Le Cronache di Gadriel. Silver Clove (I)

di ShiNear
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Un nuovo conte ***
Capitolo 3: *** Sette anni dopo. ***
Capitolo 4: *** Omicidio e sospetto ***
Capitolo 5: *** Cuori che sanguinano ***
Capitolo 6: *** Il Consiglio dei Conti ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

In principio vi erano otto razze sovrane nei due continenti: Gadriel, ad Est, e Bier, ad Ovest.
Le Streghe, le persone più vicine al cuore della Terra e le più pronte ad aiutare gli altri popoli con la loro comprensione e cultura;
gli uomini, attenti e ambiziosi, generosi come egoisti, i più ambigui nel mondo degli Otto;
i Jraki, mezzi uomini e mezzi felini, i più furbi fra le razze di Gadriel, dediti al furto e alla pirateria;
i Molgt, esseri dediti al culto degli spiriti e delle Tenebre, chiusi alle altre razze e nemici degli uomini;
i Folletti, creature del bosco, amanti della bella vita e imbroglioni di natura;
le Fate, spiriti a contatto con la terra dei morti, veggenti e consce del potere della Natura, che cercavano di tenere a bada;
gli Ktyfa, esseri grotteschi e rozzi, tribali e dediti a razzia, i più fieri combattenti di Gadriel, immuni alla magia;
i Daria, gli immortali, la cui superbia era superata solo dalla loro freddezza.
La storia di Gadriel, la terra degli Otto, nacque migliaia di anni fa, ma solo qualche millennio dopo, all'inizio delle sofferenze degli uomini liberi, si trovarono le prime testimonianze scritte...
Anno 1600 ca. antecedente alla fondazione della prima città degli uomini. I draghi attaccarono dall'ovest i popoli liberi.
Anno 401 antecedente alla fondazione della prima città degli uomini, i popoli liberi iniziano la loro resistenza al potere dei draghi.
Anno ultimo antecedente alla fondazione della prima città degli uomini, Kyton I, della dinastia Nöah, il Liberatore scaccia gli ultimi draghi dal continente di Gadriel, rimandandoli a Bier.
Anno zero, viene fondata la città libera di Pheò, centro del futuro regno degli Otto, Corndwem.
Anno 290, apparente scomparsa della dinastia Nöah, complottata dai Molgt. Inizia un'anarchia caotica durata dieci anni.
Anno 300, salita al trono di Caligar I, il Folle, su decisione presa su congiura dei Molgt. Inizia la casata temporanea degli Zkar.
La vita apparentemente immortale di Caligar I precipita il regno nella rovina e nella dittatura.
Anno 467, inizio della rivolta delle Streghe e degli altri Sei contro i Molgt e Caligar I.
Anno 471, battaglia di Frazier, sconfitta dei Molgt, scomparsa di Abigail, ultima regina delle Streghe.
Anno 489, battaglia di Truckspar, vittoria dei Sette su Caligar I, bandito dal consiglio degli Otto a Bier.
Anno 490, il Consiglio riabilita i Molgt, a cui viene tolto il diritto di legislazione.
Anno 491, ritorno al trono della dinastia Nöah con Dralimer III il Valoroso.
Anno 678, salita al trono di Number II Nöah, l'Arrogante.
Anno 680, Number II tenta la cacciata dal regno degli Ktyfa, che rimangono in numero ristretto al consiglio.
Anno 703, inizio Seconda Guerra Civile tra gli Otto e il Re, il cui trono viene rivendicato dal figlio Dwart I il Giusto.
Anno 713, Battaglia dei Driu Clogk (Tre Colli), Dwart I sconfigge il padre Number II.
Anno 714, Dwart I Nöah prende possesso del trono e decide di creare una Federazione di Otto Stati, a cui gli Ktyfa non partecipano, preferendo la vita tribale; divisione tra tribù radicale dei Guerrieri e tribù moderata dei Consiglieri, fedeli agli Otto.
Anno 1000 dalla fondazione della prima città degli uomini. Il grande Giubileo si apre con la morte di Colimo IV Nöah, il Debole. Sale al trono il figlio, Shin I il Despota.
Anno 1001, Shin I si allea con i Molgt e confina le Fate fuori dal Continente, iniziando una guerra spietata contro le Streghe: è la Terza Guerra Civile.
Anno 1017, Battaglia del Ponte Desyno, le forze delle Streghe, Folletti, Daria, Jraki guidati da Silas Yaga, Autorità delle Streghe, mettono in fuga le forze di Shin, che scompare senza lasciare traccie. Fine della dinastia Nöah.
Anno 1020, salita al trono di Corndwem di Crelion, fondatore della dinastia Cïsvotni. Fine del Consiglio degli Otto.
Fu una tragedia che le razze si dividessero, ma non c'era motivo nemmeno che gli Otto rimanessero uniti: gli Jraki preferivano vivere in mare, gli Ktyfa preferivano la razzia alla demicrazia, le Fate erano state cacciate e poche di loro rimasero a Gadriel, i Daria e i Folletti preferirono la compagnia dei boschi a quella degli uomini, i Molgt vennero scacciati all'unanimità senza complimenti. Le Streghe, però, subirono per anni la furia degli uomini.
Anno 1100, Redebart I Cïsvotni Magno fonda il Consiglio dei Conti, scelti per regolare Corndwem
Anno 1264, Redebart V il Molle decide di creare l'Inquisizione, guidata da Alexej I, Conte di Drabirut, la regione più esposta alle Stregonerie.
Anno 1750, gli Ktyfa tornano a derubare le regioni del Nord.
Anno 1990, salita al Trono di Serena I Cïsvotni, la Dolce, all'età di sette anni. Sospensione dell'Inquisizione e arresto di Alexej XIV.
E qui, alla ricerca del nuovo Conte di Drabirut, la nostra storia ebbe inizio...

Canto di un bardo di fine 1700:

Cantò l'arpa e cantò la strega
canto il canto che segrega
il segreto del continente ancor nascosto
dove vissero draghi
dove vivon demoni
dove il valore è malriposto.
Cerco la vita, cerco la gonna
cerca anche tu il calor di donna,
se altro calore non vuoi provare
prima che l'anima ti possa lasciare.
Tutti scordano, ma il loro re tornerà,
e la vita a martirio si redimerà
perché dimenticano come se ne vanno
ma su mia madre ti giuro
sugli Dei spergiuro...
un dì i Draghi ritorneranno!!!

 

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Capitolo 2
*** Un nuovo conte ***


UN NUOVO CONTE

 


Quarto giorno del primo mese di Nibbio*1991 anni dalla fondazione di Pheò.
- Per ordine di Sua Altezza Serenissima, Lady Serena Miryam I della nobile casata ivi regnante Cïvostni, incoronata sopra ogni credo e razza nel Mondo degli Otto, essendo il Conte Alexej DecimoQuarto nella sua casata indisposto a rispondere dei suoi crimini contro i Popoli Liberi e gli indifesi e quindi impossibilitato ad adempiere pienamente al suo compito, la Dolce Nostra Lady ha deciso di concedere a uno di voi, rispettabili cittadini di Dolgia, capitale di Drabirut, ultima città dei Draghi, l'onore e l'onere di prendere il suo posto nel Consiglio dei Sette quale nuovo Conte o Contessa di Drabirut, onde possa adempiere oggi, domani e sempre al bene del Serenissimo Regno di Corndwem a nove anni dal secondo Giubileo dalla fondazione della Prima Città.
Inoltre, Sua Maestà Serenissima, su rassicurazione sua e degli altri suoi Sei Consiglieri e in particolare della Reggente Sua Tutrice, promette la garanzia di eredità di successione nella carica di Vassallo del Regno Drabirut a tutti i discendenti o familiari posteri al futuro Conte o alla futura Contessa. 
Le candidature avverranno alla presenza di Sua Altezza Serenissima tra pochissimo.
Abbiate l'accortezza solamente di disporvi in ordine con occhi miti, sinceri e puri. Verrà scelto solo chi meriterà tale carica.-

