V di Vampiro

di shana8998
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Intro ***
Capitolo 2: *** Questa è casa mia!!. Lei . Lui. Il mio nuovo incarico. ***
Capitolo 3: *** Alexander ***
Capitolo 4: *** Proposta ***
Capitolo 5: *** Chi è quell'uomo? ***
Capitolo 6: *** Malattia incurabile ***
Capitolo 7: *** Proibizioni ***
Capitolo 8: *** Mostro... ***
Capitolo 9: *** Verità ***
Capitolo 10: *** Quello che sei. ***
Capitolo 11: *** Scelte ***
Capitolo 12: *** Perdite ***
Capitolo 13: *** Vecchie conoscenze ***
Capitolo 14: *** Menzogne ***
Capitolo 15: *** Credere a chi? ***
Capitolo 16: *** Consapevolezza ***
Capitolo 17: *** Cambiamenti? ***
Capitolo 18: *** Resa dei conti ***
Capitolo 19: *** Lasciati salvare ***
Capitolo 20: *** Hunter ***
Capitolo 21: *** Cosa sei varamente? ***
Capitolo 22: *** Dagli occhi dell'Hunter ***
Capitolo 23: *** Legati dallo stesso destino ***
Capitolo 24: *** Decisioni ***
Capitolo 25: *** rifiuto ***
Capitolo 26: *** Invasione ***
Capitolo 27: *** L'inizio della fine ***



Capitolo 1
*** Intro ***


Mi hanno sempre detto che non tutti i mali vengono per nuocere.
Che nessun evento è padrone di limitarci l'esistenza ma che ogni evento è in grado di condizionarcela.
Che le azioni hanno sempre una reazione. Una catena di conseguenze. 
Ma che nessuna di queste per quanto drastica sia , possa essere un problema irrisolvibile.
Mi hanno riempito la testa di regole , di insegnamenti , incoraggiamenti ad andare avanti...Ed io ci ero andata . Spedita come un treno avevo superato anche il più terribile degli episodi .


"Com'è vedere sparire in un battito di ciglia un'intera vita?"
A quella domanda postami dal mio psicologo , risposi con la frase più banale che mi potesse venire in mente : "E' un incubo dal quale ci si vorrebbe svegliare a tutti i costi.." e poi avevo aggiunto "Ma ci sono certi incubi da cui non ci si può svegliare"...
Effettivamente io la morte dei miei genitori e di mio fratello Joshua , l'avevo vista esattamente in quel modo.
E mi risultava terribilmente scomodo , cercare di scavare affondo nei miei problemi , specie , se di questi non ne avevo mai parlato io, ma altri per me.
Era stata, di fatti, proprio la zia Dana a raccontarmi dei miei genitori , di mio fratello , di come erano morti.
Mi aveva raccontato di quel 13 settembre di molti anni prima ,dell'incidente , delle ambulanze di me che non si sa per quale miracolo ero riuscita a salvarmi. Mi raccontò di quel giorno come se avesse lei stessa , perso la sua di famiglia.
E quando terminò il suo racconto un fiume di lacrime le avvolse il viso. Fu allora , che avevo capito di avere un problema. 
Io,non soffrivo per quel tragico incidente , mentre lei , nonostante fossero passati dieci anni , ancora se ne disperava.
Era stato poi , sempre il mio psicologo a dirmi che era normale; che non potevo starci male perchè ero troppo piccola al momento dell'accaduto e dello schianto non potevo averne ricordo poichè la mente cancella gli shock.
Era stata l'unica serie di parole uscite dalla sua bocca che mi aveva fatto veramente del bene.
Furono una boccata d'aria fresca per me che da tempo, mi martoriavo il cervello con quell'enorme senso di colpa per non provare nulla forche' il ricordo di un vuoto.
Loro, la mia famiglia, c'era stata per un brevissimo periodo della mia vita ma io ricordavo a mala pena i loro volti e quasi per niente le loro voci.
Mi ero sentita un mostro per così tanto tempo...

Ma poi , oltre a questo lato drammatico del mio passato , c'era stata anche la luce del mio presente e del mio percorso.
Io, ce l'avevo fatta.
Mi ero rimboccata le maniche. Avevo concentrato tutto sullo studio.
Mi ero persino inscritta ad un'università di prestigio entrandovi a pieni voti. 
Avevo ricevuto mille soddisfazioni personali ed avevo reso felici anche i miei due "finti" genitori che con grandi sacrifici avevano "portato su" una ragazza nel migliore dei modi.
Mia zia Dana appunto e mio zio Alfred. Un uomo ed una donna particolarmente importanti per me , ma che poi con il passare del tempo avevo incominciato a non tollerare più.

Ed è proprio questa la piccola parentesi della mia vita su cui mi vorrei soffermare.
L'esatto momento del mio vissuto che mi avrebbe portato poi , a cambiare tutto. 
A fuggire da una gabbia ormai troppo stretta per me, che da sempre ero stata uno spirito libero...
Lasciai casa dei miei un anno dopo l'ingresso alla facoltà di economia e commercio. 
Esattamente al secondo anno di università, quando stufa di essere trattata come una povera piccola stupida ,incominciai a ribellarmi a quel modo asfissiante e del tutto estenuante di tenermi lontana da ogni pericolo...Dalla vita.
Loro non l'avevano presa affatto bene.

Il giorno che decisi di andarmene e costruirmi una vita che fosse solo mia , mia zia Dana aveva strillato in lacrime per ore e mio zio Alfred aveva ruggito frasi intimidatorie per tutto il tempo , finchè con un sonoro "andatevene a farvi fottere" dopo l'ennesima litigata , avevo abbandonato la loro casa sbattendomi alle spalle non solo la porta ma tutti i tentativi che loro due avevano fatto per plasmarmi come meglio credevano.
E credetemi se avevo voltato la faccia a coloro che mi avevano cresciuta un motivo ben valido ci doveva essere!

Così mi ritrovai a cambiare città. A muovermi verso una nuova vita. 
Era un altro mio grande problema quello di dover spaziare. Essere legati a cose e persone non faceva per me.
Non ero quel genere di persona che è talmente insofferente da non provar sentimenti per nessuno , per carità ! Ma non mi legavo a doppio giro con nulla perchè ...Infondo cos'è per sempre?

Una mattina leggendo sul libretto annunci , trovai l'offerta di un appartamento a poco dal centro città , con un affitto notevolmente basso per essere una casa di 100 metri quadri.
La prima cosa che pensai fu l'andarla a vedere. Magari era una catapecchia , certo poi con quel prezzo, ma nessuno può trarre conclusioni affrettate se non ha nemmeno visto con i propri occhi di che si tratta no?
Così presi il primo bus e raggiunsi l'appartamento.
Un enorme palazzo di colore grigio con balconcini in ferro battuto nero, si erigeva di fronte a me , ma ancora non sapevo che quella sarebbe diventata la mia casa, che da quel momento tutto si sarebbe stravolto come in un sogno e che dell'innocente Anastasia la poco più che maggiorenne ragazza dai lunghi capelli castani e gli occhi color dell'ambra non ne sarebbe rimasto nulla ....



 

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Capitolo 2
*** Questa è casa mia!!. Lei . Lui. Il mio nuovo incarico. ***


Era un palazzo particolarmente strano quello che stavo osservando dal marciapiede opposto. All'esterno ricordava una villa abbandonata; i muri frastagliati di grandi e profonde crepe, la tinta sbiadita , sgretolata, i rampicanti di alcune piante sui vari balconcini,che disegnavano orrende venature lungo tutta la costruzione...
"Ok adesso mi spiego il prezzo..". Sospirai sconsolata e prendendo un gran respiro mi feci il segno della croce sarcasticamente, decidendomi raggiungere l'enorme portone in legno massello_ovviamente anch'esso ormai usurato e logoro.
Il mio dito partì spedito su l' unico pulsante presente, quello con il cognome dell'ex proprietario.
-Si?...-. Una voce acuta , quasi sgradevole trillò dal nulla.
-Salve sono Anastasia. Le ho mandato un sms questa mattina per sapere se potevo dare un'occhiata all'appartamento.-. Dissi il più chiaramente possibile scandendo ogni parola perchè , bhe il tizio che mi aveva risposto al citofono diciamo che non mi sembrava molto sveglio.
-A sisi. Ricordo perfettamente , salga pure...-. Il "clack" dell'orrendo portone marrone sbiadito mi fece intendere che potevo entrare. 
Così quasi del tutto convinta che stessi facendo un'enorme cazzata , mi trascinai controvoglia sino al secondo piano.
L'interno però mi stupì. Era ben messo. Le pareti chiare , piante finte e vere su ogni angolo. Un buon odore di detersivo lungo tutto il corridoio.
Non mi sarei mai aspettata un interno del genere..
Varcai l'ultimo gradino.
Di fronte la porta di un ascensore. Mi maledissi mentalmente per non essermi guardata meglio intorno, potevo risparmiarmele quelle tre rampe di scale con i gradini di "sette metri" l'uno!
-Anastasia?..-. Mi voltai di colpo.
Alla mia destra, una porta verdone era semi aperta e la sagoma di un ometto in giacca e cravatta vi era sgusciato fuori senza che me ne fossi accorta.
Che tipo! Basso quasi più del normale, con un completo gessato azzurrino ed una cravatta...Che dire , già solo quella metteva le lacrime agli occhi. Ed in testa cosa aveva? Un'aureola per caso?! Cos'era quella pelata lucente !!! 
"Pensa se un raggio di sole ci finisse sopra...La retina dei miei occhi sarebbe spacciata!" . Ridacchiai dentro me come una stupida.
-Si. Salve sono io.-. Forzai un sorriso da Barbie.
-Entri pure...Oggi è la seconda persona che visita quest'appartamento!-. Disse con enfasi.
"Si e magari anche l'ultima vero?".
Lo guardai di traverso ma lui non se ne accorse.
Mi fece strada scansando delicatamente una delle due ante della porta verdone.
-Si accomodi..-.
Dire che la mia bocca toccò terra dallo stupore era troppo poco.
Era immensa! 
Solo l'ingresso era tutto il salotto e la camera dei miei genitori nella mia vecchia casa!
Mi guardai attorno per svariati minuti senza proferire parola al tizio ingessato.
Mi piaceva. Non era moderna , forse a parere di altri poteva risultare alquanto "vecchiotta" eppure quella casa aveva un non so che' di accogliente.
Furono forse i pavimenti a scacchi gialli e verdi o l'enorme finestra dritto alla porta d'ingresso...Non lo so ma me ne innamorai.
-Venga questa è la cucina...-. Mi precedette verso una porta alla nostra sinistra.
La cucina non era stata portata via dal vecchio proprietario. Era in legno ed acciaio. Una di quelle classiche cucine che si trovano in quasi tutte le case. Moderna ma al contempo antica come quella dei vecchi casolari. Brillava. Sapeva di pulito.
Poco distante un tavolino e quattro sedie.
-Come mai non è stato portato via l'arredamento di questa stanza?-. Chiesi spontaneamente.
-Al vecchio proprietario non serviva più.-. Rispose il tizio con altrettanta ovvietà.
-Capisco...-.
-Ecco. Venga le faccio vedere il resto..-. Fece poi come se volesse cambiare discorso.
Tornammo all'ingresso e lo atraversammo velocemente verso la seconda porta in legno marrone scuro.
"Gli infissi sembrano in buono stato.." Constatai mentre lentamente prendevo atto del fatto che quella casa realmente potesse essere mia.
Al di là della seconda porta un rettangolo di mattonelle divideva tre porte dello stesso legno scuro.
-Qui c'è il bagno..-. Afferrò velocemente la maniglia in ottone alla sua sinistra e l'abbassò spalancando la lastra lignea.
-E queste sono altre due stanze. Erano adibite a camere da letto ma volendo può  farne di una, un salotto..-.
Il bagno era piastrellato di mattonelle azzurro chiaro bordate di blu dove , i sanitari bianco candido risaltavano notevolmente , mentre le stanze erano vuote. A terra parquet mentre i muri di una erano sul rosa carne e dell'altra sabbia chiaro.
-E' mia ! La prendo!-. Esclamai con un'insano tono da psicopatica euforica.
Ma non feci in tempo a firmare vocalmente quel contratto d'affitto che una sagoma snella apparve dal nulla.
-In realtà questa casa l'ho vista prima io...-. 
"E adesso!? Da dove spunta questa?!".
Sbattei ripetutamente le palpebre sperando che la ragazza dai lunghi capelli miele e la pelle sin troppo abbronzata per essere Ottobre , sparisse.
Non sparì.Ovviamente.
-No guarda.Ho appena deciso di affittarla io , perciò puoi anche girare i tacchi ed uscire..-. Le feci con non poca arroganza.
Mi guardò come se avesse visto un mostro..
-Ma se...L'affittiamo insieme?-. Le tremò la voce.
"I...Insiem...e?. Questa è pazza!"
-Sto cercando una casa che sia solo mia mi dispiace.-. La freddai.
-..Ma io... Non so dove andare. Gli affitti in questa città sono esorbitanti.Questa è l'unica con un prezzo così basso...E poi...Pensaci sono 50 a testa molto meno di quello che spenderesti da sola..-. 
Mi portai due dita al mento solleticandolo leggermente, mentre riflettevo su quell'ultima frase.
"Metà spesa...Metà affitto.."
-Non è una brutta idea!-. Dissi poi con enfasi .
Vidi sul volto di lei l'espressione mutare del tutto ed un enorme e raggiante sorriso perfetto .scolpirglisi sulle labbra.
-Allora accetti?!-. Battè i palmi delle mani.
Sembrava così innocente...
Sembrava...Appunto.
-Si accetto!-. Le alzai il pollice in segno di consenso.
-Yuppy! Ho una nuova coinquilina!-

Quel giorno non firmammo solo un contratto d'affitto , ma stipulammo un vero e proprio patto di amicizia che sarebbe perdurato nel tempo..

Lasciai la facoltà di economia e commercio per inscrivermi a giornalismo qualche tempo dopo. Emily che ora chiamerò con il nome di Lily , come ero solita chiamarla, mi aiutò nella scelta. Disse che sua sorella maggiore l'aveva frequentata anni prima e che perciò mi avrebbe indirizzato dai migliori giornalisti del posto per fare il tirocinio.
Lily non mi abbandonò un solo giorno durante tutti gli esami di ammissione , ed anche dopo finchè non riuscii a cavarmela da sola ed ebbi il mio primo incarico...

-Allora? Com'è andata?-. 
Ero appena tornata dall'istituto dove la commissione esterna aveva ascoltato il mio saggio breve , l'ultimo prima dell'incarico che mi avrebbero assegnato. 
Lily era seduta sul divano esattamente all'ingresso della casa , di spalle. Si voltò non appena sentì la chiave nella toppa e mi vide rincasare.
_Ovviamente ero zuppa come ogni santo giorno di quel maledetto e disgustosamente piovoso Novembre_
-...Emh...Sono passata..-. Le sorrisi all'improvviso.
Balzò di colpo dal divano manco fosse la donna gatto e mi si gettò letteralmente addosso.
- Evviva ! Lo sapevo che ce l'avresti fatta!-. Strillò..NO ok. Ci guardammo e poi strillammo insieme come due idiote !
-Adesso dobbiamo festeggiare aspettami qui!-. Fece cenno di attendere con la mano per poi sparire nella cucina.
Tornò minuti dopo con due calici fra le dita ed una bottiglia di spumante.
-Hai intenzione di ubriacarti Lily?..-. Le dissi quasi incredula senza spegnere il sorriso.
-Ovvio! Dai avanti siediti!-. 
Mi tolsi di dosso il soprabito gocciolante e raggiunsi il divano.
Dopo essermi coperta le gambe con il mio plaid preferito lasciai che mi passasse il calice e versasse lo spumante.
-La lettera?..-. Aggrottai un attimo le sopracciglia. -Ma si dai Anastasia! L'incarico ! Dove ti hanno spedita?-.
-Ah! Non lo so ancora non l'ho aperta..-. Dissi dando poca importanza a quel pezzo di carta che sfilai dalla tasca del jeans porgendolo a lei fra due dita.
-Da qua!-. L'afferrò ed avida scartò la busta.
-Guarda è zuppa! E' così che tieni ai tuoi incarichi Anastasia?!-.
In quel momento l'istinto di sputargli fu quasi irrefrenabile.
Non lo feci ovviamente, mi limitai a guardarla storto.
Lesse velocemente con gli occhi biascicando parole confuse.
-Oddio!!!-. Strillò di colpo saltando in piedi sulla seduta del divano.
-Che cazzo ti prende adesso!?-. Ripresi per miracolo il mio calice che per poco non abbracciò calorosamente il pavimento.
-Tu.Non sai. Chi dovrai intervistare per primo.-. Scandì sillaba per sillaba marcando ogni frase. Faceva così solo quando mi dovevo preoccupare o quando doveva spettegolare di qualcuno. Ma siccome non poteva trattarsi di pettegolezzi , incominciò a salirmi un'ansia soffocante in petto.
-Chi? Avanti!-. Cercai di strapparle la lettera dalle mani. La tirò più a se.
-Alexander Dragonov.-. Dalla sua espressione doveva essere qualcuno di estremamente popolare...
-E...Chi sarebbe?-.
-C..Come chi sarebbe!!! E' il più ricco e famoso avvocato di tutta la città tonta! Ho preso giurisprudenza solo per sfidarlo , un giorno, a duello in un'aula di tribunale!-. Gracchiò acida come se le avessi toccato il suo amato cagnolino.
-AH. E io che ne potevo sapere..-. Restai impassibile.
-Come che ne potevi sapere....Ma dove vivi?-. Piagnucolò lagnosa.
Sospirai una risatina mentre mandavo giù l'ultimo sorso della bevanda. Poi misi le mani al mio pacchetto di sigarette.
-Quindi dici che intervistando questo tizio potrei far carriera?- Inspirai una leggera boccata di veleno che si mischiò al dolce dello spumante.
-Oh bhe ovvio! Ammesso che lui ti conceda un'intervista si intende...-. Sibilò maligna.
-Cosa vuol dire? Che nessuno si è mai offerto di fargli quattro domande?-.
-Tutti si sono offerti.-. Ringhiò. -Ma nessuno è arrivato a più di un passo dal suo studio.-. Riempì nuovamente il suo bicchiere ed aggiunse:-Dicono che guardi i giornalisti dalla sua telecamera e li cacci senza nemmeno conoscerne il nome...-.
Ingoiai a vuoto. Non potevo incominciare la mia carriera con una porta spiaccicata in faccia.
-Che gran figlio di...-. Contenni la rabbia. -E mai nessuno gli ha rotto il muso? Infondo questo significa non rispettare il lavoro altrui..-.
Fece spallucce.
-Nessuno lo fa perchè sa che si ritroverebbe in gatta buia. Sai lui è capace di tutto..-. Scolò l'ennesimo bicchiere di bollicine dorate.
-Sai Anastasia , ci sono anche delle leggende su di lui..-.
-Ah..Ah..ahahaha ma dai!Come fa un semplice...-. Mi corressi immediatamente quando mi folgorò con lo sguardo. -Un avocato seppur di prestigio ad avere addirittura qualche leggenda alle spalle?!-.
-Dico sul serio! Si dice che tutti coloro che abbiano mai messo i bastoni fra le ruote a lui durante la sua carriera siano misteriosamente scomparsi.-.
-Brr..Sa di film horror..-. Ridacchiai.
Sbuffò lei.
-Io credo che con tutto il potere che ha li ha costretti ad espatriare in cerca di altri lavori..-.
-Ed è per questo che ne sei così affascinata? Vorresti anche tu diventare una tiranna in giacca e cravatta e far scappare tutti?-. La presi in giro dandole una leggera spintarella.
-Scema.-. Sbuffò ancora, poi si alzò di scatto e prese il suo pc appoggiato sullo scaffale di una piccola libreria.
-Non è solo per quello...Guarda qui...-. Mi porse il portatile. Sullo schermo , la ricerca su Google del suo nome ed una sfilza di sue foto.
-Bhe...E' senza dubbio...Un bell'uomo..-. Commentai cercando comunque di mantenere noncuranza verso la sua persona. Come se quello fosse l'unico modo per non temerlo e per non temere l'intervista prossima.
-Bell'uomo? Ma lo hai visto?! E pensa che ha solo 30 anni!-.
Era davvero bello. Nella sfilza di foto , non ve ne era una dove non avesse uno smoking o un taijer scuro perfetto in ogni cucitura o un capello fuori posto. Sempre, perfettamente gellati all'indietro di un nero pece che quasi sembrava falso.
E quegli occhi? Cos'erano? Non ne avevo mai visti di così belli. Certo internet non è una fonte attendibile magari qualcuno glieli aveva modificati , ma Dio, modificati o meno erano qualcosa di impossibile da immaginare. 
Oro. Lucenti. Come se avesse dentro le iridi mille pagliuzze di pietre preziose ambrate.
Erano ipnotici da perdercisi dentro.
-Stai sbavando vero?-.
-Eh..Ma che dici!-. Le tirai il pc che rimbalzò sulle sue cosce.
-Io con gli uomini ho ben poco a che fare , non ho tempo per loro e no, non mi concedo nemmeno di sbavare..-. Le feci poi la linguaccia per sdrammatizzare quella frase detta con tanto nervosismo.
Avevo esagerato specie perchè lei mi aveva fatto solo una battuta e nulla di più.
Ma per qualche strano motivo il tasto "uomo" mi dava un tremendo fastidio se premuto.
Non che avessi subito traumi o fossi stata scaricata brutalmente...Ma proprio perchè io di uomini non ne avevo mai frequentati molti.
Ed ecco la prima colpa dei miei genitori: Nessun ragazzo prima dei 18 anni e solo se laureato, benestante e di buona famiglia , dopo.
Indi per cui , io chi cazzo mai avevo potuto conoscere?!
Zia Dana non aveva fatto altro_per anni _che ripetermi: "Gli uomini sono maiali. Vogliono solo una cosa da noi donne specie in giovane età". Così mi ero sempre vestita da ottantenne , mai truccata , mai andata a ballare se non di nascosto , ma mai nessuna mi aveva prestato abiti adatti. 
"Già è troppo che ti copriamo" Mi avevano sempre ripetuto le mie vecchie amiche del college.
Eh già...Per loro la mia presenza era sempre di troppo.
Alla fine quando per sbaglio ascoltai la conversazione fra due di loro che mi attribuivano dispregiativi del tipo "piattola", "noiosa", "pezzente", "sudicia", magari senza che nemmeno sapessero i veri significati, lasciai perdere e smisi anche di andare alle feste di nascosto.
Studiai. Lo studio era l'unica consolazione. Con esso non pensavo ad altro.Era liberatorio. Era diventato la mia vita. Lo studio era il mio "uomo".
Perciò poi le cose andarono come sono andate.

 Lily aveva_come immaginavo che facesse_alzato troppo il gomito e crollò sul divano.
Così io ne approfittai per spogliarmi e farmi una breve doccia .
"Non l'hai portata a dormire?" Mi chiederete. No. Affatto. Doveva imparare a bere di meno. Però la coprii  le misi un cuscino comodo sotto la testa e le schioccai un bacio in fronte.
Questo per me bastava ed anche a lei dato il volto rilassato che aveva avuto successivamente. Quasi ci avevo scorto persino un brevissimo sorriso...
Le volevo estremamente bene anche se certe volte mi rendevo conto che ero sin troppo aggressiva , distaccata ed acida con lei che nonostante tutto mi sopportava e supportava giorno per giorno.

Decisi in fine di sotterrarmi al caldo delle mille-mila coperte che avevo sul mio letto.
"Lunedì alle 10 del mattino eh?...". Restai con la testa appoggiata sul braccio destro e la mano di quello sinistro tesa fuori dalle coperte, con la lettera fra le dita , per minuti infiniti, fissando quelle poche righe nere su bianco vuote come il nulla.
Esattamente lo stesso nulla che avevo in mente quando pensavo alle domande da porre a quell'uomo..
Lunedì non era lontano ed io non avevo la minima idea di cosa inventarmi...

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Capitolo 3
*** Alexander ***


Alla fine quel Lunedì mattina arrivò.
Mentre mi preparavo mentalmente all'incontro , raggiunsi velocemente la strada e poi ancora la fermata della metro poco lontana dal mio palazzo.
Una volta salita sulla vettura finalmente riuscii a rilassarmi a tal punto da poter ripassare le domande che mi ero preparata accuratamente.
Tirai fuori dalla mia borsa il block-notes dove le avevo appuntate e incominciai a leggerle in silenzio.
Alla terza riga , fui costretta a fermarmi. Avevo paura. 
Non ne avevo mai avuta durante questo genere di cose. Temere un esame , una prova , una qualsiasi faccenda di lavoro non era da me.
Allora perchè le mani mi sudavano così tanto? Forse le parole che mi aveva detto Emily solo qualche sera prima, non erano state d'aiuto.
"Ammesso che riesca ad arrivare al suo studio". Mi ripetei un' ultima volta , poi fui costretta a scendere.
Faceva incredibilmente freddo quella mattina.
L'umidità era palpabile nell'aria ,l'odore della pioggia di ore prima era ancora vivido e pesante.
Caso strano a me piaceva da morire nonostante odiassi con tutta me stessa la pioggia.
"E' il caso che ti muova Anastasia". Mi comandai mentalmente. Ero in orario. Le dieci in punto.
Proseguii così , senza fretta , verso il gigantesco palazzo dalle fattezze moderne sito sull'altro capo della strada.
Entrai spostando l'anta di vetro con la spalla , avevo le mani sin troppo impegnate con tutti quei blocchetti e quei fogli che avevo dimenticato di rinfilare in borsa.
Per un attimo quella scena , quel movimento , io che entro sciatta cercando di raccapezzarci qualcosa in quel marasma di fogli sparsi ovunque fra le mie braccia, mi ricordò quanto fossi imbranata delle volte. L'ansia crebbe ancor di più.
Quando fui totalmente dentro e mi guardai attorno , mi parve di aver cambiato mondo.
Sembrava un emisfero a parte quel palazzo. 
Una navicella spaziale con ogni sorta di aggeggio elettronico.
Luci a led viola e lilla che facevano da corona ai muri panna. Una luce chiara ma non bianca che illuminava tutto l'ingresso. Persino il bancone dove una ragazza aspettava che mi facessi riconoscere , era del medesimo colore.
-Emh..Salve..-. Mi avvicinai impacciata alla reception mentre tentavo con ogni sorta di movimento poco ginnico , di non far cadere nulla dalle mie mani, insomma dovevo farle vedere che avevo tutto sotto controllo dopo tutto, no?
Lei , una tipa tutta "punta e tacco" , mi guardò storto , come se una come me, l'avesse vista solo nei film comici.
-Lei è?-.
-Anastasia Stanford. Cercavo l'avvocato Alexander ..-. Non mi fece nemmeno terminare il suo nome.
-E' via per impegni d'ufficio ..-. Il primo buco nell'acqua.
-Come..Ma io..-. Ripresi un attimo fiato e poggiai disinvolta tutto ciò che mi impediva di parlare nel più fluido dei modi , sbattendo quasi la borsa e tutti i fogli sul legno chiaro del bancone.
-La mia università mi ha mandato una lettera. Mi hanno dato l'incarico di intervistarlo e sulla lettera c'era scritto chiaramente che l'appuntamento fosse oggi alle 10. Adesso può dirmi dov'è il suo studio? Grazie.-. Le ringhiai mantenendo comunque un tono basso.
Mi guardò incredula.
-Ecco bhe...Io non...-. 
La folgorai nuovamente. 
Prese un gran respiro.
-Quindicesimo piano.-. Sospirò come se mi stesse dicendo qualcosa di profano, guardandosi attorno di tanto in tanto.
Le sorrisi falsa.
-Grazie!-. 
Mentre mi dirigevo verso l'ascensore la sentii parlare.
-Lo sai che per questo, perderò il posto di lavoro?!-. Mi strillò quasi isterica.
Le sorrisi beffarda.
-E' così carina , ne troverà di sicuro degli altri!-. Mi voltai poi, senza attendere risposta , anche perchè di sicuro non sarebbe stata gradevole.
Le porte dell'ascensore si chiusero alle mie spalle. Provai un'immensa adrenalina. Il primo passo era stato fatto. Ero riuscita ad arrivare a poco dal suo studio. Ora dovevo sperare di non essere cacciata dalla sicurezza come tutti i miei colleghi , poveri mal capitati.
Le ante tornarono a schiudersi minuti dopo.
"Avanti..Ci sei quasi...". Chiusi per un attimo le palpebre e respirai profondamente.
-Buongiorno...-. L'ennesima voce di donna mi riportò con i piedi a terra.
Un'altra bionda. Bella come il sole. Quell'edificio ne era colmo.
-Salve...Io..Cercavo..-.
-Si lo so, venga pure avanti...-. Sorrise.
Sbigottita mossi qualche passo stentato.
-Si metta sotto quel piccolo led rosso.-. Disse facendomi strada.
Doveva essere quella la telecamera di cui parlava Lily.
-Potete accompagnarla all'uscita dell'edificio.-. Una voce metallica, quella di Alexander, uscì da un microfono poco distante. Mi crollò il mondo addosso. Ero ad un passo da lui. A pochi metri dall'impossibile..
-Ma...Non mi ha nemmeno conosciuta..-.Sussurrai appena, presa da un'immenso sconforto.
-...Mi dispiace signorina. Si può accomodare nell'ascensore..-. La bionda fece marcia indietro dirigendosi all'ascensore per chiamarlo.
"No. Non lo ammetto. Ho lavorato arduamente per questa carriera. Non ammetto che uno stronzo qualsiasi mandi tutto a puttane!".
Strinsi i pugni , ma l'impulso che avvertii nascermi dentro lo avevo distinto chiaramente.
Così quando l'ascensore suonò e le porte sparirono nell'incavo metallico , corsi.
Corsi a perdi fiato verso il suo studio , mentre la segretaria cercava di fermarmi correndomi a sua volta dietro.
"Ho sudato sette camicie per arrivare qui!". Schivai ogni collega di Dragonov con movimenti così fluidi che nemmeno li riconobbi miei.
Finchè non la vidi. La sua porta. Per la frazione di un attimo , il cuore si arrestò. Tutto si cancellò attorno a me. C'eravamo solo io ed il muro che si opponeva al mio obbiettivo.
Proprio quando tesi la mano per afferrarne il pomello, essa si aprì.

Alzai lo sguardo tremante. Lui. Era di fronte a me. Mi guardava con aria intimidatoria.
Restai immobile respirando giusto quel po' per non morire asfissiata.
Era incredibilmente tetro ed al contempo stupendo il suo sguardo, vi lessi dentro il nervoso. La rabbia indescrivibile paragonabile all'indignazione per me. Infondo io ero solo una studentessa spudorata che se ne era stra-fottuta il cazzo dei suoi ordini.
-Lei chi sarebbe?..-. La sua voce era profonda , pulita.
-Anastasia...-. Tremò invece la mia che sembrava più lo starnazzare di un'oca sgozzata.
Distolse lo sguardo , per un attimo mi aspettai un gran sbadiglio di noia da parte sua.
Invece no. 
Sparì dietro l'anta luminosa della sua porta mentre la richiudeva.
-No aspetti!-. Poggiai entrambe le mani sull'anta pulita a specchio , spingendo nel verso opposto.
-Mi dedichi solo dieci minuti...-.
Aprì leggermente di più lo spiraglio fra anta e muro ,scrutandomi con sufficienza.
-Lei non sa quanti sforzi noi studenti facciamo per arrivare sin qui..La prego non li renda vani..-. D'impulso mi venne da piangere. Non lo feci ma la voce oscillò pericolosamente.
-Per favore...-. Ripetei quasi con tono di supplica.
La porta tornò ad aprirsi inaspettatamente sotto gli occhi increduli di entrambe.
Mi lasciò lo spazio per entrare.
-Può andare...-. Fece poi alla segretaria.
Perchè quando ella sentì quelle parole uscire dalla sua bocca , il volto le si scavò dalla paura?
La scrutai finchè la sua immagine non sparì dietro la porta.
Faceva così paura quell'uomo?

-Si accomodi...-. Trasalii voltandomi verso la sua scrivania. Stava tornando a sedersi.
Lily aveva ragione. Lasciava veramente senza fiato. Dalla camicia bianca , candida , si intravedeva un corpo che pochi uomini fortunati possiedono. Scolpito come quello di una statua. Non portava alcuna canotta come invece mi ero immaginata. 
Distraeva intravedere la sua carne nuda coperta da quel tessuto così leggero, ed ogni muscolo flettersi mentre compiva il semplice movimento di tornare seduto.
Raggiunsi una sedia in pelle nera , proprio di fronte alla sua scrivania.
L'ordine in quello studio era impeccabile. Sembrava fosse il set di un film, curato nei minimi dettagli.
Mi guardai attorno_Diciamo più che lasciai che i miei occhi si allontanassero  da lui , volontariamente.
C'era un'ampia vetrata e dava sulla città.. Sembrava di volare guardando fuori. Mi concentrai su quella.
-Inizi pure...-. Tornai a voltarmi di scatto. Alla fine sembrava che la paura che quell'uomo riusciva ad incutere a tutti , era piombata anche su di me..
-...Ecco...Si.-. Abbassai di colpo lo sguardo verso il mio fianco sinistro dove ero certa di trovare la mia borsa.
"Merdaa!". Mi irrigidii violentemente. La borsa non c'era!
Dopo istanti di rintronamento , presi atto della mia impulsività e della stupidità con il quale l'avevo dimenticata nella reception.
"Se ora esco da qui e torno giù non mi farà mai tornare...". Mi resi conto di essere finita nei guai solo quanto presi atto di quel piccolo , gigantesco, dettaglio.
Lo scrutai scoppiando a ridere isterica.
La sua espressione parve cambiare di veramente niente. Era perplesso si , ma il suo viso restava di marmo.
"Devo impattarmela in qualche altro modo...Pensa Ana...". Mi guardai un attimo attorno , gettai poi lo sguardo alla sua scrivania.
-Allora..Sto aspettando...-. Fece ancora lui , secco come la steppa.
Lo sguardo si arrestò su un pezzo di carta. Sapevo che fare.
Mi alzai di scatto e sporgendomi leggermente sulla lastra di vetro nero afferrai appunto lo stesso pezzo di carta ed una matita di fortuna.
Lui continuò a scrutarmi  ed impercettibilmente il suo sguardo si fece stupito.
-Le porrò una sola domanda. Lei risponderà. Io prenderò appunti...E poi la lascerò al suo lavoro..-. Esordì con una sicurezza nel modo di fare sconosciuta persino a me stessa.
Ripresi fiato. Mi ero "sciolta", ero più rilassata di quanto immaginassi.
-Mi parli di lei Signor Dragonov...-. Tornai a sedermi al mio posto. Gli occhi fissi su di lui.
Catturò il mio sguardo e sollevò il viso dalle braccia che serrate sui gomiti , lo sorreggevano.
Mi guardò esattamente dall'alto in basso , ricordandomi che IO ero quella insulsa e comune , e LUI era l'uomo di potere che dovevo rispettare.
Non mi lasciai intimorire seppur il suo sguardo fosse arido, tagliente.
-Non crede signorina Stanford , che la sua domanda sia un po' vaga?-. 
Allora sapeva chi ero!Ne restai totalmente scioccata. Allora non era vero che cacciava chiunque volesse intervistarlo, così alla cazzo di cane...Almeno del nome si informava!
Mi infuocai dalla rabbia.
Era uno sporco, egocentrico , stronzo...Si; una persona pessima. Il genere di persona da cui stare alla larga. Un maniaco dell'ordine , malato , sadico.
"Scommetto che sei scapolo...Secondo me una donna nemmeno mai l'hai avuta..." Pensai con una cattiveria che pochi possono vantarsi di possedere.
-E' una domanda semplice Signor Dragonov. Le domande semplici non le piacciono per caso?-.
Lo stavo sfidando , me ne resi conto solo allora.
Sospirò una risatina sfottente.
-Già..Voi e le domande semplici..-. Si passò una mano sul viso. -Crede che parlare della propria vita , sia semplice Signorina Stanford?-. Mi guardò dritto negli occhi.
Che...Che stava facendo? Rigirava la frittata? Ora era lui il giornalista ed io l'intervistata?Voleva mettermi a disagio?!
-...Ecco..No. E' estramamente delicato come argomento. Ogni persona è a sè ed ha un passato indelebile alle spalle..Non è una domanda da prendere sotto gamba...No..-. Abbassai lo sguardo e la voce piombò  giù con esso. Avevo_come si sul dire_"toppato".
-Non le volevo fare la predica...Mi dispiace...-. I miei occhi rimbalzarono sulla sua figura di colpo.
Che dovevo dirgli adesso? Dovevo scusarmi ? Dovevo andar via?
Sudai a freddo e la tensione parve risalirmi le vene fino ad arrivarmi al cervello.
Schiusi di poco la bocca per dire qualcosa senza nemmeno sapere cosa.
Si alzò.
-Allora voleva sapere di me..No?-.Girò attorno alla scrivania di cristallo nero, voltò la seconda poltroncina di pelle nera e vi si accomodò. Esattamente di fronte a me. Esattamente al mio pari. Aveva accorciato le distanze in un attimo e si era calato nel mondo degli "umani" come se gli fosse stato ordinato,come se, avesse capito il mio imbarazzo.
Il respiro fluì appena dalla mia gola. Mi ritrassi leggermente indietro sulla seduta schiacciandomi allo schienale.
-S...Si esatto..-. Dissi poi , e la mia voce esitò ad uscire.
Sorrise. Era così stranamente dolce quel sorriso...
-Cosa vede quando mi guarda?...-. Perchè era tornato a farmi delle domande? Perchè non aveva iniziato a parlare di se? Mi aveva teso una trappola solo per farmi rilassare e poi subito , farmi ripiombare nell'angoscia più avvilente che conoscessi.
-Un uomo di prestigio. Severo. Autoritario..-. 
Sorrise nuovamente.
-Un sadico tiranno quindi..-. Era ironia? Si stava auto-ironizzando?
Fui sincera.
-Si...Una mezza specie.-. Sentii un" va fuori" tra capo e collo.
Invece no. Mi stupì ancora.
Rise.Rise e mi lasciò del tutto spiazzata.
Sgranai involontariamente le palpebre.
-Sa, lei ha uno strano modo di vedere le persone Signorina Stanford..-.Poggiò entrambi gli avambracci sulle sua ginocchia. Mi guardava dal basso adesso, ed il suo sguardo parve farsi di fuoco. 
Mi sentii soffocare , ma non fu affatto una brutta sensazione. Anzi!
Avvampai e sono più che certa che le mie guance in quell'istante, avessero preso fuoco.
-E' questa l'impressione che da Signor Dragonov..-. Perchè la mia maledetta voce non la smetteva di vibrarmi sulle corde vocali!?
Era uno sforzo disumano cercare di tenerla ferma.
-Le posso chiedere una cosa?-. Dissi impedendogli di pormi altre domande. 
Si sollevò nuovamente.
-Certo.-. Gli avevo rovinato il gioco...
-Cosa succederà alle sue due segretarie?-.
Mi scrutò stupito ma non troppo.
Accennò un brevissimo sorriso che sparì nel giro di un secondo.
-Verranno licenziate.-.
Sobbalzai sul posto.
-Non le sembra ingiusto?-. Continuai calma. 
In realtà gli avrei urlato in faccia che era un maledetto stronzo.
-No. Se non fai quello per cui sei comandata...Non meriti di restare. Questo è il mio punto di vista..-. Rispose con estrema disinvoltura.
Non c'erano dubbi. Era un maniaco del controllo..
-Anche se non sono state loro a portarmi qui?-.
-Anche se non sono state loro a portarla qui..-. La sua voce di punto in bianco si fece calda , profonda. Aveva avuto l'ennesimo cambiamento d'umore. Era quasi incalcolabile il numero di volte in cui lui , Alexander, cambiasse personalità, modo di fare...Di essere.
-Lei è sempre così...Signor Dragonov? Intendo dire è sempre così freddo, calcolatore...-.
-Avido..-. Mi stoppò aggiungendo quell'aggettivo alla coda dei miei.
-Che intende per avido?-.
-Signorina Stanford..Vede.. Tutto quello che la circonda sono stato io a crearlo. Se non fossi così ossessionato dal controllo nulla di tutto ciò sarebbe mio...-.
Era così complesso. Così lontano da me. Così diverso.
Alexander metteva non solo paura , ma anche un profondo senso di impotenza.
Già. Tutto era suo . Lo custodiva con avidità , geloso anche della più piccola sfaccettatura del suo essere.
Tutti erano sue prede...Sue pedine.
-Crede che un giorno, una donna, possa condividere con lei tutto questo?-. Avevo ripreso a scrivere ,ma le mie domande erano mirate e colpivano punti ben precisi.
Rise.
-No, affatto. Nessuna donna si meriterebbe i sacrifici altrui. Ma una si. Una che si sia sacrificata tanto quanto me..-. Sibilò.
Tremò tutto dentro me quando quelle parole sottili mi attraversarono i lobi delle orecchie. Nessun riferimento in quella frase era puramente casuale.
Alzai lo sguardo.
-A quante donne ha permesso di avvicinarsi almeno un pò a lei...?-.
-10...12 ...-. Aggrottai le sopracciglia ed un sorrisetto incredulo disegnò le mie labbra sottili.
-Non aveva detto che non concede lussi a nessuna?..-.
Accennò un sorriso , appena.
-Ho detto che nessuna merita di condividere le fatiche altrui non di soddisfarne i bisogni...-.
Un brivido mi pervase la schiena. Strinsi le cosce serrandole nel più profano degli impulsi.
La sua voce profonda e rovente poi non aiutò.
Avevo capito che ben poche donne avevano fatto parte della sua vita e tutte a scopo sessuale.
-Le chiederei se ha mai amato , ma mi sembra del tutto fuori luogo..-. Feci per alzarmi.
-Già...E' del tutto fuori luogo-. Scesero secondi di silenzio pesante.
-Bhè..-. Alzai lo sguardo dopo aver accostato nuovamente la poltroncina alla scrivania .-  E' stato un piacere..-. Tesi la mano per stringere la sua.
Restai di sasso però, quando , delicatamente , la lasciò scivolare nella sua e vi appose un bacio velato sul dorso.
-Il piacere è stato mio..-. Mi divorò con uno sguardo carico di malizia.
Avvampò ogni parte di me. Bruciavo e non riuscivo a placarmi.
Ritrassi immediatamente la mano dirigendomi frettolosa verso la porta.
-Buon proseguimento...-. Aprii e richiusi la porta in un attimo. Finalmente ero fuori. Lontana.

Dentro quella stanza , per attimi lunghi l'eterità , avevo smesso di respirare. Mi ero estraniata da tutto il resto del mondo , come se nulla al di fuori di quello studio esistesse.
C'ero solo io. C'era lui. C'erano le sensazioni ed i pensieri che si erano accavallati fra loro.
E poi quello che mi creava quell'uomo dentro , fino al basso ventre.
Ingoiai ripetutamente a vuoto ogni qual volta , da quando uscii dal suo studio , fino alla via di ritorno, immagini di lui , dei suoi occhi della sua bocca delle frasi così calde , mi tornavano in mente.
Mi aveva reso indifesa , prigioniera. Mi aveva sedotta ed io cercavo di rifiutare quella remota possibilità con tutta me stessa.
Alexander era in grado di infuocare qualsiasi cosa toccasse, guardasse, baciasse...

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Capitolo 4
*** Proposta ***


-Allora?Non mi dei raccontare nulla?-. Emily piombò in cucina di soprassalto. 
Quando ero tornata a casa nel pomeriggio lei non c'era e per questo vederla spuntare dal nulla mi aveva fatto sobbalzare per lo spavento.
Tossii violentemente cercando di non strozzarmi con l'acqua che stavo mandando giù.
-Che dovrei dirti?-. Cercai di fare la vaga. Volevo godermi pienamente la sua faccia una volta che le avrei raccontato che , cazzo! C'ero riuscita. Ero arrivata al suo studio e poi più in alto , a lui.
-Dai! Anastasia! Dimmi com'è andata!-. Girò attorno al tavolo di legno e si avvicinò al bancone della cucina sedendosi gambe penzoloni, sopra.
-A te...-. Le porsi il foglio che avevo messo giù durante il mio incontro con lui.
-O. MIO.DIO!-. Lo prese fra le mani come se fosse oro. Le iridi le brillavano.
-Dimmi che è tutto vero...Che ci sei riuscita...-.
Sorrisi compiaciuta.
-Era ovvio che ci riuscissi.-. Proferii dandomi un tono d'ovvietà alla voce.
-Sei un mito!-. Mi strinse a se balzando giù dal bancone della cucina.
-E..Com'è?-.
In quel preciso istante la gola si strinse vertiginosamente.
-Bhe...E' senza dubbio un uomo autoritario..-. I ricordi di quel Lunedì mattina tornarono a riaffiorare severi, e mi tornò alla mente il volto sconvolto della sua segretaria.
-Affascinante...-. Il suo modo di fare , di catturare l'attenzione...
-Caparbio..-. La sua storia. La storia della creazione di un vero impero..
-E' un uomo complesso..Non potresti mai dargli per scontata nemmeno l'azione più insignificante..-. Conclusi.
-Immaginavo fosse così ....Che fortuna sfacciata che hai avuto-. Piagnucolò stringendosi l'intervista al petto.
-Ma...Come sei riuscita ad entrare nel suo studio? Le voci che girano sono vere?-.
-Non è stato affatto semplice..-. Riempii un bicchiere d'acqua e lo mandai giù velocemente.
-Ho dovuto combattere contro il suo "no". Ammetto di aver rischiato grosso , perchè..Bhe le voci che corrono tra media e tabloid sono più che vere, Lily...-.
Gli occhi di lei si fecero a "pallettoni".
-Quindi ti aveva cacciata?!-.
-Esatto. Proprio come mi avevi raccontato tu. Ma io non mi sono lasciata abbattere e sono corsa al suo studio. L'ho pregato di potermi dare 10 minuti...E lui, alla fine, mi ha fatta entrare.-.
-Non credevo che fosse realmente così "gelido"...-. Si rabbuiò davanti a quella che era la semplice realtà dei fatti.
Risi.
-Mi dispiace averti dato una profonda delusione...-. Mi burlai di lei dandole una spintarella con il gomito.
-Uffa! Speravo che internet si sbagliasse sul suo conto.Immaginavo fosse molto più galantuomo , magari anche misterioso...-.
In realtà misterioso lo era. 
Quell'uomo per cui provavo così tanta repulsione , aveva anche un non so che', che mi incuriosiva mortalmente.
"Come diavolo fa un uomo del genere a crearmi tutto questo movimento dentro?"

A sera Lily sparì in camera sua immersa fra i mille impegni scolastici . Così rimasta sola e senza nulla di concreto da fare , mi misi al pc incominciando a stendere una relazione sul precedente mio primo incarico.
Incominciai a scrivere. Ci provai fino alla fine. Poi mi fermai...
Che diavolo avrei potuto scrivere su quell'uomo se non conoscevo praticamente nulla di lui?!
"OOH...Maledizione quell'incontro non è stato altro che una perdita di tempo.." Riflettei sconsolata appoggiando il viso al legno della scrivania.
Effettivamente , la chiacchierata con Alexander non mi era stata affatto d'aiuto. Che sapevo di lui? Che era ricco da far schifo, che si era fatto da solo, che era un donnaiolo e non si era mai innamorato, ma poi? Chi era veramente lui? Aveva una famiglia? E se l'aveva dov'era? Perchè di lui si parlava molto sommariamente,quasi come se non fosse nessuno, seppur comparisse su ogni canale satellitare?
"Inizio ad odiare questo lavoro!". Aprii nervosamente la pagina di Google e vi scrissi il suo nome.
Speravo di riuscire a trovare qualcosa da aggiungere alla mia intervista , qualcosa di adatto ed appropriato alla sua persona ed a me che ne parlavo..
NULLA. Su di lui non vi era alcuna informazione oltre a ciò che anche chi non voleva , sapeva.
"Dannazione è come parlare di un fantasma!".
Chiusi il pc alla fine. Era snervate. Non mi era mai accaduto di non riuscire in qualcosa , ma infondo , come si suol dire c'è sempre una prima volta no?
Dovevo solo farmene una ragione.
Alexander Dragonov era l'uomo invisibile. Senza passato , senza una storia.
Finii per andarmene a letto consapevole che di meglio non avrei potuto fare, quando , all'improvviso , proprio mentre ero sotto le coperte il mio telefono vibrò.
"Chi diavolo è a quest'ora?".
Ripassai mentalmente tutti i nomi delle persone che potevano "messaggiarmi" alle undici di sera , orario notturno per me.
Ovviamente la lista era praticamente vuota..
Sblocco il display. Un numero che non conosco.
"E' inappropriato scriverle a quest'ora , lo so , ma credo che lei ed io non abbiamo terminato la conversazione di questa mattina...".
Capii subito che era lui dal tono sfrontato ed autoritario con cui aveva digitato quelle brevi e concise parole.
Il sangue mi si gelò e sentii il battito del mio cuore accelerare di colpo.
Come? Lui? Perchè? Il mio numero?
Persi la lucidità per attimi lunghi come anni.
Era un evento di quelli che Emily avrebbe denominato "Attimo shock". Uno di quei momenti dove, o ti sembra che il modo si stia sgretolando sotto le tue Air force , oppure dove il cuore ti salta in gola e non riesci più a mandarlo giù.
Mi sollevai bruscamente da sotto il mare di coperte in cui mi ero avvolta, con il cellulare fra le mani , lo sguardo assente e la mente ...Bhe..Quella era andata a puttane...
Che dovevo pensare? Voleva forse farmi cambiare qualche pezzo dell'intervista? 
No. Non avrei mai messo mano a quelle poche pietruzze preziose di cui ero in possesso!
"Se intende farmi cancellare pezzi della mia intervista , mi spiace non lo farò. Ho già poco materiale, non posso permettermi di averne meno..".
Parlai con quanta più sincerità potessi esprimere.
Il mio lavoro per me era importante quanto per lui il suo , ed anche a costo di passaci i guai non avrei rinunciato a nulla.
"Affatto. Ciò che è stato detto resta li. Credo che ciò che le devo dire sia un tassello fondamentale..Qualcosa che lei deve sapere per forza".
Che cazzo c'era di tanto importante da svegliarmi , scrivermi e mettermi dubbi assurdi?!
"Messa così è una proposta alla quale non posso rifiutare..."
"Infatti non rifiuterà. L'aspetto domani alle 10 nel mio studio...Ed ora si riposi Signorina Stanford..".
Non credevo ai miei occhi quando quell'ultimo messaggio illuminò lo schermo del mio Samsung.
Cioè mi stava addirittura dando gli ordini?!
Era seriamente detestabile quell'uomo.
La mia repulsione accrebbe nell'immediatezza.
Lui non era Dio. Lui non poteva comandare. Io non ero una sua sottoposta!
Ringhiai internamente spegnendo l'apparecchio e gettandomi di forza con il viso sul cuscino. 
Quella notte non avrei chiuso occhio..

L'indomani mi preparai velocemente. Non dissi nulla a Lily di quell'incontro ne tanto meno le stetti a spiegare perchè le avevo chiesto in prestito alcuni abiti.
In realtà a quel dettaglio non mi ero data spiegazione nemmeno io.
Avevo messo quella gonna con lo spacco sin troppo vistoso sulla coscia cucito con una finta zip ,ed una camicetta bianca forse anche troppo trasparente per come ero fatta io, senza chiedermi perchè lo stessi facendo.
Era una sensazione strana. Del tipo "si mi sto facendo bella...Ma non per lui". Contraddittoria , ecco ,così l'avrei aggettivata.
Qualcosa che sai ma che non vuoi per alcun motivo ammettere.
Piacere ad un uomo che odi? Piacere ad un perfetto sconosciuto che dopo concluso l'incarico sentirai solo nominare alla tv?
Era da pazzi!

Uscii di casa presa da una fretta cieca e raggiunsi la fermata della metro , beccando il mezzo di trasporto per pura fortuna. 
"Alle 10 , nel suo studio..". Guardai più volte l'orologio nonostante sapessi che ore fossero e sapessi di essere in perfetto orario.
Ero agitata , nervosa , trepidante. 
Scesi esattamente ai piedi del palazzo di lusso dove resiedeva il suo ufficio.
"Di nuovo èh...". Esclamai mentalmente guardandolo dal basso verso l'alto, verso le sue gigantesche vetrate sulla città.
 Entrai, ma questa volta l'accoglienza fu eccezionale.
Ogni segretaria , ogni collega , tutti mi sorrisero calorosamente . C'era chi si era spinto oltre e mi aveva anche detto "Buongiorno"!
Che fosse stata opera sua e dalla sua immensa capacità di persuadere chiunque?
Arrivata alla porta splendente della sala 37,bussai.
-E' permesso?..-. 
-Avanti, venga pure...-. Aprii lentamente l'anta comparendo all'interno della stanza.
-La stavo aspettando..-. La sua voce era lava ardente .
Brividi si incresparono sulla mia schiena.
Mi feci avanti raggiungendo la poltroncina nera , la stessa della mattina precedente, testimone di tutte quelle vagonate di sensazioni che avevo provato in una volta sola.
-Le sembrerà del tutto insolito questo incontro ed è del tutto normale che lei si senta smarrita, confusa...-. Attese attimi d'oro per riprendere a parlare.
-Ma c'era qualcosa che mi sento in dovere di doverle dire..Qualcosa che lei ha e che io voglio..-.
Che voleva...Da me?
Lo guardai incredula, inarcando un sopracciglio.
-Cos'ho io che tanto desidera?-. 
-Tutto..-. Mi spiazzò con quella risposta tanto vaga quanto portatrice di milioni di dubbi.
-Mi sta prendendo in giro? Perchè se  così la ringrazio e..-. Già stavo per alzarmi.
-Si fermi.-. Tremò la stanza intera sotto la sua voce alta. 
Tremai io.
Voltai lo sguardo a lui , al suo viso.
Perchè doveva pretendere qualcosa da me?
Cosa avevo di tanto importante che gli serviva?
-Io non la capisco Signor Dragonov. Ieri mi ha cacciata , poi ha cambiato idea. Mi ha ascoltata e mentre la intervistavo ha cambiato mille modi di essere...Ora mi scrive , mi cerca , mi fa venire qui con una scusa banale , poi mi dice che ho qualcosa che lei vuole...Quando le chiedo cosa, mi risponde con un banalissimo "tutto"...Sta giocando con me? Vorrebbe vedere fin dove sono disposta a spingermi per il mio lavoro?-.
Tornai a sedermi con estrema calma , non allontanando mai lo sguardo dal suo viso.
Sembrava impassibile , poi ad un tratto tutto cambiò di nuovo.
Si oscurò e lui lo nascose passandovi la mano sopra.
-Sa è difficile anche per me , doverle ammettere una cosa simile..Ma lei, ha qualcosa di cui io non posso fare a meno...Il suo carattere scontroso, irriverente , la sua personalità , quella stranissima capacità di entrare nella testa delle persone e costruirci un appiglio indistricabile..Lei è terribile Signorina Stanford...-.
Sospirò come se fosse costretto a rassegnarsi all'evidenza di qualcosa che non piaceva ammettere nemmeno a se stesso.
-Come faccio a sembrarle chi non sono. Come fa a dire tutte queste cose di me che sono una qualsiasi sconosciuta entrata di forza nel suo studio...Insomma ...Mi guardi poi...-.
Mi disprezzai in quel momento. 
Ridussi la mia persona a niente , perchè si, in realtà io difronte a lui , sin dalla prima volta che lo avevo visto ,nonostante lo odiassi , nonostante detestassi il suo sentirsi superiore , dentro di me, lo avevo accettato e mi ero sentita una minuscola creatura.
Non ero altro che un essere impotente di fronte alla sua figura.
-La guardo Signorina Stanford...-. Il cuore vibrò nella cassa toracica e mi fece un male atroce.
Un dolore sordo che lascia attimi senza fiato.
Lui, mi lasciava senza fiato.
-Cosa vuole da me...Dico sul serio?..-. Pacai la voce che si ridusse ad un filo sottile, tremolante.
-Non c'è qualcosa in particolare che desidero da lei..-. Si alzò dalla poltrona girevole e mi ragginse veloce ma non troppo.
Intrappolò il mio viso fra le sue mani delicato che quasi non lo sentii nemmeno sfiorarmi.
Mi baciò.Inaspettatamente. Sconvolgendomi. Sconvolgendo ogni parte di me.
-Io voglio ogni cosa di lei..Io voglio lei.-. Disse poi quasi sussurrando, fissando le mie iridi.
Tremai. Mi vergognai anche per quanto fragile mi avesse reso quel gesto.
-Io...-. Non riuscii a concludere quella frase. Non riuscii a dire proprio nulla.
Mi aveva presa alla sprovvista. Mi aveva spiazzata del tutto ed io..No..Io non sapevo affatto come dovermi comportare.
Restai immobile , quasi terrorizzata. Ogni arto irrigidito. ogni muscolo freddo, flesso, esattamente come al momento in cui le sue labbra avevano catturato le mie.
Si ritrasse. Sul suo viso non seppi decifrare l'espressione che vi era apparsa.
Molto probabilmente era scioccato tanto quanto lo fossi io.
-Mi deve scusare...-. Tornò sui suoi passi. -Non dovevo..-. Fece più male quella frase che una coltellata in petto.
Si era già pentito?
-No. Non si deve scusare, molto probabilmente sono io che ho sbagliato a venire qui. E anche se fossi venuta nel suo studio , se l'avessi ascoltata , avrei dovuto capire quanto male la facesse stare questa situazione , questo volermi...Ma forse non era vero nemmeno quello. Forse io sono solo uno sfizio che si è voluto togliere..-.
Fissai le sue iridi. Voleva dirmi qualcosa ma non riuscivo a capire cosa..
-Si sbaglia. Non fraintenda le mie parole. Non dovere non significa non volere...-. Il cuore palpitò forte un'altra volta ed il fiato mi morì nuovamente in gola.
-Lei sa almeno quanti anni ho?...-. Chiesi come a volerlo fare vergognare di ciò che aveva fatto.
-Ho solo 19 anni..E lei...Lei ne ha molti più di me...-. Aggiunsi quasi con disgusto nel tono di voce.
Abbassò lo sguardo.
-So perfettamente quanti anni ha. Mi creda la cosa sconvolge e provoca ribrezzo anche a me per ciò che la mia testa ed il mio corpo mi dicono di volere...-. Tornò a colpirmi con le iridi oro-ambrate.
-Ma certe volte ,certi impulsi , certe sensazioni, certi pensieri , non si possono controllare ne frenare anche se , Dio ci sto mettendo tutto me stesso...-.
-Lei è attratto da una ragazzina!-. Gli strillai.
Strizzò per un secondo le palpebre. Fu un'espressione insolita. Sembrava che le urla gli dessero parecchio fastidio , esattamente come danno fastidio ad un bambino..
-Lo so! Non c'è bisogno che mi ripeta quanto ancora devo farmi schifo...-.
Presi un profondo respiro.
-Mi dica solo che non è per usarmi...-. 
Il suo sguardo rimbalzò su di me che ero in piedi, adesso , di fronte a lui.
-No. Quella è l'ultima cosa che le farei...-.
Perchè avevo ripreso a tremare? Perchè mi sembrava di essere finita in un sogno tanto angosciate quanto desiderato?
Ero veramente così felice che quell'uomo così ambiguo quanto misterioso mi avesse baciata e confessato di "volermi"? E poi, cosa significava "volermi"?
-Me lo dimostri...-. Proferii fredda come l'inverno.
-Si trasferisca da me. Venga a vivere a casa mia...-.
Sbarrai lo sguardo. Ormai le mie orecchie sentivano solo assurdità.
Risi.
-Lei è del tutto pazzo..-. Mi passai una mano fra i capelli trattenendo l'ennesima risata isterica.
-Non le sto chiedendo chissà che cosa ...Vive in un appartamento condiviso da altre studentesse presumo , e deve pagare un affitto per non parlare del cibo e delle bollette...Per questo , le chiedo di venire da me. Mi dia l'opportunità di farla ricredere...Si dia un'opportunità anche lei...-.
Era del tutto partito di testa ne ero più che certa.
Come gli era venuta in mente una cosa del genere!?
-Accetto. Va bene...Non ho mai negato possibilità a nessuno...-.
E come era venuto in mente a me di accettare!!!!
-Stasera le manderò qualcuno a prendere le sue cose ed una seconda auto per lei...-.
Così facevamo entrambi sul serio? 
Era un gioco? Cos'era diventata quella proposta?
-Le manderò un messaggio quando si deve far trovare pronta..-.
Feci cenno di aver capito con il capo.
-A stasera allora...-. Conclusi aprendo la porta del suo ufficio ed uscendo subito dopo.

