Corvinus

di BreakingMind
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Erika ***
Capitolo 2: *** Occhi rossi ***
Capitolo 3: *** Nuova vita ***
Capitolo 4: *** La caccia ha inizio ***
Capitolo 5: *** Seguendo la scia ***



Capitolo 1
*** Erika ***








                                                                                         

CAPITOLO 1

ERIKA

                                                  




Erika Lamberti fece un sospiro e alzò gli occhi sul grande specchio che aveva davanti a se. Nel vedersi, fece una smorfia di disapprovazione. Non riusciva più a tollerare quel suo viso pieno di brufoli e punti neri che, nonostante i diciassette anni compiuti, ancora non volevano saperne di sparire una volta per tutte; i suoi occhi, grandi e di un intenso colore azzurro, erano circondati da occhiaie e piccole rughe per via delle notti insonni che, ormai già da qualche mese, faceva regolarmente. Più o meno, da quando era successa quella tragedia...
Si passò una mano fra i capelli biondi e lisci, per poi ritrovarsela unta e oleosa come se l’avesse intinta in un recipiente d’olio. Quanti giorni erano passati dall’ultima volta che si era lavata la testa? Ormai aveva smesso di contarli. Dopotutto, per quante volte se la fosse lavata, per quanto potesse cercare di migliorare il suo aspetto anche solo un minimo, ai suoi compagni di scuola sarebbe importato ben poco. Avrebbero continuato a deriderla, denigrarla e farla sentire sbagliata senza alcun motivo.
Rimediò al problema dei capelli sporchi legandoli con un elastico, uscì dal bagno e si diresse verso la sua camera; era larga e spaziosa, con solo la tv, il letto e qualche altro mobile sparso qua e là. Nonostante ci dormisse ormai da tre mesi, Erika non si era ancora abituata a quella stanza così vasta e spaziosa, del tutto diversa da quella che aveva nella piccola casetta di campagna dove era cresciuta. Dopo essersi tolta il pigiama ed essersi vestita con i primi abiti che gli erano capitati in mano, si mise i suoi grandi occhiali da vista quadrati che, a causa della miopia, fin da bambina era stata costretta a portare.
Poco distante dal letto, c’era la piccola tv, piazzata sopra una grande cassettiera in legno d’ebano. Erika si chinò sulle ginocchia per aprirne l’ultimo cassetto; era quasi del tutto vuoto. All’interno, ben sistemati alle estremità, c’erano solamente una fotografia e quello che sembrava essere un vecchio giornale. Erika prese la foto e guardò le persone in essa raffigurate: un uomo e una donna di mezza età, sorridenti e dall’aspetto solare, che abbracciavano amabilmente una paffuta bambina con i capelli biondi e dei grossi occhiali davanti agli occhi blu. Alzò un dito e lo sfregò dolcemente sul viso della donna, come ad accarezzarla, per poi fare lo stesso con quello dell’uomo.
Una volta finito, il suo sguardo si fece improvvisamente cupo, e un’espressione di tristezza mista a rabbia le comparve sul volto. Tutte le volte, aveva la medesima reazione. Non poteva farne a meno: ogni mattina, prima di cominciare la giornata, per lei era un bisogno insopprimibile aprire il cassetto e guardare quella vecchia fotografia impolverata. Sebbene misto al dolore, le trasmetteva anche il coraggio di cui credeva avrebbe avuto bisogno per vivere il resto della sua vita. Un gesto alquanto masochista, ne era consapevole, però non le interessava.
Per qualche minuto rimase lì, inginocchiata davanti alla cassettiera a guardare la foto, la vista resa sfocata dal leggero velo di lacrime comparsole intorno agli occhi azzurri. Infine, si decise a rimetterla dentro il cassetto, ma solo per prendere il vecchio giornale, l’unico altro oggetto in esso custodito. Dopo averlo aperto, vi soffio delicatamente sopra, sollevando un sottile velo di polvere. Quel giornale risaliva al 22 Giugno 2015. Esattamente quattro mesi prima. E in prima pagina, un’articolo riguardo a un macabro caso di cronaca nera.
Erika fece un respiro profondo e, con un forte dolore al petto che quasi le impediva di respirare, iniziò a leggerlo.


Orribile tragedia famigliare.
Ieri sera, sono stati trovati i cadaveri di una giovane coppia in una piccola casa di campagna. La causa del decesso sembra essere dissanguamento. Gli investigatori ipotizzano un duplice omicidio a scopo di rapina, ma hanno ancora ben pochi indizi su cui lavorare. Unica superstite della tragedia, la piccola figlia della coppia, che fortunatamente è sfuggita alla furia omicidio del misterioso aggressore.




Erika scosse la testa e abbozzò un sorriso ironico, corrucciando la fronte con aria furiosa. “Sciocchezze”, pensò. Come era stato loro ordinato dalla polizia, i media avevano provveduto ad occultare la verità usando la scusa della rapina finita in tragedia. Ma Erika, che quella fatidica notte era stata costretta ad ascoltare tutto, sapeva come erano realmente andate le cose: qualcuno, o meglio, qualcosa aveva aggredito i suoi genitori... uccidendoli senza pietà. E non per i soldi, ma per altri motivi che lei non riusciva nemmeno ad immaginare. Continuò a leggere, mentre le lacrime che non riusciva più a trattenere iniziavano a cadere lentamente. E i ricordi di quella fatidica notte, che avrebbe voluto solo dimenticare, iniziarono a tornarle in mente ad ogni parola letta.



Accadde tutto il 21 Giugno 2015, durante una serata tranquilla solo all’apparenza. Sharon e Jason Lamberti erano nel soggiorno della loro piccola casa malridotta, intenti a preparare un tè caldo per poi andare a dormire. Non erano neanche le dieci di sera, ma per loro era abitudine andare a letto presto. Abitudine che avevano trasmesso anche a loro figlia, dato che Erika si era ritirata in camera sua subito dopo cena. Ma per lei non era affatto un dispiacere; doveva aiutare i suoi genitori in tutti i lavori che la vita di campagna richiede, oltre a svolgere correttamente il suo dovere di studentessa frequentando il liceo in un paesino poco distante. Decisamente, Erika aveva una vita ben più faticosa di quella che dovrebbe fare una normale diciassettenne, ma raramente se ne lamentava. E malgrado le difficoltà economiche, il grande lavoro e qualche piccolo contrasto la famiglia era sempre unita.
Distesa nel suo letto, Erika guardò il soffitto di legno impolverato e logoro, aspettando di addormentarsi. Gli occhi stanchi erano due piccole fessure, e il loro colore azzurro chiaro splendeva sotto la tenue luce della luna, che filtrava dentro la camera dagli infissi della finestra.
Dopo qualche minuto passato a ripensare alla giornata appena trascorsa, chiuse lentamente gli occhi. Ma li riaprì di scatto subito dopo... Improvvisamente, si udirono delle urla agghiaccianti provenire dal soggiorno. Urla spaventose, che sembravano poter essere lanciate solo da chi stava vivendo il peggiore degli incubi. Erika balzò giù dal letto e corse in direzione della porta. Ma proprio quando stava per aprirla, si fermò improvvisamente, la mano tremolante sospesa a mezz’aria sopra la maniglia. Qualcosa le impediva di uscire... Nonostante le grida sempre più disperate che le riecheggiavano nelle orecchie e la gran voglia di andare a vedere che cosa le stesse causando, non riusciva più a muoversi. Per qualche assurda ragione, che in quel momento non riusciva ad elaborare, era vittima di un’ inaspettata esitazione. Paura? Probabilmente. Fatto sta che corse verso il letto per nascondervisi sotto. E sdraiata sul freddo pavimento, portò le mani alle orecchie per coprirle e pregò. Pregò che tutto finisse al più presto. E fu accontentata. Poiché le urla cessarono di colpo, come se qualcuno avesse premuto un interruttore.
Erika rimase in ascolto, le orecchie tese e pronte a cogliere il minimo rumore, ma in tutta la casa era sceso un silenzio inquietante. Uscì da sotto il letto e si diresse di nuovo verso la porta, lentamente, in punta di piedi. Mosse una mano con fare incerto e la posò delicatamente sulla fredda maniglia d’acciaio. Appoggiò un’orecchio al legno umido della porta, nella speranza di sentire qualcosa che provasse che i suoi genitori stessero bene, ma l’unica cosa che sentiva era il battere del suo cuore, che le martellava nel petto veloce come una mitragliatrice. Iniziò a temere il peggio. Quindi abbassò lentamente la maniglia e spinse. Aprì la porta cigolante con un’estrema lentezza. E dopo aver varcato la soglia, Erika vi rimase immobile. Il suo sguardo si colmò di terrore e il suo viso divenne pallido come un cencio. Lì, in soggiorno, a pochi centimetri dai suoi piedi scalzi, giacevano i suoi genitori. Erano accasciati a terra esanimi.
Si precipitò verso di loro e si inginocchiò per cercare di destarli. Gli scosse con forza, cercando rianimarli, urlando il loro nome, ma non ebbe risposta. Ormai, erano privi di vita...
Erika sollevò a se il corpo della madre, con un torrente di lacrime che scendeva lungo le guance pallide. La donna aveva dipinta in volto un’espressione di pura paura, e la sua pelle ora era secca e grigia; sembrava una mummia in decomposizione. Una visione disturbante che nessuno, neanche la persona più fredda e distaccata avrebbe facilmente dimenticato. Inoltre, sul collo della donna, era ben visibile uno strano segno. Erika vi passò una mano sopra per pulirlo dal sangue e vide che si trattava di un violento morso. Anche sul collo del padre c’era il medesimo segno. E, ad una prima occhiata, sui cadaveri non c’erano altre ferite visibili.
Ormai conscia che non si sarebbe svegliata, Erika adagiò lentamente il corpo di sua madre per terra e si portò le mani alla testa, sporcandosi di sangue i capelli biondi. Poi...si lasciò andare alla disperazione.
Quella notte, il suo pianto disperato riecheggiò in tutti i campi desolati che circondavano la casa.