Un'ora dopo.
- Mia Lady, abbiate l'accortezza di ascoltare almeno un attimo...-
- Spiacente, mio buon Agreste**, ma dovreste mettervi in marcia per casa, ora!- concluse Sir Breunor sbattendo fuori l'ultimo di una lunga serie di pretendenti al potere, con un calcio ben assestato nei suoi glutei, tanto che il rimbombo del metallo di cui era composto lo stivale si ripercosse all'esterno.
La voce candida di una giovane alle sue spalle lo fece girare:- Era necessaria tanta scortesia, Sir Breunor Niol, per un povero Agreste indifeso?-
-Necessaria? Non troppo misurata, forse, ma non per questo errata, mia dolce Signora. Troppi occhi vi sbirciano e quello sguardo non mi convinceva!-
-Comprendo il vostro dubbio, e lo farei anche mio, mio buon protettore. Ma anche se hanno richiesto come scusa la vostra esperienza in fatto di dignità alla carica di Conte per proteggermi, la vostra iperprotettività vi mette in posizione di imbarazzo, temo. Dopotutto, credo di sapermi difendere meglio dei miei stessi soldati. Senza contare che so vedere l'animo degli innocenti e dei malfattori.-
Sir Breunor della casata Niol rise placidamente, fissando divertito ed ammirato quella figura minuta che la gente avrebbe potuto scambiare per una bambola in un negozio di giocattoli, tanto poteva apparire perfetta.
Aveva un viso dolce e leggermente paffutello, con delle fossette agli amgoli delle guancie, perennemente fisse come fisso era il suo sorriso, arcuato su delle labbra a malapena protese, a forma di cuore. Gli occhi risplendevano di un bel marrone ottone, soromontati da ciglia corte e palpebre pesanti. I suoi capelli erano boccoli dorati perfettamente pettinati, sormontati da una corona minuscola fatta d'oro e lapislazzuli. Quel giorno, però, la corona giaceva su un cuscino nel tavolo a fianco, mentre una cuffia abilmente ricamata da Dama Lina faceva apparire quella figura finemente graziosa una qualsiasi dolce bimba di otto anni.
Il conte di Lion proseguì a protestare a bassa voce, quasi avesse paura di svegliare qualcosa di pericoloso:- Mia Signora, mi rendo conto di non poter rispondere a tanta prontezza di spirito, ma la prego d'ascoltare uno che di bugie e inganni ne vide a sufficienza: anche un Maestro del Tempio del Sommo Demiurgo*** può fingere abilmente, ogni sottigliezza può passare inosservata, se serve!-
Serena Cïvostni rise con fare nobile, prima di controbattere:- Capisco quel che volete dire e lo comprendo, ma gli animi giovani e semplici come il mio possono e riescono a capire la differenza tra vero e verosimile. Quello che è appena uscito, per esempio, è un servo di Cato, il vecchio brontolone, non un padre di famiglia; lo vedevo che il suo animo rimaneva benintenzionato, nonostante la menzogna. Ma tentare di uccidermi o fare di peggio qui dentro... beh, la sua anima risplenderebbe in modo alquanto sinistro, ve l'assicuro.- concluse in modo cupo, spegnendo il suo prezioso sorriso.
Il Lord sospirò in cuor suo, capendo perfettamente a cosa si riferiva Sua Grazia. La sua capacità di vedere le anime per anni e anni si era rivelata motivo di discussione a corte, tra suo padre, il nobile Re Mernwo, e Alexej XIV di Drabirut, sulla autenticità delle origini umane di sua Madre, la Regina Arta II.
Tanto che, una notte un suo emissario arrivò a uccidere il padre e la madre, per poi morire per mano della stessa bambina, addestrata fina dalla tenera età di quattro anni alla Tecnica del Rondò.
Sconvolti, i sei rimasti tra i conti, lui compreso, decisero di lasciare all'infante regina, la decisione su Alexej. Contrariamente alle aspettative, la Principessa Serena si dimostrò molto più comprensiva e capace, tanto da ordinare di spedire l'Inquisitore nelle prigioni del castello per fargli confessare i suoi crimini contro la gente di Drabirut e delle Streghe, verso le quali aprì gli orizzonti di una nuova duratura pace.
Il Lord cercò di cambiare argomento, per non turbare oltre la sua Regina:- Allora, Mia Signora, trova qualcuno di questi candidati adatto all'incarico?-
La sua fronte si arcuò lentamente, increspandosi, deludendo così le aspettative di Sir Breunor, mentre guardava le pergamene ingiallite.
- Ah, macché, Sir, temo che siano pochi quelli meritevoli d'animo, e che ancor di meno siano quelli che possono sedersi sul seggio. In pratica, però, qualità oratorie a parte, non penso che qualcuno possa, effettivamente, essere Conte.-
- Avete pensato a Calpur...-
- Per pietà, anche Elizabeth mi ha assillato per quella donna. Calpurnia era la principale alleata di Alexej! Finché sono regina, mai e poi mai sarà sul seggio della fortezza di Drabirut.- Ora la piccola appariva decisa e schietta, ma non risplendeva la furia nei suoi occhi. No, era solo preoccupazione, come se il solo pronunciare il nome di quella donna procurasse guai!
- Mia Signora, Calpurnia Segestier è in possesso della Squadra Iscari, i più temuti guerrieri di Drabirut. Anche se è una compagnia di pessima fama, possono comunque mettere a ferro e fuoco un castello senza ulteriori moralismi. Non dico che sarebbe saggio, ma potremmo trovare prudenza in questa decisione. Con il suo alleato e amico in prigionia, Lady Calpurnia potrebbe collaborare e ascoltarci...-
La risata di Serena era carica di ironia:- Certo, e dopo che la famiglia Segestier è stata distrutta dalle Streghe Eretiche, io darei proprio a Calpurnia la regione più vicina al paese delle Streghe, sperando che da un giorno all'altro vada d'amore e d'accordo con la magia?! Vero, non ho ucciso il suo amante Alexej l'Inquisitore o il Genocida, ma ho qualche dubbio che Calpurnia non sia all'altezza di tanta malvagità! E poi, guerrieri! Lo sanno tutte le sette contee, che gli Iscari sono mercenari a servizio di chi ha moneta e di chi li fa "divertire" e conosciamo entrambi i limiti di correzione di questi difetti. No, chiamare Calpurnia a servirmi al posto che spetta di diritto a qualsiasi altro va contro ogni principio da me professato sul Trono di Corndwem e mai accadrà.-
Poi, riesaminando la lista, la ragazza chiese, perplessa:- Mancano questo Erbario e il suo affidato. Dove si trovano?-
Sir Niol si schiarì leggemente la voce, cercando le parole adatte:- Mia Signora, non abbiamo chiamato l'Erbario e il suo protetto, perché non ci sembrava... saggio. Per ottime ragioni, ovvio.-
- E quali? Sentiamo, sono curiosa!- E la sua faccia si distese, d'improvviso felice e vogliosa di apprendere. Sir Breunor dimenticava spesso con quale purezza d'animo aveva a che fare, e quindi non ebbe molti problemi ad esprimere i suoi dubbi, sebbene ancora spiazzato da tanta matura schiettezza.
- Ci sono voci nella Contea, secondo cui questo Erbario sarebbe... figlio di una Strega.-
Serena Cïvostni non rise, non protestò, non sbuffò. Solo si strinse il mento ed esclamò:- Ah!-
- Esatto. Più che per consenso, capitemi, temevo per la reazione di Calpurnia.-
- E il protetto?-
- Ha quattro anni. Troppo giovane.-
- Come me?- chiese lei sorridendo mestamente.
- Penso sia diverso... in modo molto evidente, Mia Regina.-
- Avevo quattro anni quando ho imparato il Rondò.-
- Avevate Elizabeth!-
- E il futuro conte sarà seguito da Cicero.-
Lui annuì, poco convinto. Poi chiese commiato per prendere una boccata d'aria.
Davanti a lui, la folla si fendette quasi a metà. Era impressionante pensare alle dimensioni di un colosso come Sir Breunor in una tenda piccola come la tenda reale, riconoscibile fra le altre solo per lo stendardo della casata Cïvostni, lo scudo di bronzo illuminato dal sole: il Cavaliere era alto e grosso come uno Ktyfa adulto, spesso come un tronco d'albero, armatura esclusa, capelli castani ingrigiti da senilità precoce per i suoi trent'anni; carnagione scura, occhi verde bosco, lineamenti duri ma rilassati, la Lancia di metallo Lim sulla schiena. Era il Lord di Irafac, Comandante delle Guardie e allenatore dei più valorosi guerrieri tra le file dell'esercito di Corndwem. Nativo di Pheò, la sua nobile famiglia di cavalieri gli diede il più grande degli addestramenti, tanto da portare il suo talento a corte. In breve tempo, divenne il più potente esecutore del Rondò, traguardo che sarebbe stato presto raggiunto dalla Regina, a parer suo.
Si fece strada fino alla Taverna, ignorando le domande incalzanti degli abitanti, preoccupato solo di bere della buona acquavite. Quell'anno il raccolto era stato fiorente, ma Drabirut non era molto ricca per agricoltura, anche per le sue devastazioni causate dalle Streghe, del vicino territorio di Hitanaloa.
L'anfitrione della Taverna Rossa gli servì una buona pinta di cinque anni, con un buon piatto di pane e formaggio di capra, il tutto per soli cinque Soli****. Gli mancava il sapore di quel liquore, pungente e potente, ma anche dissetante e calorico in una giornata fredda come quella. Nel momento, però, in cui di attaccava alla pinta, arrivò quella persona sgradevole...
- Mio buon Breunor, come si è svolta la mattinata?-
Cicero era l'oratore più scaltro, influente e noioso che le Sette Contee avessero mai visto. Era incaricato di vegliare a tempo indeterminato sull'incarico del futuro Conte di Drabirut e chiunque fosse lo sfortunato, Sir Breunor era tristemente contento di non essere nei suoi panni. Era un uomo di cinquant'anni, ma ne dimostrava venti in più, basso e cicciotto, le guancie piene e penzolanti simili a un rospo, il vestito logoro e largo che rendeva ancora più rotonda la statura del Super Partes. Fin da giovane era finito nelle grazie dei Cïvostni, come maestro del venerabile padre di Serena, prima di venire adocchiato dalle serve come complice per la morte dei suoi genitori, accusa da cui venne scagionato dalla Regina Infante. Pur perseverando nell'odio di quell'uomo, insieme a Gavroche, che lo voleva "ficcato in un paiolo di frittura bollente", però, concordava con la Regina a dire che non vi era uomo più affidabile per la cura culturale del futuro Conte: era forse l'unico uomo delle Sette Contee a conoscere a memoria tutta la storia di Gadriel. E un sacco di cose ancora.
Gli rispose, sorseggiando il dolce liquore:- Non so voi, ma per me è stata una noia. Nulla di brutto, credo, per queste terre desolate.-
- Sì, per gli uomini di battaglia "pace" fa rima con "noia", così come per tutti gli uomini agiati e di ricca famiglia; ma per queste terre vi sono stati così violenti attacchi da parte delle Streghe e di Alexej stesso, che credo il solo pensiero di trovarsi in "noia", come voi, possa essere molto più rassicurante. Non siate così duro nei confronti di questa tranquillità. 'Meglio scegliere su carta che non di spada', dicono di solito.-
Breunor bevve un altro sorso generoso, poi chiese:- Siete figlio del Maestro di Canto della Regina per essere sempre così sicuro di quello che dite, o l'essere altezzosamente influente rende sensata ogni cosa che dite, secondo voi? Faccio memoria al qui presente che non c'è persona più volenterosa di me per la pace. Ma il lavoro di notaio non fa certamente per uno che ha passato la vita a liberare il territorio della mia contea dagli Ktyfa.-
Cicero sorrise lievemente:- E chi affermerebbe il contrario, mio buon amico? Vorrei solo che la pace vi giungesse un po' più spesso, tutto qui.-
- Per rendermi debole e farmi cogliere impreparato ad un'invasione?-
- Per farvi riposare e riacquistare la buona cera, ovviamente!-
Stavolta fu naturale sorridere al Cavaliere, che chiese:- Siete venuto solo per augurarmi ogni bene, se posso chiedere?-
- Non esattamente. L'allevamento quest'anno è andato a farcire fino all'orlo ogni cantina del paese e sono venuto ad assicurarmi se la qualità della carne è paragonabile o no alla quantità.-
E dopo essersi seduto e aver assaporato con gusto un bel pezzo di salame, proseguì:- Inoltre credo che Calpurnia sia sul piede di guerra.-
Breunor sospirò, temendo il peggio:- Le Streghe attaccano?-
- No, temo piuttosto che si attaccherà lei alle gambe del Trono, di braccia o di lame, se non viene investita come Contessa. E gli viene liberato Alexej. E facciamo prima del tramonto.-
- Preferirei baciare i piedi a Stanival II il Lebbroso piuttosto che sottostare ai ricatti di quell'arpia!- sbottò gelido il Conte sottovoce, in tono gelido.
- Non vi darei torto, ma non sottovalutate la pericolosità di quella donna. Ha un bel seguito di scagnozzi ed è molto possessiva verso quel che ritiene suo. Inutile dirvi che il popolo mormora sul rapporto adultero tra il fu Inquisitore e lei.-
- Mormorano anche che i suoi scagnozzi fanno a turno per divenire suoi amanti ogni plenilunio. Che il loro capo e suo favorito divori il Cuore Nero degli Ktyfa ogni notte. E che le Streghe l'accolgano ai sabba. Che suo padre fosse lo stesso Caligar Zkar. Se dovessimo credere ad ogni voce di guitti, Cicero, ogni primo dell'anno dovremmo temere il ritorno dei Draghi.-
L'oratore fece spallucce:- Sarà, ma sapete che quella donna vuole solo il meglio per sua figlia, la piccola Chleo. Lei vuole assicurarsi che sua figlia raggiunga le vette del successo e le sue ricchezze diminuiscono drasticamente. Se non raggiungerà quel successo, otterrà comunque un matrimonio combinato con il futuro signore di Drabirut.-
- E se fosse una donna, il futuro Conte?- chiese l'altro sogghignando.
- Le parole di Calpurnia a sital rigurardo sono state: 'Allora le Leste di Comfon dovranno scervellarsi a riconoscere i pezzi del suo cadavere.'-
- Che il Demiurgo ci protegga!- esclamò lui con un sospiro esasperato, prima di finire in un sorso il boccale di acquavite e affermare:- Vado ad informare la Regina, anche se credo che non le farà piacere!-
Grande fu la sua sorpresa quando, entrando nella tenda reale, non trovò la Regina Serena, bensì un foglietto con la sua perfetta calligrafia:<< Vado a conoscere l'Erbario. Non disperatevi.>>
Quanto era difficile obbedire ai sovrani, si disse in tono amaro.