Rientrai a casa e l'unico pensiero che avevo in testa era quello di come dirlo ad Emily. Le avrei spezzato il cuore dicendole che quelle erano le ultime ore di permanenza li con lei.
Come avrebbe reagito? Che scusa avrei inventato?
Sentii la chiave inserirsi nella toppa ed il cuore si arrestò.
-Ehy Ana!-. Esclamò vedendomi seduta al divano , gioiosa come al solito.
Non la guardai. Mi sentivo terribilmente in colpa , un vero schifo.
Non tanto per il fatto che l'uomo dei suoi sogni mi aveva chiesto di vivere assieme , perchè bhe, lei nemmeno lo conosceva di persona infondo,  ma perchè ,dirle una bugia, e subito dopo altre tante per incrementare una storiella del cazzo avrebbe distrutto il nostro rapporto per sempre.
-Che hai fatto..Ti vedo giù?..-. Si avvicinò a me che seduta con le mani sulle tempie e i gomiti sulle cosce, cercavo di non farmi vedere in volto.
-Qui, so io di cosa c'è bisogno! Una buona tazza di the caldo e la tua migliore amica che ti ascolta!-.
Strinsi i pugni alzandomi di scatto.
-No. Stavolta no servirà nulla di tutto questo.-.
Mi guardò spiazzata, incredula.
-Questa volta sarai tu che ti siederai e mi ascolterai Emily...-.
Mi guardava spritata , e dovetti combattere con l'impulso di gettarmi fra le sue braccia e chiederle perdono.
-Tu non mi chiami mai Emily...-. Disse appena.
Sospirai trattenendo le lacrime.
Non sapevo veramente da dove partire.
Mi passai entrambe le mani al volto, poi , decisi che dovevo parlare.
Evitai di farmi coinvolgere dal suo sguardo, e l bocca si schiuse...
-Me ne vado.-. Bastò quella frase perchè i suoi occhi si facessero rossi ed umidi.
-No ti prego non incominciare a piangere...-. La supplicai quasi irritata.
Fu allora che realizzai che l'unico modo perchè tutto finisse in fretta ed indolore , per quanto indolore non potesse mai essere, era quello di farmi odiare...
-Ricordi Alexander? L'avvocato che tanto stimi?Ecco...Bhe, lui mi ha chiesto di andare a vivere a casa sua e...Io ho accettato...-.
Due lacrime scesero sulle sue guance appena arrossate.
Non disse nulla per un pò, poi si alzò voltandosi appena, tanto che i nostri visi non si potessero incrociare.
-Di qualcosa...Ti prego..-. Mormorai con un filo di voce rotta.
-Che dovrei dirti?-. Ringhiò.
-Non so...Che sei felice per me?-. Dovevo continuare a tutti i costi quella scenetta patetica così che lei potesse cancellarmi per sempre.
Sospirò una risata sarcastica.
-Felice? ....Certo che sono felice...-. Mi devastò doverla costringere ad odiarmi. Mi devastò la sua reazione.
Si diresse in camera sua.
Cercai di fermarla.
-Non mi chiedi nemmeno come è successo?-. Sapevo che sarebbe stata dura mantenere il gioco , perchè costretta a porle domande snervanti ma era l'unico modo perchè lei continuasse a parlarmi.
Le afferrai alla fine un braccio proprio quando si stava per chiudere nella sua stanza.
-Lily..-.
Mi fulminò con lo sguardo. Non l'avevo mai vista guardarmi in quel modo.
-Non mi chiamare in quel modo.-. Sentii raggiungermi in petto da un pugno sordo.
-Non mi interessa sapere come è successo. Non mi interessa nulla se te ne andrai , ne tanto meno se te ne andrai con lui..Non mi interessa, come a te non è interessato nulla di me!-. Strattonò il suo braccio liberandosi dalla presa, sbattendomi poi la porta di camera sua in faccia.
"Scusami...Ti prego....".
Finalmente quelle maledette lacrime scesero. Restai li, ferma, a piangere in silenzio, con il viso fra le mani, consapevole dei miei sbagli. Consapevole di quello sbaglio che aveva un nome ed un cognome ben preciso..

A tarda sera le due auto arrivarono. 
Due uomini , gli schoffer di Dragonov portarono le mie cose in un'auto mentre io portavo a mano una valigia più piccola contenente pochi indumenti.
Raggiunsi per ultima la strada chiudendo il portone alle mie spalle.
Lily era alla finestra ne vedevo l'ombra.
Non mi aveva staccato gli occhi di dosso nemmeno un secondo , finchè non portai lo sguardo a lei.
Fu li che tirò la tenda sparendo dietro essa.
Ma in fondo cosa mi aspettavo? Che mi salutasse anche?
Sospirai sconsolata.
-Signorina...La sua borsa..-. L'uomo dai guanti bianchi e lo smoking nero mi tese una mano facendomi trasalire appena.
Gliela porsi e montai sul sedile posteriore dell'auto.
Non sapevo se avrei mai rivisto quella casa ed Emily , ma una cosa era certa , li avrei lasciato un pezzo di cuore per sempre...

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Capitolo 5
*** Chi è quell'uomo? ***


Capì che c'era qualcosa che non andava in tutta quella situazione , troppo tardi, quando già ero salita in auto.
La vettura aveva imboccato una strada fuori città , una di quelle stradine sterrate sconosciute.
-Dove si trova casa di Dragonov?-. Chiesi leggermente in ansia.
L'uomo in smoking alzò lo sguardo allo specchietto retro-visore.
-Non molto lontano da qui...Ma occorre che lei dorma...-. Proferì quella frase portando una mano al riscaldamento dell'auto e subito dopo nel vano porta-oggetti, sfilandovi qualcosa di molto simile ad una maschera.
L'aria si appesantì notevolmente e la vista parve appannarsi di colpo.
Che stava succedendo?
Tentai di afferrare la maniglia dello sportello , ma le forze, venivano già meno.
"Tlack". Il rumore della serratura mi fece piombare nello sconforto.
Avrei voluto urlare, scalciare ma tutto ciò che il mio corpo, che io , riuscii a fare , fu piangere in silenzio finchè la vista non si offuscò del tutto ed il nero vellutato non fu l'unico colore che vidi...

Quando tornai ad aprire gli occhi ero in una camera da letto.
Una di quelle stanze moderne , con vetri ampi e muri chiari tendenti all'azzurro cobalto.
Non c'erano molti mobili.
Un letto, due comodini , un comò.
Sotto  il chiarore della luna , per lo meno , riuscii ad intravedere soltanto questi piccoli dettagli.
Mi guardai più volte attorno. Ero spaesata , impaurita. Ancora non avevo razionalizzato ciò che era accaduto nell'auto.
Ero svenuta? Si. Ma per quale motivo? 
Ricordi confusi , dinamici , mutavano attimo per attimo nella mia testa..
Avevo pianto , questo lo ricordavo.
Perchè non ero fuggita?
D'un tratto la maniglia della porta girò ed il mio cuore parve balzarmi in gola.
Mi ritrassi involontariamente verso lo schienale del letto.
La sagoma di Alexander apparve nel buio.
Il respiro nella mia gola si vanificò.
-Sei sveglia...-. Proferì cupo, richiudendosi la porta alle spalle.
-Che mi è successo?-. Chiesi con la voce praticamente ridotta a nulla. 
Si avvicinò lentamente al bordo del letto.
Rimasi con lo sguardo su di lui , fermo , senza mai distaccarlo.
Temetti di poterlo veder sparire dal mio campo visivo. Temevo che mi potesse far del male.
-Sei spaventata...-. Fissò le mie gambe coperte dal sottile lenzuolo di seta.
Poi tornò a fissarmi nelle iridi. Tremai.
-Che mi avete fatto?...-. Ripetei e la voce barcollò verso un baratro immaginario di paura.
-C'è una procedura per chi viene qui...Nessuno deve o può sapere dov'è casa mia...-.
-Narcotizzare le persone è la procedura?!-. Strillai.
Restò impassibile.
-Non posso rischiare..-.
-Cosa? Cosa rischieresti?!-. Ero fuori di me. Spaventata, sola. Era molto più di una di quelle situazioni "molto più gradi di me".
Distolse lo sguardo sottraendolo al mio..
-Rischierei molto più di ciò che immagini o puoi immaginare Anastasia...-.
Sembrò avvilito. I suoi occhi erano tristi , la sua stessa voce lo era.
"Chi sei...Alexander?".
Lo scrutai non rendendomi conto che mi stavo avvicinando sin troppo a lui. Quando mi fissò balzai all'indietro.
Persi un battito.
-Era questo ciò che volevi da me? Quando hai detto di "volermi", intendevi dire...Volermi fare prigioniera?-.
-C'è qualcosa molto più importante del tenerti qui..-. Sembrava non essere mutata quell'espressione di eterna sofferenza sul suo viso.
-E cosa allora?-.
Mi sorrise poi si passò una mano fra i capelli corvini.
-Lo capirai a suo tempo..-.
Si alzò.
-Dove vai adesso?!-. Proferii estremamente allarmata.
-Ho da fare. Tu resterai qui. Qualcuno ti porterà da mangiare e ti procurerà il necessario per farti una doccia..-. Si allontanò raggiungendo la porta.
-No. Non mi lasciare qui!-. Cercai di convincerlo.
Essere con lui mi terrorizzava , ma restare sola lo faceva di più.
Abbandonò alla stanza e sentii chiudervi la porta a chiave.
Mi precipitai verso la lastra lignea cercando disperatamente di aprirla.
Fu inutile.
Lasciai scivolarmi su di essa fino a toccar terra , in lacrime.
"Maledizione!Maledizione".
Era solo colpa mia se mi ritrovavo in quella situazione. Mi ero concessa alle mani di un folle. Mi ero regalata al pericolo e forse alla morte.
Per di più...Quando avevo realizzato tutta la situazione , inerme ero scoppiata a piangere come se fosse l'unica cosa che potessi fare.
Ero veramente stata una sciocca. Una bambina che inseguiva delle caramelle.
Lui era una caramella ripiena di veleno.

Ore dopo qualcuno aprì dall'esterno la porta di camera mia.
-Signorina, questa è la sua cena...-. Entrò lo stesso uomo con l'abito nero ed i guanti bianchi.
Lo scrutai. Distrutta, gli occhi che ancora mi bruciavano.
Mi sollevai dal materasso con le braccia.
-Non ho fame..-. Dissi appena.
L'uomo , che sul viso aveva una maschera bianca come i suoi maledetti guanti, mi sorrise.
Poi si accomodò al bordo del letto appoggiandovi il vassoio.
-Si debiliterà senza toccare cibo..-.
-Non mi importa.-. Lo freddai.
Sorrise ancora.
-Ha paura. Tutti ne avrebbero al posto suo...-.
Lo fissai leggermente perplessa.
-Ma non deve temere , se il Signor Dragonov le ha detto che la vuole , se l'ha fatta entrare qui , vuol dire che non ha alcuna intensione di farle del male.-.
Abbassai lo sguardo che repentino tornava a farsi umido.
-Come può un uomo che narcotizza una ragazzina , essere un buon uomo di cui fidarsi...Lui mi ha già fatto del male...-.
-Lui si stava proteggendo..-.
-Ma da cosa?! Cosa può contro di lui, una ragazzina di nemmeno 20 anni?!-. 
-Non è di lei che ha paura...-.
Qualcuno lo cercava? Chi poteva incutergli timore a tal punto da ricorrere a certe procedure?
-E' delle persone li fuori...-. Si voltò verso la finestra proprio accanto al mio letto.
Era plausibile che qualcuno ce l'avesse contro di lui. Era un avvocato , spietato, ricco, che non amava trattare bene le persone. Tutti motivi validi per cercarlo ed ucciderlo.
-Immagino già per quali motivi..-. Feci con molta ovvietà.
L'uomo mi scrutò dai piccoli fori della maschera che dovevano fungergli da occhi.
Non disse nulla. 
Si alzò.
-Adesso per cortesia mangi qualcosa...-.
Il suo tono si era rabbuiato notevolmente , come se parlare del suo capo , lo facesse stare terribilmente male.
Uscì dalla stanza , ma non prima di aver acceso la lampada su uno dei due comodini.
Restai nuovamente sola per un altro paio di ore , finchè,una sagoma non entrò in camera.
Era Alexander. Sembrava stanco , provato.
-Sei tornato...-. Dissi appena.
Si apprestò a raggiungere il letto ed una volta che mi fu del tutto davanti mi porse una mano.
Non proferii un fiato ed appoggiai la mia sulla sua.
Dove mi stava portando? 
Attraversammo un corridoio lunghissimo. Le luci erano spente , ma grazie alla luce proveniente dall'esterno , potevo vederne piccoli dettagli , come il mobilio o i quadri.
Si arrestò di fronte all'ennesima porta.
-Ti hanno già fatta lavare?-.
Non servì che rispondessi.
Aprì lentamente l'anta della porta;un gigantesco bagno con ogni sorta di confort apparve ai miei occhi.
Era chiaro , le rifiniture della doccia laccate di nero lucido. La doccia totalmente fatta di vetro escluso il piatto che era di ceramica bianca bordata di nero.
Mi condusse al vetro di ella fino a farmelo toccare con le spalle.
Mi fissava ma nei suoi occhi c'era il vuoto. Un bagno nel nulla. Sfiorò le mie spalle da sopra la camicetta.
Mi stava studiando, esattamente come il cacciatore fa con la sua preda.
Mi osservava. Osservava minuziosamente ogni mio particolare.
Il mio corpo. Sembrava assolto nella mia figura..
Sbottonò la breve fila di bottoncini che chiudeva la camicetta.
Lasciò che scivolasse dalle mie spalle fino al pavimento gelido.
Ansimai quasi impercettibilmente quando le sue mani fredde come il ghiaccio , sfiorarono la mia pelle bollente.
Non mi baciava. Le sue labbra non sfioravano le mie , ne il mio collo.
Lui era li, che manteneva lo sguardo perso , privo di luce bagnato di me.
Toccò ancora le mie spalle liberandole dalle bretelle del reggiseno. In quel momento mi parve un indumento insignificante . Un piccolo muro sulla mia pelle che non riusciva a farmi sentire protetta in alcun modo.
Raggiunse la mia schiena passandovi i palmi in tutta la loro ampiezza.
Sembrò velluto.
Sganciò il ferretto della biancheria.
Tremai leggermente.
Fu strano. Terribilmente anormale , quanto non provassi altro che voglia di lui.
Trepidavo. Fremevo perchè mi potesse toccare di più.
Il respiro nel mio petto divenne pesante, difficile.
Stavo implodendo.
Anche il timido rumore del mio secondo indumento mentre aveva toccato terra, lo trovai un frastuono insopportabile. 
Sussultai come se ne avessi avuto paura.
Ed io in realtà di paura ne avevo.
Ero terrorizzata da quell'uomo. Dal suo essere atrocemente misterioso. 
Da come mi guardava. I suoi occhi erano malati...Malati di me..
Liberò il mio corpo dal resto degli abiti. Mi contemplò ancora.
Avvampai. Avrei voluto coprirmi. Fuggire e chiudermi in quella maledetta camera.
Era l'imbarazzo a vincere questa volta.
"Gli uomini sono tutti così?".
Mi tornò in mente ciò che amava ripetermi la zia Dana. Forse non aveva mai sbagliato. Forse, gli uomini erano veramente sadici malati di sesso..
 Scostò l'anta di vetro e dandomi una leggera spinta all'addome , mi costrinse ad indietreggiare sino all'interno della cabina.
Non distolsi mai gli occhi dai suoi.
Era quello il mio modo di tenere la situazione sotto controllo. Lasciarlo fare , ma non lasciarlo andare via dalle mie iridi.
Entrò anche lui socchiudendo l'anta.
Mi schiacciai al muro e brividi vorticosi si accavallarono frenetici su per la mia spina dorsale..
La mia pelle era sin troppo calda. Io lo ero. 
Non avevo mai provato tanta voglia. Io volevo quell'uomo tanto quanto lui voleva me.
Volevo possederlo. Volevo che fosse mio e lui , a giudicare da come perso, continuava a scrutare anche la più piccola piega del mio corpo , voleva esattamente la stessa cosa.
Era un enigma tutta quella situazione. Dal porgli delle semplici domande per scopo lavorativo , al ritrovarmi ad accettare una proposta di convivenza con lui, a questo. Essere sua significava firmare un contratto dove il prezzo da pagare fosse concedere il mio corpo così?
Il getto tiepido ed improvviso dell'acqua su di noi , mi provocò l'ennesima scossa.
Socchiusi per un istante le palpebre lasciando che il fluire dell'acqua trascinasse via da me ,anche tutta la paura e la follia di ciò che stava accadendo.
Mi afferrò le braccia. Tornai a fissarlo.
Non era violento. Non mi faceva male la sua presa sulla pelle. Era come non sentirlo su di me. 
Un richiamo all'essere concentrata, un piccolo fischio nelle orecchie.
"Guardami.Guardami e non ti distrarre", questo voleva dire quel suo modo di fare.
Si avvicinò al mio collo. Lo catturò. Lo morse delicatamente. 
La mia pelle tornò ad incresparsi vertiginosamente ed un piccolo, minuscolo , gemito uscì dalla gola senza che potessi fermarlo.
Afferrai di riflesso le sue spalle. Le mie dita si immersero nel tessuto bagnato della sua camicia.
Poi tutto cambiò.
Mi afferrò con molta più avidità , per le cosce e sbattei contro il muro.
Non sussultai, non uscì un soffio dalla mia gola.
Portai le mani al suo collo leggere, che lo accarezzavano a mala pena e finalmente anche le nostre labbra si catturarono , esattamente come un leone cattura una gazzella.
Con ferocia. Avidamente. Da fargli male, da farmi male.
Passai una mano fra i suoi capelli gocciolanti. Sembrarono fili di seta fra le dita.
Era troppo perfetto. Era troppo irreale.
Non sembrava possibile che un uomo , esattamente come tanti altri , potesse sembrare un angelo. Un essere etereo,inesistente impossibile persino da immaginare.
Mi morse. Morse la mia pelle sino a farmi portare la testa indietro.
Entrai in quel preciso istante, in un baratro di sensazioni pericolose.
Qualcosa di sconosciuto a me, al mio corpo.
Qualcosa che avevo desiderato da sempre e che temevo più della morte.
Infilai le mani sotto il tessuto bianco della sua camicia , esattamente sulla sua schiena. Artigliai la sua pelle.
Di riflesso lui sembrò esagerare con i morsi.
Mille scintille mi rintronarono mente e corpo.
Tornammo a guardarci a baciarci.
Mi lasciò tornare con i piedi a terra ,intrappolata fra le sue braccia che severe si protendevano al muro. Così forti , così tese , che per un attimo pensai che fosse lui a reggerlo.
Chiuse l'acqua come se volesse far sparire quello che sembrava un sogno ad occhi aperti, cancellando magia , desiderio..Cancellò tutto ed il suo viso , tornò a tingersi di quella maledetta smorfia di tristezza, di perplessità.
-Alexander?...-. Dissi con la voce che fluì del tutto rotta da un fiatone persistente.
Respirava a fatica anche lui.
-Mi dispiace...Torna in camera...-. Disse poi, di getto.
Perchè? Perchè continuava ad altalenarsi fra volere e non potere?
Perchè metteva sulle mie spalle il carico di uno sbaglio , di un senso di colpa che solo lui stava provando?
Poi ci pensai. 
Alexander avrebbe potuto nascondermi qualcosa.
Forse già dalla prima volta mi aveva nascosto un possibile dettaglio importante.
Lasciò che il suo braccio strisciasse via dal muro fino a penzolare nel vuoto, ancora bagnato , ancora gocciolante..
Mi lasciò libera.
Vai o resti? E se fossi rimasta quanto avrebbe potuto arrabbiarsi? E se non si fosse arrabbiato? Se fosse stato contento??
Provai ad avvicinare il palmo della mia mano al suo viso.
Lo scansò.
Anche i suoi occhi erano fuggiti da me.
"Cosa ti fa tanto soffrire?".
Distolsi lo sguardo, mi allontanai raccogliendo le mie cose.
Scappai da quella stanza seppur non volessi ammetterlo a me stessa che i piedi erano corsi così veloci, così spaventati da lui...
Mi serrai in quella che sarebbe stata la mia stanza. 
Avevo il cuore in gola e mille dubbi in mente.
Era un sadico gioco il suo.
A lui piaceva così.
Piaceva torturarmi fino alle lacrime. Piaceva entrare nella mia testa, spiare i miei desideri , farmici avvicinare e strapparmeli via.
Lui era un mostro.
Un uomo detestabile.
Era nessuno, ma per me era il tutto.
Ben presto sarebbe anche diventato l'unico punto di riferimento.
Mi avrebbe costretto inconsciamente a dipendere da lui , dalla sua presenza..Dalla sua assenza...

-Sono due mesi che mi tiene chiusa qui...Inizio ad annoiarmi...E poi il mio lavoro? Mi avranno dato per dispersa?!-. Mi lamentai con lo stesso uomo in smoking della prima sera.
Rise appena , come se divertito, mentre inseriva i panni in una delle tre enormi lavatrici della lavanderia personale di Alexander. 
Si , lui aveva in casa anche una lavanderia tutta sua e una stanza per stirare , per non parlare del giardino interno della casa , dove pioveva grazie ad un interruttore , dove c'era il sole grazie ad un interruttore e dove non faceva mai freddo.
Aveva tutto, qualsiasi lusso , qualsiasi cosa un umano normale potesse desiderare. 
-Signorina , si trovi qualcosa da fare..Questa casa è enorme. Un vero castello con ogni sorta di diletto..-.
Sospirai.
Chissà se Alexander , si sentiva solo dentro la sua fortezza. Chissà se mi aveva portata qui, proprio per quel motivo?
-Posso mettermi a vedere un film , suonare il piano , leggere un libro , ma poi...Sola mi annoio e lui..Lui non c'è mai.Ha sempre da fare. "Devo lavorare" Dice e poi mi bacia la testa ed io non lo vedo più fino a sera...-. Sbuffai lagnandomi.
Rise ancora stavolta più marcatamente.
-Se non avessi mille cose da fare le terrei compagnia io , ma purtroppo il lavoro dentro questa casa è molto...-.
Sorrisi timida scendendo da una delle lavatrici dove sciatta mi ero semi-sdraiata.
-Tranquillo.-. Portai a lui lo sguardo vispo.
-Abbiamo chiacchierato per circa cinque minuti, è già tanto!-. Feci sarcastica sdrammatizzando la situazione "noia".
Prese fra entrambe le mani il cestello vuoto e fece per dirigersi all'uscita della stanza.
Lo seguii.
-Ha fame?-.
-Avrei voglia di qualcosa da sgranocchiare effettivamente..-. Risposi con un enorme sorriso.
-Allora venga con me-.
-Ah non ti ho chiesto come ti chiami...-.
-Gregory...-.
-Allora, grazie Gregory il maggiordomo!-. 

Ero in camera mia. Il buio si era fatto padrone del cielo da parecchio.
L'ennesima giornata era trascorsa calma e pacifica forse più delle altre.
Mentre mandavo giù righe fitte di un romanzo trovato casualmente in casa , sentii dei passi ovattati lungo il corridoio.
Era lui ne ero certa. 
Mi alzai di scatto dal letto, lo sguardo fisso alla lastra chiara della porta.
L'aprii silenziosa come un soffio.
Sul muro la sua ombra , nella mia testa , la voglia di vederlo.
Perchè non era venuto in camera mia? Perchè da qualche tempo a quella parte lo sentivo scostante, lontano?
Mi incamminai nel buio appena schiarito da una luna profondamente candida e rotonda.
Le finestre incominciavano solo alla prima curva del corridoio che si svolgeva nel cuore della villa formando un quadrato.
La luce partiva da li. La sua ombra partiva da quel punto sparendo lungo il muro chiaro.
La inseguii senza correre.
Alexander non dormiva con me , ma la sua stanza era abbastanza vicina alla mia...Abbastanza perchè io voltato il secondo angolo la potessi scorgere nel muro.
Esattamente di fianco all'ultimo spiraglio di luce del pavimento.
Restai schiacciata contro la parete. Sentivo i suoi movimenti. Il suo frugare per la stanza.
Poi sentii qualcosa che alle mie orecchie risultò un macabro scherzo della mente.
Lo avevo sentito ringhiare ed il suo respiro era cambiato.
Era rotto da rantoli. Era disumano.
Pensai che si stesse sentendo male. Mi preoccupai.
Così presi un bel respiro e mi sporsi guardando nel minuscolo spiraglio della porta.
Era chino, di spalle ad essa, rivolto verso l'ampio finestrone che dava su un cortiletto interno.
Sembrava star male. Era strano.
Quando si voltò di scatto e dalla minuscola fessura intravidi il suo volto qualcosa dentro di me piombò nella disperazione.
La mano che sporgeva dal soprabito scuro era rossa, tinta di sangue. Aveva sangue anche sul viso.
Ed i suoi occhi , no ma che dico, il suo sguardo sembrava quello di un mostro.
Le pupille estremamente dilatate e l'iride sin troppo scura per il colore che sapevo avesse.
Mi aveva vista? Perchè guardava la porta?
L'aprì di colpo, ma io ero già troppo lontana.
Mi ero chiusa in camera. Presa dal terrore. Gli occhi in fiamme.
Chi diavolo era quell'uomo? Perchè era sporco di sangue?
Nelle mani di chi, ero finita....?!

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Capitolo 6
*** Malattia incurabile ***


Uscire dalla mia stanza la mattina seguente fu drammatico.
Incontrarlo, doverlo guardare in volto dopo aver visto quella scena in camera sua.
Tutto quel sangue. Dov'era stato per essersi ridotto in quel modo?
Temporeggiai davanti alla lastra di legno. Esco o non esco?E se esco che gli dico?
Cercavo di incoraggiarmi prendendo grandi respiri, ma ce ne vollero almeno una decina perchè riuscissi a ruotare nel mio palmo quel maledetto pomello.
Mi ritrovai in corridoio ed ebbi l'impulso di tornare dentro la stanza da letto.
Fu un'azione incondizionata. Chiusi la porta nonostante stessi cercando di entrare nella camera. La chiusi esattamente ad un palmo dalla mia fronte.
No.Non dovevo scappare. Avevo un problema. Avevo paura, un'infinita paura. Era un problema troppo grande da non poter essere preso in considerazione.
"Avanti Ana...Fatti coraggio".
Mossi un passo. Stentato, esitante, del tutto incerto. Le gambe mi tremavano. La gola si era serrata nelle sue pareti, normalmente umide, ora ,secche come l'arida estate.
Attraversai la lunga linea rossa della guida stesa sul pavimento.
Sembrava essere persiana. Un tappeto di valore.
Non so ma in quel momento ogni dettaglio mi risultava l'unico appiglio alla realtà. Per questo ovunque posassi gli occhi , seppur vivessi li già da tempo, cercavo di catturare dettagli. 
Mi sembrava tutto nuovo , sconosciuto , legato ad una vita normale ad una realtà palpabile.
Raggiunsi le scale a chioccia.
Le scesi lasciando che il palmo della mia mano scorresse sulla parete.
Toccai qualsiasi cosa, il corrimano, il mobilio, il pianoforte sul soppalco sospeso sull'ampio salotto, come se quella potesse essere l'ultima volta che avrei toccato qualcosa.
La paura delle volte gioca brutti scherzi. 
Essa mi aveva inglobata in un involucro indistruttibile, persino le parole di Alexander non mi avrebbero mai convinta in quello stato d'animo.
Mi sporsi dalla ringhiera bianca. Lui era al piano di sotto , seduto su uno dei tre lunghissimi divani bianchi sistemati a ferro di cavallo di fronte al muro in vetro che costernava due delle 4 pareti di quel salone.
Cercai di scendere silenziosa.
Sapevo che non mi era concesso di girovagare per casa senza il suo permesso , o la super-visione di Gregory.
Ma quella volta fu impellente il bisogno di parlare con lui..
-Emh...Alexander?...-. Non avevo avuto modo di pensare a come incominciare quel discorso.
Si voltò scrutandomi quasi stupito.
-Anastasia. Perchè sei scesa qui giù?Gregory dov'è?-. Mi parlava con estrema calma, ma io quando mi parlava così tremavo.
-Ecco...Io..Non riuscivo a trovarlo così ho cercato te..-. Tremai. Tremò tutto in me.
Si tirò leggermente su , sedendosi composto , mantenendo un libro fra tre dita di una mano. Con l'altra diede tre colpetti alla seduta.
-Accomodati..-. Disse poi sottolineando il gesto.
Mi accomodai poco distante da lui. Le mani legate fra loro strette fra le ginocchia. 
Lo sguardo bastonato, basso, che mai e poi mai avrebbe voluto incrociare il suo.
Restai in silenzio. Ebbi la piena consapevolezza in quell'istante che si...Avevo appena deciso che il silenzio sarebbe stato meglio. Che infondo qualsiasi cosa avesse fatto non era affar mio , l'importante è che stava bene. La paura mi fece rinunciare a tutto.
Questo, finchè non fu lui a parlare..
-Qualcosa ti turba?..-. Non alzò gli occhi dalle pagine fitte del libro dalla copertina rosso fuoco.
Sussultai.
Brividi di sudore freddo mi contorsero le budella.
-In realtà..Non c'è qualcosa che mi turba ma...-.
"No anzi! Ti ho visto ricoperto di sangue e mi chiedevo se avessi ucciso qualcuno, ma va bhe sono dettagli"
-E' per ieri notte?..-. Mi freddò quella domanda.
Allora sapeva. Allora era proprio me che stava guardando!
Sapeva che lo avevo spiato..
Il respiro mi si mozzò.
-Che ti è capitato?..-. Dissi appena con la voce corta.
Sospirò appoggiando il volume fra noi, sulla seduta.
Vedevo il suo profilo muoversi. Con la coda dell'occhio scrutai ogni suo movimento.
-Cosa hai pensato quando mi hai visto?..-.
Ecco. Lo sapevo...
Un'ansia atroce mi avvolse.
-Niente!-. Risposi del tutto allarmata.
Scattò verso di me. Giuro che nemmeno lo avevo visto muoversi!
Mi afferrò i polsi ed in un battito di ciglia, me lo ritrovai sopra, a cavalcioni su di me.
Persi un battito.
Quella fu la prima volta che tutto attorno a me svanì. Che tutto si gelò di colpo .
Le sue iridi nelle mie , bruciavano a sangue. 
"Mi ucciderà...Ne sono certa".
-Non mi dire le bugie Anastasia. Io odio chi mente..-. Sibilò e la sua voce profonda mi percosse ovunque.
Sentii gli occhi scottare ed il pianto salirmi fino alla gola.
-Stavi male...Ho visto che eri pieno di sangue e...E..Io sono scappata per la paura..-. Singhiozzai.
Respirò pesantemente, poi mi lasciò liberi i polsi e ruotò il busto tornando a sedere.
-Sto male Anastasia. Ho un male incurabile..-.
Fu peggio sentirmelo dire. 
-Un male...Che male?!-. Proferii con ansia.
Mi scrutò.
-Non capiresti..Non puoi capire.-.
-Spiegamelo! Non sono stupida..!-. Poggiai una mano sulla sua repentinamente.
Lui osservò il gesto.
-E' qualcosa che nessuno capisce ..-.Sorrise sconsolato.
-Alexander. Sono due mesi che sto qui. Che non mi lamento, che lascio fare a te tutto ciò che vuoi di me , del mio corpo...Sono due mesi che sei praticamente assente. Mi hai portata qui , mi hai dato degli ordini, delle regole da rispettare...Ed io l'ho fatto. Le ho sopportate. Non ti ho mai detto quanto male mi facessi...-.
Ripresi fiato.
-Ti sono stata vicino quando lo volevi e sono sparita quando mi hai detto di farlo...Chi più di me può starti ad ascoltare . Chi più di me può capirti?!-. 
Vidi nei suoi occhi la voglia di abbracciarmi. Aveva un'espressione strana. 
Diceva "Mi hai salvato"...
Mi accarezzò il viso scostando una ciocca scura da esso.
Asciugò una lacrima.
-Sei così bella quando piangi...-. Abbassò lo sguardo.-Ma quelle lacrime potrebbero sfregiare il tuo viso , una volta che verrai a sapere la verità ed io...Non voglio..-.
Perchè mi allontanava in tutti i modi da lui?
Scattai sulle ginocchia, abbracciandolo all'improvviso. Stringendolo a me come mai avevo fatto.
-A me non interessa quanto possa farmi male...Guardati...Io li vedo i tuoi occhi...Io la vedo quella inconsolabile tristezza che li oscura...-.
Sospirò ancora appoggiando il palmo della sua mano sul mio fianco.
-Non ti vorrei mai vedere distrutta...Non vorrei mai vederti ridotta come me...-.
Non tratteni altri singhiozzi.
-Sono io che non voglio più vedere quegli occhi...Dimmi perchè soffri..Ti prego...-.
Appoggiò la fronte sulla mia spalla. Il suo viso era così vicino al mio. Il suo cuore ed il mio erano vicini tanto da sfiorarsi. Lo sentii dentro me quel battito flebile , stanco.
-Io non voglio che ti accada qualcosa di brutto...-.
Perchè ero così visceralmente dipendente da lui?
-Non mi accadrà niente...Non per il momento almeno.-. Alzò il volto sfiorandomi con lo sguardo , mentre delicato spostava la frangia dai miei occhi ambrati.
Sorrise ancora.
-Non ti abbandonerò Anastasia..-. Fu la frase più rassicurante che le mie orecchie avessero mai ascoltato.
Non mi sentii più così smarrita.
-Grazie...-. 

Nei giorni seguenti le sue assenze si fecero sempre più frequenti. Non tornava più a tarda sera , ma direttamente all'alba dove spariva in camera sua fino al calar del sole. Poi, si preparava , e spariva ancora.
Non c'era giorno in cui lo avevo potuto vedere per più di pochi attimi.
Non mi cercava in camera mia. Non mi portava nel bagno. Non mi baciava.  Non mi guardava nemmeno. Io ero diventata invisibile in quella casa, invisibile ai suoi occhi.
Lentamente iniziò ad aprirsi una voragine dentro me.
Alexander mi mancava. Era un vuoto incolmabile quello che la sua assenza mi provocava.
"Mi avevi promesso che saresti stato con me...Che non mi avresti abbandonata".
Mi sentii tradita. Sola.
Nemmeno giustificarlo con il semplice "sta male" , aiutava.
Non sapevo che nome dare a quel male , ne tanto meno che forma o gravità avesse.
Lui stava male , ma per me la sua malattia era un tabù. Io ne ero fuori. Ero stata estromessa contro il mio volere.
Mi aveva fatta sentire per l'ennesima volta una pedina insignificante nella sua vita.
Perchè a lui piaceva farmi del male in quel modo? Amava così tanto mangiarmi l'anima?
Mi strinsi il cuscino fra le braccia. Gli occhi gonfi.Avevo pianto per ore , incessantemente, fino a farmi venire la nausea.
Erano giorni che passavo le notti così.
Distruggendomi, lasciando che lui mi distruggesse.
Incominciarono così a mancarmi anche le attenzioni più malate.
Il prendermi, spogliarmi, toccarmi senza mai spingersi oltre..Il suo sguardo perso , vuoto e subito dopo quello carico dei sensi di colpa. Persino quella follia mi mancava.
Dov'era lui per me?
Amare. Era quello ciò che si provava? 
Non sapevo che amare volesse dire stare male. Non credevo fosse così. 
Io avevo mai amato quell'uomo? Quello che provavo era amore?
Lui era destabilizzante. Un dubbio che respira.
Mi uccideva. Mi portava a nascere per poi sopprimere ogni parte di me.
Mi odiavo. 
-Sono le 4 del mattino...-.Biascicai ad alta voce senza rendermene conto.
Dalla finestra accanto al mio letto intravedevo il bagliore di un'alba opaca, invernale, estesa nel bianco vuoto della coltre di neve ai suoi piedi.
Non era la mia città, il posto che nasceva fuori da quelle vetrate. Era un luogo sperduto. Un ritorno costante al passato. E quella villa...Il ritorno al futuro.
Vecchio nel nuovo. Un posto magico..Una prigione incantata.
Odiavo a morte quella casa tanto quanto la amavo. 
Ero combattuta.
Mi sollevai dal materasso con le braccia, fissando il lenzuolo macchiato di lacrime.
"Che idiota!Ho pianto fino all'alba...".Continuai a giustificare quelle ripetute permanenze ad occhi aperti solo per aspettare i suoi passi lungo il corridoio. Si, perchè quando lui rincasava , quando sentivo le sue scarpe sulla guida , ed il suo respiro riempire il silenzio, ogni mia paura svaniva. Era come un incantesimo.
Lui tornava ed io mi addormentavo come nelle più tristi delle favole.
Quella volta però no. Non andò così. Non mi infilai sotto le coperte. Non chiusi gli occhi. Non lasciai comparire un sorriso sulle mie labbra. NO. Mi alzai.
Uscii dalla stanza, lo cercai nel corridoio.
Lo dovevo vedere o non sarei riuscita più a dormire. Dovevo sapere come stava.
Finalmente la sua sagoma apparve.
Stanca , affaticata.
Saliva le scale reggendosi al corrimano come se fosse l'unico punto d'appoggio per non farlo cadere.
"Alexander...". Lo scrutai preoccupata.
-Ti aiuto...-. Afferrai un suo braccio per sostenerlo.
-Perchè sei ancora sveglia?...-. Domandò pacato , con voce bassa.
-Ti volevo vedere...-.
Non lo guardai mentre la mia bocca confessava a mia insaputa la verità.
Lo portai in camera sua agevolandolo a sedersi sul bordo del letto.
Ancora sangue. Ancora il suo viso e le sue mani ne erano sporche. Di nuovo , un'altra notte a seguire le precedenti, in quello stato.
Corsi nel piccolo bagno nella sua stanza e presi un asciugamano.
-Non vuoi dirmi come stai.Che hai. Ma adesso stai zitto e ti lasci curare...-.
Non proferì parola lasciandomi sfilare il soprabito.
Forse li vide i miei occhi sbarrarsi di fronte al sangue che copriva quasi interamente la sua camicia.
Non lo guardai. In silenzio presi il panno e lo passai sulle sue mani, accuratamente , passando dito per dito minuziosamente.
Feci lo stesso per l'altra mano. E restammo per tutto quel lasso di tempo nel silenzio ovattato.
Non avevo idea di cosa gli fosse successo durante la notte e la cosa mi spaventava. Ma lui era li, era vivo. Era accanto a me ed io potevo solo aiutarlo così.
Mi alzai da terra e poggiando un ginocchio sul materasso raggiunsi il suo viso per pulirlo del tutto da quel rosso umido.
-Perchè lo fai?...-. Sussurrò inaspettatamente.
Ebbi una scossa al petto.
Non risposi.
Non volevo dirgli "lo faccio perchè stai male" sarebbe risultato più come: "mi fai pena quindi lo faccio", ne tanto meno "lo faccio perchè ti amo" perchè io non lo amavo. Io dipendevo da lui ma quello no , non era affatto amore.
Era un sentimento alimentato dal terrore. Un'autodifesa. Un farò qualsiasi cosa purchè tu mi lasci libera.
Era un susseguirsi di atroci torture alternate dall'insana voglia di lui.
Quasi non era nemmeno vero quel desiderio sfrenato.
Nemmeno io sapevo cosa mi fosse accaduto.
Perchè ero li? Perchè lo curavo?Perchè lui era l'unico pensiero nella mia testa?
Mi allontanai una volta che ebbi terminato con parte del viso. Dovevo bagnare quel panno o non sarebbe mai sparito quel sangue.
Erano movimenti comandati, meccanici quelli che il mio corpo faceva.
Non ero più io a volerlo curare. Sapevo che dovevo farlo, punto. 
Tornai da lui e liberai finalmente il suo viso da quel putrido liquido scuro.
Fu solo allora che lo guardai negli occhi. Che smisi di aver paura.
"Ti sto aiutando". Questo i miei occhi dissero ai suoi.
Nulla di più, nulla di meno.
Portai le mani alla sua camicia avevo intensione di liberarlo anche da essa, ma lui afferrò di riflesso il mio polso.
Trasalii.
-Non voglio che mi guardi....-. 
Perchè? Lo avevo già visto privo di ella, o per lo meno , ne avevo vista una parte di lui del suo corpo ,quando nella doccia era sbottonata.
-Perchè?-. Le mie mani tornarono a correre verso lui testarde.
Ci fu una colluttazione fra le mie e le sue che si opponevano con tutte le forze.
-Fermati!-. Artigliai la camicia. Bastò un attimo che tutti e sei i bottoncini esplosero nelle asole.
Ruzzolarono a terra, ed io mi pietrificai.
Caddi a terra .
Di fronte a me...Non c'era lo stesso uomo di giorni prima.
Il suo petto, il suo addome, era ricoperto di graffi. Quel sangue era suo!
-C....Chi ti ha fatto questo?...-. Si alzò di scatto spogliandosi dell'indumento ed affrettandosi ad infilare una T-shirt presa al volo.
-Nessuno.E adesso vattene!-. Ringhiò.
Mi alzai lentamente da terra.
-E quello lo chiami nessuno?...Sei massacrato...-.
-Ho detto va via!-. Gridò una seconda volta.
Non obbedii. Per la prima volta i miei piedi restarono incollati al pavimento.
-Dimmi chi è stato!-.
-Se te lo dicessi che faresti? Andresti li a prenderlo a schiaffi? Fammi il piacere...-. Mi schernii con cattiveria.
-Mi consideri veramente una bambina...?Perchè mi tieni qui allora?! Porca puttana io non ci sono solo quando il tuo corpo ne ha voglia!-. Strillai fuori di me.
-Infatti non mi sembra di aver fatto sesso con te...-. Sentenziò acido.
Non lo avevo mai visto rispondermi con così tanto odio.
Mi aveva ribadito quanto fossi inutile sotto ogni punto di vista...
Mi aveva denigrata. Offesa. 
Due lacrime isolate bagnarono il mio viso finendo nel vuoto.
Strinsi i pugni.
-Da oggi curatele da solo quelle maledette ferite!-. Gettai il panno a terra uscendo dalla stanza.
Il tonfo della porta alle mie spalle e la speranza che si riaprisse.
Non accadde.
Tornai nella mia solitudine. Curata, coccolata dalle lacrime. 
Ero sola in tutto. Ed io avevo sempre odiato essere abbandonata..
"Sei un mostro..."
"Ti odio"
"Ti odio!!".

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Capitolo 7
*** Proibizioni ***


La mattina seguente qualcuno bussò alla mia porta.
Erano appena le 9 e sin da subito mi chiesi chi fosse, perchè Gregory non si era mai presentato prima delle 10.
Mi sollevai svogliata dal materasso trascinandomi alla porta cullata dal solito sconforto che ormai da giorni si era impossessato di me.
L'aprii. Non c'era nessuno?
Mi sporsi scrutando ogni angolo del corridoio. Deserto. Forse anche la mente se ne stava andando per i "fatti suoi".
Sconsolata feci per chiuderla quando lo sguardo piombò su qualcosa che giaceva a terra.
Un mazzo di rose?
Lo raccolsi incredula. Lo girai a pugno chiuso , finchè all'interno non mi accorsi della presenza di un bigliettino:
"Anastasia. 
Spero che quel piccolo regalo sia stato di tuo gradimento.
Ti aspetto al piano di sotto , nel salone."

