Love Me Harder

di _mary_laura_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


https://www.youtube.com/user/TheDolanTwins

Non volevo fare questo stupido scambio culturale. Non volevo andare via da Silvia, da Federico. Non volevo perdere l’estate dei miei 18 anni in un posto che non conosco, con gente che non conosco che parla una lingua che capisco a stento. Non volevo andare via dal mare, dal mio mare, che quest’anno avevo deciso di condividere anche con Fede. Non volevo vestire degli abiti, una pelle, delle emozioni che non mi appartengono. Non volevo lasciare a casa i miei libri. Non volevo salire su quest’aereo che mi deporta in una terra decantata per la sua bellezza ma che per me assomiglia alle più tetre delle prigioni. Non volevo andare a Los Angeles. Non volevo. Eppure ho dovuto, devo, dovrò. Per colpa sua. Per colpa di quell’uomo che mi dice di chiamarlo padre ma che per me rimarrà sempre un estraneo. Per colpa di quell’uomo che è entrato nella mia vita con l’irruenza di una palla da demolizione. Per colpa di quell’uomo che mi ha portato via mia madre. Ancora. Vorrei urlare, piangere, avvelenarmi, diventare nulla e tutto insieme. Ma non posso. Sii forte bambina. Gliel’ho promesso. E lo farò. Solo per lui.

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Brusii, suoni metallici, mani che sventolano, nomi gridati, abbracci, sguardi un vortice di persone che tenta di risucchiarmi e che io cerco di evitare, guardandolo con indifferenza da fuori. Mi sistemo la treccia fulva sulla spalla destra e proprio in quel momento una ragazza dai capelli biondo platino mi urta da dietro e, senza nemmeno scusarsi, si lancia tra le braccia di un ragazzo per poi baciarlo. Faccio una smorfia reprimendo un conato di vomito e decido di attraversare la porta a vetro degli arrivi. Faccio un respiro e mi butto. Appena arrivo dall’altra parte mi porto faticosamente fuori dalla calca di abbracci e baci e mi avvicino ad un totem con delle tabelle delle partenze. Il mio cuore batte alla velocità della luce, mentre il mio respiro inizia a farsi irregolare. Inspira, espira. Inspira, espira. Calmati. Non farti prendere dal panico. Immagina qualcosa di bello. Chiudi gli occhi, rilassati. Pensa. Una biblioteca. Una vetrata che dà sul mare. Una canzone cantata a mezza voce. Apro gli occhi e riassumo il controllo su me stessa. Apro la mia borsa e cerco l’e-mail con i dati della famiglia che mi deve ospitare. Non ho una loro foto ma io gli ho inviato una fotografia di me e Silvia a Jesolo, di qualche settimana fa, quando avevo già i capelli rossi. Scorro le frasi finchè non mi imbatto nel cognome di coloro da cui devo alloggiare. Dolan. Dovrebbero avere tre figli, due maschi e una femmina più piccola di me di due anni. Non ho voluto saperne di più. Avevo fatto voto di silenzio. Vietando a chiunque di parlarmi. Dalla destra mi giunge una voce maschile adirata, le cui parole mi paiono incredibilmente comprensibili.
-Oh my God! You’re such an idiot! I can’t understand what did you do to be late!
Mi viene quasi da ridere, sembra troppo Federico. Ahi. Il dolore mi colpisce troppo forte e troppo reale. Il mio migliore amico. Il mio fratello immaginario.
Devo distrarmi da tutto ciò, così ritorno ad ascoltare la conversazione di prima. Evidentemente il tipo stava parlando ad un ragazzo perché la voce che risponde è bassa e leggermente roca. Inizio a tradurre mentalmente.
-Oh, stai un po’ zitto, sei tu che non sai guidare. Comunque magari non è ancora uscita. Oppure è in bagno, oppure è al bar, oppure…
Sento il rumore di uno schiaffo seguito da un’imprecazione e mi giro di colpo verso la fonte del suono. Non era uno schiaffo, ma un coppino. Un ragazzo si sta tenendo la nuca, mentre l’altro mi guarda con gli occhi marroni sbarrati. E’ decisamente un gran bel tipo: alto una spanna più di me, castano, i capelli tenuti corti sui lati, mentre un piccolo ciuffo spicca sopra la testa, la carnagione bronzea e la mascella spigolosa. Non riesco a distogliere lo sguardo finchè l’altro non alza il viso e… cazzo, vedo doppio? Alzo un sopracciglio stordita finchè non capisco: gemelli. Due schianti di gemelli. Mi si secca definitivamente la gola quando quello del coppino fa: -Keisandra?
Che? Ma che razza di lingua parlano?! Comunque sembra rivolto a me, perciò mi faccio coraggio.
-What?
Domando. Sembra stupido, ma loro si sorridono e mi si avvicinano, finchè non sono ad una ventina di centimetri da me. Il tipo di prima guarda un foglietto stropicciato per poi ripuntare gli occhi nei miei.
-Are you Keisandra Vannani?
Chiede incerto, spostando il peso da un piede all’altro. Ci metto un po’ per capire: Keisandra è l’orribile storpiatura americana del nome Cassandra. Il mio nome. Quindi vuoi dire che dovrò abitare da loro due? Diventerò pazza.
-Y- yeah. I am.
Rispondo con un filo di voce. I loro visi si illuminano e poi mi stringono entrambi la mano.
-Io sono Grayson Dolan e questo è mio fratello Ethan, starai con noi per i prossimi mesi.
Dice il ragazzo che non mi aveva ancora parlato. Merda. Penso che entrerò nel panico non appena metterò piede nella loro auto. Spero di riuscire in qualche modo a distinguerli, ma per ora la confusione regna sovrana.
-Piacere di conoscervi e grazie per l’ospitalità.
Dico rivolta a nessuno in particolare. Quello che credo essere Ethan sorride prendendo il mio trolley nero, mentre Grayson afferra il borsone azzurro.
-Il piacere è tutto nostro. Non preoccuparti, col tempo riuscirai a distinguerci, nel frattempo sappi che Grayson è quello noioso.
Non riesco a trattenere una risata, mentre usciamo dall’aeroporto.
L’aria calda e afosa di Los Angeles mi colpisce il viso lasciandomi senza fiato per alcuni secondi. Fisso il grigio finchè i miei occhi non si abituano alla luce e mi ritrovo in un parcheggio che sembra in procinto di essere inghiottito dai grattacieli. Non mi ero accorta di quanto fossimo vicini alla città.
-Dio mio.
Mormoro dimenticandomi di parlare in inglese, ma i ragazzi sembrano aver capito perché in coro mi fanno: -Benvenuta a Los Angeles.

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I ragazzi non smettono di parlarmi per tutto il viaggio. Si interrompono solo per scoprire che ho ancora diciassette anni e che il mio compleanno è la prossima settimana. Dicono che sarà “the best ever”. Dicono. Io so come sarebbe dovuto essere per essere il migliore di sempre. A Scilla, con i miei migliori amici, due settimane. Avevamo programmato questo viaggio già dall’inizio dell’anno ma circa un mese fa tutti i nostri sogni sono andati in fumo. Tre mesi e mezzo lontana da casa. Un incubo. Sentire i miei amici solo per telefono o vederli in videochat. Non potrò più appoggiarmi alla spalla di Fede mentre sono triste o abbracciare per ore Silvia quando mi sembra che la mia vita non abbia più uno scopo. Il che succede molto spesso. Come farò a resistere quaggiù? Tutto di cui ho bisogno è solo essere amata per come sono. E per ora solo tre persone sono riuscite nell’intento. Non mia madre. Non il mio ex ragazzo. Non il gruppo di amici con cui esco. Non Mr. Chiamami-papà. No. Solo Fede, Silvia e il mio vero padre. Ettore. Che è morto prima di potermi vedere finire le scuole medie. Che non potrà mai festeggiare con me la mia laurea. Che non potrà mai accompagnarmi all’altare. Che non potrà mai giocare con i suoi nipotini. Sei anni sono passati eppure ciò che sento è così forte e lacerante che sembra sia accaduto ieri. Mi copro la bocca con la mano mentre guardo fuori dal finestrino i grattacieli sfilare veloci accanto a noi. Non posso permettermi di mostrarmi debole. Non posso non mantenere la parola che gli ho dato appena un giorno prima di vederlo riverso a terra con un buco nello stomaco. Strizzo forte gli occhi e scuoto la testa. I gemelli continuano a cianciare sui posti che devono mostrarmi, sulle cose che dobbiamo fare sugli amici che mi devono presentare. Tutto ciò che vorrei fare davvero in questo momento è dormire, scivolare via dal mondo schifoso in cui vivo e sognare di risvegliarmi a casa, dove c’è tutto ciò che amo. Come a conferma dei miei pensieri faccio un lungo sbadiglio.
Ethan, che sta guidando, interrompe la chiacchierata per lanciarmi un’occhiata fugace.
-Ci credo che sei stanca, il fuso orario dall’Italia è di nove ore. Ci metterai qualche giorno ad abituarti ma alla fine vedrai che sarà più duro il ritorno a casa.
Sì. Che sarà il 14 ottobre. Quindi tra un bel po’ di tempo. Sospiro e mi accoccolo nel sedile anteriore del loro suv scuro e cerco di non pensare a nulla. Ho appena chiuso gli occhi quando sento le prime note di Love Me Harder alla radio. Come posseduta alzo il volume e inizio a canticchiare la mia canzone preferita.

Tell me something I need to know
Then take my breath and never let it go
If you just let me invade your space
I’ll take the pleasure, take it with the pain
And if in the moment I bite my lip
Baby in that moment you know this is
Something bigger than us and beyond bliss
Give me a reason to believe it

Con poche parole mi sono guadagnata l’attenzione di entrambi i fratelli e Grayson deve ricordare ad Ethan di guardare dove sta andando perchè si era imbambolato a fissarmi. Questa cosa mi ricorda un passo di Hunger Games dove Peeta dice a Katniss che persino gli uccelli sugli alberi cessavano il loro canto per ascoltare la sua voce. Sorridendo inizio il ritornello e alla mia voce si aggiunge quella baritonale e carezzevole di Ethan.

Cause if you want to keep me
You gotta, gotta, gotta, gotta, got to love me harder
And if you really need me
You gotta, gotta, gotta, gotta, got to love me harder
Ooo love me, love me, love me
Ooo harder, harder, harder

Lo lascio continuare a cantare mentre io e Grayson facciamo la seconda voce. Devo dire che è piuttosto bravo, ma suo fratello fa abbastanza ridere. Infatti Ethan gli tappa la bocca con una mano mentre con l’altra guida l’auto.

Cause if you want to keep me
You gotta, gotta, gotta, gotta, got to love me harder
And if you really need me
You gotta, gotta, gotta, gotta, got to love me harder

Ooo love me, love me, love me
Ooo harder, harder, harder
Ooo love me, love me, love me
Ooo harder, harder, harder

So what do I do if I can’t figure it out
You got to try, try, try again
So what do I do if I can’t figure it out
I’m gonna leave, leave, leave

Senza accorgermene siamo usciti da Los Angeles e stiamo fiancheggiando una strada di villette a schiera con dei piccoli giardini dove alcuni bambini stanno giocando tra di loro.
Una bimba mi saluta con la manina e io non faccio a tempo a ricambiare che è già sparita dietro ad una siepe. Giriamo in una stradina di sassi che porta ad una casa di circa tre piani di mattoni rossi con una grande veranda bianca sul davanti e quella che sembra una piscina sulla destra.
La canzone finisce nel preciso istante in cui la macchina si ferma diagonalmente e io spalanco la bocca girandomi verso i gemelli che mi guardano con aria divertita.
-Cioè volete dirmi che voi abitate qui?
Chiedo col mio inglese stentato. Grayson fa una gran risata gettando indietro la testa e Ethan scuote la testa abbassando lo sguardo sul cambio dell’automobile.
-E’ più meno la stessa cosa che la gente ci dice la prima volta che vede casa nostra.
Mormora Grayson uscendo dall’auto. Io mi slaccio la cintura e li seguo nel caldo afoso della periferia di Los Angeles. Gli alberi che crescono nel giardino contribuiscono ad attenuare la calura, ma l’umidità continua ad aleggiare su di noi creando una patina che si appoggia alla nostra pelle.
-Chissà perché mai.
Dico tra me e me in inglese. Ethan ,che è accanto a me, fa una risatina e incrocia i miei occhi per un attimo. Li abbasso prima di lui. Non riesco a fissare qualcuno negli occhi: ho come l’impressione che lui riesca a leggermi dentro scoprendo quanto fragile sia, quanti nervi lascio scoperti.
Grayson apre il portellone del bagagliaio e tira giù il mio trolley mentre io mi affretto ad afferrare il borsone prima che lo faccia Ethan, ma i miei sforzi sono vani perché, ancora prima di appoggiarlo a terra, lui me lo sfila dalle mani lasciandomi a trasportare solo la mia Freitag semivuota. Dire che mi sento a disagio è dire poco. Spero solo di non essere viola in faccia perché sennò completerei l’opera a meraviglia.
Sto per muovere un passo quando Grayson mi afferra per un braccio esercitando una lieve pressione con le dita sulla mia pelle pallida. Mi volto verso di lui e noto che ha il labbro inferiore leggermente mangiucchiato sulla destra. Se lo morde esattamente come me. Noto un certo imbarazzo nel suo sguardo anche se mi limito a fissargli il naso, un trucco che mi ha insegnato Silvia per far credere all’interlocutore di guardarlo negli occhi.
-Allora, nostra madre è… un po’…
Si interrompe per cercare la parola adatta, roteando gli occhi e lasciandomi il braccio libero.
-Diciamo che assomiglia a Molly Weasley quando accoglie Harry in casa.
Conclude Ethan con una smorfia di autocompiacimento. Gli sorrido speranzosa. Magari gli piacciono i miei stessi libri. Forse ho trovato un fanboy. Questo vorrebbe dire che non sono una specie che si è già estinta.
-Have you ever read Harry Potter?
Chiedo titubante, sperando fino in fondo che mi risponda di si. Ma un suo lieve cenno del capo mi fa capire che in realtà gli unici libri che ha letto solo quelli scolastici.
-No, ho solo visto i film. Non mi entusiasma molto leggere, diciamo che non riesco a stare dietro al racconto, mi perdo dopo poco.
Fa alzando un angolo della bocca in un sorriso che sa di dispiaciuto. Senza che il mio cervello glielo abbia domandato le mie gambe hanno camminato fino a davanti alla loro porta di casa e adesso uno dei gemelli (mi sono già persa evviva) sta suonando un campanello bianco sulla destra della porta. Da dentro giunge uno scampanellio simile a quello dello xilofono e dopo alcuni secondi si sente una chiave girare nella toppa.
-Ci sono stati alcuni furti nella zona e da allora i nostri genitori non si fidano a lasciare la porta aperta.
Mi sussurra il ragazzo alla mia destra. Annuisco e aggrotto le sopracciglia mentre la porta si apre di uno spiraglio, lasciando intravedere due magnifici occhi verdi e dei capelli rossicci. Subito però lo sguardo si fa acceso e l’uscio si apre del tutto mostrandomi una signora di mezza età alta un po’ meno di me, longilinea, con una folta chioma di capelli ricci che le scendono sul seno coperto da una maglietta a maniche corte bianche abbinate ad un paio di jeans lunghi al ginocchio leggermente scoloriti. Un sorriso a trentadue denti spicca sul suo volto, creando un po’ di rughe attorno agli occhi e alzando leggermente gli zigomi, creando due piacevoli fossette agli angoli della bocca carnosa come quella dei suoi due figli.
-Welcome welcome welcome!
Esclama felice per poi abbracciarmi e lasciarmi un bacio tra i capelli. In questa posizione riesco a sentire il suo profumo: sa di fiori di campo, di detersivo al Marsiglia e di biscotti al miele. E’ delizioso a dir poco. Quando si stacca un piccolo sorriso si è formato anche sul mio viso.
-Grazie mille per l’ospitalità signora, è un piacere conoscerla.
Dico recitando a memoria il piccolo dizionario che ho comprato con le frasi di circostanza da rivolgere se non si sa cosa dire.
-Oh, non darmi del lei ti prego, chiamami Lily. Piuttosto è un piacere conoscere te. Ti chiami Keisandra vero?
Con una mano mi spinge dietro la schiena per farmi entrare in casa. Pochi secondi dopo essermi fermata nel vasto ingresso dipinto di bianco sento la porta chiudersi alle mie spalle con un tonfo.
-Sì, ma ti prego chiamatemi Cassandra, non sopporto la pronuncia americana. Senza offesa.
Dico abbassando lo sguardo sulle mie Vans nere. Lei ride di gusto e mi fa cenno di seguirla verso una stanza che si apre sulla destra che poi scopro essere il soggiorno.
-Scusami, ma mi viene naturale. Cercherò di impegnarmi a chiamarti col tuo nome italiano.
Fa lei guardandomi come per studiarmi. Un debole sorriso si impossessa delle sue labbra e poi si sposta dietro di me per guardare i due gemelli.
-Spero che non abbiate fatto impazzire troppo questa povera ragazza.
Fa Lily guardandoli di sbieco, con le braccia sui fianchi e le gambe leggermente divaricate. Quello che credo essere Ethan si passa una mano tra i capelli alzando gli occhi al cielo con fare teatrale, mentre l’altro sbuffa divertito.
-Avanti mamma, così ci fai sembrare due rompiscatole insopportabili.
Dice Grayson. Riesco a riconoscere la sua voce perché quando pronuncia la lettera “r” il suono è basso e sembra raschiare qualcosa. Sua madre fa per ribattere qualcosa, quando una voce femminile giunge da qualche parte della casa.
-La realtà è che siete due rompiscatole insopportabili.
Subito dopo avverto dei passi sulle scale e una ragazzina mora fa capolino dall’ampia porta del salone. E’ la perfetta fotocopia di Lily, fatta eccezione per la chioma scura. Mi sorride incoraggiante avvicinandomisi e noto che è di molto più bassa di me. Deve essere la sorella che, a quanto ho capito, dovrebbe avere sedici anni. Mi tende la mano piccola e minuta e io gliela stringo piano, quasi avendo paura di romperla.
-Ciao, io sono Ashley, la sorella minore dei due rompiscatole insopportabili.
Dice sempre tendendo quel sorriso da manuale che le illumina il volto.
-Io sono Cassandra, mi fa piacere conoscerti.
Faccio incespicando nelle mie stesse parole. Ethan ride di quella sua risata gorgogliante ed affascinante ed io non posso evitare di arrossire violentemente ed abbassare ulteriormente lo sguardo, concentrandomi sulle havaianas a fiori di Ashley. Passa un  secondo di imbarazzante silenzio in cui mi do mentalmente dell’idiota patentata, poi Lily viene in mio aiuto.
-Allora Cassandra, hai fatto un lungo viaggio, immagino tu sia stanca. Ethan, Ashley per favore accompagnatela alla sua stanza: Grayson vieni con me in cantina: devi aiutarmi a tirare fuori le sedie a sdraio.
Io sorrido leggermente ma non alzo lo sguardo di molto, poi mi avvicino al mio borsone e ne afferro la maniglia, ma le dita di Ethan si chiudono attorno alle mie in una stretta d’acciaio. Sono grandi, ma morbide e calde. I miei occhi guizzano verso i suoi ma ci si soffermano per meno di un secondo prima di spostarsi verso il suo naso dritto.
-Lasciamelo portare, per favore. Sono più forte di quello che sembro.
Mormoro quando sento sua sorella salire le scale e il chiacchiericcio di Lily e Grayson sparire inghiottito dalle mura della casa.
Lui cerca di nuovo i miei occhi, probabilmente perché li ho spostati troppo verso le sue labbra carnose, e mi inchioda in quel mare castano.
-Questo l’ho capito dal primo momento in cui ti ho vista.
Mi alita, talmente vicino al mio viso che ormai restano pochi centimetri a separarci.
Io mi mordo un labbro osservando la sua mano lasciare la mia e, un momento dopo, sono con il borsone in spalla accanto a lui.
-Prego, è di qua.
Mi fa cenno con la mano libera verso le scale di colore bianco che corrono sul lato sinistro del muro dell’ingresso e che poi piegano verso destra portando al primo piano.
Inizio a salirle meccanicamente, concentrandomi sui miei passi e sul buon proposito di non inciampare. Non davanti a lui. Scuoto la testa infastidita mentre piego verso destra: ma cosa vado a pensare? Lo conosco da quanto? Un’ora. Quando arrivo al pianerottolo di legno chiaro ho già scacciato dalla mente quel pensiero fastidioso e senza senso. Avverto i passi di Ethan e poi lui mi passa davanti, chiedendomi di seguirlo attraverso i corridoi. Svoltiamo a destra, in un interminabile andito lungo il quale varie porte si stagliano bianche ai miei lati. Scorgo due quadri appesi alla parete di sinistra: uno rappresenta tre bambini uno vicino all’altro, sorridenti. Subito dopo però capisco che si tratta dei gemelli e di loro sorella quando erano piccoli. Un moto di dolcezza si impossessa di me mentre immagino il ragazzo che mi cammina davanti diventare un bimbo di cinque anni irrequieto e vivace che gioca con suo fratello. Senza volerlo emetto un verso a metà tra una risata e un sospiro, per poi portarmi subito una mano alla bocca prima di accorgermi che era tanto flebile che Ethan non se ne sarà mai accorto. L’altro quadro invece rappresenta un paesaggio di mare, col sole che si riflette sull’acqua, le onde che si scagliano contro gli scogli e la spiaggia alzando nuvole di schiuma bianca che mi sembra di avvertire sulla pelle mentre i gabbiani stridono attorno a me e il vento mi sferza il viso. Ritorno alla realtà e noto che è firmato L.G. Non ho il tempo di domandarmi a chi si riferiscano quelle lettere che il corridoio finisce e davanti a me ci sono delle scale uguali a quelle che ho percorso poco fa, che però portano ad un ballatoio largo e corto, dal quale si sta affacciando Ashley.
-C’mon! Come here!
Grida Ethan sorridente, dalla cima della scalinata. Così lo seguo e lo raggiungo. Mi accorgo che alle spalle di Ashley c’è una porta spalancata che lascia trasparire la luce della prima estate e che le illumina il viso e i capelli rendendola ancora più bella.
-Una volta era la mia stanza.
Dice prendendomi per il polso e trascinandomi al suo interno dietro di lei. I raggi del sole mi abbagliano per qualche secondo, poi noto un letto matrimoniale con la testiera in ferro battuto dipinto di bianco, una grande finestra con le tende azzurre che ricadono sul pavimento di parquet. Una scrivania in stile settecentesco sempre di colore bianco e una sedia con imbottitura capitonnè grigia e panna sono addossate sul lato sinistro. Un grande specchio è posto accanto al letto e rimanda il mio riflesso stanco e stordito dal fuso orario. Davanti ad esso, verso destra, c’è un manichino di ferro nero adornato da margherite rampicanti che si avvolgono attorno al palo centrale per poi diramarsi verso il basso, quasi coprendo il busto.
-Wow.
E’ la sola cosa che riesco a dire. Ethan, alla mia destra, ride e mette il mio trolley accanto al manichino.
-Ovviamente l’abbiamo un po’ cambiata. Una volta le pareti erano bianche, ma quando tu ci hai detto che adoravi la natura abbiamo pensato di mettere questi adesivi.
Dice Ashley indicandomi uno dei tanti steli d’erba neri che sembrano nascere dal pavimento. Tra di essi spunta qualche fiore di campo e un soffione, dal quale il vento ha strappato alcuni semi che ora volano sopra alla testiera del mio letto.
-Grazie mille, non dovevate prendervi tanto disturbo per me, davvero.
Ashley fa una smorfia, poi mi indica una porta accanto alla scrivania che prima non avevo notato.
-Lì ci sono il bagno e la cabina armadio.
A quelle parole strabuzzo gli occhi. E’ sempre stato il mio sogno.
-Cabina armadio?
Chiedo incredula. Lei annuisce, poi apre la porta e mi fa segno di entrare. Non appena metto piede nel bagno e alzo gli occhi, mi vedo riflessa in uno specchio a parete di forma rettangolare che arriva sino a terra. Sposto lo sguardo verso destra, dove è posto un lavandino azzurro come le pareti e un mobiletto bianco. Alla mia sinistra invece c’è una vasca rettangolare piuttosto ampia nella quale si entra tramite tre gradini ricoperti da un mosaico nei toni del blu.
-E’ un pannello scorrevole.
Dice Ashley alla mia destra, per poi avvicinarsi allo specchio e sollevare una levetta argentata sulla sinistra. Appena la rilascia lo specchio scorre verso destra e viene inghiottito dalla parete. Davanti a me ora si apre una stanza quadrata completamente di legno, costituita da due cassettiere, tre armadi ed una scarpiera. Con i pochi vestiti che ho portato riuscirò a riempirne un decimo. Mi volto verso la ragazza, raggiante.
-E’ davvero stupendo, grazie! Ho sempre sognato di averne una!
Lei ride ed esce dal bagno per poi avvicinarsi alla porta che dà sulle scale. Ethan è sparito e, improvvisamente, mi sento strana per questo.
-Bè, ti lascio riposare, ci vediamo dopo.
Fa chiudendo la porta e correndo per le scale. Io resto in piedi al centro della stanza, la bocca chiusa sui miei saluti non pronunciati.
Mi volto verso il letto e mi ci avvicino, sfiorando le lenzuola beige con la punta delle dita. Poi mi siedo su di esso, travolta da tutti i pensieri che mi vorticano in testa, da tutti questi suoni, colori, oggetti, modi diversi ed anomali. Troppe, troppe, troppe informazioni e pochissimo tempo per digerire questa nuova situazione. Senza rendermene conto mi ritrovo ad osservare il soffitto imbiancato. Cosa fare? Non ne ho idea. Credo che per ora sia meglio seguire il consiglio di Ashley. Così chiudo gli occhi in attesa di Morfeo; ma un’ultima riflessione mi fa suonare un campanello in testa. Io non avevo mai scritto alla famiglia, ha fatto tutto mia madre. Questo vuol dire che è stata lei a dirgli della mia passione per la natura. “Grazie” Le sussurro mentalmente, prima di sprofondare in un sogno vuoto come mi sento ora.

    ********************

Mi sveglio di soprassalto, mettendomi a sedere di scatto sul letto in un bagno di sudore freddo, al buio. Non ricordo di aver fatto un incubo, ma il cuore mi batte ancora forte nel petto. Resto un attimo disorientata, guardandomi intorno, non riconoscendo la mia camera. Poi i ricordi mi sommergono come un fiume in piena ricordandomi che sono a Los Angeles a casa di completi sconosciuti. Un raggio di luna filtra attraverso le tende leggere colpendomi in viso e svegliandomi completamente dal mio intorpidimento mentale. Mi alzo faticosamente dal letto stiracchiandomi e prorompendo in uno sbadiglio poderoso prima di accorgermi di essere ancora vestita. Deve essere notte fonda, perché non si sente alcun rumore nella casa né per la strada poco distante. Cerco a tentoni l’interruttore e , quando lo trovo, una luce biancastra illumina la stanza. Mi tolgo le vans scalciandole vicino al mio borsone, poi apro il trolley e tiro fuori un paio di shorts scoloriti, una canottiera grigia e una felpa leggera nera. Trotterello verso il bagno e mi sciacquo abbondantemente il viso, togliendomi ciò che resta del mio trucco sfatto e bagnandomi i polsi ancora segnati dalle lenzuola dentro le quali erano avviluppati. Il mio stomaco borbotta rumorosamente e mi accorgo che è da circa un giorno che non mangio nulla. Mi cambio velocemente e lascio i miei vestiti sudati piegati sul mobiletto accanto al lavabo. Striscio poi fuori dalla mia stanza, decisa a procacciarmi qualcosa facendo meno rumore possibile. Mentre percorro i corridoi bui e silenziosi una domanda si fa spazio prepotentemente tra le altre. Dove dormiranno i gemelli?  Quando arrivo alla seconda rampa di scale, che conduce al piano terra, noto una porta bianca infondo al corridoio che prosegue davanti a me. E’ socchiusa e una luce gialla filtra dal piccolo spiraglio lasciato. Sto per dirigermi verso la fonte della luce quando un mormorio della mia pancia, più forte degli altri, mi risveglia e mi fa scendere le scale in cerca della cucina.
Quasi inciampo nei miei piedi rischiando di sbattere la faccia a terra, ma riesco a trattenermi giusto in tempo afferrando il corrimano di legno bianco. Tendo l’orecchio per avvertire eventuali rumori che segnalino la presenza di qualcuno sveglio nella casa, ma non sento nulla fatta eccezione per il mio respiro affrettato ed irregolare. Mi sembra stranissimo trovarmi a muovermi tentoni nel buio di una casa che non sia la mia o quella della mia migliore amica. Continuo a spostarmi nell’oscurità rischiarata soltanto dalla luna bianca che fa passare la sua luce attraverso le finestre disegnando ombre inquietanti sulle mura. Entro in una stanza sulla mia destra che non avevo visto stamattina e tasto la parete dietro di me finchè non trovo l’interruttore e tutto davanti a me si illumina facendomi realizzare di essere finita effettivamente in cucina. Tutto è ricoperto di piastrelle color panna e al centro c’è un grande tavolo di cristallo azzurro con sopra un piatto di metallo lucido ricoperto da una pellicola di nylon trasparente.  Mi avvicino ad esso titubante e vedo che ci sono tre fette di pizza margherita appoggiate sotto e un post-it giallo appiccicato ad un bordo del piatto. Lo prendo tra due dita, come se potesse farmi male e inizio a decifrare la scrittura tremolante.
-Hi Cass,
We came to call you for dinner,
but you were sleeping and
 we did not want to wake you up.
We left you some pizza.

Sorrido piegando il bigliettino ed infilandomelo in tasca. Sono stati davvero gentili a lasciarmi qualcosa da mangiare nonostante non sapessero se mi sarei svegliata oppure no. Mi volto verso la credenza a vetri che è vicino ai fornelli ed al lavabo. Improvvisamente sento la gola secca, perciò prendo un bicchiere con la base leggermente arcuata e lo riempio di acqua del rubinetto. Lo appoggio sul lavandino cercando di non fare rumore e tolgo il nylon dal piatto. Subito l’odore invitante della pizza mi fa salire l’acquolina in bocca e fa protestare il mio stomaco digiuno. Porto il bicchiere alle labbra cercando di resistere alla tentazione di ingozzarmi di pizza e lo riappoggio al tavolo prima che i miei occhi incontrino le lancette dell’orologio. Segnano le due e mezza. No, non è esattamente l’orario adatto per fare uno spuntino, ma mi sento più sveglia che mai e il fuso orario non fa che peggiorare le cose. Mentre piego un lembo di una fetta di pizza e la mangio lasciandomi andare all’aroma di origano e mozzarella, conto le ore che mi dividono da casa. A Venezia ora sono circa le undici della mattina. Le undici! Quasi mi strozzo con la seconda fetta di pizza mentre ci arrivo. Quindi vuol dire che Silvia è all’ospedale a fare volontariato in pediatria e che Fede è al lavoro nella carrozzeria di suo padre. Mentre mia madre… Mia madre si starà allegramente divertendo col suo nuovo giocattolino. Bevo l’ultimo sorso d’acqua e faccio una specie di grugnito, cercando di non farmi pervadere dal nervoso che minaccia di schiacciarmi. Guardo l’ultima fetta di pizza cercando di capire se riuscirò a farmecela stare dentro, ma arrivo alla conclusione che ilo mio corpo non sopporterebbe un simile sforzo. Rimetto la pellicola sul piatto e lo sposto vicino al frigo, sentendomi finalmente sazia. Non ho mai mangiato molto, ma da quando sono uscita dall’anoressia ho sempre cercato di ingozzarmi con l’unico risultato di stare peggio. Perciò ho imparato ad ascoltare il mio corpo ed a capire quanto può essere riempito. Il mio medico dice che ho fatto degli enormi progressi e che se continuo così raggiungerò i cinquanta chili prima dei diciannove anni. Cinquanta chili. Una volta mi sembravano un’enormità, ma non sono quasi nulla per un metro e ottanta di ragazza. Osservo le mie braccia sottili mentre lavo il bicchiere e lo asciugo con uno strofinaccio marrone che ho trovato appeso ad un gancio. Per ora sono riuscita ad arrivare quota quarantasette chili, ma ingrassare per me si è rivelata una vera tortura. Mi volto verso la porta della cucina, appoggiandomi con le braccia e il sedere al lavabo. Sono talmente persa nei miei calcoli che quasi prendo paura quando vedo la sagoma di un ragazzo stagliarsi sullo stipite della porta. In seguito realizzo che è uno dei gemelli, ma non capisco chi. Ci osserviamo per qualche istante prima che lui mi rivolga la parola. Indossa una maglietta a maniche corte larga tre volte lui di colore grigio, un paio di pantaloncini neri e delle infradito blu.
-Ti sei risvegliata vedo.
Sussurra avvicinandomisi con un ghigno divertito dipinto sul viso ancora assonnato. E’ Ethan, ne sono sicura. Mi sento il sangue affluire al viso e mi faccio piccola piccola ad ogni suo passo. Non riesco a capacitarmi dell’influenza che questo ragazzo ha su di me.
-Sì, il mio stomaco reclamava cibo.
Mormoro a mia volta per poi accorgermi del fatto che probabilmente l’ho svegliato.
-Ti ho disturbato?
Chiedo apprensiva, puntando per la prima volta di mia spontanea volontà i miei occhi nei suoi. Vi leggo stupore, gentilezza e…disponibilità. Non so per cosa né perché, ma sembra essere così.
Si passa distrattamente una mano tra i capelli arruffati, che lo rendono ancora più bello.
-No, tranquilla, non riuscivo a dormire. Avevo voglia di parlare con qualcuno pare, perché ora mi sento già meglio. Però è meglio se ci spostiamo in veranda, Grayson ha il sonno leggero e non voglio che ci interrompa.
Fa con un sorriso malizioso, scrutandomi di sbieco e portandosi il pollice della mano destra sul labbro inferiore. Mi mordo con forza l’interno della guancia per non perdermi in pensieri fin troppo fantasiosi e annuisco.
Lui si volta e spegne la luce dietro di lui, lasciandomi al buio della cucina, prima che mi decida a seguirlo nell’ingresso, dove ha già aperto la porta e me la tiene elegantemente aperta per permettermi di passare. Mi avvicino a lui, ma quando gli passo accanto abbasso lo sguardo di colpo, guardandomi i piedi. Avverto lo strisciamento di qualcosa sul legno, poi la porta che si sposta sui cardini e i passi di Ethan dietro di me prima di vederlo materializzarsi al mio fianco, appoggiandosi con gli avambracci al bordo della balaustra di legno bianco. Lo imito e mi ritrovo ad osservare il suo profilo illuminato dalla luna. La pelle è così bianca che sembra essere fatta di ghiaccio. Sposto gli occhi lungo la fronte ampia, gli occhi aperti e fissi su qualcosa di indefinito contornati da ciglia lunghe e flessuose, il naso dritto e severo che si addolcisce sulla curva delle labbra piene ed appena dischiuse, sul mento prominente e la mascella spigolosa. Venere in persona non avrebbe potuto fare nulla di meglio.
Improvvisamente si volta verso di me ed io sobbalzo, impaurita dal fatto che mi abbia scoperto a fissarlo.
-Dove hai imparato a cantare così?
Chiede semplicemente, guardandomi in viso con un’espressione pensierosa.
Io sorrido e istintivamente mostro i denti, come facevo una volta, prima che lei mi dicesse che sembravo una cogliona. Il ricordo del suo viso e dell’asprezza della sua voce si fa forte e nitido nella mia mente e torno ad essere subito seria.
Mi giro verso la stradina di sassi e lo sguardo mi si posa su un uccellino che pigola pigramente sul ramo della grande magnolia del giardino.
-Non lo so. In un certo senso ho sempre saputo farlo. Era istintivo. Come respirare, ridere, sognare. Non l’ho imparato. Semplicemente il canto, la musica, mi scorrevano nella vene. Facevano parte di me sin da piccola ed hanno aiutato a formare la ragazza che sono ora.
Sussurro quasi rivolta a me stessa, le parole che escono dalla mia bocca senza che glielo abbia chiesto.
Rimaniamo qualche attimo in silenzio, ed io continuo ad osservare l’animaletto che si sposta saltellando e raggiunge un nido in mezzo alle foglie scure, per poi rifugiarcisi dentro. Il nido è il suo posto sicuro. Dove sa che nulla potrà scalfire la sua barriera. Io ne ho uno? Di posto sicuro? Oppure la barriera sottile che ho costruito con tanto impegno attorno a me dovrebbe bastare a nascondermi e a proteggermi dal mondo?
-Direi che hanno fatto un ottimo lavoro. Hanno creato una ragazza fantastica.
Mormora Ethan ricatturando la mia attenzione. Mi sta guardando con gli occhi scuri al buio della notte. No. Mi sta osservando. Non faccio a tempo a distogliere lo sguardo che mi intrappola per la seconda volta in una giornata nel suo. Rimango senza fiato dall’intensità dei suoi occhi.
-Non sai nulla di me. Mi conosci da meno di un giorno. Potrei essere la peggio persona del mondo.
Dico con un filo di voce, stringendo la balaustra di legno sino a farmi diventare le nocche bianche. Anche se non le vedo so che è così. Conosco il mio corpo.
Lui ride e mi si avvicina pericolosamente, ed io, inerme, non riesco a reagire se non spalancando gli occhi e trattenendo il fiato. Quando il suo viso è a qualche centimetro dal mio e riesco a sentire il suo fiato caldo sul viso, si sposta e mi riavvia una ciocca di capelli dietro le orecchie.
-La persona peggiore del mondo non si preoccupa per gli altri, non arrossisce se qualcuno le fa una domanda né si emoziona quando le si lascia qualche pezzo di pizza e un bigliettino. Quella che vedo è solo una persona che ha ricevuto poco amore e che ne ha dato troppo ed alle persone sbagliate. Vedo una persona insicura su di sé e restia a togliere le maschere che con così tanta fatica ha messo sul proprio volto. O sbaglio?
Chiede sussurrando. Ed io non ce la faccio, e prima che riesca a trattenermi la voce mi esce strozzata e tremante.
-No. Non sbagli. E magari non riesci nemmeno a capire che con due semplici frasi hai distrutto la protezione che mi ero creata attorno per anni. E non so come tu abbia fatto. Se tu l’abbia voluto fare. Ma mi hai resa spoglia, nuda, indifesa davanti a te. Perché sei riuscito ad afferrare la mia essenza in così poco tempo.
Ora anche l’ultimo barlume di gioia si è spento sul suo viso, che mi fissa quasi triste e scioccato da dove era prima.
-Ho letto i tuoi occhi.
Mormora per risposta. Allora è vero, è vero che gli occhi sono lo specchio e la porta dell’anima. Allora avevo ragione a tenerli nascosti agli estranei e talvolta anche a coloro che non lo erano. Alzo lo sguardo, che avevo abbassato sulle sue ciabatte e incontro i suoi, di occhi. Velati da una patina che non riesco a trapassare, ma che sembrano volermi circondare e abbracciare. Così glielo chiedo.
-Can you hug me?
Improvvisamente il sorriso torna a far distendere i suoi lineamenti e la ruga in mezzo alle sopracciglia corrugate svanisce.
-Certo.
Sussurra per poi mettere le braccia muscolose attorno al mio corpo minuto. Sento la pressione delle sue mani, una sulla vita, l’altra sulla spalla; io sono invece aggrappata ai suoi fianchi ed ho appoggiato la testa nell’incavo del suo collo. Inspiro profondamente, ricacciando indietro le lacrime che avevano minacciato di uscire dalle palpebre socchiuse. Improvvisamente il suo odore mi colpisce forte, provocandomi una sensazione di calore all’interno delle viscere, all’altezza dello stomaco. E’ un odore particolare, unico, piacevole e maschile. Sudore, acqua, brezza estiva, shampoo e fuoco. Simile a quello che avverto quando faccio i falò con i miei amici vicino al mare. E, senza rendermene conto, mi innamoro di quell’odore e desidero averne sempre di più, ancora e ancora. Mi ricorda casa. E quella cosa che chiamavo serenità. Non felicità. Quella non posso aspettarmi di provarla nuovamente. La mia stretta attorno ai fianchi di Ethan si fa più forte e così la sua su di me. Ormai siamo aggrappati l’uno all’altra. Come fossimo due ancore che si vogliono salvare a vicenda.
Quando ci stacchiamo ho le guance calde e una gran voglia di farlo ancora. Incrocio i suoi occhi e noto che mi stava guardando ancora più intensamente di come ha fatto prima. Non riesco ancora a leggere quello che dicono i suoi, ma so cosa si può leggere nei miei. Riconoscenza.
-Meglio se torniamo dentro, domani io e mio fratello vogliamo farti fare un bel giro.
Mormora, la voce talmente roca che deve schiarirla in più punti della frase. Io annuisco e rientriamo dentro casa, correndo silenziosamente per i corridoi, sino ad arrivare alla porta della mia camera. La apro, ma resto sullo stipite, aggrappata con le mani ad esso mentre lo osservo salire le scale; i miei capelli lunghi e scompigliati che ricadono disordinatamente sulle spalle, i suoi tenuti fermi da una mano che viene pazientemente passata attraverso di loro.
 Aspetto che mi raggiunga, e restiamo qualche secondo in silenzio, mentre mi studia dall’alto.
Ho il fiatone anche se ho corso per pochi metri e ciò mi ricorda quanto debole ancora io sia.
-Allora buonanotte.
Dico in un mormorio. Lui sorride e noto che gli si formano delle piccole fossette sotto gli occhi.
-Buonanotte Cass.
Fa lui di rimando, poi chiudo la porta, appoggio la schiena su di essa e mi lascio scivolare verso il basso. Sconvolta ed esausta dalla ventata di emozioni che questo giorno ha portato con sé. Ed è solo ora, al buio e al segreto della mia camera, che lascio scivolare fuori tutte le lacrime che ho ingoiato dolorosamente durante il giorno.


