In un altro tempo

di Kind_of_Magic
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cuore di pietra ***
Capitolo 2: *** Profumo di primavera ***
Capitolo 3: *** A cena ***
Capitolo 4: *** Fammi il solito ***
Capitolo 5: *** Nausea ***
Capitolo 6: *** Take you on a ride ***
Capitolo 7: *** Nemici ***
Capitolo 8: *** Competizione ***



Capitolo 1
*** Cuore di pietra ***


Prompt: "Medusa ha sempre avuto l'impressione di avere una maledizione, chiunque amava, pareva morire. Ma con lui sembra andare diversamente"
Bonus: "La persona di cui è innamorata è una persona cieca"

 ---Cuore di pietra---

Medusa ha sempre pensato di avere una maledizione: chiunque ami pare morire. Non è facile sapere che chi amavi è morto. Lo è ancora di meno se pensi che sia colpa tua. Non lo è per niente se succede tante, troppe volte.
Con lui sembra tutto diverso. Lui capisce, ha sempre capito. Non si è stupito della meraviglia quasi impaurita che Medusa ha provato appena si è resa conto che lui non poteva vederla. Ha sempre compreso quella sua strana mania di continuare a vestirsi elegante per uscire anche se sapeva che lui non l’avrebbe mai notato. Ha preso l’abitudine di prendere in mano un lembo del suo abito per sentire la consistenza della stoffa.
Questa sera non vuole fermarsi alla stoffa. Le sue mani accarezzano il collo di Medusa, le sue spalle, le braccia con una foga che lei non gli ha mai visto e fa quasi paura. La donna vorrebbe solo lasciarsi andare, ma una voce dentro di lei le ripete che se lo farà la vita di lui sarà in pericolo come quella di tutti gli altri. Cerca di allontanarsi, ma lui non glielo permette. Dentro di lei nasce il terrore: non si perdonerebbe mai se gli succedesse qualcosa di male.
«No!» grida, in preda al panico. Lui si allontana, stringendo i pugni: «Hai un cuore di pietra».

 

(Double-drabble, 220 parole)

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Capitolo 2
*** Profumo di primavera ***


Prompt: Profumo di primavera

---Profumo di primavera---

Ade sente che la primavera si avvicina e il suo primo pensiero è che la perderà di nuovo per sei mesi. La sua adorata Persefone andrà di nuovo via per sei mesi all’estero e lui resterà solo con tutta quella natura in fermento. Allora decide di regalarle un pomeriggio speciale.
Persefone sente il profumo di primavera giorni prima che arrivi alle narici degli altri. Sa cosa significa, altri sei mesi senza il suo amore accanto, ma anche sei mesi di lavoro duro, visite agli amici, serate in compagnia.
Quel pomeriggio è tutto perfetto, il pic-nic è stato benedetto da un sole che inizia a farsi sentire più caldo e ora i due possono distendersi sull’erba con una coperta. Ade stende il braccio e Persefone ci poggia la testa sopra, rotolando fino a poterla posare sul suo petto. Lui la abbraccia forte mentre gioca con una ciocca dei suoi capelli, poi le dà un bacio sulla fronte.
«Promettimi che non ti dimenticherai di me» sussurra.
«Come potrei mai?» ride Persefone e il cuore di lui si riempie di felicità.

 

(Double-drabble, 178 parole)

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Capitolo 3
*** A cena ***


Prompt: Quella sera, Zeus non ha occhi che per sua moglie. Desidera farle rivivere il loro primo appuntamento...

 

---A cena---

Per una volta, non lo fa per cercare di farsi perdonare qualche scappatella. La porta in centro a fare acquisti. Le lascia il tempo di prepararsi, truccarsi e acconciarsi i capelli in quella pettinatura a boccoli che lo fa impazzire. Le porge il braccio e la accompagna al ristorante.
Erano giovani ed entrambi molto imbarazzati la prima volta che Zeus ci ha portato Era. Sono passati tanti anni, figli, litigi, tradimenti, incomprensioni, ma in quel locale l’atmosfera li riporta indietro nel tempo. Le loro mani si intrecciano sul tavolo mentre aspettano la cena. Era non deve preoccuparsi che Zeus ci provi con la cameriera: quella sera non ha occhi che per lei. Il suo sorriso così genuino le fa dimenticare tutte le passate arrabbiature, ora ricorda chiaramente perché lo ha sposato: per quella familiare sensazione di sicurezza che suo marito riesce a trasmetterle.

