Kick & Chris

di LaNonnina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Girone d'andata: 1 - 2 ***
Capitolo 2: *** Girone di ritorno: 2 - 1 ***
Capitolo 3: *** Training - Amichevole? ***
Capitolo 4: *** Finale di coppa... e fuochi d'artificio? ***



Capitolo 1
*** Girone d'andata: 1 - 2 ***


KICK & CHRIS

Girone d’andata: 1-2
45’
Home, sweet home.
When it isn’t over crowded, of course.

“Oh! S-sa-salve…!”

Guardo stupita e imbarazzata il gruppetto di ragazzi e ragazze riunito nel mio salotto. Anzi, nel salotto mio e di mio fratello. A proposito…

Bro! Potevi dirmelo che avevamo ospiti! Mi sarei presentata in maniera più decente!”

Abbasso la testa per osservarmi meglio e mormoro : “Anzi, mi sarei vestita…"

Indosso culottes nere (sono molto più comode delle mutandine…), una maglietta XXL (almeno non si nota che non ho il reggiseno al momento)  e gli scaldamuscoli... Cosa c’entrano? Nulla, ma li amo alla follia. Mi volto verso la tv, usandola come specchio.

Quella sarebbe una coda di cavallo?

Beh dai… pensavo peggio. Guardo mio fratello e lo brucio con un’occhiataccia che farebbe tremare di freddo pure Belzebù.

Uno rompe il silenzio, uno del mucchio. “Beh, per me sei abbastanza decente anche così…”

Mi giro in direzione della voce, cercando di mantenere la calma. Abbastanza? Ha detto che sono abbastanza decente?

“Grazie.” Dico tirando gli angoli della bocca verso l’alto.

No, non si può definire un sorriso. Non dopo che mi hai descritto come “abbastanza decente”.  

Io sono sempre bellissima.

Mio fratello, che fino ad ora è rimasto muto, finalmente si schiarisce la gola e mi presenta: “Ragazzi, questa è mia sorella Kick; Kick, questi sono i ragazzi.”

“Piacere.” Mi tocca pure dire, conciata così.

Come sembrare una sgualdrina davanti a degli sconosciuti = farsi presentare ad un nutrito gruppo di persone quando sei svestita e rispondere, con un sorriso smagliante, utilizzando un linguaggio ambiguo.

“Diminutivo di…?” Chiede un altro della compagnia.

“Katerina.”

Mi guarda perplesso.

Oh no. Non ti spiegherò il perché di…

“Kick? Come mai questo soprannome?” Chiede l’Uno.

Ecco appunto.

Mio fratello interviene, prima che io possa mandare a fare un giro nel paese dei balocchi il nostro ospite: “Ė sempre stata brava a giocare a calcio, fin da piccola.”

“Già…” Confermo io. “Proprio così…”

L’Uno sembra accontentarsi della risposta e ricomincia a chiacchierare con la ragazza dalla voce stridula seduta accanto a lui.

Non so chi sia peggio tra i due, se lui con quella faccia da schiaffi o lei con quella bocca che emette suoni cacofonici.

 “Va bene.” Annuncio. “Ormai mi avete visto, come dire, in deshabillé, sarà meglio però che io vada a vestirmi… Torno subito!”

Alcune ragazze mi sorridono per solidarietà e io mi fiondo in camera.
*
90’
Bedroom, sweet bedroom.
When there isn’t an asshole in it, of course.

Ora facciamo un giochino (No, non sono Saw…): qual è la frase che ogni ragazza pronuncia davanti al proprio armadio, più o meno imballato di vestiti? Non so cosa mettermi.

E lo dico pure io, nonostante il mio non sia l’armadio di Sarah Jessica Parker, né di Miranda Kerr, né tantomeno di una qualsiasi modella di seconda categoria.

Insomma, mi piace essere vestita bene, ma odio lo shopping.

“Kick?”

Oh. Santo. Dio. Ma chi è quel cre… Oh, certo. L’Uno.

“Scusa, non volevo spaventarti.” Dice subito, alzando subito le mani in segno di pace.

Tzè. E il rametto di ulivo tra i denti no?

 “Tran-quil-lo.” Mormoro a denti stretti.

“Non trovo il bagno…” Riprende.

Come se questo appartamento fosse un’enorme villa a tre piani…

Mi fissa, riducendo gli occhi a due fessure.

Ops.

“L’ho detto ad alta voce, vero?”

Annuisce.

“Mi dimentico sempre di contare fino a dieci prima di parlare...”

“Perché… ne sei capace?”

