La giusta via

di Hopeless20
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

Sono triste, questa è l’unica sacrosanta verità, io sono triste, mi sento sola in mezzo alla folla, mi sento sola con i miei compagni di classe, mi sento sola con le mie amiche, mi sento sola con il mio ragazzo. Non mi sento amata nè apprezzata, eppure non dovrebbe essere così. Non ho una vita perfetta, ma chi ce l’ha? Vista da fuori la mia dovrebbe apparire quantomeno soddisfacente: ho una famiglia che mi adora e mi permette tutto, buoni voti, due migliori amiche che mi sostengono, un migliore amico che mi prende sempre in giro e un fidanzato che a detta sua e a detta di tutti mi ama. Allora perchè non mi sento amata? Per questi motivi adesso sto camminando verso lo studio di una psicologa. Ho trovato il suo indirizzo su una guida internet per trovare psicologi nelle vicinanze della propria abitazione, le ho scritto una mail con quanto ho riportato prima e oggi venerdì, mi ha dato un appuntamento. Sono le 16.00 e sono arrivata in perfetto orario come al solito, detesto i ritardi. Busso al campanello, mi viene aperto subito. Mi accomodo in quella che credo sia la sala d’attesa, purtroppo non ci sono giornali, ma ho il telefono con la mia musica, così posso distrarmi. La mia attesa dura poco. Da una porta in fondo alla stanza esce una ragazza sembra abbia pianto, ma ora sorride, dietro di lei esce la psicologa, non è come me l’ero immaginata: ha i capelli lunghi e di un bel castano ramato, gli occhi azzurro mare, un naso un po’ lungo, ma dritto, e piuttosto alta direi dato che porta scarpe da ginnastica ed è di una buona spanna più alta della ragazza; indossa una tuta azzurra, forse i vestiti informali mettono a proprio agio i pazienti. Non riesco a sentire cosa si dicono la ragazza e la dottoressa sembra si stiano salutando con la promessa di rivedersi. Chissà quante sedute ha già fatto questa ragazza, o magari era la prima volta anche per lei. La vedo che si avvia all’uscita, dalla porta vetrata si intravede una figura, c’è qualcuno ad aspettarla:  sono una donna e un ragazzo giovane, penso della mia età, credo che siano la madre e il fratello, no ho sbagliato sono la madre e il fidanzato, la ragazza gli ha stampato un bacio sulla bocca. È così fortunata ad avere il sostegno delle persone amate; già mi vedo la scena se avessi detto ai miei cari che avevo un appuntamento da una psicologa. Mia madre avrebbe pianto, mio padre si sarebbe chiesto che ha fatto di sbagliato, Davide il mio amico direbbe che gli psicologi non servono a niente e che i poblemi si risolvono da soli, e infine Giacomo, meglio conosciuto come il mio fidanzato direbbe lo stesso e probabilmente mi lascerebbe perchè non sono normale. “Jessica?” è la dottoressa che mi chiama “Sì sono io”. Rispondo. “Accomodati nello studio,”. Mi alzo dalla seggiolina su cui ero seduta e seguo la dottoressa. La stanza in cui entro è vuota c’è solo un lettino nero come quello dei film, una scrivania che sembra un tavolo da ping pong e ai lati due seggiole, esattamente la sedia n°37 di Thonet, ecco cosa mi è rimasto impresso delle lezioni di  storia dell’arte  sull’Art Nouveau. “Siediti pure” mi fa cenno la psicologa mentre anch’ella si accomoda. Mi siedo. “Allora Jessica, ho letto la tua mail, che ne dici di presentarti un po’?”. Oh no eccoci , ma perchè bisogna sempre presentarsi? Come durante le lezioni di lungua straniera, si inizia sempre dalla presentazione (Hi! My name is Jessica, I’m 19 years old eccetera eccetera...).”Buongiorno  sono Jessica, ho 19 anni, frequento il liceo linguistico sono all’ultimo anno, abito a ***, non ho molti amici ma non importa la quantità quanto la qualità, ho un fidanzato che amo...”. “basta così Jessica.”. dice la dottoressa, io mi zittisco. “ Ora mi presento io: ciao, sono la dottoressa Angela Martucci, l’età di una signora, non si dice mai, sono laureata in psicologia, specializzata in sessuologia, ho un marito e un cane, ahimè non ho figli.”. Mi chiedo che senso abbiano avuto queste presentazioni, siamo qui per aiutarmi a stare meglio non per fare amicizia, in ogni caso è lei il medico, quindi tengo le mie impressioni per me. “Allora Jessica, ho notato che nella tua presentazione non hai nominato i tuoi genitori. Sanno che sei qui?”. Ecco adesso come me la cavo? Decido che se questa persona mi deve aiutare, sarà meglio che io le dica la verità.”No, non sanno che sono qui.”. “capisco..”. “ma non si preoccupi, ho un lavoro come baby-sitter, ho dei risparmi, posso permettermi di pagare le sedute...”