Angolino autrice!
Rieccomi! Sono tornata con una nuova fanfiction su due ragazzi che letteralmente adoro! Magari qualcuno di voi non li conosce ma vi lascio il link della loro pagina YouTube all'inizio della storia!
Detto ciò, che ne pensate?
Fatemelo sapere!
Love You All!
_mary_laura_

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2
Resto sveglia sino alle sei del mattino, seppure io abbia provato ad addormentarmi distendendomi vestita sul letto e chiudendo gli occhi, cercando di svuotare la mente. Ma non appena lo facevo appariva un volto nei miei pensieri. Non quello di Silvia, non quello di Federico. Quello di Ethan. Non so perché ma tutto ciò mi dà davvero fastidio. Eppure non dovrebbe. Che ha fatto di male? Assolutamente nulla, anzi, mi ha aiutata quando ieri sera avevo bisogno di parlare e di sfogarmi.
Nonostante ciò, mi sentivo salire il nervoso e, per non mettermi a urlare nel cuscino, ho deciso di svuotare le mie valigie.
Per fortuna questo lavoro, accompagnato in sottofondo dalla musica proveniente dalle mie cuffiette, mi ha distratto un bel po’. Per sfortuna, invece, ha impegnato meno tempo del previsto e nel giro di due ore avevo già appeso i miei abiti nella cabina armadio, posizionato le scarpe perfettamente allineate nel porta scarpe, sistemato i miei libri di scuola e il pc sulla scrivania e riempito lo scaffaletto del bagno con le mie cose.
Quando ho guardato l’orologio, però, erano solo le quattro e tre quarti e non avevo nemmeno un po’ di stanchezza addosso.
Perciò non ho resistito ed ho passato il resto del tempo messaggiando con la mia migliore amica, seduta sul tappeto azzurro ai piedi del mio letto. Le ho raccontato tutto, persino della mia chiacchierata con Ethan e della piacevole sensazione provata stretta tra le sue braccia.
Lei si è mostrata entusiasta e mi ha rassicurata tutto il tempo dicendo che questi tre mesi passeranno in fretta.
Lo spero proprio. Anche se i gemelli e la loro famiglia sono gentili e disponibili nei miei confronti, non è questo quello che desidero. Non voglio stare qua nemmeno un altro giorno, vorrei solo prendere il primo aereo per l’Italia e tornare alla mia vita.
Verso le sei però Silvia ha dovuto lasciarmi (in Italia erano le tre del pomeriggio) perché doveva iniziare il secondo turno all’ospedale come volontaria.
E’ nata per fare la pediatra, da sempre adora i bambini e nessuno ci sa fare con le cure mediche come lei. Mi ricordo ancora la prima volta che sono andata ad aiutarla e i bambini l’hanno vista varcare la porta del reparto di pediatria. I loro volti si sono illuminati e sembravano essersi dimenticati delle loro infermità e dei loro problemi. Poi si sono fiondati su di lei e le hanno abbracciato le gambe ridendo e dicendo che gli era mancata moltissimo. Giuro che quella volta non ho resistito a ridere spalancando la bocca per poi abbracciare ognuno di loro ed aiutarli a colorare i disegni di Halloween che gli avevamo preparato. Da allora sono andata a trovarli almeno una volta al mese. Quest’estate sentirò sicuramente la loro mancanza, i loro gridolini, le voci sottili e i capricci, ma Silvia mi ha promesso che mi collegherà con la webcam con loro, così potrò almeno vederli e parlare con loro.
Senza accorgermene mi sono trovata distesa sul tappeto cellulare ormai spento in una mano, mentre l’altra la tenevo sotto la guancia. Mi sentivo le palpebre incredibilmente pesanti ed ho ceduto al morso della stanchezza.
***
Avverto due mani che mi scrollano, poi una voce in lontananza che mi giunge ovattata e della quale non riesco a distinguere le parole. Improvvisamente il movimento brusco cessa e io ringrazio con un debole mugolio, ma subito dopo qualcuno mi accarezza una guancia, scostandomi i capelli dal viso.
-Silvia smettila…
Sussurro per poi girarmi dall’altra parte stiracchiandomi le braccia per poi strofinarmi i pugni sugli occhi ed accorgermi che non è decisamente Silvia quella che stava cercando di svegliarmi, ma Ethan. E che sono distesa sul pavimento. Vestita. In uno stato pietoso, coi capelli scompigliati e una manica della canottiera che mi è scesa sulla spalla lasciandomi mezza nuda. Avvampo di fronte allo sguardo pressante di Ethan ed indietreggio, col solo risultato di andare a sbattere contro il bordo del letto con la nuca e provocarmi una specie di trauma cranico. Mi porto una mano alla testa e lancio un gridolino per poi scoppiare a ridere pensando alla figura di merda che ho appena fatto. Alzo lo sguardo verso i gemelli e noto che anche loro stanno ridendo di brutto. Mi alzo in piedi strofinandomi il capo e solo allora riesco a dire :-Ahi. Al che scoppiamo ancora di più a ridere e non riusciamo a smettere per un bel po’ perché appena ci guardiamo ricominciamo. Alla fine devo tenermi la pancia per i crampi e mi devo asciugare le lacrime dagli occhi.
-Ragazzi mi farete morire se continuate così!
Esclamo per poi lasciarmi cadere sul letto e prorompere in uno sbadiglio poderoso con tanto di stiracchiatina.
I due fratelli mi si fanno vicini e si siedono uno alla mia destra e l’altro alla mia sinistra. Noto che sono entrambi già vestiti con tanto di vans e ciò mi fa nascere un dubbio.
-Aspettate, che ore sono?
Chiedo preoccupata guardando prima l’uno e poi l’altro con un’espressione allucinata in volto.
-E’ tardi sono le dieci del mattino tra poco e noi dobbiamo farti fare un bel giro, quindi vedi di sbrigarti a cambiarti e a raggiungerci giù.
Fa Ethan prendendomi le mani tra le sue e facendomi alzare per poi dirigermi verso il bagno.
Io apro la porta e resto un attimo appoggiata allo stipite guardando i gemelli. Riesco già a distinguerli di più, per esempio ho notato che Grayson ha un neo sul mento che Ethan non ha e che hanno la voce modulata in modo diverso.
-E poi Jake e suo fratello sono già passati tre volte per vedere se eri sveglia e li abbiamo dovuti ricacciare a casa visto che nostra madre non voleva destare la “Bella Addormentata”
Fa Grayson con un sorriso.
-Che poi tanto bella non è…
Mormoro tra me e me guadagnandomi un’occhiataccia dai gemelli. Odio quando le persone fanno così perché non sanno essere oggettive. Odio quando fanno complimenti esagerati ed apprezzamenti in generale poiché si basano sul loro rapporto con te e su come ti vedono personalmente. Non è vero che sono bella. Anche se i miei amici dicono che sono una delle ragazze più belle del nostro Paese so che non è così. Non dico nemmeno di essere brutta: so che non lo sono, sono in grado di riconoscere una ragazza non piacente. Direi di essere neutra, né bella, né brutta. Ci sono alcune cose del mio corpo che mi piacciono, come i miei occhi grigi e i capelli lunghi e mossi, ed altre che non sopporto, il naso leggermente a patata o le gambe sproporzionate a causa della mia anoressia, tanto che le cosce sono poco più grandi dei polpacci.
Perciò storgo un lato della bocca e cerco di non dare peso ai ragazzi.
-Comunque, chi sono Jake e suo fratello?
Domando curiosa appoggiando tutta la schiena allo stipite e voltando il viso verso di loro. Ethan si passa una mano tra i capelli e Grayson si morde leggermente il labbro sulla destra, come sono solita fare anche io.
-Bè, sono dei nostri quasi vicini di casa. Jake ha tre anni più di noi ed è uno dei miei più grandi amici.
Dice poi sorridendomi quest’ultimo. Mi sento felice per questo, vuol dire che hanno parlato di me a qualcuno e che forse non dovrò adottare la tecnica “fatti-invitare-alle-feste-e-fingi-di-essere-socievole” come mi ha suggerito Silvia.
-Ok. Non vedo l’ora di conoscerli; dieci minuti e sono da voi.
Rispondo in un fiato per poi chiudere la porta alle mie spalle a chiave ed iniziare a spogliarmi velocemente per fare la doccia più corta della mia vita. Zampetto dentro alla vasca ed apro l’acqua fredda per poi strofinarmi istericamente i capelli col mio shampoo al miele e togliere il sudore dal mio corpo. In meno di tre minuti sono avvolta in un accappatoio, con i peli d’oca sulla pancia e sulle braccia, cercando in preda al panico qualcosa che metterebbe una normale diciottenne. Mia madre mi ha minacciata con la frusta per le uova dicendomi che se solo avessi provato a portare un vestito da “ragazzina dark scostumata”, mi avrebbe infilato l’attrezzo da cucina io sapevo dove. In realtà non le ho dato molto peso, solo perché mi piace il nero non vuol dire che io sia dark ed avere una maglietta che non arrivi alle ginocchia non è un reato. Comunque mi ha dato cento euro da spendere in abiti che a suo parere erano adatti ad una persona della mia età; ma alla fine la valigia l’ho preparata io e di nero ce ne è a sufficienza.
Nonostante ciò opto per un paio di jeans grigi a vita alta ed una maglietta a maniche corte bianca col disegno del profilo di quella che credo essere New York, regalo in anticipo per il mio diciottesimo compleanno da parte di Rachele, una mia compagna di classe. Infilo saltellando le vans e acconcio i capelli umidi in una treccia che poi attorciglio sulla nuca creando una crocchia. Mi traccio una leggera linea di eyeliner per poi finire il lavoro con un po’ di mascara e di fard sulla mia pelle pallida. Cerco di scacciare la tensione correndo sul posto ed agitando le mani, poi mi sistemo un ciuffo ramato davanti a metà del viso ed esco dalla mia camera quasi correndo per poi piombare in cucina, dove Ethan, Grayson ed Ashley mi aspettano seduti al tavolo. Appena faccio il mio ingresso nella stanza la loro conversazione si spegne e mi guardano tutti perplessi.
-What’s up?
Chiedo prendendo posto sulla sedia accanto a loro sorella, davanti a Grayson.
-Credevamo ci mettessi molto, invece hai impiegato davvero solo una decina di minuti.
Mi spiega Ashley versando un po’ di succo d’arancia in un bicchiere che poi mi porge. La guardo riconoscente ed avvolgo le dita attorno ad esso.
-Sono una persona di parola.
Spiego con un piccolo sorriso, prendendo un biscotto da un piatto al centro del tavolo. Inizio a sgranocchiarlo mentre Grayson scivola sulla sedia ed accavalla le gambe ed Ethan appoggia un braccio allo schienale del fratello.
-Oggi abbiamo deciso di farti fare un po’ il giro del quartiere, presentandoti ai nostri amici. Staremo via tutta la giornata, se ti va, ed Ashley ci raggiungerà nel pomeriggio vicino al fiume visto che stamattina lei e la mamma avevano voglia di andare a fare compere.
Dice lui inarcando le sopracciglia e terminando0 la frase con un sorriso. Sposto il bicchiere e mi porto una mano allo stomaco, per attenuare la sensazione di pienezza; evidentemente gli spuntini delle due di notte non fanno per me.
-Questa sera invece c’è una piccola festa di fine anno per noi e ci chiedevamo se avessi piacere di accompagnarci.
Fa Grayson sporgendosi verso di me. Oh. No. No, no, no! Non voglio partecipare ad una festa studentesca, meno che mai di una scuola di Los Angeles della quale non faccio parte. Già le feste normali mi mandano in agitazione, figurarsi una dove non conosco nessuno e tutti parlano una lingua strana. Non se ne parla proprio.
-Ovvero Ethan si chiedeva se ti andasse di accompagnarlo, visto che non è stato in grado di trovare una ragazza disposta a passare una serata a ballare con lui.
Esclama Ashley, che nel frattempo si è alzata ed è sparita dalla cucina. Resto con la bocca aperta e gli occhi puntati dove prima c’era la sua figura. Nessuna ragazza intendeva essere la su accompagnatrice? Impossibile. Conoscendo le diciottenni (e le diciassettenni, e le sedicenni e le quindicenni) sono sicura che ce ne saranno state almeno una trentina in trepidante attesa di un suo invito. Perché ha detto di no a tutte? Non c’è nemmeno una ragazza che susciti il suo interesse?
-Probabilmente vi sarei solo d’intralcio, non voglio rovinarvi la serata…
Mormoro in preda al panico torcendomi le mani nervosamente. Noto lo sguardo di Ethan puntato su di me e mi ritrovo a fissare il suo volto supplicante. E’ incredibilmente bello anche solo con una maglietta grigia ed un cappello nero messo al contrario.
-Please, please, pleeeeease!
Dice giungendo le mani e facendo gli occhi da cucciolo. Improvvisamente mi ritornano in mente le scene di stanotte e le sue parole. Come faccio a dirgli di no?
-Ok, ma non aspettatevi chissà quale anima della festa da parte mia.
Faccio alzandomi e dirigendomi verso il lavabo con il mio bicchiere in mano. Mi pento già di averlo detto. Perché ho accettato? Sarà un completo disastro.
Appoggio il bicchiere sul ripiano di marmo e un millisecondo dopo due braccia muscolose mi circondano la vita e mi alzano da terra. Lancio un gridolino di protesta, ma più che altro sembra il verso di un animale agonizzante. Mi aggrappo con le mani a quei fasci di muscoli e vene.
-Grazie mille Cass! Giuro che non te ne pentirai, ci divertiremo un sacco!
Fa Ethan rimettendomi giù e girandomi verso di lui. Tutto il suo essere sembra spigionare una luce ed un’allegria travolgenti. Stringe forte le mie mani tra le sue, poi si china verso di me e mi lascia un leggero bacio sulla guancia. Nell’esatto istante in cui le sue labbra si appoggiano alla mia pelle vado in estasi e mi accorgo di star trattenendo il respiro.
-Vado un attimo a lavarmi i denti.
Faccio sottovoce sgattaiolando via dalla sua presa e precipitandomi su per le scale. Mi tasto il viso e noto di avere un sorriso che mi stravolge il volto in una smorfia e che le mie gote sono bollenti.
Colgo solo un ultimo stralcio di conversazione prima di sparire nel corridoio.
-L’ho spaventata?
Questo è Ethan, la voce bassa e roca.
-Forse, in fondo avere un mostro del genere così vicino non è un’esperienza da tutti i giorni.
Fa Grayson in risposta ridendo sommessamente.
-Siamo uguali idiota!
Esclama il fratello con una punta di ironia.
Non faccio a meno di ridere.
***
Il caldo che quasi mi soffoca è talmente afoso da farmi incollare le goccioline di umidità alle braccia e al collo. Cammino per la strada rovente tra i gemelli, in direzione della casa di Jake e di suo fratello. Non sono impaziente per nulla di incontrare mister “migliore amico di Grayson” né suo fratello, né la sua famiglia, né il suo gatto o il suo criceto e che ne so io. In realtà voglio solamente raggomitolarmi su me stessa e starmene in camera mia a controllare le liste dei voli per Venezia. Cerco di scacciarmi questi pensieri dalla mente e mi concentro solo sullo scegliere una canzone da canticchiare nella mia testa. Scavo nei miei ricordi e nella colonna sonora della mia vita e senza accorgermene sulle mie labbra si formano le parole di “Stitches” ma chiudo la bocca appena un istante prima di iniziare a cantare. Perché?! Perché proprio Stitches? Ma sì, dai, deprimiamoci pure visto che ne abbiamo bisogno! Tanto vale che inventi “L’inno al Suicidio” sarebbe proprio una cosa da me.
-Perché ho ‘sto temperamento demmerda?!
Sbotto infastidita, fermandomi in mezzo alla strada. Non mi accorgo di averlo detto ad alta voce e tanto più in italiano finchè non noto lo strano sguardo che mi lanciano i ragazzi. Dire che ho voglia di sparire è dire poco.
-Are you ok?
 Domanda Grayson appoggiandomi una mano sul braccio. Annuisco e mi passo una mano tra i capelli per poi riprendere a camminare.
-A me non sembra.
Fa Ethan avvicinandomisi leggermente e sfiorandomi la guancia col dorso della mano. Resisto all’impulso di scattare di lato per evitare il contatto con lui; in questi momenti divento incredibilmente irritabile e persino Silvia e Federico sanno di dovermi stare distanti.
-Davvero, me la sto solo prendendo con me stessa.
Mugugno guardandomi le scarpe e concentrandomi sul calciare un sassolino il più lontano possibile.
Ometto che sono in collera con me stessa per la mia tendenza pessimista.
-Allora dobbiamo tirarti su di morale.
Conclude Grayson sfregandosi le mani e sorridendomi di sbiego. Spalanco gli occhi in attesa del peggio. Non ho idea di cosa vogliano fare.
-Pronto Gray?
Chiede Ethan per poi abbassarsi e prendermi per una gamba mentre suo fratello fa lo stesso con l’altra. Mi ritrovo così seduta per metà sulla spalla di Ethan e per metà sulla spalla di Grayson. Mi copro il viso con le mani per non guardare giù. Ho troppa paura di cadere, il cuore va a mille anche se sento la presa forte dei gemelli sui miei polpacci.
-Mettetemi giù!
Imploro ridendo, per cui non risulto molto convincente. In realtà mi sto divertendo moltissimo, nessuno mi aveva mai portata così.
-Non ci pensiamo nemmeno!
Ribatte Grayson mentre Ethan inizia a cantare “Think” urlando:-Freedom!
La loro simpatia mi travolge e mi sento improvvisamente leggera, come se non fossi oppressa da tutto ciò che mi sta intorno. Come se fossi felice.
Arriviamo davanti ad una casetta bianca col tetto spiovente di colore rosso scuro, tendente al bordeaux, alla quale si accede tramite un vialetto di ghiaia. I ragazzi mi prendono per la vita e mi riportano con le gambe per terra, nel vero senso della parola. Poi Ethan avvolge un braccio attorno ai miei fianchi e Grayson mi passa il suo sulle spalle. Io non so che fare se non arrossire, il mio sport preferito, e diventare piccolissima in mezzo a loro, nonostante la mia altezza da me giudicata spropositata.
Non riusciamo nemmeno ad arrivare alla porta che questa si apre, e ne escono due ragazzi biondi, uno più bello dell’altro, sorridenti e dall’aria simpatica. Simpatica magari per gli altri, non per me. Mi divincolo dalla stretta dei gemelli e li guardo avvicinarsi a quelli che credo essere Jake e suo fratello. Grayson abbraccia il biondino più basso e noto che, seppure sia più piccolo di lui, lo supera di una decina di centimetri buona. Ethan invece batte il pugno all’altro e gli dà una pacca sulla spalla per poi indicarmi e sussurrargli qualcosa. Immediatamente dopo, si avvicinano a me tutti e quattro e senza accorgermene indietreggio fino ad arrivare al prato di erba tagliata corta. Mi fermo di colpo e mi accorgo di quanto abbia fatto la figura della scema. Mica vogliono mangiarmi! Almeno, lo spero. Il ragazzo più grande si schiarisce la gola e mi porge la mano. Noto che ha gli stessi capelli biondissimi del fratello, ma i tratti più dolci, quasi morbidi. In compenso ha un sorriso bello da far paura e gli occhi azzurri sono di una brillantezza incredibile.
-Ciao Cassandra, io sono Logan, Logan Paul.
Gli stringo la mano titubante, per poi accorgermi che ha pronunciato il mio nome correttamente. Alzo un sopracciglio e faccio un piccolo sorriso, alzando un lato della bocca. Wow. Non me lo aspettavo.
-Ciao Logan, tu devi essere Jake, vero?
Chiedo al ragazzo accanto a Grayson, porgendogli la mano appena stretta dal fratello.
Lui dà una gomitata al suo migliore amico che si tiene lo stomaco come se lo avesse ucciso.
Reprimo una risatina e mi concentro su Jake, che mi si avvicina ammiccante e mi stringe la mano per poi leccarsi le labbra in un modo che dovrebbe essere provocante ma che risulta solo ridicola.
-Vedo che avete già parlato di me a questa bella ragazza.
Dice poi mettendosi nuovamente a lato di Grayson senza smettere di guardarmi. So che sta scherzando, ma trovo comunque il suo sguardo troppo pressante, troppo simile a quello che Riccardo mi lanciava quando aveva bisogno di me, del mio corpo, ed io ero costretta a saziarlo. Abbasso gli occhi a terra e una stretta mi preme sul cuore, a ricordarmi di quei giorni tristi e confusi.
-Bè, più che altro mi hanno buttata giù dal letto per venire a conoscervi.
Mormoro rialzando un attimo gli occhi, senza però guardarlo, con una nota di tristezza impressa nella mia voce.
I ragazzi ridacchiano e si avviano verso la casa chiacchierando, tutti tranne Ethan, che resta accanto a me ed aspetta che gli altri siano entrati per parlarmi. Sto ancora fissando un’ auto parcheggiata al lato della strada, quando sento una sua mano sulla mia spalla e la sua voce vicino al mio orecchio.
-Perdonalo Cass, lui voleva solamente essere simpatico.
Sussurra ravviandomi una ciocca di capelli dietro un orecchio e prendendomi il volto tra due dita, sul mento, in modo da farmi voltare verso di lui. Non riesco a guardarlo negli occhi, quindi mi concentro sul suo naso, trattenendo il respiro.
-Se vuoi parlarne Cass…
Mormora lasciandomi il volto e prendendomi una mano sfiorandomi appena le dita.
-No, io non ho nessun..
Lo interrompo scuotendo la testa.
-Se vuoi parlarne, sono qui.
Riprende stringendomi la mano nella sua. Nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere. Ovviamente Federico e Silvia sanno tutto ciò che c’è da sapere, non c’era bisogno che mi dicessero che erano disposti ad ascoltarmi, ma sentirlo con le mie orecchie mi dà una sensazione stupenda, simile a quella provata ieri sera abbracciata a lui.
-Promettimi che te lo ricorderai.
Continua, il volto serio, ma al contempo dolce.
-Sì, te lo prometto.
Rispondo con un filo di voce, cercando cacciare indietro le lacrime di riconoscenza che volevano scorrere per le mie guance.
Con un sorriso Ethan mi prende di nuovo per la vita e mi accompagna dentro la casa dei fratelli. Noto subito che si sente la voce anche di una ragazza, giovane, circa della nostra età, che ride.
-Vieni, sono in salotto.
Dice lui accompagnandomi in una sala sulla sinistra della casa, con le pareti grigie e un caminetto bianco sulla parete di destra e delle poltrone beige disposte a cerchio. Su queste sono seduti Grayson accanto al quale c’è Jake, alla cui destra Logan porta sulle ginocchia una ragazza pallida e sorridente, con un caschetto di capelli ricci e castani ad incorniciarle il viso.
Ha gli occhi scurissimi e ride gettando indietro la testa e scuotendo i ricci.
-Oh, ciao Talhia, ci sei anche tu…
Constata Ethan con una punta di amarezza nella voce. Mi volto verso di lui e noto che ha il viso contratto in una smorfia come di disgusto. Perché ce l’ha con questa ragazza? Cosa gli ha fatto? Cerco di non darci peso, anche perché lei mi rivolge la parola.
-Sì, come puoi vedere. Ciao Cassandra, io sono Talhia, la ragazza di Logan.
Dice alzandosi dalle ginocchia del ragazzo, il suo ragazzo, e venendo verso di me con un sorriso da sgualdrina dipinto in volto. Okay, adesso posso capire perché dia fastidio ad Ethan, probabilmente ci avrà provato fino all’ estremo con lui. E’ abbastanza più bassa di me, ma ha il corpo flessuoso ed esile, cammina come un leopardo, quasi molleggiandosi sul piede che mette davanti all’altro. Sento la mano di Ethan serrarsi attorno alla mia vita e stringermi a sé. Faccio un sorrisetto che più falso non si può e le stringo la mano.
-Ciao Talhia, mi fa piacere conoscerti. Hai l’età di Logan?
Chiedo curiosa, cercando di sondare il terreno.
Lei sbuffa come se fosse la domanda più stupida che abbia mai sentito e si porta una ciocca dietro alla spalla.
-No, assolutamente, ho un anno meno di Jake.
Ah, una baby-squillo in pratica. Da come l’aveva detto sembrava che avesse sedici anni, mica venti! Quindi ha tre anni meno di Logan.
-Ah, sembrava…
Ribatto sedendomi sulla poltrona alla mia destra, mentre Ethan si accomoda accanto a Logan e Talhia si appollaia nuovamente sulle gambe del suo ragazzo.
-E tu, sei la ragazza di Ethan?
Domanda con tono civettuolo. Ma…cosa?! La droga fa male di mattina cara! E poi, come le viene in mente di domandarmi una cosa del genere?! Lo conosco da meno di un giorno, non sono mica una zoccola!
Sento Grayson ridere ed Ethan agitarsi al suo posto.
-NO!
Gridiamo quasi assieme, per poi guardarci con una faccia sconvolta a dir poco.
-No, come ti salta in mente?!
Chiede lui arrabbiato, stringendo i braccioli fino a far defluire il sangue dalle nocche.
-Calmino tesoro, ho avuto questa impressione dal momento che la abbracciavi e la guardavi come se volessi mangiartela!
Sbotta lei per poi avviarsi a grandi passi fuori dalla stanza. Questa poi!
Logan alza gli occhi al cielo, per poi seguirla urlandole di fermarsi.
Cerco di farmi il più piccola possibile nella poltrona e di inghiottire l’imbarazzo. Non so se sia colpa mia o colpa del suo rapporto non esattamente fantastico con Ethan, fatto sta che mi sento a disagio come una bambina colta a fare qualcosa di sbagliato. Alzo leggermente lo sguardo e vedo che Jake sta esultando silenziosamente, mentre Grayson si copre il viso con una mano e soffoca le sue risate.
-Tranquilla, fa sempre così, è un’oca come poche; si infastidisce per nulla ed è orgogliosissima. Aspettavo che facesse una scenata da un momento all’altro.
Mi spiega Jake sedendosi sulla poltrona del fratello. Ha un sorriso bellissimo e gli occhi luminosi, sembra quasi australiano. Tento di dargli ragione, di non sentirmi responsabile. Di assimilare il fatto che le puttane americane sono uguali a quelle italiane, cambia solo la lingua in cui si esprimono. Faccio un sorriso timido e rivolgo la mia attenzione ad Ethan, lo sguardo volto verso le grandi finestre sulla destra, le mani ancora serrate attorno ai braccioli, i muscoli tesi. Mi sporgo verso di lui e gli tocco una spalla, senza però volerlo veramente fare. Sembra quasi risvegliarsi da un sogno, il corpo gli si rilassa completamente, scuote leggermente la testa e si gira verso di me, regalandomi un sorriso. Quando incontro i suoi occhi vivaci sento come un peso che mi si toglie dal cuore.
-Ehi, scusa.
Sussurra imbarazzato mettendo una mano sopra alla mia, facendomela appoggiare su un bracciolo.
-Figurati, non è colpa tua.
Gli spiego facendo una piccola risata per poi guardare di nuovo Jake, che ha tirato fuori il cellulare e sta scrivendo come un forsennato. Quando finisce ripone l’I-Phone nella tasca dei pantaloni, poi si appoggia con i gomiti sulle ginocchia.
-Era Logan, ha deciso di andare a casa di Talhia per “consolarla”.
Fa mimando le virgolette. Ethan sbuffa spazientito e Grayson assume un’aria disgustata.
-Okay, visto che sai molto poco di noi, e noi sappiamo molto poco di te, ti va di fare un gioco per conoscerci meglio?
Chiede Jake alzando le sopracciglia e fissandomi con i suoi occhioni azzurri. Mi costringo a non avere paura di questi ragazzi, di fidarmi di loro, non ci riesco molto bene, sono stata ingannata tante volte. Eppure sento di potermi fidare di loro.
-Of course.
Rispondo sorridendo e togliendo lentamente la mia mano da sotto quella di Ethan, per poi intrecciarla con l’altra sul grembo.
-Va bene, allora, ognuno farà una domanda alla persona che vuole e quella dovrà necessariamente rispondere.
Mi spiega gesticolando.
-Inizia tu.
Conclude per poi sporgersi verso di me. Non ho idea di cosa chiedere, poi mi viene l’ispirazione.
-Grayson: chi è nato prima tra te ed Ethan?
Domando mordendomi il labbro.
-Uohh, questa brucia!
Esclama Jake mettendosi a ridere e battendo le mani. Ethan gonfia il petto e mi guarda ammiccando come uno scemo. Mi giro verso Grayson scuotendo la testa.
-Venti minuti, okay? Venti m-i-n-u-t-i! Non vent’anni!
Fa lui mettendosi una mano sulla faccia e sfoderando un sorriso a trentadue denti.
-Comunque sono più grande di te!
Si difende il fratello arrossendo leggermente.
-Vabbè, non vuol dire che tu debba essere anche più maturo!
Ribatte Grayson mettendosi a sedere sul bordo della sedia.
-Okay, okay, non mettetevi a litigare!
Mi intrometto accavallando le gambe e legandomi i capelli in una coda di cavallo.
-Hai ragione, scusaci…Il tuo colore preferito?
Chiede Ethan con gli occhi luccicanti.
-Il nero.
Butto fuori senza nemmeno pensarci, per poi avvampare di brutto.
-Perché?
Indaga, sporgendosi verso di me. Lo osservo per un istante, cercando di decidere se essere onesta oppure no. Scelgo la prima.
-Il nero raccoglie dentro di sé tutti i colori che servono a formarlo. Il nero attira il calore e poi lo cede. Puoi decidere di nasconderti nel nero o di spiccare sopra di esso; il nero è il colore della notte e del buio, il nero è il colore delle nubi che portano tempesta e quello dei fondali dell’oceano. Il nero può decidere di essere il nulla, di essere il vuoto o di essere infinito. Io mi ritrovo in tutto ciò, lo sento veramente mio.
Sputo tutto d’un fiato, per poi osservare i volti stupiti dei ragazzi che mi fissano.
-Wow.
Sussurra Grayson, spezzando quel silenzio irreale.
-E il tuo, Jake?
Il ragazzo sorride e una ciocca di capelli biondi gli scivola sul naso.
-Il rosso, mi ricorda il sole, il sangue e l’amore.
Mi spiega per poi tossire sull’ultima parola.
Ci lanciamo così in una fitta conversazione botta-risposta, grazie alla quale scopro che i gemelli sono nati il sedici dicembre, che a Grayson piace andare sullo skateboard mentre Ethan è piuttosto negato, ma è migliore nel basket e che, cosa sconvolgente, sono degli youtuber anche abbastanza famosi.
-Davvero?
Chiedo stupita, sgranando gli occhi… Non me lo aspettavo.
-Sì, facciamo video, la maggior parte comici, ogni martedì e giravamo anche dei vines, prima che chiudessero Vine. Magari questa settimana possiamo inventarci qualcosa con te.
Mi propone Ethan.
Da parte mia gli racconto dei miei migliori amici, della mia passione per la musica e i libri, del mio sogno di diventare scrittrice e dei racconti che pubblico su wattpad.
-Che tipi di storie scrivi?
Domanda Grayson, che si è seduto per terra davanti a me, incrociando le gambe e dondolandosi leggermente avanti e indietro mentre mi ascolta.
Io mi stringo nelle spalle e chiudo gli occhi per un attimo.
-Di tutto, perlopiù storie d’amore, piuttosto drammatiche, ma quasi sempre a lieto fine. Poi qualche poesia o un racconto o due di avventura. A volte anche fanfiction sui miei libri preferiti.
Spiego torcendomi le dita e girando nervosamente attorno all’indice l’anello d’argento che assomiglia ad una treccia che mia madre mi ha regalato tre anni fa.
-Ce ne farai leggere qualcuna?
Chiede Jake passandosi una mano sulla nuca.
Io rido coprendomi la bocca con una mano.
-Ovvio! Se riesci ad imparare l’italiano prima che me ne vada allora va bene!
Ribatto scuotendo leggermente la testa e tirando fuori il cellulare dalla tasca destra dei jeans per controllare l’orario.
L’una e mezza. A Venezia le dieci di sera. Mi mordo il labbro violentemente per non sentire nostalgia di casa.
-Credo sia ora di pranzo.
Afferma Ethan alzandosi, imitato subito da me.
Jake aiuta Grayson a tirarsi in piedi e lo abbraccia dandogli una pacca sulla spalla.
-Non vieni con noi?
Domando una volta che si sono staccati.
Il ragazzo scuote la testa, poi mi si avvicina e mi lascia un bacio sulla guancia, facendomi diventare rossa.
-Devo aiutare i miei coi lavori in giardino.
Spiega per poi passare un braccio attorno alle spalle di Ethan. Mi dispiace non poter trascorrere più tempo con lui, è simpatico per davvero e mi ha distratta da ciò che è successo con Talhia.
-Allora ci vediamo domani Jake.
Fa Grayson agitando una mano, mentre con l’altra mi prende per un polso e mi guida fuori. Una volta in giardino mi lascia ed io faccio un respiro profondo, socchiudendo le palpebre, cercando di assimilare tutto il calore del sole e di farlo entrare in circolo nelle mie vene. Quando apro gli occhi Ethan mi sorride e inizia ad incamminarsi lungo la strada.
-Vediamo di andare a mangiare qualcosa, vi va?
Fa poi, avvicinandosi a suo fratello e scompigliandogli i capelli.
***
ETHAN’S POV
Osservo la ragazza dai capelli rossi distesa accanto a me. Ha gli occhi chiusi e uno stelo d’erba tra le labbra. Le braccia sono abbandonate ai lati della testa e il petto si alza e si abbassa regolarmente. La maglietta che indossa lascia scoperto il ventre pallido e teso, tanto magro da far sembrare che le ossa debbano bucare la pelle bianca e fragile da un momento all’altro. Mi appoggio con un gomito a terra e una mano sulla testa, in modo da guardarla meglio. Il vento le accarezza il volto quasi piegato in un sorriso e fa danzare le foglie dell’albero alla cui ombra ci stiamo riposando. La luce che va e viene crea giochi di tenebre sul suo corpo snello. L’acqua del fiume vicino a noi scorre ignara di tutto come il tempo. Sospiro e alzo gli occhi su mio fratello, seduto poco più in là a parlare con un ragazzo che frequenta il nostro corso di storia. Ricordo quanto io abbia litigato con i miei per lo scambio culturale. Non volevo un estraneo in casa mia, meno che mai una ragazza. Ricordo quando ho visto la sua foto allegata all’ultima e-mail inviatoci. Ritraeva due ragazze al mare, una biondo cenere con un costume azzurro con le frange, che portava sulle spalle una rossa sorridente con un bikini nero. Nelle lettere diceva che si trattava della rossa. Ho consumato quella foto con gli occhi finchè la sua immagine non mi era apparsa in sogno. Non era di una bellezza travolgente, che ti lasciava senza fiato; ma di una bellezza fatta di tanti piccoli dettagli… La curva leggera delle spalle, gli occhi vigili e chiari, la vita sottile, il sorriso appena pronunciato. Ricordo l’impazienza di vederla dal vivo all’aeroporto e la prima volta che i miei occhi scuri si erano posati su quella ragazza alta quasi come me, circondata da valigie, che mi fissava stranita. Ricordo di aver pensato di essere fottuto. Ricordo che quando ha iniziato a cantare ho pensato :”No, ORA sono fottuto”. Ricordo il pomeriggio e la notte passati a parlare con Gray di lei. Ricordo i suoi passi insicuri per le scale e l’indecisione tra scendere a parlarle o no. Ricordo la sensazione piacevole provata nello scoprire la sua essenza. Ricordo la bramosia provata tra le sue braccia di qualcosa di più e ancora, ancora. Ricordo il sorriso formatosi sulle mie labbra allo scoprirla addormentata ai piedi del letto, il cellulare abbandonato accanto a lei, i capelli raccolti a casaccio che ricadevano sulla fronte e sulle spalle a ciocche disordinate, la mano tenuta sotto la guancia, le labbra socchiuse, la manica della maglietta caduta e scoprire la spalla destra, le gambe raggomitolate vicino al corpo. Ricordo la decisione presa all’ultimo secondo di andare al ballo con lei. E ricordo Talhia, la rabbia, la frustrazione, l’insofferenza nei confronti della mia ex. E siamo solo ad oggi. Ricado con la testa nell’erba fresca, coprendomi il volto con un braccio. Non so quanto rimango così, in balia dei miei pensieri, ma è la sua voce a riportarmi alla realtà.
-Hey.
Sussurra a pochi centimetri dal mio orecchio. Mi volto di scatto verso di lei e spalanco gli occhi, per poi incontrare i suoi grigio-azzurri. Bellissimi.
-Hey.
Le alito in risposta. Lei fa un piccolo sorriso, creando due piccole fossette sul mento. In tutto questo tempo l’ho vista sorridere davvero solo una volta. Ed era parsa ancora più bella. Coi raggi della luna che le facevano risplendere la pelle tanto da farla sembrare un personaggio mitico, delle storie che mi piacevano da bambino, popolate da ninfe ed eroi.
-Stavi dormendo?
Domanda portandosi i capelli dietro l’orecchio.
Scuoto la testa e poi appoggio la mano nello spazio tra noi.
-No, tu?
Lei annuisce ed alza un attimo gli occhi al cielo per poi ripuntarli nei miei.
-Sei sicuro per stasera?
Chiede, la voce ancora insicura e intrisa dell’accento tipico italiano.
-Certamente, nessun ripensamento.
Rispondo grattandomi nervosamente la nuca. Voglio davvero portarla con me, far vedere alle troiette che mi vengono dietro quanto davvero contino per me. E poi, diciamocelo, voglio passare tutta la sera con lei.
-Okay.
Mormora per poi avvicinarsi ancora di più al mio viso. Sento le guance andare a fuoco e trattengo il respiro. I nostri nasi quasi si toccano.
-Posso farti una domanda?
Sussurra timida, abbassando lo sguardo.
-C-certo.
Rispondo, stupito della mia stessa voce, troppo roca rispetto alla normalità. Dio, impara a controllarti Ethan.
La vedo fare un respiro profondo, chiudere gli occhi e poi aprirli.
-Davvero mi guardavi come mi volessi mangiare?
Chiede per poi arrossire di botto. Cosa ?! Davvero doveva chiedermi questo? Devo avere una faccia veramente strana, perché lei si allontana e si mette seduta a gambe incrociate, abbassando la testa e coprendo il volto con i capelli.
-Scusa, scusa sono una stupida, non darci peso.
Dice senza nemmeno riprendere fiato.
Io mi avvicino a lei, poi le scosto i capelli e le do un bacio sulla guancia. Quando le mie labbra incontrano la sua pelle, una scossa attraversa il mio corpo ed esso si ricopre di pelle d’oca.
-Tranquilla. Non ho idea di come ti guardassi, ma Talhia è solo gelosa.
Rispondo in tutta sincerità. La sento sbuffare.
-Gelosa di me?
Domanda sarcastica, strappando un filo d’erba.
Le prendo il volto con due dita e cerco i suoi occhi.
-Non tutte le ragazze sono capaci di nascondere l’invidia nei confronti di un’italiana tanto bella.
Sussurro.
E, finalmente, sorride davvero.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
CASSANDRA’ S POV
Getto per terra gli shorts sbrindellati che mi sono appena tolta, con un grugnito di frustrazione, per poi affondare le mani tra i capelli scompigliati. Sono le sei di sera e tra un’ora dovrei essere pronta per la festa, ma non riesco a trovare niente da indossare. Mi siedo sul letto e chiudo gli occhi, mordendomi una guancia fino a farla sanguinare. Sento le lacrime premere sulle palpebre per uscire, bruciandomi gli occhi. Lotto per ricacciarle indietro, ma una ribelle scorre lungo la mia guancia destra, portandosi via un po’ di mascara. Sento bussare alla porta, tiro su col naso, mi passo una mano sulla guancia e trotterello verso di essa per poi aprirla, prima di rendermi conto di indossare solo una canottiera grigia e le mutandine nere. Mi fisso le gambe nude a bocca aperta, e sto per chiedere scusa ad uno dei gemelli, quando incrocio lo sguardo di Ashley. Non riesco in ogni modo ad evitare di arrossire nel vedere il suo sorriso dolce.
-Hai bisogno di qualcosa?
Domanda entrando in camera mia, che si è ormai trasformata in un campo di battaglia, lasciandomi in piedi sulla soglia. Si volta verso di me, mettendosi le mani sui fianchi ed io mi affretto a richiudere l’uscio alle mie spalle.
-N-no, grazie della domanda.
Rispondo raccogliendo una maglietta a maniche corte blu che mi arriva fino alle ginocchia, dai piedi del letto. Mentre mi rialzo sento le mani di Ashley posarsi sulle mie spalle e mi ritrovo a fissare il suo volto serio.
-Ora noi cercheremo insieme un vestito per il ballo, a costo di andare a comprarlo dieci minuti prima dell’inizio delle danze.
Odio ammetterlo, ma adoro il sesto senso delle ragazze.
I miei occhi si riempiono di gratitudine.
-Sì.
Rispondo, per poi continuare a cercare, supportata e consigliata da Ashley, qualcosa da indossare.
Tre quarti d’ora dopo sono in piedi davanti allo specchio a parete accanto al letto. Ho trovato sul fondo dell’armadio un abito nero e corto, con il corpetto tempestato di paillettes nere e la gonna morbida, regalatomi da Silvia una settimana prima della partenza e che io avevo pensato di non dover mai indossare. Ashley mi ha prestato un paio di décolletté nere col tacco altissimo rivestito di borchie argento. Per fortuna abbiamo lo stesso numero. I miei occhi chiari sono messi in risalto da una linea di eyeliner grossa e precisa, che termina con una coda per poi congiungersi con un tratto di matita nera nell’interno della palpebra inferiore. Le ciglia sono rese voluminose dal mascara e un tocco di blush color terra mi fa sembrare più abbronzata, illuminandomi gli zigomi allo stesso tempo e facendo sembrare le mie guance ancora più scavate. Ho pregato Ashley di non obbligarmi a mettere il rossetto, ma lei mi ha convinta, ancora non so come, ad utilizzarne uno color pesca. La osservo lavorare dietro di me sui miei capelli fulvi, in perfetto contrasto con il look dark che porto, per acconciarli come Lana del Rey in una foto che mi ha mostrato, ovvero tirati e aderenti alla testa su un lato e morbidi sull’altro. Non c’è stato bisogno di arricciarli, in quanto sono già a boccoli di loro. Il risultato è una me più grande, affascinante e misteriosa. Una me che non avrei mai potuto immaginare di essere nascosta dentro. Rimango letteralmente sbigottita dal mio aspetto e continuo per qualche secondo buono a toccarmi i capelli e il vestito, cercando di capire chi sia la donna riflessa nello specchio.
-Sei bellissima.
Sussurra Ashley al mio fianco, porgendomi la mia pochette rigorosamente nera e coperta da borchie, come le scarpe. La osservo e sorrido leggermente. Normalmente sono più alta di lei, ma da quassù sembra una bambina.
-Solo grazie a te.
Rispondo per poi afferrare la borsa e controllare che dentro ci sia tutto. Quando la richiudo, Ashley ha già aperto la porta della mia stanza, ma io mi ricordo appena in tempo di una cosa.
Trotterello verso la scrivania e prendo dal portagioie una collana d’argento che ricade sul torace, raffigurante il marchio angelico. La rigiro tra le dita. Poi le stringo forte e mi avvio giù dalle scale, facendo attenzione a non slogarmi una caviglia.
Il rumore dei miei passi risuona per la casa e si mescola al chiacchiericcio che giunge dal piano inferiore.
Quando arrivo alla seconda rampa di scale, che porta al pianoterra mi fermo, faccio un bel respiro e ripeto mentalmente tre volte “Merda”, poi mi affaccio dalla scalinata e guardo giù un attimo. I ragazzi indossano un completo nero e una camicia bianca, sono entrambi girati verso la porta e quindi mi danno le spalle. Ashley arriva dietro di lei e tossisce per attirare la loro attenzione. Prima che si possano girare sono già a metà strada, ma quando i miei occhi incontrano quelli di Ethan mi blocco sui gradini. La luce del pomeriggio ormai finito gli filtra tra i capelli e sbiadisce i contorni della sua figura, rendendolo simile ad un angelo. Sorrido un attimo, poi sposto lo sguardo sui miei piedi per fare attenzione a dove sto andando. Quando finalmente arrivo sana e salva sul pavimento dell’ingresso, non riesco a gettare un’occhiataccia ad Ashley, che subito sento la stretta di un braccio di Ethan sulla mia vita. Mi stringe a sé, facendo aderire la mia schiena al suo petto, travolgendomi ancora del suo profumo che mi fa andare via di testa. Appoggia la bocca sulla mia testa e mi parla tra i capelli.
-Sei incantevole.
Sussurra per poi lasciarmi un bacio. Arrossisco violentemente, ma almeno non si vede attraverso i chili di trucco che sua sorella mi ha spalmato sul viso. Lotto per liberarmi dalla sua stretta e dopo un po’ di tentativi da parte di Ethan di farmi il solletico, riesco a scappare e a dirigermi verso la porta ridendo leggermente. Lui mi si avvicina con un gran sorriso e mi prende una mano delicatamente. Non stringo le dita attorno alle sue, ho paura di avere i palmi sudati. Grayson alla mia sinistra fa girare attorno ad un dito le chiavi della loro auto.
-Abbiamo un po’ di strada da fare, quindi è meglio se ci muoviamo.
Fa aprendoci la porta. Mi volto per fare un cenno di saluto ad Ashley, poi entro nella macchina. Ethan mi chiude la portiera, poi si siede accanto a me nei posti dietro.
-Fai fare l’autista a tuo fratello?
Domando allacciandomi la cintura. Lui si passa una mano tra i capelli e si mette bene il colletto della camicia.
-No, dobbiamo andare a prendere Catherine, la sua accompagnatrice e attuale migliore amica.
Mi risponde con un sorriso per poi imitarmi.
Mi irrigidisco alle sue parole, non avevo pensato al fatto che anche Grayson avrebbe avuto bisogno di un’accompagnatrice. Ma non conosco neanche questa ragazza, perché dovrebbe essere una compagnia spiacevole?
-Ok.
Faccio per poi controllare il cellulare. Due messaggi da Silvia, uno dalla Vodafone e uno da mia madre. Cazzo. Mia madre. Non le parlo dal giorno prima della mia partenza. Mi mordo un labbro e lo apro.

Da Mamma:
Ciao Cassandra,
come ti trovi in America? Tutto bene? La famiglia che ti ospita è simpatica? Fai tanta fatica a capire quello che dicono?
Raccontami un po’ come stai e, ti prego, non ignorare i miei messaggi.
Ti voglio bene amore mio,
Mamma

Rischio davvero di mettermi a piangere. Non mi chiamava amore da anni. Da quando è morto papà. Perché?! Perché usa queste tattiche subdole per ingraziarmi?! Il mio volto si muta in una maschera di fredda indifferenza mentre le mie dita corrono veloci sullo schermo del cellulare.

A Mamma:
Ciao.
Qui tutto bene, la casa è bella e la famiglia simpatica.
Il volo è stato tranquillo, nessun problema.
Idem con l’inglese.
Buona serata.
Cass.

Sospiro mentre invio qualche riga a mia madre, senza lasciare che nessuna emozione trasparisca da esse.
Apro poi i messaggi di Silvia.

Da Silvia:
Ehy!
Ti stai divertendo? Aspetto una foto dei ragazzi.
Bacioni.
Sissi.

Il secondo è un selfie con Fede in cui entrambi mi mandano allegramente a fanculo. Rido leggermente, poi rispondo.

A Silvia:
Ciao bella,
qui tutto bene, sto andando al ballo di fine anno dei ragazzi.
Pauraah…
Per la foto controlla domani o dopo, col fuso orario è un casino, su Facebook.
Baci anche a te.
Cass.
P.s. Fanculo anche a voi, stronzi!

