Citazioni

di kounchan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mi spiego ***
Capitolo 2: *** Metà mancante ***
Capitolo 3: *** Dipendenza ***
Capitolo 4: *** Inferno ***
Capitolo 5: *** Sorriso ***
Capitolo 6: *** Perdono ***
Capitolo 7: *** Protezione ***
Capitolo 8: *** Perdite ***
Capitolo 9: *** Debole ***
Capitolo 10: *** acqua ***
Capitolo 11: *** Chi dice tanto, fa poco, chi dice poco, fa tanto. ***
Capitolo 12: *** Letture sbagliate ***
Capitolo 13: *** Principessa guerriera ***



Capitolo 1
*** Mi spiego ***


Allora ragazzi, come ho scritto nella presentazione, voi mi fornire una citazione e una coppia e io mi impegno a scriverci una one-shot. La citazione può essere di qualsiasi manga o anime e la coppia può anche essere una coppia di fratelli o amici (scusate la ripetizione).
​ Se l'idea vi piace, fatemi sapere.
​P.s: Ho dimenticato di dirvi che potete fornirmi qualunque dettaglio, ma per la collocazione della storia nel manga, non dopo la battaglia di Tartaros, perché purtroppo sono indietro.
​ Ora posso salutarvi, bacionissimi, kounchan 🐱.

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Capitolo 2
*** Metà mancante ***


Citazione: "L'amore non è una passione. L'amore non è un'emozione. L'amore è una comprensione profonda del fatto che l'altro ti completa. Qualcuno ti rende un cerchio perfetto; la presenza dell'altro rinforza la tua presenza."
Inviata da: Mirai Dragneel_02



Natsu era in missione. Solo con Happy e Gray. Era strano per lui, ormai abituato ad avere dei compagni di team; soprattutto, una compagna in particolare, di cui ormai non poteva più fare a meno.
"Ka-ryu noo…tekken!" gridò, nel pieno del combattimento contro il master di una piccola gilda oscura, nel bosco di Magnolia.
Stranamente, il colpo non aveva la solita potenza. Colpì l’avversario, ma gli arrecò pochi danni.
Gray accorse in suo aiuto, e combatterono assieme fino a batterlo.
                                                                                                  ----
"Cos’hai oggi, fiammifero? Sei strano..." commentò Gray, a fine battaglia.
"Mmmh…non lo so…è come se mi mancasse qualcosa, ma non riesco a capire cosa..." rispose il ragazzo.
"E non chiamarmi fiammifero, nudista da strapazzo!" insorse subito dopo, ricordandosi daùel nomignolo affibiatogli dall’alchimista.
"Che c’è ti da fastidio?!"
Forse una sa una scazzottata l’avrebbe tirato su di morale.
Si presero a botte per un po’, ma la sensazione che gli mancasse qualcosa non lasciò il dragon slayer.
"Torniamo a casa" disse, mollando il bavero di Gray.
Sembrava davvero depresso, ora.
"Ne, Natsu…non è che ti manca qualcuno?" chiese, innocentemente, il suo exceed.
"Uh? No…no…forse…forse è perché non ho ancora mangiato" esclamò, pensando di aver trovato la risposta.
Consumarono un breve pasto, ma la sensazione non se ne andava.
"Questo pesce sarebbe piaciuto a Lucy..." commentò happy, azzannando il suo pesce succulento.
*Lucy!* pensò il giovane, colto da un’illuminazione.
"Ecco cosa mi mancava! Torniamo a casa!" gridò, alzandosi in piedi. I suoi due compagni lo guardarono scettici.
"E cosa sarebbe?" domandò Gray.
"Ma Lucy, ovvio! Da quando è entrata in Fairy Tail abbiamo sempre scelto le missioni assieme!"
Si voltò, senza dare altre spiegazioni, e si mise in cammino.
                                                                                                         ----
Arrivarono alla gilda poco dopo le quattro del pomeriggio, e Natsu non perse tempo a correre a casa di Lucy.
Quella mattina non l’aveva vista arrivare in gilda, ma Gray gli aveva proposto quell’incarico e lui aveva accettato, non pensando più alla giovane maga.
Arrivato sotto casa sua, notò felice che la finestra era socchiusa e saltò sul davanzale. Sbirciò attraverso il vetro e vide la giovane dormire nel suo letto.
*Forse è malata* pensò, guardando le gote arrossate e il respiro pesante.
Scavalcò il letto con un salto e atterrò leggero come una piuma.
Si guardò intorno. Disordine.
*Strano. Lucy è maniaca dell’ordine! Tutte le volte che sposto qualcosa mi punisce col suo Lucy-kick!* rabbrividì.
Andò verso la scrivania,prendendo e sfogliando la storia che stava scrivendo la sua nakama.
Si fermò su una pagina, dove una parte del testo era sottolineata.
Controllò che Lucy non si svegliasse, dato che odiava quando lui leggeva il suo romanzo, e iniziò a leggere:
“L’amore non è una passione. L’amore non è un’emozione. L’amore è la comprensione profonda del fatto che in qualche modo l’altro ti completa. Qualcuno ti rende un cerchio perfetto; la presenza dell’altro rinforza la tua presenza.”
"Wow…" esalò.
Quelle parole avevano colpito perfino lui. Era esattamente ciò che aveva provato quella mattina. Lei lo completava. Lei aveva quella parte che a lui mancava. La dolcezza, la timidezza e anche una parte della forza che gli occorreva durante un combattimento. La consapevolezza che lei aveva fiducia in lui, che non l’avrebbe mai abbandonato. Già, lei era la sua metà mancante.
Quei pensieri gli piombarono addosso tutti assieme e, forse per la prima volta, si accorse di considerare Lucy più di una nakama.
Ora la parte difficile era scoprire se anche lei provava lo stesso.
Per il momento, si sarebbe accontentato di intrufolarsi nel suo letto la notte.
Fuori il tramonto dipingeva l’orizzonte di un caldo arancione.
Si tolse lo zaino dalle spalle e sollevò piano le coperte, si infilò sotto e avvolse i fianchi della ragazza con un braccio.
Ridacchiò tra se e se mentre pensava a quanto fosse romantico, contro le sue stesse aspettative.
La ragazza, intanto,  si rilassò immediatamente e si rannicchiò contro il suo petto.
Dalla finestra entrò uno spiffero d’aria, che fece volare via il foglio.
Nessuno, a parte la scrittrice, si era accorto che sotto la frase letta dal ragazzo, in una grafia piccola ed elegante, era scritta una domanda: “vero, Natsu?”
                                                                                                           ----
Angolo autrice: 
questa è la prima citazione, fornitami da Mirai Dragneel_02, che ringrazio.
Tornerò presto con un nuovo capitolo, bacionissimi, kounchan.
P.s: scusate se l'angolo non è molto lungo, ma sono di fretta.

 

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Capitolo 3
*** Dipendenza ***



La battaglia contro Tartaros si è conclusa. La gilda è stata distrutta. La città intera, a parte qualche casa, è ridotta in macerie.
La mia casa è una di quelle ancora in piedi. Ci sto tornando. La mia casa. Ho perso molto durante questa battaglia e la casa è uno dei pochi riferimenti che mi sono rimasti, oltre i miei nakama. 
Apro la porta e assaporo l'odore della mia piccola dimora. E' tutto un po' in disordine e mi metto subito a riordinare. 
Proprio mentre sto mettendo via i miei fogli sulla scrivania, trovo un bigliettino, scritto con una calligrafia un po' incerta.
"Cara Lucy, sto partendo per un anno di allenamento. Natsu"
Mi tremano le mani e ho un mancamento.
<< No >> sussurro, flebile.
Le lacrime spingono per uscire, ma mi trattengo.
Corro fuori, sbattendo la porta.
<< Natsu! >> urlo.
"Non puoi lasciarmi qui da sola...ti prego..." 
Le lacrime iniziano a sgorgare.
Arrivo fino al bosco, correndo. Mi fermo ansimante in una radura. cado in ginocchio, urlando il tuo nome.
<< Come hai potuto Natsu?! Non ti voglio perdere...ti prego...torna da me... >> sussurro, mentre le lacrime mi offuscano la vista.
Sono lì, in ginocchio da quasi venti minuti, quando due braccia calde e forti mi circondano da dietro.
Un calore famigliare mi avvolge.
<< Perchè? >> mormoro.
<< Devo proteggerti...sono troppo debole... >> mi dici tu.
Scuoto la testa. Ho troppo bisogno di te, ma non te lo dico, lo sai già.
<< Non puoi allenarti qua? >> ti chiedo, fintamente ingenua.
<< Lo sai che non posso...avrei troppe distrazioni. >>
Faccio per girarmi, ma tu mi blocchi.
<< No...ti prego...farebbe troppo male...>> sussurri e qualcosa di caldo e bagnato mi cade sulla spalla, dove tu hai la testa appoggiata.
Allungo una mano e ti accarezzo il viso.
<< Voglio vedere il tuo sorriso... >> dico, con una mano posata sulla tua guancia.
" Mi drogo del tuo sorriso " penso. E' la pura verità. Ormai è diventata una dipendenza per me. Quel sorriso a trentadue denti che dedichi solo alle persone che ami.
<< E io vorrei vedere il tuo...ma non partirei più. Ti prego, Lucy, Ho bisogno di sentirmi più forte, per essere sicuro di poterti proteggere... >>
Abbasso lo sguardo, colpita dalle tue parole insolitamente profonde.
Mi lasci andare, e io non vorrei, ma non posso trattenerti, è una tua decisione.
<< Ti aspetterò. Promettimi che tornerai da me sano e salvo. >>
<< Tornerò più forte di quanto non sia mai stato. E proteggerò i miei nakama. Proteggerò te. >> mi dici deciso, e io non posso far altro che annuire e lasciarti andare.
Non mi giro, perchè ti correrei dietro e sarei solo un peso.
<< Ti amo... >> sussurro a me stessa.
Stringo le mani a pugno sul cuore, mentre le piccole goccioline salate scivolano sulle mie guance.
Ti aspetterò.
                                                                                                                          ----
Angolo autrice:
salve a tutti! ecco un altro capitolo, con la citazione di Dreamworks. ( La seconda sarà nel prossimo capitolo ).
Spero vi piaccia.
Bacionissimi, kounchan.
P.s: non mi ricordavo cosa Natsu aveva scritto sul bigliettino, quindi perdonatemi  se non è corretto e se il capitolo é molto corto.