Un sorriso colmo di gioia disegnò le mie labbra senza che lo volessi.
In un attimo, inconsciamente , tutto dentro me era svanito.
Tristezza, delusione, sconforto, solitudine.
Non provavo più nulla. Come se tutti i brutti pensieri e lo stato d'animo a pezzi, di sere prima fosse un ricordo lontanissimo.
 Non mi feci attendere. Volai lungo il corridoio e poi ancora sulle scale, saltandole due a due.
In un attimo raggiunsi il soppalco.
Mi sporsi.
Sui divani non c'era. Accanto alla vetrata nemmeno.
Guardai alla mia destra, infondo alla stanza esattamente dove sapevo esserci il piano cottura , l'isoletta con la moltitudine di strumenti da cucina e poco distate, il lungo tavolo da pranzo.
Finalmente i miei occhi lo raggiunsero. Seduto a capo tavola , con il giornale stretto fra le mani.
Scesi anche l'ultima rampa di scale , questa volta in legno chiaro.
Quando i miei piedi silenziosi, toccarono terra, abbassò ciò che stringeva fra le dita fissandomi.
-Buongiorno Anastasia.-. Il suo tono era profondo, severo, ma stavolta non mi mise paura.
Riconoscevo la sua voce. Ne avevo appreso tutte le sfumature.
Il suo timbro era praticamente lo stesso , sempre. Ma io in ogni frase , in ogni occasione , lo sapevo distinguere in almeno una ventina di modi diversi.
Avevo imparato ad avere paura quando lo sentivo incupirsi di colpo , ed ad essere felice quando lo sentivo leggero esattamente come quella mattina.
-Buongiorno..-. Raggiunsi esitante il tavolo scostando la sedia.
Non lo fissai nelle iridi.
Non scrutai il suo volto. Attesi.
Volevo che mi parlasse di quelle rose , che mi spiegasse il significato e magari che poi, riuscisse a farmi razionalizzare il motivo per cui , invece di vedere quel "regalo" come la dimostrazione palese di chi ti si vuole "ricomprare", avevo sorriso come una beota ed ero corsa da lui.
Volevo che mi spiegasse perchè riusciva a farmi quello stra-maledetto effetto.
Perchè io , che da sempre ero stata fredda e razionale, ero magicamente diventata una povera illusa che vive di speranze vane e sogni inutili.
Inutili si, perchè sapevo infondo che da lui non mi sarei mai potuta aspettare null'altro che quello che già a fatica, mi dava.
Alexander era così. Nulla in più di quello che vedevo , che vivevo.
Un uomo distaccato e freddo che fatica anche a darti una carezza.
Lo stesso uomo che mai avrei voluto incontrare nella mia vita. Un pericolo da cui sarei dovuta fuggire a gambe levate.
-Hai passato bene la notte?-. Portò la tazzina da caffè alle sue labbra, mantenendo lo sguardo su di me , analizzando ogni mio movimento persino quello più piccolo ed irrilevante.
Poi lui era anche così. Era un osservatore arguto. Non sfuggiva niente a quell'uomo.
Sapeva distinguere ogni mia sensazione ogni mio pensiero già solo osservando il viso, le gambe o le mani.
In un certo senso mi rassicurava quel suo lato. Non mi sentivo sola, sotto quel punto di vista. Mi sentivo capita affondo , anche quando sembrava che a lui, di me, non interessasse un bel niente.
In cuor mio sapevo che si accorgeva di come stavo male e se non faceva niente era solo perchè non ne era in grado.
O almeno questa era la spiegazione che mi ero data..
-Non bene...Infondo stando sempre sola come ti aspetti che possa aver dormito bene...-.
Marcai acidamente quel dettaglio.
Accennò un sorriso sospirato, scontato.
Terminò il suo caffè prima di rispondere. Sapevo che stava temporeggiando.
-So che il gesto di portarti dei fiori e di passare la colazione con me , ti è sembrato lo stesso gesto di un uomo stupido che vuole chiederti perdono...-. Osservò il mio viso prima di continuare.
-Ed in realtà mi duole ammetterlo , ma è esattamente lo stesso modo in cui l'ho visto io...-. Si passò una mano fra i capelli socchiudendo appena gli occhi.
-Ma anche se non è stata un'idea eccellente è pur sempre un modo per farti capire che nonostante la mia moltitudine d'impegni, tu nella mia testa ci sei costantemente...-.
-L'ho gradito.-. Lo freddai.
-E' stato il primo gesto dopo mesi, che forse ho gradito sinceramente..-. Aggiunsi con un flebile sorriso a colorirmi le labbra sottili.
-E' solo...Che mi manca la tua presenza. Capisco che hai impegni inderogabili e problemi che io nemmeno immagino..Come la tua malattia. Ma non significa che devi privarmi della possibilità di starti vicino, ne tanto meno di quella di essere al corrente della tua malattia...-.
Parlai con la massima schiettezza seppur le parole dalla mia bocca fuggissero stentate , tremolanti.
-Se potessi parlartene, se non avessi tutti questi problemi, passerei tutta la mia vita con te...-.
Non sapevo se quella frase detta con tanta facilità fosse realmente ciò che pensava.
Mi rendeva estremamente felice, come negarlo. Ma li, nel più profondo dei posticini nella mia testa, risultavano frasette dei baci di cioccolata che si vendono al supermercato. Frasi fatte , scontate, giusto per regalarmi il contentino.
Mi snervavano, lui mi snervava.
-Come pensi di provvedere?Hai intensione di incominciare ad aprirti con me o dobbiamo per forza continuare così?...Perchè io , sinceramente, inizio a stufarmi..-. Fui tagliente e per la prima volta il mio sguardo si accordò perfettamente al modo in cui avevo parlato.
Mi fissò rigido.
-Non ho alcuna intensione di parlarti di nulla..-.
Tutto crollò sulle mie spalle.
Ci avevo così sperato , così tanto creduto che alla fine , per una volta ,ascoltasse quelle che ormai erano diventate suppliche in ginocchio. Ed invece no. Mi aveva ignorata ancora.
Poggiai violentemente entrambe le mani sulla lastra di legno del tavolo alzandomi di scatto.
-Bene. Se è così, posso anche andarmene in camera. Rifare le mie valigie e dirti addio..-. Avevo gli occhi in fiamme e la testa bassa di chi ammette ma smentisce allo stesso tempo.
Dovevo andarmene, sapevo che era la cosa giusta. Sapevo che era solo ciò che avrei dovuto fare da tempo.
Ma volevo veramente? Il mio cuore continuava ad impedirmi di compiere quell'azione così giusta per me.
Abbandonai immediatamente la sala. Avevo la certezza che lui non mi avrebbe fermata nemmeno questa volta, così non attesi nemmeno di sentirlo alzarsi dalla sedia, ne avevo sperato che le mie orecchie si imbattessero nella sua voce che pronunciava severa il mio nome.
Non lo avevo aspettato. Non avevo aspettato nulla...Perchè infondo non c'era nulla da aspettarsi da un uomo come lui.
Raggiunsi tutto d'un fiato, quella stanza che da tempo ormai era l'unica cosa che riuscivo a sentire mia e mi sentii quasi soffocare per quanto avevo corso, per le lacrime, per quel pianto sordo che mi asfissiava la gola..
"No. Non ne vale la pena di soffrire in questo modo..".
Mi portai entrambe le mani sul viso.
Non lo volevo più vedere graffiato da quelle maledette gocce. Non volevo più vedermi distrutta.
Volevo vivere una storia d'amore normale. Volevo tornare alla mia vecchia vita.
Mi mancava addirittura la mia famiglia adottiva.
Ma poi riflettendoci meglio , come ne sarei uscita da qui? Dopo aver vissuto tutte quelle esperienze al limite sotto ogni punto di vista, quale sarebbe stata la nuova Anastasia?
-Maledizione!-. Gridai singhiozzando e le mie gambe si piegarono sempre più verso terra.
Era così doloroso. Nemmeno sapevo si potesse provare dolore fisico per certe situazioni.
Non riuscivo a frenarmi a placare quella cavalcata di lacrime che non la smettevano di arroventarmi le guance.
Mi facevo pena se non schifo.
"Come mi sono potuta far ridurre così?".
Tirai su con il naso un'ultima volta mentre con la mano cercavo di cancellare quel disastro di lacrime che avevo sul viso, quando mi accorsi di una presenza alle mie spalle.
Quando realizzai che fosse Alexander, mi alzai immediatamente. Lui era l'ultimo che doveva vedermi così.
L'ultima persona che avrebbe dovuto conoscere la mia vera fragilità rispetto al nuovo, allo sconosciuto delle sensazioni e delle emozioni.
Distolsi lo sguardo senza dir nulla...Infondo che avrei dovuto dirgli? La scenetta pietosa parlava già da sola.
"Mi fai del male. T
e ne rendi conto?!" Ma lui se ne rendeva conto veramente?
La sua espressione, per quella frazione di attimo che lasciai ai miei occhi per osservarla, mi sembrava così sconsolata , quasi carica di dolore. Ma chi mi confermava che quella non era solo una maschera?
Mosse un passo e più veloce ,altri, correndo letteralmente ad abbracciarmi.
Mi lasciò senza fiato del tutto disarmata , quel gesto.
Mi stringeva a se , forte, come se mai si fosse voluto separare.
"Perchè?Perchè continui?!".
Non ricambiai il gesto. Le mie mani non toccarono la sua vita. Le mie braccia non circondarono il suo costato.
Niente in me si mosse , all'infuori del cuore che mi era salito in gola.
Restai fredda , legata a quell'ultimo pezzetto di testardagine, di decenza.
Mi aveva fatto soffrire non meritava.
-Perdonami...Perdonami per il male che ti ho fatto...-. Riprese leggermente fiato ,accarezzandomi i capelli.
-Sei libera di andartene, se vuoi...-. Qualcosa in quell'istante, si infranse nel mio petto.
Persi un battito per poi , recuperarne molti di più. Accelerati, dolorosi.
"Andarmene...".
Ora ero libera. Finalmente le catene che mi tenevano segregata in quella prigione delle favole, si erano sciolte. Potevo scordarmi di tutto quel dolore , di lui.
Ma allora perchè gli unici pensieri che mi oscillavano nella mente erano , "Non mi ha mai voluta" e "Non posso andar via.."?
Perchè avevo paura ad abbandonarlo?
Perchè avevo paura di poter star male senza lui , quando già, lui per me non c'era e male già ci stavo?
Forse un "Basta" conclusivo faceva molto più male di un "Quando ho tempo", "Qualche volta"...
Lo allontanai da me piano fissandolo del tutto incredula.
Era vero , le mie orecchie non credevano a ciò che avevo sentito.
Lui ricambiò il mio sguardo allo stesso modo. Forse non si era reso nemmeno conto di quello che mi aveva detto.
O forse, molto più semplicemente i mie sbalzi di umore , le mie prese di posizione ed i miei passi indietro , lo avevano spiazzato del tutto.
Ero io quella che non gli ci stava facendo capire più niente.
Forse l'errore era mio..
-E' veramente quello che vuoi?..-. Lo fissai severa. Dovevo battermi con la realtà dei fatti. Era giunta l'ora.
-Se non posso renderti felice in alcun modo, se devi stare male con me perchè io sono così...Bhe allora si. Voglio che te ne vai...-. Abbassò lo sguardo e le sue mani scivolarono via da me.
Mi sentivo morire.
Stavo cedendo. Lo sentivo. Sentivo che dovevo piangere e che , maledizione, volevo restare con lui .Era il sentimento più forte che potessi provare..
Serrai le palpebre cercando in tutti i modi di mettere in ordine quella moltitudine infernale di pensieri che non la smettevano di accavallarsi nella mia testa inciampandovi.
-Volevo veramente restare al tuo fianco. Pensavo di potercela fare. Pensavo di poter sopportare...-. Tornai a guardarlo negli occhi.
La voce ridotta ad un filo rotto dalle lacrime.
-Ma io non sono forte Alexander. Non lo sono affatto. Pensavo di esserlo, di essere in grado di superare anche questo..Ma tu mi hai "provata" questa situazione l'ha fatto...Se solo potesse cambiare. Se il corso degli eventi avesse potuto svolgersi in altro modo...-. Le ultime parole furono del tutto sibilate, strozzate.
Perchè di punto in bianco mi sentii sola in quel vortice di dolore?
Un attimo prima era l'unico che mi poteva capire..
 Si avvicinò nuovamente alzandomi il mento con due dita.
-Io ti amo Anastasia...-. Stavo per "infartare".
-Non ho mai portato qualcuno qui. Tu lo sai. Non ho mai fatto avvicinare una donna alla mia sfera privata , come ho fatto con te...E perdonami se ancora non ci riesco del tutto..Ma concedimi la possibilità di provarci. Credimi sto male io , quanto stai male tu..-.
Io credevo a quelle parole. Ci credevo fermamente.
-Mi...Mi...Dispiace per come ti ho trattato...-. Mi gettai fra le sua braccia.
Avevo ceduto per l'ennesima volta. 
Sospirò una breve risata passando una mano fra le ciocche scure dei miei capelli.
-Sei una ragazza forte , altre sarebbero già andate via...-.
-Io..Non posso. Ti ho promesso di restare al tuo fianco. Devo permetterti di provare ad essere umanamente , un uomo.-.
Mi strinse maggiormente.
Ora non piangevo più. Mi ero calmata. Mi aveva calmata.
  -Devi già andare a lavoro?-. Lo avevo visto , spiare il suo orologio da polso.
Mi scrutò con l'espressione afflitta.
Poi scosse la testa come se avesse appena cancellato un pensiero scomodo.
-No. Questa mattina no..-. Proferì poi , con un sorriso caldo.
I miei occhi si tinsero di speranza. Forse sarei potuta stare con lui quella mattina.
-E..Hai qualche impegno fuori?...-. Stentai a chiedere.
Sorrise di nuovo.
-Si. In realtà ho un impegno...-.
E quando lentamente stavo per ripiombare nella viscerale tristezza, mi poggiò le mani esattamente sul costato portandomi ad indietreggiare, oscillando leggermente come se stesse giocando.
-Con te...-.
Ingoiai lacrime diverse, di gioia, che mi rifiutai di far uscire, perchè tanto ella era già marcata da uno stupido sorriso che mi aveva curvato le labbra improvvisamente.
Aprì la porta alle mie spalle e ci ritrovammo in quella che era camera mia.
La richiuse lentamente ed io non mi allontanai di un millimetro da lui.
Appena fummo fra quelle quattro mura, soli , in silenzio , lo sentii del tutto mio.
Fu la sensazione più pura e bella che avessi mai provato.
Mi baciò.
Dolcemente, senza alcuna fretta, portandomi dietro le orecchie , quei capelli sin troppo lunghi e ribelli mentre mi conduceva verso il letto. Mentre non la smetteva di rubare pezzi di me , con gli occhi..
Poi mi fece sdraiare mentre le sue labbra non avevano lasciato per un secondo le mie.
Avrei voluto che il tempo si fermasse e che quell'attimo , per noi , fosse durato l'eternità.
Mi era mancato sin al punto di impazzire, Alexander.
Lui era una droga che,come è risaputo, una volta che la si utilizza, non se ne può fare a meno.
Vedevo così quell'uomo.
Vedevo così i suoi baci..
 Mi spogliò dal maglioncino, lasciandomi addosso solo la gonna.
Mi diede da pensare, perchè ultimamente, per quanto di quegli attimi non ne avevamo mai goduto più di tanto, lui non mi toglieva null'altro all'infuori di ciò che mi copriva il busto.
Sembrava quasi si fosse messo delle regole sue personali.
Come se si vietasse qualcosa.
Allora pensai di azzardare io, una mossa portando giù la zip della gonna.
Volevo testare le sue reazioni, volevo che non si fermasse. 
Ma forse mi spinsi a tanto solo perchè sapevo, avevo la certezza che non si sarebbe mai spinto oltre.
Prese vigorosamente la stessa mano furba che aveva semi-liberato il mio inguine da quella gabbia di stoffa , portandomela sulla testa, mentre la sua lingua solcava quel punto "Border-line" che separava la mia intimità dal resto del corpo. Esattamente sotto l'ombelico , esattamente prima di farmi perdere la capacità mentale di pensare.
Era una tortura si, ma meravigliosa.
Inarcai involontariamente la schiena e per la prima volta mi sentii libera e disinibita.
Avrei dato tutta me stessa a lui.
Ma proprio quando le cose stavano prendendo la piega naturale che avrebbero dovuto prendere e le sue mani avevano incominciato a scoprire punto per punto , ogni parte sensibile di me , qualcosa lo fermò.
-Tu sai che non posso fare ciò che vuoi...vero?.-. Mi gelò il sangue.
-So che non lo fai. Ma non ho idea del motivo...-.
-Mi sentirei un essere ripugnante ad usarti per quello scopo...-.
-E a torturarmi? Comi ti senti?..-. Ribattei quasi innervosita, placandomi appena riuscii a rendermene conto.
-Scusa..-. Proferii appena subito dopo.
Sorrise.
-E' una reazione normale la tua. E' un bisogno fisico , naturale, che io stento a farti provare per ovvi motivi..-.
-E' per questo che ogni volta ti fermi?...-.
-Diciamo di si..-.
-Pensi che venire a letto con me , mi faccia stare male?..-.
-Si..-. Distolse lo sguardo. Intuii che non era quella la risposta corretta. Che mi stava nascondendo altro.
Mi indispettii.
Ruotai su me stessa ribaltando la situazione, ritrovandomi ora io , a comandare. Ero su di lui. Dall'alto la prospettiva era del tutto diversa.
Trovai impressionante come una sciocchezza tale qual'era quella delle "posizioni", potesse cambiare letteralmente il modo di vedere la situazione.
La paura , il timore , si cancellano quando sei tu a governare gli eventi.
-Facciamo che per una volta ti rilassi e smetti di fare il "capo"-. Sussurrai, sfiorando il lobo del suo orecchio.
-Stai per commettere un errore lo sai?..-. Voleva tornare sui suoi passi , lo si vedeva. Ma con me non funzionava così.
Posai l'indice sulle sue labbra incollando i miei occhi nei suoi.
-Sono responsabile di qualsivoglia conseguenza.-.
Lo vidi terribilmente smarrito. Mi piacque da morire.
Avere il controllo su di lui era la scarica di adrenalina, più forte che avessi mai conosciuto.
 Portai le mie labbra a varcare la curva fra la sua scapola ed il collo. 
Lo rilassai , passandovi quasi impercettibilmente la lingua esattamente come lui aveva fatto a me, per poi morderlo. Vigorosamente, con l'avidità di una belva feroce.
Vederlo godere sotto di me , era totalmente diverso dal vederlo impossessarsi della mia lucidità.
Idee perverse nacquero nella mia mente.
Volevo fargli male, graffiarlo, morderlo al punto di non fargli capire più nulla.
Gli sbottonai lentamente la camicia. Volevo che lui mi guardasse eretta sul suo stesso corpo, padrona di sottometterlo e volevo, che ne fosse terribilmente smarrito.
Ogni tanto le mie iridi rimbalzavano sul suo viso. "Sconvolto" era anche più attraente.
Basta capelli perfetti, abiti intonsi. Io lo volevo vedere distrutto, vivo.
Liberai i suoi addominali dal tessuto bianco.
Era il corpo più bello che io avessi mai visto.
La sua pelle era olivastra ma non scura. Era la tipica pelle del meridione, quella perfetta ed il suo corpo lo era in ogni punto.
I suoi muscoli erano marmorei persino quando era sdraiato, ogni piccolo movimento li risaltava in tutta la loro tenacia.
L'impulso di mordere quei maledetti addominali mi salì fino alla gola.
Lo feci. Una volta , due volte per poi risalire al suo collo, mentre i palmi delle mie mani attorniavano in pieno la sua carne e correvano verso quella V tanto perfetta da farmi sudare.
-Io..Lo voglio...-. Affermai severa.
-Voglio andare a letto con te...E lo voglio adesso...-. Ribattei.
Mi guardò. Era preoccupato, qualcosa lo affliggeva, ma non disse nulla.
Lasciò che gli sbottonassi la chiusura del pantalone dal tessuto scuro, che teso per la posizione , gli evidenziava maggiormente i muscoli delle gambe ben tornite.
 In seguito mi liberai anche io della gonna, trovandola sin troppo opprimente in quella situazione, nonostante mi cadesse a pennello.
Deposi le armi, lasciando a lui l'onere di "salire al trono".
Così la situazione mutò ancora e sentii nuovamente il suo corpo su di me.
Il contatto fra pelle e pelle accrebbe la voglia che già sbracciava nel mio inguine.
Era calda. La sua pelle era a dir poco bollente.
E liscia, estremamente liscia.
Era imponente la sua figura nella mia testa.
Non avevo mai constatato quanto mi rendesse sicura la sua forma fisica.
E' uno stato mentale incontrollabile, sentirsi protetta , desiderata, posseduta dalla sola immagine di un corpo spoglio.
Mi allargò di violenza le cosce senza farmi male, insediandosi fra esse, scendendo di nuovo verso me, ponendosi nuovamente al mio stesso livello.
Mi catturò le labbra mordendole quasi a volerle strappare.
Gli occhi negli occhi e gli sguardi che si uniscono nel più profano dei modi.
Portò sulla sua vita prima una mia gamba poi l'altra.
-Ne sei sicura?...-. Sussurrò con quella voce tremendamente profonda.
-Si...-. 
Un dolore sordo, ovattato mi pervase da sotto l'ombelico fino allo stomaco.
Non avevo mai provato quella sensazione. Non avevo mai pensato che facesse così male.
I piccolissimi gemiti rotti ,cancellati poi, lo fecero fermare.
-Continua..-. Doveva capire che io non avevo paura. Che nemmeno quel dolore mi spaventava.
Continuò, incattivendosi. Era più avido, più violento.
I colpi che sentivo ripetersi dentro al mio corpo erano sempre più forti , tanto da togliermi ripetutamente il fiato.
Ammetto , gli occhi si inumidirono e non tratteni due lacrime, che lui vide, ma che forse disprezzò talmente tanto da ignorarle.
Voleva punirmi. Punirmi perchè gli avevo chiesto troppo. Perchè non dovevo costringerlo.
Punirmi perchè lui aveva represso in ogni modo quella malsana voglia di avere una ragazzina_comparandomi con la sua età_ed io , gli avevo imposto di costringersi al contrario.
Quando penso, stesse per raggiungere l'apice però, fece qualcosa di strano, di estremamente perverso e crudele ai mie occhi.
Sferrò un morso molto più forte degli altri al mio collo.
Fece un male atroce. Talmente tanto male , che mi provocò brividi freddi. Gridai appena.
Si placò, subito dopo.
Ripresi fiato.
-Adesso capisci perchè non volevo?..-. 
-Perchè ami fare male..-. Cercai di controllare il respiro affaticato.
-E non volevo farne a te...Volevo che la tua prima volta , almeno quella, fosse stata come la meritavi..-.
-Va bene così. Te l'ho chiesto io.-. Conclusi con un filo di voce.
Tremavo. Avevo paura. Mi aveva letteralmente sconvolta.
Si alzò dal letto rivestendosi velocemente come se stesse scappando.
Uscii dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Restai sola.
Strinsi le ginocchia fra le braccia restando immobile per attimi infiniti.
Non piansi. Forse avrei voluto, ma infondo ero stata io la stessa causa del mio male.
Lui era così. Era dominatore anche sotto quell'aspetto.
Mi aveva annientata anche allora. Anche , per una cosa così importante.
Mi maledissi mentalmente realizzando che qualsiasi cosa avessi voluto fare, non sarei stata in grado di farla.
"O resti o te ne vai". Ero rimasta e dovevo accettarne le conseguenze..
 
Abbandonai il letto, decisa ad accettare quanto accaduto, eliminando , almeno momentaneamente, quelle immagini dalla mia testa.
Decisi di andare a farmi una doccia nel piccolo bagnetto della mia stanza chiuso dietro un pezzo di muro che avevo scoperto solo tempo dopo, quando, passando accanto al comò, qualcosa sulla mia immagine riflessa nello specchio mi fece trasalire.
Due fori. Esattamente sul punto dove attimi prima mi aveva morsa.
Sicuramente due canini , ma non ricordavo li avesse aguzzi sino al punto da riuscire a bucare la carne.
Un rigoletto di sangue ormai secco , uscito da entrambi.
Non sembravano essere profondi, ne tanto meno mi facevano male.
Vi passai il palmo della mano sopra..
"Chi...Sei...?"

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Capitolo 8
*** Mostro... ***


Non potevo più stare li dentro,senza fare niente, senza sapere.
Avevo sperato che quella smania di voler "Indagare" mi passasse, che il dubbio sull'assenza di Alexander prima o poi avrebbe trovato risposta ,da solo, senza che io avessi dovuto intervenire .
Avevo sperato che tutto cambiasse. Avevo aspettato.
Ma con l'avvento dell'ennesimo mese passato sola, i miei nervi finirono per non reggere più quella situazione.
Così una sera sdraiata sul mio letto a pensare, decisi che dovevo agire.
Mi alzai di scatto dal letto. Nervosa , agitata, decisa a procurarmi da sola ciò che cercavo.
Per troppo tempo avevo fatto la "brava bambina", e da sempre quello, era un ruolo che non faceva per me. 
Mi infilai il primo capo che trovai nel cassetto del comò. Una maxi-maglia nera corta sulle cosce , un paio di collant dello stesso colore ed i soliti anfibi a stivaletto che per quella stagione erano più che azzeccati.
Raggiunsi l'uscita della stanza dove , appeso su un appendi-panni di fortuna giaceva la mia giacca di pelle nera, imbottita. L'afferrai schizzando fuori nel corridoio.
Gregory non c'era quella sera. Ultimamente si assentava sin troppo spesso per accompagnare Alexander.
Avevo sentito una loro conversazione pochi giorni prima. Alexander gli aveva espressamente chiesto di portarlo in paese.
Perciò era li che sarei dovuta andare a cercarlo.

Mi calai per le scale silenziosa, veloce come un serpente. Invisibile, muta, verso il mobiletto accostato alla grande parete di vetro del salone.
Sapevo che le chiavi le mettevano li e forse , sperando nella fortuna, avrei trovato un mazzo appartenente a qualche auto posteggiata nel sotterraneo.
Arrivata al piccolo tavolino feci scorrere il cassetto "misticando" velocemente al suo interno.
"Dio santo,ma quante ne sono!?". C'erano decine di chiavi. Alcune anche con portachiavi e la maggior parte ne possedeva di indecenti.
Da orsetti rosa, a cuoricini.
Continuai a spaziare all'interno del cassetto con il palmo della mano, finche' non mi capitarono all'occhio due chiavi. Una di un'utilitaria e l'altra di una Mercedes.
"Karoline". Un nome sulla placchetta d'argento.
Che significava? Perchè c'era un nome di donna su un porta chiavi?
Conclusi che quelle chiavi, per qualche losco motivo , non appartenevano a lui.
La rabbia che era avvampata in me, era accecante.
Presi a pugno stretto il maggior numero di chiavi possibile, ed a passi pesanti come il piombo , raggiunsi la porta del garage.
Accesi la luce. L'ingresso del sottoscala che portava alle auto , era simile a quelli che si vedono nel film Horror. La luce al neon ballonzolava come se colpita dal vento , ed ardeva ad intermittenza.
Faceva freddo li sotto e l'odore di umidità era insopportabile.
"Quante altre cose mi stai nascondendo?".
Scesi la fitta rampa di scale , lentamente. Erano così ripide che ebbi la sensazione di avere le vertigini.
Cercai comunque di non considerare tutto ciò che poteva spaventarmi , come ad esempio quegli schifosissimi ragni su ogni fessura del muro...
Gli ultimi tre gradini li volai ed una volta raggiunta "terra" finalmente, mi potei pulire da tutte quelle ragnatele passandomi le mani addosso come una pazza.
Resettai l'impulso di urlare.
Alzai lo sguardo dritto a me per constatare quante auto ci fossero.
Quel posto ne era pieno.
Sapevo che Alexander era ricco da far schifo , ma, anche un uomo con tanti soldi, non avrebbe potuto avere tutte quelle auto.
E poi perchè spendere soldi per utilitarie , "maggioloni" , ed auto che di tutto sanno forchè di uomo?
Ce n'erano alcune anche di almeno una ventina d'anni fa. O era un collezionista oppure? Cosa poteva essere?
Come ci erano arrivate fin li? E soprattuto perchè? Lui mi aveva detto di non aver mai fatto avvicinare una donna a casa sua all'infuori di me..
L'ansia ed i dubbi incominciarono ad assalirmi lasciandomi rintronata, inerme, senza ancora aver avuto la possibilità di razionalizzare il tutto.
Mi incamminai nel piccolo labirinto creatosi fra auto ed auto , mentre con un occhiata, constatavo che tipi di chiavi avevo preso e con una seconda cercavo l'auto al quale appartenessero.
Finalmente trovai la coppia. Una Mercedes nera laccata, credo fosse di ultimo modello. Quella era sua. Troppo signorile , per essere di una donna.
L'aprii calandomi al suo interno.
L'odore che giaceva dentro l'abitacolo , era di pelle, la stessa dei sedili. Non era utilizzata, o per lo meno non frequentemente.
Inserii la chiave solo dopo aver tirato un gran respiro, seppur non fosse affatto di sollievo.
Era da li che partiva la vera "missione" era da li , che non potevo più commettere errori.
Anastasia doveva diventare un fantasma e non avrebbe per alcun motivo, dovuto sbagliare nemmeno una mossa in quella scacchiera di eventi assurdi..

L'interruttore a sensore di movimento della serranda si sollevò quando il muso dell'auto raggiunse il suo "campo visivo". 
Una folata di neve portata dal vento si scagliò sul cofano della macchina. 
"Proprio stanotte ci deve essere una tempesta di neve?!".
Ero brava...Ok, me la cavavo , a guidare...
Quando ero più piccola, avevo rubato decine di volte l'auto dei miei, assieme ad un mio compagno del college, e lui mi aveva insegnato parecchi trucchetti.
Finalmente potevano essermi utili.
Lentamente azionai il motore della vettura che come un giaguaro, lenta e letale , uscì dal box auto.
Mi ritrovai nel bel mezzo del nulla ,coperto dalla neve ,che aveva alzato un fitto polverone molto simile alla nebbia.
Non avevo mai visto l'esterno della villa così da vicino.
Per me quel posto , quel giardino, l'uscita di casa erano tutte immagini stampate a cartolina nella mia testa.
Persi l'orientamento quasi subito, ritrovandolo per puro caso , quando proseguendo adagio nella neve , non mi sporsi verso il finestrino passeggero , constatando che avevo appena imboccato una stradina stretta , collocata al bordo di quello che sembrava un colle.
Immaginai quel posto di giorno. La villa quindi, doveva essere collocata su un rialzo raggiungibile solo attraverso quella stradina sterrata che attorniava quella parte di terra come un girocollo.
Più in la , le luci del paese.
Erano flebili , sembravano fuoco su vecchi torcioni di legno.
Quel posto non era la mia città. 
Più mi avvicinavo al paese , più mi accorgevo che quel posto era dimenticato dalla storia.
Muri vecchi. Case obsolete. Strade che ancora non avevano conosciuto l'asfalto..
Che posto era? Dov'ero finita?
Raggiunsi i cancelli del piccolo borgo.
Da li , la mia auto non poteva più passare.
L'idea di dovervi scendere mi strinse la gola.
Quel posto sembrava un pezzo di mondo dimenticato da Dio. Deserto. Squallido.
Se mi avesse aggredito qualcuno?
Spensi la vettura ed appoggiai quasi gettandola, la schiena sullo schienale in pelle.
Le mani ancora strette al volante e lo sguardo lontano che fuggiva fra le viuzze tra un palazzo e l'altro.
"Fin dove sei disposta a spingerti?".
Mentre mi ponevo la fatidica domanda lanciai un colpo d'occhio, quasi involontario, alla mia destra.
Il cuore mi perse un battito.
-L'auto di Alexander...-. Mormorai incredula.
Lui era li , era certo ora..
Guardai ancora di fronte a me, alla strada del tutto buia illuminata di pochissimo.
La scrutai terrorizzata e per un attimo tutto il mio corpo si fece rigido.
Strinsi un pugno sullo sterzo della vettura inglobando contemporaneamente più aria possibile.
Alla fine scesi di "botta". Infondo io prendevo così le mie decisioni.
Di colpo. "Si o no", "bianco o nero", tutto capitolato da un "fallo, è ora".
Azioni concluse da un obbligo.
Qualcosa da non poter rifiutare.

L'aria fredda rintronò i miei polmoni ghiacciando l'intero mio corpo.
Mi strinsi nelle braccia.
"Cammina Anastasia, non è il momento di pensare al freddo".
Mossi passi goffi nella neve affondandoci talvolta.
Avevo sempre amato la coltre bianca che ogni inverno tingeva le strade di mezzo mondo, ma da circa qualche minuto a quella parte aveva incominciato a darmi sui nervi...Parecchio.
Sorpassai il cancello d'ingresso al paese.
-C'è nessuno?...-. Proferii esitante. 
L'idea era stata quella di constatare la possibilità che non fossi l'unica anima presente in quel posto , ma subito dopo avevo serrato la mascella ripesando che Alexander, essendo anche lui li, avrebbe potuto accorgersi di me, e Dio solo sa che avrebbe fatto poi, se mi avesse trovata!
Così continuai proseguendo nel silenzio più ovattato.
Scrutando ogni millimetro attorno a me.
Attenta, furtiva.
Ad un tratto lo sguardo mi cadde su un pezzo di ferro semi-coperto dalla neve.
Mi cucciai per afferrarlo. In quel posto un'arma poteva, anzi , mi sarebbe stata sicuramente, d'aiuto.
Lo portai davanti a me a proteggere il mio costato e inconsciamente mi sentii più sicura.
Girovagai per le stradine umide coperte di candido, penso..per una mezz'oretta buona.
Non sapevo bene dove cercare, a chi rivolgermi.
Non sapevo, alla fine , nemmeno perchè avevo deciso di finire li.
Mi fermai. 
"Gli abitanti qui, dormono tutti...". Guardai le finestre di una casetta chiuse da due ante di legno logoro.
Mi ritrovai a camminare ancora , talvolta giocherellando con il bastone di ferro alzando la neve da terra o pezzi di chissà che cosa , sepolti da ella, quando, inconsapevolmente mi ritrovai ai piedi di quella che sembrava una locanda o un ostello.
Le imposte erano chiuse al pian terreno , mentre quelle di una stanza al piano superiore erano spalancate e lasciavano fluire un'insolita luce rossa.
Mi accostai con la schiena al muro estrapolando la mia figura dal colpo visivo di chiunque si fosse affacciato.
"Allora qualcuno vivo in questo paesino di merda,c'è!?".
Pensai quasi rinvigorita , speranzosa di un pò d'azione.
Zittii la mia mente cancellando ogni pensiero, concentrandomi sui suoni che uscivano da quelle imposte.
Arrossii imbarazzata quando le mie orecchie sentirono gemiti ed ansimi.
Avevo appena spiato con l'udito un uomo ed una donna nel loro attimo più intimo..
Scossi la testa.
E se fosse stato lui?
Se ci fosse lui in quella stanza?
Quando mi decisi ad entrare però , un grido disumano proveniente da tutt'altra direzione mi fece trasalire.
Mi voltai di scatto verso il nulla di un paese al buio perso nel niente della notte.
All'improvviso avvertii una sensazione di bruciore al collo, un dolore intenso, forte, insopportabile che si diramava fino al petto.
"Ahh!".
Mi cucciai sulle ginocchia portando una mano al collo.
Bruciava la mia pelle. Era rovente e non capivo perchè.
"Che diavolo mi succede?"
Brividi freddi mi percorsero la schiena. Sudavo ma non avevo il minimo caldo.
Tremavo e non riuscivo a smetterla.
Qualcosa scattò dentro me. Era nel buio che dovevo andare.
Fu come un richiamo quel dolore.
Qualcosa che mi spingeva li , attraverso quella parete scura della notte , attraverso ogni paura ormai inesistente nella mia testa.
Mi alzai senza togliere la mano dal collo ed i miei piedi parvero muoversi da soli.
Nel pugno destro , il pezzo di ferro, stretto. 
Non so spiegare cosa mi stesse accadendo. Fu come un allarme. Un SOS che stava suonando dentro le mie vene.
La paura, il dolore , c'erano si, ma solo per una sensazione indecifrabile che covavo nel petto.
Non per il buio, o per paura di essere aggredita. No, nulla di tutto ciò.
Provavo gelosia come se avessi appena scoperto di essere stata tradita.
Ma da chi? Come?
Ero sola , maledizione!
L'accavallarsi di emozioni mi rintronò nuovamente fino alla nausea, e più mi muovevo in avanti, più il dolore si faceva intenso , insopportabile, da strappare il fiato..
"Dove sono?".
Attorno a me una strada, molto più ampia. Immersa nel buio, nemmeno più le torce ad illuminarla, ma solo il chiarore della luna.
Un'ombra. Giaceva china a terra alta su qualcosa di sdraiato nella neve.
Non distinsi bene che cosa fosse finche' non mi avvicinai maggiormente , nascondendomi dietro un muro.
Un corpo. Una donna esanime. Un secondo corpo chino di fianco, sporco di sangue.
"L'ha uccisa...". Pensai con terrore e ribrezzo indietreggiando sbadatamente colpendo un cassonetto.
Mi arrestai immobile con la speranza che quel pezzo di latta tremolate la smettesse di fare tutto quel baccano.
La sagoma si voltò di scatto.
Persi un battito.
Sentivo il suo respiro nonostante fosse a metri di distanza.
Erano ringhi. Rantoli cupi. 
Gli stessi che avevo sentito in casa , provenienti da camera di Alexander.
Avrei voluto scappare, ma le mie gambe sembravano essere paralizzate.
L'ombra si alzò lentamente e sembrava venirmi incontro.
Provai a muovermi ma un'ennesima fitta mi strappò le forze.
Caddi a terra.
Quando mi sollevai , il bagliore della luna era piombato sul viso dell'ombra...
Era Alexander o quello che ne era rimasto di lui.
Lunghi canini. Occhi iniettati di sangue. Pupille rosso fuoco.
Un rigoletto di saliva al lato del labbro inferiore che diventava tutt'uno con il sangue sul suo viso.
Guardai la donna. Il suo collo era martoriato. Le ossa che lo componevano facevano capolino dalla pelle. La carne del tutto lacera..Il sangue ovunque..
"Un mostro...Alexander è...Un mostro..". Provai a scappare, ad alzarmi e correre.
Piangevo. Piangevo per il terrore. Piangevo perchè non avevo mai visto una creatura simile.
Volevo fuggire. Volevo tornare a casa mia.
"E' un incubo. Solo un incubo". Continuavo a ripetermi mentre il mio cervello razionalizzava la strada da prendere a ritroso, per arrivare alla macchina.
Poi...Andai a sbattere con qualcosa. Fu un colpo sonoro che mi fece sembrare di aver urtato un muro.
Caddi a terra nuovamente. La testa confusa. La vista appannata.
"Gregory...".
Anche lui aveva gli stessi canini aguzzi. Anche i suoi occhi erano palle di sangue fluorescenti.
Ma io non potevo muovermi. Io non potevo fuggire.
-La..scia..mi-.
A breve tutto si fece nero. Tutto si spense...
Ed io mi persi...

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Capitolo 9
*** Verità ***


Tornai a riaprire gli occhi. Ero nuovamente in camera mia.
Non so per quanto tempo ero rimasta priva di sensi, ne, tanto meno, sapevo come , da quel paesino spettrale , ero riuscita a tornare a casa.
Avevo ancora dolore per tutto il corpo e la testa mi sembrava essere diventata pesante come un mattone,per di più ero confusa come se mi fossi svegliata dopo una sbornia colossale. 
No..Non era affatto piacevole quella sensazione..!
Provai a sollevarmi a fatica, ma di colpo ripiombai di schiena , tonfando dolorosamente sul materasso che per quanto ero dolorante , mi era parso di ferro.
Persi il respiro. Che diavolo era stato a farmi tornare così maldestramente , sdraiata!?
Alzai lo sguardo ai miei polsi. Ero legata!
 In quell'istante la porta si aprì e l'immagine di Alexander apparve come un' ombra nella stanza.
Imminenti le immagini della notte passata mi frustarono la mente.
Alexander..Gregory..Quella donna..
Alexander era un mostro! Gregory lo era, e quella donna era morta! L'aveva uccisa lui!
Mi dimenai freneticamente cercando di liberare i polsi. Fu inutile, ogni mio movimento parve vano.
La paura accrebbe vertiginosamente dentro me annebbiando la capacità, di ragionare , di razionalizzare, di restare calma.
Mantenni lo sguardo su di lui. Temevo più di ogni altra cosa quell'uomo, specie ora che sapevo,che avevo visto la sua malattia e di cosa si trattasse.
Non era solo un mostro , era un assassino, un cannibale...Ed io ero la preda nelle sue mani.
Mi scrutava in silenzio.
Cosa avrebbe detto? Che giustificazione mi avrebbe dato? 
"Ti ho legata perchè tu non potessi sfuggirmi..Sai a me piace mangiare le donne..".
Avrei voluto strillare e piangere.
Provò ad avvicinarsi , lentamente..
-STA FERMO!-. Lo freddai.
-Non ti azzardare ad avvicinarti a me!-. Gridai ancora.
Si arrestò all'istante.
Sul suo volto , nacque la tristezza più assoluta. Adesso mi spiegavo quell'eterno sguardo ammorbato che giaceva sul suo viso da mesi..
-Posso spiegarti...-. Proferì quasi con un filo di voce.
Non mi guardava più adesso.
-Spiegarmi?Cosa?!...Perchè mi hai legata? Perchè hai ucciso e divorato quella donna?!Cosa devi spiegarmi?!Come mi dovresti convincere che tutto questo sia normale!-. 
Tentai ancora di divincolarmi dalla corda che mi teneva le braccia allacciate alla spalliera del letto.
-Devi ascoltarmi Anastasia...-. La sua voce non era più alta di un soffio. 
-Dovrei ascoltare le parole di un assassino?...-. Anche la mia si ridusse ad un sospiro. Ero distrutta. Realmente, un colpo del genere, non me lo sarei potuto immaginare, e di certo, non avrei mai immaginato che scoprire una cosa del genere mi avesse potuto fare così male.
Mosse l'ennesimo passo arrivando a sedersi sul bordo del materasso. Ritrassi i piedi di riflesso , come se anche solo sfiorarlo accresceva il ribrezzo che provavo per lui.
Il suo sguardo era incollato al pavimento. Era spento, privo di vitalità. Forse quell'uomo stava peggio di me.
-Non voglio che tu ti sforzi a credere a ciò che ti confesserò...-. Era difficile persino, anche per lui , dover ammettere le sue colpe, dover parlare di quanto fosse accaduto quella notte.
-Dio, non credevo che arrivati a questo punto , potesse essere così frustrante dover parlare di una cosa del genere...-. Sospirò passandosi una mano fra i capelli, come era solito fare quando si trovava a dover affrontare un problema.
Restai in silenzio, in attesa delle sue parole, senza emettere un fiato.
-Io, non sono un uomo normale Ana. Tu mi hai conosciuto come un semplice avvocato di successo, con una bella villa , un mare di soldi, una vita agiata e...Felice, per quanto il mio schifo di vita lo possa essere. Ma io , non sono affatto quello che conosci tu...-.
Incominciai a sentire le gambe tremarmi. Pregavo con tutta me stessa che non mi dicesse nulla. La verità mi terrorizzava.
-Quell'essere che hai visto la notte scorsa, quel mostro...Ecco, quello sono io Ana. Un abominio. Una creatura che persino Dio o Satana ,rifiuterebbero senza pensarci due volte...Io, sono lo stesso essere che ha divorato la carne di quella giovane, lo stesso che ha ucciso decine di donne...Ti sarai sicuramente chiesta il perchè di tutte quelle auto nel sotterraneo quando hai rubato la mia, vero?...Ecco , quelle auto appartengono a donne conosciute casualmente  in viaggi di lavoro, alle riunioni, o più semplicemente , circuite ed uccise mentre facevano benzina...Io ho bevuto il loro sangue e mangiato la loro carne, perchè senza morirei...-. La sua voce si era fatta acuta e triste, come se di li a poco fosse potuta sfociare in un pianto dirotto.
Alexander si disprezzava più di quanto non lo facessi io. Si detestava. Detestava essere quello che era e me lo aveva fatto intendere in ogni modo.
-Io sono un vampiro...-. Concluse attimi dopo.
-U...Un vampiro?...-. 
Esistevano veramente?
-Esattamente. Come quelli dei film horror, solo, con la piccola particolarità , che a me non serve solo il sangue umano per sopravvivere..Io devo divorare le mie prede fino a mangiarne il cuore...-.
Un conato mi salì alla gola.
-Perchè proprio il cuore?-. Mi guardò stupito , forse si sarebbe aspettato più una frase come"liberami immediatamente", anzi che delle informazioni.
-E' la parte più importante del corpo. Senza cuore le persone non possono vivere...-.
"Ah già..Era ovvio"..
-Come sei diventato..Un vampiro?..-. La mia voce si calmò. Divenne pacata, tranquilla. Non volevo metterlo a disagio e  non sapevo nemmeno perchè.
Forse lui, per me, soffriva già troppo.
-Ci sono nato. Appartengo ad una stirpe di vampiri puro-sangue, l'ultima generazione ancora in vita.-.
-E Gregory?..-.
Mi scrutò nuovamente, ma questa volta quasi impassibile.
-Lui no. l'ho trasformato io...-.
-Puoi anche far diventare le persone come te?-. Chiesi quasi sorpresa.
-Si.-. Abbassò repentinamente lo sguardo.-Ma non è affatto una cosa positiva. Essere come me , non significa essere me...-.
Aggrottai le sopracciglia.
-Che vuoi dire?-.
-Ecco...Quando un umano viene morso e metà del suo sangue viene bevuto da un vampiro puro sangue, esso diventa ,si, un vampiro, ma la sua durata di vita, la sua forza, il suo corpo non saranno mai come quelli di un vampiro puro.-. Si alzò dirigendosi verso la testata del letto.
-Questo significa che vivrebbe molto più di un umano ma molto meno di un vampiro , la sua forza perdurerebbe in lui finchè il suo corpo è capace di sostenerla e poi...-. Si interruppe.
-E poi?-. 
Mi sciolse una delle corde liberandomi il primo polso.
-E poi diventerebbe sabbia senza nemmeno accorgersene...-.
Sgranai gli occhi.
-E'...Così che muore un vampiro?-.
Sospirò una risatina brevissima.
-Non solo così.-.
-E come? Con un paletto di legno nel cuore?-. Fece il giro del letto fino a raggiungere l'altro polso, sporgendosi leggermente verso me..
-Ahah..Quelle sono stupidaggini da film...No. Noi possiamo morire solo se nel nostro cuore viene conficcato dell'argento puro.-.
-Ma tu hai tante cose di argento dentro casa, non ti danno fastidio? Non ti brucia la pelle?-. Tornò a sedersi , questa volta, molto più vicino a me, scrutandomi quasi con sguardo paterno.
-Quel tipo di argento non è "l'argento" che intendo io...-.
Si sporse verso uno dei comodini, poi, mi porse un foglio di carta.
Sembrava vecchio, usurato dal tempo. Era ingiallito, sgualcito.
Sopra, giaceva un disegno.
-Sembra una pistola..-.
-E' una pistola. Si chiama Death-Rose. E' l'unica arma che possiede il tipo di argento che può uccidermi...-.
-Chi la possiede?-. Domandai quasi preoccupata stringendo maggiormente il foglio di carta fra i polpastrelli.
-Gli Hunter...-.
Non ne avevo mai sentito parlare..
-Che sono gli Hunter?-.
-Cacciatori. Sono gli acerrimi nemici dei vampiri...-.
Sfiorai le sue iridi con le mie , scrutandolo quasi incredula, dubbiosa.
-Mi stai dicendo che tutto questo...Esiste veramente?...-. Mormorai appena.
Ero palesemente confusa.
Come potevano esistere cose del genere?
Fino a qualche mese prima la mia vita era una corsa ad ostacoli fra noia e lavoro...Ed ora?
Dov'era finita la mia quotidiana realtà? 
-Non ti mentirei mai su una questione del genere...E poi tu ci hai visti con i tuoi occhi..-. Guardò alle mie spalle. Mi voltai.
Anche Gregory ci aveva raggiunti. 
-Era di loro, degli Hunter, che aveva paura?-. Mi voltai domandando al maggiordomo, che mi fece cenno di si con il capo.
-Sono così pericolosi?-. Tornai a rivolgermi al vampiro.
-Sono in grado di uccidermi...Ed io non sono mai morto da duecento anni a questa parte...Tu che dici sono pericolosi?-. Mi ripropose la domanda quasi con ironia.
Distolsi lo sguardo.
-Bhe, si ...Sono pericolosi...-. Restai zitta per qualche istante mentre nella mia testa cercavo di riordinare tutti i tasselli. Lentamente tutto si stava facendo più chiaro, comprensibile, ma io le risposte le dovevo avere da lui.
-Allora. Mi hai spiegato perchè ci sono tutte quelle auto. Mi hai svelato chi sei realmente..Chi è Gregory...Ma...non mi hai detto perchè io sono qui..Con quale "magia" mi hai costretta a restare...-. Il mio sguardo si fece inquisitore , schiaffeggiando il suo.
Sussultò quasi impercettibilmente , tornando calmo subito dopo.
-Immaginavo non fossi una stupida...-. Persi un battito.
Io avevo tirato i dadi alla cieca buttando giù un'ipotesi alla quale non avevo mai pensato...!
Portò entrambe le mani sulle mie spalle, fissandomi dritto negli occhi.
-Ana. Non voglio che cancelli nessuna delle parole che ti ho detto prima di questo momento...-.
Ingoiai a vuoto.
-Promettimelo..-. Aggiunse severo. La sua espressione era mutata nuovamente. 
-Te...Te lo prometto...-.
-Bene..-. Socchiuse leggermente le palpebre, per poi riaprirle un istante dopo.
-Sin da quando tu sei entrata nel mio studio..Io ho avvertito qualcosa di strano in te. Tu non eri una ragazza qualsiasi...-.
Mi tornò in mente quel giorno. Le sue parole, il modo di osservarmi. 
Un velo di malinconia piombò nel mio petto.
-Dopo il primo incontro, ne ebbi la certezza. Il tuo odore, i tuoi occhi, tutto era diverso da una ragazza qualsiasi. Tu, Anastasia, sei molto di più...Così ho usato il mio sguardo, o meglio il potere racchiuso in esso, per convincerti che ogni mia decisione fosse tua....Mi dispiace, non volevo imbrogliarti...-.
-Quindi...Se io sono qui...E' solamente perchè TU l'hai voluto...-.
Sentii mancarmi la terra da sotto i piedi. In un attimo ero finita nello sconforto della verità. In una frase , avevo scoperto quanta menzogna avevo bevuto per mesi..
-Hai fatto tutto questo solo perchè..Mi vedevi diversa, per una tua curiosità?!-. Gridai, e due lacrime scivolarono sul contorno del viso.
Mi scrutò smarrito, poi, scosse il capo.
-No!...Cioè all'inizio si, era principalmente per quel motivo..Ma poi..Ana, io ho sempre faticato a fidarmi degli estranei, mentre con te è stato diverso. Tu mi hai dimostrato rispetto, devozione, fiducia...Mi hai accettato anche quando la sofferenza ti stava divorando dentro...-. Respirò appena, e tornò a guardarmi.
-Quando ti ho detto di amarti...Lo pensavo veramente..-.
-Come...Come faccio a crederti..-. Singhiozzai.
Si avvicinò nuovamente portando una mano al mio braccio.
-Te lo sto dicendo senza guardarti negli occhi...Senza usare alcun potere...-.
Strinsi i pugni..
"E' stata tutta una menzogna. Una stupida bugia"..
-Mi hai usata...-.
Non rispose.
-Mi hai trattata come una pedina...-. Cercai di soffocare un singhiozzo.
-Io mi sono fidata di t...-. All'improvviso sentii le molle del materasso oscillare appena.
Le sue labbra si appoggiarono alle mie senza che io potessi ribellarmi. Delicate come un soffio sulla pelle.
Calde come il fuoco.
Tremai.
Poggiò entrambe le mani sulle mie guance prima di allontanare la sua bocca dalla mia.
-Non uso più il mio potere da quando sei arrivata qui...Ogni scelta che hai compiuto è stata solo tua.-.
Perchè il cuore continuava a dirmi di credere alle sue parole?
Mi divincolai debolmente dalla sua presa, mentre con il palmo della mano mi asciugavo il volto dalle lacrime.
-Perchè mi hai costretta a venire qui?...-.
-Perchè in te , ho, sin da subito, captato qualcosa che un umano normale non possiede..-.
Lo scrutai spaesata.
-Se intendi dirmi che sono una vampira, beh.. Ti sbagli di grosso. Non ho voglie sadiche e disumane di sbranare carne..-. Proferii acida.
-Io non sono un mostro..-. Conclusi poi, tagliente.
-No. Non è questo...Tu sei molto peggio...-. Sbarrai le palpebre.
-Io ti ho morsa. Ho bevuto il tuo sangue, eppure, tu, non ti sei trasformata. Non è cambiato nulla in te...-.
Disse quella frase come se ne avessi colpa.
-Forse non ne hai bevuto abbastanza...-. Tentai nel dire , sussurrando appena le parole.
Mi folgorò con le iridi, piombando con lo sguardo su di me.
-No. Ne ho bevuto metà...Metà esatta.-.
Doveva spaventarmi quel dettaglio?
-Forse hai pensato tu, che fosse metà. Magari...Non lo era..-.
Si alzò di scatto.
-No, no Ana. Ne sono certo!...-. Era preoccupato, mai lo avevo visto così.
-Questo...Vuol dire solo una cosa...-. 
Restai con il fiato sospeso. 
Sentivo il cuore nel mio petto, esplodere.
-Sei immune ai morsi dei vampiri...Probabilmente perchè nel tuo sangue scorre lo stesso Argento di cui ti ho parlato..-.
-Argento? Nel sangue?...-.
Portai d'istinto una mano sul polso della gemella osservandone le vene.
-E' l'unica spiegazione. Tu..Dovresti esserti trasformata...E non lo hai fatto..-. 
Andava avanti ed indietro per la stanza freneticamente, come se stesse impazzendo.
-Se hai paura che io possa ucciderti....Non lo farò.-. Si arrestò di colpo.
-Non ho intensione di ucciderti. Io...Ti credo, non chiedermi perchè, ma, ti credo e no, non ho voglia di macchiarmi le mani di sangue...-. Dissi fredda come il gelo.
-Non è solo di questo che ho paura...-.
-Ah no? E di cosa?-. 
-Loro...Potrebbero trovarti e costringerti ad uccidere migliaia di vampiri usando il tuo sangue...-.
Trasalii internamente.
-No! Mi opporrei!-. 
Sospirò una risata ma la curva di un triste sorriso sulle sue labbra, non svanì.
-Se fosse così semplice , Ana, staresti dormendo beata nel tuo letto senza avermi mai dovuto conoscere...-.
Quindi "Loro" erano forti tanto quanto lui , se non di più..?
Sospirai pesantemente alzandomi dal materasso quasi trascinando me stessa.
-Una cosa è certa..-. Lo guardai dritto negli occhi.
-Arrivata a questo punto...Non ti abbandonerò...Se posso combattere questi Hunter al tuo fianco, lo farò...Ad ogni costo...-.

Credo che ad un certo punto, per ogni situazione nella vita, bisogna ricorrere al "dover scegliere".
La vita è un susseguirsi di scelte. 
Non si può sfuggire da esse...
Ed io, avevo avuto l'opportunità di farlo. Potevo scegliere e beh, lo avevo fatto.
Non lo avrei lasciato in balia di un destino amaro.
Amavo quell'uomo. In qualche modo gli dovevo tanto. E seppur provassi sentimenti confusi , contrastanti..Non lo avrei mai tradito.

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Capitolo 10
*** Quello che sei. ***


-Sei veramente sicura di voler rimanere al mio fianco?-.
-Si...E' quello che voglio...-.


Non avevo idea di cosa volesse dire restare a combattere "dalla sua parte". Non sapevo, non potevo immaginare cosa i miei occhi avrebbero dovuto vedere..
Ne cosa IO stessa avevo scelto di sopportare...

-Vestiti...-. 
Era notte. Fuori i fiocchi di neve erano trascinati da un vento crespo e fitti si erano fatti nebbia in meno di niente.
Alexander era apparso in camera mia come ormai faceva da qualche sera a quella parte, pronto per uscire a "Caccia".
Ero già vestita. Non amavo farlo attendere. Lui aveva fame, ed ogni volta che ne aveva, stava male, tremendamente male.
La sua pelle si faceva più chiara, quasi grigia e colpita dalla luce fioca delle lampadine pareva brillare di sudore. Attorno ad i suoi occhi apparivano due solchi rossastri simili a profonde occhiaie.
Ma era il suo respiro, ciò che più mi faceva capire il suo stato di malessere. Pesante, affaticato come se avesse corso per ore.
Non risposi. Mi alzai dal materasso e velocemente infilai la mia giacca.
Solo dopo qualche giorno dalla nostra "chiacchierata" , lui mi aveva concesso di accompagnarlo.
Avevo perciò , da poco scoperto in cosa consisteva il mio ruolo..
Scendemmo le tre rampe di scale e poi ancora quelle del sotterraneo.
Gregory davanti a noi , che ci faceva strada.
Raggiunto il garage, Alexander sfilò un mazzo di chiavi dalla tasca del suo pantalone nero, inserendole nella chiusura di un BMW.
Mi voltai verso Gregory fissandolo come per dirgli "Ehy ma hai intensione di farlo guidare in quello stato?", ma lui era di spalle, rivolto verso un pezzo di muro non lontano da noi ,che sfilava qualcosa da due "piedi" inchiodati nel cemento.
-Cos'è quella?-. Venne verso di me porgendomi qualcosa che assomigliava del tutto ad una spada giapponese , con tanto di cappuccio.
-Una Katana. Sono sicuro che le farà comodo...-. Accennò un breve sorriso.
Lasciai che l'arma mi scivolasse su entrambi i palmi delle mani.
L'osservai incredula.
Era stupenda. Il cappuccio lungo almeno un metro e mezzo, marrone scuro. Attorno, allacciato, un filo di seta rosso che lo ricopriva quasi del tutto. Anche sull'impugnatura giaceva lo stesso filo rosso che alla fine si allacciava lasciando due lacci più chiari ma dello stesso color vivo , ondulare nel vuoto.
-Sembra una spada dei film!-. Esclamai del tutto entusiasta.
Il secondo vampiro sorrise ancora , soddisfatto questa volta, mentre entrambi ci dirigevamo alla vettura.
-Quella spada è forgiata a tal punto che la sua lama possa tagliare qualsiasi cosa. E' un cimelio di famiglia..-.
-Vi fidate a lasciarla a me?-. Lo scrutai dubbiosa.
-Sono certo che lei, Signorina, sia la persona più adatta a maneggiarla.-.
"Ripongono così tante speranze in me?".
-Prego si accomodi..-. Tornai con la mente lucida a quel momento.
Alexander era già in auto , seduto dietro e Gregory aprendo lo sportello, mi stava invitando a raggiungerlo.
Entrai e poco dopo il maggiordomo , raggiunse il posto di guida.
Quando l'auto fu fuori dal Box, incominciò a salirmi una sensazione d'angoscia in petto.
Avere per le mani un'arma, probabilmente, doverla anche usare...Quando! Quando ero finita in quel macello!?
Osservai tutto ciò che mi circondava all'esterno. In silenzio , finchè non fu proprio Alexander ad aprir bocca, facendomi sussultare involontariamente.
-Sei preoccupata?-. Proferì mormorando appena.
Sospirai.
-Un pò. E' la prima volta che mi date un'arma...-. Non rivolsi lui lo sguardo, mantenendolo serrato sull'oggetto appuntito.
-Sarà anche la prima volta che ti lascerò guardare. Devi essere pronta a tutto.-. 
Persi un battito.
Non lo avevo mai visto uccidere esclusa la notte dove avevo saputo.
-Emh...Non so se sono pronta per questo...-. La voce mi tremò appena sulle corde vocali.
Poggiò il palmo della sua mano sulla mia.
-Lo devi essere Ana. O non puoi restare con me...-. Una smorfia d'angoscia tinse il mio viso.
E se non lo fossi stata? Se non fossi stata capace di proteggerlo? 
Forse avevo veramente troppa paura di morire..
-Signorina, non si preoccupi io le starò vicino..-. Guardai sullo specchietto retrovisore il volto semi-coperto di Gregory.
Mi sorrideva , sembrava del tutto rilassato.
Ricambiai accennando, anch'io, un breve sorriso.
Tornò ad avvolgersi di silenzio, l'interno della vettura, ma i pensieri che affollavano la mia testa , mi risultavano un gran baccano.
All'improvviso , il maggiordomo accese la radio sintonizzandola su un qualsiasi canale di musica.
Inaspettatamente entrambi incominciarono a cantare.
Li scrutai del tutto incredula.
Cantavano con il sorriso sulle labbra , erano ...Rassicuranti.
-Ahaha, Greg , come sapevi che quella canzone era la mia preferita!?-.Persino Alexander sembrava non star più male.
Riuscirono a farmi apparire un velo di sorriso sulle labbra sottili, tese, e come se non ci fosse mai stata , a farmi sparire la paura  che mi aveva costretto il petto sino a pochi attimi prima.