. la dottoresa non sembra interessata al lato economica della faccenda e non mi lascia finire la frase. “Perchè, non ne hai parlato con i tuoi genitori?.”. “Perchè penserebbero di aver fallito come genitori, già una volta volevano mandarmi da uno psicologo, ma per loro era una minaccia o punizione, non un aiuto.”. “ E perchè volevano mandarti da uno psicologo?”.”Perchè non avevo amici... ma non è perchè ho problemi, solo sono un po’ timida e se non mi piaci a pelle, è difficile che io riesca a diventare tua amica, sono selettiva diciamo così.”. “Capisco.. e questa storia dell’amicizia, chiamiamola così come va adesso?”. Certo che è un po’ svampita, poco fa le ho detto che non ho molti amici, dovrebbe intuirlo da sola no? Rispondo comunque “Beh.. Non ho un gran numero di amici, ma quelli che ho mi vogliono bene, o almeno così pare.”.Dopo un attimo di silenzio la dottoressa sputa un’ovvietà che non avrei compreso se non fossi andata da lei “Sei una persona molto insicura.”. Inizio a sospettare che la laurea in psicologia sia una baggianata, non avevo certo bisogno di un consulto e di spendere i miei risparmi per capire che sono INSICURA. Guardo l’orologio sono passati pochi minuti, dall’inizio della mia ora, vabbè arriviamo alla fine, vediamo che succede. La psicologa riprende “Allora, oltre la scuola hai qualche hobby?". Ancora questo genere di domande, continuo a chiedermi a che servano, comunque rispondo:"Sì amo molto la lettura, e una volta la settimana vado a nuotare in piscina per conto mio.". "Bene!" esclama lei "Il fatto che tu abbia qualcosa che ti appassiona è un'ottima cosa. Che genere di libri leggi?". "Un po' di tutto. Ultimamente mi sono buttata sul genere storico letterario, in particolare sulla seconda guerra mondiale." Mentre parlo mi rendo conto di quanto siano tristi le storie che leggo, forse è per quello che sto così? Esprimo il mio pensiero alla dottoressa. "Jessica, il tuo è uno spunto interessante, ma non credo sia per questo che ti senti così, tuttavia mi aiuti molto tirando fuori le tue idee, poichè il desiderio di stare meglio deve partire soprattutto da te. Avevi già in mente qualcosa per un terapia?". Ok, adesso sono confusa. Non dovrebbe essere la psicologa a proporre una via di guarigione invece del contrario? La guardo con gli due occhi increduli, e lei rincara la dose."Forza, avrai in mente qualcosa, io devo solo aiutarti, ma devi essere tu a trovare una soluzione.". Sto per rispondere che per me ciò che dice non ha senso, ma vengo interrotta dal suono delle campane: sono le 17:00. "Oh il nostro tempo è scaduto, allora Jessica questa prima seduta è gratuita, ma se vorrai continuare il percorso che abbiamo iniziato a tastare oggi, il prezzo sarà di 45 euro a seduta. Solitamente prendo molto di più, ma dato che sei solo una studentessa ti farò questo sconto.". Onestamente non credo di voler continuare le sedute. Se fossero tutte così butterei via solo i miei soldi. Mi limito ad annuire e mormorare un arrivederci. la Martucci mi accompagna alla porta e mi saluta con una stretta di mano. Esco dallo studio e mi accingo a tirare fuori dalla tasca telefono e cuffie per ascoltare un po' di musica mentre torno verso casa. "Andare da quella là non ti aiuterà a stare meglio, fidati.". Sento una voce che mi parla, e appoggiato al muro del palazzo della strada di fronte c'è un ragazzo.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2 Il ragazzo non ha una bella cera, è magro, oppure sono i vestiti larghi che indossa a farlo sembrare tale, ha le occhiaie che sottostanno a due occhi azzurri, quasi trasparenti, e la barba incolta.Ha i capelli biondi, ma palesemente trascurati. Mi guardo intorno per essere sicura che poco fa stesse parlando proprio con me, non c'è nessun altro in strada per cui confermo l'ipotesi di prima.Il ragazzo mi fissa, ha un non so che di misterioso e inquietante. Decido che è meglio ignorarlo, infilo le cuffie, ma senza far partire la musica per essere sicura di sentire ogni rumore sospetto, mi volto nella direzione per la vi di ritorno e inizio a camminare. Cammino per un po', ma dietro di me sento il rumore di passi, continuo a camminare, però il rumore di passi non accenna a diminuire. Mi volto di scatto e mi trovo faccia a faccia con il ragazzo del muretto. "Non ignorare ciò che ti ho detto poco fa, fidati quella di problemi di ragazzi non capisce niente.". Lo guardo in silenzio indecisa se rispondere o