VersuS

di AlexTheOgre
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** VersuS-Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap.1 ***
Capitolo 3: *** Cap.2 ***
Capitolo 4: *** Cap.3 ***
Capitolo 5: *** Cap.4 ***
Capitolo 6: *** Cap.5 ***



Capitolo 1
*** VersuS-Prologo ***


Non ho mai avuto le idee molto chiare. Spesso mi chiedo cosa fare, per poi rimpiangere le mie azioni o trovare scorciatoie stupide che, al momento, non avevo neppure intravisto.
Sono in questo liceo per... non so, mi è sempre piaciuta l'informatica, così mi sono iscritta ad un istituto tecnico ad indirzzo informatico, non per altro.
Non eccello in nessun sport anche se ne ho fatti molti. Dalla danza, al nuoto, fino ad ogni tipo di arte marziale. anche se forse, qualcosa in cui eccello c'è, i videogiochi. Datemi un controller, una console, e riuscirò a vincere ogni partita in cui mi sfiderete anche se non avrò mai giocato a quel videogame. Ho preso piuttosto sul serio un videogioco appena uscito, l'ho provato solo una volta e me ne sono già innamorata. è un gioco complesso ma semplice.
Ci sono cinque mondi, l'Alpha, sede del palazzo Alpha dove si riunisce il Governo e dove hanno luogo le prigioni e la Città dell'Est; Beta, il posto in cui risiede la Gilda dove si svolgono tutte le questioni legali, la sua capitale è la Città del Sud; Delta, qui risiede la Città dell'Ovest assieme a tutte le scuole di magia che trasformano i nuovi giocatori in "dominatori"; Gamma, i clan ne hanno occupato l'intera superficie. Non ha confini precisi poiché cambiano dopo le guerre che vengono svolte nell'ultimo mondo, l'Omega. Quest'ultimo è stato trasformato in innumerevoli campi di battaglia, lui è la sede dell'illegalità, della città del Nord.
Il problema di questo gioco è che non ha uno scopo, semplicemente ti lasciano in una di queste città e, forse devi pensare a sopravvivere, forse devi pensare a scalare la vetta della popolarità, forse devi pensare a servire e riverire il Governo, o, forse, devi solo pensare di goderti la seconda vita che ti è stata regalata.

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Capitolo 2
*** Cap.1 ***


Dopo circa cinque mesi d’attesa, è arrivato il giorno del mio compleanno! Ero talmente eccitata, non vedevo l’ora di ricevere il regalo che avrebbe messo fine a tutte le mie agonie, ma non andò tutto come previsto. Venni costretta a fare shopping assieme a mia madre «Oggi è il tuo compleanno, compra tutto quello che vuoi» alla fine non ho comprato nulla, ho provato tutti i capi di tutti i negozi «Tesoro è fantastico, lo prendiamo!» urla mia madre al commesso ad ogni vestito, maglietta o pantalone che provo… ed infatti io non ho comprato nulla, è mia mamma che ha comprato dieci buste d’abiti! Torniamo a casa, e mia madre mi cucina il mio piatto preferito: le lasagne! Non faccio in tempo a prendere il bis che mi trascinano al bowling. Vince la squadra A composta da me e mio padre che, a quanto pare, è un vero genio nel bowling. Subito dopo andiamo al cinema ma non in sala a vedere un film, ma alla sala giochi lì vicino. Iniziamo con il basket. Vinciamo una centinaia di ticket, sempre grazie a mio padre che, a quanto pare è molto più capace di me negli sport, visto che io sono riuscita a mala pena a fare cinque canestri consecutivi… Dopo però si entra nel mio campo! «Scommettiamo su un duecento ticket?» chiesi a mio fratello nella nave pirata. Lo scopo del gioco era sparare ai mostri in cielo con i cannoni e, allo stesso tempo non fare affondare la nave. Alla fine sono stata io