Un regalo per... di Mirty_92 (/viewuser.php?uid=73116)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Severus Piton ***
Capitolo 2: *** 2. Lily Evans ***
Capitolo 3: *** 3. Arthur Weasley ***
Capitolo 4: *** 4. Luna Lovegood ***
Capitolo 1 *** 1. Severus Piton ***
Severus Piton
Severus Piton
Era un giorno speciale quel 9 Gennaio1972.
Era il giorno del suo dodicesimo
compleanno; il suo primo compleanno passato lontano da sua madre, lontano da
casa sua.
Era a Hogwarts, proprio come si
conveniva ad un giovane mago come lui.
Non si aspettava di ricevere doni o
pacche sulle spalle dai suoi compagni. Quasi nessuno, infatti, sapeva di quella
ricorrenza e, probabilmente, quei pochi che lo sapevano, se lo sarebbero dimenticati. Ma, nonostante questo, Severus era
felice: era nel posto migliore del mondo e non avrebbe potuto desiderare di
meglio.
La Sala Grande era ancora semi deserta. Alle
sette del mattino, non molti studenti erano in grado di abbandonare i comodi
letti, soprattutto non di domenica, proprio come quel giorno.
Severus, seduto al tavolo dei
Serpeverde, indugiava con lo sguardo verso l’ingresso mentre si concedeva, come
ogni mattina, un bicchiere di succo di zucca con una fetta di torta alle mele.
All’improvviso, i suoi occhi famelici,
vennero ricompensati. Una ragazzina dai capelli lunghi e ramati era appena
entrata in Sala e, sicura, aveva diretto lo sguardo proprio su di lui.
Gli occhi verdi di lei brillarono felici
mentre correva in direzione di Severus.
“Severus, sono contenta di trovarti già
qui. Ecco, questo è per te.” E gli mise in mano un piccolo sacchettino
argentato con un fiocco verde.
Il ragazzino rimase per un attimo
stupito.
“È per il tuo compleanno, Sev. Tanti auguri!”
Un flebile grazie uscì dalle labbra sottili di Piton. Lei se l'era ricordato.
“Dai, avanti! Aprilo. Voglio sapere se
ti piace!” L’entusiasmo di Lily Evans contagiò il giovane Severus che, in men
che non si dica, si ritrovò tra le mani un fazzoletto con ricamate delle
iniziali in verde e argento: S.P.
Un attimo dopo le iniziali si intrecciarono
e composero lo stemma di Serpeverde per poi ritornare ad essere una S e una P.
“Allora? Cosa ne pensi? Ti piace?” Lily
quasi saltellava per l’impazienza. Aveva impiegato molto tempo a ricamare quelle due
semplici lettere: non era mai stata brava a cucire, lei, al contrario di Tunia.
“È ma-magnifico, Lily. Grazie mille!”
Lily rimase entusiasta delle semplici
parole di Severus. Non era facile per Sev essere spontaneo nell’esprimere i
propri sentimenti e, di certo, gli era davvero difficile essere riconoscente di
qualcosa a qualcuno. La sua infanzia non era stata tutta rose e fiori.
“Sono così contenta che ti piaccia!
Naturalmente ho dovuto farmi aiutare un po’” Lily, con aria cospiratoria, si
avvicinò all’orecchio di Severus come per confidargli un segreto. Piton assunse
un colorito rossiccio sulle scarne gote giallognole ma non si allontanò.
“Vedi, il professor Vitius mi ha aiutata
per l’incantesimo delle lettere che si trasformano nello stemma di Serpeverde. È
stato anche molto contento quando gli ho detto per chi era il regalo. Ha detto
che è importante essere amici di tutti, anche se si appartiene a Case diverse.”
Lily aveva un sorriso così solare che
Severus non poté non sorridere di rimando.
“Ora vado. Ci vediamo, Sev. E ancora
tanti auguri!”
Mentre Lily Evans si allontanava per
andarsi a sedere al tavolo dei Grifondoro, Severus Piton guardò ancora una
volta, con dolcezza, quel piccolo fazzoletto ricamato non sapendo che, un
giorno, sarebbe diventato per lui la più sacra reliquia di lei.
Angolo di Mirty_92:
Buongiorno a tutti!
Approfitto dell’angolo dell’autore per
spiegare alcune cosette che tengo a precisare. Questa storia sarà la prima di
una serie di… drabble? Flashfic? Oneshot?
Beh, diciamo una serie di storie – stiamo
sul generico e scusate la ripetizione – che racconterà vari giorni di
compleanno dei nostri eroi. L’idea mi è venuta dal calendario proposto sul sito
di Pottermore che indica le date di diversi compleanni. Per cui, incominciamo
bene l’anno con Severus Piton!