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Capitolo 4
*** Inferno ***


Stava camminando per le strade di Edolas, dopo una spossante giornata di scuola. La tracolla pendeva pigramente sul suo fianco, stracolma di libri e quaderni.
D'un tratto, mentre passava vicino ad un vicolo stretto, sentì un forte dolore alla testa e poi il nero lo avvolse.
                                                                                                             ----
Quando si svegliò, era legato per i polsi alla testiera di un letto.
<< D-dove sono?! >> sbraitò, agitandosi e cercando di liberarsi, ma senza successo.
<< Non ti preoccupare, tesoro mio... >> sussurrò suadente una voce femminile, proveniente dall'angolo più buio dello stanzino. Da lì uscì una ragazza, probabilmente della sua età, bionda, alta, bellissima, con due occhi color cioccolato profondi come un buco nero, impenetrabili; indossava un top di pelle nera e una gonna dello stesso materiale, che gli arrivava poco sotto il sedere. Lo scollo abbondante sottolineava il seno prosperoso; al fianco, una frusta, e, allacciato alla coscia, un coltello dalla doppia lama, con l'impugnatura al centro.
<< Chi sei? E oerchè sono legato?! >> urlò ancora, agitandosi.
<< Vuoi sapere chi sono io? Ti ricorda nulla Fairy Tail? >> chiese, con una nota di rabbia e disprezzo nella voce, la bionda.
<< Natsu Dragneel...ti ricordi dei tuoi nakama? Di Magnolia? Di me? >> continuò, alzando sempre di più la voce.
<< L-Lucy? >> mormorò scosso, il giovane.
<< Sì! Sono io! >> rispose, questa, quasi delirando.
Salì sul letto, gattonando suadente fino a mettersi a cavalcioni sul bacino del ragazzo. Si piegò su di lui. Natsu poteva sentire il suo fiato caldo sul collo. Ringhiò.
<< Sai...Natsu... >> continuò, estraendo la doppia lama.
<< Ho sofferto così tanto... >> continuò, iniziando a disegnare cerchi astratti sul petto del ragazzo con il coltello. Natsu tese i muscoli, nel vano tentativo di far cessare quel dolore sottile e pungente.
<< Cosa vuoi? >> mugugnò, con un lieve tremito della voce.
Lucy non lo ascoltò neanche, continuando a far colare il sangue dalla sua pelle. I tagli erano sempre più profondi e il liquido scarlatto usciva sempre più fitto, colando sulle lenzuola logore di quel letto.
<< Ti ho voluto così tanto... >> disse al suo orecchio.
Natsu rabbrividì.
<< Che ho pregato anche Dio... >> continuò.
Il giovane iniziò a sudare freddo. La paura, così sottile e affilata, come quel coltello che gli lacerava le carni, iniziò a farsi sempre più presente.
<< Ma ora basta... >>
La lama si fermò in corrispondenza del suo stomaco e la punta incominciò ad affondare.
<< Brucia all'inferno... >> quasi urlò.
La lama affondò e Natsu la sentì entrargli nelle viscere. Il dolore era lancinante. Aprì la bocca, per urlare, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono.
<< Amore mio... >> sussurrò, affondando la lama anche dentro se stessa.
Il sangue colava copioso dalle due ferite, mescolandosi.
<< P-perchè...? >> chiese, fievole, il ragazzo dai buffi capelli rosa.
Lucy gli accarezzò una guancia.
<< Ti amavo...ma sei sparito senza lasciare traccia. Ti ho aspettato...ma non sei mai tornato. Così ti ho cercato, ti ho trovato e ora vivremo per sempre insieme... >> rispose lei, già esausta.
Natsu l'abbracciò. Rimasero così finchè la morte non li avvolse, prima Lucy, poi Natsu.
<< Ti amavo anch'io...Luce... >> sussurrò, poco prima che l'oblio della morte lo avvolgesse.
                                                                                                                 ----
Angolo autrice:
E salve a tutti! Questa è un AU (Non picchiatemi!). Ho deciso così perche non volevo far commettere un omicidio nel manga...mi faceva male solo a pensarci :) (Chiedo perdono, so che è corto).
Ringrazio Dreamworks per la citazione, a presto, bacionissimi, kounchan. 

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Capitolo 5
*** Sorriso ***


Citazione: "Ridi, e il mondo riderà con te; piangi, e piangerai da solo"
Inviata da: NaruSaku123


    << Aries! >> mi saluta Loki, correndomi incontro. 
<< Loki! >> ricambio io, sventolando una mano.
<< Come va? >> mi chiede,  quando è vicino.
<< Tutto bene, e tu? >> rispondo io.
<< Benissimo! Oggi Lucy mi ha chiamato ben due volte! >> dice.
Loki ha una cotta per la maga stellare da quando lei lo ha salvato, convincendo il Re a riammetterlo nel nostro mondo, o, per lo meno, io la penso così.
Se solo sapesse…io sono innamorata di lui da…be’... da sempre, ma non gliel’ho mai confessato…dannata timidezza! Lui è il mio migliore amico, non mi considera nulla di più, nulla di meno e io ci sto dannatamente male.
<<  Sono contenta Loki… >> rispondo, a testa china.
<< E ora che c’è? >> mi domanda, alzandomi il mento con due dita.
Arrossisco subito e distolgo lo sguardo dai suoi bellissimi occhi profondi, coperti in parte dagli occhiali dai riflessi azzurri.
<< N-niente! >> esclamo, con le mani a pugno sul petto.
<< Assolutamente niente… >> mormoro, a bassa voce.
<< Non mentirmi… >> mi rimprovera lui.
<< Non sto mentendo! >> quasi urlo, e mi stupisco di avergli risposto in questo modo, perché non è da me.
Scappo via correndo, non so neanche io perché.
Mi nascondo dietro una colonna del palazzo dove abitiamo, io e gli altro spiriti stellari.
Sono rannicchiata appoggiata alla colonna, e le lacrime rigano il mio volto dalla carnagione quasi bianca, quando qualcuno compare al mio fianco.
<< Che succede? >> mi chiede una voce femminile.
<< Aquarius! >> sobbalzo, sentendo la sua voce.
<< Nulla… >> rispondo, riprendendo la mia posizione iniziale, e fissando un punto indefinito del pavimento.
<< Aaaaah! Ascoltami! C’è Loki depresso perché l’hai mollato lì urlandogli contro e tu che piangi qui dopo aver urlato. >> esclama lei, esasperata.
<< Nulla, davvero… >>
<< Tu menti… >>
<< Voglio stare sola! >> ho gridato, di nuovo.
Stavolta, però, uso la mia magia per comparire nel mondo degli umani.
Mi ritrovo in un bosco, sola. Sono impaurita. E’ sempre così, ma oggi non mi interessa che sia buio e che io sia in un bosco, da sola.
Girovago per un po’ tra gli alberi, poi mi siedo vicino a un tronco e mi lascio andare ancora una volta al pianto.
Mi sento così sola, abbandonata.
Nessuno mi capisce, neanche Loki, e questo fa male.
Una volta, venendo nel mondo degli umani, avevo sentito un cantore leggere una storia. Mi ero talmente incantata da non accorgermi che lui avesse finito e restavo lì, imbambolata. Alla fine, lui si avvicinò a me, con fare teatrale, e mi disse: << Sa, mia dolce fanciulla, cosa disse il principe alla sua bella? >>
Io scossi la testa.
<< Le disse così: “Ridi e il mondo riderà con te, piangi e piangerai da solo.” >>
Quelle parole mi sono rimaste impresse, ed è proprio come mi sento ora.
Sto piangendo, e non c’è nessuno a condividere questo dolore con me.
D’un tratto, sento che Lucy mi sta chiamando. Devo andare, ha bisogno di me e io le voglio bene.
Mi materializzo al suo fianco.
<< S-scusa… >> mormoro.
E’ sempre così, quando mi chiama. Mi scuso per qualsiasi cosa, perché penso sempre di sbagliare.
Mi giro e vedo il nostro nemico: un gruppo di uomini armati che ci corre incontro.
Tra di loro noto una zazzera di capelli rosa: Natsu. Ma più in là, non molto distante, c’è anche Loki.
Sta combattendo. E’ così dannatamente bello.
Lo stanno attaccando in molti, ma lui li respinge tutti.
Mi asciugo le lacrime e corro ad aiutarlo, dimenticandomi per un momento ciò che è accaduto.
Lo libero da alcuni avversari con la mia lana e lui mi guarda e sorride. Io ricambio e, schiena contro schiena, sconfiggiamo gli ultimi nemici rimasti.
La battaglia si è conclusa e noi torniamo nel nostro mondo.
Mi avvicino subito a Loki.
<< S-scusami per oggi… >> sussurro.
<< Non fa niente, Aries…è stata colpa mia… >>
<< No no! Non è stata colpa tua… sono io che ho fatto una cosa stupida, Loki… >> lo interrompo.
<< Non hai fatto una cosa stupida, è normale… >>
E io rimango perplessa. “Normale? Normale?! Forse non ho capito”.
<< Sai…hai frainteso molte cose… >> mi sussurra all’orecchio.
“Ma quando si è avvicinato così?!” penso, arrossendo fino alla punta dei miei capelli rosa.
<< L-Loki… >> mugugno.
<< Ssshh >>
E mi tappa la bocca con le lab…no, aspetta! Mi sta baciando?!
Mi irrigidisco tutta, mentre le sue labbra morbide e calde sfiorano appena le mie.
“Non può avermi baciata…sto sognando…svegliati, Aries!” mi ordino mentalmente, e con una mano mi do un pizzicotto. No, fa male, quindi non sto sognando.
Si stacca e mi guarda malizioso.
Io sono ancora rossa e ho gli occhi sgranati.
All’improvviso, la vista si offusca e il pavimento si avvicina.
<< Aries! >> sento gridare, prima che il nero mi avvolga.
La giornata più bella della mia vita. Loki mi ha baciata, ma ero talmente paralizzata che non ho sorriso. Se avessi sorriso, il mondo lo avrebbe fatto con me?
                                                                                               ----
Angolo autrice:
salve a tutti! Oggi mi sono cimentata in una Lories, la prima, quindi spero che mi perdonerete se i personaggi sono un po’ ooc…io mi sono impegnata. Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate, e ringrazio NaruSaku123 per la bellissima citazione.
Spero che il capitolo vi piaccia e che recensiate, così che io possa sapere cosa c’è che non va e cosa, invece, va bene.
Ora vi saluto, bacionissimi, kounchan.