a fare tutto il lavoro, Jack è proprio negato nei videogame ed io ho dovuto sostituirlo, tal volta manovravo anche il suo timone. Allo scadere del tempo la macchinetta dei ticket sembrava quasi essersi rotta. «Duecento trentasette» disse mio fratello dopo aver avuto la pazienza di contarli tutti facendomi vincere anche la scommessa ma innescandone un’altra «Vediamo chi, fra noi due vincerà più ticket» accettai volentieri la sfida che mi porse mio papà ma che offese mio fratello e mia mamma «Anche noi vogliamo partecipare e vedrete che faremo molti più punti di voi!» Ci ritroviamo dopo due ore davanti al bancone dei premi «Ottocento novantaquattro» annuncia mio padre soddisfatto «Milleduecento dodici!» urlo io saltando «Due» dice mia madre. Io e papà iniziamo a ridere di gusto e batterci i pugni «mila» aggiunge mio fratello. «Duemila!» adesso è mia madre che salta di gioia. Accampiamo tutte le scuse possibili «Eravate in due non è giusto!» «Vi siete fatti aiutare!» «C’era una macchinetta difettosa!» Ma alla fine toccò a lei scegliere il premio. Prese due portachiavi con un pinguino fosforescente, uno fuchsia e l’altro verde. Una sveglia a forma di profumo ed un ciondolo con una pietra viola incastonata. Quando torniamo a casa sono appena le cinque, e vengo trascinata ancora fuori casa, il piano era di andare al luna park «Ehi! Oggi è il mio compleanno, quindi andiamo al laser game!» Alla fine abbiamo cambiato meta e fatto rotta verso il laser game. Ci siamo uniti ad un gruppo di quindici persone, e alla fine un membro dello staff si è unito per compensare il giocatore mancante. La lotta era fra me e lui, lui aveva preso quasi tutti i bonus, aveva la mitraglia, l’invisibilità e la cura rapida. Io invece ne avevo solo uno, l’immortalità. C’ho messo un quarto d’ora per trovarlo ed un altro per ottenerlo. Ma alla fine sono arrivata prima con un distacco pazzesco! Mio padre e mio fratello si contendevano l’ultimo posto, mentre mia madre è arrivata quarta! Siamo tornati a casa in stato di trans. Per tutto il tragitto ho dormito, quando sono scesa dalla macchina mi sono aggrappata a mio fratello che alla fine ha dovuto prendermi in braccio. Mi ha lasciato davanti la porta della mia camera ed è andato a dormire. Mi sono fiondata sul letto ancora vestita. Togliti almeno le scarpe… Con uno sforzo sovrumano mi siedo sul bordo del letto, slaccio le scarpe e affondo nuovamente nel cuscino. La scrivania si è spostata mi ci vuole mezz’ora, per capire che tutte le mie cose erano state spostate. La scrivania è ora sul lato destro del muro, il letto non è più verticale ma ma orizzontale, la libreria ha preso posto affianco alla finestra e sopra di me ci sono due mensole di più che contengono i pochi oggetti che tenevo in una scatola a sinistra rispetto l’entrata, che è stata rimpiazzata da qualcosa di alto, nero con un nastro rosso. Che cos’è? Fantastico su cosa potrebbe trattarsi senza alzarmi, avevo troppo sonno! Quando finalmente chiudo gli occhi sogno il nuovo videogioco e, inevitabilmente li riapro fiondandomi su quella scatola molto più larga di quel che sembra. Tolgo il nastro rosso e apro la tenda, come pensavo dentro c’era un tappeto mobile, una tv touch nella parete con una tastiera sollevabile poco sotto, dall’altra parte un appendi abiti con una tuta nera ed un casco. Sotto quella luce blu sembrava tutto perfetto, e lo era! Su uno dei bordi del tappeto c’era anche una cassetta ed un modulo già compilato. Levo un urlo di gioia che, di sicuro, anche se stavano già dormendo avranno sentito.

