Il suono di un filo che si spezza

di violaserena
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Incontro ***
Capitolo 3: *** La traccia ***
Capitolo 4: *** L'uomo che sussurrava ai piccioni ***
Capitolo 5: *** Un aiuto inaspettato ***
Capitolo 6: *** Scacco matto al re ***
Capitolo 7: *** Quel che va fatto ***
Capitolo 8: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO
 

Le cose sono come sono e non come vorremmo che fossero.
Anonimo.
 

Io odio gli eventi ordinari. Li ho sempre odiati e, nonostante tutto, li odio ancora adesso.
La mia vita non è mai stata granché. Non ho mai fatto nulla degno di nota, ecco perché ho sempre desiderato vivere una vita diversa da chiunque altro. Non un’avventura come quelle dei libri o dei film, beninteso: quelle sono troppo pericolose.
Qualcuno, tanto tempo fa, disse:
Viaggiare è come sognare: la differenza è che non tutti al risveglio ricordano qualcosa, mentre ognuno conserva calda la memoria della meta da cui è tornato.
E io ricordavo tutto. Come potevo dimenticare quello che era accaduto? Sono successe così tante cose da allora che quasi non riesco a crederci.
Ripensandoci ora potevano essere una stranezza, ma in fondo non lo erano. Comunque sia, sono stati eventi che mi hanno cambiato la vita. Anche se, a dire il vero, non è cambiato nulla. È stata un’esperienza stranissima, ma non al di fuori del comune.
Ricordo ancora la sensazione che ho provato allora. Credo si trattasse di meraviglia. Avevo visto qualcosa di fantastico. Io, in quella città, in quel momento, avevo provato qualcosa che non avrei potuto provare in nessun altro luogo.
La realtà che pensavo non avrei mai raggiunto si stava dischiudendo davanti ai miei occhi. Può sembrare contraddittorio rispetto a quello che ho detto prima, ma per un momento ho sentito il mio corpo tremare di fronte al nuovo mondo che mi si apriva davanti.
Mi chiedo, comunque, se la realtà che abbiamo di fronte sia davvero reale. Il mondo che vediamo intorno a noi è, o per lo meno sembra, ogni giorno lo stesso. Non credete che anche ora stiamo vivendo in una realtà che non è in alcun modo al di fuori dell’ordinario?
Ci sono, tuttavia, momenti in cui qualcosa accade e la realtà mostra un altro lato della sua faccia. Un evento improvviso che distrugge la pace e instilla l’agitazione nei cuori.
Un anno fa, quel momento arrivò anche per me. Forse, un giorno, arriverà anche per voi.
Ricordatevi questo: quando quel giorno arriverà, non abbiate timore. Affrontatelo, vivetelo perché non vi ricapiterà mai più.
Vivere. È questo in fondo il più grande segreto.
Vivete e non dimenticate. Sognate, ma non perdete di vista la realtà: può riservare più sorprese di quanto crediate.



 

Angolo Autrice.
Ciao a tutti!! :)
Spero di avervi incuriosito un pochino con questa breve introduzione. Spero di essere riuscita a descrivere bene le sensazioni del personaggio.
Nei prossimi capitoli, la narrazione – a differenza del prologo – non sarà più in prima persona, ma in terza.
Se vi va, fatemi sapere che cosa ne pensate.
A presto,
Violaserena.

P.S. Il raiting potrebbe diventare arancione con il prosieguo della storia.

 

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Capitolo 2
*** Incontro ***


INCONTRO
 

Pensare di conoscere tutto di una persona è come credere che il mare finisca all'orizzonte.
Proverbio cinese.
 

