Virus mortale {Threequel di Benvenuta nella radura}

di Stillintoyou
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***




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‹‹ Dormi? ›› domandò Eva. Eravamo chiuse nel dormitorio femminile, e lei era la mia compagna di stanza.
La stanza era piccola, solo un letto a castello, un cassettone e un piccolo comodino con sopra un abat-jour.

Nulla di chissà cosa, ma almeno avevamo un letto comodo e un tetto sopra la testa. Ci voleva poco per accontentarci, d'altronde non avevamo altra scelta.

La C.A.T.T.I.VO. aveva cominciato a trattarci stranamente bene, ma veramente in pochi si fidavano di quella calma apparente. Io, di certo, non ero tra quelli.
Volevo sapere dov'era finita Jillian. In tutti quei giorni in cui eravamo chiusi in quella caspio di base, di lei non c'era traccia. Mi piaceva pensare che fosse tornata in sala controllo.
O meglio, non ero felice del fatto di saperla collegata con gli altri mille computer di quel posto, dopo aver visto la crisi che aveva affrontato sotto i miei stessi occhi.
Non era una bella cosa quella di essere costretta ad osservarci giorno per giorno senza poter muovere un muscolo, ma almeno era viva. Era quello che mi piaceva credere e sperare.
‹‹ No ›› risposi infine alla mia amica.
Io dormivo nel letto di sopra, lei in quello di sotto, così mi sporsi dal lettino, rischiando di cadere giù come un idiota.
‹‹ sono passati circa venticinque giorni ›› disse Eva sovrappensiero.
I suoi occhi non esprimevano nessuna emozione, da quello che riuscivo a vedere.
Ed era veramente poco.
Riuscivo a stento a vedere il suo volto illuminato dall'abat-jour in quell'oscurità totale presente nella stanza ‹‹ venticinque giorni da quando siamo arrivati in questo buco di posto ›› aggiunse infine.
‹‹ Guarda il lato positivo: abbiamo un tetto sopra la testa, cibo e delle mura che ci riparano il culo ›› provai a dire, ma lei mi guardò con la coda dell'occhio come se volesse mangiarmi la faccia solo per la sploffata che stavo provando a rifilarle.
Nemmeno io credevo alle mie stesse parole, ma sotto sotto, era effettivamente ciò che pensavo.
D'altronde non potevo lamentarmi poi più di tanto, era inutile sputare nel piatto in cui stavamo mangiando per il momento.
Io stavo bene, lei stava bene, Minho stava bene, Newt pure, così come tutti gli altri.
Thomas era ancora in isolamento, e non avevo notizie di lui da quando eravamo alla base.
Ecco, per lui mi sentivo uno schifo.
Avrei voluto sapere come stava... Ma non c'era concesso nemmeno andare a cercarlo.
Avevo paura per lui.
Ero costantemente in ansia per lui, ma cercavo sempre di controllarla. Cercavo addirittura di evitare l'argomento per non pensare a ciò che gli stava succedendo.
Non avevo modo di scoprire come stava, dove l'avevano portato, se era possibile comunicare con lui in qualche modo.
Nemmeno Teresa si metteva in contatto con lui. Quando le chiedevo di provare a comunicare con lui, mi guardava storto e cambiava discorso.
‹‹ Anche quando eravamo nella radura avevamo un tetto sopra la testa e del cibo, e nonostante la prigionia delle mura, credimi, stavamo meglio lì che qui ›› disse infine Evangeline, girandosi dall'altra parte come per dirmi che la nostra breve discussione sarebbe terminata lì.
‹‹ Bene così ›› mormorai, poi scesi giù per la piccola scala del letto a castello
‹‹ Dove vai adesso? Hai un incontro col biondino? ››
‹‹ Già ››
‹‹ Se vi beccano saranno problemi, lo sai? ››
‹‹ Lo so ››
Sospirò con fare rassegnato e scosse una mano, come per dire “va beh, sono caspi vostri”.
In effetti non c'era concesso uscire una volta scattato il coprifuoco, e sapevamo benissimo che la base era perennemente tenuta d'occhio, così come quindi lo eravamo noi.
Quindi ormai sicuramente ci avevano beccati più di una volta, ma non facevamo nulla di male, quindi ci lasciavano fare.
Evangeline, però, questo non lo sapeva di certo. O almeno, sicuramente non ci badava.
Uscii velocemente dalla stanza. Tutto buio, come al solito.
Intuii che ormai fosse quasi mezzanotte. Non so sulla base di cosa lo intuii, ma avevo quella sensazione.
‹‹ Finalmente! ›› sbraitò Newt, facendomi sobbalzare.
Mi girai. Riuscii a distinguere la sua sagoma nell'ombra, poi, finalmente, accese la luce della piccola torcia che teneva tra le mani.
L'aveva rubata da una delle guardie mentre questa era distratta.
Indossava dei jeans e una maglietta blu scuro.
La C.A.T.T.I.V.O. aveva ben deciso di fornirci dei vestiti comodi, puliti e profumati, ed era quasi strano vedere i radurai vestiti in modo normale.
‹‹ Che caspio stavi facendo in camera? Oh, aspetta, forse non voglio saperlo ››
‹‹ Smettila, scemo! ›› borbottai, sentendolo ridacchiare poco dopo.
‹‹ Qual'è oggi il piano? ›› poggiò una mano sulla mia schiena, spingendomi verso la fine del corridoio ‹‹ anche oggi cercheremo di evadere da qui per arrivare alla sala controllo? Perché ormai comincio a pensare che sia fatica sprecata ›› sussurrò. Non voleva che le nostre voci venissero registrate, o potevamo dire addio anche alle uscite notturne.
Nonostante la C.A.T.T.I.V.O. ci concedesse quella discreta libertà, come detto prima, ci tenevano sotto controllo a livelli mostruosi.
‹‹ Non sarebbe una brutta idea quella di trovare Thomas, ti pare? ››
Newt fece ruotare gli occhi verso il soffitto. Ultimamente aveva uno strano modo di comportarsi ogni volta che nominavo l'amico. Che fosse gelosia?
Schioccò la lingua, prendendomi la mano poco dopo mentre illuminava il pavimento davanti a me
‹‹ Bene così ›› sbuffò, stringendomi la mano.
‹‹ Si può sapere che ti prende? ›› domandai, fermandomi. Lui sospirò rumorosamente, passandomi la torcia con fare disinteressato alla mia domanda. Mi oltrepassò ed entrò nel soggiorno che occupavamo ogni sera assieme agli altri radurai. Uno spazio piuttosto ridotto per un mucchio di gente.
Ci avevano cambiato di posto dopo l'accaduto con Jillian.
Le porte si erano letteralmente fuse, si chiudevano e si aprivano come volevano loro. Uno degli scienziati, quando sono entrati per condurci in quella nuova stanza che poi, dopo il corridoio, ci portava alla parte di corridoio maschile e quello femminile, è rimasto incastrato con una gamba fuori ed una dentro la stanza perché le porte si erano chiuse all'improvviso.
Ora, nella stanza nuova, il sistema di sicurezza per la chiusura e l'apertura della porta aveva un nuovo metodo, ossia quello delle impronte digitali, riconoscimento facciale e vocale.
Non volevano proprio che gironzolassimo per la base, sopratutto durante la notte.
Newt si buttò sul divanetto, legando le braccia dietro la testa e fissando il soffitto, circondato dal buio notturno di quel posto.
‹‹ Hai intenzione di rispondermi? ›› domandai piuttosto seccata dal suo ignorarmi.
Gli puntai la torcia contro, notando che si era girato verso di me. I suoi occhi brillavano, era assonnato, ma evidentemente preferiva rimanere sveglio piuttosto che andare a dormire.
‹‹ Che t'importa di dover trovare Tommy? Insomma, lo conosci appena. E poi sono sicuro che stia bene. Almeno spero. Voglio provare a dare fiducia alla C.A.T.T.I.V.O. ›› corrugai la fronte.
‹‹ Non puoi essere serio! ››
‹‹ Già, hai ragione. Non devo provare a dare fiducia, devo darla per forza, visto che non ho molta scelta sotto questo punto di vista ›› sbuffò, mettendosi seduto ‹‹ non possiamo fare nulla. Non possiamo uscire da qui e andare a cercarlo.
Possiamo uscire dalle nostre stanze quanto vogliamo, ma alla fine finiremo come ogni notte a cercare una via di fuga inutilmente. Liz, seriamente, in queste notti abbiamo esplorato questa parte di base da cima a fondo e non abbiamo trovato nessuna possibile via di fuga alternativa. Cosa possiamo fare sta notte, se non restare buttati su questo divano? ›› poggiò i gomiti sulle proprie ginocchia, portandosi una mano sulle labbra.
Mi rassegnai all'idea che in effetti avesse ragione da vendere.
Non mi piaceva l'idea di arrendermi, perché ero sicura che Thomas non l'avrebbe mai fatto.
‹‹ M'interessa di Thomas perché sono convinta che avevamo un minimo di legame, prima di perdere la memoria e prima della radura. Te l'ho già spiegato il mio passato... o almeno, quello che ricordo di questo, più o meno ›› mi avvicinai lentamente a lui, poggiando la torcia in posizione verticale sul tavolino, così che potesse illuminare almeno un po'. Mi sedetti accanto a questa, davanti a Newt.
Lui aveva un espressione spenta, preoccupata, ma come suo solito preferiva non parlare di ciò che lo preoccupava.
Era strano. Davvero strano. Da quando eravamo tornati dalla zona bruciata, non era più lo stesso.
Capivo che la perdita di tutte quei radurai, in così poco tempo, l'aveva messo K.O., ma eravamo vivi. Lui era vivo.
A pensarci bene, nessuno di noi era più lo stesso dopo la zona bruciata.
Nemmeno io, dopo tutto quello che avevo visto e vissuto in quel posto.
Né Evangeline, che durante la notte spesso si ritrovava a gridare il nome di Frankie.
L'averla vista morire sotto i suoi occhi, divorata da degli spaccati l'aveva sicuramente segnata. E chi non segnerebbe una scena del genere? Non vuole nemmeno toccare l'argomento.
Era come chiedere a Newt di Chuck. Non voleva parlare di quando l'ha visto morire.
‹‹ Perché sei seduta lì? ›› domandò, alzando gli occhi verso i miei
‹‹ Voglio guardarti negli occhi, mentre parliamo ››
Arricciò il naso, sogghignando lievemente ‹‹ o hai paura che approfitti dell'oscurità nella stanza per levarti i vestiti di dosso? ››
sollevai un sopracciglio, alzandomi dal tavolino. Lo spinsi lievemente contro lo schienale del divano, così da liberare le sue gambe dai gomiti, per poi sedermi su queste, legando le braccia dietro la sua schiena.
Sorrisi vedendo la sua espressione, nonostante il buio riuscisse comunque a camuffarla.
Era sorpreso, aveva sgranato gli occhi. Non mi sarei stupita se fosse arrossito. Decisamente, non era ancora abituato a tutto quello. Poggiò le mani sui miei fianchi, con fare piuttosto insicuro.
‹‹ Non ho paura che ne approfitti ›› dissi sussurrando, accarezzandogli il collo con le dita.
Notai che si depositò un sorrisetto imbarazzato sulle sue labbra ‹‹ ho notato. A quanto pare dovrei essere io quello spaventato ››
‹‹ Lo sei? ››
‹‹ Dopo aver affrontato i dolenti e degli spaccati? Credimi se ti dico che non mi spaventa più nulla, ormai ›› fece le spallucce, poi mi strinse leggermente a sé, portandomi ad accoccolarmi contro il suo petto. Ed ecco che il suo comportamento cambiò radicalmente.
Cominciò ad accarezzarmi i capelli, scendendo poi sulla schiena.
Il suo respiro cominciava a farsi pesante. Si stava addormentando, con me accoccolata sul petto.

‹‹ Forse è il caso che andiamo a letto ››
‹‹ No ›› brontolò contrariato ‹‹ hai idea di che tortura è dormire con Minho in camera che russa come un elefante asmatico? ››
‹‹ Non sembra piacevole ›› arricciai il naso, soffocando una risata ‹‹ ma dopo aver passato anni nella radura, assieme ad altri maschi che russavano e puzzavano come un mucchio di poppanti sploffati, dormire con Minho dev'essere il paradiso, ti pare? ››
‹‹ Ora che posso stare su un letto comodo, credimi, è l'inferno ›› ribadì contrariato ‹‹ posso benissimo passare la notte sul divano ››
‹‹ Beh, almeno prendi la coperta, se no magari senti freddo ›› corrugai la fronte, spostandomi per guardarlo negli occhi.
Sollevò un sopracciglio, scuotendo la testa ‹‹ quando eravamo nella zona bruciata l'unica cosa che mi riparava dal freddo notturno era un caspio di telo. Nella radura se avevamo i sacchi a pelo era anche troppo. Questo posto è riscaldato, non ha buchi nelle pareti e non tira un filo di vento. Come posso soffrire il freddo? ››
M'imbronciai. Così tornai accoccolata a lui, tamburellando le dita sul suo braccio.
Allora, se non aveva bisogno di coperte, ne avrei approfittato io.
‹‹ Dai, alzati, fagio ›› obbedii, dandogli il tempo per stendersi bene in lungo sul divano, poi mi sdraiai accanto a lui.
Avrei approfittato di quegli attimi finché me ne avrebbero dato l'opportunità.
Certo, dormire sul divano non era il posto più comodo sulla faccia della terra, ma ce lo facevamo bastare.
L'importante era godersi quei momenti di pace, anche se ci stavano osservando dalle telecamere di sicurezza. Ma non stavamo facendo nulla di male, no?
 

‹‹ Sveglia, sveglia, facce di caspio! ›› gridò Minho, mentre scuoteva il braccio di Newt. Quello che era legato attorno alla mia vita.
Eravamo accoccolati e stretti per evitare di cadere come due salami da quel dannato divano.
Aprii gli occhi, osservando il ragazzo davanti a me. Aveva un sorriso a trentadue denti stampato in faccia, ma l'unica cosa che riuscii a metabolizzare nella mia testa e quanti pugni avrei voluto dargli per avermi svegliata in quel modo.
Minho era il solito mattiniero. Gli unici svegli, a quanto pare, erano proprio lui ed Eva.
I due caspio di intendenti velocisti. Quindi, in effetti, la cosa non mi stupiva affatto.
La differenza tra Eva e Minho, era che lei era seduta tranquillamente nel divano accanto, reggendo tra le mani un foglio di carta dove lei segnava i giorni passati da quando eravamo tornati dalla zona bruciata. Lo usava come se fosse un calendario.
Secondo lei, era un bene tenere qualcosa del genere ed era un ottimo allenamento mentale.
Lo utilizzava anche quando era nella radura.
Newt sospirò rumorosamente, spostando il braccio da attorno alla mia vita e passandosela sugli occhi.
‹‹ Quanto ti odio quando fai così! ›› borbottò.
Eva soffocò una risata, accavallando le gambe e sistemandosi gli occhiali sul naso.
‹‹ Sei un rompiscatole, Minho ›› commentò lei, attirando l'attenzione del ragazzo, che le rivolse un sorrisetto veloce.
Eva aveva stretto amicizia solo con lui, tra tutti i radurai del nostro gruppo. Escludendo me e Teresa, chiaramente.
Aveva legato un po' anche con Newt, ma non era lo stesso rapporto che aveva instaurato con Minho.
Probabilmente aveva più cose in comune con lui.

Era come se dopo la zona bruciata si fossero trovati a vicenda. Come se fossero l'uno l'appiglio dell'altro.
Minho, qualche giorno dopo arrivati alla base, aveva affrontato un bruttissimo crollo psicologico post-prove. La morte di tutte quelle persone l'aveva segnato, anche se non voleva darlo a vedere, e anche la preoccupazione per Thomas aveva contribuito parecchio a fargli pesare ancora di più la situazione.
Nonostante ci fossimo io e Newt a cercare di sorreggerlo, ci rendevamo conto che non bastavamo.
Sopratutto Newt, che a stento riusciva a reggere sé stesso, ma faceva di tutto per aiutare l'amico.
Newt si faceva a pezzi per chiunque importasse qualcosa per lui, lì dentro, perché era fatto così.
Era sempre stato così.
Tuttavia, a quanto pare, la presenza e la compagnia di Eva lo aiutò a superare quel periodo.
Si sentiva a suo agio con la ragazza, a quanto pare, e svolgevano le attività da velocisti.
C'era una grossa intesa tra loro.... con la grossa differenza che Eva era donna, e finivano molto spesso con il provocarsi a vicenda per via del loro carattere sarcastico e pungente.
A parte questo, si erano trovati, e questo era l'importante.
Forse era qualche statistica che la C.A.T.T.I.V.O. aveva già impostato. Se il gruppo A era lo specchio del gruppo B, ma al maschile, allora era probabile che effettivamente fosse qualcosa di già calcolato ed impostato.
‹‹ Alzatevi, tra poco potremo fare la colazione! ›› esultò Minho. Solo lui poteva essere così energico al mattino ‹‹ Io e la signorina qui presente siamo in piedi già da un ora e abbiamo fatto anche degli esercizi per tenerci in forma! ›› tolse velocemente il voglio dalle mani di Eva, la prese per mano e la costrinse al alzarsi, tirandola poi verso di sé e facendole l'occhiolino.
Lei non sembrò molto felice del gesto, ma alzò gli occhi al soffitto con fare praticamente rassegnato.
‹‹ Già... E puzzi. Vai a farti una doccia, caspio! ›› puntò le mani sul petto di Minho, facendo leva per allontanarlo.
‹‹ Ha detto “caspio”? ›› sussurrò Newt al mio orecchio, con un tono più che sorpreso.
‹‹ Già ›› risposi io ‹‹ forse a furia di sentire il nostro gergo, la stiamo contagiando ›› mi spostai, mettendomi seduta.
Acchiappai il foglio che Eva aveva abbandonato sul tavolino e contai i giorni.
Se Eva aveva ragione, questo, era il ventiseiesimo giorno da quando eravamo chiusi in quel posto.


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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Dopo essermi andata a fare una “meravigliosa doccia rigenerante”, mi sentii pronta ad affrontare un'altra giornata composta principalmente da finta gioia di trovarmi in quel posto.

Ma dovevo resistere, considerando che non avevo altro posto dove andare.
Newt, prima di separarci, mi disse che mi avrebbe aspettata fuori dal dormitorio femminile.

Sapeva già che ci avrei messo molto tempo.

Mi sembrava di essere tornata ai vecchi tempi, quando rimaneva fuori dalle docce della radura ad aspettare che uscissi da lì.
Solo che ora non c'era di certo il rischio che uno dei radurai andasse a spiarmi, considerando che anche che erano la metà della metà di quanti eravamo quando eravamo nella radura.
Quella mattina nei dormitori si accese un altoparlante che svegliò tutti.
Quel buon vecchio simpaticone di Janson ci comunicò che quello per noi sarebbe stato un giorno importante, per cui dovevamo muovere il culo e prepararci. E sopratutto, possibilmente, dovevamo apparire felici come non mai.
E questa cosa già mi puzzava.
Si era anche preso la briga di parlarci uno ad uno, per poi dire a tutti la stessa ed identica cosa:
“Tranquillo/a, le prove sono finite, questa riunione è molto importante, comportatevi bene, siete osservati, se qualcuno si rivolta sappiate che ci saranno delle conseguenze piuttosto severe”.
Cominciai a pensare che tutto quel caspio di casino era dovuto ad un imminente incontro con i capi dei piani alti, quindi mio padre ed altri capi di altre basi... o qualche sploffata del genere.
Magari per vedere da vicino i soggetti superstiti dei test.
Sperai di no, perché dopo più di venti giorni l'ultima persona che volevo vedere era proprio mio padre.

La rabbia nei suoi confronti chiaramente non era passata, ed una buona parte di me stava sperando che in quei giorni avesse sofferto le pene dell'inferno e fosse morto in uno dei modi più atroci.
Le poche cose positive capitate in questi giorni, erano che Janson aveva cominciato finalmente a trattarmi non come la figlia del capo, ma come un comune soggetto, Marie mi girava direttamente la faccia, Brytan quando mi guardava assumeva un comportamento da cucciolo... Ma questo è un comportamento in seguito all'ultima minaccia di “cavargli gli occhi con un bicchiere di vetro spaccato sulla sua testa di sploff” ricevuta da Newt, l'ultima volta che ha provato a rivolgermi la parola. E giuro di non aver mai visto Newt così scocciato dalla presenza di qualcuno.

La cosa negativa era che, dato che ero stata ufficialmente riconosciuta come un soggetto dei test, avevo perso i miei precedenti diritti e non potevo più girare liberamente per la base.
L'altoparlante suonò, emettendo un fischio fastidiosissimo, annunciando il fatto che tra meno di dieci minuti dovevamo abbandonare tutti i dormitori e dirigerci verso l'auditorium, una stanza non troppo lontana dai dormitori.

Mi vestii alla svelta ed uscii, trovando il biondino poggiato al muro e con le braccia conserte.

Forse era lì da più di un'ora, considerando che aveva cambiato abiti ed aveva avuto anche il tempo di sistemarsi i capelli in modo quasi perfetto e preciso. Un po' come i capelli Minho, che non sgarravano di una virgola ed erano sempre e costantemente perfetti, quasi disegnati matita e squadrette.

Mi rivolse uno sguardo veloce, passandosi una mano tra i capelli.

‹‹ Ehi ›› dissi, sistemandomi la maglietta. Lui sollevò un sopracciglio, si spostò dalla parete contro la quale era poggiato e si avvicinò di più a me, sollevandomi la scollatura della maglietta in seguito ad un suo sbuffo.
‹‹ Va meglio ›› annuì tra sé e sé ‹‹ sei in ansia? ›› domandò, per poi cominciare a camminare.
Scossi la testa, affiancandolo, per poi cominciare a camminare verso il salottino ‹‹ affatto. ›› risposi, guardandolo con la coda dell'occhio ‹‹ tu? ››
‹‹ No, ma stavo cominciando a pensare che te la fossi data a gambe dalle tubature della doccia. Non uscivi più! ››
ridacchiai e scossi la testa, passandomi le mani tra i capelli umidi ‹‹ stavo cercando di liberarmi del sonno arretrato ›› sollevai una ciocca di capelli verso il suo viso ‹‹ e questi cosi non si lavano da soli! Dovevo anche asciugarli almeno un po'! ››
spostò la mia mano con fare delicato, poi rise ‹‹ quando mi lavo i capelli non ci perdo tre ore per asciugarli. Sei tu, donna, che sei strana. Rassegnati! ››
‹‹ Scusami, Newton, ma non abbiamo la stessa lunghezza di capelli! ›› arricciai il naso, incrociando le braccia poco dopo, fingendomi offesa.
Sollevò gli occhi al soffitto e diede uno sbuffo, stando al mio gioco.
In quei giorni eravamo riusciti ad avere abbastanza tempo per noi per vivere una specie di “relazione normale”, per quanto normale potesse essere in una situazione del genere.

Ora che eravamo tutti raggruppati in quell'auditorium, le sue dimensioni iniziali, di quando era più vuota, sembravano dimezzate.
Oltre al chiasso dovuto ai mille chiacchiericci intrecciati, si capiva a stento ciò che dicevano le persone accanto.
‹‹ Sono agitata ›› mormorò Sonya accanto a mio orecchio, aggrappandosi alla mia spalla ‹‹ e se ci dicessero che ora c'è una dannata fase tre? ››
Eva, meglio conosciuta come “l'asiatica dai sensi fini”, riuscii a sentire la bionda e si sporse nella nostra direzione, portandosi un dito alle labbra.
‹‹ Se portate sfortuna, ragazze, vi giuro che vi strappo la lingua con le pinzette le sopracciglia! ››

Eravamo seduti tutti vicini, come sempre.
Tutti, tranne Teresa, che si era seduta distate da noi.

‹‹ Cosa pensate che vogliano farci? ›› domandò di nuovo Sonya, ricevendo in tutta risposta uno sbuffo da parte di Newt.
‹‹ Secondo me ci spiegheranno l'utilità di questi test... almeno spero ›› rispose una ragazza del gruppo B, seduta al fianco di Eva.
Minho scosse la testa, poggiando il braccio attorno allo schienale della sedia di Eva, essendo seduto tra me e lei
‹‹ Non credo ›› sbadigliò ‹‹ non avrebbero scuse logiche e giuste. Ci rifilerebbero una marea di sploffate e basta, o cercheranno di giustificare tutto con la solita scusa ››
‹‹ “È per il bene più grande” ›› aggiunse Eva, schioccando successivamente la lingua
‹‹ Esatto ›› Minho le fece l'occhiolino.
Eva tirò su gli occhiali con l'indice, dato che le stavano scivolando giù per il naso ‹‹ magari ci mostreranno i risultati ai test! ›› provò ad essere positiva, ma senza successo. Nessuno di noi concordò con lei, ed anzi, avevamo assunto tutti un espressione veramente poco convinta.

‹‹ Io ho una pessima sensazione riguardo questa riunione... ›› questa era Harriet, che poco dopo aver detto quelle parole, sospirò con fare quasi rassegnato.

E non era l'unica ad avere quella sensazione, ma avevamo tutti paura di dirlo. Forse perché temevamo che, se l'avessimo esternato, sarebbe diventato qualcosa di reale. E nessuno voleva più correre ulteriori rischi.

Marie salì sul piccolo palco davanti a noi, reggendo in mano una pila di fogli e battendoli sul leggio davanti a lei ‹‹ Ragazzi, ora, fate silenzio! ›› aveva un tono non poco autoritario, per essere una semplice scienziata. Che fosse stata promossa ad un livello superiore?

Non ne avevo idea, e onestamente la cosa nemmeno m'interessava.

La mia attenzione, al momento, era caduta sui suoi capelli super elettrizzati, sfibrati, privi di forma e bruciati come pochi. Erano corti poco sotto l'orecchio, questo significava che aveva avuto il tempo di tagliarli in quei venti giorni, o forse era semplicemente successo qualcosa ed era stata costretta a farlo.

Un taglio netto e per giunta farlo male. Sembrava avesse una scodella arrugginita in testa.

‹‹ Newt, Marie con quel taglio così sploffato ti somiglia! ›› commentò sottovoce Minho ‹‹ ma donna, più basso, più vecchio, più acido e più brutto! ››

Newt sollevò un sopracciglio, accennando un sorrisetto, che non capii se fosse ironico o meno.

Evangeline diede una gomitata a Minho, facendogli cenno di stare zitto.

Sapevamo che Marie non avrebbe cominciato a parlare finché in quella caspio di sala non fosse sceso il più totale ed assoluto silenzio, e noi volevamo solo che quello strazio di riunione finisse il prima possibile.

Non appena calò il silenzio tombale, la donna batté i fogli sul leggio per sistemarli bene, poi li poggiò ordinatamente e diede un finto colpo di tosse per assumere un tono serio e tranquillo.
Sollevò il volto, stampandosi in faccia uno di quei sorrisi finti che si notano da chilometri di distanza, poi poggiò le mani ai lati del leggio, dando uno sguardo veloce a tutti i radurai davanti a lei.
‹‹ Allora, buongiorno ragazzi! ›› fece una breve pausa, forse aspettando che rispondessimo, ma così non fu.
Sollevò le sopracciglia, scuotendo le spalle poco dopo ‹‹ come preannunciato dal collega Janson, oggi è un giorno importante per voi, ma non mi è concesso rivelarvi il motivo.
Tra meno di cinque minuti, Janson entrerà in questa stanza con una sorpresa che sono sicura che tutti voi gradirete ›› tirò indietro una ciocca di capelli, come se si fosse resa conto improvvisamente di quanto i suoi capelli fossero un disastro galattico ‹‹ mi raccomando, ragazzi, seguite il copione già da ora. Mostratevi sorridenti e felici! ››
‹‹ Dobbiamo avere paura di qualcosa? ›› domandò una ragazza dall'altro lato della stanza, e Marie scosse la testa.
‹‹ Niente di grave e niente di cui avere paura ›› Marie sorrise di nuovo cercando di risultare il più cordiale possibile. Sentivo puzza di bugia ‹‹ posso giurarlo sulla mia testa. Quei tempi sono finiti. ››

‹‹ Sto quasi sperando che sia una bugia allora, così magari crepa... ›› commentò Newt sottovoce, provocandomi una risatina che cercai di soffocare.
‹‹ Dov'è Jillian? ›› domandò Eva, forse con un tono fin troppo alto per i gusti della donna-spaventapasseri che stava sul palco.
Questa sospirò rumorosamente, come se fosse la domanda più frequente ricevuta negli ultimi giorni
‹‹ Jocelyn, Jillian sta bene. È dove deve stare ›› sbuffò. Eva fece per replicare, ma fu Minho a darle una gomitata sta volta. Un po' per ripicca per prima, un po' perché sicuramente sapeva che sarebbe scattata da un momento all'altro. Sia per lo sbuffo della donna, sia per il nome che aveva usato.
‹‹ Ora, se non avete domande più importanti, vi prego di iniziare a fare come vi è stato detto ›› e, detto questo, abbandonò il palco, avviandosi verso la porta dove sicuramente aspettava l'ingresso dell'uomo ratto.

Dovevamo semplicemente seguire un copione, ma eravamo tutti preoccupati per ciò che poteva accadere da lì a pochi istanti.

Avremmo sorriso e avremmo continuato a fare come se nulla fosse.

Chiacchierando del più e del meno, cercando un modo per distrarci dal pensiero fisso di “cosa succederà?”, “farà male?”,“ci saranno altre vittime?”.

Tanto avevamo capito che con la C.A.T.T.I.V.O. potevamo solo fare il conto alla rovescia di chi sarà il prossimo morto. E nonostante Marie avesse detto che non c'era niente di cui avere paura, avevamo abbastanza testa da sapere che non c'era da fidarsi.

 

Passarono quei benedetti cinque minuti. Sembrava di aspettare un eternità, e gli argomenti cominciavano a scarseggiare. La porta dell'auditorium si aprì, così mi girai assieme a Newt e Minho. Janson fece il suo ingresso, ma non era solo.
Il mio cuore prese a battere per la gioia di vedere quella persona per cui portavo preoccupazione da quando era sparito.
« Beh, mi sa che sono rincaspiato e finito in paradiso. È Thomas! » gridò Minho, così anche gli altri radurai portarono la loro attenzione alla porta e ai due arrivati, ma principalmente a Thomas.
Cominciarono ad esultare, gridare, fischiare... Un casino che sembrò quasi forzato, ma non mettevo in dubbio che alcuni di loro fossero effettivamente felici di vederlo.
Thomas sorrideva come un bambino, ma poi il suo sguardo si posò su qualcuno.
Provai a seguirlo, finché non capii che guardava Teresa, che era scattata in piedi come una molla impazzita e gli sorrideva. Rimasero fermi in quel modo per un po'.
‹‹ Tommy! ›› esultò Newt, ma il suo tono era strano. Era felice, ma allo stesso tempo sembrò quasi forzato e tetro nel dire quel nome. Come se, in fondo, fosse quasi irritato nel vederlo tutto sorridente.
alzandosi in piedi insieme a Minho poco dopo ed andando dall'amico.
‹‹ Sono felice che sia vivo! ›› disse Eva.
Decisi di non alzarmi per andare da Thomas, per il semplice fatto che forse stargli col fiato sul collo in quel momento era la cosa meno opportuna.
‹‹ Già, lo sono anche io ›› dissi, osservando attentamente Newt. Sorrideva, ed ora quel suo modo di fare sembrava sparito nel nulla. Magari la mia era solo un'impressione sbagliata dovuta un po' alla mancanza di sonno.
‹‹ Minho era davvero preoccupato per lui, si faceva paranoie di continuo ›› Eva fece ruotare gli occhi verso l'alto ‹‹ durante gli allenamenti non faceva altro che chiedersi come stava ››
‹‹ Sono molto legati, penso sia normale... Dopotutto hanno perso molte persone care ›› risposi
‹‹ Siamo tutti un po' nella stessa barca ›› s'intromise Sonya. Nonostante tutto, il suo intervento non lo trovai fastidioso. Aveva ragione ‹‹ la zona bruciata ci ha provati tutti... Forse anche più del labirinto ››
‹‹ Una parte di noi è morta laggiù ›› concluse Eva, quasi rassegnandosi all'idea che in effetti era tutto cambiato ‹‹ mi chiedo se ci sarà concesso di avere un futuro normale ››
‹‹ Mi depressione ha pensieri su una possibile famiglia? ›› Sonya cercò di ironizzare, ma senza successo.
‹‹ Non essere ridicola ›› rispose Eva, sospirando poco dopo. Capivo ciò che intendeva.
Sentii i radurai fare delle battute su Thomas e Teresa, così portai l'attenzione su di loro.
Lui si era avvicinato a lei, ed ora lei gli teneva la mano, ma questo lo tirò via, completamente rosso in volto.
Odiavo quando i radurai facevano coretti o battutine sulle coppie. Insomma... era imbarazzante.

«Oooh, che dolce. Quasi quanto la volta in cui ti ha dato il bastone della

lancia sulla tua faccia di caspio.» disse Minho.
Qualcun altro commento qualcosa, ma non capii bene, troppo presa dal cercare di decifrare le varie espressioni di Thomas durante tutta quella situazione.
Ricordavo le paranoie di Teresa sul fatto che Thomas non l'avrebbe mai perdonata, e mi sentivo così vuota la parte sua che nemmeno riuscivo a tenere i piedi per terra.
Avrei voluto intervenire, ma non sapevo cosa dire. D'altronde io non ero presente durante quella scena, e rischiavo di ritrovarmi anche io in mezzo a quelle discussioni.
D'altronde non erano tutti pronti a perdonarmi per ciò che avevo fatto con gli spaccati, nonostante le acque si fossero calmate.
L'uomo ratto interruppe i miei pensieri, passandomi davanti e battendo le mani, dirigendosi con passo spedito verso il palco.
«Mettetevi tutti seduti ›› disse, e come se fosse stato un ordine supremo, tornarono tutti ai loro posti. Tutti, compresi Minho e Newt, che si lasciarono cadere di peso sulle loro sedie ‹‹ abbiamo alcune cose da discutere prima di rimuovere il filtro.» concluse Janson, raggiungendo il palco e salendo su questo.
Corrugai la fronte. Rimuovere il filtro? Quel filtro?
Janson si sistemò dietro il leggio, poggiò le mani ai lati di questo, sforzandosi di sorridere in modo così naturale che quasi riuscivo a credergli.
«Esatto, signore e signori. State per recuperare la memoria. Ogni singolo ricordo» disse.


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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Thomas trascinò una sedia e la mise tra la mia e quella di Minho, così da potersi sedere accanto all'amico.
Si girò verso di me, accennando un sorriso, che ricambiai più che volentieri.
Tuttavia si vedeva lontano chilometri che era concentrato su ciò che aveva detto l'uomo ratto.
‹‹ Ehi, sei vivo! ›› esultai, e lui annuii, sovrappensiero.
‹‹ A quanto pare sono un duro! ››
‹‹ Ora non montarti la testa, pive ›› sollevai un sopracciglio in modo giocoso. Capiva che non ero seria, ma scrollò le spalle.
Feci un respiro profondo ‹‹ questa cosa non mi convince ›› sussurrò Thomas, ed io annuii.
Nemmeno a me convinceva, ma decisi di portare la mia attenzione verso Janson per sentire qualche sploffata aveva deciso di rifilarci ora.
Si schiarì la voce, segno che il suo sarebbe stato un discorso lungo e serio «Come vi è stato comunicato singolarmente, le prove del tipo affrontato finora sono finite. Una volta che la vostra memoria verrà ripristinata, penso che mi crederete e potremo voltare pagina. Ognuno di voi ha ricevuto ragguagli sull’Eruzione e sul perché delle Prove. Siamo a un passo dal completare la cianografia della zona della violenza. Sarà più semplice ottenere quello che ci serve con la vostra piena collaborazione e la vostra mente inalterata. Perciò, congratulazioni.» concluse, facendo un respiro profondo come per auto-complimentarsi per il suo discorso elaborato.
Facevo fatica a credere che fosse serio. La cosa era troppo semplice, troppo fluida per essere vera.

« Dovrei salire lì sopra a spaccarti quel naso del caspio. Ti comporti come se fosse tutto rose e fiori, come se più della metà dei nostri amici non fosse morta Mi hai stancato.» disse Minho di punto in bianco.
La voce era tremendamente calma, sembrava quasi Rose quando parlava della sua collezione di nasi.

« Sarei felice di vedere quel naso da ratto frantumato » sbottò Newt, provocandomi i brividi per tutta quella rabbia che aveva messo nel dire quelle parole.
Lo guardai con la coda dell'occhio, corrugando la fronte.
Potevo capire la frustrazione, ma quello era l'ennesimo sbalzo d'umore evidente.
‹‹ Che c'è? ›› domandò, schioccando la lingua con fare infastidito dopo aver notato che lo stavo fissando.
‹‹ Niente... ›› risposi, sussurrando appena, per poi riportare lo sguardo su Janson, che sospirò assumendo un'aria di sufficienza. Quasi come se fosse stanco di ripetere sempre le stesse cose.
Beh, noi invece eravamo stanchi di essere presi per il culo da loro
«Prima di tutto ›› cominciò ‹‹ ognuno di voi è stato avvertito delle conseguenze qualora cercaste di aggredirmi. E potete stare tranquilli, non abbiamo smesso di osservarvi. In secondo luogo, mi dispiace per le persone che avete perso, ma alla fine ne sarà valsa la pena. Quello che mi preoccupa, però, è che a quanto pare qualunque cosa io dica non servirà ad aprirvi gli occhi sulla posta in gioco. Stiamo parlando della sopravvivenza della razza umana.»
Minho inspirò come se fosse sul punto di alzarsi per sbranarlo vivo, ma si fermò prima di aprire bocca, rivolgendo uno sguardo veloce ad Eva, che grattava nervosamente il bracciolo della sedia sulla quale era seduta.
Sicuramente stava pensando alla piccola Frankie.
‹‹ Sai, penso sia normale, dopo che ci avete fottuti non una, ma ben due caspio di volte facendoci credere di averci salvati ›› dissi, alzando la foce con un tono infastidito ‹‹ scusaci se siamo piuttosto sospettosi di voi della C.A.T.T.I.V.O. ››
Minho accennò un sorriso, alzando la mano come se volesse darmi il cinque per avergli levato le parole di bocca
« Diamoci tutti una calmata » disse Thomas con tono tranquillo, dandomi un'occhiata veloce «Ascoltiamolo »

Corrugai la fronte. Non poteva credere davvero alle parole di Janson!
Janson fece per parlare, ma Frypan intervenne «perché

dovremmo fidarci di voi e lasciarvi... com’è che si chiama? Il Filtro? Dopo tutto quello che

avete fatto a noi, ai nostri amici, volete rimuovere il Filtro? Non credo proprio. Preferisco

continuare a non sapere nulla del mio passato, grazie tante.»
Annuii per concordare silenziosamente.
In effetti, anche io preferivo non sapere nulla del mio passato.
Non volevo avere ricordi della mia famiglia, tanto meno del periodo passato a lavorare per loro.

«La C.A.T.T.I.V.O. è buona» disse Teresa, ma il tono che usò era quello tipico di chi sta parlando tra sé e sé. Si voltarono tutti verso di lei.

«Cosa?» chiese Frypan, quasi indignato di una tale affermazione.

«La C.A.T.T.I.V.O. è buona» ripeté, girandosi sulla sedia per guardarci tutti « tra tutte le cose che avrei potuto scrivermi sul braccio appena mi sono svegliata dal coma, ho scelto queste quattro parole. Continuo a pensarci, e dev’esserci una spiegazione. Io dico di chiudere la bocca e fare ciò che dice lui. Possiamo capire la situazione solo recuperando la memoria. »

« Sono d’accordo!» gridò Aris, come se sperasse che in questo modo riuscisse a far cambiare idea anche ad altre persone.
Anche Teresa aveva ragione...
Nella mia testa cominciarono a barcollare più idee contrastanti, e anche nella stanza cominciò una discussione accesa su cosa era giusto e cosa era sbagliato.

« Silenzio! » Gridò Janson, battendo il pugno sul leggio per riportare il silenzio nell'auditorium.
Sorprendentemente ci riuscì con molta facilità.
Aspettò qualche attimo, poi si ricompose alla svelta e riprese « Sentite, nessuno vi criticherà per la vostra mancanza di fiducia. Siete stati spinti al limite della sopportazione fisica, avete visto gente morire, sperimentato il terrore nel senso più assoluto del termine. Ma vi prometto, quando tutto

sarà finito, nessuno di voi si guarderà indietro...»

« E se noi non vogliamo? » gridò Frypan, e qualcuno concordò con la domanda posta dal raduraio « Cosa succede se non vogliamo recuperare la memoria? »
Thomas si voltò verso di lui, facendo un sospiro di sollievo. Probabilmente nemmeno lui voleva recuperare la memoria... forse per il mio stesso motivo.
« Perché non vi interessa davvero ricordare o perché non vi fidate di noi? » domandò Janson.
Stavo per rispondere, ma Frypan mi anticipò « Oh, non riesco a immaginare un motivo per cui non dovremmo fidarci di voi »

« Ancora non vi è chiaro che se volessimo farvi del male lo faremmo e basta? » L’uomo

abbassò lo sguardo sul leggio, poi lo rialzò « Se non volete che il Filtro venga rimosso,

non vi obbligheremo. Potete mettervi in un angolo e guardare gli altri. » Ci stava davvero lasciando una scelta così importante? Una cosa che non era praticamente mai successa, ed io non sapevo se credergli o meno. Per una volta, da quando conoscevo l'uomo ratto, sembrava essere sincero e veramente scocciato dal fatto che non gli stessimo credendo « volete davvero trascorrere il resto della vostra vita senza ricordarvi dei vostri genitori? Della vostra famiglia e dei vostri amici? Volete davvero perdere l’opportunità di aggrapparvi ai pochi bei ricordi che potreste aver avuto prima che

tutto questo cominciasse? A me sta bene. Ma potreste non avere una seconda occasione »
Quella domanda sembrò trafiggermi da parte a parte.
Non volevo ricordare i miei genitori, non volevo ricordare niente... ma allo stesso tempo ero curiosa di sapere se nella mia vita c'era mai stato un periodo felice.
Volevo ricordarmi almeno di Chuck, prima che finisse nella radura.
Non sapevo se potevo fidarmi o meno, però... D'altronde la C.A.T.T.I.V.O. poteva benissimo darci dei ricordi inventati. Niente mi assicurava che ci stessero dando i nostri veri ricordi, e loro avevano giocato fin troppo tempo con la mia testa.
Ero talmente presa dai miei pensieri che non mi resi nemmeno conto del fatto che Janson avesse abbandonato la stanza, e mi ritrovai improvvisamente Newt, Thomas e Minho, che si spostarono sulle sedie per fare un piccolo cerchio in modo da poter parlare tra loro, stretti stretti e sottovoce per fare in modo che nessuno li sentisse.

Non m'interessava origliare, sapevo che se volevano parlare con me di quello che si dicevano, l'avrebbero fatto e basta.
‹‹ Recupereremo la memoria! ›› disse Evangeline, con un'apparente tono felice, ma con l'espressione di chi in verità se ne infischia altamente.
Corrugai la fronte. Lei si alzò, passandosi le mani tra i capelli.
‹‹ Eva? ›› la richiamò Sonya, cercando di attirare l'attenzione della ragazza asiatica, che però la ignorò.
Che problemi aveva ora? Quella ragazza era un continuo mistero.
Di colpo, anche i ragazzi si alzarono, e Newt picchiettò l'indice sulla mia spalla, mi fece cenno di seguirlo mentre si avviavano verso la porta.
‹‹ Qual'è il piano? ›› domandai verso Newt, ma lui scosse le spalle, facendomi cenno con la mano per dirmi che mi avrebbe spiegato più tardi.
Dovevo solo seguirlo, per ora, ma la mia testa era ancora ferma sul pensiero di cosa fare una volta varcata la soglia della porta.
Thomas era già lì, pronto ad aprirla, ma si fermò.
Dietro di noi, tutti i radurai e le raduraie avevano già preso una decisione precisa:
Volevano recuperare la memoria.
Mi sentii stupidamente confusa, era come se fossi l'unica ad avere una lotta interna per quella decisione:
Una parte di me voleva ricordare qualcosa, l'altra non voleva.
Ero abbastanza certa che il mio passato fosse tutto meno che roseo, se no non avrei avuto di certo la brillante idea di buttarmi nella scatola per arrivare nella radura, consapevole che tramite il filtro avrei perso ogni singolo ricordo.
Non credevo a mio padre, ma credevo alla parte della mia storia dove decisi di andare nella radura e cancellare i miei ricordi perché ero stanca, distrutta e stufa di ciò che facevo. Credevo al fatto che sentivo la necessità di redimermi in qualche modo.
Ci credevo, perché sotto sotto ne sentivo ancora il bisogno.

 

Thomas non spiccicò una singola parola mentre Janson ci conduceva chissà dove.
Era quasi sconvolto del fatto che gli altri volessero recuperare la memoria. Ma come poteva esserlo?
Insomma, c'era la curiosità e nessuno poteva metterlo in dubbio. Tutti volevano ricordare qualcosa del loro passato, qualche attimo felice insieme alla propria famiglia, se mai ne avevano uno.

Tutti volevano ricordare che fine avevano fatto le persone che li avevano messi al mondo.

Forse ciò che stupiva di più Thomas era come tutti riuscissero a riporre fiducia nella C.A.T.T.I.V.O. come se questi non gli avessero feriti.

Ed in effetti, era ciò che mi chiedevo anche io, ma allo stesso tempo non potevo biasimare il fatto che provassero ad avere ancora un piccola speranza che per una volta le cose potessero andare effettivamente per il verso giusto.

D'altronde, la speranza è l'ultima a morire.
A pensarci bene, non era solo Thomas che non spiccicava parola. Nessuno di noi lo faceva. C'era un silenzio quasi assordante, come se stessimo andando a morire invece che a recuperare la memoria.
Alzai lo sguardo verso Newt, notando la sua espressione seria e contratta.
Era strano, sembrava quasi impaurito da ciò che stava per succedere.
Di colpo, sentii un peso sul mio petto. Cominciai quasi a sudare freddo.
Qualcosa non andava.
Avevo una pessima sensazione. Sentivo quasi il bisogno di fuggire il più lontano possibile.
Sentivo come se avessi bisogno di più tempo.
Cercai istintivamente la mano di Newt. La toccai, sentendolo spostarla per il contatto improvviso, ma poi la tenne ferma. L'afferrai. Intrecciai le dita con le sue, e lui strinse la presa, come se avesse percepito il mio stato d'animo. Accarezzò il dorso della mia mano con l'indice, abbassando pochi istanti dopo il volto verso il mio orecchio.
‹‹ Cosa c'è? ›› domandò sussurrando, come se non volesse essere sentito da chi avevamo intorno.
Lo guardai con la fronte corrugata, facendo un respiro profondo.
‹‹ Non hai anche tu una pessima sensazione? ››

Lui scrollò le spalle con fare quasi disinteressato ‹‹ mi sono abituato a questo genere di sensazione, sai com'è... E poi, come si può non avere una pessima sensazione mentre si è chiusi in un corridoio privo di finestre e circondato da muri completamente spogli che sembrano stringersi ad ogni passo che fai? Sembra che questo posto ci stia inghiottendo vivi ››
Descrizione più che appropriata, capitava a fagiolo visto che era quella la sensazione che provavo io.
Ci fermammo. Eravamo davanti ad una porta d'acciaio con un sacco di serrature, come se dietro questa ci fosse un mostro invincibile.
‹‹ Ecco ›› pensai ‹‹ adesso quando Janson aprirà la porta ci ritroveremo davanti a qualche dolente grande quanto una caspio di casa ›› alzai lo sguardo al soffitto.
Janson tirò fuori la sua tessera magnetica ed aprì la porta con questa, e dato il rumore che fece la porta doveva essere qualcosa che non apriva da mesi e mesi.
Entrammo uno ad uno, ed io e Newt fummo costretti a mollare la presa delle nostre mani.
Mi sentii quasi instabile.
Janson aprì un'altra porta, ed attraversammo anche questa.
Erano tutte stanze uguali, la differenza è che in questa c'erano diversi letti allineati sulla parete più lontana, e sopra ognuno di questi pendeva un macchinario pieno di tubi di plastica a forma di maschera.
« È così che rimuoveremo il Filtro dal vostro cervello. Non preoccupatevi, so che questi apparecchi hanno un aspetto inquietante, ma la procedura sarà meno dolorosa di quanto pensiate » disse Janson.
In pratica, avrebbero usato quell'affare come una grossa aspirapolvere da poggiarci sul viso in modo che ci aspirino ogni singola goccia del filtro tramite il naso e la bocca?
L'immagine nella mia testa appariva piuttosto inquietante.
« Meno dolorosa? quello che sento non mi piace. Quindi in realtà stai dicendo che è dolorosa! » fece notare Frypan, sollevando l'indice come se volesse sottolineare la cosa

« Ovviamente avvertirete un piccolo fastidio, si tratta pur sempre di un’operazione » Janson fece roteare gli occhi, raggiungendo un grosso macchinario posizionato a sinistra dei letti.
Sembrava una macchina uscita da un film di fantascienza: Pieno di lucine intermittenti, vari pulsani e schermi di varie dimensioni.
« Rimuoveremo un piccolo dispositivo situato nell’area del cervello in cui si forma la memoria a lungo termine. Ma è meno complicato di quanto sembri, ve lo assicuro » aggiunse, poi iniziò a premere alcuni pulsanti che, sicuramente, avrebbero attivato i vari macchinari.
Si alzò un forte ronzio nella stanza che sembrò trapanarmi le orecchie.
« Un momento! in questo modo asporterete anche qualunque cosa ci sia lì dentro che vi permette di controllarci? »
I miei pensieri barcollarono a quando la C.A.T.T.I.V.O. mi fece credere di avere l'eruzione.
Decisamente, era una questione che mi riguardava da vicino e la domanda di Teresa era più che azzeccata.
Mi girai in cerca della ragazza, che lanciò uno sguardo in direzione di Thomas «E riguardo a...» aggiunse, ma poi esitò a terminare la frase.
Capii a cosa si riferiva: alla loro telepatia.
« Toglierete tutto? Tutto? » terminò, riportando lo sguardo su Janson, che assunse un espressione quasi soddisfatta della domanda della ragazza.
Annuì, continuando a schiacciare i tasti di quella dannata macchina che avevano davanti « Tutto tranne il piccolo dispositivo che ci permette di tracciare la mappa della vostra zona della violenza. E non c’è bisogno che tu dica quello che stai pensando, perché te lo leggo negli occhi.
No, tu, Thomas e Aris non potrete più fare il vostro giochetto. Lo abbiamo disattivato temporaneamente, ma adesso diventerà una cosa definitiva. Tuttavia, la vostra memoria a lungo termine verrà ripristinata, e non saremo più in grado di manipolare la vostra mente. È un pacchetto completo, mi dispiace. Prendere o lasciare. »

Tutti nella stanza avevano preso a chiacchierare sottovoce. Tutti cercarono di prendere una decisione.
Era come se tutti, all'improvviso, avessero veramente dimenticato ciò che aveva fatto la C.A.T.T.I.V.O. ai loro compagni, a tutti loro.
Ora praticamente tutti volevano recuperare la memoria, ed erano più convinti che mai.
E se quello fosse l'ennesimo gioco della C.A.T.T.I.V.O.?
« C’è poco da scervellarsi » disse Frypan « Capito? Scervellarsi? » aveva un sorriso beota che partiva da orecchio a orecchio. Dopo quella pessima battuta, anche Minho lo guardò dalla testa ai piedi.

« D’accordo, direi che siamo più o meno pronti » annunciò l’Uomo Ratto, spostano lo guardo dal macchinario per rivolgerlo a noi « Un’ultima cosa, però. Una cosa che devo dirvi prima che recuperiate la memoria. È meglio che lo sappiate da me piuttosto che... ricordarvi del test. »

« Di cosa stai parlando? » chiese Harriet, poggiandosi sulla spalla di Sonya per sbucare fuori dall'enorme ammasso di persone che aveva davanti.
Janson a questo punto congiunse le mani dietro la schiena, assumendo di colpo un’espressione

seria. Ora sembrava uscito fuori direttamente da un cartone animato. Sembrava essere pronto a dire una frase epica che aveva preparato mesi e mesi prima.
Schioccò rumorosamente la lingua contro il palato, guardandoci uno ad uno come se fossi semplicemente un ammasso di carne e ossa, privi di anima e di qualsiasi capacità d'intendere e di volere, proprio come, probabilmente, voleva ridurci la C.A.T.T.I.V.O. «Alcuni di voi sono immuni all’Eruzione. Ma... altri non lo sono ›› prese un respiro profondo ‹‹ Adesso leggerò la

lista... vi prego di fare il possibile per apprendere la notizia con calma »

 


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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***








Era forse un bluff? Odiavo quel genere di situazione.
Sentii un vuoto dentro di me che lentamente cresceva ad ogni secondo di silenzio che passava.
Perché, dopo quelle parole, tra di noi c'era solo quello.
In effetti l'argomento “eruzione” non era stato toccato per un bel po' di tempo, ed io preferivo così.

« Perché un esperimento possa fornire risultati accurati, è necessario un gruppo di controllo. Abbiamo fatto del nostro meglio per proteggervi dal virus il più a lungo possibile. Ma circola nell’aria ed è altamente contagioso »
Non stava dicendo nulla di nuovo. Non per me almeno. Quelle erano solo parole buttate al vento, e più passava il tempo peggio era.
Mi guardai velocemente attorno. Ora nella mia testa rimbombava una sola domanda:
Chi è che porterà sulla schiena la croce dell'eruzione?
Janson ci guardò uno ad uno, fermando per qualche istante lo sguardo su di me, come se stesse studiando la mia reazione.
Newt sembrò scocciato da quel gesto.
Si passò una mano tra i capelli, abbassando per qualche istante lo sguardo su di me e riportandolo, poco dopo, su Janson, digrignando i denti con fare piuttosto frustrato « Vai avanti, accidenti! tanto pensavamo di avercelo tutti quel cacchio di virus. Non ci stai spezzando il cuore! »
« Già, risparmiaci la sceneggiata e diccelo una buona volta » aggiunse Sonya.
Feci un respiro profondo, guardandomi ancora una volta attorno.
Teresa e Thomas erano vicini, e lei non riusciva a stare ferma sul posto neanche per un secondo.
Sgambettava quasi impaziente, si guardava attorno rapidamente, incrociando per qualche istante il mio sguardo.
Mi rivolse un sorriso, i suoi occhi erano lucidi.
Cosa c'era che non andava? Le avevano riferito qualcosa che forse dovevo sapere?
Ricambiai il suo sorriso, ma sicuramente aveva notato la mia espressione sospettosa.
Il vuoto nel mio petto cresceva ancora.
Stavo sudando freddo.
Cominciai a stressare le mie mani. Le sentivo fredde e formicolanti. L'ansia saliva a mille, tuttavia sentivo la testa vuota e senza alcuna sorta di pensiero preciso. Niente. Era tutto vuoto e silenzioso, così come quella stanza, dove neanche il ronzio dei macchinari sembrava voler farsi sentire.
Janson si schiarì la voce, storcendo quel brutto naso da ratto «d’accordo allora. La maggior parte di voi è immune e ha contribuito a raccogliere dati preziosissimi. Solo due di voi sono considerati Candidati al momento, ma è un discorso che affronteremo in un secondo tempo ›› scosse la mano, come per rendere meglio l'idea che quella cosa poteva benissimo passare in secondo piano ‹‹ Passiamo alla lista. Le seguenti persone non sono immuni: Newt ...»
Ed è lì che sentii il mondo crollarmi addosso.
La mia mente si spense ufficialmente, ed i nomi successivi nemmeno li sentii.
Fu come vedere tutto nero attorno a me, la mia testa era ufficialmente isolata da tutto il resto.
Non riuscivo a respirare. Un attacco di panico?
Mi girai lentamente verso di lui. Aveva uno sguardo terribilmente perso, come se non sapesse cosa pensare di preciso.
Il vuoto dentro di me era diventato fin troppo grosso, pesante da sopportare. Ora potevo capire a pieno quella pessima sensazione, e mi aveva travolto così velocemente che se qualcuno in quel momento mi avesse pugnalata in pieno petto, giuro, l'avrei preferito. Non l'avrei nemmeno sentito.
Sentii le mie guance inumidirsi di colpo. Non riuscivo a controllare le lacrime. Cominciai a singhiozzare, anche se cercai con tutta me stessa di non farlo. Perché lui? Avrei preferito chiunque, ma non lui. Si girò nella mia direzione. Sorrise, prendendomi la mano prima che potessi portarla al mio volto per asciugarmi le guance con la manica della maglietta.
Alzai la mano libera, abbassai il volto e cercai di asciugarmi le lacrime. Ma era come avere un rubinetto aperto negli occhi, non riuscivo nemmeno a controllare i singhiozzi. Pesavano sul petto, ero scossa da questi, mi facevano male, ma era tutto sopportabile in confronto a quella situazione.
Si avvicinò, chinandosi sulle ginocchia in modo di guardarmi negli occhi. Sorrideva ancora.
‹‹ Va tutto bene, Liz, non preoccuparti ›› sussurrò intrecciando le dita con le mie ‹‹ starò bene ››
‹‹ Non va tutto bene! Non mentirmi! ››
Sorrise ancora, prendendomi la mano con la quale cercavo di asciugarmi le lacrime, poi si rimise in piedi. Mi circondò con le braccia e mi strinse a sé, passandomi una mano tra i capelli in modo da accarezzarli. Un gesto dolce, un tentativo di calmarmi, quando lui era il primo che cadeva a pezzi per l'ennesima volta, ed io ero ancora incapace di raccoglierli.
‹‹ Starò bene ›› ripeté ‹‹ te lo prometto ››
rimasi in silenzio. L'unico suono che si sentiva tra noi, ora, erano i miei singhiozzi.
Legai le braccia dietro la sua schiena, le mani rivolte contro questa, mentre le premevo come se volessi aggrapparmi a lui per non lasciarlo più andare via.
Mi sentivo inutile come poche volte in vita mia.
Cosa potevo fare contro un nemico così forte?
Newt prese un respiro profondo, sciolse l'abbraccio e mi sollevò il volto con una mano.
Quel sorriso sulle sue labbra ricomparve appena i suoi occhi incrociarono i miei.
Lo vedevo, comunque: i suoi occhi erano spenti. Fingeva che andasse tutto bene, voleva convincere me. Ma non andava tutto bene.
Alzò gli occhi, tenne la mano intrecciata con la mia e si fece strada tra i radurai.
Raggiungemmo Thomas e Teresa.
Il ragazzo era chino sulle ginocchia. Boccheggiava in cerca di aria.
Sulle prime pensai che Teresa l'avesse picchiato (e se l'avesse fatto, ero certa che se lo meritava), ma dallo sguardo preoccupato di quest'ultima ero piuttosto certa che non fosse a causa sua.
Thomas, come me, probabilmente aveva metabolizzato male la notizia.

« Tommy, calmati » disse Newt, lasciando la presa della mia mano per incrociare le braccia al petto, guardando il ragazzo che si tirò su
« Calmarmi? Quel vecchio pive ha appena detto che tu non sei immune all’Eruzione! Come puoi... »
Newt mi rivolse un'occhiata veloce, come se stesse valutando se era il caso o meno di affrontare quel discorso davanti a me o meno. Infine, alzò la mano, facendo cenno all'amico che la cosa non contava più.
« Non sono preoccupato per quella maledetta Eruzione, amico. Non pensavo nemmeno che sarei stato ancora vivo a questo punto, e comunque vivere non è stato poi così meraviglioso. »
‹‹ Ah, grazie, mi fa piacere ›› commentai sottovoce, sentendolo ridacchiare poco dopo
‹‹ Mi perdoni se ti dico che sei l'unica eccezione? ››
‹‹ Mh-mh ›› risposi semplicemente.
Thomas guardava Newt con uno sguardo indagatore, poi sorrise, ma in modo forzato, forse per rispondere al finto sorriso che Newt era riuscito a stamparsi in faccia dopo la pessima notizia data da Janson.
« Se a te va bene impazzire a poco a poco e mangiare bambini, vorrà dire che non mi dispererò per te » disse, Thomas, scrollando le spalle fingendosi disinteressato.
Quelle parole mi provocarono dei brividi lungo tutta la schiena.
Quelle erano le parole peggiori che potessi sentire uscire dalla bocca di Thomas.

Newt tornò improvvisamente serio « Bene così » rispose infine, decidendo di mettere fine a quella discussione.
Abbassò lo sguardo su di me, legando un braccio attorno alle mie spalle. La sua mano si chiuse attorno al mio braccio, come se volesse aggrapparsi a me per non cadere, ed istintivamente porta una mano sulla sua, accarezzandola con l'indice.
Non mi ero resa conto di essere ancora scossa dai singhiozzi, ma lui evidentemente sì.
Riportammo lo sguardo su Janson, che si era preso una piccola pausa dopo aver finito di leggere la lista delle persone non immuni.
Diedi uno sguardo rapido in giro, ma nessuna delle immagini delle persone non immuni mi colpiva particolarmente.
Non m'interessava degli altri. Volevo solo svegliarmi da quell'incubo.
Evangeline era stretta assieme ad altre ragazze del gruppo B, attorno ad una ragazza con gli occhi rossi e gonfi dalle lacrime. Cercavano di consolarla, ma questa, appena Janson diede un colpo di tosse, divenne seria in volto e gli diede un occhiata così aggressiva che sembrò volergli dichiarare guerra.

« Volevo chiudere questo capitolo » disse Janson « Più che altro essere io a dirvelo e ricordarvi che l’unico scopo di questa operazione è mettere a punto una cura. La maggior parte di voi che non è immune è allo stadio iniziale dell’Eruzione, e sono certo che la cosa verrà risolta prima che degeneri. Ma le Prove necessitavano della vostra partecipazione »
‹‹ Ecco dove stava la fregatura in tutta questa storia ›› mormorai con fare sconsolato

« E cosa succede se non ci riuscite? » chiese Minho, con fare forse fin troppo aggressivo.
Eva si staccò dall'amica, affiancandosi al ragazzo asiatico che sembrò pronto ad avvicinarsi a Janson per prenderlo a pugni. Era rabbioso, sicuramente per la notizia di Newt.
Ma tutto sommato, Janson non ne aveva colpa e prendersela con lui non avrebbe di certo cancellato il problema dell'eruzione.
Forse prendere a pugni mio padre avrebbe risolto qualcosina di più.
Janson ignorò la domanda di Minho e si avvicinò al letto più vicino a lui, si allungò per appoggiare la mano sullo strano apparecchio metallico che pendeva dal soffitto « questo rappresenta qualcosa di cui siamo molto fieri qui alla C.A.T.T.I.V.O.: un esempio di ingegneria medica. Si chiama Retrattore, e compirà questa procedura. Vi verrà posizionato sul viso, e vi garantisco che quando tutto sarà finito il vostro bel faccino sarà immutato ›› guardò Minho ‹‹ Dall’interno dell’apparecchio scenderanno dei fili metallici che entreranno nei canali uditivi. Il nostro staff medico vi darà un sedativo per calmarvi e qualcosa per attenuare il fastidio » si fermò per guardarci uno ad uno, come se volesse assicurarsi che lo stessimo seguendo nella sua spiegazione « cadrete in una specie di trance mentre i nervi si ripareranno e vi tornerà la memoria, qualcosa di simile a ciò che alcuni di voi hanno sperimentato durante quella che nel Labirinto chiamavate la Mutazione. Ma non sarà così

doloroso, ve lo garantisco. Lo scopo in quel caso era perlopiù stimolare gli schemi del cervello. Abbiamo molte altre stanze come questa, e un intero team di dottori che aspetta di cominciare. Ora, sono sicuro che avrete un milione di domande da farmi, ma a quelle sarete in grado di rispondere voi stessi con i vostri ricordi, perciò aspetterò che la procedura sia conclusa prima di ascoltare ciò che avrete da chiedermi. Datemi solo qualche minuto per accertarmi che lo staff medico sia pronto. Potete sfruttare questi momenti per prendere la vostra decisione » scrollò le spalle e, detto questo, si avviò verso l'uscita e ci abbandonò.
In poco tempo la stanza venne sovrastata da mille chiacchiericci confusi. L'unica cosa che riuscii a sentire, fu la voce di Minho che si era avvicinato a Thomas e, di conseguenza, a me e Newt.
« Voi pive sapete e ricordate più cose di chiunque altro. Teresa, non ne ho mai fatto mistero: non mi piaci. Ma voglio sapere comunque ciò che pensi »
Teresa rimase in silenzio sulle prime, rivolgendomi uno sguardo quasi come per chiedermi il permesso di parlare.
Io cosa c'entravo? D'altronde non avevo chissà quanta memoria del mio passato.
Anzi: Non ne avevo proprio.

« Dovremmo farlo. A me sembra la cosa giusta. Abbiamo bisogno di recuperare i nostri ricordi per avere le idee più chiare. Per poter decidere cosa fare dopo. » disse Teresa, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio ‹‹ penso di non essere l'unica a pensarlo, no? Elizabeth? ››
Tutti gli sguardi furono improvvisamente rivolti a me. Mi sentii piccolissima in quell'istante.
La pensavo come Teresa, ma allo stesso tempo non ero d'accordo.
‹‹ Io... non lo so. Sul serio, pive, ho la testa altrove, non fatemi domande ›› risposi semplicemente.
Teresa si morse il labbro, portando lo sguardo su Thomas, come per cercare almeno il suo supporto.
« Teresa, so che non sei stupida. Ma so anche che tu sei innamorata della C.A.T.T.I.V.O. Non sono sicuro di quali siano le tue intenzioni, ma io non me la bevo. » disse Thomas

« Nemmeno io » concordò Minho « Possono manipolarci, giocare con la nostra testa, accidenti! Come facciamo a sapere se ci restituiscono davvero la nostra memoria o ce ne rifilano una nuova? »
‹‹ D'altronde l'hanno già fatto. A manipolarci, intendo ›› aggiunsi, cercando di far ragionare Teresa. Non volevo che venisse rigirata come voleva la C.A.T.T.I.V.O. ‹‹ credimi, Teresa, possono farlo e l'hanno fatto. Niente ci assicura che dopo averci levato il filtro, non possano manipolarci ancora e ancora. Il loro unico scopo e la loro dannata cianografia, lo sai benissimo! ››
‹‹ Ecco, vedi? Questo si chiama ragionare, caspio! ›› Minho mi indicò con la mano con fare quasi orgoglioso.

Teresa sospirò « Ragazzi, state trascurando un dettaglio fondamentale! Se possono controllarci, se possono fare ciò che vogliono con noi, farci fare qualunque cosa, allora perché dovrebbero prendersi la briga di inscenare questa farsa di lasciare a noi la scelta? E poi, lui ha detto che rimuoverebbero anche la parte che gli permette di controllarci. Io non ci vedo niente di losco »

Sollevai un sopracciglio, cercando di capire se fosse seria o meno.
‹‹ Per portarci a fidarci di loro, ovvio ›› aggiunsi
‹‹ Già ›› concordò Thomas, ma la sua risposta fu quasi un sussurro.
« Beh, comunque io non mi sono mai fidato di te » disse Minho, scuotendo lentamente la testa « E di sicuro non di loro. Io sto con Thomas »
« E Aris? non hai detto che era con voi prima che arrivaste nel Labirinto? Lui cosa pensa? »
‹‹ Ma chi se ne frega di Aris ›› commentai in un borbottio, poggiando la fronte contro il braccio Newt ‹‹ e poi, cosa vuole fare Thomas? ›› Mi ero persa una parte di piano.
‹‹ Non recuperare la memoria ›› rispose Minho

« Vado a chiederglielo » mormorò Teresa.
La guardai con la coda dell'occhio. Mi sembrava così anormale il fatto che lei si fidasse della C.A.T.T.I.V.O. al punto di lasciarsi ripristinare la memoria, sempre che quella parte della storia fosse vera. Non potevo crederci.

« Odio quella ragazza » disse Minho appena Teresa fu abbastanza lontana.

« Ma dai, non è così male » commentò Frypan, facendomi sobbalzare. Non mi ero resa conto che fosse lì con noi.

Minho alzò gli occhi al cielo « Se lo fa lei, io non lo faccio » incrociò le braccia come un bambino capriccioso.

« Nemmeno io, e in teoria sono io ad avere la maledetta Eruzione, perciò ho da perdere più di chiunque altro. Ma non starò più ai loro giochetti » strinse la mano attorno al mio braccio.
Spostai il volto, guardando il suo.
Dannazione, era così spento da farmi impressione.
‹‹ Io... ci devo pensare ›› dissi, facendo un respiro profondo.
‹‹ Non hai molto tempo, sai? ›› Minho sollevò un sopracciglio ‹‹ ci tengo a fartelo notare, Beth ››

« Sentiamo cosa ci dice. Sta arrivando. » disse Thomas, facendo un cenno con la testa dietro di Noi.
Teresa stava tornando da noi, la chiacchierata con Aris era stata breve, ma evidentemente era bastata « Sembrava ancora più sicuro di noi. Loro sono tutti d’accordo nel farlo »

« Beh, questo mi basta » rispose Minho, schioccando rumorosamente la lingua « Se Aris e Teresa sono a favore, io sono contrario »

Teresa guardò me e Thomas in cerca di un nostro appoggio.
Non sapevo seriamente cosa fare: Non volevo far rimanere male una mia amica, ma non volevo nemmeno andare contro i miei amici.
Alla fine, la decisione era solo mia. Valeva veramente la pena recuperare tutti i ricordi?
Infondo, forse, la mia perdita di memoria era stata veramente un'occasione di rimediare al mio passato. Un modo per ricominciare.
Ci scambiammo un'occhiata veloce con Thomas. Lui aveva già preso la sua decisione, e Teresa l'aveva capito, e data la sua espressione, c'era rimasta male.
Non aveva l'appoggio della persona che amava.
Ora, aspettavano solo la mia riposta.
La guardai, vedendo brillare la speranza nei suoi occhi azzurri.
Chiusi gli occhi ed abbassai il volto.
Non avevo il coraggio di guardarla ulteriormente.

« Affari vostri » disse infine, poi la sentii allontanarsi.
« Ah, amico, non possiamo lasciare che ci mettano quell’affare in faccia, ti pare? Mi accontenterei di tornare nella mia cucina nel Casolare, giuro »

« Ti sei dimenticato dei Dolenti? » chiese Newt, provocandomi una leggera fitta allo stomaco.
I dolenti. Li avrei preferiti a quella situazione.

Frypan rimase in silenzio per un attimo, poi scrollò le spalle « non mi hanno mai rotto le scatole in

cucina, sbaglio? »
‹‹ Fatta ad eccezione di quando sono entrati nella radura ›› precisai
‹‹ La cucina era sicura ›› Frypan sollevò l'indice

« Già, beh, dovremo solo trovarti un nuovo posto per cucinare » Newt spostò il braccio dalle mie spalle, afferrò Thomas e Minho per le braccia, facendomi poi cenno con la testa per dirmi di seguirlo, e così feci.
Ci isolammo, ed allora ci chinammo tutti in avanti « Ho sentito fin troppe discussioni ›› disse Newt, scuotendo la testa poco dopo ‹‹ Io non mi ci sdraio su quei letti del cacchio » sussurrò.
Minho allungò la mano e gli strinse la spalla « Nemmeno io »

« Lo stesso vale per me » disse Thomas, poi voltarono lo sguardo verso di me, come per avere anche il mio appoggio.
‹‹ Non lo farò ›› dissi, tirandomi indietro i capelli ‹‹ non mi piace l'idea di avere una sorta di aspirapolvere in faccia ››
‹‹ Nemmeno io, potrebbe rovinarmi questo capolavoro di arte moderna che ho ›› Minho s'indicò la faccia, poi allungò la mano, poggiandola sulla mia spalla e dandoci due colpetti con fare delicato, come per dirmi “ti capisco”.
‹‹ Bene così ›› rispose Newt, guardando la mano dell'amico e sollevando un sopracciglio
« Rimarremo qui, faremo i bravi e ci comporteremo bene » disse Thomas, sussurrando « ma non appena ci sarà l’opportunità, ce ne andremo con le cattive »
Feci per chiedergli quale fosse il piano, ma la mia attenzione venne catturata da Marie, che era appena entrata nella stanza col suo solito passo altezzoso, ma la sua tipica faccia da caspio.
Reggeva in mano la sua solita cartellina, ci picchiettò la penna sopra e si sforzò di sorridere per sembrare cordiale.
‹‹ Signorina Elizabeth, venga con me, per favore. ››
‹‹ Ahia, ti da del lei ›› commentò Minho ‹‹ dev'essere roba importante ››
Guardai Thomas, corrugando la fronte.
Sembrava essere stupito quanto me di quell'intervento.
‹‹ Che faccio? ›› domandai, ma lui scrollò le spalle e assunse un'aria pensierosa.
Guardai anche gli altri due ragazzi in cerca di una risposta, ed ovviamente quella di Newt era un broncio in segno negativo.
Non aveva bisogno di esprimersi a parole per farmi capire quanto fosse contrario a raggiungere la donna spaventapasseri che mi attendeva vicino all'uscita della stanza.
‹‹ Elizabeth! ›› mi richiamò Marie, diventando impaziente ‹‹ venga con me! ››
‹‹ Vai ›› rispose Thomas infine ‹‹ se vedi che le cose si mettono male, fuggi alla svelta, okay? ››
‹‹ Non so se lo sai, Thomas, ma non sono famosa per le grandi corse... Non a caso non ero una velocista ››
‹‹ Concordo. Credimi. Fa schifo nelle fughe ›› aggiunse Minho, sollevando l'indice come per puntualizzare il suo commento
‹‹ Grazie Minho... ›› bofonchiai
‹‹ Hai un idea migliore? ›› ribatté Thomas, osservando l'amico
‹‹ Io sì, tipo, non andare ›› rispose Newt, anticipando Minho.
‹‹ Elizabeth, insomma! ›› gridò Marie, picchiettando il piede sul pavimento ‹‹ non mi costringa ad usare le cattive maniere! ››
La guardai, sospirando ‹‹ Thomas ha ragione. Vado. ››
Venni fulminata con lo sguardo sia Minho che da Newt, mentre invece, Thomas, mi diede una pacca sulla spalla come se volesse rassicurarmi in qualche modo.
Dovetti allontanarmi velocemente da loro prima che uno dei due ragazzi provassero a fermarmi.
Mi sentii stupida, ma allo stesso tempo sapevo che se volevamo passare inosservati, dovevamo stare al gioco della C.A.T.T.I.V.O. per un po'.


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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Una volta raggiunta Marie ed uscita dalla stanza, ci affiancarono quattro guardie armate.
I loro fucili (o qualsiasi cosa fossero) ronzavano in modo fastidioso.
Attraversammo diverse stanze, ed ognuna di loro presentava al loro interno almeno due guardie armate e pronte a sparare al primo segnale di pericolo, lasciandomi intendere che c'era qualcosa che non andava in tutta quella situazione.
Non feci domande solo per non sentire quella donna spiccicare nemmeno una parola.
Camminammo fino all'ufficio di mio padre, ed una volta entrati, osservai la stanza con occhio vigile ed attento:
Era cambiata. I muri erano scrostati, le luci basse, a scrivania più incasinata del solito e lui... beh, lui era buttato su quella sedia come se non avesse vita. Il suo sguardo era quasi completamente assente, le pupille dilatate come quelle dei gatti. Non mi sarei stupita di vederlo con la bava alla bocca, che ora presentava un sorriso non umano.
‹‹ Che ha? ›› domandai sottovoce e con la fronte corrugata. Marie fece un respiro profondo, con fare quasi rassegnato.
‹‹ È sotto l'effetto del Nirvana ›› disse, voltandosi poi lentamente verso di me ‹‹ sei contenta di ciò che hai fatto? ››
‹‹ Io? Io non ho fatto proprio niente, ridicola testa di spoff! ›› corrugai la fronte, vedendola contrarre la mascella, ma invece di rispondere sospirò con fare frustrato.
‹‹ Comunque, non ti ho portata qui tanto per farti la ramanzina, considerando che non rientra nei miei doveri ›› fece cenno alle guardie di uscire, e non appena rimanemmo sole in quella stanza che puzzava di sploff, si sedette sulla scrivania, acchiappando uno dei fogli che stava su una pila abbandonata, leggendolo velocemente e, sicuramente, con totale disattenzione e disinteresse.
Probabilmente era un foglio che aveva già letto, ma cercava qualche parola chiave per agganciare il discorso con me.
Prese un grosso respiro, poggiando sulle gambe il foglio ed alzando lo sguardo su di me ‹‹ sono qui perché, mentre i tuoi amati amichetti saranno con Janson per recuperare la memoria, devo avvertirti del fatto che il trattamento per te sarà diverso. Abbiamo deciso di riservarti questo trattamento speciale, considerando tutto ciò che hai fatto per noi tempo fa. Abbiamo avuto la fortuna di avere un soggetto su cui sperimentare questo nuovo metodo e di assicurarci che fosse sicuro ››
Risi e scossi la testa, alzandola poco dopo al soffitto, notando la sua espressione poco sorpresa della mia reazione ‹‹ Marie, io non voglio recuperare la memoria. ››

‹‹ No? Non vuoi ricordare tua madre? Il piccolo Chuck? La tua vecchia vita? ››
strizzai gli occhi. Il nome di Chuck era stato come un colpo al cuore.
Ma no, non volevo nessun ricordo indietro.
Ero decisa. Sta volta lo ero davvero. Scossi la testa, vedendola poi congiungere le mani.
‹‹ Immaginavo questa risposta. Tuttavia, mi dispiace, ma devo insistere. ››
‹‹ Continuo a declinare la tua proposta. No, grazie, non costringermi a tirarti il vaso in testa per farti capire che non me ne frega un caspio del metodo che volete rifilarmi ›› sollevai un sopracciglio.
‹‹ Elizabeth, devi solo ingoiare una dannata pillola che poi, una volta ingerita, si aprirà e libererà delle sostanze che distruggeranno il filtro. Ti brucerà solo un po' lo stomaco! Pensa a quei poveri ragazzi a cui praticamente risucchieranno la faccia e farà male ovunque! ››
‹‹ Ti ho detto che non m'interessa! ›› sbottai di colpo. Marie contrasse la mascella, di nuovo, raddrizzando la schiena come se qualcuno l'avesse improvvisamente pugnalata alle spalle.
‹‹ Bene ›› disse, mantenendo un tono calmo e schioccando la lingua. Si alzò, passandosi le mani tra i capelli ‹‹ è una tua scelta. Vi abbiamo lasciato libera decisione, quindi... ›› si guardò alle spalle, come se stesse cercando il supporto di quell'uomo dietro di lei, che però, puntava gli occhi al soffitto come se fosse qualcosa di mai visto prima di quel momento.
Mi aspettavo più insistenza, ma sotto sotto ero contenta di non dover ripetere ulteriormente la mia decisione.
‹‹ Bene così ›› dissi, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio ed avviandomi verso la porta.
‹‹ C.A.T.T.I.V.O. è buono ›› disse Marie con un tono sovrappensiero. A quel punto bloccai il mio passo, girando il volto verso la donna, che prese a fissare il soffitto.
‹‹ C.A.T.T.I.V.O. è buono ›› replicò mio padre, dietro di lei, con una voce impastata. Il suo tono era come quello di un drogato, della bava gli colava lungo il collo, provocandomi un senso di disgusto non indifferente.
Li fissai entrambi, sollevando un sopracciglio, pronta a rispondere, ma riuscii in qualche modo a trattenermi.
Marie mi sorrise in modo quasi del tutto sincero, poi scosse la testa ‹‹ dove pensi di andare? ››
‹‹ Torno dai miei compagni, perché? Non abbiamo finito questa meravigliosa ed interessantissima discussione? Ce dell'altro? ››
‹‹ Sì ›› si avvicinò di più a me, poggiandomi una mano sulla schiena e spingendomi fuori dalla stanza, ovviamente con lei a seguito ‹‹ non puoi ancora raggiungere i tuoi compagni. Come già sai, loro stanno recuperando la memoria ››
‹‹ Non tutti loro ›› la corressi, ma lei scosse le spalle per farmi capire che la cosa poco le importava
‹‹ Tu andrai in una stanza diversa. Potrai tornare da loro una volta che i soggetti interessati recupereranno la memoria ›› era anche fin troppo cordiale. La cosa mi puzzava abbastanza.
Sapevo che stava tramando qualcosa, ma chiaramente non voleva darmi alcun indizio per farmi capire di cosa si trattasse.
Cominciai a fare il conto alla rovescia per fuggire.
Sapevo che il momento era imminente e dovevo tenermi pronta per correre, anche se l'idea di sfiancarmi non mi entusiasmava per niente.

 

Una volta abbandonata la stanza, cominciammo a camminare. Direttamente dietro Marie, c'erano due guardie armate.
Mi sentivo come il peggiore dei carcerati.

Man mano che proseguivamo, sentivo il mio cuore battere sempre più forte. Era come se quel posto volesse riesumare tutti i frammenti del mio passato, ma la mia testa si rifiutasse di ricordare.

Non volevo, in effetti. Il mio passato doveva rimanere chiuso in un cassetto e dovevo buttare via la chiave.

Mi guardavo attorno man mano che camminavo. I corridoi erano più silenziosi del solito, le luci tremavano lievemente, come se ci fosse un sovraccarico di energia.

Marie di colpo si fermò, così lo feci anche io.

C'era un vetro accanto a noi, e mostrava la stanza con i radurai. Doveva essere un vetro a specchio, perché prima, dentro la stanza, non l'avevo assolutamente notato.
Guardai la donna accanto a me. Aveva praticamente spiaccicato il muso contro il vetro per osservare bene. Non si sentiva assolutamente nulla.

Notai che Minho, Thomas e Newt erano isolati in un angolo. Janson disse loro qualcosa, sembrava piuttosto minaccioso. Alcuni radurai erano già posizionati sui lettini.

Ma la mia attenzione era rivolta alla ragazza che stava di spalle a noi. Aveva un aria familiare, ma non riuscivo a collocarla nella memoria. Sembrava piuttosto giovane.

Aveva la testa china, come se avesse paura di sollevarla. Thomas la fissava con fare assorto.
Di colpo, nella stanza irruppero delle guardie armate. Tre uomini e due donne. I loro fucili brillavano.
Sgranai gli occhi appena notai che li puntarono contro il gruppo di tre ragazzi, portandomi istintivamente a poggiare le mani contro il vetro.
‹‹ Che diavolo sta succedendo! Marie?! ›› mi girai nella sua direzione. Era totalmente calma. Assisteva alla scena come se stesse guardando un film sul grande schermo ‹‹ rispondimi! ›› sbraitai, ma lei sollevò l'indice per dirmi di fare silenzio.
Newt disse qualcosa a Thomas, lui gli rispose, poi intervenne Janson. Non stavo capendo niente di ciò che stava succedendo, e nonostante Thomas sembrasse tranquillo, io non lo ero per niente.
Marie mi tirò via dal vetro nel momento esatto in cui una delle guardie afferrò Thomas.
Mi prese un panico quasi insensato. Cominciai a dimenarmi per cercare di tornare davanti al vetro, ma era inutile. Riuscivo comunque a vedere che stavano portando via i tre ragazzi e questo di certo non era d'aiuto.
‹‹ Dove li stanno portando? Cosa sta succedendo? Lasciami stare! ›› gridai, riuscendo in qualche modo a spingere via Marie e tornare contro il vetro, rischiando quasi di prenderci contro come una deficiente.
Thomas, Minho e Newt vennero portati via dalla stanza con resistenza da parte degli ultimi due. Sentii il doppio dell'ansia, ma quelle pessima sensazione venne subito sostituita da una rabbia quasi incontrollabile. La ragazza che vedevo di spalle si girò, e scoprii che non era altro che Brenda, pulita e pettinata.

Se prima non portavo simpatia nei suoi confronti, ora volevo riempirla di pugni da cima a fondo.
Tirai un pugno contro il vetro, vedendo la ragazza girarsi e corrugare la fronte. Lei non poteva vedermi, ma io purtroppo la vidi benissimo.

‹‹ Elizabeth! ›› mi riprese Marie, tirandomi di nuovo via dal vetro assieme ad una delle guardie, che mi sollevò praticamente di peso.
Cominciai a scalciare l'aria, dimenandomi in un vano tentativo di liberarmi dalla sua presa ferrea.
‹‹ Cosa ci fa qui Brenda?! Eh? Dove state portando i miei amici?! ›› sbraitai, stringendo le mani attorno al braccio di della guardia e premendo le unghie contro la sua carne.
Lo sentii gemere di dolore, ma non mollò la presa come speravo.
‹‹ Brenda lavora per noi. ›› sbuffò Marie, sollevando gli occhi al cielo ‹‹ cosa che sapresti benissimo se avessi recuperato la memoria. E poi, mi sorprende che con la tua spiccata intelligenza non l'avessi capito da sola ››
Sapevo che quella ragazza nascondeva qualcosa di grosso.

Quindi, per tutto quel tempo, Brenda ha semplicemente fatto il suo gioco? Non ci si poteva davvero fidare di nessuno. Quella era l'ennesima prova.
‹‹ E comunque, calmati ›› riprese Marie ‹‹ sicuramente i tuoi amici non vogliono recuperare la memoria, così ora verranno trasferiti in un'altra sala. Non verrà fatto loro del male ›› La bionda sorride, poi sbuffò, riprendendo a camminare ed ignorando apertamente i miei tentativi di ribellione.

Non potevo credere ad una sola parola. Sentivo che non dovevo credere a niente.

Mi guardai rapidamente attorno mentre quella caspio di guardia mi stringeva così forte da impedirmi quasi di respirare.

Dovevo trovare un modo di liberarli, perché dentro di me sapevo che quella era l'ultima possibile occasione di fuga.

Non c'era un estintore, non c'era un tavolo od un qualsiasi oggetto anche minimamente a punta o alla sua portata che potessi prendere e tirare in testa alla guardia per liberarmi. Così, esasperata, diedi un calcio all'indietro e, come speravo, colpì le “parti basse” di della guarda che mollò immediatamente la presa.

Cominciai a correre il più velocemente d'istinto lontana da loro, sentendo Marie che gridava il mio nome.

Non ero certa della direzione presa, ma pensai che d'altronde tutti i corridoi erano collegati e, prima o poi, sarei riuscita ad arrivare dai miei compagni.

Se il mio intuito non sbagliava, la direzione era proprio giusta. Il problema, più che altro, era che tutti i corridoi erano uguali, e quel posto chiaramente brulicava di guardie della C.A.T.T.I.V.O..

‹‹ Oh, caspio, Jillian, ti scongiuro, se mi senti, dammi una caspio di aiuto! ›› gridai. Mi sentii immediatamente stupida, perché d'altronde era come se stessi parlando da sola.

A furia di correre a quella velocità, che non sapevo nemmeno di poter raggiungere, cominciava a farmi male la milza, le gambe, il petto. Respiravo così affannosamente che sentivo di rischiare di svenire da un momento all'altro. Ma come caspio faceva Minho a correre tutto il giorno?

Abbassai la testa un attimo, come se sperassi che in quel movimento potessi recuperare un po' di energie, ma l'unica cosa che riuscii ad ottenere fu andare a sbattere come un idiota contro l'unica persona presente in tutto il corridoio.

Una guardia. Il suo volto era coperto, aveva i capelli castani e legati in una coda di cavallo. Doveva essere una ragazza, dato il corpo esile. Non era grossa. Se avesse tentato di fermarmi, avrei potuto benissimo affrontarla in qualche modo. Strinse la mano attorno all'arma che teneva saldamente stretta al petto. Non sembrava volermi attaccare. Piuttosto, sembrava assente.

‹‹ Eccola lì! ›› gridò Marie, e subito dopo dei passi si fecero più veloci.
Ero senza forze, ma decisi di riprendere a correre. O almeno di provarci.

Il tempo di svoltare nel corridoio, che la mia fuga venne interrotta da un lanciagranate grande quanto la mia testa. Era puntato dritto nel mio volto.

‹‹ Fine della corsa! ›› sibilò la guardia davanti a me che impugnava l'arma.

‹‹ Stupida ragazzina ›› disse Marie. Ansimava per via della corsa. Due guardie si affiancarono subito a me, legando le braccia attorno alle mie ‹‹ Pensavi davvero di riuscire a scappare? Avanti. Già dal primo istante della tua patetica fuga, ho avvisato ogni singola guardia qui dentro.

Ma come al solito ci sono i ribelli, vero? ›› Marie rivolse lo sguardo alla guardia esile, immobile, che a stento sembrava respirare. Non guardò nemmeno la donna davanti a sé mentre questa le parlava. Che fosse in preda al nirvana?

Marie la spintonò contro il muro, finché la guardia, ancora incantata, non sbatté violentemente contro il muro. Strinse le mani attorno all'arma, ma non fece nient'altro.
‹‹ Oh, giusto ›› sbuffò Marie, poi ridacchiò ‹‹ non vedi niente. Però senti, no? ›› scosse la testa, dando una pacca sulla spalla alla guardia.

‹‹ Portate via i due soggetti, forza. Portateli dove sapete voi. E fate in modo che nessuno lasci la stanza. Chiaro? ›› assottigliò lo sguardo ‹‹ Nessuno. ››

 

Le guardie spintonarono sia me che la guardia per un sacco di corridoi. Tutti bianchi anche questi, fatta ad eccezione per una parete a specchio, con una grossa crepa piena di fari filamenti ai lati.

La guardia era ancora incantata, l'unica cosa che muoveva erano i piedi per camminare, ed a tratti oltretutto, visto che ogni tanto la guardia la spintonava più forte per farle tenere il ritmo.

Fu così per qualcosa come venti minuti, finché finalmente non arrivammo davanti ad un grosso portone blindato e bianco, con una grossa guardia con un espressione seria e minacciosa, armato di fucile.

Portava una maglietta a maniche corte e nera con scritto “C.A.T.T.I.V.O.” sul petto, le sue vene erano ingrossate, sporgevano dai grossi muscoli che aveva in tutto il corpo. Era grosso come un armadio.

Guardò le guardie, poi abbassò lo sguardo su di noi.

‹‹ Ospiti? ›› disse con una voce sorprendentemente grossa.

‹‹ Sì ›› rispose una delle guardie, tirò fuori la tessera magnetica dalla sua tasca e la strisciò sul sistema di controllo che bloccava la porta.

La grossa guardia spinse la porta, che fece un rumore stridente e fastidioso, poi si aprì.
Era completamente bianca. Claustrofobicamente bianca. Le guardie spinsero dentro la stanza sia me che la “guardia incantata”, facendoci cadere entrambe per la forza che usarono, poi, come se avessero paura che ci rialzassimo, si affrettarono a chiudere la porta.

Fissai la porta, sentendo scivolare via ogni singola speranza di fuga.

E adesso come avrei fatto?

‹‹ Caspio! ›› dissi con fare frustrato.

L'unica cosa che potevo fare, era osservare ogni singolo centimetro della stanza in cui mi trovavo. Esaminarlo a pieno e sperare di trovare una scappatoia.

Era tutto bianco. Troppo bianco. Ma era un effetto artificiale, dovuto dalle luci a led appese sulla parete.

C'erano quattro lettini a castello fissati alle pareti tramite grosse sbarre di ferro e una catena spessa, e per salire sul lettino superiore, c'era una scala rudimentale e veramente poco sicura a prima vista.

Due comodini con un solo cassetto. Un gabinetto in bella vista. Su una delle quattro pareti, c'era una sorta di quadratino, che aveva tutta l'aria di essere un cassetto incastrato nel muro. Era un qualcosa di fin troppo piccolo per poterci passare, anche volendo.

‹‹ Non pensarci nemmeno. Ho già provato aprirlo. È tipo una buca delle lettere, quando lo apri vedi solo un busco tutto nero. È chiaro che sia un condotto, ma è stretto e dà verso l'alto. Da lì le cose possono solo arrivare ›› cercai la fonte di quella voce, trovandola praticamente subito. Non avevo fatto caso che su uno dei lettini superiori c'era qualcuno. Un ragazzo.

Sia la voce che la sagoma erano familiari. Aguzzai la vista, cercando di collocare nella memoria a chi appartenesse. O meglio, capii praticamente subito a chi apparteneva quella voce, ma non poteva essere.

‹‹ Ah, com'è piccolo il mondo ›› rise ‹‹ o meglio, lo è la C.A.T.T.I.V.O. ›› tirò su le gambe e si diede un piccolo slancio per drizzarsi velocemente con la schiena.

Sgranai gli occhi. Non avevo sbagliato, ma non potevo nemmeno credere ai miei occhi. Schiusi le labbra in modo sorpreso. Trattenni il respiro.

Il ragazzo scese la scala, prese qualcosa dal letto, ed una raggiunto il pavimento, si stiracchiò. Sentii chiaramente lo scricchiolio delle sue ossa. Era senza maglietta, la teneva in mano. Era ciò che aveva preso poco prima.

Indossava solo un paio di pantaloni stracciati. L'unica cosa che gli copriva il dorso era una grossa fasciatura pulita che aveva tutta l'aria di essere stata cambiata da poco. Mi guardò con la coda dell'occhio, accennando un sorriso, poi indossò la maglietta e si stiracchiò di nuovo.

‹‹ Sorpresa di vedermi? ››

‹‹ Non può essere... ›› mormorai ‹‹ Tu... ››

‹‹ Dovrei essere morto? Curioso che tu sia stupita, dovresti esserlo anche tu, no? ›› sollevò un sopracciglio.

Non potevo ancora credere ai miei occhi. E lui sorrideva, studiandomi attentamente come fanno i predatori con le loro prede.

‹‹ Justin...››

‹‹ Elizabeth. ››


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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Ancora non credevo a ciò che avevo davanti. Non ci riuscivo! La mia testa non metabolizzava la notizia, è l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era al fatto che fossi sicura al cento per cento che fosse bello che morto.

Justin storse il labbro, puntando gli occhi nei miei ‹‹ Sul serio, dopo tutto ciò che hai visto ti sorprende così tanto il fatto che io sia vivo? Sei una pive davvero strana, lasciatelo dire ›› ridacchiò in modo sinceramente divertito.

Cosa c'era da ridere? Insomma, è vero, anche io teoricamente sono morta nella radura, ma... Caspio, l'Alpha l'aveva trapassato da parte a parte!

Si passò una mano sul volto, poi si sedette sul lettino in basso, sospirando rumorosamente.

‹‹ Come mai ti hanno sbattuta qui dentro? ›› domandò, cancellando quel sorrisetto che aveva in volto. Poggiò i gomiti sulle ginocchia, ma sembrò che quel gesto gli provocò un dolore assurdo dall'espressione che fece.

‹‹ Diciamo che sono una ribelle ›› sollevai un sopracciglio

‹‹ Sai che novità ›› sollevò gli occhi al soffitto, scuotendo la testa

‹‹ Disse colui che mi uccise tendendo un'imboscata con i controcaspi. Permettimi di dirti che non sei nella giusta posizione per giudicarmi ›› schioccai la lingua.

Allora spostò lo sguardo su di me, guardandomi dalla testa ai piedi ‹‹ non ero in me ›› disse semplicemente, ma ci fu una sorta di nota triste in quella frase ‹‹ o meglio, sì, ero in me, ma c'era qualcosa di più qui dentro ›› si indicò il cranio, sospirando ‹‹ non è bello quando la tua testa praticamente va per il fatti suoi. Già... ›› sospirò di nuovo, stringendo i pugni delle mani ‹‹ mi dispiace per ciò che ho fatto ››

Non sapevo se credergli o meno. Insomma, sembrava veramente dispiaciuto, ma come potevo credere alla persona che mi aveva uccisa?
‹‹ Non ti sto chiedendo perdono ›› riprese ‹‹ voglio solo che tu sappia che tutto ciò che ho fatto riconosco benissimo che è orribile. Sapessi ciò che ho visto... ›› Sospirai, sedendomi nel lettino davanti a lui.
Aveva gli occhi lucidi, stringeva nervosamente le mani, come se sperasse di comprimere tutto il dolore che aveva provato tramite quella stretta salda.

‹‹ Che cos'è successo? ›› domandai.
Lui abbassò lo sguardo al pavimento ‹‹ Ricordi? Ti dissi che non avevo dimenticato tutto... In effetti era vero, ma non sapevo spiegarmi com'era possibile. Ho avuto risposte solo una volta che mi sono risvegliato in quella caspio di stanza congelata e bianca qui, alla C.A.T.T.I.V.O..

Ero circondato da medici pieni di macchinati dall'aria poco rassicurante. Ero trapassato da parte a parte, pieno di cuciture dall'aria infetta. A quanto pare mi hanno preso in tempo prima che schiattassi.

Ma forse era meglio che non lo facessero, visto che dovrò convivere con i sensi di colpa per il resto della mia vita.

Anche se, sostanzialmente, è stata una cosa tutta manipolata dalla base. A quanto pare nel mio siero c'era una caspio di cosa che permetteva loro di controllarmi, di manipolare la mia memoria, tralasciando dettagli, modificandone altri, darmi sensazioni che non mi appartenevano e cose così ››

‹‹ un chip... ›› mormorai tra me e me. Lui corrugò la fronte, alzando lo sguardo verso di me

‹‹ Esatto, come fai a s- ››

‹‹ Me ne hanno iniettato uno durante la seconda fase dei test. Mi hanno fatto credere di avere l'eruzione ››

‹‹ Ricordi che sono stato punto? ›› annuii ‹‹ quando i dolenti mi hanno punto, in pratica, il cip è stato potenziato. Il dolente che mi ha punto è stato modificato e mandato appositamente per me.

È stata la C.A.T.T.I.V.O. a fare tutto. Tutto! Tutto. Io ero un semplice burattino e lo sono sempre stato. Sempre. ›› si passò le mani tra i capelli, tirandoli sulle punte come se fosse pronto a strapparseli. Sembrava sull'orlo di una crisi di nervi. Poi, di colpo, si calmò.

Sollevò lo sguardo al soffitto, schioccando rumorosamente la lingua e sbuffando in modo scocciato poco dopo.

‹‹ Stanno tornando ›› disse distrattamente

‹‹ Chi? ››

‹‹ Gli scienziato. Vedi quella? ›› alzò una mano, indicando il soffitto. Non c'era niente, se non delle luci. Una lampeggiava. L'unico dettaglio che balzava all'occhio era quello, ma per il resto era tutto normale.
‹‹ Intendi la luce che lampeggia, giusto? ››

‹‹ Esatto. Ricordi Jillian? La ragazza con i capelli rosa? ››
‹‹ Sì, ricordo ›› mormorai con una nota di amarezza nella voce

‹‹ Ecco. Quando mi sono svegliato, è stata lei a raccontarmi la verità. Mi hanno chiuso qui dentro perché ho provato a distruggere l'intera cianografia. Così, ora sono qui dentro controllato ventiquattro ore su ventiquattro ›› indicò il muro accanto ai lettini ‹‹ questo muro, in verità, è un intera parete a specchio. Ci controllano da qui. Jillian, per aiutarmi, mi avverte quando loro si allontanano facendo scattare quella piccola luce due volte, poi lampeggia per circa cinque minuti prima che tornino. Di solito stanno via per dieci, venti minuti al massimo ››

Corrugai la fronte. Jillian si fidava fino a quel punto?

Non sapevo se credergli o meno. Ma, forse, per il momento era meglio fargli credere che mi fidassi.

Nulla d'altronde mi dava l'assoluta certezza che tutto ciò che usciva dalla sua bocca fosse reale. Avevo già avuto la dimostrazione di quanto fosse bravo a mentire.

‹‹ Mi dispiace per ciò che ho fatto. Sul serio ›› disse, interrompendo i miei pensieri

‹‹ Non fa nulla, ormai è passato ›› mormorai. Non avevo voglia di sentire le sue scuse.

‹‹ Che ha la tua amica? ›› indicò la guardia, che stava poggiata contro il muro con uno sguardo perso.

Corrugai la fronte e scrollai le spalle.

‹‹ Non lo so. Non so nemmeno chi sia ›› risposi, spostandomi una ciocca di capelli sulla spalla.

Justin sollevò le sopracciglia in un espressione sorpresa dalla mia risposta.

‹‹ Come sarebbe a dire “non so nemmeno chi sia”? ››

Che c'era di tanto sorprendente? Era ovvio che non conoscessi la guardia.

Scrollai le spalle, facendo per rispondergli, ma poi la guardia ebbe un piccolo piccolo sussulto, come se all'improvviso le avessero dato la scossa. Poco dopo prese a muoversi in modo frenetico sul posto in preda a delle convulsioni, ma si fermò di botto.

Corrugai la fronte e mi avvicinai. Mi chinai alla sua altezza. Ora i suoi occhi erano ben visibili.

Mi venne un colpo al cuore quando capii a chi appartenevano quegli occhi, ma sperai veramente di sbagliarmi.

Era uno sguardo vuoto, assente, come se qualcuno avesse spento dall'interno ogni singola scintilla di vitalità che prima regnava nel suoi occhi.

Uno sguardo malinconico e perso.

