Lasciami andare.

di MishaLaMezzElfa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una vita sconvolta. ***
Capitolo 2: *** Dipinti ***
Capitolo 3: *** Una verità ***
Capitolo 4: *** Padre e Figlio ***
Capitolo 5: *** Dolore ***
Capitolo 6: *** Un nemaki blu e bianco ***
Capitolo 7: *** Terrore ***
Capitolo 8: *** Anata ***
Capitolo 9: *** Spiegazioni ***
Capitolo 10: *** Profumo di fiori ***
Capitolo 11: *** Fuoco e Ghiaccio ***
Capitolo 12: *** kasumi ***
Capitolo 13: *** Amore paterno ***
Capitolo 14: *** Fiducia ***



Capitolo 1
*** Una vita sconvolta. ***


 
Toc toc.
< Shiiin, puoi andare ad aprire? >. Nessuna risposta.
< Shin, per favore! Dove sei? >. Silenzio.
< Quel ragazzo mi farà impazzire >. Kasumi sbuffò e si avviò velocemente verso la soglia di casa.
Bussarono nuovamente.
< Un attimo! >. Urlò la donna rivolgendosi a chiunque stesse bussando. Cercò frettolosamente i Geta (sandali tradizionali giapponesi) e li infilò, non prima di aver notato che quelli di Shinji non c'erano: quel ragazzo l'avrebbe fatta ammattire un giorno o l'altro.
Aprì la porta e non focalizzò immediatamente le persone di fronte a lei: due uomini e due donne la stavano fissando con espressione neutra, fin quando uno dei due maschi strabuzzò gli occhi per la sorpresa.
< Kasumi? >.
Lei rimase paralizzata quando capì chi aveva davanti a sè: Ryu, Hayate, Ayane mentre la quarta figura sembrava essere Hitomi, quella che era diventata la moglie di Hayate non molto tempo prima.
< Hayate? Sei davvero tu? >.
< Chi dovrebbe essere?  Uno Shinigami? >. Chiese Ayane con sarcasmo; Kasumi, però, non prestò ascolto alle parole della sorellastra e si concentrò sul fratello, che la stava fissando con severità.
Kasumi, memore delle buone maniere imparate durante l'infanzia, si inchinò e offrì ospitalità ai visitatori.
Il gruppetto entrò in casa e, dopo le varie presentazioni, si radunò nella piccola cucina mentre la padrona della dimora offriva loro del tè.
< Cosa vi porta fin qui, in questo sperduto paesino tra le montagne? >. Domandò Kasumi tentando di tenere sotto controllo l'ansia che l'attanagliava: dopotutto non vedeva la sua famiglia e tutto il resto del villaggio da 17 anni, da quando, cioè, era scappata per non essere uccisa.
Da allora molte cose erano cambiate nella sua vita: prima fra tutte l'arrivo di Shin.
< Kasumi > Iniziò tristemente Hayate < Nostro padre sta morendo. Una malattia lo ha lentamente consumato in questi ultimi dieci anni.
Siamo venuti fin qui perchè al villaggio ci hanno detto che per alleviare il suo dolore sono necessarie delle erbe curative che si trovano solo in questo luogo >. La donna, che nel frattempo si era seduta, fissò la tazza colma di tè: sapeva che non ne avrebbe mandata giù nemmeno una goccia dopo quella notizia.
L'atmosfera era molto tesa e tutti si sentivano a disagio: Hitomi stringeva le mani di Hayate dolcemente; Ayane osservava la sorellastra con malcelata ostilità; solo Ryu teneva lo sguardo basso e beveva il tè senza fiatare.
Kasumi osservò sottecchi l'uomo che un tempo aveva amato con tutta sè stessa, accorgendosi di quanto non fosse cambiato.
La donna provò disgusto: aveva appena saputo che il proprio padre sarabbe morto in poco tempo e lei pensava a Ryu. Si vergognava di sè.
< Le erbe ve le posso dare io, ma dovrete aspettare la fine della cerimonia della Primavera. Non è permesso uscire dal villaggio in questo periodo >
Ayane aprì la bocca per ribattere.
< A nessuno >. Precisò Kasumi.
Mentre Hitomi stava per parlare la porta si aprì e nella cucina entrò un ragazzo con i capelli castani come quelli di Kasumi ma il volto e la struttura erano identici a quelli di Ryu.
I presenti rimasero ammutoliti nel vedere il giovane; Kasumi si alzò e disse: < Shinji loro sono i miei parenti del Clan Mugen Tenshin >.
Il ragazzo si inchinò verso i presenti, che lo imitarono in segno di saluto.
Shinji osservò a lungo Ryu, poi chiese: < Mamma lui è...? >. Non concluse la domanda, ma Kasumi annuì.
< Si, Shin, lui è Ryu Hayabusa. Tuo padre >.

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Capitolo 2
*** Dipinti ***


Un rumore di vetri frantumati: la tazza colma di tè scivolò dalle mani di Ryu, infrangendosi sul pavimento.  La notizia aveva, giustamente, sconvolto non solo lui ma tutti i presenti.
Kasumi si precipitò ad asciugare il liquido che andava spandendosi per tutto il pavimento e approfittò del fatto per non guardare i presenti: sapeva che sia Ryu che suo fratello erano irati, ma oramai non potevano farci nulla.
Si rialzò, dopo aver considerato che, in fondo, lei non doveva loro  nulla: l’avevano bandita dal villaggio e bollata come traditrice, dunque non avevano il diritto di criticarla o giudicarla e, in ogni caso, era anche colpa di Ryu se si trovava in quella situazione.
Quando guardò i volti dei presenti, notò emozioni molto diverse: la rabbia di Hayabusa, la delusione di Hayate e il disprezzo di Ayane; Kasumi si stupì molto, invece, dell’espressione comprensiva di Hitomi; la donna, infatti, sembrava capirla e appoggiarla.
Shin appariva tranquillo e mantenne un’espressione distesa anche quando suo padre, rivolgendosi a Kasumi, disse:
 < Kasumi possiamo parlare in privato? > .
La donna annuì e fece cenno al figlio di condurre l’uomo in un’altra stanza; nel frattempo gli altri si alzarono e si diressero verso l’uscita della dimora: Hayate non guardò in faccia la sorella mentre Ayane sorrise in modo beffardo.
 L’ultima ad alzarsi fu Hitomi che, dopo qualche istante d’incertezza, sussurrò:
< Perdona Hayate. Questa notizia l’ha sconvolto, ma lui ti vuole davvero molto bene: sei la sua adorata sorella e lo sarai sempre. >
Kasumi annuì, ringraziandola, e la condusse fuori, richiudendo la porta dietro di sè: ora era arrivato il momento di affrontare Ryu faccia a faccia, senza più fuggire o nascondersi.
Nel frattempo, nella stanza adibita a studio, Shin osservava curioso il proprio padre.
Ryu era teso, davvero molto teso.
Sapeva perfettamente che non era il caso di sommergere il figlio di domande, ma non sapeva cos’altro fare.
< Shinji… >. Esordì l’uomo, che si bloccò quando il giovane, voltandosi verso di lui, si spostò, lasciando in bella vista dei quadri.
 < Si? > Domandò il ragazzo.
L’uomo si avvicinò alla parete, sulla quale erano appese le tele che rappresentavano dei volti: c’erano Hayate, Ayane, Kasumi, Shinji, Ryu e altre persone che non conosceva.
< Chi li ha dipinti? > Chiese l’uomo.
< Mia madre. Sono belli vero? > . Rispose Shin con un sorriso.
< Già. Sono stupendi. >
In quel momento Kasumi entrò nella stanza e Ryu si voltò, visibilmente imbarazzato, mentre un sorriso andava dipingendosi sul volto della donna.
< Shinji perché non vai a trovare Eiko? Potresti anche portarle i fiori che ho preparato > . Il ragazzo fece un inchino e uscì dalla stanza correndo.
< Credo tu mi debba delle spiegazioni > . Disse Ryu con tono risoluto.
Kasumi mandò un lungo sospiro e iniziò a parlare:
< Che cosa vuoi sapere? > .
< Perché non mi hai mai detto nulla di Shinji? Perché te ne sei andata via dal villaggio senza dirmi nulla? Io ti avrei sposata! >
< Tu mi avresti sposato solo perché avevamo fatto l’amore! Tu eri innamorato di Irene, non di me! > .
Ryu rimase in silenzio per un attimo e poi proseguì: < Kasumi io ho fatto ciò che ho fatto perché ti amavo! > .
La donna chinò il capo: < Ryu, non è quello che volevi. Tra di noi c’è stata sicuramente un’attrazione fisica ma tu amavi Irene e lei mi ha implorata … Io non potevo … > . La donna chinò il capo, segno che non voleva continuare quel discorso.
Ryu rimase interdetto e, al tempo stesso, adirato: era furioso con se stesso e con la donna che era stata il suo primo amore.
< Ti ha implorata? Cosa ti ha detto Irene? > .
< Poco dopo la nostra unione fisica mi ha chiesto di non portarti via da lei. Non potevo fare altrimenti Ryu. Voi vi amavate ed io ero stata bandita dal villaggio > .
L’uomo serrò i pugni: Kasumi conosceva il suo passato con quella donna, ma non era certamente a conoscenza del fatto che Irene lo aveva abbandonato poco tempo dopo la sua fuga dal villaggio.
< Irene se n’è andata subito dopo di te: per me è stato un bene, perché nella mia mente c’eri solo tu. Kasumi per tutto questo tempo non ho fatto altro che cercarti: da diciassette anni il mio unico pensiero fisso sei tu. Torna a casa con me > .
Kasumi si voltò verso l’uomo, visibilmente imbarazzato, e, con un sospiro, disse:
< Ryu ormai è tardi… Io ho la mia vita qui, una nuova vita: sono la sacerdotessa del villaggio; sono rispettata da tutti e nessuno conosce il mio passato. Shin è nato e cresciuto qui; ha una fidanzata, Eiko. Che cosa dovrei fare? Costringerlo a seguirmi in questa follia? Infatti, non sarebbe nient’altro che una follia: non sono la benvenuta al villaggio, Ryu, lo sai perfettamente > .
< Un tempo, forse; ora, però, Hayate ha occupato il posto di Shidou-Sensei: saresti riaccolta al villaggio senza problemi. Tutti sentono la tua mancanza, soprattutto Ayame-Sama > .
< No Ryu. Non ho assolutamente intenzione di tornare > .
< Shinji, allora? Vuoi precludere anche a lui la possibilità di conoscere la sua famiglia, di conoscere me? Mi hai privato di lui per diciassette anni! > .
Kasumi sapeva che l’uomo aveva perfettamente ragione: dopotutto era il padre di Shinji ed era giusto che il ragazzo trascorresse del tempo anche con lui.
< Chiederò a Shin se ha voglia di venire con te al villaggio per qualche tempo, ma sarà lui a decidere se vuole rimanere lì o se desidera tornare. Mi sembra un patto equo > .
< Tu non verrai? Non c’è speranza che tu possa cambiare idea? > .
Kasumi scosse la testa in segno di diniego, fermamente convinta: non sarebbe mai tornata alla sua vecchia vita; oramai amava il villaggio e poi aveva un obbligo verso gli abitanti del posto, non poteva assolutamente deluderli.
Ci fu un momento di silenzio, poi Ryu tornò a fissare la parete con i quadri.
< Perché mi hai dipinto? > . Chiese lui con tono neutro.
< Perché Shin doveva sapere com’è fatto il volto di suo padre > . Rispose lei con un sorriso.
< Kasumi, io… > . Ryu non poté terminare perché qualcuna entrò in casa e, con passi svelti, si diresse nella stanza in cui lui e Kasumi si trovavano.
< Okaasama ( significa mamma), sono tornato e con me c’è Eiko > .
A parlare era stato Shinji, che in quel momento si trovava di fronte a loro; accanto a lui c’era una ragazza minuta, con capelli e occhi neri.
Dopo qualche istante i ragazzi fecero un profondo inchino e Eiko salutò:
< Buongiorno Kasumi-Sama. Buongiorno Onorevole ospite, in qualità di figlia del capo villaggio sono onorata di darle il benvenuto qui > .
I due ragazzi rialzarono il capo e, dopo le dovute presentazioni, Ryu chiese a Kasumi delle spiegazioni riguardo la presenza di quella ragazza nella sua dimora.
< Eiko è una mia allieva e oltre ad essere la figlia del capo villaggio è anche la promessa sposa di Shinji > .

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Capitolo 3
*** Una verità ***


Ryu sorrise alla ragazza con cordialità e, sempre con estrema gentilezza, si presentò, anche se il suo sguardo saettava alternativamente da Eiko a Kasumi.
< Shinji io ed Eiko dobbiamo sistemare gli ultimi dettagli per la Cerimonia, perché non ne approfitti per stare un po’ con tuo padre e per mostrargli il villaggio? > .
Gli occhi del ragazzo s’illuminarono per la gioia:
 < Certo Okaasama! Ne sarei davvero felice! Cosa ne pensa il mio onorevole padre? > . Domandò il giovane con aria speranzosa. Ryu lo osservò e, dopo qualche istante d’incertezza, sorrise:
 < Sarà un vero onore per me > .
I due si avviarono verso l’uscita della stanza ma, un attimo prima di varcare la soglia, Ryu si fermò e, dopo essersi voltato, disse:
 < Il discorso non è concluso > .
La donna assentì con un cenno del capo e li salutò, augurando loro buon pomeriggio.
Appena se ne furono andati Eiko e Kasumi iniziarono a preparare gli addobbi necessari per la Cerimonia della Primavera.
< Sempai, perdoni la mia sfacciataggine ma il padre di Shinji sembra essere una persona molto gentile. > . Sussurrò la ragazza timidamente.
< Lo è sempre stato. > . Kasumi interruppe il suo lavoro e fissò il dipinto raffigurante l’uomo.
< Posso chiederle, se non le è di disturbo, come l’ha conosciuto? > .
La donna osservò Eiko e pensò che fosse un po’ impertinente, ma nei suoi enormi occhi neri non vedeva cattiveria, solo sana curiosità; sorrise alla ragazza e iniziò a parlare.
< Avevo diciassette anni quando mio fratello Hayate incaricò Ryu di proteggermi. Lo conoscevo già, ma non gli avevo mai rivolto la parola fino a qual momento; già allora, però, lo trovavo bellissimo. Iniziammo a conoscerci meglio durante gli allenamenti e poco tempo dopo realizzai che ciò che provavo per lui era qualcosa in più di una semplice amicizia. > .
< Il suo amore era ricambiato? > . Domandò Eiko dimenticandosi delle formalità. Kasumi non si stupì più di tanto: quella ragazza era come l’acqua e se si appassionava a qualcosa non la si poteva distogliere da quella  fintanto che non si concludeva.
Tentare di fermarla era come cercare di bloccare il corso di un torrente con le sole mani.
< Il mio sentimento non era ricambiato. Lui era impegnato con Irene, un’agente della C.I.A. venuta al villaggio per lavoro e stabilitasi lì a causa del suo legame con Ryu. > .
< è la questione della DOATEC il “ lavoro ” ? > .
Kasumi la osservò con stupore:
< Come fai a saperlo? Non ti ho mai detto nulla a riguardo. > .
< Shin me ne ha parlato un pochino. > . Rispose timidamente Eiko.
La donna sorrise.
< Meglio. Mi ha risparmiato molte spiegazioni. Ad ogni modo, Ryu e Irene si amavano davvero ed io non mi sarei intromessa fra loro per nessuna ragione al mondo, ma sentivo che i miei sentimenti crescevano di giorno in giorno e faticavo sempre più a trattenerli. Un giorno, durante una discussione confessai a Ryu che l’amavo, nonostante fosse presente anche Irene. La cosa li lasciò impietriti ed io non seppi fare nient’altro che andarmene. > .  Kasumi fece una pausa e sospirò.
< Qualche giorno dopo mio padre mi comunicò che di lì a poco avrebbe annunciato pubblicamente il mio esilio. Per me fu davvero devastante: non potevo chiedere aiuto né alla mia famiglia né al resto del clan; avevo già preso la decisione di scappare quando mi trovò Ryu. Appena mi vide mi chiese cosa era successo ma io ero troppo scossa e scoppiai a piangere: me ne vergogno molto, soprattutto perché ero consapevole che, in ogni caso, quello sarebbe stato il mio destino, ma, per una volta nella mia vita, qualcuno che non fosse Hayate si era preoccupato per me. Ryu mi portò nella sua casa e mi aiutò a calmarmi. > . S’interruppe nuovamente per pensare a ciò che era successo quel freddo pomeriggio nel quale Ryu l’aveva consolata: ricordava le sue parole sussurrate dolcemente; il suo abbraccio forte ma allo stesso tempo gentile; le sue mani sui capelli; i suoi baci.
Ricordava tutto in modo perfetto, come se fosse avvenuto qualche minuto prima e non diciassette anni fa.
Kasumi riprese il discorso.
< Quel pomeriggio io e Ryu diventammo una cosa sola. La nostra unione fu davvero perfetta e io, in quel momento, mi sentii davvero amata. > .
< Com’è romantico tutto ciò, Kasumi-sama! > . Esclamò Eiko con aria sognante.
< Purtroppo, però, quella stessa notte io ho abbandonato il villaggio e Ryu. > .
< Perché Sempai? Vi amavate! > . Chiese Eiko sorpresa e rattristata allo stesso tempo.
< Dopo essermene tornata a casa Irene venne da me, implorandomi di non portarle via Ryu. Non potevo, capisci? Ero in torto e non potevo assolutamente pretendere nulla da lui. Mi sentivo malissimo soprattutto perché  sapevo che Ryu avrebbe voluto fare la cosa giusta e mi avrebbe chiesto di sposarlo, ma lui e Irene si amavano. Non potevo privarli di quel bellissimo sentimento che nutrivano l’uno per l’altra. > .
Eiko sembrava davvero triste.
< Quella sera Ryu tornò da me e, come avevo previsto, mi disse che mi avrebbe sposato. Quando gli feci notare che lui era impegnato con Irene mi disse che per lei non provava più nulla già da qualche tempo. Non gli credetti, sapevo che l’amava ma si sentiva in obbligo verso di me. Mentii all’uomo che amavo con tutta me stessa e accettai la sua proposta di matrimonio. Riuscii a persuaderlo dall’andarlo a dire a mio padre e lo convinsi ad ospitarmi quella notte. Ci amammo nuovamente, lo ammetto: volevo sentirmi ancora una volta desiderata.
 Prima di coricarci, però, riuscii a somministrargli del sonnifero, così, durante la notte mi allontanai senza problemi; tornai a casa di mio padre e presi tutto ciò che potevo. Bruciai tutto il resto. In quel modo orribile mi lasciai il passato alle spalle, compreso Ryu > .
Kasumi concluse il suo racconto e fissò il tatami; si sentiva sciocca per aver aperto il suo cuore ad una ragazzina ma si sentiva anche più sollevata: non aveva mai raccontato a nessuno, se non che a Shinji, la sua storia e l’averlo fatto dopo tanto tempo la fece sentire bene.
Kasumi alzò il capo giusto in tempo per vedere Eiko che si protendeva ad abbracciarla.
< Kasumi-sama è una grande donna. Ha preferito far soffrire il suo cuore piuttosto che ferire l’uomo che amava e farlo rinunciare alla persona a lui cara. Lei è la miglior persona che io abbia mai conosciuto! > .
Eiko piangeva, stringendo con le sue braccia esili Kasumi, la quale stava ringraziando gli Dei per averle fatto incontrare una persona così dolce.
In fondo al cuore, però, la donna sapeva che molto presto avrebbe dovuto affrontare Ryu e la cosa la spaventava, poiché non era certa che sarebbe riuscita a tenergli testa.