≪Erika, sbrigati e vieni di sotto!≫. La voce severa di zio John distolse Erika dal viale dei ricordi; proveniva da dietro la porta della sua camera.
≪Arrivo, Zio!≫ gli rispose Erika, cercando di nascondere la tristezza nella sua voce. Fallì miseramente, ma zio John fece finta di nulla e gli intimò ancora di sbrigarsi.
Erika si asciugò le lacrime infilando le dita sottili dietro le grandi lenti degli occhiali, rimise il giornale dentro il cassetto e lo chiuse.
Uscì dalla sua stanza e percorse il lungo corridoio che conduceva alle scale. Dopo la morte dei suoi genitori, suo zio John aveva accettato, non senza grande pressione da parte dei giudici, di farsi carico della giovane orfana. Quindi, dopo il funerale dei coniugi Lamberti, Erika aveva lasciato l’Italia per andare a vivere con lo zio nella città di Red Shields, in Virginia; una città piccola e misteriosa, della quale non aveva mai sentito parlare, circondata da boschi sui quali gli abitanti del luogo raccontavano leggende di tutti i tipi.
Arrivata al piano di sotto, Erika sospirò e guardò l’immenso soggiorno della villa in cui avrebbe passato il resto della sua vita. Era così spazioso che vi si poteva essere tranquillamente costruito dentro un campo da tennis, ed era pieno di arredi e mobili con decori Vittoriani, che gli conferivano un’aria molto antica. Le uniche cose “moderne” in tutta la villa erano probabilmente la grande TV nel salotto e i telefoni cellulari dei due residenti.
Zio John era davanti al gigantesco camino, seduto su una poltrona di pelle rossa, intento a guardare la legna scoppiettare nel fuoco ardente.
≪Vai in cucina≫. disse ad Erika senza neanche voltarsi a guardarla. ≪Troverai la colazione pronta. Mangiala in fretta e vai a scuola!≫. Come al solito, era diretto e autoritario. Anche se ormai era abituata alla sua freddezza, Erika avrebbe gradito un “buongiorno” prima dei soliti ordini. Senza aprire bocca, fece come le venne detto. Sul tavolo della cucina, c’era un vassoio con sopra una tazza di latte fumante e due brioche al cioccolato; ne afferrò una insieme alla tazza e tornò dallo zio.
≪Non è un po’ presto per accendere il camino?≫ chiese addentando la brioche.
≪Vai a mangiare in cucina≫ borbottò zio John, ignorando volutamente la domanda.
≪No, preferisco stare qui≫.
Per la prima volta da quando Erika scese in soggiorno, zio John smise di fissare il camino per posare lo sguardo severo su di lei. ≪Devi imparare a fare quello che ti dico!≫ ringhiò come se stesse rispondendo a un insulto.
≪Voglio parlare con te di una cosa prima di andare a scuola≫ si sbrigò a dire Erika per evitare che si alterasse ulteriormente.
≪E di che cosa vorresti parlare?≫. Con quella domanda, zio John tornò a guardare il fuoco nel camino.
≪Ieri, a scuola, ho sentito alcuni dei miei compagni parlare di strani fatti avvenuti intorno al bosco≫. Ed ecco suo zio riportare gli occhi su di lei. ≪Hanno detto che ci sono state delle misteriose morti la intorno, negli ultimi tempi. Tu cosa ne pensi?≫.
≪Non dovresti preoccuparti di queste cose≫ rispose acido zio John. ≪L’unica cosa a cui dovresti pensare è lo studio. Ieri ho chiamato la scuola, e mi hanno detto che passi il tuo tempo a bighellonare e a leggere quei tuoi stupidi romanzi, invece di seguire le lezioni≫.
Erika deglutì, cercando di placare la rabbia incombente. Perché era così dannatamente stronzo con lei? Da quando era arrivata in quella villa, si era sempre dimostrato molto freddo e distaccato nei suoi confronti.
Anche quando gli annunciarono l’improvvisa uccisione di suo fratello e di sua moglie, aveva avuto una reazione apatica e impassibile, come se non provasse nulla. E questo suo atteggiamento aveva fatto nascere in Erika il disprezzo per lui fin da subito.
≪Mi applicherò di più nello studio≫ disse alzando gli occhi al cielo e sospirando con aria infastidita. Zio John lo notò, e un lampo di rabbia attraversò i suoi occhi scuri. ≪Tu, però, rispondi alla mia domanda, per favore. Sono vere tutte quelle voci che circolano sul bosco che circonda questa città?≫.
Zio John unì le dita delle mani e incurvò le labbra sottili in un sorriso ironico. ≪Come mai così curiosa al riguardo?≫ chiese scrutandola con attenzione.
Erika esitò prima di rispondere. Non sapeva come lui avrebbe reagito. C’era anche il rischio che decidesse di non dirle nulla. Tuttavia, decise di non mentire e di rischiare. Quindi inspirò profondamente e sussurrò:
≪Praticamente da quando sono arrivata in questa città, molte persone, compreso tu, mi hanno avvisato di stare lontana dal bosco, specialmente di notte. Per quale motivo?≫
≪Per la tua incolumità≫ rispose schietto zio John, il sorrisetto ironico ancora presente sulle labbra. ≪Non è sicuro per una mocciosa della tua età andare in giro in quei luoghi deserti≫.
≪Mi hanno detto che ci sono delle creature pericolose...≫.
≪Sì, se per creature pericolose intendi gli scoiattoli e qualche ghiro≫.
≪Io parlo sul serio. Le persone morte intorno al bosco sono state uccise in modo strano≫.
≪Anche se questa città è di solito molto tranquilla, qualche psicopatico in giro può sempre capitare. Prima o poi lo prenderanno. Se agisce solo di notte, basterà non mettere piede fuori casa dopo il tramonto e sarai al sicuro≫.
≪Ma perché mai un assassino dovrebbe scegliere di dissanguare le proprie vittime?≫ disse Erika, appoggiando le mani sui fianchi con sicurezza. A quella domanda, zio John alzò un sopracciglio e il suo sorriso si fece ancora più ironico.
≪Nessuno può sapere cosa passi nella mente di un folle≫ disse distendendosi sulla poltrona.
≪La cosa strana≫, proseguì Erika ≪è che, nonostante la causa della morte sia dissanguamento, non è stata rinvenuta alcuna traccia di sangue sulla scena del crimine. E l’unica ferita che è presente sui corpi era sul collo: dei morsi≫.
Zio John smise improvvisamente di sorridere e la sua espressione tornò severa e impassibile, come se avesse cambiato umore di colpo. ≪Se è così allora sarà stato qualche animale. Può darsi che nel bosco ci siano dei predatori. Qualche anno fa sono stati avvistati dei grossi puma in quelle zone≫.
≪Ma un puma le sue prede le sbrana e le divora. Di sicuro non le morde al collo per succhiare loro il sangue≫.
≪Sai, pensò sia ora che tu vada a scuola≫ la interruppe zio John, alzandosi improvvisamente dalla sedia.
≪Aspetta, non ho ancora finito≫.
≪Invece si, abbiamo finito! Non dovresti perdere tempo con queste sciocchezze. Vai a scuola e non chiedermi mai più cose del genere≫.
≪Per favore, zio!≫ La voce di Erika era supplichevole. ≪Anche i miei genitori sono morti in circostanze simili. Anche loro sono stati dissanguati. Quindi...≫
≪Adesso basta!≫ ringhio zio John, alzandosi rabbiosamente dalla poltrona. ≪I tuoi genitori sono stati uccisi da un ladro. Qualcuno che si girava nei campi ha intravisto la loro casa sperduta e ha deciso di rapinarla. Tutto qui! Animali, morsi sul collo e creature misteriose non c’entrano niente. Ora, vai immediatamente a scuola!≫ Con l’ultima frase, puntò il dito verso la porta di casa.
Erika chinò la testa e rimase qualche secondo a guardare il pavimento. Poi, fece un profondo respirò, rialzò lo sguardo e disse con voce rassegnata:
≪Va bene...≫ Aveva ancora in mano metà della brioche e la tazza piena di latte ormai freddo. Posò il tutto sul tavolo della cucina e poi salì nuovamente le scale per andare in camera sua. Ritornò in salotto qualche secondo dopo, con un piccolo zaino nero infilato in una spalla. Zio John sembrava essersi calmato. Era di nuovo accasciato sulla poltrona a guardare il camino. Erika gli passò velocemente accanto e, senza neanche guardarlo, aprì la grande porta della villa e uscì.
Era una mattina particolarmente ventosa. Il cielo era grigio e ricoperto da fitte nuvole scure, segno che, da lì a breve, sarebbe scoppiato a piovere.
Erika percorse l’ampio giardino spoglio della villa fino ad arrivare al cancello d’ingresso; era enorme, formato da due grosse ante in ferro battuto straordinariamente lavorate, le quali dividevano a metà un grosso stemma, messo con esattezza al centro del cancello.
Dopo aver oltrepassato il cancello, scrutò attentamente l’ambiente intorno a se: una zona alquanto deserta, con giusto qualche abitazione sparsa qua e là. Non era poi così diversa dalla campagna dove era nata e cresciuta. In quella parte della città, l’enorme villa di suo zio era in netto contrasto con le piccole case che osservava mentre camminava. Quale lavoro poteva mai fare lo zio John Lamberti per permettersi di vivere in un simile lusso? Se lo era sempre chiesto. Ma ogni volta che provava a tirar fuori l’argomento con il diretto interessato, questo troncava la conversazione con la sua solita arroganza. Ora che ci pensava, suo zio era un vero e proprio mistero. Alcune volte spariva per giorni interi, senza rivelare dove andasse. E quando calava la notte, diventava paranoico e aveva paura pure della sua ombra, proiettata sulla parete dalla luce del camino.
A Erika tornò in mente il fallito tentativo di avere una conversazione con lui qualche minuto prima. Ma d’altronde, che cosa si aspettava? Era stata un’illusa anche solo a pensare che avrebbe potuto aprirsi con lui. Ormai lo conosceva come l’interno delle sue tasche. Sapeva cosa non gli piaceva e cosa sì; praticamente gli piaceva solo quando lei se ne stava chiusa in camera, in silenzio e senza fare rumore, mentre lui si rintanava nel suo studio a lavorare. Tuttavia, era l’unico con cui lei potesse parlare, dato che dentro la scuola era conosciuta con il soprannome di “pazza brufolosa”.
Imboccò una piccola via, fiancheggiata dal bosco, che conduceva alla zona urbana della città. Si fermò all’improvviso in mezzo alla strada per rivolgere una lunga occhiata al bosco che si estendeva in lontananza, oltre il confine della città, e un brivido le attraversò la schiena; quel bosco, anche a distanza, le appariva molto minaccioso. Ma nonostante ciò, per motivi che lei stessa faticava a comprendere, ne era anche fortemente attratta.
Improvvisamente, Erika scosse la testa e guardò l’orologio che aveva al polso: erano quasi le otto. Se non si decideva a muoversi, sarebbe arrivata tardi anche quel giorno. Si raddrizzò lo zaino sulle spalle e si avviò verso la zona urbana. E dopo qualche minuto di camminata veloce, fu in grado di intravedere in lontananza i vari palazzi che caratterizzavano la periferia di Red Shields.


Intanto, sul tetto di un palazzo, fecero la loro comparsa due individui.  Erano vestiti in modo insolito, con dei lunghi cappotti di pelle nera che arrivavano fino alle loro ginocchia.
Si piazzarono sul bordo del tetto, ad un centimetro dal cadere nel vuoto, e scrutarono con attenzione l’orizzonte davanti a loro.
Dopo che scovarono l’obbiettivo, uno di loro disse:
≪Mmm...e così sarebbe lei?≫.
≪Sì!≫ rispose l’altro con voce distaccata e penetrante, ma molto sicura. ≪È lei la prossima≫.
≪Ne sei sicuro?≫
≪Assolutamente...≫
≪Non mi sembra molto adatta a servire la nostra causa!≫.
≪Lo diventerà. Lei è indispensabile per la riuscita della nostra missione...≫
≪A me, sembra solo una brutta ragazzina delle superiori≫.
≪Una volta trasformata...darà il meglio di se...≫.
≪Quindi...ci siamo?≫.
≪Gia! Presto andremo a farle visita...e la porteremo a Corvinus...≫.
I due individui restarono ancora qualche minuto sulla cima del palazzo, le lunghe giacche nere che volteggiavano con grazia, accompagnate dal freddo vento d’autunno. I loro occhi, rossi come il sangue, osservavano con curiosità la frettolosa camminata di una goffa ragazza dai lunghi capelli biondi.
Infine, dopo essersi scambiati uno sguardo d’intesa, così come erano apparsi, scomparvero nel nulla...



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ANGOLO DELL’AUTORE:
Ciao a tutti.
Questo è il primo capitolo di questa piccola storia. Che cosa ne pensate? Vi è piaciuto? Invito tutti quelli che lo hanno letto fino alla fine a recensirlo per dirmi che cosa ne pensate. E, se recensite, vorrei soprattutto che cosa ne pensate del mio stile di scrittura.
Grazie comunque a tutti e al prossimo capitolo.

 

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Capitolo 2
*** Occhi rossi ***




 

CAPITOLO 2

OCCHI ROSSI

                                               
                                              


Quando Erika varcò la soglia dell’aula, i suoi compagni di classe la accolsero nel solito modo: ridacchiando e bisbigliando fra di loro insulti e prese in giro. Facendo del suo meglio per ignorarli, scrutò l’ambiente, alla ricerca di un banco vuoto dove sedersi; ce n’era uno in un angolino in fondo alla classe, isolato dagli altri. Insomma, il posto perfetto per lei, che tutto voleva fuorché attirare l’attenzione. Attraversò velocemente l’aula, lo sguardo basso per evitare di incrociare quello dei compagni, e si sedette nel posto scelto.
 Stava per tirare fuori l’astuccio dallo zaino, quando Elisabeth Fox comparve davanti a lei, seguita dal solito gruppo di ragazze che, ormai, erano praticamente sue serve; era molto alta e slanciata, i capelli castani e lisci come seta incorniciavano un viso dai lineamenti delicati, addobbato da due meravigliosi occhi verdi. Era perfetta! E la sua bellezza magnetica era fonte di un’ incredibile ammirazione; non solo da parte di ogni suo compagno di classe, ma anche da Erika, che avrebbe dato tutto ciò che aveva per essere bella la metà di quanto lo era lei. In conclusione, era la ragazza che tutti volevano avere o che volevano essere. Peccato che il suo carattere non rendeva per niente omaggio al suo aspetto.
≪Di un po’, Erika≫ disse con voce vellutata ≪hai sentito di quello che succede ultimamente intorno al bosco?≫.
Erika rimase non poco sorpresa da quella domanda; di solito, ogni volta che la “regina della classe” Elisabeth Fox si degnava di rivolgerle la parola era per prenderla in giro. Ma questa volta, sulla sua bocca impregna di rossetto, non c’era il sorriso perfido che per lei era ormai sinonimo di angoscia.
≪Sì, ho sentito. È terribile, vero? Un altro omicidio≫.
≪Già, terribile≫ ribatté Elisabeth, fingendo dispiacere. ≪Direi che è pane per i tuoi denti, no? Qualche giorno fa, se non sbaglio, hai detto che non pensi sia opera di un essere umano?≫. Il gruppo di ragazze dietro di lei ridacchiò, guardando Erika con aria divertita.
≪Sì, l’ho detto! Il modo in cui sono state uccise quelle persone è troppo strano. Perché dissanguarle? Non ha senso!≫.
≪Ieri, hai detto che credi sia stato un...≫.
≪Un vampiro!≫ concluse Erika con decisione. E l’intera classe proruppe in una fragorosa risata, guardando Erika come fosse un clown. Elisabeth fu l’unica che non rise, anche se dal suo labbro tremolante era facile intuire che le costava un notevole sforzo.
≪Un vampiro...≫ ripeté Elisabeth, puntando gli occhi verso l’alto, la voce ambigua e enigmatica. ≪Qui non siamo in un film, Erika, ma nella vita reale≫.
≪So che sembra assurdo, ma credo che non sia un’ipotesi da scartare≫ esclamò Erika, con una convinzione fin troppo grande per degli argomenti del genere. ≪Ho fatto delle ricerche≫ proseguì, sempre più entusiasta ≪e credo che siano stati proprio dei vampiri a ucciderli. Ne sono sicura! Il morso sui colli delle vittime e il fatto che siano state dissanguate lo provano! Può darsi che non siano solo leggende e invenzioni. Forse, esistono davvero, e si aggirano fra di noi cercando di mantenere l’anonimato. Credo che...≫
≪Ok, ho capito!≫ la interruppe Elisabeth, alzando una mano, le labbra piegate in un sorriso beffardo.
≪Hai capito cosa?≫. Erika era piuttosto eccitata. Finalmente, ne stava parlando con qualcuno. Finalmente, poteva sfogarsi e tirare fuori tutti quei pensieri tormentati che le impedivano di dormire la notte.
≪Ho capito...che facciamo bene a chiamarti “pazza brufolosa!”≫ sbottò Elisabeth, lasciandosi andare ad una grande risata che coinvolse tutta la classe. Erika sentì l’entusiasmo morirle nel petto, mentre lacrime di amarezza minacciavano di uscire dai suoi occhi sconcertati. Ora, le era chiaro perché Elisabeth Fox si era avvicinata. Dopotutto, quale altro motivo poteva avere se non quello di deriderla.
Quando finalmente si stancò di ridere, Elisabeth lanciò una rapida occhiata ad Elena, la quale si limitava a tenere lo sguardo basso senza emettere un fiato. Ciò le diede un immenso piacere; si sentiva così potente, così autoritaria ogni volta che faceva sentire gli altri inferiori. Era qualcosa che la eccitava in una maniera oscura e perversa. Si passò una mano sui capelli castani, sistemandoli con grazia, poi si allontanò seguita dal gruppo di ragazze.
Lasciarono Erika da sola, abbattuta e furiosa. Le sue mani, strette l’una nell’altra, tremavano per il nervoso. Non era la prima volta che Elisabeth la scherniva, ma mai come questa aveva provato una simile rabbia; i denti erano stretti in una morsa furiosa e il suo viso era molto arrossato. Chiuse gli occhi e respirò profondamente, tentando di sedare il rancore. Ci riuscì, con grande fatica, solo quando il professore fece il suo ingresso nell’aula e intimò a tutti di sedersi. La lezione stava per cominciare, ma a lei importava ben poco; la scuola e tutto quello che la riguardava non erano argomenti di suo interesse. Quindi estrasse dallo zaino un piccolo romanzo d’avventura, si sistemò in modo che le teste dei compagni la coprissero alla vista del professore e iniziò a sfogliarlo con aria annoiata.

