The Anthill

di Shirley Mei
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

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Ore 22.30, 12 settembre 2559, Sistema Bogomol III

L'astronave cargo sobbalzò paurosamente per qualche secondo.  
Vibrò emettendo un suono sinistro poi, lentamente, si stabilizzò. Le tenui luci della stiva si affievolirono immergendo il tutto nella più assoluta oscurità. Questa avvolse tutto per interminabili minuti finchè, lente, riacquistarono potenza.
Heric si strinse nella coperta, tremante. Come al solito li avevano caricati su una nave di quinto ordine, viaggiavano da dodici ore e nemmeno per un minuto si erano sognati di regolare la temperatura. Non se ne sorprendeva, era già molto che fossero riusciti a decollare. Buttò un'occhio a sua sorella Daphne, coricata proprio accanto a lui. Dormiva profondamente, così tranquillamente da sembrare su un letto di piume. Con il passare del tempo si era sempre più abituata ai viaggi interplanetari al punto che erano ormai la sua ninna nanna. Heric invece non ci era mai riuscito.
Aveva perso il conto di quante ore insonni aveva passato nell'attesa che l'astronave toccasse finalmente terra. E allora, solo nel preciso momento in cui i suoi piedi toccavano il suolo, poteva tirare un sospiro di sollievo.
Non che ci fosse molto da essere sollevati, considerate le destinazioni. 
Pianeti vetrificati, più precisamente le miniere costruite in esse. Erano molti anni ormai che il governo della terra (UEG) , tramite la corporazione mineraria BXR, estraeva il miscuglio di minerali e silicato di cui era composto il terreno dopo la vetrificazione. Heric non ne sapeva molto, non era ne un chimico ne uno scienziato. Tutto quello che sapeva era che quel composto veniva utilizzato nella produzione di massa. Tutto, compresa probabilmente quella stessa astronave, proveniva direttamente dalla fusione e dalla lavorazione di quel materiale. Tutti lo sapevano. Quello che però la gente ignorava e che lui aveva appreso, era che quel silicato, quel composto, altro non era che il derivato di centinaia, migliaia di vittime cadute per mano dei Covenant. Piante, animali, oceani...persone. Di tutti loro non restava altro che un mare nero di roccia fusa. "Elementi organici", come all' BXR piaceva definirli. D'altra parte a loro che importava? I ricavati non erano di certo destinati al ribonifico delle colonie esterne come avevano promesso all'alba di quella operazione , piuttosto al mantenimento delle colonie interne. Non lo sorprendeva affatto. L'ONI e l'UEG avevano abbandonato le colonie esterne e i suoi sopravvissuti da che ne aveva memoria. Dopo la morte dei suoi genitori, Heric aveva potuto contare solo su se stesso. Appena sedicenne e con una sorellina di cinque anni a carico, Heric era partito per pianeti sconosciuti alla ricerca di un rifugio. Ma non aveva ricevuto altro che porte chiuse in faccia. Dispersi per la galassia, clandestini nelle navi da trasporto, Heric venne a conoscienza delle miniere ad estrazione sulle colonie vetrificate. Era un lavoro pericoloso: le ore di lavoro potevano superare tranquillamente le cento settimanali, il tasso di mortalità era vertiginoso e gli ambienti semplicemente mortali. Però era ben retribuito e se non altro offrivano vitto e alloggio. Così, a sedici anni da poco compiuti e pochi stracci sulle spalle Heric iniziò il suo lavoro da minatore che ancora dopo dodici anni restava il suo unico mezzo di sostentamento. I primi anni non veniva nemmeno pagato, troppo giovane per esserlo o troppo debole per considerare anche solo l'assunzione. Imparò presto a mentire sulla sua età, a darsi da fare. Imparò la fatica di scavare ore e ore nei recessi più profondi dei pianeti. Piangendo ogni notte per il dolore alla schiena piegata sulla dura roccia. A camminare nel buio totale senza perdersi tra le intricate reti di gallerie. A riconoscere nell'aria l'odore di una tempesta in arrivo e a dimenticare... la voce dei minatori che urlavano, disperati, dietro le macerie, con l'ossigeno che terminava di minuto in minuto, finché non ne restava che un sussurro e poi più niente. La sorte peggiore toccava a chi però restava intrappolato in una tempesta. Al primo impatto sembravano tempeste di sabbia, ma c'era un motivo se i minatori la chiamavano "Morte di cristallo". Le tempeste alzavano i residui più leggeri del composto creando nuvole di cristalli di vetro alte anche due chilometri e soffiati a quasi trecento chilometri orari. Ogni granello di quella nuvola era tagliente come un bisturi. Rimanere intrappolato significava essere trafitto fino alle ossa da centinaia di migliaia di aghi. Il più delle volte non era possibile riconoscere i cadaveri... o quello che ne restava. Durante la notte l'incubo più ricorrente era quello di sentire la sirena che annunciava l'arrivo della tempesta.
Strinse i pugni al solo pensiero.
Si sfregò le mani poggiando poi la nuca alla parete dietro di lui. 
C'erano almeno una ventina di uomini insieme a lui e sua sorella, nascosti negli angoli bui della stiva, schivi e silenziosi... ombre nelle ombre. Quasi tutti minatori come lui, gli altri erano certamente clandestini. Bastava guardare le mani per capirlo. La pelle pallida, di chi non sta a contatto con la luce del sole e tante minuscole cicatrici sulle dita, intorno alle nocche e negli avambracci, proprio come le sue.
Guardò quelle di sua sorella e si dispiacque di vedere segnate anche loro. Quella piccola peste aveva avuto la brillante idea di fingersi uomo per lavorare nelle miniere a sua insaputa. Quando Heric al mattino credeva di lasciarla al sicuro nella loro stanza per andare a lavoro, scopriva che in realtà sgattaloiava via e iniziava diversi turni in zone di solito opposte alle sue. Un giorno, però, capitò che Heric dovesse sostituire un'altro minatore e finì proprio nella stessa squadra di Daphne. Litigarono in modo tanto violento che furono non solo scoperti, ma scacciati e scaricati sul pianeta più vicino.
Heric capiva le sue intenzioni, guidate dalla pura bontà, tuttavia così facendo non solo rischiava di morire, ma li aveva anche costretti a lasciare quattro miniere in soli due anni e anche se non era invidiabile, non giovava al suo curriculum.
Improvvisamente si udì una voce meccanica propagarsi dagli altoparlanti.
<< Arrivo previsto in sei minuti, si pregano i passeggeri e il personale di bordo di prepararsi per l'atterraggio >> .
Heric si liberò della coperta, conscio che presto sarebbe arrivata la parte più difficile.
<< Daphne... >> chiamò piano << Daphne svegliati siamo arrivati >>.
Con un lieve mugolio la ragazza tirò su la testa, spostandosi i capelli scuri dalla fronte. Sbattè più volte le palpebre e sbadigliò.
<< Bene >> disse << Questo viaggio cominciava ad annoiarmi. Mai visto un servizio in camera così scadente >> .
Heric rise nervosamente, aiutandola ad alzarsi << Sono d'accordo >>.
Si diressero ai posti addossati ai lati dell'astronave e legarono stretti i bagagli sopra le loro teste.
Poi Daphne guardò il fratello di sottecchi, speranzosa. Sapeva che Heric non resisteva ai suoi occhi, gli ricordavano troppo quelli di papà.
<< Eh no >> la rimbeccò subito << Fai la brava e siediti, ti allaccio io le cinture >> .
Lei alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
<< Mi fai sentire una mocciosa >>
<< E lo sei >> rispose mentre la spingeva a sedersi e le legava la cintura in modo accurato, controllando più e più volte che fossero ben salde 
<< L'ultima volta sei volata via come un'asteroide, ricordi? >>
Incrociò le braccia, imbronciandosi << È successo solo una volta e più di sei anni fa! >> .
<< E non vogliamo di certo che ricapiti ancora, dico bene? >>
Strinse le spalle << È stato divertente i primi cinque minuti, poi siamo entrati in atmosfera e le cose mi sono sfuggite di mano >> .
<< Stavi per morire, Daphne. Se non ti fossi aggrappata a quella sporgenza... >>
<< Mi sarei sfracellata la testa sul pavimento, lo so. Ho capito mi cucio la bocca. Ora però siediti anche tu >> .
Sospirando Heric prese posto, si legò le cinture e le controllò almeno dieci volte.
<< Tre minuti all'atterraggio >> .
Heric battè i piedi nervoso, odiava il momento dell'atterraggio. Temeva sempre che una qualche anomalia facesse perdere il controllo alla nave e che questa si schiantasse al suolo. La sorella notandolo, cercò un'argomento per distrarlo. Gli sfiorò il braccio, attirando la sua attenzione
<< Come si chiama? >>
<< Che cosa? Il pianeta? >>
Daphne annuì. Heric allora frugò nelle sue tasche tirandone fuori un piccolo palmare.
<< Dunque... >> con le dita fece scorrere un lungo e dettagliato rapporto sul pianeta. Erano segnate il clima, la topografia, i siti di atterraggio e l'ubicazione esatta della miniera. Heric lo aveva studiato nei minimi dettagli, ed anche senza le nozioni classificate dall'ONI poteva dire con sicurezza che era una delle colonie più pericolose su cui fosse mai andato a lavorare.
<< "YRG-01125 " >>
<< No... prima che venisse vetrificato >>
<< Oh... >> scorse fino alla fine dell'elenco, in un piccolo appunto segnato di sua mano << Yargo >>.
<< Yargo... bene. Non mi piace come l'ONI li trasformi in semplici numeri. Prima c'era un sacco di gente che ci viveva >>
<< Non possiamo farci niente Daphne. Piuttosto... >>.
La nave sobbalzò.
<< Un minuto all'atterraggio >>.
Heric spalancò gli occhi, stringendo forte i pugni.
<< Parliamone dopo >> disse la ragazza.
<< Si, si. È meglio >>.
<< E stai tranquillo. La nave atterrerà senza problemi. Mi fa sempre strano vederti agitato >>. 
Si avvertì la nave scendere sempre più di quota, aumentare la velocità e tremare nel raggiungere l'atmosfera.
I propulsori ruggirono come belve feroci. Heric chiuse gli occhi, stingendoli forte. Cercò di concentrarsi  sul suo respiro, al battito del suo cuore. La nave ebbe un secondo, terribile sussulto e in un istante l'immagine di una nave cargo in fiamme, prossima allo schianto, apparve nella sua mete
" Andrà tutto bene, andrà tutto bene "
Quando però la nave sussultò ancora sballottandoli con una forza inaudita, capì che quella volta qualcosa stava davvero andando storto. Riaprì gli occhi e riconobbe nello sguardo degli altri passeggeri la sua stessa paura. Un'altro sussulto e Heric vide la testa dell'uomo di fronte a lui sbattere prima a destra e poi a sinistra, con una forza tale da fargli perdere i sensi. 
<< H-Heric... >> sussurrò Daphne terrorizzata.
Heric le poggiò una mano sul ginocchio << Shhh...Ehi, andrà bene ok? >> cercò di sorridere << Andrà bene >>.
Un allarme risuonò per tutta l'astronave, insieme al forte vociare dell'equipaggio.
Le luci principali si spensero sostituite da una luce rossa intermittente.
L'uomo seduto alla sinistra di Heric imprecò, alzando lo sguardo e grugnendo.
<< Questi bastardi ci stanno facendo atterrare su una tempesta di vetro!! >> gridò << Spero per loro che abbiano un pilota dannatamente bravo >>.
<< Oh Cristo >> sussurrò Heric. Atterrare con una tempesta di vetro in corso era un suicidio. Daphne si coprì le orecchie per fuggire dal suono della sirena. 
Improvvisamente apparve un membro dell'equipaggio, era visibilmente scosso ed indossava una maschera d'ossigeno. 
<< State tutti bene? >> la sua voce era controllata e non lasciava trapelare alcuna insicurezza.
<< A te come sembra?!? >> gridò l'uomo di qualche minuto prima << Che diavolo state facendo li sopra? Avete dimenticato di aggiornarvi sulla situazione meteo? >>
<< La tempesta è comparsa dal nulla nel giro di qualche secondo, mai visto niente del genere. Stiamo cercando di aggirarla ma potrebbe non resistere fino all'avamposto. Se non si placa nei prossimi minuti saremo costretti ad effettuare un atterraggio d'emergenza >>.
<< Non ci sono rifugi più vicini? >> chiese un uomo dalla fila opposta.
<< Negativo. Ora, mantenete la calma e indossate le maschere d'ossigeno, accanto ai vostri sedili >> guardò i passeggeri uno ad uno soffermandosi un istante di più su Daphne << Se ne sentite l'ordine dall'altoparlante non esitate e dirigetevi alle scialuppe >>.
Detto questo si allontanò.


[Angolo Autrice]
Grazie a chiunque abbia letto o commentato, i consigli fanno sempre bene! Pubblicherò presto il seguito ;) Se avete domande riguardo la campagna HuntTheTruth chiedete pure sarò più che felice di rispondervi! Un abbraccio, Chidory

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

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Ore 22.36, 12 settembre 2559, Sistema Bogomol III,spazio aereo YRG-01125 (Yargo)