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Capitolo 6
*** Perdono ***


Citazione: "I like people who smile in the rain"
Inviata da: Fairy Tail_Anty


  << Shin-shin-to >>
La pioggia cadeva leggera dal cielo plumbeo.
<< Shin-shin-to >>
Le bagnava i capelli, facendoli appiccicare al viso dalla pelle quasi bianca.
<< Shin-shin-to >>
Ma non era solo quella l’acqua che le bagnava le gote arrossate.
<< Shin-shin-to >>
C’erano anche le lacrime a fare compagnia alle gocce di pioggia dispettose che si rincorrevano sulle sue guance di ragazza.
Camminava senza meta nel parco parzialmente ricostruito, Juvia, in quella città martoriata dalle ferite inferte dai demoni di Tartaros.
<< Shin-shin-to >> sussurrò l’ennesima volta.
La sua tristezza aveva fatto piovere di nuovo. Ma non poteva farci nulla. Non questa volta.
Non era solo tristezza, la sua, era anche rabbia, rimorso. Aveva ucciso una persona importante per il ragazzo che amava. Non poteva perdonarsi. Perciò si stava infliggendo quella punizione. Il dolore per un amore che, ora più che mai, non poteva essere corrisposto.
L’aveva vista, la rabbia di Gray, quando era andata davanti alla tomba di suo padre per confessargli il terribile fatto.
Aveva visto quegli occhi di ghiaccio sgranarsi nell’udire quelle parole.
Si prese la testa fra le mani e cadde in ginocchio, singhiozzando.
Nessuno l’avrebbe vista.
<< Gray-sama… >> mormorò, scuotendo la testa.
Sentì una corrente d’aria più fredda e alzò lo sguardo. In una pozzanghera, poco lontano da lei, l’acqua si stava solidificando, andando a creare una scritta, prima poco chiara, poi sempre più leggibile.
“I like people who smile in the rain”
Una figura iniziò ad avvicinarsi a lei, ancora inginocchiata a terra a guardare incredula la pozzanghera.
<< Juvia… >> disse una voce calda e confortante, una voce che conosceva meglio di qualunque altra.
<< G-Gray-sama…? >>
Lui si abbassò alla sua altezza, appoggiando una mano sul suo capo.
<< Perché piangi? >> le chiese, con un’insolita dolcezza.
<< J-Juvia non sta piangendo… >> sussurrò, abbassando lo sguardo, come se fosse stata colpevole di qualche cosa. Ed era così.
<< E queste? >> le domandò, asciugandole le guance con il pollice, mentre le alzava la testa con due dita.
<< E’ la pioggia… >> tentò di giustificarsi.
<< Le gocce di pioggia non sono altro che tue lacrime, Juvia. >>
La ragazza spostò di nuovo lo sguardo a terra.
<< So cos’è che ti affligge…non devi più incolparti. Io…io ti ho perdonata, Juvia… >>
<< Gray-sama…è J-Juvia che non si perdona… >> disse, con voce flebile.
Lei non si era perdonata. Come poteva?
<< Ricordi cosa ti ha detto mio padre? >> chiese, ancora, appoggiando la sua fronte a quella pallida di lei.
<< Che dovevi prenderti cura di me, giusto? >>
Juvia annuì. Lo ricordava, ma non poteva, non dopo ciò che aveva fatto.
<< Come puoi farlo se non riesci a perdonare ciò che io ho già perdonato? Smettila di incolparti, Juvia, è inutile. Mio padre era già morto. Quello era solo il suo fantasma. Ora è con mia madre e può stare in pace. Sarà sempre qui… >> disse Gray, indicandosi il petto.
Juvia annuì.
<< Juvia…ho perso tutto. La gilda ora si è sciolta…ma…io…n-non voglio perdere anche te… >>
La maga sgranò gli occhi, incredula. Neanche lei voleva perderlo.
<< Gray-sama non perderà Juvia… >>
<< Grazie… >> rispose questo, abbracciandola sotto la pioggia.
<< Ora è Gray-sama che sta piangendo… >> sorrise dolcemente.
Non poteva vederlo, ma lo sentiva singhiozzare piano, sulla sua spalla.
Avevano sofferto entrambi, e insieme si potevano rialzare.
Gray l’aveva salvata dalla pioggia eterna, ora toccava a Juvia salvarlo dalle sue tenebre.
Il devil slayer sorrise quando la sentì stringerlo un po’ di più.
Era vero. Ora che aveva perso tutto, non voleva perdere pure lei. Anche se non voleva, era diventata una parte importante della sua vita, un pezzo indispensabile del complicato puzzle da cui era composta la sua esistenza.
E avrebbe fatto di tutto, pur di proteggere quel pezzettino del suo cuore.
“Anche a Juvia piacciono le persone che sorridono sotto la pioggia…” pensò la maga.
                                                                                                     ----
Angolo autrice:
salve a tutti, belli e brutti.
Torno con questo capitoletto da quattro soldi. Volevo già pubblicarlo qualche giorno fa, ma per un grande mistero, si è cancellato e ho dovuto riscriverlo, così è venuto completamente diverso.
Vi confesso che non ne sono molto convinta, ma anche se semplice, questa citazione mi ha messo in crisi.
Chiedo scusa in anticipo per errori e quantaltro e soprattutto se il capitolo con è di vostro gradimento.
Sorry.
Detto ciò, ringrazio chi recensirà e vi saluto, bacionissimi, kounchan.

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Capitolo 7
*** Protezione ***


Citazione: "Stai indietro! Io...sto bene. Non preoccuparti, io ti proteggerò...a costo di sacrificare lamia vita al posto della tua..."
Inviata da: Aurora Infinity


  << Venite bambini…voglio raccontarvi una cosa… >> li richiamò l’anziana signora, sedendosi sulla sua vecchia e amata sedia a dondolo.
La pelle ormai raggrinzita, le mani vecchie e stanche, gli occhi appannati, ma ancora terribilmente pieni di vita, mista a quel sapere che solo la vecchiaia può donarti. Il sole le baciava i capelli ormai candidi.
<< Sì nonna! >> i tre pargoli si sedettero sul tappeto lì davanti e attesero che la donna iniziasse a parlare.
<< Dovete sapere, bambini miei, che quando vostro nonno era giovane bello e incosciente… >>
<< ERA bello?! Io SONO bello! >> urlò l’uomo alla sua destra, seduto su una comoda poltrona nera.
I capelli bianchi, ma ancora lunghi e forti e il fisico ancora scolpito per un vecchio.
<< Sì, sì, va bene Gajil. Ora posso continuare? Cosa stavamo dicendo? >>
<< Che il nonno era bello! >> esclamò una bambina di circa sette anni.
<< Ooooh, sì, giusto! Comunque, un giorno prendemmo una missione e partimmo la mattina dopo. L’incarico fu un successo, ma durante il ritorno il nonno cominciò a comportarsi in modo strano… >>
----Flashback----
<< Gajil? Tutto ok? >> chiese una giovane Levy, preoccupata dallo strano comportamento del suo compagno.
Gajil ansimava e rantolava, appoggiato al tronco di un albero. Dava la colpa alla stanchezza dovuta al viaggio sui mezzi, ma alla ragazza pareva strano, visto che erano scesi dal treno da ore ormai.
<< S-sì…sto bene >>
Levy cercò di avvicinarsi, ma lui la spinse via con un colpo del braccio.
<< Gajil! Sei ferito! Hai bisogno di cure… >> protestò la maga.
Il dragon slayer era ferito a una spalla e vedeva il sangue scorrere viscoso dal taglio profondo.
Avevano combattuto contro una gilda oscura e Gajil l’aveva protetta. Di nuovo.
<< Stai indietro! Io.. Sto bene. Non preoccuparti, io ti proteggerò... A costo di sacrificare la mia vita al posto della tua... >> le disse.
Levy rimase imbambolata davanti a lui. Quel discorso non aveva senso, o perlomeno, era fuori luogo.
<< Gajil…? Dici cose senza senso…da chi mi dovresti proteggere? >> gli chiese la giovane, cercando ancora di avvicinarsi.
<< STAI LONTANA DA ME! >> urlò Gajil.
<< NON HAI ANCORA CAPITO!? E’ DA ME CHE TI DEVO PROTEGGERE! >> sbraitò, alzandosi e sbattendo un pugno sul tronco che poco prima lo stava sostenendo.
La ragazza indietreggiò, impaurita, l’espressione pietrificata. Iniziò a scuotere la testa e gli occhi le si riempirono di lacrime. Ormai era chiaro che lui non la voleva tra i piedi.
<< Sei pazzo! >> gli gridò contro.
<< Perché dovrei starti lontana?! Tu non mi faresti mai del male, lo so…mi fido di te…mi hai protetta da quei maghi… >>
Gajil spalancò gli occhi, quegli occhi da drago che Levy tanto amava, profondi, pieni di quella tristezza che lei voleva cancellare. Sembrava un drago in gabbia, ferito nel fisico, ma soprattutto nell’orgoglio e in cerca di quella libertà che mai aveva avuto, ma che tanto aveva agognato.
<< No…non puoi…non devi fidarti di me…io sono cattivo… >> mormorò, prendendosi la testa tra le mani e scuotendola.
Stava impazzendo. Come poteva lei averlo perdonato e addirittura fidarsi di lui dopo ciò che le aveva fatto?
<< Non sei cattivo…ormai sei diventato uno di noi…hai una famiglia, ora >> gli sussurrò lei.
Notò in quel momento un luccichio sul suo petto. Quel medaglione di vetro bianco che avevano trovato per strada e che lui, incoscientemente, aveva indossato. Era stato da quel momento che aveva cominciato ad essere strano.
Cercò di avvicinarsi ancora, sussurrando parole dolci.
Gajil era talmente stordito dall’effetto del medaglione che era rimasto immobile, gli occhi vacui, che la guardavano senza vederla davvero.
Gli accarezzò una guancia. Anche seduto contro il tronco, gli arrivava alle spalle.
Con un movimento fulmineo gli strappò il medaglione dal collo e il dragon slayer sembrò risvegliarsi da un sogno.
Levy guardò il medaglione e notò che era diventato nero come la pece.
<< C-cosa è successo? Gamberetto, perché piangi? >> chiese, guardandola stranito.
Lei buttò la collana a terra e si gettò tra le sue braccia.
<< Oh Gajil! Sei tornato! >>
Dopo un attimo di stupore, ricambiò l’abbraccio.
<< Perché? Dove sono stato? >> chiese, fintamente ingenuo.
<< Da nessuna parte…da nessuna parte… >> ripetè a se stessa.
Gajil ricordò tutto in un lampo, vedendo il medaglione.
La strinse ancora di più.
<< Scusami… >> le sussurrò all’orecchio.
<< Ma io ti proteggerò sempre davvero… >> continuò.
Lei annuì contro il suo collo, ancora con le lacrime agli occhi.
<< Non farlo mai più…tu non mi devi proteggere da te stesso. Non sei più la persona che mi ha attaccato quel giorno…sei troppo importante ormai… >> soffiò lei, sulla sua pelle.
<< Sei tu ad essere diventata essenziale >> ammise.
La staccò un po’ dal suo corpo per guardarla negli occhi. Alzò una mano e asciugò le ultime lacrime che lei aveva versato. Appoggiò il palmo sulla sua guancia rosea e lei gli accarezzò la mandibola.
Si avvicinarono sempre di più, fino a che i respiri non si mischiarono e le labbra si fusero in una danza lenta e passionale, che entrambe avevano agognato da tempo.
La maga gli fasciò la spalla ferita e insieme tornarono alla gilda, stanchi come mai prima.
Levy studiò il medaglione, che scoprì essere un antico manufatto, di un popolo ormai estinto, che faceva risvegliare la parte più crudele e malvagia di ogni uomo.
Sotterrarono l’oggetto lontano dalla gilda, in modo che nessuno potesse più raggiungerlo.
 
