Atlantis

di balim
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


~Prologo~






La città era nel più completo delirio. Gli abitanti si riversavano nelle strade, sperando in una possibilità di salvezza dal cataclisma, correndo e disperandosi. C'era chi scappava,  tentando di portare con sé i propri beni più preziosi, e chi invece vagava, cercando disperatamente familiari o amici. I bambini urlavano, le donne piangevano, in un clima straziante, che sapeva solo di disperazione. Era sempre stato un luogo pacifico quello, sereno, nel bel mezzo dell'oceano. Non c'era mai stata una tempesta, o una difficoltà, che la popolazione non fosse stata in grado di affrontare, sebbene con grandi difficoltà. Eppure nulla poterono quel giorno. Il mare sembrava ingoiare ogni cosa, il cielo sembrava scomparso, e al suo posto era apparsa come in un'apocalisse, un'immensa distesa di acqua che si riversava verso la terra. Le abitazioni, in semplice legno, venivano spazzate via dal vento e dell'acqua come opere distrutte da un Dio furioso. 
Nella disperazione e calca generale, nel bel mezzo di un piccolo vicolo nel centro della città,  un bambino, immobile, fissava il vuoto, estraneo alla realtà che lo circondava. Gli occhi azzurri rivolti all'infinito, come decifrandone i misteri al resto del mondo sconosciuti. Completamente fradicio, aveva ciocche di capelli azzurri a ricoprire il pallido volto, frustrati dalla forza del vento. Eppure lui sembrava non accorgersene. 
"Kari, Kari!" urlò una bambina, la voce flebile che si disperdeva nella calca generale.
"Dobbiamo andare! Ti prego... che fai qui da solo? Ci aspettano, ti stanno cercando tutti, per favore andiamo. .. ti prego..." la bambina cominciò a piangere, tentando di smuovere il bambino, leggermente più grande, che non diede alcun segno di aver notato la bambina. 
"Kari ti prego, non c'è molto tempo, dobbiamo andare o moriremo tutti... il maestro non ci vuole tutti separati..." continuò la bambina, eppure Kari  non diede cenno di volerla assecondare. La terra cominciò allora a tremare, la pioggia si infittì ancora di più e il pavimento cominciò a creparsi.  Altre grida di terrore si alzarono e fu come se Kari fosse stato acceso. Con estrema calma cominciò a camminare,  gli occhi pieni di una strana consapevolezza. 
La bambina tentò di afferrarlo,  ma nel toccare il braccio del bambino rimase violentemente ustionata. Kari abbandonò il vicolo e dirigendosi nella via principale si fermò esattamente al centro. Fu allora che divenne incandescente, e da lui si diramarono fasci di luce accecante. La gente si allontanò, e fu allora che il tempo si gelò.  L'acqua rimase come cristallizzata,  il vento cessò,  la terra smise di tremare. 
Tutto fu luce, e Kari scomparve.
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Angolo dell'autore

Ciao a tutti! Intanto grazie per aver letto questo piccolo prologo, so che la descrizione della storia non aiuta a capire la trama della storia, ma spero che comunque possa incuriosire! Riguardo il prologo, so che è decisamente vago, ma non preoccupatevi, comincerà a essere tutto più chiaro con il primo capitolo.

Spero abbiate voglia di lasciarmi qualche parere, così che io possa vedere se questa storia potrebbe interessare a qualcuno :)

  vista la data approfittp per augurarvi di cuore un buon 2016.

Bacioni

Balim

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


●○Capitolo 1○●










"Smettila."
"No."
"Ho detto smettila."
"Ho detto no."
Una voce risoluta interruppe il battibecco:" Voi due là in fondo... Ne ho abbastanza dei vostri chiacchiericci,  o la smettete o vi sbatto fuori".
Sentendosi riprese le due ragazze si zittirono di botto.
"Ti avevo detto di smetterla." Disse in un soffio la ragazza dai capelli scuri, artigliando il suo astuccio e ponendolo tra i due banchi, come a chiudere definitivamente ogni contatto con la compagna, che dal canto suo era semplicemente divertita dalla situazione.
"Che ti frega scusa, tanto non sarai mai brava in matematica Jade... " Rispose infatti la bionda adocchiando il quaderno aperto davanti gli occhi dell'amica, nel quale più che appunti sui logaritmi, erano presenti disegni di ogni sorta, scarabocchi e veri e propri ritratti.
"Quello che faccio non ti riguarda Clara." esclamò allora Giada, per gli amici Jade, sentendosi effettivamente colta in flagrante, con somma soddisfazione dell'amica.
Clara fece ovviamente per rispondere, quando un libro sbattuto da due grosse mani sul banco fece zittire completamente le due ragazze, le quali alzarono lentamente gli occhi, già immaginando il motivo dell'improvviso intervento.
"Non mi sembrava di essere stato poco chiaro... Ma dato che le vostre menti sono così avanti da non aver bisogno di alcun tipo di spiegazione da parte di un normale professore come me, penso che Giada non abbia problemi ad andare alla lavagna e concludere l'argomento giusto?"
****
"È quello che stavo dicendo anche io... Ma ti sembra che io abbia tempo da perdere a studiare tutta quella roba? Io devo dormire!" Sosteneva infastidita Clara,  cicca in bocca e zaino in spalla.
Jade le stava a fianco. Si trovava in mezzo, schiacciata tra  Clara e un'altra compagna di classe.
Non sembrava dare troppo corda a Clara, tanto l'amica avrebbe continuato a parlare anche con un cataclisma in atto. Si sarebbe distratta al massimo solo nel caso le sue scarpe si fossero sporcate, non di certo  per la sua mancanza di attenzione.
Jade pensava ad altro.
Spesso le capitava di perdersi nei meandri della sua mente, perdendo di vista ciò che la circondava. Nulla turbava la ragazza, semplicemente era abituata a staccare il cervello quando i pettegolezzi diventavano troppo inutili. Tirò fuori una sigaretta e la accese, senza darle molta attenzione, un pò come per l'amica, che continuava imperterrita a parlare.
 Quando finalmente  le tre ragazze  si separano Jade fu libera di tornare a casa.
 La scuola distava circa 20 minuti a piedi, e a lei non dispiaceva camminare.
 Anzi, spesso, come in quel giorno assolato, preferiva allungare la strada percorrendo il lungomare del paese.
La sua era una città di modeste dimensioni.
Una lunga ma stretta striscia di terra su un isolotto, composta da una lunghissima strada che era il lungomare e numerose traverse che portavano poi nell'entroterra. Era spoglia d'inverno quanto ricca d'estate.
Grazie ai numerosi alberghi e al paio di villaggi turistici nel periodo estivo la città si animava, piena di turisti.
In quel periodi invece, gli ultimi giorni di settembre, la bella stagione stava finendo, e la vita turistica si era conclusa già da un paio di settimane.
Per i ragazzi l'estate era un sogno, arrivava sempre gente diversa ed erano molte le attività organizzate in spiaggia.
Ma così come l'estate era ricca di occasioni e vita, la fine del periodo estivo era deprimente, poiché oltre a decretare l'inizio del freddo portava anche l'inizio della scuola.
 Nonostante ciò Jade adorava la fine dell'estate.
Il freddo non era ancora invadente, e vedere le spiagge vuote e i lidi in fase di preparazione per l'inverno le piaceva, le dava un senso di pace, sebbene a un occhio diverso sarebbe potuto sembrare un periodo molto triste.
In quel momento aveva come unica compagnia lo sciabordio del mare, rumore che la aveva cullata sin da quando era in fasce.
 Il vento era forte, ma non violento, e alzava la sabbia della spiaggia, invadendo il lungomare piastrellato su cui passeggiava la ragazza. Il cielo era costellato di nuvole bianche, ma il sole era alto e ancora caldo, e creava dei riflessi meravigliosi sul mare, il quale variava dal verde smeraldo al blu scuro.
Le palme che dividevano la pista pedonale dalla strada vera e propria erano provate dall'estate decisamente calda appena trascorsa.
Tutto l'ambiente in realtà dava un senso di solitudine e tristezza, così vuoto e stravolto dalla fine della stagione.
Jade camminava invece con calma, in completa pace.
Notò che sulla spiaggia gli ombrelloni non c'erano più,  così come le sdraio, tutto era stato ritirato.
 La distesa sabbiosa appariva quindi infinita.
 Il vento aveva levigato la spiaggia, rendendola quasi una piastra liscia, interrotta solo dalle orme di quei pochi gabbiani che coraggiosi avevano tentato di trovare del cibo sulla spiaggia ormai vuota.
Se sulla sinistra erano presenti questi elementi marittimi, sulla destra erano presenti molte costruzioni che variavano dagli alberghi di lusso ai negozietti caratteristici, bar, negozi di abbigliamento, e oggettistica per bambini.
Jade preferiva decisamente ammirare il panorama alla sua sinistra.
Insomma arrivò finalmente a casa. Si trovava alla fine di una via, una delle numerose traverse del lungo mare, la strada principale.
I genitori erano al lavoro, e non avendo sorelle o fratelli si preparò un panino al volo e mangiò velocemente. I suoi possedevano un negozietto in centro di articoli sportivi, che in quella cittadina era prevalentemente dedita al nuoto, essendo appunto località marittima, alla vela e in piccola parte al trekking, grazie alle colline e alle montagne alle spalle del paese.
Lei amava quel piccolo negozio, era stato la sua infanzia, grazie alle infinite volte in cui i suoi la avevano dovuta portare, e anche le sue estati in età più avanzata. Quando non usciva con le amiche o studiava, spesso le capitava nel pienone del periodo estivo di dare una mano ad accogliere l'elevato numero di turisti in visita.
Quello non era però il periodo, motivo per il quale non c’era bisogno del suo aiuto in negozio, per questo  preparò la borsa, pronta ad andare in spiaggia. La riempì con un paio di libri scolastici, il suo Kindle, e un telo mare.
In pochi minuti fu fuori.
Uscita da casa sua, le bastò percorrere la stretta stradina per arrivare sul lungomare. Ciò che più piaceva a Jade di casa sua era che si trovava al limite della cittadina, era rara la presenza di turisti in quella zona e soprattutto per la maggior parte del tempo era un tratto molto solitario e tranquillo, quasi selvatico.
 Conclusa la sua via svoltò a destra, ritrovandosi alle spalle in lontananza la parte più popolosa della città. Il vialone finì, e dalla pavimentazione piastrellata si ritrovò su uno sterrato, con ancora a sinistra il mare e la spiaggia, mentre  sul lato opposto arbusti selvatici. Infine entrò in una piccola spiaggetta, nascosta ai più dagli arbusti.
 Era una piccola radura, quasi un nido, come lo definiva Jade, che essendo isolato era per lo più sconosciuto  Quel piccolo posto era stato scoperto per caso da Jade e Giacomo, suo cugino, e suo migliore amico, di un paio di anni più grande di lei. Giocando insieme erano incappati in quella parte isolata e presi dalla voglia di esplorare erano sbucati in quel posticino.
Con l'andare del tempo erano subentrato numerosi amici dei due, e tutti insieme avevano passato numerosi pomeriggi a giocare insieme in quel luogo, essendo isolato ma ad appena pochi minuti dall'abitazione della ragazza.
In seguito era diventano il luogo in cui i ragazzini si incontravano per giocare,studiare in compagnia, o come perfetto luogo appartato per coppiette.
Man mano era però tornato ad essere per lo più una radura abbandonata.
Le abitudini erano cambiate, e quel piccolo appezzamento di spiaggia era stato dimenticato da tutti, tranne che da Jade e Giacomo, che ancora ogni tanto tornavano per passare del tempo insieme.
La ragazza stese il telo, accese l'Ipod, e staccò le cuffie.  Abbassò il volume al minimo così che ci fosse un sottofondo oltre ai rumori naturali che la circondavano e tirò fuori il libro di matematica, cercando di ricostruire la lezione della mattinata appena trascorsa.
Il cellulare squillò, facendo sobbalzare la ragazza, la quale rispose senza guardare nemmeno il numero.
"Ciao Clara!" Esordì Jade senza alcuna sorpresa. Era raro che l'amica non la chiamasse nel pomeriggio. Che fosse per i compiti, che fosse per farsi un giro, aveva sempre la scusa pronta.
"Jade stavo pensando, stasera pizza da me? Vengono anche Sarah e Mirco!" Esclamò con voce allegra Clara.
"Sì... si certo!" Tagliò corto Jade sapendo che non ci sarebbero stati problemi con i suoi genitori.
"Ok perfetto allora ci sentiamo per l'orario!" Rispose in maniera squillante l'amica, salutando e poi riattaccando.
Jade allora riprese a fare i compiti. Erano un bel duo, Clara e Jade. Se Clara era una ragazza esplosiva, piena di vita, ed estremamente logorroica, Jade era più taciturna e tranquilla, pacata. La prima era biondissima, perennemente abbronzata, non che fosse difficile abitando in una località di mare, e con dei dolcissimo occhi castani. L'altra era di carnagione estremamente chiara, nonostante le ore passate al sole fossero poco minori rispetto a quelle dell'amica, I capelli di un innaturale nero, quasi con riflessi bluastri e due enormi fari verdi come occhi.
Erano agli antipodi, in tutti i sensi. Nemmeno loro riuscivano a capacitarsi della loro strana amicizia. Eppure funzionavano, e anche bene. 
Jade alzò gli occhi dal quaderno di esercizi e il suo sguardo si perse nell'azzurro del mare.
 Ripensò allo strano primo incontro tra lei e la sua migliore amica ridacchiando.
Avevano appena 6 anni, e si erano conosciute il primo giorno di scuola. Entrambe emozionate, ognuna a modo suo, si erano ritrovate vicine, mentre la scolaresca superava il cancello della scuola,  ognuno alla ricerca della propria maestra.
Come ogni bambino di appena 6 anni, entrambe scrutavano interessate il nuovo ambiente con curiosità, motivo per il quale Jade era inciampata,  travolgendo la piccola Clara, che all'epoca con gli occhialoni e l'apparecchio era comunque un ciclone di loquacità.
 Se Clara aveva riso di quel piccolo incidente, Jade era arrossita fino alla punta dei capelli. Senza pensarci Clara aveva porso la manina verso Jade, aiutandola ad alzarsi.
Da lì non si erano più separate.
Se Jade inciampando aveva trascina con sé Clara, Clara aveva travolto e fatto breccia nella timidezza di Jade. Sebbene dimostrandolo in modo diverso, entrambe volevano  molto bene l'una all'altra, tenendo la loro amicizia in grande considerazione.
Jade adorava il modo di essere di Clara,  sebbene a volte fosse fin troppo esagerata, e Clara approfittando di ogni occasione ribadiva,  che se solo si fosse aperta un po' di più, avrebbe potuto fare breccia nelle persone, colpendoli anche con la sua  tranquillità e pacatezza.
Ovviamente Jade aveva sempre negato, senza mai dare credito all'amica. Ogni volta che Clara tirava fuori l'argomento infatti, Jade la liquidava, definendola una persona che cercava il buono nelle persone a costo di inventario e dando di solito inizio a numerosi e lunghissimi battibecchi.
Insomma, sebbene esageratamente logorroica,  Clara era una grande amica, di cui Jade non sarebbe mai riuscita a fare a meno.
Era ormai pomeriggio inoltrato. I compiti erano ormai conclusi, quindi Jade tirò fuori il Kindle e si immerse nella lettura. Tempo nemmeno 10 minuti e il cellulare squillò ancora. Jade prese allora in mano il telefonino con un'espressione infastidita, ma si illuminò quando notò il messaggio appena arrivato. Il cugino la stava infatti raggiungendo nella radura.