Controllo velocemente Instagram, poi vado su Facebook e per un attimo mi blocco. E se cercassi uno dei ragazzi? Sposto lo sguardo su Ethan, che osserva il paesaggio scorrere fuori dal finestrino, le mani chiuse a pugno, un braccio appoggiato al bracciolo. Noto un braccialetto nero e argento sul polso destro, ma un attimo dopo scivola lungo il braccio, scomparendo alla mia vista.
Non faccio a tempo a digitare “Eth”, che il suo profilo mi appare sullo schermo… E’ certificato! Non ci posso credere!
Spalanco la bocca per un attimo e scorro le sue foto; sono quasi tutte di lui e Grayson insieme a qualche amico. Mi imbatto in un video che parte a tutto volume. Lo stoppo immediatamente, blocco il cellulare e lo infilo nella borsetta. Mi tocco le guance, che stanno andando a fuoco, poi sbircio Ethan, la sua posizione non è variata, ma i suoi occhi hanno un guizzo verso di me, per poi accorgersi che lo sto guardando a mia volta e ritornare ad osservare i grattacieli che sfrecciano accanto a noi.
Grayson svolta a sinistra ed accosta vicino ad un palazzo altissimo; i primi piani sono quasi completamente in vetro, dal decimo in poi però appaiono balconi e grandi finestre illuminate.
Il ragazzo si volta verso di noi, slacciandosi la cintura.
-Io vado a prendere Catherine, voi restate pure qua. Ethan, passami la felpa.
Fa afferrando la maglia che gli porge il fratello, per poi indossarla tirando su il cappuccio e lanciarsi nel fiume di persone che camminano sul marciapiede. Fa davvero tutto ciò per non farsi riconoscere? Per l’Angelo, che vita.
Resto a guardarlo imbambolata, con la bocca socchiusa, mentre citofona ed apre la porta del grattacielo. All’ultimo momento si volta verso di me e chiude l’auto. Lo scatto dei lucchetti mi fa sobbalzare, emettendo un verso strozzato.
Mi calmo e mi slaccio anche io la cintura. Ethan è ancora fermo in quella posizione, immobile come una statua di marmo. E se fosse arrabbiato? E se fosse arrabbiato con me? Sento il cuore in gola, ma cosa ho fatto io? Magari è per la domanda di oggi… No, deve essere per un’altra ragione. Sospiro ed abbasso la testa.
Dio, non riesco a credere che lo sto per fare. Striscio sul sedile, verso di lui, finchè non gli sono praticamente seduta sopra, poi appoggio la testa sulla sua spalla. Avverto il suo corpo rilassarsi in modo graduale, muscolo per muscolo e, incredibilmente, lo faccio anche io. Mi abbandono contro di lui, assorbendo tutto il calore che emana, mentre un suo braccio mi cinge la vita attirandomi ancora più a se. Risento il suo profumo forte, maschile e le viscere mi si rimescolano tra loro.
Cos’è? Cosa sto provando?
Ciò che non riesco davvero a capire è perché non abbia paura di tutto ciò. L’altra sua mano cerca la mia e intrecciamo le nostre dita. Come sono piccole e fragili tra le sue.
Come mai lascio che qualcuno che conosco così poco mi tocchi in questo modo, si prenda queste confidenze? Perché non cerco di scacciarlo?
Improvvisamente sento come una grande bolla che esplode dentro di me e la realtà viene a galla. Quando sono con lui mi sento protetta, una sensazione che non mi avvolgeva da anni, simile a quella che mio padre mi trasmetteva.
Chiudo gli occhi e porto le gambe vicino al corpo, appoggiandole al sedile. Sento la sua bocca posarsi sulla mia testa e lasciarmi un bacio leggero.
-Sei bellissima.
Mormora da qualche parte vicino al mio orecchio. Tendo le mie labbra in un sorriso e apro e chiudo la mano intrecciata alla sua.
-E tu sei ripetitivo.
Sussurro mescolando la frase ad una parvenza di risata.
Lui in risposta mi prende la mano e se la porta alle labbra, lasciandovi un lungo e tenero bacio.
Nel momento in cui riappoggio le nostre mani sul grembo, le portiere scattano aprendosi ed io fuggo di nuovo al mio posto. Ho il batticuore e  i miei polmoni non rispondono alla necessità estrema di aria che ha il mio corpo. Appoggio la schiena al sedile, costringendomi a rallentare i respiri e a calmarmi. Non so perché mi sento così imbarazzata e, soprattutto, perché avevo così tanta paura che ci scoprissero abbracciati.
Guardo di sfuggita Ethan e noto che anche lui ha uno strano tremitio alla gamba e un sorriso nervoso stampato in faccia. Saluta amichevolmente la ragazza mora con un lungo vestito rosso che si è seduta sul sedile del passeggero e che ora si sporge verso di me.
E’ di una bellezza sconvolgente: gli zigomi alti e pronunciati mettono in risalto gli occhi verde smeraldo, mentre la bocca, piegata in un sorriso, mostra una fila di denti bianchi e regolari. A differenza mia, il suo naso è leggermente all’insù e i lunghi capelli castani, raccolti in uno chignon morbido, lasciano ad incorniciare il volto alcune ciocche. Al confronto io faccio davvero pena, resa decente solo da chili di trucco. Mi sento a disagio di fronte a questa ragazza splendida. Mi tende la mano mentre l’auto si mette in marcia.
-Tu devi essere Cassandra! Io sono Catherine.
Fa stringendo amichevolmente la mia. Improvvisamente fa un verso strano e si porta entrambe le mani alla bocca fissandomi con gli occhi spalancati. Cosa c’è?! Cos’ho?! Cerco di capire cosa abbia provocato la sua reazione, quando lei mi blocca un polso e prende con l’altra mano la mia collana ammirandola.
-E’ il marchio angelico…
Sussurra con gli occhi luccicanti. Mio Dio! Allora lei DEVE aver letto i libri!
-Do you know Shadowhunters?
Domando avvicinandomi a lei, che intanto si gira e rigira il ciondolo tra le mani.
-Certo! E’ la mia saga preferita dopo Divergent! Ho sempre sognato di avere una catenina come questa…
Risponde rimettendomela a posto sul vestito. Non riesco a crederci… Una fangirl! Ho trovato una fangirl! Non ce la faccio a trattenere un sorriso e mi appoggio al suo sedile.
-Io adoro Alec e Magnus, sono dolcissimi…
Mormoro sospirando. Oh, amo troppo la Malec… Lei annuisce e alza gli occhi al cielo.
-Già, anch’io. Però shippo troppo la Jessa, anche se alla fine lei sceglie Will.
Ribatte mettendosi comoda sul sedile e avvicinando il volto al mio. La Jessa, è vero. Uno dei miei più grandi dilemmi.
-Quella ship, per l’Angelo, mi ha messa in crisi! Come fa una ragazza a scegliere tra due ragazzi tanto diversi e tanto belli? E’ assurdo!
Dico ridendo, seguita a ruota da lei.
-State parlando di noi immagino.
Fa Grayson guardandoci per un istante prima di tornare a prestare attenzione alla strada. Catherine ed io ci guardiamo per un secondo, poi scoppiamo in una lunga risata.
-Vi piacerebbe!
Esclamiamo in coro. E’ incredibile, c’è qualcuno che condivide i miei interessi!
Ethan sporge il labbro e mi guarda con la stessa espressione di stamattina. Io alzo gli occhi al cielo e sbuffo.
-Cosa abbiamo noi che non va bene?
Domanda con una voce pucciosissima. Non m’inganni Dolan, con me non funziona.
-Uccidete qualche demone e poi ne riparliamo.
Ribatto facendo volare un po’ i capelli sulla mia spalla.
-Nah, basta anche che facciano scoppiare qualche rivolta o che resettino un governo di razzisti.
Fa Catherine battendosi un dito sul mento con uno sguardo pensieroso.
Ethan incrocia le braccia e si imbroncia appoggiandosi al sedile borbottando tra sé.
-Oh, perfetto, adesso si è offeso.
Sospira la ragazza sedendosi composta e dandomi le spalle. Osservo Ethan per un po’, ma il suo sguardo è rivolto a terra. Faccio una smorfia, poi mi appoggio con un braccio alla su spalla e poso il mento su di esso. E’ strano come la sua vicinanza non mi turbi più di tanto.
-Stavo scherzando e tu lo sai.
Mormoro sfiorando un suo braccio. Sento il suo corpo venire attraversato da un brivido, poi si volta verso di me. I nostri volti quasi si toccano.
-Ti perdono solo se ti lasci andare stasera.
Sussurra accarezzandomi col dorso della mano il viso. E’ una richiesta tanto strana e inaspettata che mi lascia davvero spiazzata. In che senso? Come mi devo lasciare andare? Se è una tattica per portarmi a letto più facilmente allora…
-Che vuol dire?
Gli domando allontanandomi leggermente da lui, ma i suoi occhi mi inchiodano a lui. Con la coda dell’occhio vedo che siamo entrati nel parcheggio del college, che pullula di studenti.
-Che voglio passare una serata con la Cassandra con cui ho parlato sotto la veranda.
Mi risponde sorridendo.
La macchina si ferma e in un attimo sono fuori nella serata che forse diventerà la più insolita della mia vita.
***
Mi sveglio verso le otto della mattina e resto per una mezz’oretta a crogiolarmi nell’intorpidimento della prima mattina. Il sole splende fuori dalla finestra, gli uccellini cantano da qualche parte sui rami degli alberi del giardino dei gemelli ed io mi sento stranamente serena. Mi stiracchio un po’ e faccio uno sbadiglio prima di alzarmi e scoprirmi indossare solo la biancheria intima. Osservo per un po’ la mia strana tenuta, poi vedo il vestito appoggiato sulla sedia, le scarpe accanto e noto che sono struccata. Piano piano i ricordi vengono a galla e rammento di essermi messa a letto senza tante cerimonie a causa della stanchezza. Mi stringo nelle spalle, poi entro in bagno e mi do una sistemata. Mi faccio una doccia fredda, mi strucco per bene, indosso una maglietta larga bianca e azzurra e un paio di pantaloni blu della kipsta che scompaiono sotto di essa, mi metto un po’ di mascara e di fard e lego i capelli in una coda di cavallo alta. Quando guardo l’orologio sono solo le nove meno un quarto e di fame non ne ho nemmeno un po’. E’ stranissimo anche il fatto che non mi senta assolutamente stanca, visto che siamo tornati verso le tre. E’ stata una nottata fantastica, abbiamo ballato, chiacchierato, fatto il giro della scuola coi ragazzi e i loro amici. In particolare mi ha colpito un ragazzo più grande di loro di un anno che ha detto di chiamarsi Cameron. Strano. Pensavo fosse un nome da ragazza, ma magari è come Andrea in Italia. Ripiego il vestito e lo metto in armadio, poi mi siedo alla scrivania ed accendo il pc. L’occhio però mi cade sulla pila di libri accanto ad essi e un verso di disperazione mi esce dalle labbra. I compiti! Porca puttana! Ma si chiamano vacanze per un motivo no? Vuol dire che gli studenti si rilassano e non che stanno chiusi in casa a fare espressioni e versione di latino. Per fortuna non sono stata rimandata in matematica, ma solo per un pelo. Controllo su Classroom la lista di esercizi che ci ha affibbiato quella stronza della Carmelato e apro il quaderno a quadretti iniziano a ricopiare le equazioni dal libro.
-Quattro per coseno alla seconda per due x meno pi greco terzi meno uno.
Sussurro mentre traccio i numeri sulla carta. E tutta questa merda per un risultato che è zero? Ma che palle.
Inizio a risolvere il problema sbuffando, ma fortunatamente il risultato quadra. Continuo a fare matematica fino alle dieci, bel modo per cominciare la giornata, e sono bloccata da un quarto d’ora su una disequazione quando sento bussare alla porta. In pratica lancio la penna addosso al computer, poi vado alla porta a grandi passi. Sto anche quasi per chieder sgarbatamente chi è che rompe, quando vedo Ethan in pigiama davanti a me. Bè, in pigiama non proprio, visto che è in calzoncini e maglietta come l’altra sera. Rimango un attimo impietrita davanti a lui, poi mi sorride.
-Buongiorno.
Sussurra dandomi un bacio sulla guancia al quale il mio corpo risponde con una sovrapproduzione di feromoni. Sorrido leggermente, poi mi sposto per farlo entrare in camera.
-Sei sveglio solo tu?
Domando chiudendo la porta e sedendomi sul letto, dove mi raggiunge dopo poco. Dei miei, è ancora più bello appena sveglio… Ma… Cazzo sparo?!
Lui scuote la testa, poi si passa una mano tra i capelli chiudendo gli occhi.
-No, mamma e Ashley sono già uscite. La mamma lavora anche d’estate in un’agenzia viaggi e mia sorella di solito sta fuori tutto il giorno con le amiche. Grayson dorme ancora beatamente e non credo che si sveglierà prima di mezzogiorno.
Risponde per poi guardare dietro le mie spalle.
-Stai facendo i compiti?
Chiede avvicinandosi alla scrivania. Sbuffo e mi ci avvicino.
-Più che altro sto lottando con matematica.
Rispondo alzando le sopracciglia. Lui si illumina e si china sul mio quaderno.
-Oh, se vuoi ti posso aiutare. Sono arrivato secondo alla gara di matematica della scuola.
Ribatte facendo segno di sedermi.
Lo osservo concentrarsi sull’operazione aggrottando le sopracciglia e toccandosi distrattamente il mento con una mano, mentre con l’altra segue i numeri sul quaderno. Per fortuna la matematica è una lingua internazionale e in pochi secondi trova l’errore.
-Ecco, qua hai diviso invece di moltiplicare. Così hai conseguentemente sbagliato anche questa addizione algebrica.
Dice indicandomi ciò che ho sbagliato con una matita e correggendo i miei calcoli. Alla fine risulta come sul libro.
Lo guardo spalancando gli occhi.
-Wow, sei un mostro in queste cose!
Esclamo slacciandomi la coda e lasciando che i capelli mi cadano sulle spalle disordinatamente. Lui sorride e sbuffa facendo muovere una ciocca dei suoi capelli scuri.
-In realtà è una delle poche cose che mi vengono bene.
Ribatte sedendosi ai piedi del mio letto. Mi giro verso di lui con un sorrisetto di scherno dipinto sul volto.
-Non fare il finto modesto, sei fantastico in tutto!
Esclamo appoggiando le braccia incrociate sullo schienale della sedia.
-Si vede che non mi conosci per nulla.
Fa acido, alzandosi dal letto con una faccia schifata.
Ma che ha adesso? Non riesco proprio a capirli i suoi sbalzi d’umore.
Mi alzo a mia volta e gli blocco la strada alla porta appoggiandomici con la schiena.
-Hai ragione, forse non ti conosco per nulla, ma so leggere anche io gli occhi della gente.
Ribatto inclinando la testa per osservarlo.
Improvvisamente mi fulmina con lo sguardo e i suoi lineamenti diventano duri.
Mi si avvicina silenziosamente e rigidamente, senza fermarsi finchè la sua bocca non solletica il mio orecchio.
-A differenza tua io so scegliere cosa lasciare che si legga.
Sibila a denti stretti per poi allontanarsi di qualche passo da me, tenendo sempre stampata in volto quell’espressione dura.
Non capisco, perché se la prende con me?
-E adesso vorrei uscire.
Dice senza alcuna intonazione, ma le sue parole mi appaiono come una minaccia.
Raccolgo tutto il coraggio che ho accumulato e lo guardo fisso negli occhi, senza alcuna paura di rimanerne attratta. Stavolta ho deciso cosa lasciare che vi si legga: determinazione e rabbia.
-No, non finchè non mi avrai spiegato cosa ti succede.
Questa è la goccia che fa traboccare il vaso, perché in pratica si lancia contro di me sbattendo una mano vicino alla mia testa, mentre l’altra è chiusa a pugno.
I suoi lineamenti sono stravolti, il viso paonazzo.
-Questa è casa mia, decido io se andarmene oppure no, quindi togliti!
Mi urla addosso, senza curarsi del fratello che dorme. Ed io vivo un viaggio nel passato, quando Riccardo mi gridava contro di tutto, mi picchiava, mi usava per soddisfarsi.
Mi faccio piccolissima e i miei occhi si gonfiano di lacrime.
-Okay.
Sussurro pianissimo. A quel punto sembra come risvegliarsi da un sogno, tutta l’ira lascia il suo corpo e i muscoli si rilassano, il suo braccio ricade lungo il corpo.
-Cassandra, scusami, io non so…
Comincia cercando di accarezzarmi una guancia.
Io sgattaiolo via da lui e gli indico la porta con una mano, voltandogli la schiena.
Stavolta sono io che urlo.
-Non toccarmi! Esci! Ora!
Non mi volto per vedere se se n’è andato, ma mi concedo di crollare a piangere sul letto solamente quando sento i suoi passi sulle scale e la voce di Grayson che gli grida che è un completo idiota.
Mi lascio andare ai singhiozzi, appallottolando le lenzuola, usandole come fazzoletto finchè non sono fradice e sporche di mascara.
Resto a letto a piangere fino al pomeriggio e tutta la famiglia, fatta eccezione per Ethan, viene a bussare alla mia porta per chiedermi scusa e per parlare. Io però li mando via dicendogli di lasciarmi in pace.
Sono le cinque del pomeriggio quando mi convinco ad alzarmi e a chiamare Silvia.
Cerco il mio cellulare nel cassetto e la chiamo, non me ne frega un cazzo dell’ora che è in Italia, lei risponderà sicuramente.
Infatti, dopo qualche squillo sento la sua voce dall’altra parte del telefono.
-Ehy tesoro, ho visto le foto, sono dei gran fighi quelli là…
Inizia, per poi fermarsi quando mi sente singhiozzare.
-Oddio, amore, che hai? Che è successo?!
Domanda preoccupata. Sento un sottofondo di lenzuola che strusciano.
-Ho avuto una discussione con uno dei ragazzi, con Ethan.
Spiego tirando su col naso ed incrociando le gambe.
-Aspetta, quello che hai abbracciato? Ma non era così dolce e simpatico?
Chiede apprensiva lei. Io scuoto la testa, anche se non mi può vedere.
-Lo pensavo…Ma oggi mi ha urlato contro senza motivo e pensavo mi volesse picchiare e…
Vengo fermata da un singhiozzo che soffoco tra le mani, mentre altre lacrime mi rigano le guance.
Non voglio credere che Ethan sia così, non voglio credere di essere stata fregata un’altra volta.
-Tesoro, calmati! Cass, vedrai che si sistema tutto, magari ha avuto solo uno scatto di rabbia, succede a tutti!
Cerca di calmarmi la mia migliore amica. Vorrei davvero credergli. Lo vorrei con tutta me stessa.
-Non ce la faccio Sissi… Sembrava troppo Riccardo, io… Io voglio venire via, voglio tornare là, non voglio più vederlo!
Urlo tra le lacrime, cadendo di lato sul cuscino e portando le gambe al petto.
Tutto il mio corpo è scosso dal pianto e non riesco più a controllarmi. Ho paura di avere un altro attacco di iperventilazione e anche Silvia sembra accorgersi che non sto bene.
-Cassandra adesso ascoltami: fai dei bei respiri, profondi profondi, come sei abituata a fare a casa okay?
Seguo il suo consiglio e dopo poco sono sincronizzata con i suoi. Smetto anche di piangere e le lacrime mi restano appiccicate alla pelle, salate e luccicanti.
-Grazie amore mio. Grazie per tutto. Mi manchi tantissimo, mi mancate tutti e due.
Sussurro andando in bagno e bagnandomi il viso con un po’ d’acqua per rinfrescarmi.
-Anche tu Cass, manchi a tutti quanti. Persino Alessio è venuto a chiedermi di te.
Risponde cercando di cambiare discorso, come suo solito. Un piccolissimo sorriso mi increspa le labbra mentre torno in camera e cerco di rifare il letto, cambiando le lenzuola sporche.
Passo due ore buone a parlare con Silvia, finchè non sento che praticamente è addormentata, quindi la saluto.
Appoggio il cellulare al comodino e guardo l’ora.
Sono le sette e mezza. Pensare che ieri a quest’ora ero abbracciata al ragazzo che è stato la causa di un giorno perso a piangere. Che schifo, Dei miei, non lo sopporto. Per evitare di mangiarmi le mani mi cambio e mi trucco, mi metto a posto i capelli e indosso le scarpe. Poi prendo la mia Freitag nera, ci metto dentro tutto il necessario ed esco dalla camera a testa alta.
Sto per scendere le scale quando vedo Ashley uscire dal bagno con indosso un accappatoio e venire verso di me con un’espressione preoccupata. Io faccio un sorriso a trentadue denti.
-Cassandra, come stai? Perdona mia fratello, è veramente…
La blocco con un movimento della mano.
-Tranquilla, è tutto a posto.
Faccio per poi avviarmi al piano terra.
-Aspetta! Dove vai?
Urla dalle scale, ma io sono già sulla porta.
-In giro. Ho le chiavi, non serve che mi aspettate alzati.
Ribatto per poi sbattermi l’uscio alle spalle per far si che tutti lo sentano. Poi mi avvio per il vialetto di sassi ed esco in strada.
Diretta da Jake.
***
Suono al campanello della casa bianca che ho visitato ieri mattina e ad aprirmi è proprio Jake. Dapprima è un po’ scosso vedendomi da sola, poi sorride e mi abbraccia.
-Ciao Cass, sei venuta da sola?
Domanda facendomi entrare in casa. Mi volto verso di lui sorridendo in modo provocante. Voglio fargliela pagare a quello stronzo, e se non sono scema, mi sembra di piacergli.
-Sì, i ragazzi erano impegnati.
Rispondo per poi avvicinarmi a lui e abbracciarlo.
Aspetta un attimo prima di ricambiare, poi le sue braccia a me sconosciute mi circondano il corpo. E’ una sensazione completamente diversa da quella che ho provato con Ethan, ma è davvero piacevole.
Quando ci stacchiamo sto ancora sorridendo.
-E tu? Sei da solo?
Chiedo mentre andiamo in salotto.
Lui annuisce mentre si siede su una poltrona, poi mi fa cenno di accomodarmi sulle sue ginocchia.
Io lo accontento e automaticamente gli circondo il collo con le braccia.
***
ETHAN’S POV
Corro per le strade buie, diretto a casa di Jake.
Dio vorrei buttarmi sotto un camion! Sono un completo scemo! Come ho potuto perdere le staffe in questa maniera? E per una cosa che mi ha detto Talhia anni fa, solamente ripetuta dalle labbra di Cassandra.
Quando raggiungo la casa del migliore amico di mio fratello sono sudato fradicio e incazzato come non mai con me stesso.
Suono comunque il campanello. Una. Due tre. Quattro volte.
Nessuno mi apre, ma sono sicuro che ci sia qualcuno dentro, le persiane sono aperte e se non ci fosse nessuno in casa le avrebbero chiuse come sempre. Mi avvicino quindi alla finestra che dà sul salotto della casa, avvertendo però un brutto presentimento.
E, quando guardo dentro, sento il mio cuore sprofondare in un pozzo tanto profondo che non so se possa mai riemergerne.
Il mio istinto aveva visto giusto.
Perché la scena che mi si para davanti è una di quelle che non avrei mai pensato di vedere.
Jake ha Cassandra sulle ginocchia, le gambe di lei avvinghiate al suo bacino, i capelli arruffati dalle mani di lui.
E si stanno baciando.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
CASSANDRA’S POV
Sento la pressione delle mani di Jake sulle mie spalle aumentare finchè praticamente non mi spinge via. Ferma così il nostro bacio, un bacio che non mi ha fatto provare nulla se non rabbiosa soddisfazione per sapere di aver ferito Ethan. Ma che mi succede? Perché ho così tanta sete di vendetta? Osservo Jake scuotere la testa e coprirsi il volto con le mani. So come si sente, perché è esattamente come mi sento io. Una merda. Non riesco a riconoscermi nella ragazza ansante e coi capelli scompigliati che si sta sedendo davanti a lui. Cos’ho fatto?!
-Perché lo hai fatto, Cass?
Mi domanda con voce grave, guardandomi appena. I suoi occhi sono quasi disperati, pieni di vergogna e…disgusto. Verso di me o verso se stesso? Non ne ho idea.
Ho quasi voglia di mettermi nuovamente a piangere soltanto per la vergogna per ciò che ho fatto. Non avrei mai pensato di poter usare una persona per un mio scopo.
-Volevo fargli male. Tanto, tanto e tanto ancora.
Rispondo quasi bisbigliando. Quando mi guarda, finalmente, davvero, capisco che sa tutto: della litigata, del mio pianto…
-Ma così te ne sei fatta da sola.
Ribatte mettendosi a posto la maglietta. I punti nei quali mi ha toccata bruciano come se mi avessero marchiata a fuoco. Non mi reputo migliore di certe troie che girano per la mia scuola. Mi passo una mano tra i capelli cercando di districarne i nodi e sospiro alzandomi.
-Sì, sono una completa deficiente, testarda ed egoista…
Sbotto camminando per la stanza. Cos’ho fatto?! Cos’ho fatto! Ho rovinato quella parvenza di amicizia che si era creata tra me ed Ethan…
Jake mi raggiunge e mi ferma, tenendomi per un braccio.
-Non per ferirti ulteriormente, ma quello che, ecco… Quello che è successo non ha alcuna rilevanza per me…
Fa grattandosi nervosamente la nuca. Oh! Grazie al cielo! Almeno una cosa che va bene oggi.
-Tranquillo, sì, cioè… Non ha significato nulla nemmeno per me, ovviamente.
Mi affretto a rispondergli prendendo la borsa e guardando l’ora. Le nove di sera! Vuoi dire che ho passato mezz’ora a baciarmi?
-Quindi, per te va bene se non diciamo a nessuno…
La sua voce si spegne sulle ultime parole mentre mi apre la porta di casa sua. Mi avvio fuori, felice di tornare all’aria aperta e potermi lasciare tutto alle spalle.
-Oh, certamente! Meglio, meglio così… Scusami ancora Jake, davvero.
Rispondo quasi piangendo per poi correre di nuovo via, stavolta senza meta.
***
Mi ritrovo seduta tra il cofano di due auto parcheggiate proprio fuori dal vialetto di casa Dolan, mentre lacrime amare scivolano lungo il mio viso, inutilmente scacciate dalle mie mani. Stavolta però piango per ciò che ho fatto. Come ho potuto essere così impulsiva, così stupida?
Mi premo una mano sulla bocca e soffoco così le mie grida. Non riesco a credere di essere diventata la parte oscura di me stessa. Forse è il mio ostinato voler mostrare una finta me a provocarmi questo effetto. Non mi sono, ad esempio, tinta i capelli per non far vedere come sono realmente? E se ciò si fosse espanso anche a livello caratteriale?
Questa cosa mi fa così paura che devo respirare a comando per non farmi prendere un attacco di cuore.
E’ quando mi sono calmata che sento una voce. La sua voce.
-Ciao.
Dice soltanto, ma con un tono così gelido che mi fa capire che far finta di nulla con Jake non servirà a nulla. Lui sa. Come? Non ne ho idea. E se… E se ci avesse visti dalla finestra? Oddio, sì! E’ l’unico modo.
Mi giro lentamente verso di lui, che è seduto sul marciapiede alla mia sinistra, le sopracciglia corrugate, lo sguardo severo.
-Scusa.
E’ tutto ciò che riesco a mormorare, dopo quasi un minuto passato a guardarci.
-Tu l’hai baciato per ferire me. Per… vendetta.
Sputa fuori quella parola come fosse veleno, cosa che realmente è.
-Ethan, io… Ero arrabbiata, ho agito senza pensare.
Cerco di difendermi, anche se non ci sono scuse per come mi sono comportata. Sono stata una vipera.
-Anche io. Anch’io ho agito senza pensare stamattina, e tu mi hai punito così. Quindi, perché io dovrei perdonarti?
Riflette avvicinandomisi. E’ ufficiale, se mai c’era stato qualcosa tra noi è finito. Ha ragione, ha tutta la ragione del mondo.
-Non dovresti perdonarmi e basta.
Rispondo infatti abbassando lo sguardo sulle Superstar nere che indosso. Tiro su col naso e mi asciugo una lacrima. Se non mi rispediscono a casa loro, scappo io.
-Già, ma voglio dimostrarti di essere migliore di te.
Lo osservo stranita. Che sta dicendo?
-Ti perdonerò.
Aspetta…cosa? Lo guardo per cercare di capire se stia scherzando ma non c’è traccia di scherno sul suo viso. Mi perdonerà! Si metterà tutto a posto. Senza riuscire a trattenermi scoppio di nuovo a piangere, nascondendo il volto tra le mani, ma insieme alle lacrime, un sorriso si fa spazio sulle mie gote, per poi trasformarsi in una risata nervosa. Devo sembrare davvero pazza. Dopo poco il mio corpo fragile viene avvolto e cullato dalle braccia di Ethan, delle quali non sapevo di sentire una così disperata mancanza.
-Shh, Cass… E’ tutto a posto, davvero…
Mi sussurra lasciandomi dei baci sulla testa. Come fa ad essere così buono?
-Grazie, grazie Ethan. Sei fantastico.
Mormoro affondando il viso nella sua maglietta, che sa di lavanda e sudore.
-Solo… Tu non hai. Non hai dato importanza, insomma… Al bacio, no?
Domanda balbettando leggermente. Alzo lo sguardo su di lui e noto che è arrossito, quindi lo bacio a lungo sulla guancia, lasciando che tutta la tensione mi abbandoni.
-Cento volte meno di quanto ne ho data a questo, te lo assicuro.
Mormoro appoggiando la testa alla sua spalla.
Perché mi sembra tutto troppo strano?
***
ETHAN’S POV
“flashback”
-Ma io ti ammazzo! Anzi, ammazzo tutti e due!
Urlo in faccia a Jake, tenendo la sua maglietta nel pugno e scuotendolo con rabbia. Non avrei mai pensato che lui potesse tradirmi in questo modo, sapendo tutto ciò che era successo stamattina e che Cass era incazzata nera con me.
Come ha potuto?
-Ethan, calmati cazzo!
Grida di rimando appoggiando una mano sul mio petto e spingendomi via con forza. La mia schiena sbatte su un muro della casa e ciò non fa che aumentare la mia ira. E’ lui quello in torto! Oppure no? In realtà tutta questa situazione si è venuta a creare per colpa mia… Perché prendermela con gli altri?
Jake si siede su uno scalino ansimando, mentre io scivolo lungo la parete.
-Scusa amico, cono un po’ impazzito…
Dico passandomi una mano tra i capelli sudati e scompigliati. Ma che mi succede?
-Già, ho notato. Sei stracotto bello.
Ribatte lui per poi alzarsi e sedersi accanto a me. E’ una delle qualità che apprezzo di più di Jake: saper liquidare tutto con un sorriso in nome dell’amicizia. La realtà è che neanche io so davvero cosa provo per questa ragazza che con tanta irruenza è entrata nella mia vita. E dire che avevo deciso di smetterla, di chiudere tutto…
-E’ tutto troppo complicato… Si può provare un sentimento tanto forte per qualcuno che si conosce così poco?
Domando coprendomi metà del volto con una mano. Che devo fare?! Tutto è cominciato ad andare per i fatti suoi da quando Cass è a casa mia. Proprio quando la mia vita aveva iniziato ad andare per il verso giusto, ecco che arriva lei a sconvolgere tutto quanto.
-Hai diciotto anni, Ethan, è normale che tu sia così confuso e stranito, in fondo sei ancora un adolescente.
Mi spiega Jake sorridendomi incoraggiante e stringendo la mano sulla mia spalla destra. Davvero? Non mi considero un adolescente, mi sento più maturo, ma forse mi sbaglio.
-E’ che è tutto talmente strano… Da una parte vorrei poter andare da lei, abbracciarla, chiederle scusa e dirle che tutto si sistemerà; dall’altra parte so che non riuscirò a perdonarla così facilmente.
Spiego gesticolando e guardando il mio amico negli occhi. Perché non so davvero cosa fare? Cosa mi sta facendo questa ragazza? Come fa a cogliermi sempre di sorpresa e a lasciarmi in bilico, così stranito?
-Cosa ti farebbe più felice?
Mi domanda semplicemente, sorridendo di sbiego. Domanda facilissima… Cosa mi farebbe più felice? Essere orgoglioso e fare il duro oppure abbassare la cresta ed essere umile? Lei di certo ha scelto la prima, ma, da che ho capito, è impulsiva, incostante e istintiva. Dovrei fargliene una colpa, quando, fino a qualche tempo fa, ero come lei?
-Di certo non smettere di parlarle…
Rispondo tormentandomi la catena da bici legata al mio polso, è nera e argento e faceva parte della mia prima bicicletta.
-E allora corri da lei e parlale, voglio solo vederti sorridere di nuovo.
Fa lui facendomi alzare e spingendomi fuori da dietro la schiena.
“fine flashback”
E così, in meno di un minuto l’avevo trovata rannicchiata su se stessa a piangere, seduta sull’asfalto tra due automobili. L’impulso di abbracciarla subito e di… Baciarla? Perché mi era venuta in mente l’idea di baciarla se proprio per colpa di uno stupido bacio avevo quasi preso a pugni il migliore amico di mio fratello? Ma sono proprio partito? Non è assolutamente una cosa da me prendermi delle confidenze di questo tipo con persone delle quali non so nulla. Aaron, Cameron e Jake sanno quanto tempo c’è voluto perché mi aprissi con loro. Prima tendevo a tenermi tutto dentro e a scaricare tutta la mia rabbia, il mio dolore, la mia frustrazione su un sacco da boxe.
Dio mio, che cosa è successo dentro di me da farmi mutare in questo modo? Come ho potuto permettere a quello scricciolo piangente di cambiarmi in un modo tanto radicale?
***
CASSANDRA’S POV
Corro giù dalle scale, la borsa in mano, le cuffiette nelle orecchie e la musica sparata a tutto volume.
Ieri sera ho preso la decisione di togliermi questa specie di pellicola che mi avvolgeva e di tornare ad essere come sono realmente. Motivo per il quale indosso un paio di shorts color jeans a vita alta che arrivano appena sotto al sedere, un top nero e la collana col marchio angelico. I capelli, raccolti in una treccia che mi sbatte sul petto, tra poco torneranno a respirare. Ho chiesto ad Ashley dove potessi trovare un supermercato da raggiungere a piedi e poter comprare uno shampoo di un certo tipo e altre cose di cui ho bisogno, tipo degli smalti e i trucchi, e lei me ne ha indicato uno a pochi isolati da qui. Esco di casa sorridendo sommessamente e inizio a cantare ad alta voce “Reflections” ridendo leggermente.
Eccola qui, finalmente rieccola qui la mia tanto amata libertà.
***
L’acqua si tinge di rosso rame mentre scorre via nelle tubature della casa. Chiudo forte gli occhi e la bocca per non ingurgitare erroneamente un po’ di questo schifo. Mi strofino nuovamente i capelli e le sopracciglia e risciacquo il tutto, provocando un’altra cascata color fuoco nella vasca. Mi piaceva questo colore, infondo, ma preferisco mille volte i miei capelli corvini, in netto contrasto coi miei occhi grigi quasi trasparenti.
Mi avvolgo in un asciugamano e mi guardo allo specchio. Sorrido al mio riflesso, pensando che ho finalmente ritrovato me stessa.
Poi mi risveglio dal mio intorpidimento e inizio ad asciugarmi, per poi indossare una maglietta extralarge che mi arriva alle ginocchia con una scritta che recita “Want perfect boy? Read books!”. Silvia ne ha una identica, le abbiamo comprate da Subdued a Londra l’anno scorso. Sotto di essa infilo gli shorts che avevo indosso stamattina e il mio immancabile paio di vans nere. Decido di lasciare i capelli sciolti e sparsi sul petto. Mi giro di lato e noto che sono diventati davvero lunghissimi, arrivano oltre la fine delle scapole. Apro l’anta dell’armadietto bianco affianco allo specchio e prendo lo smalto color ebano che ho acquistato poco fa, poi me lo metto stando attenta a non sbavare. Mentre aspetto che si asciughi mi trucco con un po’ di blush, eye-liner e mascara. I ragazzi mi hanno chiesto di girare con loro il video di questa settimana e, visto che oggi è lunedì, dobbiamo iniziare le riprese. Prendo il cellulare e lo sblocco mentre scendo al piano terra dal quale provengono voci e musica. Non so proprio cosa aspettarmi da loro, cosa dovrò fare? Parlare? Fare un video comico? Non sono mai stata brava con le battute. Quando arrivo, però, non trovo nessuno né in cucina, né in soggiorno. Sto quasi per chiedere se ci sia qualcuno, quando sento una porta aprirsi e la musica aumentare di volume.
-Cass! Cosa? Oh…
Fa la voce di Ashley dietro di me. Mi giro verso di lei sorridendo appena e incontro i suoi occhi spalancati. Lei era l’unica a sapere che ero tinta, ma non le avevo detto che in realtà sono nera come la pece.
-Ehi, ti piacciono?
Domando facendo una piccola piroetta e ridendo un po’. Adesso capisco da dove provenissero i rumori che sentivo dal corridoio di sopra: la porta dalla quale è uscita Ashley porta al seminterrato che si raggiunge tramite delle scale.
-Sì, sono bellissimi… Stai molto meglio così, davvero. I ragazzi stanno preparando le cose per girare il video, mi hanno detto di venirti a chiamare.
Fa appoggiandosi al corrimano, mentre vado verso di lei.
-Grazie mille Ashley.
Dico passandole accanto e iniziando a scendere la scalinata. Per un po’ l’oscurità mi inghiotte, poi vado praticamente a sbattere di faccia su una porta. Tasto la superficie di legno liscio finchè non trovo una maniglia, poi la abbasso e spingo l’uscio.
La prima cosa che i miei occhi recepiscono sono due grandi luci di scena messe davanti ad un divano azzurro scuro; in mezzo ad esse c’è un cavalletto con sopra una macchina da presa che ho visto sempre solo in mano ai giornalisti e dietro di esse si trova…
-Cameron!
Esclamo per poi raggiungere il ragazzo che ho conosciuto l’altrieri alla festa, che mi sta dando le spalle.
Quando si gira, per un attimo il suo sguardo si accende, poi si fa quasi dubbioso.
-Cassandra?
Domanda stranito alzando un sopracciglio.
-Cass? Sei tu?
Gli fa eco Grayson, che si è avvicinato a me con la stessa espressione di Cam dipinta sul volto. Scoppio a ridere osservando i loro visi sconvolti, poi mi passo una mano tra i capelli e sorrido.
-Che c’è? Una torna al suo colore naturale e gli altri non la riconoscono nemmeno?
Chiedo ai due. Entrambi ridono con me, poi una voce li interrompe.
-Chi ha fatto cosa?!
Questo è Ethan, apparso dietro al fratello, che mi fissa strabuzzando gli occhi.
-Che cavolo…
Sussurra avvicinandomisi e prendendo una ciocca tra le dita. Visto da così vicino sembra due volte più alto di quanto non sia già, quasi torreggia su di me. Mentre studia i miei capelli lo osservo da vicino. Indossa una maglietta nera con scritto davanti in bianco il numero “25” e due strisce bianche sulle maniche corte, un paio di jeans larghi e chiari con degli strappi sulla coscia sinistra e un paio di AirMax bianche. E’ stupendo Dei miei. Anche così è probabilmente il ragazzo più bello che io conosca. Ovviamente anche Federico è un bel ragazzo, anzi è decisamente un gran figo, ma io non sono mai riuscita a giudicarlo oggettivamente a causa del rapporto che ho con lui.
-Perché li hai tinti?
Mi chiede senza allontanarsi, come invece hanno fatto gli altri due, ma continuando a rigirarsi tra le dita quella maledetta ciocca.
Gliela tolgo dalle mani e faccio un passo indietro, ma lui ne fa uno verso di me e così siamo al punto di prima. Sbuffo alzando gli occhi al cielo.
-Non mi sono tinta, me li sono decolorati. Sono così normalmente.
Rispondo guardandolo con aria di sfida. Dai suoi occhi capisco che non gli è passata del tutto, e non gliene faccio una colpa, anche io avrei del risentimento.
-Sei bellissima anche così, si addicono di più alla tua personalità.
Ribatte per poi andare da Cameron e controllare le ultime cose. Sorrido e scuoto la testa, poi mi osservo bene intorno. Ai lati della stanza ci sono vari scaffali con cibo, attrezzi da sport, un canestro da basket in un angolo, un vecchio sacco da boxe marrone messo di traverso su un armadio azzurro chiaro, scatoloni traboccanti di cianfrusaglie e vestiti. Uno attira la mia attenzione in particolare. C’è scritto sopra “E&G 4-7” e da un angolo esce quella che credo essere la zampa di un animale da peluche. Mi dirigo verso di esso ed apro le linguette per poi guardare dentro. Il mio intuito non sbagliava: si tratta di un orsacchiotto arancione e giallo ocra che mi fissa con degli occhioni blu, l’orecchio destro mangiucchiato lascia intravedere l’imbottitura bianca e soffice. Lo prendo tra le mani, non è più grande di un cucciolo di cane, e lo osservo meglio. Dietro c’è una cerniera che corre lungo la schiena, la apro e vi trovo uno yo-yo verde e nero.
-Oh, guarda un po’ cosa ha riesumato la nostra Cassandra!
Esclama Grayson indicandomi. Io mi volto verso i ragazzi e noto che Ethan è arrossito di botto.
-Oh Dio! Esiste ancora allora! Ethan, pensavo l’avessi buttato via!
Fa Cameron dandogli una pacca sulla schiena. Il ragazzo abbassa la testa e balbetta qualche parola confusa.
-Io… Ecco, pensavo che, magari, potevo conservarlo sai, per…
Tossisce e si schiarisce la gola.
-Per i tuoi figli?
Domando avvicinandomi a lui con l’orsetto ancora tra le mani. E’ incredibilmente morbido. Quella di Ethan è una cosa dolcissima, anche io da piccola pensavo di tenere i miei giocattoli in modo che i miei bambini potessero giocarci, questo prima della decisione di non averne mai.
Il ragazzo annuisce e si passa una mano tra i capelli, in evidente imbarazzo.
-Bè sì, però se ti piace te lo regalo con piacere.
Fa sorridendomi incoraggiante. Apro il mio volto in un largo sorriso, prima di nasconderlo dietro le mie labbra. Stringo il gioco al petto, poi lo appoggio ad uno scaffale accanto a me.
-Grazie mille Ethan, sei gentilissimo.
Faccio avvicinandomi per lasciargli un bacio leggero sulla guancia. Lo sento irrigidirsi al mio tocco e lo guardo confusa stringere i pugni. Non capisco… Fino a poco fa si comportava normalmente, cosa ho fatto?
-E’ meglio se iniziamo con le riprese. Sedetevi tutti e tre sul divano, Cassandra, tu in mezzo ai ragazzi.
Dice Cameron iniziando a darci le indicazioni e mettendo a posto tutte le attrezzature. A differenza di come pensavo girare un video è molto complicato, bisogna regolare le luci, il fuoco, l’inquadratura…
Però facciamo come ci dice e dopo una decina di minuti è tutto pronto per iniziare a girare. I gemelli sono incredibilmente a loro agio, mentre io sono rigidamente seduta sul bordo del divano, le mani sulle ginocchia, la schiena dritta e lo sguardo puntato nell’obbiettivo. Questo finchè non sento una mano premermi sullo stomaco e spingermi contro lo schienale del divano, prima che un braccio mi circondi le spalle e un altro la vita. I ragazzi si avvicinano a me e mi abbracciano lasciandomi un bacio ognuno su una guancia, schiacciandomi praticamente tra i loro corpi muscolosi. Sorrido e mi faccio piccolissima cercando di scappare dalla loro stretta, ma loro non mi lasciano scampo, così mi lascio andare e mi arrendo.
-Allora, avevamo pensato che potessi bendarti e poi cercare di riconoscerci prima toccandoci, poi sentendoci pronunciare una parola e infine abbracciandoci.
Mi spiega Grayson scostandomi una ciocca dal volto e sorridendo. Sembra la copia esatta di suo fratello, fatta eccezione per un neo sul mento e l’orecchino pendente che rappresenta una croce, eppure non mi trasmette le stesse emozioni di Ethan.
-Ok, non sembra difficile.
Faccio mettendomi comoda sul divano a tre posti.
-Vedrai, ci divertiremo un sacco.
Mi rassicura Ethan stringendomi amichevolmente la spalla sinistra. Annuisco passandomi una mano sulla nuca e cercando di calmarmi. Andrà tutto bene.
Grayson tira fuori dalla tasca dei pantaloni una bandana blu notte e se la appoggia sulla gamba destra.
-Va bene, quindi iniziamo tra tre, due, uno…
Fa Cameron, poi i gemelli sfoderano un sorriso a trentadue denti quando si accende la lucina rossa che indica che la telecamera sta registrando.
-Hey guys, we’re back!
Esclamano in coro saltando sul posto, io li osservo come se fossero matti, poi mi metto a ridere.
Loro mi guardano per un attimo prima di imitarmi.
Vedo con la coda dell’occhio Cameron che ci dice di continuare.
-Saluta dai!
Fa Grayson accanto a me.
Io, che sto ancora cercando di contenere l’ilarità, guardo nella telecamera ed agito la mano.
-Ciaooooo!
Esclamo in italiano, per poi sorridere ai due.
-Ok, no, non abbiamo portato in gita una matta a caso trovata in un manicomio, ma lei è la famosa ragazza che doveva venire da noi per lo scambio culturale.
Spiega Ethan accarezzandomi la testa come si farebbe con un animaletto. Io lo scaccio e guardo nuovamente l’obiettivo. Inizio a parlare senza rendermene conto.
-Ciao, mi chiamo Cassandra, ho diciotto anni e vengo dall’Italia. Mi dispiace per questi due, ma dovranno sopportarmi per tutta l’estate. E forse anche voi, quindi preparatevi.
Dico schioccando le dita.
I ragazzi prendono di nuovo la parola ed io mi appoggio allo schienale, avvertendo le gote andare a fuoco.
-Allora, ora che la pazza si è identificata, possiamo partire con questa challenge!
Fa Ethan con una faccia stupida aprendo le braccia e dandomi quasi uno schiaffo.
Io rido e gli do dell’idiota.
-Esatto, questa challenge consiste nel bendare Cassandra e lei dovrà cercare di identificarci, prima toccandoci, poi sentendoci parlare, infine abbracciandoci.
Continua suo fratello prendendo la bandana.
-Posso?
Domanda prima di passarmela attorno alla testa, oscurandomi la vista. Sento che si muovono attorno a me, ma non ho idea di cosa stiano combinando e ciò mi fa stare piuttosto in ansia. Muovo le braccia attorno a me finchè non afferro il braccio di quello che credo essere Ethan, dal momento che è seduto alla mia destra.
-Ok, iniziamo… Via!
Esclama Cameron da dietro la videocamera. Inizio a tastare il braccio del ragazzo accanto a me e risalgo il suo addome muscoloso finchè non raggiungo il viso, stando attenta a non mettergli le dita in posti strani. Lo accarezzo coi polpastrelli, avvertendo il ruvido della barba appena cresciuta e sto per cercare l’orecchino quando trovo soltanto il lobo liscio e morbido.
-Nooo! Non vale!
Esclamo continuando a cercare dei dettagli che indentifichino la persona che sto toccando. Precorro la linea della mascella finchè non arrivo al mento, ed è lì che sento il neo caratteristico di Grayson.
Mi illumino attraverso la bandana.
-Grayson e Ethan!
Faccio indicando rispettivamente a destra ed a sinistra.
-Damn! Yes! It’s incredible!
Fa Ethan alla mia sinistra, togliendomi la striscia di stoffa dagli occhi ed incontrando i miei. Sta sorridendo a trentadue denti e ciò lo rende dieci volte più bello di quanto lo sia normalmente.
-Quindi siamo a uno su tre, passiamo alla prossima categoria!
Dice alzandosi ed avvicinandosi alla videocamera facendo una faccia stranissima.
Cameron fa il segno delle forbici e ci dice di tornare ai posti di prima, in modo da far credere di non esserci spostati.
Quando siamo pronti, urla “GO” e fa il gesto del ciack.
-Rimettiti la bandana Cass.
Fa Grayson, seduto sempre alla mia destra. Obbedisco ed avverto di nuovo del movimento attorno a me.
Poi una voce vicino al mio orecchio sinistro fa…
-Mooooist!
Io scatto di lato, andando a sbattere contro l’altro gemello un attimo prima che anche questo ripeta la stessa parola.
Ma che diamine significa?!
-What is that?! Oh my gosh!
Esclamo tra le risate cercando di concentrarmi sulle voci dei ragazzi, ho imparato più meno a riconoscere quella di Ethan da quella di Grayson, ma ora stanno facendo gli stupidi e non capisco nulla.
-Dai seriamente, ripetete quello che avete detto.
Li prego, per poi essere accontentata. Mi sembra che il ragazzo alla mia destra abbia la voce più roca, quindi lo identifico come Ethan.
-Allora, a destra Ethan e a sinistra Grayson.
Dico schioccando entrambe le mani e indicando davanti a me con l’indice.
-Oh…God! This girl is fantastic!
Fa quello che chiaramente sembra essere Gray. Entrambi i gemelli si mettono a ridere, poi una mano mi blocca il polso che aveva iniziato ad alzarsi per tirare giù la bandana.
-Aspetta, facciamo subito la terza parte della challenge!
Dice Ethan vicino al mio orecchio destro. Ridacchio ed annuisco, schiarendomi la gola e mettendomi seduta composta. I ragazzi si muovono attorno a me e poi si siedono di nuovo ai miei lati. Improvvisamente due braccia robuste mi circondano la vita e mi attirano verso un corpo caldo e familiare. Ormai è come se lo avessi studiato: incastrati perfettamente come due pezzi di un puzzle, allaccio le mie braccia attorno al collo di Ethan e nascondo il viso nell’incavo della sua spalla respirando per un po’ il suo buonissimo profumo.
Poi mi stacco e, per fare scena, abbraccio anche Grayson. E’ incredibile come, seppure siano quasi praticamente identici, non provi nemmeno un decimo dell’emozione che mi pervade quando sono stretta tra le braccia di suo fratello.
-Ethan.
Faccio indicando a destra.
-Grayson.
Dico indicando a sinistra. Qualcuno mi strappa praticamente la bandana di dosso e mi lascia un bacio sulla guancia, poi entrambi i ragazzi mi afferrano come l’altro giorno e mi portano in giro per la stanza facendomi quasi morire di paura nel momento in cui fingono di lasciare la presa.
Quando riatterro sul divanetto sono sudata e rossa in volto, ma Cameron ci dice di fare un ultimo sforzo per concludere il video. Quindi riprendiamo posto ansimanti, ma contenti e diamo i saluti finali.
-Ragazzi, speriamo il video vi sia piaciuto, se è così lasciate un pollice in  su.
Fa Ethan imitando il simbolo di YouTube, mentre suo fratello raccomanda di condividere e commentare il video, dandogli appuntamento alla prossima settimana.
-Diciamo “peace” al tre, ok?
Domandano in coro i due. Io annuisco, poi aspetto che contino sino a tre per urlare con loro.
-PEACE!
Cameron spegne il tutto ed io crollo esausta sul divano, appoggiando la testa alle gambe di Ethan mentre Grayson afferra le mie e le appoggia sul bracciolo, facendosi da parte.
Le dita di suo fratello mi scostano le ciocche sudate dal volto mentre cerco di riprendere fiato.
Dei miei che lavoro!
-Come diamine fate a farlo tutte le settimane?!
Domando ai tre ragazzi che mi si sono raccolti attorno.
-Bè, tu scrivi a tutte le ore del giorno, a quanto ci hai raccontato, noi amiamo far divertire le persone e quindi coltiviamo questa passione.
Mi risponde Grayson, facendo posto a Cameron, che si appoggia però con le braccia allo schienale del divanetto, limitandosi a sorridermi dall’alto.
-Comunque adesso direi che possiamo riposarci tutti quanti e scegliere un bel film da guardare assieme, no?
Fa Ethan muovendosi appena. Io mi alzo in piedi ed annuisco.
-Già, ci vuole davvero una bella serata tra amici.
Concordo con lui. I ragazzi mi imitano e Ethan tira fuori dalla tasca dei pantaloni il suo cellulare. Ecco cos’era quella cosa dura contro la testa…
-Chiamo anche Aaron, così vi conoscete.
Mormora cercando il numero dell’amico nella rubrica, per poi chiamarlo.
***
Accoccolata accanto ad Ethan, guardo “The Bourne Identity” pescando pop-corn dalla ciotola tenuta in bilico sulle ginocchia di Aaron, seduto alla mia destra. Tengo gli occhi puntati sullo schermo, completamente presa dal film, tra l’altro uno dei miei preferiti non ispirati alle saghe che amo. Siamo quasi alla fine della pellicola, e le cose si stanno mettendo davvero male per il protagonista, quando questo usa il corpo di un agente morto come una specie di tavola da surf per volare giù da una rampa di scale, sparando a sangue freddo ad un altro tipo. E’ incredibile come, seppure mio padre sia morto a causa di un colpo da arma da fuoco, riesca comunque a farmi piacere film con sparatorie e morti violente.
Aaron è un ragazzo simpatico, solare, alla mano ed è il migliore amico di Ethan. E’ riuscito a farmi sorridere già dopo due minuti e non se la tira pur essendo piuttosto carino. Secondo me Ashley gli va dietro e lui la asseconda, infatti, nel buio della stanza, ho visto il braccio di Aaron stringerla a sé. Appoggio la testa alla spalla di Ethan e sento il suo petto alzarsi e abbassarsi lentamente, poi le sue dita iniziano a giocare coi miei capelli. Penso sia una specie di vizio, toccare i capelli degli altri, come per me lo è mangiarmi a sangue la guancia. Quasi lo faccia apposta, mi accorgo di stringere trai i denti un lembo di pelle e smetto subito. Il film è praticamente finito, il protagonista raggiunge la sua compagna d’avventure e incominciano i titoli di coda. Cameron si alza ad accendere le luci ed io inizio a stiracchiarmi stando attenta a non prendere a schiaffi qualcuno. Mi guardo attorno e noto che anche gli latri stanno facendo lo stesso.
Aaron prende la parola.
-Non so voi, ma io tolgo il disturbo, mi aspettano per cena.
Fa alzandosi e avviandosi alla porta. Anche Cameron fa lo stesso.
-Già, anche io. Ci vediamo ragazzi.
Dice uscendo e salutandomi con la mano. Sono ancora seduta sul divano con Ethan, quindi mi giro verso Cam.
-Bye!
Lo saluto un attimo prima che Grayson gli chiuda praticamente la porta in faccia.
-Io un po’ di fame ce l’avrei.
Dice Ethan alzandosi ed accarezzandosi la pancia.
-Anche io, fratello.
Conviene Grayson allacciandogli un braccio attorno alle spalle.
-La mamma ha preparato da mangiare, vieni Cass?
Domanda Ashley dalla porta del soggiorno. Vorrei davvero mangiare con loro, ma ho lo stomaco chiuso ancora da ieri e i pop-corn non mi hanno aiutata a sbloccarmi.
-No, grazie mille. Come se avessi accettato. Vado in camera mia a fare delle cose.
Dico scuotendo la testa e iniziando a salire le scale.
Mi fermo quando arrivo al primo piano e mi nascondo dietro un muro per sentire cosa dicono. So che è una cosa sbagliata, ma sono curiosa di natura e poi ho il sospetto che stiano preparando qualcosa per il mio compleanno, che è tra due giorni.
-Io non la capisco proprio, come pensa di restare sveglia se non mangia?
Fa Ethan evidentemente frustrato.
-Hai visto quanto è magra, secondo me ha avuto qualche problema e ha iniziato a dimagrire.
Risponde Ashley. Mi mordo un labbro dalla rabbia. Porca puttana, è davvero così evidente? Cerco in tutti i modi di non farlo sapere in giro e questo è il risultato?
-Già, quella è la ragazza più misteriosa del mondo, te lo dico io.
Replica Grayson appoggiandosi al corrimano. Sudo freddo per un istante, in cui credo stia per salire, ma evidentemente non lo farà.
-Di una cosa sono sicuro, che ha un passato pieno di ombre che ancora non sono sparite del tutto.
Mormora suo fratello. Mi porto una mano agli occhi e raccolgo l’unica lacrima che vi era scappata. L’osservo per qualche secondo nel buio, poi entro in camera mia.
***
ETHAN’S POV
Sgattaiolo su per le scale che portano al ballatoio e, come mi aspettavo, noto una sottile luce azzurra filtrare da sotto la porta. Un debole sorriso si forma sul mio viso mentre spingo la porta per entrare. Inizialmente mi sembra di essere sulla scena di un film horror: la finestra aperta fa entrare la brezza estiva che muove le tende, la stanza è avvolta nell’oscurità e una ragazza è seduta sul letto a gambe incrociate, la luce del pc che proietta ombre inquietanti sui muri. Poi mi rendo conto che è solamente Cassandra e che, come previsto, sta scrivendo una delle sue storie. Sento le sue dita picchiettare sui tasti del pc mentre chiudo la porta alle mie spalle e mi avvicino. Ha le cuffiette nelle orecchie e da esse riesco a cogliere le parole di “Something Big” di Shawn Mendes. Le metto una mano sulla bocca perché non si spaventi, ma lei cerca di togliermela e di urlare attraverso di essa.
Le tolgo un auricolare e le sussurro in un orecchio.
-Sono Ethan, tranquilla.
Lei si tranquillizza e, nel momento in cui la lascio, si gira verso di me e mi dà un pugno per scherzo sul petto.
-Sei impazzito? Mi hai fatto prendere un infarto razza di deficiente!
Urla bisbigliando. Sorrido leggermente e mi siedo accanto a lei. I nostri occhi si incontrano e per un attimo resto incantato da lei. Quando l’ho vista coi capelli neri pensavo si fosse tinta, ma quando mi ha detto che in realtà era il suo colore naturale ne sono rimasto davvero colpito. Se prima pensavo fosse davvero bella, ora ho la certezza che potrebbe senza indugio gareggiare per Miss Mondo. Indossa una canottiera scura, un paio di pantaloni della kipsta e ha lasciato i capelli sciolti come prima. Il nero pece della sua chioma è in netto contrasto con la sua pelle diafana e gli occhi grigio-azzurri, ma secondo me ciò la valorizza ancora di più.
-Che stai scrivendo?
Domando indicando il pc, che mostra una pagina di Word scritta fittissima in una lingua a mio parere stranissima.
Lei si stringe un secondo nelle spalle, poi inizia a raccontarmi.
-E’ la storia di due ragazzi, lei è la classica cattiva ragazza, fuma, non solo sigarette, ha decine di tatuaggi e piercing e si veste come una puttana, va in giro col suo seguito di cagnolini in locali che Dio te ne scampi; lui è uno sfigatello, studioso, il suo palo fisso sono la scuola e il suo tirocinio come biologo. Un giorno però lui si trova nel posto giusto al momento giusto perché vede la ragazza, Katrina, che sta per essere presa con la forza da uno dei suoi pecoroni e in pratica lo stende con il coperchio di un bidone della spazzatura. Poi si scopre che lei era inciuccata nel giro di una nuova droga e che si è cacciata nei guai, così lui si offre di aiutarla e inizia la loro latitanza in giro per l’America…
Resto ad ascoltarla sgranando gli occhi e spalancando la bocca.
-Tu vuoi dire che hai inventato una storia così articolata e che sei arrivata… a che capitolo?
Domando scioccato. Sta scherzando? E’ già tanto se riesco a scrivere una paginetta di ricerca, figurarsi un libro intero.
-Bè, per ora solo al trentatreesimo, ma penso di fare una specie di sequel in cui… Bè, devo ancora pensarci bene, ma…
La fermo mettendole le mani sulle spalle.
-Stai già pensando al secondo racconto? Tu sei incredibile.
Faccio scostandole una ciocca dagli occhi. Mi mordo la lingua per trattenermi dal farlo un attimo troppo tardi. Lo faccio sempre! Perché non riesco a non toccarglieli?
Lei ride scuotendo la testa e poi mi osserva.
-Vuoi che te ne legga un pezzo in italiano?
Mi chiede inarcando le sopracciglia.
-Ok, anche se non capirò assolutamente niente.
Lei si schiarisce la gola, poi inizia a leggere.
-“Resto in silenzio con lo sguardo rivolto sulla strada e col cuore che batte a mille dopo aver ascoltato quelle parole uscite dalla bocca di Katrina. Non avrei mai pensato fosse capace di dire qualcosa del genere. Di dire ti amo. E il mio cervello inizia a elaborare film mentali degni di premio Oscar. E io cosa dovrei fare, adesso? Far finta di niente e continuare a guardare l’asfalto? Sono già passati diversi minuti e lei non ha riaperto più bocca. Beh, che cos’altro avrebbe potuto aggiungere? Il tempo passa e, ormai, qualsiasi cosa io faccia o dica sembrerà totalmente stupido. Comincio ad insultarmi, come sempre, ma, a quel punto, la mano di Katrina prende ad accarezzare dolcemente la mia, inducendomi a spostare lo sguardo su di esse.
«Rilassati».
“Finalmente ha parlato!”
«Sì … lo sono», la rassicuro, rivolgendole un timido sorriso. Lei ricambia, mostrandosi serena e per niente infastidita dal mio stupido comportamento di poco prima. Possibile che non ci sia rimasta male nemmeno un po’? Se così fosse dovrei dare ragione alla tesi del “lo dice a tutti quanti”, ma non mi convince del tutto.
«C’è un po’ di strada da fare ancora … se non ti senti bene posso fermarmi».
«Cosa? No, sto … bene».