Poggiai le mani sul fazzoletto verde che copriva il volto della ragazza, abbassandolo lentamente.

Justin si chinò alle mie spalle, sporgendosi per guardare bene chi aveva davanti.

Le mie mani tremavano mentre erano strette attorno al fazzoletto.

Era come temevo. Era Evangeline.

Le labbra schiuse, gli occhi persi, la fronte perlata di sudore freddo.

Boccheggiava, come se quel fazzoletto non le avesse permesso di respirare fino a quel momento.

Non muoveva un solo muscolo. Sembrava quasi prigioniera del suo stesso corpo.

Cosa le avevano fatto?

‹‹ Quella è Jocelyn? ››

‹‹ Evageline. Odia essere chiamata Jocelyn ›› sussurrai, poggiando una mano sul volto della ragazza per cercare di farglielo girare verso di me. Ma era come se il suo corpo fosse fatto di pietra.

‹‹ Già, giusto, ora ricordo. La ragazza asiatica. L'opposto di Minho ››

‹‹ Tu lo sapevi... ›› sussurrai ancora. Sentivo una strana rabbia crescere dentro il mio corpo.

‹‹ Cosa? Che il gruppo B è il gruppo A, ma al femminile? ›› corrugò la fronte

‹‹ Che era Eva ›› lo fulminai con lo sguardo ‹‹ lo sapevi ma hai comunque continuato a parlarmi dei caspi tuoi quando invece, magari, potevo trovare un modo per aiutarla! ››

Sgranò gli occhi ‹‹ Ti si è sploffato il cervello? Io non sapevo che fosse lei! ››

‹‹ Ma sapevi che era mia amica! ››

‹‹ Ho solo azzardato a chiedere, caspio! ›› alzò le mani come segno di arresa ‹‹ e poi, come pretendi di aiutarla? Siamo chiusi in quattro fottute mura e i capi stanno tornando! ››

Digrignai i denti, cercando di ritrovare un minimo di auto controllo.

Ormai non aveva importanza.

‹‹ Senti, ho un piano per uscire da questo buco di posto. Ma per attuarlo ho bisogno che tu ti fidi di me ›› rimasi in silenzio. Non volevo parlargli, anche se sapevo che prima o poi sarebbe dovuto succedere.

Justin si morse il labbro non sentendo alcuna risposta da parte mia, come se stesse soffrendo per la mancanza di fiducia. Ma doveva accettarlo e farsene una ragione. Non sarei andata da lui ad abbracciarlo, consolandolo e dicendogli che sarebbe andato tutto bene. Perché non era così semplice, non stavamo giocando. Aveva ucciso me. Aveva ucciso George. Aveva fatto una caspio di strage con quell'attacco dei D2MH.

 

Passarono due ore. La luce aveva smesso di lampeggiare da un pezzo, e in quella stanza era calato il silenzio totale.

Justin era rimasto sdraiato sul lettino superiore, io in quello basso, nell'altro letto a castello. Avevo trascinato Eva con me, ed era stata una faticaccia visto che avevo fatto tutto da sola.

Ma nonostante Eva fosse magrissima, era un fascio di muscoli pesanti.

Non c'era neanche un minimo di collaborazione da parte sua. Era come trascinare un manichino da una parte all'altra della stanza.

Di colpo, le luci si spensero.

Ora eravamo al buio, con solo una piccola lucina fluorescente appesa al soffitto, che permetteva di vedere almeno le ombre.

‹‹ È notte ›› mormorò Justin

‹‹ Grazie, genio, c'ero arrivata anche da sola ››

‹‹ È ora di dormire ››

‹‹ Fred-do ›› rantolò Eva.

Tirai un sospiro di sollievo sentendo la sua voce. Era la prima parola da quando l'avevo “liberata” dal fazzoletto.

Mi girai verso la ragazza e decisi di liberare il letto, per cederlo completamente a lei. Avrei fatto qualsiasi cosa per farla stare meglio.

Justin balzò giù dal letto, affiancandosi a me. Avvicinò le labbra al mio orecchio.

Il suo respiro, viscido e caldo, sfiorò il mio collo. Quel gesto mi provocò i brividi di disgusto. Avrei voluto spintonarlo via, ma ero troppo occupata a sistemare le coperte ad Eva piuttosto che curarmi di quel biondino.

‹‹ Dobbiamo sussurrare se non vogliamo farci sentire ›› disse, allontanando le labbra

‹‹ Io ho un idea migliore: non parlare l'uno con l'altra. ››

‹‹ È proprio ciò che vogliono, Elizabeth ››

Lo guardai con la coda dell'occhio, ma poi mi ricordai che eravamo al buio, per cui non era in grado di vedere il mio sguardo infuriato e disgustato da ogni singola parola che rigurgitava da quella fogna che lui chiama “bocca”.

‹‹ Io non parlo con i doppiogiochisti. Specie se mi hanno uccisa ›› sibilai.

Sentii un sospiro rassegnato ‹‹ comunque, la tua amica asiatica ha una paralisi rigenerante post trattamento ››

‹‹ Una cosa? ›› corrugai la fronte ‹‹ come fai a saperlo? ›› ogni caspio di parola che sputava fuori era una novità. E questo era sempre più sospetto. Forse era meglio se stava zitto.

O forse era meglio spremerlo in modo da avere sempre più informazioni?

Chiusi un attimo gli occhi, riflettendo bene sulla scelta da fare.

Ma era ovvio. Era meglio sapere quante più cose possibili, e nessun altro mi avrebbe mai detto nulla.

‹‹ spiegati meglio ›› sussurrai, facendo un cenno con la mano per spronarlo a parlare.

‹‹ La C.A.T.T.I.V.O. deve averle fatto qualcosa. Magari il suo corpo non ha reagito molto bene al trattamento che le hanno fatto, così l'hanno indotta ad una paralisi temporanea.

L'ho avuta anche io, quando mi hanno risvegliato. ››

‹‹ È una cosa brutta? ››

‹‹ Vuoi la verità o una dolce bugia? ››

‹‹ La verità ››

‹‹ È dolorosissima e orribile. Vedi tutto, senti tutto, sei perfettamente cosciente ma non puoi parlare e nemmeno muoverti. A stento riesci a respirare. Tutte le tue energie sono impegnate nella guarigione del corpo. È come se il tuo corpo fosse una gabbia sigillata. È come vivere la mutazione, diciamo, ma molto peggio ››

‹‹ Quanto tempo dura? ››

‹‹ Dipende dai soggetti. A volte, anche un mese. Ma se ha già parlato, l'effetto sta per svanire. Dalle qualche secondo e riuscirà almeno a parlare ››

‹‹ Eva è una ragazza forte ›› mormorai, prendendo la mano della ragazza e stringendola

‹‹ È praticamente Minho al femminile ›› precisò Justin, con un tono esperto ‹‹ è il genere di ragazza che ti prenderebbe a calci nel fondoschiena se fai qualcosa di sbagliato ››

‹‹ Già, lo so. Quindi è vero, il gruppo B è l'opposto del gruppo A ››

‹‹ Sì, Elizabeth ››

‹‹ Volevano creare esemplari immuni e perfetti per salvaguardare la specie umana, vero? ››

‹‹ Più o meno ›› si poggiò al bordo del lettino con le mani, piegandosi sulle ginocchia ‹‹ in verità hanno fatto calcoli molto precisi in modo che le “accoppiatte” fossero il più simili possibili, in modo che un possibile figlio tra i due, risulti perfettamente immune al virus ›› schioccò la lingua ‹‹ lo so, non sono bravo con le spiegazioni. Non ho capito granché com'era il loro piano. È fin troppo assurdo ››

Annuii ‹‹ quindi, secondo la logica della C.A.T.T.I.V.O. ognuno di noi ha il partner perfetto nel gruppo opposto ›› dissi, come se stessi riflettendo tra me e me.

‹‹ Esattamente ››

‹‹ E quindi, per te, chi era? Insomma... tu sei sei Gay... Nel gruppo B c'era un travestito? ››

lui corrugò la fronte. Anche nel buio, notai che arricciò il naso ed assunse uno sguardo quasi scocciato da quella mia affermazione

‹‹ Io non sono gay! ››

‹‹ Oh cielo, non dirmi che la C.A.T.T.I.V.O. ti ha fatto credere di essere gay! ››

‹‹ Elizabeth... io sono bisessuale, non gay... ›› sollevò un sopracciglio, poi rise.

Per un attimo, mi sentii stupida.

‹‹ Oh.. allora nessun problema ››

‹‹ Già, nessun problema ›› si passò le mani tra i capelli ‹‹ ma sta di fatto che la C.A.T.T.I.V.O. comunque provò a correggere questo lato di me attraverso il Chip, ma probabilmente era difettoso o forse non era abbastanza forte, quindi... ›› prese un piccolo respiro ‹‹ ciò che provavo per George è rimasto tale ››

‹‹ Hai scoperto, poi, chi doveva essere il tuo partner del gruppo B? ››

‹‹ Sì, tu ›› fece le spallucce, come se fosse una cosa normalissima ‹‹ ma, senza offesa, preferisco gli uomini, e tu hai un altro biondino per la testa. La C.A.T.T.I.V.O. con noi ha sbagliato completamente i calcoli. C'era un ottimo motivo se ci hanno messo a lavorare in coppia, oltre ai test dai risultati ottimi ››

Corrugai la fronte. Forse quel dettaglio non volevo saperlo veramente.

Insomma... io e Justin? Non avrebbe mai funzionato.

‹‹ Credevo che i partner si somigliassero a specchio ›› schioccai la lingua ‹‹ io non sono bionda e non ho gli occhi verdognoli! era più probabile George che te ››

‹‹ Credimi, non so darti risposta a questo. Dovresti chiedere a Jillian ››

e l'avrei fatto. Presi un piccolo appunto mentale.

Evangeline strinse la mia mano sentendo il nome della ragazza dai capelli rosa.

Diede un piccolo colpo di tosse e si mosse per girarsi.

La sua espressione si corrucciò, lasciando trasparire il grosso sforzo e il dolore che le provocò quel gesto.

‹‹ Ehi... ›› sussurrai, spostandole i capelli dal viso.
Lei accennò un sorriso, ma tornò seria subito dopo. Respirava rumorosamente, ed emetteva una sorta di fischio.
‹‹ Come ti senti? ›› domandò Justin.
‹‹ Bene, per quanto bene possa.... stare qualcuno così ›› prendeva fiato tra una frase e l'altra, lasciando intendere così quanto facesse fatica addirittura respirare.
‹‹ Cosa ti hanno fatto? ›› domandai. Non volevo farla sforzare, ma volevo capire perché l'avevano ridotta così ‹‹ quando ti hanno prelevata? ››

‹‹ Poco dopo aver detto i nomi di chi era malato e chi no. Quando.... ci stavamo spostando per andare da Janson, io sono stata condotta lontano da voi... Mi hanno fatta sedere in una stanza, sono rimasta sola per un po' è entrato del... fumo. Poi non ricordo.... Mi sono addormentata ››

‹‹ Gas soporifero ›› mormorò Justin. Eva annuì.

‹‹ E poi? ›› la invitai a continuare. Lei prese un grosso respiro, riprendendo a raccontare poco dopo

‹‹ Poi mi sono svegliata... Mi stavano operando, credo. Non lo so, non lo voglio nemmeno sapere.

Mi hanno aperto la testa... Faceva malissimo. Feci finta di essere ancora addormentata, ma se n'erano accorti. Così mi dissero che ero un bel soggetto da analizzare, che mi stavano restituendo due cose che mi erano mancate per fin troppo tempo... E che dovevo stare con loro, oppure... ›› s'interruppe, fissandomi negli occhi. Fu come se avesse paura di continuare quella frase, e lasciò intendere che c'era qualcosa di veramente brutto.
‹‹ Oppure? ›› corrugai la fronte.

‹‹ Niente ›› lasciò la mia mano, girandosi per darmi le spalle. Lentamente stava riacquistando il controllo del suo corpo. I capelli raccolti erano scompigliati. Mi domandai se, una volta sciolti, si sarebbe vista la cicatrice.

‹‹ Eva... ››

‹‹ Vai a dormire Elizabeth ››
Mi scambiai un occhiata veloce con Justin, che sembrò essere confuso quanto me. Ma seguii l'ordine di Eva, e andai a dormire nel lettino di su.

 

La luce della stanza scattò due volte nel bel mezzo della notte, seguita da due piccoli fischi.
Sembrava la scena di un film horror, e mi fece sobbalzare sul lettino.
Sentii dei passi scricchiolare con un rumore metallico. Justin era sceso dal lettino e si stava arrampicando sul mio.
Una volta sul lettino, si sedette sulla fine del letto, picchiettando l'indice sulla mia gamba.
‹‹ Sei sveglia? ›› sussurrò.
Sbuffai e mi misi seduta sul letto ‹‹ sì, caspio, quella luce e quel suono mi hanno svegliata ››

‹‹ Bene così. Ho un piano, ed ho bisogno di te. ››


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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Ci fu uno stridore acuto. Il rumore di una radio che si accendeva. Doveva esserci un altoparlante appeso al muro e non l'avevo mai notato prima.
‹‹ Forza, svegliatevi fannulloni! ›› La voce meccanica era quella di Marie, gridava attraverso quel caspio di affare.
Come se la sua voce non fosse già abbastanza irritante mentre parlava normalmente, figuriamoci se gridava come una gallina alla quale stavano strappando le pene con una violenza inaudita.
Sia io che Justin ci drizzammo sul letto di colpo, scambiandoci un occhiata confusa ed assonnata.
L'unica che sembrò non risentire dell'urlo della donna, era Evangeline, che si limitò ad un borbottio soffocato e a girarsi sul letto, coprendosi fin sopra la testa.
‹‹ Abbiamo deciso di restituirvi la memoria ›› continuò la voce attraverso l'altoparlante.
Poi qualcosa colpì la porticina metallica di quella sorta di cassetto incastrato nel muro.
Justin abbassò il volto in quella direzione, affrettandosi a scendere le scale del suo lettino a castello e ad aprirlo.
‹‹ Aprite il barattolino che vi ho appena mandato ed ingerite quelle pillole al suo interno. Una a testa, mi raccomando. E niente scherzi. ››
Justin prese il barattolino. Era giallo, aveva un coperchio arancione. Lo aprì e si rovesciò il contenuto nella mano. Alzò lo sguardo verso di me, aveva la fronte corrugata.
‹‹ Cosa c'è? ›› sussurrai. Lui allungò la mano verso di me. C'erano solo due pillole. Un'estremità era bianca, mentre l'altra era rosa.
Ne presi una, e guardai il mio compagno di stanza mentre risaliva sul lettino.
Mi rigirai la piccola pillola tra le mani, osservandola attentamente.
Sembrava essere plastificata, ed era abbastanza piccola che non rischiava nemmeno di incastrarsi in gola. Certo, ingerirla senza acqua sicuramente non doveva essere piacevole.
Guardai Justin con la coda dell'occhio, facendo un cenno con la testa.
Lui cacciò in bocca la pillola, guardandomi con la coda dell'occhio ed aspettando che facessi la sua stessa cosa. Storsi le labbra. L'idea non mi entusiasmava per niente.
Ma alla fine, anche  io cacciai io la pillola in bocca.
‹‹ Tra dieci minuti saremo lì. ›› disse Marie ‹‹ Nel frattempo, cari, sdraiatevi e rilassatevi. ››
E così facemmo.
Buoni ed immobili, sdraiati su quei letti scomodi e disfatti per via della nottata passata quasi totalmente in bianco.
Il biondino aveva accavallato le gambe, fissando quel soffitto spoglio e bianco come una tela ancora da dipingere.
Evangeline, invece, decise di alzarsi dal letto e fare una corsetta sul posto.
Durante la notte aveva completamente riacquistato la capacità di muoversi e parlare, ma non aveva ancora detto nulla. Sembrava essere totalmente cambiata, lasciando così intendere quante cose brutte aveva passato nel giro di pochissimo tempo.
I suoi capelli erano ancora legati in una coda sfatta. Non voleva lasciar vedere la cicatrice o qualsiasi segno le avesse lasciato la C.A.T.T.I.V.O. durante il trattamento.
Non spiccicava parola da ieri notte, e provavo una sorta di sensazione di vuoto.

Passarono dieci minuti, e Marie ancora non si era fatta vedere.
Justin doveva essersi addormentato, ed io ero in procinto di farlo. Evangeline continuava a correre sul posto.
Di colpo, Justin si drizzò sul letto. Mi guardò. Nei suoi occhi c'era uno sguardo che barcollava tra la follia più totale alla rabbia.
‹‹ Tu! ›› disse, indicandomi con fare accusatorio.
Corrugai la fronte, indietreggiando sul letto quando lo vidi scendere dal letto velocemente ed aggrapparsi in poco tempo alla scaletta del mio lettino.
Cominciò a scuoterla violentemente, quasi a volerla staccare e spaccare in due.
‹‹ Ehi! Ma sei completamente impazzito?! ›› gridò Eva, cercando di postarlo. Ma Justin sembrava non voler spostarsi, ed anzi, le diede una spinta e la fece cadere a terra.
Eva rimase sbigottita, fissando il ragazzo mentre cominciava a salire le scale del lettino.
Rimasi quasi pietrificata, finché non allungò una mano verso la mia gamba e mi trascinò alla fine del letto.
A quel punto mi afferrò anche l'altra gamba e mi spinse giù, acchiappandomi al volo prima che mi schiantassi sul pavimento freddo della stanza.
‹‹ Che diavolo stai facendo?! ›› gridai, cercando di liberarmi dalla sua presa una volta che mi poggiò a terra.
Cercai di spingerlo via, ma lui si stava già liberando della maglietta, e mi stringeva i polsi con una forza che non pensavo nemmeno che un ragazzo come lui potesse avere.
‹‹ Woh, ehi, che diavolo...? ›› Eva scattò in piedi, e in pochi attimi fu di nuovo su Justin. Vedevo nel suo sguardo la preoccupazione per ciò che stava succedendo ‹‹ dacci un taglio! ››
Lo afferrò per le braccia, tirandolo indietro.
Divenne in pochi attimi una sorta di gara a chi si spintonava più forte, e quello di mi diede il tempo per rialzarmi e cercare di riprendermi da ciò che stava succedendo.
Il problema era che Evangeline sembrava aver perso quasi tutta la forza che aveva in corpo.
Era pallida e, nonostante avesse dormito tutta la notte come un ghiro, aveva due profonde occhiaie che le segnavano il volto.
Justin, infatti, le diede uno spintone che lei non resse. Cadde a terra, ma fortunatamente riuscì ad avere i riflessi abbastanza pronti per evitare di sbattere la testa.
‹‹ Smettila di intrometterti! ›› gridò Justin e, ancora una volta, si girò nella mia direzione, digrignando i denti appena si rese conto che mi ero alzata dal pavimento ‹‹ dove credi di andare? ›› ridacchiò con fare tetro, provocandomi i brividi lungo la schiena. Era inquietante. Le vene sul suo collo si erano ingrossate, ed i suoi occhi erano dannatamente arrossati.
‹‹ Che diavolo ti sta prendendo?! ›› sbottai di colpo. Il mio cuore stava andando a mille.
In pochi attimi, fu davanti a me. Mi afferrò i polsi e mi spinse contro la parete, facendomi prendere una botta piuttosto forte. Il suo corpo era fin troppo vicino a mio.
‹‹ Non ci arrivi da sola? ›› sussurrò a pochi centimetri dal mio orecchio ‹‹ non è fin troppo ovvio?
Siamo costretti a stare qui dentro. Ovunque proveremo a scappare, qualsiasi cosa vorremmo mai fare... Siamo e saremo sempre della C.A.T.T.I.V.O.. A cosa ci porta tentare di ribellarci? Te lo dico io... ›› le sue labbra sfiorarono il mio orecchio, mentre la sua mano scivolò tra i nostri corpi, cominciando a slacciare i suoi pantaloni ‹‹ tanto vale che cominciamo a fare ciò che la C.A.T.T.I.V.O. vuole. Siamo stati scelti per fare coppia, giusto? ››
‹‹ L'eruzione ti sta mangiando il cervello? ››
‹‹ Non essere sciocca, Elizabeth. Io sono immune, non come l'altro biondino ›› quelle parole mi diedero quasi un colpo al cuore.
Strizzai gli occhi. Aveva esagerato con quella frase, e sapevo che ne era consapevole, ma continuava a slacciarsi quei caspio di pantaloni, come se in quel momento fosse la priorità assoluta.
Lo spinsi via. Forse era messo in una posizione tale che quel movimento quasi lo destabilizzò.
Mi guardò con un espressione sorpresa, che però venne sostituita quasi immediatamente da una carica di rabbia per il rifiuto appena subito.
‹‹ Smettila! ››
‹‹ Perché mai? Perché non sono lui? ›› mi prese i capelli, stringendoli e tirandoli con un pugno ‹‹ non lamentarti ›› disse a denti stretti. Il viso fin troppo vicino al mio.
Inclinai la testa all'indietro, visto che stava tirando anche troppo forte e mi stava facendo male. Troppo male.
‹‹ Stai fottutamente delirando! ›› dissi, soffocando un gemito di dolore.
‹‹ Sta zitta e fatti baciare. ›› ringhiò, avvicinando le labbra alle mie.
Poi, di botto, mollò la presa, facendomi barcollare all'indietro per il gesto improvviso.
Eva l'aveva colpito con un pugno alla testa ed ora si stava massaggiando le nocche con gli occhi sgranati ed un respiro affannato per lo sforzo.
‹‹ Caspio, questo tipo ha una testa dura come la pietra! ›› sbottò di colpo, rivolgendomi un'occhiata rapida ‹‹ e chi se lo aspettava! ››
‹‹ Ti sei fatta male alla mano? ››
‹‹ Affatto, sto da Dio! ›› mi rivolse un sorriso un po' smorto, ma poi si passò la mano sulla gamba, come se la stesse semplicemente pulendo.
Volevo fidarmi delle sue parole.
Justin si stava massaggiando la testa, imprecando sottovoce per la botta.
Si raggomitolò in sé stesso, dondolando sullo stesso punto più e più volte, come se questo potesse aiutarlo in qualche modo ad alleviare il dolore provocato dal pugno.
Poi si girò, fiondandosi su Evangeline. Caddero a terra l'uno sull'altra.
Non potevo lasciare che la mia amica venisse presa a pugni solo perché mi stava difendendo, così feci per andare ad aiutarla, ma lei, a quanto pare, era piuttosto in grado di badare a sé stessa.
Nonostante Justin caricasse i pugni più e più volte, lei li parava come se stesse semplicemente muovendo il dito sul pelo dell'acqua per spostare una foglia secca.
L'unica cosa che mostrava che si stava sforzando, era l'espressione concentrata e qualche gemito di dolore per le botte.
Decisi tuttavia di non rimanere inerme e di aiutarla in qualche modo. Poggiai le mani sulle spalle di Justin, facendo leva per cercare di spostarlo, e quei pochi centimetri che riuscii a sollevare il ragazzo, bastarono perché lei riuscisse a tirare indietro le gambe il tanto giusto per sferrargli velocemente un calcio contro l'addome, che fu abbastanza forte da riuscire a sbalzarlo via, lontano da lei.
Si rialzò alla svelta, allungando una mano in direzione del ragazzo e l'altra dietro di sé, una gamba tesa e l'altra rilassata. Era pronta per un eventuale secondo round, ed il ragazzo sembrò essere pronto quasi quanto lei, anche se un po' ammaccato.
La luce saltò, tranne una lampadina, che cominciò a lampeggiare ripetutamente, quasi come se avesse un piccolo cortocircuito.
‹‹ Che significa?! ›› domandò Evangeline. Mi resi conto che aveva il fiatone.
‹‹ Stanno arrivando ›› sibilò Justin. Anche lui aveva il fiatone ‹‹ e sono veramente molto vicini.
Sicuramente ha lampeggiato anche prima ma a causa di qualcuno non me ne sono accorto ››
Eva schioccò la lingua. La luce si riaccese.
Ci voltammo tutti verso la porta. Justin si avvicinò frettolosamente ad Eva, la sbatté contro il muro e strinse una mano attorno al suo collo. Stessa cosa fece lei.
Le loro dita premevano così forte che la scena era dannatamente inquietante.
I loro volti si tinsero di un lieve rossastro per lo sforzo.
Mi avvicinai e tentati di separarli, ma i miei sforzi sembravano non sfiorare minimamente né l'uno né l'altra. Anzi, sembrava quasi che stessi peggiorando la situazione.
Poi, la porta si aprì di botto. Entrarono velocemente due guardie armate, puntando i loro fucili contro i due ragazzi.
Marie stava tra le due guardie, con le braccia conserte e strette contro il petto. La sua espressione era contratta e seria. Sembrava sull'orlo di una crisi di nervi.
‹‹ Smettetela. Subito! ›› disse Marie, con un tono serio che non lasciava scelta.
Ma i due ragazzi non mollarono. Anzi.
‹‹ Siete sordi per caso?! ›› sbraitò una guardia, premendo il fucile contro la schiena di Justin. Così, lui, mollò lentamente la presa, guardando la ragazza davanti a sé mentre faceva la stessa identica cosa.
Entrambi lasciarono cadere le braccia lungo i fianchi, riprendendo fiato con grossi respiri profondi.
‹‹ Bravi, vedo che così capite bene ›› Marie batté le mani in modo sarcastico ‹‹ vedete di non fare altri scherzetti. Io vi tengo d'occhio ›› ci indicò uno ad uno, schioccando la lingua ‹‹ e la prossima volta non ci penserò due volti a dare l'ordine di spararvi. ››.
Ristammo in silenzio mentre abbandonarono la stanza. Tutto sembrava aver stabilito una quiete un po' tesa.
Per qualche strana ragione, non chiusero la porta blindata, ma chiusero con un grosso cancello che in ogni caso non ci permetteva di fuggire.
Le guardie rimasero fuori da questo con i fucili puntati. Ci stavano tenendo sotto stretto controllo.
Per circa qualche minuto rimanemmo lì immobili come sassi. Senza parlare, senza guardarci, senza muovere un solo muscolo.
Fu Justin il primo a muoversi, raccattando la maglietta che poco fa si era sfilato, se la rimise addosso, e poi avvicinarsi alla grata. Tutte le guardie gli rivolsero l'arma contro, digrignando i denti con fare rabbioso.
‹‹ Soggetto A20, si allontani immediatamente dalla grata ›› disse una delle guardie. Un uomo robusto, con un arma lucida e piccola, simile ad un fucile, ma che ronzava in modo fastidioso.
‹‹ Sh, sh... ›› disse Justin, poggiandosi alla grata, incastrando le dita nel buco. Alzò le dita al soffitto. Il suo comportamento, ora, era simile ad un ragazzo drogato ‹‹ sta calmo amico, finirà tutto molto presto ››
‹‹ Si allontani dalla grata ›› ribadì l'uomo, puntandogli l'arma a pochi centimetri dal viso.
‹‹ Chi volete prendere in giro? Non potete spararmi ›› usò un tono fermo, fissando l'uomo ‹‹ raggiungiamo un accordo, okay? Che ne dici di contrattare? ›› sul suo volto si dipinse un sorrisetto
‹‹ Justin, santo cielo ›› sbuffò Marie. Non mi ero nemmeno resa conto che la donna fosse ancora lì, e chissà da quanto tempo oltretutto.
Ma data l'espressione per niente stupita, ma scocciata di Justin, lui lo sapeva eccome.
‹‹ Marie, tu dovresti lasciarmi uscire ›› la donna si avvicinò, con le braccia ancora incrociate contro il petto. Justin allungò una mano fuori dalla grata, e subito le guardie ci premettero contro i fucili, ma non spararono.
‹‹ Solo per la tua buona condotta? Perché hai ingoiato la pillola per recuperare la memoria, come un bravo cagnolino? Oh, tesoro, sai benissimo che era da copione ›› sollevò un sopracciglio ‹‹ hai solo seguito bene lo schema ››
‹‹ Sai che novità, l'ennesimo inganno, no? ›› anticipai la risposta di Justin. Sapevo di cosa parlavano.
La presa in giro del finto amico, così da convincermi a riacquistare la memoria, e così via. Niente che già non avessi messo in conto. Sapevo a cosa andavo incontro, inghiottendo la pillola.
Marie, tuttavia, scosse la testa con fare disinteressato.
‹‹ Tra un oretta crollerai di sonno e ti risveglierai con tutti i tuoi beneamati ricordi. Capirai che ciò che stiamo facendo, è solo ed esclusivamente per il bene dell'umanità e noi riavremo indietro il nostro duo d'oro, ed una seccatura in meno ››
‹‹ Dai Marie, sono stato bravo. Ma sai... posso essere anche più bravo ›› la mano di Justin sfiorò il volto della donna, poi scese lentamente verso il basso, sfiorandole il collo ‹‹ e lo sai, no? ››
le guardie si scambiarono un'occhiata, quasi come se si stessero chiedendo il perché dovessero assistere a scene simili.
Justin ritrasse la mano, per infilarla in un foro più in basso, così da riprendere ad accarezzare il corpo della donna davanti a sé, che invece che spostarsi, sembrò essere piuttosto ammaliata e lusingato dal comportamento e dalle attenzioni che le stava rivolgendo il ragazzo decisamente più giovane.
Justin fermò la mano solo una volta arrivato al bacino della donna. Il camice era sbottonato, e questo gli permise di infilare la mano dentro questo, e la donna era abbastanza vicina da permettergli di cingerne almeno per metà i suoi fianchi, sfiorandole i pantaloni rovinati e sbiaditi.
Ma era davvero così stupida?
‹‹ Che ne dici, Marie? Mi lasci andare? ›› sussurrò Justin, incatenando i suoi occhi a quelli della donna.
‹‹ Ti stai seriamente prostituendo per la libertà? ›› sussurrò lei, quasi ridacchiando
‹‹ Mi attraggono le donne più grandi ›› sorrise beffardo Justin, ma poi Marie allungò una mano e la poggiò sul petto di Justin, spingendolo per allontanarlo.
Lui strinse la mano, se la passò sulla maglietta e infilò una mano nei pantaloni, come se li volesse sistemare bene, fissando la donna con fare divertito e fingendosi offeso per il rifiuto appena ricevuto.
‹‹ Affari tuoi, non sai cosa ti perdi ›› disse ironico, facendole l'occhiolino.
Qualcosa suonò. Sembrò essere una sorta di rumore d'interferenza, poi una voce quasi soffocata.
Le guardie abbassarono il volto verso il petto, corrugando la fronte.
Non capii molto, se non “Codice rosso”, “mobilitatevi” e “fuggitivi”.
‹‹ Marie! ›› avrei riconosciuto quella voce tra mille. Justin corrugò la fronte, ritraendo la mano.
Alzò lo sguardo al soffitto, verso le luci, come se si aspettasse di vederle brillare. Ma niente.
Come immaginavo, la voce era quella di Brytan. Corse verso Marie. Aveva il fiatone e essere palesemente scosso.
‹‹ Che c'è Brytan? ›› sbuffò Marie.
‹‹ Si tratta dei soggetti A2, A7 e A5, si sono liberati! Stanno fuggendo! E hanno sparato a Janson. ››
‹‹ Cosa?! ››
‹‹ Non sono Thomas, Minho e Newt? ›› domandò Evangeline sottovoce. Sentii qualcosa scattare in me.
‹‹ Come? Come diavolo è successo? E perché non è scattato l'allarme dalla sala centrale? ›› Brytan alzò le spalle a tutte quelle domande. Non lo sapeva neanche lui.
‹‹ Dannazione. Avete dato l'allarme alle guardie? ››
‹‹ Sì, si sono mobilitate tutte ››
Marie guardò le guardie, indicandole ‹‹ Voi state qui di guardia, non permettete loro di spostarsi, chiaro? ››
‹‹ Ricevuto ›› risposero entrambe.
Justin mi guardò con la coda dell'occhio, facendo un cenno col capo.
Era quello il momento giusto.
Guardai Eva, e lei, senza che neanche aprissi bocca, annuii.
Justin, con nonchalance, infilò una mano attraverso la flessura della grata e sporse leggermente la testa all'infuori.
‹‹ Problemi esterni, eh? ›› domandò, e le guardie, come al solito, gli puntarono l'arma contro.
‹‹ Che noiosi, non possiamo conversare in santa pace che dovete subito puntarmi una caspio di arma contro. E dai, siate socievoli! Mi ricordate i dolenti! ››
‹‹ Tira indietro la testa, o giuro che ti friggo! ››
‹‹ Sì, sì, pensa che sono stato trapassato da parte a parte e sono ancora vivo. Una lieve scossa può solo drizzarmi i capelli, coso ››
‹‹ Soggetto A10 non mettere a prova la mia pazienza! ››
‹‹ Secondo voi come mai il sistema d'allarme non è suonato? ›› domandò Justin, arricciando le labbra ‹‹ e ho un'altra domanda. È una cosa legata ai miei ricordi. Ma ora mi risponderò da solo, se non vi dispiace, così poi voi potrete tornare a fare quel caspio che stavate facendo ›› Infilò una mano nei pantaloni, come poco fa, e tirò fuori una tessera magnetica.
Le guardie sgranarono gli occhi per la sorpresa, ma non fecero in tempo a fare un singolo movimento che Justin la poggiò velocemente sul vetrino di sicurezza, che scattò, aprendo la porta.
Justin sapeva bene che la tessera del vicecapo della base sbloccava le porte senza problemi. Sopratutto se Jillian aveva impostato quel sistema di sicurezza.
Aveva riposto tutta la sua fiducia nella ragazza.
Le guardie, tutta via, non si persero d'animo e si affrettarono ad entrare nella stanza per impedirci il passaggio.
Gridavano ordini per farci rimanere lì dentro, minacciandoci di spararci addosso.
Eva si scagliò contro quello più vicino a lei, dandogli calci contro le gambe e riuscendo a fargli perdere l'equilibrio. L'altro provò a spararle, ma fu bloccato da Justin che gli tirò un pugno in piena faccia, ed io raccolsi le armi mentre i due venivano tenuti a terra dai due ragazzi.
Era incredibile come due ragazzi fossero riusciti a mettere fuori uso due guardie come loro.
‹‹ Muoviamoci! ›› gridai, richiamando l'attenzione dei due. Justin una volta fuori dalla stanza passò la tessera magnetica per richiudere la porta, impostando il blindato e non la grata, così che se le guardie avessero avuto la tessera, non potessero usarla per liberarsi.
Era sveglio il ragazzo.
‹‹ Hai visto? Ha funzionato. E tu che non ci credevi, stupida testa puzzona ›› disse Justin con tono divertito, poi indicò Eva ‹‹ e tu, per essere una ragazza, picchi dannatamente forte ››
‹‹ Di certo non mi faccio mettere i piedi in testa da un caspio di biondino secchione e fasciato ›› ribatté lei, borbottando ‹‹ comunque bella messa in scena. Per un attimo ho pensato che volessi stuprarla sul serio ››
Lui arricciò il naso, scuotendo la testa, poi sollevò la lingua e tirò fuori la pillola.
Stessa cosa feci io, lanciandola via con disattenzione.
Non avrei mai ingerito una cosa del genere, sopratutto se era stata Maria a mandarla. La C.A.T.T.I.V.O. poteva scordarsi di riavermi nel suo Team di inventori psicopatici.
Passai un fucile a Justin, l'altro lo strinsi saldamente contro il petto, poi cominciammo a correre.
Lui aveva molta più memoria di me di quel posto, e sembrava essere anche più attento ai suoni.
I corridoi sembravano essersi svuotati completamente di ogni guardia.
Forse erano tutti in cerca di Thomas, Minho e Newt. Ma la cosa era veramente strana.
Dopo un paio di metri di corsa, la mia attenzione venne catturata dalla stessa parete a specchio con la grossa crepa che avevo notato anche ieri.
Mi fermai, indicandola col fucile ‹‹ cosa c'è lì? ›› domandai, sentendo Justin sbuffare per quella domanda.
Guardò dove avevo indicato e scosse la testa, poi sgranò gli occhi e sorrise in modo beffardo.
‹‹ La nostra possibile via di fuga. ›› Licenza Creative Commons
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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


‹‹ Okay, qual'è il piano? ›› Eva si poggiò le mani sui fianchi ‹‹ spiegati ››

‹‹ Questo, care mie ›› Justin allungò il passo, raggiungendo in pochi attimi la porta. Come le altre, aveva il solito sistema di sicurezza della tessera magnetica ‹‹ è un laboratorio molto importante e super controllato. Siamo in una sezione a parte della base ››

Eva sgranò gli occhi sentendo quelle parole, come se si fosse resa conto improvvisamente di quanto fosse pessima quell'idea ‹‹ Io so che laboratorio è! ››
‹‹ State qui ›› disse Justin sbloccò la porta, ignorandola, ed entrò.
Io invece la guardai incuriosita ‹‹ come fai a saperlo? ›› domandai.

Lei trasalì, guardandomi con la coda dell'occhio. Improvvisamente il suo sguardo si spense ed i suoi occhi divennero lucidi ‹‹ hai presente l'operazione che mi hanno fatto? ›› domandò con un tono spezzato.

Annuii, e lei si sciolse la coda e si girò, mostrandomi la cicatrice.

Era lunga da orecchio ad orecchio e piena di punti, simili a tante graffette, ma sembrava guarire molto velocemente ‹‹ Mi hanno ripristinato quasi completamente la memoria ›› riprese, poi sospirò ‹‹ e non solo. Hanno... pasticciato un po' nella mia testa ›› e dopo quella frase, si zittì, girandosi.

Lasciò i capelli sciolti, che fortunatamente erano abbastanza lunghi per poter ricoprire la cicatrice senza alcun problema. Non aveva rasature o cose simili, era fatta proprio tra i capelli, e questo contribuiva parecchio a nasconderla.

Teneva gli occhi rivolti verso il pavimento. Ero tentata di chiederle di dirmi altro, ma forse non voleva riprendere il discorso in quel momento.

Avrebbe parlato quando sarebbe stata pronta, e l'avrebbe fatto di sua spontanea volontà.

Dalla stanza nella quale entrato Justin, si sentì un rumore anche troppo familiare.

Un rumore che onestamente avrei sinceramente voluto non sentire mai più in tutta la mia vita.

Il vetro che ricopriva la stanza, che già prima era scheggiato, si frantumò in mille pezzettini, così come l'intera parete.

Sgranai gli occhi. Tra me ed Eva ero l'unica sorpresa. Lei, invece, sembrò essere fin troppo tranquilla davanti a quel bestione enorme.

Gli aculei lungo la schiena, quello stridore metallico.

Gridò in modo terrificante, che metteva i brividi da quanto era straziante sentirlo.

Justin uscì dalla stanza come se nulla fosse e si piazzò sotto l'enorme creatura, che stava a fatica tra le mura di quella stanza. I suoi aculei raschiavano sul soffitto, e la pelle molliccia ed appiccicosa dava la solita sensazione di nausea solo a guardarla.

‹‹ Ed ecco a voi l'ultimo D2MH! Guarda Elizabeth, un tuo cucciolotto. Un po' cresciutello, ci sta a mala pena. Non ti viene voglia di fargli i grattini sotto il muso? ››

‹‹ Non ti ricordavo così sarcastico ›› sollevai un sopracciglio. Lui, in tutta risposta, scrollò le spalle.

‹‹ A me sembra tutto meno che un cucciolo ›› sbuffò Eva

‹‹ Credevo che dopo la morte dell'alpha fossero tutto morti ›› corrugai la fronte.

Ma quell'essere era tutto meno che morto, questo era anche fin troppo palese per i miei gusti.

‹‹ Lui non era nella radura. Lui era rimasto qui, attaccato ai macchinari. Dovevano spedirlo nel labirinto ma probabilmente non era ancora completo, quindi si è salvato. Era semplicemente disatt- ››

scattò l'allarme. Questo mi portò a pensare che Marie avesse finalmente trovato Jillian e avesse scoperto che aveva disattivato tutto solo per noi.

Non osai nemmeno immaginare quali cose le stesse facendo per rimetterla in funzione. Solo l'idea di quanto stesse soffrendo solo per noi mi metteva i brividi in tutto il corpo.

‹‹ Jill ›› sussurrò Eva, quasi mi avesse letta nel pensiero.

Il suo sguardo era quasi perso nel vuoto mentre fissava il soffitto, come se stesse cercando la sirena che stava suonando.

‹‹ Muoviamoci! ›› sbraitò Justin, cominciando a correre.

‹‹ E vuoi portarti quel coso dietro?! ›› Eva sgranò gli occhi, allargando le braccia ‹‹ ma sei completamente impazzito?! E come pretendi ci comandarlo?! ››

‹‹ Io non lo comando! ›› mi indicò ‹‹ lei lo comanda! La riconosce come creatrice! È lei la mammina, mica io! ››

‹‹ Io? ›› corrugai la fronte, di nuovo

‹‹ Sì, caspio! Ricordi quando eri nella radura e ti inseguivano? ››

‹‹ Ehm, sì, ma stavano inseguendo Newt, non me... ››

‹‹ Ah, devo proprio dirti tutto? Credevo che il tuo periodo da fagiolina fosse passato! ›› mi afferrò la mano e cominciò a correre, seguito da me ed Eva.

Il D2MH gridò, lanciandosi all'inseguimento.

Mentre correvamo, Justin tra un ansimo e l'altro per via della corsa, spiegò brevemente che il D2MH, essendo fedele alla creatrice, avrebbe devastato chiunque avesse tentato di farla fuori.

Un po' come avrebbe fatto l'alpha, ma essendo morto, ora l'ultimo della specie in un certo senso che aveva preso una sorta di eredità.

E sapevamo che le guardie non avrebbero tardato ad arrivare.

‹‹ Le armi non dureranno in eterno ›› concluse Justin, fermandosi di botto davanti ad un corridoio fin troppo lungo e fin troppo vuoto.

Era qualcosa di sospetto. La base era pieno di personale, non potevano essere spariti tutti con uno schiocco di dita. Stava accadendo qualcosa. E sapevo che non avrebbe condotto a niente di buono.

‹‹ Neanche la nostra corsa ›› precisò Eva, che era la meno stanca tra noi tre.

Beh, era anche ovvio. Era una velocista.

La sirena smise di suonare.

‹‹ Dove siamo diretti? Non possiamo correre a vuoto! ›› dissi ‹‹ Io devo raggiungere gli altri ››

‹‹ E dove sono? ››

Quello era un problema. Non sapevo nemmeno dov'erano.

Feci per parlare, ma dalla mia bocca non uscì una sola parola. Non sapevo cosa rispondere.

‹‹ Propongo di andare verso l'hangar dove tengono le berghe ›› azzardò Eva ‹‹ ricordo la strada. Se stanno scappando, allora vorranno abbandonare questa topaia, no? ››

‹‹ Sempre se non l'hanno già fatto ›› borbottò Justin

‹‹ Chiudi il becco, biondino, o ti darò una scarica di pugni su quel bel visetto ›› rispose Eva con veramente poca pazienza nella voce ‹‹ sono certa che non andrebbero mai vita lasciandoci qui come un vecchio paio di calzini puzzolenti ››

‹‹ Bene così ›› rispose lui, inviperito ‹‹ Facci strada allora. ››

E, detto questo, riprendemmo a correre sotto la guida di Eva.

Aveva ripreso a comportarsi in modo strano, ma non sembrava per niente in vena di dare anche una singola spiegazione.

 

Ancora corridoi. Ancora nessuna guardia. Era veramente tutto troppo strano.

Avevamo percorso chissà quanti metri e l'unico suono era quello dei nostri passi e quello del D2MH che raschiava contro le pareti in modo veramente fastidioso, ma nient'altro.

Niente di niente, fino a quando non sentimmo il D2MH gridare e sbattersi violentemente contro le pareti.

‹‹ Che succede? ›› domandò Justin, colto letteralmente di sorpresa. Poi, all'improvviso, sentimmo uno stridio, poi un rumore acuto come quello dei fischietti.

Solo dopo un po' notammo che il D2MH era pieno di scacertole e marchiatrici, e nessuno di noi si rese conto della loro presenza prima d'ora.

‹‹ Caspio! E quelle da dove spuntano? ›› fu l'unica cosa che riuscii a dire.

‹‹ Non lo so, ma non è una buona cosa ›› rispose Justin, deglutendo.

‹‹ Di qua! ›› gridò qualcuno. E di colpo, ecco tutti altri mille passi al seguito.

Eravamo fregati. Ecco dove caspio si erano cacciate le maledettissime guardie.

‹‹ Fantastico, siamo fottuti! ›› disse Eva con fin troppa calma.

La sua fronte era impregnata di sudore, ed era improvvisamente diventata pallida come un fantasma.

Due grosse occhiaie le cerchiavano gli occhi. Sembrava sul punto di perdere i sensi.

‹‹ Eva? ››

‹‹ Muoviamoci ›› disse, riprendendo a correre.

Aveva ancora le forze per farlo? Non sembrava esserlo.

‹‹ Ma il dolente... ››

‹‹ Ormai è spacciato! Quelle caspio di cose lo uccideranno in pochissimo tempo ›› disse frettolosamente.

Mi sapevo che aveva ragione da morire, ma era anche l'arma più potente che avevamo a disposizione.

Mi girai a guardare per l'ultima volta la creatura che continuava a dimenarsi nel tentativo di liberarsi, poi mi lasciai prendere la mano dalla ragazza.

Ci scambiammo una rapida occhiata con Justin, come se lui stesse pensando la mia stessa ed identica cosa: Eva stava nascondendo qualcosa di grosso. E questo nessuno poteva levarmelo dalla testa.

Sembrava una corsa contro il tempo, un qualcosa che non aveva più fine. Effetto dovuto a tutti quei caspio di corridoi bianchi e deserti, come se stessero smantellando la base pezzo dopo pezzo per trasferirsi altrove.

La mia attenzione, tuttavia, ricadde su una delle poche pareti dalla colorazione diversa.

C'era una grossa porta blindata, simile a quella che chiudeva la stanza dove avevano chiuso a noi tre.

Accanto a questa, c'era un cartello con l'avvertenza di non aprire per nessun motivo, ma nessuna guardia che si assicurasse che qualcuno, effettivamente, non lo facesse.

Ero certa di aver visto quella porta prima di allora. Mi bloccai di colpo, rischiando di far cadere Evangeline.

Dovevo sapere cosa c'era.

‹‹ Elizabeth! ›› disse con tono irritato, girandosi nella mia direzione ‹‹ sei completamente impazzita per caso?! ››

‹‹ Aspetta! Solo un secondo! ›› corsi verso la porta.

Fortunatamente, questa aveva uno spioncino che permetteva la visione all'interno della stanza. Un po' come l'altra. L'unica cosa che poteva metterti in contatto col mondo esterno.

‹‹ Ferma! Non lo fare! ›› Justin mise le mani sulle mie spalle, allontanandomi dalla porta ancor prima che potessi aprire lo spioncino.

‹‹ Perché? Cosa c'è qui dentro? ››

‹‹ Spaccati ›› rispose con tono fermo ‹‹ e non sono di quelli tranquilli ››

‹‹ Spaccati? ›› corrugai la fronte, sgranando gli occhi poco dopo ‹‹ oltre l'andata? ››

‹‹ Sì, oltre l'andata. La C.A.T.T.I.V.O. li ha prelevati dalla zona bruciata per pura fortuna, li cercavano da anni ma sono sempre riusciti a fuggire ››
Mentre parlava, ricordai l'immagine di Rose e Gervaso abbracciati, dentro quella piccola cella.

Dovevano essere loro e, anche se erano matti da legare, non meritavano di essere torturati dalla C.A.T.T.I.V.O.. Erano comunque esseri umani.

Nessuno meritava quel trattamento.

‹‹ Dammi la tessera ›› dissi di colpo.

Eva si mise le mani tra i capelli, spalancando la bocca ‹‹ sei impazzita? Vuoi liberare degli spaccati nella base? Come se non avessimo già abbastanza problemi! ››

‹‹ Sono sedati con dosi che un essere umano teoricamente non dovrebbe nemmeno reggere.

Ma sono effetti che durano poco tempo, quindi se vuoi liberarli, dovremmo correre parecchio... in effetti no- ››

‹‹ Sta zitto e dammi quella caspio di tessera ›› gli porsi la mano, fissandolo negli occhi.

Mi fisso per un attimo completamente sbigottito, ma poi optò per non replicare, passandomi la tessera magnetica.

La poggiai sul sistema di sicurezza e, dopo un allarme che lampeggiava di rosso, la porta si aprì in modo automatico, stridendo in modo veramente fin troppo fastidioso.

Rose era vestita sempre allo stesso modo, ma i suoi capelli erano puliti e pettinati in modo liscio.

Era rannicchiata in sé stessa, con lo sguardo rivolto verso la parete, e Gervaso stava accanto a lei, cingendole il fianco e con il mento poggiato sulla sua spalla.

Lei bisbigliava qualcosa che non riuscivo a sentire. Doveva essere un effetto del sedativo, perché Rose non aveva paura di niente.

Gervaso prese un grosso respiro, che era più simile ad un ringhio, e si girò lentamente verso la porta.

Gli occhi segnati da grosse occhiaie che sembravano prendere il sopravvento su tutto il resto del suo viso. Il viso pulito, così come i capelli. Almeno usufruivano della doccia.

Alzai una mano per salutarlo, e lui sgranò gli occhi ‹‹ Nasina? ››

‹‹ Nasina? ›› ripeté Rose, ridendo in modo isterico poco dopo. Una risata finta, ripetitiva e squillante, carica di rabbia repressa che, lentamente, decadde in ciò che era più simile ad un verso di un animale inferocito pronto ad attaccare.
Si girò di scatto, frustando i capelli in faccia a Gervaso, che sembrò non sentirli nemmeno.

Il viso della ragazza, da contratto che era, si rilassò. E pensare che l'ultima volta che l'avevo vista, non era così tanto rilassata.

Al contrario.

‹‹ Che ci fai qui? Hanno preso anche te? ›› domandò Gervaso, alzandosi lentamente.

‹‹ Più o meno ›› mi spostai ‹‹ andate via. Forza! Fuggite adesso che ne avete l'opportunità ››

‹‹ Fuggire? ›› Rose si mise in piedi. Tremava. Come se quel movimento fosse fin troppo pesante.

Sembrava un cucciolo indifeso ora, con le labbra schiuse e gli occhi tristi e spenti. I capelli le ricadevano in faccia, ed ondulavano ad ogni passo che faceva nella mia direzione, che era trascinato e lento.

Gervaso si affrettò ad alzarsi, acchiappando la ragazza per i fianchi, come se avesse paura che questa potesse cadere all'improvviso.

La prese in braccio, stringendola a sé, e s'incamminò verso l'uscita. Era decisamente più in forze di lei.

Prima di abbandonare completamente la stanza, si fermò sulla soglia della porta per guardarmi.

Rimase in silenzio a lungo. Probabilmente temeva che quello fosse semplicemente uno scherzo.

‹‹ Grazie ›› disse di punto in bianco

‹‹ Vi dovevo un favore. Dopotutto, la mia amica ti ha pugnalato e nonostante tutto non ci avete uccisi. E non mi avete uccisa la prima volta ››

Rimase di nuovo in silenzio, col volto serio e contratto. Prese un grosso respiro, accennò un sorriso, poi corse via, senza nemmeno chiedere da che parte fosse l'uscita. L'avrebbe trovata da solo, sicuramente.

Rivolsi di nuovo l'attenzione a Justin ed Eva, che in quel momento stava battendo il piede sul pavimento con fare impaziente e la testa china verso questo.

‹‹ Eva? ›› la richiamai, e lei alzò il volto per incrociare il mi sguardo ‹‹ qual è la strada più breve? ››

‹‹ Muovete le chiappe e ve la mostro ››.

 

L'allarme aveva ripreso a suonare. Sembrava anche più acuto di prima.

Eva aveva aumentato la velocità della corsa, ed il poco tempo raggiungemmo quella che doveva essere l'entrata per l'hangar. Ma purtroppo, non fu l'unica cosa che trovammo.

C'erano guardie vestite di nero che sparavano un po' ovunque, ed il rumore era veramente insopportabile, sembrava rimbombare ovunque.

‹‹ Ecco l'hangar! ›› gridò Eva per sovrastare il rumore della sirena.

‹‹ Ed ecco anche le caspio di guardie ›› continuò Justin, impugnando saldamente l'arma.

Voleva davvero usare quell'affare?

Eva lo guardò con la coda dell'occhio, prese un grosso respiro e riprese a correre, entrando all'interno dell'hangar con me al seguito.

Il casino degli spari sovrastava di gran lunga quello dei nostri passi, per cui fu piuttosto facile entrare nell'hangar passando inosservati.
Eva sussultò, fermandosi di colpo.
‹‹ Minho! ›› gridò, portandosi le mani alla bocca. Il ragazzo sembrò sentirla, nonostante gli spari, e si girò nella nostra direzione.

Le sue braccia per qualche attimo mostrarono scintille elettriche.
Stava aiutando Thomas a trascinare Brenda, che si muoveva a scatti e lasciava una striscia di sangue dietro di sé. Non capivo cosa stava succedendo, ma all'improvviso fui praticamente colta dal panico.

Le guardie si accorsero di noi, chiaramente, ma questo sembrò preoccupare di Evangeline.

Ora le armi erano puntate anche contro di noi.

Fu Justin il primo a sparare, mentre invece, Eva, stava dando l'esatta dimostrazione di come a lei non poteva fregare di meno di essere armata.

Ruotò su sé stessa, colpendo l'arma con un calcio e levandola dalle mani alla guardia, poi la guardò con un espressione minacciosa.

Caricai l'arma e cominciai a sparare anche io

‹‹ Corri verso di loro, ti copro io! ›› gridò Justin, poggiando una mano sulla mia schiena e spingendomi via. Sgranai gli occhi, guardandolo

‹‹ Cosa? E tu? ››

‹‹ Non ti preoccupare! ›› mi fece un cenno col capo. Aveva un piano, lo sapevo.
Guardai e Eva, che forse non sentì nemmeno la conversazione tanto che era impegnata nella lotta.

Si muoveva come se stesse semplicemente danzando, e non come se stesse schivando pallottole e colpi di ogni genere.

‹‹ Ho ufficialmente paura di quella ragazza ›› commentò Justin, sparando un colpo che colpì una guardia dritta al braccio, portandolo a ruotare e cadere di faccia sul pavimento ‹‹ Ti decidi a correre?! ›› sbraitò di colpo.

Annuii, poi presi a correre, afferrando Eva per il braccio.

Sulle prime rimase lievemente sbigottita, ma poi mi seguii senza fare domande.

Le guardie presero a correre verso la rampa non appena i ragazzi la raggiunsero e trascinarono Brenda a bordo della berga, con l'aiuto di Jorge.

Io ed Eva dovemmo correre il più velocemente possibile nonostante sentissi le mie gambe implorare pietà. Ma in quel momento, la paura era proprio l'ultima cosa che potevo concedermi. Non c'era tempo.

Mancavano pochi passi alla rampa per la berga, ed Eva mollò la mia mano.

Cominciò a gridare e cadde su sé stessa.

Mi fermai e mi girai. Nel casino di quell'urlo, sentii quello di Minho che chiamava il nome della ragazza.

Lo guardai con la coda dell'occhio. Jorge lo stava tenendo fermo.

Eva era avvolta da scariche elettriche, ma si teneva la testa ed era piegata sul pavimento.

Era stata colpita, ma non sembrava essere quello il motivo del suo male.

Mi chinai all'altezza della ragazza, abbandonano l'arma accanto a lei.

Sollevò lo sguardo e mi sorrise. Aveva le lacrime agli occhi, ma non singhiozzava.

‹‹ Va ››

‹‹ Non vado via senza di te! ››

‹‹ Io non me ne posso andare adesso, capisci? Non ti ho portata fin qui per niente, Va!››

‹‹ Ma, Eva... ››

‹‹ Non preoccuparti per me! Io non ho più niente e nessuno da perdere ›› spostò lo sguardo sulla berga, poi lo riportò su di me ‹‹ vattene via da qui, prima che sia troppo tardi. Ci rivedremo presto, te lo prometto. Adesso Va! ›› il tempo di darmi una spinta per allontanarmi, e ci fu un'altra scarica elettrica lungo tutto il suo corpo.

La guardai per un istante, poi presi a correre verso al rampa. Non potevo credere che una mia amica potesse arrivare a tanto.

Praticamente, in un certo senso, si era sacrificata per lasciarmi il tempo di fuggire.

Mi si strinse il cuore, non avevo nemmeno il coraggio di voltarmi, nonostante sentissi diversi spari. Non vedevo lo scenario davanti a me, avevo gli occhi fin troppo lucidi.

Thomas rimase sulla rampa finché non la raggiunsi, e la prima cosa che feci, fu fiondarmi tra le sue braccia e stringerlo. Sulle prime rimase sbigottito, ma poi ricambiò la stretta, sebbene con fare un po' goffo. Ero scossa dai singhiozzi. A malincuore, mi staccai dall'abbraccio. Sapevo che non c'era tempo per questo. Mi affrettai a salire sulla Berga, seguita da Thomas. Ma questo, pochi attimi dopo, cadde all'indietro. Era stato colpito, proprio che era successo ad Eva.

Tutta questione di pochi attimi. Le guardie ci raggiunsero, puntarono le armi in faccia a Thomas.

Altri spari. Era come se vedessi tutto a rallentatore, e non sapevo bene cosa fare e cosa non fare.

La berga si accese, era pronta per partire.

Minho e Newt mi passarono accanto, cominciando a sparare e colpire le guardie.

Fui sollevata alla vista di vedere che erano tutti e tre integri, ma allo stesso tempo mi sentii quasi estranea a tutta quella situazione. Ci aveva travolti troppo velocemente.

Thomas si muoveva in modo continuo, più che altro aveva spasmi, ed era una scena piuttosto inquietante. Non potevo fare altro che aspettare che quelle scariche finissero, o avrebbero preso anche a me. Decisi comunque di alzarmi, acchiappai una delle armi delle guardie che erano state atterrate da Newt e Minho e cominciai a sparare.

Di colpo, Thomas cominciò a muoversi verso la rampa. Faceva fatica e si vedeva.

Si guardava attorno, e mi domandai se ci vedeva effettivamente qualcosa, dato che aveva la faccia di chi, in verità, vedeva tutto meno che quello che stava realmente accadendo attorno a sé.

 

Ormai avevamo sgomberato dalle guardie gran parte dell'hangar. Sopratutto quando ci raggiunse anche Jorge, armato di lanciagranate.

Guardai a che punto era Thomas. Non gli mancava molto, ed io mi domandai se fosse o meno il caso di dargli una mano. Mi scambiai un occhiata con Newt, poi con Minho. Stavamo tutti e tre pensando la stessa cosa, ed oltretutto Minho doveva ricaricare. Così cominciammo a camminare all'indietro, continuando a sparare.
« Basta così! Prendetelo e trascinatelo dentro! » gridò Jorge, poi corse via dentro la berga. Newt afferrò Thomas per le braccia e lo trascinò nella berga, non lasciando nemmeno il tempo a Minho per dargli una mano.

Thomas si lasciò andare di colpo e scivolò via dalla presa, dando una facciata contro il pavimento. Sembrava drogato.

Il portellone della berga si chiuse, ed io tirai un sospiro di sollievo, poggiandomi contro la parete.

Newt si abbassò alla sua altezza ‹‹ Scusa, Tommy. Avrei potuto essere più delicato, suppongo ›› Thomas fece una sorta di verso strano, poi chiuse gli occhi. Il dolore non doveva essere più sopportabile, quindi probabilmente era svenuto. Non volevo immaginare nemmeno lontanamente cosa stesse provando, ma non doveva essere per niente piacevole.

Newt si mise di nuovo in piedi, e questa volta fu Minho a raccogliere l'amico da terra e trascinarlo via, su una brandina che aveva preparato poco prima, non troppo distante da quella su cui stava Brenda.

Portai lo sguardo su Newt, che si era posizionato davanti a me, con le braccia incrociate. Mi aspettavo almeno un sorriso, invece era così serio da mettermi i brividi.

‹‹ Dove ti hanno portata? Perché non sei tornata subito e... che caspio, quello era Justin o sbaglio? ››

‹‹ Volevano restituirmi la memoria tramite una sorta di pillola. Hanno portato me ed Eva in una caspio di stanza isolata e lì ho trovato Justin, che a quanto ho capito aveva un chip come quello che avevo e l'ha costretto a fare ciò che ha fatto nella radura ››

‹‹ Capisco, bene così ›› disse semplicemente, facendo un respiro profondo. Si passò una mano tra i capelli, abbassando la testa verso il pavimento ‹‹ temevo che fossi fuggita ››

‹‹ E perché mai dovrei fuggire senza di voi? ›› corrugai la fronte.

Lui scrollò le spalle ‹‹ Io... non lo so. Ma a quanto pare gli altri l'hanno fatto. Sono andati via su una berga diversa da questa ››

‹‹ Non lo farei mai. ›› alzò la testa e schiuse le labbra per rispondermi, ma Minho lo interruppe, piazzandosi improvvisamente davanti a me.

‹‹ Perché Eva non ti ha seguita? Cosa ti ha detto? ››

‹‹ Woh, calmiamoci con tutte queste domande! ››

‹‹ Beth, cosa ti ha detto? ›› il suo sguardo era fisso sul mio. Non come un interrogatorio, ma come se stesse avesse la necessità di avere risposta per placare quel terrore che lo stava divorando da dentro.

‹‹ Ha detto che non può andare via, per adesso ›› mi resi conto che quelle parole non erano rassicuranti per niente, ed il suo sguardo lo confermava. Newt aveva girato la testa dall'altra parte, come se temesse di incontrare quello dell'amico.

‹‹ Mi dispiace, avrei voluto che venisse. La C.A.T.T.I.V.O. le ha ripristinato la memoria, e mi ha detto che le ha fatto anche qualcos'altro, ma non mi ha detto cosa. Prima di spingermi via, mi ha solo promesso che ci saremo riviste ›› mi resi conto che cominciai a tremare per quanto mi stessi trattenendo dal lacrimare. I miei occhi bruciavano, ma resistetti dal piangere. Non era quella la soluzione.

Minho si spostò, passandosi una mano tra i capelli, ed alzò la testa al soffitto ‹‹ Okay ›› disse, poi si allontanò, andando a gettarsi sul divano.

Newt, invece, fece cadere le braccia lungo i fianchi e mi guardò. Afferrò una mia mano e mi tirò verso di lui, avvolgendomi in un abbraccio.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Sapevo che Newt non era abituato a quel tipo di contatto, nonostante tutto, ma fui quasi scombussolata da quel comportamento improvviso nonostante mi facesse piacere.

Ma tremava come un cucciolo, ed era quella la cosa negativa.

‹‹ Newt... ›› mormorai, portando una mano sulla sua schiena. Lo accarezzai, e sembrò calmarsi almeno un po'. Nascose il volto contro il mio collo e mi strinse di più. Continuava a tremare, anche se meno rispetto a prima.

‹‹ Ehi... ›› mormorai ancora ‹‹ che hai? ››

‹‹ Credevo che fossi fuggita ›› disse, proprio come prima, come se ciò che gli avessi detto in precedenza non bastasse a fargli passare l'angoscia ‹‹ credevo che fossi andata via senza di me, e non ti biasimerei affatto ››

‹‹ Ma che dici! ›› corrugai la fronte, sciogliendo l'abbraccio per guardarlo negli occhi ‹‹ non andrei mai via senza di te, ti pare? Perché mai dovrei? ›› poggiai una mano sul suo volto. I suoi occhi erano lucidi, ma lui cercava di mantenere un espressione normale. Tutto pur di non mostrarsi fin troppo fragile davanti a quella situazione a dir poco scomoda. Mi resi conto per l'ennesima volta di quel suo modo di fare, ma con me non aveva bisogno di fingere.

Schiuse le labbra, poggiando una mano sulla mia e spostandola con fare delicato, forse per non sembrare troppo brusco come gesto.

Mi guardò negli occhi per qualche istante, poi schiuse le labbra ‹‹ per ciò che risiede dentro di me ›› disse con tono spezzato.

‹‹ Non è una buona scusa per andare via senza di te, Newt. Sei tutto ciò che ho, e tutto ciò di cui m'importa. Non sarà di certo un virus a cacciarmi via da te ›› lo vidi abbassare il volto verso il pavimento e sospirare ‹‹ Ehi, ascoltami ›› gli sollevai il volto. Si sforzò, così, di sollevare gli occhi per reggere il mio sguardo ‹‹ non sarà il virus a dividerci un'altra volta. Okay? Non permetterò che questo accada ››

Prese un grosso respiro, annuendo pochi istanti dopo. Si sforzò di sorridermi, passandosi le mani sui capelli biondi. Voleva essere un gesto naturale, ma capii alla svelta quanto invece era forzato.

‹‹ Bene così ›› disse, sbadigliando ‹‹ vado a sdraiarmi un attimo sul divano. Quella corsa mi ha stancato. Vieni con me? ››

‹‹ Ti raggiungo tra poco ›› mi girai nella direzione in cui era andato Jorge poco fa ‹‹ prima devo parlare con Jorge. Spero che mi dia qualche risposta sincera, perché ho parecchie domande da fargli dopo ciò che ho scoperto ››

Sollevò lo sguardo al soffitto e sbuffò rumorosamente. Non cercò neanche di camuffare quanto quella risposta l'avesse effettivamente infastidito, il che mi provocò una piccola risata.

Sembrava un bambino offeso, e lo trovai piuttosto divertente.

‹‹ Bene così ›› sbuffò di nuovo, raggiungendo il divano con grossi passi e buttandosi sopra questo a braccia conserte.

Okay, forse non avrei dovuto ridacchiare, ma non riuscii a trattenermi.

 

Pochi istanti dopo, raggiunsi Jorge nella sala pilota

Indossava due grosse cuffie ed era concentrato nella guida della berga, ma nonostante tutto si accorse di me e sollevò una mano per salutarmi.

‹‹ Hola hermana ›› disse con tono quasi affettuoso ‹‹ sono contento che sia qua anche tu ››

‹‹ Già ›› dissi lievemente imbarazzata. Mi sedetti sulla poltroncina libera, osservando l'uomo alla guida. Era concentrato ed immobile, faceva capire quando fosse preparato ed esperto nella guida del veicolo.

‹‹ Ho qualche domanda da farti... ››

‹‹ So già cosa vuoi sapere ›› si sistemò sulla poltroncina ‹‹ Sì, io e Brenda lavoravamo per la C.A.T.T.I.V.O.. A Brenda era stata affidata la missione relativa alla zona bruciata, ed io non l'ho lasciata andare da sola. È come una figlia per me ›› mi rivolse uno sguardo rapido, che riportò alla svelta davanti a se, come se rischiasse di fare collisione con qualcosa di invisibile ai miei occhi – il che, date le risorse possedute dalla C.A.T.T.I.V.O., non mi stupirei affatto – ‹‹ come lo sei tu ›› concluse.

Corrugai la fronte, scuotendo rapidamente la testa ‹‹ non capisco. No, aspetta... vorresti dirmi che tu sei il mio vero padre? ››

Strinse le mani attorno al volante e scoppiò a ridere in una risata così sonora da lasciarmi credere che non ridesse così da anni.

Non ci trovavo nulla di divertente. Insomma, non ricordavo nulla del mio passato, e onestamente avrei preferito essere imparentata con lui piuttosto che con quella scimmia ammaestrata di mio padre.

‹‹ No, piccola. Perdona la mia risata, in effetti potevo risparmiarmela ›› disse così, ma non cancellò quel sorrisetto dalle labbra.

‹‹ Non fa nulla, chiuderò un occhio. Per sta volta ››

‹‹ Comunque, no ›› riprese ‹‹ ma, come sai, lavoravo alla C.A.T.T.I.V.O.. Ero molto amico di tuo padre, anche prima che arrivasse alla base. Ti conosco sin da quando eri piccolina. Ed anche allora, credimi, eri una bambina brillante. Quelli come te si riconoscono sin da tenera età. A noi piloti non è concesso entrare alla base, noi stiamo ventiquattro ore su ventiquattro all'interno dell'hangar, ma da quando tuo padre è a capo della base, beh... ›› fece le spallucce ‹‹ ho... o meglio, avevo qualche diritto in più. Ho potuto stare a contatto con te e Brenda per più tempo ›› storsi il naso.

‹‹ Capito... ›› Questo spiegava almeno il perché, nella zona bruciata, mi sentivo affezionata a quell'uomo ‹‹ mi piacerebbe ricordare qualcosa di te ››

‹‹ Se non hai voluto recuperare la memoria, è evidente che non ne senti la necessità ››

‹‹ Ho paura ›› abbassai lo sguardo ‹‹ ho paura di scoprire che in verità sono stata solo un mostro ››

‹‹ Hai fatto ciò che ritenevi giusto fare ›› si voltò verso di me ‹‹ ciò che dissi a tua madre, lo dico a te, Hermana. Non incolpare te stessa per ciò che ti hanno costretta a fare, o diventerà una croce più grande di te da portare. Non puoi condannare te stessa per questo ››

‹‹ Com'era lei? ››

‹‹ Una grande donna. Sicuramente migliore di tuo padre ›› tornò a guardare davanti a sé ‹‹ quando ha capito che stavano sbagliando tutto, ha provato a rimediare. Non so come, ma conoscendola, avrà cercato di far saltare in aria l'intera organizzazione. Avrebbe voluto passare più tempo con te, ma questo l'ha sempre detto. Veniva nell'hangar di nascosto per sfogarsi con me ››

rimasi in silenzio. Sentii una brutta sensazione che mi pesava sul petto.

‹‹ E poi? ››

‹‹ E poi non so altro, piccola. Poi io e Brenda siamo stati mandati nella zona bruciata ›› vidi una punta di amarezza nei suoi occhi ‹‹ mi dispiace ››

‹‹ Mi hanno detto che l'hanno mandata nella zona bruciata perché aveva l'eruzione ››

corrugò la fronte ‹‹ davvero? ››

annuii. Non sembrò molto convinto da quell'affermazione.

‹‹ Non l'ho mai vista, ma considerando le dimensioni di quel posto... è possibile, non lo metto in dubbio ››

questo di certo non mi rassicurava. Ma mi faceva piacere sapere che mia madre non era una completa testa di cazzo, ed in un certo senso, mi faceva piacere anche aver ritrovato un pezzo del mio passato.... sempre sperando che non stesse mentendo un'altra volta.

Nessuno mi poteva dire con certezza che quello non era l'ennesimo copione impostato dalla C.A.T.T.I.V.O..

Ha mentito una volta. Poteva benissimo farlo anche una seconda.

Quello fu un pensiero che mi fece scontrare con la realtà della situazione.

Di colpo, ciò che mi faceva sentire sollevata, mi mise addosso un carico di domande che preferii non rivolgere all'uomo che stava davanti a me.

Potevo davvero fidarmi di lui? Quello rimaneva un grosso punto di domanda.

Mi alzai, poggiando una mano sulla sua spalla per salutarlo, e decisi di lasciarlo da solo alla sua guida senza nemmeno voltarmi ad osservare la sua faccia.

Ero certa che fosse stupito di quella mia reazione, ma non poteva di certo biasimarmi.

Chiunque dopo una cosa del genere avrebbe cominciato a dubitare del mondo esterno, sopratutto di quello degli adulti, che si utilizzavano come topi da laboratorio e non come ragazzi.

In un certo senso, rimuginare sulle probabilità che quella potesse essere un'altra prova impostata dalla C.A.T.T.I.V.O. non avrebbe di certo aiutato, e potevo solo sperare di sbagliarmi.

Ma che fosse un rischio, era anche fin troppo palese e la cosa pesava sulle mie spalle come un grosso macigno pesante da sopportare.

Avrei voluto esporre quelle preoccupazioni a qualcuno, ma non volevo riempire la testa dei miei amici con le mie paranoie.

Minho aveva già il morale sotto i piedi, Thomas era bello che svenuto, Brenda... beh, io con Brenda non ci parlo. E Newt, di certo, era meglio lasciarlo in pace piuttosto che con altri pensieri che potevano solo peggiorare lo stato dell'eruzione.

E lui era la mia priorità in assoluto.

Ma quei dubbi mi rimbalzavano in testa come se si stessero divertendo su un tappetino elastico.

Avevo già avuto prova di quanto la C.A.T.T.I.V.O. fosse infida e bugiarda, già dal fatto che mi avesse imbrogliata più di una volta dandomi versioni false della realtà che mi circondava.

Forse non saprò mai qual è la verità, qual è il mio vero passato.

Ma a questo punto, che importanza ha?

Ciò che avevo ora mi andava benissimo. Potevo considerare i radurai la mia unica famiglia.

Newt era veramente tutto ciò che avevo.

Varcai la soglia del piccolo corridoio che avevo appena attraversato e raggiunsi quella sorta di saletta dove si trovavano i miei amici.

Mi venne quasi un groppo in gola appena guardai Newt.

Perché pensare che era tutto ciò che avevo era lui e che la malattia lo stesse divorando vivo sotto i miei occhi era la consapevolezza peggiore che una persona potesse avere.

Era lì, sdraiato su quel divano, mentre fissava il soffitto con fare quasi interessato.

Mi avvicinai lentamente e silenziosamente. Non volevo svegliare Minho, che era addormentato come un cucciolo – con la differenza che russava come un elefante raffreddato –.

Newt spostò lo sguardo verso di me, come un felino quando studia la preda, e si sforzò di rivolgermi un sorriso ‹‹ ma guarda, fagio, sei tornata finalmente! ››

‹‹ Dai, non sono stata via così tanto tempo... E non chiamarmi fagio ››

fece le spallucce e legò le braccia dietro la testa, inspirando rumorosamente ‹‹ scusa, Liz ››

‹‹ bene così ›› borbottai ‹‹ posso sdraiarmi qui con te? ››

‹‹ Che caspio di domanda è? ›› corrugò la fronte ‹‹ certo che puoi. Ti stavo aspettando apposta! ››

ignorai l'ultima parte della risposta e, appena provai a sdraiarmi sul bordo del divano, lo vidi spostarsi per occuparlo lui, sollevando l'indice e scuotendolo in segno negativo.

‹‹ Ah-ah! ›› scosse la testa, schioccando la lingua contro il palato ‹‹ non se ne parla, non ti sdrai sul bordo del divano! ››

‹‹ Cosa? Perché? ›› sollevai un sopracciglio.

‹‹ Perché potresti cadere, dannazione! ›› allungò le mani ed afferrò le mie, tirandomi verso di sé. Non sapevo se fosse serio o meno, ma lo lasciai fare e mi sdraiai praticamente su di lui. Il divano non era poi così tanto grande.

Ma la mia schiena era poggiata allo schienale del divano e Newt non si lamentava.

L'unica cosa che fece appena mi sdraiai, fu spostare un braccio contro gli occhi, come per ripararsi dalla luce, mentre con l'altro mi cingeva la vita come per assicurarsi che non scappassi un'altra volta.

Portai una mano contro le labbra ed alzai la testa, fissandolo in volto. Aveva un sorrisetto stampato sulle labbra, e da lì capii che stava semplicemente giocando.

‹‹ Ti sei offesa? ›› disse di punto in bianco, spostando il braccio. Arricciò il naso facendolo somigliare ad un bambino un po' troppo cresciuto.

‹‹ No ›› risposi allungando una mano verso il suo volto e sfiorandogli la punta del naso con l'indice ‹‹ Ma sei una testa puzzona ›› brontolai con tono divertito. Ridacchiò sottovoce, arricciando di nuovo il naso appena entrò in contatto col mio indice.

Preferivo vederlo in quel modo piuttosto che giù di morale.

‹‹ rassegnati all'idea che il tuo sedere da fagio cuoca non toccherà mai il bordo di questo divano ›› finse un espressione da sfida da persona superiore a tutti.

‹‹ Va a tuo svantaggio, pive vicecapo, io sto bella comoda da questa parte! ››

‹‹ Ci credo, sei sdraiata su di me. Dovrei diventare un prototipo di divano, occasionalmente utilizzato come materasso ›› annuì con convinzione, spostando lo sguardo verso il soffitto e fingendo di pensarci su ‹‹ secondo me avremmo dei grossi guadagni ››

‹‹ Già. Peccato che permetterei a nessuno di usarti come materasso o divano ›› brontolai, sbadigliando qualche istante dopo.

Mi ritrovai in poco tempo rannicchiata a lui, con le gambe avvinghiate attorno alle sue.

Una sua mano si strinse attorno alla mia, per poi intrecciare le dita.

‹‹ Mi piacciono questi piccoli momenti ›› disse con un tono distratto ‹‹ mi ricorda quando eravamo nella radura. Non avrei mai pensato di dire che lì era tutto più semplice, rispetto a qui ››

‹‹ Tutto sommato, lì eravamo al sicuro. Dolenti a parte, s'intende ››
Annuì, stringendo la mia mano ‹‹ hai presente quando eravamo in quella sorta di capsula, nella zona bruciata? ››

corrugai la fronte per il cambio di discorso ed annuì. Il suo volto mutò, lasciando intravvedere una sorta di tristezza nei suoi occhi. Sembrava essere incantato a fissare un ricordo ormai lontano.

‹‹ Quel giorno, sentivo che qualcosa non andava ›› chiuse gli occhi ‹‹ stavo valutando seriamente l'idea di interrompere il nostro rapporto ››

Trasalii a quelle parole. Forse sbiancai. Fu come se per qualche istante il tempo si fermò, ed il mio cuore con lui.

Mi strinse di nuovo la mano, come se si rese conto di ciò che stavo provando.

Beh, non che ci volesse un genio.

‹‹ Mi sentivo quasi preso in giro. Non so spiegarti bene tutto ciò che stava passando nella mia testa in quel momento... Ma alla fine mi sono detto che probabilmente, anche facendolo, la situazione non sarebbe cambiata. Anzi, sarebbe peggiorata ›› riaprì gli occhi ‹‹ Ma lo pensai davvero ››

‹‹ Perché me lo stai dicendo? ››

‹‹ Perché non voglio avere segreti con te ›› incrociò il mio sguardo, sollevando una mano per accarezzarmi la guancia ‹‹ e non voglio che tu ne abbia con me. E, Liz, stai bene? Sei pallida... ››

‹‹ Sto bene. È solo che questa cosa mi ha un po'... sconvolta, diciamo ›› ammisi, vedendolo sorridere a quella mia risposta.

‹‹ Scusa ›› mormorò col tono di un bambino ‹‹ non volevo. ››

Detto questo, rivolse lo sguardo verso Minho, che aveva cambiato posizione sul divano e aveva poggiato le gambe sullo schienale. Era una posizione semplicemente improponibile, ma lui sembrò essere dannatamente comodo.

‹‹ La notizia di Eva deve averlo sconvolto parecchio ›› sussurrò, indicando l'amico con un cenno del capo ‹‹ mi dispiace anche a me ››

‹‹ Non sei l'unico. Avevamo un buon legame. Lei e Justin mi hanno accompagnata fino a lì ››

‹‹ Quindi Justin ora è l'eroe del momento? Curioso, ero rimasto al momento in cui ti ha uccisa ›› sollevò gli occhi al soffitto, poi li riportò su di me, assumendo uno sguardo colpevole ‹‹ … scusa, è stato più forte di me. Ho capito che era stato, diciamo, comandato, ma per me rimarrà sempre e comunque la testa di spoff che ti ha uccisa ››

‹‹ lo so, non te ne faccio una colpa, Newt. Ma è anche grazie a lui se ora sono qui ››

‹‹ bene così ›› scrollò le spalle, segno che ora, quella conversazione, poteva cadere lì.

 

Al nostro risveglio, io ero avvinghiata a Newt e, nonostante fossi certa al cento per cento che quando mi addormentai non c'era nessuna coperta, ne avevamo una addosso.

Appena Minho si svegliò, convocò un adunanza. Sentii quel gesto quasi nostalgico.

Durante tutto il tempo in cui rimanemmo tutti in cerchio come una riunione di alcolisti anonimi (conoscevo il termine ma onestamente non avevo la benché minima idea di cosa fossero), Minho lanciava occhiatacce in direzione di Brenda, quasi a volerla bruciare viva.

A quel punto capii che il ragazzo si fidava di lei proprio come mi fidavo io: praticamente poco e niente.

Rimanemmo lì per chissà quanto tempo a rimarcare concetti visitati circa mille volte, per poi giungere ad una conclusione che avevamo già ipotizzato alla prefazione di quell'adunanza: Dovevamo andare a Denver.

Un posto dove, a quanto era stato detto, il virus non c'era. Un posto per immuni.

Dovevamo semplicemente andare lì, dire che eravamo immuni in cerca di lavoro come addetti ai mezzi pubblici e, a quel punto, ci avrebbero schedati ed avremmo avuto accesso alla città.

Il problema era che Newt non era immune, quindi sarebbe dovuto rimanere nella berga da solo finché non trovavamo una soluzione.

Lui non disse nulla, lasciando intendere che la cosa nemmeno gli interessava.

Mangiammo velocemente, poi ognuno tornò a farsi i caspi propri.

Jorge ripartì con la berga, e noi rimanemmo buttati in quella sorta di salottino improvvisato.

Thomas aveva preso posto in una poltrona reclinabile e sembrava essere la persona più comoda sulla faccia della terra.

Mi avvicinai al ragazzo, decidendo di approfittare del fatto che fossero tutti “impegnati” in altro.

‹‹ Posso dirti una cosa senza che te la prendi? ›› domandai, vedendolo sobbalzare sulla poltroncina per la mia apparizione improvvisa.

Era in procinto di addormentarsi, avvolto in quella copertina come un neonato.

Si poggiò la mano sul petto, come se volesse sentire quanti battiti aveva cominciato a perdere.

‹‹ Sì... ma ti prego, la prossima volta avvisami ››

‹‹ Sei un idiota ›› dissi con tono fermo, sedendomi sul bracciolo della poltroncina ‹‹ secondo voi è una caspio di buona idea lasciare Newt da solo su questa berga? ›› corrugai la fronte, avvicinando il volto a quello del ragazzo, che deglutì lievemente nonostante cercasse di apparire calmo ‹‹ sul serio, Thomas? Con la C.A.T.T.I.V.O. alle calcagna e milioni di spaccati che girano indisturbati come cani randagi appestati? ››

‹‹ Non abbiamo altra scelta, Elizabeth. È infetto, non può entrare con noi a Denver. L'idea non fa impazzire neanche a me. ››

‹‹ Io una buona soluzione l'avrei ›› diedi una rapida occhiata in direzione di Newt ‹‹ rimango qui sulla berga con lui. ››


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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


‹‹ Liz, no. Sul serio, no. ›› Newt era contrario alla mia idea. Da quando gli avevo detto che sarei rimasta sulla berga con lui, non aveva fatto altro che borbottare quelle parole.
Anche Thomas era piuttosto contrario, ma aveva capito che tanto discutere con me era come farlo con un muro. Sarei rimasta su quella dannatissima berga, che andasse bene loro o meno.
‹‹ Non puoi sbattermi fuori dalla berga, per cui, rimango qui ›› indicai sul pavimento ‹‹ levati dalla testa che ti lascio solo su questo affare ››
Newt schioccò la lingua. Era seduto sul divano, ma si alzò di colpo e si avvicinò a me con passo spedito ‹‹ Ascoltami bene ›› poggiò le mani sulle mie spalle, avvicinando il volto al mio ‹‹ tu vai con gli altri da questo caspio di Hans o come si chiama e ti fai levare quell'affare che hai in testa. Sono abbastanza grande per poter rimanere da solo su un coso che vola. ››
Poggiai le mani sulle sue spalle, sollevando un sopracciglio ‹‹ io non mi faccio mettere le mani nel cervello da nessuno. Sopratutto se si tratta di qualche vecchia conoscenza di miss “mi fingo spaccata perché fa figo”. Altra cosa: non ti lascio solo su questo coso. ››
Sollevò gli occhi al soffitto, sbuffando rumorosamente. Fece per rispondere, ma venne interrotto da Thomas, che decise di chiamare un adunanza con una certa urgenza.
Per cui ci ritrovammo tutti seduti vicino alla cabina di pilotaggio, mentre Thomas ci raccontava dei suoi ultimi sogni, dicendo di essere fermamente convinto che fossero frammenti del suo passato.
Per tutto il tempo, rimasi ad ascoltarlo in silenzio, così come stavamo facendo tutti.
Mi ricordavo quella sensazione, l'avevo vissuta quando ero nella radura.
Potevo capirlo benissimo.
Ero vicina a lui mentre parlava, ed appena finì, d'istinto gli afferrai la mano, cogliendolo di sorpresa.
‹‹ Ti capisco ›› Mi guardò lievemente spaesato, ma poi ricambiò la stretta ed annuì.
Minho sbuffò, sollevando le mani verso il soffitto ‹‹ Non vedo cosa c’entri con la nostra situazione. Mi fa solo odiare la C.A.T.T.I.V.O. ancora di più. Per fortuna ce ne siamo andati, e spero di non dover mai più rivedere quella faccia da caspio di Teresa. ››
‹‹ Che caspio c'entra adesso Teresa? ›› sbottai infastidita da quella frase, ricevendo in tutta risposta un'occhiataccia da parte del mio amico, che prima che potesse rispondere, venne interrotto da Newt.
‹‹ In confronto a quella saputella, Brenda è una cavolo di principessa ››
‹‹ Ehm... grazie? ››  rispose Brenda infastidita, incrociando le braccia al petto.
Okay, fantastico. Tutto ma non quello.
‹‹ Già, con la sostanziale differenza che Teresa vi ha salvato il culo nel labirinto e questa vi ha riconsegnati alla C.A.T.T.I.V.O., ma vedo che questo è diventato un dettaglio irrilevante ›› sibilai tra i denti.
Thomas spostò la mano, ma non distolse lo sguardo da me.
‹‹ E questo cosa c'entra? Era tutto un piano della C.A.T.T.I.V.O., tutto studiato a tavolino! ›› ribadì Minho, drizzandosi sulla poltrona ‹‹ era una cosa che doveva accadere ››
‹‹ Ed indovina un po'? ›› mi drizzai anche io, sporgendomi nella sua direzione ‹‹ anche quello che ha fatto Brenda. Con la differenza che Teresa non lo sapeva. ››
‹‹ Non parlate di me come se non fossi qui! ›› s'intromise Brenda, sempre più infastidita da quella discussione che, per lei, sembrava essere scomoda.
Minho mi studiò con lo sguardo. Il suo viso era contratto dal nervoso che lo stava attanagliando, e avrei giurato di non aver mai visto il mio amico a quei livelli 
‹‹ Guarda che non mi fido un granché nemmeno di questa qua ›› indicò la ragazza con la testa, voltandosi di botto nella sua direzione ‹‹ Sentiamo, quand’è che sei cambiata? ››
‹‹ Eh? ›› rispose questa, sgranando gli occhi per la sorpresa
‹‹ Da quand’è che ti è venuta questa rabbia del caspio nei confronti della C.A.T.T.I.V.O.? Hai lavorato per loro, hai fatto tutto ciò che volevano nella Zona Bruciata. Eri disposta ad aiutarli a metterci quella maschera in faccia e a trattarci di nuovo come cavie. Quando e perché hai deciso di stare dalla nostra parte con tanta convinzione? ›› 
‹‹ Io non sono mai stata dalla loro parte. Mai. Non ho mai condiviso il loro modo di operare, ma cosa avrei potuto fare da sola? O anche con Jorge? Ho fatto quello che dovevo per sopravvivere. Ma poi sono stata con voi nella Zona Bruciata e quell’esperienza mi ha fatto capire... beh, mi ha fatto capire che abbiamo una chance. ››
‹‹ Oh, ma per favore! ›› sbottai, alzandomi dalla poltroncina e facendo per andarmene.
‹‹ Elizabeth, aspetta! ›› Thomas si sporse, afferrandomi il braccio. Diedi uno scossone, osservando il ragazzo dritto negli occhi. Glielo leggevo negli occhi che per lui, quello, era un argomento scomodo.
‹‹ Se volete stare qui a farvi riempire la testa di un mucchio di sploff, bene, fate pure. Ma io di certo non me le bevo. ›› diedi uno strattone col braccio per liberarmi dalla sua presa, che aveva già allentato.
Mentre camminavo per allontanarmi, sentii Thomas sospirare.
‹‹ Brenda, credi che la C.A.T.T.I.V.O. inizierà a obbligarci a fare delle cose? A confonderci, a manipolarci, o roba del genere? ›› domandò il ragazzo.
‹‹ È per questo che dobbiamo trovare Hans. Posso solo immaginare quello che farà la C.A.T.T.I.V.O. Ogni volta che li ho visti usare il dispositivo impiantato nella testa di qualcuno per controllarlo, quella persona si trovava vicino e sotto osservazione. Ma dato che voi state scappando e non hanno modo di sapere esattamente quello che state facendo, non correranno il rischio. ››
‹‹ Hanno controllato Elizabeth mentre eravamo nella zona bruciata ›› disse Minho ‹‹ l'hanno convinta di essere malata, portandola a vari livelli dell'eruzione... o qualche rincaspiata del genere ››
‹‹ No, no, quello era un chip aggiuntivo, probabilmente in fase sperimentale, che ne so. Non corriamo rischi di quel genere... spero. In ogni caso non avremo risposte certe finché non troviamo Hans, questo ve lo assicuro. ››

Mi sedetti sul divano, in attesa che quella caspio di adunanza finisse.
Sentivo solo bisbiglii, finché poi non sentii un botto contro il muro. Sobbalzai sulla poltrona. Era un colpo forte.
‹‹ Prima di tutto, non ha nessuna importanza se io ho quel cacchio di affare nel cervello, tra non
molto avrò comunque superato l’Andata. E non voglio morire sapendo di essermene andato in giro per una città popolata di gente sana e di averla contagiata. ›› era Newt, ed era piuttosto nervoso. Sentivo la sua voce nonostante fossimo ad una distanza niente male.
Ci fu un attimo di silenzio, poi riprese a parlare, sempre con un tono di voce piuttosto alto ed udibile ‹‹ Beh, non svenatevi per cercare di convincermi. Sappiamo tutti che la portentosa cura della C.A.T.T.I.V.O. non funzionerà mai, e non la vorrei comunque. Non c’è molto per cui vivere su questo pianeta di sploff. Rimarrò sulla Berga mentre voi andate in città. ›› e, detto questo, sentii dei passi pesanti avvicinarsi.
Avevo gli occhi sgranati, perché non avevo mai sentito così tanta rabbia nella voce di Newt.
Mai.
E fui ancora più sorpresa quando lo vidi varcare la soglia di quel piccolo corridoio, perché il suo sguardo era dannatamente e palesemente nervoso, ed allo stesso tempo spento.
Non sembrava essere lui.
Si fermò a pochi centimetri dalla poltrona, schioccò la lingua e fece un cenno con la testa
‹‹ Spostati. Fammi sedere. ›› sbuffò. Sgranai gli occhi e feci ciò che disse, e lui si lasciò cadere sulla poltrona, poggiandosi pochi istanti dopo una mano sulla fronte ed inspirando profondamente.
Corrugai la fronte. Tremava da quanto era nervoso.
‹‹ Si può sapere che caspio ti è preso? Ancora un po' e sfondavi il muro con quel pugno! ›› sbraitò Minho, che aveva appena varcato la soglia del corridoio.
Newt contrasse la mascella, spostando la mano dagli occhi. Lo guardò, ma non rispose.
‹‹ Hai tirato un pugno alla parete? Era quello il tonfo che ho sentito? ›› ero sempre più sbalordita.
Ancora un po' e se sgranavo ancora gli occhi ero certa che sarebbero rotolati fuori dalle orbite per poi disperdersi in giro per la berga come due palle da biliardo.
‹‹ Già, caspio, sono stupito di come non si sia frantumato la mano! ›› sbuffò Minho, e poco dopo sbuffò anche Newt, che sollevò una mano e la mosse.
‹‹ Guardala, sta da Dio e so ancora muoverla. Non mi sono fatto niente. ›› beh, era arrossata, ma integra.
La presi prima che potesse riabbassarla. Mi guardò con la coda dell'occhio, ma mi lasciò fare, riportando poco dopo lo sguardo sull'amico.
‹‹ Non m'interessa della tua mano, dannazione. Voglio solo sapere perché hai reagito così ››
‹‹ Non voglio più che qualcuno insista con questa cosa di Denver. Rimango qui, punto. Voi andate a farvi fare quel caspio che dovete fare con Hans e chiudiamo qui la questione. Tutti voi andrete lì, chiaro? ›› avevo la testa china sulla sua mano, la osservavo attentamente per assicurarmi che non avesse tagli o cose del genere, ma sapevo bene che mentre marcava la parola “tutti”, stava guardando me.
‹‹ Ci andranno Tutti, non preoccuparti ›› risposi.
Lo sentii sbuffare, e ritrasse la mano ‹‹ Anche tu, Liz. ››
‹‹ Ti ho già detto che io rimango qui con te, razza di testa puzzona testarda! ››
‹‹ Ma senti da che pulpito venne la predica! ››
‹‹ Okay, non voglio assistere ad un litigio tra fidanzatini dispettosi ›› Minho alzò le mani in segno di resa ‹‹ datevi entrambi una caspio di calmata, o sarò costretto a darvi un pugno in testa ad entrambi per stordirvi e mettervi a nanna! ››
‹‹ Ehm... che sta succedendo? ›› mormorò Thomas, che era appena entrato.
Il ragazzo aveva gli occhi puntati su Newt, ed aveva uno sguardo totalmente apatico, come se non fosse nemmeno in sé.
‹‹ Piccoli litigi, niente di che, tutto in regola ››
‹‹ Fantastico, avete deciso di spostare l'adunanza qui? Perché ci metto meno di un nanosecondo ad alzarmi e spostarmi altrove. ›› sibilò tra i denti Newt, con la mascella ancora contratta.
‹‹ No, l'adunanza è finita ›› rispose Thomas
‹‹ Bene così, allora che ci fate qui? ››
‹‹ Niente... ››
‹‹ Bene così, allora trovate un modo per convincere Liz ad andare a Denver con voi. ››
‹‹ Non possiamo di certo imbavagliarla e trascinarla in spalla ›› Minho incrociò le braccia, e Thomas annuì.
‹‹ Le ho già spiegato che per me era una pessima idea ›› aggiunse Thomas.
Newt fece una specie di broncio menefreghista, mi rivolse una rapida occhiata, poi sollevò entrambe le sopracciglia e distese le braccia lungo lo schienale del divano ‹‹ Non so, magari potete prendervi la manina ed entrare a Denver insieme, Tommy. Eravate carini, poco fa ››
‹‹ Oh santo cielo... ›› mi poggiai la mano sulla fronte.
Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante, durante il quale ci scambiammo tutti piccole occhiate.
Thomas sembrava esser arrossito, Minho era rimasto in silenzio e si guardava attorno come per chiedersi “perché sono ancora qui?”, e Newt... beh, Newt si guardava le mani con fare strafottente.
‹‹ In ogni caso, fate quel caspio che volete. Ho già espresso il mio parere e non intendo discuterne ulteriormente ›› si alzò di scatto dal divano, come se qualcuno gli avesse dato la scossa. Lo guardai con la fronte corrugata, ma lui m'ignorò, avviandosi altrove.

Ci sparpagliammo di nuovo tutti. Newt si era completamente isolato, non voleva entrare in contatto con nessuno, ed io preferii non disturbarlo. Tanto qualsiasi tentativo per avvicinarmi a lui sembrava inutile.
Minho si era scusato circa una quarantina di volte per come stavamo discutendo poco fa, e Thomas... beh, Thomas era preoccupato per ciò a cui stavamo andando incontro.
Brenda invece mi evitava come la peste, il che non mi dispiaceva affatto.
Alla fine, però, ci ritrovammo entrambe in uno piccolo scompartimento pieno di cose che potevano essere utili. Coperte, cibo in scatola, armi e così via.
‹‹ Tieni ›› mi disse di punto in bianco la ragazza. Era alle mie spalle, mentre io ero china per prendere fuori due paia di coperte, per portarle nella sala con i divani.
Mi girai. Mi stava porgendo una vecchia coperta grigia.
La presi con un gesto secco, ma lei non sembrò stupita. Semplicemente sospirò con fare rassegnato.
‹‹ Grazie ›› dissi, cercando di assumere un tono cordiale, che però risultò più forzato che mai.
Piegai la coperta e la misi al posto di una di quelle che avevo in mano.
‹‹ So che mi odi ›› riprese
‹‹ Complimenti, sei perspicace ›› schioccai la lingua ‹‹ vuoi una statuetta? ››
‹‹ Sono preoccupata per te e i tuoi amici. Non volevo fare nulla di sbagliato, Elizabeth, facevo solo ciò che avrebbe fatto chiunque per sopravvivere! Lo facevi anche tu, andiamo! ››
Mi alzai in piedi di scatto, guardando la ragazza davanti a me. Ma non dissi una parola.
Rimasi immobile a fissarla.
‹‹ Stavo solo facendo il mio lavoro ›› aggiunse.
‹‹ Ed io il mio ›› risposi. Lei sospirò, ancora con quel fare rassegnato. Si girò a guardarsi alle spalle, poi riportò la sua attenzione su di me, mentre cercavo di prendere anche due cuscini tra le mani.
‹‹ Vuoi una mano? ›› disse, sporgendo le mani verso di me
‹‹ No, ce la faccio. Ma grazie per pensiero ›› risposi con tono sarcastico.
Una parte di me si sentiva quasi in colpa per come la stavo trattando, ma l'altra no. Per niente.
‹‹ Senti... mi dispiace per tutto ciò che ho fatto. Mi dispiace anche per quello che stai affrontando. Con Newt, intendo ›› disse. Sembrava sincera. Prese un piccolo respiro profondo ‹‹ deve essere una situazione nuova per te ››
‹‹ Forse... ma ho già avuto a che fare con l'eruzione, in passato. So come agisce, mi è stato spiegato mentre ero alla base ››
‹‹ Beh, meglio per te ›› accennò un sorriso ‹‹ se vuoi, mentre siamo a Denver, proverò a procurarmi un po' di Nirvana e proverò a portarlo da voi... è una droga carissima, ma magari posso rubarla o... non so, corrompere qualcuno ›› scrollò le spalle ‹‹ potrebbe rallentare un po' l'eruzione ››
Mi grattai la testa e corrugai la fronte. Perché improvvisamente si comportava in quel modo così gentile con me?
Che ci fosse lo zampino di Jorge, o Thomas?
‹‹ Grazie ›› dissi, cercando di sembrare il più naturale possibile ‹‹ sarebbe... carino ››
lei sorrise di nuovo, ma sta volta il suo sguardo sembrò più di compatimento ‹‹ figurati...
Deve essere brutto. Newt è una persona veramente sotto stress, praticamente perennemente... no? ››
‹‹ Sì, è così ›› dissi ‹‹ è sempre stato così ››
‹‹ Immagino... è per questo che l'eruzione in lui avanza così in fretta ››
‹‹ Sì, beh, ecco... ora è meglio se vado di là, se non ti dispiace... ››
Mi sentivo a disagio a parlare con lei di queste cose. Capivo che voleva essere solo gentile, ed in qualche modo voleva conquistare la mia fiducia, ma era proprio l'ultima persona con cui volevo fare quel discorso.
E poi ero piuttosto consapevole di ciò che stava accadendo a Newt, ma preferivo non pensarci e non avere qualcuno che mi spiattellasse in faccia ciò che stava accadendo nella sua testa.
Non volevo pensarci. Era già abbastanza doloroso senza che qualcuno rigirasse il coltello nella piaga in quel modo.

Tornai nel salottino. Newt era seduto a terra, accanto al divano. Fissava la parete davanti a sé come se fosse lo spettacolo più bello di quel posto.
Decisi che forse l'idea migliore era quello di lasciarlo stare tra i suoi pensieri, in quel momento.
Avrebbe ripreso a parlarmi quando se la sentiva. Non volevo forzarlo.
Mi avvicinai ad uno dei divani e cominciai a sistemarlo con una coperta ed un cuscino. Stessa cosa feci con l'altro.
Cercai di renderli il più comodo possibile, in modo che potessimo passare delle notti decenti.
‹‹ Liz... ›› mi chiamò Newt di punto in bianco, con un tono piuttosto smorto e carico di sensi di colpa.
‹‹ Sì? ››
‹‹ Scusami ›› sussurrò come un bambino, alzandosi dal pavimento ‹‹ sono una testa puzzona ››
‹‹ Lo so ›› scrollai le spalle ‹‹ ma non importa. Ti avevo già perdonato anche senza che mi chiedessi scusa. So che è difficile per te ›› dissi, sistemando la coperta sul divano davanti a me.
Sentii le sue braccia legarsi attorno alla mia vita, ed il suo mento si posò sulla mia spalla.
‹‹ Non voglio discutere con te ››
‹‹ Non abbiamo discusso, Newt ››
‹‹ Ma non voglio che tu rimanga qui sulla berga ›› continuò ‹‹ voglio che tu vada a Denver assieme agli altri ››
‹‹ Non ti lascerò qui da solo. Quante volte devo dirtelo? ›› lo guardai con la coda dell'occhio.
Chiuse gli occhi per qualche istante, inspirò profondamente e nascose il volto contro il mio collo, stringendomi a sé come se fossi il suo orsacchiotto.
‹‹ Okay ›› disse infine, spostandosi ‹‹ va bene ›› si mise dietro uno dei divani che avevo sistemato con le coperte e cominciò a spingerlo accanto all'altro.
‹‹ Che stai facendo? ››
‹‹ Unisco i divani, non vedi? ››
‹‹ Sì, lo vedo ma... perché? ››
‹‹ Vuoi rimanere qui con me, no? Bene. Tu non vuoi che io rimanga solo, ed io non voglio che tu dorma sola. ››
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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


‹‹ Sei sicura di non voler venire con noi, hermana? ›› domandò per l'ennesima volta Jorge mentre la rampa della berga si abbassava. Era atterrato a circa trenta metri dal muro che divideva quella zona da Denver che, a quella distanza, sembrava essere una fortezza impenetrabile. E così doveva essere, considerando gli spaccati...