Per qualche secondo Heric si ritrovò come dentro una campana di vetro. Fissò un punto di fronte a lui, vedendo però un'immagine del suo passato. Lui, ragazzo, con sua sorella Daphne in braccio che piangeva disperata e il suo pianeta madre, davanti ai suoi occhi dall'oblò dell'astronave, che bruciava come un sole incandescente, mentre le navi aliene vomitavano plasma su di esso, devastandolo. I suoi genitori si erano imbarcati su un'altra nave, l'aveva vista partire e seguirli a distanza ravvicinata...poi, un fascio di luce l'aveva attraversata. In meno di un attimo lingue di fuoco l'avevano avvolta e perdendo quota si schiantò sul pianeta. Non ne era rimasto niente.
Della sua casa, dei suoi amici, della sua famiglia. Solo fuoco e sangue. Nient'altro.
<< HERIC!! >>.
Il ragazzo si ridestò, sobbalzando. Era ancora vivo. La nave tremava più di prima e tutti i passeggeri indossavano le maschere. 
Avvertì un colpo al braccio e voltò lo sguardo. Sua sorella gli stava tendendo una maschera e lo squadrava con aria di rimprovero.
<< Riprenditi stupido!! Non è ancora finita! >>.
Heric annuì e si legò la maschera sul viso, stringendole la mano con sicurezza. Non voleva morire. Non dopo tutta la fatica che aveva fatto per tirare avanti, doveva assolvere ancora moltissimi compiti, primo fra tutti sistemare sua sorella in una bella casa delle colonie interne, mandarla in una scuola come si deve e tante, tante altre cose. 
Guardò gli altri passeggeri, i più si tenevano stretti ai braccioli dei sedili, con le mascelle serrate e lo sguardo basso. Notò poi in uno degli ultimi posti un uomo magro, con la pelle scurissima, tenere stretta tra le mani una catenina ed attaccate ad essa le labbra. Sussurrava qualcosa in modo frenetico dondolando la schiena e battendo i piedi. Pregava.
Heric non aveva mai pregato, non poteva permettersi di aspettare il miracolo di Dio che lo avrebbe salvato, aveva fatto tutto da solo, con la forza delle sue braccia e il dolore della sua carne, non doveva niente a nessuno.
Fece un verso di stizza e prese a contare i secondi. Le tempeste di vetro non avevano durate fisse. Potevano dissolversi nel giro di un minuto oppure protrarsi per intere giornate. Trovandosela davanti avrebbe potuto cercare di stimarne la potenza, ma dall'astronave non aveva speranza. Era del tutto impotente.
I minuti passarono inesorabili e, con il sollievo di tutti, la nave riacquistò lentamente stabilità. La gioia fu quasi palpabile.
Daphne guardò il fratello con un gran sorriso stampato sulle labbra.
Heric gli diede una forte pacca sulle spalle << Continui a portarmi fortuna, sorellina >>.
<< Faccio del mio meglio >>
Annuendo Heric si tolse la maschera, seguendo l'esempio degli altri passeggeri, aveva i capelli attaccati alla fronte per il sudore.
<< E continua a farlo, abbiamo ancora molto da fare >>.
Non ci volle molto prima che l’astronave toccasse finalmente terra. Atteso il tempo necessario i passeggeri slacciarono le cinture e in tutta fretta recuperarono i bagagli. Non c’era nemmeno un secondo da perdere, la tempesta sarebbe potuta tornare a momenti e anche solo un passo falso poteva costare la vita di ogni uomo su quella nave.
Tutti si avvicinarono al portellone d’uscita, pronti a coprirsi il volto con il casco di sicurezza in dotazione a tutti i minatori. Dopo qualche minuto un’altro membro dell’equipaggio si avvicinò superando il gruppo e raggiungendo il portellone. Premette qualche tasto sulla tastiera accanto ad esso e prima di aprire si voltò verso i passeggeri.
<< Signori, ecco il capolinea. Una navetta vi sta aspettando qui fuori per portarvi alla miniera d’estrazione. Avete venti secondi e finito il tempo non troverete più nessuna nave ad aspettarvi qui, quindi vi consiglio di controllare che abbiate tutte le vostre cose >> si udì il frusciare di mani che tastavano le tasche e di cerniere aprirsi e poi richiudersi.
<< Stammi vicina >> sussurrò Heric alla sorella, che annuì immediatamente.
L’uomo fissò quindi un orologio al suo polso, poggiando l’altra mano sulla leva posta poco sopra la tastiera.
<< E...ora!  >> il portellone con un forte sibilo si aprì, facendo penetrare una potente folata di vento ustionante e vetro polverizzato insieme. Il calore sembrò bruciare per un momento i polmoni di Heric che imprecando si calò il casco.
<< VIA VIA VIA! >> gridò l’uomo.
La fila prese a muoversi veloce e dopo essersi assicurato che Daphne si fosse infilata il suo casco anche Heric corse fuori. Il sole era tanto forte che per un momento non vide assolutamente niente. Distinse solo un immenso mare nero che li circondava e che si estendeva a perdita d’occhio. Il vento sferzava crudele e le schegge di vetro iniziarono subito a graffiagli la pelle anche se coperta dai vestiti. La tempesta sarebbe tornata a momenti. Allungò una mano dietro di lui e avvertì subito quella della sorella afferrargliela.
Sorrise orgoglioso “Brava sorellina”.
Sbatté le palpebre più volte e riuscì a intravedere la figura della navetta poco più avanti. Affrettò il passo e raggiunta la navetta aiutò sua sorella a salire la scaletta, allungò quindi le mani ed afferrò saldamente i braccioli del portellone, all’ultimo secondo però una folata di vento particolarmente potente lo investì. Batté con violenza il capo sul bordo del portellone, la botta fu tanto violenta da strappagli di dosso il casco, barcollò pericolosamente e i piedi scivolarono giù dalla scaletta. Le schegge di vetro lo investirono senza pietà. Fu abbastanza veloce da chiudere gli occhi però, sfortunatamente, non lo fu altrettanto con la bocca che si riempì di schegge microscopiche.  Strinse i denti e trattenne il respiro conscio che anche il più piccolo granello poteva essergli fatale. Fece forza sugli avambracci e tentò di tirarsi su per recuperare l’equilibrio, era certo di star per cadere quando una mano salda lo afferrò per l’avambraccio.
<< Ti tengo, compagno >> l’uomo lo tirò su e tenendolo saldamente gridò a pieni polmoni << Presto andiamo! >>.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO  3


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Con ancora gli occhi chiusi e il respiro fermo Heric cadde al suolo avvertendo il portellone chiudersi alle sue spalle.

<< Heric! >> gridò Daphne gettando a terra il casco e pulendogli il viso dalle schegge.

<< Dagli questa >> disse la stessa voce di qualche momento prima.

Heric sentì la mano di Daphne porgergli una borraccia d’acqua, avido il ragazzo ne prese un generoso sorso per sciacquarsi la bocca da tutte le schegge, sputandola vicino a lui. Si bagnò quindi la mano e se la passò vicino agli occhi.

Finalmente poté riaprirli e rivide sua sorella in ginocchio davanti a lui, questa rise e lo aiutò ad alzarsi << Che atterraggio eh? >>.

<< Il più schifoso di sempre >> rispose Heric asciugandosi le labbra. Voltandosi vide un uomo davanti a lui e non ricordando di averlo visto tra i passeggeri che avevano già preso posto sulla navetta, lo identificò come il salvatore di qualche momento prima. Indossava le tipiche tute la da lavoro rinforzate dei minatori, con tanto di strumenti alla cintura. Sembrava chiaro che fosse appena riemerso da una delle gallerie. Aveva la pelle scura e lineamenti molto rari da ritrovare in quella parte di galassia. Capelli scurissimi e neri, lo stesso per gli occhi, leggermente a mandorla. Incrociò le braccia e sorrise, scuotendo il capo.

<< Vi siete portati dietro un bel po’ di guai, vedo. Non si vedeva una tempesta del genere da mesi >>.

Heric tossì e strinse le spalle << Che posso dire... >> allungò una mano verso l’uomo

<< Grazie per avermi aiutato >>.

L’altro la strinse forte, dandogli una forte pacca sulla spalla << Non dirlo nemmeno, compagno >>. Indicò quindi i posti a sedere e dopo aver aiutato Daphne con i bagagli  si sedette accanto ad Heric.

<< Mi chiamo Nahat, mi occupo di accogliere i nuovi arrivati >>.

<< Heric Carter >> indicò poi sua sorella, sorridente << e lei è mia sorella Daphne >>.

Nahat spalancò gli occhi << Tua sorella? Anche lei quindi lavor-  >>.

<< Ovviamente no >> lo interruppe subito Heric.

A quel punto Nahat sembrò confuso, corrugò la fronte << Non crederai di poterla far star qui come se niente fosse >>.

<< Rinuncerò a metà della mia paga e se non dovesse bastare lavorerò il doppio >>.

Nahat rise, battendosi la mano sul ginocchio << Almeno hai le idee chiare. Questo potrebbe tornarti utile. Ora scusate, ma è meglio se torno al mio lavoro >>.

L’uomo allora si alzò e si mise in piedi tra le fila di posti, guardando i minatori uno ad uno.

<< Benvenuti su Yargo, compagni, o YRG-01125 se preferite. Presto arriveremo alla sede in comando e li il Direttore farà il “discorso di benvenuto”. Come avete visto qui su Yargo il clima non è come nessuna delle altre colonie in cui vi siete trovati. Per questo motivo tutti gli impianti principali e la sede si trovano sottoterra. Proprio in questo momento ci stiamo per dirigere in una delle gallerie sotterranee predisposte al trasferimento del materiale estratto. Non fateci l’abitudine perchè, a meno che non dobbiate lasciare il pianeta, non ci tornerete tanto presto >>.

Dietro a Nahat apparve un ologramma che segnava la mappa dell’intera zona che ricopriva la miniera. In primis risaltava un grande cerchio che, tramite ramificazioni di corridoi disposti su tutto il suo perimetro collegava alle varie sezioni della  miniera.

Nahat indicò il cerchio << Questa è la sede in comando >> l'immagine si capovolse mostrando ora una struttura a vari piani << Si trova a cinquecento metri di profondità e si divide su quattro piani: il primo è esclusivamente attraversato dai macchinari che raccolgono e smistano il composto,  il secondo è il quartier generale, al terzo piano c’è la zona comune mentre all’ultimo piano ci sono gli alloggi dei minatori. Ci sono ascensori predisposti al terzo piano che portano direttamente alle gallerie principali delle miniere. La miniera è divisa in tre zone raggiungibili tramite le gallerie principali: la zona A, quella meno pericolosa e situata più vicina alla sede, non ha sbocchi sulla superficie e voi che siete i nuovi arrivati ci lavorerete per i primi mesi. La zona B, la zona intermedia, si divide in due sezioni interne e una sezione esterna, una piccola cava ad ovest, qui ci lavora la maggior parte dei dipendenti. Infine, la zona C. Come avrete intuito è la più pericolosa e ci lavorano solo squadre scelte e specializzate, autorizzate dal Direttore in persona. E’ formata da un’unica cava che ricopre quasi tutta la superficie nord della sede. Qui, se siete fortunati, non ci lavorerete mai >> l’ologramma scomparve << Domande? >>.

Un uomo proprio accanto a Nahat fece un cenno con la mano << Come mai ci fai questa lezioncina se non siamo nemmeno arrivati alla sede? >>.

Nahat sorrise, in modo tutt’altro che amichevole  << Forse non ci siamo capiti. Se prima di arrivare qui vi chiedavate se esisteva l'inferno, allora lo avete trovato. Morire su Yargo è decisamente più facile che viverci.  Abbiamo il record indisscusso sulla frequenza delle tempeste di vetro annue. Riusciamo a mala pena a inviare l'allarme che un minuto dopo si abbatte inesorabile. Il terreno è instabile e assolutamente franabile da un momento all'altro. Gli approvigionamenti sono scarsi o mancanti, e purtoppo solo nell'ultimo mese abbiamo perso dieci uomini >>.

<< Dieci!? >> gridò l'uomo che era seduto vicino ad Heric sull'astronave << Sul rapporto... >>.

<< Il rapporto, è stilato dal Direttore ma riveduto e corretto dall'ONI >>.

"Ma certo" pensò Heric.

Nahat premette le dita sull'orecchio e Heric notò per la prima volta l'auricolare collegato ad esso.

Nahat annuì << Bene, ricevuto. Siamo in direttiva d'arrivo, compagni. Preparatevi >> gli uomini iniziarono a raccogliere i bagagli << Ah, un ultima cosa. I dieci uomini, sono morti tutti nella zona A >>.

Lo sgomento passò tra la maggior parte degli uomini.

<< Hai appena detto che la zona A è la più sicura >> disse uno di loro, impallidendo.

<< Precisamente >> rispose sorridente Nahat << Se volete farvi trasferire vi conviene farlo in fretta. A causa del tempo di oggi vi siete salvati, ma state certi che il Direttore non vi farà stare a lungo con le mani in mano >>.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

 

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Ore 22.54, 12 settembre 2559, Sistema Bogomol III,colonia esterna YRG-01125 (Yargo)

 

Gli uomini mormorarono tra di loro, la preoccupazione era ovvia. Anche Daphne sembrò essere colpita dalla presentazione.

<< Sembra davvero pericoloso Heric, perfino peggio di Dolmit >>.

Il fratello le sorrise << Il problema su Dolmit non era il pianeta, ma la miniera stessa. Scarsa strumentazione, coordinamento zero e equipaggiamenti obsoleti. Anche se in un ambiente mortalmente ostile, questa potrebbe essere una delle migliori miniere su cui lavorare >>

guardò Nahat << Altrimenti perchè darci tutte qieste raccomamdazioni >>.

<< Raccomandazioni? >>.

<< Esatto >> disse voltando lo sguardo fuori dal finestrino, ammirando lo splendido e insieme terribile spettacolo del mare vetrificato << Dirci quali zone evitare, affidarci al settore meno pericoloso. Non ti sembra strano? La verità è che qui su Yargo, oltre ad avere il record di tempeste di vetro, hanno anche quello della maggior sicurezza. Quarda qui >> estraendo il palmare Heric mostrò a Daphne l'immagine di una tuta rinforzata per minatori, completa di tutti gli accessori, respiratore compreso << È l'ultimo modello. Messo in commercio appena un anno fa >>.

Daphne afferrò il palmare meravigliata, scorrendo tutte le foto sulla tuta.

<< Incredibile... >> sussurrò, erano abituati a utilizzare materiale vecchio di almeno una decina d'anni, guardò il suo vecchio caschetto tutto ammaccato,  ridacchiando sconsolata << È ora di andare in pensione, vecchio mio >> disse, porgendolo poi al fratello.

Heric lo prese voltandolo prima a destra e poi a sinistra, accarezzandone piano la visiera ed il respiratore.

<< Però...sono morti dieci uomini in un solo mese, è comunque molto pericoloso >>.

<< L'importante è sapere cosa fare e muoversi con prudenza. Conta anche l'esperienza e io ne ho in abbondanza >> .

Daphne annuì, guardando anche lei fuori << È un po come dire che Yargo è pericoloso e sicuro allo stesso tempo? >>.

<< In un certo senso, dipende tutto da noi. Quindi...Daphne >>.

La ragazza alzò gli occhi al cielo << Oh no, ecco che ricominci >>.

Heric le strinse forte il braccio, con sguardo tagliente << Sto parlando seriamente. Niente turni segreti, niente giri per la miniera senza il mio permesso, niente liti con i minatori. Non possiamo più permettercelo, o così... o non so cosa potrebbe capitare, perchè a quel punto nessuno mi assumerebbe più >>  la guardò negli occhi, spostandole i capelli dalla fronte << Promesso? >>.

Daphne abbassò gli occhi, pensierosa. Infine annuì << Promesso >>.

Heric sorrise << Brava ragazza, prendi la tua roba adesso >>.

In quel momento la navetta, attraverso una ripida discesa, entrò in una lunga e buia galleria. L'illuminazione era bassa ma Heric riuscì a scorgere i macchinari da trasporto del silicato. Erano mastodontici: altri fino a quattro metri e lunghi dodici. Si muovevano autonomamente su binari elettromagnetici e potevano contenere fino a quarantasei tonnellate di composto. Ne contò un centinaio in uscita, poi perse il conto. Continuarono a seguire la galleria per parecchi chilometri poi la navetta arrestò la sua corsa. Nahat si avvicinò al portellone.

<< Qui non è necessario indossare i caschi quindi metteteli via, i livelli di ossigeno sono un po' bassi ma vi abituerete presto. Scesi a terra andremo all'ascensore che ci porterà al quartier generale >>.

Tutti i passeggeri si alzarono pronti per scendere. Aperto il portellone Heric avvertì subito la tipica aria umida e pesante delle miniere. Sistemò il suo borsone sulle spalle ed annuì.

"Sono pronto" pensò deciso.

Si ritrovarono in una specie di hangar circolare dove, stracolmi, si trovavano tutti i macchinari da trasporto che emergevano da aperture poste sul perimetro. Il pavimento era in metallo mentre le pareti, contrariamente dal solito, erano state scavate nella stessa roccia di silicato. Heric provò l'inverosimile sensazione di essersi rimpicciolito. Il soffitto dell'hangar era a più di venti metri dalla sua testa, ogni macchinario, ogni navetta, perfino le porte dell'ascensore lo superavano di tre  metri, anche di più.

<< Assurdo... >> sussurrò Daphne strabiliata << Non ho mai visto niente del genere >>.

Nahat raggiunse le porte dell'ascensore, digitò un codice e premette la sua mano su uno scanner. Si avvertì il suono dei macchinari azionarsi e le porte vibrarono leggermente. Nahat tirò quindi una leva posta appena sopra la sua testa e batté il palmo sulle porte dell'ascensore.

<< Solitamente questo ascesore è innaccessibile, lo utilizziamo solo per i nuovi arrivi >>.

<< Quanti ce ne sono di ascensori per raggiungere le gallerie? >> domandò uno dei minatori.

<< Nella zona comune ce ne sono una ventina, ma  qualcuno è sempre in manutenzione. Dieci invece li usiamo per muoverci tra i piani della sede >>.

L'uomo, che aveva dei particolari capelli rossi, sbuffò incrociando le braccia.

I minuti continuarono a passare e Heric iniziò a chiedersi se l'ascensore sarebbe mai arrivato. Proprio in quel momento finalmente le porte si aprirono e tutti entrarono. Era così ampio che i venti minatori potevano starci dentro senza nemmeno doversi toccare.