I giorni passarono, poi i mesi e gli anni, ma loro non si dimenticarono mai cos’era accaduto quel giorno.
Si sposarono e ebbero tre figli: Tetsu, Amai e Kenryoku.
Invecchiarono nella loro amata gilda e crebbero le loro creature secondo la tradizione di Fairy Tail.
Nacquero i loro nipoti e i due si ritirarono, smettendo di svolgere incarichi. Certo, ogni giorno andavano in gilda, come tutti i loro coetanei, in memoria dei vecchi tempi; e insieme si godevano le risse tra i figli e i nipoti ancora giovani e le bevute in compagnia.
----Fine flashback----
<< Quindi è così che avete scoperto di amarvi? >> chiese la più grande dei nipoti, di quattordici anni, un’incredibile romantica, al contrario dei fratelli minori.
<< Già >> rispose Gajil, prendendo la mano della moglie.
Lei lo guardò sorridendo e l’uomo la trovò più bella che mai.
Si baciarono, tra le proteste dei più piccoli e gli urletti contenti e sognatori della maggiore, così assomigliava terribilmente a Juvia da giovane.
“ Devo bloccarla “ pensò Gajil, scoppiando a ridere subito dopo assieme alla moglie e ai nipoti.
Già, in fin dei conti aveva vissuto davvero una bella vita da quando Fairy Tail era entrata nella sua storia, da quando Levy lo aveva fatto.
                                                                     ----
Angolo autrice:
salve a tutti!
Innanzitutto mi scuso per l’immenso ritardo, ma ho avuto un blocco e non mi venivano idee, poi sono stata molto impegnata e alla fine non ho più scritto, perciò mi scuso anche per i miliardi di errori che saranno presenti.
La citazione è di Aurora infinity, che ringrazio e scusa se ci ho messo così tanto, spero mi perdonerai!
E…niente, detto ciò direi che posso salutarvi, mi raccomando recensite numerosi, bacionissimi, kounchan.

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Capitolo 8
*** Perdite ***


Citazione: "Avrei voluto renderti felice...avrei voluto renderti più felice quando ancora davo per scontato che tu saresti rimasta per sempre con me"
Inviata da: Aurora Infinity


 
​Sento freddo.
Io, Gray Fullbuster, Devil slayer del ghiaccio, sento freddo.
Non é quel freddo che senti sulla pelle, no...é quel genere di freddo che lascia una persona quando se ne va. E forse é il peggiore.
Non so dire cosa ho provato quando ho visto Juvia guardarmi con così tanto amore in quegli occhi d'oceano...so solo di avere capito. Ho capito d'amarla.
Ma é troppo tardi.
Oh, Juvia...Avrei voluto renderti felice... Avrei voluto renderti più felice quando ancora davo per scontato che tu saresti rimasta per sempre con me...Dannazione! É tutta colpa di quello stronzo! Maledetto! Io lo ammazzo...oooh...ora quel bastardo può considerarsi carne morta. Non gli rimarrà un brandello di pelle attaccata alle ossa.
Me l'ha portata via e non ha alcun diritto di vivere. Non deve rimanere neanche il ricordo di lui.
Sento l'oscurità brandirmi la mano, il braccio, il petto...e il mio cuore.
No...
No.
No!
Stai lontano!
Juvia non lo vorrebbe. Ha donato la tua vita per te e tu vuoi sprecarla compiendo un atto tanto infimo?
No...devo calmarmi.
Ma quel bastardo deve pagarla. Non lo ucciderò, ma gli farò provare freddo, tanto freddo che mi implorerà.
Addio, Juvia.
                                                                             
Ti vendicherò...
E, Juvia...ti amo.
Angolo autrice:
Salve a tutti gente.
Come avrete capitolo, questo é un capitolo dedicato al capitolo 499.
Mashima, seriamente? Prima Gajil, e lì sei riuscito a cavartela. Ma ora? Juvia? No...hai davvero istinti suicidi penso, ma ti do una dritta, ce ne sono di meno dolorosi di questo. Giuro.
Comunque, ringrazio Aurora infinity per la citazione e scusa se ci ho messo tanto, ma non avevo l'ispirazione giusta...spero mi perdonerai ;)
Saluto tutti, bacionissimi, kounchan 🐱.
 

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Capitolo 9
*** Debole ***


Citazione: "Vorrei che questa pagina tornasse bianca per scriverci ti amo, punto"
Inviata da: Redpowa


   
 
Cammino per le vie di questa piccola cittadina. Magnolia, dove Kinana ha la sua gilda.
Lei fa parte di Fairy Tail, ora. Mentre io…be’, vado in giro a eliminare gilde oscure con Gerard e la mia nuova gilda: Crime Sorciere.
Ora come ora vorrei solo incontrarla e urlarle in faccia ciò che provo, perché mi sento un debole, ma lei mi manca, da morire. Lei è Cuberios.
Mentre sono per strada sento un odore inconfondibile e la sua voce.
Mi volto di scatto, cercandola con l’unico occhio che mi è rimasto, e la vedo.
E’ davanti a un negozio di dolci e sta salutando il pasticcere con un sacchetto in mano e un sorriso raggiante sul volto.
Sembra felice.
Cuberios…no, Kinana, ora lei è Kinana.
Mi abbasso ancora di più il cappuccio del mantello che indosso e mi avvicino. Posso sentire anche da lontano ciò che dicono, ma voglio vederla da più vicino.
I corti capelli viola le ricadono dolcemente sul viso e l’abito verde che indossa le copre fino ai polpacci.
Vorrei avvicinarmi e abbracciarla, toccarla, dirle che…che lei per me è stata tutto, e sarà tutto. Ma io sono comunque un criminale e non posso mostrarmi in giro, nonostante ora stia aiutando i “buoni”.
Mi avvicino ancora e lei ha un sussulto. In poco tempo inizia a sudare freddo e fa un sorriso più tirato, salutando in fretta e furia il pasticcere.
Sento cosa pensa.
“E’ qui…” è ciò che la sua mente ha generato e che io ho captato. Non so se sia in bene o in male.
Si gira verso di me, che sono dietro a un muro in uno stretto vicolo a pochi metri da lei.
Sento i suoi passi avvicinarsi. Magari è solo la strada che deve fare per tornare in gilda. Ma chi voglio prendere in giro? Io sento cosa pensa, perciò so che sta venendo da me. L’unica cosa che non capisco è cosa farà dopo.
<< Erik… >> dice, piano, timida.
<< Cube-, no, Kinana… >> soffio io, incredulo.
Finalmente mi giro  guardarla, all’ingresso del vicolo dove mi sono nascosto.
Piange.
Si avvicina a passi lenti e io indietreggio, finchè non incontro il muro che mi tocca le spalle.
Butta il sacchetto a terra e mi corre incontro. Io sono confuso, non sento i suoi pensieri e per un attimo penso mi voglia attaccare, ma le sue esili braccia mi circondano la schiena e i fianchi e il suo viso si preme sul mio petto.
E’…calda e…tremante.
Un po’ titubante le metto le mani dietro la schiena e lei mi stringe più forte e allora non ce la faccio più. Mi lascio andare e appoggio la testa sulla sua spalla, stringendola come non ho mai fatto con nessuno, come non ho mai avuto la possibilità di fare.
Cadiamo in ginocchio e lei mi guarda negli occhi, prendendo i lembi del cappuccio e abbassandolo.
Mi accarezza una guancia e poi la cicatrice sull’occhio che ho perso.
Non sento i suoi pensieri perché, ora, i miei sono troppo rumorosi.
Penso solo a quanto sia dannatamente bella, al fatto che lei era l’unico amico che avevo, che io, di Cuberios, non sapevo nulla in realtà, che Fairy Tail, alla fine, mi ha fatto capire chi sono io, che è lei e ciò che ora provo, e tutto questo senza neanche saperlo.
<< Erik… >> soffia, e lo sento a malapena << Mi sei mancato così tanto, appena ho scoperto chi fossi… >>
Mi sveglio dallo stato di trans in cui ero caduto e la guardo negli occhi.
Vorrei dirle qualcosa, ma non esce alcun suono dalla mia bocca.
Dov’è finito Cobra? Quello sicuro di se, sfacciato?
Non lo so, so solo che ora c’è solo un Erik spaventato, confuso, felice, triste, che vorrebbe piangere, e lo fa, perché ora le lacrime sgorgano senza ritegno e vedo tutto sfocato.
Sto tremando.
Eppure, ora dovrei essere io ad asciugare le sue lacrime, a stringerla a me e dirle che ci rivedremo, più spesso.
A dirle che l’amo.
Perché sì, io la amo e l’ho capito in questo preciso istante, o forse quando mi ha abbracciato e stretto a se come se fossi la cosa più preziosa che avesse e mi avesse perso.
Ma, dannazione, non ci riesco. Riesco solo a piangere a starmene mollemente in ginocchio mentre lei mi asciuga le lacrime e ha la fronte appoggiata alla mia.
Inizio a singhiozzare, e mi sento un debole schifoso, indegno, ma non ce la faccio più, mi sono tenuto dentro talmente tante cose, talmente tanta paura, che ora escono tutte assieme, schiacciandomi.
Kinana mi stringe a se e mi accarezza i capelli come farebbe una madre con il proprio figlio
<< Mi sei così mancata… >> riesco finalmente a dire e la sua stretta si rafforza, sento un calore dolce invadermi il petto, vincendo contro il veleno che serbavo nel cuore.
E non mi sento più sporco, perché ora mi sento ripulito, e vorrei che anche la mia vita tornasse bianca.
Una semplice bellissima pagina bianca. E vorrei che questa pagina tornasse bianca, per scriverci ti amo, punto. Ricominciare daccapo, con lei.
Vorrei dirglielo, ma non ci riesco. Perchè, adesso, voglio essere debole. Uno schifoso, lurido debole. Solo per questa volta. Solo per ora. Poi tornerò io.
Kinana mi prende il viso tra le mani, con le sue piccole e fresche manine candide.
E io cedo di nuovo. La bacio. Un bacio disperato, ma bellissimo, forse proprio per questo. Le circondo la vita e me la porto addosso, sdraiandomi sull’asfalto lurido, ma non m’interessa, perché starei per sempre così, con questa piccola, dolce, bambola di porcellana dai capelli viola. Con Cuberios. Con Kinana.
 
