Miasma

di neverenough
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Prima parte ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - Seconda parte ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


PREMESSA:
Salve gente! Prima di lasciarvi alla storia, ci sono alcune annotazioni IMPORTANTI.
1. Ovviamente i personaggi appartengono al creatore di Durarara!!, Ryohgo Narita , ma la storia che state per leggere è di mia invenzione. Farò il possibile per non distaccarmi troppo dalla trama originale, ma non conoscendo il finale dell’anime (no, non ho letto il manga o la novel ma è nei miei programmi) e avendo iniziato a scrivere questa storia qualche mesetto fa’, ho modificato i fatti, portandoli alla conclusione che mi era più comoda per la storia.
2. Non so quanti capitoli avrà. Al momento sto scrivendo l’ottavo, e probabilmente mi ci vorrà ancora un bel po’ per terminarla, anche se non vorrei farla arrivare oltre i venti capitoli (quando l’ho iniziato volevo terminare entro dieci, massimo quindici capitoli, ma si è visto...).
3. Farò il possibile per postarvi un capitolo a settimana, università permettendo.
4. Sebbene la storia sarà incentrata su Shizuo e Izaya, non ci saranno relazioni yaoi ma... un qualche accenno sicuramente lo troverete.
5. Sicuramente ci sarà rischio di OOC, ma farò del mio meglio per evolvere la situazione psicologica dei personaggi in base allo svolgimento dei fatti che narrerò.
E ho detto tutto ^^
Non esitate a farmi sapere cosa ne pensate!
Buona lettura!



Capitolo 1


– Tom-san? – chiama Shizuo, guardando l’amico mentre rimette il telefono nella tasca della giacca. – Qualcosa non va?
L’interpellato scuote le spalle. – Spero di no. Dobbiamo fare un ultimo viaggetto, ti dispiace?
Shizuo scrolla le spalle. – Chi è? Abbiamo avuto una giornata tranquilla, non mi va di rovinarla.
Tanaka Tom sospira, grattandosi dietro il collo. – Si chiama Toshiro Kuromo, e spero davvero che non ce la rovini. Lo conosco di persona e, sebbene abbia sempre ripagato i propri debiti, tempo fa’ mi ha dato del filo da torcere.
– In che senso?
– Niente di complicato. I suoi modi tuttavia non mi piacciono molto. E, come se non bastasse, di recente sembra sia diventato letteralmente pazzo.
Shizuo non commenta, continuando a camminare al fianco dell’uomo. Avevano spesso incontrato persone fuori di testa, che per non pagare si erano addirittura buttate dal quarto piano di un palazzo. Il biondo ricorda amaramente quel giorno, in cui se la sono dovuto svignare per evitare la polizia, ma che in qualche modo erano comunque riusciti ad avere i loro nomi grazie a dei testimoni. L’uomo era morto sul colpo e tutti i sospetti erano ricaduti sui due. Per fortuna, Tom aveva i contatti giusti e la storia si risolse nel giro di una settimana. Lo stress era stato tanto, ed essere continuamente sorvegliati dalla polizia era un’esperienza che avrebbe volentieri evitato.
Le strade di Ikebukuro sono piene di ragazzi usciti da scuola dopo i rientri pomeridiani, e per questo acquisiscono un po’ di vivacità adolescenziale. Ciò rilassa molto il biondo, mentre gli ritornano alla memoria i momenti passati a scuola. Non che gli sia mai piaciuta, tuttavia quei giorni gli mancano un po’. Erano stati anni infelici, in cui farsi accettare era troppo difficile per una persona che aveva e ha ancora oggi una pazienza pari a meno cento. In qualche modo, era riuscito a farsi degli amici, con cui ancora oggi passava del tempo insieme (sebbene raramente) e si era anche trovato il “nemico del cuore”, come una volta lo aveva definito Shinra nel pieno di una sbronza, in cui non si era preso un pugno solo grazie a Celty. Erika, li definiva “amanti inconsapevoli”, che si amano ma che, non trovando modo di dare sfogo ai propri sentimenti, finiscono con l’odiarsi e a fare... meglio non indagare sulla seconda parte dei pensieri di una fujoshi accanita. Kadota, li aveva definiti “migliori amici al contrario”, con l’aggiunta di Togusa che aveva detto “migliori nemici”.
Beh, a Shizuo non importa come potesse essere definito il proprio rapporto con la pulce. Al solo sentire la sua puzza, le mani prudevano, e quando lo vede, la voglia di uccidere lo rende cieco quanto lucido delle proprie capacità di uccidere. E lo avrebbe fatto, prima o poi. Lo avrebbe seriamente mandato all’altro mondo.
– Stai pensando a Izaya? – chiede Tom, facendolo scendere dalle nuvole.
– Scusa – biascica l’interpellato, come se abbia un pezzo di formaggio in bocca che gli impedisce di parlare.
– Oh no! Non scusarti! – dice Tom, guardandolo con un sorriso accondiscendente. – Ieri ho incontrato per caso le sue sorelle, Mairu e Kururi. Mi sono sorpreso quando mi hanno fermato per strada! In realtà cercavano te, per chiederti se avevi visto il loro fratellone di recente. Quando ho detto che era più di due mesi che non lo incontravi sulla tua strada, non sono riuscite a nascondere la delusione dai loro volti.
– Chissà dove si sarà cacciato, a confabulare qualsiasi cosa che renda tutto più complicato del dovuto – commenta Shizuo con nervosismo.
– La penso anch’io così, e a quanto pare anche quelle due! Tuttavia, tutte le volte che Izaya abbandona la città per un qualche motivo lascia un avviso. Ma questa volta sembra che si sia volatilizzato nel nulla. Persino la sua segretaria lo sta cercando, ma non lo trova da nessuna parte – continua il racconto Tom, e un’ombra di sospetto s’insinua nella fronte corrucciata di Shizuo.
Effettivamente, di recente anche Celty gli aveva chiesto se avesse notizie di Izaya, dicendo che Shinra aveva bisogno di alcune informazioni che solo lui possedeva e che aveva urgenza di trovarlo. – Si starà facendo desiderare – ringhia dopo un po’. – Starà architettando qualcosa per buttare di nuovo questa città nel caos.
– Uhm, forse hai ragione – concorda riluttante Tom, voltando un angolo e iniziando a percorrere una strada piena di villette a schiera. È pressoché vuota, e il sole del tramonto, all’orizzonte, brilla di un arancione vivo, sfumando le nuvole in diverse tonalità del colore stesso, e affogandone qualcuna in un rosso vivo.
Tom si ferma quasi nel mezzo di quella strada, percorrendo il giardino e poi salendo le scale di una delle case. Bussa, e quasi immediatamente un uomo di media altezza e ricurvo sotto il peso dei propri anni (a occhio e croce sembra averne quaranta) apre la porta. Quando riconosce l’esattore, sorride in maniera inquietante. – Stavo aspettando una tua visita – dice, prima di rivolgere il proprio sguardo a Shizuo. Quest’ultimo rabbrividisce all’occhiata che riceve e, poco dopo, un odore nauseabondo gli invade le narici. – Ma prego, entrate. – Spalanca la porta, permettendo ai due di farsi avanti.
– Tom-san... – sussurra Shizuo.
– Va tutto bene, non preoccuparti – la risposta riluttante. Anche lui stesso è visibilmente preoccupato, e quell’odore nauseabondo non aiuta le cose.
Avanzano nella casa: il disordine ne è sovrano. Sembra sia passato un uragano, e che abbia lasciato in giro cose inquietanti. La maggioranza sono oggetti di metallo, accompagnati da maschere spettrali di demoni del folklore giapponese, e un trionfo di sedie rotte, ammucchiate in diversi angoli della stanza. Ci sono anche diversi oggetti che ricordano un museo di strumenti da tortura in disuso, ma è chiaro che la loro maggioranza sono stati fatti da mani inesperte, probabilmente ispirati a qualche manga. – Posso offrirvi un tè? – chiede Kuromo, indicando il divano per farli accomodare.
– No grazie – risponde Tom. Come da prassi, è meglio non accettare cibo e bevande dai propri clienti. – Siamo qui per riscuotere la somma che ti abbiamo prestato sei mesi fa’.
Shizuo si guarda intorno, a disagio in quella casa. Non sono solo gli oggetti intorno, ma quell’odore nauseabondo che l’ha raggiunto quando l’uomo ha puntato gli occhi vitrei su di lui. Era uno sguardo di derisione, misto a un altro di maligna ammirazione. Quest’odore... Shizuo lo conosce, ne è sicuro. Tuttavia, è come mischiato a un altro tipo di odore, meno riconoscibile tra gli altri e altrettanto familiare.
– Certamente – dice Kuromo, mentre i due si accomodano. – Una persona molto gentile ha deciso di compensare a tutti i miei debiti – spiega. – Ho anche un bel regalino per il biondino. – Gli occhi sono iniettati di una strana euforia, che assomiglia alla follia piuttosto che alla felicità. Si dirige verso una porta ma, prima di aprirla, prende una chiave inglese che giace su uno dei mobili.
Shizuo si rizza in piedi, pronto a un qualsiasi tipo di attacco, ma l’uomo lo ignora, ritornando verso la porta e aprendola. È in questo momento che l’odore peggiora, e Shizuo riesce finalmente a riconoscerlo. La pulce... è stata in quell’appartamento! Come ha fatto a non capirlo subito?
Vede l’uomo scomparire nell’ombra di quella camera. Diversi rumori iniziano a provenire da essa: del metallo che raschia contro qualcosa, un corpo solido sbattuto a terra. Poco dopo, l’uomo urla qualcosa: – Svegliati!
Tom guarda il biondo, alzandosi a sua volta dal divano. – Che cosa sta succedendo?
Shizuo non pensa più a niente, e si dirige in quella stanza. Il fetore presente fino a quel momento lo colpisce più violentemente del previsto, costringendolo a tapparsi il naso e a reprimere il senso di nausea derivante dal disgusto. L’uomo è accucciato a terra, accanto a un corpo di cui si riescono a scorgere appena le ombre. La stanza è buia, così Shizuo inizia a tastare il muro, nella speranza di trovare un interruttore che possa illuminarla, e lo trova poco dopo.
La luce scoppia furiosa, e Kuromo si gira, un ghigno dipinto sul volto. – Oh, sono felice che tu mi abbia seguito – dice. – Questo, è il mio regalo per te. – Si sposta, permettendogli finalmente di distinguere quel corpo nudo, steso a terra in una chiazza rossa che mette in risalto la carnagione chiara. Ma quest’ultima è piena di lividi, ustioni, ferite, tagli, squarci. Una delle gambe si trova in una posizione innaturale, e alcune delle dita dei piedi e delle mani sono storte.
E quando Shizuo vede il volto, fatica a riconoscerlo: la chiazza di sangue ha origine da uno squarcio presente tra i capelli corvini dell’uomo; il volto è tumefatto in diversi punti, e il labbro gonfio. Uno degli occhi addirittura non si riesce a distinguere.
Tutto ciò che Shizuo riesce a fare, è trattenere il conato di vomito e sussurrare il suo nome: – Izaya...

Non riesce a crederci. Sembra quasi un film, o una visione, o un sogno. Ma questo tanfo è pura realtà: un misto tra l’odore della pulce e del suo stesso sangue, e il puzzo di marciume presente in quella stanza.
– Oh mio Dio... – sussurra Tom, premendosi la mano sulla bocca. Shizuo si riprende dallo shock alla vista di quel corpo inerme.
– Che cosa gli hai fatto? – chiede all’uomo, spostando di poco lo sguardo per puntare gli occhi su di lui, ancora accucciato a terra accanto al corpo con la chiave inglese tra le mani.
– Prego? – chiede l’uomo, prima di scoppiare in una risata sinistra e maniaca. – Quest’uomo si diverte a rovinare vite. Mi ha quasi portato al suicidio! E chissà quante altre persone ha portato sul lastrico vendendo informazioni! – Gli occhi spalancati guardano il vuoto. Quell’uomo non è in sé, totalmente trasportato via dalla follia. – Io gli ho solo dato quello che meritava. Con gli interessi! – E scoppia in una nuova sguaiata risata. – Quest’uomo è il male di questa città. Tutto ciò che merita è dolore! DOLORE!
Shizuo trattiene un altro conato di vomito. Poi si avvicina a Kuromo, spingendolo da parte e inginocchiandosi di fronte il corpo inerme. – Oi! – lo chiama, iniziando a scuoterlo per una spalla. – Se questo è solo uno dei tuoi trucchi, giuro che...
– Shizuo – lo chiama Tom. – Questo non è uno dei suoi giochi.
Il biondo si volta per guardarlo con rabbia. – Certo che è uno dei suoi giochi! Lui non si fa’ mai prendere! Lui...
Kuromo lo blocca, dando sfogo a un’altra folle risata. – Lui è un essere umano! Commette errori, come tutti! Per prenderlo, basta colpirlo quando tutte le difese sono abbassate! Quando la stanchezza ha la meglio! E poi... – Stavolta non ride: lascia solo che un sorriso gli si espanda sul viso. Alza il braccio che termina con la mano stretta intorno al metallo della chiave inglese. È pronto a colpire, di nuovo. È pronto a concludere quello che da qualche mese sta portando avanti.
Shizuo lo blocca, sferrandogli un pugno in pieno viso. Questi cade all’indietro, sbattendo la testa contro il muro e perdendo i sensi.
– Chiamo il Dottor Kishitani – dice Tom, uscendo dalla stanza con il cellulare tra le mani.
– Tutto questo non può essere vero – sussurra incredulo Shizuo. – Izaya! – Lo scuote ancora, ma nessuna risposta perviene. Poggia due dita sotto il suo collo per controllare il battito. E lo sente, ma molto, troppo debolmente. La pelle, inoltre, sembra diventare sempre più ghiacciata a ogni secondo che passa.
Izaya sta morendo.





Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto!
Prima di concludere vorrei fare un ringraziamento particolare a Gioia che mi sostiene sempre fungendosi anche da ancora di salvataggio nei momenti peggiori, e a Rocchan che mi ha dato ottime idee per la storia e per il titolo. Vi voglio bene ragazze ♥

Recensite!
Un bacione
Yogurt

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2


Socchiude gli occhi, guardando il soffitto illuminato della propria camera. Dopo che Tom ha chiamato Shinra, Celty si è precipitata sul luogo. Hanno portato Izaya nell’appartamento del Dottore, e lì Shizuo non è più riuscito a trattenersi: è corso in bagno, vomitando qualsiasi cosa avesse nello stomaco. La vista di Izaya in quelle condizioni l’ha turbato molto, e non è mai stato un tipo che s’impressiona facilmente. Anzi, forse quella è stata la prima volta che si è ritrovato a vomitare per via del fetore.
L’uomo che ha causato ciò, il signor Kuromo, Celty l’ha intrappolato nella sua ombra (nonostante fosse già incosciente) portandolo con loro.
Shizuo prova a chiudere di nuovo gli occhi, cercando di prendere il sonno che non vuole raggiungerlo da quando è tornato a casa. Shinra era altrettanto scioccato delle condizioni di Izaya e, dopo un primo controllo, ha suggerito al biondo e a Tom di andare a casa e tornare il giorno dopo. Il biondo non è riuscito né a mangiare, né a dormire. Ancora adesso, lo stomaco è stretto in una morsa mentre i suoi pensieri non gli danno tregua, andando a finire (in un modo o nell’altro) sempre e solo sulla pulce.
Anche se al primo momento non ci ha pensato, è chiaro che Kuromo ha torturato Izaya, e che non si sarebbe fermato fin quando il suo cuore non avrebbe smesso di battere. E probabilmente, lo avrebbe ucciso proprio in quel momento, mentre alzava la chiave inglese per poterlo colpire di nuovo. Sarebbe stato un colpo mortale se non lo avesse bloccato. Che cosa ha combinato Izaya, questa volta? Come ha condotto quell’uomo alla follia? Dire che ha pagato per le proprie colpe, è poco. Quell’uomo è andato ben oltre, qualsiasi male abbia ricevuto.
Shizuo non riesce più a stare nel letto fermo a contemplare il sole dell’alba, che ormai invade la sua stanza da qualche ora. Così si alza, pronto a occupare i propri pensieri con qualsiasi altra cosa, ma non ci riesce. Si fa’ una doccia, prepara un’abbondante colazione, si accende una sigaretta, ma niente. Tutti i suoi pensieri sono incentrati su quella dannata pulce, e il suo stomaco non lo aiuta, facendogli venire il senso di vomito anche solo al sapore di un sorso di latte.
Quel tanfo, lo percepisce ancora, come se gli sia attaccato addosso come un parassita. E da quando è tornato a casa ieri sera fino a questo momento, si è fatto la doccia tre volte, utilizzando quasi tutti i propri flaconi di bagno schiuma e shampoo profumati. Niente da fare. Quella cosa nauseabonda è impressa nelle sue narici, e non ne vuole saperne di andarsene.
Esausto, Shizuo esce dal proprio appartamento, dirigendosi verso quello di Shinra. Ad aprirgli la porta è Celty, che lo fa accomodare in soggiorno mentre digita delle parole sul proprio PDA. “Hai una cera orribile.”
Il biondo annuisce, tentando di mettersi comodo sul divano. – Non sono riuscito a dormire e a mangiare niente. Lui come sta?
“Shinra ha chiamato suo padre, poiché non se ne intende molto di neurologia. E aveva bisogno di diversi macchinari. Sono ancora dentro a fare controlli” lo mette al corrente Celty. Il suo corpo sembra molto provato dalla notte insonne che anche lei ha dovuto subire.
– Sopravvivrà? – chiede ancora Shizuo e, vedendo le spalle della Dullahan abbassarsi, intuisce la risposta.
“Il suo corpo si rimetterà, ma i danni al cervello sono quelli che preoccupano di più Shinra.” Celty si prende una pausa, sedendosi accanto all’amico. “E anche se riuscirà a superare tutto, non sarà più se stesso. L’ha detto anche Shingen: probabilmente, non sarà più in grado di fare molte cose e...”
Shizuo non riesce più a leggere, scostando lo sguardo dal PDA e cercando di trattenere i conati di vomito. – Il suo cuore si è mai fermato durante la notte?
“Due volte.”
Shizuo si alza di colpo dal divano, camminando avanti e indietro nervosamente. – Devo parlare con quell’uomo – dice.
Celty annuisce, troppo stanca per discutere. Si alza a sua volta, conducendo il biondo in un’altra stanza. Kuromo è cosciente, intrappolato in una palla di ombra nera che gli lascia liberi solo la testa e il collo. Quando vede i nuovi arrivati, sorride malignamente. – Oh, finalmente qualcuno si degna di farmi visita. Potete liberarmi da questa gabbia nera, per favore?
– Quello sarà il tuo posto per un bel po’ di tempo – risponde Shizuo, dando voce agli stessi pensieri di Celty. – Dimmi un po’, cosa ti ha fatto Izaya per portarti a... fare quello che hai fatto.
L’uomo ride, meno sguaiatamente della sera precedente. – La domanda corretta è: cosa non ha fatto? Quell’uomo è la rovina di questa città. Sempre a cercare di sconvolgere e rovinare la vita altrui. Se ne va in giro, dicendo che ama gli esseri umani e guarda come si comporta con loro! – L’uomo sputa a terra, indignato. – Le tratta come sue pedine, e riesce a fargli fare qualsiasi cosa voglia. Le spinge fino al punto di rottura. Ed io ho solo voluto ripagarlo con la stessa moneta.
Shizuo sente la vena pulsargli sulla tempia e sul collo, la rabbia pronta a esplodere e a stento trattenuta. – Non hai ancora risposto alla mia domanda.
L’uomo punta gli occhi sul biondo, sorridendo sornione. – A me non ha fatto niente.
– Non prendermi in giro bastardo! – urla, le mani chiuse in dolorosi pugni pronti a fare del male.
– Non sto mentendo – spiega. – Una volta, Orihara Izaya mi disse che se si vuole colpire una persona, non bisogna farlo fisicamente, ma colpire un punto debole che nemmeno la persona stessa sa di avere. Gli esseri umani hanno tutti dei sentimenti e, se si vuole distruggerli, bisogna fare in modo che siano quegli stessi sentimenti a logorarli. Perché la fine che regalano è lenta, è dolorosa. E la fine non vuol dire morte fisica. Vuol dire morte psicologica, da cui non si potrà più uscire.
Shizuo rabbrividisce di fronte a quelle parole e la rabbia sembra slittare via dal suo corpo, lasciandogli un ammasso di adrenalina inutilizzabile. Anche Celty rabbrividisce e scrive velocemente qualcosa sul proprio PDA, porgendolo a Shizuo. “Questo vuol dire che la persona che intendeva colpire non è Izaya!”
Shizuo guarda l’uomo e sta per dire qualcos’altro, ma l’intrusione di Shinra nella stanza lo blocca. – Celty! – dice, prima di volgere lo sguardo al biondo. – Shizuo-kun, sei qui. Vieni con me.
Il volto del Dottore è distrutto dalla stanchezza, e persino i suoi modi di fare sembrano risentire della fatica. Shizuo lo capisce, e per questo lo segue senza fare domande. Entrano in una delle camere, quella dove entrambi i Dottori Kishitani si sono segregati per curare Izaya. E Shingen è ancora al suo interno, mentre controlla qualcosa al computer portatile collegato ai macchinari di cui parlava Celty.
Shizuo punta immediatamente i propri occhi sulla pulce, disteso nel letto sotto le coperte. Nell’aria c’è un forte odore di disinfettante, niente che abbia a che fare con il nauseabondo fetore. Per un qualche motivo, si sente tranquillizzato. Izaya sta dormendo, e diversi fili partono da diverse parti del corpo, collegati ai macchinari. Ha una mascherina sul volto, collegata a quello che sembra essere un respiratore, e tutto il suo corpo è ricoperto da bende, mentre il piede destro e le mani sono ingessati. Sul suo viso, sono ancora evidenti gli ematomi e il grande gonfiore sopra il sopracciglio. Nonostante tutto, sembra stare meglio di quando l’ha trovato, ore prima. Dopo un po’ di contemplazione, Shizuo nota il ticchettio che invade la stanza, e quando alza gli occhi vede un macchinario che controlla i battiti del cuore. La linea verde che si muove avanti e dietro, verticalmente e orizzontalmente, lo incanta per un momento.
– Shizuo – lo porta alla realtà Shinra, poggiandogli una mano sulla spalla.
– Come sta?
– Verità o bugia?
– Verità.
Shinra sospira, e Shizuo sposta lo sguardo da Izaya per poggiarlo sull’amico. – Tagli, ematomi, lividi, ustioni, ossa rotte. Sono cose che credo tu abbia già visto da solo, con i tuoi occhi. Nulla d’irreparabile, questo è chiaro. Ma quel tizio non si è limitato solo a questo. Credo anche che lo abbia... – Shinra si strofina gli occhi, alla ricerca delle parole giuste. – Credo lo abbia violentato, oltre che abusato del suo corpo come spugna antistress. Gli ha sicuramente procurato un grave scossone a livello psicologico.
Shizuo sente la testa girargli, e di nuovo il tanfo si fa largo tra l’odore del disinfettante. – L’ha... torturato?
– Sì. Per mesi. – Shinra sospira di nuovo. – Comunque, i danni esterni sono minori. Per quelli basterebbe qualche mese per riprendersi. I veri problemi non si vedono – dice. – Vieni, ti faccio vedere una cosa. – Si avvicina al letto, e Shizuo segue attentamente i suoi movimenti mentre avvicina le mani al viso di Izaya e poi, con due dita, gli apre le palpebre dell’occhio che si riesce a scorgere. Con orrore, Shizuo nota che una parte della cornea e della pupilla stanno sfumando dal loro colore originale, lasciando spazio a un azzurrino molto chiaro, tendente al grigio. – Questo è dovuto sia all’aver vissuto al buio per un periodo prolungato, sia ai diversi traumi celebrali che gli sono stati inferti nel tempo. L’ultimo che ha subito, presumo nelle ore precedenti del ritrovo, è stato il peggiore.
Shizuo non riesce a guardare oltre, e si allontana dal letto, sentendo il fiato mozzarsi e la gola stringersi come se ci fosse qualcosa che volesse tornare su dallo stomaco. Per sua fortuna, non ha toccato più cibo.
– Stai bene? – chiede Shingen, una maschera anti-gas sul viso.
– Io... – Il biondo cerca di calmarsi, e ci riesce a fatica. Il suo corpo sta reagendo in modo estremo a tutto ciò, e Shizuo incolpa la stanchezza. Si appoggia al muro vicino alla porta. – Che cosa gli succederà?
Shinra inizia a camminare, andando ad appoggiarsi sulla scrivania presente nella stanza e su cui il padre sta lavorando al computer. – Non lo so. Non possiamo saperlo con certezza. Tutto quello che abbiamo costatato, è che Izaya è in un coma di stadio avanzato. Non è ancora morto cerebralmente parlando, tuttavia ha subito diverse commozioni celebrali. A giudicare dal sangue incrostato nel naso e nelle orecchie, da qualche giorno ha iniziato sanguinare dall’interno. E ciò l’ha portato alla cecità. I danni saranno sempre maggiori con lo scorrere del tempo, e anche se si risvegliasse... – Shinra non termina la frase, lasciando in sospeso cose che è meglio non dire.
Emozioni contrastanti attraversano Shizuo, che si ritrova in uno stato confusionale. Sente il cuore battere a mille e il respiro mozzarsi. Perché? Perché si sente così? Perché il suo corpo è così sconvolto? Alla fine i piedi gli cedono sotto il peso del suo stesso corpo, e il buio lo avvolge.



Angolino nonsense

Autrice: E un altro capitolo è andato!
Izaya: Non si prospetta per niente interessante questa storia. Noiosa...
Shizuo: Oh? L’idea di vederti in quel letto mi alletta molto. Che ne dici di finirci davvero in coma?
Autrice: Su su, ragazzi state calmi...
Izaya: Non farmi ridere, Shizu-chan∼ Fai prima a dire che su quel letto vuoi solo fotter...
Autrice: STOOOOOOOOP! Non una singola parola in più!
Izaya: Aaaaah non bloccarmi sulla parte più bella!
Autrice: Recensite, grazie!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3


Il suo primo incontro con Izaya non era stato tra i migliori. Erano adolescenti particolari: Shizuo, con una forza sovrumana e una pazienza pari a zero; Izaya, con un’intelligenza sopraffina e un amore contorto verso il genere umano. Sin dal primo incontro, tutto quello che sono riusciti a fare è tentare di uccidersi a vicenda.
Forza bruta contro agilità e coltello.
Cieca rabbia contro astuzia.
Shizuo non lo avrebbe mai ammesso, ma se non ha mai perso contro Izaya è solo per la sua enorme resistenza e la sua capacità di non morire anche se investito da un camion. E non ha mai vinto poiché, quando si arrabbia, buona parte della sua razionalità sfumava nel nulla, e la pulce era sempre in grado di sfruttare ciò a proprio vantaggio. Ma per un motivo o per un altro, nemmeno lui è mai riuscito a vincere. Shizuo non si è mai chiesto il motivo. E non gli interessa.
C’erano delle volte in cui finivano in un posto qualsiasi, senza fiato dopo essersi rincorsi per ore per tutta la città, in cui metà della segnaletica stradale era stata sradicata. Quei momenti erano rari, molto rari, ed erano anche gli unici momenti in cui i due nemici si ritrovavano a parlare civilmente, per quanto la stanchezza permetteva.
– Perché non ti entra in testa che non devi far vedere la tua brutta faccia per Ikebukuro? – gli chiedeva ogni volta Shizuo. In questo ricordo, lui era seduto a terra, appoggiato a un muro di mattoni di un vicolo, mentre Izaya si era seduto su un bidone dell’immondizia vuoto di fronte all’altro. Era più provato rispetto al biondo: il respiro pesante, il sudore evidente sul collo e sulla maglia attillata, e un rivolo incrostato di sangue al lato della bocca.
Il moro sorrise, incapace di ridere. – Come potrei lasciare per sempre Ikebukuro? Questa città e i suoi abitanti sono perfetti per giocare.
Shizuo sputò a terra. – Ma non farmi ridere. Tutto quello che sai fare è sconvolgere la mia tranquillità.
– Shizu-chan, vorresti dirmi che non ti diverti quando le cose sono movimentate?
– Ovvio che no! – urlò quella volta, iniziando a tossire a causa dell’aria fredda che gli s’incrostò in gola. Aveva sudato molto e non si sarebbe meravigliato se gli sarebbe venuta la bronchite. – E tu lo sai anche bene.
Izaya scrollò le spalle. – Sarebbe noioso se non ci fossi io, almeno questo devi ammetterlo!
– Tsk.
E così, il moro scoppiò in una piccola risata, mentre si passava una mano sul volto. – I miei adorati esseri umani mi saranno grati. Sconvolgo le loro vite quel tanto che basta per renderle interessanti. Io li amo, e solo per questo dovrebbero adorarmi allo stesso modo in cui si adora un Dio! – l’euforia si fece largo tra la stanchezza per la lunga corsa, e Shizuo vide quel luccichio di follia che, per quanto odiasse, era pur sempre familiare.
– Il tuo amore non sarà mai ricambiato. Tu sei un folle.
Izaya si alzò dai bidoni, con un piccolo e agile salto. – Mi sta bene. Se questa è pazzia, la accoglierò a braccia aperte e la mostrerò a tutti nel suo immenso splendore! – Adesso aveva gli occhi sognanti rivolti verso il cielo e le braccia spalancate.
– Ma non farmi ridere – lo interruppe Shizuo, riportando l’attenzione del nemico su di sé. – Sei un lurido essere umano che si diverte a manipolare le cose. Sei il degrado di questa città.
Izaya si avvicinò a Shizuo, affiancando le gambe stese dell’altro e accucciandosi per essere al suo stesso livello. – A me non importa quello che sono e quello che sembro. Io sono felice così, e non cambierei per nessuno al mondo.
Shizuo lo scrutò per un secondo negli occhi. Erano seri e allo stesso tempo spietati. Sembravano non nascondere nulla, ma Shizuo lo riconobbe comunque: un luccichio di paura e di sofferenza. Tuttavia, cacciò qualsiasi tipo di pensiero che potesse condurlo a giudicare quella pulce in maniera differente. – Tu stai scappando – gli disse. – Sei così perché non fai altro che scappare.
Izaya sorrise, e si lasciò andare a una breve risata mentre, in uno scatto veloce, poggiava la punta del proprio coltello sulla guancia del biondo. Non voleva fargli del male, questo apparve chiaro a entrambi. Era stanco, e desiderava solo rinchiudersi in casa e riposarsi. – L’unica cosa da cui sto’ scappando sei tu, Shizu-chan.

Quando si risveglia, Shizuo è disteso in un futon, in una stanza che non è la sua. Al suo fianco non fatica a riconoscere Celty. Il casco che indossa è abbassato su di lui e, poco dopo, la vede appuntare qualcosa sul PDA. “Come ti senti?”
Gli gira la testa, e lo stomaco gli duole dalla fame. Tutto sommato, sta bene. – Che cos’è successo?
Celty si alza, uscendo dalla stanza e tornando dopo qualche secondo con Shinra al suo fianco. Il Dottore lo guarda preoccupato e stanco, due profonde occhiaie a solcargli gli occhi. – Ti senti meglio? Hai avuto un attacco di panico e sei andato in iper-ventilazione, prima di svenire – spiega.
– Attacco di... panico?
Shinra annuisce. – Presumo sia post traumatico. Qualcosa che hai visto o subito in passato e che è tornato a galla quando hai sentito delle condizioni di Izaya. La stanchezza probabilmente ha avuto un ruolo determinante.
Shizuo si mette a sedere. In parte sa di cosa Shinra sta parlando e, sebbene non ne sia sicuro, potrebbe risalire a quando era bambino e legato a quella giovane donna che aveva un piccolo negozio dopo la stazione, sulla strada che portava da scuola a casa. – Sì, credo sia possibile – risponde, scacciando via quel ricordo.
– Beh, l’importante è che tu stia meglio. Ti consiglio di tornare a casa e riposare. Se ne hai bisogno, posso darti qualche sonnifero.
– Te ne sarei grato.
– Okay – conclude Shinra, rimettendosi in piedi e uscendo dalla stanza, seguito poco dopo anche da Celty e Shizuo.
Ricevute le sue pillole, Shizuo è pronto per tornarsene a casa e tentare di avere una dormita decente, quando Shinra lo blocca. – Mi dispiace darti disturbo, ma potresti accompagnare Celty? Deve andare nell’ufficio di Izaya e vedere se riesce a trovare la segretaria. Mi sentirei più sicuro se tu andassi con lei.
– Non c’è problema. Tom-san mi ha dato la giornata libera e non ho molto altro da fare – annuisce Shizuo.
“Posso andare anche da sola” ribatte Celty, senza rabbia.
– Lo so, ma è più bello essere in compagnia, non trovi? – sorride Shinra con fare innocente. Anche troppo, per i gusti di Shizuo.
La Dullahan scrolla le spalle ed esce dalla casa, lasciando momentaneamente i due da soli. – Di cosa hai paura precisamente? – chiede il biondo.
– Izaya aveva la sua testa in quell’ufficio. La mia è solo una precauzione – risponde l’altro mentre si aggiusta gli occhiali sul naso. Sebbene non lo lasci intravedere, sembra nervoso. – Tienila d’occhio e, se succede qualcosa, trascinala fuori dall’appartamento e portala da me.
– Hai ancora paura che possa abbandonarti se trova la propria testa?
– Uhm, qualcosa del genere.
Il viaggio in moto non dura molto e, una volta a Shunjuku, Shizuo sente un brivido attraversargli la spina dorsale. Probabilmente, il rapimento della pulce è avvenuto in uno di quei vicoli, probabilmente dopo il loro ultimo inseguimento risalente a qualche mese prima. Non era stato niente al di fuori del normale: insulti che volavano insieme a oggetti, risate accompagnate da coltellini volanti, fiati corti e gambe che si muovevano velocemente. Tutto come il solito, niente di anormale. Eppure, chi lo avrebbe mai detto che avrebbe trovato Izaya sospeso tra la vita e la morte dopo essere stato torturato per mesi? Sembra un sogno, o uno dei suoi giochetti, venuto fin troppo bene per essere finzione. Shizuo, per un qualche motivo, fatica ancora a credere che questa sia la realtà, continuando davvero a pensare che sia solo uno scherzo di cattivo gusto, sebbene non sappia a quale logica appoggiarsi.
Quando arrivano all’appartamento di Izaya, la porta d’ingresso è socchiusa, così entrano bussando il campanello per annunciare la propria presenza. Al suo interno trovano una donna con dei lunghi capelli castani, che Shizuo trova familiare. Impiega qualche secondo per collegare quella donna a una tizia che ha visto in passato e che, dalle parole di Shinra, è innamorata del proprio fratello minore. È in piedi di fronte a una grande scrivania e ha diverse carte in mano, che maneggia come se fosse alla ricerca di qualcosa. Quando si volta, guarda i due senza alcuna espressione, soffermandosi soprattutto sul biondo. – Se stai cercando Orihara Izaya, non lo troverai qui – gli dice e, senza aspettare una risposta, si volta verso Celty. – Ti ha mandato il Dottor Kishitani?
Celty le si avvicina, mostrandole il telefono dopo aver scritto qualcosa. La donna sospira. – Quel dannato. Non sa mai quando smetterla – dice. – Beh, si è cercato da solo quello che gli è successo.
– Uhm, scusatemi per l’interruzione – interviene la voce di una terza persona. È un uomo sui trent’anni, vestito in un abito elegante di cui però non porta la cravatta. – Stavo cercando Orihara-san, ma a quanto pare non lo troverò nemmeno oggi. Sbaglio?
– Shiki-san, temo che Orihara Izaya non sarà più in grado di lavorare per lei – risponde la segretaria della pulce.
– Gli è successo qualcosa, Namie-san?
– Sono venuta a saperlo proprio adesso. È in coma di stadio avanzato – risponde tranquillamente la segretaria, che si chiama Namie a quanto pare. – E da quello che ho capito, le possibilità che si riprenda sono prossime allo zero.
– Coma? Davvero? Com’è potuto accadere? – chiede l’uomo, Shiki. Guarda Shizuo, come se si aspettasse una qualche risposta. Ci vuole qualche secondo prima che riconosca la divisa da barista e i capelli biondi. – Tu non sei Heiwajima Shizuo?
– Sì, sono io – risponde l’interpellato. – E se ve lo state chiedendo no, non l’ho portato io al coma. Mentre stavo lavorando, ho trovato il suo corpo in fin di vita a casa di uno dei clienti. – Shizuo non ha idea se c’è veramente bisogno di una spiegazione. A causa degli sguardi accusatori che Shiki gli ha rivolto involontariamente, si è semplicemente sentito in dovere di specificare, nonostante un nodo gli attanaglia nuovamente lo stomaco e il disgusto gli risale per la gola al ricordo. Ancora una volta, ringrazia per non aver mangiato niente nelle ormai ventiquattro ore passate.
– Questa non ci voleva. Orihara-kun è il miglior informatore che ho – dice Shiki, rivolgendosi poi a Celty. – Se c’è qualcosa che posso fare o concedervi, non esitate a chiedere.
– Effettivamente, il Dottor Kishitani avrebbe bisogno di alcune cose – risponde Namie.
– Bene, fai una lista e inviami un’e-mail quando tutto è pronto.
– Va bene.
Shiki si rivolge poi alla Dullahan. – Celty-san, deduco che vi state prendendo cura di Orihara-kun. Appena posso, farò un salto per venirlo a trovare.
Celty annuisce, scrivendo alcune cose sul proprio PDA e mostrandolo alla donna, mentre Shiki si congeda. Quell’uomo è familiare a Shizuo: intorno a sé ha un’aura d’inquietudine e molto probabilmente trasmette terrore nelle persone che gli sono intorno. Il biondo ha una certa familiarità con quell’aria, e in un certo senso si riconosce al suo interno.
Scuotendosi dai propri pensieri, esce dall’appartamento di Izaya con Celty al proprio fianco. Lo accompagna a casa in moto, fermandosi giusto per scambiare due parole. “Come ti senti?”
Il biondo rimane leggermente interdetto. – L’ho già detto, sto bene. Quello che è successo quando ho saputo delle condizioni della pulce... è un caso isolato. Non si ripeterà più.
“No, non è questo che mi preoccupa” spiega Celty. “Tu odiavi Izaya, eppure hai reagito in quel modo. A cosa è legato? Sei sicuro che non succederà di nuovo?”
Shizuo sospira, appoggiandosi al muro che ha alle proprie spalle. – Io non lo so. Ho la netta impressione che questo sia solo un sogno, e che prima o poi mi ritroverò quella dannata pulce davanti che mi schernisce. Perderò la pazienza e poi sarà la solita dannata storia. – Abbassa la testa, passandosi una mano tra i capelli. – So che non sarà più così. Quello che Izaya ha subito... Credo che se lo sia meritato dopo tutto ciò che ha fatto a me e a questa città. Si divertiva a giocare e rigiocare con la vita degli altri, prendendo per i fondelli chiunque gli capitasse a tiro solo per una propria perversa passione. Io non posso reggerlo, e non ho intenzione di farlo. – Finalmente, Shizuo si sente un minimo più leggero. La sua mente non ha fatto altro che bombardarlo con pensieri riguardanti il moro per tutto il giorno, e più tenta di allontanarlo e più questo torna prorompente. Si sente sopraffatto dalle proprie emozioni, e comunque non riesce a riconoscerle. – Quell’uomo... Kuromo... è andato oltre i limiti. Che tu sappia, Izaya ha mai ucciso una persona?
Celty scuote la testa, appuntando qualcosa sul PDA, mostrandolo poi a Shizuo: “Una volta ha spinto una ragazza a buttarsi da un grattacielo. Ma io ero lì e lui sapeva che sarei intervenuta. Secondo Shinra, il motivo per cui mi ha affidato un incarico riguardante la ragazza era solo per salvarla e aiutarla a passare qualsiasi cosa avesse passato”.Il biondo la guarda con un sopracciglio alzato, piuttosto perplesso, e la Dullahan si sente in dovere di specificare: “Anch’io, quando Shinra mi ha detto questo suo punto di vista, ho faticato a credergli. Stavamo pur sempre parlando di Izaya, e di lui è difficile fidarsi! Però... non ha mai ucciso una persona, questo lo so”.
– Se è così... quell’uomo ha esagerato. E adesso Izaya ne pagherà le conseguenze. – L’amaro avanza nella bocca al biondo che, quando vede Celty allontanarsi per la propria strada, sussurra: – Avrei preferito non saperlo.


Angolino nonsense

Izaya: Aaaaaw che carino Shizu-chan∼
Shizuo: Non ricominciare, pulce.
Izaya: Oh andiamo, non essere così rigido… Hai anche avuto un attacco di panico a causa mia!
Shizuo: Ma sei cieco? Non l’ho avuto a causa tua!
Izaya: Certo certo∼
Shizuo: E scollati, sei petulante.
Autrice: Che carini che siete :3
Shizuo: Non iniziare anche tu, grazie.
Autrice: Brrrr come sei freddo. Fatemi sapere i vostri pareri!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


Passa qualche settimana, e ancora i pensieri di Shizuo si concentrano sulla pulce e sullo stato in cui è ridotto. Va a fare visita diverse volte a Shinra e Celty, ma non riesce a entrare nella stanza per vedere Izaya disteso in un letto e collegato ai macchinari che al momento lo aiutano a restare in vita. È come se non volesse rovinarsi la convinzione che la pulce possa comparirgli davanti da un momento all’altro per insultarlo e farsi poi inseguire per tutta la città. E in un certo senso, ci spera. Diverse volte, mentre era al lavoro con Tom, si è voltato, come richiamato da una voce familiare, per poi non trovarsi nessuno davanti. Ed è capitato anche troppe volte nel corso di una settimana, tanto da iniziare a pensare che la sua stesse diventando una fissazione. E quando lo racconta a Shinra, lui non sembra sorpreso.
– Non me lo aspettavo – dice. – Tra tutte le persone, tu sei quello che sta soffrendo di più per la sua condizione.
– Ma il mio unico desiderio è sempre stato quello di ucciderlo e...
– Sinceramente, credo che non sia così – lo interrompe Shinra. – Tu hai un cuore puro, Shizuo. E anche se il tuo desiderio è di uccidere Izaya, non ci saresti mai riuscito. Quante volte ne hai avuta l’occasione ma hai lasciato correre?
Il biondo resta in silenzio, mentre abbassa lo sguardo sulle proprie mani. Tante. La risposta è quella, e solo adesso se ne rende conto. Tutte le volte in cui erano sfiniti dopo le lunghe corse, Izaya non abbassava la guardia ma risentiva più di Shizuo della fatica. E il biondo non ne aveva mai approfittato. Mai. Salvo poi innervosirsi quando gli compariva davanti di nuovo, con la sola voglia di ucciderlo.
– Izaya lo sapeva, sai?
– Cosa?
– Ne abbiamo discusso qualche annetto fa’.

Doveva essere uno dei giorni di riposo di Shinra, quello. Avrebbe goduto del proprio tempo libero in tranquillità e... avrebbe cercato di sbirciare Celty mentre era in doccia. Ed era quasi riuscito nel proprio intento, quando il campanello di casa era suonato. Aveva fatto finta di niente, continuando ad avanzare verso la propria meta, quando la voce di Izaya si era fatta sentire oltre la porta d’ingresso. – Shinra? Non ignorarmi, lo so che sei in casa! – aveva detto bussando altre volte. Il Dottore era deciso a ignorarlo e stava socchiudendo la porta del bagno, quando altre parole risuonarono: – Se non apri entro dieci secondi, dico a Celty che stai tentando di spiarla mentre è in doccia!
Shinra si precipitò alla porta d’ingresso, urlando: – Come diavolo fai a saperlo!?
Izaya era davanti a lui, con un sorriso di scherno sul viso. – Oh? Quindi avevo ragione.
La consapevolezza si fece largo nel Dottore, che abbassò la testa in arresa. – Mi hai fregato.
– Non sei diverso dagli altri quando si tratta di amore – fu la risposta di Izaya mentre si faceva largo in casa.
– Allora? Perché sei qui? – Shinra lo seguì in soggiorno.
– Ho bisogno di alcune medicazioni. – Il padrone di casa annuì, andando in un’altra stanza e poi tornando dall’ospite con la cassetta del primo soccorso. Izaya si era già tolto la giacca, alzato le maniche della maglia impregnata di sangue e seduto sul divano. – Come ti sei fatto questo brutto graffio? – chiese, osservando la ferita e iniziando a pulirla dal sangue incrostato. – Non è profonda ma forse saranno necessari alcuni punti.
– Procedi pure.
Shinra si concentrò sul proprio lavoro. Ci vollero quattro punti e, una volta finito con il filo, prese delle garze sterili. – Allora? Come ti sei procurato questo taglio?
– Shizu-chan mi ha lanciato contro un distributore automatico e poi mi ha ricorso per tutta la città. Non so dire con certezza quando me lo sono fatto – risponde con leggerezza, guardando il soffitto.
– La cosa che più mi stupisce, è che abbia squarciato la maglia ma non il giubbino – disse Shinra, lanciando un’occhiata di sospetto al giubbino.
– Me lo sono sfilato perché avevo caldo.
– Eeeeeeh, che cosa insolita da parte tua.
Izaya scrollò le spalle. – Anch’io ho caldo, ogni tanto.
– Non ne dubito ma, conoscendoti, sei un tipo piuttosto freddoloso. – Shinra sospirò, ultimando il proprio lavoro. – Comunque è la terza ferita che ti sei procurato in meno di due settimane e sempre a causa di Shizuo. Mi stai nascondendo qualcosa?
– Se non ti lasci mai prendere, la bestia prima o poi si scoccerà di rincorrerti – disse Izaya mentre rimetteva il proprio giubbino. – E delle ferite sono dei piccoli prezzi da pagare.
– Prima o poi Shizuo-kun arriverà ad ucciderti per davvero.
– Non si direbbe, ma sto aspettando quel momento.
Shinra lo guardò interdetto. – Che vuol dire che stai aspettando quel momento? Davvero hai voglia di morire?
Izaya scoppiò in una piccola risata, guardando l’amico con sguardo tagliente. – Ovviamente no. E sai, mi fa’ leggermente paura la morte. Di certo non è un qualcosa per cui spasimo.
– Eppure il più delle volte la vai cercando – lo riprese Shinra.
– Stai fraintendendo. Non sono io che la cerco, è lei che viene da me. E purtroppo molto spesso devo averci a che fare.
– Continuo a pensare che tu la stia cercando. – Si alzarono dal divano in contemporanea, e il Dottore accompagnò l’ospite alla porta. – Non dovresti tendere troppo la corda con Shizuo. Finirà per spezzarsi e allora non ci sarà più niente che lo possa fermare dall’ucciderti.
Izaya scrollò le spalle, aprendo la porta d’ingresso. – Shizu-chan è un uomo troppo buono – disse. – Se mi ucciderà, sarà divertente vedere come il suo animo puro diventa nero pece. Vincerò in quel caso.
– Un animo nero come il tuo?
– Sei cattivo Shinra! – si lamentò cantilenante il moro, assumendo un’espressione da manga comico prima di tornare serio. – In ogni caso ci vorrà un lungo lavoro, e delle volte ho l’impressione che non ci riuscirò mai. In quel caso l’avrebbe vinta Shizu-chan.
– Eh? Quindi tu miri a farlo diventare un mostro? Non volevi ucciderlo?
Izaya sospirò. – Come il solito sembra che tu viva in un mondo a parte. Ci vediamo – disse allontanandosi per le scale mentre scuoteva la mano in aria.
– Sì, ma lo sai anche tu che io ho sempre ragione!
– Come preferisci! – fu la risposta seccata, che rimbombò nei corridoi.
– Sono davvero curioso di sapere a cosa punti – sussurrò Shinra, più a se stesso che all’amico.