girarmi e continuare a camminare. "Lo so che non stai davvero ascoltando la musica, per cui smettila di ignorarmi. Sta tranquilla, cerco solo di darti consiglio, non ti farò nulla." Sbarro gli occhi, come faceva a sapere che non ascoltavo davvero la musica?"Cara, se ti stai chiedendo come faccio a sapere che che non stavi sentendo qualsivoglia forma musicale è perchè non ti ho visto premere il tasto play sullo schermo.". Ok quest'uomo fa paura. "Ahah, dai stavo scherzando, figurati se qualcuno può notare un dettaglio del genere. L'ho capito quando ti sei girata di scatto, non l'avresti fatto se non avessi sentito i miei passi dietro di te.". Stizzata per la presa in giro, mi volto e continuo per la mia strada. "Andiamo, stavo solo scherando. Fermati!". Mi sento prendere il braccio, ma riesco subito a liberarlo dalla presa, che non era assolutamente ferrea. "Potresti smetterla di seguirmi!". Sbotto irritata."Ho apprezzato il tuo consiglio, ma posso decidere sola! Ciao.". "Che carattere scontroso che hai cara.". "Santo cielo, non puo lasciarmi in pace? Mi metto a gridare se non ti allontani, io nemmeno ti conosco!". Riprendo a camminare, ma il ragazzo continua a tallonarmi e a parlare. "Hai ragione, hai ragione... Il mio nome è Angelo Martucci, ho 20 anni e lavoro come cameriere. La psicologa con cui hai parlato è mia zia, e fidati di problemi di giovani non capisce un'acca.". Le sue parole attirano la mia attenzione. "Sei il nipote della dottoressa?". "Finalmente un tono più gentile. Sì, sono suo nipote, ma non la vedo mai, l'ho frequentata solamente, quando credevo di essere depresso e andavo nel suo studio, poi ho capito che è solo una farlocca, e ho smesso di andare alle sedute,e lei non mi ha mai cercato per riprenderle. Bene ora che sai chi sono, puoi dirmi tu il tuo nome?". Sono titubante a rispondere, tuttavia lo faccio lo stesso. "Jessica De Gregorio.". "Molto bene Jessica, adesso puoi ascoltarmi? Però prima sediamoci." Detto fatto, il ragazzo si accomoda su una panchina e mi fa cenno di sedermi vicino a lui. Lo faccio, in fondo, cos'ho da perdere? "Allora Jessica, dimmi, per quale motivo eri da mia zia?". "Non vedo perchè dovrei dirtelo.". "Se non volevi parlarmene perchè ti sei seduta vicino a me?". Gonfio le guance infastidita, in una smorfia che ha sempre fatto ridere il mio ragazzo. "Ahah come sei buffa... Avanti perchè eri da lei?"." Perchè mi sento triste e non so la ragione.". "Classico...". Commenta Angelo. Mi innervosisce il suo sminuire il mio problema, sto per alzarmi, ma il ragazzo mi blocca nuovamente."Perchè ti arrabbi adesso?"."Non ti devo nessuna spiegazione." Stavolta mi alzo sul serio e inizio ad allontanarmi, ma le sue parole mi fermano nuovamente."Peccato che tu te ne voglia andare Jessica, perchè io avevo il tuo stesso problema e ho trovato la maniera di risolverlo...". Mi volto verso di lui, non riesco a credere alle mie orecchie. "Come sai che il tuo problema era come il mio?"."Ti senti triste, abbandonata, ridi a comando, il tuo sorriso non raggiunge mai gli occhi, nessuno se ne accorge e ti senti nell'abisso. Hai pensato al suicidio, ma non hai il coraggio di applicare ciò che hai pensato, non perchè hai paura della morte, la tristezza ti ha portato via la paura, ma perchè ti rende ancora più triste pensare alla sofferenza dei tuoi cari. Allora tieni duro e fingi di stare bene solo per loro. Se quello che ti ho detto corrisponde a quello che provi tu, allora vieni con me.". Mentre parla mi si avvicina e mi tende la mano, non so cosa devo fare, posso davvero fidarmi di lui? "Ti sto offrendo una via d'uscita dal tuo stato emotivo Jessica... Vieni con me.". Sono confusa e sconcertata. Posso seguire un semi sconosciuto che però ha capito la mia situazione perfettamente e senza nemmeno chiedermi nulla, mentre le persone che mi sono più vicine non hanno mai notato nessun cambiamento in me? Allungo la mano verso la sua.