"Eh Jade? C'è un posticino per me in radura o devo sbatterti fuori a calci? :DD"

La risposta arrivò velocemente.

"Se muovi il culo potrei ospitarti, e devi solo provarci a cacciarmi da qua... Fino a prova contraria questo posto è mio 0:)"

Da sempre il gioco tra loro era reclamare la proprietà di quel piccolo pezzetto di spiaggia abbandonata, e puntualmente era la ragazza a vincere, poiché il ragazzo sapeva quanto ci tenesse.
La risposta di Giacomo arrivò subito dopo.

"Ok, 10 minuti e arrivo"

Jade allora con un sorriso mise da parte il telefono, posandolo di fianco al telo mare e ricominciò a leggere. O almeno, tentò di ricominciare a leggere, quando un peso morto la schiacciò senza delicatezza sulla sabbia.
"Ehy! " urlò subito Jade, riconoscendo al volo il cugino che evidentemente era già arrivato da un pezzo e aspettava il momento giusto per attaccare. Con poca delicatezza allora, Jade si rigirò e trovandosi con la schiena a terra tirò un pugno ben assestato sul fianco del ragazzo, che da parte sua la lasciò con un grugnito di dolore.
"Basta, mi hai ucciso!" Disse con voce soffocata il ragazzo. "Hai sferrato il tuo colpo mortale cugina, sulla mia lapide voglio che ci sia scritto " adorato figlio, amico e nipote, ucciso da quell'ingrata della cugina"  rimpiangerai questa mossa". Continuò con voce sempre più fievole, accasciandosi al suolo.
"Dì al mio cane che l'ho sempre amato!" Ed esalate le ultime parole cessò di muoversi, sdraiato supino in modo scomposto sulla sabbia, con alcuni ciuffi di capelli biondi a coprirgli il viso su cui doveva essere disegnato un ghigno.
"Sei un pirla, te lo ha mai detto nessuno?" Chiese allora la ragazza con voce ferma a Jack,  che si sfilò la sabbia dai capelli e batté poi quella finita sul telomare a causa del suo improvviso arrivo.
Quello in riposta alzò la testa e con fare annoiato rispose: " si beh, effettivamente qualche migliaio di volte, più o meno." Allora si rialzò e con tranquillità si accomodò sul telo dell'amica, spingendola sul bordo.
"Comunque, qual buon vento ti porta qui Jack?" Chiese Jade facendogli posto e rimettendosi il cellulare in tasca e il Kindle nello zaino, essendo pressappoco inutili con il cugino presente.
"Non posso voler passare un pomeriggio con la mia cuginetta preferita?"
 "Non che ci sia molta scelta su cui contare, visto che l'altra tua cugina ha tipo 40 anni ed è poco simpatica, ma comunque si, hai il mio consenso, puoi passare del tempo con me." Rispose con un'espressione seria Jade, muovendo la testa e lanciando i suoi lunghi capelli in faccia al ragazzo.
"Comunque..." Rispose con un espressione di fastidio Jack, prendendo lo zaino della cugina e scavandoci dentro alla ricerca di qualcosa. Jade fece finta di nulla, e fissò il cugino piegato sullo zaino. Alcune ciocche di capelli ricadevano sul suo viso, e ne coprivano gli occhi nocciola che Jade conosceva a memoria.  Quando la ricerca si concluse felicemente, Jack tenne in pugno vittorioso un fagotto di fazzoletti, dentro al quale si trovavano due fette di torta. "Ho mai detto di amare tua madre Jade? Nel caso falle sapere che è la mia zia preferita!" Esclamò gioiosamente Jack, dando inizio al solito teatrino che si creava, quando il ragazzo vedeva del cibo. "Si si certo... le farò sapere non ti preoccupare." Rispose ridendo Jade.
I due mangiarono, continuando a scherzare e a chiacchierare, e si raccontarono le ultime novità. Jade evitò di ricordare al cugino che non era un maiale e che avrebbe potuto evitare di fare tutti quei versi mangiando, ma preferì tacere. Guardando il cugino le sembrò un gigantesco bambinone, un ragazzo ben piazzato che però si comportava come un bambino. Non che per questo lo guardasse con meno affetto. Erano legatissimi, e ciò era un fatto evidente.
"Allora come va a scuola?" Chiese il ragazzo, sdraiandosi senza ritegno sul telo della ragazza.
"Bene, non vedo l'ora che finisca francamente, già sto cominciano a non capire nulla" disse con fare drammatico la ragazza.
"Ti darei una mano, se non fosse che ho lasciato scuola e decisamente non ho intenzione di rimettermici su. Mille volte meglio lavorare." Rispose quindi Jack, con un sospiro soddisfatto.
Jade gli lanciò un sasso in risposta.
"È vero, come va in pizzeria?" Chiese Jade spostando l'attenzione su Jack.
"Bene, ormai le vie di questa città non hanno più segreti per me! Un'ordinazione è stata fatta addirittura dall'altra parte dell'isola, ci ho impiegato mezz'ora solo per capire quale fosse la strada più semplice per tornare indietro!" dichiarò con un'espressione felice.
"E poi mi pagano per guidare, cosa potrei chiedere di meglio? La sera sono occupato in pizzeria, in mattinata e nel pomeriggio un po’ aiuto papà al molo e un po’ chiedo alle officine qui nei dintorni se hanno bisogno di apprendisti."
Jade annuì, da sempre il sogno di Jack era stato lavorare in officina. Da anni in ogni occasione, metteva mano in ogni motore capitato a tiro, dalle moto alle macchine, fino alle biciclette se le circostanze lo chiedevano.
"Jade non distrarmi, nella mia testa avevo organizzato bene il discorso! Chiedendomi della scuola la domanda subito dopo era: come va con gli amici?" continuò il ragazzo, seguendo a quanto pare un filo logico noto solo a lui.
"Oddio bene penso? Perché ti interessa?" Chiese Jade senza riuscire a seguire l'amico.
"Bhe...  L'altro giorno quando sono venuto a prenderti all'uscita da scuola, ti ricordi quando siamo andati a  mangiare al Mc? Ecco c'era la tua amica bionda molto carina, è impegnata? " disse senza troppi giri di parola Jack, sorridendo candidamente alla cugina.
"Sei proprio un pirla lo sai?  Quella è la mia migliore amica se permetti! Potresti evitare di farti Clara? Non ho problemi con le altre ragazze, ma lascia stare la bionda!" Replicò stizzita Jade, tirando un pugno a Jack, per una volta non in modo così scherzoso.
"Ehi va bene va bene ma non ti incazzare ho capito!" Rispose subito il ragazzo schermandosi come poteva dai colpi della ragazza.
"Tanto avevo già adocchiato la tipa che lavora il sabato pomeriggio in gelateria, me la posso lavorare un po’ e tempo una settimana ci esco" continuò con tono conciliante Jack. Jade rise di conseguenza, suo cugino era un mostro quando si parlava di ragazze.
Il cellulare squillò distogliendo la loro attenzione dal discorso. Era Carla, la madre di Jade, che con la sua voce squillante quanto snervante richiamava a casa la ragazza, decretando la fine del pomeriggio.
"Zia Carla reclama! Meglio andare prima che ti uccida e poi mi uccida." Esclamò ridendo Jack.
I due allora si alzarono e si incamminarono, ancora ridendo e scherzando, promettendo di rivedersi nei giorni seguenti. Sarebbe stato strano che non accadesse il contrario.











  NDA Finalmente il primo capitolo! Intanto grazie mille per le recensioni ricevute nel prologo, siete stati carinissimi! Riguardo questo primo capitolo so che (per chi è arrivato alla fine) risulterà piuttosto noioso, ma cominciamo ad avere un'infarinatura di quelli che sono i personaggi più importanti di questa storia. Ragazzi normali, fin troppo normali, che chi più e chi meno, saranno essenziali per questo viaggio. Scopriamo l'ambientazione, che francamente ho scelto per ora essere estremamente vaga. Idealmente è un isola italiana a poche ore di nave dalla penisola, ma facendo una ricerca geografica nessuna isola realmente esistente mi risultava utile. Il risultato ? In linea di massima possiamo far finta che quest'isola sia poco più grande dell'isola d'Elba, ma decisamente più lontana dalla costa italiana :) Spero quindi che come inizio vi ispiri, e che vorrete farmi sapere cosa ne pensate! Le critiche sono accette ancor più degli elogi, quindi non fatevi problemi a farmi notare cosa non vi quadra! Balim

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Capitolo 3
*** capitolo 2 ***


○●capitolo 2 ●○










Il leggero rumore metallico delle posate era il sottofondo della cena quella sera.
 La radio era spenta, ma non c'era silenzio.
La famiglia chiacchierava con tranquillità.
Jade e i suoi genitori, seduti al tavolo della cucina, si raccontavano la propria giornata, rispettivamente chi al lavoro e chi a scuola.
Da sempre quello era infatti un momento di condivisione per la famiglia.  Certo, non era un momento particolarmente speciale, ma era speciale per loro.
Erano coscienti del fatto che alcune famiglie non avevano la fortuna di essere unite come lo erano loro, e per questo facevano tesoro di ogni momento passato insieme. Era qualcosa a cui Jade era abituata da sempre, e anche se ormai adolescente non riusciva a rinunciare.
"E com’è andata ieri sera da Clara, tesoro? " Chiese la madre, versando dell'acqua nel bicchiere.
"Bene mamma, pizza e film, niente di complicato. Mirco ha portato Avatar." Rispose facendo spallucce Jade.
Spiluccò un pò dell'insalata ancora nel piatto, poi con una risata aggiunse:"Sarah non ne è stata molto contenta, ma ormai il film era iniziato..."
Spesso i 4 amici si ritrovavano, in settimana, a passare la serata insieme, magari dormendo gli uni a casa degli altri per poi andare a scuola.
Appartenevano a classi diverse, ma dello stesso istituto. 
"Stanno ancora insieme Sarah e Mirco?" Chiese con curiosità la madre, ormai conoscendo gli amici della figlia grazie ai suoi racconti. "Sì, e penso proprio che rimarranno insieme ancora per molto." Rispose la ragazza.
"E tu Giada? Quando ti deciderai a portarci a casa il fidanzato?" Chiese ancora la madre chiamando la ragazza con il nome di battesimo, con un sorriso che a Jade sembrò solo fastidioso.
Per quanto volesse bene alla madre, le risultava insopportabile il suo impicciarsi in ogni situazione.
Non lo faceva con cattiveria ovviamente.  Si comportava da madre, ma a Jade comunque era un comportamento che non andava a genio, e spesso la imbarazzava.  Esattamente come in quel momento.
Stava per rispondere che non aveva il ragazzo e che comunque non glielo avrebbe mai presentato nel caso, quando si intromise Roberto, il padre.
"Carla lasciala in pace dai, non sono affari nostri" esalò infatti,  con una bonaria ripresa nei confronti della moglie.
Jade ringraziò silenziosamente il padre, e velocemente cambiò discorso.
"Com'è andata al negozio oggi?" Chiese infatti la ragazza.
"Giornata tranquilla. Pochi clienti, ma lo sai meglio di me, questo è un periodo morto. La stagione è finita, solo tra un mesetto cominceranno gli acquisti per sport invernali."
"Non vedo l'ora!" Esclamò con sguardo sognante la ragazza, pregustando le passeggiate sulla neve e la pista di pattinaggio che veniva solitamente costruita in centro. 
"Ed è per questo…" cominciò Roberto, "Che io e Mario pensavamo di andare a fare rifornimenti ai magazzini".
Subito Jade aguzzò le orecchie. Abitare in un'isola poteva diventare a suo modo abbastanza monotono e noioso, sebbene fosse una delle più belle d'Italia.
La famiglia di Jade possedeva un piccolo negozietto di articoli sportivi sull'isola, gestito da Roberto e Mario, suo fratello e padre di Jack.
Solitamente i nuovi articoli per il negozio venivano direttamente trasportati in paese dai fornitori; ma capitava, ogni tanto, che fossero Roberto e suo fratello a lasciare la città per raggiungere la costa.
Ovviamente queste incursioni non erano casuali. Esse coincidevano con i periodi morti di vendita, momenti in cui la loro assenza non sarebbe stata un problema  perciò erano abbastanza prevedibili, motivo per il quale Jack e Jade si organizzavano molto prima per riuscire a convincere i genitori a lasciarli andare. Solitamente, insistendo, Jade riusciva ad aggregarsi a padre e zio, con l'aggiunta immancabile del cugino. 
Non ci sarebbe voluto molto, un paio d'ore per andare e un paio d'ore di ritorno. Partendo presto in mattinata avrebbero potuto passare l'intera giornata in città che Jade già pregustava.
"Quando andiamo?" Chiese diretta la ragazza. Senza troppi giri di parole.
"Jade mi dispiace ma penso che tu non possa andare." Si intromise la madre con uno sguardo di scuse, alzandosi e cominciando a sparecchiare.
 Jade la imitò immediatamente.
Arraffati un paio di bicchieri seguì la madre  vicino al lavello. Le si affiancò ed esclamò stizzita: "Perché non potrei andare? Come se non lo avessi mai accompagnato, e poi vado ad aiutarlo!"
Intanto erano tornate al tavolo, raccogliendo altri oggetti da portare al lavello.
"No Jade non farti pregare, non è che io non voglia mandarti, ma la scuola è appena cominciata e iniziare a fare assenze subito non mi sembra il caso, poi ci sarà bisogno di te qua... Io in quei giorni sono tutto il giorno in giro per varie commissioni, dovresti dare un occhio in negozio... " disse con tono conciliante Carla finendo di sparecchiare.
Jade non replicò, e con una scrollata di spalle guardò i genitori uscire dalla stanza. Prese a ripulire piatti e bicchieri per metterli in lavastoviglie. Subito dopo andò in camera sua e accese il computer.  Aprì una playlist su YouTube e si buttò sul letto.
Ovviamente non se l'era presa per il no.
La madre, sebbene senza cattiveria, non era mai stata d'accordo nel mandare Jade in città in giornate che non fossero estive o di vacanza, ma nonostante ciò Jade in un modo o nell'altro era sempre riuscita a convincerla che in fondo saltare un giorno di scuola non sarebbe stata la fine del mondo.
Il giorno prescelto era infatti da sempre il sabato, essendo il più comodo per il padre.
L'unico fatto che lasciava in dubbio la ragazza era il negozio.
Capitava che impegnati sia suo padre che sua madre, lei si occupasse sola del negozio, o per lo meno in periodi di magra quando nemmeno suo zio poteva occuparsene. Le sarebbe dispiaciuto doverlo far chiudere per un’intera giornata, poiché almeno un paio di clienti si presentavano sempre.
Sentì il campanello di casa suonare.
Si alzò incuriosita e attraversato il corridoio si diresse verso il salotto. Non sapeva aspettassero visite.
Arrivata in sala vide zio e cugino, già accomodati insieme ai suoi genitori.
Salutati i due si sedette sul tappeto ai piedi del divano, appoggiando la schiena sul lato del bracciolo.
Erano circa le 9 di sera, e sebbene le tapparelle della sala non fossero abbassate,  non entrava nemmeno un filo di luce dalle finestre della stanza, poste frontalmente a uno dei divani della sala. Quest'ultima era una stanza di modeste dimensioni, e molto accogliente. Era arredata in modo semplice, con delle pareti chiare in contrasto con i divani più scuri, messi perpendicolarmente uno all'altro così da poter vedere da entrambe le postazioni il televisore posto sul muro di fronte.
Sui muri era appeso qualche quadro, principalmente ritraenti paesaggi naturali del luogo, mare e colline.
Come tutta la casa, la sala era accogliente ma contenuta. Abitandoci solo in 3 lo spazio era più che sufficiente.
Jade si mise ad ascoltare la conversazione in atto in quel momento. Capitava spesso che i parenti venissero a trovarli, soprattutto Mario, insieme al figlio. Quella sera però, la visita era più che altro a scopo lavorativo.
Ovviamente la discussione concerneva lavoro. Se Roberto gestiva concretamente  insieme alla moglie il principale negozio di articoli sportivi dell'isola, Mario ne era co-proprietario con il fratello occupandosi solo di questioni burocratiche ed economiche.
Il suo lavoro era quello di dipendente nel porto del paese.
Si occupava principalmente dell'affitto delle barche, dando di tanto in tanto aiuto ai tecnici per la manutenzione, essendo un patito di imbarcazione da sempre.
"Quindi quando vorresti partire?" Chiese Mario al fratello, riferendosi al piccolo viaggio per il rifornimento del negozio.
"Se oggi è martedì, pensavo non a questo sabato, ma magari il prossimo, l'inizio di ottobre è sempre ottimo come periodo, così siamo sicuri di non trascurare gli ultimi turisti della stagione." Rispose subito Roberto, esponendo il ragionamento fatto in precedenza, probabilmente mentre Jade si trovava in camera sua.
"Che dici, portiamo Jack e Jade? c'è anche la fiera in questo periodo." Chiese con un sorrisino Mario, indicando con un cenno rispettivamente il figlio e la nipote.
Lui non aveva mai avuto problemi nel portarsi i due ragazzi, data l'utilità di 2 paia di braccia in più.
"Ci stavo pensando, ma avremmo il negozio scoperto e sarebbe un po’ un problema, io sarei in città, Clara è occupata con delle scartoffie in Comune e rimarrebbe solo Jade disponibile." Spiegò Roberto.
Jack lanciò uno sguardo interrogativo alla cugina. Non era un’opzione la mancanza di Jade.
 Lei, gli sillabò un "Ci sto lavorando!" Riferendosi al fatto che avrebbe cercato di convincere la madre a lasciarla libera.
"Ti conviene" le sussurrò in risposta Giacomo, con uno sguardo scherzosamente minaccioso.
Jack ci teneva molto a riuscire ad andare in città insieme alla cugina.
Proprio in quel periodo era infatti in allestimento la fiera annuale di motori, e avendo avuto da sempre il ragazzo un debole per la meccanica, era un  appuntamento imperdibile.
Jade, in realtà non ne capiva un accidenti, ma era l'unica ad assecondare il ragazzo in questo suo hobby e di conseguenza finiva per farne parte senza troppe domande.
Roberto allora con fare bonario allargò le braccia e facendo l'occhiolino alla nipote esclamò:" dai Carla lasciacela un po’ questa ragazza! Ci serve una persona in più da sfruttare per caricare e scariche merci! Non la lasceremo divertire, promesso!"
"Esatto mamma sarà qualcosa di terribile! Di certo non mi divertirei, lasciami andare per essere sfruttata da papà e dallo zio!" Subito si intromise Jade ma già cominciando a giocare di insistenza.
La madre, giocosamente sfoderò una faccia stizzita. Rispose a modo con tono piccato, per poi  aggiungere con un espressione quasi di scuse: "Io non voglio non mandarla, ma davvero, sarò tutta la giornata in paese, e poi la scuola è appena cominciata Jade, cominci subito con le assenze?"
Ne Jack ne Jade erano minimamente decisi a cedere, ma comunque il discorso cambiò vertendo su altri argomenti.
La serata passò tutto sommato liscia.
Jack e il padre se ne andarono, e Jade tornò nella sua camera.
Indossato il pigiama e accesa la luce del comodino si mise a letto, leggendo un libro, prima di crollare e finalmente addormentarsi.
 ***
Il cielo era limpido, nemmeno una nuvola era visibile, l'azzurro intenso si estendeva fino all'orizzonte, senza interrompersi mai. Jade era seduta sulla spiaggia, i piedi sotto la sabbia. Indossava una canottiera e i suoi capelli, più lunghi di quanto Jade ricordasse, erano lasciati sciolti sulle spalle.
La ragazza si sentiva stranamente in pace.
 Nessuna preoccupazione le occupava la mente, nessun brutto pensiero, nessun impegno importante a cui pensare.
C'era solo un senso di pace immenso, e un senso di appartenenza senza eguali, mentre ammirava la distesa apparentemente infinita di acqua presente davanti a lei.
Cominciò a guardarsi intorno. Sulla spiaggia non c'era nessuno.
"Strano." Pensò Jade.
"Fa caldo, perché le spiagge non sono ancora attrezzate? E i turisti?" Continuò tra sé e sé la ragazza,  alzandosi in piedi per cercare tracce di vita. 
Quel senso di stranezza si tramutò in vero e proprio stupore, quando girandosi non  trovò traccia del familiare lungo mare a cui era abituata. Non una strada, né i soliti negozi  erano presenti dietro di lei, ma anzi una foresta lussureggiante era alle sue spalle e lei si sentì persa.
Dove si trovava?
Non sapendo cosa fare fece qualche passo avanti, per avvicinarsi agli imponenti alberi dietro di sé, e quando notò il sentiero acciottolato che si addentrava all'interno del bosco lo percorse spedita.
Forse avrebbe trovato qualcuno.
La foresta, che a prima vista era sembrata interminabile quanto selvatica, si era invece rivelata una striscia di verde che separava la spiaggia da quell'aggregato di case ed edifici che si presentarono agli occhi di Jade dopo una curva all'interno del percorso.
Ai suoi occhi si presentò infatti una città ricca di edifici, posta ai piedi di un immenso monte. Lei si trovava sul limitare del bosco su quella che sembrava una collina, essendo ad un livello rialzato rispetto alla città poco distante.
Le si strinse il cuore a quella vista, quando venne interrotta brutalmente.
 
