The Dark War

di Zagras94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 : Quattro cavalieri e un mare di guai. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 : Cominciamo bene... ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 : Racconti di sangue - Parte uno. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 : Racconti di sangue - Parte due. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 : Il Cavaliere di Fina. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 : Il fato di un Non-morto - Parte uno. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 5 : Il fato di un Non-morto - Parte due - Di Dei e di Fiamme. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO.

 

 

 

Nella vita di un personaggio di videogames, capita di vedere mille cose strane. Badate, non ci si riferisce a semplici e banali avvenimenti appena al di fuori dell'ordinario, tipo un PG che “lagga” per qualche secondo, una texture non reinderizzata o un'interfaccia di gioco bloccata: s'intendono fatti veramente eclatanti, di quelli che ti fanno abbandonare la mandibola in balia della forza di gravità e che ti obbligano a pronunciare le soffocate parole: “Nooooo.... Ma dai!!!”.

Ralph, nella sua distinta carriera di Cattivo del suo videogioco, ne aveva viste parecchie, di cose strane. Aveva visto una volta quello che a sua detta sarebbe stato in assoluto “il più catastrofico, calamitico e catalitico bug della videostoria”, qualunque significato avesse quell'epiteto; aveva assistito alla Prima Fiera dei Cattivi Videoludici indetta nel suo universo digitale, dove Scorpion di Mortal Kombat e Bowser del mondo di Supermario (ovvio che ci fosse il protagonista a dare il titolo...) si contesero il trofeo come Miglior Villain a suon di pugni, palle di fuoco e torte pixellate alla ciliegia in faccia; aveva addirittura vissuto in prima persona una potenzialmente letale diffusione di un particolare virus informatico, chiamato Scarafoide, non molto tempo fa... Una lunga storia, che egli avrebbe sintetizzato in “Ho combinato un pasticcio, l'ho risolto e ora ho un sacco di amici!”.

Sì, Ralph ne aveva viste parecchie, da quando il suo videogame era stato installato nella sala videoludica.

Eppure, niente di tutto ciò avrebbe potuto prepararlo a quello che aveva davanti.

Stava ritto in piedi, gambe divaricate e le mani appoggiate ai fianchi, scuotendo perplesso la grossa testa. Fissava il largo spazio vorticoso di fronte a lui: un colossale “taglio” (poiché non sarebbe riuscito a definirlo diversamente, dato che sembrava non avere tridimensionalità) verticale, lungo sui quattro metri e largo tre, si apriva nel nulla, a mezz'aria come un ologramma, avente al suo interno una sorta di ciclone ad altissima densità che pareva aspirare dentro di sé qualunque oggetto (o persona) gli si fosse avvicinato abbastanza da sfiorarlo; il che gli ricordava troppo similmente le meccaniche di un buco nero....

Doveva essere una giornata come tante: sveglia presto, all'accensione della sala giochi, preparazione per la prima partita del giorno coi restanti protagonisti del suo programma, Felix e gli inquilini di Belposto. Invece, mentre marciava allegro verso il condominio che doveva tentare di distruggere ogni volta, aveva visto alla sua sinistra qualcosa per aria che turbava il paesaggio ed, avvicinatosi, si era trovato davanti... quella roba!

Ovviamente aveva chiamato subito gli altri personaggi e aveva mostrato loro quell'anomalia; ovviamente nessuno seppe trovare una soluzione ed altrettanto ovviamente era sceso il panico. Fingendo un download di contenuti di qualche tipo, avevano sfruttato quella copertura per oscurare il monitor e procedere ad analizzare il problema, chiedendo l'ausilio di validi esponenti degli altri videogames, quali il Dr. Eggman, Pac-man e Link. Fu proprio quest'ultimo, vero esperto di viagghi attraverso lo spazio fisico grazie alla sua ocarina, a suggerire l'ipotesi che quello fosse nientemeno che un portale dimensionale, uno squarcio creatosi o creato apposta per collegare due mondi e permettere lo spostamento nell'uno e nell'altro. A quale mondo portasse quel presunto portale, non seppe dirlo.

A quel punto, Ralph non aveva potuto più attendere oltre: si era diretto nella sala principale del condominio, puntando subito sul terzo quadro della parete di destra, quello grande e brutto da quanti pochi “frame” al secondo aveva. Lo aveva tolto, rivelando un corridoio in discesa, il quale conduceva in una singolare stanza sotterranea. Era piuttosto spoglia, eccezion fatta per una comoda poltrona imbottita con braccioli, un largo tavolo d'acciaio come le pareti e su di esso una sezione ovoidale di vetro incorniciata da legno di rovere intarsiato..... insomma, uno specchio.

Il locale stesso veniva chiamato “Mirror”, giacchè sfruttava per le proprie funzioni le proprietà di quello specchio, copia minore di un originale ben più famoso: il famigerato Specchio delle Brame. Quello era, da qualche decennio a quella parte, il principale metodo di comunicazione in tempo reale dei Disneyani.

Buffo, no? Non solo era uno dei primi antagonisti di una storia ad essere in contemporanea sia il Cattivo che il Buono, ma era persino il primo personaggio la cui natura abbracciava due dei macrocosmi più rilevanti, quasi come se fosse un anello mancante: il mondo d'animazione Disney e il mondo videoludico.

Ralph era sprofondato nella sua poltrona, attivando lo specchio col palmo della sua mano enorme, e aveva atteso che comparissero i collegamenti attivi con i vari frammenti universali.

Aveva sbuffato, vedendo la complessa mappa di legami tra le distopie e ricordandosi quanto ancora gli risultasse difficile comprendere il sistema organizzativo dell'universo Disney: siccome erano tutti parte di un unico sistema d'universo ma con differenze di luoghi, tempi e realtà assai grandi fra ciascun mondo, ogni Disneyano abitava in una particolare “distopia” (un “luogo distorto”) che garantisse l'equilibrio con tutti gli altri frammenti e concedesse insieme piena autonomia d'azione nel proprio. Era simile alla composizione di un alveare: tante piccole cellette unite a formare la struttura, ma ognuna di esse diversa dall'altra.

Non aveva avuto tempo per mettersi personalmente in contatto con ciascun esponente dei frammenti, quindi optò per creare, attraverso lo specchio, un Nebbiogramma (un telegramma composto da parole fumose e a rapido invio) da mandare a tutti. Era stato semplice e conciso, dal momento che ancora non sapeva esattamente cosa aveva fra le mani: “Scoperto stamattina presunto varco dimensionale in mio mondo. Incertezza su rischio derivante. Richiesta di conferma comparsa simili anche da voi o altre anomalie. In attesa di risposte”. Per oltre tre ore, nessuno aveva dato un cenno di vita e infine Ralph, spazientitosi, si era alzato dalla poltrona con un pericoloso cigolio ed era uscito fuori, a prendersi una boccata d'aria fresca per schiarirsi le idee.

Ed era ancora lì, ritto e fisso dinanzi al taglio aereo, con nel cervello a ronzare in tondo senza sosta mille domande e nessuna risposta: cos'era di preciso quell'affare? Se era un portale, dove conduceva? Oppure, cosa avrebbe potuto portare lì? Cose buone? Cose cattive? Nessuna delle due? Sarebbe scomparso così come era venuto? Oppure sarebbe perennemente rimasto lì, come un souvenir di una bizzarra giornata fuori dall'ordinario? Abbastanza quesiti affinchè la mente semplice di Ralph fondesse lentamente.

Le ore erano passate. Nessuna partita quel giorno. Meglio così, sarebbe stato difficile gestire entrambe le faccende. Ormai era sera e le luci erano calate.

Stanco e affaticato, Ralph sospirò in direzione del condominio: avrebbe controllato l'indomani mattina se ci fossero state risposte nella memoria dello specchio, ora era troppo debole di testa per affrontare qualunque novità... Dopotutto, cosa mai poteva succedere di peggio?

Guardò con un mezzo sorriso lo squarcio davanti a sé, quasi divertito da quella anomala, nuova presenza. << Con te me la vedo domani, seccatura! >>, disse a mezza voce, come se stesse scambiando due parole con un interlocutore reale. Poi, girate le spalle alla sua “seccatura”, si diresse a passi spediti verso la sua casa, al suo letto comodo e a tanto, meritato riposo...

In una parte profonda del suo cuore, però, Ralph sapeva, avendo avuto diverse esperienze con gli altri personaggi dei videogames, che proprio quando credi che l'oggetto dei tuoi perchè sembri assumere definitivamente un'aura di sicurezza, quello puntualmente si rivela per ciò che è in realtà: un qualcosa che avresti fatto molto bene a distruggere seduta stante.

Fu questo pensiero a balenargli in testa, non appena, compiuto qualche passo, sentì un sonoro e crescente rombo provenire alle sue spalle, accompagnato da un'altrettanto crescente luce violacea tutt'intorno a lui.

Si voltò subito verso il varco.

Perchè era palese ormai che si trattasse di quello.

Ammantato da una violenta luminescenza purpurea, il vortice interno aveva preso ad accellerare a vista d'occhio la sua rotazione, allargandosi sempre di più verso il centro, finchè non assomigliò in tutto e per tutto ad un buco nero. Un buco nero con una cornice viola e un rumore di dieci lavatrici sgangherate messe assieme, per l'esattezza.

Prima che potesse anche solo formulare una frase di senso compiuto, Ralph notò che al centro stesso del vortice si muoveva qualcosa.

Per la precisione, qualcosa stava entrando!

Dapprima scorse una macchia scura movente, che comprese poco dopo essere una mano guantata di nero; alla mano seguì attaccata la manica nera di un soprabito nero; e al braccio esploratore seguì a ruota il proprietario di esso.

Un uomo alto, molto alto, circa 1,90 metri, vestito in un modo che si sarebbe potuto definire di un'eleganza impeccabile per un funerale: un lungo soprabito nero pece col colletto rialzato e un fiore rosso al petto arrivava fino ai piedi, abbinato in testa con un raffinato cilindro nero con decorazioni d'argento, dando al suo possessore un look vampiresco dell'epoca vittoriana; sotto il manto, un complesso vestiario di cuoio scuro pieno di cinghie rendeva ancora più bizzarro il nuovo arrivato agli occhi di Ralph, specie quando notò che ai lati degli stivali borchiati scorreva una fila ordinata di fini dardi di balestra dorati, disposti con una cura tale da sembrare a prima vista parte stessa dell'armatura.

Ma furono due le cose che più lo colpirono di quello strano individuo. Una era la colossale balestra che teneva appoggiata sulla spalla sinistra come se fosse il suo innocuo e letale giocattolino: un'opera d'arte di legno d'ebano ed argento, con rifiniture in oro e una forma sinuosa e massiccia assieme, formando quella che era una balestra grande quasi quanto quell'uomo. La seconda era il sorriso: un ghigno suadente su di una carnagione pallida come cenere, con le labbra piccole ma non troppo strette, dotate di curve che ricordavano immediatamente l'essenza stessa del divertimento... o la spira liscia di un serpente. Gli occhi erano nell'ombra, nascosti dal cappello, ma dovevano essere allegri come il resto dell'espressione.

Mentre Ralph restava interdetto di fronte alla sua comparsa, lo straniero osservò compiaciuto il paesaggio intorno a sé, annuendo impercettibilmente colla testa. Sembrava aver appena trovato una festa a sorpresa in suo onore e che avesse gradito molto il regalo.

<< Mmmmmh.... Sì... Niente male.... E' un buon punto di partenza! >>.

Poi diresse le sue attenzioni verso il gigantesco antagonista del videogame, come se si fosse accorto solo in quel momento della sua presenza. Curvò la testa dai capelli biondo sporco di lato, come un segugio di fronte ad un'improvvisa novità.

<< E tu, per Juniper, chi saresti? >> chiese allegro.

Ralph deglutì, improvvisamente a disagio. C'era qualcosa di sbagliato in quell'individuo.... Qualcosa di tremendamente sbagliato....

<< Ehm..... R-Ralph... Ralph Spaccatutto. E' il m-mio nome. >>. Fu tutto ciò che riuscì a cavare fuori da quel blocco di pietra che era divenuta la sua gola.

Tuttavia, la risposta stentata del gigante parve essere sufficiente allo straniero. Il suo mezzo sorriso si tramutò in un ghigno a trentadue denti. Trentadue denti bianchi come avorio lucidato.

Da predatore.

<< Ooooooh.... Ma guarda le coincidenze della vita.....>>. Con uno scatto fulmineo, la balestra si spostò dalla spalla al braccio, impugnata e già carica di uno dei dardi d'oro appuntiti. E puntata contro Ralph. << Stavo giusto cacciando te!! >>.

Se Ralph non fosse stato così stanco, avrebbe avuto i sensi abbastanza svegli da permettergli di schivare quell'attacco a sorpresa. Ma, purtroppo, non fu così.

Invece di concentrarsi sulla balestra e sul suo proiettile di metallo, i suoi occhi furono catturati da un particolare.

Qualcosa che il folle uomo portava appeso saldamente alla cintura dei pantaloni di pelle, qualcosa che spiccava su quel mare di nero.

Un globo rosso, grande come un pugno, con al centro un occhio rosso aperto, che brillava in maniera inquietante.

Poi udì lo schiocco del meccanismo dell'arma. Un nanosecondo dopo, un dolore lancinante provenirgli dalla fronte.

Poi, mentre crollava a terra, solo il buio.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 : Quattro cavalieri e un mare di guai. ***


CAPITOLO 1 : QUATTRO CAVALIERI E UN MARE DI GUAI.

 

 

 

Cielo sereno. Lieve brezza marina. Un sole splendente e caldo.

Fu con questo splendido tempo che gli abitanti del regno di Arendelle si svegliarono, in una mattina di metà luglio. Lentamente, dopo aver dato il giusto spazio ad una buona colazione, ognuno di essi si riversò nelle vie della città-stato, donandole quella vita attiva e frenetica che qualsiasi centro urbano, per quanto piccolo sia, possiede caratteristicamente.

Spesso, fra conoscenti ed amici, si scherzava su chi, a causa dei propri impegni, si dovesse destare prima di tutti ogni mattina; l'ortolano al mercato affermava che fosse il panettiere, il panettiere diceva che fossero le guardie di ronda, mentre quest'ultime asserivano ironicamente che dovevano essere i gufi della foresta a batterli. Nessuno di essi, tuttavia, poteva anche solo immaginare che il podio dell'oro dovesse toccare, per una notte, nientemeno che alla loro regina.

Curva, quasi accasciata da stanchezza e stress sulla scrivania di legno di pino montano, Elsa sedeva sulla sedia imbottita dall'alto schienale del suo studio da ormai ben quattro ore, da quando vi si era messa a lavorare nel bel mezzo del cuore della notte. Certo, altre volte era dovuta rimanere sveglia fino a tardi per regolare conti, contratti commerciali e ogni magagna burocratica del suo piccolo, ma fervente regno, oppure si era dovuta levare dal comodo letto ancor prima dell'alba per riuscire a svolgere alcuni compiti anzitempo ad altri; ciononostante, in quei casi c'era sempre sua sorella Anna, attiva e vitale come poche altre creature al mondo, a supportarla moralmente con amore e fisicamente con tazze ricolme fino al bordo di squisita cioccolata calda fondente con aroma di menta piperita (sì, erano due regali sorelle che tracannavano cioccolata bollente nel pieno dell'estate. Normale standard di famiglia). O comunque, quegli impegni extra erano tutti leciti e abbastanza normali.

Niente a che vedere col motivo per cui si trovasse lì in quel momento.

L'aveva fatto in gran segreto, senza farsi notare da nessuno... In parte per non far preoccupare i dignitari di corte di una così singolare anomalia; in parte perchè non sapeva assolutamente dove mettere le mani nel nuovo caso che aveva fra le mani, capace di scatenare il caos più totale ,qualora fosse trapelato.

Vi si era fiondata non appena aveva ricevuto i due messaggi da parte di Ralph. O almeno, il primo Nebbiogramma sicuramente era suo, ne riconosceva lo stile; mentre il secondo...

 

Dormiva leggera... Come pronta a svegliarsi di soprassalto ad affrontare qualche misterioso pericolo in agguato nel buio della sua stanza...

Elsa aveva sempre avuto il sonno leggero e fragile come una lastra di ghiaccio su di un laghetto: anni ed anni di paura, tensioni e isolamento per terrore dei suoi stessi poteri glaciali avevano inevitabilmente lasciato il segno nel suo spirito, anche ora che tutti l'avevano accettata ed amata per come fosse, senza sotterfugi o menzogne. Erano trascorsi un paio d'anni dagli avvenimenti che l'avevano portata a quella rivoluzione totale: l'inverno potenzialmente perenne di Arendelle che lei stessa aveva scatenato, l'amore incondizionato di Anna che l'aveva cercata e salvata, il tentato regicidio del principe Hans delle Isole del Sud, il successivo ritorno di lei sul trono... Sembrava fosse trascorsa un'eternità da allora, forse complici gli intensi e numerosi momenti che l'avevano occupata tra famiglia, regno e recupero di intrattenimento personale.

Uno dei nuovi impegni che dovette regolare negli ultimi tempi era stata la costruzione, in una stanza nascosta della sua camera da letto, di quella bizzarria del “Mirror”, cosa tuttavia necessaria in quanto lei era la rappresentante del suo frammento dimensionale. Quando aveva dato il via alla sua creazione, aveva costantemente creduto che sarebbe stata più una stanza speciale tutta per lei, per poter conoscere altre principesse e regine, piuttosto che un mero mezzo di comunicazione politica o sociale.

Dovette ricredersi amaramente, quella notte di luglio.

Si svegliò di soprassalto, tendendo immediatamente l'orecchio alla ricerca del rumore che lei era certa averla destata dal suo lieve riposo. Dopo neanche una manciata di secondi, lo udì di nuovo: un sommesso trillio a tre toni squillanti, come di campanelli di cristallo messi a grappolo e poi scossi. Sapeva cos'era, l'aveva già udito diverse volte: era il segnale del suo personale specchio per segnalare l'arrivo di una richiesta di contatto. Guardò, ormai del tutto sveglia, l'orologio a pendolo sulla parete di destra, il quale segnava con le sue due dita d'acciaio decorato le ore 2:30 di notte.

Chi può mai essere tanto folle da chiamare ad un orario altrettanto folle?”, pensò Elsa, mentre stringeva la sua vestaglia color acquamarina con un cordino e si dirigeva all'armadio a doppiofondo che portava alla stanza segreta. Certo, sapeva che le varie distopie disneyane, pur essendo parte a conti fatti di uno stesso universo, avevano fusi orari differenti a seconda del luogo in cui si trovavano, ma era anche vero che da sempre esisteva l'accordo reciproco di attendere determinate fasce orarie decenti per contattare gli altri, qualora si trattasse di faccende banali e...

Un campanello d'allarme scattò nel cervello acuto della ragazza, intanto che varcava il pannello mobile del doppiofondo e si incamminava verso il “Mirror”. I rappresentanti delle distopie erano stati, fino ad allora, molto ligi ed attenti a questo tipo di regole, e non le avrebbero infrante per una frivolezza qualsiasi.

Perciò i casi erano due: o a contattarla non era un altro rappresentante, bensì qualcuno che si credeva un buontempone.... o quella era una chiamata d'emergenza.

I suoi timori vennero confermati non appena arrivò alla fine del breve corridoio e vide lo specchio nella stanza: all'interno della cornice bianca di frassino, il vetro pulsava di una luce soffusa rossastra, accompagnata a ritmo dal trillo segnalatore. Il manuale che aveva studiato tempo fa sul funzionamento del mezzo di comunicazione parlava chiaro: le chiamate con luce blu sono semplici, quelle con luce gialla di importanza media, mentre quelle rosse sono di priorità assoluta.

Con l'ansia che seguitava a montare nel suo petto assieme al battito cardiaco, Elsa accorse allo specchio e appoggiò subito la mano sulla sua superficie, in modo da permettere l'effettivo collegamento e di conseguenza lo scambio di visione. Fece giusto in tempo a leggere le parole fumose che l'avvisavano che la chiamata provenisse dal mondo di Ralph Spaccatutto, uno dei frammenti più recenti insieme al suo. Poi il riflesso del vetro si illuminò a mò di schermo, mettendo in mostra l'interlocutore.

Dall'altra parte, col fiato corto, c'era il co-protagonista del videogame di Ralph, Felix Aggiustatutto. Aveva gli occhi sbarrati e terrorizzati, colmi di un sentimento di paura che nasce da una preda cosciente di essere braccata. Il suo berretto blu firmato colle sue iniziali era rovinato sulla visiera da un ampio squarcio, come se una spessa lama avesse tentato di macellarlo. Gran parte della camicia da lavoro azzurra era lercia di sangue, sangue fresco, che si era anche riversato poco a poco sui pantaloni. L'unico suo equipaggiamento che pareva essere rimasto intonso era il suo adorato martello dorato, dotato della magica proprietà di aggiustare qualunque oggetto toccasse; e in quel momento Felix lo stava stringendo convulsamente colla mano destra al petto, come farebbe un bambino col proprio peluche preferito.

<< E-Elsa!!! Elsa!!! Grazie a Dio!!! Te-Temevo c-che non avresti mai risposto!! >> gridò il piccolo uomo digitale, a metà tra l'euforia e una crisi isterica.

La regina di Arendelle fissava con la bocca semiaperta quello spettacolo disturbante, incredula su quel che vedeva e con un miliardo di domande che sbocciavano violente nel suo cervello. Solo in quel momento, inoltre, si accorse dei forti rumori che sembravano provenire da fuori della stanza “Mirror” di Ralph: grida, esplosioni, qualche sparodico clangore di metallo e – avrebbe poi giurato di esserselo immaginato – una risata acuta e folle in lontananza, piena di divertimento. << Felix!!!! Cosa diamine sta succedendo!?!? Cosa sono questi rumori? Perchè sei completamente sporco di sangue!?!?!?!?!? >>.

Un velo di depressione pura passò sugli occhioni dell'Aggiustatutto, mentre chinava lentamente il capo ad osservare il rosso che predominava sull'azzurro del suo vestiario. << Il sangue.... L-La signora Deanna... Oh mio dio.... Come hanno potuto... >>. Grosse lacrime stavano per sgorgare a fiotti lungo le gote di Felix. Poi le pupille s'illuminarono, come se si fosse appena ricordato una commissione importante. Alzò di scatto la testa verso lo specchio e verso Elsa, ancora più confusa e sconvolta di prima. << Ascoltami, Elsa, ASCOLTAMI! Non ho molto tempo ormai. E' solo questione di minuti prima che finiscano coloro che non sono scappati in tempo e vengano a cercare ME!! >>. Nonostante volesse interrompere quella specie di incubo orrendo con altre domande e quesiti, Elsa si costrinse a mordersi l'interno della guancia e ad annuire. Sapeva riconoscere una situazione di estrema emergenza, quando la vedeva. E quella era senza ombra di dubbio pericolosissima.

<< Hai ricevuto il primo messaggio di Ralph? Sì?? No?? Ooooh, ma che importa, è tutto finito ormai... Sono.... Sono comparsi da quel maledetto taglio, quel portale! A decine, a centinaia!! Sono comandati da uno strano individuo, un uomo alto vestito di nero con un cilindro e una balestra colossale, e il suo sorriso.... Oddio, IL SUO SORRISO..... Con quel ghigno ha dato ordine di attaccare, e loro.... hanno iniziato a massacrare ogni persona o animale che incontravano sul loro cammino! Tutto ciò che si muoveva!! Metà dei... dei comdomini non è scappata in tempo... Le spade... Il sangue... Il bagliore rosso e i corpi che diventavano secchi come prugne.... >>. Felix respirava a malapena, mentre vomitava una parola dopo l'altra, quasi per timore che gli mancasse all'improvviso il coraggio di farlo. << Il loro capo... Non so perchè abbiano compiuto un simile massacro, ma l'ho sentito chiaramente dire che quello era solo l'inizio! Che presto.... “ognuno di questi deboli regni cadrà in mano nostra”! >>. In preda al panico, afferrò colle mani lo specchio, a simulare l'afferrare le spalle di Elsa, e lo scosse violentemente. << Arriveranno, Elsa!!! Contatta tutti gli altri!!!! Preparatevi!!! Addestrate soldati, fortificate le città, arruolate mercenari, qualsiasi cosa, per l'amor di Dio, ma FATELO!!!!!! O verrete tutti sterminati!!! >>.

Elsa non potè più trattenere il suo silenzio. La paura ormai l'aveva completamente invasa, un terrore che aveva provato solo quando aveva accidentalmente rivelato i suoi poteri al mondo o quando aveva per errore ferito Anna, durante la loro infanzia. E, di fronte a quel nuovo orrore, non poteva scappare un'altra volta.

<< Felix, ho capito che sei spaventato, ma mi servono più risposte!! Chi sono questi invasori?? E dov'è Ralph, soprattutto??? >>

Il piccoletto cominciò a piangere a dirotto, soffocato dai singulti. << R-R-Ralph... L-Lui... E' stato i-il p-primo a-a trovarsi da-vanti al portale.... Temo c-c-che n-non... >>. Un forte rumore provenì alle spalle di Felix, facendolo sobbalzare gridando: il suono di una porta che viene fatta a pezzi mano a mano.

<< ARRIVANO!!!! SONO QUI!!!!!! Elsa, proverò a scappare, se tutto andrà bene ci rivedremo nel tuo frammento dimensionale, tanto il mio è come se non esistesse più ormai!!! In caso contrario, procedete nel vostro piano di difesa!!! Addio!!! >>. Detto questo, scattò via dalla poltrona imbottita della sua stanza e sparì dalla vista dello specchio e della ragazza, presumibilmente verso un'uscita segreta di qualche tipo.

Elsa balzò in avanti, alzando la voce e tentando di richiamare invano l'amico dallo schermo, nel tentativo morboso di saperne di più...

Poi ammutolì, impallidendo di colpo: accorsi di gran lena dal corridoio laterale che portava alla stanza, erano giunti tre guerrieri spaventosi. La loro armatura, d'acciaio lucido e bianco ma a tratti schizzata da sangue vermiglio, era modellata a guisa di ossa umane, con il pettorale uguale ad uno sterno e alla cassa toracica, le scanalature sui gambali e sui guanti d'arme che ricordavano falangi e tibie, mentre ai volti, coperti da cappucci laceri di una sottoveste nera, portavano maschere metalliche a forma di teschio così realistiche da far venire la pelle d'oca alla giovane regina. E sicuramente, quegli occhi rossi fiammanti nelle orbite e le loro spade larghe inzuppate di sangue non contribuivano affatto a migliorare la visione.

Elsa non aveva mai visto prima, quei mostruosi cavalieri; Elsa non aveva mai letto di loro, né aveva potuto sapere in tempo da Felix il loro nome. Ma una cosa la capì, soltanto vedendoli attraverso lo specchio: quei sanguinari invasori erano portavoci di una abissale oscurità.

Il guerriero centrale del trio la notò, facendo segno ai suoi macabri compagni della sua presenza e parlando fra loro in una lingua sconosciuta e gutturale, ridendo cupi; poi, si avvicinò, brandì la spada a due mani e, con un unico, possente fendente verticale, fissando un'Elsa paralizzata dal terrore negli occhi con i suoi scarlatti, ridusse in mille pezzi lo specchio comunicativo, tagliando ogni contatto.