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Capitolo 4
*** Padre e Figlio ***


Shinji saltellava entusiasta attorno al padre, nonostante i suoi diciassette anni compiuti.
Come biasimarlo? Aveva appena conosciuto di persona l’uomo che gli era sempre stato descritto: non poteva e non riusciva a trattenere tutta la sua gioia.
Ryu, al contrario, era pensieroso e taciturno: il figlio era a conoscenza del carattere schivo dell’uomo, grazie ai racconti di sua madre, ma sperava in una reazione meno fredda e controllata.
Sperava in un abbraccio o in qualche domanda.
Niente.
Sembrava che il genitore non fosse interessato a lui.
< Padre, cosa avete? Non mi parlate. C’è qualcosa che vi turba? >
Ryu si voltò, visibilmente imbarazzato:
< Shinji, cerca di capire la mia situazione, ho appena scoperto che la donna che in questi diciassette anni è stata al primo posto nei miei pensieri e che credevo morta è, in realtà, viva. Non solo, ho anche appreso di avere un figlio con lei. Figlio che mi è sempre stato tenuto nascosto! Credo di avere il diritto di essere un po’ turbato. >
Il ragazzo annuì con un sorriso esitante.                                                                                                                 
< Certo, avete ragione. Chiedo perdono. >  Mormorò.                                                                                  
L’uomo comprese dall’espressione del figlio di aver esagerato e cercò, nonostante non fosse mai stato bravo con le parole, di rimediare a quel pasticcio.                                                                          
< Non devi scusarti, sono io che devo farlo: non volevo essere così duro con te. Sono in  imbarazzato:  non vedo Kasumi da troppo tempo. >
Il giovane osservò l’uomo con molta attenzione, mentre si dirigevano verso la strada principale che attraversava il villaggio.
Ryu si perse nei suoi pensieri osservando gli abitanti del posto: alcuni bambini giocavano lungo la via, sorvegliati dagli occhi vigili delle donne che stavano filando fuori dalle porte delle case; degli uomini trasportavano della legna; altri riparavano un carro mentre alcuni fissavano delle ghirlande sulle porte delle abitazioni.
Tra di loro i cittadini parlavano, scherzavano, si chiamavano per nome e ridevano.
Ryu pensò che nel suo villaggio nessuno avrebbe mai lasciato correre il proprio figlio, né si sarebbe rivolto in modo così rozzo ai propri vicini.
Lì c’erano rumore e colori.
Dove viveva lui regnava il silenzio più assoluto, interrotto solo dagli annunci del  capo-clan.
Non tollerava molto quegli schiamazzi e quelle grida, lo infastidivano e gli impedivano di concentrarsi completamente.

Cosa aveva trovato Kasumi in quel luogo? Cosa poteva averla convinta a restare?

<…Re? >
La voce di Shinji lo riportò alla realtà.
< Come hai detto Shin? >
Il ragazzo battè le mani, contento del fatto che il genitore  avesse usato il suo soprannome.
< Si sente bene padre? >
L’uomo annuì, sorridendo e passò una mano fra i capelli del giovane, scompigliandoli.
< Ryu-Sama, lei ama ancora OokaSama? >
L’uomo si voltò nuovamente verso il figlio, osservandolo con malcelato stupore.
Che ragazzino curioso. Pensò immediatamente.
< Perché me lo chiedi? Stai indagando per conto di tua madre? > Domandò Ryu bruscamente, dimenticandosi della spiccata sensibilità di Shinji.

Per gli Dei, perché lo stai trattando così? Chiese a sé stesso.

Perché volevi che a chiedertelo fosse Kasumi, vero?

Zitto! Non complicare le cose!

Dì la verità: dopotutto è tuo figlio!

Ryu sospese il suo monologo interiore quando notò la faccia triste dell’altro.
< No Onorevole Padre, era solo una mia curiosità. Non volevo mancarle di rispetto, volevo solo sapere. >
< Scusa mi figliolo, hai tutto il diritto di sapere. È solo colpa mia, non avrei dovuto risponderti così… >
Sospirò.
< Si. Io sono ancora innamorato di tua madre. In tutti questi anni lei è stata il mio chiodo fisso. Tra una missione e l’altra ho sempre continuato le mie ricerche, sicuro che fosse ancora viva. Poi, un giorno, scopro di dover accompagnare Hayate, tuo zio, in un villaggio sperduto fra le montagne per cercare delle erbe curative ed ecco la sorpresa: la donna dei miei sogni è viva ed ha un figlio. Mio figlio. >
Ryu si voltò verso il ragazzo che gli sorrideva e lo osservava felice.
< Shinji, che ne diresti di venire a vivere nel mio villaggio per qualche tempo? Mi piacerebbe farti conoscere tutto il clan: Ayame-Sama sarebbe entusiasta di te e, beh, sarebbe anche molto contenta di poter rivedere Kasumi. >
Il ragazzo sgranò gli occhi per lo stupore: conoscere i membri del clan al quale era appartenuta sua madre?
Poteva ritenersi degno di tale onore?
Sorrise al padre e, con entusiasmo, disse:
< Ne sarei felicissimo Onorevole Padre. >
Si fermarono entrambi e Shinji ne approfittò per abbracciare il genitore. Ryu, nonostante l’imbarazzo, ricambiò la stretta e capì, sentì, che era giusto così.
Non sarebbe potuta andare diversamente.
In quel momento l’uomo notò tre figure a lui familiari: Hayate, Hitomi e Ayane si stavano avvicinando loro con passo svelto, quasi marziale.
Ryu, nonostante la lontananza poteva già vedere l’espressione irata dell’amico… Probabilmente non gli avrebbe mai perdonato l’avventura con la sorella ma non gli avrebbe risparmiato il fatto che non glielo aveva mai detto.
Era davvero nei guai.

Cosa diavolo ho fatto per cacciarmi in tutto questo?

Eri innamorato no?

Lo sono ancora…

Il brevissimo dialogo con la sua coscienza si concluse quando il figlio si staccò dall’abbraccio e, contemporaneamente, arrivarono i suoi amici.
Shinji li salutò con educazione ricevendo in cambio dei profondi e rispettosi inchini.
Anche Ryu porse i saluti ai presenti ma non ottenne risposta tranne che da Hitomi, la quale s’era inchinata timidamente ricevendo un’occhiata di disprezzo da parte di Ayane.
< Shinji-Kun saresti così gentile da condurci presso la tua dimora? Ho urgenza di parlare con tua madre. > Domandò Hayate con cortese fermezza.
< Certo Onorevole Zio. Sarà per me un vero onore. >
L’educazione di certo non gli mancava, anzi, risultava quasi pomposo.

Il tragitto non durò che pochi minuti, sebbene a Ryu, poco fa, fossero sembrate ore.
Nel giardino di fronte alla casa trovarono Eiko, intenta a suonare il koto, e Kasumi, che correggeva l’allieva, mostrandole dei passi di danza.
Avanzando verso di loro Ryu non poté fare a meno di notare che la più grande aveva mantenuto il suo fascino e la sua grazia: vedeva i suoi piedi posarsi in modo leggiadro sul terreno, senza alzare neppure un granello di polvere.
La musica sembrava provenire da Kasumi stessa che danzava concentrata, con un sorriso appena accennato.
- Clap, Clap  -
A battere le mani era stata Ayane, che osservava la sorellastra con disprezzo: non le aveva ancora perdonato di averle rubato l’affetto di Hayate, il suo Hayate.
< Brava sorella! Adesso danzi? Devo dire che ti riesce un po’ meglio del combattere, ma sei comunque molto scarsa anche in questo. A quanto pare l’unica cosa che ti riesce bene è fuggire. > La donna dai capelli viola pronunciò quelle parole con disprezzo e sarcasmo, provocando l’improvvisa reazione di Ryu, il quale scattò contro di lei con l’intento di colpirla.
Tra i due si mise in mezzo Hayate, irritato dal comportamento di entrambi.
< Ayane ti proibisco di parlare così a tua sorella… > Un sospiro e si voltò verso l’uomo. < Ryu tu ed io parleremo dopo. >
Il tono e la frase non promettevano nulla di buono.
< Kasumi-Sama sapresti cortesemente indicarci un posto per la notte? > Chiese Hitomi tentando di sciogliere la tensione.
< Sarà per me un vero onore accogliere i venerabili ospiti. > Rispose Eiko al posto della donna
< Tu, bambina, chi saresti? > Domandò Ayane con ironia
< Il mio nome è Eiko. Sono la figlia di Juzo-Sensei, il capo villaggio. > Ribatté la giovane inchinandosi.
Prima cha Ayane potesse far degenerare la situazione Hitomi intervenne accettando la sua offerta e ringraziandola.


Il sole stava tramontando mentre il cielo si tingeva di sfumature rosse e arancio: se solo si fossero fermati a osservarlo per un attimo, tutti i presenti sarebbero rimasti rapiti ed affascinati da quel magnifico spettacolo.
Purtroppo non fu così.
Ayane, Hitomi, Eiko e Shinji furono costretti da Hayate a recarsi nella dimora del capo villaggio mentre l’uomo, Ryu e Kasumi rimasero nella casa della donna, pronti per chiarire tutto ciò che per diciassette anni era rimasto in sospeso.
< Noi tre dobbiamo parlare. > Sentenziò Hayate con un tono che non ammetteva repliche.
I tre fecero il loro ingresso nell’abitazione e Kasumi, un istante prima di chiudere l’uscio, osservò il cielo rosso e si chiese il perché di tutto quello che stava accadendo.


Con un sospiro chiuse la porta e si preparò ad affrontare il momento che aveva popolato i suoi incubi negli ultimi tempi: il confronto faccia a faccia con i due uomini più importanti della sua vita.
 
 
 
Angolo di Misha

Un sentito ringraziamento a tutti coloro che leggono e commentano: GRAZIE!
Spero che la trama vi piaccia e sia abbastanza coinvolgente: non vorrei essere troppo banale e/o ripetitiva.
Mi sto impegnando al massimo per scrivere in un italiano decente, ma alcuni errori mi sfuggono, dunque vi chiedo scusa fin d’ora.
Questo capitolo mi piace molto, poiché mi sono sforzata di entrare nella mente dei personaggi, di immedesimarmi, per renderli più credibili…So che i ninja dovrebbero essere più taciturni e fini ma più di così non ci riesco proprio.
Dopo questi allegri deliri vi lascio per andare a dormire e vi ringrazio ancora se vorrete commentare.
Arigatou gozaimasu

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Capitolo 5
*** Dolore ***


< Kasumi sii cortese, prepara del tè. >
Hayate si era inginocchiato su un lato dell’irori (il focolare domestico) e, dopo la richiesta fatta alla sorella, fece cenno a Ryu e alla donna di accomodarsi di fronte a lui.
Appariva tranquillo all’esterno ma dentro di lui si agitava una tempesta: ne erano perfettamente consapevoli gli altri due, i quali erano, giustamente, intimoriti; nella dimora dominava il silenzio e gli unici suoni erano quelli prodotti dal fuoco e dalla teiera in procinto di bollire.
 Hayate si schiarì la voce e iniziò:
< Sono estremamente deluso da entrambi. Sono altresì sconcertato e mi vergogno molto: Kasumi come hai potuto infangare in tal modo il nome della nostra famiglia? Prima la tua fuga dal villaggio, il tuo rifiuto nel tornarci ed ora questo: hai dato alla luce un figlio fuori dal matrimonio. Quest’atto è imperdonabile: sono davvero amareggiato. >
Il suo sguardo era duro e il tono non ammetteva repliche.
La donna osservò l’uomo sottecchi, sperando di cogliere un barlume d’amore in lui, amore che li aveva uniti durante l’infanzia, ma non vide nulla, tranne la rabbia.
< Perché in tutti questi anni non hai mai detto nulla? >
Kasumi restò in silenzio e Hayate si spazientì.
< Rispondi! > Le urlò con cattiveria e lei tremò: Ryu vedendola spaventata le sfiorò la mano con la propria, dandole un po’ di coraggio.
La donna arrossì e alzò il volto verso il fratello: non c’era traccia di timore in lei, la sua espressione era ferma e decisa.
< Come avrei potuto dirvelo? Ero, e sono ancora, una shinobi, una reietta. A che scopo mi sarei dovuta presentare nuovamente al villaggio? Per farmi lapidare? Io non rimpiango il non avervi detto nulla. >
I due uomini la osservarono con stupore, ma subito Hayate disse:
< Non permetterti di parlarmi con questo tono! Ti ricordo che, nonostante tutto, sono comunque tuo fratello maggiore. Sii più rispettosa! >
< Hayate-Sensei non credi di essere troppo duro con lei? > Domandò Ryu a quello che era stato il suo migliore amico.
L’altro lo fulminò con lo sguardo ed assunse un’espressione volutamente crudele.
< Ecco il prode paladino! Il ninja che corre in soccorso delle povere donzelle indifese! > L’uomo si rese conto che il suo sarcasmo era fuori luogo, ma non riusciva a trattenersi: Hayabusa aveva osato mettere le mani addosso a sua sorella e poi, dopo aver compiuto il misfatto, l’aveva lasciata scappare via, senza nemmeno tentare di fermarla.
Quel che era peggio era il fatto che fosse venuto meno alla promessa fattagli molti anni prima: proteggere Kasumi.
< Tu hai osato mettere incinta la mia povera sorella e dopo l’hai ripudiata! Come hai potuto? Perché non mi hai mai detto nulla!? Se lo avessi detto immediatamente ti avrei concesso di andarla a cercare, ti avrei aiutato. Perché non l’hai fatto? Cosa ti ha tratten..? >
Hayate s’interruppe di colpo e ricordò.
< Ma certo, Irene! Ecco cosa ti ha fermato dal dirmi tutto: Irene! Tu eri fidanzato con lei in quel periodo. Ora mi spiego perché ti lasciò così, di punto in bianco: venne a sapere di Kasumi! Sei un bastardo Ryu! Ti sei portato a letto mia sorella solo perché volevi un’esperienza nuova! Tu non provavi nulla per lei! Tu… >
< BASTA! > Urlò Ryu alzandosi in piedi.
< Io ho sempre amato Kasumi e la amo tutt’ora! Irene non centrava nulla! C’eravamo lasciati mesi prima della mia notte con tua sorella! Non sai nulla di ciò che è successo, dunque non permetterti di giudicare! >
Hayate, scosso dalla reazione dell’uomo, domandò con un ghigno che non gli si addiceva:
< Allora perché hai fatto fuggire Kasumi? Se la amavi così tanto come sostieni perché non l’hai fermata? >
Hayabusa non poté rispondere perché la donna intervenne al suo posto.
< Io ho drogato Ryu quella notte. Scappare fu una mia scelta, lui voleva comunicare a Shidou-Sensei la sua decisione di prendermi in sposa ma io lo fermai. È stata solo colpa mia: sono io che gli ho chiesto di fare l’amore. Se devi punire qualcuno, punisci me. >
I due uomini osservarono la donna per qualche istante, poi Hayate parlò:
< Dunque è questa tutta la verità? Fosti tu a convincere Ryu? >
Kasumi fece cenno di si con il capo.
< Molto bene. Se entrambi vi scuserete ora avrete il mio perdono e potremo chiarire questo enorme sbaglio che si è creato. >
Hayate sorrise compiaciuto fin quando non osservò la sorella che si era alzata in piedi e lo guardava con disprezzo.
< Shinji non è l’errore di nessuno! MIO FIGLIO è la cosa migliore che abbia avuto negli ultimi vent’anni! Sei mio fratello, è vero, ma non devi mai più permetterti di dire che Shin è uno sbaglio: è il risultato dell’amore che c’era fra me e Ryu! Non rimpiango né rinnego nulla di ciò che ho fatto! Non mi scuserò Hayate, poiché sono in pace con me stessa. >
Entrambi gli uomini compresero che Kasumi era molto arrabbiata e, più di ogni altra cosa, ferita: non si sarebbe mai aspettata quelle parole dal fratello ma quando lui le aveva pronunciate si era sentita morire.
< Kasumi io… >
Hayate non poté continuare la frase perché Kasumi lo interruppe:
< Uscite subito da qui. Domattina avrete le vostre erbe curative e non ci vedremo mai più, ma ora andatevene. >
Ryu sia alzò e allontanò, seguito da Hayate.
Solo quando sentì la porta richiudersi Kasumi si sedette e prese un sorso di te per calmarsi e notò con la coda dell’occhio un foglietto piegato, adagiato sul cuscino dove prima si trovava Ryu.
Lo prese e, con cautela, lo aprì: vi erano scritte due semplici parole, talmente stupide ma, allo stesso tempo, pregne di significato.
 