Nahat entrò per ultimo e digitò altri codici sulla tastiera << Andiamo al quartier generale >> le porte si chiusero e, estraendolo dalle tasche, osservò un palmare << In perfetto orario >>.

L'ascensore iniziò a scendere e continuò per cinque lunghi minuti. Normalmente un uomo si sarebbe sentito in trappola trovandosi così in profondità, Heric invece, conscio di quali fossero le condizioni in superficie, non poteva che essere sollevato.

Arrivarono al secondo piano, circolare e ampio esattamente quanto l'hangar, solo che li sembrava essersi scatenato il caos totale. Decine e decine di minatori, con le tute logore o strappate, si muovevano frenetici spostandosi tra gli ascensori. Il vociare era intenso e a fatica riuscì a scorgere frammenti di frasi qua e la. C'erano anche feriti sparsi ai lati della stanza, ma non sembravano particolarmente gravi.

<< Che diavolo sta succedendo? È un inferno qui!! >> esclamò il rosso.

<< Benvenuti al Formicaio, la vostra nuova casa >> rispose Nahat.

Si udì qualcuno gridare e Nahat fece segno al gruppo di seguirlo.

Lottando contro la folla Heric lo affiancò << Nahat, come mai questa confusione? >>.

L'uomo rispose senza guardarlo, tenendo gli occhi sulla folla << Te l'ho detto compagno, erano mesi che non si abbatteva una tempesta del genere. Quando succede il Direttore richiama tutte le squadre a lavoro e le fa stare qui finchè non rientra l'ultimo uomo. In questo modo è più facile fare una stima dei danni. Tutti gli altri sono giù nella zona comune o agli alloggi >>.

<< Un tipo previdente >> ironizzò Heric.

Nahat rise a squarcia gola, dandogli una fotte pacca sulla spalla << Non esattamente. Proprio no >> fece un cenno con il viso, indicando davanti a loro.

Heric vide quello che aveva tutto l'aspetto di un centro di comando: c'erano vari monitor sulle pareti e su sei scrivanie poste in fila una accanto all'altra, ogni schermo  mostrava zone differenti della miniera e della cava. Una decina di uomini stavano sulle scrivanie digitando frenetici sui computer o parlando agli auricolari. Al centro la scrivania più grande con un ologramma che mostrava quella che Heric ipotizzò essere la Zona C, tuttavia era difficile dirlo poichè le  immagini la mostravano completamente devastata e invasa dalla tempesta di vetro. Dietro l'ologramma intravide un uomo che camminava nervosamente avanti e indietro. Teneva le dita sull'orecchio destro e gesticolava animatamente. Parlava così ad alta voce che riusciva a sovrastare il caos attorno a lui.

<< No! >> lo sentì gridare << Adesso stammi a sentire, non solo mi mandate la metà degli uomini che avevo richiesto, ma me li mandate in un giorno completamente diverso da quello stabilito! Credi che stia qui a grattarmi le palle tutto il giorno?!? >> ci fu un momento di silenzio << Non me ne importa niente dei dirigenti! Che vengano qui a spaccarsi il culo invece di ingrassarlo sulle loro belle poltrone! >>.

In quel momento notò Nahat e il gruppo di nuovi arrivati. Li guardò per un momento poi tornò a parlare.

<< Si si, tanto lo so come andrà a finire. Che vadano al diavolo. Non ho tempo per queste stronzate burocratiche!  C'è un fottuto inferno nella mia miniera, ho del lavoro da fare e a differenza di qualcuno so come farlo! >>.

L'uomo sospirò e si passò una mano sui capelli brizzolati. Poggiò le mani sulla scrivania e rivolse lo sguardo ai monitor.

<< Situazione? >>.

Un uomo su una delle scrivanie voltò lo sguardo, la mano poggiata sull'auricolare  << Le squadre due e quindici sono rientrate ora. Si stanno dirigendo qui. Ascensori sei e otto fuori uso. La Zona A è sgombra, Zona B sgombra. Nessuna vittima per ora >>.

<< E la C? >>.

<< La squadra dodici non ha dato notizie Direttore >>.

<< Dannazione... >> sibilò tra i denti. Si guardò intorno, scrutando tutto il quartier generale e i lavoratori stanchi che lo attraversavano << Manda tutti di sotto... ho bisogno di silenzio >>.

<< Subito >>.

Si avvertì il suono di una sirena propagarsi per tutto il piano. Tutti i minatori alzarono lo sguardo e, terminato l'allarme, presero a muoversi lentamente verso gli ascensori.

Heric osservò la folla defluire finché il piano non divenne silenzioso e vuoto. Il pavimento era ricoperto dalla sabbia vetrificata e da pezzi di indumento. Qua e la c'era qualche macchia di sangue.

Riportò la sua attenzione al Direttore, armeggiava con il computer continuando a cambiare le riprese dell'ologramma. Tuttavia tutte mostravano la stessa immagine, ovvero zone indefinite della cava devastata dalla tempesta che riduceva la visibilità a zero.

Nahat si avvicinò, scrutando anche lui le immagini. Senza togliere lo sguardo dall'ologramma il Direttore parlò.

<< Li abbiamo seguiti fino al settore uno, a un passo dall'uscita abbiamo però perso il segnale e da allora il buio totale. Sono passati... >> guardò l'orologio al suo polso << ...quindici minuti e trenta secondi >>.

Heric, insieme agli altri minatori, assunse un'aria rassegnata. Tutti sapevano che non c'era possibilità di sopravvivere ad una tempesta di vetro per più di sei minuti, anche con il miglior equipaggiamento non c'era scampo. Lo aveva imparato a sue spese perdendo molti colleghi. La polvere inizia a otturare i filtri dei respiratori al settimo minuto, le tute rinforzate cedono al calore e iniziano a perforarsi all'ottavo minuto. Al nono minuto, nella disperata ricerca di ossigeno, si gettano via i caschi e la polvere, inalata, perfora prima l'esofago, poi i polmoni, lacerandosi. Nel giro di qualche secondo si muore tra alcune delle più atroci sofferenze. Il cuore smette di battere al decimo minuto.

Heric guardò il Direttore, e si sorprese moltissimo nel vederlo dispiaciuto. Non gli era mai successo . Lo osservò meglio: era un uomo sulla cinquantina, capelli castani, grigi sulla nuca e sulle tempie. Non era molto alto e camminava in modo strano, come se faticasse a tenere la schiena dritta, tuttavia era ben piazzato e si poteva dire molto in forma per l'età. Aveva gli occhi marroni, contornati da qualche ruga. Dava l'idea di un uomo vissuto, nato per quella vita. Scosse la testa, riportando l'attenzione ai monitor. Stava per premere dei tasti quando, uno degli uomini alla scrivania balzò in piedi.

<< Direttore! L'ascensore venti si è attivato... è la squadra dodici!! >>.

Il Direttore batté forte la mano sulla scrivania, ridendo.

<< Quel bastardo! Un'altro scherzo del genere e lo spedisco io all'inferno >>.

Heric guardò Daphne, strabiliato. Come erano riusciti a sopravvivere?

In quel momento le porte di un ascensore si aprirono, ne fuoriuscì un gruppo di sei uomini. Portavano tutti il casco e le tute da nere erano diventate grigio chiaro a causa della polvere. I primi due entrarono reggendosi l'un l'altro, gli altri due si gettarono a terra, liberandosi il volto e tossendo con forza. Poi, per ultimo, arrivò un uomo con in spalla l'altro. Heric, e quasi certamente tutti gli altri minatori, non poterono fare a meno di spalancare la bocca a quella vista. L'uomo che teneva in spalla il ferito era, semplicemente, un gigante. Alto almeno due metri, una montagna di muscoli, braccia tanto forti da reggere l'uomo come fosse un bambino. E nonostante in alcuni punti la tuta fosse ampiamente danneggiata, la pelle non presentava alcun segno di taglio o scottatura. Soprattutto sembrava essere tornato da una passeggiata, tanto sembrava tranquillo e composto. Posò a terra l'uomo che scosse la testa e tossì, gettando via il casco e rivelando il volto di un ragazzo, poco più giovane di Heric. Il gigante si fece da parte, la schiena dritta e le gambe leggermente divaricate. Heric lo vide voltare lo sguardo verso di loro, anche se solo per un attimo.

Il Direttore si avvicinò a passo deciso, dando uno scappellotto al ragazzo crollato al suolo.

<< Neil! Maledizione! Sapevo che era colpa tua! >>.

Il ragazzo si grattò il capo << Mi dispiace Direttore, ho perso il segnalatore e per recuperarlo ho... >>.

Il Direttore lo interruppe << Bah! Non me ne importa un accidente! Toglietevi di mezzo e andate di sotto. Mi avete fatto perdere anche troppo tempo >>.

A fatica gli uomini si alzarono e si allontanarono, tutti tranne il colosso che, sotto ordine del Direttore, restò per fare un veloce rapporto sulla situazione della Zona C.

<< Non ho mai visto nessuno così >> sussurrò Daphne << fa quasi paura >>.

Heric annuì. Valeva lo stesso per lui. Si avvicino a Nahat, rimasto in disparte fino a quel momento con le braccia conserte.

Tuttavia Heric non fece in tempo ad aprir bocca che Nahat iniziò subito a parlare.

<< So cosa stai pensando, e sappi che io ne so poco più di te >>.

Heric lo indicò con un cenno << Da dove viene? >>.

Nahat strinse le spalle << Non lo sappiamo e ai più non importa gran che. Dice di chiamarsi Sam, o almeno così lo chiama il Direttore. Lavora qui da poco più di un anno e non ho mai visto nessuno partire dalla Zona A e a ritrovarsi nella Zona C in così poco tempo. Credevo che il Direttore volesse liberarsi di lui, e invece lavora duramente, coma mai ho visto fino ad ora. È... inesauribile >> inclinò il capo, passandosi una mano sul collo << Si vede poco in giro per il Formicaio, se ne sta sempre chiuso nella sua stanza >> fece una risatina << All'inizio, quando è arrivato, credevamo fosse muto >>.

Heric annuì. Non lo convinceva per niente. Recentemente girava la voce che l'ONI mandasse spie per le miniere alla ricerca di profughi ribelli o semplici clandestini.

Non che gli importasse, lui non era ne l'uno ne l'altro, voleva solo lavorare e guadagnare il suo stipendio senza problemi.

Nahat gli poggiò una mano sulla spalla << Cerca di stagli alla larga è piuttosto... violento >>.

<< Chiaro >> tornò vicino a sua sorella. Anche lei sembrava pensierosa.

<< Che cosa ti ha detto? >>

<< Che è pericoloso e di lasciarlo perdere. E ho tutte le intenzioni di ascoltare il suo consoglio >>.

Daphne strinse le spalle, continuando ad osservarlo.

Sam e il Direttore continuarono a parlare per qualche minuto. Il minatore, tramite le immagini sul monitor, indicava varie zone della cava. Il Direttore ascoltava con attenzione, annuendo di tanto in tanto.

<< Mmm... >> lo sentì dire Heric << ...e ci sono altri danni? >>.

Sam parlava a bassa voce e con il respiratore arrivava quasi distorta, ma Heric riuscì a sentire la risposta.

<< Due escavatrici sono da recuperare >>.

Il Direttore annuì nuovamente, sospirando.

<< Ci vorranno mesi ma poteva andar peggio. Va bene basta così, vai di sotto e dimentichiamoci di questa stupida giornata >>.

Sam annuì e prese a camminare verso il gruppo. Instintivamente ogni uomo fece un passo di lato, lasciandolo passare. Quando arrivò accanto a Heric, il ragazzo riuscì a intravedere i suoi occhi attraverso il visore e lo terrorizzarono. Se era davvero una spia, l'ONI iniziava a perdere colpi, non passava di certo inosservato uno del genere. Non c'era proprio da scherzare.

Lo osservò prendere uno degli ascensori finché non avvertì Daphne assestagli una gomitata, allora si voltò e vide il Direttore muoversi verso di loro.

Si fermò ad un metro dal gruppo ed incrociò le braccia dietro la schiena.

<< Come potete immaginare sono molto stanco, quindi sarò breve. Io sono Philhard Krämer, il capo di questo buco infernale. La questione è semplice signori: lavorare sodo e non crearmi problemi. In caso contrario potete scommeterci il culo che vi piazzerò sulla prima astronave disponibile per rispedirvi alla discarica da cui siete arrivati. Se siete qui significa che siete minatori di un certo livello, o che avete falsificato per bene i registri, spetterà a voi fare i conti domani sottoterra. Con oggi,  sono cinquecentoventi gli uomini in questa struttura, fate in modo che questo numero non vari >>.

Guardò ogni membro del gruppo

<< Sono stato chiaro? >> annuirono tutti insieme << Molto bene >>.

Il Direttore allora si voltò verso Nahat, facedogli un cenno e dirigendosi poi verso il punto di controllo.

<< Seguitemi, vi porto all'ultimo piano >>.

Il gruppo si diresse nuovamente agli ascensori, fermatosi davanti ad uno di essi Nahat indicò una luce rossa posta sopra le sue porte.

<< Questa indica che è uno degli ascensori che utilizziamo per i piani della sede. Quelli con la luce bianca invece sono per le gallerie >>.

Le porte dell'ascensore si aprirono, tutti entrarono e Nahat mostrò lo schermo con segnati i numeri dei piani. Premette il quattro e le porte si chiusero immediatamente, infilando poi una mano in tasca tirò fuori dei bedge.

<< Senza di questi non potrete muovervi. Sono per gli ascensori e per le vostre camere. Cercate i vostri nomi segnati sopra >> le allungò al minatore più vicino che le distribuì << In ogni caso, sarete registrati appena passerete il bedge sulla porta. Inoltre, troverete un palmare. Li sono segnati tutti i vostri dati, le comunicazioni, le previsioni meteo in tempo reale, i turni di lavoro e tutto il resto >>.

Le porte si aprirono e questa volta su un lungo corridoio che presentava moltissime svolte su tutti i lati. Anche in quel piano, come tutti gli altri, le pareti sembravano scavate nella scura roccia del silicato. L'ambiente, per quanto illuminato e sorprendentemente ampio, era lugubre, tanto che era difficile scorgere le porte delle stanze. Heric ebbe l'impressione di trovarsi dentro una caverna, sbatté le palpebre e fece un profondo respiro. Almeno l'impianto di ventilazione funzionava bene.

Nahat uscì fuori e indicò il numero sulla prima porta alla sua sinistra

<< Seguite le indicazioni e troverete la camera, il numero è sul bedge. È tutto per oggi >>.

I minatori iniziarono subito a muoversi, Heric si mise in un angolo per guardare meglio il bedge.

Sembrava una normalissima tessera: era bianca da un lato e blu dall'altra. Sul lato bianco era montato un piccolo chip e una barra nera magnetica con il numero della camera in basso a sinistra. Nel lato blu a caratteri in rilievo il suo nome e cognome, con accanto una cifra a sette numeri.

Heric sentì qualcuno sfiorargli il braccio, si voltò e vide Nahat.

<< Sono stanze singole, compagno >> disse a bassa voce << Per questa notte vi arrangerete >>.

Heric restò sbalordito per un momento, avevano anche intenzione di attrezzare la stanza per due persone? Mai, in dodici anni di lavoro, gli era successa una cosa simile. Si era sempre arrangiato con i suoi vestiti e con il borsone. Ma dove era capitato?

Si limitò ad annuire.

<< S-si certo. Non c'è problema >>.

<< Bene e...quando hai finito di sistemarti, il Direttore vorrebbe parlarti >>.

" Come non detto " pensò rassegnato. Era troppo bello per essere vero. Sorrise a Nahat.

<< Ok, ho capito. Grazie >>.

Il minatore sorrise di rimando e riprese l'ascensore. I corridoi erano ormai deserti ed erano rimasti solo lui e Daphne. La ragazza, avvicinandosi spiò oltre la spalla per guardare il bedge.