Il suono della campanella comunicò la tanto attesa fine delle lezioni, e tutti gli studenti si precipitarono in massa fuori dalla scuola. Erika tirò un lungo sospiro di sollievo, chiudendo gli occhi mentre una folata di vento le accarezzava dolcemente i capelli. Quella giornata le parve essere trascorsa ancora più lentamente del solito, e lei l’aveva passata a leggere o a guardare la pioggia che picchiettava sui vetri delle finestre.
Il cielo cupo e grigiastro era permeato da ancora più nuvole nere di quanto lo fosse in mattinata. Conscia che presto avrebbe ricominciato a piovere, Erika si affrettò a raggiungere lo stretto viale che conduceva alla zona vecchia di Red Shields. Mentre camminava, continue folate di vento freddo la investivano, facendola rabbrividire e smuovendo i mucchi di foglie gialle che ricoprivano il cemento delle strade come tante macchie colorate.
Dopo circa un quarto d’ora, raggiunse la strada che conduceva alla villa di suo zio. Ma proprio quando stava per imboccarla, si fermò all’improvviso, con il piede sospeso a mezz’aria, e puntò lo sguardo sul bosco che si estendeva in lontananza. Rimase a fissarlo per qualche istante, gli occhi assenti e vuoti, privi della loro solita luce. E sul viso scarno albergava un’espressione assorta e incantata. Era come ipnotizzata da qualcosa. Qualcosa che non riusciva bene a delineare. Qualcosa di potente... che la chiamava a se dalle profondità del bosco. Non poteva pensare né sentire, ma solo iniziare a camminare.
Raggiunto il confine della città, superò il grande cartello con su scritto “Red Shields”, e si avventurò nel bosco; era un luogo oscuro e inquietante, dove la luce argentea del cielo arrivava a malapena, bloccata dai rami degli alberi coperti da foglie secche. Tutt’intorno, si poteva intravedere giusto qualche cespuglio e qualche albero. Il resto era celato alla vista da una fitta oscurità.
Erika continuava a camminare, attratta come una falena verso la fiamma. Nelle sue orecchie, riecheggiava una voce; una voce che solo lei poteva sentire, e che la incitava proseguire. Camminò e camminò, mantenendo l’espressione assente e vuota, fino ad arrivare nei pressi di un’enorme quercia. E lì, appoggiata al robusto tronco, c’era una sagoma oscura. Sebbene non cosciente di ciò che stava accadendo, Erika non poté fare a meno di rabbrividire dinanzi alla minaccia che quella misteriosa figura emanava. E man mano che le si avvicinava, la sagoma nera iniziava ad assumere le sembianze di una persona. Quando finalmente giunse sotto i rami della quercia, nella poca luce che aveva a disposizione, riuscì a scorgere i lineamenti di un viso a lei familiare.
≪Elisabeth!≫ esclamò di colpo, balzando immediatamente all’indietro. ≪Dove sono?!≫ urlò terrorizzata. ≪Dove sono?! Elisabeth, che ci fai qui?! Come ho fatto ad arrivare qui?!≫. Parlava con la voce pervasa dalla paura, e si guardava attorno con aria confusa. Era come se si fosse appena svegliata da un sogno.
≪Elisabeth, che cosa ci facciamo qui?! Dove siamo?!≫ chiese ancora in preda all’angoscia, le gambe che le tremavano come gelatina. Elisabeth rimase in silenzio a fissarla, deliziandosi della sua paura, con le labbra rosse piegate in un sorriso diabolico. Fece un passo avanti ed Erika indietreggiò all’istante.≪Che cosa vuoi?≫ chiese mentre il cuore le batteva all’impazzata e il sangue le pulsava nelle vene.
≪Voglio soddisfare i tuoi bisogni...≫ rispose vaga Elisabeth. E quella risposta non fece altro che aumentare la confusione che albergava nella mente di Erika. ≪Sai≫ disse avanzando verso di lei con passo sicuro. ≪oggi, a scuola, il tuo discorsetto sui vampiri mi ha davvero colpito...≫
 Erika venne scossa da un brivido lungo la schiena, e nonostante la grande voglia di scappare, le gambe non accennavano a muoversi. Era completamente paralizzata, e ormai Elisabeth era a pochi centimetri da lei.
≪Che cosa vuoi fare?≫ domandò Erika, la voce ridotta a un sussurro.
≪Ti mostrerò chi è l’assassino che ha fatto fuori tutte quelle persone≫. Una volta data l’inquietante risposta, sul volto pallido di Elisabeth comparve un’espressione di pura malvagità, come se un demone ne avesse preso il controllo; poi chiuse gli occhi un’istante e, quando li riaprì, il loro colore verde era stato sostituito da un rosso accesso.
≪Oddio!≫ urlò Erika, e le sue gambe cedettero, facendola cadere sul terreno pieno di foglie.
≪Già! Sono stata io a uccidere quelle persone≫ ammise Elisabeth senza rimpianto. ≪Erano deliziose! Sai, ultimamente la fame mi sta tormentando sempre di più, quindi ho deciso di mangiare a sazietà finché non mi passa≫.
≪No!≫ bisbigliò Erika portandosi le mani alla testa, mentre iniziava a piangere disperatamente. ≪...ti prego...≫.
≪Pregarmi non ti salverà. Io ti ucciderò, perché ho fame! Non avrei mai voluto arrivare a tanto, ma la tua ossessione per la mia specie iniziava a darmi sui nervi≫. La voce di Elisabeth si fece vorace. ≪Ora, fammi il piacere di stare ferma mentre ti mangio≫.
Ma facendo appello a tutto il coraggio che aveva, Erika si sollevò in piedi e corse via il più velocemente possibile, inoltrandosi nella foresta buia. Elisabeth abbassò lo sguardo e sorrise con aria compiaciuta. ≪Adoro quando scappano≫
Erika correva alla cieca nell’oscurità, pregando di trovarsi dentro a un orribile incubo e di svegliarsi al più presto; i rami secchi degli alberi la colpivano ripetutamente sul viso, graffiandola e provandole che il tutto era reale. Continuando a correre, girò leggermente la testa per guardare dietro di se con la coda dell’occhio: non c’era niente a parte il buio. Per un misero istante, credette di essere salva ma, appena tornò a guardare davanti, si vide arrivare contro due occhi rossi. Urtò il corpo di Elisabeth, duro come il cemento, e cadde violentemente a terra.
≪Pensavi davvero di poter sfuggire a un vampiro affamato?≫ disse Elisabeth, piegandosi sulle ginocchia e afferrandola per il collo. Erika sentì l’aria venirle sempre meno sotto quella morsa micidiale. ≪Ora...ti insegnerò io che succede a chi non si fa gli affari suoi!≫ Tenendola per il collo, Elisabeth la sollevò da terra come se fosse un pezzo di polistirolo. Erika si ritrovò sospesa in aria, con le gambe non toccavano il suolo. Avrebbe voluto urlare, ma la pressione sulla trachea le impediva di ammettere un fiato.
Elisabeth la scosse violentemente, aumentando ancora di più la pressione sul collo, e gli occhiali da vista caddero dal volto pallido di Erika, rompendosi appena toccarono il suolo. Erika ormai era prossima a perdere i sensi, i polmoni che esigevano disperatamente una boccata d’aria. Ma proprio quando stava per svenire, Elisabeth allentò la presa e la trascinò a se. Le circondò la vita con un braccio per tenerla ferma, le tolse la mano dal collo e con la stessa le afferrò il mento; lo alzò lentamente, scoprendo il collo, e vi appoggiò sopra la punta del naso; poi inspirò a fondo, gemendo di piacere, inebriandosi dall’odore del sangue caldo che pulsava nelle vene. Tirò fuori la lingua violacea e la passò sul collo di Erika, assaporandolo e pregustando il momento in cui lo avrebbe azzannato. Non riusciva più a resistere; aprì lentamente la bocca, mostrando i canini lunghi e appuntiti come piccoli coltelli, e la richiuse sul collo della sua vittima.
Erika sentì i denti perforargli la carne, e il suo sangue iniziò a essere succhiato con disgustosa ingordigia. Provò un dolore intenso e penetrante, ma che poi scomparve gradualmente lasciando il posto a uno strano piacere.
Solo quando fu sazia, Elisabeth smise di bere, ansimando e leccando il sangue di cui la sua bocca era rimasta impregna. E infine, dopo aver rivolto un’ultima occhiata al volto pallido di Erika, la lasciò cadere a terra...priva di vita...

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ANGOLO DELL’AUTORE:

Ciao a tutti!
Dunque, che ne pensate di questo capitolo? Ciò che è successo nel finale non ve lo aspettavate, vero?
Ringrazio tutti quelli che lo hanno letto e gli invito a lasciare una recensione.
Alla prossima.

 

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Capitolo 3
*** Nuova vita ***



 

CAPITOLO 3

NUOVA VITA

                                              




Harry Blaze correva veloce, facendosi agilmente strada fra gli alberi scuri, attirato da un odore per lui inconfondibile. Stava ispezionando i dintorni del bosco, quando l’improvviso richiamo del sangue lo invogliò ad addentrarsi al suo interno. Più avanzava, più l’odore diventava intenso. Iniziò a temere il peggio e aumentò la velocità della corsa, fino a che il suo corpo non divenne una scia nera; al suo passaggio, seguiva una folata di vento che scuoteva violentemente gli alberi, sollevando dai rami stormi di uccelli spaventati.
Dopo pochi secondi, si fermò di colpo, e la fonte dell’odore gli fu chiara; poco distante da lui, accasciato su un letto di foglie ingiallite, c’era il corpo di una giovane ragazza con dei lunghi capelli biondi.
≪Dannazione!≫ disse stringendo i pugni, infuriato con se stesso per non essere arrivato in tempo. Infilò una mano nella tasca interna della sua giacca nera ed estrasse una lunga pistola argentata; poi avanzò verso il corpo, la pistola puntata in avanti, pronta per essere usata al minimo segno di minaccia. I suoi occhi rossi scrutavano con attenzione ogni angolo della zona, nella speranza che il colpevole fosse ancora nei dintorni, ma non trovò nulla; su tutta la zona regnava il silenzio, e il rumore dei suoi passi pesanti era l’unico percepibile perfino per il suo udito sviluppato.
Arrivato in prossimità del copro, vi si chinò accanto per esaminarlo. Mosse una mano e spostò delicatamente i capelli biondi dal viso della ragazza. Contro ogni aspettativa, vide un’espressione così rilassata, serena, del tutto opposta da quella che era solita trovarsi sui volti delle vittime dei vampiri; se non avesse avuto quell’orribile squarcio sul collo, a chiunque l’avesse vista avrebbe dato l’impressione di dormire beatamente.
Harry rimase a contemplarla per qualche minuto, silenzioso, come in preghiera, con una nota di malinconia negli occhi rossi, che splendevano nell’oscurità come due piccoli rubini. Poi si alzò in piedi, rimise la pistola nella tasca interna della giacca e tirò fuori il telefono da quella dei Jeans; premette il display un paio di volte e lo portò all’orecchio.
≪Brendon, sono io. Abbiamo un’altra vittima!≫ disse amareggiato, passandosi una mano fra i capelli lunghi e spettinati.
≪Capisco≫ sussurrò la voce di Brendon al telefono. ≪È la quinta questa settimana≫.
≪Lo so! E ho paura che, se non fermiamo il responsabile, a breve ce ne sarà un’altra≫. Mentre parlava, Harry aveva un’aria risoluta, e la sua voce calma non rifletteva affatto la sua rabbia impetuosa che ardeva come il fuoco dentro di lui. ≪Tuttavia, sono sicuro che lo troveremo presto. Chiunque sia, non è molto furbo, lascia tracce. Al minimo passo falso, sarà mio!≫.
≪Che cosa facciamo adesso?≫ chiese Brendon.
≪Per prima cosa, voglio seppellire la vittima≫.
≪Cosa? Per quale motivo?≫. Brendon sembrava piuttosto contrariato. ≪Perché non avvisare la polizia come hai fatto con le altre vittime?≫.
≪Perché con questa le morti sono troppe. Tutte le vittime sono state dissanguate e rinvenute con un morso sul collo; se continuano ad esserci morti simili, gli umani potrebbero insospettirsi e iniziare a teorizzare l’esistenza dei vampiri. Inoltre... così tante vittime potrebbero attirare anche la loro attenzione≫.
≪Va bene...≫ sussurrò Brendon, la voce tediata che manifestava chiaramente il suo disappunto. ≪Allora fai quello che devi!≫
≪Una volta che avrò seppellito il cadavere, tornerò da te e pianificheremo la prossima...un momento!≫ Improvvisamente, un particolare insolito catturò l’attenzione di Harry, che si inginocchiò di nuovo per studiare il morso sul collo della ragazza. ≪Ma tu guarda...≫ disse incredulo, alzando un sopracciglio con aria stupefatta.
≪Harry, va tutto bene? Che è successo?≫domandò Brendon, preoccupato.
≪Abbiano delle novità interessanti...≫ rispose Harry. ≪Il morso sul collo della vittima... è guarito!≫.
≪Cosa? Stai scherzando, vero?≫
≪Affatto! Non c’è più traccia del morso. Si è completamente rimarginato≫. Sia lui che Brendon rimasero in silenzio per qualche secondo, cercando di assimilare la cosa, poi Harry chiese: ≪Sai questo che significa?≫.
≪Che abbiamo un grosso problema≫.
≪Esatto≫.
Senza aggiungere parola, Harry chiuse la telefonata e rimise il telefono nella tasca dei Jeans. ≪E va bene!≫ disse rassegnato. ≪Ora, ci penso io a te≫. Infilò le mani sotto il cadavere e lo sollevò delicatamente da terra. E dopo essersi guardato intorno un’ultima volta, sfrecciò via con la rapidità di un fulmine.