Prendo la mira e gli scocco un’occhiataccia forse peggiore di quella mandata precedentemente a mio fratello.

Ride. “Scusa… Scusami. In effetti potevo trovarne una migliore…” Dice sorridendo.

Finalmente ho trovato un paio di jeans presentabili e una maglietta pulita e profumata. Mi cambio utilizzando l’anta dell’armadio come tendina, dal momento che lui sembra non volersi schiodare dalla porta.

Un attimo… Sbaglio o ha ammesso, indirettamente, che la sua era solo una scusa per vedermi?

Proviamo.


“Sai? È buffo…”

“Cosa?”

“Il fatto che io proprio oggi abbia guardato What’s your number?…” Sbuco fuori dallo spogliatoio improvvisato e gli sorrido. “Sarà il destino…”

Come sono patetica quando flirto. Soprattutto data l’imbecillità galattica dell’interlocutore.

“E cosa ne pensi?” Chiede, ignorando le ultime tre parole.

Bene, mi sono sbagliata. Flirt terminato.

“Scontato, stupido e prevedibile…” Descrivo mentre infilo gli orecchini.

“…Ma carino.” Concludo con il sorriso più stronzo che possiedo.

“Comunque il bagno è di là.”

Non dice  nulla, mi guarda stupito e segue con la testa la linea immaginaria tracciata dal mio dito.

Volta di nuovo il capo. “E così io sarei scontato?”

Pff. Poco permaloso…

Sbuffo e finisco l’opera di maquillage. “Ho detto che il film è scontato, non tu.”

Mi fissa. In un modo sublime.

Secondo la definizione della cara, vecchia prof d’inglese, il sublime è l’unione di piacere e terrore che pervade le nostre menti, in particolare se riflettiamo sull’infinito.

Insomma, allo stesso tempo, mi piace e mi inquieta come mi fissa. Ma è normale?

E poi, lui non è mica l’infinito, anzi, mi sembra piuttosto “ben definito”, if you know what I mean…

“E di Captain America cosa pensi?” Domanda, curioso.

“Sorry, non l’ho ancora visto…” Ammetto.

Solleva le sopracciglia. Cioè, solleva la foresta Amazzonica… Lì ci sarebbe ossigeno per i tre/quarti del pianeta!

Sono ormai pronta, perciò mi avvicino alla porta per uscire, ma lui non si sposta. Mi porge la mano destra.

“Piacere Evans, Chris Evans.”

No, you don’t say?

Gli porgo la mia.

“Piacere mio. Sono Kick, ma questo dovresti già averlo capito…”

Sorride.

“Torniamo di là.” Non è una proposta la mia, è un ordine. Se rimango nella mia camera con Chris Evans ancora per un po’, davvero non so che gli potrei fare…

Va bene che mi sembra un coglione… Ma è pur sempre un coglione di nome Chris Evans.

Solleva un solo sopracciglio, questa volta.

“E se invece… restassimo qui?”

I miei occhi balzano immediatamente fuori dalle orbite spappolandosi a terra.

Mi riapproprio dell’uso della parola ed elenco: “Primo: non sono una zoccola. Secondo: fai così con tutte? Terzo: mio fratello è di là e ti ucciderebbe seduta stante…”

“… allora ti preoccupi per me?” Mormora sporgendo di poco il labbro inferiore.

“Non ho finito.” Lo fulmino con lo sguardo. “Quarto: in salotto c’è anche la tua ragazza…”

“Se vuoi chiamo anche lei…” Risponde prontamente.

Apro e chiudo la bocca, come un pesce fuor d’acqua.

Fai schifo, Evans.

Lui scoppia a ridere.

“Non è la mia ragazza… se proprio ci tieni a saperlo.” Afferma.

Eh, che vi avev… Cosa? No… Non lo è?

“Ah no?” Chiedo disinteressata.

Tzè. Disinteressata.

Scuote piano la testa a destra e a sinistra, guardandomi dritto negli occhi. Fa un passo in avanti, afferrando con una certa fermezza la mia mano destra. Arretro di due passi e lui ne approfitta per entrare in camera. Posa l’altra mano sul mio fianco sinistro e con il piede richiude la porta dietro di noi.

“Così non ti sentirà nessuno…” Sussurra.

Eh no, caro. Non è così facile come pensi.

“Dici urlare di paura perché vuoi uccidermi?”

Finge di riflettere al riguardo e risponde: “No. In realtà pensavo ad urla di piacere…”

“Perché sarò io ad ucciderti… Giusto.” Un ghigno malefico spunta sul mio volto.