‹‹ Sicurissima ›› gli ripetei. L'uomo poggiò le mani sulle mie spalle, guardandomi negli occhi come un padre apprensivo.

‹‹ Voglio solo che tu sappia a cosa stai andando incontro ›› mi strinse lievemente le spalle ‹‹ sta attenta. Per qualsiasi cosa, usa questi ›› si frugò nella tasca della giacca, tirando fuori poco dopo una serie di documenti, che mi passò nella mano come se fosse uno spacciatore seriale di stupefacenti.

‹‹ Cos- ››

‹‹ Sono documenti falsi. Ti serviranno per accedere a Denver e venirci a cercare, in caso dovesse succedere qualcosa. È meglio non usare i nostri nomi, sai ›› poggiò una mano sulla mia guancia, rivolgendomi un sorriso ‹‹ sei comunque la mia bambina... in un certo senso. Non mi perdonerei mai se dovesse succederti qualcosa di brutto ››

annuii, spostandogli la mano dal volto con fare delicato ‹‹ sono qui con Newt, non sono sola. Che mai potrebbe succedere? ››

Jorge rimase in silenzio, rivolgendo un occhiata di sfuggita al ragazzo che, in quel momento, se ne stava in piedi davanti al portellone della berga mentre guardava i suoi amici prepararsi per “la grande uscita”.

‹‹ Non si sa mai. Prevenire è meglio che curare ›› rispose infine Jorge, senza dare una vera spiegazione.

Si allontanò con fare spedito, raggiungendo la ragazza e i due ragazzi.

Appena la rampa toccò terra, in seguito ad un tonfo sordo, si affrettarono a scenderla.

Newt sospirò rumorosamente e si spostò. Non voleva vedere i suoi amici allontanarsi.

Io, invece, raggiunsi i ragazzi alla fine della rampa. Thomas sgambettava sul posto. Era palesemente in estasi all'idea di entrare in quella città.

Mi avvicinai a lui, mettendomi in punta di piedi e poggiando un braccio sulla sua spalla.

Si voltò e mi rivolse un sorriso del tutto naturale.

‹‹ Sei contento, vedo ›› ridacchiai. Lui annuì, poggiando una mano sul suo braccio

‹‹ Parecchio. Più che altro sono curioso di sapere cosa ci aspetta oltre quel muro.

Sappi che non mi fa impazzire l'idea che tu non ti faccia operare da Hans ›› disse con un tono da rimprovero.

Feci roteare gli occhi verso l'alto.

‹‹ Thomas, non permetterò ad uno sconosciuto di operarmi al cervello. E tanto meno lascerò Newt da solo. Te l'ho già detto ›› diedi una rapida occhiata verso la berga ‹‹ non voglio che rimanga solo in queste condizioni. Pensi sul serio che sia una buona idea? Avanti, è ovvio che ci soffrirebbe ›› mormorai per non farmi sentire da Newt. Niente poteva assicurarmi che non stesse origliando.

Thomas annuì, dando anche lui una rapida occhiata ‹‹ sì, hai ragione ››

‹‹ Mi ero dimenticato di quanto fosse invitante questo posto ›› disse Jorge, catturando la nostra attenzione e rivolgendoci una rapida occhiataccia.
‹‹ Sicuro di sapere quello che fai? ›› Chiese Thomas, come se cominciasse ad avere qualche ripensamento. E in quel caso, avrebbe fatto bene. Io ad esempio non mi fidavo affatto di quel piano.

‹‹ Tu tieni la bocca chiusa, hermano, e lascia che me ne occupi io. Useremo il nostro vero nome e un cognome falso ››

‹‹ Piano geniale, se non fosse che il nostro vero nome in effetti è falso, considerando che ci chiamiamo tutti come degli scienziati ›› brontolai

‹‹ Giusta osservazione, hermana ›› Jorge sollevò l'indice, come per puntualizzare il mio concetto ‹‹ ma per voi è il vostro vero nome. Ed in ogni caso, alla fin fine la sola cosa che conta per loro è che siamo immuni. Godranno nel metterci sui loro registri. Avremo un giorno, massimo due, prima che ci trovino per metterci a disposizione del governo. Siamo merce pregiata. E non lo ripeterò mai abbastanza: Thomas, devi tenere quella boccaccia chiusa. ››

‹‹ Anche tu, Minho ›› aggiunse Brenda, rivolgendo un occhiata fulminea a Minho ‹‹ Chiaro? Jorge ha preparato dei documenti falsi per ognuno di noi, ed è un campione a mentire. ››

‹‹ Non dirmelo ›› rispose Minho con fare sarcastico. E, detto questo, Brenda e Jorge cominciarono ad avviarsi.

Minho e Thomas rimasero fermi ancora un po'.

Thomas si mise davanti a me, guardandomi attentamente, con uno ‹‹ questa è l'ultima volta che ti chiedo se sei sicura di voler rimanere qui ››

‹‹ Sicurissima ›› risposi con convinzione. Io ne ero convinta, ma lui sembrava ancora titubante.

Guardo Minho, che aveva lo sguardo sulla berga.

‹‹ State attenti, allora ›› disse quest'ultimo, abbassando lo sguardo verso di me ‹‹ promettimelo o non farò un solo passo lontano da questo aggeggio ››

Schioccai la lingua con fare divertito, sporgendomi verso di lui ed abbracciandolo. Il solito “fratellone” iperprotettivo.

‹‹ Promesso. Ora andate prima che quei due rincaspiati vi lascino qui fuori ›› sciolsi l'abbraccio, dando una rapida occhiata verso Thomas.

Corrucciò le labbra, dandomi una pacca sulla spalla ‹‹ torneremo presto. Promesso ››

Annuii ‹‹ lo so. Trovate Hans e fate ciò che dovete fare, ma, Thomas... Promettimi che starete attenti ››

Il ragazzo corrugò la fronte, annuendo pochi istanti dopo ‹‹ Okay, promesso. ››

Ma sapevo che Thomas aveva la tendenza ad essere circondato da casini, per cui potevo prendere quella promessa con le pinze.

Mi limitai ad annuire, dandogli una pacca sulla spalla. Avrei voluto abbracciare anche lui, proprio come Minho, ma non lo feci. Avevano fretta, e non volevo essere troppo appiccicosa con lui.

Li lasciai andare, seguendoli con lo sguardo finché non raggiunsero Jorge e Brenda.

‹‹ Che brutta sensazione... ›› mormorai, risalendo sulla rampa.

Speravo vivamente che Thomas e Minho non si cacciassero nei guai.

Appena entrai nella berga, premetti il tasto rosso del pannello di controllo, in modo che la rampa rientrasse ed il portellone della berga si chiudesse.

‹‹ Se ne sono andati? ›› disse Newt, con poco interesse, mentre era intento a leggere un foglio che teneva in mano. Era seduto su una poltroncina malandata, ma sembrava stare comodo.

‹‹ Sì ››

‹‹ E tu no... ›› sospirò ‹‹ speravo che avessi cambiato idea, mentre li guardavi andare via ››

‹‹ Ti prego, non cominciare ›› sollevai gli occhi al soffitto ‹‹ non voglio discutere ulteriormente per questa storia ››

‹‹ Non capisci... ››

‹‹ Cosa c'è da capire? ›› allargai le braccia ‹‹ illuminami a questo punto! ››

alzò lo sguardo dal foglio, ma non disse una parola.

Mi fissò come se volesse dirmi qualcosa, ma si stava trattenendo. Non era uno sguardo vuoto, era pieno di umanità. Lo sguardo di chi voleva essere capito, ma non compatito.

Sospirò pesantemente, di nuovo, e riprese a leggere.

‹‹ Lascia stare ››

‹‹ Hai intenzione di ignorarmi per tutto il tempo in cui staremo chiusi qui dentro? ›› sbottai infastidita.

Allora sbuffò, abbassando il foglio ed alzando di nuovo lo sguardo ‹‹ vuoi che appenda dei festoni per tutta la berga con scritto “Elizabeth rimane con me qui su, che bello!”? ››

‹‹ No, ma.. ››

‹‹ Perfetto, allora basta. Ti ho già detto come la penso, non voglio più parlare di questo. ›› contrasse la mascella, riabbassando lo sguardo sul foglio.

Mi sentii pietrificata sul posto.

Sapevo che non era lui a parlare, ma mi sentivo piccola piccola nel vederlo comportarsi in quel modo. Un momento prima era felice, l'altro stava cadendo in una collera cieca.

Sapevo che se ne rendeva conto, perché pochi istanti dopo aver abbassato il voglio, lo vidi corrugare la fronte e spostarsi una mano sugli occhi, prendendo un grosso respiro.

Non disse nulla, forse per orgoglio, o forse per non farmi preoccupare.

Non aveva importanza che mi chiedesse scusa o cose del genere. Io volevo solo fare in modo che lui stesse bene. Ero decisa a fare qualsiasi cosa per alleviare quelle pene che si portava dentro.

Ero certa che lui avrebbe fatto la stessa cosa per me. Per una volta sarebbe stato lui ad avere qualcuno che lo aiutasse a reggersi in piedi. Forse era quella una delle cose che più lo infastidiva.

Si sentiva inutile.

Mi sedetti sul bracciolo della poltroncina, stando attenta a non sbilanciarmi troppo. Mi poggiai al suo braccio, col mento sulla sua spalla.

Lo sentii prendere un grosso respiro, poi cominciò a sfregare le dita contro gli occhi.

Sentii una strana sensazione al petto. Chinai la testa e depositai un bacio sulla sua spalla, sperando che quello potesse in qualche modo rassicurarlo.

‹‹ Scusami... ›› mormorò ‹‹ non riesco a controllarmi... ››

‹‹ Non preoccuparti, so come ti senti ›› lo sapevo benissimo. Ricordavo la paura che mi attanagliava lo stomaco, quando credevo di essere malata.

‹‹ Nessuno lo sa. Nemmeno tu ›› disse, alzando lo sguardo ‹‹ questa volta non comparirà magicamente la C.A.T.T.I.V.O. a dirmi “ehi, era una burla!”. Questa volta è tutto reale. È tutto qui ›› si indicò il cranio ‹‹ e mi sta divorando. È un tutto un casino. È come stare su un'altalena arrugginita e difettosa. Un attimo prima sei in alto, un attimo dopo sei in basso, e ti domandi per quanto tempo ancora reggerà l'altalena, prima che si spacchi e ti faccia precipitare ››

Chiusi gli occhi, poggiando di nuovo il mento sulla sua spalla.

‹‹ Sai una cosa? ››

‹‹ Cosa? ›› chiese, con un tono smorto

‹‹ Male male che vada andremo a braccetto per la zona bruciata e canteremo una caspio di canzoncina insieme ›› dissi, cercando di imitare il suo tono di voce.

Si girò nella mia direzione. Aveva accennato un sorrisetto.

‹‹ Certo, come no ›› soffocò una risata ‹‹ usi le mie stesse frasi contro di me? ››

‹‹ Tu lo facevi nella radura. Ricordi? ››

‹‹ “Newt è un buon amico” ›› cercò di imitare il mio tono di voce

‹‹ Ehi, è vero, lo eri! ›› feci finta di imbronciarmi. Allora arricciò il naso, guardandomi dalla testai ai piedi.

‹‹ Mi stai dicendo che non lo sono più? ›› sollevò un sopracciglio.

‹‹ Forse ›› scrollai le spalle.

‹‹ Già, non sono più il tuo buon amico. ›› si alzò dalla poltroncina, porgendomi la mano poco dopo.

La presi e mi alzai. Mi tirò verso di sé. Sembrava essersi calmato, e trovai la cosa almeno un po' rassicurante.

‹‹ Esatto, ora sei il mio migliore amico ››

‹‹ Sei rimasta sulla berga con me, perché sono il tuo migliore amico? ››

‹‹ I veri amici si vedono nel momento del bisogno, no? ›› gli feci l'occhiolino.

‹‹ Giusto ›› fece le spallucce, legando le braccia attorno alla mia vita. Fece un respiro profondo poco dopo, poggiando il mento sulla mia nuca.

Spostai le mani sulla sua schiena, premendole lievemente per stringerlo di più a me.

Sembrava essersi tranquillizzato davvero.

‹‹ Sai perché non ho insistito ulteriormente? ›› riprese Newt, sciogliendo l'abbraccio

‹‹ Perché tanto era come parlare con un muro? ››

‹‹ Anche ›› ammise ‹‹ ma anche perché so' bene che tanto troveresti il modo di tornare qui. Sarebbe stato inutile. È ciò che avrei fatto io. ››

 

Avevamo la berga interamente a nostra disposizione. Era come una piccola casa, alla fine.

Non avevamo un letto, ma quei due divani uniti ci bastavano. Era sempre meglio di niente.

Un piccolo bagno, una sorta di cucinino che, indubbiamente, non era il massimo della comodità, ma andava benissimo. A noi bastava quello, e considerando dove ci trovavamo, era veramente tanto.

Prima di andare a dormire, avevamo le coperte sui divani in modo che sembrasse una sorta di letto matrimoniale. Era strano, c'era da ammetterlo. Era tutto così dannatamente nuovo. Ma almeno nessuno dei due si trovava a disagio. Non troppo almeno.

‹‹ Spero che i divani non si separino all'improvviso e ci faccia cascare con il sedere a terra ›› mormorai mentre lo raggiungevo sotto le coperte. O quello che dovevano essere. La cosa positiva è che erano piuttosto grandi e ci coprivano interamente. A dire il vero ne bastava una, ma con due avremo avuto più caldo.

‹‹ Non succederà, vedrai ›› rispose, prendendo un respiro profondo poco dopo e mettendosi un braccio dietro la testa ‹‹ in caso contrario, prima della botta sentirai una mia imprecazione ››

arricciai il naso e mi sistemai sotto le coperte, accanto a lui.

Si addormentò quasi subito, ma la mia testa stava vagando altrove.

Avevamo lasciato una torcia accesa, esattamente dietro i divani, in modo che se dovesse servirci qualcosa almeno avremmo visto un pochino.

L'unica che mi serviva osservare, però, dormiva accanto a me. Sembrava essere così dannatamente tranquillo e sereno mentre dormiva. A parte i forti sbalzi d'umore, era sempre Newt. Il mio Newt.

Lo stesso ragazzo che mi aveva accolta e protetta nella radura. Ora spettava me proteggerlo, in qualche modo.

 

Mi svegliai. Non so nemmeno il momento esatto in cui caddi nel sonno, so solo che mi ritrovai a stringere un cuscino tra le braccia.

La parte in cui dormiva Newt era nuova e le coperte erano raggrinzite.

A giudicare dalla piccola finestra in alto, era giorno, ed entrava una flebile luce biancastra.

Mi alzai pigramente, passandomi una mano tra i capelli scomposti ed annodati.

‹‹ Buongiorno, fagio ›› sobbalzai sul letto, girandomi di scatto nella direzione di Newt. Aveva un sorriso a trentadue denti.

Si era svegliato di buon umore, e questa era una cosa positiva.

‹‹ Buongiorno, pive ›› sorrisi a mia volta, spostando la coperta per alzarmi ‹‹ come mai così di buon umore? ››

‹‹ Ho dormito bene, accanto ad una ragazza che non russa come un trombone. È stata una bella nottata silenziosa ›› si diede una pacca sulle ginocchia e si alzò dal divano ‹‹ e c'è una cosa nel ripiano dove c'è il cibo. Sembra una scatola di.. cereali, credo. Sono buoni. ››

‹‹ Vorrà dire che andrò a mangiarli più tardi, ora non ho fame, sarò sincera ›› sistemai rapidamente le coperte sul divano, girandomi poi in direzione del ragazzo, che ora era poggiato alla parete e mi osservava. Aveva uno sguardo strano, un misto tra allegria e apatia.

‹‹ Tutto bene? ›› domandai lievemente stranita.

‹‹ Ho un po' di mal di testa ›› si passò una mano tra i capelli.

È dire che fino a qualche attimo fa sprizzava allegria da tutti i pori.

Arricciai le labbra ‹‹ penso che andrò a fare una doccia. Riuscirai a sopravvivere senza di me per qualche minuto? Posso sempre lasciare la porta del bagno aperta ››

‹‹ Sì, posso soprav- ›› sgranò improvvisamente gli occhi, diventando serio ‹‹ No. Aspetta. Non andare in bagno. ››

Corrugai la fronte, dando una rapida occhiata verso la porta di quella stanza ‹‹ perché? ››

‹‹ Non farlo e basta. ››

‹‹ È successo qualcosa mentre dormivo? ››

‹‹ Io.. No. Non è successo nulla. ››

‹‹ Ah-ah. Certo. ›› mi girai, dirigendomi a grandi passi verso il bagno.

Newt mi seguii, ma non fece in tempo a superarmi. Non era troppo distante il bagno, quindi fu facile raggiungerlo prima di lui.

Aprii la porta con un colpo secco, in modo che lui non facesse in tempo nemmeno a bloccarla.

Spalancai la bocca.

Sembrava che qualcuno avesse lottato lì dentro:

Il vetro dello specchio sopra il lavandino era bagnato, la doccia non aveva più la tendina appena, era a terra, piena di acqua, ed era completamente stracciata.

Al lato dello specchio, in basso, c'era una piccola crepa e il barattolo del bagno schiuma era spaccato sul pavimento. Non avevo parole.

‹‹ Non so cosa mi sia preso ›› provò a giustificarsi Newt.

Non aveva nulla di cui scusarsi, questo lo sapevo. Piuttosto fui sorpresa di come non mi fossi svegliata, doveva aver fatto un casino micidiale.

Si passò le mani tra i capelli, cominciando a stringerli di botto.

‹‹ Non è successo nulla ››

‹‹ Potevi esserci tu, invece che il vetro. Non sono in me quando faccio queste cose. ›› il suo tono di voce cambiò radicalmente. Ora era carico di rabbia repressa ‹‹ odio me stesso. ››

‹‹ Non puoi odiarti, non hai fatto nulla! ››

‹‹ Mi odio eccome! Mi odio per ciò che sto diventando! Spero solo che Thomas faccia ciò che gli ho detto. Ma so che è mio amico. So che lo farà ››

‹‹ Perché, che gli hai detto? ››

Rimase in silenzio, poi mi fulminò con lo sguardo ‹‹ gli ho chiesto un favore ››

‹‹ Che favore, Newt? ›› sentii una pessima sensazione.

‹‹ Una cosa che non ti riguarda, okay? Smettila di farti gli affari miei. ›› tirai indietro la testa, come se mi avesse appena dato un pugno in pieno stomaco ‹‹ non volevi farti una doccia? Va a farti questa caspio di doccia. ›› sbuffò, allontanandosi di colpo.

Continuavo a ripetermi che non era lui a parlare, ma la situazione cominciava a degenerare.

Ed io, invece, continuavo a sentirmi inutile di fronte a tutto quello.


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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Una volta uscita dalla doccia e vestita, sistemai un po' il bagno. Asciugai con degli stracci che poi, non sapendo dove metterli, gettai in un angolo del bagno. Riappesi la tendina alla doccia, seppure praticamente distrutta, ed uscii dal bagno per andarmi a sedere sulla poltroncina. Newt era rimasto chiuso nella cabina di pilotaggio per tutto il tempo, senza parlare e spostarsi neanche per sbaglio.

Era seriamente arrabbiato con me? E cosa aveva detto di tanto importante a Thomas?

Perché avevo la sensazione che fosse qualcosa di orribile? Di tanto orribile da non potermelo nemmeno dire?

E pensare che prima andava tutto bene. Prima non era malato. Non c'era giorno in cui la radura non mi mancava.

‹‹ Liz? Posso entrare? ›› mi voltai. Era poggiato all'entrata della stanza. Sembrava un cucciolo bastonato in cerca di coccole. Come potevo dirgli di no?

Lo guardai, ma non sapevo nemmeno cosa rispondergli. Aveva un espressione così... impaurita.

E sapevo cosa lo impauriva veramente. No, non ero io. Era sé stesso.

Era da solo contro i suoi demoni, che era persino più grandi di lui. Era una situazione più grande di tutti noi. E non c'erano vie di fuga, non avevamo armi.... Non c'era nulla che potesse salvarci.

Non erano dolenti, non erano spaccai... Solo un virus che non sapevamo come fermare.

Mi sentivo una spettatrice di fronte a quello spettacolo che, però, avrei fatto volentieri a meno di guardare.

Vedere il ragazzo che amo in quelle condizioni era la peggiore delle torture che la C.A.T.T.I.V.O. potesse infliggermi.

Perché, alla fine, la colpa era solo loro.

Newt era sano quando stava nella radura. Newt era sano all'interno della base. Ma cosa l'ha fatto ammalare?

Lo stress. Le prove. Le morti a cui ha dovuto assistere, senza poter muovere un dito. La zona bruciata.

Certo, sicuramente era esposto alla malattia. L'avevano detto che alcuni soggetti erano più esposti...

E chi era più esposto? I soggetti più stressati.

Quei bastardi sapevano che mandandoci nella zona bruciata avrebbero “estirpato l'erbaccia non-mune” più facilmente. Una sorta di selezione naturale.

Strinsi i pugni, contrassi la mascella. Infine, ricordai che il povero ragazzo era ancora sull'uscio della porta in attesa di una mia risposta.

Mi sistemai una ciocca di capelli dietro l'orecchio, cercando di rimuovere quei pensieri dalla mia testa. Dovevo apparire il più calma possibile, senza farmi vedere troppo nervosa per via di quei bastardi della C.A.T.T.I.V.O.. No, loro ora non dovevano più interferire con la mia vita.

‹‹ Certo che puoi enrare ›› risposi, cercando di apparire il più naturale possibile.

Lui entrò un po' titubante, poi si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli un po'.

Era bellissimo anche con quell'aria un po' trasandata. Prese un grosso respiro profondo, lasciando ricadere di colpo il braccio lungo il fianco.

‹‹ Mi dispiace.... ›› mormorò, con un tono carico di sensi di colpa ‹‹ so di averlo già detto, tipo, mille volte. Ma non smetterò di ripetere che sono la peggior testa puzzona di sulla faccia di questo caspio di pianeta ››

‹‹ Ed io non smetterò di ripeterti che non è colpa tua ›› mi alzai dalla poltroncina e mi avvicinai a lui.

Mi guardava ancora con quello sguardo da cucciolo, quasi indietreggiò appena lo raggiunsi.

I miei occhi erano fermi a fissare i suoi. Quei suoi bellissimi occhi, in cui ora riuscivo a vedere quel mare in tempesta che si portava dentro.

Poggiai le mani sul suo volto, accarezzando le sue guance con i pollici. Fui sorpresa di come non si ritrasse a quel contatto.

Ma mi guardò con la fronte corrugata. Dopotutto non era ancora abituato a quei contatti.

Forse lo mettevano ancora un po' a disagio. Ma non si spostò.

Dopo un po', chiuse gli occhi.

‹‹ Non importa se non è colpa mia. Potevo dare di matto in un momento diverso da quello. Sono pericoloso per te, Liz... ››

‹‹ Non fasciarti la testa come un rincaspiato, okay? Non è successo niente. Non abbiamo nemmeno discusso ›› sussurrai, come se temessi che quelle parole gli facessero ancora più male di quanto sapevo che potessero effettivamente fargli.

‹‹ La fai facile, tu. Non hai un caspio di virus che ti mangia da dentro. ›› poggiò una mano sulla fronte ‹‹ so di averti detto che sarebbe andato tutto okay, ma... ››

‹‹ E andrà tutto per il meglio. Te lo prometto ››

‹‹ Non promettermi cose che non puoi mantenere. In verità, nemmeno m'interessa, diciamo... ›› aprì gli occhi. Erano lucidi. Fin troppo lucidi. Era molto peggio di un cucciolo smarrito.

‹‹ Dovresti fuggire da me ›› riprese. Il suo tono era rauco e spezzato ‹‹ vattene. ››

‹‹ No. ›› risposi, accarezzandogli ancora il volto ‹‹ non ti lascerò qui, chiaro? Io non vado da nessuna parte, te l'ho già detto ››

<< Ti ho detto di andartene! ›› alzò la voce, poggiò le mani sulle mie spalle e mi spinse di colpo contro la parete. Persi il contatto col suo volto.

Si sentì un tonfo per via di quel contatto improvviso, ma non provai nessun dolore.

Cercai di rimanere calma.

Dentro di me sapevo che non avrebbe mai fatto del male.

Dovevo solo credere in quella convinzione. Fidarmi di lui.

‹‹ No. ›› risposi di nuovo, riportando le mani sul suo viso.

‹‹ Fuggi via da me. O ti farò del male. Vattene. Lasciami solo. ›› ribadì, e, lentamente, la sua espressione si ammorbidì ‹‹ ti prego... ›› la sua voce divenne quasi un sussurro.

‹‹ Non se ne parla! ›› avvicinai la fronte alla sua, fino a poggiarla ‹‹ so che non mi farai nulla. Sei sempre tu, Newt. E non sei un mostro. ››

‹‹ Sono pericoloso per te. Per noi. Per tutti ››

‹‹ Non ti lascio solo. Tu non l'avrei mai fatto con me ››

‹‹ Ti odio ›› disse a denti stretti. Trasalii. Sembrava essere così terribilmente serio da darmi una sensazione di vuoto nel petto. Chiuse gli occhi, prendendo un grosso respiro e stringendo le mani attorno alle mie spalle ‹‹ ti odio da morire... ›› disse di nuovo, ma questa fu quasi un sussurro. Respirava pesantemente talmente la rabbia aveva preso possesso del suo corpo.

Rimanemmo in silenzio, finché non sentii il suo respiro calmarsi.

‹‹ Bene così ›› mormorai, strofinando lievemente la fronte contro la sua ed accennando un sorriso nel vedere che, quando aprì gli occhi, aveva un espressione lievemente confusa, spaesata e quasi sorpresa.

‹‹ Fanculo, Liz ››

‹‹ Che c'è? ››

‹‹ Perché rimani qui? ›› mi fissava negli occhi, confuso e terrorizzato, ancora una volta, da ciò che potrebbe fare. Era smarrito nella confusione mentale che l'eruzione gli stava causando. Era vittima di sé stesso.

‹‹ Perché non andrò da nessuna parte senza di te ››

‹‹ Ti ho detto che devi andartene. Devi farlo. Devi. Tu D- ›› avvicinai di colpo le labbra alle sue, zittendolo, baciandolo. Nonostante la rabbia che stava provando, nonostante tutto.

Amavo quelle labbra, l'ho sempre fatto, fin dal primo momento in cui le ho sfiorate quando eravamo ella radura. Amavo come mi facevano sentire, provocandomi dolci sensazioni e facendomi provare ciò che non ricordavo di aver mai avuto un vita mia: amore, sincerità, Valori veri, che in quel mondo distrutto erano rari e introvabili. Io, invece, ho sempre avuti a disposizione.

Newt aveva trattenuto il respiro. Sulle prime, si era addirittura pietrificato, colto alla sprovvista da quel mio gesto improvviso. Non ci baciavamo da quando eravamo nella zona bruciata, un posto che ha visto parecchie volte le nostre labbra incontrarsi.

Baci che forse non c'eravamo perché lui, nonostante tutto, si sentiva ancora ferito per ciò che era successo.

Ero stata un'idiota e non ero ancora capace di perdonare nemmeno me stessa, nonostante non fossero scelte completamente mie.

Quando allontanai il volto, lui aveva gli occhi chiusi, ma li aprì lentamente. Il suo sguardo era strano, confuso, ma il nervoso sembrava essere completamente sparito. Sembrava essere... rilassato.

Si era zittito, proprio come volevo.

Accennai un sorriso, anche se lui era ancora assorto nei suoi pensieri, ma mi guardava negli occhi.

Approfittai di quel momento per accarezzargli una guancia. Non si sottrasse a quel gesto. Anzi, rimase immobile e chiuse gli occhi, come se quella carezza fosse qualcosa che in qualche modo potesse ferirlo da un momento all'altro.

‹‹ Dovresti andartene... ›› disse infine, ancora con quel tono assorto nei suoi pensieri. Ora la sua voce era malinconica.

‹‹ Dovrei, ma non lo farò ›› sussurrai con il tono più dolce che riuscii a fare.

Lui abbassò il volto così portai la mano libera sotto il suo mento e lo costrinsi a sollevarlo.

La sua espressione si era corrucciata, esprimendo frustrazione e voglia di piangere.

I suoi occhi erano sempre più lucidi. Sapevo che sarebbe scoppiato a piangere da un momento all'altro, mostrando per la prima volta che quel lato di sé che implorava di essere accolto. Ma lui non l'avrebbe permesso. Non l'avrebbe mai accettato.

Mi spezzò vederlo così. Non era debole, ma aveva bisogno di aiuto. Un aiuto che si ostinava a non volere.

‹‹ Io non voglio farti del male... ›› disse con tono spezzato

‹‹ Non succederà ››

‹‹ E se dovesse succedere? Non me lo perdonerei mai! ››

‹‹ Newt... ›› lo fissai negli occhi, cercando di essere il più serena possibile, per dargli un po' di pace ‹‹ non ti lascerò solo, qualsiasi cosa accada. Sei la mia famiglia. Sei tutto ciò che ho. E la famiglia non si abbandona. Mai. Tu non l'avresti mai fatto. ››

‹‹ Tu non sei me ›› sussurrò, poi, fu come se si lasciasse andare. Spostò il viso, poggiando la fronte sulla mia spalla ‹‹ tu puoi andare via. Hai bisogno di andare via da me. ››

‹‹ Io ho bisogno di te ››

‹‹ Non capisci... ›› Non mi piaceva quando diceva quella frase. Io capivo. Capivo fin troppo bene che aveva paura di non sapersi controllare, che non voleva fare del male a nessuno.

‹‹ Ti capisco, invece ›› provai a dirgli.

‹‹ No! ›› sbottò di colpo, alzando la voce. Colpì la parete accanto a me, dando un pugno con una forza che non avrei mai immaginato che potesse avere. Chiusi gli occhi. Sapevo che non mi avrebbe colpita.

Soffocò un verso di rabbia e si passò le mani tra i capelli, scompigliandoli più di quanto già non fossero. Il suo viso era contratto dal nervoso, i suoi occhi lucidi come due perle.

‹‹ Vedi cosa caspio sono capace di fare! ›› gridò in preda alla frustrazione ‹‹ capisci che sono pericoloso? Dovrebbero abbattermi come una bestia con la rabbia! ››

‹‹ Non mi hai colpita. Non mi colpiresti mai. Io mi fido di te! ›› provai a rassicurarlo, avvicinandomi a lui, cercando di fargli capire che si sbagliava.

Non doveva dire quelle cose, avrebbe finito col convincere sé stesso che tutto ciò era vero.

‹‹ È questo il punto! Non devi farlo! Finirò col farti del male, ed io non voglio fare del male a nessuno! ››

‹‹ Non l- ››

‹‹ Smettila di dire che non lo farò! ›› sembrò ringhiare, spostando rapidamente le mani. Per un attimo pensai che si sarebbe strappato i capelli con quel gesto brusco ‹‹ smettila! ›› mi zittii, guardandolo e basta. Ci volle pochissimo tempo, prima che si rendesse conto di ciò che stava dicendo. Tirò su col naso, deglutì, ma sembrò sforzarsi di farlo.

Era seriamente sul punto di piangere, ma continuava a trattenersi.

‹‹ Devi andartene. Devi trovare qualcuno di sano. Tu puoi farlo, puoi ancora salvarti. Stai dannatamente sprecando una caspio di possibilità di fuggire veramente dal controllo della C.A- ››

‹‹ Se io devo smetterla di dirti che non lo farai, tu devi smetterla di dirmi che devo andare via! ››

contrasse la mascella, schioccando rumorosamente la lingua ‹‹ Lo sto dicendo perché è ciò che è giusto! ›› alzò di nuovo la voce.

‹‹ Non me ne frega un caspio se è ciò che è giusto! Ciò che è giusto per me, è stare con te. Non me ne frega un bel niente che non sei un mune! Per quanto mi riguarda posso infilarmi un tubo in vena e fare un travaso di sangue con quello di un infetto, pur di stare con te ››

si zittii per qualche istante. Riportò le mani tra i capelli, chinando il capo verso il basso.

‹‹ Caspio! ›› sbuffò poco dopo ‹‹ ti ostini a non capire dove sta il problema. Io voglio che tu vada via! Non mi piace l'idea che tu vada via da me, ma so che è la cosa giusta da fare! Devi avere il diritto di farti una caspio di vita pseudo-normale! ›› alzò lentamente il capo. Ed allora la vidi. Una piccola lacrima che gli rigava una guancia. ‹‹ Io non... non voglio. Non voglio che tu mi veda perdere il controllo. Non voglio che tu mi veda come il mostro che sto diventando, Liz.

Io... ›› prese un grosso respiro, ed un'altra lacrima prese a scorrere su quel viso, che aveva perso ogni traccia di rabbia e nervoso. Ora mostrava solo il volto di un ragazzo che soffriva. Venne scosso da un singhiozzo, che provò a reprimere, poi prese un altro breve respiro, per provare a parlare in modo normale, abbassando nuovamente il volto al pavimento ‹‹ Io ti amo troppo per permetterlo ›› sussurrò con voce roca ed un tono, allo stesso tempo, timido nel pronunciare quelle parole, poi sollevò lo sguardo verso il mio.

Rimasi in silenzio, senza nemmeno contestare. Non diedi nemmeno peso al fatto che probabilmente fossi arrossita. Il mio cuore batteva in modo veloce, e tutto, attorno a noi, sembrò sparire.

Dimezzai quella poca distanza che si era creata tra noi. Quella che per lui, forse, era la distanza di sicurezza. Lo vidi sollevare di più la testa, come se fosse improvvisamente scattato sull'attenti.

‹‹ Ed io ti amo troppo per andarmene ›› risposi infine, sempre in un sussurro

‹‹ Liz, ti prego... ›› poggiò le mani sulle mie braccia, come se volesse allontanarmi, ma non fece leva. Mi guardava con gli occhi lucidi, quelle due lacrime sul suo volto non c'erano più. Erano scivolate via, lasciando come loro ricordo due strisce umide ‹‹ ti prego Liz, va.. ››

‹‹ Non senza di te ›› risposi, riportando le mani sul suo volto, sfiorando quelle strisce umide con le dita ‹‹ ricordi quando nella zona bruciata avevo detto che forse dovevo rimanere lì, senza di voi? ›› non rispose, ma sapevo che lo ricordava bene ‹‹ avevi risposto dicendomi che non mi avresti lasciata lì, e che sarei andata via con te che mi andasse bene o meno. E la stessa cosa vale per te ››
‹‹ Sei dannatamente testarda, te l'ho mai detto? ››

‹‹ Circa una ventina di volte solo negli ultimi giorni ›› accennai un sorriso ‹‹ ma so che ne vale la pena ››

accennò un sorriso anche lui. Era ufficialmente sparita ogni traccia di rabbia dal suo sguardo.

Mi piaceva quando succedeva così. Quando nel suo sguardo regnava calma e serenità, sebbene ora aveva una piccola traccia di amarezza.

‹‹ Mi dispiace ›› disse con un sussurro, di nuovo, come se avesse paura di rovinare quell'atmosfera.

‹‹ Non è colpa tua... Abbiamo discusso, è normale, può succedere ››

Mi fissò negli occhi, come se si fosse incantato. Rimase in silenzio per qualche istante, senza distogliere lo sguardo. Il volto di nuovo, serio, che non lasciava trasparire nessuna emozione concreta. Per qualche istante, pensai che stesse di nuovo per arrabbiarsi.

Invece schiuse le labbra, inclinando lievemente la testa di lato ‹‹ penso di aver capito una cosa... ››

‹‹ Cosa? ››

‹‹ Il tuo tatuaggio ›› disse, spostandomi i capelli dal collo per accarezzarlo ‹‹ Non è per la tua resistenza al virus ››

‹‹ Ah no? ››

‹‹ Io ho bisogno di te ›› riprese ‹‹ tu sei la mia ancora ››

‹‹ E tu sei il mio collante, perché mi hai fatto ritrovare il controllo nella zona bruciata? ››

‹‹ Probabile ›› cominciò a giocare con la ciocca che aveva spostato dal mio collo ‹‹ hai detto che quando eri nella zona bruciata, stavi meglio con me attorno, no? Quindi è possibile ››

‹‹ Tu rimetti insieme i miei pezzi, ed io in cambio se sprofondo ti trascino con me. Così è bruttissimo ››

ridacchiò, scuotendo la testa ‹‹ Ma quando torni su, torno su con te. Guardala da quel verso! ››

‹‹ Riportarti su non per forza ti salverà ››

‹‹ Ma potrei sempre rimettere insieme i tuoi pezzi, se rimane qualcosa di me. Lo farò sempre finché potrò farlo ›› fece scivolare la mano sulla mia guancia ‹‹ terrò uniti i tuoi pezzi per non farti crollare. Perché tu sei la mia ancora di salvezza ››


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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Restammo fermi per qualcosa che sembrò essere l'eternità, stretti l'uno a l'altra, fino a quando il suo respiro non tornò del tutto regolare. Non l'avrei lasciato andare fino a quando non fossi certa della sua calma.

‹‹ E tu che volevi che andassi via ›› brontolai con tono divertito. In tutta risposta, nascose il volto contro il mio collo e sbuffò

‹‹ Smettila, ne sono ancora convinto ed è per il tuo bene ›› mormorò come un bambino viziato.

Soffocai una risata, scuotendo la testa poco dopo

‹‹ Il mio bene sei tu ›› risposi ‹‹ non di certo ciò che può offrirmi il mondo lì fuori. Oltretutto non è un granché, di bello non ha niente. Che m'importa di stare lì, quando posso godere della tua visione? ›› sollevai un sopracciglio.
Lo sentii ridacchiare, poi spostò il viso, sollevandolo all'altezza del mio.

Sul suo volto era comparso un sorrisetto divertito, che si ampliò una volta che le sue labbra furono a pochi centimetri dalle mie ‹‹ sono una bella visione? ››

‹‹ Lo sei eccome ›› sentii le mie guance andare a fuoco appena le sue labbra incontrarono le mie, pochi istanti dopo aver detto quella frase, trascinandole in un bacio che fui più che felice di ricambiare. Era un continuo cambio d'umore quel ragazzo, ma finché si trattava di cose positive, come quella, erano ben accette.

Le sue mani scivolarono lungo la mia schiena, fino a raggiungere i miei fianchi e stringermi a sé.

Mi sentivo così dannatamente impacciata che a stento riuscivo a respirare senza pensare di essere imbranata anche in quello. Ma poi, venne tutto naturale. Le sue mani, il suo tocco, le sue labbra. In qualche modo mi calmarono, facendomi sentire improvvisamente a mio agio.

C'era quella calma che cercavamo da tanto tempo, ed ora era a portata di mano.

In pochi attimi, ci ritrovammo a camminare verso il divano, senza staccare le labbra nemmeno per riprendere fiato.

Sentivo nel mio petto un esplosione di sensazioni piacevoli, quasi nostalgici, mentre quel bacio diventava qualcosa di più intenso che sembrava essere una promessa. Gli unici istanti in cui le nostre labbra si staccavano, era per levare i vestiti di dosso.

Divenne tutto naturale, come se fosse una cosa che facevamo ogni giorno, mentre in verità non avevamo nemmeno il tempo per respirare. Eppure, in quel momento, sembravamo avere tutto il tempo del mondo. Liberi di tutti i vestiti, le sue mani scivolavano sulla mia pelle come se volesse esplorare il mio corpo. Come se gli fosse dannatamente mancato in tutto quel tempo.

La prima ed ultima volta che toccò la mia pelle nuda, era stata nella radura.

Sembravano essere passati secoli, eppure il suo corpo non era cambiato di una virgola. Aveva ancora quella cicatrice sul petto, meno visibile rispetto a prima. Era completamente guarita, ed ora rimaneva solo un segno indistinto che, prima o poi, sarebbe sparito, lasciando solo un ricordo lontano.

Rimasi sorpresa di come quei divani non si staccarono appena praticamente ci lasciammo cadere a peso morto al centro.

C'eravamo lasciati andare completamente, in un lasso di tempo che sembrava essere eterno, per noi.

I nostri corpi erano uniti come se fossero uno solo, stretti come se non volessero più lasciarsi andare.

I respiri intrecciati, gli sguardi che si cercavano, mani intrecciate, carezze. Era tutto quasi perfetto, in quel momento, almeno, potevamo dimenticarci ciò che stava succedendo nel mondo, per dedicarci a noi.

Le sue labbra scivolarono lungo il collo. Passarono sotto l'orecchio, sul tatuaggio, sulla spalla, poi nell'incavo del collo, dove si soffermò per cominciare a lasciare un succhiotto. Appena si staccò, feci la stessa cosa sul suo collo. Ed andammo avanti così per non so quanto tempo, ma quello non aveva importanza.

 

Alla fine, ci ritrovammo accoccolati tra quei divani.

Come la prima volta, entrambi più concentrati nello scambiarci piccoli gesti d'affetto che a spiccicare qualsiasi parola. Quei gesti erano più importanti.

Ma era Newt disteso sopra di me, sta volta, e non io accoccolata su di lui.

Avevo perso il conto di quante volte avevamo rotolato su quel divano nel giro di pochi attimi, senza neanche mettere in conto la possibilità che questi si separassero da un momento all'altro (ed in effetti si erano allontanati di un centimetro o due.

Si tirò su con le braccia, per non pesarmi più del dovuto, ed avvicinò volto a pochi centimetri dal mio, col respiro ancora pesante che mi sfiorava le guance.

Aveva l'aria un po' spaesata, ma allo stesso tempo sembrava più bello che mai.

Mi baciò a fior di labbra, scendendo poi con queste verso il collo.

‹‹ Vedo che oggi ti sbizzarrisci... ›› mormorai, rendendomi conto praticamente subito di quanto la mia voce fosse quasi soffocata dal respiro ancora lievemente affannato.

Lui soffocò una risata, spostando le labbra ‹‹ visto che siamo soli, ne approfitto un po'. Non mi sembra che la cosa ti dispiaccia. ››

‹‹ No, assolutamente. Ma immagina se Thomas e gli altri tornassero in questo preciso momento! ››

‹‹ Sarebbe un problema piuttosto imbarazzante, in effetti ›› ma questo sembrava non toccarlo minimamente, considerando che pochi attimi dopo cominciò a lasciare una striscia di baci che partiva dal mio collo, fino alla spalla.

Era più intento a lasciare quei piccoli baci che a pensare a ciò che gli avevo detto pochi attimi prima. Non che la cosa mi dispiacesse, ormai il “danno maggiore” era stato fatto. Al massimo in quel momento ci avrebbero beccati nudi

Alla fine, però, decidemmo che forse era il caso di spostarsi da lì.

Una doccia veloce per entrambi, e cominciammo a sistemare la berga come se non fosse successo assolutamente nulla.

Praticamente la rivoluzionammo da cima a fondo, ed io l'avevo pulita così tanto che ora praticamente potevamo mangiare sul pavimento. Ringraziai mentalmente Frypan e la sua mania per la pulizia della cucina.

Newt stava girando per la berga tranquillamente senza maglietta e con i capelli bagnati, e per i miei poveri occhi stava diventando un problema. Non riuscivo a girarmi altrove.

‹‹ Pensi che Jorge abbia nascosto qualcosa di divertente su quest'affare volante? ›› domandò, poggiandosi alla parete dietro di lui. Stavo sistemando per la quarta volta i divani nel vano tentativo di non fissarlo.

‹‹ Dipende da cosa intendi ›› risposi quasi balbettando.

‹‹ Tipo alcolici ›› scrollò le spalle ‹‹ ho voglia di bere. Qualcosa che non faccia schifo come la sbobba inventata da Frypan, magari ››

‹‹ Perché? ››

‹‹ Così ›› mentiva e lo sapevo, ma decisi di non dargli peso.

Non che prendersi una sbronza fosse l'idea migliore per affrontare quel casino, ma era sempre meglio che stare lì a discutere con lui.

‹‹ Bene così ›› risposi, cercando di assumere un tono naturale ‹‹ cerca bene, magari trovi qualcosina di simile ››

Lui annuì, senza darmi una risposta precisa. Era tranquillo e questo mi bastava, non volevo riempirlo di domande.

Volevo solo che stesse tranquillo e rilassato, senza pensare più a niente fino all'arrivo dei nostri amici. Probabilmente era anche la loro mancanza ad influire nel danni al suo cervello.

Ma perché ci stavano mettendo così tanto a tornare?

Avevo la pessima sensazione che fosse successo loro qualcosa di brutto.

Era tutto troppo calmo, e non poteva durare a lungo. Non con la C.A.T.T.I.V.O. che ci cercava come fuggitivi. A dire il vero, noi eravamo fuggitivi a tutti gli effetti.

‹‹ Trovata! ›› gridò Newt con aria vittoriosa, mentre tornava da me scuotendo la bottiglia a metà ‹‹ e ho portato anche questi bicchieri. Fanno pena, caspio ›› si sedette sulla poltroncina, incastrando la bottiglia tra le ginocchia per tenerla ferma mentre separava due bicchieri di plastica rossi ‹‹ ma come si fa a tenere dei bicchierini di plastica in un posto come una berga puzzolente? ››

‹‹ Ringrazia che li ha! Se no avremmo dovuto bere dalla stessa bottiglia! ››

Sollevò un sopracciglio, incrociando poi lo sguardo col mio ‹‹ ti farebbe schifo bere dalla stessa bottiglia dove bevo io? Sul serio? E dire che fino a poco prima non ti lamentavi di b- ››

‹‹ No, testapuzzona, non intendevo quello ›› arrossii violentemente, allungando la mano verso di lui per prendere il bicchiere ‹‹ ti pare? Versami un goccio di quell'affare, avanti ››

soffocò una risata, scuotendo la testa ‹‹ avevo capito, comunque ›› aprì la bottiglia.

Era tequila, e dall'aspetto della bottiglia, era anche bella fresca.

Versò il contenuto nel bicchiere, poi lo passò a me.

Ma lui non usò il bicchiere. Si attaccò direttamente alla bottiglia.

‹‹ Non ubriacarti ›› lo ripresi, e lui alzò gli occhi al soffitto.

Allontanò la bottiglia e si passò la lingua tra le labbra ‹‹ Okay, mamma ›› e si alzò dalla poltroncina.

Bere a stomaco vuoto non doveva essere l'ideale, sicuramente, così decisi di mettermi in cerca di qualcosa da cucinare in quella sorta di cucinino mobile che avevamo a disposizione.

E se la berga era come una piccola casa volante, allora doveva pur avere una specie di tavolino, no?

Decisi di occupare il tempo cucinando.

Non toccavo i fornelli da quando ero nella radura, ma ero piuttosto sicura di saper ancora cucinare qualcosa di decente.

Come immaginavo, trovai un piccolo tavolo ripiegato. Era piccolo, ma potevamo benissimo starci in due.

Lo aprii e ci poggiai sopra due piattini di plastica, assieme a due bicchieri – che a Newt proprio non piacevano, ma doveva accontentarsi – e a delle posate. Feci quasi fatica a trovare dei fazzolettini, che erano chiusi in un pacchetto ancora intatto, dentro un cassettino di plastica rovinato.

A vedere tutta quella roba, c'era da pensare che Jorge vivesse praticamente lì dentro.

Trovai un sacco di cibo in scatola, come sughi pronti, tonno, mais, fagioli... Ed io che speravo di mangiare qualcosa di commestibile. All'improvviso mi mancava tremendamente la cucina di Frypan.

Sentii il portellone della berga aprirsi. Thomas e gli altri erano tornati?

Poggiai tutto il cibo sul ripiano della cucina.

Avevo mille domande da rivolgere loro. Mi sentii tremendamente in ansia quando, però, non vidi proprio nessuno all'entrata della berga.

Solo il portellone aperto che faceva entrare il fresco notturno di quel posto.

‹‹ Okay, sta calma ›› mormorai tra me e me, guardandomi rapidamente attorno.

Le luci della berga erano tutte spente, fatta ad eccezione per quella del cucinino dove mi trovavo io.

Non mi ero nemmeno resa conto che si era già fatta notte.

Premetti il pulsante accanto alla berga, accendendo così la luce del salottino.

‹‹ Spegni la luce, caspio, vuoi attirare l'attenzione? ›› sbottò infastidito il ragazzo.

Tirai un sospiro di sollievo nel sentire la sua voce.

Mi sporsi fuori dalla berga, e lui era lì, seduto su una sedia. Le braccia erano poggiate sul bordo dello schienale, che era rivolto verso il suo petto.

Inspirò profondamente. Il muro di Denver era illuminato da varie luci.

Sembrava quasi un posto rassicurante, e Newt lo guardava come se volesse correre incontro a quel posto.

‹‹ Entra dentro ›› disse con tono distratto. Notai che la bottiglia di tequila era proprio ai suoi piedi, ed era completamente vuota.

‹‹ Sei ubriaco, vero? ››

‹‹ Un po' ›› rispose.

Mi venne da ridere, ma non lo feci. Cercai di rimanere seria.

‹‹ Potrei ritenermi offesa. Quando abbiamo fatto l'amore eri ubriaco, ora abbiamo fatto l'amore per la seconda volta, e tu sei di nuovo ubriaco. Stai cercando di dirmi che faccio schifo? ›› provai ad ironizzare, ma ci riuscii ben poco. Non rise, ma mi guardò con la coda dell'occhio.

‹‹ Entra dentro ›› ripeté ‹‹ ti verrà un accidenti. Qua fuori si gela ›› e si girò di nuovo in direzione del muro.

‹‹ Beh, sei proprio convincente se me lo dici stando qui fuori a petto nudo ›› borbottai.

Entrai nella berga e recuperai la sua maglietta, avvicinandomi all'uscita poco dopo.

Lui non si era mosso nemmeno di un millimetro. Notai poco dopo che reggeva in mano qualcosa, dalla quale ora stava aspirando.

Era una... sigaretta. Se la memoria non mi stava giocando brutti scherzi, quella era una sigaretta.

Non potevo farmi molte domande. Doveva essere una delle tante cose che Jorge aveva sparso per la berga. Quella, come la tequila, e chissà quante altre caspio di cose c'erano sopra quell'aggeggio.

Abbassai lo sguardo sulla maglietta, rigirandomela tra le dita.

‹‹ C'è una cosa che non ti ho mai detto ›› disse, sputando fuori il fumo.

‹‹ Cosa? ››

‹‹ A volte vedo delle cose, mentre dormo ›› si poggiò una mano sulla fronte, puntando il gomito sulla sedia ‹‹ cose strane. Sembrano sogni, ma sono molto più... reali. Sentendo parlare Tommy dei frammenti del suo passato, mi viene da pensare che lo siano anche i miei.

A volte vedo una donna bionda che mi parla, mentre sono chiuso in una caspio di stanza senza neanche una finestra. Ci siamo io ed altri... bambini. Siamo tutti dei dannatissimi bambini. Siamo immobili ad aspettare chissà cosa. ›› strinse un pugno attorno allo schienale della sedia ‹‹ in un altro sogno, sono già più grande. Sono affiancato da delle persone con un camice lungo che li fa sembrare dei fottuti dottori, ma sono qualcosa di più. Mi chiedono cosa fare. Io devo solo leggere un caspio di foglio e dare loro delle dritte, mentre li guardo con un'aria schifata da ciò che fanno.

E poi... Ricordi che quando ero nella radura, ti dissi che la parola D2MH non mi era tanto nuova? ›› deglutii, annuendo ripetutamente. Non mi stava guardando, per cui non sapeva che avessi annuito, ma continuò comunque ‹‹ in uno dei miei sogni, io ero dietro una caspio di scrivania. La luce era fortissima, ed una donna con i capelli biondi mi parlava. Non ricordo cosa diceva, ma ricordo che odiavo il suono della sua voce. Odiavo me stesso. Odiavo quel posto. Odiavo tutto. Avevo un foglio davanti, e c'era scritto “progetto D”. Se D2MH sta per dolenti di tipo due, metallo duro, il progetti D sta per... ›› ridacchiò in modo isterico, schioccando rumorosamente la lingua contro il palato poco dopo ‹‹ “Progetto dolenti”. E se questi fossero veramente i miei ricordi? Significherebbe che lavoravo per quelle teste di caspio. ›› rimase in silenzio dopo aver pronunciato quella frase.

Il suo sguardo era ancora fermo davanti a sé, mentre quella sigaretta continuava a consumarsi da sola.

Era possibile che l'eruzione stesse in qualche modo prendendo il sopravvento sul filtro della C.A.T.T.I.V.O.?

In quel momento mi sentii un'idiota. Sapevo che era stato lui a creare i dolenti, ma non gli avevo ancora detto niente. Non volevo che odiasse sé stesso più del dovuto. Era giunto il momento di dirglielo?

‹‹ Credo che quella donna bionda fosse Marie ›› mormorò, infine, aspirando il fumo si quella sigaretta come se si fosse improvvisamente ricordato della sua esistenza.

Lo fece come se fosse una cosa che già sapeva fare da tempo, e questo mi portò a chiedersi se magari, quando stava alla C.A.T.T.I.V.O., aveva cominciato a fumare per via del nervoso che si portava dentro.

‹‹ Magari è così... ››

‹‹ O magari sono solo rincaspiamenti mentali che mi sta facendo fare l'eruzione ›› si passò una mano tra i capelli, affondando il viso contro le braccia poco dopo.

Mi sentii lievemente in colpa per questo.

La mia vocina interiore mi stava rimproverando, gridandomi di dirgli tutto, ma qualcosa mi frenava dal farlo. La mia voglia di non ferirlo ulteriormente.

‹‹ Non lo so ›› risposi, dandomi della vigliacca poco dopo ‹‹ insomma... potrebbe essere ›› mi guardai attorno con fare lievemente agitato. Non volevo dare molto nell'occhio con quel gesto, ma tanto era girato e magari, se avessi portato la mia attenzione su altro, sarei riuscita a mantenere un tono naturale.

Lui alzò di nuovo il volto, poggiandosi la mano sulla fronte e guardando davanti a sé.

Prese un respiro profondo ‹‹ In ogni caso, ora non importa. Ho accompagnato i miei amici fino a questo buco di posto, ed era ciò che volevo. Tutti in salvo. Che lavorassi per la C.A.T.T.I.V.O. o meno, ora non ha importanza. Tanto sto comunque impazzendo lentamente e a nessuno frega un caspio ››

Scossi la testa ‹‹ A me importa! ››

Così, a quelle parole, si girò lentamente lentamente verso di me. La sua fronte era corrugata, la sua espressione spenta e distaccata. Poggiò il volto sulla propria spalla, scrutandomi come se stesse studiando la fisionomia del mio viso dopo aver detto quelle parole.

Infine schiuse le labbra ‹‹ lo so ›› rispose semplicemente ‹‹ ed anche per questo mi chiedo ancora perché caspio tu continui a nascondermi le cose ››


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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Rimasi lievemente scossa da quella frase. Era seriamente possibile che ora si ricordasse le cose?

Sgranai gli occhi, schiusi le labbra. Una ventata di aria gelida mi colpì il viso, ma non fu quello a provocarmi i brividi in tutto il corpo. Sentii il sangue gelarsi nelle vene.

Boccheggiai, ma dalla mia bocca non uscii un solo suono, tranne un “Io...” sussurrato.

Lui scosse la testa e prese un respiro profondo, aspirando l'ultimo tiro da quella sigaretta e gettandola via poco dopo. Un'ultima occhiata verso le luci di Denver, poi si caricò in spalla la sedia e risalì la rampa.

‹‹ Newt, io... ›› provai a parlare, ma mi inchiodò con lo sguardo.

Non disse nulla. Premette il tasto per far risalire la rampa, recuperò la maglietta, la indossò, poi andò in bagno, senza chiudere la porta.

Si poggiò al lavandino, fissando la sua immagine come se volesse colpirsi da solo, ma qualcosa riusciva ancora a fermarlo dal compiere quel gesto.

Sì, decisamente, mi sentivo l'essere più spregevole del mondo. Volevo solo proteggerlo dall'odiare ancora sé stesso. Mi avvicinai lentamente, restando sulla soglia della porta a guardalo.

Aveva la testa china, ma si rese conto che ero dietro di lui. Girò appena il volto, mi guardò per qualche istante, poi prese un grosso respiro.

‹‹ Che c'è? ›› chiese con uno sbuffo quasi rassegnato.

‹‹ Mi... mi dispiace... ››

‹‹ Allora è vero... ›› fece una risata sarcastica, passandosi una mano tra i capelli ‹‹ ho lavorato per quei mostri, non è così? Sono un assassino anche io? ››

‹‹ Hai lavorato per la C.A.T.T.I.V.O., ma questo non fa di te un assassino, Newt ›› corrugai la fronte, guardandomi le mani. Se giudicava sé stesso un assassino, allora lo pensava anche di me?

E forse avevo più colpe di lui, visto che l'ho guardato soffrire attraverso quegli schermi, assieme a Thomas.

‹‹ Ho creato quelle bestie che correvano nel labirinto, vero? È tutto vero? Ho creato le stesse caspio di bestie che hanno fatto fuori dei fottuti ragazzini chiusi tra quattro fottute mura ›› diede un pugno contro il lavandino. Un pugno così forte che per qualche attimo mi fece pensare che si sarebbe staccato dalla parete.

‹‹ Newt... ››

‹‹ E tu lo sapevi. Tu sapevi tutto. E non mi hai detto un caspio. Perché? ›› si girò con uno scatto verso la mia direzione. La mascella contratta, gli occhi che non lasciavano intravvedere alcun tipo di emozione ‹‹ Perché hai tenuto la bocca chiusa fino ad ora? Cosa caspio stavi aspettando? ››

‹‹ Non volevo che incolpassi te stesso per una cosa che eri obbligato a fare! ››

‹‹ C'è sempre una seconda scelta, caspio! ››

‹‹ Sì, infatti! ›› entrai nel bagno, avvicinandomi rapidamente a lui, che nel frattempo si girò completamente verso di me, incatenando gli occhi nei miei ‹‹ volevi distruggere la base, creando i D2, ma ti scoprirono e decisero di “metterti alla prova” nel gruppo A. Newt, non sei un mostro, o un assassino. Sei umano, ed eri un bambino. Non avevi altra scelta! ›› poggiai le mani sulle sue spalle.

‹‹ Io... ››

‹‹ Non avevi altra scelta ›› replicai, guardandolo negli occhi ‹‹ okay? Questo vale per te, come vale per me, come vale per chiunque altro lavorasse con quelli della C.A.T.T.I.V.O. ››

Chiuse gli occhi, riaprendoli pochi istanti dopo e guardandosi attorno come se fosse spaesato.

Capivo che poteva essere complicato per lui accettare questo. All'inizio era così anche per me.

‹‹ Cos'altro sai? ››

‹‹ Ti dirò tutto con calma, te lo prometto... Ma non ora. Devi ancora metabolizzare questo. Non so molto, ma ti dirò ciò che so ›› mormorai, mettendomi in punta di piedi e poggiando la fronte contro la sua.

Mi dispiaceva per lui, ma non potevo rischiare che desse di matto per il suo passato.

Poggiò le mani sui miei fianchi, spostando il viso e guardandomi attentamente ‹‹ dimmi solo se ti conoscevo prima di andare nella radura, e se c'era qualcosa ››

scossi la testa, accennando un sorriso ‹‹ No, non ci conoscevamo prima. Non che io sappia almeno.

Ma probabilmente conoscevi Thomas ››

‹‹ Quella testa puzzona di Tommy ›› accennò un sorriso, scuotendo la testa come se si fosse ricordato qualcosa di buffo ‹‹ perché all'improvviso ho questi sogni? ››

‹‹ Non lo so. Magari il siero sta sparendo da solo... ››

‹‹ O il virus lo sta eliminando... ›› mormorò, come se avesse paura di quella possibilità ‹‹ non credo di voler ricordare il mio passato. Ho paura di scoprire chi ero, o ciò che ero. Sto bene così, se devo schiattare, caspio, voglio avere la coscienza pulita. ››

‹‹ Ehi, tu non schiatterai, capito? ››

il fatto che non rispose subito mi recò una pessima sensazione allo stomaco.

Schiocco la lingua, infine, e si spostò ‹‹ già, sì, bene così ›› e, così, abbandonò la stanza.

Perché teneva dentro così tanti segreti. Mi ricordai di ciò che disse riguardo a Thomas. E rieccomi a camminare nel vuoto.

Sperai veramente che non gli avesse detto di ucciderlo, qualora le cose avessero preso una brutta piega. Non sopporterei di perderlo un'altra volta. Non ora che le cose potevano davvero andare per il verso giusto.

 

Andammo a dormire, ma nessuno di noi sembrava essere effettivamente intenzionato ad addormentarsi. Gli occhi puntati al soffitto ed un braccio legato attorno alla sua vita. Ma tra di noi, c'era solo il rumore dei nostri respiri.

Sapevo che stava ancora pensando al suo passato, ed ero abbastanza sicura che stesse cercando di ricordare qualcosa, per convincersi che non era un mostro.

Mi sentii un idiota per avergli confermato tutto. Sapevo che forse dovevo continuare a mentirgli per il suo bene. Ma sarebbe stata davvero la scelta giusta?

Una sua mano scivolò lungo il mio braccio, che prese ad accarezzare lentamente, come se volesse scusarsi. Ma niente. Non parlava.

‹‹ Eri un genio ›› dissi infine, catturando la sua attenzione ‹‹ lo eri e lo sei tutt'ora. Eri una fonte preziosa, ma pericolosa. Chiunque si voglia ribellare a loro non può essere considerato un mostro, un assassino o qualsiasi altro aggettivo stai usando per definirti ››

‹‹ Lo so ›› rispose, ma il suo tono era apatico e non lasciava intendere se ne fosse convinto o meno.

Chiuse gli occhi, inspirando profondamente.

Avrei veramente voluto vedere cosa stava girando per la sua testa. Scoprire quali fossero i suoi pensieri, quale fosse l'immenso casino mentale che gli stava scompigliando il cervello.

Si girò a guardarmi, rivolgendomi un sorriso. in quel momento sembrava essere tranquillo, seppure un po' apatico.

Si addormentò in poco tempo. Nel giro di qualche attimo, dopo aver ascoltato le mie parole. Si accoccolò come un bambino, con la testa poggiata sulla mia spalla.

Mi girai completamente verso di lui.A differenza sua, io non riuscivo a dormire. Mi sentivo agitata, come se dovessi passare il più tempo possibile a guardare quel ragazzo che avevo davanti. E no, quello non era un buon segno.

 

Passarono forse due ore ed io non davo ancora segno di voler dormire. Ero rimasta imbambolata a fissarlo per tutto il tempo. Mi alzai dal divano, facendo attenzione a non svegliarlo, e gli sistemai le coperte addosso.

Vicino alla cabina del pilota mi ricordai di aver visto un piccolo scompartimento pieno di scartoffie, così mi avviai in quella direzione. C'era un piccolo cassettino incastrato nella parete, con alcuni fogli che sporgevano.

Aprii il cassettino, notando che erano documenti disordinati e disorganizzati. Un misto di segnalini colorati che teoricamente dovevano lasciar intendere qualcosa riguardante il loro contenuto.

Diedi per scontato che il segnalino rosso trattasse di un argomento importante, così acchiappai il primo con quel colore e cominciai a sfogliarlo, sedendomi su quel pavimento freddo e scomodo.
Pesca fortunata. Si trattava della missione, dei vari punti che Jorge e Brenda dovevano rispettare.

Conquistare la fiducia dei ragazzi, condurli per le vie della città e cose del genere.

Sul serio avevano bisogno di una lista da rispettare?

Era una cosa piuttosto semplice.

Decisi di continuare a leggere, magari avrei trovato qualcosa di interessante.

Fino a quel momento vedevo solo una lista di nomi. Quella dei radurai.

Accanto al loro nome c'era il valore di esposizione al virus.

Chiusi gli occhi, prendendo un respiro profondo ‹‹ quindi loro lo sapevano... ›› mormorai.

Ma era anche ovvio che lo sapessero. Come potevo non averci pensato prima? Era una cosa palese.

Loro lavoravano lì. Loro sapevano più di quanto sembrava.

Poggiai un dito foglio, facendolo scorrere fino al nome di Newt. Lo trascinai accanto a questo, fino al valore di esposizione del virus. Schiusi le labbra, ma prima che potessi aprire la bocca per provare a dire una qualsiasi cosa, sentii delle mani poggiarsi sulle mie spalle.

Mi girai di scatto. Newt poggiò l'indice sulle labbra, facendomi segno di fare silenzio.

‹‹ Che c'- ››

‹‹ Sh, Liz ›› sussurrò, rivolgendo lo sguardo verso la porta ‹‹ nasconditi. Avanti! ››

‹‹ Cos- ››

‹‹ Stanno arrivando degli uomini armati. Sono entrato nella cabina del pilota ed ho spento il climatizzatore. Qui dentro tra poco farà un caldo pazzesco, ma è per una buona causa ››

corrugai la fronte, sgranando gli occhi poco dopo.

‹‹ Pensi che siano della C.A.T.T.I.V.O.. Ci hanno trovati? ›› poggiai le mani sulle labbra

‹‹ Non lo so, ma qui tra poco ci squaglieremo dal caldo. Ma così, magari, penseranno che questo posto è... deserto, non so ›› mi diede una piccola pacca sulla spalla ‹‹ trova un nascondiglio ››

‹‹ Questo posto non ha molti nascondigli ›› gli feci notare, ma prima che potesse rispondere, qualcuno cominciò a picchiare i pugni contro il portellone della berga.

‹‹ Caspio ›› sibilò Newt, stringendo le mie spalle nelle mani ed avvicinandomi di più a sé.

Se era la C.A.T.T.I.V.O., non avrei permesso loro di prenderselo.

‹‹ Usciamo di qui ››

‹‹ Ma sei impazzita? ›› corrugò la fronte ‹‹ e da dove vorresti uscire? ››

‹‹ Non lo so. Sfondiamo il vetro della cabina di pilotaggio ed usciamo da lì ›› mi spostai, prendendogli la mano e facendo per tirarlo. Ma lui non si spostò nemmeno di un centimetro. Strinse la mia mano, scuotendo la testa.

‹‹ Non abbiamo scampo. Io, almeno. Liz, ho già scr- ››

Il portellone si aprì. Come se qualcuno gli avesse dato un semplice comando dall'interno.

Eppure, nessuno aveva premuto il tasto per l'apertura.

Mi piazzai davanti a Newt, stringendogli la mano, poi lo trascinai con me dietro la parete.

Mi sporsi lievemente, giusto il tanto di vedere gli intrusi.

Entrarono cinque uomini. Indossavano una mascherina che non lasciava vedere il volto, due di loro impugnava un mitragliatore, mentre gli altri tre aveva un lancia granate che sibilava in modo fastidioso. Assieme a loro c'era un ragazzo, che a differenza degli uomini armati, non teneva nulla tra le mani. Indossava una sorta di tunica lunga fino ai piedi, e si reggeva un cappuccio sulla testa.

‹‹ Esci fuori, spaccato, e ti promettiamo di andarci il più piano possibile! ››

Newt prese un grosso respiro profondo, e si sporse.

Ma che stava facendo? Non era il momento di fare l'eroe.

Cercai di afferrargli la mano per riportarlo dietro la parete, ma era troppo tardi. Gli uomini armati avevano già rivolto le loro armi verso di lui, ed il ragazzo con il cappuccio puntò gli occhi verso di lui. Erano di un azzurro surreale, e sembrarono brillare alla vista di Newt.

‹‹ È lui ›› disse, e mentre gli uomini caricarono le armi.

‹‹ Scusami, è per il tuo bene ›› sussurrò Newt, rivolgendomi un occhiata veloce, poi alzò le mani in segno di resa e si avvicinò lentamente agli uomini ‹‹ abbassate quelle armi, caspio, non ho intenzione di opporre resistenza! ››

Il ragazzo col cappuccio annuì ‹‹ è sincero ›› confermò.

‹‹ È un fatto sicuro? ›› disse uno degli uomini armati, rivolgendosi verso il ragazzo, che schioccò la lingua con fare scocciato.

‹‹ Ho mai mentito o sbagliato, Signor Evans? ››

‹‹ No, hai ragione. Prendetelo, ammanettatelo, sedatelo e portatelo via. Forza! ›› due di loro poggiarono le armi e presero Newt per le braccia. Lo sbatterono contro il pavimento e lo ammanettarono.

Poggiai una mano sulle labbra, guardandomi rapidamente attorno in cerca di una qualsiasi cosa da utilizzare per potergli dare una mano. Non potevo stare con le mani in mano mentre lo portavano chissà dove, o qualunque cosa volessero fargli.

Mi passai una mano tra i capelli. Sentii un colpo di pistola e sobbalzai, girandomi velocemente in direzione dello sparo.

Fortunatamente, non aveva colpito Newt. Era un colpo a vuoto, senza proiettile. Era tutto ciò che riuscii a vedere perché, proprio davanti a me, c'era il ragazzo con la tunica bianca.

Mi guardava, ma stava in silenzio. I suoi occhi brillarono, come se avesse elettricità negli occhi azzurri. Il suo viso era a pochi centimetri dal mio. Ora riuscivo a vederlo bene.

Aveva le sopracciglia blu, e qualche ciocca di capelli che gli ricadeva sul volto, anch'essa blu.

Si portò l'indice alle labbra, facendomi cenno di fare silenzio.

Corrugai la fronte. Avevo voglia di dargli un pugno, ma mi sentivo paralizzata da quel suo sguardo magnetico.

‹‹ Andrà tutto bene ›› disse, ma le sue labbra non si muovevano di un solo centimetro. Era una voce nella mia testa ‹‹ tra poco sarà tutto finito. Non ti verrà torto un solo capello. Promesso. Loro non sapranno nemmeno che sei qui. Dormi sonni tranquilli ›› e mi fece l'occhiolino, mentre sentivo le mie gambe piegarsi. Non avevo più il controllo del mio corpo. Mi sdraiai a terra, rannicchiata contro il muro, mentre quel ragazzo si girò per tornare da quelle persone.

Mi sentii in balia del sonno più pesante che avessi mai sentito su di me.

Non potevo addormentarmi. Ma fu più forte di me.


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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


‹‹ Beth?... Beth, svegliati! Non costringermi a tirarti uno schiaffo per farti riprendere! ››
mugolai lievemente. Mi sentivo intontita più che mai. Che stava succedendo? Dov'ero?
Aprii gli occhi lentamente. Vedevo tutto sfuocato, compreso il ragazzo asiatico che avevo davanti, con una mano già chiusa a pugno che mirava dritta alla mia faccia.
‹‹ M-Minho? ›› sbattei le palpebre più volte, mentre il ragazzo tirava un sospiro di sollievo.

‹‹ Meno male che ti sei svegliata. Ti avrei avuta sulla coscienza per sempre! ››

‹‹ Che è successo? ›› mugugnai, mettendomi a sedere. Mi sentivo indolenzita ovunque, la testa completamente vuota e leggera ‹‹ perché fa così tanto caldo? Perché le luci sono spente? Perch- ››

‹‹ Dov'è Newt? ›› domandò di punto in bianco Minho.

Newt! Giusto! Doveva aver spento tutto, non solo il sistema di climatizzazione.

‹‹ Io non... ››

‹‹ Non lo sai. Perfetto! ›› usò un tono sarcastico e si tirò su, porgendomi una mano per aiutarmi ad alzarmi ‹‹ forza, aiutami a cercarlo. Non può essersi volatilizzato, insomma! ››

annuii, afferrando la sua mano.

Era stupido, non poteva essere ancora sulla berga. Quegli uomini che erano saliti li ricordavo bene. Così come ricordavo quel ragazzo che si era affiancato a me, prima che cadessi nel sonno.

Seguii il ragazzo fino alla sala centrale, dove trovai anche Thomas.

Non feci in tempo a fare due passi in direzione del ragazzo, che questo subito si fiondò nella mia direzione.
‹‹ Ehi? Stai bene? ››

‹‹ Sto bene ›› risposi, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio ‹‹ com'è andata a Denver? Vi hanno rimosso il filtro? ››

‹‹ Sì, ci hanno rimosso il filtro. La C.A.T.T.I.V.O. ci ha rintracciati, ma ora non c'è tempo, ti spiego dopo ››

corrugai la fronte. Il ragazzo sembrava pallido e parlava con una certa fretta. Minho, che fino a poco fa stava gridando il nome di Newt, ora si era calmato e si era seduto su uno dei divani, reggendo in mano un biglietto.

Io e Thomas ci scambiammo uno sguardo confuso. Mi avvicinai a lui lentamente.
‹‹ Che c'è? ›› domandai a Minho, ma questo non sollevò lo sguardo verso di me. Era troppo intento a fissare quel pezzo di carta che teneva tra le mani.

‹‹ Ehi, cos'è? ›› chiese Thomas.

A quel punto Minho alzò gli occhi verso di noi, allungò il foglio verso la mano del ragazzo e si lasciò sprofondare contro il divano ‹‹ Vieni e vedi tu stesso ››.

Thomas ci raggiunse. Sembrava confuso ‹‹ Se n'è andato ›› disse Minho con tono spezzato.

Mi poggiai le mani sulle labbra, sporgendomi dalla spalla di Thomas per leggere il biglietto.

“Sono riusciti a entrare. Mi stanno portando a vivere con gli altri Spaccati.

È meglio così. Grazie per la vostra amicizia.

Addio.”

‹‹ Newt ›› sussurrò Thomas.

‹‹ Lo sapeva... ›› mormorai anche io, abbassando il volto contro il palmo della mano.

‹‹ Cosa sapeva? ›› rispose Thomas di rimando.

Mi sembrava di poter sentire il suono del battito del suo cuore. Era in ansia per l'amico.

‹‹ L'hanno portato via alcuni uomini, ed un ragazzo con una lunga tunica bianca ››

‹‹ E che aspettavi a dircelo? ›› sbottò Minho infastidito, ma ormai rassegnato.

‹‹ In ogni caso, non so dove l'abbiano portato di preciso. Quanto vi sarei utile in questo momento? Meno di zero, Minho, e di sicuro non ho voglia di litigare con voi››

Il ragazzo non rispose, ma mi guardò. Gli occhi spenti, in cerca di metabolizzare la scomparsa dell'amico.

 

Thomas ed io c'eravamo isolati in un angolo della berga, seduti sul pavimento con la schiena rivolta contro la parete, in modo che il ragazzo potesse raccontarmi ciò che era accaduto a Denver senza troppe interruzioni.

Mi raccontò di quanto fosse bella la città, delle automobili, della macchina-sbirro dove aveva incontrato Janson e... di Gally. Gally era vivo e vegeto. E questo, in qualche modo, non mi stupii più di tanto.

‹‹ Perché alla C.A.T.T.I.V.O. nessuno rimane morto? ›› domandai con un filo di ironia, ma il ragazzo davanti a me non la colse. E per fortuna, forse. In ogni caso non sapevo nemmeno se doveva essere ritenuto morto o meno.

‹‹ Per fortuna no, non l'ho picchiato fino a quel punto ›› borbottò Thomas, con un tono quasi imbarazzato nel pronunciare quelle parole ‹‹ comunque, voglio parlare tutti insieme della questione del braccio destro ››

‹‹ Braccio destro? ››

Thomas annuì, poggiando le braccia sulle ginocchia ‹‹ È un gruppo di persone che sta contro la C.A.T.T.I.V.O., a quanto ha detto Gally, hanno persone sparse in ogni paese del pianeta... o almeno, quelli che sono rimasti. Utilizzano i loro soldi, le loro influenze. Vogliono distruggere la C.A.T.T.I.V.O., ma non hanno le risorse necessarie e tanto meno le conoscenze che invece hanno loro. ››

‹‹ Quindi Gally fa parte del braccio destro, giusto? E come c'è finito lì? ››

‹‹ Per farla breve, quando siamo scappati, e lui è tornato alla C.A.T.T.I.V.O. – come è successo a te –, si è finto pazzo e loro... diciamo che se ne sono liberati, così è potuto andare dal braccio destro.

Comunque, tralasciando la storia di come quel rincaspiato sia ancora tra noi, ci parlava di due problemi.

Il primo è che il virus si sta diffondendo a macchia d'olio anche a Denver. Il secondo, è che quelli come noi, cioè gli immuni, stanno scomparendo, e si sospetta che sia la C.A.T.T.I.V.O. a prelevarli ››

‹‹ Per fare cosa? ›› corrugai la fronte ‹‹ altri test? ››

‹‹ Probabile. Gally dice che ha ricevuto voce che sia proprio quello il loro scopo. E noi non possiamo permetterglielo ››

‹‹ Quindi cosa vuoi fare, Thomas? ››

‹‹ Non lo so ›› rispose il ragazzo, sospirando ‹‹ non ne ho la minima idea. O meglio, ne ho una, ma non so se... ››

‹‹ Sputa il rospo, caspio ›› sbottai con un tono secco. Thomas mi guardò schiudendo le labbra.

Mi fissò in silenzio per qualche istante, come se stesse valutando l'idea di confessare le sue intenzioni o meno.

‹‹ Vogliamo metterci in contatto con il braccio destro. Pensiamo che sia una buona idra ››

‹‹ Rifletti bene. ›› lo guardai attentamente, allungando una mano verso la sua ed afferrandola ‹‹ se questa è una tua decisione, Thomas, se senti che questa è l'idea migliore, va bene, mi fido di te.
Ma se è presa con l'influenza di altri, beh... non fare caspiate. Non voglio perdere nessun altro, okay? ››

Sembrò essere lievemente in imbarazzo per via di quel gesto, ma non spostò la mano. Annuì e strinse la presa, alzando gli occhi in direzione degli altri ragazzi.

Nonostante l'apparente calma che Thomas voleva indossare, si vedeva lontano un chilometro che nascondeva qualcosa.

Che fosse per ciò che aveva visto a Denver, per la C.A.T.T.I.V.O., per Gally o per Newt, non lo sapevo. Anche se probabilmente, era proprio Newt il suo più grande problema, al momento.

‹‹ Dove pensi che sia Newt? ›› domandai speranzosa di una risposta, ma Thomas scosse la testa.

‹‹ Non lo so, ma voglio trovarlo. Subito ›› e, come se avesse avuto l'idea del secolo, si alzò e cominciò a sistemare la saletta.

Separò i divani dove io e Newt dormivamo, dato che ora che erano tutti tornati non c'era bisogno di avere una sorta di letto matrimoniale, poi cominciò a gridare il nome di tutti per richiamarli in quella stanza.

Ora che eravamo tutti lì, non era cambiato granché. Il silenzio era rimasto lì come un sovrano, e tutti fissavamo il pavimento come se questo potesse darci le risposte che ci servivano in quel momento.

Ero vicino a Minho, e lo vedevo che stringeva i pugni contro le gambe con fare nervoso.

Non mi piaceva vedere il mio amico in quelle condizioni.

‹‹ Voglio che voi quattro mi ascoltiate ›› disse di punto in bianco, interrompendo quel grosso e pesante silenzio che si era creato nella stanza. Thomas tirò quasi un sospiro di sollievo per non essere stato lui a dover parlare per primo ‹‹ da quando siamo scappati dalla C.A.T.T.I.V.O.,ho accettato praticamente tutto quello che voi testepuzzone avete detto che dovevamo fare. E non mi sono lamentato. Non molto ›› guardò me e Thomas, accennando un sorrisetto ironico, di quelli che solo Minho era capace di fare senza rischiare un pungo in faccia ‹‹ ma proprio qui, in questo preciso istante, io sto prendendo una decisione e voi fare quello ce dico io. E se qualcuno si rifiuta, per me può andare al diavolo. Tranne Beth. Lei ci serve in modo particolare, in questo momento ›› puntualizzò, indicandomi col pollice ‹‹ so che abbiamo obbiettivi più importanti in mente. Dobbiamo metterci in contatto con il braccio destro, decidere cosa fare riguardo alla C.A.T.T.I.V.O..

Tutta quella sploff di salvare il mondo. Ma prima troveremo Newt. Non voglio sentire discussioni. Noi cinque – tutti e cinque – voleremo ovunque sia necessario, e porteremo Newt fuori da lì ›› annuii per dare segno al mio amico che ero pienamente d'accordo con lui, ma questo già lo sapeva.

Mi rivolse un sorriso spontaneo, e dal suo sguardo capii quanto fosse deciso nel voler ritrovare l'amico.

‹‹ Lo chiamano “il palazzo degli spaccati”. Dev'essere il posto di cui parlava Newt. È probabile che alcune di quelle guardie con la camicia rossa siano riuscite a entrare nella Berga, lo abbiano trovato e abbiano capito che era infetto. Devono avergli permesso di scriverci un biglietto. Non ho dubbi che le cse siano andate così. ›› quando Brenda pronunciò quelle parole, mi girai lentamente verso di lei, come se fosse la causa di tutto quel male. Aveva uno sguardo perso, come se stesse parlando di quel posto mentre osservava un ricordo lontano.

‹‹ Piccolo errore ›› la indicai ‹‹ non avevano né una camicia rossa e non gli hanno permesso di scriv- ››

Jorge si mise dietro di me, tappandomi la bocca ‹‹ Elizabeth, non è questo il momento di fare la pignola ››

Brenda sollevò gli occhi verso il soffitto, facendo le spallucce.

Perché la cosa non mi stupiva affatto? Eppure quello poteva essere un dettaglio importante, no?

Spostai la mano di Jorge, ma prima che potessi aprire bocca, fu Minho a prendermi per un braccio e trascinarmi verso di sé. Legò le mie braccia dietro la schiena, strette da una sua mano per tenermi ferma, poi poggiò il mento sulla mia nuca ‹‹ Sembra un posticino elegante. Ci sei stata? ›› disse rivolgendosi a Brenda. Teneva buona me, ma lui era anche peggio in fatto di provocazioni.

Sapevo che sotto sotto eravamo allo stesso livello di fiducia.

‹‹ No. Ogni grande città ha un Palazzo degli Spaccati, un luogo mandano gli infetti per cercare di rendere sopportabile la situazione prima che raggiungano l'andata. Non so cosa gli facendo a quel punto, ma non è un bel posto dove stare, a prescindere da chi sei, almeno per quello che possono immaginarmi. Sono gli immuni a comandare lì, e vengono pagati profumatamente perché un non-immune non rischierebbe mai di prendersi l'Eruzione. Se vuoi andarci, prima dovremmo pensarci a fondo e a lungo. Siamo totalmente sprovvisti di munizioni, perciò saremo disarmati ››

‹‹ Stai cercando di dissuaderci dall'andare a salvare Newt? ›› sollevai un sopracciglio, osservando il volto di Brenda.

Questa corrugò la fronte, scuotendo velocemente la testa come se le avessi appena tirato uno schiaffo di sorpresa ‹‹ No! ›› rispose con tono stupito ‹‹ sto solo cercando di mettervi in guardia. Avete visto con i vostri occhi quanto sia pericoloso stare lì fuori, figuriamoci in un intero palazzo pieno zeppo di spaccati ad ogni livello dell'eruzione! ››

‹‹ Fatto: ci ho pensato a fondo e a lungo ›› Minho lasciò andare le mie braccia, poggiando poi le mani sulle mie spalle e battendo due volte, come per spronarmi a mantenere la calma ‹‹ Sapete dove si trova il più vicino? ››

‹‹ Sì. Ci siamo passati venendo qui. È dall'altra parte della vallata, proprio ai piedi delle montagne verso Ovest. ››

Minho fremeva dalla voglia di parte. Lo si capiva dal suo tono di voce e dal modo in cui batteva piano piano le mani sulle mie spalle, finché poi non le spostò per batterle insieme una sola volta ‹‹ Allora è lì che andremo. Jorge, fai decollare questo pezzo di sploff! ››

‹‹ Minho, che modi! ›› lo ripresi in modo giocoso, ma lui era così impaziente di partire che l'unica risposta che mi diede, fu un colpetto delicato sulla spalla.

‹‹ Mi fa piacere un po' di avventura, muchacho. Arriveremo tra venti minuti ›› rispose Jorge, avviandosi verso la cabina del pilota.


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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Thomas e Minho erano tranquillamente seduti sul divano. Entrambi avevano un'aria piuttosto concentrata e seria per ciò che dovevamo fare: recuperare Newt.

Avevo raccontato loro tutto ciò che era accaduto durante a loro assenza. Beh... quasi tutto.

Anche se Minho mi punzecchiava il braccio con dei pizzicotti sussurrandomi all'orecchio un “Non credo che in nostra assenza non abbiate fato nulla”.

Il caro e vecchio Minho, che nonostante volesse far finta di niente, era palese che era cambiato da quando stavamo nella radura, ma era una cosa scontata. Dopo la zona bruciata, eravamo tutti cambiati radicalmente. Non avrei mai smesso di dirlo.

In quel momento però non importava. Fremevamo dalla voglia di trovare Newt, ed eravamo preoccupati per lui.

Jorge mantenne la parola data, e quando atterrò ed aprì il portellone della berga mi fiondai giù da questa senza nemmeno aspettare la rampa, rischiando anche di farmi male.

Non feci nemmeno caso al posto in cui ci trovavamo, volevo solo raggiungere il palazzo degli spaccati.

‹‹ Beth! Aspettaci, caspio! ›› mi richiamò Minho, che in poco tempo mi raggiunse assieme a Thomas.

Mi fermai a fissare la recinzione del palazzo degli spaccati. Ebbi una strana sensazione mentre fissavo quel posto. Era enorme, ed il pensiero che fosse pieno di gente rincaspiata di certo non era fantastico. Thomas mi afferrò la spalla, scrutandomi attentamente

‹‹ Sicura di voler entr- ››

‹‹ Voglio trovare Newt ›› dissi con tono fermo, ed i due ragazzi annuirono per concordare.

Il cancello più vicino cominciò ad aprirsi, e neanche il tempo di immaginare come sarebbe stato varcare la soglia di questo, che comparvero due guardie armate con dei grossi lanciagranate.

‹‹ Qualcosa mi dice che hanno visto la berga ›› sussurrai

‹‹ Non cominciamo bene, Andiamo lì a parlare con loro.›› propose Jorge

‹‹ Chi caspio ti dice che siano immuni? ››

‹‹ Devono essere immuni se hanno quei lanciagranate ›› rispose, cercando di mantenere un tono positivo

‹‹ A meno che gli spaccati non abbiano assunto il comando ›› precisò Minho, poggiando un braccio sulla mia spalla. Se ne approfittava del fatto che fossi più bassa.

‹‹ In quel caso siamo fregati, credo ›› Minho e Thomas mi guardarono, ma non badarono alle mie parole.

Al contrario, Minho mi sorrise, scrollando le spalle e rivolgendo poco dopo lo sguardo a Thomas ‹‹ in ogni caso, noi entreremo e non ce ne andremo senza Newt. ››

‹‹ Questo era ovvio ›› gli feci notare.

‹‹ Allora che aspettiamo? Muoviamo le chiappe! ››

E, subito dopo, cominciamo a camminare verso la recinzione.

Cercammo di sembrare del tutto naturali, senza fare movimento bruschi per rischiare di scatenare un allarme nelle guardie.

Non volevamo essere colpiti dalle loro armi. Thomas in modo particolare, non voleva beccarsi un'altra granata. Ed io, sicuramente, non volevo sapere cosa si provava ad essere attraversata dall'elettricità.

Man mano che camminavamo verso le guardie, osservai il fatto che sembrassero dei barboni di strada. Doveva essere davvero dura lavorare lì.

Scattarono sull'attenti appena raggiungemmo le porte della recinzione, caricarono le armi e le tennero fisse sulle nostre facce, pronte a sparare a qualsiasi movimento sospetto.

‹‹ Chi siete? Non somiglaite molto a quegli scienziati cretini che ogni tanto vengono qui. ›› disse uno di loro.

‹‹ Non potevi sapere che saremmo venuti, muchacho. Siamo della C.A.T.T.I.V.O.. Lei è la figlia del capo, Richard ›› disse Jorge, indicandomi con un cenno della testa ‹‹ uno dei nostri è stato catturato e portato qui per errore. Siamo venuti a prenderlo ›› fantastico, ora ero diventata uno strumento.

Ma in effetti quello che aveva detto Jorge era vero. Noi eravamo della C.A.T.T.I.V.O., ed io ero la figlia di quel mostro.

Cercai di assumere un espressione convincente, portando la mano sul collo.

La guardia ci guardò uno ad uno, con fare poco interessato alle parole di Jorge. Scosse le spalle, poi sbuffò ‹‹ pensi che me ne freghi qualcosa di voi e del vostro bel lavoro alla C.A.T.T.I.V.O.? Non sei il primo spocchioso che si presenta qui e si comporta come se questo posto fosse suo. Volete venire qui a passare un po' di tempo con gli spaccati? Siete i benvenuti. Sopratutto dopo quello che sta accadendo ultimamente. ›› si spostò e ci fece cenno di entrare, in modo forse un po' troppo teatrale ‹‹ Vi auguro un buon soggiorno al Palazzo degli Spaccati. Non è previsto nessun risarcimento o sostituzione in caso di perdita di un braccio o di un occhio. E per quanto riguarda le signorine, non è previsto un risarcimento in caso di stupro ›› a quelle parole, Minho fece scivolare un braccio attorno alle mie spalle, stringendomi a sé.

Lo guardai in modo quasi confuso, e lui corrugò la fronte ‹‹ che c'è? ›› disse con tono colpevole ‹‹ se dovesse succederti qualcosa anche sta volta, Newt mi ucciderebbe ››

‹‹ Ed io che pensavo che ti stessi effettivamente preoccupando per me ›› alzai gli occhi verso il cielo.

‹‹ Cosa intendi per “quello che sta accadendo ultimamente”? Cosa sta succedendo? ›› domandò Thomas.

Per una volta, il ragazzo aveva colto qualcosa a cui io non avevo dato peso. Forse per via della mia preoccupazione per Newt.

In effetti poco m'importava, volevo solo entrare lì dentro, recuperare il ragazzo ed uscire come se non fosse mai successo nulla.

‹‹ Diciamo solo che non è un posto molto allegro, è tutto quello che devi sapere ›› rispose la guardia.

‹‹ Una sorta di manicomio è un posto poco allegro? Ma guarda che novità! ›› dissi sottovoce con un tono sarcastico.

Thomas, Jorge e Brenda mi lanciarono un occhiata fulminea, come per rimproverarmi in modo silenzioso.

Minho fu l'unico a cui la mia ironia non fece né caldo né freddo, forse perché dentro di sé stava pensando la stessa ed identica cosa. Al contrario, mi diede una pacca sulla spalla.

‹‹ Beh... sapere, se sono stati portati qui dei nuovi... delle nuove persone negli ultimi giorni? Avete un registri? ›› provò a dire Thomas.

Le guardie si scambiarono un'occhiata veloce, poi l'altra, quella che era rimasta in silenzio per tutto il tempo, si schiarì la voce e sputò. Un gesto che mi fece accapponare la pelle dal disgusto.

‹‹ Chi state cercando? Uno o una? ››

‹‹ Uno. Si chiama Newt. Un po' più alto di me, capelli biondi, abbastanza lunghi. Zoppica. ››

‹‹ Forse so qualcosa. Ma sapere e parlare sono due cose diverse. Voi ragazzi sembrate piedi di soldi. Me ne volete dare un po'? ››

Ma a che caspio servivano dei soldi in un posto come quello? Guardai Jorge, aspettando che facesse qualcosa, ma Minho parlò prima che potesse farlo lui

‹‹ Di soldi ne abbiamo, faccia di caspio. Adesso dicci dov'è il nostro amico ›› sbraitò il ragazzo, e pochi attimi dopo la guardia puntò il lancia granate contro le nostre facce.

Sussultai a quel gesto, e Minho strinse il braccio attorno alla mia spalla.

‹‹ Sai Minho, a volte ci sono momento in cui stare zitti è una buona soluzione... ›› sussurrai, ma la mia voce fu sovrastata da quella della guardia

‹‹ Fatemi vedere le carte di credito o questa conversazione si chiude qui. Voglio almeno mille. ››

‹‹ Lui ce li ha tutti ›› Minho indicò Jorge col pollice, ‹‹ avida testapuzzona ››

Era un bluff? Perché se quello era un bluff, da lì a breve avremmo avuto problemi ben più grossi del non riuscire ad oltrepassare due guardie brutte e puzzolenti armate di lanciagranate.

Invece, fortunatamente, era vero. Jorge tirò fuori una carta di credito e l'agitò in aria, sfoderando un sorriso sarcastico e soddisfatto ‹‹ dovrai ammazzarmi per prenderla, e sai che non ti servirà a niente senza le mie impronte. Avrai i tuoi soldi, hermano. Adesso portaci da lui ››

tirai un sospiro di sollievo, osservando l'uomo. Era tranquillo, quindi probabilmente in quella carta c'era davvero del denaro.

‹‹ Va bene, allora. Seguitemi. E ricordatevi, se qualche parte del corpo dovesse staccarsi a causa di uno sfortunato incontro con uno Spaccato, vi consiglio caldamente di lasciarvi la suddetta parte alle spalle e correre come schegge. A meno che non si tratti di una gamba, ovviamente ›› disse la guardia, che poco dopo girò i tacchi e varcò il cancello aperto.

 

Mentre la guardia spiegava a Thomas tutto ciò che c'era da sapere di quel posto, il mio sguardo vagava attraverso quelle mura, studiando attentamente la strada che stavamo percorrendo.

Quel posto era davvero orribile e veramente poco accogliente.

Tante baracche mezze distrutte, mal ridotte e poco rassicuranti. Il casolare, in confronto a quelle sorta di case, era una villa fatta d'oro e argento.

Non stavo ascoltando una sola parola di tutto quel lungo discorso che stava facendo la guardia, e sotto sotto mi sentivo un irresponsabile ingrata.

Ma mi consolai con l'idea che lo stessero ascoltando almeno gli altri membri del gruppo.

‹‹ Questo posto fa schifo ›› commentò sottovoce Minho, distruggendo in poco tempo l'idea che avevo prima. Forse nemmeno lui stava ascoltando la guardia.

Il che, sotto sotto, non mi stupiva per niente.

‹‹ Mi hai tolto le parole di bocca ›› risposi sempre sottovoce ‹‹ ma ascolta la guardia, almeno tu ››

‹‹ Sei tu la cervellona tra i due. Non sono qui per un bel giro turistico del caspio, sono qui per tirare fuori il mio amico da questo buco di posto ››

‹‹ Ed anche io ›› risposi con un tono che forse risultava un po' troppo scontroso.

Tutto di quel posto gridava a squarciagola di fuggire da lì. Dava tutta l'aria di essere senza speranza.

E dire che teoricamente quella doveva essere una sorta di oasi per non pensare alla malattia, vivere gli ultimi momenti di lucidità con una sorta di tranquillità.

Grida, insulti, imprecazioni, volgarità.,puzza, sporcizia.... insomma, era un'atmosfera pietosa e rivoltante, al punti di far accapponare la pelle.

A pochi passi da noi, qualcuno gridò come se gli stessero strappando un arto.

E la cosa non mi avrebbe stupita affatto. Minho si girò nella direzione del grido.

‹‹ Perché non lo chiudono e basta? ›› chiese Thomas ‹‹ insomma.... se è ridotto così male. ››

‹‹ Ridotto male? Ragazzino, male è un termine relativo. Le cose stanno così, punto. Cos'altro vorresti fare con queste persone? Non puoi lasciarle gironzolare in mezzo alla gente sana nelle città fortificate. Non puoi semplicemente mollarle in un posto pieno di spaccati ben oltre l'andata e lasciare che le mangino vive. E nessun governo è ancora così disperato da cominciare a uccidere la gente appena si è presa l'Eruzione. Non ci sono alternative. Ed è un modo per noi immuni di fare bei soldi, visto che nessun altro è disposto a lavorare ››

‹‹ E la cosa non mi stupisce affatto ›› dissi.

Notai la faccia di Thomas, che si dipinse alla svelta in un espressione carica di sensi di colpa.

‹‹ Perché non dici le cose come stanno? Lasciate che gli infetti se ne vadano in giro per questo posto dimenticato da Dio finché non sono ridotti così male da potervi sbarazzare di loro senza che vi rimorda la coscienza ››

‹‹ Questo più o meno è il succo della questione ››

A quel punto, io e Brenda assumemmo la stessa ed identica espressione.

Per la prima volta, sia io che la ragazza eravamo d'accordo su una cosa: quel posto faceva schifo.

Il mondo faceva schifo. Era incredibile come la gente se ne fregasse altamente di certe circostanze, aspettando addirittura che una persona peggiorasse, senza cercare effettivamente di fare qualcosa di concreto.

‹‹ Non avete minimamente pensato di provare a chiedere al governo una piccola dose di nirvana al giorno per ogni persona? ›› domandai, ma la guardia mi guardò con un espressione divertita.

‹‹ Ragazzina, hai idea di cosa significherebbe chiedere al governo del nirvana per ogni spaccato che c'è qui dentro? Dosi e dosi ogni giorno, perché quella roba causa assuefazione. Se gli infetti fanno casino in condizioni normali, immaginiamoci se finissero tutti in astinenza da nirvana. Succederebbe un macello. ››

‹‹ Dove sono tutti? Pensavo che questo posto fosse zeppo i gente. E cosa intendevi prima quando hai detto che sta succedendo qualcosa? ›› ci interruppe Thomas, facendo attenzione a dove metteva i piedi mentre camminava.

‹‹ Per rispondere bene alla signorina che chiedeva del nirvana ›› Questa volta a parlare fu l'altra guardia, che mi indicò con l'indice mentre rispondeva a Thomas ‹‹ alcuni se ne stanno in casa a rilassarsi con il Nirvana. Ma la maggior parte è nella Zona centrale. A mangiare o giocare, o se ne va in giro con brutte intenzioni. Ce ne stanno mandando troppi, e più velocemente di quanto possiamo mandarli via. Aggiungeteci il fatto che stiamo perdendo immuni a destra e a manca senza sapere che fine facciano, restando sempre più in minoranza, e alla fine era inevitabile che la situazione si scaldasse. Diciamo solo che stamattina il termometro si è alzato abbastanza ››

‹‹ State perdendo immuni a destra e a manca? ›› Ripeté Thomas, piuttosto stupito.

Doveva esserci lo zampino della C.A.T.T.I.V.O.. Era una cosa così ovvia che mi fece ricordare quanto quel posto fosse pericoloso.

Stavano seriamente progettando di fare altre prove con altri immuni? Non bastavano i risultati ottenuti con la vecchia cianografia? O forse era tutto un bluff e da noi non hanno mai ottenuto chissà quali risultati. Forse ora non miravano più ai ragazzini, ma agli adulti, poi agli anziani, poi chissà quali altre categorie si sarebbero inventati.

‹‹ Già ›› riprese l'uomo ‹‹ quasi la metà dei dipendenti sono scomparsi nell'ultimo paio di mesi. Sena lasciare traccia, in modo inspiegabile. Il che rende il mio lavoro mille volte più duro. ››

‹‹ Teneteci solo lontani dalla folla e metteteci in un luogo sicuro finché non trovate Newt ›› rispose Thomas, sospirando.

Forse si sentiva in colpa per tutto quello che stava succedendo. O forse si stava chiedendo che caspio avesse in mente la C.A.T.T.I.V.O..

‹‹ Mi sembra un'ottima idea ›› aggiunse Minho.

‹‹ Okay. A me basta intascarmi i miei soldi ››

‹‹ Li avrai se usciremo fuori da questo caspio di posto intatti ›› risposi in tono scocciato da quel comportamento. La guardia borbottò qualcosa che non capii e continuò a camminare in silenzio.

 

Dopo quale altro passo, le guardie si fermarono e ci dissero di stare fermi.

Ci sedemmo all'ombra di una baracca dall'aria poco sicura – come il resto del posto – e aspettammo il ritorno della guardia.

Il tempo sembrava non voler passare, ed il casino che c'era in quel posto era insopportabile.

Non potevo credere che Newt si trovasse in mezzo a quelle persone. Lui non era così, e quel posto di certo non giovava alla sua salute.

Mi passai le mani tra i capelli scompigliandoli. In quel momento Minho era seduto accanto a me, sì, ma non avevo il suo braccio attorno alle spalle e fu un sollievo, perché non avrei sopportato nessun genere di contatto fisico. Mi sentivo frustrata all'idea di non aver fatto niente per impedire a quegli uomini di portare via Newt.

Ero stata un idiota.

Thomas scattò sull'attenti poco dopo, portandomi ad alzare il volto nella direzione del ragazzo.

Era sbiancato. Così mi girai per guardare in che direzione stesse guardando.