Si risvegliò di soprassalto, alzandosi di scatto seduta. La sveglia suonava, dall'altra parte della stanza. Jade si guardò intorno intontita. Quasi non riconobbe la sua camera.
Essendosi alzata troppo in fretta la stanza cominciò a girare, motivo per il quale si accucciò sotto le coperte e cercò di coprirsi il più possibile le orecchie con il cuscino.
La sveglia però non demordeva e cominciava ad aumentare il volume martellante, che portò inevitabilmente Jade a uscire dal letto , praticamente strisciando, per arrivare a spegnere l'oggetto infernale.
"Devo smetterla di mettere la sveglia lontano dal letto." Mugugnò la ragazza, resistendo all'impellente bisogno di tornare sotto le coperte.
Infilò una felpa sul pigiama e si diresse verso la cucina.
Lì trovò la madre, intenta a prepararsi la colazione. Dopo un "buongiorno" borbottato sottovoce si preparò la colazione.
Come sempre fu una colazione veloce e di poche parole.
 Non era mai stata una persona particolarmente logorroica, ma decisamente prima di colazione Jade non era una ragazza da poter avvicinare.
Velocemente si preparò e infine uscì di casa. Appena varcata la soglia dell’abitazione l'aria fresca della mattina la invase. Percorse velocemente la sua via e svoltò a sinistra ritrovandosi sul lungomare.
Lì, nella solitudine ripensò alla notte appena passata, e allo strano sogno concluso poco prima.
Era raro che Jade sognasse, o che perlomeno ricordasse gli avvenimenti vissuti, ma quell'ultimo sogno era stato strano, molto strano, estremamente ricco di dettagli,  stampati vividamente nella memoria di Jade.
Rivolse uno sguardo verso l'orizzonte, dove il mare si scontrava con il cielo.
Anche quella mattina il tempo era bello, con poche nuvole a occupare il cielo, tinte di rosa a causa dell'orario.
Il sole era ancora basso e tingeva il mare di sfumature dorate.
La ragazza, incurante dell'eventuale ritardo a scuola, scavalcò il piccolo muretto che suddivideva lungomare e spiaggia, andandosi a sedere sulla sabbia, a qualche metro dal bagnasciuga.
Jade ammirando il mare si ritrovò a rivivere il sogno.
Ricordò la sensazione dello stare seduta sulla sabbia e dell'ammirare quel cielo limpido, quel mare mosso.
Mise le proprie mani in mezzo alla sabbia, e in lampo improvviso ricordò ancora una volta lo strano sogno, e il fatto che la sabbia del suo sogno era diversa, più grossa, rispetto alla finissima sabbia della sua isola. Con questo Jade escluse che il suo sogno fosse stato ambientato in qualche spiaggetta ancora sconosciuta sull'isola.
Rimase ancora qualche minuto a guardare il cielo, e ad ascoltare il lento sciabordio del mare, quando la suoneria del cellulare la riportò con i piedi per terra. Lesse il messaggio.
 
-Jade???? Che fai ? Balzi e non mi avverti?-
 
Jade non si prese nemmeno la briga di rispondere. Scattò in piedi e, prima a passo veloce, poi correndo senza ritegno, si diresse verso scuola, ricordando improvvisamente della presenza della prof di italiano in prima ora, decisamente una da non fare arrabbiare.
Arrivò ai cancelli in tempo record. Quasi volando salì i gradini a due a due, e in un minuto era seduta in classe, nel momento stesso in cui la campanella suonava.
Clara le lanciò un'occhiataccia, ma non riuscì nemmeno a cominciare una frase che la professoressa entrò in classe, e il gelo con lei.
Capelli ormai bianchi, rughe dell'espressione a marcare il viso della vecchia strega, la lezione cominciò, così come il conto alla rovescia degli studenti in attesa della fine di quel martirio.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


○● Capitolo 3 ●○









Jade si ritrovò ancora una volta ad osservare dal limitare della foresta il paesaggio che le si parava davanti agli occhi.
Si stagliava all'orizzonte quella che sembrava una catena montuosa di piccole dimensioni, ai cui piedi si trovava un'accozzaglia di edifici che componeva un'enorme cittadina, scintillante in lontananza sotto il sole.
Separavano Jade e quella città numerosi campi situati in quella che era la periferia della città, e un grande spiazzo erboso.
Jade si incamminò per raggiungere quella città.
Sentiva quasi un richiamo irresistibile, un filo che la legava a quella cittadina e che la obbligava ad avanzare, incurante delle sterpaglie. A piedi nudi, con braccia e gambe scoperte, avanzava, inizialmente a passo tranquillo, e poi sempre più veloce, presa da una frenesia che nemmeno la ragazza riusciva a spiegarsi.
L'erba alta accarezzava la pelle scoperta della ragazza, che in poco tempo si ritrovò a correre.
Arrivò al limitare del prato, e senza farsi troppi problemi scavalcò il piccolo recinto che le si era presentato davanti, ritrovandosi in mezzo a una distesa d'oro, composta da spighe di grano.
Jade si ritrovò a ridere gioiosa guardandosi intorno.
In giro non vedeva nessuno, solo in lontananza delle piccole figure umane, probabilmente braccianti nel pieno del loro impiego, ma troppo lontane perché si accorgessero di lei, una ragazza che a malapena riusciva a sovrastare in altezza le spine di grano mature. 
Il cielo era azzurro, una leggera brezza estiva scompigliava i capelli scuri della ragazza e faceva oscillare con grazia le spighe, numerose cicale frinivano tutt'intorno, e Jade cercava di capire quanto ancora mancasse per arrivare in città. Riprese il cammino.
Fu quando stava quasi per arrivare nei pressi delle prime case che si fermò, sentendo delle urla in lontananza.
"Dove credi di andare?!"  Si elevò una voce in mezzo ai suoni naturali fino ad allora percepiti. 
Jade si raggelò, girandosi per capire da dove venisse quella voce.
Sulla destra vide un contadino dai capelli bianchi, decisamente anziano e con la pelle cotta dal sole, che correva nella direzione della ragazza.
Jade non sapeva cosa fare.  Correre via o andargli incontro?  Scappare o spiegarsi al vecchio?
Non fece in tempo a scegliere che in attimo il contadino le fu a pochi passi di distanza, ma non si fermò, continuò a correre e con grande sgomento da parte della ragazza, la superò.
Non raggirandola, non spingendola. Jade si preparò all'impatto con l'uomo, ma questo la attraversò, come se fosse un'ombra, un fantasma.
Un senso di gelo la invase, terrificante quanto doloroso.
La giovane aprì la bocca, come emettendo un suono di sorpresa e fastidio, ma nessun suono ne uscì.
Si girò stordita verso il contadino, che notò rincorrere un monello che rideva per il nuovo gioco trovato.
 