Quando Michele uscì di casa il cielo era coperto dalle nuvole. Un leggero venticello muoveva le foglie degli alberi e i piccioni passeggiavano sul marciapiede in cerca di cibo.
Era inverno, ma non faceva freddo. O almeno non freddo quanto avrebbe dovuto fare.
Michele camminava veloce, con le mani in tasca. Era felice e pieno di curiosità. Quel giorno li avrebbe finalmente incontrati. Dopo mesi passati a scriversi in chat, avrebbe potuto vederli di persona.
Entrò al One Apple, un bar nel centro di Torino. Si guardò intorno e, per un attimo, ebbe paura che non sarebbe venuto nessuno. Forse si era creato troppe aspettative. Forse… Si girò di scatto non appena sentì una mano sulla sua spalla.
«Ciao» sorrise una ragazza dai capelli castani corti a caschetto. Lui la guardò con attenzione e poi sorrise a sua volta. «Ciao, tu devi essere Alessandra» disse.
«In persona! E tu devi essere Michele».
«Esatto».
«Sei proprio come ti sei descritto».
«Ciao!» esclamarono avvicinandosi altri due ragazzi. Quello più alto e slanciato con i capelli biondi e gli occhi azzurri doveva essere Stefano, mentre quello più basso con gli occhi grigio-verdi doveva essere Mattia.
A quel punto mancava solo una persona, la più importante. Difatti era grazie a quella persona se si erano conosciuti e se quel giorno si trovavano lì.
Proprio mentre pensava questo, una voce alle loro spalle affermò: «Siete venuti tutti!». Si voltarono e sorrisero. Ora c’erano davvero tutti.
Si sedettero e per un po’ rimasero in silenzio. Michele aveva mille domande da fare, ma in quel momento non riuscì a spiccicare parola. Era nervoso, forse troppo.
Sembrava tutto così irreale. Aveva pensato, forse stupidamente, di conoscere quelle persone. Ma si era reso conto che non era così. Comunicare per chat non era la stessa cosa che comunicare faccia a faccia. Ora poteva vedere le loro espressioni, poteva sentire le loro voci, poteva considerarli reali. Fino a quel momento, in fondo, non li aveva mai considerati tali. C’era semplicemente qualcuno che scriveva e rispondeva ai suoi messaggi. Ma questo non significava che quel qualcuno esistesse davvero. Era un po’ come nei sogni: c'erano persone con le quali parlavamo, con le quali vivevamo un’avventura. Ma quelle persone, in realtà, non esistevano. O meglio, esistevano solo nella nostra immaginazione.
Michele si chiese se la realtà e l’immaginazione fossero poi così diverse e incompatibili come apparivano. Magari c’era un filo che le univa, qualcosa che le teneva legate.
«Sapete tutti perché siamo qui oggi» affermò serio Lorenzo, l’ultimo arrivato. I presenti annuirono.
Lorenzo era un ragazzo di ventitre anni dai capelli neri e gli occhi marroni. Era alto, ma non tanto quanto Stefano. Emanava un’aura cupa e misteriosa. Il modo in cui parlava, ma anche il suo modo di porsi lo rendevano estremamente affascinante.
Lorenzo era il motivo per cui quel giorno si trovavano lì. Mesi prima una ragazza di nome Arianna era scomparsa. Nonostante le indagini, la polizia non era riuscita a trovarla. Dal momento che sia le forze dell’ordine sia i genitori della fanciulla avevano quasi del tutto perso la speranza di ritrovarla, Lorenzo – amico di Arianna – aveva deciso di creare un gruppo su Internet per trovare delle persone che lo aiutassero a scovare degli indizi e a proseguire le ricerche.
Ben presto erano entrati a far parte del gruppo più di mille persone. Tra queste, i primi ma anche i più attivi e i più fidati erano stati proprio Michele, Alessandra, Stefano e Mattia e per questo Lorenzo aveva deciso di incontrarli e studiare con loro un piano per cercare di scoprire che fine avesse fatto Arianna. Era convinto, infatti, che la ragazza fosse ancora viva e che non avesse lasciato la città.
«E se non fosse stata rapita? E se avesse semplicemente deciso di allontanarsi per un po’?» ipotizzò Alessandra.
«Io penso che lo avrebbe detto» rispose Mattia.
«Già. E poi penso che se fosse andata così l’avrebbero trovata a questo punto, no?» concordò Stefano.
«Tu che ne pensi, Michele?» gli chiese Alessandra.
Lui per poco non rovesciò la tazzina del caffè. Perché si sentiva così nervoso e in imbarazzo? Perché? Si costrinse a dire: «Ci sono persone che si incontrano solo per commettere un suicidio di gruppo». Gli altri lo guardarono interrogativi.
«Lorenzo ha detto che Arianna passava molto tempo su Internet a parlare con alcune persone che aveva conosciuto in rete che condividevano i suoi stessi problemi. Potrebbero avere…» tentò di spiegare.
«In effetti, suicidarsi insieme sembra diventato abbastanza popolare negli ultimi tempi, soprattutto in alcuni luoghi» intervenne Mattia, interrompendolo.
«Però non se ne è mai sentito parlare spesso al telegiornale» notò Stefano.
«Forse non ci sono riusciti o forse l’hanno fatto in molti, ma nessuno se ne è ancora accorto. Potrebbe darsi che i cadaveri non siano ancora stati trovati».
«Non è il caso di scherzarci sopra» li rimproverò Alessandra.
«Non ci stiamo scherzando».
«Tu che ne pensi, Lorenzo?» domandò Michele.
«Potreste avere ragione. Non mi sento di escludere nulla». Rimase un attimo in silenzio come se fosse incerto se proseguire, ma poi disse: «C’è una cosa che non vi ho detto. Non mi sembrava il momento giusto, ma ora credo che lo sia. Arianna, qualche tempo prima di scomparire, mi aveva confessato di volersi togliere la vita. Io, però, credo che non l’abbia fatto. Anzi, ne sono sicuro».
«Come fai a dirlo?» chiese scettico Stefano.
Per un attimo a Michele sembrò che Lorenzo stesse sorridendo. «Perché non ne avrebbe il coraggio» rispose quest’ultimo.
«Se tu ne sei convinto, allora deve essere senz’altro così. In fondo tu la conoscevi bene».
«La conosco» lo corresse. «Non parlare di lei al passato, altrimenti sembra che sia morta e io penso, anzi sono convinto, che non sia così».
«Hai ragione, scusa».
Il cameriere portò il tè che Alessandra aveva ordinato. Al centro della tavola mise un piccolo cesto contenente le bustine con le varie fragranze e anche un piattino con alcuni biscotti.
«Ci hai parlato per chat di un posto in cui potrebbero avere delle informazioni. Di che posto si tratta?» domandò la giovane dopo che il cameriere si fu allontanato.
«È un locale in cui Arianna andava spesso» rispose Lorenzo mostrando una foto.
«Non credo di esserci mai stata».
«Nemmeno io» disse Stefano.
«È un posto poco conosciuto. Arianna l’aveva scoperto per caso, se non ricordo male».
«Ma scusa» intervenne Mattia «se conosci questo posto, allora perché non sei andato a chiedere informazioni al gestore o ai camerieri?».
«L’ho fatto, ma non hanno voluto rispondermi. O meglio hanno risposto a qualcosa, ma in maniera evasiva. È per questo che penso che loro, o almeno qualcuno di loro, possa sapere qualcosa».
«Però se non hanno detto nulla a te, cosa ti fa pensare che con noi si comporteranno in maniera diversa?».
«Ci penso io. Sono sicura che a me risponderanno» sorrise Alessandra.
«E perché?».
«Perché sono una femmina».
«E quindi?».
Alessandra si portò una mano in faccia, scocciata. «Perché un uomo è più portato a essere gentile con una femmina che con un maschio».
«Il tuo ragionamento è un tantino razzista» osservò Stefano.
«Questo non è vero».
«Volendo possiamo metterci una parrucca e vestirci tutti da donne» rise Michele. Tutti si voltarono a guardarlo e lui divenne rosso per l’imbarazzo. «Cioè, dicevo così per dire».
«Non è una cattiva idea, invece. Se non fosse per la voce, potrebbe addirittura funzionare» affermò convinto Lorenzo.
«Mi sa che avete visto troppi film» scosse la testa Mattia.
Scoppiarono tutti a ridere. Michele si sentì finalmente sollevato. Piano piano l’imbarazzo e l’agitazione stavano scivolando via. Guardando quei volti sorridenti, gli sembrò di conoscere da sempre quelle persone. Forse erano già diventati amici ancor prima di incontrarsi. Forse erano diventati amici nel momento stesso in cui avevano risposto al messaggio di Lorenzo. In fondo l’amicizia poteva nascere nei modi più strani e a Michele quel modo piaceva perché era diverso dal solito. Era qualcosa fuori dall’ordinario.
Sorrise. «Credo di avere un’idea» disse con fare cospiratorio.
Dopo aver predisposto tutto nei minimi dettagli e aver stabilito di rivedersi dopo due giorni, si salutarono. Il pomeriggio era passato in fretta e ormai il buio aveva avvolta la città.
Michele camminava con il sorriso sulle labbra, euforico. Finalmente la sua vita stava prendendo una piega diversa. Non era ancora successo nulla, ma lui era felice. Sentiva che tutto, da quel momento in avanti, sarebbe cambiato. E non sapeva ancora quanto avesse ragione.
Svoltò l’angolo, si fermò un attimo a osservare dei micetti che mangiavano da una ciotola vicino al cassonetto dell’immondizia e poi proseguì. Sentì un fruscio e voltò la testa di scatto. Si fermò, incapace di avanzare. Sul lato opposto della strada, una figura incappucciata con una falce in mano lo stava fissando. O almeno era voltata dalla sua parte.
Un brivido percorse la sua schiena. Avrebbe dovuto urlare. Sarebbe dovuto scappare. Invece non fece nessuna delle due cose. Rimase immobile e incominciò a ridere.
Le cose stavano decisamente cambiando. E lui non poteva esserne più felice.

 


 

Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Che dire di questo capitolo? Beh, innanzitutto viene presentata un po’ la storia e poi cominciano a esserci già i primi misteri: che fine ha fatto Arianna? Perché i gestori del locale non hanno voluto rispondere a Lorenzo? Chi è la figura incappucciata?
Voi che ne pensate? Spero di avervi incuriosito.
Al prossimo capitolo! :)
Saluti,
Violaserena.

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Capitolo 3
*** La traccia ***


LA TRACCIA
 

Tutti gli enigmi sono semplici dopo che sai la risposta.
Giorgio Faletti.
 