Poco dopo la vettura si arrestò.
-Siamo arrivati...-. 
Il mio cuore sembrò fermarsi.
Avevamo raggiunto una cittadina. Non era più quel vecchio paesino abbandonato. Le mura erano decisamente più recenti e ben messe. In strada , c'erano passanti, c'era vita.
-E' qui che vuoi attaccare?-.
-Attaccare?-. Mi scrutò con un cipiglio, ma non sembrava essere disturbato da quel verbo. Pareva esserne divertito.
-Mmmh Perchè tu come lo chiami?-.
-Magiare.-.
Brividi d'orrore mi fecero accapponare la pelle.
-Ah! Già dimenticavo...!-. Pronunciai con un gesto di stizza.
Gregory venne ad aprirmi la portiera ed una folata di vento gelido penetrando nell'auto, mi congelò fino alle budella.
Mi irrigidii di colpo, ma sapevo che non potevo farli aspettare. 
Scesi. L'arma stretta in un pugno.
Il maggiordomo mi scrutò e non dedussi subito quale fosse la sua espressione.
-Ha intensione di girare con "quella" stretta nelle mani, in bella vista? Vuole terrorizzare questa povera gente , per caso?-. Aveva tutta l'aria di una beffa quel susseguirsi di domande pronunciate da lui.
Portai lo sguardo alla mia mano.
Oddio, effettivamente non era l'ideale girare in quel modo...!
Lo guardai come per chiedergli che altro avrei dovuto fare.
-Tenga..-. Mi porse una cintura che non avevo mai visto prima di allora.
-La metta sotto la giacca. Questa parte va sulla vita...-. Mi aiutò.
-Mentre questa , sulla spalla.-. Una volta che fui legata come una salsiccia, infilò l'arma in un asola sul lato destro dei mie fianchi.
-Le sarà facile tirarla fuori senza dover togliere nemmeno il cappuccio..-. Capitolò soddisfatto.
-Grazie.-. Sorrisi.
-Allora?Voi due, avete finito di perdere tempo?-. Ci riprese il puro sangue.
-Eh! Si ecco!-. Lo raggiunsi velocemente.
Eravamo nascosti in un vicolo, sommersi dal buio. La strada di fronte a noi illuminata da svariati lampioni. I marciapiedi , umidi semi-coperti dalla neve, illuminati talvolta dai led delle insegne che si mescolavano alle luci artificiali dei pali , su ogni lato della via.
Poca gente in giro su quel pezzo di strada.
-Hai intensione veramente di esporti così tanto?-. Non mi capacitavo di quanta noncuranza per i particolari , per quanta fretta, stesse impiegando per "Mangiare".
-E' troppo avventata come mossa secondo me..-.
-Sta a vedere...-.
Balzò in un salto non umano dall'altro capo della strada. Nessuno se ne accorse. 
Alexander era come l'ombra.
Poi, ancora, un secondo balzo atletico gli permise di raggiungere un tetto.
Lo seguii con gli occhi fin lassù, non rendendomi conto che per lo stupore le mie labbra erano semi-aperte.
-Come pensa che io possa raggiungerlo fin li!?-. Constatai disturbata.
-Per questo..Non si preoccupi..-. Gregory, mi cinse la vita tenendomi stretta a se e con lo stesso atletico movimento del suo compagno,si lanciò verso il tetto.
Non ebbi nemmeno la forza di gridare.
Mi terrorizzò essere così lontana da terra.
Temetti che il mio cuore potesse cedere da un momento all'altro.
Il secondo vampiro , una volta raggiunto il tetto mi lasciò andare.
Finì ginocchia per terra. Le mie gambe tremavano troppo per reggermi.
-Ma ti ha dato di volta il cervello?! Volevi farmi morire di crepacuore!!-. Starnazzai.
Ero infuriata, anzi no, davvero incazzata nera!
Rise Alexander.
-Anche a questo ti devi abituare Ana..-. Mi voltai di colpo guardando alle mie spalle.
Era chino sul bordo del tetto e guardava in basso.
Ingoiai pesantemente a vuoto.
-Non credo affatto di essere pronta...Anzi ne sono certa!-. Mi tremò la voce.
Si voltò scrutandomi malizioso.
-Non puoi tirarti indietro proprio adesso...-. Sibilò.
Sussultai.
Lo sapevo bene. Non c'era modo di potermi sottrarre a quell'incubo.
Sospirai rassegnata alzandomi  raggiungendolo ancora tremante.
Mi sporsi.
-O MIO DIO!-. Gracchiai nuovamente, indietreggiando nell'immediatezza sul posto colpita da un forte senso di vuoto, di vertigine.
-Ma quanti metri sono!?-. 
Rise lui.
-Non so..Molti..-. Fece con ovvietà mantenendo un tono profondo di voce.
Avrei voluto tirargli un pugno in faccia.
Provai nuovamente a guardare di sotto, restando sdraiata ed artigliata alle tegole.
-Che stai guardando non si vede niente da qui su...-.
-Sbagli..-. Si gettò all'improvviso nel vuoto.
Sembrava un rapace che plana sulla sua preda.
Non feci nemmeno in tempo a trasalire.
Gregory tornò a cingermi la vita e in meno di un battito di ciglia ero nel vuoto alla velocità di almeno 200km/h .
Penso che si sia sentito persino l'eco di quell'urlo disumano che gettai.
Atterrammo come un esplosione.
Risentii il colpo per tutte le ossa. Era la stessa sensazione che si prova dentro un simulatore di terremoti, solamente molto più dolorosa.
Alzai lo sguardo dritto a me, lentamente, esitando talvolta.
Questa volta Gregory non mi lasciò andare...
Una donna, l'ennesima,era sdraiata al suolo, mentre Alexander le strappava la carne.
Per un attimo smisi di respirare.
Il rumore che la pelle faceva mentre veniva lacerata era insopportabile , ma mai quanto il rumore delle ossa mentre venivano sgretolate dalle fauci di quell'uomo. 
Sentii il mio stomaco rivoltarsi.
-Lasciami..-. Cercai di divincolarmi.
Era troppo. Troppo, per me. I miei occhi , il mio spirito, tutto in me, ne aveva abbastanza di quella storia.
Uccidere. Era questo che dovevo difendere?
Il peggior crimine che si possa commettere. Togliere la vita a povere innocenti.
Dovevo veramente proteggere un essere del genere?
-Lasciami ti prego!-. Ribadii in lacrime.
Il secondo uomo, non ne volle sapere di ascoltarmi.
Mi strinse con maggior vigore ed ora anche i piccoli movimenti mi erano presso che impossibili.
Serrai le palpebre.
-BASTA!-. 
-BASTA!BASTA!BASTA!
Non ne posso più! Non voglio vedere queste cose!-. Gridai disperata alla fine.
-Volevo difenderti. Aiutarti nella tua malattia. Ma..Mi è impossibile..-. Strattonai più forte le braccia del maggiordomo riuscendo a liberarmi finalmente.
-Non posso sopportare che una giovane donna , forse della mia stessa età, venga uccisa senza motivo! Non ci riesco!-. 
Alexander si fermò. Non rivolse lo sguardo a me , ma lo mantenne gettato su un punto perso, alla strada.
-Voi...Voi siete dei mostri!-. Singhiozzai.
-Lo so...-. Mormorò appena. 
Mi zittii di colpo.
Si alzò pulendosi il viso con il palmo della mano.
-So che ti provoco ribrezzo.So che tutto questo è più grande di te....-.
Forse , da una parte , avrei voluto abbandonare tutto.
Era troppo obbligarmi a veder morire ragazze senza un valido motivo. Era troppo, dover coprire un crimine ed agevolarlo in quel modo.
Si, amavo Alexander , ma forse nemmeno tutto l'amore di questo mondo mi avrebbe fatto cambiare opinione sulle atrocità che commetteva, e forse, nemmeno tutto il mio sentimento per lui, bastava a poter riuscire a sopportare.
-Forse è troppo presto...-. Si passò una mano sul viso.
-Pensavo, sbagliando, che fossi pronta. Infondo mi hai seguito più di una volta seppur restassi nascosta. Sapevi cosa facevo. Ed è per questo che ho creduto che potessi vedere...Il vero me.-.
-Credevo di essere pronta anche io..-. Singhiozzai ancora.
-Ma non ....Non pensavo che fosse così atroce...-. Lasciai dopo quelle ultime parole, il pianto fluire ininterrotto, accasciandomi sulle ginocchia.
Infondo , dentro , seppur avessi vissuto sempre tre passi avanti, mi sentivo ancora debole ed indifesa come una bambina.
-Credevo anch'io di poter affrontare tutto...Ci credevo veramente...-.
Il vampiro , si avvicinò a me cucciandosi alla mia altezza, poi mi accarezzò la testa.
-Va tutto bene...-......





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Capitolo 11
*** Scelte ***


Entrai in camera mia all'improvviso, insospettita dal baccano che proveniva dall'interno.
-Alexander...Che stai facendo?!-. Il vampiro era chino all'interno del mio armadio, semi-coperto da una delle quattro ante.
A terra, attorno ai suoi piedi, i miei abiti.
Stretta nel pugno della sua mano, una borsa dal quale penzolavano maniche delle mie maglie.
-Ce ne andiamo.-. Rispose glaciale senza nemmeno degnarmi di uno sguardo.
-Come sarebbe a dire ce ne andiamo?-. Da quando Gregory era morto, mi ero resa conto, che qualcosa in lui era mutato in maniera esponenziale.
Ogni giorno che passava, era sempre più nervoso, scontroso. Gli occhi gli si erano spenti del tutto. Un mantello di preoccupazione, li aveva oscurati.
Sapevo che non aveva mai smesso di darsene colpa per la morte di quell'uomo.
Leggevo nei suoi occhi tutta la rabbia e la frustrazione.
Certe volte, mi era sembrato anche di leggere i suoi pensieri che talvolta si facevano acidi e corrosivi. " sei stato tu", "Lo hai ucciso tu".
S
i, sicuro si era detto quel genere di frase più volte da allora.
Ma non avrei mai pensato che lui, uomo riflessivo ed attento, potesse essere arrivato al punto di perdere il senno in quel modo...
-Si. Ce ne andiamo. Quegli esseri potrebbero venirci a cercare qui...-. Ringhiò infilando con violenza l'ennesimo panno nella borsa.
Lo scrutai immensamente preoccupata.
-Alexander sono tutti morti...-. Cercai di farlo ragionare.
-NO!-. Tuonò la sua voce facendomi sussultare.-Loro sono ancora li. Sono ancora in quella radura...E ben presto ci troveranno.!-. C'era il delirio nella sua voce.
-Ti sbagli loro non ci sono più!-. Ribattei alzando la voce.
Lasciò tonfare la borsa a terra, afferrandomi le spalle all'improvviso.
Trasalii.
-Lui non c'è più! Non loro.-. Covava il fuoco negli occhi. Era la prima volta che vedevo in lui tanta collera.
Non aveva mai reagito così. Non aveva mai alzato il tono della voce.
Lui, non era più l'Alexander di pochi giorni prima.
Mi guardava con cattiveria, come se stesse fissando negli occhi uno di quei mostri.
Le sue iridi, le sentii taglienti, dividere me stessa a metà.
Le mie, le sentii scottarmi sino alle lacrime.
-E' vero. Gregory è morto. Ma tu...Stai perdendo il senno Alexander!-. Afferrai una sua mano strappadola da me.
Per la prima volta, ebbi il coraggio di ribellarmi al timore che mi incuteva quell'uomo.
Non potevo più sopportare di non essere ascoltata.
E' vero che avevo promesso lui di obbedirgli, di restare al suo fianco, ma non ci stavo a farmi trattare in quel modo.
-Vorresti scappare. Bene! Dove hai intensione di nasconderti?-.
Parve placarsi.
-Ti dissi tempo fa, che ad eccezione di me e Gregory non c'era nessun altro vampiro..Ricordi? Ti ho detto anche che sono l'ultimo erede della mia Casata...Ecco,non è vero.Esistono altri vampiri. Loro fanno parte del mio regno, ed è da loro che ci faremo proteggere..-. Abbassò repentinamente lo sguardo facendolo rasentare terra.
-Reputi veramente, tanto forti, i vampiri di quella notte, da voler nasconderti?-. Aveva gettato le armi. Si era arreso Alexander. Non era da lui ricorrere alla fuga..
-Si.-.
Era difficile che ammettesse di essere più debole del suo nemico. Perciò, se aveva deciso di ricorrere alla così detta "ultima spiaggia", forse nel suo delirio un briciolo di verità ci doveva essere..
 Mossi un passo breve verso lui, intrappolando delicatamente il suo viso fra i palmi delle mie mani.
-Allora va bene. Ti seguirò...-. Sussultò.
-Anastasia...-.
Ci aveva sperato fino alla fine. Aveva sperato che io fuggissi da quella vita che non era mia.
Sorrisi appena.
-No, non dire nulla...-.
Mi guardò ed i suoi occhi sprigionarono tanta di quella tristezza da riuscirmi ad avvinghiare il cuore.
-Avrei tanto desiderato che tu non fossi mai venuta a conoscenza di questa storia..Ho cercato così disperatamente di estrometterti dall'incubo che è la mia vita...-. Mormorò in un filo di voce, distogliendo nuovamente le iridi dalle mie.
-Sono io che ho cercato il vero "Te". Tu non potevi impedirmelo...-.
-E' colpa mia. Come lo è stata per la scelta di quella notte, che ha portato Gregory a morire, lo è ora per questo..-.
-Non è così.Non è stato perchè tu hai scelto di combattere, ne perchè sono state le tue mani a toglierli la vita. Gregory è morto , come muoiono tutti gli eroi. E' morto in guerra. Lo ha fatto per proteggerci. Ed io...Beh, io ho scelto di stare al tuo fianco ben consapevole dei rischi. Non puoi allontanarmi arrivata a questo punto e non devi incolparti...Affatto...Per nessun motivo..-.
Vidi nei suoi occhi, per la seconda volta da quando lo avevo conosciuto, l'espressione di un uomo che si lascia salvare.
Alexander, aveva lasciato che le mie parole lo salvassero, che io stessa potessi avvicinarmi così tanto a lui, da poterlo fare.
Mi abbracciò, disperatamente.
-Sei la cosa più cara che ho. Non posso permettermi di perderti...-.
-Muori tu...Muoio io...Sino a quel momento io starò accanto a te..Come una condanna...-. Sussurrai appena sorridendo.
Sospirò una leggera risata.
-Ti amo...-. 
-Anche io..-....


(Poche ore dopo)

-E'ora?-. Mi voltai solo quando lo sentii nuovamente entrare nella mia stanza.
-Si..-. Sospirò appena.
Mi infilai la giacca ed imbracai il mio borsone allontanandomi dal letto.
Alexander, sul ciglio della porta, mi porse la spada.
Presi un gran respiro.
Da quel momento, non avrei più rivisto quella casa. Non avrei più sentito i suoi rumori, ne inalato i suoi profumi.
Quel posto non sarebbe più stata la mia gabbia dorata, ne più la MIA casa..
-Aspetta un attimo..-. Mi voltai a guardare la mia stanza un'ultima volta.
"Mi sembra passata un'eternità da quando sono arrivata qui"...
Ricordai Gregory, al lato del letto, che mi raccontava la sua storia. Ricordai Alexander, baciarmi sotto quelle stesse lenzuola.
Ricordai i giorni passati ad aspettare, ed i pianti infiniti.
Le gioie. Oh si quelle le rimembrai tutte.
Mi strapparono il fiato. 
Quei ricordi passati, così malinconici apparvero nella mia testa e non riuscii in alcun modo ad allontanarli.
Ancora una volta vedevo tutto finire. Ancora una volta, ero inerme al cospetto di eventi incontrastabili e più grandi di me.
Una lacrima isolata bagnò il mio viso. La repressi. Faceva male. Forse troppo. 
Quel posto mi sarebbe mancato per il resto della mia vita.
Quell'uomo invece, il premuroso Gregory, non sarebbe mai smesso di mancarmi.
Quei momenti sarebbero rimasti per sempre dentro me..
-Andiamo..-. Proferii spegnendo per l'ultima volta la luce dell'enorme lampadario di cristallo.
Lentamente , dietro il nostro passaggio, comandate dal vampiro, tutte le luci della casa si spensero esattamente come se quell'edificio ci stesse salutando per l'ultima volta.
Raggiunto il salone a pian terreno, anche l'ultima luce terminò di ardere.
Rimanemmo al buio di fronte alla porta del garage.
Alexander, con il pugno stretto sulla maniglia sembrava non volerla aprire.
-Non temere..-.
Appoggiai una mano sulla sua schiena coperta da un trench da uomo, nero.
Scendemmo l'ultima rampa di scale. In silenzio. Arrivando al veicolo.
Sapevo perchè stava temporeggiando. In fondo anche a lui addolorava dover abbandonare così, ancora una volta, forse l'ennesima di mille precedenti, un pezzo della sua vita.

Attimi dopo, la vettura già stava imboccando il piccolo sentiero che lasciava il colle.
Mi voltai verso la villa.
Vederla morire dietro di noi, fu frustrante.
Quella casa era stato il mio "castello" ma anche la mia gabbia, e seppur l'avessi detestata per così tanto tempo, ora che la stavo abbandonando, mi mancava come l'aria.
-Torneremo mai?-. Proferii in un filo di voce timido.
-Ne dubito...-.
Abbassai lo sguardo alle mie mani. Le stavo torturando.
"Immaginavo..".

Durante il viaggio mi addormentai.
Credo che il tragitto sia durato almeno un giorno intero, perchè quando tornai ad aprire gli occhi era nuovamente notte.
Non eravamo più sul colle. Attorno a me , non c'erano più le isolette di città e paesini separati dall'immenso oceano verde, d'erba.
Eravamo difronte ad un cancello altissimo in ferro grigio scuro. 
Lungo il suo perimetro, si estendeva il suo scheletro costernato da rampicanti nella quale si immergevano , spuntando qua e la, boccioli di rose rosse.
Avevo gli occhi ancora impastati dal sonno, ma vedevo chiaramente due fari puntarci addosso, provenienti dall'interno.
Poi la bocca del cancello si spalancò , lasciando che davanti ai miei occhi si ergesse maestoso un castello.
Uno di quelli che solo nelle favole si vedono. 
Due maestose figure di leone in roccia, ci guardavano dall'alto, per un attimo immaginai che fossero vive. "Nient'altro che sentinelle"mi dissi fantasticando sulle sculture mentre l'auto di Alexander, procedeva lenta all'interno del giardino. Da un momento all'altro,mi parve di essere piombata ad "Hogwarts".
Scrutai ogni dettaglio minuziosamente.
Concentrandomi un attimo sul prato all'inglese separato da una lingua di mattonelle che raggiungeva la scalinata principale, e quello dopo, sulle due torri che sembravano toccare il cielo, erette esattamente sui due lati del palazzo.
-E'...Stupendo...-. Mormorai estasiata.
-Si..-. Un lieve sorriso tinse lui le labbra.

L'auto si fermò e come dal nulla due maggiordomi molto in là con l'età ci vennero incontro. Scesi dalla vettura porgendo le mie valigie ad uno dei due.
-OhOh! Ma chi si rivede!-. Mi voltai all'improvviso, verso una sagoma oscurata dalla luce degli enormi fari provenienti dalla scalinata alle sue spalle.
"E questo chi è?!".
Mi feci buio con la mano sulla fronte mo' di "Visiera di cappello", per riuscire a scorgere le sue fattezze meglio.
Ci raggiunse prima che lo potessi esaminare nel dettaglio..
-Come stai amico!?-. Diede il cinque alla mano di Alexander stringendola poi in un pugno.
Subito dopo i due si abbracciarono amichevolmente.
Mi lasciò del tutto spaesato quel modo di comportarsi di entrambi.
Sembrava non si vedessero da millenni, il che' poteva anche essere vero...
-Ana. Questo è George...-. Scrutai il suo viso.
Non più giovane di 24\25 anni, con i capelli castani, lunghi e spettinati sin poco sotto l'orecchio, coperti da uno stranissimo cappello nero bordato di verde che ricordava quelli indossati dai mafiosi nel film "Il Padrino".Persino il suo abbigliamento ricordava quello di un mafioso!
Il suo sorriso era smagliante,spavaldo,brillante quasi quanto la luce che emanavano i suoi occhi sottili, taglienti, verdi smeraldo.
Deglutii.
-Piacere!-. Porsi velocemente la mano per stringere la sua cordialmente, totalmente imbarazzata.
Il giovane mi scrutò ed i suoi occhi si fecero trabordanti di malizia.
-Il piacere è mio..-. Sibilò, lasciando scivolare il palmo della mia mano nel suo,poi, vi appose appena, un bacio velato, non staccando mai le sue iridi dalle mie.
Sembrava mi stessero mangiando.
Ritrassi subito l'arto. Il cuore che mi era salito in gola.
-Allora? Qual buon vento vi porta qui?-. Chiese rivolgendosi al compagno succhia-sangue , mentre veloce faceva cenno ai due camerieri di portare dentro le borse.
-Nessun buon vento..Mi spiace deluderti....-.
-UFF...Insomma Alex, possibile che ogni volta che io e te ci vediamo_E devo dire che le volte che posso godere della tua presenza si sono ridotte di molto_Mi porti solo cattive notizie?!-.
Il suo modo di parlare, quello di atteggiarsi, le smorfie del suo viso, tutto di lui mi era sconosciuto.
Sin da quando avevo scoperto di Alexander e Gregory, avevo sempre immaginato i vampiri , come esseri seri, privi di gioia ed allegria...Delle "mummie" più o meno..Ah, beh, ovvio che di Alexander non lo pensassi..O non seriamente per lo meno..
Però ecco, George, mi aveva stupita. 
Era egocentrico, spavaldo, una dinamite e non solo perchè in 5 minuti che avevamo messo piede li era, riuscito a beffeggiare (bonariamente si  intende) Alexander, ma proprio perchè la stessa sua voce sembrava l'esplosione di bombe ripetute , ogni volta che pronunciava una parola, e tu, non potevi far altro che ridere.
-E tu invece, quando diventerai serio? Almeno risparmia i discorsi importanti..-. Sospirò con rassegnazione l'altro.
Risi "sotto i baffi". In due , erano un'accoppiata fantastica.
-Signori...Prego...Casa vostra..-. Una cameriera, anch'essa con una maschera che le copriva gli occhi , ed un abitino nero sotto il classico grembiulino nero, ci invitò con un inchino riverenziale ad entrare.
"Avanti Ana..".

Erano tanti...
Stavano bevendo il mio sangue con gli occhi e divorando la mia carne con la mente.
Bramavano quel desiderio..
Erano vampiri..
Tutti loro lo erano..

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Capitolo 12
*** Perdite ***


Passarono giorni prima che io potessi rimettermi "in pista" ed accompagnare Alexander a"caccia".
Nonostante mi forzassi a guardare, per me , vederlo sbranare donne ogni notte, nelle peggiori maniere, restava una tortura psicologica atroce.
Un giorno, mentre mi preparavo, inconsciamente pensai :"E se lo facesse anche a me?". Mi restò difficile parlare per tutto il tempo, sia una volta che raggiunsi i due vampiri,sia quando cacciammo, sia al ritorno.
Poi, facendomi coraggio, mi dissi che ne avrei dovuto parlare con il diretto interessato. Ma quando?
Di giorno dormivo stremata dalla notte precedente e di notte?...Bhe di notte cacciavo con lui , seguendolo silenziosa scortata da Gregory.
Era presso chè impossibile parlarci...

-Andiamo a caccia anche stasera?..-. Alexander era entrato in camera mia da poco. Era vestito come la mattina, quando era uscito per andare a lavorare, da ciò dedussi che saremmo riusciti anche quella notte.
-Si. Incomincio ad avvertire un certo languorino..-. Si stirò le braccia appoggiando un attimo dopo, entrambe le mani sulla testata inferiore del letto in ferro battuto nero.
Mi fissava, ma dal suo sguardo, intuii che seppur le sue iridi fossero su di me, lui non mi stava guardando affatto.
Portai leggermente le ginocchia verso me , che seduta con la schiena appoggiata al ferro lucido, avevo appena abbandonato le pagine di un libro con gli occhi, portando lo sguardo a lui.
-Che hai? Mi sembri assente?-. Proferii appena.
Sospirò, ed una smorfia di timore apparve dal nulla, sul suo viso.
-Effettivamente lo sono. Sto pensando a ciò che mi ha riferito poco fa Gregory...-. Si accomodò ai piedi del letto mantenendo lo sguardo fisso sulle sue dita incrociate l'un l'altra.
-Che ti ha detto?-. Mi sporsi verso lui sedendomi meglio.
-Ha portato a termine la ricerca su alcuni campioni estrapolati da corpi di donne uccise da un vampiro di cui non sapevamo nulla...Fin'ora almeno...-.
Sgranai le palpebre.
-C'è un altro vampiro in città?!-. Domandai allarmata.
Mi scrutò mantenendo l'infinita preoccupazione negli occhi.
-Non uno, ma molti di più e da quanto siamo riusciuti a scoprire , hanno anche un DNA totalmente diverso dal nostro...Questo li rende più forti...Più violenti...-.
-Ne avete mai incontrato uno?-. 
Abbassò lo sguardo.
-No. Oltre a quelli della nostra casata non conosciamo alcun vampiro.-.
Non avevo mai visto Alexander in quello stato d'angoscia.
Lui era risoluto, freddo, cinico per ogni cosa, non si buttava giù..Non così...
Quei vampiri di cui parlava, dovevano mettergli veramente molta paura...
-Questa sera non andremo solo a caccia...-. Si alzò di colpo. -Si va in "Ava-scoperta".-. Disse rendendo la sua voce squillante , come se si fosse ripreso di colpo.
-Non sarà pericoloso? Hai detto che sono molto più forti di voi...-. Mormorai con voce tremante, del tutto preoccupata.
Mi scrutò ed un leggero ghigno spavaldo colorò le sue labbra.
-Finchè non avrò occasione di fronteggiarmi con almeno uno di loro..Come farò a sapere se sono forti?-.
Adoravo quel suo modo di fare. Era sicuro di se , era coraggioso...Lui era il mio eroe...
Sorrisi.
-Non vedo l'ora di accompagnarti...-. Sussurrai appena.
Prese delicatamente il mio viso fra le mani , e mi baciò.
-Sono fiero di te sai...-. Avvampai.
-Non ti facevo così coraggiosa, piccola Ana.-. 
Ebbi un fremito che mi partì esattamente dal petto.
Ricevere un suo complimento, per me, era come toccare il cielo con un dito.
Mi rendeva fiera, felice , orgogliosa di me stessa.
-Adesso preparati ti aspetto al piano di sotto..-. Mi regalò un'ultima carezza su una guancia, poi abbandonò la stanza.
Anche quella sera sarebbe stata come le altre? O avrei avuto più paura dopo la notizia di quei fantomatici vampiri estremamente forti?
Forse paura io ne avevo sempre provata , ogni notte, ogni volta che si trattava di andare a caccia a prescindere da loro.
Puntualmente ogni qualvolta si avvicinava la mezzanotte , un masso mi piombava nel petto e l'aria mancava pesantemente.
Sapevo di dover uscire e guardare la morte negli occhi...Dovevo combattere ed io non ero pronta a farlo.
Era una tortura , ma non solo, era anche la prova che io non ero forte abbastanza da poter stare al suo fianco e questo, era ciò che più mi faceva star male.
Se non lo avessi saputo difendere?
Se fosse morto per colpa mia?
Scossi repentinamente il capo, abbandonando tutti i pensieri negativi che vi sguazzavano dentro ed impugnai la mia Katana solo dopo che le mie spalle fossero coperte a dovere dalla solita giacca scura.
Uscii veloce dalla stanza.
Non dovevo pensare. I pensieri divorano l'anima...Specie se in petto si ha una bruttissima sensazione.
La stessa di quella notte..
-Sono pronta..-. Proferii appena, alle due sagome difronte all'ingresso del garage.
-Bene.Procediamo Gregory..-. 
La porta dello scantinato si spalancò sotto il tocco del maggiordomo. In un attimo eravamo accanto all'auto.
-Questa è la sua..-. Perchè Gregory stava porgendo una spada ad Alexander?
-Credete di averne bisogno?-. Chiesi presa dall'angoscia.
Il maggiordomo mi sorrise.
-E' solo per precauzione Signorina...-.
Avrebbe dovuto tranquillizzarmi quella frase?
-Ahh...Capisco..-. Tremò un filo di voce sulle corde vocali.

A breve fummo in auto e poi ancora in strada.
-Dove li cercherete?-. Mi sporsi verso i sedili anteriori, quella volta Alexander si accomodò li.
-Dove abbiamo trovato l'ultimo cadavere..-. Rispose con molta ovvietà lo stesso, tingendo di entusiasmo velato il timbro della voce.
Di colpo l'auto svoltò a sinistra, li dove vedevo nascere un sentiero sterrato, buio.
"Dove porta questa strada?".
Quando la vettura venne spenta dal maggiordomo , eravamo nei pressi di una radura costernata da alberi che la disegnavano in un cerchio perfetto.
Sembrava di essere al centro del nulla.
Non si sentivano rumori umani, bensì solo lo scorrere di un corso d'acqua e la moltitudine di versi animaleschi quali quelli di gufi e via dicendo.
Metteva i brividi quel posto..
-Loro sono veramente qui? Come farete a farli uscire allo scoperto?-. L'ansia e la paura , incominciarono a farmi sputare domande a raffica.
Alexander si voltò di colpo verso me.
- Se non te la senti non scendere..-. Si era innervosito. Lo si intuiva chiaramente.
Mi zittii di colpo.
Sarebbe stato ovvio che io fossi scesa. Non mi tiravo mai indietro.
Anche se probabilmente, con il senno di poi, sarei potuta stare chiusa li dentro, magari anche barricata...Ma io non potevo affatto immaginare cosa sarebbe successo dopo...

Restammo in auto per almeno un'ora. In silenzio, guardando esattamente li, dritto a noi , proprio dove nasceva il bosco.
Era distante. Almeno una ventina di metri, ma la paura che qualcosa potesse sbucare dal nulla , mi faceva sembrare quelle piante sin troppo vicine all'auto.
improvvisamente qualcosa si mosse. Un piccolo mucchietto di sterpaglie ai piedi di una quercia sembrava aver preso vita per quanto tremava.
Mi sporsi leggermente in avanti , quasi a toccare il parabrezza con il naso, mentre la vista si faceva sempre più aguzza.
Schizzi. Dal nulla. Poi, un urto ,violento. Il parabrezza rosso.
Gridai cadendo all'indietro.
-Sono qui!-. Entrambi i vampiri afferrarono le loro spade scendendo velocemente dal veicolo.
Io, no. Non ce la feci subito.
Quell'enorme macchia rossa appena illuminata dagli abbaglianti che sprigionavano luce intensa per tutta la distesa, non era altro che un corpo, o meglio, ciò che ne restava di un corpo umano.
Avevo il cuore in gola.
Come ci era arrivato fino alla nostra auto? Chi e con quale forza sovrumana era riuscito a schizzarlo per venti metri di distanza?!
Veloce mi spostai sul sedile passeggero.
Dovevo vedere dov'era Alexander.
Lo cercai con lo sguardo, li cercai entrambi, alla fine li vidi.
Erano al centro dello spiazzo, nei pugni le spade. Suoi volti, la loro vera natura.
"Non morire...". Un'ultima preghiera.
Scattarono come saette perdendosi nel buio. Non riuscii a seguirli, ma il fragore delle loro lame lo sentivo chiaramente tuonare per tutta la vastità di quel prato.
Stavano combattendo. Stavano fronteggiando per la prima volta un nemico sconosciuto.
"Maledizione..". La rabbia mi assalì.
Mentre loro stavano dando la vita , io ero li che non riuscivo a muovermi, che tremavo e piangevo.
Ero inutile..
Mi sentivo una nullità...
"Non li posso abbandonare così..". Sapevo che in realtà non avrei potuto far nulla contro esseri del genere, ma non volevo star li con le mani in mano.
Io volevo dimostrare ad Alexander che valevo, che meritavo di stargli al fianco.
Così, afferrai la mia Katana e scesi.
Quella volta non badai al freddo invernale, ne all'aria pungente che sembrava scheggiarmi il viso.
Non badai a nulla di tutto ciò.
Ero bollente. "La paura e l'orgoglio mescolati creano la forza." ed era esattamente ciò che avevano creato in me.
Raggiunsi il centro esatto dello spiazzo. Ero pronta, mi sentivo in grado di farcela, fino a che, non guardai dritto a me...
Decine, no centinaia, di esseri grigi, glabri,famelici correvano come selvaggi esattamente verso la mia direzione.
Fu solo allora che Anastasia conobbe la vera paura.
Il respiro mi si mozzò. 
Probabilmente dovetti combattere anche contro uno svenimento perchè le mie gambe sembravano essersi fatte molli ed instabili di colpo.
Come li avrei fronteggiati? Erano troppi e troppo veloci.
Sentivo i loro versi disumani, tuonare ovunque e le loro pupille rosse penetrarmi sino alle budella.
Quegli esseri non erano solo vampiri..
-Sono nella forma END!-. Sentii strillare da Gregory.
Non avevo idea di cosa volesse dire quella parola. Ma di certo non era un buon segno quella definizione.
Ingoiai a vuoto un'ultima volta prima di sfoderare la mia lama ed ergerla difronte a me.
Tremavo talmente tanto da non riuscire a farla star ferma.
"Hai voluto la bicicletta...adesso pedala Ana!". 
Attesi finchè non fu uno di loro a gettarsi su di me.
"Maledizione! Ma quanto è forte". Riuscii ad oppormi ma i miei piedi continuavano a scivolare indietro nella terra.
"D_DDIOO".
Avevo le sue fauci ad un millimetro dal volto. Ringhiava, si dimenava, cercava di mordermi.
Mi abbassai di colpo toccando terra con una mano , ruotando sul mio stesso asse, spiazzando del tutto quell' abonio, per poi sferrare un colpo di spada preciso al suo ventre.
Oscillò pericolosamente indietro portandosi gli artigli neri a sfiorare il taglio.
Gridò.
"Quindi provano dolore".
Ne approfittai per colpirlo ancora , questa volta dritto alla testa.
Per la prima volta potei scoprire cosa si prova a forare il cranio di qualcuno.
Giuro, non lo avrei mai voluto più fare, dopo quella notte.
La sua calotta cranica, ma anche l'intera testa fu come sgretolata sotto il passaggio della lama.
Non era un cranio normale come quello umano, no affatto, era molto più debole, sottile.
Cadde esanime anche se i suoi muscoli ancora si contraevano sotto qualche spasmo.
-L'ho u...uc..ciso..-. Restai sconvolta davanti al cadavere del succhia-sangue, tremando ancora per ciò che avevo commesso.
Di colpo sussultai quando venni raggiunta dalle sagome di Alexander e Gregory.
-Complimenti..Sei veramente una brava Guerriera..-. Sdrammatizzò il primo sorridendomi.
Non sapevo se doverne gioire o meno.
-Adesso ce ne mancano solo 99..-. Guardò dritto a se.
Ce l'avremmo fatta? Li saremmo riusciti ad uccidere tutti?
-Già..Solo 99...-. Sorrisi seppur non lo stessi guardando.
Fu l'inizio di una vera e propria mattanza che vedeva noi tre schierati a giocare di squadra contro quel marasma di esseri rivoltanti che agivano di testa propria, disordinatamente.
-Coprimi le spalle ok?!-. Pronunciò il vampiro un attimo prima di scattare.
Non mi feci attendere correndo nella stessa direzione, colpendo tutto ciò che si opponeva al mio passaggio.
"E' questo ciò che si prova ad uccidere?".
"Questa è l'adrenalina che scorre nelle sue vene?".

Ero inarrestabile, persino i movimenti mi riuscivano fluidi , come se quell'arte la conoscessi da sempre.
Forse io ero nata per quello. Forse, ero nata per uccidere.

Ci ritrovammo spalla a spalla tutti e tre,io al centro.
"Sono gli ultimi". Pensai quasi godendo.
Chiusi per un attimo le palpebre. 
Dovevo concentrarmi sui loro movimenti. Scatta uno scattano tutti, non potevo far rischiare un attacco alle spalle da parte di una di quelle bestie.
"Ora". 
All'unisono le tre lame, si conficcarono nei cuori degli ultimi tre sopravvissuti, come se fosse stata una sola persona a comandarle.
Tornai a respirare.
-C..Ce l'abbiamo fatta..-.Sospirai in un filo di voce.
Non ci credevo nemmeno io. Ma non feci nemmeno in tempo a gioire per la vittoria che sentii qualcosa scivolarmi su un fianco aggrappandosi appena alla mia giacca e poi tonfare a terra,inaspettatamente . Sussultai voltandomi di scatto.
-Gregory..!-. 
L'uomo era a terra. Riverso , con il viso semi nascosto da qualche ciuffo d'erba.
Mi precipitai a soccorrerlo voltandolo verso me.
Respirava appena.
-Cos'ha?!-. Alzai lo sguardo ad Alexander.
L'espressione sul suo volto era glaciale.
Si chinò scoprendo il collo del compagno.
-Dannazione!-. Ringhiò.
Un profondo morso esattamente sotto lo zigomo destro grondava di sangue.
-No!...-. Mi portai repentinamente le mani sulla bocca. La vista mi si incominciò a far umida sin da subito. 
-Hey...Amico mio..-.  Gregory guardò appena il suo compagno. I suoi occhi si erano fatti già chiari.
Un flash mi rapì per un istante la mente.
Io quegli occhi li avevo già conosciuti..Erano gli stessi della morte..
Il suo respiro lentamente incominciò a farsi rantolo.
-Hey..hey guardami...-. Alexander cercò di mantenergli il capo dritto perchè non vedesse come era stato ridotto.
-Sei stato un grande lo sai!? Li hai stesi tutti!-.
Non riuscii ad arrestare le lacrime.
-Ti ho visto mentre combattevi!-. 
Vedevo il dolore di Alexander scriverglisi negli occhi. Forse avrebbe voluto anche piangere.
Gregory portò una mano a stringere appena il polso del vampiro.
-Sto morendo...Vero?-. Disse a fatica.
Lo sapeva Greg.
Sapeva che la sua pelle si stava facendo grigia. Sapeva che di li a poco di lui , della sua coscienza non ci sarebbe rimasto il ben chè minimo ricordo.
Alexander ingoiò l'ennesimo pugno di lacrime.
Il suo amico non avrebbe dovuto salutarlo piangendo.
Il vampiro non rispose. 
Gregory sorrise tristemente e due lacrime isolate percorsero il suo viso.
-Uccidimi...-. Vidi il vampiro sgranare le palpebre. Non avrebbe mai potuto compiere un gesto del genere.
Gregory, il suo fidato subordinato, il suo più grande amico , non poteva chiedergli una cosa simile.
-Ti..Prego. Non...Non voglio morire in quel modo...-.
Alexander strinse un pugno sul petto del compagno.
Un attimo dopo artigli erano nati affilati al posto delle sue dita.
-Perdonami amico mio...-.
Quello dopo ancora erano nel petto dell'uomo , esattamente dentro il suo cuore.
Gridò. Gridò in lacrime come mai lo avevo visto fare.
Quante persone aveva visto morire in duecento anni , Alexander?

All'alba del 6 Marzo, avevamo sterminato un intero branco di vampiri nella forma in END.
All'alba dello stesso giorno, avevamo perso un caro amico, un compagno.
Quel giorno non gioimmo per aver vinto, ma piangemmo disperati per ciò che avevamo perso...

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Capitolo 13
*** Vecchie conoscenze ***


Varcato l'enorme ingresso, i loro volti.
Mi scrutavano. Sembravano monitorarmi sin dentro le viscere.
Deglutii, questa volta ingoiando a vuoto.
Li fissai tutti, uno per volta.
C'erano donne, uomini, persino bambini. Sorridevano, ma io sapevo che quel sorriso era più falso di Giuda.
Avevano i canini sporgenti, avevano fame ed io ero il loro spuntino.
-Ma che bella ragazzina...-. Trasalii al soffio delicato di una voce femminile alle mie spalle.
Brividi mi pervasero la schiena.
-Allison...-. Il tono cupo della voce di Alexander le fece togliere le dita affilate dalla mia spalla.
Era veramente stupenda.
Un miscuglio di bellezza ed eleganza. Non ricordava affatto un vampiro bensì, se non avessi saputo che lo fosse, avrei giurato che fosse una modella.
Alta, snella, due gambe perfette, longilinee.
I capelli biondi e leggermente mossi, mi fecero immaginare lei , alle prese con una sfilata di abiti da sposa.
Per un secondo le nostre iridi si incrociarono.
Mi folgorò con lo sguardo, come se in quel preciso istante , mi avesse lanciato il "guanto di sfida".
Sentii quegli occhi castani trafiggermi il petto.
Non mi lasciai intimorire. La guardai storto, e non mi vergognai di farle intendere che l'antipatia fosse reciproca.
Magari sbagliavo. Magari lei si sarebbe rivelata simpatica, affabile. Ma quello sguardo, quell'aggressività negli occhi che le trasudavano astio, proprio non la tollerai..
-Alexander...Immaginavo che ci fosse il tuo "zampino" sotto la presenza di un'umana in questo posto..-. Proferì quasi sfottente al vampiro.
-Dimmi, allora così è lei, la tua nuova fiamma?-. Aggiunse spudorata fissandolo negli occhi.
Vidi l'espressione di Alexander rabbuiarsi ed incattivirsi di colpo.
Quindi nemmeno a lui ,quella donna, stava a genio?!
George simulò due colpi di tosse forzati interrompendo quel discorso antipatico fra i due.
-Suvvia, invece di stare qui a perdere tempo, perchè non mi seguite in salone...Così la piccola Ana potrà mandar giù qualche boccone di cibo..-. 
Era evidentemente imbarazzato anche lui , e la sua espressione sul volto lo fece intendere perfettamente.
-Hai ragione.-. Rispose a lui, il vampiro, poi guardò me:
-Hai fame Ana?..-. Aggiunse calmandosi di colpo, seppur il tono della sua voce fosse profondo come l'oceano.
Avvampai senza motivo.
-Ecco..N...-. Involontariamente il mio stomacò brontolò.
-Ahaha...Si ha fame..-. Sghignazzò divertito l'altro, facendomi piombare nell'imbarazzo più totale.
Se attimi prima fossi leggermente arrossita, quello dopo dovevo essere diventata rossa come un pomodoro!!
Mi sarei voluta scavare un fossa e seppellirmici dentro..
-Avanti. Non vi vegognate...-. Ci fece strada scomparendo nella bocca di un'ampia porta a vetri opacizzati.
Quando anche noi, fummo al cospetto di quella stanza...Restai del tutto spiazzata.
A parte che era gigantesca, della serie che il salone della villa di Alexander era un quarto di quella, ma poi , l'arredamento, il suo stesso colore era qualcosa di inimmaginabilmente stupendo.
Un tavolo in legno massello lungo almeno una quindicina di metri, era al centro del salone, imbandito con ogni sorta di ben di Dio.
Tra una portata e l'altra , candelabri ardevano, seppur la luce spigionata dall'immenso lampadario sul soffitto ce ne regalasse abbastanza.
Sui muri rigorosamente in velluto bordeaux, soggiornavano quadri. Dipinti, forse, di qualche migliaio di anni prima , che ritraevano scene di guerra, o volti stessi di quei personaggi dell'antichità.
In fondo alla stanza, nell'angolo più remoto, un salottino.
Un divano bordato di legno intarsiato , foderato di rosso e due poltoncine per fianco , rivolte verso il caminetto (Che non era affatto "Etto"), rigorosamente acceso.
Non so quanto potesse costagli quel posto, il lusso che giaceva nel cuore di quel castello non era umanamente  stimabile.
-Accomodatevi pure..- Ci invitò a sederci ed intanto delle sagome in tajer nero e papillon al collo uscivano dalle svariate porte disparate sul muro, con ogni sorta di bevanda fra le mani.
-Dovete aver viaggiato molto, sarete distrutti...A proposito Alexander, dov'è che ti sei nascosto questa volta?..-. Proferì il giovane vampiro , calando in gola un sorso di vino rosso.
-Belsburgh.-. Rispose glaciale l'altro.
"Ah è così che si chiama quel posto...".
-Ah quel paesino squallido ai confini del paese...Che posto orribile..-. Sghignazzò in risposta il secondo.
Alexander si portò una mano ai capelli lisciandoli indietro.
-Si effettivamente era un posto pessimo...-. Proferì sospirando. Infondo, penso che a lui non interessasse nulla di quel discorso.
Improvvisamente la stessa porta a vetri da dove eravamo entrati noi, tornò a scorrere. Sussultai debolmente..
Tutti i volti che ci avevano atteso all'ingresso erano apparsi nel salone.
-Possiamo unirci alla cena?..-. Chiese una seconda vampira,sorridendo.
George le fece cenno di accomodarsi con la mano.
Il boccone di carne che stavo ingoiando,di getto mi sembrò cemento.
Ero circondata. 
Da una parte, Allison, quella ragazza dai capelli sin troppo appariscenti, Fucsia e l'abbigliamento tipico dei cantanti metal e Alexander.
Dall'altra,altri vampiri, di cui persino un bambino.
Credo che avesse otto o nove anni. Una creaturina indifesa a vederlo...A vederlo appunto.
Io ero a capo-tavola, nascosta dalle foglie di una pianta d'abbellimento posta sul tavolo.
Ringraziai Dio per non essere totalmente esposta ai loro sguardi..E maledissi quel posto che avevo scelto, allo stesso tempo, perchè mi impediva, ora che tutti si erano seduti, di poter cercare con lo sguardo quello di Alexander.
Poggiai la forchetta nel piatto. La fame era svanita.
"Riuscirò a vivere qui dentro..." Alzai lo sguardo ai loro volti.
"...Con loro?".
Avevo preso consapevolezza solo allora delle parole di Alexander. "Nulla sarà come l'hai vissuto tu".
Forse quando mi aveva avvertita, avevo preso troppo sottogamba le sue parole.
Non avevo nemmeno provato ad immaginarmi quel posto. Sbagliando.

Qualche ora dopo a cena terminata, tutti si alzarono in massa.
-Per noi si è fatto tardi..-. Proferì la stessa Allison, sfoggiando un sorriso smagliante.
-Già..-. Rispose un vampiro che le stava di fronte.
Sapevo quel "Si è fatto tardi" cosa significasse...
Buttai un'occhiata al mio orologio da polso.
"Mezzanotte"...
Dovevano andare a caccia.
Avrebbero ucciso decine di donne quella notte...
Rabbrividii.
-Anastasia..-. La voce di George mi strappò da quei pensieri macabri.
Mi voltai verso lui.
-Ti accompagno nella tua stanza..Alexander questa notte ha da fare...-. Distolsi lo sguardo bastonandolo. 
Anche lui sarebbe andato con loro. 
Avrebbe ucciso ancora , forse con molta più crudeltà del passato. Infondo in branco sono tutti più forti, più spietati.
-Va bene..-. Abbandonai il salone assieme al giovane e ci dirigemmo verso la gigantesca scalinata che si ergeva all'ingresso.
Brillava il suo colore candido, panna, colpito dalla luce. Sapeva di pulito, nulla a che fare con quanto ripugnanti fossero i piedi che la calpestavano.
-Due cameriere hanno già appeso i tuoi panni , e riposto le tue valigie, perciò non ti preoccupare, ti basterà frugare negli armadi per ritrovare tutto.-.
Camminavo un passo dopo di lui, guardando le sue spalle, sentendo ma non ascoltando le sue parole.
La mia testa era altrove.
Era a lui, al mio Alexander che quella notte avrebbe rievocato la bestia che giaceva sepolta nelle sue viscere.
Pensai ai vampiri in END. Se li avesse incontrati di nuovo?
-Eccoci..-. Frenai appena in tempo, prima che la mia faccia piombasse fra le sue scapole.
Eravamo arrivati difronte ad una porta in legno scuro alta, altissima!
Il vampiro liberò l'ingresso aprendovi un anta.
-Non credete che sia troppo grande per me?-.
La testata del letto era appoggiata alla parete di destra, al centro della stanza, poco distanti su entrambi i lati un comodino , di fronte, l'armadio, poi il vuoto.
Parlo di metri di distanza fra il letto ed il mobile! Che me ne potevo fare io?!
Rise.
-Tutte le stanze di questa casa sono così...A parte una, ora che ci penso...-. Si portò due dita al mento solleticandolo debolmente.
-Vieni con me!-. Mi afferrò un polso avanzando a grandi passi lungo il corridoio dalle pareti cobalto.
-Dove andiamo?!-. Chiesi del tutto spaesata e leggermente preoccupata.
-Hai detto che vuoi una camera piccola no? E di certo, non posso non accontentare una ragazza bella come te..-. Mi sorrise strizzando l'occhiolino.
In quel momento il mio cuore perse un battito. Non sapevo se provare terrore, oppure lasciarmi andare ad una sensazione più normale, quale fosse l'imbarazzo che velato arrossava le mie guance.
Raggiungemmo una rampa di scale e poco dopo fummo di nuovo al centro di un corridoio , questa volta molto più breve.
-Mi hai fatto correre fin qui solo per un capriccio?-. Dissi a fatica cercando di sopprimere il fiatone, appoggiata con le mani sulle ginocchia.
-A me piace soddisfare nell'immediatezza i desideri altrui..-. Pronunciò con estrema malizia nel timbro di voce.
Perchè mi increspava la pelle il suo modo di parlarmi?
-Ah si? Anche se ti chiedessi di sparire?-. Mi avvicinai a lui, voltandomi di colpo verso la porta poco distante dalla sua sagoma.
-Solo se vedessi te, volerlo veramente..-.
Mi stava provocando. Mi irritava a morte.
Ruotai la maniglia per aprire l'anta della porta, ma lui l'afferrò in simultanea serrandola di colpo.
Sussultai.
-Non ho ancora sentito dirti "Voglio che te ne vada"...-. Mi fissò negli occhi.
Era estremamente penetrante il suo sguardo e non nego che di occhi come i suoi non se ne vedevano spesso.
Lo guardai storto, in cagnesco.
-Va via..-. Ringhiai alla fine mantenendo il pugno sulla maniglia dell'anta di legno.
Rise divertito,alzando entrambe le mani mo'di "arresa".
-Come vuoi...-. Si allontanò dall'ingresso della stanza, permettendomi l'accesso.
Finalmente fui "salva". Mi chiusi in camera a chiave. Non mi rendevo conto di ciò che era successo attimi prima.
C'era George, mi parlava tranquillamente, poi era cambiato.
I suoi occhi si erano fatti predatori.
Non me ne ero resa conto all'istante.
Tirai un gran sospiro.
"Se sono tutti come lui, io qui dentro,non duro nemmeno una settimana..". Pensai sconsolata.

Erano le prime luci dell'alba, quando il cortile del castello si riempì di voci.
Mi alzai velocemente dal materasso, correndo verso l'ampio finestrone che illuminava la stanza.
Mi affacciai cercando di non farmi vedere.
"Loro", erano appena tornati.
Sembravano amici di una compagnia di liceali che erano di rientro da una notte passata in discoteca.
Ridevano, scherzavano, lo si vedeva dal botta e risposta dei loro labiali.
Cercai Alexander con gli occhi.
Lo vidi.
Teneva con entrambe le mani , quelle del bambino che avevo visto a cena, mentre sorrideva alla bionda.
Qualcosa di pesante piombò nel mio petto.
Non ero mai stata gelosa di quell'uomo.
Mi ero sin da subito fidata di lui, non avevo dubitato nemmeno per un momento.
Ma quando i miei occhi si erano imbattuti in quella scena, non so per quale motivo, ma dentro  me, era nato un istinto primordiale...L'omicidio.
Serrai la mascella per il nervoso.
"Sta lontana da lui...". Mi ero ripetuta mentre li seguivo con gli occhi.
Poi, tutte le sagome sparirono, escluse le loro.
Sembrava stessero parlando amichevolmente, lei ogni tanto ammiccava una breve risata e lui...Lui la ricambiava con un sorriso...
Perchè a lei si, mentre a me quel sorriso lo aveva regalato si e no due o tre volte?!
Lo sconforto si prese gioco di me.
Una lacrima si intersecò alle ciglia, nonostante stessi facendo di tutto per non piangere.
D'istinto aprii un'anta di vetro e legno. Volevo sentire cosa si stessero dicendo. Cos'era che lo faceva tanto sorridere e come lei ci riusciva.
Provai ad acuire l'udito, ma sembrava inutile. Ero troppo in alto per sentirli.
Così lasciai incamerare agli occhi quelle immagini.
Li osservai per tutto il tempo e quasi mi vergognai. Sembravo una stalker. Infondo lei , faceva parte della sua Casata..
"Insomma Ana. Tu non hai mai avuto un gruppo di amici?Lei è solo un'amica..!".
Di punto in bianco , sembrava si fossero detti qualcosa a bassa voce...Lui la fissò sorridendole teneramente, finchè ,non la strinse a se..
Incominciai a tremare vertiginosamente.
"Finiscila. Smettila di essere così morbosa".
Provai a calmarmi.
Poco dopo , lui, le regalò un bacio sulla guancia sparendo nell'androne del palazzo.
Mi distrusse quella scena.
Mi aveva spiazzata.
 Chi era quella donna per Alexander? 
Perchè lui era così affettuoso con lei?

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Capitolo 14
*** Menzogne ***


Restai chiusa in quella stanza tutto il giorno. Il viso sepolto dalla morbidezza del guanciale, gli occhi in fiamme, il respiro che mancava coperto dalle lacrime ,che per ore, mi avevano rigato le guance.
Quella scena di ore prima in giardino ancora era vivida nella testa.
Perchè l'aveva abbracciata? Perchè le aveva dato un bacio seppur innocente sulla guancia?
Ma soprattutto perchè, io, Anastasia, che da sempre ero stata distaccata anni-luce da quelle sensazioni, da quelle emozioni, ora mi ci bagnavo dentro?
Non ero io, quella la ragazza che ricordavo di essere.
Non era lui, l'uomo che ricordavo di aver conosciuto...

Qualcuno bussò due colpi sulla lastra di legno della porta..
Mi sollevai a fatica non curandomi del volto sconvolto dalle lacrime, ne tanto meno del trucco della sera precedente, che non avendolo tolto, aveva fatto della mia faccia un "mascherone".
-Posso entrare?-. Non era la voce di Alexander.
-Si...-.
L'anta si schiuse lentamente. La sagoma di George, apparve subito dopo, dietro ella.
-Ah....Sei tu..-. Mi portai seduta. Le ginocchia strette in petto, il mento fra di loro...Lo sguardo perso nel bianco del lenzuolo.
Sentivo di dover piangere ancora, cercai di frenarmi.
-Quanto entusiasmo nel vedermi...-. Proferì con del sarcasmo pesante lui , avvicinandosi al letto.
-Scusami...E' che oggi..Non è giornata...-. Mormorai appena, ancora con la bocca impastata dal pianto.
Si accomodò sul un lato del materasso, con un piede a terra che faceva lui da leva , e l'altra gamba leggermente piegata a toccare il lenzuolo. Esattamente dal lato opposto al mio. Esattamente, il linea d'aria con le mie iridi.
-Hai un'aria distrutta bambina...-. Sussultai internamente.
-Mi dispiace farmi vedere così...Perdonami...-.
-Sciocca...Non devi vergognarti..-. Allungò il palmo della sua mano fino a farlo entrare in contatto con la mia pelle.
La differenza di temperatura dei nostri corpi, mi fece increspare la pelle...Le sue mani erano gelide...
Sorrisi appena, timidamente.
-Allora! Che cos'è che turba la nostra piccola, nuova arrivata?-. Balzò in piedi esordendo a gran voce , con una strana euforia nel timbro vocale , mentre stringeva fra le braccia uno dei tanti peluches che riempivano la stanza.
Ah si, perchè non l'ho menzionato,ma quella stanza era piena di pupazzi!
Mi venne da sorridere una seconda volta, più marcatamente.
-Credo...Siano solo stupidaggini..-. Proferii in un filo di voce poco dopo.
-Stupidaggini? Da quando un problema che fa scoppiare a piangere una ragazza facendole diventare le guance rigate di nero è una stupidaggine?!-. 
Arrossi debolmente.
Era così premuroso con me, tanto che molto probabilmente avrei dimenticato io stessa, quel brevissimo episodio di sfrontatezza della sera prima, da parte sua.
-C'entra Alex scommetto..-. Aggiunse poi, dandosi un tono d'ovvietà alla voce mentre tornava a sedersi sul letto.
Abbassai lo sguardo, colta nel vivo della situazione.
-Si...Esatto...-.
-Oh!-. Sbuffò.-Che ha combinato adesso? Possibile che faccia solo macelli quell'uomo?!-. Un minuscolo broncio apparve sul suo viso, curvando lui le labbra.
-Ma nono!-. Misi le mani avanti come per fargli capire che non era colpa sua. Infondo io avrei sempre difeso Alexander...Anche in quella circostanza.
-Penso di aver travisato una cosa che ho visto...E' gelosia tutto qui...-. 
Mi scrutò accigliandosi.
-Immagino che lo hai visto con Allison...-. Come? Come faceva ad averci azzeccato subito?!
Sbarrai involontariamente le palpebre.
-Si...L'ho visto con lei..-. Bisbigliai in un soffio.
Il suo viso non aveva smesso per un attimo di essere avvolto da un manto scuro..
Era preoccupato, o forse perplesso. Non seppi distinguere quell'espressione, ma di una cosa ero certa..Non presagiva nulla di buono..
-Si sono baciati?..-. Mi chiese poco dopo, curioso.
-No!...Lui le ha dato un bacio sulla guancia..-. Speravo con tutta me stessa che quell'informazione attirasse a se una frase del tipo:"Ah allora puoi stare tranquilla!"...Non fu così.
-Dannazione!-. Ringhiò alzandosi di colpo.-Quell'arpia...-. Aggiunse venefico.
-Perchè? Cos'ha Allison che non va?-. Domandai repentinamente e dal mio tono di voce, trapelò tutta la paura che covavo in petto.
Mi scrutò come se non sapesse che parole scegliere per incominciare.
-Non so se lui ti ha mai parlato di lei, ne tanto meno so se tu conosci Joshua...-.
Joshua? Conoscevo solo il mio defunto fratello che aveva quel nome.
-No. Lui non mi aveva mai parlato di voi prima della morte di Gregory..-.
Sbarrò le palpebre.
-Il suo fidato cagnolino?-.
Aggrottai la fronte innervosita da quel nomignolo.
-Lui era suo amico, non il suo cane!-. Ringhiai.
-Sisi..certo..Beh mi dispiace che abbia fatto quella fine. In fin dei conti mi era anche simpatico..Ma si sa, i sottoposti hanno vita breve.-.
Ecco che da un discorso importante se ne passava ad un altro peggio..
-Forse tu non hai mai avuto un sottoposto ecco perchè parli così!-. Ero infuriata.
Sorrise appena. Avrei giurato che fosse un sorriso malinconico, quello nato sulle sue labbra.
-Sbagli. L'ho avuto..E ci tenevo anche tanto. Ma...! Non è di questo che dobbiamo parlare, vero?-. Cambiò repentinamente discorso, come se non lo avesse mai voluto intraprendere.
Non mi ribellai.
-Quindi, Allison chi è per Alexader?-. Domandai arida.
-Prometti di non dare di matto, urlare, strepitare e quant'altro?..-. Mi fissò dritto negli occhi seppelliti dalla colata di mascara nero , che da qualche minuto a quella parte avevo cercato disperatamente di mandar via.
-Promesso.-.
-Bene..-. Prese fiato.-Mi hai stupito quando hai detto che lui non ti aveva mai parlato di noi...E' insolito..-. Si versò in un bicchiere, che giaceva su uno dei due comodini, un pò d'acqua.
-Beh, ammetto che ben poche donne da lui frequentate sono arrivate qui, ma tutte sapevano chi era, cosa voleva da loro, e chi eravamo noi..Ma soprattutto sapevano che Allison è sua moglie e Joshua, il bambino che era con noi anche a cena...Suo figlio...-.
Il cuore mi implose all'improvviso.
Sua moglie? Suo figlio?!
-C...Cosa...Lui...è sposato?-. La voce mi tremò incredibilmente, come se non volesse venir fuori.
-Si. Beh, in realtà lei è la sua ex moglie..Si sono lasciati un centinaio di anni fa...Ma ogni qualvolta, lui torna qui...E'come se non l'avesse mai lasciata...-. Mandò giù un sorso d'acqua, ma non lo vidi staccare gli occhi da me una singola volta.
-Non ci credo!-. Lo spiazzai.
-Vedo come mi guardi. Tu vuoi solo allontanarmi da lui!-. 
Si strozzò quasi per il ridere.
-Cosa?!Ahahaha Questa mi è nuova...Allontanarti? Credi che me ne faccia qualcosa del sangue acido di una ragazza che cova l'argento della Death-Rose nelle vene? Credi sia un pazzo suicida?!-.
-Come fai  saperlo?Come fai a sapere che il mio sangue è acido e contiene quel ferro?-. Chiesi smarrita.
-E' ovvio...Me lo ha detto lui...-.Sibilò appena.
-Mi ha detto anche che è stato parecchio male dopo che l'ha bevuto. Non poteva cacciare, ma non poteva nemmeno vivere senza farlo..Ecco perchè io non me ne farei nulla..-.
"Tutte le sere che spariva, che tremava, che i suoi occhi si bordavano di rosso...Era per quel motivo...".
Quasi provai tristezza per lui..
Era assurdo. Assurdo, che io provassi pietà nonostante lui mi avesse mentito. Era del tutto sbagliato che io lo continuassi a difendere...Che continuassi ad amarlo..
-Se lui non mi ha detto tante cose, sono sicura che un motivo c'è. Lui non voleva che io soffrissi..-.
-Si...Forse, resta il fatto che tutto ciò che ti ho detto si è rivelato più che vero. Anastasia...-. Si avvicinò di più al mio viso.
-Lui è troppo diverso da te...-. La sua voce si fece profonda, bassa.
-Ti farà soffrire...-. Tornò ad appoggiarmi una mano sulla guancia. 
L'aria incominciò a mancarmi.
-Lui non è come te...Come me...-. Le sue labbra toccarono le mie. Mi lasciò inerme, scioccata. Non credevo a ciò che aveva appena fatto.
All'improvviso la porta si aprì.
-Ana...-. George fece appena in tempo a scansarsi, prima di essere visto da Alexander.
Sentii salirmi il cuore in gola.
Che razza di situazione era mai quella?
George che mi bacia?! Alexander sposato e con figli? Non ci stavo capendo più nulla.
Il vampiro folgorò il suo simile con un'occhiata di fuoco.
-Che ci fai qui?-. Domandò lui, arido come la steppa.
George sogghignò spavaldo.
-Consolavo una ragazza in lacrime...-. Rimbeccò sollevandosi dal materasso.
-Credo che tu l'abbia già consolata abbastanza...Puoi andare.-. Era incredibilmente freddo rispetto a quello che, fino al giorno prima, sembrava essere un suo caro amico..
-Come vuoi...-. Lo sfidò con gli occhi, regalandogli una risposta sin troppo sfottente.
Si allontanò dal letto dirigendosi verso la porta.
Alexander non si voltò nemmeno, quando l'altro gli passò ad un millimetro dalla spalla.
Quando fu lontano George, Alexander chiuse la porta. I nervi sembrarono placarsi in lui all'istante.
-Mi dispiace averti fatta aspettare sveglia...-. Proferì con un filo di voce.
Mi asciugai gli occhi frettolosamente , mentre speravo che la mia voce non uscisse in un sibilo storpiato.
-Tranquillo.-. Gli sorrisi.
Perchè non riuscivo ad arrabbiarmi con lui?
Si avvicinò al letto accomodandosi dove attimi prima era stato seduto il suo compagno.
-Perchè hai pianto?-.
Ebbi un tonfo al cuore.
-Emh...-.
No.Non gli avrei detto nulla di ciò che mi aveva rivelato George. Non volevo creare dissapori, ne alzare un polverone per niente.
-Credo che tutti questi spostamenti. Il fatto stesso che qui siano tutti vampiri...Un pò mi abbia spiazzata..-.
Wow! Sapevo mentire!
Mi accarezzò il capo, passando le dita fra i capelli.
-Sta tranquilla...Poco a poco ti sembrerà normale...-.
Abbassai lo sguardo. Non riuscivo nemmeno a scrutargli il volto, che quella maledetta immagine mi tornava alla mente.
-Alexander...Quando mi porterai di nuovo a caccia con te?..-. Mormorai.
Lo sentii sospirare.
-Il prima possibile. Dai tempo al resto della Casata di abituarsi alla tua presenza...-.
Perchè anche quella frase che fondamentalmente era tanto lineare, mi parve una scusa per coprirne un'altra molto simile quale:"Dalle tempo di abituarsi a te"?
Ingoiai un pugno d'ansia.
-Loro...Non mi vogliono qui?-. 
-No, sciocca. Non è affatto questo il motivo...-. Sorrise affettuosamente.
-Devi capire che loro hanno una natura, che è quella di uccidere. E tu sei un'umana...Insomma te ne renderai conto anche tu, che il loro autocontrollo è messo sotto pressione dalla presenza del tuo sangue..-.
" Credi che me ne faccia qualcosa del sangue acido di una ragazza che cova l'argento della Death-Rose nelle vene?".
-Anche se il mio sangue è acido?-. 
Lo vidi spiazzato.
-Chi ha detto che il tuo sangue è acido...Io credo che il tuo sangue sia uno dei migliori..Solo che non tutti i vampiri riescono a sopportare la sua composizione...-.
Dio perchè mi sembrava che ci stesse così tanto girando intorno?!
Sorrisi falsa.
-Capisco...-. 
-Ana...-. Mi alzò leggermente il mento con due dita attirando le mie iridi a se.
-Non so cosa ti passi per la testa, ma di qualsiasi cosa si tratti, puoi star tranquilla...Ci sono io con te...-.