Jade si svegliò di soprassalto facendo un suono alquanto stridulo. 
Mezza classe si girò a guardarla, e lei, diventando di un tutt'altro che delicato colore rosso, tentò di eclissarsi in ogni modo possibile. Clara la guardò male.
"Buongiorno fiorellino, dormito bene?" Chiese con un tono acido l'amica sbattendo nervosamente la penna contro il banco.
"Scusa Clara, mi sono addormentata e non me ne sono neanche accorta" rispose Jade ignorando il tono piccato dell'amica e stropicciandosi gli occhi. Clara non rispose, ma anzi, fissò insistentemente Jade per poi alzare la mano e dire al professore presente in classe: "Mi scusi Jade non sta molto bene, potrei accompagnarla in infermeria a misurare la febbre?"
 La faccia ancora mezza sconvolta della ragazza fu abbastanza convincente senza bisogno di ulteriori recite.
5 minuti dopo erano sedute in un angolo della scuola, al fianco delle macchinette.
"Allora? Che succede?" Esordì senza troppi giri di parole Clara.
"In realtà nulla! Semplicemente oggi non riesco a tenere gli occhi aperti e stamattina mi sono fermata 2 minuti in spiaggia e sono arrivata in ritardo!" Rispose con un tono divertito l'amica, capendo dove volesse andare a parare Clara.
Era la verità, nulla turbava Jade, se non in realtà lo strano sogno che stava facendo, prima durante la notte e dopo nell'ora di religione.
"Sei sicura? Sai che a me puoi dire  tutto vero?" Insistette Clara, appoggiandosi al calorifero spento sul lato del corridoio.
"Vai sicura, niente di niente! L'unica cosa eclatante che mi è successa in questi giorni è uno strano sogno che sto avendo ultimamente di non so che spiaggia strana in cui sono un fantasma!" Esclamò ridendo Jade, cercando di far  capire all'amica che la sua preoccupazione fosse del tutto superflua.
"E anzi, parlando di cose serie, forse settimana prossima riesco al convincere mia madre a farmi andare ai magazzini con papà zio e Jack" riprese con voce allegra. Clara sbuffò, cercando di nascondere l'accenno di una risata,  e fallendo miseramente.
"Sempre detto che sei strana" disse infatti, tirando una spallata giocosa all'amica.
"Davvero strana... la gente di solito sogna bei ragazzi, non storie dell'orrore la notte, e comunque se esci dall'isola mi raccomando, compra il regalo per il mio compleanno che ci sono i saldi da Bershka" riprese Clara con aria menosa, staccandosi dal calorifero al quale era appoggiata e con un’uscita ad effetto incamminandosi verso la classe delle due. Jade rise.
"E chi ti dice che io non lo abbia già comprato? So quanto ami lo sport e una bella cuffia da nuoto professionale non te la nega nessuno, stai tranquilla" esclamò Jade raggiungendo l'amica e prendendola a braccetto, gustandosi l'espressione inorridita di Clara. 
"Sei un essere spregevole, vedi di non dimenticarlo" esalò infatti con aria sconfitta Clara, sistemando un ricciolo biondo dietro l'orecchio.
Rientrarono in classe. Pochi minuti e la lezione sarebbe finita, dando inizio all'intervallo.
La campanella suonò a distanza di poco tempo e Jade si alzò, prese il giubbotto leggero e uscì nel giardino della scuola, dove si accese una sigaretta.
L'amica non sopportava questo suo vizio, avendo ormai smesso di fumare, e perciò quando Marco mancava da scuola usciva da sola, senza farsi particolari problemi.
Senza più l'amica a pressarla si abbandonò ai pensieri più disparati, e in poco tempo si concentrò su un pensiero in particolare che le aleggiava in testa da quella mattina.
Sogni strani ne aveva sempre fatti, erano una costante per Jade, ma non c'era nulla di particolare in ciò. La cosa che aveva sempre colpito Jade  dei suoi sogni era il fatto che attingessero ad avvenimenti appartenenti alla sua vita, ma che lei sapesse mai era stata un fantasma.
Scosse la testa tra sé e sé.
Forse il problema non era quello.
Il problema erano le emozioni suscitate da quel sogno, o meglio, da quegli ultimi due sogni, uno il completamento dell'altro.
Strano come avesse sentito fino all'ultimo, un'estrema calma, in una situazione così strana come il ritrovarsi completamente da sola in un posto così particolare e sconosciuto.
Ancora più strana era per Jade la ricchezza di dettagli, tutti quei particolari impressi a fuoco nella sua testa, quando solitamente dopo poche ore i suoi sogni cominciavano a scemare, perdendo il proprio senso nella mente della ragazza. Questa volta non solo aveva quasi ripreso il sogno interrotto, ma per di più era lì a lambiccarcisi, con un senso di leggera ansia e sgomento.
Spense la sigaretta e la buttò, con  i lunghi capelli davanti agli occhi. Prese una ciocca tra le mani e se la rigiro tra le dita, pensierosa. 
Erano neri, su quello non c'erano dubbi,  ma erano così scuri che sotto la luce forte del sole assumevano quasi una sfumatura,  seppure lieve, di un colorito bluastro,  motivo di invidia della biondissima Clara, fino a qualche tempo primamnel pieno della sua fissa punk-rock, vestiti in pelle e capelli dei colori più disparati.
Lasciò la ciocca e arrivò a una conclusione.
Avrebbe tentato per quanto possibile di scacciare quei pensieri dalla sua testa.
Era una persona che tendeva a farsi molti problemi per il più piccolo pensiero, era insomma una normale adolescente, e di certo non aveva intenzione di rovinarsi la giornata per un qualcosa di insulso come un sogno.
Lasciò la sua postazione isolata e attraversò il cortile della scuola, evitando i gruppi di ragazzi radunati fuori godendosi la frescura non ancora davvero penetrante dell'autunno che si avvicinava.
Salì le scale a due a due e si incamminò verso la sua classe, trovando per la sua strada Clara, presa a chiacchierare con Sarah.
Se Clara con i suoi lunghi e ricci capelli, la sua altezza spropositata, e il suo fare sicuro appariva bella e sicura, Sarah, bassina e timida, con i suoi capelli bruni e riccissimi, occhiali sul naso e libri sottobraccio, era decisamente l'opposto dell'amica.
Cugine di grado troppo lontano per capirne davvero il tipo, erano nate nello stesso periodo e cresciute insieme ai vari fratelli dell'una e dell'altra, stringendo un rapporto forse ancor più stretto rispetto a quello tra Clara e Jade. 
Ovviamente Jade e Sarah  erano altrettanto amiche  forse proprio perché accomunate da quel ciclone che era Clara, e perciò tentavano di mitigare il carattere allegro era burrascoso della bionda.
Jade si unì a loro.
"Puzzi" la accolse storcendo il naso Clara.
"Hai ragione! Cavolo, una doccia al mese ormai non mi basta più…" rispose ironicamente Jade, salutando poi con calore Sarah.
"Siete impossibili" esordì nella discussione Sarah, ridendo delle due ragazze.
"Sì, lo sappiamo!" Disse Clara, circondano gioiosamente con il braccio le spalle di Jade.

 
***


Nel retro del negozio il caldo era asfissiante.  Mezz'ora prima Jade aveva aperto la piccola finestra alle sue spalle, ma l'aria era stagnante, nemmeno un soffio di vento osava entrare nella stanza.
La situazione evidentemente non era ottimale per lo studio intensivo che Jade avrebbe dovuto compiere per il giorno dopo.
Erano le 3 del pomeriggio e verso le 4 Carla sarebbe dovuta arrivare in negozio, che aveva lasciato in mano a Jade per circa un paio d'ore.
Il pomeriggio era tranquillo, al momento erano entrati solo un paio di ragazzi per comprare un paio di pettorine, per il resto il negozio era deserto, eccetto per Jade e i suoi compiti di fisica.
Presa dalla disperazione cominciò a giocherellare con il cellulare.
Alzò poco dopo lo sguardo, quando sentì il campanello all'ingresso trillare. Qualcuno era entrato in negozio.
Fece allora per posare il cellulare e dirigersi nel locale, quando sentì la familiare voce della madre chiamarla. Allora riprese la cartella stipando al suo interno tutti i suoi oggetti sparsi per la stanza e si diresse verso Carla.
"Ehi ma! Come va?" Chiese Jade dandole un bacio sulla guancia.
" Tutto a posto, sono andata a pagare gli arretrati e ora posso rimanere in negozio." Rispose la madre, posando a sua volta la sua borsa nel retro e rientrando nel locale.
"Ok allora io torno a casa, ci vediamo li." Disse voltandosi Jade e dirigendosi verso l'uscita.
"Aspetta Jade!" La fermò improvvisamente Carla.
Jade ovviamente, che aveva raggiunto la porta si bloccò e con un’espressione interrogativa si rivolse alla madre.
"Ho parlato con Laura, la madre di Sarah, e ci siamo organizzate in altro modo per settimana prossima, riesco a passare in comune venerdì anziché sabato,  quindi non c'è bisogno di te in negozio" spiegò Carla alla figlia, guardando con soddisfazione l'improvvisa espressione di contentezza scaturita sul volto della ragazza.
Quella non disse niente, semplicemente fece dietrofront e corse ad abbracciare la madre, dando inizio ad una cantilena di "grazie" e "tu se la mia mamma preferita".
Poco dopo Jade era fuori in strada, ed incurante del caldo quasi saltellava contenta per la via di casa.
Chiamò allora il cugino per avvertirlo del cambio di programma improvviso, avvenuto senza nemmeno tante fatiche per convincere Carla.
Una volta tornata in casa andò in camera sua, dove accese la radio e finì i compiti il più velocemente possibile.
Il programma del pomeriggio era infatti quello di recarsi a casa di Marco insieme a Clara e Sarah,  i 4 inseparabili. 
Marco, il ragazzo di Sarah, era anch'esso amico d’infanzia di Clara e Jade, il quale quasi per caso aveva conosciuto Sarah proprio grazie alle due ragazze.
In poco tempo erano diventati inseparabili tutti e 4, per poi far sfociare l'amicizia tra Sarah e il ragazzo in una vera e propria relazione, con come conseguenza numerose battutine da parte di Jade e Clara.
Presto Jade uscì nuovamente di casa, lasciando un bigliettino alla madre con scritto dove stesse andando e che per l'ora di cena sarebbe stata di ritorno.
Il cielo era grigio, nonostante il caldo la pioggia era imminente e per questo Jade affrettò il passo, non avendo ombrelli.
Infine arrivò sotto casa di Marco, citofonò ed entrò nel cancelletto.
Salì  le scale condominiali ed entrò in casa.
Un coro di "ciao" la accolse, e lei rispose con un sorriso.
Appese il giubbotto leggero di jeans alla spalliera, tolse le scarpe e le buttò in un angolo, infine raggiunse gli amici in salotto e si buttò con poca eleganza sul divano.
Jade era praticamente cresciuta in quella casa quasi più che a casa sua, motivo per il quale considerava Marco come il fratello che non aveva, così come la sua abitazione la sua seconda casa e la famiglia del ragazzo come la sua seconda famiglia.
Nel salotto erano in 5.
Clara Marco e Sarah erano buttati senza ritegno sul primo divano, le gambe del ragazzo lanciate sul puff subito di fronte, le gambe delle due ragazze abbandonate miseramente sul ragazzo che non si lamentava neppure, non avendo speranze di potersi opporre, conoscendo l'amica e la sua ragazza.
Sull'altro divano, quello più piccolo si era appena buttata Jade, prendendo possesso del telecomando, più per abitudine che per vera e propria utilità,  essendo la televisione accesa su Mtv Music, mentre all'altro alto del divano c'era Stefano,  il fratello maggiore di Marco.  
Marco e Stefano potevano tranquillamente passare per gemelli, capelli scuri, riccissimi,  pelle ambrata e sorriso luminoso.
Se da piccoli una spanna in altezza li rendeva decisamente differenti, da qualche anno a quella parte la situazione era cambiata.
Ovviamente questo non valeva per gli amici dei due ragazzi, se apparentemente questi potevano sembrare identici, conoscendoli con una sola occhiata erano distinguibili.
Se Marco era simpatico e solare, il maggiore era decisamente più riservato e ombroso.
Il primo era sempre pronto a ridere e scherzare, e spesso con la sua simpatia involontariamente focalizzava l'attenzione su se stesso in maniera piacevole, Stefano era da sempre più tranquillo e pacato,  meno avvezzo al centro dell'attenzione e sempre sulle sue. 
Nonostante ciò era davvero una bella persona, e le tre ragazze lo sapevano.
"Ehi Ste!" esordì Jade con un cenno del capo rivolgendosi all'amico.
"Ciao Jade, che mi racconti?" Rispose Stefano guardando la ragazza al suo fianco.
"Settimana prossima vado in città, finalmente fuori dall'isola" disse felice Jade, battendo le mani come una bambina.
"Sai che io parto domani? Stage scolastico, non ho ancora ben capito cosa dovremmo fare, ma stiamo via una settimana e tento mi basta" raccontò il ragazzo con aria annoiata.
"Sì mi aveva accennato qualcosa Marco, per questo ti dicevo, visto che vado sabato se tu sei ancora lì possiamo beccarci, in mattinata io e Giacomo pensavamo di andare a vedere la fiera se vuoi aggiungerti." Disse Jade, sapendo che il ragazzo e suo cugino erano amici probabilmente ancora da prima che lei conoscesse Stefano.
"Ci sta, tanto il sabato abbiamo giorno libero e non vedo da secoli tuo cugino, poi ci mettiamo d'accordo più avanti" concordò Stefano, la cui attenzione venne subito catturata dalle risate provenienti dall'altro divano. Anche Jade distolse lo sguardo dal vicino e si rivolse agli amici poco distanti.
Lì Marco e Sarah ridacchiavano senza ritegno, mentre lo sguardo di Clara si spostava velocemente tra la coppietta vicina a lei e i due amici sull'altro divano.
"Che?" chiese dubbiosa Jade, non capendo cosa si fosse persa.
"Avete mai pensato che potreste essere una bella coppietta voi due?" Chiese con fare innocente Sarah, sbattendo le ciglia ai due amici.
Jade e Stefano, con versi plateali si spostarono velocemente, spalmandosi sui due lati del divano opposti, così da mettere più distanza possibile l'uno dall'altra.
Marco scoppiò a ridere, mentre Clara fece un piccolo sorriso.
"Tralasciando certi suggerimenti incestuosi" esordì allora Jade, alludendo al rapporto troppo familiare tra lei e il ragazzo perché quello di Sarah potesse essere un pensiero reale.
"Che dite di fare qualcosa di più costruttivo che stare qua a fare nulla?" Continuò la ragazza, guardando a uno a uno i suoi amici.
"Che vuoi fare di costruttivo? Studiare?" Chiese Clara accavallano le gambe infastidita.
“Ma ti pare?!” rispose scandalizzata Jade.
"Spiaggia?" Propose Stefano conciliante.
"Andata!" Esclamò Sarah, prendendo la borsa e alzandosi, seguita a ruota dagli altri.
Jade adocchiò il cielo sbirciando fuori dalla finestra.
Esso non era più adombrato come poco prima, ma di certo non era limpido.
I ragazzi decisero di rischiare, e si diressero verso il mare.
Uscirono velocemente di casa e in poco tempo si ritrovarono in spiaggia.
Il pomeriggio passò senza intoppi, finché le prime goccia di pioggia cominciarono a cadere, dando inizio ad un acquazzone.
Ridendo i ragazzi si separano, ognuno diretto verso la propria casa, motivo per il quale Clara e Jade si ritrovarono a percorrere lo stesso pezzo di strada, opposto a quello degli altri tre.
Entrambe correvano ridendo. Tentarono di ripararsi con ciò che avevano, l'una con la giacchetta, l'altra con la felpa, ma ovviamente fu del tutto inutile.
Decisero infine di ripararsi sotto una piccola tettoia,aspettando il momento giusto per poter ripartire senza bagnarsi completamente.
Sotto il piccolo portico rimasero per circa venti minuti, durante i quali risero e scherzarono come non facevano da tempo. Si volevano molto bene, eppure a volte tendevano dimenticare quanto la compagnia l'una dall'altra fosse piacevole.
La pioggia diminuì, e le due ne approfittarono, ricominciando a correre sul marciapiede, evitando le buche piene di pozzanghere e continuando a ridere come due bambine. Arrivate al momento della separazione si abbracciarlo, e Clara chiese speranzosa all'amica: "Jade, verso fine mese festeggiamo il compleanno di mio fratello in casa con i parenti, visto che è sempre una palla verrai anche tu?"
"Certo che verrò" rispose dolcemente Jade. Il bimbo avrebbe compiuto 8 anni e sebbene Clara volesse bene al fratello, avere tutti i parenti in casa sarebbe stato pesante e noioso per la ragazza, non avendo nessuno con cui passare il tempo, Sarah non ci sarebbe stata.
Si lasciarono, ed entrambe tornarono a casa, felici del pomeriggio passato insieme agli altri e pregustando gli ultimi  giorni di calma e bel tempo prima del serio inizio della scuola.