Questo tramonto traditore asciuga le fastidiose gocce di sudore.
La città canta urlando.
La fata taciturna è proprio lì. La ricompensa sono i frammenti di un amore spezzato.
Il sole mattutino si innalza nei vuoti tra gli edifici. Se ora ci credi, il domani non sarà completamente privo di significato.
Il sole mattutino si innalza, trafigge l’oscurità. Se lo senti ora, sarai in grado di vedere quel sogno carico di significato. C’è sicuramente qualcosa che possiamo vedere, qualcosa di importante che nessuno può sottrarci.
Il sole mattutino si innalza sopra l’orizzonte. Se ora ci credi, quella luce non sarà priva di significato.
Michele aprì gli occhi. Guardò la luce penetrare dalle fessure delle persiane. Si mise seduto e  si toccò la fronte. Non aveva la febbre.
Nella stanza regnava il silenzio, pallido contrasto con le voci che affollavano la sua mente. Non conosceva quelle voci o forse non si ricordava di averle mai sentite.
Anche tappandoci le orecchie e chiudendo gli occhi possiamo ancora percepire attraverso i pori della pelle. Abbiamo smesso di preoccuparci delle voci che parlano di storie pericolose come se gioissimo della sfortuna degli altri, dimenticando che i gesti parlano più delle parole.
Non c’è bisogno che tu dica che cosa ti passa per la testa. Sei pur sempre un essere umano.
Ora che abbiamo perso completamente il senno, continuiamo a vagare nel buio come polli senza testa. Ora che abbiamo perso di vista noi stessi, qualcuno ci dica dov’è finito l’amore così potremo riprenderlo con queste nostre mani.
Michele afferrò il bicchiere d’acqua sul comodino e se lo gettò in faccia. Finalmente le voci sparirono dalla sua testa. Sospirò sollevato.
Rimase immobile per qualche istante, poi si alzò.
Controllò la data sul calendario e sorrise. Finalmente era arrivato il giorno in cui avrebbero messo in atto il suo piano. Se i gestori e i camerieri del locale in cui andava spesso Arianna sapevano qualcosa sulla sua sparizione, allora sarebbero riusciti a scoprirlo.
Si lavò e si vestì rapidamente. Fece colazione e guardò l’orologio. Mancava ancora molto prima di dare il via all’operazione.
Sbuffò. Che cosa poteva fare fino ad allora?
Decise di uscire e di andare a fare due passi. Magari avrebbe potuto assistere a qualcosa di interessante.
Mentre camminava si chiese quale fosse la storia delle persone che gli passavano accanto, quali fossero i loro desideri e le loro paure.
Com’era la loro vita? Erano nati a Torino o si trovavano lì semplicemente per cercare o recuperare qualcosa? O per cambiare qualcosa?
Una nuova città, nessuno che conosceva il tuo passato, una chance per diventare qualcuno di diverso. Perché no? Spesso le persone si trasferivano da un luogo a un altro in cerca di cambiamento.
Non era forse quello che stava cercando anche lui?
Le cose però non cambiavano così facilmente. Anche se cambiava il posto, alla fine chi era con te era pur sempre il vecchio te stesso.
Però lui sapeva che qualcosa sarebbe successo. In realtà lui voleva che accadesse qualcosa. In quella città che appariva così luminosa a prima vista, l’oscurità si celava nelle ombre e portava con sé quella diversità che lui cercava così disperatamente. O forse era la luce a portarla?
Attraversò la strada. Si fermò a guardare un barbone. Era seduto per terra, sorridente. I passerotti cinguettavano felici sulla sua mano.
Non avevano paura di quell’uomo. Non avevano paura di quell’uomo sorridente che li accarezzava e dava loro da mangiare.
Michele si chiese se quell’uomo fosse felice. Sembrava che fosse così, ma a volte quello che si vedeva poteva non essere la realtà.
Le persone nascondevano dei segreti e probabilmente anche dei desideri dei quali non avrebbero mai parlato a nessuno.
Michele avrebbe voluto avvicinarsi a quel senza tetto, ma non lo fece. Aveva paura di quello che gli avrebbe potuto dire. Aveva paura che gli mostrasse la strada. E lui, la sua via, voleva trovarla da solo.
Lui voleva cambiare il futuro, ma certe volte gli sembrava che il mondo non volesse cambiare. Non c’era un posto dove poteva stare, però sapeva di volerne uno.
Se avesse lottato, forse, sarebbe riuscito a costruirne uno con le sue mani.


 

*
 

In un locale affollato poco distante dal centro città una ragazza parlava con un cameriere. Il vociare delle persone rendeva però impossibile sentire la conversazione.
Un ragazzo si alzò per andare in bagno. Un altro ragazzo lo seguì.
Attraversarono la zona del bar e svoltarono a destra, arrivando nella sala da biliardo dove c’erano le toilette.
Il ragazzo si fermò a guardare i giocatori. L’altro, invece, si avvicinò a una porta con su scritto ‘privato’. La spinse leggermente e notò che si apriva.
Chiamò l’altro ragazzo. Questi si girò e lo raggiunse.
Si guardarono per un lungo istante e poi, senza essere visti, entrarono.
La stanza era completamente buia. Non si riusciva a vedere a un palmo dal proprio naso. Il ragazzo tastò la parete in cerca dell’interruttore. Lo trovò e lo premette.
La luce illuminò una stanza piuttosto spoglia. C’era un lungo tavolo e su di esso erano posati dei sacchetti bianchi. Oltre il tavolo c’era un lavandino che perdeva acqua.
Il ragazzo prese in mano un sacchetto. Sentì qualcosa di morbido e di caldo.
Spinto dalla curiosità, lo aprì.
Il suo cuore cominciò a battere all’impazzata. Per un momento, credette di stare per avere un infarto.
«L-Lorenzo…» farfugliò.
L’altro ragazzo, chino per terra, si alzò tetro in volto. Notò lo strano sguardo dell’amico e disse: «Michele, che ti succede? Sei pallido come un cadavere».
«G-guarda» balbettò lui mostrandogli il sacchetto.
Lorenzo si sporse in avanti e trasalì.
D’istinto aprì anche i sacchetti a lui più vicino. Tutti contenevano la medesima cosa: organi. Pancreas, fegato, reni. C’era di tutto.
«Andiamo via» sussurrò.
Spensero la luce e uscirono il più velocemente possibile.
Nella sala da biliardo le persone continuavano a giocare, ignare di tutto. Nessuno sapeva niente, nessuno aveva visto niente.
In quel locale affollato, in quel posto pieno di gente, nessuno aveva fatto attenzione a due semplici ragazzi.
«Si può sapere dov’eravate finiti?» domandò arrabbiato Mattia quando Michele e Lorenzo uscirono dal locale.
«State bene? Sembra che abbiate visto un fantasma» disse preoccupato Stefano osservando le loro facce sconvolte.
«Peggio» rabbrividì Michele.
«Che intendi dire?».
«Organi. Traffico di organi. I gestori di questo posto sono dei trafficanti di organi».
Scese il silenzio.
«Conoscevano Arianna» affermò a un certo punto Alessandra cambiando discorso. «Il cameriere mi ha detto che veniva qui spesso».
«Questo lo sapevamo già» scosse la testa Mattia.
«Ha detto anche un’altra cosa. Poco prima che si perdessero le sue tracce, Arianna era venuta al locale con un ragazzo e sembrava preoccupata».
«Non so quanto questo ci possa essere utile. Non sappiamo chi sia questo tipo e non sappiamo nemmeno se c’entri qualcosa con la sua sparizione».
«Potrebbero c’entrare tutti» disse Lorenzo.
Michele e gli altri lo guardarono interrogativi. Lui aprì la mano e mostrò loro un braccialetto.
«L’ho trovato nella stanza dove tenevano gli organi… Questo è il braccialetto preferito di Arianna».
Una notizia terribile. Ma forse tutto dipendeva da che cosa si intendeva per ‘terribile’.
Al calar della sera una speranza si ridusse. Al calar della sera una figura incappucciata con in mano una falce sorrise.

 




Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
In questo capitolo ho voluto descrivere nella prima parte i pensieri del protagonista, le sue paure, i suoi desideri. Nella seconda parte invece finalmente si scopre qualcosa in più riguardo al locale che Arianna era solita frequentare. Quello che viene scoperto però non sembra essere molto positivo.
Voi cosa ne pensate? Immaginavate che ci fosse una stanza in cui vengono conservati gli organi delle persone?
Che fine ha fatto Arianna? Chi era il ragazzo che era con lei l’ultima volta che è stata vista?
Se avete voglia, fatemi sapere che cosa ne pensate (suggerimenti sono ben accetti)! :)
Alla prossima! :)
Saluti,
Violaserena.

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Capitolo 4
*** L'uomo che sussurrava ai piccioni ***


Nota dell'autrice.
Se vi va, provate a leggere questo capitolo ascoltando questa canzone (è ascoltandola che mi è venuta l'ispirazione per una parte di questo capitolo; leggendolo, penso che capirete di quale parte si tratti): https://www.youtube.com/watch?v=GftT_wzRJdc


 

L’UOMO CHE SUSSURRAVA AI PICCIONI

Centinaia di fiori in primavera, la luna in autunno,
la brezza fresca d’estate, la neve in inverno.
Se non occupi la tua mente in inutili cose,
ogni stagione è per te una buona stagione
.
Wu-men.
 