 

Elsa le aveva provate tutte, prima di correre al suo studio. Aveva provato a contattare ogni singolo altro frammento per poter dare l'allarme, ma aveva constatato con disperazione che tutti i tentativi di contatto fallivano miseramente, segno che in qualche modo erano stati tutti isolati completamente: non una chiamata, non un Nebbiogramma riuscivano a passare indenni sulla rete d'invio e tornavano dritti al mittente con una nota di “invio non riuscito”! Aveva consultato il manuale di funzionamento, ma nessuna delle soluzioni suggerite dal libretto pareva risolvere quel problema catastrofico. Alla fine, colma di frustrazione, si era gettata sull'unica cosa che poteva fare in quel momento: ricercare ed indagare su quei mostri.

Ed aveva cercato a lungo, scavando a fondo in quasi ogni libro che custodiva nella piccola libreria lì presente; aveva consumato le pagine a forza di rileggerle, letto e riletto ogni frase e parola stampata e rilegata, e probabilmente aveva perso talmente tante diottrie in quelle quattro ore di studio frenetico da garantirle dei nuovi occhiali da vista per tutta la vita. Il risultato fu sempre lo stesso: niente. Niente di niente. Non un cenno, nemmeno una sillaba sull'argomento. Quindi si era lasciata cadere stremata sulla scrivania.

Fu destata dal suo abbiocco sfibrato da un leggero bussare alla porta.

<< Elsa? Sei tu? Sei già sveglia di prima mattina? >>. La regina di Arendelle riconobbe, nonostante la stanchezza, la voce inconfondibilmente vivace ed allegra di Anna, sua sorella. << Mmmm.... Sì, sono io, entra pure... >>.

La porta si aprì, rivelando la raggiante figura di Anna, sorridente come sempre. Alla vista dell'invece pessimo stato della maggiore, la sorella si preoccupò immediatamente delle sue condizioni. << Oh cielo, Elsa!! Da quanto sei in piedi?! Hai due occhiaie che potrebbero cancellare tratti di matita!!! >> esclamò, avvicinandosi a lei e tastandole la fronte per vedere se avesse la febbre, quasi fosse una malata terminale. << Sto bene, Anna, ho soltanto svolto delle ricerche per degli... impegni di stato... >> << Ah, non pensare di cavartela così, sorellona, sono settimane che ti riduci ad uno straccio per vari documenti da controllare, beh non uno straccio da corte, bello pulito, intendevo più un pezzo sporco e scadente, di quelli che si sbriciolano appena li sfreghi, infatti la tua faccia.... >>. Il fiume di parole di Anna venne prontamente interrotto dalle dita sottili di Elsa, mosse a scudo sulle sue labbra, ben conscia che, se fosse stata sguinzagliata, la sorella sarebbe stata in grado di sproloquiare ininterrottamente per venti minuti buoni. Un duro colpo, per l'imminente emicrania della regina.

<< Anna, te lo garantisco, sto bene. Mi riprenderò velocemente, come tutte le altre volte... >>. Poi sorrise benevola. << Ma grazie lo stesso per preoccuparti di me >>. Anna la cinse in un abbraccio stritolatore (quella ragazza non si rendeva mai conto della sua energica forza!), faticosamente ricambiato dall'altra. << Oooooh, non smetterò mai di preoccuparmi di te, sorellona!! >>.

Restarono così, strette con la testa sulla spalla dell'altra, a ristorarsi d'affetto per una manciata di secondi, che ad Elsa, provata dalle recenti novità, parvero anni interi di paradiso. Fu Anna a staccarsi, di nuovo nel suo consueto umore solare. << Giusto, quasi dimenticavo! Ti stavo cercando per avvisarti che io e Kristoff andiamo a fare un picnic mattutino a Boscoverde, qui vicino. Una deliziosa abbuffata di tramezzini al salmone affumicato, paste dolci e tanti, tanti cioccolatini!! Fantastico!!! >>. Detto questo, si diresse piroettando verso la porta, già pronta a raggiungere il suo fidanzato montanaro e la loro uscita romantica.

Ad Elsa tornarono immediatamente alla memoria i recenti avvenimenti che l'avevano portata in quello studio a consumarsi la mente fino allo stremo. << A-Anna!!! >> la richiamò spaventata la sorella. << Promettimi solo che starete attenti, là fuori, ti prego! Qualunque cosa succeda! >>.

Anna si fermò appena un attimo sullo stipite dell'ingresso, voltandosi verso di lei con ingenua sicurezza. << Oh, dai, Elsa! Stiamo solo andando nei boschi di Arendelle, non in guerra! Cosa mai potrebbe succedere di male? >>.

 

 

 

 

 

<< Ecco, lo sapevo: ci siamo persi! >>.

<< Oscar, piantala di lamentarti! >>.

<< Ma perchè abbiamo dato la guida a te? Ma perchè proprio a te??? >>.

<< Perchè l'ho deciso io!! E adesso, se la finisci di parlare a vanvera, risparmia il fiato per camminare! >>.

Nel folto della foresta di Boscoverde, abbastanza lontano dai sentieri da mantenere fitto il sottobosco, quattro bizzarri individui marciavano in fila indiana verso una meta non bene definita, tagliando rami e cespugli ingombranti e creandosi una strada improvvisata per orientarsi. O almeno per tentare di farlo.

<< Spiegami allora, Lautrec, come mai non siamo ancora giunti in vista di quella città, o perlomeno di un maledetto sentiero che non sia ricoperto di felci! >>. A parlare era stato il secondo in successione, Oscar, un cavaliere dalla blusa color blu intenso coi bordi ricamati di tessuto dorato, stretta alla vita da una cintura colma di tasche da viaggio e l'elsa di una spada lunga che spuntava dal fodero decorato. Un intero braccio, il sinistro, era ricoperto da una solida armatura a placche d'acciaio, dotata di un caratteristico spallaccio grande e rotondo, mentre il destro presentava un guanto di cuoio rinforzato che proteggeva tutto l'avambraccio; stivali corazzati a placche scalanate, un elmo da cavaliere con visiera abbassata e uno scudo medio a mandorla blu con sopra, dipinto in oro, uno stemma araldico floreale molto raffinato completavano il suo equipaggiamento.

Quanto ad uno dei suoi compagni, Lautrec, il capofila nonché fonte delle lamentele del ragazzo, era anch'egli un cavaliere, ma totalmente diverso da Oscar, per carattere ed armamento. Innanzitutto, Lautrec era completamente protetto da un'armatura completa di color bronzo dorato, dalla forma piuttosto curiosa: per molti tratti scalanata, presentava al petto due “braccia” metalliche che percorrevano il torso dell'uomo in due diagonali perpendicolari, le quali parevano abbracciare dalle spalle l'insolito cavaliere; e sulle sue spalle, dei curiosi spallacci dotati di corte sbarre di bronzo borchiato incorniciavano la figura del guerriero. Le stesse sbarre che si trovavano anche sopra il suo elmo a torre dalla visiera traforata, disposte tutto intorno al capo, quasi a simulare una grezza corona.

Lautrec sbuffò nella sua proverbiale indolenza. << Oooooh, insomma, quante storie! Abbiamo visto dalle montagne sia la città straniera che il tragitto, no? E lo stiamo appunto percorrendo! Abbiamo raggiunto lo stagno alla base del monte.... >> << Sì... >> rispose cinico Oscar. L'altro continuò imperterrito: << Poi abbiamo svoltato verso ovest, finchè non abbiamo trovato la roccia bianca levigata.... >> << Già.... >> disse Oscar poco convinto. Lautrec indicò sicuro un albero morto. << E questo è quell'inconfondibile albero a forma di forchetta!!! >>. Oscar gemette esasperato. << Lautrec, abbiamo visto quel dannato albero almeno CINQUE VOLTE!!!!!! >> << Ovvio! Vi sto facendo ripassare il percorso in modo tale che ve lo ricordiate tutti! >> rispose con nonchalance l'altro.

Oscar scosse la testa, facendo cigolare l'elmo. << Perchè non ammetti di aver smarrito la direzione? Non è così grav- >> << NO!!! Ne va del mio orgoglio di cavaliere!! >>. Il cavaliere blu sospirò rassegnato.

<< Suvvia, ragazzi, guardiamo il lato positivo: questa foresta non è tanto fitta da impedirmi la vista del mio amato sole!!!! >>.

I primi due cavalieri si voltarono verso il terzo membro della fila, guardandolo senza alcuna speranza. << Solaire.... >> mormorarono in coro.

Quest'ultimo li guardò, raggiante di fiducia, dalla fessura ampia del suo elmo a torre di ferro, dotato sulla destra di una lunga piuma dritta rossa. Di tutto lo sparuto gruppo di guerrieri lì presenti, Solaire era quello più positivo di carattere e quello meno equipaggiato d'armamento: eccezion fatta per una discreta cotta di maglia che rivestiva tutto il corpo e di un paio di schinieri di solido ferro, il restante vestiario del cavaliere si riduceva ad una blusa semplice di colore bianco con spallacci di tela verde, la quale portava sul tessuto molti segni di battaglie e di usura del tempo; sopra di essa, abbastanza grande da occupare tutta la zona del petto e del ventre, vi era ricamato un sole stilizzato dalle lunghe lingue infuocate rosse disposte tutt'intorno al centro, giallo e con un volto umano grezzamente realizzato, come se quel sole fosse una persona in tutto e per tutto. Lo stesso sole che era dipinto sull'ampio scudo rotondo ligneo che teneva appeso sulla schiena, con sfondo bianco e i bordi rinforzati di metallo, mentre colla mano destra il guerriero impugnava fiero la sua amata Spada del sole, una raffinata spada lunga ben conservata, nonostante gli anni e gli scontri in cui avesse prestato servizio, e molto affilata.

Lautrec borbottò qualcosa a proposito del perchè si fossero portati dietro quel pazzo; poi si rivolse a lui con tono irritato. << Per la millesima volta, Solaire: a nessuno di noi interessa della tua passione per il sole, eccezion fatta per quell'idiota di Oscar. >>. << Ehi! >> disse quest'ultimo leggermente indignato.

<< Sbagli di grosso, caro Lautrec, a non riporre la tua fede nel sole! >> contrattaccò Solaire. << Il sole è una forza meravigliosa! Come un magnifico padre!! >>. Alzò ispirato lo sguardo ai raggi luminosi che filtravano dalle fronde degli alberi, illuminandolo. << Ah, se solo potessi essere... >> << “…. così tanto incandescente”. Sì, lo sappiamo, Solaire... >> concluse il cavaliere dorato, in totale rassegnazione verso quel raggiante caso perso.

Oscar si diresse al fianco di Solaire, mettendogli il braccio libero dallo scudo attorno alle spalle del compagno di tante avventure. << Dai, Lautrec, non puoi non ammettere che diventare un Guerriero del Sole non comporti dei notevoli vantaggi! E poi, è un Patto onesto ed onorevole... >> disse il cavaliere in difesa dell'amico.

Alle loro spalle provenì una voce profonda ed affaticata, seguita poco dopo dal corpo di chi aveva parlato. << Oh-oh!! Concordo con Oscar! Anche se non sono un credente, ammiro i seguaci del Sole e sono sempre i benvenuti, ovunque vadano! >>. Lautrec ammiccò divertito verso il quarto ed ultimo membro del gruppo. << Ben arrivato, Siegmeyer! Cominciavo a darti per disperso! >>.

Il quarto cavaliere sbuffò, indispettito dal poco velato commento del compagno nei confronti della sua stazza. Già essere un cavaliere di Catarina comportava essere spesso soggetto ad ironie: la sua armatura completa, fatta del miglior acciaio in circolazione, aveva delle curiose forme a strati e sovente semisferiche, utilissime per deviare colpi di lama e proteggere il portatore, ma disgraziatamente aveva anche una netta somiglianza con una cipolla (da qui il nomignolo di Sir Onion) e ciò non giovava alla sua immagine. In più, Siegmeyer era piuttosto sovrappeso, nonostante gli eccellenti muscoli, perciò non passava giorno in cui qualcuno non lo prendesse in giro per questo o quell'altro aspetto. E dire che era tutto fuorchè un cavaliere innocuo: l'armatura di ottima qualità da una parte e il colossale spadone Zweihander, che reggeva sulla spalla destra pronto ad essere usato, dall'altra erano un buon incentivo a pensarci due volte prima di farlo infuriare! E se ciò non bastasse, il suo fidato parma d'assalto, dotato di una punta acuminata e altamente perforante, sapeva diventare un perfetto strumento sia di difesa che d'attacco.

<< Bah! Sorvoliamo queste ragazzate! Lautrec, per piacere, portaci fuori da questa selva. Non vedo l'ora di potermi riposare e bere un goccio dalla mia fida compagna! >> disse, dando delle affettuose pacche alla fiaschetta di liquore che portava nel borsello sul fianco.

Solaire lo osservò benevolo e paziente. << Siegmeyer, dovresti andarci piano con il tuo spirito festaiolo, lo sai... >>. A quelle parole, il cavaliere di Catarina buttò la testa all'indietro e scoppiò in una grassa risata, facendo sobbalzare l'elmo cipollino. << Ahahahahahahahah!!!! No, mio buon amico, niente e nessuno mi impedirà di assaggiare questa chicca rara! >> disse indicando la boccetta d'alcool. << “Miele di drago”, liquore famoso del Delta!! Annata degli albori dell'Era del Fuoco! Dolce al palato come caramello, ustionante nelle budella come le fiamme di una grande viverna! AH! >>.

<< Aaaah, sìsì, ne ho sentito parlare persino alla mia casa, ad Astora! >>. Oscar s'intromise nel discorso, improvvisamente interessato all'argomento. << Da noi degustiamo prevalentemente vini, ma ogni tanto passano anche queste specialità straniere! Ho sentito dire che un sorso di quel torcibudella curi più malanni di una bevuta di Estus! >>.

Solaire ridacchiò divertito. << Però! Varrebbe la pena testare se le voci sono vere! >> Ed entrambi osservarono avidi il borsello del compagno. << Ah, no! Sciò, via dalla mia fiaschetta, felloni ed approfittatori! >> disse Siegmeyer con finta offesa, agitando buffamente il parma e scatenando l'ilarità dei suoi amici, Lautrec compreso.

<< Basta, ragazzi! Ci divertiremo non appena saremo giunti a quella dannata radura d'intermezzo. Poi, riprenderemo il viaggio verso la città. Ora, in marcia! >>. Il gruppo annuì verso Lautrec e, tornati in fila e in ordine, ripresero a camminare.

Alla guida fin troppo fiduciosa del cavaliere a capofila, il quartetto si ritrovò a vagare in tondo per ben altri venti minuti, finchè, oltrepassati alcuni alberi di conifere, misero piede in quella tanto agognata radura che segnava il raggiungimento di metà del loro percorso.

Lautrec si diresse verso il centro dello spazio aperto, guardando intorno a sé con le mani ai fianchi e l'aria soddisfatta; quindi, si girò verso il resto della compagnia, che si trascinavano ansanti, stanchi e sfiniti, e disse allegramente: << Visto? Che vi dicevo? Ridendo e scherzando, siamo giunti a destinazione! >>

Oscar si gettò a terra supino, respirando l'aria a pieni polmoni. << Seeee, “ridendo e scherzando”.... Anf.... Piuttosto.... “imprecando e bestemmiando”, a-altrochè! Uff! >>.

Noncurante delle frecciate del compagno, Lautrec cominciò a cercare e a raccogliere in giro delle pietre delle dimensioni di un pugno, che di seguito prese a disporre in una forma rotonda e chiusa. Nel frattempo, mentre Oscar ancora si stava riprendendo dalla folle marcia, Solaire si era piazzato sulla cima di un grosso masso in una posa eroica, con lo sguardo levato al cielo a contemplare il caldo sole estivo e sussurrando “Il mio sole....”, e Siegmeyer si era comodamente seduto alla base del suddetto macigno a gustare il suo liquore d'annata accompagnandolo con un po' di carne secca dalle provviste. Finito di disporre in cerchio le pietre, Lautrec si tolse dalla schiena la sua sacca da viaggio, l'aprì e cominciò a rovistarci dentro in cerca di qualcosa che tirò fuori poco dopo: una corta spada arrugginita dall'aspetto anonimo.

Oscar, notando lo strano strumento, si rialzò e si avvicinò incuriosito. Era certo che Lautrec non avesse avuto con sé quella vecchia lama, prima che.... beh, prima che finissero per qualche assurda ragione catapultati in quel mondo estraneo. << Lautrec, ma che stai facendo? A che ti serve quella spada? >>.

Quest'ultimo lo osservò fiero dalla visiera del suo elmo, prendendo con due mani un involto di tela scomposto dalla sua sacca. << Questa, caro Oscar >> disse con voce fiera << è la chiave per la nostra sopravvivenza! >>. E detto questo, rovesciò il contenuto dell'involto dentro il cerchio di pietre: un cumulo di ossa umane.

Oscar osservò stupefatto, incapace di dire una parola. Persino Solaire e Siegmeyer misero da parte le loro faccende personali ed accorsero ad assistere.

<< Lautrec! Le ossa, la spada.... Stai... Stai pensando di fare.... >> farfugliò Sir Onion.

Il cavaliere dorato annuì orgoglioso. << Sì, Siegmeyer: grazie a me e al mio acume, potremo accendere un Falò! >>.

Solaire lo squadrò di rimando, notevolmente colpito. << Ma... Intendi, QUEL tipo di falò? Non uno normale? Davvero puoi farlo? >>.

<< Esatto, Solaire, intendo creare un Falò di Lordran, che ci permetta di ripristinare le energie e di non diventare vuoti! >>. I due cavalieri fecero un profondo “Ooooooooh” d'ammirazione. Soltanto Oscar era rimasto muto, ad osservare il mucchio di vecchie ossa che era stato ben disposto nel frattempo da Lautrec. << Allora, Oscar, che ne pensi? >> chiese quest'ultimo.

Dopo un secondo di riflessione, il cavaliere di Astora chiese, sospettoso: << Lautrec.... Queste non sono ossa di non morto provenienti dal nostro mondo. Sono umane. Lì ci sono teschi, teschi umani! Dove cavolo li hai presi?? >> << Ah sì, sulle montagne dove siamo stati trasportati c'erano dei tumuli di pietre, li ho aperti e ho preso tutto. >> << CHEEE???? >> gridarono in coro i tre guerrieri, esterefatti.

<< Lautrec, questo è profondamente amorale! >> lo rimproverò Solaire, mentre Siegmeyer scuoteva la testa. << Dovrei prenderti a sculacciate per questo! >>.

Oscar incalzò. << Lautrec, quelle ossa probabilmente erano persone, prima.... >>.

Ma l'altro, in una perfetta aura di menefreghismo, rispose: << Nah, non ha importanza, ormai sono morti... >>. Detto questo, prese la spada corrosa dal tempo e la piantò dentro il mucchio di salme. << Vedrete, ragazzi, che grazie a me, il prode Lautrec di Carim, potremo presto riprovare il piacevole calore delle fiamme di un Falò!!! >>. Quindi, eretto in una posizione solenne, impose la mano sinistra appena al di sopra del pomo della spada, concentrandosi.

Attimi di intenso silenzio, colmo di aspettative, speranze e tensioni, si sparsero nell'aria intorno ai quattro eroi degni di un'Armata Brancaleone, secondi lunghissimi che si riversarono come gocce di pioggia nel fiume delle sabbie del tempo, tramutandosi in minuti che duravano ere intere.

Poi, dopo cinque minuti, Lautrec tolse la mano e affermò stizzito: << No, non funziona. >>.

<< Noooooo, ma daiiiiii! Ma veramente?? Ma tu pensa, non l'avrei mai immaginato che quella che stavi facendo fosse tutta una cazzata! >> commentò con sommo sarcasmo Oscar, incrociando le braccia al petto e scoccando un'occhiata eloquente al cavaliere di Carim.

Questi, irritato, lo fulminò collo sguardo. << Non è possibile, è in tutto e per tutto uguale a quelli dalle nostre parti, ho addirittura messo delle pietre attorno! >> << Lautrec, quelle lì non sono nemmeno ossa di non morto, sono tarocche! Inoltre noi non sappiamo un bel niente di che genere di rituali ci siano dietro la creazione dei Falò!!! >> << Ah, bene! Visto che Mister Sapientone di Astora qui presente sa come si fa un Falò, dimmi, cosa occorre??? >> << Occorrerebbe che dentro il tuo elmo di bronzo ci fosse una testa dotata di un cervello!!! >> << IDIOTA!!!!! >> << FIGLIO DI UN DEMONE TORO!!!!!! >> << CAVALIERE D'ELITE DELLE MIE PAL- >> << SANTO GWIN!!!! SEI PIU' TESTARDO DI QUEL FURFANTE DI MIO FRATELLO!!!!! >> << AVANTI, DIMMI COSA MANCHEREBBE AL MIO FOTTUTO FALO', RAZZA DI - >>

<< A questo falò manca indubbiamente una donna. >>.

I due litiganti si bloccarono all'improvviso, ognuno con le dita infilate nella visiera dell'altro, voltandosi a guardare ammutoliti colui che aveva parlato: Solaire.

<< Che? >> disse Oscar.

<< Cosa? >> disse Lautrec.

Il Guerriero del Sole sospirò, come un padre paziente di fronte al litigio dei suoi figli per un gioco nuovo. << Quel falò, autentico o meno, che sia, non si accenderà mai, se non portate qui prima una Guardiana. >>.

Gli occhi di Lautrec si illuminarono di uno sguardo carico di comprensione, insieme a quelli colpiti di Oscar. << Giusto.... Ma è ovvio! La Guardiana del Falò! >>.

<< Solo le Guardiane possono accendere, alimentare e tenere viva la fiamma di un falò. Senza di loro, dopotutto, essi cessano di funzionare, spegnendosi. E ciò è un chiaro segno del profondo legame tra i falò e quelle donne speciali! >> concluse Solaire con magistrale solennità.

<< Porc... E' vero, maledizione! Me n'ero completamente scordato! Lautrec, scusa se mi sono... >>. Oscar si voltò verso il punto al suo fianco dove doveva esserci il compagno, ma non vide nessuno. Girò su se stesso, vedendo Lautrec di spalle che, a grandi passi, si dirigeva verso una parte inesplorata della foresta. << Ma, Lautrec, dove stai andando? >>.

Il cavaliere dorato parlò senza neppure voltarsi. << Non ho tempo per queste cose, ho... alcune faccende da sbrigare. Tornerò presto, spero. Ah, Siegmeyer! >> e qui si voltò verso il cavaliere e gli puntò un dito contro. << Mi raccomando, monta le tende! >>.

Per poco il povero guerriero non cascò a terra dallo stupore. << Cosa??? Ma-ma perchè, ho già portato fino a qua le provviste di tutti, per un tratto di strada lunghissimo... >>.

<< Ci vediamo dopo! >> salutò Lautrec, inoltrandosi spedito nel folto degli alberi.

Siegmeyer, basito, si sedette pesantemente sul masso della radura, mormorando sconsolato sulla sua sciagura. Oscar ancora fissava il punto dove il compagno era sparito, domandandosi quale piano scellerato avesse in mente. Poichè i piani di Lautrec comprendevano sempre un grasso contorno di guai per tutti loro!

<< Non trovate che sia una magnifica giornata di sole? >> chiese raggiante Solaire, nel suo personale tentativo di risollevare gli animi.

<< Sì, Solaire.... sì.... >> risposero i due in un coro sommesso.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 : Cominciamo bene... ***


CAPITOLO 2 : COMINCIAMO BENE...

 

 

 

Nonostante il suo nome suggerisse l'idea di un piccolo spazio verde areoso, con sottobosco poco fitto e luce abbondante, Boscoverde era in realtà una vera e propria folta foresta d'ampia distensione, la quale ricopriva con i suoi innumerevoli alberi di pino (gli stessi abitanti del regno non avevano mai saputo dire con esattezza quanti di preciso) una zona a nord-est tra la capitale e le immense Montagne Bianche, confinando ad ovest col Mare Settentrionale e i dolci fiordi e spiaggie e ad est con una serie di colline brulle ma non aspre, definite Rocciocolli; all'interno della selva scorrevano, come tanti piccoli affluenti di un grande fiume, una serie di sentieri e percorsi di medie e piccole dimensioni, di cui alcuni addirittura semisconosciuti, tutti congiunti tuttavia ad un'unica grande strada principale, la quale percorreva come una lunga biscia la parte centrale di essa. Tale via era ben conosciuta e battuta sia dalla popolazione locale sia da eventuali viaggiatori stranieri, tanto che era ben livellata e sgombra di ostacoli, sicura, abbastanza larga da consentire un eventuale traffico affollato di persone, animali, carri e merci, ma soprattutto con ben quattro punti di ristoro realizzati strategicamente lungo il percorso, sfruttando fonti d'acqua sotterranee naturali in piccole radure al limitare della strada.

Mentre la piccola slitta-carrozza di Kristoff, trainata da una bella coppia di cavalli adulti ed allenati, avanzava con calma lungo tale cammino, Anna non poteva smettere di osservare l'ambiente attorno a sé e di continuare a ripetersi quanto quella fosse una giornata praticamente perfetta: il tempo era meraviglioso, con poche nuvole ed un sole estivo caldo, il cui effetto afoso era tuttavia mitigato da una lieve corrente fresca proveniente da nord; fiori selvatici di vari tipi, sebbene fosse ormai passata da tempo la primavera, persistevano a sbocciare nei prati delle radure e fra l'erba sul ciglio della strada, complice la protezione offerta dalla foresta sui ritmi naturali, regalando un leggero profumo floreale a più fragranze; ma soprattutto, benchè fosse una giornata tanto limpida, la foresta era pressochè sgombra da ogni viandante, lasciando ai due innamorati un livello di pace ed intimità che raramente avrebbero potuto avere in un luogo come quello.

Kristoff, dal canto suo, sorrideva sereno mentre conduceva i cavalli alla guida del suo mezzo, donatogli proprio da Anna come “rimborso assicurativo” per avergli sfasciato la prima slitta che possedeva ed usava per il suo lavoro da tagliaghiaccio: questa era invece un modello appena creato, verniciata di color verde muschio e fatta di legno tek, il legno durissimo dell'India, lavorato direttamente dai falegnami reali del mondo di Aladdin e Jasmine; i due amici lo avevano realizzato come dono non appena Anna, nei suoi lunghi discorsi, aveva accennato al problema del fidanzato, cosicchè ora il caro montanaro biondo si trovava con una carrozza smontabile e componibile, capace di convertirsi in pratica slitta e viceversa, sufficientemente ampia da caricare ben più di due persone alla volta. Inutile dire che la sua rossa fidanzata ne approfittò immediatamente per organizzare innumerevoli gite.

<< Oh Kris, è tutto così.... così.... fantastico!!! >> squittì deliziata. << Quanto manca al laghetto? Non vedo l'ora di poterti far assaggiare i miei tramezzini, sai, li ho fatti colle mie mani, mentre pensavo a te, infatti ne dovrei avere due o tre che sono stati fatti seguendo la forma della tua faccia.... Oddio, non che la tua faccia sembri un tramezzino, solo che... >>

Il montanaro scoppiò in una fragorosa risata, prima di voltarsi e dirle di non preoccuparsi. << Anna, rilassati: è un picnic, non un lavoro! E poi, sai bene che ogni cosa, cucinata da te, acquista un sapore stupendo! >>. Anna arrossì leggermente, poi diede un pugno amichevole alla spalla del fidanzato. << Stupido, dolcissimo venduto... >> disse ridacchiando.