Shizuo abbassa lo sguardo sulle mani, mentre Shinra lo guarda incuriosito dopo avergli raccontato di questa vecchia discussione. – Non capisco – dice infine il biondo, sentendosi sotto pressione a causa dello sguardo dell’amico. – Sarebbe arrivato a morire pur di raggiungere il proprio scopo e far diventare me un mostro? Cosa gli passava per la testa?
Il Dottore scuote le spalle, iniziando a dondolarsi sulla sedia e a guardare il soffitto. – La psicologia di Orihara-kun è un campo sconosciuto anche per me. Capire cosa gli passa per la testa è sempre stata un’impresa, ma non è una cosa impossibile. Credo che lui nutrisse interessi nei tuoi confronti.
– Aveva un interesse nei miei confronti? Perché?
– A Izaya incuriosiva che, anche non volendo, tu riesca ad attirare persone. Tu le allontani... tuttavia sei come il miele per gli orsi. Nonostante la maggioranza ti tema, ci sono persone che ti ronzano intorno e trovano piacevole avere una conversazione con te o anche diventare tuoi amici. Credo che in realtà ammirasse per questa tua caratteristica, e per questo covava rancore. – Shinra abbassa lo sguardo su di lui, scrutandolo con attenzione. – Izaya ha avuto diversi problemi in passato. Le persone che non sono sane di mente non lo sono a caso o per scelta. Spesso sono indotte a ciò da qualcosa di più grande di loro.
Shizuo corruga la fronte. – Quindi è vero che Izaya non era sano di mente?
Shinra sorride. – Nessuno lo è. Neanche tu ed io. Sinceramente non ho idea se esista davvero qualcuno che sia sano di mente. E anche se ci fosse una persona che davvero lo è, sarebbe quello più malato di tutti poiché si trova in una società che non va d’accordo con il proprio essere.
– Parli come lui.
– Perché la pensiamo allo stesso modo – spiega Shinra. – Il carattere di ogni persona è forgiato a seguito di eventi e di persone. La vita è lunga e ogni persona può cambiare carattere anche ogni giorno, secondo di chi ha davanti. Ci si adatta, per dire, e credo che questo porti alla normalità. Anche se penso sia una cosa più contorta e complicata di quello che sembra.
Shizuo annuisce, trovandosi d’accordo con le parole di Shinra. – Lui la pensava allo stesso modo?
– Non ne abbiamo mai discusso, ma deduco di sì – risponde. Shinra si gratta il collo, abbassando di nuovo lo sguardo sul biondo. – Per Izaya era un argomento tabù. Non ha mai voluto raccontarmi del suo passato esplicitamente. Tuttavia, qualche volta abbassava un po’ le difese e me ne parlava. Anche se solitamente era sotto l’effetto dell’alcool o della morfina.
Shizuo nota che l’amico trattiene a stento un sorriso, e ci mette qualche secondo prima di chiedere: – Morfina?
Il Dottore sospira, stranamente felice. – Diciamo che, qualche volta, Izaya è stato portato qui da Celty e da Shiki-san dopo essersi preso qualche pallottola... o che sia venuto qua per farsi curare qualche ferita un po’ più profonda. E diciamo che... qualche volta, gli ho somministrato più morfina del dovuto. – Shinra sorride e gesticola a ogni parola. Una lacrima gli esce dagli occhi, mentre guarda le mani incrociate sul tavolo. – Era esilarante vederlo perdere ogni inibizione e dare i numeri senza che poi ricordasse. Anche se il più delle volte diceva cose senza senso, quando gli chiedevi perché era così stronzo, rispondeva lucidamente, raccontando fatti del suo passato. Beh, attualmente non ho idea se quello che diceva sia vero o una bugia. Ogni volta raccontava qualcosa di diverso. – Shinra si alza, stiracchiando la schiena. – E inoltre, Izaya non reggeva per niente l’alcool.
Shizuo annuisce. – Qualche volta me lo sono ritrovato davanti ubriaco.
– E una volta me lo hai portato anche qui, non riuscendo a togliertelo da davanti e non volendo infierire su di lui in quello stato.
Shizuo ricorda. Era successo quando stava frequentando il suo ultimo anno alla Raira. Stava tornando a casa dopo aver passato il pomeriggio con i suoi compagni di classe per un progetto da dedicare al festival annuale, quando Izaya gli era praticamente finito addosso, cadendo a terra e rompendo la bottiglia di rum che aveva in mano. Shizuo, non avendolo riconosciuto, si era scusato e lo stava aiutando ad alzarsi da terra, quando il ragazzo era scoppiato in una risata fragorosa. – Quindi sei gentile ogni tanto! – aveva detto mentre rideva e singhiozzava allo stesso tempo, strascicando con la lingua le poche parole che gli erano uscite dalla bocca.
L’odore penetrante dell’alcool proveniente dal suo alito fece storcere il naso a Shizuo, e il fastidio lo invase quando l’altro si appoggiò a peso morto su di lui, salvo poi tentare invano di rimettersi dritto e cercare di mantenersi in piedi da solo. – Bella mossa ubriacarsi quando il sole non è ancora scomparso del tutto. Se ti beccano sarai nei guai – lo rimproverò, da buon senpai qual’era.
– Ma chi se ne frega! – aveva urlato Izaya. – La mia vita fa’ già schifo di suo. Che cosa potrebbe andare peggio?
– Tsk. – Shizuo lo spinse vicino al muro accanto al quale si trovavano. A causa delle sue urla, avevano attirato diversi occhi. E il fatto che Izaya non si reggeva in piedi, non aiutava la faccenda. Avrebbe tanto voluto ammazzarlo di botte, ma Shizuo non era così stupido. Farlo in pieno giorno, e dopo che le persone lo avevano visto con la pulce, sarebbe stato come sbandierare che era stato lui stesso a ucciderlo. E ormai aveva anche l’età per andare in prigione. Non era così stupido. – Ti porto da Shinra – aveva concluso infine, alzandolo da terra e caricandolo sulla spalla come un sacco di patate.
– Mettimi giù! – aveva protestato Izaya, dando qualche pugno dietro la schiena del biondo e muovendo i piedi nel tentativo di fargli mollare la presa.
– Smettila di muoverti e tappati quella bocca – fu la risposta irritata. – Dovresti ringraziarmi che non ti lasci marcire in mezzo alla strada. Potresti finire in bei guai, te ne rendi conto?
– Chi se ne frega – aveva sussurrato Izaya, in maniera infantile. Shizuo stava cercando di trattenersi con tutto se stesso e, quando aveva visto alcuni agenti della polizia fermi a una decina di metri più avanti, era stato costretto a cambiare strada, allungando drasticamente il tragitto e innervosendosi ancora di più.
– Shizu-chan, mettimi giù – aveva poi detto di nuovo il moro, quando ormai erano vicini alla fine del vicolo che aveva imboccato.
– Sta zitto.
– Ho la nausea... devo vomi..! – quelle parole fecero muovere velocemente il biondo, che poggiò il moro a terra un secondo prima che questi iniziasse a vomitare tutto.
Shizuo spostò lo sguardo disgustato, sentendo l’altro respirare pesantemente e rigurgitare altro liquame. Ci volle qualche minuto prima che Izaya si riprendesse, e il biondo dovette anche aiutarlo a spostarsi dal vomito per non sporcarsi.
– Che schifo – aveva detto infine il moro, contemplando con disgusto il proprio vomito.
– Te la sei cercata – aveva replicato il biondo, abbassato accanto a lui.
– La colpa è sempre mia.
– Ovviamente, dannata pulce. – Dopo quelle ultime parole, Izaya non aveva più parlato. Era semplicemente rimasto lì, a contemplare il nulla con occhi inespressivi. Shizuo sentì l’irritazione salirgli nelle vene. – E smettila di guardare il vuoto con quegli occhi da pesce morto.
Izaya alzò lo sguardo su di lui, per poi riabbassarlo. – Li odio – aveva sussurrato.
Più esausto del dovuto, Shizuo rialzò da terra il moro, che ancora barcollava. Questa volta non se lo caricò in spalla, temendo che un nuovo attacco di nausea lo spingesse a vomitare ancora. Si cinse da solo le sue braccia intorno al collo da dietro, e lo sostenne per le gambe circondandosi la vita, facendolo così stare sulla propria schiena. Si riavviò verso l’appartamento di Shinra, evitando le strade trafficate. Era a metà strada dalla destinazione, quando voltò di poco lo sguardo sulla testa di Izaya, che era immobile sulla sua spalla. Il respiro era più regolare rispetto a prima, ma gli occhi socchiusi indicavano che il moro non stava dormendo (anche se era sulla buona strada per farlo). – Perché ti sei ubriacato in pieno giorno? – gli chiese infine, riportando gli occhi sulla strada e non nascondendo la propria curiosità.
– Perché me lo chiedi?
– Perché non sembra una cosa da te.
– Shizu-chan... Tu mi odi, vero? – sussurrò Izaya, abbassando la testa e appoggiando il naso sul collo dell’altro, trovando quella posizione più confortevole.
– Che domande fai? È ovvio che ti odio!
Shizuo avvertì sulla pelle del collo un sorriso e un soffio di fiato, e rabbrividì – Lo so... non sei l’unico – fu la risposta, che lasciò il biondo interdetto. E le parole successive, lo confusero ancora di più. – Vorrei che fossero come te.


Angolino nonsense

Autrice: Ecco a voi il quarto capitolo! Sinceramente è uno dei miei preferiti. Dopotutto, non trovate Shinra adorabile? **
Izaya: Ma dove? Quel quattrocchi del cavolo mi ha drogato più di una volta!
Autrice: E che male c’è se può cavare la verità anche da una persona complessa come te?
Izaya: Spero tu stia scherzando! Quell’essere mi ha utilizzato come cavia!
Shizuo: Come se tu avessi fatto qualcosa di diverso per tutta la tua vita...
Autrice: Non è vero che ti stava usando come cavia...
Izaya: Certo, dopotutto mi stava solo estorcendo informazioni personali!
Autrice: Non è una cosa tanto negativa... credo...
Shizuo: Izaya ha ragione. Shinra ha sbagliato... a non ucciderlo con una dose eccessiva di morfina.
Izaya: Shizu-chan, la parte dello stronzo è mia opera, non provarci.
Autrice: *sospira* Ma chi me l’ha fatto fare?
Izaya: Recensite e per favore confermate che siete anche voi contro il fatto che Shinra mi estorce informazioni personali a tradimento!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Note importanti:
Mi scuso in primis se posto a quest’ora. Ho avuto una giornata piena oggi e mi sono ritirata tardi.
Durarara!! è finalmente finito e adesso sappiamo come sono andate le cose. Volendo potrei modificare la storia e adeguarla al finale dell’anime, giacché sono ancora in tempo. Tuttavia non riuscirò mai a far combaciare questa storia come un sequel di quello che succede dopo ketsu.
Quindi il finale da cui parte la storia è diverso da quello dell’anime (o della novel, che dannazione devo trovare il tempo di leggere). E questo è ciò che volevo dirvi.
Grazie per le recensioni che mi avete fatto e per chi segue (anche se in silenzio, lo so che ci siete, io posso vedervi °w°).
Buona lettura!


Capitolo 5


Izaya aveva il fiato corto e il cuore batteva a mille. Si era appoggiato al muro nel tentativo di riprendere fiato. Shizu-chan era diventato veramente agile nel corso degli anni, e adesso era in grado di competere con le capacità di parkour del moro. Tuttavia era una persona che non adorava tirarle per le lunghe: più cercava di prenderlo, più faceva mosse azzardate, più perdeva tempo e più Izaya riusciva ad aumentare le distanze. Era il gioco del gatto e del topo, e lo divertiva da matti vedere come Shizu-chan quasi si spaccava la schiena mentre sradicava pali e alzava distributori automatici (anche se rompersi la schiena non rientrava nel vocabolario del biondo da anni). Aveva un che di affascinante vedere il sorriso sadico dipinto sul suo viso, per essere sostituito dopo qualche ora da una smorfia contratta di fatica. Adorava il modo in cui urlava il suo odio per le strade di Ikebukuro, mostrando la propria natura. Adorava il modo in cui tentava di ucciderlo. All’inizio pensava che fosse perfino creativo, ma dopo tanti anni era diventato un qualcosa di monotono.
Izaya era un masochista e ne era consapevole. Quante volte si era spinto ai limiti con quel mostro, danzando con la morte e riuscendo sempre e comunque a sfuggirle? Era sicuro che un giorno quel suo ballo sarebbe terminato nel peggiore dei modi, e vedeva quel momento con terrore. Un giorno Shizu-chan lo avrebbe ammazzato per davvero, e solo allora Izaya avrebbe visto la vetta della vittoria. Certo, la morte lo avrebbe raggiunto prima di poter realmente festeggiare, ma questo non gli importava.
Immerso nei propri pensieri e con un sorriso a espandergli il volto, Izaya ci mise qualche secondo a registrare un rumore provenire dalla parte opposta in cui stava guardando. E quando si voltò di scatto, riconobbe facilmente un uomo di cui gli sfuggiva momentaneamente il nome. Era stato un suo cliente qualche mese prima, e diverse volte avevano parlato di svariate cose. Era un tipo strano, con pensieri fuori dal comune che incuriosivano Izaya. Ma non era passato molto prima che vi perdesse interesse e allungasse sempre più le distanze. – Toshiro Kuromo-san, che sorpresa vederla qui – disse Izaya, sfilando la mano dalla tasca e avvicinandosi all’uomo. Questi sorrideva, e i suoi occhi sembravano guardare qualcosa che il moro non vedeva. Sembravano rivolti a qualcosa più grande di lui, che nessun altro poteva vedere.
– Orihara Izaya. Stavo cercando proprio lei – fu la risposta, sussurrata mentre il moro si fermava e l’uomo accorciava le distanze.
– Ha il mio numero. Se le serve qualcosa può tranquillamente chiamare.
– Non sono i tuoi servigi di cui ho bisogno. – Fu la risposta. Con un movimento lento, l’uomo puntò quella che sembra una pistola elettrica a lungo raggio su Izaya.
Arretrò, sentendo del sudore freddo colargli lungo il collo. Tuttavia sorrise in modo affabile, senza lasciare che la propria ansia fosse visibile da fuori. – E allora cosa cerca da me? E soprattutto a cosa serve quella pistola?
L’uomo sorrise. – Devo ferire una persona.
– Cioè? – Izaya arretrò, cercando una qualche via di fuga. Quell’uomo era pazzo e sapeva il fatto suo.
– È una persona che, quando è nominata, automaticamente spunta anche il tuo nome – spiegò tranquillo. Poco dopo, una forte scossa invase il corpo di Izaya, che crollò a terra in preda ai fremiti, incapace di controllare i propri muscoli. La vista diventava sempre più offuscata, e persino respirare gli era difficile e faticoso. L’uomo si abbassò su di lui, senza smettere di sorridere. – Ti dice niente Heiwajima Shizuo?

Shizuo ha lo sguardo rivolto a terra mentre cammina a passo lento per le strade di Ikebukuro. Tom ha decretato la fine della settimana lavorativa giusto mezz’ora prima, e ha invitato Shizuo a fermarsi con lui a mangiare un boccone in un ristorante nelle vicinanze. Benché nell’ultimo periodo il biondo sia più propenso a restare da solo e rintanarsi nei propri pensieri, accetta di buon grado. La compagnia di Tom lo aiuta a svuotare la mente con i discorsi più vari ed è l’unico con cui si sente a proprio agio anche quando è di pessimo umore. E di umore pessimo lo è ormai da settimane. La cosa è dovuta a diversi fattori, anche se sono tutti collegati inesorabilmente a un’unica persona.
Scacciando via i propri pensieri, Shizuo segue il proprio senpai delle superiori nel ristorante dove mangeranno, quando si sente prendere per un braccio. Voltandosi, si trova di fronte a un tizio dall’aria minacciosa con un vestito elegante di un bianco appassito, accompagnato da una camicia nera. Non porta alcuna cravatta, e quel particolare lo aiuta a ricordare chi è. Si ferma per un secondo in bilico sulla porta. L’uomo sembra più vecchio di quanto in realtà non è, e quella fronte perennemente corrugata non aiuta il suo aspetto. Alle sue spalle ci sono due tizi alti e robusti che danno l’aria di essere dei bodyguard come il biondo.
– Heiwajima-kun, le dispiace se mi unisco a lei e al suo amico? – chiede quando dalle spalle di Shizuo spunta Tom, incuriosito dal suo blocco.
– Shiki-san! – esclama Tom. – Che piacere vederla! Se vuole unirsi faccia pure! Noi abbiamo giusto intenzione di cenare.
– Devo solo scambiare due parole con Heiwajima-kun. – Così si ritrovarono tutti e tre allo stesso tavolo, un po’ isolato dalla clientela su richiesta di Shiki.
– Allora? Di cosa voleva parlarmi? – chiede Shizuo, cercando di mantenere a freno la propria ansia. Non gli ispira fiducia, Shiki.
– Si tratta del tizio che ha portato Orihara-kun al coma – risponde l’interessato, incrociando le mani sul tavolo mentre osserva Shizuo. Questi si congela sul posto, come scosso da un vento artico. Non ha più visto quell’uomo dalla prima e unica conversazione che hanno avuto. Sapeva grazie a Shinra che un suo vecchio amico della yakuza si stava prendendo cura di lui, e oltre questo non gli era interessato più niente sulla sorte di Kuromo (questo è il suo nome, adesso lo ricorda). – Ho parlato a lungo con lui, e oltre ad aver appurato che ha le rotelle completamente fuori posto, ho scoperto che è un sadico e che vedere Izaya soffrire lo divertiva particolarmente. Ho cercato di capire perché l’ha torturato sino a portarlo in fin di vita, ed è uscito un nome.
Shizuo è ghiacciato sulla sedia e del sudore gli imperla la fronte. In qualche assurdo modo conosce già quel nome, e non vuole sentirlo. Le parole dell’uomo, quelle che Izaya stesso ha detto in tempi passati e che Kuromo ha poi riferito a Shizuo e Celty, gli ronzano nella mente.
– E quel nome – continua Shiki, riportandolo alla realtà – è il tuo. Heiwajima Shizuo.
Il biondo poggia i gomiti sul tavolo e incrocia le dita delle mani davanti agli occhi, scontrando momentaneamente la fronte su di esse e sperando di scomparire. Dove l’ha già incontrato Kuromo? Perché sembra avere un che di familiare, sebbene sia un perfetto sconosciuto?
– Non capisco, – interviene Tom – cosa centra Shizuo?
Shiki guarda per un momento il più giovane a quel tavolo, aspettando che lui stesso risponda alla domanda. E così Shizuo apre bocca: – Quando abbiamo trovato Izaya, ho interrogato Kuromo con Celty. Ha detto che la pulce non era il suo obiettivo. L’ha portato in fin di vita solo perché voleva colpire un’altra persona. Colpire e distruggere la sua psicologia significa uccidere in maniera lenta e dolorosa, più di quanto potrebbe fare la morte. Deteriora internamente e non esiste via d’uscita. Lui ha detto così.
Shiki stringe le labbra, confermando che quanto ha detto Shizuo è vero e che anche lui lo sa. Tom non trattiene il suo stupore. – Ma sicuri che sei tu la persona che voleva colpire? – chiede. – E perché utilizzare Izaya per abbattere te? Non ha senso! Tu lo odi sin dal primo giorno! Hai sempre voluto ammazzarlo!
– Tom-san, credo che Heiwajima-kun abbia una visione distorta della parola odio. – Sposta lo sguardo sul biondo. – Quante volte potevi ammazzarlo per davvero e non l’hai fatto?
Shizuo stringe i denti, continuando a nascondere gli occhi dietro le proprie mani. – L’obiettivo di Izaya era quello di farmi diventare un mostro. Se lo avessi davvero ucciso con le mie mani, gli avrei dato ragione. L’ho capito recentemente grazie a Shinra.
Tom non fiata più e, per qualche minuto, restano in silenzio. La cameriera arriva, poggiando dei piatti fumanti davanti a Tom e Shizuo. – Bene – dice Shiki alzandosi dal proprio posto. – Questo è tutto quello che avevo da dire. Non sono interessato a sapere perché Kuromo ce l’abbia con te, Heiwajima-kun. Pensavo solo che dovessi saperlo. Se vuoi scambiare due parole con quel tizio, dì a Celty-san di portarti da me. – E dopo aver salutato, Shiki si allontana dal locale.

Shizuo odia la birra. Odia il suo sapore, il suo colore, la sua schiuma. Non gli è mai piaciuta, e in questo momento si sta chiedendo perché ne stringe una lattina nella mano destra, seduto sul davanzale della finestra più grande della sua casa mentre guarda la strada deserta. La tranquillità gli è sempre piaciuta ed è per questo motivo che, quando ha cercato casa per la prima volta, ha cercato solo case un po’ più distanti dalla città, in quartieri tranquilli. Anche se in verità il quartiere dove abita è tranquillo solo perché malfamato. Non poche volte ha visto sconosciuti spacciare droga o fare risse. Tuttavia, grazie alla propria fama, nessuno gli ha mai dato fastidio. Anzi, si può quasi dire che dal suo arrivo persino i vicini hanno iniziato ad avere un po’ di tregua. All’inizio è stato molto difficile, poiché ha dovuto educare personalmente quegli sconosciuti per allontanarli, ma anche i vicini gli sono grati... sebbene tendano a evitarlo. Tutti tranne una signora anziana con il nipotino, che spesso gli porta un dolce fatto in casa e lo invita a pranzo o a cena, notando quanto tardi rientra alcune sere. È una persona molto gentile, e a Shizuo ricorda molto il calore della propria famiglia. È come avere una nonna adottiva o una zia con dei modi molto gentili. Non ha paura della sua forza, e qualche volta gli ha chiesto aiuto per spostare qualcosa di veramente pesante, sdebitandosi con delle enormi torte di panna e cioccolata (che il biondo adora). Altrettanto tante, sono le volte in cui lo prende in giro, dicendo che ormai ha l’età per trovarsi una bella donna e andarsene da quell’orribile quartiere. Shizuo sorride al pensiero. Anche sua madre glielo dice sempre, affermando che sarebbe ora che le portasse a casa qualche bel nipotino, così che lei possa mettersi l’anima in pace e diventare finalmente nonna. Forse Kasuka sarà il primo a regalarle un nipotino, nonostante la propria carriera da attore. In ogni caso, l’idea di avere un bambino non gli ha ancora sfiorato la mente, e ancor meno l’idea di trovarsi una donna e magari sposarla. Shizuo le vede come una cosa delicata e teme di poter far loro del male anche troppo facilmente. Ciò l’ha convinto a rinunciare la ricerca che, quando ormai stava uscendo dall’adolescenza, si era ritrovato a fare. A essere sinceri, una persona che gli piace a c’è.
Shizuo è talmente immerso nei propri pensieri che sussulta quando il campanello suona. E la sua sorpresa è grande quando vede Vorona, in tenuta da motociclista e con un casco sotto braccio. La saluta con un sorriso, felice di vederla, e lei ricambia nel proprio piccolo. – Non credevo tornassi così presto. Hai trovato le risposte che cercavi? – chiede il biondo, facendole spazio per entrare in casa.
Vorona avanza, fermandosi e aspettando che Shizuo la guidi nella piccola cucina. Si siede al tavolo, mentre osserva il padrone di casa aprire il frigorifero, porle una lattina e sedersi davanti a lei. Lui ne stringe un’altra già aperta. – Ho capito che in Russia non avrei trovato le risposte che cercavo – spiega con tono neutrale e glaciale. Un tono che Shizuo trova familiare e piacevole. In verità gli è mancato. – Ciò di cui ho bisogno si trova qui, a Ikebukuro. Non lo posso trovare da nessun’altra parte.
Il biondo annuisce. – Ovviamente non mi dirai cosa cerchi. Che hai fatto durante questi dieci mesi?
Vorona abbassa lo sguardo, evidentemente a disagio. – Ho cercato le mie risposte. Non le ho trovate. – Shizuo annuisce, sorseggiando la propria birra mentre Vorona fa lo stesso con la propria. – Birra? – chiede poi, e lui annuisce. – Tanaka-san aveva ragione.
Shizuo la guarda, senza capire. – Ragione su cosa?
– Shizuo-senpai è turbato. La birra ne è la conferma.
Il padrone di casa sospira, abbassando gli occhi. – Penso sia normale esserlo.
– Shizuo-senpai, non hai mai visto un cadavere?
Scuote la testa. – Non è questo il problema. Izaya è... ancora vivo. Lui potrebbe farcela e se riesce a uscire dal coma... potrebbe tornare a vivere ma niente sarà più come prima. – Dopo essersi spiegato, Shizuo stringe la lattina tra le mani, sentendola piegarsi. – Da sempre ho voluto uccidere quella dannata pulce. Dal primo giorno che me lo sono trovato davanti, ho provato un odio viscerale che non si è mai estinto. Ho sognato tante volte di poterlo ridurre in fin di vita e farlo crepare con le mie stesse mani. Ma in quel momento...
– Shizuo-senpai è diverso da me – lo blocca Vorona, guardandolo dritto negli occhi. – Shizuo-senpai non sarebbe mai in grado di ammazzare una persona, anche se lo volesse. Ha un’indole buona.
– Non sono come tu dici.
– Il poco controllo della rabbia non fa’ di te una persona cattiva. L’omicidio è un tabù per Shizuo-senpai. Anche se si tratta del miglior nemico.
Shizuo abbassa lo sguardo sul tavolo. Non è sull’orlo del tracollo, ma straordinariamente vorrebbe esserlo. Vorrebbe dare sfogo a tutte le proprie frustrazioni, urlare e piangere, scomparire dal mondo fin quando non sentirà più tutte quelle emozioni contrastanti. Tuttavia è il suo orgoglio da uomo che non gli permette di cedere così facilmente.
Vorona poggia la propria mano su quella del senpai. – Shizuo, vorresti scappare da tutto questo? Andare lontano per un po’ e staccare la spina?
– Sì – risponde Shizuo senza pensarci, prima di abbassare lo sguardo mortificato. – Ma non posso. Ho scoperto che il motivo per cui Izaya è in coma sono io. È a causa di un qualcosa che ho fatto a quel tizio, Kuromo Toshiro. Io... non riesco a ricordare cosa...
– Shizuo-senpai, calmati – lo richiama Vorona. Shizuo si rende conto di aver iniziato a parlare a raffica, di aver stretto talmente forte la lattina da romperla e tagliarsi profondamente il palmo della mano, mentre il liquido restante è tutto sul tavolo.
Si sente disorientato e, meccanicamente, si alza e va a lavarsi la mano nel lavello della cucina. Gratta via le tracce di sangue, peggiorando la ferita ma non sentendo il dolore. E lo vorrebbe provare. Vorrebbe sentire il dolore e condividere tutto ciò che Izaya ha subito per mano di Kuromo e della sua vendetta. La colpa è sua, solo sua. Izaya è in fin di vita, e tutta la colpa è solo e unicamente sua. Se lo avesse ucciso con le proprie mani, forse non si sarebbe sentito in quella maniera. Forse si sarebbe sentito meglio. Forse peggio. Ma che importanza ha adesso? Tanto, pur volendo, non riuscirebbe ad alzare un dito contro la pulce. Non più. Non ne è più in grado. E ciò lo sta facendo impazzire. Possibile che avesse un tale affetto per quel dannato? Possibile che tutto il suo odio, tutto il rancore e tutto il nervosismo siano solo una mera illusione? Che cos’è Izaya? Cos’è? CHE COS’È!?
Vorona gli afferra le mani, bloccando il loro tremolio e il grattare. – Stai peggiorando le cose – dice, iniziando a pulire le sue mani. – Shizuo-senpai, non ti riconosco più. – Le sue mani sono delicate su quelle di Shizuo. – Perché ti senti tanto in colpa per quella persona? Non riesco a capire. Credevo che Shizuo-senpai odiasse Orihara Izaya.
– Lo odio – risponde atono.
– E allora perché?
– Non lo so.


Angolino nonsense

Autrice: Aaaaah non ce la posso fare più con questi pesci d’aprile...
Izaya: Oh? Ne sei stata vittima?
Autrice: Sì... ma c’è una cosa che ancora di più mi ha distrutto per un’intera settimana... Non fraintendermi! Mi aspettavo un finale del genere ma... hanno rovinato per sempre la mia OTP preferita. Non ci sarà mai un poi! (╥_╥)
Izaya: Pesci di aprile... Uhm...
Autrice: Izaya... il fatto che sembra tu stia tramando qualcosa mi preoccupa.
Shizuo: Oh? Sono appena arrivato. È successo qualcosa d’interessante?
Izaya: Shizu-chaaaaan!
Shizuo: Non urlare dannata pulce. E non accollarti, dannazione!
Izaya: Ma Shizu-chan... io... io.. ti...
Shizuo: Che vuoi adesso!?
Izaya: IO TI AMO!
*Freeze*
Shizuo: Eh?
Autrice, Erika Karisawa, tutte le scippatrici(?) di Shizaya: Kyaaaaaaaa∼
Izaya: *Sorride innocentemente* Pesce d’aprile! (。◕‿◕。)
Shizuo: Izayaaaaaaaaaa!
*I due iniziano a correre*
Autrice: È stato bello per un secondo. Anche se avevo già capito tutto.
Erika: Dovrebbero proprio mettersi insieme.
Autrice: Già.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6


Il buio della stanza era diventato familiare. Non sapeva quando era giorno, quando notte. La cognizione del tempo era svanita da... beh, non sapeva dirlo. Il suo corpo faceva male ovunque, in particolar modo sul collo, dove quel bastardo di Kuromo aveva spento una sigaretta quando era andato a fargli visita per ficcargli in bocca del pane stantio e quasi affogarlo facendogli bere dell’acqua.
Izaya era esausto. Il suo fisico non poteva reggere a lungo, ma non avrebbe mai mollato. O almeno così credeva. Sentiva il punto di rottura così vicino, che a questo punto non gli interessava nemmeno più stringere i denti per evitare di urlare di dolore. Tutte le priorità erano andate a puttane, ed essere rinchiuso lì dentro e torturato continuamente lo stava distruggendo psicologicamente. Non riusciva a dormire bene e anche se riusciva ad addormentarsi, il sonno non era come doveva essere. Forse chiudeva solo gli occhi, forse si appisolava fin quando quel Kuromo non tornava di nuovo a fargli visita. Forse persino quando pensava di essere sveglio era una mera illusione. Urlare non serviva a niente. Nessuno sarebbe corso a salvarlo. Probabilmente, nessuno si sarebbe mai accorto della sua prolungata assenza e, anche se alla fine sarebbe diventata evidente, nessuno avrebbe mai aizzato la polizia per cercarlo. Izaya non aveva persone che tenessero davvero a lui, questo lo sapeva. Tutti non avevano fatto altro che odiarlo, e lo stesso Izaya si odiava per quello che era. Ma piangere sul latte versato era inutile.
Qualche lacrima gli uscì dagli occhi, che iniziarono a bruciare maledettamente. Quella stanza puzzava. Lui stesso puzzava, e ormai non riusciva ad avvertire più nessun odore oltre a quello. Lo odiava. Lo odiava davvero tanto.
E adesso iniziava a odiare anche la propria vita. Perché non poteva semplicemente morire e lasciare questo mondo una volte per tutte? Perché quel bastardo non lo ammazzava e basta?
La colpa di tutto ciò era solo di Shizuo. Lui... quel dannato mostro che ancora non si decideva a farlo fuori. In quel momento avrebbe preferito diecimila volte che lo avesse ucciso prima di arrivare in questa situazione. Sarebbe stata una morte veloce e poco dolorosa. – Shizu-chan – sussurrò. – Vorrei che fossi qui per... – Una breve pausa e un respiro tremante, accompagnato da salate e bollenti lacrime. – Ti prego... uccidimi... Shizu-chan...

Shizu-chan∼
Shizuo apre gli occhi lentamente, svegliato da quella voce che l’ha richiamato. Una voce familiare quanto distante. Allunga la mano verso il nulla. Che cosa vuole afferrare di preciso non lo sa: spera di sentire un qualche tipo di sensazione diversa da quel vuoto buio. Ma niente arriva a sollevarlo da quella spirale in
cui è immerso. Riabbassa la mano deluso, ricordando amaramente che è fasciata. Non ha idea di cosa gli sia preso la sera precedente. Forse è stato un crollo, non lo sa dire con certezza. Deve schiarirsi le idee prima di poter emettere giudizio.
La voce che sussurra cantilenante il suo nome torna prepotente nella mente del biondo, e un brivido gli attraversa la schiena. È come se lo stia chiamando, Izaya, e lo sta facendo da giorni ormai. Shizuo lo sa: quella voce che sente nella propria testa non è la pulce, bensì la propria coscienza. Anche se è andato da Shinra durante le settimane successive al ritrovamento, non ha più avuto il coraggio di entrare nella stanza in cui giace e vedere come sta. Shinra lo aggiorna ogni volta sulle sue condizioni, ma non basta.
Si volta di lato e per un secondo osserva Vorona, sdraiata accanto a lui mentre riposa placidamente con la testa sul cuscino. Ieri sera si era fatto abbastanza tardi e non voleva lasciarla tornare a casa da sola con la moto, non dopo aver bevuto due birre per fargli compagnia in quell’evento non programmato. Le ha lasciato il proprio letto, prendendo un futon per se stesso e stendendolo sul pavimento della stessa camera. Tuttavia, l’idea di Vorona era ben diversa, poiché si è infilata nel futon di Shizuo durante la notte.
Sorride mentre la osserva. I capelli in parte le ricadono sul viso e le carezzano il collo mentre la mano è chiusa vicino alle labbra socchiuse. È davvero bella, e Shizuo si sente avvampare quando pensa che al momento indossa solo una delle sue camicie, la quale le andava abbastanza lunga da arrivare quasi alle ginocchia (di certo non poteva dormire in tenuta da moto). Il suo corpo fasciato da una semplice camicia è... Shizuo inizia a sentire caldo e distoglie lo sguardo, cercando di incentrare i propri pensieri su altro.
Quando i suoi occhi si puntano sulla sveglia, capisce che è ora di alzarsi. Silenziosamente lascia il futon e va a preparare un’abbondante colazione per se stesso e la sua ospite. Vorona si alza quando Shizuo ha quasi terminato, già vestita con la propria tenuta da motociclista. Aiuta ad apparecchiare la tavola. Mentre mangiano, parlano di argomenti svariati, sebbene sia lui che parla maggiormente poiché Vorona è sempre stata poco loquace. In verità anche Shizuo è sempre stato un tipo abbastanza silenzioso, ma in questo momento teme le domande che potrebbero venire con un imbarazzante silenzio. Così si sforza, parlando di cose random. In ogni caso, lei sorride e ascolta, mangiando e probabilmente fingendosi interessata (Shizuo fatica a capirlo).
Quando finiscono, e Vorona gli offre un passaggio da Shinra sapendo che Tom ha dato la giornata libera al senpai, Shizuo accetta riluttante. Che cosa dovrebbe fare quando arriva dall’amico? Non ne ha idea.
Il percorso è breve, e Shizuo nota a proprie spese che a Vorona piace correre per le strade di Ikebukuro. Nonostante mostra chiaramente la propria abilità in moto, il biondo si tiene stretto a lei, trattenendo il respiro più volte. Una volta raggiunto il palazzo in cui abita Shinra, Shizuo consegna il casco a Vorona, e questa gli afferra la mano.
Il biondo è incuriosito e, nonostante lei indossi ancora il casco che gli copre il viso, riesce facilmente a scorgere un leggero rossore sulle guance. – Shizuo-senpai, c’è una cosa che vorrei chiederti – dice abbassando lievemente la testa, evidentemente in imbarazzo. – Mi farebbe piacere se... venissi con me al festival di fine autunno, sul colle...
– Sì – la interrompe d’impulso Shizuo. Poi arrossisce e abbassa lo sguardo. – Si terrà fra una settimana se non sbaglio. Verrò.
Vorona sorride timidamente, prima di alzare il mignolo verso l’altro. – Promessa?
Shizuo sorride intenerito, e allunga a propria volta il mignolo della mano per incrociarlo con quello della ragazza. – È una promessa. – Poco dopo la moto si allontana, mentre lui sale le scale verso l’appartamento di Shinra. A ogni passo, sente l’ansia salirgli e non riesce a capirne nemmeno il motivo. Quando arriva alla porta, gli ci vuole qualche minuto prima che decida di bussare.
Ad aprirgli è Shinra, che lo guarda per qualche secondo senza dirgli niente, poi lo lascia entrare in casa. È visibilmente provato: due occhiaie scure gli contornano gli occhi e mentre guida l’ospite verso il soggiorno, tiene poggiata una mano contro il muro per mantenere l’equilibrio. Poi si lascia andare su uno dei divani e, vedendo che Shizuo si siede sulla poltrona, si sdraia senza complimenti.
– Non hai una bella cera. Cos’è successo?
Shinra si toglie gli occhiali, passando le dita sugli occhi e sospirando. – Una delle ferite di Izaya era infetta e non me ne sono accorto in tempo. Ha avuto la febbre alta e ho dovuto riattaccarlo ai respiratori. Ci ho messo una notte intera per risolvere il problema e ci sono voluti un paio di giorni prima che si stabilizzasse. – Shinra sospira di nuovo. – E mio padre se n’è andato il giorno prima che mi rendessi conto della ferita infetta. Celty è stata molto impegnata a causa di un lavoro che gli ha affidato Shiki-san e quindi ho fatto tutto da solo.
– Se vuoi dormire un po’, resto io qui a badare alla pulce.
Shinra lo guarda interdetto. Dormire lo alletta molto e ha seriamente bisogno di un aiuto. – Sicuro che non finiresti con l’ucciderlo?
– Sai meglio di me la risposta.
– Da quando è qui non sei mai entrato nella stanza in cui è. – Si rimette seduto, osservando serio l’amico. – Se vuoi darmi una mano, dovrai entrare lì e avvisarmi se la regolarità delle macchine ha qualche cambiamento...
– Sono venuto con l’intenzione di entrare in quella stanza – lo interrompe Shizuo, più determinato di quanto non è in realtà. – Anche se non avevo intenzione di passare ore a osservarlo, non importa. Tu sei esausto. Se avessimo chiamato la polizia sarebbe stato tutto più semplice invece di affibbiare a te questo fardello. Ti stai prendendo cura di Izaya, no? Io voglio solo aiutare un amico. Non m’interessa niente della pulce.
Shinra sospira e annuisce. – Grazie per il tuo aiuto – dice, poi lo guida nella stanza in cui Izaya giace e gli indica alcuni macchinari i quali, se hanno un cambiamento (reso evidente da bip più alti di quelli già presenti nella stanza), deve assolutamente correre a svegliarlo. – Non toccare niente e se vuoi metterti comodo, fa’ pure – continua con le raccomandazioni, poi annuncia la propria dipartita nel mondo dei sogni. – Celty dovrebbe essere qui entro un paio di ore. Quando arriva, puoi anche lasciare il resto a lei. Io ho bisogno di almeno sei ore di riposo. – Sospira, uscendo dalla stanza e lasciando finalmente solo il biondo. Forse finalmente non è la parola giusta per dire come Shizuo inizia a sentirsi adesso che è solo con il suo peggior nemico. Vorrebbe quasi bloccare l’amico e dirgli di non abbandonarlo lì, perché ha paura di avvicinarsi al letto e osservare quel corpo immobile. Ha paura?
Shizuo scuote la testa. Non può comportarsi in quella maniera, non può avere paura. Non dopo aver offerto il proprio aiuto all’amico. E quella voce petulante è ancora presente nella sua testa: lo sta chiamando. Continua a chiamarlo. E non smette. Perché non ti avvicini a quel letto? Perché non fai quei passi che ti dividono da quel corpo che è a un passo dalla morte? Non è questo ciò che hai sempre desiderato? Vederlo morto, senza più fiato che lo aiuti a respirare, con quel cuore che batte talmente piano da non sentirlo più, fino a che non scompaia per davvero il battito? Non è questo ciò che hai sempre desiderato, Shizu-chan?
Shizuo scuote nuovamente la testa, cacciando quella voce dalla propria testa. Coscienza o no, deve stare in silenzio, dannazione!
Si avvicina lentamente al letto, e un solo passo lo porta in un mondo diverso. Non sente il ticchettio dei macchinari: tutto ciò che è intorno a lui scompare, eccezione per il letto e per quel corpo disteso su di esso. Quando lo raggiunge, sembra quasi che quella persona non sia Izaya e, per un secondo, Shizuo ha l’impressione che non sia mai esistito. Inizia a contemplarlo per gradi, partendo dai capelli corvini. Sono più lunghi di come li porta normalmente e, sebbene Celty gli abbia detto che il giorno dopo averlo portato qui glieli hanno tagliati, questi sono già ricresciuti abbastanza da necessitare un altro taglio. Forse gli sembra una persona diversa proprio per questo motivo.
Continuando a osservarlo, passa al viso. Gli occhi chiusi sono contornati da un alone scuro, la pelle è pallida e una mascherina gli copre ancora bocca e naso, come l’ultima volta che l’ha visto. Alcune perle di sudore gli gocciolano lungo il viso, segno che la febbre non è ancora passata, e uno degli occhi ha un lieve rigonfiamento, vago segno dello sfregio che aveva.
In questo stato addormentato, Izaya sembra più giovane di quanto è. Sembra che da un momento all’altro possa aprire gli occhi e beffeggiarsi di Shizuo per essere in uno stato così penoso. Ma presto, il biondo si rende conto che persino il fatto che sembri più giovane è una mera illusione: il suo volto è molto smagrito, e per questo i suoi lineamenti sembrano molto più affilati. Sembra veramente un’altra persona.
Shizuo scende con gli occhi, andando a osservare il collo scarno e rabbrividisce, iniziando a trattenere il fiato. Quante volte ha sognato di stringerlo fino a farlo diventare viola e sentire così la vita del suo peggior nemico scivolargli lungo le dita? Quasi involontariamente, allunga la mano e, con dita leggere, accarezza la curva del pomo di Adamo. Si aspetta quasi una reazione da parte dell’altro che non avviene. Shizuo sente un forte peso calargli sulle spalle: non si è mai reso conto di aver pensato e creduto che tutto questo fosse un sogno, per non dire uno scherzo di cattivo gusto da parte del suo peggior nemico. Ma dopo questi segni così evidenti, non può più lasciarsi andare a questi pensieri. Questa è la mera e fottuta realtà.