Il Po scorreva tranquillo. I raggi del sole illuminavano le sue insolitamente chiare acque. Le anatre e i cigni nuotavano felici. I pescatori sedevano quieti in attesa della loro preda.
Sembrava una giornata serena come molte altre, ma non lo era.
Il cuore e la testa di Michele erano in subbuglio.
Era passata una settimana da quel tardo pomeriggio in cui lui e i suoi amici avevano scoperto i trafficanti di organi e avevano ritrovato il braccialetto di Arianna.
Non si erano più rivisti da allora.
Che senso aveva continuare? L’amica di Lorenzo probabilmente era morta e i suoi organi presumibilmente si trovavano da qualche parte su un camion o in un altro corpo. Tutta la faccenda poi si era rivelata più rischiosa del previsto. Se scoperti, potevano rischiare la vita.
Allora perché stava sorridendo? Perché il suo cuore vacillava?
Tutta quella vicenda aveva fatto emergere il lato più oscuro del suo cuore, aspetto che egli non aveva mai potuto accettare.
Fu in quel momento, pur rimanendo impassibile a prima vista, che Michele conobbe veramente il significato della parola rabbia. Sentì che un grido gli stava per squarciare il petto.
Si chiese cosa fosse quella sensazione che provava. Sembrava che il sangue gli stesse ribollendo.
Quello che gli attraversava il cuore, in realtà, non era diniego, ma un profondo senso di nausea.
In quell’istante gli venne in mente una cosa e la verità gli si spalancò davanti agli occhi. Non sorrideva affatto, ma…
Si abbassò in tempo prima che un piccione gli volasse addosso.
«Accidenti!» disse scocciato.
«Eri nella sua traiettoria» sorrise un vecchietto circondato dai suddetti volatili.
In mano teneva un sacchetto con delle briciole di pane che, ogni tanto, gettava in terra rendendo felici i suoi amici pennuti.
«Sarà…» sospirò poco convinto Michele.
«Qualcosa ti turba?».
«Come?».
«Hai la faccia di una persona turbata».
«Non so di che cosa stia parlando».
«Io credo di si invece».
«Perché non torna a parlare con i suoi stupidi piccioni?» sputò acidamente.
«Oh, non sono stupidi. E poi sono di ottima compagnia. Mi ascoltano sempre e non dicono cose insensate come molti esseri umani».
Michele pensò che quel vecchietto non fosse molto sano di mente, ma poi pensò agli avvenimenti della settimana prima e si chiese che cosa potesse essere realmente ascritto alla follia: un uomo che parla con i piccioni o uomini che trafficano in organi?
Sospirò e si sedette sul muretto accanto all’anziano signore. «E che cosa gli racconta di bello?» domandò.
«La mia vita».
Michele sussultò. Perché quelle semplici parole gli facevano un così strano effetto?
«Voglio raccontarne un pezzetto anche a te, se ti fa piacere» continuò sorridendo il vecchietto.
Lui annuì.
«Quando facevo le elementari, dopo la scuola, venivo sempre qui in riva al Po insieme al mio migliore amico. All’epoca erano poche le persone che venivano qui. Perciò lo consideravamo un po’ come il nostro posto segreto. Ci sedevamo e chiudevamo gli occhi. Era incredibile quante cose si potevano udire. Quante cose che normalmente nessuno di noi sentiva. Eppure era così semplice, bastava chiudere gli occhi».
Fece una piccola pausa, poi proseguì dicendo: «Alla fine della quarta elementare, il mio migliore amico si trasferì in un’altra città. Prima di partire mi promise però che sarebbe tornato a Torino e che saremmo andati di nuovo nel nostro posto segreto».
«Ci siete ritornati?» domandò curioso Michele.
Il vecchio signore sorrise. Ma non era un sorriso allegro come quello di prima. In questo si potevano scorgere amarezza e delusione. Forse tristezza più di tutto.
«Venti anni dopo è tornato in città. Mi aveva scritto una lettera per avvisarmi del suo arrivo e io sono andato ad aspettarlo alla stazione. È stato allora, quando l’ho rivisto, che ho capito. Però, anche se sapevo che non potevamo più tornare indietro, ho continuato a sperare che non fosse cambiato nulla. Volevo fingere che fossimo ancora i vecchi bambini di sempre».
Un piccione si posò sulla spalla dell’uomo come a volerlo confortare.
«In quegli anni, il tempo era continuato a scorrere, anche se io non me ne ero accorto. Ho finalmente aperto gli occhi quando siamo tornati nel nostro posto segreto. Abbiamo chiuso gli occhi come una volta, ma non era più lo stesso. Lui non era più il mio migliore amico. Non sapevo più nulla di lui. Quando l’ho finalmente realizzato e accettato, avrei voluto gridare. Ma non l’ho fatto. E sai perché? Perché sono un codardo».
Le sue iridi erano diventate leggermente lucide. Michele avrebbe voluto confortarlo, ma non sapeva cosa dire.
«Prima o poi so che ci riuscirò. Prima o poi riuscirò a camminare senza voltarmi».
Gettò alcune briciole di pane per terra e i piccioni si fiondarono lì immediatamente per mangiare.
Dopo un attimo di silenzio, Michele si fece coraggio e chiese: «Perché mi ha raccontato questa storia?».
Il vecchietto si girò verso di lui e gli posò una mano sulla spalla. «Perché, finché non se ne è certi, non bisogna mai perdere la speranza».
Quelle parole si abbatterono come un fulmine su di lui.
«Finché non l’ho rivisto con i miei occhi, ho continuato fermamente a credere che il mio migliore amico fosse ancora tale. Non smettere di credere».
Michele si alzò e sorrise. «Grazie, grazie davvero» disse.
Il vecchietto sorrise a sua volta e affermò: «Se passi di nuovo da queste parti, vienimi a trovare. Ti racconterò un’altra storia».
«Non mancherò, signor…?».
«Ricordami semplicemente come l’uomo che sussurra ai piccioni».
Michele rise. Lo salutò e si allontanò sereno. Ora ne era certo, sapeva perché aveva reagito in quel modo una settimana prima: non stava sorridendo, stava piangendo. Stava piangendo perché temeva che tutto potesse finire.
Ma non sarebbe dovuto finire niente perché c’era ancora speranza.
Un antico proverbio zen recitava: Un granello di polvere contiene tutto l’universo. Quando un fiore si apre, il mondo appare.
E il mondo, grazie alle parole di quell’uomo, gli era apparso.
Doveva continuare a correre, doveva continuare a credere.
Tirò fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni e scrisse ai suoi amici.
In quella chat privata, in quel momento, campeggiavano le sue parole: ‘Non è finita’.
Doveva cominciare ancora tutto.

 

 

Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
In questo capitolo ho voluto descrivere i pensieri di Michele e la sua, iniziale, rinuncia in merito alla ricerca di Arianna. L’incontro con il vecchio signore gli fa però aprire gli occhi e capire che non tutto è perduto. A volte bastano un incontro inaspettato e delle semplici parole per riaccendere la speranza: in fondo finché si crede fermamente a qualcosa si può andare avanti senza voltarsi.
Voi cosa ne pensate?
Cosa succederà ora? Lo scoprirete nel prossimo capitolo.
A presto! :)
Violaserena.

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Capitolo 5
*** Un aiuto inaspettato ***


UN AIUTO INASPETTATO
 

La conoscenza è imparare qualcosa ogni giorno.
La saggezza è lasciar andare qualcosa ogni giorno
.
Detto zen.

 