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Capitolo 3
*** Cap.2 ***


Dalla cucina arriva un odore talmente invitante che mi costringe a svegliarmi. Scendo le scale e li trovo tutti seduti sui divani del piccolo salotto pre-cucina. «Cos’è quest’odore?» «Sto cucinando una torta» risponde mamma mentre si alza «Di mattina?» guardo l’orologio incorporato nella tv ad angolo. 11:30 è già così tardi?! «Mamma devo andare a scuola!» metto in bocca una brioche e torno di corsa nella mia camera «È sabato!» urla mio fratello dal piano di sotto che idiota! «Grazie!» mi ero già preoccupata per nulla… forse perché ieri ho saltato un giorno, sento già la sua mancanza? Mi tolgo i vestiti sporchi e per un attimo vengo tentata dall’indossare la tuta, ma mi ricordo la prima volta che ci ho giocato. il promoter è rimasto mezz’ora in quella stanza per spiegarci le poche regole del gioco. Quindi forse è meglio leggere il manuale. Rientro in quella cabina. Esattamente come la ricordavo, anche senza manuale… Accendo il computer. La schermata diventa subito blu e compaiono innumerevoli scritte bianche che scorrono verso l’alto. Una volta finite le scritte lo schermo torna nero, si riavvia e torna quello sfondo blu ma senza macchie bianche. Mi viene fuori una cosa tipo make-up… Insomma un avatar tutto bianco senza capelli, né un volto né una forma corporea ben definita. Appare un avviso che contorna due scritte, la prima recita ‘manuale’ mentre la seconda ‘foto’ Ed una voce di sotto fondo mi dice «Scegli come creare il tuo avatar» Ed io che non dovevo giocare… Per farla molto breve, sono rimasta attaccata al computer per minimo due ore, anche se a me sembrano molto meno, ma forse è passato ancora più tempo… Sono riuscita a creare il mio avatar e… basta. Ho solo sprecato due ore o più, ma il risultato è magnifico! Non credevo certo che la grafica fosse così reale! L’avatar sembra in tutto e per tutto una foto di me stessa. Gli stessi capelli ed occhi bruni, con lo stesso taglio poco più basso della spalla, la stessa altezza e la stessa forma corporea. Non vedo l’ora di collegarmi! Senza pensarci due volte ignoro l’idea di collegarmi per la prima volta coi miei amici e mi infilo la tuta, che risulta essere molto più complicato di quel che sembra. La tuta è perfettamente aderente, anzi forse è anche più stretta e troppo spessa. Sullo schermo appare un solo tasto blu con una scritta bianca ‘inizia a giocare’ senza neanche pensarci clicco, ma non succede nulla… Non dirmi che l’ho già rotto! Ed ora che faccio?! Entro in panico, e se l’ho rotto? Mi giro in cerca di aiuto, come se in quel piccolo camerino ci fosse qualcosa che potesse aiutarmi… aspetta, lì appeso c’è…. Il casco, il casco! Infilo il casco e vedo tutto quello che avrei dovuto vedere prima, il paesaggio è scuro, il cielo è nuvoloso e, a giudicare dal movimento delle foglie degli alberi c’è molto vento. Una mano mi sventola davanti, mi giro e appare un tizio vestito come un barbone, intento a muovere le labbra, senza però emettere suono. Si ferma e aspetta, da come mi guarda deduco che aspetti che io dica qualcosa, ma che dovrei dire? Lo vedo accigliarsi, si gira intorno e prende un bastone trovato a terra. Inizia a scrivere qualcosa su una piccola pozza di fango. Mi avvicino e leggo ‘microfono’ e mi indica un suo orecchio. Ecco perché non riesco a sentirlo! Non ho acceso il microfono. Alzo il casco poco sopra gli occhi, così da permettermi di vedere il display senza però toglierlo. Sul display non c’è nulla, e mi tocco l’orecchio. Tocco un bottoncino e sento il fruscio degli alberi: l’ho acceso! Mi rimetto il casco come si deve e torno a guardare il ragazzo che, ‘sta volta, mi indica la bocca me la tasto pure io e scorro di lato. Vicino a quel bottoncino c’è il microfono alzato, lo abbasso e me lo porto vicino alla bocca «Così?» gli chiedo «Perfetto! Mi senti?» mi chiede lui, annuisco. «Sei nuova giusto?» muovo ancora il capo mentre mi guardo attorno «Oggi tocca a me spiegarti le regole principali del gioco…» «Okay…» ci incamminiamo verso una meta imprecisa e a momenti casco a terra. «È la tua prima volta?» «Non proprio, ci ho già giocato qualche anno fa…» non mi ricordavo che camminare su un tappeto