Aggiornerò, per quanto mi sarà
possibile, il giorno stesso di ogni compleanno indicato. Spero che l’idea vi
possa intrigare e, perché no, anche un po’ piacere!
Alla prossima,
Mirty
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Capitolo 2 *** 2. Lily Evans ***
1
Lily Evans
30 Gennaio 1977
Sei
agitata e, in parte, infastidita.
È
il giorno del tuo diciassettesimo compleanno e quello spocchioso, idiota,
presuntuoso di James Potter non si è nemmeno degnato di farti gli auguri. Non solo!
Ha persino fatto finta di non vederti nonostante fosse accanto a Remus quando,
quest’ultimo, si è fermato apposta vicino a te nella Sala Comune per farti gli
auguri. Quindi Potter sapeva perfettamente che oggi è il tuo compleanno! Eppure
ti ha ignorata. Solo il giorno prima aveva tentato per l’ennesima volta di
strapparti un appuntamento e tu, forse con meno convinzione che mai, avevi
rifiutato.
Ma
mai ti saresti aspettata da lui di essere trascurata proprio oggi!
La
terra doveva aver invertito il proprio naturale senso di marcia.
Cerchi
con disappunto qualcosa di non ben definito nel tuo baule e, quando lo trovi,
ti accorgi che non solo hai creato scompiglio in quel piccolo mondo ordinato ma
hai anche spostato così tanti maglioni da aver scoperto il fondo. Semi nascosta
tra magliette corte e panni leggeri giace abbandonata un’orrenda cornice color
lavanda. Ma non è la cornice che ti fa rabbrividire, per quanto possa essere
brutta. È la foto, immobile, conservata
dietro il vetro crepato nell’angolo in alto a destra.
Senza
più le forze, ti lasci scivolare sul pavimento, in ginocchio. Liberi la cornice
da quella prigione di vestiti e ti limiti, con occhi spenti, ad osservarne la
preziosa foto.
Due
ragazzine di dieci e undici anni siedono, abbracciate e baciate dal sole, in un
prato disseminato di mille e mille margherite. Sorridono all’obiettivo e nei
loro occhi si può leggere il sentimento profondo che le lega. Un sentimento che
ora è solo un nostalgico ricordo. Dov’è finito tutto quel volersi bene?
Sconcertata,
passi un dito sul viso di una radiosa Petunia che ti guarda come se quella
felicità che provava in quello scatto che vi ha immortalate, dovesse durare per
sempre. Ma la felicità di tua sorella è crollata il giorno stesso in cui la tua
è esplosa.
Tu sei una strega e lei no.
Tu
sei a Hogwarts e lei non è con te.
Una
lacrima dispettosa cade sul tuo volto di ragazzina, così, anche il tuo doppio
cartaceo piange.
Piangi
perché oggi che compi diciassette anni non potrai festeggiare con i tuoi
genitori.
Piangi
perché Tunia, anche quest’anno, non ti ha scritto nemmeno un misero biglietto
di auguri e non si è neppure aggiunta al cartoncino che mamma e papà ti hanno
fatto recapitare.
Piangi
perché James Potter oggi non ti ha voluta.
E
poi piangi perché quella cornice e quella foto, sono l’ultimo regalo di compleanno
che hai ricevuto da tua sorella. Simbolo di un legame spezzato che ora è solo
un amaro ricordo.
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Capitolo 3 *** 3. Arthur Weasley ***
hjhjh
Arthur Weasley
Una
giovane Molly Weasley era più indaffarata che mai quel venerdì mattina del 6
Febbraio 1981. Era ancora molto presto ma la sue giornate erano sempre così
piene di cose da fare che ormai era diventata un’abitudine per lei alzarsi di
buon’ora. Senza contare il fatto che quel giorno era davvero speciale: era il
trentunesimo compleanno di suo marito, il primo compleanno che festeggiavano
insieme dopo la caduta di Colui Che Non Deve Essere Nominato. Erano fortunati
ad essere ancora lì, tutti quanti sani e salvi. E la vita, si disse Molly, da
quel giorno sarebbe stata migliore.
Molly
correva da una parte all’altra dell’ingombra cucina della Tana impartendo
ordini alle scope che spazzavano il pavimento, agli strofinacci che pulivano
meticolosamente ogni singola superficie dei mobili e alle padelle sul fuoco
nelle quali stava cuocendo la colazione per i suoi sei figli che, ben presto,
avrebbero cominciato a far capolino dalle scale.
Cinque
minuti più tardi un allegro “Buongiorno, mamma!” la salutò dal primo
pianerottolo.