Era tardo pomeriggio, l'ora in cui Eliah riposava dopo mangiato. L'ora in cui, di solito, l'Erboristeria era chiusa. Assolutamente e unicamente chiu...
Il portone venne scosso dal rumore del suo immenso batacchio ed Eliah ficcò la faccia nel panno di lana che fungeva da cuscino nella speranza che se ne andassero. Invano.
Al terzo bussare urlò:- Mitio, pensa tu a vedere chi è!-
Un minuto di silenzio. Un quarto fracasso alla porta. 
Eliah si alzò, già vestito, borbottando:- Giuro che lo licenzio, quel buono a nulla...- pentendosi quasi subito di averlo detto. Mitio era tutto quel poco di buono che aveva in quel buco di mondo. Oltre all'Erbario. E alla sua Glyfa. E a...
- Chleo! Che bello vederti!- esclamò lui felice, dopo essere sceso al piano terra ed avere aperto la porta.
Chleo Segestier era una delle poche persone che, oltre a trattarlo dall'alto in basso, lo facevano con il rispetto dovuto alla persona. Era una bambina di circa sei anni, mora e minuta, coi bei capelli sciolti corti come la madre, il viso grazioso e, al primo sguardo, da agreste. Le efelidi le coprivano il naso, dandole un tocco più innocente, mentre i suoi occhi color ametista risplendevano di un'intelligenza fuori dalla norma. Gli stessi occhi di sua madre, ma più caldi e accoglienti.
Disse:- Scusa se ti ho svegliato, Clove, ma questo- bofonchiò spingendo avanti un ragazzo rosso di quattro anni con le lentiggini,- mi ha fatto uno scherzo durante il percorso in mezzo ai campi e lei- aggiunse indicando la creatura sopra di lei,- non la smetteva di fissarmi.-
Eliah sorrise tristemente, fissando Glyfa, che rise divertita nella sua lingua, una via di mezzo tra uno squittio, un ronzio e un nitrito. Glyfa era una Valciper, un essere albino affine alla specie dei draghi, sebbene avesse poco in comune con loro, l'ultima della sua razza.
Aveva la fine peluria bianca a coprirle il corpo, armonioso e sinuoso. Le orecchie, simili a quelle di un gatto, giravano in continuazione, in perenne allerta, mentre il suo viso, privo di bocca e con due occhi simili a quelli di un cerbiatto, rimaneva incollato a fissare il padrone; il suo becco, retrattile, che estraeva solo per il succo dei fiori come le api, restava nascosto. Aveva due ali lillà, ricoperte da piume trasparenti, che si notavano unicamente da ferma, mentre in volo andavano così velocemente da risultare invisibili. Le sue zampe, palmate e morbide, erano provviste di quattro corte dita; la sua coda, invece, era lunga e folta, di un bel colore azzurro.
La creaturina, grande non più di un cagnolino, ridacchiò di nuovo, prima di infilarsi nella manica di Chleo e uscire da quella opposta, facendo ridere la piccola. Per quanto fosse salda la presa delle sue zampe, Eliah non riusciva a comprendere come i Valciper non avessero nemmeno un accenno di ossa. Un particolare che li rendeva interessanti e divertenti.
La richiamò con un cenno della mano, prima di tirare in buffetto alla testa di Mitio e farlo entrare, prima di accogliere anche Chleo e richiudere il portone.
L'Erboristeria era semplice, ma accogliente. La stanza di vendita non era molto grande, ma c'era lo spazio per il bancone, l'armadio con le medicine e la gabbietta per Glyfa. Non che la Valciper la amasse, chiaro. Solo, adorava infilarsi in mezzo alle sbarre per sgranchirsi. Inoltre era un ottima ciotola per il nettare.
Chiese alla ragazza, prima di riempire il vasetto di nettare di Glyfa:- Problemi con tua madre? Di nuovo?-
Lei sbuffò solo un momento, prima di rispondere laconica:- Male alla testa. Ancora.-
- E... lei sa che sei qui?-
La piccola sussurrò:- Mi ucciderebbe se lo sapesse.-
Lui annuì, poi allungò una boccetta di flacone verde da dietro il bancone, dicendole:- Questo ve lo regalo, a patto che tua madre pensi a usare i suoi per curarsi anziché dedicarsi al vino.-
- Non è vero! Non beve sempre!-
- Non ha febbre, non suda, eppure il mal di testa la tiene inchiodata al letto. Per me le succede perché ci dà dentro con l'Acquavite di Potts.-
Ripulì il bancone con un panno verde, mentre osservava la sua faccia allo specchio a tre ante dietro Chleo. La scena poteva sembrare ridicola: un ragazzo di dodici anni, i capelli albini in disordine, occhi tendenti a un viola così chiaro da sembrare rosa, fisico smunto e febbrile, vestiti sporchi e pieni di toppe, che puliva un bancone più pulito di lui!
Chleo sbuffò dal naso, prima di rispondere:- Non è facile, da quando Alexej è in prigione. Mamma dice che devo sedermi sul trono di Dolgia, che piaccia o meno alla Regina. È così preoccupata, che penso faccia sul serio.-
- Sì? Beh, non prendertela sul personale, ma penso che tua madre sia pazza abbastanza da farlo; spero, però, che l'amore che prova per te possa bastare a farla desistere, piuttosto che incitarla. Hai già dovuto assistere alle devastazioni delle Streghe, ma è troppo alla tua età farti assistere agli sterminii di una guerra.- concluse riponendo il panno nel cassetto..
- E tu che ne sai? Tu non sei mai stato in guerra.-
- Ne sento già abbastanza da desiderare di starmene tranquillo qui, fidati.-
Lei fece una smorfia strana, dicendo con calma:- A tal proposito, ti suggerirei di sloggiare ad acque più calme.-
- E perché? Sto bene qui e devo badare Mitio per ordine del Decano.-
- Mamma dice che se qualcosa va storto il primo a rimetterci sarai tu.-
- Allora quel che si dice è vero? Siete davvero figlio di una strega?-
Entrambi, Erbario e ragazza, si voltarono a fissare la figura apparsa davanti al portone, che aveva appena pronunciato quelle parole. Con quella cuffia in testa a coprirle tutto, era indistinguibile. Chleo riuscì comunque a distinguere alcuni tratti del suo viso, riconoscendola per una bambina della sua età.
La giovane Segestier chiese impassibile all'Erbario:- Beh, non accogli la nuova madamigella?-
Lui sembrò risvegliarsi da un sogno e farfugliò:- S-s-sì, certo, ehm... Come potrei aiutarvi, piccola?-
- Suppongo sia abitudine degli Erbari di questa spelonca di terra del nulla rispondere a delle domande con domande.- disse la bambina senza battere ciglio.
A quell'ennesimo restar di stucco vicendevole di Clove e Chloe, il piccolo Mitio uscì dal sottoscala strillando:- È fatta, è fatta, Eliah ha una cotta!-
- Mitio!- urlarono in contemporanea Erbario e Segestier, mentre Glyfa, sorpresa e con il volto sporco di nettare, tirava il viso fuori dalla gabbia; il suo padroncino urlava in rare occasioni con tanta foga.
La bambina curiosa chiese, piegando la testa di lato:- Strano nome, Mitio. Poco comune...-
- Effettivamente, me lo diedero in fasce quando ancora era un bebé, e "mitio" in Volgsa significa "infante".- spiegò Eliah, fingendo infantilmente di sistemare il bancone.
- Volgsa... Volgsa... mio padre dice che è la lingua delle Streghe.- asserì la piccola.
- Già. Oltre che di altre razze degli Otto (che il Demiurgo ci benedica!). Allora, che posso fare per voi? Compito di un Erbario è soddisfare il cliente, Milady.- continuò lui, restando di spalle.
Lei fece indietreggiare la testa sorpresa:- Non ho mai detto di essere Lady.-
- Siete più altezzosa, più acuta, più rispettabile e più intelligente di Chleo, e lei ha seguito un'istruzione seria. Se lei è una Lady, lo siete senz'altro anche voi.- concluse, girandosi e fissandola sorridente.
- I vostri genitori non ci sono, mia Lady?- chiese dopo l'Erbario.
- Nemmeno lei ha i genitori qui.- affermò con calma la bambina indicando Chleo.
- Lei è scusata come cliente abituale, lei no.-
- Sono in città. Mi hanno mandato per prendere uno sciroppo al mirtillo per mamma.-
Lui alzò le spalle e fece battere le mani, esclamando:- Purtroppo, mirtilli non ne abbiamo. Non è stagione.-
- Oh. Soddifereste almeno la mia insana curiosità?-
- Se può dar rimedio alle mie lacune, senz'altro.-
Cominciò con la domanda di prima:- Siete figlio di una Strega?-
- La Fata Delimer, che vive al confine, dice di sì. Poi, non so quanto vi sia di vero. La gente poteva dirmi fin da piccolo che ero figlio di uno Ktyfa e sarebbe sembrato volentieri realistico per tutti. Mi han detto tante di quelle cose, che sembra conoscano meglio loro la mia vita che non il sottoscritto.- finì con un sospiro.
Lei proseguì imperterrita:- Ma siete uno Stregone?-
- No. Non esistono Stregoni.-
- Però siete figlio di Strega. E quella creatura è un noto animale domestico da Strega.- aggiunse indicando Glyfa, che le svolazzava lieve intorno; - In che modo dunque non potete essere Stregone?-
Lui aspettò un attimo, prima di rispondere:- Sì, i Valciper sono notoriamente raffigurati con le Streghe, perché il loro olfatto viene attratto dalla loro magia. E probabilmente anch'io odoro di Strega. Ma non posseggo poteri di sorta. Nessun figlio maschio di Strega sa usare la Magia. Solo le donne possono usare la magia. Per quanto ne sappiamo, ovviamente.-
- Quindi lo Stregone resta una leggenda.-
- Pare di sì.-
- Ma voi, se poteste, rinumcereste alle vostre origini?-
La domanda lo fece riflettere un attimo, poi disse convinto:- No. Mi vergogno del dolore causato dalle Streghe, vero. Così come, se fossi umano, mi vergognerei di essere della stessa razza di Alexej. Ma non mi vergogno del motivo per cui le Streghe ci danno la caccia e rifiutano il nostro arbitrio su di loro. Loro hanno fatto tanto per noi: ci hanno insegnato la cultura, la scrittura, lo stesso Rondò, il Canto d'Arma... ci hanno protetto da tiranni e mostri... e noi, come ringraziamento, le bracchiamo come volpi!-
- Stai dicendo che noi umani siamo malvagi?- chiese Chleo.
- Per le Streghe non esiste bene o male. Esistono solo Natura e Follia. E noi esseri umani siamo dalla nascita, salvo eccezioni, gli esseri più al confine di tutti tra Natura e Follia. Natura è amore e giustizia; è ordine delle cose. Follia è odio immotivato e crudele, nato per il gusto di far soffrire. Alexej è folle, così come lo erano Caligar, Number e Shin. No,il solo vergognarmi dell'essere figlio di Strega mi renderebbe folle. Io sono fiero di essere così, sebbene la gente mi preferisca morto per questo.-
La bambina chiese, nuovamente curiosa:- Quindi anche la Regina Serena è Folle come gli altri.-
Eliah rise di cuore:- Penso proprio di no. Ho sempre pensato, con l'arroganza dei miei dodici anni, che il cuore dei piccoli è quanto di più lontano dalla Follia possa esistere, come Chleo e Mitio. Prego il Demiurgo di tutto cuore che il suo animo da bambina rimanga incollato al trono. Allora sì che sarebbe un magnifico ritorno al mondo degli Otto. Tutti felici e in armonia, con tutte le razze.-
- Eliah Clove! Il Gran Sacerdote potrebbe tacciarti di eresia per questo!- urlò sottovoce Chleo.
Lui si fece più serio:- Ecco una cosa che farei, se fossi conte. Caccerei quel vecchio bugiardo e ubriacone, per cominciare, o lo sostituirei. Ci credo poco che il Demiurgo vorrebbe che ci facessimo la guerra.-
La bambina voleva dirgli qualcosa avvicinandosi, ma furono interrotti da un gran fracasso: la porta era stata divelta con un solo calcio da un cavaliere armato di tutto punto, seguito da una scorta.
Eliah stava per urlare che quella era un'Erboristeria, non una Taverna di Potts, ma il cavaliere s'inginocchiò di fronte alla bambina misteriosa, dicendo:- Maestà, ma che vi è saltato in mente? Potevano uccidervi, o peggio!-
- Bel gesto di fiducia, Sir Breunor, nelle vostre capacità d'insegnamento. Dovrei farvi arrestare solo per avermi disobbedito. E ora tacete e ascoltatemi!-
La piccola si voltò verso Eliah, domandandogli:- Tutto bene, Mastro Clove? Sembrate... pallido.-
Sia l'Erbario che Chloe sembravano due maschere di tela bianca, mentre il tenero e paffutello volto della Valciper scrutava quasi divertita i movimenti dello squadrone di soldati schiacciati all'entrata dell'Erboristeria, che si spingevano e spintonavano per vedere cosa accadeva nel negozio.
Eliah farfugliò, confuso:- M-Maestà?! Le-Lei è la Sacratissima Signora di Corndwem, la Regina Serena Cïvostni?!-
Chleo, automaticamente, si buttò a terra, capo chino, esclamando:- Perdonate la mia insolenza e la mia incapacità, Altezza! Sono una vostra umile serva!-
Serena sospirò esasperata, prima di tirarla su gentilmente ed esclamare:- Ma che serva! La servitù è finita da tempo immemore, mi sembra! Ora resta in silenzio e ascolta, quel che ho da dire interesserà anche tua madre.-
Eliah provò a cercare di capire uscendo da dietro il bancone:- Mia Signora, non capisco il motivo di questa visita.-
- Presto detto. Sir Breunor Niol, vi presento il futuro, primo del suo nome, Lord Eliah Clove, futuro Conte di Drabirut nel Seggio di Dolgia e Difensore dei confini sud-orientali. Meglio trovare un altro Erbario, quindi.- aggiunse con un sorriso smagliante.
Chleo fissò stupita il ragazzo, che subito, gettandosi ai suoi piedi, la supplicò:- Maestà, no! Ci sono persone più saggie e preparate di me a questo incarico...-
- E sono così vecchie da non poter creare in tempo una discendenza che si rispetti. Siete giusto e saggio quanto basta, oltre che colto.- ribatté lei.
- Sono figlio di una Strega... Nessuno mi vorrà!-
- E amico della Fata dei Venti, se ho ben capito: saranno ottimi passi in avanti per riavvicinarci a Streghe e Fate. E poi, sono sicuro che non appena diverrete Conte, le ragazze del paese faranno a gare per rientrare nelle vostre grazie!-
- Devo badare a Mitio...-
- Ci baderete a palazzo.-
- Non so gestire un palazzo o una contea.-
- Abbiamo il super partes Cicero per questo.-
- Sono un umile Erbario...-
- E i Cïvostni erano poveri Agresti.-
- Per la bontà del Demiurgo, mia Signora! Ho solo dodici anni!-
E a quel punto Serena Cïvostni fece una cosa inaspettata: rise. Una risata così felice e spensierata da far dimenticare tutte le preoccupazioni a tutti i presenti. Anzi, pure Chleo e Mitio si misero a ridere con lei. Poco mancava che Sir Breunor si unisse a loro, quando la dolce Regina finì la risata.
Si avvicinò all'Erbario, prendendogli il volto tra le mani e dicendogli:- Questa è un'offesa grave, Sir Clove, accusare la propria Regina di incapacità! Devo ricordarvi che io ho soli sette anni?-
Lui abbassò lo sguardo, arrossendo dalla vergogna:- Mia Signora, io non posso proteggere la mia gente. Le mie armi sono le mie braccia e le mie gambe e a ben poco sono utili contro una Strega.-
Lei si avvicinò al suo orecchio e sussurrò:- Lo dirò a voi solo in questa sala, ma tenetelo con riserbo per voi. Io ho questa capacità fin da piccola, e posso vedere, con attenzione e con le giuste domande, quanto pura è l'Anima di una persona. E dopo aver visto la vostra, io v'assicuro, con il giusto allenamento, diventereste il più potente Cavaliere di Rondò dai tempi di Kyton Noah. Ve lo assicuro. Non obbligatemi, ora, a costringervi.-
Lui allontanò la testa e si prostrò più in basso di prima:- Mia Signora... in cosa ho mancato affinché voi mi puniate così?-
Lei fece spallucce, indicando la bottega:- Niente sciroppo di mirtillo.-
Eliah Clove aprì e chiuse la bocca senza emettere suoni, prima di sollevare un ginocchio e dire solennemente:- Prometto di cuore che farò del mio meglio.-
La Regina gli diede un bacio sulla fronte, dicendo:- E io vi assicuro che così sarà.-
Eliah si voltò verso Chleo per dirle che le dispiaceva, ma la piccola Segestier era scomparsa. Doveva essere uscita per tornare a casa.
Sir Breunor commentò tetro:- Non sarà pacata la reazione di Lady Calpurnia, temo.-
- Che reagisca. Sarò qui ad attenderla.- disse fieramente la Regina.

Note dell'Autore

I mesi dell'anno sono suddivisi in:
• Primo, Secondo e Terzo di Nibbio (Autunno)
• Primo, Secondo e Terzo di Niveo (Inverno)
• Primo, Secondo e Terzo di Roseo (Primavera)
• Primo, Secondo e Terzo di Afoso (Estate)

** I nomi delle occupazioni a Gadriel sono differenti per tutti. (Agreste=Contadino, Anfitrione=Oste, Erbario=Medico, ecc. ecc.)

*** L'unica Fede professata dagli Otto, eccetto i Molgt, è quella nel Demiurgo, il Creatore, per il quale tra gli uomini si svolge una sola festa una volta all'anno; le modalità di celebrazione sono diffetenti per tutti gli Otto. Il Demiurgo ha un solo tipo di avversario, i Demoni che spingono alla Follia.

**** I Soli sono la moneta base d'economia a Gadriel. Trenta Soli equivalgono a una giornata di lavoro per un Agreste, mentre gli alti funzionari guadagnano il triplo.

Angolo dell'Autore:
Rieccoci qua! Ammetto di avervi lasciato con numerosi interrogativi (Quanti sono i contadi? Cos'è il Rondò? Quanto sono fighi i cavalieri? Dove cacchio sono le Streghe?!)
Ve lo prometto, risponderò ad ogni interrogativo, ma questo era essenziale. Se avete dei dubbi, contattatemi pure! E grazie ai miei neo-fan Water Wolf, Cygnus XI e Silvar Tales.
Fatevi sentire in tanti, mi raccomando. Ciao ciao!

