perché
non ho sentito niente quando ti ho rivista quella volta al tuo palazzo.
Solo
dolore per aver ferito una persona a cui ho voluto bene. Per aver
ferito uno splendido, bellissimo ricordo”
Rapunzel
non disse nulla, si limitò a guardare Jack.
Il
ragazzo tenne gli occhi fissi su di lei finché il ghiaccio
non le inondò il viso ghiacciando persino le lacrime.
Una
statua permanente.
Jack
non ce la faceva più a guardarla.
Non
ce la faceva più a sopportare il dolore di averla uccisa.
Così
guardò Elsa, che ancora non gli aveva tolto gli occhi di
dosso.
Jack
le si avvicinò, e senza dire una parola la baciò
sollevandola da terra.
Quel
bacio fu qualcosa di… Naturale.
Non
fu unico, ne incredibile.
Solo
pieno di amore, fiducia e speranza.
In
quel momento un piccolo raggio di luna filtrò dalla finestra
della cella andando a scontrarsi con la pallida pelle di Elsa.
Jack
guardò la luna.
Era
bellissima.
Grande,
luminosa e splendente.
Proprio
come Elsa.
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Capitolo 14 *** Epilogo ***
14
- Epilogo
Erano
passati 50 anni da quel giorno.
Dal
giorno in cui due anime si erano unite sotto la luna.
E
come ogni anno Jack andava alla montagna del Nord a vedere la sua amata.
Era
sempre lì, una statua di ghiaccio con le sembianze di una
donna con un vestito regale, una treccia appoggiata sulla spalla destra
e gli occhi chiusi, come se dormisse.
Jack
la guardava per ore e ore, e ricordava di quando la malattia di Elsa
era diventata terminale, e lei gli aveva chiesto di trasformarla in una
statua e di portarla al castello che aveva costruito tempo prima.
E
lui aveva obbedito.
E
ogni anno, il giorno in cui Elsa era morta, lui veniva lì e
le portava una rosa di ghiaccio guardandola.
“Papà!”
Una
voce proveniente dalla porta ancora una volta lo riscosse dai suoi
pensieri.
“Come
va?”
Jack
alzò la testa guardando la sua ormai ventenne bambina.
“Bene
Skyler bene”
“Sicuro?”
“Sono
vicino alle due cose di cui mi importa di più al mondo. Come
potrei non stare bene?”
Jack
guardò sua figlia.
Anche
lei aveva i poteri del ghiaccio, anche lei aveva capelli color latte e
aveva lo stesso sorriso della madre.
Ma
non era mai quello ad attirare un sorriso di Jack ogni volta che
guardava la figlia.
Ogni
volta che la guardava vedeva i suoi stupendi...
Occhi
di ghiaccio
Addy6702
Ringrazio
mio padre che mi è stato sempre accanto incoraggiandomi e
correggendomi tutti gli orribili errori grammaticali, e il mio amico
Tommaso che si è dimostrato aperto a leggere qualcosa da me
scritta anche se non aveva la più pallida idea di cosa
fosse, ed è stato proprio lui a convincermi a finire la fan
fiction. Ringrazio inoltre la mia amica Heather Filcon e kokka1110
per aver recensito e tutti quelli che hanno messo la mia
storia tra le seguite, da ricordate o preferite.
Grazie.
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