“Buongiorno
tesoro! Hai dormito bene?”
Un
bambinetto dall’aria vispa la raggiunse per darle un bacio sulla guancia. “Non
molto, mamma. Ho sentito Charlie parlare nel sonno.”
“Io
non parlavo nel sonno!” protestò un secondo ragazzino che, a sua volta, aveva
raggiunto la madre per darle il bacio del buongiorno.
“Invece
sì!”
“Invece
no!”
“Suvvia,
ragazzi, non cominciate a litigare.” Si rivolse al bambino più piccolo. “Non
c’è niente di male a parlare nel sonno, Charlie.” Poi si voltò verso Bill. “E
non penso proprio che tu non abbia dormito bene solo perché Charlie parlava.
Dico bene, Bill?”
Bill
divenne paonazzo e abbassò il capo. “Scherzavo, mammina.”
“Ma
certo che scherzavi.” Molly scompigliò i capelli al suo primogenito mentre rivolgeva
un sorriso incoraggiante a Charlie che aveva messo il broncio per l’accusa
ingiusta del fratello. “Su ragazzi, sedetevi che la colazione è quasi pronta.”
I
due bambini non se lo fecero ripetere due volte. Mentre Molly disponeva in
tavola pane tostato, bacon e altre leccornie, due bambinetti identici di tre
anni si catapultarono letteralmente giù dalle scale inseguiti da un ragazzino
di sei che esibiva un’aria indispettita.
“Mamma!
Fred e George hanno preso le mie ciabatte e non vogliono dirmi dove le hanno
nascoste!”
I
due gemelli cercavano di trattenere un sorrisetto furbo che tentava di far
capolino sul loro viso tondo e infantile.
“Non
è vero, mamma. Io e George non abbiamo preso nulla.”
“Assolutamente nulla.”
I
gemelli scossero la testa all’unisono. Bastò un’occhiata di Molly per far
crollare la loro espressione sicura.
“E
va bene. Le tue ciabatte sono sotto il letto di Fred, Percy.” George si arrese
per primo mentre Fred, a malincuore, fu costretto ad annuire.
Molly
li guardò soddisfatta avendo ottenuto, così presto, la confessione desiderata.
Quei due erano davvero delle pesti in miniatura, ogni giorno ne inventavano una
nuova.
“Bene,
ragazzi. Ora che siamo apposto facciamo tutti colazione.” Un pianto a dirotto catturò
l’attenzione di Molly mentre tutti i bambini si tapparono le orecchie con le
mani.
“Ancora?”
“Ma
perché piange sempre?”
Molly
tornò veloce in cucina dopo aver recuperato il suo ultimo figlio di appena 11
mesi.
“Oh,
ragazzi! Quante storie! Frignavate molto anche voi all’età di Ron. È affamato
anche lui, poverino.”
“Ma
ha sempre fame quello!” si lagnò Fred.
“Giusto.”
gli fece eco George.
“Ragazzi,
basta e mangiate ora. Oggi voglio che mi promettiate di essere bravi perché ho
bisogno di tutti voi. Ve lo ricordate che è un giorno speciale, vero?”
“Certo,
oggi è il compleanno di papà!” Percy intervenne senza esitazioni.
“E
stasera gli faremo una bella festa e gli daremo il bel regalo che gli abbiamo
comprato. D’accordo?”
Gli
occhi di tutti i bambini si accesero di entusiasmo mentre annuivano convinti.
Anche Ron pareva aver compreso le parole di Molly e aveva smesso di piangere.
O, forse, aveva solo bisogno di essere coccolato.
La
giornata trascorse tranquilla, molto più tranquilla di quanto Molly si
aspettasse. Tutti i bambini, sotto la sua vigile sorveglianza, si
affaccendarono a dare una mano per preparare la festa, così quando alle sette e mezza Arthur Weasley tornò alla Tana,
trovò tutta la sua famiglia riunita attorno al tavolo ad aspettarlo di fronte
ad un superbo banchetto che avrebbe fatto invidia anche ai migliori banchetti
di Hogwarts.
“Buon
compleanno, papà!” Cinque voci festanti accolsero l’ingresso del signor Weasley
che si ritrovò sommerso da bambini che volevano a tutti i costi essere presi in
braccio per primi.
“Oh,
ragazzi! Grazie, grazie mille!” si accovacciò all’altezza dei suoi figli
e cercò di abbracciarli tutti in una sola volta. I bambini risero felici mentre
Molly, con in braccio il piccolo Ron, li guardava serena.
“Mi
avete fatto davvero una bella sorpresa, ragazzi!”