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3 "...e a quel punto gli ho detto che era un idiota e che poteva andare al diavolo". Sento delle risate attorno a me. Cristina sta raccontando di come ha scaricato il suo ultimo spasimante, è fatta così, le piace essere corteggiata e quando non le interessi più ti butta via. Fortunatamente lo fa solo con gli uomini e non con gli amici; da questo punto di vista è ammirevole. Come dice lei <>. Non credo sia una frase di sua invenzione ma in ogni caso è il suo credo, per cui perchè contestare che ne sia lei stessa l'arteficie? "Poveretto! Cristina avresti potuto essere più delicata.". Questo è Davide che parla, è perso di Cristina da quando l'ha conosciuta, ma sapendo la facilità con cui scarica i ragazzi non si è mai fatto avanti, e si limita ad esserne amico e a sfogare con me le sue frustrazioni, in qualità di migliori amici ci dovremmo dire tutto, ma purtroppo non posso parlargli del mio malessere, è una persona troppo pratica e non capirebbe come si possa essere tristi senza una ragione precisa. "Davide, sai com'è la nostra Cristina, non si risparmia mai.". dice Giacomo, il mio ragazzo. Ride e scherza con Davide e Cristina mentre tiene un braccio intorno alla mia spalla. Dal canto mio partecipo poco alla conversazione e mi limito ad ascoltare passivamente mentre penso a quello che mi è successo un paio di giorni fa.... Ho dato la mano ad Angelo e lui mi ha sorriso "Vieni ti porto in un posto.". Mi ha lasciato la mano e ha camminato davanti a me certa che io lo seguissi. Abbiamo camminato per un po' e ci siamo diretti alla fermata dell'autobus. "Hai soldi per il biglietto?". Mi ha chiesto, e io ho annuito. Siamo saliti sul primo autobus che è passato, il numero 5. "Scusami Angelo, ma il 5 non porta nella zona più malfamata della città?". "Esattamente dove vogliamo andare" mi ha risposto lui.... "Jessica ci sei ti senti poco bene?" Giacomo mi ridesta dal mio flashback. "Sì, sono solo un po' stanca. Dicevate?" domando senza interesse "Stavamo giusto pensando di andare a casa tutti, ormai si è fatto tardi.". Tiro un sospiro di sollievo, anche questa serata la farsa è finita. Ci alziamo e Giacomo mi aiuta a mettere il giubbotto, è sempre molto premuroso con me, però non si accorge del mio reale stato d'animo. Usciamo fuori e ci avviamo ognuno verso la propria macchina, io in realtà sono la passeggera di Giacomo. Saluto Davide e Cristina e salgo in macchina. Giacomo entra e si siede accanto a me dal lato guidatore. "Jess, sei tanto stanca stasera?". Immagino già dove vuole andare a parare. I miei genitori sono partiti per un viaggio dato che è il loro anniversario, e non ci saranno per tutta la settimana, per cui il mio ragazzo mi sta chiedendo un po' di intimità. Quanto tempo è che non facciamo l'amore? Da quando sto male, ho sempre usato delle scuse, del tipo <>. Adesso non ho più scuse per cui rispondo che non sono stanca così tanto, e che se vuole può passare la notte da me. Vedo il suo volto aprirsi in un sorriso,è così bello quando ride. In realtà è stupendo sempre, non capisco cosa ci trova in una come me. Guida sicuro verso casa mia, stando attento ad evitare frenate brusche o curve troppo veloci, perchè sa che soffro il mal d'auto. Parcheggia e scendiamo. Apro il portone, prendiamo l'ascensore, in realtà dovremmo salire di solo 2 piani, ma nessuno dei due ne ha voglia. Entriamo in casa mia e appoggiamo i giubbotti sul divano. "Andiamo in camera tua" mi sussurra. Io lo seguo senza fare storie. Iniziamo a spogliarci a vicenda, lui mi bacia e mi dice quanto sono bella e quanto gli sono mancata, vorrei credergli, ma penso che dica queste cose solo per l'astinenza. Una volta privati dei vestiti, ci sdraiamo sul mio letto e iniziamo l'amplesso. "Ti amo" sussurra nel mio orecchio mentre continua a bearsi del mio corpo, io cerco di concentrarmi e provare piacere, ma il mio stato d'animo mi impedisce di farlo. Dio come vorrei tornare a qualche mese fa in cui ero io la prima a voler fare l'amore col mio fidanzato. Termina con un gemito, e io fingo di fare lo stesso. Tutto sudato Giacomo mi abbraccia e mi dona teneri baci sulle tempie, tira su il lenzuolo e avvolge entrambi "Sei la mia bimba, non devi prendere freddo" mi mormora, continuando ad accarezzarmi. Tuttavia presto la stanchezza prende il sopravvento. Sento il suo respiro regolare e mi giro a dargli le spalle. I miei pensieri tornano all'evento di oggi....Perchè stiamo andando nella zona più malfamata della città? Forse sono ancora in tempo per allontanarmi, scenderò alla prossima fermata e tornerò indietro, e farò finta di non aver mai fatto la visita dalla psicologa, di non aver raccontato a un estraneo il mio stato emotivo, di non essere salita su un autobus che va in direzione "Criminali". "Ti vedo agitata Jessica, sta tranquilla, ci sono io". La voce di Angelo ferma le mie elucubraioni mentali, e, stranamente mi calmo. Restiamo in silenzio per tutto il resto del viaggio. Scendiamo al capolinea e Angelo mi prende per mano, resto sbalordita, me egli subito si appresta