<< Allora? Quale camera? >>.

Heric accarezzò la tessera con il pollice, proprio sopra il suo nome. Provava una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Non riuscì a capire se positiva o negativa. Fece un'altro lungo respiro. L'indomani sarebbero tornate le lunghe e difficili giornate di lavoro, ma si sentiva pronto. Guardò sua sorella e poi i corridoi.

<< Stanza centodiciasette >>.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5


Ore 00.07, 13 settembre 2559, Sistema Bogomol III, colonia esterna YRG-01125 (Yargo)


Non ci misero molto a trovare la stanza. Si trovava sul terzo corridoio a sinistra e la porta era proprio una delle centrali.

Heric passò il bedge sullo scanner posto su di essa ed una luce verde lampeggiò velocemente due volte.

<< Pensi daranno anche a me una di quelle tessere? >> chiese Daphne storcendo il naso << Non voglio stare tutto il giorno qui sotto >>.

La porta si aprì e Heric fece passare la sorella per prima << Non lo so. Vedremo >>.

Per essere una stanza singola era piuttosto ampia, anche se arredata spartanamente. C'era un letto adagiato sul muro destro, una scrivania sulla sinistra ed un armadietto proprio accanto alla porta. Ed ognuno di essi era rigorosamente grigio. C'era anche una porticina, di fronte all'armadio, che sicuramente dava su un piccolo bagno. Heric notò che le pareti erano in metallo, si avvicinò ad una di esse e batté dei colpi con le dita. Erano insonorizzate, molto bene.

Daphne iniziò subito a curiosare, aprendo tutti i cassetti e buttandosi sul letto. Heric invece prese a sistemare le sue cose nell'armadio. Non aveva molto: giusto qualche abito dimesso e le varie attrezzature utilizzate nella miniera precedente. Gli era dispiaciuto perdere il casco all'arrivo su Yargo, costavano una fortuna, anche se usati. Poi si era ricordato che glie ne avrebbero fornito loro uno nuovo di zecca, così non ci pensò più. Svuotata la borsa la agitò per assicurarsi che non fosse rimasto niente, avvertì qualcosa cadere e con la coda dell'occhio la vide capitolare proprio sotto l'armadio.

Sbuffando si inginocchiò ed allungò una mano tastando il pavimento, allora le sue dita sfiorarono il piccolo oggetto, tirato fuori Heric lo osservò sul suo palmo: un frammento di composto vetrificato.

Continuò a guardarlo per un po' finché sua sorella non lo fece rinvenire.

<< Guarda Heric, il palmare che diceva Nahat >>.

Heric ripose velocemente il sassolino dentro la tasca ed afferrò il palmare. Anche quello era nuovo e sicuramente mai utilizzato. Non voleva nemmeno immaginare il suo prezzo.

<< Non riesco ad accenderlo >>

<< Credo funzioni anche questo con il bedge >> disse Heric posandolo sulla scrivania e dirigendosi alla porta.

<< Dove vai? >>.

<< Di sopra, Nahat ha detto che il Direttore vuole parlarmi. La solita storia sai >>.

Daphne annuì e si sedette sul letto

 << Ti aspetto qui, sono un po' stanca >>.

Il fratello la guardò con aria perplessa

<< Hai dormito per quasi tutto il viaggio! >>.

Daphne balzò in piedi << Mi porti con te allora? >>.

Heric scosse la testa << Come non detto. Stai qui e dormi >>.

La ragazza sbuffò gettandosi sul materasso.

Allora Heric uscì per dirigersi all'ascensore, nei corridoi incrociò il tizio con i capelli rossi che, nel vederlo, tirò un sospiro di sollievo e gli corse incontro.

<< O Dio grazie >> disse << Amico, devi aiutarmi, questo posto è un labirinto, peggio delle miniere. Avevo perso una cosa di sopra e sono tornato su, per tornare giù però ho preso un'ascensore diverso e non ho capito più niente! Lo sai che c'è un corridoio anche per tutto il perimetro di questo piano? E ogni ascensore si apre in un punto diverso! Tutti i corridoi mi sembrano uguali! E poi... >> tirò fuori il bedge per mostrarlo a Heric, indicando il numero della stanza << Qui dice 961! Ma non esiste una dannatissima stanza 961! >>.

Heric guardò perplesso prima il bedge e poi il tizio. Lo stava prendendo in giro?  Eppure più lo guardava più sembrava serio.

Allora Heric prese la tessera e la capovolse << Credo proprio che sia 196, sai? >>.

Il rosso spalancò la bocca e strabuzzò gli occhi. Il viso sembrò prendergli fuoco.

<< Sono un idiota, cazzo. Un idiota vero >> riprese il bedge << Scusa e grazie >>.

Heric fece un cenno e si voltò, non fece in tempo a fare un passo che quello però gli corse di nuovo incontro con il braccio teso

<< Dimenticavo! Orazio Wolf, amico. Hai fatto un bel volo sulla navetta. Sei stato fortunato >>.

Un po' riluttante Heric gli strinse la mano << Carter, Heric >>.

<< Heric! >> fece quello con un gran sorriso << Grazie di nuovo >>.

Heric annuì e Orazio, sistemandosi la borsa, riprese la sua ricerca.

" Che tipo strano... " pensò Heric mentre si dirigeva all'ascensore.

Raggiunto passò il bedge sullo scanner e poté chiamare l'ascensore.

Attese qualche minuto e quello arrivò, premette il due sullo schermo e guardò le porte chiudersi. Erano piuttosto lenti, la mattina avrebbe dovuto alzarsi presto per arrivare in orario alla miniera.

A tal proposito doveva ancora studiarsi per bene gli orari dei suoi turni, controllare che la paga fosse quella che gli avevano anticipato, scoprire dove e come ritirare l'attrezzatura, prepararsi a dormire di nuovo sul pavimento e capire se poteva in qualche modo dividere la sua porzione giornaliera di cibo per portarla a sua sorella. Sempre che ci fosse una porzione giornaliera. Su Dolmit davano una razione settimanale, che però spesso e volentieri copriva a mala pena i bisogni di una persona per massimo due giorni. Aveva tirato avanti con fatica nel tentativo di sfamare tutti e due restando spesso a digiuno, il lavoro ovviamente ne aveva risentito. Sbuffò e tirò fuori il suo palmare, annotando una lista di tutto quanto. Vederli scritti in ordine lo aiutava a non andare in confusione e a mantenere il controllo. Un trucchetto che gli aveva permesso di non impazzire durante i primi anni di lavoro: mantenere la calma e avere il controllo della situazione. Poteva gestire qualsiasi situazione con la giusta motivazione e per il momento alla base di tutto c'era sua sorella, il suo punto fermo. Se quello che gli avevano detto era vero e considerando una paga dimezzata,  avrebbe dovuto lavorare solo altri cinque anni su Yargo, poi i suoi risparmi sarebbero stati finalmente sufficienti per sistemarsi in una delle Colonie Interne. Sorrise all'idea. Lavorava in miniera da così tanto tempo che non riusciva a immaginarsi a camminare per una strada senza doversi proteggere con una tuta o con un casco. Un pensiero a quel punto lo assalì, corrugò la fronte ed abbassò lo sguardo. Ci sarebbe riuscito? Come poteva una persona dopo dodici anni dello stello lavoro, riadattarsi, riplasmarsi in un ambiente del tutto differente?  Non aveva mai pensato al suo di futuro. C'era sempre e solo stata sua sorella nei suoi piani, nei suoi obbiettivi: trovarle una casa, una buona scuola, un lavoro che le piacesse, magari anche molti amici... ma lui? L'unica cosa che aveva imparato era il lavoro nelle miniere. Che avrebbe fatto, dopo?

Improvvisamente cinque anni gli sembrarono troppo brevi.

Strinse la mascella e sprofondò le mani nelle tasche, allora riavvertì il sassolino caduto dalla borsa, lo tirò fuori e lo osservò: nerissimo e lucido, con i bordi irregolari e poco più grande di un'unghia. D'un tratto tutte le sue preoccupazioni scivolarono via, come se non ci fossero mai state. Fece un lungo sospiro e ripose al sicuro il sassolino.

" Sai già quello che devi fare " si disse " Un passo per volta, le cose da fare sono tante. Andrà tutto bene ".

In quel momento l'ascensore raggiunse il secondo piano, le porte si aprirono e lui fece un passo avanti.

Vide da lontano il Direttore che parlava con gli uomini seduti sulle scrivanie, ce ne erano altri poi che ripulivano il pavimento dalla polvere di vetro tramite macchinari che aspiravano aria.

Decise di ignorarli e si incamminò.

Arrivato ad un metro dalla fila di scrivanie si fermò ed attese. Sapeva più o meno cosa stava per succedere; non era la prima volta che il  responsabile di una miniera lo chiamasse a parlare il giorno stesso dell'arrivo, però Heric sapeva come comportarsi ed aveva due assi nella manica sempre pronti.

<< Ho letto il tuo file, Carter >> proruppe improvvisamente il Direttore, avvicinandosi con un palmare. Heric riuscì a scorgere una sua foto in esso, mentre l'uomo scorreva un lungo documento << Sujin, Hesperus I ... Dolmit e l'elenco è ancora lungo. Hai fatto parecchi viaggi all'inferno ragazzo >>.

Heric annuì, senza parlare.

<< Normalmente solo un ribelle fuggiasco farebbe tanti spostamenti in così pochi anni, tu però ti porti dietro un bagaglio piuttosto ingombrante se non si vuole essere notati >> allora il direttore voltò il palmare mostrando questa volta una foto di Daphne << Il che mi ha fatto cambiare teoria e sono arrivato alla conclusione che tu, Carter, potresti crearmi molti problemi... e quindi dimmi, perchè? >>.

" Perchè dovrei tenerti qui? " pensò Heric. Eccola, la famosa domanda. Alla fine era esattamente come tutti gli altri uomini di commercio, non faceva niente per niente. Ma lui era preparato, sorrise quindi dentro di lui, pronto già a fare il suo bel discorso.

<< Io, Direttore, non pretendo certo una paga doppia >>

<< Che cosa? >>

<< Voglio dire che sono pronto a coprire i costi del soggiorno di mia sorella raddoppiando le ore di lavoro, dimezzando anche la mia paga e... >>.

Il Direttore allora alzò la mano, interrompendolo << Ma di che diavolo parli? Stipendio ridotto?! Mi sembra ovvio idiota! Credevi davvero che altrimenti saresti anche solo arrivato in atmosfera? Perchè ti porti dietro questa mocciosa? >> indicò la foto di Daphne, appoggiandoci sopra l'indice << Ecco a cosa mi riferisco! >>.

Per un momento Heric si ritrovò del tutto spiazzato, come avrebbe dovuto rispondere? Nessuno si era mai interessato. Brancolò nel buio più totale.

<< P-perchè? Beh...io, ecco, lei è mia sorella >>.

<< Mai sentito parlare degli istituti d'accoglimento o come diamine li chiamano? Potrebbe starsene li invece di venirti dietro Colonia dopo Colonia >>.

<< Si, ma sono per lo più strutture seguite dall'ONI, ed io sinceramente... >>.

<< Non ti fidi a lasciarla in pasto a loro eh? >>.

Il Direttore, ghignando, scosse la testa, poggiando quindi le mani sulla scrivania e inclinando leggermente la schiena, uno degli uomini gli porse una sedia che lui immediatamente afferrò e vi ci sedette.

<< I tuoi moduli di compilazione sulla ragazza poi... patetici. Sapevamo della vostra situazione ancora prima che vi imbarcassero. Anche un bambino li avrebbe decriptati, i dati non vanno sovrascritti, ma eliminati e riprogrammati! Rintracciarvi sarebbe un giochetto. >>

Heric dal canto suo non sapeva assolutamente come muoversi. Il suo stesso datore di lavoro non solo non lo stava riprendendo per aver introdotto clandestinamente un lavoratore, ma anzi gli stava suggerendo un modo per poterla tenere "al sicuro".

<< Non sono un ribelle. Posso solo assicurarle che voglio lavorare, nient'altro. Se la nostra presenza le è scomoda, siamo pronti a ripartire oggi stesso >>.

Era sembrato convincente? Non lo sapeva. Una situazione del genere non gli era mai capitata e quell'uomo era molto difficile da leggere. Di solito bastava corromperli in qualche modo, lui invece cosa cercava?

Stava cercando di metterlo in allerta o voleva solo minacciarlo? Il peggio che avrebbe potuto fare era denunciarlo alle autorità dell'ONI e poi... oh, quella si che sarebbe stata una brutta esperienza.

Eppure il Direttore non fece nulla di tutto questo. Sorridente, aprì un cassetto e ne tirò fuori un bedge, che allungò verso Heric, prima che però potesse prenderlo lo ritrasse, guardandolo negli occhi.

<< Hai sulle spalle l'esperienza di un sopravvissuto. Sfruttala al meglio o le ore te le triplico >>.

Heric annuì, deciso. << Certo >>

Il Direttore allora gli porse definitivamente il bedge << Tieni a bada la piccola peste, non voglio vederla gironzolare fuori di qui >>.

<< Non succederà >>.

In quel momento uno degli schermi prese a emettere un segnale acustico a pause regolari, uno degli uomini digitò vari tasti e, rivolgendosi al Direttore, lo invitò a ricevere la chiamata.

<< Domani alle 6.00 Carter, non un minuto più tardi >>.

E quella fu la fine della conversazione. Heric, facendo dietro front, si diresse agli ascensori. Aveva la testa pesante e le gambe lo reggevano a fatica: che diavolo succedeva in quel posto?

Fu così distratto che nemmeno si accorse di aver preso un ascensore diverso da quello dell'andata. Arrivato sul piano non poté, per un momento, non dare ragione a Orazio. Era piuttosto disarmante come tutto in quel corridoio sembrasse esattamente uguale a tutti gli altri corridoi.

Prese varie svolte e finalmente arrivò alla sua stanza, prese il bedge appena ricevuto da Direttore e lo osservò. Era simile al primo, a parte un dettaglio: non c'era nessun nome inciso sul lato blu, sostituito invece da un secondo chip leggermente più piccolo, a che serviva?

Stava per passarlo sulla porta, quando, udendone un'altra aprirsi nel corridoio opposto al suo, voltò lo sguardo. Lo riconobbe subito dalla sua mole spropositata: Sam.

Non indossava più la tuta rinforzata ma invece abiti comuni, leggermente dimessi: dei pantaloni grigio scuro, anfibi neri, una giacca marrone con il colletto alto e un cappellino blu, la visiera era calata sugli occhi e il viso era avvolto dalla penombra. Nonostante questo, quando i loro occhi si incontrarono Heric non poté fare a meno di muoversi il più velocemente possibile dentro la sua stanza.

" Che posto assurdo " si disse.

Non poté fare a meno di tirare un grosso sospiro di sollievo entrato finalmente in camera, esasperato si passò una mano negli occhi. Erano mesi che non gli veniva un mal di testa così forte.

<< Non dirmi che dobbiamo andarcene... >>.

Heric voltò lo sguardo verso sua sorella e la vide coricata sul letto, sembrava essersi svegliata da poco.

<< No, niente del genere >>.

Distrutto Heric si sedette a terra, poggiando la schiena sulla parete opposta a quella del letto.

Raccontò per filo e per segno della strana conversazione avvenuta con il Direttore, esponendo tutta la sua confusione.

<< Forse stava solo cercando di capire se eri un ribelle >>.

Heric strinse le spalle, chiudendo gli occhi e poggiando la nuca sul muro.

<< Può darsi, ma non ne sono sicuro. Sembra... che stia nascondendo qualcosa. Se sapevano di noi due perchè hanno permesso il nostro arrivo? Quando è successo le altre volte mi hanno sempre detto che avrei dovuto pagare per tenerti sul pianeta… Qui invece... >>.