 

(Double-drabble, 143 parole)

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Capitolo 4
*** Fammi il solito ***


Prompt: AU dove Patroclo ha un bar ed Achille, per farsi notare, finisce sempre a fare a pugni con chiunque sembri provarci con Patroclo ... e non era quello il genere di attenzione che voleva dare.

 ---Fammi il solito---

«Fammi il solito» disse Achille entrando nel bar. Patroclo lo guardò e notò subito che il cliente aveva fatto di nuovo a pugni con qualcuno. E sapeva con certezza di chi si trattasse.
«Cos’è successo?» chiese mentre versava il whisky.
«Ma niente, sai come sono queste cose» rispose questi bevendo. Patroclo sospirò e gli consigliò di andare in bagno a darsi una ripulita. Achille accettò e sparì dietro la porta che dava sul retro.
Patroclo rimase a riflettere, preparando due caffè. Achille era un buon amico e Patroclo sapeva che lo faceva solo per iperprotettività nei suoi confronti, ma non poteva comportarsi così con chiunque desse il minimo segno di interesse verso di lui: avrebbe dovuto parlargliene. Appena tornato, Achille lo guardò, sentendosi tremendamente in colpa, non era così che voleva attirare la sua attenzione.
«Scusami, è che quando si tratta di te io… non ragiono»
«Non possiamo continuare così» avrebbe voluto dirgli che c’era un solo modo per interrompere tutto. Avrebbe voluto dirgli che forse se tutti l’avessero visto uscire con un ragazzo avrebbero smesso di provarci con lui. Che avrebbe voluto che fosse lui quel ragazzo. Ma non poteva. Assolutamente no.
«Lo so»
«Stai rovinando la clientela. E la mia vita sentimentale»
«Ecco, io…» avrebbe voluto dirglielo. Diamine, quanto avrebbe voluto dirgli che avrebbe voluto essere lui la sua vita sentimentale. Sarebbe stato così giusto, così facile.  E sarebbe stato tutto più chiaro. Ma non poteva. Assolutamente no.
«Se continuerà così, dovrò chiederti di cominciare ad andare in un altro bar» Patroclo sapeva di averlo ferito: non sarebbe mai voluto arrivare a questo, ma non poteva permettergli di continuare così. In fondo, se lui avesse smesso di andare nel suo bar, forse Patroclo avrebbe potuto dimenticarlo.


(Triple-drabble, 288 parole)

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Capitolo 5
*** Nausea ***


Prompt: Zeus ha tradito di nuovo la moglie, ma questa volta le lacrime di Era lo hanno davvero spiazzato... facendogli assaggiare per la prima volta l'amaro frutto dei sensi di colpa.