mobile fosse così difficile… «Ti abituerai. Piuttosto, hai idea di dove ti trovi?» «No» «Mi spiace per te, ma siamo nella città del Nord, nel mondo Omega» «Quella pericolosa?» chiedo senza spostare lo sguardo da terra «In parte» fa lui in tono tutt’altro che convinto ma poi si corregge «sì, totalmente» sorride nervosamente ed inizia a parlare ininterrottamente «Parto col dirti che, ora, il Governo ha messo una nuova regola facoltativa. Se si riesce a raggiungere un buon livello di forza, si viene promossi ad un grado di potenza superiore soprannominato R. Cambiano i parametri, si diventa più veloci, più forti, e gli attacchi hanno meno efficacia, ma principalmente gli occhi cambiano colore e diventano rossi. Tu che hai appena iniziato a giocare puoi dedicarti totalmente al raggiungimento di questo grado, oppure ci sarebbero molte altre cose da fare. Prima di questo nuovo permesso, solitamente, ci si dirigeva alla scuola di magia, oppure in città. Ma visto che ci troviamo nell’Omega è meglio che tu abbia questo» mi porge un pugnale con elsa e fodero nero, ma quando lo apro la lama è bianca e sopra ha un incisione ‘lacera la luce con le tenebre’ «Come si usa?» chiedo facendolo ridere «Non riuscirei mai a spiegartelo in cinque minuti, ora devi partire» «Dove dovrei andare?» «Questo lo devi scegliere tu»

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Capitolo 4
*** Cap.3 ***


«La scuola di magia, devo iniziare dalle basi!» gli ho risposto così, ma ora me ne pento! Quel ragazzo gentile di cui non conosco nemmeno il nome mi ha accompagnato al teletrasporto della città, un gigantesco portale tutto viola e sono finita nel cortile senz’erba di quest’edificio interamente bianco. Ovunque io mi giri c’è gente che si allena, che urla ordini o che si benda delle ferite. E questa dovrebbe essere una scuola?! Voglio scappare! «Ehi tu!» urla una voce possente dietro di me, mi giro lentamente, ho paura di chi potrei trovar dietro di me «perché sei ferma?!» un uomo alto, con una divisa blu piena di stelle con la schiena eretta mi guarda dall’alto al basso «Sei nuova?» «Sì» mi indica un gruppo di persone «Là, muoviti!» Mi dirigo nel punto da lui indicato e mi aggrego ad un gruppo di una decina di persone. Sembrano tutti più grandi di me, tranne quattro o cinque ed uno che sembra ancor più piccolo. C’è solo una ragazza. Ha il terrore sul volto, così decido di avvicinarmi «Tutto bene?» «Non molto» fa lei spostando il suo sguardo su di me. Ha i capelli bruni con dei boccoli che le ricadono sulle spalle e gli occhi grigi. «C’è qualcosa che non va?» «Hai visto come trattano quei poveretti là giù? Prima erano con noi in questo gruppo, ma poi sono stata chiamati e si son divisi ed ora guarda…» dietro il muro di un altro edificio, identico a quello centrale ma più piccolo, ci sono tre guardie e cinque o sei persone accovacciate a terra. Quelle guardie armate di frusta urlano qualcosa a quei poveretti. Quando una sola di loro utilizza l’arma, il rumore si diffonde per tutto il cortile assieme alle grida di terrore. È una pazzia. Nello stesso momento arriva un altro uomo in blu e fa un cenno con la mano di seguirlo. Altre cinque persone si staccano dal gruppo che ora è dimezzato. La ragazza affianco a me si porta le mani alla testa e chiude gli occhi in un espressione di paura «Tranquilla, è solo un gioco» «No, il dolore è reale» «Ci sono solo delle piccole scosse, nulla di cui doversi preoccupare» cerco di consolarla, ma senza molto successo «Sì, se subisci colpi da nulla. Altrimenti…» si rabbuia e poi torna a fissarmi «Da dove vieni?» «Dalla città del Nord» «Ecco perché, lì lasciano sempre le cose a metà. Io vengo dalla città dell’Ovest, o meglio, prima venivo dalla città dell’Ovest. Sai, io ho già giocato a questo gioco, sono già morta una volta ma ti prego non dirlo in giro, nessuno lo deve sapere o la mia reputazione calerà tanto da rischiare di morire di nuovo. Comunque so come si gioca, ma non ero mai stata qui… chiunque descrive questo luogo come un posto fantastico, ma hanno tutti subito un lavaggio del cervello, questo è un inferno!» arriva un’altra guardia, sente le sue parole e la prende per i capelli mentre alza una mano con un altro cenno. Seguo la