Angolino nonsense


Autrice: Questo capitolo non mi piace molto. È pressoché inutile...
Izaya: Tesoro, è la storia stessa che è inutile.
Autrice: Vorresti dirmi che non ti piacerebbe avere tutte queste attenzioni da Shizuo, Izaaaayaaaa-kuuuun?
Izaya: Non illuderti. Dovrebbe essere Shizuo quello onorato a darmi tante attenzioni!
Shizuo: Tch. Continua a sognare.
Autrice: Beh... al momento è quello che sta facendo qui sopra...
Izaya: Che noiosi. Sapete che ho ragione.
Shinra: Sembri una donna incinta con delle crisi isteriche di protagonismo.
Izaya: ...
Izaya: Shinra sei odioso.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7


La mano di Shizuo sta ancora sfiorando il collo scarno, mentre realizza che non c’è davvero nessun gioco dietro questa visione. La consapevolezza che lo travolge, lo scombussola più di quanto ammetterebbe sotto torchio. Izaya è in condizioni pessime, e forse non si sveglierà più.
Shizuo non sa davvero come comportarsi. Non ha mai visto il proprio nemico senza difese e, per la prima volta, lo vede in tutta la sua fragilità. Quanto serve per romperlo in questo momento? Quanto è bastato per portarlo così vicino alla fine dei propri giorni?
– Questo deve essere un sogno – pensa ad alta voce Shizuo. Non può assolutamente essere vero. Magari Izaya sta bene, e in fin di vita ci è finito Shizuo. Magari è così: tutto quello che vede e sente è solo un sogno, un’illusione creata dal proprio subconscio che gli fa vivere una realtà alternativa, in cui le situazioni sono ribaltate e per questo Izaya è in coma. – Deve essere così – sussurra Shizuo.
Sta crollando. È sull’orlo e, un solo passo in avanti, lo farà cadere in quel baratro in cui è già caduto. Toccherà il suo fondo, incapace di risalire. E dal fondo di quel baratro, Shizuo avverte quell’odore nauseabondo. Lo stesso che credeva di aver dimenticato, ma che a quanto pare essere ancora stampato a caratteri cubitali nella sua mente. Che pessimo gioco, pensa mentre cerca di ritornare in sé. Ma perché gioco? Che senso ha utilizzare quella parola in questo riquadro?
Ah. Adesso ricorda. Anzi, come ha fatto a dimenticarlo? Per Izaya era sempre stato un gioco. Qualsiasi cosa, dalla manipolazione degli esseri umani, ai loro inseguimenti. Si divertiva moltissimo a dirlo e a farlo notare.
– Giochiamo, Shizu-chan? – era solito chiedere, mentre sfilava dalla tasca un coltellino. Shizuo non ha mai capito perché quella fosse l’unica arma che abbia mai utilizzato per autodifesa. Certo, la sua agilità era difficile da imitare, eppure è assurdo. Per la maggioranza, Izaya attirava odio dalle persone che lo circondavano. Molte di queste sono persone pericolose per tanti motivi. È curioso come la pulce avesse una tale fiducia in se stesso da non preoccuparsi nemmeno di girare con un minimo di protezione in più. Ma per lui è sempre stato tutto un gioco. Persino la sua stessa vita.
– Sì. La sua stessa vita fa parte del gioco – risuona la voce di Shinra nella sua testa. È un discorso fatto qualche settimana fa, o forse qualche anno fa. – Non è che non gli importa vivere. Ha i propri obiettivi e, nonostante faccia finta di essere al di sopra di ogni cosa riguarda gli umani, non è differente da essi. Non ho idea di quando sia diventato così, sprezzante al punto da pensare che tutto sia parte di un gioco dove poter manipolare tutti a proprio piacimento. Credo che Izaya... sia finito in un vortice pericoloso, da cui non sa come uscire e non vuole. Il suo mondo gira attorno a questo gioco. La luce attira le falene sempre e comunque, anche se questa finisce con l’ustionarle. Izaya non è diverso.
– Stai dicendo che è un masochista? Tch. Stupida pulce. – Aveva voltato la testa, per niente sorpreso da questa spiegazione.
– Se fosse solo masochismo, sarebbe oro!
Quest’ultima frase gli ronza in testa quando inizia ad accarezzare la pelle del braccio, affiancando il percorso di alcuni fili infilati nel corpo di Izaya da aghi. La pelle è pallida e morbida sotto il suo tocco e, anche se forse è solo un’impressione di Shizuo, pullula ancora di vita. Al solo pensiero, si sente male. Che sia la pulce o meno, che volesse ucciderlo o no, lui è ancora giovane. Ha una lunga vita davanti a sé, ed è assurdo che tutto ciò possa terminare da un momento all’altro.
Purtroppo, non è così lontano dalla realtà.
Continua il proprio percorso, iniziando a tracciare la parte interna del braccio, fino ad arrivare ai polsi. Proprio in quel punto sente delle strane scanalature che lo incuriosiscono. Si avvicina per dare un’occhiata e si meraviglia quando nota che quelle scanalature non sono altro che cicatrici di graffi profondi. Sono discordanti tra loro e allo stesso tempo troppo simili perché siano vecchi tagli accidentali. Facilmente, Shizuo capisce che risalgono a molto tempo fa’, probabilmente quando Izaya andava ancora alla scuola media o alle superiori. Sono sbiadite, ma hanno lasciato evidenti segni del proprio passaggio.
Quanto del suo passato Shizuo non conosce? O meglio, quante cose di Izaya non sa? Quel pensiero gli fa contorcere brutalmente lo stomaco. Perché si sente così nei suoi confronti? L’ha sempre odiato, dopotutto. Allora perché?

Shizuo apre gli occhi, sentendo delle voci risuonare intorno a lui. O per meglio dire è una sola voce che sente, e facilmente riconosce che appartiene a Shinra. – Penso sia ora che lo sappiano – dice, forse al telefono o forse parlando con Celty. – Lo so, ma è un loro diritto e... – si blocca di nuovo, e per qualche secondo non parla.
Shizuo alza la testa, rendendosi conto di essersi addormentato nella stanza in cui è Izaya, poggiando la testa sul letto e sfiorando la sua mano. Il pensiero di aver dormito così lo imbarazza, ma non ricorda nemmeno il momento in cui ha chiuso gli occhi. Guardando fuori dalla finestra, nota che il sole è ormai tramontato e nella stanza l’illuminazione è al minimo, quindi dovrebbero essere passate molte ore. Probabilmente troppe, pensando che il Dottore è già in piedi dopo aver annunciato che avrebbe dormito per almeno sei ore.
Shizuo si alza, mentre Shinra continua a parlare alla Dullahan. Ha una coperta sulle spalle e la poggia sulla sedia su cui si è addormentato, prima di uscire in soggiorno senza guardare il moro. I due fidanzati sono seduti sul divano, e stanno discutendo animatamente.
Il primo ad accorgersi del biondo è Shinra. – Oh, ben svegliato! Dormito bene? – Shizuo non risponde, limitandosi a prendere posto sulla poltrona singola. – Sei arrivato giusto in tempo.
Il biondo si passa una mano sugli occhi, cercando di risvegliarsi un minimo. – Di cosa stavate discutendo?
– Izaya è in quelle condizioni da un sacco e... penso che sia ora di mettere al corrente la sua famiglia. O almeno Mairu e Kururi – spiega Shinra.
Shizuo lo guarda per un secondo, poi sposta lo sguardo a terra, realizzando un qualcosa che avrebbe preferito non sapere. – Hai intenzione di farlo perché probabilmente Izaya non si risveglierà più?
Il Dottore stringe le labbra in una linea continua, guardando con occhi tristi il biondo, che tuttavia evita il suo sguardo. – Dobbiamo prepararci al peggio. I genitori di Izaya... non so molto su di loro, ma per lui sono stati assenti per quasi tutta la durata della sua vita. E anche per le gemelle. Per loro, Izaya rappresenta più di quanto non lasciano capire. Credo sia un loro diritto sapere che il loro fratello maggiore è prossimo alla morte.
“Ma secondo me è ancora presto! Sono pur sempre piccole, potrebbero prendere malissimo questa cosa!” scrive velocemente Celty, mostrando il tutto a Shizuo.
– Shinra... secondo te, Izaya riuscirà a uscire dal coma? – chiede infine.
L’interpellato abbassa la testa, e un sorriso rassegnato gli compare sul volto. – Come ho già detto, fare previsioni è difficile. Nello stato in cui è ora, potrebbe farlo. Potrebbe svegliarsi tra un minuto, o tra un anno. Non sono in grado di dirlo. Ma questo è il migliore dei casi. La percentuale di risveglio è lontana dallo zero, ma non arriva nemmeno a un mezzo. Siamo sul trentacinque percento circa... ma questo calcolo l’ha fatto mio padre quando lo hai portato qui. Credo che la percentuale si sia abbassata e... – Shinra si blocca, sospirando. – Come suo amico, spero vivamente che si rimetta in piedi. Ma come Dottore, sono più propenso a dire che non si sveglierà più. Non vale la pena avere false speranze.
Shizuo si alza dalla sedia, dirigendosi verso la porta d’ingresso. – Izaya ha la testa dura. Non butterà la sua vita così.
Il silenzio invade la stanza e, quando il biondo esce dall’appartamento, rimangono da soli i due fidanzatini. – Lo spero – sussurra Shinra mentre Celty gli afferra e stringe una mano in conforto.

Quando torna a casa, Shizuo occupa la mente con qualsiasi cosa gli capiti a tiro. Televisione, cucina, giornale, telefono. Qualsiasi cosa pur di non pensare alla pulce e al suo stato. I suoi tentativi vanno anche a buon fine, ma poi arriva la notte e niente più lo può tenere lontano dai propri pensieri.
Shizuo capisce perfettamente cosa intendeva Shinra con le sue parole. Aggrapparsi alla speranza porta una delusione maggiore. L’unica possibilità in questo momento è essere realisti: Izaya non ce la farà, è questo il dato di fatto. Allora che senso ha tenerlo in vita con delle macchine? Non c’è ragione per costringerlo a continuare a respirare quando ormai non c’è più niente da fare. Allo stesso tempo... non possono privarlo di vivere ancora un po’, così che possa lottare e risorgere dalle macerie. È un suo diritto, non possono negarglielo. Forse, a causa di ciò, le speranze sono ancora vive. Quella dannata pulce è sfuggita così tante volte alla morte che sembra quasi la normalità ballarci insieme.
Shizuo si volta da una parte all’altra nel letto. Tenerlo in vita attraverso quelle macchine significa che si ha ancora la speranza che riapra gli occhi e, sebbene Shinra ammette il contrario, lui spera ancora che Izaya torni in sé. Ciò va in contrasto con il suo essere Dottore. Una volta gli aveva detto una cosa che riguardava la relazione tra lui e ognuno dei suoi pazienti, in cui anche Shizuo e Izaya rientrano in quella categoria: – Essere dottori non è facile. Molto spesso vedi vite umane scivolarti dalle mani e per quanto ti sporgi, non puoi raggiungerle e afferrarle. Non sempre perlomeno. Pensandoci, i dottori possono essere considerati alla stregua dei poliziotti: per salvare la vita a centinaia, se non migliaia di persone, devono estirpare il male. Ma comunque non riescono mai a proteggere tutti, perché prima che chiunque si concretizzi come il male, questo deve fare qualcosa di sbagliato. Beh, i dottori tentano di estirpare i mali fisici e psichici delle persone. Spesso non ci riescono prima che essi vi si presentano. Molte volte, sono rinvenuti quando ormai è troppo tardi. Altre volte sono le situazioni che portano gli individui vicini alla morte. Possiamo fare tutto il possibile, ma comunque siamo limitati. Le vite che muoiono sono più di quelle che si riesce a salvare. Per questo motivo cerco di non essere troppo coinvolto con i miei pazienti. Sarebbe facile scendere negli abissi del tormento, sai?
Pensandoci adesso, Shizuo capisce cosa Shinra intendeva. Da questo è anche facile fare il due più due e dedurre il motivo per il quale il suo cuore è sempre appartenuto (come lui dice) a una Dullahan. Anche se i motivi del suo amore sono sicuramente molto più ampi e il suo sentimento più forte di così, il Dottore è molto più furbo di quanto lasci intendere. Tuttavia, Shizuo pensa che quel patto che Shinra ha fatto con se stesso sia stato infranto a causa di Izaya. È un passo dalla fossa, e Shinra può fare ben poco per riportarlo indietro. Shizuo è convinto che quelle occhiaie sotto i suoi occhi e tutta la stanchezza che sembra averlo assalito, turbando anche il suo spirito perennemente sereno, siano dovute al suo volere di salvare Izaya dalla morte. Più di una volta, ha notato come l’amico nascondeva delle carte quando andava a fargli visita, ed è convinto che stia facendo delle ricerche per tirarlo fuori dal coma. Shinra non ha perso la speranza.
Shizuo si muove ancora nel letto, trovando qualsiasi posizione troppo poco confortevole. Shinra si sta aggrappando alla speranza, ma lui? Non lo sa. Vedere Izaya in quello stato l’ha scombussolato a tal punto da togliergli anche la lucidità delle proprie emozioni, e non capisce se ha un qualche tipo di speranza. Vuole che si risvegli dal coma, ma questo può davvero essere definito come speranza? Non lo sa, e ne dubita.
Si rigira ancora una volta. Probabilmente, il suo volere che la pulce si riprenda è dovuto al semplice fatto egoistico che non vuole sentirsi il responsabile della sua morte. Dopotutto, dalle accuse di Kuromo è chiaro che la colpa è tutta sua. Ma cosa gli ha fatto? Davvero non riesce a ricordare.
Si preme il cuscino sul viso, affogando il proprio respiro e un verso di frustrazione. Si sente in colpa, e non sa nemmeno che cosa riguarda quel senso di colpa. Anche se lo sapesse, potrebbe mai redimersi in qualche modo?
Esausto, Shizuo prende il telefono, inviando un messaggio a Celty:
“Sei sveglia?”
La risposta perviene dopo meno di un minuto: “Sì. Qualcosa non va?”
“Direi tutto. Non riesco a prendere sonno.”
“La causa è Izaya?”

Shizuo esita un po’, prima di scrivere una risposta affermativa.
“Cosa ti turba in particolare?”
“Kuromo l’ha quasi ammazzato a causa mia. E non riesco a ricordare nemmeno il possibile motivo del suo odio.”
“Il motivo... è davvero così importante saperlo?

Il biondo sospira, non sapendo cosa rispondere. Pensa che sia importante, così che possa trovare il perché nascosto dietro tutte quelle ostilità rivolte al suo peggior nemico. Allo stesso tempo, se lo sapesse, non finirebbe con il sentirsi peggio di adesso?
Il suo telefono vibra, fermando i suoi pensieri. “Kuromo voleva distruggere internamente. Ricorda che l’obiettivo eri tu, e ciò che ha fatto a Izaya è il modo utilizzato per raggiungere lo scopo.”
“E allora cosa dovrei fare? Sono la causa del suo coma io... vorrei rimediare...”
“Ma sai che non puoi portarlo tu fuori dal coma.”
“Shinra sta già provvedendo, non è vero?”
“Ci sta provando...”
Ciò risponde ai dubbi di Shizuo.
“Ed io cosa posso fare? Non posso più ignorare tutto quello che è successo...”
La risposta che gli perviene poco dopo, lo lascia senza fiato. “Proteggere ciò che è più caro a Izaya.”


Angolino nonsense


Autrice: Tadaaaaan spero vi piaccia∼
Izaya: Noioso, come al solito. Piuttosto... Shizu-chan, cos’hai intenzione di fare adesso?
Shizuo: AH!? Ti ho già detto che quello non è il mio nome!
Izaya: Daaaaaai non prendertela Shizu-chan∼. È solo un segno del mio affetto.
Shizuo: Non mi piace.
Izaya: Okay okay, non arrabbiarti. Basta che mi dici cos’hai intenzione di fare∼
Shizuo: Affogarti.
Izaya: Non mi riferisco a me! Ma a quello che ti ha detto Celty!
Shizuo: Ah quello? Aspetta venerdì prossimo e lo saprai.
Izaya: Scorretto! Io sono la star in questa cavolo di ff, un minimo di riguardo!
Autrice: Su questo avrei da ridire...
Izaya: Non venirmi contro anche tu! Formate un’orribile coalizione!
Autrice: Ow dai… non prendertela non ero seria...
Shizuo: Vado al Russia sushi. Per favore recensite e ignorate questa pulce.
Izaya: Voglio un po’ di otoro!
Shizuo: Non ti ho invitato.
Izaya: Che antipatico...

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8


Mairu provava una sorta di odio/ammirazione nei confronti del fratellone. Iza-nii era sempre stato un tipo strano, con modi di fare diversi dal normale. Ma non gliene aveva mai fatto una colpa.
Da piccola aveva visto il modo in cui era trattato dalla sua stessa famiglia. Nonostante i loro genitori erano persone d’affari spesso in viaggio, che gestivano una grande azienda nata in Giappone e con radici anche in Russia, quando erano a casa non riservavano al maggiore dei figli un bel comportamento. Mairu non aveva mai capito il perché Iza-nii fosse trattato così male. I suoi primi ricordi risalivano a quando aveva cinque anni. Di nascosto aveva visto il padre dargli uno schiaffo dopo un litigio di cui non riusciva a ricordare una singola parola. Il suo fratellone, che all’epoca iniziava a entrare nella pubertà, non aveva reagito, utilizzando il silenzio come arma da taglio per indispettire. Ma Mairu era piccolina e, vendendo lo schiaffo, iniziò a piangere prima di correre da Izaya e abbracciarlo. Il padre era scioccato e aveva tentato di farla tornare a letto, ma lei non si era mossa, versando le lacrime che lui non stava mostrando, dando sfogo lei stessa al dolore del fratello. In quel momento, Izaya la rifiutò: – Non ho bisogno della tua protezione. Torna a letto. – Le poggiò le mani sulle spalle e gentilmente la allontanò da sé, sospingendola verso le scale. Mairu prese malissimo quella reazione, e gli diedi un calcio negli stinchi prima di fuggire al piano di sopra sbattendo la porta della propria camera. Solo dopo capì che in realtà Izaya l’aveva cacciata per non coinvolgerla. Dopotutto era lui la pecora nera della famiglia Orihara, e persino nonna Natsu lo affermava e glielo rinfacciava sin da quando era bambino, o almeno questo è quello che credeva.
Qualche anno dopo quella scena, le cose con Izaya erano degenerate. Passava il tempo fuori di casa o chiuso in camera davanti a un computer. Più il tempo passava, e più Izaya si allontanava da lei, dalla loro famiglia. Una sera c’era stato come un crack, di cui Mairu si è resa conto solo quando è diventata abbastanza grande da capire il comportamento delle altre persone. Mairu avrebbe iniziato a odiarlo se solo avesse saputo cosa voleva dire odiare una persona. Ma forse è andata meglio così.
Una domenica invernale, Izaya non era uscito dalla camera a pranzo e nemmeno a cena. Lo aveva visto solo di sfuggita, quando era andato in cucina per recuperare una merendina, e poi si era chiuso di nuovo in camera. Qualche giorno prima Izaya aveva avuto una lite con nonna Natsu. Mairu aveva spiato insieme a Kururi, e avevano recepito delle frasi che avevano risposto alla maggioranza delle loro domande (anche se lo avrebbero capito solo diversi anni dopo): – Sei solo il figlio di un bastardo che non ti ha nemmeno voluto riconoscere! Sei fortunato che mio figlio non ha voluto abbandonare te e tua madre in mezzo alla strada! Avrebbe dovuto abortire quel giorno in cui gliel’ho proposto. – Mairu e Kururi non capirono appieno quelle parole, ma era chiaro che la nonna ce l’avesse con i loro genitori.
Era piccola e ingenua, non abbastanza grande da capire cosa quegli insulti celassero. Aveva inteso male quelle parole e così era intervenuta, urlando contro sua nonna nel vano tentativo di salvare la dignità di Izaya e dei suoi genitori. Non ricorda nemmeno cosa, una bambina che si crede troppo grande, possa aver urlato per proteggere le persone che amava. Tuttavia, lo schiocco dello schiaffo che si era abbattuto sulla guancia si era impresso nella mente. Sua nonna non le aveva mai alzato un dito contro, non alle due gemelle. Quel momento, Mairu ricorda di averla guardata con terrore, prima che Izaya si mettesse in mezzo e iniziasse a dire qualcosa per calmare la vecchia.
Cosa le aveva detto? Che cosa aveva urlato Mairu in protezione di suo fratello e dei suoi genitori? Non riesce davvero a ricordare, e probabilmente avrebbe preferito cancellare quell’episodio per sempre. Se non l’ha fatto, è a causa di Izaya che, per la prima volta da quando riesce a ricordare, si era preoccupato per lei: l’aveva presa per mano, recuperando anche Kururi che era rimasta nascosta dietro l’angolo a guardare, e le aveva portate in camera loro. Poi era tornato con una pezza di acqua fredda e gliel’aveva poggiata delicatamente sulla guancia, mentre gli accarezzava la testa nel tentativo di far calmare le sue lacrime. – Quante volte ti ho detto che non devi intrometterti? – la rimproverò dolcemente. – Non vale la pena che tu o Kururi finiate nel mio stesso schifo. Voi volete bene a mamma e a papà, vero? – Le due bambine annuirono. – E alla nonna? – Questa volta, l’unica ad annuire fu Kururi, mentre Mairu mise il broncio voltando il capo. Iza-nii allora poggiò un dito sulla sua fronte, e la spinse lievemente indietro. – Non essere stupida. Come si fa a non volere bene alla propria nonna? Non ti porta sempre dolci fatti in casa quando viene a trovarti o quando vai da lei?
Mairu strinse le labbra, in una buffa smorfia di sdegno. – Ma la nonna non si comporta bene con te – disse.
– Non puoi odiare tutte le persone che mi trattano male, la lista sarebbe infinita – rise Iza-nii, poi tornando a un sorriso dolce. – Sono felice che almeno tu mi voglia bene e che hai tentato di proteggermi. Tuttavia non devi farlo più, intesi? – La Mairu di allora lo guardò negli occhi, e vi trovò la sicurezza che solo un fratello maggiore poteva donarle. Fu allora che iniziò a provare ammirazione nei suoi confronti. Sembrava un supereroe degli anime o dei manga: niente poteva scalfirlo. Ma soprattutto, aveva dimostrato che gli interessava delle sue sorelline. – Lo stesso vale anche per te, capito Kururi? Non vale la pena che v’inseriate nei litigi in cui sono coinvolto, okay? – continuò con le raccomandazioni, e le due bambine annuirono. – Bene. Mairu, vai a scusarti con la nonna. Non voleva farti del male e, se vai a chiederle scusa, riceverai un grande abbraccio. Vai – disse infine, spingendola verso la porta della camera per incoraggiarla. – Kururi, vai anche tu. Aiuta e prenditi cura di Mairu. – Kururi annuì ma, prima che le due gemelle uscissero dalla loro stessa camera, in contemporanea si lanciarono addosso al loro fratellone, abbracciandolo. Iza-nii rispose al loro abbraccio, sussurrando – Vi voglio bene – prima di lasciarle andare.
La nonna fece esattamente quello che aveva detto Iza-nii, andando poi in cucina con le gemelline per fare insieme una torta. Tutte le lacrime di Mairu furono spazzate via, e in poco tempo tornò a essere l’allegra birbantella che è ancora tutt’oggi.
Suo fratello era diventato il suo supereroe e niente sembrava scalfirlo. Ma era solo un’impressione. Lo capì in quella sera invernale, diversi giorni dopo il litigio.
Era preoccupata perché Iza-nii si era chiuso in se stesso per un qualche motivo. Così si era appostata davanti alla porta della sua camera, nascosta dietro un angolo. Aveva aspettato che aprisse la porta per uscire e potersi infilare al suo interno. Aveva già provato ad aprire la porta ma Iza-nii aveva l’abitudine di chiudere a chiave. Tuttavia non era stupida! Prima o poi sarebbe dovuto uscire. Aspettò per un tempo infinito, annoiandosi a morte senza demordere. Infine, i suoi sforzi furono ripagati quando lui uscì per andare al bagno. Fu allora che ne approfittò: in silenzio s’intrufolò, nascondendosi sotto il letto per non farsi vedere. La stanza era buia, e lo divenne ancora di più quando il fratellone tornò in camera e chiuse la porta. Almeno c’era il computer accesso e il monitor emetteva una forte luce e, poiché non era sola in camera, Mairu si sentiva al sicuro nonostante il terrore che ogni bambina ha per il buio.
Rimase in silenzio, osservando i movimenti di Izaya. In verità, tutto quello che stava facendo era scrivere qualcosa a computer. Dopo un po’, un cellulare vibrò e Izaya rispose (Mairu non aveva nemmeno idea che suo fratello ne possedesse uno), e disse poche parole, prima di arrabbiarsi a telefono. Lo vide lanciare l’oggetto sul letto, in un atto di rabbia, poi cercare qualcosa nel cassetto e tirarne fuori un pacchetto dal dubbio contenuto. Lo vide estrarre un bastoncino (o meglio una sigaretta) e la piccola si avvicinò al bordo del letto, per vedere meglio. Prima di accenderla, Izaya ruppe lo stecchino e ributtò il pacchetto nel cassetto. Si alzò dalla sedia e iniziò a camminare per la camera nervosamente, prima di tornare al cassetto e prendere qualcos’altro da esso. Mairu riusciva a vedere solo i piedi del fratello, che si muovevano velocemente da una parte all’altra. Ci mise un po’ prima di fermarsi e sedersi sul materasso. Poco dopo, Mairu sentì un verso di dolore e la cosa la sconvolse per un qualche assurdo motivo. Uscì dal lato opposto in cui si trovava Iza-nii, ma i diversi rumori fecero voltare il ragazzo, allarmato dalla presenza di qualcun altro nella camera. E quando vide Mairu, il coltello che aveva in mano gli scivolò, mentre del sangue iniziava a colare lungo la mano sinistra.

La campanella della fine delle lezioni è suonata da qualche minuto, ma Mairu è ancora immersa nei propri pensieri. Iza-nii si è dileguato da diverso tempo, e sta ponderando l’idea di avvisare i genitori e la polizia, denunciando la sua scomparsa. Magari, vedendo l’annuncio su qualche sito internet o sui database della polizia, si sarebbe fatto vivo per confermare che sta bene. Gli darà anche dato un bel pugno per tutte le preoccupazioni che le sta procurando dopo essere scomparso senza dire niente.
Raggiunge Kururi nei corridoi e la abbraccia allegramente, felice di rivederla dopo una noiosa giornata di scuola. Dopo il primo episodio in classe, non ha stretto un vero e proprio legame con nessuno dei suoi compagni. Per loro, se possono evitare di parlarle è molto meglio. Ma Mairu non ci soffre affatto. Con Kururi le cose non sono molto diverse. Anzi, in verità è lei stessa che evita i suoi compagni di classe. L’una basta per l’altra, quindi va bene così.
– Kuro-nee? – la chiama, vedendo che ha accennato appena un sorriso quando l’ha abbracciata, ma poi ha continuato a camminare guardando per terra, pensierosa. – Sei ancora preoccupata per Iza-nii? Lo sai com’è fatto! Prima o poi ce lo troveremo davanti come se niente fosse accaduto e lui non fosse mai scomparso!
Kururi annuisce, poco convinta, e anche l’entusiasmo di Mairu svanisce. – Mamma... papà... – sussurra Kururi.
– Sì, forse è ora che diciamo che Iza-nii non si vede in giro da troppo tempo. – In silenzio, le due ragazze escono dalla scuola, dirigendosi nel cortile dove ci sono poche persone. Sta anche piovendo da ore, quindi la maggioranza dei ragazzi è corsa a casa, e adesso tocca anche a loro tornare a casa, un appartamento che Izaya ha comprato loro così che non debbano occuparsi di una casa così grande come la villa in cui sono cresciuti. Quella adesso è la casa in cui stanno i loro genitori quando vengono dalla Russia per periodi più o meno prolungati.
Mairu si riscuote dai propri pensieri quando Kururi apre l’ombrello, e insieme escono dal cortile della scuola. Camminano velocemente e ci mettono un po’ per notare una figura slanciata, con un ombrello blu a coprirla dalla pioggia. La tenuta da barista è facilmente riconoscibile e, quando Shizuo alza lo sguardo sulle due ragazze, entrambe capiscono che c’è qualcosa che non va.

Shizuo aveva passato diverse notti insonni, pensando a quanto gli aveva detto Celty. Proteggere ciò che è più caro a Izaya, ma cosa? Cos’è che sta a cuore a quella pulce? Nessuno lo sa per certo. Se avesse avuto la possibilità di chiederlo al diretto interessato, questi avrebbe risposto con “i miei adorati essere umani!”. Ma nonostante la sua natura, non si può dire che Izaya li abbia mai protetti. Li spingeva al limite per vedere i loro comportamenti, e ha scatenato persino delle sottospecie di guerre per poter vedere le reazioni delle sue pedine. Certo, Izaya è come un demonio e Shizuo sarebbe stato più propenso a pensare che non fosse legato a niente e a nessuno.
Quando ne ha parlato con Shinra, il nome che è saltato fuori è stato quello delle sue sorelle. – Forse potrebbe non darlo a vedere, ma Izaya tiene a quei due piccoli demoni. Condividono lo stesso sangue, e quando erano più piccole si prendeva cura di loro. Assolveva al suo compito di fratello maggiore più di quanto ha fatto negli ultimi anni. Ma dopotutto anche le gemelle sono cresciute e le attenzioni di un fratello protettivo sarebbe diventate fastidiose adesso. E Izaya stesso è sempre stato uno spirito libero: odia le costrizioni e tutto ciò che la massa segue. Quindi è ovvio che arrivato a un certo punto avrebbe lasciato che prendessero le proprie strade, sebbene le abbia lasciate andare più presto di quanto dei genitori acconsentirebbero. Semplicemente si fidava di loro, e sapeva che tentare di controllarle sarebbe stato come tagliare le ali di una farfalla che sta per uscire dal guscio. Lui voleva bene a Mairu e Kururi. In un certo senso ha continuato a prendersi cura di loro nelle retrovie.
In un certo senso, le parole di Shinra sembravano tornare. Secondo alcune voci che circolavano tempo addietro, Izaya aveva ingaggiato delle persone per proteggere le due gemelle da malintenzionati. Tuttavia, conoscendolo, c’è il bisogno di vedere chi erano questi malintenzionati e il motivo per cui avevano preso di mira proprio Mairu e Kururi. E soprattutto, come quell’informatore da strapazzo era a conoscenza di quelle intenzioni. La risposta più sensata è che l’obiettivo non erano le ragazze, ma il loro fratello maggiore. Sapendo l’ambito in cui Izaya si divertiva ad operare, non è difficile immaginare il motivo per cui le sue sorelle fossero in pericolo. Stupida di una pulce, mettere in pericolo la sua stessa famiglia per giocare a fare l’informatore. Davvero degno di un’idiota.
In ogni caso, forse è stata proprio questa idea a fargli prendere una decisione. Le parole di Celty non potevano essere più vere di così, e Shizuo ha preso una sorta di decisione in proprio. Solo diversi giorni prima, Shinra aveva detto che le due gemelle dovevano sapere delle condizioni di Izaya e la Dullahan ha esposto i propri dubbi. Sono solo ragazze e sono abituate a vivere da sole, in che da’ a loro una certa forza e autonomia. Ma sono ancora giovani, e le loro reazioni davanti alla verità sono un interrogativo. Soprattutto mettendo in conto che i loro genitori attualmente non sono in Giappone, e quindi non sono nemmeno in grado di dare un buon supporto a loro due.
Shizuo pensa che Celty abbia ragione, e allo stesso tempo pensa che se qualcosa di brutto dovesse accadere a Izaya... in altre parole se il suo cuore dovesse smettere di battere, le prime persone che dovrebbero venirlo a sapere sono le due ragazze che ha visto crescere e per le quali prova affetto. Shizuo ha pensato all’eventualità in cui lui fosse al posto delle gemelle e suo fratello Kasuka, per un qualche motivo che spera non accadrà mai, finisce in coma. Shizuo vorrebbe saperlo nell’esatto istante in cui avviene e, se qualcuno gli togliesse questo diritto, lo farebbe a pezzi.
Tutto ciò l’ha portato alla decisione di dirlo lui stesso a Mairu e Kururi delle condizioni in cui versa il loro fratellone, raccontando loro anche tutto ciò che ha subito per mano di un tizio uscito di testa. Forse è il minimo che può fare, e cercherà anche di dare loro supporto, mettendo in pratica ciò che Celty gli ha consigliato.
Era determinato ad arrivare fino in fondo... almeno prima di trovarsi davanti alle due.
L’aria sembra congelarsi nei suoi polmoni e l’eco della pioggia scompare, mentre guarda negli occhi quelle due ragazze. Mairu e Kururi sono entrambe scioccate nel vedere Shizuo fermo davanti al cancelletto della loro scuola. È alquanto improbabile che stia aspettando una studentessa di un liceo (in quel caso potrebbe rientrare nella categoria di pedofilo) oppure incontrarsi con qualcuno lì davanti. Solitamente il luogo dove si prendono appuntamenti e nel centro città o nel parco, di certo non davanti a una scuola, in un giorno piovoso e quando gli studenti stanno uscendo.
Shizuo è altrettanto scioccato nel trovarsi di fronte le due ragazze che lo guardano con un misto di curiosità e ansia, probabilmente intuendo qualcosa. Le loro iridi, inoltre, lo mandano in panico. Quasi mai ha avuto l’occasione di osservare Izaya negli occhi a distanza ravvicinata, ma adesso, in quelle due, sembra vedere il suo peggior nemico mentre gli sfugge davanti, andando in un luogo lontano in cui lui non potrà raggiungerlo. La vista di quel colore lo sconvolge a tal punto da riportargli al naso l’odore di quel tanfo insopportabile. L’odore della pulce e quello del suo sangue, misto all’odore della degradazione della stanza in cui era tenuto prigioniero.
Lo stomaco gli si contorce dal disgusto, e vorrebbe ritirarsi in un angolo per vomitare ancora una volta, nel vano tentativo di cacciare quel fetore che continua a riportarlo a quel giorno...
– Shizuo-san? – lo porta alla realtà Mairu, e solo allora Shizuo si rende conto di aver abbassato la testa e di aver stretto il tessuto della camicia a livello del proprio stomaco con una mano. – Che ci fai qui?
Chiude gli occhi. Deve riprendersi, ed essere abbastanza forte da affrontare la verità con Mairu e Kururi. Deve riuscire a reggere anche per quelle due. Perché lo sa: tra poco, il loro molto sarà totalmente stravolto.


Angolino autrice


Sera!
Sono quasi le dieci di sera e solo adesso pubblico l’ottavo capitolo... abbiate pazienza: ho avuto una settimana piena e stressante per via dell’università, e nella maggioranza dei giorni uscivo di mattina e mi ritiravo a casa di sera ^^” Ho avuto ben poco tempo tra corsi, imminenti esami di matematica (un problema per chiunque) e, in aggiunta, il Comicon di Napoli a cui andrò domani e domenica in cosplay ^^” Sì, primo cosplay in assoluto, fatto di gruppo con i miei amici. Non sarà nulla di particolare, e sappiate che se siete in giro per il Comicon di Napoli e vedete un Ryuzaki... Potrei essere io!
Scherzi a parte, questa settimana è volata e sono sfinita. Ho provato a scrivere anche un po’ per portarmi avanti con i capitoli, poiché credo di essere vicina alla conclusione, ma dopo ore di lezioni e studio non ce la posso fare.
Spero possiate anche perdonarmi per questo capitolo: è uno dei più importanti e ha decisamente bisogno di un altro paio di revisioni, ma non voglio che la data di pubblicazioni slitti a martedì. Se trovate errori segnalatemi, provvederò a correggere!
E, ripeto, siate pazienti con me, ma il nono capitolo non lo pubblicherò venerdì prossimo: allungherò la data e lo pubblicherò tra dieci giorni, tra il due e il tre maggio. Cercherò di recuperare i giorni persi per continuare a pubblicare regolarmente. Credo che in totale non saranno più di venti capitoli, in ogni caso.
Ringrazio chi recensisce e chi legge nell’oscurità senza esprimere il proprio parere :)
Ho parlato decisamente troppo, quindi mi dileguo.
Un bacione, Yogurt ♥

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9


Una goccia cadde inesorabile, infrangendosi sul pavimento. La sentiva, ne avvertiva anche l’odore di fresco per un qualche assurdo motivo. Che poi tanto assurdo non era, poiché in quell’ambiente stonava con gli odori cui si era abituato. Fuori diluviava da giorni: sentiva la pioggia battere contro il tetto e la grandine colpire violentemente la finestra sbarrata. Forse sarebbe stata in grado di dare a lui un aiuto e tirarlo fuori da quel luogo. Magari avrebbe urlato a qualcuno di cercarlo, perché la sua assenza doveva essere stata notata da molti. Ma perché nessuno era ancora accorso? Perché nessuno lo aveva salvato? Qualcuno lo avrebbe salvato? Qualcuno...?
Un’altra goccia cadde, nello stesso punto, colpendo il piccolo laghetto che la sua compagna aveva lasciato. Si erano fusi, diventando un insieme abbastanza grande da poter creare un lago per delle formiche. Ci avrebbero messo ancora molto per creare un lago abbastanza grande in cui poter soffocare anche un misero essere umano? Non lo sapeva e non ne era sicuro.
Ancora un’altra goccia. Che bella era quella cantilena. Sembrava intonare una storia solitaria, di una persona che si era rivoltata contro il mondo, e questo lo aveva risarcito con gli interessi. Non è buffa la vita?
Ancora e ancora e ancora un’altra goccia. Avranno un termine? Saranno infinite? Potranno fermarsi quando lo decidono loro?
Izaya sorrise, al buio in quella camera. Non era nemmeno sicuro di avere gli occhi aperti. Il corpo era gelato e ne aveva perso la sensibilità di una buona parte, mentre l’altra parte, quella che aveva subito ferite, sprigionava abbastanza calore da regalargli il torpore non del tutto piacevole, poiché gli indicava che era ancora vivo. Ma desiderava essere morto. Perché sorrideva?
Ha importanza? Quelle gocce che battevano nello stesso punto avevano l’esatto suono del suo cuore provato. La loro storia non era diversa: anche se avrebbe voluto, Izaya non era in grado di fermare il muscolo della vita.

Shizuo è in panico, e sta sudando. Anche troppo, costatando che siamo a fine inverno. Non ha idea di come comunicare la notizia alle gemelle e desidera Celty al suo fianco, come supporto. Tuttavia non può tirarsi indietro.
Le ha portate in un maid-caffè che si trova nelle vicinanze della scuola, e ha offerto una cioccolata calda a entrambe, prendendo per sé un bicchiere di latte caldo. Stanno sorseggiando tutti le loro bevande, e Mairu non fa altro che lanciare frecciatine dalla sua parte. – È successo qualcosa a Iza-nii, vero? – chiede, facendo irrigidire il biondo, che poggia il bicchiere sul tavolo e molla la presa. Meglio non rischiare di romperlo.
– Izaya è in coma di stadio avanzato – risponde evitando lo sguardo di entrambe.
Le sente trattenere un respiro e Kururi poggia la tazza sul tavolo. – Quanto... tempo...
– Sono passate all’incirca due settimane da quando l’ho trovato a casa di un cliente. Era in condizioni disastrose, e ha subito diverse torture per... i due o tre mesi in cui è scomparso... – dice tutto in un fiato, poi sospira. – Potrebbe esserci la possibilità che non si risvegli più. Anche se un giorno riapre gli occhi... avrà molti problemi. Se esce dal coma... è già un miracolo.
Shizuo non alza ancora lo sguardo. Il coraggio gli manca e il cuore batte forte. Non ha mai comunicato brutte notizie a qualcuno, non a questo livello. Inizia a pensare che forse Shinra aveva ragione: Mairu e Kururi sono ancora troppo giovani perché siano in grado di maneggiare una cosa del genere. Tuttavia non riesce a pentirsi di questa scelta: se loro sono le persone che Izaya voleva proteggere, è giusto che sappiano quello che gli è successo. Se dovesse veramente morire, le due non avranno rimpianti o risentimenti, e potranno prepararsi all’eventuale dolore che la sua morte comporterebbe.
Ma adesso, in questo pressante silenzio, Shizuo si sente fuori luogo e prova una paura viscerale. Lui vorrebbe assumere l’incarico di sostenere le due in un periodo che sarà orribile (già lo sa), tuttavia... nonostante i buoni propositi, non sa come svolgere esattamente quell’incarico. Ricorda vagamente qualcosa che ha sentito dire una volta a un convegno organizzato dalla scuola, nella quale si parlava per gli studenti prossimi al diploma la possibilità di scegliere il ramo economico all’università. Shizuo, non essendo minimamente interessato all’università, aveva passato buona parte del tempo a sonnecchiare a occhi aperti, ma qualcosa dell’inizio del convegno lo ricorda: il tizio parlava del fatto che lo scopo finale dell’impresa non è il profitto. Quello ovviamente è necessario, poiché altrimenti l’impresa non potrebbe sopravvivere in un luogo tanto ostile qual è il mercato. Tuttavia, l’impresa deve avere ben presenti gli obiettivi che intende raggiungere, e il come raggiungerli viene in una fase successiva. Ma sempre prima di iniziare l’attuazione...
In verità non ricorda se è questo ciò che disse il professore che tenne il convegno, e non ha nemmeno la più pallida idea del motivo per cui questa cosa gli sia venuta in mente in un momento tanto delicato. Ci mette del tempo per accorgersi che il suo cervello sta accelerando, in qualche assurdo modo che probabilmente è solo una sua impressione. Sta pensando a qualsiasi cosa che non tratti le gemelle o Izaya, e allo stesso tempo la sua mente è vuota. Diventerà pazzo probabilmente.
Nabe, vorrebbe mangiare del nabe... o forse è il momento buono per rivolgersi a uno strizzacervelli...
– Dove si trova adesso? – interrompe il flusso di pensieri (non pensieri) Mairu, che ha gli occhi inespressivi puntati sul biondo. Quella freddezza però non sembra andare d’accordo con la vitalità che solitamente caratterizza la ragazza. – Vogliamo vederlo.
Questo è il motivo per cui Shizuo resta impalato sulla sedia, senza fiato ancora una volta. Ci mette qualche secondo prima di annuire e acconsentire a quella richiesta.

Quando le due ragazze entrano nella stanza dove giace il loro fratellone, Shizuo le vede tremare. Kururi è la prima che si avvicina al letto, osservando il fratello. – Dorme – sussurra e, in un certo senso, sembra proprio così adesso che Shinra gli ha tolto la mascherina collegata al respiratore.
Mairu prende coraggio e si avvicina, stringendo poi la mano della sorella per avere un sostegno. Anche lei passa qualche secondo di contemplazione, poi sussurra: – Uhm... sembra che stia solo dormendo. Tra un momento o l’altro aprirà gli occhi e dirà che sarà tutto uno scherzo e che è riuscito a coinvolgere anche Shizuo-san per la buona riuscita. – Shinra, fermo accanto a Shizuo, abbassa la testa, stringendo i pugni. – Deve essere così – continua Mairu, prima che dei singhiozzi la percuotano. La stanza si riempie di due pianti, e Shizuo si sente incapace. Incapace di capire le loro emozioni, incapace di capire le loro lacrime, incapace di fermarle. Ha deciso di assumere un ruolo che non gli appartiene e non sa come assolverlo. O più semplicemente non può assolverlo.
I pianti durano a lungo, e nessuno interviene: né Shizuo, né Shinra. Semplicemente capiscono che devono lasciarle sfogare. Anche le condizioni mediche possono aspettare per il momento.
Poi Mairu si volta verso i due, guardando Shizuo con gli occhi pieni di lacrime. – Lo hai ridotto tu così? – chiede alzando la voce. – Sei stato tu!?
Il biondo arretra di fronte a quell’affermazione, ma si ritrova il muro alle spalle. Si appoggia contro di esso, senza staccare gli occhi da quelle due pozze color caramello. – No – risponde esitante. – La persona che l’ha ridotto così è... un certo Kuromo...
– Perché!? – urla ancora. – Perché non sei stato tu!? Perché non tu!? – Poi Mairu cade in ginocchio, lasciando la mano di Kururi e accasciandosi su se stessa, scossa dai tremiti di pianto. – Avrei... – sussurra – Avrei potuto perdonarti se fosse stato... Shizuo-san a... a ridurti così. Stupido Iza-nii!
Shizuo resta sconvolto da tale reazione e, senza parole, vede Kururi abbassarsi sulla sorella e piangere a sua volta, mostrando più emozioni di quanto probabilmente abbia mai fatto in vita sua.
Perché quelle parole? Che cosa sarebbe cambiato se fosse stato Shizuo a ridurlo in quello stato? Il risultato non sarebbe stato lo stesso?
Il biondo è confuso e disorientato, e ci mette qualche secondo in più prima di notare la mano di Shinra poggiata sul braccio. Guarda l’amico, e questo gli fa’ cenno di seguirlo fuori, di lasciare sole le gemelle per qualche minuto. In silenzio, obbedisce.
Si siede sul divano in salotto, tenendo d’occhio la stanza in cui i tre giovani Orihara sono radunati. Le parole di Mairu ancora gli rimbombano in testa, non riuscendo ad arrivarne accapo. Perché se fosse stato lui a ridurlo in questo stato avrebbe potuto perdonarlo? Che senso ha?
Shinra lo riscuote, poggiandogli sulla guancia un bicchiere di latte freddo. – Rilassati, Shizuo-kun – gli dice, mentre si siede accanto a lui.
– Perché Mairu ha...
– Perché lei ha un legame molto profondo con Izaya – lo blocca l’amico. – Nonostante lui abbia rinnegato più volte le sue sorelle, non vuol dire che tra di loro non ci sia un profondo legame. Credo che non possa perdonarlo perché è stato un semplice essere umano a portarlo in quello stato. – Shinra sospira, passandosi una mano tra i capelli, evidentemente a disagio. – Sai bene anche tu che Izaya adorava mettersi al di sopra delle persone comuni, e in un certo senso ha passato questa sua mania alle sue sorelle. Perché, nonostante i suoi atteggiamenti, nonostante la sua affermata superiorità, è stato ridotto in fin di vita da un uomo qualsiasi?
– Capisco... ma perché se...
– Perché tu vai oltre la normalità. Anche se sei un essere umano, il fatto di avere una forza e una resistenza sovrumana giustificherebbe il motivo per cui Izaya è finito in coma. Lui è uno stratega, e nessun stratega si fa’ mai cogliere alla sprovvista – spiega con calma Shinra, mostrando poi un lieve sorriso consolatorio. – Loro non ce l’hanno con te, ma con il loro fratellone. Non prendere male le loro parole. Vuol dire che hanno una grande considerazione di te.