Una coppietta aveva svoltato l'angolo e stavano venendo verso di noi.

Sembravano essere piuttosto normali, a parte un po' di sporco e i vestiti rovinati. Nulla di troppo grave, e nulla che non avessi già visto.

Si fermarono davanti a noi, rivolgendoci un sorriso cordiale.

‹‹ Quando siete arrivati? ›› chiese la donna. Thomas non riuscii nemmeno a parlare, forse sorpreso per quella domanda.

Cosa c'era di complicato? Doveva solo improvvisare e spacciarci spaccati.

‹‹ Siamo nuovi ›› risposi ‹‹ siamo arrivati poco fa, a dire il vero. ›› risposi con naturalezza, guardando Thomas con al coda dell'occhio come per dirgli di stare al gioco. Il ragazzo schiuse le labbra, ma annuì.

‹‹ Siamo arrivati con l'ultimo gruppo ›› aggiunse Brenda ‹‹ In realtà stiamo cercando un nostro amico che era con noi. Si chiama Newt, ha i capelli biondi, zoppica. Lo avete visto? ››

‹‹ Ci sono molte persone con i capelli biondi da queste parti. Come potremmo sapere chi è chi? E comunque, che razza di nome è Newt ››

Minho aprì la bocca pronto a rispondere, e prima ancora che potessi tappargli la bocca con la mano per non far scattare una rissa con lo spaccato, si alzò un rumore fortissimo che arrivava dal centro della città. Ci voltammo tutti in quella direzione.

Cos'era quel suono? La coppia era fuggita e si era chiusa in casa.

Non seguii bene la dinamica della cosa. L'unica cosa che notai, è che in poco tempo rimanemmo soli come cani.

‹‹ Sembrano felici di essere qui più o meno quanto noi ›› disse Thomas

‹‹ Considerando che si sono barricati in casa come se volessimo nutrirci della loro carne... ›› risposi in tono sarcastico. Poggiai una mano sulla spalla di Thomas, sbuffando, poggiando poi la fronte.

Il ragazzo abbassò lo sguardo nella mia direzione, assumendo un aria di compatimento.

Non m'interessava la cordialità. Volevo solo che le guardie tornassero assieme a Newt.

‹‹ Molto socievoli. Credo che tornerò a trovarli ›› disse Jorge, come se volesse sdrammatizzare la situazione.

‹‹ È chiaro che non sono qui da molto. Non riesco a immaginare come debba essere. Scoprire che sei infetto, essere spedito a vivere con gli Spaccati, avere davanti agli occhi quello che stai per diventare ››

‹‹ Brenda, caspio, non sei d'aiuto! ›› digrignai i denti.

Sapevo cosa significava “scoprire di essere malata”.

Avevo provato quella sensazione, ed avevo visto cosa stavo diventando. Certo, poi si era rivelato essere tutto uno schema della C.A.T.T.I.V.O.. Che era tutto finto.

Ma avevo provato sulla mia pelle quella sensazione. L'avevo provato quella volta, e l'avevo rivissuto quando Janson pronunciò il nome di Newt mentre leggeva la lista dei non-immuni.

‹‹ Scusa, non ci ho pensato ›› disse infine Brenda, con un tono seriamente dispiaciuto.

‹‹ Dove sono le guardie? Quando ci vuole a trovare qualcuno e dirgli che i suoi amici sono qui? ›› sbottò Minho, piuttosto impaziente.

‹‹ Beh, non c'è solo Newt in questo posto ›› provai a dire, ma lui m'ignorò e continuò a lamentarsi.

 

Dopo dieci minuti o poco più, le guardie tornarono indietro.

Senza Newt. E quello non era di certo un buon segno.

‹‹ Cos'avete scoperto? ›› chiese Minho, scattando in piedi come una molla.

Le guardie sembravano essere scosse.

La zona centrale era così brutta? Sembravano aver perso tutto il coraggio che avevano fino a poco fa.

Uno di loro prese un grosso respiro prima di cominciare a parlare.

Quasi tremava.

‹‹ Abbiamo dovuto chiedere in giro, ma credo che abbiamo trovato il vostro amico. Era proprio come l'avete descritto, e si è voltato verso di noi quando l'abbiamo chiamato per nome. Ma... ›› le guardie si scambiarono un occhiata quasi intimorita.

‹‹ Ma cosa? ›› spronò Minho con tono sempre più impaziente, anche se un po' preoccupato.

Tutto quel mistero mi stava mettendo ansia addosso.

‹‹ Ha detto di dirvi di andare al diavolo. ›› concluse la guardia.


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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Rimanemmo tutti palesemente basiti.

Minho trasalì visibilmente, come se avesse perso di botto ogni singolo appiglio e fosse precipitato all'improvviso. Io mi sentivo soffocare, invece. Era come se l'ossigeno all'improvviso mi fosse stato portato via.

‹‹ Fateci vedere dov'è. ›› disse di punto in bianco Minho. Era un ordine che non ammetteva repliche.

‹‹ Non hai sentito quello che ho appena detto? ›› rispose la guardia, alzando le mani.

‹‹ Abbiamo sentito benissimo, ma non ci importa. Noi non usciremo da qui senza il nostro amico ›› risposi con un tono fermo, fissando la guardia in cagnesco.

Se avesse provato anche solo a replicare un'altra volta, promisi a me stessa di tirargli un pugno con tutta la rabbia repressa che mi portavo dietro. Ed ero piuttosto certa che Minho mi avrebbe aiutata.

‹‹ Il tuo lavoro non è finito ›› aggiunse Thomas.

Bene, ora eravamo in tre che gli avrebbero tirato un pugno in faccia, in caso avesse qualcosa da obbiettare.

L'altra guardia scosse la testa, sbuffando ‹‹ Non esiste. Voi ci avete chiesto di trovare il vostro amico e noi l'abbiamo fatto. Dateci i nostri soldi. ››

Schiusi le labbra, stringendo i pugno contro i fianchi, poi feci per fare un passo verso la guardia

‹‹ Senti, bruttissima faccia di c- ›› Thomas mi afferrò in tempo e mi tappò la bocca con una mano, facendo leva per riportarmi al mio posto e non farmi muovere.

Soffocai altre parole contro la mano di Thomas, dimenandomi per liberarmi.

‹‹ Sta buona! ›› sbuffò il ragazzo, tenendomi stretta a lui ‹‹ così peggiori tutto ›› sussurrò accanto al mio orecchio.

La guardia mi indicò con l'indice, scrollando le spalle ‹‹ Woh, date un sedativo a quella ragazza! ››

‹‹ Chiudi quella caspio di bocca. ›› rispose Minho, fulminandolo con lo sguardo.

‹‹ E comunque, ti sembra che il ragazzo sia qui con noi? Nessuno vedrà un centesimo finché non siamo tutti insieme. ›› aggiunse Jorge con un tono fermo, avvicinandosi a Thomas, pronto ad aiutarlo in caso gli sfuggissi.

Mi guardai attorno in modo frustrato.

Le guardie si erano messe a confabulare tra loro, mentre io stavo morendo dalla voglia di pestare entrambi.

‹‹ Non puoi farli a brandelli, sono la nostra unica via in questo posto. Pensa a questo ›› sussurrò di nuovo Thomas, provando ad aggrapparsi al mio buon senso.

Ma si sbagliava. Potevo benissimo trovare Newt da sola.

Se mai, sapevo che picchiare le guardie non sarebbe servito a liberarmi della mia rabbia repressa.

Loro alla fine non c'entravano niente. Erano semplici scagnozzi.

‹‹ Già ›› sussurrò Minho ‹‹ conserva la rabbia per quando vedrai Newt. Se devi picchiare qualcuno, picchia lui perché si comporta da testapuzzona ›› schioccò la lingua contro il palato.

presi la mano di Thomas, spostandola dalla mia bocca. Aveva capito che mi ero calmata – più o meno –, ma non si fidò comunque a lasciarmi andare.

‹‹ Non è colpa sua, è la caspio di eruzione ›› sbuffai. Doveva essere per forza così.

Minho scrollò le spalle con fare poco convinto, decise di accontentarsi di quella scusa, così tornò a portare l'attenzione alle guardie.

‹‹ Ehi! Se volete quei soldi,andiamo! ››

‹‹ Va bene ›› disse una delle due guardie, mentre l'altra gli rivolse uno sguardo esasperato ‹‹ seguiteci! ›› e si voltarono, cominciando a camminare.

‹‹ È fatta? ›› domandai.

Brenda mi guardò, annuendo.

Solo a me sembrava anche troppo facile?

Thomas mi spinse, ma mi tenne stretta a sé. Continuava a non fidarsi.

Sapeva che sarei potuta correre alla carica contro le guardie da un momento all'altro, attirando l'attenzione degli spaccati, o peggio, scatenando una vera e propria rivolta da parte loro.

Man mano che camminavamo, sentivo la mia testa pulsare a furia di pensare a ciò che stava succedendo.

Continuavo a ripetere a me stessa che prima uscivamo da quel posto, prima tutta quella situazione sarebbe finita. Newt doveva uscire da lì il prima possibile.

Non badai nemmeno per un secondo al panorama orribile che mi circondava.

Non volevo farlo. Sapevo che se l'avessi fatto avrei finito col pentirmene amaramente.

‹‹ Thomas... ›› richiamai l'attenzione del ragazzo, che nonostante stessimo camminando da un po', non si era spostato e mi teneva stretta a sé.

Ma a quel punto, lo fece. Si spostò e si mise al mio fianco, legando un braccio attorno alle mie spalle come se avesse paura che cominciassi a correre di punto in bianco.

‹‹ Cosa c'è? ›› domandò

‹‹ Ho una brutta sensazione ››

‹‹ Anche io ›› rispose con un tono insicuro ‹‹ ogni volta che penso “non può andare peggio di così”, noto qualcosa di questo posto che mi ricredere ››

‹‹ Non intendevo questo ›› sbuffai ‹‹ ma per quanto riguarda Newt. Cosa faremo non riusciremo a convincerlo ad andare via? ››

‹‹ Lo faremo. ›› il suo tono divenne serio e convinto.

Beato lui, io non credevo nemmeno a me stessa.

Ci fermammo. Un uomo aveva cominciato a pestare un ragazzino sulla quale era inciampato.

Fortunatamente non riuscii a vederli bene, perché Brenda era praticamente davanti a me.

Ma Thomas sì, e la guardia ammonì prima ancora che potesse pronunciare una singola parola.

Persi il conto di quanta strada stavamo facendo.

Non parlai nessuno. Ignorai ogni cosa attorno a me. Ignorai tutto, tranne il cartellone che mi trovai davanti una volta raggiunto un muro alto con un passaggio ad arco.

Zona centrale”.

Senti il mio cuore cominciare a battere velocemente.

Eravamo arrivati.

‹‹Ve lo chiederò solo una vota. Siete sicuri di voler entrare? ›› domandò la guardia.

‹‹ Sì ›› risposi assieme a Minho.

‹‹ D'accordo allora. Il vostro amico è nella sala da bowling. Non appena ve lo indichiamo, voglio i nostri soldi ››

‹‹ Ho una voglia matta di prenderlo a pugni ›› sussurrai tra me e me, provocando una risata a Thomas.

‹‹ Muoviamoci ›› sbuffò Jorge.

Poco dopo entrammo nella zona centrale. Era seriamente, dannatamente affollata.

Ogni spaccato era occupato a fare qualcosa.

Da quello sdraiato a terra con un sorriso beato, a quello che danzava con movimenti improponibili e assenza di musica.

Alcuni si picchiavano, altri ridevano a squarciagola, altri si insultavano in modo veramente pesanti, o semplicemente urlavano al cielo.

Era uno scenario pazzesco e senza senso, che l'unica cosa che ti faceva pensare era: perché?.

Non potevo credere ai miei occhi.

Notai che c'erano anche alcune guardie che si guardavano attorno. Erano armate, pronte a fare fuoco in qualsiasi momento.

‹‹ Ricordami di non acquistare nessun immobile da queste parti ›› provò a sdrammatizzare Minho.

‹‹ Te lo ricorderò io ›› risposi, ma Thomas sembrò ignorare i nostri vani tentativi di scherzare sulla questione.

‹‹ Dov'è la sala da bowling? ›› si affrettò a chiedere invece, con una certa urgenza nel tono della voce.

Era in ansia e lo capivo. Quel posto metteva i brividi.

‹‹ Da questa parte ›› rispose una delle guardie, quasi scocciato da quella domanda.

Mi strinsi nelle spalle. Un gesto che Thomas notò subito, ma non spostò la presa.

Forse intuì che mi sentivo tremendamente a disagio lì in mezzo.

Cominciai a domandarmi se anche io avrei fatto la stessa fine di quegli spaccati se la C.A.T.T.I.V.O. non avesse rimosso quel chip.

Con la testa a scatti, mentre gridavo al cielo quale insulto pesante e con le vene che sporgevano fuori dal collo.

‹‹ Ci fissano ›› sussurrò Brenda, facendomi notare quel dettaglio.

Gli spaccati che ci vedevano passare interrompevano le loro attività per seguire i nostri movimenti, e questo portò me e Thomas ad abbassare lo sguardo.

L'ultima cosa che volevo era che uno spaccato interpretasse un mio semplice sguardo in una sfida.

Poco dopo alcuni spaccati cominciarono a fare battute sconce su di noi, scatenando un effetto a catena proprio come quando nel rifugio di Gervaso e Rose cominciavano a ridere uno dopo l'altro.

Qualcuno gridò dei complimenti piuttosto spinti verso me e Brenda, e la cosa mi provocò un certo senso di disgusto e allo stesso tempo una sorta di ansia.

‹‹ Non lasciarmi la spalla ›› sussurrai con un tono intimorito, rivolgendo lo sguardo a Thomas con la coda dell'occhio.

‹‹ Non lo farò ›› rispose Thomas, sussurrando anche lui e stringendo lievemente la presa, ma nemmeno il tempo di fare qualche altro passo che si fermò e si girò di scatto.

Per poco non perse la presa.

C'era una donna con i capelli scuri e scompigliati. Sembrava sana.

‹‹ Voglio baciarti. Cosa ne dici, Mune? ›› e cominciò a ridere.

No, era decisamente una spaccata.

Passò la mano sul petto di Thomas. Provai il grosso impulso di saltarle addosso e strapparle i capelli solo perché ci aveva interrotti con una caspio di domanda senza senso.

Non era quello il momento di perdersi in chiacchiere con una rincaspiata.

‹‹ Andiamo ›› dissi a Thomas, schioccando rumorosamente la lingua.

Non ci pensò due volte e ricominciò a camminare.

Brenda ci affiancò, arricciando il naso. La ragazza si strinse nelle spalle, cercando di sembrare naturale.

‹‹ Finora questa è forse la cosa più raccapricciante ›› sussurrò.

Non potevo essere più d'accordo.

 

Raggiungemmo la sala da bowling.

Non aveva le porte, per cui bene o male ero in grado di osservare cosa ci fosse al suo interno.

Era tutto distrutto, le pareti quasi completamente prive della carta da parati e il pavimento mezzo distrutto.

‹‹ È qui dentro, adesso pagatevi ›› disse la guardia con tono ovviamente scocciato.

Minho la oltrepassò e si sporse per osservare meglio dentro la stanza,

‹‹ È lì in fondo. È buio, ma è lui di sicuro ››

‹‹ Davvero? ›› il mio tono si riempì di speranza, ed in poco tempo mi allontanai da Thomas per raggiungere Minho.

Mi sporsi anche io.

‹‹ Dov'è? ›› domandai.

Minho allungò la mano ed indicò un angolo nella stanza, ritraendo la mano in poco tempo prima che qualche spaccato lo notasse.

Newt era praticamente da solo in quell'angolo buio. Era girato di spalle, ma lo riconobbi praticamente subito.

Quei capelli biondi e disordinati erano i suoi, e la maglietta era la stessa che indossava sulla berga.

Mi si strinse il cuore a vederlo lì da solo.

Per l'ennesima volta solo, circondato da persone che gli ricordavano costantemente ciò che sarebbe diventato.

‹‹ No, lui non diventerà così. Andrà tutto bene. ›› pensai, alzando lo sguardo verso Minho.

Non mi resi nemmeno conto della piccola discussione che si stava tenendo alle nostre spalle, e l'unica cosa che sentii fu un “vi aspetteremo qui”.

‹‹ Andiamo ›› disse Minho, poggiando le mani sulle mie spalle e spingendomi all'interno dell'edificio.

Osservai distrattamente il mucchio di persone dentro la stanza. Alcuni erano gettati sulle piste da bowling, probabilmente in preda agli effetti del nirvana.

Ma i più penosi erano quelli sdraiati per terra, che correvano il rischio di essere schiacciati come insetti dalle persone che camminavano.

‹‹ Aspettaci, caspio! ›› sbraitò Minho, afferrandomi la mano e tirandomi verso di sé.

Contrassi la mascella, osservando gli occhi del mio amico mentre avvicinava il volto al mio‹‹ vuoi che uno di questi rincaspiati decida di prenderti in un angolo e fare di te il suo giocattolino personale? ›› sussurrò a denti stretti.

‹‹ Voglio raggiungere Newt ed uscire da questo caspio di posto il prima possibile. Mi da i brividi. ›› risposi a denti stretti a mia volta.

Capivo la preoccupazione di Minho e non volevo dargli ulteriore motivo di tensione, ma il mio unico obbiettivo era quello di raggiungere l'ultima pista a sinistra di quella caspio di stanza e raggiungere Newt.

Minho sospirò e guardò Thomas, per poi indicare in quella direzione, così che no vedesse anche Thomas.

‹‹ Speriamo che vada tutto bene ›› dissi, prendendo un grosso respiro.

‹‹ Ma come siamo positivi, pive ››

‹‹ Avanti, Minho. Conosci Newt, e sai quanto è ostinato ›› risposi, per poi girarmi e cominciare a camminare nella direzione del ragazzo biondo.

Nonostante gli altri camminassero molto più lentamente e facendo attenzione a non calpestare nessuno, il mio passo era più veloce – e sicuramente meno attento – del loro.

In breve tempo, infatti, mi trovai a pochi centimetri di distanza dal ragazzo, mentre gli altri distavano qualche metro.

‹‹ Razza di pive del cacchio, vi ho detto di andare al diavolo! ›› disse Newt a voce alta, e la sua voce riecheggiò tra le pareti buie di quella sala.

Rimasi di sasso a quelle parole, sgranando gli occhi.

Minho si fermò di colpo, e Thomas per poco non gli finì addosso.

‹‹ Newt... ›› provai a dire, ma il ragazzo soffocò un verso frustrato.

‹‹ Dobbiamo parlarti ›› disse Minho.

‹‹ Non ti avvicinare ›› rispose Newt con una voce calma, ma il tono minaccioso ‹‹ e tu allontanati, Liz. ›› Sentii i brividi lungo la schiena, ma non mi spostai ‹‹ quei criminali mi hanno portato qui per un motivo. Hanno pensato che fossi un cavolo di immune nascosto in quella Berga del caspio. Immaginate la loro sorpresa quando hanno capito che l'Eruzione mi stava divorando il cervello. Hanno detto che era loro dovere civico mollarli in questa topaia ›› aggiunse.

Corrugai la fronte. Ero certa che quei ragazzi sapessero già che Newt avesse l'eruzione. Perché ora diceva così?

‹‹ Perché pensi che siamo qui, Newt? Mi dispiace che tu non sia potuto venire con noi e che ti abbiano catturato. Mi dispiace che ti abbiano portato qui. Ma noi possiamo farti uscire; a quanto pare non importa uno sploff a nessuno di chi e chi viene ››

Chiusi gli occhi a quelle parole. Volevo girarmi a dare uno schiaffo a Thomas e gridargli in faccia che prima di parlare doveva pesare le parole.

Sospirai con fare rassegnato e scossi la testa ‹‹ Thomas, sei un idiota ›› sussurrai, consapevole che l'unica persona che aveva sentito quelle parole fosse Newt.

Quando riaprii gli occhi, Newt si stava girando lentamente verso di noi. Stringeva un lanciagranate tra le mani.

Sgranai gli occhi, fissando il ragazzo davanti a me.

I suoi occhi erano colmi di rabbia, ed il suo aspetto era simile ad una persona che aveva corso e lottato per la propria vita.

‹‹ Che casp- ›› non terminai nemmeno la frase, perché lui mi rivolse la peggiore delle occhiatacce.

‹‹ Ti ho detto di allontanarti da me, Elizabeth ›› disse denti stretti, in un tono più simile ad ringhio animale che ad un tono umano, e così feci, raggiungendo i miei amici.

‹‹ Wow, vacci piano ›› disse Minho, indietreggiando di mezzo passo ‹‹ calmati. Non c'è bisogno di puntarmi in faccia un caspio di lanciagranate mentre parliamo. E comunque, dove hai preso quell'affare? ››

‹‹ L'ho rubato. L'ho preso a una guardia che mi ha... fatto arrabbiare ››

No, quello non era il mio Newt. Tremava leggermente mentre le sue dita scivolavano sopra il grilletto. Era pronto a fare fuoco.

Mi portai una mano sulle labbra, cominciando a mordere nervosamente le unghie dell'indice.

‹‹ Newt, leva le dita dal grilletto ›› dissi, spostando lentamente la mano dalle labbra.

Il ragazzo scosse la testa, tenendo lo sguardo su di noi.

‹‹ Non sto... bene. Davvero, apprezzo che voi pive del cavolo siate venuti a cercarmi. Dico sul serio. Ma questa storia del cacchio finisce qui. ››

‹‹ Questo non è il tuo posto! Tu non sei così!››

Scosse la testa, prendendo un grosso respiro, come se si stesse sforzando di trattenersi ‹‹ questo è il momento in cui voi vo voltate e uscire da quella porta per tornare alla vostra berga e volare via. Mi avete capito? ››

‹‹ No che non capisco, Newt. Abbiamo rischiato la pelle per venire in questo posto e tu sei nostro amico e ti porteremo a casa. Vuoi piagnucolare e gridare mentre impazzisci, va bene. Ma lo farai con noi, non con questi spaccati del caspio. ›› il tono di Minho era frustrato, ma mi domandai mentalmente se sia lui che Thomas avessero perso la delicatezza per strada mentre camminavamo per raggiungere quel posto.

Newt saltellò di colpo, puntando il lanciagranate contro Minho ‹‹ Io sono uno spaccato, Minho! Io sono uno spaccato! Perché non riesci a fartelo entrare in quella testa del cavolo? Se tu avessi l'eruzione e sapessi cosa sta per succederti, vorresti avere i tuoi amici accanto che ti guardano? Eh? Lo vorresti? ›› pronunci quelle parole urlando, come se stesse sputando fuori tutta la frustrazione che stava tenendo dentro di se in quel momento. Tremava sempre di più.

Poco dopo il suo sguardo si posò su di me.

Gli occhi che non esprimevano niente, solo rabbia.

‹‹ E questo vale anche per te! Possibile che nessuno si rende conto che io sto male? Che non voglio che mi osserviate con uno schifo di pietà per il povero spaccato? Tu dovresti capirmi, caspio! ›› gridò di nuovo, per poi girarsi verso Thomas.

‹‹ E tu, Tommy ›› disse, abbassando la voce, assumendo uno sguardo disgustato ‹‹ Hai un bel coraggio a venire per chiedermi di andare con voi. Un bel coraggio. Mi viene il vomito solo a guardarti.

‹‹ Di cosa stai parlando? ›› chiese Thomas.

Newt non rispose, ma continuava a Tremare.

Avevo l'istinto di abbracciarlo. Volevo solo abbracciarlo, anche se era rabbioso e ridotto in quello stato.

‹‹ Ti prego, calmati ›› sussurrai. Avevo un tono di voce terrorizzato. Non ero terrorizzata da lui, ma per lui. Girò per qualche istante lo sguardo su di me, per poi riportarlo si Thomas.

Il suo viso si distese, abbassò l'arma, poi volse lo sguardo verso il pavimento.

‹‹ Newt, non capisco. Perché stai dicendo queste cose? ›› insistette Thomas. Era preoccupato per l'amico tanto quanto lo ero io.

Newt allora rialzò lo sguardo ‹‹ M dispiace, ragazzi. Mi dispiace. Ma ho bisogno che mi ascoltiate. Sto peggiorando di ora in ora e non mi restano molti momenti di lucidità ›› il suo tono era tipico di chi implorava l'ultimo favore. Sentii il mio cuore sprofondare. ‹‹ Andatevene, per favore. ›› aggiunse.

Thomas fece per ribattere, Ma Newt sollevò le mani ‹‹ No! Non voglio più ascoltarvi. Basta... per favore... per favore, andatevene. Vi prego. Vi prego di fare quest'ultima cosa per me. Ve lo chiedo con il cuore in mano, voglio che facciate questo per me. ››

‹‹ Non voglio lasciarti qui ›› mormorai, attirando la sua attenzione. Lui schiuse le labbra e scosse la testa, facendo per parlare, ma sollevai la mano e gli feci cenno di fare silenzio. Mi avvicinai a lui, dimezzando in poco tempo la distanza tra noi ‹‹ non ti lascerò da solo ›› dissi con un tono spezzato ed irregolare.

Lui schiuse le labbra, incatenando gli occhi ai miei ‹‹ ho incontrato un gruppo di persone molto simili a me e stanno progettando di scappare e andare a Denver oggi stesso. Io andrò con loro. Non sarò solo ››

‹‹ Non m'interessa, sai bene cosa intendo ››

‹‹ Sì, e non m'interessa ›› rispose, mantenendo un tono neutro, scuotendo la testa ‹‹ Non mi aspetto che capiate, ma io non posso più stare con voi. Per me sarà già abbastanza dura d'ora in avanti, e lo sarebbe ancora di più se sapessi che vi siete lì ad assistere. Peggio ancora, se vi facessi male. Perciò diamoci questo cacchio di addio una volta per tutte e poi promettetemi che vi ricorderete di me com'ero ai bei vecchi tempi ››

‹‹ Non posso farlo ›› Minho mi levò le parole di bocca. A quel punto, Newt sembrò non vederci più e riprese a gridare

‹‹ Vaffancaspio! Hai la minima idea di quanto sia difficile restare calmo in questo momento? Ho detto quello che dovevo dirvi e ho finito. Adesso andate via! Capito? Andate via! ››

Chiusi gli occhi per via delle urla e mi irrigidì.

Quando li riaprì, il volto di Newt si era dipinto di rabbia.

Perché faceva così?

Odiavo ciò che il virus stava facendo alla sua testa. Era come uno schiavo prigioniero di sé stesso.

‹‹ Credo che il nostro uovo amico vi abbia chiesto di andarvene ›› disse qualcuno. Mi girai lentamente per guardare chi fosse a parlare. Un uomo aveva puntato il dito sul petto di Thomas, e dietro di lui c'erano altri uomini.

‹‹ Non sono affari tuoi. Lui era nostro amico molto prima di venire qui ›› rispose il ragazzo.

‹‹ Quel ragazzo è uno spaccato adesso, e lo siamo anche noi. Questo significa che sono affari nostri. Quindi lasciatelo in pace e andatevene ››

‹‹ Ehi, psicopatico, forse l'eruzione ti ha otturato le orecchie. È una cosa tra noi e Newt. Vattene tu, ››

Allargai le braccia e schiusi le labbra ‹‹ No, Minho, sul serio? Ma ti sei rincaspiato il cervello?! ›› sbraitai.

Non poteva essere davvero così avventato da rispondere ad una provocazione con un'altra provocazione, nonostante fosse nel giusto in quel momento e stesse semplicemente cercando di risolvere le cose con Newt.

Quando lo spaccato davanti a Thomas sollevò la mano con un lungo pezzo di vetro stretto nel pugno, sgranai gli occhi e poggiai le mani sulle labbra ‹‹ speravo che avreste opposto resistenza. Mi stavo annoiando ›› disse, mentre l'uomo fece uno scatto per colpire il volto di Thomas col vetro.

‹‹ Thomas! ›› gridai allarmata, e ancor prima che potessi fare un solo passo, Brenda intervenne e spinse via il braccio dello spaccato.

Minho si gettò sullo spaccato e atterrarono entrambi un una donna, che si mise a sbraitare dimenandosi e scalciando.

In poco tempo, il caos più totale.

Newt poggiò una mano sulla mia spalla, tirandomi indietro da quello scenario.

Alzai lo sguardo su di lui, ma il suo era perso ad osservare quella scena.

Era stato un riflesso involontario?

Digrignò i denti ed impugnò l'arma.

‹‹ Smettetela! Smettetela subito! ›› gridò ‹‹ smettetela o comincerò a sparare, e non me ne frega una sploff di chi verrà colpito! ››

L'uomo che aveva scatenato quella rissa si alzò, dando un calcio alla donna che avevano schiacciato.

Il volto di Minho era pieno di graffi, ma stava bene.
Newt caricò il lancia granate, poi spinse il grilletto, ed una granata colpì lo spaccato al petto e questo cadde a terra mentre si contorceva con le gambe rigide e la bava alla bocca.

Pensai che non avrei mai voluto sperimentare quell'affare su me stessa.

‹‹ Lo avevo avvertito di smetterla ›› disse quasi sussurrando, poi puntò l'arma contro Minho.

Stava tremando di nuovo. Capii che lo faceva perché stava cercando di controllarsi.

‹‹ Adesso voi andatevene ›› abbassò lo sguardo su di me ‹‹ vai da loro, forza. ››

‹‹ Ma io n- ››

‹‹ Senza discutere. ›› disse con tono fermo, ma calmo. ‹‹ Mi dispiace ››

Minho allargò le braccia ‹‹ Vuoi spararmi? Vecchio amico mio? ››

‹‹ Andatevene ›› ribadì Newt ‹‹ ve l'ho chiesto gentilmente. Adesso ve lo sto ordinando. È già abbastanza difficile. ››

‹‹ Vieni con noi, ti prego... ›› cercai di convincerlo mentre mi avvicinando a Minho, ma lo sguardo di Newt era puntato sul ragazzo mentre manteneva una calma apparente.

‹‹ Andatevene. ›› ripeté

Minho sospirò, abbassando le braccia ‹‹ Newt, usciamo... ››

‹‹ Andatevene! ›› gridò Newt, facendo un passo verso Minho mentre gli puntava il lancia granate con più aggressività ‹‹ fuori di qui! ›› il suo corpo tremava così forte che ora non era evidente che non fosse in sé. I suoi occhi non mostravano alcun segno di sanità, e questo mi preoccupava da morire. Stava impazzendo completamente, e quella ne era la prova.

‹‹ Andiamo ›› disse Thomas, afferrandomi il braccio e tirandomi via. Ero rimasta pietrificata mentre lo guardavo e non me n'ero nemmeno resa conto. Quando Thomas mi tirò via più forte, quasi persi l'equilibrio ‹‹ forza ›› aggiunse Thomas. Lo guardai con gli occhi lucidi, ma annuì, senza nemmeno rendermene conto.

‹‹ Non stai parlando sul serio ›› disse Minho. Non avevo mai sentito un tono così triste e morto nella sua voce.

Thomas si limitò ad annuire.

‹‹ Com'è possibile che il mondo si sia così rincaspiato? ›› sussurrò Minho con un tono così bass che a stento si sentì.

Mi girai a guardare un'ultima volta Newt. Il volto era rigato dalle lacrime.

Non mi aspettavo quell'improvviso cambiamento.

‹‹ Mi dispiace. Io... Io sparerò se non ve ne andate. Subito. ››

Rimasi immobile nonostante Thomas cercasse di tirarmi via. Non potevo andarmene. Non così.

Liberai il braccio dalla presa di Thomas e corsi verso Newt, gettandomi contro di lui. Non si oppose. Non troppo almeno, ma spostò l'arma per non farmi schiantare contro questa.

‹‹ Vattene. Vattene subito. ›› disse, con quel tono ancora spezzato ‹‹ non mi metterò problemi a sparare anche te ››

‹‹ Non dire caspiate ›› risposi, legando le braccia dietro il suo collo

‹‹ Ti prego, va. Sono serio sta volta. ›› strinse un braccio dietro la mia schiena. Non era un vero abbraccio, ma decisi di farmelo bastare ‹‹ Va via. Ti prego. Vattene. ›› disse con un tono spezzato.

‹‹ Vieni, Eli ›› disse Jorge, poggiando una mano sulla mia spalla e tirandomi via.

Sciogliere quell'abbraccio era peggio di qualsiasi altra cosa.

Sentii le lacrime rigare il mio volto, esattamente come le sue rigavano il suo.

‹‹ Ciao Newt ›› dissi, mentre mi lasciavo guidare da Jorge, senza spostare lo sguardo dal ragazzo.

‹‹ Addio, Liz ›› Rispose, e fu l'ultima cosa che sentii prima di abbandonare la zona centrale.


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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Una volta usciti da lì, cercai di affrettarmi ad asciugare le lacrime. Non volevo che Thomas o Minho mi vedessero in quello stato. Avevamo altro a cui pensare, come ad esempio un modo per uscire il prima possibile da lì, considerando che le guardie si erano volatilizzate come un cumulo di polvere in una giornata di tempesta.

‹‹ Da dove sono sbucati tutti questi spaccati? ›› domandai. Jorge scrollò le spalle

‹‹ Non lo so, tesoro, ma la cosa non mi piace. Saranno stati attirati dalle grida dello spaccato ›› rispose sussurrando per non farsi sentire.

Gli spaccati attorno a noi avevano tutta l'aria di essere decisamente oltre l'andata.

Gridavano provocazioni, come sempre.

Ringraziai il cielo che Jorge mi stesse stringendo a sé come un padre protettivo, perché se non l'avesse fatto ero certa che mi sarei persa, o mi avrebbero presa.

Era Thomas guidarci, anche se avevo memorizzato la strada mentre camminavamo.

La mia testa era spenta. Volevo tornare indietro.

Volevo tornare da Newt.

Ma lui non voleva, e quell'addio era stato peggio di una pugnalata al petto.

Nessuno osò dire una sola parola mentre camminavamo per abbandonare la zona centrale.

Non appena fummo fuori da lì, sembrò tutto tornare come prima.

Grida, risate ed altre cose ripresero come se nulla fosse.

‹‹ È finita ›› dissi tra me e me. Nessuno mi sentii.

Mi fermai, rivolgendo lo sguardo alle mie spalle. Dannazione se ero tentata di tornare indietro.

‹‹ Elizabeth, avanti, cammina ›› mi spronò Jorge.

Ma in quel momento la mia attenzione ricadde verso le guardie che correvano nella nostra direzione.

Ma non erano spariti?

‹‹ Ma cosa..? ››

‹‹ Correte! Correte! ›› gridarono, muovendo le braccia.

Non avevano le armi con loro, e questo mi fece pensare subito al peggio.

Se stavano venendo da quella direzione, voleva dire che erano stati tra gli spaccati.

E se non avevano le armi, significava che gliele avevano rubate.

E questo non prometteva nulla di buono.

Le guardie ci superarono, senza nemmeno pensarci.

‹‹ Ehi! Tornate qui! ›› urlò Minho.

Una di loro girò, il viso contratto per la fatica ‹‹ Vi ho detto di correre, idioti! Forza! ›› gridò.

Thomas non ci pensò due volte e si lanciò dietro di loro, tirando con sé Brenda.

Jorge mi spinse lievemente e mi costrinse a correre con sé, trascinandomi per il braccio qualche metro, poi mi lasciò. Solo in quel momento sentii il rumore di altri passi veloci, proprio dietro di noi. Appena mi girai, notai che almeno una dozzina di spaccati ci stava inseguendo.

‹‹ Cos'è successo? ›› chiese Minho.

‹‹ Ci hanno trascinato via dalla zona centrale! Giuro su dio che ci avrebbero divorato. Siamo scappati per un pelo. ››

‹‹ Non smettete di correre! ›› gridò l'altra guardia, e di colpo cambiarono direzione della corsa.

Stava succedendo tutto troppo di corsa.

Ero piena di ripensamenti.

No, non volevo più andarmene, e man mano che correvo ne stavo prendendo sempre più coscienza.

Non avrei mai permesso a Newt di rimanere lì da solo.

L'avrei convinto ad andare via con me. Che gli andasse bene o meno.

Così mi fermai. Thomas e gli altri continuarono a correre nella direzione che li avrebbe condotti all'uscita della berga. Loro lo fecero. Io no.

Jorge se ne rese conto quasi subito, così rallentò il passo.

‹‹ Elizabeth! ›› gridò Jorge, attirando l'attenzione degli altri.

‹‹ Ma che caspio stai facendo?! ›› gridò Minho, facendo qualche passò per raggiungermi.

Indietreggiai e scossi la testa ‹‹ Andate! ›› gridai.

‹‹ Ma che dici?! Non se ne parla! Tu vieni con noi! Almeno tu! ›› gridò Minho, rivolgendo uno sguardo a Thomas ‹‹ non lasceremo qui anche te! ››

‹‹ Vi ho detto di andarvene! ››

‹‹ Beth... ››

‹‹ Devo convincere Newt ad andare via di qui! ›› chiusi gli occhi, rivolgendo uno sguardo alle mie spalle ‹‹ andate via prima che sia troppo tardi! ››

Thomas mi guardava. Cercava di leggere il mio sguardo.

Chiuse gli occhi e scosse la testa ‹‹ forza, andiamo ›› disse. Capiva le mie intenzioni.

E sapevo che lui era forse l'unico capace di capirmi a pieno.

‹‹ Cosa? ›› disse Minho, portandosi una mano tra i capelli.

‹‹ Fidati di lei ›› ribadì Thomas, ed a quel punto si scambiarono uno sguardo d'intesa.

Thomas sapeva che tra tutti loro ero forse l'unica persona capace di far cambiare idea a Newt.

Così ripresero a correre.

Corsi verso un vicolo, evitando così di essere travolta dalla folla di spaccati che inseguiva i miei amici.

‹‹ Sola in caspio di posto colmo di spaccati. Questa non è una novità ›› pensai, guardandomi attorno.

Notai che in una baracca non troppo distante da me, c'era una donna poggiata sull'uscio della porta.

Appena si rese conto che la stavo guardando, uscì lentamente e si avvicinò a me, con un passo tremante e timido.

Non era molto alta, e sembrava essere molto giovane.

I suoi capelli erano lunghi, annodati ed evidentemente sporchi, ma era normale considerando il posto in cui ci trovavamo, quei capelli sembravano essere fin troppo puliti.

‹‹ Ciao... ›› disse con un tono di voce cordiale.

Giocava con le proprie mani, col volto basso, rivolvo verso queste.

I capelli le ricadevano lungo il viso.

Sembrava essere timida, ma ricordai a me stessa che era comunque una spaccata, e c'era poco da fidarsi.

I suoi vestiti erano sporchi e logori. Indossava dei jeans sbiaditi con grossi buchi sulle ginocchia ed una maglietta con i bordi seghettati, ed era lievemente slabbrata, come se avesse lottato per tenerla addosso. E considerando dove ci trovavamo, era una cosa più che possibile.

‹‹ Ciao. ›› risposi, corrugando la fronte. La donna stava singhiozzando.

Aveva cominciato a piangere di colpo. Sollevò la testa.

Il suo volto era intatto, fatta ad eccezione per due lunghi graffi sulla guancia sinistra ed un taglio apparentemente profondo sulla destra.

‹‹ Tu sei... ›› si avvicinò ancora di più, e poggiò le mani sulle mie. Non strinse la presa come invece immaginavo che avrebbe fatto. Il suo tocco era delicato, come se avesse paura di farmi male.

Non terminò subito la frase, prima si morse la lingua, poi prese un respiro profondo per interrompere quei pochi singhiozzi che stava emettendo ‹‹ Tu sei viva! ›› disse infine.

‹‹ Cosa? ››

la donna inclinò il volto, sorridendo ‹‹ Giusto, il siero... ›› allungò una mano e mi accarezzò il viso con le dita sporche.

La spinsi via. Mi stava dando una strana sensazione di malinconia che non mi piaceva affatto.

Lei non sembrò sorpresa. Barcollò all'indietro e cadde di peso sul terreno.

Era così magra da fare impressione.

‹‹ Non ricordi chi sono, vero? ›› domandò di punto in bianco.

C'era qualcosa in quei suoi occhi azzurri. Qualcosa che mi fece trasalire e provare tristezza a quelle parole.

‹‹ No ›› risposi freddamente ‹‹ come fai a saperlo? ››

La donna si rimise in piedi, passandosi le mani sui jeans. I suoi occhi si piantarono nei miei, rivolgendomi un sorriso sconsolato per la mia perdita di memoria.

‹‹ Sono tua madre, mia piccola Elizabeth ›› la sua voce era rauca, ma non stava piangendo.

Aveva gli occhi lucidi, forse per via dell'incontro.

Schiusi le labbra. Mi sorpresi del fatto che non sentissi nulla nei confronti della donna, se non una forte malinconia.

Provai un certo odio per il fatto che non ricordassi nulla di lei. Odio e sconforto, perché sotto sotto non sapevo niente di lei.

Ma dentro di me, sapevo che era lei davvero. L'unica cosa che non sapevo, era se potevo fidarmi o meno di quella donna.

Le leggevo negli occhi che era cosciente di quel fatto, ma non demordeva.

‹‹ Vieni dentro la baracca ›› disse, indicando con un cenno del capo quella sorta di casa, se così si poteva effettivamente definire ‹‹ se stiamo qui fuori, ci ritroveremo presto circondati da spaccati pronti a mangiarci le dita ››

‹‹ Come faccio a sapere che non ci proverai tu? ›› risposi freddamente, ritraendomi le mani contro il petto.

Mi fissò in silenzio, facendo un respiro profondo poco dopo.

‹‹ Se avessi voluto farti del male, ti avrei atterrata senza problemi e strappato le braccia dal corpo tu non avresti potuta fare nulla, se non gridare come una pazza dal dolore ›› rispose con tono serio.

Così serio da farmi provare dolore solo ad immaginare la scena ‹‹ non so cosa ti hanno detto di me, ma non sono andata fino a quel punto ›› e, detto questo, s'incamminò vero la baracca.

Mi guardai rapidamente attorno, poi decisi di seguirla.

Ormai ero rimasta sola in quel posto, valutando bene la situazione, non era il caso di tornare subito da Newt.

Doveva essere agitato per l'incontro avvenuto poco fa, per non parlare degli spaccati che l'avevano circondato.

Era meglio far calmare un po' le acque.

 

L'interno della baracca non era poi così male.

Mamma – se così potevo chiamarla – l'aveva addobbata bene, resa quasi vivibile.

Era tutto in ordine e pulito.

Ero seduta su una sedia malandata, ma reggeva, e quello era l'importante.

Davanti a me c'era un piccolo tavolo in legno, con un vasetto in vetro scheggiato e con una grossa crepa al centro, e dentro il vaso c'era l'originami di un fiore, con lo stelo fatto con un pezzo di legno.

La cosa non mi stupiva: con quel caldo, come poteva sopravvivere un fiore?

‹‹ Ti offrirei qualcosa, ma come puoi immaginare, non ho molto... ›› disse la donna con un tono un po' smorto, poi si sedette sulla sedia davanti a me ‹‹ e non penso che ti farebbe piacere mangiare dei fagioli a quest'ora ›› provò a sdrammatizzare, così mi sforzai di sorridere.

‹‹ Non fa niente ›› risposi ‹‹ non ho nemmeno fame. Senti... Non ti chiederò qualcosa del mio passato. Non voglio ricordare niente a dire il vero. Il mio passato non ha più importanza.

Non m'interessa perché mi sono spedita nella radura, non m'interessa sapere che tipo di rapporto c'era tra noi, non voglio sapere il mio vero nome e così via. Se mi hai fatta entrare qui per raccontarmi qualcosa... Beh, sappi che non voglio sapere nulla. Niente di tutto quello ha più importanza ››

La donna sembrò quasi ferita da quelle parole, ma annuì, facendomi capire che accettava la mia decisione.

‹‹ Immagino che tuo padre ti abbia raccontato abbastanza. Ovviamente dal suo punto di vista ›› disse, ma era come se stesse parlando a sé stessa, più che a me ‹‹ o magari Marie ›› tirò su le gambe, poggiandosele contro il petto, e cominciò a dondolare sulla sedia come se volesse cullarsi.

‹‹ Sì, ma non m'interessa di ciò che hanno detto. Credo più a ciò che ha detto Justin, che a ciò che mi ha detto quell'uomo ››

‹‹ Mi dispiace per ciò che hai passato. Qualsiasi cosa tu abbia passato del gruppo A. Non avrei mai voluto che tu soffrissi. Né tu, né gli altri soggetti dei test ›› sollevò gli occhi su di me ‹‹ qualsiasi cosa tu pensi ora, ricordati che la C.A.T.T.I.V.O. non è buona. Buone intenzioni, ma pessime azioni. A volte il fine non giustifica i mezzi. In questo caso, hanno sforato. È inutile soffermarsi su dei ragazzi, rischiando di portarli alla più totale pazzia, quando invece c'è una possibilità che si salvino nonostante siano più fragili nei confronti del virus ›› smise di dondolarsi, rimettendosi dritta.

Sebbene il suo sguardo fino a pochi attimi prima sembrava quasi terrorizzato nel parlare, ora cambiò radicalmente, sorridendo ‹‹ comunque, smettiamo di parlare di cose tristi. Non vuoi sapere nulla di tutto questo, quindi, parliamo di cose recenti! Ti va? Recuperiamo un po' di rapporto madre figlia ››

corrugai la fronte. Non ero poi così convinta di voler recuperare un rapporto con quella donna. D'altronde, detto in modo schietto e forse crudele, non provavo assolutamente nulla per lei.

E questo un po', c'era da dirlo, mi faceva sentire in colpa.

Vedevo qualcosa in lei, che in “papà” non vedevo.

Dolcezza, pentimento per ciò che aveva fatto... umanità.

‹‹ Raccontami! cosa ti porta da queste parti? ›› arricciò le labbra ‹‹ sono piuttosto sicura che non è per me. Secondo me non sapevi nemmeno che fossi qui. ››

‹‹ No, infatti. Papà ha detto che ti hanno portato nella zona bruciata, però ›› lei annuì, poi mi fece un cenno con la mano per spronarmi a dirle il vero motivo per cui fossi lì. Così abbassai lo sguardo, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio ‹‹ Newt ›› mormorai ‹‹ Newt è qui. ››

‹‹ Newt? ›› corrugò la fronte, sgranando gli occhi poco dopo ‹‹ quel Newt? Il ragazzo che ha- ››

‹‹ Inventato di dolenti. Sì, quel Newt ››

Si morse il labbro inferiore, abbassando lo sguardo ‹‹ immagino che sia perché siete passati alla fase due e lui si è ammalato, vero? ›› si portò le mani tra i capelli, puntando i gomiti sul tavolo ‹‹ dannazione! Avevo detto loro di cancellare quella fottuta fase! Avevo detto che era troppo pericoloso per i soggetti! Ci sarebbe stata una dannata strage! Perché non mi hanno ascoltata?! Perché?! ›› e continuò a sussurrare, abbassando drasticamente il tono della voce.

Sì, il virus in lei stava distruggendo ogni singola particella del suo corpo.

Era ovvio. Ma tutto sommato non sembrava essere poi così ridotta male, c'era da ammetterlo.

Quelle parole furono come un toccasana per me: lei era contro la C.A.T.T.I.V.O., e questo mi bastava per sapere da che parte stava.

Almeno avevo la certezza di potermi fidare almeno un po'.

‹‹ L'hanno fatto per vedere il grado di sopportazione, credo. A me hanno impiantato un chip che mi faceva credere di essere malata ››

spostò le mani, sollevando di scatto il volto ‹‹ Hanno usato il chip su di te? ››

‹‹ Già, durante la fine della prova il chip ha smesso di funzionare ››

‹‹ Strano ›› mormorò, grattandosi la fronte. Ma non disse altro riguardo a questo argomento. Alzò lo sguardo verso di me, rivolgendomi un sorrisetto malizioso ‹‹ aspetta, perché sei qui per Newt? ››

arrossii, incrociando le braccia sul tavolo.

Affondai il volto contro queste, poi brontolai parole senza senso per via dell'imbarazzo. Non potevo parlare di queste cose con mia madre.

‹‹ Ti piace? ›› mi punzecchiò il braccio con l'indice. Le sue unghie erano lunghe e sfaldate. Si piegavano a contatto con la mia pelle.

‹‹ Stiamo assieme, diciamo... se così si può dire ››

‹‹ Dov'è ora? ›› domandò ‹‹ ti accompagno da lui, se vuoi. Conosco questo posto e conosco le scorciatoie. ››

‹‹ Nella zona centrale, al bowling ››

annuì, prendendo un respiro profondo. Capii che quella donna non era affatto un mostro, se era disposta ad accompagnarmi in un posto così, era un'alleata preziosa.

 

Nel mentre che attraversavamo un piccolo condotto sotterraneo, umido e puzzolente, mia madre volle sapere com'eravamo arrivati fino a lì.

Quando sentii il nome di Jorge, il suo sguardo s'illuminò, e cominciò a raccontarmi di com'erano uniti loro due prima che venisse mandato nella zona bruciata.

Al contrario, per Brenda storse un po' il naso, dicendo che lei nemmeno la conosceva, ma che non si fidava molto degli scagnozzi più piccoli della C.A.T.T.I.V.O. in quanto facessero loro il lavaggio del cervello.

Mi spiegò che quando lavorava alla C.A.T.T.I.V.O cercava una cura per conto proprio, e tramite un vaccino in via del tutto sperimentale, era riuscita a dimezzare il tempo della crescita del virus.

La C.A.T.T.I.V.O. però aveva deciso di non finanziare il suo progetto, un quanto peccasse gravemente in alcuni punti, ma su di lei stava funzionando.

Era una buona alternativa al nirvana, e non creava assolutamente assuefazione, visto che andava somministrato una sola volta ed attaccava il nucleo centrale del virus.

Era come una sorta di “pellicola” che avvolgeva la parte malata del cervello.

Pensai che se avessero continuato a lavorare a quella cura, forse ci saremo risparmiati tutti quei massacri.

Di punto in bianco, mia madre si fermò. Alzò lo sguardo verso l'alto e spinse con le mani verso la piccola botola sopra le nostre testa.

‹‹ Dovrebbe essere qui l'uscita per il vicolo della sala da bowling ››

‹‹ Così, ad occhio e croce? ››

‹‹ Conosco bene questo posto ›› si giustificò, dando un'ultima spinta e facendo un balzo.

Fece leva con le braccia e si tirò su, uscendo, per poi porgermi la mano per aiutarmi a salire.

Una volta fuori da lì, mi sembrò che l'aria esterna fosse la cosa più profumata sentita negli ultimi anni.

Davanti a noi c'era l'entrata della sala da bowling, proprio come aveva dette mia madre. Tutti gli spaccati erano stranamente in silenzio, osservando uno di loro – ridotto malissimo – che stava in piedi sopra un bidone colmo di rifiuti di dubbia provenienza (c'era una mano che penzolava fuori).

‹‹ Oggi, miei amici spaccati, sarà il giorno. Oggi è il giorno in cui usciremo da questa topaia ed entreremo a Denver! ›› gridò, con la mascella che penzolava da un lato.

Teneva in mano uno dei lanciagranate che avevano sottratto alle guardie poco prima.

‹‹ Sì! Finalmente torneremo lì e ci prenderemo ciò che ci spetta! La nostra libertà! E al diavolo tutti quei dannati muni! Se qualcuno si metterà in mezzo, noi che faremo? Ditelo con me, fratelli! ››

‹‹ Lo uccideremo! ›› gridarono in coro gli spaccati, e a quel punto, lo spaccato sparò in aria una granata, che ricadde sul terreno emanando tante piccole scosse a vuoto.

Mia madre mi afferrò la mano, stringendola come per rassicurarmi.

‹‹ Nessuno ti torcerà un capello ›› disse a denti stretti, ma in modo che potessi sentirla solo io.

Si girò a guardarmi con gli occhi che gridavano serietà. Sembrava una minaccia, ma non era per me, ovviamente.

Sentii uno spaccato lamentarsi alle mie spalle. Qualcuno l'aveva spinto e gettato a terra.

Una mano si posò sulla mia spalla, costringendomi a girarmi.

Mia madre mi si parò davanti, spingendomi via per allontanarmi dalla presa del ragazzo.

Gli spaccati, fortunatamente, ignorarono quel gesto. Potevo scommettere qualsiasi cosa che se l'avessero notato, si sarebbero messi in mezzo com'era successo con Thomas.

Mia madre afferrò il volto del ragazzo, puntando lo sguardo su questo.

Rabbrividì a quella scena ‹‹ Che fai? Vuoi un pugno?! ›› disse a denti stretti, ma lui ignorò quella minaccia, osservandomi con una certa rabbia negli occhi ‹‹ parlo con te, biondino! ›› ripeté.

Era Newt. Era il mio Newt.

Non riuscii a spiccicare una sola parola, neanche per dire a mia madre di lasciarlo stare.

Ero rimasta impietrita da quello sguardo così vuoto e carico d'odio e rabbia.

‹‹ No. ›› disse con un tono freddo, spostando la mano della donna.

‹‹ Io credo di sì. ›› rispose lei, riprendendo il volto di Newt nella mano ‹‹ potrei pensare di prendere a schiaffi questo tuo bel faccino, sai? ››

‹‹ Lascialo stare ›› mi sforzai di dire. Fu come se quelle parole richiedessero un sacco di energia ‹‹ è Newt ››

‹‹ Oh... allora questo cambia le cose ›› rispose lei, spostando la mano ‹‹ ma giuro che se le fai del male, la minaccia vale ›› aggiunse indicandolo.

In tutta risposta, lui le rivolse un occhiataccia, per poi spostare lo sguardo su di me.

‹‹ Che ci fai qui? Ti avevo detto di andare via. E ti avevo detto addio. ››

‹‹ Bene, io no. Avevo detto ciao, non addio. Non mi piace dire addio. ››

‹‹ Non me ne frega un caspio se non ti piace dire addio. ›› il suo sguardo si fece serio. Gli tremava la mano. Solo in quel momento notai che non aveva più il lanciagranate.

‹‹ Dov'è l'arma? ››

‹‹ si è scaricata ›› strinse il pugno ‹‹ così ho cercato qualcosa che potessi usare come attrezzo, l'ho smontato e lanciato i pezzi un po' ovunque ›› sgranai gli occhi. Ha smontato un lanciagranate? ‹‹ Cos'è quella faccia sorpresa? Ho inventato dei caspio di dolenti e ti stupisce che abbia smontato un lanciagranate? ›› c'era un tono divertito nella sua voce, ma rimaneva comunque serio.

‹‹ No, ma... ››

‹‹ Che ne dite di andare a discutere per i fatti vostri? Sapete, qui la gente ama intromettersi e fare casino ›› propose mia madre.

Newt schioccò la lingua, indicando la donna ‹‹ chi è questa tizia stramba? ››

‹‹ Sono sua madre ›› disse lei, incrociando le braccia.

Newt la osservò attentamente, sgranando gli occhi ‹‹ Ah ›› disse semplicemente, drizzando di colpo la schiena ‹‹ sì, forse è meglio parlare in privato ››.


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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Mentre camminavamo per allontanarci da quel casino, l'unica cosa che notavo era il modo strano in cui Newt camminava.

Zoppicava, ma non come sempre. Era come se quel dolore, ora, fosse più leggero.

Gli spaccati stavano festeggiando l'imminente evasione come se fosse una cosa che aspettavano da un'intera vita. Non badavano a nulla, nemmeno a noi che camminavamo lì in mezzo. Si lanciavano sul pavimento, si lanciavano oggetti – potrei giurare di aver visto un bidone sollevarsi in aria indisturbato –.

Alcuni di loro, invece, erano semplicemente seduti in cerchio e parlavano. Sembravano essere anche fin troppo organizzati, ragionavano come persone normalissime, ma dannatamente incazzate e pronte a vendicarsi.

Newt tirava spallate un po' a tutti, ma faceva attenzione a non perdermi in mezzo alla folla.

Brontolava qualcosa tra sé e sé, ma non capivo cosa. C'era troppa confusione.

Camminammo a lungo, allontanandoci dall'anello centrale.

Non eravamo troppo distanti dalla baracca di mia madre.

‹‹ Mi stai portando a – ››

‹‹ Sì, nella mia baracca ›› m'interruppe, fermandosi poco dopo davanti ad una baracca mal ridotta – come le altre – e spinse la vecchia porta sorprendentemente integra che, però, fece facendomi cenno con la testa di entrare.

Non appena varcai la soglia della porta, entrò anche lui, chiudendosela alle spalle.

Si assicurò che fosse ben chiusa, e poco dopo chiuse anche il passante.

‹‹ Di cos'hai paura? ›› ironizzai, accennando un sorrisetto all'angolo delle labbra.

‹‹ Secondo te? Non so se hai notato che siamo circondati da rincaspiati nel cervello ›› rispose in modo piuttosto inviperito, per poi girarsi nella mia direzione ‹‹ e tu sei così testapuzzona da esserti gettata tra noi ››

Incrociai le braccia al petto, sollevando un sopracciglio ‹‹ hai intenzione di farmi la ramanzina? ››.

Non rispose. Rimase in silenzio, ignorando apertamente la mia domanda.

Si diede una rapida occhiata attorno e camminò verso il divano letto in fondo alla stanza, portandosi le mani tra i capelli appena si sedette.

Per quanto mi dispiacesse aver ignorato la sua richiesta di essere lasciato solo, sapevo benissimo di non doverlo fare. Era per il suo bene.

Quel posto non era adatto a lui, e più lo guardavo, più mi rendevo conto di quanto tutto questo lo stesse solo peggiorando

‹‹ Ti ho chiesto di andartene. Perché caspio sei rimasta? ›› la sua voce era strozzata

‹‹ Per te. ›› risposi con un tono che lasciasse intendere quanto quella risposta fosse ovvia ‹‹ hai bisogno di me tanto quanto io ho bisogno di te ››

Accennò un sorrisetto sarcastico, e poco dopo fece uno strano scatto con la testa ‹‹ non hai bisogno di uno spaccato, Liz ›› un lieve tono frustrato nella sua voce mi fece rabbrividire ‹‹ tu hai bisogno di qualcuno che sappia darti stabilità e possa assicurarti un futuro perlomeno vivibile, cosa che io non potrò fare ›› Era come se non fosse lui a parlare, ma riuscivo ad intuire quanto quella cosa lo stesse tormentando dall'interno.

‹‹ Non sei uno spaccato ›› corrugai la fronte ‹‹ non per me. Stai dicendo un mucchio di sploffate. ››

‹‹ Cazzate, non puoi cambiare la realtà. ›› il suo sguardo si fece serio, poi seguì ogni mio movimento fino a quando non andai a sedermi proprio accanto a lui.

La sua testa faceva qualche piccolo scatto, come se lo stessero pizzicando sul collo e lui si stesse agitando per liberarsi. Il petto aveva piccoli spasmi, non si notavano se non ci si faceva attenzione, ma c'erano, e la cosa mi preoccupava.

‹‹ Non voglio cambiare la realtà ›› poggiai la mano sulla sua, ma la ritrasse velocemente. Non voleva nemmeno essere toccato.

‹‹ Devi rassegnarti all'idea che devi lasciarmi andare. Almeno tu. Che differenza farebbe seguire te e gli altri? Non rallenterà ciò che sto diventando, ma rallenterà voi per qualsiasi cosa ››

‹‹ Ma vedi? ›› gli presi la mano – praticamente contro la sua volontà – ‹‹ ora sei tranquillo! ››

‹‹ No, mi sto trattenendo ›› puntualizzò, assottigliando lo sguardo ‹‹ non sono per niente tranquillo. Mantenere il controllo è diventato più difficile, sopratutto dopo che sono entrato qui dentro. A pensarci bene, forse chiudere quella caspio di porta è stata una pessima idea ›› liberò la mano dalla mia presa, lasciandosi andare contro lo schienale del divano.

Prese un grosso respiro e chiuse gli occhi.

Solo in quel momento, guardandolo bene, notai che in alcuni punti i suoi capelli erano più corti del solito, come se stesse cercando di tagliarli, o addirittura di strapparli.

Non volevo sapere cosa stesse effettivamente facendo, perché il pensiero di scoprirlo mi terrorizzava a morte.

‹‹ Non succederà niente ›› provai a rassicurarlo, poggiandosi sullo schienale a mia volta.

Sapevo che era impossibile riuscirci, non era stupido, sapeva bene com'era messo e in che situazione si trovava. Ma non volevo che rimanesse senza alcuna speranza, e forse se non ci avesse pensato la situazione sarebbe rimasta stabile ancora per un po'.

Più tempo potevamo guadagnare e meglio sarebbe stato.

‹‹ Quando sono entrato qui dentro, c'è stato un solo pensiero lucido che sono riuscito a fare ››

‹‹ Ossia? ››

‹‹ Che sarebbe stato meglio morire nel labirinto, piuttosto che arrivare fino a qui e morire in questo modo pietoso ›› aprì gli occhi, prendendo un respiro profondo. Poggiai le mani sul suo viso, facendolo girare nella mia direzione. Contrasse la mascella, come se quel gesto l'avesse semplicemente infastidito.

‹‹ Non dirlo nemmeno per scherzo! ›› sbottai, corrugando la fronte.

Non me ne fregava un caspio se si stesse infastidendo, certe frasi non le accettavo.

‹‹ Adesso non saremo in questo casino ›› sibilò tra i denti ‹‹ e tu saresti libera di andartene senza dovermi fare da fottuta infermierina. Il fatto che tu sia qui per pietà peggiora solo la situazione ››

‹‹ Ma io non sono qui per pietà! ›› scossi la testa, accarezzandogli le guance ‹‹ sono qui per te. Perché voglio stare con te, e questa caspio di eruzione di certo non mi allontanerà. Abbiamo già discusso di questo! ››

Così si zittì, analizzando il mio sguardo. Quasi mi ferì il fatto che avesse anche solo immaginato una cosa del genere.

Continuai ad accarezzargli la guancia. Ero decisa a non spostare la mano finché non l'avesse fatto lui, e considerando che non l'aveva ancora fatto era un buon segno. Si stava calmando.

Sapevo che sarebbe successo.

Chiuse gli occhi, dopo un po', prendendo un grosso respiro. Così mi spostai, sdraiandomi sul divano con la testa sulle sue gambe, e quasi in un gesto istintivo, portò una mano tra i miei capelli.

Sbuffò, ma non disse niente. Cominciò a giocare con le ciocche, rigirandosele tra le dita per distrarsi, ed in poco tempo il suo respiro si stabilizzò.

‹‹ Io non ce la faccio più a sopportare tutto questo ›› disse con un tono spento, quasi pentito per ciò che era successo ‹‹ so che non sei qui per pietà, ma... mi fa incazzare tutto. Ho rari momento di lucidità, e mantenerla è sempre più complicato. E mi terrorizza il fatto che tu sia qui. Non sono in grado di proteggerti, capisci? ›› spiegò.

‹‹ Non c'è bisogno di spiegazioni, so che non sei tu a parlare ››

Strinse lievemente la presa tra i miei capelli, ma non mi fece male. Non era stato violento nel farlo.

Sapevo ciò che stava provando, e non potevo fare assolutamente niente per aiutarlo.

Non potevo proteggerlo nemmeno io, e nemmeno salvarlo. Quindi lo capivo più di quanto potesse immaginare.

‹‹ A volte penso che saresti stata una brava madre ››

‹‹ Lo sarei stata? ››

‹‹ Lo sarai ›› si affrettò a correggersi, dando un finto colpo di tosse

‹‹ Ma tu guarda, il buon caro Newt pensava di metter su famiglia? Ma quale gran sorpresa! ›› provai ad ironizzare, sollevando lo sguardo verso di lui.

Arricciai il naso quando notai il lieve rossore sulle sue guance.

Quasi mi sentii in colpa per averci scherzato su... ma quella reazione era stata dolcissima ed inaspettata, così come quella frase in sé.

Non era da Newt pensare cose simili, e tanto meno lo era dirle.

Era evidentemente in imbarazzo. Decisamente, cominciai a sentirmi in colpa.

‹‹ Se ti consola, secondo me sarai un bravo padre ›› gli presi la mano libera, intrecciando le dita con le sue.

La sua espressione cambiò radicalmente, diventando cupa, con un velo di tristezza che cercava di nascondere ‹‹ da morto? non credo. E sopratutto, i morti non hanno figli ››

‹‹ Tu non morirai ›› sbuffai, assottigliando lo sguardo ‹‹ non ti lascerò morire ››

‹‹ Già, bene così. In ogni caso, non vorrei mai avere figli ora. Il mondo è troppo incasinato. ››

‹‹ Ed abbiamo solo diciassette anni ›› gli feci notare

‹‹ Ma è come se ne avessimo ventisette ››

‹‹ Parla per te! ›› brontolai in modo scherzoso, riuscendo, finalmente, a strappargli una lieve risatina. Musica per le mie orecchie.

 

Restammo lì a chiacchierare fino a quando non crollò addormentato come un bambino.

Durante tutto quel tempo, non aveva avuto grossi sbalzi d'umore. Qualcuno leggero, ma non troppo tragico.

Niente spasmi, niente strani scatti... qualche alterazione umorale, ma niente di troppo forte o troppo preoccupante. Reazioni umane.

Si preoccupava del fatto che qualcuno, lì dentro, potesse provare a farmi male.

Non avrebbe retto la cosa e non voleva che lo vedessi impazzire di colpo. Un pensiero che aveva sfiorato anche la mia testa quando pensavo di essere malata.

Tutto quel discorso, inoltre, aveva portato a qualcosa:

Ero riuscita a convincerlo a fuggire con me, una volta usciti da quel posto.

Mentre gli altri proveranno ad entrare a Denver, noi ci allontaneremo ed andremo altrove.

Non avevo la benché minima idea di com'ero riuscita a farlo ragionare, ma ero piuttosto contenta di averlo fatto.

Mentre riposava, l'unica cosa a cui riuscivo a pensare erano le parole di mia madre riguardo a quella sorta di cura temporanea di cui aveva fatto uso.

Dovevo trovare un modo per averne un po', o ricrearla, in caso estremo.

Dovevo fare un tentativo, perché vederlo rannicchiato in sé stesso nell'angolino del divano mi faceva male. Era come un bambino, ed aveva l'aria di una persona che non chiudeva occhio da mesi.

I suoi occhi erano segnati da due grossissime occhiaie. In quella posizione riuscivo a vedere meglio quei capelli strappati con una violenza che stentavo a credere che fosse stato lui stesso ad usare.

Mi aveva spiegato che in un momento di crollo di nervi, mentre cercava di riprendere il controllo di sé stesso, aveva cominciato a tirarsi i capelli con forza.

Il dolore lo aveva riportato alla realtà.

Mi preoccupava il fatto che per mantenere il controllo dovesse ricorrere ad una certa violenza, eppure in quel momento era tranquillissimo.

Annuii a me stessa, come per darmi prova di ciò che avevo appena deciso: dovevo procurarmi un po' di quel vaccino, cura, ciò che era.

Scivolai lentamente giù dal divano, cercando di non muoverlo troppo. Non volevo svegliarlo, o mi avrebbe segregata lì dentro fino al momento della fuga.

Sempre se mi avesse permesso di uscire anche a me.

Camminai un punta di piedi fino alla porta, provai ad aprirla, ma il rumore del passante che sbatté contro la porta mi portarono a chiudere gli occhi e darmi uno schiaffo mentale.

E no, la porta non si aprì. Mi ero scordata che l'avesse chiusa in quel modo.

In compenso, lui si svegliò di soprassalto.

‹‹ Che diavolo stai facendo? ›› domandò con la voce impastata.

‹‹ Io... volevo andare da mamma.... ››

‹‹ Da sola? Ma ti si è rincaspiato il cervello? ›› si mise seduto sul divano, strofinando la mano contro l'occhio ‹‹ vengo con te. ›› si alzò, raggiungendomi con pochi passi.

Tolse il passante e sbadigliò, poi sembrò che il sonno, con quel gesto, abbandonò completamente il suo volto.

‹‹ Rimani a dormire, Newt, almeno così sei bello riposato per dopo ›› accennai un sorriso ‹‹ ci aspetterà un lavoraccio ››

‹‹ Ho dormito abbastanza ›› sbuffò ‹‹ andiamo da tua mad- ›› qualcuno cominciò a prendere a pugni la porta, facendomi sobbalzare per via del rumore improvviso.

Ma chi poteva essere così rincaspiato da fare una cosa del genere?

Girai alla svelta il passante, fissando Newt con gli occhi sgranati.

Lui era tranquillo, e l'unica reazione che ebbe, fu un sorrisetto all'angolo della bocca.

Un sorriso che nemmeno gli apparteneva. Spento e vuoto.

‹‹ È iniziato. ››


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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


‹‹ Cosa? ››

‹‹ La fuga ›› rispose semplicemente.

L'unica cosa che fece subito dopo, fu catapultarsi fuori da quella catapecchia come se quello fosse il suo unico scopo nella vita.

Feci per seguirlo, ma mi fulminò con lo sguardo non appena varcai la soglia della porta.

‹‹ No. ›› disse ‹‹ non puoi venire. ››

‹‹ Cosa? E perché mai? Noi dov- ››

‹‹ Sì, ma non ora ›› si avvicinò, poggiando le mani sulle mie spalle ‹‹ adesso è rischioso. Non potrei proteggerti lì fuori. Potrei perderti di vista e qualcuno potrebbe farti del male. Per una volta, caspio, ascoltami e non fare di testa tua! ›› puntò il dito sulla mia fronte, premendolo lievemente, ma senza farmi male ‹‹ ascoltami, va bene? ››

corrucciai le labbra. L'idea di lasciarlo andare lì fuori da solo non mi allettava per niente, sopra tutto perché mi aveva promesso un'altra cosa. Non sapevo perché, ma la cosa mi puzzava parecchio, e lo si capiva dal suo sguardo che avevo capito che c'era qualcosa che non andava.

Prese un respiro profondo, come per mantenere la calma, e la sua stretta attorno alle mie spalle si fece più forte.

Poco dopo, si fece più vicino e depositò un bacio sulla mia fronte ‹‹ Facciamo così: ti accompagno da tua madre, poi vado con gli altri, okay? Ricordi più o meno dov'è? ››

‹‹ All'incirca ›› mormorai, rassegnandomi all'idea che tanto avrebbe fatto comunque di testa sua.

Odiavo quando diventava così testardo.

‹‹ Bene così. Allora andiamo ››

 

Potevo solo sperare che andasse tutto per il verso giusto.

Si stava innervosendo parecchio anche solo alla vista di tutti quegli spaccati che correvano senza badare a dove colpivano con le spallate.

Chi stava a terra veniva schiacciato senza troppi problemi, e a parte qualche gemito di dolore, nessuno osava protestare.

Gli spaccati avevano preso letteralmente il controllo di quel posto, in poco tempo, tutte le guardie – le poche guardie – erano state raggruppate nell'anello centrale, legate ed imbavagliate.

Newt fremeva solo all'idea di recuperare la libertà, come se non ricordasse nemmeno quanto il mondo esterno facesse schifo.

Ma potevo capirlo: anche io mi sentirei così al posto suo.

Gli avevo dato e pochi indizi per fargli capire dove si trovasse esattamente la baracca di mamma e lui mi aveva subito capita: conosceva quel posto come se fosse casa sua.... un po' come conosceva la radura.

Sta volta, però, camminavamo in un covo pieno di pazzi, e non in una “foresta” non troppo distante dalle faccemorte.

Non avrei mai smesso di dire quanto caspio mi mancava la radura. In confronto a quel posto, quello era uno splendido villaggio turistico dove non pioveva mai.

‹‹ Siamo arrivati ›› disse Newt, interrompendo i miei pensieri.

Davanti a me c'era la porta di mamma, ed era socchiusa.

‹‹ È questa? ›› domandò lui, guardandomi

‹‹ Sì, è questa ›› mi sporsi in avanti, spingendo la porta ed entrando. Nonostante Newt stesse cercando di opporre resistenza per non entrare in casa, lo trascinai con me. E lo sentii anche borbottare, ma feci finta di niente.

La donna era seduta sul divanetto, fissava fuori dalla finestra. Se non avessi notato che il petto si alzava e si abbassava in modo regolare per via della respirazione, avrei giurato che non stesse nemmeno respirando.

Attirai la sua attenzione con un colpo di tosse, così si girò, rivolgendomi un sorriso.

‹‹ Avete chiarito? ›› domandò.

‹‹ Sì ›› rispose Newt, con un tono di chi ha fretta ‹‹ ma ora vado, come promesso ››

‹‹ Fa attenzione ›› dissi girandomi nella sua direzione, prima che lui potesse abbandonare la stanza senza neanche salutare.

Annuì, chinandosi di qualche centimetro per raggiungere la mia altezza senza e lasciandomi un bacio sulla guancia.

Che fosse intimidito dalla presenza di mia madre?

‹‹ Sono sempre attento, testapuzzona ›› rispose con tono giocoso

‹‹ Tornerai a prendermi? ››

Prima di rispondere diede un rapido sguardo a mia madre, per la quinta volta nell'arco di poco tempo ‹‹ sì ››

‹‹ Bene così, allora ››

‹‹ Bene così. A dopo ›› e, detto questo, si affrettò ad abbandonare la stanza.

Una volta chiusa la porta, in quella stanza prese il sopravvento il silenzio.

Quel tipo di silenzio che sprigionava ogni singolo pensiero negativo, e la cosa peggiore, era che ognuno di quei pensieri avevano un fondo di verità.

Avevo paura che Newt si facesse uccidere apposta e quel pensiero non mi dava pace, era come un dannato campanello di allarme, ed avevo imparato che i miei campanelli d'allarme avevano tutti un fondo di verità.

Le facce delle persone che correvano in giro per quel posto sembravano prese da un film dell'orrore, ma mi sentivo stranamente protetta in quel posto.

Ciò che mi preoccupava, era Newt.

‹‹ Lui non tornerà, mettiti l'anima in pace, piccola mia. Ci vorranno minimo circa tre o quattro giorni per raggiungere Denver a piedi ›› disse di punto in bianco mia madre, mentre con l'indice disegnava forme indistinte sul tavolo. Corrugai la fronte, guardandola, ma senza rispondere.

Il suo sguardo era assorto ed aveva un velo di tristezza che le ricopriva gli occhi. Quella donna doveva aver attraversato momento terribili e li portava sempre con sé.

In quel momento avevo l'opportunità di farle delle domande, ma era come se il mio cervello avesse perso ogni capacità di dire qualcosa di decente.

Ero troppo preoccupata anche solo per pensare a qualcosa che non fosse lui. Avevo paura di perderlo.

In quel momento, realizzai che se avessi perso lui, avrei perso ogni singola cosa.

La donna, ancora seduta sulla sedia, spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, poi prese un grosso respiro ‹‹ non hai notato tutta la fretta che aveva? ›› chiese, spostando lo sguardo dal tavolo

‹‹ E come facevo a non notarlo? ›› mormorai sconsolata, sedendomi poco dopo nella sedia libera ‹‹ ma se ha detto che tornerà, lo farà ››

‹‹ Credimi, non lo farà. Sono brava col linguaggio del corpo. Anche tuo padre mi disse “tranquilla, torneremo a prenderti, un giorno”. Oh, e aveva ragione: torneranno a prendermi quando sarò morta, forse ›› schioccò la lingua con fare disgustato.

‹‹ Lui non è così ›› dissi. Ma era chiaro che stessi cercando di convincere più me stessa che lei.

Volevo credere alle mie stesse parole, perché se avessi dubitato di lui anche solo per un attimo, forse sarei crollata molto, troppo velocemente.

Lui sarebbe tornato indietro e saremmo fuggiti insieme.

Me l'aveva promesso.

‹‹ Non vuole che tu lo veda dare di matto nel delirio generale della folla ›› spiegò, provando a rassicurarmi in qualche modo ‹‹ è normale, ma non tornerà. Non voglio che tu ti illuda... ma non sei venuta qui per parlare di questo, vero? ››

Scossi la testa. Finalmente, aveva deciso da sola di cambiare discorso. Non avevo bisogno di sentirmi dire quelle cose ‹‹ no, infatti. Volevo chiederti di quella sorta di vaccino di cui mi avevi parlato. ››

‹‹ Vuoi provare a ricrearlo per Newt? ››

‹‹ Sì, ciò... se questo potrà aiutarlo a stare bene, allora ci proverò. Farò qualsiasi cosa sarà necessaria. Lui per me lo farebbe ››

Lei fece le spallucce, annuendo, ma poi mi rivolse uno strano sorriso ‹‹ Però a me sembra che ora stia bene, tutto sommato, no? in ogni caso, il vaccino non funziona su quelli come lui. Devi essere agli inizi, Newt è uno stadio avanzato, in teoria ›› assunse un aria pensierosa.

‹‹ Come sarebbe a dire “in teoria”? ›› corrugai la fronte.

Lei storse le labbra, sollevando un sopracciglio.

Non rispose.

Era palesemente finta nel fingere di pensare a ciò che le avevo chiesto.

Lei sapeva qualcosa che però non voleva dirmi, ma mi guardava come per dirmi “ci arriverai da sola”. Era una sfida. In quel momento, sentii qualcosa accendersi in me.

‹‹ Pensi che potrebbe guarire? ›› domandai, cercando di non sembrare troppo speranzosa in una risposta positiva.

La donna si alzò, affacciandosi alla finestra.

‹‹ No. Non lo penso, e non esiste una cura ›› rispose, mandando in fumo ogni mia singola speranza in poco tempo ‹‹ ma so anche che non sarà qui che troverai le tue risposte ›› fece un sospiro, poi si avvicinò alla porta ‹‹ e penso che dovremmo andare via da qui. Con tutto il casino che stanno facendo qui, tra poco questa baracca crollerà in mille pezzettini e li trasformeranno tutti in scatolette di tonno ››

‹‹ E dove vuoi andare? ››

‹‹ Per adesso vediamo di raggiungiamo gli altri. Newt non tornerà, ma questo non implica che tu non possa andare da lui, Elizabeth ›› aprì la porta, dandosi una rapida occhiata attorno.

Sembrava essere più ansiosa di me.

Sentivo che di lei, in effetti, potevo veramente fidarmi.

Aspettò qualche istante prima di farmi cenno di uscire da lì assieme a lei, ma quando lo fece, mi fece intendere che dovevo muovermi come non avevo mai fatto prima di allora.

La sua mano era stretta attorno alla mia per assicurarsi di non perdermi lì in mezzo.

Non c'era nessuno che poteva fermare tutti quegli spaccati, erano tutti agitati e le strade erano un immenso parco giochi per pazzi.

Avevano appiccato fuoco a svariate baracche, e qualche spaccato stava di guardia ai cancelli, armati di lanciagranate.

Tutta via, però, facevano attenzione a non scontrarsi nella corsa verso la libertà.

O almeno, quasi tutti facevano attenzione.

Cosa avremmo fatto da quel momento in poi? Una lunga e stancante camminata verso Denver, considerando che non c'erano Berghe, macchine o qualsiasi cosa potesse semplificare quel lungo tragitto.

C'erano delle impronte sul terreno, segno che il gruppo di spaccati che era uscito prima, quello dove c'era Newt, era già passato.

 

Corremmo per ore. Imprecai più di una volta per non avere un orologio o qualsiasi cosa potesse dirmi quanto tempo fosse passato effettivamente, ma dato che stava calando rapidamente la notte, potevo solo immaginare che tre ore buone erano passate.

‹‹ Ehi, stai al tuo posto! ›› gridò uno spaccato, spingendo quello davanti a sé.

Correvano come gli altri. Sentivo dolore ovunque, e per via di quella corsa, cominciai pensare che stavo dimagrendo a vista d'occhio.

Mia madre non si lamentava, ma dato il viso arrossato ed il respiro appannato, sicuramente stava faticando anche lei a tenere quel ritmo.

Ma non potevamo fermarci.

In tutti quei chiacchiericci tra gli spaccati, era saltato fuori che alcuni di loro avevano rubato delle auto appartenenti alle guardi che stavano al palazzo degli spaccati.

Provai un invidia assurda per loro.

‹‹ Taci, schifoso! ›› gridò qualcun altro.

Alla mia destra, due spaccati si mordevano le spalle a vicenda come cani rabbiosi.

Una scena che mi fece accapponare la pelle.

Sperai di non diventare la loro prossima vittima.

Mamma diede una piccola pacca sulla mia spalla, indicando un punto davanti a sé ‹‹ Eli, guarda! ››

‹‹ Fermi tutti! ›› gridò lo spaccato che guidava il nostro gruppo. Prima ancora che potessi vedere ciò che aveva indicato mia madre, lui mi levò ogni dubbio dalla testa.

C'eravamo fermati perché, finalmente, avevamo raggiunto l'altro gruppo. Era meno numeroso di quanto credessi.

‹‹ Adesso che siamo tutti insieme, ci riposeremo ›› concluse.

Qualcuno dell'altro gruppo grugnì contrariato, spintonando il capo del nostro gruppo ‹‹ Non se ne parla, voi sfigati malandati ve ne andate subito! ›› disse con tono nervoso.

‹‹ Andiamo amico, lasciali riposare con noi! ›› provò a calmarlo un altro ‹‹ sono stanchi e lenti, creperebbero dopo due passi! ››

‹‹ Chi se ne frega, alla morte di uno di loro almeno avremo qualcosa da mangiare! ›› rispose, ridendo in modo isterico.

Mi vennero i brividi, così mi guardai attorno, come se mi sentissi improvvisamente osservata.

Notai che i ragazzi che si mordevano le spalle non erano più vicino a me.

Non volevo sapere dove fossero effettivamente.

‹‹ Riposate tranquilli ›› disse infine l'altro spaccato. Forse quello era il capo dell'altro gruppo ‹‹ ma preparatevi alla conquista della libertà. Banchetteremo con i corpi di chiunque proverà a fermarci. ››  


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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Non chiusi occhio durante la notte. Né io, né mia madre. Ma non potevamo muoverci. Alzarci era una pessima idea, avremo rischiato di attirare l'attenzione degli spaccati attorno a noi e farli arrabbiare.

Eravamo in due contro più di un centinaio di spaccati.

Alcuni di loro erano svegli e di guardia, come se ci fosse qualcosa di più pericoloso di un gruppo intero di spaccati pronti a distruggere chiunque si mettesse contro di loro.

Alcuni spaccati si agitava in modo assurdi nel sonno, mordendo il pavimento o addirittura girando in cerchio con la spalla puntata sul terreno.

Avevo paura di essere toccata e far arrabbiare lo spaccato che dormiva attorno a me.

La sua bocca era spalancata e colava della saliva da questa, creando una pozza sotto la sua guancia.

Una pozza disgustosa e puzzolente che cresceva e si avvicinava pericolosamente al mio volto.

Ringraziai il fatto che fosse mattina e che quindi da lì a breve si sarebbero svegliati tutti, perché non potevo indietreggiare più di quanto non avessi già fatto.

‹‹ Svegliatevi, miei amici spaccati! ›› gridò il capo del nostro gruppo ‹‹ io e Edward abbiamo raggiunto un accordo: possiamo andare con loro ››

‹‹ Ci saremo andati comunque, che diavolo di messa in scena ›› sbuffò mia madre.

Tutti si alzarono, come mille zombie, e senza indugi, si misero a camminare senza nemmeno aspettare un vero e proprio comando.

Se mamma aveva ragione, mancavano due interi giorni di camminata per raggiungere Denver.

Eravamo come un fiume in piena.

Ero assonnata, ma non potevo permettermi di fermarmi a riposare. Ed in ogni caso, non volevo farlo. Non potevo farlo.

I miei occhi balzavano da un volto all'altro in cerca di quello di Newt. Ogni singolo spaccato biondo mi faceva sobbalzare nella speranza di averlo trovato, ma nessuno di loro era lui.

Mi domandai se effettivamente fosse lì in mezzo o fosse andato via senza porsi alcuni tipo di problema.

Se fosse stato così, tutto quel camminare sarebbe servito solo a riunirmi con i miei amici, sempre che loro fossero ancora lì.

Non mi faceva impazzire l'idea di aver fallito e di aver perso Newt per sempre.

Al contrario, mi mandava fuori di testa.

Avevo perso un'altra persona importante per me. L'unica cosa a cui potevo pensare, era che era tutta colpa della C.A.T.T.I.V.O... Ed anche mia.

Avrei dovuto insistere, invece di rimanere all'interno della baracca.

‹‹ Sciogli i pugni, se gli altri notano che sanguini saranno problemi ›› la voce di mia madre interruppe i miei pensieri.

‹‹ Cosa? ›› mormorai, notando che il tono della mia voce era soffocato, come se trattenessi il respiro da ore.

Lei, in tutta risposta, fece un cenno col capo in direzione delle mie mani.

Non mi ero resa conto di star stringendo i pugni. Le mie unghie erano conficcate nella carne.

Solo in quel momento provai dolore.

La vista di quel sangue mi riportò alla mente la radura, precisamente quando Newt premette il panno imbevuto nell'alcool contro le mie mani, così da disinfettare il tagli che io stessa mi ero provocata.

Questa volta però non c'era né il panno né Newt.

E a pensarci bene, con tutta quella polvere, stavo rischiando un infezione bella grossa.

Di bene in meglio.

‹‹ Che caspio faccio? ›› sussurrai.

Lei fece le spallucce ‹‹ non lo so. Di certo ora non puoi fermarti per fare pipì sulla ferita per disinfettarla ››

‹‹ Chi schifo! ››

‹‹ Tesoro, è un disinfettante naturale! ›› sbuffò lei.

Il suo comportamento stava cambiando, e questo mi dava un po' da pensare. Volevo sperare che fosse solo la stanchezza, e non il virus.

‹‹ Leccati le mani ›› disse infine. Quell'opzione era pur sempre meglio di quella di fare pipì sulla mano.

Così, portai il palmo della mano destra alle labbra, passando lentamente la lingua lungo la ferita.

Stavo provando una punta di disgusto al sapore metallico del mio sangue, ma il problema più grande si presentò quando uno degli spaccati mi si scagliò contro e mi spinse a terra, facendomi battere la testa contro il terreno.

Sentivo uno strano fischio nelle orecchie, per un attimo rimasi piuttosto spaesata.

Due o tre di loro si fermarono a fissare la scena, scoppiando a ridere in modo tetro e acuto, scatenando immediatamente un effetto a catena che, in breve tempo, fece fermare tutti gli altri.

Mia madre rimase immobile, un po' spaesata alla vista di quella scena.

La risata di quegli spaccati rimbombava nella mia testa. Sentivo un dolore acuto nel punto in cui avevo sbattuto, ma era normale. Con una botta del genere rimasi stupita del fatto che non avessi perso i senti.

Le mie mani entrarono in contatto col terreno, ovviamente, e quindi abbandonai ufficialmente l'idea di leccarle.

Non che prima la cosa mi mandasse in estasi.

Mi tirai su con i gomiti, ma non alzai subito lo sguardo per vedere la faccia di caspio di chi aveva fatto questo.

‹‹ Che mi venga un colpo! Che caspio ci fai tu qui, eh, Elizabeth?! ›› sbottò il ragazzo.

Una voce che mi fece accapponare la pelle.

No, non poteva essere. Dovevo avere le allucinazioni per il caldo.

‹‹ Rispondi! ›› insistette ‹‹ sei qui per rovinarmi la vita di nuovo, eh?! Rispondi, dannazione! ››

sollevai lo sguardo, incrociando quelli vitrei del ragazzo.

Occhi che ormai avevo incrociato troppe volte in troppe occasioni.

Uno sguardo carico d'odio, che l'ultima volta che l'avevo visto, era pieno di rancore.

Aveva una grossa cicatrice lungo il collo, con diverse graffette arrugginite che sembravano tenere insieme i pezzi. O almeno, un tempo la loro funzione doveva essere quella.

Non potevo credere di avere davanti quel ragazzo che era stato letteralmente schiacciato da un “baby dolente”.

‹‹ George? ›› sussurrai.

‹‹ Non dire il mio nome come se fossi quasi sollevata nel vedermi! ›› sbraitò lui, guardandosi attorno con fare scocciato.

Tutti gli sguardi erano piantati su di noi.

‹‹ Che caspio avete da guardare?! ››

‹‹ Picchi una donna? Picchiala! Picchiala! ›› esultò un ragazzo alle mie spalle.

Lui tirò su col naso. Aveva uno sguardo spento, vuoto.

Sorrise.

Attorno a noi gli spaccati avevano cominciato ad incitare il ragazzo alla violenza.

L'unica persona che rimase in silenzio, fu mia madre.

Aveva lo sguardo rivolto verso l'alto. Era agitata.

George mi afferrò le ginocchia e cominciò a trascinarmi.

‹‹ No, aspetta, che fai?! Lasciami stare! ›› sbraitai, cominciando a dimenarmi.

Perché mia madre non faceva niente? Perché diavolo mi ero ritrovata in quella situazione assurda?

Pensavo che George fosse morto e sepolto, ma sopratutto, pensavo che fosse cambiato.

‹‹ Sta zitta e ferma, prolungherai solo la cosa! ›› rispose con tono scocciato, ma divertito dalla situazione.

Pochi istanti dopo, dopo essersi fatto strada tra gli spaccati in seguito a varie spallate, delle mani comparvero sulle sue spalle e lo spinsero via, facendolo barcollare, ma non cadere.

Il mio volto si illuminò in un ampio sorriso. Allora Newt non era sparito nel nulla.

Non sapevo da dove caspio fosse sbucato, ma in quel momento neanche importava davvero.

‹‹ Datti una caspi di calmata, stupida testapuzzona! ›› disse con tono fermo, carico di astio, ed uno sguardo che non ammetteva repliche.

George rimase in silenzio, fissando con uno sguardo carico d'odio il ragazzo biondo che l'aveva appena spinto via.

Che stava succedendo?

Gli spaccati avevano perso interesse per quella scena e si rimisero in cammino, lasciando un certo spazio attorno a noi.

‹‹ Scusa ›› disse infine George, guardandomi con la coda dell'occhio ‹‹ non so cosa mi sia preso ››

‹‹ Bene così ›› rispose inviperito Newt, porgendomi la mano per aiutarmi ad alzarmi.

Il modo in cui lo fece, però, lasciò intendere quanto quella situazione l'avesse innervosito.

‹‹ Sono serio, caspio! Sono seriamente, fottutamente dispiaciuto. ››

‹‹ Chiudi quella fogna, prima che ti strappi la lingua a mani nude ››

‹‹ Ho vissuto tra persone che strappavano i nasi, vuoi che la tua minaccia da quattro soldi mi faccia paura? ››

Quelle parole mi fecero trasalire. George era il ragazzo di cui una volta aveva parlato Rose?

Avrei voluto chiederglielo, ma preferii non farlo. Non sembrava in vena di chiacchierare, ma dovevano essere loro per forza.

Newt mi strinse a sé, fissando il ragazzo mentre si allontanava da lì in seguito a qualche suo borbottio che non riuscii a capire.

La sua testa aveva qualche scatto strano. L'eruzione l'aveva consumato nel peggiore dei modi, e la cosa mi terrorizzava parecchio. Se era pericoloso nella radura, figuriamoci in un posto come quello, dopo che l'eruzione l'aveva consumato.

‹‹ Sei una testapuzzona ›› sbottò Newt, lasciandomi andare ‹‹ ci fosse una sola volta in cui fai ciò che ti dico, caspio! ››

‹‹ Ho seguito ciò che era il piano iniziale: fuggire da lì insieme ›› gli feci notare, in modo che non avesse da ribattere. E, miracolosamente, fu così.

Riprese a camminare, afferrandomi la mano e stringendola saldamente.

Probabilmente ormai si era già arreso al fatto che non si sarebbe liberato di me così facilmente.

‹‹ A volte sono tentato di mandare a fanculo sia te che Tommy per le vostre stupide idee da testepuzzone avventate ›› prese a borbottare, mentre camminava senza neanche badare a dove metteva i piedi, ma con la certezza che lo stessi seguendo ‹‹ Dico “non entrare nel labirinto, è pericolo” ed entri nel labirinto, stessa cosa fece Tommy. Per buone cause, diciamo, ma non è giustificabile fino in fondo. “Non mi fido di Teresa” E vi fidate di Teresa. Ora ho chiesto ad entrambi una cosa semplicissima da fare e non fate neanche quella. Ma per caso siete fratelli gemelli con lo stesso quoziente intellettivo? ›› socchiuse gli occhi, rivolgendomi un occhiata veloce, poi scosse la testa ‹‹ no, non siete gemelli. Tommy ha una faccia da schiaffi ››

‹‹ Di tutto questo discorso, Newton, l'unica domanda che mi viene in mente è “che caspio hai chiesto a Thomas”? ››

‹‹ Non chiamarmi Newton ›› sbuffò, ignorando la mia domanda.

Chiusi gli occhi in modo rassegnato, e decisi di camminare senza fargli altre domande.

Sarebbe stata una lunga camminata silenziosa tra noi, con mia madre che fissava il cielo mentre ci seguiva.

Eravamo un ammasso di zombie, pronti a distruggere tutto.

Le nostre mani erano sudate per via di quel calore soffocante, ma non potevamo sciogliere la presa o ci saremo persi l'un l'altro.

George sembrava un cane rabbioso. Mi domandai come avevo fatto a non notarlo prima. Probabilmente era con il gruppo di Newt... ma allora perché lui non mi aveva detto che si trovava nel palazzo degli spaccati?

Cos'era successo? Come faceva ad essere vivo?

A differenza di me e Justin, lui era stato praticamente fatto a pezzettini da quel dolente. Era letteralmente impossibile che fosse sopravvissuto. Eppure era lì, sebbene con qualche strano scatto della testa.

Se la C.A.T.T.I.V.O. si divertiva a comportarsi come un Dio, allora chissà quali altre mostruosità era in grado di fare.

 

Alcuni spaccati alla mia destra cominciarono a ridere senza apparente motivo. Odiavo quando succedeva. Provocavano il solito dannato effetto a catena che odiavo.

Ma questa volta era diverso. Ci fermammo tutti, di nuovo.

Di questo passo a Denver non saremo mai arrivati.

Nonostante avessimo fatto parecchia strada, in quelle poche ore, mancava ancora parecchio. Eravamo dispersi nel nulla più assoluto.

‹‹ Moriremo tutti lì fuori! ›› gridò una donna, armata di lanciagranate, per poi sparare ad uno spaccato al suo fianco. Era un ragazzino, avrà avuto pressapoco quindici anni, eppure sotto l'effetto della scarica non si fermò nella sua tetra risata.

Di solito una granata come quella avrebbe dovuto fermarlo in preda agli spasmi, ma sta volta sembrava quasi che quel dolore gli stesse piacendo.

S'irrigidì totalmente, mentre si dimenava per terra, ma continuò a ridere come non mai.

Indietreggiai lievemente, portandomi una mano al petto, mentre con l'altra stringevo quella di Newt.

Urtai mia madre alle mie spalle. Da quando avevamo ripreso a camminare, il suo sguardo non si spostò dal cielo. Non aveva ancora parlato. Sembrava addirittura che non avesse mai chiuso gli occhi.

‹‹ Loro lo sanno ›› disse di punto in bianco, come se avessi attivato qualcosa in lei.

‹‹ Chi? ››

‹‹ Tutti loro. ›› ripeté, come se quella semplice frase potesse farmi capire tutto ‹‹ sanno che stiamo per arrivare. E sanno venendo per noi. Per tutti noi ›› si diede una rapida occhiata alle spalle. Poco dopo, portò le mani tra i capelli, stringendoli.

Cominciò a scuotere la testa, e notai che alcuni ciuffi di capelli si staccarono per poi toccare il terreno. Si strappava i capelli a mani nude.

‹‹ Mamma, smettila! ››

‹‹ Uhm? ›› Newt corrugò la fronte, girandosi verso la donna che continuava a strapparsi i capelli. Non emetteva alcun suono, nessun gemito di dolore. Ansimava per via dell'ansia. I suoi occhi erano spalancati, in preda al terrore, ed il volto arrossato per lo sforzo.

‹‹ Loro sono nella mia testa! Sono ancora nella mia testa! Fateli uscire! Vi prego! ›› disse lei, con un tono rauco per via dello sforzo nel pronunciare quelle frasi.

Sgranò gli occhi, prendendo le sue mani e cercando di tirarle via. Ma lei non mollava la presa.

Prese a gridare, attirando l'attenzione di tutte le altre persone attorno a noi.

Non doveva farlo. Si agitarono tutti, dal primo all'ultimo. Chi cominciò a correre, chi, per qualche strana ragione, si mise a rotolare, a ridere, a trattare il terriccio.

Poi si alzò il vento, seguito subito dopo dal suono di eliche che giravano.

Alzai lo sguardo verso il cielo, notando una berga in avvicinamento. Nonostante la distanza, notai che il portellone al lato della berga era aperto, e c'era un uomo con un casco ed un fucile puntato nella nostra direzione.

‹‹ Newt... ›› sussurrai, ma lui l'aveva già notato.

‹‹ Ho visto ›› si affrettò a dire ‹‹ dobbiamo andare, non credo che siano qui in pace. Le guardie del palazzo degli spaccati devono aver dato l'allarme ››

notai solo in quel momento che mamma aveva smesso di gridare, per portare lo sguardo verso la berga in avvicinamento.

Il suo sguardo, sebbene terrorizzato, era incantato sulla berga. Era come se stesse fissando un oggetto a lei completamente sconosciuto.

‹‹ Mamma? ›› provai a richiamarla. Newt corrugò la fronte.

‹‹ Preferisco morire, piuttosto che essere di nuovo una loro schiava ›› mormorò, come se fosse sovrappensiero.

La donna barcollò lentamente, cominciando a muoversi in quella direzione.

Gli spaccati avevano cominciato a correre lontani, terrorizzati dall'oggetto in avvicinamento.

Anche se erano matti come cavalli, avevano capito perfettamente quanto quella situazione fosse pericolosa per loro.

‹‹ Stia indietro! ›› gridò chiunque fosse alla guida della berga, ma mamma non si fermò.

Si avvicinò, sempre barcollando, nonostante gli spintoni degli spaccati che le correvano affianco.

Non si fermava.

Feci per andare nella sua direzione, ma Newt non mi permetteva di muovermi.

‹‹ Che fai?! ›› gli dissi, alzando lo sguardo verso di lui ‹‹ dobbiamo fermarla! Si farà ammazzare! ››

‹‹ Liz, se facciamo solo un passo nella sua direzione, quelli a farsi ammazzare saremo noi! ›› mi fece notare, facendomi girare completamente nella sua direzione, dando così le spalle alla scena.

‹‹ Ma è mia madre... ››

‹‹ Ed è ciò che vuole ›› poggiò le mani ai lati del mio volto ‹‹ dobbiamo andare via di qui. ››

prima che potessi ribattere, il rumore di uno sparo rimbombò nell'aria.

Il mio cuore saltò un battito. Chiusi gli occhi, prendendo un respiro profondo. Ebbi come la sensazione di cadere nel baratro, di perdere un pezzo di me.

Decisi che non avrei piango. Non dovevo farlo.

Mi sentii un egoista nel pensarlo, ma quello non era il momento per le lacrime. Basta piangere.

Provai a girarmi, ma Newt non me lo lasciò fare, e poggiò la fronte contro la mia ‹‹ dobbiamo andare via di qui ›› ripeté ‹‹ raggiungiamo gli altri spaccati, prima che quelli sulla berga decidano di scaricarci addosso il mitra ››

Riaprii gli occhi, guardando quelli di Newt. Erano fissi nei miei, vivi e lucidi.

Non aveva perso il controllo, non erano vuoti come quelli degli altri spaccati.

Lui era il mio Newt.

‹‹ Liz... ›› mi richiamò, riportandomi alla realtà.

‹‹ Andiamo ›› risposi, prendendo le sue mani per spostarle dal mio volto.

Promisi una sola cosa a me stessa: dovevo trovare il braccio destro e smantellare la C.A.T.T.I.V.O. pezzo per pezzo. Quei bastardi l'avrebbero pagata cara.


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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Erano passati circa 3 giorni ormai da quando avevamo abbandonato il palazzo degli spaccati.

Tre giorni in cui eravamo un ammasso di spaccati fuggitivi.

Avevano dato l'allarme, ormai, e non guardavamo in faccia nessuno.

Chiunque tentasse di fermarci veniva ucciso senza alcuno scrupolo, ed io non osavo minimamente immaginare che fine facessero i cadaveri dei malcapitati.

Avevamo attraversato una zona di una città abbandonata e distrutta, anch'essa colma di spaccati che provarono a fermarci perché stavamo invadendo il loro territorio.

Vidi George sbucare fuori dalla folla e gettarsi contro uno di loro, riducendogli la faccia ad un cumulo di ossa rotte.

Non avrei mai pensato di vedere quel ragazzo così violento, come non lo era mai stato nella radura.

Nella mia testa sentivo solo l'odio e il disgusto per quello che era capace di fare quel virus.

Newt continuava a cercare di distrarmi, standomi vicino e parlandomi ogni tanto di qualsiasi cosa gli passasse per la testa.

Tutto pur di non farmi pensare, consapevole che nella mia testa girasse ancora l'immagine di mia madre.

Aveva fatto bene a non farmi girare. Non volevo ricordare quella donna come un semplice corpo morto. L'ennesimo corpo morto.