a spiegare "Se ti vedono con me, nessuno ti metterà gli occhi addosso". Annuisco timidamente e ci incamminiamo. Angelo gira per i vicoli tirandosi dietro me, che sono sempre più angosciata: come può una gita nel "ghetto" farmi ritornare felice? Arriviamo davanti a un garage e Angelo inizia a bussarci contro, ma seguendo un certo ritmo, probabilmente è una parola d'ordine o roba del genere. Al quinto ripetersi di qesta manovra,il garage si apre. Noi entriamo dentro, Angelo sembra a suo agio. Da quanto tempo frequenta questo posto?. "Ciao Angioletto, vedo che hai portato una signorina, cosa vuoi? Il solito?". "Sì grazie, ma anche qualcosa di più leggero per la mia ragazza.". "Arrivo subito ragazzi.". Mi stacco velocemente da lui "Io non sono la tua ragazza, il ragazzo ce l'ho già!". "Però sei qui con me ora, no? Perchè non hai parlato a lui dei tuoi problemi? Rilassati,non lo stai tradendo.". Mi zittisco, è vero non lo sto tradendo fisicamente, però ho preferito fidarmi di uno sconosciuto invece che di lui, non è ancor più grave di un tradimento fisico? "Eccomi ragazzi, tieni Angioletto". "Grazie dottore, quant'è?". "Il solito Angelo, per la signorina offre la casa stavolta." l'uomo, il quale sono abbastanza sicura non sia un vero dottore, mi fa un occhiolino, ma il gesto che dal suo punto di vista può sembrare amichevole, per me è solo viscido. Angelo tira fuori una mazzetta abbastanza consistente di banconote da 50 euro, e le consegna al "dottore". Adesso è tutto chiaro, scappo immediatamente fuori dal garage e inizio a correre per i vicoli. Non so dove sono, nè dove sto andando, qua le vie sembrano tutte uguali, accidenti avrei dovuto stare attenta alla strada. Mi appoggio contro un muro per riprendere fiato. "Ehi bella bimba, dove stai correndo?" Un ragazzo si avvicina a me, è giovane ma consumato, incute timore, cerco di allontanarmi fingendo indifferenza, ma lui velocemente mi artiglia il braccio e mi riporta contro il muro. "Lo sai che sei proprio carina, anche la mia fidanzata lo era.... Che buon odore! Usi il suo stesso shampoo.". Sono paralizzata mentre questo giovane mi annusa, le lacrime mi pizzicano gi occhi, e li chiudo per non vedere. Mentre vedo nero sento il peso che si allontana e una voce dire "Sparisci feccia, lei è troppo per te, non toccarla mai più.". Apro gli occhi, è Angelo che parla, prende il mio aggressore per il colletto della maglia e quasi lo solleva da terra:"Non provare mai più a toccarla, o dovrai risponderne a me." Lo sguardo di Angelo è freddo e controllato, ma il tono delle sue parole è assolutamente minaccioso. Lascia andare il ragazzo, il quale fugge più velocemente che può. Gli occhi di Angelo sono rivolti a me adesso. "Come ti è saltato in mente di fuggire in quel modo!? Sarebbe potuto accaderti qualcosa di grave!?" Angelo urla, ma la sua rabbia mi ricorda il motivo per cui sono scappata, così inizio a gridare anche io "Cosa è saltato in mente a me?! Cosa è saltato in mente a TE piuttosto?! Pensi che la cocaina sia la via d'uscita dai problemi? Dall'infelicità? Non avrei dovuto seguirti... Riportami immediatamente verso casa, e tu e la tua droga uscite dalla mia vita!". Angelo non parla, non dice più niente, restiamo attimi che sembrano infiniti a guardarci in silenzio, poi lui si volta, e si incammina, ed io lo seguo. Arriviamo alla fermata del bus proprio nel momento in cui il mezzo sta arrivando. Saliamo e timbriamo il biglietto, dopodichè il nostro viaggio verso casa comincia. Finisce com'è iniziato: in silenzio. Scendiamo alla fermata più vicino al centro. Mentre mi allontano come se gli avvenimenti di oggi non fossero accaduti sento Angelo che dice:" Pensavo tu cercassi una via d'uscita.". Fingo di non aver ascoltato la sua frase e continuo ad andare verso casa. Di tanto in tanto mi volto per controllare che nessuno mi stia seguendo. Arrivo a casa, e non c'è nessuno i miei sono partiti per tutta la settimana. Mi butto sul letto spossata dalla giornata. Il mio telefono squilla, so di chi si tratta, ho messo una suoneria personalizzata per le persone a me più care, rispondo:" Ciao Cristina.". "Buooonasera Jessi!!" è allegra come al solito. "Stasera ti va di andare al pub con Davide e Giacomo ?". No, non voglio:" Sì, verso che ora?" rispondo." Te lo faccio risapere più tardi, ciao ciao!"...... Dopo aver ripercorso gli eventi del giorno mi sento svuotata, sembra tutto assurdo. Scivolo nel sonno con in testa le parole di Angelo << Pensavo tu cercassi una via d'uscita>>.