Brendon irruppe nella sua camera e rivolse subito lo sguardo verso la giovane fanciulla sdraiata nel suo letto. ≪Dunque, è lei?≫
≪Si≫ gli rispose schietto Harry, che osservava la ragazza con grande attenzione da un angoletto della stanza, le spalle appoggiate al muro e le braccia incrociate. Da quando l’aveva adagiata sul letto, non aveva mai distolto gli occhi da quella ragazza, neanche per un istante; aveva continuato a guardarla assorto nei suoi pensieri, attendendo impaziente il suo inevitabile risveglio.
≪Quanto manca?≫ chiese Brendon.
Harry guardò l’orologio argentato che aveva intorno al polso sinistro. ≪Non molto. Ormai, dovrebbe essere questioni di minuti≫.
 Brendon si diresse verso una poltroncina poco distante dal letto e vi si sedette. ≪Che cosa hai intenzione di fare di preciso con lei?≫.
≪Aiutarla≫ rispose Harry, la voce bassa e controllata, quasi avesse timore di svegliare la fanciulla dormiente.
≪Certo che...non avrei mai immaginato che ci fossero altri come te...≫
≪Nemmeno io... Credevo che, ormai, fossero tutti in mano loro...ma a quanto pare ci sbagliavamo entrambi≫.
All’improvviso, un urlo straziante li interruppe bruscamente e attirò la loro attenzione sulla ragazza, che aveva iniziato a dimenarsi e a gridare come in preda ad atroci dolori. Con un unico, rapido scatto, Harry era già accanto a lei sul bordo del letto. Le sollevò il busto e la strinse forte a se, poi le accarezzò dolcemente i capelli, pregandola di resistere.
≪Che cosa le succede? Perché urla così?≫ chiese Brendon in preda al panico, scattando in piedi.
≪La trasformazione è molto dolorosa≫ gli rispose Harry, premendo dolcemente la testa della ragazza sul suo petto. ≪In questo momento≫, lo guardò avvilito con la coda dell’occhio ≪il virus sta distruggendo ogni muscolo del suo corpo, ogni cellula, ogni osso...e ti posso assicurare che non è piacevole!≫.
Passarono i minuti, ma la ragazza non sembrava intenzionata a smettere; con la fonte premuta contro il petto di Harry, le sue grida si facevano sempre più sofferenti. Poi, finalmente, le grida si placarono, e Harry sciolse il suo abbraccio e la distese di nuovo sul letto.
≪È finita?≫ chiese Brendon, mentre si asciugava la fronte sudata con la manica del camice.
Harry non rispose, la sua attenzione completamente rivolta alla ragazza, voglioso di assisterla in ogni fase della trasformazione. La prima, la distruzione e ricomposizione del corpo, era conclusa. Ora, toccava alla seconda: il cambiamento. E infatti, l’aspetto della ragazza iniziò lentamente a cambiare; la sua pelle rosea si fece pallida come l’avorio, i tanti brufoli e punti neri che le invadevano il viso scomparvero nel nulla, lasciando la pelle liscia e senza la minima imperfezione. Infine, i capelli sporchi e scompigliati divennero splendenti, lisci e leggermente ondulati, trasformandosi in una meravigliosa chioma dorata.
≪Brendon, vai a prendere una sacca di sangue≫ ordinò Harry. Brendon fece cenno di si con la testa e uscì rapidamente dalla stanza.


Erika aprì lentamente gli occhi e si mise a sedere sul letto. Guardò l'ambiente intorno a se con un'espressione vaga e confusa, domandandosi dove fosse. Sembrava trovarsi nella stanza da letto di un piccolo appartamento; era tutto parecchio in disordine, con scartoffie e fogli appallottolati radunati su una grande scrivania, sopra la quale c’erano due grandi finestre le cui pesanti tende erano accuratamente chiuse, lasciando che ad illuminare la stanza fosse un vecchio lampadario che pendeva dal soffitto.
 Erika provava una strana sensazione. Poteva sentire il sangue pulsare veloce nelle sue vene, i muscoli fremere e una grande energia traboccare da ogni centimetro del suo corpo. Non ricordava di essersi mai sentita meglio di così.
≪Ciao≫ disse qualcuno accanto a lei. Erika guardò in direzione della voce e vide che apparteneva ad un misterioso ragazzo; indossava una giacca nera e dei Jeans blu, aveva dei capelli castani, semi-lunghi e spettinati, che incorniciavano un viso dai lineamenti delicati, sul quale risaltavano due penetranti occhi verdi.
Erika lo guardò con circospezione; avrebbe voluto porre molte domande a quel giovane: chi era? dove si trovava? che cosa era successo? Ma l’unica cosa che riuscì a dire fu: ≪Ho fame...≫
≪Lo so≫ disse il giovane, chiudendo gli occhi e abbozzando un sorriso malinconico.
Proprio in quel momento, un signore con un camice bianco entrò nella camera. Stringeva fra le mani una piccola sacca di plastica contenente del liquido rosso.
≪Grazie, Brendon≫ disse il giovane. Prese la sacca e la offrì ad Erika. ≪Tieni! È sangue. È questo che vuoi, vero?≫.
Erika guardò intensamente quel liquido rosso. Lo sentì pulsare, attrarla a se; anche attraverso la plastica, poteva sentirne l’odore, così delizioso e invitante. Un leggero formicolio attraversò i denti, e i canini si allungarono fino a sfiorare la lingua. Poi, con un gesto rapido, afferrò la sacca e la morse con violenza. Iniziò a bere il suo contenuto, gemendo di piacere mentre un’espressione inquietante e maligna le compariva sul volto pallido.
Quando ebbe finito, posò la sacca prosciugata sul letto e si rivolse al giovane. ≪Chi siete voi due? Ditemi dove sono e perché mi avete portata qui!≫. La sua voce era calma quanto minacciosa. Brendon dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non svenire davanti alla furia omicida che Erika emanava dai suoi occhi rossi.
Il giovane sospirò e si passò una mano fra i capelli castani. ≪Sei stata aggredita nel bosco. Io mi chiamo Harry, Harry Blaze. Ti ho trovata e portata qui. In questo momento, ti trovi a casa mia e del mio caro amico qui presente, il dottor Brendon Smith≫.
Erika rivolse uno sguardo veloce a Brendon. Era un individuo sulla quarantina, con degli occhiali da vista davanti agli occhi piccoli e maliziosi; indossava il tipico camice bianco dei medici, e i suoi capelli neri, accuratamente pettinati all’indietro, risplendevano per via del sudore di cui erano impregni.
Dopodiché, Erika tornò a fissare Harry. I due si guardarono silenziosi, studiandosi a vicenda, ed Erika rimase abbagliata dal fascino di Harry; i suoi occhi verdi le fecero provare un dolce formicolio nel basso ventre. “Occhi verdi”, queste due parole rimbombarono nella sua testa. Chiuse gli occhi e tentò di ricordare dove avesse già visto degli occhi simili. E dopo pochi secondi, l’illuminazione: “Elisabeth!” pensò. E i ricordi di ciò che era avvenuto nel bosco iniziarono a tornarle in mente uno dopo l’altro. Si portò le mani alla testa, chiuse gli occhi e tentò di concentrarsi su Elisabeth.
E così facendo, ogni tassello andò al suo posto. Ricordò tutto: di aver sentito una voce chiamarla dalle profondità del bosco, la grande quercia, gli occhi verdi di Elisabeth che diventavano rossi, la corsa disperata nel buio e infine il morso doloroso. Si toccò d’impulso il collo e si sorprese di non trovarvi alcuna ferita.
≪Che succede?≫ chiese Harry.
≪Mi ricordo tutto≫ rispose Erika. Tentò di dare un ordine ai tanti frammenti di immagine che aveva nella sua mente, e iniziò a descrivere in sequenza gli avvenimenti. ≪Stavo tornando a casa da scuola, quando ho sentito qualcosa provenire dal bosco. Non so dire di preciso cosa fosse, ma sembrava una voce che mi incitava a raggiungerla. Ero come stregata≫. Harry e Brendon si lanciarono un’occhiata d’intesa e proseguirono con l’ascolto. ≪Nel bosco, c’era Elisabeth, una mia compagna di classe, che mi ha morso sul collo e...≫ si accarezzò la fronte, tentando di ricordare altro. ≪Ah, è inutile≫ sbottò con rabbia. ≪Poi è tutto confuso≫.
≪La tua amica Elisabeth era un vampiro e ti ha uccisa≫ disse Harry senza tanti convenevoli, guardandola impassibile.
≪Che cosa? Un...vampiro?!≫.
≪Sì! E ora lo sei anche tu≫.
Erika trasalì e il suo volto si corrucciò in un’espressione inorridita. ≪No! Non scherzare. Non è possibile!≫.
≪Tu dici?≫ disse Harry, alzando un sopracciglio. ≪Eppure, uno dei tuoi primi pensieri appena sveglia è stato il sangue≫.
Erika deglutì a fatica, e sentì il sapore metallico del sangue rimastole sui denti. ≪No!≫ urlò con rabbia, e si sfregò disgustata la bocca con il palmo della mano, per poi ritrovarselo sporco di sangue.
≪Che cosa mi è successo?≫ sussurrò in preda all’angoscia, la voce stridula e gli occhi che le bruciavano.
≪Te l’ho detto≫ disse Harry in tono bonario. ≪Sei un vampiro. Sì, lo so, ti sembra assurdo, ma è la pura verità! I vampiri esistono...e tu sei diventata questo≫.
≪Oh, mio dio!≫. Erika si portò le mani al viso e si accasciò al suolo. Qui, si lasciò andare ad un pianto disperato.
≪Ascolta...≫ disse Harry, piuttosto avvilito. ≪Non preoccuparti, starai bene, te lo prometto!≫ aggiunse poi, e si stagliò davanti a lei. La osservò mentre piangeva, e nonostante la sua espressione fredda e distaccata, i suoi occhi verdi esprimevano con sincerità tutto la tristezza che provava nei confronti di quella ragazza innocente, che da quel giorno sarebbe stata per sempre schiava del sangue. Dopo essersi inginocchiato anche lui, le afferrò le mani e con molta delicatezza gliele tolse dal viso, in modo da poterla guardare negli occhi. ≪Ascolta, ora cerca di calmarti. Sei appena trasformata, quindi tutte le tue emozioni sono amplificate. Non preoccuparti...io ti aiuterò. Anche io sono un vampiro...so esattamente quello che stai passando. Ora come ora, ti sembra che la tua vita non abbia più un valore. Ti chiedi perché una cosa del genere sia successa proprio a te. Vorresti non provare quella fame insopportabile che ti fa bruciare la gola. Ma tutte queste sono cose con le quali dovrai convivere per sempre. Devi solo imparare a gestirle, a controllarle, e io te lo insegnerò, ok?≫.
La voce di Harry, così gentile e sicura di se, riuscì ad entrare nel cuore di Erika e a scaldarlo, dandole un po’ di conforto. Così, si lasciò trasportare da quella sicurezza, e si asciugò le lacrime.
≪Brava≫ disse Harry con un ampio sorriso; poi si mise in piedi e tese una mano ad Erika per aiutarla ad alzarsi. Lei la afferrò immediatamente, quasi per istinto, e si tirò su.
≪Come ti chiami?≫ chiese Harry.
≪Erika≫.
≪Erika...è un bel nome≫.
≪Grazie≫ balbettò Erika mentre tirava su col naso. ≪Tu, invece, ti chiamavi...≫
≪Harry, Harry Blaze≫. E detto il suo nome, cambiò subito argomento. ≪Ora, Erika, ho bisogno che tu mi dica con esattezza come ti senti≫.
Erika chiuse gli occhi e pensò a quali potessero essere le parole più idonee a descrivere l’incredibile energia di cui si sentiva traboccare.
≪Mi sento...come se il mio corpo fosse sul punto di esplodere! Tutto mi sembra cambiato, pur restando lo stesso. Questa stanza, per esempio, mi sembra che sia viva. I colori sono più vividi, brillanti...meravigliosi≫.
≪È una bella sensazione, vero?≫
≪Eccome! Riesco perfino a sentire il battito del cuore del tuo amico, quindi deduco che lui non sia un vampiro come te≫.
≪No, Brendon è un essere umano. Dopo ti parlerò anche di lui, ma ora, dimmi, provi dolore o avverti qualche bisogno insolito?≫.
≪Beh, provo un forte bruciore alla gola. E malgrado faccia di tutto per ignorarlo, il battito del cuore del tuo amico continua a riecheggiare nelle mie orecchie. Significa, per caso, che ho voglia di sangue?≫.
≪Sì≫.
≪E allora non dovrei berne ancora?≫.
≪No. Devi imparare a controllare la sete, così potrai stare insieme agli umani senza correre il rischio di ucciderli≫.
≪Non potrei mai uccidere qualcuno!≫. Erika era molto sicura di quell’affermazione.
≪All’inizio, tutti siamo convinti di ciò. Crediamo che per quanto possiamo essere affamati, non arriveremo mai a fare del male ai nostri amici... ai nostri famigliari. Ma lascia che ti metta subito in guardia: il vampirismo fa emergere la parte più oscura di noi. Quando siamo affamati, tutti i nostri ideali, le nostre convinzioni...e i nostri voleri non contano più nulla. Non riusciamo a trovare pace finché non ci nutriamo. Perciò, si, se non impari a controllarti, finirai con l’uccidere qualcuno. Ed è meglio evitarlo. Perché ora come ora, con le tue emozioni amplificate, il senso di colpa ti distruggerebbe≫.
Erika abbassò lo sguardo, spaventata come mai in vita sua. Tutto questo era così difficile da accettare. Per un momento, immaginò che non fosse reale, di essere prigioniera dentro un orribile incubo dal quale si sarebbe presto svegliata. Ma il costante sapore del sangue che permeava la sua bocca la riportò alla cruda realtà.
Alzò gli occhi per incontrare quelli di Harry. ≪Tu...puoi davvero insegnarmi a controllare la sete?≫.
≪Quanto meno ci proverò≫ rispose Harry, sospirando e passandosi una mano fra i capelli. ≪Ma prima, devi sapere un paio di cose≫. Fece cenno a Erika di mettersi comoda sul letto e intimò a Brendon di avvicinarsi. I due si guardarono negli occhi per qualche secondo, e i loro sguardi trasmettevano a uno i pensieri dell’altro senza il bisogno delle parole; sembravano molto in sintonia.
≪Dunque...≫ cominciò Harry, tornando a guardare Erika. ≪Prima di tutto, è meglio che tu sappia che non sei un vampiro comune≫.
≪Non capisco≫ disse Erika.
≪Vedi, in questo mondo, esistono due categorie di vampiri: i sanguepuro e i dampyr;≫.
≪Dampyr?≫ sussurrò Erika, sempre più confusa.
≪Sì! I sanguepuro sono i vampiri che possono essere definiti “completi”. I dampyr, invece, sono creature per metà umane e per metà vampire! Io e te...apparteniamo a questa seconda categoria...≫.
≪Mi stai dicendo...che noi siamo metà umani e metà vampiri?!≫.
≪Esatto. Noi siamo dei dampyr!≫.
≪E ci sono particolari differenze fra i dampyr e i sanguepuro?≫.
≪Molte≫. Con quella risposta, Harry si sedette sul bordo del letto, accanto a lei. ≪I sanguepuro hanno maggiore forza fisica, maggiore velocità, resistenza e, come se non bastasse, di notte, quando il loro potere è al massimo, possono trasformarsi in creature mostruose≫.
Erika rabbrividì, e la sua mente tentò di assimilare tutte queste informazioni. Poi alzò gli occhi al cielo e disse: ≪In poche parole...noi dampyr siamo gli “sfigati”≫.
Harry la guardò meravigliato, chiedendosi dove trovasse la voglia di scherzare, dato che lei faceva parte degli “sfigati”. ≪Beh, direi di sì≫.
≪Perfetto!≫ sbottò Erika, infastidita. ≪Sembra che anche come vampiro io sia una perdente≫.
≪Non mi sembra il caso di scherzare!≫ la rimproverò Harry, guardandola torvo. ≪Ora sei immortale! Sarai un dampyr per l’eternità. È una faccenda seria!≫.
≪Scusa...ma, se non ci rido un po’ su, non credo di riuscire a reggere tutta questa faccenda≫ disse Erika con voce malinconica, e lo sguardo severo di Harry si addolcì’ un po’.
Brendon, che fino ad ora non aveva aperto bocca, si intromise nel discorso e disse: ≪Scusa se ti interrompo, Harry, ma credo che dovresti rimandare ad un’altro momento le spiegazioni≫. Erika ed Harry lo guardarono. ≪Ora che questa ragazza è, più o meno, al corrente della situazione, credo che per noi sarà più facile trovare il nostro obbiettivo≫.
Harry sospirò e si alzò dal letto. ≪Hai ragione, Brendon≫ disse serio; poi si rivolse a Erika. ≪Ascolta, so che devi ancora abiurati alla tua nuova vita e che hai bisogno di tempo, ma devo chiederti di aiutarmi a risolvere una questione della massima importanza≫.
≪Di che si tratta?≫ domandò Erika, intimorita dalla voce di Harry, che si era fatta ancora più seria e fredda.
≪Del vampiro che ti ha aggredita nel bosco≫.
≪Elisabeth?≫
≪Sì, Elisabeth... Vorrei che mi aiutassi a trovarla e...a fermarla!≫.