Una stanza buia. Un computer acceso. Un sorriso enigmatico.
Quanto erano strani gli esseri umani? Una volta che pensavi di averli capiti, ti sorprendevano sempre. Ma forse era proprio questo che li rendeva così interessanti. Almeno così pensava quella persona.
Era arrivato il momento di fare la prossima mossa. Come avrebbero reagito, solo gli eventi futuri avrebbero potuto dirlo. Ad ogni modo, quella persona era convinta che sarebbe stata una reazione degna di nota, sicuramente fuori dall’ordinario. Almeno così pensava.
Era sera quando successe tutto.
Qualche giorno prima, Michele e i suoi amici si erano incontrati per decidere che cosa avrebbero dovuto fare in merito alla sparizione di Arianna. Dopo lunghe discussioni, erano arrivati ad un’unica conclusione: dovevano tornare al locale e seguire i trafficanti di organi durante i loro spostamenti.
Era rischioso, ma era l’unica possibilità che avevano per scoprire se l’amica di Lorenzo era ancora viva.
Era la loro ultima possibilità. Se fosse fallita, allora avrebbero dovuto arrendersi.
Proprio quella sera, qualcuno scrisse nella chat che i gestori del locale avevano una consegna da fare. Michele e gli altri non si domandarono chi fosse quella persona e come facesse a sapere una cosa simile.
Non se lo domandarono perché pensavano che quella persona credesse che si trattasse di una consegna comune, come quella insomma che effettuavano un po’ tutti i locali. In fondo, chi poteva sospettare che si trattasse di commercio di organi?
Tuttavia, se avessero pensato di più, forse avrebbero capito che la loro riflessione non era del tutto corretta.
Ad ogni modo, quella sera aspettarono nella macchina di Lorenzo che i trafficanti uscissero. Ci volle un’ora buona prima che questi si facessero vedere.
Quando ciò accadde, quei loschi figuri salirono subito su un furgone e con tranquillità partirono.
Lorenzo mise in moto la macchina e, tenendosi a distanza in modo tale da non destare sospetti, li seguì.
«Speriamo vada tutto bene» deglutì Mattia, aprendosi il colletto della camicia.
«Se saremo prudenti, andrà tutto per il verso giusto» sorrise forzatamente Stefano.
Era evidente che tutti erano agitati, anche se cercavano di non darlo a vedere. Solo Lorenzo sembrava tranquillo, ma Michele pensò che fosse perché ormai non aveva più nulla da perdere.
Quanto a lui stesso, era difficile a dirsi. Il suo cuore batteva all’impazzata, ma non per la paura. Era euforico, terribilmente euforico. Anche se, in realtà, lo erano un po’ tutti loro perché stavano vivendo qualcosa fuori dall’ordinario.
«Guardate, si sono fermati» sussurrò Alessandra.
«Accosto qui, allora» affermò serio Lorenzo.
«Vuoi dire che dobbiamo scendere?».
«Si, altrimenti non possiamo sentire quello che dicono».
«Ma è…».
«Non abbiamo altra scelta» le mise una mano sulla spalla Stefano. «Comunque se le cose dovessero mettersi male, non dobbiamo fare altro che correre verso la macchina».
Alessandra annuì, anche se sapeva che non sarebbe stato così facile.
Scesero dall’auto e silenziosamente si appostarono dietro un cassonetto.
«Degno dei migliori film polizieschi» ironizzò Mattia.
Michele e gli altri non poterono non sorridere.
Quel breve momento di distensione fu però interrotto da Stefano. «Sono arrivati due uomini» notò scuro in volto.
Benché fossero abbastanza vicini ai trafficanti di organi, non riuscivano a udire bene tutte le loro parole, in quanto esse erano attutite dal rumore delle macchine e delle moto che passavano nelle vie vicine.
 «Ci sono tutti?» domandò uno dei trafficanti.
«Tutto come stabilito» annuì un uomo con degli occhiali scuri, consegnando una valigetta.
«Bene» sorrise facendo segno ai compagni di scaricare quanto c’era nel furgone.
«E la ragazza? È ancora con voi?».
Michele e i suoi amici trattennero il fiato.
«No, non lo è più da un pezzo».
Che significava? Voleva forse dire che Arianna era morta? Cosa…
«Quella persona è venuta da noi due settimane fa e ha detto che non c’era più bisogno che la nascondessimo».
I ragazzi si guardarono confusi. Forse avevano preso un buco nell’acqua. Perché infatti quell’uomo avrebbe dovuto dire ‘nascondere’ se fossero stati lui e i suoi complici a rapire Arianna? Forse non stavano parlando dell’amica di Lorenzo.
«Non riesco proprio a capire il suo comportamento. Ma, in fondo, ci ha procurato un buon affare in cambio della nostra copertura» continuò il trafficante.
«Intendi noi, vero?».
«Certo. Siete tra i migliori clienti che abbiamo mai avuto».
«Ringraziamo quella persona e Arianna, allora» risero sguaiatamente.
I giovani rimasero immobili, incapaci di proferire parola. Cosa stava succedendo? Cosa significava quello che avevano appena sentito? Se dietro la sparizione di Arianna non c’entravano i trafficanti di organi, allora chi era il responsabile?
Michele ripensò a tutto quello che avevano scoperto e ebbe un’improvvisa illuminazione: «È stato il ragazzo che era al locale con Arianna!».
«Abbassa la voce, altrimenti ci farai scoprire» lo rimproverò Alessandra.
Lui si alzò lentamente e fece loro segno di seguirlo. Ormai avevano ascoltato a sufficienza ed era piuttosto improbabile che venissero a conoscenza di qualcos’altro.
Raggiunta la macchina Mattia chiese: «Che cosa volevi dire, prima?».
«Quando siamo usciti dal locale dei trafficanti, Alessandra ha detto che il cameriere le ha raccontato che Arianna, il giorno in cui è scomparsa, era andata lì insieme ad un ragazzo e che era preoccupata, ricordate?».
I suoi amici annuirono.
«Bene, io penso che quel ragazzo sia la persona di cui parlavano poco fa quegli uomini».
«Vuoi dire che pensi sia lui il responsabile della sparizione di Arianna?» domandò Lorenzo.
«Esatto».
Per un po’, nessuno di loro parlò. «Potresti avere ragione, però come facciamo a scoprirlo?» disse Stefano, incerto.
«C’è solo una cosa che possiamo fare».
Lorenzo sorrise. «Dobbiamo andare a casa di Arianna, vero?».
Michele annuì.
Quella sera una nuova pista si era aperta. Quella sera avevano appurato che la ragazza era ancora viva. Quella sera, forse, si erano avvicinati un po’ di più alla verità.
Quella sera Michele, mentre tornava a casa, fece un incontro inaspettato.
La figura incappucciata con la falce comparve all’improvviso davanti ai suoi occhi.
Lui fece un passo indietro, spaventato. Non sapeva che cosa volesse. Quel che era certo era che lui non voleva che tutto finisse proprio nel momento in cui tutto stava incominciando a cambiare.
Rimasero per lunghi istanti a fissarsi, poi la figura incappucciata affermò: «Non sapendo com’è vicina la verità, la cerchiamo lontano: è come se fossimo immersi nell’acqua e implorassimo da bere».
«C-come?» balbettò Michele.
«Lo capirai».
Detto questo, la strana figura scomparve.
Quella sera, in quel luogo, in quel momento, la soluzione era stata data. Ora toccava ai partecipanti farla venire alla luce.

 



Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
In questo capitolo, i nostri protagonisti hanno finalmente la certezza che Arianna è viva. Scoprono poi qualcosa di interessante. Chi è quella persona di cui parlano i trafficanti? È forse la stessa che ha a che fare con la ragazza come pensa Michele?
Infine, la figura incappucciata fa la sua comparsa e dice qualcosa di enigmatico. Voi cosa pensate che volesse dire?
Se vi va, fatemi sapere che cosa ne pensate! :)
Alla prossima!
Violaserena.

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Capitolo 6
*** Scacco matto al re ***


SCACCO MATTO AL RE

 

La vita è un’immensa partita a scacchi, l'importante non è vincere o perdere, ma bensì essere un giocatore e non una pedina poiché il giocatore è fautore del proprio destino anche nella sconfitta, mentre la pedina è vittima degli eventi anche nella vittoria.
Dino Notte.

 