Fu così, tra un racconto interminabile della rossa e qualche battuta del biondo, che la coppia raggiunse pochi minuti dopo la loro meta: un laghetto all'interno della foresta, non molto grande e paradisiacamente placido, dotato di alcune ninfee naturali sparse qua e là e di un folto salice piangente, radicato proprio su di una riva dello specchio d'acqua; ovviamente, questo era il loro posto preferito.

Dopo aver lasciato il carro poco distante e sciolto i cavalli in modo che potessero brucare un po' d'erba, i due fidanzati stesero una semplice tovaglia sul terreno ed iniziarono a ricoprire quest'ultima di svariate leccornie: frutta fresca assortita e tagliata a fettine, prosciutto salato (portato da Kristoff, giacchè Anna in quanto di sangue reale non poteva chiedere nelle cucine “tali rozze e villiche pietanze”, come affermava la cuoca), un tortino di verdure, un vassoietto di pasticcini vari e gli immancabili tramezzini al salmone di Anna.

Mentre si gustavano senza troppe cerimonie questi manicaretti (una cosa dei picnic con Kristoff che adorava Anna era proprio la licenza dall'etichetta), i due presero a discorrere degli avvenimenti dell'ultima settimana.

<< Sai che Balimund, il fabbro della città, ha intrapeso una serie importante di esperimenti? >> << Mfno, mnon lo sfafevo! Fuolle effere un alchmnsta? >> bofonciò la rossa a bocca piena di pasticci al cioccolato. << No, intendevo esperimenti di forgiatura, più pratici. Vuole provare a creare una nuova lega metallica, malleabile come il piombo ma leggera, da usare per gioielli e decorazioni artistiche! Spera così facendo di dare lustro al suo nome e, di riflesso, contribuire a rafforzare i nuovi legami commerciali di Arendelle! >>

Anna deglutì tutto (un po' a fatica) ed esclamò: << Ma è perfetto!!! Se riesce nel suo intento, potremo coprire il buco lasciato quando abbiamo tagliato i ponti con il duca di Weselton!! >> << “Mr. Riportino”, giusto? >> disse ironicamente Kristoff, alludendo al nomignolo affibiatogli dalla fidanzata. Anna cominciò a ridere a crepapelle, ricordando il suo primo incontro col duca e l'assurdo ballo che quest'ultimo aveva intrapreso con lei (la mossa dello “scimmione” non si scorda).

La risata contagiò di getto anche il ragazzo, che non poteva non sentirsi felice davanti alla vitalità della sua amata. Una volta scemata la ridarella, si stese sull'erba soffice e continuò. << Certo che questi due anni sono passati in un lampo, vero? >>. Anna soffocò momentaneamente l'ilarità e lo osservò curiosa. << Voglio dire... sembra solo qualche mese fa che ci siamo imbarcati insieme nell'avventura di salvare Arendelle dall'inverno e tua sorella da se stessa... E come se non bastasse, dopo aver risolto quello, ci sono state mille cose da sistemare: la risanatura delle colture dall'improvviso gelo, i nuovi legami commerciali e politici, senza contare le feste, i lavori e la manutenzione del regno... >> e qui si voltò a guardarla. << Insomma, decisamente due anni pieni d'attività per tutti, no? >>.

<< Sì, decisamente. Ognuno degli abitanti della città si è messo immediatamente a rimboccarsi le mani per salvaguardare la propria casa. Elsa, soprattutto, ha subito preso con massima serietà il suo ruolo di regnante, prodigandosi ogni giorno attivamente e in prima persona di pressochè qualsivoglia problema che potesse affliggere Arendelle! >> disse Anna sorridendo, mentre ripensava a tutte le giornate di lavoro insieme, dove lei, oltre a fornirle aiuto pratico, riusciva sempre a risollevarle il morale. Poi corrugò leggermente la fronte. << Sai, anche stamattina si è alzata prestissimo per lavorare... >>.

Kristoff addentò con gusto il tortino, che puntava dall'inizio del picnic per il suo ripieno di carote. << Beh, come quasi ogni giorno da un anno a questa parte, immagino si sia abituata... >> << No, Kris... stavolta era diverso. >>. Gli occhi di Anna assunsero una luce preoccupata, di una riflesso cupo. << Non stava trattando i normali problemi del regno, ne sono certa. >>. A quelle parole, il montanaro si sollevò a sedere, volgendo ad Anna uno sguardo a metà tra il curioso e l'ansioso; poteva anche essere perdutamente innamorato di lei, ma ciò non significava che non provasse sincero affetto e rispetto nei confronti della sorella.

<< Io.... Non so di preciso cosa stesse cercando... ma quando sono andata a salutarla, prima di partire, ho sbirciato sui tomi che aveva accumulato sulla scrivania... Erano tutti vecchi libri trattanti leggende e cronache del nostro mondo, e alcuni persino degli altri frammenti: c'era addirittura il “Compendio dei più rilevanti avvenimenti storici dei tre millenni”, dello storico Armandus Von Strauss. E ricordo bene che Elsa ha sempre detestato leggere quel libro! Sfido io, con tutti quei resoconti noiosissimi... Comunque, sembrava proprio che avesse passato la notte a cercare affannosamente qualcosa, qualcosa di decisamente importante, e a giudicare da com'era tesa e abbattuta temo non abbia cavato un ragno dal buco. Kris.... Giuro che non l'ho mai vista così... >> concluse mesta.

Il ragazzo comprese subito cosa stesse angustiando in particolare Anna, ossia il suo tarlo personale. Dopo anni di separata convivenza tra le due sorelle, lo stravolgente salvataggio e la loro solo recente riunione, Anna aveva avuto un unico, grande desiderio: non abbandonare mai più Elsa, qualsiasi cosa accadesse e qualsiasi cosa facesse; e per ottenere ciò, era determinata ad aiutare la sorella in qualsivoglia problema dovesse affrontare, per farle sapere con parole e coi fatti che, per lei, ci sarebbe sempre stata. E ora che Elsa stava affrontando l'apparentemente più grave magagna degli ultimi anni, lei si sentiva in rischio d'inutilità, mentre lo spettro della lunga solitudine passata tornava ad affiorare la superficie della memoria.

<< Anna, ascolta: io non conosco la vita di corte, l'impegno di un regnante o la difficoltà dell'organizzare uno stato; dopotutto, sono solo un montanaro... >> disse strofinandosi la nuca con la mano destra, in un momentaneo impaccio. << Tuttavia, una cosa di certo la so: tu sei utile ad Elsa. Sempre, in ogni momento, e lei sempre saprà di poter contare su di te. Lei ti vuole bene, così come tu ne vuoi a lei. Quindi non preoccuparti: sono sicuro che andrà tutto per il meglio! >>.

Anna annuì, e non riuscì a contenere una piccola lacrima d'orgoglio, sentendo quelle parole. Era questo quel che più di ogni altra cosa (oltre agli addominali) l'aveva fatta innamorare di Kristoff: lui non usava mille parole per esprimere i propri pensieri, come faceva lei; anzi, era semplice e diretto, arrivava al punto senza girarci intorno, e allo stesso tempo sapeva trasmettere in ogni singola parola tutta la sincerità e la volontà celate sotto l'apparente scorza dura da “uomo del monte”.... E lei non poteva che amarlo....

<< Oh, Kris.... >> cominciò a dire commossa. << E' proprio per questo che io ti- AHIO! >>. Anna scattò in piedi, portandosi veloce una mano dietro al collo.

<< Tu mi.... che? >> chiese l'altro, leggermente interdetto.

La rossa sbuffò indispettita, tastandosi dalla nuca alle spalle. << Cavoli, deve avermi morsa un tafano.... >>. All'improvviso anche Kristoff proruppe in un “Ah!” dolorante ed infastidito, mentre anche lui cominciò a massaggiarsi il collo.

<< Diamine, pure tu? Beh, immagino sia uno dei difetti dell'aver scelto uno specchio d'acqua per... >>. La mano di Anna incontrò coi polpastrelli qualcosa di lungo e peloso attaccato al collo e si paralizzò dall'ansia, sudando freddo. “Oddiooddiooddio, ho una bestia gigante e rivoltante sul col...”. Poi si accorse che era tutta in verticale e rigida. “...lo?”.

Spinta più dalla sua naturale curiosità che respinta dal suo disgusto per gli insetti pelosi, Anna afferrò la presunta bestia con tutta la mano e, tirando un poco, la staccò. Poi, con sempre maggiore ansia, la tenne davanti a sé per vedere....

…. che quella cosa non era affatto un tafano, bensì una piccola freccetta piumata, ricavata da un giunco; la quale ricordò essere un proiettile di una....

“M-Ma... perrrchè mi sento cosììì stordiiitaaaaa....?” pensò Anna, osservando con occhi che si facevano man mano più stanchi Kristoff, il quale teneva fra le mani una freccetta uguale alla sua, ma era già bello che svenuto a terra.

Senza più energie per resistere, stare in piedi o anche solo ragionare, la ragazza s'accasciò sulla tovaglia del picnic e sui tramezzini al salmone irrimediabilmente rovinati, scorgendo con la coda dell'occhio, prima di perdere conoscenza, una figura umana uscire da un cespuglio.

 

 

 

 

<< SIA LODATO IL SOLE!!!! >>.

Sulla cima della roccia in mezzo alla radura, in equilibrio sulle punte dei piedi, Solaire stava volgendo lo sguardo in alto, verso il cielo e il suo sole brillante, mentre eseguiva un perfetto Rito di Lode al Sole, colle braccia alzate a V. Sembrava quasi brillare...

<< Solaire, per gli dei, vieni giù a terra. Sembra quasi che tu possa cadere da un momento all'altro! >> disse Oscar, osservando scettico l'amico “sunbro” mentre stava comodamente seduto sull'erba, non molto distante dal falò farlocco di Lautrec.

<< Non temere, caro Oscar: la fede nel Sole mi sostien- >>. Voltandosi a parlargli, il guerriero del sole si sbilanciò di lato. << Oh capperi!! >> urlò, agitando le braccia. Mise un piede in fallo sulla pietra e finì col ruzzolare giù dal masso come una palla, prima di atterrare di schiena sul manto erboso sottostante. << Ahio... >> gemette.

<< Oh sì, vedo.... un magnete umano, invero!! >> ridacchiò divertito l'altro, levandosi poi per aiutare l'amico a rialzarsi da terra.

<< Zzzzz.... Rooonf..... Oh-oh! Cos'era tutto quel baccano? >>. Siegmeyer si svegliò di soprassalto dal suo pisolino, schiacciato vicino alle tende restando stoicamente in piedi e senza appoggi al di fuori delle proprie gambe, secondo la maniera di Catarina.

<< Nulla, Solaire si è sfracellato al suolo mentre lodava il sole in cima al masso. >> rispose l'altro ironico verso l'amico. Siegmeyer fece una risata colla sua voce profonda, intanto che si avvicinava al duo, con la costante compagnia del fido spadone. << Beh, nulla di straordinario allora! Solaire combina almeno un guaio a settimana, risulta secondo solo a Lautrec in fatto di problematiche. >>. Poi si rivolse direttamente al guerriero solare. << Sai, compare, sei sempre stato un tipo troppo avventato! >>.

Solaire si rialzò in piedi con fare arzillo, come se cadere da cinque metri ruzzolando giù da un masso non gli avesse arrecato il minimo danno. Ed in effetti era proprio così. << Non ti preoccupare, amico mio, non è niente: questo robusto corpo ha assorbito impatti ben più violenti di questo!! Ahahahah!!! >> disse, allegro come al solito. << Oh, e a tal proposito, sono stato momentaneamente stordito dalla botta, oppure a consigliarmi di prudenza è stato colui che nemmeno due mesi fa ha caricato in battaglia una cinquantina di esseri vuoti armati, e che l'ha fatto a mani nude? >>.

Ser Cipolla saltellò imbarazzato da un piede all'altro. << Uff, insomma, non farmi la paternale: quello era diverso! >> << E come, di grazia? >> rincalzò l'altro. << Beh, innanzitutto la Zweihander era bella che incastrata nel cranio di quel demone, poi il parma d'assalto era legato alla mia schiena, quindi.... >>. Vedendo ridacchiare gli altri due compagni, Siegmeyer si accigliò. << E comunque li avrei potuti anche far fuori tutti da solo, se voi non vi foste messi in mezzo!!! >>. Oscar smise di sogghignare e annuì divertito. << Vero, vero, non ti serviva il nostro aiuto... Dopotutto, eri solo completamente circondato e ne avevi pure quattro aggrappati addosso! >> << Ma avevo spaccato il collo a ventitrè di loro prima di ciò!!! E mi sarei di certo liberato!!!! >> rispose animoso il cavaliere, fra le risatine egli amici.

Stavano ancora discutendo con relativa tranquillità su se e come il catarinese avrebbe potuto salvarsi dalla loro passata lotta (portando al suddetto la malsana voglia di sbatacchiare il piatto dello spadone in testa ad entrambi), quando all'improvviso tutti e tre sentirono qualcosa che fece tacere le loro risate e volgere gli sguardi sotto gli elmi verso un limitare della radura: un lontano rumore di frasche ed arbusti spostati, il quale andava via via a farsi più nitido e vicino.

Svelti e guidati dal loro istinto guerriero, i tre compagni si misero in posizione di guardia nella direzione da cui pareva provenire il fracasso: Oscar e Solaire sguainando le spade e levando uniti i loro due scudi, Siegmeyer impugnando a due mani l'enorme spadone e puntandolo in posa da scherma.

I secondi parvero minuti, e i minuti parvero ore, venendo dilatati dalla percezione tesa dei tre guerrieri, ansiosi di incontrare faccia a faccia colle armi in pugno qualsiasi minaccia stesse arrivando di corsa verso il loro accampamento....

…. per poi veder spuntare al di sopra di alcune alte felci la sagoma inconfondibile dell'elmo coronato di Lautrec, che arrivava verso di loro di buona lena.

Gli altri tirarono un sospiro di sollievo e si rilassarono, rinfoderando le spade e attendendo il quarto membro del gruppo. << Diamine, Lautrec, avvisaci da una debita distanza del tuo arrivo! Per poco non ti abbiamo scambiato per un... estraneo?? >> iniziò a dire serio Oscar, venendo però ammutolito e stupefatto da ciò che, sorretta tra le braccia del cavaliere dorato e precedentemente occultata alla loro vista dalle felci, il loro compagno stava trasportando: una giovane ragazza dai capelli rosso-castano divisi in due trecce e dal volto rotondo e colorito.

Lautrec rallentò la corsa non appena raggiunta la radura, alzò il capo e si fece avanti verso i tre cavalieri stupiti, dicendo fiero: << Ragazzi, gioite!!! Ho finalmente trovato una Guardiana!! Finalmente possiamo accendere il nostro falò!! >>.

<< CHEEE???? >> esclamarono increduli gli altri.

Il cavaliere dorato si avvicinò ancora di più al trio, fermandosi davanti a loro in modo tale che vedessero la fanciulla. << Esatto, amici! Mentre voi eravate qui a grattarvi il segno oscuro colla punta delle vostre lame, io, il grande Lautrec di Carim, ho risolto ancora una volta la situazione!! Grazie, grazie, niente applausi.... Ora, con l'aiuto di questa donna, potremo avere un porto sicuro in questo mondo! >> concluse orgoglioso, fissando i tre compagni. Poi, con passo deciso, si diresse verso il falò d'ossa e spada, seguito a ruota dagli altri.

<< Ma, L-Lautrec.... sei sicuro che stavolta funzionerà? >> chiese agitato Siegmeyer da dietro. << Certo, Sieg! Stavolta abbiamo una Guardiana del Fuoco, sicuramente si accenderà! >> rispose l'altro con fiducia.

Solaire si pose invece a fianco del cavaliere e osservò la ragazza per sincerarsi che stesse bene. << In nome del Sole, Lautrec, questa fanciulla è svenuta! Avrà bisogno di cure!! >> << Non c'è tempo adesso, Solaire, riceverà aiuto dopo! La nostra priorità attuale sta nell'accendere il falò e legarci ad esso! >> << E a proposito di questo, posso sapere come hai intenzione di fare? >> chiese dubbioso Oscar dall'altro lato.

Lautrec si fermò davanti al mucchio di ossa infilzate dalla vecchia spada, guardando il terreno intorno con cura. << Mah, non saprei, credo che basti appoggiarla qui, da qualche parte accanto.... >> << E' una ragazza, Lautrec, non un comodino! >> ribattè secco il cavaliere blu. Poi si fece più scuro. << Inoltre.... non ci hai ancora detto dove diavolo l'hai incontrata e come si chiami. >>. Il cavaliere di Carim appoggiò la piccola guardiana sul suolo proprio a lato del falò, sistemandola con cautela su di un fianco. << Le chiacchiere e i dettagli a dopo! Adesso... >> e qui si erse fiero in tutti i suoi 1,80 metri d'altezza e colle mani ai fianchi. << Adesso.... è il momento della verità! >>.

<< Bene, Oscar, ora accendi tu il falò! >>. Questi si voltò a guardare stupito il compagno. << Che? No no no no no, l'idea è stata tua e tu la porti a termine! Non fare lo scaricabarile, Lautrec! >> << E' meglio che sia tu a provarci, Oscar, piuttosto che me! Prima non ha funzionato, ricordi? Ora abbiamo una Guardiana e quindi, a scampo di errori dell'ultimo momento, preferisco che il falò lo accenda tu! >> rispose concitato l'altro. Sia Lautrec che Solaire e Siegmeyer ora osservavano Oscar con sguardi carichi d'aspettativa solenne. << Le nostre speranze sono tutte riposte in te, amico mio... >>.

Oscar guardò ognuno dei suoi compagni, sentendo montare dentro sé quella sensazione che si prova quando persone a te care ti affidano la loro fiducia su qualcosa di vitale: un misto di angoscia, fierezza e ansia. Sapeva di doverlo fare, in onore del suo titolo di cavaliere e in riconoscenza della volontà dei tre amici di fidarsi di lui, eppure...

Deglutendo nervoso e avvicinandosi al falò, osservò un'ultima volta la ragazza sdraiata a terra, prima di compiere qualsiasi azione. “Mpf. Bizzarro... sembra così tenue e fragile.... mi ricorda tanto Anastacia... >> pensò il cavaliere blu, sorridendo dietro la celata del suo elmo.

Poi, tese la mano sul falò.

Con uno schiocco secco ed improvviso, dalle ossa crepitarono un turbinio di scintille gialle e rosse che si misero a danzare nella culla dell'aria, mentre dalle ossa ora incandescenti si levava una vivace fiamma viva, brillante e confortante come un faro, la quale fece spalancare gli occhi dei quattro avventurieri e li fece prendere respiro per esultare di gioia genuina....

…. o almeno, questo è ciò che ognuno di loro si aspettava che accadesse.

Dopo una ventina di secondi di mano tesa e di passaggi dello sguardo del restante trio tra il falò, il braccio di Oscar e la testa di quest'ultimo, il suddetto disse desolatamente: << Ehm... Non succede nulla, ragazzi. >>.

<< MALEDIZIONE, OSCAR!! E DIRE CHE PER UN ATTIMO CI HO CREDUTO PER DAVVERO!!!! >> proruppe esasperato Lautrec.

Il cavaliere blu guardò un po' imbarazzato i suoi compagni, di cui due sospirarono rassegnati e gli fecero cenno di non preoccuparsi, mentre il terzo poco mancò che lo rincorresse per tutta la radura a calci nel sedere.

<< Ragazzi, davvero, non so che dire.... Mi sono anche concentrato, ma non ho avvertito nulla.... >> << Questo perchè sei un idiota!!! Avrei dovuto fare tutto io, come prima!! >> rispose Lautrec, visibilmente alterato. Oscar, udendo quelle parole, s'accigliò. << Scusa, ma non eri tu che dicevi: “meglio se lo fai tu, ho fiducia in te con tutto me stesso, ci rimettiamo tutti in te”? >> << ERA UNA FINTA, PORCA TROIA!!! Volevo scaricare i rischi su di te, qualora qualcosa fosse andato male coll'accensione del falò!! >> << AAAAAH, PURE??? Non t'è bastato farci provare quei funghi a cena lo scorso mese per vedere se erano velenosi, adesso mi usi come cavia????? >>.

<< Ohi.... la testa.... >>.

Sia il battibecco tra i due cavalieri sia ogni tentativo di mediazione che stava per partire dai restanti si bloccarono all'improvviso. All'unisono, tutti e quattro gli elmi scattarono verso la fonte del lamento.

Anna si era messa a sedere sull'erba, massaggiandosi le tempie e assumendo sul volto una smorfia di fastidio; poi, alzando gli occhi, vide i quattro bizzarri individui che la fissavano taciturni e immobili, come paralizzati. << Ma che.... Chi siete voi? >>.

Il primo a scuotersi dalla paralisi improvvisa fu Oscar, che celere accorse ai piedi della ragazza, dove si inginocchiò con un movimento elegante (frutto di anni di servizio e pratica presso le corti di Astora) e le porse educatamente la mano guantata di cuoio. << Signorina, la prego di scusarci qualora i nostri apparenti rozzi metodi di discussione vi abbiano messa a disagio. Permettetemi di supportarvi nel mettervi in piedi. >>. Nonostante la naturale perplessità di ritrovarsi di fronte uno sconosciuto in armatura completa dai modi cavallereschi, quando l'ultima cosa che ricordava era un allegro picnic con Kristoff, Anna accettò l'invito del misterioso guerriero dalla blusa blu, facendosi educatamente accompagnare a mano mentre si alzava in piedi.

Oscar la osservò, attento che fosse a posto. << Si sente bene? >>. Anna annuì, sentendo l'emicrania e lo stordimento andare affievolendosi. << Sì, grazie, sto megl- >>.

<< Non pensare che abbiamo finito, Oscar!!! Non mi risulta che tu abbia sputato quei funghi, allora, e non vedo perchè tu debba fare una tragedia adesso!!!! >> esclamò a gran voce Lautrec, facendo sobbalzare la povera rossa. Il cavaliere di Astora sbuffò e si volse verso l'amico: << Insomma, Lautrec, non mi pare il momento di continuare il nostro battibecco in presenza della signorina.... Ah, giusto. Perdonatemi, Milady, ma non conosco il vostro nome. >> disse ad un tratto Oscar, rivolgendosi alla ragazza, la quale si era timorosamente allontanata di un passo dal gruppo.

<< Oh! >>. La richiesta dello sconosciuto la prese un po' alla sprovvista. << Beh, Anna. Mi chiamo Anna. >>. La ragazza colse, attraverso la fessura visiva dell'elmo, un paio di occhi azzurri illuminarsi amichevoli da parte del cavaliere che aveva compreso chiamarsi Oscar.

<< Anna? Un bel nome davvero, per una Guardiana del falò!! >> disse costui allegro.

Anna spalancò gli occhi guardando il cavaliere e il resto del suo gruppo. << Cosa?! Scusatemi, ma cosa sarebbe esattamente una Guardiana? >>.

Oscar sussultò incredulo al sentire la sua domanda, fermandosi immobile a fissarla con una mano sospesa, come a voler iniziare un discorso che tuttavia non usciva di bocca; poi si rivolse verso il suo compagno, il cavaliere dall'armatura dorata, ed esclamò: << Lautrec!! Ma non avevi detto che costei era una delle Guardiane? Chi è questa ragazza? >>.

Quest'ultimo si mise a braccia conserte e sbottò, facendo spallucce: << Chi, questa tizia? Boh, non lo so. >> << Ma come sarebbe a dire, che non lo sai? >> esclamò di filato l'altro. << Insomma, l'hai portata qui tu, non dirmi che non sapevi nemmeno il suo nome... >>.

Il cavaliere dorato dapprima sbuffò; poi, si mise a borbottare fra sé; infine, levando le braccia al cielo in un gesto di stizza, disse a voce alta: << MA INSOMMA, COSA VUOI CHE NE SAPPIA IO, SCUSA, L'HO INCONTRATA PURAMENTE PER CASO NELLA FORESTA!!!! >>.

Il gelo.

Oscar stava osservando il compagno come se questi avesse appena affermato di voler intraprendere una campagna militare contro i draghi a colpi di stracchino. << L-L'hai.... L'hai incontrata... p-p-per caso? >>.

<< Lautrec, ma l'hai rapita??? >> chiese incredulo Solaire.

Il guerriero di Carim mostrò le mani in segno di scusa, leggermente a disagio. << Ma... Ma no, dai, non si può parlare di vero e proprio rapimento, era lì col fidanzato e non stavano combinando nulla di serio.... >> Anna sentì un tic nervoso all'occhio. << Aspetta.... QUINDI SEI STATO TU A NARCOTIZZARE ME E KRISTOFF CON QUEI DARDI DA CERBOTTANA???? >> esclamò senza prender fiato, con un tono stupefatto e furibondo insieme.

<< Oh, miei dei.... Ma perchè a noi? Ma perchè proprio a noi???? >>. Oscar si portò entrambe le mani sulla testa, cadendo in ginocchio con un lamento esasperato.

Solaire si piazzò con le braccia ai fianchi di fronte a Lautrec ed sbottò: << Finora mi sono trattenuto nel rimproverarti, Lautrec, ma stavolta non transigo: sappi che sei sempre stato un gran malandrino!! >> << E tu hai sempre parlato come un idiota, Solaire! >> rispose l'altro.

<< Io.... Non posso crederci, Lautrec! Siamo in questo.... posto da meno di quarantotto ore.... E TU HAI GIA' COMMESSO UN CRIMINE!!!!! >> disse Siegmeyer, afferrando Lautrec per le spalle e scuotendolo come un panno da asciugare.

Mentre Siegmeyer cercava di rendere Lautrec di una consistenza pari a quella di un uovo strapazzato, Solaire tentava inutilmente di fermarlo ed Oscar si teneva la testa sulle gambe mormorando come un mantra “No no no no no no no....”, Anna si sentiva male dalla marea di domande che sentiva salirle al cervello: dov'era lei, in questo momento? E dov'era Kristoff? Stava bene, o gli avevano fatto del male? Cos'era questa storia delle “Guardiane del falò”? Perchè era stata narcotizzata? E perchè quei quattro assurdi personaggi indossavano armature che lei avrebbe giurato d'essere state usate almeno secoli addietro? Da dove venivano? Ma soprattutto....

<< Ma voi chi cavolo siete??? >> urlò Anna, sovrastando con la voce della disperazione il baccano creatosi e rivolgendo a loro un paio di occhi lucidi e supplichevoli di risposte sul viso arrossato.

Ancora una volta, il gruppo di cavalieri tacque e smise di dare spettacolo, consci del fatto che la ragazza meritasse una spiegazione. Confabularono fra di loro in cerchio per qualche secondo, poi si volsero tutti verso di lei.

<< Crediamo sia più che lecito offrirvi una presentazione, Milady. >> affermò con una certa solennità Oscar. Ciascuno dei cavalieri, quindi, si presentò a lei.

Poi ognuno di essi, con accuratezza e praticità, slacciò i ganci del proprio elmo e se lo tolse. Così Anna potè finalmente vedere in faccia i suoi strambi e apparentemente involontari rapitori.