Qualche ora dopo, Shinra entra nella stanza per cambiare qualche flebo a Izaya, e Shizuo lo segue. Le gemelle sono ancora accanto al letto, ognuna seduta su una sedia propria. Non ci mette molto a notare che Kururi si è appisolata in una posizione scomoda, con le lacrime ancora agli angoli degli occhi. Mairu invece è ancora sveglia e vigile, e i suoi occhi sono gonfi per lacrime che non ha cercato di contenere. – Potete adagiarla su un letto? – chiede, indicando la sorella. – Gli verrà mal di schiena se continua a dormire così.
Shizuo annuisce, e la solleva mettendogli una mano dietro la schiena e una sotto le ginocchia. Su indicazione di Shinra, la porta in una delle camere degli ospiti. Mairu lo segue, aiutando ad adagiare la sorella sotto delle coperte, per poi tornare nella stanza dove giace Izaya, riprendendo il proprio posto sulla sedia. Shizuo resta per un secondo fermo, a contemplare come stringe la mano del fratello. La vede tracciare delle circonferenze sul polso, nel preciso posto dove il biondo ha notato delle strane cicatrici. Mairu le sfiora con le dita, e trattiene a stento un singhiozzo. Sembra conoscere perfettamente ogni linea, dando anche un’impressione nostalgica mentre le accarezza.
Shinra termina il suo lavoro; si avvicina a Shizuo, poggiandogli una mano sulla spalla e sussurrando – Resta un po’ con lei – prima di uscire dalla stanza.
Il biondo sospira e, prendendo in parola l’amico, si siede sulla sedia che occupava Kururi. Non sa bene cosa fare o dire, così sceglie la via del silenzio, intuendo che probabilmente la ragazza ha bisogno di sfogarsi, ma che potrebbe non essere ancora il momento giusto.
– Sembra che stia dormendo – sussurra dopo un po’ la ragazza. Shizuo si sporge un po’, così da poter inquadrare il viso di Izaya. Gli occhi chiusi, le labbra socchiuse, un respiro leggero e regolare come il battito d’ali di una farfalla. Il biondo non risponde direttamente, ma emette un verso di assenso. Mairu, poco dopo, continua a parlare: – Un tempo... ero sua complice.
Shizuo sposta lo sguardo su di lei. – Sua complice?
– Hai notato queste cicatrici, non è vero? Iza-nii era un masochista quando aveva la mia età. Forse non ha mai smesso di esserlo...
Segue un breve silenzio. – Racconta.
– Fu per una fortuita casualità. Iza-nii era solito litigare con i nostri genitori e con la nonna. Per un qualche motivo, un giorno si rinchiuse in camera dopo un litigio, e non uscì nemmeno per pranzo e cena. Così aspettai che andasse in bagno per nascondermi sotto il letto. Lui non se ne accorse... e fu allora che lo beccai, con un coltello in mano a farsi del male. – Mairu sorrise. – Ero poco più di una bambina. Non capivo cosa stesse facendo, ma quando mi fece una proposta, non potei rifiutare. Disse: “Vuoi essere mia complice?” e io non ci vidi più dalla felicità. Facevo da vedetta quando si tagliava o si fumava una sigaretta; lo informavo se i nostri genitori erano in casa o erano usciti; curavo persino le sue ferite. Ero così felice: Iza-nii mi stava dando tutte le attenzioni che si rifiutava di darmi. Io... credevo davvero di essere sua complice. Che stupida bambina che ero... – Trattiene ancora per un secondo le lacrime, ma comunque non riesce a trattenere alcuni singhiozzi, che gli scuotono il corpo.
Shizuo stringe le labbra, azzardando un’altra domanda: – Perché litigava sempre con i vostri genitori?
– Ero piccola e non ne capivo molto. Spesso sentivo dire frasi che non avevano senso. Tutte le volte, Iza-nii era anche al centro dei litigi tra mamma e papà. Crescendo, la nonna mi raccontò tutto: qualcuno, dopo che Iza-nii nacque, mise una pulce nell’orecchio della nonna. Disse che Iza-nii non era figlio di suo padre... che mia madre ha incastrato mio padre per i soldi e per avere una vita agiata. Mio padre decise di non credere alle parole che nonna gli riferì, e ciò la indispettì. Nonna Natsu odia non avere le cose sotto controllo, e quando suo figlio, cioè mio padre, non le diede corda, andò su tutte le furie. Non so esattamente come si sono evoluti i fatti... Con il tempo, il rapporto tra i miei genitori è andato peggiorando, e a farne le spese era lui. Poi siamo nate io e Kururi, e le cose per un po’ sembravano aver preso una piega migliore, ma i comportamenti ostili verso Iza-nii non terminarono. Alla fine, mamma e papà decisero di fare il test del DNA. Iza-nii era prossimo a finire le medie, e stranamente accettò.
Seguì una breve pausa, in cui Shizuo rimase fermo e in silenzio, pieno di attesa. Non sa davvero niente sul passato della pulce, e non si è mai interessato. Forse ha sbagliato, perché così avrebbe potuto capire in parte il comportamento del suo peggior nemico (o miglior nemico, come a molti piace dire).
– Tuttavia – riprese Mairu – i risultati scomparvero. Erano stati ritirati da qualcuno, che poi aveva cancellato sia il risultato dei test sia il proprio nome dai database della clinica per nascondersi. Mia nonna incolpò mia madre, e così anche mio padre, che però cercava in parte di difendere sua moglie. Mia madre a sua volta incolpò mio padre, dicendo che non voleva crederle perché desiderava il divorzio... le cose degenerarono e si protrassero per molto tempo. I risultati vennero trovati due anni e mezzo dopo, ma solo perché la persona che li aveva nascosti voleva che venissero alla luce. Fu in quel momento che avvenne il crack definitivo in Iza-nii.

Izaya rientrò in casa. La pioggia imperversava da quando erano iniziate le lezioni a scuola e per fortuna aveva portato il proprio ombrello. Tuttavia, parte della borsa e del pantalone si erano bagnati. Si tolse le scarpe e si diresse verso il soggiorno, per salire poi le scale che lo avrebbero condotto nella propria camera.
I suoi progetti furono distrutti quando ritrovò nel soggiorno sua madre e suo padre, seduti l’uno accanto all’altro sul divano con un pezzo di carta in mano. Sapeva già di cosa trattava, ma finse di esserne all’oscuro e, dopo aver salutato per cortesia, si accinse a salire le scale. La voce di suo padre lo bloccò: – Izaya, dobbiamo parlare.
L’interpellato si voltò verso l’uomo, guardandolo negli occhi. – Devo studiare, e non sono in vena di litigare – disse svogliatamente.
– Siediti – ordinò freddamente l’uomo. Izaya obbedì, prendendo posto di fronte ai genitori, sulla poltrona.
La madre aveva lo sguardo mortificato e il foglio ancora stretto tra le mani. – Perché ce l’hai nascosto? – chiese senza il coraggio di guardare il figlio.
– Perché non avrei dovuto? – rispose Izaya.
– Perché le cose sarebbero...
– Potute andare diversamente? – la interruppe. – Come sarebbero potute andare diversamente? Illuminatemi.
– Izaya... – proruppe incerto il padre e, quando lo sguardo di Izaya saettò nervosamente su di lui, tacque.
– Cosa? Avremo potuto finalmente giocare alla famiglia felice? Avreste potuto nuovamente considerarmi e trattarmi come vostro figlio? Un pezzo di carta vale più di me? – Strinse i pugni. – Un pezzo di carta non potrà mai restituire tutti gli anni in cui sono stato trattato come la merda.
– Dovevamo fare il test quando eri bambino – sussurrò la donna.
Izaya esplose in una risata isterica. – Davvero, per voi è solo una questione di un test del DNA? Per voi essere dei genitori conta solo se quei cazzo di risultati sono positivi? Questo è quanto valgo?
– Non è così... – riprovò il padre.
– E invece sì. Tu sei l’uomo che mi ha stretto per primo in braccio non appena nato. Tu sei l’uomo che mi ha insegnato ad andare in bici, l’uomo a cui ho detto la mia prima parola... Ma tutto questo non conta, non è vero? Perché ascoltare le dicerie di persone invidiose è più facile che credere alla persona che si ama, non è vero?
– Io...
– Ti sei fatto influenzare. Ecco tutto ciò che hai fatto. E tu, mamma, sei troppo debole per dire una singola parola a quella megera di tua suocera, sbaglio? – disse. Aveva troppe cose da dire: il momento era giunto. – Sei bella come una margherita, ma una folata di vento potrebbe spazzarti via. Che senso ha proteggere il proprio onore e quello di tuo figlio?
– Izaya... – provò la madre, che era sul punto di piangere.
– Il risultato del test è positivo. Io sono un purosangue Orihara. Non il figlio di un bastardo qualsiasi come avete sempre pensato. Contenti? Adesso potete anche non divorziare – disse, poi batte tre volte le mani, applaudendo alle sue stesse parole, sorridendo e alzandosi dalla poltrona. – Avete vinto un terno al lotto, i miei complimenti. Ma io resterò sempre la pecora nera di questa famiglia, lo sapete già.
Non un'altra parola fu detta. Izaya si allontanò dai propri genitori, sentendo sua madre scoppiare in feroci singhiozzi. Non si voltò e non esitò: semplicemente uscì dalla casa e sotto la pioggia si allontanò, lasciando che l’acqua caduta dal cielo celasse le sue lacrime e abbandonando per sempre tutto ciò che i sentimenti umani dovevano essere.

– Dopo quel giorno, Iza-nii non si fece vedere per una settimana. Quando tornò, fu solo per annunciare che si sarebbe trasferito in un appartamento che era momentaneamente intestato a mio padre. Al compimento di venti anni, pagò tutto il mutuo, diventandone il legittimo proprietario. – Mairu abbassò gli occhi per un momento. – Quando mia nonna venne a sapere i risultati del test e tutto ciò che Iza-nii aveva rinfacciato ai miei genitori, cercò di mettersi in contatto con lui, ma non ci riuscì. Non si sono più parlati e mia nonna ancora si pente di quello che ha fatto. Un pentimento molto simile ha portato i nostri genitori al punto di rottura... ma sono riusciti a venirne accapo... in un modo o nell’altro.
Shizuo ascolta in silenzio e osserva il corpo della ragazza mentre inizia a rilassarsi, nonostante gli intermittenti singhiozzi che ancora la scuotono. Non sa cosa dire, e si rende conto di essere entrato in particolari molto personali, che riguardano Izaya, ma anche Mairu e Kururi.
Beh, non può di certo pentirsene. Adesso capisce in parte cosa ha portato la pulce a... essere quello che era. Sebbene non ne abbia capito appieno il motivo.
– Nonostante tutto, Izaya voleva comunque bene a voi due, non è vero? – chiede riluttante.
Mairu si volta verso di lui, gli occhi ancora pieni di lacrime. – Non... non...p-parlate di l-lui al passato... – sussurra, prima di scoppiare in un forte pianto e saltare al collo di Shizuo.
Lui, riluttante, l’abbraccia e le passa una mano tra i capelli. – Hai ragione, scusami – dice mentre guarda il volto di Izaya. Per la prima volta, si ritrova a pensare che il suo peggior nemico debba svegliarsi, e non per il pensiero egoistico di avere la coscienza pulita. Izaya deve svegliarsi perché... qui c’è qualcuno che ha bisogno del suo fratellone.


Angolino nonsense

Autrice: Buonasera!
Izaya: Sei in ritardo.
Autrice: Eeeeeh mi dispiace. È pronta la cena?
Shizuo: Cena? C’è anche la cena?
Izaya: *facepalm* Shizu-chan, hai appena svuotato il frigorifero e vuoi ancora la cena? Quella era la tua cena!
Shizuo: Oh... ho ancora fame.
Izaya: Chi sei, Murasakibara?
Autrice: No, un momento. Volete dire che non c’è niente per cena?
Izaya: Un altro capitan ovvio.
Autrice: E adesso che mangio?
Izaya: La prossima volta ti presenti a un orario decente.
Autrice: M-ma io... *occhioni dolci*
Izaya: *sospira* Va bene. Ti porto a cena fuori.
Shizuo: Vengo anche io. È da un po’ che non ceno fuori.
Izaya: Ma chi me l’ha fatto fare...
Autrice: Izaaaa sei il migliore **
Izaya: Parla colei che mi ha messo in coma dopo essere stato torturato.
Autrice: Ehm…
Izaya: La prossima volta non perdonatela. Lasciate una recensione, magari stasera non finiranno con lo svuotare tutto il mio portafoglio...

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Prima parte ***


Note pre-capitolo

Chiedo infinitamente scusa per il ritardo di questo capitolo. Ho avuto il computer fuori uso per diversi giorni e avendo salvato sulla pennetta la storia solo fino al capitolo sette, mi sono ritrovata bloccata e non ho nemmeno potuto continuare a scrivere. Senza contare che ormai sono sotto esami e l’ansia mi sta facendo brutti scherzi.
Riguardo a questo capitolo, sono stata costretta a dividerlo in due parti poiché era troppo lungo, ed è uno dei capitoli più leggeri in tutta la storia. Spero vi piaccia e che possiate perdonare il mio ritardo.
Una piccola annotazione che vi faccio, riguarda i vestiti tradizionali giapponesi: sebbene non sia propriamente corretto, ho utilizzato "kimono" per i maschi e "yukata" per le femmine. Non è una cosa del tutto giusta, ma per risparmiare tempo ho preferito così.
La seconda parte la pubblicherò lunedì, o almeno ci proverò. Scusatemi ancora.
Yogurt.



Capitolo 10 – Prima parte


Shizuo è molto a disagio. Non indossava un kimono da almeno sette anni, e ha dimenticato cosa si provasse nel metterlo. Kasuka, in città grazie a una pausa dal film che sta registrando, appena saputo che Shizuo ha un... un... appuntamento con Vorona, si è presentato a casa sua con un kimono nuovo di zecca, e l’ha obbligato a metterlo. Shizuo in un primo momento si è rifiutato, dopotutto era molto più probabile che Vorona si presentasse in abiti normali poiché non originaria del Giappone. Ma a quanto pare, Kasuka ha pensato a tutto, andando a parlare con il gestore del Russia Sushi per assicurarsi che Vorona indossasse uno yukata che stesso Kasuka ha comprato per lei.
– Non dovevi fare tanto – dice Shizuo al fratello minore, mentre questo lo accompagna in auto al festival.
– Ho parlato con il Dottor Kishitani e con Tanaka Tom-san. So di Izaya, del ritrovamento e delle tue anormali quanto estreme reazioni – la risposta dell’altro. – Non sono mai a casa, e quando ne ho la possibilità voglio darti tutto il mio supporto. Voglio che ti svaghi per questa sera, ed è chiaro che tra te e questa ragazza c’è qualcosa di più di una normale amicizia. Tu devi solo scoprirlo, nii-san. – Dopo una piccola pausa, il più giovane Heiwajima apre ancora bocca: – Ti ricordi di questo festival? Diversi anni fa’, prima che diventassi un attore, ho conosciuto il tuo peggior nemico e le sue sorelle.
Shizuo aveva cancellato quasi completamente quel ricordo. Lo stesso festival a cui sta andando, sei o sette anni prima.
Ad accompagnarlo era la sua famiglia al completo: i suoi genitori e il suo fratellino. Non era propriamente una tradizione andare a un festival, ma qualche volta sua madre coglieva le occasioni e li coinvolgeva. Shizuo ricorda il kimono che sua madre aveva comprato per l’occasione: era completamente blu chiaro tendente all’azzurrino, con venature bianche che formavano dei fiori di ciliegio. A Shizuo piaceva ed era anche molto distante da uno normale. Solitamente gli uomini non indossano kimoni dai colori così chiari o spiccati, ma lui poteva essere un’eccezione, dato il colore biondo dei suoi capelli tinti. Sua madre non aveva risparmiato nemmeno Kasuka, costringendolo a mettere un kimono simile al maggiore, ma molto più scuro (sempre in base al colore dei capelli e anche all’indifferenza verso il mondo da parte del minore, che in certi versi lo faceva apparire come una persona ostile e affascinante allo stesso tempo).
Erano in giro per il festival e i due fratelli si erano allontanati dai loro genitori, così da poter aver un po’ di aria e continuare il giro da soli. Erano abbastanza grandi da poter avere una ragazza, ma a nessuno dei due interessava molto quell’argomento. Parlavano del più e del meno, e il più grande chiese dei corsi di recitazione. I loro genitori avevano inviato Kasuka in quei corsi con la speranza che imparasse a socializzare il più possibile, almeno più di quanto avesse fatto con gli sport. In questi eccelleva sempre; tuttavia, la sua mancata capacità di socializzazione lo aveva portato spesso a trovare difficoltà con la squadra (e non solo sul campo, ma anche al suo esterno). Con il teatro, invece, le cose sembravano andare a gonfie vele. La donna che gestiva quei corsi, appena vista un’interpretazione di Kasuka aveva iniziato a lodarlo come se fosse un dio, e anche al diretto interessato sembrava piacere molto recitare, dimostrandolo a modo proprio.
Stavano appunto parlando del ruolo che Kasuka avrebbe dovuto assumere in un saggio di lì a poche settimane, quando qualcuno di corsa urtò Shizuo. I sandali in legno non erano esattamente comodi e il biondo perse facilmente l’equilibrio, finendo a terra e sporcando il kimono nuovo. Il tizio che lo aveva urtato cadde al suo fianco. Shizuo già sentiva il nervosismo pulsare nelle vene al pensiero della polvere attaccata al suo kimono nuovo di zecca. Chiunque fosse stato il bastardo, l’avrebbe pagata. Quando riuscì a mettersi seduto e riconobbe la persona che lo aveva urtato, un sorriso omicida si espanse sul suo viso.
Izaya era ancora a terra, in ginocchio, e si teneva un gomito da cui usciva sangue. Indossava un kimono nero accompagnato da una fascia bordeaux. – Dannazione – sussurrò, prima di voltarsi verso il biondo e chinare il capo. – Chiedo scusa. Ero di fretta e...
Shizuo lo prese per la collottola, portandosi il suo viso a pochi centimetri dal proprio. – Dannata pulce, hai rovinato il mio kimono.
Izaya in un primo momento parve confuso. Poi, quando incontrò gli occhi color caramello, sembrò realizzare. – Oh, Shizu-chan? Che sorpresa trovarti nel bel mezzo di un festival.
Shizuo strinse la presa. – Dannata pulce bastarda, – ringhiò tra i denti – hai intenzione di rovinarmi questa serata?
– Prego? – si finse innocente il moro. – Stai fraintendendo Shizu-chan. Per quanto ti odio, non sei sempre al centro dei miei pensieri, sai?
– E se faccio in modo che non puoi più pensare? Che ne dici? Ne gioiremo tutti – minacciò, mentre alcuni passanti si fermarono per osservare la scena.
– Nii-san? – intervenne Kasuka, poggiando una mano sulla spalla di Shizuo. – Non hai intenzione di fare casini qui e adesso, vero? – chiese, come il solito con un’espressione indifferente sul viso.
Shizuo strinse ancora per un secondo la presa, poi mollò e si alzò, allontanandosi di qualche passo e scrollandosi la polvere dal kimono. Izaya fece lo stesso, prima di puntare lo sguardo sul ragazzo che accompagnava Shizuo incuriosito.
– La prego di perdonare il comportamento di mio fratello – si scusò Kasuka.
– Fratello? – chiese Izaya, spostando gli occhi sul biondo che si guardava intorno nervosamente nel tentativo di calmarsi prima di tentare di uccidere quella dannata pulce.
– Sì – confermò Kasuka, allungando poi la mano. – Sono Heiwajima Kasuka.
– Orihara Izaya. – Gli strinse la mano, evidentemente estraniato, tenendo d’occhio il mostro.

Shizuo torna alla realtà quando sente l’auto voltare e fermarsi. – Siamo arrivati – annuncia Kasuka spegnendo il motore. Non sono tanto vicini all’entrata del festival: meglio non attirare troppo l’attenzione su Shizuo. Qualche giornalista ha già scoperto la vera identità su Hanejima Yuhei e di suo fratello. Shizuo li ha subito cacciati via, tuttavia non vuol dire che non siano ancora in agguato, quei dannati paparazzi. Se il maggiore dei due vuole avere una serata tranquilla, è meglio evitare i flash che lo ritraggono con il proprio adorato fratellino.
– Va bene – sussurra Shizuo, iniziando a sentire un nervosismo diverso dal solito. – Dici che sto bene con questo kimono?
– L’ha cucito apposta uno dei sarti più famosi del Giappone solo e unicamente per te. Non farti problemi, nii-san.
– Grazie per esserti preoccupato – ringrazia ancora Shizuo, ma non sembra voler scendere dall’auto. Vuole passare una serata tranquilla e la compagnia di Vorona non può che fargli bene. Eppure si sente strano: il nervosismo che scorre in lui non ha nulla a che vedere con la rabbia, e ciò lo disorienta. È da un po’ che non si sentiva così.
– Sarà una bella serata – continua Kasuka. – Non tirarti indietro.
– Non mi tirerò indietro – gli fa eco il biondo.
– Deve piacerti davvero tanto questa Vorona.
– Non è una donna comune, questo è certo.
– Nemmeno tu sei un uomo comune.
– Lo so.
– Bene. – Inizia ad aleggiare un lieve silenzio nell’abitacolo, e Shizuo si sente sprofondare in esso. – Nii-san, da quanto non esci con una donna?
Eccola, la domanda che Shizuo avrebbe voluto non sentire mai. – I-io... n-non sono m-mai uscito con una d-d-donna... – Si passa una mano tra i capelli, scompigliandoli un po’ e pentendosene subito dopo. Kasuka glieli ha tirati indietro per aiutarlo ad apparire un uomo più serio, e lui si sta rovinando l’acconciatura. – Hanno sempre avuto paura della mia forza... In un certo senso ci avevo anche rinunciato a... corteggiarne qualcuna, anche se m’interessava...
– Loro avevano paura della tua forza, ma tu sei il primo che ha sempre avuto paura della sua stessa forza – lo rimprovera Kasuka. – Sbaglio?
Shizuo sembra rimpicciolirsi sul sedile. – Non sbagli.
– Se Vorona non ha paura di te, allora probabilmente è la persona giusta. Non importa se ha provato a ucciderti.
Il biondo alza gli occhi sul fratello, incredulo. – Come fai a saperlo?
– Non sono l’unico che è tenuto d’occhio a distanza dal proprio fratello – risponde Kasuka, sorridendo lievemente. – Adesso vai. Non si devono far attendere le donne.
Shizuo ricambia il sorriso e finalmente si sente sollevato. Il nervosismo è ancora lì a fargli pressione, ma è una sensazione piacevole rispetto a prima. Probabilmente è il segnale che qualcosa sta per cambiare, e si sente estasiato quanto tranquillo di ciò. – Vado – dice, uscendo finalmente dall’abitacolo. Prima di avviarsi verso l’ingresso del festival dove incontrerà Vorona, Shizuo guarda il proprio riflesso sui vetri oscurati dell’auto. I capelli, anche se meno in ordine rispetto a prima, non sono male. Anzi, forse gli donano di più poiché qualche ciocca ribelle mostra in parte la sua personalità. Sorride a se stesso, stranamente soddisfatto; nel proprio kimono nero con una fascia bianca a tenerlo legato, si avvia verso l’entrata.
Vorona è già lì che lo aspetta. Shizuo è rapito dalla sua bellezza: i suoi capelli biondi sono legati in uno chignon dietro la nuca, con dei boccoli ai lati del viso; lo yukata che indossa è bianco con delle venature ondulate di colori che vanno dal rosa chiaro al rosso scuro al blu notte, e sembrano richiamare le fiamme di un fuoco arcobaleno. Kasuka non si è trattenuto, ma nemmeno Vorona, con tutta la sua bellezza, si è trattenuta.
La donna lo osserva, poi abbassa lo sguardo in imbarazzo. Le guancie si colorano di porpora. – Sono davvero strana così... vero Shizuo-senpai?
Shizuo prende coraggio e si avvicina, quasi d’impulso. Poggia una mano sul suo viso e glielo alza verso il proprio per poterla guardare negli occhi. – Penso che tu sia bellissima – dice e sente il cuore perdere un battito mentre realizza ciò che ha fatto e detto. L’imbarazzo si fa’ spazio su tutto il resto, e Shizuo arretra quasi saltando di un metro indietro. Anche Vorona è in totale imbarazzo, e il viso rosso e gli occhi che saettano da un punto a un altro ne sono la conferma. La scena è così curiosa e comica, che attrae anche lo sguardo di qualche passante.
– Grazie – sussurra infine Vorona, riprendendosi dal proprio imbarazzo e riuscendo finalmente a guardare negli occhi il proprio accompagnatore. – Iniziamo il giro?
Shizuo sorride lievemente e annuisce, porgendole il braccio e iniziando così la passeggiata tra le bancarelle. Vorona è originaria della Russia, e le tradizioni sono molto differenti da quelle del Giappone. Shizuo ha fatto qualche ricerca apposta e ha chiesto aiuto al proprietario del Russia Sushi su come approcciarsi bene con Vorona, e Simon gli ha spiegato alcune cose che differenziano completamente dalle tradizioni Giapponesi: ad esempio, durante un appuntamento, è normale che la donna e l’uomo camminino a braccetto. Così non si fa’ scrupoli come normalmente richiederebbe la tradizione giapponese.
All’inizio l’aria tra i due è abbastanza rigida. Si ritrovano a corto di argomenti e sono troppo imbarazzati dal primo approccio, che probabilmente sarebbe stato l’ideale solo a fine serata, così da concluderla in bellezza. Dopo un po’, l’aria sembra distendersi mentre assaggiano diverse pietanze del luogo e Vorona inizia a divertirsi. Parlano del più e del meno, delle tante tradizioni russe e pietanze del paese della donna che Shizuo dovrebbe assaggiare e che un giorno lei stessa gli preparerà, strappando una piccola promessa.
Arrivano alla fine della strada delle bancarelle e trovano uno spazio un po’ più isolato dalla folla, su una panchina nascosta da diversi alberi. Entrambi hanno una mela caramellata e Shizuo la osserva per un attimo mentre un altro ricordo riaffiora, collegato a quello di che ha avuto mentre era in auto con Kasuka.

– Si può sapere cosa cazzo ci fai qui!? – intervenne Shizuo, fulminando Izaya e facendogli distogliere l’attenzione dal minore degli Heiwajima.
Il volto della pulce sembrò illuminarsi di consapevolezza, prima che un’imprecazione gli uscisse dalla bocca. Stava per iniziare a correre dalla direzione in cui già stava andando, quando Shizuo lo afferrò per il colletto e lo alzò di qualche centimetro da terra. – Shizu-chan, non ho tempo di giocare. Sono di fretta.
– A chi hai intenzione di rovinare la vita questa volta? – chiese a denti stretti.
– Shizu-chan, non credi di starmi sopravvalutando? Anch’io ho dei giorni in cui ho bisogno di riposo – rispose Izaya mentre, con una contorsione veloce del braccio, provocò un graffietto sul polso di Shizuo. Niente di grave o profondo: solo quanto bastasse per sorprenderlo e farsi lasciare. Izaya iniziò a correre.
– Bastardo – ringhiò Shizuo, prima di iniziare a rincorrerlo. Voleva sapere cosa stava architettando e se questo implicava seguirlo, chi lo avrebbe fermato? Persino Kasuka rinunciò da subito all’idea di fermarlo, iniziando a correre dietro Shizuo. Per fortuna, era abbastanza allenato da non stancarsi facilmente dopo una corsetta.
Izaya si voltò a un certo punto, guardando Shizuo. – Shizu-chan, preferirei se la smettessi di seguirmi – disse. – Capisco che non puoi resistere un giorno senza lanciarmi qualcosa addosso, ma oggi... – La pulce non riuscì a terminare la frase: una persona di bassa statura, con uno yukata e delle treccine, spuntò dal nulla e colpì Izaya di lato, facendolo cadere a terra per la sorpresa e cadendo lei stessa addosso al ragazzo.
– Preso! – urlò quella che doveva essere una bambina di otto anni al massimo. Shizuo si fermò poco dopo, osservando quella scena curiosa. Lui non era mai riuscito a prendere di sorpresa Izaya, ma a quanto pare c’era qualcuno che lo aveva appena fatto.
Izaya si alzò da terra, gemendo e portando una mano alla testa. – Cavoli – sussurrò, prima di mettersi seduto e guardare la bambina che ancora era su di lui e lo stava abbracciando.
– Ti ho fregato – canticchiò questa, ridendo.
Il voltò di Izaya si fece serio, poi alzò velocemente una mano e, un attimo dopo, uno schiaffo atterrò sul volto della piccola.
Shizuo si sentì ribollire dalla rabbia e iniziò con il farsi avanti. Kasuka lo bloccò per un braccio. – Fermo – gli disse.
– Cosa diavolo ti è saltato in mente! – alzò la voce Izaya, attirando ancora più occhi di quanti non ne avesse già attirati. – Ho acconsentito a portarvi a questo festival e che fate!? Scomparite nel nulla e ve ne andate in giro da sole!
– M-ma io...
– Non voglio sentire scuse! Dovete comportarvi bene! Siete solo bambine, ve ne rendete conto!? – continuò, e Shizuo ci mise qualche secondo prima di notare un’altra bambina, con uno yukata simile a quello dell’altra con le treccine, ferma vicino a Izaya con tre mele caramellate di mano. – Poteva succedervi di tutto! Incoscienti!
– I-io...
– Su su, non esagerare – intervenne una voce familiare e, girandosi, Shizuo vide Shinra. Indossava un kimono verde e nero. – Stanno anche loro cercando la propria indipendenza.
– Non è questo il punto! – esclamò Izaya, sorprendentemente arrabbiato. – Sono sotto la mia responsabilità e... – si bloccò di nuovo, alzando lo sguardo su Shizuo, che era del tutto sotto shock. – E tu cos’hai da guardare!?
Il biondo stava per rispondere, quando un singhiozzo lo fece fermare. – Mi... mi dispiace – sussurrò la piccola con le treccine, iniziando a piangere.
Izaya sembrò essere disorientato e per la prima volta dimostrò paura... o per meglio dire ansia. L’abbracciò e le accarezzò i capelli, sospirando mentre lanciava uno sguardo preoccupato all’altra bambina. Aveva paura che anche lei scoppiasse a piangere? – Su su, non c’è bisogno di piangere, mi avete solo fatto prendere un colpo sparendo così.
– Iza-nii è arrabbiato...
– Nii... – ripeté Shizuo sussurrando. Erano le sue sorelle!?
– Certo che sono arrabbiato, siete delle irresponsabili!
– Nii-san – intervenne l’altra bambina con le mele caramellate in mano, anche lei sul punto di piangere. – Severo...
Izaya alzò lo sguardo su di lei, poi roteò gli occhi e sospirò. – Ho capito, non lo dirò a nonna Natsu – disse e la bambina che aveva abbracciato sembrò riprendersi dal pianto.
– Ma mi hai dato uno schiaffo... – sussurrò, alzando lievemente gli occhi dal suo petto.
La pulce sospirò nuovamente. – Va bene, va bene. Vi comprerò tre cose che desiderate. Basta che la smettete di fare così. E se fate di nuovo un giochetto del genere, non vi porterò più da nessuna parte. Sia chiaro.
– Davvero? Grazie! – disse felice, prima di strozzare Izaya in un abbraccio.
Decisamente sono le sorelle della pulce! Pensò Shizuo sempre più sorpreso mentre intuiva che quello che era appena successo era solo una messa in scena da parte di quelle due per raggiungere i propri scopi. – Non ci credo – sussurrò poi, mentre vedeva i due rialzarsi da terra.
La bambina con le treccine si presentò subito al biondo e a suo fratello Kasuka come Mairu, mentre l’altra era Kururi. La somiglianza con Izaya era schiacciante, ma non era l’unico tratto distintivo. Erano gemelle e sembravano essere l’una l’esatto opposto dell’altra. Eppure erano in un’armonia inquietante. Persino quando si misero a guardare Kasuka in maniera strana: chi con gli occhi a cuoricino, chi con la bocca socchiusa e il respiro mozzato.
– Orihara-kun temeva di non poterle gestire da solo... ma nemmeno in due ci riusciamo a quanto pare – aveva detto Shinra in imbarazzo, mentre l’attenzione delle gemelle era tutta rivolta verso Kasuka, che sorrideva e si comportava gentilmente con loro.
Izaya sospirò, avvicinandosi a Shinra. – Gli hanno persino dato la mela caramellata che avevano preso per me – disse, prima di volgere lo sguardo verso Shizuo. – Tuo fratello le ha ammaliate. Come ha fatto? Non sono mai riuscito a tenerle tranquille.
– Tsk. È ovvio che tu non ci sai fare con i bambini – aveva risposto aspramente il biondo.
– Oh? – Izaya sorrise, avanzando a testa alta verso il nemico, con aria di sfida. Non sovrastava l’altezza di Shizuo, ma non lo aveva mai guardato dal basso. Al contrario, Izaya era sempre stato l’unico che non aveva mai mostrato paura nei suoi confronti (ovviamente escludendo la sua famiglia e Shinra). – Se vuoi te le lascio per un giorno intero. Vediamo se riesci a tenerle a bada.
Shizuo avanzò di un passo, dimezzando la loro distanza. – Cos’è, vuoi scommettere con la tua vita? – chiese. A distanza di anni da quell’affronto, il biondo ne è consapevole: se avessero realmente scommesso, avrebbe perso.
Per sua fortuna, Shinra s’intromise. – Su su, non siete ancora abbastanza grandi ed esperti per scommettere sulle vostre vite!
– Shinra sei cattivo! – si lamentò il moro, cantilenando. – Così mi rovini il divertimento!
– No, salvo la vita a uno di voi. – Shinra sorrise, mentre spostava lo sguardo da Izaya a Shizuo. – Vi va di unirvi a noi in questa passeggiata? – chiese, e il biondo stava per rifiutare quando l’altro indicò dietro di lui. Voltandosi, vide le sorelle Orihara parlare felicemente con Kasuka. Mairu si era addirittura presa la libertà di stringere la mano al maggiore. – Non ti conviene rifiutare, o avrete due pesti che vi stanno attaccate per tutto il cammino senza nemmeno noi che dobbiamo tenerle d’occhio. La responsabilità cadrebbe tutta su di voi.
– Tsk, la solita fregatura – protestò il biondo, senza poter rifiutare.
E così iniziò la passeggiata di una strana combriccola. Per Shizuo e Izaya, ogni stand con dei giochi era una buona occasione per sfidarsi e non importava spendere soldi: giacché non potevano picchiarsi, dovevano limitarsi a piccole sfide per dimostrare la propria grandezza e potenza. Solo in una cosa Izaya non poteva battere il biondo, cioè la prova di forza. Per sua fortuna, lo stand che testava la capacità di forza si trovava dal lato opposto della fiera. Tuttavia, in qualche gioco Shizuo riusciva a vincere, anche se erano ben pochi messi al confronto con quelli che era riuscito a vincere il moro.
Shinra li seguiva e si divertiva nel vederli gareggiare in quella maniera. Sembravano i tre buoni amici che aveva sempre sperato di essere e, sebbene era solo un’illusione, non era male. Sapeva che anche i due si stavano divertendo, ma non lo avrebbero mai ammesso: era già stato difficile deporre le armi per una sola serata. Il merito, ovviamente, era tutto di Kasuka e delle due piccole pesti cui dovevano badare. Quelle due si stavano godendo il tempo con il minore degli Heiwajima e, sebbene sembrasse strano, quel ragazzo sembrava un miracolo asceso apposta per aiutare due adolescenti a tenere a bada due demoni. Ma cos’altro ci si poteva aspettare da persone che portavano il cognome Orihara?
Kasuka, dal canto suo, era bravo a intrattenere le persone ed era anche un’ottima scusa per provare a testare le proprie abilità di attore. Sebbene sembrasse si stesse divertendo e apprezzasse la compagnia di quelle due ragazzine, in realtà stava recitando un copione scritto da qualche parte sull’etica comportamentale. Ma in fondo, per lui era divertimento quello.
Lentamente arrivarono sulla cima del monte, in un luogo isolato in cui avrebbero potuto godere tranquillamente i fuochi d’artificio. Si sedettero sull’erba nonostante la panchina vuota vicino a loro, e cercarono di rilassarsi. Shinra si era messo in mezzo a Izaya e Shizuo, così da evitare che quei due si mettessero a bisticciare con la più patetica delle scuse. Accanto a Izaya si sedette Kasuka, attorniato dalle gemelle. Mentre questi parlava con Kururi, Mairu si alzò e andò a sedersi accanto a Shizuo. Tutti avevano una bevanda analcolica presa da uno stand lì vicino.
Il biondo la guardava incuriosito e non poté negare la forte somiglianza con Izaya. Nonostante lui avesse un colore di capelli più scuro, avevano entrambi gli stessi lineamenti e lo stesso naso tirato all’insù. Anche gli occhi erano dello stesso colore, sebbene quelli di Izaya fossero più piccoli e affilati nei suoi contorni. Probabilmente, con il tempo anche i lineamenti di Mairu sarebbero mutati.
– Sei davvero il fratello di Kasuka-san? – chiese lei, sorridendo raggiante.
– Già – annuì Shizuo. Accanto a lui, Izaya e Shinra avevano iniziato discutere di qualcosa... o meglio il quattrocchi stuzzicava l’altro, che protestava in maniera quasi infantile ma disinvolta. – E tu la sorella di quella dannata pulce.
– Odi mio fratello?
– Tsk. Non era chiaro?
Mairu fece un’espressione sorpresa, poi esclamò un qualcosa di poco chiaro e lo indicò con un dito. – Tu sei il protozoo di cui parla sempre!
– Protozoo – ripeté Shizuo, stringendo i pugni. Se avesse potuto, avrebbe picchiato tanto forte quella dannata pulce da deformargli il viso in una perenne espressione di dolore. Ma non aveva intenzione di rendere brutta la serata di quelle due bambine. Dopotutto, nonostante fossero delle Orihara, erano delle giovani fanciulle. Shizuo era un tipo troppo buono perché rovinasse la loro fanciullezza. Così, trattenendo la propria forza, diede un buffetto sulla fronte della ragazzina. – Non ripetere le parole di tuo fratello maggiore. Potresti finire in brutti guai un giorno.
Mairu gonfiò le guance, mettendosi una mano sul punto colpito. – Ma ti chiama sempre così! Ti ama molto!
Shizuo si trattenne dallo scoppiare in una risata isterica. – Come se fosse possibile. Io e lui ci odiamo.
La ragazzina lo guardò schiudendo le labbra. – Non ci credo! Parla sempre e solo di te quando è arrabbiato!
– Quando qualcuno è arrabbiato, non parla della persona che ama – rispose pazientemente.
– Ma poi sorride sempre!
– Sorride?
– Dice che un giorno ti ucciderà! Non è questo l’amore? – chiese speranzosa.
Shizuo inarcò un sopracciglio, non capendo se Mairu fosse seria o meno. – Se tu ami una persona, perché vorresti ucciderla?
La bambina sembrò pensarci sopra prima di alzare gli occhi sognanti. – Perché si uccide per amore!
Shizuo la guardò, poi si lasciò andare a una breve risata. – Credo tu abbia confuso le cose. Per amore si potrebbe uccidere. Ma se uccidi la persona che ami, allora saresti un folle.
– Perché?
– Perché poi non potrai più vedere quella persona. Farà male.
– Ma l’amore fa’ comunque male!
– Sì, è vero. È proprio questo che lo rende speciale. – Sorrise ancora ma, notando lo sguardo confuso di lei, le passò una mano tra i capelli, scompigliandoglieli amichevolmente. – Sei ancora piccola per capire queste cose. Dovresti crescere un altro po’.
Mentre la vedeva concentrarsi e pensare a qualcosa, Shizuo prese un lungo sorso dalla propria bevanda. Quella bambina non gli dispiaceva. Gli sarebbe piaciuto avere una sorellina minore di cui potersi prendere cura, poiché Kasuka è sempre stato autonomo e non ha mai avuto bisogno del suo aiuto in niente. Anzi, il più delle volte, con i due fratelli Heiwajima, accadeva il contrario: il maggiore andava dal minore a chiedere consigli su cose.
Mentre Shizuo era immerso nei propri pensieri, Mairu tornò a parlare: – Ma tu e Iza-nii dovreste amarvi! – esclamò.
Il tempo di realizzare quanto lei aveva detto, che il biondo si ritrovò a sputare il liquido in bocca sull’erba, attirando l’attenzione di tutti.
– Mairu – la chiamò esasperato Izaya – smettila di combinare casini.
– Ma non sto’ facendo niente! – si lamentò la piccola.
– Ed io ho l’impressione che tu stia dicendo l’esatto contrario delle tue azioni. Vieni qua – disse l’altro, picchiettando l’erba vicino alle sue gambe.
– Ma io ho detto la verità!
Shinra sorrise, lanciando un’occhiata furba a Shizuo. – Cioè?
– Che dovrebbero amarsi! – esultò Mairu, guardando l’altro ragazzo.
– Chi? – chiese Kasuka, che notò il rossore e l’espressione nervosa di Shizuo.
– Il sole e la luna – interruppe irritato quest’ultimo, mettendo una mano sulla bocca di Mairu. Aveva pensato che avrebbe voluto una sorellina? Se ne pentì all’istante. Voltò lo sguardo verso la bambina, e le sussurrò: – Non dire più una cosa del genere! Non sono gay!
– Gay? – chiese Shinra.
– Ah! – esclamò Izaya, non lasciandosi mai sfuggire un’occasione. – Shizu-chan ha la cotta per un ragazzo!
– Ovviamente no! Dannata pulce ti ammazzerei seduta stante se non fosse per le tue sorelle! – urlò, nervoso.
– Su su, Shizuo-kun calmati – disse Shinra con un sorriso sul viso. Si stava divertendo da pazzi, quel quattrocchi.
Mairu diede un piccolo pugno sul petto di Shizuo. E Izaya intervenne severamente: – Mairu! – gridò. Non gli sarebbe importato molto se avesse ammazzato Shizuo. Tuttavia erano sotto la sua responsabilità e ciò implicava anche il dovere di educare. Non poteva di certo fare tutto quello che gli passava per la testa!
– Così... – Mairu iniziò a piangere. – Così io non p-posso s-sposare tuo fratello...
Il biondo la guardò, poi scoppiò a ridere, una risata di cuore. Avrebbe anche potuto amare quella piccola peste. La abbracciò e la cullò, facendo calmare le sue lacrime. – Se un giorno vorrai sposare Kasuka, non dipende da me o da quella pulce di tuo fratello – disse. Poco dopo i fuochi di artificio iniziarono a illuminare il cielo notturno.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 - Seconda parte ***


Note pre-capitolo

A stento, ma sono riuscita a pubblicare oggi!
Non m’intrattengo molto poiché domani ho troppo da fare e maggio è un mese del cavolo.
Spero che questo capitolo vi piaccia, nonostante ho notato che nessuno delle poche persone che recensiscono digeriscono la coppia Shizuo/Vorona, ma a me purtroppo piace xP Anche se Shizaya resta sempre al top.
Il prossimo capitolo non lo pubblicherò lunedì prossimo: vi chiedo di pazientare. Putroppo sono sotto esami e senza contare compleanni e altri oneri che mi stanno assillando. Il tempo per scrivere è poco e sono circa due settimane o di più che non butto giù qualcosa di decente.
Ho bisogno di un po’ di tempo per mettere in ordine tutte le cose, ma poi credo di riuscire ad aggiornare regolarmente sino alla fine della storia! In ogni caso, il prossimo capitolo lo pubblicherò il 27 maggio, salvo che riesco a pubblicarlo prima.
Chiedo ancora scusa. Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacione
Yogurt.