Angolo autrice:
salve salvino a tutti quanti.
Devo ammettere che questa shot mi ha preso molto, e ringrazio Redpowa per la citazione e la coppia che mi ha fornito, perché mi è molto piaciuto scrivere su di loro.
Mi scuso per il ritardo, ma tra scuola, judo e pensieri, non sono riuscita a scrivere. Spero che questo capitolo vi gusti e chiedo venia se i personaggi sono ooc, soprattutto Erik.
Alla prossima, bacionissimi, kounchan.

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Capitolo 10
*** acqua ***


Ci stiamo allenando da mesi insieme, ormai.
Ogni volta la guardo e mi sembra sempre più bella, circondata dalla sua acqua, che sinuosa le avvolge il corpo, come un abbraccio amico.
Ora sono ad Avatar e lei è sola a casa.
Non torno da tanto, troppo tempo, e ogni tanto mi viene voglia di mollare tutto e tornare da lei, dalla mia Juvia.
Non le ho ancora detto nulla su cosa provo per lei, ma glielo dirò presto, quando tutto questo sarà finito.
Sento un gran chiasso e qualcuno urlare. Scendo al piano delle cucine e trovo Natsu, Lucy e Happy. Mi chiedono perché abbia lasciato Juvia sola, Lucy mi tira perfino uno schiaffo. Me lo merito, lo so, ma non posso non reagire davanti a loro. Perciò reagisco e la immobilizzo, afferrando la spada, Natsu si mette in mezzo e allora li rinchiudiamo. In questo modo, almeno, avrò più possibilità di salvarli.
Me ne vado e torno appena in tempo, prima che uno di quei pazzi inizi a torturare Lucy.
Li salvo e ce ne andiamo.
Spiego loro cosa è successo e chiamo Erza per dargli una conferma.
Inizia la battaglia contro Avatar e mentre mi stanno per colpire alle spalle, arriva lei, che, bellissima, mi salva.
La guardo, avvolgersi di nuovo con la sua acqua trasparente, che la veste come il più bello degli abiti.
La invito a combattere assieme e, per un vizio preso allenandosi con me, si spoglia anche lei.
Battiamo i nemici e torniamo a casa, non senza prima cercare i nostri compagni.
Ricostruiamo per l’ennesima volta la nostra gilda e finalmente torniamo alla normalità.
Sono nei pressi di una cascata, per cercare un po’ di tregua e riposo e mentre osservo l’acqua del laghetto ondeggiare placidamente, non posso che pensare che il mio ghiaccio sia certo bello e spettacolare, forse anche forte, ma se vi è una magia su questo pianeta, è contenuta nell’acqua; su questo non c’è dubbio.
L’acqua può entrare in ogni anfratto, riempie ogni cosa, leviga le rocce e scava le montagne; forse è per questo che solo Juvia è riuscita a scavare nel mio cuore di ghiaccio e a riempire ogni spazio della mia giornata, colmando anche i miei pensieri, che, spesso, sono rivolti a lei.
Una goccia mi cade in testa e scivola lungo il mio viso e in pochi attimi inizia a diluviare. So chi è la causa di questa pioggia, ma non ne conosco il motivo.
Sono tornato, no? Siamo di nuovo tutti assieme, giusto?
Sento dei singhiozzi e ne cerco la provenienza.
Ed eccola lì, seduta sotto ad un albero, che piange e singhiozza, rannicchiata contro al tronco.
Mi avvicino senza fare rumore e l’abbraccio, prendendola in braccio e mettendomela sulla ginocchia.
<< Juvia ha avuto tanta paura, Gray-sama…aveva paura che fosse successo qualcosa a Gray-sama… >> mormora, singhiozzando.
Trema come una foglia e non posso biasimarla.
Le ho dato solo preoccupazioni, probabilmente pensava me ne fossi andato a causa sua.
Se solo sapessi…
Ma non posso ancora dirle nulla, non posso confessarle ciò che provo, ma forse la mia è solo paura.
Aspetta ancora un pochino, ok?
<< Ma ora sono qui, no? Siamo di nuovo tutti insieme…quindi non devi avere paura, ok? >> le dico solo, facendola scendere e posandola di nuovo a terra.
Lei mi guarda con quei suoi occhioni color mare e io le asciugo le lacrime con un sorriso.
<< Ora sorridi >> le dico, e so che lo farà.
Infatti scuote la testa e la rialza, mostrandomi un sorriso a trentadue denti.
La pioggia cessa, così come è iniziata e io mi alzo in piedi, invitandola a fare lo stesso.
<< Torniamo in gilda? >> le chiedo.
Lei annuisce e si attacca al mio braccio, al che faccio finta di lamentarmi come sempre e in questo modo  torniamo a casa, ignari di ciò che ci serba il futuro.
So solo che nei miei piani c’è lei e spero che il destino mi accontenti.
 
Angolo autrice:
salve genteeeee!!!
Sono tornata con questo capitoluccio di cui non sono completamente convinta.
Comunque, voglio dedicarlo a Emma, che mi ha chiesto di continuarla (grazie ancora, non sai quanto mi hai resa felice) e spero che anche a voi piaccia.
Aspetto qualche commento e qualche consiglio, spero di tornare presto e…boh, bacionissimi, kounchan.

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Capitolo 11
*** Chi dice tanto, fa poco, chi dice poco, fa tanto. ***


Era in un piccolo bar sulla strada di casa a godersi una cioccolata calda in quella fredda giornata di gennaio.
Aveva i capelli legati in una coda alta e un cappotto rosso che copriva il vestito arancione che aveva indossato quel giorno, per quell'avvenimento speciale, che alla fine si era rivelato un fiasco.
Un ragazzo l’aveva invitata a uscire, elogiando la sua bellezza semplice e pura, ma si era rivelato un maschilista egocentrico, che pensava solo al denaro e alla fama.
Non era neanche male come aspetto, alto, i capelli biondo cenere e gli occhi verdi come i prati estivi, si chiamava Greg, ed era un imprenditore di successo. Si erano incontrati durante una missione, lui era il mandante e lei era andata insieme al team shadow gear ad aiutarlo per ritrovare un prezioso oggetto, misteriosamente sparito. Dopo la missione e dopo avergli dato la loro ricompensa, il giovane imorenditore l’aveva fermata e le aveva porto un mazzo di rose rosse, invitandola ad uscire a cena assieme. Lei, tutta contenta, aveva accettato.
Erano usciti assieme qualche giorno dopo, quando lui era andato a Magnolia per affari e ne aveva approfittato per una cena galante in un ristorante di lusso con la giovane maga dai capelli turchesi.
L'aveva coperta di complimenti ed era stato un vero gentiluomo, almeno finché il cameriere ancora inesperto gli aveva fatto cadere addosso un vassoio colmo di pietanze, macchiandogli l’abito elegante; allora si era messo a sbraitare contro il poveretto, gridando che quel completo gli era costato un occhio della testa e non aveva intenzione di pagare il conto di una tintoria per togliere quelle macchie dalla camicia bianca e dai pantaloni scuri. Inoltre aveva preteso che il proprietario del ristorante gli pagasse l’intera somma del vestito e che gli desse qualcosa di decente da indossare, perché in giro così non poteva certo andare.
Dopo questo, Levi si era alzata ed era andata alla cassa, pagando il conto e uscendo in fretta, senza che lui neanche si accorgesse della sua assenza.
E ora era lì, seduta in quel bar, ancora vestita in modo elegante, a sorseggiare la sua cioccolata, guardando i fiocchi di neve cadere. 
Finita la cioccolata, si alzò dal tavolo, lasciando i soldi sotto la tazza e uscendo fuori, sotto i candidi fiocchetti, sempre più numerosi.
Tornò al dormitorio e si svestí, indossando qualcosa di comodo e mettendosi a leggere uno dei suoi tomi appassionanti.
Lesse fino a notte fonda, quando si addormentò con la luce accesa, sdraiata sul davanzale.
Il giorno dopo tornó in gilda e salutó tutti calorosamente, come sempre, avvicinandosi al suo solito tavolo.
Sobbalzó quando notó che anche qualcun altro era seduto lí.
Si avvicinò per vedere meglio chi fosse e venne colta da una certa dose di rabbia quando capí che seduto al tavolo, ad aspettare lei probabilmente, c'era Greg.
<< Levy-chan, lo conosci? È venuto qui e ha chiesto di te, farneticando su qualcosa che doveva farsi perdonare, così l'ho fatto sedere lí e gli ho detto di aspettarti…mi sembrava parecchio agitato >> le disse Mira, passando con un vassoio dietro di lei.
Annuì e le sorrise, come a dirle “Va bene, grazie”.
Prese un grosso respiro e si avvicinò, magari voleva davvero scusarsi…d'altronde non avevano avuto modo di parlare molto e c'erano molte possibilità che fosse solo nervoso.
Si sedette davanti a lui, posando la borsa sulla panca.
<< Oh, Levy, mi dispiace per il mio comportamento increscioso di ieri, non so cosa mi sia preso, quello non ero io…spero potrai perdonarmi >> le disse, tutto d'un fiato.
 