Come aveva ben visto dalla fessura del suo elmo, Oscar aveva gli occhi azzurri, ma non un comune colore ceruleo: erano più un blu del mare profondo, dalla tonalità scura verso il centro e molto vivace ai bordi della retina, decorando in maniera squisita e totalmente in sintonia col colore della sua veste due occhi di taglio orizzontale e di media grandezza. Portava corti capelli neri, leggermente spettinati, lasciando la fronte pulita così come le orecchie rotonde; un naso dritto, dal profilo nobile, divideva due guance glabre tese, ma al contempo dai lineamenti delicati, gli stessi che scendevano a formare un mento rotondo e solo leggermente a punta, sopra il quale stava una piccola bocca dalle labbra sottili. Insomma, un volto che Anna avrebbe definito... principesco.

Lautrec invece, il suo rapitore, conservava nel suo volto una certa linea di durezza dell'estetica del suo armamento: anch'egli portava i capelli neri, come Oscar, tuttavia essi qui erano lunghi fino alle spalle e disposti in una cortina scura e liscia tutt'intorno alla testa, divisi com'erano nel mezzo; coprivano completamente le orecchie (perciò Anna non potè controllare se la sua teoria per cui dovesse avere, in quanto persona antipatica, le orecchie a punta di diavolo fosse vera) e un poco gli angoli dell'ampia fronte, la quale due rughe di preoccupazione sopra due sopraccigli molto marcati. In effetti, se Oscar dimostrava un'età intorno alla ventina, Lautrec ostentava un'immagine del buon trentenne maturo che era: due occhi scuri, come due sfere di onice pura, erano incastonati in profondità e in forma piccola dentro due orbite segnate da occhiaie di lunghe veglie notturne in turni di guardia, mentre al centro del viso spiccava un naso dal dorso prominente e un po' largo, ma ugualmente perfetto; esso sembrava un monte, in mezzo alle guance sufficientemente scavate dell'uomo, le quali presentavano appena un accenno di peluria non rasata di recente. Un mento fortemente marcato, una bocca sardonica dalle labbra piene e due linee nette degli zigomi completavano il quadro.

Voltandosi a vedere colui che le si presentò col nome di Solaire, Anna non potè non rimanere ammirata dalla complessiva radiosità che pareva emanare il suo volto: dei lucenti e lisci capelli lunghi color grano-oro erano raccolti in una coda elegante che gli arrivava fino alla base del collo; la fronte, completamente libera salvo per qualche piccola ciocca ribelle, scendeva maestosa fino e due sopracciglia dalla forma sinuosa e raffinata, sotto i quali stavano gli occhi più luminosi, felici e radiosi che Anna avesse mai visto, di un castano color del legno dei mobili di corte, leggermente stretti, eppur parevano così grandi.... Solaire possedeva, come potè notare facendo un rapido confronto, lo stesso tipo di naso di Oscar, dritto e nobile, solo qui un poco più lungo; tuttavia non avrebbe saputo dire se fossero fratelli. Due guance rotonde, così simili a quelle di Anna, scendevano gioconde a formare un mento rotondo e poco spesso, con sopra una larga bocca sorridente di fiducia

e dalle labbra sottili. Un volto che la ragazza, non con un certo stupore, si ritrovò subito ad apprezzare molto.

Quanto a Siegmeyer, beh..... già da come le si era presentato, ridendo e offrendole un cordiale d'amicizia (cordialmente rifiutato da lei, dato che non aveva mai bevuto alcool in vita sua), Anna aveva dedotto che si sarebbe imbattuta in una faccia festaiola: i capelli del cavaliere di Catarina, molto ben conservato per i suoi quarant'anni, erano tirati tutti all'indietro in un'ordinata cascata selvaggia di castano scuro, arrivando sin sulla nuca e parte del collo, mentre ai lati fra le ciocche facevano capolino due orecchie grosse e leggermente a sventola; una bassa fronte era seguita da due folte sopracciglia e da due fieri occhi rotondi marrone chiaro con sprazzi di verde, donandogli uno sguardo costantemente divertito e al contempo duro come l'acciaio. Un grosso nasone, buffo e dalla forma decisamente camusa, apriva come uno spartiacque dalle larghe narici un volto molto pieno e molto rotondo, quasi a guisa di palla, se non fosse per un mento deciso che sembrava una piccola roccia in quel mare di curve; una bocca larga, dotata di labbra piene e carnose, e sormontata da curati baffetti sbarazzini confermava l'idea che si era fatta Anna: una persona divertente, buffa ed affidabile!

Fu così che vide per la prima volta i quattro sconosciuti. Non poteva neppure immaginare che di lì a poco, dopo l'affermazione che gli fece Oscar e la decisione di lei di accettare le loro scuse, la vita sua, di Elsa, di Kristoff e di chiunque altro sarebbe stata sconvolta per sempre.

<< Signorina Anna, noi siamo quattro cavalieri delle Terre di Lordran. E veniamo da un altro universo. >> affermò Oscar.

 

 

Sigla ending (consigliate le cuffiette per epicità):

 

https://www.youtube.com/watch?v=5N7J802QzP4

 

 

 

 

 

NOTE DELL'AUTORE.

 

Lo so. Sono imperdonabile.

Sono trascorsi mesi interi dall'ultima volta che ho pubblicato un capitolo di questa fanfiction, e potrei addurre molte spiegazioni a riguardo: dagli impegni extrascrittura al lavoro su altre fanfic, dal cambiare interi capitoli precedentemente scritti per modifiche alla trama fino ad arrivare alla semplice, fugace pigrizia. Tuttavia, tutto ciò appare come una sequenza di scuse per me: tengo molto a questa storia, e vederla languire nelle cartelle file del mio computer mi faceva stare male.

D'ora in avanti riprenderò quindi a lavorare attivamente a “The Dark War”, sperando di potermi fare perdonare dai miei lettori.

Ancora profonde scuse, e grazie!

 

Zagras94.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 : Racconti di sangue - Parte uno. ***


CAPITOLO 3 : RACCONTI DI SANGUE – Parte Uno.

 

 

 

 

<< La ripresa del calo economico del regno sta procedendo speditamente, proprio come avevamo previsto, Vostra Maestà. I nuovi piccoli accordi di scambio con Germania, Spagna e Francia hanno riempito il vuoto lasciato dal taglio con il ducato di Weselton ed hanno attenuato il peso finanziario, garantendo ai cittadini di scampare dall'aumento delle tasse. Inoltre, il settore agricolo sta recuperando vigore e produttività con un sorprendente ritmo dopo l'incidente invernale, mentre.... Eeerm.... >>. Due secondi di silenzio, seguiti da due sommessi colpi di tosse. << Lady Elsa, mi state seguendo? >>.

La suddetta si scosse facendo scattare in alto la testa, ritta sullo schienale rigido del trono, cercando di apparire il più sveglia ed interessata possibile. Cosa difficile da realizzare, dato che, per la buona ventina di minuti in cui il Cancelliere Madinsky, un uomo dall'età avanzata e dalla corporatura robusta, le aveva esposto il resoconto dell'andamento del reame, ella non aveva fatto altro che stare in equilibrio sul gomito sinistro, quasi ancorato sul bracciolo, sorreggendosi con la mano il capo e guardando fuori dalle finestre senza una reale meta.

<< Oh. Sì, certamente, Iv- Ehm, signor Madinsky. Prego, continui pure. >>.

Il vecchio uomo la osservò con ovvio scetticismo, sospirando e lisciandosi pensieroso la curata barba a punta coronata da baffoni, in cui il color grigio perla faceva da padrone assoluto e da testimone della sua oramai vetusta età di sessantacinque anni. << Milady, servo questa corte e la sua famiglia da oltre quarant'anni; quarant'anni in cui ho avuto modo di veder crescere e salire al trono i furono re e regina di Arendelle... i vostri genitori. E, che lei ci creda o no, vostra madre aveva lo stesso, identico modo di comportarsi, quando qualche grave pensiero le vorticava dentro la testa. Mi dica, cosa vi turba così tanto? >>.

Elsa sorrise un poco, ricordando con nostalgia i giorni passati della sua infanzia, quando i suoi genitori erano ancora vivi e l'incidente con sua sorella Anna non aveva ancora cambiato tutto. In tutto quel tempo e anche oltre, il Cancelliere Ivan Madinsky era sempre stato una figura presente al loro fianco. Certo, non era stato un amministratore del regno dall'inizio. Nelle prime memorie della ragazza, Ivan era un semplice Mastro di casa, un capo del personale organizzativo di corte, che includeva responsabilità sopra servitù, guardie di palazzo e ogni mansione lavorativa venisse condotta all'interno del territorio della reggia; un compito che presso altre corti europee sarebbe rimasto inalterato a prescindere, senza possibilità di ulteriore carriera. Ma non ad Arendelle: la politica e la linea morale perpretata da suo padre il re, fin dal suo primo giorno di governo, era stata votata alla meritocrazia; e quindi, quando egli potè finalmente ricompensare lo zelo e la dedizione di Madinsky verso la sua dimora, gli chiese se avesse voluto aiutarlo a tutelare non solo la sua casa e la sua famiglia, ma anche la loro patria, dato che era “la persona più meritevole della fiducia di un sovrano”, come disse allora. Come si può facilmente intuire, la risposta di lui non tardò di portarlo degnamente a dove era in quel momento. Ed Elsa non l'avrebbe mai ammesso apertamente, ma nutriva verso quell'uomo onorevole e premuroso un affetto pari a quello di un nonno, sentimento coltivato sin da bambina.

<< Nulla, Madinsky, nulla, davvero. Sono solo un po' stanca, tutto qua. >>. Il cipiglio gentile ma preoccupato del suo interlocutore non si incrinò neppure di un centimetro. << E' forse per via del fatto che avete passato la notte a lavorare? >>. “Diamine, non gli si può proprio mai nascondere nulla”, pensò in un sospiro interiore Elsa, mentre abbassava lo sguardo in una punta di timidezza, come quando tanti anni fa lui aveva sorpreso lei ed Anna a rubare dalle cucine ed esse lo avevano conquistato con i classici occhioni mogi da bambine. << Ehm... vedo che ne è già informato. >>.

<< Milady, sapete bene che io vengo a sapere tutto ciò che accade in queste mura, prima o poi. Anche prima di prima, modestamente. >> disse il Cancelliere, strofinandosi tra pollice ed indice la punta di un baffo in un sorridente attimo di orgoglio. Poi tornò serio. << Non fraintendetemi. Vedervi occupare attivamente la vostra attenzione ai problemi del regno mi rendono fiero di voi. Mi ricordate vostro padre, per certi aspetti. >>. Elsa annuì, silenziosa ma grata. << Tuttavia, la vostra giovane età non deve farvi credere di avere energie infinite da sperperare: sfibrarvi i nervi, ogni singolo giorno della settimana, non vi porterà altro che minor prontezza mentale, quando affronterete qualche crisi. Senza trascurare una non irrilevante cagionevolezza di salute. >>.

La giovane regina lo fissò intensamente con occhi imploranti. << Ha ragione, Madinsky, lo so. Ma lei sa anche quanto ci tenga a fare la mia parte. >>.

Elsa si alzò dal trono e si mise a discendere i pochi gradini che lo innalzavano elegantemente dal pavimento della sala. Il Cancelliere la osservò, attento e muto, mentre ella continuava: << Per anni della mia vita, ho vissuto nell'ansia del giorno della mia inconorazione, colma com'ero della paura delle responsabilità da assumere nel mio... stato particolare. >>. Disse queste parole fissandosi i palmi delle mani con un'intensità tale che ci si sarebbe aspettati di vederli forati da un momento all'altro. << Dopo che avevo quasi condannato Arendelle al gelo eterno, dopo che avevo perduto la speranza di poter far parte di questo mondo, solo la fiducia di Anna mi concesse la forza di andare avanti, di rimediare alla mia superficialità quando sono fuggita incurante di tutto e tutti. E l'unico modo per farlo è stato dimostrare al mondo, e a me stessa, che sapevo gestire con forza il mio fardello... >>. Elsa si fermò di fronte ad una delle grandi finestre che davano sul cortile interno del palazzo, spaziando collo sguardo verso il panorama di tetti baciati dal sole che componevano la sua città. Dopo qualche attimo, si voltò a guardare Madinsky. << Come potrebbe una regina ignorare i pianti dei suoi abitanti? >>. E aggiunse poi, abbandonando la dialettica: << Come potrei io non interessarmi? >>.

Ivan chiuse gli occhi ed emise un lungo, leggero sospiro. Capiva Elsa. La capiva fin troppo bene.

<< Nessuno ha mai messo in dubbio la vostra volontà ferrea di badare al benessere del regno, Lady Elsa. Nessuno, in tutti i due anni da quando siete salita ufficialmente sul trono: né i cittadini, né la servitù, né tantomeno io. Quello che vi sto chiedendo, >> e qui il vecchio avanzò di un passo, con occhi grandi di sentita implorazione. << è di non caricarvi tutto sulle vostre spalle. Consentiteci di aiutarvi! Consentitelo a me, se non vi sentite sicura abbastanza da affidarvi a qualcun'altro. Ditemi qual è il vostro problema. >> concluse con tono benevolo.

Elsa sentì immediatamente un grumo di angoscia crescerle sotto lo sterno. Avrebbe voluto confidarsi con Ivan; avrebbe davvero voluto potergli dire ogni cosa; avrebbe voluto, con ogni fibra del suo corpo, potergli raccontare della notte interrotta da una convocazione, della tempesta all'orizzonte che minacciava di spazzarli via, delle ore di ricerca folle, ansiosa ed inutile che l'aveva consumata nello studio fino alla mattina, del fatto che non sapeva come gestire tutte le emozioni vorticanti ed incastrate tra loro al suo interno. E che aveva tanta paura, come mai ne aveva avuta prima.

Ma sapeva anche cosa sarebbe scaturito dalla eventuale rivelazione: il panico. Il caos.

Qualcosa che lei non avrebbe mai saputo controllare.

Per cui, fabbricando sul suo volto il falso sorriso più autentico del mondo, disse solo: << Grazie, Ivan, le sono profondamente grata per la sua attenzione. Ma le assicuro che so gestire la cosa. >>.

Quest'ultimo la fissò, negli occhi, a lungo. Senza dire una parola, talmente silenzioso che pareva in apnea.

Poi, abbassando lo sguardo, disse anche lui solo: << D'accordo, Lady Elsa. >>.

La ragazza sorrise, sinceramente stavolta, sentendo dentro sé una lieve nota di sollievo...

… prima di udire un curioso forte rumore in lontananza, al di là del largo vetro della finestra.

“ Ma cosa...?”. Elsa si chiese se il tanto preannunciato stress di cui le aveva appena parlato Ivan non stesse iniziando a procurarle delle allucinazioni uditive, dato che era certa di non aver mai sentito un tale rumore prima d'ora: una specie di sordo borbottio dal ritmo molto serrato, che poteva paragonare vagamente al roteare di una girandola o di una frusta, solo che qui era decisamente più violento. Quando però si accorse che lo stesso Madinsky era in allerta, capì che non se lo stava affatto immaginando.

Entrambi si voltarono verso la finestra ed entrambi videro, sbalorditi, l'origine del suono.

Un grosso veivolo color grigio scuro, sorretto da una grande elica rotante, si stava dirigendo a gran velocità verso il largo cortile del castello. Una macchina volante che Elsa non aveva mai incontrato dal vivo prima, ma che seppe riconoscere comunque, poiché l'aveva già visto attraverso lo specchio del Mirror.

L'elicottero da guerra di Calhoun.

 

 

 

Elsa spalancò le pesanti porte dell'ingresso principale proprio mentre l'elicottero, perfettamente atterrato nello spazio lastricato del cortile, stava mano a mano rallentando il ritmo delle pale e andava spegnendosi. Nonostante ciò, la forte corrente d'aria dell'elica, come aveva contribuito al riuscito atterraggio, così aveva pure innalzato un vortice di foglie di ogni dimensione e tipo, strappate via da cespugli, alberi e anche qualche sventurato fiore che si trovava lì vicino, causando un certo caos e scompiglio; inoltre, formando linee precise d'addestramento, un numero crescente di guardie di palazzo erano accorse nel cortile e stavano tentando di circondare il veivolo per poter attaccare in caso d'ostilità, seppur con un'incerta apprensione (cosa del tutto naturale, dato che nessuna di loro aveva mai neppur sentito parlare di un elicottero).

Prima ancora che Elsa dicesse al capitano in carica che potevano abbassare le armi, poiché erano alleati, lo sportello scorrevole sul fianco del macchinario si aprì, facendo scendere con un balzo fermo e deciso una donna alta, bionda e coi capelli tagliati corti ed una corazza flessibile da combattimento H-G78 ad alta tecnologia, in fibra di carbonio nera e rossa: il sergente Tamora Jean Calhoun.

<< Wow, questa sì che è un'accoglienza coi fiocchi! >> esclamò sarcastica la soldatessa, squadrando a braccia conserte il battaglione di guardie con gli archibugi ancora spianati, sorridendo. Dietro di lei, atterrando in coppia, comparvero due piccole figure, che Elsa conosceva bene.

Una era una ragazzina dall'aspetto di una bambina di circa nove anni, dai capelli lunghi e corvini dalla coda alta, in mezzo a cui si trovavano infilati alcuni canditi dai vari colori, la quale vestiva una felpa con cappuccio dalla tinta verde dentifricio, abbinata a lunghe calze verdi e bianche con motivi a spirale, oltre ad una gonnellina nera e scarpette lucide dello stesso colore; l'altro era un ometto basso, dai capelli castani corti e dotato di due evidenti orecchie a sventola, con in testa un cappello con visiera blu e due “F” ricamate sopra, una camicia azzurra, jeans blu scuro, scarpe e guanti in pelle marrone e una complessa cintura da lavoro a cui era attaccato un martello dorato.

Non poteva sbagliarsi: erano gli amici di Ralph Spaccatutto, Vanellope von Schweetz e...

<< Felix!! Sei vivo!! >> esclamò Elsa, non riuscendo a trattenersi dalla gioia e dal sollievo di rivederlo e mettendosi a correre verso di loro per accoglierli. Fece appena in tempo ad avvicinarsi di qualche metro che, con un balzo-glitch istantaneo, Vanellope si gettò addosso a lei abbracciandole la pancia, siccome la bassa statura non le permetteva di andare più in alto.

<< Eeeeeeelsaaaaaaaaa!!! Mi sei mancata tantissimo!! >> disse a gran voce, tutta contenta.

La ragazza si mise a ridere, accarezzando la testa della bambina dopo essersi ripresa dal momentaneo stupore del salto: non importava quante volte lo avesse già fatto e quante volte ancora lo facesse, lei non si sarebbe mai abituata all'abilità peculiare della sovrana di Sugar Rush, un co-universo videoludico di Ralph. Dopo aver passato tanto tempo sotto forma di “glitch”, ovvero un errore della programmazione di un computer, Vanellope aveva sviluppato la capacità di “glitchare”, di compiere in sostanza dei corti ma istantanei teletrasporti da un punto all'altro, il tutto accompagnato da un rapido lampo luminoso.

Stava ancora coccolando teneramente la testolina dell'amica, quando sentì una mano appoggiarsi sulla sua spalla per richiamarla; alzando gli occhi, si trovò di fronte Calhoun, la quale, con uno sguardo significativo, le disse semplicemente: << Dobbiamo parlare. E in privato. >>.

 

 

FINE PARTE UNO.

 

 

 

Sigla ending (consigliate le cuffiette per epicità):

 

https://www.youtube.com/watch?v=5N7J802QzP4

 

 

 

 

 

NOTE DELL'AUTORE.

 

All'inizio il capitolo “Racconti di sangue” doveva essere più breve, meno dettagliato e più incentrato in un ritmo incalzante e segnato dall'azione, dato che in esso compaiono, almeno in parte, per la prima volta gli antagonisti. Tuttavia, sia per attinenza allo stile di composizione di quest'opera, sia perchè ci sono state alcune aggiunte ed evoluzioni di trama, ho deciso di tagliarlo in due parti, in modo da consentire un po' di respiro ai lettori meno resistenti (lo schermo luminoso di un computer o di un cellulare può essere una mazzata per gli occhi). Senza dimenticare il peso che avrebbe avuto un testo altrimenti decisamente molto più lungo.

Posso solo assicurarvi che non dovrete attendere molto per la seconda parte, dal momento che ho già in testa ogni scena e serve soltanto il tempo materiale per scriverla.

Tuttavia vorrei fare qui sotto un annuncio importante.

ATTENZIONE!

Nella seconda parte del capitolo saranno presenti un paio di scene abbastanza forti, che, seppur non descritte nei minimi dettagli, non potranno essere evitate, giacchè servono ad introdurre l'elemento cupo della parte dark fantasy del crossover, la saga videoludica di Dark Souls. Ora, per quanto ancora ribadisca che non sono minuziosamente raccontate, non essendo io ancora esperto del livello di colore delle fanfic, gradirei moltissimo qualora voi, uscita la seconda parte, mi consigliaste se io debba modificare il band in “rosso”, o se quello “arancione” possa ancora valere.

Detto questo, spero che questa prima parte continui ad intrattenervi e ci vediamo nella prossima.

May long shall the Sun shine!!

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Capitolo 5
*** Capitolo 3 : Racconti di sangue - Parte due. ***


CAPITOLO 3 : RACCONTI DI SANGUE – Parte Due.

 

 

 

ATTENZIONE!

Come ho avvertito precedentemente nella prima parte del capitolo, in questo episodio saranno presenti due scene abbastanza violente che, pur non descritte nel dettaglio, potrebbero costringere il sottoscritto a cambiare il rating della fanfiction. Dato che sono ancora inesperto degli effettivi punti di demarcazione fra i colori, chiedo a tutti voi di leggere e in seguito consigliarmi tramite le recensioni se cambiare o meno il rating da arancione a rosso.

Seconda importante novità: tra una settimana dal rilascio di questo episodio, “The Dark War” si sposterà temporaneamente dalla sezione generica “Disney” a quella più specifica di “Frozen”, dal momento che molti capitoli iniziali saranno ambientati ad Arendelle. Ricordatevi di ciò, qualora vogliate continuare a seguire questa storia. Per il resto, buona lettura!

 

 

 

 

 

 

Dopo aver sbloccato la serratura con i suoi consueti quattro giri di chiave, Elsa aprì decisa entrambe le ante della porta massiccia del suo studio privato, invitando poi con un pacato cenno Calhoun, Felix e Vanellope a seguirla al suo interno, ansiosa com'era di apprendere finalmente di più riguardo alla nuova minaccia. Per tutto il tragitto dall'ingresso fino alla stanza, ella non aveva fatto altro che domandare al sergente la natura dell'imminente discussione, o perlomeno se avesse potuto anticiparle qualcosa circa la gravità di essa; tuttavia, ad ogni suo tentativo, la soldatessa aveva risposto ai suoi quesiti con un fermo: << Dopo. Dove orecchie troppo grandi non potranno sentirci. >>. Certo, da un lato questo confermava ad Elsa che si trattava di notizie di vitale importanza, ma dall'altro ciò non aveva fatto che aumentare il suo livello di agitazione interiore.

Così, non appena il trio di amici era entrato nella stanza e dopo aver richiuso l'unico ingresso con tutte le mandate consentite dalla serratura d'ottone (credette di contarne sei), la regina si lasciò umanamente crollare sopra la sedia imbottita dello studio, la stessa che aveva sostenuto il suo peso per tutta la notte precedente di ricerca febbrile. Ora, a quanto pareva, le risposte tanto agognate erano venute a bussarle direttamente alla porta.

<< Allora. Qui siamo al sicuro da occhi e orecchie indiscreti. Potete dirmi tutto liberamente. >>. Elsa pronunciò queste parole cercando d'apparire salda nella voce, ma dal tono traspariva tutta la sua spossatezza. Voleva sembrare forte dinanzi ai propri amici, allo stesso modo con cui tentava di tenere alto il morale dei suoi sudditi vestendo la maschera della regina dal polso di ghiaccio. Tuttavia, la maschera stava cominciando a sgretolarsi.

Per una manciata di secondi, nessuno parlò. Poi, nel silenzio della stanza, la voce di Felix proruppe in una cascata di singhiozzi. << Oh, Elsa.... è stato... è stato orribile... >>. Il piccolo aggiustatutto tirò su col naso, cacciando in contemporanea indietro le lacrime per poter parlare. << E' accaduto tutto così... all'improvviso. >>.

<< Non appena ci eravamo resi conto di cosa stesse succedendo, abbiamo cercato tutti di metterci in salvo, fuggendo dal nostro videogioco e rifugiandoci nella Stazione di memoria centrale della sala giochi... ma erano già a decine ad essere arrivati. Di tutti gli abitanti di Belposto, solo un gruppo di dieci persone si è salvato, e con ferite varie. Il resto.... il resto.... >>. Non riuscì a finire la frase, rotto dal pianto violento che non seppe più in grado di controllare e che scese a fiotti, ma il messaggio sottinteso era chiaro: il resto dei suoi amici, la maggior parte delle persone con cui era cresciuto e maturato nel corso della sua vita in pixel, tutto ciò che rappresentava il suo passato era stato letteralmente macellato a colpi di spada. E il ricordo di quel cavaliere oscuro e scheletrico, lordo di sangue e dallo sguardo folle e spietato, che distruggeva lo Specchio in un solo fendente, tornò vivido e violento sotto gli occhi della mente di Elsa.

<< E'... terribile. Orrendo. Io.... >>. La regina annaspava, tentando di trovare le esatte parole per esprimere il proprio turbamento. Poi, un orrido pensiero. << Un momento. Hai detto che vi siete rifugiati nella Stazione, giusto? Ma questo non porterebbe a rischio anche gli altri vostri mondi? Potrebbero passare da lì e raggiungere ogni singolo videogioco! >>.

Elsa pose istintivamente questa domanda a Felix, dato che aveva parlato solo lui finora, ma a raccogliere il compito della risposta fu Calhoun, la quale strinse a sé con dolore suo marito, troppo scosso dai ricordi tremendi, prima di parlare.

<< Gli altri giochi non corrono alcun pericolo, almeno per ora: non appena abbiamo dato l'allarme, i sistemi di sicurezza e protezione della Stazione hanno completamente isolato il mondo di Ralph dal resto della sala giochi. Nemmeno un supervirus potrebbe superare la barriera eretta dal computer centrale. >>. Il sergente disse queste parole con un cipiglio deciso, frutto di anni d'esperienza militare nel calmare soldati durante missioni ad alto rischio. Tuttavia, le seguenti le pronunciò con tutta la gravità possibile per un essere umano, fissando Elsa negli occhi. << Ma.... non sono gli altri giochi ad interessare quegli assassini. Sono i nostri frammenti distopici. Non è stato un raid casuale, una razzia di un gruppo nomade o qualcosa del genere. No. E' stato un attacco, Elsa. Un attacco a lungo premeditato e pianificato da un'organizzazione strutturata. Il mondo di Ralph è stato soltanto l'inizio, il ponte di passaggio, il trampolino di salto per quella che è stata e sarà questa mattanza: un'invasione di conquista. Sono venuti in cerca di qualcosa, Elsa. E saranno disposti a sterminare chiunque si opponga a loro. >>.

Elsa rimase in silenzio per lunghi secondi, pietrificata dal terrore della rivelazione di Calhoun, che fissava con occhi grandi di paura. Dopo, con quel filo di voce che le era rimasta nei polmoni dall'apnea, sussurrò: << Sai questo.... Come? >>.

Il sergente inspirò profondamente, prima di rispondere. << Perchè l'ho visto. >>.