1-0 per me. Palla al centro.

“Ma quanto sei…”

Lo interrompo. “Stronza? Lo so. Me lo dicono in tanti…” Concedo con un’alzata di spalle.

“Ma ti dicono anche che è parecchio eccitante?” Chiede senza togliermi gli occhi e le mani di dosso.

“Eh…” Soffio. “No. Questo in effetti no.” 

Chinandosi, avvicina pericolosamente la sua bocca al mio collo.

Ribatti Kick! Rilancia quel dannato pallone!

“Però di solito si nota se li fa eccitare o no, senza bisogno che me lo dicano…” Faccio correre lo sguardo al cavallo dei suoi pantaloni. “A quanto pare, il tuo amico non è in gran forma…”

Lui si stacca da me, leggermente nel panico.

2 a 0 Evans, baciami il…

Il suo sguardo però ritorna immediatamente più sicuro che mai.

Ok, non credo di aver fatto goal.

“O forse ho solo recitato per metterti in ridicolo…”

Rido rasentando l’attacco isterico. “Mettermi in ridicolo? Ma cosa dici?”

Non mi piace quel sorriso soddisfatto sul suo volto.

Lo devo considerare un pareggio?

“Puoi fare la stronza fin che ti pare e lanciarmi frecciatine più che avvelenate, ma ti si legge negli occhi che vorresti tanto sbattermi sul tuo letto e chiudere la partita, coppa e fuochi d’artificio inclusi.” Afferma serio, con quel cavolo di sopracciglio alzato.

Senza deporre quel tremendo sorrisino da schiaffi, si gira, apre la porta e torna di là.

Sono impietrita. Sconvolta. Frastornata. E umiliata.

Ho perso. Questa volta ho perso.

Ma non temere, Evans, ci vediamo al girone di ritorno.






















*** LaNonnina ***
Non vi ho praticamente considerato per tutta l'estate e ora torno con questa fic, che spero diventi la prima di una (non troppo) lunga serie.
Sappiate però che EFP è sempre nel mio corazòn e non vi lascerei mai.
Perdonatemi e lapidatemi, ora che siete giunti alla fine.
Grazie, I love you <3

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Capitolo 2
*** Girone di ritorno: 2 - 1 ***


KICK & CHRIS
Girone di ritorno: 2 - 1

Ebbene sì, ho passato l’intero pomeriggio a fare shopping con mia cugina.

Lo so che potrebbe suonare strano detto da me, ma quel C.d.E. (Coglione di Evans) ha voluto la guerra ed io sono pronta a combattere.

Se ne pentirà amaramente di avermi trattata come una delle tante oche che gli starnazzano attorno.

*
Al Ristorante
45’
Eccoci qui a festeggiare il nuovo lavoro di mio fratello in una pizzeria totally Italian.

Ci siamo tutti.

E con tutti, intendo proprio tutti. Purtroppo.

“Verdure? – Wurstel? – Salsiccia e patatine? – Margherita?” Elenca il cameriere.

“Mia! La Margherita è mia!” Dico a voce alta per attirare la sua attenzione. Il ragazzo la posa gentilmente davanti a me. Lo ringrazio.

Sento una leggera risata alla mia destra. “Sei a dieta per caso?”

Socchiudo gli occhi e respiro a fondo prima di esalare un: “Quale parte dell’accordo non una parola tra noi non ti è chiara?”

Come on! Siamo seduti vicini a tavola, perché non dovremmo fare conversazione?” Protesta quasi piccato.

“Scusa Kick, potresti passarmi l’olio piccante?” Ci interrompe Paul, il migliore amico di mio fratello, seduto davanti a me.

Prendo la boccetta che si trova accanto al mio bicchiere e gliela passo.

Sorride. “Grazie mille.”

“Figurati.”

Il mio vicino, nonostante l’interruzione, pare essere iperattivo e non demorde. “Dai, Perché non mi parli?”

Decido di ignorarlo.

Insiste. “Dai dai dai dai…”

“Perché mi urti.” Sibilo. Afferro forchetta e coltello e inizio a tagliare a spicchi la mia pizza.

Mi fissa, tenendo il bicchiere a mezz’aria. “Ti urto? Ma che linguaggio forbito...”

“Perché mi rompi le palle. Capisci o devo spiegartelo a gesti?” Sbotto continuando a tagliare nervosamente la povera margherita.

Emette un fischio. “Come siamo acide questa sera… Voglie insoddisfatte per caso?” Domanda con un ghigno.

Eh no. Questo punto deve essere mio.