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 ***


CAPITOLO 4 “Pronto?”. Ha risposto, ma non so neanche io cosa devo dire... Stamattina, come tutte le volte che Giacomo ha dormito da me, si è svegliato prima lui, o meglio gli ho lasciato credere di essersi svegliato per primo. Mi ha portato la colazione a letto, cornetto al cioccolato e cappuccino. L'ho ringraziato e abbiamo mangiato insieme. Giacomo, da bravo ragazzo qual è, ha lasciato che fossi io ad usare il bagno per prima. Mi sono infilata subito nella doccia. Appena ho finito di sciacquarmi, ho infilato l'accappatoio, e ho avvolto un asciugamano intorno ai miei capelli a mo' di turbante. Appena sono uscita dal bagno Giacomo vi è entrato. Ho sentito subito l'acqua scorrere, ma non ci ho badato. Sono entrata in camera mia e ho aperto il cassetto della biancheria. Ho preso mutandine e reggiseno e li ho indossati. Ho anche infilato un paio di pantaloni della tuta grigi, larghi e comodi, una t-shirt a maniche corte nera, e una felpa grigia abbinata ai pantaloni. Mi sono seduta alla mia toeletta, e ho asciugati i capelli con il phon. Per fortuna ho i capelli ricci e non ho avuto bisogno di pettinarli. "Sei sempre molto carina Jessi, anche con questa tuta che nasconde tutte le tue forme.". Giacomo è uscito dal bagno già vestito senza che io me ne accorgessi, è incredibile quanto sappia essere silenzioso. Come sempre è molto cortese, nonostante abbia un aspetto orribile ci tiene a farmi sapere che mi trova attraente. "Comunque ora devo andare Jessi, mi aspetta una giornata di studio molto intensa.". Già lo studio è sempre al primo posto per lui, d'altronde ingegneria aerospaziale non è mica una passeggiata. Annuisco e mi alzo per accompagnarlo alla porta e salutarlo, mi da' un bacio leggero sulle labbra, come se a sfiorarle fosse un petalo di rosa; mi dice che appena farà una pausa mi chiamerà, il che significa che mi chiamerà solo verso cena, trovo ammirevole la sua dedizione allo studio, si è posto un obiettivo e vuole portarlo a termine il più velocemente possibile, è buffo il fatto che dica che si impegna anche per me, perché vuole un futuro con me ed io non so nemmeno cosa voglio fare del mio futuro, forse buffo non è l'aggettivo giusto. Chiudo la porta appena Giacomo si avvia verso le scale, chissà da cosa deriva la sua fobia dell'ascensore, mi pare me l'abbia accennato una volta, ma non ricordo. Vado in cucina, non ho molta fame, ma mi sforzo di mangiare, Giulia direbbe che la colazione è il pasto più importante della giornata, già chissà perché non è venuta ieri sera... Probabilmente non ne aveva voglia. Credo sia per questo che mi piace tanto come amica, se non ha voglia di fare una cosa non la fa, non le importa di seguire la corrente o le mode. L'ho conosciuta per caso in libreria, avevo 10 anni ed era appena uscito un libro di Harry Potter, onestamente non ricordo nemmeno quale. Mi ero fatta accompagnare immediatamente dai miei nel negozio di libri più vicini per comprarlo, e dentro alla libreria mentre mi accingevo a prendere l'ultimo rimasto, una bambina bionda con gli occhi verdi mi spintona per prenderlo lei, ero molto arrabbiata e mi veniva da piangere e così Giulia entrò nella mia vita, era anche lei in libreria, ma non per Harry Potter, figuriamoci lei odia i fantasy, e questa bambina mora con gli occhi neri si accorse che stavo per piangere e anche se non sapeva chi fossi, andò dietro alla bambina bionda, e le strappò il libro di mano dicendole che era maleducata e che io l'avevo visto per prima, e senza degnare la ragazzina che nel frattempo strepitava, venne da me e mi restituì il libro... da allora è la mia più cara amica, eppure nonostante ciò non sono riuscita a dire nemmeno a lei che volevo andare dallo psicologo, certo è l'unica che si sia accorta dei momenti in cui mi assento, ma a parte chiedermi se io stia bene non dice