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Capitolo 3
*** Sette anni dopo. ***


SETTE ANNI DOPO


Si svegliò urlando boccheggiante. Mitio era saltato sul suo stomaco con tutto il suo peso da dodicenne, spezzandogli il respiro.
Lo fissò con astio, chiedendogli:- Come... diavolo hai fatto ad entrare? Ho detto a Tatia di chiudere a chiave.-
- Sì, ma non le hai detto di nasconderla, la chiave. È stato più facile del previsto.- affermò lui sventolandogli il pezzo di ferro sotto il naso.
Eliah allungò le mani per afferrargli la chiave e il suo collo: prese solo la prima, perché Mitio saltellò giù con una tripla capriola all'indietro.
Se non fosse stato per corporatura, la sua agilità, il suo modo esasperante e dispettoso, il suo stesso modo di parlare, avrebbero potuto scambiare quel discolo dai capelli ricci e rossi un Folletto Nero.
Il Conte si alzò con pesantezza, sbadigliando, troppo stanco per arrabbiarsi ulteriormente: fare il Signore di Popoli era facile per chi restava panciolle e spesso Elizabeth lo rimproverava di essere troppo buono con loro.
"Li vizierai!" lo rimproverò una volta.
"Meglio viziati che rivoluzionari" rispose il giovane Clove.
Si alzò per dirigersi al lavello, in un angolo dell'immensa sala da letto. Era di Alexej, e poco era cambiato del suo arredamento dall'arrivo di Eliah: all'Inquisitore piaceva vivere in modo molto semplice, con un lettone con il materasso come unico pezzo nobile voluto, mentre il resto comprendeva uno specchio a due ante a fianco del lavello, posto a sinistra del letto, un armadio di quercia un po' vecchio e degli strumenti di tortura appesi al muro opposto. Proprio questi ultimi oggetti soltanto erano stati tolti, per venire bruciati in un grande falò la sera stessa della sua presa di potere.
Arrivato allo specchio, si fissò vacuamente: poco era cambiato in quei sette anni del suo aspetto originario. Era più pulito e molto meno magro, certo, ma il suo volto allo specchio aveva ancora quei tratti del giovane Erbario albino che la Regina aveva obbligato a governare Drabirut. Occhi tendenti al rosa scuro, fronte spaziosa, spalle ampie, capelli perennemente in disordine, naso abbastanza grosso, bocca larga, mento incassato e orecchie minute; poco di quello che vedeva lo riteneva attraente fisicamente.
Il soffice muso di Glafy gli si strofinò addosso, teneramente. Non avendo più la gabbia, il Valciper volava dove lo portava l'odore, il più delle volte verso il giardino di Lesta Comia, l'unico posto a Drabirut dove si potevano trovare i fiori, a due passi dal castello.
Si sciacquò la faccia nel lavello, cercando di ricomporsi, poi, dopo essersi asciugato con un panno, chiese a Mitio:- Almeno hai fatto il bravo con le domestiche?-
- Sì! Henria può fornirti le prove.-
Henria era la più anziana nel castello, oltre che la più saggia. Se diceva una cosa, era così e basta.
- Ottimo. Oggi è la tua giornata di lezione. Cosa vuoi sapere?- chiese Eliah mentre si infilava la camicia.
Ogni giorno pari del mese Eliah cercava d'insegnare a Mitio qualcosa di nuovo. Il problema era che Mitio era imprevedibile anche con le domande.
- Niente di complicato, eh? Le strutture del castello te le ho già...-
- Vorrei sapere come funziona il Rondò.- gli disse Mitio interrompendolo.
Eliah si fermò, prima di fissare il cordone fissato ai pantaloni. Nessuno gli aveva mai fatto una domanda simile, tanto meno Mitio.
Si voltò, annodando i pantaloni e dicendo:- Perché mi domandi questo? Hai solo undici anni. Un po' presto per iniziare a...-
- Io sono solo curioso. Ho provato a chiedere a Boccalarga, ma mi ha annoiato a morte, e ho dovuto trovare un'alternativa.-
Lui lo fissò seriamente:- E sei ancora vivo per chiederlo a me?-
Si misero a ridere entrambi. Poi Eliah si fece serio e cominciò a spiegare:- Allora, da dove comincio? Anzitutto, il Rondò è una parola della Lingua delle Streghe che tradotto vuol dire "Canto d'Arma", ed è una tecnica introdotta dalle Streghe nel mondo umano per difenderci da esseri come i Molgt o i Folletti Neri. Non è magia e non è un'illusione, è la scienza dell'anima.-
Mitio piegò la testa a sinistra, stringendo gli occhi:- Puoi spiegarmelo possibilmente senza farmi venire mal di testa?-
Il conte si sedette sullo sgabello dell'asciugamano messo vicino al lavello, imitato dal ragazzo, che si sedette comodo sul letto disfatto.
Eliah continuò a spiegare:- Allora, mettiamola così: ogni creatura vivente, in questo mondo, ha un'anima, anima che ci mantiene vivi, perché è il nostro legame con il Demiurgo e la Magia! Ma la forza, che la nostra anima può tirare fuori, non sapeva nessuno di avercela... tranne una donna: Abigail.-
Mitio si fece tutt'a un tratto interessato:- Abigail? La prima e ultima Regina delle Streghe?-
- Proprio lei. Comunque, non si sa come, scoprì che l'anima delle creature del Mondo degli Otto emanavano onde positive, onde di bontà, che se espresse con forza, anche per gli umani, potevano causare seri danni ai Molgt. Ci sono vari livelli di Rondò: al Rondò Zero, le onde di bontà che emaniamo ogni giorno, un po' come quando ti accorgi dell'aura di positività intorno alle persone buone. Più i livelli si alzano, però, con il dovuto allenamento, più il Rondò rende devastanti gli attacchi lanciati dal proprietario, ma solo verso chi ha cattive intenzioni. Può essere come una spinta o una botta, ma è molto efficace.-
- Quindi, se tu colpissi uno come Cicero... quanto ti ci vorrebbe per fargli male?- chiese Mitio, che rischiava di confondersi senza esempi pratici.
- Chiacchere incluse? Basterebbe il minimo.- Risero di nuovo entrambi alla battuta.
Eliah si ricompose un secondo dopo, dicendo:- A parte le burle, non è possibile far del male a qualcuno o a qualcosa che non sia pieno di onde negative. Capisci? Il bene è attratto dal male e viceversa.-
Mitio era di nuovo confuso:- Come può "qualcosa" essere pieno di male?-
Il Conte indicò l'angolo lindo della stanza:- Ti ricordi le fruste e gli arnesi di Alexej? Ebbene, se li colpissi con il Rondò, probabilmente li distruggerei tutti, perché li ha usati per fare del male. Involontariamente, quelli arnesi sono stati riempiti di negatività.-
Fu allora che Mitio chiese:- E come spieghi l'Arma? Finora non mi hai mai detto che puoi usare armi, che senso ha chiamarsi Canto d'Arma quindi?-
Eliah gli mostrò un ciondolo che ornava la sua veste, dicendo:- Perché solo questo può canalizzare il Rondò.-
Era una sfera di metallo, che girava quasi con una gravità propria intorno a un enorme anello dorato e ogni tanto, sulla superficie, apparivano lampi azzurrognoli.
Il rosso esclamò:- Quello è il metallo di Lim, vero? Cicero dice che solo i migliori Fucinieri del paese possono permettersi di maneggiarlo.-
- Cicero te l'ha detto per impedirti di deluderti e allo stesso tempo di correre da un capo all'altro di Corndwem alla ricerca di quel metallo. Solo per i conti risponde questo metallo, resistente al fuoco dei Draghi.
- Sai come sono nate queste leghe? Si dice che durante una violenta battaglia tra gli Otto e i Draghi, una Fata pianse sul terreno dove sua madre era morta e chiese al Demiurgo che ogni sua lacrima venisse raccolta e usata per respingere il male da Gadriel. Il Demiurgo l'accontentò e ognuna di quelle lacrime, cadute su un sasso, generarono una sfera di metallo ciascuna, sfere che si dispersero ai quattro angoli del Regno. E la prima finì in mano a Kyton I Noah.-
- La racconti come se fossi convinto che sia così.- gli fece notare Mitio, sbuffando e affondando la faccia su un cuscino.
- Vorrei ben vedere! È stata Drelimer a raccontarmela, la storia. Comunque, il metallo ridotto a Sfere come queste è un forte canalizzatore di forza d'animo ed è capace di indirizzare il Rondò con più facilità contro un semplice avversario, cosa che non ti riuscirebbe altrettanto bene con armi normali o senza controllo.
- Ognuno di questi metalli vengono concessi con la benedizione del sovrano ai suoi condottieri e, se gli uomini sono pronti, il metallo si schiude e prende la forma dell'arma che più s'addice al Conte.-
- Come un uovo!- saltò su il piccolo!
- Esatto, sì! Come un uovo. E morto il Conte, non essendoci più la sua anima, il metallo si richiude a sfera, in attesa del successore.-
- E allora perché il tuo ancora non si schiude?-
Lui sospirò, massaggiandosi le tempie:- Come vorrei poterti rispondere. Ma al momento nemmeno io posso...-
Furono interrotti da Lesta Marla, la più giovane delle Sorelle al castello, che urlò disperata, spalancando il portone:- Mio Lord! Tragedia! Disgrazia! Non abbiamo tempo!-
Eliah la interruppe con un cenno:- Calma, calma, Lesta Marla. Cos'è successo?-
Lei, in tutta risposta, si diresse alla finestra e la spalancò, indicando un punto all'orizzonte, verso Sud:- Guardi!-
Una colonna di fumo avvolgeva una costruzione che lui conosceva anche troppo bene.
- No.- sussurrò lui stringendo il legno della finestra.
- Mi dispiace, Mio Lord...-
- A Caligar i tuoi "mi dispiace", Lesta! Non è morta! Alla Scatola d'Erba Linbiten, Torre Rossa! Subito!- urlò lui, dirigendosi verso il corridoio adiacente alla sua camera, afferrando la prima spada lunga che trovò sul suo percorso, seguito dalla svolazzante Glyfa.
Mitio rimase alla finestra, solo, sussurrando tra sé:- Non capisco. Chi abita là?-
- Come, piccolo Imperatore, non ricordi?-
Lui fissò la sua amica "quasi" immaginaria, avvolta nel suo mantello, che sussurrò inespressiva:- Lì abita Drelimer, la Fata dei Venti. Questo può voler dire solo una cosa, lo sai?-
Lui spalancò la bocca, esclamando:- No! Le streghe non sono nemiche delle Fate!-
Lei lo fissò, gli occhi verdi con sfumature di ghiaccio ribollenti di cinismo:- In questo caso... la sua morte sarà solo un caso. Temo che la guerra ormai sia alle porte. Ma non temere, piccolo. Ti proteggeremo noi.-
- Se volessi protezione, me la darebbe solo Eliah. Tu sei un'amica immaginaria...- s'interruppe quando la sua mano gelida gli sfiorò il viso.
- "Quasi" immaginaria, ricordi? Non temere, tesoro. Sarà il nostro piccolo segreto.-

Angolo autore: Eccomi qua! Il secondo capitolo ufficiale, tutto per voi! Aspetto ogni tipo di commento, quindi, a voi! Non mi aspetto applausi, ma molte cose saranno spiegate in seguito!
Ciao.

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Capitolo 4
*** Omicidio e sospetto ***


OMICIDIO E SOSPETTO


Il castello di Dolgia, iniziato dal primo Vassallo di Kyton, verso l'anno della fondazione di Pheò, venne ideato per proteggere la regione di Drabirut dai Draghi, in quanto quella più vessata essendo al confine di mare con Bier. Drabirut infatti voleva dire in Volgsha "Ultimo Drago", ovvero l'ultima città dove fu avvistato un Drago.
Il castello di Dolgia fu il primo, iniziato in quegli anni e rifinito nel 1300 circa, castello di Corndwem e all'epoca era il più tecnologicamente avanzato di tutte le sette contee.
Non era il più alto, ma era disposto con cinque torrioni imponenti, posti a proteggere il mastio. Alti complessivamente dieci metri, tettoia a cono esclusa, composti in granito puro rosso, in grado di resistere ad alte temperature, ognuno di questi fortini era legato ad una funzionalità. Le torri più ai lati contenevano le attrezzature per la battaglia o respingere gli assalti dei draghi - archi, freccie, armature-, quelle più rientranti fungevano da magazzino generale per gli uomini e le vettovaglie, e quella centrale era il punto da cui le Streghe lanciavano i loro incantesimi per respingere i Draghi e dove il Vassallo del Re prendeva le decisioni con i suoi generali, inviandoli a Pheò attraverso la Scatola Linbiten. Quella centrale veniva appunto detta Torre Rossa, perché la più assediata dal fuoco dei Draghi e perciò arroventata dalle lingue cremisi delle fiamme; a reazione con il fuoco, come si sapeva, solo in quel caso il granito rosso assumeva quel colore.
Per arrivare da un capo all'altro dei torrioni, inizialmente vennero usati pontili di legno, che in seguito vennero sostituiti da un'idea rivoluzionaria. Ferius Segestier, Ediliere di Corte, con l'aiuto delle Streghe, creò un corridoio in Granito Rosso che percorreva i fianchi delle Torri laterali, attraversando il vuoto dell'abisso, per poi congiungersi alla scala a chiocciola della Torre Rossa. Era così sottile e incavato, da essere presto nominato Artiglio del Drago.

Per l'appunto, era lì che Eliah Clove stava correndo, la pesante spada a due mani al suo fianco che sbatteva incessante contro la sua coscia. Con il senno di poi, sarebbe stato meglio per lui prendere una Falce o un Pugnale, ma era un'emergenza e il tempo non era con lui. In quel momento, a percorrere l'umido corridoio dell'Artiglio del Drago, gli veniva in mente solo una cosa: Drelimer, la creatura più dolce e inoffensiva che conoscesse dopo la sua Regina, era stata attaccata. Lo sapeva. Non se lo sentiva come una sensazione, lo sapeva. Gli era bastato proiettare il suo Rondò verso l'abitazione della Fata per sentire una disgustosa ondata di malvagità, della più orribile. Là era arrivato qualcuno la cui crudeltà era persino superiore a quella di Alexej, e Alexej era un mostro genocida.
Arrivato alla Torre Rossa, afferrò la prima torcia che vide, accendendola nel braciere più vicino, per poi salire la scalata, verso la cima. Forse avrebbe dovuto informare Cicero. Forse avrebbe dovuto portarsi una scorta. Forse era un rischio troppo alto andare da soli. Un rischio che lui doveva correre per Drelimer: lo aveva cresciuto, lo aveva addestrato all'arte dell'Erbario, lo aveva aiutato con Mitio quando era ancora un infante... era quanto di più si avvicinasse a una madre per lui.
Arrivato in cima, percorse il salone, saltò lo Scacchiere* e si trovò davanti all'enorme scatola contenente la famosa Erba Linbiten. "Erba" per modo di dire, dato che era sabbia verde il suo contenuto, ottenuto bruciando e incenerendo un'erba ottenuta dal Prato di Pheò un solo giorno all'anno , che se non tagliata all'istante appassiva e perdeva il suo potenziale magico. Era rarissima e andava usata con parsimonia. In passato cresceva ovunque e bruciava con tanta intensità da essere usata per accendere camini nelle case povere; in seguito, però, alle numerose scomparse di persone avvenute a causa degli incendi e ai loro ritrovamenti in luoghi molto improbabili e lontani da casa, gli Erbari dei Nöah scoprirono cheva contatto con il fuoco quest'erba, ridotta in cenere, era in grado di teletrasportare da un luogo all'altro, anche se non sempre avveniva con successo. Andava quindi usata per le emergenze. E quella, grande Kyton, era un'emergenza.
Il pigolare tenue di Glyfa lo fece voltare; si era completamente dimenticato della piccola Valciper, tremante e preoccupata, mentre svolazzava dietro il padrone.
Eliah la accarezzò leggermente, sussurrandole:- Devi rimanere qui, piccola. Non potresti essermi d'aiuto e...- Stava per aggiungere che poteva farsi male, ma la piccola ne approfittò per infilarsi nella sua manica e nascondersi sotto la maglia. Lui sospirò, esasperato: quando faceva così non c'era verso di farle cambiare idea. Si arrese all'idea e accettò di portarsela dietro.
Prese una manciata della preziosa cenere e la scagliò in aria. Quasi contemporaneamente, frustò con la torcia la scia verde lasciata dal Linbiten. Il gesto gli fece venire in mente brutti ricordi, ma li ricacciò indietro. Ora davanti a lui vi era il passaggio per la sua destinazione, un immenso sguarcio rossastro, come se un fantasma avesse lacerato l'aria; squarcio che se non condizionato dalla destinazione, si sarebbe presto richiuso. Lasciata la torcia, afferrò con forza le membrane dell'apertura, bollenti al punto di causargli un'ustione, e urlò:- Capanna della Fata Drelimer.- per poi tuffarsi nel nulla.