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ANGOLO DELL’AUTORE:
Ciao a tutti, cari lettori.
Ecco il nuovo capitolo. Scusate il grande ritardo, ma in questo periodo di tempo per scrivere ne ho sempre meno. Come al solito, invito tutti quelli che hanno letto il capitolo a lasciarmi una recensione, anche piccola, per dirmi che cosa ne pensiate.
Grazie comunque a tutti e al prossimo capitolo, che cercherò di caricare in molto meno tempo di questo.  ;)

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Capitolo 4
*** La caccia ha inizio ***


CAPITOLO 4

LA CACCIA HA INIZIO

    
                                    




Fermare Elisabeth. Queste due parole riecheggiarono come un mantra nella mente di Erika, che fremeva per l’eccitazione. Brendon e Harry la guardavano attentamente, curiosi di vedere quale sarebbe stata la sua reazione.
≪Con “fermarla”, tu intendi “ucciderla”, vero?≫ chiese seria, puntando lo sguardo cupo sugli occhi di Harry, il quale si limitò semplicemente ad annuire. Inizialmente, Brendon la guardò con aria afflitta, compassionevole, ma la reazione di Erika si sarebbe rivelata meno grave del previsto. ≪Bene≫, disse convinta ≪allora non perdiamo altro tempo. Andiamo a cercarla!≫. Nel dire quella frase, una luce assassina le era comparsa negli occhi ancora rossi. Aveva un’aria decisamente minacciosa.
Brendon era rimasto a bocca aperta, stupefatto dalla noncuranza con la quale aveva accettato la cosa. Harry, invece, sorrideva divertito, per niente sorpreso. Brendon lo guardò con un’espressione confusa, in cerca di spiegazioni, ma lui si limito a sorridergli, come a suggerire che sarebbe andato tutto bene.
≪Vedo che sei sicura di te≫ disse Harry.
≪Assolutamente!≫ esclamò Erika. ≪Anzi, già che ci siamo, posso darle io il colpo di grazia? Sai, ho una gran voglia di regolare i conti≫.
Harry chinò il capo con aria rassegnata. ≪Vedremo≫ disse poi in tono provocatorio. ≪Tu dammi una mano a cercarla, e per me sarà un piacere fartela uccidere≫.
≪Allora, siamo d’accordo!≫ disse Erika tutta entusiasta. ≪Non vedo l’ora di cominciare≫.
Harry ignorò lo sguardo furioso di Brendon e si diresse verso la finestra della camera. Afferrò il bordo delle pesanti tende, le spalancò, e la luce del sole illuminò l’intera stanza.
Quando Erika sentì il tenue calore sulla sua pelle candida, balzò rapida come un fulmine verso un angolino della camera, lontana dalla luce.
≪Non avere paura≫ la rassicurò Harry. ≪La luce del sole è innocua≫.
≪Ma come?!≫ disse Erika, raggomitolata a terra. ≪I vampiri non sono allergici alla luce del sole?! Se si espongono a essa, non dovrebbero bruciare o luccicare come palle da discoteca?≫.
Harry scoppiò a ridere, piegandosi in due come un foglio di carta. ≪Secondo me hai letto troppo libri≫.
≪Quindi, posso uscire anche di giorno?≫.
≪Guardami≫ rispose Harry, spalancando le braccia. ≪In questo momento, io sono esposto alla luce del sole. Per caso, sto bruciando...o brillando?≫.
≪No!≫.
Harry si avvicinò a lei e le tese la mano. ≪Allora non hai nulla di cui aver paura...≫. Erika sentì il battito del suo cuore accelerare improvvisamente, ammagliata dal sorriso con cui Harry la invitava ad alzarsi; quando sorrideva, lui sembrava così gentile e rassicurante, da rendere difficile credere il fatto che dietro a quella superficie si potesse celare una bestia assetata di sangue. Erika unì lentamente una mano a quella di Harry e si tirò su da quell’angolo buio e impolverato.
≪Vieni≫ la incitò Harry, e tenendola per mano la condusse davanti alla finestra. I due vennero accarezzati dalla tiepida luce solare; la loro pelle rifletteva leggermente i raggi dorati, che li circondarono di luce, dando loro un’aria onirica e quasi angelica.
Brendon li contemplò in un sacro silenzio, incantato dalla loro bellezza, e ancora una volta, a malincuore, dovette ammettere a se stesso che i vampiri erano, senza ombra di dubbio, le creature più affascinanti su cui avesse mai posato gli occhi.
Erika sollevò leggermente il capo e chiuse gli occhi, rallegrandosi di poter ancora sentire il calore del sole. Poi puntò lo sguardo alla sua sinistra, e i suoi occhi incrociarono quelli penetranti di Harry. Il suo sorriso continuava a farle battere forte il cuore.
≪Piccolo vantaggio di noi dampyr≫ disse, notando lo sguardo interrogativo di Erika. ≪Noi, essendo per metà umani, possiamo tranquillamente uscire alla luce del sole, a differenza dei sanguepuro≫.
Erika tornò a guardare il paesaggio urbano fuori dalla finestra; dovevano trovarsi, più o meno, al terzo piano di uno degli edifici della periferia di Red Shields.
≪Ora, voglio che tu aspetti qui mentre io parlo di una cosa con Brendon in soggiorno, ok?≫ disse Harry. Erika annuì, e lui fece cenno a Brendon di seguirlo. Appena si chiusero la porta della camera alle spalle, Brendon lanciò a Harry un’occhiata furiosa.
≪Harry, mi spieghi che accidenti ti sei messo in testa?≫ ringhiò con aria grave. ≪Prima dici che deve imparare a controllarsi, e poi decidi di farla uscire in mezzo agli umani nonostante il rischio che possa fare del male a qualcuno?!≫.
≪Brendon, ormai dovresti conoscermi bene≫ rispose Harry, guardandolo serio. ≪Credi davvero che farei qualcosa che possa mettere in pericolo delle persone innocenti?≫.
≪Non credo che sia una buona idea farla partecipare alla caccia!≫ Brendon era molto sicuro di questa sua convinzione. ≪Quella ragazza è appena diventato un vampiro, quindi non c’è alcuna possibilità che riesca a controllarsi. Secondo me, dovresti solo farti dare delle informazione sul bersaglio e lasciarla qui≫.
≪Secondo me, invece, è una pessima idea≫ controbatté Harry. ≪Il modo migliore di tenere sotto controllo la sete è abituarsi ad avere sete. Non può combattere il suo istinto se prima non impara a conoscerlo. Inoltre, lasciarla qui sarebbe pericoloso per te. Se la fame dovesse ritornarle, il suo unico pensiero sarebbe nutrirsi, di conseguenza potresti essere tu il suo prossimo pasto. La cosa migliore per lei, almeno in questo momento, è rimanere il più possibile vicino a me, in modo che possa tenerla d’occhio e tranquillizzarla in caso la fame dovesse farle perdere la ragione≫.
Harry si diresse verso un comodino accanto al divano e aprì il primo dei cassetti; dentro c’era un enorme assortimento di armi di ogni tipo: pistole di diverse forme e dimensioni, pugnali da caccia, coltelli a serramanico e quelli che sembravano dei paletti di legno intagliati. Il tutto era molto ben organizzato, i vari strumenti di morte sistemati in varie file, secondo l’ordine di grandezza.
Harry tirò fuori dalla tasca la pistola argentata che aveva adoperato nel bosco, la ripose nel cassetto e guardò pensieroso le altre pistole nel cassetto, meditando su quale scegliere per rimpiazzarla.
Optò per quella che sembrava una vecchia Magnum calibro 44 e ne aprì il caricatore rotondo. Dalla tasca dei Jeans, estrasse una manciata di piccoli proiettili di uno strano colore marroncino. Infilò sei di essi nei fori del caricatore e ripose gli altri in tasca. Mise la pistola carica nella tasca interna della giacca e prese due paletti di legno dal cassetto.
≪Oltre ai proiettili di legno nella pistola, anche i paletti?≫ chiese Brendon, raddrizzandosi gli occhiali da vista con la punta dell’indice.
≪Si≫ rispose Harry mentre esaminava la punta acuminata dei paletti. ≪Un paletto di legno nel cuore è il solo modo di uccidere un vampiro, dampyr o sanguepuro che sia≫.
≪Uno dei paletti è per lei?≫.
≪Bé, se deve accompagnarmi a caccia di un pericoloso vampiro omicida, penso che dovrebbe essere adeguatamente equipaggiata≫.
≪Una cosa≫ disse poi Brendon, la voce indignata e colma di disprezzo ≪per quale motivo si comporta così?≫.
≪Cosa intendi?≫.
≪Questa sua voglia di uccidere... Insomma...ha accettato di uccidere una sua compagna di classe senza battere ciglio, addirittura chiedendo di essere lei stessa a ucciderla...≫.
≪È una cosa del tutto normale!≫ concluse Harry, risoluto. ≪In questo momento, le sue emozioni sono amplificate dal virus, questo significa che qualsiasi cosa provasse nei confronti di questa Elisabeth ora si è intensificato. Probabilmente, questa ragazza non le era molto simpatica anche prima che l’ha aggredisse nel bosco. Quindi, se Erika già da tempo covava rabbia nei suoi confronti, con la trasformazione questa rabbia si è moltiplicata. Ecco perché sente il bisogno di ucciderla, di farle del male, di...appagare la sua rabbia. È una cosa che capita a tutti i vampiri appena trasformati≫.
Brendon lo guardò con un’espressione cupa, gli occhi piccoli che luccicavano dietro le lenti degli occhiali. ≪Vuoi davvero fargliela uccidere?≫.
≪Certo che no≫ rispose Harry, meravigliandosi che il suo amico non l’avesse già capito. ≪È consumata dalla rabbia, ma una volta appagata questa, in lei rimarrebbe solo il senso di colpa per aver ucciso qualcuno. Non lo sopporterebbe...≫. Si mise in tasca uno dei paletti di legno e proseguì. ≪Ma, almeno per ora, bisogna trattarla con i guanti bianchi, lasciarle credere che le daremo ciò che vuole≫.
≪Altrimenti?≫.
≪Altrimenti...potrebbe anche rivoltarsi contro di noi≫. Harry smise di parlare, poi, notando l’espressione di Brendon, disse: ≪Non preoccuparti≫. Tentò di parlargli in modo più comprensivo possibile. ≪I neo-vampiri sono così. Non sanno distinguere il bene dal male, e vivono solo per appagare i propri bisogni≫. Harry rimase in silenzio qualche secondo, come per dare al suo amico il tempo necessario per abituarsi alla situazione.
≪Va bene!≫ disse infine Brendon. ≪Andate! Ma, mi raccomando, fai attenzione!≫.
Harry sorrise con ironia, lo sguardo deciso e motivato. ≪Non c’è bisogno che me lo dica≫. Brendon ricambiò il sorriso e annuì, consapevole che lui non avrebbe fallito. Dopotutto, Harry non lo aveva mai deluso, almeno per quanto riguarda il dare la caccia ai vampiri. ≪Una cosa, Brendon, mentre noi siamo via tu vai all’ospedale e tenta di rimediare qualche sacca di sangue. Dobbiamo essere pronti per quando le tornerà la sete≫.
≪Va bene!≫ disse Brendon.
Harry si voltò, chiuse il cassetto delle armi, aprì quello immediatamente sotto, dal quale estrasse una piccola scatolina bianca, e tornò nella camera da letto.
Qui, Erika bighellonava in giro, osservando curiosa ogni angolo della stanza. Malgrado non portasse gli occhiali, la sua vista era perfetta, nitida e precisa come quella di un’aquila. Riusciva a scorgere ogni dettaglio intorno a se, e poteva perfino sentire i leggeri passi delle due o tre formiche che approfittavano degli avanzi di un panino sopra la scrivania di Brendon.
≪É meraviglioso!≫ disse a Harry senza voltarsi, il cuore che le traboccava di gioia. ≪Ogni cosa è così...intensa! Io sono sempre stata miope, fin dall’infanzia, e per questo ero costretta a portare gli occhiali da vista. Ma ora riesco a vedere perfettamente≫.