---Nausea---

Si era sempre detto che non era che a lei importasse più di tanto, alla fine. Dopotutto, ogni volta gli faceva una scenata di gelosia e una volta finita tutto tornava come prima.
Di solito.
Era stava preparando la cena, mentre lui guardava il notiziario. Quando era finito, non aveva spento il televisore: aveva solo abbassato il volume ed era rimasto a guardare le pubblicità che si susseguivano. Era stato allora che Era aveva parlato. Le tremava la voce. Gli aveva chiesto se era vero ciò che si diceva in giro su di lui e quell'altra.
«Ma certo che no, amore»
«Evitami le stronzate e passiamo alla parte importante. È vero?»
Di solito riusciva sempre a nasconderle quei fatti, ma a quel tono di voce così determinato Zeus non aveva saputo mentire: «Sì» aveva alzato lo sguardo su di lei, aspettando che cominciasse la scenata, e aveva visto i suoi occhi pieni di lacrime. Poi Era gli aveva voltato le spalle ed era tornata in cucina. Zeus poteva ancora sentire distintamente sua moglie singhiozzare, perché il volume della televisione era abbastanza basso. L'uomo era rimasto molto colpito da quelle lacrime: non era mai successo prima.
Era l'aveva chiamato per dirgli che era pronto in tavola qualche minuto dopo. Zeus era andato in cucina, dove aveva trovato un solo posto apparecchiato. Aveva guardato la moglie come per chiederle spiegazioni e aveva visto che stava ancora piangendo.
«Scommetto che non lo sapevi. Tu non sai mai nulla di quelle che ti porti a letto. La mia migliore amica. Ma che ne sai tu delle mie amiche?» non aveva più detto altro, aveva indossato il cappotto ed era uscita. Zeus era allibito e non era riuscito a reagire in tempo per fermarla. Ovviamente lei non aveva risposto al cellulare per tutta la sera.
Zeus aveva mangiato, sperimentando nel frattempo che cosa fossero quei sensi di colpa di cui Era parlava sempre. Ogni volta che gli faceva una scenata gli chiedeva se avesse almeno dei sensi di colpa e lui rispondeva sempre di sì, pur di far durare di meno i suoi discorsi. Ma quella volta capì davvero che cosa volesse dire. La sua migliore amica. Più del fatto in sé, lo aveva colpito dover riconoscere che non aveva la minima idea che lei lo fosse. E sul momento non gli era neppure interessato. Cosa le aveva fatto? Era stato egoista e meschino e lei, invece, prima di andarsene gli aveva anche lasciato la cena nel piatto. Notò per la prima volta quello e tanti altri gesti di amore che sua moglie compiva per lui ogni giorno. Come aveva potuto pensare che non le importasse nulla?
All'improvviso, fu preso da un senso di nausea. Per se stesso.

(Flash-fic, 453 parole)

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Capitolo 6
*** Take you on a ride ***


Take you on a ride
Prompt: “Achille ha una moto e vuole convincere Patroclo a salirci su, ma quest'ultimo ha una fifa matta e non si fida delle capacità di guidatore di Achille”

---Take you on a ride---

«Dai, che cosa vuoi che succeda, è soltanto un giro in moto!»
Patroclo scosse la testa: «Non è soltanto un giro in moto! È un giro su una moto su cui non sono mai salito e per di più guidata da te»
«Come sarebbe a dire “guidata da me”? Devo supporre che non ti fidi di come guido?»
Patroclo cercò di attenuare la cosa: «Non è che non mi fidi, è che ti conosco troppo bene»
«E questo cosa vorrebbe dire?» domandò Achille in tono inquisitorio.
«Dai, non fare finta di niente, sai benissimo che tipo di carattere hai e se devo pensare al tuo modo di fare applicato alle moto… diciamo che la prospettiva non mi alletta particolarmente»
«Quindi» disse Achille «Mi stai dicendo che se non fossi io a guidare tu accetteresti di salire? Magari se guidasse Ettore lo faresti?»
«Che c’entra Ettore adesso? E poi no, non ci salirei comunque, è una moto che non conosco e non mi va»
Achille era quasi esasperato: «Per forza non la conosci, Patroclo! Non sei mai salito su una moto in vita tua!»
«Beh, potrebbe essere questo il motivo per cui non mi va di farci un giro sopra»
«Dai, facciamo così, io ti prometto che andiamo dritti al garage per parcheggiare la moto, neanche cinque minuti di strada, e che farò attenzione mentre guido, però tu vieni?»
Achille sembrava quasi implorante, e alla fine Patroclo cedette: «E va bene! Ma fai attenzione»
«Promesso!» Achille cominciò a saltellare sul marciapiede, poi salì sulla moto e dopo molte insistenze fece vedere a Patroclo come mettere il casco.
A lui non l’aveva detto, ma sapeva perfettamente che Patroclo si sarebbe tenuto forte a lui per la paura e la sensazione non gli dispiaceva per nulla. Anzi, forse era proprio per quello che aveva voluto portarlo a fare un giro.