 

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Capitolo 5
*** capitolo 4 ***


 

 ○●Capitolo 4 ●○
















 
Erano salpati da poco, e la giornata si prospettava tranquilla e assolata.
L'imbarcazione era di modeste dimensioni, e mentre zio e padre erano nella cabina di comando, Jade e Jack si trovavano sul ponte, appoggiati alla ringhiera che dava sul mare.
Numerosi uomini si affaccendavano in giro, tra cui altri commercianti, anch'essi lì per conto dei proprio negozi.
In totale erano una decina sulla barca e ognuno pensava ai propri affari, saltuariamente chiacchierando con gli altri.
Erano anni ormai che la gente era sempre la stessa, e sin dalle prime incursioni in città i due cugini erano diventati un po’ le mascotte della compagnia.
Sebbene cresciuti le cose non erano poi cambiate molto.
Dopo le solite battutine di circostanza riguardo le avventure di Jade e Jack all'epoca in cui ancora erano delle "piccole pesti iperattive", come amavano evidenziare tutti, ognuno era tornato a curare i propri affari.
I due ragazzi come sempre scherzavano e ridevano, in attesa di arrivare.
La mattina avrebbero girato per la città, finalmente andando alla mostra motociclistica che in quel periodo era allestita e che Jack aspettava da tempo, mentre nel pomeriggio avrebbero aiutato i genitori a caricare i nuovi acquisti sulla barca.
Erano le 5 di mattina, il sole doveva ancora sorgere, ma il cielo stellato cominciava la lenta schiarita.
Il mare era placido, una tavola perfetta, interrotta solo dalle onde causate dal moto della barca, che fendeva la lastra d'acqua con un rumore ronzante, causando lo sciabordio delle onde.
A causa dell'alzataccia mattutina e grazie al rumore monotono che la circondava, la ragazza aveva la mezza idea di sedersi appoggiata alla balaustra e addormentarsi, ma purtroppo non aveva più sei anni e di certo sarebbe stata solo d'intralcio. Appoggiò le braccia sulla ringhiera, e adagiò il mento sulle mani.
Dopo aver lanciato uno sguardo al cugino, intento a guardare il cellulare, Jade rivolse gli occhi al cielo, ammirandolo. 
Era in bella mostra il grande carro.
Utilizzando la stella polare visualizzò anche il piccolo carro. Le stelle stavano però cominciando a sbiadire, e il cielo a schiarire.
All'orizzonte il cielo cominciava ad assumere  una tonalità azzurrina, presto il sole sarebbe apparso.
"Per che ora arriviamo?" Chiese spezzando il silenzio Jade, attirando l'attenzione di Jack.
Questo si grattò con fare dubbioso la testa.
"Penso che per le 9 saremo in porto, ma francamente non ne sono sicuro, sai che non sono bravo in geografia marittima e anche quando mio padre cerca di spiegarmi qualcosa non ci capisco mai molto." Rispose quasi con un tono di scuse il ragazzo. Jade rise.
"Ma non preoccuparti, come se io invece ci capissi molto di più no?" Esclamò la giovane consolando il cugino.
Jade si strinse nel cappotto.
Questa volta era vestita pesante. Sotto il giubbotto aveva infatti una felpa e portava dei jeans piuttosto pesanti.
 Durante la giornata la temperatura sarebbe decisamente salita, ma per il momento il freddo era più che pungente,  e il vento causato dal veloce movimento dell'imbarcazione non aiutava per nulla.
Ormai sulla piccola terrazza scoperta erano rimasti in pochi. Jade e Jack erano tra questi. 
Era tradizione, indipendentemente dal freddo e dal gelo, a dirla tutta dipendente solo dal meteo, che i due dovessero assolutamente vedere l'alba sul mare, quando come in questa occasione ne avevano la possibilità.
I ragazzi stavano in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri, e senza davvero accorgersene, Jade cedette al sonno.
Mezza sveglia mezza addormentata, rimase in dormiveglia.
Riusciva a rimanere presente a se stessa, ma contemporaneamente non lo era. Immagini sfocate le riempivano la mente, mentre gli occhi erano ancora fissati, senza davvero soffermarcisi, sull'orizzonte azzurrino.
 
 
Era di nuovo sola in mezzo al campo. Il monello e il contadino eraro ormai lontani, e Jade sentiva una forte pressione sul petto, che non accennava a scemare. Non capiva cosa stesse succedendo, e ne era spaventata. Ricominciò a camminare, accelerando il passo con urgenza.
Il senso di pace e serenità era scomparso, lasciando crescere una certa inquietudine. La città sembrava non arrivare mai.
Quando arrivò sul limitare del campo, nelle vicinanze della modesta muraglia esterna che circondava la città, sentì sulla pelle alcune gocce.
Sorpresa alzò lo sguardo al cielo, notando improvvisamente nuvoloni carichi di pioggia incombere minacciosi. Ciò non fece che aumentare il malessere che già provava. 
Le poche gocce si tramutarono velocemente in pioggia scrosciante, così come l'inquietudine si trasformò in terrore.
Jade rimase immobile, incurante dei vestiti fradici e dei capelli gocciolanti.  Non riusciva a muoversi.
Quando un tuono sconquassò infine l'aria, la ragazza sobbalzò, e prese a correre.
Il fango la infradiciava, ma lei neppure se ne accorgeva.
 In pochi minuti varcò il portone lasciato aperto e incustodito, e lì vide il caos.
Non era una semplice tempesta, sembrava che il cielo volesse riversare tutta l'acqua possibile sulla cittadina.
La gente urlava e correva cercando di mettere in salvo i propri oggetti.
"Ma non capiscono che finiranno tutti ammazzati?" Pensò con terrore e consapevolezza Jade.
L'acqua scrosciava sulle vie acciottolate, e sebbene dalla posizione in cui si trovava la ragazza la visuale era limitata, il cataclisma in atto era perfettamente visibile dovunque si girasse.
Doveva trovare un riparo.
Fece per avvicinarsi alle persone poco piu avanti, in corrispondenza di primi edifici, quando una donna affiancata da un paio di ragazzi le venne incontro.
Jade fece per chiedere loro aiuto ma ancora una volta questi praticamente non la notarono e andarono oltre.
La donna le passò sulla destra, seguita a ruota da un ragazzo. La ragazzina correndo si sarebbe scontrata pienamente con Jade, se non fosse stato per la sua inconsistenza,  la quale le permise di essere attraversata per l'ennesima volta.
A Jade si mozzò il respiro. Una fitta la attraversò da testa ad piedi, un dolore insistente si concentrò nel centro del petto. Non aveva però tempo da perdere. Sebbene invisibile e inconsistente per le altre persone non era immune alle intemperie.
L'acqua aveva raggiunto velocemente l'altezza delle caviglie e non accennava a fermarsi.
Si girò e incespicando rincorse donna e ragazzi verso la muraglia appena attraversata.
Costeggiarono il muro per poi arrivare in corrispondenza di una torre, nella quale si infilarono uno alla volta, sempre seguiti da Jade.
 Salite delle piccole e anguste scale raggiunsero la cima del muro, comunque non più alto di 3 metri.
Qui Jade si bloccò a guardare ciò che la circondava.
Sembrava che la fine del mondo fosse appena arrivata.
In lontananza vedeva la città completamente in subbuglio, mentre girandosi verso l'esterno, oltre a far vagare lo sguardo sul campo appena attraversato completamente in balia della tempesta, notò con orrore il mare oltre la foresta. Stava vedendo qualcosa di innaturale.
Sembrava che il mare e il cielo si fossero fusi, inglobandosi a vicenda.
Le onde erano così alte che erano visibili anche dalla muraglia. In quel momento la donna cominciò a piangere urlando.
 E fu in quel momento che Jade cominciò ad avere davvero, davvero,  paura.
 
 
Uno scossone improvviso, dato dal moto dell'imbarcazione, risvegliò la ragazza. Questa sbattè le palpebre riguadagnando conoscenza.  Apparentemente erano passati pochi minuti.
Jack era ancora al cellulare e non aveva dato segni di aver notato l'abbiocco della cugina, il cielo sebbene in continua schiarita era ancora piuttosto scuro e il sole ancora non era in vista.
Jade rabbrividì e si strinse ancora di più nel suo cappotto.
Il cuore le batteva all'impazzata e si accorse che i brividi che le scuotevano il corpo erano dovuti al leggero strato di sudore freddo che si era formato sulla sua pelle. Infilò le mani in tasca e tentò di calmare il respiro, così da non attitare l'attenzione di Jack.
La ragazza era ufficialmente spaventata.
Non capiva cosa stesse succedendo.
Se inizialmente aveva trovato semplicemente insoliti gli strani sogni che aveva fatto nei giorni precedenti, accantonandoli di conseguenza, stava cominciando a domandarsi il perché.
Che cosa volevano dire? Perché continuavano a susseguirsi? Non aveva mai creduto a sogni premonitori o idee simili.
Anche perché cosa avrebbero dovuto prevedere?  Jade non riusciva a capire. Sapeva soltanto che sembravano estremamente reali. Al risveglio Jade era pervasa di emozioni troppo forti per essere dei sogni, e non sempre positivi.
Si stropicciò il viso, cercando di svegliarsi, aiutata dall'aria gelata che le sferzava il viso.
"Ehy" sussurrò con aria assonnata qualche secondo dopo.
"Non so te ma io sto congelando" rispose Jack, spostandosi dalla fronte un ciuffo di capelli mori, gli occhi nocciola spalancati e il naso rosso dal freddo. Jade rise all'espressione dell'amico.
"Dai, un pò di pazienza! Due minuti e il sole esce" esalò con convinzione Jade,  prendendo a braccetto Jack.
I due si avvicinarono, cercando di scaldarsi, e finalmente dopo pochi minuti i primi timidi raggi fecero capolino in lontananza, anticipando la graduale  salita del sole. Era come sempre uno spettacolo meraviglioso, si ritrovò a pensare Jade, ammirando il sole dimentica del freddo.
I raggi, sebbene deboli e pallidi, aiutarono a scaldare i due ragazzi che in silenzio ammiravano lo spettacolo.
Era un’atmosfera magica, e mai nessuno spezzava il silenzio che si andava a formare in quei momenti, non contando il rumore del mare e del motore della barca. Come da tradizione erano lì praticamente immobili e vicini, senza parlare. Senza davvero ricordare l'origine di quell'usanza la rispettavano appena ne avevano occasione, e non se ne pentivano mai.
Se inizialmente i genitori dell'uno e dell'altra avevano cercato di far desistere i due, dato che l'alba era perfettamente visibile dall'oblò in coperta, come amavano ricordare ogni volta,  avevano poi lasciato perdere, sapendo che i due non avrebbero cambiato idea.
Il cielo era decisamente più chiaro ora, e il sole aveva abbandonato il mare,  cominciando la lenta ascesa verso il cielo.
A quel punto i due, gelati fin nelle ossa, abbandonarono lentamente il ponte, scendendo in stiva, dove si sedettero su due scatoloni, non prima di essere passati davanti alla cabina di comando dove i padri dei due erano ancora situati.
Jack prese allora lo zaino dalle sue spalle e ne tirò fuori due brioches, così che i due potessero finalmente fare colazione in pace.
"E non dire che non ti penso!" Proferì con enfasi il ragazzo, addentando la sua colazione.
"Ma per favore! Mi sembra il minimo visto tutto il cibo che mi rubi ogni santa volta in cui mi vedi o in cui vieni a casa mia..." replicò stizzita Jade.
Notato il silenzio di Jack in rimando continuò agguerrita.
"Vuoi un elenco del cibo che mi hai rubato solo negli ultimi giorni? Allora cominciamo da ieri che..."
"Ti prego Jade chiudi quella boccaccia e mangia,  non farmi pentire di averti portato qualcosa" esclamò esasperato Jack.
"D'accordo Bambi" disse allora Jade con aria innocente. Jack si imobilizzò. 
"Non lo hai fatto veramente." Esalò con un espressione disperata il ragazzo.
"Non capisco a cosa ti riferisci Bambi." Rispose con tono squillante e un'aria innocente Jade.
Jack era un bel ragazzo, ma era stato un bel bambino, dai capelli mori e gli occhioni castani, tanto da guadagnarsi in famiglia il soprannome di Bambi, soprannome che una volta compiuti i 10 anni si era categoricamente rifiutato di far utilizzare.
Ovviamente con l'andare del tempo l'utilizzo del soprannome, troppo imbarazzante per un'adolescente in crescita, era caduto in disuso.
Per tutti, tranne che per Jade, la quale per dispetto riesumava periodicamente l'imbarazzante soprannome, suscitando l'orrore del cugino e il terrore che qualcuno potesse sentirla.
Prima che Jack potesse dire qualcosa, Jade era già in piedi e in corsa, diretta in un qualsiasi posto lontano dall'amico. La fuga durò però poco.
Alla vista dei due ragazzi in corsa  per il ponte, Mario uscì dalla cabina di comando. Alla vista dell'uomo i due si calmarono repentinamente. Dopo una strigliata veloce quanto terrificante, vennero apostrofati come adolescenti dall'età celebrale di 11 anni, per poi rendersi conto del comportamento  a tutti gli effetti fuori luogo.
I due tornarono sottocoperta, e mentre Jack, dopo aver lanciato un'occhiataccia abbastanza eloquente alla cugina, si abbioccò appoggiato a una parete, Jade passò 5 minuti a pensare cosa fare, non potendo messaggiare con nessuno all'orario troppo mattiniero per un qualsiasi normale adolescente.
Decise di uscire.
Erano ormai le 7 di mattina, il sole era piuttosto alto nel cielo, e sebbene facesse ancora freddo la temperatura era sopportabile.
Sul ponte erano presenti solo 3 uomini. Questi non notarono Jade sgusciare lentamente fuori dalla stiva, e per questo la ragazza si mise in un angolino, appoggiandosi alla balaustra e ancora una volta ammirando il paesaggio.
Il vento era impetuoso, il mare tempestoso.
Era come se Jade non avesse mai visto prima il mare. Era come se quella distesa d'acqua visibile da casa sua da quando era nata, o almeno, da quando aveva memoria,  fosse un falso, una pallida e mal fatta imitazione del mare che le si stagliava davanti. Esso comprendeva un'intera scala cromatica di blu e azzurri.
Le onde erano alte e si scontravano violentemente sui fianchi della nave. La vista mozzafiato che le si presentava davanti la bloccava sul posto, ancorata come se ne andasse della sua vita alla ringhiera della nave. Le onde erano di un blu intenso. Era come essere in una bolla isolata dal mondo, evitata dalla civiltà, e lo testimoniava l'evidente mancanza di inquinamento.
Molto strana per Jade. La schiuma era bianchissima, e stranamente la ragazza riusciva a scorgere a diversi metri di profondità, animali marini, che ai suoi occhi inesperti riguardo la fauna del posto sembravano delfini o squaletti di mare. Due gabbiani tentavano l'approccio con l'acqua ma non riuscivano a  posarsi a causa delle onde così violente. Un pensiero la fulminò. Dei gabbiani nel bel mezzo del mare, a quella distanza dalla terra erano abbastanza improbabili.
Ciò significava solo una cosa.
Il suo sguardo vagò, in cerca di un segno, e lo trovò.
In linea d'aria  con la poppa della nave, lungo la linea d'orizzonte,  dove il blu del mare e l'azzurro accecante del cielo si dividevano nettamente, si stagliava una piccolissima striscia più scura, che doveva essere per forza una striscia di terra.  Finalmente erano arrivati. Se in un primo momento Jade si sentì contenta, subito dopo rimase piuttosto basita. Come potevano essere già arrivati? Il viaggio sarebbe dovuto durare almeno un paio  d'ore in più.
Confusa Jade decise di raggiungere la sala comandi, dove erano stazionati Mario, il quale aveva il comando, e Roberto, presente come aiutante e per tenere compagnia al fratello. Questi accolsero la ragazza con un sorriso.
"Scusate, ma come facciamo ad essere già arrivati?" Chiese la ragazza, ancora confusa per quel viaggio estremamente corto.
"Jade ma che dici? L'arrivo è previsto per le 9.30, al massimo non più presto delle 9." Rispose con un sorriso giocoso il padre.
" Ma allora perché vediamo già terra?" Chiese confusa Jade, sapendo della mancanza di isole o altre terre nelle vicinanze della loro isola.
Mario e Roberto si scambiarono uno sguardo incerto.
"Scusa ma dove la vedi la terra?" Chiese infatti lo zio, aguzzando lo sguardo  per vedere in lontananza e poi dando scetticamente un’occhiata al radar.
Vedendo gli sguardi ancora più confusi scambiati tra i due uomini e le occhiate preoccupate che le rivolsero Jade decise di non insistere.
Si congedò velocemente e scese sottocoperta.
Svegliò dolcemente il cugino, così da non infastidirlo più di quanto aveva già fatto, e lo fece salire.
Andarono in corrispondenza della parte agibile più vicina alla poppa dell'imbarcazione.
Con sommo sollievo da parte di Jade quella piccola striscioline di terra era ancora lì, evidente in contrasto ai blu e azzurri del paesaggio.
"Sono scema o c'è della terra?" Chiese allora Jade, indicando esplicitamente con un dito la direzione in cui guardare. 
Anche Jack aguzzò lo sguardo, e Jade, guardandolo di sfuggita, notò quanto fosse simile al padre. Dopo qualche secondo di osservazione il ragazzo rivolse il suo sguardo alla cugina.
"Guarda che non c'è niente." Affermò con un’alzata di spalle.
Jade rise, riprendendo il cugino.
"Dai scemo non prendermi in giro, é lì, visibilissima, se non siamo già arrivati deve essere per forza un'isola vicina alla nuova rotta che stiamo percorrendo"
"Jade non ti sto prendendo in giro. Hai battuto la testa o hai bisogno di mettere gli occhiali?" Chiese Jack guardando negli occhi Jade, in parte scherzando e in parte serio.
Jade gli diede una rispostaccia, per non far davvero preoccupare il cugino, ma incassò il colpo, cominciando  sinceramente a preoccuparsi.
Non era ancora vicina certo, ma l'isola era decisamente visibile.
Jade si stropicciò gli occhi e con preoccupazione cercò con lo sguardo quella che doveva essere proprio un'isola, dato che non era una striscia di terra abbastanza grande da pensare alla costa.
Dopo aver controllato per l'ennesima volta, la terra era ancora lì, e a Jade si asciugò la bocca. Dovette anche impallidire vistosamente, dato che subito dopo Jack le chiese con fare preoccupato se tutto andasse bene.
Jade rispose affermativamente e con una risata troppo nervosa per essere naturale.
Tornarono in stiva con passo lento.
Percorsero le scalette ripide e strette, leggermente incrostate di salsedine e si ritrovarono di sotto. Le luci artificiali erano ancora accese, sebbene piuttosto inutili.
Dai piccoli oblò infatti entrava l'accecante luce del sole che illuminava l'ambiente con una luce chiara e calda. Si risedetterò nel loro angolino.
Jack fece una battutaccia. Jade rise.
Uno scossone improvviso colpì la nave. Gli scatoloni nell'angolo si rovesciarono, la maggioranza  delle persone cadde a terra. Jade in bilico sulla sedia cadde rovinosamente sbattendo violentemente  contro il pavimento.
Fece appena in tempo vedere l'oblò più vicino a sè, che per un attimo le si annebbiò la vista. Sbattè gli occhi, e la vista appannata divenne più chiara.
La nave si stava inclinando pauramente. La maggior parte delle persone terrorizzate urlarono.
Jade si guardò disperatamente in giro, cercando di capire cosa fare, quando la visuale le venne completamente offuscata da Jack, il quale scivolando sul pavimento finì addosso alla ragazza, facendole battere la testa.
Pochi attimi, e tutto fu nero.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5




