Ti amo
 
Kasumi non riuscì a trattenere le lacrime che fino ad ora avevano premuto contro le sue palpebre e si lasciò andare, singhiozzando come una bambina.
Se solo avesse guardato fuori avrebbe scoperto che oramai si era fatta sera ed anche il cielo aveva deciso di piangere con lei.
 
 
 
Angolo di Misha
 
Salve a tutti:) Spero che questo capitolo vi piaccia e spero continuiate a seguirmi.
Detto questo vorrei precisare che Hayate in questa parte risulta abbastanza antipatico e sgarbato per mia scelta e non perché lo consideri tale; so che mi odierete per averlo rappresentato come un bruto-.-“
Un ringraziamento speciale va a damnedmoon che mi segue con ansia e recensisce ogni capitolo: grazie mille, sei un tesoro^^
Un enorme grazie a tutti voi che mi sopportate e leggete!
Un abbraccio.
 

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Capitolo 6
*** Un nemaki blu e bianco ***


_ Kasumi_
Kasumi non sapeva come comportarsi: non poteva lasciare il villaggio come se nulla fosse, né poteva tornare al clan.
Non poteva fare nulla che non fosse restare lì: doveva la sua vita a quel luogo ed ai suoi abitanti e non li avrebbe lasciati per nulla al mondo.
Sperava che quello fosse solo un sogno, un bruttissimo sogno: lei si sarebbe svegliata di lì a poco e avrebbe scoperto che la sua piccola pace non era mai stata turbata.
< Come posso fare? Ryu desidera farmi tornare ma io non posso assolutamente, io… >.
Non riuscì a terminare la frase.
Era ancora scossa a causa delle parole del fratello: sentirlo dire che suo figlio era un errore l’aveva ferita nel profondo e non era certa che lo avrebbe potuto perdonare.
< Potrei dar loro, per errore, del veleno, invece delle erbe curative. > Disse con un ghigno che le deformava il volto, ma il sorriso le morì immediatamente sulle labbra.
< Non ne saresti capace. Dopotutto vuoi ancora bene a tuo padre e ti spiace che anche ora stia soffrendo a causa della malattia. >
Si disse sospirando.
Si alzò, avviandosi verso la sua stanza per prepararsi per la notte; si lavò ma non asciugò i lunghi capelli che le ricadevano umidi sulle spalle, ed indossò il suo nemaki (pigiama simile ad uno yukata) azzurro e bianco: le era stato regalato qualche anno prima dalle anziane del villaggio, che lo avevano cucito per lei.
Era stato un dono veramente gradito: lo indossava sempre con piacere, poiché era morbidissimo e i colori la rasserenavano.
Decise di bere un altro po’ di tè e di coricarsi; solo dopo essersi seduta di fronte all’irori guardò fuori dalla finestra e notò che stava piovendo a dirotto.
< Shinji sarà costretto a rimanere da Eiko. Non credo gli dispiacerà né se la prenderà con me per questo. >
Sorrise fra sé e sé: sapeva che entrambi i giovani erano onesti e puri, ma sapeva anche che i due preferivano stare soli nell’enorme casa della ragazza.
Guardò il foglio ripiegato sul tavolino e sospirò.


Perché?
 
Cosa lo aveva spinto a scriverle?
Perché non riusciva a mettere una pietra sopra ciò che era successo?
Lei ce l’aveva fatta ed era vissuta tranquillamente …
 
… Fino ad ora.
 
Pensò con tristezza.
Proprio in quel momento sentì bussare alla porta.
Chi poteva essere a quell’ora? Forse Shinji aveva deciso di tornare a casa, preoccupato per lei?
< Credo sia impossibile. > Sussurrò a sè stessa alzandosi ed andando ad aprire.
Si sarebbe aspettata chiunque fuorché lui: quando aprì la porta trovò di fronte a sé Ryu, completamente zuppo di pioggia, che la osservava con i suoi profondi occhi verdi.
 
_Ryu_
I due uomini, ancora turbati dalla reazione di Kasumi, stavano camminando sotto la pioggia, in direzione della dimora del capo villaggio.
Il silenzio quasi religioso fra i due era attenuato solo dalla pioggia picchiettante e dal rumore della ghiaia che crocchiava sotto i loro passi.
Hayate si fermò qualche metro prima della casa di Juzo-Sensei e si voltò verso l’altro ninja, osservandolo con espressione dura.
< Perché Ryu? Perché l’hai fatto? >
Hayabusa lo guardò stupito.
< Non credo di seguirti Hayate-Sama. >
< Perché non mi hai mai detto nulla? Se tu mi avessi raccontato tutto avrei fatto in modo che tu e Kasumi vi sposaste e lei potesse tornare al villaggio. Non è l’aver fatto l’amore con lei che mi ha deluso, sapevo che eravate attratti l’uno dall’altra e che alla fine sarebbe successo, ciò che mi ha davvero ferito è stato il fatto che tu non mi abbia detto nulla. Non sono sempre stato il tuo migliore amico? Non eravamo, non siamo, praticamente fratelli? Io ti avrei accettato in famiglia, saresti stato il benvenuto nella nostra casa, anzi, eri già il benvenuto. Non so cosa succederà ora: temo che Ayane rivelerà tutto a Shidou-Sensei e ad Ayame-Sama e farà in modo che tu sia allontanato. Quella ragazza vuole impedire che Kasumi venga anche solo nominata nel villaggio, teme che non la ameranno più. >
< Nessuno ama Ayane-Sama. > Disse Ryu con tono duro.
Hayate strabuzzò gli occhi per lo stupore.
< Come ti permetti di dire una cosa del genere su mia sorella? Insolente! Chiedi perdono per questa tua frase! >
Hayabusa lo osservò con espressione vuota.
< Sai perfettamente che al villaggio tutti rimpiangono Kasumi: lei era buona, gentile e sempre disponibile; Ayane è crudele e antipatica. Nessuno la apprezza ma siamo tutti costretti a tollerarla poiché è tua sorella. Non dirmi che non lo sapevi. >
Hayate chinò il capo e bisbigliò qualcosa che l’altro non comprese.
< Cosa dici Hayate-Sama? >
< Cosa mi è rimasto? Ho perso Kasumi, Ayane,il mio migliore amico ed ora sto perdendo mio padre. Cosa mi può spingere ad andare avanti? >
< Non hai perso né me né le tue sorelle: entrambe ti amano e credo darebbero la vita per te. Bhe, Kasumi potrebbe essere un po’ meno disponibile a parlare con te dopo la nostra chiacchierata. > Rispose Ryu sorridendo.
Hayate guardò l’uomo che stava fissando l’orizzonte distorto dalla pioggia e realizzò che non avrebbe potuto chiedere amico migliore.
< Cosa ti ha fatto innamorare di Kasumi? >
Hayabusa si voltò imbarazzato verso l’amico: nel volto dell’altro non c’era rabbia o odio, solo curiosità.
Sospirò.
< Non saprei. Di lei m’innamorai nel primo istante in cui tu me la presentasti: aveva lo sguardo timido e gli occhi sgranati, dolcissimi occhi castani infinitamente belli. Già in quel momento pensai che non l’avrei ma voluta veder piangere. Poi, dopo che ci presentasti, lei rise: la sua risata suonava come il tintinnio di una campanella mossa dal vento; amavo il suo sorriso e cercavo di non renderla mai triste. Dopo che te ne andasti lei cominciò a soffrire sempre più, fino quando non decise di cercarti: ogni momento che passavo con lei mi rivelava aspetti nascosti che non avrei mai immaginato avesse. >
Hayate capì che i suoi sentimenti erano molto profondi.
< Questa sera, però, sono certo che abbia pianto. Solo l’idea di averla ferita mi fa sentire male. Io… > Non riuscì a continuare.
< Vai da lei. >
< Cosa? >
< Vai da lei. Torna a casa sua e dille quanto la ami. >
Ryu sorrise.
< Grazie. > Disse all’amico e si voltò, correndo verso la dimora della donna.
 
Era bagnato fino al midollo, non aveva abiti di ricambio con sé e, probabilmente, Kasumi non avrebbe nemmeno voluto vederlo, ma era certo che si sarebbe sentito inadeguato di fronte a lei, anche se fosse stato l’imperatore del Giappone.
 
Coraggio Ryu è il tuo momento!
 
Corri più velocemente! Devi assolutamente raggiungerla!
 
Muoviti! Devi dichiararle il tuo amore!
 
Devi…
 
BASTA!
 
Era necessario che il suo cervello la smettesse di incitarlo ad affrettarsi sotto la pioggia, facendogli correre il rischio di scivolare, per andare da Kasumi nonostante sapesse che lei era lì e non si sarebbe mossa di casa.
< Stupido me. > Sussurrò a se stesso.
Arrivò di fronte alla casa e bussò. Qualche istante dopo comparve Kasumi, avvolta in un nemaki blu e bianco, finemente ricamato, con i capelli umidi sciolti sulle spalle e le guance rosate.
 
Stupenda
 
Fu l’unico pensiero di senso compiuto che la sua ragione riuscì a formulare in quel momento.
Lei era palesemente stupita.
< Ryu! Cosa ci fai qui a quest’ora e perché sei tutto bagnato? > Era agitatissima.
Lui la guardò e lei fu certa che le stesse scrutando l’anima con i suoi occhi, bellissimi occhi, verdi.
< … >
Ryu sussurrò qualcosa ma lei non fu in grado di sentire.
< Come hai detto? Non ho sentito. >
< Sei bellissima. > Ripeté lui.
La donna aprì bocca per ribattere ma non ebbe il tempo di rispondere poiché lui l’attirò a sé e la baciò sotto la pioggia scrosciante.
 

ANGOLO DI MISHA

Ok lo ammetto: questo capitolo è piuttosto corto, ma il meglio verrà nel prossimo:)
In questa parta parto ho voluto dividere le due situazioni: entrambi i personaggi, però, devono ancora affrontare Hayate dopo ciò che ha detto.
Spero che, nonostante tutto, vi sia piaciuto questo capitolo e mi auguro vogliate continuare a seguirmi.
Spero, anche, in qualche recensione, oltre a quelle di Damnedmoon, le quali sono sempre molto gradite:)
Grazie mille a tutti coloro che leggono e vorranno recensire.
Arigatou

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Capitolo 7
*** Terrore ***


Kasumi allontanò Ryu da sé con una spinta, osservandolo con espressione irata.
«Cosa diavolo ti è preso? Perché lo hai fatto?». Chiese lei passandosi il dorso della mano sulle labbra, come a voler cancellare ciò che era appena accaduto.
Lui non sapeva cosa dire: gli era sembrata la cosa più giusta da fare, ma ora, guardandola, era certo di aver commesso un errore enorme.
«Allora? Hai intenzione di rispondermi?»
«Non lo so Kasumi, non sono in grado di darti una spiegazione logica per ciò che ho fatto. Io sono venuto qui per chiarire tutto ciò che è rimasto in sospeso per diciassette anni, poi ti ho vista, bellissima come sempre,e non ho più capito nulla: l’unica cosa che mi è venuta in mente è “baciala”!». Rispose con sincerità.
Lei rimase per un attimo in silenzio, pensando a cosa fare.
La pioggia continuava a cadere fitta intorno e su di loro; le gocce colpivano le foglie degli alberi producendo un suono cristallino e tintinnante. Ryu era certo di non aver mai sentito un rumore simile: sembrava che le minuscole lacrime del cielo cantassero quando andavano ad infrangersi sulle foglie e sul terreno.
La donna osservò per qualche istante l’orizzonte, poi sgranò gli occhi: sembrava che all’improvviso avesse ricordato qualcosa di molto importante, qualcosa di cui lui non era a conoscenza e questo lo rendeva nervoso.
«Entra in casa, altrimenti rischi di prenderti un malanno». Disse lei con tono agitato, scostandosi per farlo entrare.
«I ninja non si ammalano così facilmente. Mi credi così debole?». Domandò lui con voce dura.
Kasumi fece finta di nulla e lo spinse nell’edificio: «Sbrigati! Togliti gli abiti e vai a fare un bagno!». Lo incitò mentre chiudeva la porta, gettando un’ultima occhiata sospettosa all’esterno.
«Dove si trova il bagno?».
Dopo le spiegazioni lei prese gli abiti dell’uomo e li mise ad asciugare di fronte al fuoco; si spogliò, indossò un semplice abito bianco e uscì di casa a piedi scalzi.
Si sedette a terra e iniziò a pregare, sperando con tutto il cuore che non fosse già troppo tardi: se così fosse stato non era certa di poter placare le sue ire, non così facilmente, almeno.
Aveva davvero paura in quel momento: sentiva le gocce di pioggia attorno a lei ridere e cantilenare: «Hihihi! Già lo sa! Hihihi! Lui sa tutto!».
Doveva concentrarsi il più possibile, eliminare dalla mente quelle orribili vocine e pregare fino al mattino, fin quando il sole non fosse sorto all’orizzonte, solo in quel momento avrebbe potuto concludere quella pratica distruttiva.
Sentiva l’acqua scorrerle sul corpo: ogni goccia la colpiva, lasciandole una piccola ferita; poteva percepire il sangue colare dalle lesioni mischiarsi poi al liquido e scivolare via verso il terreno. Aveva davvero male, ma non poteva fermarsi, farlo avrebbe significato che loro, che lui, avevano vinto e questo non poteva assolutamente permetterlo.
Nonostante l’enorme forza di volontà sentiva le energie abbandonarla lentamente a causa della pioggia, che si era fatta sempre più intensa man mano che procedeva con la preghiera. Non era certa che ce l’avrebbe fatta, anzi, era quasi sicura sarebbe svenuta da un momento all’altro.
 
Ryu uscì dalla stanza da bagno e notò degli abiti neri, da uomo, accanto alla porta;non potevano essere di Shinji, era più basso di lui di almeno due spanne ed aveva le spalle un po’ più strette, mentre questi gli calzavano a pennello.
«A chi apparterranno questi vestiti? Kasumi ha un amante?». Domandò a sé stesso, costatando di essere davvero geloso.
Casualmente, prima di vestirsi, gettò un’occhiata fuori dalla piccola finestra della cucina: vide Kasumi accasciata a terra, probabilmente priva di sensi e coperta di sangue.
Si precipitò all’esterno,coperto solo da un asciugamano, senza fare caso alla pioggia che apriva delle minuscole ferite sulla sua pelle, prese delicatamente la donna fra le braccia e la riportò in casa.
L’adagiò delicatamente nella vasca da bagno e, dopo averla spogliata, con visibile imbarazzo, lavò via il sangue dal suo esile corpo: non riusciva a spiegarsi il perché di quel gesto, cosa poteva averla spinta a fare una cosa del genere?
Dopo averla accuratamente asciugata, rivestita e aver vestito anche sé stesso, l’adagiò sotto le coperte del suo letto e si stese accanto a lei.
«Non voglio che ti accada più nulla, non se posso impedirlo». Sussurrò poco prima di addormentarsi, cullato dal respiro regolare della donna.
 
Nel frattempo, poco lontano da lì, nelle profondità del fiume, qualcosa, qualcuno, si stava risvegliando, disturbato dalle risatine delle sue sorelline.
Chissà cosa volevano da lui a quell’ora di notte: distese i suoi fluidi arti, stiracchiandosi, nell’acqua intorbidita dalla pioggia; sentiva gli schiamazzi delle sorelle, le gocce d’acqua che scendevano dal cielo, e decise di avvicinarsi alla superficie del fiume per sentire meglio.
«Fratello! Fratello! Fratello! Hihihihi!». Le piccole lacrime del firmamento urlavano e parlavano tutte insieme, posandosi e divenendo un tutt’uno con lui quando si tuffavano nel corso d'acqua.
«Cosa volete?» Domandò con un sorriso, mentre osservava la volta celeste da sotto il pelo dell’acqua.
«L’abbiamo vista! Hihihihi Era con lui! Hihihihi! L’abbiamo vista! Noi vediamo tutto! Hihihihihi!». Erano davvero irritanti.
Lui capì immediatamente e si adirò: non poteva nemmeno sfiorare altri uomini tranne lui! Avevano un patto! Un patto che lei aveva appena infranto. Non avrebbe tardato a farle pagare le conseguenze della sua inadempienza.
La creatura ululò, scatenando le risate delle sorelle, che ulularono con lui.
 