Capitolo 10 – Seconda parte


Shizuo si è di nuovo lasciato andare ai ricordi, e un sorriso affiora sulle sue labbra. Il primo incontro con Mairu e Kururi non era stato dei migliori, ma ne conserva un bel ricordo. Appena iniziati i fuochi di artificio, Mairu si era alzata dal suo fianco e si era lanciata sul suo fratellone, sedendosi poi tra le sue gambe e subito raggiunta dalla gemella. Izaya aveva detto qualcosa a entrambe, che lo avevano guardato e poi riso. Lui aveva sorriso, per poi alzare lo sguardo. Forse, quella volta, è stato il primo e ultimo vero sorriso che aveva visto sul volto della pulce: non c’era scherno, non c’era malizia, non c’era beffa. Shizuo aveva quasi cancellato quell’immagine, ma adesso si ripresenta prepotente davanti ai suoi occhi, e vorrebbe avergli scattato una foto, così da poterla mostrare alle gemelle adesso. Probabilmente, una semplice foto lo avrebbe aiutato a consolarle... o forse le avrebbe uccise ancora di più interiormente.
Si scuote dai propri pensieri quando la mano di Vorona si poggia sul suo braccio, attirando la sua attenzione e aiutandolo a scendere dalle nuvole. Probabilmente è stato in silenzio per un periodo prolungato senza accorgersene. – Scusami – sussurra, guardandola negli occhi prima di abbassare i propri sulle mani. Non c’è bisogno di dire per cosa si sta scusando, dopotutto è chiaro a entrambi. Si piega in avanti, e fissa per un secondo il terreno sotto i piedi. – Mi capita spesso ultimamente.
Vorona annuisce e, in silenzio, prende la sua mano, facendolo drizzare nuovamente sul posto e attirando di nuovo tutto il suo sguardo. Si avvicina le dita di Shizuo al volto e lentamente passa i propri polpastrelli sul polso dell’uomo di fronte a lei, testando silenziosamente i battiti del suo cuore. Sono calmi e regolari ma, a quanto pare, quel gesto fa aumentare di colpo il pulsare ritmico. Non lo guarda in volto mentre saggia il calore di quello che un tempo considerava una montagna da abbattere. Anche il cuore di Vorona inizia a battere più forte e più velocemente. Questo significa essere innamorati? Si chiede, conoscendo già la risposta. L’ha compresa quando, nel viaggio di riflessione fatto nel suo paese di origine, qualsiasi cosa gli ricordava Shizuo e come le guance bruciassero al pensiero di un suo tocco. Così si sente in questo momento. O forse anche peggio, considerando che è reale. – Shizuo-senpai – dice infine. – Izaya ti sta facendo più male adesso di quando era ancora in piedi.
Shizuo sussulta, non aspettandosi un’affermazione del genere. Sente la gola seccarsi e il corpo ha un fremito che cerca di trattenere. Avvolge la guancia di Vorona con il palmo della mano già vicina al suo viso e, quando lei lo guarda negli occhi, si sente folgorato. Il cuore che già pulsava velocemente sembra avere un sussulto. Se fosse stato in piedi, probabilmente le gambe avrebbero ceduto. Quando ha iniziato a provare emozioni così forti verso quella donna? Non lo sa e non gli interessa. – Hai ragione. Quel bastardo si diverte in questa maniera, ma non importa.
– Ma tu stai male.
– Ed è per questo che sto bene. I mostri non hanno sentimenti, i mostri agiscono per impulso. Questo è ciò che Izaya mi ha sempre detto e ridetto per anni. – Sorride, iniziando a muovere delicatamente il pollice sul suo viso. – Adesso che è in quello stato, significa che non l’ha avuta vinta. Il fatto che qualcosa non vada in me è la conferma che io sono un essere umano. Il mio odio non è cambiato, ma sono responsabile di ciò che gli è accaduto. È giusto che stia male.
Vorona lo guarda confusa, chiedendo silenziosamente il significato di ciò.
Tuttavia Shizuo scuote la testa, non volendo rispondere. Lo scopo di questa serata è togliersi dalla testa qualsiasi pensiero incentrasse Izaya e già non ha mantenuto quella promessa, facendo preoccupare la propria accompagnatrice. Mentre ci pensa, sente una forte attrazione verso Vorona. In tutti i mesi in cui è stata via, le è mancata tanto. Le rare telefonate che riceveva da parte sua lo aiutavano a riempire la giornata di una strana gioia. Gioia che man mano è stata accompagnata dalla malinconia mentre pensava di non avere più la kohai al proprio fianco. Sapeva che un giorno l’avrebbe rivista e che probabilmente avrebbe dovuto combattere con lei per una questione che era stata lasciata in sospeso tempo prima. Ma dopo tutto ciò che è avvenuto, Vorona sembra aver rinunciato a ciò per puntare a qualcos’altro. Quel qualcos’altro si concretizza in quel momento, mentre i fuochi di artificio esplodono nel cielo: i centimetri si accorciano, le speranze prendono vita e i desideri di entrambi si realizzano grazie a un unico, casto, bacio.
Ecco, finalmente entrambi hanno compreso che mesi e mesi di separazione sono serviti ad avvicinarli. Perché no, la lontananza non è una nemica, ma un seme piccolo che serve a consolidare quello che un giorno potrà essere l’albero della stabilità.

Finito lo spettacolo pirotecnico, i due piccioncini si dirigono all’hotel che Kasuka ha prenotato per loro. Non è distante dal luogo del festival e, essendo una località termale, il piccolo Heiwajima ha ben pensato di regalare a Shizuo e Vorona il soggiorno in uno degli hotel termali migliori. Gli avrebbe anche regalato una settimana intera alle terme per rilassarsi, tuttavia le prenotazioni erano al completo. Così ha dovuto rinunciare all’idea, promettendo tuttavia di rimediare più avanti. Questo è uno dei tanti motivi per cui Shizuo tiene molto a Kasuka: anche se non glielo chiede, spesso è lui che si comporta come fratello maggiore più del biondo stesso.
Mano nella mano, i due arrivano all’hotel e si lasciano guidare nella loro stanza. È tutto di lusso, nessun dubbio su questo: Kasuka non ha badato a spese, pensando anche a un piccolo bagaglio per entrambi con abiti di ricambio.
Quando infine arrivano in camera e vedono un unico letto matrimoniale, Shizuo quasi si fa’ prendere dal panico. È Vorona che lo tranquillizza che, con un unico bacio, gli lascia intendere che se le sue intenzioni sono di fare l’amore, lei non si sarebbe tirata indietro. Alla fine è esattamente ciò che accade.
Quando, tra i baci di passione e un po’ di foga si ritrovano nudi, Shizuo sopra Vorona, lui non può far a meno di osservare la donna sotto di sé e adorare ogni pezzo del suo corpo sinuoso. Lei non ha mai mostrato un’esitazione e Shizuo la invidia: vorrebbe avere il suo controllo, la sua determinazione e il suo sangue freddo. Tuttavia, l’unica cosa che la natura gli ha donato è la forza disumana, accompagnata dalla poca pazienza verso tutti, verso il mondo.
Quando diventano una cosa sola e il respiro di Vorona si spezza per un secondo, le menti si svuotano e nulla più esiste al di fuori di loro. Shizuo sente il cuore battere a mille e, sotto le dita che accarezzano i prosperosi seni, sente che anche quello di Vorona batte a mille. Il tutto si confonde con i loro sospiri e i loro gemiti, mentre entrambi arrivano al culmine in una lenta e dolce cantilena, che li porta a volare in luoghi sconosciuti e li alza fino a toccare il cielo con dito.
Questa è una versione troppo romantica del fare l’amore, pensa sorridendo Shizuo, mentre si appoggia sul petto della donna e intreccia le proprie dite con le sue. Quello che ci vorrebbe, in questo momento, è una sigaretta. La cosa lo tenta tuttavia... il calore del corpicino che sta stringendo e il ritmo del cuore che rallenta lo spingono a ignorare quella voglia e a godersi più che può quegli attimi.
I problemi, le disperazioni, gli anni passati... tutto sembra scivolare via come l’olio, tanto da apparire inesistenti. Non gli dispiacerebbe morire in quel modo.

Il sangue colava e l’anima sembrava essere risucchiata via, strappata dalle proprie radici per poi andare a fuoco.
Il sangue era fonte di fastidio. Evidenziava lo sporco che si annebbiava in quelle gocce scarlatte dello stesso sapore del ferro. E sulla pelle, mentre scorreva, rendeva il tutto ancora più difettoso. Soprattutto se colava lungo le cosce. Ma in quel momento non gli importava. Era un involucro vuoto, spogliato di qualsiasi veste e dignità. Era solo un automa che avrebbe preferito non esistere.
Il buio che lo avvolgeva, nonostante freddo, era diventato l’unico calore che la sua sporca anima poteva avvertire. L’unica cosa che lo avrebbe sempre e comunque abbracciato anche se non lo avrebbe mai consolato.
Voleva essere consolato? No. Voleva morire. Voleva smettere si sentire quel respiro intermittente e irregolare, voleva smettere di avvertire il pulsare del proprio cuore e lo scorrere di quell’acido qual era il sangue nelle vene.
Ricordava: più di una volta aveva assistito a ragazzi che avrebbero voluto mettere fine alla propria vita per motivi futili. Non erano in grado di reggere a delle bugie, non erano in grado di provare più calore che la persona fonte del loro male non aveva mai smesso di regalargli. Avrebbe voluto prenderli a schiaffi, pensando che quel calore che loro sembravano disprezzare lui non lo aveva mai ricevuto. Lo aveva desiderato e agognato, e mai era arrivato. Così aveva iniziato a pensare che le emozioni lo avrebbero fottuto. Che gli affari degli altri potevano interessargli, basta che non lo coinvolgessero direttamente. Tutto quello che doveva fare, era dare uno stimolo e vedere se le sue cavie avrebbero davvero compiuto quel gesto che sarebbe stato fatale. Che li avrebbe sottratti a quella tanto odiata quanto agognata vita. Li trovava stupidi. Tremendamente stupidi.
Il suo... era davvero un buon motivo per farla finita? L’aguzzino non aveva smesso un giorno di divertirsi con lui. A volte, per ore intere, si divertiva a farlo urlare di dolore finché la gola gli diveniva secca e i sensi si annebbiavano, come sotto l’effetto di una droga. E gliele aveva anche somministrate, ne era certo, ma non ricorda nulla di quanto era successo poi. Meglio così.
Quel giorno era andato ben oltre di qualsiasi previsione: aveva utilizzato il suo corpo per le perversioni che la sua mente malata celava. La propria dignità di uomo era stata completamente spazzata via, e non importava più nulla. Avrebbe sottostato alla volontà di chi si sarebbe preso cura di lui nei modi più contorti e orribili. Non avrebbe più reagito, anche se la forza lo aveva abbandonato da più tempo di quanto riuscisse a ricordare. Sperava che presto, spingendosi troppo oltre, Kuromo lo avrebbe ammazzato definitivamente.

E anche il sangue è in questo momento sotto le palpebre di Shizuo, che si sente intrappolato in un sogno senza capo né coda. Le immagini sono sconnesse. Tutto ciò che riesce a distinguere è il volto tumefatto di Izaya. Non riesce però a vedergli gli occhi e più cerca di avvicinarsi, più il vuoto sembra assalirlo e tirarlo indietro. Più si fa’ avanti, e più il suo obiettivo non si muove e la distanza resta sempre la stessa. Shizuo è nauseato e infine avverte un qualcosa che annuncia la fine sfiorarlo e accarezzarlo, in una muta promessa di morte. Ma non è lui che sta accarezzando, bensì il corpo inerme che è l’obiettivo da raggiungere.
Shizuo spalanca gli occhi, con l’affanno e il cuore in gola. È disorientato e non ritrovarsi nella propria camera lo porta a un cieco terrore, che lo assale e lo spinge in basso, verso un baratro che gli fa’ salire le vertigini. Dal suo fondo lo sente di nuovo: quel disgustoso tanfo che risale al ritrovamento di Izaya, quello che credeva di aver definitivamente seppellito nei suoi ricordi ma che torna adesso prepotente. Una scarica di nausea gli scuote violentemente lo stomaco, e Shizuo è costretto a correre in bagno. Vomita.
Il sapore disgustoso che gli invade la bocca sembra essere in perfetta sintonia con il fetore che aumenta di secondo in secondo. Da dove proviene? Lo sa bene, ma non è possibile che esista ancora. È passato più di un mese, dopotutto. Com’è possibile che sia ancora lì? Perché lo avverte!?
Tutto il contenuto del suo stomaco viene riversato nel bagno, e brividi freddi gli percuotono il corpo. Le immagini confuse del suo sogno tornano a farsi vive e il disgusto aumenta. La nausea lo rende instabile e perfino inginocchiato sente le proprie gambe vicine a cedere. Si aggrappa come può al water e continua a rigettare, anche quando ormai non esce più niente dalla sua bocca. Solo saliva liquida, che riversa tossendo. Ha l’impressione che lo stia soffocando, sebbene non sia così.
Ha i muscoli rigidi e si sente sempre più sprofondare, quando una mano si poggia sulla sua fronte. È calda e fredda, completamente in contrasto con la pelle di Shizuo. In qualche modo riesce a tranquillizzarlo: lo riporta alla realtà, riuscendo a fargli acquistare di nuovo parte della propria forza. È scosso a tal punto da non sente la voce che gli rivolge le parole. Alla fine si siede a terra e arretra, fino a toccare le spalle nude con le piastrelle del muro. Davanti a sé vede Vorona accovacciata, che lo guarda senza espressione. Le sottili ciglia sono arcuate verso l’alto e ciò lo aiuta a capire che in realtà è preoccupata.
– Cos’è successo? – chiede, passando una mano sulla sua guancia destra. – Sei congelato.
Shizuo boccheggia e sposta gli occhi sul pavimento. Si ricorda solo adesso di indossare solo i boxer, mentre Vorona si è addormentata nuda e adesso indossa una vestaglia rosa con motivi floreali. Il ricordo della notte passata a fare l’amore lo fa’ arrossire. Ma poi il disgustoso sapore in bocca lo riporta al sogno e, a fatica, si rende conto che quel tanfo che ha avvertito non c’è più. Si è dissolto nello stesso modo in cui è comparso. Nessuna traccia del suo cammino.
Si porta le mani tra i capelli, scompigliandoli un po’. Come può descrivere quello che ha provato? Le parole gli mancano. – Il tanfo – sussurra infine, ma anche così non ha dato nessuna spiegazione. L’espressione confusa di Vorona glielo conferma. Prova quindi a spiegare: – Un... un incubo. Non so cosa stesse succedendo. C’era Izaya, e più cercavo di raggiungerlo più si allontanava. – Ingoia a forza della saliva. Ha caldo, tanto caldo. Tuttavia, la goccia di sudore che gli attraversa la tempia sembra essere fredda. – Io... non so cosa stava succedendo. E poi ho sentito quel puzzo...
– Quale puzzo?
– Lo stesso che ho sentito prima di ritrovare Izaya – dice. – L’ho avuto sotto il naso per giorni e non sono riuscito a dormire a causa sua.
– Di cosa odora? – chiede cauta Vorona, sedendosi in ginocchio accanto a lui. Lascia che poggi la testa sulla sua spalla e, per aiutarlo a rilassarsi, scioglie la sua presa dai capelli, iniziando poi ad accarezzarli lei stessa.
– Marcio. Sangue. Muffa. Feci. Aveva anche l’odore di quella dannata pulce al suo interno. Non... non riesco a reggerlo.
Vorona annuisce. – Hai subito un trauma, Shizuo. Riuscirai a uscirne. – Non c’è esitazione in quelle parole, e nemmeno finzione. È proprio questo ciò che adora di lei: se ha qualcosa da dire, non ci gira intorno. È diretta e sincera. Per questo anche rassicurante.
Shizuo annuisce. – Grazie – sussurra, prima di sentire le labbra di Vorona premere contro le proprie, in un bacio dolce e disgustoso allo stesso tempo. Ed è Shizuo stesso che si tira indietro. – Forse farei meglio a sciacquarmi prima la bocca – dice in imbarazzo, e Vorona gli regala un piccolo sorriso e il suo consenso.

Shinra si aggiusta gli occhiali sugli occhi, mentre annuisce al telefono. – Ho capito la situazione. – Fa’ delle raccomandazioni, poi rassicura: – Provvederò ad approfondire l’argomento. Grazie per aver chiamato. – Stacca la telefonata, e fissa per un momento lo schermo acceso del proprio cellulare. – Non va bene – sussurra. – Non va per nulla bene.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Note pre-capitolo



Ecco l’undicesimo capitolo! Un po’ palloso e di passaggio, ma spero vi piaccia comunque.
Grazie mille a quelle poche persone che mi sostengono lasciandomi sempre una recensione con i loro pensieri e commenti, li apprezzo davvero tanto :)
Il prossimo capitolo lo pubblicherò venerdì prossimo, sperando che almeno riesco a concludere il quindicesimo che, per un motivo o per un altro, non vuole venir fuori come si deve ^^”
Non mi trattengo oltre, un bacione

Yogurt.

Capitolo 11


– Shizuo? Capiti proprio a pennello! – esclama Shinra non appena vede Shizuo oltre la porta d’ingresso. Il sorriso che rivolge non è come quelli che caratterizzano il Dottore. Il luccichio di pazzia è sempre lì presente, ma sembra una follia stanca e consumata. È solo una teoria del biondo: prendersi cura di Izaya lo sta struggendo. Crede di sapere vagamente il motivo. Se evita di fare domande è solo perché non vuole che domande peggiori gli siano rivolte e, conoscendo bene Shinra, sarebbe incastrato con meno di due parole. – Celty è andata via e ho bisogno di una mano per lavare Izaya. Posso farlo anche da solo ovviamente, ma se siamo in due risparmio tempo, fatica e disastri.
Shizuo lo guarda per un secondo, decidendo di aiutarlo. Ha addossato la responsabilità della pulce su di Shinra, e non lo sta nemmeno pagando come si deve. Ha l’impressione che si stia occupando Namie di compensare a tutte le spese, attingendo dai soldi di Izaya che al momento sono passati alle gemelle, ma che comunque non sono abbastanza grandi da poter gestire il conto in banca del fratello maggiore. Pensandoci, quelli non sono affari che gli riguardano.
Shinra esulta felice prima di dirigersi in bagno per preparare la vasca. – Solitamente non lo lavo nella vasca – urla dal bagno, mentre Shizuo è rimasto fermo in soggiorno. – Devo sempre lavarlo a pezzi ed è un lavoraccio. Non mi va molto a genio che Celty veda un altro uomo nudo oltre me. – Ridacchia, e il biondo ha un brivido lungo la schiena. Non è interessato alla vita sessuale del proprio amico d’infanzia con la propria migliore amica. – Comunque posso staccarlo dalle macchine per un po’ e renderlo perfettamente pulito – continua la sua spiegazione. Poi esce dal bagno e va verso la stanza di Izaya. Shizuo lo segue in silenzio e osserva mentre il Dottore inizia a togliere diverse cose dal corpo di Izaya: flebo, sistemi che controllano il battito cardiaco, catetere eccetera. Una volta terminato quel lavoro, Shizuo lo tiene fermo Izaya mentre Shinra gli toglie la maglia bianca e poi passa ai pantaloni e all’intimo. Quando è completamente nudo, il biondo lo solleva cercando di non guardare troppo quel corpo. Dopotutto Izaya non avrebbe approvato, e nemmeno Shizuo lo farebbe se non fosse strettamente necessario. Quando lo solleva, tuttavia, si accorge della sua leggerezza. Già al ritrovamento, quando lo aveva scosso, aveva avvertito una fragilità impossibile per il suo nemico. La denutrizione lo aveva fatto dimagrire molto. Shinra lo aveva informato che stava cercando di far riprendere peso a Izaya durante le prime settimane di coma, per poi dire che era riuscito a fargli aumentare di peso, anche se non poteva fare più di così.
Adesso che Shizuo l’ha sollevato, si rende conto che forse Izaya è ben sotto al di sotto del suo peso ideale. Quanto è cambiato il suo corpo nel corso di questi mesi? Quanto la prigionia, le torture e il coma hanno influenzato ognuna? Non saprebbe dirlo.
Lo trasporta in bagno, adagiandolo accuratamente nell’acqua tiepida e insaponata. Shinra ringrazia e, prendendo una spugna, inizia a pulire il corpo di Izaya. Shizuo si appoggia al muro vicino alla porta e osserva la spugna che attraversa il corpo del suo peggior nemico guidata dal Dottore. Silenziosamente, perlustra ogni centimetro di quel corpo come mai è riuscito a fare. Ricorda vagamente i lividi gonfi, i tagli, gli ematomi, il sangue coagulato e gli ossi rotti.
Si pente amaramente di aver ricordato ciò, poiché il fetore si fa’ di nuovo strada tra le sue narici, facendogli contorcere lo stomaco in uno spasmo. Anche la nausea si fa’ sentire, e perciò è felice di essere appoggiato al muro. Tuttavia Shinra sembra accorgersi di qualcosa, poiché alza di poco lo sguardo dal suo lavoro e lo osserva. – Qualcosa non va? – chiede e senza spostare lo sguardo dal biondo, parla prima che possa rispondere: – Vorona l’altra sera mi ha chiamato. Era preoccupata perché tu avevi vomitato dopo un incubo e non sapeva come prendere la cosa. – Shinra si zittisce in una breve pausa, riportando l’attenzione su Izaya e continuando il proprio lavoro. Shizuo pensa che Vorona deve averlo chiamato quando si è addormentato. – Sono preoccupato, Shizuo. Credo che dovresti vedere uno psicologo.
Il biondo s’irrigidisce. – Non andrò mai da uno strizzacervelli.
– Non ti sto obbligando – lo richiama Shinra mentre spazzola per bene uno dei piedi di Izaya. – Ma se si presentano altri episodi come quando hai passato la notte con Vorona, ti prego di dirmelo. Dovremo provvedere – dice seriamente e Shizuo non se la sente di ribattere, né di contare quante volte quel persistente odore nauseabondo si è fatto largo nella sua mente e nel suo naso. Ma non dubita sul fatto che, se si volessero contare le volte, bastino le dita di una mano. Il problema è cosa quegli episodi portano: diverse volte gli tolgono il sonno, una volta l’hanno fatto svenire e l’ultima volta vomitare.
– Se ho vomitato... è successo perché ho mangiato troppo – dice cercando una scorciatoia. Dopotutto, Shizuo mangia quanto un elefante quando è di buon umore.
Shinra si ferma, fulminandolo con lo sguardo. – Non sono uno stupido, Shizuo. Limitati a fare quello che ti ho detto, okay?
Sebbene riluttante, Shizuo è costretto ad accettare senza discutere oltre. Anche Vorona non ha nascosto la propria preoccupazione e perplessità riguardo a quanto è accaduto e, sebbene il biondo pensi che siano tutte paure infondate, non ignorerà i sentimenti di lei. Se è preoccupata vuol dire che farà attenzione anche lui stesso, così da evitare altre paranoie e tranquillizzare tutti. Soprattutto Shinra, che è quello di cui preoccuparsi di più in questi casi.
Il Dottore continua a lavare il corpo di Izaya, mentre Shizuo cerca di concentrare i propri pensieri altrove e cacciare via quel fetore che è l’unico ad avvertire. Ma non ci riesce. Per scrollarselo di dosso, prende dei flaconi di bagnoschiuma e shampoo che si trovano sul lavandino. Ne osserva la confezione e poi li apre, odorandone il contenuto. Il bagno schiuma sa di pino, mentre lo shampoo di miele. Due odori strani che, in qualche modo, riescono per un breve secondo a togliere il fetore dalle narici.
– Ti piace? – chiede Shinra, mentre si allunga per afferrare il flacone di shampoo. – Sono quelli che le gemelle mi hanno costretto a utilizzare. A loro dire, Izaya odia tutte gli altri tipi di fragranze al di fuori di queste. Non ho idea se ci sia davvero un motivo vero dietro questa loro fissazione, ma... – Il Dottore è interrotto dal suono del campanello. – Ah, deve essere arrivato il pacco che aspettavo. Shizuo, ti dispiace continuare a lavare Izaya? Devi fargli solo lo shampoo. Non ci metterò molto – dice e, senza aspettare una risposta, si asciuga le mani ed esce dal bagno, chiudendosi la porta alle spalle.
Il biondo sospira e, senza pensarci, si sciacqua le mani e poi passa a lavare i capelli a Izaya, accucciandosi ai piedi della vasca e mettendo una generosa porzione di shampoo sul palmo della mano. Inizia a massaggiare svogliatamente la cute della pulce. L’odore che ne viene è buono, ma Shizuo difficilmente lo assimilerebbe all’odore che avvertiva nell’aria quando Izaya era nei paraggi. Eppure, anche quello rientra a far parte del suo nemico.
Passa le dita tra i capelli ormai insaponati, e ne saggia l’amara morbidezza. Ha sempre avuto l’impressione che i capelli di Izaya fossero delle punte affilate che avrebbero potuto tagliare proprio come i suoi coltelli. Ma in questo momento, il biondo si rilassa mentre li scompiglia con il sapone. Nel frattempo pensa alle parole di Shinra e al fatto che le gemelle vogliano che siano utilizzati gli stessi flaconi che rientravano nelle abitudini del loro fratellone. Probabilmente, le ragazze vogliono che Izaya resti il più possibile simile al normale, a com’era prima della prigionia. Shizuo prova dolore per loro: anche questa è una fonte di speranza, e se il tempo continua a scorrere, quella scintilla si spegnerà in maniera brusca e straziante.
Quando Shinra ritorna in bagno, Shizuo sta già sciacquando i capelli, togliendo ogni residuo dello shampoo. – Credevo lo avresti affogato nell’acqua – dice con un mezzo sorriso.
L’interpellato gli lancia uno sguardo in tralice, fulminandolo. – Ti sembro talmente infame da uccidere una persona che non può reagire?
Shinra scuote le spalle, poi si appoggia al lavandino mentre Shizuo continua il suo lavoro. – Ho sempre desiderato di poter essere così, tutti e tre come migliori amici. Anche il poter restare nella stessa stanza come adesso mi sarebbe bastato – dice con un luccichio di malinconia.
Shizuo vorrebbe dire qualcosa, probabilmente scusarsi. Solo che non dovrebbe essere lui a scusarsi: sin dall’inizio, se lui e Izaya avevano avuto una profonda inimicizia, è stato sempre a causa del moro. – Non sarebbe mai potuto accadere – dice infine e sente Shinra sospirare. Anche lui sa quanto sono vere quelle parole. – Izaya è stato il primo a cercare questo rapporto.
– Lo so. Non capirò mai perché lo ha fatto. – Un altro sospiro, poi Shinra passa un altro flacone a Shizuo, che questi non ha notato prima. È balsamo.
Ripete gli stessi gesti che ha fatto con lo shampoo e, una volta finito anche di sciacquare, lo alza dalla vasca, reggendolo mentre il Dottore di premura di asciugare tutto il suo corpo. – All’inizio, in ogni caso, riuscivate a sopportare l’uno la presenza dell’altro. Almeno a scuola.
Shizuo sorride discretamente. Ha sempre ricordato quei momenti con nervosismo e odio: il ricordo di come s’incrociavano per i corridoi della scuola e un solo sorriso di beffa da parte di Izaya gli provocava l’adrenalina necessaria per poter uccidere qualcuno; il ricordo di quei teppisti che lo attaccavano e che gli erano costate ben tre sospensioni nel giro di due anni (una sola sospensione in più e sarebbe stato costretto a ripetere uno degli anni). Ed essendo minacciato da ciò, Shizuo dovette limitarsi a tollerare quella dannata pulce e ignorare le frecciatine e tutte le persone che lo andavano cercando. Ma ovviamente Izaya era il mago dello scherzo, e quelli citati erano solo una minima parte di quello che subiva.
– Non ricordo con piacere quegli anni.
– Lo so. Per me quelli sono i ricordi migliori che ho. Mi piaceva sentirvi litigare quando ti beccavamo sul tetto durante l’ora di pranzo, da solo. E tu non volevi la compagnia di Izaya, ma avevi incominciato a mangiare e non avresti mai ceduto il tuo posto a lui – ride lievemente Shinra. – Credevo che da quello sarebbe potuta sbocciare una bell’amicizia.
Shizuo non risponde mentre Shinra continua il suo lavoro di asciugare il corpo della pulce, poi afferra dei panni puliti e iniziano a vestirlo.
È un guscio vuoto, pensa Shizuo mentre muove liberamente i suoi arti per infilare pantaloni e maglia. Si sente rammaricato e un nuovo peso si poggia sulle sue spalle. È già consapevole che Izaya è in coma. Sa anche che probabilmente non si risveglierà, lasciando un cammino distrutto alle proprie spalle. Shizuo sa bene tutto questo. Eppure, ogni volta che ci pensa, o per meglio dire si rende conto di quanto è accaduto al suo peggior nemico per una colpa di cui il biondo si è macchiato ma che non riesce a ricordare, un nuovo peso si poggia sulle sue spalle e la voglia di scappare inizia a scalpitare in lui. Non capisce il motivo di tutto ciò: i fatti li conosce già, ma non riesce comunque a sollevarsi da quella sensazione ogni volta che fa’ una nuova scoperta su quella pulce (le vecchie cicatrici, la pelle pallida, il peso leggero...).
Si sente uno stupido.
Cerca di isolarsi dalle proprie emozioni, così che Shinra non possa vederle e interpretarle. Scacciando via tutti i pensieri, riporta Izaya in camera e lo mette seduto su una sedia mentre il Dottore gli passa il fono. – Occupatene tu, io preparo del tè – dice e, quando il biondo annuisce, si dirige in cucina. Asciugargli i capelli è un lavoraccio, poiché non può farlo stare a lungo con la testa che pesa tutta da un lato (Shinra gli ha raccomandato di fare attenzione). Per fortuna, i capelli non sono lunghi e quindi ci mette poco tempo per asciugarli. Richiama Shinra mentre lo mette a letto, ovviamente cancellando come può qualsiasi tipo di emozione che gli preme contro. Perché pensare oltre lo porterebbe di nuovo a quel fetore.
Il Dottore gli rimette tutti i fili collegati alle macchine, assicurandosi che tutto sia al proprio posto. Una decina di minuti dopo, Shizuo e Shinra sono in cucina a sorseggiare il tè preparato dal secondo. Non parlano molto, ma Shinra riesce facilmente a capire che Shizuo si sta chiudendo in se stesso, e la cosa lo preoccupa visibilmente. Sa cosa questo potrebbe portare, tuttavia non osa fiatare. Immaginava che prima o poi i suoi dubbi si sarebbero avverati, e sa anche che è inevitabile. Non si può sfuggire.

Il sole è ormai tramontato del tutto quando il biondo è di nuovo per le strade di Ikebukuro, camminando con le mani in tasca e gli occhi fissi davanti a sé. Nessun pensiero gli affolla la mente, e ciò lo rende sollevato.
Svolta a un incrocio con l’intenzione di fermarsi al Russia sushi per la cena, quando qualcuno gli si para davanti, bloccando momentaneamente la sua strada. – Heiwajima Shizuo – dice quella persona, che apparentemente è una ragazza sui venti anni. Lui la guarda incuriosito, cercando di ricordare dove ha già visto il suo familiare viso. – Avrei delle domande da farti – continua la ragazza, non aspettando nemmeno una risposta. Dal tono, sembra quasi che dia per scontato che Shizuo non rifiuterà.
E, infatti, non rifiuta.

Izaya sentì la porta aprirsi e, sbrigandosi, nascose diversi fogli in un cassetto della scrivania. Namie gli si presentò davanti, e alle sue spalle vi era un uomo che l’informatore aveva imparato a riconoscere. – Kuromo-san, grazie per essere venuto – gli sorrise, facendo segno di accomodarsi sulla sedia. Namie si diresse di nuovo verso la propria sedia, senza spiccicare una singola parola.
– Sono stato felice della sua chiamata, Orihara-kun – gli risponde l’altro. – Ha trovato le informazioni che cercavo?
– Sì – risponde Izaya, alzandosi dalla scrivania per dirigersi verso uno degli scaffali della libreria. Prese un fascicolo che aveva tenuto da parte, e lo porse al cliente. – Qui c’è tutto quello che mi ha richiesto su quegli uomini. Adesso potrei sapere per cosa intende usare queste informazioni? – chiese mentre riprendeva il proprio posto e scrutava quell’uomo. Non era riuscito a comprenderlo fino in fondo a causa di un luccichio che brillava costantemente nei suoi occhi. Sembrava follia, ma la lucidità con cui agiva quell’uomo era disarmante. Persino i discorsi che li avevano tenuti impegnati un paio di volte, lo avevano reso perplesso di fronte a quel luccichio. Sembrava sapere meglio di Izaya stesso come prendere le persone, tuttavia non aveva amici. Da quale buon informatore qual era, il moro aveva cercato più informazioni possibili su quell’uomo. I risultati erano stati vaghi e piuttosto chiari: cinquant’anni circa; aveva lasciato la famiglia con la maggiore età ed era entrato a far parte di una banda di criminali, che era vissuta a lungo prima che si sciogliesse circa quindici anni prima, ma il motivo non era ancora riuscito a trovarlo; non era sposato e non aveva figli; aveva un lavoro in una vecchia fabbrica e viveva in un luogo abbastanza malfamato. Tutto ciò che aveva trovato non andava oltre questo. La maggioranza delle informazioni erano sul passato, mentre nel presente le informazioni erano poche e pressoché basilari. Come se l’uomo avesse deciso, a un certo punto della propria vita, di far in modo di rendersi invisibile.
– Vorrei provare a rimettere insieme la banda di cui ero entrato a far parte – risponde Kuromo. – Ho bisogno di loro per il mio obiettivo.
– E sarebbe?
L’uomo sorrise affabilmente. – Tutto al proprio tempo, informatore-kun. Se gli dicessi già il mio fine, non sarebbe interessante – rispose, per poi passarsi la lingua all’angolo della bocca.
Izaya sorrise e scosse le spalle. – Se è qualcosa d’interessante, mi piacerebbe avere un ruolo portante.
Kuromo sembrò riflettere su quelle parole, poi il sorriso si trasformò in un ghigno. – Come uccidi un essere umano che non può essere ammazzato?
L’informatore scoppiò in una fragorosa risata. – Se non può essere ammazzato, non è un essere umano! – disse, prima di ruotare sulla propria sedia e alzarsi da essa per avvicinarsi alla finestra. – Un essere umano può morire in tanti modi. Ed essere tuttavia ancora vivo.
L’argomento attirò particolarmente l’attenzione di Kuromo. – Che tipo di morte intendi?
– Una morte psicologica.
– Cioè?
– Spingere una persona talmente vicino al limite da fargli sperare una realtà diversa da quella in cui vi si trova – spiega Izaya, senza pensarci. – Buttare sotto gli occhi delle verità che non si vogliono vedere, mostrare loro quanto la forza possa trasformarsi in debolezza. Renderli deboli e poi assestare il colpo finale! – quasi urlò mentre distendeva le braccia e teneva lo sguardo fisso sula città sul quale l’appartamento troneggiava.
Kuromo sorrise, un sorriso inquietante mal celato: prometteva guai. – Allora quale sarebbe il tuo modo di agire? Colpisci i punti deboli?
– Non i punti deboli. – Izaya si voltò sembrando tornare di nuovo normale mentre continuava a sorridere. – Andrei a colpire quel punto che non si trova in superficie. E lo farei nel modo più crudele ed esplosivo possibile, mostrando in modo drastico che esiste un punto debole che nemmeno il diretto interessato sa di avere – spiegò con calma, andandosi a sedere di nuovo sulla propria sedia. Kuromo lo stava incuriosendo come pochi, e avrebbe tanto voluto sapere cosa stesse architettando.
– Se è davvero come dice lei, per distruggere qualcuno basta distruggere un punto debole sconosciuto. Ho compreso bene?
Izaya annuì, poi sospirò. – In ogni caso, non penso che ai mostri si possa fare una cosa del genere. Se li vuole distruggere, li si deve ammazzare per bene.
– Questo è lo stesso motivo per cui hai intenzione di uccidere Heiwajima Shizuo? – chiese Kuromo, e Izaya riuscì a vedere di nuovo quel luccichio strano. Un luccichio che lo incuriosiva e, allo stesso tempo, lo rendeva agitato.
– Vi sono tanti motivi per cui voglio quell’uomo morto. – Lo sguardo dell’informatore si affilò mentre fulminava Kuromo. Non ha mai avuto dubbi sul fatto che le persone conoscessero le avversità che correvano tra i due, ma parlarne apertamente con quell’uomo lo rendeva irrequieto. Interessante, pensò. Kuromo ha un qualcosa che fa’ schizzare i miei sensori di pericolo.
– Orihara-kun, avrei un altro lavoretto per lei – disse infine Kuromo, non nascondendo l’espressione soddisfatta. – Deve trovare una donna.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Note pre-capitolo

Sebbene stia pubblicando praticamente agli sgoccioli di questa giornata, eccomi qui con il dodicesimo capitolo!
Non ho molto da dire e vista l’ora (sono le 23.30 passate e forse dovrei andare a dormire...) presumo che non sia nemmeno il caso.
Spero che questo capitolo vi piaccia e al suo interno vedete come ho interpretato il rapporto che intercorreva tra... due personaggi di Durarara!! Inoltre... beh, non potevo tralasciare un rapporto simile che tanto mi ha incuriosito nella seconda stagione ;3
Non dico altro e vorrei chiedervi (se vi va) di passare a leggere una OS originale che ho pubblicato lo scorso martedì. Diciamo che è un esperimento e sono curiosa di vedere come la interpretate. Vi lascio il link la storia, si chiama Londra
Okay, chiudo questo piccolo angolo qui. Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo!
Baci
Yogurt



Capitolo 12


– Senpai! – disse una voce femminile, afferrando la giacca nera nel tentativo di fermare il ragazzo dai capelli corvini. Questi si voltò per osservare il viso rosso della ragazza di qualche anno più piccola.
– Posso aiutarti? – chiese il ragazzo, guardandola incuriosito la recluta. – Sei del primo anno, giusto?
– Sì... – rispose timidamente la ragazza, lo sguardo in basso. – Vorrei... chiedere un appuntamento con il senpai... – sussurrò poi, lasciando il ragazzo sbalordito.
– Hai una cotta per me? – chiese il ragazzo e, per quel motivo, quasi si beccò un pugno in piena faccia. Doveva ringraziare i buoni riflessi se il pugno non andò a buon fine. La ragazza era rossa fino alla punta delle orecchie, e quel particolare lo fece ridere di cuore. – Deduco che questo tentato attacco sia un sì – disse, bloccando un altro attacco, stavolta un calcio nelle costole. – E so anche che sei più forte di così. Anche se mi stai attaccando, non hai intenzione di farmi del male.
La ragazza si riaggiustò la gonna e, determinata, alzò lo sguardo. – Aspetto una tua risposta, Orihara-senpai.
Izaya sorrise.

Il silenzio è opprimente e Shizuo non ha la più pallida idea di chi sia la ragazza di fronte a lui. Indossa una tuta ed è chiaramente una persona sportiva, a giudicare dagli addominali ben sviluppati e dalle gambe muscolose. Di certo non è in alcun modo femminile. Guarda Shizuo con aria di sfida e un broncio sulle labbra, che sembra essere lì anche quando è normale. Ha i capelli corti e castani, e forse per quel particolare sembra non avere più di venti anni.
Simon porta le ordinazioni, poi li lascia di nuovo soli con qualche battutina senza senso su uno dei piatti. Il silenzio torna sovrano, ed è appurato che Shizuo ha ben poca pazienza. – Allora? – chiede infine, ricambiando lo sguardo di lei. – Hai detto che avevi delle domande da farmi. Ma non mi hai nemmeno detto chi sei.
– Perdona la maleducazione – la risposta. – Mi chiamo Sharaku Mikage. Sono l’insegnante di arti marziali di Mairu e Kururi Orihara.
Shizuo annuisce, capendo finalmente il motivo per cui quella ragazza è così muscolosa. In un certo senso, gli è anche familiare. Crede di averla vista alle superiori ma fatica a ricordare. – Che cosa vuoi da me?
– Le gemelle mi hanno detto che Orihara-san è in coma. Lo hai portato tu in coma?
– No – la risposta secca. – Il tizio che l’ha portato in coma è in mano alla yakuza.
La ragazza annuisce, poi abbassa lo sguardo senza aggiungere altro. Dopo un po’, prende le bacchette e inizia ad assaggiare qualcosa dal proprio piatto.
Shizuo la imita, tuttavia diversi dubbi s’insidiano in lui. – Che collegamento c’è tra te e Izaya? – chiede infine, tenendo lo sguardo disinteressato sul proprio piatto.
– Sono la sua ex – risponde tranquillamente Mikage, e il biondo quasi si strozza con il boccone che stava ingoiando.
– Ex!? – chiede scioccato.
– È successo alle superiori – risponde lei. – Ero una matricola, ma le scorribande tra te e Izaya erano già conosciute in tutta Ikebukuro.
– Scorribande? Non le chiamerei così – replica Shizuo, beccandosi un’occhiataccia da parte di Mikage. Non le piace essere interrotta, deduce il biondo.
– Vi rincorrevate per l’intera città combinando guai. Mezza segnaletica stradale finiva sradicata e la polizia correva dietro di voi nel tentativo di prendervi. Come altro definiresti ciò? – chiede un po’ con rabbia. – Se non lo urlavi per tutta la città, difficilmente qualcuno avrebbe pensato che tra voi due c’era odio. Sembrava più un qualche tipo di amicizia contorta – spiega, portando alla bocca un sostanzioso boccone. – In ogni caso, eravate abbastanza conosciuti e spesso eravate soggetti di leggende. In verità, quello che ne era più soggetto era Orihara-san. Tu eri un libro aperto, mentre intorno a lui aleggiava un alone di mistero. Le informazioni che lo riguardavano erano poche e non molto chiare.

– Sì! Giuro che l’ho sentito parlare in russo con il tizio che lavora al ristorante aperto di recente! – disse una delle compagne di classe di Mikage mentre quest’ultima poggiava la borsa sul banco.
– Intendi il Russia sushi? – chiese un’altra compagna. Erano in tre a discutere in piedi vicino alla finestra nell’attesa che iniziasse la lezione.
– Sì sì! Proprio quello!
– Ma sei sicura che stesse parlando in russo? – intervenne la terza ragazza.
– No, dopotutto non lo conosco. La lingua che stavano parlando non era giapponese, sono sicura di questo! E non penso potesse essere inglese. Sarei riuscita a comprendere qualcosa...
– Scusate – s’intromise timidamente Mikage, avvicinandosi al gruppetto. – Di chi state parlando?
– Hai presente quei due ragazzi che si rincorrono sempre per tutta la scuola e la città? Quello biondo con una forza pazzesca e l’altro corvino che gira con un coltello in tasca e gestisce un giro di scommesse? – cercò di spiegare la prima ragazza del gruppo.
Mikage annuì. – Sì, credo di averli intravisti qualche volta. Combinano molti guai.
Le ragazze risero. – Verissimo! L’unico che sembra sia capace di fermare è quel tizio di colore che non parla bene il giapponese.

– In quel periodo non avevo molti amici, e il mio interesse nel farne era pressoché zero – continua l’attuale Mikage. – Vi avevo visto una sola volta mentre Orihara-san ti tagliava la divisa scolastica per poi essere rincorso da te. Iniziai a informarmi sul vostro conto. Fui molto sorpresa quando mi resi conto che Izaya era l’unico in grado di tenere testa a tanta ferocia e ne usciva quasi sempre illeso.
Shizuo per un momento stringe le bacchette nel pugno, prima di portarsi un altro boccone di cibo in bocca. Quei momenti non vuole ricordarli: teme che quel fetore torni a impestargli il naso. Non ha ancora capito cosa significa e ha paura di scoprirlo. È quasi tentato di bloccarla, tuttavia non vuole essere maleducato. Soprattutto non nei confronti di una donna, come gli ha insegnato la madre sin da piccolo.
– Più il mio interesse in lui aumentava, più cercavo informazioni e più mi rendevo visibile, finché non si accorse di me. La prima volta che parlammo, capì di aver preso una cotta per Orihara-san. Senza pensarci gli chiesi di uscire. – Sul volto della giovane appare un piccolo sorriso, che riesce a illuminare in parte la femminilità nascosta. – Finimmo con il parlare spesso e, per un qualche assurdo motivo, iniziai a pensare che provasse un interesse speciale per me. Sapevo della sua mania di osservazione per gli umani, ma non ci credevo. Era intelligente, furbo... e sembrava non volere amici. Solo Kishitani-kun era in buoni rapporti con lui. Tuttavia, nonostante mi stessi avvicinando a Izaya, continuava a essere un alone nel buio intorno a lui.
– Fammi indovinare – la ferma Shizuo, guadagnandosi un’occhiata di sfida e rabbia. – Non ha mai provato un vero e proprio interesse verso di te. Ti ha usata in qualche modo. Sbaglio?
– Non sbagli – risponde senza pensarci Mikage. La cosa sembra non toccarla minimamente. – Avevamo un rapporto con dei benefici, e lui non era l’unico a usufruirne.
Shizuo la guarda dubbioso. – Come potevi fidarti di un’idiota come lui?
Mikage abbassa il capo, evidentemente ferita da parole che Shizuo non ha mai detto. Probabilmente, da parole che le sono state rivolte in passato. – L’ho amato – risponde infine, stupendo il biondo.