Fu come se fosse finito in un torrente in piena, pieno di sassi: continuò a viaggiare e a sbattere contro il nulla oscuro fino a farsi venire il mal di stomaco e dei probabili lividi, finché non si trovò davanti a una luce bianca, che sfondò a piedi uniti.
Subito il fiato sembrò mancargli solo per un attimo: quel salotto tanto famigliare, dove aveva mangiato e appreso ogni noiosa nenia dell'Erboria, ora era avvolto come da un sottile e pericoloso strato di fiamme, che era arrivato anche al piano superiore.
Eliah lo sapeva e lo intuiva da come Glyfa si agitava nella sua maglietta: le fiamme erano state create da un animo maligno. Poteva sentire il male scivolare sulle tavole di legno e rubargli la magia che quel piccolo angolo di mondo gli regalava. Sentì la rabbia pervadergli il corpo e decise di farla finita.
Essendo maligna e inanimata, una forza simile poteva essere fermata da un Rondò e possente, per di più, visto che aveva letto sui libri di un famoso scienziato che il fuoco si spegne con il vuoto d'aria. Si concentrò piano piano sul vento che sferzava sulle finestre e pensò allo scorrere del sangue nelle sue vene. Immaginò di fargli aumentare velocità. Una volta. Due volte. Tre volte.
Rilasciò il fiato urlando:- Terzo Rondò!-
Un boato accompagno un lampo bianco, che risplendette filtrando dai pori della sua pelle per tutto il capannone, eliminando tutto d'un colpo l'aria che alimentava l'incendio, spegnendolo.
Eliah mantenne finché non individuò un battito debole e sfinito dietro l'armadio. Drelimer! Doveva essersi nascosta per non farsi trovare da chi aveva appiccato l'incendio. O, più probabilmente, chi aveva causato quel macello, credeva fosse morta.
Spense il Rondò, gettando la spada fiondandosi a spostare l'armadio annerito dalle fiamme. Il contatto gli ustionò la pelle, ma non gli importò più di tanto. Una volta spostato l'armadio, aprì la porticina con mani tremolanti; quel Rondò gli aveva consumato troppe energie. Usarlo voleva dire svelare il proprio se stesso agli altri o alla Natura e non tutti gli uomini erano propensi a tale sforzo.
Lo spettacolo lo lasciò allibito: Drelimer era accasciata sul pavimento, riversa sulla pancia.
Le Fate avevano sempre avuto un fascino magnetico, nella loro purezza lucente. Non molto alte, circa come delle adolescenti, erano di corporatura lucente e trasparente, che rendeva chiaro a tutti il loro essere buone e gentili; ragion per cui, non indossavano altro che tuniche bianche. Le loro ali erani di piumaggio policromatico, di sfumature diverse o prominenti per ogni fata. Il bel piumaggio azzurro scuro di Drelimer... era annerito e spento, mentre la sua veste era strappata, logora e sanguinante.
Mentre la rigirava con delicatezza, e Glyfa, uscita fuori dalla maglietta, pigolava tristemente, notò che pure il bel viso, altero e felice, severo e condiscendente, era una maschera di cenere e bruciature. La fronte spaziosa era rigata e sanguinante, le labbra sottili spaccate e gonfie, ma respirava ancora, seppur debolmente. Le ferite purtroppo, erano irrecuperabili: chiunque l'avesse attaccata le aveva causato cinque emorraggie interne... di cui tre vicino al costato e una all'altezza dello stomaco.
Dopo averla appoggiata su una sedia ancora intera e fresca, miracolosamente non toccata dal fuoco, spezzò la porta marcia di quercia con un calcio, corse fuori zoppicando a prendere alla fonte dell'acqua in una foglia di Carpeto**, per poi rientrare ed accostarsi alla esile figura per fargliela bere delicatamente.
Piano piano, la Fata riaprì i suoi splendidi occhi dorati, fissandoli nel volto di Eliah. Un debole sorriso screpolò ulteriormente le sue labbra.
Il ragazzo cominciò a tempestarla di domande:- Che è successo? Chi è stato? Come ha fatto? Era una strega? Era davvero una strega? Come...- Si stupì di vedere il dito sottile della fata poggiarsi sulle sue labbra per intimargli di tacere. Glielo diceva sempre, lui parlava troppo.
Il ragazzo prontamente accostò l'orecchio alla sua bocca e sentì le sue parole: aveva ancora la cadenza di un grillo e il cinguettio di una capinera.
- A Corndwem... Una spia... Traditore... Cercate il monco... Dovete parlamentare con Diassa... Tempo un mese...-
- Un mese?! Un mese per cosa? Un invasione? Di Drabirut?- chiese lui, non capendo le parole scollegate tra loro.
- No... Pheò!- strascicò lei.
Lui sbiancò, e cercò di chiederle:- Come, Drelimer? Come?!-
Lei si limitò a indicare un armadietto dietro di lui, sussurrando:- Silrevit... Prendilo...-
Non poteva mettersi a discutere, ma non aveva scelta: si alzò velocemente e spalancò il tarloso armadietto. Quasi tutte le fiale erano state versate, tranne una, il cui liquido grigiastro galleggiava ancora dentro quasi fino all'orlo. Silrevit... "Lo sguardo di Luna". Un medicinale famoso essenzialmente per le punture delle Mosche di Rame, pochissimi sapevano di un suo effetto secondario, effetto di cui solo Drelimer, Eliah e Catilina conoscevano la ragione per cui il Conte di Drabirut ora stringeva la fiala.
Si riaccovacciò accanto a Drelimer, che gli sussurrò:- Manca poco... al plenilunio...-
- Lo so, Drelimer... ma chi è stato, per il Demiurgo? Chi?- chiese lui al colmo della disperazione. Le lacrime minacciavano di scendere, ma doveva farzi forsa e restare lucido.
Lei si fece forza e sussurrò una cosa sola:- Mi... Mi-dusäh...-
Poi, il suo capo crollò all'indietro, mentre i suoi occhi si chiudevano per sempre.
Gli occhi di Glyfa si riempirono di caldi enorme gocce rosate, simili a lacrime, ma i Valciper non ne facevano cadere; semplicemente dopo un po' si asciugavano.
Il conte Clove, però, non poteva non trattenere il torrente di tristezza che attraversava la sua anima, il suo corpo e gli colpiva la vista. E nel silenzio spezzato dal suo grido triste e sconsolato, solo le creature del bosco poterono intuire il malsano desiderio di vendetta dietro quella tristezza.

- Vostro Onore, chiediamo solo di passare per il vostro territorio senza indugiare. Comprendiamo che voi potete avere dei problemi, ma la Festa delle Maschere è prossima. Dobbiamo spostarci immantinente.-
- E io immantinente vi rispondo, signora, che la Festa delle Maschere vi aspetterà invano se necessario; finché i responsabili del misfatto questo giorno avvenuto non verranno acciuffati, nessuno lascerà la frontiera del paese. Dolgia sarà la vostra casa, fino ad allora. E riferitelo alla vera Testa di Drago: non sopporto le ambasciatrici impertinenti.-
Era lo stesso giorno della morte di Drelimer, e a nessuno di quei pochi che sapevano a palazzo della tragedia era passata per la testa l'idea di spifferare la notizia ai villaggiani. Se la notizia della morte della Fata dei Venti si fosse sparsa nel paese, non solo Dolgia, ma l'intera Drabirut sarebbe caduta nel chaos. Eliah non avrebbe lasciato trapelare la cosa in modo caotico: dopo essersi brevemente consultato con Cicero e le serve, decise che in pomeriggio sarebbe andato a Pheò per parlarne in fretta agli altri consiglieri, lasciando il rettorato all'oratore. Ma la mattinata sarebbe proceduta come al solito, concedendo udienze agli abitanti e residenti nella regione, indifferentemente che fossero "Dominieri" o Spaesati.
Ed erano proprio degli Spaesati, i principali problemi di giornata. Gli Spaesati erano gente che o dedicava tutta la vita a rendere allegra la vita nei villaggi, o, essendo inadatta al lavori normale perché afflitta da numerose infermità, ripiegava su quest'ultima possibilità. Non avevano dimora fissa all'infuori dei loro carri da viaggio. Spesso in passato le carovane si univano e davano vita ad una carovana di riferimento, che a Drabirut veniva chiamata Drago, mentre le altre contee prendevano una denominazione diversa, a seconda del luogo. I loro spettacoli puntavano ad essere i più elaborati possibili, oltre che i più stupefacenti.
Eliah, dal suo scranno di legno al centro del salone, aveva appena espresso il suo rifiuto all'uscita del paese ad una di queste donne, che si spacciava essere la "Testa", ossia la direttrice, del Drago. Il salone era gremito di gente, ricca o povera che fosse, in attesa di udienza.
La grande Sala del Seggio era stata magnifica quattrocento anni prima, ma un violento incendio aveva rovinato gran parte dell'intonaco e le lisce colonne di marmo verde e rosso erano ancora annerite; lo stesso non si poteva dire delle grandi e alte arcate che si intersecavano per tutto il soffitto e le finestre larghe e rettangolari ai lati del Salone, incorniciate da splendidi tendaggi ambrati.
La donna bassa e apparentemente vestita regalmente era troppo rozza nel suo mellifluo discorso e anche il vecchio Cato avrebbe capito che si trattava di tutt'altra persona che la Testa di Drago. Ed Eliah quel giorno non era dell'umore giusto.
Fu allora che una figura magnetica, dato che tutti le rivolsero gli occhi addosso, spostò gentilmente la bugiarda e fece regalmente due passi avanti. Era una donna molto attraente, generosa di curve e di gentilezza sul suo visetto, bianco e immacolato eccetto per un neo sul mento. I suoi occhi color blu scuro erano pressoché nascosti dalla sua voluminosa chioma, che si intersecava a zig zag verso l'alto per poi ricadere in lunghi riccioli biondi ai lati dell'intreccio tenuto da preziosi fermagli. Il vestito a sbalzi era riccamente decorato da vecchie lettere argentate della Lingua degli Otto, mentre le sue scarpe rassomigliavano buffamente a babbucce.
La donna ridacchiò piano e si inchinò:- Abbiamo cominciato con il piede sbagliato, temo. Mi presento. Sono Corvina Rutjlo, Testa di Drago da cinque anni.-
- La vostra fama vi precede, Dama Corvina. Siete d'altronde la prima donna a comandare il Drago dopo dieci generazioni.-
Lei rise piano, come un delicato colpo di tosse, poi chiese:- Allora, dovremmo vivere a Drabirut fino al cessato pericolo? Non credete sia sconveniente?-
- Se volete riferirmi che il luogo non vi aggrada o non vi fidate dei cittadini, avrete un motivo per essere sospettati. Non posso essere parziale ogni qualvolta un nobile o una persona di rilievo si presenta al castello. Capite, vero?-
La donna mantenne il suo sorriso:- Andiamo. Lo sanno tutti che voi vi trattate come un vostro pari suddito e nessuno viene a farvi visita apposta perché deve mangiare come loro. Quello che vi chiediamo è solo un posto per dormire. Potremmo offrire in cambio a voi e al paese un'anteprima dello spettacolo che faremo. Siate clemente, Mio Signore. Solo una cuccetta cadauna.-
Il suo tono e il suo corpo avrebbero potuto far cadere in tentazione anche il più retto degli uomini, non solo per come agiva, ma anche per come si atteggiava o muoveva o si inchinava davanti ad Eliah. Ma Eliah, che il popolo chiamava o "L'inutile" o "Il bigotto", era inflessibile in fatto di donne. Le uniche con cui parlava apertamente erano Elizabeth, Serena e Catilina. Non aveva proposte e non ne creava. Quindi rimase impassibile di fronte all'atteggiamento di Corvina.
Fu Cicero, il super partes, a chinarsi al suo orecchio per pronunciarsi:- Mio caro ragazzo, so che guardando il suo animo vedi qualcosa di marcio, e che sarebbe ingiusto, ma il popolo gradirebbe vedere un attimo di magnanimità. In un momento così buio, poi...-
- Cicero, dove tu vedi magnanimità io vedo sussurri malevoli nei miei confronti. In un momento così buio dovrei accettare tra le mie mura gente di spettacolo facendomi odiare ancora di più? Dolgia mi vedrebbe come un debole.- sussurrò furioso lui di rimando.
- Oppure- sussurrò lui pacificamente:- considerato ciò che il popolo saprà, vi riterrà un Conte umile e saggio, che non si lascia piegare dalle avversità.-
Eliah sospirò pesantemente. Come al solito, Bocca Larga aveva ragione. Doveva farsi forza. Drelimer pure sarebbe stata d'accordo.
Con forza ricacciò indietro una lacrima ed esclamò:- Sia. Vi concederemo le nostre stanze degli ospiti, ma non potrete curiosare nel castello né altresì uscirne. Intesi?-
Lei si esibì in una dolce riverenza, esclamando:- Non potremmo desiderare di meglio, mio Lord. Ragazze, scaricate i bagagli e portateli verso le stanze.-
"E anche questa è fatta." si disse il Conte in prova.
- Avanti il prossimo...- disse con un cenno della mano.
- Io sono il prossimo!- tuonò una voce dietro la folla di persone.
Le guardie, armate solo di cotte di cuoio e un paio di spade, arretrarono di fronte al vecchio magro e deciso che avanzava fendendo in due la folla. Aveva una fronte esagerata o un gran principio di calvizie per quei capelli, nessuno lo sapeva. Era a capo degli Agresti e Bestiari della Contea, molto potente pur non essendo nobile, e tuttavia si dichiarava contro il governo del Conte Clove a suo rischio e pericolo. Non che ne esistesse, ma il Decano contestava la sua capacità di comando, fin da quando aveva cacciato il Sacerdote del Demiurgo, definendolo "radicale", e la sua politica pacifista, fin troppo fedele alla regina e poco dura nei confronti delle Streghe.
- Cato!- esclamò Eliah contrariato; - Quei cittadini hanno gli stessi tuoi diritti di pronunciarsi.-
Lui allargò le braccia, fintamente sorpreso:- Qualcuno mi ha bloccato? Non mi pare. Devo pronunciarmi con voi in privato.- 
Pochi cittadini chiedevano quel diritto. Perché pochi avevano segreti da esporre. Nel caso di Cato, intuì il Conte, lui sapeva.
Sospirando, esclamò:- Ebbene, che tutti escano.-
Uscirono tutti eccetto lui, Cicero, il simpatico Cato, e Corvina. Eliah non se ne preoccupò: sapeva che gli Spaesati erano legati alle legge del silenzio, ovvero, potevano narrare solo quello che mettevano su scena. Fare diversamente poteva dire rovinare per sempre la propria carriera.
Cato iniziò turbolento:- Bloccare i passaggi al confine proprio il giorno di rientro dei Bestiari con le mandrie e i greggi mi sembra una gran...-
Silenzio! Se sei venuto qui solo per qualche stupido bue, grandissimo Demiurgo... oggi non è il momento per gli scherzi. Cicero preparerà un lasciapassare per i tuoi. E ora sparisci!- Eliah non aveva voglia di discutere di economia in quel momento.
Ma Cato continuò imperterrito:- Il lasciapassare per gli affari della tua contea me li posso procurare da solo. Voglio sapere soltanto quale quisquilia ha rischiato di mandare il paese in rovina!-
Eliah stava seriamente per perdere di nuovo la pazienza: dovette farsi forza per non scendere a pestarlo, facendo scrocchiare le ossa dei polsi.
- La faccenda riguarda sia te che il popolo. Proprio non credo sia il caso di...-
Cato urlò:- Io sono la voce del popolo che non sai ascoltare. E pretendo sapere perché...-
- Drelimer è morta!- urlò a sua volta Eliah alzandosi dallo scranno verde.
Il silenzio divenne quasi palpabile, finché Cato non sussurrò furioso:- Colpa vostra!-
Eliah alzò un sopracciglio a metà tra il divertito e l'iracondo:- Prego?-
- Se voi aveste osato ai tempi quando il popolo e noi proponemmo di lasciarvi la nostra forza per sconfiggere e scacciare le Streghe al confine, niente di tutto questo sarebbe...-
- Taci!- tuonò Cicero per la prima volta; - È proibito da sua Altezza Serena salvo che per atto di difesa attaccare con il Rexum!-
Il Rexum era una forza complicata da mettere in atto. Ideata in passato quando i Conti combattevano contro i nemici vicini, il Signore in questione usava la forza dei suoi uomini per scendere in battaglia da solo. Molte eroiche battaglie erano state vinte senza esercito così, ma numerose vittime erano morte perché i Conti avevano sfruttato troppa energia, prendendone più del necessario. Ragion per cui i Cïvostni ne avevano vietato l'utilizzo tranne che per legittima difesa.
- Inoltre, non vi sono prove che siano state Streghe!- proseguì Cicero.
- Alexej non avrebbe esitato...-
Eliah esclamò tirando un pugno alla colonna, scendendo davanti a lui:- Alexej non avrebbe esitato a uccidere la figlia del Capo Agreste, Cato!-
- Non sono normali i suoi deliri...-
- Ma nemmeno sono i deliri di una strega!- sbottò il Conte, ritornando al suo schienale.
Cato fu imperterrito:- Io dico solo quel che il popolo pensa. Da quando ci siete voi su quello scranno, le Streghe hanno ricominciato ad attaccare.-
Eliah lo ignorò bellamente, l'ultimo conmento, e ordinò, sedendosi:- Riferisci stasera che tutti vadano alla casa di Drelimer, stasera. Cicero là spiegherà tutto. Non una parola prima di allora.-
Cato parve sorpreso:- Ve ne andate in un momento così difficile?-
- Stare qui non aiuterà. E ci sono cose che Sua Altezza Serena deve sapere. Così come il Consiglio.- 
Poi disse, quasi a sé stesso:- Migliaia di anni senza che una Fata venisse toccata... E doveva capitare a Drelimer. E a me.-
Un leggero colpo di tosse fece girare i presenti verso Corvina, che si atteggiò in un inchino e disse:- Se posso essere d'aiuto, mio Lord e signori... La mia carovana non può mai viaggiar da sola senza della protezioni. E come sapete, dobbiamo aspettarci ogni tipo di attacco.-
Cicero annuì, chiedendo:- Ebbene?-
- Le nostre tende del Carro sono fatte Capelli d'Ortica, signore. E questa mattina avevamo trovato una piccola sorpresa aggrovigliata tra di esse.-
Eliah alzò la fronte sorpreso:- Streghe? E perché non me l'avete detto subito?-
- Era mia intenzione farlo per cena nel tentativo di farle cantare adesso, mio Lord...-
Eliah si accigliò:- Vi ricordo che non è più Alexej, qui, a comandare! Gli interrogatori son condotti da me. E le torture sono proibite. Conducetele davanti a me, subito.- ordinò sbrigativo.
E mentre la sorridente Corvina chiamava le ancelle, Eliah aveva l'impressione che, piuttosto che risposte, altre domande si sarebbero accavallate alle altre. Ma se quel che pensava era vero... Aveva un piano.