“Effettivamente sì.” Affermo appoggiando le posate. “Una voglia la ho… E non riesco più a resistere…” Continuo, indossando un sorriso malizioso e occhioni da cerbiatta. “Mi impegno sai? Ma proprio non ce la faccio…” Mormoro allungando una mano tra le sue gambe sotto al tavolo. Si irrigidisce all’istante. Avvicino la mia bocca al suo orecchio. “Ecco vedi… Avrei così tanta voglia di…”

“… Di?” Soffia.

Mi allontano di scatto da lui. “Di strangolarti. Ma non posso, non a tavola almeno. Non è educato.”

Afferro un trancio di pizza e lo addento, prima di conversare con l’amica seduta alla mia sinistra.

1 – 0. Goal.
 
*
90’

Quel C.d.E non mi ha più infastidita per il resto della serata… Devo ammettere che un po’ mi dispiace, in fondo è divertente prendersi in giro e sfogarsi l’uno con l’altro. Non che sia costruttivo o utile per far crescere un rapporto, però non si può mica essere sempre carini e coccolosi. No no.
Dopo la pizza ed il caffè, i proprietari del ristorante ci offrono gli amari. Lo so che dovrei rifiutare perché l’alcool mi sconnette il cervello… ma non m’importa. Un liquorino aiuta a digerire, no?

“Ehi, vacci piano con quello, è più forte di quel che sembra.”

Annuso il contenuto del bicchierino e arriccio il naso. Caspita, Evans ha ragione. “Quel che non ammazza ingrassa!” Commento ridendo.

“Tranquilla, al massimo ti porto a casa io, Kick.” Propone Paul con un sorriso dolce.

Gli sorrido a mia volta. “Grazie Paul.” E bevo tutto d’un fiato.

Al massimo ti porto a casa io, Kick.” Sento scimmiottare al mio orecchio a bassa voce.

Giro di scatto la testa verso destra e mi ritrovo un tenero paio di occhi azzurri su una faccia da schiaffi a pochi centimetri dal mio naso. Vorrei chiedere: “Che c’è, Evans, sei geloso?” ma credo di pronunciare un qualcosa di più simile a: “Chescè, Euan, scei jelosho?”

Non ci posso credere. Mi si è già impastata la lingua. Sticazzi.

Lui prova a trattenersi dal ridere contraendo la faccia in una serie di smorfie. “Kick vs alcool. Zero – uno.”

Kick, se sei sbronza non giochi. Così finisci in panchina.

Cerco di ricompormi e di riappropriarmi della capacità di parola. Lo guardo dritto negli occhi. “O forse ho solo recitato…”

“Per metterti in ridicolo? Beh, ci sei riuscita benissimo.” Conclude.

1 – 1. Pareggio.

Boccheggio. Da quando i ruoli si sono invertiti? Da quando lui rigira la frittata contro di me? Qualcuno doveva impedirmi di bere, accidenti, ho perso lucidità.

Kick, ammettilo, non è colpa dell’alcool, è lui. Solo lui riesce a tenerti testa e a risponderti a tono, fatti due domande. Sarebbe così tremendo perdere?

Sì.

Coscienza, nessuno può chiudermi il becco. Soprattutto lui.

Mi rivolgo al migliore amico di mio fratello con il tono di voce più dolce, con un pizzico di cannella ed ogni cosa bella: “Senti, Paul… quell’invito per un passaggio, è ancora valido?”

Paul mi guarda estasiato.

Sento su di me anche lo sguardo di quel C.d.E., ma non oso voltarmi.

Improvvisamente sei diventata stronza come Evans, lo sai vero?
Taci coscienza. Tutto è lecito in amore e in guerra.
E in quale delle due ci troviamo ora?
Non lo so.
O non lo vuoi ammettere?
Lo ammetto: sono una stronza.
*

All’aperto
Supplementari

Dopo essere tutti usciti dal ristorante, ci salutiamo con la promessa di organizzare una rimpatriata al più presto. C’è aria di matrimonio tra Jane e Peter, chissà, ormai stanno insieme da anni. Mio fratello invece farà serata con un paio di amici per cui mi ritrovo a minacciare Mike, di modo che me lo riporti vivo a casa, domani… Dico poi al bro di stare tranquillo, dato che su di me veglia l’angelo Paul.

“La mia macchina è laggiù, Kick, se vuoi vado a prenderla.” Propone. “Quei tacchi non sembrano per niente comodi…”

È proprio un angelo. Lo guardo con i lucciconi negli occhi: “Sarebbe bellissimo, grazie!”

“Okay” Dice ridendo.