– Mi hai lasciato senza parole – sorrise Izaya, seduto a gambe incrociate sul letto della camera di Mikage. Erano entrambi ancora alle superiori, e avevano iniziato a parlare e uscire insieme. Ma la loro relazione, o qualsiasi cosa fosse, sembrava essere a senso unico, poiché lui non la coinvolgeva molto nella sua vita personale: si limitava a un rapporto scolastico e qualche volta extrascolastico, dove le dava ripetizioni in alcune materie in cui aveva dei buchi e lei lo aiutava con il giro di scommesse che lo stesso Izaya aveva messo appunto appena entrato alle superiori. Qualche volta stava con lui e Shinra durante le ore dedicate al club di biologia, dove sentiva i due discutere di cose che non sempre avevano un filo logico. Più passava il tempo con Izaya, e più Mikage provava attrazione verso quel ragazzo. Nessuno gli aveva mai fatto un effetto simile, e si era trovata quasi disperatamente a cercare la sua compagnia. Man mano, anche la sua sete di sapere qualcosa di più profondo su di lui era accresciuta, sin quando non gli aveva detto, durante una delle sessioni di ripetizioni: – Quanto devo pagarti per sapere qualcosa di personale su di una persona?
– Oh? Qualcuno ha attirato la tua attenzione? Dimmi chi è e ti dirò quanto dovrai spendere per avere informazioni.
– Orihara Izaya – aveva risposto. Lui era scoppiato in una fragorosa risata, realmente divertito dalla cosa. Alla fine, lei lo aveva invitato a casa propria (conscia del fatto che i propri genitori e i fratelli maggiori sarebbero stati tutti fuori per il lavoro alla palestra) così da poter studiare più in tranquillità. Ma la determinazione di Mikage era ben altra, e si consolidò quando, senza rispondere alla frase detta da Izaya, si sporse e lo baciò.
Lui non ci mise molto a rispondere al bacio. Gentilmente, le afferrò i fianchi e la portò più vicina a sé, facendola sedere a cavalcioni sulle sue gambe. – Avevi già intenzione di sedurmi, non è vero? – le chiese a un passo sulle sue labbra, accarezzandole la schiena. Mikage non poté negare la verità: appena arrivati a casa, lo aveva fatto accomodare in camera e poi si era rintanata in bagno con la scusa di indossare abiti più comodi, o per meglio dire degli shorts sportivi e una canottiera (altrettanto sportiva) che lasciava poco all’immaginazione. Aveva anche indossato un reggiseno rosso di pizzo per l’occasione, sperando che lui avrebbe ceduto.
– Non pensi di essere stato il primo a sedurmi? – gli chiese maliziosa, scostandosi di poco per guardare gli occhi di Izaya. Aveva imparato ad amarli in tutte le loro sfaccettature: il colore castano spesso mostrava del rosso nell’iride, segno che qualcosa in particolare stava attirando l’attenzione del ragazzo. Era un qualcosa che quasi nessuno ne era a conoscenza, ma grazie alle continue osservazioni si era mostrata a Mikage in tutta la sua bellezza. La adorava. Anche in quel momento era visibile: per quanto Izaya si ostinasse a dire che preferiva solo osservare gli esseri umani, anche lui era affetto da certi bisogni. L’evidente rigonfiamento nei suoi pantaloni ne era la conferma.
– Se iniziamo, non si torna indietro – le disse sensualmente. – Sicura di volerlo fare?
– Credi che io sia come tutte le altre persone che ti piace osservare?
– Esserlo potrebbe considerarsi un complimento.
– O un insulto, poiché sei più interessato a chi può sorprenderti. Non mi tirerò indietro.
Izaya sorrise. – So che non lo farai.
Finirono con il fare l’amore, o almeno questo è ciò che le piaceva pensare.
Mikage non lo avrebbe mai ammesso, ma aveva paura. Era la sua prima volta e, per quanto aveva un carattere da maschiaccio, le sue paure non erano diverse da quelle delle ragazze normali. Izaya tuttavia doveva averlo avvertito, poiché si prese molto tempo e le dedicò tante attenzioni che Mikage non avrebbe mai sognato di ricevere da lui. I baci, le carezze, i sospiri, lo strusciare delle pelli nude... ne conservava un bel ricordo e gli era infinitamente grata per aver reso quel pomeriggio il migliore di sempre.
Il dolore e il piacere, le occhiate rassicuranti e le dolci carezze. Tutto era perfetto, e i brividi che continuavano a percorrerle lungo il corpo dovevano esserne una conferma.
Izaya cercò di mantenere quanto più poté il controllo e di non andare di fretta. Poi, quando anche il suo corpo aveva iniziato a chiedere di più e la fine era vicina, aveva perso qualsiasi inibizione e si era lasciato andare. Mikage ricordava bene quei momenti: la sua maschera fu totalmente calata; i suoi movimenti iniziarono a diventare sconnessi e urgenti mentre il piacere diventava l’unico obiettivo del ragazzo e gli si dipingeva sul volto. Era fottutamente bello.
Bello e... dannato.

Da quel pomeriggio le cose cambiarono in meglio. Incominciarono a uscire insieme sempre più spesso, anche se non erano una coppia ufficiale. Appena potevano si appartavano, anche a scuola, e passavano il tempo a pomiciare e a toccarsi. Izaya era pur sempre un ragazzo con gli ormoni a mille, e a lei andava bene anche quel tipo di rapporto.
Improvvisamente, le cose cambiarono di nuovo. Dicerie (non del tutto false) iniziarono a circolare sul conto della ragazza, che alla fine fu espulsa dalla scuola e costretta a lasciarla definitivamente dopo qualche mese, senza potersi diplomare.
– Non mi pento di avergli dato fiducia – continua Mikage, riprendendo il discorso con Shizuo.
– Dovresti – continua il biondo. – Izaya non credo sia mai stato capace di amare.
– Puoi dirlo con sicurezza, Heiwajima-san?
Shizuo sembra interdetto per un secondo. Non era convinto del contrario giusto un paio di ore prima? Dopotutto Izaya ha sempre dimostrato di tenere a quelle due pesti delle sue sorelle. Un amore fraterno, ma pur sempre amore. E allora perché adesso sta discutendo con questa ragazza? Shizuo non riesce a capire, e si sente confuso. Poggia le bacchette sul piatto terminato e non osa alzare lo sguardo. – Arrivato a questo punto, non so più che cosa pensare – risponde. – So bene che la pulce aveva una vita propria, ma una parte di me ha sempre e solo creduto che la sua vita personale si limitasse a dare fastidio alle persone che aveva intorno.
– Questa tua visione non è del tutto sbagliata – risponde Mikage. – L’amore di Orihara-san verso gli esseri umani era un qualcosa di maniacale. Non ci ho messo molto a scoprirlo. Credo che alla sua base, ci sia la ricercata motivazione per non provare dolore.
Shizuo alza lo sguardo, puntando gli occhi in quelli dell’interlocutore. Questa conversazione gli ricorda molto alcune parole che Shinra gli aveva rivolto tempo addietro. – Che intendi dire?
– Il motivo per cui ero attratta da Orihara-san... vedevo me stessa riflessa in lui. Sono cresciuta in una famiglia di maschiacci e i miei fratelli mi facevano piangere spesso quando ero piccola. Per proteggermi, ho imparato le arti marziali fino a superarli, e ho costruito un muro intorno a me. Lui è riuscito a infrangere il mio, ma io non sono riuscita ad abbattere il suo – spiega Mikage, posando a sua volta le bacchette sul piatto vuoto. – Significa che il suo muro era più spesso del mio, e quindi la sua paura di soffrire più alta. Izaya era capace di amare. Probabilmente, proprio per questo motivo si sentiva debole, tanto da rinchiudersi in una spirale di ossessione. – Mentre parla, sembra che soffra e Shizuo osserva i movimenti del suo corpo rigido con attenzione.
– Lo ami ancora?
Mikage è scossa da un brivido mentre stringe i pugni sulle ginocchia. Un lieve tremolio le attraversa la schiena, ma fa di tutto per sopprimerlo. – Ha senso un amore non potrà mai essere corrisposto?

Izaya guardò ancora una volta l’indirizzo appuntato sul proprio telefono, poi alzò la testa, osservando l’insegna del negozio che stava cercando. Il sole era alto nel cielo, e i raggi del sole caldo sembravano riflettersi solo su quel locale. Il luogo era familiare: sicuramente vi aveva passeggiato, ma non si era mai fermato nei dintorni per un periodo prolungato. Quando vide uscire dal locale una signora con dei capelli castani, lineamenti delicati e sorriso gentile, capì di aver trovato la persona che cercava.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13


Shizuo si è convinto di aver cacciato tutti i propri sentimenti dentro una scatola chiusa, così che niente più riguardante Izaya possa toccarlo. Ma quella notte, dopo l’incontro con Mikage, è costretto a ricredersi.
Sogna. Sogna il viso della pulce, con la solita odiosa espressione sul volto: il ghigno nel sorriso e la furbizia negli occhi affilati. Non si sarebbe smentito fin quando aveva quell’espressione. Dopotutto è una volpe, astuta e scaltra, sempre pronta a mettere gli altri nei guai per divertimento.
Shizuo lo odia. Vorrebbe ammazzarlo e togliergli quell’antipatica soddisfazione dal viso. Vorrebbe graffiarglielo fino a strappargliela via. Vorrebbe vederlo sanguinare e soffocare nel proprio sangue. Vorrebbe che la smettesse di essere così, uno stronzo per puro divertimento. La morte, ecco cosa desidera per il suo peggior nemico.
La morte.
Essa si realizza. Lì, davanti ai suoi occhi, vede l’espressione cambiare e il volto diventare pallido. Quell’odiosa smorfia si dissolve in mezzo a dei fumi rossi, tossici. Gli occhi diventano vuoti e inespressivi, abbandonando velocemente il colore originale e avvicinandosi a quell’azzurrino che Shinra gli ha mostrato dopo aver appurato le sue condizioni. Ma questa volta ricopre tutta l’iride, rendendolo definitivamente cieco. Shizuo resta senza fiato a quegli occhi e, quando posa l’attenzione altrove, vede la pelle del volto ritrarsi e ritrarsi velocemente, come in uno di quei film horror in cui degli insetti assorbono la linfa vitale della vittima, smagrendolo completamente sino a renderlo un ammasso di pelle marcia e ossa. E così avviene anche a Izaya, che diventa magro fino all’inverosimile.
Il disgusto si fa largo in Shizuo, facendogli stringere lo stomaco in una morsa distruttiva mentre sente qualcosa salirgli dallo stomaco in gola. Non si rende nemmeno conto di starsi alzando. D’impulso corre in bagno e rovescia tutto nella tazza del water. Ha il respiro affannato e brividi freddi gli percuotono il corpo nonostante sia completamente sudato e la pelle sembra ribollire.
Vomita ancora e ancora. Quanto ha mangiato la sera precedente? Quanto cibo ancora risiede nel suo stomaco? Quando finirà quel sapore disgustoso? E quel fetore?
Il fetore, realizza Shizuo, mentre dalla bocca esce solo saliva acida e il respiro gli fa’ lacrimare gli occhi. Quel fetore è tornato per la seconda volta in meno di ventiquattro ore. Lo sta facendo penare di nuovo, tanto che vorrebbe non avere per davvero emozioni e smettere di sentirsi in quella maniera. Vorrebbe non aver trovato Izaya in quello stato. Se solo lo avesse ammazzato prima di costringerlo a tutte quelle torture. La morte. La morte.
Quel pensiero gli si affaccia di nuovo alla mente, facendolo rabbrividire. È davvero una soluzione per quella dannata pulce? Quando era prigioniero, l’ha mai desiderata?
Shizuo non vuole avere risposte. Perché se Izaya si fosse aggrappato disperatamente alla vita, la cosa lo farebbe sentire peggio. Si è davvero aggrappato alla vita durante quei mesi di agonia? No, pensa allontanandosi dal water e dal proprio vomito. Non voglio saperlo!
Immerso nei propri pensieri, si rimette in piedi. Proprio in questo momento, un ennesimo brivido gli attraversa la schiena mentre la sua mente inizia a urlare di non voltarsi, di scappare il più lontano possibile. Ma è risaputo: l’uomo è stupido.
Alle sue spalle, Shizuo avverte un’altra presenza. C’è qualcuno dietro di sé. Qualcuno che gli sta soffiando un respiro gelato dietro il collo, in un muto invito a girarsi per vedere cosa si cela lì. La sua mente continua a urlargli di non farlo, di uscire dal bagno e tornare sotto le coperte, al caldo e al sicuro. Non gli da’ retta.
Si volta lentamente. Alle sue spalle c’è la vasca che dovrebbe essere vuota, ma non lo è. Izaya è lì, che lo fissa con gli occhi vuoti e azzurrini. Le labbra sono screpolate e socchiuse, mentre il volto è scarno, pallido e smagrito. Un braccio fuoriesce dal bordo e sfiora il pavimento con le dita. È martoriato in diversi punti e del sangue gocciola da uno squarcio più grande degli altri.
Shizuo sente le gambe cedergli, ma il colpo finale arriva con quello che nota dopo: Izaya è immerso nel sangue.
Le gambe non lo tengono più in piedi e cedono sotto il suo peso, mentre un urlo distrugge il silenzio in cui è avvolta la casa. È stato Shizuo a urlare? Non lo sa. Si ritrova semplicemente in un angolo, dietro la porta, con le mani strette ai capelli tinti di biondo e il corpo tremante. Ha gli occhi chiusi e non vuole più vedere. Non vuole più sentire. Non vuole più respirare quell’odore nauseabondo.
Il confine tra realtà e incubo sembra essersi spezzato.

Shizuo apre gli occhi, sentendo qualcuno scuoterlo. Si ridesta dal proprio agitato sonno, e tutto gli appare confuso. Vede un familiare casco giallo con delle orecchie da gatto. Ci mette qualche minuto per realizzare che Celty è davanti a lui e gli sta porgendo il PDA con sopra scritto qualcosa. “Che ci fai qui?”
Shizuo è stordito e non riesce a capire a cosa si riferisca. Guardandosi intorno, si rende conto di non essere a letto. Sente freddo e tutti gli arti gli fanno male, compresi la schiena e il collo. Perché si trova in bagno?
Ci pensa sopra e se ne pente: lo stomaco si stringe in una dolorosa morsa e il vomito minaccia di farsi di nuovo presente. Per fortuna lo stomaco è ancora vuoto, e tutto quello che lascia in Shizuo è un senso amaro di nausea. Ricorda ciò che è successo durante la notte e il terrore vissuto ritorna prepotente in lui, mentre sposta lo sguardo da Celty per farlo vagare su tutto il bagno. C’è un vago odore di marcio, e riflette sul fatto che dopo aver vomitato non ha pensato di scaricare il water. Quando il suo sguardo si posa sulla vasca, per un attimo vede ancora il braccio insanguinato pendere dal bordo. La vista lo lascia senza fiato per qualche secondo, ma poi tutto scompare con un battito di ciglia. Non era reale.
Celty si accorge del viso disorientato e terrorizzato di Shizuo, intuendo che i suoi occhi stanno guardando a qualcosa che lei non vede. Qualcosa è sicuramente fuori posto. Pensa alla soluzione più accettabile: “Vestiti. Ti porto da Shinra per farti dare un’occhiata.”
– Sto bene – ribatte il biondo in maniera quasi supplichevole.
Quel tono e quel modo di rivolgersi confermano i timori di Celty. “Non mentirmi. Vestiti e basta” replica senza lasciare la possibilità di ribattere. Così è costretto a obbedire e, nemmeno cinque minuti dopo, è sulla moto di Celty, con un casco d’ombra sulla testa e una salda presa intorno ai fianchi della Dullahan. Questa sfila veloce e, in poco tempo, arrivano anche all’appartamento di Shinra.
Il padrone di casa accoglie felicemente la propria fidanzata, guardando poi Shizuo con preoccupazione. – Tanaka-san era preoccupato – gli dice. – Non ti sei presentato a lavoro e non rispondevi a telefono. Non dovresti far preoccupare tanto il tuo datore di lavoro.

Shinra costringe Shizuo a sottoporsi ad alcuni esami e finiscono con il passare tutto il pomeriggio in un laboratorio infermieristico (che probabilmente è più un laboratorio per creare nuove droghe) dell’Awakusu. Shinra non è l’unico a fargli degli esami: c’è anche una tizia strana ed esuberante che, da quello che ha capito, è la matrigna dell’amico, ovvero la moglie di Shingen. Anche quest’ultimo è presente, la fedele maschera antigas sul viso.
Analisi del sangue, del peso, degli arti e di tante altre cose. Shizuo ha l’impressione che, con la scusa di essere preoccupato per lui, l’amico lo stia costringendo a fare tutti gli esami che ha sempre voluto fargli sin da piccolo. Ma è sollevato nel vedere che non ha intenzione di fare esperimenti sul suo corpo (lo avrebbe picchiato a sangue in quel caso). Comunque, Shizuo avrebbe preferito non fare tutto questo e, quando ha cercato una scappatoia dicendo che Izaya non poteva restare da solo nelle condizioni in cui era (e che quindi Shinra doveva pensare principalmente a lui), Shingen ha detto di non preoccuparsi: – C’è un mio delegato a controllare il suo stato di salute, e Celty è rimasta a casa per controllare che lui non faccia stronzate.
Il sole è ormai prossimo al tramonto quando Shizuo si ritrova di nuovo seduto su una sedia, e Shinra e un altro tizio che non conosce sono di fronte a lui. – Cos’è successo stanotte? Perché Celty ti ha trovato nel bagno? – chiede l’amico. Eccole, le domande che non gli ha fatto per tutto il giorno e che adesso gli rivolge.
– Lui è uno psicologo, vero? – chiede il biondo, intuendo che il signore con i baffi e gli occhiali non sia lì per nulla.
Shinra annuisce. – Con lui non parleresti, per questo sono qui – dice in maniera seria, facendo immediatamente intuire quanto grave sia la situazione. Non alleggerirà l’aria, non sarà pimpante come lo era prima che Izaya finisse in coma. Difficile da ammettere, ma l’attuale situazione ha cambiato anche lui. Shizuo non si sente in grado di andare contro corrente: non importa che sia l’uomo più forte di Ikebukuro, non importa che il suo fisico sia più robusto di un elefante. In questo momento, è solo un paziente come tanti altri. Un paziente traumatizzato da qualcosa che non avrebbe dovuto toccarlo minimamente.
Così inizia a raccontare nei dettagli il sogno, rivivendo e ripercorrendo riluttante tutto ciò che ha visto e che l’ha scombussolato particolarmente. Le domande che gli sono rivolte sono poche, ed essenzialmente cosa rappresentavano secondo lui alcuni aspetti del sogno. Alla fine, Shizuo conclude che quello che ha visto non erano altro che i suoi pensieri, desideri e timori trasformati in realtà sotto l’illusione dell’incubo. Una volta terminato, Shinra resta a parlare con lo strizzacervelli per una decina di minuti e, finalmente, possono tornare a casa di Shinra, accompagnati da un’auto nera con autista.
– Le cose non vanno bene, Shizuo – dice Shinra, evidentemente preoccupato. – Il tuo corpo sta bene, ma ha risentito di questo trauma. Credo che tu abbia perso almeno cinque chili in questo mese, o probabilmente di più. Sogni come quello di questa notte sono frequenti?
– No – risponde Shizuo. – Solitamente, è quel fetore che mi porta a vedere cose che non vorrei. Credo sia alla base di tutto...
– Ma hai detto che si presenta sempre dopo, e non prima.
Il biondo sospira, esausto. – Certe volte ho l’impressione che sia lì già da prima che io mi renda conto di avvertirlo. Nulla arriva così prepotentemente di punto in bianco.
Shinra mugugna un verso di assenso, poi sospira. – Gradirei se tu, per qualche giorno, avessi qualcuno al tuo fianco. Anche tua madre, non importa. Lasciarti da solo potrebbe essere un problema.
– Non sono stupido Shinra. Non farei mai cose che non dovrei.
– Io sono convinto del contrario. Secondo lo psicologo, potresti avere attacchi di panico e restare da solo potrebbe aumentare la possibilità che, durante quella specie d’incoscienza, tu ti spinga a fare cazzate. – Si volta verso il biondo, guardandolo da dietro i propri occhiali. – Non risponderesti delle tue azioni o potresti non capire esattamente cosa stai facendo e perché lo stai facendo. Potresti avere una visione distorta della realtà. Per questo motivo sono preoccupato nel lasciarti da solo. Stanotte potrai passarla da me, ma domani dovrai trovare qualcuno disposto a darti un’occhiata. – Non un’esitazione, non una possibilità di replica deriva dal tono di voce utilizzato. Anche se tra i due sicuramente è il più debole, Shinra in questo momento sembra un re, il cui compito è dettare le leggi che non si possono contraddire.
Shizuo sospira, non sentendosi per nulla confortato dalle parole dell’amico. È un esagerazione, pensa. Non sono così stupido. Tuttavia non ribatte.

Una volta arrivati di nuovo all’appartamento, Shizuo chiama Tom per scusarsi e per dire che il giorno dopo lo avrebbe sicuramente accompagnato nei soliti giri. Shinra nel frattempo controlla Izaya per verificare se vi è stato qualche cambiamento e sperando in un miglioramento. Poi si occupa di preparare la cena, cui il biondo da’ una mano.
Prima di andare a dormire nella camera che gli prepara Celty, Shizuo si ferma per un quarto d’ora vicino al letto di Izaya, scrutandolo silenziosamente e cercando di non pensare a nulla. Celty lo raggiunge dopo un po’, prendendo un’altra sedia per sedersi al suo fianco. “A cosa stai pensando?” chiede tramite il proprio PDA.
– Nulla in particolare – risponde Shizuo, poi sospira. – Shinra pensa che stia uscendo di testa, vero?
“Non esattamente” risponde. “Siamo tutti preoccupati per te. Se possiamo darti un’occhiata in più... perché no?”
– Non sto diventando pazzo.
“Lo so.”
Un breve silenzio invade la stanza e Shizuo riposa gli occhi sul suo peggior nemico. – Non sembra lui – dice poggiando i gomiti sui ginocchi, senza spostare lo sguardo dalla figura sul letto. – Sembra il fantasma di Izaya. Un fantasma tranquillo che non mi fa girare i coglioni ogni volta che mette piede dentro Ikebukuro. Per certi versi, credo che non sia più il mio peggior nemico. Beh, quando uscirà dal coma, non lo sarà in ogni caso.
Se Celty avesse la propria testa, avrebbe stretto le labbra e avuto un’espressione costernata sul viso. E, strano a dirsi, ma è sollevata di non averla. Perché sembra che finalmente Shizuo abbia un minimo di umanità nei confronti di Izaya. L’ha visto senza difese e, per la prima volta, sta comprendendo qualcosa che non ha mai visto nel moro. Ma questo è esattamente ciò che preoccupa Shinra.
“Dovresti riposare un po’” gli dice infine, poggiando una mano sulla sua spalla.
Shizuo annuisce, alzandosi dalla sedia. – Credo tu abbia ragione. – Si congeda, rintanandosi nella camera degli ospiti.
Celty non si muove dal proprio posto, restando per diversi minuti immersa nei propri pensieri. Kuromo voleva ferire profondamente Shizuo e ha centrato il punto. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che lo stesso Izaya è uno dei suoi punti deboli. Nessun altro avrebbe potuto traumatizzarlo più profondamente. E adesso sta precipitando in abissi che portano pena e dolore.
Delle braccia le circondano il collo, mentre il casco viene spinto via. Cade a terra, con un tonfo sordo. – Dovresti riposare un po’ – le sussurra Shinra, lasciandole un bacio sul collo scoperto. – Sono giorni duri anche per te, lo vedo.
Celty rilassa le spalle e la coltre nera che le esce solitamente dal collo ha uno sbuffo. Decisamente è stanca anche lei. “Shizuo... cosa gli sta succedendo precisamente?”
Shinra sospira, poi si siede accanto alla propria amata, poggiando gli occhi sul corpo giacente dell’amico. – L’evoluzione del suo stato attuale è dovuto al trauma che ha subito... credo che il tutto possa rientrare nella definizione di Miasma – risponde seriamente. – Ho fatto alcune ricerche, ed è venuto fuori che è una malattia conforme al modo di essere della persona, o per meglio dire è legato alla costituzione di essa stessa. Tutti gli attacchi di panico e i sintomi che ha mostrato Shizuo... credo possano considerarsi dei miasmi, squilibri originari della forza vitale. Ma, da quello che ho capito... per verificarsi la persona dovrebbe avere una malattia cronica, non debellabile nel breve periodo. Se è davvero così, potrebbe presentarsi di nuovo. – Shinra si alza dalla sedia e sbadiglia, distendendo le braccia. – Andiamo a dormire. Dobbiamo riposare anche noi.
“Non mi hai spiegato niente” lo riprende Celty. “Sii più chiaro e non nascondermi niente.”
Il Dottore ruota gli occhi, evidentemente a disagio. Si risiede, ma stavolta guarda la propria amata. – Il Miasma presenta tre stadi: il primo è denominato psora, o meglio miasma per difetto. Non è facilmente riconoscibile, poiché porta insicurezza e timidezza sul piano psichico, accompagnata da debolezza.
“Shizuo... timido?”
– So che può sembrare assurdo, ma dopo aver portato Izaya qui non ha voluto mettere piede in quella stanza. Non ha mai espresso i propri pensieri, ma era chiaro che non sapeva come gestire la situazione, e si è quasi ritirato in una bolla di vetro. Persino quando doveva chiedermi delle sue condizioni, girava intorno all’argomento.
“Non avrei mai potuto immaginarlo” dice perplessa Celty. “La debolezza invece è legata a quando ha vomitato per la prima volta e poi è svenuto?”
– Suppongo di sì – annuisce Shinra, afferrando poi le mani della Dullahan e guardandole. – La fase due porta irrequietezza, impazienza e spossatezza. È detta sicosi, miasma per eccesso. Credo che Shizuo al momento si trovi in questa fase: la notte non dorme, quel fetore di cui parla si sta presentando sempre più spesso e il più delle volte lo porta a vomitare. La reazione all’incubo di questa notte ne è la conferma. Si trova già più avanti del dovuto, in verità.
“Qual è la terza fase?”
Le mani di Shinra si stringono in una stretta salda, mentre irrigidisce il corpo e cerca di non lasciar trasparire tutta la sua preoccupazione. – La terza fase è quella che temo di più.

La notte s’inoltra velocemente nella camera. Avanza, inquietante e spietata. Non chiede il permesso. Non sussurra niente. Non emette alcun tipo di calore. Sembra quasi che questa sia la sua casa, talmente familiare con questo gelo.
Gelo? Da quanto sente freddo? Eppure è sotto il piumone invernale. Non ha senso.
Una voce chiama il suo nome. È distante, troppo distante per trovarsi all’interno di questa camera. Come fa a sentirla? Da dove proviene?
Ed eccolo di nuovo, quel fetore. Invade la stanza in un batter d’occhio, o forse è qui anche da prima. No, pensa Shizuo, immobile nel proprio futon. Non adesso...
Vorrebbe muoversi e scappare, ma tutto ciò che riesce a fare al momento è mettersi dritto in piedi e guardarsi intorno, aspettando con ansia quel qualcosa che sta per succedere. Perché quel fetore annuncia solo guai, e quei guai stanno per arrivare.
Delle braccia gli circondano il collo e un corpo solido si appoggia alla sua schiena. È un qualcosa di talmente gelato che sembra immobilizzarlo sul posto, mentre un leggero sospiro si avvicina all’orecchio. Shizuo sa chi è, ed è terrorizzato. Il suo istinto è ancora una volta quello di scappare, ma qualcosa blocca il suo corpo. Lo stomaco si stringe in una morsa quando le braccia gli si stringono attorno al collo e qualcosa gli accarezza la guancia. – Shizu-chan... – sussurra quella cosa alle sue spalle. Il cuore inizia a tamburellare violentemente nel suo petto mentre il respiro inizia a mancare. Da quanto lo sta trattenendo? Giusto, da quando il fetore ha invaso la stanza. Un vano tentativo per evitare conati di vomiti. Un vano tentativo per non perdere la lucidità. Un vano tentativo, appunto.
La carezza sulla guancia continua e il gelo continua a diffondersi. – Potresti approfittarne – continua a sussurrare la cosa, o per meglio dire, Izaya. – Sono solo a due passi da te e nessuno sta controllando. Perché non mi finisci?
– N-non s-sono un vigliacco – tenta di replicare Shizuo, ancora paralizzato. La voce tuttavia è tremolante, e sembra più un lamento che una frase di senso compiuto.
Non importa – continua. – Potrai finalmente arrivare alla tua più grande aspirazione se lo fai...
– Non voglio...
Sì che lo vuoi... – La mano continua la carezza, raggiungendo il mento e stringendolo in una stretta salda. Di forza, spinge il viso a guardare alla propria destra, dove giace qualcosa. Nella penombra Shizuo non potrebbe mai riuscire a riconoscerlo facilmente ma, per un qualche assurdo motivo che va oltre il razionale, ci riesce: è un corpo nudo, coperto di sangue che fuoriesce da ferite e tagli, con tanto di lividi viola qui è lì. Il viso è sfigurato ma non importa: il colore degli occhi vuoti, dei capelli disordinati e del respiro tremante non potrebbero essere di nessun altro se non di Izaya.
– Izaya... – lo chiama, mentre il suo corpo è scosso da un brivido più forti degli altri.
Esattamente – sussurra la cosa alle sue spalle. – Non sono patetico? Avrei preferito morire piuttosto che subire una simile umiliazione. – Sembra indignato mentre pronuncia quelle parole, e Shizuo non dubita che sia vero.
Shizu-chan – lo chiama, stavolta il corpo disteso alla sua destra. La voce è debole e difettosa, come quella di una persona che sta soffrendo molto nel parlare ma non può farne a meno. – Ti prego... uccidimi... Shizu-chan...
L’aria sembra gelarsi ancora di più. – Fallo – continua il tizio alle sue spalle, scivolando dalla sua schiena ma non interrompendo del tutto il contatto. Anzi: con dita soffici accarezza i muscoli delle braccia di Shizuo, arrivando fino alla mano e mettendogli qualcosa di freddo e metallico nel pugno.
Poco dopo che realizza cosa sta effettivamente stringendo, si ritrova davanti al letto di Izaya e lo sta guardando. E Izaya sta ricambiando il suo sguardo: ha gli occhi che, anche se hanno abbandonato il loro colore naturale diventando azzurrino, lo scrutano con aspettativa e speranza. Davvero vuoi morire? Pensa Shizuo in una domanda silenziosa.
La mano si alza e trema in alto dov’è. Deve farlo davvero? Vuole farlo?
Fallo – ripete la voce alle sue spalle. – Fallo e tutto questo finirà. – Dovrebbe essere speranza questa?
Shizuo stringe la presa sull’oggetto metallico. Abbassa la lama in un gesto veloce e una cosa scandalizza: la lacrima che fuoriesce dagli occhi vuoti mentre la lama affonda nella pelle.
Lui vuole vivere.


Note autrice:


Ancora a un orario tardo, ma ci sono!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se per certi versi a me ha un po’ urtato, poiché sembra meccanico. Dopo un’azione vi è sono altre azioni e così via. Non so precisamente perché sia uscito così e perché non riesca a immaginarlo in maniera diversa. Forse sto diventando fiacca, chissà.
Qui è svelato il motivo del titolo e parte della situazione di Shizuo. Ovviamente non sono un dottore, né sto studiando per diventarlo. Mentre cercavo un titolo adatto per questa storia, dopo un consiglio di un’amica, sono incappata in un articolo di wikipedia che parlava del Miasma e così ho deciso di adottarlo sia come titolo sia come motivazione dello stato di salute di Shizuo. In ogni caso, questa è una mia interpretazione e non sono nemmeno sicura che per Miasma s’intenda questo.
Il prossimo capitolo (anche se sono un infame a lasciarvi così appesi, me ne rendo conto xD) lo pubblicherò tra dieci giorni, penso il 20 giugno. Se volete una giustificazione, è che sto scrivendo davvero troppo poco e, sebbene sia riuscita a portare a termine il quindicesimo capitolo, iniziato il sedicesimo e scritto un bel po’ di quello che dovrebbe essere l’ultimo capitolo (no, non è il sedicesimo... probabilmente sarà il ventesimo ma non posso dirlo con certezza), sono abbastanza indietro e vorrei cercare di raccogliere per bene le idee e portare la storia al termine nel migliore dei modi possibili (no, questo non è uno spoiler: mi riferisco al modo di scrivere e tutto il resto) senza far intercorrere troppo tra un capitolo e un altro. Mi dispiace per essere così incoerente con quello che dico ^^”
Okaaaay, la chiudo qui. Fatemi sapere cosa ne pensate!

Baci
Yogurt

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Note pre-capitolo

Non ho scuse per il ritardo. Semplicemente mi sono dimenticata di aver detto che avrei postato il continuo il 20 giugno ^^”
Sì, ho la testa tra le nuvole e devo aspettare almeno metà luglio per poter avere un po’ di respiro (sempre se mi va bene con gli esami... aaaaah dannazione a me che ho scelto di frequentare l’università! Dx).
*coff coff* Anyway, spero possiate perdonarmi per il ritardo e vi chiedo di pazientare di nuovo 10 giorni per il continuo. Ho troppi impegni e stress accumulato, e sinceramente scrivere è l’ultima cosa che riesco a fare. Infatti con la pubblicazione dei capitoli sono quasi al passo con il punto a cui sono arrivata, potete immaginare quanto sia arretrata (fosse l’unica cosa...).
Non ho altro da dire, se non ringraziare le poche persone che seguono la storia! Anche quelli che sono silenziosi... perché lo so che voi state leggendo èwé
Okay, mi dileguo!
Baci

Yogurt




Capitolo 14


Il tempo sembra fermarsi per Shizuo nell’istante in cui la lama di metallo lacera il tessuto e affonda nella pelle. Izaya vuole vivere. Izaya sta lottando per vivere. Izaya non ha rinunciato. Izaya...
Shizuo trema e cade in ginocchio, accovacciandosi su se stesso mentre il sangue sgorga dalla ferita sul fianco sinistro. Fa male. Dannatamente male. Ma è ciò che gli serve per tornare alla realtà e uscire da quell’incubo in cui era immerso.
– Shizuo! – urla Shinra, vedendolo a terra in una piccola pozza rossastra che minaccia di allargarsi. – Che cos’hai fatto!? – continua a urlare, ma l’interessato se ne accorge appena. La ferita pulsa mentre estrae la lama di quello che, a quanto pare, è un bisturi lasciato incustodito e che, per un qualche motivo, adesso è in mano sua. Come ci è arrivato nella camera di Izaya nemmeno lo capisce. Da cosa è stato guidato? Perché stava per colpirlo?
– Izaya... – sussurra Shizuo, stringendo con una mano la ferita. Quasi affonda le dita dentro la carne, ma il dolore lo fa desistere. – Perché!? – urla poi, in preda a dei singhiozzi isterici. – DANNAZIONE! Dovevo ucciderti io! – Cerca di contenersi, ma il fiato diventa di nuovo corto e inizia ad annaspare per avere aria. È come se ne ricevesse di meno e si sente sempre peggio, iniziando anche a tossire e sputare saliva. Che gli sta succedendo? Perché?
– Perdonami – sente dire da qualcuno che potrebbe essere Izaya, ma il timbro di voce è nettamente diverso. Un lieve pizzico sul braccio e le cose iniziano a girare, mentre le gambe e il suo corpo cedono completamente. A sostenerlo è Shinra, che estrae tranquillamente l’ago della siringa che ha conficcato nel braccio di Shizuo, adagiandolo poi a terra. – Non arrabbiarti con me, Shizuo – dice preoccupato, mentre il respiro del biondo rallenta e si normalizza. Ha la vista annebbiata, ma è cosciente. – Ti ho somministrato un potente tranquillante prima che la situazione sfuggisse ancora più di mano. Non perderai coscienza, ma ti consiglio di chiudere gli occhi e dormire. Il tuo corpo è già semi-addormentato. Se dai una mano al tranquillante e ti addormenti, creerai meno problemi.
Le parole di Shinra riecheggiano nella sua mente e ci mette qualche secondo per capirne il vero senso. Effettivamente, sente la maggior parte del corpo formicolare e non reagire agli impulsi che cerca di dargli, ma non sa se sia una cosa negativa. In ogni caso, non vuole cadere nel mondo dei sogni di nuovo. Se lo farà... cosa potrebbe succedere? Non vuole scoprirlo.
– Tranquillizzati, Shizuo. Puoi dormire, credo che non sognerai per un po’ – continua Shinra. Shizuo obbedisce.

Quando si risveglia, è di nuovo nella camera degli ospiti. In un primo momento pensa di aver avuto soltanto un altro incubo, in cui Izaya lo intima ad ammazzarlo e lui quasi lo accontenta, finendo poi per accoltellare se stesso nel tentativo di riprendere contatto con la realtà. Questo contatto con la realtà lo ha anche adesso, quando un lancinante dolore gli percuote il corpo mentre cerca di mettersi dritto. Il fianco sinistro fa’ male e questo vuol dire che no, non stava solo sognando.
Si porta una mano alla fronte, trovandola umidiccia di sudore. Shinra gli ha iniettato un tranquillante, o almeno questo è quello che crede di aver sentito. Se non sbaglia, l’ha anche intimato di tranquillizzarsi e dormire, così da dare una mano alla droga che solitamente ha ben poco effetto sul suo robusto corpo.
Dei passi risuonano nella stanza, attirando l’attenzione di Shizuo. Shinra è appena entrato e ha una pezza umida tra le mani. Nota che è sveglio, così sorride mentre posa lo straccio sulla fronte di Shizuo. – Ci hai fatto prendere un brutto colpo – dice tranquillamente, sedendosi poi sul bordo del letto. C’era anche Celty? Non riesce a ricordare. – Appena ti ho visto in piedi, con un bisturi puntato contro Izaya, ho avuto paura che stessi per ammazzarlo. Poi ti sei colpito da solo – spiega, il sorriso ancora presente sul viso, ma si possono facilmente notare gli occhi velati di dolore.
Shizuo resta in silenzio e, ripensando a quanto è successo, il corpo inizia a tremare. – Lui... – sussurra, la voce roca. Deve schiarirsi la gola prima di continuare: – Lui mi ha chiesto di farlo fuori...
Shinra lo guarda, lievemente sorpreso. – Te l’ha chiesto nei tuoi sogni, Shizuo. E i sogni sono frutto del subconscio. Non era una sua richiesta, ma un qualche tipo di conclusione cui sei arrivato da solo in maniera non consapevole. Sei stato vittima di te stesso. Non era una richiesta di Izaya.
Shizuo ha uno spasmo all’occhio, evidentemente nervoso. – Lo so, Shinra – dice, ringhiando durante la pronuncia del nome. – Per questo motivo mi sono ferito. Stavo cercando di uscire da quell’illusione.
– Oh... – Questa volta Shinra è veramente sorpreso. – Che cos’hai visto?
Shizuo sente le forze mancare: è felice di essere ancora a letto. – All’inizio lui mi ha chiesto di terminarlo e ho rivisto le condizioni pietose in cui riversava quando l’ho trovato... poi i suoi occhi erano su di me quando ero davanti al suo letto. Non c’era la pupilla ed erano azzurrini, come se fosse diventato cieco completamente... tuttavia mi vedeva. Quando ho abbassato la lama... lui... – S’interrompe, trattenendo per un attimo il fiato e sentendo una stretta pressante stringergli il cuore. – Lui ha iniziato a piangere... – Improvvisamente, il fetore si fa’ di nuovo largo e Shizuo inizia a provare terrore. Non vuole finire di nuovo in un sogno ad occhi aperti. Non vuole che succeda qualcos’altro mentre lui non risponde delle sue azioni.
– Calmati, o preferisci un’altra dose di morfina? – chiede Shinra mostrando una siringa tirata fuori da chissà dove. – La dose all’interno potrebbe abbattere un elefante – continua con il sorriso.
Shizuo deglutisce e, per la prima volta in vita sua, ha paura dell’amico. Non può essere serio, ma meglio evitare danni permanenti... – L’odore – sussurra comunque, cercando di far capire il motivo per cui è agitato.
– Lo avverti di nuovo? – chiede il Dottore, pensieroso. Si alza dalla propria sedia e va a prendere qualcosa, tornando poi dal biondo con un fazzoletto inumidito di qualcosa. – Mettilo sotto il naso – dice e Shizuo obbedisce afferrandolo con la mano destra. Un nuovo odore gli invade le narici, scacciando quasi definitivamente il fetore di decadenza. È pungente: Shizuo ci mette qualche secondo per identificarlo come disinfettante. – Vedo che funziona – dice Shinra, evidentemente sollevato quando Shizuo inizia a rilassare i muscoli del corpo.
– Quanto tempo sono stato incosciente?
– Quasi otto ore. Vuoi mangiare qualcosa? Sono già le due.
Shizuo annuisce e, poco dopo, si mette seduto, mentre il padrone di casa gli porta una scodella di riso e del pesce grigliato. Mentre inizia a mangiare, Shinra prende una sedia e si mette a cavalcioni su di essa, incrociando le braccia sopra la spalliera e poggiandoci la testa sopra. La preoccupazione dal suo volto è sempre presente, e non cerca nemmeno di nasconderla. Shizuo l’ha capito: o lo porterà di nuovo da uno strizzacervelli, o sarà lui stesso a strizzargli il cervello finché non uscirà fuori tutto lo schifo che vi è all’interno. Tuttavia, il silenzio in cui resta l’amico, immerso nei propri pensieri, gli fa’ perdere la pazienza. – Quanto è grave? – chiede, ormai prossimo a finire il proprio pranzo. Spera solo che non gli vada di traverso.
– Oh, non molto. Hai mancato di poco un rene e non hai creato nulla di più di un buco lungo...
– Non sto parlando della ferita – lo interrompe, digrignando i denti e stringendo troppo forte le bacchette, fino a spezzarle.
Il gesto fa sussultare Shinra, che cerca di rimettersi in sesto sistemandosi gli occhiali sul naso. – Riesci a immaginare quante torture ha ricevuto Izaya quando era prigioniero di Kuromo? – chiede.
Shizuo non comprende la domanda. Che senso ha adesso? – Sì – risponde riluttante.
– Questa non è la risposta corretta – lo riprende Shinra. – Tutte le tue supposizioni, come le mie o quelle di Celty o di chiunque altro, sono sbagliate. I segni sul suo corpo che rappresentavano il passaggio di quell’uomo sono solo una parte. Quando Izaya ha subito tutto quello... probabilmente è arrivato al punto in cui desiderava la morte. – Sospira, prima di continuare, questa volta tenendo lo sguardo sulle proprie mani, ora strette a pugni intorno alla stoffa del camice che circonda le braccia. – I danni al suo fisico sono solo una manifestazione concreta di quanto ha ricevuto, ma Kuromo l’ha distrutto anche psicologicamente. L’obiettivo tuttavia eri tu, il che rende le cose anche peggiori.
– Quell’uomo sapeva il fatto suo...
– Vero. Sta raggiungendo il suo scopo. Capisci cosa intendo, Shizuo?
Il biondo stringe la scodella con il cibo, trattenendo parte della sua forza. Abbassa lo sguardo: sì, ha capito. – Questa è depressione?
Shinra stringe le labbra. – Temo di sì. Il tuo è un trauma a livello psicologico e si sta ripercuotendo sul tuo corpo. Non sei nemmeno al livello massimo – dice, sospirando.
– Che cosa intendi?
– Che presto non risponderai più delle tue azioni e ti metterai nei guai. Farò in modo di proteggerti: non voglio perdere un altro amico.

– Sono dispiaciuto Kuromo-san. Non ho potuto fare molto altro – disse Izaya, un sorriso diplomatico sulle labbra.
– Non è colpa sua, Orihara-san. Chi avrebbe mai immaginato che sarebbe stata introvabile – la risposta, accompagnata da un ghigno di piacere. Izaya non riusciva mai a capire cosa potesse passare per l’anticamera del cervello di quell’uomo, e la cosa stava iniziando a irritarlo. Kuromo stava pianificando qualcosa, e sembrava che tutto stesse andando secondo i suoi piani. Ma quali erano? Izaya avrebbe tanto voluto saperlo e non si sarebbe fatto scrupoli (non questa volta) ad aprire quel cranio per capire cosa nascondesse al suo interno quella mente malata. In verità sembrava quasi che Kuromo gli avesse assegnato quell’ultima ricerca per testare qualcosa, e l’informatore davvero non riusciva a capirne il senso. Tuttavia aveva deciso di stare al suo gioco, così da poter osservare meglio. – Bene, non ho altre ricerche al momento – disse infine l’uomo, alzandosi dalla poltrona sulla quale era seduto. – È stato un piacere collaborare con lei. Se avrò altre cose da ricercare, mi metterò in contatto.
Izaya si alzò dal proprio posto dietro la scrivania, lanciandosi in convenevoli mentre accompagnava Kuromo alla porta. Quando tornò dietro la propria scrivania, una sensazione d’inquietudine gli scuoteva le membra.
Il suo turbamento fu facilmente notato da Namie. Lavorava con l’informatore da troppi anni per non capire che qualcosa non andava in quell’essere umano da strapazzo. Si avvicinò alla scrivania, poggiandosi sul bordo. – Quell’uomo non ti piace – disse con noncuranza. La cosa non la toccava molto, ma odiava ricevere delle occhiate piene di allusioni quando quel tizio metteva piede in quell’appartamento/ufficio. Lo odiava.
Izaya alzò lo sguardo, sorridendo e lasciandosi andare sulla sedia. – Non dire stupidaggini, Namie-san. Io amo tutti gli esseri umani, eccezion fatta per quel mostro di Shizu-chan!
Falsa felicità. Come al solito, Izaya non si smentiva mai. – Quell’uomo non ti piace – ripeté seccata la donna. – Non girarci attorno e sputa il rospo, così posso andare dal mio adorato Seiji.
– Ma sono ancora le undici e mezza! – la riprese l’informatore. – Ti ho concesso troppa elasticità con gli orari.
– Senti chi parla. – Namie roteò gli occhi. – Ascolterò cosa ti turba, da buona segretaria lecchina quale dovrei essere, e poi mi prendo la giornata libera. È un patto decente, non trovi? Non hai nessun altro che può ascoltare le tue turbe, quindi non farmi perdere tempo.
– Diretta come sempre. – Izaya sospirò, incassando la testa nelle spalle. – Devo ricordarti che ti pago?
– Non lo ripeterò di nuovo.
Il moro sospirò. Con quella donna erano rare le volte in cui poteva averla vinta. – Kuromo-san ha in testa una vendetta. Non mi ha detto contro chi, ma la mia ultima ricerca dice molto.
– Gli hai mentito?
– Sono un essere umano, anch’io possiedo dei sentimenti! Non potevo vendere certe informazioni così, come se nulla fosse.
– Non è quello che hai sempre fatto?
– Non potevo, non per quella donna.
Namie inarcò un sopracciglio. L’informatore di Ikebukuro che si faceva degli scrupoli. Wow, il mondo deve aver iniziato a girare dalla parte opposta, pensò. – Se non gli hai venduto informazioni su chiunque tu stia parlando, significa che è al sicuro, no?
Izaya scosse la testa. – Sapeva già dove si trovava. Anche perché non si è mossa da quel quartiere. – L’espressione di lui divenne sempre più corrucciata, e Namie ci mise un po’ per capire che quella doveva essere preoccupazione.
– Di cosa hai bisogno? – chiese infine la segretaria, sapendo bene che in certe situazioni Izaya preferiva agire piuttosto che parlare.
L’informatore la guardò, ritornando subito sul professionale. – Portami il fascicolo di Shizu-chan e di tutta la sua famiglia.
– Shizu-chan e famiglia? – chiese incredula. – Cosa c’entra la famiglia Heiwajima?
– La donna e Kuromo sono collegati a Shizuo. Devo solo capire il perché.
Namie scosse le spalle, obbedendo agli ordini mentre andava negli scaffali con tutti i fascicoli delle persone ricercate. Ovviamente Izaya non era stupido, in bella vista aveva solo fascicoli d’informazioni non molto importanti, mentre le altre cose che riguardavano affari grossi o gli umani che stava osservando per hobby personale erano in luoghi più sicuri.
Mentre lei era impegnata a trovare quanto richiesto, Izaya si era attaccato al telefono. Parlava con non-chalance come suo solito, ma la nota di nervosismo non scappò alla persona dall’altro capo della linea. – Uhm – annuì a telefono. – Ha indovinato, Shiki-san. Devo chiederle un favore.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Note pre-capitolo

Salve!
Ecco a voi il quindicesimo capitolo, probabilmente un capitolo di passaggio più che altro, ma spero vi piaccia!
Non voglio farvi spoiler, ma ho la netta impressione che i prossimi capitoli saranno veramente pesanti e... sto in silenzio c:
Non mi trattengo molto. Penso che il prossimo capitolo lo pubblicherò tra dieci giorni ma se riesco a iniziare e arrivare almeno a metà del diciottesimo capitolo, lo posto anche prima. Se ve lo state chiedendo sì, ho ritrovato parte dell’ispirazione e tempo per scrivere (no, non ho terminato gli esami ma quelli che mi mancano li darò a settembre, anche se mi comporterà un’intera estate passata a studiare çç).
Grazie per chi segue la mia storia e chi recensisce. Apprezzo davvero tanto il vostro supporto, e non potrei mai ringraziarvi abbastanza, davvero.
Ah! Mi scuso anche per eventuali errori. Ho la netta impressione che avrei dovuto leggere e correggere il tutto almeno un’altra volta ^^”
Buona lettura!