Note dell'Autore

* Scacchiere: Termine con cui si indica una riproduzione fedele dei territori e avvallamenti di Gadriel con tutti i suoi confini e contadi.

**Carpeto: Pianta il cui frutto, sebbene amarissimo, è molto nutriente. Molto diffuso a Gadriel per ragione delle sue fogloe, che creano un ambiente più fresco in vista dell'estate.

Angolo autore: E dopo migliaia di anni rieccomi! Scusatemi immensamente per il ritardo. Ma sapete come si dice... Chi ha tempo non aspetti tempo. E io ho fatto un capitolo un po' più lungo in risposta al capitolo più corto della volta scorsa. Spero solo possa piacervi. A risentirci! E ditemi cosa pensate!

 

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Capitolo 5
*** Cuori che sanguinano ***


CUORI CHE SANGUINANO


Le streghe erano avvolte in mantelli scuri, molto malridotti e ampi. Anche troppo vecchi per ragazze della loro età e il Conte suppose fosse per mascherarsi.
Una di loro sembrava arrivata alla maggiore età, dalla pelle ambrata e il viso tondo tipico delle giovani. Meno tipici erano quegli zigomi sporgenti e gli occhi talmente infossati da scomparire alla vista dei più, senza contare il fisico mascolino e sproporzionato di quella donna, con le spalle larghe, i muscoli sporgenti e i fianchi stretti. Dal cappuccio spuntavano ciocche di capelli castani tendenti al colore rame, ma non sembravano raggiungere i dieci pollici di lunghezza. Nonostante la giovinezza evidente, era una ragazza cupa, e le rughe intorno al viso la rendevano più vecchia di quanto poteva essere.
La ragazza al suo fianco sembrava essere ancora un adolescente e fissava tutti con il preciso tentativo di ucciderli con lo sguardo. I capelli erano bianchi come quelli di Eliah, ma resi spettrali dalla lunghezza e dalla boccolatura. Il viso era come quello di qualsiasi altra ragazza, ma sullo zigomo destro portava una stella dipinta di coloro nero.
Il simbolo delle Yaga... Pensò Clove sorpreso. E fu basito ancor più nel vedere ancora i Capelli di Ortica avvolti intorno ai loro polsi. I Capelli di Ortica erano l'unica arma per debilitare il potere delle streghe all'interno di esse, anche se nessuno sapeva il perché: le corde erano l'unico rimedio efficace, perché in mistura o in stato gassoso perdevano il loro potenziale; assomigliavano ad ortiche, ma a differenza delle loro parenti a stelo, erano rosse e si comportavano come rampicanti o licheni. Solo al vederle, a Eliah ribollì il sangue: era incredibilmente doloroso tenerle ai polsi per le streghe, e sconsigliato per streghe giovani. Troppe erano le testimonianze di streghe morte per eccessivi usi di quelle corde.
Ordinò:- Mettete loro corde di canapa sui polsi. E togliete loro quella roba. Ora.- Il tono di voce era rauco e non ammetteva repliche. Tanto, lo avvertiva che il cuore di quelle streghe era innocente. Ribolliva di rabbia, certo, ma non di cattive intenzioni.
Cato si fece avanti imperioso e furente:- Concedete misericordia a certe arpie?- Intanto le guardie si affrettavano a provvedere agli ordini.
Eliah si limitò a mugugnare in risposta:- Lo Jraki sciocco affonda con la sua barca, Cato e, francamente, io non so nuotare. Su un mare come questo, poi...-
- Ma sono le uniche che possano aver...-
- Come vi chiamate?- Chiese deciso e gentile lui, interrompendo Cato e rivolgendosi alle streghe.
La giovane strega arrossì in viso e borbottò:- S...Seraphyne.-
La donna, invece era gelida:- Jzaley.-
Eliah annuì:- E che cosa eravate venute a fare qui, esattamente? Non è venuta una decana con voi?-
L'albina urlò, ancora più rossa:- No! Non rivolgeremo una parola a mostri come...-
- No. Siamo venute per conto nostro.- Il commento freddo di Jzaley interruppe Seraphyne, che la fissò basita.
- Da quale strada? Le montagne? O l'entroterra?- chiese lui. Le streghe attaccavano da ambedue le zone, ma se venivano dalle montagne dovevano aver visto qualcosa... Qualsiasi cosa.
Corvina si alzò timidamente e si inchinò:- Signori... Io vado nelle mie stanze. Buon pomeriggio.-
Una volta che i saluti di rito finirono e si fu allontanata con le ancelle, Eliah parlò ancora alle streghe:- Allora? Mi serve una risposta. E siate sincere...-
Seraphyne provò, incrinando la sua anima con una bugia che il conte notò subito:- Monta...-
- Entroterra.- Jzaley gelò di nuovo la compagna.
Elia sospirò. Non erano colpevoli, in apparenza, ma nemmeno erano testimoni.
- E perché siete state sorprese a rubare nel carro della Testa di Drago?!- chiese astioso Cato.
- Cato! Faccio io le domande qui!- Il pugno del Conte batté una volta sola sullo scranno.
Seraphyn si fece avanti:- Siete in errore. Raccoglievamo erbe intorno al carro e loro credevano rubassimo. Siamo innocenti.-
- Innocenti! Siete innocenti anche di decine di uomini, donne e bambini uccisi dai vostri attacchi?!- Cato urlava sempre più forte, in risposta alla proteste di silenzio di Cicero.
Seraphyn era livida:- Come osate accusarci di questo?! Voi piuttosto avete mandati i vostri scagnozzi in cappuccio a uccidere streghe innocenti nel cuore della notte!-
- Basta così!- Eliah si alzò talmente in fretta da far sobbalzare anche le streghe. - Le interrogherò nelle mie stanze. Da solo! E non dite che è insicuro perché so difendermi!-
Cicero si fece avanti:- E se andasse nel boschetto qui vicino, il mio signore? Lontano da sguardi indiscreti?-
Le guardie gli porsero una balestra, ma lui scosse il capo:- Datemi le loro armi, piuttosto. Se le riterrò innocenti, le libererò al confine.-
- Non avete il diritto...-
- Ne ho ogni diritto, Cato. E non voglio sentir cori di protesta per colpa tua qui.-
Cicero si chiese se davvero era jna buona idea. Vedendo il rossore di Cato, preferì dirsi di sì.

Il Bosco dei Caduti era tutto meno che un bosco. Era una radura arida, resa simile a un bosco solo grazie ai rampicanti che si erano formati, spessi come macigni, intorno a quello che restava degli alberi dopo l'ultimo attacco massiccio dei Draghi. Nessuno che conoscesse il percorso poteva ritrovare la strada del ritorno, a causa del labirinto intricato che si era formato in duemila anni.
- Il luogo perfetto per un'esecuzione.- commentò Jzaley una volta che furono arrivati al centro della radura. Le piante grigie e apparentemente senza vita si intrecciavano tra loro a circolo, impedendo ogni visuale dall'esterno verso l'interno o viceversa.
Eliah non disse nulla. Si limitò a prendere un coltellino dalla tasca e tagliare le corde che tenevano ferme le ragazze.
L'albina era sorpresa, mentre si massaggiava i polsi:- Ma perché...-
- So che non siete voi le colpevoli, Seraphyn Yaga, figlia di Silas Yaga.-
La giovane arrossì dalla rabbia e dall'imbarazzo e prima che una di loro potesse parlare, il Conte chiese:- So che potreste essere confuse, ma dovete ascoltarmi. Drelimer, la fata nata dal vento, è stata uccisa.-
- Opera vostra, suppongo.-
- No, Jzaley. È stata chiaramente una strega. Vi dice niente Mi-Düsah?-
Per un lungo istante la valle venne avvolta dal silenzio. Poi, scoppiò il chaos. Due o tre frecce si conficcarono nel punto in cui Eliah si sarebbe potuto trovare se non si fosse spostato con un salto, mentre un sibilo annunciò che qualcosa volava verso la sua testa. 
Una volta rialzatosi da terra, vide un falcione inastato a un pelo dalla sua faccia, mentre Jzaley commentava:- Scusaci... Ma io non ti credo.-

Il rumore del pugnale insanguinato che cadeva fece girare a tutti la testa verso il conte. Era cupo, come il colore del fango e delle foglie appiccicatesi ai suoi vestiti.
- Non mi hanno lasciato scelta.- fu il suo unico commento.
Cato parve far finta di preoccuparsi:- Il mio signore è ferito?-
- Il mio animo sanguina, Cato... Solo quello. Non ho ottenuto giustizia. Cicero!-
Il super partes fu subito al suo fianco e il conte sussurrò:- Io... Vado a Pheò. Prenditi cura di Mitio. Tornerò il prima possibile. E non scordarti il funerale.-
- No... Dovreste esserci voi, signore.-
Eliah sorrise, abbracciandolo:- So che dirai quel che è giusto. Arrivederci, Cicero.-
E il castello piombò nel silenzio, interrotto solo dal rumore dei passi del ragazzo che si dirigeva verso la Torre Rossa.