Una delle cose che mi aveva raccontato, era quella relativa a George.

Mi raccontò che quando l'aveva incontrato nel palazzo degli spaccati, era seduto su un vecchio tavolo da biliardo ormai malandato, puliva una stecca spaccata a metà, che poteva essere facilmente utilizzata come arma – che, sicuramente, aveva già usato, visto che la stava pulendo con una certa attenzione proprio sulla punta –.

Appena i loro sguardi si erano incrociati, quello del ragazzo era completamente vuoto, corrucciato, e lasciava trasparire ogni singola traccia di odio represso.

Non aveva mai visto George con così tanto odio nei suoi confronti, anche se non lo biasimava affatto. Non dopo quello che era successo nella radura.

Diede di matto, cominciando ad accusarlo di tutte le cose che aveva passato. Gli aveva raccontato di una stanza chiusa, con un sacco di infermieri che impugnavano aghi, macchinari vari che vibravano ed emettevano suoni elettrici, bruciature, cuciture, tagli, bisturi, ed infine “un liquido verdognolo” che gli hanno iniettato attraverso un ago, dritto nelle pupille.

Esperimenti che, secondo la C.A.T.T.I.V.O., non erano abbastanza. In qualche modo, però, un giorno si era risvegliato fuori dalla Base, nel bel mezzo della zona bruciata.

Era stato accolto da cinque spaccati circa tre giorni dopo, quando ormai stava per cedere sotto il calore, la fame e la sete. Nonostante tutto, George non gli fece i nomi quando lui glieli chiese, rispondendogli che non erano affari che gli riguardavano, e dicendogli che ad un traditore come lui, non doveva nemmeno più parlare.

Un cambiamento radicale in confronto a ciò che succedeva nella radura, che al contrario, era proprio Newt a non rivolgergli la parola.

Ma se sta volta l'aveva fatto era proprio perché era estremamente sorpreso dal fatto che lui fosse vivo, e sotto sotto gli dispiaceva per com'era morto.

Mi disse che, comunque, era un sollievo vederlo vivo. Aveva un'anima in meno sulla coscienza, seppure malata come pochi.

Quella giornata era iniziata in modo piuttosto strano. Denver distava pochi metri ormai, e tutta la zona era già in subbuglio. Gli spaccati avevano preso il pieno controllo di tutta l'area circostante fuori dalle mura.

Io e Newt eravamo distanti dagli altri, seduti sul terriccio ad osservare quella situazione come se fossi due semplici spettatori.

Si stava torturando le mani da quanto si sentiva nervoso e felice allo stesso tempo, come un bambino la notte di Natale. Si preoccupava, però, che potesse perdermi di vista.

E si preoccupava che magari, per la foga, potesse perdere del tutto il controllo.

‹‹ Posso sempre venire con te ›› proposi, ma la sua risposta fu uno scossone della testa, facendomi cenno di no.

Non avrebbe accettato obbiezioni, ma sapeva che ero piuttosto contraria a lasciarlo andare da solo.

Anche se avesse continuato a ribadire quanto fosse contrario, non l'avrei ascoltato e ne era perfettamente consapevole. Ormai aveva rinunciato a dirmi di no per qualsiasi cosa.

Feci per parlare, ma la mia attenzione fu catturata da uno spaccato completamente nudo che gridava “evviva la rivoluzione!”.

Sgranai gli occhi, boccheggiando. E così scordai ciò che stavo per dire.

Newt nemmeno ci badò, come se quella scena fosse una cosa piuttosto normale per lui. Ed ormai non lo mettevo più in dubbio. Durante la sua permanenza in quel posto doveva aver visto scene anche peggiori di quella.

‹‹ Dove fuggiremo? Come lo faremo? ›› domandai, provando a ricatturare l'attenzione del ragazzo.
Si girò, rivolgendomi un sorriso naturale. Era bellissimo. Si sporse, baciandomi una guancia.
‹‹ Non preoccuparti ›› rispose, mettendosi in piedi e porgendomi la mano per aiutarmi a rialzarmi, ed accettai con piacere ‹‹ una volta entrati a Denver, ruberemo un auto. Se siamo fortunati, magari, troveremo anche qualcosa di più grande e veloce... magari una berga! ››
‹‹ Perché, sai guidare? ›› domandai stupita.
Lui scosse la testa, scrollando poco dopo le spalle ‹‹ No... non che io ricordi, ma ci arrangeremo in qualche modo. Insomma, non possiamo di certo fuggire a piedi, ti pare? Schiatteremo dopo due minuti, nemmeno ››
‹‹ Giusto, hai ragione ››
‹‹ Bene così ›› poggiò le mani sulle mie spalle, fissandomi negli occhi ‹‹ ma devi fottutamente promettermi che starai lontana dal casino ››
‹‹ Farò attenzione ›› feci ruotare gli occhi ‹‹ ma fa attenzione anche tu ››

‹‹ Bene così. ››
Avrei fatto attenzione a non farmi uccidere, così come avrebbe fatto lui.

Qualche secondo dopo, si scatenò il casino più totale. Grida assordanti ovunque e tutti si spingevano. Un gruppo di spaccati corse tra me e Newt, ed ero completamente sicura che se non mi avesse tenuto la mano, mi sarei persa nel giro di pochi attimi.
Ma la sua mano era stretta attorno alla mia in modo saldo e sicuro.
Quel posto era sotto assedio, ed era incredibile come in qualche attimo la situazione fosse degenerata.

Se fino a pochi secondi prima era tutto nella norma, invasione di spaccati a parte, ora era tornato ad essere l'inferno che popolava il palazzo degli spaccati.
Le guardie di Denver avevano cominciato a sparare a vista a chiunque, senza distinzioni.
Proiettili o granate, di quelle elettrificate.

Alcuni spaccati cadevano in preda alle convulsioni, altri atterravano sanguinanti.

Era una scena da voltastomaco, sembrava di assistere ad un film. Ma quello non lo era. Quella era la realtà.

‹‹ Non provare pena per loro, sicuramente non si rendono nemmeno conto di quello che sta effettivamente succedendo. In fondo, sono morti da tempo, ormai... ›› pensai, disgustandomi da sola pochi attimi dopo per averlo semplicemente pensato.

Erano comunque esseri umani, ed andavano aiutati in qualche modo.

Guardai Newt con la coda dell'occhio. Lui aveva uno sguardo serio e preoccupato, mi guardava a sua volta, mordendosi il labbro inferiore.

Avrei pagato oro per stare nella sua testa e vedere cosa c'era. Sentii una strana sensazione al petto.

‹‹ Non dovresti stare qui... ›› mormorò, feci quasi fatica a sentirlo, per via del casino ‹‹ è pericoloso ››

‹‹ Non ho paura finché sei con me ›› risposi, stringendo la sua mano poco dopo.

Sospirò, stringendo più forte la mia mano, come se avesse paura e quella fosse il suo unico appiglio per non crollare.

Ogni suo gesto, la sua preoccupazione, il suo modo di fare... Sembrava essere il solito Newt, e non riuscivo a capacitarmi di come l'eruzione me lo stesse portando via. In quel momento non c'era niente che facesse intendere che fosse malato. Ma lo era.

Si avvicinò di più a me. Le sue labbra sfiorarono il mio orecchio.

‹‹ Tieniti pronta a correre, Liz, non abbiamo molto tempo ›› sussurrò.

Annuì. E pochi istanti dopo, cominciò a correre.

Alcuni spaccati avevano creato una sorta di scala umana e riuscirono a scavalcare il muro, spalancando le porte di Denver. Alcune auto sfrecciarono fuori.

C'erano corpi ovunque, ed erano scoppiati piccoli o grandi incendi sparsi un po' qua e là.

Riuscimmo ad entrare nella città per puro miracolo. Erano tutti accavallati per riuscire ad entrare.

Quel posto era immenso, e gli spaccati appena entrati avevano già cominciato a distruggerlo.

‹‹ Dobbiamo separarci ›› disse Newt.

Lo guardai malissimo, corrugando la fronte in modo totalmente contrariato. Non ero così stupida da dividermi da lui in quel casino.

‹‹ No ›› risposi in modo secco.

Lui sollevò gli occhi al soffitto, lasciando andare la mia mano. In pochi attimi, la sua espressione cambiò radicalmente.

‹‹ Non rompere ›› schioccò la lingua ‹‹ se stiamo uniti ci metteremo il doppio del tempo a trovare un caspio di automezzo qualsiasi, ne sei cosciente? Vuoi andartene da questo buco di posto? Bene così ››
Lo fissai in modo quasi sbalordito da quelle parole.

‹‹ E se succedesse qualcosa mentre siamo separati? ››
‹‹ Siamo due radurai, Liz ›› sollevò l'indice, come se volesse evidenziare di più quell'affermazione ‹‹ noi radurai sappiamo badare a noi stessi. Ci ritroviamo qui tra qualche minuto, va bene? ››
Non ero convinta di quelle parole.

Per niente. La cosa mi puzzava parecchio di bugia.

Annuii, seppure con poca convinzione, ma questo gli bastò. Si allontanò velocemente, e in tutta quella folla, lo persi di vista.

 

Vagai a lungo in giro per quel posto, rischiando più volte di rimetterci la pellaccia.

Ogni singola auto che vedevo bruciava in modo violento, sicuramente a causa di un esplosione.

Alcuni spaccati erano rannicchiati sui cadaveri dei immuni, mangiandone la carne cruda come se fosse un pasto altamente prelibato.

Non c'era una singola auto intatta.

Gli spaccati avevano sicuramente ben pensato di distruggerle... Ma non potevano averle fatte saltare in aria tutte. Non in così poco tempo. A meno che non ci fossero infiltrati già da un po'.

Ad un certo punto della mia esplorazione, dovetti fermarmi.

Il palazzo davanti a me catturò la mia attenzione. O meglio, lo fece un dettaglio su questo.

C'era una grossa scritta fatta con una bomboletta rossa, che diceva: “C.A.T.T.I.V.O. è buona, ci salverà dal male, donatevi ad essa. Fatelo per il bene più grande”.

Sotto questa scritta, un ragazzo tremava, tenendo in mano una bomboletta.

Doveva essere l'autore della scritta. Indossava una felpa blu e dei pantaloni larghi.
Si girò lentamente, forse si sentiva osservato. Il suo volto era segnato da una grossa cicatrice che partiva dall'occhio sinistro fino al mento. Tremava visibilmente, ma non era spaventato.

Quel tremore era pazzia e rabbia. Ormai riuscivo a riconoscerlo.

Il suo viso era piegato di lato, ma quando mi notò, lo raddrizzò ad una velocità sovrumana.

‹‹ Che vuoi? Eh? Vuoi picchiarmi? ›› la sua testa faceva dei scatti che un normale umano non sarebbe capace di fare. Lanciò la bomboletta a terra con violenza, cominciando ad avvicinarsi a me con grossi passi ‹‹ Vuoi picchiarmi anche tu?! ›› gridò, poi scoppio a ridere in modo tetro.

Indietreggiai, ma senza distogliere lo sguardo da lui per paura che se l'avessi fatto, me lo sarei ritrovata addosso ‹‹ C.A.T.T.I.V.O. è buona! È l'unica che può salvarci tutti! Loro hanno la cura. Il braccio destro ci ucciderà tutti! Il braccio destro è il male! ›› portò le mani tra i capelli, gridando poco dopo mentre si sforzava per strapparseli.

Alcune gocce di sangue scivolarono lungo le sue tempie, mentre rivolgeva lo sguardo al cielo, gridando a pieni polmoni come se fosse questo a dargli la forza di compiere quel gesto atroce.

Poco tempo dopo, si zittì, abbassando lo sguardo sulle sue mani.
Tremava più forte di prima, ed il suo sguardo si mutò, diventando terrorizzato.

Teneva in mano due mazzi enormi di capelli, con alcuni pezzettini di carne attaccati alle estremità.

Le sue mani erano macchiate del suo sangue, e questo rigava anche i bordi del suo volto.
‹‹ Questo... questo... Io... ›› cominciò a balbettare con un tono di voce sempre più basso, finché poi non sollevò di scatto la testa verso di me. Il suo sguardo cambiò di nuovo, trasformandosi in un espressione infuriata ‹‹ sei stata tu. ›› disse indicandomi ‹‹ mi hai lasciato fare. Ora ti uccido! ›› gridò, cominciando a correre nella mia direzione.

Indietreggiai velocemente. Non potevo gridare o avrei attirato l'attenzione di altri spaccati.
Mi guardai attorno, trovando, per pura fortuna, un tubo di metallo arrugginito. Lo afferrai velocemente, rischiando di sbilanciarmi troppo nel farlo, e lo strinsi tra le mani, pronta ad usarlo in caso di necessità – certa, quindi, di doverlo usare da lì a breve.

Quando questo si abbassò, pronto a saltare, venne atterrato da un ragazzo più alto.
Scossi la testa sbalordita, cercando di capire chi fosse.
I due rotolavano e gridavano, prendendosi a pugni e calci a vicenda. Quando capii che il ragazzo che l'aveva atterrato era George, non avrei mai pensato di provare così tanto felicità nel vederlo.
Colpiva lo spaccato con una rabbia repressa da tempo, non lasciandogli nemmeno il tempo di reagire.
In poco tempo, il volto del ragazzo era stato reso quasi completamente irriconoscibile, ed aveva smesso di reagire ai colpi.
Sotto di lui si creò una pozza di sangue che si espandeva sempre più velocemente.

Le mani di George erano piene di sangue. Rideva in modo isterico, sollevando lentamente lo sguardo verso di me e facendomi cenno di fare silenzio.

‹‹ Sarà il nostro piccolo segreto ›› disse, avvicinandosi lentamente e pulendosi le mani sulla vecchia maglietta stracciata. Strinsi le mani attorno al tubo arrugginito. Ora era il mio turno? I suoi occhi erano fissi su di me, poi caddero lentamente sul tubo e soffocò una risatina in gola ‹‹ un tubo arrugginito? Sul serio pensi che un caspio di tubo possa fermarmi? ›› sollevò un sopracciglio, passandosi la mano tra i capelli.
Mi morsi il labbro inferiore. In effetti non sarebbe servito a molto, forse. Probabilmente non avrei nemmeno fatto in tempo a colpirlo, ma era l'unica arma a disposizione.
Di certo non sarei rimasta immobile con le mani in mano.

Rimpiangevo veramente troppo il coltellino che avevo nella zona bruciata.
‹‹ Ti aspetti che mi lasci picchiare fino a morire, George? ›› dissi con tono serio, fissando gli occhi del ragazzo, che in quel momento sembravano due zaffiri. Mi squadravano come non aveva mai fatto nella radura, passandosi la lingua sulle labbra. Qualche macchia di sangue era finita sulle guance sporche di terra, dandogli una strana aria mista tra il classico “cattivo ragazzo” e il “psicopatico del caspio”.

Di punto in bianco cominciò a ridere in modo sinceramente divertito, scuotendo la testa ‹‹ che fagiolina sciocca ed ingenua che sei. ›› batté le mani, sfregandole poco dopo.
Non appena fu fin troppo vicino per i miei gusti, sollevai velocemente il braccio e provai a colpirlo dritto in faccia, ma lo afferrò me lo sfilò di mano. Decisamente, era più forte di me. ‹‹ Non cambierai mai. ›› disse, con un tono divertito. Scosse il tubo a pochi centimetri dalla mia faccia, accennando un sorrisetto sarcastico ‹‹ pensi davvero che se avessi voluto farti del male, ti avrei salvata dal quel... uhm... com'è che dicevate nella radura, tu e i tuoi amichetti? “psicopive”? ››
‹‹ Considerando chi ho davanti, sì ›› dissi a denti stretti.
Fece le spallucce, lanciando via il tubo arrugginito ‹‹ devo dire che hai un'alta considerazione di me.

Ma, d'altronde, visti i miei precedenti, anche io non mi fiderei di me. Fai bene. Ma credimi, per una volta sono sincero, non sono qui per ridurti la faccia ad un misero cumulo di sploff. Ti ho salvata perché perché volevo farlo, non perché voglio strangolarti con le mie stesse mani ››

‹‹ Beh, allora... Grazie. Ti devo un favore ›› mormorai, osservandolo.

‹‹ Non c'è di che. ›› rispose semplicemente. Ora sembrava il ragazzo più tranquillo del mondo, seppure imbrattato di sangue. Aveva appena ucciso una persona e non se ne curava affatto, anzi, da come parlava sembrava una cosa del tutto naturale ‹‹ Se mi devi un favore, allora... ho bisogno che tu faccia una cosa per me ››
‹‹ Cosa? ››
‹‹ Fidarti di me ›› mi fissò negli occhi ‹‹ ciecamente, intendo ››
‹‹ Ehm... no ›› corrugai la fronte ‹‹ George, ascoltami... so del tuo ultimo messaggio nella radura, okay? Eri dispiaciuto e tutto il resto, Justin era il C.A.T.T.I.V.O. e blah, blah, blah, ma sul serio, dopo tutto ciò che è successo là giù io n– ››

‹‹ Ehi, ehi, ehi, ehi! Sh! ›› poggiò l'indice sulle mie labbra, avvicinando il volto al mio e guardando verso il cielo ‹‹ sta zitta, fagio, qui tutti sanno tutto. È ciò che vogliono loro. Non vogliono che tu ti fidi si qualcuno che sappia troppo. Ed io so troppo. Loro ci hanno provato a cancellare tutto, sai? Ma non ci sono riusciti, io... Io ho avuto un aiuto. Sono stato più forte di loro. ››

Lo fissai negli occhi, corrugando la fronte. Lui si rese chiaramente conto del mio sguardo confuso, così si morse il labbro, chiudendo gli occhi e prendendo un grosso respiro profondo, come se fosse rassegnato ormai nel vedere quello sguardo.

‹‹ Tu... non mi credi, vero? Non lo fa mai nessuno... ›› mormorò, spostando l'indice.

‹‹ “il sole brucia la zona” ››
sgranò gli occhi ‹‹ Cosa? ››
‹‹ “Il sole brucia la zona”. Era una delle cose che dicevi in continuazione, durante il tuo delirare nella radura ›› spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Ricordavo chiaramente quei momenti, erano immagini che non avevano mai abbandonato la mia mente. Non del tutto almeno. ‹‹ L'hai sempre saputo, non è così? Delle prove, le eruzioni solari, la C.A.T.T.I.V.O.... ››
‹‹ Sì, l'ho sempre saputo. Nessuno mi ha mai dato ascolto, ma non ve ne faccio una colpa. Questo posto è come un incubo ad occhi aperti. È più facile credere ad una meravigliosa bugia, come quella di bellissimo mondo al di fuori delle mura del labirinto, piuttosto che ad una dura realtà come questa. ›› ridacchiò in modo sarcastico, passandosi la mano sul collo. Il suo tatuaggio era ancora lì in bella mostra. Marchiato a vita come semplice pedina in mano a dei mostri.

A pensarci bene, lui era solo questo: una pedina.
Come Justin, come Eva... come me. Eravamo tutti dei componenti di un unico gioco meschino.

‹‹ Quei bastardi erano nella mia testa ›› strinse i pugni, respirando pesantemente ‹‹ non volevo fare tutto ciò che ho fatto, Liz. Niente di ciò che ho fatto. E solo il pensiero che Justin mi aveva usato per i suoi scopi... Dannazione, che idiota che sono stato a pensare che... ›› interruppe la frase, ma capii cosa intendeva. Poggiai una mano sulla sua spalla, storcendo le labbra.

Prima che potessi pronunciare anche una sola parola, lui si voltò di scatto verso di me, accennando un sorriso come se, di punto in bianco, tutto andasse a meraviglia.

‹‹ Sai, ho visto ciò che è successo durante la fase due. Quando hai fatto tutto quel casino per raggiungere gli altri... Io ero nella base. La C.A.T.T.I.V.O. mi aveva già recuperato dalla zona bruciata, dopo che ero fuggito dal covo di Gervaso e Rose.
E, Liz... non lasciare Newt da solo. Credimi. Anche se ti pregherà in tutte le lingue di lasciarlo da solo, non farlo. Mai. In verità non vuole. Solo il pensiero lo terrorizza a morte. Credimi, lo so.
Ho pregato Justin di lasciarmi solo così tante volte che ho perso il conto ››
‹‹ E l'hai mai fatto? ››
‹‹ All'inizio no. Ma poi, quando le cose sono... cambiate, diciamo... sì, l'ha fatto ›› ridusse gli occhi ad una fessura, e così riuscii ad intravvedere nei suoi occhi tutta la rabbia repressa. Forse quella era stata la causa che ha fatto partire la malattia.
‹‹ Ehi, Justin ci teneva davvero a te, se è questo che ti preoccupa... credimi ››
‹‹ Non importa, ormai è schiattato ›› disse, cambiando improvvisamente tono di voce, come se ormai la cosa non gli importasse nemmeno più. Come se quel ricordo l'avesse reso improvvisamente vuoto, e non volesse nemmeno più toccare l'argomento.
‹‹ Lui n- ›› sollevò una mano, interrompendomi.

‹‹ Comunque, non è questo che voglio. Voglio che tu faccia una cosa ›› poggiò le mani sulle mie spalle, avvicinandosi a me ‹‹ voglio che tu faccia saltare in aria la C.A.T.T.I.V.O. come un caspio di fuoco d'artificio ›› corrugò la fronte, facendo dondolare la testa a destra e a sinistra ‹‹ non so nemmeno come caspio è un fuoco d'artificio, ma solo la parola ha l'aria di essere una figata pazzesca. Comunque, devi promettermi che lo farai. Devi farlo per tutti noi. Io... ormai non posso fare più nulla. Loro, Elizabeth, mi hanno portato via ogni singola cosa a cui tenessi davvero. Hanno portato via anche il vero me stesso. Io ricordo tutto. Ogni cosa del mio passato.
E credimi, quando ricordi tutto, niente è più come prima ›› i suoi occhi... quei due zaffiri brillanti, ora brillavano più di prima. I suoi occhi erano arrossati dallo sforzo per non piangere.
‹‹ Lo farò ›› dissi. Era la mia stessa intenzione. Stavamo dalla stessa parte, e non mi veniva difficile crederlo. Sapevo già che era un bravo attore, questo era vero. Ma ricordai anche le parole di Justin. D'altronde, nella radura, quello che fingeva di stare dalla parte dei “buoni”, era Justin, non George.
‹‹ Devi vendicare tutti quelli che hanno sofferto per mano loro. Vendica fa ciò che io non ho avuto il tempo di fare. Vendica mia sorella, Rachel. Promettimelo. ›› le sue mani si strinsero attorno alle mie spalle ‹‹ se non sono ancora uscito fuori di testa completamente, è per questo motivo. ››

‹‹ Per Rachel? ››

‹‹ Per la vendetta ›› serrò i denti, e quelle parole sembrarono quasi un ringhio animalesco ‹‹ ma non posso farlo io... L'eruzione mi divora lentamente ogni secondo che passa ››
‹‹ George, anche io voglio distruggere la C.A.T.T.I.V.O. quanto lo vuoi tu. Hanno portato via tutto anche a me, ma... Non posso farlo ora, sicuramente si aspettano una rivolta da parte dei soggetti fuggiti dalla base, per cui avranno alzato i livelli di sicurezza al massimo. È meglio lasciar passare un po' di tempo ››
‹‹ Sì, e nel frattempo faranno partire un altro progetto di cianografia per tamponare i buchi di quella che hanno ottenuto con noi ›› disse a denti stretti ‹‹ stanno sparendo immuni, Elizabeth, ed alcuni sono venduti alla C.A.T.T.I.V.O. come se fossero semplicemente dei fottuti oggetti. Ti sembra corretto? ››

‹‹ No... per niente. E credimi, ti capisco, ma... ››

‹‹ Ma cosa? Cosa c'è di più importante di salvare l'umanità, eh?! Hai l'occasione di diventare un'eroina! ›› cominciava a dare di matto. Le vene nel suo collo s'ingrossavano a vista d'occhio ed i suoi occhi perdevano lentamente ogni singola traccia di sanità mentale.

‹‹ Newt ›› risposi tranquillamente, nel tentativo di mantenere la calma.
A quel punto, schiuse le labbra, come se di punto in bianco quel nome avesse placato in lui ogni singolo effetto del virus. ‹‹ Io e Newt progettiamo di andare via da questo posto insieme, lontani dalla C.A.T.T.I.V.O. almeno per un po'. Credimi, anche io voglio vendicarmi, ma Newt adesso ha la priorità... Ma possiamo sempre cercare gli altri! Credo che siano rimasti qui. So che Gally si trova a Denver, ha parlato con Thomas, Minho, Brenda e Jorge chiedendo loro di unirsi ad un'associazione che vuole distruggere la C.A.T.T.I.V.O... magari loro sono ancora qui! Se li troviamo e spieghiamo loro la situazione, forse prenderanno in considerazione l'idea di farti andare con loro, sempre che Minho non abbia voglia di ucc- ››

‹‹ Aspetta, Gally? Un'associazione contro la C.A.T.T.I.V.O.? ›› corrugò la fronte, sgranando gli occhi poco dopo ‹‹ Parli del braccio destro? ››

‹‹ Sì, mi pare si chiami così... perché? ››

‹‹ Gally ha proposto a Thomas di entrare a far parte del braccio destro? E Brenda e Jorge sono con loro? ›› il tono della sua voce cominciava a farsi preoccupato.

Quel suo modo di fare stava cominciando a preoccuparmi, facendomi venire improvvisamente voglia di correre in loro aiuto.

‹‹ Sì... perché? ›› ribadii, cercando una risposta che però non arrivò.
Semplicemente, rivolse lo sguardo verso l'alto, schiudendo le labbra.

‹‹ Merda ›› disse, passandosi le mani tra i capelli. Le sue mani ora erano incrostare dal sangue del ragazzo che aveva pestato poco prima, che era ancora inerme a terra.

‹‹ Che c'è? ›› niente, la sua attenzione era rivolta al cielo ‹‹ George! ›› lo richiamai, ma l'unica cosa che ottenni in risposta, fu uno sguardo quasi terrorizzato.

‹‹ Devi andare via di qui. Aspetta... dov'è Newt? ››

‹‹ Prima rispon- ››

‹‹ Elizabeth. Dove caspio è Newt? ››

‹‹ Non lo so! ››

‹‹ Allora affrettati a trovarlo, chiaro? Perché se è vero che Thomas, allora siete dannatamente fottuti ››

‹‹ Perché? ›› corrugai la fronte

‹‹ Per via di quel caspio di cosa che voi radurai avete impiantato nel cervello. Il chip che la C.A.T.T.I.V.O. utilizza per tenervi sotto controllo ›› picchiettò sulla mia fronte ‹‹ dovreste averlo anche tu e Newt, ma alla C.A.T.T.I.V.O. di voi non frega granché ›› scrollò le spalle ‹‹ senza offesa.

Ma loro vogliono il “soggetto ideale”, il successo... vogliono Thomas. Loro pensano che la cura sia racchiusa in lui. Loro verranno qui e distruggeranno tutti pur di averlo, sopratutto ora che è un fuggitivo e non ha intenzione di collaborare con loro ››

Cavolo, quel ragazzo era diventato un enciclopedia della C.A.T.T.I.V.O.?

Mi morsi il labbro, soffocando una risatina in gola. Non capii nemmeno io se fosse dovuta al nervoso o a qualcos'altro. Sapevo solo che sentivo una certa ansia crescere in me.

‹‹ Non possono rintracciare Thomas, e nemmeno Minho. Brenda e Jorge conoscevano un tale che lavorava per la C.A.T.T.I.V.O. e lui ha rim- ››

‹‹ Hans? Che viveva a Denver? Un ex scienziato? Balle! Non ha rimosso proprio un caspio, credimi. E, caspio, Elizabeth! Ti credevo una ragazza intelligente! Ti fidi sul serio di quella testa puzzona di Brenda? Dimmi una singola persona capace di fidarsi di quella ragazza! ››

‹‹ Ehm... Thomas? ››
fece ruotare gli occhi verso l'alto ‹‹ Sì, Thomas ultimamente non spicca d'intelligenza. Parliamo del ragazzo che non si fida di colei che gli ha mentito per salvargli il culo, ma si fida di una ragazza che si è finta spaccata e vi ha riconsegnati alla C.A.T.T.I.V.O. ››
‹‹ In effetti... ››
‹‹ Pensa col tuo cervello, non stare dietro a Thomas. È quello che vuole la C.A.T.T.I.V.O.. Ricordati che è tutto studiato a tavolino. Tutto. Fa ciò che la C.A.T.T.I.V.O. non penserebbe mai. E no, non fidarti nemmeno del braccio destro. Non fidarti della cancelliera Paige. Sono tutti dalla stessa parte. Sono tutti dei bastardi che pensano solo a sé stessi, non al bene altrui. ››

‹‹ E cosa dovrei fare, secondo te? ››

‹‹ Per prima cosa. trova Newt. E in fretta. Poi... andate via. Non tornate a Denver. Andate altrove, se ne avete la possibilità, andate in un altro continente. C'è un aeroporto internazionale qui a Denver, ogni giorno parte un aereo all'ora, e questi aerei portano nelle varie città protette in tutto il mondo.
Inghilterra, Italia, Giappone, Corea... Dove vuoi. Ma andate via da qui. ››

‹‹ Credevo che fossero poche le città protette... ››

‹‹ Sono più numerose di quello che credi. Ora va, corri! ››
‹‹ Non lo troverò mai da sola! ›› neanche il tempo di finire la frase, che la mia voce venne letteralmente sovrastata dal rumore di una macchina in corsa.

Una macchina! Finalmente un mezzo di trasporto intatto.

George deglutii.

‹‹ Hai visto chi c'era in macchina? ››

‹‹ Aveva i finestrini scuri... ed in ogni caso, era velocissima ››

‹‹ Beh, io l'ho visto ›› disse con aria assorta, poi prese un respiro profondo ‹‹ c'era Thomas sul sedile anteriore ››

‹‹ Questo vuol dire che...? ››

‹‹ Che il tempo delle belle chiacchierate di riunione sono finite e che devi muovere il culo per trovare Newt ›› rispose secco, fissandomi come per dirmi “e se non ti sbrighi, giuro che ti prendo a calci così forte che spiccherai il volo e arriverai dritta dritta in braccio a lui”.
Così annuii, rivolgendogli un sorriso ‹‹ afferrato. ››

‹‹ Vai ›› disse con tono freddo
‹‹ Subito... grazie, George ›› gli rivolsi un sorriso, che ricambiò per qualcosa come mezzo secondo, per poi tornare alla sua espressione gelida di sempre. Feci per andarmene, ma appena feci un passo mi fermai, girandomi in direzione del ragazzo ‹‹ George, aspetta, devo dirti un ultima cosa! ››

‹‹ Caspio, vuoi muoverti?! ››

‹‹ Justin non è morto, è vivo... Almeno, lo era quando ero alla C.A.T.T.I.V.O.... Era stato manipolato dalla C.A.T.T.I.V.O.. ››

Schiuse le labbra a quelle parole, ed il suo sguardo divenne un misto tra sollievo e preoccupazione.

Scosse la testa poco dopo ‹‹ Grazie per l'informazione... ora va! ››

Annuii, salutandolo con la mano, poi mi girai e ripresi a correre.

Sentivo che era questione di secondi, e mi sentivo allarmata. Ora dovevo assolutamente trovare Newt e fuggire da lì. Sapevo dove andare, in un certo senso. Non avevo un piano preciso, per ora si limitava solo al raggiungere Newt, rubare la macchina ed andare all'aeroporto. E no, non sapevo nemmeno come avremmo fatto a rubare la macchina. Ma ero piacevolmente sollevata nel vedere che quella macchina seguiva esattamente la mia direzione, che per la cronaca, era la stessa strada dalla quale ero arrivata. Dovevo tornare lì, per poi seguire la direzione che aveva preso Newt.

 

Quella strada mi aveva condotto fin troppo lontano dalla città, praticamente verso la strada statale. Vedevo il cartellone che conduceva in quella direzione.

E di Newt ancora nessuna traccia. Avevi perso anche di vista la macchina.

L'unica cosa che vedevo davanti a me, ed attorno a me, erano spaccati ovunque, cumuli di auto, puzza allucinante e così via.

Nient'altro.

Nella mia testa, di punto in bianco, sentii una sorta di rumore di interferenza.

Un mal di testa lancinante si fece strada nel mio cervello, dandomi una bruttissima sensazione lungo tutta la schiena. Era assordante e doloroso.

‹‹ Segui la macchina ›› quella voce nella mia testa. La stessa che sentii, tempo fa, nella zona bruciata. La stessa voce di cui sapevo di potermi fidare.

Mi sorpresi parecchio... Era Jillian.

‹‹ L'ho persa ›› dissi a voce alta. Mi sentivo un idiota a parlare praticamente da sola, ma ero certa che lei riuscisse a sentirmi. Ero felice di sentirla, in un certo senso, la cosa mi tranquillizzò parecchio.

‹‹ Allora va sempre dritta. Non vedo bene da qui, il tuo segnale ha forti interferenze a causa del calore e dell'antenna che hanno piazzato Denver, che è andata a puttane per colpa degli spaccati ›› spiegò.
‹‹ Intendi... nella strada statale? ››

‹‹ Sì. È lì che troverai Newt ››

‹‹ Come lo trovo? La strada è lung- ››

‹‹ Non preoccuparti, sono certa che lo troverai subito ›› si affrettò a dire ‹‹ Devo andare, prima che rintraccino questo segnale ››

‹‹ Cosa? ›› corrugai la fronte ‹‹ Jill? ›› niente.

Nessuna risposta. Era sparita. Chiusi gli occhi ‹‹ grazie… ›› sussurrai tra me e me, correndo verso la strada statale. Mi sentivo come se stessi affrontando una lunga corsa contro il tempo.

Un senso di ansia stava crescendo rapidamente dentro di me. Sapevo che Newt non poteva essere lontano da lì, ma in quel momento vedevo solo altri cumuli di macchine.

Se Jillian non mi avesse detto che Newt si trovava lì, avrei pensato che fosse andato via senza di me.... no, lui non l'avrebbe mai fatto. Da lì a pochi metri, si udii un forte rumore di un incidente.

Pochi attimi dopo sentii il rumore di auto che venivano verso di me. Balzai rapidamente sull'auto capottata che avevo davanti, giusto in tempo per vedere tre auto sfrecciare a tutta velocità accanto a me, che entrarono dentro la città.

Sgranai gli occhi. Chi mai poteva essere così idiota da entrare a Denver in circostanze come quelle?

Una bruttissima sensazione di ansia di fece strada dentro il mio corpo. Scesi velocemente dalla macchina e cominciai a correre tra le macerie, ignorando le orde di spaccati che c'erano lì in mezzo.

Quella sensazione continuava a crescere ad ogni passo che facevo.

Mi veniva da piangere. Perché avevo tutta quell'ansia addosso? Perché sentivo che il tempo era agli sgoccioli?

Mi portai le mani tra i capelli, stringendoli lievemente. Contrassi la mascella.

La mia testa pulsava, il cuore batteva a mille. Mi girava la testa, e volevo piangere.

‹‹ Dannazione Newt, dove sei? ›› sussurrai tra me e me.

Ma quello non era il momento di piangersi addosso. La mia testa si focalizzava solo su pensieri negativi, e restare lì immobile come un cane bastonato di certo non avrebbe giovato alla situazione.

Cominciai a correre nella direzione in cui avevo sentito il rumore dello schianto, sperando vivamente che non fosse proprio la macchina che dovevo seguire.

Il cuore che continuava a battere forte per colpa dell'agitazione.

‹‹ Newt! ›› provai a gridare, sperando di ricevere una risposta. Una qualsiasi caspio di risposta.

Ma sentivo tutto, meno che la sua voce. Il silenzio totale in quel casino infernale.

Dovetti fermarmi un attimo per riprendere fiato.

Alcuni spaccati, a pochi centimetri di distanza da me, stavano mangiando da un bidone della spazzatura, altri raccoglievano carne marcia e altre cose schifose.

Si rubavano tutto a vicenda come se fossero cani rabbiosi, con tanto di versi animaleschi e ringhi.

Fui sorpresa di scoprire che per me tutto quello era quasi normale, ormai.

Forse perché nel nascondiglio di Gervaso avevo “ammirato” una discreta collezione di nasi umani...

Mi guardai rapidamente attorno, in cerca di qualche indizio. Dopo, il suono dello scontro delle auto non era avvenuto troppo distante da me.

Mi avvicinai ad uno dei bidoni e mi arrampicai, rischiando di perdere l'equilibrio e cadere come un salame, ma almeno da lì avrei avuto una visione migliore.

Scoprii di avere ragione: era quella la macchina che cercavo, era quella che aveva fatto incidente, ed era lì che si trovava Newt. Proprio a pochi metri dall'auto. E sopra Thomas, e teneva la mano del ragazzo.

In macchina c'erano due uomini che tenevano le armi puntate contro Newt.

Tante immagini tutte insieme che l'unica cosa che fecero fu allarmarmi come non mai.
‹‹ Oh no... No! ›› balzai giù dal bidone, perdendo l'equilibrio e cadendo di faccia sull'asfalto sotto di me.
Provai un forte dolore, ma in quel momento non importava. Mi sollevai, correndo tra le macchine nonostante la botta mi avesse un po' intontita. Non importava: dovevo riprendermi subito.
Non avevo tempo da perdere.
Corsi il più velocemente possibile. Così velocemente che neanche sapevo come caspio ci stavo riuscendo.
Intravvidi la macchina, poi i due ragazzi.
Newt tremava, sussurrava qualcosa con un espressione severa. La sua mano era stretta e salda attorno a quella di Thomas, mentre teneva ferma quella pistola, puntata alla sua fronte.
‹‹ Fallo prima che diventi uno di loro! ›› sentii la voce di Newt, e solo quelle parole mi mandarono nel panico.
‹‹ Io... ›› rispose Thomas, fissando il ragazzo davanti a sé.

‹‹ No, no, no, no! ›› cominciai a scavalcare il cofano della macchina che stava davanti a me, l'unica che mi divideva da loro. Se avessi fatto il giro avrei sprecato più tempo, e non m'importava se con quel gesto rischiavo di cadere di nuovo come un'idiota.
‹‹ Uccidimi! ›› ordinò Newt, col suo tipico tono di chi non ammetteva repliche. Così feci più forza, e riuscii finalmente a salire sul cofano. Mi misi in piedi, pronta a saltare, ma il panico crebbe nel mio petto quando vidi lo sguardo di Newt, sentii un forte nodo alla gola ‹‹ Per favore, Tommy, per favore ›› il suo tono di voce di addolcì.
Quando vidi Thomas chiudere gli occhi, il panico si sprigionò ne mio petto ‹‹ Thomas no! ›› gridai, ma subito dopo il rumore dello sparo sovrastò quel grido.


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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Rimasi immobile a fissare quella scena. Il corpo del ragazzo che amavo ora era disteso senza vita sull'asfalto.

Nelle mie orecchie rimbombava il rumore dello sparo. Le mani poggiate sulle mie labbra, il mio cuore... vuoto. Non sapevo cosa provare di preciso. Fissavo il corpo di Newt.

Volevo gridare, piangere, scendere dalla macchina e picchiare Thomas così forte da ridurlo a brandelli.
Invece rimasi lì, senza sapere cosa fare di preciso.
Poi gridai, in preda ad un pianto, come se il dolore si sprigionò di colpo.
Gridai con tutto il fiato che avevo il corpo.
Caddi sulle ginocchia, sentendo il tonfo sordo del cofano della macchina.
Premetti le mani sulle labbra nel tentativo di soffocare l'urlo, ma questo contribuì a farmi tremare più forte di prima.
Thomas mi fissò con un espressione intontita.
Voleva correre via. Non osava nemmeno guardare Newt.
Si alzò di scatto, in preda all'agitazione per il gesto appena compiuto, e mi porse la mano per aiutarmi a scendere dall'auto. Non l'accettai. Non l'avrei più toccato.
Gattonai verso la fine del cofano e scesi, sebbene tremante, per poi avvicinarmi al ragazzo a terra e chinarmi sul suo corpo.
Le mie mani tremavano, così come il resto del corpo. M'inginocchiai accanto a lui, sollevandogli il busto e adagiandolo sulle mie gambe.
Poggiai una mano sul suo viso, accarezzandolo dolcemente. Non m'importava di quel foro da sparo che aveva sulla fronte, sperai che in qualche modo non l'avesse effettivamente colpito. Volevo illudermi che ci fosse anche una sola piccolissima possibilità che fosse sopravvissuto. No, Newt non poteva essere morto.
Lui doveva essere vivo. Quella doveva essere una messa in scena per liberarci della C.A.T.T.I.V.O..
Ora avrebbe aperto gli occhi, mi avrebbe fatto l'occhiolino e si sarebbe alzato per poi correre via.
Doveva essere così.

‹‹ Ti prego, non lasciarmi anche tu. Ti prego Newt, ti prego, apri gli occhi.... ›› sussurrai rapidamente, con la voce che tremava.
Lo strinsi tra le braccia, chinandomi un po' di più. Le mie lacrime scivolarono giù dalle guance, finendo sulle sue, mentre osservavo il suo volto come se fosse lo incontrassi per la prima volta.
Del sangue colò giù dalla ferita e finì sulla mia maglietta.
La cosa mi fece trasalire. Non potevo credere a ciò che stavo vedendo.
Non mi resi nemmeno conto che le mie mani erano piene di sangue. Del suo sangue.
La pozza che si stava creando attorno a lui, ora aveva macchiato anche me.
Scossi la testa, cercando di non badarci. Andava tutto bene.
‹‹ Newt dobbiamo andare, ti scongiuro, apri gli occhi. Ti prego, razza di testa puzzona! Dobbiamo andare via da qui! ›› lo scossi lievemente, ma niente.
Era tutto inutile, e continuare a cercare di illudermi davanti ad una cosa evidente probabilmente mi avrebbe fatto solo più male.
Volevo solo gridare più forte di prima, ma se l'avessi fatto di nuovo l'unica cosa che avrei ottenuto sarebbe stata l'attenzione di mille spaccati.
Strinsi di nuovo il corpo di Newt. Non volevo lasciarlo andare. Non ero pronta.
Non potevo perdere anche lui. Era l'unica persona che mi era rimasta. L'unica persona di cui m'importava ancora. E l'avevo persa.
‹‹ Mi dispiace... ›› disse Thomas in quello che era un sussurro, ma che nemmeno mie orecchie risuonava come il grido più fastidioso del mondo.
Si avvicinò a me, chinandosi, ma senza rivolgere lo sguardo al ragazzo che tenevo tra le braccia.
Il suo respiro tremava, come se stesse trattenendo un attacco di panico.

Fece per parlare, ma sulle prime balbettò qualcosa di incomprensibile.

‹‹ E-Eli dob- ››

‹‹ Chiudi quella caspio di bocca ›› dissi a denti stretti, senza distogliere lo sguardo dal volto di Newt. Promisi a me stessa che se Thomas avesse provato a sfiorarmi, gli avrei tirato un pugno in un occhio. Non avevo mai provato così tanto odio per lui. ‹‹ Vattene ›› di ordinai.

‹‹ Devi venire con me... ››

‹‹ Io non vado da nessuna parte ›› digrignai i denti ‹‹ non con te. ››
‹‹ Thomas, andiamo! ›› gridò uno degli uomini alle nostre spalle, di quelli armati, che ormai avevano ritirato le armi.
‹‹ Elizabeth, avanti, dobbiamo andare ›› provò a dire di nuovo, poggiando una mano sulla mia spalla. Tremava, lo sentivo, ma non m'interessava. Sentivo dal suo tono di voce che era scosso. Parecchio scosso. E potevo capirlo, ma non perdonarlo.
Gli spostai la mano con un gesto secco, fissandolo con odio ‹‹ non azzardarti a toccarmi! ›› sbottai. Il mio petto tremava. I miei occhi continuavano a bruciare da quanto volevo piangere ‹‹ Non toccarmi dopo che hai fatto questo! Non verrò con te. Scordatelo, Thomas! ››
‹‹ Non puoi rimanere qui ›› i suoi occhi... lucidi. Non avevo mai visto Thomas con gli occhi lucidi.
‹‹ Va via... ››
‹‹ Ma Eli... ››

‹‹ Va via! ›› gridai, e come immaginavo, in poco tempo fummo circondati da spaccati.
‹‹ Thomas! ›› richiarmò l'uomo dentro l'auto ‹‹ lasciala stare! Sono affari suoi! ››
‹‹ È mia amica! ›› gridò lui, guardando gli uomini in macchina.
‹‹ Non più ›› chiusi gli occhi. Mi sentì, così si girò di scatto nella mia direzione, scuotendo rapidamente la testa.
‹‹ Ti prego, capiscimi.. Io non volevo. È stato lui ad insistere, Elizabeth! Mi ha lasciato un caspio di biglietto con scritto “Uccidimi. Se sei mai stato mio amico, uccidimi.”. Non volevo, credimi, ma lui insisteva e... ››

‹‹ Oh, sì, quindi se io ora punto la pistola alla mia tempia e ti dico di uccidermi tu lo fai? ››

‹‹ Elizabeth, ti prego, ragiona! ›› insistette Thomas, nella speranza che io provassi ad ascoltarlo.
Lo fissai negli occhi, lucidi quanto i miei.
Non m'importava quali fossero le sue ragioni. Non l'avrei mai perdonato. Non per quel gesto.

Potevo accettare qualsiasi altra cosa, ma non quello.

‹‹ Vattene via. ››
‹‹ El- ››

‹‹ Thomas. ›› contrassi la mascella. Dovevo avere uno sguardo gelido, anche se pieno di lacrime ‹‹ se sei mai stato mio amico, vattene. ›› tirò indietro la testa, barcollando leggermente come se quelle parole l'avessero ferito più del previsto. Il mio intento, in fondo, era quello di ferirlo per farlo andare via. Gesto meschino, lo riconoscevo, ma non volevo mai più vedere la sua faccia del caspio davanti ai miei occhi ‹‹ va via. O giuro, Thomas, che prendo la pistola che hai usato e ti faccio un bellissimo foro in mezzo alla fronte ››.
il ragazzo rimase immobile per un secondo. Mi guardò, poi strizzò gli occhi, lasciando che una lacrima gli cadesse giù dalle guance, ed infine si girò correndo verso la macchina.
Potevo solo immaginare il misto di pessime sensazioni che stava crescendo nel corpo di Thomas.
Odio per sé stesso, senso di colpa, disgusto per ciò che aveva fatto... ma non riuscivo a perdonare ciò che aveva appena fatto.

Sentivo un nodo alla gola, che aumentò appena sentii il rumore della macchina che si allontanava.

I miei occhi tornarono sul volto del ragazzo biondo che stava tra le mie braccia. Il sangue gli riempiva il volto, macchinando la strada sotto di noi, i miei abiti, i suoi...
Più lo osservavo, più sentivo un senso di vuoto crescere dentro di me.
Gi spaccati si allontanarono, tornando alle loro attività precedenti.
‹‹ Te lo giuro, farò saltare in aria la C.A.T.T.I.V.O. ›› dissi a denti stretti. Fu una faticaccia riuscire a dire quelle parole, perché le lacrime continuavano a non darmi tregua.
Ero così vuota che non sapevo fare altro. Non ero in grado di controllarmi. Mi sentivo una bomba pronta ad esplodere.
Rabbia, dolore, tristezza... ogni singola emozione negativa stava emergendo. Fu come realizzare definitivamente quanto tutta quella situazione facesse schifo.
‹‹ Mi dispiace ›› sussurrai, stringendo il suo corpo, sollevandolo un po' di più ‹‹ ho fallito... sono solo una stupida testa puzzona. Non dovevo lasciarti andare. Io non dovevo andare dall'altra parte. Non dovevo lasciarti solo. Non dovevo farlo! ›› mi chinai, fino a poggiare la fronte contro la sua spalla. Ora capivo cosa aveva provato nel vedermi morire nella radura.
Lo capivo benissimo. Il senso di inutilità, il senso di colpa per avermi abbandonata... il vuoto più totale. Ora c'era solo quello. Il nulla.

Non sapevo quanto tempo fossi rimasta immobile lì, a fissare il suo corpo senza vita.
Forse era passata un ora o poco più. Ma ero certa che se avessi potuto, sarei rimasta a farlo per sempre.

Ero sdraiata accanto a lui, col braccio legato attorno al suo busto ed ignorando apertamente la pozza di sangue che si stava espandendo indisturbata.
Non l'avrei lasciato andare un'altra volta. Non ancora. Non l'avrei lasciato lì a marcire in balia degli spaccati. Dovevo trovare un modo per trasportare il suo corpo fino ad un posto dove avrei potuto scavare una buca e seppellirlo. Non sarebbe diventato della semplice e volta carne da mangiare per gli spaccati.
Forse, seppellirlo, sarebbe stato il momento più brutto di tutti. Nel frattempo, mentre aspettavo un buon momento per spostarmi assieme al suo corpo indisturbata, rimasi lì accoccolata a lui.
Ero sporca del suo sangue. Avevo smesso di piangere, ero entrata in quella fase di apatia, ma dentro di me gridavo e piangevo come una disperata.
Sentivo un silenzio assordante nella mia testa. I miei pensieri avevano smesso di vorticare vertiginosamente. Avevo spento ogni singola cosa dentro di me. C'era il vuoto. Il silenzio.

Un silenzio che venne spazzato via dal rumore assordante di un elicottero in avvicinamento.
Rivolsi lo sguardo al cielo. Era una berga della C.A.T.T.I.V.O., e chiunque la stesse guidando, sembrava voler fare le cose il più velocemente possibile.
Si fermò, abbassandosi lentamente e smuovendo un vento pazzesco.
Appena fu abbastanza vicina alla terra, aprì il grosso portellone laterale, facendo scorrere la rampa fino alla strada.

Quattro persone che reggevano una barella corsero fuori. Indossavano delle tute gialle e delle mascherine.
Sulla tuta c'era scritto “Proprietà della C.A.T.T.I.V.O.”.
‹‹ muovetevi! Non abbiamo tempo da perdere! Recuperate il soggetto! ›› gridò qualcuno, ma quando mi videro si fermando, poggiando la barella a terra.
Uno degli uomini tirò fuori una radiolina, premette il tasto al lato di questo e se lo avvicinò alle labbra.
‹‹ Capo, aveva ragione, il soggetto A6 è qui col soggetto A5 ›› si fermò, e mi sembrò di scorgere un sorriso attraverso la mascherina ‹‹ seguo il piano? ››

la radiolina fece un piccolo rumore d'interferenza ‹‹ sì, segui il piano ›› rispose la voce attraverso la radio. L'uomo ricacciò la radiolina all'interno della tasca e fece un cenno con capo agli altri tre uomini, che si avvicinarono al corpo di Newt.
‹‹ Ehi... Ehi! ›› mi misi in piedi, spintonando via uno di loro, quello più vicino.
‹‹ Tieni le mani apposto, ragazzina! ›› sbraitò questo, infilando la mano nella tasca destra del pantalone della tuta, poi la ritirò fuori alla svelta, puntandomi una pistola alla tempia.
Scossi la testa sbalordita, ma non impaurita.
Voleva spararmi? Fantastico. Alzai le mani verso il cielo in segno di resa.
‹‹ Lasciatelo stare! Non è più uno dei vostri topi da laboratorio, caspio! Cosa volete?! ››

non rispose, ma caricò la pistola mentre gli altri tre uomini si affrettavano a spostare il corpo di Newt per caricarlo sulla barella.
Okay, ragioniamo... non poteva uccidermi.
La C.A.T.T.I.V.O. teneva troppo ai suoi soggetti per permettere ad uno di loro di ucciderli in quel modo.
Feci un passo verso di lui, tenendo le mani rivolte verso l'alto.
‹‹ Ferma o sparo! ›› gridò. In tutta risposta, feci ruotare gli occhi.
‹‹ Non gridare. In caso non l'avessi notato, siamo circondati da spaccati, e sono certa che non prenderebbero bene la vostra presenza qui ›› risposi con tutta calma, e feci un altro passo, per poi inginocchiarmi davanti all'uomo che avevo davanti, chinando il capo verso il basso.
Afferrai la mano con la quale teneva la pistola e me la puntai sulla testa, stringendo il suo polso.
Sentii un sussulto da parte dell'uomo, che poco dopo spostò l'arma da dove la stavo puntando.
‹‹ Che cosa pensi di fare? ›› chiese con un tono stupito.

‹‹ Mi sto consegnando. ›› dissi, sospirando poco dopo mentre guardavo gli altri tre uomini allontanarsi con Newt ‹‹ ma prima dimmi dove state portando Newt ››

‹‹ Alla base ›› rispose una voce alle mie spalle.
La voce di Jillian.
Mi girai di scatto verso la ragazza, che mi rivolse un sorriso amaro.
‹‹ Perché? ››

Fece uno strano scatto con la testa, ed i suoi occhi brillarono di una luce non umana. Scosse la testa, come se volesse dirmi “meglio che tu non lo sappia”, e poco dopo indicò la berga con la testa.
‹‹ Vieni con noi? ›› inclinò lievemente la testa da un lato, rivolgendomi un ampio sorriso.
Non volevo tornare alla C.A.T.T.I.V.O.

Non dopo ciò che era successo.

Ma non avevo nemmeno nessun altro posto dove andare... ed in ogni caso, se volevo distruggere quei bastardi, dovevo partire da lì.

Jillian fece un altro strano scatto con la testa, poi mi guardò intensamente. Stava cercando di dirmi qualcosa. Non poteva fare quel giochino con la telepatia?
Capii, comunque, che dovevo fidarmi di lei. In qualche modo sapevo eravamo entrambe dalla stessa parte.
‹‹ Portatemi via di qui. ›› dissi infine. Jillian mi porse la mano, ed io l'afferrai, dirigendomi con lei sulla berga.

Le cose sarebbero cambiate molto, molto presto.


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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Era come se il mondo avesse smesso di girare. Dal momento in cui i miei piedi toccarono il pavimento stabile dell'hangar della C.A.T.T.I.V.O., ebbi quasi l'ennesima dimostrazione che niente sarebbe stato più come prima.

Fu come una sorta di presa di coscienza.

La barella col corpo immobile di Newt si allontanò da me, spinta rapidamente dai quattro uomini con la tuta. Jillian non si era allontanata durante tutto il viaggio, ma al contrario, mi guardava come se volesse parlarmi e rassicurarmi, ma avesse un terrore incontrollato di aprire bocca.
Mentre seguivo con lo sguardo la barella, lei poggiò una mano sulla mia spalla, sussurrando un “mi dispiace” che però non m'interessava. Non era colpa sua.
La guardai con la coda dell'occhio, facendo un cenno col capo, poi attraversai il portone che avevo davanti, seguita a ruota da lei che si assicurava quasi che sapessi bene la strada.
Ma la verità era che mi muovevo come un semplice spettro, non come una persona.

Guardandomi attorno, notai che era tutto in ordine, e che i corridoi di quel posto si erano animati e caricati di scienziati che si muovevano in modo quasi meccanico.

Esattamente l'opposto di ciò che avevo visto l'ultima volta che varcai la soglia di quella porta-

Era la solita vita da laboratorio.
Tutti mi guardarono con aria sorpresa appena si accorsero che ero all'interno della base.
‹‹ Signorina c-capo! ›› gridò un ragazzino dalla fine del corridoio, che poi prese a correre nella mia direzione e, appena si ritrovo davanti a me, si chinò sulle ginocchia per riprendere fiato ‹‹ è un p-piacere riaverla qui con noi ›› balbettò, raddrizzandosi con la schiena. Avrà avuto all'incirca dodici anni. Indossava un camice da scienziato.
Corrugai la fronte, fermandomi a guardarlo meglio. Aveva un cartellino bianco pinzato sul petto.
‹‹ Sono n-nuovo s-signorina, se stava guardando il cartellino b-bianco ›› si affrettò a dire. Deglutii rumorosamente, facendomi accapponare la pelle per colpa di quel suono ‹‹ M-mi chiamo Raphael, è un piacere, un p-privilegio ed un e-emozione indesc-crivibile conoscerla d-di persona. M-mi disp-piace per N-Newt. Vi o-osservavo e- ››

‹‹ Raphi.. ›› lo riprese Jillian a denti stretti, rivolgendomi poi una rapida occhiata di amaro pentimento.
Schiusi le labbra, guardando il ragazzo che mutò l'espressione in terrore.
‹‹ Non d-dovevo dirlo? ››

‹‹ No Raphi, non dovevi ›› Jillian chiuse gli occhi, sospirando.
‹‹ Voi.. ›› non riuscivo nemmeno a terminare la frase. Mi sentivo scossa e presa in giro per l'ennesima volta.
‹‹ Elizabeth, posso spiegare. ››

Sì, quella era la classica frase di chi era pronto a sparare l'ennesima bugia. E ne avevo fin sopra i capelli di quelle storie. Erano favole, ed io ero troppo cresciuta per ascoltarle e crederci come una semplice bambina. Forse non ne avevo mai sentita una in vita mia, e dopo tutto ciò che avevo passato, non volevo nemmeno sentirle.
Sollevai una mano, facendole cenno di stare zitta, poi mi allontanai a grandi passi da lei e il ragazzino.
Osservai le espressioni degli scienziati mentre camminavo lungo i corridoi, freddi e spogli, l'unica cosa sincera della C.A.T.T.I.V.O..
Mi guardavano tutti, ma subito dopo tornavano a chiacchierare tra loro o a guardare ciò che stavano facendo. Erano tutti troppo impegnati, tutti troppo presi dai loro compiti giornalieri.

La C.A.T.T.I.V.O. era semplice e pura monotonia.

‹‹ Elizabeth, dannazione, aspettami! ›› esclamò Jillian, mentre mi rincorreva.

Non mi ero resa conto nemmeno di quanta strada avevo percorso, né di aver salito delle scale.
La mia testa si era ufficialmente scollegata dal corpo, mettendo fine alla miriade di pensieri negativi che stava formulando.
Mi fermai, permettendo alla ragazza dai capelli rosa di mettersi al mio fianco e riprendere fiato dopo la corsa.
‹‹ Sapevate tutto, vero? ›› domandai, chiudendo gli occhi ‹‹ ci stavate osservando. Avevi detto che sta volta la C.A.T.T.I.V.O. era sincera riguardo all'assenza di una fase tre. Perché mi hai mentito anche tu? Eh? ›› riaprì gli occhi, fissandoli in quelli rosa della ragazza.
‹‹ Non era programmato ›› provò a giustificarsi, guardandomi negli occhi. Sembrava essere sincera a quelle parole, ma non mi fidavo. Non ci riuscivo. Aveva un aria troppo innocente. ‹‹ ed in ogni caso non potevo dirti la verità. Loro non volevano. ››

‹‹ Quindi eravamo ancora sotto test? ›› ribadì. Lei trasalì, distogliendo lo sguardo dal mio

‹‹ Non proprio, ma diciamo che alcune mosse erano previste. Non abbiamo mai smesso di studiarvi, è questa la verità... Il soggetto ideale doveva essere tenuto sotto controllo, ci stava fornendo un'ottima cianografia. Non posso dirti di più. Non ora. Cerca di capire... ››
‹‹ L'unica cosa che riesco a capire, è che mi hai presa in giro. Ed io non ti credo ››
Fece uno strano scatto con la testa, ed i suoi occhi diventarono lucidi.
‹‹ Ti ho detto che non posso dirti di più, non ho detto che non so altro ›› disse con tono forzato e strozzato.
Allora capii. Non poteva parlare, lei era semplicemente un altro strumento nelle mani della C.A.T.T.I.V.O.. Lasciai cadere lì il discorso. Non ero comunque pronta ad affrontarlo. L'unica cosa che volevo fare, era sdraiarmi e provare a riposare un po'. Dovevo ragionare a mente lucida.
Avrei dormito nella mia vecchia camera, dove stavo prima di andare nella zona bruciata.
Non sapevo se quella era una cosa positiva o meno.

Fatto sta che una volta raggiunta quella stanza, mi sembrava così fredda e vuota da farmi credere di non essere nemmeno viva.

Mi sentivo così patetica a pensare una cosa del genere da provocarmi da sola una risatina nervosa.

Quando m'infilai sotto le coperte, chiaramente, non riuscii a chiudere occhio.

Le immagini di Thomas che sparava a Newt erano un chiodo fisso.

Ogni volta che il sonno cominciava ad offuscarmi nella mente, sentivo il rumore dello sparo e mi destavo immediatamente con un piccolo balzo sul materasso.

Cominciai a pensare che quella sarebbe stata la causa del mio cadere nel baratro.

Mi rannicchiai in me stessa, stringendomi le ginocchia contro il petto e ripetendomi che ormai era tutto passato. Non dovevo permettere alla rabbia di prendere il sopravvento.

Chiusi gli occhi, cercando di svuotare completamente la testa.

Non dovevo pensare a niente, anche se la mia mente era diventata un archivio di informazioni incasinato.

‹‹ Caspio, ma guarda come ti sei ridotta in poche ore... ›› una mano si posò sulla mia guancia, sfiorandomi la pelle con fare delicato, poi le mani ‹‹ Liz, apri gli occhi almeno. Sembri appena uscita dalla latrina della radura ›› e ridacchiò. Sorrisi a quelle parole, spostandomi le mani dalla testa.
Il mio cuore esplose di una gioia incontrollabile nel vedere che Newt era seduto il mio letto.
Sapevo che non era morto. Lo sapevo. Non poteva essere morto.
Certo, il suo volto non era intatto: aveva una grossa cicatrice sulla fronte, quella dovuta al proiettile. Ma era sempre bellissimo.

Mi misi seduta sul letto, tirando su le coperte per non prendere freddo. Lui sembrava stare benissimo. Indossava solo i boxer ed una maglietta bianca, completamente stropicciata.

‹‹ E tu sembri un unicorno a cui hanno strappato via il corno, razza di testapuzzona insensibile. Mi hai fatta preoccupare! ››
‹‹ Mi definisci unicorno privo di corno dopo che mi sono beccato una pallottola in testa da quel fagio puzzone di Tommy? Chi è l'insensibile tra i due? ›› corrugò la fronte, indicandosi il foro ‹‹ quest'affare ha fatto un male cane, sai? ››

‹‹ Se ti consola, ti dona. Ti da un aria da bad boy ››

‹‹ Mi da un aria di uno zombie ›› fece ruotare gli occhi verso l'alto ‹‹ comunque, perché ti ho fatta preoccupare? ››

‹‹ Credevo che fossi... morto. Insomma, sanguinavi tantissimo e... ›› interruppi la frase quando vidi la sua espressione addolcirsi e guardarmi le mani.

Solo dopo realizzai che quello era un sogno.

Non poteva essere davvero lì... non avevo sentito nemmeno la porta aprirsi, ed a meno che quello non fosse un fantasma, doveva essere per forza un sogno.
Nonostante i miei pensieri facessero più rumore di qualsiasi altra cosa al mondo, non potevano sovrastare il rumore fastidioso di quella porta.

‹‹ Sto sognando, vero? ›› non rispose, ma annuì, allungando una mano verso di me.
Per quanto possibile, sentii un groppo in gola.
Allungai una mano verso la sua, cercando di afferrarla, ma non ci riuscii. Afferrai l'aria.
Anche i miei sogni erano corrotti. Di norma, in un sogno era possibile fare cose che nella realtà non ci sono concesse... a me era stato vietato anche quello. Dovetti rassegnarmi al fatto che quello era tutto nella mia testa.
‹‹ Non volevo abbandonarti ›› dissi, cercando di mantenere un tono calmo.

‹‹ Non l'hai fatto... mi hai ascoltato, per una volta nella tua vita ››
‹‹ Sì, e ti sei fatto sparare ›› gli feci notare ‹‹ era meglio se non ti ascoltavo... combino solo guai.
Ed ora non so cosa fare. ››

Ridacchiò, poi si sporse verso di me. Finalmente sentii qualcosa.
Le sue labbra sfiorarono la mia fronte, poi mi accarezzò la guancia. Era ovvio che fosse tutto un sogno, ma il suo tocco era come sempre. Sentirlo era rassicurante. Provai ad afferrargli la mano, ma non ci riuscii. Era una sensazione a senso unico: Lui poteva toccare me, ma io non potevo toccare lui. Quello era frustrante.

‹‹ Certo che sai cosa fare, Liz. Ricorda il piano. Fa saltare in aria questo buco di posto. ›› incontrai i suoi occhi appena sollevai lo sguardo. Lui sorrideva. Quel sorriso che mi faceva girare la testa ‹‹ e ricorda la lista ››

‹‹ Quale lista? ›› domandai sbigottita.

‹‹ Quella che hai trovato nella berga di Jorge. Chiedi della lista. ›› disse, poi chiuse gli occhi, ed un rumore forte, assordante, come quello di uno sparo, riecheggiò nell'aria. Mi svegliai di soprassalto.
Il cuore pesante che batteva ad una velocità assurda, mi aveva quasi levato l'aria. Boccheggiai in cerca di ossigeno. Jillian era china su di me, con un mio polso chiuso in una sua mano.
‹‹ Cosa... ››

‹‹ Buongiorno piccola peste ›› disse, senza spostare lo sguardo da me.

‹‹ Cosa... cosa c'è? ››

‹‹ Stavo guardando se stavi bene. Mentre dormivi mugolavi. Ho pensato che stessi male. E la tua attività cardiaca è aumentata a dismisura ››
‹‹ Sto benissimo ›› mi misi seduta.
La ragazza inclinò la testa, ed una piccola luce brillò nei suoi occhioni rosa.
Notai una cosa: i suoi capelli non avevano più le treccine. Ora erano lisci e mossi, di un rosa brillante, e la sua pelle era più pallida del solito.
Non aveva occhiaie, sembrava fresca e riposata.
‹‹ Ti va di parlare di ciò che è successo? ››
‹‹ No. Voglio andare agli archivi ››
‹‹ Non è possibile. Gli archivi sono bloccati da un codice di sicurezza e- ››
‹‹ Jill ›› poggiai le mani sulle sue spalle, facendo sussultare la ragazza ‹‹ fammi entrare agli archivi. So che tu non puoi dirmi nulla di ciò che ho bisogno di sapere ›› la guardai dritta negli occhi.
Non volevo dirle cosa dovevo cercare.
Non ero stupida, sapevo che la C.A.T.T.I.V.O. le aveva bloccato ogni singola informazione che poteva tornarmi utile, o comunque le aveva impostato qualcosa per evitare che lei potesse parlare.
La ragazza si morse il labbro, spostando lo sguardo poco dopo.
‹‹ Io... non posso... ›› mormorò, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio ‹‹ mi faranno l'elettroshock se ti permetterò di accedere agli archivi... ››
Ritrassi le mani contro il petto. Non potevo costringerla ad una cosa simile, sarei stata una semplice egoista. Non volevo che qualcun altro soffrisse per causa mia. Volevo semplicemente interrompere tutto quel dolore.
‹‹ Allora lascia stare, voglio chiudere questo cerchio di sofferenza. Proverò a trovare informazioni altrove. In questo posto ››
‹‹ Ma forse un bel giretto della base potrebbe darti una mano ››
Non vedevo come una passeggiata mattutina potesse essermi utile, ma decisi di non opporre resistenza.

Mi diedi una lavata veloce e cambiai gli abiti.
Era freschi, puliti e profumati. Ora potevo apparire anche io come uno dei tanti robottini della C.A.T.T.I.V.O..
Jillian era rimasta fuori ad aspettarmi, con i capelli sciolti ora sembrava essere una semplice bambolina da esposizione, ma più alta e con funzioni vitali.
Appena la raggiunsi, cominciò immediatamente quella lunga e silenziosa passeggiata.

I laboratori della base erano in piena funzione, nessuno sorrideva, ma tutti si muovevano come tante formiche operaie. Fui sorpresa di vedere più monitor rispetto all'ultima volta.
Mi domandai se per caso Jillian fosse collegata a tutti quegli schermi anche in quel preciso momento.
Entrammo nella sala di controllo. Posto dove non avrei mai pensato di mettere piede un'altra volta.
‹‹ Guarda ›› disse di punto in bianco, fermandosi di fronte ad una parete interamente composta da tanti schermi.
‹‹ Sì, bel collage di monitor ›› ironizzai, ma lei mi rivolse un'occhiataccia
‹‹ Guarda lo schermo 17. ›› E così feci.
Cominciai a contare, fino a quando non arrivai a quello che la ragazza mi aveva indicato.
La prima cosa che notai, ancor prima di giungere al numero 17, era che quella parete di schermi non era una semplice parete di controllo dei vari laboratori, ma una parete di controllo delle celle dei soggetti. C'era anche la mia stanza tra quegli schermi.
Ma la numero 17 era una stanza completamente bianca, simile alla stanza dove avevo ritrovato Justin. Ma lì dentro non c'era Justin. Lì dentro c'era George, che prendeva a pugni la parete e gridava.
‹‹ George è qui? ›› domandai sbigottita, scuotendo la testa
‹‹ Esatto. Questa parete, come avrai notato tu stessa, è la parete con la quale noi controlliamo tutti i soggetti rinchiusi nelle stanze che li ospitano. Qui, noi li controlliamo e li studiamo quando sono in “pausa”, diciamo ››
‹‹ ma quando... ››
‹‹ Mentre tornavamo qui, un'altra berga è andata a recuperarlo ››
‹‹ Perché mi stai mostrando questo? ›› ero confusa. Come poteva essermi utile una cosa del genere?
‹‹ Per farti capire una cosa, Elizabeth. La stessa cosa che ti dissi per i D2MH, ricordi? ›› si girò lievemente verso di me ‹‹ La C.A.T.T.I.V.O. non spreca niente. ››
Quelle parole mi diedero una strana sensazione allo stomaco.
‹‹ Non noti nient altro? ›› disse, ricatturando la mia attenzione. Diedi un'altra rapida occhiata allo schermo.
‹‹ Questa è la parete dove ci sono tutti i soggetti, giusto? ››
‹‹ Esatto ››
‹‹ E mancano Justin ed Evangeline... ›› mormorai, sospirando.
‹‹ Esatto ›› ripeté, guardandomi ancora ‹‹ sono spariti il giorno dopo che voi siete fuggiti ››
‹‹ Sì, certo, sono “spariti” ›› sollevai gli occhi al cielo ‹‹ un bel modo per definire una persona morta.
‹‹ Oh no, non sono morti! Se lo fossero te l'avrei detto senza alcun problema ›› mi rivolse un sorriso strano, di chi la sa lunga ‹‹ La C.A.T.T.I.V.O. non sa dove siano, e questo li allarma parecchio. ››
‹‹ Sono col braccio destro? ›› sussurrai per non farmi sentire dagli altri, ma subito dopo avrei voluto darmi un colpo da sola, ricordandomi che probabilmente la C.A.T.T.I.V.O. stava tenendo d'occhio anche quella conversazione. Infatti, Jillian si guardò rapidamente attorno.
‹‹ No ›› si affrettò a dire ‹‹ ma non possiamo parlare di questo. Ti basta sapere che abbiamo avuto dei problemi con loro, per quanto riguarda gli archivi della base. Sono stati uno dei motivi per cui abbiamo dovuto mettere i dispositivi di sicurezza per poterci accedere ›› aggiunse di punto in bianco, prendendomi di sorpresa. Allungo una mano verso la mia, passandomi una piccola tesserina di plastica ‹‹ sarebbe un problema se qualcuno perdesse la tessera d'accesso. Ultimamente abbiamo avuto grossi problemi con i novellini ››
sgranai gli occhi, abbassando lo sguardo verso la mia mano. Lei mi fece l'occhiolino, riportando lo sguardo allo schermo numero 17.
Poco dopo, alle mie spalle, sentii uno scienziato che si lamentava del continuo mal funzionamento delle telecamere, incolpando il calore esterno. A detta sua, era un problema che persisteva già da un po' di tempo, ma dall'espressione di Jillian, capii che era opera sua.
‹‹ Che ne dici di andarlo a trovare? ›› domandò, facendomi capire che quella era solo una scusante ‹‹ sono certa che vedere una faccia amica gli sarà utile per calmarsi. ››
Annuì, rivolgendole un sorriso ed abbandonando alla svelta la stanza.
Non sapevo nemmeno come raggiungere la stanza dov'era rinchiuso George, ma l'avrei trovata da sola più tardi. D'altronde se c'era quel mal funzionamento, allora Jillian mi stava proteggendo dall'essere scoperta per accedere all'archivio.
Sapevo già cosa cercare. Il problema sarebbe stato trovarlo in mezzo a quella miriade di documenti.
Ad occhio e croce riuscii ad orientarmi per arrivare alla stanza degli archivi. Appena fui davanti al portone, tirai fuori la tessera, facendola strisciare nella fessura della sistema di sicurezza.
La spia rossa che c'era sopra questa diventò verde, e subito dopo la porta si aprì, facendo scattare un piccolo timer sopra la porta.
Avevo tre minuti di tempo prima che la porta si chiudesse Sapevo che non mi sarebbero mai bastati.
Entrai nella stanza ed infilai la tessera nella tasca dei pantaloni, affrettandomi a cercare la cartellina che racchiudesse i vari documenti del progetto del gruppo A.
Era come cercare un ago in un pagliaio.
C'erano troppi scaffali, e nonostante fossero tutti in ordine alfabetico, tre minuti non sarebbero mai bastati a trovare proprio quel progetto.
‹‹ Pensa Elizabeth, pensa! ›› dissi tra me e me, mentre camminavo verso la lettera G, decisa a cominciare da lì le mie ricerche. Forse il progetto si chiamava Gruppo A.
due minuti e mezzo.
La lettera G sembrava essere infinita. Nomi dei vari test falliti, cartelle con i nomi dei soggetti e degli scienziati con la G.
due minuti.
Appena giunsi alle iniziali “GR” scorsi velocemente fino a giungere alla parola “Gruppo” per poi scoprire che mancava.
La sezione “Gruppo A e B era vuota, ma il cartellino che indicava la presenza di quella cartella c'era. C'era lo spazio, ma non la sua documentazione.
Un buco nell'acqua.
Corsi verso la lettera N.
Se non c'era quello che cercavo sul mio gruppo, forse avrei scoperto qualcosa almeno su Newt.
Era ciò che volevo sapere. Dovevo levarmi quel dubbio a tutti i costi.
Quello, forse, sarebbe stato più complicato.
Nell'archivio del gruppo A e B ero certa al 60% che ci fosse anche la cartella di Newt, ma con un minimo di fortuna, c'era un ulteriore cartella che racchiudeva il suo passato alla C.A.T.T.I.V.O. prima di essere mandato nella radura. Sarei partita da lì, ed in qualche modo avrei recuperato qualcosa sul gruppo A in qualche altro modo.
Un minuto e mezzo.
Ed ero ancora agli inizi delle iniziali Ne.
Mancava fin troppo poco tempo.
‹‹ C-c'è qualcuno? ›› disse una voce all'entrata, ed era Raphael. Avrei riconosciuto il suo balbettare tra mille altre persone.
Sospirai, continuando a scorrere il dito, fino ad arrivare a “New”.
‹‹ C-chiunque tu sia, g-guarda che il tempo s-s-sta per scadere! ››
disse ancora, avvicinandosi sempre di più allo scaffale dove c'ero io. Sicuramente stava seguendo il rumore dei miei passi.
Non ero molto silenziosa nel muovermi lì in mezzo, ma per il semplice fatto che ero di fretta e stavo saltando a grandi linee tutte le lettere che non m'interessavano.
Quando sentii che si fermò all'inizio della fila N, fui sorpresa di sentire un semplice sospiro di sollievo provenire dalla bocca del ragazzo. Avrei optato più per un “Che diavolo ci fai qui?!”.
‹‹ Signorina capo, d-deve uscire di q-qui! ››
‹‹ Non ora, Raphael, ho una certa urgenza. ››
‹‹ N-n-non troverà n-niente qui. È t-tempo sprecato ›› mentre pronunciava quelle parole, arrivai alla parola “Newt”.
Stessa cosa del gruppo A e B: Lo spazio c'era, ma la cartella no.
Quaranta secondi.
‹‹ S-signorina d-dobbiamo usc- ››
‹‹ Uscire, lo so ›› dissi, sorpassando il ragazzo a grandi falcate.
Niente. Avevo fatto un altro buco nell'acqua.
Feci appena in tempo ad abbandonare quel posto, e la porta si chiuse con un fastidioso allarme.
Mi poggiai alla parete della stanza, strisciando verso il basso.
Raphael era in piedi davanti a me, che mi guardava con un espressione incuriosita.
‹‹ Signorina c-capo cosa... ››
‹‹ Chiamami Elizabeth e dammi del tu, ti prego. Solo perché sono la figlia del tuo caspio di capo, non devi chiamarmi per forza così! ›› sbottai esasperata.
‹‹ Okay... C-cosa cercavi? ››
‹‹ Niente... lascia stare ›› mi rimisi in piedi, sospirando rumorosamente ‹‹ sai dove si trova la stanza che inquadra la telecamera numero 17 della parete che controlla i soggetti? ››
‹‹ Quella col soggetto A19? ›› annuii, e lui mi sorrise, come se non aspettasse altro che rendersi utile. E forse era così. Magari, essendo un novellino, gli altri non gli davano carichi troppo importanti o probabilmente non lo calcolavano affatto.

Mi condusse fino ad un portone bianco. Strisciò una tessera magnetica in uno di quegli strumenti per la sicurezza e, appena si aprì, mi ritrovai in un lungo corridoio bianco con le luci a led azzurre.
Ai lati del corridoio erano presenti alcune stanze blindate.
Non avevo mai visto quel corridoio prima di allora.
‹‹ Che posto è questo? ›› domandai, guardandomi attorno con fare spaesato.
Doveva essere un'area nuova. Costruita in poco temp, ma veramente fatta bene.
Era un posto così claustrofobico che mi veniva la soffocare solo a guardarmi attorno.
‹‹ Qui ci sono l-le stanze dei s-soggetti im-mportanti. È la n-nuova area T-test ››
‹‹ Che tipo di test conducono? ›› mormorai, guardando il ragazzo che si fermò difronte ad una cella con scritto “Soggetto A-19, CAM. 17”.
‹‹ Vari ›› si limitò a dire, ma dal suo sguardo capii che nemmeno lui lo sapeva.
Indicò la stanza, poi diede un colpetto alla porta con le nocche.
‹‹ A-19, h-hai visite! ›› aprì una piccola finestrella della porta, facendomi cenno di avvicinarmi ‹‹ t-ti avverto è un p-po' v-violento ››
‹‹ Credimi, lo so ›› risposi, poi dedicai la mia attenzione a George, guardando dalla finestrella.
Quasi balzai all'indietro quando vidi che il ragazzo era già davanti alla porta.
Aveva uno sguardo spento. Sicuramente l'avevano sedato per tenerlo buono.
Ma non voleva cedere, anche se si vedeva chiaramente che aveva un sonno pazzesco e che non vedeva l'ora di dormire.
‹‹ George? Va tutto bene? ››
lui sorrise, annuendo ‹‹ È sotto N-Nirvana ››
Sì, l'avevo notato anche da sola. Guardai il ragazzino, rivolgendogli un sorriso cordiale ‹‹ potresti andartene, per favore? Devo parlare con il mio... amico, diciamo ››
Lui arrossì. Si sentiva in imbarazzo? E dire che non gli avevo chiesto nulla...
Non appena mi girai, dopo esseri assicurata che il ragazzo avesse abbandonato il corridoio, mi rigirai per guardare ancora dalla finestrella. George era a pochi centimetri da questa, e cercava di guardare anche lui.
‹‹ Il parassita è andato via? ›› sussurrò.
‹‹ Ma non eri sotto effetto del nirvana? ››
‹‹ Io quella sploff non me la calo neanche se mi paghi ›› schioccò la lingua ‹‹ fingevo. Ma tanto ora che mi sono mosso avranno capito che non ho ingoiato la pasticca di Nirvana che mi hanno rifilato, quindi... Comunque, non sei qui per una visita di cortesia, fagio. Che vuoi? ››
‹‹ Interpretala come una visita di cortesia ›› poggiai la fronte contro la porta, provocando un tonfo sordo ‹‹ non so più dove cercare. Sono andata all'archivio in cerca di informazioni sul gruppo A e B, ma non ho trovato niente ›› sussurrai per non farmi sentire ‹‹ avevi ragione, George. Sta notte mi sono ricordata di una lista che ho trovato sulla berga di Jorge.
O meglio, era proprio a dire il vero trovai proprio un cassettino con vari documenti e robe così.
Tra questi c'era anche una lista con i nomi dei radurai ››
‹‹ La lista dei valori di esposizione all'eruzione ›› disse lui, sospirando ‹‹ Avevo aiutato a stilarla. Me la ricordo bene quella caspio di lista ››
Sentii un minimo di barlume di speranza riaccendersi in me. Se George aveva aiutato a stilarla, allora si ricordava almeno qualcosa. Anche solo una piccola cosa.
‹‹ Cosa ricordi? ››
‹‹ Dipende da cosa vuoi sapere ›› rispose di rimando, sollevando un sopracciglio ‹‹ ovviamente non ricordo il valore di tutti, se è questo ciò che vuoi chiedermi ››
‹‹ Ricordi dov'è l'esatta collocazione dei fascicoli del progetto? ››
‹‹ Se non sono nell'archivio, non ho la benché minima idea di dove possano essere. ››
Storsi le labbra. Era logico. Era mancato da troppo tempo nella base, non poteva sapere dov'erano sistemati ora i documenti. Erano cambiate parecchie cose in quel posto. I sistemi di sicurezza erano stati migliorati, gli archivi rinnovati...
Corrugai la fronte. ‹‹ Gli archivi sono stati violati e quindi hanno dovuto aumentare la sicurezza... ›› sussurrai, riflettendo velocemente.
Dove potevano trovarsi dei documenti così importanti, se non sotto l'occhio vigile di chi era addetto al progetto? Non potevano essere distrutti. Lì c'era sicuramente anche la cianografia, i risultati, il passato ed il presente di tutti i radurai.
Di colpo, ricordai che Jillian, una volta, aveva parlato di un computer principale dove Marie ogni giorno passava i documenti. Se quel pc era l'unico principale, oltre Jillian, sicuramente racchiudeva anche i file inerenti alla cianografia.
‹‹ Devo andare. ›› dissi di punto in bianco, ma appena provai ad andarmene, George diede un colpo secco alla porta.
‹‹ Dove credi di andare? ›› disse con un tono più simile ad una minaccia che ad una domanda.
‹‹ Devo trovare il computer principale p- ››
‹‹ Sei impazzita?! ››
‹‹ È importante, non sono ancora impazzita, ma grazie dell'interessamento ››
‹‹ Fagio, non è così facile accedere al computer principale. Finirai col farti sbattere in una di queste caspio di celle proprio com'è successo a me. Ti tratteranno come una fottutissima scimmia da laboratorio! ››
‹‹ George ›› mi avvicinai alla porta, fissando attraverso la fessura gli occhi del ragazzo. Un misto tra follia e terrore per ciò che poteva succedere. Gli avevo fatto una promessa, ed intendevo mantenerla ‹‹ devo scoprire perché caspio Newt ha dato di matto, se il suo valore di esposizione non era alto ››
‹‹ Te lo dico io: se non sei mune, varia ›› rispose, sibilando con un tono disgustato ‹‹ io non ero mune, il mio valore di esposizione non era alto e sbam! Dopo essere stato sottoposto al test del gruppo A, la mia semi-immunità è andata a farsi fottere nella tana dei dolenti. Se ci siamo ammalati è solo colpa della C.A.T.T.I.V.O.. Newt era semi-mune. Valore di esposizione che non superava nemmeno il 10%. Questi figli di puttana dei piani alti si sono divertiti a manipolare il nostro caspio di cervello e livello di sopportazione. Ma nonostante tutto, ti faccio notare una cosa che ti farà sploffare la testa ›› comparve uno strano sorriso agli angoli della sua bocca, inclinando lievemente la testa ‹‹ noi eravamo sani all'interno della Radura. Completamente, fottutamente, sani. Eccetto per chi, come me, ha contratto il virus tramite la puntura di un dolente. Newt era sano, prima della zona bruciata. È lì che ha incontrato il virus. E loro lo sapevano. Anche Jorge e Brenda, ma nonostante tutti hanno preferito continuare la loro fantastica messa in scena ›› rimasi lì, immobile, a rimuginare su quelle parole. Mi sentivo in colpa per ogni singola cosa che diceva, pur consapevole che io non c'entrassi nulla con tutta quella storia.
Presi un grosso respiro, poggiandomi una mano sulla fronte.
‹‹ Tutti i soggetti che vedi qui dentro sono soggetti semi-immuni, che però si sono ammalati.
Sono soggetti ideali per i test come il nostro ›› riprese a parlare ‹‹ ma la maggior parte di loro ormai sfiora il fondo della pazzia. A loro non riservano un “trattamento speciale”, a noi sì. Se loro schiattano, se ne fregano.
Ma la C.A.T.T.I.V.O. non spreca niente. Sopratutto se si tratta dei suoi soggetti migliori. Quelli più intelligenti.›› corrugai la fronte.
‹‹ Cosa intendi? ›› domandai, ma George indietreggiò, facendo un cenno del capo per farmi capire di guardarmi alle spalle, e così feci. Jillian era proprio dietro di me, con un sorriso dipinto sul volto.
Lei rivolse lo sguardo verso la cella di George, poi poggio le mani sulle mie spalle e mi tirò via.
‹‹ Ti avevo detto di aspettare a procedura terminata ›› disse, schioccando la lingua.
‹‹ Tanto l'avrebbe scoperto da sola ››
‹‹ Cosa? ›› corrugai la fronte. Avevo bisogno di rispose, e subito.
‹‹ Vieni, ti faccio vedere una cosa... Ma dobbiamo fare attenzione. Non si devono accorgere che ho impostato un frame immobile di questo posto nelle telecamere ›› mi spinse per farmi camminare. Eravamo dirette verso la fine del corridoio. Davanti a noi c'era solo una porta con due vetri in alto.
Pensavo che voleva che varcassimo la porta, invece mi fece fermare.
Accanto alla porta, ovviamente, c'era un dispositivo di sicurezza.
Mi indicò la porta con un cenno della testa ‹‹ guarda attraverso il vetro. Non possiamo oltrepassare, altrimenti ci scopriranno ›› corrugai, avvicinandomi di più al vetro ‹‹ doveva essere una sorta di sorpresa, ma... ›› L'unica cosa vedi, all'inizio, era una sorta di stanza degli orrori.
Era un laboratorio in piena regola. C'erano dei corpi appesi, mentre invece uno di loro era al centro della stanza, circondato da scienziati. Non vedevo niente.
‹‹ Ricorda Elizabeth, la C.A.T.T.I.V.O. non spreca niente. Niente. ›› ripeté per l'ennesima volta Jillian. Quella frase cominciavo ad odiarla. Ma ne capii il significato appena uno degli scienziati si spostò per prendere uno strumento dal carrello. C'era il corpo di Newt su quel fottuto lettino.


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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Era lì. Immobile. Ed io mi stavo trattenendo dal gettarmi dentro quella stanza e gridare di lasciarlo stare.
Dovevo controllarmi. Non potevo permettere alle mie emozioni di prendere il sopravvento.

‹‹ Cosa gli stanno facendo? ›› domandai con aria assente, mentre Jillian poggiava una mano sulla mia spalla, come se volesse farmi capire che mi supportava.

Ma nessuno, in quel momento, poteva minimamente immaginare come mi sentivo.

Confusa, terrorizzata, infuriata.

Non sapevo cosa gli stessero facendo, ma mi sentivo tremendamente presa in giro.

‹‹ Cosa caspio gli stanno facendo? ›› domandai di nuovo a denti stretti, rivolgendo uno sguardo freddo, rapido e severo alla ragazza accanto a me. La sua espressione si congelò, scuotendo la testa.

‹‹ Sperimentano ›› rispose. Avevo voglia di urlare.

Newt era morto, dannazione! Perché non lo lasciavano in pace almeno da morto?

‹‹ Non vogliono far partire i gruppi C e D senza avere la certezza di avere a disposizione un alternativa al soggetto ideale ›› aggiunse, ma in quel momento le sue mi sembravano solo parole campate in aria, tanto per cercare di tenere a bada la mia rabbia, che cresceva ogni secondo di più.

‹‹ Parla come mangi. Sempre se mangi.›› chiusi gli occhi prendendo un grosso respiro.

Dovevo calmarmi. Dovevo essere lucida, perché ogni minuto che passava, la mia voglia di gettarmi in quella stanza e prendere a pugni quegli scienziati cresceva a dismisura.

Vedere Newt sdraiato su quel lettino, era come un istigazione ad abbandonare l'ultimo briciolo di sanità mentale che si aggrappava saldamente al mio cervello.

‹‹ Vogliono un'alternativa a Thomas. Un'alternativa valida. ›› sentivo il suo sguardo piantato sopra di me. Lo percepivo, ed era pesante, mi dava sui nervi.

Ero troppo nervosa.

‹‹ E a che caspio serve Newt, in tutto questo? Dovrebbero lasciarlo in pace. Ha già sopportato abbastanza da vivo, non c'è bisogno che funga da cavia da laboratorio anche da morto ›› sibilai a denti stretti.

‹‹ Sei sicura di voler questo? ›› botta e risposta.
‹‹ Più che sicura ›› risposi rapidamente.

Poi mi resi conto di una cosa, come se il mio avere gli occhi chiusi mi avesse concesso di focalizzare bene l'immagine del ragazzo disteso sul lettino, per quanto la cosa fosse possibile.
Riaprì gli occhi, avvicinandomi di più al vetro. Appena uno degli scienziati di allontanò dal ragazzo, riuscii a vedere ciò che effettivamente avevo notato anche poco prima:
Il foro dello sparo era cicatrizzato perfettamente sulla fronte del ragazzo, ed era in via di guarigione.
Il fiato mi si mozzò in gola di fronte a quella vista.
Rivolsi un'occhiata veloce alla ragazza accanto a me, che accennò un sorriso all'angolo delle labbra con fare soddisfatto della mia espressione stupita. Riportai subito lo sguardo a Newt, sperando in una reazione da parte sua. Qualsiasi reazione sarebbe stata perfetta. Anche il semplice movimento degli occhi.

‹‹ Hanno aggiustato George, che era completamente frantumato... Aggiustare Newt era un gioco da ragazzi ›› spiegò, poi prese un grosso respiro, incrociando le braccia al petto ‹‹ La C.A.T.T.I.V.O. tiene molto ai suoi soggetti migliori. Sopratutto quelli con una spiccata intelligenza, che in qualche modo possono ancora essere utili. Newt era un soggetti molto, troppo importante per loro. Ed uno dei soggetti ideali per la prova della Cura ›› il mio sguardo, mentre la ragazza spiegava, era puntato sulla fronte di Newt. La ferita spariva a vista d'occhio ‹‹ ciò che stanno testando su Newt, non è altro che una cura temporanea. Per fartela breve e semplice, gli hanno somministrato una cellula creata al laboratorio, che velocizza il processo di “cura” del corpo.
L'hanno testata la prima volta su George, e hanno visto che funzionava alla grande, considerando che in poco tempo tutto il suo corpo è tornato piuttosto integro. Ora che l'hanno migliorato, hanno voluto provarlo sul corpo di Newt, per vedere se è in grado di riparare danni mortali come una pallottola piantata nel cervello ›› chiuse gli occhi, riaprendoli pochi istanti dopo.

Cercavo di analizzare ogni singolo lato del discorso che mi aveva appena fatto, cercando di intuire se ci fosse anche una singola, scarsa possibilità che tutto quello serviva in qualche modo per riportarlo in vita... o qualcosa del genere.

Volevo illudermi di quella possibilità.

‹‹ Sarebbe un gran passo avanti per la scienza ›› concluse Jillian, guardandomi come se si aspettasse chissà quale reazione da parte mia.

Ma l'unica cosa che stava ottenendo, era la mia impazienza di sentire il succo del discorso.

‹‹ Questo gli concederà anche di tornare in vita? ›› domandai, mormorando. Mi resi conto che nella mia testa, quella domanda sembrava molto più intelligente. Ora era un'assurdità, e me lo confermò anche il suo sguardo quasi deluso da quella domanda.

‹‹ No ›› disse, scuotendo la testa ‹‹ no di certo... ››

‹‹ Allora perché diavolo stanno facendo tutto questo? ››

‹‹ Hanno notato che il virus, in lui, ad un certo punto della crescita si è fermato, ma non ne hanno ancora capito il motivo preciso. Ma questo è bastato loro per dargli un ulteriore motivo per tenerlo qui e studiarlo ancora un po', prima di fargli fare la fine di tutti gli altri corpi ››

Tutto questo mi stava confondendo solo le idee. Perché tenere lì il corpo se non avevano intenzione di riportarlo in vita? Perché l'avevano fatto con George, ma non avevano intenzione di farlo con Newt? Perché diavolo io ero ancora lì ferma con le mani in mano?
Strinsi i pugni delle mie mani in un vano tentativo di farmi passare la rabbia con quel semplice gesto.
‹‹ Che senso ha “ripararlo” se devono lasciarlo morto? Hanno riportato in vita me, George e Justin! Non dovrebbe costargli molto riportare in vita uno dei migliori scienziati che questo buco di posto abbia mai visto! ›› sbottai, non curandomi del mio tono di voce fin troppo alto.

Jillian si girò, sgranando gli occhi, pronta a controbattere, ma l'anticipai ‹‹ convincili! Fa qualcosa! Sei un caspio di computer, maledizione! Ci sarà qualcosa che potrai fare, no?! ››

Stavo gridando, e la cosa non m'interessava minimamente, mentre invece, sembrò mandare lei in paranoia, che cominciò a guardarsi attorno.

E potevo crederci. D'altronde aveva manomesso le telecamere di sicurezza.

Ma in quel momento non m'interessava. Ero stanca di sentirmi presa in giro dal mondo.
‹‹ Ci farai scoprire, così facendo! Abbassa la voce, ti prego! ›› guardò davanti a sé. Gli scienziati sembrarono non sentirci nemmeno, il che mi fece pensare che la stanza fosse insonorizzata.
Presi un respiro profondo, provando a calmarmi prima di riprendere a parlare.
‹‹ George e Justin non hanno subito danni al cervello, durante la loro morte e tu non eri veramente morta. Newt aveva una pallottola nel cervello, è stato danneggiato gravemente... Ed in ogni caso, riportarlo sarebbe troppo complicato, e troppo rischioso per loro. È vero, è stato uno degli scienziati più brillanti, ed anche il più pericoloso qui dentro ›› afferrò la mia mano, cominciando ad avviarsi lontano da lì, tirandomi via con sé ‹‹ il suo obbiettivo più grande, era spazzare via la C.A.T.T.I.V.O., ricordi? E diavolo, ci stava riuscendo. Riportarlo indietro significherebbe dargli una seconda possibilità di farlo. Temo che abbiano sempre voluto farlo fuori, e farlo ammalare è sembrato loro il modo più “umano” per liberarsi di lui ››
Il modo più umano? E quale sarebbe stato quello meno umano?
Quelle parole mi stavano semplicemente facendo uscire fuori di testa.
Uscimmo fuori da quel posto, allontanandoci velocemente.

Ora lei sembrava avere una certa fretta. Sicuramente voleva raggiungere l'area di controllo prima che Marie si accorgesse della sua assenza.

Ed infatti, in poco tempo fummo lì dentro.

Quel posto, ora, era vuoto. Al suo interno c'eravamo solo noi.
‹‹ Mi dispiace per ciò che hai visto ora. Capisco che è brutto dover stare ferme a guardare una cosa del genere, senza però poter far nulla ›› aveva un tono di compatimento. Lei, d'altronde, doveva fare quelle cose ogni giorno. Era ovvio che mi capiva.
Si mise davanti ad uno schermo, con lo sguardo rivolto verso la telecamera dove si vedeva la stanza di George.

‹‹ Vorrei gettare tutti loro nella zona bruciata ›› sospirai, poi Jillian, come se nemmeno avesse sentito le mie parole, abbassò lo sguardo sul suo polso sinistro.

Aveva una sorta di orologio attaccato, che brillava, e faceva un conto alla rovescia.

Corrugai la fronte.

‹‹ Cos'è quello? ››

‹‹ Un Timer ›› rispose, con un tono di voce che lasciava intendere che quella era una risposta scontata.

A che diavolo gli serviva un timer? Mi avvicinai di più, notando che il conto alla rovescia era dal cinque in giù. I secondi erano velocissimi.

‹‹ Siamo arrivati qui appena in tempo ›› aggiunse.

‹‹ Appena in tempo per cosa? ››

‹‹ tre.... due.... uno.... ›› e le luci si spensero.

L'unica cosa che riuscii a vedere, in quel buio totale, erano gli occhi rosa di Jillian che brillavano nell'oscurità.

Nessun rumore in particolare, nessuna luce di emergenza. Era come se all'improvviso ci trovassimo tutti nel vuoto più totale. Poi, di colpo, si sentì il rumore di una sirena d'allarme, ed una piccola spia rossa appesa alla parete si illuminò.

‹‹ Che le danze comincino ›› disse Jillian, prendendo la mia mano nella sua ‹‹ tra poco dovremmo correre parecchio. Sei pronta? ››
‹‹ Cosa? Perché? E poi, è tutto buio! Sbatterò ovun- ›› la luce si riaccese, ma la sirena cominciò a suonare più forte.

Gli schermi attorno a noi davano segni d'interferenza, e due scienziati entrarono di corsa all'interno della stanza. Le loro labbra erano schiuse, gli occhi sgranati in segno di stupore.
‹‹ Che sta succedendo? ›› domandai stupita
‹‹ Non c'è elettricità, quindi è subentrato il contatore di emergenza... Ma questo permette solo l'accensione delle luci di emergenza ›› spiegò Jillian.

Poi entrò Marie, puntano i suoi occhi odiosi su Jillian ‹‹ perché diavolo non hai fatto scattare subito l'allarme di mal funzionamento nel sistema di areazione?! Ci sono degli intrusi, lo sapevi? ››
‹‹ Evidentemente il sistema è stato corrotto, perché non mi è arrivato nessun segnale di mal funzionamento del sistema ›› rimasi in silenzio, studiando lo sguardo di entrambe.

‹‹ A che gioco stai giocando? ›› domandò Marie, avvicinandosi a grandi passi verso la ragazza con i capelli rosa. Le afferrò il volto, spingendola violentemente contro la parete ‹‹ vuoi costringermi a punirti, eh? Tutte le telecamere sono staccate, i database dei pc contenenti i vari documenti si sono inspiegabilmente riavviati e resettati, tutti i backup sono stati eliminati o spostati nell'altro pc principale che, guarda strano caso, è sparito, e l'unico computer rimasto attivo, è il mio, dove però non posso controllare assolutamente niente e quindi non posso attivare l'impianto di sicurezza temporaneo. Non ti sembrano tutte strane coincidenze? ›› sibilò a denti stretti, mentre premeva le dita nelle guance della ragazza che, però, rimase impassibile.
Feci per andare in soccorso della mia amica, ma una delle due guardie mi afferrò, impedendomi di fare anche un solo passo nella sua direzione.

‹‹ Non so cosa stai cercando di insinuare ›› rispose Jillian, con un tono calmo. Fin troppo calmo.

Marie analizzò lo sguardo della ragazza, poi schiuse le labbra ‹‹ ti sei scollegata dalla base ed hai permesso a degli intrusi di fare irruzione nella base ››

Ma Jillian non parlava. Io guardai lo scienziato mingherlino che mi stringeva.
Sembrava essere ben poco interessato alla scena che avevamo davanti, ma più interessato a fissare quegli schermi con l'interferenza, come se stesse cercando di capire un messaggio nascosto.

‹‹ Vuoi farmi l'elettroshock? ›› disse Jillian con un tono provocatorio ‹‹ credo che senza elettricità non sia possibile. Correggimi se sbaglio ››
Approfittai della distrazione generale per fare l'unica cosa che potevo fare, seppure fossi immobilizzata.
Tirai velocemente indietro la testa, colpendo lo scienziato, che per il dolore si portò rapidamente le mani sul volto per coprirsi. In questo modo mi liberai, e Marie si girò di scatto per guardare cosa stesse succedendo.
L'altro scienziato, che era dritto dietro quello che mi aveva immobilizzata, tirò fuori una pistola dalla tasca e la caricò, puntandomela contro.
In quel lasso di tempo, Jillian aveva spinto via Marie, facendole perdere l'equilibrio e barcollare nella mia direzione.
‹‹ Andiamo! ›› disse Jillian, sbilanciandosi e prendendomi la mano, cominciando a tirarmi via.
L'uomo armato sparò alla svelta, riuscendo a colpire la mia mano libera, forse nella speranza che, per via del dolore, mollassi la presa con Jillian.
Nonostante il dolore lancinante che mi pervase il corpo, riuscii a non dargli la soddisfazione di gridare, e cominciai a correre appena lo fece Jillian.
I corridoio erano bui, con solo le poche lampade d'emergenza accese.

Per un bel po' tempo, gli gli unici suoi erano i passi ed i ricchi di chiacchiericci fitti e passi dei vari scienziati, preoccupati per la sorte degli esperimenti, ora che la base era priva di elettricità.