Kasumi si svegliò il mattino dopo e, sentendo un peso sulle spalle, si voltò: Ryu era accanto a lei e dormiva, il suo braccio sopra di lei, come se volesse proteggerla da un nemico invisibile.
Si alzò silenziosamente ma sentì una voce proveniente da dietro di sé: «Come ti senti?».
Non disse nulla: lui non avrebbe potuto capire ciò che aveva fatto.
«Kasumi perché eri fuori in giardino ieri sera, per giunta svenuta?». Il suo tono era davvero preoccupato.
«Per penitenza». Rispose lei secca, alzandosi e dirigendosi verso la stanza da pranzo.
Ryu la seguì, dimenticandosi di infilare la maglietta e, dopo averla raggiunta, la costrinse a voltarsi.
«Dimmi cosa stavi facendo!»
«Perché t’interessa così tanto?»
«Eri svenuta! Eri coperta di ferite e perdevi sangue! POTEVI MORIRE!». L’ultima affermazione  fu scandita con un tono più alto.
«Non è un tuo problema».
«Invece si …». Azzerò la distanza fra i loro visi. «… è un mio problema poiché ho giurato di proteggerti.»
Lei cercò di scostarlo. «Benissimo, io ti sollevo da quell’incarico».
«Non ho mai detto di voler rinunciare». Ribatté lui con un sorriso e avvicinò le sue labbra a quelle di Kasumi.
Proprio in quel mentre bussarono con insistenza alla porta,lei si liberò dalla stretta e corse ad aprire: si trovò di fronte una donna che, trafelata, singhiozzava vistosamente.
«Sawa-San, cosa succede?». Chiese Kasumi con tono preoccupato.
«Kasumi-Sama … Koichiro, il mio Koichiro… è». Un singhiozzo più forte. «… è stato schiacciato da una trave! Io…». Ricominciò a piangere.
Ryu la osservò con espressione allarmata e la seguì quando la vide correre fuori di casa, in direzione del villaggio.
Il ninja prese sulle spalle la povera donna, la quale emise un “oh!” di sorpresa singhiozzando  più forte,e con tre balzi si portò accanto alla sua amata.
«No! Non può essere! Io… Io ho pregato! Ho pagato per la mia mancanza!». Kasumi stava urlando delle frasi senza senso, almeno per Ryu, mentre si dirigeva verso le case.
Arrivati lì videro una cosa che nessuno, in tutta la propria vita , vorrebbe mai vedere: il corpo di un bambino giaceva a terra, schiacciato da una trave in legno.
Kasumi era impallidita, mentre l’altra donna era svenuta alla vista del corpo senza vita del figlioletto.
Ryu, affidando la sua passeggera ad un uomo del villaggio, andò ad aiutare gli altri uomini che cercavano di spostare la pesante asse, per liberare il povero bambino.
Le donne si strinsero attorno al piccolo Koichiro mentre Kasumi sentiva il polso; quei pochi secondi sembrarono millenni poi la donna chinò il capo, scuotendolo in segno di diniego: tutti i presenti scoppiarono in lacrime, mentre Kasumi si voltò verso Ryu, gli occhi umidi che chiedevano “perché?”.
Nel frattempo erano arrivati anche Shinji, Eiko, Hayate, Hitomi e Ayane: appena capirono cos’era accaduto, Eiko si strinse a Shinji mentre Hitomi si voltò, portando istintivamente le mani al ventre, come volesse proteggere qualcosa.
Nonostante tutto a Kasumi e Ryu non sfuggì quel particolare gesto.
Si avvicinò loro un uomo molto anziano, che posò una mano sulla spalla di Kasumi, facendola alzare.
«Gonshiro-Sensei! Come state?». Chiese lei con rispetto.
«La mia salute è buona ma il mio animo è rattristato da questo orribile e spiacevole incidente figliola.». Rispose lui con tristezza.
La donna non sapeva cosa ribattere: era solo colpa sua e lo sapeva.
«Figliola cos’è accaduto? Hai attirato le sue ire?». Il suo tono era indagatore, ma non arrabbiato.
Ryu, a quelle parole, tese ancor più l’orecchio, per cercare di capire di chi stessero parlando: forse riguardava il suo amante?
Se così fosse stato, avrebbe potuto spaccargli la faccia?
«Temo di sì Gonshiro-Sensei. Cosa posso fare?».
«Va subito al fiume. Forse siamo ancora in tempo.».
Lei annuì e corse via, senza curarsi dei presenti: sapeva che Gonshiro-Sensei, in qualità di vecchio sacerdote, avrebbe sistemato tutto.
Ryu cercò di seguirla, ma venne bloccato dall’anziano: Hayate li fissò intensamente, cercando di capire quali fossero le intenzioni dell’uomo.
«Mi lasci andare! Devo seguire Kasumi!».
Il vecchio scosse il capo: «Tu sei il padre di Shinji, vero?».
Annuì con forza, osservando il figlio e la sua compagna,  i quali si erano avvicinati per sentire meglio.
«Ieri notte sei stato da Kasumi-Sama?».
«Si.». Rispose lui con rabbia: cosa voleva quell’uomo da lui? Perché quelle domande?
Sentendo la risposta i presenti arrossirono,ma, mentre Hayate sorrise soddisfatto, Ayane lo osservò con sguardo inorridito.
«Cosa avete fatto?».
«Non capisco perché la cosa debba interessarla.». Rispose asciutto il giovane.
«Ryu limitati a rispondere. Sii cortese.». Sentenziò Hayate, ribadendo, in parte, la sua posizione di superiorità.
Il ninja annuì e spiegò, senza omettere alcun particolare, cos’era successo: il bacio, l’agitazione di Kasumi, il salvataggio e la notte trascorsa insieme a dormire nello stesso letto.
L’anziano ascoltò in silenzio, poi chinò il capo e lo scosse in segno di diniego.
«Hai interrotto la preghiera, così facendo hai scatenato le sue ire.». Era terribilmente preoccupato.
«Le ire di chi? Chi è quest’uomo misterioso?».
Gonshiro lo guardò negli occhi, poi sentenziò: «Non è nulla che ti riguardi. Vattene appena possibile. Qui sei in pericolo.».
Detto questo l’anziano se ne andò, trascinando leggermente la gamba destra, lasciando impietriti i presenti.
 
ANGOLO DI MISHA
 
Salve a tutti^^ Spero questo nuovo capitolo vi sia piaciuto: è più lungo del precedente, ma si scoprono cose nuove.
A proposito di Koichiro: non sono una pazza maniaca che fa morire bambini, scrivere questa scena per me è stato molto difficile e fino alla fine mi sono chiesta se non fosse troppo. Spero la cosa non abbia urtato la vostra sensibilità, comunque ci sarà un risvolto positivo.
Grazie mille a coloro che leggono e recensiscono la storia.
Un bacione

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Capitolo 8
*** Anata ***


Kasumi stava correndo il più velocemente possibile, nonostante l’abito  che le impediva i movimenti: doveva raggiungerlo immediatamente e implorarlo d’avere pietà.
Avrebbe anche acconsentito alla sua richiesta, sarebbe divenuta la sua compagna eterna.
 
Non pensi a Ryu?
Cosa farai?
Dopotutto lo ami ancora!

 
Scosse la testa, scacciando quei pensieri: lei e il ninja non avevano più nulla da spartire e, se così volevano gli Dei, sarebbe divenuta puro spirito.
Si inoltrò nella foresta poco distante dalla sua dimora, incurante del fatto che qualcuno avrebbe potuto seguirla.
Svoltò un paio di volte, aggirò un grosso albero e si ritrovò sulle sponde d’un fiume: l’acqua era calma e rifletteva la luce del sole mattutino.
La natura sembrava essersi calmata dopo la nottata di pioggia ma lei le poteva ancora sentire le loro risatine seppur molto flebili: odiava le gocce d’acqua, erano così stupide e infantili e poi erano sue sorelle.
Come poteva non detestarle?
Rimase ad osservare la riva del corso d’acqua per qualche istante poi prese fiato e chiamò:
< Kaito! Fatti vedere! > .
Attese un paio di secondi e aprì nuovamente la bocca per richiamarlo, ma non vi fu bisogno di farlo: l’acqua del fiume iniziò ad agitarsi, creando delle onde che andavano ad infrangersi contro gli argini.
La donna rimase immobile quando dalle profondità del corso  emerse una figura vestita d’acqua: eccolo, la causa di tutti i suoi problemi, Kaito, lo spirito del fiume.
La osservò con sguardo malizioso mentre posava il suo piede diafano sulla nuda terra: intorno a lui cominciarono a germogliare migliaia di fiori dai mille colori.
Lui li guardò con aria malinconica e poi le rivolse la sua attenzione.
< Kasumi, cosa ti conduce fin qui? > Il suo tono era dolce ma dentro di lui la rabbia era tanta e cresceva sempre più.
< Kaito lo sai! Hai ucciso un bambino! >
Lui fece spallucce: < Io non ho fatto assolutamente nulla. Non so niente di questa storia. >
Kasumi si stava alterando.
< Per colpa tua un innocente è morto! > . Disse con tono stizzito.
Un’ombra passò sul viso di lui. < Colpa MIA? Non ero certo io che ieri notte sbaciucchiavo un uomo, infrangendo il NOSTRO patto. >
Era davvero irritato: come poteva permettersi di dargli la colpa? Era lei ad avere torto.
< Kaito io… >. Kasumi, con un enorme sforzo, si chinò a terra. < … Ti chiedo perdono. Non avrei dovuto. È solo colpa mia. > .
Lei non accettava nessun tipo di controllo o sottomissione ma per il bene del villaggio, per la salvezza di suo figlio, avrebbe fatto qualunque cosa, anche sacrificare sé stessa.
Lo spirito sorrise soddisfatto: di questo passo farla diventare sua eterna compagna sarebbe stato molto più semplice.
< Affinché io riporti tutto allo stato iniziale delle cose tu, dovrai diventare il mio Anata ( significa tesoro/amore). Mi sembra una proposta equa. >.
Kasumi non rispose immediatamente ma se lo aspettava: già da molto tempo lui cercava una donna che potesse sostituire Hina, la sua compagna-spirito, intrappolata da secoli nelle cascate eterne di quel luogo.


Cosa posso fare?
Se accettassi chi baderebbe a Shinji? Al villaggio?
Cosa ne sarebbe di me? Della mia vita?
Chi si ricorderebbe di me? Hayate? Shin?
 
Ryu?
 
Lui mi amerebbe ancora?
Sarebbe disposto a fuggire con me, nonostante la punizione divina?
 
No, non posso … L’ho già coinvolto in troppe cose.
È proprio come la volta in cui sono scappata: devo farcela da sola.
 
Però mi piacerebbe vederlo per un’ultima volta.
Confessargli la verità.
 
< Allora Kasumi? Cosa decidi? >.
Kaito fremeva per l’impazienza: voleva una risposta e la voleva subito.
Kasumi si alzò, mostrando fieramente il proprio volto, gli occhi decisi, senza accennare lacrime o tristezza.
Lo spirito la prese fra le braccia: i suoi abiti d’acqua non la bagnarono, anzi le fecero provare calore e rassicurazione.
Kaito, con un veloce cenno della mano guidò delle onde fino a lei, in modo da crearle un vestito di liquido cristallino: era stupendo, semplicemente perfetto.
< Io… >. Cominciò lei ma venne interrotta dall’arrivo di Ryu.
 
Il ninja era riuscito a liberarsi del vecchio e aveva seguito Kasumi: l’agitazione l’aveva distratta e aveva fatto in modo che lasciasse dietro di sé diverse tracce: orme, ramoscelli spezzati e perfino una ciocca di capelli castani.
Quando arrivò al fiume si trovò di fronte ad una scena che aveva immaginato solo nei suoi incubi: Kasumi si trovava fra le braccia di un uomo, un altro uomo.
Era arrabbiato, davvero tanto arrabbiato.
Sapeva che dopo diciassette anni lui non poteva avanzare pretese su Kasumi ma lei era sua, lo era sempre stata.
< Cosa sta succedendo qui? Chi è quel coso? >. Domandò Ryu mal celando la sua irritazione.
Lo spirito sciolse dall’abbraccio la donna, dirigendosi fluidamente verso il ninja: ad ogni passo  crescevano intorno ai suoi piedi migliaia fiorellini colorati.
Squadrò Ryu, avvicinandosi pericolosamente a lui e poi parlò: < Come osi rivolgerti così ad uno spirito? Umano insolente! IO SONO KAITO, LO SPIRITO DEL FIUME! Tu, invece, devi essere Ryu Hayabusa, l’uomo che ha abbandonato Kasumi dopo averla sedotta. >.
L’essere soprannaturale fece un sorrisino compiaciuto davvero irritante: Ryu desiderò spaccargli la faccia, ma non poteva, farlo avrebbe significato attirare le ire divine su di sé e su Kasumi anche se lei, probabilmente, si trovava in un guaio ben più grande.
< Cosa vuole da Kasumi? >. Chiese il ninja con astio.
L’altro sollevò le spalle, dimostrando quanto ritenesse inutile degnarlo di risposta.
Hayabusa si scagliò contro l’altro, spingendolo contro un albero: era certo di volerlo uccidere, Kasumi poteva vedere la furia assassina negli occhi dell’uomo.
Kaito ridacchiò e lo guardò con sguardo pietoso.
< Non puoi farmi del male. >.
< Cosa me lo impedirà? Tu? >. Ringhiò Ryu.
< No. Kasumi. >.
Il ninja si voltò verso di lei, giusto in tempo per scorgere il calcio che stava arrivando: era troppo vicino e non riuscì a scostarsi, prendendo il piede della donna sulla tempia.
Un tonfo sordo. La schiena contro il suolo. Il sapore caldo del sangue.
Hayabusa sgranò gli occhi quando vide Kasumi in lacrime, frapporsi fra lui e lo spirito.
< Scusami. Io sono la sacerdotessa del tempio dell’acqua, se tu attacchi Kaito, io devo difenderlo. >. Disse lei con voce tremante.
< Sei solo un vigliacco! Farti difendere da una donna! Combatti da vero uomo! >. Urlò il ninja rialzandosi.
La donna assunse la posizione d’attacco e attese: non riusciva a ricacciare indietro le lacrime ma doveva difendere Kaito, lo stava facendo per il villaggio.
In quel momento arrivò Gonshiro-Sensei, l’anziano che avevano visto poco prima, e si intromise fra loro.
< Kaito-San è molto scortese da parte tua accogliere un ospite importante come il padre di Shin in questo modo anche se, allo stesso tempo, Hayabusa-San si è comportato in modo riprovevole. Kasumi, figliola, perché si è creata questa situazione? >.
Lei chinò il capo e Ryu corse ad abbracciarla, ringhiando contro lo spirito.
< Ora basta! Kasumi deve fare una scelta. Dalle una notte di tempo per pensare. >. Sentenziò Gonshiro.
< Così sia. >. Acconsentì Kaito. < Una sola notte. Poi dovrai scegliere: o me o lui. Quest’ultima sera potrai passarla con Ryu se vorrai. Potrai dirgli tutto ma non dimenticarti il nostro patto. >.
Detto questo l’essere rientrò fra i gelidi flutti, scomparendo.
Kasumi si abbandonò fra le braccia di Hayabusa, che la strinse a sé.
< Portala a casa. Lì ti dirà tutto. >. Suggerì il vecchio prima di andarsene.
La donna guardò il ninja negli occhi: < Ryu dobbiamo parlare. >.
Lui annuì, la prese in braccio e la portò fino alla sua dimora.
 