Era una bella giornata di sole quando Michele e i suoi amici si incontrarono davanti al palazzo dove, fino a qualche tempo prima, aveva abitato Arianna.
Arrivati a quel punto, sapevano che non potevano più tirarsi indietro.
Si guardarono negli occhi senza dire niente. Erano preoccupati ed elettrizzati allo stesso tempo. La sensazione che potessero scoprire qualcosa di estremamente importante non abbandonava i loro cuori e ciò li spingeva ad andare avanti.
«Ci siamo» deglutì Mattia.
Lorenzo si avvicinò al campanello. Esitò solo per un attimo e poi suonò due volte.
I secondi che passarono sembrarono un’eternità, poi finalmente qualcuno rispose e aprì il portone d’ingresso.
I ragazzi, agitati, entrarono e seguirono Lorenzo su per le scale. Quando arrivarono davanti all’appartamento li accolse una signora che scoprirono essere la donna delle pulizie. Questa disse che i padroni di casa erano al lavoro e che non sarebbero tornati prima di sera. Ad ogni modo li fece entrare comunque visto che conosceva Lorenzo e che questi aveva detto di essere venuto per riprendere una cosa che aveva imprestato tempo addietro ad Arianna.
Michele non sapeva se la signora avesse realmente creduto a quella scusa, ma non gli importava. La cosa fondamentale era riuscire a entrare e loro ce l’avevano fatta.
La donna li condusse fino alla stanza della ragazza, poi si accomiatò dicendo che doveva finire di passare l’aspirapolvere nella sala da pranzo. Se avessero avuto bisogno di qualcosa avrebbero comunque potuto chiamarla.
Il suo comportamento sarebbe parso oltremodo strano e avventato a chiunque, ma in quel momento Michele e i suoi amici non ci fecero caso.
La camera di Arianna non era molto grande, in compenso era affollata di pupazzi e cuscini. Non mancavano nemmeno fotografie di amici e poster di famosi anime giapponesi. C’era poi una piccola libreria che conteneva, prevalentemente, libri gialli o di avventura. Sul comodino c’era una graziosa lampada ornata con dei fiorellini e un portafortuna a forma di coccinella.
«Da che parte iniziamo?» domandò impaziente Alessandra guardandosi intorno.
«Dal computer» risposero tutti in coro.
«Mi chiedo se non stiamo perdendo tempo. Voglio dire, la polizia sarà sicuramente venuta qui, no? E se non hanno trovato niente loro, perché dovremmo riuscirci noi?» affermò mentre accendevano il computer.
«Forse non hanno cercato nel posto giusto» rispose Stefano.
Tuttavia, quanto aveva detto Alessandra sembrava essere vero: guardarono tutte le cartelle e i file, ma non trovarono niente che potesse portarli a scoprire qualcosa.
«No, non può essere. Deve pur esserci qualcosa!» disse disperato Michele.
Non poteva finire tutto così. Non poteva.
Sbatté i pugni arrabbiato. Erano arrivati fino a lì e non potevano mollare. Non potevano lasciare tutto in sospeso.
«Guardate!» esclamò Mattia indicando il monitor del computer.
Era comparso, all’improvviso, un file. A volte la forza bruta non era un male pensò Michele sorridendo.
Si avvicinarono allo schermo e notarono che si era aperta una specie di lettera che era stata scritta qualche giorno prima che Arianna scomparisse.
Col cuore in gola, lessero quello che c’era scritto.
Per un po’ nessuno di loro parlò. Rimasero semplicemente lì immobili. Mille emozioni e pensieri passarono loro per la testa, ma nessuno aveva il coraggio di dire qualcosa.
«Q-quindi è per questo che Arianna voleva togliersi la vita» sussurrò – rompendo il silenzio – Mattia, voltandosi a guardare Lorenzo.
«Il casino attuale è una cosa molto semplice. La tua amica è andata fuori di testa e tu ora vuoi tirarle una sberla per farla svegliare» disse atono Stefano.
«Stai semplificando un po’ troppo» ribatté Lorenzo.
«Non credo. Alla fine la colpa è tutta tua che non hai mosso il culo, no? Ci hai tirato dentro questa storia per rimediare: gran bella rottura di scatole!».
«Ho sbagliato a non fermare Arianna, è vero. Sapevo che voleva togliersi la vita e non ho fatto niente per impedirglielo. Ma ora la posso salvare, la possiamo salvare. Finalmente ora sappiamo dove si trova e…».
«Come fai a dire di volerla salvare quando sei stato tu il primo a lavartene le mani e ad andartene via come se niente fosse? Era tua amica. È tua amica».
Lorenzo strinse i pugni.
«Un fratello minore che perde continuamente contro quello maggiore farà di tutto pur di vincere. Voi due siete nella stessa situazione» continuò Stefano.
«Ma di che parli?».
«Semplicemente a voi due non piace essere deboli. È solo che i metodi che state usando sono opposti. Da una parte ci sei tu che neghi la tua debolezza cercando di diventare più forte, dall’altra c’è la tua amica che nega la sua debolezza cercando di azzerare tutto. Ma la vita, per quanto difficile possa essere, va affrontata».
Lorenzo sospirò. «Lo so, ed è per questo che tirerò fuori dai guai Arianna, le darò una bella strigliata e poi le farò aprire gli occhi. Deve affrontare i suoi problemi, deve…». Uno strano sorriso si delineò sul suo volto. «…continuare a vivere».
Stefano rise e poi batté una pacca sulla spalla dell’amico. «Ora si che si ragiona» affermò convinto.
«Io non sto capendo» bisbigliò Mattia a Michele e ad Alessandra.
«Stefano voleva solo vedere se l’atteggiamento di Lorenzo è cambiato o no per decidere se continuare ad aiutarlo» spiegò quest’ultima.
Michele guardò i suoi compagni chiedendosi se quella lettera non fosse una prova per vedere quanto salda fosse la loro amicizia. Se era così, la prova l’avevano superata: avrebbero continuato ad aiutare Lorenzo. Anche se, in cuor suo, sapeva che l’avrebbero aiutato lo stesso.
Lasciata casa di Arianna, si diressero nell’appartamento di Lorenzo per studiare un piano d’azione.
Ora sapevano dove la fanciulla si trovava, ma non sapevano che tipo fosse il ragazzo che era con lei. L’unica cosa probabile, almeno da quello che si era capito dalla lettera, era che doveva avere più o meno i suoi stessi problemi. Alla fin fine l’idea del suicidio di gruppo avanzata da Michele tempo addietro non era poi così sbagliata. Però, se era così, allora perché non era successo ancora nulla? Che cosa stavano aspettando? Qualcosa non quadrava, ma che cosa non era chiaro.
L’appartamento di Lorenzo era molto grande, in particolar modo il soggiorno. Ampie vetrate permettevano di avere una splendida vista della città. Un tavolo finemente lavorato era posto al centro della stanza e un divano in pelle bianco-panna era collocato a ridosso della parete. All’estremità opposta c’era una grande libreria, all’interno della quale emergeva una televisione al plasma di ultima tecnologia.
I giovani si sedettero e per più di tre ore discussero su come avrebbero dovuto agire. Alla fine, riuscirono a studiare un piano che mettesse d’accordo tutti e che comprendesse il minor rischio possibile.
Stabilito tutto, Michele chiese dove fosse il bagno. Seguì le indicazioni di Lorenzo, ma finì nella stanza sbagliata, cioè nella camera del suo amico. Subito la sua attenzione fu attratta da un particolare: sulla scrivania c’era una scacchiera e su di essa vi erano disposte delle pedine. La cosa strana era che le pedine erano metà del gioco degli scacchi e metà del gioco della dama.
A primo acchito Michele pensò che si trattasse di un semplice errore, ma poi notò il modo meticoloso in cui erano disposte. Incuriosito si avvicinò e le contò.
Guardò la scacchiera, immobile. Mancava l’elemento più importante: il re.
Fu in quel momento che capì.
In quel luogo, in quel momento, Michele aveva scoperto la verità.





 

Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
In questo capitolo i protagonisti scoprono il posto in cui si trova Arianna. Scoprono anche che Lorenzo, pur sapendo che la ragazza aveva intenzione di togliersi la vita, non ha fatto niente. Tuttavia, dalle sue parole capiscono che si è pentito per il suo immobilismo e pertanto decidono di continuare ad aiutarlo. Anche se, in fin dei conti, l’avrebbero fatto lo stesso.
Infine Michele capisce qualcosa. Che cosa sarà? Voi che cosa ne pensate?
Alla prossima! :)
Saluti,
Violaserena.

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Capitolo 7
*** Quel che va fatto ***


QUEL CHE VA FATTO

 

Puoi trovare il vero con la logica solo se hai già trovato il vero senza di essa.
Gilbert Keith Chesterton.