Non sapevo dove eravamo dirette, era Jillian a condurre. Io seguivo, mi guardavo attorno nella speranza di non trovare intralci. Ma erano tutti troppo occupati e preoccupati, che per dare peso a noi. Poi capii. Eravamo dirette all'Hangar. Stavamo seriamente fuggendo dalla C.A.T.T.I.V.O. o era solo un'altra farsa?

Prima che potessi chiederlo, Jillian sbatté contro uno scienziato che era sbucato fuori dal corridoio accanto. Era Brytan, ed aveva un lanciagranate ben stretto tra le mani.
Jillian lasciò la mia mano, sollevandole verso il soffitto.

Brytan tremava, aveva paura di tenere l'arma in mano.
Fece per parlare, ma le uniche cose che riuscii a dire, furono dei singoli e miseri balbettii.
‹‹ Non uscirete d-di qui! ›› disse infine, caricando l'arma.
Il suo sguardo balzava da me a Jillian ad una velocità paurosa.
Jillian strinse le mani, ma prima che potesse accadere qualsiasi cosa, Raphael sbucò fuori dallo stesso corridoio, spintonando via Brytan con una forza ed una facilità che uno scienziato gracile come lui non sembrerebbe nemmeno possedere.
Afferrò il lanciagranate e lo puntò contro Brytan, caricandolo. Il rumore dello scintillio elettrico delle granate sovrastò qualsiasi altro rumore. Brytan alzò le braccia al cielo in segno di resa.

‹‹ Ora tu stai buono qui, mentre noi usciamo da questo schifo di posto ›› disse Raphael con tono fermo. Non balbettava, ed aveva uno sguardo fermo e severo.

Sembrava aver subito una trasformazione nell'arco di qualche attimo.
‹‹ Di qui non entra e non esce nessuno. Se succede qualcosa a noi, succederà anche a voi ›› rispose Brytan, ridacchiando con fare divertito ‹‹ metti giù quel giocattolo, Raphael ››
‹‹ Questo giocattolo ti farà saltare la testa ›› sibilò tra i denti il ragazzo, rivolgendo poi gli l'attenzione a me e Jillian ‹‹ voi andate nell'hangar. Vi stanno già aspettando. ››
‹‹ Chi? ›› domandai confusa. Per qualche strana ragione, sperai che si trattassero di Minho e Thomas. Ci sperai con tutta me stessa, nonostante avessi detto a Thomas di non volerlo mai più vedere. Non l'avrei mai perdonato per aver sparato a Newt, ma sotto sotto, mi mancava.

Thomas era comunque una persona importante nella mia vita. E mi mancava anche Minho. Sopratutto Minho.

‹‹ Eva e gli altri ›› rispose Raphael
‹‹ E Justin? ››
‹‹ È andato a recuperare gli George. ›› il suo tono era quasi impaziente. Non vedeva l'ora di usare l'arma che stava impugnando ‹‹ Ora andate via di qui! ››
Jillian annuì, ma mi guardò, cominciando a correre dalla parte opposta dell'hangar.
Niente domande. Non c'era tempo.
Avevo capito subito dov'era diretta: nello stesso laboratorio dove eravamo state poco tempo fa.

Stavamo andando a prendere il corpo di Newt.

Poco tempo di corsa e nessuno scienziato nelle vicinanze.

Tutti all'interno dei laboratori... almeno così credevo.

Era l'unica spiegazione, anche se non capivo come mai eravamo riusciti ad avere così tanto via libera.

La stanza dove c'era George era spalancata, ma lui non era lì. Era già andato via, il che mi creò un certo senso di pace. Eravamo vicini alla nostra libertà, e non c'era idea migliore di quella.

Eppure, sapevo che i giochi ancora non erano finiti.

C'era qualcos'altro. Sentivo che il meglio doveva ancora venire.

Entrammo nel laboratorio dove, fino a poco tempo prima, non potevo neanche minimamente immaginare di entrare.

Ora non c'erano gli scienziati... o almeno, non quelli della C.A.T.T.I.V.O..

Una persona incappucciata era in piedi davanti ad un lettino, con le mani ai lati della testa di Newt, mentre altre due donne, gemelle, entrambe con i capelli ricci raccolti in una coda, erano sedute su due sedie poco distanti dal lettino.

‹‹ Era ora che arrivassi ›› disse la persona incappucciata. Una voce maschile, che riconobbi immediatamente.

Era lo stesso ragazzo che era salito sulla berga quando hanno portato via Newt, la prima volta.

Abbassò il cappuccio, rivelando i suoi capelli blu e la pelle pallida.

‹‹ Piccoli contrattempi con Brytan ›› disse Jillian con tutta calma, avvicinandosi lentamente al lettino. Non capivo bene cosa stesse succedendo, ma in qualche modo, sapevo che stava andando tutti per il verso giusto.

‹‹ Ho dovuto iniziare senza di te ›› disse il ragazzo, con tono spazientito ed indicando le tempie di Newt ‹‹ ho fatto passare la scossa da qui, come hai detto tu... ››

‹‹ E...? ››

‹‹ E ha funzionato. Ma rimango ancora dell'idea che l'ideale era farle passare dal petto, in modo che attraversassero subito il cuore ››

‹‹ I danni sono principalmente al cervello, quindi avevo ragione io ›› Jillian si poggiò le mani sul fianco.

‹‹ Non capisco ›› mormorai, avvicinandomi al lettino. O forse capivo, ma stentavo a crederci.
Accanto al lettino, c'era un respiratore portatile con un tubicino collegato che passava l'aria a Newt attraverso due tubicini.
‹‹ Tu sei Elizabeth, giusto? La ragazza che stava sulla berga. ›› il ragazzo mi porse la mano, ma non l'afferrai ‹‹ Io mi chiamo Nathan, ma per tutti sono Nate ››

‹‹ Che diavolo state facendo? ›› chiesi, poggiando una mano sulla spalla di Newt.
La cicatrice sulla sua fronte era completamente sparita. Era pulita, come se non gli fosse mai successo nulla. Era tutto fin troppo semplice e bello. Non poteva essere reale.
‹‹ Lo riportiamo qui ›› rispose Jillian, anticipando Nathan ‹‹ ho detto che la C.A.T.T.I.V.O. lo reputa un rischio, non noi. Lui è una risorsa preziosa. E lui più di chiunque altro, può darci una mano in tutto questo. Merita di vivere la sua vendetta. ›› spiegò, sistemando il respiratore
‹‹ E poi, la cura su di lui ha funzionato ›› aggiunse Nathan.
Quelle parole mi fecero corrugare la fronte.
‹‹ Zitti, sento i battiti! ›› Jillian sorrise, poi si chinò all'altezza di Newt ‹‹ apri gli occhi raggio di sole ›› sussurrò Jillian, con lo stesso tono di una mamma apprensiva ‹‹ manchi solo tu all'appello ››
a quelle parole, il mio cuore fece un piccolo balzo, per poi riprendere a battere ad una velocità che non credevo che fosse possibile. Newt, lentamente, aprì gli occhi.

 


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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Newt aveva aperto gli occhi, ed io non sapevo bene cosa provare.

Volevo che qualcuno, in quella stanza, mi desse un pizzicotto. Avevo battuto violentemente la testa? Ero svenuta? Quella visione non poteva essere reale.
Ero certa di stare sognando. Era tutto fin troppo bello per essere vero.

Non dovevo illudermi che lo fosse.

La mia parte razionale, in quel momento, si stava appellando al fatto che era impossibile che nessuno avesse ancora interrotto quel momento.

C'era troppo silenzio nella base, e stranamente nessuno scienziato.

Considerando che Jillian era scollegata dalla base, perché nessuno era entrato nel laboratorio?

Newt si portò le mani alla testa, strizzando gli occhi come un bambino appena sveglio. Prese un grosso respiro, che venne interrotto poco dopo da un forte colpo di tosse.

‹‹ Buongiorno, raggio di sole ›› disse teneramente Jillian ‹‹ non togliere il respiratore. Ti serve per ossigenare meglio il cervello. ››

Era una situazione surreale. Troppo surreale.

Newt si tirò faticosamente su col busto, sfregandosi una mano sugli occhi. Scosse piano la testa e barcollò a causa del movimento improvviso, poi arricciò il naso e si guardò lentamente attorno.

‹‹ È normale che ti senta spossato, praticamente eri morto da quasi due giorni... Anzi, sono sorpresa di come ti sia risvegliato rapidamente ›› spiegò Jillian, e Nate sollevò gli occhi al soffitto

‹‹ Dal momento che abbiamo riattivato la tua attività celebrale e cardiaca di botto, è normalissimo che tu ti senta in quel modo. È possibile che per un ora o due veda delle macchie vere, abbia grossi capogiri e perdite di sensi... Ma a parte questo, starai bene. Sono cose che entro domani spariranno, non preoccuparti ›› precisò Nate, poi sollevò l'indice ‹‹ ah, e probabilmente avrai anche qualche difficoltà motoria all'inizio... e fatica a parlare ››

‹‹ Così lo terrorizzi ›› sussurrò Jillian, in un vano tentativo di non farsi sentire

‹‹ Dobbiamo dirgli tutto. Sapevi benissimo che risvegliarlo così velocemente avrebbe comportato questi piccoli problemi! ››

‹‹ Sì, ma non potevamo lasciarlo a dormire per dargli il tempo di sistemarsi con calma ››

‹‹ Lo so ›› Nate si guardò alle spalle, portandosi una mano sul collo ‹‹ quelle dannate porte non reggeranno a lungo. Io non resisterò a lungo. mi sta facendo male la testa... come diavolo fai a controllare questo posto? ››

‹‹ Allentamento, credo... ›› fece le spallucce, poi riportò la sua attenzione a Newt.

Proprio come lo era la mia, nel tentativo di capire se quello era solo un altro frutto della mia immaginazione.

Quindi era Nate che stava tenendo chiuse le porte per non far passare gli scienziati?

Nate, quindi, era come Jillian? Com'era possibile? Jillian aveva detto di essere l'unica ad essere così.

Guardai i due ragazzi per un attimo, fino a quando la mia attenzione non venne nuovamente catturata da Newt, che si era messo seduto sul lettino e si guardava attorno ancora disorientato.

Lentamente, il ragazzo portò lo sguardo su di me. Gli occhi spenti, confusi, vuoti.

Corrugò la fronte. Avevo paura di toccarlo.

Strinsi la mano, fino a quando non riuscii a provare il dolore di avere le unghie che premevano contro la carne.

‹‹ Sei confuso, vero? ›› domandò Jillian. Io non riuscivo nemmeno a parlare.

Newt non rispose, ma spostò lo sguardo sulla ragazza.

Nate si portò una mano sulle labbra, chiudendo gli occhi ‹‹ merda ›› sussurrò.

‹‹ Che c'è? ›› mi affrettai a dire. La sua faccia preoccupata mi fece subito pensare che avesse accidentalmente liberato tutti gli scienziati. D'altronde, l'aveva detto che non avrebbe resistito a lungo.

‹‹ Non abbiamo pensato al problema “possibile perdita di memoria”... D'altronde abbiamo agito direttamente sul cervello. Una perdita di memoria è del tutto possibile. ››

Sgranai gli occhi, schiudendo le labbra.

‹‹ No ›› pensai, rivolgendo lo sguardo al ragazzo, che aveva ancora un espressione persona nel vuoto ‹‹ non di nuovo... ››

Jillian sospirò, poggiandosi le mani sulla fronte, ma non commentò
‹‹ Newt... ›› mormorai, interrompendo quei pochi attimi di silenzio che, però, probabilmente avrebbero portato ad uno di quelli lunghi ed imbarazzanti causati dalla loro dimenticanza.

Newt mi rivolse uno sguardo rapido, drizzandosi con la schiena.
Appena mi avvicinai di più a lui, indietreggiò, come se avesse paura di me. Un espressione impassibile si dipinse sul suo volto.
‹‹ Ti ricordi di me? ›› provai a chiedere, ma lui non rispose. Aveva un espressione fredda come il ghiaccio, ma studiava la mia.
‹‹ Elizabeth, forse non può neanche risponderti ›› mi fece notare Nate.

Provando a guardare il lato positivo, almeno era vivo.

‹‹ L'amnesia potrebbe durare qualche giorno, ma non sarà per sempre ›› mi rassicurò ‹‹ … almeno spero... ››

‹‹ Smettila, peggiori solo le cose ›› borbottò Jillian.

Newt si poggiò una mano sulla fronte, prese un grosso respiro e strofinò il palmo della mano sulla faccia ‹‹ Il caspio di mal di testa è compreso nel prezzo? ›› domandò, poi spostò la mano e mi guardò, studiando ancora la mia espressione. All'improvviso, sul suo volto comparve un sorrisetto compiaciuto. Forse era a causa della mia espressione stupita. Riusciva a parlare, e questa era già una gran cosa.
‹‹ Sì, comunque, è normale che ti faccia male la testa ›› Nate incrociò le braccia, schioccando come se fosse infastidito dal dover fornire una spiegazione così dannatamente ovvia ‹‹ ti hanno sparato in fronte, aggiustato il cervello ed è stato attraversato da dell'elettricità. Il mal di testa è l'effetto negativo minore che potesse capitarti. Ringrazia che non sei paralizzato, muto e cieco ››
Newt squadrò Nate, arricciando il naso con un espressione disgustata, poi riportò lo sguardo su di me, indicando il ragazzo con il pollice ‹‹ Questa testa puzzona è amico tuo? Tutti i tuoi amici sono così strani? ››
Nate schiuse le labbra, sgranando gli occhi, poi sollevò l'indice per puntualizzare ciò che stava per dire ‹‹ Va bene, hai perso la memoria... ma anche tu sei amico suo, quindi hai ben poco da criticare i suoi amici ››
‹‹ Nate... ›› sussurrò Jillian per richiamarlo.
Newt, a quel punto, chiuse gli occhi e si girò lentamente nella direzione del ragazzo ‹‹ veramente io sarei il suo ragazzo ›› sollevò un sopracciglio con fare piuttosto scocciato. Una risposta che mi fece sorridere, visto che aveva cancellato ogni singolo pensiero negativo. Almeno una cosa positiva, ogni tanto, accadeva anche a me. D'istinto, legai le braccia dietro il suo collo, tirandolo verso di me per abbracciarlo meglio. Sembrò stupito da quel gesto, ma legò le braccia attorno alla mia vita, tenendo lo sguardo puntato di Nate.
‹‹ E, comunque, sono piuttosto sicuro di non essere stato sparato in fronte, quindi, prima che perda la pazienza, qualcuno si degna di dirmi in che caspio di posto siamo e perché qui ci sono un tipo con i capelli blu e... Ginevra, giusto? ›› continuò
‹‹ Jillian ›› lo corresse, tirandosi indietro i capelli ‹‹ e lui è Nathan ››
‹‹ Capito, bene così. E perché questo pive blu ha una faccia così familiare? Che caspio di posto è questo? ›› spostai il volto per guardarlo negli occhi. Era seriamente confuso.
‹‹ Qual è l'ultima cosa che ricordi? ››
Newt arricciò il naso a quella domanda, abbassando lo sguardo su di me come se stesse cercando la risposta nei miei occhi.
Qualcosa, nel suo sguardo, mi fece pensare che il suo ultimo ricordo era piuttosto vecchio. Sperai che non tirasse fuori qualcosa come “la fuga dalla radura”, perché avrei potuto dare seriamente di matto.
‹‹ Degli uomini armati che entravano nella berga e- ›› si fermò di scatto, chiudendo gli occhi e sbuffando. Alzò le mani in segno di resa, guardando Nate, che nel frattempo aveva sogghignato con fare fin troppo soddisfatto del fatto che Newt l'avesse riconosciuto proprio in quel momento ‹‹ figlio di una donna sploffatrice di facce morte ›› concluse.
Sgranai gli occhi davanti a quella imprecazione, ma decisi di non commentare.
‹‹ Bene, qualcosa mi dice che ti sei ricordato di me. Ma è un peccato il fatto che sia passata quasi una settimana da quel giorno. Nel frattempo, Newton, t- ››
‹‹ Non chiamarmi Newton ›› disse Newt a denti stretti, ma Nate scosse la mano facendogli cenno che in quel momento, il suo parere non gli interessava.

‹‹ Come ti pare. Dicevo, nel frattempo, Newt, sei stato al palazzo degli spaccati un po', sei fuggito con loro e ti sei allegramente fatto sparare in testa. La C.A.T.T.I.V.O. ti ha portato qui, ti ha “aggiustato” e noi ti abbiamo resuscitato. Chiaro, semplice e coinciso ›› Nate allargò le braccia in un gesto del tutto teatrale, ma l'unica cosa che ottenne, furono occhiatacce.
‹‹ Non ho capito un caspio. O meglio, sì, ma... no ››
‹‹ Non preoccuparti ›› disse Jillian, con un tono rassicurante ‹‹ in poco tempo recupererai la memoria. Abbiamo fatto in modo, comunque, che il filtro che ti ha dato la C.A.T.T.I.V.O. non sparisse durante la rianimazione. Sappiamo che non t'interessa recuperare la memoria... Ma, se in futuro vorrai, te lo rimuoveremo ››

‹‹ Credo che stesse già sparendo da solo. Ricordo alcune cose ch- ››

Nate sibilò, portandosi le mani alle tempie. I suoi occhi blu – di un blu surreale che notai solo in quel momento – brillarono di una luce innaturale.
‹‹ Ragazzi, abbiamo un problema ›› disse in modo forzato. Le sue vene del collo s'ingrossarono, e lui si piegò in avanti.
‹‹ Dobbiamo andare via. Alla svelta. ›› disse Jillian, andando in soccorso di Nate.
Mi spostai, porgendo le mani a Newt. Avevo notato la sua instabilità nel lettino, e sapevo che non avrebbe mai ammesso che gli serviva aiuto per muoversi.
Dovette abbandonare il respiratore lì, era troppo pesante, così si levò i tubicini e li poggiò sul lettino.

Dal suo sguardo, notai la delusione di non aver ricevuto abbastanza risposte, ma non era stupido, sapeva bene che ci sarebbe stato un secondo momento per averle.
Legai il suo braccio attorno alle mie spalle e mi avviai fuori da lì.
L'allarme cominciò a suonare, ed i rumori delle porte automatiche che si aprivano riempii la base.
Newt si guardava attorno come un cucciolo smarrito, ma correva con me, per non darmi troppo peso. Correva per modo di dire, ogni tanto più che altro si trascinava, scuoteva la testa o perdeva l'equilibrio.
 

Una volta raggiunto l'hangar, Nate aspettò che tutti oltrepassassimo la porta, poi sollevò le mani verso questa e chiuse i pugni velocemente. Le porte, di colpo, si chiusero con un forte stridore metallico. Sollevai le sopracciglia con fare sorpreso, ma sotto sotto, non lo ero per niente. Forse perché avevo visto ciò di cui Jillian era capace, e quindi quello era il minimo.
‹‹ Qual è la nostra berga? ›› domandò Newt, stringendo il braccio attorno alle mie spalle ‹‹ perché dobbiamo fuggire su una berga, giusto? Non a piedi... ››

‹‹ No, non andremo a piedi ›› disse Raphael, uscendo da una delle berghe che avevamo davanti. Impugnava un grosso mitragliatore che brillava con piccole scariche elettriche al suo interno.
Aveva un grosso sorriso stampato sulle labbra ‹‹ ho rimediato una berga di scorta. Quella con cui sono arrivati gli altri è saltata in aria ››

‹‹ Hai rimediato? Vorrai dire che ho rimediato rimediato ›› sbuffò Evangeline, che spuntò alle spalle del ragazzo e gli tirò un orecchio ‹‹ razza di finto balbuziente, non prenderti i meriti che non hai! ››
L'unica cosa che riuscii a fare alla vista della ragazza, era sorridere. Mi sentivo veramente fin troppo esausta per provare anche solo a gioire più del dovuto, ma ero veramente felice e sollevata nel vederla sopra la berga. Sembrava essere la solita Eva, e sembrava essersi ripresa.

‹‹ Muoviamo il culo, dannazione, non riuscirò a tenerli lì dentro per sempre! ›› sbottò di colpo Nate, dando una spinta alla spalla di Jillian per istigarla a muoversi. Così, in poco tempo, corremmo in direzione di quella berga. Newt inciampò sulla rampa, ma non cadde e si riprese subito, ma si abbandonò sul pavimento della berga una volta saliti lì su.
Non sembrava avere intenzione di fare un passo in più per raggiungere i divani davanti a noi.
Nate lasciò che le porte si aprissero, premette il tasto per far sollevare la rampa della berga, e poco dopo, chiunque fosse alla guida, la fece sollevare per poi partire.

Eravamo fuggiti di nuovo dalla C.A.T.T.I.V.O., ma, sta volta, con una compagnia diversa.

In quel momento, in quella stanza, c'eravamo solo noi quattro, e Newt aveva tutta l'aria di essere distrutto come non mai.
Si trascinò fino alla parete della berga e poggiò la testa contro questa, prendendo un respiro profondo. Voleva fare mille domande, ma si stava zitto. Forse perché in verità non sapeva nemmeno lui cosa chiedere di preciso.
Evangeline entrò nella stanza, sorridendo come una bambina il giorno di natale. Sollevò una mano per salutarmi, poi dondolò sulle punte. Ero seriamente felice di vedere che era viva e vegeta.
Si girò verso Jillian e finse un saluto militare, mettendosi immediatamente dritta e composta

‹‹ Capo, George è nella stanza delle medicazioni, Justin sta dormendo su una brandina nel corridoio che da alla cabina di pilotaggio››

‹‹ Perché George è nella stanza delle medicazioni? ››

‹‹ Cure di routine, niente di grave ›› fece le spallucce ‹‹ dove si va ora? ››

‹‹ Alla base ›› rispose Jillian in tutta tranquillità ‹‹ Newt merita di riposare, ed anche Elizabeth.
Poi seguiremo il piano di marcia e andremo a recuperare l'altro computer principale ››
‹‹ Ma Marie ha detto che è sparito... ›› dissi, e Jillian cominciò a ridacchiare sotto voce

‹‹ No, non è sparito. Devi sapere, Eli, che siamo parte di un'altra associazione che lavora come vero e proprio parassita della C.A.T.T.I.V.O..

Noi utilizziamo tutte le sue risorse, i suoi soldi ed i suoi mille agganci per ricavare qualcosa di veramente utile ››

‹‹ Siete col braccio destro? ›› azzardai. Newt corrugò la fronte e mi guardò, ma non fece domande, intuendo che a breve avrebbe ricevuto le risposte che gli servivano.

‹‹ No. E Il braccio destro non lo riterrei affidabile come vuole far credere. Fino ad ora non ha fatto niente di concreto. Tutte chiacchiere. La C.A.T.T.I.V.O. non la considera nemmeno. La verità Eli, è che alla fine sono tutti dei mangiasoldi e a nessuno frega niente del bene umano ›› scosse la testa, assumendo un espressione disgustata ‹‹ noi fino ad ora abbiamo ottenuto ottimi risultati grazie alla cura a cui lavorava tua madre. La stiamo studiando e migliorando, in modo da renderla una vera e propria cura a tutti gli effetti.
Questo è possibile anche grazie alle risorse della C.A.T.T.I.V.O. che ho potuto sottrarre loro per tutto questo tempo.
È utile essere il computer della base, sopratutto se puoi accedere senza problemi ai file principali.
Utilizziamo in modo differente le loro risorse, per fare qualcosa di concreto, e di certo non sfruttiamo ragazzini per “vedere dove agisce il virus” o cose del genere.
Abbiamo già visto quanto questa tecnica è pericolosa, ed in ogni caso, è già stata utilizzata.
Abbiamo ottenuto solo una cosa da tutto questo: Il virus attacca diverse zone del cervello, e chiaramente varia in base all'esposizione di stress del soggetto, mentre invece la velocità col quale si espande varia in base a quanto il soggetto è esposto al virus, e per scoprirlo, bisogna sottoporlo ad una serie di tac e analisi del sangue ›› scrollò le spalle con fare indifferente, come se quella fosse l'ennesima volta in cui spiega questa cosa. Il che, tuttavia, era possibile ‹‹ Siamo riusciti a portare dalla nostra degli scienziati brillanti, capaci di pensare con la propria testa e che, chiaramente, mantengono il segreto del nostro doppio gioco. Anche se, dopo oggi, non c'è più niente da nascondere. Mi sono assicurata che la cosa fosse sicura al cento per cento. Ma il tesoro della corona, quello che la C.A.T.T.I.V.O. temeva più di chiunque altro ›› portò lo sguardo su Newt, accennando un sorriso ‹‹ tu, Newt ››

‹‹ Perché io? ›› domandò subito, impaziente di sentire la risposta ‹‹ cosa volete da me? ››
‹‹ Vogliamo che ci aiuti a farli sparire una volta per tutte. Sei più intelligente ed importante di quanto pensi, Newt. Puoi darci una mano. Possiamo studiare tutti insieme una cura ed un modo per spazzare via la C.A.T.T.I.V.O.! ››

‹‹ Dimentichi una cosa ›› fece per tirarsi su, ma poi ci rinunciò dopo aver barcollato al primo tentativo di rimettersi in piedi ‹‹ io non ricordo niente. Stavo cominciando a ricordare qualcosa, mentre ero sulla berga, ma era tutto così confuso e- ››

‹‹ Non importa. Non c'è bisogno che ricordi tutto. Non avrai ricordi, ma la tua intelligenza è intatta.

Fidati, Newt ››

‹‹ Chi ci assicura che questo non è un altro dei vostri stupidi giochetti? ››

sibilò Newt, poco convinto dalle parole della ragazza.

Evangeline era rimasta ferma ed in silenzio tutto il tempo, ad osservare il paesaggio che scorreva fuori dalla piccola finestrella alle sue spalle.

‹‹ Io non sarei qui con loro, in quel caso ›› disse infine ‹‹ Ci hanno restituito i ricordi che la C.A.T.T.I.V.O. non ci aveva ridato. Attimi felici, qualcosa che comunque non ci facesse pensare che questo mondo facesse schifo da sempre... cose così. Finalmente stiamo tutti dalla stessa parte. Abbiamo la possibilità di fare qualcosa di veramente buono, anche se siamo tutti giovani ››
ero convinta delle parole di Eva. Leggevo la sincerità nei suoi occhi, ed in ogni caso, di lei mi fidavo ciecamente. Non potevo dire lo stesso di Newt. Era seriamente poco convinto della cosa.

Potevo capirlo: ultimamente avevamo ricevuto parecchie delusioni.

‹‹ Allora? Siete dei nostri? ››

‹‹ Non mi fido di testa blu ›› rispose schietto Newt ‹‹ niente di personale, è che non mi fido delle teste puzzone che praticamente mi sequestrano ››

‹‹ Era una facciata, e dovevo rispettarla. Il braccio destro praticamente mi ha “creato” così, imitando il progetto di Jillian, ma ha fatto un casino impiantandomi quella sorta di affare nella testa.
L'unica cosa che sono riusciti a fare, è modificare il colore naturale dei miei capelli ed ampliare il blu dei miei occhi.
Poi, fortunatamente e casualmente, sono riuscito ad entrare in contatto con Jillian e, capendo la situazione ››

‹‹ E la sua morte imminente ›› specificò Jill
‹‹ Mi ha migliorato. Ero solo un mucchio di cose mischiate e messe insieme... ››

‹‹ Uno schifo di persona che stava solo uscendo fuori di testa, con tutto ciò che gli hanno fatto. ››

‹‹ Esatto. Lei mi ha aggiustato. Così, il braccio destro ha deciso di tenermi, convinta di aver fatto il lavoro migliore di sempre ››

‹‹ Ed io e Nathan abbiamo deciso di unire le nostre forze e allearci, creando così una nuova “associazione” che lavora per trovare una vera e propria cura ›› Jillian si chinò all'altezza di Newt, così da poterlo guardare negli occhi ‹‹ dovresti fidarti di noi. È anche grazie a noi se sei qui ››

‹‹ Anche? ›› Newt corrugò la fronte ‹‹ che significa “anche”? ››

‹‹ La C.A.T.T.I.V.O. ha riparato i danni del tuo cervello, ma a dire il vero si stava già curando da solo. Il virus ha smesso di crescere in te, nella zona bruciata. Smetteva di crescere grazie all'ancora ›› mi rivolse una rapida occhiata ‹‹ ciò che la C.A.T.T.I.V.O. non capisce, è che per fare in modo che la cura funzioni, c'è bisogno di riposo, amore, e tranquillità. Tu, in fondo, li trovavi in Elizabeth, no? Eri più tranquillo con lei nelle vicinanze, scaricavi la tensione, ti distraevi e così via.
Ognuno di noi ha bisogno di un'ancora ›› sorrise con fare soddisfatto ‹‹ ero io che dicevo alla marchiatrice cosa tatuare in base alle “missioni” della C.A.T.T.I.V.O.... Tranne per voi due. Vi osservavo già da un po' ››

‹‹ Non lo mettevo in dubbio ››

‹‹ Aspetta. Ma se il virus è fermo, allora perché... ›› azzardai a domandare, ma lo sguardo di Jillian mi fece capire che aveva già capito la domanda.
‹‹ La C.A.T.T.I.V.O. ha forzato la sua crescita. Newt non era immune al cento per certo, per cui è stata una cosa possibile. Ha fatto in modo che la sua esposizione al virus arrivasse a livelli critici. La tua assenza ha fatto in modo che il suo stress aumentasse a dismisura. Il senso di abbandono, il senso di tradimento da parte di Thomas, l'ansia, il fatto di essere circondato da pazzi, l'avere il confronto diretto con persone che saranno come lui e così via... Un mucchio di cose che hanno contribuito alle idee malsane della C.A.T.T.I.V.O..
Ma abbiamo rimediato a tutto questo. La cura su di lui ha funzionato totalmente, e questo grazie al fatto che il virus aveva smesso di crescere in modo naturale, e dopo la morte si era praticamente riassorbito da solo. Noi abbiamo iniettato la nostra cura, dopo che la C.A.T.T.I.V.O. ha fatto il suo, ed abbiamo rimosso il chip in modo che la C.A.T.T.I.V.O. non avesse più il controllo.
E stessa cosa ho fatto con te, Elizabeth. Hai presente quanto ti sei svegliata e mi hai trovata sul tuo letto? Ecco... diciamo che è stato un lavoretto veloce disattivare il tuo chip di controllo. Ho approfittato del tuo sonno.››
Newt prese un grosso respiro, strizzando gli occhi, poi sollevò lo sguardo sulla ragazza ‹‹ arriva al punto. Tutto questo discorso è per dirmi che...? ››
‹‹ Proprio ciò a cui stai pensando, Newt ›› Jillian sorrise soddisfatto da quella domanda, ed inclinò la testa con fare orgoglioso ‹‹ ora sei totalmente immune ››


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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


‹‹ Liz, stai dormendo? ›› domandò Newt con una voce flebile e dolce. Eravamo rannicchiati su un divano che a stento bastava per uno, ma c'eravamo arrangiati. Ero praticamente spalmata sopra di lui, e mi stavo sentendo piuttosto in colpa, ma lui sembrava essere comodo anche col mio peso sopra il corpo.

Jillian gli aveva portato una bombola d'ossigeno con la cannula nasale, che ora indossava. Non doveva rimanere senza quella dannata bombola per troppo tempo, o sarebbe stato rischioso per lui.

Nonostante i suoi capricci per non voleva indossare, alla fine aveva ceduto, anche se continuava a borbottare che quel caspio di coso nel naso lo infastidiva.

‹‹ No ›› risposi alla sua domanda, riaprendo gli occhi per alzare lo sguardo sul ragazzo, che aveva un aria assorta.

Era ancora confuso da tutta quella situazione, e ogni tanto aveva dei piccoli flashback di ciò che era successo dopo essere stato portato via dalla berga.

Tuttavia, non ricordava ancora com'era morto, ed era scettico riguardo a quell'evento.

Non volevo essere io a dirgli che aveva pregato Thomas di spararlo, o probabilmente avrei lasciato trasparire il mio astio nei confronti del ragazzo.

Anche se era stato Newt a pregarlo, non ero ancora in grado di perdonarlo.

La mano di Newt era poggiata sulla mia schiena. L'accarezzava lentamente, come se quel movimento, in qualche modo, lo aiutasse a concentrarsi.

‹‹ Pensi che sia veramente tutto finito? Intendo... possiamo veramente fidarci di loro? ››

‹‹ Amore, ascoltami... ›› strofinai una mano contro gli occhi. La fioca luce della torcia poggiata in posizione eretta sul tavolino illuminava veramente poco, ma era abbastanza per mostrarmi la sua improvvisa preoccupata ‹‹ ti hanno riportato il vita. La C.A.T.T.I.V.O. non voleva farlo... Siamo nella stessa situazione, abbiamo le stesse intenzioni. Hanno salvato me, te, Eva, George, Justin... più vite di quanto invece ne abbia salvato la C.A.T.T.I.V.O.! Jillian odia quel posto quanto tutti noi. Questo mi basta per potermi fidare di loro. ›› poggiai una mano sul suo volto, facendo attenzione a non muovere il tubo della mascherina ‹‹ è grazie a loro se sei qui. Ti ho visto morire, Newt. Non hai idea di quanto ci sia stata male ››

nel suo sguardo si posò un'aria di compatimento, e la sua mano i spostò dalla mia schiena, per posarsi sul mio volto. Era un piacere poterla sentire veramente sulla mia pelle, e non solo per via di un sogno. ‹‹ Ce l'ho eccome... ›› sussurrò, riferendosi sicuramente alla mia “morte” nella radura.

A volte dimenticavo quel dettaglio ‹‹ e, comunque, mi hai chiamato amore ›› aggiunse, con un tono divertito.

‹‹ Mi è venuto naturale, scusa ›› brontolai imbarazzata, provocandogli una flebile risata.

Poi nient'altro, lasciammo che il silenzio riprendesse il sopravvento.

Le preoccupazioni di Newt, comunque, erano fondate.

Non sapevamo con certezza se potevamo fidarci di loro, nonostante tutto.

Era tutto troppo perfetto in quel momento, e ne eravamo entrambi consapevoli. Come poteva essere una situazione reale?

Nate e Jill ci avevano spiegato che la C.A.T.T.I.V.O. non poteva individuarci perché lei stessa, il giorno stesso in cui mi avevano recuperata dalla zona bruciata, aveva fatto in modo che quella berga non risultasse nei loro schemi. Aveva manomesso e preparato tutto, proprio per fuggire indisturbati e per raggiungere la loro base.

Sembrava essere tutto fin troppo perfetto, tutto troppo normale...

 

La mattina seguente, dopo svariate ore di viaggio, giungemmo in quella che sembrava una terra desertica devastata dal calore del posto.
La berga atterrò in uno spiazzo sabbioso, ed il caldo era talmente intenso che ci volle veramente poco prima che rimanere all'intero del veicolo diventasse impossibile.
Raphael non aveva messo il modalità autonoma il condizionatore della berga, dato che tanto appena giunti alla base, saremo scesi subito.

Newt si svegliò prima di me, anche se aveva dormito di meno, ma sembrava essere decisamente più reattivo. Abbandonò la bombola d'ossigeno e si liberò della mascherina, uscendo subito dalla berga appena il portellone toccò il terreno.

Una folata di vento bollente toccò i nostri volti, facendoci quasi rimpiangere la temperatura neutra che c'era all'interno della base della C.A.T.T.I.V.O.

‹‹ Oh, fantastico. Devo dire che la vostra base è molto... invisibile. Ci credo che non è stata individuata da nessuno! ›› disse Newt in tono sarcastico.

In effetti non c'era niente, e questo scoraggiava parecchio.

‹‹ Usate la sabbia per creare le cose? ›› continuò, provocando a Nate un sospiro scocciato.

‹‹ È sotterranea ›› si affretto a rispondere Jillian, prima che Nate potesse aprire bocca ‹‹ e fresca. Il calore non penetra fino in fondo, anche se non si direbbe ››

‹‹ E come entriamo? Scaviamo una bella fossa? ››

‹‹ Non avevi detto che il simpaticone sarcastico era cinese? ›› borbottò Nate.

‹‹ È coreano ›› intervenne Evangeline, che nel frattempo ci aveva raggiunti, seguita da Justin e George ‹‹ e si chiama Minho ››

‹‹ Già... e non è qui ›› disse Newt sottovoce, sperando forse che nessuno potesse sentirlo.

Non avevo mai pensato al fatto che sicuramente avrebbe provato nostalgia dei suoi amici.

D'altronde erano la cosa che più si avvicinava ad una famiglia... era logico che ne avrebbe sofferto almeno un po'.

Jillian scese dalla berga, si concentrò e rimase in silenzio per un tempo breve che, però, sembrava essere eterno a causa di quel caldo insistente.

La terra tremò, e davanti alla ragazza, lentamente, si sollevò una piccola struttura argentea dalla forma cilindrica, che si aprì con una porta scorrevole.

Jillian si girò e ci guardò, accennando un sorrisetto ‹‹ questo piccolo ascensore ci porterà giù alla base. Una volta entrati, le porte si chiuderanno e, appena comincerà a portarci giù, l'entrata dell'ascensore sarà chiusa da una placca metallica dalla superficie che si mimetizza perfettamente con l'ambiente circostante e che grazie al vento verrà coperta di terra, e noi saremo tranquilli.

Avanti, entrate! ›› fece un cenno col capo, e poi entrò nel piccolo ascensore.

Era così piccolo che, una volta entrati tutti, non l'avrei mai detto che ci saremo stati senza troppi problemi.

Appena le porte si chiusero, uno stridore metallico ci diede segno che l'ascensore aveva cominciato a muoversi verso il basso.

Nessuno scossone, nessuna fatica.

La luce a led sopra le nostre teste si accese con no piccolo scintillio elettrico.

L'ambiente attorno a noi era claustrofobico. Mi aggrappai al braccio di Newt, cercando in lui un minimo di supporto, dato che aveva un aria terribilmente tranquilla.

C'era anche da dire che tanto, ormai, aveva visto di tutto.

Appena l'ascensore si fermò e le porte si aprirono, non riuscivo a credere ai miei occhi.

Davanti a noi c'era un immensa distesa di verde. Un intero prato interamente verde. La prima e ultima volta che avevo visto una cosa del genere, ero nella radura.

Sollevai lo sguardo e mi sorpresi nel vedere che c'era un cielo limpido e sereno, con un sole che splendeva e scaldava la mia pelle con un calore piacevole.

La mia bocca era spalancata dallo stupore di ciò a cui stavo assistendo.

Com'era possibile una cosa del genere?

‹‹ Bello, eh? ›› commento Eva, dandomi una lievemente gomitata alle costole.

Sì, decisamente, era tutto stupendo.

Era ciò che ci mancava vedere, dopo aver passato così tanto tempo in quell'inferno circondato da pazzi e calore fin troppo insopportabile.

‹‹ Abbiamo sfruttato la stessa tecnologia della C.A.T.T.I.V.O., lo stesso metodo con la quale hanno creato la radura, ma l'abbiamo un po' modificato per fare in modo che tale struttura potesse reggere anche sottoterra... Certo, è tutta un illusione ma... Fa piacere ›› spiegò Jillian ‹‹ e poi l'eruzione non può penetrare qui. È un ambiente completamente e totalmente sterile. Non devi girare con una mascherina e col perenne terrore di contrarre il virus. Ogni giorno, due volte al giorno, gli sterilizzatori, Robottini creati da noi, analizzano la base da cima a fondo e si assicurano che questo posto sia sicuro.

Questo posto si chiama Eden ›› spiegò Jill ‹‹ per richiamare alla mente il paradiso terrestre... la nostra associazione, per così dire, si chiama Eden, appunto.

Prendetela come se io e Nathan fossimo gli Adamo ed Eva della situazione... tranne per il fatto che non siamo una coppia, ed io non sono di certo nata da una sua costola. Al massimo è il contrario ››

Jill cominciò a camminare, ed io non ci pensai due volte a seguirla, trascinando Newt con me.

I nostri sguardi non smettevano di saltare da una parte all'altra della struttura.

Sembrava davvero di rivivere la radura:

Era tutto completamente immerso nel verde, c'erano alberi, fiori, erba, animali... Era tutto perfetto.

Il cielo sembrava essere vero, con tanto di nuvole, e non dava per niente l'aria di essere fatto al computer. Jillian aveva ragione: era una splendida illusione, ma necessaria.

Forniva una minima speranza che in un futuro non troppo lontano, il mondo tornasse in quel modo.

Attraversammo un piccolo ponte che si elevava sopra un laghetto artificiale, ed infine giungemmo in una piccola cittadella.

‹‹ Tutto all'interno dell'Eden è strutturato in modo da sembrare perfettamente reale.

Anche il clima varia. La differenza con la radura, sta proprio nel fatto che qui, ogni tanto, piove ››

‹‹ A che serve far piovere qui dentro? Non si corre il rischio di annegare? ›› domandò Newt, con fare disattento, troppo concentrato a guardarsi attorno con fare letteralmente stupido.

‹‹ Ovviamente no. L'acqua viene filtrata all'esterno, bagna il terriccio sopra e sotto di noi. La pioggia serve ovviamente a favorire la crescita spontanea dell'erba, dei fiori de degli alberelli che abbiamo piantato. Quelli che vedi attorno a te, e quelli che c'erano nella radura, erano ovviamente piante vere e creare in laboratorio, ma anche loro hanno bisogno di acqua. E non abbiamo tempo per annaffiarle una ad una più volte al giorno. Facciamo in modo che la cosa sia il più naturale possibile. ››

‹‹ Questa è una città sotterranea? ›› domandai io. Una domanda scontata e ovvia, perché quella che stavamo percorrendo, era effettivamente una città.

O almeno, era ciò che più ci somigliava.

‹‹ Più o meno ›› rispose Nate ‹‹ sostanzialmente sì. Ogni scienziato che lavora per noi ha una piccola casa indipendente, in modo che ognuno abbia la possibilità di condurre la sua vita ed abbia il massimo della privacy in tutto e per tutto.

Vogliamo che il nostro modo di lavorare sia totalmente differente da quello della C.A.T.T.I.V.O., che a differenza nostra, faceva vivere gli scienziati interamente all'interno della base, e loro lavoravano praticamente giorno e notte ››

‹‹ Anche noi siamo all'interno della base ›› continuò Jillian ‹‹ ma abbiamo la nostra indipendenza e la nostra casa ››

‹‹ E i laboratori? ››

‹‹ è un edificio a sé, che racchiude ogni laboratorio che ci serve ›› rispose Nate ‹‹ ed è tutto isolato, fuori dalla portata della C.A.T.T.I.V.O.. Ora sanno che noi siamo contro di loro, ma non conoscono l'Eden. ››

Più ci addentravamo all'interno della cittadella, più continuavo a pensare “geniale”.

C'erano delle case con dei balconcini ed alcune persone affacciate ad essi, che si guardavano attorno e chiacchieravano tra loro. Conducevano una vita normale.

Le case avevano dei giardini con fiori e piante, dei panni spesi in fili, addirittura alcune biciclette.

Mi domandai quanto fosse realmente grande quel posto.

Se erano stati in grado di riprodurre una città sottoterra, allora sarebbero stati realmente in grado di riprodurla all'esterno? Quella doveva essere una prova, o qualcosa del genere.

Ero impaziente di vedere i laboratori.

Quel posto era il perfetto opposto della C.A.T.T.I.V.O., perché almeno dava veramente la speranza di poter fare finalmente del bene, mentre invece i corridoi della base della C.A.T.T.I.V.O. davano un senso di angoscia e tristezza che la zona bruciata, a confronto, era una passeggiata al chiaro di luna.

 

A fine del breve tour della città, ci fermammo ai piedi di un enorme struttura dai muri a specchio dai vetri oscurati. Quella era la struttura che ospitava i laboratori dell'Eden.

Nonostante fossimo a pochi passi dal vialetto che ci avrebbe condotto all'entrata della base, Jill si fermò e si girò nella nostra direzione. Si frugò nella tasca, per poi tirare fuori due piccoli mazzi di chiavi e li fece tintinnare. Ne porse uno a me ed uno a Newt.

‹‹ Queste sono le vostre chiavi. Sono tre paia. Uno è di casa vostra, uno della base, ed uno dei vostri laboratori ››

‹‹ Aspetta... casa nostra? ›› disse Newt, accentuando la parola “nostra” quasi come se la cosa lo terrorizzasse a morte. Corrugai la fronte, alzando lo sguardo verso di lui.

‹‹ Tua e di Elizabeth ›› precisò Jillian ‹‹ perché lo dici con quel tono? ››

non rispose, ma si girò verso di me. Appena incrociò il mio sguardo, scosse la testa e lo distolse rapidamente, cambiando discorso ‹‹ da che parte è? ››

‹‹ In fondo alla via, numero 27. Una villetta con un enorme vetrata che da al giardino. L'abbiamo costruita poco fa, per cui forse troverete un po' di disordine. Riposatevi e decoratela come meglio credere. All'entrata della casa troverete una piccola pila di documenti, in cima a questa c'è una mappa della città. Se avete bisogno di qualcosa, mi trovate alla base. ››

 

Dopo aver salutato gli altri, io e Newt camminammo nella via che Jillian ci aveva indicato.

C'era il silenzio più totale, e la cosa non mi piaceva.

Appena raggiunta la casa numero 27, il mio cuore fece un piccolo balzo, come se realizzassi tutto d'un tratto che da quel momento in poi, avrei vissuto lì dentro.

In quell'enorme casa a due piani, dalle mura bianche ed il marrone scuro.

Newt si fermò davanti al vialetto, guardando attentamente quella casa.

Deglutì, ed a prima vista, sembrò sbiancare.

‹‹ Che c'è? ›› domandai con tono preoccupato.

‹‹ Uhm? ›› abbassò lo sguardo, sgranando gli occhi ‹‹ Niente ›› si affrettò a dire, ma quasi balbettò.

‹‹ Non mi freghi, è da quando Jillian ci ha parlato della casa che ti comporti in modo strano ›› sbottai infastidita ‹‹ sai che odio quando ti comporti in questo modo. Che caspio c'è? ››

‹‹ Non c'è niente Liz... è solo che... non so spiegartelo ›› mormorò con un tono quasi imbarazzato, poi distolse lo sguardo, portandolo sulla casa accanto alla nostra ‹‹ l'idea di avere una casa mi fa sentire quasi scomodo... Insomma, il massimo di casa che avevo fino a poco tempo fa era il casolare. Vivere in una caspio di villa enorme mi fa sentire strano. ››

‹‹ O ti fa sentire strano l'idea di dividerla con me? Puoi dirlo chiaramente ›› incrociai le braccia, sperando vivamente in una risposta negativa.

‹‹ Anche ›› ammise, senza incrociare il mio sguardo ‹‹ potrei diventare insopportabile ››

‹‹ Potrei diventarlo anche io, una volta al mese ››

Newt arricciò il naso, e dallo sguardo che mi rivolse, fece finta di non capire a cosa mi stessi riferendo.

‹‹ Sono serio, caspio. ›› brontolò, incrociando le braccia contro il petto ‹‹ hai visto anche tu cosa ho combinato nel bagno della berga di Jorge... ho paura di perdere il controllo. ››

‹‹ Non eri in te, Newt, e questo problema non esiste più ›› poggiai una mano sul suo braccio, cercando in qualche modo di rassicurarlo ‹‹ gestiremo tutto insieme, te lo prometto ››

studiò il mio sguardo senza proferire parola, ma dal sorriso che spuntò sulle sue labbra, capii che era d'accordo. Non c'era bisogno che lo confermasse con le parole.

Era spaventato come lo sarebbe stato chiunque. Eravamo giovani, e praticamente da quel momento in poi avremo vissuto da soli. Veramente da soli, senza avere altri coinquilini o cose del genere.

Solo io e lui, come quando eravamo nella berga. Sotto sotto, era normale che fosse spaventato.

Prese un respiro profondo, rivolgendo uno sguardo alla casa, poi cominciò a camminare per il vialetto, prendendo la mia mano per tirarmi con sé. Lo seguii senza fare storie, guardando la casa dei nostri nuovi vicini. C'era una ragazza giovane fuori nel balcone della casa, poggiata al muretto.

Aveva dei capelli lunghi e castani, raccolti in una coda.

Non appena Newt poggiò il piede sul primo scalino del portico della casa, la ragazza si girò di scatto a guardare, come se fosse scattato una sorta di campanello d'allarme.

Sgranò gli occhi e schiuse le labbra, facendo nascere un sorriso sulle sue labbra. Poco dopo, corse dentro casa con una certa fretta.

Newt infilò la chiave nella serratura ed aprì la porta, entrando in casa e guardandosi rapidamente attorno, come se avesse paura di ritrovare quel posto pieno zeppo di dolenti.

Lo seguii e mi chiusi la porta alle spalle.

La casa era luminosa per via della luce esterna, ma piena di scatoloni, e come aveva detto Jillian, davanti a noi c'era una pila di documenti.

Newt afferrò quello in cima, che portava una scritta a caratteri cubitali.

“Mappa della città dell'Eden”. Proprio come aveva detto lei.

‹‹ La barbie è di parola, eh? ››

‹‹ Avevi dubbi? ››

‹‹ Un pochino ››

mi chinai a guardare quali fossero gli altri documenti sotto la mappa.

‹‹ Allora... questo posto ha un centro commerciale, che mi auguro che non ospiti altri rincaspiati come la zona bruciata, poi ha un... un negozio di vestiti? Ma che caspio ce ne facciamo di un negozio di vestiti? Una lavanderia, un... un parrucchiere? ›› mentre Newt continuava a leggere e commentare, la mia attenzione era catturata a leggere le etichette dei documenti.

Decisi di mascherare la mia felicità nel vedere che erano quelli che cercavo alla base.

Sapevo che non potevano essere completamente spariti.

Non sapevo com'erano finiti nelle mani di Jillian, ma ero felice di averli trovati: i progetti originali dei dolenti, quelli dei D2MH, il progetto iniziale della fase 1... Era tutto lì.
Afferrai il fascicolo riguardante i radurai e poggiai una mano su Newt, interrompendo i suoi commenti spinosi riguardo a quale fosse l'utilità di avere così tanti negozi di abiti all'interno di una base scientifica.
‹‹ Guarda ›› sussurrai, porgendogli il fascicolo.
Corrugò la fronte e lo afferrò, porgendomi la mappa.
Lo aprì, senza nemmeno chiedermi cosa fosse, ed il primo foglio che si trovò davanti, era la scheda riguardante Alby.
C'era la sua foto all'angolo del foglio, il suo sguardo vuoto, che guardava dritto verso l'obbiettivo.
Non c'erano i dati reali, il vero nome o qualsiasi collegamento relativo alla sua vita prima della radura.

No, erano i documenti della sua nuova identità. Il suo stato iniziale, fino al suo ultimo momento di vita. Praticamente la sua storia nella radura.
Le mani di Newt si strinsero attorno al fascicolo, lasciando trasparire la rabbia repressa, ma non disse nulla.

Continuava a leggere silenziosamente quell'intera pagina ricca di descrizioni, grafici sull'evoluzione del virus, che però, nell'amico, rimanevano invariati.

Accanto al nome “fittizio”, tra parentesi, c'era il nome dello scienziato dal quale prese la sua nuova identità, Albert Einstein.

Sotto questo, c'era una grossa scritta in grossetto e sottolineata. Solo in quel momento mi resi conto che lo sguardo di Newt era fermo su quella scritta.

Alby (Albert Einstain)

Stato: IMMUNE

Non ci avevo nemmeno fatto caso, eppure era una cosa che balzava subito all'occhio.

Le sue mani cominciarono a tremare, probabilmente dalla rabbia.

‹‹ Newt... ››

‹‹ Era immune ›› disse, per poi ridacchiare in modo nervoso ‹‹ capisci? Immune. Ed ha dato di matto per colpa loro. I dolenti, ah, quei caspio di dolenti. Era tutto progettato a tavolino. ›› si passò le mani tra i capelli, poi indicò il foglio ‹‹ sta notte avrò un bel racconto da leggere. Parla di come uno dei miei migliori amici è morto del causa della C.A.T.T.I.V.O. ››
‹‹ Dammi questo caspio di coso ›› sbottai, prendendogli il fascicolo dalle mani. Corrugò la fronte, sollevando l'indice, ma prima che aprisse bocca, si udii il suono del campanello.

Fui sorpresa da me stessa per aver riconosciuto quel suono così poco familiare.

Mi sporsi ed aprì la porta, sollevando entrambe le sopracciglia.

C'erano due ragazze giovani, con un sorriso cordiale dipinto sul volto.

Sembravano lievemente imbarazzate ed impacciate, con le mani legate dietro la schiena.

A prima vista, avevano al massimo diciotto anni.

‹‹ Siamo le vostre vicine di casa! ›› disse una di loro, la ragazza che avevo visto poco prima.

La riconobbi giusto in quel momento. Da lontano sembrava decisamente più bassa.

‹‹ Stavamo aspettando il vostro arrivo già da un po'! Jillian ci aveva avvertite del vostro imminente arrivo! ›› disse l'altra, con un tono entusiasta, per poi pormi la mano ‹‹ mi chiamo Evelyn, e lei è Elsa. Siamo coinquiline, e lavoriamo anche noi all'interno del laboratorio dell'Eden. Giuro, sembriamo calme, ma è un grandissimo onore conoscere voi due! Lavoravamo anche noi alla C.A.T.T.I.V.O.! Abbiamo sentito tanto parlare di voi, per i lavori che svolgevate! ››

‹‹ Evelyn, così li spaventi ›› sussurrò Elsa, dando un lieve colpetto alla spalla della ragazza accanto a sé ‹‹ perdonate l'irruenza della mia amica, non vedeva l'ora di incontrarvi. Ma comunque è seriamente un piacere fare la vostra conoscenza! ››

‹‹ Se avete bisogno di qualsiasi cosa, noi siamo qui alla porta accanto! ›› poi, lo sguardo della ragazza si posò su Newt, e potrei giurare che per qualche secondo i suoi occhi si illuminarono.
Da come lo guardava, avrei giurato che da un momento all'altro gli avrebbe chiesto un autografo come una fan sfegatata.
‹‹ Grazie ›› mi affrettai a dire. Newt non era esattamente nelle condizioni di sopportare delle visite in quel momento, e lo capivo dal suo sguardo: si stava contenendo solo per non apparire isterico. Per pura educazione, insomma ‹‹ prometto che, uhm, vi faremo sapere. Ma scusateci, ora siamo stanchi ed abbiamo un sacco di cose da sistemare, come potete ben vedere... ››

‹‹ Oh, sì... scusate! Ci vediamo alla base allora! ››

annuii, salutando le ragazze con la mano, mentre Newt invece si era già avviato lontano dalla porta e si andò a sedere sul primo gradino della scala davanti alla porta.

Si poggiò le mani sotto il mento, con i gomiti puntati sulle ginocchia mentre fissava il fascicolo che reggevo in mano. Chiusi la porta e mi girai a guardarlo, prendendo un grosso respiro.

Mi diedi una rapida occhiata attorno, lasciando che il silenzio prendesse il sopravvento, poi, decisi di restituire il fascicolo al ragazzo.

Era giusto che sapesse tutta la verità. D'altronde reggevo in mano la storia di tutti i suoi amici, lui compreso. Era giusto che sapesse ciò che c'era da sapere. I loro stati di immunità, tutti gli studi che la C.A.T.T.I.V.O. seguiva su di loro, i vari grafici... tutto. Io potevo tranquillamente leggerli in un secondo momento.

Mi sedetti accanto a lui, poggiando la testa sulla sua spalla senza interrompere la sua lettura.

C'era un silenzio surreale. Newt era veloce a leggere, più di quanto mi aspettassi. Ci mise poco a finire l'intero fascicolo di Alby, e mantenne una calma incredibile fino all'ultimo paragrafo, per poi cambiare.

Saltò diversi fascicoli che forse non riteneva importanti, passando solo a quelli delle morti relativamente recenti. Nomi che io non avevo mai sentito, ma che sicuramente per lui erano state persone importanti.

L'unico nome che mi fece sussultare alla sua vista, fu quello di Chuck. Guardai il suo volto paffuto e quei riccioli che gli circondavano il volto. Cercai di rimanere calma ed indifferente, stringendomi contro di Newt.

Chuck (Charles Darwin)

Stato: IMMUNE

Nonostante cercassi di essere indifferente di fronte a quella scritta, Newt sapeva come mi sentivo.

Si girò verso di me, depositando un bacio contro la mia fronte e legando un braccio attorno al mio fianco. Nascosi il volto contro il suo collo, chiudendo gli occhi.

Chuck, come Alby, era immune. Ben non era immune, e così via con un'altra sfilza di nomi di persone immuni, semi-immuni e non.

E la C.A.T.T.I.V.O. sapeva tutto. Sapeva i rischi che correva, ma lo faceva per il bene più grande.

La cosa più brutta, in quel momento, era vedere le loro foto. I loro sguardi spenti,rivolti verso l'obbiettivo della fotocamera. Lo sguardo di chi sapeva bene a cosa andava incontro, ma non aveva scelta.

Quando Newt giunse al suo fascicolo, si soffermò a guardare la sua foto come se stesse guardando uno sconosciuto. Il suo sguardo, in quella foto, era carico d'odio. In quella foto indossava un camice bianco.

Newt (Isaac Newton)
Stato: SEMI-IMMUNE

Nel fascicolo, era spiegato che lui, inizialmente, non doveva essere un soggetto del test del gruppo A. Era spiegato come, quando e perché c'era finito. Era spiegato il significato del termine semi-immune. Era un fascicolo molto più approfondito rispetto a quello degli altri radurai, e Newt lo leggeva con uno sguardo freddo e distaccato, come se non stesse leggendo di sé stesso, ma di uno sconosciuto. In effetti, per lui, quello era uno sconosciuto.

A lui erano state dedicate molte più pagine, ed appena finì di leggerle, abbassò il foglio, poggiandolo sul gradino sopra di noi. Prese un grosso respiro e sollevò lo sguardo al soffitto.

‹‹ Quindi, non zoppico per colpa della caduta, ma per colpa dell'uomo ratto che ebbe la brillante idea di spararmi alla caviglia... ››

‹‹ Già... ›› sussurrai sentendomi improvvisamente in colpa per non averglielo detto prima.

‹‹ Tu lo sapevi? ›› domandò con un tono sorpreso

‹‹ Me l'aveva detto Justin... mi ero anche dimenticata di questo dettaglio... ››

‹‹ Bene così, non era importante dopo tutto, ormai il danno è fatto. Ho preso una decisione ›› poggiò i gomiti al gradino dietro di sé, tenendo lo sguardo sollevato verso il soffitto.

‹‹ E sarebbe? ››

‹‹ Non me ne frega un caspio se non ricordo niente ›› si girò verso di me. I suoi occhi esprimevano perfettamente tutto l'odio che stava provando in quel momento, come se quelle pagine lette fino a quel momento gli avessero riportato alla memoria tutta la sofferenza passata fino a quel momento.

Come se, grazie a queste, un po' del vecchio Newt fosse tornato a galla. ‹‹ Ho intenzione di vendicare i miei amici. Uniamoci all'Eden, e facciamo saltare in aria la C.A.T.T.I.V.O. e il braccio destro ››

 


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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Sistemammo alla bene e meglio la casa con ciò che avevamo trovato all'interno degli scatoloni.

Erano tanti, ma non erano così pieni come sembravano, ed inoltre – per fortuna – c'era il minimo indispensabile per vivere, ma a noi andava bene così: volevamo scegliere noi come arredare la casa.

Anche se comunque, avendo vissuto con veramente poco, a noi andava benissimo anche stare con poche cose lì dentro.

Ci bastava un divano, una cucina, un bagno ed un letto. Per noi quella casa era anche troppo grande.

Era stato un cambiamento enorme, ma capivamo che era la nostra occasione per voltare ufficialmente pagina.

A dire il vero, mentre sistemavamo tutta quella roba, non volevo che facesse sforzi, ma lui aveva insistito che non mi avrebbe lasciato fare le cose da sola, e che non era invalido, era semplicemente un po' più indebolito.

Non voleva essere trattato come un malato, per cui, alla fine, cedetti e lo lasciai fare.

Sistemare la casa insieme era stata una scena strana, sembrava qualcosa di così surreale da farmi pensare di star dormendo.

Incanto sparito nel momento esatto in cui a Newt cadde uno scatolone giù per le scale e imprecò pesantemente.

Fortunatamente, però, lo scatolone non conteneva niente di fragile, ma solo vestiti.

Tanti, troppi vestiti.

Così tanti che quando andammo a sistemarli nella camera da letto, che si trovava al piano di sopra, Newt storse il naso e li sollevò uno ad uno come se fossero comuni straccetti.

Non aveva mai visto così tanti vestiti solo per lui, essendo abituato ad averne pochi e a doverli lavare praticamente tutti i giorni.

Io non potevo commentare il problema vestiario: ero rimasta giusto un mese nella radura, i miei ricordi di quel periodo erano pochi e non avevo ancora avuto il problema di dover fare il bucato, invece, alla C.A.T.T.I.V.O., avevo tutti i miei vecchi vestiti.

E rimasi stupita quando in un paio di scatoloni li trovai lì, puliti e stirati.

Newt, per pura curiosità, ci mise mano per vedere che gusti avevo in fatto di vestiario.

Mano fortunata, per lui: tirò fuori un vestito nero, piuttosto scollato e corto.

Mi guardò, poi guardò il vestito, poi ri-guardò me e indicò l'abito, assumendo un espressione corrucciata e contrariata, per poi pronunciare la frase “Tu, questo coso, non lo indossi”, e non ammetteva repliche di nessun tipo.

Non ero nemmeno sicura che fosse un mio vecchio vestito, ma probabilmente no: per quel che ne sapevo, ero sempre alla C.A.T.T.I.V.O. a lavorare, e non avevo di certo tempo per vestirmi in modo elegante. Doveva essere qualche “aggiunta speciale” di Jillian.

Dopo aver sistemato la casa, ed aver fatto una doccia degna di essere chiamata tale, ci ritrovammo in camera da letto.

Newt era sdraiato sul letto con indosso solo un paio di boxer neri ed una canottiera bianca, mentre io, invece, avevo tirato fuori una vestaglia da notte viola col pizzo nero.

Mi girai a guardarlo, arricciando il naso ‹‹ vuoi dormire così? E se ti viene freddo? ››

‹‹ Liz, ti ricordo che nella radura non avevamo i pigiama in lana ›› mi fece notare ‹‹ credimi, queste coperte bastano per scaldarmi ››

‹‹ Bene così ›› brontolai, consapevole che però aveva ragione. Ma mi preoccupavo comunque per lui. Portai accanto al letto una delle bombole d'ossigeno che Jillian aveva fatto portare per Newt, che la guardò con un espressione strana.

Non era passato troppo tempo da quando era stato “resuscitato” che già si lamentava di dover usare la bombola ad intervalli di poche ore.

Sapevo che non gli piaceva l'idea di averne bisogno, eppure non poteva fare molti capricci e non adoperarla. Sbuffò e sistemò i tubicini nel naso, senza proferire parola di alcun genere.

‹‹ Smettila ›› dissi, andando a coricarmi. Lui grugnì infastidito, avendo capito benissimo a cosa mi riferivo.

‹‹ Odio questo affare ›› brontolò, picchiettando il dito contro la bombola ‹‹ mi fa sentire uno schiavo ››

‹‹ Lo sai che è per il tuo bene ›› sollevai gli occhi al soffitto, per poi coricarmi sotto le coperte.

Sospirò, raggomitolandosi in sé stesso.

Avevamo affrontato quel discorso parecchie volte, mentre sistemavamo la casa, ma era un discorso senza fine. Giravamo attorno all'unico problema che però si ostinava a non ammettere, a non svelare, forse per paura di essere giudicato.

A tarda notte mi svegliai, rendendomi conto di essere sola nel materasso matrimoniale.

La finestra della camera era spalancata, e sentivo nell'aria un odore di fumo.

Mi misi seduta, strofinai una mano contro gli occhi, per poi alzarmi e scendere al piano di sotto.

Immaginavo di trovare Newt lì.

Infatti, era seduto sulla sedia di fronte al tavolo, e reggeva con le dita una sigaretta ormai a metà.

La testa china su un foglio pieno di scritte e con l'altra mano reggeva una penna.

Si portò la sigaretta alle labbra ed aspirò il fumo, rigettandolo fuori quasi subito.

‹‹ Che ci fai ancora sveglio? ›› sussurrai.

Non rispose subito, prima di guardò con la coda dell'occhio quasi infastidito dal fatto che mi trovassi in stanza.

Tornò a guardare davanti a sé, posando la sigaretta sul posacenere che aveva davanti.

Inspirò profondamente.

‹‹ È stato Thomas a spararmi in fronte ›› disse, abbassando lo sguardo. Era come se stesse parlando a sé stesso, piuttosto che a me ‹‹ sono stato io a puntarmi la pistola contro, chiedendomi di spararmi.

Gli avevo già lasciato un biglietto dove gli chiedevo esplicitamente di uccidermi, prima che il virus si mangiasse ogni parte di me. Non volevo fare del male a nessuno, non volevo che qualcuno mi compatisse per un futuro imminente, non volevo rallentarli e non volevo che i miei amici mi vedessero impazzire. Volevo solo morire prima di perdere lentamente il controllo. ›› si poggiò le mani sulla fronte, inspirando profondamente ‹‹ sto ricordando tutto. E ricordo anche che l'ultima cosa che ho sentito, eri tu che gridavi ›› trasalii. Speravo di cancellare dalla memoria la scena della sua morte.

Non proferii parola, perché non ce n'era bisogno, così mi sedetti davanti a lui ed abbassai lo sguardo sul foglio. Lo indicai, e prima ancora che potessi proferire parola, lui me lo porse e lo indicò ‹‹ È come se quelle scosse che hanno usato per riportarmi indietro avessero bruciato l'ultima parte del filtro, quella che già stava sparendo, ricordi? Ed ora piano piano i ricordi tornano a galla. Ecco il motivo della mia insonnia. ››

‹‹ Stai annotando i tuoi ricordi? ››

‹‹ Sto annotando gli appunti del progetto dei dolenti ›› precisò ‹‹ il progetto che lasciai alla C.A.T.T.I.V.O. non era quello reale. Quello che avevo ideato io era molto diverso, e non l'avevo scritto da nessuna parte perché, tanto, me lo sarei ricordato. Tra tutti i dolenti che la C.A.T.T.I.V.O. aveva creato, seguendo il progetto, ce n'era uno che avevo creato per conto mio. Il vero Alpha, che però non fu mai terminato ed anzi, venne distrutto, perché loro si resero conto che stavo creando qualcosa di pericoloso per loro ›› si alzò dalla sedia, sistemandosi dietro di me. Notai che sul suo volto comparve un sorriso soddisfatto, poi cominciò ad elencare le varie diversità, indicando i punti sui fogli. In effetti, da ciò che diceva, il dolente che stava creando era una vera e propria macchina da guerra, che probabilmente avrebbe distrutto anche i miei D2MH.

Spiegò anche che il progetto dei secondi dolenti non era stata una sua idea, ma una cosa che gli costrinsero a fare prima di mandarlo nella radura. Un alibi.

Volevano avere qualcosa in mano per poterlo accusare di voler mandare in aria la C.A.T.T.I.V.O., perché semplici supposizioni a loro non bastavano.

E i piani alti non avrebbero mai permesso ai loro “inferiori” di mandare nella radura uno dei loro migliori scienziati, senza avere delle prove concrete.

‹‹ Ora che sto cominciando a ricordare tutte queste cose, ho deciso di scrivere tutto. Sopratutto il progetto ›› spiegò, sfiorando i fogli come se quelli fossero diventati il suo bene più prezioso.

Un effettivo appiglio alla sua vita precedente, e l'unica valvola di sfogo contro la C.A.T.T.I.V.O.

‹‹ Perché sopratutto questi? ›› domandai, ma dentro di me già sapevo la risposta. Semplicemente, forse, non mi capacitavo della sua utilità.

‹‹ Perché voglio terminare ciò che avevo cominciato ›› rispose, facendomi girare verso di lui e poggiando, poco dopo, le mani sulle mie spalle ‹‹ io e te, insieme, se ci uniamo saremo capaci di creare un essere così spietato da spazzare via la C.A.T.T.I.V.O. solo una volta varcata la soglia della base. Ti rendi conto? È la nostra possibilità di riscatto! Possiamo vendicarci di tutto ciò che ci hanno fatto! ›› vidi qualcosa nel suo sguardo. Come una scintilla che prima era sparita.

Quelle parole furono la prova ufficiale di come era cambiato.

Non sapevo nemmeno se quella fosse una cosa positiva o meno, se dovevo essere spaventata o gioire di quel cambiamento. Avevo paura che potesse cambiare radicalmente.

‹‹ Ho bisogno di sapere che tu sei con me ›› continuò, ed il suo tono di voce si addolcì. Poggiò una mano sulla sua guancia ‹‹ noi due possiamo cambiare le cose una volta per tutte... Loro ci temono. Sanno che abbiamo capacità che loro non hanno, ne sono certo! ››

‹‹ Newt... ››

‹‹ Abbiamo una seconda chance, ed è già tanto... perché dobbiamo sprecarla? ›› avevo paura che la seconda chance, però, sarebbe stata anche l'ultima.

Aveva uno sguardo che m'implorava di dargli una mano, e sapevo che aveva bisogno del supporto di qualcuno. Non chiedeva mai nulla, e per una volta che chiedeva qualcosa, voleva essere ascoltato. Sopratutto se quel qualcosa riguardava una vendetta contro la C.A.T.T.I.V.O..

Abbassai lo sguardo, non riscendo a reggerlo. Non volevo rifiutare, ma non volevo nemmeno rischiare di sbagliare qualcosa.

‹‹ Per favore Liz, per favore... ›› a quella frase, mi vennero i brividi lungo tutta la schiena. Diedi un colpo secco alla sua mano destra, ancora poggiata sulla mia spalla, e lui la levò.

Sgranò gli occhi e scosse la testa, sorpresa da quel mio comportamento.

‹‹ Non dirlo mai più! ›› sbottai, e mi rivolse uno sguardo confuso.

‹‹ Cosa? ››

‹‹ L'ultima frase. In quell'ordine, non dirlo più. Okay? ››

‹‹ Perché? ››
‹‹ Perché l'ultima fottuta cosa che hai detto a Thomas, prima che lui ti sparasse in fronte, maledizione! ›› indietreggiò lentamente, assumendo un espressione ferita.

Pochi istanti dopo storse le labbra, guardandomi dall'alto al basso, come se lo avessi appena insultato.

‹‹ Smettila di avercela con lui per un aver fatto una cosa che gli ho chiesto io ››

‹‹ Sì, certo, va bene ›› sbottai, alzandomi dalla sedia poco dopo e decidendo di salire su.

Non ero arrabbiata, ero semplicemente turbata.

Ed ero anche pronta psicologicamente a passare una notte in bianco. Probabilmente, la prima di tante.

 

L'indomani ci presentammo nella base.

Ci fornirono le tessere magnetiche, due camici bianchi da scienziati e ci portarono in un laboratorio. Il nostro laboratorio.

Dentro di me, cominciai ad elaborare a pieno che quello, d'ora in poi, sarebbe stato il mio lavoro.

Eva e Justin erano già lì dentro, di fronte a sette fiale messe in fila, e queste contenevano tutte un liquido azzurro.

Le osservavano attentamente e, ogni tanto, annotavano qualcosa.

George, invece, era seduto davanti ad un computer. Isolato dal resto delle persone all'interno della stanza.

Non sapevo perché, ma vederci tutti riuniti in un'unica stanza, mi fece sentire “come ai vecchi tempi”.

Solo che adesso, sul volto delle persone che mi circondavano, c'era una certa serenità che prima nessuno di noi conosceva veramente.

L'espressione di chi sapeva che ormai il peggio era passato, e che adesso la situazione poteva solo migliorare.

Un consapevolezza quasi palpabile.

Newt si allontanò con Jillian, a detta loro dovevano parlare di qualcosa che però ora non potevo sapere. Mi salì la gelosia per una paio di minuti, poi mi calmai, distraendomi a lavorare con Justin ed Eva.

Stavamo studiando quelle sette fiale davanti a noi, aspettando una qualsiasi reazione.

Erano i prototipi della cura, ed ognuna di queste aveva un'alterazione diversa dalle altre.

Ci perdemmo in poche chiacchiere, tra cui come erano scappati e come George, all'inizio, non volesse nemmeno prendere in considerazione l'idea di seguire Justin.

E di quanto, anche attualmente, si ostinasse a non guardarlo nemmeno in faccia.

‹‹ Penso che mi odi, ma, gli passerà ›› sussurrò, evitando di farsi sentire da lui, anche se sapevamo che aveva un udito fine.

‹‹ Io invece penso che partirò a Taegu, in Corea ›› disse di punto in bianco Eva. Quell'affermazione mi fece drizzare la schiena, e in quel movimento improvviso quasi caddi giù dallo sgabello su quale ero seduta.

‹‹ Perché? ››

‹‹ Voglio cambiare aria... Insomma, vedervi qui, vedere te, Justin, George e Newt, mi fa ricordare il gruppo A, quindi... ›› non continuò la frase, ma avevo capito dove voleva andare a parare.

Minho mancava anche me.

Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, scuotendo la testa ‹‹ quando sarò in Corea, penso che user il mio nome reale. Ayako Evangeline Mi sun Chang. È lungo, ma ci farò l'abitudine. Non voglio che degli estranei mi chiamino Evangeline. Non sembra, ma a tutti noi è rimasto impresso tutto ciò che è successo, sai? ››

‹‹ Lo so ›› automaticamente, rivolsi lo sguardo altrove, come se stessi guardando Newt.

‹‹ Smettetela di fare le caprette musone, dannazione, e guardiamo avanti ›› brontolò Justin, picchiettando l'indice contro la fialetta di vetro davanti a lui.

Precisamente, la numero due ‹‹ questa bolle ›› disse, sollevandola e guardandola attentamente.

Fino ad ora, era l'unica che aveva dato un segno.

Eva lo annotò sulla cartellina che aveva davanti, sospirando rumorosamente.

Forse un po' tutto ormai la pensavamo allo stesso modo: dovevamo cercare di pensare il meno possibile al nostro passato, cercare di tenerlo lontano, per quanto fosse possibile.

E cominciai a pensare che questo non lo stesse pensando anche Newt, e che quindi volesse cercare di tenermi distante da lui.

Lo schermo del computer davanti a George cominciò a suonare e lampeggiare in modo fastidioso.

Jillian si affacciò dalla porta, guardò il monitor e batté velocemente le mani in modo eccitato.

Newt si posizionò esattamente dietro di lei, incrociando le braccia contro il petto.

‹‹ Che succede? ›› domandò Newt, facendo ruotare gli occhi in modo scocciato ‹‹ spero che sia una cosa importante, visto che, qualsiasi cosa stia succedendo, ha interrotto un discorso piuttosto importante. ››

‹‹ Lo è, credimi ››

Justin si posizionò accanto a George, e premette alcuni tasti della tastiera, che spiegò attentamente al ragazzo in modo che lui potesse capire cosa doveva fare.

Poco dopo, sullo schermo del pc si stabilizzò, mostrando l'immagien che trasmetteva la telecamera di sorveglianza fuori dalla base: Nate stava varcando l'entrata, e teneva una ragazza in braccio.

‹‹ Meglio tardi che mai ›› brontolò Jillian, per poi uscire con una certa fretta.

Newt sbuffò, passandosi una mano tra i capelli.

Era evidentemente scocciato, e questo mi diede da pensare. Volevo sapere quale fosse la loro discussione così importante.

Ero sicura che le stesse esponendo la sua idea di ricreare i dolenti.

Non volevo sicuramente perdere tempo ad aspettare che fosse lui a parlarmene, così poggia una mano sulla sua spalla e lo guardai, aspettando che abbassasse lo sguardo nella mia direzione.

Appena lo fece, cercai di assumere un espressione neutrale.

Ero alterata da quel suo modo di fare menefreghista. Forse perché non ero più abituata a vederlo nei panni del ragazzo freddo... perché era quello ciò che stava tornando, almeno all'apparenza.

‹‹ Di cosa stavate parlando? ›› domandai.

‹‹ Jillian ha detto che ha una missione per noi, ma scattato quella sorta di allarme e non mi ha spiegato bene nel dettaglio. Ho solo capito che dobbiamo recuperare il computer e che vuole che lo facciamo noi ››

‹‹ Perché proprio noi? ››

Fece le spallucce ‹‹ non lo so, non ha fatto in tempo a spiegare ››

Qualcosa nella mia testa mi suggeriva che ciò che dovevamo fare, non era esattamente una bella gita.

Recuperare il computer sicuramente sarebbe stato un passo importante, anche se non ne capivo la reale utilità per noi, considerando che tutti i dati Jillian li aveva nella memoria.

Forse era semplicemente un passo in più per tenere la C.A.T.T.I.V.O. a bada. Forse proprio perché così, loro, non avrebbero avuto nulla di noi, se non il ricordo. Una sorta di muro definitivo, un ulteriore distacco per poterceli lasciare alle spalle.

‹‹ Presto, non c'è tempo da perdere! ›› gridò Jillian, e poco dopo quattro scienziati corsero nel corridoio, trascinando in tutta fretta ciò che sembrava essere una barella, con la stessa ragazza che Nate teneva in braccio poco prima.

Qualche istante dopo, con tutta calma, lui attraverso lo stesso corridoio per stare dietro alla barella, e Jillian si ripresentò in stanza, abbandonando quello scenario.

Era sporca di sangue, e solo in quel momento notai che anche il pavimento ne aveva una bella strisciata.

‹‹ Tutto okay? Chi c'era sulla barella? ›› mi affrettai a domandare. Il mio cuore, alla vista di tutto quel sangue, cominciò a battere rapidamente.

La vista del sangue era diventata un punto debole. Ne avevo visto fin troppo.

‹‹ Ero certa che Teresa sarebbe sopravvissuta. Si sono giocati bene le loro carte... Comunque, Nate l'ha recuperata, ed ora proveranno a rianimarla. L'abbiamo presa prima che lo facesse la C.A.T.T.I.V.O. ›› il tono di Jillian era spento, era sovrappensiero e preoccupata. E sì, questo mi dava parecchio da pensare.

‹‹ Come è successo? ››

‹‹ È stata schiacciata da alcuni detriti di un palazzo, per salvare Thomas ›› Jillian si trascinò una mano sul volto ‹‹ per ora non sappiamo molto. Ma troveremo il modo per sapere dove sono gli altri immuni. Se Teresa si sveglierà senza danni pensanti, forse riusciremo a sapere qualcosa in più.

Ora dobbiamo concentrarci per recuperare il computer, prima che finisca nelle mani di Marie. ››


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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


‹‹ Secondo me è una pessima idea ›› mormorai per l'ennesima volta, nonostante fossi quasi certa che non mi avesse sentito nessuno a causa del frastuono causato dall'elicottero sopra il quale ci trovavamo.

Eravamo solo in quattro sopra quell'affare, oltre me e Newt, c'era Soraya, una ragazza Tedesca dall'accento piuttosto marcato.

Avrà avuto all'incirca quindici anni, poco più bassa di me, con la pelle pallida, candida e dei capelli biondo platino raccolti in una treccia che arrivava fino a metà schiena.

Nonostante l'aspetto da bambolina, era armata di un grosso mitra, con uno sguardo concentrato e pronta ad intervenire in qualsiasi momento. E poi, alla guida dell'elicottero, c'era Raphael, che fischiettava un motivetto che sembrava non avere fine.

Erano passate chissà quante ore da quando avevamo abbandonato l'Eden per intraprendere la missione di “recupero del computer principale”.

Un viaggio nel più totale silenzio da parte mia e di Newt, se non per le mie continue lamentele su quanto secondo me fosse una pessima idea.

Insomma: il computer si trovava all'interno della base della C.A.T.T.I.V.O. a Stowe Vermont.

Ed aveva l'aspetto di un comune computer! Chissà quanti diavolo di computer c'erano lì dentro.

Oltretutto, sicuramente, Marie aveva dato l'allarme su di noi, spedendo foto per riconoscerci e così via.

Avevamo la C.A.T.T.I.V.O. alle costole e praticamente ci stavamo gettando dentro la tana del lupo.

Come poteva essere una buona idea mandare proprio noi due in una missione del genere?

Non potevano mandarci Raphael, già che l'idea di metterlo all'interno di un'altra base era stata sua?

Va bene, l'aveva fatto per paura che potessero localizzarlo all'Eden, e prima di portarlo lì dentro aveva fatto in modo che nessuno riuscisse ad accenderlo... O qualcosa del genere.

Ma era comunque un rischio e ne era consapevole anche lui.

‹‹ Sta tranquilla, caspio, andrà tutto bene! ›› sbottò ad alta voce Newt, mentre si torturava le mani. Era più stressato lui che io. Infatti, quella era più una frase per convincere sé stesso che me.

Quello era stato il nostro discorso più lungo da quando eravamo usciti dall'Eden per intraprendere quella missione.

Non riuscivo a smettere di pensare al fatto che Newt, da quando si era “risvegliato” aveva cominciato a cambiare comportamento.

Il “forse è solo una mia sensazione” non reggeva più ormai, anzi, mi sentivo un'illusa a cercare di convincermi che fosse tutta solo una mia fantasia.

Quella notte avevamo dormito staccati. Lui non aveva chiuso occhio, tanto che era intento a fissare il soffitto come se stesse assistendo ad uno scenario interessante.

Avrei voluto infilarmi nella sua testa per capire cosa c'era che non andava.

Non voleva parlare, e se provavo ad intraprendere il discorso, si alterava e si staccava ancora di più da me.

I suoi occhi erano circondati da occhiaie profonde, causate dall'assenza totale di sonno.

Se non fossi stata sicura che ormai fosse un immune, avrei cominciato ad avere seriamente paura che quell'assenza di sonno lo portasse oltre l'andata ancora prima del tempo.

‹‹ Va bene, ma stai calmo ›› sussurrai, non essendo nemmeno sicura che lui mi avesse sentita.

Ma lo aveva fatto, perché mi rivolse un occhiata quasi pentita di avermi alzato la voce senza motivo. Mi guardò, sì, ma non fece altro. Continuava solo a stare seduto contro il pavimento, a torturarsi le mani.

Forse la missione in quel momento era un ottimo motivo di distrazione, e concentrarci su questa in qualche modo avrebbe permesso alle acque di calmarsi.

Ammetto che la cosa mi sembrava fin troppo semplice: dovevamo solo trovare quel dannato computer e recuperarlo.

‹‹ Ragazzi, tenetevi pronti ›› disse Soraya, caricando il mitra che teneva in mano.

Appena l'elicottero atterrò nell'hangar della C.A.T.T.I.V.O., Soraya si diede una rapida occhiata attorno e nascose il mitra dietro la schiena, passando a me e Newt un camice a testa.

‹‹ Fate attenzione, okay? per qualsiasi complicazione, abbandonate immediatamente la missione e correte verso di noi ››

‹‹ Bene così ›› rispose in modo secco Newt, dopo aver indossato il camice.

Scese dall'elicottero e mi porse la mano per aiutarmi a scendere, ma non la presi e scesi da sola, sistemandomi il camice addosso.

Soraya mi passò una cartellina con dei documenti pinzati a cui sinceramente non rivolsi nemmeno l'attenzione.

Strinsi contro il petto la cartellina, rivolgendo uno sguardo intimorito a Newt.

Nella mia testa continuava a ripetersi all'infinito la frase “non è una buona idea”, ed il mio istinto mi suggeriva di tornare nell'elicottero.

Ma la missione era importante, ed in ogni caso, nonostante il suo strano comportamento, non avrei mai lasciato Newt da solo.

Presi un grosso respiro e m'incamminai verso l'uscita dell'hangar, seguita da Newt, che sembrava trovarsi a suo agio nei panni dello scienziato della C.A.T.T.I.V.O.. Io, invece, mi sentivo come una scimmia ammaestrata, ma decisi di apparire il più naturale possibile.

‹‹ Sei nervosa? ›› domandò in un sussurro di punto in bianco. Il suo tono di voce era tranquillo e rilassato, con lo sguardo dritto davanti a sé.

‹‹ Un pochino ›› sussurrai a mia volta, abbassando lo sguardo mentre gli scienziati della base ci passavano accanto, così indaffarati nei loro lavori da non accorgersi nemmeno che eravamo lì.

‹‹ Non hai motivo di esserlo: basta che ti comporti in modo naturale. D'altronde, stiamo indossando i panni di ciò che eravamo prima, no? ››

‹‹ Mi sento un'idiota con questa roba addosso ›› sibilai, acchiappando un lembo del camice con fare piuttosto disgustato. Non mi sentivo per niente a mio agio e non riuscivo nemmeno a camuffare la cosa.

‹‹ Io ti trovo carina ›› mormorò Newt, abbassando la testa verso il pavimento in un movimento quasi timido

‹‹ Uhm? ››

‹‹ A me piaci ›› rispose di nuovo, con un tono basso, per poi rivolgermi una rapida occhiata ‹‹ sei carina vestita così ››

Lo guardai con la coda dell'occhio, sentendomi un po' a disagio a quelle parole. Mi stavo abituando a non sentirle più. Più che altro, mi stavo rassegnando, e sentirle in quel momento mi dava una strana sensazione che neanche sapevo come prenderla.

Decisi, così, di cambiare argomento. Sapevo che se gli scienziati avessero notato quel mio essere così impacciata avrebbero cominciato ad avere dei sospetti.

‹‹ Sai da che parte dobbiamo andare? ›› domandai, sistemando una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

‹‹ Continua a camminare e sta tranquilla ›› rispose, sfiorando la mia mano con la sua ‹‹ Jillian ha detto che si trova nell'area di controllo ››

‹‹ Quindi, da che parte andiamo? ››

‹‹ Non lo so ››

‹‹ È già un inizio ›› feci ruotare gli occhi. Quando tentò di afferrarmi la mano, sussultai e la ritrassi alla svelta, guardandolo come se avesse appena fatto l'errore più brutto della sua vita.

Così si fermò, allargando le braccia e facendole cadere di botto sui fianchi, causando un forte rumore.

‹‹ Okay, che caspio ti prende? ›› sbottò infastidito. Fortuna che nessuno ci prestava attenzione.

‹‹ Che caspio prende a me? Che caspio prende a te se mai! ››

‹‹ A me non prende proprio nulla ›› corrugò la fronte, poi si diede una rapida occhiata attorno ‹‹ facciamo che rimandiamo questa bella discussione a dopo? Non possiamo fermarci a parlare in modo tranquillo ››

‹‹ Sì, certo, dopo ›› mi guardai attorno, ignorando apertamente i suoi tentativi di attirare la mia attenzione per chiedermi cosa significasse quella frase appena detta, carica di sarcasmo e con una punta di astio.

Non volevo parlarne in quel momento, e non c'era effettivamente tempo da perdere.

In ogni caso, non ero io a dover spiegare il mio comportamento, ma lui.

Quello strano era lui, non io.

In quel momento era decisamente meglio focalizzarsi sul presente. Non era mia intenzione farmi beccare dalla C.A.T.T.I.V.O. all'interno della base, e se eravamo ricercati, avevamo pochissimo tempo. Potevamo essere beccati da un momento all'altro.

Cominciai a pensare ad un modo rapido per scoprire la posizione precisa della sala di controllo.

Era impossibile che quella base fosse esattamente come in quella dove eravamo noi. La nostra era la base centrale, quella era una periferica.

Per logica, essendo noi all'entrata, doveva esserci una piccola mappa che mostrava piano per piano ogni stanza.

Così mi misi in punta di piedi, poggiandomi al braccio di Newt, e diedi una rapida occhiata alle pareti.

Oltre le mille teste delle persone che camminavano con la testa china sui fogli che reggevano in mano, dopo aver guardato attentamente ogni singola parete, finalmente scorsi ciò che sembrava essere la mappa dell'edificio.

‹‹ Perfetto! ›› sibilai, per poi incamminarmi verso la cartina.

Sapevo che Newt mi seguiva a ruota – anche perché non poteva fare altrimenti –.

Diedi spallate un po' a tutti, fino a quando non raggiunsi la cartina. Era sbiadita e sicuramente non era mai stata cambiata da quando era stato aperto l'edificio. La mia unica speranza, era che la struttura non era stata modificata di recente, con l'aggiunta di qualche piano o lo spostamento di qualche stanza.

‹‹ Eccola qui! ›› dissi, indicando una stanza. Non era lontana da dove ci trovavamo noi, anzi.

Era praticamente sopra le nostre teste.

‹‹ Un giochino da ragazzi ››

‹‹ È troppo semplice, qualcosa non mi quadra ››

‹‹ Beh, vedi di fartelo “quadrare”, perché dobbiamo muoverci ›› brontolò lui, cominciando poi ad incamminarsi verso le scale che ci avrebbero condotti al piano superiore.

 

Il tragitto verso la sala di controllo era stato lungo e indisturbato. Circondato da un odioso silenzio da parte di entrambi e brevi sguardi. Volevo capire cosa c'era che non andava. Lo volevo davvero, perché mi sembrava di vedere il rapporto che avevamo io e Newt sgretolarsi senza alcun motivo, ed il fatto che stavamo ad una certa distanza proprio per non sfiorarci nemmeno ne era l'ennesima conferma.

Ma quella era colpa mia, dovevo riconoscerlo, ero stata io a spostare la mano poco fa.

Presi un respiro profondo, portandomi una mano sul braccio ed accarezzandolo in modo nervoso.

Tra me e me, mi stavo dando della sciocca. Dell'unitile e stupidissima sciocca.

Lo stavo condannando per una cosa che forse era solo nella mia testa.

In fondo se lui si comportava in modo “strano” sicuramente era solo per via dei ricordi che gli assalivano la testa.

Non doveva essere bello ricordare tutto ciò che aveva fatto prima del labirinto, sopratutto in modo confuso.

Non ci avevo mai pensato prima di quel momento. Forse, allora, quel silenzio che regnava durante il tragitto verso la sala di controllo non era poi così inutile.

‹‹ Liz ›› Newt mi diede un colpetto alla spalla per farmi capire che ormai eravamo arrivati.

In qualche modo doveva pur riuscire a catturare la mia attenzione.

Sollevai la testa di scatto, leggendo il cartellone appeso accanto alla porta, che oltretutto era aperta ed al suo interno non c'era nessuno.

Troppo facile. Troppo strano.

‹‹ Ed ora quale sarà? ›› disse guardandosi attorno ‹‹ ci saranno una ventina di computer qui dentro! ››

‹‹ Siamo soli. E questo non è normale. Nella sala di controllo ci deve essere sempre qualcuno ›› sussurrai, sfiorando la sedia sulla quale in teoria doveva esserci seduta una guardia.

In circostanze differenti, forse sarei stata sollevata del fatto che non ci fosse nessuno. Ma eravamo due infiltrati ricercati in una base nemica. Come poteva essere una cosa positiva l'assenza di una guardia?

‹‹ Sì, ma noi dobbiamo recuperare un computer, non testare il livello di sicurezza della base ›› mi fece notare Newt, sollevando l'indice come se volesse sottolineare quel concetto.

Decisi di dare ascolto a Newt e di ignorare il problema dell'assenza della guardia.

D'altronde ormai eravamo lì dentro, tanto valeva dare un occhiata per trovare il pc.

Mi passai nervosamente la mano tra i capelli, osservandoli tutti uno ad uno. Erano spenti, e l'unica cosa accesa all'interno della stanza erano gli schermi che mostravano le immagini trasmesse dalle telecamere.

Nonostante l'assenza della guardia, la vita nel laboratorio continuava indisturbata, come se nulla fosse.

Sembrava tutto normale, ma a me la situazione cominciava a puzzare di fregatura.

‹‹ Aspetta... ›› Newt interruppe il filo dei miei pensieri, sgranando gli occhi ‹‹ accendiamo tutti i pc! ››

‹‹ Perché? Vuoi vendicarti sulla C.A.T.T.I.V.O. facendo arrivare loro una bolletta salatissima? ››

‹‹ Il nostro pc è disattivo, ricordi? Raphael ha fatto in modo che il pc no potesse accendersi.

Quindi, logicamente, se accendiamo tutti i pc... ››

‹‹ Il nostro non lo farà ›› terminai la sua frase, sentendo un sorriso soddisfatto nascere sulle mie labbra.

Ero talmente concentrata a pensare ad altro che non avevo pensato alla cosa più logica da fare.

Newt annuì mettendosi subito all'opera.

Non lo dava a vedere, ma era chiaramente felice di aver trovato lui la soluzione al problema – benché fosse ovvia –.

In poco tempo, accendemmo tutti i pc all'interno della stanza.

Il problema era proprio questo: si erano accesi tutti, dal primo all'ultimo. E nessuno di questi rimase fermo alla schermata iniziale. Erano tutti attivi e funzionanti, pronti all'uso.

‹‹ Caspio... e ora? ››

‹‹ L'ho detto io che la situazione è anche troppo strana... ›› mormorai, guardandomi attorno come se mi aspettassi di trovare mille guardie pronte a spararci. Ma niente, nella stanza non era entrato nessuno.

Non poteva essere, quel dannato affare doveva trovarsi lì, non potevamo aver fatto un buco nell'acqua e la missione non poteva essere fasulla.

O forse sì?

Magari avevamo sbagliato a fidarci così ciecamente dell'Eden e magari quella era solo una vera e propria missione suicida.

‹‹ Magari non è più qui... pensando che avesse un malfunzionamento lo avranno buttato, o cose del genere ›› provò a rassicurarmi Newt, dopo aver sicuramente notato la mia espressione terrorizzata.

Ero cerca di aver sgranato gli occhi e di essere sbiancata di fronte all'eventualità che ormai fossimo spacciati.

‹‹ No, la C.A.T.T.I.V.O. non spreca niente, lo sai anche tu ›› mormorai con un tono tremante.

Dovevo calmarmi o sarei caduta nel panico.

Non era ancora successo niente, tutti continuavano il loro lavoro. L'unico fatto ambiguo era che in quella stanza eravamo ancora completamente soli.

Presi un respiro profondo, chiudendo gli occhi per provare a svuotare la testa.

‹‹ Allora, magari, non si trova più qui dentro. Magari in questa caspio di base hanno un'altra sala di controllo ›› provò ad ipotizzare. Ma quella era un ipotesi a vuoto.

Perché mai avere due sale di controllo quando quella base era piuttosto piccola?

E non potevamo certamente accendere tutti i computer della base solo per trovare il nostro.

No, c'era qualcosa che ci sfuggiva.

‹‹ Forse dobbiamo tornare indietro ›› proposi, ma Newt scosse la testa rapidamente

‹‹ Ci manderebbero a fancaspio per non aver chiesto informazioni più dettagliate prima di andare in missione ›› rispose, schioccando la lingua poco dopo come se stesse dicendo una cosa più che ovvia ‹‹ dobbiamo continuare a cercare. Non possono averci dato informazioni sbagliate, ti pare? E se ci hanno detto così poche cose è perché sicuramente è tutto ciò che sanno. Mi rifiuto di credere al fatto che ci abbiano presi in giro ›› l'ultima frase fu quasi un sussurro, come se stesse cercando di convincere più sé stesso che me ‹‹ non possono averci presi in giro... ›› ripeté.

Non sapevo nemmeno come consolarlo, visto che non ne avevo la certezza né per smentire né per confermare. Sapevo solo che era inutile stare lì dentro in silenzio a valutare la situazione.

Vero o non vero, dovevamo fare qualcosa.

Qualsiasi cosa.

Non potevamo certo prendere tutti i computer e portarli via, anche perché sarebbe stata una mossa alquanto inutile.

‹‹ Sai che c'è? Hai ragione. Andiamo fuori qui e cerchiamo un'altra sala di controllo. Non andrò via a mani vuote! ›› dissi con convinzione, attirando l'attenzione del ragazzo, che mi guardò come se fossi impazzita di colpo.

‹‹ E se non troviamo nulla? ››

‹‹ Almeno ci abbiamo provato ›› risposi, allontanandomi da lì ed abbandonando la stanza.

Tanto rimanere lì dentro senza fare nulla non avrebbe cambiato la situazione.

 

Salimmo le scale per salire al piano successivo, e lo percorremmo anche molto velocemente considerando che tutte le porte erano chiuse, e nessuna di quelle portava una targa accanto con scritto “sala di controllo” o “sala di controllo secondaria”. Erano vari laboratori di esperimenti sul virus, o di analisi dei risultati. Nient'altro.

Era stato un totale buco nell'acqua. L'unica cosa positiva era che non avevamo dato nell'occhio, ed eravamo passati come semplici scienziati.

Non potevo credere al fatto che la C.A.T.T.I.V.O. fosse stata così stupida da non accorgersi di due scienziati, solo perché questi erano stati troppo impegnati nel lavoro.

Mentre tornavamo indietro, Newt si fermò di fronte ad un vetro grossissimo che mostrava una stanza di esperimenti.

Al suo interno c'erano tre scienziati attorno ad un lettino, ed uno invece sistemava degli oggetti insanguinati all'interno di un vassoio metallico pieno di oggetti da chirurgo.

Non prometteva nulla di buono.

‹‹ Newt, andiamo, abbiamo ancora qualche piano da esplorare! ›› lo richiamai, ma in tutta risposta lui sibilò un “ssh!”, rimanendo concentrato sulla scena che aveva davanti.

‹‹ Andiamo via prima che ci becchino! ››

‹‹ Non è possibile... ›› rispose tra sé e sé, continuando a guardare la scena.

Era solo l'ennesimo esperimento, cosa c'era che lo stupiva tanto.

Per un attimo, data la sua espressione quasi ferita nel vedere quella scena, pensai che su quel lettino avesse visto Minho. Considerando che stava guardando quel vetro da prima di me, sicuramente aveva visto su chi (o cosa...) stessero lavorando. Sperai con tutta me stessa che non fosse così.

‹‹ Cos'hai visto? ›› domandai, affiancandomi a lui.

La sua mano tremava in modo incontrollato, la sua mascella era contratta.

‹‹ Newt? ›› provai a richiamare la sua attenzione, provando a prendergli la mano nella speranza che il mio tocco lo calmasse.

Invece afferrai l'aria, perché lui si spostò rapidamente e si avviò con passo sicuro verso la porta.

‹‹ Non posso permettere una cosa del genere, è disgustoso ed disumano! ››

‹‹ Newt! Che fai?! Fermo! ›› mi sporsi in avanti, ma prima che potessi afferrargli anche solo il camice per tirarlo verso di me, aveva già spalancato la porta e fatto irruzione nel laboratorio.

Non avevano un codice di sicurezza che fermasse le porte e le aprisse automaticamente come facevano nella nostra vecchia base.

Lì era quasi tutto manuale.

Sorprendentemente esitarono dall'attaccare subito Newt, forse proprio perché l'avevano scambiato per uno di loro.

Poi, di colpo, si avventarono tutti.

Feci per entrare dentro anche io per dargli una mano, ma rimasi immobile lì dentro quando vidi che Newt tirò fuori dalla tasca del camice una pistola.

La puntò contro gli scienziati e li fissò con uno sguardo acceso di rabbia e disgusto.

Ora gli scienziati erano tutti in cerchio attorno al lettino, impedendomi comunque di vedere chi ci fosse sopra.

Non ci vollero parole per far capire loro che non dovevano provare a fare una sola mossa contro di lui.

Rimasero così attorno al lettino, con le mani verso l'alto in bella vista.

Newt si chinò sul lettino, spingendo via dei macchinari che stavano lì attorno.

L'unica cosa che vedevo, era che su quel lettino c'era una coperta.

Non c'erano piedi che spuntavano fuori, il che mi rassicurò sul fatto che non ci fosse una persona adulta, o comunque un ragazzino.

Uno degli scienziati si mosse mentre Newt era intento a recuperare qualsiasi cosa ci fosse sul lettino, andando a premere velocemente un pulsante rosso che stava accanto al vassoio con gli oggetti.

Nell'aria riecheggiò il suono di un allarme.

Mi guardai attorno. Il colore bianco delle luci a led si tinse di rosso a causa della luce delle sirene.

‹‹ Okay, questo è il campanello che indica che il tempo è scaduto! ›› dissi tra me e me, poi il rumore di uno sparo.

Un suono che mi fece accapponare la pelle e mi riportò alla memoria ciò che volevo assolutamente scordare. Un tonfo al cuore.

Allarmata, feci per abbassare lo sguardo per guardare dentro il laboratorio, ma il tempo di abbassarlo che ci furono altri tre spari, che schizzarono il vetro di sangue.

Portai le mani alle labbra, sgranando gli occhi. Non c'era bisogno di urlare, e non dovevo farlo.

Newt corse fuori dalla stanza, col volto e gli abiti con qualche schizzo di sangue

‹‹ Via! Corri! ›› gridò, afferrandomi la mano, mentre con l'altra tenne stretto al petto ciò che sembrava essere un fagottino improvvisato.

‹‹ Hai sparato a quegli scienziati? Che caspio c'è dentro quell'affare?! ››

‹‹ Te lo spiego dopo, ora corri, maledizione! ›› sbottò, tirandomi via con sé.

Eravamo diretti verso l'uscita, e dietro di noi si sentivano i passi accelerati delle guardie.