La prima cosa che Jade sentì fu qualcosa di duro contro la guancia.
Sensazioni contrastanti si confondevano nella sua mente, sensazioni che  lei non riusciva a cogliere chiaramente.
La seconda cosa di cui si accorse fu la puzza di marcio. Era orribile. Le riempiva le narici e le inondava la bocca.
Il petto si contrasse con una fitta dolorosa dando origine ad una raffica di tosse che non migliorò la situazione.
Jade era confusa, ma anche completamente intontita.
I suoi occhi erano ancora chiusi, ma man mano che riacquistava i sensi e la sensibilità del suo corpo si prendeva consapevolezza di tanti piccoli dettagli.
Era evidentemente sdraiata a pancia in giù su una superficie spigolosa e scomoda, ma soprattutto, era completamente fradicia.
Aprì infine gli occhi, ma fu costretta a richiuderli subito dopo.
La luce era accecante.
Li riaprì,  con più calma questa volta, lasciando che le pupille si adattassero al fascio di luce a cui erano sottoposte, e capì che la grande intensità luminosa era dovuta al tramonto che le si era presentato davanti.
Si alzò con molta calma.
Ogni singola parte del suo corpo lanciava fitte dolorose di avvertimento, ma lei continuò a muoversi.
Si guardò intorno confusa. Anche solo girare il collo le provocava un dolore immenso.
Con un moto di orrore si accorse che il paesaggio che le si presentava davanti era completamente sconosciuto.
Ormai seduta, studiò ciò che la circondava e notò di essere seduta  su una grossa pietra nera, circondata da molte altre simili ma di diverse dimensioni, bagnate dall'acqua del mare.
In quel momento la marea doveva essere bassa, e questo spiegava il perché  si trovasse leggermente sopraelevata rispetto al livello del mare.
Jade si stropicciò gli occhi, e quando finalmente riprese pieno possesso delle sue facoltà mentali, sebbene ancora molto confusa, un senso di terrore le attanagliò lo stomaco.
"Come cazzo ci sono finita qui?" Si chiese infatti,  guardandosi attorno con fare molto più che allarmato.
Dietro di sé le pietre e gli scogli si ammassavano disordinati in cumuli confusi.
In fondo si intravedevano degli arbusti e degli alberi, una macchia verde che copriva l'orizzonte.
Jade in mezzo al cieco terrore cercò di pensare lucidamente. 
Si alternavano nella sua mente sprazzi di lucidità a sprazzi di quelli che le sembravano ricordi, di cui tanta acqua e confusione erano i maggiori protagonisti. Si chiese che fine avessero fatto tutti gli altri. Jake, il padre, lo zio, tutte le persone presenti sulla nave.
La nave stessa non c'era, e nel caso fosse affondata, distruggendosi in mezzo alle onde, nemmeno un resto era visibile su quella spiaggia.
Il mare in quel momento era placido.
Jade si alzò in piedi. Un paio di articolazioni le schioccarono, ma lei non ci fece caso.
Si tolse dagli occhi i capelli bagnati e sfilò l'alga attorcigliata nella ciocca di capelli.
Diede l'ennesima occhiata in giro, ma era l'unica ad essere approdata in quel luogo. Evidentemente non era una spiaggia balneabile essendo disagevole quanto deserta, quindi, adocchiato il sole sempre più pericolosamente basso nel cielo, decise di cominciare a muoversi.
Non avrebbe  trovato anima viva in quel luogo,  ma camminando avrebbe trovato una città, o anche solo un porto.
Tirò fuori dalla tasca il cellulare, ma senza provare nemmeno un briciolo di speranza. Quello sgocciolò sconsolatamente acqua salata, inutilizzabile.
Cominciò a camminare. Dalle All Star nere usciva acqua e ad ogni passo il rumore emesso era estremamente fastidioso.
Alla fine le sfilò, camminando con i calzini addosso, una misera protezione contro gli scogli spigolosi.
Passarono parecchi minuti e infine le rocce di quell'insolito colore nero finirono, dando inizio alle sterpaglie.
Jade si guardò indietro. Il mare era decisamente più lontano in quel momento.
Con un sospiro tremolante infine si rivolse verso il boschetto, e si incamminò. 
Era decisamente congelata, e quei vestiti fradici non la aiutavano. Andava ormai avanti per inerzia, fino a quando sentì un urlo acuto.
 La ragazza perse un battito e si immobilizzò.
Il cervello le si annebbiò dalla paura.
Era stanca, bagnata e terrorizzata dalla situazione, non capiva dove fosse e cosa dovesse fare, allora fece la prima cosa le passò per la testa.
Subito si avvicinò a un albero di medie dimensioni, un albero che nell'evenienza l'avrebbe sorretta se ci fosse stato bisogno di arrampicarsi.
Nel caso fosse stato un animale a emettere quel rumore si sarebbe nascosta là sopra, ma Jade pregò vivamente fosse una persona, così da poter chiedere finalmente aiuto.
Passò un minuto in cui la ragazza ebbe persino paura di respirare troppo forte, quando quel suono si ripetè,  accompagnato poi da una risata cristallina, una risata di bambino.
Jade quasi si mise a piangere di gioia. Subito si allontanò dal vegetale e si mosse svelta verso la voce.
Infine vide, in mezzo alle foglie, una testolina bionda correre nella sua direzione. Questa scomparve dalla sua vista, e poco dopo se la ritrovò addosso.
Doveva essere una bambina di circa 7 anni, dai capelli chiarissimi e lunghi raccolti in una treccia disordinata. Aveva tra i capelli molte foglie e rametti, le mani  e le braccia sporche di terra.
Sul suo viso il sorriso scomparve subito, rimpiazzato prima da un espressione stupita e poi da una impaurita.
Jade, prima che la bambina scappasse o urlasse si abbassò alla sua altezza esibendo il suo sorriso più convincente, per quanto potesse essere convincente un sorriso nelle sue condizioni.
La prese delicatamente per le spalle e con voce dolce le chiese: "Ciao, come ti chiami?"
Dopo pochi secondi spuntò un'altra bambina. Questa sembrava leggermente più grande, sebbene identica all'altra.
Jade tirò un sospiro di sollievo.
 Due sorelline che giocavano nel verde, casa loro non sarebbe dovuta essere troppo lontano.
La piccola non accennava però a rispondere, e fissava ad occhi sgranati la ragazza.
"Io sono Jade, non voglio farti del male." Riprese allora Jade, cercando di far sbloccare la bambina. Questa continuò allora a fissarla, muta.
"Io sono Latsmi! " esordì la maggiore, avvicinandosi velocemente.
"E lei è mia sorella Kiraj, però lei è timida e non parla mai." La bimba fissò i suoi occhioni azzurri sulla ragazza e la guardò con interesse. 
"Ma perché sei vestita così?" Chiese poi Latsmi, inclinato la testa con fare dubbioso.
Jade si guardò, indossava Jeans e felpa.
 Posò lo sguardo sulle bambine, che a piedi nudi indossavano vestiti piuttosto semplici, di un colore neutro, macchiato qua e la da sprazzi di verde. Se Jade non fosse già stata fin troppo confusa, in quel momento avrebbe cominciato a preoccuparsi,  ma ormai era talmente sconvolta dagli accadimenti dell'ultima giornata che non si scandalizzò particolarmente. Jade, con un sorriso stanco si rivolse alla piccola Latsmi.
"Vengo da un posto lontano,  li ci vestiamo così. Però mi piace tanto il tuo di vestito." Esclamò con voce allegra la ragazza.
" Sai, sono qui da sola, e non ho un posto dove andare. Non è che mi porti dalla tua mamma?" Continuò a parlare Jade, sperando che la bambina si convincesse facilmente. 
Lei per prima da piccola aveva imparato la solita regola del 'non si parla con gli sconosciuti', ma a Latsmi non sembrava importare gran che.
La piccola infatti rise e avvicinandosi ulteriormente toccò il jeans di Jade.
"A me invece piace il tuo!" Esclamò ridendo, dando una gomitata alla sorella.
"Comunque io non ce l'ho la mamma. Però posso portarti da Ana, o dal mio papà."
Latsmi lanciò un veloce sguardo alla sorella minore. Essa rispose all’occhiata con un impercettibile cenno di assenso. La maggiore allora  senza pensarci troppo fece dietro front prendendo la mano di Jade  e si incamminò diretta, sbucando su un sentiero che invece la ragazza non aveva notato. Mentre Kiraj continuava a non aprire bocca, lanciando occhiate veloci e furtive alla sconosciuta, la piccola era piena di gioia e vitalità, chiacchierando del più e del meno con Jade, raccontando ogni pensiero che le passava per la mente.
Dopo mezz'ora di cammino infine uscirono dal boschetto,  ritrovandosi sul limitare di uno spiazzo erboso delimitato da una cinta di legno piuttosto esigua. Oltre la recinzione era visibile una piccola casa. Kiraj si animò, e per la prima volta si lasciò scappare un sorriso, abbandonando l'espressione corrucciata con cui Jade l'aveva vista fino a quel momento.
Le due bambine si misero a correre oltrepassando il recinto.
La grande si bloccò sull'uscio dell'abitazione girandosi verso la ragazza e facendole cenno di avvicinarsi.
Jade non se lo fece ripetere due volte e le seguì.
Kiraj era già dentro, mentre la piccola Latsmi urlò a pieni polmoni il nome di una certa Ana,  nominata anche nel boschetto.  Jade arrivò nei pressi dell'abitazione e con fare timido attese all'ingresso l'arrivo di un qualche adulto con cui confrontarsi. Il sollievo provocato dalla scoperta delle due bambine era ormai stato sostituito da un senso di ansia e preoccupazione.
"Latsmi smetti di urlare o spaventarai gli animali". Una voce femminile interruppe le urla della bambina, anticipando la vista della sua proprietaria da parte di Jade. Questa era una ragazza che doveva avere circa 20 anni, non troppo più grande di Jade,  dal viso disteso in un sorriso pacifico e calmo.
Non parve particolarmente sorpresa o allarmata davanti alla sconosciuta sulla porta. Jade se ne meravigliò.
 "Io mi prenderei un colpo a vedere una tipa fradicia sporca e stravolta sulla porta di casa" pensò Jade, immaginandosi solo lontanamente il modo in cui era conciata. Ma forse fu proprio la condizione con cui si era presentata in quella casa che spinse Ana senza dire nulla a scomparire nell'abitazione per poi uscirne pochi secondi dopo con quella che appariva come una coperta piuttosto grossa, la quale venne posata dolcemente sulle spalle della ragazza.
"Grazie..." sussurrò sconvolta Jade.
"Non mi ringraziare." Rispose Ana con uno sguardo perforante prima di continuare. "Sembra tu non abbia passato una giornata troppo tranquilla." Senza darle il tempo di rispondere Jade venne accompagnata dentro e fatta sedere al tavolo di legno che dominava la stanza. Jade voleva spiegarsi oltre che ringraziare per l'ospitalità disinteressata che questa Ana le stava dimostrando senza indugio ma rimase bloccata guardandosi intorno,  letteralmente esterrefatta.
Anche da fuori era apparsa una casa essenziale, semplice, contadina, con il tetto spiovente e le finestrelle strette, il recinto semplice e il campo tutt'intorno, semplice, rurale. Ma l'interno era decisamente sorprendente per Jade. Abitando in una località essenzialmente marittima era abituata ad altri paesaggi e comunque a una cittadina. Sulla sua isola era decisamente poco lo spazio per immensi campi e spazi verdi,  così come per casupole disperse nel nulla, come essenzialmente era quella in cui si trovava. Ciò che la lasciò però sconvolta fu l'arredamento.
Non le sedie semplici, nè il tavolaccio di legno altrettanto essenziale, bensì la mancanza di cucina, sostituita da un cantuccio sviluppatosi intorno a un focolare, su cui era a cuocere qualcosa di fumante all'interno di un pentolone all'apparenza di rame. Un ripiano su cui erano appoggiate delle brocche di ceramica, con simboli decorativi rossi fatti a mano. Le ciotole impilate in un angolo, vicino a dei cucchiai di un materiale indefinito.
Le pareti erano spoglie, tralasciando delle decorazioni manuali fatte a colori piuttosto vivaci, da delle mani di bambino, come testimoniavano le manate piccolissime qua e là.
Se Jade era già confusa e spaventata, cominciò a pensare di stare perdendo la testa. Impallidì vistosamente, tanto che Ana interruppe il silenzio creatosi in quei secondi di analisi attenta a ogni piccolo particolare della casa da parte di Jade.
"Non ti devi preoccupare, qualsiasi cosa sia successa possiamo sistemarla." Esordì infatti la ragazza fissando il suo sguardo attento su Jade, la quale da parte sua sembrò quasi farsi piccola piccola sulla sedia su cui era seduta, vicina al fuoco.
"Il fatto è che io.... cioè..." Jade non riusciva a trovare le parole, forse perché di parole non ne aveva per esprimere cosa fosse successo. "Io non ne ho idea!" Esclamò infine. Aveva un idea ben chiara di cosa fosse successo, ma dire quella parola ad alta voce la terrorizzava, e sebbene pensasse di aver già raggiunto il massimo della disperazione possibile per una sola persona non rischiò di superare il limite.