<< Cosa ti è preso? Lasciarmi andare via a quel modo…non te ne sei neppure accorto! >> fece lei, un po’ arrabbiata, ma alla fine contenta, perché era andato  a scusarsi.
<< Lo so, mi spiace! Ma ero nervoso perché avevo appuntamento con una delle più belle creature mai viste su questo pianeta… >> rispose, enfatizzando le ultime parole.
Levy arrossì, sorridendo leggermente.
Lui le pose una mano sulla sua, che era appoggiata al tavolo.
<< Sei così carina quando arrossisci… >> mormorò, con un sorriso dolce.
E allora la giovane fata si sciolse. Era così simile ai personaggi dei libri che amava leggere. Quasi perfetto.
Lui era un principe e lei una serva, e quella poteva essere la storia d'amore tra un ricco e una povera, come uno di quei tomi che aveva letto da bambina.
 
Intanto, mentre i due parlavano dolcemente, in un tavolo non troppo lontano, era seduto un certo dragon slayer che sgranocchiava dei bulloni, guardando i due con un misto di nervosismo e curiosità.
<< Ohi, Mira. Chi è quello che parla con il gamberetto? >> chiese alla diavolessa, fermandola con una mano.
<< Oh, un certo Greg…è venuto qui chiedendo di lei…ha detto che voleva scusarsi con Levy-chan per qualcosa >> rispose, sorridendo come sempre.
Gajil strinse spasmodicamente il contenitore dei bulloni, ringhiando sommessamente.
Come si permetteva di parlare con il gamberetto? E di toccarle anche una mano!
Sentì Mira ridacchiare e allontanarsi.
Si alzò in modo brusco dalla panca e uscì con passi pesanti dalla gilda, dopo aver preso una missione casuale.
 
 
<< Vogliamo uscire? Questa volta andrà meglio, promesso >> disse Greg, dopo essersi alzato e aver porto la mano a Levy.
Lei gli sorrise e afferrò la mano, alzandosi.
Uscirono insieme, sfiorandosi le spalle di tanto in tanto.
<< Hai fatto colazione? >>
<< No…infatti ho un certo languorino >> rispose la ragazza.
<< Bene >>
La accompagnò in un piccolo e grazioso bar nella via principale di Mangolia.
<< Volete ordinare? >> chiese la cameriera, avvicinandosi al tavolo con un taccuino e una penna.
<< Si, certo. Due cioccolate calde e due brioches >> disse il ragazzo, sorridendo affabile a Levy.
<< Allora? Parlami un po’ di te…ti va? >>  le chiese Greg.
Passarono il resto della mattinata così, tra una chiacchiera a l'altra. 
Levy scoprì che la sua compagnia era veramente piacevole e, quando uscirono al parco e si sedettero su una panchina, iniziando a parlare di libri, una passione comune, Levy si convinse che avrebbe voluto continuare a uscirci, e magari, dopo qualche tempo, arrivare a qualcosa in più.
Ma un avvenimento la dissuase da questi pensieri.
Dopo aver passato una splendida mattinata e dopo un buon pranzo in un ristorantino elegante, mentre la riaccompagnava alla gilda, un gruppetto di ragazzi li avevi bloccati, chiedendo a Greg il portafoglio.
Questo, inizialmente, si era opposto, frapponendosi fra loro e Levy.
Ma quando i delinquenti avevano tirato fuori un coltello, Greg era fuggito, lasciando la ragazza sola…di nuovo.
Per lei non fu difficile liberarsi di quei tizi con la sua magia, ma la rabbia crebbe in lei, che tornó in gilda sbattendo il portone, infuriata.
<< Levy-chan? >> fece, avvicinandosi alla giovane scripter, Mira.
<< Lo odio! Lo ODIO! >> fece, nervosa, stringendo i piccoli pugni.
<< Chi odi? >> chiese dolcemente la cameriera.
<< Greg! Lo odio! Mi ha lasciata sola di nuovo! Eppure sembrava cosi dolce e forte e…ed era così carino e mi diceva così tante cose belle… >> mormorò alla fine.
<< Sai, Levy…a volte chi dice tanto, fa poco… >>
<< Eeeh…lo so…o almeno, l'ho scoperto >> 
<< Eppure, chi dice poco, fa tanto >> disse ancora l’albina.
<< Cosa intendi? >>
<< Non t’ama chi amor ti dice, ma t’ama chi guarda e tace >>
La ragazza guardò la diavolessa stranita, piegando leggermente il capo di lato, mossa che le permise di vedere, in un tavolo non lontano, Asuka con i suoi genitori, Alzak e Bisca.
Si divertivano, giocavano assieme e ridevano, ridevano tanto.
Levy non poté fare a meno di pensare che quella coppia, anzi, quella famiglia, fosse perfetta.
E provó un po’ d'invidia. Un giorno anche lei avrebbe voluto una famiglia e dei figli e un marito amorevole e gentile, che l’amasse tanto, davvero.
Non voleva qualcuno che fosse solo parole dolci, ma niente di concreto, anzi, forse avrebbe preferito qualcuno che non le diceva spesso di amarla, ma glielo faceva capire a piccoli gesti.
Con questi pensieri in testa, uscì dalla gilda, tornando al dormitorio.
Era sovrappensiero, quando una banda di tizi le si paró davanti, bloccandole il passaggio.
Non poté fare a meno di notare che fossero gli stessi ridi di quel pomeriggio, stavolta armati di mazze e spranghe di ferro.
Si avvicinarono minacciosamente e lei indietreggiò.
Doveva pensare in fretta, ma il suo cervello in quel momento era paralizzato, le ricordava una scena già accaduta.
Il primo giovane con una mazza, caricò il colpo, alzando la mazza sopra la sua testa.
Lei chiuse gli occhi, aspettando il colpo e il dolore, ma invece sentì il rumore di un pezzo di legno che si spezza una volta colpita una sbarra di ferro.
Aprì gli occhi e vide una schiena possente, fasciata da un mantello nero.
<< Cos'è, il damerino ti ha già mollata? >> fece la voce gutturale e ringhiante di Gajil.
Lei abbassò lo sguardo, mormorando un sì poco convinto.
<< E voi? Attaccate un gamberetto indifeso? >> ringhiò, colpendoli uno ad uno e finendo ben presto il lavoro.
Fece tornare la mano normale e si spolverò il mantello.
<< Stai bene, gamberetto? >> le chiese, quasi dolcemente, porgendole la mano.
<< Sí, sto bene >> rispose lei, un po’ frastornata.
<< Ora torniamo al tuo dormitorio, ok? >>
<< Ma tu non puoi entrare! >>
<< E chi ha detto che sarei entrato? >> rispose lui, con un ghigno sul volto.
La ragazza arrossì violentemente.
<< Non è che sei tu che vuoi che io entri? >> fece, malizioso, avvicinandosi al suo viso e schiacciandola contro il muro.
<< S-stupido Gajil…se-sei troppo vi-vicino… >> balbettò la turchina, abbassando gli occhi a terra.
Il ragazzo si allontanó, girandole le spalle.
<< Allora? Hai intenzione di startene lí ed essere attaccata di nuovo? >> le disse, un po’ sgarbato.
<< N-no… >> mormorò, sorridendo con lo sguardo ancora basso.
“ Non t’ama chi amor ti dice, ma t’ama chi guarda e tace “ 
Forse aveva capito.
 
Angolo autrice:
Ok, penso sia il capitolo più lungo che io abbia mai scritto, ma questa citazione mi piaceva parecchio.
Ora, la storia è un po’ banale, ma a me piaceva così…
Sta di fatto che a breve revisionerò tutti i capitoli, aggiungendo all'inizio la citazione e la fonte della stessa.
Eee…niente, ringrazio tutti per le recensioni e per aver letto la storia (il primo capitolo è arrivato a quota mille!!! )
E basta, ciao a tutti, bacionissimi, kounchan 🐱
P.s.: Mi scuso se il capitolo é tutto attaccato, ma ho pubblicato dal telefono...prossimamente lo aggiusterò, promesso.