Quella sera, dopo la cena, molto parca, Mitio scese in silenzio per dirigersi al funerale, a cui tutto il villaggio avrebbe partecipato. Drelimer era amata da tutti. A tutti sarebbe mancata, dai bambini a Lesta Marla. Solo Cato e i suoi amici la consideravano indifferente come perdita, ma non potevano perdere la faccia davanti a tutti e quindi era un appuntamento obbligatorio per loro. A Mitio un pochino dispiaceva: Cato, da quel che aveva capito, era un uomo razionale, con un cervello incredibile. Cervello che era andato nel momento in cui la figlia era stata uccisa da una strega. Da allora aveva assorbito gli insegnamenti di Alexej come una spugna, e ora, pur non essendo un suo accolito, credeva fortemente nel cambiamento che l'Inquisitore poteva portare a Gadriel.
Mentre usciva fuori, vide l'unica persona sua coetanea che piangeva di fronte al silenzioso corteo che andava formandosi sulla strada principale e le si avvicinò con un triste sorriso.
- Seyde...-
Lei gli buttò le braccia al collo:- Mitio... Chi ha potuto fare uno scempio simile? Chi...?-
La fissò in un istante, e gli parve un eternità: i suoi timidi lineamenti di adolescenti erano incorniciati da un quadrato di capelli corti e biondi, e quegli occhi a mandorla di un verde vivace, da cui le lacrime scendevano ininterrotte.
La strinse di nuovo a sé:- Non lo so; ma ti prometto che Eliah scoprirà il colpevole. Ad ogni costo.-
Seyderlenti si scostò piano:- Mitio... Mi dispiace. So che tu e il conte ci eravate molto legati.-
- Ho perso un pezzo della mia famiglia oggi. E spero tanto che questa storia finisca.- Si asciugò rozzamente le lacrime, poi si avviò insieme a lei. - Come ve l'hanno riferito?-
- Cicero ce ne ha parlato durante l'ora di pranzo. Un gesto crudele, credo. Mio padre non ha toccato cibo, oggi.-
- Doveva essere sicuro che sentiste tutti. E non potevamo mandare messaggi: avreste potuto prenderli troppo alla leggera.-
Seyde annuì, in silenzio: era figlia di Agreste, e un giorno sarebbe stata un'ottima donna di casa, ma dimostrava molta più maturità dei suoi coetanei. Loro pensavano solo alla guerra, per risolvere tutto, mentre lei ribadiva che la pace era la chiave. La ammirava per questo.
Cicero li fece radunare davanti al pilastro di Kyton, dove il grande condottiero pianse per la morte della moglie e fece erigere quell'obelisco in suo onore. Da allora il popolo di Drabirut e Dolgia si radunava lì a piangere le più gravi scomparse.
Una volta che i carri finirono di riportare le persone dei paesi limitrofi a Dolgia, il super partes iniziò a parlare:- Amici... Siamo qui riuniti e solo i nostri cuori vorrebbero il contrario. Solo una disgrazia poteva costringere i nostri infanti ad essere strappati al sonno di questa notte per piangere tutti insieme di fronte a questo sasso, davanti al quale duemila anni di lacrime narrano la tristezza della nostra città, al cui ramo si aggiunge la triste e rimpianta foglia della nostra cara amica e confidente Drelimer. Si dice che al momento della morte, una fata ritorni tra le braccia della sua madre, abbandonando come un bacio la terra a cui viene legata per venire disprezzata dalla crudeltà di noi essere umani. Ma ben altra crudeltà ha impedito alla nostra Fata dei Venti di ritornare alla sua brezza rigeneratrice. La crudeltà di una Strega.-
Il brusio del popolo si perse tra i pianti dei bambini in lacrime. Anche le Leste piangevano, sebbene in silenzio.
Cicero sospirò, prima di continuare:- Una volta ebbi l'occasione di parlare a questa celestiale creatura, e le chiesi se avesse idea di come sarebbe finita questa serie di schermaglie assassine. Lei mi disse: 'La pace apre molte più porte di quante non ne spalanchi la guerra'. Ora, le sue parole sono state vane? La sua morte, come quella dei nostri figli e mariti, figlie e mogli, è avvenuta per una pace vana? Se volete che ve lo dica, ve lo dirò. Sì. È stato tutto vano, finora. Potrei dirvi che questo non ci deve abbattere e che dobbiamo aspettare la fine del freddo per vedere il sole, ma il vostro e il mio cuore sta gridando basta. E ora lo gridiamo pure noi. Basta! La colpa di chi è? Del conte? È colpa di questo novellino che, saltato fuori dal nulla? Certo. E il cambiamento tarderà ad arrivare fintanto che lui non prenderà posizione. Invecchieremo di un altro giorno prima che accada e non possiamo aspettare quel tempo. Ma il cambiamento non lo prenderemo da lui, né lo prenderemo con la forza. Quietate la furia del vostro cuore e pazientate. Quando il cambiamento arriverà, voi lo capirete. E deciderete voi il vostro futuro. Il futuro in cui, se Eliah Clove esiste o no, sta a voi volerlo.-
Mitio era sconvolto. Il tono di voce dell'Oratore aveva assunte toni bollenti e decisi, sebbene distaccati e il messaggio era chiaro: voleva rivoltare il popolo contro Eliah!
Si voltò intorno, esterrefatto: Cato era imperscrutabile, Seyde aveva gli occhi sbarrati, e la sua amica "semi" immaginaria, seduta sul pilastro, si limitò a mettere l'indice sulle labbra, incurvate in un sorriso.
Mitio si trovò a pensare: Eliah... Torna presto.

Angolo autore: Eccomi di nuovo! Lo so... Molti dubbi potranno nascere dal capitolo, ma fidatevi se vi dico che tutto ha un senso, anche se per ora pensate abbia il contrario.

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Capitolo 6
*** Il Consiglio dei Conti ***