Non appena si allontana, l’altro si avvicina con una strana espressione del viso.

“Sei una stronza.” Afferma lapidario.

Sbuffo. “Ho imparato da te, Evans.”

“Non puoi andare a casa con lui.” Prega in un soffio.

Pianto i miei occhi dritti nei suoi, velenosa. Non può guardarmi così, non mi importa se non è giusto. Lui mi ha umiliata e ora non ha il diritto di avanzare alcun tipo di pretesa.

“Soldato, ma chi ti credi di essere per dirmi quello che posso o non posso fare?”

Tira un angolo della bocca verso l’alto, infastidito. “Non lo dico per te, ma per Paul. È davvero interessato e si vede. Non si merita di essere preso in giro.”

“Anche le ragazze che ti porti a letto tu non dovrebbero essere prese in giro.” Rispondo secca.

“Ma io vado solo con quelle che non sono davvero interessate a me.”

Che idiota.

“Che eroe...”

“Sono più responsabili di quanto sembrano.” Aggiunge.

“Anche io sono stata responsabile. Non ci sono nemmeno venuta a letto con te.” Ribatto soddisfatta voltandomi a guardare l’auto di Paul che si sta fermando davanti a noi.

Il mio taxista mi rivolge un gran sorriso e sento scattare la serratura automatica. Mi preparo a fare il giro dell’auto e salire ma Evans mi afferra per un polso.

“Smettila.” Scandisce deciso costringendomi a guardarlo. “Non mi permetterei mai di giocare con i sentimenti di una donna.”

Ah sì?

“Con me l’hai fatto.” Mormoro sciogliendomi dalla sua presa.

2 – 1.

Evans prova ad allungare di nuovo la mano in cerca della mia, ma sto già salendo in macchina.

“Andiamo Paul.” E sembra quasi una supplica.
 
Questa è la vittoria più triste che io abbia mai ottenuto.








***
Oggi è il 25 Settembre 2015, il primo capitolo è stato postato il 6 Settembre 2013.
Vi chiedo infinitamente scusa, anche se sono stata davvero meschina.
Spero vi fossero mancati un po' Kick e Chris, a me sì, anche se non pensavo avrebbero preso questa piega...
Mi siete mancati tanto anche voi.
Un abbraccio,
LaNonnina.

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Capitolo 3
*** Training - Amichevole? ***


Kick & Chris
Chris
Training
 
“Con me l’hai fatto.” Libera il polso dalla mia presa senza nemmeno guardarmi negli occhi. Provo a fermarla ma ha già aggirato la macchina salendo al fianco di Paul. Quel bravo e insipido ragazzo che è Paul. Non è rimasta con me, il ragazzo che la fa incazzare e tirare fuori quel suo lato sarcastico e tagliente che mi fa impazzire. E so che anche a lei piace, le si illuminano gli occhi quando mi risponde a tono.
Con me l’hai fatto.
Questa frase risuona ancora e ancora nella mia testa, un’eco senza fine. Ma che vuol dire? Che cosa ho fatto? Non me la sono nemmeno portata a letto! Perché, se l’avessi fatto, probabilmente si sarebbe presa pure i gioielli di famiglia prima di andarsene. Davvero non capisco.
Mi avvio verso la macchina che ho parcheggiato qualche metro più in là, inspirando l’aria fresca della sera, sperando che mi chiarisca le idee. Alzo lo sguardo al cielo alla ricerca di una stella, ma ci sono le nuvole. Si vedono solo le luci dei lampioni: una pessima imitazione. Apro la portiera dell’auto e salgo.
Con me l’hai fatto.
Porca miseria! Non riesco a togliermelo dalla testa. E posso solo immaginare l’espressione ferita nei suoi occhi, dato che non mi ha nemmeno guardato in faccia. Infilo la chiave e metto in moto, esco dal parcheggio e inizio a vagare per la città. Non ho voglia di andare a dormire, non prima di aver fatto un po’ d’ordine tra i pochi neuroni che mi ritrovo. Forse ho esagerato nel definirla una stronza, ma Paul mi fa davvero tanta pena. Ma cosa crede? Di essere figa solo perché un biondino insipido le fa il filo?
Chescè, shei gelosho Euans?
Non sono geloso. Semplicemente lui non se lo merita, non la merita e lei merita di meglio.
Pensa Chris, pensa. Cos’hai combinato per farla reagire così? Avete trascorso una quasi pacifica serata, durante la cena, tranne forse quel momento in cui…
Effettivamente una voglia la ho…
Inchiodo a un semaforo rosso che non avevo notato, rischiando di consumare le gomme. Per forza non l’avevo notato! Mi sono lasciato distrarre dal ricordo di quelle sue soffici labbra al mio orecchio e quella maledetta mano sui miei pantaloni. Cosa credeva di fare? Di eccitarmi?
Le è venuto proprio bene, cazzo.
Poi è scappata. È fuggita da me senza degnarmi di uno sguardo e salendo in auto con Paul. Prima fa gli occhi dolci con me a casa sua, mentre si veste e si trucca, parlando del mio film e flirtando spudoratamente e poi… poi… Merda.
Ecco che cosa ho fatto.
O meglio, non cosa ho fatto ma cosa le ho detto, a casa sua, quando ci siamo conosciuti.
Puoi fare la stronza fin che ti pare e lanciarmi frecciatine più che avvelenate, ma ti si legge negli occhi che vorresti tanto sbattermi sul tuo letto e chiudere la partita, coppa e fuochi d’artificio inclusi.
Bravo Chris. Bravissimo. Vedi che sei un emerito cretino? Come hai potuto dirle una cosa del genere? Ma soprattutto, come hai potuto dimenticarti di averle detto una cosa del genere? Okay che ti stava provocando, ma ti pare che ci si rivolga così a una donna?
Non mi permetterei mai di giocare con i sentimenti di una donna.
Con me l’hai fatto.
L’ho umiliata e offesa, per forza ora mi odia. Già non siamo partiti con il piede giusto, così mi sono proprio tirato la zappa sui piedi.
Devo chiederle scusa.
 