ANGOLO DI MISHA
 
Come al solito spero vi sia piaciuto questo capitolo:3
Li sto pubblicando molto vicini l’uno all’altro perché sfrutto il poco tempo libero che ho.
Preciso una cosa: Ho scelto il nome Kaito perché significa “mare” ed era il nome maschile più vicino all’elemento acqua che conoscessi.
Alla prossima:3
 
Misha

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Capitolo 9
*** Spiegazioni ***


Di fronte alla dimora si stagliavano alcune figure; Ryu si avvicinò e vide che erano i suoi amici.
< Cos’è successo? Cosa le hanno fatto? >. Domandò Hayate vedendo la sorella fra le braccia dell’altro.
Kasumi si liberò dalla stretta del ninja rimanendo, però, poggiata a lui: si sentiva male, nauseata da sé stessa; non avrebbe voluto assolutamente coinvolgerli, non centravano nulla.
Il senso di colpa le bloccava le parole in gola, impedendole di emettere qualsiasi suono.
Ayane abbozzò un sorrisetto sarcastico.
< Non sarai nuovamente incinta vero? Siamo già sufficienti io e tuo figlio come bastardi nella famiglia >.
Ryu sentì la rabbia montare dentro di sé; stava per ribattere con un insulto, ma Shinji parlò prima di lui.
< Oba-San non le permetto di dire queste cose! So di essere un figlio illegittimo ma so anche che i miei genitori si amavano e, sono certo, si amano ancora. Non deve insultarli! Se Okaa-Sama fosse nuovamente incinta io sarei lieto di avere un fratello! >.
Il ragazzo si avvicinò ai genitori, trascinando con sé anche Eiko, e li abbracciò.
Hitomi e Hayate  ebbero l’impressione quella famiglia fosse qualcosa di perfetto ma dolorosamente distante da loro, dal clan con le sue regole.
Ayane, al contrario, li detestò con tutta sé stessa: sussurrò qualcosa con astio, spiccando un salto e andandosene.
Hayate si voltò richiamandola, ma non ottenne risposta.
< Perdonami sorella, devo trovare Ayane, non so quali guai potrebbe provocare in una situazione simile. Bada bene, però, dobbiamo parlare. >. Detto questo prese Hitomi fra le braccia e si dileguò.
< Entriamo in casa per favore. >. Sussurrò Kasumi, aggrappandosi alla maglia nera di Ryu.
Il gruppo varcò la soglia della dimora.
< Kasumi-Sama credo sarebbe meglio se io e Shin-Chan andassimo via. Lei deve parlare con Hayabusa-Sama e noi saremmo solo d’impiccio. >. Disse timidamente Eiko.
La donna annuì e, dopo aver dato loro due collane con ciondoli grigi, li accompagnò sulla soglia, facendoli uscire.
< Questa è una pietra di nebbia, dovrebbe proteggervi dall’acqua, almeno un po’. > Disse lei.
I due ninja sedettero attorno all’irori, l’uno di fronte all’altra; Ryu si massaggiò la tempia dove era stato colpito, notando che si stava gonfiando un po’.
< Perdonami, ti ho fatto male vero? Non avrei voluto colpirti ma se non avessi obbedito avrebbe fatto del male a Shinji. >.
La donna chinò il capo.
Lui le sollevò la testa, guardandola con i suoi profondi, bellissimi, occhi verdi.
< Non ricordo di essermi lamentato. In realtà sono felice: ti sei tenuta in allenamento in questi anni. Sei davvero sorprendente! >.
Lei arrossì violentemente.
< Dimmi com’è riuscito a legarti a sé. >. La incitò lui.
Kasumi prese fiato e iniziò a parlare.
< Dopo essere scappata dal villaggio ho vagato in cerca di rifugio per mesi. Continuavo ad avanzare per la mia strada, convivendo con il dolore per averti abbandonato e la paura che avessero sguinzagliato dei ninja per stanarmi e uccidermi. >.
Sospirò. Ricordava perfettamente il terrore che l’aveva attanagliata ogni singolo istante di quella folle fuga, specialmente nel momento in cui calava l’oscurità: si riposava qualche ora durante il giorno, mentre di notte  scappava.
Le forze, però, cominciarono a venir meno col passar del tempo e la situazione peggiorò  quando capì di essere incinta.
Non voleva rinunciare al bambino, ma non poteva neppure tornare al villaggio.
< Quando scoprii di essere in attesa di Shinji mi crollò il mondo addosso: non avevo una casa, una famiglia e non riuscivo a nutrire bene né me stessa né la mia creatura. Un giorno, mentre mi trovavo sulle sponde d’un fiume, decisi di sporgermi per bere: l’acqua era così cristallina e io avevo davvero sete. Mi chinai, ma un capogiro mi fece cadere in acqua: mi ritrovai sommersa dai flutti, troppo debole per reagire. Ebbi la certezza che fosse giunta la mia ora. >. S’interruppe e lo guardò: Ryu non riusciva a non far trasparire l’agitazione che lo attanagliava, nonostante lei fosse viva e vegeta.
< Sai, l’ultimo pensiero che riuscii ad elaborare fu “Non vedrò mai più Ryu”. Ero in punto di morte e pensavo a te. Continuavo ad annaspare, consapevole della morte così vicina a me, invece qualcosa mi tirò fuori dall’acqua; ebbi la netta sensazione che fosse il liquido stesso a sollevarmi. Solo qualche giorno dopo scoprii che a salvarmi era stato Kaito. >.
Ryu la osservò intensamente, il dolore inciso a fuoco nei suoi occhi: si odiava per non esserle stata vicino, ma il clan si era opposto con la forza; era stato minacciato da Shidou-Sensei e alla fine aveva ceduto.
< Poi cos’ha fatto? >. Domandò con apprensione.
< Sono stata accolta al villaggio: mi hanno subito accettata come se fossi nata e cresciuta qui. Poco tempo dopo la nascita di Shinji Kaito mi convocò al fiume, dicendomi che doveva parlarmi. >.
Un sospiro.
Gli occhi di Kasumi tornarono a fissare la teiera di fronte a sé: quella era la parte peggiore del suo racconto, da quel  momento in poi aveva perso totalmente ogni libertà.
< Kaito si fece trovare con un abito d’acqua cristallina, seduto su un trono di ghiaccio circondato da migliaia di fiori colorati. Mi disse che ero in debito con lui, che mi aveva salvato ed era giunto il momento di ripagarlo. Allora non avevo idea di cosa mi sarebbe capitato:  se lo avessi saputo avrei preso Shinji e me la sarei data a gambe. Ma lui sembrava così buono e gentile, mi stregò con parole affettuose. Disse che, se volevo rimanere al villaggio, sarei dovuta diventare sacerdotessa del tempio dell’acqua, dedicando la mia vita alla preghiera e, ovviamente, a lui, altrimenti sarei stata bollata come traditrice divina. Ero già una shinobi, macchiarmi anche di un peccato così grave mi avrebbe portato a morte certa e non potevo permettermelo, non ora che avevo Shinji.
Accettai, dovetti farlo. Sigillai il patto in presenza di Hina, la sua Anata, e Gonshiro-Sensei: lui era stato fino ad ora il sacerdote del tempio. Con quella cerimonia passò a me l’incarico, rovinandomi la vita. >. Un altro sospiro, molto triste.
< Da quel giorno Kaito non si fece più vedere, fin quando non successe quel fatto. >. Sul suo volto si dipinse un’espressione di terrore: Kasumi era davvero spaventata.
Ryu le strinse le mani: < Cos’è successo? Kasumi, per l’amor del cielo, cosa ti ha fatto quel bastardo? >.
Lei scosse la testa: < A me nulla. Hina, la sua compagna venne punita per lui. Lei era lo spirito della natura, legata eternamente a Kaito: credo si amassero davvero, ma dopo il mio arrivo cambiò qualcosa. Spesso Hina-San si confidava con me e, poco prima del Sigillo, mi disse di essere preoccupata: sentiva su di loro una presenza oscura. Scoprii troppo tardi la verità: Kaito era divenuto spirito per punizione, poiché aveva sedotto ed abbandonato una figlia della stirpe divina; Hina doveva essere la sua guardiana, ma aveva fallito il suo compito. Quando O-Wata-Tsu-Mi(Dio del mare) creò il Sigillo, Kaito comprese che i suoi giorni erano finiti; in realtà, però, venne sigillata Hina. Il Dio volle punire lei per la sua inadempienza e lui per il suo enorme peccato. Hina è viva ma si trova imprigionata, nascosta dietro le cascate eterne. >.
Ryu era allibito e non capiva più nulla.
< Kasumi non capisco quale sia il tuo ruolo in tutto questo. >. Confessò lui spaesato.
< Kaito ha ottenuto temporaneamente i poteri di Hina, fintantoché non avrà trovato una degna sostituta: il problema è che ha scelto me come rimpiazzo, poiché somiglio molto a lei. Se dovessi dirgli di no, se non accettassi di diventare sua Anata, ucciderebbe Shinji e, forse, anche te. Se invece accettassi, riporterebbe in vita Koichiro. >.
Ryu comprese tutto: capì che lei avrebbe accettato, per il bene del loro figlio.
< Kasumi io… >.
< Tu non puoi nulla. Non avresti speranza contro di lui. >. Si limitò a dire lei.
Lui chinò il capo.
< Kasumi devo sapere: mi ami ancora? >.
Lei lo guardò negli occhi, decisa a confessargli tutto, poiché quello sarebbe stato il loro ultimo incontro.
< In questi diciassette anni non ho smesso nemmeno per un attimo. >.


ANGOLO DI MISHA

Salve a tutti!!! Spero stiate bene:)
Ecco il nuovo capitolo, non molto lungo, ma denso di particolari molto importanti^^
Non mi sembra ci sia molto da dire, ma, se notate errori o cosa che non stanno in piedi ditemelo immediatamente!
Grazie a tutti^^
Bacio

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Capitolo 10
*** Profumo di fiori ***


Ryu arrossì violentemente, ma, allo stesso tempo, sorrise: era davvero felice, non si aspettava che Kasumi avrebbe risposto con sincerità, invece lo aveva fatto.
Lei lo amava ancora, nonostante tutto.
La donna era imbarazzata, ma sollevata: confessare a Ryu ciò che provava l’avrebbe aiutata a staccarsi da lui.
Il ninja, vedendo lo sguardo basso di lei capì tutto: con le sue parole intendeva confortarlo, liberarlo dal senso di colpa che l’aveva attanagliato in questi diciassette anni.
Non le avrebbe permesso di liberarsi di lui; non così facilmente, almeno.
< Kasumi io… >. Non riuscì a terminare perché lei posò la sua mano delicata sulle labbra dell’uomo.
< Non dire nulla. Se parlassi ora la mia determinazione verrebbe meno. >.
Ryu la guardò dolcemente: voleva godere di tutti gli attimi che rimanevano loro, non doveva farsene sfuggire nemmeno uno.
Inaspettatamente fu lei a parlare.
< Io… C’è una cosa che ho sempre voluto fare… Con te. >. Il viso della donna era color porpora.
 Kasumi si sentiva davvero imbarazzatissima ma voleva assolutamente passare l’ultimo giorno di libertà con lui, assecondando tutte le richieste, seppur folli, della sua mente.
< Dimmi pure. >. L’incitò lui con tono speranzoso.
< Io… Vorrei fare un bagno con te. >. Lei chinò la testa e fissò il tavolo di fronte a sé: si sentiva morire di vergogna.
Guardò l’uomo sottecchi e notò, con piacevole sorpresa, che anche lui era arrossito leggermente.
< Ne sarei onorato. >. Rispose con gioia.
Il volto di Kasumi s’illumino e corse a prendere il necessario: sembrava una ragazzina al primo appuntamento, così ingenuamente felice e spensierata.
In pochi istanti tutto era pronto: lei fece alzare Ryu dall’irori e lo condusse all’esterno.
Lui le cinse la vita con un braccio e prese ciò che aveva in mano: Kasumi non si era mai sentita così protetta e felice, era una sensazione stupenda, nonostante sapesse che tutto sarebbe finito il mattino dopo.
Scosse la testa, cercando di scacciare quei pensieri tristi: non era il caso di rovinarsi la giornata che sembrava volgere al meglio.
 
Però sai che è così.
Sai che dopo quest’oggi dovrai lasciarlo.
 
Basta!
 
Lo ami ancora ma non sai se lui ricambia.
Ironico, vero?
 
BASTA!
 
Impose il silenzio al suo cervello e decise di osservare Ryu: aveva uno sguardo così profondo; lei desiderava perdersi in quegli occhi verdi.
Lui la guardò con espressione interrogativa.
< Cosa c’è? >.
< Ryu tu mi ami ancora? >.
Non c’era timore nelle sue parole, solo speranza.
< Ogni giorno di più. >. Rispose lui, chinandosi per darle un bacio sulle labbra.
Kasumi si stupì ma non si sottrasse al bacio, anzi, ricambiò con passione.
In pochi minuti raggiunsero una piccola e accogliente costruzione in legno.
< Questo è il bagno comune: di solito viene usato dalle famiglie ma per oggi faremo un’eccezione. Oggi questa vasca sarà solo per noi. >. Gli occhi di Kasumi brillarono per la gioia mentre apriva la porta della struttura: era un bagno modesto, azzurro e bianco con una larga vasca da bagno sul lato opposto alla porta e un piccolo spogliatoio sul lato destro.
La coppia aprì l’acqua ed entrambi andarono a togliersi gli abiti: Ryu diede le spalle a Kasumi, per rispetto verso di lei, ma non riuscì a frenare la voglia di vederla e, quindi, la spiò intravedendo la schiena nuda della donna.
Arrossì e si voltò velocemente, sperando che non l’avesse visto.
Il ninja entrò velocemente nella vasca, godendosi l’acqua calda che accarezzava il suo corpo; Kasumi arrivò qualche istante dopo, solo un asciugamano a coprire il suo corpo di donna: non era poi così diversa dalla prima volta in cui aveva visto il suo corpo, splendido corpo, nudo.
La donna lasciò cadere l’asciugamano, rivelando tutte le sue forme nel loro splendore: Ryu era estasiato e, ovviamente, eccitato, ma non voleva dimostrarsi il solito uomo che agiva seguendo il suo amichetto, dunque regolarizzò il respiro e si concentrò per mantenere i nervi saldi.
A Kasumi non sfuggì quella reazione e sorrise fra sé e sé, compiaciuta dal fatto che era ancora desiderabile; s’immerse nell’acqua calda e avvicinò il proprio volto a quello del ninja.
< Kasumi cosa…? >. Lei lo baciò: era inebriata dal sapore delle labbra di Ryu, lo bramava ancora e ancora.
< Non sai per quanto tempo ho desiderato baciarti: per diciassette lunghi anni non ho fatto altro che pensare a te. >.
Le sfuggì un leggero singhiozzo: Ryu sapeva che quelle erano le confessioni di una donna al limite, ma ne fece tesoro ugualmente.
< Anche io Kasumi ho sognato per anni questo momento. >.
Lei lo osservò, prendendo una ciocca di lunghi capelli castani fra le mani.
< Sono molto lunghi, più di quando ti lasciai. >. Disse lei cambiando discorso.
Il ninja annuì: < Quando scappasti li tagliai completamente, poi decisi di farli crescere e non tagliarli più a meno che non ti ritrovassi. Ti piacciono così lunghi? >.
Lei annuì: < Ti rendono più misterioso. >.
Lui rise di cuore e lei rimase estasiata: non lo aveva mai visto ridere in quel modo spensierato; era felice di aver visto una parte di lui che probabilmente nessuno aveva mai potuto vedere.
Ryu la fece voltare di spalle e l’attirò a sé, abbracciandola.
< Kasumi profumi di fiori. >. Era inebriato dall’odore dolce della donna: aveva voglia di rapirla, di abbandonare tutto e tutti per portarla via con sé.
Lei sospirò, sentendo i brividi correrle lungo la schiena: voleva rimanere così per sempre.
I due rimasero stretti in quel dolce abbraccio per svariati minuti senza sapere che, al di fuori di quella piccola costruzione in legno, stava avvenendo un piccolo dramma familiare.
 
Nonostante se ne fosse andata Ayane vedeva ancora l’immagine della sua sorellastra avvinghiata a Ryu-Sensei danzarle davanti agli occhi.
< Quella insulsa shinobi: dovrebbe essere uccisa e invece viene trattata come una bambolina. Anche Hayabusa-Sensei si è fatto incantare da lei. Io no! Io so che lei è sempre la solita traditrice! >.
La ninja era così intenta a parlare da sola che non sentì arrivare Hayate.
< Ayane tu ed io dobbiamo discutere. Ora. >.
La donna si costrinse ad obbedire e si chinò di fronte al fratello ed alla sua sposa: la cosa le dava il voltastomaco.
Non le pesava sottomettersi di fronte ad Hayate ma la presenza di Hitomi la infastidiva particolarmente.
< Cosa comanda venerabile fratello? >.
< Perché hai parlato così a Kasumi? >
 
Eccolo che ricomincia con la sua sorellina prediletta.
 
< … >.
< Esigo una risposta. >.
< La odio. >.
Quelle due parole lasciarono spiazzato l’uomo, che, tuttavia, non fece trasparire il suo smarrimento.
< Per quale motivo? Voi due siete sorelle. >.
Ayane scosse la testa: lei era una figlia bastarda, odiata da tutti, mentre Kasumi era quella amata e riverita.
< Non siamo sorelle. >.
< Si, invece. Voglio sapere perché tanto astio alberga in te. >.
< io ho sempre eseguito gli ordini, mi sono dimostrata servile e attenta ma Shidou-Sensei, Ayame-Sama e soprattutto tu avete sempre preferito lei. Lei, quella stupida shinobi, mi ha privato del tuo affetto. >.
< Ayane io voglio bene sia a te che a lei in ugual modo: non c’è momento della mia vita in cui non ringrazio gli Dei del fatto che tu mi sei accanto. >.
< Non è vero! Io sono diventata un mostro a causa vostra! IO… >. Non continuò: se l’avesse fatto la sua rabbia sarebbe esplosa, provocando molti, troppi, danni.
< No Ayane, la tua trasformazione non centra con noi. Sei stata tu a scegliere di sacrificare la tua umanità per proteggere il villaggio. Nessuno di noi ti ha obbligata. >.
 Le parole di Hayate erano davvero dure da sopportare, anche per una come Ayane.
< Io non l’ho fatto per il villaggio. >. Era sul punto di piangere.
< Per chi lo avresti fatto allora? >. Hayate era confuso: Ayane aveva deciso di sacrificare la propria umanità divenendo una mezzo-demone, al fine di garantire prosperità a tutto il clan, o almeno così aveva creduto lui fino a qual momento.
< L’ho fatto perché, per una volta, tu fossi orgoglioso di me e mi notassi invece, non appena mutai tu decidesti di sposarti con l’inutile Hitomi! >. Era davvero sul punto di arrabbiarsi.
Hayate, dopo qualche istante di stupore, aprì la bocca per controbattere ma Ayane lo fermò: < Per cortesia non dire nulla. So già cosa vuoi dirmi ma io non ho intenzione di ascoltare. Continuerò a fare la guardia sulla tua sposa ma tu non devi più rivolgermi la parola. >.
.
< Sono stanca di essere trattata come un’idiota. Sai una cosa? Hai proprio ragione: io e Kasumi siamo sorelle. >.
Lui la osservò con aria interrogativa.
< Anche io, se potessi, me ne rimarrei in questo luogo dimenticato, tuttavia non posso farlo. In tutta franchezza: invidio Kasumi per la vita che conduce qui. >.
Nessuno mosse un muscolo fino a quando Ayane si inchinò di fronte a Hitomi e disse: < Hitomi-Sama credo sia ora di rientrare, quest’aria non fa bene né a lei, né al bambino. >.
L’altra osservò la ninja e il marito con stupore.
< Come fai a…? >.
< Seguo ogni suo momento di vita: so riconoscere i segnali che indicano quando una donna è incinta. >.
Si voltò e fece strada, senza accorgersi, però ,che qualcosa li osservava da distante nascosto dall’ombra degli alberi.