IL CONSIGLIO DEI CONTI



Eliah fu svegliato dal soffio leggero della brezza mattutina, gelida, che passava insistemente attraverso una fessura della finestra. Si alzò dal suo letto imbottito, un lusso che lui faticava a fare suo, e dopo un lungo sbadiglio, spalancò le imposte. Era l'ultimo mese del Nibbio, e mancava poco prima di arrivare al Niveo, eppure Pheò sembrava ancora immersa nell'estate cocente, con quel sole caldo che emergeva da dietro la cupola del palazzo.
Pheò non era solo una città a Corndwem, era la città. Il complesso esagonale della città partiva da sotto terra, dove i condotti si allungavano dalle falde acquifere, nei quali secoli prima Kyton I Ömre e i suoi uomini si nascondevano per sfuggire ai Draghi, per poi seguitare nei colonnati di Bronzo che circondavano l'interno delle mura della città. Le mura erano vaste, e avvolgevano un area immensa, nella loro imponenza di 20 metri di roccia liscia. Sui merli incavati verso l'esterno a triangolo stavano appoggiate le sentinelle, con le loro armature grigio splendenti e l'elmo di celata con i raggi di metallo incesellati sul pennacchio. Le sei torri di avvistamento, legate strutturalmente alle mura, erano piccole, ma molto più massiccie delle stesse mura e si disponevano in ogni angolo della struttura di Pheò. La struttura delle abitazioni della popolazione, per lo più ancora assonnata, era proprio simile a un castello, con un ponticello arpionato su un laghetto di Vermi Termiti intorno: Pheò era stata pensata apposta come ultima speranza degli uomini liberi, ragion per cui, disse Mernwo Cïvostni, "di ogni casa farò una fortezza". Questo spiegava perché la maggior parte delle abitazioni, sebbene curata dalle Leste di Ghef, fossero vuote: in caso di pericolo, gli abitanti delle altre contee avrebbero potuto prendere dimora lì.
La città era divisa in tre zone: la Zona Popolare, dove la case si intersecavano in un discontinuo andirivieni di fontane pubbliche; la Zona Mercato, dove Locande e Vivandieri di strada si davano battaglia per i soldi e non solo; infine, la Reggia.
La Reggia era fatta interamente di Marmo Rosa intervallato dal Rosso, con grandi colonne rivestite d'oro davanti all'ingresso principale e il capitello a forma di sole, simbolo dei Cïvostni da tempo immemore. Il portone era di Bronzo puro e alto il doppio delle colonne, insistentemente sorvegliato dalle guardie. In cima al portone, poi, accarezzato dai raggi del sole, stava il Celeste. Unica pietra di quel tipo in tutta Gadriel, era una rifrazione di bellezza azzurra, capace di riflettere la luce del Sole al massimo splendore, tanto da accecare gli occhi di chi la fissava; usata per l'illuminazione serale, spesso veniva usata come arma per accecare i nemici che si avvicinavano al portone. Anche se, si disse lui, non avrebbero mai potuto oltrepassare la barriera.
La Barriera del Diritto, invisibile a occhio nudo, era la migliore difesa del regno, capace di respingere ogni invasore animato esistente. Per ogni Conte ufficialmente accettato in carica, un pezzo della barriera si ergeva ritto e imponente, così come si rompeva ogni qualvolta un conte moriva, tradiva o abdicava. La fonte stessa era il Rondò base di fondo delle contee, per questo ogni Conte cercava di mantenere alto il livello di moralità nel paese.
- Con scarso successo...- Sussurrò Eliah tra sé e sé...
Si disse poi di avere fame e, dopo essersi vestito, si diresse alle cucine, con Glyfa che lo seguiva svolazzante. La torretta del castello dove stava lui era la terza di trenta a partire da sinistra e dopo una lunga rampa di scale si affacciava all'immensa sala che rappresentava la cucina più organizzata del regno. Gli odori erano quasi sempre gradevoli all'olfatto, ma molto spesso il cibo era troppo raffinato per un personaggio di Drabirut come lui. Puntava spesso alla sostanza più che alla qualità, ma era una politica, a Pheò, che girava a favore del popolo. Poco cibo per la corte, ma raffinato ed elegante: inutile dire che quasi tutti i dignitari erano scheletrici o andavano spesso a comprarne altro al mercato.
Mentre Eliah pensava a questo e al doppio zabaione che voleva gustarsi in santa pace, non si accorse del cesto di vimini dove andò a inciampare da un momento all'altro. Dolorante a terra, poté pensare solo un nome, mentre rialzava la testa e fissava il suo compagno dalle orecchie a punta.
- Gavariel Va Roche! Ho una gran voglia di infilzarti...-
- Eliah Clove! Non ci riusciresti. E per l'ennesima volta, se siam da soli, chiamami Gavroche!- commentò lui, ridendo e allungandogli la mano per farlo rialzare.
Quell'eterno buontempone dai capelli verde rame, corporatura leggermente minuta, occhi vispi e neri, orecchie a punta e vibranti, vestito di abiti poveri e ricercati, seri e bislacchi allo stesso tempo (con quegli stemmi altisonanti e le trombette da tasca sui risvolti delle maniche), era uno dei migliori amici che Eliah avesse mai considerato tali. Era il Conte di Loov, il paese dove la Festa delle Maschere era più sentita e raggiungeva il culmine del divertimento dopo che le carovane compivano i loro annuali giri; il paese, quindi, dove l'allegria regnava sovrana, tappa ambita da molti reduci di guerra ormai arrivati alla pensione e in vena di rilassarsi giovalmente.
Era anche il figlio in Linea di Sogno di un Folletto e di una Fata. La Linea di Sogno, aveva scoperto Eliah, era la via di nascita più diffusa di Gadriel, un tempo, ma con il tempo il desiderio di carne della lussuria dell'epoca e la mancanza di ideali fissi aveva quasi del tutto sradicato quella via dal cuore umano.
Gavroche era stato il primo di tanti passi in avanti della famiglia Cïvostni, quando lo avevano eletto Conte di quel terreno benedetto dalla gioia. Alexej covava e mostrava molto astio e pregiudizio nei confronti del ragazzo, astio che, dopo la sua prigionia, aveva di per sé confermato la sua reggenza sul Seggio dei Folli, come veniva detto.
- Ti sei alzato di tre spanne, birbante Dolgiano-, esclamò ridendo il verdino, con un sorriso a trentadue denti immacolato.
- E a te è finalmente spuntata la barba-, disse l'altro ridacchiando e indicandogli la piuma su una guancia.
Se la tolse con uno sbuffo, gonfiando il petto:- Sappi che ho lottato eroicamente per prepararti lo zabaione-.
- Litigare con una chioccia lo chiami 'eroico'?- Un altra risata e sarebbe scoppiato. Gavariel era un toccasana per lui, in momenti come quelli.
- E con la cuoca. Voleva fartelo lei e in quella pentola infernale. Ci sono voci che affermano che dai tempi dell fondazione della città non l'abbia mai lavata!- aggiunse sottovoce.
- Ma dai! Sarna non è così vecchia...-
- Ti dico che la videro i Draghi e se la diedero a gambe! Non sottovalutare il potere dei suoi biscotti-.
Il Conte Clove inarcò un sopracciglio divertito, superandolo e sedendosi su un sedia vecchia ma decorata finemente:- Sei stato male per aver fatto indigestione dei suoi biscotti e le dai la colpa?-
- Certo! Li avrà senz'altro avvelenati- concluse lui, superando il fracasso delle pentole sbattute nel forno dalle cuoche, prima di porgergli una ciotola di legno con il suo zabaione spumeggiante. Era saporito e spumoso e gli diede un sacco di energie solo un sorso di quel portentoso succo.
L'altro si sedette davanti a lui e, mentre offriva una ciotola di nettare al piccolo Valciper, osservandolo bere domandò:- Quando hai intenzione di superare la Maturità, tu?-
Eliah interruppe la colazione, accigliandosi. La Maturità era un argomento molto delicato. Un migliaio di anni fa, di fronte ai numerosi abusi eseguiti nei confronti di ragazzi di minore età, seguendo i consigli dei Pensatori e i Socializzatori di Corte che adducevano la cosa a una mancata crescita effettuata con tutti gli insegnamenti necessari o una mancata maturità di fondo, il re prese una decisione: fu raggiunto un accordo con le streghe, che eseguirono un incantesimo particolare: nessun essere umano, in tutta Gadriel, sarebbe cresciuto dalla condizione di bambino se prima non avesse raggiunto la maturità necessaria per diventare adulto, in modo tale da superare facilmente i traumi infantili come per impedire a persone potenzialmente pericolose di arrecare danni. Una volta superato il passo di crescita, attraverso un complesso rituale di promessa, si raggiungeva in corporatura la propria età effettiva. Eliah dimostrava ancora dodici anni, ma ormai era quasi un uomo.
- Se il Demiurgo vorrà, lo saprò presto, amico mio- rispose il Dolgiano finendo lo zabaione.
Gavroche gli allungò sospirando una fogliolina, dicendo:- Mastica. È menta. Serena e gli altri ci stanno aspettando.-
- Ah. Eri incaricato di far la spia, allora- commentò lui masticando la foglia velocemente per poi sputarla
Il Conte di Loov sbuffò in un modo che sembrò una pernacchia, poi lo tirò in piedi spingendolo verso il corridoio principale:- Muoviti, su. Catilina era intenzionata a decapitarti-.
- Avrà dormito male...- commentò lui in risposta.
Arrivati alla scala a chiocciola che conduceva alla Sala dei Conti, Eliah non si trattenne dal chiedere:- Come sta Serena?-
- Come vuoi che stia? Il regno è contento, i cittadini pure, nessuna guerra... È gioiosa come il sole in Afoso!-
A quelle parole Eliah si sentì un po' in colpa. Nonostante fosse la sua Regina, considerava Serena come una sorellina, molto più matura di lui, sebbene pure lei non fosse ancora così matura per crescere. E il pensiero di portarle una notizia così triste e preoccupante lo face solo infuriare con sé stesso, tanto che dovette calmarsi un attimo fermandosi sulla tromba delle scale, poi riprese il percorso.
Una volta arrivati agli imponenti portoni di mogano, Eliah disse a Glyfa di aspettarlo fuori, poi due Guardie Pheoniane aprirono loro il passaggio. La tavola rettangolare con lo Scacchiere dipinto sopra era circondata da otto sedie, di cui sei erano già occupate a partire da sinistra: Sir Breunor Niol conte di Arifac, nel suo completo di cuoio grigio; Sir Itia, Conte di Turiao, con il suo mento lungo e affilato, di modi gentili e con le sue dita affusolate, seduto elegantemente a tirare dei fili invisibili; una sedia vuota per Loov di Gavariel; una sedia era poi occupata parzialmente da Catilina, la Contessa di Giesbilta, i cui piedi erano appoggiati sullo scacchiere, nel Mar di Marcos, il viso incorniciato dal suo corto caschetto biondo; un altra sedia vuota, la sua, verso cui iniziò a dirigersi; nel farlo osservò l'altro vicino di posto, il Conte di Barynilt, Dalagha, con un viso anziano incorniciato dai suoi capelli grigio-scuro; Elizabeth Negeto, Somma Masi e signora di Tena, chiudeva il giro dei Conti, nell'abito più sfarzoso trovato nel suo arnadio. E Serena, la gloriosa Regina Bambina, nel suo abito a sbalzi bianco come il latte, in contrasto con il roseo acceso della sua pelle, sembrava essere il sole della sala immersa nel silenzio.
Nel vederlo sedere, gli regalò un bellissimo sorriso, esclamando:- Il mio conte preferito, finalmente. Bene, ora ci siamo tutti. Dichiaro aperto il Consiglio dei Conti-.
- Ora mi sento geloso, maestà...- disse divertito Gavariel sul suo posto.
Catilina sbuffò, con i suoi modi da contadina:- Che cretinata. Potevamo fare questa riunione nella mia stanza, o potevate avvisarci con un messaggero. Tanto lo so che è Itia, che tenta di renderci 'sensibili' al problema delle restrizioni dei Coniatori. Ne abbiamo già parlato due giorni fa-.
Itia sorrise mellifluo:- Non vedo alcun male nel riaprire la questione, personalmente-.
- Sono stato io a richiedere il Consiglio, Catilina. Per due motivi: è in pericolo il regno e nessuna parola di quelle che pronunceremo lascerà la stanza-. Eliah era stato freddo e distaccato a parlare, sebbene gli tremassero le gambe al pensiero di quanto stava per dire, ma doveva indirizzare l'attenzione verso di lui: se Catilina ed Itia si mettevano a litigare, era la fine per tutti loro; almeno, diplomaticamente parlando.
La signora di Tena non poté evitare di notare un dettaglio:- Ti vedo pallido, Eliah. Che ti è successo, figliolo?-
Dalagha sbuffò, annoiato:- Giovani poppanti. Un po' di vino e passa tutto.-
- Non credo si tratti di salute, amico mio.- sussurrò Breunor dall'altro lato del tavolo, accarezzandosi la barba.
Eliah sospirò, prima di dire:- Drelimer è stata uccisa-.
Le reazioni furono delle più disparate.
Breunor si alzò in piedi urlando:- Cosa?-, il colorito del viso di Serena sparve, Elizabeth strinse i pugni avvicinandoli, le nocche rivolte verso l'alto, come era solita pregare il Demiurgo, Dalagha strinse furioso un bracciolo, Catilina era a un passo dal dichiarare guerra a qualcuno, ma fu Gavroche che, avvicinatosi al Dolgiano, lo scosse come un fuscello, sbottando:- Perché non me lo hai detto, maledetto tra gli uomini? Perché hai lasciato che ridessi e scherzassi quando una delle persone che più contano ti ha lasciato, razza di stupido?-
Lui lo fissò, lucido nello sguardo:- Troppo ho pianto ieri notte... Non potevo parlare con il rischio di essere ascoltato dai popolani e non potevo vedere il mio migliore amico e aiuto morale crollare come me. Non ora...-
- Arrogante, egoista e stupido figlio di...- Gavroche lo strinse in un abbraccio fino a togliergli il fiato.
- Non ti azzardare mai più a ridere in un momento simile-, gli ingiunse con un sussurro.
- Non faccio promesse: non so mantenerle, ricordi?- disse lui in risposta. Erano alla stessa altezza e a Eliah causava emozioni contrastanti pensare che prima era lui che superava l'amico in altezza, nonostante fosse sempre stato sempre Gavariel il più maturo tra i due.
Serena sospirò, dicendo:- A nome di tutti, ti faccio le mie condoglianze, Sir Clove-. L'albino sapeva che, se avesse potuto, si sarebbe alzata a stringergli le mani con affetto, ma la regalità imponeva altrimenti.
- Immagino che i tuoi uomini siano già alla ricerca del colpevole- aggiunse Itia, mellifluo, la persona più tranquilla nella sala, sul confine dell'apatia.
- Per questo sono qui. Drelimer ha detto tre cose prima di morire- enunciò Eliah mentre Gavroche tornava a sedersi.
Catilina era fremente sul suo posto:- Insomma, Eliah! Chi cazzo ha fatto questo?-
Itia alzò le mani, quasi a infondere quiete:- Pace, Catilina Nama. Sono certo che Eliah vuole arrivarci con calma per mantenere noi e lui razionali. Dico bene?-
- Più o meno Itia. Preferisco procedere con ordine. Anzitutto, una conferma...- commentò sedendosi sul suo posto; - Confermate che Calpurnia non è stata avvistata in questi mesi?-
Scossero quasi tutti la testa, tranne Itia, che fissava insistente Catilina, e Elizabeth, che sussurrò:- Un avvistamento di Iscari sulle montagne... Ma non so se crederci o meno.-
Dalagha sbuffò irritato, accarezzandosi il mento:- Quindi questo vuol dire che Calpurnia si sta muovendo-.
- Già. La gente teme di parlarne ad alta voce quando passa davvero. E ci sono pochissime voci, al momento.-
Eliah annuì, per poi schiarirsi la voce e affermare ad alta voce:- Poche cose ha proferito Drelimer poco prima della sua dipartita: la prima che mi preme maggiormente, era di avvertimento. Disse... Che a Pheò c'è un traditore. E che in un mese sarà attaccata.-
Solo alla parola traditore, i suoi colleghi si erano fissati tutti in volto, rabbuiandosi: il significato di quelle parole, celato o no che fosse, aveva turbato tutti.
Serena chiese gentilmente:- Dunque tu affermi che la Barriera del Diritto, che protegge Pheò da secoli, potrebbe cadere? E quindi pensi che uno dei Conti potrebbe fare cedere il suo Rondò?-
- Non vedo altra soluzione se non quella che uno dei nostri stessi uomini sia un traditore che cospira verso la nostra vita. Itia, hai forse qualche suggerimento?- chiese Eliah fissando il conte di Turiao.
Itia si accarezzò il mento, ma scosse il capo:- Anche se nel caso un conte dovesse abdicare, uno pronto ci sarebbe a onorare il giuramento del precedente fino alla sua riformula. A meno che tu, Eliah, non venga spodestato dai tuoi stessi Drabirutani- soggiunse mellifluo.
Dalagha sbuffò, rasentando la potenza di un toro solo per il soffio:- Quindi dobbiamo agire stando all'erta...-
La Regina lo fissò benevola:- Con calma e raziocinio. Non voglio che la mia gente si metta in allarme senza motivo preciso-.
Breunor annuì semplicemente:- Una situazione assurda-.
Catilina fissò il compagno d'armi, corrucciata:- Cos'altro ti ha detto?-
- Mi ha dato un consiglio:- disse lui espirando pesantemente; - dobbiamo cercare di trovare un accordo con Diassa-.
Serena si accigliò, dubbiosa:- Eliah... Son passati anni da quando Diassa era l'Autorità delle Streghe. Forse che Drelimer intendesse Voisin?-
Catilina sbottò in risposta:- Stupidaggini! Drelimer e Voisin non potevano vedersi. E la Voisin rasenta il fanatismo anche tra le sue colleghe.-
Itia cercò un compromesso, alzando le mani:- Potremmo inviare delle lettere a entrambe per sicurezza. Che ne dite?-
- Un'idea come un'altra... Ma se Eliah non risolve la questione, lui che è al confine, bisognerà pregare per un miracolo- rispose ferma in volto Elizabeth.
Eliah ridacchiò nervoso:- Più facile a dirsi che a farsi. Non ho mai visto una strega in vita mia-.
Serena sospirò:- Di questo ne riparleremo con calma dopo io e Itia. C'era altro che Drelimer ti ha riferito, Eliah?-
- Sì... Un 'altro' molto problematico. Mi ha detto che dobbiamo seguire il monco-.
- Il monco? E chi sarebbe?- chiese Catilina pensierosa, stropicciandosi il mento con l'indice e il pollice.
Gavroche sussurrò, fissando Dalagha, il quale aveva serrato la mascella furioso:- L'unico monco di cui Pheò possa temere...-
Elizabeth sospirò, alzando le mani al cielo orante, prima di dire:- Hünter Mott-.
Breunor scosse la testa:- No... Non si è più visto dopo che ha tradito al campo di Kral. Non ha senso che sia tornato-.
- Ma perché seguirlo? E a che pro? Non trovo il nesso.- Serena era perplessa come i suoi conti, e non sapeva darsi pace nel suo scranno; il suo ginocchio iniziava a ballare ininterrottamente su e giù.
Itia ridacchiò, adagiandosi tranquillamente sullo schienale:- Chissà! Magari Drelimer stava solo delirando frasi senza senso. Non sarebbe stata la prima volta...-
Il volto di Itia scomparve sotto il groviglio di braccia che si protese per fermare Eliah, che lo fissava furioso e con tutta l'intenzione di ucciderlo, mentre Gavroche cercava di calmarlo:- Calmati, Eliah, per il Demiurgo, fermati!-
- Ti ammazzo, dannato verme, se osi insultare il suo nome! Capito? Ti ammazzo!- Scalciava furioso, sempre trattenuto dagli amici, finché Dalagha non lo rimise a sedere con un ceffone.
Gli disse:- Insulti tu il suo nome se non apprendi quello che lei ti ha insegnato. Basta arrabbiarsi.-
Fissò il ragazzo a un centimetro dal suo viso, soffiando:- Vuoi diventare l'uomo? Diventa più forte di questo. Se devi picchiare qualcuno fallo quando diventerai adulto, ragazzo-.
Eliah annuì metodicamente lento, ma continuò a tenere lo sguardo furente su Itia, il quale aveva solo una ruga in più sulla fronte rilassata.
- E meno male che avevi superato il problema, piccolo conte-. Itia rise, sgaiato e spensierato al pensiero di sette occhi che lo fissavano furiosi.
Furono quelli di Serena a mantenere la rabbia mentre lei stessa ordinava:- Itia! Se non devi parlare di un aneddoto che potrebbe portarci a un vantaggio sulla situazione, tieni la bocca chiusa quando parli di Drelimer. Subito dopo essere nostra amica era il nostro unico contatto con Ari Nais-.
Ari Nais era l'unica Fata che intendeva riportare Gadriel al Mondo degli Otto di una volta e chiedeva spesso di Drelimer come portavoce.
Itia ridacchiò ancora, misterioso, ma tacque. Fu allora che Irua, il Protettore della Regina, entrò nel salone a sussurrare qualcosa al suo orecchio.
Gavroche ne approfittò per sussurrare a sua volta a Eliah:- Per il Demiurgo, mantieni il controllo-.
- Ci proverei se Itia non incitasse all'omicidio-.
- Non ti stai nemmeno sforzando. Che cos'hai, contro Itia?-
Eliah gli rispose furioso con un filo di voce:- E se l'omicidio di Drelimer fosse stato commissionato da chi voleva impedire che i suoi piani venissero  svelati?-
Gavroche non fece in tempo a rispondergli, perché Serena li interruppe dicendo:- Scusate... Ma io e Irua abbiamo affari urgenti di cui discutere. Il consiglio è sciolto per il momento, ma vi pregherei di restare per questa settimana a Pheò-.
Tutti annuirono, chi più, chi meno. Elizabeth rivolse ad Eliah uno sguardo gentile mimando con le labbra "dopo" mentre Catilina lo trascinò direttamente fuori per il braccio approfittando della fuga dei conti verso la porta. Il pomeriggio di Eliah sarebbe stato molto turbolento nelle prossime ore, pensò il Conte di Drabirut.

Rieccomi! Quanto tempo... Troppo. Spero che adesso non mi andiate addosso per uccidermi. Vi chiedo sempre un commento proficuo da scrittore in erba ad altri, quindi tutti i complimenti del caso. Grazie e risentirci!

 

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