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Capitolo 12
*** Letture sbagliate ***


 
 
<< Juvia! >> cantilena una vocina sottile alle sue spalle.
La ragazza si volta di scatto, facendo ondeggiare i capelli azzurri.
<< Levy-chan! Juvia non ti aveva sentita arrivare! >> ricambia il saluto, sorridendo radiosa.
Sorrido anch’io, seduta su uno degli sgabelli del bar della gilda.
Juvia è una ragazza così bella, potrebbe avere milioni di ragazzi, se solo volesse. Il fatto è che è follemente innamorata della persona sbagliata, di una persona che non potrà mai avere e che la fa soffrire. Però l’ammiro. È così determinata ad avere il suo amore che non gli importa di soffrire, gli importa solo di farlo felice. E lui neanche se ne accorge. Ogni tanto penso che Gray non abbia un’anima, o che il suo cuore sia ricoperto di ghiaccio.
Vedo Levy che sventola una mano verso di me e si avvicina radiosa.
<< Lu-chan! >> esclama, sedendosi di fianco a me.
<< Ciao Levy-chan. Come va? >> le chiedo, un po’ assente.
Sto ancora pensando a Juvia. Al fatto che prima o poi si farà davvero del male e noi dovremo essere lì a sostenerla, prima che si chiuda di nuovo nel suo guscio di pioggia.
<< Che succede? >> Levy non ha neanche risposto alla mia domanda, arrivando dritta al punto.
<< Nulla >> sospiro << e’ che sono preoccupata per Juvia >> rispondo, appoggiando le braccia al bancone a le testa su esse.
<< Per via di Gray, vero? >>
Annuisco.
Mi giro a guardarla. Ha appena mostrato a Gray una teglia di biscotti che ha preparato solo per lui, ma il ragazzo la sta guardando, quasi disgustato.
Lui non l'ama, glielo si legge negli occhi. Lei è troppo innamorata e fa finta di essere analfabeta.
Gray la rifiuta, voltandosi infastidito.
Lei continua a sorridere, le gote leggermente arrossate, ma non è imbarazzo o emozione, sono lacrime trattenute e il sorriso è tremante. Lo so, sono stata io a consolarla innumerevoli volte, dopo ogni singolo rifiuto. Anche Levy lo sa, e la vedo aggrottare le sopracciglia, infastidita dal comportamento del moro.
Juvia si allontana.
<< Andiamo? >> chiedo alla turchina di fianco a me.
Lei non mi risponde e si avvia verso il bagno della gilda.
La seguo e appena entriamo, troviamo Juvia rannicchiata in un angolo, singhiozzante, il vassoio dei biscotti nel cestino.
Io e Levy la tiriamo su, e la stringiamo in un abbraccio confortante.
<< Juvia, smettila di andargli dietro, ok? Ti stai solo facendo del male. >> mormoro, stringendola a me.
<< Juvia non ci riesce… >> mi risponde singhiozzante.
Sospiro.
<< Stasera andiamo in un locale, ti va? >> le propone Levy, proprio lei che non esce quasi mai.
<< A fare cosa? >> chiede.
<< Ci andiamo ad ubriacare, Così ti dimentichi per un attimo di quel damerino di ghiaccio e ti diverti con noi >> rispondo io, sorridendole per incoraggiarla.
<< Ok >> annuisce convinta.
<< Allora stasera alle nove davanti a casa mia, ok? >> propongo. Le due annuiscono e usciamo dal bagno.
                                                                                      

 
Stiamo entrando in un locale, una discoteca. Sento la musica da fuori, e quando entro vibra anche il pavimento.
Troviamo un tavolo libero e ci sediamo, ordinando qualcosa di leggero per me e Levy e un bel cocktail per Juvia, che ha bisogno di dimenticare per una sera le sue delusioni. 
 
Juvia è ubriaca, ubriaca persa. Dopo il primo cocktail ne ha presi altri quattro e ora non si regge in piedi.
Il lato positivo è che, quando è alticcia, piange a dirotto, invece quando è ubriaca come stasera, ride, ride per nulla.
<< Devo andare in bagno… >> biascica.
<< Ti accompagno >> le dico, alzandomi.
La prendo sotto braccio e iniziamo a camminare.
La calca ci schiaccia, c’è troppa gente e Juvia si stacca dal mio braccio e viene trascinata via da tutte le persone i mezzo alla pista da ballo, che è l’unica starda per i bagni.
Cerco di farmi spazio per passare, ma non la vedo più e mi tocca tornare indietro, perché sta diventando difficile respirare tra tutta questa gente sudata, che puzza di alcool e tabacco.
<< Ho perso Juvia! >> esclamo, appena vedo Levy.
<< Come?! >> 
<< La calca ci ha inghiottite e lei è stata trascinata via! >>
la sento borbottare, forse un’imprecazione.
<< Dannazione Lucy! È ubriaca fradicia! >> esclama.
Penso di non averla mai vista tanto infuriata come oggi.
Un urlo ci fa voltare di scatto, verso la pista da ballo.
<< Lasciala stare! >> sentiamo una voce maschile. 
La gente si divide e riusciamo a farci spazio a suon di gomitate verso il cerchio di gente che si è formato intorno a due persone, tre, ora che le vedo.
C’è Gray, Juvia è tra le sue braccia, credo sia svenuta, e c’è un ragazzo seduto a terra, che si massaggia il viso, dal naso gli cola del sangue.
Qualcuno prende la manica del mio top. Mi giro e vedo Levy, l’espressione sognante. 
Già, Gray ha difeso Juvia.
Sorrido anch’io.
 
Usciamo dal locale e aspettiamo fuori.
Dopo una ventina di minuti esce il moro, a petto nudo, con in braccio una Juvia sognante, che non fa altro che ripetere << Gray-sama… >>.
Lui non la guarda, ma io vedo le sue guance rosse.
<< La porto a casa mia…non posso entrare nel dormitorio femminile, Erza mi ucciderebbe. E lei non può andarci da sola. >> mormora.
<< Certo. Buona notte… >> dico, sorridendogli maliziosa. Di fianco a me, Levy ridacchia.
Avrebbe potuto dirci di accompagnarla noi, ma chissà come mai ha voluto portarla a casa sua…
Torno a casa col cuore più leggero.
<< Forse abbiamo sempre letto male i suoi occhi, Lu-chan…forse ha solo voluto nascondere ciò che prova per lei >> mormora Levy. Il suo animo da scrittrice si fa sempre vivo in situazioni come questa e anche il mio, a dir la verità. Potrei scriverci  qualcosa su.
Accompagno Levy al dormitorio e torno a casa.
Forse Juvia ha sempre letto bene. Forse non era lei che fingeva di essere analfabeta, ma eravamo noi che lo eravamo davvero.
 
 
Angolo autrice:
ta-daaan! Eccomi tornata!
È la prima volta che scrivo una storia con protagonista un personaggio, ma scritta dal punto di vista di un altro…e quindi non so se il risultato sarà di vostro gradimento…
Recensite in ogni caso
Vi ringrazio tutti per le numerose visualizzazioni di questa serie, ve lo giuro, non me lo sarei mai aspettato.
Voglio ringraziare in particolar modo Emmola, che mi sostiene sempre, e mi spinge a continuare questa raccolta, di cui io non sono troppo sicura…
Detto ciò, vi saluto tutti, bacionissimi, kounchan =3

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Capitolo 13
*** Principessa guerriera ***