Gli scienziati che ci vedevano erano chiaramente disarmati, ma gridavano indicazioni alle guardie che, se non ci sbrigavamo ad uscire, da lì a poco ci avrebbero riempiti volentieri di pallottole.

Era stata una corsa contro il tempo, e per fortuna eravamo solo al secondo piano.

Nonostante la mia nota pigrizia ed odio per le corse – sopratutto se c'erano delle scale di mezzo – riuscimmo fortunatamente a raggiungere l'hangar in tempo.

O almeno, la sua porta, che uno scienziato si stava affrettando a chiudere con una catena ed un grosso lucchetto.

Newt schioccò la lingua in modo scocciato, impugnando nuovamente la pistola tra le mani e puntandola contro lo scienziato lì davanti, che sbiancò come un fantasma alla vista dell'arma. Avrà avuto circa quindici anni, e mi fece una tenerezza assurda. Alzò le mani al soffitto. Sicuramente non voleva trovarsi lì dentro.

‹‹ Senti, pive, apri della caspio di porta prima che pianti una pallottola nel cervello. E ti assicuro che non è una bella esperienza. ››

‹‹ Io... ›› brontolò lui, ma Newt caricò l'arma, facendogli capire che non si sarebbe messo alcuno scrupolo nel sparargli.

Così, il ragazzo, nonostante sicuramente avesse ricevuto l'ordine di bloccare tutte le uscite, si affrettò a sbloccare la porta.

Appena lo fece, Newt gli puntò l'arma contro la schiena ‹‹ apri la porta. ››

‹‹ Hai le mani, puoi farlo anche tu! ›› sibilò il ragazzino, così Newt spinse la pistola ‹‹ Okay, okay, faccio io! ››

‹‹ Che bravo bimbo ›› appena il ragazzo aprì la porta, Newt lo spintonò con la pistola per farlo spostare, poi si girò verso di lui una volta sorpassato ‹‹ per sta volta, ti risparmio. Mi devi un favore, ragazzino. ›› disse, infilando la pistola in tasca e portando rapidamente la mano attorno al fagottino che stava reggendo in mano.

Poi corse verso l'elicottero, che era già a mezz'aria, pronta a partire. Lo seguii a ruota, rivolgendo una rapida occhiata verso il ragazzino, sorpreso di vedere come stavamo fuggendo indisturbati.

Appena salii, aiutata da Soraya, la prima cosa che ci accolse furono le mille domande da parte di quest'ultima. Raphael, invece, era troppo intento nella guida per prestare attenzione a noi.

‹‹ Come hanno fatto a non beccarvi? ›› domandai stupita, e la ragazza bionda scrollò le spalle.

‹‹ Non so se ai notato che in questa base non sono molto svegli. Avete recuperato il computer? ››

‹‹ Non abbiamo trovato nessun computer nella sala di controllo ›› ripose Newt, stringendo al petto il fagottino ‹‹ ma abbiamo trovato qualcosa di molto più importante... ›› cominciò a scoprire ciò che era avvolto nella coperta, lentamente e delicatamente, rivelando ciò che stava reggendo in braccio come se fosse un oggetto prezioso: un bambino.


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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Nessuno si capacitava del motivo per cui Newt avesse praticamente rubato un bambino dalla base.

Dopo avercelo mostrato, Newt era entrato nella modalità “balia”, per cui aveva messo categoricamente in chiaro il fatto che nessuno, su quell'elicottero, dovesse provare a dire una sola parola perché il nuovo arrivato stava dormendo e rischiavamo di svegliarlo.

Una volta tornati all'Eden, senza dare nessuna spiegazione e senza salutare, andò dritto a casa.

Chiaramente dovetti seguirlo, lasciando detto a Soraya di dire Jillian che purtroppo non avevamo trovato il computer, ma in compenso avevamo guadagnato un pargolo.

Appena entrati in casa, Newt andò a sedersi sulla poltrona, reggendo saldamente tra le braccia il bambino e guardandolo come se fosse la cosa più bella ed importante che avesse mai avuto.

Non lo nego, provai una punta di gelosia in quello sguardo, ma trovando la cosa assai ridicola, decisi di tenerla per me.

Mentre guardavo la scena da lontano, mi si formò una sorta di nodo allo stomaco: mi riportò alla mente il discorso affrontato sulla berga.

Andai accanto a lui, sedendomi sul bracciolo della poltroncina per non farlo spostare.

Newt alzò appena lo sguardo, incrociò per un breve istante il mio, ma poi lo riportò sul volto del bambino.

Lui dormiva, le sue guance erano rosee e piene, i capelli erano pochi, sicuramente per via dell'età, ma si vedeva che erano biondicci.

‹‹ Ora non ti fa tanto schifo essere così vicina a me? ›› domandò Newt, con una punta di sarcasmo nel suo tono di voce.

Sospirai, poggiando un braccio sulla sua spalla e chinandomi un po' di più a guardare il piccolo che dormiva. Faceva impressione, il suo petto a stento si sollevava. Sembrava essere più morto che vivo.

‹‹ Non mi ha mai fatto schifo stare vicina a te ›› risposi, trovandomi per qualche strano motivo un po' in imbarazzo.

‹‹ E allora perché diavolo hai fatto così nella base? ››

‹‹ Non ti rendi conto di come stai diventando? Sei scorbutico, scontroso, freddo e distaccato ››

mi guardò con la coda dell'occhio. Stava sicuramente scegliendo le parole adatte per rispondermi, poi probabilmente decise che era meglio lasciar perdere qualsiasi fosse la risposta che aveva studiato, passando ad una scelta secondaria.

‹‹ Non lo faccio apposta ›› disse semplicemente ‹‹ ho la testa incasinata, sono perennemente sovrappensiero per via dei mille cocci di ricordi che ho in testa. Sto ricordando molte cose... E fa tutto schifo ›› fece le spallucce, sistemando sulla poltrona. Si poggiò bene contro lo schienale, alzando la testa verso il soffitto, fissando un punto non preciso.

Capivo bene il casino che viveva dentro la sua testa, che era insopportabile, ma prendersela con gli altri era inutile.

‹‹ C'è dell'altro? ›› azzardai, notando la sua espressione assorta.

‹‹ Ho paura che questi ricordi possano rimpiazzare quelli della radura. Io non voglio dimenticare niente di quel periodo ›› accennai un sorriso. La vedevo dura dimenticarsi dei vari casini di quel posto. Niente potrebbe mai sostituire la radura, nemmeno la bellezza dell'Eden.

‹‹ Non accadrà ›› risposi, portando una mano tra i suoi capelli e giocando con qualche ciuffo di questi ‹‹ non puoi dimenticare un posto del genere. Hai passato diversi anni della tua vita lì dentro, Newt... ››

‹‹ E oltretutto non voglio ricordare niente di ciò che ero prima. Non m'interessa sapere come mi chiamavo, chi erano i miei genitori... Niente. Quel “vecchio me” è morto e sepolto. Lo sento ›› si picchiettò la tempia sinistra con l'indice, fissando un punto impreciso della parete davanti a sé ‹‹ il mio caspio di nome reale batte contro il mio cervello, vuole essere ricordato, ma io non voglio.

Quella vita non mi appartiene più ormai. Io sono Newt, non un altro caspio di pive corrotto dalla C.A.T.T.I.V.O. e costretto a lavorare a dei progetti per torturare altri pive della mia età e più piccoli.

Non voglio avere nulla a che fare con lui, anche se quel “lui” ero io. ›› scosse la testa, assumendo un espressione schifata ‹‹ non voglio avere a che fare col mio passato ››.

Era una contraddizione continua... o forse, semplicemente, ciò che ricordava non gli piaceva.

In effetti neanche io volevo avere a che fare con il mio passato. Dovevo guardare avanti, non piangere su ciò che ero e avevo prima.

Tutto ciò che stava ricordando poteva esserci utile, ma se aveva deciso di non voler ricordare, ero certa che Jillian potesse fare qualcosa per bloccare i suoi ricordi.

‹‹ In ogni caso, scusami. Non mi ero reso conto del mio comportamento da testapuzzona ›› alzò la testa verso di me, assumendo un'espressione simile a quella dei bambini quando sanno di aver fatto qualcosa di male ‹‹ sopratutto per la storia dei dolenti. Se non vuoi farlo, lo capisco. In fondo è come una missione suicida ›› sembrava che ora riuscisse a ragionare lucidamente, e ci avesse riflettuto attentamente per parecchio tempo.

Sapevo che ci teneva parecchio a quel progetto, e capivo la sua sete di vendetta.

Non l'avrei mai lasciato da solo. Odiavo la C.A.T.T.I.V.O. quasi quanto lui, perché mi aveva portato via praticamente tutto: La mia vecchia vita, i miei ricordi, la mia famiglia. E non parlo solo di quella vecchia, ma anche di quella “nuova”.

Alby è morto, Chuck è morto, Winston è morto, Minho e Thomas sono lontani da me, Teresa, beh, è in una sorta di coma, Frypan è chissà dove e non sono nemmeno sicura che sia ancora vivo, ed ho visto il mio ragazzo impazzire lentamente e morire davanti ai miei occhi.

Per non parlare di tutti gli altri radurai che sono morti, o comunque sono chissà dove.

Certo, ora Newt era lì con me, ma non era merito della C.A.T.T.I.V.O..

Newt aveva bisogno di vendetta per due validi motivi:

Per i suoi amici, e per ciò che ha dovuto passare a causa loro.

Così poggiai l'indice sotto il mento del ragazzo, facendoli sollevare il volto, per poi abbassarmi lievemente e baciarlo a fior di labbra.

Lui, sorpreso dal gesto, appena mi allontanai corrugò la fronte. Notai che sulle sue guance era comparso un lieve rossore, che mi provocò un sorriso spontaneo sulle labbra.

Dopo tutto quel tempo, non si era ancora abituato all'idea di certi gesti.

O forse era dovuto al fatto che non ci baciavamo da un po' e non se l'aspettava in quel momento.

‹‹ E questo cos'era? ›› domandò in una sorta di borbottio, causato sicuramente dal mio sorrisetto e dal fatto di essersi reso conto del rossore sulle sue guance.

‹‹ Il mio modo di dirti che sono con te. ›› risposi, facendo le spallucce ‹‹ Se vuoi creare i dolenti, o qualcosa di simile ma più potente va bene, hai il mio sostegno ››

‹‹ Davvero? ›› perché un tono tanto sorpreso? Per una volta che gli davo anche il mio supporto.

Forse era proprio quello che lo stupiva.

Così annuii, sorridendo di nuovo nel vedere quel sorriso sulle sue labbra.

Sapevo che lui avrebbe fatto lo stesso per me, per cui l'avrei sempre supportato.

Se quello doveva essere il nostro nuovo inizio insieme, allora era meglio farlo bene.

Poco dopo, il bambino diede una sorta di colpo di tosse, muovendo le piccole e paffute mani contro gli occhi ancora chiusi.
Allora Newt cominciò a muovere le braccia, come se lo stesse cullando. Avrei giurato che fosse una frana totale con i bambini, invece sembrava essere a suo agio con quella piccola creatura tra le braccia.

‹‹ Questo bambino è in pessime condizioni ›› disse con una voce assorta

‹‹ A me sembra in ottima forma ››

‹‹ Non lo è, gli stavano iniettando il virus nelle vene. Per chi sa quale stra maledetto motivo poi ›› schioccò la lingua, e prima che potesse aggiungere altro, il campanello della porta suonò e quasi mi assordò. Forse il volume di quell'affare andava abbassato di un bel po'.

Avrei giurato che quel suono così forte avesse svegliato il bambino, invece no. Dormiva che era una meraviglia.

Andai ad aprire, e proprio come immaginavo, mi trovai davanti un esemplare di Jillian in versione molto, troppo arrabbiata per i miei gusti.

Mi si gelò il sangue nelle vene per via del suo sguardo piuttosto nevrotico.

Per qualche strano motivo, mi ricordò vagamente Alby e i suoi modi di fare un po' da dittatore.

Poggiò una mano sulla mia spalla e mi spostò con la stessa facilità con cui si sposta una piuma, ed entrò a grandi passi in casa.

‹‹ Che diavolo ti è saltato in mente? Hai idea di quello che hai appena fatto? ›› gridò appena raggiunse Newt ‹‹ rapire un bambino dalla base della C.A.T.T.I.V.O. e sparare a quattro scienziati, Non avevi altro modo di attirare l'attenzione? ›› Sollevai gli occhi al soffitto, chiudendo la porta della casa. L'ultima cosa che voleva era fare show nel vicinato, anche se immaginavo che l'intera base era già al corrente della situazione.

‹‹ Abbassa il tono della voce. L'ho fatto per un ottima causa ›› rispose con calma, adagiando il bambino sulla poltrona e coprendolo con la coperta.

Si piazzò davanti a Jillian poco dopo, guardandola negli occhi. Comparve un sorriso sulle sue labbra, di quelli che la sapevano lunga su una determinata questione.

Ma Jillian sembrava irremovibile dalla sua rabbia, e la sua espressione non cambiò di un millimetro.

‹‹ Se pensavi veramente che avrei abbandonato un bambino sotto le grinfie della C.A.T.T.I.V.O. allora forse hai sbagliato a mandarmi a recuperare un caspio di computer che oltretutto non era nella sala di controllo! ››
Jillian sollevò lo sguardo e sospirò in modo frustrato, passandosi poi una mano sulla fronte.

Chiuse gli occhi, rivolendo lo sguardo a me come per chiedere il mio sostegno morale.

‹‹ È piccolo e lo usavano come cavia da laboratorio. Insomma, guardalo! Quella creatura avrà un anno, non di più, ed era stesa su un caspio di lettino pronto ad essere aperto in due dagli scienziati per mettergli chissà cosa. Oltretutto gli stavano iniettando il virus in vena. Jill, avrò creato dei mostri, ma io non sono uno di loro ›› si indicò, e la sua espressione mutò, assumendo uno sguardo serio e severo ‹‹ e non lascio un bambino nelle loro mani. ››

Jillian rimase immobile, a stento respirava ascoltando le parole del ragazzo.

Poco dopo, spostò lo sguardo sul bambino e si avvicinò a lui, prendendolo tra le braccia.

Newt non si mosse, ma la seguii con lo sguardo, pronto ad intervenire, mentre la ragazza osservava attentamente il bambino e gli sfiorava il volto con le dita.

‹‹ Questo bambino è il nuovo “prototipo” di soggetto ideale che la C.A.T.T.I.V.O. stava preparando dopo aver mandato Thomas nella radura. Non è altro che un orfano di una famiglia di spaccati.

Probabilmente la C.A.T.T.I.V.O. stava valutando quanto sopporta il virus in corpo, e se sopravvive allora ha passato la prova ed è ufficialmente il nuovo soggetto ideale. Se lo volevano aprire in due come una scatoletta, allora... magari volevano vedere come agisce internamente, o qualche altra stronzata del genere. In ogni caso va tenuto sotto controllo da vicino, non da qui ››

Newt mi lanciò uno sguardo quasi allarmato.

‹‹ Perché? ›› domandò poi ‹‹ potrebbe no- ››

‹‹ Non sopravvivere, esatto ›› terminò Jillian, poi la sua espressione di fece di compatimento ‹‹ alla base potremmo intervenire immediatamente in caso di arresto cardiaco. State qui, penseremo alla questione del computer più avanti. ››

Non era di certo d'aiuto a quella questione. La faccia di Newt sbiancò a quelle parole, e si passò nervosamente la mano tra i capelli.

Jillian, che sicuramente capì che forse non doveva dirlo, optò per uscire subito dalla stanza dopo aver sussurrato un “vi terrò aggiornati sulle sue condizioni”.

Volevo accennarle al fatto che Newt non volesse recuperare la memoria, ma decidetti di parlargliene in un secondo momento.

 

Il giorno seguente, Newt si svegliò all'alba e svegliò anche me. Tirò fuori la scusa che non vedeva l'ora di cominciare a lavorare, ma sapevo che in verità voleva solo andare a controllare le condizioni del bambino.

Infatti, una volta alla base, la prima cosa che fece fu andare a cercare Jillian.

Io, invece, appena varcata la soglia mi ritrovai Evangeline addosso che mi prese e mi costrinse a seguirla.

‹‹ Non correre! ›› brontolai, mentre la ragazza continuava a camminare con un passo accelerato che mi veniva fin troppo difficile reggere.

Era un caspio di passo da velocista, insomma, io ero solo una cuoca! O comunque una sotto categoria di tale.

‹‹ Almeno mi dici dove siamo dirette? ››

‹‹ Da Teresa! ›› rispose, girandosi per sorridermi

‹‹ L'hanno salvata? ››

‹‹ Più o meno. Ora vedrai ››

in poco tempo, infatti, raggiungemmo la sala di rianimazione.

Teresa era sdraiata sul lettino, attaccata ad un respiratore e con quattro aghi per braccio.

Era sveglia, ma aveva uno sguardo assonnato e la testa fasciata, la pelle pallida e piena di lividi fin troppo evidenti.

‹‹ Ehi ›› disse debolmente, dando poco dopo un colpo di tosse.

‹‹ Teresa! Sono felice di vederti! ››

‹‹ Beh, almeno tu lo sei. Mi fa piacere ›› rispose con un tono ironico, tirandosi su a sedere con una certa fatica. Sicuramente si riferiva a Thomas, per cui non le feci nessuna domanda.

Sapevo già com'era andata.

‹‹ Sai già com'è andata? ›› domandai, e lei soffocò una risata

‹‹ Mi chiedi se so di essermi sacrificata per Tom? Sì, lo so. E so che mi hanno praticamente resuscitata, anche se non mi capacito del come. Ma visto che qui si divertono tutti a giocare a fare Dio, preferisco non fare domande ››

‹‹ Già, scelta saggia ›› risposi nervosamente.

Thomas. Sempre Thomas. Morivano tutti per o per colpa di Thomas.

‹‹ Mi dispiace ›› aggiunsi poco dopo, e lei mi guardò, con lo sguardo di chi aveva già capito a cosa mi riferivo. E so che lei lo sapeva.

‹‹ Non fa niente. Tanto non mi avrebbe mai perdonata. In ogni caso, ora ha qualcun'altra con sé. Spero solo che non lo faccia mai soffrire ››

tra me e me mi domandai come facesse a non dare di matto, sapendo Thomas con Brenda.

Al posto suo sarei già impazzita, sapendo che la persona che amo è tra le braccia di qualcun'altra.

Ma forse lei si era già messa l'anima in pace con la storia del perdono.

Il mio odio nei confronti di Thomas continuava a crescere, sembrava fornirmi ogni giorno un motivo diverso. Eppure era strano: lo odiavo, ma mi mancava. Una cosa che non credevo fosse possibile.

Mi mancava... Mi mancava da morire. E la cosa ancora più strana, è che avevo veramente pochi ricordi insieme. Ma eravamo legati. O almeno, io ero legata a lui.

Sotto sotto mi chiedevo se anche lui sentisse la mia mancanza.

‹‹ Io ricordo tutto, ma lui non ricorda niente, per cui non potrà mai ricordarsi che mi aveva promesso che nonostante tutti lui mi avrebbe sempre creduta ››

‹‹ Thomas è un idiota, sai che novità ›› brontolai

‹‹ No! Non lo è! Fa solo ciò che ritiene giusto. ›› sbottò, guardandomi dall'alto in basso ‹‹ come fai a dire una cosa simile? ››

‹‹ Io... scusa. È solo che... Lascia stare ››

‹‹ Sì, è meglio ›› rispose seccata, accasciandosi di più sul lettino.

Lei sapeva che lui ormai era condannato a stare lontano da lei, e lui non sapeva quanto in verità avesse sbagliato.

La cosa che mi dava una magra consolazione, è che sarebbe rimasto per sempre col rimorso di aver ucciso il suo migliore amico e di non ave mai perdonato Teresa, e che ora non ne avrebbe più avuto la possibilità.

Decisi di uscire dalla stanza per lasciarla riposare.

Doveva essere spossata e stanca, non volevo che si affaticasse ulteriormente.

Andai in cerca di Newt, dopo che Ivan, uno degli scienziati di guardia alla stanza di Teresa, mi disse che Jillian e Nathan erano usciti dalla base per “una questione privata”.

Newt non era distante, ma qualche stanza più in là, sempre in rianimazione.

Era in piedi davanti ad un lettino fin troppo grande per quel bambino, che continuava a dormire beato.

Sentendo i passi, Newt si girò a guardarmi. Aveva un sorrisetto sulle labbra, e mi invitò ad avvicinarmi. Lo feci a passi leggeri, per evitare di disturbare il silenzio di quel posto.

Una volta accanto al ragazzo, legò un braccio attorno alla mia vita, sospirando.

‹‹ Come sta? ›› domandai, e Newt scosse le spalle

‹‹ È stabile. È un piccolo combattente, sapevo che ce l'avrebbe fatta. È un duro il piccoletto ››

‹‹ Ti somiglia ›› dissi d'istinto

‹‹ Davvero? ››

Annuii, allungando una mano per sfiorare quella del bambino. Piccina e morbida, la pelle tipica dei bambini piccoli ‹‹ Decisamente. Per caso mi hai nascosto di qualche tu amante nella base con la quale hai avuto un figlio, e questo è il reale motivo per cui hai preso il bambino? ››

Lui ridacchiò, scuotendo la testa ‹‹ No, figurati ››

‹‹ Ti somiglia così tanto che potrebbe chiamarsi Newt Junior. ››

Arricciò il naso e storse lievemente le labbra ‹‹ Veramente avevo in mente un altro nome ››

‹‹ Fammi indovinare ›› finsi di pensarci su, poi sollevai l'indice ‹‹ “Tommy” ››

‹‹ No, io pensavo a Chuck ›› spostò la mano attorno alle mie spalle, acchiappando una ciocca dei miei capelli per arricciarsela tra le dita ‹‹ è paffuto come lui. Se avesse i ricci sarebbe perfetto. ››

Non so perché, ma quelle parole mie diedero una strana sensazione.

Solo in quel momento, mentre guardavo quel bambino e l'associavo a Chuck, riuscii a sentire il vuoto che mi aveva lasciato quel bambino.

Mi si strinse il cuore, e dovetti rigettare le lacrime indietro prima di cominciare a piangere come una bambina. Era passato così tanto tempo e ci stavo ancora male.

‹‹ Liz? ››

‹‹ Sì, Chuck va bene ›› mi affrettai a dire, sorridendo poco dopo, nonostante in verità non ne avessi per niente voglia

‹‹ Spero che Jillian ci permetta di tenerlo qui ››

‹‹ Non dirlo così, non è un cane! ›› brontolai, incrociando le braccia al petto ‹‹ e comunque non credo abbia molta scelta. Di certo non lo riporterà alla C.A.T.T.I.V.O. ››

Evangeline, poco dopo, fece praticamente irruzione nella stanza colpendo accidentalmente una sedia che stava a pochi centimetri dall'entrata.

Non riuscii a capire se lo fece apposta per attirare la nostra attenzione e fosse una disattenzione dovuta all'euforia, ma aveva un sorriso a trentadue denti stampato sul volto ‹‹ Newt, Eli, venite! Questa non ve la dovete perdere! ›› disse, afferrandoci i polsi e trascinandoci via con lei, nonostante Newt cercasse di opporsi.


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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


‹‹ Calmati, ti prego! Non reggo il tuo dannatissimo passo da velocista! ›› brontolai, mentre Evangeline si affrettava a raggiungere l'uscita della base.

Aveva una certa fretta che non mi spiegavo, ed ero più che sicura che stesse nascondendo qualcosa.

Quando ci fermammo, mi aspettavo di trovarmi davanti la più bella sorpresa di sempre... invece, di fronte all'uscita, c'erano un mucchio di valige raggruppate.

Corrugai la fronte, e prima che potessi chiedere cosa fossero, il suo sguardo mi aveva già dato ogni tipo di risposta.

Se ne stava andando, e quella era una messa in scena per evitare che facessi storie.

Mi sorrise, come per chiedermi di capire la sua decisione. E la capivo, ma non riuscivo ad accettarlo. Non potevo farlo, e lei non poteva abbandonarmi.

‹‹ Sto partendo ›› disse, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio ‹‹ non ho più nulla qui, voglio staccare la spina da tutto questo. È troppo per me.

Tutto ciò che ti ho detto prima che salissi sulla berga, quando eravamo alla C.A.T.T.I.V.O... beh.. tutto quello era vero. Io non ho più niente. Non mi è rimasto niente... e voglio provare a costruire qualcosa lontano da tutto questo. Non voglio costringere nessuno a... beh... ››

‹‹ A fare la vita tra quattro mura come se fosse un topo da laboratorio? ›› suggerì Newt, guardando distrattamente altrove. Eva annuì, mordendosi il labbro inferiore.

‹‹ Lo sappiamo ›› continuò lui ‹‹ e hai il nostro supporto... o almeno, il mio ››

Sgranai gli occhi, guardando il ragazzo accanto a me. Aveva uno sguardo da “so come ti senti”.

Ma non poteva parlare per entrambi. Non in quel caso.

‹‹ No invece! Non è vero che non hai più nulla qui! Hai noi! ››

‹‹ Eli, ascoltami, ti prometto che ci sentiremo tutti i giorni, okay? Magari tornerò ›› fece le spallucce.

Perderla, forse per sempre, mi dava una bruttissima sensazione di vuoto nella quale non volevo assolutamente cadere. Prima Minho, poi lei.
Non avevamo passato poi così tanto tempo assieme da quando avevo memoria, ma sapevo e sentivo che c'era quella sorta di legame forte e stretto.

Insomma... semplicemente, non sopportavo l'idea di perdere qualcun altro.

‹‹ Non aspetti Jillian? ›› provai a domandare, nella speranza che l'assenza dell'amica l'avrebbe convinta a rimanere lì. Ma lei scosse la testa. Probabilmente voleva evitare di vederla proprio per quel motivo. Forse Jillian sarebbe stata l'unica in grado di farle cambiare idea, e lei voleva partire per lasciarsi tutto alle spalle.

‹‹ Allora io.. io vado ›› disse, sembrava quasi che volesse dire di più. Molto di più. Ma non era in grado di parlare. Aveva già detto abbastanza.

Mi avvicinai, abbracciando la ragazza, che però rimase rigida come un palo come se non fosse assolutamente abituata a certi gesti d'affetto. Appena mi allontanai, cadde il silenzio mentre lei fissava i miei occhi, dandomi un saluto silenzioso prima di allontanarsi lentamente.

La mia testa si scollegò, ed una parte di me si stava rimproverando pesantemente per il silenzio che mi ero quasi auto-imposta, mentre invece Newt la salutò per poi prendermi delicatamente la mano e trascinarmi all'interno della base. Non riuscivo a metabolizzare la sua partenza, sopratutto così improvvisa.

Non riuscivo nemmeno ad accettare l'idea di aver praticamente per l'ennesima persona nel giro di così poco tempo.

Ero talmente distante e distaccata dalla realtà che non mi resi nemmeno conto di camminare. Ero praticamente in trans, e tutto questo per evitare di accettare ciò che stava succedendo.

Stavo lentamente metabolizzando seriamente tutti gli ultimi eventi, e non era solo a causa della partenza di Evangeline, nonostante quello fosse la scintilla che accese tutti i miei pensieri.

Erano talmente tanti e giravano talmente in fretta che non riuscivo nemmeno ad afferrarli.

 

Quando Newt cominciò a schioccare le dita davanti alla mia faccia, a pochi centimetri dai miei occhi chiusi.

Sentii un improvviso peso sul petto, come se la gravità fosse improvvisamente aumentata e mi costringesse a stare con la schiena poggiata a quella superficie fredda sulla quale ero poggiata.

Quando riaprii gli occhi, fui invasa dalla forte luce della stanza.

Mi ritrovai a sobbalzare sulla sedia sulla quale ero seduta, come se fossi caduta dall'alto.

Mi guardai attorno. I suoni, che poco prima risultavano essere distorti e distati, ripresero il loro tono normale.

Da quanto tempo eravamo nella stanza di Teresa? Da quanto tempo ero seduta su quella sedia?

Non mi ero resa conto nemmeno di aver camminato fino a lì.

Mi sentivo intontita come se avessi dormito per ore intere, e non riuscivo nemmeno a spiegarmi il perché di quella sensazione. Le mie gambe formicolavano, così come le dita delle mani. La mia gola era secca, gli occhi bruciavano, il cuore batteva a mille.

‹‹ Ben tornata, cominciavo a prendere in considerazione l'idea di imbalsamarti ›› ironizzò Newt, trascinando una sedia accanto alla mia.

‹‹ Uhm? Perché? ›› corrugai la fronte. La mia voce risultava essere impastata e lievemente tamponata. Non capivo. Stavo sognando?

Newt fece le spallucce, poggiandosi alla sponda del letto che avevamo davanti.

Il letto di Teresa, vuoto e disfatto, con le lenzuola pulite e bianche come la neve candida.

‹‹ Dov'è Teresa? ›› domandai allarmata.

Lo sguardo di Newt s'incupì, trasformandosi poco dopo in quello di una persona palesemente preoccupata.

‹‹ Non ricordi? ››

‹‹ Cosa? Cosa devo ricordare? ››

‹‹ Teresa è-- ››

‹‹ Morta? ›› terminai la frase prima di lui, sentendo il cuore riprendere a battere alla svelta.

Fu una presa di coscienza così forte che mi fece mozzare il fiato in gola, e quasi sicuramente sbiancai.

Volevo urlare e piangere contemporaneamente, ma l'unica cosa che riuscii a fare fu cominciare ad annaspare in cerca di recuperare un minimo d'aria, dato che la mia gola era secca. Così secca che mi sembrava di rivivere il caldo soffocante della zona bruciata.

Mi portai rapidamente le mani tra i capelli, stringendoli come se fossi pronta a strapparli. Sentivo in bocca il sapore amaro del mio sangue, nonostante fossi certa di non essermi fatta nessun taglio, e tanto meno di essermi morsa. E gli occhi bruciavano da impazzire. Solo quando li chiusi e li strinsi mi resi conto di star piangendo come una bambina.

E solo quando la mano di Newt si poggiò su una delle mie e tentò di spostarle dai miei capelli, mi resi conto di avere la lingua tra i denti per non gridare. L'altra sua mano era legata attorno alla mia vita. Mi stringeva a lui, in un abbraccio che mi riportò alla memoria le mie perdite di coscienza quando eravamo nella radura. Tremavo come una foglia.

Nascosi il volto contro il suo collo, lasciando finalmente andare i miei capelli. Li stavo tirando talmente forte che ora, nei punti dove tiravo, sentivo la testa pulsare.

‹‹ Sh, ehi, va tutto bene ›› sussurrò Newt, con un tono dolce mentre dondolava lentamente in seguito al mio ennesimo singhiozzo nell'arco di pochi secondi. Era in piedi davanti a me e non m'ero resa conto.

Mi aggrappai a lui, cercando di capire se stessi dormendo o fossi svenuta, e quella era solo frutto della mia immaginazione.

Ma non poteva essere così, e una buona parte di me ne era perfettamente cosciente, mentre l'altra stava semplicemente cercando di illudersi che fosse possibile.

‹‹ Io non...››

‹‹ Va tutto bene ›› ripeté ‹‹ sono qui, Liz ››

chiusi di nuovo gli occhi, cercando di calmarmi attraverso il suo tocco. Provavo con tutta me stessa a ricomporre i pezzi di ciò che era successo, passo per passo, ma avevo come un blocco.

Un vuoto di memoria totale.

‹‹ Cos'è successo? ››

‹‹ A Teresa? ››

‹‹ Anche... ma intendevo, dopo che Eva è andata via... ›› sciolsi a malincuore l'abbraccio, anche se mi trovavo benissimo accoccolata a lui in quel modo. Ma mi resi conto di avergli bagnato il collo, e trovai la cosa un pochino imbarazzante, anche se lui non si lamentava.

‹‹ Sei semplicemente svenuta, non è una novità. Tu e Tommy potreste fare la gara di chi è svenuto più volte da quando vi conosco ›› provò a scherzare, dipingendosi sul volto un sorrisetto ironico ed inclinando la testa ‹‹ avrai avuto un crollo da stress. Non fartene una colpa ›› allungò la mano sulla mia guancia, accarezzandola dolcemente. Un gesto che mi provocò una strana sensazione allo stomaco. Ed era da un po' che non provavo la sensazione delle farfalle nello stomaco, dovevo essere sincera.

‹‹ Teresa quindi è...? ››

‹‹ L'hanno semplicemente portata in infermeria per un controllo, sta tranquilla ›› disse, assumendo quel tono di voce dolce e comprensivo ‹‹ ci sono stato anche io, poco prima che andasse Teresa.

Ho approfittato del fatto che fossi poggiata allo schienale della sedia e che ci fosse lei a controllarti.

Ehi, vuoi sentire la novità? Hanno detto che non sono più costretto ad usare la bombola dell'ossigeno ›› sollevò il volto con fare orgoglioso, mostrandomi poco dopo il braccio sinistro.

Era pieno di piccoli fori causati da delle punture ‹‹ Mi hanno dato un ciclo di punture per una settimana ›› i suoi occhi brillarono quasi di gioia, era come un bambino in un negozio di caramelle mentre guardava quel braccio martoriato dalle punture ‹‹ mi daranno delle cure tramite vena, in modo che il mio corpo si stabilizzi più velocemente. Dopo questa settimana, potrò interrompere definitamente con queste cose ››

Passai delicatamente l'indice sopra queste, e rimasi sorpresa nel sentire la sua pelle liscia, come se non avesse alcun tipo di traccia.

Quella notizia era positiva, e forse un'altra persona avrebbe gioito e festeggiato nell'esatto momento in cui lui pronunciò quelle parole, eppure mi trattenni.

‹‹ Potrai tornare a vivere come una persona normale? ›› domandai, e quasi esitai a chiedere.

Lui, semplicemente, annuii con aria soddisfatta.

Decisamente ero felice per lui, per noi. Finalmente le cose si sarebbero un po' stabilizzate.

Gli rivolsi un semplice sorriso, e prima che potessi aprire bocca, entrò Teresa in stanza.

Era seduta su una sedia a rotelle, spinta da una ragazza dai capelli neri a caschetto.

I suoi occhi erano cerchiati da due occhiaie, la pelle più pallida del solito ed un aspetto disastrato.

I capelli neri arruffati contribuivano a darle l'aspetto di una persona che ha fatto a botte con un gruppo di bulli.

Il suo volto era quasi terrorizzato, le unghie delle mani conficcate nella pelle sintetica del bracciolo della sedia a rotelle. Tremava.

La ragazza dietro di lei si spostò e le si posizionò accanto, aiutandola ad alzarsi per poi accompagnarla sul lettino.

‹‹ Che ha? Sembra appena uscita da un manicomio ›› domandò corrugando la fronte.

Newt non si era mai interessato veramente a Teresa o a tutto ciò che le riguardava. Forse lo chiese solo per un mio interesse, non di certo per il suo.

Lui odiava Teresa, e non si vergognava di nascondere la cosa.

‹‹ Poco dopo averle fatto la visita di controllo, gli scanner hanno individuato una sorta di chip impiantato nel cervello. ›› spiegò la ragazza, aiutando Teresa a sistemarsi sul lettino, che nel frattempo si guardava attorno con aria palesemente terrorizzata ‹‹ così, sotto la sua volontà, le hanno fatto un anestesia totale per operarla e rimuoverlo. Era ovvio che appartenesse alla C.A.T.T.I.V.O., e volevano assolutamente analizzarlo per capire di cosa si trattasse ››

‹‹ E l'hanno capito? ››

‹‹ Teresa si è svegliata di colpo e ha cominciato a gridare e colpire tutte le persone presenti in stanza. Ha cercato di strozzare uno degli scienziati, ma è svenuta prima di riuscirci ››

Un altro svenimento? Era una casualità o qualcosa di volontario?

‹‹ Capisco ›› disse Newt, girandosi verso Teresa.

Le labbra di lei erano serrate, il suo sguardo terrorizzato era fisso verso il soffitto.

‹‹ Sono riusciti a rimuovere il chip e a medicarla. La cicatrice dell'operazione si rimarginerà presto.

Di tutta questa storia, questa cosa è forse l'unico fatto positivo. ››

‹‹ Perché? ›› domandai, allarmata da quella frase.

La ragazza semplicemente scosse la testa, rimboccando le coperte a Teresa.

‹‹ Ricordate cos'è successo quando Teresa giunse nella radura del gruppo A? ››

‹‹ E come posso dimenticare il fantastico momento dell'inizio della fine? Peggio di un uccello del malaugurio ›› brontolò Newt, cominciando a guardare Teresa come se volesse metterle fuoco con lo sguardo. I vecchi rancori non li avrebbe mai messi da parte, ma doveva mettersi in testa che d'altronde Teresa era solo un tramite della C.A.T.T.I.V.O..

La ragazza, dopo aver sistemato le coperte, si passò una mano tra i capelli ‹‹ La usarono come una sorta di Oracolo, per avvertirvi di ciò che sarebbe accaduto da lì a breve. Ricordi, Newt? ››

L'espressione di Newt, improvvisamente, divenne gelida. Come se avesse già capito dove volesse andare a parare la ragazza che aveva di fronte.

Temevo di aver capito a pieno anche io, ma speravo vivamente di sbagliarmi.

‹‹ Cos'era quel chip? ›› domandò con un tono fermo.

Sapeva già la risposta, ma voleva sentirla da lei.

‹‹ Il problema non è il chip. Quello quando l'abbiamo trovato era già disattivo, sicuramente era così dal momento esatto in cui Teresa venne schiacciata dalle macerie. Ormai lei era fuori gioco, per loro, e probabilmente l'avrebbero sostituito una volta recuperata o qualche stronzata del genere.

O almeno, questa era ciò che pensavamo. Quando hanno tentato di rimuoverlo, questo si riattivò da solo. Ecco perché lei si svegliò. Il problema, comunque, è ciò che ha detto in quel momento... Crediamo che sia stata usata di nuovo come tramite. ››

Newt prese un respiro profondo, incrociando le braccia al petto ‹‹ Che ha detto? ››

‹‹ Che tutto sta per cambiare. E che stiamo per morire tutti ›› il suo tono si incupì ‹‹ ci hanno messo un po' ad estrarre il chip, ma ora lo stanno analizzando. Dicono che è di nuovo disattivo, ma sicuramente lo riferiremo a Jillian per vedere cosa fare al riguardo. Insomma... non possiamo sicuramente prendere la cosa sottogamba ››

‹‹ No, assolutamente. Io propongo di liberarci di Teresa ›› fece le spallucce ‹‹ un problema in meno, dico... ››

La ragazza lo guardò con gli occhi sgranati, con l'espressione di chi cercava di capire se fosse serio o meno.

In verità me lo stavo chiedendo anche io, anche se sapevo benissimo che sotto sotto lo pensava davvero, ma rendendosi conto di quanto quell'affermazione fosse inappropriata, cercò di camuffare il tutto con un sorriso ironico

‹‹ Avanti, era solo un idea buttata lì per ridere! ›› disse, con un tono scherzoso palesemente forzato, ma apprezzavo lo sforzo nel cercare di nascondere l'astio nei confronti di Teresa.

La ragazza sospirò, poi, pochi attimi prima che Newt tentasse di aprire bocca per dire qualcosa, cominciò a suonare la sirena.

Quel rumore non l'avrei mai sopportato, mi assordava ogni dannata volta.

Collegai subito il suono a quello della scatola, e quindi all'arrivo di qualcuno all'interno dell'Eden, per cui mi tranquillizzai... Eppure, l'espressione della ragazza davanti a noi era tutto fuorché tranquilla. Allora capii: quello era un vero e proprio allarme, non un suono d'avviso.

Newt mi guardò, sgranando gli occhi, e non ebbe nemmeno il tempo di chiedere spiegazioni che la ragazza davanti a noi corse fuori, sicuramente diretta alla sala di controllo per vedere cosa stava succedendo.

Inutile dire che fuori dalla porta c'era un grosso movimento di persone che correvano, sicuramente tutti diretti nello stesso posto.

Gli unici ancora immobili eravamo noi. Sentivo un grosso peso sul petto, ero indecisa su cosa fare.

Il mio sguardo si spostò su Teresa, che aveva ancora gli occhi puntati al soffitto, donandole uno sguardo inquietante.

‹‹ Io vado alla sala controllo ›› Newt fece per muoversi, ma Teresa si drizzò improvvisamente con la schiena e, lentamente, girò la testa nella direzione della porta.

Il petto si muoveva rapidamente su e giù mentre respirava pesantemente, come se stesse cercando faticosamente ossigeno, ma dentro quella stanza non ne avesse abbastanza.

‹‹ Loro ci hanno trovati ›› disse ‹‹ la C.A.T.T.I.V.O. è qui. ››


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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


Nel preciso istante in cui Teresa pronunciò quelle parole, ci fu uno scossone che mi fece quasi cadere a terra come un idiota.

La terra sotto di noi cominciò a tramare così forte che persino il lettino sulla quale era sdraiata Teresa si spostò di qualche millimetro, ed alcune cose caddero a terra, fortunatamente senza frantumarsi.

Credevo che lì sotto fossimo al sicuro, ma tutto d'un tratto mi resi conto di essere un topo in gabbia.

Realizzai che ci trovavamo chissà quanti metri sotto terra, e quella poteva diventare la nostra tomba definitiva.

Newt sgranò gli occhi, guardandosi attorno con aria perplessa, poi, il rumore di uno scoppio ci fece sollevare gli occhi al soffitto. Non avevamo la benché minima idea di cosa provocò quel suono, ma non avevo alcuna intenzione di scoprirlo.

Il suo sguardo cambiò, assumendo l'espressione di chi prese coscienza del casino in cui ci eravamo cacciati.

Schiuse le labbra, portando lo sguardo su di me. Era preoccupato, e si vedeva a metri di distanza.

‹‹ Vado a prendere il bambino, poi and- ›› lo interruppi, sollevando l'indice.

‹‹ Andremo via di qui. Sì, concordo, vai! ››

Annuì, facendo per andarsene, ma si fermò e mi indicò con fare minaccioso ‹‹ Ti prego, per una volta, cerca di non cacciarti in qualche guaio e sta qui! ››

sollevai gli occhi al soffitto, e prima che potessi risponderlo, lui andò via, correndo come non l'avevo mai visto fare. Non stava zoppicando come era suo solito fare, ma decisi di non soffermarmi a quel dettaglio, e piuttosto pensai ad aiutare Teresa, che tentava di rimettersi in piedi.

‹‹ Mi sento una larva ›› brontolò quando mi sporsi per darle una mano.

Lei afferrò le mie braccia e fece leva per scendere dal lettino, riuscendo a stabilire una sorta di equilibrio che le permise di non sporgersi fino a cadere.

Era complicato per lei, sembrava – e sicuramente lo era – totalmente destabilizzata, e certamente il pavimento tremante non era un aiuto.

Ma non l'avrei mai abbandonata lì. Non avrei perso un'altra persona per colpa della C.A.T.T.I.V.O..

Non mi disse grazie, ma i suoi occhi erano riconoscenti. Poco dopo, si fermò.

Il suo sguardo divenne perso e quasi terrorizzato, come poco prima.

Si girò a destra e a sinistra, rapidamente, frustandomi accidentalmente il volto con i capelli. Poi si fermò di nuovo, sollevando, poco dopo, il volto al soffitto e schiudendo le labbra.

Respirava velocemente ed affannosamente.

Le sue mani si strinsero attorno alle mie spalle. Riuscivo quasi a sentire le sue unghie contro la pelle, nonostante i vestiti.

‹‹ Loro sono qui... ›› sussurrò, poi corrugò la fronte, come se le sue parole non le sembrarono esatte ‹‹ ma non sono soli... ››

‹‹ Come? ›› domandai stupita.

Lei si indicò la tempia destra. Abbassò lo sguardo al pavimento, mentre i suoi occhi scintillavano per via delle lacrime che minacciavano di uscire ‹‹ loro sono nella mia testa... ›› disse con un tono strozzato ‹‹ telepatia ››.

Ero confusa. Credevo che avessero rimosso tutto... Anche se conoscendo la C.A.T.T.I.V.O., in effetti non c'era da fidarsi. Non c'era da fidarsi di nessuno.

‹‹ È come se qualcuno stesse cercando di infilarmi un chiodo nel cranio! ›› gridò di colpo, portandosi le mani contro le orecchie ‹‹ ed è lo stesso fastidio di quando qualcuno raschia le unghie contro una lavagna! È un interferenza! ››

Stava premendo le mani contro la nuca. La testa china, rivolta al pavimento, mentre gridava pieni polmoni. Una lotta contro sé stessa.

‹‹ Calmati Teresa! ›› gridai per sovrastare la sua voce, ma sembrava alzarsi ogni secondo di più.

Non capivo cosa stava succedendo, ma quando vidi Newt sulla soglia della porta che stringeva in braccio il bambino e mi faceva cenno di seguirlo, capii che quello non era il momento di chiederle spiegazioni.

Dovevamo andare via, ed il suono di assi che si incrinavano sopra le nostre teste ne erano l'ulteriore conferma.

Afferrai il braccio della ragazza e cominciai a tirarla. Che le andasse bene o meno, lei sarebbe uscita da lì con noi.

Smise di gridare e guardò la mano, poi si morse le labbra e il suo sguardo incrociò il mio.

Si tratteneva. Capì da sé che dovevamo uscire da lì, ma i suoi occhi continuavano ad esprimere dolore e terrore.

 

Cominciammo a correre verso l'uscita della base.

Correvamo così velocemente che mi venne in mente la zona bruciata, e quel posto, forse, cominciava ad essere messo veramente peggio di lì.

Sembrava una missione impossibile riuscire ad uscire da quel posto. Erano tutti terrorizzati, e tutti provavano a scappare.

In tutto questo, non c'era la singola traccia di Jillian o Nate.

Nessuna guida, e sembrava che nessuno fosse preparato per un piano di fuga.

Una volta raggiunta finalmente l'uscita sembrava semplice trovare la via per uscire dalla base, il problema era riuscire scavalcare tutte le persone che c'erano a terra.

Non c'era tempo nemmeno per soffermarsi a guardare la strage lì intorno:

Il terremoto fece crollare alcuni edifici e schiacciarono alcune persone.

C'erano cumuli di terra sparsi ovunque. Il cielo artificiale dava segni di interferenza, e c'erano alcuni grossissimi buchi che sprizzavano scintille elettriche.

Forse i botti che sentivamo erano causati dalle cadute dei pannelli del cielo.

La luce del sole era terribilmente innalzata e rossastra, donando a quello scenario l'aria di apocalisse.

Superammo tutta quella zona, fino ad arrivare a pochi metri dall'ascensore che doveva portarci fuori da lì.

Fu allora che Newt si fermò, accarezzando la testa del bambino, stretto a lui con il volto nascosto contro il suo petto.

‹‹ Dobbiamo trovare il modo per uscire da qui ›› disse Newt, con un tono di voce spezzato dalla fatica della corsa.

Rimasi sorpresa di come quel bambino rimanesse aggrappato alle sue braccia senza fare chiasso, lamentarsi o altro.

‹‹ Non possiamo prendere quella specie di ascensore – o qualsiasi cosa sia – dalla quale siamo arrivati? ›› propose Teresa-

Newt scosse la testa, osservando Teresa come per sgridarla di aver detto l'assurdità più stupida di sempre.

Ma non lo era, considerando che forse quella era l'unica uscita disponibile.

Ma c'era da prendere in considerazione il fattore scosse e gente agitata che girava a destra e a sinistra in preda al panico.

‹‹ Non abbiamo scelta ›› gli feci notare ‹‹ non ci sono scale per il piano superiore, e non possiamo arrampicarsi e scavare sul soffitto come una talpa, Newt... non abbiamo altra scelta ››

si morse il labbro inferiore, rivolgendo lo sguardo nella direzione dove stavano correndo tutte le persone che erano sopravvissute alla distruzione del posto.

Il problema, ciò che sicuramente lo frenava, era anche questo: quel posto stava cadendo a pezzi ogni secondo di più.

Non era per niente stabile, gli edifici crollavano ed ogni tanto si sentiva lo schianto lontano di qualche pannello. L'ascensore, in effetti, non era per niente sicuro. Proprio come non era sicuro rimanere fermi in un punto, rischiando che da un momento all'altro ci crollasse addosso un pannello.

‹‹ Dobbiamo andare. Se dobbiamo morire, tanto, moriremo in entrambi i casi ›› disse Teresa.

E Newt la guardò di nuovo male, ma la sua espressione cambiò in fretta, rendendosi conto che in effetti, in un modo o nell'altro, aveva ragione.

L'idea di essere su quel coso non faceva impazzire nessuno dei tre. L'unica tra di noi che non si curava di quella questione, era quel bambino spensierato che si guardava attorno senza comprendere veramente a pieno la situazione.

Per lui, sicuramente, era tutto un semplice gioco.

‹‹ Okay... andiamo. ›› disse semplicemente Newt, camminando a malincuore verso quell'ascensore.

 

Per riuscire a salire su quell'affare dovemmo fare a gara a chi riusciva a poggiare il piede sul pavimento instabile per primo, spintonandoci tutti come belve chiuse in gabbia.

Urlavano per la disperazione e per lo sforzo. Qualcosa, nella cittadina dell'Even, era esplosa e le fiamme si stavano rapidamente divorando ogni cosa che trovavano nel loro cammino.

Mi sentivo veramente cattiva a spintonare chiunque mi si parasse davanti e tentasse di prendere il mio posto per salire sull'ascensore, ma non avevo scelta.

Per non parlare del fatto che lì dentro si stava stretti, ed peso era sicuramente il peso era eccessivo. Infatti, mentre salivamo si sentiva lo sferragliare forzato e l'unica cosa a cui riuscivo a pensare, era “riusciremo mai ad arrivare in superficie?”.

Come se la situazione non fosse già tragica, l'ossigeno diminuiva ogni secondo di più.

Insomma... quell'ascensore era veramente piccolo... e lì dentro eravamo veramente troppi.

Ci scambiavamo sguardi stanchi e tristi.

Non volevo pensare a quelli che non erano riusciti a salire sull'ascensore, perché mi si stringeva lo stomaco solo al pensiero che probabilmente non erano sopravvissuti.

Ad un certo punto della salita, ci guardammo tutti con fare preoccupato.

Il calore stava aumentando, ed eravamo tutti piuttosto sicuri che non fosse calore umano.

Cercammo di mantenere la calma, nonostante fossimo certi che fossero le fiamme che erano riuscire a divampare all'interno del canale dell'ascensore. L'unica cosa che potevamo sperare è che la superficie non fosse troppo lontana.

Sapevamo di essere in trappola, ma contavamo sul fatto che quella fosse una struttura piuttosto solida. Una ragazza accanto a me, che avrà avuto circa undici anni, chiuse gli occhi e cominciò a pregare, trattenendosi dal singhiozzare.

La luce dell'ascensore lampeggiò più volte, il calore diventava sempre più insopportabile, ed appena si bloccò venne un sussulto di panico a tutti quanti.

‹‹ Okay, è finita ›› pensai. Newt afferrò la mia mano in quel preciso istante, come se avesse sentito i miei pensieri. La sua mano era sudata, ma non era di certo quella la cosa che mi disturbava, quanto invece cominciava a darmi sui nervi avere così tante persone attaccate a me, ai limiti dell'invasione dello spazio personale.

Poco dopo, la porta dell'ascensore si aprì.

Mi si riempii il cuore di gioia. Era troppo bello per essere vero, ma non ci fu bisogno di un pizzicotto sul braccio per rendermi conto che quella era la realtà. Bastò il panorama orribile del mondo esterno, divorato dall'eruzione.
Ci piombammo tutti fuori dall'ascensore, respirando a pieni polmoni. Non so agli altri, ma a me quasi si seccarono i polmoni a causa del calore esterno, che mi fece quasi rimpiangere il calore dell'ascensore.

Se prima, lì dentro, mi lamentavo della quasi assenza di ossigeno e del calore, lì fuori era una situazione ben peggiore.
La vampata di calore mi fece rimpiangere il paesaggio apocalittico che avevamo abbandonato lì sotto.

Una rapida occhiata attorno mi fece improvvisamente ricordare da cosa stavamo cercando di fuggire. Mi venne una morsa allo stomaco, un'improvvisa presa di coscienza.

Stavamo veramente vivendo una splendida bugia nell'Eden.

Ciò che mi fece accapponare la pelle, però, erano le auto in fiamme che avevamo davanti.

Auto che portavano il marchio della C.A.T.T.I.V.O. sulle fiancate.

Erano state distrutte, ma da chi? E perché?

Non c'erano solo auto, ma anche aerei e persone carbonizzate a terra.

Oltre ai veicoli distrutti, solo fuoco e fiamme, buchi enormi che sicuramente erano la causa della caduta di palazzi e pannelli.

Non sapevo se dovevo essere felice o meno della distruzione di quei mezzi, ma qualcosa mi diceva che dovevo preoccuparmi.

‹‹ Ho una brutta sensazione ›› sussurrò Newt a pochi centimetri dal mio orecchio. La sua mano era ancora stretta nella mia, e lo sentivo tremare per via della debolezza e della fatica.

Il suo respiro era pesante, ansimava come se avesse appena corso per chilometri. Non aggiunse altro, nessun tipo di spiegazione del perché avesse quella sensazione, ma il suo sguardo mi fece intendere che me le avrebbe date più tardi. Diedi una rapida occhiata a Teresa, che fissava spaesata le auto davanti a noi.

‹‹ Andiamo. ›› disse Newt, facendo qualche passo e tirandomi con sé ‹‹ Non è chiaramente sicuro qui. Non ci tengo a fare la stessa fine di quelle auto! ››

Ma dove voleva andare? In fondo eravamo praticamente nel bel mezzo del nulla, ed avevamo già accurato che la zona bruciata non era sicura. In più, con noi, avevamo un bambino piccolo.

‹‹ Non saremo al sicuro nemmeno più avanti, questo è certo ›› disse Teresa, ricevendo uno sbuffo da parte di Newt che lasciò decisamente intendere quanto cominciasse a dargli sui nervi.

Gli rivolsi un'occhiataccia veloce per fargli capire che doveva cominciare a trattenersi se volevamo rimanere tutti uniti, e non era il caso dividerci in quel posto.

Mi girai nella direzione in cui si erano raggruppate le persone che erano riuscire ad uscire dalla base, contandole con lo sguardo.

Ad occhio e croce, erano circa una sessantina. Sperai vivamente che ci fossero altri ascensori in giro e che c'erano altri scienziati da qualche parte, perché ero piuttosto sicura che l'ascensore dalla quale eravamo usciti noi, ormai, fosse fuori uso. Sopratutto per via delle fiamme che sicuramente avevano divorato i cavi elettrici man mano che noi risalivamo in superficie. Era già tanto se eravamo lì sani e salvi.

‹‹ Sentiamo, traditrice, cosa ti fa intuire questa cosa piuttosto ovvia? ››

Teresa fece ruotare gli occhi verso il soffitto, rivolgendo lo sguardo verso Newt, pronta a rispondere con un commento piuttosto spinoso, ma si trattenne. Probabilmente perché capii che non era il caso di cominciare a litigare in un momento così.

‹‹ Le auto e tutto ciò che stava utilizzando la C.A.T.T.I.V.O. per distruggere l'Eden è stato distrutto. Non mi stupirei nel scoprire che è opera del braccio destro... ›› si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, chiudendo gli occhi ‹‹ ma ad essere sincera, ciò che mi preoccupa di più è che sapessero l'esatta posizione della base ››

‹‹ Aspetta... il braccio destro? Ma non erano dalla stessa parte? ›› domandai confusa. Così, Teresa, fece le spallucce

‹‹ Probabilmente ora che il braccio ha Thomas crede di avere il coltello dalla parte del manico. Insomma, lui è il soggetto ideale ››

incrociai le braccia al petto, osservando Teresa. In tutta quella situazione, c'era qualcosa che non tornava. Era come se a quel puzzle mancasse un tassello piuttosto importante, ma non sapevo bene quale, e tanto meno da dove cominciare a cercarlo. E probabilmente non ero l'unica a pensarla in quel modo.

Sospirai pesantemente, dando un colpo di tosse poco dopo. I miei polmoni sembravano andare a fuoco ad ogni singolo respiro.

Newt abbassò lo sguardo sul bambino, ancora in silenzio. Rimasi nuovamente stupita nel notare la tranquillità di questo, sempre non curante della situazione.

Lo sguardo del bambino era rivolto verso le persone alle nostre spalle, così mi girai anche io.

Provai ancora quel forte senso di tristezza nel vedere che eravamo rimasti così pochi.

‹‹ Cosa faremo adesso? ›› domandai con un tono preoccupato, riportando lo sguardo su Newt.

Lui scosse la testa e scrollò le spalle, sospirando. Lasciò andare la mia mano per portarla tra i propri capelli, in un gesto spontaneo

‹‹ Non lo so, Liz. Siamo nel bel mezzo del nulla e si muore di caldo ›› poi rivolse una rapida occhiata verso le persone alle nostre spalle. Storse le labbra, sospirando ‹‹ e forse noi tre siamo gli unici di questo gruppo ad aver attraversato la zona bruciata... quindi in fondo siamo preparati ad una camminata nel bel mezzo del nulla e sotto il calore. Dovremo guidare noi questo gruppo ››

‹‹ Guidarli dove? Nel bel mezzo del nulla? Siamo già morti in partenza! ›› ci fece notare Teresa, distruggendo ed asfaltando le piccole speranze che Newt stava cercando di nutrire.

Era severa, ma aveva ragione. Non sapeva come muoverci o dove andare, non avevamo alcun modo di scoprire la direzione da prendere, e non sapevamo nemmeno dove ci trovavamo con esattezza.

Sapevamo solo che sotto di noi c'era la base dell'Eden ormai distrutta.

‹‹ Oh, grazie Teresa, sei sempre c- ››

‹‹ Sh! ›› sollevò l'indice, corrugando la fronte e sollevando lo sguardo verso il cielo.

Persino il bambino sollevò lo sguardo, ed improvvisamente la tranquillità che risiedeva nel suo sguardo si trasformò in agitazione.

‹‹ Lo sentite anche voi? ›› domandò Teresa in un sussurro. Pochi attimi dopo, sentii il rumore lontano di un elicottero.

Poi, un fischio sordo risuonò per tutta la zona, interrompendo bruscamente il silenzio attorno a noi.

Un rumore tagliente. Alzai lo sguardo nella direzione dal quale proveniva il suono.

Collegai quasi subito il suono all'oggetto che si avvicinava rapidamente al punto dove ci trovavamo noi. Era un missile. La cosa brutta, era che non riuscivo a vedere da dove stesse arrivando.

Sgranai gli occhi, e prima che potessi aprire bocca, Newt mi anticipò, cominciando a correre lontano dall'ascensore, tirandomi con sé e seguito da Teresa, a cui afferrai la mano per evitare di perderla di vista.

‹‹ Correte! Correte via da qui! ›› gridò per avvertire il gruppo, che fortunatamente lo sentì nonostante il casino causato dal missile.

Cominciarono tutti a correre, e quando il missile colpì l'ascensore, lo sbalzo causato dallo scoppio fece cadere a terra gran parte delle persone davanti a noi.

La terra tremò, e la polvere invase gran parte della zona. Non sapevo se ci fosse qualche ferito, ma noi tre – quattro, se contiamo il bambino – eravamo ancora in piedi, sebbene tossivamo per colpa della polvere. A pochi metri da noi, ci fu un altro scoppio. Poi un altro, un altro ed un altro ancora.

E con tutta quella polvere continuavamo a non vedere nulla. I miei timpani fischiavano e la vista era gravemente offuscata da tutta quella polvere.

C'erano feriti? Chi era caduto? Il gruppo era diminuito? Non sapevamo nulla. Sapevamo solo che noi eravamo ancora tutti insieme, per ora.


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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


Continuammo a correre senza guardarci indietro un attimo. C'erano scoppi ovunque, e le orecchie fischiavano a causa dei botti troppo forti. Non sentivo niente di ciò che gridava Newt, nonostante si trovasse a pochi centimetri da me. Stringevo le mani di entrambi per paura di perderli, e trasalivo ogni volta che uno dei due perdeva l'equilibrio.

Ma continuavamo a correre, senza neanche sapere dove eravamo diretti. Riuscivamo a vedere a stento le figure che ci correvano davanti, cadevano e si rialzavano. Ero certa che fossero decisamente diminuiti rispetto a prima, ma ero allo stesso tempo contenta che quelli fossero sopravvissuti.

Quando fummo abbastanza distanti dai bombardamenti, mi lasciai cadere sulle ginocchia per riprendere fiato.

Sapevo bene che quella non era la mossa giusta, perché probabilmente se stavano bombardando la base, era proprio per eliminarne ogni singola traccia, tra cui i membri. Ma d'altronde lì non c'era nessun posto dove nascondersi.

‹‹ E adesso che si fa? ›› domandò una ragazza di quel gruppo, rivolgendosi a Newt.

Lui si diede una rapida occhiata attorno, ma sapeva benissimo che ci trovavamo nel bel mezzo del nulla e che in qualsiasi direzione ci saremo girati, avremo cominciato a camminare verso l'ignoto.

Così, si sedette per riprendere fiato, facendo le spallucce nella direzione della ragazza.

Mi sedetti accanto a lui, poggiando la fronte sulla sua spalla.

Solo in quel momento sentii un lamento da parte del bambino. Un lamento che sembrò quasi trattenere, come se avesse paura di farsi sentire.

Si guardava attorno con un espressione terrorizzata, ed era più pallido di prima e stretto alla maglietta di Newt.

‹‹ L'unica cosa che possiamo fare, è provare a raggiungere la città più vicina ›› rispose un ragazzo, poggiandosi le mani sui fianchi

‹‹ Grazie, ma da che parte si va? In caso non l'avessi notato, siamo nel bel mezzo del nulla! ›› rispose sempre la stessa ragazza. E cominciarono a discutere, insultandosi pesantemente a vicenda.

Perfetto, eravamo fermi da cinque minuti e già si litigava per queste cose.

‹‹ Sento che la situazione peggiorerà in fretta ›› sussurrai, alzando lievemente lo sguardo verso quei ragazzi.

In momenti come quelli era facile perdere il controllo della situazione, e da un insulto passare alle mani.

Ciò che mi preoccupava, e che mi fece provare una sorta di sensazione di vuoto, era il fatto che ci ritrovassimo per l'ennesima volta in una situazione critica.

Eravamo un gruppo di ragazzini sotto il sole cocente, senza sapere bene cosa fare, dove andare e da chi dovevamo guardarci le spalle con più attenzione. Dalla C.A.T.T.I.V.O. o dal braccio destro?

Jillian e Nathan dov'erano in tutto questo?

‹‹ Sentite, calmatevi tutti. Non risolveremo nulla continuando a litigare come dei bambini.

Abbiamo già esplorato questa zona, seppure in volo, e c'è un piccolo paese protetto non troppo lontano da qui. A piedi dovremmo metterci circa cinque giorni di camminata, con un passo svelto e continuo ›› fu Justin a parlare.

Il mio cuore si rasserenò nel sentire la sua voce, così mi girai per guardarlo.

Aveva i capelli scompigliati, delle occhiaie e il volto pieno di fuliggine, lividi e graffi.

C'era George direttamente dietro di lui, che non era di certo messo meglio.

Newt si mise in piedi, dandomi una mano ad alzarmi. Guardò Justin con una certa titubanza, non era molto sicuro delle sue parole. Non si fidava di lui e non potevo di certo biasimarlo.

Sospirò con fare rassegnato ‹‹ sai da che parte andare? ›› domandò poi, ma lo guardò dall'alto in basso.

Justin, allora, portò lo sguardo nella nostra direzione, mordendosi il labbro inferiore e guardando George con la coda dell'occhio.

Lui, allora, prese un respiro profondo e si fece coraggio per parlare, evitando però ogni contatto visivo con Newt ‹‹ ho esplorato questa zona mentre stavo con gli spaccati. Non cammineremo del tutto alla cieca... ›› disse infine, cominciando ad avvicinarsi a noi ‹‹ più o meno.

Insomma, almeno so cosa aspettarci ››

‹‹ Bene così ›› rispose Newt, con un tono veramente scocciato dall'idea di seguire George.

Forse avrebbe accettato di dare fiducia a Justin, ma non a lui.

Poco dopo, in seguito a parecchi borbottii di massa, cominciammo a camminare sotto la guida del ragazzo.

Man mano che camminavano il cielo si riempiva di nuvole con una rapidità incredibile, come se qualcuno avesse spento la luce.

Sembrava un video con la velocità aumentata. Mi ero completamente dimenticata della rapidità col quale cambiava il tempo lì fuori.

La nostalgia mi pizzicò il cuore, e subito mi barcollò per la testa l'immagine dei radurai. Di tutti i radurai. E di Thomas.

Stava diventando il mio pallino fisso quel ragazzo, riusciva ad invadermi la mente con veramente poco. Continuavo a ripetermi che lo odiavo, ma c'era sempre quell'appiglio di affetto che mi legava a lui. Distrattamente, mi portai le mani tra i capelli, stringendoli lievemente come se volessi in qualche modo strapparmi via quei pensieri dalla testa.

Così, rivolsi uno sguardo rapido sia a Teresa che a Newt, chiedendomi se anche a loro mancassero tutti gli altri e se anche a loro quel cambiamento improvviso ricordasse la fase due dei test.

Eppure, le loro espressioni mostravano solo i segni della fatica che provavano nel camminare sotto quella pressione. Il vento, poi, cominciò a frustarci il volto, così Newt divenne troppo impegnato ad evitare che il bambino pigliasse freddo piuttosto che curarsi del tempo o dei possibili ricordi.

Solo quando cominciò a tuonare e a piovere alzammo il volto verso il cielo, in modo totalmente stupito.

Le gocce erano smisuratamente grandi, e quando picchiavano sul volto sembravano pezzi di grandine.

L'acqua, oltretutto, era bollente e puzzava. Non era quel piacevole odore di pioggia, ma una puzza di fango, uova marce e qualche altra cosa di veramente poco piacevole.

Dava il voltastomaco, e l'idea che eravamo lì sotto a farci una bella doccia di quell'acqua puzzolente non mi faceva saltare di gioia.
Nel giro di qualche minuto la pioggia cominciò a scendere in modo così costante e fastidioso che a stento si riusciva a vedere. Inoltre il rumore era così forte che non sentivamo nemmeno chi ci parlava accanto.

Questo, comunque, non ci impedii di vedere che la strada davanti a noi era bloccata da alcune macchine parcheggiate a ferro di cavallo davanti a noi, con i fari accesi in modo da rendersi totalmente visibili. Fuori da queste auto, c'erano delle persone con dei fucili puntati nella nostra direzione, pronti a fare fuoco in caso qualcuno di noi provasse a fare solo una mossa falsa.

Agitavano i fucili in modo minaccioso, ed anche se non sentivo una sola parola di ciò che diceva l'uomo che si avvicinava verso di noi, riuscii ad intuire che fossero delle minacce.

Sentii solo delle grida lontane.

‹‹ Fermi! ›› gridò poi una voce femminile, che riuscii subito ad identificare.

Era Jillian, che camminava in modo lento e tremolante.

Allora tutti abbassarono le armi, guardandosi in modo confuso.

‹‹ Sono... sono miei amici ›› disse di nuovo. Ma era quasi... spaventata. Appena fu più vicina, riuscii a vedere che il suo volto era segnato da una luna cicatrice che partiva dall'occhio sinistro ed arrivava fino all'angolo destro delle labbra. Ed era oltretutto una cicatrice fresca. Tremava, ma cercava di rimanere il più stabile possibile.

Raggiunse in poco tempo Justin e si poggiò alla sua spalla, guardandoci poco dopo uno ad uno. Pochi istanti dopo, Nate l'affiancò, legandosi il suo braccio attorno alle spalle.

‹‹ Jillian? Che ti è successo? ›› domandò Newt, e nonostante il suo tono di voce era sovrastato dal rumore della pioggia, Jillian riuscì a sentirlo.

I suoi occhi rosa sembravano dannatamente spenti, e una buona parte di me si stava domandando se quella pioggia non fosse troppo rischiosa per una come lei.

‹‹ La base... è andata totalmente distrutta, vero? ›› sussurrò.

Nate si morse il labbro inferiore, e tutti cominciarono a guardarsi in faccia, bisbigliando qualcosa che non riuscivamo ad afferrare.

‹‹ La base... ›› ripeté Jill.

‹‹ Sì, è stata totalmente distrutta. Siamo rimasti solo noi ›› rispose Justin.

‹‹ Piuttosto, dov'eravate voi? Eh? ›› emerse una voce dal gruppo, amara e severa, carica di odio e allo stesso tempo tristezza ‹‹ dov'eravate mentre noi cercavamo di fuggire? Mentre delle vite sono morte lì sotto! Siamo fuggiti dalla C.A.T.T.I.V.O. per poi essere sterminati nell'Eden? ››

‹‹ Chiudi la bocca Tracy! ›› sbottò qualcun altro.

Jillian a quelle parole sembrò sbiancare, così rivolse a Nate uno sguardo dispiaciuto e carico di sensi di colpa.

‹‹ Siamo andati a Denver per incontrare alcuni colleghi infiltrati al braccio destro ›› cominciò a spiegare Nate, mentre Jillian si massaggiava le tempie ‹‹ Mentre parlavamo, una televisione locale ha mandato in onda la notizia che alcuni aerei in volo erano stati abbattuti. Poco dopo un anonimo ci ha mandato un messaggio, riferendoci che la base era sotto attacco, poi c'è stata una sorta d'interferenza, e abbiamo praticamente perso conoscenza ››

‹‹ Quindi vi hanno teso un imboscata? ›› disse Newt, cercando di fare una sorta di riassunto della storia.

Nate, semplicemente, fece le spallucce.

Non era ancora chiaro come avessero trovato la base, a me, in verità, sembrava tutto troppo strano.

Doveva esserci qualcosa che ci sfuggiva. Automaticamente, portai lo sguardo sul bambino, che continuava ad essere spaventosamente calmo.

‹‹ E loro chi sono? ›› domandò George, riferendosi alle persone in macchina

‹‹ Colleghi ›› rispose semplicemente Jillian, raddrizzandosi con la schiena ‹‹ avanti... salite sulle auto, non è sicuro stare così esposti. Il braccio destro ci sta dando la caccia. Trovate il modo di stare nelle auto e vi porteremo fino all'aeroporto più vicino, così da spedirvi poi in altre basi o... oppure... non lo so. Facciamo che ci studiamo un piano mentre siamo in viaggio ›› la sua voce tremava dal nervoso, era palesemente turbata.

Poi, poco dopo, ricordai. In quel momento, realizzai che Eva era partita in aereo.

Mi pietrificai sul posto, non rendendomi conto che Newt mi stesse sussurrando qualcosa all'orecchio.

Notai che tutti si stavano muovendo in direzione delle auto, ma Newt, io e Teresa, restammo immobili.

Jillian sembrò non rendersene nemmeno conto, e tanto meno Nate, che si guardava attorno con uno sguardo amareggiato. Se Eva aveva preso un aereo, allora era morta.

Non riuscivo a metabolizzare bene quella notizia, o comunque ad accettarla.

Non poteva essere morta. Non potevo averla persa sul serio.

Newt mi afferrò la mano, stringendola saldamente nella mia. Quando si abbassò di colpo per farmi scudo col suo corpo, tornai alla realtà.

Mi resi conto che sopra le nostre teste stavano lampeggiando delle luci.

Le gocce di pioggia brillavano come tanti piccoli diamanti lucenti, ed il suono fastidioso dell'acqua fu interrotto dal rumore delle eliche di un elicottero in movimento. Le auto davanti a noi sgommarono, accelerando di colpo ed allontanandosi rapidamente.

Non capivo. Provai ad alzarmi, ma Newt mi impediva di muovermi.

Fui sorpresa del fatto che, nonostante tutto, Newt avesse costretto ad abbassarsi anche a Teresa e a non allontanarsi troppo.

‹‹ State giù! ›› gridò, per farsi sentire bene nonostante il rumore dell'elicottero che si abbassava sempre di più.

‹‹ Alzate le mani e tenetele bene in vista! Siete sotto tiro, al primo movimento apriremo il fuoco! ›› disse una voce ad un megafono.

Alzai lievemente la testa, il tanto giusto per poter guardare davanti a noi.

Davanti a noi, c'erano ancora Jillian e Nate, immobili a fissare l'elicottero.

L'espressione di Jillian era seria e sicura di sé, mentre invece, Nate, aveva le labbra schiuse e sembrava essere sbiancato.

‹‹ Alzate le mani al cielo e promettiamo di non fare fuoco! ›› ripeté l'uomo al megafono ‹‹ questo è l'ultimo avvertimento! ›› appena l'uomo terminò la frase, Jillian sollevò le braccia verso il cielo e fece un passo in avanti.

Sentii il rumore dell'arma da fuoco che si caricava, e quando pensai che il problema sarebbe stato uno sparo da parte di quell'uomo, ne sentii uno alle mie spalle.

Chiusi gli occhi, stringendomi in me stessa. Qualcosa di bollente mi passò accanto. L'aria attorno a noi, di colpo, si scaldò. Sentii Newt trasalire, ed il mio cuore cominciò a battere velocemente.

Alzai allarmata il volto verso di lui. Era contratto e spaventato allo stesso tempo, ma stava bene.

Anche Teresa sembrava stare bene. Così, portai lo sguardo davanti a me.

Nate aveva gli occhi sgranati, mentre invece, Jillian aveva ancora quell'espressione seria ed impassibile, con le braccia sollevate verso l'alto.

Poco dopo, lei, cadde a terra e cominciò ad essere mossa da spasmi.

Nathan si chinò rapidamente, cercando di tenerla immobile mentre si muoveva in quel modo incontrollato.

L'aria si riempì di un forte odore di marcio, e nonostante il rumore dell'elicottero, riuscii a sentir Jillian tossire, per poi vedere uscire del liquido argenteo dalla sua bocca. Mercurio.

‹‹ L'ho colpita! ›› gridò un ragazzo alle nostre spalle.

‹‹ Bel lavoro, ragazzi! ›› disse la voce al megafono ‹‹ prendete anche gli altri quattro. Loro verranno con noi alla base. ››

Newt si drizzò con la schiena, sbuffando in modo infastidito.

Il ragazzo dietro di noi ci aveva raggiunti, e puntava un arma contro la schiena di Newt.

Gli afferrò le spalle e lo fece alzare, ridendo con fare piuttosto soddisfatto ‹‹ alza le braccia al cielo, ragazzino! Non mi metterò problemi a colpire anche te! ›› in poco tempo, fummo accerchiati da altri tre di loro. Uno per ognuno di noi. Altre tre persone scesero dall'elicottero per andare a recuperare il corpo di Jillian.

Ciò che mi fece gelare il sangue, però, non fu essere accerchiata da delle persone che mi stavano ammanettando e costringendo a salire su un elicottero per portarmi chissà dove, ma fu vedere che una delle tre persone che stavano scendendo dall'elicottero, era Brenda.

Distolsi lo sguardo quando uno di quei ragazzi armati mi diede una spinta per farmi camminare verso l'elicottero, che nel frattempo aveva toccato terra per farci salire.

‹‹ Muovi il culo! ›› mi spronò uno di loro, puntandomi l'arma alla schiena e premendola in modo insistente.

Il sangue mi stava ribollendo nelle vene al pensiero di aver rivisto proprio il suo viso.

E l'avrei riconosciuto tra mille.

Diedi una veloce occhiata a Teresa appena salii sul veicolo, ma sembrò non farci caso, o forse, semplicemente, era ancora leggermente scossa.

‹‹ Non ci posso credere ›› sussurrò Newt, con la mano piantata sul volto ‹‹ siamo finiti di nuovo nella tela del ragno ››

‹‹ Che cosa faremo adesso? ›› rispose Teresa con un sussurro a sua volta

‹‹ Odio ammetterlo, ma non ne ho la più pallida idea ›› concluse Newt, fissando le persone che salivano a bordo del veicolo.

Nate si sedette accanto a lui, raggomitolato in sé stesso, col volto pallido e gli occhi sgranati.

Tremava come una foglia, trasalendo quando le persone col corpo di Jillian gli passarono accanto.

Brenda guardava dritta davanti a sé mentre camminava, non osando incrociare lo sguardo di nessuno di noi.

Una ragazza armata ci rivolse un occhiata, scrutandoci con lo sguardo uno ad uno, poi guardò in direzione del pilota e sorrise.

‹‹ AB 1 a bordo ›› disse ‹‹ possiamo tornare alla base. ››  


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Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


Il tempo sembrava essersi fermato.

Fissavo il corpo esanime di Jillian mentre Teresa, Newt ed il piccolo Chuck sembravano aver trovato abbastanza calma per poter dormire.

Anche Nate era sveglio, e come me, fissava il corpo di Jillian, mordendosi nervosamente l'unghia del pollice.

In lui vedevo il rimorso che provava per non aver fatto nulla.

Forse anche lui non riusciva a levarsi dalla testa l'immagine della ragazza che cadeva a terra colpita da quel proiettile. E poi Brenda....

Come poteva aver fatto una cosa simile?

Se prima non la sopportavo, ora cominciavo a nutrire un odio profondo nei suoi confronti.

Dove eravamo diretti? Anche gli altri scienziati erano diretti nella nostra stessa direzione, vittime di qualche imboscata? Saranno state le tre di notte quando quell'affare finalmente atterrò con uno scossone.

Nate girò lentamente gli occhi nella direzione del portellone, ma nessuno lo aprì.

‹‹ Senti qualcosa? ›› domandai, ma scosse la testa

‹‹ Non sento niente. So che però non siamo alla base. Credo si siano fermati per dormire, la base del braccio destro è lontanissima da qui. Probabilmente ora chiameranno lì per parlare del bambino ›› rispose, indicando Chuck con la testa.

‹‹ Il bambino? ›› corrugai la fronte.

‹‹ Quel bambino è il loro nuovo soggetto ideale, sai... Il soggetto AB1 è lui. Non ho la benché minima idea di cosa ne vogliono fare, ma sono piuttosto convinto che non sarà nulla di buono.

Non c'è mai niente di buono in ciò che fanno questi bastardi. Nessuna buona intenzione ›› sussurrò con tono rassegnato.

Quando provai a dire qualcosa per ribattere, il portellone dell'elicottero si aprì di scatto e Brenda entrò, sedendosi davanti a me e masticando a bocca aperta una gomma.

Il rumore mi dava sui nervi.

Si sistemò in modo da avere il volto davanti al mio. Sentire il suo respiro a pochi centimetri da me mi dava il voltastomaco. Mi guardava con aria di sfida, e non sapevo cosa mi stesse trattenendo dal tirarle un pugno in quella faccia da caspio che aveva.

Dio, quanto la stavo odiando.

‹‹ Ciao Elizabeth ›› disse sorridendomi con quel finto tono cordiale.

‹‹ Brenda. ›› risposi semplicemente.

‹‹ Sai, non avrei mai pensato che saresti riuscita a sopravvivere in mezzo agli spaccati.
Credevo fossi morta, un po' come la tua amichetta Teresa. Ma sono piuttosto felice che non lo siate. Thomas ne sarà contento... Credo ››

‹‹ Non far finta che te ne fotta effettivamente qualcosa. Sei un egoista patentata e lo sei sempre stata, per questo sei qui. Cosa vuoi fare? Vantarci come premio per la cattura? O vuoi vantarti della tua abilità nel dire le bugie? Cosa ci ha guadagnato nel fingerti dalla nostra parte? Soldi? Gloria? A me fai solo schifo. Sul serio. Mi fai schifo e pena. ›› fu un vomito di parole così spontaneo che quasi mi stupii di tutto ciò che dissi. Lei si morse il labbro, assumendo un espressione pentita che, sulle prime, poteva sembrare davvero sincera.

Se non fosse che poco dopo fece le spallucce, facendomi ricredere immediatamente.

A lei non gliene fregava niente di nessuno, se non di sé stessa, e la cosa mi faceva pensare che lei era proprio come la C.A.T.T.I.V.O.

Egoista e crudele, capace di vendere persino la sua anima pur di salvarsi il culo.

O forse l'aveva già venduta?

‹‹ Non ci ho guadagnato nulla, non volevo fare nulla di male ›› disse infine, alzandosi in piedi.

‹‹ Sì, certo ›› sussurrai, ma lei non mi sentì – o forse mi ignorò –.

Poggiò una mano sul braccio di Jillian, osservando la ragazza in modo interessato.

Le vene sul braccio di questa ora erano particolarmente visibili e color argentato, donandole un aspetto veramente inquietante e surreale. Non sapevo se fosse una cosa normale, ma certamente non era bello da vedere.

Nate la seguì con lo sguardo, ma non mosse un solo muscolo. Si limitò a guardarla con un espressione rassegnata, e quando Brenda si girò, incrociando i suoi occhi, lui guardò altrove come se avesse paura.

‹‹ Oh, Nate... ›› disse Brenda, senza terminare la frase.

Lui sospirò pesantemente, ma non le rispose e tanto meno le diede chissà quale attenzione.

Schiuse lievemente gli occhi, puntando lo sguardo sul pavimento.

Brenda, allora, sospirò anche lei, facendo le spallucce.

‹‹ Comunque ›› cominciò a parlare, portandosi una mano tra i capelli ‹‹ Quando ci rimetteremo in viaggio,ci vorranno poche ore per arrivare alla base.
Proverò una gran pena per voi, quando il braccio destro vi prenderà e comincerà a fare i test. Farà veramente molto male, e magari, alcuni di voi non sopravvivranno. Ma per voi non è una novità, no? ›› si girò a guardarmi, sogghignando, poi fece balzare lo sguardo da Newt a Teresa, riportandolo poco dopo su di me ‹‹ d'altronde, alcuni di voi dovevano essere già morti. Ma sta volta nessuno vi salverà. ›› e, poco dopo, guardò Nate. ‹‹ Nessuno. ›› concluse, mentre lui sospirò.

 

Come disse Brenda, quando ci rimettemmo in viaggio, ci vollero poche ore a giungere fino alla base.

Appena atterrammo nell'hangar, fummo scortati all'interno della base e chiusi tutti cinque dentro una piccola stanza che, al suo interno, aveva solo quattro sedie.

C'era solo una piccola lampadina che penzolava sopra le nostre teste, emettendo una debole luce che bastava appena per guardarci negli occhi.

Appena i miei amici furono svegli, raccontai loro della breve chiacchierata con miss sono-una-bugiarda Brenda, provocando in Teresa uno sbuffo solo al sentirla nominare.

Newt non ha mai provato chissà quale dose di simpatia nei suoi confronti (non che fosse una novità), ma quella questione gli fece accapponare la pelle dal disgusto.

Nate stava ancora in silenzio, guardandoci uno ad uno con un espressione apatica.

Teresa lo indicò con un cenno della testa, guardandomi come per chiedermi “cos'ha?”, ed in sua risposta, feci le spallucce.

Non lo sapevo davvero. O meglio, potevo immaginare che fosse ancora per la morte di Jillian, ma date le occhiate strane di Brenda, riuscivo a capire che c'era qualcosa di molto più scuro dietro tutta quella questione.

Sotto sotto, non mi sarei stupita nel scoprire che lui, un po', era complice e si sentisse veramente in colpa.

‹‹ Senti un po', Mister blu. Cosa ne pensi di tutta questa situazione? Sei l'unico che non ha ancora detto una sola caspio di parola ›› disse Newt con un tono accusatore.

Sicuramente stava nutrendo i miei stessi sospetti, ma andarci in modo un po' più pacato non avrebbe fatto male. Ma era stanco di tutte le prese in giro, e stava bramando la libertà.

La vera libertà.

‹‹ Penso che faccia schifo ›› rispose lui in un sussurro così basso che a stento si sentì.

‹‹ Riduttivo ››

‹‹ Ma è la verità ››

‹‹ Perché non hai fatto niente quando Jillian è stata sparata? ››

‹‹ Newt! ›› lo riprese Teresa, e lui, in sua risposta, schioccò la lingua.

‹‹ Chiudi la bocca, traditrice, non metterti in mezzo! ››

‹‹ Non volevo beccarmi una pallottola anche io! ››

‹‹ Oh suvvia, non fa poi così male ›› ironizzò, ruotando gli occhi ‹‹ Scommetto che a voi computer poi non fa un caspio. Aspetta, ma se vuoi, possiamo chiedere a Jill – Oh, già, è morta! ››

Nate lo fissò in silenzio osservandolo con gli occhi che brillavano.

‹‹ Mi fai pena ›› concluse Newt, guardandolo dalla testa ai piedi ‹‹ dopo tutto quello che ha fatto per noi, per te. Non hai mosso un dito per darle una mano ››

‹‹ Newt, finiscila ›› dissi, interrompendo le sue parole prima che potesse dire anche solo un'altra frase che, nonostante avesse ragione, non avrebbe portato a niente di buono.

Lui mi guardò con la coda dell'occhio, ma non riprese a parlare.

Sapeva bene che tanto non avrebbe concluso niente. Eravamo in trappola e lo saremo rimasti, ed in ogni caso, demolendo Nate psicologicamente non avrebbe comunque riportato in vita Jillian.

Un suono di interferenza risuonò in modo fastidioso, facendomi portare le mani contro le orecchie nel tentativo di tapparlo. Era come se mi stessero strizzando il cervello.

‹‹ Soggetto A5, adesso entreranno due addetti alla sicurezza a prelevare il soggetto AB1. La preghiamo di collaborare e di consegnare il bambino, o in caso contrario ne subirà le conseguenze ››

chiunque stesse parlando dall'altra parte del megafono, la sua voce era alterata e modificata, ma era palese che fosse una donna.

Neanche il tempo di rispondere, che la porta alle nostre spalle si aprì, facendo entrare una luce accecante – o forse, semplicemente, i nostri occhi si erano già abituati all'oscurità di quella stanza –.

Immediatamente, la mia attenzione venne catturata da Newt che crollava a terra senza emettere nemmeno un suono. In compenso, dato che il bambino cadde a terra e batté la testa, cominciò a piangere.

Non era stato colpito dagli uomini che avevano appena varcato la soglia, ma bensì da Nate. Le sue mani erano circondate dal delle scariche elettriche che ricadevano a terra, illuminandole di una luce blu che scintillava.

Gli uomini puntarono le armi contro me e Teresa, caricandole per farci segno che non si sarebbero messi problemi a spararci e, nel frattempo, Nate prese in braccio il bambino.

‹‹ Scusami, Newt, ma ho delle questioni da sbrigare. ›› disse infine, uscendo molto lentamente dalla stanza ‹‹ assicuratevi che le scariche elettriche non lo uccidano, poi abbandonate la stanza.

Oh, e non permettete alle due ragazze di uscire, o pagherete la loro fuga con la vostra vita. ›› disse infine, andando via poco dopo.

Non mi stupii per niente il suo tradimento. E da lì, capii che allora se il braccio destro aveva trovato l'Eden, allora era stato proprio lui a tradirci. Ma perché mai aveva fatto una cosa del genere, se era stato anche lui a creare quel posto? Perché mai era arrivato al punto di tradire praticamente sé stesso?

Newt emise un gemito indolenzito, mentre la sua schiena si inarcò violentemente all'indietro, per poi raddrizzarsi poco dopo con uno schiocco.

Prese un grosso respiro, e per pochi istanti i suoi occhi si girarono, diventando completamente bianchi. Mi si accapponò la pelle a quella vista, ma quando tornò normale e poggiò una mano sul petto, mi rassicurai.

Si rimise in piedi, e gli uomini caricarono nuovamente le armi. Newt allora li guardò con aria di sfida, ma non mosse un muscolo.

Lentamente, gli uomini cominciarono ad uscire, assicurandosi comunque di averci sotto tiro con le loro armi.

Man mano che loro si avviavano verso l'uscita, cominciarono a sentirsi dei passi svelti che rimbombavano nel corridoio, come se qualcuno stesse fuggendo da qualcosa.

Poi, all'improvviso, i passi si interruppero. Gli uomini si girarono entrambi alla loro destra.

‹‹ Ehi! Salve, scusate, credo di essermi perso, potete darmi una mano da ritrovare la strada? ›› e poi, due colpi di arma da fuoco.

Dal modo in cui quelle due persone caddero a terra in preda a degli spasmi, dalla rette elettrica che circondò i loro colpi, capii che furono di lanciagranate.

‹‹ Fate veramente schifo nel dare le indicazioni ›› disse infine, scavalcando le due persone facendo attenzione a non essere colpito dalle scariche elettriche.

Il volto di Newt si illuminò di un sorriso alla vista dell'amico che entrò dentro la stanza, caricando in modo fiero quel lanciagranate che reggeva saldamente tra le mani.

A me, invece, venne l'impulso di corrergli incontro e toccargli la faccia per assicurarmi che quello non fosse un sogno. Ma, conoscendolo, avrebbe cominciato a lamentarsi.

‹‹ Salve faccia di sploff ›› disse Minho, poggiandosi il fucile sulla spalla ‹‹ è bello rivedervi. Almeno, la maggior parte di voi. E con la maggior parte, ovviamente, escludo Teresa. A te avrei preferito non vederti ›› corrucciò le labbra, guardando la ragazza, che si limitò a sollevare la mano ‹‹ E, amico, ti voglio bene, ma se non la smetti di infilarti negli edifici sbagliati giuro che prendo a calci quel bel culetto da biondino. E sono ancora arrabbiato con te per avermi cacciato via, quindi, in teoria, ti meriteresti di stare qui. ››

‹‹ E in pratica? ›› domandai, assumendo un tono provocatorio che gli fece storcere il naso. Aveva un aria stanca, ma mi sorrise.

‹‹ In pratica è meglio che muoviamo il culo ››


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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


Rivedere Minho, e sentire la sua voce, fu come un tuffo nel passato ed un ritorno a casa dopo tanto tempo. Oltre al fatto che ci aveva appena salvato il culo da quelle persone. Gli corsi in contro, cogliendolo abbastanza di sorpresa con un abbraccio che, sulle prime, sembrava non sapere nemmeno se ricambiare o meno. Era il solito Minho.

‹‹ Ohw, ecco, impara Newt! Dovresti fare così quando non vedi i tuoi amici da tanto, non cacciarli via! ››

‹‹ Chiudi il becco, Minho ››
‹‹ Oppure “Grazie Minho per averci salvato il culo” ››

‹‹ Potete smettere di litigare per un caspio di secondo e pensare al fatto che dobbiamo uscire da qui? Se scoprono che Minho ha steso le guardie ci friggono il cervello! E quelle scariche elettriche non li terranno paralizzati ancora per molto! ›› sbraitò Teresa, stringendosi le braccia attorno al petto.

‹‹ Per prima cosa, il nostro gergo non fa per te. Seconda cosa, per quanto mi faccia schifo darti ragione... hai ragione ›› Beh, era un passo avanti.

Teresa fece ruotare gli occhi verso il soffitto, mentre Minho, invece, scioglieva l'abbraccio e ci fece cenno di seguirlo.

Aveva già cominciato a camminare, quando Newt diede un finto colpo di tosse per attirare la nostra attenzione.

‹‹ Aspetta! Io devo recuperare il bambino! ››

‹‹ Il bambino? ›› domandò Minho, tornando indietro e sgranando gli occhi ‹‹ che bambino? ›› indicò prima lui, poi me, spalancando la bocca ‹‹ che caspio avete fatto in mia assenza? Ehi, ma poi, non ci vogliono circa nove mesi per far nascere un rampollo? Sono diventato zio? Oh no, aspetta, in teoria fratello maggiore. Dovevate adottarmi. Mi avete mentito! Solo perché sono un po' cresciuto ››

‹‹ Ti sto per tappare la bocca con un calzino puzzolente di una delle guardie. ›› sbottò Newt, massaggiandosi le tempie come se le mille domande di Minho gli avessero provocato il mal di testa.

Così, prima che a Newt venisse l'impulso di stendere l'amico con un pugno, mi intromisi nel discorso.

In effetti non potevamo andare via senza il bambino, sopratutto se non sapevamo con precisione cosa gli avrebbero fatto.

‹‹ Nathan è andato via con un bambino in braccio. No, Minho, non è chiaramente nostro figlio.

È uno dei soggetti dei test... Storia lunga, ti spiegheremo più avanti, ma dobbiamo ritrovarlo e portarlo via con noi ››

Minho assottigliò lo sguardo.

Per un attimo, pensai che stesse ragionando sul posto dove avrebbero potuto portare il piccolo, ma invece storse il naso e scosse rapidamente la testa, trasformando la sua espressione in una confusa.

‹‹ Chi caspio è Nathan? ››

neanche il tempo di rispondere che partì subito la sirena d'allarme.

Vidi Newt che si tirò leggermente le punte dei capelli, sussurrando un imprecazione.

Quello era il campanello d'allarme che ci diceva che il tempo delle chiacchiere era terminato... il problema, era che il bambino era ancora distante e non sapevamo come andarlo a recuperare.

‹‹ Sentite, mi dispiace per il bambino, ma qui non possiamo rimanere! ›› disse Minho, alzando la voce per farsi sentire, poi afferrò la mia mano e guardò gli altri due ‹‹ dobbiamo andare via da qui o ci impallineranno senza troppe preoccupazioni su chi ha il culo più bello. E, scusate, ma il mio è – ››

‹‹ Abbiamo capito Minho, corri! ›› sbottò Newt, afferrando – contro la sua volontà – la mano di Teresa per assicurarsi di averla con sé.

Per un attimo mi sorpresi di quel gesto, poi ricordai che forse l'aveva fatto più per me che per un interesse personale.

Sapeva che non avrei sopportato la perdita di qualcun altro.

‹‹ Conosco una piccola scorciatoia. Spero che non vi faccia schifo la puzza di benzina ››

corrugai la fronte e lo guardai, arricciando il naso.

“Non fare domande di cui non vuoi sapere veramente la risposta” mi dissi, e poi, dopo essere stata nella tana di Gervaso e Rose, l'odore di benzina era un profumo privilegiato.

 

Praticamente, dopo una lunga corsa nei corridoi, Minho ci fece passare in quello che a prima vista sembrava l'entrata del condotto di areazione. Invece si rivelò essere un passaggio per le fogne che, a detta sua, ci avrebbe condotti più avanti verso l'hangar.

Nella mia testa mi domandai a che caspio servisse una grata contro il muro che dava alle fogne.

O meglio... Ex fogne, ora utilizzati come canali per tenere la benzina che poi sarebbe finita nelle berghe e negli elicotteri del braccio destro.

Avevamo i piedi immersi dentro questa. Sperai che nessuno pensasse che ci siamo cacciati lì dentro, perché se qualcuno avesse provato a sparare contro il liquido, saremo esplosi in meno di qualche secondo.

Ma non potevano essere così suicidi, sarebbero morti con noi.… Anche se d'altronde stavamo parlando del braccio destro.

‹‹ Okay, mentre stiamo andando fuori da questo buco di posto, qualcuno di voi tre dell'Ave Maria potrebbe farti la cortesia di spiegarmi perché siete ricercati da metà mondo – o comunque ciò che ne resta –? ››

‹‹ Siamo fuggiti dalla C.A.T.T.I.V.O. ›› tagliai corto. Non mi andava di raccontargli proprio tutto per filo e per segno. Non lì dentro, visto che non ero poi così certa che non potessero sentirci.

Per quello che ne sapevo, potevano avere telecamere ovunque, ed in quel momento magari ci stavano tenendo d'occhio e ci tendevano un imboscata alla fine delle fogne.

‹‹ Sì, questo lo so ››

‹‹ Possiamo parlarne più tardi? ››

‹‹ Ehm, ragazzi... Siamo sicuri che non ci stiano seguendo? ›› domandò Teresa, come se vi avesse letto nella mente poco fa.

‹‹ è una cosa che dovrei chiedere a te, traditrice. Chi ci assicura che non sei stata mandata dalla C.A.T.T.I.V.O.? ››

‹‹ Te lo assicuro io, è con noi ›› rispose Newt, sorprendendomi per la seconda volta ‹‹ per ora ›› aggiunse alla fine.

Come non detto, sorpresa finita.

Allora, Minho, sbuffò quasi infastidito e guardo l'amico.

‹‹ Comunque, non vengono qui perché non c'è via d'uscita qui. È un vicolo cieco, in teoria siamo spacciati e la puzza di benzina ci stordirà al punto di svenire e morire ››

‹‹ Oh, grazie, praticamente siamo venuti qui per suicidarci? ›› rispose Teresa, stringendosi nelle spalle e guardando il liquido che ci bagnava le spalle ‹‹ tutto questo casino per scappare dalla C.A.T.T.I.V.O. per poi morire dentro delle fogne. Che schifo... ››

‹‹ Hai ben poco da lamentarti per quanti riguarda le morti penose ›› rispose Newt, lanciandole un occhiata sarcastica ‹‹ ringrazia che non crolla il soffitto ››

‹‹ E tu che non ci sparino ›› controbatté Teresa.

Il loro non era un tono di sfida, ma piuttosto scherzavano. Tirai un sospiro di sollievo, forse la loro convivenza forzata poteva portare qualcosa di positivo.

Una tregua dall'odio che si stava creando, voluto dalla C.A.T.T.I.V.O..

‹‹ Ed io che non cerchino di trapassarmi da parte a parte ›› aggiunsi, sentendo poco dopo la mano di Newt stringersi attorno alla mia. Cominciava quasi a diventare una situazione piacevole.

‹‹ Ed io di non soffocare per la puzza. Son sopravvissuto alla puzza di un gruppo di radurai sudati, con i calzini puzzolenti e a cui faceva schifo la doccia, non posso permettermi di morire qui sotto›› rispose Minho. Mi domandai se lui fosse al corrente della morte temporanea di Newt e Teresa ‹‹ comunque, non moriremo qui sotto, perché in verità c'è una botola in superficie che da direttamente all'hangar. Solo che tutti credono che è stata sigillata tempo fa, quando invece Jeorgino caro l'ha gentilmente spaccata ›› aggiunse, fermandosi e volgendo lo sguardo verso l'alto.

‹‹ Aspetta... Jorge? ›› Newt trasalì, fermandosi a pochi centimetri dall'amico ‹‹ Jorge sa che siamo qui? ››

‹‹ Certo che Jorge lo sa, chi credi che mi abbia avvisato? ››

‹‹ E ti fidi? ›› domandò Teresa, rivolgendomi uno sguardo poco sicuro su cosa dire.

Per lei era come camminare sulla brace bollente.

‹‹ Mi fido di lui, sicuramente più di quanto mi fido di te ››

‹‹ Teresa ha ragione. Minho, Jorge lavorava per la C.A.T.T.I.V.O.... ››

C'era un piccolo spiraglio di luce poco sopra la sua testa, così alzò le braccia e cominciò a fare leva, spostando quello che sicuramente era il coperchio della botola di cui parlava. Il rumore che fece quando si poggiò a terra fu talmente forte da rimbombare tra le pareti delle fogne.

Minho si girò a guardarmi con la coda dell'occhio, quasi fulminandomi ‹‹ Anche tu. ›› rispose, riferendosi a ciò che dissi poco prima, poi fece un piccolo balzo e poggiò le mani si bordi dell'uscita della botola, fece leva ed uscì completamente.

Lo ammetto, c'ero rimasta parecchio male. Era un modo per dirmi che non si fidava più neanche di me? Che gli avessero detto qualcosa di negativo sul mio conto?

Newt lo fulminò con lo sguardo e chiuse gli occhi, sospirando rumorosamente.

Sapevo che stava pensando al fatto che anche lui avesse lavorato per l'associazione, ma sicuramente aveva paura di dirglielo. Mi guardò con la coda dell'occhio, storcendo le labbra.

Probabilmente la mia espressione era cupa, o qualcosa di simile. Così, si chinò lievemente, accennando un sorriso nel tentativo di far apparire il mio.

Spostò una mano sulla mia guancia, lasciando una carezza ‹‹ ehi, io mi fido di te ›› sussurrò.

Gli sorrisi, poi alzai lo sguardo Minho che, per attirare la nostra attenzione, diede un colpetto di tosse. Le sue braccia sporgevano dalla botola, pronto a dare una mano per uscire da lì.

‹‹ Scusatemi, ma sapete, il braccio destro ci metterà meno di due minuti a capire che siamo qui. Hanno le telecamere anche nei bagni di servizio! ››

Newt sbuffò e si avvicinò alla botola, facendomi cenno di avvicinarmi.

‹‹ No, prima facciamo uscire Teresa ›› dissi, guardando la ragazza.

Non era molto convinta, ma non sarei uscita prima io.

Lei era ancora un po' scossa ed instabile, per quanto fosse notevolmente migliorata. Ma preferivo non correre rischi, e sei braccia d'aiuto erano meglio che quattro.

Mi misi davanti a Newt, e quando Teresa si mise tra noi, porgendo le braccia a Minho, lo aiutai a sollevarla.

Minho la afferrò e la trascinò il tanto giusto per farla poggiare ed uscire con le sue stesse forze, poi fu il mio turno, ed infine toccò a Newt, che a differenza nostra, gli bastò fare esattamente come Minho per uscire da lì. Fortuna che il “tetto” delle fogne non era troppo alto.

Una volta nell'hangar, vidi la berga di Jorge.

Era pulita come non l'avevo mai vista.