guardia e tengo la mano alla mia amica cercando di non essere vista. Il posto si è liberato e veniamo sbattuti noi in quel vicolo. Ci fanno sedere e ci scrivono qualcosa sulla mano: un numero, 1042. Sono la 1042°? «Da oggi questi saranno i vostri nuovi nomi. Se combinate qualcosa dovrete rispondere a quel nome ma» fa scoccare la frusta «non penso vi convenga» dice con un ghigno. Ci parlano delle varie regole da seguire, degli orari obbligatori e delle conseguenze delle nostre azioni. Ogni volta che terminiamo un argomento ci frustano a tal punto che, uno di noi si è alzato per protestare dicendo che non ha pagato così tanto per ricevere questo trattamento. «È così che vanno le cose qui, non saresti dovuto venire» gli risponde la guardia seccata «Allora me ne vado!» altre due guardie lo prendono dalle braccia alzandolo da terra e lo trasportano altrove mentre lui si dimena «L’unico modo per andarsene è morire» Qualcuno si copre gli occhi per non nascondere le lacrime, visto che piangere è contro il regolamento, mentre altri si stringono la testa tra la mani. Io mi tappo la bocca per non urlare contro le guardie, per poi far solo la stessa fine di quel poveretto. Terminato l’intero regolamento ci lasciano andare in una stanza con lunghi tavoli di legno così bassi da far si che il terreno brullo ci funga da sedia. «Myla» mi dice la ragazza «Mi chiamo Myla» sfodera un sorriso che mi sembra impossibile a giudicare dal contesto in cui siamo. «Alex» «Bene, Alex, da dove vieni? i-intendo la tua vera città» Da quello incominciamo a parlare senza interromperci un attimo, scopro che abita a neanche cinque chilometri da me. Ha due anni di più e vuole rientrare in un clan dove ha lasciato gli amici, mi ha invitata ad unirmi a loro, ma non mi sento ancora pronta quindi per il momento ho deciso di rifiutare. Quando stava per parlarmi dei suoi amici una guardia irrompe nella sala ed urla «Prendete un arma e andate fuori, subito!» Ubbidiamo come animali al macello che hanno una sola strada in cui sfociare e che non possono interrompere il flusso, così da esser costretti a proseguire anche forzatamente. Estraggo una spada di legno da un barile e con una spinta, dopo aver segnato il nostro numero su un registro ci buttano in mezzo ad un massacro di massa. «Chi rimane in piedi vince!» si limita ad urlare la guardia mentre io varco la soglia di quello che mi sembra il vero inferno ma che so che non è.

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Capitolo 5
*** Cap.4 ***


Tengo salda l’arma in mano, ho fatto molta autodifesa, ma erano tutti corsi a meno libera, non armata. Non so nemmeno da dove partire! Mi giro verso Myla che si limita ad inclinare l’arma per parare i colpi e mi si avvicina «Ho esperienza con l’arco, la spada l’ho vista solo in mano di altri ma è qualcosa di simile a questo» inizia a ruotare il polso e l’arma «tu limitati a schivare i colpi» mi consiglia, ed io la prendo alla lettera. Schivo fendenti tirati per lo più alla cieca da gente imbranata quanto me. Mi accorgo poi che nessuno ha la guardia salda, e come potrebbero avere una guardia alta in una situazione simile?! Perciò ora le opzioni sono due. Faccio come mi ha detto Myla, e resto in quiete o passo all’attacco? Cosa potrei mai scegliere se non la strada più difficile? Non finisco di riordinare i pensieri, vengo interrotta da un ragazzo. Ha le lacrime agli occhi e un’espressione indescrivibile a parole, quella di qualcuno che confonde l’illusione con la realtà e non sa più come tornare indietro. Ruoto il polso come mi aveva mostrato Myla, e l’arma segue i miei movimenti, come fosse un prolungamento del braccio. Paro i suoi fendenti improvvisati e scorgo ancora quel difetto. Le braccia tese ed entrambe le mani intorno all’elsa, le gambe erette e parallele. Adesso attacco mi costringo. Tira indietro le braccia e le riporta alla stessa posizione di prima con far monotono, immagino quante volte avrà ripetuto quest’attacco. Con più forza che velocità i due pezzi di legno si scontrano e una delle metà d’entrambe vola chissà dove. Approfitto di quell’istante in cui lui è concentrato su quel che gli è rimasto in mano per applicare le mie conoscenze in fatto di ‘’autodifesa’’. Piego le