Alexander mi aveva mentito? Lo stava facendo anche in quel momento? E George? Cosa voleva da me, quel vampiro?

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Capitolo 15
*** Credere a chi? ***


Nei giorni seguenti cercai di far finta di nulla.
Non parlai con Alexander di quel dubbio che mi frustava la mente.
Mi dissi che lui aveva altro a cui pensare, specie ora che non uscivano più, per cacciare umani , ma per eliminare vampiri in END.
Sarebbe stato del tutto fuori luogo parlargli della mia gelosia, dire lui che lo avevo visto in compagnia di quella vampira, che George mi aveva raccontato tutto e poi che mi aveva baciata..No, era meglio tacere. Per il bene di tutti.

Scesi a pian terreno. Da poco tempo, mi ero concessa la libertà di uscire indisturbata dalla mia camera, sicura del fatto che la maggior parte di "loro", a quell'ora del giorno, stessero dormendo.
Così mi recai in salone, assalita da una fame atroce.
La tavola era imbandita di roba da mangiare.
Dolci,bevande,ed ogni sorta di pietanza appositamente per quell'ora della mattina.
Inspirai aria.
Finalmente ero sola. Ne ero veramente felice.
Per una volta, potevo godermi un momento che fosse per me, senza denti aguzzi ed occhi psichedelici a "divorarmi".
Mi accomodai, stavolta, su una sedia al lato del tavolo, anzi che' a capo.
Davanti ai miei occhi una tazza. Ci versai del the fumante, mentre con la mano libera afferravo un piattino con dei biscotti invitanti.
"Pancia mia fatti capanna!"Pensai gioendo.
Inaspettatamente la porta scorrevole difronte a me , sparì nel muro.
Persi un battito.
La sagoma minuta del bambino, apparve facendomi perdere un battito.
Mi fissava, come se stesse studiando il mio viso.
I miei occhi restarono per attimi interminabili, su di lui.
"Come fa ad essere suo figlio?". Assomigliava sin troppo a George, mentre con Alexander non aveva nulla  a che fare.
Chiuse la porta alle sue spalle e senza proferir parola, si accomodò sulla sedia difronte alla mia, arrampicandosi impacciato.
Prese la brocca del latte e lo versò nella sua tazza. Lo contemplai perplessa. Per lui, era come se io non ci fossi, ma allo stesso tempo, in ogni suo gesto silenzioso, notavo la voglia di farsi osservare.
Era una sensazione particolare quella che provavo. Era nata dal nulla, ma vivida creava quelle idee nella mia testa.
Ogni suo movimento, ogni atteggiamento, era calcolato, mirato a spingermi verso un dialogo.
Afferrò i biscotti dello stesso piattino che tanto bramavo mordendone voracemente uno.
Abbassò lo sguardo alla sua tazza mangiando in silenzio, velocemente.
Aveva qualcosa di strano quel bambino.
Simulai un colpo di tosse, testando se ciò che avevo ipotizzato,potesse risultarmi vero.
Alzò per un secondo lo sguardo poi tornò a mangiare.
Non voleva parlare. Forse mi ero sbagliata. Forse con me non voleva averci niente a che fare.
Mi sentii di troppo, all'istante.
-La mamma mi ha detto che non devo parlare con te...-. Mormorò attimi dopo.
Sussultai.
-Perchè?-. 
-Ha detto, che Alexander si è comportato da sciocco portandoti qui, perchè tu sei diversa da noi...Tu non sei un vampiro?-. Mi guardò intensamente, ma il suo sguardo era del tutto simile a quello di un bambino qualsiasi.
-Emh...Ecco..-.
 Sapevo che loro sentivano l'odore del mio sangue. Sapevo che tutti in quella casa avevano preso consapevolezza della mia natura, ma provai lo stesso a mentire con lui..
-Certo che sono come voi..!-. Mentalmente mi tirai un ceffone in pieno viso.
E se anche lui sentiva quell'odore? Se avessi compiuto un passo azzardato?
Corrucciò leggermente la fronte.
-Allora perchè la mamma non vuole che gioco con te?-. Fu più una domanda posta a se stesso, che a me.
-...Non saprei..-. Mormorai appena, sperando che finisse li quella conversazione.
-Ho un'idea! Giocherò con te di nascosto!-. Esclamò, euforicamente alzando il cucchiaino stretto nel pugno, al cielo.
Sorrideva.
Mi fece quasi tenerezza.
-E se ci scoprisse?-. Cercai di farlo tornare sui suoi passi.
-No. Lei di giorno, dorme sempre...-. 
"E ci credo sta fuori tutta la notte a sbranare la gente!". 
Mi tese un braccio liberando solo il mignolo dal pugno.
-Promesso?-. Proferì un secondo dopo.
Esitai a stringere il suo mignolo.
Infondo, avevo paura.
-Promesso...-. Mormorai quasi in un filo di voce.
Rise, poi scese velocemente ,scese dalla sedia correndo fuori dal salone.
Avevo fatto la cosa giusta?
Mentire a quell'esserino, era veramente ciò che avrei dovuto fare? E lui, realmente non si era accorto del mio sangue?

Terminai la colazione. Alle undici del mattino ero ancora sola.
Salendo i gradoni dell'ampia scalinata, mi persi a pensare.
Dov'era Alexander? In quale stanza dormiva?
Nel mio petto accrebbe la voglia di vederlo.
Così, invece di imboccare il pezzo di corridoio che raggiungeva la mia camera, svoltai dal lato opposto, avventurandomi in quel susseguirsi di quadri, tavolini, lampade e porte di legno..
Alcune erano aperte,altre erano semi-chiuse. Mi dissi che ero stata veramente fortunata a non doverle aprire e quindi fare rumore.
Furtiva, con lo sguardo spiai il loro interno, uno per volta di ogni stanza.
Ammetto che fu imbarazzante guardare sconosciuti dormire, sperando di imbattermi di Alexander.
Passai una decina di porte. Di lui , nessuna traccia. 
"Forse c'è un'altra ala nel palazzo, e lui si trova li.."Riflettei. 
Poteva essere vero, al fin dei conti io non sapevo quanto spaziasse il cuore di quel castello.
Poteva finire li, o continuare ancora.
Avevo raggiunto un ampio finestrone, che a quell'ora del giorno era l'unica fonte di luce in quel corridoio.
Finiva li, non c'erano altre porte, non c'era un secondo corridoio. Avevo fatto un buco nell'acqua.
-Che stai cercando?-. Una voce femminile mi fece salire i brividi sino alla nuca.
Mi irrigidii, voltandomi lentamente.
Era lei. Allison.
-Ecco...-.
-Spero che tu, ti sia persa e stavi cercando solo la strada di camera tua..-. Proferì antipaticamente.
"E se non fosse così?".
-Già...Mi sono persa..-. Ringhiai debolmente.
-Bhe, la tua stanza è sul lato opposto.-. Sentenziò fredda.
Il cuore mi batteva sin troppo velocemente e non era affatto per paura, adesso.
-In realtà la sai una cosa...So perfettamente dove si trova la mia stanza.-. Un ghigno dispettoso colorò di ribellione il mio viso.
-Ma avevo voglia di vedere Alexander. E' da ieri sera che non lo sento..-.
Sorrise con ovvietà, allontanando lo sguardo da me, come se fosse stato tutto sin troppo scontato..
-A proposito, tu non dovresti stare rintanata nella tua stanza?-. Aggiunsi avvicinandomi a lei , fino a che , reciprocamente, le nostre spalle non si toccarono.
-Sei stata a caccia tutta la notte...Devi riposare..-. Le sussurrai sfottente.
Poi mi allontanai di qualche passo.
Potevo captare nell'aria, l'odio che stava provando per me, in quel preciso istante.
-Ragazzina!-. 
Mi arrestai.
-Se credi che la tua spavalderia, la tua giovinezza o qualsiasi bella qualità da te posseduta, possa aver fatto innamorare Alexander...Ti sbagli..Lo sanno tutti cosa vogliono i vampiri da voi umani..-. Fu tagliente.
Ammetto che quella frase fu un colpo basso.
Voltai leggermente il capo indietro, verso lei.
-Semmai accadrà che lui vorrà bere il mio sangue, sarò anche disposta a cederglielo...-. La schernii con gli occhi un attimo prima, finalmente, che riuscissi a decidermi di abbandonare quel corridoio.

Era odiosa quella donna.
Le sue parole erano rimaste incollate alla mia testa per tutto il giorno fino a sera.
Anche quando Alexander mi raggiunse in camera, seppur avessi potuto godermi quel momento assieme a lui, la mia testa era li, alla mattina, a quella serpe.
-Che hai Ana?-. 
Eravamo entrambi sdraiati, e lui mi teneva stretta al suo fianco, mentre io, avevo delicatamente appoggiato il capo al suo petto.
-Ti vedo strana..-. Aggiunse debolmente in un sospiro.
-Nulla..-. Che gli dovevo dire? La tua presunta "Ex moglie" mi sta sulle palle?!
Ruotò di pochissimo, tanto quanto bastasse ai nostri occhi per "toccarsi".
-Non mi mentire, Anastasia. Sono giorni che sei angosciata. Lo leggo nei tuoi occhi...-.
"E allora non  leggere!".
-Sono..Stanca.-.
Mi accarezzò una guancia.
-Presto, ti porterò via da questo posto. Gli altri, stanno già facendo ricerche approfondite sugli END...-.
Per un istante il cuore ballonzolò nel mio petto speranzoso.
-Dici sul serio?!-.
-Si. Sterminato il branco della "regina", tutti gli altri, come funziona negli alveari, saranno "persi"...Per noi sarà semplice ucciderli tutti...-.
Mi sollevai con le braccia.
-Dimmi una cosa...Chi li ha creati?..-.
Mi scrutò perplesso. Cercai di spiegarmi meglio:
-Intendo dire, chi è che li ha fatti diventare così?-.
Il suo sguardo si rabbuiò.
-Noi..-. Persi un battito.
-...Voi?..-.
-Si. Loro sono sottoposti che dopo essere stati morsi, invece di diventare vampiri sono diventati quei mostri.Sai non tutti hanno un corpo abbastanza forte, per reggere il nostro morso...-.
-Quindi loro da principio non erano altro che umani?! Erano come Gregory?!-.
-Esatto. Ma la moltitudine che hai visto tu, non è composta solo da sottoposti. Loro si riproducono velocemente, non ho idea di come facciano..Ma lo stanno facendo e sono aumentati a dismisura nelle ultime notti..-.
Ora che sapevo, dovevo stare zitta assolutamente, su tutto.
Alexander aveva sin troppi problemi.
Bastonai lo sguardo. Purtroppo quei problemi non erano del tutto lontani da me.
-Ehy. Non ti far venire quel broncio. Queste sono cose che non sono di tua competenza...Devi stare tranquilla e vivere qui in serenità..-. 
-E se loro ti prendessero?-.
Rise sguaiatamente.
-Secondo te, sono un vampiro che si fa prendere così facilmente?-.
Sorrisi. Mi fidavo di quelle parole. Non lo avrei perso.
Mi gettai fra le sue braccia, nascondendo il viso nell'incavo della sua clavicola, coperta dal tessuto sottile della camicia.
-NO. Ma io ho paura di perderti-. 
Mi strinse.
-Non devi averne..-.
"Se lei ti portasse via da me?".
-Alexander..-. Dovevo chiederglielo?
-Io devo confessarti una cosa..-. Mi allontanai da lui.
 Che reazione avrebbe avuto?
-Ho visto te ed Allison dalla finestra..-. Dissi tutto d'un fiato.
-Dimmi..C'è  qualcosa fra voi due?-. Aggiunsi quasi non respirando.
Avevo fretta di togliermi quel peso dal petto.
Mi scrutò. Rise di nuovo.
-Allison è una mia cara amica. Ammetto, in passato siamo stati amanti, ma tra me e lei non c'è nulla..Poi ha quel fratello così insopportabile..-.
-Fratello?-.
-Si, George. Lui è suo fratello..-.
Aspetta.Aspetta.Aspetta! Quindi lui mi aveva ammesso, che lei era una sua "ex" e George suo fratello?!
Scossi il capo.
-Dici sul serio?!-. Proferii incredula.
Rise ancora.
-Ma certo!-.
Sospirai.
-Sono stata una sciocca...-.Sorrisi timidamente.
Mi portò verso se tenendomi delicatamente per le braccia.
-Non ti tradirei mai...-. Mi fissò nelle iridi.
Volevo piangere. Ma non perchè fossi rallegrata per quelle parole...
Io lo avevo tradito. George mi aveva baciata e da quel momento, non avevo mai smesso di sentirmi una miserabile.
-Lo so...Perdonami se ho dubitato..-. Alla fine le lacrime scesero.
-Adesso perchè piangi?-.
Mi separai da lui asciugandomi in fretta il viso.
-Niente. E'...Tutta questa storia che mi sta facendo crollare. Ho dubitato di te, della persona che amo...E'riprovevole...-.
Sorrise appena.
-E' normale. Non so cosa tu abbia visto, ma l'amore crea anche queste sensazioni. Sei gelosa...Ed io ne sono più che onorato.-.
Avvampai.
Lo baciai all'improvviso, lasciandolo di stucco.
-Ti amo così tanto..-. Sussurrai con le lacrime agli occhi.

Quella notte non dormii.
L'idea che tutto ciò che mi aveva detto George non fosse la verità, che avessi dubitato dell'unica persona di cui non dovevo, che mi ero lasciata ingannare da un perfetto sconosciuto, tutto mi frustrò.
"Che idiota che sono..". Mi offesi ripetutamente dentro.
Sospirai alzandomi.
Forse una doccia calda mi avrebbe fatto bene.
Così uscii dalla camera da letto e percorsi a stenti nel buio, il corridoio dirigendomi dove sapevo esserci la stanza da bagno.
Ad un tratto, alle mie orecchie arrivò un sibilo acuto ma lontano, proveniente da una delle stanze lungo il corridoio opposto.
All'improvviso, una fitta dolorosa al collo mi irrigidì ogni muscolo. Mi piegai sulle ginocchia leggermente.
Gelosia. Nuovamente quella sensazione di star assistendo ad un tradimento.
Perchè?
Avevo potuto sperimentare che si trattasse di Alexander, perchè ogni volta che mordeva una donna avvertivo lo stesso impulso. Ma lui doveva essere lontano dal castello, non potevo sentirmi in quel modo.
Mi alzai a fatica accendendo l'interruttore di una lampada poco distante da me.
Non illuminava tutti e due i corridoi, ma emanava abbastanza luce da potermi permettere di camminare senza urtare nulla.
Seguii quei soffi lontani, di ansimi.
Ogni passo era un "Ti prego torna indietro" della mia testa.
Non mi fermai.
Finalmente quando raggiunsi la porta scura da dove provenivano quei suoni quasi imbarazzanti, mi decisi a spiare il suo interno.
Scostai leggermente l'anta, quanto bastasse per farmi intravedere l'interno.
Da quell'istante tutto si fermò.
Lei, Allison, spoglia, stesa sul letto. 
Lui, Alexander, non del tutto vestito, sopra di lei che le azzannava il collo.
Indietreggiai pericolosamente, sconvolta, trattenendo con i palmi della mani un grido.
Sentii crescere nella mia gola un pianto straziante, che soppressi con tutte le mie forze.
George aveva ragione. Alexander mi tradiva. Mi aveva mentito..
Corsi via, a perdi fiato, verso la mia stanza.
Finalmente potei liberare "dalle catene", le lacrime.
Scivolai seduta affianco al letto, a terra. Non potevo crederci.
"E' tutto vero...Tutto...".

Delle volte, forse, sono proprio le persone che ci stanno maggiormente vicino, ad essere il nostro peggior nemico.

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Capitolo 16
*** Consapevolezza ***


Alexander non venne in camera mia il giorno seguente.
Lo incrociai in salone. 
Quella mattina , insolitamente , c'erano tutti.
Non mi accostai a lui, lei gli era sempre attaccata. Lo teneva sotto braccio , mentre come un'oca giuliva, chiacchierava con gli altri presenti, magari raccontando anche di come, finalmente, ci era tornata insieme. Mi diede il voltastomaco.
Mi sembrò di avere un macigno dentro. In realtà, quella sensazione angosciante, l'avevo provata per tutta la notte.
 Infondo forse , avevo sperato che ciò che era accaduto in quella stanza, la notte precedente, fosse solo un mio brutto incubo.
Per quel motivo ero scesa a far colazione. Io non ci credevo. Non ci volevo credere...
Mi ritrovai seduta nuovamente a capo-tavola. Tutti chiacchieravano come se nulla fosse, come se io non esistessi affatto.
C'era chi raccontava della sua epica impresa nell'uccidere una ragazza di ritorno a casa, chi invece preferiva parlare di frivolezze.
Loro, preferivano parlottarsi all'orecchio. Li scrutavo da dietro il candelabro. 
Sembrava così rilassato il suo viso, mentre lei le sussurrava chissà che cosa..
Con me non lo era mai stato.
Effettivamente, pensandoci, da quando ero andata a vivere da lui, non c'era stato giorno in cui non l'avessi visto triste, desolato.
Forse il problema ero io...La differenza delle nostre radici. Io umana, lui vampiro. Era questo che ci divideva. Una piccolezza grande quanto l'abisso che scindeva il nostro "essere".
Anime diverse. No. Non potevamo. Era contro natura.
Lentamente, incominciai a rimuginare su quanto fosse accaduto. 
Arrivai ad una conclusione: Lui, era tornato da lei per quella nostra diversità.
Non credo che l'amasse. Non ci avevo creduto sin dal primo istante. Probabilmente lui , si sentiva solo costretto a dover stare con una sua simile.
Mi chiedevo solamente perchè mi tenesse ancora li.
Non mi accorsi di starli fissando insistentemente, finchè l'ennesimo, conosciuto, finto colpo di tosse di George, seduto affianco a me, non mi fece sussultare debolmente.
Avvampai di colpo. In un attimo avevo realizzato che la mia "ossessione" stava aumentando radicalmente in me. 
Fissai lui, portando in un lampo, le mie iridi alle sue.
Sogghignava appena. Intravidi dello scherno nella sua espressione. A lui piaceva, vedermi scervellare per quell'uomo.
Evidentemente "studiare" gli atteggiamenti di un'umana innamorata, era un diletto, un passatempo.
-Perchè mi guardi con quella faccia?-. Proferii indispettita.
-Li stai fissando...E non è un minuto che lo fai...-. Aveva i gomiti puntati al tavolo, ed i pugni stretti di fronte alla bocca, ma a me sembrava ugualmente, di vedere quel sorrisetto sfottente nascosto li sotto.
-E quindi?-. Ringhiai.
Sospirò una risata soppressa secondi dopo.
-E' quasi imbarazzante vederti così...-. Si alzò all'istante facendo rumore con la sedia. I suoi occhi che mi punivano, scrutandomi dall'alto del piedistallo dove quel ragazzo, si era arrampicato.
Ci era comunque riuscito! Ce l'aveva fatta a mortificarmi!
Gli occhi mi si arroventarono di colpo mentre la gola si strinse, come ogni volta che sentivo venirmi da piangere.
Ormai sapevo distinguere perfettamente dolore e rabbia all'interno del mio collo.
-A si? Ed invece quello che fai tu cos'è?-. Mi alzai anche io, lasciando che il nervoso sovrastasse tutto il resto delle sensazioni nate in me.
Restò in silenzio qualche secondo, spostando il suo sguardo altrove, al tavolo.
Ci guardavano tutti. Ovviamente non sapevano cosa ci fossimo detti attimi prima, per ciò quella scena, per loro era priva di motivazione.
-Non mi sembra il caso di parlare qui...Che dici?-. Proferì a bassa voce.
Non mi diede il tempo di rispondere, afferrando il mio polso, trascinandomi fuori dal salone.
Cercai di ribellarmi in tutti i modi lungo la scalinata, ma solo quando arrivammo di fronte alla porta di quella che da poco era divenuta camera mia, mi lasciò.
-Dannazione! Perchè diavolo mi hai portata via in quel modo?!-. Gracchiai acida.
Appoggiò entrambe le mani alla porta  incastrandomi fra esse. 
-Per quale motivo pensi, che io ti abbia raccontato tutte quelle cose e che ti abbia offesa in quel modo?-. Sembrava estremamente serio.
Mi confuse quella domanda.
-Credo...-. Cercai una valida motivazione fra tutte quelle ipotesi che avevo formulato. 
-"Credi"...Non c'è nulla da credere. Tu non ti sei nemmeno domandata perchè, io avessi voltato le spalle ad un compagno spifferando la sua vita ai quattro venti, è questa la verità.-. Mi rimproverò aspramente.
Era vero. Stra-maledettamente vero! Non avevo fatto altro che pensare a lui ad Allison , alla loro infinita storia d'amore, mentre, avrei dovuto concentrarmi su qualcosa di molto più importante.
-Ok! Forse dovevo riflettere di più. Ma questo non significa che non ho tenuto conto di nulla. Ad esempio mi sono domandata, perchè un vampiro come te, avesse così tanto interesse nel baciare un'umana a cui nemmeno può bere il sangue..-. Il tono della mia voce, non tremò una singola volta durante quella frase. 
Nemmeno i miei occhi cercarono di fuggire dal suo sguardo disgustosamente rabbioso.
Sospirò quasi ridendo e per un attimo le sue palpebre coprirono le iridi,lasciandomi respirare.
-Sai perchè?Perchè, nonostante io sia quello che sono, un pò di buon senso ce l'ho. Non mi porto dietro una donna sapendo che ne amo un'altra. Non faccio rischiare la vita ad una ragazzina poco più che liceale, sbattendola a casa di esseri che si nutrono di carne umana. No, affatto, io non sono così ripugnante..-. 
Lasciò scivolare via le braccia dalla lastra lignea.
Non ruggiva più la sua voce adesso. 
Mi aveva parlato come se realmente tutta quella faccenda gli stesse a cuore.
-Sono stata io a scegliere questa vita..-. Mormorai appena.
-Tu?..Tu avresti scelto di vivere con lui e soffrire? ..Pff...Devi essere veramente un'autolesionista...-.
-Già! Sono un'autolesionista e allora!?-. Mi fissò intensamente.
-Lo ami così tanto?-. 
Persi un battito.
-Si. Lui è tutto quello che ho..-. Cercai di non far vacillare il mio tono di voce, ma fu impossibile frenare le lacrime.
-George..Tu hai mai perso tutto nella tua vita? Ti sei mai ritrovato solo, a vivere qualcosa che non senti tuo?-. Dissi con un briciolo di fiato sommerso dai singhiozzi.
Sorrise tristemente.
-Non sai quante volte ho perso pezzi della mia vita. Tutti noi li perdiamo, costantemente. Ho sofferto Ana, ma non per questo ho costretto la mia vita alla dipendenza di qualcuno...Lui ti fa soffrire, ti lascia sola, ti usa quando ne ha voglia..Questo a te sta bene? Questa è la storia d'amore che desideravi?-.
Stavo per crollare.
-Io ho giurato..-.
-Anche lui dannazione! Aveva giurato di starti accanto o sbaglio?! Dov'è ora, maledizione?!-. 
-CON LEI!-. Gridai in lacrime.
-Lo odio! Odio quello che mi ha fatto...Che mi costringe a sopportare quotidianamente!-. Mi coprii il volto con i palmi lasciando, finalmente, che tutto il dolore racchiuso in petto, fluisse nelle lacrime e nei singhiozzi.
-E'...E'..Un bugiardo! Aveva detto che mi sarebbe stato sempre vicino. Ha detto di amarmi...Erano tutte STRONZATE!-. 
Di colpo, il vampiro, afferrò il mio braccio portandomi a se.
-Ecco..Vedi? E' per questo che ho sempre odiato le persone come lui..-. Mormorò nel mio orecchio.
-Ho provato per anni, ad allontanarlo da Allison, a non farle commettere quell'errore..Con lei ho fallito...Non voglio che Alexander porti anche te a...-. Si interruppe bruscamente.
-A cosa?..-. Mi allontanai leggermente da lui, calmando la voce.
Sospirò pesantemente cercando di perdere il contatto visivo con i miei occhi. 
Non voleva parlare, probabilmente, aveva detto troppo senza essersene reso conto prima..
-Niente...-.
Artigliai le sue braccia.
-Dimmelo!-.
Vidi le sue palpebre sollevarsi maggiormente, lasciando sul suo volto un'espressione, molto vicina allo sgomento.
-Se te lo dicessi..Tutto cambierebbe..-.
-Se non me lo dicessi..Io cambierei!-.
 Allontanai le mani dalla sua giacca.
-Ana!-. Una voce acuta , mi creò un sussulto.
Lontano, all'imbocco della scalinata, il piccolo Joshua.
-Ehy..-. Cercai di pulirmi il viso velocemente cancellando le lacrime, e fingendo un sorriso caloroso.
-Andiamo a giocare?-. Mi raggiunse chiudendo nelle sue piccole manine, la mia.
-Ecco...-. Guardai George, domandandogli con gli occhi, cosa avrei dovuto fare.
Mi fece cenno con il capo di seguire il bambino.
Non ne fui contenta. Lui mi avrebbe dovuto dire la verità. Mi stava per raccontare una parte importante, il tassello mancante a quel mare di scossoni che avevo sopportato.
Ingoiai un pugno di frustrazione , seguendo il bambino lungo le scale.
-Tua mamma è sveglia...-. Proferii appena,tanto che la mia voce parve vuota.
-Le ho chiesto io se potevo stare con te!-. Rispose con enfasi.
Gli aveva detto di si??
Accelerò il passo, correndo verso la porta che presumibilmente doveva accedere al cortile.
Non ci ero mai stata, ma dalla finestra del bagno, si intravedeva quel pezzo di verde, agghindato con decine di cespugli di rose e tavolini bianchi in ferro sparsi per ogni centinaio di metri.
Dall'esterno era tutta un'altra cosa...
Ricreava lo spirito. Sembrava un pezzo di paradiso caduto nell'inferno di sangue, che raccontavano le mura di quel castello.
-Corri Anastasia!-. Il bambino lasciò la mia mano correndo verso un bosco all'estremità del giardino.
-Aspetta Joshua!-. I piedi si mossero veloci.
Inaspettatamente, fu come se un senso materno, si fosse impossessato di me.
Se gli fosse accaduto qualcosa di brutto, non me lo sarei mai potuta perdonare.
Lo raggiunsi alla fine, al di là dell'infinita schiera di salici piangenti e querce secolari.
"E questo posto?".. Un lago.
Attorno, come se mai ci fossero state prima,spuntoni di rocce coperte da muschio, non lontana una piccola cascata.
C'era una vastità infinita di fiori al suolo. Bianchi con petali ampi e poi ancora lilla e rosa, ovunque mi girassi.
-Joshua!-. Vidi il bambino seduto su un tronco che giaceva a terra.
Sembrava sognare ad occhi aperti, guardando l'infinito di quella distesa blu.
-Non devi correre così..Lo sai? E' pericoloso...-. Gli dissi dolcemente, appena fui vicina al tronco, prendendo posto affianco a lui.
-Sono con te. Non mi può succedere niente.-. Sorrise.
Avvertii una sensazione strana partirmi dal cuore stesso.
Come se di punto in bianco l'idea di vuoto, fosse svanita. 
-Ti piace questo posto Ana?-. Aggiunse subito dopo.
-Si è stupendo..-. 
-Prima erano Alexander e la mamma a portarmi qui.-. Un fitta mi compresse il petto.
-Ma poi ...Hanno iniziato ad avere sempre da fare...-. La sua voce precipitò, scurendosi.
-Alla fine..Io mi sono ammalato e qui non ci sono potuto più venire..-.
-Ammalato?-. 
Rivolse lo sguardo a me.
-Si! Ma da quando sei arrivata qui...La mia malattia è sparita! Niente più febbre, ne più dolore...-. Sorrise raggiante.
Sorrisi accarezzandogli teneramente i capelli.
Poi però, un dubbio mi assalì:
-Joshua, per quanto tempo sei stato male?-.
-Mmmh...-. Mi fece il numero quattro con le mani.
Il sangue mi si gelò nelle vene.
-Mesi?-.
Fece "si" con la testolina.
"Aspetta. Quasi quattro mesi fa ho conosciuto Alexander.."
Mi alzai di colpo.
-Che hai Ana?-.
-Andiamo via...-. Tesi lui la mano.

Spalancai bruscamente la porta della camera di George.
-E' per lui. Per suo figlio vero?-.
Il vampiro,era sdraiato sul materasso a gustarsi un libro.
Il mio ingresso brusco nella stanza, creò lui un sussulto. Mi scrutò incredulo, scendendosi sul naso il paio di occhiali da vista.
-Avanti George, dimmi la verità. E' per suo figlio che mi tiene qui?!-.
Sospirò, togliendoseli del tutto.
-Chiudi la porta..-.
Si tirò su.
-Mi pare quindi, che alla fine, tu da sola, ci sia arrivata...-.
Era così?!
Tirò fuori da un pacchetto sul suo comodino, una sigaretta e si alzò.
-Tieni, credo che ti servirà...-. Me ne gettò poi una.
Respirai profondamente. Tremavo.
Mi raggiunse del tutto, avvicinando la fiamma dell'accendino al bordo circolare della stecca di veleno.
Attimi dopo, tornò a sedersi sul bordo del materasso. Gli occhi incollati a me.
-Credimi io, di quello che loro due hanno in mente, non so nulla. So solo, che da un giorno all'altro quel ragazzino è piombato in questa casa. Era da tempo che non vi facevo ritorno. Quando decisi di rincasare dopo dieci anni, lo trovai qui assieme ad Allison ed Alexander. "E' nostro figlio", disse lei, appena il piccolo era apparso in salone. Rimasi del tutto spiazzato. Non ne sapevo nulla!Non che sia difficile che due vampiri prolifichino, ma il fatto che mi lasciò perplesso diciamo, fu, che quel bambino non assomigliasse a nessuno dei due. Insomma Cavolo! Guardalo! E'..E' tutta un'altra persona, è castano ha gli occhi verdi, che c'entrano loro? Così..Insospettito, una notte, mentre io e lei eravamo a caccia rimembrando i bei tempi passati, le chiesi come stavano veramente le cose. La vidi farsi di ghiaccio. Sembrava che veramente le avessi chiesto la luna!...Alla fine mi disse che quel bambino era frutto di un sogno..-.
Tirò fuori la boccata di sigaretta.
-Frutto di un sogno?-.
-MhMh! Esattamente. Disse che lei era contraria ad avere figli, ma che poi da un giorno all'altro le era venuta voglia di "ampliare" la stirpe. Ovvio che io non credetti affatto a quelle parole. Così, mi misi ad indagare. Corruppi persino Gregory pur di sapere...E...Rullo di tamburi...Quel bambino era stato un umano prima!-.
-Che cosa?!!? Questo significa che loro...-.
-Hanno ucciso il figlio di qualcun'altro, semplice...!-.
"NONONO!!"
-Ma perchè? Infondo loro potevano perfettamente avere figli..O sbaglio?-.
-Certo. Ma a quanto pare..Al nostro caro vampiro non servivano figli puri...-.
Il modo in cui disse quella frase inconsciamente mi fece raggiungere una conclusione.
-Dici che lui lo ha fatto per creare un END?-.
Sgranò le palpebre.
-Un END? Naa...Non è folle fino a quel punto..-. Si mosse nella stanza.
-Credo più che volesse rimpiazzare qualcuno...-. Sollevò alcuni panni dal comò afferrando quella che sembrava essere una cornice.
Si avvicinò poi, porgendomela.
-Vedi?-.
La presi fra le mani.
Ritratti, in una foto due bambini, dietro loro, una donna ed un uomo. Apparentemente tutti volti sconosciuti.
-Questo è lui..-. Mi indicò uno dei due bambini.
-E questo è suo fratello ...Adrian.-.
-Che fine ha fatto?-. Non separai lo sguardo da quella foto.
-Credo sia morto quando entrambi erano molto piccoli. Quella è l'ultima foto che si sono riusciti a scattare assieme..-.
-Deve aver sofferto molto...-. Mormorai in un sibilo.
-Per spingersi a tanto, dubito anche, che non soffra più. Quando sei tu la causa della morte di un tuo caro, porti il rimorso a vita...-.
-Lui, la causa?!-. Lo fissai.
-Da quanto so, loro erano assieme la notte che alcuni vampiri li attaccarono...Alexander aveva costretto suo fratello minore ad uscire di notte...Credeva che Adrian fosse forte come lui...-.
-Non lo era?-.
-Non era un vampiro..-.
Mi spiazzò.
-Adrian, era figlio della seconda moglie del duca Dragonov. Lei era umana proprio come te...-.
-Dio...Ma se lei era umana perchè il Duca non l'ha uccisa?-.
-Dragonov I, l'amava. Lei era sua moglie..E se non ha mai provato a morderla, è per il semplice fatto che noi vampiri, non beviamo sangue di donne in fase terminale...Ed anche per questo che ha scelto di amarla. Lei sarebbe stata come un vampiro, senza però cacciare.-.
-E' una storia così triste..-. Sorrisi amaramente asciugandomi una lacrima isolata.-Poi, che le è successo?-.
-E' morta di crepacuore, aveva una grave malformazione e la morte di Adrian fu la goccia che fece traboccare il vaso..-.
-Quindi Alexander ha dovuto sopportare due lutti...-. Mi sentivo disperata al posto suo.
-NO. Lui non l'aveva mai considerata sua madre, per questo l'unico lutto che lo portò a soffrire,fu quello del fratello...-.
-Come accadde?-. La mia voce rasentava il soffio.
-Le circostanze esatte non le so. Ma quello che si vocifera sull'accaduto, è che Alexander voleva far vedere ad Adrian come caccia un vampiro, forse sperava che anche il fratello imparasse..Si è avventurato assieme a lui in un bosco, ma quella notte evidentemente, era giorno di caccia anche per altri di noi. Vennero attaccati. Alexander cercò di metterli in fuga come poteva, ma forse, Adrian ,spaventato dal loro aspetto e da quello reale del fratello, scappò. Alcuni vampiri del branco lo inseguirono, poi, di lui, più nessuna traccia. Non trovarono il corpo, ne il suo sangue.-.
-Non pensi che lui , possa aver costretto Allison ad uccidere un bambino, solo per riavere suo fratello nel modo in cui lo ricorda? Insomma, quel bambino...E' identico ad Adrian seppur la foto è in bianco e nero..-.
Sospirò tornando a sedersi.
-Si. Sospetto che sia proprio così..-.
Poggiai la cornice sulla seduta di una poltroncina a dondolo.
-Alexander non è il mostro che pensi. E' solo un uomo che ha sofferto. E seppur sia macabro il gesto che ha fatto, cercare un bambino che assomigliasse a suo fratello, ucciderlo, trasformarlo, non significa che sia una persona malata o pazza..E' solo un uomo pieno di sensi di colpa..-. Sotterrai lo sguardo.
-Molto probabilmente si, puoi anche credere che lui non sia l'uomo malato che ti ho descritto...-. Il suo viso si rabbuiò.
-Ma Ana...C'è qualcosa che non mi torna in tutta questa storia. Non credo che ci sia solo questo po' che ti ho raccontato, dietro al mistero di Joshua..-. Aggiunse subito dopo.
-Non ne sono certa nemmeno io.-. Le sue iridi rimbalzarono sorprese, sul mio volto.
-Alexander nasconde altro. Ogni suo gesto cela un significato omesso..Non ho dubbi su questo. Il punto è..Cosa?-.
Restai persa fra le mie elucubrazioni mentali, subito dopo quella frase.
-Indagherò. Voglio arrivare fino infondo a questa storia...-. Dissi poi, di getto.
Vidi un velo di preoccupazione affliggere il volto del vampiro.
-Forse....Dovresti solo andartene.-. Sentenziò amaramente.
-Si.Lo so, dovrei. Ma non prima di scoprire cosa mi ha nascosto quell'uomo-.
Distolse lo sguardo, rasentando con esso, il pavimento.
Mi raggiunse lentamente, inaspettatamente.
-Sta attenta.-. Mi abbracciò.
Fu la prima volta che un abbraccio, per quanto lo considerassi falso, mi scaldò il cuore.
Forse non ero sola a dover affrontare tutto.
Forse, c'era qualcuno dalla mia parte e non ero io, la pazza gelosa che immaginava le cose.
-Grazie George.-. Mi scansai di poco dal suo petto.
Fissò i miei occhi intensamente.
-Di niente...-. Mormorò un attimo prima di regalarmi il secondo bacio.
Sentii il cuore fermarsi un istante e poi, tornare a vorticare nel mio petto.
Ero spaesata, ancora non mi ero spiegata perchè, lui lo facesse. Ma quella volta, non indietreggiai, non mi ribellai.
Non cercai di allontanarmi dal suo viso. No.
Quella volta ricambiai il bacio.
E dal leggero catturarsi delle labbra, finimmo per rapirci intensamente.
Avevo avuto il coraggio di schiudere le labbra. Avevo provato a rubare la sensazione che lui, mi regalava.
Era strano baciare un altro uomo. Era divenuto inconsueto per me , poter pensare di essere amata da qualcun altro, dopo che per mesi avevo vissuto solo l'amore di Alexander.
Mi allontanai dalle sue labbra di pochissimo, restando fronte a fronte, respirando a fatica, sottilmente.
-Non ti chiederò scusa per averti baciata. Ne quella volta, ne questa.-. Proferì amaro.
-Non cerco le tue scuse. Va bene così...-. Arrossii appena, accennando una curva timida di sorriso. 

Lentamente , il mio cuore, si stava sciogliendo all'idea che potessi provare un sentimento più pulito.
Quel vampiro, George, era un essere misterioso, talvolta sinistro.
Non sapevo se avessi potuto fidarmi veramente di lui, ma di certo, era riuscito a tirarmi via da quel baratro di dolore in cui da giorni ero planata pericolosamente. 

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Capitolo 17
*** Cambiamenti? ***


Dopo aver ascoltato la semi-confessione di George, mi ero ritrovata, del tutto spaesata.
Era estremamente difficile per me, poter credere che quell'uomo, Alexander,l'unico e solo amore della mia vita, mi avesse potuta ingannare sino a quel punto.
Di una cosa però ero certa:George in qualche modo, non mi aveva mentito.
Si, era difficile pensarlo, ma tutte le prove che mi aveva fornito, erano inconfutabili.
Alexander aveva realmente architettato un piano ben articolato ed io ne ero la pedina mancante.

La stessa sera, sdraiata sul mio letto, incominciai a ragionare su quanto mi era stato raccontato.
Alexander aveva perso un fratello. Se ne era dato la colpa, poi aveva provato a guarire quello squarcio nella sua vita. Come? Creando un essere che avesse le fattezze del defunto Adrian. Aveva usato Allison, evidentemente con il suo potere di "manipolazione mentale", aveva fatto credere lei, di essere la madre e, a lui, di essere suo figlio...Perchè? Non poteva semplicemente dire a quel bambino di essere suo fratello maggiore?
 E poi...Le parole dello stesso bambino: "Mi sono ammalato. Ma da quando sei arrivata qui sto bene"..No, c'era altro sotto e sicuramente aveva a che fare con il mio sangue...

All'improvviso, la porta venne colpita ripetutamente da battiti di nocche.
-Posso entrare?-. Il cuore si fermò un istante.
Era Alexander. Come mi sarei dovuta comportare? Gli avrei dovuto dire tutto? Oppure avrei dovuto aspettare, fingendo magari anche, di provare lo stesso sentimento di qualche settimana prima?
E soprattutto, i miei sentimenti erano veramente cambiati così tanto , solo per aver ascoltato le parole di George?
-Si...-. Presi fiato.
Apparì nella stanza come una fantasma , la sua immagine. 
Era frustrata, la sua espressione. Ormai ci avevo quasi, fatto l'abitudine a vederlo stare così..
-Ana...-. Mormorò appena.
Che gli era successo? Perchè sembrava essere mortalmente afflitto? Un velo di preoccupazione mi offuscò il cuore, ed eccomi nuovamente li, a fissarlo smarrita, ansiosa di sapere cosa lo tormentasse...Pronta comunque ad aiutarlo.Come sempre...Come tante volte in passato...
Mi sollevai bruscamente dal materasso.
-Cos'hai?-. 
Mi guardò. 
-Io...-. Temeva di parlare, temporeggiava. Perchè?
-Devo chiederti un favore...Non è una cosa semplice ciò che dovresti fare e per questo , se tu ti rifiuterai, non cercherò di farti cambiare idea..-.
Sembrava estremamente serio.
-Dimmi..-. Proferii istantaneamente.
-Devi lasciare che prenda un pò del tuo sangue...-.
Il respiro mi morì in gola.
-Un po'...Del mio sangue?-. Mormorai con un filo di voce .
-Si. Sto male Ana. Dopo aver bevuto il tuo sangue, mi sembra di essere finito in astinenza...-.
Effettivamente non lo vedevo star bene. 
Mi portai fino al bordo del materasso toccando con le punte dei piedi, il pavimento gelido poi, mi alzai del tutto, raggiungendolo.
Lo guardai negli occhi. Non credevo mi stesse imbrogliando ancora. I suoi occhi sembravano così sinceri..
Forse, se ciò fosse avvenuto tempo prima, nemmeno mi sarei posta tutti quegli interrogativi, ne tanto meno, avrei studiato le sue iridi in quel modo..
Ero certa però, che lui avesse scrutato sul mio volto tutta l'incredulità che covavo, per la sua figura.
Lui, sapeva che avevo incominciato a credergli a stento.
 Sospirai distogliendo lo sguardo,lasciandolo fuggire dal suo.
-Bevi...-. Mi scoprii maggiormente il collo allontanando il fiocco del abito di raso color prugna , che indossavo. Ero comunque pronta. Ancora. E forse non avrei mai smesso di esserlo.
 Non disse nulla. Non cercò di fermarmi. Non si pose il problema di potermi uccidere come aveva fatto in passato.
Mi morse. 
Sentii i suoi denti conficcarsi dolorosamente nella mia carne. 
Il rumore della pelle mentre si lacerava era veramente terrificante, ma mai, quanto il dolore atroce che il morso di un vampiro, può arrecare.
Ti strappa il fiato. Specie perchè, quando i suoi denti penetrano sino a toccare l'ultimo strato della carne ,ogni nervo si contrae pericolosamente. In un attimo, il tuo corpo pare farsi di legno.
Non puoi muoverti, non puoi girarti, ne spingerlo via. Le tue braccia sono inutilizzabili , "legate" dall'accavallarsi dei nervi stessi. 
Soffochi anche respirando.
Ansimi ma il fiato non esce.
Piansi. 
In silenzio, mentre sentivo fluire aspirato da lui, tutto il sangue del mio corpo.
La testa incominciava a girare, come se stessi viaggiando su un peschereccio e soffrissi di mal di mare.
Tutto ruotava attorno a me e, ben presto, ai miei occhi ,i muri, il mobilio e la sua immagine, sarebbero incominciati a storpiarsi.
Stavo per svenire, lo sentivo, a breve nemmeno le palpebre sarei riuscita a tenere sollevate.
Le gambe tremavano, fragili.
Provai a tenermi a lui, quando sentii i suoi canini uscire dal mio collo.
Caddi ugualmente a terra. Sulle ginocchia, poi ancora, su un fianco.
Ero sveglia. 
Il buio di quel mancamento improvviso non mi aveva voluta con se.
Non potevo muovermi, ne parlare. Tutto in me si era fatto impossibile, pesino il più semplice dei gesti.
Gli occhi. Solo loro, ancora riuscivano , per quanto la vista fosse confusa, a muoversi.
E vidi le scarpe del vampiro allontanarsi da me.
E sentii la porta chiudersi. Compresi a malincuore cosa fosse accaduto...
Mi ero fatta usare ancora, per l'ennesima volta. Mi ero fatta abbandonare di nuovo, come per i mesi addietro.Lui era malvagio.
Non arrestai nemmeno una lacrima, finchè le forze in me, non svanirono del tutto e finalmente potei lasciarmi andare.
Finii nell'oscurità, ma ancora , nella mia mente, i pensieri si confondevano.
Perchè lo aveva fatto? Perchè mi aveva morsa e poi abbandonata a terra?
Non era da lui comportarsi in quel modo.
Forse ottenuto ciò che desiderava, realmente non gli servivo più...

Tornai ad aprire gli occhi, all'alba, il giorno seguente.
Ero nel mio letto. Strano. Non ricordavo che qualcuno mi avesse messa li.
Mi strofinai gli occhi per togliere quella sensazione di "appiccicume"che li teneva incollati e mi guardai attorno.
Le luci delle lampade sui comodini erano ancora accese. La stanza era vuota. L'esterno era muto.
Erano tutti a dormire?
Provai a sollevarmi , ma il dolore che mi partiva dal collo, sembrava avermi addormentato anche lo stesso braccio. Faceva ancora male quel morso, ma il dolore non era riuscito comunque a sovrastare quel senso di rabbia che mi bruciava il cervello.
Incominciai ad alternare odio ed amore, mentre rimuginavo su quanto fosse accaduto.
"George aveva ragione" Ruggii dentro me.
"Alexander è un manipolatore, un falso" 
Non mi sentivo più male pensando quelle frasi.
All'inizio, se poco, poco, il mio cervello le pronunciava, finivo per sentirmi terribilmente ferita.
Era atroce parlar male di lui per me.
Ma a quel punto, constato sin dove si era spinto, compreso che a lui non interessasse più nulla di me, l'unico sentimento che il mio cuore riusciva a sprigionare, era solo l'immensa rabbia verso i MIEI confronti.
Ero stata una sciocca...Un'ingenua. Non me lo potevo perdonare.
Tirai un pugno al materasso , sopprimendo un grido d'ira, trattenuto dal serrarsi dei denti.
Quale sarebbe stata la mia prossima mossa?
Cercai di riprendere possesso della calma.
Tirai un lungo respiro, gonfiando più che potevo i polmoni. A sangue caldo, di certo, non avrei ragionato.
Tornai a sollevare le palpebre, il viso ancora lo avevo rivolto al soffitto.
"Calma. Calmati Ana".
Dovevo buttar giù un piano, ma ancor prima, dovevo cercare George.
Mi alzai dal letto come potevo, raggiungendo velocemente l'armadio, sfilandovi ancor più velocemente un maglioncino , una gonna, un paio di calze di fortuna, l'intimo ed i miei stivaletti.
Poi, uscii dalla stanza rintanandomi in bagno, spicciandomi, presa da una furia cieca , a prepararmi.
In poco, pochissimo tempo, ero fuori.
"Bene". Proferii sicura, a me stessa.
Sapevo dov'era camera sua. Sapevo anche che lui era rintanato li, che la notte prima era stato a caccia.
Avevo imparato che i vampiri come loro, si nutrono un giorno si ed uno no, perchè non hanno fretta di rubare delle vite. Non come lui. Non come Alexander che uccideva quotidianamente donne innocenti.
Era disprezzabile, ripugnante...