Ana si sedette accanto alla ragazza dopo aver  smosso un pò la legna sotto il fuoco, prendendo poi una mano a Jade, capendo lo stato d'animo della ragazza.
"Io ero con mio cugino... Stavamo parlando. I nostri genitori anche. Era tutto tranquillo, non stava succedendo niente! Niente.." jade si interruppe facendo mente locale.  "Non c'era troppo vento, il mare non era agitato..." Ana parve capire, e interruppe Jade.
Latsmi e Kiraj erano nascoste dietro la porta che portava agli altri locali dell'abitazione, spiando le due ragazze più grandi, incuriosite dalla situazione. Bastò un cenno da parte di Ana però per farle scomparire senza nemmeno fiatare.
"Non ti devi preoccupare. Se tu sei qui sana e salva magari anche la tua famiglia lo è da qualche altra parte." Ana affermò con decisione. Jade sapeva quanto basse fossero le possibilità che ciò che Ana aveva proferito fossero reali, però si costrinse a crederci.
"Ora l'importante è che tu ti asciughi e ti riposi. Posso darti un mio abito." Ana si alzò velocemente e fece per andare nell'altra stanza, ma Jade fu più veloce. Con uno scatto prese per il polso Ana trattenendola. Quella si girò sorpresa verso la mora con uno sguardo interrogativo.
"Perché stai facendo tutto questo per me? Non sai chi io sia, ne dà dove io venga... potrei essere una spostata!" Esclamò Jade con una punta di amarezza.
Era grata per l'ospitalità,  ma non riusciva a capacitarsi dell'aiuto spassionato della ragazza.
Quella si bloccò un secondo dando la schiena a Jade prima di rispondere.
"È difficile colpire Kiraj. Lei è particolarmente brava a capire quando una persona è cattiva e vuole fare del male o quando è invece essenzialmente Buona. " detto questo si dileguò in silenzio.
Jade non rispose. Non le era sembrato di stare molto a genio alla bambina, a dispetto invece della sorella maggiore, ma non si fece troppe domande. Ci avrebbe pensato l'indomani, un passo alla volta.
Appena si fu cambiata e asciugata si sedette a tavola insieme ad Ana. Si dedicò questa volta all'osservazione della sua salvatrice. Era evidentemente la sorella maggiore delle due bambine, data l'estrema somiglianza fra le tre. Ana era decisamente bella, magra e slanciata. Il viso abbronzato di una ragazza abituata a lavorare all'aria aperta, e contemporaneamente gli occhi azzurri e i capelli chiari mettevano in risalto la sua bellezza esotica.
Indossava anch'essa una tunica bianca, molto simile a quella prestata alla ragazza mora, che cadeva morbida fino al ginocchio e al di sotto dei sandali. Sulle braccia portava dai braccialetti semplici, ma la cosa che saltò all'occhio furono gli strani tatuaggi sulle braccia nude della ragazza.
Il luogo era accogliente, la padrona di casa anche, eppure Jade non riusciva a non sentirsi di troppo in quella abitazione che non era la sua, con quella famiglia che non era la sua, e nella dolcezza con cui Ana aiutava le sorelline, nel modo in cui Kiraj cercava l'attenzione delle altre, Jade vedeva un amore e un affetto che le fecero sentire la mancanza di casa sua da star male.
La cena era quasi pronta, e Jade si offrì di aiutare Ana ad apparecchiare e sistemare. Le bambine si sedette a tavola mentre le ragazze si affaccendavano, quando la porta si spalancò.
Jade si girò allarmata, ma appena vide la tranquillità di Ana e la contentezza sul viso delle piccole si rilassò in pochi secondi sebbene rimanendo un pò dubbiosa. Un uomo di mezza età era entrato dalla porta, venendo letteralmente assalito dalla media di casa. L'ultimo arrivato era un uomo piuttosto basso e magro, dai capelli chiari, sebbene più scuri rispetto a quelli delle figlie.
Doveva avere al massimo 50 anni, ma sembrava portare sulle spalle il peso del mondo, e non solo la sacca che effettivamente gli gravava sulle spalle. Il viso rugoso, inizialmente pensieroso, parve spianarsi appena vide le due bambine rivolgersi verso di lui.
Accarezzò con affetto le teste delle due, e poi si rivolse alla maggiore.
Parve non accorgersi minimamente della presenza di Jade,  e di certo lei non fece nulla per attirare la sua attenzione, si sentiva già abbastanza in imbarazzo al pensiero di aver occupato la loro dimora. Ana e l'uomo stavano parlando, e Jade,  troppo presa ad osservare il vecchio, che altro non poteva essere se non il padre delle 3, si perse la prima parte del discorso.
"..E quindi abbiamo accolto questa ragazza, passerà la notte qui, e domani vedremo cosa fare." Stava appunto spiegando Ana. Infine l'uomo si girò verso Jade e la studiò attentamente.  Non reputandola una minaccia le rivolse un sorriso stanco.
"Mi dispiace per ciò che ti è accaduto. Sei la benvenuta qui per tutto il tempo di cui avrai bisogno." Si rivolse verso di lei con fare un po’ burbero ma tranquillo.
Jade di fronte all'ennesima prova di ospitalità di cui era appena stata testimone si alzò dalla sedia ed esclamò con fare riconoscente:" grazie infinite per la vostra estrema gentilezza, troverò un modo per ripagare in qualche modo quello che state facendo per me..."
"Lascia perdere, non è un problema, basta che finché sarai sotto il nostro tetto ci aiuterai, un paio di braccia in più non fanno male." Rispose con voce stanca l'uomo,  minimizzando il ringraziamento della ragazza, come se non fosse nulla l'aiuto dato. Jade piegò il capo riconoscente, e l'uomo scomparve per il corridoio, probabilmente verso la sua camera.
Ana stava girando tranquillamente il contenuto del calderone, probabilmente la cena, quando si voltò verso Jade.
"È quasi pronto, puoi prendere le posate sul ripiano?" Chiese con tono dolce.
Jade scattò in piedi, felice di potersi rendere utile, e sistemò con minuzia le posate sul tavolaccio. Nonostante le continue rassicurazioni Jade si sentiva a disagio, come di troppo in quella famiglia. Tutto era strano, l'ambiente, la casa, la tunica prestatale gentilmente da Ana, scomoda rispetto ai jeans a cui era abituata. Le sembrava di essere stata catapultata in un'altra dimensione, ed era decisamente scombussolata da tutto ciò.
Infine tutti si sedettero a tavola. Il clima era estremamente tranquillo e rilassato.
La piccola Latsmi era un ciclone di energia, mentre Kiraj sussurrava qualche parola al massimo. Nessuno però sembrò farci molto caso, e per questo Jade si sentì in parte sollevata.  Doveva essere una bimba di poche parole, e Jade si sentì meglio, con la consapevolezza che il comportamento di Kiraj nel bosco non era dovuto allo spavento per la sua apparizione.
Ana rideva intenerita dai racconti della sorella, mentre il padre, che Jade aveva scoperto chiamarsi Ohm, assecondava con energia le figlie, nonostante l'evidente stanchezza sul suo volto.
Jade per la prima volta accantonò tutti i pensieri più gravi di quella giornata, o almeno cercò di distrarsi, seguendo attentamente le  dinamiche di quella stramba quanto calorosa famiglia, abbastanza diversa dalla sua per non farla star male. Spesso si ritrovava anzi, catapultata all'interno dei loro discorsi e battutine, in modo naturale, senza alcuna forzatura.
In poco tempo tutti finirono di mangiare e velocemente la tavola venne sparecchiata.
Le bambine si sedettero vicine al fuoco, Ohm rimase seduto al tavolo fumando vicino alla finestra mentre Ana lavava e riordinava,  aiutata da Jade.
"Il sole tramonta bimbe!" Disse con fare rilassato Ohm, apostrofando le figlie minori che con qualche sbuffo si incamminarono verso la loro stanza. Stavano per sparire alla vista, quando Latsmi si girò verso il padre e in tono lamentoso lo richiamò.
"Ti prego papi vogliamo sentire una storia..." l'uomo aspettò qualche secondo prima di rispondere.
"Vostra sorella è occupata, voi cominciate a mettervi a letto che io arrivo."
"Ma noi la storia la vogliamo sentire da te, sei più bravo di Ana a raccontare!" Esclamò con voce gioiosa la bimba.
"Ah, allora non chiedermi più storia Latsmi! " subentrò nel discorso Ana, finendo di sistemare le ultime cose.
La bambina rise e raggiunse Latsmi nell'ambiente confinante, poco dopo seguita dal padre.
"Siete davvero bellissimi" disse Jade a Ana, rompendo il silenzio che si era creato. Jade era davvero colpita. Ana le sorrise in risposta, e insieme presero una sedia a testa, sedendosi vicino al focolare.
"È stato difficile riprendersi dopo la morte di nostra madre e nostro fratello, sai, Kiraj appena camminava, mentre Latsmi era già più grandicella.  Mio padre non l'ha presa bene, e tutta la famiglia ha passato un brutto momento. Io avevo 16 anni, e prendersi cura di due bambine e di un padre distrutto non è stata una passeggiata, ma insieme siamo riusciti a sopravvivere, e ricominciare a vivere in maniera dignitosa."
A Jade sembrò di ricevere un pugno nello stomaco. Non pensava di scatenare in Ana una risposta così schietta. Aveva notato la mancanza di una figura materna, ma mai si sarebbe permessa di curiosare nei loro affari con domande fuori luogo. Non che avesse parlato in modo duro o freddo, ma lo sguardo della bionda aveva assunto una sfumatura di durezza e forza.
"Io non ti volevo..."  fece per cominciare con fare mortificato Jade, ma Ana non la lasciò finire.
"Non ti sto dicendo questo per farti sentire male, o in colpa, o per farti provare pena verso di noi. - si avvicinò e prese una mano a jade- sto cercando di farti capire che non so cosa sia successo alla tua famiglia, dove siano finiti, se siano ancora vivi. Ti sto dicendo questo per farti capire che anche i momenti più duri si superano, e noi non ti lasceremo sola." La determinazione nello sguardo di Ana era ben visibile, ma anche la dolcezza che Jade in un pomeriggio aveva imparato ad associare alla ragazza ricomparve, causando un moto di sollievo in Jade, in mezzo al mare di sconforto che l'aveva risommersa al nominare della sua famiglia.
"Io ti ringrazio davvero per quello che fate e per quello che mi hai detto, cioè io capisco cosa stai cercando di dirmi però... però capisci che è dura?" Disse con voce affranta Jade, senza più freni.
"Qui è tutto così strano che io non riesco a capire. È da prima che volevo chiedetelo, ma io non so nemmeno dove mi trovo, qui è tutto completamente diverso da dove provengo io, tutto." Continuò la mora, aggiungendo mentalmente che il luogo in cui si trovava con Ana sembrava essere uscito da un romanzo storico ambientato nel medioevo.
Ana parve leggerle nella mente, o capire per lo meno la viva confusione della ragazza e per questo con un sorriso la rassicurò.
"Sai Jade, secondo me nulla accade per caso. Non so perché tu sia finita qui, anche per noi è difficile ricevere gente esterna, che non sia dell'isola insomma. A qualche giorno di navigazione da qui ci sono 2 isole gemelle con qualche villaggio, ma oltre ad essi siamo soli da moltissimi anni. Mi sembra ovvio che però tu non provenga da quelle isole... sai, i tuoi vestiti, i  tuoi strani oggetti..." disse Ana facendo cenno alle chiavi e al telefono morto lasciati su una mensola " Anche per noi tutto ciò è strano, e proprio per questo non può essere un caso."
Jade non aggiunse nulla al discorso di Ana. Troppe informazioni in una sola giornata affollavano la sua mente. Avrebbe voluto continuare a parlare con lei, per cercare di risolvere almeno un paio dei mille interrogativi che aveva in testa, ma fino a quel momento non avevano fatto altro che aumentare  e ingigantirsi, piuttosto che ridursi.
Ana, ancora una volta comprensiva, spense il fuoco e si alzò dalla sedia.
"Possiamo risolvere questo misteri domani, tanto nessuno va da nessuna parte. Ora una dormita è tutto quello che ti serve, vieni con me."
Jade seguì Ana, abbandonando il locale e scoprendo finalmente il resto della casa, che non era composto che da due stanze e un bagnetto. Una stanza doveva appartenere al padre, l'altra alle donne di casa.
Nella stanza più grossa Latsmi e Kiraj erano ormai addormentate, l'una stretta all'altra, mentre Ohm si allontanava di soppiatto, salutando con un cenno le due ragazze.  Ana indicò 2 giacigli nell'angolo della stanza, avvicinandosi a quello più vicino alla porta. Jade andò automaticamente verso l'altro. ci si adagiò con lentenzza, e poco dopo aver augurato la buonanotte ad Ana sprofondò in un sonno profondo.