≪Un altro dei piccoli vantaggi dell’essere un vampiro≫ sussurrò Harry alle sue spalle. Lei si voltò a guardarlo. ≪Nessun malanno può toccarti≫.
Erika si sfregò le mani, felice come mai lo era stata in vita sua.
≪Non esserne troppo entusiasta. Questo, insieme ad altri due o tre, è solo uno dei pochi vantaggi di essere un vampiro...≫ aggiunse Harry, accigliandosi e con una voce improvvisamente malinconica. ≪Puoi credermi, ci sono più svantaggi che altro≫.
Ogni volta che Harry diceva la parola “vampiro”, lei riusciva a scorgere un certo disprezzo nella sua voce, come se provasse molto rancore verso le creature in questione, e di conseguenza verso se stesso. Non riusciva a capirne il perché, e questo accese in lei una leggera curiosità, che però mise subito da parte. Era troppo impegnata a godersi il suo nuovo potere per porre delle domande.
Si sentiva in piena estasi; la sua vista era migliorata e non aveva alcun bisogno di occhiali, il suo udito, olfatto e senso del tatto si erano sviluppati, osservando il suo volto riflesso nel vetro della finestra aveva notato che non era più ricoperto di brufoli, e il suo corpo era sempre traboccante di energia.
≪Non ti abituare troppo a questa sensazione≫ disse Harry, la voce tagliente e fredda come il ghiaccio.
Erika gli lanciò un’occhiata furente, infastidita. ≪Per quale motivo?≫ domandò. La sua voce si era fatta improvvisamente arrogante e sfrontata, ma ciò non sembrò minimamente turbare o impensierire Harry, che rimase impassibile come sempre.
≪Perché, Erika, queste sensazioni spariranno molto presto. E al loro posto sopraggiungeranno la sete, il dolore, il rimorso...≫.
≪Oh, non essere così melodrammatico!≫ esclamò Erika, alzando gli occhi al cielo con aria annoiata. All’improvviso, aveva iniziato a comportarsi come una bambina viziata, arrogante e irritante. Tuttavia, Harry non sembrava affatto sorpreso. Perché lui sapeva bene che molto presto questo atteggiamento sarebbe sparito, per lasciare il posto alla disperazione... Senza accorgersene, dentro di se, iniziò a sperare che la sua gioia durasse il più a lungo possibile.
≪Tieni≫ disse, porgendole la scatolina bianca che aveva preso in soggiorno.
≪Cos’è?≫ chiese Erika mentre la apriva. ≪Lenti a contatto?≫.
≪Sì. Ti consiglio di indossarle≫.
≪E perché mai dovrei farlo? Ci vedo benissimo!≫.
≪Non servono a rimpiazzare gli occhiali, ma a tenere nascosto il colore degli occhi≫. Harry sospirò, e notando l’espressione confusa di Erika aggiunse: ≪Quando un vampiro≫ a quella parola, lei percepì di nuovo il disprezzo nella sua voce, ≪è affamato, i suoi occhi tendono a diventare rossi. E questo può essere uno spiacevole inconveniente. Se dovessero diventarlo davanti agli umani, potremmo correre il rischio di essere scoperti≫.
Senza farselo ripetere due volte, Erika andò davanti alla finestra per usare il vetro come specchio e iniziò a mettersi le lenti a contatto. ≪Tu le indossi?≫ domandò appena messa la prima.
≪No≫ rispose Harry. ≪Sapendo controllare la mia sete, io, non ne ho alcun bisogno≫.
Una volta che ebbe sistemato le lenti, Harry le si avvicinò per darle uno dei paletti di legno che aveva con se.
≪Paletti di legno, eh? Un classico!≫ disse lei con ironia. ≪Wow, mi sembra di essere dentro ad un film!≫. Il suo tono allegro era del tutto fuori luogo in quel momento, tuttavia Harry ne fu felice. Per fortuna, non sembrava ancora addolorata o sconvolta.
≪Quello va usato con attenzione≫ disse Harry, indicando il paletto, al quale Erika sfiorava la punta aguzza con il dito. ≪Un paletto di legno è l’unica cosa che può uccidere un vampiro≫.
≪Lo immaginavo!≫ disse lei. ≪Bisogna piantarglielo dritto nel cuore, vero?≫.
≪Esatto! Questa è una delle poche cose vere su tutte le fandonie che gli umani sono soliti raccontare su di noi≫.
≪Quindi...non devo dormire in una bara?≫.
≪Affatto. Puoi dormire dove e quando ti pare≫.
≪Posso guardare i crocifissi?≫.
≪Si, quelli non sono pericolosi. Anche se personalmente non amo molto guardarli≫.
≪Posso mangiare l’aglio?≫.
≪Quanto vuoi≫.
≪Posso trasformarmi in un pipistrello?≫.
≪No≫.
≪Posso prevedere il futuro?≫.
≪No≫.
≪Posso leggere nel pensiero?≫.
≪No!≫. Questa volta, per la prima volta, Harry aveva alzato la voce, ansioso di finire l’interrogatorio e cominciare la caccia. ≪Ora basta con le domande. Dopo, avremo tutto il tempo per parlare, ma ora pensiamo alla tua compagna di classe. Se non sbaglio, poco fa avevi detto che volevi darle tu il colpo di grazia. Prima la troviamo, prima la uccidi, quindi andiamo...≫.
≪Come vuoi!≫. Erika si voltò verso di lui e gli restituì la scatolina vuota. Le lenti a contatto erano azzurre, come il colore naturale dei suoi occhi, anche se erano di un azzurro meno intenso e splendente. Nessuno, o almeno nessuno con una vista normale, poteva accorgersi che le indossava. Ma Harry, che aveva impresso nella memoria il meraviglioso colore dei suoi occhi, notava parecchio la differenza, e una leggera tristezza gli assalì il cuori.
≪Ehi! Ti sei incantato?≫ esclamò Erika, a disagio sotto quello sguardo compassionevole.
Harry scosse la testa. ≪No. Scusa...possiamo andare≫.
≪È questo dove lo metto?≫ domandò Erika, sollevando il paletto che aveva in mano.
Harry le indicò una sedia da lei poco distante. Sullo schienale vi era appoggiato il suo giubbotto rosso, che Harry si era premunito di toglierle prima di metterla al letto. ≪Mettitelo e nascondilo al suo interno. Tieniti pronta ad estrarlo in caso di pericolo≫.
≪Il fatto dei paletti nel cuore vale sia per i dampyr che per i sanguepuro?≫.
≪Sì. E mi raccomando, devi cercare di trafiggerla nel cuore. Se dovessi fallire, le procurerai solo una ferita che subito si rimarginerebbe≫.
≪Bene!≫ esclamò Erika mentre si infilava il giubbotto sulle spalle.
≪Un’altra cosa≫ aggiunse Harry, ≪dato che la tua amica andava tranquillamente in giro di giorno, è sicuramente un dampyr come noi. Questo significa che non è particolarmente potente; in due dovremmo facilmente riuscire a batterla, tuttavia non abbassare la guardia per nessun motivo. Se il paletto che tieni in mano dovesse oltrepassare il tuo di cuore, moriresti...≫.
≪Non preoccuparti!≫ esclamò Erika, sicura di se. E dopo aver chiuso la cerniera lampo del giubbotto fino al collo, vi nascose il paletto di legno.
≪Andiamo≫ disse infine Harry, e i due uscirono dalla stanza. Mentre attraversavano il soggiorno, Harry e Brendon si lanciarono un’occhiata complice a vicenda, sorridenti. Entrambi pregustavano la vittoria, e non vedevano l’ora di chiudere definitivamente la faccenda del vampiro omicida per tornare alla loro odierna tranquillità.
Erika seguì Harry fuori dall’appartamento, e si trovò davanti alle scale di un portone. Le scesero velocemente, attraversarono l’atrio dove il portiere li salutò con un cenno della testa, e uscirono all’aperto. Malgrado il sole splendesse alto nel cielo e le nuvole tempestose fossero sparite, la giornata era ancora particolarmente fredda e ventosa.
Un’ondata di vento gelido li investì in pieno, scompigliando la chioma bionda di Erika. Malgrado le loro giacche leggere, né lei né Harry avvertirono il freddo. E questo la sorprese non poco, essendo sempre stata sensibile alle basse temperature. “Un altro vantaggio” pensò mentre si incamminava dietro Harry.
Dopo essersi allontanata abbastanza, Erika si voltò a guardare il palazzo dal quale era uscita. A quanto pareva, l’appartamento in cui Harry e Brendon alloggiavano si trovava all’interno di un piccolo condominio nella zona urbana.
La piccola cittadina di Red Shields era divisa principalmente in tre zone ben diverse: la zona urbana, ai margini della periferia, luogo dove risedevano la classe dei lavoratori umili; la zona di periferia, o zona povera come la chiamava Erika, dove vi erano coloro che avevano difficoltà economiche e che di conseguenza dovevano accontentarsi di vecchie case risalenti ai tempi della fondazione della città; e infine il centro della città, ricco e sviluppato, dove viveva la gente prosperosa e benestante, luogo in cui Erika non aveva mai messo piede.
Lei non faceva parte di nessuno di questi luoghi, dato che la villa di suo zio John si trovava, in un certo senso, “separata dal resto”, in un luogo quasi ai margini della città, circondato da alberi e da altre ville più o meno grandi.
≪Raccontami qualcosa di te!≫. La voce di Erika ruppe il silenzio che si era tra di loro.
Senza smettere di camminare, Harry la guardò con la coda dell’occhio. ≪Che cosa vorresti sapere su di me? E perché ti interessa conoscermi?≫.
Tenendo il conto con le dita di una mano, Erika rispose: ≪Bé, mi hai trovato morta nel bosco, mi hai portato a casa tua, ti sei offerto di aiutarmi a sopravvivere da vampiro, mi hai chiesto di unirmi a te nel dare la caccia a quella stronza di Elisabeth...Direi che mi sembra ovvio che, arrivati a questo punto, io voglia sapere con chi diavolo ho a che fare≫.
Harry incurvò le labbra in un sorriso sardonico. ≪Mi sembra giusto≫.
≪Prima di tutto, voglio sapere da dove vieni?≫ chiese Erika, dando sfogo alla curiosità nata in lei poco prima.
≪Dall’Inghilterra≫ rispose Harry.
Gli occhi di Erika si spalancarono per lo stupore. ≪Sei inglese! Fantastico! Sai, un giorno mi piacerebbe molto visitare l’Inghilterra. Ho sempre avuto una passione per la letteratura inglese≫.
≪Ma davvero?≫ chiese Harry, alzando gli occhi al cielo, consapevole che lei non poteva vederlo. Fare un’amichevole chiacchierata era l’ultimo dei suoi pensieri.
Erika, però, sembrava decisa a continuare. ≪Sì! Da Thomas Hardy a Edgar Allan Poe!≫.
≪Poe era americano≫ la corresse Harry, dimostrando di essere un minimo esperto in materia.
≪Conosci Edgar Allan Poe, quindi anche a te piace leggere?≫.
≪Abbastanza. Anche se non ho molto tempo da dedicare ai libri≫.
Nonostante Erika sperasse di poter scoprire altro su Harry, lui troncò la conversazione con un gesto della mano; poi si fermò e si voltò a guardarla.
≪Ascoltami bene≫ disse serio. ≪Ora, ti dirò quello che faremo. Se vuoi prendere la tua compagna, dovrai fare tutto ciò che ti dico senza esitare. Chiaro?≫.
≪Cristallino≫ rispose Erika, le labbra piegate in un sorriso decisamente inquietante.
≪Bene. Prima di tutto, andremo in un posto dove raccogliere informazioni≫.
≪Dove?≫.
≪Nella tua scuola≫.
≪Cosa?≫. Erika non poté fare a meno di stupirsi. A scuola... Quale utilità ci poteva essere nell’andare alla sua scuola?
≪Fidati di me≫ disse Harry con grande sicurezza. ≪Là troveremo quel che ci serve. Ma devo avvertirti: non sarà facile per te...≫.
≪Perché?≫.
≪Sarai in un luogo pieno di persone...questo significa che...sicuramente la tua sete si scatenerà...in tutta la sua forza...≫.