*
Paul
Amichevole?

 
“Grazie Paul.” Mi dice una volta arrivati davanti al palazzo dove abitano lei e suo fratello, il mio migliore amico. Ha uno sguardo mesto stampato sul volto e ne intuisco la ragione. Ma non voglio spingerla a parlare, se non se la sente.
“Per così poco…” Le sorrido e un po’ titubante chiedo: “Posso farti una domanda senza risultare indiscreto?”
“Certo.”
Prendo un bel respiro. “Ti andrebbe di uscire a mangiare qualcosa insieme uno di questi giorni?”
Mi sorride, più rilassata. “Andiamo Paul, lo sai che certe cose non sono nemmeno da chiedere, usciamo spesso tutti insieme!”
“Ehm, intendevo… da soli, tu e io.” Spiego, leggermente in imbarazzo.
Mi fissa ammutolita.
“Puoi anche dirmi di no, non mi offendo…” Continuo, voltandomi a guardare la macchina parcheggiata di fronte alla mia.
Lo sapevo, è cotta di quell’attore da strapazzo. Perché le donne si innamorano sempre degli stronzi? Non volevo entrare in argomento, ma mi sembra inevitabile, ormai. “Ti piace quello, vero?”
“Intendi Chris?” Chiede con un pigolio.
Katerina, non farmi perdere la mia proverbiale pazienza.
Sbuffo. “Kick, per favore, sono un buon ragazzo ma non sono un coglione.”
“Lo so, Paul, mi dispiace... mi sono comportata in maniera poco matura questa sera.” Sussurra.
Poco matura? Solo?
“Non hai risposto alla mia domanda.” Constato lapidario.
Sospira. “Non lo so.”
“Non sai cosa?” Sbotto. “Non sai se ti piace o non sai se davvero ti sei comportata da stronza?”
Mi dispiace, ma non ce la faccio più. Io la amo e lei mi prende in giro? Non sono uno di quei personaggi ricchi e famosi, è vero. Però ho la mia dignità e questo trattamento non me lo merito.
La squadro con uno sguardo arrabbiato e soprattutto deluso.
“Vuoi la verità?” Mi chiede.
“Te ne sarei grato.”
“La prima.” Dice in un soffio.
“Ah, quindi non sai se ti piace un attore figo e muscoloso, però sai di essere una stronza?”
Ecco, forse ho esagerato. Lei infatti scatta subito sulla difensiva.
“Paul ti prego, non fare così, sai che ti voglio bene e…”
La interrompo. “Smettila. Non importa. È anche colpa mia, ho aspettato troppo tempo prima di farmi avanti con te e sono arrivato tardi.” Afferro saldamente il volante, facendole palesemente intuire che reputo questa conversazione conclusa.
A quanto pare ha ancora qualcosa da dirmi. “Non sei arrivato tardi.” Afferma, decisa. “Semplicemente non mi piaci. Indipendentemente da Chris e indipendentemente dal fatto che tu mi reputi una stronza, ora.”
Ottimo, sono ragazzo buono e per di più davvero coglione, innamorato di una ragazza meravigliosa trasformatasi in una stronza. “Benissimo.” Rispondo gelido.
Sussulta impercettibilmente sul sedile e la vedo esitare prima di decidersi a scendere. Infine, apre la portiera. La sento mormorare un “mi dispiace” mentre la richiude, ma decido di ignorarla e metto in moto l’auto.
Per stasera ne ho abbastanza.