ginocchia e resto in punta di piedi, con un piccolo movimento sposto i fianchi a destra, e come una molla li faccio tornare a sinistra a gamba tesa ruotando il piede. Il ragazzo, colpito alla tempia cade a terra senza dar cenno di alzarsi. Sento applaudire qualcuno alle mie spalle. Mi giro, ma per fortuna si tratta solo di una guardia che, a quanto pare, mi sta lodando. «Però ci sai fare» sta parlando con me? Mi guardo intorno, non c’è nessun’altro in piedi oltre a me «Parlo con te ragazzina» ha perso il sorriso, ma lo ritrova piuttosto velocemente «Muoviti, tra poco c’è lezione nel cortile principale» detto questo gira i tacchi e sparisce. Sono l’ultima rimasta in piedi? Se è così, dov’è Myla?! Questo gioco sembra sin troppo reale, ho l’ansia che sale anche se so che è tutto un gioco, ed è solo questo che continuo a ripetermi è un gioco, è solo un gioco! Un rumore sordo parte dalla parte opposta a dove cerco io. Fra una catasta di tavoli rotti abbandonati in un angolo esce fuori una ragazza, non troppo alta, bruna con occhi blu. Tiro un sospiro di sollievo «Cosa ci facevi lì? Mi hai fatto prendere un colpo!» le urlo correndole in contro. Mi butta subito le braccia al collo «Ho voluto regalarti la vittoria, hai bisogno delle basi, io invece no. E poi non volevo combattere contro di te» sorride e sento sparire tutta la preoccupazione. Mi reco in cortile come mi è stato indicato dalla guardia e vedo un istruttore al centro di un gruppo di gente più bassa di lui di minimo dieci centimetri. Il piano è: come va va. Myla si unirà al gruppo degli sconfitti, e poi ci incontreremo domani al piccolo parco del mio paese (perciò nella realtà), mentre io mi sorbisco le urla di questo tipo che si crede tanto più forte di noi ma che non ce ne ha ancora dato prova. Non fa altro che ruotare un dito al cielo ogni volta che accenna l’argomento della magia. «Spero siate pronti per domani. Vi voglio tutti qua alle cinque in punto, chiaro?!» «Di mattina?» si azzarda a dire uno «Sì, di mattina. Ma tu non ci sarai» fa un cenno con la mano e due guardie lo sollevano da terra. Così, ora siamo in undici. Mi tolgo tuta e casco, non ci penso due volte prima di sprofondare nel morbidissimo materasso. La giornata è appena cominciata, è l’una e mezza. Che dovrei fare ora? Potrei giocare un altro po’ coi videogame, oppure potrei passar tutto il pomeriggio a dormire. Ho deciso: Buonanotte! «Alex!» urla mia madre, come no detto… «Cosa c’è?!» non ricevo alcuna risposta, ecco come fanno le madri, ti chiamano, non ti rispondono e ti costringono a scendere per vedere cosa succede. «Hanno suonato alla porta vai a vedere chi è» è in cucina e, giustamente, mentre lei è intenta a lavare i piatti che, per colpa di papà che ha distrutto la lavastoviglie nel vano tentativo di aggiustarla, è costretta a lavare a mano. Apro la porta e sulla soglia aspettano due mie compagne di classe. Silvia e Federica il compito d’inglese! Come ho fatto a dimenticarlo?! Le faccio cenno d’entrare, ormai sanno come funziona, si tolgono il giubbotto e lo appendono all’appendiabiti lasciando le scarpe all’entrata. Con le mani avvolte in un panno, mamma sbuca fuori dalla cucina «Oh, siete voi. Accomodatevi» Riassunto di tutto il pomeriggio: compiti a non finire! Giornata finita e sogni invasi di vocaboli e pronunce inglesi.

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Capitolo 6
*** Cap.5 ***


4:45 segna la sveglia che avevo programmato apposta per l’allenamento, immagino cosa accadrà: botte a non finire, qualcuno sparirà, qualcun altro si metterà a piangere a dirotto e l’intero campo sarà invaso da urla. Nonostante ciò, mi alzo ed infilo la tuta. Pochi secondi dopo sono già connessa, lo stesso scenario della prima volta. Speriamo solo di finire in fretta, almeno potrò farmi un giro prima di incontrare Myla alle 10:00 Al centro del giardino c’è il ‘mio’ gruppo, con lo stesso tipo di ieri a darci ordini, non ci sono ancora tutti, sono in anticipo di dieci minuti, ma il soldato non mi accoglie bene, mi squadra e si limita a sbuffare, mi è andata bene. Riprende il suo discorso «…perciò, non voglio idioti» conclude in breve, e subito due soldati si mettono ai poli del gruppo, guidandoci come fossimo un