Mentre
i bambini lo scortavano al tavolo, Molly gli si avvicinò e gli schioccò un
sonoro bacio sulla guancia. “Tanti auguri, Arthur.”
“Grazie,
cara. Sei davvero un tesoro.” Arthur solleticò la guanciotta rosea di Ron. “E
questo piccolino come sta?”
“Bene,
oggi è stato più buono del solito. Ha mangiato in abbondanza direi.”
“Papà,
dai. Sbrigati a sederti che così incominciamo la festa!” Charlie era sempre il
più ansioso di festeggiare.
Fu
una serata davvero speciale. Mangiarono di tutto, dal pasticcio di carne con
patate al dolce preferito di Arthur: torta al cioccolato ricoperta di glassa
alle fragole. Il regalo che Molly aveva comprato per Arthur fu perfetto. Un
nuovo mantello color blu notte che gli stava alla perfezione, senza contare il
biglietto di auguri gigante preparato da tutti i suoi figli.
“Grazie
bambini. È bellissimo, davvero!”
“Hai
visto come ti ho disegnato bene, papà?” chiese Bill orgoglioso del suo operato.
“Sei
stato bravissimo, Bill. È molto somigliante.”
“Io
ti ho colorato, papà.” Aggiunse Charlie anche lui in cerca di complimenti che
non si fecero attendere.
“Hai
decisamente del talento artistico, Charlie.”
“E
la scritta ti piace, papà? L’ho fatta io!” Anche Percy si unì ai fratelli.
“Certo,
Perce. Hai un’ottima scrittura, davvero!”
Percy
gonfiò fiero il petto.
“E
voi cosa avete fatto?” Arthur guardò prima Fred e poi George che stavano seduti
uno sulla sua gamba destra e uno sulla sinistra.
“Noi
abbiamo fatto i coriandoli dello sfondo, papà.” spiegò Fred.
“Perché
tra un po’ è anche carnevale.” puntualizzò George.
“E
sono davvero i più bei coriandoli che io abbia mai visto!” I due gemelli lo
abbracciarono, felici.
“Bene,
bambini. Ora io e la mamma vi accompagnamo a letto. È stata davvero una
bellissima festa.”
Un
chiacchiericcio soddisfatto andò pian piano scemando mentre tutti i bambini si
addormentavano nelle loro camere.
Molly
si apprestò a raggiungere Arthur a letto dopo aver messo Ron nel lettino.
“Si
è addormentato. Forse riusciremo a dormire un po’ prima che si svegli di
nuovo.”
Molly
si rifugiò nell’abbraccio protettivo di Arthur.
“Grazie,
Molly. È stato un magnifico compleanno. Sei una madre meravigliosa e una moglie
splendida.” La baciò teneramente sulle labbra.
“Te
lo dovevamo, Arthur. Tu sei speciale per tutti noi. Non saprei davvero cosa
fare senza di te.”
“Lo
stesso vale per me.”
Rimasero
per un attimo in silenzio consapevoli del fatto che quel compleanno festeggiato
tutti insieme era davvero un regalo unico. Erano entrambi sopravvissuti ad una
terribile guerra.
“Devo
dirti una cosa, Arthur.” La voce di Molly era poco più che un sussurro.
“Dimmi.”
“Beh,
ecco… vedi… tu… io… cioè… noi…”
Arthur
la guardò stupito e in un attimo capì. Molly era sempre stata una donna molto
concreta, decisa, forte. Le uniche volte che si era ritrovata in difficoltà
erano state quando doveva comunicargli una gravidanza.
“Davvero?”
Molly
annuì. Sapeva che Arthur aveva capito.
“E
questa volta sarà una femmina” gli sussurrò.
Gli
occhi di Arthur brillarono di gioia. Quello era decisamente il regalo migliore
del mondo.
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Capitolo 4 *** 4. Luna Lovegood ***
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Luna Lovegood
“Mamma, mamma! L’ho ritrovato! Sono così felice, mamma. È proprio come avevi detto tu!”
Una donna alta dai lunghi capelli biondi posò una mano sulla
testolina dorata della figlia di 8 anni che, tutta trafelata,
l’aveva appena raggiunta da chissà dove. Le
scompigliò amorevolmente i capelli un poco più scuri dei
propri e la guardò con infinita dolcezza.
“Che cosa hai ritrovato, tesoro mio?”
“Il braccialetto che avevo perso!”