-Svegliati!-. Esordii ad alta voce sbattendo l'anta della porta contro il muro.
Il vampiro sobbalzò sul posto , sollevandosi dal materasso spaventato.
-Come cazzarola ti viene in mente di svegliarmi così?!-. Gracchiò isterico.
Lo guardai storto.
-Dobbiamo parlare...Anzi, dobbiamo pensare ad un piano-. Proferii gelidamente.
Mi scrutò.
-Sei veramente sicura di ciò che mi stai chiedendo?-. 
-Si. Ne sono certa.-.
Si portò seduto con le braccia "morbide" fra le gambe incrociate.
Chiusi la porta alle mie spalle e lo raggiunsi al bordo del letto, prendendo posto difronte allo stesso.
Alzò appena lo sguardo e subito, notai che guardava i due fori sulla parte sinistra del mio collo.
Mi vergognai, tanto che per un attimo un gesto riflesso, portò la mia mano in alto, per coprirli. Però, mi fermai.
Lui doveva vedere. Lui doveva essere dalla mia parte e capire che io ero dalla sua. Capire che finalmente gli credevo.Che Alexander era come lui me lo aveva descritto.
-E' stato lui non è così?..-. Mormorò appena, accennando un sogghigno colorato d'ovvietà.
Bastonai lo sguardo.
Il silenzio rispose per me.
-Voglio sapere di più su quella storia.-. Cambiai discorso. 
-Credo che sia tutto vero. La storia di lui e suo fratello, di Joshua ed Allison. Credo...A tutto ciò che mi hai detto..-. Aggiunsi ancora senza permettergli di interrompermi.
-Lui mi ha nascosto così tanti dettagli, troppi, per una persona limpida come me. Adesso basta.-. 
-Hai tutte le ragioni di questo mondo a voler conoscere la verità...Ma Ana, tu sai che forse questo ti farà soffrire molto più di quanto tu non soffra già e  che, molto probabilmente...Ti porterà alla follia?-.
Captai nelle sue parole, la voglia di farmi cambiare idea. Il pericolo per ciò che avevo chiesto.
La sua immensa paura.
-No. Forse nemmeno so cosa mi aspetterà dopo, ma io , nel dubbio, non ci voglio più stare..-.
Sorrise debolmente.
-Sei una pazza...-. 
Si gettò di schiena, all'indietro.
-Avevi la possibilità di scappare...Io ti avrei coperta...-. Sembrava un sorriso immensamente triste quello che giaceva sulle sue labbra, mentre mi parlava.
Lo stesso sorriso ferito, che hanno tutti coloro che vedono fallire ancora una volta, tutte le buone azioni.
-Lui...Mi troverebbe. Esattamente come gli END ci avrebbero trovati, se fossimo rimasti in quel paesino.
E cercherebbe il mio sangue, mi cercherebbe capisci?! Da esseri come lui non si scappa. La fuga è solo una condanna a morte...-. Mormorai in un filo di voce tremante.
-Io ti avrei protetta...-. Insistette pacato.
-Tu..Non..No, infatti, non ci saresti riuscito. Per quanto forte tu possa essere la sua sete di potere è invincibile. L'ho visto combattere. So di che pasta è fatto...-. 
Si sollevò di nuovo lasciando rimbalzare le sue iridi su di me.
-Ah si? ...E me? Tu mi hai mai visto combattere?-.
Sorrisi.
-No, ma non lascerei che  nessuno mai, possa farti del male chiedendoti di farlo per me..-. 
Le sue pupille si dilatarono leggermente mentre la sua espressione si faceva sempre più incredula.
-E' la frase più bella che mi abbiano mai detto sai...-. 
-E' solo la verità. Non credere però che io ti ami. Non è così.-. Tornai distaccata.
-Ah! Lo so. Tranquilla, non mi sono mai fatto di questi film. E' solo che...Non lo so, tu sei così dolce ed ingenua, ma hai anche in te , uno spirito ribelle , guerriero...Tu sei un mix..Il mix perfetto..Ed io, mi sento sin troppo legato a te. Non ti saprei nemmeno spiegare il motivo in realtà-. Si grattò il capo, imbarazzato.
-Ed io non so spiegarti perchè...Nonostante tutto ti creda e ti voglia proteggere..-.
Con uno slancio di bacino, raggiunse me , sino a che i nostri volti, non potessero essere più lontani di due spanne.
-Sei così piccola vista così...-. Mormorò dolcemente.
Era la parte che avevo sempre cercato in Alexander, quel vampiro.
-Dimmi Ana..Perchè non hai paura di me?..-. 
-Perchè tu sei...Diverso..-.
-E se io ti mordessi?-. Lentamente le sue iridi si fecero luminescenti , circondate di uno spesso bordo nero.
Respirai appena.
-Non lo faresti.-. Dissi con un sottile sibilo di voce.
I suoi canini si allungarono lentamente, tanto che potei seguire con lo sguardo la loro crescita.
-Cosa ti rende così sicura?..-. Si avvicinò maggiormente ed il suo respiro mi increspò la pelle del collo.
-...Tu....Mi hai protetta..Tu..Non mi faresti mai del male..-. Serrai le palpebre.
Lo sentii tirarsi indietro e poi ancora, sotto di me, le molle oscillare. Si alzò.
-Ti invidio sai..Hai coraggio da vendere.-. Proferii tornando al suo solito tono di voce.
-Ma ammettilo, per un attimo hai avuto paura..-. Aggiunse , sottile, beffeggiandomi sfottente.
Lo seguii con lo sguardo.
-Si. Ho avuto paura, ma solo per il male che ho provato la scorsa notte..-.
-Ah-ah! Bugiarda!-. Dondolò la voce antipaticamente, mentre si versava del Whisky in un bicchiere.
Nuovamente l'istinto omicida tornò ad accrescere in me.
-Ok! Adesso puoi finirla con questi giochini infantili e pensare ad un piano per smascherarlo? Grazie!-. Lo freddai acida.
-Oh....Agli ordini..-. Sbuffò.
Poi afferrò qualcosa sfilandola da un cassetto.
-Questa...E' la piantina della casa..-. Mi sbatté davanti un pezzo di carta color sabbia, sgualcito. Puzzava di muffa.
-E questo?-. 
Sogghignò compiaciuto.
-Pensi che non avevo calcolato questa parte?-.
-Quale "parte"?-.
-Tu che mi chiedevi aiuto. Sapevo che saresti venuta e ...Sta tranquilla, ho già in mente un piano...-.
Mi lasciò di stucco, senza parole.
-I...I miei complimenti...!-. Ero del tutto sorpresa.
-Grazie, grazie...Ora stammi bene a sentire però..-.Si accomodò difronte a me.
-Questo è il corridoio a ferro di cavallo delle stanze da letto..-. Mi indicò un pezzetto di disegno sulla "mappa".
-Questa invece, è la rampa di scale che porta in camera tua..-. Portò il dito più in su.
-E questa...E' la porta del suo studio...-. Indicò una porticina poco distante dalla mia stanza.
Restai sgomenta. Io quella porta non l'avevo mai vista.
-No. La piantina è sbagliata. Non c'è, che una libreria in quel punto...!-.Gli feci notare portando a lui lo sguardo.
Sorrise spavaldo.
-Dici che...-. Restai sgomenta
-Si...Ana..Brava. E' dietro quella libreria che giace lo studio di Alexander...O meglio il suo laboratorio..-.
-Laboratorio?-.
-Oh beh, non mi vorrai di certo dire, che in quel posto sotto terra, lui vada a leggersi libri...!-.
-Eh no, infatti!-. 
-Ecco. Appunto. Per questo, tu andrai li sotto e cercherai la tua verità..-.
-IO COSA?-. Gettai un urlo.-. Non dovevamo essere in due?!-.
Si tappò un orecchio all'istante.
-E farci scoprire? Credi che Alex non sappia che ci parliamo?-.
Sospirai rassegnata.
-Ok. E se mi trova?-.
 Alzò le mani come per tirarsi via da ogni responsabilità.
-Dovrai tu, essere così brava, da non farti scoprire..-.
Insomma tutto il peso della questione era stato magicamente scaricato su di me!
-D'accordo. Andrò io li sotto...E lo farò questa notte!-. Mi alzai di scatto.
Venni repentinamente rigettata a sedere.
-Ehy-ehy-ehy..Non così in fretta. Lui questa notte non uscirà a cacciare. Ha già bevuto il tuo sangue e...A conti fatti, sarà proprio li sotto che si rintanerà...Aspetta domani notte, lo porterò io a cacciare..-.
Abbassai lo sguardo delusa.
-Come vuoi...-.
-Su! Adesso non appendere quel muso...-. Mi abbracciò facendomi cadere sul materasso, fianco a fianco con lui.
-Ehy!-. 
Rise.
Eccolo che nuovamente ribaltava le carte in tavola e mi regalava n attimo di sollievo.
 Non so , forse lui, se ne approfittava anche, ma infondo ,che male c'era ad essere felici in due?
-Ho paura sai?-. Mormorai in un filo di voce, coprendomi il volto con l'avambraccio.
-Tutti hanno paura delle verità...Delle conseguenze...-.
Già, le conseguenze. Quante ne avevo sopportate in vita mia?
Ogni azione, ogni evento, ogni situazione per quanto plasmabile possa essere, ne porta dietro se un'infinità..
-Io, credo di averne troppa...-.
...E sono proprio loro, a modificare il corso degli eventi.
"Ogni azione ha una reazione uguale e contraria". Il principio della dinamica, al fin dei conti non è molto diverso.
"Ogni atto compiuto ha una causa ed un effetto uguale o contrario." 
Si può litigare per un certo motivo, chiarire o odiare.
Si può amare alla follia, spegnere tutto o farlo per sempre .
Si può soffrire per un periodo e poi dimenticare o lo si può fare per tutta la vita...
Esattamente come era capitato ad Alexander.
-Hai anche "troppo" da affrontare. La tua, è solo la giusta paura...-. 
-E se sbagliassi? Se andasse qualcosa storto, oppure non fosse vero nulla? Cosa accadrebbe?-. 
Avrei perso tutto ancora..
-Smettila di farti mille paranoie. Vivi le situazioni per quelle che sono.-. Mi scoprì il volto, allontanando poi, anche una ciocca della mia frangetta.
-Sei forte...Tu e solo tu, ce la puoi fare.-.

Era arrivato il momento.
La resa dei conti. Alexander, quale mistero mi aveva nascosto? Ed una volta scoperto che ne sarebbe stato di me?

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Capitolo 18
*** Resa dei conti ***


Mi sporsi dal davanzale della finestra della mia stanza. Loro erano fuori, pronti per cacciare.
C'era Allison , Alexander  e qualche altro loro compagno.
-Perchè non c'è Joshua?-. Uscì ad alta voce quel pensiero,inconsciamente.
-Ha detto Alexander, che stava poco bene..-. Trasalii bruscamente voltandomi.
-George! Ma tu...Non dovevi essere con loro?!-.
Il vampiro, appoggiato con una spalla, allo stipite della porta, mi scrutava con uno strano ghigno sulle labbra.
-Sto andando..-. Si tirò dritto, raggiungendomi.
Si accomodò di fianco a me , spiando i miei occhi, intensamente, come se stesse ispezionando anche il più piccolo angolo del mio essere...
-Sei preoccupata?-. 
Abbassai lo sguardo.
-Si...Ho paura..-.
Sospirò.
-Hey. Sei arrivata alla fine OK?Ce l'hai fatta , quello è il traguardo della lunga maratona ad ostacoli in cui hai dovuto gareggiare. Non puoi mollare proprio ora...-.
Mi venne da piangere di colpo.
-Come fai?..-.
-Mh?-.
-Come fai ad essere così positivo? Come fai...A sostenermi nonostante non vuoi che corra quel rischio...?-.
Mi prese il viso fra le mani, dolcemente, costringendomi però a guardarlo.
-Perchè solo così riuscirai ad essere libera. Ana, non conta il parere altrui. Tu devi fare quel passo se lo senti...Non sono io, non sono i miei desideri, nulla di tutto ciò deve condizionarti...-.
Lo strinsi a me , all'improvviso.
-Grazie George...Ti voglio bene...-.
 Sorrise.
-Anche io Ana...-. Mi accarezzò il capo.
Poi mi allontanò debolmente.
-Adesso devo andare..-.Mormorò.
-Non farlo..-. Sibilai disperata.
Mi afferrò le spalle, piano.
-Ana. A partire da questo momento, sei sola. "Solo tu, puoi farcela", ricordi questa frase?-.
-Ma io...-.
Scosse il capo.
-"Ma io" niente! Fatti forza e ....Abbi cura di te..-. Mi baciò la fronte.
Cos'era quello? Un addio? Perchè?!
Si allontanò raggiungendo l'uscita della stanza.
-George..!-. 
Aspettai che arrestasse il passo.
-Dimmi che quello non era un addio...-. Avevo infinitamente bisogno di sapere che lo avrei rivisto, che non sarebbe successo niente.
Si voltò appena e scorsi un debole sorriso a curvare il profilo delle sue labbra.
Non aggiunse altro, lasciando definitivamente la stanza.
Raggiunsi subito la finestra , aspettando che la sua sagoma apparisse in cortile.
Lo seguii con gli occhi finché le fronde degli alberi sul circondario, non la cancellarono. Una ferita si creò in me. Ma era tardi ormai per farmi indietro. Dovevo riprendermi ciò che mi spettava.

Trasformai tutta la mia angoscia in calma, cercando di portare la mente a ragionare con fredda razionalità.
Mi allontanai dal davanzale raggiungendo il letto.
Sopra, stese sul materasso, la mia giacca , la katana e la cintura .
Presi per prima quest'ultima indossandola a dovere, poi, mi infilai la giacca ed infine inserii la spada nell'asola sul mio fianco.
Non sapevo se mi fosse potuta servire, ma da sempre , o per lo meno ,da prima di conoscere Alex , ero stata una persona alquanto prudente.

Spensi la luce in camera ed uscii nel corridoio.
La libreria non era lontana, ma la preoccupazione che attanagliava il mio stomaco, mi stava impedendo di raggiungerla velocemente.
Così, pensai che se avessi finto ,per caso, di ritrovarmi difronte ad essa, magari inconsciamente mi sarei rilassata.
E allora, mentre camminavo , mi perdevo a spiare l'esterno dei finestroni lungo il muro o i miei anfibi che, di tanto in tanto, facevano capolino dall'ampio "spacco" sulla coscia destra , del abito lungo, nero, che indossavo.
Qualsiasi cosa, anche la più piccola frivolezza, in quel momento mi sarebbe servita, per rasentare una calma apparente.
Ma in un batter d'occhio , quello stra-maledetto mobile era già li che mi aspettava..
"Come?!Quando?! Ero ancora sull'uscio della mia stanza!". Mi guardai alle spalle. Avevo veramente percorso tutti quei metri di casa?
Scossi il capo dicendomi di piantarla con quelle scenette patetiche.
Portai lo sguardo dritto a me e fissai le fitte file di libri ben incollati fra loro.
Lasciai scorrervi una mano sopra. I miei occhi intanto si davano da fare, cercando qualcosa che assomigliasse ad una maniglia, o ad un pulsante,che mi avrebbe permesso l'accesso al laboratorio.
Quando ormai, sembrava non esserci più nulla da toccare, innervosita, iniziai a gettare libro per libro, ogni volume ai miei piedi.
"Dannazione! Ci dovrà pur essere una leva dietro questi maledetti libri!". Improvvisamente cercando di afferrarne uno, nell'angolo più remoto dello scaffale, in alto, dritto a me , esso, restò piegato ed incollato con il suo bordo , al legno della libreria.
In men che non si dica , il mobile strisciò sulla parete e la bocca di un sotto-scala venne alla luce.
"C-Ce l'ho fatta...". Incredula e tremante , fissai quel "passaggio".
Lo avevo trovato. L'ansia in me vibrò dolorosamente , rimbombandomi nel petto.
Mossi un passo stentato, poggiando un solo piede sul primo gradino, come se quella serie infinita di rettangolini che accedevano a quella gola nel muro, non mi ispirasse alcun tipo di sicurezza.
Accertatomi che "reggesse", veloce, scesi.
Era buio quel cunicolo, solo una luce fioca proveniente dal basso, riusciva a non farmi inciampare.
C'era odore di chiuso, di vecchio e muffa, ovunque.
L'aria era gelida li sotto.
 Mi sembrava ci fosse persino l'eco.
Goccioline d'acqua, scendendo dal soffitto, mi caddero ripetutamente addosso.
"Che postaccio!". 
Era poco insolito, che Alexander, regalasse ai suoi"posti segreti" un'aria così lugubre..Credo che fosse una sua prerogativa...

Alla fine di quel serpente di gradini...Apparve davanti a me, una porta, fiancheggiata su entrambi i lati da due fiaccole accese.
"Qui dietro...C'è la verità". 
Poggiai ambedue le mani sulla lastra lignea. Era umida , sembrava che ci avesse appena piovuto ,sopra.
Spinsi. Era pesantissima, tanto che fui costretta a piegarmi notevolmente, spingendo con le gambe pur di riuscire a muoverla
Il cigolio del legno sul rimbombò ovunque sulle pareti, mi fece maledire quell'anta, con quante più imprecazioni serbassi nel mio vocabolario di conoscenze.
Mi sollevai riprendendo possesso del fiato perduto.
"E questa?". 
Una stanza non molto ampia, dalle pareti chiare leggermente macchiate d'acqua, luci soffuse , di un giallo pesante e tavoli. Tanti, decine di tavoli stracolmi di oggetti.
Entrai , esitando, silenziosa, divincolandomi fra essi, osservando incredula tutto ciò che mi stava circondando..
C'erano ampolle con liquidi che ribollivano al loro interno, colorati in svariate sfumature. Dal blu acceso al verde, fino allo stesso giallo marcio delle pareti.
Le osservai. Erano collegate fra loro e l'ultima aveva sul bordo della sua parte terminale , l'imbocco per quella che sembrava una prolunga che conducesse alla fiamma di un "becco bunsen".
Proseguii, lasciando scorrere il palmo della mia mano sul legno chiarissimo di quei tavoli.
Distrattamente mi voltai. 
In alcune ampolle , resti di animali. Mi avvicinai. Alcuni si muovevano, forse, sotto qualche miscela chimica.
Trasalii sbattendo violentemente contro l'ennesimo tavolo alle mie spalle. Una provetta cadde frantumandosi in mille pezzi.
"Cazzo!". La tensione in me , era palpabile.
Cercai nuovamente la calma, in un respiro moderato e continuo.
Tornai ad abbassare lo sguardo a quei resti animali.
C'erano rospi sotto spirito, serpenti e poi ancora , due occhi.
Non avevo idea di chi fossero, ma erano terribilmente strani.
Uno di un verde sgargiante, l'altro , color dell'ambra ,molto più chiaro. Poggiai un dito sul vetro della cassetta piena della soluzione che li conteneva. Si mossero.
Persi un battito.
Continuai a far scorrere il dito sulla parte di vetro. Lo seguivano! Erano vivi!
"Esperimenti?".
Alzai lo sguardo dritto a me. C'era qualcosa sotto un telo color sabbia.
Sembrava una cisterna o qualcosa del genere.
Sprigionava una luce fioca , uccisa dal tessuto che la nascondeva.
Mi avvicinai furtiva artigliando il telo. Tirai. Non avevo mai visto prima , una cosa del genere.
Certe scene credevo si potessero vedere solo nei film...
Immerso in un liquido fluorescente di color celeste, giaceva addormentato il piccolo Joshua.
Il suo corpo era trafitto da piccole ventose. Alcune attaccate alle braccia, altre alle gambe , altre ancora sembravano alimentarlo dal collo.
Dalle loro estremità partivano filamenti che credevo essere rossi, finchè , sporgendomi di più, non li vidi trasparenti portare del sangue all'interno del suo corpo.
Da dove veniva quel sangue?
Guardai ai lati della vasca.
Diverse sacche , molto simili a quelle che si vedono negli ospedali erano collegate alle estremità dei filamenti.
"Ma che diavolo...".
-Ana.-. Il cuore arrestò il suo battito all'istante.
Tremai al suono della sua voce.
Alexander...
"Perchè è tornato?Perchè non è a caccia?".
Mi voltai sgomenta.
Aveva il fuoco negli occhi.
-Alexander..Io...-.
-Perchè sei scesa qui?-. Ringhiò cupo.
La mia voce oscillava pericolosamente fra l'essere un filo ed un grido strozzato.
Mi aveva scoperta. Il piano era saltato. La peggior situazione che avevamo immaginato, era accaduta...
Ero nei guai...Nei guai fino al collo.
-Rispondimi!-. Tuonò.
Sapeva di terrorizzarmi.
Gli occhi si fecero tizzoni ardenti all'istante.
Deglutii pesantemente.
-Avevo bisogno di risposte.-. Lo guardai senza mai distogliere i miei occhi dai suoi.
-Tu mi hai nascosto per mesi , un'infinità di dettagli del tuo passato, della tua vita...Ora è giunto il momento che venga a conoscenza di tutto..-. 
-Ti avevo chiesto di starne fuori...-. Sembrava ringhiasse.
Presi aria.
-Perchè mi lasciavi tutte le notti da sola?...Perchè tornavi ferito...Ed avevi sempre fame? Era per tuo figlio non è così?..-. Mi voltai verso la vasca.- Quelle sacche contengono il tuo sangue vero? Ecco perchè avevi bisogno del mio...Ecco perchè mi hai portato qui...NON E' VERO?!-. 
-TU NON SAI NIENTE!-. Con uno scatto felino si avventò contro di me artigliandomi le braccia, sbattendomi contro la parete alle mie spalle.
Sentivo il suo respiro bollente tagliarmi la pelle.
I suoi occhi lacerarmi l'anima, carichi d'ira.
Non demorsi.
-Credevi che fossi una stupida?-. Proferii pacata, mantenendo la calma.
-Tu non sai il motivo reale..-. Ripeté nuovamente ringhiando.
-E' Adrian?-.
 Perse il respiro, scrutandomi bruscamente sorpreso.
-Io so. So che Adrian era tuo fratello...-. Lo guardai negli occhi e lessi un infinito dolore.
-So che ti senti in colpa perché credi di averlo portato a morire...Riconobbi quello stesso senso di colpa, quando è stato Gregory a mancare...Alexander io ti osservo...Molto più di quanto tu creda...-. 
Lasciò scivolare via le mani da me. Tornai a respirare.
-Lui era tutto per me. L'ho amato sin dal primo momento..-. Si allontanò lentamente, lasciando scorrere due dita sul legno di un tavolo vicino, mentre i suoi occhi ricordavano il passato.
-Quando quella notte ci attaccarono..Io avrei potuto fare di più per proteggerlo...-.
-Ma tu l'hai fatto! Hai cercato di difenderlo ti sei trasformato!-.
-Dovevo accorgermi che lui non era come me!-. Gridò voltandosi.
-Eri...Un bambino Alexander...-. Proferii in un sottile respiro.
-Mi diceva sempre che voleva essere forte come me...Ogni volta, anche quando stupidamente lo portavo al lago e gli facevo vedere quanto ero bravo a restare sotto l'acqua. Ogni singola volta, riuscivo a metterlo in pericolo...-. Strinse un pugno, mentre le lacrime sul suo viso incominciavano a formare righe ben definite.
-Ricordo che sua madre mi odiava. Diceva che ero un mostro...Che suo figlio non doveva essere come me, così, a breve, lo allontanò da me impedendomi di vederlo...Fu allora che decisi, di poterlo far  diventare un vampiro, così che lei mi avesse accettato e ci avesse lasciato giocare insieme...Quella notte lo andai a prendere in camera sua e lo portai nel bosco...Gli dissi che avrebbe dovuto combattere. CRISTO!Io lo sapevo perfettamente che c'erano altri vampiri...Anche mio padre era a caccia..!...-. Riprese fiato.
-Ci attaccarono...Ricordo che Adrian si mise difronte a me con le braccia spalancate. "Ti difendo io", disse, poi incominciò una colluttazione. Lo persi di vista preso nell'intento di uccidere il nostro rivale...Probabilmente era scappato inseguito dal resto del branco..Non avrei dovuto portarlo li...-. Sospirò con un filo di voce, finendo ginocchia a terra , mentre copriva il suo viso con le mani.
Lo raggiunsi cucciandomi , cercando di abbracciarlo.
-STAMMI LONTANA!-. Mi spinse facendomi cadere seduta.
Il respiro si serrò nelle pareti della mia gola.
-Tu non sai cosa ho fatto! Tu...Non immagini nemmeno che mostro sono...-. 
-Tu...Sei solo un uomo che soffre ...-. 
-No!...Non è così.-. Strillò ancora, alzandosi di scatto.
-Lo vedi Anastasia? Vedi quel bambino?...Non è altro che il frutto di un'idea malata e distorta della vita...L'ho creato solo per un mio interesse personale! Ho ucciso un bambino innocente mentre era con la sua famiglia in auto!-. Prese il mio braccio trascinandomi di forza verso la vasca, poi, con una mano, strappò una ventosa da una sacca di sangue e la inserì nella mia pelle.
Ora il laccio trasparente pieno di sangue, era attaccato per un' estremità al mio braccio e per l'altra a quello di Joshua.
Tutto attorno a me parve sgretolarsi all'improvviso. Mi sembrava di star vivendo un sogno ad occhi aperti...
Frutto del mio inconscio, le pareti si fecero della stessa consistenza della carta, diventando polvere. Il laboratorio non c'era più, il castello non c'era più... Al suo posto una strada.
"Aiutateli presto!". C'era gente. Una moltitudine infinita di persone , che si muoveva disordinatamente , convulsamente, urlando, piangendo. Suoi loro volti, null'altro che lo sgomento.
Non vedevo perfettamente cosa stesse accadendo, ma quella scena , mi sembrò estremamente familiare.
"Un auto..E' distrutta". 
Non la vedevo, il mio sguardo proveniva dal basso come se stessi riversa sull'asfalto e mirava ad un cartellone pubblicitario lontano ,appeso su una parete di un palazzo: "13 settembre ***".
Riconobbi quel momento...
-Era quel giorno che i miei genitori persero la vita...E quello...-. Una lacrima mi scese sul volto.
Staccò l'ago al centro della ventosa dalla mia pelle.
-Mi dispiace...-. Mormorò appena.
Lacrime fredde continuarono ad incresparsi attorno all'ovale del mio viso. 
-Non avevo idea che fosse tuo fratello..E' stato tutto un fatto casuale...Ci avevano detto di uccidere degli Hunter, non pensavo che fossero i tuoi genitori...-.
-Perchè...Me lo hai nascosto?-. Proferii quasi dentro di me, guardando in un punto vuoto alle sue spalle.
-Ti avrebbe distrutto sapere una cosa del genere...-.
Sospirai un sorriso nervoso.
-Cosa ti ha fatto pensare che mio fratello, sarebbe stato perfetto?-. Domandai ruggendo cupa.
-Era del tutto simile ad Adrian, ed il suo corpo nonostante l'impatto era in buone condizioni...-. Bastonò lo sguardo.
-Quando lo portai qui , dovetti operarlo più volte. Non è stato semplice riuscire a mescolare sangue di diverso genere. Alla fine quando aprì gli occhi , mi resi conto che mancava qualcosa. Joshua stava male. Non solo fisicamente , ma aveva flash del passato da umano. Mi misi subito alla ricerca di una motivazione plausibile...Alla fine la trovai. Mancava il tuo sangue. La sua composizione ma lo stesso fatto che siete fratello e sorella per giunta gemelli, comportava il tassello mancante, per risolvere il problema.
Così ti cercai, disperatamente , finché un giorno leggendo tra la sfilza infinita di iscritti alle varie facoltà universitarie, ho trovato il tuo nome. Ricordavo di averlo letto durante l'elogio funebre trasmesso su tutti i canali satellitari qualche giorno dopo, l'impatto. Ti ho mandato io, la lettera con quel "finto incarico"...L'intervista, che stupidaggine ora che ci ripenso...-. Si portò una mano sugli occhi.
-Ho fatto tutto il possibile per farti legare a me...Ti ho usata, si, non lo nego...Ma poi inaspettatamente , le carte in tavola si sono ribaltate ed ogni volta che ero costretto ad uscire per nutrirmi , sentivo crearsi una voragine di dispiacere in me proprio perché ti lasciavo sola.
 Tu Ana, sei riuscita a farmi capire che significa "amare"...Ed io per questo te ne sono grato...-.
-Credi che tutto questo mi serva ora?!-. Strillai alzandomi di colpo.
-Hai ucciso la mia famiglia! Mi hai usata e dannazione!Tieni mio fratello chiuso dentro una vasca quando dovrebbe riposare in pace con loro!-. Lo afferrai per il colletto della camicia.
-Sei un uomo spregevole Alexander...Io...Ti odio..-. Lo fissai nelle iridi folgorandole.
-Scommetto che sei stato tu a togliermi la memoria..Non è così?-.
-Si...-. Sussurrò in un filo di voce.
-Eri sveglia , sdraiata sull'asfalto, stavi per morire...Ma mi avevi visto. Avevi visto tutto...Sapevi che l'incidente , la morte dei tuoi genitori e di tuo fratello era stata opera mia, per ciò non potevo rischiare che tu, un giorno, mi potessi venire a cercare...Fondamentalmente nelle tue vene scorre il sangue degli Hunter..-.
Lasciai andare il suo colletto.
-Credo che adesso si spieghi tutto...-.
-No Ana aspetta!-.  Si sollevò da terra a fatica cercando di afferrare il mio polso.
-NO!-. Lo tirai via.
-Non mi toccare!-. Gli intimai in lacrime strillando.
Sfoderai la mia spada dirigendomi verso la vasca.
-Loro non dovevano morire, esattamente come non doveva morire tuo fratello. E tu non meriti di riaverlo indietro..-. Spalancai lo sportello di vetro. Il liquido evase inondando il pavimento , portando dietro il suo scorrere, il corpo del bambino ancora privo di sensi.
-Questo è perché mi ha rovinato la vita!-. Strillai, mentre a pugno serrato sul manico della spada , alzai il braccio per infilzare il petto del piccolo.
-Ana NO!-.
Serrai le palpebre.
-Anastasia.-. Una voce piccola, sottile, mi gelò il sangue. Sollevai le palpebre , lentamente.
-Joshua...-. Mi guardava, smarrito, ma non spaventato.
-S-Sei sveglio...-. La spada mi tremò nel pugno. La guardò.
-Perchè mi vuoi fare del male?-. 
No, era troppo per me. Io non ero come Alexander.
-No,no,no non ti volevo fare del male...-. Il tonfo della lama per terra rimbombò nella stanza.
Lo strinsi fra le braccia.
Come avrei potuto ucciderlo?!
-Joshua...Tu sai chi sono io?-. Lo allontanai di poco.
Mi guardò smarrito.
-Tu...Sei...Un'amica di Alexander!-. Esclamò vivace.
 Sorrisi sconsolata.
-Si..Sono una sua amica...-.Sussurrai appena tornando ad abbracciarlo, mentre i miei occhi erano riflessi in quelli del vampiro , poco distante da noi.
Mi alzai riponendo la spada nel fodero, sotto lo sguardo spesato del piccolo.
Alexander , ancora impietrito, mi fissava.
-Non ho il coraggio...-. Abbassai lo sguardo.-Non sono capace di fare del male...-. Sospirai.
-Credevo che la rabbia fosse riuscita a prendere il sopravvento...Pensavo che...Sarei stata capace di vendicarmi..-. Sorrisi tristemente.
-A quanto pare, "Ana" è ancora una debole...Per questo...-.Cercai di ingoiare l'ennesimo pugno di lacrime. - Non merito di stare qui.-. Alexander schiuse le labbra come se volesse dire qualcosa.
-Abbi cura di lui...-. Accarezzai nuovamente il capo del bambino.
-E non cercarmi mai più...-. Tornai a fissarlo negli occhi.
-Anastasia ti prego...-. Svoltai l'angolo creato dallo spigolo di un tavolo.
Abbandonai il laboratorio.
Non mi voltai indietro nemmeno una volta , dopo che fui fuori dall'imbocco delle scale.
Non pensai, non mi dissi nulla. Fu come se, il mio cuore, la mia mente , la mia coscienza , tutto, si fosse svuotato, privo della capacità di darsi una motivazione.
Camminai lungo il corridoio, comandata dall'inconscio saper muovere dei piedi. Non piangevo, non soffrivo.
A caldo non te ne rendi nemmeno conto...
E di fatti, io , avevo rifiutato l'idea di realizzare cosa avessi scoperto.
"Potresti soffrire più di quanto tu non soffra già".
Aveva ragione George...

Scesi la grande rampa di scale che conduceva all'ingresso, fino a raggiungere l'immenso portone.
In un cassetto poco lontano, sapevo esserci le chiavi di una Cadilac.
Le cercai.
Una volta trovate, lasciai aprirsi le "braccia" di legno del portone che mi avrebbero reso libera.
L'aria fluì dentro l'ingresso ,gelida, raffreddandomi la pelle. La gustai a palpebre chiuse, fin quando non ne fui sazia.
Tornai ad aprire gli occhi e varcai anche l'ultima lingua di gradini dirigendomi verso l'auto posteggiata accanto al grande cancello di ferro.
Mi ci calai dentro. L'accesi. 
Sembravo essere finita in una sfera di calma placida, come se tutto fosse accaduto e non me ne fossi resa nemmeno conto.
Comandate da un sensore le porte del cancello si separarono permettendomi di uscire.
Era finita. Niente più vampiri. Niente più sofferenza.
NIENTE.

Qualcosa si era spento dentro me.
Sentivo dolore. Lo sentivo nel petto, ma non c'erano più lacrime , ne più forza per esprimerlo.
Mi sentivo un pezzo di ghiaccio.


La macchina si allontanò lungo il vialone.
Vedevo la città , non era lontana.
Era li che sarei andata...

 

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Capitolo 19
*** Lasciati salvare ***


Avevo imboccato, quella che sembrava essere, un'autostrada.
Era buia , leggermente illuminata dai fari di qualche macchina che veloce la percorreva e dal fioco candore della luna sin troppo piena ...Sin troppo spaventosa, quella notte.
Avevo le mani serrate sul volante e lo sguardo umido, rivolto alla strada, incollato alla sua lingua scura, d'asfalto.
Da poco, disperata,finalmente ero riuscita a piangere.
Cercavo di limitarmi solo al silenzio di quel pianto sommesso, coperto dal rumore esterno delle ruote che correvano veloci. Sentivo sin troppo vividamente quel rumore esterno, mi rimbombava nel cervello anche se in realtà, era lontano ed ovattato.
Di tanto in tanto, mi ero asciugata il volto con il dorso della mano anche se pareva inutile, dato che, le lacrime tornavano veloci a rigarlo, dopo attimi.
Accostai alla fine.
E gridai, presa dall'ira, dallo sgomento, da quella verità così troppo difficile da accettare.
Tirai un pugno allo sterzo mentre mille maledizioni verso me e la mia ingenuità, mi rintronavano il cervello.
Come avevo fatto a credergli? Come ero potuta finire così facilmente nelle sue mani, senza aver nemmeno avuto il coraggio di "combatterlo"?
-CRISTO!-. Volò l'ennesimo pugno sul volante.
Vi poggiai , estenuata, sopra la fronte secondi dopo.
Piangere si era rivelata l'unica consolazione a quel dolore lancinante che mi stava divorando.
Nei miei occhi, solo i giorni del mio breve passato...
Mi erano parsi anni, persi dietro quell'uomo. La sua esistenza, aveva divorato la mia ...Totalmente...
-Sciocca!Sciocca! Sei solo una sciocca!-. Fra i singhiozzi , quel rimprovero tuonò metallico.
Mi portai entrambe le mani in volto.
Avrei desiderato sparire. 
Ora che ero sola, senza un posto dove andare , senza nessuno a cui affidarmi...Che ne sarebbe stato di me?
Alzai lo sguardo di colpo, quando una macchina , passandomi accanto a tutta velocità, fece oscillare la mia.
Ero diretta in città. Lo avevo appena rimembrato. Ma perché? Quello non era nemmeno il posto da dove era partita quella, che una volta ero io!
Restai per qualche istante immobile. Il piangere convulso ed i ripetuti singhiozzi mi avevano tolto il fiato.
Dovevo prendere aria..Dovevo calmarmi.
Il primo istinto fu quello di scendere, ma il passare di una seconda vettura e lo scossone del movimento d'aria contro la mia auto, mi fece cambiare idea all'istante.
Così distesi la schiena sul sedile.
Le palpebre chiuse ad impedire la fuga di altre lacrime.
"Lo amavo così tanto...".
"Mi ha distrutta..."
.
Mentre nella mia testa non la finivo di ripetermi quelle frasi dolorose, ripensai al mio vero passato, a quello che ricordavo, a ciò che avevo lasciato.
La mia famiglia...La mia migliore amica.
Di sicuro , loro,per me, non ci sarebbero state ora come ora...Beh, come biasimarle...Ero sparita di punto in bianco senza nemmeno scrivere loro una lettera!

Mi tirai su. Dovevo ripartire,anche perché temevo che qualcuno si avvicinasse all'auto come solitamente si fa, se si scorge un'auto posteggiata nella piazzola di sosta, ferma, senza motore acceso.
 Non avevo mai gradito la presenza di sconosciuti quando mi ritrovavo sola. Preferivo essere sola e basta!
Cercai con la mano la croce d'argento, che pendeva attaccata alla chiave già inserita per l'accensione.
Non trovandola nel buio, mi accucciai.
Fu in quel momento che tutto si stravolse di colpo.

Una forte collisione fece traballare pericolosamente il veicolo spingendolo ad un millimetro dal guardrail.
Artigliai il cambio con una mano, mentre con l'altra tenevo stretta la maniglia dello sportello, cercando di tenermi in equilibrio.
"CHE SUCCEDE?!".
Alzai lo sguardo verso l'esterno. Buio.
Sembrava non esserci nessuno oltre me , lungo la strada.
Mi guardai ripetutamente intorno, spaurita.
Il cuore lo sentivo rimbombarmi in gola. Tutto in me tremava. 
La sensazione nata dentro il mio corpo, era del tutto simile a quella che si ha nel dormi-veglia, quando, anche il minimo rumore riesce a far immaginare cose mostruose al proprio cervello. 
Ma io sapevo, di non essermi immaginata nulla. Qualcosa aveva realmente urtato a tutta forza, la mia auto.
Improvvisamente, un'ombra grigia balzò sul cofano dell'auto. Solo quando, quell'ombra, tirò una craniata al parabrezza ed il suo volto, fu ad un soffio da me, separato solo da quei pochi millimetri di spessore del vetro, riconobbi di cosa si trattasse...
Un END.
Colpiva ferocemente la mia auto, con la fronte , smascellando rumorosamente, ripetutamente, con l'intento di mordere, mentre la sua bava impregnava l'intero vetro di un liquame chiaro, di un grigio vitreo misto al sangue.
Mi attaccai con la schiena al sedile di pelle, incollandocela, cercando di non perdere di vista quell'abominio. 
"Romperà di sicuro il parabrezza a breve!".
Ma quando pensavo che il problema principale fosse solo lui, ecco che, da alcuni alberi poco distanti dall'altro lato della corsia, ne spuntò un secondo, che si schiantò contro il mio sportello ammaccandolo, fino a far rientrare verso l'interno, il ferro della carrozzeria, in una curva marcatissima.
"MALEDIZIONEEE! FARANNO DI QUEST'AUTO LA MIA BARA!". 
La vettura, iniziò ad ondeggiare sino ad inclinarsi precisamente su un lato, per poi ripiombare bruscamente a terra. 
Più e più volte..Incessantemente...
Ogni parte del mio corpo, sbattendo qua e la nell'abitacolo, sembrava sgretolarsi. Avevo dolore ovunque e non facevo in tempo a ferirmi una gamba, che un nuovo scossone mi massacrava le braccia...!
Cercai disperata di reggermi a qualsiasi appiglio di fortuna, finché, nuovamente colpita da loro, l'auto non si inclinò talmente tanto, che riuscii a vedere il vuoto sotto al cavalcavia.
Fu il prato ai piedi di quel ponte, l'ultima cosa che vidi prima che l'auto ruzzolasse giù per la collinetta, , attaccata esattamente sotto la lingua d'asfalto, spinta dai due vampiri. Girava tutto. Non riuscivo a tenermi salda a nulla dentro quel cartoccio di lamiere.
Sbattei ovunque. La schiena, la testa, il dorso...Finché l'auto, non arrestò la sua corsa folle, molto lontano dai piedi della collinetta.

Dopo l'impatto,quando riuscii ad aprire gli occhi, confusa, davanti a me c'erano solo i sedili sospesi al contrario sulla mia testa. 
Istantaneamente ricordai cosa fosse accaduto.
Ma ora non c'era solo questo problema. Avevo paura della benzina che sarebbe potuta fuoriuscire dal serbatoio distrutto della vettura..
Così veloce, ruotai su me stessa ,come potevo, cercando di trascinarmi all'esterno, carponi. 
Il silenzio, era rotto solo dallo sgretolarsi dei pezzi di vetro del parabrezza e dei finestrini che, erano esplosi con l'impatto.
 La botta che l'auto aveva fatto al suolo, aveva reso , lo spazio vuoto lasciato da parabrezza e finestrini, una piccola fessura stretta che a malapena riusciva a far uscire il mio busto.
Non sapevo nemmeno se sarei riuscita a passarvi in mezzo.
Strisciai fra i detriti ed i vetri taglienti. L'auto ondeggiò leggermente..
Il rumore che proveniva da essa, sembrava un ululato di dolore, come se quella vettura meccanica, stesse soffrendo immensamente.
Mi portai ad un millimetro dalla fessura, creatasi al posto del finestrino, osservai lo spiazzo attorno a me.
Li cercavo. 
C'era silenzio, pensavo fossero fuggiti.
-Cerca...Di...U-sci-re..-. Con un enorme sforzo riuscii a liberarmi da quella gabbia di lamiere.
Respirai di nuovo, incamerando a pieni polmoni l'aria, lo sguardo rivolto verso il blu infinito di quel cielo stellato, a ricordarmi che ero ancora viva. Mi ritrovai ricoperta di tagli , ed il sangue grondava a goccioloni dappertutto...Loro, avrebbero di sicuro sentito il suo odore...

Nuovamente, qualcosa balzò sulla pancia della vettura , inclinando rumorosamente quello che ne restava di poche lamiere accartocciate. La sagoma terrificante dell'END, glabro e con le fauci spalancate apparve in tutta la sua ferocia , sopra me.
Ringhiava, ruggiva, erano striduli e del tutto disumani i suoi versi.
Non erano andati via! Mi avevano seguita giù per la collina, prendendomi per un criceto chiuso in quelle odiose palle trasparenti. Stavano giocando con me!
Mi sollevai di scatto cercando di fuggire.
Il vampiro artigliò il ferro e dandosi una spinta, balzó agilmente a terra , riprendendo subito a correre, una volta che i suoi piedi la toccarono.
Era veloce..Troppo veloce.
"Corri Ana!Corri!".
Accelerai il più possibile. 
I miei piedi sembravano correre sul vuoto per quanto cercavo di essere rapida.
Volevo raggiungere la collina, tornare sulla strada e chiedere aiuto...
Ad un passo da ella però , l'altro END.
Veniva verso di me , stridendo grida sulle corde vocali.
Svoltai velocemente , correndo verso quello che mi sembrava essere un bosco. L'unica via di fuga..
Rapita dal terrore e dal profondo bisogno di mettermi in salvo, non ripensai al fatto che loro vivessero esattamente li.
Venni risucchiata dal buio delle fronde.
Non smisi nemmeno un momento di correre. Talvolta, inciampavo con ciò che si opponeva al mio passaggio.
Odiose, erano le grandi radici che sbucavano dal terriccio umido, che avevano imbrogliato i miei piedi più volte. Nemmeno loro mi fermarono.
"Non puoi fermarti ora...Non puoi". Sentivo il fiato venirmi meno. Stavo per cedere.
Mi guardai indietro.
Li sentivo. Erano sin troppo vicini. Sentivo i loro versi, le fronde degli alberi lacerate dal loro passaggio tagliente..Avevo il loro fiato sul collo.
Acuendo l'udito leggermente di più, mi parve di scorgere in quegli urli e nei ruggiti, delle risa malate.
Uccidere...Era un gioco.
Cacciare....Era un diletto.

Quegli esseri senza apparente coscienza, avevano conservato in loro esclusivamente, quel macabro culto, custodendolo gelosamente...

Dopo quelli che mi parvero chilometri, finalmente , la luce.
Era lontana da me, fioca quasi che si vedeva a mala pena. La dovevo raggiungere a tutti i costi.
Balzai su un tronco sepolto dal terriccio, dandomi una spinta con le gambe. Forse quel salto mi avrebbe salvato la vita.
Ruzzolai violentemente a terra.
Quando riuscii a fermarmi, mi resi conto che il peggio non era ancora arrivato.
Ero piombata in un ennesimo spiazzo nel nulla, attorniato solo ed esclusivamente da alberi.
Sconfortata, realizzai, che la luce in cui avevo riposto tutte le speranze attimi prima, non era altro che la differenza di buio fra l'interno e l'esterno del bosco.
-N-No...No....-. Il pianto mi assalì violento. Gridai isterica.

Attimi dopo mi raggiunsero. Persi un battito.
Camminavano lenti, girandomi intorno, sibilando suoni gutturali della gola.
Si stavano dannatamente divertendo!
Vedevo dei ghigni mostruosi, curvare le grandi fauci ed i loro occhi rossi penetrare la mia carne.
Loro, in parte, già mi avevano divorata con le iridi..
Mi sollevai da terra. Ad un tratto, un lampo di genio, mi rincuorò. 
Forse non era tutto perduto....Forse ...Avevo ancora una carta da giocare....La mia spada...
Strinsi un pugno sulla sua custodia e l'altro sul manico, pronta per sfoderalarla.
Li fissai.
Credevo di potercela fare. Li sfidai beffarda.
Inaspettatamente, alzarono lo sguardo al cielo. Dalla loro gola un sibilo acuto, assordante, collise con i miei timpani stridendo al loro interno, fino alla nausea.
Mi piegai rintronata, con le mani sulle orecchie.
Quando passò, non ce n'erano più solo due...Ma decine.
Erano sbucati dagli alberi, come se si fossero appena svegliati da un sonno profondo.
Si muovevano scomposti, non avevano nulla a che fare con i primi due, che sembravano aver cacciato tutta la notte. 
Le loro ossa scricchiolavano e le schiene si piegavano in tutte le direzioni meccanicamente , a scatti.
La paura mi divorò.
"E' finita...". Una lacrima mi scivolò sulla guancia. Sarei quindi morta così? Divorata da esseri ripugnanti...Senza essere ritrovata in seguito.
Senza nessuno che mi avrebbe "pianto"...

Allentai la presa sull'impugnatura della spada, la stavo per lasciar cadere a terra, ormai rassegnata all'idea che di li a poco di me non sarebbero  rimasti che resti irriconoscibili, quando, un colpo di pistola, forò il cranio di uno di quei vampiri, all'improvviso.
Sussultai.
A breve, uno ad uno , li vidi cadere a terra come birilli.
-Non stasera!-. Una voce , sconosciuta tuonò come eco.
Non vedevo nessuno li intorno, armeggiare con una pistola.
Guardai davanti a me. 
Si...Qualcuno c'era. 
Un'ombra scattava come una molla in ogni direzione, lasciando dietro se, solo cadaveri.
Indietreggiai spaventata, con lo sguardo fisso a loro, del tutto sgomento.
All'improvviso me ne ritrovai uno ,spuntato dal nulla, ad una spanna dal viso.
Respirai appena, mentre con gli artigli al cielo si preparava a colpire.
L'ennesimo sparo. 
Ora potevo vedere dal foro nelle sue cervella, una sagoma ben definita.
-Non-Questa-Sera..-. Sottolineò ancora la voce, marcando le parole.
Il vampiro cadde al suolo come gelatina lasciando che davanti ai miei occhi , la figura di un ragazzo biondo, dai capelli lunghi fino all'orecchio, sbarazzini, con due enormi occhi verdi smeraldo, apparisse fiera.
-Tutto bene?-. Sorrise spavaldo.
Guardai alle sue spalle.
"Uno..Due...Dieci..Cento..Li ha uccisi tutti!!". 
Chi diavolo era quel ragazzo?! Non sembrava affatto un vampiro..
Cercò i miei occhi curvandosi leggermente verso la loro direzione, con le mani appoggiate alla sua vita. 
Aveva un'espressione strana. Sembrava incredulo, ma allo stesso tempo curioso e ...Allegro..Era buffa.
Sussultai quando me lo ritrovai ad un millimetro dalla faccia.
-HH! S-Sto bene!-. Esclamai con voce tremante, facendomi leggermente indietro con la schiena.
-Ti sei spaventata molto immagino..-. Si tirò dritto con un buffo broncio sulle labbra, mantenendo quell'insolita e direi alquanto scenica, posizione con le braccia.
-...Effettivamente...MA CERTO! STAVO PER MORIRE!-. Gli strillai isterica.
Restò di stucco, in silenzio per un po', poi di getto, scoppiò a ridere.
Ma rideva di cuore! ...Non ci credevo!
-Ahahaha. Che ragazzina buffa!-.
"Io vero?". Sbuffai acida in me, guardandolo per traverso, innervosita.
-Dai avanti, seguimi...-. Mi passò, non prima di raggiungermi spalla a spalla e tirarmi uno "schicchero" con due dita, sul naso.
Trasalii per il dolore secco, portandomi di riflesso le mani su quello stesso punto.
-Ma ti ha dato di volta il cervello!? Idiota!-.
Rise ancora girandosi appena all'indietro.
-Sono sicuro che tu...Mi farai divertire parecchio!-. Sembrava così ingenuo, spensierato.
Non avrei mai detto che un ragazzo sereno e raggiante come lui potesse essere stato in grado, di sterminare un centinaio di quei cosi...

Riprese a camminare con ambedue le braccia allacciate dietro la nuca. Strafottente, indolente..
-Ehy! Aspettami almeno!-. Afferrai i lembi del mio abito cercando di rincorrerlo come potevo, evitando accuratamente tutti quei piccoli rialzi nella terra che mi avrebbero fatto finire di faccia a terra, sicuramente.
-Daiii...Sei lenta!-. Ebbe persino il coraggio di lamentarsi prendendomi in giro.
-OH...Basta! Chi ha detto che voglio venire con te! Io voglio tornare a casa mia!-. Mi fermai di colpo. Ero troppo arrabbiata ma sinceramente, non sapevo nemmeno se fosse per colpa sua.
Si voltò , guardandomi con una strana smorfia di superiorità mista alla beffa, incisa sul viso.
-Oh, beh, fa come vuoi.-. Fece spallucce.
-Che significa "fa come vuoi"?!-.
-Se ci tieni tanto ad essere divorata da loro questa notte, fa pure..-. Aggiunse pacato.
Mi zittii di colpo. Quel ragazzo non aveva detto una stupidaggine. Se fossi rimasta li, se avessi scelto di cavarmela da sola, non sarei riuscita a fare nemmeno dieci metri senza essere nuovamente attaccata...
Sospirai sconsolata.
Lentamente , con lo sguardo bastonato, lo raggiunsi.
-...Andiamo...-. Mormorai appena in un ringhio sordo, urtandogli una spalla con la mia.
Sogghignò divertito.
-Brava ragazza!-. Mi diede una pacca sulle scapole facendomi barcollare pericolosamente.
Tossii.
"Se va avanti così , ben presto mi renderà un quadro di Picasso per tutti i lividi che mi farà comparire!"
-FINISCILA!!-.

Rise ancora di gusto.
"GRRR! Lo odioo!!".
Ingoiai un pugno di rabbia senza aggiungere altro, riprendendo a muovermi.
Da quel momento , camminò al mio fianco, in silenzio. Il suo viso non mutò nemmeno un secondo coperto da un velo d'estrema calma.
Era sin troppo misterioso quel ragazzo...

Chi era quel giovane di non più di vent'anni d'età , che mi aveva salvata con tanta audacia? 
Perché mi aveva offerto protezione, senza nemmeno chiedersi chi potessi essere?
Ma soprattutto...Dove mi avrebbe portata?

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Capitolo 20
*** Hunter ***


Riuscimmo ad uscire dal bosco senza alcun problema.
Dopo una buona mezz'ora di camminata , eravamo anche riusciti a parlare senza che io schizzassi, isterica, come se fossi nel mio "periodo di donna".

-Quindi tu sei un Hunter, Zwai?-. Scavalcai l'ennesimo cumulo di terra, saltellandovi al di la.
-Esatto!-. Si voltò verso me regalandomi un sorriso smagliante.
Sembrava esserne estremamente fiero.
-Devi conoscerli ,Anastasia! Loro sono fantastici! Non pensavo che al mondo, potessero esistere persone di buon cuore come quelle della Casta della Black-Rose..-.
-Perché quel nome non mi è nuovo?-. Domandai più a me , che a lui.
-Perché la seconda parola, "Rose" è anche il secondo nome dell'arma che utilizziamo per combattere!-. Tirò fuori dalla cinta sul pantalone , una pistola con la canna più lunga di una classica "Beretta", brillante, di un argento sgargiante, che brillava, colpito dalla luce di alcuni lampioni, apparsi a costeggiare una stradina sterrata.
-METTI VIA QUELLA COSA!!-. Gracchiai rabbrividendo.
Sbuffò una risata.
-So usarla, tranquilla..-. La ripose comunque. Tornai a respirare...
-...Ecco bravo...-. Mi portai una mano al petto, tirando un sospiro di sollievo. 
-Mi dicevi che appartieni ad una Casta..-. Tornai sull'argomento subito a seguire.
Mosse veloce il capo mimando un "si".
-Casta e non Casata mi raccomando. Quel termine appartiene solo ai vampiri!-. Proferì saccente con l'indice all'insù.
Arricciai il labbro superiore, fissandolo con uno sguardo che saltellava fra disgusto e nervoso.
"Dio, se ,se la ricrede!".
Alzai gli occhi al cielo, sospirando amareggiata.
-Ok,Ok non mi sbaglierò a distinguerle , tranquillo..-.
Ripresi a camminare senza aspettarlo.
Mi dava così fastidio se qualcuno alludeva anche solo per sbaglio, alla diversità profonda fra vampiri e cacciatori? 
Dopo qualche passo compiuto nel totale ed angosciante silenzio, decisi, rimuginando sulla figura del giovane, di chiedergli di più su questi famigerati Hunter.
-Senti...-. Rallentai appena , attirandomi uno sguardo curioso da parte sua.
-Come sono gli Hunter..?-. Arrossii di colpo rendendomi conto, che mi imbarazzava parlare di loro.
Infondo, fino a qualche ora prima vivevo in un castello stracolmo, di succhia-sangue!
Mi sembrava un "volta faccia" quello che stavo facendo ed al contempo, avevo l'impressione di star imbrogliando quel ragazzo e no, non se lo meritava affatto...
-Beh. Loro...Sono gentili, come ti ho accennato prima. Ma sono anche severi ed estremamente forti...Volevi sapere qualcosa di specifico, ponendo quella domanda?-.
-Mmm...Tipo se hanno poteri particolari..O roba del genere..-.
-Tutti gli Hunter hanno capacità grandiose. Ovvio..Sono lontane anni luce da quelle dei vampiri...Ma per quello che mi riguarda, loro, sanno fare solo giochetti di magia rispetto a quello che siamo in grado di fare noi..-. Prese un ramoscello giocherellandoci con due dita.
Ogni tanto, scrutava il mio viso.
-Non ti seguo...Che vuoi dire con la frase "giochetti di magia"?-. Lo guardai perplessa.
Sogghignò spavaldo.
In un battito di ciglia, improvvisamente sparì come cancellato dall'atmosfera, esattamente davanti ai miei occhi.
-Noi siamo umani, ma siamo estremamente veloci...-. La sua voce adesso proveniva dall'alto.
Guardai il cielo.
Era in aria! Leggermente con il busto inclinato da un lato , pronto per atterrare perfettamente dritto sui piedi.
-E i loro morsi, ci uccidono molto più lentamente di quanto non facciano con gli umani...-. Il suo respiro mi sfiorò la nuca increspandomi la pelle, lasciando che sussultassi debolmente.
La sua voce si era fatta estremamente bassa e profonda..Sembrava essere quella di un'altra persona.
-Non avere poteri, non poter manipolare la mente o volare, sono piccolezze rispetto a quello che un Hunter può fare...-. Aggiunse afferrandomi leggermente il braccio, facendomi girare su me stessa fino a ritrovarci faccia a faccia.
Si, lui era un tipo molto scenico...
-Gli Hunter cara Anastasia, sono in grado di fiutare da chilometri di distanza la presenza di un vampiro...-. Si sporse verso il mio collo esattamente dove sapevo esserci il morso di Alexander. Persi un battito.
La paura che potesse trovarlo mi accapponò la pelle.
-Loro...hanno un odore così vivido e pesante...-. Alzò lentamente le iridi chiarissime a me. Il suo sguardo si era fatto "carnivoro", malizioso, audace nulla a che vedere con gli occhi da cerbiatto di attimi prima.
Indietreggiai di poco, cercando di coprirmi il collo con il bordo della giacca.
Si tirò nuovamente dritto.
-Spero che l'odore di quei due vampiri all'ultimo stadio, sparisca da te il prima possibile..-. Tornò se stesso, parlandomi pacatamente seppur fosse gelidamente serio.
"Era ad un millimetro da me...Ad un passo da Alexander...". 
L'ennesimo pensiero di paura , che provavo, pensando che Alex potesse essere ucciso da uno di loro...
Zwai mi tese una mano , improvvisamente.
-Andiamo...Te li presento...-. Esitai a stringerla, ma alla fine mi affidai a lui.
 
Ci avvicinammo al bordo di un minuscolo cavalcavia sospeso su un corso d'acqua. Poco lontana una di quelle che io definivo "strumenti della morte"...Una moto...
-Ti piacciono le moto Ana?-. 
Deglutii a vuoto, costretta a montarci sopra.
-No, non molto per la verità...-. Proferii faticosamente cercando di tener fermo quel casco sin troppo grande sulla mia testa.
-Beh, te le dovrai far piacere , perché io mi muovo con questa...-.
Il rombo della vettura spezzò l'aria.
Era un frastuono assordante per le mie orecchie...
Era musica , per le sue...
Accelerò di colpo e feci appena in tempo ad artigliargli l'addome "attaccandomi a ventosa" al suo corpo.
-DIAMINEEE ZWAI RALLENTAAA!!-. Avevo le lacrime agli occhi.
"Non ne posso più! Odio questa vita in perenne movimentoooo!".
Schiacciai il capo sulla sua schiena serrando le palpebre, sperando che quella tortura finisse al più presto.
Dopo un bel po' la moto rallentò, ed io tornai lentamente ad aprire gli occhi..
In un batter d'occhio, ci eravamo ritrovati a percorrere la strada centrale di una città, affollatissima tanto che, finimmo imbottigliati nel traffico.
Ringraziai mentalmente ogni persona al volante della propria vettura, per essersi fermata in coda ed aver costretto anche Zwai a farlo.
 Lo sentivo scalpitare, fremere. Era nervoso.
Ogni tanto dava un colpo secco di acceleratore alla moto che ruggiva pesantemente.
Tremavo ad ogni rombo d'acceleratore.
Il ragazzo si sbilanciò , sporgendosi da un lato guardando qualcosa..
-Reggiti Anastasia!-. Partì a tutto gas, strisciando fra un'auto e l'altra, sfrecciando impazzito.
-CRISTO SANTOOO!-. 
Molto probabilmente avevo avuto meno paura durante lo scontro con gli END, che in quel momento su quella maledettissima moto.
Attraversammo la lingua di spazio fra un Taxi ed un camion , sotto gli occhi sorpresi e spaesati di tutti.
Ad un passo dalla libertà, una pattuglia della polizia.
-ZWAI! DAVANTI A TE!-. 
Non se ne era accorto?! Ma dove stava guardando?! 
Con un "burnout" degno del miglior pilota da cross, riuscì a fermarsi sotto al naso del poliziotto già pronto a scendere e multarci...O forse direttamente ad arrestarci.
Tirai un pugno alla schiena del giovane.
-Zwai , devi fermarti...E' la legge...Devi..-. 
E che ti faceva parlare?!
-Uah!-. Strinsi nei pugni i lembi della sua giacca , un pelo prima di finire con la schiena a terra.
Era già ripartito , pronto a beffeggiare la guardia.
Rise euforico di colpo.
-Tu...SEI UN MALATO!-.