 

(Triple-drabble, 307 parole)

 

Ho adorato questo prompt non appena l'ho letto e spero di averlo reso bene quanto merita :) queste modern!AU saranno la mia rovina. Grazie di aver letto fin qui e grazie soprattutto a Balder Moon per il suo bellissimo prompt ^^

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Capitolo 7
*** Nemici ***


Nemici
Prompt: “Il primo giorno di scuola è sempre un trauma, soprattutto se sei il primo arrivato e i bulli (fra cui Giacinto) ti hanno già preso di mira”

---Nemici---

Apollo quella mattina si svegliò di pessimo umore. L’estate dopo la terza media era stata fantastica, piena di pomeriggi con gli amici del mare e pochissime preoccupazioni. Il che significava che tornare a scuola era la cosa peggiore che potesse succedergli. Era contento del liceo che aveva scelto, ma si trattava pur sempre di alzarsi presto tutte le mattine e andare a seguire delle lezioni in una classe dove ci sarebbero probabilmente state per la maggior parte ragazze.
Trascinatosi fuori dal letto, si preparò quasi senza far caso a cosa stesse facendo, poi salutò sua madre e uscì di casa insieme alla sorella Artemide senza fare colazione.
Artemide sarebbe andata in un altro liceo, aveva scelto lo scientifico con indirizzo sportivo. Era la prima volta che i due gemelli non andavano nella stessa scuola e, anche se la madre aveva sempre insistito per farli andare in due classi diverse, erano entrambi un po’ agitati per quella separazione. Eppure quel giorno avevano tante cose per la testa che quasi non si accorsero di essersi separati dopo essere giunti alla fermata del pullman.
Quando il bus arrivò alla fermata della sua scuola, Apollo scese e si tolse le cuffiette con la musica. Percorse il resto della via e infine arrivò davanti al Liceo Artistico Umberto Boccioni. Era un edificio imponente, che sembrava fatto apposta per incutere soggezione agli allievi. Apollo rimase a fissarlo un po’ angosciato per qualche minuto.
«Ehi, bimbo, ti sei perso?» chiese una voce arrogante alle sue spalle. Apollo si voltò e vide davanti a sé un gruppo di ragazzi e ragazze che lo squadravano. Uno di loro gli si avvicinò, doveva essere quello che aveva parlato prima.
«Mi hai sentito? Ti ho chiesto se ti sei perso» ripeté. Sembrava che gli altri in qualche modo lo rispettassero, forse il capo di quel gruppo.
«Direi di no, visto che questo è il liceo a cui sono iscritto» rispose Apollo, sulla difensiva.
«Mi sa che è nuovo, Zefiro, non sa come vanno le cose» disse un altro dei ragazzi «Dovremo fare in modo che le impari»
«Ci puoi giurare» rispose quello che si chiamava Zefiro. Rise e tutti gli altri si unirono a lui come se avesse detto qualcosa di molto divertente.
 
Le prime due ore della giornata erano trascorse. Non sembrava poi così male, si disse Apollo, anche se era davvero impressionante che ci fosse solo un altro ragazzo nella classe. Uscì dall’aula per fare un giro e sgranchirsi un po’ le gambe. Non era neanche arrivato a metà del corridoio che finì quasi addosso a uno dei ragazzi del gruppo di prima, quello che aveva detto a Zefiro che avrebbero dovuto fare in modo che lui imparasse come andavano le cose.
«Ma guarda dove… ah, sei tu» disse quello «Cerchi già di creare casini e sei in questa scuola da neanche un giorno. Complimenti»
«Io non cerco di creare casini» si difese Apollo «mi dispiace di esserti finito addosso, ero distratto»
Il ragazzo ignorò le sue proteste e si rivolse a qualcuno che era alle spalle di Apollo.
«Daphne! Vieni a vedere chi c’è»
«Cosa c’è, stavolta, Giacinto?» Apollo si voltò verso la ragazza che aveva parlato «Ah, lui» notò lei con una nota di disgusto nella voce.
«Mi è venuto addosso proprio ora» Apollo stava per ricominciare a protestare che lui era solo distratto e non l’aveva fatto apposta, ma si trattenne perché vide che erano arrivati altri ragazzi del gruppo.
«E non hai chiesto scusa a Giacinto, bimbo?» domandò Zefiro.
«Gli ho chiesto scusa» ribatté Apollo. Zefiro interrogò Giacinto con lo sguardo e quello annuì per confermare, cosa di cui Apollo gli fu infinitamente grato.
«Vai» gli disse Zefiro dopo un attimo di silenzio «e bada a dove cammini»
Bene, si disse Apollo, cominciare a crearsi dei nemici il primo giorno di scuola era proprio un’idea geniale.