Guardò l'orologio sul palmare tarato sull'ora di Yargo. Era già passata la mezzanotte.

Alzandosi prese il borsone e lo sistemò accanto al letto, prendendo anche un lenzuolo da dentro l'armadio.

<< Non pensiamoci per adesso, torna a dormire. Io guardo un attimo i miei orari >>.

Daphne obbedì e, da sotto le coperte, osservò il fratello afferrare il nuovo palmare ed azionarlo con il bedge, sdraiandosi poi sul pavimento.

<< Heric >>

<< Mn? >>

<< Ti voglio bene >>

Il ragazzo sorrise, allungando una mano sotto le lenzuola del letto ed afferrando quella della sorella.

<< Anche io ragazzina. Dormi ora >>.

Daphne chiuse gli occhi e Heric, mentre studiava i dati sul palmare, ascoltò il suo respiro fino a quando non si addormentò completamente. Allora le lasciò la mano e, facendo il minor rumore possibile, nascose il sassolino dentro alla sua tasca in uno dei cassetti della scrivania.

Guardò ancora l'orologio: l'una del mattino.

Sistemandosi sotto il lenzuolo chiuse gli occhi addormentandosi quasi subito.

Sognò una landa vetrificata e dei corvi, nerissimi, che volavano in cerchio sopra la sua testa. Poi, cadendo in picchiata, uno dei corvi si lasciò morire al suolo. Allungando una mano Heric tentò di afferrarlo ma questo, come polvere, si dissolse nel vento e non ne rimase niente.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6
 

 

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Ore 05.00, 13 Settembre 2559, Sistema Bogomol III, colonia esterna YRG-01125 (Yargo)

 

Alle cinque del mattino il palmare di Heric si illuminò, segnalando una notifica. Sbadigliando e sbattendo le palpebre  tentò di leggere senza dover accendere le luci. La schiena lo stava facendo impazzire dal dolore.

La notifica segnalava che al terzo piano stavano distribuendo le attrezzature per i nuovi arrivati.

Poggiandosi l'avambraccio sugli occhi sbuffò.

<< Tanto vale evitare la fila >> si rinfrescò sotto la doccia e uscito si guardò allo specchio, era piuttosto dimagrito nell'ultimo mese, però i lineamenti del viso erano pressoché immutati. I capelli, nerissimi,  gli occhi grigi come quelli di sua madre, il mento leggermente squadrato e le borse sotto gli occhi. Il lavoro in miniera lo faceva sembrare più vecchio di quello che era, o almeno secondo lui, Daphne sosteneva fermamente che dimostrasse invece svariati anni di meno. Rise tra se e se e finì di prepararsi.

Si sedette accanto alla sorella e delicatamente le poggiò una mano sulla spalla.

<< Daphne, Daphne >>

<< C-cosa? Che succede? >>

<< Sto salendo un momento, torno subito ok? È arrivata l'attrezzatura >>

Daphne chiuse gli occhi e sorrise, coccolandosi nel cuscino << Uh non vedo l'ora di vederla...svegliami quando torni >>.

<< D'accordo >>.

Sistemandole prima le coperte, Heric si diresse poi agli ascensori. I corridoi del piano erano irriconoscibili, da vuoti e silenziosi che erano stati fino a qualche ora prima, ora brulicavano di uomini. Alcuni chiaramente appena tornati dalle miniere, con i vestiti logori e i caschi alla mano; altri, come lui, pronti a iniziare una nuova giornata di lavoro. La calca di fronte agli ascensori era impressionante ma in qualche modo riuscì a penetrarvi e ad entrare in uno di essi. Il terzo piano era sorprendente: era leggermente più ampio degli altri piani e accoglieva svariate strutture: un'infermeria, una mensa, un negozio di apparecchi elettronici, e più di un centinaio di tavoli lunghi almeno tre metri ciascuno. Infine notò, in un angolo poco lontano, un'altro negozio che invece forniva attrezzature per minatori.

Nell'entrare rimase folgorato dalla mole di prodotti messi in vendita e tutti di ultimissima produzione. Alcuni non li aveva nemmeno mai visti.

<< Serve qualcosa? >>.

Voltandosi Heric vide dietro ad un bancone un uomo basso, piuttosto tarchiato e con la testa calva. Aveva gli occhi sottili e scuri, come quelli di un topo. Un accenno di barba grigia gli contornava le guance e gli zigomi. Indossava una tuta blu sporca di un qualche strano liquido argentato, e l'odore che emanava non ne suggeriva una buona provenienza.

<< Sono qui per l'attrezzatura >>.

<< Umpf >> fece quello, tirando fuori dalla tasca un fazzoletto e passandoselo prima sul collo e poi sulla fronte << Un nuovo arrivato eh? Altri armamenti gratuiti e migliaia di crediti buttati nel cesso... che razza di farabutti. Dammi il tuo bedge >>.

Prendendolo dalla tasca Heric glie lo porse. Quel tipo si che gli faceva ricordare i tempi passati nelle vecchie miniere.

Passando il bedge su uno scanner del computer vari dati apparvero sullo schermo. Ripose il bedge sul bancone e alzatosi dallo sgabello l'uomo scomparve dietro la porta di un magazzino. Nel frattempo altri uomini entrarono nel negozio e osservavano incuriositi gli ultimi respiratori arrivati.

<< Cinquemila crediti >> disse uno di loro << Tre anni fa sarebbe stato la metà >>.

Qualche momento dopo l'uomo tornò con un grosso scatolone nero tra le braccia. Era sigillato con dei nastri rossi e segnava su un lato la stessa cifra a sette numeri segnata sul bedge.

<< Non credere che sarà sempre così >> proruppe quello battendo la scatola sul bancone << Se rompi qualcosa, devi pagare sia per ripararla che per sostituirla e non si fa credito >>.

Heric non si scomodò a rispondere, si limitò a ringraziare e a portarsi via la sua roba. Era piuttosto curioso di provare il tutto.

Tornato di sotto la calma pareva tornata a parte qualche sporadico minatore.

Arrivato di fronte alla stanza posò lo scatolone per terra e cercò il bedge.

" Dove si è cacciato? "

<< Heric! >>.

Preso alla sprovvista il ragazzo sobbalzò, trovandosi alle spalle Orazio.

Questo si scusò, sbirciando poi oltre la sua spalla << Emh...che hai li? >>

<< L'attrezzatura >>.

Orazio sobbalzò << La stanno già dando? >>

" Perchè sembra sempre cadere dalle nuvole? " si chiese, ripensando alla sera prima.

<< Già... non hai visto la notifica? >>.

Wolf si grattò la nuca, voltando lo sguardo << Ah si, si. La notifica. Allora scusami ma vado anche io. Terzo piano giusto? >>.

Heric annuì e questo si allontanò. Scosse la testa e infilandosi una mano sotto la giacca trovò finalmente la tessera. Daphne si era svegliata e attendeva con le gambe incrociate il fratello.

<< Finalmente! >> esultò balzando per aria.

Heric sorrise e, posandola al suolo, si adoperò per aprire la scatola. La prima attrezzatura posta sopra tutto il resto era il famoso casco, ancora impellicolato e lucido. Prendendolo in mano Heric si sorprese della sua leggerezza, allo stesso tempo dava l’impressione di essere molto resistente. C’erano poi un paio di tute rinforzate, nere e con un pattern simile alla pelle di un rettile complete di stivali anche essi rinforzati, uno strumento per misurare la densità di ossigeno, un’altro che serviva per sondare il terreno e stabilirne la stabilità e la profondità, ricambi per i filtri del casco e per ultimo ma non meno importante un palmare da polso, utilizzato per comunicare con gli altri minatori nelle ore di lavoro e come navigatore. Si collegava al casco e le comunicazioni avvenivano per comando vocale.

<< Grandioso >> sussurrò Heric << Con questi potrei lavorare anche tutto il giorno e non mi stancherei >>

<< Che aspetti a provarlo? Tanto tra mezz’ora inizia il tuo turno! >>

Non se lo fece ripetere. Si chiuse in bagno e indossò immediatamente la tuta. Era tanto leggera da sembrare una seconda pelle. Aderiva perfettamente e era dotata di un sistema autonomo che lo aiutava a mantenere la temperatura corporea. Indossò quindi gli stivali e la cintura con collegati gli strumenti, il palmare al polso era ancora spento e pur tentando non riuscì ad azionarlo. Uscì dal bagno e mostrò il tutto alla sorella.

<< Sembri un professionista! E’ bellissima! Metti il casco, metti il casco! >>

<< Vacci piano, sono comunque cose che userò per guadagnarci il pane. Non vado mica a dirvertirmi >>

<< Rovini sempre tutto >>

Ridacchiando afferrò il casco e lo indossò. L'HUD si illuminò mostrando la sua posizione in un angolo in alto a sinistra e i parametri vitali a destra. Voltò il viso in tutte le direzioni, era come non averlo addosso. I respiratori lo facevano respirare come durante una passeggiata primaverile.

Da dentro l’armadio prese il suo coltello e, lentamente, ne passò il filo sul palmo della mano, coperto dalla tuta. Niente, nemmeno un piccolo strappo. Si sentì sicuro come non mai, ma doveva stare all'erta perchè troppa leggerezza poteva portarlo a commettere errori fatali. Decise che si sarebbe comportato come se quella fosse la stessa attrezzatura usata nelle altre miniere. In questo modo avrebbe fatto attenzione non solo a quello che gli strumenti gli dicevano ma anche il suo istinto.

<< Fa un po' strano vederti così >>

Heric si sfilò il casco << Perchè? >>

<< Non so...sembri più di un semplice minatore, quasi un soldato >>

<< Ah ah ah! Un soldato? Vedrai oggi quando tornerò dopo il turno >>.

Il palmare segnalò una nuova notifica: il gruppo arrivato ieri doveva riunirsi immediatamente con Nahat al terzo piano.

<< Prima che vada... >> Heric prese il vecchio palmare e lo porse alla sorella << Te lo regalo >>

Daphne spalancò gli occhi << Davvero? >>

<< Si. Ho già trasferito tutti i miei dati in quest'altro, usalo come vuoi. Un'altra cosa: il terzo piano sembra abbastanza sicuro e c'è una mensa. Se hai fame fai come ti ho insegnato per il trasferimento dei crediti, compra quello che ti serve e torna subito giù. Chiaro? >>.

<< Ah che bello! Finalmente un palmare tutto mio! L'ultimo si è rotto tre anni fa! >>

<< Daphne... >>

<< Tranquillo ho capito. Starò attenta >>.

<< Non perdere il bedge >>

<< Ok! Ok! >>

Sorridente il fratello le arruffò i capelli.

<< Ci vediamo più tardi >>

Daphne annuì << Stai attento >>.

Al terzo piano Heric rivide tutti i minatori arrivati con lui il giorno prima. Come lui, indossavano le tute nuove di zecca, facevano quasi impressione viste così tutte insieme, lucide e perfette.

Riconobbe il tipo seduto vicino a lui sulla navicella, quello che pregava e gli altri.

" Un momento "

<< Ci siamo tutti? >> come dal nulla apparve Nahat, braccia conserte e sguardo tagliente.

Heric guardò di nuovo il gruppo, in effetti non proprio tutti. Stava per aprire bocca quando, da uno degli ascensori, si vide Orazio inciampare e per un soffio non cadere al suolo. Corse verso il gruppo trafelato fermandosi con il fiatone proprio accanto ad Heric.

Nahat alzò un sopracciglio e guardò il suo palmare per un secondo.

<< Wolf >> disse << Te la prendi comoda >>.

Orazio non rispose, limitando le sue scuse ad un gesto della mano. Heric notò che uno degli stivali era allacciato malamente.

<< Sarete divisi in cinque gruppi da quattro. Queste squadre saranno fisse fino a nuovo ordine >> premendo un tasto sul palmare tutti i palmari sul polso dei minatori si azionarono, lo vide caricarsi e segnare un piccolo elenco: i nomi dei suoi compagni di squadra, accanto a ognuno di essi c'era anche una piccola foto.

" Squadra tre: Heric Carter, Johan Kotov, Mathias Overgaard e..." Heric non poté fare a meno di alzare gli occhi al cielo " ...Wolf ".

I gruppi si formarono e i minatori presero uno degli ascensori segnati con la luce bianca. Durante il percorso Heric osservò gli altri suoi due compagni di squadra;

Kotov era un uomo almeno vent' anni più vecchio di lui. Sfoggiava una folta barba bionda e capelli dello stesso colore. Era alto come lui ma largo il doppio, aveva strani tatuaggi sul collo, scritti in una lingua che non conosceva.

Overgaard al contrario era più giovane, capelli castano chiaro e occhi verdi. Sembrava assorto in chissà quale pensiero e continuava a studiarsi il palmare al polso. Avevano un'aria decisamente competente, di chi lavorava nelle miniere da molti anni.

" Tanto meglio " si disse Heric. L'ascensore si aprì su una stretta galleria, percorsa da binari e macchinari che ne seguivano il percorso. Sui muri, in tre diversi punti, erano segnate le direzioni da prendere per le varie Zone della miniera. Nahat indicò la scritta gialla che segnava "Zona A".

<< Il responsabile della Zona vi sta aspettando. Si occuperà lui di voi. Il macchinario seguirà questa galleria fino alla miniera senza fare fermate >> e detto questo si allontanò.

I minatori allora salirono sul mezzo prendendo posto, trovando al suo interno un macchinista che ne chiuse le porte. Incrociarono durante il percorso un'altro mezzo, che invece seguiva il percorso inverso, dirigendosi al Formicaio.

<< Questo posto mai riposa >> proruppe improvvisamente Kotov, osservando il mezzo allontanarsi.

<< Che vuoi dire? >> chiese Orazio

<< Venti uomini ora arrivano in miniera da? Stesso tempo altri venti uomini lasciano miniera. Ore continue, ventiquattro ore su ventiquattro mai fermo lavoro su tutto posto >>.

<< Siamo in più di cinquecento >> disse allora Overgaard << Possono permetterselo. Sfruttano ogni risorsa fino all'ultima goccia >>.

<< Questa però è la struttura più grande di tutte quelle che ho mai visto >>.

Alle parole di Orazio Kotov rise << Perchè tu ha visto tanti posti da? Quante lavorato tu? Due, tre? >>.

Il volto di Wolf divenne paonazzo

<< Perchè non impari a parlare prima di sputare stronzate? Non si capisce niente con quel ridicolo accento! >>.

Kotov fece una smorfia, indignato << Io accento? Quale accento? >>.

Una rissa era l'ultima cosa che ci voleva, così Heric trovò un pretesto per intromettersi.

<< Sei di queste parti vero? In questo quadrante molti parlano Russo >>.

Kotov guardò torvo Wolf  ancora per un attimo, prima di voltarsi verso Heric.

<< Da. Questo, mio pianeta >>

Tutti spalancarono la bocca.

<< Sei nato su Yargo? Questa è casa tua? >>

Kotov gonfiò il petto, orgoglioso, battendosi la mano sul ginocchio.

<< In 2552, Covenant distrugge tutto. Io per dodici anni prova a tornare, prima in marina UNSC, ma Brute ferisce me in gamba >> Kotov allora si batté una mano sul polpaccio sinistro, ed il suono che ne produsse fu stranamente metallico

" Protesi in titanio " pensò Heric.

<< Allora io lascia marina, diventa minatore. Io ha lavorato in tanti pianeti, tante miniere. Poi io torna... e torna per distruggere pianeta come i Covenant >>.

Nessuno obbiettò alle parole di Kotov. Era vero, fuori di li la maggior parte delle persone credeva che il lavoro sulle colonie avesse davvero un fine di ribonifico. Ma per gli altri, per chi aveva visto davvero le condizioni in cui versano i pianeti vetrificati, il mestiere del minatore era uno dei più spregevoli che potesse esistere. Erano visti come mostri succhia sangue, mangia carogne che vivevano sulla morte di milioni e milioni di persone.