ANGOLO DI MISHA
Salve a tutti!
Questo capitolo non è nè lungo nè molto interessante e, probabilmente, è troppo sdolcinato.
Perchè postarlo, allora? Vi starete chiedendo tutti. Semplice perchè sono scem è una parte abbastanza importante:)
Detto questo vi lascio perchè è tardissimo e ho taaaaaaaanto sonno. Scusate per gli eventuali errori.
Spero vi piaccia e spero sempre in una piccola recensione.
Un bacio a tutti
Misha

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Capitolo 11
*** Fuoco e Ghiaccio ***


< Ryu io… >. Kasumi non terminò la frase, osservando con intensità l’acqua di fronte a sé: erano ancora immersi nella vasca e lui le stava pettinando i lunghi capelli bagnati.
Si fermò, interrompendo l’operazione, e l’abbracciò, costringendola a voltarsi verso di lui.
< Cosa c’è? >. I suoi occhi verdi fissarono quelli castani e oro di lei.
< Credo sia il caso di uscire dalla vasca >. Disse lei tutto d’un fiato, facendogli intuire che vi fosse qualcos’altro sotto.
Ryu annuì e la scostò da sé con dolcezza.
Lei si alzò, mostrandogli la schiena: si intravedevano appena le vertebre che componevano la sua spina dorsale, nascoste dai lunghi capelli castani, lunghi fino ai glutei.
Kasumi ruotò lievemente il capo verso il ninja, il quale distolse velocemente lo sguardo, imbarazzato e stupito, fingendo di non essere interessato alla visuale che lei stava offrendogli.
La donna, con un’abile e fluido scatto si mosse verso i suoi abiti, decidendo d’indossare un accappatoio leggero e ne prese uno anche per Ryu, che era rimasto nella vasca a cercare di calmare i suoi, troppo, bollenti spiriti.
Entrambi presero i loro abiti e tornarono nella piccola dimora della donna, mano nella mano, cercando di recuperare quei momenti che non avevano mai potuto vivere.
Entrarono nella casa di Kasumi: entrambi gettarono gli abiti a terra, di fronte alla stanza da letto ed entrarono in quest’ultima.
Si erano spinti troppo oltre per potersi fermare.
La baciò con passione, facendola arretrare verso il futon, poi la costrinse a voltarsi e le slacciò l’accappatoio: Kasumi cercò di dire qualcosa ma Ryu le morse il lobo dell’orecchio, facendole morire le parole in gola.
Percorse con tocco leggero l’arcata della schiena di lei, procurandole dei brividi che scossero il suo corpo di donna.
La fece voltare verso di sé e, solo in quel momento, notò un tatuaggio sul fianco destro: l’ideogramma era quello del suo nome, Ryu.
< Kasumi tu… Hai impresso a vita il mio nome sul tuo corpo? >. Domandò lui stupito.
< Già. Volevo che in qualche modo fossi mio. Completamente mio >. Rispose lei arrossendo.
Lui la guardò felice ed emozionato, mentre pensava che non esistesse gesto più bello di quello.
L’attirò verso di sé e posò delicatamente le sue labbra sull’ideogramma, baciandolo.
< Ryu! >. Kasumi era arrossita ma, nonostante l’imbarazzo, non si sottrasse al tocco di lui.
Il ninja la fece stendere dolcemente sul futon: < è proprio come diciassette anni fa… >. Sussurrò lei.
< No. Questa volta non ti perderò > .
 Quelle parole la fecero sorridere ma dentro di sé Kasumi sapeva che non l’avrebbe più rivisto.
< Ti amo Ryu. Ti ho sempre amato  >.
< Kasumi sei e sempre sarai la mia ragione di vita >.

I loro corpi e le loro menti divennero un tutt’uno in quegli attimi concitati e ardenti: fu qualcosa di identico e, allo stesso tempo, completamente differente rispetto a ciò ch’era accaduto anni prima.
 
 
Caldo.
Troppo caldo.


Ryu aprì gli occhi: erano passate alcune ore da quando lui e Kasumi si erano uniti ed ora lei lo abbracciava nel sonno, sorridente.
L’uomo si staccò, alzandosi, deciso a cercare qualcosa che potesse permettergli di salvarla.
Si vestì in fretta ed uscì di casa, dirigendosi verso il fiume: prima, però, decise di fare una deviazione e si ritrovò di fronte all’alloggio di Ayane: chiederle aiuto non era una mossa estremamente saggia, ma era la sua ultima possibilità.
-Toc Toc-
La ninja scostò di qualche centimetro l’uscio.
< Hayabusa-Sensei? Cosa c’è? >. Era davvero stupita di trovarlo lì.
< Ayane ho bisogno di te: devo trovare un modo per sconfiggere lo spirito del fiume >.
Lei lo osservò sbalordita, poi scoppiò a ridere: Ryu non l’aveva mai vista così divertita, al punto che le lacrime avevano cominciato a rigarle le guance.
< TU? Pensi di poter sconfiggere uno spirito? Hayabusa-Sensei sei davvero… >. Le parole le morirono in gola.
< Lo fai per Lei, vero? >. Un’ombra passò sul suo volto quando lui annuì.
< Qualsiasi sia il problema se si è immischiata negli affari degli spiriti ti conviene scappare il prima possibile: se la prenderanno anche con te, ne sono certa >.
< Oramai non posso più fuggire: sono venuto ad implorare il tuo aiuto perché so che in qualità di mezzo-demone saresti in grado di affrontarlo >.
< Non mi farò uccidere per quella. Mi spiace Sensei, non affronterei uno spirito neppure se fosse Hayate a chiedermelo >.
< Posso capire, ma ciò che ti sto chiedendo è di assistermi, di aiutarmi a farlo ragionare, non di combatterlo. Non potrei mai e poi mai farti fare una cosa tanto pericolosa >.
La ninja sbuffò: < E sia. Verrò con te >.
 
 
< Spirito del fiume noi ti invochiamo! Mostrati ai nostri occhi! >. Le parole di Ryu echeggiarono nella foresta immersa nel silenzio notturno.
Un’esclamazione nell’aria: < Voglio che sia la lupa ad invocarmi >.
Ryu osservò Ayane: < Sei libera di non farlo >.
< Spirito del fiume io, Ayane, ti invoco! Rivela la tua presenza a questa mezzo-demone! >.
Dalle acque emerse Kaito, i capelli splendenti e le labbra arricciate in un sorriso smagliante; quando toccò terra s’inginocchiò di fronte alla donna eseguendo un perfetto baciamano.
< Per me è una gioia avere qui un’altra figlia della natura >. Disse lo spirito con tono quasi civettuolo.
< Io non sono che una umile serva di Amaterasu >. Rispose lei imbarazzata.
< Via, sei una mia sorellina, perciò meriti un trattamento di favore >. Il suo sorriso si allargò ancor più.
Ayane era davvero lusingata e piacevolmente stupita da quell’essere: sembrava così dolce e affettuoso, non riusciva a capire perché Ryu volesse combatterlo.
Il ninja s’intromise fra di loro: < Non osare toccarla! >.
Kaito sorrise, per nulla arrabbiato.
< Ryu non mi sembra il caso di scaldarti per dei semplici saluti, dopotutto questa bella Lupa è molto più vicina alla mia natura divina di quanto lo sia tu >.
L’uomo strinse i pugni, consapevole della propria inferiorità.
< Sei davvero bella Ayane >.
Kaito pronunciò quelle parole con tono suadente e la ragazza, ammaliata, scostò in malo modo Ryu, avvicinandosi all’essere.
< Se solo lo vorrai farò di te la mia Anata, invece di prendere Kasumi. Per una volta potresti essere felice: saresti eternamente legata a me. Non è ciò che hai sempre desiderato? Una persona che ti amasse e ti considerasse il suo universo;  quella persona sono io: posso essere il tuo tutto >.
La ninja lo osservò, rapita ed incantata dalle dolci parole dello spirito: lui aveva capito il suo dolore, la sua sofferenza, senza che lei dicesse nulla.
< Io… >. Non sapeva che dire: contraddirlo avrebbe significato scatenare l’ira divina ma, al tempo stesso, non voleva abbandonare il clan, la sua vita di sempre.
Non voleva abbandonare Hayate.
Un fruscio dietro le loro spalle li fece voltare: Kasumi era lì, furibonda e affannata.
Indossava uno yukata bianco come la neve, in netto contrasto con i capelli che le ricadevano morbidi sulle spalle; avanzò con decisione e, senza profferire parola, diede uno schiaffo a Ryu poi, sempre in silenzio,scostò bruscamente Ayane, mettendosi di fronte a Kaito.
< Sarò tua. Non era ciò che volevi fin dall’inizio? >.
Un sorriso beffardo sul volto dello spirito, e le lente oscillazioni soddisfatte del suo capo furono indice, per tutti i presenti, del fatto
che lui aveva oramai deciso: era lei, da sempre.
Non poteva essere Ayane, né qualsiasi altra donna: solo lei era la degna sostituta di Hina.
La ninja stava per immergersi definitivamente nelle acque eterne, non senza rimpianti, ma oramai era troppo tardi per tutto: non avrebbe più rivisto Shinji, il suo adorato bambino, né Eiko, neppure Ayane, Hayate o Hitomi.
 
Non vedrai mai più Ryu.
 
Lui aveva scelto: aveva preferito abbandonarla dopo ciò che c’era stato fra loro, poco importava che fosse lì in quel momento.
Un istante prima che Kasumi svanisse definitivamente tra i flutti azzurri, Ryu si buttò in acqua, prese Kaito per le spalle e urlò: < Troverò il modo per liberare Hina, ma lascia libera Kasumi! LEI MI APPARTIENE! >.
L’ultima affermazione lasciò i presenti di sasso ma lo spirito non si diede per vinto: < Due giorni. Hai solo due giorni di tempo per trovare e salvare Hina >. Eseguì un inchino, poi si avvicinò a Kasumi: < La nostra unione è solo rimandata. Fremo all’idea di portarti in fondo al fiume >. Sorrise e le scoccò un bacio sulle labbra prima di sparire fra i flutti cristallini.
La ninja osservò Ryu che, aiutato da Ayane, cercava di asciugarsi alla bell’e meglio; s’avvicinò ai due e, con un poderoso calcio, atterrò l’uomo.
< Cosa diamine stai facendo? Stupida! Lui si sacrifica per te e tu lo aggredisci? >.
< Non mi sembra di avergli chiesto aiuto né ora né diciassette anni fa >.
< Ma… >.
< Non ti intromettere Ayane! Ho tollerato fin troppo la tua lingua biforcuta, ma ora sono al limite! >. Kasumi era davvero irata.
< Alzati Hayabusa, ti condurrò nella prigione di Hina >.
Ryu si sentì ferito: Kasumi lo aveva chiamato per cognome, segno che voleva mantenere le distanze fra loro.
< Kasumi, io… >.
< Zitto. Per cortesia, taci >.
 
Dopo alcuni minuti di cammino, Ryu e Kasumi arrivarono di fronte ad una cascata: era maestosa ed imponente, l’acqua sembrava quasi cantare mentre scorreva libera ed impetuosa.
< Chiudi gli occhi. >. La voce e l’espressione della ninja erano piatti, ma dentro di sé si sentiva  a pezzi, l’anima distrutta, proprio come diciassette anni prima ma, contrariamente a quella volta, non ce l’avrebbe fatta: era diventato tutto così dannatamente difficile.
Essere forti, anche per Shin, era uno sforzo enorme.
L’uomo ubbidì e in quei minuscoli istanti d’oscurità si chiese perché Kasumi fosse così arrabbiata.
 
L’hai abbandonata nel suo letto, sola, dopo averle giurato amore eterno!
 
Non l’ho abbandonata, io…
 
Per lei è stato come se tu l’avessi fatto. Discorso chiuso.
 
< Apri. >.
Kasumi era entrata in acqua, di fronte a lei la cascata s’era aperta rivelando una figura imprigionata in una lastra di ghiaccio: aveva i capelli lunghi fino ai piedini delicati, castani, gli occhi grandi, spalancati in un’eterna espressione di sorpresa e la pelle bianca come alabastro.
Somigliava vagamente a Kasumi, ma era, troppo, profondamente diversa da lei.
< Ecco Hina, spirito della natura, punita al posto di Kaito da O-Wata-Tsu-Mi.>.
< Come possiamo liberarla? >. Chiese lui pensieroso.
Lei lo osservò stranita, le labbra serrate dalla rabbia.
< Il ghiaccio non si può semplicemente rompere? >.
< Se fosse così semplice, non credi che Kasumi l’avrebbe già fatto? >. La voce proveniva dalle loro spalle: si voltarono e videro Ayane, una spalla posata contro un albero a pochi metri da loro.
< Ci hai seguiti? Questo è un luogo sacro, non dovresti riuscire ad entrare! >. Esclamò Kasumi sconcertata.
Un sorriso, triste, della sorellastra: < Sai Kasumi, tu ed io siamo davvero molto simili, forse è per questo che l’ho fatto. >.
Un sospiro. < Il qui presente Hayabusa e tuo fratello non ti hanno raccontato ciò che è successo cinque anni fa a me, vero? >.
Kasumi osservò prima l’una, poi l’altro, confusa e disorientata.
< Lo supponevo. >. Un altro sospiro. < Cinque anni fa il villaggio venne attaccato violentemente: tuo fratello, Hayabusa e altri erano fuori per una missione, tuo padre era già pesantemente toccato dalla malattia e alcuni erano stati uccisi in un’imboscata. Eravamo davvero in pochi a difendere il villaggio: sapevo che non saremmo riusciti a  salvarci senza i migliori ninja ad aiutarci. Presi la decisione più difficile e dolorosa della mia intera esistenza: sacrificai la mia umanità e divenni una demone lupo. >.
Kasumi strabuzzò gli occhi per la sorpresa, incapace di dire nulla: la delusione causata da Ryu era stata spazzata via dalla meraviglia.
< Posso aiutarti se lo desideri, devi solo chiederlo. >. Disse Ayane con un lieve ghigno sulle labbra.
La rabbia tornò prepotentemente nella ninja: < Non è un mio problema. Nessuno ha chiesto il vostro aiuto. >.
Si voltò per andarsene.
<è sempre così con te! >. Gridò Ayane stizzita. < Tutti ti vogliono bene, ti circondano d’amore e tu ti comporti da bambina viziata! Sei assolutamente insopportabile, fastidiosa e altezzosa bambinetta capricciosa! Per diciassette anni ti abbiamo cercata disperatamente! >. Un sorriso amaro. < Ti ho cercata anch’io, perché siamo sorellastre, siamo cresciute insieme e odio che tu ti sia dimenticata di me. >. Stava piangendo. < Ho sempre pensato che saremmo vissute insieme, combattendo magari, ma sempre assieme: eri la mia miglior nemica. >. Il pianto era divenuto convulso, impedendole di parlare.
< Io ho sempre pensato che tu mi odiassi e basta, che godessi nel vedermi star male. Non avrei mai neppure immaginato che tu potessi provare questi sentimenti. >.
Ayane si portò di fronte all’altra donna e, con un movimento repentino, le assestò un pugno sullo zigomo, facendola cadere a terra, poi le porse la mano e la aiutò a rialzarsi.
< Perdonata? >. Chiese la castana, sorridendo: l’altra non disse nulla ma, seppur impercettibilmente, annuì.
 La ninja dai capelli viola entrò in acqua e si avvicinò alla lastra di ghiaccio e in pochi istanti si trasformò, somigliando ad un lupo.
< Ayane, sicura di potercela fare? >. Domandò Ryu preoccupato. Per tutta risposta ricevette un ringhio sommesso.
La Demone Impose le mani-zampe sul lastrone e ululò: il ghiaccio iniziò a sciogliersi, i segni degli artigli rimasero impressi per pochi attimi e poi scomparirono in una nube di vapore.
Il corpo di Hina cadde nel fiume: Ayane la tirò fuori dall’acqua e tornò umana, deponendo lo spirito sulla riva.
Passarono alcuni minuti e Hina non dava segni di vita: gli occhi si erano chiusi e il corpo era gelido.
Ryu si chinò su di lei: < Non respira. >.
Kasumi stava per rispondere ma un enorme lampo di luce li investì, accecandoli.
< Non dovevate svegliarmi. Avete commesso un’enorme errore. >.
 
 
ANGOLO DI MISHA
 
Dopo tantissimo tempo sono riuscita a pubblicare il nuovo capitolo!
Spero piaccia e spero di non essere stata troppo noiosa.
Fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione o un messaggio.
 