 

La sera era ormai scesa su Torino. I lampioni illuminavano le affollate vie del centro. Di tanto in tanto, qualche folata di vento faceva rabbrividire le persone. Queste camminavano tranquillamente, ignare di quello che stava per succedere. A ogni modo, anche se ciò che stava per accadere fosse successo davanti ai loro occhi, probabilmente avrebbero fatto finta di niente e sarebbero passate oltre.
Sforzarsi disperatamente di tendere la mano attraverso un cielo misterioso era inutile. Non l’avrebbero vista, l’avrebbero ignorata.
In quel momento, in una delle vie traverse del centro, Michele e i suoi amici si trovavano dinanzi a un alto edificio.
«Ok, siamo arrivati. C’è solo un problemino. Esattamente come facciamo a capire in quale piano sono Arianna e l’altro tipo?» domandò perplessa Alessandra.
«Credo che non dovremo faticare molto» rispose Mattia indicando il tetto.
Da lì, infatti, si intravedevano due sagome. Non c’erano dubbi riguardo a chi appartenessero.
Stefano si avvicinò alla porta e disse: «È aperta».
A quanto pareva li stavano aspettando. Come avessero fatto a sapere del loro arrivo era un mistero, ma in fondo non aveva importanza.
Entrarono cautamente e non notando nulla di strano cominciarono a salire le scale. Purtroppo non c’erano ascensori, per cui erano costretti a farsi tutti i piani a piedi.
Michele sospirò.
«Se sospiri la felicità scapperà via da te» sussurrò Lorenzo.
«Tranquillo, ci siamo quasi» sorrise incoraggiante Mattia, coprendo le parole dell’amico. Tuttavia Michele quelle parole le aveva sentite.
Si chiese se Lorenzo avesse ragione. Si chiese se stesse tutto per finire.
Scosse la testa. In quei momenti i cattivi pensieri dovevano essere lasciati alle spalle. Aveva qualcosa di più importante di cui occuparsi.
«Siamo arrivati» sentì dire ad Alessandra.
Erano giunti all’ultimo piano. Solo una porta li separava da Arianna. Solo una porta li separava dalla verità.
Il suo cuore cominciò a battere più forte.
In quell’istante realizzò di voler scappare. In quell’istante realizzò di essere un vigliacco e di non essere pronto a cambiare.
Fece un passo indietro, ma poi si fermò. Ripensò a tutto quello che era accaduto fino a quel momento e comprese che non poteva tirarsi indietro. Se voleva una vita fuori dall’ordinario, doveva restare. Lo doveva ai suoi amici.
Sarebbe finito tutto, lo sapeva. Ma doveva rischiare. Doveva andare avanti. Doveva sperare che un nuovo orizzonte si sarebbe aperto davanti ai suoi occhi.
Tornò sui suoi passi e si avvicinò alla porta. Guardò i suoi amici, il sorriso strano di Lorenzo e la aprì.
«Siete arrivati finalmente» disse subito una voce.
Arianna comparve dall’ombra, sorridendo.
«Non sapevo avessimo un appuntamento» affermò ironico Stefano.
«Beh, in fondo si. Siete venuti fin qui apposta per me, no?».
«Ti stanno cercando tutti e tu… Aspetta un attimo! Dov’è l’altro tizio?» domandò confusa Alessandra.
«Di chi parli?».
«Del tizio che ti ha portato qui. Quello con cui eri al locale dei trafficanti».
Arianna scoppiò a ridere.
«Davvero non so che cosa ci sia di divertente» bofonchiò Mattia.
«Oh, tutto quanto. Non c’è nessun tizio».
«Come sarebbe a dire? Abbiamo visto la sua sagoma da sotto!».
«Ti riferisci a questa?» indicò un manichino appoggiato al muro.
«Ma che diavolo…».
«Che cosa sta succedendo?» chiese con tono lievemente alterato Stefano.
«Ci stai prendendo in giro?» continuò Alessandra.
Arianna rise di nuovo.
«Non è lei che ci sta prendendo in giro» disse Michele, privo di espressione.
I suoi amici lo guardarono senza capire.
«È Lorenzo. È stato lui fin dall’inizio» spiegò.
«Cosa…? No… Lorenzo» sussurrarono stupiti i giovani, portando il loro sguardo sull’accusato.
Questi sorrise e con nonchalance disse: «È vero, sono stato io».
«Non può essere…» si portò le mani alla bocca Alessandra.
«Perché? Perché hai fatto una cosa simile?» domandò alterato Stefano.
«Per lo stesso motivo per cui ora siete qui. Volevo vivere un’esperienza diversa, fuori dall’ordinario e quando Arianna mi ha confidato di volersi togliere la vita ho pensato che la mia occasione fosse arrivata».
Il sorriso di Arianna si spense. Guardò l’amico ed esclamò: «Che stai dicendo? Non sono qui per nascondermi dai trafficanti di organi?».
Lorenzo rise divertito.
«Sei una sciocca, Arianna. Davvero stupida. Non l’hai ancora capito? Sono stato io a dire loro di rapirti».
Calò il silenzio. La ragazza rimase immobile, quasi pietrificata. Com’era possibile che il suo amico le avesse fatto questo? Non poteva essere vero.
«P-perché?» sussurrò, trattenendo le lacrime.
«Pensavi di voler morire e poi sei stata rapita. Ti sei arrabbiata con te stessa per aver provato paura. Provare a resistere vuol dire andare contro l’iniziale desiderio di morire, quindi hai pensato di accettare il tuo destino. Ma dopo essere stata salvata, hai provato un grande sollievo. Volevo vedere il tuo viso dopo essere passata attraverso tutto questo. Volevo vedere la tua faccia mentre rimanevi senza parole per il modo in cui sono riuscito a vederti dentro». Fece una pausa, per poi proseguire dicendo: «Questo è lo stesso motivo per cui ho creato il gruppo su Internet. Volevo vedervi impegnati a cercare qualcosa che, in realtà, non aveva bisogno di essere cercato. Volevo vedere le vostre espressioni quando scoprivate i trafficanti di organi, il braccialetto, la lettera. Volevo… Come potrei spiegare meglio lo scopo delle mie azioni? Potrei dire che mi piacciono gli esseri umani. Gli umani sono così interessanti e intriganti che non posso proprio resistere».
«Tu non stai bene!» urlò sconvolta Alessandra.
«E chi lo sa. Ci sono molte persone buone e molte persone sane di mente qui, oggi, su questo tetto. Solo per una strana coincidenza tutte le persone buone sono matte e tutte le persone sane sono malvagie».
«Tu hai detto di volermi aiutare…» bisbigliò in tono mesto Arianna.
«E lo sto facendo. Guarda» indicò un punto verso il basso. «Da qui si sono già buttate alcune persone. Non lo definirei proprio un posto famoso per i suicidi, ma ho sentito che se ti butti da qui muori di sicuro».
La ragazza lo guardò intensamente senza proferire parola.
«Tu pensi di essere speciale? Le cose non stanno così. Siamo tutti sullo stesso piano. Non c’è una singola persona su questo pianeta che possa vivere la propria vita onestamente. Anche tu hai almeno uno o due segreti, no? Pensi forse che i tuoi genitori e i tuoi amici, rispetto a te, siano meschini?» continuò Lorenzo.
Arianna gli si avvicinò e gli tirò uno schiaffo. Lui la afferrò per il polso e la spinse leggermente sul bordo del tetto, verso il vuoto.
Mattia fece un passo avanti per intervenire, ma Michele e Stefano lo fermarono.
«Guarda bene. Non importa che problemi avessero, ora sono solo macchie di sangue sull’asfalto. Non importa chi fossero in vita, da morti sono andati tutti al Creatore nello stesso modo. Vuoi che ti lasci andare?» le domandò.
Lei non rispose, ma guardò con timore il vuoto che le si apriva davanti. Lui sorrise e la tirò su. «Vedi che non vuoi morire? Dove ti trovi adesso è dove sei. Puoi aver concepito uno smisurato desiderio di trovarti altrove, ma tu non sei là, sei qui. Fai esperienza di questo momento in tutta la sua pienezza. Mah, comunque sono felice di aver potuto sbirciare nei tuoi sentimenti più sporchi».
Arianna scoppiò a piangere. Alessandra corse da lei per confortarla mentre Stefano si avvicinò a Lorenzo e gli tirò un pugno. «Questo è per averci preso in giro!» esclamò, stranamente calmo.
Il giovane si pulì il sangue che gli colava dal labbro e sorrise.
«Questa è la mia punizione?».
«Un giocatore di genio è colui che sa trasgredire le regole al momento opportuno. Io non sono una tua pedina, io mi muovo solo come decido io. Hai giocato a essere Dio e, forse, per certi versi sei riuscito veramente a esserlo. Tuttavia non puoi controllare tutto. Penso che tu, alla fine, l’abbia capito».
«Forse. In fondo non credevo che sarebbe finita così».
Michele si chiese se potesse fare qualcosa. Non poteva saperlo finché non ci avesse provato.
«Qualcosa si muove anche senza che tu faccia niente, indipendentemente dalla tua volontà» disse rivolto a Lorenzo.
Questi rimase qualche secondo in silenzio e poi chiese: «Come hai fatto a capire che c’ero io dietro tutto questo?».
«Può sembrare una risposta priva di senso, ma credo che sia dal modo in cui erano disposte le pedine della dama e degli scacchi che c’erano in camera tua. Non so perché, ma ho subito pensato che a ogni pedina corrispondesse ognuno di noi e ripensando a quanto era avvenuto mi sono detto che forse non stavo sbagliando».
 Lorenzo rise. «Credo che non avrei potuto desiderare risposta migliore».
«Lo credo anch’io. Eh Arianna… Penso che, nonostante tutto, Lorenzo ti abbia davvero aiutata. Penso che tu, in questo tempo, abbia capito cos’è realmente importante».
Arianna pensò agli eventi che accadevano senza che lei lo sapesse. Era possibile che non fossero tanto maliziosi, egoisti e detestabili quanto lei pensava che fossero. Era possibile che non fossero nascosti da debolezze e compromessi.
«Credete che valga la pena continuare a vivere?» domandò flebilmente.
Tutti annuirono.
«Il mondo non è crudele quanto credi» sorrise incoraggiante Alessandra.
Arianna guardò l’orizzonte: la città, le montagne, le persone. Tutto sembrava così limpido. Decise che doveva andare avanti e perdonare tutti quelli che, inconsapevolmente o meno, l’avevano spinta a pensare al suicidio. Da quel giorno comprese che il modo in cui avrebbe visto il mondo sarebbe cambiato. C’erano tanti sogni quante erano le persone e altrettanti segreti. Aveva realizzato che era una cosa naturale.
«Dunque è finita» disse accennando un sorriso.
«Forse sono pazza, ma un po’ mi dispiace. Credo di stare per mettermi a piangere» sussurrò Alessandra.
«Non piangere perché è finita. Sorridi perché è accaduto» affermò saggiamente Mattia. Forse era la cosa più sensata che avesse mai detto in tutta la sua vita.
Si guardarono tutti e scoppiarono a ridere.
In quel momento, in quel luogo tutto aveva avuto fine. Tuttavia aveva avuto anche un inizio.
Come diceva un famoso detto zen, solo chi ha il coraggio di scrivere la parola fine,
può trovare la forza per scrivere la parola inizio
.
Dietro la porta, la figura incappucciata osservò i giovani e sorrise.
«Abbiate il vostro scopo davanti a voi a ogni passo che fate. Voi desiderate la libertà e non dovete dimenticarlo mai».
I ragazzi si voltarono nella sua direzione. Rimasero immobili, tranne Michele che gli si avvicinò.
«Svelto, afferralo! Questo momento è passato e non potrà mai essere vissuto di nuovo» gli disse tirandosi giù il cappuccio.
Era il senza tetto circondato sempre dai passerotti.
Michele sorrise. Aveva sempre saputo che gli avrebbe indicato la strada. Tuttavia aveva sempre sperato di riuscire a trovarla per primo e, grazie agli ultimi avvenimenti, l’aveva finalmente trovata.
L’uomo agitò la falce e affettò l’aria, sottolineando simbolicamente la nuova realtà che si stava aprendo dinanzi a loro.
Il filo che li teneva ancorati alla quotidianità finalmente si spezzò.
Un nuovo inizio, una nuova vita li stavano aspettando. E questa volta era veramente qualcosa fuori dall’ordinario.