<< È un mestiere ingrato >> sospirò Overgaard, incrociando le braccia dietro la testa << Ma tu...come sei sopravvissuto? >>.

Gli occhi di Kotov si velarono allora di tristezza e vergogna allo stesso tempo << Io, prima di attacco, pilota voli interplanetari. Durante attacco io poteva scegliere: o tornare indietro e prendere famiglia o andare via e salvare passeggeri volo. Quindi io salvato passeggeri. Ma dentro promette: io torna dove famiglia morta, per vivere ultimi anni di mia vita. Qui, morti...mia moglie e due mie figlie >> il resto della frase lo sussurrò in Russo, abbassando lo sguardo.

Calò uno strano silenzio nel convoglio, e Heric poté quasi sentire i ricordi muoversi dentro le teste di ognuno degli uomini presenti. Ricordi del passato, che avevano spinto quelle persone lontano da casa. Alcuni, come lui, per sopravvivere, altri solo per il mero guadagno e altri come Kotov, che cercavano invece di redimersi.

Tante storie, tante esperienze comuni, riunite in un grosso buco sottoterra.

Il mezzo arrestò la sua corsa; erano arrivati alla miniera.

I minatori indossarono il casco e in fila scesero dal convoglio, seguendo l'unica galleria che si presentava.

Era larga almeno cinque metri, alta quattro e mezzo. Il soffitto era attraversato da tubature e cavi per l'alimentazione elettrica e l'impianto di ventilazione. Continuarono a camminare per un centinaio di metri fino a che si poté avvertire il caos degli uomini già all'opera. Frenetici i minatori si muovevano per le gallerie, con le mani impegnate su grandi trivelle, sonde, mezzi di trasporto del silicato e esplosivi.

Un uomo, nel vederli gli venne incontro.

<< Nuovi arrivati? >> la voce arrivava direttamente all'interno del casco. Tutti infatti annuirono << Vi mando i dati e le mansioni. Datevi da fare >>.

Heric guardò al polso e ne vide segnalata la destinazione e la mansione. Niente di complicato, dovevano mettere in sicurezza una galleria appena scavata non molto lontano da li.

Il gruppo si sparpagliò e la squadra di Heric camminò spedita fino alla galleria. Arrivati ne osservarono la struttura: leggermente più piccola delle altre, lunga una trentina di metri, era stata scavata da meno di dodici ore il che la rendeva instabile.

<< Sondiamo il terreno e verifichiamo le possibili falle >> disse Overgaard << Non vorrei finire sepolto >>.

Prese le sonde gli uomini scandagliarono ogni centimetro della galleria, dal primo sassolino all'entrata fino all'ultimo centimetro del soffitto. Le zone calde ovvero a rischio di crollo, registrate attraverso la sonda, si trasferirono all'HUD, che le memorizzò. Fu la volta quindi di montare il pavimento, assemblare le impalcature in acciaio, collegare i sistemi di aerazione e di alimentazione elettrica. Fu un lavoro lungo, ma la squadra lavorò perfettamente e con ordine. Overgaard era un perfezionista e quando un lavoro non gli riusciva bene, imprecava, smontava tutto e ricominciava da capo, finché non era perfetto. Kotov eliminava le sporgenze del silicato con una facilità disarmante, e riusciva a trasportare il materiale per le impalcature, avanti e indietro senza sosta.

Perfino Wolf, con sorpresa da parte di Heric, si comportava bene. Il ragazzo seguiva le istruzioni alla lettera senza mai ribattere. Anche in quel momento si adoperava a montare l'impianto elettrico nella zona più profonda della galleria.

Tutto procedeva al meglio quando, suonando, il rilevatore di densità del terreno segnalò un'anomalia.

Una falla, sul fondo della galleria, stava per cedere. Le impalcature avrebbero protetto gran parte della galleria, ma li dove non erano arrivati, sarebbero cadute tonnellate di silicato. Niente di grave, giusto qualche metro da recuperare. Senza bisogno di dirsi nulla gli uomini si allontanarono, tenendosi ad una distanza di sicurezza.

<< Segnalo il crollo al capo >> disse Overgaard

<< Un momento. Dove è testa rossa? >>

Gli uomini voltarono lo sguardo al fondo della galleria, non era abbastanza illuminato per scorgere Orazio.

<< Wolf, ritirati dalla posizione >> Heric attese, ma la risposta non arrivò << Wolf mi ricevi? >> ancora silenzio.

Il segnalatore stava impazzendo, il crollo era imminente. L'agitazione fece strada tra i tre minatori

<< Forse fuga di gas ha fatto perdere i sensi >>

<< I livelli sono normali! >>

Heric strinse la mascella, prese fiato, si sfilò appena il casco e gridò con tutte le sue forze << WOLF!! WOOOLF!!>>.

<< Dannazione!! Che cosa facciamo?! >> Overgaard teneva i secondi, ancora pochissimo e Wolf sarebbe stato sepolto vivo.

Allora, fu questione di un attimo. Senza pensare e senza considerare le conseguenze, scattando come un pazzo Heric corse più veloce che poté. Tanto che le voci dei suoi compagni sembrarono già lontane chilometri. Nel buio, senza punti di riferimento, continuò a correre ed infine vide Wolf, su una scala, intento a montare i cavi sul soffitto.

Non perse tempo a chiamarlo, semplicemente lo afferrò per le gambe e lo scaraventò a terra, trascinandolo poi per il braccio; in quel momento il soffitto crollò.

La scossa fu tanto potente da smuovere il terreno e da farli cadere faccia a terra. Heric poggiò le braccia sulla nuca e attese. Furono secondi interminabili, alla fine aprì gli occhi e si ritrovò immerso nella polvere ma illeso.

Voltò lo sguardo alle sue spalle e vide le macerie a meno di un metro dai suoi piedi.

Accanto a lui sentì Orazio tossire; anche lui era illeso. La rabbia allora montò inesorabile dentro Heric, che dopo essersi alzato, spinse Wolf.

<< Che cazzo combini Wolf?! Dove hai la testa!? >> gli sfilò il segnalatore dalla cintura, piantadoglielo sul visore del casco << Non ci vedi?? Eh? Stavi per farci ammazzare tutti e due!! >>.

Wolf sembrava spaesato, guardava il segnalatore confuso e non proferiva parola.

<< Allora?!? >>

Orazio prese il segnalatore e abbassò lo sguardo << Io...non so... >>.

Un'idea allora balenò nella mente di Heric, come la soluzione di un puzzle. I pezzi piano piano si incastrarono l'uno con l'altro, già dalla sera prima, i modi di comportarsi, come Wolf sembrasse distratto.

<< Wolf, per caso tu... >>

In quel momento la voce di Overgaard lo raggiunse nel trasmettitore << Carter!! Situazione? >>

Heric sospirò, facendo segno a Orazio di seguirlo << Tutto bene, stiamo tornando indietro >>.

Dall'altro capo Mathias sospirò, sollevato << Andateci piano ragazzi. Non sapete come si dice? Il lavoro duro paga nel lungo periodo >>.

Kotov rise tanto forte che la sua voce si propagò per tutta la galleria. Ma Heric, guardando Orazio, non ci trovò niente da ridere.
[Angolo Autrice]:
Salve a tutti! Ed eccoci al sesto capitolo! Come vi sembra questa fic? Vi sta piacendo? Spero di si! Fatemi sapere con un bel commentino! :) A tal proposito ringrazio moltissimo cionzia88 per la sua recensione (mitica!) e Dr J Drake per aver aggiunto nelle seguite questa fic! Grazie doc! ;) Spero di riuscire a pubblicare questa storia a cadenze regolari come è stato fino ad ora, mi impegnerò al massimo! E per ultimo ma non meno importante ringrazio tutti quelli che hanno letto! A presto!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7

 

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Ore 18.10, 13 settembre 2559,Sistema Bogomol III, colonia esterna YRG-01125 (Yargo)

 

A fine turno, l'unica cosa che Heric avrebbe voluto fare era quella di scendere in camera sua e di passare le successive ore disteso sulla sua branda. Ogni fibra del suo corpo era attraversata da lancinanti dolori e la tuta, insieme alle attrezzature, da nuove e lucide che erano state quella stessa mattina, si presentavano ora logore e ricoperte da un sottile strato di polvere nera. Lo consolò il fatto che non fosse danneggiata.

Dopo l'incidente in galleria lentamente si era ristabilito l'ordine e alla squadra era stato assegnato il compito di recuperare i metri di tunnel che giacevano sotto le macerie. La squadra si era messa a lavoro e dopo quasi cinque ore ininterrotte di scavi, la galleria era nuovamente libera.

Nonostante fossero passati solo  sette giorni dal suo ultimo turno di lavoro sulla vecchia miniera, il dolore di Heric era tale da farlo sentire come al suo primo giorno di lavoro. Era semplicemente distrutto, ma aveva ancora una questione importante da risolvere.

Mentre la sua squadra e altre cinque salivano sul convoglio che li avrebbe riportanti alla sede, Heric aprì un canale vocale chiuso con Orazio tramite il suo casco, dicendogli di seguirlo alla zona comune.

Orazio sembrava essersi rassegnato all'idea di dare delle spiegazioni, limitandosi a rispondere con un cenno della mano.

Heric aveva dunque chiuso le comunicazioni e, tramite il palmare, inviò un messaggio alla sorella, dicendole che avrebbe leggermente tardato e chiedendole se fosse tutto a posto.

La risposta non tardò ad arrivare:

"Tutto bene. Qui è una noia come al solito, è qualcosa di grave? Devo preoccuparmi?"

"Ti spiego quando torno".

E ritirò il palmare, incrociando le braccia al petto e chiudendo gli occhi, con l'intenzione di sfruttare il percorso dalla Zona A alla sede per poter riposare.

Tuttavia il suo piano ebbe vita breve poiché, appena sotto la scapola sinistra, avvertì quello che sembrò il colpo di una mazza. Il fiato gli si spezzò e, tossendo, si rese conto essere solo la mano di Kotov.

<< Tu è pazzo furioso, da? Lanciare te in quel modo per recuperare testa rossa! Tu ha rischiato molto! Ha rischiato di far scrivere me rapporto molto lungo già da primo giorno! >> rise fragrosamente e Heric si limitò a ghignare, passandosi una mano tra i capelli, ritrovando anche quelli pieni di polvere. Storse le labbra e si sfregò le mani per liberarsene.

<< A parte scherzi, ci vuole coraggio per salvare compagno e rischiare vita, e io apprezza coraggio. Sei un bravo uomo >>

Heric strinse le spalle << Grazie Kotov, però... >>.

L'uomo alzò una mano << Prego, chiama me Johan >>

<< D'accordo, Johan. In realtà in quel momento non ho proprio riflettuto quindi... >>.

Johan rise di nuovo, assestandogli una nuovo pacca, questa volta sulla spalla << Per questo io ha detto pazzo furioso! E tutti coraggiosi essere sempre anche pazzi, in parte . Tu deve sapere che quando io ancora in UNSC .... >>. A quel punto Kotov attaccò con uno sproloquio infinito su una certa missione su chissà quale pianeta, Heric riuscì a mala pena a seguirlo per il primo minuto, poi i suoi occhi si chiusero da soli e si riaprirono solo dopo aver sentito il sussulto provocato dal convoglio che arrestava la corsa.

Heric sobbalzò e, voltando lo sguardo, vide che Johan continuava ancora con il suo discorso, incurante che lui lo stesse ascoltando o meno.

Sorridendo si congedò dall'uomo, raccomandandogli di raccontagli la fine dell'avventura alla prossima occasione.

Insieme a Orazio si diresse al terzo piano e arrivati li si sedettero in uno dei tavoli più isolati, così che non fossero disturbati.

Si sedettero uno di fronte all'altro, i residui del silicato che scivolavano dalle loro tute al pavimento. Prima che Heric potesse parlare Orazio afferrò il suo casco tra le mani e lo osservò con un sorriso rassegnato

<< Questa mattina... >> disse passando una mano sulla visiera << ...mi ci è voluta mezz'ora per capire come farlo funzionare, ma alla fine pare non ci sia riuscito per niente >>.

Lo poggiò accanto a lui, sulla panca, incrociando le dita e sospirando.

Heric capì che non avrebbe dovuto fare domande, sarebbe stato Orazio a raccontare la sua storia.

<< Il mio pianeta, è stato vetrificato quando avevo dieci anni. Non ci salvammo in molti, un migliaio, forse.  Fummo fortunati a salvarci, io e i miei genitori... ma la situazione, dopo l'attacco, non fece che peggiorare. Non avevamo di che vivere, mio padre era un semplice operaio e i lavori scarseggiavano. Dopo alcuni anni siamo finiti su una miniera d'estrazione. Quel posto, era un'inferno. Vivevamo dentro delle baracche e l'unica protezione contro le tempeste era la gola dentro la quale erano costruite. Ho iniziato a lavorare con mio padre alla miniera appena compiuti quindici anni. Li... non avevamo tutta questa strumentazione. Niente caschi, niente sonde, nessuna tuta o roba del genere. Ma...non è solo per questo che non li so usare... >> Orazio si grattò la nuca, passandosi poi una mano sugli occhi << Io, sai, ho una grave forma di dislessia. Non sono più andato a scuola dopo l'attacco e la cosa mi è sfuggita di mano. Senza nessuno ad aiutarmi ho finito per avere difficoltà solo a scrivere il mio nome >> alzò gli occhi su Heric

<< Avrai sentito delle cose che sono successe ad alcune colonie due anni fa >>

Heric annuì, battendo le dita sul tavolo << Strane anomalie e interferenze. Le comunicazioni sulle colonie erano interrotte e c'erano stati degli eventi sismici che hanno distrutto porzioni significative delle colonie >>.

Orazio rise, scuotendo il capo << Non lo so, se è stato un maledetto terremoto o un'armata Covenant, a causare tutto quel casino. Qualunque cosa fosse, ha fatto sparire non solo la miniera ma tutto il complesso delle abitazioni... così >> Orazio schioccò le dita << Puff! E al posto loro solo un cratere, gigantesco. Come se qualcuno si fosse tagliato un pezzo di pianeta. I miei genitori, i miei amici, tutti spazzati via come polvere al vento >> l'uomo si fermò un momento, gli occhi lucidi e i pugni stretti.  << Io, che quel giorno ero su una cava al lato opposto del pianeta, mi sono salvato per pura fortuna. Ma credi che la BXR abbia fatto qualcosa? O l'UEG? Quando tutto il casino si è risolto, l'unica cosa che hanno fatto è stata quella di stilare un elenco. Feriti quarantacinque, deceduti millecinquecento >> batté le mani sul tavolo, rabbioso << Numeri!! Ecco cosa siamo diventati!! Riesci a immaginarlo? Dati su un documento digitale!! Firmato e poi archiviato. A noi che siamo sopravvissuti non è rimasto niente, nemmeno la decenza di vedere i loro corpi sepolti. Anzi, dovevamo aver paura anche solo a parlarne! L'ONI era dappertutto ed erano pronti a tutto pur di insabbiare la cosa. Un attimo prima sei li che lavori come un animale per guadagnarti un minimo di dignità...e subito dopo puoi ritrovarti in una prigione sperduta della galassia, classificato come infermo mentale. Ho trovato lavoro per miracolo, un vecchio amico di mio padre è riuscito a fornirmi i documenti di cui avevo bisogno e quindi...eccomi qui >>.

Orazio scosse la testa, ridendo amareggiato << Ma non è questo il punto, giusto? La verità è che oggi sia tu che gli altri avete rischiato grosso per colpa mia. Non ho le competemze per restare. Sarei solo d'intralcio per tutti. Si può dire tutto su di me ma, che sia dannato, non sono il tipo che fugge dalle sue responsabilità. Quindi fa quello che devi e segnala pure tutto a Nahat o al direttore, se lo ritieni giusto. Non te ne vorrò male, lo prometto >>.