gregge, seppur piccolo, nella stessa stanza priva di sedie di qualche ora fa. Stesso ciclo: ci fanno aspettare, ma ‘sta volta non ho nessuno con cui parlare, ci fanno prendere un arma di legno, ma ‘sta volta senza nessuno che tifa per me, ci mandano in questo piccolo giardinetto, ma ‘sta volta pieno di gente molto più in gamba, e ci fanno lottare uno contro l’altro, ma ‘sta volta con il doppio del gusto nel vederci soffrire. Seconda, per un colpo alle spalle ho perso. Ho abbandonato subito l’arma ed ho lottato a mani nude per tutto il tempo, finche un ragazzo mi ha immobilizzato le braccia e fatta cadere al suolo, facendomi così perdere la sfida. Un soldato si avvicina a me tendendomi una mano dovrei fidarmi? No. Non mi muovo da dove sono, e lui ritira il braccio. Guardandolo bene non sembra un soldato, ha la divisa più chiara. «Ho visto come hai lottato, hai perso proprio per un soffio, ma quel ragazzo è stato più astuto. Non devi mai dare le spalle al nemico, anche se sei la più forte tra tutti» Si sistema la cintura mentre io mi alzo. «Sei ammessa» esclama. Dal mio sguardo deduco che abbia capito tutto «Se non fosse stato per quello avresti vinto, ti insegnerò la magia e diventerai la mia allieva, così potrai uscire da qui» Immagino il sorriso stupido che avrò in faccia, ma non voglio essere così egoista.«Accetto, ma ad una condizione…» Mi alzo dall’altalena arrugginita appena intravedo la chioma bruna di Myla, assieme ad un’altra bionda. Mi raggiunge e mi stringe subito le mani «Mi spiace, io ho provato a dirle di no ma ha voluto venire per forza!» mi dice indicandomi con la testa la sua amica intenta ad esaminarmi con lo sguardo. Ha lunghi capelli biondi ed occhi azzurri come il cielo. Indossa una minigonna nera con una larga maglietta bianca che lascia scoperte le spalle e mostra le spalline nere del reggiseno. Ha dei stivaletti neri e braccialetti d’oro che tintinnano ad ogni suo movimento. La prima cosa che mi chiede è: «Hai un fratello?» Cosa vorresti insinuare?! «Alice…» la rimprovera Myla, ma lei non gli presta attenzione. «Si» rispondo, le si illuminano gli occhi e mi prende a braccetto «Bene! Andiamo!» «Andare dove…?» ho paura della risposta «Che domande, da tuo fratello!» La situazione sta degenerando, e non poco! Entrate in casa, non ho fatto in tempo a spiegare la situazione a mia mamma, anche se alla fine quel compito l’ha portato a termine Myla, che Alice era già in perlustrazione del salotto in cerca di mio fratello, ha scoperto che era andato al bar, ci ha costrette ad uscire un’altra volta fuori di casa, son stata obbligata a mostrarle la strada e, ad ogni ragazzo lì presente ha chiesto «Patr?» (sarebbe il mio cognome) finché non ha trovato Jack, con il suo gruppetto di amici con la solita faccia di chi è in astinenza di ragazze, non si sono risparmiati i commenti appena Alice gli è saltata al collo «Ehy amico, ti sei trovato la tipa, e non ce l’hai presentata?!» ecco come sono iniziati i miei problemi, in tutti i sensi! «È una mia amica… o quasi…» cerco di giustificare il suo comportamento, anche se sono io che alla fine ci rimetto. Appena mi avvicino m’incenerisce con lo sguardo, so come la pensa, anzi come la pensiamo, in fatto di relazioni, ma io, almeno in questo caso, non centro nulla! Mi prende per il polso trascinando sia me, che Myla e Alice fuori dal bar alzando le mani al cielo. «Cosa significa?!» «Significa che sarai il mio nuovo ragazzo!» mi precede Alice tenendo stretto a se il suo braccio. «Ma se nemmeno ti conosco!» «Si ma sei carino» fa un attimo di pausa e guarda me «Dobbiam parlare, da soli!» precisa staccandosi di dosso Alice ed allontanandola «Allora?!» «Cosa devo dirti?» speriamo che non si arrabbi troppo! «Cosa devi fare piuttosto…» sì, è molto arrabbiato… «Idiota…» farfuglio «Cosa?! Ti sei dimenticata cos’è successo l’ultima volta?» «Non è colpa mia se hai degli amici di merda!» era da anni che sognavo di dirlo «Dobbiam parlare delle tua amiche invece?!» «Le mie non violentano i ragazzi delle altre!» «Nessuno ha violentato nessuno» dice con tono pacato, a questo punto è meglio che gli faccia fare mente locale «Cinque anni, dopo cinque anni di fidanzamento lei ti ha lasciato dopo esser rimasta una sola