Resto un po’ a fissarla imbambolato mentre i suoi occhi si spostano su di me. No, non ci ho capito assolutamente nulla, come avevo previsto.
-Cosa… succede?
Domando arrossendo un po’. Mi sento a disagio. Incredibile, io mi sento sempre a mio agio.
-Lei gli ha appena detto che lo ama e lui ci è rimasto di sasso.
Mi spiega pazientemente.
-Oh, lui non dice…nulla?
Domando basito. Da parte mia non ho mai detto a nessuno che lo amo, né ad una ragazza, né ai miei familiari… Di contro, però, nessuno lo ha mai detto a me e perciò non ho idea di come ci si senta. Lei scuote la testa, facendo volare i capelli.
-No, è troppo sorpreso dal comportamento della ragazza e non riesce a capire se lo stia prendendo in giro oppure no.
Mi risponde aprendosi in uno sbadiglio. La osservo salvare il tutto e tornare al desktop, e là mi blocco osservando lo sfondo.
E’ una frase tratta da una canzone di una certa Lana del Rey, così c’è scritto, e dice: “Choose your last words, this is the last time. ‘Cause you and I, we were Born to Die.” Ovvero “Scegli le tue ultime parole, questo è l’ultimo istante. Perché io e te, siamo Nati per Morire.”
Spegne il pc un attimo dopo che ho finito di leggere e lo appoggia sul comodino.
-Perché hai scelto quella citazione?
Mormoro guardandola chiudere le finestre e sedersi nuovamente sul letto, incrociando le gambe.
-E’ una delle mie canzoni preferite e poi mi fa riflettere su quanto noi umani possiamo essere fragili, in un modo tale da far sì che ogni istante potrebbe essere l’ultimo e quindi come dobbiamo agire di conseguenza.
Spiega avvicinandomisi. Per fortuna la stanza è in penombra e lei non può vedermi diventare viola.
-Dovrebbe servirmi da monito, in modo tale da fare le cose giuste, ma non è stato così… Non lo è quasi mai.
Mormora a qualche centimetro dal mio viso, gli occhi gonfi di lacrime che non vogliono saperne di uscire. Non riesco a fermarmi e la stringo a me forte, fortissimo, affondando il viso tra i suoi capelli e premendo le mani sulla sua schiena e sulla sua vita sottile, dimenticandomi di tutto quello che è successo, perdonandole ogni sgarro passato, presente e futuro.
-Non importa fare sempre le cose giuste, basta sapere di averci provato… Sbagliare è umano.
Sussurro accarezzandole la testa.
-Ma perseverare è diabolico.
Ribatte lei, la voce attutita dalla stoffa della mia maglietta.
-E in che errori perseveri?
Domando deglutendo a fatica mentre sento le sue mani scivolarmi lungo il torace, su per il petto, fino alle mie spalle.
-In uno solo in realtà… Mostrarmi senza armatura al mondo e poi non sapere come difendermi dai suoi schiaffi.
Risponde ridendo un po’. Io sospiro e la scosto da me, in modo da guardarla di nuovo negli occhi.
-Se mai ti prenderà a schiaffi, io sarò lì a proteggerti col mio corpo.
Dico accarezzandole uno zigomo, per poi far scendere le mie dita lungo la sua mascella e per il collo, fino allo scollo della maglietta.
Sento l’irrefrenabile voglia di poggiare le mie labbra sulle sue, di stringerla nuda e vulnerabile tra le mie braccia, di farla diventare mia, stanotte e per sempre… Ma sento anche che non è la cosa giusta, che se lo facessi distruggerei qualunque rapporto tra di noi, che devo aspettare e sperare. Sperare che lei si liberi dei suoi demoni mettendoli sulle mie spalle e quindi poterla finalmente conoscere.
Le lascio un lungo bacio sulla fronte e inspiro per l’ultima volta il suo profumo.
-Buonanotte Cass.
Sussurro poi facendole appoggiare la guancia al cuscino, gli occhi già socchiusi.
-Buonanotte Ethan.
Mormora di rimando, mentre chiudo la porta della sua stanza alle mie spalle.
Aspetta e spera amico, aspetta e spera.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Mi sveglio con una mano appoggiata sotto alla guancia e  sospiro sentendo ancora il profumo di Ethan sui miei capelli e i miei vestiti, segno che la conversazione di ieri notte non è stata un sogno. Mi rigiro nelle lenzuola e mi stiracchio, per poi sedermi sul bordo del letto e controllare l'ora sul cellulare. Sono le nove e mezza, mi sto già abituando al fuso orario. Dal piano di sotto provengono voci e risate, fortunatamente non sono l'unica già sveglia. Vado in bagno a sciacquarmi la faccia e a mettermi un po' a posto. Decido di restare vestita come sono, mi lego i capelli in una treccia a spina di pesce, prendo il telefono dal comodino e scendo giù. Avverto la risata di Ashley e una voce maschile che non riesco ad identificare che sta chiacchierando con i gemelli. Mi affaccio titubante alla tromba delle scale ed indugio un attimo prima di scenderle. I rumori provengono dalla cucina, insieme ad un buonissimo profumo di… croissant? Non riesco a capire. Mi avvicino lentamente alla porta della stanza e faccio un respiro profondo prima di entrarvi. C'è un uomo appoggiato con la schiena al lavabo, i tratti caratteristici dei ragazzi, i capelli corti e neri, gli occhi vivaci. Sta parlando con Lily che stringe tra le mani una tazza bianca a ghirigori azzurro chiaro, e con i ragazzi, che sono seduti al tavolo davanti ad un piattone di pancakes. Ecco cos'era quel profumino. Ashley, appoggiata al muro accanto alla porta sembra l'unica ad essersi accorta di me.
-Cass! Buongiorno!
Dice venendo ad abbracciarmi. Resto un attimo ferma, poi ricambio il gesto. Non avevo mai ricevuto effusioni del tipo da lei.
-Ciao Ashley.
Faccio quando si stacca da me. Poi la voce di prima mi distrae.
-Oh, eccola qua la famosa Cassandra!
Mi giro verso l'uomo che ha appena parlato, ora si è staccato dal lavabo e mi tende la mano. Gliela stringo piano, ma lui la scuote energicamente. Sembra essere un uomo sicuro di sé.
Non riesco a capire chi sia, uno zio? Di certo un parente. Lui però mi viene incontro.
-Sono Thomas, il papà dei gemelli e di Ashley.
Fa sorridendo. Sembra sprizzare energia da tutti i pori, esattamente come tutti quelli della sua famiglia, appare ancora giovane e intraprendente.
-E’ un piacere conoscerla, signor Dolan.
Ribatto avvicinandomi a Grayson, seduto su una sedia vicino a me. Suo padre ride, portandosi una mano sul cuore.
-Chiamami Thomas, mi fai sentire vecchio! Sbaglio o domani è il tuo compleanno?
Domanda con un gran sorriso. Già, domani diventerò adulta, una donna a tutti gli effetti, potrò decidere cosa fare della mia vita, guidare un’auto, votare… E invece mi ritrovo confinata qui da qualcuno che non è nessuno per me. La sensazione di oppressione e la voglia di scappare si fanno sentire un’altra volta.
-No, non ti sbagli.
Mormoro cercando di sorridere. I ragazzi si alzano ed Ethan incrocia i miei occhi per la prima volta dopo stanotte, mi mette una mano dietro la schiena e mi spinge fuori dalla cucina.
-Sì, esatto. Quindi avrai molte cose da fare, immagino.
Dice suo fratello indirizzandomi verso le scale. Stanno tramando qualcosa, sicuramente.
-Ok, ho capito. Me ne vado.
Faccio mentre salgo le scale con le mani alzate. Sento la porta della cucina chiudersi mentre entro in camera mia.
Lo sguardo mi cade sul pc e mi ricordo di una cosa.
-Cazzo, il canale!
Esclamo andando a recuperare il computer ed accendendolo, per poi chiudermi nella cabina armadio e sedermi dentro ad un armadio vuoto. Da qualche tempo gestisco un canale di cover musicali con l’aiuto di Silvia, in cui riprendo solo la mia bocca. Infatti mi chiamo “The Misterious Singer”. Ricevo molti apprezzamenti e ciò mi rende davvero fiera. Vado su YouTube ed accedo al mio canale. Sono più di due settimane che non ci metto mano e infatti sono sommersa da like e commenti. Nel mio ultimo video avevo chiesto di votare tra tre canzoni che avevo già provato, quella con più voti sarebbe stata quella che avrei cantato. La scelta era tra Dark Paradise, How Deep Is Your Love e One Last Time. Controllo e conto I voti, la scelta è caduta su One Last Time, anche se mi sarebbe piaciuto di più cantare Dark Paradise. Accedo al programma per girare i video, poi vado un attimo in bagno a mettermi a posto i capelli e torno a chiudermi nella cabina armadio in modo che nessuno mi senta. Faccio un po’ di esercizi per riscaldare la voce e canto due, tre volte la canzone finchè non mi sento pronta a girare. A questo punto mi accoccolo sul fondo dell’armadio, appoggiando il pc sul legno mentre regolo la webcam in modo che mi riprenda solo dalle labbra in giù. Faccio un respiro profondo, mi metto le cuffiette e faccio partire il video.
-Ciao ragazzi, perdonatemi, ma ho avuto qualche problema in questi giorni e non ho potuto aggiornare. Comunque, eccomi qua.
Dico sorridendo un po’ e cercando di sembrare allegra. In realtà mi agito sempre quando giro i video. Non ho voluto dire ai ragazzi del canale, voglio che sia una cosa solo mia e di Silvia.
-Nel video precedente vi avevo chiesto di scegliere una canzone che avrei cantato in questo. Bè, quella che ha ricevuto più voti è stata One Last Time, di Ariana Grande.
Faccio controllando la mia immagine nello schermo del pc, poi inizio a cantare.
***
Con “American Idiot” sparata a tutto volume nelle orecchie, finalmente carico il video su YouTube. Mi appoggio con la schiena alla sedia, incrociando le mani dietro la testa mentre osservo il numero di visualizzazioni aumentare da uno a cinque a dieci… E pensare che quando ho iniziato ne raggiungevo a stento venti, mentre adesso ho più di trecentomila iscritti ed una media di mezzo milione di visualizzazioni. E’ davvero una grande soddisfazione per me, anche se non posso assolutamente competere con i ragazzi, che di iscritti ne hanno due milioni.
Mentre parte “Young & Beautiful” avverto un bussare insistente alla mia porta. Spengo tutto e mi alzo, mi avvio all’uscio e lo apro, trovandomi davanti un Ethan mezzo nudo da mozzare il fiato. Cioè, mezzo nudo non proprio, però è senza maglietta, scoprendo il petto glabro e scolpito, ed indossa solo un costume nero e azzurro. Resto a fissarlo imbambolata per un po’, finchè non mi accorgo che anche lui mi sta osservando…le gambe. In quell’istante realizzo che neanche io sono molto vestita, porto infatti solo una maglia bianca extra-large, con disegnato davanti un tao, che mi arriva a mala pena sotto al sedere. Devo smetterla di andare in giro senza pantaloni, ma le abitudini sono dure a morire. Per l’Angelo, che cogliona. Avvampo di brutto mentre continuo a guardare il pavimento.
-E-Ethan…Io, io, scusa…
Balbetto imbarazzata da morire. Lui si mette a ridere e mi alza il mento, cercando i miei occhi.
-Tranquilla, sei bellissima anche così.
Mi fa sorridendo e riavviandomi i capelli dietro ad un orecchio. Sorrido anche io e mi appoggio allo stipite della porta.
-Allora, a cosa devo questa tenuta?
Domando indicandolo da capo a piedi, inclinando la testa.
-Abbiamo invitato un po’ di gente in piscina. Siamo noi, Jake e suo fratello, Cameron, Catherine ed Aaron. Ti va di venire?
Mi spiega passandosi una mano tra i capelli. Non avevo pensato di andare al mare, quindi non ho portato il costume.
-Mi piacerebbe, ma non ho nessun costume da mettermi.
Mi giustifico mordendomi un labbro. Lui scrolla le spalle e sorride.
-Chiedi ad Ashley, lei sicuramente ne ha uno da prestarti.
Fa spingendomi per la seconda volta oggi, da dietro la schiena.
-Aspetta!
Mi ribello una volta arrivata al primo piano.
-Lasciami mettere i pantaloni!
Faccio ridendo e togliendomi la sua mano di dosso.
-Avanti, niente storie.
Ribatte bussando da sua sorella, che ci apre un secondo dopo avvolta in un pareo azzurro. Il suo volto si apre in un sorriso non appena mi vede.
-Cass!
Esclama prendendomi per mano e sbattendo la porta in faccia a suo fratello.
Scoppio a ridere quando vedo per l’ultima volta la faccia sconvolta di Ethan.
-Allora, che di cosa hai bisogno? Vieni alla festa? Ci divertiremo!
Dice tutto d’un fiato mentre osservo la sua stanza.
L’avevo già vista qualche giorno fa e mi è piaciuta molto. E’ nei toni del lilla ed ha una grande vetrata che dà su un balcone che si affaccia proprio sulla piscina. Il letto è grande, pieno di cuscini stupendi e morbidissimi, un grande specchio ricopre la parete sulla sinistra, mentre una scrivania riempie quella di destra.
-Si cioè, vengo alla festa. Però ho un problema.
Faccio cercando di tirarmi la maglietta giù. Lei mi si avvicina e si metta a gambe divaricate, incrociando le braccia sul petto, come ha fatto quando mi ha aiutata con il ballo.
-Cosa c’è? Hai il ciclo? Hai bisogno che ti trucchi con waterproof?
Domanda seria, alzando un sopracciglio. Io ridacchio e scuoto la testa.
-No, no. Mi chiedevo se potessi prestarmi un costume da bagno.
Faccio sorridendo. Lei fa una faccia buffa, poi mi prende per un polso e mi guida verso un cassettone aperto e traboccante di ogni tipo di bikini, trikini e costumi interi. Lei inizia a squadrarmi, poi ne tira fuori alcuni e li mette sul letto. Alla fine ne ha presi una montagna e mi chiede anche di sceglierne uno.
-Tu sei matta, ce ne sono troppi!
Esclamo frugando tra gli indumenti.
-Sì che puoi invece!
Fa mettendosi a cercare con me. Nel momento in cui pronuncia queste parole mi capita tra le mani un bellissimo bikini nero tempestato nella parte alta di brillantini piccolissimi che riflettono la luce creando giochi di colore.
Lo prendo in mano e lo osservo aprendo la bocca.
-Oh, Ashley è bellissimo!
Esclamo districando i fili e cercando di capire come si debba mettere.
-Sì, vuoi che ti aiuti ad indossarlo?
Chiede prendendomelo e iniziando a sciogliere i nodi.
-Grazie mille, saresti davvero gentile.
La ringrazio sorridendo riconoscente.
Dieci minuti dopo sono in piedi mentre lei mi allaccia l’ultima coppia di fili dietro alla schiena ed io mi osservo nello specchio, pensando a quanto davvero sembrino chiari e limpidi i miei occhi, in contrasto col colore della mia chioma e del costume.
La parte di sotto è un semplice slip leggermente a tanga che si lega con dei cordini in due ciocche sui fianchi, mentre il reggiseno è molto più…complicato.
E’ anch’esso nero, ma sulle coppe c’è una cascata di piccoli brillanti e si allaccia tramite una decina di cordini sottili che attraversano il mio petto, raggiungendo poi la parte sul retro. Il risultato è assolutamente spettacolare.
-Aspetta un attimo.
Fa Ashley, recuperando da sopra la scrivania un mascara ed un eye-liner. Mi lascio truccare, poi lei mi spiega che sono resistenti all’acqua ma comunque mi dice di evitare di strofinarmi gli occhi.
-Sei stupenda Cassandra, mi piace troppo truccarti e aiutarti a scegliere cosa indossare, a te sta bene tutto!
Esclama passandomi poi la mia maglietta e un asciugamano azzurro cielo.
-Dio Ashley, grazie a te. Sei sempre così disponibile!
Esclamo scoccandole un bacio sulla guancia. Dal giardino provengono voci e risate, quindi vuol dire che è già arrivato qualcuno.
Scendiamo le scale, poi attraversiamo il soggiorno e lì lasciamo su delle sedie di vimini grigi intrecciati i vestiti e gli asciugamani, insieme a quelli degli altri.
Passo sotto un piccolo portico, simile a quello sul davanti della casa, poi i miei piedi affondano nell’erba fresca e morbida. Avverto il calore del sole sulla mia pelle pallidissima e la brezza di prima estate che mi scompiglia i capelli ed accarezza il mio corpo, facendomi sentire stretta tra le braccia di un vecchio amico.
Poi il vociare della gente giunge alle mie orecchie e mi sveglio da una sorta di sogno ad occhi aperti. Davanti a me ci sono tutti gli amici dei gemelli, alcuni già in acqua, come Cameron, i fratelli Paul ed Aaron, altri stanno seduti sulle sdraio o sull’erba, come i gemelli, Catherine ed Ashley.
Non appena incrocio gli occhi di Ethan arrossisco leggermente, poi lui inclina la testa e socchiude le labbra. Cammino verso i miei nuovi amici sorridendo e noto Grayson tirare una gomitata nelle costole del fratello.
Ethan fa una smorfia massaggiandosi il fianco e a Catherine scappa una risatina. Nel frattempo Ashley è stata lanciata in acqua da Aaron e adesso è sommersa dagli schizzi e dagli spruzzi degli altri ragazzi.
Vengo raggiunta da Ethan un secondo prima che Jake esca dalla piscina e abbracci Grayson da dietro, facendogli emettere un verso più simile a quello di una gallina strozzata che a quello di un ragazzo percorso da un brivido di freddo. Cerco di non incrociare gli occhi di suo fratello, ma è inevitabile, quindi restiamo a fissarci per una decina di secondi buoni. Mi piace tremendamente il modo in cui inclina la testa verso destra abbassandola per osservarmi meglio e quella parvenza di sorriso che si forma sul suo volto. Poi sento una sua mano cercare la mia e stringerla delicatamente tra le sue dita forti.
-Cassandra, sei fantastica.
Sussurra dandomi un bacio sulla fronte. Sorrido imbarazzata ed appoggio la testa al suo petto, chiudendo gli occhi.
-Anche tu lo sei Eth.
Faccio piano, aprendo le palpebre e giocando con una ciocca più riccia delle altre.
-Mi hai chiamato Eth?
Domanda, il suo petto vibra per la risata nella sua voce. Anche a me scappa un sorriso.
-Può darsi.
Ammetto staccandomi da lui.
-Allora devi ricevere la lezione che ti spetta.
Fa col suo sorriso malizioso dipinto in faccia. Non faccio a tempo a spaventarmi che mi ha già preso in braccio e sta correndo verso la piscina. Io mi divincolo gridando e ridendo, ma non riesco a smorzare la forza delle sue braccia. In meno di un secondo sento l’acqua gelida accarezzarmi la pelle e bagnarmi i capelli. Apro gli occhi e distinguo appena in tempo la massa di un ragazzo che sta tentando di avvicinarmisi, quindi emergo e prendo una boccata d’aria prima di sgattaiolare via all’indietro, sbattendo sul bordo della piscina. Due mani forti mi sollevano dalle ascelle e mi issano sul muretto bianco, facendomi sputare i litri d’acqua ingoiati.
-Ecco cosa succede a chiamarmi Eth.
Fa la voce di Ethan dietro di me. Io però non mi sono arresa. Mi alzo in piedi e lo fulmino con lo sguardo.
-Ethan Grant Dolan!
Urlo togliendomi i capelli dagli occhi e incrociando i suoi occhi terrorizzati. Ho scoperto ieri da sua sorella che il suo nome intero è questo.
-Uh, sa il tuo nome completo fratello.
Fa Aaron ridendo e dandogli una pacca sulla spalla. Intanto ho iniziato ad avvicinarmi e lui, mentre dal canto suo indietreggia sempre di più verso l’altro bordo della piscina.
-Già, e sembra molto, molto arrabbiata fratello!
Gli grida suo fratello da dentro la piscina. Avanzo verso Ethan senza esitare, mentre lui va sempre più indietro e si guarda a destra e a sinistra spaventato. Quando è a un soffio dall’acqua mi fermo, lo guardo alzando un lato delle labbra e appoggio una mano sul suo petto, esercitando una lieve pressione. Come previsto il ragazzo perde l’equilibrio e cade in piscina con un tonfo. Non mi sono accorta che tutti si erano zittiti finchè non sento i cori di acclamazioni e risate e gli altri scandiscono il mio nome come se fosse un urlo di battaglia. Io mi metto le mani sui fianchi e guardo Ethan riemergere annaspando e sputacchiando.
-Ed ecco cosa succede a buttarmi in acqua contro il mio volere.
Faccio per poi girarmi e passarmi una mano tra i capelli, facendoli volare, andando verso Catherine, che indossa un bellissimo costume intero blu mare con la parte davanti che si assottiglia sempre di più per poi riaprirsi sullo slip, lasciando la schiena scoperta. Lei mi viene incontro e mi batte il cinque ridendo.
-Sei stata grande Cassandra, davvero, davvero grande!
Esclama invitandomi a sedere sull’erba. Sì, devo ammettere che è stato piuttosto divertente. Mi accoccolo accanto a lei e stringo le ginocchia al petto, circondandole con le braccia. Osservo la scena davanti a me, un gruppo di adolescenti che si godono la loro estate con i loro amici. Questo mi fa mancare in modo tremendo Silvia e Federico. Cosa staranno facendo adesso? Cosa avremmo fatto se fossimo stati assieme? Come stanno? Dove sono? Che cosa mi avrebbero regalato per il compleanno?
Sospiro e mi abbandono con la schiena sull’erba, cercando di abbronzarmi. Catherine mi imita e volta il viso verso di me, socchiudendo gli occhi.
-Non avevi i capelli rossi?
Domanda un po’ stranita. Io rido e scuoto la testa.
-Me li sono stinti. Così cono normali.
Spiego sorridendole.
-Allora, che libri hai intenzione di iniziare a leggere?
Domanda curiosa, facendosi scudo con le mani dal sole. Io mi stringo nelle spalle. Anche questo mi fa sentire nostalgia di casa, il non poter avere tutti i miei libri con me, non poter passare le dita sulle costole, leggere le frasi sottolineate, aprirli e sentire il loro profumo.
-Non lo so, ma avevo una mezza idea di comprare Maze Runner e di leggerlo in inglese.
Rispondo tornando a guardare il cielo azzurro e sgombro di nuvole.
-Oh, è una saga davvero avvincente, non te ne pentirai.
Annuisco distrattamente, troppo persa in quel celeste così chiaro e sconfinato. I miei pensieri vengono interrotti da un’ombra che si piazza sopra di me gocciolante. Mi tiro a sedere indignata, poi intravedo il volto sorridente di Ethan e la sua mano tesa.
-Signorina Vannani, mi concederebbe questo bagno?
Domanda con uno spiccato accento britannico. Io ridacchio, poi appoggio la mano sulla sua.
-Con molto piacere, signor Dolan.
Rispondo imitando la sua voce. Lui ride di gusto e mi tira su senza mostrare alcuna fatica, poi ci avviamo verso la piscina mano nella mano. Ed io avverto di nuovo quella meravigliosa sensazione di protezione che mi trasmette l’averlo al mio fianco.
-Tuffo a bomba?
Chiede lasciandomi la mano e allontanandosi un po’ da me. Annuisco e sorrido.
-Tuffo a bomba.
Rispondo e mi sembra di leggere una pagina di “Colpa delle Stelle” in cui i protagonisti ripetevano la parola ok.
“Forse tuffo a bomba sarà il nostro per sempre” dico nel mio pensiero, soffocando una risata per poi prendere la rincorsa e lanciarmi nella piscina tirando le gambe vicino al corpo e chiudendo forte gli occhi.
***
Le fiamme scoppiettano dentro al braciere e tingono i volti delle persone accanto a me di colori tribali, dal nero, al rosso scuro a quello più chiaro. Avvolta in un asciugamano sto seduta sulle ginocchi di Ethan, non per mia volontà, ma perché non c’erano abbastanza sedie né per me né per Catherine, che invece è in braccio a Grayson. Secondo me lei per lui vale molto più di quanto lasci vedere. In lontananza si sentono i rumori della città, la musica alta, il ronzio delle auto. Siamo in completo silenzio, infatti riesco a recepire un grillo sepolto nel giardino della casa. Ethan mi offre il marshmallow che ha arrostito, ma io rifiuto gentilmente, ho già avuto la mia brutta esperienza con loro. Sospiro e mi sposto i capelli ancora umidi dalla spalla. Poi mi torna in mente un’immagine della scorsa estate, quando con la classe siamo andati a fare una gita al Lido e la sera, seduti attorno al falò, abbiamo cantato per tutta la notte. E’ stato incredibilmente divertente e piacevole. Faccio un respiro profondo, poi mi faccio coraggio ed inizio a cantare.
- I thought that I'd been hurt before
 But no one's ever left me quite this sore…
Gli occhi di tutti si puntano su di me, alcuni dolci e un po’ sorpresi, come quelli di Gray, Catherine ed Ashley, altri sbarrati e della serie “What that fuck?!”, ad esempio Logan e Cameron.
Quando inizio la seconda parte anche altre voci si uniscono alla mia, finchè quasi tutti cantano la canzone del momento.
- Your words cut deeper than a knife
Now I need someone to breathe me back to life
Got a feeling that I'm going under
But I know that I'll make it out alive
If I quit calling you my lover
Move on!
Sento il petto di Ethan vibrare contro la mia schiena, ma io sembro essere estromessa da questo mondo, la mia mente non fa più parte del mio corpo, trasportata lontano dalla musica e dalle parole.
- You watch me bleed until I can't breathe
Shaking, falling onto my knees
And now that I'm without your kisses
I'll be needing stitches
Tripping over myself,
Aching, begging you to come help
And now that I'm without your kisses
I'll be needing stitches
La mia bocca si muove in automatico, senza che io glielo chieda, conosco ormai troppo bene il testo. Quindi mi soffermo sul significato di esso e cerco di capire cosa possa significare per me. Ovvio, il mio cuore è stato ferito, è tutt’ora ferito, forse più dall’amore malato che dalla persona che diceva di amarmi in sé. Ed è ovvio anche che ho bisogno di “punti di sutura”, ma cosa possono essere per me? Di certo i miei amici, loro mi hanno aiutato tantissimo a leccarmi le piaghe, ma cos’altro? Sono sicura che ci sia qualcos’altro che posso fare per guarire del tutto. Non posso permettermi di pensare che rimarrò dolorante per sempre.
- Needle and the thread,
Gotta get you out of my head
Needle and the thread,
Gonna wind up dead
Needle and the thread,
Gotta get you out of my head, get you out of my head
Sei già fuori dalla mia testa, non ci rientrerai mai. Questo non lo posso nemmeno immaginare. Che lui possa ritornare a far parte della mia vita, è qualcosa di talmente insopportabile che credo potrei davvero arrivare a commettere gesti estremi. Poi improvvisamente è come se la mia anima tornasse ad abitarmi e vengo percorsa da un brivido, inaspettatamente consapevole di ciò che sta succedendo, del fiato di Ethan sul mio collo, della pressione delle sue dita su un mio fianco, di quello strano calore che mi ha pervaso il ventre e si sposta sempre giù.
Cosa mi sta succedendo? Cosa mi sta facendo questo ragazzo totalmente pazzo e magnifico da farmi provare una cosa simile, da potermi far sentire quasi felice?
***
Quattordici chiamate da Silvia.
Dieci da Federico.
Due da Mamma.
Una da “Mr. Leccaculo”.
Una da Rachele.
Una ventina di messaggi da parte delle persone più svariate.
In Italia è il mio compleanno.
E anche qui, a dire il vero, tanto che i ragazzi mi hanno cantato “Happy Birthday To You” per poi raccomandarmi di addormentarmi velocemente, se avessi voluto passare una bella giornata domani.
-Why?
Ho domandato ai gemelli alzando le sopracciglia. Loro si sono guardati complici.
-Lo scoprirai domani.
Mi hanno risposto semplicemente.
Ringrazio velocemente tutti quelli che mi hanno scritto, poi dico a Silvia e Federico di vederci in videochat tra dieci minuti. Mia madre e il suo compagno non li considero nemmeno. Sono ancora arrabbiata con loro. Lo sarò sempre.
La suoneria tipica di Skype attira la mia attenzione ed io mi affretto ad indossare le cuffiette ed a rispondere.
Mi appaiono i miei migliori amici sorridenti che mi urlando nelle orecchie.
-Tanti auguri Cassandra! Ti amiamo!
Mi copro la bocca con le mani ridendo e osservo i loro volti. Mi mancano così tanto, per l’Angelo.
-Grazie ragazzi, grazie mille. Anche io vi amo!
Esclamo di rimando, mandandogli un bacio immaginario.
-Aspetta, ora ti mostriamo il tuo regalo.
Fa Federico, mentre Silvia si abbassa. Un secondo dopo sventola davanti allo schermo due fogli gialli e bianchi scritti in modo strano. Non riesco a capire nulla.
-Cosa…Cosa sono?
Domando stranita, passandomi una mano tra i capelli.
Loro si illuminano, poi mi rispondo in coro.
-Le nostre carte d’imbarco per Los Angeles! Tesoro, veniamo a trovarti per un fine settimana!
Mi spiegano entusiasti. Resto a fissarli imbambolata. Poi le loro parole mi arrivano dritte al cuore. Verranno qui. Li potrò abbracciare, potrò presentarli ai ragazzi, trascorrere tre giorni con loro. Scoppio a piangere di gioia e mi trattengo giusto in tempo dall’urlare.
Non ci posso credere!
-Okay, Cassandra, se non vuoi che veniamo serve dirlo, non devi metterti a piangere!
Fa Federico cercando di non ridere. Mi asciugo le lacrime e sorrido indisturbata.
-Coglione! Piango di felicità!
Rispondo scuotendo la testa.
-Quindi vuoi che veniamo?
Domanda perplesso. Ridacchio un po’.
-Ovvio stupidone!
Rispondo immaginando di dargli un buffetto sulla guancia. Tra poco potrò farlo davvero!
-Quando verrete?
Domando elettrizzata, chissà quanto hanno speso! E solo per me! Li adoro.
-Purtroppo dopo la seconda metà di Luglio, con solo un mese di anticipo non erano rimasti posti per questa settimana, altrimenti saremmo venuti prima!
Passiamo una mezz’ora buona a fantasticare su tutte le cose che potremmo fare assieme, poi l’occhio mi cade sull’ora. Le…tre?! Saluto i miei amici e mi svesto e strucco velocemente, per poi buttarmi a letto. Non riesco a prendere sonno per i primi venti minuti, e quando ce la faccio ho un sorriso a trentadue denti stampato in faccia.
***
Sono solo le cinque quando i ragazzi mi svegliano, e la gioia non ha ancora abbandonato il mio corpo. La prima cosa che vedo è il volto di Ethan ancora avvolto nell’oscurità della prima mattina.
-Sveglia, vestiti in fretta, dobbiamo essere giù tra dieci minuti se vogliamo arrivare in tempo.
Mi spiega dandomi un bacio veloce sulla guancia destra. Non capisco. Perché mi hanno svegliata così presto?
Non continuo a farmi domande, altrimenti continuerò all’infinito. Scelgo un paio di jeans attillati grigio chiaro, una maglietta corta bianca e grigia con scritto davanti “Available for Fandom reps” ovvero “Disponibile per ripetizioni di Fandom”, le vans nere, la Freitag dello stesso colore. Non mancano gli immancabili eye-liner e rimmell. Scendendo le scale mi lego i capelli in una crocchia fatta alla cazzo ed infilo il cellulare nella borsa. I ragazzi mi aspettano già in macchina, quindi mi affretto ad uscire, chiudendo bene la porta di casa, poi salto in auto. Stavolta mi hanno lasciato i sedili dietro liberi, ma mentre percorriamo le strade ancora addormentate di Los Angeles, mi raccontano che anche Catherine ci raggiungerà a breve, le hanno detto di farsi trovare davanti all’Hard Rock Cafè. Infatti, dopo dieci minuti, una Catherine assonnata ma sempre bellissima si siede affianco a me e quasi sviene guardando la mia maglietta. L’ho trovata da Pull and Bear qualche settimana fa ed ho avuto la sua stessa reazione. Dopo un po’ però lei si addormenta, appoggiando le testa al finestrino e Grayson, che è seduto davanti a me, la guarda in un modo che farebbe sciogliere anche il cuore di Darth Vader. E’ cotto. Completamente. Quindi mi metto ad ascoltare un po’ di musica dal telefono e per poco non mi addormento anche io con “Young & Beautiful”, non perché non sia bella, anzi, ma perché è molto…tranquilla? Diciamo che alle cinque del mattino non è il massimo per tenersi svegli. Cambio e metto “Shower” ed è come se mi fossi fatta di eroina. Guardo fuori dal finestrino, ma non vedo nulla se non palazzi e grattacieli, finchè non giriamo l’angolo e davanti a me si apre...
-Holliwood!
Urlo facendo saltare sul sedile Grayson e svegliando Catherine che si mette a gridare senza motivo, facendoci morire dalle risate.
-Esatto baby, per un giorno sarai tu la star di questo posto.
Fa Ethan accelerando come un pazzo. Mi aggrappo al sedile di suo fratello e mi metto a ridere. Ecco cosa stavano tramando, mi volevano portare alla città del cinema! Che cosa… dolce!
-Grazie ragazzi, è assolutamente fantastico essere qui. Oh Miei Dei, pensate a tutte le celebrità che potremmo incontrare! Leonardo di Caprio! Josh Hutcherson! Sam Claflin! Dylan O’Brien! Jennifer Lawrence! Emma Watson! Jamie Bower!
Esclamo lasciandomi cadere sul sedile. Non riesco a crederci! Tutti i miei idoli!
Catherine continua la mia lista, mentre ci avviciniamo sempre più alla famosa scritta.
-E poi Rupert Grint, Tom Felton, Kate Winslet, Lily Collins, Matt Damon, Rami Malek…
Fa elencandoli sulle dita per poi imitarmi.
-Un sogno!
Sussurriamo assieme, troppo sconvolte per dire altro. Un secondo dopo l’auto si ferma e i gemelli ci dicono di scendere. L’aria ancora fresca mi accarezza la pelle mentre osservo il paesaggio brullo delle colline vicino alla città. Proprio davanti a noi c’è l’insegna a grandi lettere. Il cielo si inizia a tingere di indaco, poi di violetto, infine di rosa. Il sole inizia a sorgere lentamente, finchè i suoi raggi non avvolgono lo sguardo, riflettendosi sui grattacieli e sulla scritta. E’ uno spettacolo che toglie il fiato. Infatti rimango dieci secondi buoni senza aria, con gli occhi spalancati.
Con la coda dell’occhio vedo Catherine che appoggia la testa sulla spalla di Grayson e il braccio di lui che le cinge la vita. Mi sento fuori posto ad osservare questa scena, quindi mi allontano verso sinistra, andando a sbattere per sbaglio addosso a Ethan che mi regge appoggiandomi le mani sulle braccia. Arrossisco, ma sorrido guardando per terra.
-Grazie.
Sussurro mentre sento una delle sue mani strusciare sul mio braccio mentre scende verso il basso, finchè non stringe le mie dita. Sospiro e inclino la testa, avvertendo il suo sguardo bucarmi la cortina di capelli neri che ci divide.
-Buon compleanno Cassandra.
Mormora lasciandomi un bacio sulla guancia, dopo aver spostato una ciocca corvina. Un brivido mi attraversa il corpo e per poco non mi sollevo sulle punte dei piedi.
***
-Ooook ragazzi, ora noi dobbiamo andare da Starbucks. Ma immediatamente intendo!
Urla Catherine aggrappandosi ad un braccio di Grayson. Tutti noi ridiamo, ma poi decidiamo che in realtà è una buona idea. Il cuore mi martella ancora fortissimo, sebbene sia passata un’ora buona da quando ho visto Brad Pitt con un cappuccio nero calcato in testa, le mani affondate nelle tasche dei jeans scoloriti e un sorriso raggiante in volto, uscire da casa sua ed entrare nella Mercedes nera che poi è schizzata immediatamente via. Ha incrociato i miei occhi spalancati solo per un secondo, ma a me è continuato a mancare il fiato per venti minuti. E’ davvero un peccato che non sia riuscita a fargli almeno una foto, ma Catherine non ha certo aiutato con i suoi strilli.
Ethan mi tiene la mano da prima e, se qualcuno non ci conoscesse, penserebbe che siamo fidanzati. Non so se questa cosa mi piaccia oppure no.
-Vi immaginate se incontriamo Willow Shields che prende…
Inizio prima di venire interrotta da una biondina palesemente ossigenata che si lancia al collo di Ethan. Ma che cazzo?! Lui sta al gioco e la abbraccia, ma quando lei gli stringe le gambe attorno alla vita, mi giro dall’altra parte per non vomitare. Ma almeno lo conosce?
-Oh Ethan! Ti amo! Sei fantastico!
Fa con una vocina da topo, tanto acuta che tra un po’ arrivano i delfini a portarla via. Poi la realtà mi colpisce allo stomaco. E’ una fan. Ovvio, chi altro potrebbe essere? I ragazzi sono molto conosciuti sui social, è normale che succedano cose di questo genere. Quando lui la mette giù, noto che lei ha il volto rigato di lacrime e sta sorridendo a trentadue denti. Lui le prende le mani tra le sue e le sussurra qualcosa all’orecchio, al che lei ridacchia come una deficiente e sbatte le ciglia. Ma dai! Improvvisamente si gira verso di me e il suo volto si illumina.
-Ommiodio! Tu sei Cassandra! La ragazza del nuovo video, giusto?
Domanda avvicinandomisi. Cazzo. E adesso? Arrossisco di colpo e la squadro dall’alto al basso. Non sarà più alta di un metro e sessanta. Svetto sopra di lei. Ha gli occhi azzurri circondati da una patacca nera, probabilmente prima mascara e matita per gli occhi. I capelli biondi le arrivano al sedere e indossa un top bianco che le lascia scoperta la pancia e un paio di shorts grigio-azzurri talmente piccoli che mi chiedo a cosa servano. Zoccola. Da capo a piedi.
-S-si.
Rispondo lasciandole un sorriso falsissimo. Ti prego non abbracciarmi. Ti prego. Ti preeeeego.
-Puoi farmi una foto insieme ai miei amori?
Domanda facendo gli occhioni dolci e porgendomi un I-phone crepato. I suoi cosa? Questa è ammattita.
-Certo.
Rispondo prendendo in mano il cellulare e sbloccandolo per accedere alla telecamera. Grayson mi passa accanto e si mette di fianco alla tipa, alla cui destra c’è Ethan. Cerco la luce giusta poi faccio cenno di sorridere e inizio a scattare le foto. Mi tiene con quel coso in mano per cinque minuti. Prima solo con Ethan. Poi solo con Grayson. Poi con lei che dà un bacio ai ragazzi. Poi con lei in braccio a Grayson. Alla fine non mi ringrazia nemmeno, mi sfila dalle mani il telefono e saluta per l’ultima volta i gemelli. Diciamo che non è esattamente il modo migliore per iniziare la giornata del mio compleanno, ma non ci posso fare nulla. Ethan mi si avvicina alzando un sopracciglio, con un’aria di scusa sul volto. Mi raggiunge e cerca di mettermi un braccio attorno alle spalle, ma mi allontano da lui. Ha ancora il profumo di quella ragazza appiccicato addosso. Mi dà il voltastomaco. “Ti dà il voltastomaco il suo profumo o il fatto che lo abbia toccato in quel modo? Che lo abbia chiamato amore? Che lui le abbia detto che la ama? “. Scaccio via questi stupidi pensieri dalla mente. Ovvio che no. Lui può fare quello che vuole della sua vita, può toccare chiunque, come ha sempre fatto. Non voglio essere un peso per lui, né per suo fratello. Solo… E’ strano. E’ la prima volta che vedo qualcuno che conosco essere “aggredito” da una fan.
Ma poi. Pensandoci bene, cosa farei io se adesso Sam Claflin voltasse l’angolo verso il quale ci stiamo dirigendo? Forse più o meno la stessa cosa, ovviamente senza sfregamento sul suo pacco come ha fatto la baldracchetta poco fa.
-Ehy, tutto bene?
Domanda Ethan guardandomi strano. Non riesco a non sorridere guardandolo e annuisco.
-Sì, tranquillo.
Rispondo e, quando mi abbraccia la vita e mi lascia un bacio tra i capelli, non lo allontano. Non voglio farlo più.
***
Continuo ad osservare l’autografo di Dylan O’Brien scritto con l’indelebile sul mio braccio destro e poi ripetuto sulla mia maglietta e sulla cover azzurra del mio cellulare. Non ci credo. L’ho incontrato. L’ho baciato su una guancia. Lui mi ha fatto gli auguri di buon compleanno e mi ha offerto un caffè. Sarò stata con lui un’ora e mezza. Questo sì che è un regalo di compleanno meraviglioso. Anche io sono scoppiata a piangere quando l’ho abbracciato e lui continuava a ripetermi “No, no no. Don’t cry. I love you baby”. Assolutamente magnifico. Catherine sta facendo esercizi di respirazione seduta sul sedile posteriore del suv dei ragazzi mentre Grayson le dice di calmarsi. Anche lei è rimasta sconvolta.
-Oh, avanti. Continuerai così all’infinito?
Domanda Ethan ridendo e dandomi un buffetto sul braccio. Io lo sottraggo alla sua presa con un gridolino e lui scoppia a ridere. Ha chiacchierato un sacco anche con loro due. E’ una persona incredibilmente alla mano, gentile e affabile. Fa un sacco di battute ed ha una risata bellissima. Ho messo una nostra foto come sfondo. In realtà me l’ha scattata Ethan di nascosto, ma è davvero stupenda perché è totalmente naturale. Dylan mi sta passando un braccio sulle spalle ed io ho le dita intrecciate a quelle della mano che tiene appoggiata vicino alla mia clavicola, mentre con l’altra mi cinge i fianchi. Mi stava sussurrando tra i capelli che sarei stata una buona candidata per Teresa ed io ero scoppiata a ridere. E’ incredibile come in realtà non mi faccia così schifo mentre sorrido. E questa foto ne è la prova.
-Tu non capisci! Mi ha seguita su Instagram!
Urla Catherine da dietro ed io trattengo una risatina. E’ vero, ha seguito entrambe sui social ed ha appena messo like alla foto che ho postato con lui. Immediatamente mi arrivano commenti del genere “Oh Dio! Ha cliccato like!”, “Like da Dylan!”, “Che fortuna! Ha anche messo mi piace!”. E’ stato davvero un caso trovarlo e, per una volta, ringrazio la mia sbadataggine. Stavamo camminando sulla Walk of Fame, quando sono inciampata addosso ad un ragazzo con una felpa verde addosso. Gli stavo chiedendo scusa, quando lui si era girato ed avevo incrociato gli occhi di uno dei miei idoli. Ero rimasta senza fiato di fronte al suo sorriso. Era praticamente scappato da casa e mi aveva raccontato che al suo ritorno il capo della sicurezza lo avrebbe riempito di insulti.
-Ok, basta Catherine. Ti prego! Ormai siamo arrivati…
Fa Grayson supplicandola. Infatti stiamo svoltando nella strada dei gemelli quando vedo un sacco di automobili parcheggiate nel vialetto di casa loro e della gente che parla in giardino. Ma cosa… Mi volto verso Ethan alzando le sopracciglia in cerca di risposte. Lui mi sorride distogliendo un attimo lo sguardo dalla guida.
-Sorpresa!
Fa parcheggiando la macchina davanti alla porta di casa. Lì ad aspettarci ci sono i nostri amici e…Talhia, che indossa un abito corto e rosso con dei tacchi assurdi. Le hanno mai detto che il puttanaio non è qui?
-Voi siete matti! Io ho bisogno di una doccia e poi sono stancaaa
Dico lamentandomi mentre mi slaccio la cintura.
-Oh dai, poche storie. Un bel sorriso e andrà tutto bene.
Mi rassicura Ethan dandomi una carezza sul viso. Io annuisco e scendo dall’auto, prima di venire investita da un maxi abbraccio di gruppo al quale partecipa anche la tipa noiosa.
-Auguri Cassandra!
Urlano tutti per poi darmi un bacio ciascuno. Cameron non si trattiene, mi prende in braccio e mi fa girare lasciandomi dei baci tra i capelli. Io rido e gli dico di mettermi giù, ma lui non obbedisce, finchè non lo minaccio di rimettere il pranzo sui suoi capelli. Allora mi mette a terra e mi schiocca un bacio sulla fronte.
-Buon Compleanno Cass!
Fa dandomi un pacchettino a forma di cubo con un biglietto enorme azzurro. Io lo prendo e noto che tutti quanti si sono disposti a cerchio attorno a me. Li guardo strano, poi apro la lettera e inizio a leggere a voce alta.
-“Speriamo che con questo potrai rivivere i momenti migliori di quest’estate. Ti vogliamo bene. I tuoi amici Ethan, Grayson, Ashley, Catherine, Cameron, Aaron, Jake, Logan e Talhia.
Tanti auguri di Buon Compleanno!
P.s. Il regalo l’ho scelto io.
Cat.”
Tutti ci mettiamo a ridere e lei dà una pacca sulla spalla di Grayson.
-Avanti, aprilo!
Esclama Aaron indicando la scatoletta. Io strappo la carta nera che avvolge un cofanetto da gioielli, poi alzo la parte sopra e rimango senza fiato osservando il mio regalo.
-Un giratempo!
Esclamo portandomi una mano alla bocca ed osservando il ciondolo con la clessidra in mezzo. E’ assolutamente bellissimo! Gli occhi mi si riempiono di lacrime di gratitudine e indosso la collana guardando i miei amici.
-Aspetta, guarda sul cerchio più esterno, nella parte dentro.
Mi suggerisce Cameron davanti a me. Lo faccio e noto un’incisione che recita “16-06-2016-Happy Birthday Cass”. Sorrido e faccio cenno a tutti di fare un altro abbraccio di gruppo. E’ un regalo fantastico, ed è anche personalizzato!
-Grazie ragazzi, grazie mille a tutti. Siete stati dolcissimi!
Esclamo asciugandomi una lacrima. I miei amici mi rispondono dicendo che non c’è di che, quindi si disperdono tra la gente. Rimane solo Ethan accanto a me. Mi bussa sulla spalla destra ed io gli allaccio strette le braccia al collo. Affondo il viso nella sua spalla e continuo a piangere, ringraziando chiunque ci sia lassù di avermi fatta capitare in questa famiglia e non in un’altra. Lui mi mette le braccia sulla schiena e mi lascia dei teneri baci sulla guancia, sulla mascella e sul collo. Vorrei restare così per ore. Potrei farlo. Lo so benissimo. Lui non mi lascia e nemmeno io lo faccio.
-Andiamo a goderci la tua festa.
Mi sussurra con la voce bassa e roca all’orecchio. Io annuisco e gli prendo la mano, mentre ci avviciniamo alla piscina.
“Sì, Silvia ha ragione. Forse quest’estate non sarà così male come pensavo…”