La donna cercò di ricordare quale dei tanti braccialetti, la sua
Luna aveva perso – e appena ritrovato – questa volta. Una
rapida occhiata al polso sinistro della figlia le fece ricordare quanto
accaduto appena tre giorni prima. Luna, in lacrime, le aveva confessato
di non trovare più il braccialetto con gli strass e le perline
blu e bronzo, i colori della Casa di Corvonero, Casa nella quale non
vedeva l’ora di essere smistata quando finalmente avrebbe avuto
l’età giusta per andare a Hogwarts.
“Oh, ma certo! E dove l’hai ritrovato?” la sfumatura
di attenta curiosità nel tono della madre fece sorridere Luna
che incominciò entusiasta a raccontare di come, in un
rocambolesco gioco da lei inventato, fosse finita vicino al fiume dove
aveva visto un Plimpo d’acqua dolce nascondere sotto le squame il
suo braccialetto.
“Non avrei mai pensato di ritrovarlo laggiù. Ne tanto meno
di trovarlo incastrato ad un Plimpo! Non è stata una vera
fortuna, mamma?”
La donna sorrise e presa per mano Luna, la condusse in casa.
“Cosa ti avevo detto, Luna?”
“Le cose che perdiamo trovano sempre il modo di ritornare da
noi,” recitò tutto d’un fiato la ragazzina.
“Anche se non sempre come noi ce le aspettiamo*” concluse
trionfante.
“Esatto, tesoro. Ricordalo sempre.”
“Sì, mamma. Lo farò.”
13 Febbraio 1995
“Lo farò, lo farò” biascicò con la voce ancora impastata dal sonno.
Luna si svegliò un po’ confusa. Le ci volle un momento per
capire dove si trovasse. Era a Hogwarts, nel dormitorio di Corvonero
che condivideva con altre quattro ragazze
del suo stesso anno. Si mise a sedere sul letto a gambe incrociate e
rimase a fissare le cortine di seta blu notte che la nascondevano alla
vista degli altri letti a baldacchino. A giudicare dalla debole luce
che filtrava da uno spiraglio delle tende, doveva essere ancora molto
presto, forse era da poco sorto il sole.
Si lasciò ricadere sul letto e cominciò a ricomporre i
pezzi del sogno che aveva appena fatto. Aveva sognato sua madre. Erano
5 anni che non sognava più sua madre in modo così vivido.
Da quando era morta, cioè da quando lei aveva 9 anni, le era
capitato di sognarla solo un paio di volte e l’aveva sempre vista
molto distante, nonostante avesse sempre quell’aria affabile e quel
sorriso dolce che riservava solo a lei. Invece questa volta aveva
sognato un episodio preciso della propria vita, accaduto un anno prima
della scomparsa prematura della madre ma, la cosa stupefacente, era che
sua madre le aveva parlato! Certo si era trattato solo di poche frasi,
ma il punto era che le aveva parlato!
Pensava di non ricordare più tanto bene la voce della madre
eppure, dopo quel sogno, era come se quella voce l’avesse sentita
solo il giorno prima.
Luna rimase a fissare la tenda superiore del letto a baldacchino e si
perse a fantasticare tra le pieghe traslucide della seta scura.
Si sentiva felice come non lo era stata da molto tempo. Certo, aveva
ancora un papà che non le faceva mancare nulla e che le voleva
molto bene. Aveva dei buoni amici dei quali Ginny era sicuramente una
delle migliori. Ma a volte si sentiva incompleta, come se le mancasse
qualcosa che prima possedeva e che poi aveva perduto. Luna non era una
stupida, non per niente il Cappello Parlante l’aveva smistata in
Corvonero. E sapeva perfettamente cosa le mancava, cosa aveva perso:
sua madre.
Si ricordò in quel momento, con precisione, le parole che sua
mamma le aveva insegnato e che, come un mantra, aveva ripercorso in
sogno.
Le cose che perdiamo trovano sempre il modo di ritornare da noi … anche se non sempre come noi ce l’aspettiamo.
E di colpo capì.
Senza fare rumore, sgusciò fuori dal letto per controllare il calendario Babbano raffigurante uno strano gruppo musicale immobile che una delle sue compagne teneva appeso vicino alla porta del dormitorio.
Sorrise sognante quando una data le confermò la sua ipotesi.
Era infine giunto il 13 Febbraio, il giorno del suo compleanno. Sempre
sorridendo beata e muovendosi come un gatto nella notte, Luna si
accoccolò sul davanzale della finestra, guardò spuntare
il primo raggio di sole e sussurrò: “Sei ritornata, mamma.
Sei ritornata da me per farmi gli auguri di buon compleanno.”
E anche se nessuno le rispose, Luna sapeva che, da qualche parte, sua madre la stava guardando e sorrideva con lei.
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*: Cit da Harry Potter e l'Ordine della Fenice.
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