 

 




Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Siamo, ahimè, giunti quasi alla fine della storia: il prossimo, sarà l’ultimo capitolo.
Venendo a questa parte, viene finalmente alla luce il mistero della sparizione di Arianna: vi aspettavate un finale così? Spero di avervi sorpreso! :)
Cosa pensate della reazione dei personaggi? È stata giusta secondo voi?
Infine, si scopre anche chi si nasconde dietro la figura incappucciata: ammetto che era molto difficile da capire, quindi non preoccupatevi se non l’avete indovinato! ;)
Bene, alla prossima!
Saluti,
Violaserena.

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Capitolo 8
*** Epilogo ***


EPILOGO
 

Voltato l’angolo forse ancor si trova
Un ignoto portale o una strada nuova;
Spesso ho tirato oltre, ma chissà,
Finalmente il giorno giungerà,
E sarò condotto dalla fortuna
A Est del Sole, a Ovest della Luna
.
J. R. R. Tolkien.
 

Le lancette dell’orologio ticchettavano. Lo schermo del computer illuminava la stanza buia. Fuori, il cielo sembrava stesse per piangere. Forse, anch’esso aveva paura del domani. Tutto pareva spezzarsi.
Io Michele, sapevo che guardare avanti non mi avrebbe dato alcuna risposta. Non sapevo ancora cosa avrei disegnato su quel bianco domani che pareva estendersi all’infinito. Non sapevo ancora cosa avrei disegnato su quel domani che la realtà stava già tingendo di nero. Però sapevo che non vedevo l’ora che arrivasse il mio momento di brillare.
Guardai la lettera che avevo tra le mani. Sorrisi, nonostante tutto. Non ero arrabbiato con Lorenzo. Nessuno di noi, in fondo, lo era. Probabilmente avremmo dovuto esserlo, però non potevamo. Noi volevamo una vita diversa, fuori dall’ordinario, e grazie a lui l’avevamo ottenuta. Io l’avevo ottenuta.
Forse ero un egoista a parlare in quel modo, ma avrei voluto continuare quel gioco, avrei voluto fingere di non sapere. Non mi importava nulla di essere una pedina, io volevo solo spezzare la monotonia della quotidianità.
Sentii bussare alla porta. Mi alzai con lentezza e andai ad aprire. Sorrisi. Sapevo che sarebbero venuti. Li feci accomodare. Alessandra, Stefano e Mattia si sedettero sul divano. Per un po’ di tempo nessuno di noi parlò. Non ce n’era bisogno.
«Sono sicuro che tornerà» ruppe il silenzio Mattia.
Alcuni giorni dopo lo svelamento della sparizione di Arianna, Lorenzo scomparve. Inviò a tutti noi una lettera dicendo che se ne andava. La vita di tutti i giorni che avevamo avuto negli ultimi tempi cambiò. Ma la città rimase la stessa di sempre: per lui, per lei, per loro, per tutti.
La vita ordinaria – forse sarebbe meglio dire straordinaria – degli ultimi tempi che avevamo perduto sarebbe mai ritornata?
C’era una cosa che avevo capito. Tante persone arrivavano e se ne andavano, senza essere tutti di uno stesso colore. C’era sempre qualcosa di nuovo. Le persone si odiavano, si amavano, diventavano amiche e si separavano.
Proprio come una città continuava a esistere finché c’erano delle persone, così il nostro gruppo sarebbe continuato a esistere. Non importava dove fossimo, noi ci saremmo sempre stati.
Un posto dove tornare, una quotidianità smarrita… Queste cose esistevano sicuramente nella rete e forse anche nella realtà.
«E quando tornerà noi ci arrabbieremo con lui, poi sorrideremo e lo abbracceremo» disse Stefano.
Ci guardammo e scoppiammo a ridere.
Mi avvicinai alla finestra e scostai leggermente le tende, lasciando filtrare i raggi del sole. Guardai fuori e poi mi voltai verso i miei amici. Sorrisi.
A ripensarci ora era una stranezza. Comunque sia è stato un evento che mi ha cambiato la vita. Anche se, a dire il vero, non è cambiato nulla. Veramente un’esperienza stranissima, ma non al di fuori del comune. Avvenuta qui, a Torino.

 






Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Siamo giunti all’ultimo capitolo di questa storia… Che dire? Spero vi sia piaciuta e di essere riuscita a non renderla mai banale!
Ringrazio tutti coloro che l’hanno letta, messa tra le ricordate/preferite…
Venendo a questo epilogo, che ne pensate? Vi aspettavate una conclusione simile? Tra l’altro c’è una citazione del prologo: avete capito qual è? ;)
Se vi va, lasciate una recensione e fatemi sapere che cosa ne pensate.
A presto! :)
Saluti,
Violaserena.

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