nient'altro. Mi ridesto dai miei pensieri poiché sento il mio telefono squillare. "Pronto?" rispondo. "Ehi Jessica, ciao sono Maria, so che avrei dovuto chiamarti prima e forse hai già impegni, ma volevo sapere se potevi venire a fare da baby-setter a Luca questo pomeriggio, per un paio d'ore forse tre...". "Sì posso venire, non ho nessun impegno.". "Fantastico! Grazie mille. Ah! Se avessi voglia di far venire qualche tuo amico con te fallo pure.". "Va bene, grazie molte, verso che ora devo arrivare?". "Se puoi per le 14.30.". "Sarò puntuale, arrivederci.". "Arrivederci cara.". Riaggancio il telefono e guardo l'ora, sono solo le 11.00, ho ancora parecchio tempo. Decido di studiare un po', in fondo non ho altro da fare e sarà un buon modo per distrarmi, ho ancora in mente le parole di Angelo, nonostante non sia la giusta via d'uscita dalla mia situazione, non posso fare a meno di pensarci... No devo smetterla. Prendo il libro di letteratura italiana e vado alla pagina assegnata, è una poesia di Leopardi. Secondo Leopardi l'uomo per natura è infelice, e alla ricerca costante del piacere, è incredibile come il suo pensiero si sposi con il mio in questo momento. Stiamo studiando “Il ciclo di Aspasia”, una raccolta di poesie in cui Leopardi scrive dell’ultima grande illusione dell’uomo ”L’ amore”. Squilla il telefono nuovamente, è Davide ma non so se voglio rispondere, probabilmente vorrà nuovamente sfogarsi su Cristina, sono certa che la conversazione prenderà questa piega: fase 1- se sia il caso di dichiararsi ora che la nostra amica è nuovamente libera. Fase 2- si auto convincerà che ce la farà. Fase 3- lo farà domani. Fase 4- lascerà perdere i piani di conquista per non rovinare l’amicizia con la suddetta ragazza. Ignoro la telefonata, devo concentrarmi sulla poesia di modo che oggi pomeriggio sarò ibera di fare da baby-setter al piccolo Luca. Sono concentrata sul mio compito, quando suona nuovamente il mio cellulare, è un numero sconosciuto, non rispondo come sempre quando non so da chi provenga la telefonata. Passano due ore e lo stesso numero sconosciuto ha chiamato altre tre volte deconcentrandomi dall’analisi del testo di “Amore e morte”. Non ho mai accettato la telefonata, potrebbe essere qualche televendita, sono davvero insistenti gli operatori telefonici, più li ignori più ti cercano. Sono le 13.12 decido di prepararmi un piatto di pasta con l’olio, niente di buono o elaborato, giusto per mettere qualcosa tra i denti. Mentre aspetto che bolle l’acqua chiamo Davide, mi sono sentita in colpa per averlo ignorato prima. Risponde subito, che tipo! Sta sempre con il telefono in mano. “Jessi! Allora? Perché non hai risposto prima? Ti sentivi male? Eppure Giacomo mi ha detto che stavi bene stamattina …”. Lo interrompo subito:” No Davide, sto bene, stavo solo studiando e avevo silenziato il telefono per non essere distratta.”. Una mezza verità va più che bene. “Ah capisco.” Continua lui.”Volevo parlarti di Cristina. Non pensi che questa possa essere la mia occasione?”. Come avevo previsto parte il monologo articolato in tutte le sue fasi, e termina con la scelta di lasciar perdere per l’ennesima volta. “Sei sempre così carina Jessica, ascolti sempre tutti, se avessi chiamato Giulia mi avrebbe mandato al diavolo seduta stante.” <> penso fra me e me. La chiamata si risolve con un nulla di fatto, una ragazza in meno per Davide e un mal di testa in più per me. Non ha smesso di sproloquiare sulla perfezione della nostra amicizia, anche mentre io stavo mangiando la mia pasta scotta a causa sua. Riesco a riagganciare solo perché si è fatta ora di andare dalla signora Maria. Mi vesto e vado. “Perché non hai risposto al telefono?”. Quella voce mi mette i brividi lungo la schiena. “Angelo? Cosa ci fai sotto casa mia? E santo cielo! Come ti sei procurato il mio numero e il mio indirizzo?”