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ANGOLO DELL’AUTORE:
Ciao a tutti quelli che hanno letto questo capitolo.
Scusate il ritardo, ma fra le feste e il resto ho poco tempo per scrivere.
Come al solito, invito tutti quelli che leggono a recensire e li ringrazio.
Alla prossima!  ;)

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Capitolo 5
*** Seguendo la scia ***


CAPITOLO 5
SEGUENDO LA SCIA
                                       




Dopo aver camminato a lungo, Erika ed Harry videro comparire in lontananza l’imponente struttura del liceo di Rosenball, il più prestigioso di tutta Red Shields.
≪Ci siamo≫ disse Harry soddisfatto. ≪Ricordi cosa devi fare?≫ domandò dopo, stagliandosi davanti ad Erika e guardandola negli occhi.
≪Non preoccuparti!≫ rispose lei con un sospiro, infastidita dalla continua preoccupazione di Harry. Era, più o meno, la quinta volta nel giro di tre minuti che lui le poneva la stessa domanda, nonostante avesse già provveduto a spiegarle il piano nei minimi dettagli.
Il liceo era immenso, composto da tre grandi strutture poste una accanto all’altra, circondato da un vasto cortile in cui vi erano dei campi per svariate attività sportive. All’interno della struttura centrale, c’erano la segreteria, le sali insegnanti, alcune classi e la grande biblioteca dove Erika trascorreva ogni intervallo. Essendo molto prestigioso e frequentato spesso da ragazzi le cui famiglie erano molto ricche e importanti dal punto di vista sociale o politico, il liceo divideva i suoi tanti studenti in due categorie: la categoria A, composta da studenti “privilegiati” dal ministero della pubblica istruzione per i loro voti superiori alla media, e la categoria B, di cui Erika faceva parte, dove venivano collocati gli studenti comuni.
≪Profondamente ingiusto, non credi?≫ chiese Erika mentre oltrepassava il cancello. Harry la guardò confuso, non capendo a cosa si riferisse. ≪Il fatto che in questa scuola gli studenti vengano divisi in due categorie!≫ gli spiegò Erika con un’espressione indignata. ≪È una cosa che mi ha sempre fatta infuriare! Le classi della categoria A sono frequentate da ragazzi snob e viziati, che si credono degli dei solo perché i loro genitori hanno sempre il portafoglio pieno. Ho sentito che anche il figlio del sindaco in persona si trova in quella categoria, anche se sono pronta a scommettere che si trova là grazie al suo cognome e non alla sua intelligenza≫.
Erika continuò la sua lamentela, ignara che Harry avesse smesso di ascoltarla. ≪Gli studenti della categoria B si sentono messi da parte, come scarti della società, quindi la maggior parte di essi non tenta neanche di andare bene negli studi. Nemmeno io son...≫. Si interruppe improvvisamente e si coprì naso e bocca con una mano.
Harry si voltò e la guardò con uno sguardo enigmatico. ≪Lo senti, vero?≫.
≪Sì≫ rispose Erika. ≪È così...intenso≫. Le sue narici erano invase da un odore meraviglioso, quasi afrodisiaco, ma che per qualche motivo la faceva stare male. Ogni suo senso si era amplificato. Poteva sentire battere velocemente i cuori dei membri della squadra di football che si allenavano poco distanti.
≪Cerca di controllarti≫ disse Harry, afferrandole un braccio. ≪Guardami. Ehi, guardami!≫. Erika alzò lentamente lo sguardo per incontrare il suo. ≪Controllati≫ disse in tono bonario. ≪Non lasciare che la fame vinca su di te. Respira profondamente e cerca di resistere≫.
≪Non ci riesco≫ singhiozzò Erika. Il suo corpo fremeva, e una parte di lei la supplicava di non opporsi più, di lasciarsi andare e nutrirsi dei giocatori di football finché non sarebbe stata sazia.
≪Lo so≫ disse Harry, accarezzandole i lunghi capelli biondi. ≪È insopportabile...e meraviglioso al tempo stesso. Il vampiro che c’è in te ti chiede di smettere di opporti, ma la tua parte umana persiste e ti impedisce di fare del male a qualcuno≫.
Erika aprì la bocca e strinse i denti, tentando di resistere, rivelando a Harry i canini allungati e invasi da un fastidioso formicolio. Ormai, era questione di secondi prima che perdesse il controllo e prosciugasse le vene della prima persona che le fosse capitata a tiro.
≪Ehi, non puoi cedere≫ disse ancora Harry. ≪So che è difficile, ma puoi riuscire a controllarlo≫.
≪No non ci riesco!≫ ribatté Erika con rabbia, la voce vorace, inquietante, simile a quella di un demone.
≪Sì, invece. Puoi farcela. Pensa a qualcosa di bello. Pensa a un bel ricordo, un momento della tua vita in cui sei stata particolarmente felice, e concentrati sulle sensazione che hai provato allora≫.
Erika chiuse gli occhi e tentò di seguire il consiglio. Scavò a fondo nella sua memoria, cercando di trovare i pochi ricordi piacevoli che aveva. Quando ci riuscì, mentre Harry la sosteneva per le braccia, focalizzò tutta la sua attenzione sul ricordo che le sembrava più allegro.
≪Brava≫ disse Harry, abbracciandola e accarezzandole delicatamente la testa. ≪Continua così. Concentrati su quel bel ricordo, fa entrare le sensazioni gradevoli dentro di te e respira. Ricorda, tu sei un vampiro... ma puoi scegliere il modo di esserlo≫.
Accompagnata dalla sua voce gentile, Erika iniziò lentamente a calmarsi; il battito del suo cuore diminuì sempre di più fino a tornare regolare e canini si ritrassero, tornando alla loro dimensione naturale. Tornata padrona dei suoi istinti omicidi, rimase qualche secondo così, abbracciata ad Harry, con la fronte premuta contro il suo petto muscoloso; poi si sciolse dall’abbracciò e lo guardò negli occhi verdi.
≪Va meglio?≫ domandò Harry.
≪Sì. Sto bene≫ rispose Erika. ≪Grazie...≫ aggiunse poi con un filo di voce, distogliendo lo sguardo.
≪Di nulla...≫.
≪È stato orribile...≫ sussurrò lei, tentando di soffocare le lacrime.
≪Lo so...≫.
≪Sentivo il bisogno di uccidere...≫.
≪Te l’ho detto: all’inizio, siamo tutti convinti di riuscire a controllarci senza problemi, ma quando la fame giunge davvero, non possiamo fare altro che arrenderci all’insopprimibile desidero del sangue. Questa è, almeno per metà, la nostra natura≫.
≪Tu, però, non sembri a disagio...≫ notò Erika, guardando Harry con ammirazione e una leggera invidia.
Harry sorrise in maniera ambigua. ≪Dimentichi...che io sono un vampiro da molto prima di te≫ disse, abbassando leggermente lo sguardo, la voce bassa, in cui Erika riuscì di nuovo a percepire un certo disprezzo. ≪Perciò, riesco a controllare benissimo la sete. E ora, dato che ti sei ripresa, possiamo continuare con il nostro obbiettivo?≫.  Con quella domanda, Harry tornò ad avere un’espressione fredda e distaccata, e la sua voce tornò fredda e impassibile, priva di qualsivoglia emozione.
Erika si stupì dell’improvviso cambiamento. Non era ancora abituata all’ambiguità di Harry, che esternava un minimo di gentilezza e comprensione solo in rare occasioni, altrimenti il suo volto pallido era caratterizzato sempre da un’espressione seria e da uno sguardo malinconico, come se la sua anima fosse perennemente tormentata da un qualche dolore passato, che lei, probabilmente, non avrebbe mai compreso.
≪Andiamo≫ disse infine Harry, e lei lo seguì fino all’ingresso della struttura centrale del liceo.
Il vasto atrio pullulava di studenti, e la sete di Erika si fece di nuovo sentire. Tuttavia, tenendo sempre in mente il ricordo felice che aveva scelto, era sicura di potersi controllare.
≪Da che parte è la segreteria?≫ chiese Harry, guardandosi intorno con gli occhi spalancati per lo stupore. Erika indicò un lungo corridoio alla loro sinistra, in cui si estendevano due fila di armadietti dove gli studenti riponevano il loro materiale didattico.
I due percorsero velocemente il corridoio che, per fortuna di Erika, era quasi vuoto. Ciò l’aiutò non poco, dato che la sua sete aumentava ogni secondo di più e le pulsazioni degli studenti riecheggiavano nelle sue orecchie. Attraversato il corridoio, Harry le ordinò di fargli strada.
≪Questo posto è enorme≫ commentò stupito, continuando a guardarsi intorno. ≪Più che una scuola, sembra quasi una specie di museo≫.
≪Peccato che questo posto sia riservato agli studenti di categoria A≫ rispose Erika con voce aspra. ≪Questa struttura così lussuosa è riservata esclusivamente a loro. Gli studenti di categoria B, dei quali faccio parte anche io, si devono accontentare di studiare nella piccola struttura accanto a questa≫.
Arrivarono nei pressi di una grande porta. ≪Questa è la segreteria≫ rivelò Erika.
≪Bene. Allora, procediamo con il piano≫ rispose Harry.
Ad accoglierli al di là della porta, seduta dietro una grande cattedra, c’era una piccola donna paffuta con una matassa di capelli ricci e rossi in testa. ≪Benvenuti≫ disse con evidente finta cortesia. ≪Cosa posso fare per voi?≫.