 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6
Mi osservo le nocche sbucciate, sanguinanti, tumefatte e rosse. Non riesco a credere che queste siano davvero le mie mani. Mi passo un palmo sudato sulla fronte, tirandomi indietro i capelli. Ho chiesto a Ethan se potesse tirarmi giù quel sacco da boxe che avevo visto nel seminterrato l’altro giorno. Ed eccomi qua, alle tre di notte a tirare pugni senza alcuna protezione sulle mani, solo per il desiderio di sentire la pelle scorticata bruciare e formicolare. Solo per il desiderio di sentire dolore. Non so se posso definirmi autolesionista, ma in qualche modo lo sono. Porto le dita alla bocca e ne succhio il sangue che vi è colato prima che possa gocciolare sul pavimento. Amo il sapore del sangue. E’ ferroso, acre, quasi acido.
-Se non ti conoscessi ti considererei un vampiro.
Fa la voce di Ethan da dietro di me. Sorrido, ormai abituata alle sue incursioni a sorpresa.
-Mi deludi Ethan, pensavo sapessi che i vampiri non hanno sangue.
Ribatto girandomi verso di lui continuando a ciucciarmi le dita. Lui mi raggiunge con un sorrisetto inquietante dipinto in volto.
-Da quanto sei qui?
Domando appoggiandomi a uno scaffale azzurro della stanza. Si stringe tra le spalle e chiude leggermente gli occhi.
-Da abbastanza per averti vista prendere a calci e pugni quel sacco come se fosse il diavolo in persona.
Risponde per poi mettersi in posizione di guardia, molleggiandosi sulle ginocchia e alzando un sopracciglio. Io sbuffo e mi schiocco le dita.
-Fammi vedere che sai fare. Ci andrò piano con te, giuro.
Dice eccitato, saltellando qua e là, guardandomi con una strana luce negli occhi. Cedo e mi metto anche io in posizione davanti a lui.
-Cercherò di non ridurti troppo male.
Sussurro tra me e me. Avanzo leggermente verso di lui, che non indietreggia, alzando i pugni davanti al viso.
-Dai, hai anche le nocche ridotte male come pensi di…
Inizia, per poi essere bloccato da un mio destro che lo raggiunge alla mascella, senza però fargli davvero troppo male. Questo basta però a riaprire le croste sulle mie mani, lasciandogli uno sbaffo di sangue sulla guancia. Lui si porta una mano sul punto dove l’ho colpito, aprendo la bocca e guardandomi esterrefatto. Non riesce però a riprendersi che lo colpisco dritto al centro del petto, abbassandomi di poco. L’impatto lo fa quasi cadere a terra, lasciandolo senza fiato per un po’.
-Guardia sempre alta.
Lo riprendo, facendo assumere nuovamente la posizione difensiva. Avanza di un passo e cerca di colpirmi al volto, ma mi abbasso prontamente, facendo volare i capelli e prendendolo per un fianco. Faccio leva sulle gambe alzandomi e lo butto a terra. Resta a guardarmi a pancia in su, portandosi una mano sul petto, mentre cerca di riprendere fiato. Mi pulisco le mani sui pantaloncini corti che indosso, guardandolo dall’alto con aria di scherno.
-Uno a zero per Cassandra.
Concludo riprendendo l’asciugamano che ho appoggiato ad una mensola ed uscendo dalla stanza. Voglio vedere che scusa inventerà per la mascella gonfia domani.
***
-Sei andato a sbattere contro l’armadietto del bagno?
Domanda Grayson a suo fratello, dopo che questo gli ha rifilato una bugia belle e buona per il livido che gli ho lasciato ieri notte. Quasi mi strozzo col caffè che sto bevendo ripensando all’occhiataccia che mi ha lanciato poco fa.
-Si esattamente razza di idiota, è la terza volta che me lo chiedi.
Ribatte rabbiosamente Ethan, digrignando i denti. In realtà è solo infastidito dal fatto che io l’abbia clamorosamente battuto.
-No perché, sai, visto che Cass ha le nocche belle rotte, viene naturale chiedersi se non sia stata lei a ridurti così.
Constata Grayson passandomi un braccio attorno alle spalle.
-Naa, ho preso a pugni solo il vostro sacco da boxe, nessuna persona.
Dico cercando di dare credito alla versione di Ethan. Grayson ci guarda a tempi alterni, poi alza le mani in segno di resa.
-L’ho capito da due settimane che voi ve la spassate di nascosto, ma non voglio metterci bocca…
Fa per poi scappare via dalla cucina, seguito da una ciambella che gli lancia dietro il fratello. Arrossisco e ridacchio, poi la verità mi colpisce forte. Due settimane. Già due settimane che sono a Los Angeles. Quante cose sono cambiate in due settimane. Ho iniziato ad uscire col gruppo di amici dei gemelli, ho iniziato ad aiutare Ashley con Aaron, ho legato sempre di più con i gemelli. E con Ethan. Ethan c’è sempre. E’ una presenza costante al mio fianco. Ogni notte sgattaiola in camera mia, io gli leggo qualche parte delle mie storie in italiano, lui mi ascolta e gioca coi miei capelli. Ho solo paura di aver letto nei suoi occhi qualcosa che non sicura mi faccia piacere aver letto. Che forse vuole qualcosa di più di timidi sguardi e abbracci di nascosto. Qualcosa che io non sono in grado di dargli.
-Eravamo d’accordo di non andarci troppo pesante.
Sibila addentando un donut.
-No, tu hai detto che non ci saresti andato troppo pesante con me. Io ho acconsentito a non ridurti troppo male.
Ribatto mangiando un pezzo di ciambella.
-E questo è ridurmi non troppo male?
Domanda indicandosi la guancia. Io ridacchio e finisco il mio caffè per poi appoggiare la tazza nel lavandino.
-Smettila di fare il bambino e incomincia a comportarti da uomo. E’ solo un’ammaccatura. Non dirmi che non hai mai ricevuto un pugno in faccia…
Ribatto appoggiandomi con la schiena alla credenza guardandogli le spalle.
-Sì, ma non da una ragazza.
Lo sento bisbigliare mentre posa la sua tazza sul tavolo. E’ talmente dolce quando fa così… Sorrido e lo abbraccio da dietro, appoggiando il mento sulla sua spalla. Lo sento rilassarsi ed espirare lentamente. Inizio a passare le mani tra i suoi capelli tenuti un po’ lunghi distrattamente, come fa lui coi miei.
-Ti va di andare al cinema?
Domanda sottovoce girando il volto verso di me. Talvolta rimango veramente sorpresa dal fatto che mi sorprende sempre, che ci ritroviamo sempre troppo vicini, che non dovrei prendermi queste confidenze, né con lui né con nessun altro. Mi allontano velocemente mettendomi i capelli dietro l’orecchio destro.
-O-ok. Cosa andiamo a vedere?
Rispondo evitando di guardarlo e tirando i lembi della mia canottiera blu chiaro.
-Non so. In programmazione c’è La risposta è nelle stelle, Le regole del caos, Fury e Insidious 3.
Fa lui alzandosi di scatto facendomi sobbalzare. Rendendomi conto di quanto fossi tesa, mi do mentalmente della stupida e mi metto a ridere, passando in rassegna i titoli.
-La risposta è nelle stelle la scartiamo a prescindere, mi sa già da scopiazzatura di John Green, di Fury ho visto il trailer e non mi ispira, Insidious è il terzo e non capirei nulla senza aver visto i primi due.
Constato abbassando a via a via le dita delle mie mani. Resta solo l’indice alzato e dietro di esso noto il volto di Ethan osservarmi alzando un sopracciglio.
-Avevi già scelto, non è vero?
Domanda avvicinandomisi e prendendo le mie mani tra le sue.
Ridacchio senza aver paura di mostrare i denti, socchiudendo gli occhi. E’ incredibile come mi conosca già.
-Può darsi.
Ammetto scivolando via da lui.
-Alle tre?
Chiede appoggiandosi allo stipite della cucina, mentre io sono già sulle scale. Mi volto verso di lui.
-Alle tre.
Confermo annuendo per ritornare a salire le scale. Mordendomi un labbro furiosamente mi passo una mano sulla fronte. Sono così stupida, incosciente. Sto permettendo ad un ragazzo che abita a centinaia di migliaia di kilometri da casa mia di crepare la mia armatura. Corro verso quella che ormai è diventata la mia stanza a mi accascio contro la parete. Appoggio una mano sul mio petto, in prossimità del cuore. Smettila di andare così veloce! Non te lo puoi permettere! Non capisci?!
-Basta!
Mormoro arrabbiata rivolta ad esso, come se potesse sentirmi. Metto la testa tra le ginocchia, premendole sulle tempie, mentre spingo i piedi verso l’interno. Basta. Basta! Voglio smetterla di soffrire, voglio smetterla di amare, di innamorarmi, di voler bene, voglio che gli altri smettano di provare sentimenti per me che io non posso ricambiare, condividere. Perché a me fa così male? Perché non posso vivere l’amore come lo vive Ashley? Con le stupide preoccupazioni di che abito indossare piuttosto di come reagirà la mia mente? Perché non riesco a pensare che potrebbe andare tutto bene, finalmente?
Mi tiro su tremante e mi avvicino allo specchio a muro, osservando la mia immagine pallida e smunta.
-Ora basta.
Sussurro al mio riflesso, appoggiando una mano sulla superficie liscia e fredda, socchiudendo gli occhi.
-Sii libera. Sii libera, per un giorno, una settimana, un’estate, un anno. Sii libera di provare emozioni. Sii libera come sono liberi i personaggi delle tue storie. Sii libera di farti riscaldare da braccia che non siano quelle dei tuoi migliori amici. Sii libera di baciare le labbra del ragazzo per cui hai una cotta anche se ti ostini a nasconderlo, a ritenerlo sbagliato. Sii libera anche di finire nel suo letto. Sii libera di essere libera. Conceditelo.
Dico sempre con più convinzione, finendo ad alta voce, la schiena dritta come mi dice di tenerla Silvia, il mento alto.
Sì. Sarò libera. Me lo devo. Glielo devo.
***
-Me lo immaginavo migliore.
Faccio, uscendo dal cinema a mano con Ethan. Lui si stringe nelle spalle, sorridendomi.
-Io ho dormito quasi tutto il tempo, non posso giudicare.
Alza le mani in segno di resa ed entrambi scoppiamo a ridere.
-Ti va se andiamo da Starbucks?
-Sì, è distante?
Domando, osservandolo di sbiego. Lui fa un sorrisetto malizioso.
-In realtà è proprio qui.
Dice quando giriamo l’angolo. Infatti a una decina di metri da noi c’è una caffetteria strapiena di gente in fila.
-Che mi consigli?
Faccio mentre lui mi tiene aperta la porta a vetri.
-Non saprei, un frappuccino al cioccolato. E’ il mio preferito.
-Allora mi fido.
Decido, mettendomi in coda. Un ragazzo di colore con un gran sorriso mi chiede come mi chiami e lo scrive su un foglietto, segnandoci anche la mia ordinazione. Ethan prende la stessa cosa e arriviamo alla cassa con le mani ancora intrecciate. Mentre aspettiamo i nostri frappuccini lui si appoggia al bancone e mi guarda con una faccia strana. Rido leggermente e gli spingo la spalla amichevolmente.
-Sai che domani è domenica?
Mi chiede, mettendosi bene il cappello. Intercetto le occhiate che gli rivolgono tre ragazze bionde sedute ad un tavolo dall’altra parte del locale e mi affretto a riprendergli la mano. Non sono mai stata gelosa, ma con lui è diverso. Ogni cosa è diversa.
-Sì, è incredibile, non credi?!
Lo prendo in giro, aprendo la bocca stupita.
-No, intendo che noi dobbiamo andare a Messa.
Dice, abbassando la voce.
-E’ il quinto anniversario del matrimonio di nostra cugina Miriam. Ti piacerebbe venire?
Mi stringo nelle spalle annuendo, non ho mai fatto nulla di simile.
-Kessendra?
Fa una ragazza con un cappellino bianco, tenendo in mano un bicchiere trasparente col logo della Starbucks. Alzo gli occhi al cielo e prendo la mia bibita, subito imitata da Ethan. Almeno il suo nome lo dicono giusto.
-Non ce la fanno proprio!
Rimarca lui mentre usciamo. Sbuffo e porto la cannuccia verde alle labbra, prendendo un sorso. E’ una cosa strana, ma è decisamente deliziosa.
-Mh! E’ buonissimo!
Esclamo indicando il mio bicchiere. Lui scoppia a ridere e mi passa una mano sulla vita, attirandomi a se e lasciandomi un bacio tra i capelli.
-Te l’avevo detto…
-Sì, ma non si può mai sapere, i gusti sono gusti.
Faccio, continuando a bere il caffè, socchiudendo gli occhi.
-Evidentemente però io e qualche altra persona abbiamo gli stessi gusti.
Sibila lui ad un volume così basso che mi riesce difficilissimo capire le sue parole.
-What?!
Domando, portandomi una ciocca di capelli dietro alle orecchie. Mi guarda negli occhi, scuotendo la testa e sorridendo.
-Nulla.
Mente, prendendo un sorso del suo frappuccino.
-Ti ho detto che cosa mi hanno “regalato” i mei migliori amici?
Mimo le virgolette, stando attenta a non far cadere il bicchiere a terra.
-Veramente no.
Sorrido leggermente, toccandomi il giratempo che porto al collo. Qualche volta faccio finta di mandarlo indietro, rivivendo con la mente i ricordi più belli.
-Vengono qua un fine settimana a metà di questo mese.
Dico, appendendomi ad un suo braccio con una mano. Lui strabuzza gli occhi mentre beve.
-Qui a Los Angeles?
Domanda, indicando i grattacieli che ci circondano. Annuisco e lui si passa una mano sulla fronte.
-Avranno speso un occhio della testa!
-E’ quello che ho pensato anche io, ma loro ovviamente non mi hanno ascoltata.
Roteo gli occhi, ritornando a sentire la pressione di una mano di Ethan sulla mia vita.
-Posso farti una domanda?
Domando, mordendomi un labbro per poi finire il mio frappuccino.
-Certo.
-A Grayson piace Catherine, vero?
Faccio, gettando il bicchiere vuoto nel cestino.
-Non lo tieni per ricordo?
Chiede, buttando anche il suo.
-Penso che avrò altre occasioni di prendere un caffè qua. Comunque non hai risposto alla domanda.
Lo riprendo, quando siamo quasi arrivati alla sua auto. Ethan tira fuori le chiavi e apre la macchina. Mi fa segno di salire ed io obbedisco, per poi girarmi a guardarlo mentre mette in moto in assoluto silenzio.
-Avanti! Sarò una tomba!
Esclamo, facendo il segno di cucirmi la bocca. Lui fa una smorfia e si passa una mano sul collo.
-Bè, in realtà sì. Da quando eravamo in terza media.
Spalanco la bocca, strabuzzando gli occhi. Questo. Non. Me. Lo. Aspettavo.
-Davvero?
-Sì, ma lui non ha mai avuto le palle di dirglielo.
Ammette Ethan, girando a sinistra.
-Secondo me dovrebbe buttarsi, ho visto Catherine guardarlo come si guarda qualcuno che ci piace.
Sparo fuori, senza pensarci, arrivando dopo alla conclusione che ho esattamente quello sguardo. Abbasso gli occhi sulle mie vans nere e mi schiarisco la gola, coprendomi il viso con i capelli per non far vedere le mie guance paonazze.
-Seria?! Sarà perché sono un maschio, ma non ho mai notato nulla di simile.
Dice, tamburellando sul volante a tempo di musica.
-Già. Non è proprio così evidente, ma Silvia ha gettato occhiate del genere ad un tipo per quasi tutte le superiori.
Ricordo, scuotendo la testa. E’ stata una pazza a perdersi dietro ad uno stronzo come Mattia, lei era un puttaniere di quelli proprio bastardi, che ti sbattono e poi se ne vanno che non hai nemmeno fatto a tempo a rivestirti. Non che io abbia mai provato nulla di questo. Non da lui, almeno.
-Quindi tu ne sei più o meno esperta…
Conclude Ethan parcheggiando davanti a casa. Mentre scendiamo sentiamo però che non ci sembra essere nessuno, infatti non c’è alcun movimento dentro. Lui aggrotta le sopracciglia e mi mette una mano sulla pancia, tenendomi indietro.
-Ferma, vado prima io.
Dice con aria seriosa, andando verso la porta. Mi fa cenno di rientrare in macchina ed io obbedisco, tremando per la paura che gli possa succedere qualcosa. Quando sono arrivata qua mi hanno detto che ci sono molti furti nella zona, e se fosse entrato qualcuno? Non faccio a tempo a fermarlo che lui è già sgusciato dentro, ma ne esce quasi subito scoppiando a ridere.
-Ma cosa cazzo..?
Faccio, uscendo dall’auto.
-Penso che Grayson si sia buttato.
-Che intendi?
Inclino la testa, guardandolo strano, ma lui entra in macchina. Mi costringo a non sbuffare mentre lo seguo. Un attimo dopo lui mette la retromarcia e schizza a tutta velocità nel vialetto.
-Ma che fai?! Sei impazzito?
-No, dobbiamo soltanto trovarci un altro posto dove stare stasera.
Si limita a dire mentre guida tra le stradine della periferia di Los Angeles.
-Mi vuoi degnare di un resoconto di ciò che c’era in casa?
Faccio incrociando le braccia e guardandolo alzando le sopracciglia.
-Grayson e Catherine si stavano baciando…E ci stavano andando pesante.
Sorride al ricordo ed io strabuzzo gli occhi. Non ci posso credere!
-Ommioddio! Scherzi?
-Affatto! Non sarei sorpreso se diventassi zio.
Ironizza, facendomi scoppiare a ridere.
-Porco! Ma adesso che facciamo? E Ashley e tua madre?
-Per noi non c’è problema, possiamo benissimo andare a casa di Cam o di Aaron. Mia madre è dai nonni per il weekend, ricordi? Ashley ci raggiungerà dopo.
Elenca lui, con una scrollata di spalle. Il cuore mi batte forte, non pensavo di poter essere così felice per due persone che conosco da così poco.
-Secondo me sei tu.
Esordisce Ethan, guardandomi di sfuggita.
-Come?
-Sei tu, eserciti una strana influenza sulle persone. Su Gray, Ashley, Cat…persino su di me.
Continua, svoltando a destra, in una stradina molto simile a quella di casa tua.
-Persino su di te?
-Sì, insomma, non facevo a pugni da un sacco e poi…Avevo deciso di chiudere con le ragazze.
Ammette, tossendo leggermente mentre parcheggia davanti ad una villetta in mattoni rossi. Come, prego? Aveva deciso di chiudere con le ragazze?!
-E adesso hai deciso di riaprire l’argomento relazioni?
-Diciamo che ci sto provando.
Si morde il labbro per poi uscire. Ridendo e scherzando sono già quasi le sette di sera e il sole sta iniziando a calare, illuminando il volto di Ethan di una luce dorata.
-Questa è la casa di Aaron.
Annuncia, aprendo le braccia a mostrarmi l’abitazione. Neanche l’avessimo evocato, il suo migliore amico ci raggiunge fuori in bermuda e ciabatte e ci viene incontro con la bocca spalancata.
-Ehy! Che ci fate qui?
Abbraccia Ethan, poi mi lascia un bacio sulla guancia.
-La casa non era libera.
Dice Ethan, con un sorriso malizioso. I due iniziano a ridere ed io sbuffo roteando gli occhi. Deficienti.
-Bè, la mia sì. Venite, stiamo un po’ assieme.
Ci invita, dirigendosi verso la porta laterale di legno scuro.
-Forza, c’è anche Cameron.
Ci esorta, correndo per le scale che portano al piano superiore. Da una stanza infondo al corridoio giungono rumori di urla e spari. E ti pareva? Videogiochi.
-Che fai, inviti Cam e non me?
Chiede Ethan, cercando la mia mano e stringendola forte.
-Ti ho chiamato, ma avevi la segreteria!
-Merda, hai ragione. Scusami, siamo andati al cinema.
Fa passandosi una mano sul volto mentre entriamo in quella che credo essere la camera di Aaron. Ha una grande finestra che dà sul giardino interno e dalla quale proviene l’ultima luce del giorno, che illumina la stanza. Addossato con la testiera al muro di destra si trova il letto e, accanto ad esso, un mobile nel quale sono incastrati vari skateboard che formano una sorta di ripiani. Alla destra del letto c’è una scrivania in legno scuro con sopra vari libri e quaderni ammucchiati a caso. A sinistra, invece, un televisore grandissimo al quale adesso sta giocando Cameron, concentratissimo ad ammazzare quanti più zombie può. Sorrido, divertita dal fatto che non si sia nemmeno accorto della nostra presenza. Lascio la mano di Ethan, che sta cercando di convincere Aaron che non è successo nulla al cinema, e abbraccio Cameron da dietro, lasciandogli un bacio sulla guancia. E’ incredibile come ci siamo avvicinati in quest’ultima settimana.
-Ehy, Cass!
Esclama mettendo in pausa il gioco per girarsi e salutarmi anche lui con un bacio. Sorrido e mi accuccio accanto a lui, rivolgendo la mia attenzione ad Aaron ed Ethan. Quest’ultimo mi guarda con un’espressione dolcissima in viso, come se fossi un cucciolo.
-Allora, si ordinano delle pizze?
Propone Cameron sfregandosi le mani ed aiutandomi ad alzarmi. Mi stringo nelle spalle e lui mi mette una mano sulla spalla mentre scendiamo le scale, diretti in soggiorno.
-Per me va bene, ditemi cosa volete che chiamo.
Dice Aaron recuperando un cordless da un piccolo tavolino in un angolo. Compone in fretta il numero mentre noi gli urliamo la pizza che vogliamo mangiare.
-Sono qui tra mezz’ora.
Fa il migliore amico di Ethan lasciandosi cadere sul divano, sempre a petto nudo. Cameron si siede accanto a lui e io mi ritrovo incastrata tra Ethan e il suo migliore amico.
-Vi va di fare Obbligo o Verità?
Domando sporgendomi in modo da vedere in faccia tutti i ragazzi.
-‘Course!
Esclamano raggianti.
-Cameron. Obbligo o Verità?
Inizio accavallando le gambe.
-Obbligo.
-Usa la panna spray come shampoo.
Lui ovviamente rifiuta, ma alla fine lo convinciamo e quasi ci ammazziamo dalle risate. Molti obblighi e qualche imbarazzante verità più tardi, è arrivato per lui il momento di vendicarsi. Addenta un pezzo della sua pizza, arrivata venti minuti fa, e mi guarda malizioso.
-Cass…Obbligo o Verità?
-Obbligo.
Lo sfido, guardandolo intensamente negli occhi.
-Fatti lasciare un succhiotto da Ethan.
Sgrano gli occhi e spalanco la bocca mentre avverto la pressione delle dita di Ethan su un mio fianco aumentare.
-No.
-Eddai, è solo un gioco!
Lo riprende Aaron, dandogli una pacca sulla spalla. Mi giro verso di lui e incontro i suoi profondi occhi castani.
-Se non ti va, non lo faccio.
Mi rassicura, mettendomi una ciocca dietro un orecchio. Scrollo le spalle e sorrido.
-Tranquillo, vai pure.
Lo esorto scoprendo il collo dai capelli e guardando in basso. Un istante dopo sento le sue labbra posarsi sulla mia pelle delicata e la sua lingua bagnarmi il collo. Strizzo forte gli occhi quando inizia a tirare leggermente, senza farmi male e mi aggrappo con le mani al divano. Restiamo così per una decina di secondi buoni in cui impongo alla mia mente di non pensare al formicolio che si è impossessato del mio basso ventre. Le sue labbra si staccano dal mio corpo ma vi si riappoggiano quasi subito, sulla parte arrossata e leggermente pulsante. Reprimo un gemito e cerco di guardarmi il succhiotto, senza riuscirci.
-Cazzo Ethan, le hai quasi staccato la pelle!
Esclama Cameron ridacchiando e sfiorandomi il segno con la punta delle dita. Aaron fissa a intermittenza me e il suo migliore amico, per poi scuotere le testa divertito. Le braccia di Ethan tornano ad avvolgermi la vita ed io appoggio la schiena al suo petto. Socchiudo gli occhi e respiro piano, lasciando che l’eccitazione abbandoni il mio corpo. Aaron e Cameron sono usciti portandosi via i cartoni sporchi delle pizze e sento ancora il loro vociare provenire dalla cucina.
-Sorry.
Sussurra Ethan accanto al mio orecchio, facendomi dondolare avanti e indietro sul divano.
-E di cosa?
Chiedo ridacchiando e accarezzandogli le mani che tiene sopra alla mia pancia, coperta da una camicia a quadri blu e azzurri.
-Non volevo farlo così forte.
Scoppio a ridere, sporgendomi in avanti e scuotendo la testa.
-Scherzi?! E’ stato bellissimo…
Mormoro girandomi e incontrando i suoi occhi castani. Sento le guance diventare calde mano a mano che mi accorgo di quello che ho detto.
-Anche per me.
Sorride e mi accarezza una guancia, avvicinando il volto al mio senza smettere di guardarmi negli occhi. Il cuore sembra volermi saltare fuori dal petto e la gola mi si secca al pensiero di quello che sto per fare. Le mie mani corrono al suo petto ed espiro piano quando le nostre labbra quasi si toccano. La suoneria di un cellulare, sparata a tutto volume, mi fa sobbalzare e ci interrompe sul più bello. Mi allontano velocemente da Ethan e guardo fuori dalla finestra, arrossendo. Lui impreca e tira fuori il telefonino per rispondere.
-Che vuoi?!
Urla, appoggiandosi allo schienale e mettendosi un braccio sulla faccia.
-No, Gray, non sono arrabbiato. Da Aaron. Sì, sì… Arriviamo subito. Ciao.
Borbotta spegnendo il cellulare ed evitando di guardarmi mentre si alza.
-Grayson dice che Ashley resta a dormire da Abby stanotte.
Spiega mentre andiamo in cucina a salutare i ragazzi. Li troviamo intenti a guardare MTV seduti sul tavolo.
-Ehy, noi andiamo.
Annuncio abbracciando Cam e nascondendo l’imbarazzo tra le sue braccia.
-Ci sentiamo nei prossimi giorni.
Promette Aaron salutandomi con la mano. Esco dalla casa velocemente, guardandomi i piedi e cercando di non pensare al fatto che stavo per baciare Ethan. Sarà il viaggio in auto più lungo della storia.
***
Lancio le scarpe nere col tacco in un angolo della stanza con un grugnito e mi lascio cadere con le braccia aperte sul letto. E’ stato altamente stressante: faceva un caldo tremendo in chiesa, Ethan non mi ha degnata di uno sguardo e si è seduto dall’altra parte della navata, non ho capito quasi nulla perché pensavo ad altro e alla fine della cerimonia mi sono dovuta presentare a tutti gli amici e i parenti dei Dolan. L’unica nota positiva è stato vedere i due sposi in tenuta da nozze tenersi le mani e rinnovare le proprie promesse tra le lacrime. Mi tolgo la gonna lunga e la camicetta bianca, posandole sullo schienale della sedia, per indossare i soliti pantaloni della kipsta e una canottiera grigia. Ho appena finito di legarmi i capelli in una treccia quando qualcuno bussa alla porta della mia camera. Mi affretto ad aprire, trovandomi davanti Ethan con in mano una vaschetta di gelato agli Oreo e la custodia de ”La Ragazza di Fuoco”. E’ la prima volta che mi trovo così vicina a lui e che riesco a guardarlo negli occhi dopo sabato sera. Sanza volerlo mi porto una mano al succhiotto, ancora bene in vista sul mio collo.
-Ti va?
Domanda, spostando il peso da un piede all’altro. So che siamo solo in casa perché Grayson è da Catherine e Ashley e Lily sono andate a prendere il papà all’aeroporto.
-Sì.
Sussurro sorridendo e seguendolo in soggiorno. Mi dice di sedermi sul divano mentre lui armeggia col lettore DVD. Nel frattempo prendo uno dei cucchiaini appoggiati sul tavolino di fronte a me e inizio a mangiare il gelato.  Quando fa partire il film, Ethan si gira verso di me e spalanca la bocca sedendomisi non troppo vicino.
-Non è giusto!
Protesta togliendomi la vaschetta dalle mani e mettendosi in bocca una cucchiaiata enorme. Scoppio a ridere e porto le gambe sotto al sedere continuando a mangiare lentamente il dolce. Senza che ce ne accorgiamo siamo entrambi avvinghiati l’uno all’altra in un intrico di gambe e braccia. La mia testa è appoggiata al suo petto e le sue mani giocano coi miei capelli. Ho il mascara colato a causa delle lacrime sgorgate per la morte di Mags e che minacciano ancora di scendermi per le guance. Peeta e Katniss sono seduti sulla spiaggia dell’arena e stanno parlando del Distretto 12 e di chi debba tornare a casa. Non mi rendo conto nemmeno di aver parlato finchè Ethan non mi guarda strano.
-Nobody needs me.
Ho sussurrato, in contemporanea al protagonista.
-I need you.
Risponde Ethan, portandomi una ciocca dietro all’orecchio e osservando le lacrime bagnarmi il viso. Un secondo dopo preme le sue labbra sulle mie prendendomi la testa fra le mani, inclinandola di lato. Faccio cadere a terra la scatola vuota del gelato mentre mi siedo a cavalcioni sulle sue gambe, attirandolo a me. Lo sento mugolare mentre infila la sua lingua fra le mie labbra, provocandomi un brivido di piacere che mi scende lungo la spina dorsale. E’ incredibile che lo stia baciando per davvero. Non ho idea di quante ragazze vorrebbero essere al mio posto ora. Mi accorgo di non aver mai provato una cosa simile con Riccardo. Il suo era un amore malato, la mia solo paura delle conseguenze di lasciarlo. Stringo più forte le gambe attorno alla sua vita affondando le mani tra i suoi capelli soffici. Sorrido sulle sue labbra quando si alza in piedi con me ancora avvinghiata a lui e inizia a salire le scale. Sposto la mia bocca vicino al suo orecchio e gli bacio lentamente la pelle sotto di esso, passandovi sopra la lingua come lui ha fatto ieri con me. Si ferma gemendo roco e mi fa appoggiare la schiena al muro di una stanza che non riesco a vedere, ma che non sembra quella di Ashley. Ad un tratto mi spinge di lato la testa, facendomela posare su una sua spalla e lo sento leccare e baciare il succhiotto che mi ha lasciato. Stringo forte la sua maglietta nei pugni, sospirando forte e strizzando gli occhi.
-E’ camera tua.
Sussurro quando si stacca e mi guarda finalmente negli occhi. Annuisce lasciandomi un bacio sulla fronte, scendendo verso il naso, la bocca, il collo… Barcollando mi fa sedere sopra di lui sul letto che penso essere il suo. E’ nel momento in cui mi fa scivolare una spallina della canotta lungo la spalla che torno lucida. Mi allontano leggermente da lui ansimando e fisso il mio sguardo nel suo. Non posso finire a letto con lui, non dopo poco più di due settimane che lo conosco. Vorrei, tanto, tantissimo, ma sarebbe eticamente scorretto. E da troia. E’ un ragazzo magnifico, fantastico, è riuscito a farmi aprire con lui e a tornare a vivere davvero, ma non posso correre così in fretta.
-Stai bene, Cass?
Mormora con la voce roca e gli occhi preoccupati. Non posso credere di ridurlo così.
-Sì. Solo, non credo di essere pronta per il passo successivo.
Ammetto stringendomi tra le spalle e prendendogli il volto tra le mani.
-Ehy, tu sei la persona più incredibile che io conosca e riesci davvero a farmi provare qualcosa che nessun’altro è mai riuscito a farmi provare. Non so come tu abbia fatto a scavarti una strada nel mio cuore, ma ce l’hai fatta.
Lo rassicuro, per poi premere nuovamente le mie labbra sulle sue, in un bacio che non ha nulla a che vedere con quello di poco fa, irruento e passionale.
-Anche tu Cass. Sei straordinaria. Sei stata l’unica in grado di farmi tirare fuori il meglio di me, il vero me, non il ragazzo spaccone e un po’ arrogante che mostro a tutti coloro che non sono miei amici. Tu sei stata l’unica in grado di farmi ritrovare me stesso.
Sussurra, accarezzandomi uno zigomo col pollice e passandomi una mano sulla gamba destra, che tengo ancora stretta al suo fianco. Sorrido mentre mi chino a baciarlo. Forse lui mi aiuterà davvero a disfarmi dei miei demoni.
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7
ETHAN POV
In casa si respira un’atmosfera euforica per l’arrivo di papà e per il fatto che resterà con noi due settimane prima di ripartire nuovamente per Hong Kong. Io però non potrei essere più giù di così. Sono passati due giorni da quando ho baciato Cassandra e lei non si fa vedere, nemmeno ai pasti.
-Ho rovinato tutto.
Mormoro nascondendo la faccia dietro alle braccia.
-Non fare così, Ethan. Magari è solo imbarazzata.
Avanza Grayson sedendosi sul letto dove sono disteso.
-E questo non vuol dire rovinare tutto?
Rido amaro mettendomi a gambe incrociate e guardando mio fratello.
-Sempre il solito pessimista, eh?
Mi prende in giro, spingendomi per una spalla. Io però rimango impassibile e anche lui torna serio.
-Non è solo attrazione fisica, non è vero?
Domanda avvicinandomisi e mettendomi un braccio attorno alle spalle.
-Non è mai stata solo attrazione fisica, con lei. Non so bene nemmeno io cosa provi, di sicuro so solo che mi fa impazzire, in tutti i sensi.
Rispondo in modo concitato, gesticolando e guardando mio fratello annuire.
-Perché è così difficile?!
Sbotto dopo un secondo di silenzio, cercando qualsiasi cosa negli occhi di Grayson, anche un “lascia perdere”, ma ci trovo comprensione.
-Ti capisco benissimo, Ethan. Ti sei innamorato.
Mormora Grayson con un sorriso che mi lascia a bocca aperta. Non. Non posso essermi innamorato, non di nuovo. Avevo promesso di non farlo più per non soffrire e non far soffrire. E io non posso permettermi di farle del male, non dopo tutto ciò che le è successo e che ha lasciato sulla sua pelle così tante cicatrici da renderla irriconoscibile.
-Non posso, Gray.
Dico in un sussurro, con la voce incrinata e che rischia di spegnersi sul suo nome. Le braccia di mio fratello mi avvolgono, stringendomi forte, facendomi capire, senza tanti giri di parole, che lui c’è e che ci sarà sempre.
-Ethan, devi andare avanti, smetterla di avere paura dei tuoi sentimenti. Una persona non può non amare, anche se non vuole, perché è semplicemente nella sua natura.
Mi rincuora, staccandosi d ame, ma tenendomi le mani sulle spalle, scuotendomi leggermente.
-La ferirò.
-probabile. E lei ferirà te. E’ già successo, ricordi? E guarda a cosa siete arrivati… Il vostro rapporto è forte, quasi involontario, non penso riuscirete a stare troppo lontani l’uno dall’altro, neanche se voleste.
Ribatte mio fratello sorridendo appena. Riesce sempre a trovare le parole giuste, anche quando, apparentemente, non ce ne sono. Tante volte ho desiderato avere le sue stesse capacità, quando non riesco ad esprimere ciò che provo quando Cass mi abbraccia, lasciandomi senza fiato, quando mi specchio nei suoi occhi grigi e mi sembra di annegarci dentro, quando ho posato le mie labbra sulle sue e mi sono sentito così vivo, così felice, in un modo che non ero riuscito ad essere per tanto tempo.
-Ti voglio bene, Grayson.
-Anche io, dude.
***
CASSANDRA POV
Mi butto a peso morto sul letto di Cameron a braccia aperte, lasciando che i capelli neri mi si spargano attorno al volto.
-Ho rovinato tutto.
Mugolo nascondendo la faccia dietro le mani e tirando su le gambe, appoggiando i talloni al sedere. Quasi subito mi arriva una cuscinata sulla pancia da parte di Cam che mi lascia senza fiato per poi farmi scoppiare a ridere.
-Non cominciare con queste stronzate! Sai benissimo, che non è così!
Mi riprende con un dito, come una maestrina. Sbuffo frustrata e mi tiro a sedere a gambe incrociate abbracciando il cuscino azzurro che mia ha lanciato.
-E se pensasse che l’ho usato?
-Conosco Ethan da quando è nato e non potrebbe nemmeno passargli per l’anticamera del cervello una cosa simile. Secondo me invece è lui che crede di essere il problema, di essersi spinto troppo in là.
Mi rassicura Cameron sedendosi accanto a me ed accarezzandomi la schiena.
-Ma c’è rimasto comunque male, dovevi vedere i suoi occhi.
Ricordo in un sussurro, con lo sguardo perso nel vuoto. Per un piccolo, terribile istante smetto di respirare al pensiero di poter perdere anche lui, poi però giungo alla conclusione che non sarà così, che non lo permetterò. Ho finalmente preso in mano le redini della mia vita.
-Cassandra, non l’ho mai visto così. Mai. E questo te lo può confermare anche Aaron. Non ho idea di come tu abbia fatto, ma l’hai cambiato e nessuno c’era mai riuscito…
Ribatte Cameron prendendomi il mento con una mano e puntando i suoi occhi nei miei. Annuisco sempre più convinta, poi lo abbraccio forte, nascondendo il viso nel suo collo e inspirando lentamente il profumo della sua maglietta.
-Devi parlargli.
Mi fa lui serio, dandomi poi un buffetto sulla guancia.
***
-Devo parlarti!
Esclamo entrando in camera di Ethan e trovandolo disteso sul letto, col cellulare in mano e lo sguardo puntato sul soffitto. Appena sente la mia voce si tira in piedi e mi si avvicina a piccoli passi, deglutendo a fatica. Dio, tutto quello che vorrei davvero fare sarebbe saltargli al collo e premere le labbra sulle sue. Lui però mi anticipa e in un istante sono bloccata contro il muro, con le mani di Ethan che mi accarezzano i fianchi e le mie affondate nei suoi capelli. E’ come se non riuscissi più a stare senza di lui e, mentre le nostre bocche si cercano disperatamente, in un modo che sembra non potessero più sopportare di stare un attimo di più lontane le une dalle altre, penso che non ho mai provato una tale ventata di emozioni tutte in una volta. Non credevo di poter sentire la mancanza fisica di qualcuno che non fossero i miei migliori amici. Invece adesso sento che sono tornata finalmente a respirare perché il contatto con Ethan mi è diventato indispensabile, come l’aria. Da quando sono così dipendente da una persona? Non m’importa. E’ una sensazione bellissima, mi fa sentire leggera, libera, completa. Sorrido sulle sue labbra e intreccio entrambe le mani con quelle di Ethan, per poi portarle sopra alla mia testa, rimanendo praticamente bloccata al muro. Incapace di muovermi. Ma non voglio muovermi. Quando ci stacchiamo, Ethan osserva preoccupato la lacrima opaca di mascara che mi solca la guancia destra.
-Scusami.
Mormoriamo assieme per poi abbracciarci forte, affondando il viso nei vestiti dell’altro.
-Oh, Cass. Perdonami, ti prego.
Mi supplica Ethan mentre sento la mia spalla bagnarsi delle sue lacrime. Sbarro gli occhi e prendo il suo volto tra le mani, fissando sconcertata i suoi occhi lucidi.
-Ethan…Tu che preghi me? Sono io quella maleducata, che si è chiusa in camera sua e non ha fornito nessuna spiegazione.
Ribatto al suo sguardo mortificato, per poi posare le labbra sulle sue. Il ragazzo non risponde subito al mio bacio, ma dopo un istante mi ritrovo distesa sotto di lui sul suo letto, mentre la sua lingua mi tortura il succhiotto che mi ha lasciato. Sorrido e affondo le mani tra i suoi capelli castani per poi guardare i suoi occhi profondi, densi di emozione quando mi bacia di nuovo.
-Sei bellissima, Cassandra.
Mormora scivolando al mio fianco, per poi iniziare a giocare con una ciocca della mia chioma corvina.
-Hai imparato a dire il mio nome.
Mi accorgo avvicinandomi a lui e prendendogli una mano nella mia. Il suo volto si apre in un sorriso e lascia un bacio sulla mia fronte.
-Sono tre settimane che lo dico in continuazione, anche nel sonno…
Scoppio a ridere, scuotendo la testa mentre un suo braccio mi circonda la vita, facendo aderire i nostri bacini.
-E’ vero, chiedilo a Gray.
Ribatte mordendomi leggermente il labbro inferiore, per poi sfiorarlo col suo. Cerco di baciarlo, ma lui si tira indietro, sfuggendo alla mia presa e facendomi scappare una risatina mista a un mugolio di protesta. Lui però non cede e allora mi arrendo, chiudendo gli occhi e lasciandolo continuare la sua tortura. Mi trattengo a stento dal gemere, cercando di placare il fuoco tra le mie cosce e a non pensare a quanto voglia fare l’amore con lui. Oh, cazzo, da quando ho fantasie di questo genere? Finalmente Ethan mi bacia e io guaisco di piacere, salendo a cavalcioni sopra di lui, mentre le sue mani aumentano la presa sui miei fianchi. Cerco disperatamente un suo lembo di pelle scoperta e inizio a sfilargli la t-shirt, sfiorando con i polpastrelli gli addominali scolpiti. Ethan infila i pollici sotto alla cintura dei miei jeans, accarezzandomi la pelle sensibile appena sopra agli slip. Sospiro staccandomi da lui e strizzando gli occhi per poi togliergli definitivamente la maglietta, incontrando il suo sguardo. Passo la mano dai suoi pantaloni al petto che si alza e si abbassa velocemente, arrivando al collo, senza smettere di trattenere un sorriso. Mi abbasso su di lui, lasciando dei baci sulla sua spalla, seguendo la linea della clavicola, fermandomi quando arrivo vicino allo sterno. Mordendomi un labbro, decido di ricambiare il favore che mi ha fatto sabato, iniziando a lasciargli un succhiotto. Non ho mai fatto una cosa del genere e sono sicura di fare davvero schifo, inoltre la passione sta lentamente lasciando il posto all’insicurezza e alla vergogna.
-Cazzo, Cass…
Mormora Ethan mentre si sistema tra le mie gambe, spostando verso il basso il bordo dei miei pantaloni, lasciandomi scoperte le creste iliache e la pelle troppo chiara della pancia. Passo la lingua sul “marchio” che gli ho lasciato, per poi baciare il ragazzo con foga, trovandomi nuovamente sotto di lui. Mi tolgo velocemente la maglietta bordeaux che ho indosso e la lancio dietro la schiena di Ethan, per poi fiondarmi nuovamente sulle sue labbra. Seguo la spina dorsale del ragazzo, prendendogli una mano, abbandonata vicino alla mia testa, e farle accarezzare la mia vita, i fianchi, le cosce. Lui allora prende l’iniziativa e inizia a sfiorarmi attraverso i pantaloni un punto sensibile sul mio inguine, portandomi ad inarcare la schiena contro di lui, nuovamente pervasa dal piacere. Mi aggrappo alle spalle del ragazzo mentre lui aumenta la pressione del movimento e mi bacia il collo, scendendo verso l’incavo dei miei seni. Sto quasi per supplicarlo di farmi sua, mandando a fanculo l’etica e la moralità, quando la porta di casa sbatte e la voce di Ashley trilla nell’ingresso. Spalanco gli occhi e Ethan scivola velocemente via da sopra di me, per poi infilarsi la maglietta. Recupera la mia t-shirt, che era caduta vicino alla sua e me la lancia con un sorriso. La prendo al volo e la indosso, arrossendo leggermente mentre lui si siede al mio fianco, circondandomi con le braccia. Mi accoccolo contro di lui, facendomi piccola piccola e chiudendo gli occhi, concentrandomi sulla velocità del mio battito cardiaco. Cosa mi sta succedendo? Davvero lo stavo baciando in quel modo? Davvero volevo fare l’amore con lui? Le sue mani passano leggere sulla pelle scoperta delle mie braccia, lasciandomi piccoli brividi che mi scorrono lungo la spina dorsale.
-Cassandra…
Mi richiama dopo un po’, con le labbra che mi solleticano un orecchio, facendomi ridere.
-Si?
-Domani sera c’è una festa organizzata da Jake e suo fratello. Ti andrebbe di andarci con me?
Domanda titubante, stringendomi ancora di più contro il suo corpo. Cazzo, non ci avevo pensato. Vuole rendere tutto ufficiale? Cosa siamo noi adesso?
-Non lo so, Ethan. Non so nemmeno cosa siamo…
Rispondo, ruotando dentro il suo abbraccio e guardandolo negli occhi castani.
-Tu cosa vuoi che siamo?
Ribatte lui, spostandomi una ciocca di capelli scuri da davanti agli occhi, con un’espressione dolcissima dipinta in volto.
-Non lo so.
Ripeto, provocandogli una risata.
-Non sai un sacco di cose.
-Sono in cerca di tante risposte.
Faccio, sedendomi in braccio a lui, aggrappandomi con le braccia al suo collo e poggiando la fronte contro la sua.
-Possiamo trovarle assieme.
Mi propone, mentre chiudo gli occhi e mi concentro sul suo profumo.
-Sarebbe bellissimo.
Concludo, con un sorriso. Ethan si sporge a baciarmi, ma questo è un bacio casto, che non ha nulla a che fare con quelli di poco fa. E’ uno di quei baci che non davo da un sacco di tempo. Uno di quei baci che mi ricordano perché ho lasciato Riccardo e che Ethan è una persona fantastica.
-Intanto te ne faccio una semplice di domanda.
Inizia lui, trattenendo una risata. Roteo gli occhi, sbuffando e appoggiando la testa su una sua spalla.
-Sentiamo.
-Ti piace il sushi?
Chiede lui, facendomi definitivamente scoppiare a ridere.
-Sì, mi piace da matti.
Rispondo aprendo gli occhi e trascinandolo con me sul letto, ritrovandomi intrappolata dal suo corpo.
-Che vuoi fare?
Domando ironica, alzando un sopracciglio, quando vedo il suo sguardo malizioso.
-Solo provare una cosa.
Dice per poi prendermi i polsi con una mano e portarmi le braccia sopra alla testa. Mi aspetto che mi baci o qualcosa del genere, ma improvvisamente inizia a farmi il solletico ovunque, provocandomi dei gridolini. Tento inutilmente di divincolarmi, pregandolo di smetterla, ma lui è implacabile. Improvvisamente Ashley irrompe nella stanza con indosso solo la biancheria intima e i capelli grondanti, impugnando una riga da cinquanta centimetri di ferro lucido. La guardo spalancando gli occhi mentre cerco di scappare da suo fratello.
-Oh, Dio, ti prego aiutami Ashley!
La imploro, tirando invano dei calci ad Ethan. Anche lei si mette a ridere e si deve tenere la pancia, ma io non resisto proprio più.
-Smettila Ethan, farò tutto quello che vuoi!
Urlo alla fine, al che il ragazzo si blocca, con gli occhi luccicanti.
-Tutto?
-Qualsiasi cosa.
Cedo con le lacrime che mi solcano le guance a causa del troppo ridere.
-Allora accetta di venire domani da Jake con me.
Dice serio, lasciandomi i polsi e togliendosi da sopra di me. Sospiro e alzo gli occhi al cielo, massaggiandomi le braccia.
-Certo che verrò, avrei detto di sì anche se tu non mi avessi torturato!
Ribatto lanciandogli un cuscino sotto lo sguardo perplesso di sua sorella, che ha ancora il righello in mano.
-Quindi nessuno sta uccidendo nessuno. Bene, io…vado…
Conclude facendo marcia indietro e chiudendosi la porta alle spalle. Fisso Ethan mettendomi le mani sui fianchi e alzandomi in piedi.
-Questa me la paghi.
Lo minaccio con un dito, aiutandolo ad alzarsi, per poi abbracciarlo.
-Hai decisamente un bel modo di farmela pagare…
Sussurra lui, passandomi le mani sulla schiena e scendendo verso il sedere, cercando di prendermi in braccio. Io mi ritraggo e lui rimane con la bocca aperta e gli occhi stupefatti.
-Chiedi scusa e dopo penserò se perdonarti oppure no.
Faccio incrociando le braccia sul petto, lo sguardo severo. Lui si avvicina a me e mi abbraccia, ma quando cerca di baciarmi gli porgo una guancia.
-Oh, avanti…
Mi supplica lui, prendendomi il volto con una mano, cercando in tutti i modi di posare le sue labbra sulle mie.
-Non ho ancora sentito le tue scuse.
Lo canzono, sedendomi sul letto, incrociando le gambe. Lui sospira e si mette in ginocchio davanti a me, posando la testa sulle mie ginocchia.
-Scusami Cass, mi dispiace molto.
Mormora abbracciandomi le gambe e affondando il viso nella mia maglietta.
-Va bene, può basta…
Non riesco a finire la frase che lui già mi sta baciando un’altra volta, facendomi sedere sulle sue gambe.
-Se continuiamo così mi ritroverò la bocca tutta screpolata, e anche tu.
Faccio passando le dita sulle sue labbra, sfiorandole appena.
-Ne vale la pena se sono rovinate per questo motivo.
Risponde lui, prendendomi una mano e baciandomene il dorso. Sorrido e lo sguardo mi cade sulla sveglia sopra al suo comodino. Merda, sono già le sette e mezza.
-Cazzo, scusa Ethan, ma devo andare a farmi una doccia assolutamente.