Yogurt




Capitolo 15


– Perdona il disturbo – dice Shizuo, avanzando nell’appartamento di Vorona con un borsone sotto braccio.
– No problem – risponde lei, sorridendogli timidamente. – Sono felice.
Shizuo ricambia il sorriso mentre è guidato dentro l’appartamento per vedere le stanze. È senz’altro un appartamento più spazioso di quello del biondo, ed è per questo che hanno optato l’appartamento di lei. È stata una richiesta che Shinra ha inoltrato poco dopo l’attacco di quella notte, e Vorona si è resa immediatamente disponibile. Dopotutto... è dal festival che escono insieme. Sono una coppia per meglio dire e, sebbene sia una cosa prematura (anche troppo), Shinra ha pensato che per l’amico non ci fosse cosa migliore dell’essere sorvegliati dalla propria amata. Shizuo non si è soffermato molto sulle parole del Dottore, evitando così le fantasie perverse che quell’uomo non ha mai tenuto nascoste.
Anche secondo Celty andare da Vorona è una buona idea. A suo dire, entrambi ormai hanno una buona età per mettersi apposto e creare famiglia. Shizuo l’ha bloccata, in totale imbarazzo. – Non abbiamo ancora pensato a quello! Non correre! – le ha detto. Anche se in verità... l’idea di metter su famiglia lo alletta molto. Ma è ancora troppo presto.
Dopo cena e un film alla televisione, i due si apprestano ad andare a dormire. Sebbene Shizuo sia a un livello d’imbarazzo altissimo, non riesce a dire di no quando Vorona gli chiede di dormire insieme, nello stesso letto matrimoniale. Tuttavia mette in chiaro che non ha intenzioni diverse da quelle di dormire, e Vorona accoglie la cosa con una risata lieve e di cuore. – Shizuo-senpai, anche se vorrei fare di nuovo l’amore con te, so che non è il momento adatto.
Shizuo abbassa la testa, completamente rosso in viso. Si sente di nuovo come un adolescente delle superiori che, sebbene conosca il proprio corpo, scopre sempre cose nuove e non sa se esserne lusingato. Comunque, ormai è un uomo e deve comportarsi da tale: ricaccia indietro tutto l’imbarazzo e cerca di tirar fuori una qualche dote di seduttore (non è sicuro di avere una dote simile). Punta i propri occhi in quelli di lei e, seriamente, dice: – Non sono più un tuo senpai, non chiamarmi così. – Si guardano l’uno negli occhi dell’altra, poi iniziano a ridere di gusto.
Shizuo si sente improvvisamente alleggerito, e anche il dolore al fianco sembra scemare per un po’. La ferita si sta rigenerando grazie alle capacità sconosciute del corpo di Shizuo, ma brucia senza sosta, quasi a ricordare al proprietario che è ancora lì e che non sono passate nemmeno ventiquattro ore da quando ha sognato a occhi aperti.
Le risate iniziano a scemare ed eccolo di nuovo, un peso sul petto che annuncia dolore e disperazione: il fetore è lì, sta arrivando. Lo sa bene, ormai lo intuisce facilmente.
Il tempo sembra quasi fermarsi e un brivido freddo gli attraversa la schiena quando si sfiora la ferita bendata. Questo dolore, quel dolore che ha provato quando si è colpito da solo o il bruciore insistente che lo sta accompagnato per tutta la giornata... Izaya era autolesionista. Quando si feriva, provava le stesse emozioni? Perché andava cercando una cosa tanto fastidiosa?
Il peso sul petto aumenta e Shizuo si sente soppresso e portato a fondo. Perché si sta sentendo così se nemmeno un minuto prima era sereno e stava ridendo?
Due mani piccole e calde si poggiano sulle sue guancie, e il biondo sembra tornare alla realtà. Alza lo sguardo sulle mani che gli circondano il volto, credendo di trovarvi il volto dai lineamenti affilati ma delicati di Vorona. Tuttavia, davanti a sé si presentano degli occhi celesti privi di qualsiasi vitalità e un viso maschile riconoscibile tra mille. Izaya è fermo e lo guarda senza vederlo. Non vi è alcuna espressione su quel viso pallido, e l’immagine che da’ sembra potersi sgretolare da un momento all’altro.
Shizuo è paralizzato, mentre una paura viscerale lo percuote da dentro, dando come risultato una rigidezza peggiore di quella di un blocco di marmo. Perché Izaya è lì, davanti ai suoi occhi? Perché lo sta toccando in una maniera tanto indecente? Tra loro non vi è mai stato rapporto diverso da quello d’inimicizia e quindi non si sono mai toccati. Appena sfiorati, nei casi più disperati durante le loro lotte. E questo tocco... non lo vuole. È freddo, privo di calore e qualsiasi altra qualità che un tocco del genere dovrebbe avere.
Il terrore si fa’ sempre più opprimente in Shizuo mentre vede il volto di Izaya avvicinarsi al proprio lentamente eppure troppo velocemente. Che sta facendo!? Perché si sta comportando così? Come dovrebbe reagire? Mentre il biondo sente il panico fluirgli in tutto il corpo e la distanza tra i visi diminuisce, sa che potrebbe crollare facilmente da un momento all’altro. Perché la situazione è letteralmente fuori controllo e anche il suo livello di sopportazione è al limite. Se Izaya si sta avvicinando tanto, può voler dire solo una cosa. Ha intenzione di baciarlo!?
La realizzazione lo terrorizza ancora di più, tanto che il petto inizia a fargli male e lo stomaco gli si stringe in un'altra stretta dolorosa. Non vuole. Un contatto del genere è inammissibile, tuttavia non riesce a muoversi e più cerca di sforzarsi, più sembra che il suo corpo sia inchiodato al pavimento e immobilizzato da una forza inumana che supera quella dell’uomo più forzuto di Ikebukuro. Come? Non c’è risposta e, anche se ci fosse, al momento è l’ultimo pensiero di Shizuo.
Ed eccolo, quel un soffio in cui le loro labbra si potrebbero sfiorare. Ma Shizuo non vuole avvertirlo. Perché se quello è l’addio che Izaya gli sta dando, allora è meglio che si fermi prima di farlo. Il biondo avverte il suo respiro entrare nelle proprie narici e, alla constatazione che è gelato e sa di morte, vorrebbe poter scappare a gambe levate il più lontano possibile. Spera di poterci riuscire per davvero ma al momento solo una delle sue speranze è esaudita: non vi è altro tocco oltre a quello delle mani sul viso di Shizuo e del respiro del comatoso nelle narici del mostro.
Shizuo non è in grado di spiegare cosa sta succedendo. Izaya per un qualche motivo si è fermato a un millesimo di centimetro dalle sue labbra e, sebbene sappia che è troppo presto, è felice che si sia fermato. Ed è in questo istante che capisce che no, non c’è nulla di cui essere felici o sollevati, poiché il fetore che si fa’ largo nelle sue narici non è nient’altro che il respiro di Izaya: anche se non sa bene per quale motivo lo intuisce, è sicuro che quello sia il fetore della morte. Sembra quasi che il suo arcinemico voglia fargli assaggiare parte della zuppa che lui sta mangiando ormai da mesi. Sembra portare racchiusa in sé una tacita promessa di degrado: Shizuo non potrà mai salvarsi da questo girone infernale in cui è caduto e Izaya lo porterà sempre più in basso, nei meandri di quegli abissi che sembrano odorare solo di morte e putrefazione...

Si sveglia urlando, in una stanza poco familiare e in un letto che non è il proprio. Si sente intrappolato, il respiro affannato e il corpo sudato. Gli occhi bruciano e quel tanfo persiste ancora. Non si rende conto di tremare, ma avverte il proprio cuore impazzito pompare furioso nel petto, tanto da far male. Annaspa, si agita nel letto e più si muove, più si sente costretto e immobilizzato. Nel buio della stanza è convinto che Izaya sia ancora lì, a osservarlo con quegli occhi ormai ciechi e tentando di ammazzarlo di crepacuore.
Quando sente qualcosa afferrargli un braccio, poco sopra il gomito, urla di terrore, rivoltandosi sul letto e cadendo a terra di faccia. La ferita sul fianco inizia a pulsare dolorosamente mentre avverte la stoffa delle bende bagnarsi di un liquido. Tutte sensazioni fastidiose, pensa, mentre fatica a rimettersi dritto e ad aprire gli occhi.
La luce invade improvvisamente la stanza e dei passi frettolosi si avvicinano a Shizuo, ormai in ginocchio con il fiato corto e un ghigno di dolore dipinto sul viso. È confuso e il panico è ancora vivo. Prima di vedere Vorona entrare nel suo campo visivo e toccarlo, Shizuo capisce che in questo sogno c’è qualcosa di diverso dagli altri. Non sa dire cosa, ma ha una strana sensazione addosso e l’urgenza di correre. È costretto a tenere a freno i propri impulsi e a guardare la proprietaria di casa negli occhi. È visibilmente agitata nonostante cerchi di restare calma. Forse ha anche detto qualcosa, ma non l’ha sentita. – Scusami – dice infine il biondo, abbassando lo sguardo sulle mani tremanti. – Ho... avuto un altro incubo. – Non la guarda in volto, ancora troppo in panico per avere la certezza che quella sia Vorona e non Izaya. Il suo subconscio gli ha fatto confondere il passato con un sogno, andando a modificare le azioni che entrambi si sono trovati a compiere prima di andare a letto. Glieli ha fatti ripercorrere per trasformarli nel peggiore dei suoi incubi. Ma non si ferma lì: il fetore è ancora fermo sotto le sue narici ed è più forte che mai. Non sembra intenzionato a svanire come capita di solito, e quella sensazione che gli stringe alla bocca dello stomaco lo convince a pensare che no, non è ancora finita. – Devo vederlo... – sussurra infine, prendendo abbastanza forza e coraggio che alzare il volto e mettersi in piedi.
Sente lo sguardo dubbioso di Vorona indagare sul suo petto nudo e sudato. – Shizuo-se... – si blocca di colpo e, quando Shizuo alza lo sguardo su di lei, la vede ferma un momento, con una mano sulla bocca e il viso pallido che inizia a diventare rosso. – Uhm, Shizuo, – si corregge – è notte fonda e credo che a quest’ora il Dottor Kishitani stia dormendo.
– Nessun dubbio su questo – ribatte il biondo ritrovando la calma, avvicinandosi ai borsoni che ha portato ed estraendo una camicia bianca. Se la sta abbottonando quando avverte le braccia della ragazza circondargli la vita e la testa poggiarsi sulla sua schiena, poco sotto le scapole.
– Di cosa hai paura?
Shizuo ha un tremito che non riesce a controllare e s’irrigidisce, pensando alla domanda. Da dove è venuto quello strano desiderio di vedere la pulce nel cuore della notte? Ha avuto un incubo, esattamente come tanti altri. L’hanno terrorizzato, portandogli il fetore alle narici; gli hanno fatto crescere astio nei confronti di quel corpo immobile nel letto, spingendolo a limitare le visite a poche volte e a pochi minuti, senza però rinunciare a esse. Ma in questo momento... di cosa ha paura? – Non lo so – risponde, mentre il suo corpo inizia di nuovo a tremare. L’adrenalina e il terrore cieco scorrono ancora nelle sue vene, e fatica a restare fermo. – Io...
– Era un incubo come gli altri Shizuo. Calmati. Il tuo cuore sta battendo a mille – dice Vorona, cercando di tranquillizzarlo. Si è trovata solo due volte in questa situazione, e farlo ragionare si è rilevata sempre la scelta migliore per fargli prendere coscienza della realtà.
– No... – sussurra Shizuo, continuando a tremare. – Quest’incubo non era come tutti gli altri... – Vorona scioglie momentaneamente il suo abbraccio mentre lui si volta per guardarla dritto negli occhi. – Solitamente lui e... la morte sono...separati. La morte lo reclama e lui non lo impedisce. A-adesso invece – Shizuo trema ancora, mentre sente le gambe quasi cedere sotto il suo peso. – La morte veniva da Izaya... era già dentro di lui – realizza. Il fiato gli si mozza e la gola si secca mentre cade in ginocchio. – Non è possibile – sussurra portandosi la mano tra i capelli biondi. – Lui non può morire... lui è Izaya...
Lo squillare di un telefono interrompe le parole di Shizuo e il flusso dei pensieri di entrambi.

Shizuo era stanco morto. Difficile da credere, ma quel giorno non una singola cosa era andata per il verso giusto. A lavoro aveva dovuto inseguire troppo a lungo un tizio che doveva dei soldi, prima che questi finisse sotto un’auto. Allora è stato costretto a disperdersi prima di attirare troppi sguardi indagatori. Ma le cose non erano terminate lì e Shizuo non aveva davvero intenzione di ripercorrerle una per una. Aveva bisogno di rilassarsi e probabilmente, anche se si fosse ripresentata quella pulce pestifera davanti ai suoi occhi, non l’avrebbe rincorsa. Non quella sera dopo una giornata del genere.
Si era fermato sopra una panchina, nel parco principale di Ikebukuro. Stava tornando a casa, ma aveva bisogno di sedersi un po’ prima di continuare per la propria strada. Aveva voglia di una sigaretta e così, alla fioca luce bianca di un lampione, si sedette su di una panchina di ferro. Era un luogo isolato e nessuno sarebbe andato a disturbarlo lì. Difficilmente qualcuno lo avrebbe trovato e preferiva così.
Aveva appena sfilato una sigaretta dal pacchetto semi-vuoto quando un braccio si portò avanti e prese una sigaretta a propria volta. Shizuo fu preso alla sprovvista, ma l’odore familiare lo aveva congelato sul posto. – Izaya – ringhiò mentre il nominato scavalcava la panchina e si sedeva accanto al biondo.
– Break! – disse questi, ponendo le mani a formare una ‘T’ mentre guardava l’altro. – Non sono venuto qua per litigare Shizu-chan. Ma una sigaretta non sarebbe male in questo momento, e non mi va di spendere soldi per comprarne un pacchetto intero.
– Come se i soldi ti mancassero – ringhiò ancora Shizuo, afferrando l’accendino dalla tasca e accendendosi la sigaretta. Doveva calmarsi o non sarebbe riuscito ad arrivare a casa se non stremato. Non aveva voglia di rincorrerlo e ammazzarlo. Avrebbe rimandato quel momento.
– Infatti potrei comprarmi un intero distributore di sigarette se volessi – ribatté petulante Izaya, portandosi il bastoncino alle labbra e poi avvicinandosi alla sigaretta accesa di Shizuo, che pendeva dalle labbra di questi. Il moro accese la propria sigaretta con quella del biondo e questi lasciò correre, concedendoglielo nonostante tale vicinanza lo irritasse. Una volta che anche l’altra sigaretta fu accesa, Izaya ne assorbì un bel po’ prima di gettare fuori il fumo tossendo. – Wow, sono fortissime. Non ho più l’abitudine di fumare – disse, gli occhi lucidi mentre tentava di nasconderli da Shizuo.
– Principiante.
– Preferisco essere tale piuttosto che rovinare i miei polmoni.
– Smettila. Non sono in vena di sopportare la tua petulanza. Hai avuto la tua sigaretta. Adesso sparisci – ribatté senza alzare la voce, mantenendo un tono neutro e naturale.
– Non hai mai sopportato la mia petulanza.
Shizuo lo guardò storto, in una minaccia silenziosa. – Che cosa vuoi?
Izaya ricambiò lo sguardo per poco, prima di scrollare le spalle e prendere un’altra boccata dalla sigaretta. Il biondo lo imitò. – Ero venuto al parco per riflettere. Poi ho trovato te e ho pensato che eri la persona che cercavo per palare un po’ del più e del meno.
– Da quando sarei una persona con cui vuoi parlare?
Il moro sorrise, uno di quei sorrisini affilati e falsi. Shizuo sentì la vena della tempia iniziare a pulsare e represse qualsiasi istinto di prendere l’acerrimo nemico a calci. – Hai ragione. Non mi piace parlare con te – disse infine, riportando il biondo con i piedi per terra. Il sorriso non vi era più sulle sue labbra e, per una volta, Izaya sembrava aver abbassato momentaneamente la guardia riguardo ai propri sentimenti: qualcosa lo preoccupava e lo turbava, questo apparve chiaro anche a Shizuo che non si era mai fermato un secondo per provare a leggere le emozioni sul viso di quella pulce. Non che questi glielo avrebbe comunque concesso. – Tuttavia, stasera ero in vena, considerando che sono stato in giro a raccogliere informazioni su una tua vecchia conoscenza.
Shizuo lo fulminò ancora. – Chi ti ha chiesto di farlo?
– Un cliente, un tizio molto strano. Credo che anche lui sia una tua vecchia conoscenza, anche se dubito che ti circondi di quel genere di persone.
– Di cosa stai parlando?
Izaya scosse la mano libera in aria. – Devo rispettare la privacy dei miei clienti. Anche sotto tortura non potrei dirti nulla.
– Tch. Allora non dire niente dal principio. Idiota.
– Ma così non sarebbe divertente, non pensi Shizu-chan?
Il silenzio iniziò a regnare tra di loro e, per quanto strano, nessuno dei due attentava la vita dell’altro. Ovviamente momenti come questi vi erano stati anche in passato, tuttavia si trattava solo di momentanea tregua che poteva derivare dall’essere a scuola, dal trovarsi davanti un grosso Simon che li tratteneva e li costringeva a mangiare sushi (ai tempi delle superiori), o dalla stanchezza dopo aver raso al suolo metà segnaletica e distributori di Ikebukuro. Quelli erano i rari casi in cui si erano tollerati, ma le parole scambiate non erano mai piacevoli e consistevano principalmente in insulti. Le volte in cui Izaya abbassava le difese erano pochissime e solitamente era cosciente solo per metà. Shizuo si è sempre maledetto per la sua tendenza a non ferire persone che non potevano completamente difendersi, nonostante praticamente chiunque poteva sembrare un gattino indifeso di fronte alla potenza dell’uomo più forte di Ikebukuro. Ma almeno provavano a difendersi, e questo lo aiutava a sentirsi meno in colpa.
– Hai mai desiderato di voler proteggere qualcuno? – chiese a un certo punto Izaya, facendolo scendere dai propri pensieri. Aveva lo sguardo fisso davanti a sé, ma sembrava che non stesse guardando nulla in particolare. – Voler proteggere al punto di voler spezzare anche lei o te stesso?
– Smettila con questi tuoi giochetti, sai già che non ci casco – ribatté irritato, prendendo un altro lungo respiro dalla sigaretta, ridotta quasi al filtro.
Il moro lo guardò di traverso, in uno sguardo tra l’offeso e l’irritato. – Non sto giocando. Pensavo di essere stato chiaro: non ho intenzione di attaccar briga. Non stasera.
Shizuo rise tra sé e sé senza abbassare la guardia. – Chiunque tu abbia incontrato, deve averti turbato a tal punto da spingerti a non voler fare giochetti.
– Ma a quanto pare non sono sempre e solo io che ha intenzione di attaccare briga.
– Forse. – Shizuo spostò lo sguardo, sospirando alla sigaretta ormai finita. – Se volessi proteggere qualcuno, spezzerei anche me stesso. Ma perché dovrei spezzare quel qualcuno che voglio proteggere?
– I motivi sono tanti, Shizu-chan. Se ne potrebbero trovare a decine – ribatté Izaya, spostando lo sguardo sul biondo.
– Si tratta di una donna, vero?
– Non ho mai detto il sesso di quel qualcuno. La mia è solo una supposizione.
– Ogni supposizione ha qualcosa di vero al suo interno, o un’intenzione non ancora manifestata – disse Shizuo, piegandosi fino a poggiare i gomiti sulle proprie ginocchia mentre lascia cadere la sigaretta a terra. – Hai detto: ‘spezzare anche lei o te stesso’. – Vide con la coda dell’occhio Izaya spostare la testa di lato e mordersi le labbra. A quanto pare quello era un particolare che si era lasciato sfuggire involontariamente. – In ogni caso, per quanti motivi potrebbero esserci per spezzare quella persona, puoi sempre scegliere di non farlo. Se la scelta spetta a te che vuoi proteggerla, allora già sai cosa fare – spiegò tranquillamente e fu il primo (e sicuramente l’unico) a pensare che stava dimostrando la propria maturità di fronte una persona che, se le cose sarebbero potute andare diversamente, sarebbe stato un kohai di cui prendersi cura. – Se sai già cosa fare, non complicarti la vita da solo.
– Hai ragione, ma mi piace complicare la vita delle persone – ridacchiò Izaya, in una breve risata che a Shizuo parve reale, ma allo stesso tempo finta e troppo studiata per non sembrare tale.
– Purtroppo lo so a mie spese – ringhiò Shizuo, alzandosi dal proprio posto.
Izaya rise ancora brevemente, rilassato. – Se invece non toccasse a me proteggere quella persona?
– Che cosa stai insinuando? Se vuoi proteggere qualcuno lo fai e basta, a prescindere da chi debba o meno proteggerla. – Shizuo lo guardò di nuovo, cercando un qualsiasi indizio di un suo qualche giochetto di cui era maestro.
Tuttavia sul volto di Izaya sembrava esserci una nuova consapevolezza, e il suo sguardo sembrava quello di un bambino troppo cresciuto che ha appena scoperto un nuovo aspetto della vita. – Uhm, non avrei mai immaginato che una conversazione con te potesse essere istruttiva – disse infine alzando lo sguardo su di lui. Non ci volle molto prima che il muro di cui si era circondato si risollevasse e mostrasse di nuovo la sua strafottenza, con tanto di sguardo affilato di chi non promette nulla di buono. Un brivido passò lungo la spina dorsale di Shizuo. La pulce doveva essere bipolare: nessuno cambiava così velocemente il proprio atteggiamento di punto in bianco. Ma si stava parlando di quella pulce pestifera di Izaya, e con lui tutto era possibile. Non eri mai sicuro di cosa poterti aspettare.
Shizuo non volle rischiare: – Ti sei preso una sigaretta e ti ho dato un consiglio, adesso vedi di non far vedere la tua brutta faccia per Ikebukuro per almeno un anno! – sbottò.
Izaya lo guardò con un ghigno, piegando la testa da un lato con fare derisorio. – Shizu-chan, non sentirti importante. Ti stai sopravvalutando, sai? Un anno è troppo per una misera sigaretta e un consiglio – disse tranquillamente, poi si portò l’indice sul mento fingendo di starci pensando. – Facciamo che questa sera non ti procurerò alcuna ferita?
– Bastardo – ringhiò Shizuo. Doveva immaginarlo: non appena quella pulce aveva fatto la sua comparsa, i suoi piani di riposo e tranquillità erano sfumati nel nulla.

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Note pre-capitolo


Vi chiedo umilmente di non ammazzarmi. Sono solo con un giorno di ritardo perché ho dovuto modificare la parte finale di questo capitolo che non mi convinceva e, a essere sinceri, non mi convince ancora adesso.
Alcune cose “mediche” che leggerete qui le ho scritte secondo le mie poche conoscenze e alcune ricerche che feci tempo fa’. Non prendetelo come verità assoluta, in quanto non so se sia possibile ciò che ho descritto. Nella mia ignoranza mi sono dovuta adattare, per dire.
Non ho molto da dire. Probabilmente da questo capitolo in poi mancano solo... 4 capitoli? Sì, penso di sì.
Il prossimo conto di pubblicarlo di nuovo entro dieci giorni, ma non lo assicuro. Ho scritto una parte più e più volte e sembra che sia andata peggiorando al posto di diventare come me la sono immaginata all’inizio. Una persona saggia mi ha detto che è meglio aspettare più tempo per fare una cosa ottima che andare di fretta e pubblicare una cosa arrangiata. Sì, è una persona molto saggia <3
Chiudo qui! Spero vi piaccia il capitolo!
Buona lettura!

Yogurt




Capitolo 16


La corsa fino a casa di Shinra è breve, anche troppo per i gusti di Shizuo. Quando si è svegliato dall’incubo, scosso da Vorona, era convinto che fosse ancora notte inoltrata. Si è ricreduto solo quando ha visto l’orario. Le otto erano passate da qualche minuto, ma il cielo burrascoso, minaccioso di tempeste, ha reso la stanza più scura del dovuto, traendolo in inganno.
Vorona è al suo fianco mentre sale le scale del palazzo di Shinra. Ha una brutta sensazione e inizia a pensare che i suoi incubi si siano confusi con la realtà. Tutto si sta svolgendo troppo velocemente, come se alcune fasi fossero saltate e lui si è trovato contemporaneamente in posti diversi che non aveva idea di poter raggiungere in un battito di ciglia. Eppure lo sa: non è un incubo. Il suo cuore martellante non è solo nelle orecchie o sul collo. Il petto gli fa’ male e quel fetore lo persegue, al punto da diventare così familiare che non potrebbe pensare di sbarazzarsene. Perché se sparisce, può voler dire solo una cosa. E non si sente pronto per quella cosa.
L’aria sembra bruciare i polmoni mentre aspettano che qualcuno apra la porta che li porterà a conoscenza di quella cosa che li ha spinti a correre per raggiungere quel punto.
Celty li accoglie, senza però il suo fedele PDA ad accompagnare la loro entrata. Indica semplicemente il soggiorno e Shizuo non aspetta altro: si dirige lì e vi trova Shinra, seduto ai piedi del divano, con le ginocchia piegate vicino al petto e una mano a tenergli la fronte. La presa attorno ai capelli sembra dolorosa.
Prima di rivolgergli la parola, Shizuo si ferma un secondo per guardare l’appartamento. Sembra sia passato un uragano: ci sono dei cocci di vetro per terra e del liquido arancione macchia il parquet vicino all’isola della cucina; diversi libri sono a terra e fogli stropicciati sono sparsi da tutte le parti. C’è anche una sedia rotta vicino a una finestra che mostra una rottura in un certo punto. Sembra proprio esserci stata una violenta discussione qui dentro, ma Shizuo dubita che sia avvenuta tra Celty e Shinra.
– Che cos’è successo? – chiede infine, guardando l’amico ancora raggomitolato su se stesso.
– Izaya – risponde questi. La voce è roca di chi ha urlato a lungo, ma non vi è esitazione o tracce di panico e tremolii. Nemmeno rassegnazione, solo una cruda freddezza che raggela Shizuo.
Senza pensarci, si precipita nella stanza dove giace il moro. Lo stomaco è stretto in una morsa dolorosa e il terrore di non trovarlo lì lo rende vulnerabile. Non sa cosa aspettarsi quando varca quella porta e non riesce a capire quando vede che nulla è cambiato: Izaya è disteso nel suo letto e tutti i macchinari cui è attaccato funzionano regolarmente, come si è abituato a vederli funzionare dopo il tempo trascorso lì. Sembra tutto come sempre, allora cosa c’è che non va? Perché il fetore persiste e non si sente rilassato dopo averlo visto disteso nel letto come il solito?
Scruta per un attimo il volto smagrito e una qualche assurda speranza gli fa pensare che si sia svegliato, che sia lì a fissarlo con quegli occhi castani che presentano delle sfumature di rosso in occasioni particolari. Ma tutte le speranze sono illusioni, e ogni illusione è una cruda realtà. Izaya sta ancora dormendo, probabilmente immerso in un’illusione da cui non avrà mai le capacità di uscire.
Shizuo si lascia andare a un grugnito per la frustrazione e per la rabbia che inizia a circolare nelle vene. Non capisce cosa sta succedendo e vuole saperlo immediatamente. Si dirige di nuovo in soggiorno. Shinra è ancora in quella stupida posizione, ma questa volta gli occhi sono puntati sul volto di Shizuo. – Cos’hai visto, Shizuo-kun? – chiede. Nessun’emozione, nessuna incrinatura, nessuna felicità. Il biondo sta iniziando a odiare l’illeggibilità del Dottore.
– Niente diverso dal normale – risponde, stringendo i pugni e cercando di tranquillizzarsi.
– Le ferite peggiori sono quelle che non si vedono – risponde Shinra, spostando gli occhi da Shizuo e puntandoli sul pavimento, in un punto che solo lui sa quale sia.
– Shinra... che sta succedendo? – ringhia ancora Shizuo.
Celty sembra avere un tremito e, esitante, si avvicina a Shinra, inginocchiandosi al suo fianco e poggiandogli una mano sulla spalla. Questi sussulta, la guarda per un secondo e poi sospira. Guarda di nuovo Shizuo, questa volta senza celare il proprio dolore. – Ieri sera, verso le diciannove e trenta, il computer ha rilevato un aumento dell’attività celebrale in Izaya per un breve momento. Ho chiamato mio padre, perché un miglioramento poteva aiutarci a portarlo fuori dal coma. Siamo stati tutta la notte a monitorare in continuazione per non perdere qualsiasi chance per svegliarlo dal coma. Tuttavia... – Shinra sposta lo sguardo sulle proprie mani, che tremano non appena lasciano la superficie solida delle ginocchia. – Ci sono stati degli... scatti, in cui l’attività celebrale migliorava. Sono stati diversi e sono tutti durati troppo pochi. Poi... – Shizuo ascolta con il cuore in gola e il respiro mozzato. Ha paura di sentire cosa verrà detto tra meno di due secondi, ma non vuole sottrarsi. – Poi sono terminate del tutto – spiega Shinra. Sposta gli occhi lucidi sul biondo, che si sente ancora più inchiodato al pavimento. – Arrivati a questo punto, non c’è più nulla da fare. Izaya è solo un vegetale, un corpo che vive solo grazie alle macchine. – Lacrime scorrono lungo le guance del Dottore. – Non c’è più speranza, Shizuo. Dovremo staccare la spina.
Shizuo resta paralizzato, senza sapere come muoversi o cosa dire. È anche convinto di aver capito male, ma le sue orecchie hanno sentito esattamente le stesse parole che il suo cervello fatica a elaborare. Izaya è un vegetale. Non c’è più speranza. Staccare la spina.
Quando finalmente riesce a capire tutto, inizia a pensare che questo sia solo un sogno. – Non è possibile – dice, arretrando di diversi passi, sino a trovarsi un muro alle spalle. – Izaya è...
– Un corpo vuoto – dice Shinra, senza più trattenere i singhiozzi. – Mi dispiace Shizuo, non posso fare niente. Io... non posso fare nulla per salvarlo... Ho... fallito...
– No... – Shizuo arretra ancora, stordito. – Non è... vero...
– Ho fallito! – urla arrabbiato il padrone di casa, in una chiara richiesta di aiuto da quella disperazione. – Izaya non potrà mai più aprire gli occhi! – urla ancora.
Shizuo resta immobile per diversi secondi poi, senza dire più niente, si precipita fuori dall’appartamento, sbattendo la porta.
Vorona si volta, pronta a inseguirlo, ma Shinra la blocca. – Lascialo andare da solo – dice, la voce tremolante e roca. – Ha bisogno di schiarirsi le idee. E probabilmente ha qualcosa che deve fare. Mettersi sulla sua strada non è consigliato.

Shizuo è come disconnesso dal mondo. È consapevole del cielo tempestoso e dei tuoni che minacciano; è consapevole che i suoi piedi lo stanno portando da qualche parte; è consapevole persino delle spallate che riceve e restituisce a sua volta da passanti inconsapevoli. Tuttavia non sente nulla e non riesce a elaborare quanto detto da Shinra. Non crede possa essere vero, nonostante conosca bene la destinazione dei propri piedi. Non prova dolore. No, quello che prova nei confronti del suo peggior nemico non è dolore o tristezza. Quella è rabbia. Perché lui non conosce un modo migliore per sfogare i propri sentimenti. Fin da bambino, quando non riuscendo a esprimere la delusione verso lo yogurt che aveva conservato ma che suo fratello si era mangiato senza remora, aveva tentato di lanciargli dietro il frigorifero, rompendosi tutte le ossa. Fin da quando aveva quasi rotto il braccio a un piccolo Shinra che lo importunava per dissezionarlo, ignorando il suo conflitto interiore. Fin da quando aveva fatto male a quella signora che gli offriva sempre il latte, nel tentativo di proteggerla. E così è andato avanti: sa cos’è la gioia; apprezza l’affetto che i suoi cari e gli amici gli hanno sempre regalato; sa cos’è l’amore. Conosce per bene tutti i sentimenti positivi che l’hanno sempre coinvolto, ma tutti gli altri sono un po’ sconosciuti a lui: non sa cos’è la paura, e quando si sente minacciato e dovrebbe averne, la sua rabbia esplode; non sa cosa vuol dire delusione, perché ogni volta che quel sentimento di affacciava su di lui, la rabbia divampava e andava a cercare la sua preda prediletta, il suo nemico per eccellenza. Ricorda ancora quando, ormai prossimo al diploma, aveva preso il coraggio per dichiararsi a una compagna della sua età. Aveva avuto un rifiuto ma non c’era stato tempo per la delusione: Izaya aveva ascoltato tutto e non aveva esitato a ridergli in faccia per la sua sfiga con le donne. Era finita in una rincorsa, con metà segnaletica di Ikebukuro sradicata e diversi lividi e tagli sui corpi dei due concorrenti. Non lo avrebbe mai ammesso, ma quella volta gli fu riconoscente, poiché riuscì a non pensare a quel rifiuto e alla fine non ci aveva più pensato. Il suo unico obiettivo era ucciderlo.
Voleva ucciderlo? Ovvio. Vuole ancora ucciderlo. Ma non riesce a gioire di quella disgrazia che gli è capitata. Perché nessuno merita una fine del genere. Nemmeno per la più assurda delle vendette. E quella vendetta è diretta a lui, che è del tutto illeso in quell’assurda situazione.
La rabbia aumenta in Shizuo, finché non inizia a correre. La sua meta è prevedile, chiunque potrebbe corrergli dietro e fermarlo dai suoi propositi. Propositi di cui non è del tutto certo. Propositi che teme.
Ebbene sì, Shizuo vuole parlare con Kuromo. Vuole sapere chi è. Vuole sapere come fa a conoscerlo. Vuole sapere perché. Vuole sapere il motivo di quella pazzia. Shizuo vuole la verità.
Ricorda bene il tragitto che porta a una delle tante sedi dell’awakusu: è un vecchio magazzino con un ampio seminterrato, controllato a distanza. È un luogo di lavoro che realtà svolge un altro compito. Infatti, mentre attraversa la grande porta dell’ingresso, ci sono diverse persone che stanno lavorando vicino ad alcuni macchinari. Shizuo non sa cosa producano lì, né gli interessa. Nota però che, nonostante molti si fermino per alcuni secondi per lanciargli un’occhiata, nessuno osa fermarlo. Forse è l’aurea minacciosa che lo circonda, forse la paura causata dalla sua fama, forse qualche altra forza di cui non è a conoscenza: nessuno osa mettersi sulla sua strada e Shizuo prosegue indisturbato. Arriva davanti alla porta che conduce ai seminterrati e si ferma per qualche minuto solo per lanciare uno sguardo intimidatorio alle due persone che stanno sorvegliando quell’entrata. Tuttavia nemmeno loro sembrano intenzionati a bloccarlo, così uno dei due apre la porta e gli fa’ segno di seguirlo mentre scende le scale, iniziando a muoversi nel buio di quel luogo. È la seconda volta che il biondo mette piede lì, e non può far a meno di pensare di nuovo a quanto sembri una prigione: è un seminterrato ben tenuto, ma allo stesso tempo squallido; vi sono diverse porte che non hanno una maniglia, ma solo una serratura e sono di ferro, con una piccola finestrella trasparente in alto e un piccolo buco in basso. La prima volta che ci è stato, Shizuo si è sentito in trappola e uno strano terrore ha affondato le radici in lui. Si è chiesto se Izaya, durante i giorni di prigionia, si fosse sentito così, in trappola in quel soffocante buio; perso il quel nulla che si apriva davanti agli occhi. Quei pensieri riportarono a lui il fetore, e si è dovuto appoggiare qualche secondo a Celty per tranquillizzarsi e capire che erano lì solo per assicurarsi che Kuromo era vivo e che la yakuza, in particolare quel tizio di nome Shiki, si sarebbero presi ‘cura’ di lui, assicurando che non gli avrebbero fatto nulla almeno ché non fosse una loro specifica richiesta. E anche se avesse tentato di scappare o qualcuno avesse provato ad aiutarlo, sarebbe stato tutto inutile. Nessuno fuggiva da quel luogo. Shizuo non aveva proferito parola, volendo con tutto se stesso uscire di nuovo all’aria aperta e respirare a pieni polmoni prima che il fetore lo divorasse.
Ma questa volta le cose sono ben diverse: il biondo trova quel buio quasi rassicurante, un modo per nascondere la propria agitazione; il fetore l’ha portato lì, perché questo è il posto in cui deve essere. Non sa come, non sa perché, ma ne è certo.
Il tizio lo accompagna fino alla designata porta, una tra le ultime in fondo al seminterrato, prima che questi svolti. Shizuo ha l’impressione che l’ubicazione di Kuromo sia stata cambiata, ma non se ne cura. Semplicemente entra nella cella immersa nel buio; poco dopo, il neon di una lampadina obsoleta rilascia una luce giallognola, abbastanza fastidiosa ma utile per illuminare e per rendere ancora più inquietante il luogo.
Prima che Shizuo possa vedere Kuromo, sente la sua risata. È in un angolo della stanza, seduto su una brandina di fortuna e con le spalle poggiate al muro. – Guarda guarda chi si è degnato di farmi visita – dice mentre il tizio che ha accompagnato Shizuo chiude la porta alle sue spalle. – Qual buon vento ti porta da un vecchio in prigione come me? Oh! – Si finge sorpreso, mentre il suo volto si fa’ più luminoso e più tetro. – Ha finalmente tirato le cuoia quell’informatore da strapazzo?
Shizuo non risponde, fissando in silenzio l’uomo. L’aura oscura intorno a lui non è cambiata, tuttavia sembra tenere tranquillamente sotto controllo la propria rabbia. Non sa nemmeno lui come fa’, ma molto probabilmente è solo un’impressione. È risaputo che una bomba a orologeria è destinata a scoppiare alla fine del tempo. E il tempo scorre: ne rimane sempre di meno.
Il silenzio prolungato del visitatore inaspettato fa ridere Kuromo, che mostra ancora una volta la contorta natura da cui è afflitto. – Quindi ha davvero tirato le cuoia! – dice tra una risata e l’altra, mantenendosi la pancia. – E toglimi una curiosità – continua, smettendo di ridere e guardandolo in maniera seria questa volta. – Tu come ti senti?
Shizuo ancora non si muove: lo fissa con risoluta calma e insistenza. È chiaro che quell’uomo sta tentando di provocarlo e lui non ha intenzione di dargli corda. Piuttosto è curioso di vedere fino a dove ha intenzione di spingersi.
– Mi ha fatto divertire molto quel moccioso. – Sposta lo sguardo, fissando gli occhi sulla parete accanto a Shizuo. Sembra quasi pensare a qualcosa di nostalgico mentre il sorriso contorto non è ancora svanito. – Sapevi che l’uomo ha più perversioni violente di quanto si possa immaginare? Sapevi che una persona disperata può piegarsi a qualsiasi tipo di volere? Ed è bello veder spezzare lentamente un oggetto, al punto di non aver più idea di quando smetterà di rompersi e si spezzerà completamente. – Ride, fermandosi per qualche secondo dal proprio monologo. – Quando lo sentivo urlare di dolore, mi si accapponava la pelle. All’inizio ha cercato di non darmi questa soddisfazione, ma dopo un po’ non ha potuto fare più nulla. Tremava, urlava, sveniva. Era esilarante! – Ride ancora, questa volta più sonoramente, finendo per tossire diverse volte. Alza gli occhi su Shizuo, ancora fermo nella stessa posizione rigida. Kuromo lo osserva attentamente e non nasconde il proprio compiacimento. Cosa gli passa per la testa resta un mistero. – Sai quando ho iniziato a capire che era vicino alla fine? Quando urlava solo inizialmente e poi, più lo scuotevo, più diventava impassibile. Non provava più dolore, ed io ho deciso che era l’ora di dargli il colpo finale, l’umiliazione peggiore di tutte!
Shizuo s’irrigidisce, se possibile, ancora di più. I muscoli si contraggono automaticamente: i pugni si serrano, la mascella ha un movimento di stizza e il sopracciglio destro di arcua verso l’alto. Vorrebbe spezzare qualcosa, ma alcuni dubbi lo assalgono. Ricorda vagamente le parole di Shinra quando lo informò per la prima volta delle condizioni cruciali di Izaya, e anche successivamente il Dottore non aveva avuto scrupoli nel parlargli delle tante torture che il suo peggior nemico aveva subito. Ma vi era, in ogni caso, un argomento tabù che qualche volta gli aveva accennato. “Izaya è sempre stato un tipo orgoglioso” aveva commentato Celty, mentre Shinra s’interrompeva mortificato per aver parlato troppo. “Ed era anche una persona astuta ma debole” aveva continuato poi. “Non so se sarà mai in grado di superare una cosa del genere...”
Shizuo si sente scosso da un brivido, mentre le parole di quella conversazione tornano vivide nella sua mente e mentre spera che Shinra avesse torto quando ne parlava. Dopotutto non ne era sicuro: c’erano infiniti modi per ferire qualsiasi parte del corpo. Erano solo supposizioni.
– Quando ho capito che nulla più funzionava su di lui e che gli avevo tolto qualsiasi cosa, ho deciso di rubargli la dignità di uomo – dice Kuromo, portando alla realtà Shizuo e rispondendo a domande implicite che il biondo non vuole ascoltare. – Me lo sono scopato quando era allo stremo delle forze ma ancora abbastanza cosciente da poter sostenere una conversazione. Dovevi sentire le urla che ha lanciato, come se si sentisse dilaniato all’interno, e sinceramente penso sia stato proprio così! – Ride alle sue stesse parole, senza nascondere il compiacimento per lo shock e l’indignazione di Shizuo. – Come ciliegina sulla torta, l’ho costretto a pregarmi di continuare e a invocare il tuo nome durante l’amplesso! Dovevi sentirlo! È stata la miglior scopata della mia vita – e ride di nuovo in maniera rumorosa.
Shizuo è paralizzato. Non crede alle proprie orecchie e gli ci vuole qualche secondo per metabolizzare quanto quel disgustoso uomo ha detto. Non è possibile: Izaya è stato anche stuprato. E quel mostro l’ha costretto a urlare il nome del proprio peggior nemico per abbatterlo ancora di più. – Come hai potuto... RAZZA DI BASTARDO! – Kuromo ha premuto il pulsante giusto per portarlo al limite, al punto in cui Shizuo non è più in grado di controllarsi. Prima che se ne renda conto, il collo dell’uomo è già spezzato.