Lui era seduto sulla rampa, con la testa china sui piedi. Sembrava leggermente scosso, ma in quel momento non feci nessuna domanda. Non sapevo nemmeno se potevo fidarmi di lui. Mi sentivo tradita.

‹‹ Eccoci! ›› gridò Minho, attirando l'attenzione dell'uomo

‹‹ Era ora, Hermani! Correte dentro, prima che corrano qui. Non voglio ripetere l'esperienza della fuga. ›› gridò a sua volta Jorge, entrando dentro la berga.

Prendemmo un grosso respiro e cominciammo a correre verso questa.

Pochi metri ci dividevano dalla rampa, e riuscimmo a dimezzarli in pochissimo tempo.

Sentimmo il rumore delle porte metalliche che si aprivano alle nostre spalle. Eravamo consapevoli che qualcuno era appena entrato nell'hangar, ma decidemmo di non girarci.

Sopratutto se quel qualcuno non aveva ancora sparato, o gridato, o fatto qualsiasi cosa

Era una sola persona, ma in poco tempo, sentimmo il rumore dei passi di altri.

Appena fummo ai piedi della rampa, Jorge accese la berga, sollevando parecchia aria.

Ci voleva un po' di tempo per far scaldare i motori.

Allora, ci girammo a guardare in faccia colui che era entrato nell'hangar e ci aveva fatto il favore di non dare l'allarme che stavamo partendo.

‹‹ Tom... ›› sussurrò Teresa, portandosi una mano alla bocca.

Lui, immobile davanti all'entrata dell'hangar, ci guardava con gli occhi sgranati.

Si mordeva il labbro inferiore, batteva le palpebre incredulo.

Thomas reggeva in mano una sorta di telecomando. La sua mano tremava.

Sentii un formicolio sulle braccia, non sapendo bene cosa provare.

Felicità o disgusto alla vista di quel ragazzo?

Newt lo fissava in modo parecchio incerto, ma poi sorrise nella sua direzione.

Provai ad immaginare la sensazione di Thomas, probabilmente si stava chiedendo se fosse un miraggio o qualcosa del genere.

L'unico che non capiva il perché di quelle espressioni, era Minho, il che mi diede conferma del fatto che non sapesse proprio niente di ciò che era successo.

‹‹ Thomas! Blocca le uscite! ›› gridò Brenda.

Non era sola. Ecco di chi erano quei passi.

Mi caddero le braccia quando vidi che direttamente dietro Brenda c'era Nathan.

Mi venne la nausea da quanto provai disgusto.

‹‹ E quello chi è? Il marito della tua amica Barbie dai capelli rosa? ›› domandò Minho.

‹‹ Quello è Nathan ›› sibilò Newt

‹‹ Thomas! Le uscite! ›› ripeté Brenda.

‹‹ Sono loro il motivo per il quale è scattato l'allarme? ›› disse Thomas, guardando Brenda.

Lei annuì, rivolgendoci un occhiata fulminea ‹‹ sono con la C.A.T.T.I.V.O.. Li abbiamo catturati fuori dalla base che abbiamo distrutto. Non lasciali fuggire, torneranno alla C.A.T.T.I.V.O. e ci sarà una rivolta. Vuoi che succeda questo? Eh? ››

‹‹ Thomas, muovi il tuo culo da pony e lascia perdere quell'altra! ›› gridò Minho ‹‹ sono io! Il tuo migliore amico! Secondo te vado dalla C.A.T.T.I.V.O.? Andiamo, amico! Questa volta dammi retta! Vieni con me! ›› questa volta? Che caspio stava succedendo? Si erano divisi?

I motori della berga si misero in funzione, e lentamente, il veicolo cominciò a prendere quota.

‹‹ Thomas... ›› Brenda afferrò il braccio di Thomas, tirandolo verso di sé ‹‹ chiudi le usc- ››

‹‹ Thomas! ›› gridò Minho, sovrastando la voce di Brenda. Almeno, da dove mi trovavo io, quella di Brenda non si sentiva nemmeno un po'.

‹‹ Mi dispiace ragazzi, ma qui si parte. ›› sbottò Jorge, facendo alzare lentamente la rampa.

Thomas, lanciò a terra il telecomando, schiacciandolo con forza col piede, assicurandosi di non premere nessun bottone nel farlo.

Guardò la ragazza, scrollando con violenza il braccio in modo da liberarsi della sua presa, poi cominciò a correre nella nostra direzione nonostante lei tentasse di riprenderlo.

Il problema, era che la berga era già a mezz'aria e la rampa a metà, e quando Thomas tentò di salire, rimase appeso nel vuoto.

Il suo busto era per metà sulla rampa e per metà.

‹‹ Jorge! La rampa! Abbassa la rampa! ›› gridò Teresa, presa quasi dal pancio.

‹‹ Come Hermana? ›› domandò Jorge. Non capivo se stava fingendo di non sentire, o il rumore dei motori lo assordava sul serio.

‹‹ Abbassa quella cazzo di rampa! ›› sbottò Newt.

‹‹ Come? Perché?! ››

‹‹ Ah, lascia stare! ›› sbottò di nuovo, poi, con Minho, afferrarono le braccia di Thomas e cominciarono a tirare per aiutarlo a salire.

Nel frattempo la berga cominciò a salire sempre di più, così come la rampa, e Thomas aveva tirato su solo il busto

‹‹ Lasciatemi! ›› gridò Thomas.

‹‹ Cosa? Non se ne parla! ›› rispose Minho.

‹‹ Fidatevi! ››

Minho e Newt si guardarono, ma poi lasciarono la presa.

Pensai subito in negativo, ma invece, dato la rampa abbastanza in alto da fare sa scivolo, Thomas si diede la spinta necessaria per farsi scivolare dentro il veicolo, dando oltretutto una facciata al pavimento.

La rampa ebbe un piccolo scossone, ma poi, una volta libera dal peso del ragazzo, si chiuse rapidamente.

Tirammo un sospiro di sollievo tutti quanti, e Thomas si mise seduto, tastandosi il volto come se avesse paura che si fosse rotto qualcosa.

‹‹ Che diavolo era quel botto?! ›› brontolò Jeorge

‹‹ Thomas che dava una facciata! ›› rispose Minho.

‹‹ Mi auguro per lui che non abbia sporcato di sangue il mio bellissimo pavimento! ››

‹‹ No, però c'è saliva! ››

‹‹ Thomas, fai schifo! ››

‹‹ Lo penso anche io! ››

Thomas rise, massaggiandosi il volto per colpa della botta.

Teresa cominciò ad intrecciarsi i capelli tra le dita con fare nervoso, guardando il ragazzo che alzò lo sguardo, spostando le mani.

Il suo volto era incredulo, le labbra schiuse.

‹‹ Ciao Tommy. Vedo che sei sempre brutto. ›› Thomas scattò in piedi.

Per un paio di secondi, dal modo in cui si avvicinò a Newt, pensai che volesse toccargli il volto e baciarlo di botto. Ma invece, si limitò ad indicargli la fronte e sgranare gli occhi.

Poi si girò verso Teresa, assumendo un espressione colpevole.

Sollevò le mani e se le portò tra i capelli, facendole scivolare poi sul volto.

Prima che Thomas potesse parlare, Minho si portò le mani dietro la testa, sorridendo all'amico.

‹‹ Hai fatto bene a venire con noi. ››

Thomas prese un respiro profondo. Ci guardò uno ad uno, poi guardò Minho, annuendo con convinzione.

‹‹ Già... Non ripeterò lo stesso errore ››


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Capitolo 36
*** Capitolo 36 ***


Per qualche strano motivo, per la maggior parte del viaggio fino a quel momento, eravamo rimasti in silenzio.

O meglio, non avevamo fatto un piccolo gruppetto per chiacchierare su ciò che era successo o meno.

Minho era seduto con Jorge nella cabina del pilota, Teresa e Thomas erano seduti uno dalla parte opposta dell'altro, lanciandosi ogni tanto qualche sguardo piuttosto imbarazzato.

Gli unici a comportarsi in modo quasi completamente normale, eravamo io e Newt.

Forse perché ormai ne erano successe così tante in così poco tempo, che tutta quella situazione era praticamente normale per noi.

C'eravamo isolati da tutti, seduti contro un angolino, accoccolati gli uni agli altri.

Come ormai era solito fare.

Lui era preoccupato per il bambino, per ciò che probabilmente gli stavano facendo in quel posto troppo distante ormai, ma provava a distrarsi accarezzandomi i capelli e dicendo qualsiasi cosa gli passava per la testa.

‹‹ Dici che Minho sa cos'è successo? ›› domandò di punto in bianco, in seguito a qualche istante di silenzio che forse cominciava a pesargli.

Avevo capito cosa intendeva con quella domanda, e a dire il vero, era la stessa cosa che mi stavo chiedendo anche io.

‹‹ Non credo... ›› risposi infine, ricevendo un sospiro da parte sua

‹‹ Pensi che dovremmo dirglielo? ››

‹‹ No! ›› risposi quasi allarmata, girandomi rapidamente verso di lui ‹‹ assolutamente no! Non spetta a noi, spetta a Thomas! ››

‹‹ Penso che incolperebbe anche te per non averglielo detto, Liz... C'eri anche tu quando è successo ››

‹‹ È più facile che m'incolpi per non aver fatto nulla per impedirglielo e per averli abbandonati... ›› sospirai a quel ricordo, che fu quasi un pugno allo stomaco.

Abbassai lo sguardo sulle mie mani. Per un attimo, le immaginai piene di sangue. Del suo sangue.

Era un'immagine veramente brutta nella mia testa, quel ricordo così macabro che mi procurava i brividi. Strinsi i pugni di colpo, sollevando lentamente lo sguardo verso di Thomas. Fu come se in quel momento il mio odio nei suoi confronti si fosse rinnovato. Non riuscivo a perdonarlo per quel gesto. Allo stesso tempo, però... era Thomas. C'era sempre quel contrasto di emozioni e sentimenti nei suoi confronti.

‹‹ Liz? ›› la voce di Newt mi fece destare dai miei pensieri, costringendomi ad abbandonare la vista di Thomas per portarla su di lui. Forse era inutile ormai provare così tanto odio verso di Thomas, visto che Newt, ora, era lì con me, che mi stringeva a sé come se fossi il suo unico tesoro prezioso.

‹‹ Sì? ››

‹‹ Hai mai pensato all'eventualità che tutto ciò che è successo ultimamente, fosse una semplice ennesima variante della C.A.T.T.I.V.O.? ›› domandò con uno sguardo assorto, come se ci stesse pensando attentamente.

Corrugai la fronte, scuotendo la testa ‹‹ cioè? ››

‹‹ Pensaci un attimo... Dopo che sono morto, il virus si è assorbito da solo e la cura ha funzionato del tutto, rendendomi un mune, giusto? ›› cominciò a giocare con una ciocca dei miei capelli, come se quel gesto lo facesse concentrare meglio ‹‹ e se fosse una semplice mossa della C.A.T.T.I.V.O.?

Ci hanno già imbrogliati una volta, facendoci credere di essere al sicuro... chi ci dice che non l'abbiano fatto una seconda volta? E chi ci dice che Jillian sia morta sul serio? Ci dissero già una volta di non credere a tutto ciò che che vediamo...››

‹‹ Mi fido di Jillian, non l'avrebbe mai fatto... lei odiava la C.A.T.T.I.V.O.. Mi piacerebbe credere al fatto che non sia morta sul serio... e questo vale per tutti gli altri ››

per un attimo, Newt rimase in silenzio a fissare il vuoto, poi schiuse le labbra, prendendo un breve respiro.

‹‹ Già... hai ragione... ›› spostò le braccia attorno alla mia vita, poggiando il mento sulla mia spalla poco dopo ‹‹ secondo te, se avessimo recuperato il corpo di Alby, saremo riusciti a riportarlo in vita? ›› quella domanda mi spiazzò. Per un attimo boccheggiai stupita.

Ci pensai per qualche istante.

Sarebbe stato possibile? Non potevo sapere in quali condizioni avremo trovato il suo corpo.

‹‹ Non lo so ›› risposi, ma poi scossi la testa ‹‹ non credo... insomma... è morto da tanto tempo, Newt... ›› dire quella frase risultò più difficile di quanto potessi immaginare.

Più per il fatto che sentii Newt trasalire, che per il resto.

Alby mancava anche a me. Sopratutto il suo modo severo d'imporsi, ed il fatto che come Leader, tutto sommato, non fosse tanto male, anche se era alle prime armi.

‹‹ Mi ha salvato la vita ›› disse di colpo, con un tono quasi spezzato ‹‹ avrei voluto fare il tentativo di restituirgli la sua... anche se non voleva vedere questo schifo... durante la mutazione, delirava.

Lui sapeva cosa c'era qui fuori. Lui sapeva tutto... Anche se sicuramente i dolenti gli hanno distorto un po' le cose, ma...››

Minho entrò nella stanza trascinandosi dietro una sedia, con Jorge a seguito, battendo le mani con convinzione, ed in questo modo interruppe la frase di Newt. In ogni caso, avevo capito cosa voleva dire.

‹‹ Okay, facce di caspio, chiamo un adunanza. Mettetevi in cerchio. ›› disse, poggiandosi le mani sui fianchi.

Newt mi guardò incuriosito, per poi girare gli occhi e sorridere con fare nostalgico ‹‹ credevo che non avrei mai più sentito la parola “adunanza” in vita mia ›› sussurrò, lasciandomi un bacio sulla guancia e dandomi una spinta delicata per farmi spostare, così da potersi alzare e, appena lo fece, mi porse la mano per aiutarmi.

Minho si sfregava le mani in modo impaziente, guardando la faccia dei suoi amici, mentre Jorge aiutava loro a disporre delle sedie e i divani in modo concentrico, così da poterci guardare tutti in faccia mentre parlavamo.

Prendemmo tutti posto, compreso l'uomo che, in teoria, doveva guidare la berga.

‹‹ Hai messo il pilota automatico, immagino ›› dissi riferendomi all'uomo, sedendomi tra lui e Newt, che si girò a guardarlo.

‹‹ Ovviamente, hermana ››

‹‹ Bene così, ora che siamo tutti in cerchio, e sono passate diverse ore dalla felice riunione di famiglia, è ora di avere qualche delucidazione. ›› cominciò Minho ‹‹ cominciamo da Teresa ››

‹‹ Perché proprio io? ›› domandò lei, corrugando la fronte.

Per qualche strano motivo, sentii una sensazione di tensione prendere il sopravvento sul mio corpo, e così cominciai a cercare una posizione più comoda sulla sedia, nella speranza di camuffarla.

‹‹ Perché sei accanto a me, poi lo farà Thomas, poi Newt, Beth, Jorge e infine io. Comincia. ››

Lei sospirò in modo rassegnato, poi si portò i capelli dietro l'orecchio, abbassando lo sguardo per non guardare nessuno in faccia. ‹‹ Cosa volete sapere? ››

‹‹ Comincia col dirci come caspio fai ad essere viva. Ti è crollato un edificio addosso. ››

‹‹ Già ›› sussurrò Thomas, alzando poco dopo lo sguardo verso Newt, che si accasciò contro la sedia. Il suo sguardo mi diede una morsa allo stomaco. Era carico di pentimento e confusione, ed per una attimo, provai pena nei suoi confronti.

‹‹ È complicato da spiegare. Non sono al corrente di tutto. ››

‹‹ Abbiamo tutto il tempo di questo mondo, caspio! ››

‹‹ Minho, è complicato sul serio ›› s'intromise Newt ‹‹ a dire il vero... siamo in tre ad essere morti e praticamente resuscitati, qui dentro ››

‹‹ Newt... ›› sussurrai quasi per rimproverarlo. Sapeva che non spettava a lui dire la verità.

Thomas, a quelle parole, si strinse nelle spalle, abbassando lo sguardo come non volesse incrociare quello di nessuno.

‹‹ Sì, so che Thomas ti ha sparato, Newt, non fare l'egocentrico, fa parlare prima le signore ›› Minho scosse la mano in modo indifferente, lasciando intendere all'amico che per ora la sua storia non gli interessava.

Newt sgranò gli occhi, guardandomi con aria interrogativa.

Nell'arco di qualche secondo, cambiai posizione circa cinque volte, rischiando di cadere alla sesta volta. Quindi Minho lo sapeva? In un certo senso, quello mi liberò da quel peso.

‹‹ Tu lo sapevi? ›› domandò Newt in modo stupito

Minho guardò l'amico con una punta di rammarico, squadrandolo poco dopo ‹‹ Sì... e non di certo grazie a te, Thomas o Elizabeth. È fantastico vedere che i tuoi migliori amici ti nascondono le cose. Sul serio, grazie!›› rispose Minho, lanciando occhiatacce ad ognuno di noi, e poco dopo batté le mani ‹‹ okay, ho capito... niente turni, io parlo, ma poi rispondete alle mie domande. Bene così? ››

‹‹ Basta che ti sbrighi, mi sto annoiando ›› brontolò Jorge.

Allora, Minho si poggiò allo schienale della sedia, poggiando le mani dietro la testa ed incrociando le gambe in modo del tutto naturale, quasi come se stesse raccontando una storia vista e rivista, rilassate e tranquilla.

Prende un respiro profondo, poi cominciò, schioccando la lingua ‹‹ In sintesi, Io, Jorge, Brenda, Thomas ed altri Muni avevamo raggiunto un luogo sicuro dove stare. Abbiamo attraversato un pass verticale e poi l'abbiamo distrutto, in modo che nessuno potesse più uscire o entrare da lì. Eravamo... al sicuro, diciamo. E fin qui tutto bene... Ma ovviamente era tutto un falso.

In poco tempo la situazione ha cominciato a precipitare. Brenda era diventata strana.

Si comportava in modo ossessivo nei confronti di Thomas, tant'è che cominciavo a chiedermi se lo lasciasse in pace almeno quando andava in bagno... anzi... ›› cambiò posizione, poggiando i gomiti sulle proprie ginocchia e sporgendosi verso Thomas, che immaginò subito la natura della domanda che l'amico gli stava per porre ‹‹ riuscivi ad andare in bagno senza la piccola Stalker? ››

‹‹ finiscila Minho ›› borbottò Thomas, sollevando un sopracciglio ‹‹ non era così appiccicosa ››

‹‹ Sì invece, era persino riuscita a farmi rimpiangere la presenza di Teresa ››

‹‹ Ehm, grazie...? ›› rispose lei, e Minho le fece l'occhiolino in modo quasi sincero, poi scosse le spalle, facendo capire che eventuali ulteriori commenti li avrebbe apertamente ignorati.

‹‹ Comunque, continuando la mia sintesi piano piano sono cominciate a saltare fuori cose che avrei preferito non sapere.

Come ad esempio il fatto che Brenda ha fatto il doppio-gioco sin dall'inizio... non che non lo sospettassi, sia chiaro. Solo che averne la conferma è stato più difficile di quanto immaginassi. Ho provato ad avvertire Thomas, ma era impossibile riuscire a comunicare con lui, con quella faccia di sploff petulante attaccata. Ricordate il chip che ci siamo fatti togliere a Denver? ››

‹‹ Sì ›› risposi ‹‹ immagino già che Hans non ha levato proprio un caspio ››

‹‹ Esatto! E poi ha potenziato quello di Thomas. Tutto ciò che abbiamo fatto, è stato ovviamente studiato a tavolino, e l'affascinante Brenda, da brava vipera, ha svolto il suo ruolo da pedina. E questa faccia da pollo c'è cascato come tale.

Così, quando provai ad avvertirlo di ciò che è successo, Thomas si rifiutò di credermi e cominciammo a litigare... finendo anche col pestarci a vicenda. ››

Thomas sbuffò, incrociando le braccia contro il petto ‹‹ continuerai a rinfacciarmelo per il resto della mia vita? ››

‹‹ Fino a quando la cosa mi divertirà. Adoro quando ho ragione. E ti devo un pugno sul naso. ››

‹‹ Okay, finitela di fare i fidanzatini voi due ›› sbottò Newt, sollevando il volto al soffitto ‹‹ va avanti. ››

‹‹ E poi niente, Io e Jorge siamo scappati e la storia è finita. ››

Newt sollevò un sopracciglio, schioccando la lingua ‹‹ Okay, ma come caspio avete fatto a scappare se il pass verticale è stato distrutto? E sopratutto, perché Jorge? ››

Jorge si sistemò sulla sedia ‹‹ Io Non ho fatto il doppio-gioco così a lungo, come Brenda, e non mi aspettavo che lei scendesse a patti con la C.A.T.T.I.V.O. pur di salvarsi il culo. Credevo che fosse cambiata sul serio dopo avervi incontrati e conosciuti, invece non si è fatta condizionare... è rimasta fedele al lavaggio del cervello che quelli della C.A.T.T.I.V.O. le hanno fatto.

Tanto di cappello per l'ottimo lavoro effettuato. Ad ogni modo, hermani, era come aver raggiunto il paradiso... ma non eravamo soli, ed ovviamente c'era un modo per entrare ed uscire.

Ed io ho abbastanza esperienza in questo campo da capire quando qualcosa non va. Era tutto fin troppo perfetto per non essere finto. Ci vogliono prove concrete per convincermi, non belle parole e belle prospettive. In poco tempo ho trovato un passaggio segreto attraverso un albero della foresta ››

‹‹ una sorta di pass verticale ›› intervenne Minho

‹‹ Che portava ad un vicolo sotterraneo che conduceva fino all'hangar del braccio destro. Dove oltretutto ho trovato la mia bellissima Berga. ›› concluse Jorge, battendo una mano sul pavimento come se volesse accarezzare il veicolo ‹‹ poco dopo ho cercato Minho e gli ho detto cosa avevo scoperto... ››

‹‹ E perché non da Brenda? ›› domandai ‹‹ eravate così uniti... ››

‹‹ Perché avevo notato che c'era qualcosa che non andava in lei, Chica ››

‹‹ Capisco... e come avete scoperto che faceva il doppio-gioco? ››

‹‹ Nel posto dove ci trovavamo, c'erano alcune scacertole. Erano ben nascoste, e molto più veloci di quelle che c'erano nella radura. L'ho vista parlare con una di queste. O meglio, all'inizio pensavo che che stesse parlando da sola, ma poi ho visto quell'affare metallico. Brenda si teneva in contatto con i superiori tramite le scacertole, non avendo altro modo di comunicare con loro. Lo faceva di notte, quando Thomas non poteva vederla e quando lui dormiva. Ripeto: lo teneva sempre sotto controllo. ››

‹‹ Dopo aver scoperto queste cose, senza farmi vedere, sono entrato nella sala di controllo e ho acceso uno dei computer, per vedere se c'erano telecamere di sorveglianza nel posto dove eravamo.

Poi ho controllato le mail, perché volevo scoprire se comunicavano con terze persone e lì ho trovato una mail della comunicazione di servizio dove si dichiarava che i muni erano sani e salvi, nonostante la cianografia fosse fallita e blablabla... Era da parte della cancelliera Ava Paige che... in teoria è dalla nostra parte. ››

‹‹ Sì, conosco Ava, è una tipa in gamba ›› intervenne Newt

‹‹ Parla la passato ›› lo corresse Jorge ‹‹ È improvvisamente sparita dopo aver lasciato il messaggio alla C.A.T.T.I.V.O. ››

‹‹ Sparita? Come sarebbe a dire “sparita”? ››

‹‹ Che non si sa che fine abbia fatto, ma queste sono cose successe dopo la nostra grande fuga.

Volete sapere come abbiamo fatto? Semplicemente abbiamo chiesto a mister “soggetto ideale” di fuggire con noi ma si è rifiutato, in cambio, però, ci ha concesso di fuggire di notte e ci ha promesso che avrebbe tenuto la bocca chiusa. Cosa che giustamente ha fatto. ››

Thomas aveva lo sguardo rivolto verso il basso, con un aria carica di sensi di colpa.

Solo in quel momento, guardandolo meglio, notai che due grosse occhiaie gli cerchiavano gli occhi castani.

‹‹ Come hai fatto a scoprire di Newt? ›› domandò poco dopo, con un tono basso, poi sollevò gli occhi verso l'amico.

Lui, in risposta, sbuffò ‹‹ Jorge ha rubato un portatile per tenere sotto controllo i movimenti del braccio destro e della C.A.T.T.I.V.O., in modo da assicurarsi che nessuno ci venisse a cercare.

Appena siamo andati via, ho voluto leggere la comunicazione di cui mi aveva parlato Jorge, e lì, ho letto delle comunicazioni dei soggetti importanti deceduti, con la spiegazione della loro morte.

Spiccavano in modo evidenziato il soggetto A1, schiacciato dalle macerie durante la fuga, e il soggetto A5, sparato dal soggetto A2 ››

‹‹ E dopo aver letto questo, il signorino ha quasi spaccato il computer a terra. ›› fece notare Jorge, in un vano tentativo di smorzare la situazione.

Minho aveva lo sguardo puntato su quello di Thomas, come un predatore pronto ad assalire la preda.

‹‹ Perché l'hai fatto? ›› domandò di punto in bianco ‹‹ perché mi hai mentito per tutto questo tempo? Come caspio hai fatto a convivere col fatto di aver ucciso il tuo migliore amico? ››

Minho si alzò di scatto dalla sedia, afferrando Thomas per il bordo della maglietta, che non oppose alcun tipo di resistenza. Si limitava a guardare l'amico.

Per un attimo, sperai vivamente che Minho gli tirasse un pugno in faccia.

Capivo la sua rabbia ed in un certo senso volevo assecondarlo, alzandomi e colpendolo io al posto suo.

Allo stesso tempo, capivo che non era stata una scelta di Thomas, e che l'aveva fatto, in un certo senso, per il bene di Newt.

‹‹ Calmati Minho! ›› lo riprende Jorge, pronto ad alzarsi, ma Newt lo anticipò, poggiando la mano sul petto dell'amico e spingendolo lievemente.

Non c'era stato bisogno di una spinta più forte, o di strattonargli la mano per costringerlo a mollare la presa.

Minho, semplicemente, si girò a guardarlo. Aveva gli occhi lucidi. Non aveva ancora digerito la notizia, nonostante avesse Newt davanti, vivo e vegeto. Per lui, sicuramente, leggere quella frase era stato un brutto colpo.

‹‹ È colpa mia. Sono stato io ad implorarlo di farlo. Ero in preda all'eruzione, e non volevo vedere i vostri sguardi di compatimento e pena nei miei riguardi, e tanto meno volevo essere d'intralcio. È brutto perdere il controllo lentamente. ››
Minho contrasse la mascella, guardando l'amico, e lentamente mollò la presa, permettendo a Thomas di sistemarsi la maglietta e di riprendere il suo posto sulla sedia, incrociando lo sguardo di Teresa, che si sforzò di sorridergli.
‹‹ Potevamo fare qualcosa ›› disse in un sussurro ‹‹ qualsiasi cosa. Anche mettere a soqquadro la C.A.T.T.I.V.O. per tirare fuori una caspio di cura ››
‹‹ Non potevamo fare nulla, invece. È stato meglio così. La C.A.T.T.I.V.O. sapeva cosa stava succedendo, e sono venuti a prendermi subito dopo che cono morto. Non è vero, Liz? ››
Annuii, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio ‹‹ beh... “subito dopo” è un parolone... ma sì, sono venuti a recuperarti.
Minho, è la verità... è stato Newt a dire a Thomas di spararlo. Credimi, vorrei tirargli un pugno in faccia quanto lo vorresti tu. Ero lì quando è successo, e... Thomas aveva un aria per niente felice del gesto. Ma forse guardare al passato ora è inutile. Newt è qui. Siamo tutti qui!
E questo lo dobbiamo all'Eden. O meglio, a Jillian... e che ci piaccia o no, anche a Nathan. È merito loro se Newt e Teresa sono qui ››

Minho sgranò gli occhi, corrugando la fronte mentre ascoltava le mie parole ‹‹ che caspio è l'Eden? Un'altra associazione di pazzi rincaspiati che pretende di dominare il mondo incanalando il virus dentro un barattolo? ››
‹‹ L'Eden è... era, molto di più. ›› Minho si sedette sulla sedia, guardando Jorge
‹‹ Tu lo conosci? ››
‹‹ Non può conoscerlo. ›› risposi, anticipando l'uomo ‹‹ Nessuno lo conosceva, era segreta e agiva come parassita a spese della C.A.T.T.I.V.O..
Noi eravamo con loro prima che si ci trovaste al braccio destro. Poi la base è stata distrutta... ››
‹‹ Quindi questo “Eden” ha trovato una cura? ›› domandò Thomas ‹‹ ed è reperibile? ››

‹‹ Sicuramente è andata persa con la distruzione della base ›› rispose Teresa ‹‹ siamo rimasti pochi superstiti... e chissà dove sono ora. Jillian è morta, Nathan è con il braccio destro ››
‹‹ E con loro c'è il bambino ›› sussurrò Newt
‹‹ Il bambino... il soggetto AB1 ›› disse Thomas ‹‹ era con voi, giusto? Quando stavate scappando hanno detto che con i “prigionieri della C.A.T.T.I.V.O.” c'era il soggetto AB1, ossia il nuovo soggetto ideale che era stato sottratto alla C.A.T.T.I.V.O.››
‹‹ Sì, esatto... L'avevamo chiamato Chuck ››

Lo sguardo di Thomas divenne gelido nel sentire quel nome, in un vano tentativo di mascherare il miscuglio di emozioni causati dai ricordi che, chiaramente, gli divoravano l'animo ogni volta che riaffioravano.

Restammo in silenzio per diversi minuti, dopo quella conversazione. Ma bastarono per farci capire che, ormai, eravamo tutti dalla stessa parte. Non c'era bisogno di ulteriori conferme, ma chi aveva qualcosa da chiarire, doveva farlo privatamente senza dare show pubblico.

Così, ci dividemmo di nuovo tutti. Thomas, Newt e Minho si allontanarono a parlare di ciò che era successo, e nonostante la distanza, riuscii a vedere che sul volto dei tre, principalmente c'era un sorriso.

Teresa era sdraiata sul divano a guardarli con aria assorta, ed io, invece, decisi di raggiungere Jorge che era tornato nella cabina del pilota.

‹‹ Jorge? ››

‹‹ Hermana ››

‹‹ dove andremo adesso? ››

‹‹ È la prima cosa che ti viene da dire, dopo che sei sparita per tutto questo tempo? ›› domandò con un tono d'astio. Fece più male di quanto potessi immaginare. Per tutto quel tempo, sotto sotto, avevo dubitato anche di lui. Eppure ora era lì, e sentivo di potermi fidare ciecamente di lui.

‹‹ Mi dispiace per Brenda ›› provai a dire, ma ricevetti un occhiata sarcastica e divertita da quella frase.

‹‹ Non mentirmi, so che la odiavi ›› disse ridendo, poi fece le spallucce ‹‹ comunque, bimba, stiamo andando da una mia vecchia conoscenza che in questo momento si trova a Lakewood, non troppo distante da Denver ››

‹‹ Quindi è fuori dalla zona protetta? ››

‹‹ Denver ha smesso di essere protetta dal momento in cui gli spaccati sono riusciti ad entrare, bimba. E poi, Huan se la sa cavare benissimo da solo. Prima di lavorare alla C.A.T.T.I.V.O. era un militare. Ed ora come ora, ci serve una mano per disattivare totalmente i chip nella testa dei ragazzi. Huan è l'unica persona a cui affiderei totalmente la mia vita ››


 


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Capitolo 37
*** Capitolo 37 ***


Per qualche strano motivo, per la maggior parte del viaggio fino a quel momento, eravamo rimasti in silenzio.

O meglio, non avevamo fatto un piccolo gruppetto per chiacchierare su ciò che era successo o meno.

Minho era seduto con Jorge nella cabina del pilota, Teresa e Thomas erano seduti uno dalla parte opposta dell'altro, lanciandosi ogni tanto qualche sguardo piuttosto imbarazzato.

Gli unici a comportarsi in modo quasi completamente normale, eravamo io e Newt.

Forse perché ormai ne erano successe così tante in così poco tempo, che tutta quella situazione era praticamente normale per noi.

C'eravamo isolati da tutti, seduti contro un angolino, accoccolati gli uni agli altri.

Come ormai era solito fare.

Lui era preoccupato per il bambino, per ciò che probabilmente gli stavano facendo in quel posto troppo distante ormai, ma provava a distrarsi accarezzandomi i capelli e dicendo qualsiasi cosa gli passava per la testa.

‹‹ Dici che Minho sa cos'è successo? ›› domandò di punto in bianco, in seguito a qualche istante di silenzio che forse cominciava a pesargli.

Avevo capito cosa intendeva con quella domanda, e a dire il vero, era la stessa cosa che mi stavo chiedendo anche io.

‹‹ Non credo... ›› risposi infine, ricevendo un sospiro da parte sua

‹‹ Pensi che dovremmo dirglielo? ››

‹‹ No! ›› risposi quasi allarmata, girandomi rapidamente verso di lui ‹‹ assolutamente no! Non spetta a noi, spetta a Thomas! ››

‹‹ Penso che incolperebbe anche te per non averglielo detto, Liz... C'eri anche tu quando è successo ››

‹‹ È più facile che m'incolpi per non aver fatto nulla per impedirglielo e per averli abbandonati... ›› sospirai a quel ricordo, che fu quasi un pugno allo stomaco.

Abbassai lo sguardo sulle mie mani. Per un attimo, le immaginai piene di sangue. Del suo sangue.

Era un'immagine veramente brutta nella mia testa, quel ricordo così macabro che mi procurava i brividi. Strinsi i pugni di colpo, sollevando lentamente lo sguardo verso di Thomas. Fu come se in quel momento il mio odio nei suoi confronti si fosse rinnovato. Non riuscivo a perdonarlo per quel gesto. Allo stesso tempo, però... era Thomas. C'era sempre quel contrasto di emozioni e sentimenti nei suoi confronti.

‹‹ Liz? ›› la voce di Newt mi fece destare dai miei pensieri, costringendomi ad abbandonare la vista di Thomas per portarla su di lui. Forse era inutile ormai provare così tanto odio verso di Thomas, visto che Newt, ora, era lì con me, che mi stringeva a sé come se fossi il suo unico tesoro prezioso.

‹‹ Sì? ››

‹‹ Hai mai pensato all'eventualità che tutto ciò che è successo ultimamente, fosse una semplice ennesima variante della C.A.T.T.I.V.O.? ›› domandò con uno sguardo assorto, come se ci stesse pensando attentamente.

Corrugai la fronte, scuotendo la testa ‹‹ cioè? ››

‹‹ Pensaci un attimo... Dopo che sono morto, il virus si è assorbito da solo e la cura ha funzionato del tutto, rendendomi un mune, giusto? ›› cominciò a giocare con una ciocca dei miei capelli, come se quel gesto lo facesse concentrare meglio ‹‹ e se fosse una semplice mossa della C.A.T.T.I.V.O.?

Ci hanno già imbrogliati una volta, facendoci credere di essere al sicuro... chi ci dice che non l'abbiano fatto una seconda volta? E chi ci dice che Jillian sia morta sul serio? Ci dissero già una volta di non credere a tutto ciò che che vediamo...››

‹‹ Mi fido di Jillian, non l'avrebbe mai fatto... lei odiava la C.A.T.T.I.V.O.. Mi piacerebbe credere al fatto che non sia morta sul serio... e questo vale per tutti gli altri ››

per un attimo, Newt rimase in silenzio a fissare il vuoto, poi schiuse le labbra, prendendo un breve respiro.

‹‹ Già... hai ragione... ›› spostò le braccia attorno alla mia vita, poggiando il mento sulla mia spalla poco dopo ‹‹ secondo te, se avessimo recuperato il corpo di Alby, saremo riusciti a riportarlo in vita? ›› quella domanda mi spiazzò. Per un attimo boccheggiai stupita.

Ci pensai per qualche istante.

Sarebbe stato possibile? Non potevo sapere in quali condizioni avremo trovato il suo corpo.

‹‹ Non lo so ›› risposi, ma poi scossi la testa ‹‹ non credo... insomma... è morto da tanto tempo, Newt... ›› dire quella frase risultò più difficile di quanto potessi immaginare.

Più per il fatto che sentii Newt trasalire, che per il resto.

Alby mancava anche a me. Sopratutto il suo modo severo d'imporsi, ed il fatto che come Leader, tutto sommato, non fosse tanto male, anche se era alle prime armi.

‹‹ Mi ha salvato la vita ›› disse di colpo, con un tono quasi spezzato ‹‹ avrei voluto fare il tentativo di restituirgli la sua... anche se non voleva vedere questo schifo... durante la mutazione, delirava.

Lui sapeva cosa c'era qui fuori. Lui sapeva tutto... Anche se sicuramente i dolenti gli hanno distorto un po' le cose, ma...››

Minho entrò nella stanza trascinandosi dietro una sedia, con Jorge a seguito, battendo le mani con convinzione, ed in questo modo interruppe la frase di Newt. In ogni caso, avevo capito cosa voleva dire.

‹‹ Okay, facce di caspio, chiamo un adunanza. Mettetevi in cerchio. ›› disse, poggiandosi le mani sui fianchi.

Newt mi guardò incuriosito, per poi girare gli occhi e sorridere con fare nostalgico ‹‹ credevo che non avrei mai più sentito la parola “adunanza” in vita mia ›› sussurrò, lasciandomi un bacio sulla guancia e dandomi una spinta delicata per farmi spostare, così da potersi alzare e, appena lo fece, mi porse la mano per aiutarmi.

Minho si sfregava le mani in modo impaziente, guardando la faccia dei suoi amici, mentre Jorge aiutava loro a disporre delle sedie e i divani in modo concentrico, così da poterci guardare tutti in faccia mentre parlavamo.

Prendemmo tutti posto, compreso l'uomo che, in teoria, doveva guidare la berga.

‹‹ Hai messo il pilota automatico, immagino ›› dissi riferendomi all'uomo, sedendomi tra lui e Newt, che si girò a guardarlo.

‹‹ Ovviamente, hermana ››

‹‹ Bene così, ora che siamo tutti in cerchio, e sono passate diverse ore dalla felice riunione di famiglia, è ora di avere qualche delucidazione. ›› cominciò Minho ‹‹ cominciamo da Teresa ››

‹‹ Perché proprio io? ›› domandò lei, corrugando la fronte.

Per qualche strano motivo, sentii una sensazione di tensione prendere il sopravvento sul mio corpo, e così cominciai a cercare una posizione più comoda sulla sedia, nella speranza di camuffarla.

‹‹ Perché sei accanto a me, poi lo farà Thomas, poi Newt, Beth, Jorge e infine io. Comincia. ››

Lei sospirò in modo rassegnato, poi si portò i capelli dietro l'orecchio, abbassando lo sguardo per non guardare nessuno in faccia. ‹‹ Cosa volete sapere? ››

‹‹ Comincia col dirci come caspio fai ad essere viva. Ti è crollato un edificio addosso. ››

‹‹ Già ›› sussurrò Thomas, alzando poco dopo lo sguardo verso Newt, che si accasciò contro la sedia. Il suo sguardo mi diede una morsa allo stomaco. Era carico di pentimento e confusione, ed per una attimo, provai pena nei suoi confronti.

‹‹ È complicato da spiegare. Non sono al corrente di tutto. ››

‹‹ Abbiamo tutto il tempo di questo mondo, caspio! ››

‹‹ Minho, è complicato sul serio ›› s'intromise Newt ‹‹ a dire il vero... siamo in tre ad essere morti e praticamente resuscitati, qui dentro ››

‹‹ Newt... ›› sussurrai quasi per rimproverarlo. Sapeva che non spettava a lui dire la verità.

Thomas, a quelle parole, si strinse nelle spalle, abbassando lo sguardo come non volesse incrociare quello di nessuno.

‹‹ Sì, so che Thomas ti ha sparato, Newt, non fare l'egocentrico, fa parlare prima le signore ›› Minho scosse la mano in modo indifferente, lasciando intendere all'amico che per ora la sua storia non gli interessava.

Newt sgranò gli occhi, guardandomi con aria interrogativa.

Nell'arco di qualche secondo, cambiai posizione circa cinque volte, rischiando di cadere alla sesta volta. Quindi Minho lo sapeva? In un certo senso, quello mi liberò da quel peso.

‹‹ Tu lo sapevi? ›› domandò Newt in modo stupito

Minho guardò l'amico con una punta di rammarico, squadrandolo poco dopo ‹‹ Sì... e non di certo grazie a te, Thomas o Elizabeth. È fantastico vedere che i tuoi migliori amici ti nascondono le cose. Sul serio, grazie!›› rispose Minho, lanciando occhiatacce ad ognuno di noi, e poco dopo batté le mani ‹‹ okay, ho capito... niente turni, io parlo, ma poi rispondete alle mie domande. Bene così? ››

‹‹ Basta che ti sbrighi, mi sto annoiando ›› brontolò Jorge.

Allora, Minho si poggiò allo schienale della sedia, poggiando le mani dietro la testa ed incrociando le gambe in modo del tutto naturale, quasi come se stesse raccontando una storia vista e rivista, rilassate e tranquilla.

Prende un respiro profondo, poi cominciò, schioccando la lingua ‹‹ In sintesi, Io, Jorge, Brenda, Thomas ed altri Muni avevamo raggiunto un luogo sicuro dove stare. Abbiamo attraversato un pass verticale e poi l'abbiamo distrutto, in modo che nessuno potesse più uscire o entrare da lì. Eravamo... al sicuro, diciamo. E fin qui tutto bene... Ma ovviamente era tutto un falso.

In poco tempo la situazione ha cominciato a precipitare. Brenda era diventata strana.

Si comportava in modo ossessivo nei confronti di Thomas, tant'è che cominciavo a chiedermi se lo lasciasse in pace almeno quando andava in bagno... anzi... ›› cambiò posizione, poggiando i gomiti sulle proprie ginocchia e sporgendosi verso Thomas, che immaginò subito la natura della domanda che l'amico gli stava per porre ‹‹ riuscivi ad andare in bagno senza la piccola Stalker? ››

‹‹ finiscila Minho ›› borbottò Thomas, sollevando un sopracciglio ‹‹ non era così appiccicosa ››

‹‹ Sì invece, era persino riuscita a farmi rimpiangere la presenza di Teresa ››

‹‹ Ehm, grazie...? ›› rispose lei, e Minho le fece l'occhiolino in modo quasi sincero, poi scosse le spalle, facendo capire che eventuali ulteriori commenti li avrebbe apertamente ignorati.

‹‹ Comunque, continuando la mia sintesi piano piano sono cominciate a saltare fuori cose che avrei preferito non sapere.

Come ad esempio il fatto che Brenda ha fatto il doppio-gioco sin dall'inizio... non che non lo sospettassi, sia chiaro. Solo che averne la conferma è stato più difficile di quanto immaginassi. Ho provato ad avvertire Thomas, ma era impossibile riuscire a comunicare con lui, con quella faccia di sploff petulante attaccata. Ricordate il chip che ci siamo fatti togliere a Denver? ››

‹‹ Sì ›› risposi ‹‹ immagino già che Hans non ha levato proprio un caspio ››

‹‹ Esatto! E poi ha potenziato quello di Thomas. Tutto ciò che abbiamo fatto, è stato ovviamente studiato a tavolino, e l'affascinante Brenda, da brava vipera, ha svolto il suo ruolo da pedina. E questa faccia da pollo c'è cascato come tale.

Così, quando provai ad avvertirlo di ciò che è successo, Thomas si rifiutò di credermi e cominciammo a litigare... finendo anche col pestarci a vicenda. ››

Thomas sbuffò, incrociando le braccia contro il petto ‹‹ continuerai a rinfacciarmelo per il resto della mia vita? ››

‹‹ Fino a quando la cosa mi divertirà. Adoro quando ho ragione. E ti devo un pugno sul naso. ››

‹‹ Okay, finitela di fare i fidanzatini voi due ›› sbottò Newt, sollevando il volto al soffitto ‹‹ va avanti. ››

‹‹ E poi niente, Io e Jorge siamo scappati e la storia è finita. ››

Newt sollevò un sopracciglio, schioccando la lingua ‹‹ Okay, ma come caspio avete fatto a scappare se il pass verticale è stato distrutto? E sopratutto, perché Jorge? ››

Jorge si sistemò sulla sedia ‹‹ Io Non ho fatto il doppio-gioco così a lungo, come Brenda, e non mi aspettavo che lei scendesse a patti con la C.A.T.T.I.V.O. pur di salvarsi il culo. Credevo che fosse cambiata sul serio dopo avervi incontrati e conosciuti, invece non si è fatta condizionare... è rimasta fedele al lavaggio del cervello che quelli della C.A.T.T.I.V.O. le hanno fatto.

Tanto di cappello per l'ottimo lavoro effettuato. Ad ogni modo, hermani, era come aver raggiunto il paradiso... ma non eravamo soli, ed ovviamente c'era un modo per entrare ed uscire.

Ed io ho abbastanza esperienza in questo campo da capire quando qualcosa non va. Era tutto fin troppo perfetto per non essere finto. Ci vogliono prove concrete per convincermi, non belle parole e belle prospettive. In poco tempo ho trovato un passaggio segreto attraverso un albero della foresta ››

‹‹ una sorta di pass verticale ›› intervenne Minho

‹‹ Che portava ad un vicolo sotterraneo che conduceva fino all'hangar del braccio destro. Dove oltretutto ho trovato la mia bellissima Berga. ›› concluse Jorge, battendo una mano sul pavimento come se volesse accarezzare il veicolo ‹‹ poco dopo ho cercato Minho e gli ho detto cosa avevo scoperto... ››

‹‹ E perché non da Brenda? ›› domandai ‹‹ eravate così uniti... ››

‹‹ Perché avevo notato che c'era qualcosa che non andava in lei, Chica ››

‹‹ Capisco... e come avete scoperto che faceva il doppio-gioco? ››

‹‹ Nel posto dove ci trovavamo, c'erano alcune scacertole. Erano ben nascoste, e molto più veloci di quelle che c'erano nella radura. L'ho vista parlare con una di queste. O meglio, all'inizio pensavo che che stesse parlando da sola, ma poi ho visto quell'affare metallico. Brenda si teneva in contatto con i superiori tramite le scacertole, non avendo altro modo di comunicare con loro. Lo faceva di notte, quando Thomas non poteva vederla e quando lui dormiva. Ripeto: lo teneva sempre sotto controllo. ››

‹‹ Dopo aver scoperto queste cose, senza farmi vedere, sono entrato nella sala di controllo e ho acceso uno dei computer, per vedere se c'erano telecamere di sorveglianza nel posto dove eravamo.

Poi ho controllato le mail, perché volevo scoprire se comunicavano con terze persone e lì ho trovato una mail della comunicazione di servizio dove si dichiarava che i muni erano sani e salvi, nonostante la cianografia fosse fallita e blablabla... Era da parte della cancelliera Ava Paige che... in teoria è dalla nostra parte. ››

‹‹ Sì, conosco Ava, è una tipa in gamba ›› intervenne Newt

‹‹ Parla la passato ›› lo corresse Jorge ‹‹ È improvvisamente sparita dopo aver lasciato il messaggio alla C.A.T.T.I.V.O. ››

‹‹ Sparita? Come sarebbe a dire “sparita”? ››

‹‹ Che non si sa che fine abbia fatto, ma queste sono cose successe dopo la nostra grande fuga.

Volete sapere come abbiamo fatto? Semplicemente abbiamo chiesto a mister “soggetto ideale” di fuggire con noi ma si è rifiutato, in cambio, però, ci ha concesso di fuggire di notte e ci ha promesso che avrebbe tenuto la bocca chiusa. Cosa che giustamente ha fatto. ››

Thomas aveva lo sguardo rivolto verso il basso, con un aria carica di sensi di colpa.

Solo in quel momento, guardandolo meglio, notai che due grosse occhiaie gli cerchiavano gli occhi castani.

‹‹ Come hai fatto a scoprire di Newt? ›› domandò poco dopo, con un tono basso, poi sollevò gli occhi verso l'amico.

Lui, in risposta, sbuffò ‹‹ Jorge ha rubato un portatile per tenere sotto controllo i movimenti del braccio destro e della C.A.T.T.I.V.O., in modo da assicurarsi che nessuno ci venisse a cercare.

Appena siamo andati via, ho voluto leggere la comunicazione di cui mi aveva parlato Jorge, e lì, ho letto delle comunicazioni dei soggetti importanti deceduti, con la spiegazione della loro morte.

Spiccavano in modo evidenziato il soggetto A1, schiacciato dalle macerie durante la fuga, e il soggetto A5, sparato dal soggetto A2 ››

‹‹ E dopo aver letto questo, il signorino ha quasi spaccato il computer a terra. ›› fece notare Jorge, in un vano tentativo di smorzare la situazione.

Minho aveva lo sguardo puntato su quello di Thomas, come un predatore pronto ad assalire la preda.

‹‹ Perché l'hai fatto? ›› domandò di punto in bianco ‹‹ perché mi hai mentito per tutto questo tempo? Come caspio hai fatto a convivere col fatto di aver ucciso il tuo migliore amico? ››

Minho si alzò di scatto dalla sedia, afferrando Thomas per il bordo della maglietta, che non oppose alcun tipo di resistenza. Si limitava a guardare l'amico.

Per un attimo, sperai vivamente che Minho gli tirasse un pugno in faccia.

Capivo la sua rabbia ed in un certo senso volevo assecondarlo, alzandomi e colpendolo io al posto suo.

Allo stesso tempo, capivo che non era stata una scelta di Thomas, e che l'aveva fatto, in un certo senso, per il bene di Newt.

‹‹ Calmati Minho! ›› lo riprende Jorge, pronto ad alzarsi, ma Newt lo anticipò, poggiando la mano sul petto dell'amico e spingendolo lievemente.

Non c'era stato bisogno di una spinta più forte, o di strattonargli la mano per costringerlo a mollare la presa.

Minho, semplicemente, si girò a guardarlo. Aveva gli occhi lucidi. Non aveva ancora digerito la notizia, nonostante avesse Newt davanti, vivo e vegeto. Per lui, sicuramente, leggere quella frase era stato un brutto colpo.

‹‹ È colpa mia. Sono stato io ad implorarlo di farlo. Ero in preda all'eruzione, e non volevo vedere i vostri sguardi di compatimento e pena nei miei riguardi, e tanto meno volevo essere d'intralcio. È brutto perdere il controllo lentamente. ››
Minho contrasse la mascella, guardando l'amico, e lentamente mollò la presa, permettendo a Thomas di sistemarsi la maglietta e di riprendere il suo posto sulla sedia, incrociando lo sguardo di Teresa, che si sforzò di sorridergli.
‹‹ Potevamo fare qualcosa ›› disse in un sussurro ‹‹ qualsiasi cosa. Anche mettere a soqquadro la C.A.T.T.I.V.O. per tirare fuori una caspio di cura ››
‹‹ Non potevamo fare nulla, invece. È stato meglio così. La C.A.T.T.I.V.O. sapeva cosa stava succedendo, e sono venuti a prendermi subito dopo che cono morto. Non è vero, Liz? ››
Annuii, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio ‹‹ beh... “subito dopo” è un parolone... ma sì, sono venuti a recuperarti.
Minho, è la verità... è stato Newt a dire a Thomas di spararlo. Credimi, vorrei tirargli un pugno in faccia quanto lo vorresti tu. Ero lì quando è successo, e... Thomas aveva un aria per niente felice del gesto. Ma forse guardare al passato ora è inutile. Newt è qui. Siamo tutti qui!
E questo lo dobbiamo all'Eden. O meglio, a Jillian... e che ci piaccia o no, anche a Nathan. È merito loro se Newt e Teresa sono qui ››

Minho sgranò gli occhi, corrugando la fronte mentre ascoltava le mie parole ‹‹ che caspio è l'Eden? Un'altra associazione di pazzi rincaspiati che pretende di dominare il mondo incanalando il virus dentro un barattolo? ››
‹‹ L'Eden è... era, molto di più. ›› Minho si sedette sulla sedia, guardando Jorge
‹‹ Tu lo conosci? ››
‹‹ Non può conoscerlo. ›› risposi, anticipando l'uomo ‹‹ Nessuno lo conosceva, era segreta e agiva come parassita a spese della C.A.T.T.I.V.O..
Noi eravamo con loro prima che si ci trovaste al braccio destro. Poi la base è stata distrutta... ››
‹‹ Quindi questo “Eden” ha trovato una cura? ›› domandò Thomas ‹‹ ed è reperibile? ››

‹‹ Sicuramente è andata persa con la distruzione della base ›› rispose Teresa ‹‹ siamo rimasti pochi superstiti... e chissà dove sono ora. Jillian è morta, Nathan è con il braccio destro ››
‹‹ E con loro c'è il bambino ›› sussurrò Newt
‹‹ Il bambino... il soggetto AB1 ›› disse Thomas ‹‹ era con voi, giusto? Quando stavate scappando hanno detto che con i “prigionieri della C.A.T.T.I.V.O.” c'era il soggetto AB1, ossia il nuovo soggetto ideale che era stato sottratto alla C.A.T.T.I.V.O.››
‹‹ Sì, esatto... L'avevamo chiamato Chuck ››

Lo sguardo di Thomas divenne gelido nel sentire quel nome, in un vano tentativo di mascherare il miscuglio di emozioni causati dai ricordi che, chiaramente, gli divoravano l'animo ogni volta che riaffioravano.

Restammo in silenzio per diversi minuti, dopo quella conversazione. Ma bastarono per farci capire che, ormai, eravamo tutti dalla stessa parte. Non c'era bisogno di ulteriori conferme, ma chi aveva qualcosa da chiarire, doveva farlo privatamente senza dare show pubblico.

Così, ci dividemmo di nuovo tutti. Thomas, Newt e Minho si allontanarono a parlare di ciò che era successo, e nonostante la distanza, riuscii a vedere che sul volto dei tre, principalmente c'era un sorriso.

Teresa era sdraiata sul divano a guardarli con aria assorta, ed io, invece, decisi di raggiungere Jorge che era tornato nella cabina del pilota.

‹‹ Jorge? ››

‹‹ Hermana ››

‹‹ dove andremo adesso? ››

‹‹ È la prima cosa che ti viene da dire, dopo che sei sparita per tutto questo tempo? ›› domandò con un tono d'astio. Fece più male di quanto potessi immaginare. Per tutto quel tempo, sotto sotto, avevo dubitato anche di lui. Eppure ora era lì, e sentivo di potermi fidare ciecamente di lui.

‹‹ Mi dispiace per Brenda ›› provai a dire, ma ricevetti un occhiata sarcastica e divertita da quella frase.

‹‹ Non mentirmi, so che la odiavi ›› disse ridendo, poi fece le spallucce ‹‹ comunque, bimba, stiamo andando da una mia vecchia conoscenza che in questo momento si trova a Lakewood, non troppo distante da Denver ››

‹‹ Quindi è fuori dalla zona protetta? ››

‹‹ Denver ha smesso di essere protetta dal momento in cui gli spaccati sono riusciti ad entrare, bimba. E poi, Huan se la sa cavare benissimo da solo. Prima di lavorare alla C.A.T.T.I.V.O. era un militare. Ed ora come ora, ci serve una mano per disattivare totalmente i chip nella testa dei ragazzi. Huan è l'unica persona a cui affiderei totalmente la mia vita ››


 


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Capitolo 38
*** Capitolo 38 ***


‹‹ Quindi? ›› chiesi, non volevo rimanere lì in silenzio.

‹‹ Mi dispiace ›› disse, alzando lo sguardo verso il mio ‹‹ per tutto ››

‹‹ Thomas... senti, non c'è bisogno che ti scusi. Alla fine so bene che non è colpa tua... cioè, sì, è colpa tua, ma è stato Newt a chiederti di farlo ››

‹‹ Stavo solo mantenendo una promessa ›› lo so. Me l'ha detto. Immagino che è stato difficile per te, ma non è con me che ti devi scusare ››

‹‹ Se ti riferisci a Teresa, abbiamo avuto modo di parlare quando eravamo qui fuori. In ogni caso, non mi stavo scusando solo per questo, ma per tutto. Tutta questa situazione, tutte queste variabili... è stato tutto colpa mia. Non avrei dovuto fidarmi delle persone sbagliate. ››

Capivo bene cosa intendeva, ed in un certo senso mi sentivo in colpa ad avercela con lui.

Sapevo cosa significava fidarsi delle persone sbagliate.

Thomas si girò a guardare dentro la stanza, e sospirò pesantemente ‹‹ so che ti viene difficile perdonarmi... in effetti, nemmeno io lo farei. Ma credimi, non avrei mai voluto uccidere Newt.

Non volevo farlo. Abbiamo entrambi perso un sacco di persone a cui tenevamo. La C.A.T.T.I.V.O. ha portato via tutto anche a me, non solo a te ››

‹‹ La C.A.T.T.I.V.O. ha portato via tutto a tutti noi, Thomas... non solo a noi ››

‹‹ Lo so ›› disse, chiudendo gli occhi ‹‹ ed anche questo è un po' colpa mia... Te lo ripeto, ho fatto degli errori e... insomma... caspio, non ne ho combinata una giusta.

Ho ucciso il mio migliore amico, perché lui mi ha pregato di farlo, e ho tenuto il muso a Teresa fino a quando non è morta. Stavo vivendo col rimpianto di non averle nemmeno concesso il beneficio del dubbio... E poi, era una variabile. Una variabile, caspio! Questo significa che quasi sicuramente avevamo messo tutto in considerazione, e che probabilmente noi sapevamo già tutto tempo fa... E quindi lei... ›› si portò le mani tra i capelli, stringendoli appena ‹‹ Sono stato un idiota! ››

Mi faceva piacere che almeno ora capiva a pieno cosa stava succedendo. Finalmente, aveva capito che era stato tutto studiato a tavolino.

Presi un respiro profondo e poggiai le mani sulle sue, spostandole dalla sua testa. Gli rivolsi un sorriso. I suoi occhi erano lucidi, come se fosse sul punto di piangere, ma sapevo che non l'avrebbe fatto.

‹‹ Sì, sei stato un idiota ›› dissi, assumendo un espressione soddisfatta per averlo detto ‹‹ un grandissimo idiota. Ma ti vogliamo bene, e ti perdoniamo. Anche se, te lo giuro, sotto sotto vorrei gonfiarti di botte per quanto mi hai fatta arrabbiare ››

Thomas arricciò il naso, storcendo le braccia ‹‹ credo che me le meriterei e non opporrei nemmeno resistenza ››

‹‹ Bene così, bravo ragazzo. Vieni qui, dai, testa puzzona ›› e, detto questo, mi avvicinai di più a lui e lo abbracciai. Thomas prese un grosso respiro per tranquillizzarsi un po', ed infine ricambiò l'abbraccio.

‹‹ Mi dispiace per ciò che hai visto quando... beh... ››

‹‹ Non fa nulla, Thomas... è passato ormai. Siamo tutti qui. ›› Annuì, sciogliendo l'abbraccio.

Non potevo tenergli il muso per sempre. Loro, ormai, erano la mia famiglia.

Quando tornammo in salotto e vidi tutti loro intenti a svolgere attività differenti, riuscii quasi a sentirmi a casa.

Jorge che continuava la disperata ricerca di qualcosa d'interessante da leggere, Teresa che si arricciava le punte dei capelli e Newt che, invece, se ne stava beatamente spaparanzato sopra il divanetto, con gli occhi chiusi nel tentativo di riposarsi un po'.

Quando vidi il grosso sorriso che ci rivolse Teresa una volta varcata la soglia della porta mi sorridere a mia volta. Probabilmente era stata lei a convincere Thomas a parlarmi per risolvere la questione.

‹‹ Sotto a chi tocca! ›› gridò Huan dal piano di sopra, dove si era recato per rimuovere il chip a Minho. Guardammo tutti Thomas, che prese un respiro profondo.

‹‹ Bene così, ci siamo ›› disse, annuendo a sé stesso come se si stesse spronando mentalmente ad affrontare quella prova di coraggio.

‹‹ A dopo pive ›› dissi, sedendomi sulle gambe di Newt, che aprì di colpo gli occhi e si sistemò meglio sul divano per farmi stare più comoda.

 

Dopo quasi due ore, finalmente, Huan entrò in salotto reggendo in mano due guanti completamente insanguinati. Mi ricordava vagamente Winston, ma decisi di tenere il commentino per me.

Ci disse che era andato tutto bene, e che Minho si era già svegliato, ma preferiva aspettare a quando si svegliava anche Thomas, ossia tra circa un oretta.

Avevano solo una cicatrice, che però si sarebbe rimarginata in pochissimo tempo.

Ora che si era calmato, Huan non aveva più quell'aria da fenomeno da baraccone.

‹‹ Allora, avete guardato la tv? ›› chiese Huan, gettando i guanti della pattumiera posta tra il muro e la porta

‹‹ Avevi detto che non esistevano più i canali televisivi, quindi che senso aveva? ›› brontolai

‹‹ Beh, certo che esistono, ma prendono male considerando che gli spaccati hanno distrutto il trasmettitore. ›› sollevò l'indice come se volesse puntualizzare la frase ‹‹ potevate giocare a qualche videogioco. Uhm... ho resident evil, ci stavo giocando giusto l'altro giorno. ››

‹‹ Huan, se volessi giocare a qualcosa di post apocalittico, mi prenderei un fucile un spalla e correrei nella zona bruciata gridando qualcosa di divertente per attirare l'attenzione degli spaccati ›› rispose Jorge.

Io non sapevo nemmeno cosa fosse resident evil, ma annuì verso di lui per dargli comunque la mia approvazione.

‹‹ Sì, ma se muori nella zona bruciata non puoi ricaricare la partita ›› gli fece notare Huan.

Jorge sollevò lo sguardo al soffitto, sospirando in modo rassegnato ‹‹ comunque, Huan, ti dobbiamo un favore ››

Il ragazzo entrò in cucina, e pochi istanti dopo uscì da questa reggendo in mano uno yogurt ed un cucchiaino.

Lo aprì, leccando la carta con la quale era chiuso il piccolo contenitore, poi la buttò via

‹‹ E per cosa? ›› disse, immergendo il cucchiaino per poter cominciare a mangiare ‹‹ Per aver sottratto alla C.A.T.T.I.V.O. la possibilità di esaminare e recuperare due dei loro soggetti migliori? Figurati. È un peccato che non abbiano voluto che aspirassi via il filtro. Non si sono fidati. Quello di Thomas sta già sparendo, ma quello di Minho... beh, ha ancora parecchia strada da fare. Ma comunque, qualsiasi cosa per complicare la vita a questi bastardi... anche se tanto, ormai, sono spacciati. Credo. Dovrei accendere il computer per vedere quanto sono nella merda ora ››

Newt corrugò la fronte ‹‹ Aspetta... cosa? ››

‹‹ Cosa? Che ho detto? ››

‹‹ Hai un computer dalla quale puoi vedere i movimenti della C.A.T.T.I.V.O.? ››

Huan assunse un espressione come se fosse offeso da quelle parole, e squadrò Newt dalla testa ai piedi ‹‹ Ovviamente. Come credi che riesca a vivere così relativamente in pace? Da bravo hacker ho cancellato ogni singola traccia della mia esistenza alla C.A.T.T.I.V.O. quando me ne sono andato. Ma visto che conosco quei figli di puttana, controllo che non facciano movimenti strani per riuscire a trovarmi, individuarmi o qualsiasi cosa di simile. La C.A.T.T.I.V.O. scrive sempre ciò che fa, come se volesse tenere un diario, quindi... è facile tenere d'occhio ciò che combina. ››

‹‹ Huan è un piccolo genio. Sa fare parecchie cose. ››

‹‹ Ho notato ›› disse Newt, corrugando la fronte e guardando il ragazzo.

Rimanemmo per un attimo in silenzio, poi Newt schioccò le dita e guardò il ragazzo ‹‹ aspetta, sapresti accedere ad un computer da qui? ››

‹‹ Beh, dipende... che computer? ››

‹‹ Uno dei computer principali della C.A.T.T.I.V.O. e del braccio destro ››

corrugai la fronte e lo guardai. Voleva accedere al pc che Jillian ci aveva incaricato di recuperare? Ma come potevamo farlo, se non sapevamo nemmeno com'era fatto e se era disattivo?

‹‹ Potrei provare... ma perché? ››

‹‹ Perché quando siamo fuggiti e ci hanno presi, non eravamo soli. C'erano altri superstiti con noi, ed ognuno di loro era della C.A.T.T.I.V.O. ›› spiegò Newt ‹‹ se riuscissimo a radunare tutti loro, potremmo, che so, unirci di nuovo e ricreare l'Eden. Tra di loro ci sarà pur qualcuno che ricorda la composizione della cura che stavano studiando, no? ›› mi guardò come se cercasse un appoggio da parte mia. Poteva avere ragione, come poteva benissimo avere torto. Era un salto nel vuoto e alla cieca. Presi un respiro profondo e feci per parlare, ma Huan m'interruppe

‹‹ L'Eden. ›› disse Huan, poggiandosi una mano sul mento ‹‹ quell'associazione che in teoria era segreta, fondata da Jillian? So che è stata distrutta, ho mandato un messaggio anonimo al capo quando ho scoperto del piano di distruzione della base principale. Quindi, voi venite da lì? ››

‹‹ Sì, ed era l'unico caspio di posto dove la gente ragionava e faceva qualcosa di utile ›› tagliò corto Newt ‹‹ e quando hanno distrutto la base – ››

‹‹ I membri si sono divisi. Sì, ho capito. Ma i membri che ne facevano parte erano privi di chip, giustamente. Jillian li disattivava in modo che nessuno potesse individuare la base, quindi è impossibile che la C.A.T.T.I.V.O. riesca a rintracciarli ›› spiegò Huan

‹‹ Ma se la C.A.T.T.I.V.O. dopo aver distrutto il braccio destro avesse preso prigionieri anche alcuni superstiti allora potremmo – ››

Huan sollevò una mano, interrompendo Newt che cercava disperatamente di aggrapparsi alla speranza di rintracciare gli altri ‹‹ gli unici superstiti che avevano, erano tre. E suppongo che foste voi. Non ne avevano altri ›› disse ‹‹ né loro, né il braccio destro. I vostri compagni sono sani e salvi. Se vuoi rintracciarli, allora l'unica persona al quale puoi rivolgerti, è Jillian.

Saranno cauti e in una o più zone protette, sicuramente fuori da ogni radar. Se sono sopravvissuti e non si sono fatti trovare fino ad ora, allora è sicuramente così ››

La cosa positiva era che, allora, le persone che erano con Jillian e Nathan erano davvero degli alleati.

‹‹ Il problema è che Jillian è morta ›› sussurrai, notando poco dopo lo sguardo stupito di Huan, che cadde quasi dalle nuvole ‹‹ Il braccio destro l'ha uccisa quando hanno preso noi... Per cui, se lei era la nostra unica speranza di trovare gli altri, allora siamo spacciati e non li troveremo mai ›› l'espressione di Huan cambiò, respirando profondamente.

‹‹ Beh, no... forse no. Mi pare che insieme a Jillian, ci fosse un'altra persona a controllare l'Eden, ed era come lei... se capite cosa intendo ››

‹‹ Se parli di Nathan, meglio lasciar stare. Non parleremo con lui. Se è successo ciò che è successo, è colpa sua. Scommetto ciò che vuoi che è stato lui a dare la soffiata di dove ci trovavamo e cosa stava succedendo ›› tagliò corto Teresa, ed io annuii. La pensavo esattamente come lei, sopratutto dopo ciò che era successo.

‹‹ Ma noi infatti non parleremo con lui ›› disse Newt, sorridendo in modo furbo e rivolgendo uno sguardo d'intesa a Huan, che sgranò gli occhi ‹‹ Non abbiamo bisogno di farlo ›› aggiunse.

Poco dopo, Huan sogghignò, scuotendo la mano mentre lo indicava ‹‹ Ho capito cosa intendi. Sei un bastardello intelligente e furbo ›› gli fece l'occhiolino, mantenendo quel sorriso beffardo sulle labbra ‹‹ Sì, mi piaci ››

Corrugai la fronte. Sulle prime non capii, ma, ragionandoci meglio, la cosa era ovvia.

Certo, non potevamo cercarli tramite dei chip disattivi, che ormai i membri non avevano nemmeno più. La C.A.T.T.I.V.O., poi, non aveva modo di raggiungerli tramite questi, e se loro erano salvi dove nessuno poteva trovarli, e gli unici a poter conoscere la posizione del posto dove si trovavano erano Jillian e Nathan, allora... Nathan era davvero l'unica soluzione.

Ma sapevamo bene che non potevamo parlare con lui, e che anche volendolo fare, non ci avrebbe di certo aiutato. L'unica era entrare nel suo cervello, e chi meglio di Hacker poteva farlo, essendo Nathan un computer umano?

Però... qualcosa non mi convinceva.

‹‹ Okay, okay.... aspettate. Ma se Nathan sa dove trovarli, chi ci dice che non l'abbia già detto al braccio destro? Ha detto dov'era la base, caspio! ›› dissi, guardando i miei amici.

Newt arricciò il naso, abbassando lo sguardo. Non ci aveva pensato. In effetti, nessuno di noi aveva messo in conto quel dettaglio.

Nessuno, tranne Huan, che scosse la testa alle mie parole ed incrociò le braccia al petto, sbuffando poco dopo.

‹‹ Nathan non c'entra con la distruzione dell'Eden. Non è stato lui a rivelare la posizione della base. Su quale dannata base fai un affermazione simile, Elizabeth? Nessuno è così masochista da distruggere la propria creazione. È stato un esterno a rivelare la base. Qualcuno a cui non era stato rimosso il chip. Qualcuno che è entrato indisturbato nella base. Un infiltrato, evidentemente ››

Newt corrugò la fronte, sollevando lentamente lo sguardo.

‹‹ Non è possibile. Non c'erano infiltrati nella base. Sappiamo tutti che erano controllati dalla testa ai piedi ›› disse, assumendo un espressione pensierosa.

Erano tutti controllati, ed era vero. Sapevamo che nessun posto era così sicuro, e Jillian era molto rigida su questo.

‹‹ Ragazzi... ›› Teresa sgranò gli occhi ‹‹ erano tutti controllati, e nessuno aveva il chip... tranne una persona. ›› disse, poi, vedendo le nostre espressioni perplesse, sospirò ‹‹ il bambino. ››

allora sgranai gli occhi, trattenendo il respiro per un attimo.

In effetti, nessuno aveva preso in considerazione l'idea che il bambino avesse il chip, considerando l'età. Anche Teresa aveva il chip, ma era disattivo... e l'unico che poteva averlo ancora attivo, era il bambino. Newt sbuffò, sollevando gli occhi al soffitto.

‹‹ Bene così. Ecco svelato il mistero ›› disse, portandosi poi una mano tra i capelli ‹‹ ma se Nathan è col braccio destro, non c'è il rischio che parli? È dalla loro parte ora... insomma... ha preso il bambino con sé ››

‹‹ Non credo che riveli la posizione del nascondiglio degli altri, anche se sta con loro.

Senza una guida e tutte le loro risorse quelli dell'Eden sono veramente poco minacciosi. In ogni caso... vado a prendere il computer e cominciamo le ricerche. ›› disse Huan, allontanandosi poco dopo.

‹‹ E se il braccio destro trovasse il modo di entrare nella mente di Nathan come vogliamo fare noi? ›› Huan non rispose, ma potevo immaginare ciò che avrebbe detto.

In quel momento, ragionai velocemente sulle parole di Huan.

Era vero, i superstiti dell'Eden in quel momento non avevano le risorse necessarie... quindi...

‹‹ Newt... se ora non hanno più le risorse, tu come farai? ›› domandai, vedendo il ragazzo girarsi nella mia direzione con un espressione incuriosita dalle mie parole.

Si era dimenticato del ciclo di cure? Indicai il suo braccio, quello pieno di punture, e lui corrugò la fronte.

‹‹ Ah, parli delle punture. Giusto... ›› sospirò, ma poi mi rivolse un sorriso.

Non sapevo come interpretare quella cosa, ma non mi faceva stare per niente tranquilla.

‹‹ Già ›› dissi. Si sporse verso di me, per poi baciarmi a fior di labbra. Afferrò delicatamente la mia mano, portandola sul braccio con le punture, poi abbassò il volto verso questo

‹‹ Non preoccuparti Liz, non morirò senza il respiratore ›› disse, cercando di rassicurarmi col tono di voce ‹‹ le punture servivano principalmente ad accelerare il processo di guarigione. Andrà tutto bene, e starò bene ››

‹‹ L'ultima volta che hai detto “starò bene” sei stato male e sei impazzito divorato dall'eruzione. ›› gli feci notare ‹‹ permettimi di avere qualche dubbio ››

Storse le labbra, ma poi sorrise, guardando il soffitto ‹‹ Okay, okay... Allora, fammi riformulare la frase... ›› riabbassò lo sguardo, poggiando le mani sulle mie guance ed accarezzandole dolcemente ‹‹ puoi stare tranquilla, perché ho la certezza più assoluta che starò bene. Sul serio, sta volta. ››

Sospirai in modo rassegnato, ed alla fine annuii, decidendo che sta volta potevo e dovevo fidarmi.

Alla fine, non avevo chissà quanta scelta.

In quel momento, poi, dovevamo concentrarci anche sul trovare gli altri in qualunque modo.

Prima li trovavamo, prima potevamo riprendere a trovare una cura...

Dovevamo trovarli anche prima di qualsiasi tipo di mossa che poteva fare la C.A.T.T.I.V.O. o il braccio destro, anche se Huan, con il suo silenzio, ci fece intendere non importava ciò che potevano fare gli altri, ma ciò che potevamo fare noi con le poche risorse che avevamo. Se potevamo avere anche una sola chance di riunirci agli altri, allora era un rischio da correre. Pochi istanti dopo, Huan tornò con un portatile pieno di adesivi attaccati.

Ci vollero diversi minuti per poter accedere ad una rete privata, e davanti a noi, comparve una schermata completamente nera e piena di numeri che, sinceramente, non capivo, ma lui sembrava comprendere a pieno. Sapeva benissimo cosa cliccare e cosa no.

Comparivano parole che sembravano totalmente prive di senso, digitava codici, numeri, lettere... solo a guardarlo mi veniva mal di testa.

Minho e Thomas, finalmente, ci raggiunsero in salotto. Thomas si trascinava sulle gambe, tenendo un braccio attorno al collo di Minho per non cadere come un idiota.

Teresa spiegò loro brevemente ciò che stavamo facendo, così che Minho non cominciasse a fare tremila domande, distraendo Huan dal lavoro che stava svolgendo.

C'era un silenzio quasi snervante, ma era ovvio che era ciò che gli serviva per concentrarsi al meglio.

‹‹ Okay, ci siamo ›› disse il ragazzo dopo un po'.

Comparve una barra di caricamento nello schermo del pc, e sopra questa, lampeggiava la scritta “scaricamento dei dati in corso”.

Una volta arrivata al cinquanta per certo, questa lampeggiò in rosso, poi si chiuse da sola.

‹‹ Come immaginavo ›› brontolò il ragazzo, sbuffando ‹‹ il vostro amico ha dei dati criptati.

Beh, almeno questo ci assicura che il braccio destro non arriverà mai ai vostri amici. ››

‹‹ Che significa? ›› domandò Jorge, che fino ad allora era rimasto in silenzio, ma sembrò che quella notizia lo scocciasse parecchio.

‹‹ Significa che Nathan ha criptato quei dati, in modo da nasconderli e rendere l'accesso impossibile a chiunque, se non a sé stesso. Sono riuscito a scaricare pochissime cose e non di relativa importanza ››

‹‹ Da bravo genietto quale sei, non riesci a trovare un modo per illudere il sistema? ››

‹‹ Posso provare ›› disse Huan ‹‹ ma... ad una condizione. ››

‹‹ E sarebbe? ››

Huan incrociò le dita delle mani, puntò i gomiti sul tavolino sulla quale era poggiato il pc e il mento sopra le mani, assumendo un aria pensierosa. Ma sapeva già cosa chiedere, e riuscivo ad immaginarlo da sola.

‹‹ Fatemi venire con voi. ›› disse, poi sollevò lo sguardo per incontrare quello di Jorge ‹‹ sono stanco di stare qui da solo. E poi, per riuscire a fare questo lavoro mi ci vorranno almeno due notti intere. Giuro, non richiedo molte attenzioni, sono svezzato perfettamente in grado di fare la pipì nel vasino. E non rosicchio i mobili. ››

Beh... non potevamo rifiutarci, dopo tutto ciò che aveva fatto per noi. E il lavoro che stava facendo era immenso. Il minimo che potevamo fare, era permettergli di venire con noi. In ogni caso, una persona come lui, poteva sempre essere una mano in più.

Jorge sospirò, passandosi una mano tra i capelli ‹‹ la mia berga diventerà un centro di accoglienza per muni disadattati... ›› disse, dandomi conferma che Huan sarebbe rimasto con noi.

‹‹ Lo prendo come un sì. Allora affare fatto. ›› Huan annuii in modo soddisfatto, schioccandosi le dita delle mani ‹‹ vediamo di accedere alla memoria di questo figlioletto di prugna umana ››

‹‹ Quali dati sei riuscito a scaricare fino ad ora? ›› domandai incuriosita, mentre mi sporgevo un pochino di più per vedere meglio lo schermo del pc. Huan scrollò le spalle, poggiandosi una mano sotto il mento.

‹‹ Niente di che ›› abbassò la finestra con il caricamento del processo di sblocco alla memoria di Nathan ed aprì una cartella con un nome fatto di numeri. Al suo interno, c'erano altre cartelle.

Huan indicò la prima con il cursore del mouse ‹‹ in questa c'è la lista con i nomi degli scienziati che c'erano dentro la base. Ma è solo la lista dei nomi, non c'è altro ›› spostò il cursore in quella accanto ‹‹ Mentre qui, invece, c'è la lista di quelli che lui ha individuato e che sa che sono vivi. Ma anche qui ha solo dei nomi ››

‹‹ Puoi aprirla? ›› domandai

‹‹ Certo che posso. L'unica cosa che lo protegge è una password, che ovviamente conosco ›› disse con un tono di voce che sembrava dire “è così caspiamente ovvio”.

Aprì la cartella e premette il documento al suo interno, che si aprì rapidamente. Per poterlo visualizzare, come aveva detto lui, richiedeva una password, che digitò.

Una volta aperto il file, ci trovammo davanti la scritta “Superstiti” e direttamente sotto, in ordine alfabetico, c'era una sfilza di nomi che non ricordavo.

‹‹ Okay, forse sono tutti i nomi, non solo alcuni ›› sussurrò Huan, guardando la lista come se sperasse di vedere il nome di qualcuno in particolare. Cominciò a scorrere verso il basso, sgranando gli occhi con aria sorpresa ‹‹ siete più di quello che immaginavo. ››

‹‹ Fermo! ›› sbottò improvvisamente Newt, indicando lo schermo ‹‹ Liz, leggi qui! ››

‹‹ Cosa? ›› domandai, e portai lo sguardo sul nome che stava indicando: Jocelyn.

‹‹ Evangeline? ›› sussurrai ‹‹ credevo che fosse morta! Avevano detto che alcuni aerei in volo erano stati abbattuti! E lei aveva – ››

‹‹ Aspettate... cosa? ›› sbottò Minho, poi sospirò rumorosamente, emettendo una sorta di grugnito ‹‹ okay... farò finta di non aver sentito. Grazie comunque per avermi detto che pensavate che Eva fosse morta. Vi piace proprio nascondermi le cose, vero? ››

‹‹ Era per il tuo bene ›› risposi di getto, guardando il mio amico che, nel frattempo, ci guardava malissimo e con aria disgustata.

‹‹ Non fa nulla... dai, capisco, sotto sotto probabilmente l'avrei fatto anche io ›› brontolò, tagliando corto. Probabilmente non voleva semplicemente tornare a discutere, per cui preferì lasciar perdere, per una volta.

‹‹ Dov'era diretta? ››

‹‹ Non ce l'ha detto... L'unica cosa che ha detto, è che voleva stare lontana da tutto questo ››

‹‹ In Corea ›› rispose Minho, sbuffando ‹‹ quando eravamo insieme alla base, mi disse che le sarebbe piaciuto andare in Corea ››

‹‹ Allora Seul. C'è un aeroporto, e la città è protetta e decontaminata. Una delle poche città sicure per i muni come noi. Propongo di cominciare l'operazione “recupero personale dell'Eden” andando a prendere questa Jocelyn ››

‹‹ Evengeline ›› lo corresse Minho ‹‹ odia essere chiamata Jocelyn ››

‹‹ Quello che è ››

‹‹ Non possiamo andare. Non abbiamo la certezza che si trovi a Seul! E poi è una grande città, come diavolo faremo a trovarla? ›› sbottò Jorge. Non aveva tutti i torti.

Huan fece ruotare gli occhi, guardando l'uomo ‹‹ Solo alcuni aerei sono stati abbattuti: Tokyo, Mosca, Roma e Sydney. La vostra amica evidentemente ha avuto una fortuna sfacciata ›› batté le mani, per poi legarle dietro la testa ‹‹ e per trovarla in una città come Seul... non preoccupatevi. Ci penseremo lì, ma... com'è che si dice? La speranza è l'ultima a morire, giusto? Bene. Allora prepariamoci ad un bel viaggetto in Corea. La nostra missione comincia da lì. ››


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Capitolo 39
*** Epilogo ***


Avevamo deciso che non ci saremo messi in viaggio prima delle 7 e mezza

Tutti noi avevamo bisogno di una sana nottata di riposo, nessuno escluso.

Io e Newt dormivamo in salotto, sul divano letto.

Certo, il materasso non era dei più comodi, ma a noi andava bene.

Meglio quello che il pavimento, insomma... Per quanto la casa fosse pulita, non mi andava molto a genio l'idea di sfasciarmi la schiena contro le assi dure di quel pavimento in legno massiccio.

Erano circa le 3 e mezza del mattino, quando lo schermo del portatile di Huan si illuminò, producendo un suono improvviso che mi fece sobbalzare sul lettino, svegliando persino Newt.

‹‹ Ma che diavolo...? ›› mugugnò con un tono di voce impastato ed assonnato.

Aveva un braccio attorno alle mie spalle, che spostò lentamente quando mi sentì spostarmi per mettermi seduta.

Huan aveva lasciato il computer acceso in modo che l'indomani non dovesse nemmeno perdere tempo per accenderlo prima di andarsene dalla casa, e potersi immediatamente mettere a lavoro.

‹‹ Il caspio di computer ha suonato ›› sussurrai

‹‹ Sì, ho sentito ››

Mi alzai dal lettino, sentendo le molle del materasso scricchiolare in modo inquietante.

‹‹ Liz? ›› mi chiamò Newt, mentre mi avvicinavo verso il pc.

Aveva un tono quasi allarmato, come se temesse che, avvicinandomi a questo, potesse saltare in aria e far esplodere l'intera casa.

Non che la cosa potesse stupirmi in qualche modo, considerando che mentre curiosavamo in giro per la casa avevamo trovato scatole piene zeppe di esplosivi di vario genere e armi di tutti i tipi.

Newt si mise rapidamente seduto sul letto quando notò che ormai ero arrivata davanti al tavolino ‹‹ Liz, per carità, non toccare niente! ››

‹‹ Sto solo controllando cos'è che ha fatto suonare il pc, sta tranquillo ›› brontolai.

Non ero stupida e non avrei toccato niente che potesse danneggiare quell'affare.

C'era una notifica sul desktop, ed era a forma di busta delle lettere ed accanto a questa c'era un piccolo quadratino rosso con scritto “1”.

‹‹ Hai visto cosa l'ha fatto suonare? ››

‹‹ C'è una mail ›› dissi corrugando la fronte. Ero tentata di aprirla, ma sapevo che se l'avessi fatto, sicuramente Huan si sarebbe infuriato.

D'altronde non potevo sapere cosa trattasse, se erano fatti privati o se era qualcosa d'importante, magari che riguardava Nathan, o qualcosa di simile.

Newt si alzò dal letto e mi affiancò, guardando anche lui lo schermo.

Storse le labbra e si diede una rapida occhiata attorno. Probabilmente, anche lui si domandava la stessa cosa. Poco dopo, sentii dei passi. Qualcuno stava scendendo le scale. Sbadigliò ed imprecò. Da lì, capii subito che si trattava di Huan.

Lo conoscevo da neanche un giorno ed avevo già capito il suo modo di fare.

Teneva una torcia in mano, probabilmente per non svegliarci con la luce del lampadario, ma quando ci trovò svegli ed in piedi si bloccò sulla soglia della porta e ci guardò con fare incuriosito e sorpreso.

‹‹ Che ci fate svegli? ››

‹‹ Il tuo aggeggio demoniaco ci ha svegliati ›› sbottò Newt, ancora con la voce assonnata ‹‹ tu piuttosto, che ci fai qui? hai un udito fine? ››

Huan ridacchiò sotto i baffi, poi sollevò il polso e mostrò l'orologio, indicandolo con la torcia per metterlo bene in vista ‹‹ questo affare si illumina e mi mostra quando ci sono nuove notifiche nel computer ››

Newt arricciò il naso, guardando con la coda dell'occhio lo schermo del computer.

‹‹ C'è una mail ›› dissi io, così Huan annuì in mia risposta e si avvicinò a grandi passi al tavolino con pc sopra.

‹‹ Lo so ›› disse, facendoci cenno di spostarsi in modo da prendere posto al computer.

Non disse altro, ma ci guardò come se non volesse che guardassimo lo schermo del pc. Questo mi fece intendere che si trattava di una mail privata, così feci per allontanarmi, ma Newt no. Lui rimase lì, a fissare lo schermo del computer nonostante le occhiatacce di Huan.

Aveva perso di vista il senso della parola “privacy” o semplicemente aveva smesso di fidarsi di chiunque?

Huan si girò completamente verso di noi, fissando Newt negli occhi, cercando di fargli capire che doveva allontanarsi.

Il problema, era che conoscevo bene Newt, e sapevo che lui non vedeva quello sguardo un modo silenzioso per dirgli di allontanarsi, ma la vedeva più come una sfida ed un modo sospetto di fare le cose.

E in effetti, data la situazione in cui c'eravamo cacciati, non aveva tutti i torti.

Eppure sapevamo bene entrambi che potevamo fidarci di Huan.

Quando notai il modo in cui l'espressione di Newt cambiò radicalmente, trasformandosi in uno sguardo severo e freddo, gli afferrai la mano e cercai di tirarlo via, ma lui non si mosse. Non mi guardò nemmeno tanto che era impegnato a reggere lo sguardo del ragazzo davanti a lui.

L'unica volta in cui avevo visto uno sguardo severo come quello, era quando fissava George.

‹‹ Che c'è, non ti fidi di me? ›› sbuffò Huan

‹‹ No, ti pare? ›› rispose in tono sarcastico ‹‹ non mi fido delle persone che si comportano come se dovessero nascondere qualcosa. ››

Huan tirò indietro la testa, come se qualcuno di avesse tirato un pugno, poi sbuffò e sollevò gli occhi al soffitto ‹‹ Capito. Okay, va bene, guardate pure ma non fate conclusioni affrettate. ›› disse semplicemente, per poi girarsi verso il pc.

Dal modo in cui premeva i tasti per digitare la password per sbloccare la mail, si capiva quanto fosse scocciato del fatto che Newt, in quel momento, non avesse fiducia in lui.

Ma a Newt la cosa non importava affatto, ed anzi, mentre Huan apriva la mail, lui incrociò le braccia e si avvicinò per vedere meglio lo schermo del pc.

Incuriosita dall'espressione sorpresa che fece Newt, mi avvicinai anche io.

La prima cosa che notai era quanto caspio era lunga. Chi diavolo poteva avere così tanta voglia di scrivere alle tre del mattino? Corrugai la fronte, immaginando che fosse qualcosa di veramente importante e dettagliato. Così, cominciai a leggere, sorprendendomi già dal titolo che portava. Ma la cosa più strana, era il mittente.

Ora capivo il motivo della premessa di non fare conclusioni affrettate, fatta da Huan poco fa.

 

Missione conclusiva − EDEN

Destinatario: HUAN

Mittente: EVE

Re: Eden, Sopravvissuti

 

Salve Huan, è sempre un piacere risentire un vecchio e buon fedele amico ed alleato.

Sono realmente felice di sapere i soggetti del gruppo A sani e salvi a casa tua, e anche di sapere che ora sarai con loro.

Confermo l'arrivo di Evangeline a Seul, e mi dispiace doverti negare l'informazione di dove mi trovo.

D'ora in poi, come ho già detto in passato, per motivi di sicurezza agirò da esterno fino a quando la situazione non migliorerà... e temo che questo, come potrai ben immaginare, accadrà tra molto tempo.

Ad ogni modo, do la mia parola che farò sempre il possibile per tenere in salvo i muni.

Sono una ricchezza inestimabile e necessaria per la sopravvivenza umana, e l'unica speranza per un futuro migliore del presente che stiamo vivendo.

Ma la cosa che importa adesso, ed è di vitale importanza, è che tutti i membri dell'EDEN si riuniscano.

Il soggetto AB1, inoltre, è di vitale importanza che torni nelle nostre mani.

È troppo importante. Come puoi ben intuire, non è solo il soggetto ideale, ma una vera e propria fonte di cura.

Un corpo così piccolo e fragile che contiene l'immunità contro il virus, per la C.A.T.T.I.V.O. è stato una mano dal cielo.

Poco prima che il soggetto A5 lo prese in salvo, riuscirono ad impiantargli lo stesso chip del Soggetto 0.

Capisci da solo, quindi, che è importante che torni nelle nostre mani.

Mi dispiace dover parlare di una creatura vivente come se fosse un oggetto, ma è ciò che diventerà se rimarrà nelle mani sbagliate.

Fortunatamente Nathan non è stato manomesso fino al punto di lasciarlo completamente nelle loro mani.

Il bambino, per cui, per il momento è al sicuro e nessuno gli farà del male. Ma è questione di tempo.

Tuttavia sono ancora in contatto con Nathan, che mi tiene costantemente aggiornata sullo stato del bambino e sul suo.

Per cui, prima di gettarvi in una missione di salvataggio verso di lui, vi consiglio di concentrarvi sul riunirvi con gli altri.

Nonostante siano relativamente pochi i sopravvissuti dell'EDEN, vi assicuro che sono tutti membri validi.

Ed inoltre, si sono uniti anche altri alleati. Ho già provveduto ad avvisare il soggetto A20 del fatto che proverete a riunirvi a loro e lui mi ha comunicato che attualmente a capo gruppo dei sopravvissuti della base principale, e che anche loro cercheranno di mettersi in contatto con voi.

Ma, purtroppo, oltre queste cose non so dirti nient'altro. Mi dispiace inoltre informarti che nemmeno io so dove si trovino.

Per salvaguardare i sopravvissuti, si sono spostati altrove e non nelle basi già stabilite inizialmente.

Tutti i membri dell'Eden hanno cambiato le loro posizioni, e le basi che conoscevo sono state distrutte.

Per cui non ho la minima idea di dove si trovino, ma so che presto me lo faranno sapere.

Ti chiedo il favore di tenermi aggiornata sui vostri movimenti, come io ti prometto di aggiornarti non appena saprò la collocazione precisa dei sopravvissuti. Mi raccomando: tieni al sicuro i soggetti, Jorge compreso.

Thomas, Teresa, Newt, Elizabeth e Minho sono tra i dieci soggetti più forti ed importanti, sei già consapevole di tutto questo. Mi affido completamente a te, e a Jorge.

Spero di ricevere presto altre notizie da parte vostra.

In fede, Eve.

 

Mi allontanai lievemente dal pc, osservando l'espressione di Huan, concentrato a leggere attentamente la lettera quasi come se stesse cercando un messaggio nascosto.

Ma probabilmente era solo lento a leggere, a differenza mia e di Newt che finimmo quasi subito.

Eve.

Sulle prime, pensai si trattasse di Evangeline, ma non avrebbe avuto senso parlare di sé stessa in terza persona.

Poco dopo, Huan chiuse la schermata col messaggio e lo cancellò, passandosi una mano tra i capelli e sospirando.

‹‹ Avete letto tutto? ››

‹‹ Sì ›› risposi, ma decisi di non fare nessuna domanda, sapendo che tanto ci avrebbe spiegato tutto da solo.

‹‹ Eve è il nome in codice del capo dell'Eden ›› disse ‹‹ Eve, come Eva del paradiso terrestre... sì, insomma, hanno giocato sul nome dell'Eden e così via ›› scosse la mano per farmi capire che quella parte della spiegazione non era importante

‹‹ Hai parlato con qualcuno di noi e non ci hai detto niente? E quando gliel'hai detto, se noi eravamo qui con te mentre usavi il computer? ››

Corrugò la fronte, scuotendo rapidamente la testa ‹‹ mentre stavate preparando il divano letto. Sono molto veloce a scrivere. Sai com'è... E poi è una persona molto affidabile, come avete visto. Vi conosce come le sue tasche, conosce le vostre storie e vi osserva sin dal principio. Non è un idiota ›› chiuse gli occhi, respirando profondamente ‹‹ oltre Jorge, è l'unica persona che ho continuato a sentire dopo che sono andato via dalla C.A.T.T.I.V.O., ed è anche quella che mi ha detto della morte di mia sorella ››

‹‹ Tua sorella lavorava con te alla C.A.T.T.I.V.O.? ››

Huan scosse la testa. La luce del computer gli illuminava il volto, per cui riuscii a vedere che i suoi occhi, di colpo, diventarono lucidi.

Mi fece sentire estremamente in colpa per avergli fatto quella domanda, ancor prima che potessi cercare in qualche modo di cambiare discorso, sospirò

‹‹ Mia sorella è stata costretta ad andare nel gruppo B nonostante la sua giovane età ›› sollevò lentamente lo sguardo verso Newt, come se, in qualche modo, volesse colpevolizzarlo per l'accaduto ‹‹ hai presente che ho detto che hai un'aria famigliare? ››

‹‹ Sì, non ho una così brutta memoria, caspio ›› rispose rapidamente Newt

‹‹ Ti ho conosciuto alla C.A.T.T.I.V.O. quando eri solo un bambino. Beh... non che fossi più grande di te. D'altronde abbiamo solo cinque anni di differenza. Ad ogni modo, eri veramente troppo impegnato per poter avere un minimo ricordo sia di me che di Julia... Ma lei ti adorava ›› Huan ridacchiò. Allora capii che quello sguardo, non era d'odio o per colpevolizzarlo. Era più uno sguardo malinconico, cosciente del fatto che Newt non avesse alcun ricordo di quel periodo.

‹‹ Non lo so... Magari me la ricordo, io... non so che dirti. Quando è andata nella radura? Prima o dopo di me? ››

‹‹ Prima. Quando l'hanno mandata era il soggetto più giovane di tutti. Dieci anni. Aveva i capelli ricci, le guance rosee con qualche, ed era un po' robusta. Ed aveva gli occhi castani, non azzurri come i miei ›› accennò un sorriso, passandosi nervosamente la mano tra i capelli. Tremava, ed il sorriso era palesemente forzato ‹‹ li invidiava e mi diceva sempre che prima o poi me li avrebbe strappati ››

Newt tirò indietro la testa di colpo, inspirando ed abbassando la testa. Annuii tra sé e sé ‹‹ credo di aver capito. Dieci anni... Se è entrata prima di me, vuol dire che a quest'ora avrebbe dodici anni ›› guardandomi con la coda dell'occhio ‹‹ Pressapoco l'età di Chuck, quindi... ››

‹‹ Frankie ›› risposi rapidamente. Immaginavo che fosse lei. In effetti, c'era una certa somiglianza.

Huan annuì, storcendo le labbra ‹‹ già ›› disse ‹‹ Eve la teneva sott'occhio nella radura e faceva in modo di tenerla al sicuro, e – ››

‹‹ Eve è Jillian, vero? ›› lo interruppe Newt.

Huan, a quel punto, non poté fare altro che annuire.

Sgranai gli occhi ‹‹ Jillian? ››

‹‹ È un computer, potrà anche morire ma la sua è una sorta di coscienza virtuale se ci pensi. È un computer umano, l'ha sempre detto. Sostanzialmente è come un essere costantemente connesso ad una rete ›› spiegò Newt.

‹‹ Ho dato il mio buon contributo con la creazione dell'Eden ›› allargò le braccia ‹‹ ma da buon doppiogiochista, non potevo di certo smascherarmi così ››

‹‹ Che bello, ogni tanto si scopre qualcosa di nuovo ›› dissi con un tono ironico, provocando a Newt una risatina soffocata.

‹‹ Benvenuta nel mondo della C.A.T.T.I.V.O. ›› rispose ‹‹ okay, quindi, se un ex scienziato della C.A.T.T.I.V.O., un ex militare, una sorta di infiltrato, un hacker e cos'altro? ›› aggiunse

‹‹ Un genio ›› sollevò l'indice ‹‹ e dire “ex militare” è un parolone. Ho fatto il militare per un anno, mica per dieci ››

‹‹ Dimmi la verità... ti chiami davvero Huan? ››

‹‹ No ›› corrugò la fronte ‹‹ ma non vi dirò il mio vero nome. Se inverti il nome si leggere Nauh, che è la pronuncia di Now, ora. Lo prendo come un modo per spronarmi a fare le cose prima che sia troppo tardi ›› accennò un sorriso ‹‹ perché in passato ho trascinato le cose fino a quando non era troppo tardi.... come non portare via Julia. Ho preferito lasciarla lì fino a quando non trovavo una sistemazione stabile. Scelta errata, non trovate? ››

Rimanemmo in silenzio per un po', scambiandoci sguardi incerti. Sia io che Newt non sapevamo cosa dire. Così, alla fine, fu proprio Huan a rompere di nuovo il silenzio, battendo le mani tra di loro e facendo ricomparire rapidamente il sorriso di sempre.

‹‹ Quindi, il piano rimane sempre quello. Si parte in Corea per raccattare la vostra amichetta, andiamo dai simpaticoni dell'Eden e poi sfondiamo il culo alla C.A.T.T.I.V.O. ››

Sorrisi ed annuì, per poi ricordami di un dettaglio importante.

‹‹ Oddio ›› sussurrai tra me e me, guardando Huan.

‹‹ Che c'è, fiorellino? ››

‹‹ Ehi, piano con i nomignoli. ›› brontolò Newt, ottenendo però la più totale indifferenza da di Huan

‹‹ Eva aveva detto che voleva partire per Taegu. L'ho ricordato ora ››

‹‹ Taegu? Impossibile. È deserta ormai, la chiamalo città fantasma. Attualmente Taegu è come il nostro palazzo degli spaccati ›› spiegò, così fece le spallucce ‹‹ ed a meno che la vostra amica non è una di loro, è impossibile si trovi lì. Rimaniamo su Seul, se poi non si trova lì, beh... troveremo un modo. Ma non ora. Dopo una bella dormita, ci studieremo un piano tutti insieme. ››

 

L'indomani mattina, fu una brutta levataccia, c'era da ammetterlo.

Jorge si era alzato per primo per condurre la berga fino a davanti la casa di Huan.

Come premesso da quest'ultimo, era pieno di armi che non aveva alcuna intenzione di lasciare in casa, ed infatti, furono le prime cose che portò dentro la berga.

Jorge decise di portare anche il suo frigorifero, con la scusa che adesso eravamo più persone, ed un frigo più grande ci avrebbe solo fatto comodo.

Decidemmo di portare via anche il divano letto, il letto matrimoniale ed il letto singolo – o meglio, il materasso di questi –, più altri due materassi singoli che aveva deliberatamente rubato dalle case lì vicino.

“Almeno non corriamo il rischio di dormire per terra” fu la sua giustificazione, ma Jorge si rifiutò di farlo andare in cerca di altri materassi, dicendo che c'erano i sacchi a pelo.

Ma Huan era più testardo di un mulo, così, pochi minuti prima di partire, quando avevamo caricato anche l'ultima scatola che conteneva il cibo, Huan aveva trasportato, con l'aiuto di Minho, altri due materassi.

Ciò che mi domandavo, era come pensavano di dormire. Eravamo al limite della privacy.

Eravamo costretti a dormire con i materassi tutti attaccati.

Una volta partiti, senza sentire miracolosamente nessuna lamentela da parte di Jorge, cominciammo a sistemare tutte le “nuove” cose in giro.

A parte queste piccolezze, per il momento, potevamo reputarci tutti al sicuro. Ma questa volta per davvero. Mi dispiaceva per gli altri, quelli rimasti nel braccio destro, ma ormai non potevamo guardarci indietro. Un giorno, forse, ci saremo ritrovati tutti insieme. Ma adesso, era più importante pensare a noi stessi e ritrovare Evangeline.

Dopo aver fatto questo, ciò che doveva temere maggiormente la C.A.T.T.I.V.O. ed il braccio destro, era lo stesso gruppo di ragazzi che aveva costretto a lavorare per loro.

Quelli a cui avevano portato via tutto, e che avevano costretto a crescere prima del tempo.

Dovevano vedere che l'unico risultato palese che avevano ottenuto, era che l'odio, il dolore e la sofferenza, avevano creato un pericolo contro di loro.

Era vero, noi eravamo il futuro. Ed il futuro, di certo non prevedeva che la C.A.T.T.I.V.O. diventasse la multinazionale più potente a capo del mondo.

Era giunto il momento di recuperare la nostra libertà, e visto che sembrava non esistere, allora ce la saremo creata.


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