serata con il tuo gruppetto di amici, cosa può mai esser successo per rompere una relazione così forte se non questo?!» «Tutto, potrebbe aver incontrato qualcuno nel locale e cose così…» «Sai meglio di me che non è quello che è successo» «Ma potrebbe esser così…» «Jack, sei andato a trovarla in ospedale, e cosa ti ha detto?» si morde il labbro, questa discussione ha preso una brutta piega. Vado verso Myla ed Alice e, non l’avrei mai detto, assieme a loro ci sono tre degli amici di Jack. Mi metto tra loro, e, con voce dolce (o da leccapiedi) chiedo ad Alice «Andiamo?» «Aspetto Jack» risponde a braccia conserte che le tirano su il seno facendo sbavare quei tre. «Da quanto vi conoscete?» «Non sono affari vostri» risponde a tono, a quanto pare ha la situazione in mano, fin quando non torna Jack, più cupo di prima. «Andiamo» fa agli amici di spalle che rispondono in coro con lamenti incapibili. È meglio se non resto per il finale «Andiamo pure noi» afferro per i polsi Alice e Myla che non oppongono resistenza. Ritorniamo nel parchetto di prima ed incominciamo a parlare di un nuovo clan formato da membri ‘’speciali’’ «Si chiamano Red Eyes dopo che il Governo li ha convocati per dargli dei nuovi poteri!» m’informa Alice mentre saltella battendo le mani felice «Di sicuro riuscirò ad entrare in quel clan! Ed allora vedremo chi mi prenderà più in giro» lancia un occhiata a Myla che alza gli occhi al cielo ribattendo «Io penso che l’Ogre sia migliore» «L’Ogre?» chiedo io «Sì, è uno stupido clan che non reggerà ancora per molto» risponde Alice con lo stesso tono di sfida di prima «È fantastico invece! Pensa che il suo leader è un traditore dell’Universal, che ha deciso di formare un clan tutto suo! Già il fatto di esser ancora vivi dopo aver tradito il Governo…» lascia la frase in sospeso, e solo ora vedo i fulmini fra di loro, senza contare il modo in cui mi guardano appena mi chiedono «Tu, quale preferisci?!» «Io… eh… R-Red Eyes?» non finisco nemmeno di pronunciare la frase che Alice esulta «E siamo a quattro» dice rivolgendosi a Myla che alza gli occhi al cielo per l’ennesima volta. La giornata passa piuttosto velocemente, l’intero pomeriggio lo perdiamo in chiacchere, e senza che ce ne accorgiamo si fanno le otto di sera. Mia mamma mi ha chiamato per avvisarmi che la cena era pronta, ed ha invitato anche Myla e Alice a mangiare da noi, non ho avuto parola in capitolo. Situazione: Myla si sta guadagnando la stima di mamma e papà, Alice fa il filo a mio fratello che non la degna di uno sguardo, ed io mi distraggo guardando le notizie al telegiornale serale. Prima di venir a casa mia, Alice ha passato un quarto d’ora abbondante al cellulare per costringere suo fratello a lasciarla mangiare fuori, la chiamata non era in vivavoce, ma dava tutt’altra impressione. A Myla è bastato un ‘per favore’. Appena entrate in casa, mia mamma ha iniziato ad urlare di toglierci scarpe e giubbino, eseguiti gli ordini mi son sorbita un’altra delle solite lamentele di mio fratello su chi ho portato a casa, ed infatti, Jack, dopo aver mangiato un solo piatto di pasta si è chiuso in camera sua senza dar cenno di vita. Ed ora Alice si ‘confida’ con me «Non vedo l’ora di tornare qui! Ma la prossima volta si mangia da me, inviterò anche Jackie!» «Jackie?» «Si, è il suo nuovo nomignolo! Non è carinissimo?!» «Se lo dici tu… anche se non è un tipo da nomignoli…» «Però ha detto che gli piace…» «Non ti ha rivolto parola per tutta la serata» «È un ragazzo molto timido… insomma, dettagli!» Sì sì Alice, timidissimo! Faccio involontariamente una smorfia al solo pensiero che mio fratello venga definito ‘timido’ «E comunque vedrai, tra poco sarà lui a voler vedere me!» «Okay» le concedo per niente convinta, anche se in parte lo spero, di certo non gli farebbe male passare del tempo con gente un po’ più sana di mente rispetto ai suoi ‘drogamici’ Finita anche la torta al cioccolato Myla somiglia più ad uno zombie. Se non ci pensa lei, la reputazione delle mie amiche, con i discorsi di Alice, sarebbe rovinata! Mentre varcano la soglia della nostra porta ci mettiam d’accordo per la prossima volta «Lunedì da me!» decide Alice per tutt’e due.

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