***
Buon 2016 a tutti panzerotti! :)
Vi ringrazio dal primo all'ultimo, da chi mi segue, a chi mi lascia un commentino, a chi non perde la speranza, fino ai lettori silenziosi... Vi voglio benissimo!
E vi ricordate quando vi dicevo che i personaggi prendono vita e fanno di testa loro? Beh, ne avete avuto prova anche in questo capitolo, tutto dal punto di vista dei maschietti (cosa assolutamente non prevista!).
Un bacione,
La vostra Nonnina :)

 

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Capitolo 4
*** Finale di coppa... e fuochi d'artificio? ***


KICK & CHRIS
Finale di coppa… e fuochi d’artificio?

Oh. Santo. Cielo.
Che serata orrida, orripilante e tragica. In una parola: una merda.
Sebbene fossi abbastanza nervosetta all’inizio della cena, avevo quasi iniziato a rilassarmi dopo aver dato il benservito a quel C.d.E.. Tutto sommato, la serata stava procedendo dignitosamente, poi si è rivelata essere peggio di una tragedia greca.
Chris mi ha definita una stronza. Paul mi ha fatto gentilmente notare che sono diventata una stronza. Io ho ammesso che effettivamente un po’ stronza lo sono davvero.
Almeno so fare auto critica.
“Hai intenzione di rimanere su quegli scalini con la faccia da pesce lesso ancora per molto?”
Miseriaccia! Ma chi è quel…
“Oh tu.” Sbuffo.
Ma che ci fa qui?
Sul volto gli spunta un ghigno. “Già, io.”
Non dice nulla. Sta a vedere che mi tocca pure fare conversazione. “Che vuoi?”
“Io? Niente.” Fa spallucce. “Paul dov’è? L’hai mandato via a bocca asciutta?”
Lo guardo in cagnesco. “Evidentemente sì, altrimenti non sarei qui a sorbirmi le tue domande idiote.”
Sorride. “Oh grazie, ero proprio in crisi d’astinenza dalla tua acidità. Pensi di produrla presto in pillole? Altrimenti mi toccherà inseguirti ovunque tu vada per averne una dose.”
Eh no, ora basta.
“Senti Chris, piantala. Se sei venuto qui a rompermi i cosiddetti puoi anche andartene. Non è serata.”
“Se è per questo, con te non è mai il momento giusto.”
Sollevo un sopracciglio. “Tu invece saresti l’emblema della disponibilità, vero?”
Tace.
Ah ecco, perché non mi sembrava proprio, visto come ci siamo lasciati fuori dal ristorante mezz’ora fa.
“Sono venuto a chiederti scusa, in realtà.” Confessa.
Cosa?! Ho sentito bene?
Lo squadro.
“Sì, hai sentito bene.”
“Che fai? Mi leggi nel pensiero ora?”
“No grazie, potrei essere fagocitato dalla tua stronzaggine.” Replica calmo.
“Mi stupisco che la tua non ti abbia già corroso dall’interno.” Dico alzandomi in piedi.
“Dove vai?”
Sospiro. “Sono stanca, è stata una serata oscena, è tardi e non ho intenzione di starti a sentire un minuto di più.”
La sua voce si riduce a un sussurro. “Sono davvero venuto qui per chiederti scusa, Katerina.”
“Non ti perdonerò più facilmente solo perché mi hai chiamato usando il mio nome per intero, sappilo.”
“Con te niente è facile, me ne sono accorto.” Dichiara sollevando un angolo della bocca.
Beh, su questo ha ragione.
Scendo i pochi gradini dell’ingresso e lo raggiungo sul marciapiede del palazzo.
“Mi sono comportato da idiota nei tuoi confronti e mi dispiace.” Ammette guardandomi negli occhi.
Lo fisso.
“Ti ho provocato e ti ho umiliato in casa tua e di certo non meritavi un trattamento del genere.”
Lo fisso.
“Non mi permetterei mai di giocare con i sentimenti di una donna, ma con te l’ho fatto. Hai ragione.”
Lo so, io ho sempre ragione.
“Per questo ti chiedo scusa.” China il capo, sollevando una mano per grattarsi la nuca, imbarazzato.
Inspiro ed espiro.
È strano: mi sento più leggera e ho paura di scoprirne il motivo.
Chris alza gli occhi e mi rivolge uno sguardo implorante. “Di’ qualcosa, ti prego.”