Gettai il casco a terra.
-Sei un pazzo! Ho rischiato di morire!-. 
-Ahahaha , ma non dire cavolate! Ti avrei ripresa!-.
-Non dire tu STRONZATE! Se guidavi come cazzarola mi avresti ripresa è?! Sentiamo?!-. Ero su tutte le furie , mentre, a lui, sembrava non passare nemmeno per l'anticamera del cervello di preoccuparsi o chiedermi delle sacro-santissime scuse, che tanto poi , NON AVREI NEMMENO, MAI E POI MAI, ACCETTATO.
Prese il suo casco e lo allacciò sotto il sedile della moto.
-Mi passi il tuo?-.
"Si...CERTO".
Sferrai un calcio ben assestato alla protezione per il capo, che si schiantò contro un fianco della sua Harley sanguigna.
Non proferì "a". Non si alzò urlandomi contro, ne tanto meno , mi offese.
Per lui una reazione del genere sembrava essere normale, quasi scontata.
Restai allibita e del tutto insoddisfatta.
Dopo averlo raccolto e riposto tornò dritto, sgranchendosi le gambe e mi raggiunse.
-Andiamo?-. Mormorò appena porgendomi nuovamente la mano.
Mi stava prendendo in giro?!
Sbuffai voltando lo sguardo e precedendolo verso quella che sembrava una montagnetta sommersa dal terriccio.
Eravamo in un parco giochi abbandonato. Non c'erano più ne altalene ne scivoli, solo lamiere che fungevano da cancellata e quel cumulo di terra ampio ed alto almeno tre o quattro metri. Attorno, la strada di periferia che portava al centro cittadino.
Che posto di merda era quello? E poi, dov'era casa sua o la sua Casta?
Mi arrampicai sulla piccola montagnetta , guardandomi attorno con una mano a farmi da "visiera" di cappello.
-Allora?! Dov'è casa tua?-. Domandai nervosamente.
-Ci sei sopra...-. Proferì appena , con tono di rassegnazione.
"Che vuol dire ci sono sopra?"
 Guardai i miei piedi coperti qua e la, da fili d'erba.
-Scendi e seguimi...-. Ordinò sospirando le parole.
Mi portai nuovamente ai piedi della collinetta. In silenzio , guardando attentamente ciò che stava facendo il giovane.
Dalla terra sollevò un'anta. Una vera porta in ferro, sepolta da dita erte di terriccio ed erbetta.
Un passaggio.
Mi invitò riverenziale, con la mossa della mano.
-Prima le donne..-. Sorrise.
Guardai quel buco scuro, con disgusto e preoccupazione.
-Io...In quel "coso" non ci entro.-. Indietreggiai.
Inarcò un sopracciglio.
-Ok..-. Stavo quasi per sospirare dalla contentezza , quando, con uno spintone, mi fece piombare su quello che, al tatto, sembrava essere uno scivolo.
-ZWAIIIIII!-.

Ruzzolai violentemente fuori dal tunnel sbattendo contro qualcosa di estremamente duro.
-Ai ai ai aih!-. Mi massaggiai la testa portandomi seduta , ancora rintronata.
Dal basso della mia posizione , vedevo solo le gambe di un tavolaccio di legno.
"D...Dove".
All'improvviso Zwai sbucò fuori dalla voragine nel muro con un balzo atletico.
-Piaciuto il viaggetto?-. Mi fece la linguaccia.
Ringhiai e lui lo sentì perfettamente.
-Stronzo...Pezzo di...-. Biascicai incazzata nera, fra i denti.
-Zwai! Ben tornato!-. 
Una donna esuberante , tozza, con un vestito che forse, si era usato un centinaio di anni fa nelle campagne, uscì da una porticina non lontana da noi.
Raggiunse il giovane quasi caracollandosi, abbracciandolo calorosamente chiedendogli almeno per una ventina di volte se stesse bene.
Era sua madre? Era così buffa e rozza.
-Eh! Sisi sto bene..-. Cercò di proferire lui strozzato dall'imponenza del corpo di lei, mentre lo stritolava in un ennesimo abbraccio "a tenaglia".
Poi il suo volto cambiò, quando gli occhi verdi ancora più chiari di quelli del ragazzo, raggiunsero me.
Si era fatta seria, manco avesse visto la morte.
La sua fronte si increspò di rughe nervose.
-Hai portato...Un...VAMPIRO!-. Gridò isterica con un vocione degno di quello di un uomo, che mi lasciò di stucco.
In un attimo la stanza si gremì di persone. Uomini, donne , ragazzi e ragazze sbucate dal nulla, con le pistole spianate, puntate contro me.
Mi alzai di scatto rasentando il muro, le mani alte sulla testa in segno d'arresa, mentre i miei occhi li guardavano "spritati", uno ad uno.
-No! Fermi! Lei non è un vampiro!-. Si mise fra me e loro , lui, a braccia spalancate.
-L'ho trovata che stava combattendo con due di loro..-. Aggiunse abbassando il tono della voce sin troppo agitata.
Un uomo, grassoccio, vecchio, dallo stesso color carota di capelli, come la precedente donna, ed un cappello verde a coprirgli i ricci ribelli, si avvicinò di poco a me.
Trattenni il respiro.
-Ha lo stesso odore di Diuk..-. Proferì scrutandomi minuziosamente , mentre si massaggiava la folta barba aranciata. Mi sollevò il mento con la sua Death- Rose..
-Nono...Lei non è come Diuk..-. Zwai si avvicinò repentinamente all'anziano, appoggiando entrambe le mani al suo braccio, lo stesso dove teneva salda l'arma.
Finalmente il giovane lo convinse ad abbassarla.
-Vi assicuro che questa ragazza non ha niente a che fare con i vampiri è solo una malcapitata che stava per essere uccisa da due di loro!-. Si voltò verso il resto della massa.
-Forse è meglio che me ne vada , Zwai...-. Dissi lui a bassa voce.
-Forse lo farai. Ma non prima che sia stato io a deciderlo..-. La porta si spalancò nuovamente richiudendosi all'istante come una molla.
Un uomo, con il viso semi-coperto da un cappellaccio , ed uno stuzzicadenti che faceva capolino dalle sue labbra sommerse da una crespa barba nera corta quasi a pelle, sbatté violentemente uno stivale con tanto di sperone al seguito , su una delle sedie che attorniavano il tavolo, poi, appoggiò sul suo ginocchio, il gomito e con un dito si sollevò il cappello dal naso tanto quanto bastasse perché i suoi occhi azzurri fluorescenti si scorgessero sotto l'ombra della stoffa.
-Capo!-. Il ragazzo sbiancò.
-E così, Zwai, ci hai portato una ragazzina...Che puzza di quelle bestie...-. Sputò lo stuzzicadenti portandosi alla bocca un sigaro estratto dalla tasca del suo soprabito nocciola scuro. Lo accese.
Sogghignò.
-Sei proprio uno sprovveduto...-. Sospirò con beffa.
-Vede capo, anche se lei sa di vampiro, è una ragazza come tutte le altre...L'ho trovata che cercava di uccidere due END...-.
Vidi le palpebre dell'uomo sollevarsi di pochissimo.
-Uccidere due END?...-.Rise.
-Coraggiosa la ragazzina...-. Tirò un calcio alla sedia facendola schiantare precisa al suo posto.
Tutti i presenti trasalirono per il rumore. Credo che di lui fossero terrorizzati a morte..
Si avvicinò.
-Direi che di vampiro....Ha ben poco...-. Mi sollevò il mento con forza.
-A parte gli occhi...-. Aggiunse poi, facendomi piombare nell'angoscia.
-Gli occhi? Che hanno che non va?-. Chiesi indispettita , con un velo d'agitazione.
-OhOh..Hai anche la voce!-. Si accomodò a sedere .
-Comunque...-. Tirò una boccata di sigaro.
-I tuoi occhi sono esattamente come i loro. Dorati.-. Persi un battito.
Forse avrei dovuto dirgli che i miei genitori erano degli Hunter...
Ma se fossero risaliti ad Alex?
E forse avrei dovuto anche , informarli che non tutti i vampiri possedevano gli occhi dorati.. George non li aveva..
-Non ho alcun tipo di potere...Ne tanto meno mi nutro di sangue...-. Proferii arida distogliendo lo sguardo da lui.
-Questo lo so perfettamente. Il tuo odore...Non è forte come il loro.-.
Le miei iridi tornarono a rimbalzare nuovamente ,su di lui.
Quell'uomo pensava veramente che io potessi essere un vampiro?
Restai in silenzio. Mi scrutò.
Poi si strofinò gli occhi con due dita.
-Per ora ...-. Guardò in un secondo momento Zwai. -Puoi restare...-.
Mi lasciò del tutto sorpresa.
Un polverone di voci di sottofondo chiaramente contrarie , per pochi attimi, riempì la stanza.
L'uomo, con un'occhiataccia fece placare i presenti.
-Melinda..-. Si rivolse ad una ragazza poco lontano dalla porta incastrata nel muro.
-Offrigli delle coperte, degli asciugamani e preparale un bagno caldo.Sono certo che ne ha bisogno-. Proferì guardandomi quasi sfottente.
-Si Signore..-. Esclamò,  immediata, sgattaiolando nella stanza adiacente la giovane.
Zwai, mi prese la mano. Non riuscivo a muovermi. Avevo gli arti intorpiditi dalla paura ed il respiro pesante, che faticava ad uscire.
-Seguimi..-. Mormorò sorridendomi appena. Lo feci.
Attraversammo la stanza sotto lo sguardo disgustato e preoccupato di tutti.
Quegli occhi inquisitori mi diedero il mal di stomaco.

Attimi dopo , finalmente , sparimmo dietro la porticina mi sentii salva.

-Il capo delle volte è un po' rude..-. Disse all'improvviso con un filo di voce, lui , mentre attraversavamo l'ennesima stanzetta.
-Non dovrei essere qui. Io li capisco sai...-. Il tono della mia voce si bastonò.
-No. Tu dovevi arrivare fin qui. Io lo sento molto più di loro l'odore odioso di vampiro che hai addosso, ma sento anche quello dell'argento che ti scorre nelle vene...-.
Sussultai internamente. 
Mi fermai.
-E' per questo che mi hai salvato?-.
Mi guardò dritto negli occhi, curvando quasi impercettibilmente un sopracciglio.
-Ti avrei salvata comunque. Ma se tu fossi stata una comune mortale, forse a quest'ora non saresti qui...-.
Sorrisi tristemente.
-Già...-. Sussurrai un attimo dopo.
In quel preciso istante , mi sentii capita.
Anche se il resto dei suoi compagni era del tutto contrario alla mia presenza, Zwai, era riuscito comunque a tranquillizzarmi..

Varcammo l'ennesima scalinata che nasceva verso il basso.
-Qui sotto ci sono delle stanzette. Noi usiamo questo posto solo come "base", perciò non ti meravigliare se troverai la tua stanza umida e piena di mobili logori...-. Proferì placido.
Raggiunse la porta in legno, nascosta dal buio e l'aprì.
Mi ritrovai dentro una piccola stanzetta color nocciola spento. A terra, legno, fuori, dall'oblò che c'era per finestra , il colore scuro forse della terra.
Una piccola luce su un comodino di legno illuminava il baldacchino semi-stracciato ,la piccola scrivania rigata e punzecchiata forse da punte di coltelli, ed una cassapanca pesante dello stesso marrone scuro.
Ovunque l'odore di terra e pioggia.
Deglutii pesantemente.
-Emh...Grazie...-. Cercai comunque di essere carina per l'ospitalità.
-Scusate?-. Una vocina mi fece sobbalzare leggermente.
-Questi sono gli asciugamani, la vasca è pronta...-. La stessa ragazzina di attimi prima , era apparsa alle nostre spalle e mi porgeva ciò che stringeva fra le mani.
-Ti ringrazio.-. Presi i panni di spugna.
Scappò veloce . Restai di stucco. Anzi, ci restai proprio male! Mica ero un'appestata!
-Non ci fare caso, Melinda è timida..-. 
-Tranquillo...-. Proferii in un sospiro.
-Il bagno corrisponde alla porta dopo questa...-. Disse poi come se volesse cambiare discorso o riempire quel silenzio che era sceso subito dopo la mia frase.
-Grazie. Adesso vado...-.

Quel posto non mi piaceva affatto. Gli Hunter erano persone burbere , scontrose...E poi quell'uomo...Il Capo..Mi dava sin troppo sui nervi e non solo perché ne avevo estremamente paura.
Veramente sarei dovuta rimanere li?



 

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Capitolo 21
*** Cosa sei varamente? ***


-SVEGLIAAA!-. 
Balzai giù dal letto di soprassalto.  
Fuori, lungo il corridoio, tuonava il fragore di pentole percosse.
"Il capo" spalancò la porta di colpo, sporgendosi a mezzo busto con un'espressione sfottente ed un sorriso a dir poco beffardo sulle labbra.
-Buongiorno bella addormentata, è ora di allenarsi-. Sussurrò con scherno.
Avevo gli occhi ancora semi-chiusi, appannati dal sonno. Sapevo di essere finita con il culo, sul pavimento...Sentivo quel maledetto freddo del legno umido, ovunque...
Cercai di sollevare maggiormente le palpebre , persino alzando leggermente il mento , cercando di definire la sagoma dell'uomo.
-S-Si arrivo..-. Biascicai ancora per metà, nel mondo dei sogni.
Sorrise canzonatore, per poi sparire un attimo dopo , tornando a percuotere le pentole,  strillando quel rumoroso "sveglia" con tutta la voce che aveva in corpo, lungo il corridoio.
"Maledizione...".
Tornai in piedi aggrappandomi alle coperte , portandomi con estrema fatica verso la piccola scrivania, dove, avevo appoggiato gli abiti della sera prima.
"Ma dove sono?".
Rinsavii di colpo.
Mi accucciai, guardai nell'incavo fra i piedi del mobile e poi ancora sotto al letto. 
Guardai ovunque...Erano spariti!
Uscii innervosita dalla stanza, con i pugni stretti ed un terrificante broncio sul viso.
-Dove diavolo sono i miei vestiti!?-. Gridai verso il buio del corridoio con le pareti fatte di terra, leggermente illuminato da un led azzurro che sbucava nell'incavo di un finta finestra.
Attimi dopo, la sagoma dell'uomo tornò a sbucare dal nulla.
Mi raggiunse.
-Tieni. Questi sono i tuoi nuovi abiti.-. Mi tirò in un pugno leggero, gli indumenti, addosso.
Un top a fascia nero ed un paio di pantaloni grigi con degli ampi tasconi sui lati delle cosce.
-I tuoi stivali sono in bagno...-. Aggiunse quando era già lontano.
"Ma io....VOGLIO I MIEI VESTITI!!!!".
Mimai con una smorfia un pianto e rassegnata, raggiunsi la stanza da bagno.

Lo stesso cacciatore,mi aveva detto, poco dopo essermi approntata, che avremmo dovuto raggiungere un campo d'addestramento , dove loro, erano soliti allenarsi....Ecco..Io non potevo mica immaginarmi, che quel campo distava tre chilometri dalla base e che quei tre chilometri, li avremmo percorsi a piedi , senza nemmeno qualcosa per coprirci , congelandoci con il freddo pungente dell'alba!
Ringraziando il cielo, quella mattina , decise di non farli correre, forse proprio perché io ero "la nuova arrivata".

Ci fermammo finalmente in prossimità di uno spiazzo. 
Terra, erba , alberi, freddo...Dov'era il campo per l'addestramento?! Non vedevo manichini, finte armi e via dicendo!
Mi guardai attorno , finché, i miei occhi, non caddero esattamente sui sette , fra ragazzi e ragazze , che erano con me. Durante il tragitto io ero rimasta estremamente indietro e non avevo nemmeno potuto vedere i loro volti...
Erano giovani, sin troppo. Qualcuno era persino più piccolo di me.
"Poveretti" Proferii sconsolata nella mia testa.
Sette povere anime che, quella mattina, si sarebbero allenate al freddo, rischiando una bronco-polmonite...Le reputavo delle povere anime sfortunate e di certo, quella vita , ragionandoci su,io non l'avrei mai condotta.
-In fila.-. Ordinò lui.
Tutti obbedirono all'istante, me compresa...Purtroppo.
Li vedevo con le schiene dritte e gli sguardi fieri...Mentre io..Beh...Io ero curva e tremavo...Ancora lo stordimento del risveglio particolarmente brusco, fatto del freddo del pavimento che avevo calorosamente abbracciato volando dal letto e dal freddo della doccia _ Si, perchè ovviamente, la mattina era necessario rischiare l'ipotermia per ottenere buoni risultati durante gli allenamenti_non era passato.
E non era ancora sparito nemmeno il freddo di quel maledettissimo spiazzo raggiunto a mani e piedi dopo tre fottuti chilometri!....Quindi si, io ero curva , rannicchiata praticamente su me stessa, in una posizione quasi imbarazzante, che battevo i denti a franarmeli e si...Quello era stato veramente un'inizio giornata di merda!
Guardai con odio l'uomo maledicendolo mentalmente , finché, le sue iridi, non caddero su di me.
Si avvicinò a grandi passi, fra le mani, stretta nel pugno la canna di un lungo fucile.
Mi puntò il manico, bruscamente, sotto il mento.
-Avanti bambolina, alza quel mento..!-. Si beffò di me alla grande, attirandosi un coro di risate snervanti.
"Anastasia...Sta calma."
Deglutii molte, moltissime, parole poco carine , digrignando la mascella serrata in un morso sul morso.
Feci comunque, ciò che mi aveva chiesto , nonostante avessi avuto voglia di mandarlo a "quel paese".
Tornò a prendere distanza da noi, ponendosi difronte al gruppo ben in fila, affossando il manico del suo fucile nel terriccio bagnato, in una posizione più che di fierezza, di autorità.
-Bene! L'allenamento di oggi, non sarà per tutti quanti voi lo stesso, ma a gruppi, ognuno avrà la sua serie di esercizi da svolgere..-. Esordì e la sua voce trillò vivida nell'aria.
Sembravano così...Disgustosamente elettrizzati..Io avevo solo voglia di tornarmene a dormire...
Incominciò a pronunciare i nomi di alcuni di loro , porgendo vari fogli estratti da una tasca interna , del suo soprabito.
Guardai lungo la sfilza di volti allineati...Ma dov'era Zwai?
Presi a guardarmi attorno spaesata. 
Ad un tratto, da alcuni alberi non molto lontani, apparì la sua sagoma.
Per un attimo, tutto lo spiazzo , mi parve sparire. 
I miei occhi erano solo su di lui , che ad agio, procedeva verso noi.
Lo avevo guardato attentamente sin dal primo istante , ma mai come quella volta, mi parve così perfetto.
Senza la giacca di pelle marrone e quella camicia sin troppo larga per lui , riusciva a togliere il fiato.
Era magro si, ma quel tipo di magro che risalta persino il più piccolo muscolo definendolo perfettamente.
Sembrava anche più alto senza le "corcie" a metà polpaccio che era solito farsi ai pantaloni.
Si stirò leggermente le braccia sulla testa. Un movimento normale...Che mi fece schiudere le labbra involontariamente.
I suoi bicipiti guizzarono sporgendo con prepotenza , evidenziando il sottile maori che circondava quello destro.
Deglutii.
Mi parse , di vedere un uomo per la prima volta. Fu scioccante. A tratti imbarazzante...
Avevo conosciuto il corpo di Alex, lui era perfetto, lo era sempre stato ai miei occhi. Avevo sempre pensato che non esistessero corpi come il suo ,ma a quanto pare...Mi sbagliavo...
Lentamente il mio sguardo accarezzò ogni suo dettaglio. Persino la piastrina che pendeva, legata al ferro di una catenina ,dal suo collo,mi risultò estremamente invitante.
Quella mattina, Zwai, non era lo stesso ragazzo della notte in cui mi aveva salvata. No, in lui c'era qualcosa di ipnotizzante, di ammaliante...
-Buongiorno!-.La sua voce profonda ma raggiante al tempo stesso, mi accarezzò la pelle di una guancia. Solo allora, mi resi conto di averlo fissato come un'imbecille sbavando ma soprattutto di non essermi accorta che lui era arrivato ad un soffio da me... 
"Finiscila". Mi schiaffeggiai mentalmente.
Scossi il capo , riprendendomi da quello stato di trans, temporaneo.
-B-Buongiorno..-.
-Allora voi due ? Avete intensione di fare i giri del campo si, o no?-. Ci riprese l'Hunter maggiore.
Veloci , come a voler scappare da lui , prendemmo a percorrere il perimetro dell'area, ridendo per averlo fatto innervosire.
-E' sempre così agitato?-. Domandai quasi a voler schernire quell' Hunter indirettamente , ridacchiando,rivolgendomi al giovane che correva alla mia stessa andatura.
-Certe volte è anche peggio!-. Sorrise timidamente.
-Tu pensa che bell...-.Di colpo, incominciò a mancarmi l'aria. Non stavo bene. La testa mi girava pericolosamente e le gambe si stavano facendo sempre meno tenaci nella loro pressione sul terreno.
-Tutto bene?-.Zwai rallentò all'istante poggiandomi una mano sulla spalla.
Di colpo mi sentii anche peggio.
-Mi sembri un po' palliduccia...-. 
Tossii violentemente , portandomi una mano alla bocca. Quando tornai ad allontanarla dalla mia bocca, mi ghicciai.
"Sangue?". Cercai di nasconderla dalla vista del giovane.
-Effettivamente non mi sento molto bene...-. Sospirai in un alito di voce tremante.
Sentii lo stomaco, contorcersi, la sensazione che stava accrescendo in me era del tutto simile a quella della fame , ma molto più acuta e dolorosa.
Mi piegai frustata da una fitta, portandomi le braccia allacciate sull'addome.
-Zwai...Chiama il capo...-. Dissi con l'ultimo filo di voce strozzatissimo, prima di finire con le ginocchia nella terra.
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte , allontanandosi repentinamente.
Di li a poco...Avrei visto nero...

Quando tornai vigile, ero sdraiata ai piedi di un salice, coperta dall'ombra delle sue fronde.
Poteva , il freddo della mattina , avermi fatto così male da farmi perdere i sensi?
Mi portai seduta. Ero parecchio rintronata, ancora.
-Sei sveglia...-. 
Trasalii.
-Capo..-. L'uomo era seduto poco distante da me e  mentre con un occhio, controllava la truppa di ragazzi che eseguivano gli esercizi, con l'altro stava badando a me.
-Che mi è successo?-. Mi portai il palmo di una mano alla tempia. La testa mi esplodeva.
-Perché sono svenuta?-.
Mi prese un polso all'improvviso, mantenendo il pollice premuto su di esso.
-Per questo motivo...-. Non capivo. Sul mio polso non c'era nulla. La pelle era candida, di un lieve rosa chiaro, sembrava non essere ferita.
Non che fosse stato strano se avessi avuto qualche graffio, ero volata da un cavalcavia!
Lo scrutai del tutto smarrita.
Sospirò.
-Il tuo battito cardiaco è acceleratissimo. Le tue pupille sono leggermente dilatate e le tue iridi si sono fatte piene di pagliuzze dorate...-.
-Oh...Basta con questa storia..Non sono un vampiro!-. Mi alzai di scatto strappando il mio braccio dalla sua presa.
Un pericoloso capogiro, mi fece perdere l'equilibrio. Mi ripresi a volo aggrappandomi alla corteccia della pianta.
-Dannazione..-. Biascicai fra i denti appoggiandomi quasi del tutto al tronco dell'albero, con la schiena.
-Anastasia...Ignorare quello che sei non cambia chi sei veramente..-.
Socchiusi gli occhi mentre la collera prendeva il posto del malessere.
-Sentiamo? Perché sarei un vampiro? Perché sono svenuta?-. Rimbeccai acida.
-Che stavi facendo prima di svenire?-.
-Io stavo...Ecco...-. "Guardavo il tuo amato allievo...Il corpo perfetto... del tuo amato allievo"
-Cercavo Zwai..-. Dissi alla fine, in un soffio.
-E nient'altro?-.
Una smorfia incerta prese posto sul mio viso.
-N-No..Nient'altro..-.
Si massaggiò il mento, poi, di colpo si alzò.
-Zwai vieni qui!-. Gridò al ragazzo che stava terminando la sua serie di giri attorno al campo.
Appena il giovane fu ad un metro da noi, quel terribile mal di stomaco tornò a divorarmi l'aria nel petto.
Mi curvai in uno spasmo, ancora una volta.
-Come immaginavo! -. 
-Come immaginavi ...Cosa?!-. Dissi appena, con il poco fiato che riuscivo ad esalare.
-E' lui ...O meglio, è il suo sangue a darti fastidio!-.
 -Che stronzata...-.  Mi portai lentamente a sedere per terra.
-Che le succede capo?-. Domandò il giovane Hunter , preoccupato.
L'uomo afferrò un braccio del ragazzo e dopo aver estratto un coltello a scatto dalla tasca del soprabito, procurò un taglio poco profondo nella sua carne..
-Aih...-.
Quando la minuscola gocciolina toccò terra...La sentii trillare nella mia testa , finché non si infranse. Mi contorsi per il dolore che mi frustò.
-La nostra bambolina...Sta per diventare un mucchio di bava e pelle glabra...-. Allontanò il ragazzo , scansandolo leggermente con l'avambraccio.
-Che cosa?!-. Proferì agitato. L'espressione sgomenta sul suo viso mi fece piombare nel terrore. 
Non mi reggevo in piedi. Respiravo a malapena e quel briciolo di fiato che fluiva dalla gola , sembrava essersi fatto un rantolo...
-Q-Questo che vuol dire? Che mi sto trasformando in un END?-. Anche la mia voce non era più quella di una ragazzina normale. Era roca, cupa ricordava un ringhio gutturale.
-Molto probabilmente...Quanto tempo fa , sei stata morsa?-. 
Come faceva a saperlo?!
-Tre mesi fa, più o meno...-.
-Sei stata morsa!?-. Strillò il giovane. Lo scrutai quasi con vergogna. Gli avevo mentito , avevo omesso un dettaglio che si era rivelato non poco scontato...Mi sentivo una meschina bugiarda.
-Avanti Zwai, non è il momento di scaldarsi, molto probabilmente nemmeno lei si aspettava una simile reazione...-. Lo calmò.
All'improvviso uno spasmo molto più doloroso mi fece piegare fino a farmi sdraiare del tutto a terra.
-E' strano che solo ora il veleno stia facendo effetto, infatti...Comunque..Non c'è tempo per ragionarci su. Dobbiamo portarla via di qui...-. 
L'uomo si sfilò dalla vita, una cinta di cuoio e chinandosi su di me , serrò con essa i miei polsi.
-Precauzione bambolina..-. Sussurrò appena.
Non ebbi nemmeno la forza per ribellarmi.
Mi sollevò di peso.
-Zwai, informa gli altri che mi dovrò assentare per un po', poi, raggiungici al laboratorio...-. Il ragazzo fece cenno di "si" con il capo e corse veloce verso il resto del gruppo.
-Noi andiamo a toglierti quella brutta cera dalla faccia...Ok?-. Mi guardò sorridendo, sprezzante della situazione.

Entrammo in auto.
-Sto male...-. Rantolai piombando maldestramente sul sedile. L'Hunter entrò dopo aver chiuso il mio sportello, veloce come una saetta.
Inserì la marcia ed accese il veicolo partendo a tutto gas.
-Sta tranquilla, i medici del laboratorio , sapranno come aiutarti...Dobbiamo solo fare prima ,che...-.
Avevo già inteso cosa stesse per dire, zittirsi, non sarebbe servito ad allontanarmi dalla realtà di ciò che mi sarebbe successo.
Sarei diventata come una di quelle bestie. Senza coscienza , senza cervello, affamata, esclusivamente, di carne umana.
Guardai il mio riflesso nello specchietto retrovisore. 
"Quindi è questa la fine che mi spetta?". 
Attorno agli occhi , due enormi solchi violacei, umidi . La pelle imperlata di sudore brillava, appena colpita dalla luce del giorno.
Schiusi le labbra cercando di respirare meglio.
Il cuore si fermò un istante. 
Dalla sottile fessura , facevano capolino le punte di due canini aguzzi.
-Sono al capolinea..-. Mormorai rassegnata.
-No. Non ancora.-. Svoltò pericolosamente , incanalando una stradina costeggiata da villette a schiera.
-Io...Sento il tuo sangue pulsarmi nel cervello...Sento il rumore che fa , mentre scorre nelle tue vene...-. Respirai appena.
Mi guardò. Dalla sua espressione intuii di non essermi sbagliata.
Ero nei guai, ben presto sarei diventata un mangia-carne...
Poggiai il capo all'indietro schiacciandolo al sedile.
-Uccidimi..-. Sibilai in un filo di voce. Ormai ero rassegnata.
-No,non mi è mai piaciuto uccidere persone che hanno ancora l'anima...Non fa per me..-.
Rallentò leggermente. 
-Siamo vicini, ma per precauzione ...-. Si sporse verso me artigliando la cintura di sicurezza.
Quando il suo collo fu ad una spanna dalla mia bocca, vibrai.
Avevo voglia di morderlo. 
L'idea di cedere a quel desiderio , la sensazione immaginaria, del sangue colarmi dentro la gola, tutto, mi fece inferocire.
-Togliti da me...-. 
Allacciò frettolosamente la cinta.
Non disse nulla , ripartendo velocemente. Scese il silenzio rotto da solo, da brevi ringhi cupi che vibravano sulle mie corde vocali.
-Ana...-. Proferì all'improvviso.
-Non dire nulla. So perfettamente che mi hai permesso di restare solo perché sentivi il suo odore addosso a me..-.
Strinse i pugni attorno al volante.
-Dovevo sapere. Dovevo avvicinarmi il più possibile a "loro" per trovare il responsabile di questa catastrofe globale. Ana...Qui non si sta parlando di piccoli branchi...Si sta parlando di un morbo che velocemente si sta diramando per la città intera...Se quegli esseri continuano a proliferare, presto, potrebbero far si ,che l'interno mondo, venga contagiato...-.
-Di quanti casi stiamo parlando?..-. Mormorai in un respiro affaticato.
-Migliaia...Sparsi per tutta la città...-.
Curvai appena le labbra in un ghigno.
-Non posso credere che un gruppo di vampiri puro-sangue così piccolo, abbia fatto scoppiare una catastrofe così grande....-.
-Puro-sangue hai detto?-. Sobbalzò sul posto leggermente.
-Esatto. Il vampiro che mi ha morso, era un Puro-sangue, perché?...-.
-No...NO!-. Tirò un pugno sul volante.
-Sei sicura di non essere stata toccata da un END?!-.
Ripensai ad entrambe le volte, dove , avevo potuto incontrare quegli esseri.
-Sono sicura...-.
-Nemmeno un graffio?-.
Feci cenno di "no" con il capo.
-Il morso di un puro-sangue, non può dare questo tipo di reazione a chi ha nelle vene l'argento della Death-Rose..-.
-Quel vampiro, mi ha detto che delle volte dei loro sottoposti non reggono il loro morso e si trasformano...-.
-No. Ana ...Questo succede solo se il vampiro a sua volta, è stato morso da un END..-.
Il sangue mi si gelò nelle vene:
*Chi ti ha ridotto così?*
"Quella notte...In camera sua...Quei graffi...Questo vuol dire che è stato lui a dare inizio alla pandemia!?".

Stavo per parlare, per dirglielo...Ma poi pensai a cosa sarebbe successo...Se quell' Hunter avesse saputo che Alexander era stato graffiato in petto da un END, lo avrebbe cercato ed ucciso...
-Lui non è stato toccato...O almeno non quando era con me..-. Mentii spudoratamente.
Fermò l'auto in procinto di uno spiazzo.
-Se riuscirò a salvarti Anastasia,tu devi portarmi da lui..-.
Lo guardai agghiacciata senza dire nulla...
Scese. 
Seguii i suoi movimenti con lo sguardo fino a che, non aprì il mio sportello.
Mi slacciò la cinta e per la seconda volta dovetti combattere contro quell'istinto primordiale nato in me. Serrai le palpebre finché non mi sentii sollevare dal sedile.
Camminai come potevo , retta da lui che mi teneva un braccio saldamente, stretto nella mano.
Davanti a noi, immersa nel verde , una palazzina bassa, moderna , costeggiata da ampi vetri su tutto il perimetro del muro.
Raggiungemmo l'ingresso. L'Hunter , inserì su una piastrina meccanica un codice in cifre lasciando che il vetro in plexiglas , sparisse nell'incavo del muro. Fummo dentro.
Non riuscivo a stare dritta. Le mie condizioni fisiche stavano peggiorando a vista d'occhio. 
Le gambe erano diventate estremamente molli, deboli, non mi reggevano affatto.
Ogni tanto ,ammiccavo verso terra e lui mi riprendeva a "volo".
Stavo veramente male. 
La vista da qualche minuto si era fatta faticosa , umida , appannata, rossa.
Bruciavo.
-Capo...credo che ci siamo...Sto per trasformarmi...-. Mormorai appena.
Mi sentivo già con un piede nella fossa.
L'uomo mi guardò per un istante,  poi, tornò a cercare disperatamente qualcuno con lo sguardo.
"Ecco...Sto...Per..."
Una donna vestita di bianco accorse già prima che l'uomo potesse chiederle aiuto.
-Dottoressa! Dottoressa!-. 
La sua voce sembrava estremamente ovattata e lontana.
Sentii i tacchi di lei, tuonarmi nella mia testa. Fu fastidiosissimo.
-Che succede?!-.
-E' stata morsa da un vampiro...Circa...-. Smisi di ascoltarlo. Ero morta, o lo sarei stata a breve..
Le palpebre divenivano sempre più pesanti.
"Alexander..". Perché pensavo a lui , anche in quel momento?
-Portate una barella..!-. 
Attorno a me tutto si muoveva dinamico. Dentro me, lentamente, tutto si spegneva.
Mi caricarono ed io non sentii nemmeno il corpo poggiare sopra al lettino. I muscoli, un attimo prima erano molli , vivi, quello dopo, rigidi, freddi. Credo che stessi incominciando ad avere degli spasmi ancora più violenti, tanto che spesso vedevo il mio bacino inarcarsi verso l'alto.
-Dobbiamo portarla nella 32!-.
-Nella 32?!? Ma nessuno è mai ricorso a quella stanza!-. 
"Capo. Perchè ti agiti così tanto?Sono morta ormai...". Dissi nella mia testa con amara ironia, mentre solo i miei occhi riuscivano a muoversi nel loro incavo.
Portai il capo leggermente all'indietro mentre le palpebre si chiudevano sempre di più.
Gli infermieri mossero la barella, ruotandola su se stessa prima di imboccare il corridoio.
Lo vidi. 
Solo in quel momento. Nemmeno mi ero accorta che lui fosse li.
Era fermo , li , infondo a quell'ennesimo corridoio di fianco a noi , ma nessuno sembrava vederlo con il suo soprabito blu, che mi guardava in un modo atroce. 
Riconobbi i suoi occhi.
"Tu mi hai ridotta così...".
"Perché non lo fermate? Perché non lo guardate?".
Posai li sguardo disperato sugli infermieri.
"E' li , maledizione!".
Tesi invano, un braccio verso quel pezzo remoto di corridoio , padroneggiato dalla sua figura.
"Alexander..". 
Attimi dopo, il bianco del muro lo lasciò sparire dal riflesso nelle mie iridi.
______________________

-Quali sono le sue condizioni?-. 
-C'è qualcosa che non va nel suo sangue. L'argento avrebbe dovuto attutire il veleno del morso, ma le cellule continuano a distruggersi esattamente come accade quando un END morde un umano..-.
L'Hunter continuò a fissare le provette chiuse ermeticamente, in un apparecchio a led blu.
-Credo che chi le abbia inferto quel morso o, era un vampiro nella sua forma "Lost" oppure ...Nella peggiore delle ipotesi, un vampiro contaminato e, se così fosse...Allora ben presto anche lui si trasformerà...-.
-Com'è possibile che soltanto ora, le cellule hanno incominciato a subire questa trasformazione?-. Chiese l'Hunter agitato.
-La ragazza è stata sottoposta a stress fisico?-.
-E' stata attaccata proprio da quegli esseri due notti fa. Un mio allievo l'ha salvata...-.
-Molto probabilmente allora le cellule malate hanno incominciato ad esplodere proprio dopo quell'attacco...-.
-Ma lei è stata bene fino a questa mattina...Fino a che Zwai , il ragazzo che è in cura da voi, non le si è avvicinato...-.
La dottoressa lo guardò spiazzata.
-Ha detto Zwai?-. Si precipitò ad una scrivania poco lontana, spaginando cartelle mediche.
-E' il ragazzo a cui vengono fatti trapianti di sangue regolarmente?-.
-Si esatto.-.
-Non ci sono dubbi...-. Si mosse sicura di se , verso un computer, battendo frettolosamente sulla tastiera.
-Il sangue che iniettiamo a quel giovane regolarmente è un composto chimico che contiene sangue di vampiro e sangue di Hunter. Sicuramente , anche il sangue della ragazza ha la stessa composizione mista, molto probabilmente però ci è nata... -.
Il cacciatore di vampiri incominciò a sudare a freddo.
-Che significa questo?-.
La donna scrutò l'uomo, bastonando lo sguardo.
-Lei non si sta trasformando in un END, ma in un vampiro.-.
-Oh, questa è una consolazione!-. Si sentì sollevato di colpo.
-Un vero vampiro con il sangue misto degli Hunter...Significa che semmai perdesse il controllo non esisterebbero armi che la potrebbero uccidere...-.
L'uomo la guardò sgomento.
-Adesso dobbiamo solo sperare che quando si svegli...-. Guardò la barella. -Con le cure che le abbiamo dato, sia la stessa ragazza di questa mattina...-.

"Cosa sei veramente?"


 

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Capitolo 22
*** Dagli occhi dell'Hunter ***


Avevo immaginato che Ana fosse ridotta male, ma non pensavo di aver raggiunto il laboratorio tanto in ritardo, da doverla vedere ridotta in quelle condizioni...

-Non so se riuscirà a superare anche questa notte-. Una donna in camicie bianco , ci faceva strada , camminando un passo avanti a noi, mentre, Lars, il nostro capo le chiedeva informazioni su Anastasia.
L'aria era tesissima. Già, il fatto che ci fossimo solo noi a percorrere quel corridoio, non era un buon segno.
Mi persi a fissare quelle pareti così tristi, bianche, leggermente macchiate dalla luce al neon tipica degli ospedali, mentre con un orecchio ascoltavo il loro discorso.
Lars, sembrava estremamente agitato , seppur dal suo viso non trapelasse la benché minima emozione.
-Il suo corpo in che stato è? Ha già subito alterazioni di colore?-. L'uomo avanzò velocemente raggiungendo a passo svelto la donna.
-La sua pelle , lentamente sta mutando. Questa mattina era violacea ricoperta di lividi come se l'avessero riempita di percosse..-.
-Questo non è un bene..-. Il tono basso con cui aveva mormorato quelle brevi parole, mi fece intendere perfettamente che Ana non era solo malconcia o nei guai...Era spacciata.
-Siamo arrivati....-. Proferì la donna arrestandosi di fronte ad una porta metallica bianca.
Poi si voltò verso me.
-Ragazzo. Qualsiasi cosa vedrai dietro questa porta, non agire d'impulso. -.Inserì un codice cifrato nell'ennesima piastrina meccanica.
Le due ante si separarono all'unisono ,lasciando libera la grande bocca dell'ingresso.

Quel posto sembrava non appartenere minimamente al laboratorio. Le pareti erano di roccia , illuminate da fiaccole ardenti. Ovunque , l'odore di umido e muffa.
-Se non te la senti..Torna indietro Zwai.-. Lars, poggiò una mano sulla mia spalla all'improvviso, parlandomi con estrema calma.
Si, non avevo idea dello stato in cui versassero le condizioni di quella ragazza, ma non era da me tirarmi indietro.
-Sto apposto.-. Allontanai debolmente la sua mano dal tessuto della mia camicia, tornando a camminare nella stessa direzione presa dalla dottoressa.
L'Hunter mi seguì attimi dopo.

Sorpassammo una lunga fila di celle chiuse da sbarre di ferro. Sembravano essere quelle di un antico carcere o qualcosa del genere.
Dentro ognuna di esse, c'era una panca in legno , delle catene saldate al muro e della paglia, esattamente come le prigioni di molto, moltissimo tempo prima...
Alla fine, raggiungemmo l'ultima cella. Situata dritta a noi, sembrava essere la più grande che quel posto possedesse.
All'interno, non c'era solo quel poco mobilio, bensì giaceva a parete quello che aveva l'aria di essere un computer. Sul muro , monitor, su quella che sembrava una scrivania , le tastiere.
Vidi Ana solo attimi dopo...

La luce fioca e non costante delle fiaccole , non illuminava perfettamente l'interno della "gabbia", ma la danza tremula di quelle fiamme ardenti , disegnò quasi distintamente la sagoma della giovane.
-Perché la tenete chiusa qui dentro?-. Mormorai appena, appoggiando le mani negli incavi del reticolo di ferro.
-Da qui non la vedi perfettamente...-. La donna si sporse nella mia stessa posizione.
-Avvicinati leggermente...-.Aggiunse ancora in un sibilo basso.
Solo allora mi resi conto di cosa si stesse parlando veramente.
Ana, aveva i polsi che le sanguinavano, rigati da quelle che dovevano essere la parte terminale delle due catene che sbucavano da ganci sul muro,a forma di vecchie manette arrugginite.
Non riusciva a stare dritta, forse, nemmeno ci aveva mai provato.
Aveva il capo curvo, rivolto verso il basso e le penzolava nel vuoto. Sul suo corpo , graffi, sangue, ferite di ogni genere e poi quel colore... Il viola che le macchiava a vista la pelle candida.
 Le vene nere che si erano increspate a tal punto da essere in rilievo, le pulsavano come se fossero dotate di vita propria. Ogni tanto le si gonfiava il petto sotto respiri faticosi ed affannati.
Era evidente che in lei era rimasto ben poco di umano.
Non era la stessa Anastasia...Tutto era cambiato internamente ed esternamente, della sua persona non ne rimaneva che l'aspetto , ma ben presto probabilmente, anche quello sarebbe sparito. 
Le sue , non erano più semplici mani, ma lunghe ed affilate lame grigie che terminavano con artigli pungenti tendenti al nero.
Quel colore cupo che le aveva tinte completamente , sembrava risalirle dalla punta delle dita , lungo le braccia, come se a breve quello sarebbe diventato il suo vero ed unico colore.
Rantolava ma sulle sue corde vocali si increspavano sibili striduli , come se internamente lei stesse combattendo contro il mostro che era. Quei piccoli sibili , mi ricordavano l'appigliarsi come ganci ad un pezzetto d'umanità, mi si strinse la gola.
-Ma lei..-. Scattai con lo sguardo alla donna che mi guardò con rammarico.
-Non aveva detto che era ridotta in quello stato!-. Esclamai nervosamente.
-Pensavo che quel maledetto virus non si espandesse dentro lei, così rapidamente..-. 
-Non ci aveva parlato di virus! Che sta nascondendo?!-. L'afferrai per il colletto del camice sollevandola da terra, preso da un'ira sconosciuta persino a me stesso.
-I-Io...-. Tentò di parlare.
-Mettila giù ragazzo...-. La voce impositiva, ma allo stesso tempo pacata, del capo, mi fece rinsavire di colpo.
La lasciai tornare con i piedi per terra e tossì violentemente, più volte, fino a che non riuscì a riprendere fiato.
-La dottoressa Steven, mi aveva accennato di questo virus ieri, quando ho portato Ana qui.-.
-Concluse le ricerche...E' questo ciò che abbiamo trovato-. Lo interruppe lei, frettolosamente porgendomi una cartella medica.
-Si tratta di una patologia Alpha che funziona in questo modo: se un umano viene morso da uno di loro e muore ,torna in vita diventando come quelle bestie. Se un vampiro viene morso, potrebbe morire se non puro, o diventare un portatore sano come nel caso del vampiro che ha morso la vostra amica...-. Si voltò verso Ana.
-E se un Hunter venisse morso?-. Proferii in un filo di voce.
-Si trasformerebbe esattamente come un umano qualsiasi ma ci impiegherebbe molto di più..-.
Sudai freddo.
-Non c'è modo di aiutare la vostra amica... Se dopo un giorno è già ridotta così nonostante l'argento, domani sarà un END a tutti gli effetti...-.
-Maledizione!-. Il ferro della cella tremò, colpito dal mio pugno.
-Zwai...-. Questa volta nemmeno la voce del capo mi tranquillizzò.
-Abbiamo già visto morire un nostro compagno così...-. Disse atono.
Che voleva dirmi? Che appunto per questo mi sarei dovuto arrendere al corso degli eventi?
Che mi sarebbe dovuto andare bene per forza? O semplicemente che la morte di un proprio compagno è una cosa normale?!

Strinsi le dita attorno alle asticelle di ferro , fino a farmi diventare le nocche bianche e serrai le palpebre.
Avrei voluto distruggere tutto. Spaccare quel maledetto laboratorio , dargli fuoco. La rabbia che mi stava assalendo era incontrollabile.
Pulsava nelle mie vene esattamente come quella malattia nelle vene di Ana.
-Non è la prima, ne tanto meno l'ultima. Devi abituarti all'idea che in battaglia ci possano essere dei caduti...-.
Le lacrime si formarono all'improvviso nella sottile fessura delle mie palpebre.
-Ho visto troppi morti...E troppe persone che non hanno fatto nulla per aiutarli..-.
-Quella ragazza ha sangue infetto misto! E' impossibile fornirgliene uno simile!-. Gridò l'uomo.
"Non posso veder morire ancora persone innocenti...Non posso...".
All'improvviso fu come se non udissi più nulla. La mia mente era confusa e persino i pensieri parvero ovattati e disordinati. "Che devo fare?". 
Ogni muscolo si contrasse per la rabbia.
Poi, dal nulla...Un suono.
All'inizio era lontano e vibrava solo nella mia testa, poi, lentamente divenne vivido, vicino.
Qualcosa stava tintinnando ed io sapevo di cosa si trattasse.
Tornai a spalancare le palpebre.
Sapevo quello che dovevo fare. All'improvviso tutto mi era chiaro.
Guardai la donna, vidi quel mazzo di chiavi. Era l'ultima spiaggia, l'unica mossa che avrei potuto compiere.
La raggiunsi e senza che lei potesse rendersene conto, le strappai il mazzo dalla cinta.
-Fermo!-. Provò a spingermi via.
Restai incollato al pavimento come se di punto in bianco i miei piedi si fossero fatti pesanti come il cemento.
-Zwai, lasciale!-. Il Maestro cercò di strapparmele dalle mani. Istintivo , mi sfuggi un pugno e finii per colpirlo sul naso.
-Questa è la mia scelta..-. Lasciai scorrere via la parete di ferro ritrovandomi faccia a faccia con quella che non era più la ragazza che avevo salvato qualche sera prima.
-Chiuda! Chiuda!-. Proferì la donna più volte precipitandosi a serrare la cella. Non la vidi in volto, ma dalla voce si intuiva perfettamente tutto il terrore che provava per quella ragazza.
-Non può lasciarlo li dentro!-.
-Non possiamo entrare...Ci divorerebbe!-.
Sogghignai tristemente constatando che la paura fosse più forte del loro spirito caritatevole.
Raggiunsi la ragazza.
-Ana...-.  Non mi rispose, nemmeno alzò il volto.
Mi curvai appoggiandomi su un ginocchio, esattamente di fronte a lei.
Sentivo il suo respiro pesante , incupito da ringhi gutturali.
La pelle sulla mia nuca si increspò violentemente rendendomi conto che quel suono profondo lo ricordavo vibrare nella gola di quegli esseri.
-Ana..Mi senti?...-. Poggiai una mano sulla sua coscia.
Ardeva. Aveva la febbre e nonostante la sua pelle fosse scura e maculata , la vedevo imperlata di sudore.
Ogni tanto si era mossa a scatti, come se stesse facendo un brutto sogno.
-Zwai...-. 
Alzò lentamente il mento. 
"I tuoi occhi...I loro...".
Non aveva più la sclera. I suoi bulbi oculari erano due macchie nere strette nelle orbite. Pupilla e sclera erano un tutt'uno , separati solo per una piccola linea circolare da un intenso rosso acceso, che doveva appartenere alle iridi.
Mi ero illuso che potesse avere ancora un briciolo di lucidità..
-Zwai vieni fuori da li!-. Gridò ancora l'uomo costringendomi a voltarmi .
-Il tuo sangue...Il tuo sangue...DAMMELO!-. Si spinse a tutta forza verso me , con gli artigli leggermente flessi pronti per conficcarsi nella mia pelle e i canini sporgenti che bramavano dilaniarmi il collo per bere.
Fortunatamente le catene che le tenevano stretti i polsi , funsero da molle che la riportarono indietro nell'immediatezza.  
Indietreggiai di poco usando le braccia per muovermi.
Le sua grida erano disumane. 
Strepitava , scalciava nella paglia, non era lei...Era solo la briciola che ne restava della sua anima...
Mi sentii estremamente impotente di colpo.
Mi guardava ma non mi vedeva. Era persa, voleva solo uccidere e mangiare.
Si, lei era estremamente affamata.
*-Zwai! Scappa finché sei ancora in tempo!-.
Forse avrei dovuto ascoltarli , forse, non avrei dovuto lasciare che la fretta si prendesse gioco di me.
Mi alzai in piedi tornando ad una spanna da lei.
La fissai negli occhi.
"E' così che vi riducono?"
Ana continuava a battere la mascella mimando morsi rumorosi , ringhiando, era nervosa quasi arrabbiata.
La fissai ancora , dall'alto.
Provava a stare in piedi , ma le sue gambe sembravano non sostenere il suo peso.
"Non posso lasciarti morire in questo modo".
Lasciai uscire dalle asole, i bottoncini della camicia bianca, uno alla volta, finché non ne fui del tutto spoglio, poi,mi chinai per la seconda volta, poggiando le mani sulle sue spalle, allontanandola come potevo da me.
Distolsi lo sguardo.
-Non so se tutto quello che sto facendo alla fine servirà a qualcosa...-.
Continuava ad attirarmi a se , ma la sua mente così tanto annebbiata dalla fame vorace , le impediva di rendersi conto che le sarebbe bastato afferrarmi le braccia per divorarmi.
La sua capacità di ragionare era così offuscata che l'unica cosa che sembrava sapesse fare, non era altro che scalciare , mordere il vuoto e ringhiare come un'ossessa.
-Sono stanco di vedere le persone morire senza poter fare nulla..-.
*-Zwai...Non ti avvicinare a lei così !-.
"Siamo Hunter, il nostro compito sarebbe quello di aiutare gli umani ed uccidere i vampiri...Non ammetto che questi ultimi abbiano la meglio...".
Protesi il mio viso fino a riuscirle a guardare la schiena semi-coperta da un camicie bianco senza bottoni che le era scivolato quasi del tutto sul fondo-schiena.
Scalciò ripetutamente. 
Sentii chiaramente le sue vene pulsare violentemente quando il mio collo fu vicinissimo alla sua bocca.
Io potevo immaginare cosa stesse provando, perché avevo provato le medesime sensazioni in passato...
Tolsi in uno scatto di molla, le mani dalla sua pelle rovente , lasciando che lei si ritrovasse a sbattere come gomma su di me.
*-NOO!!!-.
Annientò qualsiasi cosa attorno a me, quel dolore lacerante.
Sentii ogni nervo, ogni strato di pelle, ogni parte di me , lacerarsi a partire dal punto dove i suoi canini pungenti mi avevano morso.
Mille scintille mi pervasero intorpidendomi,i muscoli si irrigidirono in più spasmi di dolore. Li per li, sarei voluto scappare. Faceva male Ana. La violenza con la quale mi aveva addentato era disumana. Cercai di spingerla via inconsciamente e mi fermai con le mani sulle sue spalle, un attimo dopo.
Non potevo tirarmi indietro arrivato a quel punto.
*-Zwai!-. 
Il capo entrò di colpo nella cella correndo verso di me, ma io, lo vedevo muoversi così lentamente...
Ana continuava a ringhiare mentre beveva da me. Aveva gli artigli conficcati nelle mie spalle e più il mio sangue le scivolava nella gola , più, le punte di quelle piccole spade, penetravano la mia pelle. Alla fine sentii entrambe le braccia inumidirsi e vidi le gocce rosse infrangersi sui miei pantaloni e nel fieno sotto di noi..
Improvvisamente, la portai ancora più vicino a me, stringendola esattamente come l'avrei stretta se avesse pianto, accarezzandole i capelli.
-Calmati...-. Le sussurrai più volte all'orecchio.
-Ce la puoi fare...Io lo so che non sei quel mostro che vedo...-. 
Morse ancora con violenza, ma mi accorsi che le sue guance erano umide. Anastasia stava piangendo.
-Voglio ancora combattere con te...-.
Lentamente , sentii la presa sulle mie braccia diminuire ed il flusso del sangue smettere di risalirmi dai piedi correndo verso il punto dove mi aveva morso.
Sorrisi inconsciamente.
Non la lasciai andare nemmeno quando ebbe finito di mordermi.
Sospirai. Sentivo ogni parte del mio corpo formicolare e la pelle farsi notevolmente più chiara.
-Zwai..-. Il suono della sua voce fu il regalo più bello che avessi potuto ricevere in quel momento.

Ebbe solo le forze di guardarmi e pronunciare il mio nome prima di perdere i sensi.
Aveva gli occhi ancora macchiati di nero , ma li avevo visti languidi , umidi, umani...
Tornai ad alzarmi e mi sfilai la camicia usandola come panno per tamponare la ferita; il capo che continuava incredulo a fissarmi.
-Sei impazzito?!-. Gridò la dottoressa entrando.
Mi accesi una sigaretta cercando di darle meno retta possibile.
-Le guardi la pelle...-. La donna spostò lo sguardo sulla ragazza.
-Si..Sta rendendo rosea..-. Proferì scioccata.
Si precipitò sulla giovane.
-Ed anche il suo respiro e le vene..Sta tornando tutto come dovrebbe essere!-.
-Vi eravate dimenticati di un piccolo particolare...Anche io sono stato un END in passato. Mi avete reso voi quello che sono...O meglio chi prima di voi... Per questo ho pensato che potesse funzionare allo stesso modo anche per lei...-.
-Ahahaha lo sapevo che questo ragazzo era una genio!-. Una pacca violenta sulla spalla mi fece barcollare pericolosamente.
-Capo..-. Aveva ancora del sangue sotto il naso. Mi resi conto di aver esagerato.
-Non fare quello sguardo triste! Hai appena salvato una ragazza comportandoti come un vero guerriero!Sono fiero di te!-. Di punto in bianco il sorriso tornò a riaffiorare sulle mie labbra.
Ma poi svanì esattamente come era apparso, di colpo...
-Quando si risveglierà sarà diversa non è vero? Sarà come me?-. Anche sul viso dell'Hunter qualcosa mutò.
Un velo d'amarezza era piombato a coprirlo. Tornai ad avere paura.
-Lei ricorda cosa ero quando mi ha trovato...E sa perché dopo tutti quegli anni io non sono cresciuto minimamente. Sa anche che ero un mostro e che avevo ucciso tante persone...-.
Si avvicinò a me e mi poggiò entrambe le mani sulle spalle attirandosi il mio sguardo.
-So anche che non sei più quel mostro che eri quando ti ho salvato in quel bosco...-.
-Ma Diuk...-.
-Quella è una storia vecchia..Non è stata colpa tua.-.
-Io l'ho ucciso!.-.
Scosse il capo sorridendo appena.
-Quella volta , sbagliai io, a lasciarti con lui quando in te era tornata vivida la fame...-.
Distolsi lo sguardo, bastonandolo.
-Ana starà con te. E sono convinto che tu la proteggerai a dovere.-. 
-Che significa?! Non torneremo alla base?!-.
L'uomo serrò la mascella ed un muscolo guizzò sotto la sua pelle , evidente.
-Non posso rischiare. Tu sei il suo antidoto e lei è la tua fame.Dopo che sei stato morso, sono convinto che tornerai a provare quella sensazione...Perciò solo restando insieme potreste arginare questo problema...In oltre, restare alla base metterebbe a repentaglio la vita dei tuoi compagni umani...-.
-Si...Ho capito...-. Mormorai appena.
-Andrà tutto bene..-. Mi abbracciò amichevolmente dandomi due colpetti leggeri sulla schiena.
Cercai di non guardarlo in viso, non avrei sopportato l'idea che avesse potuto vedere i miei occhi, gonfi di lacrime.
Mi allontanai lentamente da Lars raggiungendo Anastasia , liberandola dalla catena che le serrava i polsi prendendola in braccio.
-Hai già un posto dove andare?-. Mi chiese lui.
-Uno dove ho vissuto in passato. Si trova in città, è un appartamento che condividevo con una ragazza.-.
-Bene..-. Scese un'atmosfera sin troppo angosciante nella cella.
Odiavo gli addii.
-Fa attenzione..-.
Risposi con un breve cenno del capo mascherando il mio dispiacere sotto un finto sorriso, dirigendomi lungo il corridoio e poi ancora verso l'esterno del laboratorio.