Esclamo togliendomi da sopra di lui, per poi raccogliermi i capelli in una coda. Le sue braccia mi circondano da dietro non appena appoggio una mano sulla maniglia della porta e le sue labbra si posano sul mio collo.
-Non serve, stai ancora qui.
Piagnucola, cercando di trattenermi.
-Davvero, i miei capelli sono in uno stato pietoso.
Rimarco, aprendo l’uscio e iniziando a percorrere il corridoio.
-Ma stasera ci sei a cena, vero?
Domanda dalla soglia della sua camera. Mi volto verso di lui, trovandolo scalzo, i capelli arruffati, la guance rosse, i vestiti stropicciati, il fiato corto. Più bello che mai.
-Certo, c’è tutta la famiglia no? Devo esserci anche io.
***
Sembra che l’arrivo dei nonni Dolan qui a Los Angeles per conoscere la nuova arrivata sia paragonabile all’arrivo del Presidente degli Stati Uniti. Tutti sono in ghingheri, Lily cucina squisitezze da questo pomeriggio e la tavola è agghindata come quella di un re. Mi sento un po’ a disagio nel mio abito corto nero con dei fiorellini stampati sopra con la gonna morbida e la schiena attraversata da fili sottili, che però non lasciano scoperta troppa pelle. Ho deciso di non mettermi i tacchi e di non truccarmi molto, acconciando i capelli, con l’aiuto di Ashley, in una treccia che mi parte dalla sommità della testa, per poi dividersi in due, dandomi proprio l’aria della brava ragazza. Se, la brava ragazza. Solo se non incrociassi quasi ogni due secondi gli occhi di Ethan che sembrano volermi ricordare cosa sia successo questo pomeriggio, forse potrei credere di esserlo. Non sento di aver sbagliato, stavolta no, ma sono ancora un po’ in crisi perché non so cosa comporterà tutto ciò nella mia permanenza qui. Forse nulla, forse un sacco di cose.
-Cassandra, cara, porteresti in sala questo vassoio?
Domanda Lily, distraendomi dai miei pensieri e porgendomi un piatto da portata pieno di patate al forno. Stando attenta a non rovesciare tutto, appoggio il cabarè sulla tavola coperta da una tovaglia in pizzo bianco e osservo i segnaposto messi su ogni coperto. Io sono tra Clarissa, la nonna dei gemelli e di Ashley, e la sorella di Ethan. Accanto a lei ci sono i gemelli, di fronte a me Lily e al suo fianco Thomas, mentre Edward è seduto vicino a suo figlio. Sorrido compiaciuta della disposizione dei posti e sto per tornare in cucina, quando il campanello di casa trilla e tutto attorno a me si blocca per un secondo. Un attimo dopo, Lily sta sbraitando a suo marito di andare ad aprire mentre lei si toglie il grembiule e dice ai figli di mettere giù qualsiasi cosa abbiano in mano per accogliere i nonni. Il sangue mi si gela nelle vene per un attimo, quando sento Thomas salutare i suoi genitori, poi due vecchietti sugli ottant’anni compaiono sulla soglia del soggiorno. Il volto della signora si apre in un sorriso quando Ashley corre verso di lei abbracciandola e riempiendola di baci, mentre suo nonno batte una mano sulle spalle dei gemelli, mostrandosi molto compiaciuto di come siano cresciuti bene.
-Lily! Sei sempre più bella!
Esclama Clarisse, mentre la donna si abbassa per lasciarle un bacio su ogni guancia.
-Anche tu, Clarisse, sei ogni volta più attiva di me!
Ribatte la mamma dei gemelli per poi portare l’attenzione di tutti su di me, indicandomi con una mano.
-Edward, Clarisse, questa è la ragazza di cui vi abbiamo parlato, Cassandra.
Mi presenta con un sorriso mentre arrossisco. Mi trattengo appena in tempo dal fare un inchino, allargando la gonna come ci avevano insegnato a fare quando facevo danza classica, e mi avvicino ai signori.
-Sono molto lieti di conoscervi signora Dolan, mi hanno parlato molto di voi.
Faccio tendendo una mano alla nonna dei ragazzi, che però mi prende il volto tra le mani e mi lascia un bacio sulla fronte son tanto di schiocco.
-Oh, cara, sei una ragazza deliziosa. Dammi del tu, ti prego, e chiamami Clarisse, così mi fai sentire vecchia!
Ribatte la signora, lasciandomi di stucco. Ed io che mi aspettavo due impettiti vecchietti col bastone che si pulivano gli angoli della bocca con un lembo del tovagliolo! Quelli che ho davanti invece sono due anziani pimpanti e decisamente alla mano, tutto il contrario dei miei incubi.
-Mia moglie ha ragione, Kessandra, sei davvero graziosa. Io sono Edward, piacere di conoscerti.
Fa l’uomo accanto a lei, avvolgendomi in un abbraccio e dandomi una pacca affettuosa su una guancia. Cerco di evitare di correggere la pronuncia del mio nome e sorrido cordiale.
-Grazie mille, siete gentilissimi!
Faccio per poi venire distratta dalle occhiate che mi lancia Ethan. O, meglio, alle occhiate che lancia alle mie gambe scoperte. Thomas si schiarisce la gola e mette una mano sulla spalla di Clarisse.
-Mamma, papà, sarete molto stanchi per il lungo viaggio. Sedetevi pure a cenare, dopo porteremo di sopra i vostri bagagli.
Fa per poi scostare la sedia prima a sua moglie e poi a sua madre, come un vero gentiluomo. Come, come? Bagagli? Quindi resteranno qui a casa? Merda, non ci voleva proprio. Cerco di nascondere la sorpresa e aggiro il tavolo, raggiungendo il mio posto, accanto alla signora. Sto per spostare la mia sedia da vicino il tavolo, quando una mano si mette sopra alla mia e incontro gli occhi di Ethan.
-Permetti?
Domanda, mentre vedo che Grayson sta facendo lo stesso con sua sorella. Il groppo che ho in gola si allenta un po’ e annuisco, sedendomi e lasciando che mi avvicini al tavolo, sedendosi poi vicino a suo fratello. Clarisse appoggia una mano sulla mia gamba destra, attirando la mia attenzione.
-Allora, tu sei italiana, vero?
Fa, per poi iniziare a servirsi le patate che ho portato poco fa io stessa.
-Sì, vengo da Milano.
-Oh, Milano, la capitale della moda! Ci sono stata moltissime volte, ed è la che ho conosciuto Edward, lui faceva l’assistente per un famoso stilista ed io lavoravo come parrucchiera professionale.
Inizia a raccontare, con un sospiro, per poi avvicinarmisi con uno sguardo complice.
-E’ all’Hotel Baglioni Carlton che è stato concepito Thomas.
Mormora ad un tono abbastanza alto, in modo che tutti ci sentano. L’uomo si strozza con l’acqua che sta bevendo ed io arrossisco di botto, senza sapere se ridere oppure no. Lily e i gemelli però mi anticipano, scoppiando in una risata, che ben presto coinvolge tutto il tavolo.
-Te la cavi bene con l’inglese, anche se si sente un po’ la cadenza italiana. Ma è normale, stando qua ti abituerai.
Si congratula Edward, spezzando una fetta di pane, mentre passo le patate ad Ashley.
-Grazie mille, il mio patrigno mi ha mandata qui perché crede che la conoscenza delle lingue sia essenziale.
Mento spudoratamente, appoggiandomi il tovagliolo sulle ginocchia.
-Ha ragione, ha assolutamente ragione. Quanto tempo resterai a Los Angeles?
Domanda Clarisse, lanciandomi un’occhiata mentre taglia il pollo. Il pezzo di carne che avevo in bocca mi va quasi di traverso e devo tossire un po’ prima di riprendere a parlare.
-Fino a metà settembre, ma sono qui già da tre settimane.
Rispondo per poi essere bloccata da Grayson.
-Sai che è bravissima a cantare, nonna?
La signora sgrana gli occhi e si volta verso di me spalancando la bocca, facendomi arrossire.
-Davvero cara? Hai imparato da sola oppure hai fatto scuola di canto?
-No, ho imparato da sola. Cioè, mi è sempre venuto naturale.
Rispondo abbassando la testa e incrociando di nascosto le dita sotto al tavolo. Ti prego, dimmi che non vogliono sentirmi cantare… Ti pregooooo…
-Dopo ti andrebbe di cantare qualcosa per noi? I nostri due gemelli sono entrambi dei pianisti eccezionali.
Fa Clarisse, con la sua voce cristallina. Dire che voglio scorticare vivo Grayson non rende l’idea delle torture che vorrei affliggergli, ma mi costringo a sorridere.
-Certamente, dopo cena canterò qualsiasi cosa vogliate.
-Bene, mi è sempre piaciuta molto la musica, soprattutto quella giovanile.
Ribatte lei, riprendendo a mangiare. Poi mi viene in mente una cosa.
-Solitamente, il fatto di essere gemelli è un carattere ereditario, no? Però so che salta una generazione. Tu hai per caso una gemella?
Domando appoggiando le posate al bordo del piatto.
-No, io ho un fratello gemello, si chiama Charles, vive in Canada.
Risponde il signor Dolan, con un sorriso. Così simile a quello dei suoi nipoti, così come gli occhi castani.
-Ed è simile a te?
-Sì, in tutto e per tutto, tranne che per il carattere, proprio come Ethan e Grayson.
-E in più lui ha sposato una mora, tu una bionda.
Lo riprende la moglie con il coltello, generando un altro scoppio di risa, che alleggerisce i toni della conversazione. La serata passa chiacchierando del più e del meno, intervallata da battute pungenti della nonna dei ragazzi, più volte ripresa dal figlio, che tentava di farla smettere di raccontare simpatici aneddoti sulla sua infanzia. Tutte le mamme sono uguali. Già, tutte, tranne la mia. Al termine della cena aiuto Lily e Ashley a sparecchiare, poi torno in soggiorno, dove trovo gli altri intenti ad ascoltare Grayson che suona il pianoforte a coda nero in un angolo della stanza, tra due grandi vetrate.
Resto incantata, con una spalla appoggiata ad uno stipite della porta, le mani che tremano, la bocca socchiusa, concentrata sui movimenti dei ragazzi, sul suono che producono le corde pizzicate, sulle emozioni che mi pervadono. E’ una ninna nanna, me la ricordo benissimo, era la preferita della nonna. Ricordo che me la suonava quando avevo paura del buio e non riuscivo a dormire. Raccolgo una lacrima che mi è scappata dalle ciglia e scuoto la testa, cercando di scacciare i ricordi che mi pervadono, cercando di sorridere. Quando Gray finisce, non riesco a non applaudire, con la gola chiusa, gli occhi lucidi. Clarisse si gira verso di me e sorride, facendomi cenno di avvicinarmi.
-Dai, siamo tutti in attesa del tuo brano!
Esclama, battendo le mani e sistemandosi sul divano.
-No, signo…Clarisse, questa canzone mi ha emozionata e adesso ho un groppo in gola.
Mi giustifico, per non dire che ho bisogno di un bel pianto liberatore, e che finchè non mi lascio andare non riuscirò a cantare bene.
-Tranquilla tesoro, se ti emozionerai la canzone sarà ancora più vera.
Mi rassicura lei, mentre le altre donne di casa si accomodano sul sofà e Grayson prende il posto di Ethan, che mi prende una mano e se la porta alle labbra.
-Mi concederesti di accompagnarti?
Annuisco e faccio un respiro profondo, mettendomi a fianco del pianoforte, mentre il ragazzo fa scivolare le dita sopra ai testi.
-Cosa ci canti, allora?
-Come Speak To Me, di Elisa Toffoli.
Faccio chiudendo gli occhi, mentre cerco di calmarmi.
-E’ una delle mie preferite, la so a memoria.
Dice Ethan, per poi iniziare a suonare. Lascio che le note penetrino a fondo nella mia pelle, lascio che le parole arrivino sulle mie labbra senza pensarci, e sto già cantando.
-Come speak to me easy like hands on skin
Come speak to me easy like sky on earth
We are going to do something
if you come and tell me just how you feel
'cause we are gonna work it out
even if your world's falling apart
are you gonna do something?
Are you gonna trust me?
Are you gonna take care of what I've been given?
Are you?
Spalanco gli occhi mentre mi rendo conto delle parole che sto pronunciando. Sembrano fatte a pennello per la mia situazione. Senza volerlo mi giro verso Ethan, che ha il mio stesso sguardo e lascio che tutti i sentimenti, le emozioni, escano fuori, trapelando dalle mie labbra. E dai miei occhi.
-Birds are crying for the two of us can't sleep
'cause the moon reminds me of
your face and now
I can see sunsets on my homeland
through yor words still alive
Non m’importa più se quel poco di trucco mi si sta sbavando, piango con un sorriso liberatore sul volto, chiudendo gli occhi, gesticolando in un modo che non ho mai fatto, come se dovessi spiegare cosa sto provando dentro di me ora.
-Come speak to me easy like hands on skin
Do you know why I left?
It's 'cause I was digging into my past
are you gonna do something?
Are you listening to me?
Are you gonna take care of what I've been givin'?
Are you, are you?
The sun keeps telling me stories
Are you listening to me? Are you?
The moon keeps telling me stories
Are you gonna take care of what I've been givin'?
Non so se Ethan si ricorderà di tutto ciò, se ricorderà le emozioni che lo hanno percorso, ma io ricorderò di certo ogni singolo istante passato con lui. Ricorderò le sue labbra sulle mie, i suoi sguardi, i suoi sorrisi, le sue mani sulla mia pelle, l’imbarazzo, il senso di completezza che mi ha donato.
-Come speak to me,
Come speak to me,
Come speak to me,
Come speak to me.
La canzone termina con una litania, che man mano si affievolisce, sino a diventare un sussurro, le parole ancora sospese nell’aria, le note che indugiano nel loro riverbero. Il mio corpo che trema leggermente, le lacrime ormai asciugate sul mio volto. Apro gli occhi e per primi incontro quelli di Clarisse, anche lei col viso rigato di emozione. Sorrido portandomi una mano davanti alla bocca e in un attimo tutti stanno applaudendo. Da dietro Ethan mi abbraccia ed io mi trattengo all’ultimo dal girarmi a baciarlo. Tutta la famiglia mi si stringe attorno, congratulandosi con me, passandomi le mani sulle spalle scoperte.
-Hai davvero un grandissimo talento, ragazza.
Fa Edward prendendomi una mano e stringendola affettuosamente tra le sue. Sorrido e lo ringrazio con un filo di voce, travolta emotivamente da tutti quei complimenti. Ascoltandomi cantare non mi è mai sembrato di essere chissà che cosa, ma tutti sembrano confermarmi il contrario.
-Grazie, davvero, sono contenta di esservi piaciuta.
Faccio a nessuno in particolare, per poi essere nuovamente sommersa di “grazie a te”, “sei davvero brava”, e le solite frasi di cortesia.
-Caspiterina, guardate che ore sono, forse è meglio se ci ritiriamo. Thomas, ci accompagneresti alla nostra stanza?
Domanda Clarisse, dando una pacca affettuosa sul braccio del figlio. L’uomo acconsente con un sorriso e in un attimo tutti sono in giro a fare qualcosa: chi finisce di sparecchiare, chi pulisce i piatti, chi mette via gli avanzi di cibo. Dire che mi sento inutile non rende l’idea. Mi sento decisamente fuori luogo, altroché. Non provo nemmeno a chiedere se posso essere utile, perché so che risulterei solo d’impiccio, con la mia goffaggine. Senza farmi vedere sguscio fuori dalla porta di casa e le giro intorno, fino ad arrivare al garage del seminterrato, dove abbiamo girato il video la volta scorsa. Stranamente lo trovo aperto, ma è tutto buio. Mi stringo nelle spalle, come per dire che non me ne importa molto, e a tastoni trovo il divanetto azzurro, per poi sedermi su uno dei braccioli. Devo assolutamente mettere in chiaro le idee nella mia testa. Innanzitutto, cosa provo per Ethan? E’ una semplice cotta oppure c’è dell’altro? Voglio davvero imbarcarmi in una relazione con lui? E se sì, quali saranno le conseguenze? Vale la pena rischiare? E se poi va male e la mia permanenza qua diventa un incubo? Senza accorgermene sono scivolata sulla seduta, lasciando le gambe penzolanti fuori dal divano. Prorompo in uno sbadiglio e strizzo gli occhi. Mi raggomitolo su me stessa, come per proteggermi, e chiudo gli occhi. E’ stata una giornata pesante, troppe emozioni, troppi avvenimenti, troppi cambiamenti. Eppure c’è una domanda che mi impedisce di addormentarmi. Sii sincera con te stessa, Cassandra, te ne sei innamorata? No, non è possibile. Insomma, lo conosco da meno di un mese! Te ne sei innamorata? E’ tutto così confuso… Te ne sei innamorata?
-Sì…
Sussurro un attimo prima di addormentarmi, l’animo più leggero, il cuore più veloce, la coscienza più pulita.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8
ETHAN’S POV
-Non se ne parla proprio!
Sbotta mio padre per poi essere zittito dalle donne di casa.
-Sei impazzito, Thomas? Vuoi privare tuo figlio della felicità?!
Ribatte mia madre, appoggiando qualcosa al tavolo della cucina poco delicatamente.
-Non voglio privarlo della felicità, solo impedirgli di commettere un errore.
Sbuffa lui, probabilmente passandosi una mano sul volto. Sono nascosto dietro il muro della cucina ad ascoltare le conversazioni dei “grandi”. Ad ascoltare le conversazioni che riguardano me e Cass. Maledicendomi di quanto sia stato indiscreto ieri sera e adesso ne pago le conseguenze. Gray è al mio fianco e una sua mano è appoggiata sulla mia spalla, cercando di darmi conforto mentre vorrei solamente dare un pugno al muro. O a mio padre.
-E secondo te innamorarsi di una ragazza italiana è un errore?
-Lui non è innamorato.
Sputa fuori l’ultima parola come fosse veleno, ridacchiando. E’ così allora? Mi crede immaturo per amare? O incapace di farlo?
-E anche se fosse? Sono ragazzi, lascia che vivano la loro estate.
Lo riprende mia nonna e per poco non esco per abbracciarla forte. Stiamo scherzando?! Mi piace davvero Cass, è una delle poche persone che mi fa sentire bene, e adesso arriva mio padre e rovina tutto? Non se ne parla. Ho diciotto anni, voglio fare ciò che voglio della mia vita.
-Tu non sai nulla di lei, lo rovinerà!
Sibila mio papà, sbattendo la mano sul tavolo.
-Non devono sposarsi Thomas! E’ una cotta adolescenziale! E poi cos’avrà mai fatto di così grave quella ragazza adorabile? Ha mai ucciso qualcuno?
Continua la nonna, alzando la voce e imprecando contro suo marito, che le chiede di calmarsi.
-No, ma…
Sento l’insicurezza nella voce del mio genitore e questo mi fa pensare. Cos’ha fatto di male Cassandra? Ha mai fatto qualcosa di male per davvero?
-Non dirmi che è per le sue origini!
Si intromette la mamma, con una voce a dir poco scandalizzata.
-L’hai vista? Viene da una famiglia modesta, è straniera, ha degli usi strambi, prima era rossa poi diventa nera, adesso scopriamo anche che i suoi sono divorziati o altro… Non mi sembra una buona persona!
Esclama lui, tentando inutilmente di giustificarsi. E’ per questo allora? Per il futile fatto che viene dall’Italia e non le escono i soldi anche dalle orecchie come a noi? Siamo tornati nel Medioevo per caso?
-Questa è davvero la goccia che fa traboccare il vaso! Non ti facevo così Thomas, pensavo fossi finalmente cambiato.
Mormora mia madre trattenendo le lacrime, lo si sente dalla voce spezzata.
-No tesoro, io sono cambiato, ma…
-Allora lascia che nostro figlio si goda i suoi diciotto anni Thomas! Lascialo libero per un po’!
Urla, ormai nel pieno dell’arrabbiatura, per poi uscire dalla stanza. Ci nascondiamo in un angolo ancora buio mentre la vedo correre per le scale in lacrime, nascondendosi il volto nelle mani.
-Hai visto?! Porta solo guai quella ragazza! Adesso Lily è arrabbiata con me!
Tenta di scaricare la colpa mio padre. Giuro che adesso vado là e lo prendo a ceffoni. Mai una volta che sappia tirare fuori le palle!
-E’ colpa tua. Va’ da tua moglie e chiedile scusa.
Ribatte mia nonna in tono piatto. Mio padre sospira pesantemente e sento i suoi passi dirigersi verso la porta della cucina.
-Mi hai delusa, mi hai davvero delusa.
Conclude sua madre, prima che lui corra di sopra all’inseguimento di mia madre. Non piango quasi mai. Eppure con Cass l’ho fatto. Ho pianto sulla sua spalla pensando che non mi avrebbe perdonato. E adesso lo faccio di nuovo. Un pianto sofferto, di tristezza, rabbia, nervoso. Un pianto represso a forza, che mi fa stringere gli occhi e digrignare i denti. Il secondo a distanza di un giorno.
-Oh cazzo, Ethan.
Sussurra Gray avvolgendomi in un abbraccio, stringendomi tanto forte che mi toglie l’aria dai polmoni. Non può andare tutto così! Cazzo, non può! Sento l’irrefrenabile voglia di spaccare tutto, così mi scosto malamente da mio fratello e scendo le scale che portano al garage, mentre lucide lacrime mi scorrono sulle guance e bagnano la mia canottiera. Spalanco la porta sbattendola contro il muro, provocando un rumore assurdo e mi dirigo a passo spedito verso il sacco da boxe attaccato al centro del locale. Con un urlo scaravento un pugno su di esso, facendolo ondeggiare pericolosamente, tanto che quando mi ritorna addosso devo pararlo con un gancio ancora più potente per evitare che mi arrivi in faccia. Gridando inizio a tempestare la pelle nera e sgualcita di cazzotti, esprimendo in questo modo tutto ciò che mi sta succedendo dentro. Non provo nessun’emozione particolare, è un miscuglio di rabbia e altro. Aumento la velocità, avvertendo che le nocche mi si aprono, lasciando colare il sangue lungo i polsi. Sto quasi per iniziare anche a prenderlo a calci, quando mi fermo improvvisamente.
-Ethan…
Sussurra la sua voce dietro di me, piena di paura e preoccupazione. Mi giro lentamente dopo aver fermato il sacco e incontro i suoi occhi spalancati nel primo sole della giornata. E’ inginocchiata dietro al divano, le braccia appoggiate sullo schienale, ancora vestita come ieri sera, le treccine appena sgualcite. E mi fissa terrorizzata. La bocca aperta, gli occhi grigi sgranati, il corpo che trema leggermente, come il mio. Non riesco ad articolare una frase sensata, continuo a muovere la bocca producendo suoni inarticolati. Lei allora si alza e si avvicina a piccoli passi a me. Noto che è scalza un attimo prima che i suoi piedi incontrino una macchia del mio sangue sul pavimento. Lei non deve fare così, non deve sporcarsi per me. Ma prima che possa dirle di stare ferma, lei posa leggera le sue labbra sulle mie, senza approfondire il bacio, giusto sfiorandomi. Capisco cosa sta facendo. Sta dicendo che non importa. Che non le importa che cosa sia successo, che io abbia avuto questa reazione. Che non è spaventata da me, ma che è spaventata da ciò che mi ha trasformato nella bestia assetata di sangue che sono diventato.
-Calmati, Ethan.
Sussurra ad occhi chiusi, strofinando la testa contro il petto. Le mie mani corrono ai suoi capelli e li accarezzano, scompigliando le trecce, come se potessi aggrapparmi solo a lei.
-Ci sto provando.
Rispondo in un respiro, chiudendo gli occhi e lasciando che il mio corpo recepisca solo le sensazioni legate a lei. La pressione delle sue braccia attorno al mio corpo, il suo profumo di mare e citronella, il battito del suo cuore, lento e regolare, il leggero tremitio delle gambe, il respiro che mi solletica la pelle scoperta del braccio.
-Ehy.
Mormoro con la voce arrochita, che mi affretto a schiarire.
-Va meglio?
Domanda incontrando i miei occhi, i suoi che sembrano così grandi visti da quassù. Sorrido mosso da una tenerezza che mi riempie il petto e le accarezzo una guancia con la mano sporca del mio sangue rappreso.
-Sì, grazie a te.
-Ethan, non m’interessa cosa sia successo, ma ti prometto che lo supereremo assieme. Te lo prometto.
Asserisce allacciando le braccia dietro al mio collo e alzandosi in punta di piedi, mentre le stringo la vita sottile.
-Io ho davvero bisogno di te, ho bisogno dei tuoi sorrisi, delle tue smorfie, delle tue risate, della tua pelle chiara, dei tuoi capelli scuri, delle tue insicurezze, della tua gentilezza, della tua voce, delle tue mani nelle mie, dei tuoi abbracci, dei tuoi baci…
Dico senza riprendere fiato, con la paura che mi possa interrompere. La vedo arrossire, poi le nostre labbra si incontrano di nuovo, quasi saziandomi di questa sensazione unica che mi dà lo stringerla tra le mie braccia.
-E io ho bisogno di tutto ciò.
Risponde prima di iniziare nuovamente a baciarmi approfondendo, rendendo il tutto meno drammatico. Sospiro pesantemente preso dall’eccitazione, poi mi abbasso senza staccare le labbra dalle sue, e la prendo in braccio. Automaticamente le sue gambe si chiudono attorno alla mia vita, facendo combaciare i nostri bacini, e inarca la schiena mentre la avvicino a me. Indietreggio barcollando, finchè non tocco con una mano lo schienale del divano e mi ci appoggio, non perché Cass sia pesante, anzi, è talmente magra che sembra di tenere in braccio una bambina, ma perché ho paura che tutto quanto inizi a girare come sempre quando sono insieme a lei. Le mie mani vagano sulla sua schiena, accarezzandola e giocando coi suoi capelli corvini. Hanno sempre un profumo così buono, che la rende ancora più fragile ai miei occhi. E i suoi occhi, cazzo. Penso di non aver mai visto degli occhi così, in tutti i sensi. Sembrano incredibilmente ingenui, anche se ho l’impressione che ne abbiano viste di tutti i tipi, e ti scavano dentro, spalando via tutta la merda che hai accumulato dentro di te, riuscendo a vedere la parte migliore, che pare essere l’unica importante, l’unica vera per lei. Sono del colore del cielo che si prepara al temporale. Sono della profondità dell’oceano. I suoi occhi sono mare in tempesta dentro una bottiglia di vetro.
-Andiamo via.
Sussurra quando ci stacchiamo, con le labbra socchiuse, lo sguardo basso, il petto che si alza e si abbassa velocemente.
-Cosa?
Domando, ancora incantato dalle emozioni provate. Le nostre viste si incontrano e lei sorride, come se le fosse venuta in mente un’idea eccezionale.
-Andiamo via per un giorno, facciamo manca dalla vita di sempre, evadiamo, vaghiamo dove vogliamo, anche senza meta se ci va. Andiamocene.
Sorrido e le accarezzo una guancia. Era esattamente così che mi ero immaginato la mia ragazza.
***
La guardo giocare con le onde dell’oceano, da lontano, gli angoli della bocca piegati in un ghigno. I capelli, ora sciolti, volano nella brezza estiva che le fa venire la pelle d’oca. Rabbrividisce e ride, schizzando l’acqua coi piedi come una bambina. Indossa il costume che le ha prestato mia sorella quella che sembra un’eternità fa. Si volta verso di me e arrossisce, poi inizia ad avvicinarmisi, stringendosi nelle spalle per ripararsi dal freddo. Quando è davanti a me si accuccia e poi si distende al mio fianco, guardandomi silenziosamente negli occhi. Se solo sapesse cosa pensa mio padre di lei. Ma ciò non è importante, non mi farò influenzare da lui.
-Ti piace l’oceano?
Le chiedo mentre allunga una mano verso la mia e le nostre dita si intrecciano.
-E’ leggermente diverso dal mare al quale sono abituata, ma è bellissimo. Immenso, come se non avesse confini.
Fa scuotendo la testa, come dandosi della stupida da sola. Mi sporgo verso di lei e la bacio piano, sfiorandole appena le labbra.
-Che canzone canteresti ora?
Lei scoppia a ridere, stringendosi contro di me e appoggiando la testa al mio petto.
-Probabilmente “Shower” di Becky G. Dà davvero la carica. E poi tu sei il motivo della maggior parte dei miei sorrisi, quindi è perfetta.
Risponde giocando con le nostre mani incrociate, come se volesse raccogliere un raggio di sole con esse.
-Tu sei la causa di così tante cose per me che ormai ho perso il conto.
Dico senza pensarci. La sento serrare la presa contro la mia schiena e respirare profondamente.
-Cose belle?
-La maggior parte.
Alza la testa e alza un sopracciglio con aria interrogativa.
-Mi hai fatto trovare il mio punto debole.
Ribatto alla sua domanda silenziosa, mettendole una ciocca di capelli dietro ad un orecchio.
-E quale sarebbe? Pensavo tu non avessi il così detto “tallone d’Achille”.
Scherza sorridendo appena.
-Non mi starai dando dell’insensibile spero!
Faccio il finto offeso facendo una smorfia di stupore e voltando il volto da lei. La sento mugolare mentre cerca di baciarmi. Ma io non cedo, voglio fargliela pagare per quello di ieri sera in camera mia.
-Eddai, Ethaaaan…
Piagnucola in un modo così dolce che non ce la faccio, così le prendo il viso tra le mani e la bacio, assaporando ogni secondo di questo momento. Imprimendomelo nella mente come una polaroid.
-Sei tu.
-Il tuo punto debole?
-Sì. Stamattina ho capito definitivamente che sei l’unica cosa oltre forse a Gray che mi potrebbe far veramente soffrire. Nel senso, che se anche facessero del male a te, per me sarebbe come se me ne avessero fatto il doppio. Non riesco a sopportare l’idea che qualcuno ti possa ferire, non di nuovo.
Spiego lasciandole un bacio tra i capelli.
-Di nuovo?
Ha la voce incrinata dall’emozione, ma non so se sia un bene o un male.
-Te l’ho detto che so leggere negli occhi della gente.
Rispondo sorridendole e guardando le ombre giocare sul suo corpo.
-E adesso cosa vedi?
-Il mio riflesso, anzi, il riflesso della mia anima.
Faccio serio, col cuore che mi batte a mille.
-Ci leggi qualcosa?
Domanda seria, inclinando il capo leggermente.
-Ci leggo che ti amo.
Ecco, l’ho detto. L’ho ammesso a me stesso e a lei. La amo, mi sono innamorato di lei. E forse è una cosa sbagliata, ma non m’importa. Non m’importa perché sono felice. Perché lei è felice.
-Anche io. Anche io ti amo Ethan.
Sento i fuochi d’artificio nel petto e non riesco a respirare per qualche secondo, poi mi lascio andare in un sorriso e la bacio, per la centesima volta oggi. Ma questo è un bacio diverso. Lei mia ama… Lei mi ama!
-Dillo di nuovo…
La prego appoggiando la fronte alla sua.
-Ti amo Ethan, ti amo alla follia.
-Questo è il giorno più bello della mia vita Cass.
***
Una maglietta a maniche corte nera, un paio di jeans corti chiari, le immancabili AllStar bianche e un cappellino degli Yankees messo al contrario. Non sono abbastanza. Non per lei. Per lei non sarò mai abbastanza, ma cerco di fare del mio meglio.
-A lei piaci così come sei.
Mi riprende Gray, disteso sul suo letto a messaggiare con Jake, probabilmente.
-Non sei molto d’aiuto in questo momento, Grayson.
Ribatto scocciato, togliendomi il cappello e lanciandoglielo, lui lo afferra al volo e lo appoggia sul letto sbuffando.
-Ti ha detto che ti ama.
-Lo so, non mi ha detto che gli piaccio anche con un sacchetto della spazzatura addosso.
Faccio sarcastico, alzando gli occhi al cielo per poi raggiungerlo.
-Con un sacchetto della spazzatura magari anche no, ma senza sicuramente.
Ammicca come uno scemo e io gli lancio il mio cuscino addosso, prendendolo in pieno. Mio fratello si mette a ridere e mi abbraccia, cercando di coinvolgermi.
-Sei uno stupido se pensi che rifarò lo stesso errore con lei.
Dico serio, spingendolo via scherzosamente.
-Eddai, cos’è la vita senza un po’ di passione?
-Mi sembra che di passione nella mia vita ce ne sia già abbastanza.
Mento, perché è vero, ogni volta che la vedo mi chiedo come mai non ci sia già finito a letto assieme.
-Comunque secondo me anche lei muore dalla voglia…
-Io non muoio dalla voglia.
-Assolutamente…
Alza le mani in segno di resa, mentre scuote la testa.
-Te invece, mi prospetti già un nipotino?
Scoppio a ridere vedendo la faccia di mio fratello diventare paonazza.
-I nostri rapporti sono protetti.
Si difende, dandomi la schiena.
-Ne se sicu…
Non riesco a finire la frase che mi ridà in faccia il cuscino che gli avevo lanciato prima.
-Okay, okay, lo sono.
Mi arrendo, cercando di non scoppiare nuovamente a ridere.
-Come ti senti comunque?
Domando, improvvisamente serio.
-In che senso?
-La ragazza che ti piace da sempre improvvisamente ricambia i tuoi sentimenti, non deve essere una cosa da poco.
Lui mi fissa un attimo negli occhi, vedo che sta formulando una delle sue frasi ad effetto, quelle che io vorrei essere in grado di fare per esprimere in poche parole ciò che provo ogni momento.
-Penso che sia il paradiso. Letteralmente. Penso che il paradiso sia un posto sulla terra insieme a lei.*
Boom. Eccolo qua il riassunto di queste quattro indimenticabili settimane. E’ già passato un mese e me ne sono a malapena accorto. Perché è assolutamente vero, il paradiso è un qualsiasi posto sulla terra con Cass.
-E’ una cosa strana, non credi?
-Cosa?
-Che entrambi ci siamo innamorati nello stesso periodo.
Mi costa ancora molto ammettere di essermi innamorato di nuovo, la prima volta è stato doloroso e insoddisfacente, mi ha fatto soffrire tanto da arrivare a promettere di non innamorarmi più. Poi è arrivata Cass, con tutte le sue debolezze e la sua forza assieme  che mi hanno sconvolto l’estate. Che mi hanno sconvolto la vita. Mi ha portato a credere di nuovo nell’amore. In quello vero, che travolge tutto come un fiume in piena e ti lascia senza fiato. Quello che ti coglie di sorpresa in ogni occasione, che ti rende disinibito nei sentimenti.
-Hai ragione, sai?
Mio fratello mi guarda con un sopracciglio alzato, quindi io prendo il mio cappello e me lo metto in testa, sorridendo.
-Se mi ama, allora le piacerò così come sono.
-Questo è il gemello che io conosco.
Ride dandomi una pacca sulla schiena, per poi mettermi un braccio attorno alle spalle, con un gran sorriso.
-Andiamo a questa festa?
-Ci puoi scommettere.
Esclamo aprendo la porta della mia stanza e quasi prendendo in pieno Ashley, che si ripara il viso con un braccio e poi mi guarda inviperita.
-Volevi uccidermi?
-Non ti avevo vista, sorellina.
Ribatto sbuffando e attirandola a me, lasciandole un bacio tra i capelli biondi.
-Sono venuta ad avvertirvi che Catherine e Cassandra sono giù che vi aspettano da almeno un quarto d’ora.
Mi mordo forte un labbro, mi dispiace di averle fatte aspettare così tanto.
-Okay, arriviamo subito. Tu non vieni?
Domando osservando che Ashley ha indosso solo una canottiera nera e un paio di shorts della Kipsta che le ha regalato Kimberly.
-Io vi raggiungo dopo, devo finire di sbrigare una faccenda.
Fa scuotendo la chioma e aggrappandosi al mio collo con le braccia.
-Divertitevi!
-Sembri la mamma…
La schernisce Grayson, beccandosi una linguaccia.
-Non è vero!
Scoppio a ridere mentre scendo le scale, seguito da mio fratello. Il cuore mi batte veloce, perché sono sicuro che sarà davvero bellissima, come ogni volta, d’altronde.
-Emozionato?
Mi sussurra Grayson, quando arriviamo al piano terra e sentiamo già le voci delle nostre ragazze, che chiacchierano con i nonni. Lo guardo un attimo negli occhi, poi sorrido ed entro in sala da pranzo. Catherine è in piedi davanti al divano, che parla con mia nonna, mentre Cassandra è appoggiata ad un angolo del tavolo che conversa con mio nonno, seduto su una sedia di legno scuro. La mia ragazza indossa un paio di jeans corti a vita alta, una maglietta che lascia scoperta la pancia bianca, con disegnato sopra un soffione, dal quale partono vari semi che si trasformano poi in uccelli, al collo ha una lunga catenina argentata con un ciondolo che consiste in un cristallo bianco che le arriva poco sotto il seno. Ha raccolto i capelli neri in uno chignon alto sulla testa, dal quale scappano due ciocche ai lati del viso ed è più alta di qualche centimetro grazie alle scarpe che ha messo la sera della festa, prestatele da mia sorella. Sorrido appena vedo che si è accorta della mia presenza e congeda mio nonno con un cenno, per poi raggiungermi. Non so che dire, davvero. Nella mia mente campeggia un’unica parola. Wow. Quando è a qualche passo da me arrossisce e nasconde un sorriso abbassando la testa, quindi io le passo un braccio dietro alla schiena e la attiro a me, lasciandole un bacio sulla guancia. Lei ride vicino al mio orecchio, poi inclina la testa e posa le sue labbra sulle mie, in un bacio castissimo. Sento mia nonna ridacchiare soddisfatta quando ci stacchiamo e ringrazio che Cass odi i rossetti, perché a me danno veramente fastidio. Alla maggior parte dei ragazzi danno fastidio. Talhia ne usava sempre un sacco e mi sembrava troppo una Barbie.
-Che carini che siete insieme.
Fa mia nonna con un sorriso, facendo imbarazzare ancora di più Cassandra.
-Tutti e due.
Termina girandosi verso Grayson, che sta baciando Cat sul divano. Scoppiamo tutti a ridere, mio nonno compreso.
-Possiamo dire che i nostri ragazzi si sono finalmente accasati.
Scherza lui, dando una pacca sulla schiena a mio fratello.
-Manca solo Ashley e poi sarete pronti per farci diventare bisnonni.
Fa mia nonna, facendo diventare viola le due ragazze più Grayson. Cassandra aumenta la presa sulla mia mano e io capisco che l’atmosfera sta diventando troppo pesante per lei.
-Ci dispiace, ma la mamma ci ha vietato il sesso prima del matrimonio. Ora andiamo. Ciao nonni.
Dico tutto d’un fiato trascinando la mia ragazza fuori di casa, seguito da Gray son Catherine. Appena fuori Cassandra scoppia a ridere aggrappandosi a un mio braccio e io non riesco a trattenermi dal seguirla a ruota.
-La mamma ti ha vietato il sesso prima del matrimonio?
Domanda sarcastica, per poi fermarsi e darmi un vero bacio, senza occhi indiscreti che ci guardano, visto che ho perso di vista Grayson e la sua fidanzata.
-Non sapevo cosa inventarmi!
Mi difendo cercando di non ridere di nuovo. Cassandra si mette a fare il labbruccio e gli occhi dolci e allora io alzo un sopracciglio.
-Che hai?
-E’ che stavo pensando che dobbiamo organizzare presto le nostre nozze allora.
Mi sussurra ad un orecchio, per poi ridere appoggiata alla mia spalla. La mia gola si fa secca e sento delle pulsazioni ormai familiari sulle tempie.
-Tu non puoi dirmi queste cose così, Cassandra.
Mugolo, sentendo che qualcosa inizia a risvegliarsi. Lei però è decisa a farmi soffrire, perché inizia a baciarmi dietro ad un orecchio e a mordicchiarmene il lobo.
-Perché altrimenti cosa fai?
Mi provoca, passandomi le braccia attorno alla vita. In risposta la prendo da sotto le ginocchia e la faccio sedere sul cofano dell’auto più vicina, fiondandomi sulle sue labbra, mentre cerco di non avere reazioni esagerate.
-Perché altrimenti non mi fermo a questo e non aspetterò il nostro matrimonio.
La avverto, guardandola negli occhi. Certo, Gray, cos’è la vita senza un  po’ di passione?
-Allora devo dirti queste cose più spesso.
Mi fa ridere e la aiuto a scendere dalla macchina, prendendola per mano e incamminandoci verso casa di Jake. Percorriamo la strada che ci separa dalla festa in silenzio, ascoltando i rumori delle macchine in lontananza, la musica che inizia ad arrivare alle nostre orecchie, i nostri passi sull’asfalto. Ancora quando siamo distanti vedo un sacco di gente seduta sui muretti delle villette vicine, sui cordoli dei marciapiedi, sui cofani delle automobili, persone che ballano in giardino con una sigaretta in mano o uno strano cocktail, ragazzi che si baciano negli angoli del giardino, luci azzurre, blu, viola, verdi che illuminano la strada. Il cuore inizia a battermi forte perché so che le feste dei Paul sono sempre le più frequentate, ma che ci girano anche gli amici degli amici degli amici degli amici e non sempre sono raccomandabili. Stiamo percorrendo il vialetto d’ingresso, quando Jake arriva verso di noi, seguito da una ragazza che faceva il college con noi, che si chiama Hazel, con una bottiglia di birra in mano. E’ sorridente come sempre, per nulla ubriaco. Mi abbraccia forte, poi dà un bacio sulla guancia di Cassandra, che si irrigidisce un pochino al ricordo di quei primi giorni.
-Hey ragazzi, vi aspettavamo da un pezzo! Grayson e Catherine non vengono?
Domanda guardando alle nostre spalle alla ricerca del suo migliore amico. Scuoto la testa sconsolato, chissà dove si saranno cacciati quei due.
-Sì, tranquillo, magari dopo, ma verranno.
Lo rassicuro, mettendogli una mano sulla spalla. Hazel si avvicina a Cassandra e le porge la mano, presentandosi, poi Jake le passa un braccio attorno alla vita e lei sorride.
-Abbiamo iniziato a frequentarci qualche settimana fa, è davvero una ragazza speciale, forse la mia migliore amica.
Sì, certo, magari per te. Questo è quello che mi viene in mente vedendo lei mordersi un labbro e incrociare le braccia sotto al seno.
-Andiamo a ballare, Cassa, ti va?
Domando sopra al frastuono della musica. Lei annuisce e la prendo per mano, guidandola nella calca verso il giardino sul retro, dove hanno allestito una piattaforma vicino alla piscina. Qui alcuni ragazzi stanno facendo il bagno, chi in costume, chi vestito. Passiamo davanti a Logan e Talhia, che si stanno dando da fare, forse un po’ troppo. Storgo la bocca al pensiero di aver potuto desiderare una persona come lei, ma forse ero davvero poco maturo. Eppure sono sicuro che per un po’ è stato amore, magari per poco, però sì. Non era così quando l’ho conosciuta, di certo non era una ragazza genuina, ma neppure la troia che è ora. Spazzo via questi pensieri e inizio ad adeguarmi alla musica, seguendo i movimenti del corpo di Cassandra. Divento incosciente del mondo attorno a me, troppo concentrato sull’immagine della mia ragazza che muove i fianchi al ritmo della canzone, sorridendo leggermente e con le braccia alzate. Un grande sorriso si apre anche sul mio viso e poco dopo sento qualcuno che mi picchietta su una spalla. Mi giro e incontro lo sguardo di Aaron, in compagnia di mia sorella Ashley, bellissima in un vestitino azzurro che non le avevo mai visto addosso, truccata poco, come sempre. E la mano stretta in quella del mio migliore amico. Il cuore mi si ferma un secondo, poi l’ira lo occupa. Ho una voglia incredibile di prendere a pugni Aaron adesso. Lui con Ashley?! Lui con mia sorella?! Ma cosa gli salta in mente?! Gli piace? Si sono baciati? Si sono spinti oltre? L’idea di mia sorella a letto col mio migliore amico mi fa vedere nero per un istante, poi cerco di calmarmi.
-Aaron.
Sibilo coi denti stretti. Il sorriso svanisce dal volto del mio amico, che lascia ricadere la mano di mia sorella, che sbuffa spazientita.
-Possiamo parlare un attimo?
Lui annuisce, visibilmente spaventato, così dico a Cassandra di rimanere assieme ad Ashley e di non muoversi, poi mi allontano con Aaron, raggiungendo un posto isolato della casa. Appena vedo che non c’è nessuno lo prendo per il colletto e lo sbatto contro il muro dell’abitazione, avvicinando il volto al suo.
-Cos’è questa storia?
Domando sforzandomi di tenere la voce bassa, per non eccedere nella rabbia come tempo fa.
-Io… Lei, insomma. E’…carina.
-E’ mia sorella!
Esclamo dandogli una scrollata, al che lui ci ripara il viso con un braccio.
-Non abbiamo fatto niente! Te lo giuro!
Si difende parlando velocemente.
-E continuerete a non fare niente.
Gli ordino lasciandolo, senza essermi accorto di averlo sollevato da terra.
-Ha sedici anni, Ethan. E io sono un ragazzo affidabile.
-Tu non sei un ragazzo affidabile.
-Sono il tuo migliore amico!
-E’ proprio per questo che non sei un ragazzo affidabile!
Ribatto passandomi una mano sul viso.
-Solo…Non farla soffrire, va bene?
Cedo alla fine, mettendogli una mano su una spalla.
-Non potrei mai.
Mi sorride e ci abbracciamo sospirando, perdonandoci a vicenda. Infondo ha ragione, Ashley sa badare a sé stessa, e io non potrò essere sempre pronto a difenderla.
-Andiamo a goderci la festa, ti va?
Ritorniamo dalle ragazze, che sono esattamente dove le abbiamo lasciate, e le troviamo a ballare assieme, ridendo tra loro. Restiamo ad osservare la scena con le braccia incrociate e un sorriso, mentre penso che sono entrambe bellissime, poi mi avvicino a loro.
-Posso rubargliela per un ballo?
Domando a mia sorella, baciandole la mano. Lei si mette a ridere e mi dice di sì, quindi prendo Cassandra per un fianco e la avvicino a me, ricominciando a ballare assieme.
-Hai fatto la predica, da bravo fratello maggiore?
Mi sussurra ad un orecchio, facendomi ridere.
-E tu come lo sai?
-Conosco voi maschi, e Silvia ha un fratello più grande.
Risponde in tutta sincerità, con un sorriso.
-Almeno tu sei figlia unica.
-Federico mi ha detto di dirti che passerete assieme un bel quarto d’ora, preparati psicologicamente, lui è ancora peggio di un fratellone!
Mi avverte, con un sorriso di scuse in volto. Non sono mai stato minacciato dal fratello della mia ragazza, ma penso che nemmeno il migliore amico scherzi. Incomincio ad avere un po’ paura.
-A proposito, quando arrivano?
-Questo fine settimana.
-Quindi tra poco più di tre giorni!
Esclamo, accorgendomi per la seconda volta di come il tempo sia passato velocemente. Cassandra se ne andrà a metà ottobre, quando noi inizieremo l’ultimo anno di college. Cosa succederà allora? Quando lei mi lascerà e tornerà in Italia? Resteremo ancora assieme oppure ci saremo già lasciati? Non lo so, ma non ci voglio pensare, non ancora.
-Ehy, che stanno facendo?
Domando indicando un sacco di ragazzi, che si sono raccolti attorno al bordo della piscina.
-Aspettano lo scoccare della mezzanotte per buttarsi in piscina!
Mi risponde Aaron, che mi si è avvicinato con mia sorella.
-Vi va di farlo anche noi?
Domanda Cassandra, stringendosi nelle spalle.
-Da vestiti?
Replica Ashley, facendo una smorfia.
-E’ la nostra estate, ci capiterà più di fare una cosa del genere?
Ribatte mentre si toglie le scarpe col tacco, mettendole contro il muro della casa. Mi trascina verso il bordo, insieme alle altre persone che stanno iniziando a fare il conto alla rovescia. Mi stringe forte la mano, incontrando i miei occhi mentre sorride. Sorrido anche io e mi unisco al countdown, che sta arrivando alla fine.
-Tre!
Il cuore che accelera.
-Due!
La mano stretta forte in quella della mia ragazza, una ragazza meravigliosa.
-Uno!
Prendo forte il respiro.
-Zero!
Salto in avanti, trascinando Cassandra con me e abbracciandola sott’acqua, proteggendola col corpo dalle altre persone che si stanno buttando. Quando riemergiamo siamo sconvolti e sorridenti e ci guardiamo fisso negli occhi. E’ bellissima anche con il mascara colato e i capelli scompigliati, e mi fa stare davvero bene. Ci baciamo in mezzo a tutti gli altri, consci solo di noi stessi. Di noi stessi e dell’amore che ci lega ormai troppo forte.