 

 

 

Non aveva mai corso così tanto in vita sua.

Mentre i rami della foresta limitrofa di Belposto seguitavano a graffiargli la faccia con le loro nodose dita, quasi come volessero trattenerlo in quell'incubo, Felix correva a perdifiato senza fermarsi; dove, verso quale meta, non lo sapeva. E nemmeno gli importava, a conti fatti: l'unico suo desiderio era di allontanarsi da quel luogo, quell'orrore che era divenuta la sua casa. Non esistevano più i ricordi felici delle giornate passate a compiere il loro ruolo nel gioco, delle torte mangiate e delle finestre riparate, neppure i più recenti con Ralph erano sopravvissuti: ora, solo memorie da far tremare i polsi erano state marchiate a fuoco nella sua mente, fagocitando gli altri con il loro peso. A cominciare da Ralph, che vide dalla finestra del suo appartamento venire colpito alla testa da quel maledetto damerino, cadere al suolo e sparire nel nulla... “Ralph... Oh, Ralph....”, pensava l'aggiustatutto, sempre correndo, sempre con un mantello di lacrime alle spalle. “Se tu solo fossi stato presente... Se tu solo fossi stato ancora viv-”.

I suoi pensieri, così come la sua corsa, vennero bruscamente fermati da un sibilo nell'aria e da un'esplosione di dolore alle gambe, la quale fece catapultare il povero ometto in uno spiazzo libero dal sottobosco con un urlo. Rialzandosi a sedere con fatica, guardò i polpacci, ed impallidì: due coltelli da lancio, fini e perfettamente bilanciati, erano saldamente conficcati nelle sue carni, impedendogli di muoversi da quanto male gli procuravano.

Poi alzò lo sguardo. E lo vide.

Facendosi strada con calma tra le felci e i rami bassi, avvistabile già in lontananza per il bagliore vermiglio dei suoi occhi, emerse uno dei cavalieri-scheletro. Felix iniziò a fremere incontrollabilmente in tutto il corpo, osservando con ansia il sanguinario guerriero che, lentamente, tagliava la vegetazione colla sua spada dalla lama larga per raggiungerlo, conscio che la sua preda non sarebbe potuta scappare. E anche lui era perfettamente consapevole di ciò.

Una volta entrato nello spiazzo, si fermò ad osservare l'aggiustatutto con una posa divertita, lasciando l'arma cosparsa di sangue secco a ciondolare pigramente lungo la gamba e posando la mano sinistra libera sul suo fianco. Forse era colpa della maschera metallica a forma di teschio, ma pareva mostrare un ghigno colmo di sadismo.

<< Na'grat, gu rumén? Nigaravisil' durkùr, zaràh?* >>disse dapprima il predatore, in una lingua cupa e dura, ma che traspariva una nota di ilarità. Poi, in seguito al silenzio di Felix, sbuffò e disse più seccamente: << Devo proprio esprimermi in questa vostra stupida lingua? Tanto siete un mucchio di esseri inutili ed insignificanti... >>.

Iniziò ad avvicinarsi, con passi lenti e rilassati. Felix tentò in preda al panico di saltare sulle sue gambe e di ricominciare a fuggire il più lontano possibile, con ancor più lena di poco prima, ma la scossa di sofferenza che partì dai suoi polpacci lo fece ripiombare pesantemente al suolo con un gemito. Da lì, steso sulla sua schiena, vide il suo inseguitore inginocchiarsi a terra, chinandosi poi fino a che il suo volto non si fosse trovato in parallelo sopra il proprio, ad una distanza così ravvicinata che Felix potè vedere ogni dettaglio degli occhi dietro la maschera; i quali sarebbero potuti benissimo appartenere ad un comune essere umano, se non fosse stato per il luminescente colore rosso emanato dalle iridi e dalla crudeltà inumana che trasmettevano.

<< Sai, non sembri un granchè... così piccolo.... così gracile.... >> e premette un dito sull'elsa di uno dei coltelli che spuntava dalla carne ormai vermiglia dell'aggiustatutto, strappandogli un urlo agghiacciante. << Eppure, corri come una lepre. Beh, correvi, ovviamente. >>, disse sghignazzando. Poi, alzò in un arco dietro a sé la mano sinistra. Che iniziò a circondarsi di un nebuloso bagliore purpureo d'energia.

Felix sentì il proprio cuore perdere dei battiti. Era lei, quella strana e terrificante tecnica che avevano utilizzato quei mostri durante l'attacco: quando non si limitavano a squartare, mutilare e decapitare colle lame, afferravano le vittime con quelle mani precedentemente caricate di quell'energia, penetrando magicamente nel loro petto come fantasmi; poi, un lampo rosso, la mano usciva reggendo una cosa nera e bianca.... e dei precedenti amici vivi restavano dei corpi essicati come mummie, paralizzati in una smorfia di disperazione.

<< Tanto tempo fa, sentivo rimorso quando lo facevo.... >>. Il cavaliere guardava la propria mano stregata, con uno sguardo d'ammirazione. << Mi sentivo male... pensavo che una sola di esse sarebbe bastata per tutta la mia vita... >>. Tornò ad osservare Felix dritto negli occhi, gioioso e feroce. << Ora, invece, mi accorgo che non mi bastano mai. E credimi, è una delizia! >>.

Sempre tenendo il contatto visivo con la sua preda, il guerriero portò all'apice la mano, pronto a colpire.

<< Balàtusk**, piccolo uomo!! >>. E calò il braccio su di lui.

Afferrando il terreno vuoto.

<< Ma cosa...? >>.

Sentì uno scatto alle sue spalle, come un rumoroso fruscio, e si voltò: reggendo un Felix traumatizzato fra le braccia, una bambina dai capelli neri e i vestiti verde menta lo osservava con rabbia ed odio, dopo essersi materializzata dal nulla.

<< Lascia stare Felix, brutto mostro crudele!! >> gli urlò addosso Vanellope.

Mandando dagli occhi bagliori ancora più rubicondi, il cavaliere si alzò e si diresse spedito verso il duo, con un'espressione furente nello sguardo. << D'accordo, insetto! Prima ammazzo te allora! >>. E brandì in alto la larga spada....

. Che non potè abbattersi sui due amici: dietro il guerriero partì un forte rumore esplosivo, seguito da un impatto violento sulla spalla del braccio armato, che fece ruggire il proprietario di furia e dolore e bloccandone l'intento omicida.

Alle sue spalle, salda sulle sue gambe e in posizione di tiro, Calhoun puntava la canna ancora fumante del suo fucile d'assalto, con un volto di pietra e fiero come una leonessa. << Non. Azzardarti. A toccare. I miei. Amici. >>.

Il cavaliere si voltò, tornando perfettamente eretto e dedicando ora al sergente tutta la sua attenzione. Nei suoi occhi, un turbine di folle eccitazione e rabbia. << Un vero guerriero, dunque! Bene! >>. Detto questo, si scagliò su di lei.

Calhoun settò velocemente il suo fucile dalla modalità semiautomatica a quella a raffica e, mirando sicura contro il petto dello spaventoso avversario in avvicinamento, aprì il fuoco.

Quella meravigliosa arma era un gioiello dell'industria bellica: capace di sparare proiettili di titanio da 150 millimetri in una cadenza di 70 colpi al minuto, realizzato con la migliore fusione fra fibra di carbonio e resina artificiale e perfetto in balistica, resistenza e praticità, quell'affare era stato in grado di forare le corazze dell'esoscheletro di uno Scarafoide come se fossero state ricotta fresca, durante le sue missioni in “Hero's Duty”.

Perciò, fu soltanto naturale lo stupore di Calhoun, quando dopo aver svuotato un intero caricatore si accorse che il proprio nemico ne era uscito completamente incolume. E ne vide il motivo.

Dinanzi al cavaliere, proiettata dal palmo della mano sinistra, si estendeva un'ampia massa rotonda di materia oscura: dalle tinte nere e porpora, tale vorticosa energia plasmata aveva funto da scudo, riuscendo a parare ogni proiettile sparato dalla soldatessa, come testimoniavano gli svariati bossoli metallici sparsi tutt'attorno. E prima ancora che lei potesse ricaricare il fucile e tentare di oltrepassare la guardia di quella barriera, il guerriero scheletrico fece un agile balzo in avanti, portandosi a mezzo metro da Calhoun e piantando la propria spada nell'arma da fuoco con un veloce e potente fendente ascensionale. Danneggiando gravemente il suo nucleo elettrico.

Il lampo di scintille e di scosse ambariche che ne seguirono furono tanto abbaglianti da costringere Vanellope a schermarsi gli occhi, mentre assisteva allo scontro sulla cima di un albero, ove aveva messo al sicuro Felix: quando potè finalmente aprire le palpebre, vide i due combattenti raggomitolati a terra per l'elettroshock, e un ammasso mezzo fuso e fumante poco distante da loro, ovvero ciò che restava della lama e del fucile.

Rimessisi entrambi di nuovo in piedi, Vanellope potè constatare come il loro avversario fosse uscito dall'incidente decisamente meglio di Calhoun: se la ragazza faticava a stare sulle gambe e aveva un'espressione stordita in faccia, il cavaliere era invece nuovamente sveglio ed attivo, seppur emanante fumo da tutto il corpo. Guardò la sua vecchia arma, oramai inutilizzabile, e fissò il sergente con odio.

<< E va bene... Alla maniera di una volta! >>. Detto questo, fece due passi e, dopo aver fatto schioccare le nocche, sferrò un poderoso gancio destro direttamente sulla mascella della sua avversaria. Calhoun, nonostante lo stordimento, potè distintamente sentire le ossa della sua mandibola incrinarsi per il colpo violentissimo: aveva fatto risse, a volte in gioventù, e le era anche capitato di dover ficcare del sale in zucca alle sue unità sotto forma di pugni, battendosi con quei gorilla dei marines. Ma, giurò a se stessa, nessuno era mai riuscito a quasi romperle un osso con un singolo colpo, fino a quel momento. Non riusciva a metabolizzare il fatto: quel guerriero era sì ben piazzato e muscoloso, ma possedeva una corporatura normale e del tutto simile alla sua. Non era fisicamente possibile che potesse possedere una tale forza...

Dovette ricredersi, dato che il cavaliere l'afferrò subito per i capelli e le mollò tre affondi devastanti all'addome. Il primo la fece strabuzzare. Il secondo le fece buttare tutta l'aria dai polmoni. Il terzo, rabbioso colpo la fece piegare sulle ginocchia e vomitare tutto quel che aveva mangiato a colazione e pranzo.

<< Alzati, verme!! >> le urlò ferocemente l'altro, “invitandola” a seguire l'ordine con un deciso calcio in volto, il quale la fece volare di un metro più avanti, atterrando di peso sul dorso e respirando a fatica per il sangue che cominciava a colarle dal punto d'impatto.

Il cavaliere si avvicinò furibondo. Calhoun poteva sentire da lì il suo respiro forte d'ira e disprezzo. << Il Padre aveva ragione su di voi. >>. Il guerriero ora troneggiava sul corpo esausto del sergente, stringendo i pugni nei guanti metallici. << Siete solo una marmaglia di senza-palle, smidollati e deboli... Non valete nemmeno lo spreco del filo d'una lama.... >>. Mentre diceva ciò, si chinò e serrò la mano destra attorno al collo di lei, sollevandola poi come se fosse stata un sassolino, fino alla sua altezza. Calhoun lottava per cercare ossigeno: quel... mostro aveva una presa salda d'acciaio, nonostante avesse appena ricevuto un proiettile direttamente sulla spalla e in seguito una forte scossa elettrica!

<< Valete però senz'altro un lauto pasto... >> sussurrò dolcemente il cavaliere.... caricando intanto di nuovo la mano sinistra dell'orrido potere mortale.

Vanellope, comprendendo cosa stesse per accadere e desiderosa d'aiutare, si gettò in un salto-glitch contro il nemico, nel tentativo di sbilanciarlo e fargli mollare l'amica, ma aveva sottovalutato il cavaliere: non appena si materializzò a mezz'aria verso di lui, egli si girò e le rifilò una rapida e precisa gomitata sul petto, spedendola contro il tronco di un albero. La fissò, rise e pronunciò le parole: << Non avere fretta, nana. Dopo verrò anche per te. Ma per ora consumo questa - >>.

In verità, non andò come aveva previsto Vanellope; ma nondimeno, fu proprio il suo intervento a cambiare le cose.

Approfittando della momentanea distrazione del suo strangolatore, infatti, conscia di non potersi liberare colla forza, Calhoun aprì rapidamente una delle tasche presenti intorno al suo cinturone da soldato ed prese ciò che sapeva esserci all'interno: una granata Semtex, un piccolo ordigno esplosivo che poteva essere attaccato come una gomma. E così fece: come il cavaliere tornò a guardarla mentre parlava, lei gli appiccicò la bomba dritto sul volto, premendo al centro per azionare il timer. Per la sorpresa, quello lasciò andare la soldatessa e si portò entrambe le mani alla faccia per cercare di staccare quel congegno, il quale aveva cominciato a emettere dei sempre più rapidi “bip”.

Calhoun, mentre il cavaliere imprecava nella sua lingua e si dimenava sul posto, si gettò immediatamente sopra Vanellope, facendole da scudo col proprio corpo e urlandole: << GIU'!!! >>. Chiuse gli occhi, in attesa.

Infine, dopo l'ultima, squillante frequenza di “bip”, la Semtex detonò.

Nessuno vide coi propri occhi l'effettiva esplosione, dato che li tenevano serrati per proteggerli da schegge o shock luminosi; tuttavia, sentirono l'assordante tuono che razziava l'integrità dei loro padiglioni auricolari e che le rese sorde per un certo periodo di tempo. Poi, quando riacquistarono l'udito e sentirono pressochè solo quiete attorno, li riaprirono e studiarono il risultato.

Dove prima c'era il cavaliere-scheletro, ora non vi era altro che la parte inferiore del suo corpo, squarciata e mezza bruciata, mentre tutto il resto di quel che componeva il guerriero si trovava sparso qua e là per lo spiazzo, a volte sotto forma di pezzi riconoscibili e a volte ridotto a dei grumi di carne e metallo devastati dalla deflagrazione; il tutto incorniciato da una marea di sangue che aveva tinto praticamente ogni cosa. Compreso il dorso della corazza di Calhoun.

Uno spettacolo macabro, sicuramente. Ma se non altro, quello spietato assassino ora era decisamente morto.

Vanellope, cercando di non badare a quella vista sgradevole (ancora un organo identificato e avrebbe rimesso pure l'anima), si teletrasportò veloce sull'albero e trasportò giù Felix. Il piccoletto continuava a gemere, molto di più ora che veniva necessariamente spostato. Esaminandolo rapidamente, sia lei che Calhoun furono subito d'accordo su una cosa: le ferite alle gambe del loro caro amico andavano medicate presto, o si sarebbero gravemente infettate. Senza considerare poi il pericolo di cancrena e la già abbondante perdita sanguigna, cosa che poteva sfociare in un'emorragia. Quei pugnali erano stati lanciati con assoluta maestria.

<< Presto, Cal, dobbiamo curarlo subito! Aiutami a portarlo via, tu potrai maneggiarlo sicuramente meglio di me... >> cominciò a dire spaventata la piccola, smorzando le parole quando vide l'altra donna fissare concentrata il folto della foresta. << Cal, che c'è ora? >>.

Sempre con lo sguardo irremovibile dalla vegetazione, il sergente le disse frasi semplici, ma vitali: << Vanellope, torna all'elicottero con Felix. All'interno dell'abitacolo troverai un sistema computerizzato di assistenza medica: azionalo e seleziona “Rimozione oggetti estranei e medicamento”. Posiziona le sue gambe sotto lo scanner che si aprirà in seguito: il resto lo farà il computer. Se non torno entro due ore, immetti il pilota automatico e ritorna alla Stazione. Io devo andare a fare una cosa. >>. Dopo aver detto queste così dirette parole, ella si alzò e si diresse a passi decisi verso la foresta, nel punto da cui stava scappando il suo amato.

La bambina guardava stranita la propria amica, nonostante stesse eseguendo quanto richiestole e tenesse sulle spalle l'aggiustatutto. << Ok... Ma dove stai andando? >>, chiese ansiosa, prima di incamminarsi in destinazione del veivolo.

Calhoun si voltò a farle un sorrisino furbo. << A raccogliere informazioni. Ricordi che la mia tuta può entrare in modalità Mimetica, no? >>.

 

 

 

<< Allora? E' tutto pronto? >>.

L'alto uomo dalle vesti nere a capo dell'attacco sedeva composto ed elegante sopra un ceppo sul limitare della foresta, in una posa dalle gambe accavallate che sarebbe potuta apparire aggraziata, se le tracce di spruzzi di sangue non avessero macchiato la sua tenuta di pelle e i suoi stivali in maniera tale che sembrasse appena tornato da un'allegra gita in un mattatoio. Col suo cilindro ben piazzato sulla testa e il finissimo bastone da passeggio su cui appoggiava aristocraticamente entrambe le mani, non si sarebbe mai potuto dire che lui fosse il macellaio responsabile di aver serenamente ordinato l'esecuzione di tanti piccoli maialini; tuttavia, la colossale balestra che teneva a terra, con la quale aveva commesso il suo “primo sangue”, fungeva da perfetto memento della sua vera natura.

<< Quasi pronto, Lord Chester. Gli ultimi colpi di vanga e il sistema sarà operativo. >> gli rispose un cavaliere scheletrico, levandosi ritto da una fossa di media profondità in cui stavano scavando alacramente altri due suoi simili. Nonostante stessero lavorando con semplici mezzi agricoli, la struttura disegnava un cerchio perfetto, dai bordi ben definiti e compatti, di un diametro di circa tre metri: ad intervalli regolari, dalla circonferenza esterna della piccola trincea dipartivano sei canaletti, i quali sfociavano in altrettante sei buche rotonde, tutte uguali fra loro e con un simbolo di un occhio aperto inciso al loro centro. L'unico elemento non parallelo del progetto era un singolo canale, originante dal cerchio interno di terra lasciato dallo scavo, che si collegava alla fossa come il condotto di un ricettacolo...

<< Molto bene. Non possiamo far attendere troppo il caro Babbo, no? E poi, abbiamo ancora un ultimo dovere da compiere.... >> disse mellifluo Chester, provocando le risate crudeli dei suoi sottoposti, mentre calava lo sguardo e la mano ad accarezzare ciò che custodiva sul suo fianco destro: l'unico belpostiano rimasto sul posto, il vecchio Gene, ossia l'uomo che aveva scommesso con Ralph in passato per far sì che dimostrasse di poter essere qualcos'altro che il cattivo del videogioco; ora, legato e tremante, lo scorbutico ometto fissava ora la fossa, ora il suo aguzzino con occhi disperati.

<< V-Vi prego.... Lasciatemi an-andare.... Io... Io non voglio.... >>. Le parole gli morirono in gola, soffocate dal terrore dato dalla consapevolezza di cosa lo attendesse. Chester sospirò in modo enfatico, scuotendo delicatamente la testa; poi prese Gene per il fascio di corde che lo serravano, lo sollevò e con una breve camminata lo portò con sé al centro della fossa, dove i soldati stavano finendo gli ultimi ritocchi.

Con fare teatrale, indicò al suo prigioniero il lavoro eccellente di scavo, orgoglioso in volto. << Ma come, caro amico? Ma non vedi quanto sei importante per noi? Guarda quanto abbiamo fatto e realizzato per te, solo e unicamente per te! Tu sei la star, il protagonista dell'ultimo atto di un'opera magistrale! Come potresti non volere tanta gloria? >>. La gioia genuina e sincera nelle sue pupille era così.... anormale.... distorta....

Gene iniziò a singhiozzare e piangere, senza speranza. << Ma.... Ma a me non serve tutto que-questo! Non... Non.... Soltanto, non voglio.... >>. Mentre parlava interrotto dai singulti, i cavalieri avevano già terminato la costruzione ed erano usciti per mettersi poco distanti da lì, per godersi lo spettacolo incombente.

Con un sorriso serafico, Chester levò il suo grosso globo rosso dal supporto della cintura e lo pose perfettamente sopra l'inizio del canaletto centrale. Poi, volse lo sguardo verso di lui e mormorò dolcemente al suo orecchio: << Morire? Oh, andiamo, amico mio.... Tutti noi siamo destinati a morire, prima o poi. >>. Con l'altra mano, estrasse rapido un coltellaccio da sotto il soprabito nero.

<< Chi tardi.... >>.

Gene emise un solo, lungo, straziante lamento.

<< …. e chi prima. >>. E, con un'unica passata, gli sgozzò la gola.

Nel silenzio pesante che seguì quel gesto, solo lo scrosciare violento del getto di sangue sul globo orchestrò quella sinfonia omicida. Nè i cavalieri più in là, col fiato sospeso, né Gene, oramai morente, osarono proferir parola alcuna. Solo la mano dello scannatore parlò, dopo qualche istante.

<< Mmmm..... Che odore è quello? >>. Il sangue, sgorgando copioso dal canaletto, iniziò a fluire per tutta la fossa. << Ah..... Il dolce sangue.... Oh, è come musica per me.... >>. Il liquido rosso aveva ormai riempito metà tracciato. << Così intenso.... Così inebriante..... >>. Il sangue aveva quasi raggiunto le buche incise. << …. Da far ammalare. >>. Le buche erano ricolme.

Il globo rosso dell'assassino risplendette all'improvviso di una luce scarlatta intensissima, accompagnata da un ronzio stridente ed acuto; nel giro di un minuto, la macabra energia dell'artefatto si propagò attraverso tutto il sangue di Gene, animando di propria volontà il fluido corporeo. Dalle sei buche simmetriche attorno al cerchio, il sangue iniziò a salire ed articolarsi in cinque colonne dalla forma umanoide, prive di caratteristiche nette ma dai contorni ben accennati, che si elevarono tremende nel vorticare della loro materia. Dei sei piedistalli, uno era rimasto inerte, mentre ora, intorno all'uomo in nero, stavano cinque figure sanguigne.

 

Theme dedicata ai Darkwraith (per atmosfera): https://www.youtube.com/watch?v=ux0Qnn2XEgM

 

<< Sei in ritardo, Chester. >>. A pronunciare queste prime, dure parole fu la sagoma in cima al cerchio: mostrava le vaghe fattezze di un uomo alto e largo di spalle, che pareva indossare una spessa corazza dagli ampi spallacci con delle stole pendenti dal torace, mentre il volto, su cui lampeggiavano due spettrali occhi vermigli, era incorniciato da una folta barba riccioluta e da capelli altrettanto ricci; un grosso spadone stava saldamente legato sulla sua schiena.

<< “Chester il Magnifico”, prego. E domando perdono, Padre, ma ho avuto parecchio da fare, qui! Sapeste quanta arte abbiamo perpetrato oggi... >> rispose divertito l'altro, voltandosi verso la figura e spalancando le braccia, come a volerlo abbracciare.

<< Basta con queste idiozie, damerino! Piuttosto.... hai fatto una buona caccia con quei maialini? Hai versato il loro sangue a fiotti? >>. A parlare, stavolta, fu la figura in basso a destra rispetto a Chester: una donna di media altezza, sinuosa, dotata di curve sublimi ben messe in mostra da una vestito di pelle dura e di una voce melodiosa e apparentemente dolce. Ma gli occhi brillavano di una sete omicida.

<< Ma certamente, mia cara. E non angustiarti per non avermi potuto accompagnare, tanto presto ci sarà carne da tagliare per tutti! Ahahahahah!!! >> disse euforico Chester, accompagnato dalla risata acuta e complice della donna.

<< A questo proposito, Chester: come procedono i lavori per i portali? Saranno pronti in tempo per il passaggio delle truppe? >>. Fu il turno di una voce roca e sommessa, come il rumore della carta vetrata, ad esprimere la sua presenza da parte della figura in basso a sinistra: un uomo abbastanza alto, indossante quella che sembrava un'armatura completa, con un piccolo scudo sul braccio sinistro ed una spada alla cintola, Tuttavia, il sangue che componeva la sua forma doveva avere qualche problema, dal momento che tutto il corpo presentava delle punte acuminate e fitte, come delle spine di rovi...

Chester si voltò a guardare il suo interlocutore con lo stesso sguardo paziente che si riserva ai bambini, quando non capiscono qualcosa di apparentemente ovvio e banale. << Sì, nessun intoppo, cavaliere mio... Proprio mentre stiamo parlando, le nostre truppe stanno costruendo tutto il necessario per aprire un ponte per ciascuno di questi mondi. Presto, potremo dare l'ordine e l'invasione inizierà. >>. Il sorriso del balestriere era più radioso che mai. << Ah, finalmente.... Un sacco di prede da cacciare.... >>.

<< YYYYAAAAAAAUUUUUUU!!!!! Sì!! Finalmente entreremo in azione, ah ah! Ah! Oh, non è così emozionante, ragazzi??? >>, disse saltellando e sghignazzando follemente la figura affianco al cavaliere di prima, facendo impazzire il sangue che lo formava: appariva come un essere umano maschile, vestito di abiti leggeri e ampi, probabilmente di seta lavorata, ma con diverse stranezze; difatti, sopra una gonna aperta il ventre e parte del petto erano nudi, mentre il capo era nascosto ed avvolto nel più alto e grande turbante che si potesse immaginare, tanto che si faceva fatica a comprendere dove iniziasse la testa e dove il bizzarro copricapo di quell'individuo caotico. Il fatto che agitasse a destra e a manca una frusta non ne diminuiva l'anormalità, anzi.

<< Calma, compagno. Non lasciare che la tua manìa ti offuschi la mente dai tuoi obiettivi. >> gli consigliò pacatamente il cavaliere, in un tono più cordiale di quello riservato a Chester; come era iniziato, il balletto dell'altro si fermò e il ballerino si calmò. << Oh.... Già.... Ehm, grazie, amico! >> disse riconoscente il folle.

L'evocatore centrale osservò tutto il siparietto con distaccata indifferenza. << Sì sì, è tutto molto bello e molto romantico, ma vorrei ricordare a voi tutti che, indipendentemente dai nostri scopi personali, il Serpente Oscuro ci ha dato una missione, che OGNUNO è tenuto a rispettare.... >>. Il tono di Chester, a pronunciare tali parole, divenne inaspettatamente algido, facendo ammutolire i due compagni.

<< Sia come sia, Lord Chester, noi abbiamo il sacro diritto e dovere di poter portare a compimento i nostri ideali. Ordini o no. >>. Fu l'ultima figura, quella che stava di fianco al Padre, a rispondere senza paura al balestriere: un essere umano alto, forte, saldo nella corporatura ed eretto in tutta la sua fierezza, che indossava un'armatura con veste che pareva, addirittura attraverso il rosso del sangue, irradiare una luce dorata. Appoggiato sulla sua spalla destra, di fianco ad un elmo a punta, reggeva un gigantesco martello dall'aria incredibilmente pesante, dalla cima scolpita e dal manico lungo, mentre sul braccio sinistro teneva uno scudo triangolare finemente dipinto.

Chester lo guardò con evidente, sardonico disprezzo. << Sempre virtuoso e onorevole come al solito, vedo. Nonostante tu sia in mezzo ai più famigerati criminali di tutta Lordran.... Vero, Campione della Via Bianca? >>.

<< Io - >>.