 

(One-shot, 641 parole)

 

Devo fare una long basata su questa cosa. Devo per forza. Un giorno, quando avrò tempo, lo farò, promesso. Intanto grazie di aver letto e grazie a Crateide per il prompt :)

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Capitolo 8
*** Competizione ***


Competizione

Questa storia partecipa alla sfida "A box full of prompts" del gruppo Facebook "EFP famiglia: recensioni, consigli, discussioni" con il prompt di Crateide

Fandom: mitologia greca.

Coppia: slash; Ettore/Achille

Avvertimenti: Modern!AU, lime, introspettivo

Rating: libero

Prompt: "Perché sei venuto qui da solo?" gli chiese Achille, girandogli intorno come un predatore pronto a saltare sulla preda. "Per lo stesso motivo per cui sei venuto tu" rispose Ettore, fissando l'uomo in quegli occhi tanto magnetici.









Competizione


Ettore e Achille erano in competizione. Non era qualcosa che fosse mai stato stabilito, rifletté Achille guardando il compagno di scrivania alzarsi per fare una telefonata. Non era possibile definire il momento esatto in cui quella gara era iniziata: per quanto Achille si ricordava, era sempre stato così. Anche i suoi colleghi la pensavano così. Certo, non sapeva cosa ne pensasse Ettore, visto che non parlavano mai.
Ettore si accorse che Achille lo fissava e si voltò dall’altra parte. Ancora non aveva capito bene che cosa il collega pensasse di lui. Non gli piaceva molto parlare, soprattutto non gli piaceva perdere tempo chiacchierando quando avrebbe potuto lavorare. L’azienda aveva bisogno del lavoro di tutti e li pagava per quello ed Ettore si sentiva in dovere di dare il massimo.
Finalmente il cliente rispose. Ettore concluse rapidamente la telefonata e tornò al computer. Di fianco a lui, Achille ascoltò un messaggio vocale a volume abbastanza basso da non disturbare, ma abbastanza alto perché Ettore lo sentisse. Un amico gli dava appuntamento in un locale per quella sera.
Achille scrisse velocemente una risposta al messaggio e mise via il cellulare.
«Tanto scommetto che mi darà buca anche stasera» disse a mezza voce. Ettore non rispose. Probabilmente non stava neanche parlando con lui. Achille gli lanciò una veloce occhiata, di cui l’altro non si accorse, e poi tornò al lavoro.
 
Ettore si sdraiò sul divano con un libro in mano. Aveva appena finito di lavare i piatti e non aspettava altro che un po’ di relax. Rilesse per tre volte il primo paragrafo del capitolo senza capire che cosa dicesse, poi chiuse il libro e lo mise via. Non riusciva a pensare ad altro che ad Achille che passava la serata da solo al locale, perché il suo amico non era arrivato. Non capiva perché dovesse importargli, ma in un certo senso gli dispiaceva.
Più che altro lo disturbava il pensiero di Achille da solo. Per Ettore non era un problema passare la serata da solo, ma Achille era quel genere di persona che trova la massima espressione solo quando si trova in gruppo.
Ettore si sentiva quasi in colpa. Era vero, non era stato lui a dare buca all’appuntamento con Achille, ma era l’unica altra persona che avrebbe potuto sapere della cosa e rimediare. Era stupido sentirsi in colpa, si disse. Perché finiva sempre per sentirsi in colpa per cose su cui non aveva alcun controllo?
Questa volta aveva la possibilità di cambiare la situazione, però. Si alzò: aveva deciso, quella sera sarebbe uscito.
 