Cinque minuti dopo, Erika ed Harry erano già di nuovo nel cortile.
≪Direi che è andata bene≫ commentò lei.
≪Come avevo previsto≫ rispose Harry soddisfatto. ≪Ora, sappiamo dove andare≫.
Seguendo il piano di Harry, Erika aveva chiesto l’indirizzo di Elisabeth alla segretaria della scuola, con la scusa di volerle restituire un quaderno degli appunti che le aveva prestato prima dell’importante compito di matematica che si sarebbe svolto il giorno dopo. Nonostante qualche dubbio iniziale da parte della segretaria e il costante desiderio di Erika di bere fino all’ultima  goccia del suo sangue, tutto filò fortunatamente per il verso giusto.
Attraversarono il cortile ed uscirono dal confine del liceo, diretti verso la casa dei coniugi Fox, nella zona urbana di Red Shields.
≪E pensare che siamo tornati nel luogo dal quale siamo partiti≫ sussurrò Harry infastidito, appena arrivarono alla zona urbana.
≪Ok≫ disse Erika all’improvviso, ≪è questo l’edificio≫. Si era fermata davanti a un piccolo palazzo in cui, stando alle indicazioni scritte dalla segretaria sul foglietto di carta che aveva in mano, dovrebbero risiedere i genitori di Elisabeth.
Harry fece per entrare, ma Erika lo trattenne posandogli una mano sul petto.
≪Qual’è il piano, adesso?≫ chiese preoccupata. L’arroganza con cui Erika era uscita dalla casa di Brendon era del tutto scomparsa. Malgrado avesse ancora voglia di uccidere Elisabeth, ora sembrava insicura, timida e piena di dubbi.
≪Il piano≫ disse Harry, ≪è entrare e fare due chiacchiere con questa Elisabeth≫.
≪Due chiacchiere?!≫. Questo, le parve un pessimo piano. ≪E su cosa, poi?≫.
≪Cercheremo di attirarla fuori, la condurremo in luogo isolato e la faremo fuori≫.
≪E se non dovesse essere in casa?≫.
≪In quel caso, parleremo con i suoi genitori e ci faremo dire dov’è andata≫.
Esitante, Erika annuì e seguì Harry dentro l’edificio. Salirono due rampe di scale  e arrivarono davanti all’appartamento numero venti. Ma, dal momento stesso in cui avevano messo piede al secondo piano, erano stati invasi da un odore a loro familiare.
≪Lo senti anche tu?≫ domandò Erika, la voce debole e preoccupata.
≪Sì≫ rispose Harry, ora agitato.
≪È odore di sangue!≫.
≪Ho un brutto presentimento≫ ammise lui, e si avvicinò rapido alla porta dell’appartamento. ≪L’odore viene dall’interno≫.
≪Che cosa può essere successo?≫.
≪Non lo so, ma l’odore di sangue è troppo forte. Credo sia successo qualcosa di grave≫. Senza aggiungere altro, Harry diede un rapido calcio alla porta di legno, che si spezzò in due come fosse di vetro.
L’appartamento era a soqquadro, buio, e alcuni mobili rovesciati o rotti suggerivano che da poco c’era stata una violenta lite. Seguirono l’odore di sangue, attraversando il soggiorno e giungendo davanti a una porta chiusa. Si guardarono negli occhi per qualche secondo, come per prepararsi al peggio. Poi, Harry aprì la porta... e ciò che videro in quella camera da letto buia dissolse ogni loro dubbio.
Erika avrebbe voluto urlare, ma lo shock era così grande che l’urlo le morì in gola. Harry, invece, chiuse gli occhi per qualche istante, poi li riaprì e si avvicinò alle due persone accasciate a terra, accanto al letto.
≪I coniugi Fox, presumo...≫ sussurrò, inginocchiandosi accanto ai cadaveri. ≪Siamo arrivati tardi...≫.
≪Gli ha...uccisi lei...?≫ domandò Erika sconvolta, la voce pervasa dal terrore.
≪Sì≫ rispose Harry. ≪Non c’è dubbio≫ aggiunse, indicando i colli delle vittime.  ≪Riconosco a colpo d’occhio il morso di un vampiro≫.
Erika strinse i denti in una morsa feroce, la tristezza iniziale si trasformò lentamente in un’ira funesta; il desiderio di uccidere Elisabeth, ora, era più forte che mai. ≪Perché?≫ chiese indignata.
≪A giudicare dallo stato in cui è ridotto il soggiorno, ci dev’essere stata una lite fra lei e i suoi genitori. Probabilmente, trascinata dalla lite, lei ha perso il controllo e li ha uccisi; poi è scappata via≫.
≪Sei sicuro che siano morti?≫ domandò Erika con un barlume di speranza negli occhi. ≪Potrebbero essere solo svenuti≫.
Harry si rimise in piedi, prese la grande coperta smossa che c’era sul letto e l’appoggiò lentamente sopra i cadaveri. ≪Sono sicuro≫ rispose poi, sospirando. ≪Anche tu dovresti esserne sicura. Se ti concentri, con il tuo udito intensificato puoi sentire il battito del cuore delle persone. Prova a farlo, e ti accorgerai che i cuori di queste persone, ormai, hanno smesso di battere≫.
≪Che cosa facciamo?≫. Erika aveva gli occhi pieni di lacrime, lacrime di tristezza mista a rabbia.
≪Troviamo Elisabeth e la uccidiamo, come da programma≫ rispose Harry.
≪E come dovremo fare? Non abbiamo la minima idea di dove sia?≫.
Harry la guardò e le sorrise con aria trionfante. ≪Ma possiamo scoprirlo...seguendo la scia≫.
≪La scia?≫ ripeté Erika confusa, grattandosi la testa.
≪La scia di sangue che l’incosciente Elisabeth si sta trascinando dietro≫. Harry si chinò accanto a una pozzo di sangue e vi appoggiò sopra due dita. Poi le portò al naso e annusò intensamente, a occhi chiusi, cercando di imprimere quel odore nella sua mente. Dopodiché, andò da Erika e avvicinò le dita al suo naso. ≪Annusa≫ ordinò.
≪A che cosa servirebbe?≫ chiese lei, sconvolta.
≪Guarda bene≫ rispose Harry, indicando con un gesto della mano l’ambiente circostante. ≪Guarda bene questa camera. Sul pavimento ci sono considerevoli macchie di sangue, ciò vuol dire che Elisabeth non è stata delicata con loro. Considerando la violenza dell’aggressione, è molto probabile che piccole macchie di sangue siano rimaste sui vestiti di Elisabeth. E, se seguiamo l’odore...≫.
≪Troveremo la nostra preda≫ concluse Erika.
≪Esatto≫.
≪In teoria, sarebbe una buona idea, ma può darsi che, prima di uscire, si sia cambiata i vestiti sporchi≫.
≪È una possibilità≫ ammise Harry. ≪Ma, sinceramente, dubito che ci abbia pensato. L’aggressione è avvenuta perché la fame ha preso il sopravvento su di lei, portandola in uno stato confusionale. Una volta sazia, la fame è scomparsa e lei è tornata in se. E proprio in quel momento, si è resa conto di aver appena ucciso i suoi genitori, quindi, molto probabilmente, sarà entrata in uno stato di shock. In piena agitazione, dubito che avesse la lucidità e la freddezza mentale da andare a sostituire i vestiti sporchi. Piuttosto, sarà scappata via a gambe levate e si sarà rifugiata in un luogo isolato, dove poter stare da sola...≫.
Dal modo dettagliato con cui Harry spiegava com’erano andate le cose, sembrava quasi che avesse assistito all’aggressione di persona. Erika lo guardò con profonda ammirazione, affascinata dal suo grande spirito di osservazione e dalla lucidità con cui affrontava la situazione.
≪Quindi, annusa il sangue delle vittime≫ ordinò ancora Harry, voltandosi verso di lei e avvicinando di nuovo le dita rosse al suo naso. Nonostante un breve attimo di esitazione iniziale, lei annuì e appoggiò lentamente la punta del naso sulle dita insanguinate; poi chiuse gli occhi a annusò a fondo. L’odore del sangue entrò dentro di lei, facendola fremere, solleticando i canini, che vennero invasi dall’ormai familiare formicolio. Una volta convinta di aver memorizzato la dolce fragranza, si allontanò e guardò Harry negli occhi.
≪Sei pronta?≫ chiese lui.
Erika non rispose, ma si limitò ad annuire e a precedere Harry fuori dalla camera da letto, lungo il soggiorno e fuori dall’appartamento.
≪Ora, devi concentrarti per intensificare il tuo olfatto≫ disse Harry. ≪Tieni bene a mente l’odore del sangue che ti ho fatto annusare e cerca di focalizzare tutte le tue energie nel naso. Io farò lo stesso≫.
Erika fece come le era stato ordinato; tenendo bene a mente l’odore, chiuse gli occhi e intensificò l’olfatto, tentando di trovare la scia. I suoi sensi viaggiarono, e le sue narici furono invase dal dolce aroma dei dolci appena fatti in una pasticceria distante pochi chilometri, dall’odore dei vari profumi, shampoo e dopobarba degli ignari passanti.
E infine, dopo qualche secondo, riconobbe il dolce odore che poco prima le aveva fatto tornare la fame.
≪L’ho trovato!≫ disse soddisfatta. ≪Tu?≫.
≪Ovvio≫ rispose Harry. ≪Ora, seguiamo la scia≫. E due si incamminarono rapidi.
Facendosi guidare dal loro olfatto, attraversarono la piazza cittadina, superarono il municipio e si diressero verso la periferia.
≪Che cosa facciamo quando la troviamo?≫ domandò Erika mentre seguiva Harry lungo una strada piena di negozi, sforzandosi di contenere la fame che i passanti le procuravano.
≪La attacchiamo con tutte le nostre forze≫ rispose Harry. ≪Anche se≫ aggiunse dopo, incupendosi ≪credo che sarà più difficile di quando immaginassi≫.
≪Perché?≫ chiese lei preoccupata.
Lui sospirò e rispose: ≪Perché Elisabeth è più forte di noi≫.
Erika spalancò gli occhi per la sorpresa. ≪Che cosa vuoi dire?≫.
≪Ti avevo detto che, come noi, anche Elisabeth è un dampyr, giusto?≫.
≪Sì≫.
≪Invece, quello che ho visto nell’appartamento mi ha dimostrato il contrario≫.
≪Spiegati meglio!≫.
≪Ok. Ascolta con attenzione, perché è bene che tu ricordi ciò che ti sto per dire≫.
≪Va bene!≫.
≪Dunque, ti sei mai chiesta perché sei diventata proprio un dampyr e non un sanguepuro?≫.
≪In effetti, proprio quando stavo per chiederti spiegazioni al riguardo, il tuo amico Brendon ci ha interrotti, dicendo che la priorità era fermare Elisabeth≫.
≪Vedi, se un essere umano viene morso da un vampiro e, per qualche fortunata ragione, dovesse sopravvivere, si trasformerebbe irrimediabilmente in un vampiro≫.
≪Ed è ciò che è successo a me...≫.
≪No. Sopravvivendo al morso si diventa vampiri sanguepuro... non dampyr≫.
≪Cosa?! E allora, perché io sono diventata un dampyr≫.
≪Elisabeth ti ha morso, ma tu non sei sopravvissuta. Ti ha succhiato il sangue fino ad ucciderti≫.
Erika si portò le mani al volto, gli occhi che le bruciavano per le lacrime. ≪No...≫.
≪Vedi≫ proseguì Harry, ≪un dampyr è una creatura per metà umana e per metà vampira, che può nascere esclusivamente dall’accoppiamento di un vampiro maschio con una femmina umana. Da questa unione, nasce una creatura umana, ma con del sangue di vampiro in corpo≫.
Harry fece una breve pausa, come per dare a Erika il tempo di assimilare le informazioni; poi proseguì. ≪Da l’unione delle due specie, nasce una creatura inizialmente umana, che diventa vampiro solo con la morte≫.
≪Com’è possibile?!≫.
≪Inizialmente, i dampyr sono comuni esseri umani, nei quali, però, scorre anche del sangue di vampiro. Quando questi muoiono, il sangue di vampiro che scorre in loro si risveglia, mischiandosi a quello umano e trasformandoli per metà in vampiri. In poche parole, i sanguepuro nascono da esseri umani normali che sopravvivono al morso di un vampiro, mentre i dampyr nascono già per metà vampiri e solo da un accoppiamento delle due specie. La differenza è che nei dampyr il lato vampiresco si risveglia solo con la loro morte. È una cosa piuttosto difficile da spiegare a parole...≫.
≪Dannazione!≫ esclamò Erika, sconvolta. ≪Allora...≫.
≪Esatto≫ la precedette Harry. ≪Visto che entrambi i genitori di Elisabeth erano umani, lei non può essere un dampyr. Perché se lo fosse, il padre doveva essere un vampiro, invece era un normalissimo umano≫.
≪Questo significa che...≫.
≪Che è Elisabeth deve per forza essere un sanguepuro. Non c’è altra possibilità≫.
≪Un momento, questo non è possibile! Frequenta la mia stessa scuola, esce tranquillamente anche di giorno...≫.
≪Per caso, viene a scuola solo quando il cielo è particolarmente nuvoloso?≫.
≪Bé, si...ora che mi ci fai pensare, quando c’è bel tempo, lei è sempre assente≫.
≪Ecco spiegato il mistero≫ disse Harry con soddisfazione. ≪Esce di giorno solo quanto fa brutto tempo, ovvero quando il sole è coperto dalle nuvole. Come oggi...≫. Puntò il dito verso il cielo. ≪Oggi è una giornata particolarmente nuvolosa, il sole è del tutto coperto, e questo le ha permesso di essere presente in classe e di andarsene in giro tranquillamente≫.
≪Mi sta scoppiando la testa!≫ ringhiò Erika, faticando a comprendere il senso di tutta quella faccenda.
≪Le cose sono peggiorate. Se è davvero un sanguepuro, la sua fame è il doppio più grande della nostra. Questo spiega i molteplici omicidi che ha commesso negli ultimi tempo. Potrebbe aggredire altre persone. Dobbiamo sbrigarci a trovarla≫.
Harry smise di parlare e accelerò il passo. Erika lo seguì, in silenzio, assorta nei suoi pensieri, con un’espressione sconvolta dipinta sul viso bagnato dalle lacrime. Sembrava appena essersi resa conto di qualcosa di spiacevole...qualcosa che la riguardava direttamente, ma della quale era meglio non parlare, almeno non ora, dato che doveva restare concentrata sulla caccia.
Continuarono a camminare per le strade affollate della periferia, continuando a farsi guidare dal dolce odore del sangue, un odore troppo debole perché gli umani potessero sentirlo.
≪Aspetta un attimo≫ disse Harry, fermandosi all’improvviso con una mano alzata. A furia di camminare, erano arrivati ai confini della città, oltre il quale si estendeva il bosco. Un brivido di terrore scosse Erika fino alla punta dei capelli mentre i ricordi le attraversavano la mente rapidi e implacabili. Le sembrò di avvertire di nuovo il dolore pungente dei denti che perforavano la sua carne e la sgradevole sensazione che ogni sua energia vitale le venisse avidamente sottratta.
≪L’odore≫ disse Harry, guardandola negli occhi, ≪viene dal bosco≫.
≪Ironia della sorte≫ commentò Erika con un sorriso sardonico. Tentava di sembrare indifferente, ma la sua espressione angosciata la tradiva.
≪Te la senti?≫ chiese Harry in tono bonario. ≪Mi hai aiutato abbastanza. Se vuoi...puoi aspettare qui. Io andrò nel bosco e mi occuperò da solo≫.
≪È assurdo...≫ sussurrò Erika, la voce persuasa dall’angoscia, talmente bassa da essere a malapena udibile. ≪Fino a poco fa...ogni fibra del mio corpo fremeva al solo pensiero di uccidere Elisabeth. Ero così arrabbiata, volevo fargliela pagare. Ora, invece, non riesco a smettere di tremare≫.
≪Non c’è niente di cui stupirsi≫ rispose Harry, guardando di nuovo il bosco. ≪Ogni tua emozione è amplificata. Inizialmente, provavi una forte rabbia per quello che ti è stato fatto. Ora, stando di nuovo davanti al bosco, dove tutto è cominciato, il ricordo della tua aggressione ti sta tormentando. In questo momento, stai provando di nuovo tutte le sensazioni sulla tua pelle. Tutta la paura, l’angoscia, ogni minima emozione≫.
≪È alquanto inopportuno...che io sia attanagliata dalla paura proprio adesso, vero?≫ disse Erika abbattuta, sospirando.
≪Vuoi rimanere qui?≫ chiese nuovamente Harry, la voce gentile e comprensiva.
≪No!≫ rispose lei con improvvisa risolutezza. ≪Abbiamo cominciato questa cosa insieme, quindi la finiremo insieme! Sarebbe davvero codardo da perte mia lasciare fare solo a te il lavoro sporco≫. Fece un basso verso di lui. ≪Inoltre, il sole sta per tramontare e, a quanto pare, Elisabeth è un vampiro purosangue, quindi è molto più potente di te. Se andiamo in due, avremo più possibilità≫. Anche se in cuor suo Harry non voleva costringerla a combattere controvoglia, dovette ammettere che aveva ragione. Perché, nonostante la sua grande esperienza nel combattimento e le armi che aveva in tasca, non doveva affatto sottovalutare la potenza di un purosangue, soprattutto ora che il sole era prossimo a tramontare.
≪Va bene≫ disse infine. ≪Andiamo?≫. Rimase in attesa di una risposta, guardandola intensamente negli occhi, circondato dai colori cremisi del sole che tramontava alle sue spalle, i capelli castani accarezzati con dolcezza dal vento.
Lui si dimostrava sicuro di se, imperturbabile nonostante il pericolo a cui stava andando incontro. Mentre lei era tesa come una corda di violino.
Erika chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, tentando di tenere a bada la paura. ≪Sì!≫ rispose poi, e facendo appello a tutto il suo coraggio si inoltrò nel bosco insieme a Harry.
Ormai, non poteva più tornare indietro. Poteva solo andare fino in fondo. Era entrata nella tana del lupo...dalla quale forse...non sarebbe più uscita.

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