Prima che la figura di sangue potesse rispondere, quello denominato come il Padre interruppe il battibecco: << BASTA!!! Non mi sono collegato a questa visione soltanto per sprecare il mio tempo a sentirvi bisticciare come due zitelle di città! >>. A quell'esplosione di rabbia, ognuno dei presenti chinò la testa, senza neppur osare di controbattere. Nessuno metteva in dubbio il Padre, nessuno. << Kaathe ci ha dato un ordine. E quell'ordine è di conquistare questo universo e trarne più risorse possibili dalla sua corruzione. Noi eseguiremo il suo volere, fine delle discussioni, saluti, addio, ciao! Ci sono domande? >>. In seguito al silenzio degli altri, il Padre continuò: << Noi tutti siamo capitati qui per una ragione: chi per vendetta, chi per sport, chi per proteggere qualcuno e chi per un ideale supremo. Ma ciascuno di noi è quello che è: un membro della nostra “famiglia”. Uno Spettro Oscuro. Un Darkwraith. Perciò andremo avanti uniti, qualunque cosa accada! Chiaro? >>.

Dopo un << Sì! >> unisono e forte, il Padre si rivolse ai compagni: << Preparate le vostre unità all'attacco, e contattate i nostri alleati. Quando azioneremo i portali, entrando in quei piccoli e deboli regni.... tutto sarà reclamato dall'Abisso. >>.

Poi levò la mano sul petto, all'altezza del cuore, e, fatto un leggero inchino, pronunciò una lapidaria frase di saluto.

<< Che l'oscurità illumini il nostro cammino. >>.

<< CHE L'OSCURITA' ILLUMINI IL NOSTRO CAMMINO. >> ripeterono insieme gli altri cinque, eseguendo lo stesso gesto del loro capo.

Infine, tremolando appena, ognuna delle forme di sangue si afflosciò e perse luminescenza, tornando ad essere una pozza immobile e quieta, non più all'interno del morto Gene e rapidamente assorbita dalla terra, non sazia dell'abbondante rossa semina di quel giorno funesto.

 

 

Poco lontano, correndo invisibile tra i rami grazie alla modalità Mimetica della sua corazza, Calhoun s'affrettava al suo elicottero.

Doveva avvertire tutti del pericolo, e subito!

 

 

* Traduzione: "Dove vai, piccola preda? Stavi scappando da qualche parte, forse?" ** "Addio"

 

 

 

Sigla ending (consigliate le cuffiette per epicità):

 

https://www.youtube.com/watch?v=5N7J802QzP4




Chester il Magnifico.

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Capitolo 6
*** Capitolo 4 : Il Cavaliere di Fina. ***


 NUOVA SIGLA OPENING!!!!
 
 
 
https://www.youtube.com/watch?v=vWesYAQW_kg
 
 
 
 
 
CAPITOLO 4 : IL CAVALIERE DI FINA.
 
 
 
 
 
 
<< Quindi mi state dicendo che neppure voi siete riusciti a stabilire un contatto? >>.
Appoggiata allo scranno della sua scrivania, reggendo il proprio corpo pesante di stress soltanto grazie ai gomiti, Elsa lasciava che la sua fronte restasse immobile sopra le sue mani congiunte, cercando un’ulteriore fonte di sostegno mentre osservava i suoi tre amici dinanzi a lei.
<< No. Neanche un microscopico, dannato segnale! >> disse Calhoun, la quale al solo ricordo della frustrazione subita si innervosì non poco. << Da quando quei… Darkwraith, come si fanno chiamare, hanno iniziato ad entrare nel mondo di Ralph, tutti i sistemi di interconnessione dei frammenti è andata a farsi benedire. Le abbiamo provate di tutte, ma pare proprio che non sia possibile nemmeno raggiungere i confini distopici, che ogni segnale cala a picco come una barchetta di carta! >> finì di sbottare, tirando un secco pugno sul tavolo come sfogo e facendo traballare ogni oggetto sopra di esso.
<< Come se ci fosse qualcosa che li blocca… >>. Elsa scosse mesta la testa, scoraggiata dalla conferma dei suoi timori notturni: non era stato un difetto del suo Mirror, come aveva sperato, ad impedirle di avvertire tutti del pericolo. A quanto pare, gli invasori avevano trovato il modo di sabotare le loro comunicazioni e di facilitare ulteriormente il loro attacco. E adesso ogni Disneyano si trovava isolato dagli altri, senza possibilità alcuna di poter viaggiare da un mondo all’altro, costretto ad affrontare la minaccia incombente da solo.
Sì, decisamente un piano premeditato.
<< Noi stessi siamo riusciti a trasferirci nel tuo frammento per un soffio, Elsa. >>. Il faccino di Vannelope, mentre stringeva in un abbraccio affettuoso e consolatorio uno scosso Felix, era abbattuto dalle orribili azioni viste, tuttavia conservava una determinazione tipica della ragazzina. << Abbiamo dovuto mandare l’elicottero alla massima velocità per riuscire ad attraversare il nostro varco, prima che si chiudesse del tutto, e non sappiamo nemmeno se e quando si riaprirà. In pratica, seppur tra amici…. Siamo come dei prigionieri. >> concluse con un sospiro rassegnato, porgendo poi un fazzoletto al proprio amico per permettergli di soffiarsi il naso.
Calhoun invece continuava a camminare nervosamente avanti ed indietro, ponderando le informazioni in loro possesso e discutendo con Elsa riguardo varie e possibili strategie: la situazione poteva anche essere drammatica, ma come lei diceva sempre, “un buon soldato sa approfittare di ogni vicenda a proprio favore”, e di certo non sarebbe rimasta con le mani in mano in attesa del destino. << Riflettiamo, Elsa: tu sei un Capo di Stato, hai un notevole potere a tua disposizione. Dimmi sinceramente, Arendelle saprebbe reggere una guerra? >>.
La regina rifletté un poco tra sé e sé prima di rispondere. << Sicuramente disponiamo di numerose forze armate, come dici, ma devi tener conto che è oltre un secolo che il regno non affronta una benché minima guerra; i soldati veterani ormai sono pochi, mentre i più giovani non possiedono l’esperienza necessaria a garantire un margine di certezza. Né possiamo contare molto sulla città: ci stiamo appena riprendendo da un crollo economico, le risorse bastano ancora appena alle riparazioni e alle spese quotidiane del regno; di sicuro non posso chiedere al popolo di finanziare un’ingente patrimonio in costi militari, figuriamoci poi arruolarli nell’esercito! Senza poi tener conto che, urbanisticamente, Arendelle non è studiata per resistere ad assedi e simili avversità. >>
<< Ma hai anche una discreta impressione all’estero, no? Non puoi chiedere aiuto a degli alleati all’interno del tuo frammento? Che ne so, i tedeschi o i francesi…. >> provò a suggerirle il sergente, aprendo le braccia e le mani in un gesto di stizza.
Stavolta Elsa non dovette neppure pensarci su: scosse immediatamente la testa. << No, e per una valida serie di motivi. Prima di tutto, non possiedo ancora questo impatto diplomatico che tu speri io abbia, sia perché governo da molto poco, sia perché non ho fatto un’eccellente impressione al giorno della mia incoronazione, causando una glaciazione; e so per certo che alcuni mi temono ed odiano, sotto le apparenze. Secondo, non posso semplicemente inviare messaggeri in giro per il mondo e aspettare comodamente seduta che loro mi inviino dei soldati: non crederebbero ad una minaccia così inverosimile come quella che abbiamo visto, né comunque accetterebbero di consegnare un potente esercito ad una sola persona, la quale potrebbe approfittarne per muovere una guerra di conquista a tradimento. >>.
Prima che Elsa potesse continuare, Vannelope scattò in piedi, esclamando indignata: << Ma non ha senso! Sappiamo tutti che non lo faresti mai, tu sei buona!! >>.
La regina sorrise alla piccola amica, grata di quell’ingenua, ma sincera dimostrazione d’affetto e fiducia. << E’ vero, Van, voi lo sapete; ma loro no. E non possiamo biasimarli per questa prudenza. >>. Per quanto imbronciata e sbuffante, la bambina annuì, tornando a sedere.
Invece Elsa continuò a parlare, di nuovo seria. << E poi c’è da considerare anche lo scenario peggiore: ovvero, che non è detto che gli altri Stati vogliano schierarsi con noi. >>.
A quelle parole, Calhoun rimase a bocca aperta per qualche secondo, prima di sbottare: << Cosa?! Ma sarebbe assurdo!! Nessuno lo farebbe mai! Quei mostri sono venuti qui, minacciando di massacrarci tutti, senza distinzioni, quindi… >>
<< Quindi, di fronte ad un nemico insoverchiabile, chi ci garantisce che non scelgano di arrendersi a loro pur di sopravvivere? >>. Le parole gelide e dure della regina bloccarono il sergente, che rimase ammutolita ad ascoltarla. << E’ vero, sono regni come il nostro, Cal, ma a quanto pare gli invasori ce l’hanno particolarmente con noi, non con la Francia, la Spagna o qualunque altro reame; i Darkwraith sono giunti qui in cerca di qualcosa che apparentemente solo noi possiamo dare loro, ricordi? Quindi, se c’è la possibilità di non immischiarsi e uscirne vivi, o addirittura di unirsi all’altra fazione e guadagnarne, non credi anche tu che esista la forte possibilità di un “tradimento”? La storia è costellata di esempi di città che, pur di sopravvivere, si sono arrese ad un nemico più potente e hanno cambiato bandiera, per garantire la salvezza di tutti: è una cosa umana. >>.
Di fronte alla logica inespugnabile della regina e ai fatti elencati, nella sala ove si trovavano i quattro amici calò un silenzio greve come piombo. Un silenzio che sapeva di disperazione.
Silenzio che, comunque, durò poco: alzandosi in piedi e con una postura ritta e solida come un iceberg, Elsa squadrò negli occhi i compagni amareggiati. E poi parlò.
<< Io non so dirvi cosa succederà, d’ora in avanti; non so dirvi se ne usciremo vivi, o se soccomberemo all’oscurità imminente; ma so dirvi cosa farò io.
Radunerò i ministri di Stato e li informerò dell’attuale situazione, per poi pianificare i giorni a venire. Inizierò a far addestrare i soldati giorno e notte, se necessario, e farò produrre in segreto una piccola quantità extra di armi, munizioni e corazze. Organizzerò delle strategie di attacco e di difesa, con ogni mezzo a mia disposizione, e pianificherò io stessa una soluzione che consenta al popolo di trovare rifugio nel castello o in una qualsiasi zona fortificata. Infine, tenterò ogni, sacrosanta ora o minuto di ogni giorno di contattare gli altri frammenti per ricevere e dare aiuto, dovessi spendere notti su notti insonni di lavoro. >>. Fece una pausa enfatica, osservando Calhoun, Vannelope e Felix, che ora la guardavano ammirati e stupiti, nuovamente pieni di speranza per il domani.
<< Così, quando questi Spettri oscuri arriveranno qua, convinti di trovare una facile preda e di poter depredare i beni e le vite di persone oneste ed innocenti impunemente…. Troveranno ad attenderli la Regina delle Nevi. >>.
Invero, non ci fu un applauso chiassoso, o grida di giubilo, o un accennato “Hurrà!!”: solo un fiero, silente e deciso annuire da parte del trio, pronto a lottare per vivere. E vendere cara la pelle.
Elsa mostrava sicurezza per rinfrancare i propri amici, compito che ben si addice ad un reale; tuttavia, tale baluardo di fortezza vacillò, quando ella chiese, poco prima di lasciarli andare alle loro camere, una certa domanda a Calhoun.
<< Cal, prima che tu vada, volevo chiederti una cosa… >>.
Il sergente, già sulla porta, si voltò di scatto e la guardò curiosa. << Certo, dimmi pure. >>.
La ragazza esitò un attimo, ma poi sputò il rospo.
<< Quando hai fronteggiato quel guerriero dall’armatura scheletrica…. E stando anche a quanto ha raccontato Felix…. Usava una magia dalle mani, giusto? >>.
Calhoun annuì, senza dar peso alle parole. << Sicuro! Una luce purpurea nella mano sinistra, dagli effetti mortali, ricordi? Ma perché ti interessa tanto? >>.
Elsa non rispose; semplicemente, chinò il capo, osservandosi le proprie mani aperte sul grembo.
 
 
 
 
 
 
<< Dunque, fatemi ricapitolare, per vedere se ho capito bene. >>.
Anna staccò un altro pezzetto dello squisito dolcetto al miele, mandorle e farina astoriano che le era stato offerto, prima di continuare il suo discorso. Seduta davanti al fuoco di campo (un normalissimo e comune falò, stavolta), sopra cui Oscar stava preparando una sorta d’incenso di erbe aromatiche per aiutare la ragazza a riprendersi dallo stordimento, rimuginava tra sé e sé tutte le informazioni appena ricevute dai quattro cavalieri. Le quali non erano affatto poche.
<< Voi siete quattro appartenenti a quattro diversi ordini cavallereschi di un altro universo, completamente differente da questo, a detta vostra… >> << A quanto pare, anche se non abbiamo avuto modo di esplorare i dintorni come si deve. >> sentenziò allegro Solaire, mentre con gioia golosa divorava uno dopo l’altro lo stesso dolce offerto ad Anna, restando a gambe incrociate di fianco a lei.
<< Giusto. Inoltre, avete detto che siete finiti qui per puro caso, tramite un incidente di percorso. >>.
Stavolta fu Siegmeyer a parlare in risposta: l’onorevole e forte camerata del regno di Catarina stava tentando di tracciare su di una pezza di cuoio consunto una mappa dei dintorni col carboncino, riuscendo tuttavia soltanto, con suo grande disappunto, a creare un ghirigoro di linee nere tremolanti e mal comprensibili. << Per le braghe di Gwyn!! E’ più arduo dell’addestramento militare a Shalestone… Comunque sì, Lady Anna: invero, ci eravamo imbattuti in un muro! O una “palla”, dovrei dire…. >>. La rossa finì l’ultimo boccone del dolcetto, rivolgendosi poi entusiasta verso di lui. << Sì, esatto, eravate in quel castello pieno di trappole che mi avete descritto, ricordo bene! …Ehm, come si chiamava? >> << Fortezza di Sen, Milady. >> rispose paziente l’altro. Poi batté il palmo guantato sulla gamba, con un moto di stizza. << Ah! Maledetta baracca infernale! Come se gli uomini-serpente, le lame oscillanti e i baratri letalmente profondi non fossero abbastanza! No, dovevano metterci persino un percorso obbligatorio su cui passavano sfere di pietra grosse quanto una casa! Ad ogni modo, fu proprio a causa di una di quelle che finimmo qui. >>.
Leggermente distante dal gruppo, sdraiato supino ad osservare il cielo terso con un filo d’erba in bocca, Lautrec espirò forte dalle narici, rammentando il fatto. << Dannazione, ancora mi chiedo come sia potuto accadere… Un attimo prima, stiamo precipitando giù verso il vuoto, per colpa di quella sfera; poi un lampo di luce purpurea, un…. “qualcosa” compare dal nulla sotto di noi…. E ci risvegliamo in un mondo completamente nuovo! >>. Sbuffò frustrato, sollevandosi a sedere e fissando un punto indefinito dinanzi a lui. << Non ha senso. Non ha alcun senso… >>.
Anna guardò il suo ex rapitore, continuando a metabolizzare quanto le era stato raccontato: oramai sentiva di aver perdonato il cavaliere per il suo brusco (per usare un eufemismo) incontro, tuttavia non riusciva a non domandarsi come poteva, in mezzo a persone così oneste e leali, esserci un uomo dai modi tanto dispotici e distaccati, pieno di sé e dotato di un’arroganza sardonica fuori dal comune. Per carità, non conosceva la sua storia, né quella che lo legava ai suoi tre compagni d’arme, quindi non poteva ancora capire se fosse realmente buono o malvagio; però, di certo gli ricordava un infame principe di sua conoscenza… E perciò, d’ora in avanti, sarebbe stata all’erta con lui nei paraggi.
<< Comunque sia, come il nostro amico vi ha detto, ci risvegliammo su una di quelle montagne là dietro, in una sorta di passo innevato. >>. Oscar parlò mentre aveva appena finito di preparare il composto per l’incenso aromatico, che venne acceso e posto cordialmente vicino ad Anna in modo tale che fosse sottovento: ad ogni respiro, la ragazza si sentì sempre più calma e rasserenata. << Incerti sul da farsi, vagammo fino a raggiungere l’altro versante del monte, da cui vedemmo il territorio e la città portuale. Da lì, decidemmo di recarci al centro abitato per raccogliere informazioni ed, eventualmente, rifornirci di beni utili alla sopravvivenza; poi ci siamo accampati qui, Lautrec vi ha portata da noi… e il resto lo sapete. >> concluse sorridendo, nel tentativo di risollevare il morale della fanciulla con un tono d’allegria. Cosa che gli riuscì appieno, grazie agli stupendi occhi color del mare.
Anna sorrise di rimando, grata delle cure e della cordialità dimostratale dal gruppo; certo, la loro conoscenza non era iniziata nel migliore dei modi, e si stava ancora chiedendo che fine avesse fatto Kristoff, ma stranamente non si sentiva minacciata o a disagio. Sentiva dentro di sé, come un istinto, di potersi fidare di quelle persone, di considerarli amici e di invitarli al castello da sua sorella.
Tuttavia, nonostante la novella fiducia ed amicizia istauratasi, non poté esimersi dal porre la grande, fatidica domanda: << Sir Oscar, vi ringrazio enormemente per la vostra gentilezza, però…. Ecco, a proposito del rapimento, non mi avete ancora spiegato come mai cercaste così disperatamente una cosiddetta “Guardiana del falò”. >>.
Sia il cavaliere blu, sia i restanti compagni drizzarono le schiene, dipingendo sul loro volto una maschera granitica di serietà. A quanto pareva, Anna aveva toccato un punto importante delle loro esperienze, sollevando questioni ben più grandi di quel che si aspettava.
<< Giusto… avete ragione. Meritate di saperlo, dal momento che siete stata coinvolta involontariamente. >> disse l’astoriano, con un’espressione grave ed un tono profondo. << Vi spiego: ricordate il falò particolare che c’era qui, prima che lo sostituissimo con quello attuale? >>.
Anna annuì, ancora ingenua delle rivelazioni imminenti. << Certo, ricordo bene. Difficile scordarsi di quella bizzarria di ossa e spada! Ma cosa ha a che fare con il mio rapimento? >>.
<< Tutto. Quel falò che Lautrec, con intento benigno, pur sbagliando, aveva tentato di creare, era un’imitazione dei falò di Lordran, la terra da cui veniamo, i quali, come avrete intuito, non sono focolari normali. Essi infatti sono composti da ossa di non-morto e una particolare spada cerimoniale a spirale. >>. Ora la ragazza seguiva il discorso del suo interlocutore con grande interesse, e non poco stupore. << Tuttavia, questo tipo di falò non si sarebbe mai potuto accendere nemmeno con dell’acciarino o una torcia, giacché gli mancava qualcosa; ossia, c’era bisogno di una figura in particolare: una Guardiana. >>
<< Come spiegarvi…. Una Guardiana del falò è la protettrice e al contempo la reggente della sua fiamma: senza di lei un falò non funziona, si spegne, e riaccenderlo risulta sempre essere un’impresa assai ardua! Questo evento accadrebbe sia nel caso abbandonasse la sua posizione volutamente, sia qualora ella morisse; inoltre, va precisato che lei stessa non potrebbe vivere senza la fiamma, essendo legata ad essa con un vincolo potente alla sua anima. Diventano, in sintesi, un tutt’uno.
Si tratta di un ordine antico, composto esclusivamente da donne – o almeno, non ricordo di aver mai incontrato o letto di un Guardiano -, i cui membri spesso vengono addestrati fin dall’infanzia a questo compito: alcune di loro accolgono tale mansione con onore e gioia; altre…. >> e qui gli occhi di Oscar si fecero straordinariamente tristi e malinconici. << …. Altre vengono rese tali per punizione divina, anche qualora possiedano un animo gentile ed un gran cuore. >>. Anna capì, per empatia istintiva, che si stesse riferendo ad una persona in particolare. Una persona a lui molto cara.
<< Ad ogni modo, qualunque sia la sua origine, la sua razza o la causa per cui sia lì, il compito di una Guardiana è sempre lo stesso: preservare la viva fiamma dei falò, in modo tale che essi possano essere utilizzati per le loro proprietà. >>.
La ragazza, col fiato sospeso per lo stupore, chiese quasi sussurrando: << E cosa fanno questi falò? >>.
<< Ci riportano in vita. >>.
Nella radura calò un silenzio, sottile come seta, ma pronto ad essere rotto da un momento all’altro.
Anna fissava Oscar e gli altri con la bocca aperta, incredula. << Vi… Vi riportano in vita? >>.
<< Beh, ad essere precisi, è più corretto dire che ci mantengono in “vita”… Certo, senza i falò non potremmo tornare ogni volta che moriamo, e diventeremmo immediatamente Vuoti, ma ciò che principalmente fa un falò di Lordran è garantire a quelli come noi di vivere grazie alla sua fiamma, alla stessa maniera di un cuore che batte caldo nel petto. >> concluse pacato il cavaliere.
La rossa continuava però ad osservarlo, faticando a trovare le parole adatte per esprimersi. << M-Ma, ecco, io n-non capisco…. Voglio dire, vi serve un fuoco per sopravvivere? Ma non ha senso… Gli esseri umani qui da noi non necessitano di un simile mezzo per restare in vita- >>
<< Il fatto è, Lady Anna, che noi non siamo umani. O almeno non più. >>.
Le parole di Oscar, dritto in piedi di fronte a lei e a braccia conserte, colpirono Anna come uno schiaffo sul viso, lasciandola ammutolita e con gli occhi sgranati. << Non… Non siete umani? >>.
Il cavaliere sospirò, parlando in un tono così greve che la ragazza comprese immediatamente che quanto stava per rivelarle era qualcosa di pesante, che aveva tormentato l’astoriano per molto, molto tempo. << No. Lo eravamo, un tempo, ma anche se adesso ci vedete con un aspetto comune, sappiate che abbiamo perso la nostra natura molto tempo fa. >>.
<< E cosa siete, dunque, se non umani? >> chiese lei, confusa e trepidante al contempo.
Oscar prese un profondo respiro, per prendere coraggio e calmare i nervi; poi, con voce calma e portandosi una mano sul petto, disse: << Noi, tutti noi…. Siamo n- >>.
Prima che potesse finire la frase, qualcosa proveniente dalla foresta volò con un sordo sibilo contro la spalla del cavaliere, il quale cacciò un breve urlo di dolore e rabbia, per poi guardarsi il braccio… e trovarvi, saldamente conficcato quasi fino all’elsa, un coltellaccio da caccia.
Fu come un’esplosione di energia ed azione: sotto gli occhi attoniti di Anna, Oscar balzò dinanzi a lei, slacciando con la mano dell’arto sano lo scudo appeso alla schiena e reggendolo con sicurezza a difesa di entrambi, mentre un secondo dopo Solaire e il suo scudo rotondo del Sole si posizionarono accanto a lui, a dare man forte, con la spada sguainata; Lautrec balzò in piedi, portandosi alla destra del gruppetto per colpire da una diversa angolazione, il suo volto tramutato in una maschera di pietra di concentrazione guerriera; Siegmeyer invece, brandendo il proprio spadone a due mani e facendolo roteare sopra la testa con sorprendente abilità, si piazzò davanti agli scudi ed urlò: << YYYYYAAARGH!!!! Tuoni e fulmini!! Chi osa attaccarci? Uscite allo scoperto, figli di un demone! >>.
La risposta dell’assalitore non si fece attendere: facendosi largo fra le frasche e le felci, con passo deciso e veloce, nello spiazzo della radura fece ingresso un uomo alto, dalle spalle larghe e la corporatura muscolosa, che reggeva nelle grandi mani un’ascia bipenne decisamente molto affilata e pericolosa.
Anna ebbe un tuffo al cuore, in parte gioioso ed in parte preoccupato: avrebbe riconosciuto quei capelli biondo grano e quel volto rotondo ovunque.
<< Kristoff!! >>.
Il montanaro volse immediatamente lo sguardo verso di lei, scorgendola aldilà del bordo metallico della coppia di scudi. I suoi occhi s’illuminarono e sorrise per un attimo. << Anna!! Non temere, ci penserò io a salvarti! >>. Detto questo, si rivolse con sguardo furente verso Siegmeyer, Solaire ed Oscar, ringhiando: << Liberate subito la mia ragazza, maledetti!! >>.
A quelle parole, i tre compagni abbassarono leggermente la guardia, sorpresi, guardandosi l’un l’altro; poi si voltarono verso il quarto membro e Solaire disse a nome di tutti: << Lautrec, è per caso il fidanzato che era con Lady Anna quando l’hai rapita? >>.
Il diretto interpellato sbuffò, guardando irritato in direzione del ragazzo, il quale ora puntava sia gli occhi che la lama dell’ascia contro di lui. Dopo qualche interminabile secondo, sentenziò sarcastico: << Sì, purtroppo. Me lo sentivo che avrei dovuto usare una dose più forte su quel bestione, accidenti. >>.
Quelle due frasi bastarono per far mandare in bestia Kristoff: con un ruggito rabbioso, fece oscillare la sua arma in un arco orizzontale e si scagliò in corsa contro il cavaliere, il quale, fortunatamente, schivò il colpo con una capriola di lato, facendo passare la lama dell’ascia appena sopra il suo fianco. Si mise in posizione acquattata, pronto a scattare ancora, tenendo d’occhio ogni movimento del montanaro.
<< Posa quell’attrezzo, ragazzo. Ti farai male. >> disse con tono lapidario. Ma Kristoff sembrava non udirlo nemmeno: stringendo fra le grandi mani il manico nodoso dell’arma tanto forte da far sbiancare le nocche, mosse di nuovo contro Lautrec.
<< Preoccupati della tua salute, piuttosto, e libera Anna! >>, ed attaccò di nuovo, stavolta con un fendente verticale. E di nuovo il cavaliere lo evitò con un’altra capriola, facendo sì che l’ascia si incastrasse profonda nel terreno.
Solo che, invece di rannicchiarsi come prima per eludere altri attacchi, questa volta si erse ritto in piedi, in tutta la sua altezza, tenendo le braccia lunghe sui fianchi e osservando il suo avversario, il quale aveva appena divelto l’arma dalla terra in uno spruzzo di terriccio ed erba.
<< Sei stato tu? >> chiese Lautrec.
Kristoff si bloccò nell’ennesimo slancio per un attimo, confuso per l’improvvisa domanda. Aggrottò la fronte e disse: << Cosa? >>.
Il volto del cavaliere era invece immobile come una statua, tanto quanto il suo corpo. Solo gli occhi neri sembravano mandare lampi, da quanto era intenso il suo sguardo. << Te lo chiedo un’ultima volta. >> disse con una voce da tomba. << Sei stato tu a colpire Oscar con quel coltello? >>.
Il montanaro, per tutta risposta, gli indicò il lato destro della propria cintura: su di essa era appeso il fodero vuoto di un pugnale.
Lautrec fissò la guaina e in seguito il proprietario; dopo un lungo silenzio, disse solo: << Bene. >>.
E, mentre l’altro stava perfettamente fermo, Kristoff si lanciò ancora contro di lui.
A detta di Anna, come ella stessa ricordò anni dopo, accadde tutto così velocemente che tutto finì ancor prima che la sua mente registrasse quanto aveva visto.
Nell’attimo appena precedente che la lama fendesse il collo di Lautrec, questi, con un rapido ed energico movimento del braccio, colpì il manico dell’ascia con tale forza che essa scivolò via dalle mani di Kristoff e andò a piantarsi in volo contro il tronco di un albero; poi, mentre il ragazzo guardava stupefatto in direzione della sua arma, sferrò un secco uppercut in combinazione contro la sua mandibola, facendolo buttare a terra un metro più in là, supino e con la testa che gli girava; infine, con un balzo, atterrò sopra il suo petto, bloccandolo sul posto, e, sguainando le sue due spade, gliele puntò alla gola.
Anna, la quale aveva seguito tutto il breve scontro con una certa apprensione (pur non intervenendo), si accorse solo in quel momento del particolare tipo di armi che Lautrec portava sempre incrociate dietro la schiena, avendole prima scambiate per una decorazione dell’armatura, siccome formavano unite un anello.
Erano una tipologia di spada che la ragazza non aveva mai visto prima: erano corte e ricurve, ma le loro lame erano a forma di falcetto, come quelli che venivano utilizzati dai contadini per mietere le spighe di grano; solo che questi erano più arcuati, affilati, e realizzati con un eccellente acciaio temprato, su cui erano incise delle squisite decorazioni in stile gotico. Come avrebbe appreso più tardi dal Cancelliere Madinsky, quelle lame venivano chiamate “shotel”, ed erano state a lungo l’arma peculiare della fanteria etiope.
Arma che ora si trovava a stretto contatto con il pomo d’Adamo del suo fidanzato, il quale, teso, non muoveva un solo muscolo.
Lautrec stava ancora sopra di lui, tenendolo bel saldo al terreno e senza staccare un secondo i suoi occhi d’onice da quelli del montanaro. << Te l’avevo detto che rischiavi di farti male, ragazzo. >> disse lui, con una calma serafica nella voce.
Ripresosi dall’improvvisa azione del suo avversario, Kristoff tentò di liberarsi dalla presa del cavaliere (peraltro inutilmente), ringhiando: << Lasciami andare!! Devo liberare Anna! Io sono il suo fidanzato, Kristoff Bjorgman - >>.
Le sue parole vennero smorzate, non appena avvertì le punte degli shotel entrare leggermente dentro la sua pelle, pizzicandogliela e facendogli uscire qualche goccia di sangue.
<< E io sono Lautrec del Regno di Carim, l’Avvolto, la Lama Dorata, cavaliere dell’ordine della dea Fina, membro dei Venti Grandi Spadaccini e uno dei più abili guerrieri del suo tempo! >> disse con voce via via più alta e forte, facendo trasparire unicamente dal suo tono tutto il suo orgoglio personale e la sua sicurezza. Poi, chinandosi e restando faccia a faccia a pochi centimetri dal volto di Kristoff, sibilò: << E tu, osa una seconda volta anche solo pensare di attaccare i miei compagni, e ti assicuro che ciò che rimarrà di te, dopo che avrò finito, non basterà a riempire una fottuta scatola di stuzzicadenti. >>.
Ci fu un lungo, immobile silenzio da parte di tutti, soprattutto il montanaro. Ognuno dei presenti, non meno di Anna, attendevano col fiato sospeso e con ansia la risposta del ragazzo, poiché essa avrebbe potuto fare la differenza tra la sua vita o la sua morte.
Infine, dopo un violento dibattito interiore, facendo fuoriuscire tutta l’aria dai polmoni, Kristoff mormorò: << D’accordo, mi arrendo. >>.
Tutti tirarono all’unisono un forte sospiro di sollievo, rilassando i muscoli e abbandonando le posizioni di battaglia.
Lautrec, invece, così come pochi attimi prima era divenuto un’effige di serietà e durezza, fece un inaspettato, largo sorriso amichevole: si tolse dal petto del montanaro, gli diede la mano per farlo alzare e disse semplicemente: << Lieto che ci siamo capiti. Ora, facciamo ricongiungere i due piccioncini innamorati, e parliamo un po’ di come raggiungere questa stramaledetta “Arendelle”: ho voglia di una birra decente, che diamine! >>.
 