 

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9
CASSANDRA’S POV
Mi sveglio con un raggio di sole puntato negli occhi, i capelli bagnati appiccicati alla fronte e alle spalle, nulla indosso se non i miei slip neri e una sensazione di leggerezza dentro mai provata prima. Mi stiracchio con uno sbadiglio per poi mettermi seduta e cercare di ricordare come ci sia finita qua dentro mezza nuda. Poi i ricordi vengono a galla come grosse bolle di sapone ed esplodono, lasciandomi un sorriso sulle labbra e le guance rosse. Io, Ethan, Grayson ed Ashley siamo tornati a casa verso le quattro della mattina, mentre si vedevano già in lontananza le prime luci dell’alba che sarebbe sbocciata dopo un’ora circa. Eravamo tutti eccitati, stanchi e bagnati fino alle ossa, ma non ci importava. Era la nostra serata, la nostra estate. Io a fatica mi reggevo in piedi, quindi Ethan mi ha preso in braccio ridendo e mi ha portato fino in camera mia. Mi ha adagiata sul letto come una sposa, mi ha dato la buonanotte, ma io l’ho trattenuto per un braccio, attirandolo a me e baciandolo con un’irruenza che non mi sarei mai aspettata da me stessa. Adesso è facile dare la colpa all’alcool, ma non penso che uno shottino mi abbia dato tutto d’un tratto il coraggio di finire seminuda tra le braccia di Ethan. No, non Ethan, il mio ragazzo. Ci siamo fermati un attimo prima che mi sganciasse il reggiseno, entrambi accaldati e frementi dal desiderio di possederci a vicenda, ricordandoci che in casa c’erano i nonni e che non era il caso di lasciarci andare proprio adesso. Riluttanti allora, ci siamo calmati. Ricordo che lui ha appoggiato la testa sulla mia pancia nuda, mentre cercavamo entrambi a non pensare alla nostra pelle bollente e ancora desiderosa del corpo dell’altro nudo sotto il proprio. Siamo rimasti così, in silenzio, io che gli accarezzavo i capelli con una mano, l’altra stretta nella sua, finchè il sole non è sorto e il mio ragazzo si è alzato per andare a cercare di dormire. L’ho dovuto lasciare nolente tornare in camera sua, mentre io restavo da sola in questa stanza troppo grande quando sono solo io, soffocante mentre con me c’è il ragazzo che mi ha aiutata a credere di nuovo nei miei sogni. Ho preso sonno dopo un bel po’, ed ho dovuto togliermi il reggiseno perché lo sentivo opprimente e non riuscivo a respirare. Mi alzo trascinandomi dietro tutte le lenzuola e vado davanti allo specchio, per osservare la mia immagine. Il mio chignon si è completamente distrutto e i capelli ancora più neri di come siano normalmente mi ricadono sulle spalle, tutt’ora umidi dopo ieri sera, il trucco abbastanza colato, ma non così tanto come temevo, la collana che mi scende ancora sul petto coperto dal lenzuolo beige che tengo attorno al corpo, come fanno le attrici nei film. E oggi, dopo tanto tempo, mi sento finalmente bella, bella e desiderata. Desiderata da un ragazzo che è incredibile, fantastico, che mi fa avvertire amata come mai prima d’ora. Un ragazzo che amo come non ho mai amato nessun altro ragazzo prima d’ora. Guardo la sveglia appoggiata sul mio comodino e mi accorgo strabuzzando gli occhi che sono già le due del pomeriggio del 13 luglio. Tra tre giorni esatti i miei migliori amici verranno a trovarmi e a me sembra di toccare il cielo con un dito. Tutto è assolutamente perfetto, però non riesco a non pensare che se non fosse stato per Mr. Leccaculo non sarei qui ora e non mi sarei finalmente innamorata nuovamente. Di un amore che apre le braccia e il cuore, che ti fa stare bene, non sotto tortura in ogni secondo della tua esistenza, che si era tramutata in sopravvivenza. Velocemente corro in bagno, scacciando quei pensieri e concentrandomi sul farmi una doccia fredda e sul trovare qualcosa da indossare.
***
La porta della camera dei gemelli è accostata e io cerco di fare tutto il possibile per non farla cigolare. Come mi aspettavo, solo Ethan è ancora addormentato, anche lui in biancheria come me, a pancia in giù, senza le lenzuola, che sono aggrovigliate ai piedi del letto, mentre un suo braccio scende per terra e tocca il pavimento, e l’altro è piegato sotto il suo viso, adagiato sopra di esso. Resto qualche secondo a guardarlo, pensando che sia tremendamente carino, poi mi avvicino a lui, sedendomi sul ciglio del materasso. Gli passo lentamente una mano tra i capelli sorridendo sommessamente, chinandomi a dargli un bacio sulla punta del naso. Lui sembra svegliarsi, ma in realtà si gira solamente supino, distendendo il braccio destro sul cuscino. Sbuffo e decido di passare all’attacco, quindi mi distendo accanto a lui e lo abbraccio, per poi iniziare a dargli dei piccoli morsi sulla guancia, cercando di svegliarlo. Lo sento mugolare, mentre si stropiccia gli occhi con un pugno e li apre leggermente, voltando il viso verso di me. Il suo volto si distende in un sorriso e si avvicina subito a baciarmi, soffermandosi a lungo sulle mie labbra, mentre mi accarezza i capelli sulla nuca.
-Buongiorno.
Sussurro quando ci stacchiamo, per poi venire stretta al suo petto. 
-Buongiorno.
Mormora lui mettendomi due dita sotto il mento e facendo incontrare i nostri sguardi.
-Andiamo a fare colazione?
Mi chiede, facendomi scoppiare a ridere.
-Che hai?
Fa corrugando la fronte e facendo una smorfia dolcissima.
-Ho che sono le due del pomeriggio passate.
Lo informo mordendomi la lingua facendogli una boccaccia. Vedo il suo volto cambiare espressione repentinamente e precipitarsi verso la sveglia, che segna le tre meno un quarto. Subito dopo si alza dal letto alla velocità della luce imprecando.
-Cazzo, cazzo, cazzo, ho meno di venti minuti. Perché non è suonata la sveglia?!
Fa tra sé e sé mentre cerca nell’armadio qualcosa da mettersi addosso e ricadendo nei soliti pantaloncini neri e una canottiera da baseball col numero “37”.
-Ehy.
Lo richiamo alzandomi in piedi guardandolo indossare le vans grigie che ha usato quando siamo andati ad Hollywood. Lui sembra accorgersi di me solo adesso e mi guarda con un sorriso di scuse in volto.
-Scusami amore, mi ero dimenticato di dover andare dal parrucchiere.
Mi spiega avvicinandosi a me, prendendomi il volto tra le mani e lasciandomi un bacio a fior di labbra per poi scappare.
-Ci vediamo tra poco.
Mi urla dalle scale, lasciandomi da sola immobile come una scema in camera sua, ancora stordita da tutto quello che è successo in così poco tempo. Dopo essermi ripresa, scoppio a ridere e mi siedo sul suo letto, distendendomi e aprendo le braccia per poi afferrare le lenzuola e attorcigliarmici dentro, inspirando a fondo il suo buonissimo profumo. Non so cosa andrà a farsi dal parrucchiere, ma so cosa farò io. Con un sorriso in volto, mi alzo e mi avvio alla camera di Ashley.
***
Sto finendo di studiare “Love me Forever” di Elisa per il prossimo video, quando si apre la porta di casa e sento qualcuno correre sulle scale. Capisco al volo che si tratta di Ethan, quindi spengo il pc in fretta, corro verso lo specchio a darmi una sistemata ai capelli che con quest’umidità non stanno mai come vorrei, lancio un’occhiata alla mia maglietta extralarge grigia con disegnato in un angolo il tasto “reset” di un pc. Anche se non sembra, sotto ho un paio di shorts a vita alta di jeans chiaro, visto che mi hanno beccata più di una volta con addosso solo le mutande. Prendo il libro che sto leggendo e che ho appoggiato al comodino e mi lancio sul letto, distendendomi con il viso rivolto verso la porta un attimo prima che questa si apri e il mio ragazzo mi appaia sudato, col fiatone e sorridente come sempre. Il suo sorriso si spegne non appena mi vede sul letto a leggere, ed alza un sopracciglio.
-Stai tentando di leggerlo al contrario?
Mi domanda indicandomi il libro, che mi accorgo solo ora essere sottosopra. Scoppio in una risata, poi mi alzo e vado verso di lui per baciarlo, fermandomi a metà strada quando vedo che cosa ha realmente fatto ai capelli. Mi metto una mano davanti alla bocca spalancata trattenendo un enorme sorriso. I suoi capelli scuri sono tagliati abbastanza corti sui lati e una ciocca del colore del mare spicca sul davanti, in netto contrasto con la tinta della sua chioma.
Mi metto a ridere e mi aggrappo al suo collo con le braccia, mentre lui mi prende in braccio e si siede sul letto con me sulle sue ginocchia.
-Ti piacciono?
Domanda passandosi una mano tra i capelli. Annuisco e gli lascio un bacio sulla punta del naso, strofinando la mia guancia contro la sua. Una sua mano mi passa sulla schiena accarezzandola lentamente, facendomi attraversare da brividi che scorrono lungo la colonna vertebrale.
-Ho una sorpresa per te.
Gli faccio ad un certo punto, guardandolo fisso negli occhi. Lui alza un sopracciglio e si siede accanto a me sul letto, osservando il mio sorriso furbo per un po’.
-Allora?
Chiede ad un certo punto, cercando di non mettersi a ridere.
-Visto che ti piace il basket, ma non te l’ho mai vista addosso, ho deciso di regalarti questa cosa…
Rispondo porgendogli il foglio con l’ordinazione di una canotta dell’NBA di Michael Jordan, autografata dallo stesso. Ho cancellato il prezzo, ma ho speso circa trecento dollari per questo regalo. E’ il minimo in realtà, infatti non mi sento nemmeno di essermi sdebitata, perché ciò che lui ha fatto per me è talmente tanto che non potrò mai ricompensarlo in tutta la mia vita. Ethan fa una faccia epica, si passa una mano tra i capelli, spalanca la bocca e scuote il capo, poi incrocia i miei occhi. Ecco, forse solo lo sguardo che ha adesso farebbe sì che io gliene debba regalare un’altra di canottiera.
-Ti piace?
Lui appoggia il foglio sul mio comodino, si inginocchia ai miei piedi e mi prende le mani nelle sue con un sorriso bellissimo.
-Cassandra, tu sei la ragazza più fantastica sulla faccia della terra. Sei strana, lunatica, a volte ti fai delle fisime assurde per cose di poco conto, ma dall’altra parte sei una persona meravigliosa, la migliore che conosco. Non so quante fidanzate farebbero un regalo del genere al proprio ragazzo, ma tu l’hai fatto perché sei speciale, perché rompi sempre gli schemi e mi fai andare fuori di testa. Non so mai cosa aspettarmi da te ed è anche per questo che ti amo. Il punto, infatti, è proprio questo. Io ti amo Cassandra, e l’amore è uno scambio continuo di emozioni e sentimenti, di piccoli gesti che ti cambiano la giornata e di parole che ti escono dal cuore. Non ho bisogno di un ringraziamento del genere da parte tua. A me basti tu. Per essere felice mi basta vederti sorridere sommessamente spostandoti una ciocca a coprirti il viso. Per essere felice mi basta osservare per un attimo il modo in cui ti mordi le labbra, che mi fa impazzire. Per essere felice mi basta poggiare per un attimo le labbra sulle tue. Tu sei la mia felicità Cassandra, non serve che tu ti senta in debito per questo, perché tra i due non so chi sia quello più in obbligo. Quindi, per favore, ritira l’ordine, non posso accettare questo regalo.
Resto per qualche secondo ad osservarlo, intontita dal fiume di parole che mi si è appena riversato addosso. Sento gli occhi farmisi lucidi, non perché non vuole accettare il mio regalo, ma per tutto ciò che mi ha detto, con una semplicità e un sorriso disarmanti. Perché mi sento di non meritare un ragazzo così. Quando la prima lacrima cade sulla mia guancia e poi sulle nostre mani unite, vedo il volto del mio ragazzo farsi serio; poi lui sale sul letto con me ed io mi raggomitolo nelle sue braccia lasciandomi andare ai singhiozzi.
-Ehy, ehy piccola. Non volevo offenderti… Stai tranquilla, ho apprezzato molto quello che…
Non lo faccio finire perché lo bacio, lentamente, senza approfondire, solo per farlo stare zitto.
-Non sei tu il problema, Ethan, sono io.
Sussurro, abbassando gli occhi e giocando con un lembo della sua canotta.
-Tu sei così dolce e gentile, doni tutto te stesso con un sorriso, mentre io sono chiusa e gelosa di me stessa. Non penso di meritare il tuo amore.
Continuo senza avere il coraggio di incontrare il suo sguardo. Sento due sue dita sotto il mento, che mi costringono a fissare i suoi occhi, poi deglutisco a fatica, cercando di cacciare le lacrime.
-Tutti devono avere una seconda chance Cassandra, perché tu dovresti essere da meno? Cosa hai fatto di tanto male per meritarti di non poter più amare? Nemmeno alla persona peggiore della terra è vietato innamorarsi, credi di essere un gradino più in basso di lei? Io non credo proprio. Tu hai solo bisogno di capire quanto in realtà tu sia importante, non solo per me, ma per tutte le persone che conosci.
Mormora calmo, come se dovesse tranquillizzare un bambino; ed infatti ci riesce, perché dopo poco annuisco e si china a darmi un bacio sulla fronte, per poi soffermarsi  sulle mie labbra.
-Però voglio lo stesso che accetti il mio regalo.
Dico retorica, cercando di controllare un sorriso. Lo sento sbuffare, poi anche il suo volto si distende.
-Se proprio insisti…
Mormora iniziando a farmi un solletico. Devo assolutamente aprirmi con lui, in un modo o nell’altro devo riuscirci, non si merita di stare all’oscuro di tutto quanto. Io lo amo davvero, e voglio che lui sia una piccola o grande parte di me.
***
Il ragazzo dai capelli castani seduto ai piedi del mio letto si sta torturando le mani nervosamente. Mi ha chiamato trafelato qualche decina di minuti fa, dicendomi che aveva bisogno di raccontarmi una cosa che non aveva il coraggio di ammettere davanti a nessun’ altro. Ha chiuso la chiamata con queste parole:
-“Cerca di non giudicarmi Cassandra, ho paura di perdere tutti in questo modo, spero almeno di non perdere te, perché sei la cosa che più si avvicina ad una migliore amica per me.”
Non so cosa abbia potuto combinare di così grave, ma non penso che una persona come lui possa anche solo aver tirato i capelli a sua sorella. Mi avvicino a lui, che sembra un’anima in pena, gli passo un braccio attorno alle spalle e gli lascio un tenero bacio sulla guancia ispida.
-Allora, Cameron, vuoi dirmi che ti succede?
Sussurro mentre gli accarezzo i capelli tenuti abbastanza lunghi. Lui si gira verso di me e serra forte le labbra, con gli occhi che sembrano febbricitanti.
-Non so da quanto me ne sono reso conto con chiarezza, ma penso di averlo saputo da sempre, anche se non avevo abbastanza fegato da accettarlo…
Lo vedo prendere un grande respiro chiudendo gli occhi, come se dovesse immergersi in una piscina e restare in apnea.
-Cassandra, io credo di essere gay.
Dice tutto d’un fiato, per poi guardarmi con uno sguardo che mi sembra chiedere scusa. Io semplicemente sorrido e lo abbraccio fortissimo, ricoprendolo di baci.
-Ma che fai?
Domanda quando fisso di nuovo il mio sguardo nel suo. Gli passo una mano sul viso, senza riuscire a trattenere un moto di dolcezza nei suoi confronti.
-Lo sapevo già, Cameron. Sono una ragazza, ho un certo sesto senso per questioni del genere. Aspettavo solo il giorno in cui avresti fatto coming out con qualcuno in realtà. L’unica cosa che mi dispiace è la fila di tipe che si strapperanno i capelli non appena ti vedranno andare mano nella mano con qualche altro bel ragazzo.
Gli spiego scompigliandogli la zazzera, già messa male di suo. Lui fa una faccia stupita, spalancando la bocca dalla sorpresa, poi mi abbraccia forte, facendomi appoggiare la testa al suo petto e passandomi una mano sulla schiena.
-Oddio, grazie Cass. Pensavo che da adesso mi avreste tutti trattato come un appestato.
Mi confida, affondando il viso nell’incavo del mio collo.
-Ehy. Non hai commesso nessun crimine, anzi! Hai reso il mondo più colorato e vario. Il tuo amore è uguale a quello tra me ed Ethan. Non devi assolutamente vergognarti di nulla Cameron. Devi invece essere fiero di te stesso per averlo detto ad alta voce. Non è da tutti accettare la propria natura.
Lo rincuoro, senza smettere di accarezzargli le spalle, mentre non la smette di singhiozzare sommessamente contro la mia maglietta.
-Ma la mia natura è sbagliata…
Riesce a dire tra un singulto e l’altro. Mi blocco immediatamente e incornicio il suo volto tra le mie mani piccole e affusolate, puntando i miei occhi nei suoi.
-Tu non hai nulla di sbagliato, Cam. Assolutamente nulla. In questi casi non c’è nulla di sbagliato… L’amore è cieco, ricordi? Quelli col cervello sbagliato sono chi critica le persone che non seguono gli schemi, additandole e trattandole con disprezzo. Loro sono quelli che dovrebbero essere trattati come degli appestati, perché non si meritano nemmeno una delle tue lacrime, hai capito?
Sussurro, avvicinando il mio viso al suo, per poi posargli un bacio tra le sopracciglia.
-Ti voglio tanto bene, Cassandra.
-Anche io Cameron. Tantissimo.
***
 E’ strano come le situazioni si possano capovolgere da un momento all’altro. Qualche ora fa era Cameron quello seduto ai piedi del mio letto in ansia per raccontarmi qualcosa, ora ci sono io lì, a gambe incrociate, a torturarmi un lembo della t-shirt, a mordermi nervosamente il labbro, senza osare alzare gli occhi dal mio lenzuolo. E’ arrivato il gran momento, il momento della verità; quel momento in cui scarico un fardello sulle spalle di qualcun altro per qualche secondo, prendo una gran boccata d’aria e poi torno a caricarmi nuovamente. Mi passo una ciocca di capelli dietro un orecchio, poi penso a ciò che mi ha detto Ethan stamattina e sorrido sommessamente, alzando appena lo sguardo su di lui.
-Sei comodo? Perché sarà una storia abbastanza lunga…
Lo avverto, mentre gioco con l’orlo delle coperte.
-Ho tutto il tempo del mondo per ascoltarla.
Mi assicura avvicinandomisi leggermente, fino a toccarmi un braccio col suo, in un gesto che non è per nulla invasivo, ma che mi fa capire che se ho bisogno lui c’è. Quindi faccio un respiro profondo, stringo forte i pugni e incomincio.
-I miei genitori si sono conosciuti al liceo, entrambi erano di quella parte della classe che non voleva fare nulla, che sarebbe stata volentieri tutto il giorno fuori a cazzeggiare piuttosto che studiare anche solo un paragrafo. Mio padre aveva vent’anni all’epoca, eppure era ancora in quarta superiore, non l’avevano espulso a calci anni prima solamente perché era di una famiglia influente, figlio di uno dei più grandi proprietari immobiliari di Milano. Mia mamma di anni, invece, ne aveva appena sedici. Si sono trovati per la prima volta ad una partita di basket di lui a metà dell’anno scolastico. Mio padre aveva la fama di essere uno sciupafemmine, di quelli ai quali interessi solo per una notte e poi se ti incontrano in corridoio non ti salutano nemmeno. Mia mamma era una delle tante che gli andavano dietro, eppure mio padre aveva visto qualcosa di speciale in lei. Hanno iniziato a frequentarsi con gli amici, poi sono passati ai veri e propri appuntamenti. Poco a poco tutti e due hanno capito di essere innamorati. Finalmente, dopo due anni di incontri, hanno deciso di mettersi assieme. Mia madre era in quinta superiore, come lui, che nel frattempo era stato bocciato di nuovo all’esame di riparazione. Avevano quattro anni di differenza, ma non importava a nessuno dei due. Finchè non è successo il crack, e mia mamma, un bel giorno di ottobre, non ha scoperto di essere incinta. E lì è crollata tutta la bella facciata che avevano costruito. Entrambi erano spaventati dal futuro e, soprattutto, dalla possibile reazione dei loro genitori, che non ha tardato ad arrivare. Infatti, soprattutto sollecitati dal mio nonno paterno, che doveva difendere il buon nome della famiglia, essendo entrambi maggiorenni decisero di sposarsi quell’anno stesso. Poco prima dell’inizio dell’esame di maturità, mia madre mi diede alla luce. Mio padre mi raccontava sempre che aveva paura che quel piccolo mostriciattolo gli avrebbe rovinato la vita, poi ha incontrato i miei occhi, uguali ai suoi, e si è innamorato di me.
Mi fermo un attimo per deglutire il groppo che mi si è formato in gola a quelle parole e le lacrime che premono forte sulle mie palpebre, bruciandomi gli occhi.
-Entrambi diedero l’esame a settembre, poiché i professori avevano capito e compreso la loro situazione, ed entrambi riuscirono a diplomarsi. Erano più felici che mai, io li avevo uniti con un collante che non poteva andare rotto, e mio padre aveva finalmente messo la testa a posto. Si cercò subito un lavoro stabile e lo presero nel corpo delle squadre speciali della polizia, mentre mia mamma faceva lavori da casa, in quanto doveva badare a me. Il giorno del mio primo compleanno andammo ad abitare nella nostra casa. Quella dove vivo tutt’ora, pagata col sangue e il sudore dei miei genitori. A volte mi sembra di sentire tutto l’amore che circolava in quelle stanze, la voce calda di mio papà, i miei strilli, le risate di mia mamma. Erano una coppia stupenda e felice. Io ero il loro orgoglio e quello delle nostre due famiglie. Persino il mio nonno paterno, un tempo ostile nei miei confronti, aveva imparato ad amarmi. Eravamo la tipica famiglia felice. Fino al 27 ottobre del 2008. Era una serata tranquilla, mio papà faceva il turno di notte, come da un po’ di tempo a quella parte, mia mamma stava stirando in cucina ed io terminavo i compiti seduta accanto a lei. Ricordo benissimo che quando squillò il telefono io sussultai piena di paura, perché ero troppo concentrata sul mio lavoro. Mia mamma mi sorrise ed io ricambiai, poi andò a rispondere in salotto. Sentii solo il suo “Pronto”, poi un tonfo sordo sul pavimento ed un suo urlo agghiacciante, pieno di rabbia, angoscia, dolore. Corsi verso di lei, inginocchiata per terra, la abbracciai, chiesi cosa fosse successo. Lei mi prese il volto tra le mani e mi disse di mettermi le scarpe perché dovevamo andare da papà. Sbiancai. Mi sembrò di perdere ogni singola goccia di sangue da tutto il mio corpo. Sapevo che lavoro facesse, perciò ero al corrente del fatto che era in continuo pericolo, ma mai avrei pensato che potesse succedergli qualcosa di male. Non a lui, non al mio papà. Lui era un eroe per me. Corremmo fino alla stazione della Metro più vicina, perché la macchina l’aveva presa mio papà, e raggiungemmo il Quartiere Navigli. Già da lontano si vedevano i lampeggianti delle volanti, il nastro rosso e bianco che circondava l’area, vari poliziotti che tenevano indietro la folla di curiosi. Ed io, a mano della mamma, chiusa nel mio cappottino rosso, con le scarpette con le luci che amavo tanto, sgambettavo veloce per vedere con i miei occhi il sorriso del mio papà, per poter essere abbracciata di nuovo da lui. Invece non potei. Mi fermai a qualche metro di distanza da lui. Il corpo riverso a terra, la pistola d’ordinanza ancora in mano, il cappello volato via, le braccia e le gambe scomposte. Un buco al centro del petto e un altro nello stomaco. Non dissi nulla. Mia mamma era vicino al suo cadavere, che si nascondeva il viso dietro le mani. Mi avvicinai lentamente, ignorando il poliziotto che mi chiedeva se avessi bisogno di aiuto. Arrivai davanti a mio padre, impassibile. Mi chinai su di lui, gli diedi un bacio sulla guancia ispida e gli sussurrai queste parole all’orecchio. “Te lo prometto ancora. Non mi vedrai crollare, e se lo farò avrò sempre la forza di tirarmi in piedi. Te lo prometto ancora.”
Faccio un profondo respiro per cercare di calmarmi, ma ottengo l’effetto contrario, infatti scoppio a piangere, affondando tra le braccia di Ethan, che mi stringe fortissimo a se e mi sussurra parole dolci, baciandomi i capelli. E’ come se mi fossi dimenticata di tutto questo dolore fino ad adesso e che ora sia venuto fuori come un fiume in piena, ricordandomi che invece è stato sempre presente, come qualcosa di costante nella mia vita. Mio padre mi manca tantissimo, questo lo sento ogni giorno quando mi alzo e non posso trovare un suo sms che mi dice quanto mi ami e che mi augura una buona giornata, come invece succede a Silvia. So benissimo che lui non potrà essere geloso di me con gli altri ragazzi, che non potremmo mai discutere sugli orari di rientro a casa e sulla possibilità di acquistare un’auto mia. Non potrò avere nulla di tutto ciò. Era troppo giovane per morire. Appena 32 anni di vita, una figlia da accudire, una moglie che amava, tanti sogni irrealizzati.
-Noi stavamo progettando di costruire una casetta sull’albero nel giardino del mio nonno materno, su una magnolia che a quattro metri da terra si biforcava creando un appoggio perfetto per la base. Volevamo appostarci lì e osservare gli uccelli che migravano sopra al cielo di Peschiera Borromeo, come ci piaceva tanto fare nei fine settimana. Ho conservato tutti i disegni, i progetti, gli scarabocchi che ci divertivamo a creare la sera, quando non aveva il turno di notte. E ora non potrò più fare nulla con lui. Me l’hanno portato via. E mi hanno portato via mia madre già due volte. La prima quando lui se ne è andato, la seconda quando ha conosciuto il suo nuovo fidanzato. Devi vederli, Ethan, sembrano degli adolescenti in piena cotta, sempre a sbaciucchiarsi, a dirsi quanto si amano, a prenotare viaggi in luoghi esotici. Io sono diventata un sopramobile impolverato in un angolo del cuore di mia mamma. Sai quante volte mi ha scritto da quando sono qui? Tre. Solo tre volte in più di un mese. Mi ha scritto di più una ragazza della mia classe con la quale ho un rapporto decisamente mediocre, ma che invece sembra contare più di quanto credessi per lei. E’ normale che un amico si preoccupi di più per te che i tuoi genitori? Io non credo, non credo che i tuoi facciano così.
Riprendo fiato e lo guardo negli occhi, notando che alcune lacrime stanno scappando anche dai suoi. Serro le labbra, mi metto a cavalcioni sopra di lui e gli lascio un bacio a fior di labbra. Lui affonda le mani nei miei capelli e fa combaciare le nostre fronti.
-Perché piangi?
Domando in un sussurro, intrecciando le nostre mani.
-Perché mi sono accorto di quanto sia stato fortunato io ad avere una famiglia solida, presente, anche se mio padre è spesso via per lavoro. A volte si sottovalutano o non ci si rende conto di quanto in realtà si abbia. E’ solo quando lo perdi, o incontri qualcuno che l’ha perso, che ti rendi conto del reale valore di qualcosa. Non credevo che mi potessi aprire gli occhi in questo modo, ma ormai non so più cosa aspettarmi da te, che sei una continua scoperta, Cassandra.
Mi risponde fissandomi con quegli occhi scuri che mi fanno impazzire, tanto sono belli e indecifrabili.
-Ti amo tantissimo, ricordatelo sempre.
Mormora allontanandosi leggermente e accarezzandomi i capelli col dorso della mano, un sorriso dolcissimo appena visibile nell’oscurità.
-Anche io Ethan. Ti amo come non ho mai amato nessun altro. Te lo posso assicurare.
Ammetto sorridendo anche io leggermente, abbracciandolo fortissimo, inebriandomi del suo profumo, che mi ha fatta andare fuori di testa dal primo giorno. Nemmeno mi legga nel pensiero, lui si mette a parlare di questo.
-Non mi ricordo dove l’abbia letto, ma una rivista scientifica riportava un articolo in cui era scritto che il partner ideale è quello il cui odore ci piace di più.
Mi mordo un labbro, pensando al fatto che io adoro il suo.
-E io da cosa so?
-Da pioggia, menta ed estate.
Mi siedo in modo da guardarlo negli occhi, sconcertata dalle sue parole.
-Da estate?
-Sì, non so bene come spiegarlo, ma sai da gite al mare, drink presi al bar di una festa, da una serata in piscina con gli amici.
Mi avvicino a lui e gli metto le braccia al collo.
-Ma questa è la nostra estate.
Gli faccio notare, chinandomi verso di lui e coprendoci con una cortina di capelli scuri.
-Tu sei la mia estate, e vorrei non fossi solo la mia estate.
-Cosa vorresti che fossi?
-La mia vita, Cassandra.
E a me basta questa, come tacita promessa d’amore a me basta questa. Perché so cosa vuol dire, che anche se ci divideremo e la nostra storia potrà finire, lui resterà sempre nel mio cuore. Il mio primo vero amore.