Il rombo della moto sferzò l'aria. Quel pezzo di strada tinto dell'arancio del tramonto, non mi era sembrato mai, triste come allora.
Non avevo idea di cosa ci sarebbe capitato, ma di una cosa ero certo: Salvarla non era stata solo una mia scelta, era stato qualcosa di più, qualcosa, che giaceva nel profondo del mio inconscio.
Non l'avrei mai abbandonata , lei aveva bisogno di me ed io sentivo di aver bisogno di lei...

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Capitolo 23
*** Legati dallo stesso destino ***


Erano passati due giorni da quando avevo riaperto gli occhi. Zwai mi aveva portata in città, in un piccolo appartamentino lasciato lui in eredità.
Avevo passato quei due giorni a riposarmi. Non mi ero alzata dal letto se non per qualche breve tappa in bagno , nemmeno per mandare giù qualche boccone , che invece mi veniva gentilmente servito a letto dal ragazzo. Ma qualcosa in quell'apparente calma placida , non andava.
Zwai era stato sin troppo silenzioso durante la permanenza li ed avrei giurato di averlo sentito star male di notte.
Non sorrideva più, non scherzava più...Ed i suoi occhi si erano fatti sin troppo tristi.
Che gli stava accadendo?
-Ehy..-. Lo vidi entrare nella camera che mi aveva gentilmente ceduto, con un piatto di riso fumante per le mani.
Sorrise velatamente, sentendo il suono della mia voce. 
Ebbi una sensazione di stretta in petto e subito un pugno di tristezza mi attanagliò l'anima.
Mi porse il piatto e poi un cucchiaio.
Li lasciai sul comodino.
-Che ti prende?-.
Lui mi guardò ma sembrava del tutto assente.
-Nulla.-. Distolse lo sguardo.
-Zwai , dico sul serio. Che hai? Sei strano.-. I miei occhi restarono incollati alla sua immagine e decisamente il mio volto si curvò sotto un'espresione accigliata .
-Non ...Non mi sento molto bene.-. Si sfiorò il collo all'altezza dei due fori che gli avevo procurato.
Odiava ricordare ciò che era successo solo due giorni prima. Io che bevevo il suo sangue ...Un Hunter non lo fa. Un Hunter è un essere umano ...
Mi grattai la nuca scostando lo sguardo da lui.
-Ti senti ancora debole?-. Proferii quasi in un filo di voce. Mi sentivo in colpa...Terribilmente in colpa.
Mi vergognavo per ciò che gli avevo costretto a fare.
Alla domanda "cosa mi è successo?" ,subito dopo il mio risveglio, Zwai mi aveva accennato al fatto che mi ero trasformata in un End , e che l'unica soluzione plausibile per salvarmi era stata farmi bere il suo sangue .
Ma io ancora non avevo trovato un'attinenza fra il suo sangue umano ed il mio che per metà era quello di una belva.
C'era quindi, qualcosa che non riportava in tutta la sua versione e poi, altro dettaglio da non sottovalutare...Da quando lo avevo morso qualcosa era cambiato radicalmente nella mia sfera di consapevolezza.
Sapevo di dover ricordare qualcosa , sapevo di aver  superato qualcosa di doloroso ma non avevo idea di cosa.
Ricordavo lui , Lars, il campo...Ma prima? 
Sapevo di aver fatto una scoperta  importante che probabilmente mi avrebbe cambiato per sempre l'esistenza e di aver quasi ottenuto tutte le prove su dubbi che avevo ,ma non ricordavo quali fossero ne tanto meno i giorni precedenti al mio "incidente". Era frustrante avere il "cassetto della memoria" praticamente vuoto.
-Leggermente...Ma adesso vado a riposarmi, domani starò meglio...-. 
Avevo scoperto qualcosa , anche su Zwai, ma cosa? Dannazione...
-Si forse ti farà bene.-.
Quando abbandonò la stanza chiudendosi la porta alle spalle decisi che sarebbe stato meglio terminare il piatto di riso e mettermi a dormire.
Lasciai la ciotola sul comodino , quando fu vuota, e vi poggiai le posate al suo interno, poi mi stirai sotto le coperte e socchiusi le palpebre.

Non so per quanto fossi riuscita a dormire, ma nel bel mezzo della notte , rumori provenienti da dietro la porta di camera mia , mi costrinsero a sbarrare le palpebre.
"Zwai"
In un attimo mi resi conto che stava accadendo qualcosa al giovane.
Mi sollevai dal materasso portando i piedi a toccare il pavimento gelido, poi, ancora, raggiunsi la porta aprendola lentamente.
Il salone era buio , poco illuminato dalla luce bianca di qualche lampione in strada.
C'era la metà del mobilio rovesciata a terra. Vetri invadevano il pavimento in marmo bianco. 
Zwai era infondo alla stanza. Sembrava impazzito. Si dimenava , gridava...Aveva i capelli stretti fra le mani che gli circodavano il capo. Stava soffrendo terribilmente ma io non sapevo quale fosse il motivo.
-Zwai...Tutto bene?-. La mia voce si fece tremante .
Troppo debole per poterlo raggiungere.
Mossi passi soffocati sul pavimento gelido e mi arrestai di colpo quando un lampo e poi il boato di un tuono non invasero la stanza.
Portai di riflesso le mani alla bocca , vedendo la sua immagine. Venne disegnata dal bagliore chiaro proveniente dall'ampio finestrone ad ante scorrevoli come se fosse il ritratto più spaventoso mai creato prima da qualche artista.
Uno dei suoi occhi era del tutto nero. La sclera , la pupilla , solo l'iride era di un rosso vivo , inumano ...Avevo visto mille volte quegli occhi....
Dalla sua bocca due canini lunghi ed affilati facevano capolino sfiorandogli le labbra.
A breve le sue mani mutarono , lasciando che le sue unghie diventassero lunghe ed affilate armi e le sue vene si incresparono sotto la pelle resea macchiandola di un tetro blu-viola.
"E' solo colpa mia..." 
Più nei miei occhi si bagnava il suo riflesso , più nel mio petto un peso enorme si gonfiava a dismisura...
Lui stava così solo per causa mia . Io lo avevo morso, io lo avevo trasformato ...Ero io la colpevole.
-Zwai...-. Mi mossi ancora accorciando la nostra distanza.
Lui si voltò di scatto e per un attimo mi mancò il fiato quando i suoi occhi si scontrarono con i miei.
Serrai la mascella.
-Va via Ana.-. Rantolò appena.
Il fiato dai suoi polmoni usciva flebile. Il suo petto si gonfiava a fatica come se avesse fatto uno sforzo enorme...Come se, il respirare stesso fosse uno sforzo enorme...
Una pena infinita invase la mia coscienza.
Avvertii i miei occhi inumidirsi.
-NO. E' solo colpa mia se ora tu...Stai così.-. Strinsi i pugni . 
Non mi  trattenni come solitamente ero avvezza fare. Ero sicura nel tono di voce. Forse la colpa angosciante che provavo nei suoi confronti aveva cancellato persino tutta la paura che provavo in quell'istante...
-Ho detto va via.-. Le dita delle sue mani si muovevano come tentacoli.
"Anche gli End le muovono così". Era il loro modo per indicare che avevano fame , ed avrebbero attaccato da un momento all'altro.
Presi fiato, poi mi mossi.
Zwai , inditreggiò di un passo, come se avesse paura.
Ed io sapevo di cosa. 
Paura di attaccarmi, paura di bere del sangue...Il mio sangue.
-Ana...Fermati , ti prego...-. Rantolò lui.
-Vedo la tua fame negli occhi Zwai...-. Lentamente i miei muscoli si rilassarono.
-So  che provi ribrezzo per questo...Ma adesso è la tua natura...Esattamente come la mia...-. 
Scesi sulle spalle , le bretelline biache della camicia da notte che scivolò lungo la mia schiena piombando a terra.
-Anche io ricordo di aver provato "schifo" per me stessa quando ti ho morso..-. Mi arrestai ad un passo da lui, così vicino alla sua bocca che potevo sentire il tepore del suo respiro sulle mie labbra.
-Ma è solo una questione di natura...-.
-Quella non è la mia natura!-. Gridò afferrandomi per le spalle.
-Io sono un Hunter.-.
I suoi occhi quasi del tutto bestiali , si inumidirono.
Zwai aveva un viscerale odio , una repulsione quasi fuori dal normale per quegli esseri chiamati vampiri.
-Io ti faccio schifo Zwai?-. I suoi occhi si spalancarono leggermente all'istante.
-No Ana...-.
-Ma anche io sono un vampiro...-.
Ingoiò a vuoto.
-Tu non sei crudele...Tu non hai ucciso migliaia di anime innocenti.-.
-Però potrei farlo...L'unica differenza è che io , ho te. Ho il tuo sangue e tu hai il mio ...-.
Accarezzai il suo viso.
Era imperlato di sudore , e mano a mano che trascorreva il tempo si faceva sempre più freddo. Mi ricordò all'istante quello di quegli esseri.
-Mordimi Zwai...Perché ti morderò anche io...-.
Non avrebbe mai voluto artigliare il mio collo arpionandolo con i suoi aguzzi canini. Se avesse potuto trovare un'altra soluzione avrebbe fatto di tutto purché avesse potuto evitare di mordemi.
-Perdonami Ana...-.
Per tutto il tempo quella frase mi tuonò nella testa, mentre i suoi artigli si conficcavano uno ad uno nella mia pelle . Sulla spalla ,attorno al mio seno nudo , lasciando piccoli fori gonfi di sangue dietro il loro passaggio.
Il mio sangue scivolava nella sua gola . Lo sentivo defluire da me . Mi stava svuotando ma stranamente , questa volta le forze non mi vennero meno...E  mi mossi. E lo morsi , di colpo.
Continuammo quella danza di bocche intrise di sangue mentre fiumi di ricordi e consapevolezza si addentravano nella mia mente.

Lui , incominciò ad avventarssi al mio collo in maniera del tutto differente da quella che ricordava la sua natura. Di colpo, i suoi morsi voraci si fecero baci. Bollenti , bramanti di me e non del mio sangue.
Sentivo la sua lingua attraversarmi la pelle , dalla clavicola fino al lobo, lasciando dietro se una scia calda.
I miei occhi finirono per scontrarsi con il nostro riflesso sulla credenza al fondo della stanza.
L'immagine disegnata sul vetro nero , era quella di due esseri ripugnanti, due mostri...Che soffrivano per la stessa condanna...Che erano finiti per desiderarsi più di qualsiasi altra cosa...Che si odiavano per ciò che erano stati costretti a diventare , ma che avrebbero ugualmente seguito la loro natura.

Gli artigli , le iridi bordate di rosso e poi alle mie orecchie quei ringhi così famigliari ed allo stesso tempo atroci da ascoltare...

Mi soffermai sulle mie mani ...Erano armi...
Lasciai che quelle sottili lame taglienti si intrecciassero ai capelli del giovane , e lui fece lo stesso con i miei attirandomi a se.
Lo desideravo e lui desiderava me.
La voglia che avevo cresceva nel mio ventre attimo per attimo, ed anche in lui, scorgevo le mie stesse esigenze.
Si perché ora, quella che avevo di lui era un'esigenza. Una voglia assurda , viscerale , estremamente fisica.
Mi catturò le labbra. Le morse poi, il bacio si intensificò.
Le nostre bocche si schiusero , e sentii la sua lingua aggrovigliarsi alla mia e le sue mani ora fredde come il marmo, corrermi sulla pelle nuda.
Vorticosi brividi si incresparono sulla mia pelle.
-Ti voglio...-. 
 
Mi sembrò di sentir ringhiare di piacere l'essere che giaceva dentro il suo petto.
Portò un bracio a cingermi la schiena , accompagnandomi nel movimento , finchè non sentii la sofficità del tappeto sotto di noi, con la pelle delle scapole.
Non separò un istante le sue labbra dalle mie.
Ed io non avrei mai voluto separarmi dalle sue.
Ogni bacio, ogni sospiro, tutto permetteva al mio inconscio di realizzare cosa e chi fosse realmente quel ragazzo, ma il desiderio che avevo di possederlo rendeva quasi impossibile potergli dire cosa avevo capito.
Sentii la sua cinta slacciarsi tintinnando appena ed un brivido mi contrasse il ventre.
Ero agitata?
Mi pareva impossibile. Lo desideravo a tal punto da provare agitazione ?
Il nostro ventre si inarcò all'unisono un attimo prima che fosse dentro me.
Non so spiegare bene cosa provai in quell'istante esatto...Fu un susseguirsi di sensazioni ed emozioni altalentanti mischiate al piacere. Ma era innaturale. Io provavo il loro piacere , quello dei vampiri non un piacere umano .
E la cosa peggiore , era che mi piaceva molto più di ciò che sapevo di aver provato in passato.
Il sesso fra vampiri è qualcosa di veramente estremo.
Ogni sensazione viene amplifiata fino a stordirti...Ciò che provi è estacy.
Artigliai i suoi fianchi accompagnandoli nel movimento , mentre spingeva dentro me.
I suoi occhi erano fissi nei miei. Adesso non mi spaventava più quel singolo occhio da vampiro. 
Premetti più forte nella sua carne e lui capì al volo che ne volevo di più.
Io lo volevo di più.
Gemiti mi sfuggirono dalla gola e no, non volevo controllarli.
Avrei voluto urlare di piacere tutta la notte .
Lasciò scivolare le sue mani lungo le mie braccia , allontanandole da me , portandole sull mia testa.
Il mio ventre non la smetteva di inarcarsi sotto ogni singolo e ripetuto, suo movimento di bacino.
Talvolta mi mordeva. Piano. 
Piccoli morsi sul collo, sui seni , sulle braccia, e scintille mi scoppiettavano addosso ogni volta che la sua bocca catturava centimetri di me.
-Fallo ancora..-. Sorrisi mentre a fatica lo invitavo a continuare quel gioco.

Zwai...quando mi ripetevo nella testa il suo nome qualcosa esplodeva in me.
Raggiungemmo l'apice del piacere praticamente insieme. Eravamo esausti ma ora, nessuno più provava quell'opprimente senso di disgusto per ciò che eravamo.

-Non credevo che saremmo finiti...-.
Avevamo il fiatone. Ci eravamo consumati sino allo stremo.
-A fare sesso?-. Voltai lo sguardo di fianco a me , cercando il suo viso . Sorrisi.
-Sinceramente non me lo aspettavo nemmeno io...-.
Gli accarezzai una guancia. I miei artigli non c'erano più.
-Stai meglio?-.
Mi fissò.
-Decisamente...-. Poi restò per un attimo in silenzio.
-Ana...-. Si sollevò facendosi leva con le braccia.
-Credo di ricordare cosa è accaduto nel mio passato...-.
Quando proferì quella frase , tutto mi fu limpido.  Sicuramente aveva visto ciò che avevo visto io mentre bevevo da lui...
-Io so come sono diventato così...-.
Non ero stata io...
-E' stato lui...-.

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Capitolo 24
*** Decisioni ***


-Ana....Tu credi che ciò che io ho visto bevendo il tuo sangue sia reale?-.

-Suppongo di si.-.

-Allora ...Dovremmo cercare quel vampiro?-.

Mantenni lo sguardo in un punto perso sul soffitto.

La luce fioca di una lampada di fortuna , attaccata alla presa poco lontano da noi , regalava appena un color arancio al salotto . Lo avevo avvertito come l'arancio più triste che avessi mai visto prima.

Sentivo la conclusione a quella guerra fra capo e collo. Ben presto ogni bugia sarebbe stata svelata e qualcuno avrebbe sofferto molto...

-Credo di si.-.

Molto probabilmente , quello sarebbe stato l'ultimo nostro momento di pace.

-Zwai..-.

-Dimmi.-.

Strinsi leggermente la mia mano attorno alla sua.

-Ricordi ...Tutto?-.

Non lo guardai nemmeno allora.

-mmh...Praticamente si.-.

Sospirai.

-E tu?-.

-Adesso si...-.

Mi sollevai da terra , rimanendo seduta.

Accarezzai con lo sguardo il viso del ragazzo, sapevo cosa stava pensando...

-Non voglio che lo odi.-.

I suoi occhi si spalancarono in un'espressione di stupore.

-Non è stato lui ad abbandonarti in quel bosco...Le cose gli sono solo sfuggite di mano...Lui ti voleva veramente bene...-.

Serrò la mascella.

-Non lo odio per questo...-. Si tirò su , riappropriandosi del paio di pantaloni che aveva indossato fino ad un attimo prima che ci fossimo consumati.

-Lo odio per quello che ha fatto a te...-.

-Lo hai visto quindi...-. Bastonai lo sguardo.

-Non solo...Ho anche provato le tue sensazioni...E sai qual è la parte peggiore?-. Si voltò verso me. Nei suoi occhi mi sembrò quasi di intravedervi del disgusto.

-Che nonostante tutto, tu, nel tuo inconscio , non riesci ad odiarlo...-. Proferì aspramente.

-Non è così!-. Cercai di replicare , mentre si alzava per allontanarsi dalla stanza.

Mi alzai di scatto.

Piombando in camera da letto l'anta della porta finì per sbattere contro il muro ripetutamente, tonfando rumorosamente.

Zwai era in piedi difronte al cassettone intento ad infilarsi una maglietta, non si scompose nemmeno allora.

-Devi ascoltarmi.- Ribadii isterica.

Mi guardò con la coda dell'occhio ma non disse nulla.

-Dico sul serio...Io non so cosa tu abbia provato mentre mi mordevi...Ma io di quell'uomo non ne ho voluto sapere più nulla da quando ho scoperto che c' era lui a capo dello sterminio della mia famiglia..-.

-Tu lo ami ancora Anastasia...E provi compassione per lui.-. Il sangue si rapprese nelle mie vene.

Persi un battito.

-Non lo amo...Non più, ma non nego di provare pena per la sua sofferenza.-.

Il giovane mi raggiunse.

Adesso che era ad un palmo da me, non riuscivo a sostenere il suo sguardo.

Mi accarezzò una guancia cercando di attirarsi il mio sguardo a se.

-Non voglio che provi amore per lui. Ne pena. Mi da visceralmente fastidio che tu possa essere compassionevole con una persona, ma che dico "persona", con un essere del genere...E vorrei potertelo far dimenticare ancora...Perché non meriti di star male , specie se poi è per lui.-.

I miei occhi si gonfiarono di lacrime ma adesso, riuscivo a bagnarmi nelle sue iridi.

Strinsi la sua t-shirt fra le dita appoggiando la fronte al centro del suo petto e finalmente piansi.

Lui restò in silenzio. Quello era un lato di Zwai , anzi, di Adrian, che adoravo. Il tatto per i sentimenti altrui.

Mi lasciava piangere senza nemmeno provare a buttar giù una parola consolatoria così che, il mio dolore potesse fluire indisturbato.

-Mi sento una stupida. Dannazione! Mi sono fidata di un uomo che mi ha ucciso fisicamente e mentalmente...Lui ...Mi ha usata...-. Mi accarezzò la nuca poggiando il mento sulla mia testa.

-Se non avessi accettato quell'incarico...Ma no! Come avrei potuto ! Lui mi ha controllata dal primo istante!-.

Singhiozzai.

-Sono sempre stata debole...E questa ne è la prova inconfutabile..-.

-Tu non sei debole.-. Proferì lui, di colpo.

Sollevai il viso cercando i suoi occhi.

-Una persona debole , si sarebbe già arresa. Forse anche uccisa...Tu invece sei disposta a cercare quell'uomo...E sai perfettamente per quale motivo io voglio e devo cercarlo.-.

-Perché al di la di tutto lui...E' un vampiro?-.

-Esattamente. E sai una cosa...Lui avrà sicuramente la meglio su di me...-.

-Perchè dici questo?!-. Esclamai allarmata.

Adrian , mi guardò fisso nelle iridi.

-Perché anche io, ho una sorta di debolezza nei sui confronti. Ora che ho ricordato , anche i sentimenti sono riaffiorati. Lui , è mio fratello ed io so quanto lo amavo...Lui era il mio eroe ed io ero il fratello da proteggere e lui mi proteggeva ne sono certo ...Lui mi amava-.

-E ti ama ancora...-.

-Quella che possiede ora è solo una sfaccettatura contorta dell'amore per un fratello..-. Proferì atono.

-Per questo ti chiedo di essere forte Ana.-.

-Non credi che lui ritrovandoti potrebbe cambiare ? Nessuno è così forte da restare sulla stessa linea di azioni..-.

-Essere forti, talvolta , significa accettare anche dei compromessi...Facciamo parte di due mondi troppo diversi per poter andare d'accordo. Io non mi sento un vampiro anche se ho bisogno del tuo sangue per restare in vita...E lui non lo accetterebbe mai essendo un vampiro puro sangue...tenterebbe di uccidermi ed io ...Cercherei di fare lo stesso.-.

-Veramente riusciresti ad ucciderlo?-.

Sospirò.

-Probabilmente si.-.

Una voragine di dolore separò il mio petto.

Adrian mi strinse a se.

-Giurami che non mi abbandonerai , anche se farà male.-.

-Te lo giuro.-.

 

Il giorno seguente ci svegliammo all'alba. Ormai avevamo preso la nostra decisione.

Avevamo persino un piano.

Innanzi tutto avremmo cercato Lars.

Poi ci saremmo uniti ad uno degli squadroni d'assalto e così avremmo trovato Alexander.

-Credo che questa ...Sia tua..-. Porsi un pezzetto di carta ingiallito , ripiegato in quattro parti, mentre ero intenta a chiudere il mio borsone.

-E' la foto della mia famiglia...-. Adrian si accomodò al bordo del letto stringendola fra le dita.

Adesso toccava a me avere rispetto per il suo stato d'animo...

Lasciai la stanza attendendolo all'esterno dell'abitazione.

Mi raggiunse solo una decina di minuti dopo.

-Tutto bene?-.

Annuì con il capo.

-Adesso pensiamo a cosa dobbiamo fare...-. Proferì . Ma io avevo colto in lui il dolore ed avevo percepito anche che aveva pianto.

 

Ma non c'era più tempo per piangere o per soffrire...Avevamo fatto una scelta sapendo che probabilmente sarebbe potuta essere anche l'ultima da noi presa.

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Capitolo 25
*** rifiuto ***


Raggiungemmo il campo d'addestramento verso mezzogiorno.Una volta ritrovato l'ingresso semi-coperto dalle piante , ci calammo al suo interno speranzosi di trovarvi il capo.
Mi era mancato terribilmente quell'odore di muffa ed umidità , cuore di tutta la base sotterranea .

-Probabilmente a quest'ora saranno ancora li fuori ad allenarsi.-. Mi picchiettai un labbro guardando distrattamente l'interno del rifugio , completamente vuoto.

Adrian era sparito lungo il corridoio attimi prima, ma sentivo lo scalpiccio dei suoi stivali tornare ad avvicinarsi.Non era l'unico suono che udivano le mie orecchie...C'era anche qualcosa di metallico che continuava a sfregarsi contro.Il ragazzo riapparve nella stanza umida .Stese sulle braccia, armi: pistole, spade , sciabole.

-Queste?!-. Esordii sorpresa.

-Sono alcune delle armi in disuso di questo posto.-. Ne sfilò alcune dai foderi, dopo che le ebbe poggiate sull'enorme tavolaccia rettangolare dove solitamente si faceva cena.

-Hai perso la tua spada...Quindi pensavo che ti servisse un'arma di "ricambio"-.

"La mia spada"...

Non avevo idea di dove fosse finita...
Scrutando con lo sguardo quelle armi , constatai che nessuna avrebbe fatto al caso mio.Se avessi dovuto uccidere Alexander , lo avrei voluto fare con la spada...

-Credo che questa pistola e questa spada andranno bene.-. Proferii leggermente amareggiata per la perdita della mia fidata "compagna" che più e più volte mi aveva salvato la pelle, afferrando le mie due nuove armi ed i rispettivi contenitori.

Anche Adrian agganciò alla cinta del suo pantalone alcune pistole , oltre alla sua Death Rose, aggiungendo qualche caricatore di fortuna.

-Meglio farle sparire prima che il capo torni...-. Prese poi le restanti e si riavviò verso il corridoio.

Scostai una sedia in legno d'acero dal tavolo e mi accomodai.I gomiti puntati sul suo spessore ed il viso fra le mani.
Mi resi conto solo allora che non avevo ben realizzato come sarebbero andate le cose da quel momento in poi.

"Alexander...."

Se solo fossi riuscita a poter fare qualcosa prima che tutto questo accadesse...

Magari lui...

Magari lui cosa? Magari non avrebbe ucciso mio fratello? Lo aveva fatto molto prima di conoscermi e di venire a letto con me , prima , anche di avermi usato come cavo conduttore per non far morire quello che era già, il cadavere del mio piccolo Joshua...
Dovevo ancora essere sotto l'influenza del suo controllo mentale per poter pensare che se io non avessi agito come ho fatto , sarebbe cambiato qualcosa.
Non sarebbe cambiato nulla, perché io nel disegno del suo piano ero solamente un oggetto.

-Tutto bene?-. Alzai lo sguardo svogliatamente e per fortuna , la mia espressione rasentava più la noia che l'angoscia.

-Direi di si...Mi chiedo solo quanto tempo ci mettano...-.

E poi c'era Adrian ...Quanto mi sentivo viscida nei suoi confronti...
Non lo amavo. Probabilmente non lo avevo mai amato. Ma c'era ugualmente qualcosa che mi impediva di poterlo tradire o abbandonare.
Io sentivo di doverlo proteggere e sapevo che lui avrebbe fatto lo stesso con me.

-Hai fame?-.

Chissà se lui mi amava...
Sarebbe stato bello dopotutto ... Infondo a me sarebbe piaciuto il suo amore...

-Che fai adesso? Ti metti anche a rubare dalle credenze altrui?-. Chiesi prendendolo un po' in giro , vedendo che stava mesticando all'interno di uno sportello.

-Ti ricordo signorina, che ci ho vissuto qui dentro.-. Mi fece la linguaccia e subito risi.

Infondo andavamo veramente d'accordo.

E se avessi provato ad amarlo?

-Ehy non ti ho mica detto di mangiare tutto da solo.-. Lo raggiunsi sfilandogli dalle mani una ciambellina di riso soffiato.

-Ladra!-.

-Fino a prova contraria sei tu che vai ficcando il naso nei posti che non ti riguardano.-.

-Eh che ci vuoi fare sono un tipo curioso-. Fece spallucce.

-Ma preferisco "ficcare" la mia lingua da un'altra parte.-. Mi allontanò la ciambellina dalle labbra regalandomi un bacio lungo che io, ricambiai come se non aspettassi altro da tutta la giornata.

Gli cinsi il collo con un avambraccio.

-Se non dovessero rientrare gli Hunter...Avrei proposto di farlo su quel tavolo enorme.-. Feci io , lanciandogli un'occhiata maliziosa.

Sogghignò.

-Ricordati sempre che lungo il corridoio c'è quella che un tempo era la mia stanza...

-Non mi provocare Adrian...Potrei farti sorprendere a copulare da un momento all'altro.-.

Rise di gusto.

-Pensa il capo che faccia avrebbe fatto!-.

-Sicuramente se lo sarebbe aspettato ma comunque ci sarebbe rimasto di sasso.-.

Con lui , tutto diventava come un gioco. Non avvertivo il peso della mia missione durante quei momenti.

Adrian era perfetto...

-Mi ami?-. Gli chiesi d'impulso.

Forse avevo solo voglia di sentirmi dire di no, così da non sentirmi più in colpa.

-No...-.

Ma quando lui rispose esattamente quel "no" così gelido, ci restai spiazzata.

-No?-. Mi allontanai di un passo.

Sorrise.

-Ana, non si ama una persona solo perché te la porti a letto. Eh beh, Dio , tu sei stata il sesso migliore che io abbia mai fatto...Ma in nemmeno una settimana non puoi pretendere che io ti ami...Non trovi?-.

Inavvertitamente un sorriso si formò sulle mie labbra.

Quindi era solo per questo motivo che probabilmente nessuno dei due si amava...

-Sono felice.-. Sospirai.

Lui mi guardò confuso.

-Perché se tu avessi risposto di si , io non avrei mai capito il reale motivo per cui provo un sentimento ancora debole per te...-.

Sorrise anche lui, poi mi accarezzò una guancia.

-Io non sono come mio fratello Anastasia. Non uso degli artefici per far si che tu ami me , o che tu dipenda da me. Io voglio che sia tu stessa ad amarmi per tua scelta e se così non dovesse essere , allora , vorrà dire che non dovevamo essere nati sotto una buona stella.-.

-Nati sotto una buona ...stella?-. Corrucciai un sopracciglio.

Sghignazzò.

-Il capo dice sempre questa frase quando parla della sua ex moglie.-.

Gli tirai uno schicchero sulla punta del naso.

-Già mi dai "dell'ex moglie", stronzo.-.

Mi agganciò fra le braccia ridendo, regalandomi un altro bacio.

"Vorrei veramente che i miei sentimenti si sbloccassero" .

Tenevo a quel ragazzo tanto quanto tenevo alla mia vita.

-Ma che piccioncini!-. Una terza voce scoppiettò alle nostre spalle.

Mi voltai all'istante separandomi da Adrian.

-Capo!-. Esclamò lui preso del tutto alla sprovvista.

Le sue guance si colorirono visibilmente.

-Quindi adesso formate una coppietta?-. L'uomo dai rumorosi stivali muniti di sperone, si avvicinò a noi con aria superiore. La sua solita espressione da leader , e quel fare da duro che lo ricordava perfettamente nel suo ruolo.

Aveva i pollici nascosti nelle tasche del jeans scuro, la sua posa sembrava quella di un cawboy.

-Venite qui, fatevi salutare -. Stranamente però tutto quel fare da duro svanì in un attimo quando abbracciò me e poi la sua ex adorata "spalla".

-Credevo di non rivedervi più...-. Proferì accendendosi un sigaro ed accomodandosi sciattamente su una delle sedie al bordo del tavolo.

-Beh, insomma , come mai siete qui?-.

Disse poi carcando di cambiare subito tono della voce.

Adrian si accomodò di fronte a lui , lo seguii anche io sedendomi al suo fianco.

-Siamo qui per unirci ad uno degli squadroni di ronda...-. Proferì il giovane.

L'uomo si alzò di colpo dalla sedia, spegnendo il sigaro fumante in un posacenere di fortuna.

-Non se ne parla.-. Sentenziò duro.

-Capo, mi deve ascoltare.-. Adesso, anche il ragazzo era dritto su se stesso e sembrava del tutto irritato da quel rifiuto.

-Sappiamo di Alexander. Abbiamo ritrovato parte , gran parte, dei nostri ricordi. Dobbiamo cercarlo, perché crediamo che ci sia lui e la sua Casata dietro le decine di morti di questi mesi...E probabilmente anche la nascita degli End è colpa sua...-.

L'uomo si accigliò poi il suo volto assunse un'espressione di presunzione.

-Sono tutte stronzate. Non sapete nulla delle ultime scoperte fatte dai nostri cacciatori. Insinuare che un solo vampiro sia a capo di tutto ciò...-. Scosse il capo.

-Alexander , insomma , questo vampiro che state cercando sarà sicuramente una piccola pedina comandata da qualcuno...-.

-No. Gli dia retta. Io ho vissuto con quel vampiro per mesi. C'è lui dietro la morte di quelle donne in città...E poi....-. Adrian mi strinse la mano come per farmi capire che stavo parlando troppo.

Non capii, ma tacqui lo stesso.

-Puzzavi di vampiro quando ti abbiamo trovato...Lo ricordo perfettamente...-. Proferì con disgusto.

Bastonai lo sguardo di riflesso.

Quelle parole pronunciate così crudelmente mi rimembrarono all'istante la stupidità che avevo avuto.

-In ogni caso, non vi unirete a nessuno squadrone. Chiuso. e potete restare solo per stanotte. Mi è sembrato di essere chiaro con te Zwai , l'ultima volta che ci siamo visti...-.

-Il mio nome è Adrian. -. Rispose gelido il giovane.

Gli occhi dell'uomo si spalancarono per un istante , quasi invisibilmente, ma io me ne accorsi.

-Fatti chiamare come vuoi. Anzi no, quel nome ti dona molto di più. Tu non sei più un Hunter , ma un essere ripugnante tanto quanto loro.-.

Non credevo alle mie orecchie. Come poteva essere così crudele con lui quell'uomo dopo averlo cresciuto , ma ancor prima , salvato?

Adrian non rispose. Aveva lo sguardo basso, carico d'odio , ma si controllò.

-Resteremo qui solo stanotte. Domani all'alba non saprai più nulla di noi.-. Si sollevò del tutto , allontanando i palmi umidi delle mani, dalla lastra lignea.

Mi prese poi per mano , conducendomi verso le stanze nella parte del dormitorio.

L'uomo non si voltò.

 

 

-Non capisco...Perché ti ha trattato così!?-.

-Perchè ora sono uno di loro...-. Mi trascinò praticamente , fino alla porta di camera sua, poi, estrasse dalla t-shirt la sua collanina d'argento ed inserì la chiave che c'era appesa.

-Dovresti ribellarti.-. Continuai nervosa.

-Non devo fare proprio niente.-.

Chiuse la porta alle nostre spalle ed abbandonò il borsone che portava a tracolla , lanciandolo sotto una vecchia scrivania ammuffita.

Si stese sul letto , con le braccia incrociate sul viso, poi, d'un tratto mi guardò con la coda dell'occhio, nel piccolo incavo fra braccio e viso.

-Stai pensando a come faremo trovarlo?-.

Io ero rimasta accanto alla porta, visibilmente sconvolta, e non la smettevo di torturarmi le mani.

-Anche. In realtà sono molto più scioccata per come ti ha trattato...-.

-Ci HA trattato...Ti ha praticamente dato della sporca vampira...-.

Mi grattai il collo nervosamente.

-A me non mi interessa. Io so quello che sono...Più che altro mi dispiace per te Adrian...-.

-Vieni qui...-. Mi fece un cenno con la mano.

Mi liberai del borsone da viaggio anche io, e lo raggiunsi al bordo del letto.

Adrian mi afferrò facendomi rotolare sul fianco opposto.

-Va tutto bene , capito?-. Mi scostò una ciocca di capelli dal viso.

-Porteremmo ugualmente la missione a termine, con o senza l'aiuto di Lars.-.

Sorrisi appena, ancora lo sconforto e la paura erano troppi.

-Odio vederti addosso quel broncio-. Sbuffò.

-Scusa..-.Mi guardò per un secondo , poi si sollevò e tornò ad abbassarsi solo quando fu su di me.

-Io non ho paura quando sto con te Ana...E vorrei che anche tu provassi a fidarti di me ...-.

Mi si strinse il cuore.

-Io mi fido di te...-. Portai entrambe le mani attorno al suo viso , prima di regalargli un lunghissimo bacio che continuò per molto lasciandoci quasi senza fiato.

Non volevo pensare alla missione. Era un incubo per me.

Quando ci capitavano quei momenti d'intimità preferivo non palare , non accennare nemmeno al discorso.

Forse , sotto un occhio più obiettivo , stavamo solo perdendo tempo. Perdevamo tempo a coccolarci o a baciarci ed era vero...Ma quel lato più umano in quella situazione così inverosimile era l'unico laccio che ci agganciava ad una semi-realtà, ad un finto essere "umani".

-Credi che potemmo ancora ...?...Insomma...-. Avvampai.

Intanto le sue mani scorrevano fra le asole della mia camicetta bianca separandole dai rispettivi bottoncini.

-"Farlo"? ...-. Sospirò una risatina. -Lo spero...-.

Desideravo così tanto passare una vita tranquilla,magari con lui...

-Sai mi piacerebbe farti conoscere i miei parenti...E magari anche la mia coinquilina...-. Dissi stupidamente mentre anche la cinta del mio jeans veniva liberata.

-Ah si?-.

-Si, c'è sempre che tu voglia ovviamente.-. Arrossii.

Era così che preferivo parlare se dovevo o volevo farlo, poi.

Del futuro. Quello non troppo vicino , quello, dove le cose per me ed Adrian sarebbero andate bene.

-Che ne pensi di una casa ed un cane?-. Gli sfilai la maglietta.

-E' una bella idea !-. Le mie labbra si stesero di gioia .

-Sarei felice di vivere con te Ana...-. Mi chinai verso lui fino a raggiungere la sua bocca mentre lo liberavo dalla cinta di pelle dei jeans.

-Anche io ...Veramente tanto..-. Sorrise . Fu la prima volta che vidi sulle sue labbra un sorriso così sincero. Era stupendo.

Metteva un'infinita voglia di baciarlo , ed io mi sentivo una regina , avendo il potere di farlo.

-E quando mi dirai ti amo?-.

-Lo farò magari davanti ad una tazza di caffè , durante una delle tante mattine in cui ci sveglieremo insieme.-.

-AAH!Sei veramente scontata.-. Gettò la testa all'indietro.

-Come scusa!?-. Mi avventai sul suo collo mordicchiandolo. Per un attimo avvertii la voglia di lui di allontanarlo dalla mia bocca.

Aveva ancora paura...

Ma quando poi si rese conto che io non gli avrei mai fatto del male , o non lo avrei mai morso senza prima dirglielo sembrò rilassarsi .

A breve minuscoli gemiti uscirono dalla sua gola.

Adoravo vederlo ansimare specie quando era sotto di me.

Tornammo ad intrecciare le lingue baciandoci con voglia, poi, le sue mani ripresero la loro corsa , arrivando sin dove provavo più piacere.

E mi lasciò rotolare di nuovo , finché non fu lui a riprendersi il possesso del "trono".

Mi accorsi che per la seconda volta , avevo tremato prima dell'atto vero e proprio.

Lo desideravo così tanto Adrian.

Mi entrò dentro ed ogni volta che mi sfuggiva un ansimo o un gemito un po' più forte , sembrava compiaciuto . Mi fissava , ed Dio...Era veramente eccitante il fatto che mi guardasse con tanta insistenza mentre si prendeva me , nella mia integrità.

La testa incominciò a svuotarsi. Poco a poco avrei solo sommesso un grido ed ansimato più forte fino a non capirci niente.

Artigliai le sue scapole che di colpo si inumidirono. Fu in quell'istante che lui, si accanì ancora di più . E finalmente ci portammo al piacere ...Ed ero felice , così felice , che poi risi piano piano una volta finito.

-Spero che questa non sia l'ultima volta...-. Gli dissi in modo scherzoso.

Rise.

 

 

Chissà se ancor prima di potermi preoccupare di "un'ultima volta", sarei riuscita a dire lui che lo amavo?

 

 

 

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Capitolo 26
*** Invasione ***


Vedere Ana dormire sul mio petto era impagabile.

Lei era stupenda anche mentre era persa nei suoi sogni.

La sua pelle , ogni volta che lo facevamo diventa liscia come seta , non le si vedeva il sudore addosso , nemmeno sui suoi capelli che restavano ondulati. Era da un po' che li portava così, neri e mossi. Le arrivavano quasi fino al fondoschiena ed io adoravo passarci le dita in mezzo o giocherellarci.

In realtà io adoravo lei.

Era così fragile , così dolce... Certe volte sembrava che bastasse una parola per ucciderla.

Mentre altre...beh...Altre volte , era in grado lei, di ucciderti anche solo con uno sguardo.

Nonostante avessi la certezza che lei si sapesse ben difendere da sola, c'era quel lato di me, che aveva l'impulso di proteggerla da qualsiasi cosa.

Non potevo permettermi di perderla , e non era solo per un fatto prettamente egoistico "il restare vivo", era per altro...Era per il fatto di tenerci visceralmente , che ancora non sapevo se fosse amore o meno.

In ogni caso io sarei rimasto con lei finché avrei avuto fiato nei polmoni.

 

Mi stesi al suo fianco solo quando ebbi la certezza che lei fosse del tutto addormentata.

La strinsi a me. Ammetto che averla nuda fra le mie braccia era una sensazione stupenda . Certe volte mi lasciava senza fiato quando si muoveva nel sonno, avrei voluto possederla ogni secondo della giornata.

E forse erano proprio quei momenti di impotenza , che mi facevano desiderare ancora di più il suo corpo.

Poi lei era così maledettamente perfetta nelle sue forme. Pochi giorni fa vestita come il resto di noi Hunter , forse non l'avrei nemmeno notata, ma ora, che la stringevo a me, e che nessun vestito la copriva , mi rendevo conto di quanto il suo seno fosse perfetto e forse eccessivamente rotondo e di quanto i suoi fianchi fossero sinuosi ed il suo sedere sodo tanto da sembrare scolpito.

Si probabilmente , c'era molto del lato erotico che mi legava a lei.

Ma infondo chiunque avrebbe provato le mie stesse sensazioni avendo una ragazza del genere nel proprio letto.

"Chissà se anche per lui era così".

Dio , mi maledicevo ogni volta che ripensavo al fatto che Alexander , il mio presunto fratello , e lei avessero avuto una storia e che lui l'avesse usata come un oggetto...

Ana non lo meritava...

"Mi ami?".

Perché me lo aveva chiesto? Ovvio che non potevo amarla...Lei non lo voleva ammettere ma non era pronta ad amare qualcun altro che non fosse Alexander...

E questo un po' forse mi aveva bloccato per provare qualcosa di serio per lei.

Ma in ogni caso, omettendo quel verbo o meno, io tenevo a lei ed ero certo che per lei fosse lo stesso, quindi andava bene così.

 

L'ennesimo movimento del suo sedere contro il mio inguine mi fece sobbalzare impercettibilmente.

Certe volte sembrava una tortura...

-Hai sentito?-. La sua voce ancora impastata , mi fece perdere il fiato.

Tossì per schiarirmi le corde vocali.

-Cosa?-.

Non ebbi modo o tempo di realizzare cosa stesse accadendo.

Le sirene della base incominciarono a suonare impazzite.

-E' un allarme...Ci stanno attaccando.-. Balzai in piedi rivestendomi in fretta.

Ana era sconvolta , aveva lo sguardo di un cerbiatto spaurito.

Mi fece tenerezza.

-Va tutto bene.-. Le regalai un bacio sulla fronte.

Si alzò quindi, frettolosa di rimettersi i suoi panni addosso.

Serrò le armi alla cinta che aveva alla vita e si infilò i suoi guanti tagliati sulle dita.

-Sono loro...Non è così?-. La sua voce era colma di paura. Se ci fosse stato più tempo l'avrei stretta a me e baciata , ma non c'era tempo...

-Si.-. Mi precipitai fuori dalla porta. Nel corridoio decine di Hunter erano pronti alla caccia .

Spingevano in tutte le direzioni, sui loro volti si vedeva perfettamente la consapevolezza per ciò che avrebbero dovuto affrontare.

-Avanti! Correre!-.*

-Veloci!-.*

Artigliai il braccio di Lucy, una ragazza con cui mi ero allenato per molto tempo.

-Che sta succedendo?-.

Era in preda al panico.

-Sono ovunque....Hanno trovato l'ingresso della base , sul retro...Se non ci muoviamo , fra meno di un'ora questo posto straborderà di vampiri.-.

La lasciai andare e lei corse via come una lepre.

-Maledizione!-.

-Che succede Adrian?-. Ana mi guardava spaurita con la spada stratta fra le mani.

A conti fatti se fra meno di un'ora quel posto starebbe stato invaso, ciò significava che sul colle , dove era sito il secondo ingresso , nessuno era riuscito a fermare quei mostri.

-Sono vicini...Troppo...Dobbiamo unirci agli Hunter o a breve qui sarà pieno.-.

Negli occhi di Ana , viaggiavano mille emozioni , le più oscillavano fra paura e rabbia.

All'improvviso l'urlo di Lucy ed un forte fragore di vetri rotti costrinse tutti a voltarci verso l'ingresso al corridoio.

Uno di quegli esseri era sopra di lei, e le stava mordendo le braccia , con cui cercava disperatamente di ripararsi.

In un attimo da quel varco ne entrarono a decine.

-Q....Quanti ne sono....-. Ero agghiacciato.

Alcuni Hunter avevano incominciato una colluttazione a fuoco.

Dentro quello stretto cunicolo sotto terra scoppiò il degenero.

Il rumore degli spari era insopportabile e per di più c'era fumo...

Quello della polvere da sparo . L'aria si fece insopportabile.

Cercai la mano di Ana. La dovevo portare via da li.

L'afferrai e la trascinai in una corsa disperata verso l'esterno.

-Adrian!.-. Di colpo la sua mano venne strappata dalla mia.

Mi voltai ma il fumo nero e denso non mi permetteva di vedere bene cosa stesse succedendo.

-ANA!-.

Di colpo il corpo di un End , glabro , ricoperto di sangue mi piombò ai piedi e subito dopo, inaspettatamente , Ana , sbucò dal fumo piombando come una predatrice sull'essere.

I suoi occhi, i suoi canini , erano tornati tutti come il vampiro che era.

E mordeva , mordeva forte , stappando la carne di quell'essere , facendo attenzione a non mandarne giù nemmeno un lembo.

L'end si dimenava sotto di lei, ma si vedeva lontano un miglio che , diamine, Anastasia era più forte...Infinitamente più forte.

Desiderava realmente ucciderlo , ma nonostante ciò nei suoi occhi giacevano delle lacrime che avevano paura a scendere.

Le faceva male ucciderli?

Quando l'essere smise di respirare i suoi arti scattavano ancora colpiti da qualche spasmo post morte.

Lei si sollevò pulendosi il viso con il palmo della mano.

Mi guardò come se stesse aspettando quel dannato rimprovero...ma io non l'avrei mai e poi mai rimproverata o colpevolizzata per ciò che era.

Io l'avevo accettata e basta.

Le tesi una mano e lei vi poggiò delicatamente il suo palmo.

scavalcò la bestia lanciandogli un ultimo sguardo. Non le chiesi cosa stesse provando. Forse avevo timore per la risposta.

Corremmo via , cercando Lars , constatando mano a mano quanto grave fosse la situazione.

Ed era veramente grave.

Una volta fuori dalla base , tutta la radura era un manto nero che si muoveva.

Occhi rossi ovunque. E grida e ringhi gutturali.

C'era sangue , l'erba ne era totalmente tinta.

Avvertii Ana sussultare quando un Hunter colpì con una sciabola uno di loro.

La voglia di sapere cosa pensasse premette ancor di più dentro me.

Non capivo il suo sguardo triste a chi fosse rivolto.

Mi lasciò la mano, facendo scivolar via la sua.

La guardai . Lei aveva lo sguardo dritto a se , puntato su qualcosa di lontano. Nella sua espressione il vuoto.

-Devo cercare Lars...-. Dissi.

-Lui non c'è.-. Le parole di Ana mi suonarono del tutto anomale. La scrutai confuso.

-Guardali... I tuoi compagni...Si muovono così confusamente . Nemmeno loro sanno che fare.-.

Anastasia aveva ragione . Stavano lentamente perendo ...Il loro capo li aveva abbandonati...

-Non capisco ...Perché...-.

-Adrian...Non ti sembra che ci sia qualcosa in tutto il racconto sul tuo ritrovamento che non riporta?-.

Adesso ero ancora più confuso.

-Tu mi hai detto che lui ti ha ritrovato in una pozza di sangue quando ancora eri piccolo...-.

-Si esatto, ma che c'entra questo con la sua sparizione?-.

-Se tu sei stato morso quella notte , se Alexander ha più di cento anni...Molto probabilmente questo vuol dire che anche Lars viene da quell'epoca...-.

Un magone si fece padrone del mio stomaco. A breve scese l'angoscia in me.

Avevo capito cosa voleva dirmi Ana.

-Anche lui è un vampiro Adrian.-.

-No...NO...Non è possibile..-. Le gambe si fecero molli. Caddi in ginocchio.

-Ricordi cosa ha detto quando gli abbiamo chiesto se potevamo unirci ad una squadra?-.

Non riuscivo nemmeno a risponderle. Il mondo , di punto in bianco , mi era piombato addosso.

-Un solo vampiro non può essere a capo di tutto quello che sta succedendo...Disse che sicuramente sarebbe stato solo una pedina comandata da qualcuno.-.

-Io...Io credevo che lui non ci volesse nella squadra solo perché siamo vampiri...-. La voce mi tremava come se pizzicata sulle corde di violino.

Ana si inginocchiò raggiungendo il mio volto con una mano.

-Tu hai vissuto con quell'uomo ....E' normale che ti fidassi di lui.-.

Adesso capivo come si era sentita lei per tutto quel tempo...

Tradita. Delusa. Usata.

Solo ora comprendevo cosa significasse.

-Sono stato un sciocco.-. Le lacrime mi graffiarono le guance creando linee imprecise fra la pelle e la fuliggine sul mio volto.

Gli occhi di Ana si fecero carichi d'apprensione.

-Non potevi saperlo... Nessuno di noi poteva.-.

 

Mentre tutto intorno a noi era una macchia informe di sangue fuoco , carne , grida e dolore , una realtà ancora più difficile da realizzare si sollevava da un passato sin troppo coperto di bugie e falsità.

 

 

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Capitolo 27
*** L'inizio della fine ***


"Sangue". "Grida".

La disperazione era vivida negli occhi di quei poveri ragazzi che tentavano di difendersi in tutti i modi.

Poco più che ventenni , qualcuno non ci era nemmeno arrivato a compierli..

"Non rivedranno più i loro cari...".

Piansi. Fu un impulso incontrollabile , mentre sferravo colpi di spada sui crani viscidi di quegli esseri.

"Non è giusto...".

-Ana!-. Mi voltai verso Adrian. Si era fatto strada fra le bestie , ed era pronto a fuggire.

Mossi i piedi verso lui , quando il mio braccio venne afferrato da qualcuno.

Mi voltai di scatto. Avevo il cuore in gola.

-Ti ...Prego aiutami...-. La ragazza , era stata una nostra compagna. Non la conoscevo bene , ma spesso mi capitava di vederla allenarsi con il resto del gruppo. Credo si chiamasse Meredith.

Aveva il viso ricoperto di sangue e lacrime rossastre che le circondavano gli occhi marroni.

L'avevano morsa. Ovunque.

-Non lasciarmi qui.-.

Il suo corpo era frustato da dolorose convulsioni ad intermittenza.

-Devi sdraiarti.-. Mi guardai attorno. Eravamo troppo allo scoperto , troppo a vista, perché io potessi cercare di aiutarla.

La caricai , portando un suo braccio attorno al mio collo trascinandola verso un punto di fortuna.

Cercai con lo sguardo Adrian.

-Tu va intanto . Ti raggiungo fra un momento.-. Le pupille del giovane si dilatarono di paura. Ma lui mi conosceva. Sapeva perfettamente com'ero fatta , ed ancor di più , sapeva che mai e poi mai avrei lasciato qualcuno perire da belva.

Il giovane non disse nulla , bastonando lo sguardo.

-Trova la moto, e torna a prendermi.-. Aggiunsi poi con tono ferreo , allontanandomi dalla sua immagine.

Camminare fra quella moltitudine di belve ed Hunter che combattevano fu difficile.

Cercai di proteggere entrambe , sparando a vista , con la Beretta che mi aveva procurato Adrian solo il giorno prima.

Finalmente dopo un' estenuante corsa contro il tempo , raggiunsi un piccolo spiazzo al centro di un boschetto.

Stesi la giovane sul terriccio umido e le strappai la casacca per capire dove fosse ferita.

-Sto morendo. Non è così?-. Disse mentre combatteva con il sangue raggrumatosi in gola che a stenti la faceva parlare.

Mantenni lo sguardo sul suo corpo.

A quel punto , avrei potuto dirle la verità, cioè che quei mostri le avevano esportato parte dell'addome a morsi e che se non era morta dissanguata era solo perché aveva il loro veleno in circolo che ben presto l'avrebbe fatta diventare un End, o mentirle.

Mentirle si , e dirle che sarebbe andato tutto bene ...Magari parlare della sua famiglia o delle cose belle che ricordava della sua vita.

In ambe due i casi però..Io l'avrei uccisa. L'avrei fatto prima, che il veleno le potesse far perdere la razionalità. Prima che l'ennesima vittima di quella strage diventasse come loro.

Strappai una manica del suo giubbotto mimetico tamponando il morso che grondava sangue a flotti.

-Cercherò di medicarti.-. Presi tempo. -V..Vedrai che andrà tutto bene..-. Fu difficile pronunciare quella frase.

Venni travolta da un'oppressione nel petto per averle mentito.

Sorrise.

-Tanto lo so che sto morendo...Non mentire..-. Il suo tono di voce e la punta di amaro sarcasmo con cui l'aveva tinto , mi vibrarono addosso.

-Vorrei solo che mi togliessi la vita , prima che...-. Tossì violentemente. -Il veleno faccia effetto.-.

Strinsi il pugno attorno al manico della spada allacciata alla mia cintura.

-Mi dispiace.-. Dissi in un filo di voce distorto da quelle lacrime che sentivo pulsarmi negli occhi. E bruciavano...Dio se bruciavano.

-Per cosa?-. Ridacchiò debolmente.

-Tu e quel ragazzo non potevate fare niente...Loro sono troppi...Ma...Trovate chi ha creato tutto questo...Ed uccidetelo...Vi prego...-.

Strinsi la sua mano fra le mie.

-Lo faremo , te lo prometto.-.

Sorrise ancora ed una lacrima, l'ultima che avrebbe gettato le solcò il viso. Passai l'indice sulla sua pelle per cancellarla.

E mentre la sua trasformazione avanzava , mi accomodai seduta accanto a lei , e parlammo.

Parlammo delle nostre vite , di quanto ci sarebbe piaciuto andare a cavallo o suonare il piano. Certe volte ci fermavamo per ridere , mentre lei ricordava dei suoi allenamenti alla base , prima di quella notte.

-Sai Anastasia, saresti stata un'ottima amica secondo me.-. Le sorrisi.

all'improvviso una fitta la costrinse a contorcersi.

Quando mi guardò capii cosa mi stava chiedendo. Era giunta l'ora...

Dovevo ucciderla prima che l'avrebbero fatto loro. Ma io non ero pronta . Non avevo mai tolto la vita a qualcuno che ancora era umano.

Un flash mi riportò indietro nel tempo. A Gregory , ai miei genitori...

"E' solo colpa tua" . Il volto di Alexander mi trafisse i pensieri come un lampo a ciel sereno.

Mi sollevai da terra .

-Sono pronta.-. Disse lei tirando un respiro che le si incastrò nei polmoni.

Estrassi la spada dal fodero e riposi la pistola.

Attorniai la sua impugnatura con entrambe le mani.

-Ce la farai Ana...Tu li sconfiggerai per tutti noi...-.

Annuii con il capo sorridendole per un ultima volta, questa volta lasciando che delle lacrime malinconiche mi rigassero il viso.

Sollevai la lama in alto, sopra la mia testa con la punta rivolta verso il suo petto.

Il bagliore della luna si infranse su di lei ed attorno a noi illuminandole il viso. I suoi occhi si stavano tingendo di nero mentre la pupilla ormai era quasi vitrea pronta ad accogliere l'innaturale rosso delle loro iridi.

Fu 'ultimo dettaglio che mi restò impresso nella mente prima di serrare le palpebre.

"Me la pagherete per tutto questo".

La giovane ansimò e l'aria stridette nella sua cassa toracica uscendole come fischio dalla gola. Sentii la lama separare la sua pelle rumorosamente e non mi fermai finché la punta non toccò la terra oltre le sue scapole.

Si mosse in un ultimo spasmo poi scese il silenzio.

Caddi sulle ginocchia e gridai.

Un fiume di sensazioni orribili mi travolse. Avrei preferito la morte a tutto quello.

Picchiai un pugno sul terriccio.

 

Improvvisamente, mentre il silenzio aveva divorato tutta l'area attorno a me ,avvertii una sensazione strana nel mio petto che mi procurò una sorta di dolore sordo. Ad un tratto ebbi la certezza di non essere più sola.

Alzai lo sguardo dritto a me , ancora appannato dalle lacrime.

Non riuscivo a vedere chiaramente il perimetro di ogni cosa che mi circondava.

Ma loro c'erano nelle mie orecchie ....Dei passi.

Sordi, fra le foglie tonfavano nel buio del bosco.

Portai di riflesso una mano al mio petto. Mi sentii soffocare di colpo come se qualcuno mi fosse sopra. La testa incominciò a girare vertiginosamente e formicolii si arpionarono al mio corpo percorrendolo ovunque.

Quando la sagoma raggiunse la linea circolare creatasi al centro di quel piccolo spiazzo libero dalle fronde degli alberi, il mio cuore si fermò.

 

I suoi occhi chiari , quasi grigi , mi trafiggevano. Quello sguardo mi terrorizzava , lo aveva sempre fatto...

Avvolto nel suo soprabito nero, con la spada salda in un pugno, il mio incubo mi guardava fiero di avermi trovata.

Ma io ero sola questa volta...

 

 

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