 
 
 
 
Sigla ending (consigliate le cuffiette per epicità):
 
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http://img02.deviantart.net/4dfe/i/2015/301/a/d/lautrec_of_carim_by_calsantiago-d9enbko.jpg
 
Lautrec di Carim, l’Avvolto.

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Capitolo 7
*** Capitolo 5 : Il fato di un Non-morto - Parte uno. ***


Sigla opening:
 
 
https://www.youtube.com/watch?v=vWesYAQW_kg
 
 
 
 
 
 
 
 
 
CAPITOLO 5 : IL FATO DI UN NON-MORTO – PARTE UNO.
 
 
 
 
 
 
Mentre il carro-slitta di Kristoff, guidato dal suddetto, si avvicinava alla porta nordoccidentale di Arendelle – chiamata simpaticamente dai locali la “Porta del Gelo”, dato che d’inverno su ogni sporgenza di pietra della struttura pendevano sempre lunghe stalattiti di ghiaccio -, i pochi passanti che stavano viaggiando, chi per un motivo e chi per un altro, lungo la via maestra quel giorno poterono ammirare – non senza una certa e stupita curiosità – i bizzarri compagni di viaggio che accompagnavano sul mezzo la loro principessa e il suo fidanzato: un gruppetto di quattro pescatori, diretti ad un lido più tranquillo del porto cittadino per procurarsi di che vivere, si arrestò all’unisono con le bocche semiaperte e le canne immobili al vento, mentre un cacciatore esperto, tal Faendal, ancora scuoteva la testa camminando qualche metro dietro il carro, tenendo ben salde sulle spalle il proprio fucile, tre splendidi pernici e l’idea rassegnata che, di quei tempi, si incrociavano sulle strade e ai crocicchi di esse bizzarrie di ogni sorta.
E non c’era da meravigliarsi per questo: nel loro mondo e periodo storico, pur esistendo ancora la nobile arte della scherma e l’utilizzo di corazze apposite durante i conflitti bellici, era oramai alquanto raro imbattersi in quattro cavalieri, armati di tutto punto, vestenti abiti e armature estranee, - e per lo più dalle fattezze inusuali -, oltre che dotati ognuno di armi differenti; specie dal momento che negli ultimi decenni stava regnando incontrastata una relativa pace. Evidentemente, il quartetto di diretti interessati non sembrava farci caso. Affatto.
Seduta sui sedili imbottiti direttamente posteriori al posto di guida, Anna salutò con un sorriso stentato e un leggero sfarfallio di mano i suoi sudditi meravigliati, tornando poi subito dopo a guardare, con aria alquanto incerta, i “colpevoli” di tale stupore contagioso. Partendo dal più eclatante.
Siegmeyer, appollaiatosi fin dall’inizio del viaggio di ritorno sulla cassetta affianco a Kristoff, seguitava a raccontargli alcune delle sue avventure nelle loro terre d’origine, tra una risata grassa e un buon sorso di caldo liquore, entrambi ampliamente condivisi e accettati dal suo ragazzo; attualmente, era impegnato a descrivergli come aveva respinto a colpi di spadone, insieme a dieci suoi commilitoni catariniani, un assalto di duecento soldati di una certa Zena, i quali stavano assediando il loro forte da tre settimane.
<< Avresti dovuto vederlo, caro Kriss!! Ahahah!!! Quei somari zenesi avevano ritenuto davvero che una sortita sul lato ovest di Strongarm sarebbe stata un’impresa facile. Facile!!! Ah! Se ne pentirono subito. Dovevi vedere le loro facce, stupiti e pallidi come uno sbarbatello davanti alla sua prima locandiera popputa, quando sulla sommità delle scale ci videro urlanti e con gli spadoni alla mano, già in viaggio di sola andata verso le loro capocce!! Ahahahahah!!! Lunga gloria a Catarina, per Gwyn!! >> concluse ridendo forte Sir Onion, ormai completamente brillo, seguito dal divertito ridacchiare di Kristoff, di cui non si riusciva più a comprendere se il divertimento fosse derivato dal racconto o dal “Miele di drago”.
<< Incorreggibile, nevvero? >>.
Anna si voltò alle spalle per guardare confusa colui che aveva intrapreso il discorso. << Che intendete dire, Sir Lautrec? >>
Precisamente dietro di lei, sdraiato comodamente e quasi con pigrizia lungo tutto il sedile e parte dello schienale, Lautrec sbadigliò con leggerezza, stiracchiandosi un po’ il dorso con le braccia intrecciate dietro la nuca, a mo’ di cuscino, e scoccando finalmente poi uno sguardo tra il divertito e il rassegnato al suo compagno gaudente.
<< Intendo dire che non sono neanche le undici di mattina, ed è già con più fumi dell’alcool nel sangue che il sangue stesso, trascinando chiunque abbia nelle vicinanze in una piccola festa ambulante… Eeeeh, non cambierà mai, temo. >> disse sospirando enfaticamente. Poi aggiunse, con un mezzo sorrisetto: << O meglio, lo spero. >>.
Alla seguente occhiata interrogativa da parte di Anna, il cavaliere di Fina le elargì un largo sorriso furbesco, e spiegò: << Vede, milady, i nativi di Catarina, qualunque sia il loro carattere, sono tipi festaioli per natura. A prescindere. Hanno tanto coraggio ed ardore nel cuore quanto cibo e vino nello stomaco; potrebbero tranquillamente fare a pezzi a mani nude un truce e gigantesco Demone del Caos e nemmeno dieci secondi dopo tirar fuori dagli zaini tovaglie e vettovaglie, riempire i boccali colle migliori e più forti bevande del mondo e brindare fino all’alba nel nome dell’onore, della gloria o di qualunque altra cosa infiammi loro l’animo. E il caro, vecchio Sieg non fa eccezione. >>.
Anna ascoltò rapita quella piccola descrizione dei valorosi soldati di quel regno, Catarina, così spontanei e diversi dai “cavalieri” del suo tempo, di cui titolo portavano spesso solo il nome. Dopotutto, era proprio per via di quella grezza e semplice schiettezza, così vera, così ricca, che aveva preferito il suo amato montanaro a tutti i rampolli delle nobile casate di mezzo mondo. << Quindi, non desiderate che cambi? >>.
Lautrec fece una breve e sincera risata secca, prima di risponderle. << Oh, per le mutande di Velka, certo che no! Non sarebbe lui, se non fosse un impavido avventuriero dalla corazza cipollina, sulla quarantina e con una passione smodata per i banchetti e i duelli mortali. >>. Fece poi un sorriso possibilmente più ampio di prima, osservando il compagno mentre tirava devastanti pacche sulle spalle di Kristoff, il quale probabilmente aveva per questo perso come minimo un polmone. << Né io mi sarei tanto affezionato a lui, dopotutto. >>.
Anna fece un sorrisetto malizioso, guardando Lautrec con espressione sorniona. << Oooooh… Allora lo spietato combattente dall’armatura bronzea, sotto sotto, è un cucciolone, eh? >>.
A quelle parole, il carimese arrossì lievemente, sgranando due occhi in direzione della ragazza, contenenti il tacito messaggio: “Prova a dirlo a qualcuno e te ne pentirai.”; poi voltò lo sguardo verso il mare poco distante, con la fronte corrugata, borbottando sottovoce commenti irripetibili riguardanti la curiosità femminile e la propria personale stupidità.
Terminato il suo momento di ironia, la rossa diede giusto un’occhiata veloce a Solaire, seduto alla sua sinistra e ancora assorto a contemplare il sole nel cielo limpido – e ancora si chiedeva come diamine facesse a fissarlo senza rovinarsi le pupille - , mentre concentrò tutte le sue attenzioni verso Oscar, appoggiato elegantemente alla sua destra e assorto nell’ammirare da lontano Arendelle, con faccia pensierosa.
<< Oscar, come va la tua spalla? >>.
L’astoriano si scosse dalla culla privata dei suoi pensieri, voltandosi ad osservare Anna con un’iniziale espressione disorientata; dopo un secondo però, una volta recuperata la concentrazione, le sorrise benevolo, torcendo il busto quel che bastò per portare il deltoide alla vista della ragazza.
<< Controllate voi stessa. >> disse semplicemente.
Ed Anna constatò quel che aveva visto anche prima: lo spallaccio destro della corazza presentava ancora lo squarcio obliquo lasciato dalla lama del pugnale, il quale aveva sfondato il metallo proprio nel suo punto più sottile… ma, sotto di esso, al di là degli strati di acciaio, ferro e tessuto, la carne era immacolata, senza neppure la minima cicatrice, come se un paio di ore fa il cavaliere non fosse mai stato infilzato nel muscolo da parte a parte da un coltellaccio.
Già…. Due ore fa….
Il solo fissare quella spalla le riportò alla mente cosa aveva visto prima… e la rivelazione che ne era conseguita….
 
 
Due ore prima.
 
 
<< Allora, al mio tre, intesi? Uno… Due… Tre! >>.
<< YARGH!!! >>.
Nonostante avesse cercato in tutti i modi di prepararsi nella testa e nel corpo all’imminente dolore, Oscar non riuscì a tenere al riparo dei denti un secco urlo di sfogo, quando Solaire, pur operando con mani attente, gli sfilò il largo coltellaccio di Kristoff dalla spalla, il quale venne estratto dal muscolo con l’accompagnamento di un viscido e sottile “slock!”. E anche di un ruscelletto color rubino che cominciò a riversarsi giù lungo il braccio, lento ma costante, come un suo simile d’acqua da una fonte montana. Il guerriero del Sole si ingegnò quindi a sollevare la manica di tessuto e maglia di ferro che copriva la parte ferita a scopo di un’analisi necessaria, ultimo impedimento alla vista della lesione, dal momento che lo spallaccio, previamente slegato, era ancora incastrato intorno alla lama ed era venuto via insieme ad essa.
Quando, con cura scrupolosa, il biondo riuscì ad arrotolare il pezzo di vestiario sporco di sangue oltre l’omero e finalmente poté esporre alla luce e all’aria la ferita, sia Kristoff che Anna – ma anche gli altri cavalieri, dopotutto, non nascosero respiri forti dalle narici - emisero un gemito di raccapriccio: con un taglio leggermente diagonale di ben cinque centimetri e rivoli copiosi di sangue che sgorgavano da quel crepaccio di carne, il terribile squarcio attraversava tutto il deltoide della spalla destra di Oscar da parte a parte, deformando la pelle sottoascellare in una storpia montagnola sbucciata, ossia il punto ove la lama aveva terminato il suo trapasso ed era fuoriuscita con violenza; inoltre, il muscolo intorno alla lesione era disgustosamente gonfio, producendo come risultato un bozzo di carne rubiconda e pulsante, macchiato di sangue e talmente grosso da dare l’idea di poter esplodere da un momento all’altro come un brufolo troppo pieno.
Non la migliore delle visioni, insomma.
Solaire studiò attentamente la ferita in silenzio, sia davanti al braccio, sia dietro di esso (costringendosi per questo a dover sollevare piano l’arto, e strappando così, purtroppo, un altro lamento all’amico), tastando delicatamente ma con perizia vari punti di volta in volta e controllando le eventuali reazioni del soggetto; poi, dopo qualche secondo di riflessione, scosse la testa mesto e sentenziò: << Più grave di quel che credessi… Tendini e legamenti recisi, muscolo praticamente macellato, persino l’osso è stato scalfito per una buona tacca… >>. Si voltò in direzione di Kristoff e lo guardò con una faccia in parte sarcastica ed in parte cupa. << Ma sei un montanaro per davvero? Se avessi visto questa roba senza sapere i fatti dietro le quinte, avrei giurato che fosse il risultato della mano di un assassino prezzolato! >>.
Il ragazzo spostò più e più volte il peso sulle sue gambe, rosso d’imbarazzo in viso e incapace di guardare in faccia il cavaliere per la vergogna. Ora che era sparita quella carica esuberante di adrenalina che l’aveva pervaso quando aveva ritrovato Anna, Kristoff si era reso conto del casino da lui compiuto, tra l’altro totalmente estraneo dal suo normale modo di comportarsi, ed era divenuto un vascello di emozioni turbinanti, quali dispiacere, costernazione, senso di stupidità, tensione e nervosismo (anche se, nel profondo, non riusciva a scollarsi di dosso quella sciocca sensazione di sollievo ed allegria nel vedere la sua amata sana e salva, oltre che di un pizzico di orgoglio virile per l’impeto dimostrato).
Grattandosi abbastanza freneticamente la base della nuca per via del nervoso imbarazzo, balbettò umilmente qualche parola di scusa. << Mi… Mi dispiace davvero un… un botto, signor Solaire. Io... Non so cosa mi abbia preso. Sul serio! >>. Il pomo d’Adamo del ragazzo seguitava a fare un’estenuante lavoro su e giù, deglutendo di continuo l’abbondante salivazione da lui prodotta. << All’inizio volevo solo… ecco… fare un po’ di scena. Sapete, apparire grande e grosso, spaventare senza torcere un capello a nessuno. Ma quando ho finito di seguire le tracce e ho visto Anna lì con voi… come se fosse una prigioniera… Beh… >>. Puntò quindi due occhioni da cucciolo bisognoso d’affetto verso la fidanzata, la quale si sentì sciogliere dentro come caramello su di una brace. << Ho agito d’istinto. >>.
Lautrec, che per tutto quel tempo si era piazzato al fianco sinistro del montanaro, cominciò a battere le mani guantate di metallo in un applauso lento ma elegante, volutamente enfatizzato da un’espressione del volto ironicamente colpita. Poi si rivolse ai propri compagni: << Che dire, ragazzi? Tale è la forza dell’amore: trasforma docili e semplici contadini in devastanti macchine da guerra! >>.
Le risate, si sa, tendono ad essere estremamente contagiose; perciò, quando alla prima, fragorosa risata di Siegmeyer seguì a ruota il ridacchiare roco del cavaliere di Carim, fu solo naturale che iniziarono a sorridere prima, sghignazzare poi, tutti i restanti componenti del gruppo, dalla risata cristallina di Solaire a quella seppur sofferente di Oscar, dal lieve gorgoglio di Anna al sommesso e un poco sollevato ridacchiare di Kristoff.  Fu così che tutta la tensione precedentemente accumulata svanì, nel nulla, come bruma mattutina all’innalzarsi del limpido sole. Perlomeno, per qualche prezioso secondo di pace.
Tuttavia, un leggero ed inutilmente celato gemito da parte dell’astoriano ferito riportò i presenti alla situazione attuale in un batter d’occhio, spezzando quel piccolo incantesimo che era andato creandosi fra di loro.
Solaire pose di nuovo tutte le sue attenzioni all’amico, il quale fissava con uno sguardo indecifrabile la lacerazione subita. O almeno, “indecifrabile” lo era per la ragazza ed il ragazzo, che erano ancora ignari di tutto.
Perché, quando Oscar parlò e pose fra due respiri doloranti la sua domanda, chiunque si sarebbe accorto di come l’aria lì attorno si fosse fatta particolarmente tesa, di come su ognuno dei cavalieri si dipingesse in volto una maschera seria e grave, di come gli sguardi apparentemente “indecifrabili” fossero in realtà carichi di una nascosta verità, una taciuta esperienza condivisa e conosciuta dal quartetto.
<< Solaire, sii sincero: quanti sorsi? >>.
Il guerriero del Sole fissò a lungo gli occhi blu del compagno coi suoi marroni, prima di rispondere, ogni traccia della consueta gaiezza scomparsa dalla voce.
<< Due sorsi. Se non di più. >>.
Oscar chiuse gli occhi ed annuì greve. Lautrec fu meno galante: imprecò fra i denti in maniera orribile, tanto da far girare Anna con la bocca aperta dallo scandalo.
Kristoff invece chinò la testa verso di lei, in malcelata confidenza, sussurrandole: << Due sorsi di cosa, amore? >>. La ragazza lo guardò di rimando, confusa quanto lui. << Non ne ho idea. >>.
Se ne fecero presto, un’idea. Una miriade d’idee, a dirla tutta.
Usando la mano del braccio sano, il sinistro, Oscar slacciò i laccetti di cuoio consunto di una piccola borsa che portava appesa alla cintura sul fianco e vi infilò dentro la mano con calma e sicurezza, segno che sapeva perfettamente dove trovare ciò che stava cercando e che aveva ripetuto quel gesto molte volte prima; difatti non dovette star molto a rovistare: afferrando nella sacca qualcosa di consistente, tirò fuori la mano con l’oggetto ben stretto in pugno. Oggetto che fece spalancare gli occhi di Anna e Kristoff dallo splendore.
Stretta nel palmo di Oscar c’era una tozza fiasca di materiale verde smeraldo grande quanto un boccale piccolo di birra, da cui si irradiava splendente ed affascinante una luce gialla, color dello zafferano e del metallo fuso, che ondulava ritmicamente secondo i leggeri tremolii della mano, segno che essa era il liquido contenuto all’interno, qualunque esso fosse. Ad osservarla con attenzione, si capiva subito che la bottiglietta in sé non era nulla di speciale, tuttavia era proprio quel bagliore costante a rapire gli occhi e le menti dei due giovani: trasmetteva qualcosa di confortevole, di sicuro e di benevolo, come l’abbraccio di una mamma o il focolare caldo di un camino d’inverno, o come una serata in un pub con amici di vecchia data, o come un caldo letto dove dormire insieme alla moglie e i figli piccoli…
Oscar osservava quella radiosa bevanda con un mesto sorriso, le palpebre socchiuse non si sa se per il chiarore abbagliante o se per nostalgia. << Mmmm… Speravo proprio di non doverti usare. >> disse con voce impastata. Poi, senza dire più nulla, stappò la bottiglia e bevve.
Ciò che successe poi, subito dopo, rimase per sempre scolpito nelle memorie di Anna e Kristoff.
Come il primo sorso andò giù in gola, il corpo del cavaliere iniziò ad illuminarsi tenuamente, quasi fosse lui stesso ora ad irradiare quella luce al posto della fiasca, seppur più fioca: essa prese a fuoriuscire dai pori della sua pelle, in parte disperdendosi nell’aere sotto forma di piccole scintille danzanti, in parte andando a convogliarsi, a guisa di lingue sottili, verso la ferita alla spalla. Non appena le lingue toccarono la parte lesionata, il sangue smise di colpo di defluire dalla lacerazione, mentre, a vista d’occhio, i suoi lembi iniziarono lentamente a rimarginarsi, sia in superficie che in profondità nelle carni, tanto che anche il gonfiore calò visibilmente. Un secondo sorso da parte dell’astoriano accelerò il prodigioso processo di guarigione, finché la ferita si richiuse, il bozzo livido scomparve e ogni traccia della passata lesione svanì nel nulla, salvo giusto un po’ di sangue secco. Terminato il proprio compito, anche la luce si spense, lasciando Oscar come era prima.
Il cavaliere mosse un poco il braccio in varie manovre di prova, per controllare se tutto fosse a posto; poi, con volto sollevato, si alzò e disse: << Tutto regolare. >>.
Se quello spettacolo aveva semplicemente messo di nuovo di buonumore la compagnia di guerrieri, lo stesso non si poteva dire di aver suscitato in Anna e Kristoff: stavano lì a bocca spalancata, con gli occhi grandi come fari e le braccia molli distese lungo i fianchi, talmente immobili che sembrava non respirassero nemmeno, tanto da far preoccupare seriamente Solaire che avessero avuto qualche sorta d’infarto dallo shock.
Poi, riuscendo a malapena a mettere insieme le parole per comporre una frase di senso compiuto, entrambi dissero a stento:
<< Co-Cosa… >>.
<< … è successo? >>.
A prendere parola per rispondere alla loro domanda spezzata fu Oscar, che ancora reggeva in mano la bottiglia miracolosa. Con un banale gesto la indicò loro, e disse: << Credo che bisogni ringraziare lei. >>.
<< Questa, lady Anna e sir Kristoff, è quella che dalle nostre terre viene chiamata Fiaschetta Estus. Come si evince dal suo aspetto esteriore, è a prima vista una semplice fiasca di spesso vetro lavorato color verde smeraldo, senza troppi fronzoli né decorazioni, ma, come molte delle cose del mondo, rivela esser più di quel che appare: infatti queste bottigliette sono assai preziose, poiché sono le sole ed uniche a poter racchiudere al loro interno il potere delle fiamme dei nostri speciali falò, sotto forma di puro fuoco liquido. Sì, >> ripeté comprensivo il ragazzo verso i due, che a quell’ultima notizia erano sobbalzati. << avete capito bene: quello che contiene tuttora la fiaschetta e che io ho ingurgitato poco fa era essenza di fuoco allo stato liquido, una rappresentazione, un frammento, si può dire, dello stesso potere che ci consente di guarire quando ci sediamo nelle prossimità di un falò, solo in questo caso portatile e tascabile. >>.
Anna non riusciva a parlare, da quanto era stordita dalla rivelazione improvvisa; fu Kristoff a domandare per lei. << Non… Non capisco: come è possibile che tu possa bere una versione liquefatta del fuoco ed uscirne indenne? E per di più, guarendovi, addirittura? >>.
Oscar annuì piano, con consapevole pazienza. << Questione intelligente, sir Kristoff. Difatti, un normale essere umano, come voi ad esempio, se provasse a bere di questa fiaschetta, andrebbe incontro ad una fine atroce e molto dolorosa, quella che d’altronde concederebbe il fuoco. >>. All’astoriano non sfuggì il breve ma evidente tremito delle spalle di Anna a quella notizia, prova altrettanto evidente che la rossa aveva già pensato di chiedere di assaggiarla. << Tuttavia, come avevo già detto a lady Anna prima che voi mi interrompeste a colpi di coltello… noi non siamo esseri umani. >>.
Detto questo, come a voler sancire una decisione presa da tempo, si affaccendò colle cinghie della sua armatura e della sua veste, cominciando a togliersi il busto con metodicità.
Kristoff piegò leggermente la testa di lato, osservando l’improvviso spogliarello del cavaliere con perplessità. Non riusciva proprio a capire come mai, di punto in bianco, dopo aver pronunciato frasi sibilline, avesse iniziato a levarsi la parte superiore del suo armamento. Si voltò con tutto il corpo verso Anna, con curiosità. << Anna, hai idea del perché si stia spogliando di colpo? >>.
La ragazza stava ancora osservando il montanaro, quando iniziò a dire: << Non so proprio, Kris. Non mi viene in mente nessuna motivazione per cui- >>. Poi buttò uno sguardo oltre di lui, verso il cavaliere, ed ammutolì; anzi, più precisamente si portò di getto le mani alla bocca per soffocare un grido, mentre sul suo volto pallido e sugli occhi sgranati si dipingeva un’espressione di orrore.
Allarmato dalla sua reazione, Kristoff si voltò anche lui verso il cavaliere. E anche lui impallidì e inorridì.
Oscar aveva finito di spogliarsi della sua corazza superiore, la quale era appoggiata con cura ai suoi piedi, e stava ora ritto in piedi, con posa granitica, a torso nudo. Torso che sarebbe sembrato in tutto e per tutto quello di un normalissimo essere umano, dalla pelle rosea e ben delineata dai muscoli sviluppati, se non fosse stato per ciò che si trovava all’altezza del suo cuore.
Un orribile groviglio di venature spesse come cavi, simile alle radici di un rampicante che scavano in profondità nella roccia, si espandeva dal centro del suo cuore per un diametro medio di undici/dodici centimetri verso tutto il suo busto, purulento e vivido come un tumore: mentre le estremità di quella ramificazione sembrava perdersi all’interno della carne e della cassa toracica dell’astoriano, il fulcro centrale da cui si dipanavano consisteva in un foro dalla forma rotonda, scuro come la notte e dalle grinze interne a spirale, che pareva continuamente vorticare su se stesso in un’illusione ottica, come un buco nero che aspira tutto. Quale fosse la profondità di quel buco di cinque centimetri nel petto era un mistero, ma potevano essere pochi millimetri come chilometri, dall’effetto che produceva….
Oscar osservava con occhi gelidi Anna e Kristoff, quest’ultimo che ora lo guardava con espressione sconvolta in faccia. Non sorrideva. Non digrignava i denti. Era soltanto neutro.
<< Questo che vedete sul mio petto, e che vi dà quell’orrenda maschera di raccapriccio sui volti, è il Segno Oscuro. Tutti noi ne portiamo uno all’altezza del cuore, anche Solaire, Siegmeyer e Lautrec, nonostante non si siano spogliati, ve lo posso assicurare. E non potrebbe essere altrimenti: poiché questo è il marchio che ci contraddistingue dai comuni mortali come quello che siamo! >>.
Guardò Anna negli occhi, con una muta sofferenza che cercava di manifestarsi, in silenzio.
<< Noi siamo i reietti. Noi siamo gli immortali. Noi siamo i portatori della maledizione. >>.
Fece un profondo, doloroso respiro.
<< Noi siamo non-morti. >>.
 