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10
Fibrillazione. E’ questo che pervade tutta me stessa. Ogni singola vena, ogni centimetro di pelle, ogni cellula del mio corpo pulsa al ritmo del mio cuore, che va velocissimo. La mano sudaticcia stretta forte in quella del mio ragazzo, che ha insistito tanto per accompagnarmi, quando io gli avevo assicurato di potermela cavare con un taxi, il mio mezzo di trasporto abituale a Milano. Ferma. Davanti alle porte scorrevoli degli arrivi, dalle quali sono uscita frastornata io settimane fa. Ero una persona completamente diversa da quella che sono ora. Allungo il collo per cercare la chioma bionda di Silvia o magari il sorriso malizioso di Federico, ma non li trovo. Eppure il loro aereo dovrebbe essere atterrato ben quaranta minuti fa. E se gli fosse successo qualcosa? Ricordo bene come ci si sente, cosa ci sia dietro quella calca di persone. E se non li avessero accettati alla frontiera? Impossibile, mi hanno assicurata che con l’Esta era andato tutto bene. E se… Mi giro verso Ethan preoccupata, con le lacrime agli occhi, una crisi di nervi in arrivo. Lo vedo serrare le labbra, irrigidirsi e fissare qualcosa dietro di me, poi due braccia muscolose mi afferrano e mi alzano da terra. Non capisco cosa mi stia succedendo, finchè non riconosco la risata di quella persona. Spalanco la bocca, lancio un urlo, ruoto dentro il suo abbraccio e mi aggrappo con le gambe alla vita del mio migliore amico, che mi lascia un sacco di baci sul collo, sussurrandomi quanto gli sia mancata. Scoppio a piangere dalla felicità di poterlo finalmente abbracciare di nuovo, per poter di nuovo parlare con lui e non attraverso una telecamera. Dopo non so quanto tempo mi lascia a terra, mi accarezza i capelli e poi si sposta, mostrandomi una Silvia anch’essa in lacrime, che ci osserva con le braccia incrociate. Mi avvicino a lei lentamente, trattenendo un sorriso, poi entrambe scoppiamo a ridere e ci diamo il cinque urlando “Cagna!”, come siamo solite fare. Poi ci stringiamo forte, senza dire una parola, perché questo abbraccio vale più di qualsiasi cosa potremmo mai dirci. Quando ci stacchiamo mi circonda il viso tra le mani e mi sorride.
-Ci sei riuscita?
Mi domanda semplicemente, ma io capisco subito a cosa si riferisca.
-Sì, lui c’è riuscito.
Rispondo indicando Ethan dietro di me, che sta parlando animatamente con Federico, che ha il suo solito sorriso “Sì, sì, con te me la vedo dopo”, che indossa ogni volta che io o Silvia stiamo anche solo vicine ad un altro ragazzo. Stringo forte le labbra, prendo la mia migliore amica per mano e raggiungo i ragazzi. Il problema è che adesso non so più che lingua parlare. Mi avvicino ad Ethan e lui passa automaticamente un braccio attorno alla mia vita con un sorriso.
-Ehy, vedo che vi siete già conosciuti.
Dico lentamente, optando per l’inglese.
-Ethan, lui è Federico, mentre lei è Silvia, loro sono i miei migliori amici. Silvia, Fede, lui è Ethan, il mio ragazzo.
Li presento a vicenda indicandoli di volta in volta. Silvia mi fa segni incoraggianti con gli occhi mentre Ethan è incredibilmente a suo agio. Lui e la mia migliore amica si stringono la mano e lui le dice che è davvero molto felice di averla finalmente incontrata. Io ormai riesco a capirlo quando parla, ma i miei amici, che non ci sono abituati, mi guardano confusi, perciò chiedo al mio ragazzo di ripetere più lentamente, in modo che loro capiscano. Lui annuisce con un sorriso e mi accontenta, al che Silvia si illumina e gli risponde che anche per lei è un vero piacere.
-Bene, ragazzi, diteci in che hotel alloggiate, così vi ci accompagniamo, lasciate giù i bagagli e poi andiamo a farci un giro.
Gli dico in italiano, felice di poterlo finalmente parlare di nuovo. Loro mi sorridono e Federico mi passa un foglio con la prenotazione per un hotel poco fuori di Los Angeles, l’Hilton Garden Inn Montebello.  Ethan fa una smorfia, poi prende in mano il foglietto.
-E’ un hotel molto bello, so dov’è, venite con me.
Fa per poi prendere il bagaglio di Silvia, che lo ringrazia con un sorriso. Gli sussurro velocemente di andare alla macchina mentre io resto un po’ con loro. Lui annuisce, mi dà un veloce bacio e poi io corro di nuovo verso i miei migliori amici, che mi stringono in un abbraccio di gruppo.
-Cazzo, ragazza!
Esclama Silvia quando ci stacchiamo, dandomi una pacca sulla schiena. Io scoppio a ridere e con me anche loro, poi prendo per una mano tutti e due e ci incamminiamo fuori dall’aeroporto.
-Lo so, lo so. E questo non è nemmeno l’aspetto migliore. Lui è semplicemente…
Faccio un respiro profondo, chiudendo gli occhi, mentre cerco la parola.
-Indescrivibile?
Mi viene incontro Federico, accarezzandomi il viso con le nostre mani unite.
-Decisamente indescrivibile.
Ammetto mordendomi un labbro e mettendomi in punta di piedi per baciargli una guancia.
-Semplicemente mi ha travolta come un fiume in piena, lasciandomi senza fiato, tutto il tempo. Lui c’è sempre, mi ha aiutata, riesce ad ascoltarmi e comprendermi, non ero riuscita ad aprirmi in questo modo con nessuno a parte voi, lo sapete benissimo.
Gli spiego mentre raggiungiamo l’auto del mio ragazzo.
-Oddio…
Sussurra Silvia restando a bocca aperta ad osservare i grattacieli che ci circondano, facendomi quasi soffrire di claustrofobia.
-Benvenuti a Los Angeles.
Faccio imitando i gemelli il giorno in cui sono arrivata. Sembra una vita fa… Cosa è cambiato dentro di me? Cosa mi è successo? Che persona sono diventata? Non è decisamente il momento di pensarci ora. Viviamo la giornata. Viviamo alla giornata. I miei migliori amici sono qui ed io non potrei chiedere di meglio. Quando raggiungiamo il fuoristrada dei ragazzi, Silvia e Fede mi hanno già riempita di domande sul posto alle quali io non so rispondere, perciò gli suggerisco di rivolgersi ad Ethan per chiarire i loro dubbi. Lui è appoggiato con una spalla al bagagliaio, che mi guarda con un mezzo sorriso. Sa benissimo come io mi senta ora. Aiuta silenziosamente Federico a caricare la sua valigia dietro, poi saliamo in macchina. Io mi siedo dietro, nel sedile centrale, mentre ho i miei amici ai miei lati. Ethan accende la radio e parte a tutto volume Something Big di Shawn Mendes, così io e Silvia iniziamo a cantare a squarciagola, come delle matte, sbagliando pronuncia apposta, mentre i due uomini se la ridono alla grande. Improvvisamente Ethan gira a destra, in una stradina di sassi ai cui lati crescono alti faggi con le chiome folte, tanto che per qualche secondo non riesco a vedere il cielo; poi un hotel magnifico appare ai miei occhi, lasciandomi senza fiato.
-Cazzo…
Sussurro estasiata, osservando le decine di palme che lo circondano, il campo da golf sulla destra, una specie di laghetto che si estende a ferro di cavallo sulla sinistra e che dobbiamo attraversare tramite un ponte con l’auto, per arrivare davanti alla porta. Mi giro verso Silvia con un sopracciglio alzato a chiedere spiegazioni, ma lei mi guarda con un sorriso da schiaffi.
-Beh, diciamo che il papà di Federico ha avuto una promozione a lavoro…
Mi annuncia con un tono di voce che sembra chiedermi “Vero che non te lo aspettavi?”. In realtà sì, me lo aspettavo eccome. Il padre del mio migliore amico lavora nello studio di uno stilista parigino che ha sede a Milano. E’ spesso via per lavoro e piano piano è diventato il braccio destro di Frédéric Solis, occupandosi prima del suo bilancio economico, poi di organizzare eventi e sfilate, non mi stupirebbe affatto se adesso fosse diventato in tutto e per tutto il suo segretario d’ufficio.
-Quando pensavi di dirmelo?
Domando al mio migliore amico scendendo dall’auto per scaricare le valigie. Lui si stringe nelle spalle, poi mi lascia un bacio su una guancia in scusa.
-In realtà stasera a cena, perché è una cosa piuttosto importante, almeno per me.
Mi risponde con un sorriso triste. Questa cosa non mi piace, per nulla. Mando giù il groppo che mi si è formato in gola e annuisco, poi li lascio entrare nella hall per depositare i bagagli nelle stanze e registrarsi. Mi appoggio con la schiena allo sportello della jeep chiudendo gli occhi cercando di frenare l’impulso di andare da Fede e farmi raccontare tutto quanto. Sento un braccio passare attorno alla mia vita e poco dopo mi ritrovo abbraccia a Ethan, che mi  bacia dolcemente i capelli.
-Che ti ha detto?
Domanda, visto che fino ad ora abbiamo parlato in italiano.
-Il padre di Federico lavora da uno stilista a Milano ed ha appena ricevuto una promozione, per questo si sono potuti permettere il viaggio e l’albergo, ma da come mi ha guardata prima mi sembra di capire che sotto ci sia molto di più.
Sussurro senza osare guardarlo negli occhi. So che il mio labbro inferiore sta tremando per lo sforzo di non piangere. Lui sospira, poi mi alza il mento e mi costringe a fissarlo, come sempre.
-Hai paura che se ne vada vero?
Chiede con una punta di dolore nella voce, e lo capisco benissimo, perché anche io sono dilaniata dentro dal fatto che questo viaggio finirà e che tra due mesi tornerò a casa.
-Sì, ho tanta paura che mi lasci sola.
Ammetto stringendo forte i denti. Proprio adesso che è finalmente qua con me non voglio che mi abbandoni un’altra volta.
-Ma lui non ti lascerà mai da sola, capito? Mai. Lui sarà sempre qui con te, per tutti i giorni della tua vita.
Dice indicandomi il cuore con un dito. Abbasso lo sguardo sul punto dove mi ha sfiorata, poi alzo di nuovo il viso verso di lui con un sorriso.
-Grazie, Ethan.
Mormoro mettendomi in punta di piedi per baciarlo. Lo sento sorridere sulle mia labbra, poi mi mette un braccio dietro alla schiena per tenermi vicina a sé. Quando ci stacchiamo stiamo ridendo entrambi, solo che non so perché.
-E’ meglio che manteniamo una certa distanza quando c’è Fede nei paraggi.
Faccio scuotendo la testa. Ethan fa una smorfia e si gratta la nuca.
-Già, ho visto come mi fissava prima, in macchina. Sentivo il suo sguardo bucare il sedile e fulminarmi.
Gli do una pacca sul braccio scherzosa e lui mi avvicina a sé, scompigliandomi i capelli. In questo istante escono i miei due amici e si avvicinano a noi.
-Bene!
Esclama Silvia sfregandosi le mani.
-Dove andiamo di bello?
Domanda mentre saliamo nuovamente in auto, questa volta io seduta al posto del passeggero.
-Facciamo un giro in città, che ne dite?
Propongo girandomi verso di loro sorridendo.
-Magari potremmo chiamare anche Gray e gli altri.
Suggerisce il mio ragazzo. Silvia si sporge verso di me, con un gran sorriso.
-Certo! Così conosciamo di persona i tuoi compagni di avventura…
Dice con un sorriso malizioso. Io alzo gli occhi al cielo, spingendola indietro, poi recupero il cellulare dalla borsa e faccio il numero di Aaron. Lui acconsente a trovarci all’Hard Rock Cafè tra venti minuti con Grayson e Catherine. Poi chiamo Cameron e lo metto in vivavoce. Dopo qualche squillo mi risponde.
-Hello honey!
Mi saluta, facendo ridere Ethan.
-Oh, sono in vivavoce…
Fa scoppiando a ridere e travolgendo anche me.
-Già tesoro. Senti, sono appena arrivati i miei migliori amici dall’Italia, ti va di venire a fare un giro con noi?
Lo sento trafficare un po’ con qualcosa, probabilmente le cuffiette, poi accetta di trovarci con gli altri alla stessa ora.
-Okay, ci vediamo là Dallas.
Lo saluto scherzosamente.
-Ti voglio bene, a dopo Cass.
Chiude la chiamata poco dopo, lasciando l’auto in silenzio. Mi giro verso i miei migliori amici entrambi con gli occhi spalancati.
-Silvia! Che hai?
Domando sporgendomi verso di lei.
-Quello era Cameron Dallas?
Domanda in un filo di voce, muovendosi appena. Alzo un sopracciglio senza capire, poi annuisco.
-Perché non me lo hai detto?! E io guarda in che stati sono, coi capelli scompigliati e il trucco che è andato a farsi benedire…
Inizia a blaterare togliendo dalla borsetta uno specchio e una spazzola. Mi trattengo appena in tempo dal dirle che non gli importerebbe comunque di come è messa, visto che al massimo si può interessare a Federico.
-Perché non mi sembrava importante… E comunque, tu come lo conosci?
Chiedo incuriosita mentre Ethan entra nel pieno centro di Los Angeles.
-Ma dove vivi tesoro? E’ un viner e anche un cantante! Te ne devo aver parlato più di una volta mi pare, ma evidentemente tu non mi ascolti mai!
Esclama stizzita, incrociando le braccia. Eccola che ricomincia, ogni volta che litighiamo sembriamo una coppia di vecchi sposi, e Federico non fa altro che ricordarcelo.
-Oh, stai tranquilla Silvia, è un tipo molto alla mano, vedrai che ci divertiremo un mondo.
La rassicura Ethan, parcheggiando a lato strada ed esponendo il tagliando per poter sostare in quell’area. In un battibaleno siamo sul marciapiede a scattarci foto, i miei migliori amici sono eccitatissimi dal fatto di essere in una città così famosa e popolare.
-Questo posto è pazzesco!
Esclama Federico passandosi una mano tra i capelli mentre si guarda attorno, cercando la fine di grattacieli avvolti dalle nuvole rosa del tramonto.
-Decisamente! Dovreste vedere Hollywood ragazzi, fa restare senza fiato…
Ribatto osservando di nascosto Ethan, che cammina accanto a Silvia, che è a braccetto con me.
-Oddio! Possiamo andarci?
Mi implora la mia migliore amica facendo il labbruccio. Scoppio a ridere osservando la sua faccia.
-Devi chiedere a lui, è lui l’autista.
Le rispondo indicando il mio ragazzo, che mi sorride appena, annuendo.
-Certo che ci possiamo andare, non è molto distante da qui.
Silvia lancia un urlo e corre ad abbracciarlo o meglio, a stritolarlo.
-Okay, okay, abbiamo capito che gli vuoi bene…
Interviene Federico staccandogliela letteralmente di dosso.
-Emh, sì, adesso girate a sinistra, subito dopo l’angolo c’è l’Hard Rock Cafè.
Ci avverte Ethan, visto che non conosco bene la città come lui. Annuisco e faccio come mi ha detta, andando praticamente a sbattere contro Aaron, che si gira infastidito, ma che mi sorride subito dopo abbracciandomi. Ci sono proprio tutti, compresi Jake, suo fratello e la zoccola. Ci metto quaranta minuti a fare le presentazioni, ma mi accorgo solo alla fine che manca qualcuno.
-Dov’è Cameron?
Domando a Cat, che si stringe nelle spalle per poi indicare un punto dietro di me. Mi volto verso quel luogo e vedo Cam che sta attraversando la strada proprio in questo istante. Poi, tutto succede in un lampo. Lui alza gli occhi, sfiora appena il mio viso con lo sguardo e si sposta più in alto, soffermandosi vicino a me, con la bocca semi aperta. Seguo i suoi occhi e trovo quelli di Federico, che ha la stessa espressione. Resto a bocca aperta mentre inizio a capire e una gioia sorda si fa spazio nel mio cuore. Quando lui mi passa accanto senza praticamente badarmi e va a stringere la mano al mio migliore amico mi devo trattenere dall’urlare. Non ci posso credere… Cameron e…Federico? Non l’avrei mai immaginato, ma da come si sono guardati ho capito che c’era sotto qualcosa di più grande… E che probabilmente il mio migliore amico ha capito solo ora, vedendo per la prima volta Cameron Dallas. Un secondo dopo le braccia di Cam mi avvolgono e io lo abbraccio teneramente, mettendomi in punta di piedi. Sento il suo cuore battere forte contro il mio, che sta impazzendo dalla gioia. Quando si stacca, però, non fa tempo a dirmi “Ciao”, che già Silvia lo ha artigliato, guardandolo maliziosamente mentre si tocca i capelli. Poverina, se solo sapesse… Penso però che lui ci sia abituato perché fa buon viso a cattivo gioco e le lascia un bacio sulla guancia. Dopo qualche minuto ci mettiamo d’accordo per andare tutti a mangiare qualcosa al Mercato Vecchio, dove si trovano tanti stand per tutti i gusti. Mentre i miei due migliori amici chiacchierano uno con Cameron e l’altra con Jake, io scivolo indietro, verso Ethan, che è rimasto silenzioso tutto il tempo.
-Che cos’hai?
Domando affiancandomi a lui, che mi guarda appena e non prova nemmeno a prendermi la mano.
-Nulla, cosa dovrei avere?
Ribatte con un tono che indica tutto il contrario. Alzo gli occhi al cielo e lo fermo, guardandolo negli occhi. Lui sbuffa e capisco che ho vinto la battaglia.
-E’ solo che mi sono accorto di quanto bene ti conoscano loro e di quanto poco invece io possa condividere con te.
Sgrano gli occhi sentendolo, per poi addolcirmi e sorridergli, passandogli una mano tra i capelli.
-Li conosco da un a vita Ethan, è normale che conoscano meglio me e i miei gusti, che abbiamo più ricordi assieme, ma non m’importa… A me vai bene così, anzi, sei molto meglio di quanto potessi mai immaginare.
Lo tranquillizzo, mentre una sua mano mi accarezza il fianco dolcemente, sfiorandomi appena.
-Va meglio?
Chiedo avvicinando il mio naso al suo. Lui sorride e appoggia la sua fronte sulla mia.
-Certo.
Risponde per poi baciami piano, a fior di labbra.
-Andiamo, che gli altri saranno già arrivati.
Faccio trascinandolo per mano tra la gente di Los Angeles.
Trascorro la notte più pazza della mia vita, con le persone alle quali tengo di più, ballando, cantando, ridendo, fregandomene di quello che pensa la gente di me, tanto non la rivedrò mai più, e se la rivedrò dirò fiera “Sì, sono quella che urlava contro il cielo di amare la sua vita”. Ho ricominciato a vivere, devo vergognarmene? Affatto. Ho diciotto anni, un’età meravigliosa, quella in cui ti puoi permettere cazzate e notti che non finiscono più, solo perché sei giovane e impaziente di fare di più, e ancora, e ancora… Di scoprire com’è il mondo davvero, non come te lo hanno raccontato gli adulti che strumentalizzano e manipolano la realtà per metterla a loro vantaggio. Non mi importa quanto crudele e crudo possa essere il mondo. Io ci voglio essere dentro. Fino in fondo.
Il giorno dopo sono le sei e mezza quando la mia sveglia suona, ma io mi sento più riposata che mai e pronta ad affrontare un nuovo giorno. Sgattaiolo al piano di sotto dove trovo Ethan che mi aspetta sulla porta con un sorriso che farebbe sciogliere anche i ghiacci artici, poi saliamo in auto e andiamo a recuperare i miei amici. Passiamo una giornata assurda, come il giorno del mio compleanno, anche se non incontriamo nessuna celebrità, ma la cosa importante per me è poter finalmente trascorrere di nuovo del tempo con Silvia e Federico. Perciò, quando Fede mi lascia cadere in mano
 Un foglietto con su scritto “Al ristorante dell’albergo, ore 20.00”, il mondo mi cade addosso e resto tutto il pomeriggio a pensare a cosa possa dirmi. Indosso distrattamente l’abito nero e le vans dello stesso colore, lasciando i capelli sciolti sulle spalle. Quando entro in auto e mi siedo davanti, vicino ad Ethan, le mie gambe non riescono a stare ferme per l’agitazione. Non proferisco parola fino all’hotel e sto anche quasi per lasciare l’auto senza salutare, quando lui mi prende per un braccio e mi tira verso di sé per baciarmi, facendomi rilassare un sacco.
-Andrà tutto bene.
Sussurra mentre scendo dal suv. Dico al portiere dell’edificio che sto aspettando il signor Panierti per cenare e lui mi fa accomodare con un sorriso al tavolo del ristorante. Sono in anticipo di dieci minuti, perciò resto a giocherellare con la splendida orchidea blu notte appoggiata in un vaso di vetro allungato verso l’alto. Chissà dov’è Silvia ora. E se quello che ho visto tra Federico e Cameron fosse davvero una scintilla di qualcosa di più una semplice amicizia. Federico non ha mai mostrato un’evidente preferenza per il lato maschile, ma da che ricordo ha sempre rifiutato le avances di qualunque ragazza. Anche di Silvia, che se n’era presa una cotta in prima superiore. Alzo gli occhi proprio mentre entra nella sala, indossando una camicia nera e dei pantaloni dello stesso colore sostenuti da delle bretelle che si dividono a loro volta in due sul davanti. Quel sorriso che gli calza a pennello sul viso, i capelli scuri accuratamente pettinati e il passo deciso, che si fa strada tra la gente. Arriva al mio tavolo ed io mi alzo per salutarlo, lui mi anticipa e mi prende una mano portandosela alle labbra. Non è difficile immaginare perché la maggior parte della gente che conosco sia pazza di lui. Ci accomodiamo e lui ordina dello champagne al cameriere, che lo porta poco dopo in una ghiacciaia.
-E’ un posto romantico, non trovi?
Mi chiede, facendo vagare gli occhi per la stanza, illuminata da luci gialle soffuse.
-Hai ragione. Magari ci potresti portare Cameron domani.
Dico distrattamente guardando alle sue spalle con un sorriso furbo. Lo vedo irrigidirsi e diventare rosso.
-Cos…cosa intendi dire?
Domanda con la voce tesa. Lo guardo finalmente negli occhi, duri per cercare di celare la sorpresa.
-Sei il mio migliore amico Fede, non puoi tenermi nascoste certe cose, lo sai benissimo.
Lo riprendo posando una mia mano sulla sua. Dopo un attimo lui la afferra e me la stringe forte, accarezzandomi il dorso col pollice.
-E’ successo tutto così in fretta Cass, che non so nemmeno cosa mi stia capitando. Non credo di essere mai stato più confuso in vita mia.
Ammette passandosi la mano libera sul viso e tra i capelli, chiudendo gli occhi.
-Io ti posso solo consigliare di seguire il tuo cuore, lasciando da parte la convenzionalità.
Ribatto avvicinando il viso al suo. Lo vedo sorridere e col dorso delle nostre mani unite mi accarezza il volto.
-Tu sei pratica di anticonvenzionalità giusto?
Domanda retorico inclinando la testa. Schiocco la lingua, poi apro il menù ed entrambi ordiniamo. Durante la cena parliamo della serata trascorsa, di me ed Ethan, della strana passione di Silvia per Jake, ma lui non arriva mai al punto. E’ solo quando siamo alla seconda bottiglia di champagne e le lancette del mio orologio si sono spostate sulle 22:45 che si fa improvvisamente serio e mi guarda dritto negli occhi.
-Cassandra…
Mi richiama, con una nota di tristezza nella voce.
-Ti ho chiamata perché ti devo dire una cosa molto importante e spero tu possa comprendermi e perdonarmi.
Ecco. Ecco che succede. Mi scivola tra le dita senza che io possa fare nulla, lasciandomi sola un’altra volta. Stringo tra i pugni un lembo della tovaglia mentre mi faccio forza per continuare a guardarlo negli occhi.
-Mio padre è diventato il segretario generale dell’ufficio di Solis, e questo comporta molti cambiamenti nella sua e nella nostra vita. Sembra che il mercato migliore non sia più in Europa ma qui, in America, specialmente nella costa Ovest, dove si trova la maggior parte delle residenze di persone importanti. Ecco, noi ci dobbiamo trasferire a breve qui, a Los Angeles.
Dice tutto d’un fiato, lasciandomi ad assimilare le sue parole. Non può essere vero. E’ uno scherzo. Lui che viene a vivere a Los Angeles? E’ il peggior incubo della mia vita. Sento la mia vita che si accartoccia su se stessa e si getta in un cestino, dandosi alle fiamme.
-Quando l’hai saputo?
Sussurro, la bocca ancora spalancata.
-Poco prima di prenotare il viaggio per venire a trovarti.
Risponde piano. Annuisco, iniziando a capire. Ecco perché Silvia non è venuta, lei lo sapeva già.
Silenzio da parte mia.
-Non mi sembrava una cosa da dirti per Skype.
Continua imperterrito, il panico nella voce, mentre io guardo da tutt’altra parte.
-Ti giuro…ti giuro che non ti lascerò sola, Cass, te lo giuro.
Prova in tutti i modi ad addolcirmi, ma non sono arrabbiata con lui, sto solo cercando di non piangere.
-Dimmi qualcosa, te ne prego…
Mi supplica alzandosi e accucciandosi ai miei piedi, quei pochi rimasti nel locale che ci fissano strano.
-Cosa posso dirti? Sai benissimo come mi sento.
Rispondo a voce bassa, prendendogli una mano.
-Mi dispiace molto di essere io a doverti dare questo enorme dispiacere, come dici tu so come stai e so cosa sta succedendo dentro di te in questo momento, ma ti prometto…
Si ferma, prende un grosso respiro e chiude gli occhi.
-Ti prometto che troveremo un modo.
Mormora riaprendoli e scoprendoli lucidi. Devo raccogliere tutte le mie forze per non scoppiare in lacrime ora. Mi alzo decisa e lo guido attraverso le porte del ristorante.
-Andiamo fuori, ho bisogno di una boccata d’aria.
Faccio, lasciandomi guidare nel giardino fino ad una panchina vicino al laghetto. Stiamo in silenzio, uno accanto all’altra, sfiorandoci appena, poi la mia voce rompe la quiete.
-Hai una sigaretta?
Domando girandomi verso di lui. Mi osserva per qualche istante, poi annuisce, tirando fuori un pacchetto di Marlboro Rosse e passandomene una, per poi accenderne una per sé. Mi faccio scudo con una mano mentre faccio scattare lo Zippo e prendo una grossa boccata di fumo. Non fumo quasi mai, giusto una cicca al mese, ma lo uso come rimedio al nervosismo. E diciamo che definirmi “Nervosa” ora sarebbe un eufemismo. In tre respiri finisco la sigaretta e ne rubo un’altra dal pacchetto di Federico, che è a metà della prima. Tengo in bocca più fumo possibile, poi glielo sputo in faccia. Lui tossisce e io rido, scacciando via la tensione.
-La cosa brutta di questa città è che non riesci a vedere le stelle.
Gli dico sovrappensiero, prendendogli una mano che stringe forte.
-Domani dovreste venire da Ethan, facciamo una festa in piscina, ti va?
Domando incontrando i suoi occhi castani che mi accarezzano il viso.
-Certo, se da lì si vedono le stelle.
Fa con un sorriso, facendo piegare anche le mie labbra.
-Sì, meno che nella campagna milanese ma si vedono.
Rispondo appoggiando la testa alla sua spalla con un sospiro, per poi prendere un’altra boccata di fumo.
-Quando potremo di nuovo stare così? Abbracciati nella notte, a fumare e a ridere?
Chiede con un filo di voce finendo la sua sigaretta. Chiudo gli occhi respirando a fondo.
-Spero presto, Federico…
Sussurro avvicinandomi a lui e controllando l’ora sul cellulare. Mezzanotte e un quarto, Ethan sarà qua alla mezza. Posso ancora rilassarmi un po’. Finisco anche questa sigaretta e la getto a terra, schiacciandola col piede.
-Ti manca Milano?
Ad un tratto fa la sua voce, riportandomi alla realtà.
-Ora come ora per nulla. Qua sono felice con lui.
Rispondo dopo qualche istante sentendolo irrigidirsi.
-Lo sai come la penso sui ragazzi, soprattutto dopo Riccardo…
Lo fermo mettendogli un dito sulle labbra.
-Io lo amo.
Sussurro con un sorriso. Lui mi prende la mano con la sua e mi bacia il palmo.
-Davvero?
-Sì, come l’aria che respiro.
Dico senza nemmeno pensarci. Lo vedo sorridere a poco a poco, accarezzandomi il viso.
-Sei proprio innamorata piccola.
Mormora dandomi un bacio sul naso.
Ridacchio alzandomi, visto che mancano solo due minuti al ritrovo. Camminiamo nel buio mano nella mano, vicini tanto da sentire il calore del corpo dell’altro nella calura dell’estate Californiana. Vedo subito il suv grigio di Ethan che mi aspetta davanti all’entrata, quindi lo indico a Federico che corre ad aprirmi la portiera. Entro con un sorriso, poi lui si sporge verso di me.
-Buonanotte stellina.
Mi dice in italiano, schioccandomi un bacio sulla guancia.
-Buonanotte piccolo.
Rispondo, mentre chiude la portiera. Partiamo a tutta velocità e, appena fuori dai cancelli dell’hotel, lui mi rivolge la parola.
-Allora, cosa ti doveva dire?
Lo guardo per un attimo, poi scoppio a piangere disperatamente, appoggiando il viso ad un suo braccio. Lui frena bruscamente, poi gira a destra, entrando nel viale di un parco, dove non dovrebbe entrare e parcheggia. Lo sento armeggiare con la mia e con la sua cintura, poi mi accoglie tra le sue braccia, mentre il mio corpo viene scosso dai singhiozzi.
-Qualunque cosa sia successa la risolveremo.
Cerca di rassicurarmi, lasciandomi un bacio tra i capelli.
-Lui se ne andrà, Ethan. Non possiamo risolvere un bel niente. L’ho perso per sempre.
Ribatto con la voce rotta, aggrappandomi a lui come all’unica ancora della mia salvezza. Le sigarette sono servite solo a costruirmi una facciata, ma adesso, con addosso solo l’odore del loro fumo, il mio teatrino è crollato, lasciandomi senza armi. E senza un amico.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


ETHAN POV’S

Non l’ho mai vista così.
E’ distrutta.
Completamente.
Mi sembra quasi di riuscire a palpare il suo dolore. Ieri sera l’ho fatta dormire abbracciata a me per farla stare più tranquilla e ha smesso di singhiozzare solo quando ormai erano le tre del mattino. Io invece sono rimasto sveglio. Sentivo crescere dentro di me la rabbia e l’odio nei confronti di Federico.
Come ha potuto lui, il suo migliore amico, una persona che non dovrebbe mai tradirti, farle così male?
Dopo tutto quello che le è successo?
Lui lo sa meglio di me quanto sia ancora fragile l’animo di Cassandra. Avrebbe potuto lottare con le unghie e con i denti per evitare che tutto questo accadesse, ma è stato un vigliacco. Abbandonarla così, senza aver nemmeno provato a combattere. Non riesco davvero ancora a credere come si sia permesso di ferire Cass in questo modo. L’ho visto nei suoi occhi, tutto il giorno, quando incontrava i miei. Vi si leggeva la sofferenza più pura e vera. So che ha bisogno di me, ma so ancora di più che ha bisogno di Silvia.
Quella ragazza…
E’ davvero speciale.
Non c’è da stupirsi che sia la migliore amica di Cassandra, altrettanto fantastica.
Almeno ora, che è scesa la sera, l’ultima sera che i suoi amici trascorreranno qui, vedo che il suo umore è leggermente migliorato e riesce di nuovo a provare a sorridere falsamente.
Il giardino è illuminato da alcune lanterne cinesi attaccate ai rami degli alberi, mentre le luci viola e rosa della piscina colorano l’acqua e il viso di chi c’è dentro.
La mia ragazza ha passato praticamente tutto il giorno chiusa in camera con la sua migliore amica e mia sorella, poi sono uscite per qualche ora e sono tornate verso le sei e mezza.
I ragazzi, insieme a Thalia, Cat ed Ashley stanno giocando in acqua, mentre io, Cassandra, Silvia e Jake siamo seduti sull’erba fresca. Vedo benissimo che la ragazza italiana e il biondo stanno flirtando, quindi prendo Cass per mano e la porto a fare una passeggiata nel giardino. Sento le sue dita intrecciarsi alle mie e stringere forte. Noto che indossa un costume blu con dei riflessi azzurro chiaro, simili al colore dell’acqua quando viene attraversata dalla luce. Le sta da Dio. Arriviamo in un angolo formato da alcuni cespugli e un grande albero frondoso dal quale pende un’altalena fatta in casa. Mi ci siedo sopra senza dire una parola e lei sale a cavalcioni su di me.
Deglutisco a fatica mentre lotto contro il mio stesso corpo.
-Sei bellissima, Cass.
Sussurro iniziando a dondolarci piano, tenendo con una mano la corda, mentre ho l’altra appoggiata alla sua schiena, per evitare che lei cada.
La vedo abbassare lo sguardo e portarsi una ciocca di capelli neri dietro alle orecchie.
-Grazie.
Mormora in risposta, giocando con le mie dita, allargando la mano, mettendola palmo a palmo con la mia, molto più grande.
Bacio lentamente la punta delle sue dita e la sento ridacchiare. Sono felice di essere riuscito a distrarla.
-Posso chiederti che hai fatto oggi, oppure è un segreto tra donne?
Domando, mentre rallento il nostro oscillare.
La vedo ridacchiare e anche il mio cuore si apre in un sorriso.
-In realtà nulla di eclatante. Silvia mi ha portato delle cose che le avevo chiesto di prendere da casa mia, poi siamo uscite a fare shopping.
Improvvisamente si sbilancia verso di me e si aggrappa con un urletto alla corda dell’altalena, rimanendo col viso a qualche centimetro dal mio.
La vedo arrossire e mi stupisco ancora una volta di come si possa imbarazzare per la nostra vicinanza.
Non resisto alla tentazione e prendo il suo labbro inferiore tra i denti, premendo piano, mentre sento una sua mano accarezzarmi piano i capelli sulla nuca, tirandomeli leggermente. Sento il battito del cuore accelerare e la testa pulsare mentre ci baciamo, i nostri bacini che si scontrano al ritmo dell’altalena, messa in movimento dai nostri corpi che si cercano, si vogliono, si trovano, scappano, per poi tornare, troppo bramosi dell’altro. Sento il desiderio crescere ed esplodermi dentro, annebbiandomi la vista un istante, mentre con una mano scendo verso il suo sedere, accarezzandole la pelle bianca. La sento sussultare, poi ridere e baciarmi il collo, scendendo verso la clavicola, per poi fermarsi e iniziare a farmi un succhiotto. Socchiudo le palpebre e getto la testa all’indietro, mugolando di piacere, mentre le nostre intimità si sfiorano impercettibilmente, quel tanto da farmi impazzire. La lussuria mi fa quasi completamente di dove mi trovo e di cosa sta succedendo attorno a me, poi, improvvisamente, torno in me e mi accorgo che questa è l’ultima sera che può passare con i suoi migliori amici prima di poterli nuovamente abbracciarli tra due mesi.
Mi stacco dolcemente da lei, che tiene gli occhi chiusi per qualche istante, mentre prende fiato, e io fermo il nostro oscillare, riportandomi coi piedi per terra.  La sento ridacchiare vicino al mio orecchio mentre entrambi scendiamo, come se non fosse successo nulla. Invece il marchio viola che mi ritrovo in bella vista sul petto mi ricorda che cosa è appena capitato.
-Ethan Grant Dolan, ho sempre pensato che noi dovessimo fare sesso un giorno o l’altro, ma certo non mi immaginavo che saremmo stati a tanto così da farlo su un’altalena!
Esclama, prendendomi una mano.
Arrossisco di botto a quelle parole e non faccio nemmeno caso alle occhiate che Grayson lancia al mio evidente succhiotto viola quando mi butto in piscina vicino a lui per calmare i bollenti spiriti con l’acqua fredda. Con la coda dell’occhio continuo a guardare Cassandra, che ora conversa amabilmente con mia sorella e Cat, sorridente come non mai.
Bene.
Il mio intento era proprio quello di mandare via un po’ di malinconia dai suoi occhi.
Prima che le ragazze possano accorgersene, però, un Jake fradicio arriva da dietro di loro e, aiutato da Federico e Cameron, buttano tutte quante in acqua, sollevando gridi di protesta che ben presto si trasformano in schizzi e battaglie a cavalcioni tutti-contro-tutti. Mi ritrovo con mia sorella sulle spalle che combatte contro Aaron seduto sopra a Jake, mentre la mia ragazza è in braccio Federico che la sta nuovamente buttando in piscina mentre lei cerca inutilmente di divincolarsi. Quando finalmente Ashley butta giù Aaron e io sono libero di far riposare il collo, qualcuno mi posa le mani sulle spalle e mi butta sott’acqua, facendomi mezzo affogare. Quando riemergo ho un disperato bisogno d’aria e un istinto omicida nei confronti di chiunque mi abbia fatto questo. Mi giro e trovo la faccia colpevole di Grayson che mi guarda alzando le mani.
-Dude, I was joking!
Cerca di salvarsi uscendo fulmineamente dalla piscina, prontamente rincorso da me, che lo faccio scivolare e cadere nell’erba per poi iniziare ad azzuffarmi con lui per gioco. Sento svariate voci che ci incitano e ridono, finchè non rotoliamo assieme in piscina e scoppiamo a ridere, abbracciandoci.
Continuiamo così fino a quasi mezzanotte, quando usciamo dall’acqua e ci avvolgiamo negli asciugamani, strofinandoci energeticamente il corpo. Silvia e Federico hanno l’aereo domani alle dieci e non possono permettersi di arrivare in ritardo.
Qualche minuto più tardi io e la mia ragazza li stiamo riportando all’hotel, mentre lei e la sua migliore amica continuano a cantare canzoni in italiano stonando apposta. Le vedo abbracciarsi forte, poi lei salta in braccio a Federico e gli cinge la vita con le gambe. Se non sapessi da lei che prova qualcosa per Cameron sarei già sceso a picchiarlo. Tutti e tre si danno appuntamento per la mattina dopo, poi lei salta in macchina e partiamo verso casa.
Al contrario di come mi sarei aspettato il sorriso non ha abbandonato le sue labbra e non riesco a spiegarmi il perché. Continuo ad alternare lo sguardo tra la strada e lei, che si sta battendo una mano a ritmo di musica sulla coscia scoperta dagli shorts di jeans.
-Stai bene?
Le domando quando ormai siamo quasi davanti a casa.
Osservo bene la sua espressione, aspettandomi che scoppi a piangere come ieri, ma invece annuisce decisa sorridendomi.
-Perché?
Chiede, come se il fatto che sia felice sia assolutamente normale, date le circostanze. Parcheggio nel vialetto d’ingresso, mi smollo la cintura e lei fa lo stesso, scavalcando la leva del cambio e sedendosi sulle mie ginocchia.
-Beh, sai, Federico e tutto il resto…
Butto lì con nonchalance.
Lei in risposta alza un sopracciglio e si stringe nelle spalle.
-Il destino farà il suo corso, se lui deve venire a vivere qui ci deve essere un perché, nulla succede per caso.
Mormora prendendomi il viso tra le mani e baciandomi la punta del naso, per poi strofinare piano le sue labbra sulle mie.
Non c’è nulla di malizioso in questo gesto, solamente l’amore che ci lega.
-Stai forse insinuando che visto che siete amici e che non riuscite a stare molto tempo separati non sopporterai l’idea di averlo lontano e potresti prendere in considerazione la folle idea di venire a vivere qua anche te?
Domando a raffica, senza nemmeno respirare.
Spero solo che lei abbia capito tutto, perché ho parlato tanto velocemente che potrei facilmente battere Eminem in Rap God. Tutto ciò che lei mi dà in risposta è un sorriso scaltro, che non riesco a decifrare.
-Può darsi.
Il mio cuore fa una capriola.
-Ma può anche non darsi.
La guardo sorridendo, mentre la guardo trattenersi da una risata, per poi scoppiare a ridere con me.
-Può darsi ma anche non darsi? Ti chiederei se sai l’inglese, ma qui è tutto alle basi dell’italiano! Mi deludi, non sai parlare la tua lingua!
Lei spalanca la bocca, facendo finta di essere offesa, poi scoppia di nuovo a ridere, lasciandomi un bacio sulla guancia e scendendo dalla macchina.
-Andiamo a letto, che domani ci si alza presto.
Mi dice con un tono che non ammette repliche. Scendo dalla jeep e mi metto sull’attenti, facendo poi il saluto militare.
-Signorsì, signora!
Urlo come un vero cadetto, al che lei mi prende per un braccio schioccando la lingua contro il palato.
-Avanti, scemo.
Mi riprende mentre entriamo in casa cercando di non far rumore visto che tutte le luci sono già spente.
Saliamo le scale in punta di piedi poi, raggiunto il primo piano, mi fermo a guardarla negli occhi, che sembrano incredibilmente brillanti nell’oscurità. Le metto una mano su una guancia, mentre le avvolgo la vita con un braccio e la avvicino a me, baciandola lentamente, lasciando che i nostri sapori si uniscano insieme ai nostri sentimenti. Poi lei si stacca, mi regala un debole sorriso e appoggia le labbra vicino alla mia bocca.
-Buonanotte Ethan.
Mi sussurra allontanandosi mentre le nostre mani si sfiorano.
-Buonanotte, amore.
Mormoro di rimando, guardandola fare una giravolta mentre si avvia verso la sua camera.

***
Sono almeno trentacinque minuti che aspetto nel parcheggio dell’aeroporto, appoggiato con una spalla alla portiera della jeep, la visiera del cappello calcata sul viso, il cellulare in mano solo per il piacere di sentirne il peso sul palmo. Le gambe ormai scalpitano per muoversi e sbuffo a più non posso, impaziente che lei faccia ritorno finalmente.
Probabilmente qualcuno mi ha ascoltato perché, esattamente nello stesso istante in cui alzo lo sguardo verso l’entrata dell’aeroporto la vedo venire verso di me.
Le lunghe gambe abbronzate che spuntano da un semplicissimo abito corto e blu, i capelli neri, come sempre scompigliati, che svolazzano nella brezza proveniente dal mare, che si infila a fatica attraverso gli spiragli lasciati dai grattacieli, le mani intrecciate sul grembo, il mascara completamente colato, calde lacrime salate che ancora gocciolano sul suo viso e sul collo.
Un sorriso splendido.
Resto a guardarla con le labbra schiuse, mentre decine di domande diverse mi affollano la mente, minacciandomi di mandarmi dritto in manicomio.
Ma tanto mi aspetto già di finire in un ospedale psichiatrico se Cass resterà la mia ragazza. Ma almeno ci metteranno nella stessa cella, spero.
Inaspettatamente, lei fa due balzi e in un attimo sono con la schiena addossata al metallo freddo dell’automobile, mentre le sue braccia sottili mi stringono il corpo e la sua testa è appoggiata ad una mia spalla. Rimango boccheggiante per qualche secondo, poi appoggio una mano sulla sua schiena, accarezzandola lentamente, mentre la sento sospirare profondamente vicino al mio orecchio.
Cosa diavolo le sta succedendo?
Cosa diavolo devo fare io?
-Emh, Cass…tu stai…insomma, stai umh bene?
Riesco ad articolare dopo qualche secondo, ottenendo come unico risultato l’impaziente voglia di picchiarmi da solo per la più grande stronzata che io abbia probabilmente mai detto.
Invece, la sento annuire piano, poi sempre con maggior vigore, mentre si scosta da me e mi guarda finalmente negli occhi.
E’ così bella.
Anche così.
Alzo una mano, appoggiandola ad una sua guancia, e lei ci si appoggia contro, lasciandosi cullare.
-Sicura?
Non riesco a fare a meno di chiederle.
La vedo sorridere ancora di più, mostrando i denti e facendomi accelerare il cuore.
-In realtà sarei ancora più felice se arrivassimo il più presto possibile a casa, devo assolutamente farti vedere una cosa.
Dice con indifferenza forzata, giocando con i laccetti dei miei pantaloni.
Mi costringo a deglutire mentre già sento il sangue affluirmi alla testa.
Ethan…
Mh?
Piantala. Subito.
Mi faccio forza e gonfio le guance senza smettere di guardarla, per poi mandare fuori tutta l’aria in una volta sola.
Poi le apro la portiera e la faccio salire prima di correre al mio posto.
Praticamente schizzo fuori dal parcheggio in retromarcia, rischiando di tamponare l’automobile dietro.
Cassandra viene sbattuta avanti e indietro sul sedile, poi si gira verso di me con la bocca spalancata mentre guido a tutta velocità verso la periferia di Los Angeles.
Devo.Arrivare.A.Casa.
-Ethan?!
Mi richiama, ma io faccio finta di nulla, canticchiando stonatamente una canzone alla radio.
-Ethan!
Urla dopo un minuto lei, indicandomi un’auto sbucata a tradimento da un incrocio e che per poco non ci investe.
Pigio il piede sul freno, facendo stridere le gomme sull’asfalto e facendo sbandare la jeep, prima di fermarmi in mezzo alla strada, staccare le mani dal volante e guardarmele atterrito, come se fossero le colpevoli di qualche indicibile crimine.
Stavamo per fare un incidente.
A causa mia e della mia imperdonabile impulsività.
Solo il pensiero di non avere nessuno a casa tranne me e lei mi aveva fatto perdere la testa, ma che mi prende?
-Ethan, metti in moto, stiamo formando una coda.
Mi avverte Cassandra, con voce dolce.
Annuisco, girando la chiave nel quadro dell’auto e iniziando a muovermi ad una velocità ragionevole, incurante delle macchine che ci sfrecciano accanto suonando il clacson.
Ho la gola secca a causa dell’imbarazzo e della vergogna che provo.
-Non devi preoccuparti, può succedere a tutti di essere sovrappensiero.
Cerca di consolarmi Cassandra, al che la guardo per un istante prima di tornare a concentrarmi sulla strada.
-Non dovevo essere sovrappensiero. Quel tipo poteva ucciderti, sai? Stava venendo addosso alla tua portiera.
Dico con la voce bassa e roca, mentre parcheggio nel vialetto davanti alla casa, come da me preveduto deserta.
Cassandra scende, seguita da me che cerco le chiavi dentro alle tasche dei pantaloni, per poi vedermele penzolare davanti tenute in mano dalla mia ragazza, che mi fissa con un sopracciglio alzato.
-Le hai date a me appena partiti, non ricordi?
Mi riporta alla mente, rispondendo alla domanda che era già affiorata alle mie labbra.
Ma dove cazzo sono con la testa?
La guardo avviarsi alla porta, infilare la chiave nella toppa e girarla un paio di volte prima di aprire l’uscio, facendomi entrare.
Fortunatamente Grayson si è ricordato di accendere l’aria condizionata prima di uscire, così adesso dentro c’è una temperatura fresca, che scioglie le goccioline d’umidità che ti si appiccicano alla pelle dopo quasi quaranta minuti passati sotto il sole di Los Angeles.
Appoggio le chiavi dell’auto sul mobiletto nell’ingresso per poi guardarmi distratto allo specchio sopra di esso.
-Allora cosa devi farmi vedere?
Chiedo girandomi verso Cassandra, che subito imprigiona le mie labbra nelle sue in un bacio che di casto non ha assolutamente nulla.
Immediatamente le mie mani vanno ai suoi fianchi e alla sua vita sottile, per poi scendere lungo le sue cosce e prenderla da sotto le ginocchia. Lei automaticamente si aggrappa con le gambe al mio corpo, inarcando la schiena mentre le bacio piano il collo, salendo le scale con lei in braccio. E’ talmente leggera che sembra di avere in braccio una bambina.
Cazzo.
Mi farà impazzire un giorno di questi, l’ho detto e lo ripeto.
Con un calcio apro impaziente la porta della mia camera, avvicinandomi subito al letto, posandola sopra di esso per poi distendermi sopra di lei, senza pesarle addosso.
Continuiamo a baciarci, mentre le immagini di ieri sera mi riaffiorano alla mente, eccitandomi ancora di più di quanto non sia già.
Le sue mani armeggiano con i bottoni della mia camicia per un po’ per poi slacciarli con foga, mentre le nostre bocche continuano a giocare, accarezzando le labbra e le guance, il mio tocco bollente sulla pelle fresca delle sue gambe.
Finalmente riesce a liberarmi della maglia e anche io trovo a tastoni la zip laterale del suo vestito, che tiro giù tutto d’un colpo, facendo risuonare il rumore stridulo per la casa animata solo dai nostri ansiti pesanti.
Sento che potrei cedere da un momento all’altro, non ho tutta questa pazienza nell’aspettarla, la voglio mia ora, senza nessun preambolo. Eppure, non so come, ma riesco persino a staccarmi dalle sue labbra carnose per aspettare che si sfili l’abito con cura, per evitare che si strappi. Appena, però, lo appoggia sul letto di Grayson accanto al mio, la prendo per i polpacci, tirandola prepotentemente verso di me, suscitandole un gridolino e una risata.
Dio è così incredibilmente bella e sexy ora…
Gli occhi lucidi dal desiderio, la pelle fremente e tesa del ventre, le braccia leggermente aperte, la bocca così stupendamente schiusa, le guance arrossate, i capelli sparsi a ventaglio attorno alla testa.
E, soprattutto, il suo splendido sorriso.
Quello che mi ha fatto veramente innamorare di lei.
Scendo con la testa verso la sua pancia, baciandole la pelle ancora chiara, mentre salgo verso il suo petto, i suoi sospiri che si fanno più pesanti man mano che mi avvicino al suo seno. Poi infilo una mano sotto di lei, sollevandole la schiena verso di me, lasciandola aggrapparsi con le braccia al mio collo, le labbra sollevate in un ghigno.
Sento le sue dita scivolare verso il basso mentre la gola mi si secca e chiudo gli occhi, appoggiando una guancia alla sua spalla, godendomi il suo tocco delicato sulla mia palle accaldata. Un suo pollice scivola sotto al bordo dei miei pantaloncini e li fa cadere a terra, lasciandomi in intimo.
Salgo sul letto insieme e lei, facendola sedere su di me, lasciando che si muova contro il mio basso ventre ormai in fiamme, mentre le mia bocca avida si impossessa di nuovo del suo labbro inferiore, tirandolo, succhiandolo, baciandolo con passione. Poi mi sposto sulle sue guance, pulendo con i baci i rimasugli del trucco colato, che la rendono ancora più belle e pura. Sento con un certo imbarazzo il mio membro che preme contro una sua gamba mentre mi chiedo se lei se ne sia accorta.
Evidentemente sì perché si scosta e mi guarda negli occhi per un lungo istante prima di abbassare lo sguardo sulle nostre gambe. Arrossisco e sto per staccarla da me, quando lei mi posa una mano sul petto, spingendomi con forza verso il materasso per poi salire a cavalcioni su di me, appoggiandosi con le braccia ai lati della mia testa, i suoi capelli scuri a formare una cortina che ci divide da quel mondo che stiamo tagliando fuori da noi.
Resto a guardarla per qualche istante, poi tutto avviene in una successione di movimenti, richieste, baci che mi ritrovo non so come a stare di nuovo sopra di lei.
Siamo entrambi nudi, fisicamente e psicologicamente, ogni maschera è caduta come fa quando siamo solo noi due, e lei è più bella e desiderabile che mai.
Con delicatezza le apro le gambe, posizionandomi meglio sopra di lei, le nostre intimità che si sfiorano appena.
Soffoco un gemito nel disperato tentativo di resistere all’impulso di entrare in lei, e la guardo fisso negli occhi.
Grigi e castani.
Legati da un doppio filo che nessuno può tagliare.
I volti tanto vicini che i nostri nasi si toccano, le ciglia di lei bagnate dai miei baci, la mia schiena già graffiata dalle sue unghie.
-Lo vuoi davvero, Cassandra?
Chiedo serio, disposto a rinunciare a tutto se ciò non è davvero quello che desidera.
-Yes, Ethan, it’s what I really want. Lo desidero dal giorno in cui mi hai baciata, che tu mi prenda tra le braccia e mi faccia tua. Ti amo e non aspetto altro che unirmi a te.
Risponde semplicemente, facendomi tremare il labbro inferiore mentre un suo dito traccia il profilo della mia mascella.
-Ti amo anche io Cassandra.
Faccio per poi baciarla, mentre scivolo dentro di lei.
E facciamo l’amore.
Niente sesso, solo amore.
E con questo intendo i baci lenti sulla bocca, sul collo, sulla pancia, sulla schiena; i morsi sulle labbra e mani intrecciate, occhi dentro occhi.
Intendo abbracci talmente stretti da diventare una cosa sola, corpi incastrati e anime in collisione, carezze sui graffi, vestiti tolti insieme alle paure, baci sulle debolezze, sui segni di una vita che fino a questo momento mi era sembrata un po’ sbagliata.
Intendo dita sulla pelle, creare costellazioni, inalare profumi, il suo profumo, che mi fa perdere la testa e chiudere gli occhi, respiri che viaggiano allo stesso ritmo, cuori che battono insieme.
E poi sorrisi, i suoi più veri che mai.
I miei, sinceri dopo tanto tempo che non lo erano più.
E facciamo l’amore.
Senza vergognarcene.
Perché il nostro amore è arte.
E noi siamo il capolavoro.

 

 

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