Heric non rispose, se ne stava in silenzio, con le mani incrociate e lo sguardo fisso su quello di Orazio. Quest'ultimo, constatando che Heric non aveva altro da aggiungere, raccolse il suo casco pronto per dirigersi alla sua stanza.

<< È proprio così >> proruppe Heric << Per salvarti il culo oggi ho rischiato di rimanere sepolto vivo. È stata una mia scelta, certo. Tuttavia... >> si alzò, prendendo il suo casco sotto braccio e guardando Orazio negli occhi.

<< Mi devi un favore addesso. La vita, in effetti. Quindi da oggi in poi farai quello che ti dico io. Come e quando lo dico io. Non farai un passo senza il mio permesso, almeno finché saremo in miniera >>.

Orazio era sbigottito, lo guardava confuso e commosso.

<< V-vuoi dire che non dirai nient- >> Heric prese il segnalatore che aveva sottratto ad Orazio in miniera e glie lo consegnò, battendolo con forza sulla sua mano.

<< Anche io ci ho messo un po' a capire come funzionano. Non è così complicato >> sorrise, dandogli una pacca sulla spalla << E poi non mi va di sorbire un interrogatorio da parte di qualche schifoso funzionario dell'ONI >>.

Orazio era commosso, strinse con forza il segnalatore, abbassando il capo.

<< Non so cosa dire... >>.

Heric si massaggiò il collo, stiracchiandosi << Beh, hai tutto il tempo per pensarci. Nel frattempo io me ne torno di sotto. Ci vediamo domani >>.

Camminando Heric non si voltò indietro finché non entrò nell'ascensore più vicino allora, da lontano, scorse Orazio seduto ancora sul tavolo. Le mani strette ai lati del casco.

Un sorriso mesto sulle labbra.

Heric scosse la testa abbandonandosi alla parete dietro di lui. Sbadigliò senza ritegno, passandosi una mano sugli occhi.

<< Ah...che sonno >>.

Quando arrivò in camera trovò sua sorella esuberante, il tutto per un regalo decisamente inaspettato. La branda singola che aveva lasciato in camera quella stessa mattina, era stata ora sostituita da un letto a castello.

<< È stato Nahat!! >> cantilenò allegra Daphne, ciondolando a testa in giù il capo mentre guardava Heric liberarsi della tuta da lavoro e stendersi sul letto inferiore << Oggi pomeriggio è arrivato insieme ad un altro tizio e lo hanno sistemato qui! Non è grandioso? >>

Heric annuì, poggiando la testa sul cuscino. Gli era capitato  di avere l'occasione di dormire sul letto, più che altro quando svolgeva il turno di notte ed aveva quindi la giornata successiva a disposizione. Ma erano eventi rari.

Adesso avrebbe avuto la possibilità di usufruirne non per qualche giorno, ma per i successivi anni! Bastò quello a tiragli su il morale.

Daphne gli si sedette vicino, porgendogli una busta di carne essiccata.

<< Raccontami di oggi. È successo qualcosa di interessante? >>

Heric ridacchiò, afferrando la busta << Non ne hai idea >>.

Raccontò della sua squadra, delle gallerie, del passato di Kotov, dell'incidente e della sua conversazione con Orazio.

<< E se si fosse inventato tutto solo per sviarti? >>.

Heric strinse le spalle, incrociando le braccia sotto la testa << Chi sono io per giudicare? Sarei un ipocrita a segnalarlo, proprio io che per anni ho lavorato tramite documenti falsi. E poi... >>.

<< Poi? >>

<< Beh, ho visto nei suoi occhi, quella cosa. Quella espressione di chi ha perso tutto... e tutti. La conosco troppo bene, per non riconoscerla >>.

Daphne sorrise dolcemente, poggiando una mano sulla sua.

<< È per questo che sono felice che tu sia mio fratello >>.

<< Ehh già...il tuo stupido fratello che da domani sarà costretto a lavorare per due. Almeno finchè Wolf non avrà imparato a muoversi da solo >>

<< Ne hai passate di peggio, sopravviverai. Piuttosto, dimmi ancora di Kotov e gli altri! >>

Ma era troppo tardi, voltandosi di lato Heric era sprofondato in un sonno profondo, in cui sarebbe rimasto per le ore successive.

Passarono altri cinque lunghi mesi da quel giorno. Mesi in cui Heric, a parte le prime difficoltà con Orazio, si ritrovò a lavorare al meglio delle sue possibilità come mai prima di allora. I turni erano logoranti, ma grazie alla sua squadra le mansioni venivano svolte in fretta e alla perfezione. Fino a quel momento Heric si era ben guardato nell’aprirsi più del dovuto con gli latri minatori, limitando i suoi rapporti con gli altri solo a livello professionale. Tuttavia Johan e Mathias si rivelarono ottimi compagni oltre che lavoratori eccellenti; fu con Johan che Heric legò maggiormente, l’uomo sembrava averlo  preso in simpatia e in più di una occasione si era dimostrato più che disponibile nell’aiutare a formare Orazio; Mathias invece, pur essendo un tipo molto socievole era solito creare un sottile muro invisibile tra lui e quelli che lo circondavano. Era più una sensazione di Heric in realtà, all’apparenza Overgaard era affabile, spiritoso, amante delle donne e del suo lavoro...eppure in quei momenti in cui si lasciava andare a lunghi silenzi percepiva qualcosa...di profondo.

Ad ogni modo non volle dar più di tanto peso alla cosa, i segreti in fondo erano comuni in quel piccolo mondo sottoterra, tra la polvere e le rocce.

Il lavoro duro della squadra fu presto premiato e dalla Zona A i quattro uomini furono trasferiti alla Zona B; con essa arrivarono una paga aumentata, nuove attrezzature... ma anche i doppi turni e, soprattutto, il lavoro in superficie alla cava.

Heric non voleva darlo a vedere ma ogni fine settimana tratteneva il fiato fino all’arrivo della notifica con i nuovi orari dei turni, sperando che non si sarebbero svolti alla cava.

Per sua fortuna Johan e Mathias, nonché Orazio, erano ben preparati al lavoro in superficie, e tutto andava sempre per il meglio. Daphne si comportava bene, l’ambiente era sicuro, i controlli dell’ONI rari e il direttore Krämer, insieme a Nahat, dirigevano alla perfezione il delicato meccanismo di quella complicata macchina da lavoro. L’unica nota negativa in tutto quello era la costante presenza inquietante di Sam che aleggiava, insistentemente, nella mente di Heric. Chissà come se lo ritrovava sempre davanti, che fosse in mensa, negli ascensori o perfino nei corridoi.

Era la prima volta in tutta la sua vita che una persona riusciva a terrorizzarlo in quel modo, tanto da fagli torcere le budella e sudare freddo. Non poteva far altro che evitarlo il più possibile, proseguendo nel suo lavoro e nella sua vita che, finalmente, aveva preso a girare nel verso giusto. Dopo tanto, tanto tempo, Heric si sentiva felice.

Chissà... se fu proprio questa felicità, questa spensieratezza momentanea, innocente, la causa di quel terribile evento che, con brutalità, si abbatté su Yargo e su Heric, qualche giorno più tardi.


[Angolo Autrice]
Rieccomi! Salve a tutti! Spero che anche se un po' più corto vi sia piaciuto! ;)  avevo necessità di un capitolo di "transizione", chiamiamolo così. Ad essere sincera sto avendo alcune difficoltà con l'ottavo capitolo e non sono sicura di come stia venendo fuori...a dire il vero non sono sicura di tutta la fic! xD Fatemi sapere, ogni consiglio è più che accetto! Sono sempre sorpesa quando penso che ho pubblicato il primo capitolo a settembre O.o adesso vedo già i panettoni nei supermercati! D'accordo sto divagando...ci vedremo presto con l'ottavo capitolo! E naturalmente grazie a tutti quelli che hanno letto! Un bacione! ;) Shirley

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


 

CAPITOLO 8

Ore 13:10, 24 febbraio 2560, Sistema Bogomol III, colonia esterna YRG-01125 (Yargo)

 

Il palmare segnalò, per la decima volta in quella giornata, una notifica.

Sbuffando Heric lo tirò fuori dalla tasca, attendendo nel frattempo che l'ascensore arrivasse.

"L'allarme della tempesta di vetro è rientrato...di nuovo" pensò.

Era così da quella mattina; in superficie il tempo stava dando di matto e si alternavano momenti di quiete e di assoluto inferno a pause di cinque minuti l'uno dall'altro. I livelli di sicurezza erano saliti a dismisura e la tensione si poteva quasi toccare.

Le porte dell'ascensore si aprirono e Heric, insieme ad altri tre uomini vi entrò. Quest'ultimi discutevano ammirando da un palmare l'immagine dell'ultimo modello messo in commercio del Warthog, un automobile usata dall'esercito e modificata leggermente per poterne usufruire in ambienti urbani.

<< Guarda qui... >> disse uno di loro << Il nuovo modello M16-LRV Warthog >>

<< Mi chiedo perchè proprio Warthog >> rispose l'altro

<< M16-LRV è un po' difficile da usare in conversazione >>

<< No...ma perchè ''facocero"? Voglio dire, non mi sembra che assomigli ad un maiale >>

<< Come? >>

<< Mi sembra assomigli di più ad un puma >>

<< Cosa diavolo è un puma? >>

<< È un grosso gatto, come il leone >>

L'amico lo guardò per un attimo, silenzioso.

<< L'hai inventato al momento >>

<< No, te lo sto dicendo. È un animale vero! >>

Zoomando sull'immagine l'uomo indicò la parte anteriore dell'auto << Guarda, vedi questi due ganci? Sembrano due zanne. E quale animale ha le zanne? >>

<< Il tricheco >>

<< Non sai quello che dici! La smetti di inventare animali? >>*

Heric, non credendo di star davvero assistendo ad una conversazione tanto assurda, fu più che felice di aver raggiunto finalmente la zona comune. Superò i tre uomini e si diresse ai tavoli dove, ormai da mesi, si riuniva con la sua squadra poco prima di un turno. Vide Mathias e Orazio intenti a giocare a carte mentre, accanto a loro, Kotov osservava divertito la scena.

Prendendo posto accanto a Johan Heric rise, scuotendo il capo.

<< Per cosa stai perdendo questa volta, Orazio? >>

L'uomo rispose con un gestaccio, concentrandosi sulle sue carte.

Mathias invece mostrò con un sorriso malizioso un tovagliolo di carta su cui, a penna, erano segnati vari numeri.

Heric lo afferrò, studiandolo.

<< Tu deve provare a indovinare da chi questo maledetto ha ottenuto numero >> disse ridacchiando Johan, incrociando le braccia.

<< Ah! E come faccio a indovinare? Con tutte quelle che conosce >>.

Come un fulmine Mathias riafferrò il tovagliolo, sventolandoglielo proprio sotto il naso.

<< Due parole >> sussurrò << Beatriz May >>

Ci mancò poco che gli venisse un colpo << May? Quella che si vede al Quartier generale? >>.

Orgoglioso Mathias sorrise, alzando le braccia come a dire "che ci posso fare?".

<< Ma come...? Sai una cosa, lascia perdere >>.

La partita proseguì e con enorme dispiacere da parte di Orazio, fu Mathias ad aggiudicarsi la vittoria, per l'ennesima volta.

<< Argh...maledizione!! >> gridò Orazio, battendo i pugni sul tavolo << Perchè vinci sempre tu?! >>

<< Semplice >> rispose Mathias, sistemandosi con un gesto plateale il tovagliolo all'interno del taschino << Non sai bluffare, ecco tutto >>.

I palmari da polso degli uomini si azionarono tutti nello stesso momento. La notifica segnalava che il loro turno era stato anticipato di un’ora e che si dovevano dunque dirigere immediatamente alla Zona B.

<< Sarà colpa del brutto tempo? >> ipotizzò Mathias ritirando il mazzo di carte

<< Molto probabile >> rispose Kotov, buttando giù l’ultimo boccone del pasto che aveva acquistato << Oggi non è buona giornata >>.

Arrivati alle gallerie principali si sorpresero della calca creatasi vicino ai convogli; a quanto pare c’erano stati dei guasti ed un convoglio era rimasto bloccato per ore al centro della galleria. Non avendo altra scelta alcuni minatori erano scesi dal mezzo ed avevano percorso a piedi il tragitto che li separava dalla galleria alla sede rallentando, tuttavia, gli altri mezzi che passavano dalla stessa direzione. Insomma un inferno vero e proprio.

“Almeno non siamo in superficie” pensò Heric, rallegrandosi. Salirono su un convoglio e attesero con pazienza che partisse.

Johan, sedutosi accanto a Heric, gli diede una gomitata per attirare la sua attenzione.

<< Come sta piccolina? >>

<< Chi? Daphne? Sta bene, l’ho lasciata in camera dopo pranzo >>

Johan sorrise, annuendo << Brava ragazza. Ricorda molto mia prima figlia, Evelina. Lei era molto educata, molto pacata. Ma quando voleva! Upmh! Nemmeno muro poteva battere sua testa! >>.

In quelle rare occasioni in cui a Heric era stato concesso un giorno di riposo, il ragazzo ne aveva approfittato per fare un giro con sua sorella, fu inevitabile non incontrare la sua squadra e così ne aveva approfittato per presentarla agli altri. Mathias era stato piuttosto distaccato, Orazio impacciato come suo solito, mentre Johan se ne era talmente affezionato da trattarla come una nipote o una figlia. Daphne, dal canto suo, adorava sentire le sue storie di quando era ancora nell'UNSC e così la simpatia fu presto ricambiata.

Heric rise, annuendo << Proprio come lei. Inoltre, si sta davvero comportando bene. Infatti volevo farle un regalo, dopodomani è il suo compleanno. Ma con la roba che vendono qui non credo di riuscire a trovare qualcosa di adatto a lei >>

<< Ah si? >>

Johan rifletté, lisciandosi la folta barba. Restò così per qualche secondo  poi, annuendo deciso, si batté le mani sulle ginocchia. Frugò in un marsupio che teneva sempre agganciato alla cintura, rivelando un paio di guanti marroni, dal tessuto liscio e morbido, con una piccola cinturina all’altezza del polso ed un bottone, in metallo, per decorazione. Li porse ad Heric, con un grande sorriso.

<< Prova questi. Io li ha comprati molti anni fa, per Evelina, ma non li ha mai potuti regalare  >>

Heric spalancò prima gli occhi, sorpreso, alzando poi le mani e scuotendo la testa << No Johan, non potrei mai. Tienili tu >>

<< Prendi! Non sono molto eleganti, ma costavano molto e sono ancora nuovi! E poi che me ne dovrei fare io? Preferisco che sia piccola devushka** a usare, piuttosto che stare qui e prendere polvere. Mi farebbe piacere >>.

Heric guardò i guanti, poi ancora Johan. Allungò una mano, ma all’ultimo momento esitò.

<< No Johan, io- >>

L’uomo allora gli afferrò la mano e con forza gli batté sopra i guanti, stringendoli insieme.

<< Questo >> disse << E’ solo oggetto. Quello che mi serve, io ha già qui, tutto qui dentro di me. Prendi >>

<< E va bene >> sospirò Heric, rassegnandosi << Grazie >>.

Johan annuì,sorridendo.

Il mezzo allora partì, finalmente, dirigendosi alla miniera.

Dopo il primo chilometro l’aria si fece più rarefatta e tutti i minatori si infilarono i caschi, in quella zona della miniera il terreno era molto più friabile e succedeva spesso che si creassero piccole nubi di polvere, creatosi a seguito di crolli improvvisi.

Mathias, tramite il suo palmare da polso, creò un canale di comunicazione per la squadra, così che non si creassero problemi nella comunicazione.

<< Ehi, Johan >> proruppe improvvisamente Orazio << Tu sei stato molti anni nell’UNSC vero? >>

<< Da >> rispose l’uomo << per venti anni! >>

Orazio, seduto sulla fila opposta a quella di Johan e Heric, si inclinò leggermente, poggiando gli avambracci sulle ginocchia.