 
 
 
http://i.imgur.com/9zZhP76.png
 
Oscar di Astora.
 
 
 
 
FINE PARTE UNO.
 
 
 
Sigla ending (consigliate le cuffiette per epicità):
 
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Capitolo 8
*** Capitolo 5 : Il fato di un Non-morto - Parte due - Di Dei e di Fiamme. ***


Sigla opening:
 
 
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CAPITOLO 5 : IL FATO DI UN NON-MORTO – PARTE DUE – DI DEI E DI FIAMME.
 
 
 
 
 
 
 
<< Non… morti? >>.
Oscar annuì una sola volta, con semplicità grave. << Esatto. Non-morti. >>
Sbloccatasi dallo shock rivelatorio, Anna si mise le mani ai fianchi ed assunse un’espressione ed un tono alterati. Pareva un peperoncino arrabbiato. << “Esatto” un paio di waffles al cioccolato!! Non puoi cavartela con così poco!!! Sputa il rospo!!! >>.
L’astoriano restò qualche secondo ad osservarla interdetto, con la bocca semiaperta; poi, sbattendo le palpebre, balbettò: << Non… Non capisco. Non dovreste fare qualcosa di eclatante, che ne so, urlare, scappare, farmi segni per scacciare il malocchio o maledirmi? >>.
La ragazza spalancò ancor di più i grandi occhi color acquamarina, colorando ancor di più le sue guance di rosso per il fervore. “Sangue di drago,” pensò Oscar a disagio, “sa essere intimidatoria, a suo modo.”. << Ah, così speravi di scamparla, eh? Eh no, caro mio: non puoi semplicemente sollevare una marea di curiosità, fare lo spogliarellista improvvisato e palestrato, mostrarmi quello che definire un tumore maligno sarebbe un eufemismo radicato nel tuo petto e andartene via con un enfatico “siamo non-vivi”, come se nulla fosse!! >>.
<< Ehm, sarebbe “non-morti”, milady… >> tentò di correggerla lui, imbarazzato.
<< Fa lo stesso!!! >> gridò a gran voce Anna, slanciando le braccia in alto in un moto di stizza.
Kristoff, che fino a quel momento si era guardato bene dall’intromettersi nello sfogo della sua fidanzata (l’ultima volta che aveva osato fare una cosa simile lei l’aveva riempito di improperi e gli aveva tenuto un broncio tremendo per almeno mezz’ora buona), si schiarì la voce con fare educato, ma eloquente, richiamando l’attenzione del cavaliere su di sé.
<< Sir, ciò che la mia fidanzata stava maldestramente cercando di dirle… >>. S’interruppe sotto l’occhiata fulminante della rossa. << Ehm-ehm, cioè, volevo dire, ciò che la mia splendida ed intelligente fidanzata stava cercando di dirle coi suoi modi appassionati… >>. L’occhiataccia ridusse la propria carica elettrostatica. << E’ che forse per voi tutti questa sarà anche una cosa normale, magari quotidiana, ma per noi… Beh, è puro mistero. >> concluse in un sospiro rassegnato.
Appena ebbe finito di parlare, il montanaro sentì una mano salda posarsi sulla sua spalla, in maniera calda e gentile; come si girò, vide il volto calmo e sereno di Solaire che li osservava comprensivo.
<< Caro Kris, hai indubbiamente ragione. Se è vero che per noi è - ahimè – normalità, è altrettanto vero che per voi sia una scoperta. Ignorarla sarebbe foriero di confusione e fastidioso, nei momenti a venire. >>. Avanzò allegro di qualche passo, portandosi vicino ad Oscar, il quale si stava rivestendo, e quindi si voltò verso i presenti. << Inoltre, in virtù della vostra pazienza nei confronti dell’incidente con la signorina, credo sia d’obbligo fornirvi qualche informazione in più a riguardo, come forma di ringraziamento. >>.
Detto questo, si sedette su di un grosso sasso rotondo che aveva evidentemente adocchiato da prima, accavallando con rilassatezza la gamba destra su quella sinistra e fabbricandosi così un ipotetico piano su cui posare in seguito la propria sacca da viaggio. << Sedete pure e mettetevi comodi. >>, disse, mentre con un sospiro soddisfatto estrasse dalla bisaccia due oggetti: uno era una bellissima pipa lunga in legno di tasso laccato, coi bordi dorati ed decorati con fini incisioni di girasoli che parevano luccicare sotto i raggi del relativo astro, quasi fossero attratti da lui come le controparti reali; l’altro era un pacchetto di carta impermeabile arrotolata, che rivelò alla sua schiusa attenta una piccola scorta di cerini e una ricca quantità di un’erba tritata dal colore verde chiaro che emanava un profumo aromatico leggermente dolciastro.
A quella vista, Lautrec sbuffò con enfasi. << Oh dei, no… >>. Poi si rivolse ad Anna e Kristoff: << Fate come vi ha consigliato: trovatevi un posto comodo dove appoggiare le chiappe, e sedetevi. Perché quando Solaire tira fuori la sua pipa e la sua scorta di eliolauro da fumo significa solo una cosa: parte il monologo esplicativo da novella di finzione. E durerà a lungo. >>. Voltandosi di cent’ottanta gradi, si diresse quindi verso i suoi effetti personali, sparsi ancora per il prato, borbottando: << Allora, dove sono andati a finire quei bocconi di maiale salato che conservavo per il viaggio? >>.
 
 
Prima che Solaire iniziasse a parlare, non volò nemmeno una mosca.
Il solo rumore che aleggiava nell’aria era costituito dagli schiocchi e dagli schioppetti del piccolo fuoco acceso precedentemente dai quattro avventurieri, su cui Lautrec aveva lasciato in sospensione un piccolo paiolo di ferro per far bollire i bocconi di carne suina, onde evitare possibili e scomode indigestioni (non essendo sicuro della forza di stomaco dei due ragazzi). Appariva concentrato nel mescolare il bollito improvvisato, con particolare cura a tastare ogni singolo pezzetto galleggiante col cucchiaio, ma era tutta una scena: la sua vera attenzione era rivolta interamente, tesa come la corda di un arco, alle prossime parole del compagno.
Gli altri non erano da meno: disposti in un semicerchio ordinato, sedevano sul terreno davanti al guerriero del Sole, attendendo pazienti (ed impazienti) ciò che il loro oratore aveva da dire, Oscar e Siegmeyer con vaga curiosità, Anna e Kristoff con bramoso interesse.
Erano ormai tre minuti abbondanti che, nel silenzio rispettoso più totale, Solaire stava fumando l’eliolauro con profonde e lente tirate. Esse, espirazione dopo espirazione, avevano generato una cortina di volute grigio pallido dall’aroma inebriante, creando così l’illusione di essere immersi in una grande, misteriosa nebbia soporifera, che tutti avvolgeva e a tutti sussurrava echi di racconti lontani.
Dopo l’ennesima boccata di pipa, Solaire staccò il beccuccio dalla sua bocca tenendolo sospeso sul lato della guancia, mentre con occhi concentrati fissava un punto indefinito tra i fili d’erba ai suoi piedi; subito dopo, annuì fra sé e sé, come a volersi dare conferma dell’ordine definitivo dei propri pensieri, e parlò.
<< Vi racconterò di noi. Di chi e cosa siamo. E di quale sia il nostro fato, il fato di un non-morto. Tuttavia, perché voi possiate capire più facilmente dell’argomento, occorre che vi narri prima delle origini del nostro mondo. >>.
Dopo una breve pausa ad effetto, riprese con voce melodiosa.
 
SOUNDTRACK D’ATMOSFERA (mettetelo in sottofondo, ne varrà la pena!)
https://www.youtube.com/watch?v=bpI-KeK-PQg
 
<< Nell’Era degli Antichi, molto prima della nascita degli dei e degli uomini, il mondo era amorfo, circondato dalla nebbia. Esso non era altro che una vasta landa grigia, dominata ed interrotta solamente da due cose: i colossali Arcialberi di pietra, svettanti fino alle nubi, e i Draghi Immortali, signori indiscussi ed eterni del cielo e della terra.
Ogni cosa era uguale ed identica all’altra, senza originalità o creatività…
… Ma poi… dal nulla, nelle profondità del suolo al di sotto delle possenti radici lignee… venne il Fuoco. >>.
L’enfasi con cui Solaire pronunciò quella parola, “Fuoco”, vibrò intensamente nei cuori dei suoi auditori.
<< E con il Fuoco, venne la disparità stessa. Caldo, e freddo; vita, e morte; e, ovviamente, luce, ed oscurità.
Giù, giù, nelle viscere del mondo, la grande Prima Fiamma arse e divampò, in tutto il suo splendore, ignota ed ignorata dai potenti draghi della superficie, che nient’altro conoscevano se non un’eterna stasi. Ma altri essa attirò, come falene verso la fiamma.
Dall’oscurità nera essi vennero: arrancando sulle pietre e sui sassi, elevandosi a stento sulle secche gambe deboli e zoppicando, ma invero determinati, giunsero ad essa i semisconosciuti abitanti del sottosuolo, coloro ai quali, eoni or sono, fu negata casa dalla tirannia dei serpenti alati. L’amorfa stirpe dei Giganti.
Molti fissavano la Fiamma che danzava viva, come ipnotizzati, seguendone i movimenti con passiva ammirazione; altri la adoravano, gioiosi della novella diversità, eppur distanti; ma solo quattro di loro ebbero l’ardire di avvicinarsi fino al cuore della Fiamma, decisi a sperimentare su di essi la piena comprensione e fusione del Fuoco, come solo la falena che si brucia le ali alla candela può veramente vivere.
Essi si inoltrarono nel centro dell’immenso rogo, decisi come mai nella loro banale esistenza di provare qualcosa di glorioso, prima della fine. E la Prima Fiamma ammirò ed approvò il coraggio dei quattro giganti, ai quali diede in dono un grande potere: le Anime dei Lord, fiamme dentro le fiamme.
Ognuno di essi scelse un’Anima per sé, e ad ognuno venne conferita nuova forza, che li rese divinità. Ed una nuova forma. >>.
Un’altra pausa, stavolta più riflessiva e sincera. Tutti, nessuno escluso, respiravano appena, rapiti dal racconto mitologico.
<< Il primo gigante scelse, e lesto s’accasciò al suolo: la sua carne si rinsecchì fino a sgretolarsi, lasciando solo le bianche e nude ossa a balenare alla luce del Fuoco; ma dove c’è luce, c’è anche l’ombra. Ed ecco che le ombre nascoste dietro le vampate e i sassi si raccolsero striscianti attorno al corpo come un sudario, mentre le sue ossa, prima solitarie, presero a moltiplicarsi in decine di altri scheletri, tutti legati saldamente a quello centrale, che crebbe e crebbe in possanza e potenza. Dal suo petto una lama ossea creò, curva come la luna crescente ed affilata come la falce mietitrice, nella quale riversò pensieri di miasmi, pestilenze e morte.
Nito, il Primo dei Morti, sorse. >>.
Nel pronunciare quel nome, un vento gelido stormì fra le chiome degli alberi attorno alla radura, producendo un lamento sommesso e cupo che fece abbassare la temperatura del sangue dei presenti. Anna ebbe quasi l’impressione che la luce del giorno si fosse fatta per un istante più scura, come un crepuscolo senza tramonti rosei, ma grigio e vuoto. Istintivamente, si strinse a Kristoff.
Solaire continuò.
<< Il secondo gigante scelse, e con grazia e fermezza prese fra le mani la calda Anima di fiamme: i suoi occhi, attenti ed acuti, l’ammiravano e la studiavano in ogni sua piccola sfaccettatura, in ogni sua lingua e bagliore, fino a comprendere la natura delle stesse scintille vivaci che si sprigionavano da essa. Cullata nell’incavo dei suoi palmi, esso la portò al proprio petto, assorbendone nel cuore il calore emanato: poco a poco, mano a mano che si scaldava, il suo corpo rachitico cominciò a modificarsi in forme sinuose ed eleganti, creando curve semplici, eppure seducenti per bellezza, ed assumendo i connotati di una donna matura e forte come un focolare; attorno ad essa, le ceneri e i fumi prodotti dalla combustione si intrecciarono come fili di un tessuto, creandole una veste apparentemente semplice, ma intricata, come la tela di un ragno. Infine, sorridendo benevola, la donna scese in mezzo ai suoi vecchi simili, offrendo una parte del proprio potere a chi avesse voluto seguirla nello studio e nell’ammirazione dell’essenza stessa del Fuoco. Coloro che si fecero avanti per lei assunsero anch’essi forme femminili, ma le loro vesti vennero create dalla fuliggine e dal nero carbone, dallo scuro strato che ricopre la brace viva e pulsante all’interno, e si coprirono di cappucci neri, caldi e rassicuranti.
Così nacquero la Strega Izalith, Madre della Piromanzia, e le sue Figlie del Chaos. >>.
Al suono del nome della dea, i tizzoni del fuocherello da campo parvero accendersi come soffiati da un mantice, producendo una fiamma alta tanto da lambire i bordi del paiolo e annerendo in parte il cucchiaio di legno di Lautrec. Quest’ultimo imprecò a denti stretti, mentre con attenzione staccava la pentola dall’eccessivo fuoco e la posava sul terreno, andando poi a recuperare delle scodelle da zuppa ed un mestolo.
Solaire riprese a parlare.
<< Il terzo gigante scelse, e con sicurezza ed orgoglio afferrò l’Anima potente fra le dita, fissandola con aria di sfida e di superiorità: nelle sue pupille, le cui iridi già stavano cambiando nel grigio delle nubi temporalesche, si rifletteva il balenio rapido e saettante delle fiamme, e subito il gigante immaginò un’alterazione del potere del fuoco, una scarica di potenza assoluta e rapida come un battito di ciglia, più leggera dell’aria ma più potente di una frana, capace di distruggere e rompere ogni ostacolo sul suo cammino. Come ebbe pensato ciò, ecco che l’Anima si coprì le vampe di sottili saette elettriche, le quali aumentarono in numero e forza e s’impattarono sul petto del gigante: esso crebbe, in ogni suo aspetto, gonfiando le membra del suo vecchio, fragile corpo in una nuova forma tonica e possente, su cui i muscoli guizzavano saldi, ed una folta capigliatura color della tempesta gli si creò in capo, accompagnata da una folta barba selvaggia e da sopracciglia cespugliose; dalle mani evocò il potere da lui pensato, il fulmine, che si abbatté spietato sulle rocce del sottosuolo attorno a lui, fino a fonderle, e subito con essi plasmò i minerali fusi in due nuove forme: una corona dalle alte punte di bronzo dorato, regale e maestosa, ed un largo e spesso spadone, grezzo e semplice nella forma, ma bilanciato e perfetto nelle sue forti mani.
Con la corona in capo e lo spadone al fianco, l’uomo chiamò a gran voce i suoi vecchi simili, dichiarando che li avrebbe guidati nella riconquista della superficie, come un re capace e giusto, vendicando l’antica offesa degli odiati draghi e donando a tutti loro una nuova e florida patria.
Tutti i restanti giganti esultarono in grida di tripudio e di ferocia, giurando di servire il loro nuovo signore come capo supremo ed indiscusso, e di combattere fino all’ultimo per strappare ai loro nemici ciò che spettava loro di diritto. Il monarca sorrise compiaciuto, e non solo donò a ciascuno dei giganti una parte del suo immenso potere, che affatto lo indebolì, ma di nuovo fuse e plasmò il metallo, creando dall’argento più puro e lucente armi ed armature splendide, d’una bellezza pari soltanto alla loro resistenza, con cui preparò il suo esercito.
Lord Gwyn, Signore del Sole e del Fulmine, Patrono dei Guerrieri del Sole, e i suoi fedelissimi Cavalieri emersero nella luce. >>.
Kristoff ebbe all’improvviso un sussulto: mentre Solaire elogiava con fervore crescente la figura del proprio dio, gli sembrò che le iridi del guerriero da color mogano si fossero fatte gialle, come oro fuso, e che lo stesso cavaliere emanasse un tenue bagliore caldo, quasi fosse una candela.
Ma fu solo l’impressione di un attimo.
<< Il quarto gigante, rimasto solo in mezzo alle fiamme, stava per scegliere rassegnato l’ultima Anima rimasta: essa era piccola e minuta, un cerino acceso fra alti roghi, ed esso sorrise al vederla, giacché gli ricordava se stesso, il più piccolo e debole fra tutti i giganti, sopravvissuto alla miseria delle profondità solo grazie al suo altruismo e alla sua gentilezza. Esso la prese con cura fra le mani, come se fosse un cucciolo, e la osservò oscillare lentamente alla tenue brezza delle caverne e al tremolio dei suoi palmi. Fu colto da profonda commozione, e, ricordando tutti i pensieri della sua vita passata, i momenti felici e i momenti tristi, gli attimi d’amore e le scintille d’odio, pianse.
Come le sue lacrime lambirono l’Anima, essa avvertì la forza delle sue emozioni racchiuse in quelle perle d’acqua salata, e… mutò. >>.
Solaire assunse un’espressione un po’ corrucciata, come se fosse stato preso dall’incertezza.
<< Le leggende, i racconti…. Neppure le sacre scritture della Via Bianca ci dicono cosa esattamente accadde all’ultima Anima, ma sta scritto per certo che essa cambiò natura: era lei… ed al contempo non era più lei. Aveva assunto qualcosa del gigante attraverso le sue lacrime, ed inaspettatamente era stata l’Anima a mutare a contatto con l’essenza del suo portatore, e non viceversa. >>.
<< Sta di fatto che, quando il gigante riaprì gli occhi e vide il nuovo aspetto dell’Anima, ne fu dapprima stupito e turbato… poi, sempre più deliziato ed attratto da essa.
Rimase là, solo in mezzo alle lucenti fiamme, scrutando e stringendo a sé quell’unicità mentre tutti i suoi fratelli si preparavano ad abbandonare per sempre gli antri sotterranei che a lungo avevano chiamato “casa”. E nessuno lo vide mai più.
Lo chiamano il Nano Furtivo, così facilmente dimenticato… >>.
“Ma che…?!?”.
Questo pensò allarmata Anna, rabbrividendo in ogni sua parte del corpo, dalla punta dei capelli alle estremità delle unghie dei piedi: quando Solaire aveva con banale solennità pronunciato il nome dell’ultimo gigante, aveva sentito un fremito nelle profondità del suo essere, come se una mano sottile avesse accarezzato con voluttà e bramosia le forme della sua anima, lasciandola in estasi ed in orrore insieme per qualche secondo, stordendola nel cuore e nella mente e facendola pensare in un nanosecondo a tutti gli eventi più importanti della sua vita. Come intuì vedendo il volto pallido di Kristoff, anche il suo fidanzato doveva aver provato una sensazione altrettanto sconvolgente, ma cos’era quella sensazione così potente e così intima? Perché essa l’aveva fatta sentire tanto bene e al contempo tanto male? Perché?
L’ansia e la paura per le cose sentite e rivelate, tuttavia, si dileguarono come scarafaggi all’accendersi della luce, quando fra il contatto visivo della rossa e del montanaro comparvero due scodelle fumanti di bocconcini di maiale salato in brodo, conditi con prezzemolo e funghetti prataioli. Entrambi fecero scattare gli sguardi in su, per incontrare il volto dal sorriso grave di Lautrec. << Mangiate, e non badate all’etichetta da tavola: i racconti mettono sempre appetito. >>.
 
 
Presero il consiglio molto seriamente: mentre sia Kristoff che Anna ingurgitavano un pezzo dopo l’altro il gustoso pasto offerto loro (il picnic precedentemente organizzato era oramai un lontano ricordo), Solaire continuò a narrare con maggior scioltezza, merito soprattutto dell’abbondante sorso d’acqua che bevve per bagnarsi la gola.
<< Il resto è storia ben risaputa.
Col potere dato loro dalle Grandi Anime, i Giganti al seguito dei loro Lord ritornarono in superficie, e non appena ebbero consolidato il controllo su di un piccolo territorio mossero immediatamente guerra ai Draghi. >>.
Anna masticò un boccone, e senza nemmeno finire di sminuzzarlo chiese, sventolando il cucchiaio: << Mmmm!! Ma schusa, Sholaire, non avevi m-detto prima – “glom” – che i Draghi erano immortali? >>.
Il guerriero del Sole fece un largo sorriso soddisfatto. << Ah! Vedo che stavi seguendo attentamente, Anna! >>. Mescolò un poco la sua razione di carne in brodo. << Invero, agli inizi i cavalieri di Lord Gwyn, che componevano la spina dorsale dell’esercito dei giganti, non si scontrarono subito coi draghi più antichi e potenti, ossia gli Arcidraghi, bensì ebbero le loro prime battaglie – e i loro primi successi – contro draghi più giovani e meno pericolosi, facili da sconfiggere; si convinsero pertanto che la minaccia di quei rettili volanti, dopotutto, non fosse poi così grande come credevano. “Secoli di reclusione nel sottosuolo ci hanno fatto ingigantire la loro mole e la loro forza!”, pensavano i Lord, “Col potere delle Anime, siamo noi, ora, i vincitori!”. Fu uno sbaglio enorme. >>. Affondò con risolutezza la posata nel brodo, pescando un boccone.
<< Tracotanti per le vittorie ottenute, i Lord mandarono avanti le loro truppe senza combattere o scendere in campo di persona, tentando un attacco diretto ai nidi di uno dei draghi anziani, certi com’erano di un’altra facile carneficina.
E ci fu una carneficina. Ma non per il drago.
Le storie dicono che quel giorno, dei millecinquecento cavalieri inviati in battaglia, ne sopravvissero soltanto duecento appena; ed i racconti dei superstiti furono devastanti: le spade, le lance e le asce che fino a qualche mese prima avevano reciso code, ali e colli di giovani draghi si erano infrante come vetro contro la pelle del drago, mentre a nulla erano valsi a protezione gli scudi incisi e le stupende armature d’argento, giacché vennero squarciate e schiacciate come latte d’alluminio. Senza contare il letale soffio infuocato della bestia, che tutto e tutti consumò e non poteva essere bloccato.
Quel giorno, nello sgomento totale e nella paura, i giganti tutti capirono il loro errore. Capirono cos’avevano gli Arcidraghi e i Draghi antichi che quelli in pubertà, quelli da loro precedentemente massacrati, non avevano. La loro più grande risorsa, fonte sia di difesa che della loro famigerata immortalità: le Scaglie di pietra di drago. >>.
Kristoff rimase col cucchiaio colmo di brodo a metà strada tra la ciotola e la sua bocca, inarcando entrambe le sopracciglia. << Scaglie… di pietra? >>.
Dato che Solaire aveva appena addentato il grasso pezzo pescato, e pertanto non avrebbe potuto rispondere, ci pensò Siegmeyer a saziare la viva curiosità del montanaro. << Sì, Kristoff. Ricordi come Solaire abbia detto all’inizio che il nostro mondo pre-Fiamma fosse grigio e senza una forma? Ecco, in pratica era quasi interamente composto da rocce e pietre immutabili, che per qualche ragione a noi tutt’oggi sconosciuta ignoravano bellamente le norme dello spazio e del tempo. In parole povere, una fonte di eternità, ma immobile. >>.
Finendo di mangiare, Solaire annuì concorde, intanto che si asciugava le labbra col dorso della mano (un uomo d’arme rimane pur sempre un tipo pratico, galanteria o meno). << Sì, esattamente. A quanto pare, le scaglie dei Draghi antichi erano composte della stessa pietra di cui era fatto il mondo, quindi li conservavano immutati per sempre, come una eccezionale conserva di cibo. E, oltre a queste incredibili capacità, bisogna rammentare che esse erano e sono estremamente dure e resistenti, anche qualora venissero staccate. >>.
Dall’altro capo dell’accampamento Lautrec proruppe in una risata divertita, che fece girare tutti. << Ah! E anche estremamente ben quotate sul mercato, se volete il mio parere! Grazie alla loro attuale rarità unica, insieme alle difficili tecniche di lavorazione, qualunque oggetto creato con quelle bellezze vale una fortuna. Se mai ne avessi una fra le mani, nella vita… Oh, allora sì che mi sistemerei definitivamente!! >> concluse tutto allegro.
Solaire alzò un sopracciglio e chiese: << Ancora quel progetto di una villa con tredici cantine, una tua statua di marmo rosso e un sacco di prostitute di lusso? >>.
<< Sì, ma senza statua. E forse anche senza le cantine. >> confermò l’altro con espressione falsamente afflitta.
Il guerriero del Sole fece un lungo sospiro rassegnato, levando gli occhi al cielo; poi tornò a parlare con Anna e Kristoff.
<< Tornando al nostro discorso, le scaglie che componevano la pelle dei Draghi antichi furono il primo, grande ostacolo nella campagna militare dei Lord, perché neppure il loro intero esercito poteva alcunché contro di loro, e i Lord da soli, seppur potenti, non avevano né la certezza di poterle rompere né la sicurezza di potersi gettare a combattere senza rischiare in pratica un suicidio. >>.
<< Insomma, una perfetta situazione di stallo. >> dichiarò secco Kristoff, annuendo meditabondo.
<< Ma riuscirono a sbloccarla, giusto? >> disse Anna, riflettendo. << Voglio dire, se poi sono stati osannati come dei e vincitori, devono aver trovato un modo per superare il problema. >>.
Solaire fissò la ragazza negli occhi, e fece un ghigno strano. Un mezzo sorriso quasi cattivo. << Oh, lo trovarono eccome, il modo. O meglio, fu il modo a trovare loro. >>.
 
 
 
 
 
http://pre01.deviantart.net/3877/th/pre/i/2015/125/1/8/solaire_of_astora_by_emortal982-d8sal2b.jpg
 
Solaire di Astora.
 
 
 
FINE PARTE DUE.
 
 
 
Sigla ending (consigliate le cuffiette per epicità):
 
https://www.youtube.com/watch?v=5N7J802QzP4
 
 

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