. “Rilassati Jessica, l’ho trovato nell’ufficio di mia zia, quando sono andata da lei stamattina.”. Non vedo in che modo questo dovrebbe rilassarmi. Cercando di ignorarlo vado verso casa della signora Maria, fortunatamente abita piuttosto vicino e posso andare a piedi. “Jessi non ignorarmi sono venuto fin qua per te.”. “Potevi risparmiarti il viaggio, è già tanto che non ti denuncerò, sparisci e continua la tua vita da drogato senza interferire con la mia.”. “Ragazzina, ma con chi pensi di avere a che fare? Non crederai che ti lascerò perdere così facilmente!”. Il tono di Angelo è basso, ma si capisce che è infuriato. “Per favore Angelo, lasciami in pace! Per quale ragione non dovresti lasciarmi perdere?”. “Perché tu hai bisogno del mio aiuto.”. “Me lo sussurra a un centimetro dal viso, non mi sono nemmeno accorta che si era avvicinato così tanto. “Stasera sono al “Bali” fatti trovare, o ti passerò a prendere io.”. Si allontana e mi lascia sconcertata. Sono quasi le 14.30 devo assolutamente accelerare o arriverò in ritardo all’appuntamento con la signora Maria. Sono senza fiato quando arrivo e suono il campanello, la corsa mi sta facendo bruciare i polmoni. “Oh! Eccoti qua Jessi! Luca ti stava aspettando con ansia, non vedeva l’ora di giocare con te! Tra un paio d’ore sarò di ritorno a dopo cara! Ciao amore la mamma se ne va!” Mentre dice ciò stampa un bacio sulla guancia del figlio ed esce di casa. Luca ha 5 anni ed è un bambino molto acuto e creativo, ormai è un po’ di tempo che gli faccio da baby-setter il sabato pomeriggio. I suoi genitori sono divorziati e suo padre non ho la minima idea di che fine abbia fatto, e sua madre cerca di rifarsi una vita. I suoi appuntamenti del sabato pomeriggio sono ormai prassi, e spesso non si tratta di solo un paio d’ore. Comunque non mi lamento, mi paga sempre le ore extra che sta fuori e a me piacciono i bambini. “Ti va di fare un disegno con me?”. “Certo Luca, con molto piacere.”. Tra disegni e macchie d’inchiostro sul viso, puzzles con pezzi mancanti e costruzioni improbabili passano le ore. La signora Maria rientra verso le 18.00, mi paga e mi congeda con un “Grazie, per la tua pazienza, ci organizziamo per la settimana prossima. Ciao Jessica.”. “Arrivederci signora! Ciao Luca a presto!”. Il bambino ricambia il saluto con un sorrisone. Grazie a lui sono riuscita a non pensare per un po’, ma subito mi torna in mente a richiesta di Angelo di andare al “Bali”, il “Bali” è una discoteca molto famosa per i suoi traffici illeciti di sostanze stupefacenti tra i giovani, una come me non ci ha mai neanche messo piede lì dentro. Torno a casa convinta di non andare in quel posto. Invio un messaggio a Giulia perché non ho voglia di passare la serata da sola, Giacomo sicuramente non verrà da me, ha la partita di calcetto. Giulia risponde che purtroppo ha un impegno con un certo Kevin, ma sta a me convincerla a non annullare la sua serata per me. Che buona amica, avrebbe annullato la sua serata per stare ad annoiarsi con me. Decido di non cercare nessun altro, insomma se qualcuno avesse voluto vedermi mi avrebbe già cercato. Telefono ai miei genitori, ci siamo promessi di sentirci una volta al giorno. La conversazione dura poco, il tempo di un “Ciao come stai? Ci manchi! Ci vediamo tra qualche giorno.”. Non ho voglia di cenare e quindi non preparo niente da mangiare. Mi sdraio sul divano, non so neanche quanto tempo passa credo che siano le 21.00, o qualcosa del genere. Mi sento soffocare e sono costretta a sedermi, sento come se la stanza si restringesse, vorrei urlare ma non ho voce, corro subito a prendere il telefono, non so neanche perché lo sto facendo, ma la solitudine mi sta facendo andare in panico. “Pronto?”. Ha risposto, ma non so neanche io cosa devo dire. “Jessica, sei tu?”. Resto ancora in silenzio quando mi faccio coraggio e dico:”Vieni a prendermi.”.

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