 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


 
○● Capitolo  6 ●○


















Certo è che quando Jade si era offerta con gratitudine di aiutare Ohm e Ana non stesse fingendo.
Anzi, voleva assolutamente evitare di vivere a scrocco nel periodo in cui avrebbe approfittato della loro ospitalità. Ma era pur sempre una ragazza abituata a un certo tipo di lavoro, in una società a stampo cittadino. 
Il letame invece puzzava, e anche tanto. 
Nonostante la mancanza di una sveglia, all'alba un gallo aveva impeccabilmente svegliato l'intera casa, e Jade si era ritrovata catapultata in quella routine così diversa dalla sua. 
Dopo una colazione veloce, le bambine si misero all'aperto a intrecciare ceste, mentre Jade venne  portata alla stalla, dopo che aver appurato la sua ignoranza in materia di coltivazioni. 
Essendo sempre vissuta in un ambiente più civilizzato e meno rurale, le sue conoscenze riguardo coltivazioni e campi erano così inconsistenti che l'unico lavoro a cui poteva essere sottoposta era quello di tipo puramente manuale. 
Arrivata alla stalla Jade aveva fortunatamente ricordato alcune lezioni di equitazione prese da bambina, e sebbene non fosse un’esperta del campo, le basi ancora le ricordava.
Non ci volevano comunque particolari capacità nel raccogliere escrementi di animali, ed è per questo che il suo primo compito le venne affidato con un sorriso incoraggiante da parte di Ana. 
Sebbene inizialmente avesse accettato di buon grado il compito affidatole, e il suo olfatto si fosse ormai abituato all'odore tutt'altro che delicato che aleggiava nello stanzone, nel giro di un'oretta già aveva le braccia a pezzi e la fronte sudata.
Una cosa era però certa.
 La sua mente dopo la lunga dormita era sveglia più che mai, ed invasa da migliaia di pensieri. 
Appena sveglia non era riuscita a credere che il luogo in cui si trovava fosse reale e non frutto di un sogno (data la frequenza con cui sogni strani si stavano susseguendo in quel periodo). 
Dopo un attimo di confusione tutti i ricordi del giorno prima erano infatti ricomparsa prepotenti, compresa la consapevolezza di non avere idea di dove padre zio e cugino fossero andati a finire. 
Un senso di impotenza l'aveva invasa senza lasciarla più, ma al lavoro nella stalla aveva preso coraggio e cominciato a fare supposizioni cercando di mantenere il maggior grado di oggettività possibile.
Il viaggio in barca a quanto pare concluso in tragedia non era stato normale. 
O per lo meno, era iniziato in maniera tranquilla, ma era più che ovvio, perché Jade lo ricordava chiaramente,  che nessuna onda anomala,  nessuna tempesta aveva disturbato il suo viaggio. 
Non era successo niente, niente fino a che Jade aveva avvertito un colpo che l'aveva brutalmente sbalzata. Avvertito, non immaginato, poiché ricordava altrettante chiaramente che non era stata l'unica ad essere mossa dalla sua postazione, sebbene gli altri presenti non fossero caduti in modo tanto plateale quanto lei. 
I ricordi si fermavano però lì, nel momento in cui la ragazza doveva aver perso i sensi a quanto pare, sensi poi riguadagnati a distanza di una giornata, su una spiaggia di un'isola sconosciuta. 
La ragione suggeriva un disastro navale.
Jade sebbene non fosse pronta ad accettarla sapeva che la possibilità che tutti gli altri potessero essere morti era reale oltre che molto probabile.
Questo pensiero le aveva fatto gelare il sangue nelle vene.
Però aveva poi convenuto che per quanto potesse essere strano lei era sopravvissuta senza nemmeno un graffio, in ottima salute (sebbene un po' infreddolita) e approdando su un'isola. 
Isola a quanto pare inesistente sui libri di geografia e non captabile dal radar della nave, quasi catapultata da un altro periodo storico, e che a sua volta sembrava ignorare altre superfici emerse che non fossero l'isola stessa e le due isole poco distanti. 
Fino a prova contraria quello era e rimaneva il mar Mediterraneo, completamente circondato da quella terra che componeva l’Europa. 
La situazione aveva dell'assurdo, o meglio del paranormale, come si era premurata di affermare nella sua testa Jade.
Insomma la situazione era critica, ma troppo strana perché Jade dovesse rassegnarsi a perdere le speranze. 
Quando ormai il sole era alto nel cielo e la stalla finalmente pulita, Jade uscì all'aperto, cercando con lo sguardo Ana o Ohm, persi nel campo di agrumi. 
Non aveva idea di come la situazione si sarebbe evoluta, ma Jade non si era mai data per vinta in vita sua e non aveva intenzione di cominciare. 
Raggiunse Ana a testa alta, chiedendole dove ci fosse ancora bisogno di lei. 

***

I giorni erano passati, e con essi anche alcune settimane. 
Ormai Jade si trovava ospite presso la casa di Ohm da quasi un mese, e di certo aveva fatto di tutto per non essere un peso nei confronti di quelle persone così buone.
Nessuna barca era stata trovata distrutta, nessun nubifragio a quanto pare si era manifestato. Nessun uomo ritrovato vagante sulla spiaggia. 
Sembrava che Jade fosse letteralmente spuntata dal nulla, materializzata sull'isola di Tmavt un giorno qualunque, senza alcun modo per tornare a casa.
Dopo il primo momento di negazione la ragazza aveva accettato l'accaduto, innanzitutto cercando di capire le modalità per le quali si era ritrovata su quella strana isola, senza ancora alcun successo.
Era autunno inoltrato, e le piante di agrumi del piccolo appezzamento di terreno di Ohm stavano dando frutto.
Jade aiutava solerte Ohm Ana e i pochi braccianti che l'uomo poteva permettersi, ma dopo le numerose oltre che sfiancanti ore di lavoro all'aperto a riempire ceste di arance, Jade tentava di studiare l'isola, la sua collocazione, e la sua effettiva esistenza, aiutata da Ana.

"Sial a nord, Simal a sud est, e Tmavt a ovest, ci sono. Sial è completamente disabitata mentre a Simal ci sono un migliaio di abitanti ma i villaggi della parte montuosa non sono in buoni rapporti con gli abitanti di Tmavt,  giusto?"
"No Jade, i vilaggi nella parte nord di Simal non sono in buoni rapporti con noi, certo abitano sulle montagne,  ma non puoi fare questo collegamento!"
"Ma scusami perché? Cioè se abitano tutti sulle montagne!"
"Il fatto è che ci sono i monti anche a Est su Simal, non puoi generalizzare così."
"Ah." Rispose con fare stizzito Jade.
In quel momento erano entrambe sedute sul piccolo porticato in legno dell'abitazione, la distesa di alberi da frutto davanti agli occhi. Nel primo pomeriggio solitamente le due ragazze si dedicavano a lavori più leggeri. Ana era ormai dall'anno prima che in inverno insegnava a leggere e scrivere le bambine, essendo un periodo non troppo pieno di lavoro, mentre d'estate le lasciava libere di giocare quando non c'erano lavoretti che le due potessero assolvere senza problemi.
Jade era rimasta affascinata da questa organizzazione, e dal fatto che nel paesino in cui si trovava non ci fossero scuole.
"Una scuola ci sarebbe in realtà, ma è a un’ora a piedi da qua e occupa tutta la mattina e tutto il pomeriggio. Il problema è che ruberebbe tanto tempo a Latsmi e Kiraj, e loro ci servono qui. Poi costa molto la scuola e non potremmo permettercelo per entrambe." Aveva detto un giorno Ana, rispondendo a una delle tantissime domande che Jade le aveva rivolto.
"E tu come hai imparato allora?"aveva allora chiesto Jade. 
Ci impiegò un po' a rispondere quella volta. 
" Mia madre prima di sposarsi abitava in città e ha studiato lì. Poi ha insegnato alcune delle cose che sapeva a me e mio fratello, poi beh, è morta." Rispose infine Ana, con un sorriso che Jade non seppe identificare. 
Sembrava quasi un sorriso di scuse, ma molto probabilmente doveva essere un sorriso dispiaciuto. Sebbene la morte di madre e fratello risalissero ormai a molti anni prima non doveva essere piacevole ricordarlo. 
Ana mostrò a Jade alcuni libri piuttosto elementari su cui faceva esercitare le bambine. Fu con un moto di sconcerto che Jade si accorse di un elemento piuttosto grosso da aggiungere alle stranezze di quel luogo, un elemento essenziale.
"Vedi, si comincia con l'alfabeto e poi con parole semplici, casa, albero, prato..."  
Guardando quel libro, costellato da parole scritte in caratteri grossi e chiari, Jade si rese conto di quanto non riuscisse a riconoscere nemmeno una lettera. 
Allora fu colta da un lampo improvviso.
"Io non lo so leggere." Disse con voce neutra Jade, cercando di non lasciar trapelare il tumulto di emozioni che quella scoperta aveva scatenato. 
Non sapeva leggere, non conosceva quello strano alfabeto,  ma allora evidentemente la lingua parlata da Ana non poteva essere lingua italiana. 
E se non era lingua italiana, che razza di lingua poteva essere, se Jade a malapena conosceva poche parole in inglese?
Jade si sentì stupida a non averci pensato prima.
Uscì dalla stanza e fu subito all'aperto. 
Si accovacciò a terra. Subito fuori dal porticato l'erba era poca e la terra piuttosto pulita.  
Tolse con la mano sassolini e pezzetti di legno. 
"Ana vieni qui." Disse a voce alta per farsi sentire dalla ragazza, che notando il comportamento strano di Jade non l'aveva persa d'occhio un secondo.
Quella infatti aveva subito raggiunto la mora, guardandola con malcelato dubbio.
Jade era sicura che la ragazza avesse dubbi riguardo la sua salute mentale, ma al momento non se ne curò. 
Si assicurò di avere l'attenzione della maggiore e prese un legnetto da terra, scrivendo in modo chiaro sul terreno.

"CASA"

I caratteri erano chiari, la parola era semplice, nessuna irregolarità nel terreno poteva dare origine a errate letture di quelle poche sillabe. Jade, ancora accovacciata, alzò lo sguardo su Ana, in piedi dietro di lei, e non le sfuggì lo sguardo decisamente interrogativo della bionda. 
"Cosa sarebbe scusa Jade?" Chiese infatti con una risata nervosa. 
Jade non rispose, ma anzi cancellò la parola e ne scrisse un'altra.

"ALBERO"

Stava riscrivendo esattamente le stesse parole lette da Ana nel libro, ma a quanto pare lei non le sapeva leggere. 
La situazione stava paradossalmente diventando sempre più assurda. 
"Ho scritto esattamente le parole che hai letto Ana. Le stesse." Disse con un tono tetro Jade, non alzando gli occhi dal terreno. 
"Albero e casa. Ho scritto albero e casa." 
Ci fu un momento di silenzio. Ana non ebbe il coraggio di dire nulla a Jade. 
La situazione degenerò velocemente. 
In preda alla rabbia, alla frustrazione e alla paura Jade scagliò il legnetto lontano e balzando in piedi repentinamente scalciò il cumulo di terriccio che aveva sotto i piedi, con un verso frustrato. 
" Arrivo dal nulla in un posto che sembra uscito da un altro secolo, sopravvivendo da sola a un disastro, qui vengo ospitata parlando la mia lingua e alla fine viene fuori che è la tua stessa lingua ma con un fottuto alfabeto diverso?  MA TI SEMBRA NORMALE?"
Jade prese a camminare fuori di sé davanti al portico. Ana ancora non si era mossa e non aveva aperto bocca. 
Jade strappò rabbiosamente delle erbacce selvatiche, ma nulla sembrava farla stare meglio.
"Perchè è tutto così difficile? Così strano? Basterebbe un telefono, della civiltà! E io sarei potuta già essere a casa a quest'ora." 
Infine, dopo settimane di preoccupazioni e ansie, paure e dubbi, Jade smise di trattenere tutto dentro e scoppiò senza alcun ritegno a piangere.  
Solo allora Ana decise di intervenire, e avvicinandosi alla giovane semplicemente abbracciandola.
Pochi minuti dopo entrambe erano sedute sulle scale del portico. 
Il silenzio tra loro era pesante. La situazione era piuttosto critica. 
"Perché non parli?" Chiese Jade senza guardare l'amica, con lo sguardo perso verso i campi parati di fronte a loro.
"Perchè non c'è niente da dire." Rispose semplicemente Ana.
"A cosa pensi allora?"
"Al fatto che anche se non mi sono mai trovata in una situazione del genere posso immaginare come ti senti, e non deve essere bello."
Un silenzio consenziente seguì quest’ affermazione.
"Perché non sei preoccupata?  Stai ospitando una completa estranea che sembra provenire da un altro pianeta, senza sapere niente di lei, in una famiglia che di certo non ha bisogno di bocche in più da sfamare."
"Tu vedi solo il lato negativo, non pensi che le cose accadano per un motivo a volte? Per quanto possano sembrare strane o tragiche, forse bisogna solo trovare il buono o il bello in ciò che accade, e ripartire da quello."
Jade scosse la testa stranita. Non era mai stata una persona negativa, per natura tendeva da sempre ad apprezzare tutto ciò che le capitava, era sempre stata una ragazza felice sebbene molto riservata, ma in quel momento le sembrava impossibile non disperarsi. 
"Io non vedo il lato negativo, il problema è che un lato positivo non esiste Ana! Cosa ci vedi di positivo in tutto questo?"
"Ancora non si vede, ma secondo me arriverà.  Arriva sempre, anche se a volte più tardi di quato ci si aspetti."
A quel punto Ana diede una carezza sulla spalla di Jade e si alzò, riponendo il suo libro a posto.
"Ana, io non voglio sembrare ingrata, non hai idea di quanto io apprezzi tutto ciò che stai e state facendo per me, e non so nemmeno come sdebitarmi, io voglio solo trovare un modo per tornare a casa..."
"Lo so Jade, lo so, ma fidati di me, la situazione si sistemerà, me lo sento."
E con questo Jade rimase sola, con come unica compagnia i suoi pensieri. 

***
 
La serata passò senza nuove brutte sorprese. 
Latsmi alla notizia che Jade non sapeva né scrivere né leggere si esibì in una lunga risata canzonatoria, stroncata il prima possibile dalla sorella maggiore, ma Jade non se la prese nemmeno lontanamente.  
Non aveva intenzione di riversare i suoi problemi in una bambina che semplicemente si comportava da bambina, alla vista di una ragazza più grande ignorante rispetto all'istruzione più basilare.
 Dopo cena in casa c'era silenzio, mentre Jade e Ana riordinavano, Ohm intagliava con un coltello un pezzo di legno e le bambine giocavano a terra. 
"Pa la storia stasera ce la racconti?" Esordi Latsmi, riconoscendo l'avvicinarsi del momento in cui si sarebbe dovuta ritirare con la sorella.
"Va bene, ma stasera sceglie Kiraj, perché scegli sempre tu di solito" 
La piccola Kiraj alzó gli occhioni chiari dal libro illustrato su cui stava imparando a leggere con la sorella. 
Come sempre il suo sguardo era serio, troppo serio per una bambina di quell’età. Quella passò lo sguardo tra il padre e la sorellina, quasi come a soppesare con consapevolezza qualcosa chiaro solo a lei e annuì. 
Kiraj e Latsmi si alzarono e si incamminarono verso la loro stanza, seguite a ruota dal genitore. 
Ana e Jade non si scomposero, finendo si sistemare lo stanzone principale, cosi da poi riprendere con le nozioni fondamentali che Ana stava con grande pazienza insegnando alla minore, quando Kiraj si fermò di scatto sulla soglia, girandosi poi lentamente.
"Può venire anche Jade a sentire la storia?" 
Se la mora non avesse visto con i suoi stessi occhi il labiale della bambina coincidere con la voce che aveva appena sentito non avrebbe creduto che fosse stata proprio Kiraj a parlare, ma non c'era alcun dubbio. 
Per la prima volta da quando l'aveva vista nel bosco Kiraj si era espressa, e per di più richiedendo proprio Jade. 
Lanciato di sfuggita ad Ana uno sguardo, e ottenendo in risposta un plateale cenno con cui le veniva indicato di seguire la bambina, i 4 si spostarono come in processione nella stanza da letto delle bambine.
Jade si sentiva un po’ confusa, Kiraj non aveva mai dimostrato particolare interesse per lei, e di certo non aveva mai parlato davanti a lei durante la sua non così corta permanenza nella casa di Ohm.  
Ognuna si sistemò sul proprio giaciglio, Ohm prese in braccio Latsmi e chiese a Kiraj quale fosse la storia scelta.
“Io voglio la storia delle origini!” Disse con voce chiara e concisa la bambina.
Ohm le sorrise e cominciò con il racconto.






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