L’ultima persona che Achille si sarebbe aspettato di veder entrare nel locale era l’amico che gli aveva appena telefonato per avvertirlo che non sarebbe venuto. La penultima persona che Achille si sarebbe aspettato di veder entrare nel locale era Ettore.
Era evidente che non era un cliente abituale, ma allo stesso tempo non sembrava a disagio. Per quel poco che sapeva di lui, Achille non avrebbe mai pensato che fosse il genere di persona che si trova a proprio agio a bere qualcosa in un locale, ma in effetti non lo conosceva molto bene. Si aspettava di vederlo accompagnato, però, invece sembrava da solo.
Decise di avvicinarglisi e cercare di scambiare due parole in amicizia:
«Bella serata» cominciò
«Mh?» chiese Ettore «Ah, sì, non male. Vieni spesso qui?»
«Sì, è uno dei miei locali preferiti» Achille notò che Ettore evitava il suo sguardo «Tu?»
«No, non in questo, di solito»
Non era facile sostenere una conversazione di questo tenore, ragionò Achille, ma continuò: «E allora perché sei venuto qui?»
Ettore rimase per qualche minuto in silenzio chiedendosi se avrebbe dovuto dirgli la verità e infine decise di tacere. Achille attese a lungo la risposta, ma poi si concesse un piccolo sorriso, pagò e uscì dal locale senza aggiungere altro.
Ettore lo imitò e appena uscito cercò subito Achille con lo sguardo: «Ecco dov’eri»
Achille gli fece segno di seguirlo e lo portò lontano dal locale. All’improvviso si fermò e si voltò a guardarlo: quella volta Ettore non poté evitare i suoi occhi. In quell’istante, stabilì che era stata un’ottima idea evitarli fino a quel momento.
Quello sguardo aveva qualcosa di speciale, che lo faceva sentire quasi a disagio. Sembrava che lo stesse esaminando per decidere se fosse una preda che valesse la pena di catturare. Non riusciva a staccare gli occhi da quello sguardo, come se qualcosa lo attraesse fatalmente.
«Perché sei venuto qui da solo?» gli chiese di nuovo Achille, cominciando a girargli intorno come un predatore pronto a saltare sulla preda.
«Per lo stesso motivo per cui sei venuto tu» rispose Ettore, fissando l'uomo in quegli occhi tanto magnetici. Non sapeva come, ma era certo che non c’era altro che cercasse Achille quella sera.
Achille lo spinse contro il muro e avvicinò il viso a quello di Ettore. Si fermò quando i loro respiri si fondevano ma qualche millimetro di aria separava ancora la loro pelle. Ettore sentiva che un vortice aveva preso posto del suo stomaco. Chiuse gli occhi e sentì la bocca dell’altro premere sulla sua.
Dischiuse le labbra e accolse il respiro di Achille, mentre quello si faceva lentamente strada con la lingua nella sua bocca. Lentamente, poi, Achille si allontanò da lui per riprendere fiato. Ettore non gli lasciò molto tempo, però, e lo baciò ancora, avvicinandolo con una leggera pressione delle dita sulla nuca.
«Vieni con me?» chiese Achille quando si allontanarono di nuovo «A casa mia fa più caldo»
Ettore annuì e gli lasciò andare il viso. Lo seguì fino all’auto e attese fino a che non furono in ascensore per guardare di nuovo i suoi occhi e accorgersi che il loro magnetismo non era per nulla svanito.
Achille aprì la porta e non accese neanche la luce, tirando dentro Ettore e guidandolo nella casa semibuia. L’altro non voleva aspettare, però, e lo costrinse a fermarsi per un altro lungo bacio che lasciò entrambi senza fiato. Achille cominciò a giocherellare con i bottoni della camicia di Ettore, mentre arretrava verso la camera da letto. Arrivati sulla soglia, cominciò a sbottonarla con una lentezza quasi esasperante.
Ettore lo fissava negli occhi mentre l’altro scopriva il suo torace e gettava la camicia per terra alle sue spalle. Senza attendere oltre, Ettore fece lo stesso con la camicia di Achille, poi avvicinò le labbra al suo collo e lo baciò, proseguendo poi sulla pelle liscia delle spalle.
Achille lo afferrò per le braccia e lo portò nella camera, facendolo distendere sul letto.
Era incredibile, pensò Ettore un attimo prima di dedicarsi completamente all’altro, riuscivano a essere in competizione anche in quell’occasione.









N.d.A:
Credo che sia la cosa più esplicita che abbia mai scritto su questo fandom... Boh comunque io mi sono divertita a farlo e spero che anche a voi sia piaciuta, fatemi sapere!
Grazie a Crateide per il prompt, a voi che avete letto e a Christine e Charlotte per aver organizzato la sfida :)
Che gli dèi siano con voi!
-Magic

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