Alla prossima :)

Misha

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Capitolo 12
*** kasumi ***


< A cosa stai pensando tesoro mio? >
Hayate si risvegliò dalle sue riflessioni, osservando le labbra della moglie, piccole e rosse ciliegie mature.
Non rispose, non sapeva cosa dire: la sua vita, quella vita che aveva costruito in maniera  magnifica e perfetta, era crollata nell’istante in cui Kasumi aveva aperto la porta della sua dimora, facendo riaffiorare tutte quelle emozioni, quei rancori e quel dolore che col tempo erano andati repressi negli animi di tutti.
Poi c’era l’amore.
Quel terribile sentimento che aveva legato indissolubilmente Ryu e Kasumi per diciassette lunghi anni.
Era una cosa magnifica, non avrebbe potuto negarlo neppure sotto tortura, ma non riusciva, non poteva, accettarlo: lui era stato escluso da tutto quello che i due rappresentavano l’uno per l’altra.
Era davvero inaccettabile.
< è stato davvero facile, sai? >
Hitomi osservò dubbiosa e incuriosita il marito: < Cos’è stato facile? >
< Dimenticare tutto. Era meglio piangere una figlia e una sorella morta, piuttosto che ammettere che fosse ancora viva e in difficoltà. Sai cosa disse mio padre quando non trovammo Kasumi? >
Hitomi scossa la testa.
< “Morta”. Non ebbe il coraggio di dire nient’altro. L’avevamo cercata per pochi mesi, ma per lui fu sufficiente: Kasumi era, anzi è tutt’ora, una shinobi ed era sempre stata un’inetta per nostro padre, non era mai stato in grado di riconoscere le sue potenzialità.
La dichiarò defunta e la cosa finì li.
Era la via più semplice: seppellire i nostri sentimenti, positivi o negativi che fossero, e andare avanti. So che è una cosa mostruosa da dire, ma io ci riuscii perfettamente.
 Kasumi era morta libera, pura e lontana dalle spire del villaggio. La ricordavo come la mia sorellina, un fiore in mezzo alla desolazione. Ma così non è stato, a quanto pare. >
Il suo respiro si fece corto, strinse i pugni, mettendo in evidenza le nocche biancastre.
< Cosa vuoi dire Hayate? > Hitomi era impaurita dal repentino cambiamento d’umore dell’uomo, ma voleva sapere cosa stava pensando in quel momento.
< Lui l’ha toccata! Non avrebbe dovuto! >
Diede un pugno al tavolo di fronte a sé, facendo tremare la moglie come una foglia al vento.
<  Non posso accettare ciò che è successo, non ci riesco! Io ho sempre voluto bene a Kasumi, io ho lottato contro mio padre per lei e il risultato è questo? Un nipote bastardo e il loro amore che sboccia nuovamente come fiori di ciliegio? Non posso accettarlo! >
Stava urlando e la sua voce rimbombava nella piccola stanza, spaventando la povera Hitomi.
Aveva oramai perso il controllo: avrebbe voluto prendere Ryu e picchiarlo fino a fargli implorare pietà, fino a fargli chiedere perdono per ogni sua colpa, anche se, in fondo al suo animo, Hayate sapeva che l’amico non aveva sbagliato e non meritava l’orribile trattamento che Hayate stava immaginando in quel momento.
< Hayate! >
L’urlo di Hitomi lo portò nuovamente alla realtà, calmandolo; si avvicinò a lei, abbracciandola e finalmente riuscì a fare ciò che non era mai stato in grado di fare: piangere.
Pianse, stretto alla sua adorata moglie, la morte di una sorella viva, una fine che non era mai riuscito ad accettare e solo ora, solo dopo averla vista sana e salva, aveva potuto finalmente piangere la sua fine.
 
 
Di fronte a loro qualcosa stava emergendo: brividi freddi di terrore correvano lungo la schiena di Ryu, paralizzandolo.
Il ninja osservò Kasumi: apparentemente sembrava tranquilla, ma sapeva che nel profondo anche lei era impaurita: avrebbe voluto stringerla fra le braccia, sussurrarle che l’avrebbe protetta, ma era certo che sarebbe stato respinto, dunque rimase immobile, gli occhi sbarrati e incuriositi al tempo stesso.
Il vapore biancastro e denso si dissipò in pochi istanti e, di fronte a loro, si stagliò un’enorme figura: O-Wata-Tsu-Mi, il Dio del mare, in tutta la sua maestosità e potenza, li osservò con occhi furiosi e tuonò: < Chi osa disturbare il sonno della figlia della natura? Chi fra voi è lo stolto che subirà la mia ira eterna? >
Le iridi cristalline della divinità si posarono su Ayane, che stringeva ancora fra le braccia il corpo apparentemente senza vita di Hina; il dio si avvicinò alle due donne e inspirò profondamente a pochi millimetri dalla testa della ninja: il suo volto si deformò, rivelando un’espressione di profondo disgusto.
< Dunque sei tu la causa di tutto questo scompiglio, sporca Oni. È te che devo punire. >
La divinità alzò repentinamente la sua enorme mano, pronta a calare un fendente mortale sulla ninja ancora seduta a terra, quando, in un attimo, Kasumi si frappose ai due, costringendo O-Wata-Tsu-Mi a frenare il colpo.
< è solo colpa mia, o unico sovrano delle acque. > Disse Kasumi con tono addolorato.
< Chi saresti tu? Come osi interrompere ME, un Kami? >
< Non sono che una vostra misera serva, neppure degna di stare al suo cospetto. > Con queste parole Kasumi si distese a terra, compiendo uno dei più umili, servili e profondi inchini che i presenti avessero mai visto.
Ryu si sentì invadere da un’enorme tristezza e rabbia: era tutta colpa sua, era lui che doveva implorare la divinità, non certo Ayane o Kasumi: per questo si inginocchiò accanto alla sua amata e si prostrò  fino a toccare il terriccio umido con la fronte.
Nel frattempo Ayane aveva deposto a terra il corpo di Hina e aveva eseguito anche lei un inchino, sperando che il dio apprezzasse  la loro umiliazione.
O-Wata-Tsu-Mi sorrise soddisfatto e, con un cenno imperioso, li fece rialzare: < Perché hai svegliato Hina, “misera-serva-senza-nome”? Cosa ti ha spinto a sfidare la mia volontà? > Domandò lui rivolgendosi a Kasumi.
Fu Ryu a rispondere: < Sono stato io: liberando Hina, potrò riavere Kasumi al mio fianco. >
Lo sguardo del ninja era fiero, nemmeno una traccia di timore o paura: non stava sfidando la divinità, semplicemente voleva proteggere Kasumi, senza apparire debole: voleva essere degno di lei.
Il dio voltò il capo verso l’uomo e lo fissò, riducendo i suoi occhi a due minuscole fessure: Ryu si sentiva a disagio, percepiva distintamente qualcosa dentro la sua mente, nelle profondità più oscure di sé: era come se la divinità stesse scavando in lui, per carpire i suoi pensieri più bui, i suoi tormenti, i suoi segreti.
Trascorsero una manciata di istanti ma a Ryu sembrarono secoli: quando la divinità sembrò aver soddisfatto la propria curiosità, distese i muscoli contratti del volto e parlò: < Così sia, ninja, voglio darti una possibilità: portate la figlia della natura nel tempio del villaggio e posatela sull’altare; lì potrete risvegliarla ma, per  farlo, avrete bisogno di tre ciondoli per rompere il sigillo divino: il ciondolo della natura, quello del mare e quello del sole. >
 Il dio, dopo queste parole, si portò una mano al petto ed estrasse un pendente da sotto le vesti fluttuanti.
< Ecco il ciondolo del mare: sarò io a darvelo, ma, in cambio, esigo qualcosa. >
< Cosa desideri, o signore del mare? > Chiese Ryu con reverenza.
< Kasumi. > Le parole di O-Wata-Tsu-Mi pietrificarono i tre, lasciandoli senza fiato.
< No! Tutto ma non questo! Lei è- > Kasumi tappò la bocca a Ryu posando delicatamente due dita sulle labbra dell’uomo: Kasumi , alzandosi in piedi, diritta di fronte al dio che sorrideva soddisfatto.
La ninja si avvicinò alla divinità portò le mani al collo e sfilò una collana con un pendente grigio: < Ecco kasumi. > Disse in tono asciutto.
< Cosa diavolo stai facendo? > Chiese Ayane con una punta di panico nella voce.
< Ha chiesto kasumi; questa è una pietra di nebbia, kasumi appunto: è ciò che vuole. > Rispose la donna.
Sul volto di O-Wata-Tsu-Mi passò un’ombra e, per un secondo, i tre pensarono che il dio li avrebbe uccisi sul posto, poi accadde una cosa che li sconvolse: il kami iniziò a ridere fragorosamente, producendo il rumore del mare in tempesta.
< Hai esaudito la mia richiesta: ecco a te. > Disse la divinità porgendo a Kasumi una piccola sfera perfetta color zaffiro.
< Adesso ci mancano due ciondoli, dove possiamo trovarli? > Domandò Ryu con lo sguardo rivolto verso il pendente che la donna stringeva fra le mani.
< Uno lo ha Hina, l’altro, il più importante, lo troverete al tempio del sole nel villaggio a nord-est da qui. Badate bene: quando avrete tutti e tre i ciondoli dovrete compiere un sacrificio.  > Rispose il dio e, in un battito di ciglia, scomparve, senza dare la possibilità ai tre di chiedere nient’altro.
Senza dire una parola Kasumi si voltò e fece per prendere Hina in braccio ma Ryu la precedette, stringendo delicatamente Hina fra le braccia.
< Vi faccio strada fino al tempio. > Disse Kasumi con un tono di voce privo di emozioni.

Arrivati al tempio in silenzio Ayane si congedò mentre Kasumi e Ryu deposero il corpo di Hina sull’altare, poi le sfilarono un ciondolo verde smeraldo che pendeva da una catenina attorno al suo collo.
Usciti dal tempio, Ryu prese Kasumi per un braccio, bloccandola: < Noi due dobbiamo parlare. >
< Non c’è nulla da dire Hayabusa. >

Ancora  Hayabusa…

Cosa ti aspettavi, che ti gettasse le braccia al collo promettendoti amore eterno?
L’hai fatta arrabbiare.

No, peggio.
 
L’hai ferita.
 
< Invece dobbiamo parlare Kasumi: io ti ho delusa, è vero, ma non lo ho fatto intenzionalmente! Volevo solo trovare una soluzione per strapparti dalle grinfie di quel Kaito! Voglio solo aiutarti! >
< Non ti ho mai chiesto nulla del genere! > Kasumi sembrava sul punto di piangere.
< Lo so, ma io ti amo: avrei fatto lo stesso anche se avessi tentato di fermarmi. >
Kasumi scosse la testa, come per scacciare un pensiero, e disse: < Basta Hayabusa. Non voglio più parlarne: poniamo fine a tutto questo così ognuno di noi potrà tornare alla propria vita di sempre. >
Ryu rifletté sulle parole della donna per qualche istante, senza mai mollare la presa dal braccio.
< Quindi non tornerai al villaggio con noi? >
< Mi sembra di averti già detto che non ho intenzione di farlo; puoi stare tranquillo, però, riguardo Shinji: potrà venire con voi e decidere se rimanere al villaggio o tornare qui. Ho dato la mia parola e intendo onorarla. >
< Vorrei che tornassi anche tu. >
< Io no. >
< Kasumi non essere infantile- >
< Non sono infantile, sei tu che ti stai comportando come un bambino! Se fossi davvero maturo accetteresti la mia volontà! >
Sul volto di Ryu passò un’ombra e Kasumi comprese di aver colto nel segno, ma quella consapevolezza non la fece sentire bene, tutt’altro: si detestò per aver nuovamente ferito Ryu, lui stava solamente cercando di aiutarla, non meritava un trattamento simile; aveva notato che ogni volta che lo chiamava Hayabusa lui assumeva, involontariamente, un’espressione contrita.
< Mi dispiace… Apprezzo il tuo interesse ma non credo che il mio posto sia lì… > Kasumi non riusciva  a trovare le parole giuste: semplicemente non voleva nient’altro che la tranquillità e la pace che non aveva mai potuto avere né come ninja, né come shinobi; avrebbe voluto poter rivedere i suoi genitori ma, soprattutto, avrebbe voluto Ryu al suo fianco.
La donna stava per parlare ma Ryu, repentinamente, l’attirò a sé e le scoccò un bacio sulle labbra.
< Facciamo un patto: appena avremo liberato Hina ci sposeremo e torneremo tutti e tre in visita al clan, come una vera famiglia. >
Disse lui in un tono che non ammetteva repliche.
< Se non riusciremo a risvegliarla che farai? > Domandò Kasumi, sfiorando con le sue dita delicate il forte petto dell’uomo.
< Non esiste questa possibilità. > Esclamò una voce proveniente dalle loro spalle.
I due si voltarono e videro Shinji: era solo e osservava i genitori con espressione fiera e risoluta.
< Voglio venire con voi. >
< Shinji, tesoro, è una missione complessa e molto rischiosa, non credo tu possa aiutarci. > Disse Kasumi con tono dolce. Il ragazzo la fissò con decisione la madre: < No mamma, io posso e lo farò: vi aiuterò. >
Detto questo il ragazzo si voltò e rimase a fissare il sole che brillava alto nel cielo, finché il padre non gli posò una mano sulla spalla e disse: < Così sia. Andiamo al tempio del Sole. >
 
 
 






 
 
 
ANGOLO DI MISHA
 
Dopo quella che mi è sembrata un’eternità, torno con un nuovo capitolo.
Lentamente ci avviciniamo all’epilogo di questa tormentata vicenda.
Spero vi piaccia e spero sempre nelle vostre recensioni, nei vostri commenti e consigli.
Grazie a tutti coloro che leggeranno e , soprattutto, recensiranno.

Scusate ancora il ritardo!

 Misha



 
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** Amore paterno ***


Molte volte Shinji aveva immaginato come potesse essere la sua famiglia riunita: da bambino, e ogni tanto anche ora, fantasticava su quell’uomo tanto favoleggiato da sua madre, stava ore ad ammirare il dipinto che lo rappresentava nel piccolo studio di Kasumi, aspettandosi di vederlo varcare la porta di ingresso e corrergli incontro per poter giocare con lui.
Aveva immaginato per anni l’incontro con quell’uomo e, adesso che lo aveva conosciuto, era sì felice ma in fondo a quella gioia si nascondeva una punta d’amarezza: il padre che aveva immaginato come un eroe senza macchia e senza paura non era altri che un comune uomo, per nulla interessato a lui.
L’espressione di Shinji in quel momento tradiva il suo dolore e l’immensa fatica derivante da quel disperato viaggio nel vago tentativo di salvare Hina: i tre si stavano muovendo il più velocemente possibile, sfruttando le tecniche ninja di corsa e salto, pratiche alle quali era stato introdotto anche Shinji grazie a sua madre ma, com’era facile immaginare, il ragazzo era tecnicamente inferiore e fisicamente meno preparato rispetto agli altri due.
 Il fiato del ragazzo si fece più corto e la vista iniziò ad annebbiarsi leggermente: sentì una mano posarsi delicatamente sulla sua spalla destra per indurlo a rallentare, si voltò e vide il volto preoccupato di sua madre.
< Shinji, tesoro,  ti senti male? > .
Il ragazzo non rispose, si limitò a fare un leggero cenno d’assenso con il capo: temeva che se avesse pronunciato anche un solo ‘si’ sarebbe collassato a terra senza fiato.
La donna fece cenno a Ryu di fermarsi, fece sedere il ragazzo sul ramo dove si trovavano e gli si sedette accanto, estraendo una fiasca d’acqua della sacca che teneva legata in vita: la offrì al giovane e lo osservò bere lentamente.
< Va meglio ora? > . Domandò lei con tono più disteso.
Shinji non rispose immediatamente, si limitò a osservare il padre che lo fissavo con un’espressione indecifrabile.
< Temevo che sarebbe accaduto. Non hai il fisico per questo viaggio, stiamo rallentando. > . Il tono di Ryu era asciutto.
Kasumi si voltò repentinamente verso il ninja, il volto deformato da un’espressione carica di risentimento, poi, velocemente come si era girata, tornò a dedicarsi al figlio.
< Non gli dare retta, sei stato davvero bravo: hai resistito per quasi un intero pomeriggio di viaggio. Guarda, sta già calando il sole. > Sussurrò la donna indicandogli il sole che lentamente stava tramontando, tingendo d’arancio il cielo e rendendo tutto più luminoso.
< Grazie. > . Mormorò il ragazzo posando la testa sulla spalla della madre per nascondere il volto carico di vergogna e le lacrime che stavano iniziando a rigargli il viso.
Kasumi gli cinse il capo con le braccia e lo consolò, conscia dell’enorme dolore che Ryu, e anche lei indirettamente, gli aveva inflitto: suo figlio, il suo unico prezioso figlio, così desideroso dell’approvazione del padre, stava piangendo nascondendosi fra le sue braccia per evitare di essere denigrato ancor più dall’uomo.
Il ninja guardò per pochi istanti i due e si sentì così dannatamente distante da quella realtà che il petto iniziò a dolergli e finì per accovacciarsi a qualche ramo di distanza dalla donna che più amava al mondo e da suo figlio, figlio che aveva appena fatto piangere: a quel pensiero si sentì una persona orribile: come aveva potuto criticare così Shinji?
Provò a dirsi che era stata colpa della preoccupazione e, almeno in piccola parte, era davvero così: Ryu aveva il terrore che non riuscissero a salvare Kasumi ma questa non era una buona scusa per prendersela con il ragazzo.
< Madre, credi che Ryu-Sama mi odi? > .  Domandò Shinji con tono sommesso , il volto ancora nascosto fra le braccia della donna; lei emise un lieve sospiro e lo strinse più forte.
< Non dire così tesoro, è solo che non si è ancora abituato alla tua presenza ed è molto teso per la faccenda di Hinata, non è certo colpa tua. > .
Il ragazzo tirò su con il naso e il senso di colpa di Ryu si fece più intenso.
Rimasero così, in silenzio: i due ninja a contemplare il tramonto ed il ragazzo a piangere sottovoce per un dolore che non era in grado di sopportare nonostante i suoi diciassette anni.