<< Ho sempre voluto sapere, ecco, come sono i Covenant, dal vivo? >>

<< Woh woh! >> fece Mathias, ridendo << Ma sei serio? >>

Orazio allargò le braccia << Che ho detto? Cosa c'è di male? Non li ho mai visti da vicino, solo nei video i nelle foto >>

<< E te ne lamenti?! >>

<< D'accordo d'accordo >> sussurrò pacato Johan << Io può capire, non è problema >>.

Nel frattempo il convoglio aveva raggiunto la sua destinazione e Johan proseguì nel suo racconto mentre gli uomini si occupavano delle loro mansioni con il loro lavoro.

<< Potrà sembrare strano... >> diceva la voce profonda di Johan nel canale vocale << ...però cosa più impressionante per me, di Covenant, non era quanto grossi, potenti, veloci o brutti loro erano. O come loro versi, durante notte, sembrassero come bestia sgozzata. No, piuttosto loro puzza! >>.

<< Mi prendi in giro >> sbuffò Orazio mentre sistemava alcuni contenitori di silicato.

<< Una notte, per ricognizione noi passati in accampamento abbandonato di Jackal. Quello che era li... odore marcio, putrido. Viscere di carcasse che Jackal usavano come cibo. Era odore...peggiore di tutto universo. E alito di brute? Pesce sventrato, uova marce e carne marcia >>

Heric avvertì Mathias simulare un conato di vomito.

<< Cristo >> fece << È disgustoso >>.

Johan rise fragorosamente, massaggiandosi le spalle << Tu è soddisfatto testa rossa? O aspettava qualcosa di altro >>.

<< Sei stato chiaro. Smettila però di chiamarmi in quel modo >>

<< Ma è quello che tu è, da? Piccola testa rossa! >> lo sbeffeggiò.

<< Anche a farmi schiacciare la faccia da qualche trivella, non riuscirei mai a fare un'imitazione del tuo brutto buso da orso. Daa? >>.

Heric rise per l'imitazione e si sorprese di sentire, nelle orecchie, le risate di Johan e perfino di Mathias.Nel riporre uno degli strumenti gli occhi di Heric caddero sui guanti regalati da Johan, sorrise e li accarezzò con la punta delle dita.

"Le piacerà”

In quel momento, un boato terrificante si propagò per tutta la miniera, seguito subito dopo da una scossa di terremoto. Le luci della galleria si spensero e alcuni cavi elettrici saltarono, propagando scintille e scoppi. I minatori, pietrificati, non mossero un solo muscolo, il silenzio che si creò fece gelare il sangue nelle vene di Heric che, guardando i parametri del suo casco, vide quanto la sua frequenza cardiaca era aumentata.La scossa terminò dopo dieci, lunghissimi secondi e, come controllati da una singola unità, il palmare di ogni singolo uomo presente si illuminò di rosso, trasmettendo a pause regolari un allarme acustico.In cinque mesi era la prima volta che capitava una cosa del genere, tuttavia Heric, guardando lo sguardo attonito di un uomo poco più avanti a lui, capì subito che la situazione non era delle migliori.

<< Ditemi che non è vero >> sussurrò Mathias.

Nessun uomo mosse un solo muscolo finché, dal casco, non si aprì un canale vocale generale usato nei casi d’emergenza per comunicare con tutte le squadre della Zona.

<< Aprite le orecchie >> Heric riconobbe la voce di Luis Rodriguez, il responsabile della Zona B << Chi ne ha tra le mani metta in sicurezza i materiali instabili il più in fretta possibile, tutti gli altri tornino al Formicaio. È in corso una tempesta di livello cinque, quindi muovete il culo >>.

<< Ciòrt poberì! >> esclamò Johan << Cinque? Che stiamo aspettando?! >>.

Orazio, che si era avvicinato a Heric, lo guardò con aria interrogativa.

<< La scala di intensità di una tempesta di vetro si divide in cinque livelli >> gli disse intuendo la sua domanda << Quando siamo arrivati su Yargo era di livello tre >>. Non servì altro per far mettere le ali ai piedi del rosso.

Dopo aver aiutato Orazio a mettere in sicurezza alcuni strumenti, tutta la squadra si diresse ai convogli. Tutte le Zone avevano attuato un imponente processo di evacuazione e le gallerie erano attraversate da un fiume di uomini. Ci misero il doppio del tempo per lasciare la miniera e raggiungere i mezzi; proprio all’entrata della galleria si trovava Rodriguez che dall’alto di un’impalcatura, costruita alla bene e meglio al momento, coordinava il flusso di minatori esortando alla calma e all’ordine. Era piuttosto bravo ad attirare l’attenzione su di se.

<<  Evans!! >> lo sentì gridare Heric << Fai sapere di sopra che ci sono problemi con la squadra tre! Niente comunicazioni! Mi hai sentito?! EVANS!! >>.

Heric non riuscì a capire se il minatore contro cui Rodriguez stava gridando fosse riuscito a sentirlo tuttavia, per sicurezza, decise che sarebbe andato anche lui a riferire.I convogli erano stracolmi, tanto che non fu possibile avvicinarsi ai posti a sedere, gli uomini erano stipati gli uni sugli altri come sardine e se non fosse stato per i caschi, l’ossigeno non sarebbe di certo stato sufficiente.Così come per la Zona, il tempo per raggiungere la sede si raddoppiò, Heric ne approfittò per inviare un messaggio a sua sorella, la risposta tuttavia non arrivò.

“Strano” pensò l’uomo.

Così ad un’ora dall’attuamento dell’evacuazione ed ad un passo di una crisi d’esaurimento di Johan, gli uomini della Zona B riuscirono finalmente a tornare al quartier generale.Heric e la sua squadra si misero da parte; Orazio, stremato, si sedette a terra liberandosi dal casco e asciugandosi il sudore sulla fronte.Lo stesso fecero gli altri, guardandosi intorno: il piano era nel caos. Probabilmente ancor più del giorno del loro arrivo.

<< Io diceva che oggi brutta giornata >> proruppe Johan incrociando le braccia.

<< Si beh.. >> sbuffò Mathias << La prossima volta tieniteli per te i tuoi presentimenti >>.

In quel momento si avvicinò un altro minatore che, sporco di polvere dalla testa ai piedi, si rivolse direttamente al gruppo.

<< Zona B? >> chiese, Heric e gli altri annuirono << Finalmente. Le comunicazioni con Rodriguez hanno dei problemi e al centro di comando hanno bisogno di aggiornamenti sulla vostra zona. Se avete informazioni utili, cercate Nahat, spargete la voce tra gli altri >> e si allontanò.

Ad Heric tornarono in mente le grida di Luis e balzò in piedi.

<< Me ne stavo dimenticando! >>

<< Dove vai? >> chiese Mathias

<< Rodriguez prima ha detto che aveva problemi con la squadra tre,devo dirlo a Nahat >>

<< Ahi… >> sospirò Mathias, guardando Heric che scompariva tra la folla.

<< Cosa? >>

Mathias si appoggiò alla parete dietro di lui, incrociando le braccia al petto << Oggi la squadra tre aveva il turno alla cava >>.

 

Heric dovette farsi strada a suon di spintoni per arrivare al centro di comando. Il Direttore Krämer, insieme a Nahat, coordinava lo spostamento delle squadre rimaste ancora in superficie, parlando agli auricolari e seguendo i loro movimenti sui monitor.

<< Nahat! >> gridò Heric agitando un braccio.

Nahat lo notò, gli fece segno di aspettare e dopo qualche minuto lo raggiunse. Era madido di sudore e visibilmente provato, tuttavia dimostrava una calma e un controllo irreale.

<< Carter >> disse con un filo di voce << Hai novità? >>

<< Si, però non credo che ti piaceranno >>

Nahat ridacchiò, scuotendo la testa << In certe situazioni, non ci spero nemmeno >>.

<< Non è molto, so solo che Rodriguez ha perso le comunicazioni con la squadra tre >>.

Gli occhi di Nahat si incupirono, e abbassando lo sguardo sospirò << Come temevo. Ho sperato fino all’ultimo che la situazione non peggiorasse fino a tanto >>.

Heric inclinò la testa << Una squadra in superficie? >>

<<< Temo di si >> e voltandosi, azionò un monitor, cambiandone le immagini e riproducendo un video << Per colpa di un crollo non hanno fatto in tempo a rientrare, sono rimasti intrappolati dietro alle macerie e… >> sospirò, poggiando le mani alla scrivania << credo abbiano provato a tornare indietro in cerca di un rifugio. Ma ne abbiamo perso le tracce. Con questo tempo una squadra di soccorso è fuori discussione >>.

<< Non c’è proprio modo di mandare qualcuno? >>

Nahat scosse la testa, afflitto << Ordine diretto del direttore >>

<< Mi dispiace >> Heric diede una pacca alla spalla di Nahat prima che questo si allontanasse, spostando poi lo guardo al monitor. Mostrava una sequenza di pochi secondi che si ripeteva di continuo. Il video, scosso da interferenze causate dalla devastazione della tempesta, mostrava quattro uomini, in fila indiana, che tentavano disperatamente di attraversare lo stretto spazio creatosi tra le macerie e le pareti della cava esterna. Erano ricoperti di polvere, spaventati a morte. Il vento soffiava terribilmente e le loro cappe protettive saettavano a destra e sinistra come fruste. L’ultimo della fila, notò Heric, voltò lo sguardo verso la telecamera, prima di sparire dall’inquadratura.

Heric ebbe una strana sensazione, assottigliò lo sguardo e fissò il video ancora una volta. Secondo per secondo. C’era qualcosa di strano nell’ultimo uomo della fila, pur coperto in parte dalla cappa (che fungeva da mantello protettivo durante le tempeste) si notava che era decisamente più magro e basso di tutti gli altri, inoltre indossava un casco piuttosto vecchio come modello.Allungando una mano, Heric fermò il video nell’istante esatto in cui l’uomo si voltava verso la telecamera. Pur coperti dalla visiera del casco, riuscì a intravedere i suoi occhi: terrorizzati e fermi, immobili in quell’unico secondo.Fu in quel momento, che Heric, sentì il suo cuore fermarsi e stringersi in una morsa d’acciaio. Provò un dolore tale, che per un momento credette di morire. Per qualche secondo, lunghi un’eternità nel suo cuore, tentò di convincersi che una cosa come quella non poteva essere vera, che si stava solo sbagliando. Eppure, più guardava quella persona, più quegli occhi supplicanti sembravano stessero chiamando proprio lui.

Strinse gli occhi e con un filo di voce, sussurrò << Daphne… >>.

Non fece altro, non disse altro, prima di correre via come un pazzo e, palmare alla mano, chiamare quello di sua sorella. Nessuna risposta.

“No, no, no!!” pensò disperato, scontrandosi con decine di uomini,  prima di riuscire a raggiungere uno degli ascensori. Compreso Sam che, appena riemerso dalla Zona A, lo seguì con lo sguardo. Heric tuttavia non se ne era nemmeno reso conto.

Johan, che dava una mano a trasportare i feriti all’infermeria, lo notò subito e guardandolo negli occhi gli si precipitò accanto, giusto un attimo prima che le porte dell’ascensore si chiudessero.

<< Heric! Cosa succede ragazzo? >>.

Heric, impallidito come un lenzuolo, continuava a chiamare Daphne, senza risultato. Guardò Johan e parlò con un filo di voce.

<< È alla cava >>.

<< Chi? >> fece l’uomo << Chi in cava? >>

<< Credo, credo di averla vista nei video di sorveglianza… mia sorella >>.

Johan spalancò gli occhi, sconvolto << Daphne!?! >>.

Heric annuì, passandosi una mano sugli occhi e chiudendoli.

<< La squadra tre è rimasta all’esterno...c’era anche lei >>.

Pregò che si stesse sbagliando, pregò che tornando in camera l’avrebbe trovata sdraiata sul letto con una busta di cioccolata trovata chissà dove e il suo solito sorriso. Avvertì la mano di Johan voltarlo e, riaprendo gli occhi, vide il suo sguardo deciso.

<< Io controlla in terzo piano, tu va sotto e poi raggiungi me. La troveremo >>.

Heric annuì e, raggiunta la zona comune, Johan corse fuori.

“Come è possibile?” pensava il ragazzo mentre l’ascensore scendeva “Anche se fosse riuscita ad entrare in una squadra...i controlli e gli altri. Qualcuno se ne doveva accorgere! Come?!”.

Raggiunto il piano si precipitò alla sua stanza.

<< DAPHNE!! >> gridò disperato, ma la stanza era vuota.

Guardò nell’armadio e sia il suo vecchio casco, che la tuta di ricambio erano scomparse, così come il suo palmare e il bedge.

Si passò una mano tra i capelli, il cuore che gli batteva frenetico. Si morse il labbro fino a farlo sanguinare e tornò agli ascensori. Al terzo piano si riunì a Johan che, scuotendo il capo, fece capire che di lei non c’era traccia. Heric era disperato. Che ne era di sua sorella? Doveva stare li e aspettare che la tempesta finisse?

“Che fare? Che fare?!” pensò camminando avanti e indietro, tormentato. Ripensò al video di sorveglianza, e agli occhi di Daphne, pietrificati dal terrore.

<< No! >> gridò deciso << Vado a cercarla! >> Corse dentro un’ascensore, seguito a ruota da Johan.

<< COSA?!? >> gridò l’uomo << Heric, questa è follia. Tu non può...parla con direttore lui- >>.

<< No, non rieschierebbe mai altre vite con una tempesta di livello cinque >> nel frattempo, tramite il suo palmare, Heric cercava informazioni sulla squadra tre << Nahat ha detto che probabilmente si sono diretti ad un rifugio. Se riesco a tracciare i loro spostamenti, prima che il loro segnale scomparisse…forse >>.

Johan lo afferrò per le spalle, guardandolo dritto negli occhi << Heric, ragazzo, questo è suicidio. Anche se tu esce fuori e riesce a sopravvivere, come può portare una squadra intera indietro, solo? Possono essere già molto lontani...e se tu muore, prima che riesce a raggiungerli, allora a cosa sarebbe servito? >>.

Heric sorrise << Non mi interessa vivere senza mia sorella. Preferisco morire e provare a salvarla, piuttosto che vivere con il rimorso >>.

Johan lo guardò a lungo, prima di sorridere a sua volta, scuotendo il capo

<< Luchshe byt’ ubitym lapy l’va ane ukusila koshka  >>*** sussurrò piano.

Heric lo guardò confuso << Cosa vuol dire? >>

Johan rise fragorosamente, assestandogli una poderosa pacca sulla schiena << Vuole dire che io viene con te! Pazzo furioso! >>.

 


*: ok non potevo non includere un piccolo riferimento alla serie “Red vs Blue” della Rooster Teeth, se non sapete di cosa sto parlando allora vi consiglio vivamente di dare un’occhiata al loro sito ufficiale, in caso contrario...viva Caboose!

**: ragazzina

***: “Meglio morire della zampata d’un leone che del morso d’un gatto”. E’ un proverbio russo, conoscendolo solo in italiano la mia traduzione nella lingua originale è decisamente approssimativa, nel caso chiedo assolutamente perdono e se anzi qualcuno volesse correggermi ben venga.

 

[Angolo Autrice]

Rieccomi dopo i secoli dei secoli! Chiedo scusa per il ritardo, davvero, ma alla fine ho fatto parecchie modifiche e siccome il capitolo stava diventando troppo lungo alla fine ho optato per dividerlo in due. La bella notizia è che avendo il nono capitolo già parzialmente scritto non dovrei metterci molto a pubblicarlo. Grazie per la vostra pazienza e grazie per aver letto la mia fic! Come sempre fatemi sapere il vostro parere! Un abbraccio,

Shirley

 

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