Che ti dovrei dire? Che ti scuso perché mi hai trattato come una pezza da piedi ma mi hai anche ricordato quanto può essere bello avere qualcuno al proprio fianco con il quale stuzzicarsi ed essere complici?
No, questo non te lo dirò.
“Scuse accettate.” Rispondo con un mezzo sorriso.
Lui pare sgonfiarsi come un palloncino, visibilmente sollevato. “Grazie! Stavo impazzendo!”
Rido. “Peggio di quanto tu non lo sia già?”
Mi fa una linguaccia. “Sono stato un coglione ma ti ho chiesto scusa. Potresti essere un po’ più gentile anche tu, non trovi?”
“Io sono sempre carina.” Affermo con aria altezzosa.
La sua risposta mi spiazza. “Per me sei sempre molto carina.” Sorride. “E’ la gentilezza che manca.”
Lo guardo di sbieco. “Smettila di prendermi per il culo, Capitano. Ti ho perdonato una volta e non penso lo farò di nuovo.”
“Mai stato più serio.”
E pare dica la verità.
Arrossisco. “Beh, grazie per essere passato.” Torno verso i gradini dell’ingresso, un po’ inquieta. Questa storia è durata anche troppo. “Buonanotte Chris.”
Sento la sua mano afferrarmi il polso, in una presa morbida ma decisa.
Mi ritrovo di nuovo a fronteggiare i suoi occhi celesti in tinta con il maglioncino.
“Aspetta.” Dice in un soffio.” Non ti guarderò andare via da me un’altra volta stasera.”
Il mio sorrisetto imbarazzato dev’essere agghiacciante. “Che intendi? Io abito qui, vorrei entrare e andare a dormire... finalmente.”
“E io non voglio lasciarti.”
Neuroni a rapporto. Ripeto: neuroni a rapporto.
“Chris?! Piantala ti ho detto. Non è che dobbiamo andare a letto insieme per suggellare la pace!”
Ah no???
“Non ho detto questo.” Comunica tranquillo. “Voglio solo stare con te.”
Sollevo entrambe le sopracciglia. “Adesso? A quest’ora della notte? A fare che?”
Oh dai, lo sappiamo benissimo cosa vorresti fare con lui di notte. Di giorno. A letto. In cucina. Sotto la doccia…
Okay, okay, afferrato il concetto.
Sorriso smagliante e sopracciglia alzate, ripete: “Voglio solo stare con te.”
Ora la domanda è: io lo voglio?
Kick, qui è la tua coscienza che ti parla, se dici di no cambio cervello, sappilo.
“Va bene. Ad una sola condizione.”
“Quale?” Chiede quasi incredulo.
“Non giocare più con i miei sentimenti.” Affermo seria.
“Accetto.” Risponde senza esitare, poi aggiunge “Ma ad una sola condizione…”
“Ehi! Ma non funziona così!” Replico gonfiando le guance.
Fa spallucce. “Tu non farlo più con Paul.”
Oh, Paul. Gli devo delle scuse sicuramente più sincere.
“Non pensavo ci tenessi così tanto a lui, se vuoi vi organizzo un appuntamento…”
“Katerina?” Chris solleva un sopracciglio.
“Okay, hai ragione. Domani mattina lo chiamo.”
Appoggia una mano sulla mia testa e mi scompiglia i capelli. “Brava ragazza!”
Ci sorridiamo, uno di fronte all’altra, in silenzio.
Potrei anche innamorarmi di questo Coglione di un Evans, chissà.









*** 
Ciao scriccioli! Se siete arrivati fin qui, per me è significa tanto e vi ringrazio, uno per uno.
Questo è l'ultimo capitolo della mia storia, ma non temete, credo proprio che Kick e Chris torneranno. Sono incontenibili e imprevedibili. Mi sono affezionata tanto a loro e penso potrebbero diventare protagonisti di una serie. Vi piacerebbe?
Vi ringrazio ancora per avermi supportato, letto, recensito e accompagnato. Vi adoro <3
Per rimanere aggiornati sulle cose sconclusionate che scrivo, potete seguire la mia pagina facebook cercando "LaNonnina Efp" oppure schiacciando il bottoncino blu di fb nella mia pagina d'autore qui su Efp.
A presto,
LaNonnina

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