< Non dovevi sgridarlo così! Shinji è estremamente sensibile e tu lo hai offeso! > . Kasumi stava discutendo a voce sommessa con Ryu.
< Ha diciassette anni! Per quanto possa essere sensibile dovrebbe essere in grado di gestire le sue emozioni! > .
< Lui non è come te… Lui non è come noi! È cresciuto in mezzo all’amore e al rispetto, non nell’indifferenza come siamo cresciuti noi! > . Kasumi era esasperata: Ryu non era in grado di capire le enormi differenze fra lui e Shinji.
< Lo so! Credi che non lo abbia capito? È solo che sono estremamente preoccupato: se non riusciamo ad arrivare in tempo cosa accadrà? Cosa farà Shinji senza di te? Cosa farò io? Credi che sia disposto a perderti proprio ora che ti ho ritrovata? > . Il tono del ninja era a metà tra la disperazione e l’ira più oscura e profonda.
Kasumi sorrise e carezzò la guancia dell’uomo: < Sono certa che se io sparissi in questo preciso istante tu accoglieresti Shinji nella tua vita e lo ameresti come farei io. In realtà tu gli vuoi già molto bene, solo che non sei in grado di ammetterlo. > . Il sorriso di lei si allargò e il ninja si strofinò contro la mano della donna per prolungare il contatto con lei, godendosi quel breve frammento d’intimità; in un istante l’abbracciò, stringendola a sé come se non volesse più lasciarla andare.
< Non fare così Ryu. Andrà tutto bene. Riusciremo a risolvere questa situazione. > . Sussurrò lei posando delicatamente il capo sull’ampio petto dell’uomo.
< Così saremo finalmente una vera famiglia. > . Aggiunse lui chiudendo gli occhi: Kasumi poteva sentire il suo battito regolare attraverso il leggero tessuto color della notte; rimasero in quella posizione per diversi minuti, gli occhi socchiusi di Shinji puntati su di loro per qualche istante poi, velocemente come si era destato dal sonno, si riaddormentò con la sensazione di essere un po’ più leggero.
 
 
Si svegliò di soprassalto, senza più sentire il solido terreno sotto ai suoi piedi: era sorretto da due solide braccia e si trovava in movimento.
Spalancò gli occhi, i sensi completamenti all’erta e tentò di mettere a fuoco la situazione: stava certamente correndo, di questo era certo poiché il paesaggio scorreva velocemente accanto a lui, e, di ciò era altrettanto certo, non erano le sue gambe che stavano muovendosi: due forti braccia scendevano lungo i fianchi del giovane, impedendogli di scivolare a terra, mentre le cosce erano sostenute da robuste mani.
Shinji si rese conto che qualcuno se lo era caricato sulla schiena e lo stava portando da qualche parte: in un istante il panico ebbe il sopravvento sul giovane, che iniziò a dimenarsi.
< Cosa diavolo stai facendo ragazzo? > Una voce familiare giunse alle orecchie del ragazzo.
< Padre? >
< Chi altri potrebbe portare il tuo dolce peso sulle proprie spalle, tua madre forse? >
< Ryu, non essere così brusco! > La voce di Kasumi giunse melodiosa alle orecchie dei due: Shinji si voltò verso destra e vide la donna voltata verso di lui che sorrideva dolcemente.
< Ben svegliato tesoro. > Disse lei con gioia.
L’espressione di Shinji era sempre più sorpresa: < Madre? Cosa succede? >
< Eri estremamente provato dopo lo sforzo di ieri e ho creduto più saggio non farti affaticare ulteriormente. > Rispose Ryu con tono neutro.
Il giovane voltò bruscamente il capo in avanti, andando a squadrare la nuca di Ryu.
< Mi dispiace. > Sussurrò tristemente Shinji.
< Per quale motivo? > Il tono del padre era sinceramente sorpreso.
< Sono solo un peso e vi rallento: sono così inutile che mi state portando sulle vostre spalle padre, mi vergogno di me stesso. Anzi, se ora potesse mettermi giù- >
< No > Lo interruppe secco Ryu.
< Ma… >
< Non sei un peso, in tutti i sensi. L’unico a doversi scusare sono io: ieri ti ho aggredito senza alcun motivo: non avrei dovuto sfogare su di te  la mia frustrazione e agitazione. In realtà credo tu sia stato bravissimo e, nonostante tu non sia un ninja, te le sei cavata egregiamente. > Ci fu un istante di pausa. < Mi dispiace figliolo. >
Shinji rimase senza parole: nel suo cuore un’improvvisa gioia scacciò il senso di colpa ce lo aveva attanagliato fino a quell’istante.
Suo padre, Ryu, lo stoico ed impassibile ninja, gli aveva appena chiesto perdono.
< Grazie. > Fu solo in grado di sussurrare.
Passarono alcuni minuti prima che Shinji riuscisse a parlare nuovamente ad un tono normale.
< Padre, mettetemi a terra, non voglio gravare ancora su di voi. >
< No. > Rispose semplicemente il più grande.
< Ma vi farà certamente male la schiena! >
< Non sottovalutarmi ragazzino: ho trasportato persone ben più pesanti di te. >    
Shinji si ammutolì, pensando a come ribattere.
< Inoltre… > il tono di Ryu era appena sussurrato, come se volesse farsi sentire solo da lui < …Voglio recuperare i diciassette anni in cui non ho potuto stringerti fra le mie braccia. > Aveva mormorato quelle parole tutte d’un fiato.
Shinji si stupì, poi posò il capo sull’ampia schiena del padre, tendano di nascondere gli occhi lucidi di commozione.
A Kasumi non sfuggì quello scambio di battute ma si limitò a sorride, sinceramente felice.
 
< Finalmente siamo giunti a destinazione! > Esclamò Kasumi entusiasta osservando i due uomini.
Si trovavano di fronte all’entrata del villaggio che ospitava al suo interno il tempio del sole.
Shinji con un balzo saltò a terra: < Grazie padre. È stato un onore essere trasportato da voi. >
Il tono esageratamente educato e leggermente imbarazzato scatenarono una potente risata in Ryu: il figlio e Kasumi lo osservarono incuriositi e con leggero smarrimento.
< Ryu? Cosa c’è di così divertente? > Chiese la donna.
< Shinji, ti prego, smettila: apprezzo l’educazione e il rispetto che dimostri nei miei confronti ma sono tuo padre e voglio che mi parli con tranquillità, senza timore e, soprattutto, senza tutta questa formalità. Pensi di esserne in grado? >
La richiesta lasciò gli altri due sconvolti ma Shinji ribatté prontamente: < Credo, credo di si… papà. > Sorrise timidamente.
< Bravo figliolo! > Esclamò l’altro contento.
< Ryu! Io passo diciassette anni ad insegnare a nostro figlio l’educazione ninja e tu in due minuti distruggi il mio accurato lavoro? Sei senza cuore! > S‘intromise Kasumi ridendo.
Il ninja azzerò la distanza tra lui e la donna e la strinse fra le braccia: < Mi dispiace. Come posso farmi perdonare? >
Chiese lui con un sorriso sghembo sul volto poi la baciò, posando castamente le labbra su quelle di lei per pochi istanti.
Shinji distolse lo sguardo imbarazzato ma felice: finalmente sentiva la propria famiglia completa.
< Andiamo? > Chiese ai due mentre ancora dava loro le spalle.
< Andiamo. > Risposero entrambi con tono risoluto.
 
In pochi minuti si trovarono al cospetto del tempio del sole: ad accoglierli un giovane monaco di circa trent’anni.
< Buona giornata a voi, gentili visitatori. Siete qui per pregare la Dea Amaterasu? > Aveva una voce gentile ed un caldo sorriso sul volto.
< In verità siamo qui per il ciondolo del sole. > Rispose Ryu, andando immediatamente al sodo: non aveva voglia di fare giochetti e girare intorno alla verità: avevano pochissimo tempo, un solo giorno, per risvegliare Hina e salvare Kasumi e non intendeva sprecare minuti preziosi per ingraziarsi l’uomo.
L’espressione del religioso mutò repentinamente, divenendo dura: assottigliò le labbra e strinse gli occhi, poi parlò: < Per quale motivo? >
< è una storia lunga. >
< Provate a riassumerla onorevole ospite. >
Fu Kasumi a spiegare la situazione, intromettendosi fra i due uomini: espose in modo chiaro la vicenda, poi attese un cenno del monaco.
Passarono alcuni minuti di tensione e silenzio, poi il religioso parlò: < Posso darvi il ciondolo, ma ad una condizione: dovete dimostrarvi degni di poterlo portare. >
< Questo cosa comporta? Dobbiamo fare un’offerta al tempio? Volete un altro ciondolo? Cosa…? > Il fiume di parole di Ryu venne interrotto dall’altro uomo: < No. Il ciondolo non può essere assolutamente sostituito con altri né tantomeno comprato con del denaro. Tu non sei degno. >
Ryu si risentì a quelle parole ma non aggiunse nulla, limitandosi ad osservarlo con malcelata ostilità.
< Sacerdotessa del tempio dell’acqua > Il religioso si rivolse a Kasumi < deve dimostrarmi il suo valore combattendo. >
La osservò impassibile.
< Se la sente sacerdotessa? >
Kasumi annuì.
L’uomo fece schioccare due dita e dal retro del tempio comparve un ragazzino che stringeva fra le braccia due spade di bambù.
Ryu e Shinji vennero fatti indietreggiare dallo stesso ragazzino e a terra venne tracciato un cerchio.
< Se riuscirà a battermi il ciondolo sarà vostro. In caso contrario dovrete tornarvene al mani vuote. >
< Perché non può semplicemente prestarcelo? Lo riporteremo appena risvegliata Hinata! > Tentò di mediare Ryu.
< Non è possibile: il ciondolo sceglie il proprio portatore. Solo chi davvero valoroso e puro di cuore è degno di tenerlo con sé: in mano ad un vile non è null’altro che un bel pendaglio. > Spiegò con tono neutro, poi tornò a guardare Kasumi.
< Sono pronta. >
Assunsero le posizioni di combattimento e diedero inizio alla battaglia.
 
 
ANGOLO DI MISHA
Dopo degli anni –davvero credo sia passato più di un anno- sono tornata con il nuovo capitolo di questa travagliata –in tutti i sensi- fan fiction.
Non c’è molto da dire, se non che il capitolo mi piace e spero di ricevere qualche commento/opinione.
A presto!
 

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Capitolo 14
*** Fiducia ***


<  Sensei, come pensate che stia Shinji-San? >
< Eiko, bambina: vedrai che starà benissimo. >
La ragazza fissò l’anziano con occhi speranzosi.
< Non ti devi preoccupare. >  Gonshiro tentò di rassicurare l’animo della ragazzina, visibilmente agitata dall’incertezza della situazione; in realtà lui stesso era agitato: temeva per l’incolumità di Kasumi, del ragazzo e, ma questo non lo avrebbe mai ammesso, anche del ninja.
< Eiko sono venuto qui per parlare con gli ospiti, potresti chiamarli? >
Lei annuì e corse nei meandri della grande casa del capo villaggio, suo padre, dirigendosi di corsa alle stanze degli ospiti.
In pochi minuti Hayate, Ayane e Hitomi furono al cospetto dell’anziano; dopo i dovuti convenevoli il vecchio inspirò profondamente e prese a spiegare la situazione ai tre.
< Perché ce lo stai raccontando vecchio? Se non ce lo hanno raccontato loro forse è perché non vogliono farci sapere cosa sta accadendo. > Disse Ayane quando Gonshiro ebbe finito di parlare.
< Sta accadendo tutto troppo velocemente e voi dovete sapere: siete la famiglia di Kasumi-San e Shinji-San ed è necessario che sappiate la verità. >
< Perché? Tanto non possiamo aiutarli! > Ribatté Ayane sprezzante
L’anziano abbassò lo sguardo per un istante: non sapeva come trovare la parole giuste per affrontare un argomento tanto delicato.
Proprio quando stava per parlare, Hitomi disse qualcosa: < Non è per aiutarli, vero? >
Scosse la tessa in segno di negazione, gli occhi coperti da un velo di tristezza.
Allora Hitomi capì: < Lei ce lo sta dicendo perché se dovesse accadere qualcosa a Kasumi saremmo noi a doverci prendere cura di Shinji, non è così? >
L’anziano annuì, incapace di aggiungere altro.
< C’è sempre Ryu. Lui è il padre di Shinji. Non fraintenda: non avrei alcun problema ad accettare il ragazzo nella famiglia ma prima di noi c’è sempre Ryu. > Ragionò Hayate.
< Temo che Kaito potrebbe compiere un gesto insano pur di tenere Kasumi con sé. > Gonshiro non lo disse chiaramente ma la parola omicidio era palesemente leggibile nei suoi occhi stanchi.
Un pesante silenzio calò nella stanza e rimase lì sospeso per interi minuti.
< Ce la faranno! > Sbottò improvvisamente Ayane alzandosi in piedi < Ryu e mia sorella sono due dei migliori ninja del clan e sono certa che riusciranno a sconfiggere quello schifoso! > Stava praticamente urlando, stupendo tutti i presenti.
Hayate sorrise, stringendo le mani della moglie: < Ho la massima fiducia in tutti e tre. Riusciranno nel loro intento. > Disse il ninja con calma.
< Inoltre devono solo recuperare dei ciondoli e portarli qui, giusto? Mi sembra piuttosto semplice, non vedo grandi rischi di fallimento. > Aggiunse Hitomi con serenità.
< Non è così semplice. Sono certo che al tempio del sole non lasceranno andare il ciondolo con tanta facilità e il tempo è nostro nemico: hanno un solo giorno ormai per tornare qui e completare il rito. >
< Il rito? >
< Ottenuti i tre ciondoli questi vanno uniti e poi va compiuto un sacrificio. > Una lieve pausa. < Un sacrificio di sangue. >
< Cosa significa? > Parlò Ayane con tono sconvolto
< Uno di loro dovrà sacrificarsi e donare il proprio sangue per risvegliare completamente Hinata. >
Gonshiro chinò nuovamente il capo e chiuse gli occhi, troppo addolorato per aggiungere altro.
Hitomi strinse convulsamente le mani del marito, avvicinandosi ancor più a lui, per poi carezzargli teneramente una guancia.
< Uno di loro dovrà morire quindi. > Sentenziò Hitomi sussurrando appena, dando voce ad una verità che nessuno di loro desiderava realmente affrontare: dicendo quelle parole a voce alta Hitomi aveva reso quella realtà vera e tangibile: dunque non era più una vaga e terribile idea nelle loro menti ma un fatto esistente.
L’anziano sospirò: < In realtà esiste una possibilità. >
Gli occhi dei tre si puntarono sull’uomo,  aggrappandosi a quella minuscola speranza che il Sensei stava dando loro.
< Quale sarebbe? > Hayate sbilanciò il proprio peso in avanti, protendendosi verso l’altro, cautamente fiducioso.
< Di fatto non so che tipo di sacrificio di sangue: potrebbe bastare una semplice goccia del sangue di Kasumi, oppure… >  Non riuscì a terminare la frase, le parole rimasero incastrate in gola, incapaci di uscire, soffocando il minuscolo barlume di speranza che era nato nei loro cuori.
< Oppure potrebbe richiedere la sua morte. Dico bene, vecchio? > La voce tagliente di Ayane ruppe il religioso silenzio che era calato nella stanza.
Hayate si alzò in piedi con uno scatto secco, ignorando le flebili proteste di Hitomi e l’espressione di biasimo della sorellastra: uscì dalla casa del capo villaggio e, semplicemente, iniziò a vagare per il borgo, le parole di Ayane continuavano a rimbombare nella mente del ninja.
 
Potrebbe richiedere la sua morte.
 
Potrebbe richiedere la sua morte.
 
La sua morte.
 
La morte di Kasumi.
 
I tendini dell’uomo si tesero visibilmente, il passo divenne più rigido e affrettato: iniziò a marciare su quella che ricordava essere la strada verso la casa di Kasumi, isolata rispetto al villaggio.
La raggiunse in qualche minuto, teso e nervoso, e solo dopo essersi assicurato di essere completamente solo, escludendo la moglie e la sorellastra che lo avevano seguito, sfogò il suo immenso dolore: un urlo proruppe dalla gola di Hayate, roco e potente: sentì il fiato grattare le pareti della laringe, raschiate da quel grido carico di sconforto. 
Il ninja si chinò, arrivando a battere entrambi i pugni a terra con un’inaudita forza, dettata dalla disperazione crescente in lui.
Continuò a strillare e a picchiare i palmi delle mani, oramai scorticati e sanguinanti, a terra.
< Hayate! Ora basta! > Esclamò perentoria Ayane, tentando di sovrastare la voce disperata del fratellastro.
< Sei un ninja e futura guida del clan Mugen Tenshin! Un po’ di contegno! >
Hayate sollevò il corpo da terra, rivelando il volto coperto da lacrime e polvere: < Me ne frego del contegno e del clan! Non capisci Ayane? Kasumi è condannata ed io non posso fare nulla! Di nuovo! Nessuno di noi può. Io… Io non voglio perderla nuovamente, non ora che siamo riusciti a trovarla, non ora che possiamo tornare ad essere una famiglia! >
Ayane spalancò gli occhi incapace di controbattere, troppo sconvolta dalla situazione così surreale.
Hitomi si precipitò a stringere fra le proprie candide braccia il capo del marito, scosso dai singhiozzi: < Hayate riusciremo a trovare una soluzione: Gonshiro-Sensei ha detto che non è certo della quantità di sangue necessaria al sacrificio, dunque la speranza non è ancora perduta. Me lo hai insegnato tu che non bisogna arrendersi fino alla fine e lo hai insegnato anche a Kasumi, ad Ayane e a Hayabusa. Non gettare la speranza al vento, amore mio. >
Quelle semplici parole riuscirono a calmare l’animo di Hayate e commuovere, seppur nel profondo, la ninja dai capelli viola, che chinò il capo non sapendo come ribattere.
Rimasero svariati minuti in quella posizione, avvolti da un silenzio surreale: Hitomi a terra a consolare il marito e Ayane in piedi, a qualche passo da loro, ad osservare il terreno polveroso sotto ai suoi piedi.
< Io ho fiducia in loro. > Sussurrò la ninja dai capelli viola, stupendo sia se stessa che gli altri due.
< Ho fiducia in loro. > Ripeté a voce un po’ più alta, osservando il cielo e sperando, pregando, che andasse tutto nel verso giusto.

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