“Tanto tempo fa, in un regno non molto lontano da qui, una giovane principessa si ribellò al volere del padre, scappando dal suo castello incantato e intraprendendo una delle avventure più grandi della sua vita, che la cambiò e che la rese felice come mai era stata, non senza dolore e sacrifici, ma cambiò per sempre anche il suo regno che non resse e si autodistrusse. Questa è la storia di una ragazza nata principessa, cresciuta guerriera, un angelo bianco con l’anima nera.
Lucy, si chiamava, una ragazza tanto bella quanto intelligente, che amava leggere e scrivere e chiacchierare con la sua ancella Aquarius, sua unica amica, un po’ burbera, ma sicuramente diligente.
Quel giorno stava leggendo in camera sua, ad alta voce, con Aquarius al suo fianco, che l’ascoltava, quando qualcuno bussò alla porta. L’ancella uscì, trovandosi davanti il damerino che il re aveva scelto per sua figlia.
<< La principessa sta leggendo nella sua stanza ora, non può entrare. La chiamerò io quando avrà finito. Si vada pure a sedere nel salone. >> disse Aquarius, fermando alla porta il giovane, che insisteva per vederla.
Borbottò qualcosa e la donna lo fulminò con lo sguardo, al che lui si diresse verso il salone, sedendosi su uno dei sontuosi divani con un broncio infantile sul volto.
Aquarius rientrò nella stanza, sospirando.
<< Mi dispiace, Lucy, non potrò fermarlo a lungo, dovrai vederlo da sola prima o poi >> le disse, avvicinandosi.
Solo lei la chiamava Lucy, lei e la sua defunta madre, che aveva amato molto.
<< Non voglio…non ce la farei. >> rispose, buttandosi sul letto e affondando il viso imbronciato nel cuscino di piume d’oca.
<< Lo so piccola mia…mi dispiace così tanto…vorrei che tu uscissi e conoscessi tante persone meravigliose, ti facessi degli amici e magari ti innamorassi…ma sarebbe troppo pericoloso. Ci sono tante persone cattive a questo mondo. >>
<< Non sono tutti così! Sono sicura che ci siano delle persone meravigliose… >> mormorò la ragazza, sospirando a vuoto.
Suo padre non l’ avrebbe mai fatta uscire, soprattutto dopo la morte di sua madre. Era diventato paranoico e questo aveva avuto conseguenze sul governo del regno, che stava cadendo in rovina lentamente, ma inesorabilmente.
<< Devi aiutarmi, Aquarius >> disse d’un tratto, colta da un’idea tanto improvvisa quanto dannatamente folle.
<< Cos’hai in mente? >> domandò la donna, preoccupandosi leggermente.
<< Stanotte mi aiuterai a fuggire. >> dichiarò, alzandosi entusiasta dal letto.
<< Assolutamente no. >> la bloccò Aquarius, incrociando le braccia al petto e guardandola irata.
<< Ma… >> mormorò la principessa, guardandola quasi scandalizzata.
<< Non lo farai. È pericoloso là fuori. Qua sei al sicuro. >>
<< Non è giusto! >> gridò, stizzita.
<< E’ giustissimo così. Non fare la bambina viziata, non sei tu questa. Pensaci e capirai che voglio solo proteggerti >>
Aquarius uscì dalla stanza, lasciandola sola con i suoi pensieri.
Lucy non avrebbe mai rinunciato alla fuga, alla libertà da suo padre, dal suo fidanzato che tanto disprezzava. Ma non poteva fuggire sola…oppure sì? Si chiese perché non avrebbe potuto farlo da sola, non era così debole, così stupida.
Decise che lo avrebbe fatto, senza lasciare nulla al caso, doveva pianificare attentamente tutto…ma non andò così.
L’eccitazione della fuga ebbe il sopravvento e la notte stessa, appena tutto fu buio, approfittando della ronda delle guardie nel cortile anteriore, si calò dalla finestra, usando le lenzuola legate tra loro come fune, come i detenuti delle storielle da bar.
Si nascose tra i cespugli e iniziò a girovagare per il cortile posteriore, maledicendosi del fatto di non aver pianificato la fuga.
Grazie alla fortuna, dopo poco riuscì a trovare un vecchio cancelletto arrugginito, probabilmente usato dalle guardie in un passato non lontano.
Riuscì ad aprirlo e se ne andò, senza voltarsi indietro.
Vagò nella cittadina per un po’, finchè si inoltrò nel bosco e…”
“E si va a nanna. Forza, tirate su i cuscini a andate nelle vostre camere.” disse la bionda, mettendo le mani sulle spalle di suo marito, che si era seduto per terra a raccontare la sua storia ai bambini della gilda.
“Ma mamma! È ancora presto!” protestò un ragazzino biondo, alzandosi di malavoglia.
“Domani mattina è il giorno della raccolta delle mele, dobbiamo alzarci presto”
“Ma ci sono papà, zio Gajil e zio Gray per questo!”
“Ormai siete abbastanza grandi per dare una mano anche voi. Lo avete fatto l’anno scorso, non vedo perché ora tu debba lamentarti” fece la bionda, alzando leggermente la voce, per ribadire la sua autorità di madre.
“Ma…”
“Niente ma. Nessun altro si sta lamentando come fai te.” chiuse il discorso, guardandolo truce.
Quando tutti furono usciti, lei chiuse la porta, parandosi davanti all’uomo, che era ancora seduto a terra e la guardava con un ghigno malizioso.
“Sai che non voglio che racconti quella storia” gli disse, con le ani sui fianchi.
“Non sanno che parlo di te, Lucy. E poi, anche se dovessero scoprirlo, non sarebbe la fine del mondo”
“Natsu…non mi piace rivangare il passato…”
“Non è stata colpa tua la guerra civile di dieci anni fa, Lucy. Sarebbe accaduto comunque, la gente era stanca di tuo padre e delle sue leggi restrittive, ma soprattutto delle tasse imposte dal suo consigliere. Se non fossi stata con noi, probabilmente avremmo perso e ora ci sarebbe quell’uomo viscido a dettare la sua legge da tiranno oppure saremmo morti tutti, senza conoscerci. Sai, in un certo senso ringrazio tuo padre e quel damerino che aveva scelto, perché ti ho incontrata.” le disse, tirandola per un polso fino a farla sedere sulle sue gambe.
Lei lo abbracciò, lasciandosi cullare dal battito ritmico del suo cuore e dalle sue braccia forti.
In quel giorno, dieci anni prima, era scoppiata la più grande guerra civile del paese.
Lei era appena entrata a Fairy Tail, una gilda di ribelli, che l’avevano soccorsa. Quando avevano scoperto la sua identità, si pentirono di averle raccontato il loro piano d’attacco e pensarono perfino di eliminarla, ma lei li stupì, dando consigli su come assaltare al meglio il castello, riducendo al minimo le perdite. La rivalutarono e divenne a tutti gli effetti una ribelle quando uccise un soldato reale per proteggere Levy, una compagna di gilda.
Aveva affrontato un duro allenamento prima di poter entrare in battaglia e divenne dopo poco uno dei cervelli dell’operazione e un buon soldato.
Certo non fu facile vedere con i propri occhi il padre che veniva sgozzato dal suo consigliere, che lo aveva prima preso in ostaggio, puntando sull’unica debolezza rimasta a Lucy: l’amore per il padre, nonostante le sue paranoie.
Quella era stata l’ultima grande battaglia, combattuta nella sala del trono.
Alla fine vinsero i ribelli e Natsu riportò Lucy a casa, dove le confessò il suo amore appena sbocciato.
Lucy rifiutò il ruolo di regina che il popolo avrebbe voluto affidarle e lo lasciò, per lo stupore generale, all’unica persona di cui si fidava e che conosceva il regno e la vita a palazzo meglio di chiunque altro: Aquarius. Fu accolta inizialmente con riluttanza, ma dopo poco tempo riuscì a guadagnarsi l’amore della popolazione.
Lucy e i compagni di gilda si erano ritirati in una delle sontuose residenze reali che la nuova regina aveva lasciato loro come simbolo di gratitudine.
Qua, due anni dopo, Natsu e Lucy si sposarono e, nove mesi più tardi, nacque Nash, il primo di tre figli.
Dopo dieci anni la vita sembrava scorrere serena in quella grande casa, piena di bambini che scorrazzavano dappertutto e Lucy non avrebbe potuto essere più felice di così. Aveva sofferto molto, ma questo l’aveva fatta crescere.
“Natsu?”
“Dimmi”
“Mi dispiace che abbiate vissuto una vita d’inferno mentre io me ne stavo tranquillamente a palazzo…non ne sapevo niente…” mormorò, sospirando.
“Lucy, sono passati dieci anni, i dieci anni migliori della mia vita. E sa che ti dico? Sono contento che tu abbia vissuto tranquillamente fino a quando sei scappata dal castello.”
Lucy lo abbracciò, piangendo. Erano passati tanti anni, eppure non aveva smesso di sentirsi in colpa.
Natsu e tutti i suoi compagni di gilda erano cresciuti in piccoli villaggi di periferia, dimenticati da tutti, mentre lei aveva fatto la vita agiata della principessa.
Natsu era figlio di un contadino povero, che aveva fatto di tutto per non fargli mancare nulla, ma questo lo aveva fatto morire di stenti e fatica quando il figlio era solo un ragazzo.
Natsu aveva provato a vivere da solo lavorando nei campi, ma iniziò a rubare nelle residenze dei nobili per cercare di sopravvivere, perché la terra era arida e non dava frutti. Così diventò presto un ricercato e iniziò a fuggire, finchè Makarov, il proprietario di un’osteria, lo raccolse dalla strada e lo protesse.
Nell’osteria trovò molti altri ragazzi nella sua stessa situazione, tutti ricercati, chi per omicidio, chi per furto, chi per truffa…ce n’era per tutti i gusti.
Ben presto diventarono come una famiglia e, crescendo, maturarono l’idea della ribellione contro quel re che li aveva costretti alla fuga. Eppure il tiranno non era il re, ma il suo fidato consigliere, che lo aveva soggiogato dopo la morte della regina.
Con il tempo le cose andarono peggiorando: tassazioni sempre più elevate, leggi spesso insensate e arresti e condanne casuali, o, come affermavano le guardie, “a campione”, per non parlare delle “offerte volontarie” richieste dai nobili nei villaggi e nelle città più lontane dal centro del regno.
E proprio quando pensavano di avere messo a punto il piano perfetto, arrivò Lucy.
Natsu non se ne innamorò subito, anzi, era il più duro con lei, soprattutto dopo aver scoperto che era la principessa fuggita. Eppure, quando vide l’impegno che ci metteva negli allenamenti e la sua abilità strategica, non poté non ammirarla, e da lì all’amore il passo fu breve.
“Ti amo Natsu” gli disse, allontanando leggermente il viso da lui, per guardarlo.
“Anch’io, Lucy”
“Un giorno racconterò tutta la storia ai nostri figli, ma non oggi”
“Sappiamo che eri tu, mamma. Lo abbiamo sempre saputo” disse Nash, entrando nella stanza.
“Da quanto tempo sei lì?”
“Abbastanza” rispose il ragazzo, scuotendo le spalle.
“Dovresti essere a letto…” brontolò Lucy.
“Vi ho sentiti parlare di cose interessanti e non ho resistito”
“Comunque come fai a sapere che sono io, potrebbe essere chiunque”
“No, no, sei tu, sono sicuro. Papà non ha cambiato il nome”
“Ma potrebbe essersi romanticamente inventato una storia che ha per protagonista una bellissima principessa col mio nome” tentò ancora Lucy, alzandosi in piedi.
“E va bene, mettiamola così, quando sono andato nella capitale con zio Gajil l’altro giorno, ho sentito un cantastorie che narrava le vicende della principessa guerriera…ho chiesto allo zio e lui mi ha semplicemente raccontato tutta la storia” rispose Nash, sorridendo sornione.
Lucy divenne rossa di rabbia per la leggerezza con cui l’amico aveva raccontato tutto suo figlio, ma, riflettendoci per un poco, capì che ormai non ci poteva are più nulla e si sedette per terra, invitando il figlio a fare lo stesso. Gli avrebbe raccontato la vera storia, chissà cosa gli aveva detto quel buzzurro.
Iniziò  raccontare, stupendosi di quanto le riuscisse facile farlo.
Aveva sempre rinnegato il suo passato. Eppure non poteva cambiarlo e raccontarlo ai suoi figli non le avrebbe fatto male.
In fondo, lei era la principessa guerriera.
 
Angolo autrice:
buonasera a tutti e bentornati dopo cinque secoli di assenza sono di nuovo qui…anche se penso che nessuno mi stesse aspettando…
allora, il capitolo, che dire, l’ho scritto con uno stile totalmente differente e probabilmente non ben riuscito, ma contatelo come esperimento che deve essere molto migliorato per risultare piacevole.
E niente, spero che comunque non sia così brutto e che non ci siano troppi errori di battitura.
Detto ciò, vi saluto, bacionissimi, kounchan.

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