“Qual è la terza fase?”
– La terza fase è quella che mi preoccupa di più. È chiamato lue, Miasma distruttivo. Secondo quello che ho letto, si manifesta con la disfunzione, l’erosione o la necrosi degli organi, corrispondente ad aggressività e atteggiamento violento. Non so bene a cosa sia riferito, ma se porta alla violenza, i risultati diventano ancora più imprevedibili con Shizuo. Sto già facendo di tutto per arginare i danni, ma non so fino a che punto quello che ho fatto possa servire.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17


Shizuo ha il cuore che batte a mille e il fiato corto. Sta scappando da demoni che non vuole affrontare, da conseguenze che non vuole subire. Il corpo non sembra più essere il suo. Le mani tremano e non riesce a guardarle. Non vuole nemmeno provare a fermarle. Perché quelle mani, così tante volte piene di sangue di vittime della sua furia, adesso non sono sporche di quel colore rosso tanto odiato: sono sporche del colore trasparente della morte.
Kuromo è morto.
Shizuo l’ha strangolato.
Shizuo gli ha rotto il collo.
Shizuo l’ha ammazzato.
Shizuo non riesce a crederci.
Il suo corpo ha agito prima della sua mente e l’ha trasformato in un assassino. Per quante risse abbia ingaggiato, mai una volta Shizuo ha portato alla morte qualcuno. Ha condotto le sue vittime sempre e solo in ospedale, delle volte anche in fin di vita, ma è sempre riuscito a fermarsi un secondo prima di ammazzarli. E non è che abbia mai trattenuto la propria forza: semplicemente sapeva quando ormai non erano più in grado di combattere, quando un solo tocco in più li avrebbe condotti all’altro mondo e creato non pochi problemi, sia con la legge sia con il lavoro di Tom o con la propria famiglia. Ma questa volta non è stata come tutte le volte: ha agito e basta, senza pensare ad alcuna conseguenza, completamente accecato da una voglia omicida che gli è sempre appartenuta. Ha avvertito il collo di Kuromo sotto le proprie dita, il suo fiato mozzarsi e lo sguardo di stupore e terrore nei suoi occhi. L’ha guardato, forse l’ha anche pregato silenziosamente di lasciarlo andare.
Shizuo è stato completamente accecato, eppure era consapevole di quello che stava facendo. E fino a quando non ha sentito il crack del collo dell’uomo non se n’è importato. Poi la realtà gli è finita addosso come un treno impazzito. Non ha guardato nessuno ed è semplicemente corso fuori, rompendo qualsiasi oggetto sulla propria strada e cercando di andare il più lontano possibile dalla scena dell’omicidio, del suo omicidio.
Le mani vanno a fuoco e sembrano ancora ricordare quel tocco sul collo dell’uomo. Shizuo ha l’impressione che quella sensazione non se ne andrà mai e ha l’irrazionale paura che qualcun altro possa vedere quell’invisibile marchio. È insensato, lo capisce bene, eppure è fin troppo reale per essere tale.
I suoi pensieri non hanno un senso e vagabondano da un anfratto all’altro del suo cervello, senza lasciare altre tracce del loro passaggio se non un senso di oppressione. E l’ansia del biondo cresce, cresce, CRESCE.
Si ritrova a un certo punto in un parco, non sa nemmeno lui come, e si ferma a una fontana utilizzata per bere. Apre il getto e inizia a lavarsi le mani, nel vano tentativo di togliere quella spiacevole sensazione da esse. Ma più strofina, più sente lo sporco aumentare. Più gratta, e più esso va a fondo. Quando inizia a uscire il sangue, sa che è entrato dentro la pelle, a una profondità irraggiungibile e incancellabile. Non demorde e continua a grattare via, fin quando il sangue non si mischia all’acqua.
Spera che sia solo un incubo. Anzi, vuole uscire da questo incubo. Non vuole più avvertire il dannato fetore, non vuole più sentire quell’orrenda sensazione sulle mani. Vuole svegliarsi nel proprio letto l’indomani mattina, intuire che è stato tutto un incubo e che, una volta raggiunto Tom, quell’insulsa pulce sbucherà fuori da qualche vicolo, facendo il finto tonto mentre lo minaccia con un coltello e inizia a correre. Vuole inseguirlo fino a sentirsi le gambe cedere, con il cuore a mille e il fiatone per lo sforzo di aver sollevato e lanciato diecimila oggetti pesanti. Vuole sentire i muscoli doloranti e la consapevolezza di non essere di nuovo riuscito ad ammazzare quella dannata pulce.
Rivuole quella routine ma le speranze, spesso, restano tali. Il fetore glielo ricorda, cantando quella fastidiosa cantilena che porta alla morte, troppo vicina a Izaya per riuscire ad allontanarla.
Tutto cambierà. Tutto ha già iniziato a cambiare da mesi, ormai. Tutto non sarà più come prima. Tutto sarà messo sotto sopra. Tutto... avrà un termine, così come avrà un inizio. Ma Shizuo non è sicuro di come potrebbe essere questo nuovo inizio e lo teme.
Continua a grattare sotto quel getto di acqua fin quando non si rende conto che è tutto inutile e che, qualsiasi cosa faccia per lavare via quella sensazione, sarà impossibile cancellarla. Rimarrà impressa per sempre.

A trovarlo, diverse ore dopo l’arrivo nel parco, è Celty. Lui è a terra, seduto con le spalle a un albero vicino alla fontana, le mani piene di rivoli di sangue essiccato e lo sguardo vuoto. Lei non fa domande e ignora gli sguardi di estranei che sono rivolti al biondo, pieni di preoccupazione verso quell’uomo sporco di sangue che potrebbe non essere il suo. Chissà per quale motivo nessuno ha ancora avvertito la polizia di fronte a una persona così allarmante. Forse la fama di uomo più forte di Ikebukuro ha avuto la meglio.
Se Celty è riuscita a trovarlo è solo grazie al messaggio che gli ha inviato Mikado: qualcuno ha messo alcune foto di Shizuo vicino a una fontana mentre si lava le mani fino a sanguinare, e dopo delle altre mentre è seduto nello stesso punto in cui è adesso, con le mani insanguinate e lo sguardo perso. Mikado non ci aveva pensato molto: in quanto amministratore dei Dollars, ha momentaneamente bloccato la bacheca dei post del sito con la scusa di una manutenzione improvvisa a causa di una minaccia di hacker (una necessaria bugia) e ha bloccato tutte le chat, eliminato le foto dopo averle inviate con un messaggio privato a Celty.
Mikado è a conoscenze delle condizioni di Izaya e una sola volta era andato a trovarlo per un paio di minuti, prima di andarsene per non arrecare troppo disturbo. Celty e Shinra non sono a conoscenza di tutti i dettagli del collegamento tra il fondatore dei Dollars e l’informatore più temuto di Ikebukuro, e non si sono arrischiati a chiedere. Sembra una cosa molto personale e Shinra è dell’idea che sapere troppo porta guai (probabilmente una piccola lezioncina data da anni di una contorta amicizia con Izaya). Mikado non si è divulgato molto nel messaggio inviato a Celty, dicendole dove e quando sono state scattate le foto e accompagnando il tutto con una breve giustificazione: “Per quanto Shizuo non mi conosca, gli devo alcuni favori. Sono anche sicuro che il motivo per cui si trova in quello stato sia a causa di Orihara-san. Ho già provveduto a cancellare qualsiasi informazione su dove si trova da internet. Prenditi cura di lui.”
E così Celty si è recata nel luogo indicato, trovando una situazione peggiore di quanto temesse. Shiki ha già informato Shinra delle azioni di Shizuo, e Celty non ha potuto far altro se non arrabbiarsi con il suo amato: non l’ha fermato e sembrava sapesse già cosa avrebbe fatto Shizuo una volta uscito dall’appartamento, dopo la notizia.
– Celty, non capisci? Era necessario. La forza distruttiva di Shizuo è micidiale. E dopo una pressione del genere, la bomba scoppia. Il mio intento è arginare i danni. C’è un motivo se ho fatto tenere in vita Kuromo fino a questo punto. Shiki lo avrebbe ammazzato senza scrupoli, ma cosa avrebbe risolto? Quell’uomo voleva solo far crollare Shizuo, e adesso che il momento è arrivato c’è bisogno di una valvola di sfogo. Per quanto distruttiva sia, ce n’è bisogno. Dopotutto, o Kuromo o Shizuo stesso. Fidati di me, so quello che ho fatto. – Tuttavia Celty dubita ancora di quello che le ha detto. La discussione è continuata per circa venti minuti e non è stata terminata per davvero.
Adesso, mentre mette una mano sulla spalla di Shizuo per portarlo alla realtà da qualsiasi pensiero gli stia affollando la mente, ha la vaga sensazione che Shinra non avesse completamente torto. Shizuo è sempre stata una bomba a orologeria, e le bombe quando esplodono distruggono tutto, persino il proprio corpo. Ma è anche possibile che ci sia un modo di protezione. Forse Shinra ha voluto attivare questa protezione, temendo che Shizuo avrebbe potuto rivoltare tutta la propria forza distruttiva contro se stesso. Il pensiero fa accapponare la pelle a Celty. È già a conoscenza che Shinra, delle volte, ha un’indole di manipolazione simile a quella di Izaya, ma mai in passato ha mostrato quell’indole così apertamente.
Non dice nulla quando Shizuo alza lo sguardo su di lei, né quando sussurra il suo nome e sembra pronto a prendersi un qualche tipo di ramanzina. Celty non sa spiegarlo, ma sente che l’amico è più fragile del dovuto in questo momento, e una sola incrinatura potrebbe spezzarlo definitivamente. Così non gli dice nulla e lo guida verso la propria moto, avvolgendogli le mani insanguinate in guanti, il busto con un mantello per coprire le macchie di sangue sulla camicia e un casco sulla testa, il tutto rigorosamente fatto di ombra nera.

Il silenzio e la protezione offertagli da Celty non gli danno alcun conforto. Il senso di vuoto che lo sta assalendo è più forte di qualsiasi altra sensazione. Forse sarebbe stato meglio essere rimproverato. Preferirebbe che qualcuno si arrabbiasse con lui e gli sbattesse in faccia la mostruosità delle sue azioni. Vorrebbe essere punito, e allo stesso tempo desidera che nessuno veda le azioni compiute. Non vuole altri sguardi di paura su di lui quando cammina per le strade, o sguardi accusatori che finalmente lo contrassegnano come assassino oltre che come mostro. Quelle due parole stanno bene insieme, dopotutto. Era questione di tempo? Non sa dirlo con esattezza e teme una risposta.
Il silenzio di Celty, la sua preoccupazione di nasconderlo da sguardi indiscreti e il fatto che lo abbia cercato, gli suggeriscono che lei sa già tutto, che non ha bisogno di porre domande per avere risposte che già conosce, che qualcuno gli ha già tolto il peso di dover spiegare che cosa ha fatto. Il perché non è difficile da capire. Probabilmente gli chiederanno comunque spiegazioni, prima o poi.
Non sa quanto dura il viaggio: chiude gli occhi, ancora le mani alle maniglie sul retro della moto e poggia la testa (coperta dal casco) sulla schiena dell’amica. Sa dove lo sta portando anche senza chiedere. Non vuole affrontare nessuno in questo momento. Non è pronto: le sue emozioni sono ancora troppo confuse e si sente così stanco. Potrebbe crollare da un momento all’altro e finire in uno stato catatonico, privo di emozioni e senza sogni.
Ma il suo corpo reagisce ancora agli stimoli, e si muove da quella posizione solo quando sente la moto fermarsi e Celty distendere i muscoli della schiena, tesi quando ha iniziato a guidare. Non sa dire con certezza se il tempo è volato troppo velocemente o se un minuto è stato lungo quanto un’eternità. Il suo cervello non sembra nemmeno registrare il percorso che lo porta nell’appartamento di Shinra, o quando compie i passi necessari per entrare nella camera in cui giace il corpo vivo ma vuoto di Izaya. Si ritrova semplicemente al suo capezzale, una sedia a terra ai suoi piedi, caduta chissà quando. Gli occhi di Shizuo sono completamente rapiti da quell’esile figura. Non è la prima volta, ma ha quasi l’impressione che da un momento all’altro possa aprire gli occhi e sorridergli. Dopotutto non è ancora morto: chi gli assicura che Izaya non può ancora aprire quegli occhi e deriderlo?
Tuttavia la realtà si abbatte su di lui di nuovo, come un tuono a ciel sereno. Le parole di Shinra lo assalgono come un fiume in piena e riavverte di nuovo quell’odioso fetore. No, non l’ha abbandonato da quando si è risvegliato da quell’incubo a casa di Vorona, ma in un certo senso si era abituato a quella puzza. Adesso sembra amplificata. Non vi è più alcuna possibilità che Izaya possa tornare indietro, che possa risvegliarsi dal coma.
– Ha vinto – sussurra Shizuo, non sa precisamente a chi. I suoi occhi sono ancora puntati su Izaya, probabilmente in strepitante attesa di un qualsiasi segno di vita. – Hai vinto – continua, stavolta certamente rivolgendosi al suo nemico. – Sono il mostro che hai sempre sperato diventassi. Le mie mani sono sporche di morte. Non vi sarà più alcuna redenzione per me. – Delle lacrime iniziano a scorrere lungo le guancie. – Non sono più umano, hai vinto. Ho perso. L’ho ucciso. Quindi... – Abbassa una mano sul polso di Izaya, stringendolo senza metterci davvero forza. – Ridi di me! Proclama la tua vittoria! Ma ti prego, apri gli occhi... – dice e trattiene il fiato. Forse spera che le sue parole siano magiche, che il sapere di aver vinto a quel gioco perverso nel quale le due persone più temute di Ikebukuro sono state coinvolte dal loro primo incontro, lo spingano a tornare indietro dall’oblio. Non gli importa di finire in prigione, di essere guardato diversamente persino dai propri familiari dopo l’omicidio commesso. Se Izaya apre di nuovo gli occhi... se torna alla vita, gli starebbe bene persino andare all’inferno e restarci fino alla fine dei suoi giorni.
Ma quelle di Shizuo sono solo speranze. E le speranze non sempre si realizzano.
Crolla. Tutto il mondo e il contegno mantenuto da Shizuo sino a questo momento sembrano sgretolarsi. Le lacrime iniziano a scendere sulle sue guancie e i singhiozzi si confondono con il respiro pesante.
Gli afferra le spalle e inizia a scuoterlo con violenza. – BASTA! – urla. –SVEGLIATI! SONO IL MOSTRO CHE VOLEVI! APRI GLI OCCHI! – La voce è alta, ma sembra spezzarsi mentre raschia in gola. – Deridimi! Prendimi in giro! HAI VINTO! – urla ancora, ma le gambe iniziano a cedere mentre scivola a terra, gli occhi non più sul suo nemico. – Hai vinto... Perché non apri gli occhi? Izaya... ti prego... apri gli occhi, Izaya...


Izaya aveva chiuso gli occhi. Era esausto in tutti i sensi possibili e immaginabili. Non voleva più aprire gli occhi. Non voleva più vedere né sentire.
Stava rinunciando? Non voleva ammetterlo.
Il suo corpo intero sembrava non appartenergli più, in ogni caso. Era leggero, come se non toccasse nulla. Era ancora disteso sul freddo pavimento? Non sapeva dirlo con certezza e non voleva saperlo. Avrebbe tanto voluto che quel corpo profanato nei modi peggiori non gli appartenesse più. Un modo unico per cancellare qualsiasi traccia. Ma perché stava pensando a ciò? Era stupido, considerando il piacevole calore che sentiva diffondersi in sé. Da dove proveniva? Non importa. È bello stare qui.
Voleva essere salvato? Che importa. Nessuno accorrerà mai in mio aiuto.
E gli affetti? Sono morti tempo fa, quelli.
Le gemelle? Ho avuto una cattiva influenza su di loro. Staranno meglio senza di me.
Ne era sicuro? Sì.
Chi gli poneva quelle domande restava sconosciuto. Forse una parte del suo subconscio o qualcosa del genere. Pensare e risolvere un problema del genere comportava troppo fatica, e Izaya era stanco. Inoltre non aveva senso provare a rispondere. Non voleva ridestarsi da quel piacevole calore; risalire a galla per poi essere legato a un macigno che lo faceva andare ancora più a fondo in quel mare di agonia. Non ne valeva la pena. Combattere era inutile.
“Oi!”
Di chi era questa voce? Gli era familiare.
“Se questo è solo uno dei tuoi trucchi, giuro che...”
Trucchi? Oh giusto. Orihara Izaya era un mago dei trucchi. Abbastanza scaltro da poter piegare chiunque al proprio volere. Magari un giorno sarebbe riuscito a manipolare l’intero mondo sotto il proprio volere.
“Tutto questo non può essere vero...”
Shizuo? Sì, Izaya capì che era lui. Lo aveva trovato? Come aveva fatto? Perché era lì? Perché sentiva la sua voce? No... Non è reale. Che il suo subconscio gli stesse giocando un brutto scherzo? Per Shizuo, probabilmente, avrebbe lottato contro di tutto e tutti pur di non dargli la soddisfazione di aver vinto contro lo stratega di Ikebukuro. Ma questa era solo un’illusione.
“Izaya!”
Perché sembrava così disperato? Non importava. Nulla più importava.
“Izaya!”
Che stupido quel protozoo. Comparire nella sua mente così all’improvviso, sovrastando tutto il resto. Non voleva ascoltarlo.
“Izaya!”
Era inutile. Perché non mollava? In quel buio si stava così bene... a che serviva combattere una battaglia persa?
“È uno scherzo?”
, era sempre stato tutto uno scherzo. Da quando era nato, era sempre stato sempre tutto uno scherzo di cattivo gusto. Non aveva più forze.
“Izaya!”
Shizu-chan, adesso basta. Non serve. È tardi. Sarò davvero felice solo se sarò il tuo più grande rimpianto, ma non sarà più possibile. Il nostro gioco è giunto al termine. Non ho vinto.
“Izaya... ti prego...”
Mi dispiace, Shizu-chan. Non voglio più combattere. Sei in ritardo.
“Perché... Izaya...”
Stai piangendo? Non essere stupido, dopotutto è solo un addio come gli altri.
“No...”
Sayonara.




Note autrice:


Sono in ritardo? Terribilmente? Spero di no... e no, non ho portato questo ombrello per ripararmi dai pomodori...
Ehm, okay, in fatto di umorismo faccio pena.
Se ho una giustificazione per questo ritardo? Probabilmente per me sì e per voi no. Questo capitolo lo avevo già pronto da prima di pubblicare il sedicesimo capitolo, ma la parte finale mi ha bloccato poiché ho dovuto riscriverla più volte, e ancora adesso non mi piace com’è venuta. E mi sento come se non posso fare di meglio, quindi stare a trastullarmi con le mie turbe non gioverà né a voi né a me, che rischio di non pubblicare mai.
In ogni caso, non ho voluto pubblicare prima perché ci ho messo più tempo del previsto anche per terminare il prossimo capitolo, che comunque non pubblicherò fin quando non arriverò a un punto soddisfacente con il capitolo successivo ancora (che credo sia l’ultimo prima dell’epilogo? Non posso ancora darvi certezze ^^”).
Quindi vi chiedo perdono. Siamo vicini alla fine e ci arriveremo, spero entro la fine del mese di agosto, anche se forse con i miei ritmi attuali finiremo a settembre. Sono davvero dispiaciuta di non riuscire a mantenere le promesse fatte all’inizio, ma NON ho intenzione di NON completare questa storia. Anche se dovesse essere un parto, arriveremo alla fine.
Okay, chiudo qui e spero che il capitolo vi sia piaciuto. Se avete dubbi o qualche parte non vi è piaciuta non esitate a dirmelo. Soprattutto la parte finale che a me non convince proprio: se avete idee su come migliorare ditemelo e farò del mio meglio per renderlo un minimo più soddisfacente, sia per me sia per voi.
Grazie mille a tutte le persone che recensiscono ma anche a chi legge silenziosamente. Spero di non deludervi ^^
Okay, chiudo qui, questa volta per davvero. Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacio

Yogurt

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18


I giorni seguenti sono un inferno. Shizuo resta a casa del Dottore, così da essere sotto la protezione di Celty in caso abbia un crollo di nervi e fare qualche stupidaggine. Stranamente alle aspettative, oltre a quelli che sono a conoscenza (non molti visto che Shinra ha voluto prevenire eventuali attacchi mettendo a conoscenza solo persone fidate a lui) gli unici tre che sono venuti a saperlo senza che essere avvisati sono il terzetto delle scuole superiori che, per un qualche assurdo motivo, a Shinra ricorda il loro di terzetto: Mikado Ryugamine (lui poteva essere tranquillamente Izaya: essendo il capo dei Dollars, manipolava le cose nell’ombra esattamente come la tendenza dell’informatore), Kida Masaomi (probabilmente Shizuo: entrambi con i capelli tinti di biondo, entrambi alla costante ricerca di guai, entrambi ingenui), Anri Sonohara (sì, lei era senz’altro Shinra: con la sua aria pacata dietro gli occhiali, in realtà poteva rivelarsi la più micidiale di tutti). Beh, forse questo sua visione è solo una mera illusione. In ogni caso, la loro visita si è mostrata molto forzata, da chi dei tre Shinra non sa dirlo. Vi sono tristezza e rammarico nei loro occhi, ma anche una nota di ostilità mentre parlavano con Shinra delle sue condizioni.
– Cos’ha fatto Izaya a quei tre? – chiede Shizuo, cui non è sfuggita l’ostilità. – Vanno ancora alle superiori o sbaglio? Non pensavo che...
– Se credi che siano dei semplici ragazzini, hai preso un abbaglio. Non dubito sul fatto che Izaya abbia sempre giocato con persone di tutte le età, ma quel gruppetto possiede più potere di quanto tu immagini – la risposta da parte di Shinra.
Shizuo è confuso. – Potere?
– Lunga storia che non mi va di raccontare. Dovrai abituarti a quegli sguardi, in ogni caso. Izaya era una persona odiata. – Shinra avrebbe preferito che non fosse così.
I giorni scorrono e diventano sempre più dolorosi. Shizuo non sa decidersi su cosa volere. Vi sono momenti in cui cerca disperatamente un appiglio perché quel fetore non gli da’ tregua, momenti in cui vuole e allo stesso tempo non vuole restare da solo, e momenti di riflessione accompagnati da totale apatia. Alla fine finisce con lo stare chiuso nella propria camera per la maggioranza del tempo, soprattutto per evitare le persone che fanno continuamente avanti e dietro dall’appartamento per avere notizie più dettagliate di Izaya e stare per qualche minuto al suo capezzale, prima che un irritato Shinra li cacci. Anche il Dottore è molto provato e il suo modo di affrontare la cosa sono sbalzi di umore, che vanno dalla depressione alla rabbia. Shizuo non comprende molto il motivo per cui Shinra ha più o meno il suo stesso stato mentale. Durante i mesi trascorsi si è sempre dimostrato controllato e professionale, prendendosi cura persino di Shizuo quando ne aveva bisogno. Ma da quella mattina qualcosa in lui si è rotto. – Una settimana e staccheremo la spina – sono state queste le sue parole dopo che Shizuo si è ripreso dallo sfogo disperato. Mancano quattro giorni alla morte programmata di Izaya quando Shinra ha un crollo di nervi, che costringe Shiki e qualche membro della yakuza a uscire dall’appartamento sotto richiesta di Shingen, che si aggira costantemente nell’appartamento. Sarebbe difficile da dire con quella maschera anti-gas sul viso, ma Shingen è preoccupato e ne da’ prova quando seda il figlio prima di metterlo a letto, cosa che lascia di stucco persino Celty.
Confuso, Shizuo chiede il motivo del crollo di nervi di Shinra a Celty: “Shinra è stato sotto stress durante questi mesi. Ha cercato soluzioni, studiato in campi medici completamente sconosciuti a lui e a quello che solitamente fa’. Ha cercato di tenere sotto controllo le proprie emozioni, di essere professionale fino in fondo. Ma i suoi sforzi di mesi sono stati tutti vanificati in una notte, a discapito di tutte le notti insonni, dei tanti libroni che ha studiato e dei momenti passati con suo padre cercando di comprenderne di più.” Si ferma per qualche secondo, prima di ricominciare a scrivere altre parole. “L’altra mattina, prima di chiamare te, ha avuto un litigio con Shingen, e credo che quello sia stato il crollo. Non voleva crederci e diceva di voler ancora cercare e trovare un’altra soluzione. Shingen ha dovuto fargli capire a forza che per Izaya non c’era più speranza. ‘Solo un miracolo potrebbe riportarlo alla vita, ma i miracoli sono eventi quasi inesistenti e sperarci è come aggrapparsi al gambo di una foglia secca in una tempesta di vento’, queste sono state le sue parole. È stato costretto a farglielo capire nel peggiore dei modi o non sarebbe riuscito a portarlo indietro dalla spira dell’ossessione.”
– Ossessione?
Celty annuisce. “Ha fatto della ricerca per portarlo fuori dal coma una sua priorità, ed è finito di essere una vittima del proprio raziocino. Senza contare che non ha fatto altro che controllare anche la tua di situazione, cercando di evitare che tu cadessi in depressione. Tutti gli obiettivi che si è posto da solo si sono sgretolati uno ad uno sotto i suoi occhi. E anche lui ha un limite di sopportazione... in ogni caso, ho l’impressione che ci sia qualcos’altro.” Shizuo non ha chiesto altro.
Il giorno successivo, Kasuka si presenta alla porta di Shinra e accompagna suo fratello nella casa d’infanzia. Entrambi restano a pranzo con i loro genitori, riuniti com’era prima che la carriera di Kasuka decollasse. Un’occasione assai rara.
Durante il pomeriggio, Shizuo si siede sul dondolo accanto alla madre, mentre Kasuka discute con il padre dell’ultima auto che si è comprato, iniziando a parlare di motori. Argomento che annoia molto Shizuo, che nonostante l’età non ha voluto nemmeno affrontare l’esame per prendere la patente. Semplicemente non gli è mai interessato.
– Come vanno le cose, Shizuo? – chiede sua madre, accarezzando il tessuto morbido della propria gonna. – Tuo fratello mi ha detto che hai iniziato a frequentare una persona. – Il biondo non risponde, annuendo con un piccolo sorriso imbarazzato. – Mi aspetto che tu me la presenti la prossima volta che siamo tutti riuniti, okay? – continua la donna, ma suo figlio sembra essere caduto nel mutismo. Si limita ancora ad annuire sovrappensiero, tanto che è costretta a richiamarlo.
– Scusami mamma – dice Shizuo, guardando a terra. La verità è che si sente sporco dopo l’omicidio, e l’idea di affrontare i suoi genitori con quello che ha fatto, di renderli delusi per la sua condotta come accadeva alle superiori (quando non riusciva mai a controllare le sue emozioni e finiva con il picchiare chiunque si mettesse sulla sua strada), gli provoca una stretta allo stomaco. Non è pronto per esporsi e confessare il suo peccato più grande, e allo stesso tempo non è in grado di mentire, non a sua madre. Così preferisce il mutismo all’esporsi con chiacchiere che potrebbero finire con il tradirlo.
Le mani di sua madre gli raggiungono la nuca, fino a costringerlo con una dolce forza a sdraiarsi e a poggiare la testa sulle sue gambe, accarezzandogli i capelli e aiutandolo a rilassare i nervi. Shizuo ne è grato: sua madre l’ha sempre coccolato così quando tornava a casa coperto di polvere e sangue, non sempre solo suo. Lui gli raccontava della sua giornata, dei suoi tormenti e della frustrazione a causa di quella violenta forza che non è mai riuscito a controllare. Sua madre non parlava molto, semplicemente lo aiutava a rilassarsi e a farlo cadere nel sonno tranquillo. Lei lo rimproverava spesso, ma si era sempre fermata ad ascoltare quello che aveva da dire, fin quando non aveva capito che il problema di suo figlio era accompagnato da un altro problema altrettanto complesso: il nemico assoluto Orihara Izaya. Una volta aveva persino deciso di prendere in mano le redini e andare a discutere con la madre di questo ragazzo, che uno Shizuo adolescente continuava a maledire ogni giorno da quando lo aveva incontrato. Tentativo del tutto inutile, considerando che i genitori di quell’Orihara erano sempre fuori per lavoro e sembravano avere un certo distacco dal proprio figlio. Un giorno, comunque, la signora Heiwajima era riuscita a incontrare almeno Izaya e aveva parlato con lui. Le era subito parso come un ragazzino smarrito che aveva bisogno di un giocattolo, e soprattutto sembrava alla disperata ricerca attenzioni. Ma la discussione avuta con lui non era servita a molto, poiché la situazione non cambiò. Alla fine aveva rinunciato, curando le ferite del proprio bambino e ascoltando i suoi sfoghi quando ne aveva necessità. Era quasi diventata una routine, almeno fin quando Shizuo non era riuscito a gestire da sé tutti gli eventi e le frustrazioni. A discapito di tutto, quell’Izaya aveva aiutato Shizuo a scendere a patti con la propria irascibilità e la propria forza, facendolo crescere senza rimpianti per le proprie azioni e anzi, alle volte aiutando a sfogare tutta quella rabbia repressa che il biondo si portava spesso sulle spalle. In ogni caso, questa era l’osservazione di una madre attenta al proprio figlio e a quel dichiarato nemico che era riuscito a incontrare solo una volta. I due non si sarebbero mai potuti accorgere di ciò, rinnegando sempre e perennemente qualsiasi cosa avrebbe potuto portarli all’amicizia. Ma dopotutto, andava bene anche così.
– Ho saputo quello che è successo al tuo nemico storico, Izaya. E anche tutto quello che hai passato. Perché non mi hai chiamato?
Shizuo non risponde, tenendo ancora gli occhi bassi. Non ha una risposta.
– Parlane.
– La colpa per il coma è mia – risponde Shizuo, portandosi una mano sugli occhi per nascondersi. Anche se non sa se ce n’è effettivamente bisogno. – Il tizio cercava vendetta per un qualcosa che gli ho fatto non so quando... e ha riversato la propria frustrazione su Izaya. L’ha torturato per mesi, fin quando non l’ho scoperto. Io...
– Che cosa hai fatto a quell’uomo per meritarti il suo odio? – Nella voce non vi è traccia di rimprovero o di accusa, solo una nota dolce accompagnata dalle carezze ai fili dorati. Shizuo adora e allo stesso tempo teme il modo di sua madre di riuscire a capire sempre tutto di lui.
– Non lo so, non riesco a ricordare. Non so quando l’ho incontrato o perché. Non riesco a trovarvi alcun collegamento con lui. Io... – Un groppo gli sale in gola ed è costretto a ingoiare a vuoto per evitare che la voce si rompa e i singhiozzi prorompano. – Non posso nemmeno più chiederglielo, mamma. Io...
– Va bene così, Shizuo – lo tranquillizza. – Non c’è bisogno che ti costringi a ricordare una situazione spiacevole. Quel depravato di uomo sicuramente non lo hai incontrato nella migliore delle situazioni.
– Ho avuto delle reazioni esagerate...
– Lo so, è naturale.
– No, non lo è. – Sospira, spostando finalmente la mano dagli occhi e puntando lo sguardo sull’albero nel giardino. Una volta vi era legata un’altalena su cui giocava sempre con Kasuka da bambini, e poi fu sradicata in un momento di rabbia da uno Shizuo vicino all’adolescenza. Aveva rimpianto a lungo quel gesto e non aveva mai trovato il coraggio di rimettere una parte dell’infanzia al suo posto: sarebbe stato qualcosa di contaminato dalla sua incapacità di controllo. – Questa casa è piena di ricordi di me che rompo cose. Come hai fatto a gestirmi e a crescermi nonostante tutto? – chiede alla fine, cercando di sviare l’argomento.
– Non sono mai stata la madre perfetta che speravo di essere. Ma la pazienza è una virtù. Per essere una buona madre, dovevo riuscire a insegnarti che l’eccessività di emozioni incontrollate non è segno di pazzia, e che le cose si possono aggiustare in un modo o nell’altro. Dovevo aiutarti a capire che non sempre tutto ciò che è rotto è irrecuperabile. Il tuo cuore è puro nonostante tutto, Shizuo. Sono fiera di te. – Sorride mentre lo dice, e l’uomo si sente tornare bambino mentre un altro osso si rompe e nel suo cuore si apre una nuova ferita. Si sente sanguinare di nuovo come le prime volte che ha iniziato a combattere contro altre persone, iniziando a realizzare quanto la sua forza potesse rivelarsi pericolosa. Si sente fragile come tutte le volte che, ancora all’inizio dell’adolescenza, piangeva lacrime amare per il non riuscire a controllarsi, facendo disastri dietro disastri e creando non pochi problemi ai propri genitori.
E alla fine sono proprie quelle righe salate che iniziano a scorrere, mentre si aggrappa alla maglia della madre e inizia a singhiozzare. I motivi sono tanti e allo stesso tempo futili e passeggeri. Ma Shizuo ha bisogno di tornare di nuovo ragazzino, di sentirsi di nuovo protetto in quel calore che solo sua madre può donargli. Una sola volta gli basta, poi si rimetterà di nuovo in piedi e affronterà tutto come sempre, di petto e da solo.

Nel tardo pomeriggio Kasuka lo riporta da Shinra su sua richiesta. Sua madre gli è stata di conforto e l’ha aiutato a schiarirsi le idee, a togliergli parte del peso che si portava sulle spalle senza forzarlo a parlare. Shizuo aveva solo bisogno che qualcuno ascoltasse i suoi silenzi, perché le infinite parole insite lì non devono per forza venire fuori per mostrare la propria natura. Sua madre è la persona che riesce meglio a interpretare l’indole di Shizuo, riservata e straripante.
Tuttavia, qualcun altro ha una visione completamente diversa, e il biondo si ritrova ad affrontare ciò non appena mette di nuovo piede nell’appartamento di Shinra: le urla delle gemelle accolgono il suo ritorno. In particolare la voce di Mairu, che si sfoga urlando contro sconosciuti. – Sono i loro genitori – gli dice Shingen, affiancandolo mentre si sofferma sulla soglia della stanza in cui giace Izaya.
– Mairu... – cerca di avvicinarsi una donna: ha i capelli lunghi legati in una coda di cavallo ed ha un vestito elegante blu, con una camicetta a balze bianca e una sottile cravatta nera.
– Mi rifiuto di ascoltare come voi non avete mai voluto ascoltarle lui! – urla ancora Mairu, rabbiosa e in lacrime mentre Kururi è aggrappata al suo braccio, ma è evidente che non sta cercando di fermarla. – Izaya era vostro figlio! Era nostro fratello! Lui ha sofferto! Sempre!
Adesso è l’uomo che si fa’ avanti, anch’egli vestito elegantemente. Ha il viso rasato e delle rughe più evidenti rispetto a quelle della moglie, senza contare i capelli neri sovrastati da fili grigi che hanno quasi completamente sostituito gli altri. Si mette in ginocchio, guardando le figlie in una posizione sottomessa. – La colpa è tutta mia. Se volete odiarmi non ve ne farò una colpa. Ma almeno date la possibilità a me e a vostra madre di espiare le nostre colpe. Non siamo mai stati presenti con i nostri figli, ed è una cosa che tormenta i nostri pensieri sempre – sussurra, lo sguardo abbassato. – E mi rendo conto che anche volendo non riusciremo a cambiare le nostre posizioni. Almeno dateci una possibilità...
– Non potremmo mai perdonarvi! – urla ancora Mairu.
– Nii-san... mai... – sussurra Kururi, e la gemella non esita a tradurre.
– Iza-nii non vi ha mai perdonati, e noi nemmeno vi perdoneremo! – Stanno per uscire dalla stanza, quando Shinra blocca il passaggio alle gemelle. Mairu alza lo sguardo adirato su di lui, in una minaccia silenziosa.
– State sbagliando, entrambe – dice tranquillamente, guardandole freddamente e senza inclinazione nella voce. Poi però sposta lo sguardo sul corpo di Izaya e sorride, prima di poggiare lo sguardo più sereno sulle due. – Vostro fratello ha perdonato i suoi genitori tempo fa’, quando iniziava a farsi il nome d’informatore in tutta Ikebukuro. Ma non lo avrebbe mai potuto ammettere.
Un singhiozzo più forte degli altri si ripercuote dalla signora Orihara. – Che cosa stai... dicendo?
Shinra accarezza il capo di Kururi, passando poi una mano sul suo viso per asciugare alcune lacrime. – Izaya-kun non ha mai voluto essere sincero con i propri sentimenti. Spesso gli si doveva tirare fuori le parole con forza o leggere tra le righe di quello che diceva. Io sono dei pochi che è sempre riuscito a capire cosa lo turbava e tirare fuori da lui un minimo di verità. – Ha l’attenzione di tutti in questo momento, e Shizuo avverte anche la presenza di Celty dietro Shinra, coperta dal muro che divide questa camera dalle altre. Il biondo ha una strana sensazione su quanto il suo amico Dottore sta per dire. – Lui non avrebbe mai ammesso di aver perdonato qualsiasi persona per una questione di orgoglio, ma soprattutto per tenere tutti fuori dai suoi affari. Lui è il primogenito degli Orihara e, se le cose fossero andate diversamente, sarebbe stato costretto a prendere le redini dell’azienda e seguire le orme dei suoi genitori, sbaglio?
Lo sguardo di Shizuo si punta sul capo famiglia degli Orihara, che si rimette in piedi tenendo lo sguardo basso. – Sì, sarebbe dovuto succedermi nella gestione dell’azienda. Ma il minimo che potevo fare dopo... dopo... – Si blocca per un secondo per riprendere fiato. – Dopo tutto quello di cui era stato vittima è stato ritardare quel giorno, finché non gli ho chiesto chiaramente cosa volesse fare. Ha rifiutato, dicendo che aveva intenzione di costruirsi una sua vita, ed io ho acconsentito a ciò.
– Izaya ne era felice – risponde Shinra. – Avreste potuto forzarlo, ma lasciandolo decidere gli avete donato libertà e riconosciuto il suo potenziale: senza l’aiuto del buon nome degli Orihara diffuso in Russia, poteva dimostrare al mondo la propria forza e intelligenza, anche se non con i mezzi più consoni e legali.
La madre di Izaya e delle gemelle singhiozza ancora con più forza, prima di accasciarsi addosso al marito senza trattenersi. Shizuo non saprebbe dire se quelle parole la rendono orgogliosa delle loro scelte e di quelle del figlio, o se prova rimorso per qualcosa. Probabilmente un miscuglio di entrambi.
– E vi ha perdonato – continua Shinra. Il suo sguardo, che fino a quel momento ha vagato a turno sugli Orihara, adesso si sofferma per qualche secondo su Shizuo prima di porgersi solo sulle gemelle. – Ma non poteva ammetterlo, perché farlo avrebbe portato la sua famiglia a riavvicinarsi a lui. A creare dei legami che potevano creargli problemi e ha dovuto scegliere. Ha deciso di recidere tutto, così che anche se qualcuno provasse rancore nei suoi confronti, prendersela con la sua famiglia sarebbe stato inutile. Izaya è sempre stato una persona con un quoziente intellettivo alto, e le persone intelligenti sono quelle che soffrono più facilmente. Lui ha creato una barriera intorno a sé, così che il dolore non potessero più sfiorarlo. Ha cercato in tutti i modi di limitare la propria emotività perché la vedeva come un punto di debolezza, e per essere quello che lui era non poteva permettersi nulla del genere. – Shinra si ferma qualche secondo, per sospirare e chiudere momentaneamente gli occhi mentre alza di nuovo la testa per fronteggiare gli sguardi di tutti. – Non sono mai riuscito a comprendere se si pentisse di aver allontanato le persone a lui più care. Quello che so per certo, è che Izaya non era in grado di chiedere aiuto per via del proprio orgoglio e, se proprio chiedeva aiuto, lo faceva velatamente. Mi dispiace... – Abbassa lo sguardo mentre Shizuo sente il sangue gelarsi nelle vene. – Per non aver colto la sua ultima richiesta.
Il silenzio cala e la consapevolezza si fa’ largo nei presenti, in particolar modo nel biondo: Shinra gli sta nascondendo qualcosa.

La presa di Shizuo è ferrea mentre blocca Shinra contro il muro. – Cosa non mi hai detto?
Il Dottore lo guarda senza lasciar trapelare nessun’espressione dal viso, che sembra freddo e duro come il ghiaccio. Da quando Shinra è in grado di trattenere le proprie emozioni e diventare così impassibile? Sembra quasi Kasuka, agli occhi di Shizuo. E lui non è mai riuscito a leggere le emozioni di Kasuka. – Mi dispiace, Shizuo-kun. Non so molto più di quanto tu già non sai. Poco meno di un anno fa’ Izaya mi ha lanciato una sorta di richiesta di aiuto, ma non sono riuscito a captarla in tempo. Non sono riuscito a decifrare per bene le sue parole, il suo avvertimento. Se ci avessi creduto, probabilmente lui adesso sarebbe ancora con noi, sveglio e in salute. – Shinra sputa le parole quasi con rabbia, nonostante il proprio sguardo vuoto. Si scrolla le mani di Shizuo di dosso, prima di chiudersi nella propria camera. Celty prontamente lo segue, lasciando il biondo solo con i propri pensieri.
Alla fine compie alcuni passi, entrando di nuovo nella stanza in cui giace Izaya, osservandolo in viso. – Quindi anche tu eri in grado di chiedere aiuto – sussurra senza pensarci, sapendo che non riceverà mai una risposta. – Stupida pulce. – Poi torna in camera propria.



Note autrice:


Sono davvero dispiaciuta. Non riesco a mantenere una promessa indenne, e adesso è quasi un mese che non posto il continuo. Sono successe tante cose e sto passando davvero un periodo così così. Ho tante idee che mi ronzano per la testa, e poco tempo per metterle per iscritto. Lo studio sta assorbendo tutto al momento, accompagnati da diversi impegni qui e lì.
Per quanto riguarda questo capitolo, era da tempo che volevo introdurre la madre di Shizuo in questa storia, e poi finalmente ci sono riuscita. Nell’anime e nel manga non viene mai resa nota, ma credo che abbia cresciuto Shizuo e kasuka egregiamente, quindi un piccolo riconoscimento doveva esserci. A dire la verità mi piace com’è venuto fuori questo capitolo, anche se ho avuto diversi dubbi sui verbi e non credo di averli risolti tutti...
Il prossimo capitolo non è ancora pronto, mi dispiace. Non so quanto dovrete aspettare, anche se probabilmente ci saranno solo altri due capitoli e un probabile breve epilogo, ma ancora devo chiarire.
Vi chiedo di pazientare.
Scusate ancora, un bacio

Yogurt

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Note pre-capitolo:
Salve gente! Sì, lo so che è qualche mese che non pubblico e mi rendo conto che probabilmente volete sgozzarmi per avervi lasciato in un punto critico.
È stata una cosa voluta in buona parte. Questo capitolo, infatti, l’ho pronto da un mese e passa, ma se non l’ho pubblicato prima era per vari dubbi concernenti alcune parti che portano alla conclusione. In altre parole? Ho finito di scrivere questa storia giusto un paio di giorni fa’, e adesso finalmente pubblico quanto vi spetta.
Spero vivamente che l’attesa venga ricompensata con questo capitolo e gli altri. In caso contrario avrò fallito, e... non starò qui a deprimermi, potete tirare un sospiro di sollievo.
Oltre questo ci saranno solo altri due capitoli: il prossimo (che è bello lungo) e un epilogo (che sono indecisa se mettere a parte o farne un unico capitolo con il prossimo >w<). E li pubblicherò rispettivamente il 25 e il 29/30 di questo mese.
Non ho altro da dire, sennonché sono in ansia di sapere cosa ne pensate di questo capitolo e... grazie mille per chi mi ha seguito durante questo percorso. I ringraziamenti veri e propri li farò solo alla fine, ma al momento spero di non deludervi.
Buona lettura!

-Yogurt



Capitolo 19


Nella ristretta camera non vi sono molte persone. Celty è rimasta in soggiorno con Shingen e qualche altra conoscenza di Izaya, mentre Shizuo ha un posto in prima fila accanto a Shinra. Mairu lo sta abbracciando e si rifiuta di guardare altrove che non sia la giacca nera da funerale che il biondo sta indossando; Kururi è accanto alla gemella e non trattiene le lacrime, osservando per l’ultima volta il viso dormiente del fratello. I coniugi Orihara sono stretti tra loro, la donna piange a dirotto mentre il marito cerca di trattenere i singhiozzi per essere il supporto di cui necessita. Izaya è ancora immobile e, per la prima volta da quando è iniziato il coma, non sta indossando la divisa bianca o azzurrina, tipica delle persone ricoverate in ospedale. La pelle pallida e i capelli scuri risaltano tremendamente in quel completo elegante, tanto simile a quello di Shizuo da sembrare coordinato: camicia bianca e giacca nera accompagnata da una sottile cravatta e da un pantalone da cerimonia del medesimo colore.
Shizuo lo guarda senza sosta. Solo qualche ora prima, Shinra gli ha chiesto aiuto per lavarlo di nuovo, e il biondo si è sentito contrastato da diverse asfissianti emozioni. Ha tenuto per tutto il tempo una mano sul suo petto all’altezza del cuore e dei polmoni solo per sentirne il silenzioso e debole pulsare, accompagnato dal faticoso movimento del torace. Non sa per quale motivo: semplicemente vi è stato il bisogno impellente di sentire il muscolo della vita battere ancora, per assicurarsi che quell’esistenza prossima alla fine esista per davvero e non sia solo qualcosa d’immaginario. E sentirlo sotto le proprie dita gli ha fornito la prova che sì, quella vita esiste. Ma presto l’oppressione sul petto e il fetore gli hanno ricordato che quella vita che esiste adesso, in questo stesso giorno cesserà.
Il fetore sembra essere una consolazione. Gli invade le narici sino a causargli la nausea, ma gli assicura che al momento non ha nulla da temere. Quel corpo ridotto pelle e ossa respira ancora. Quel contenitore senz’anima potrebbe ancora tornare com’era prima: lui potrebbe tornare ancora in quelle ore che lo dividono da morte certa. Ma la morte lo sta accarezzando e reclamando: ormai ogni speranza sta andando via.
Shizuo stringe le mani sulle spalle di Mairu, tanto in conforto a lei quanto a se stesso. Tutta la sera precedente ha pensato a un addio da poter rivolgere alla sua pulce, un saluto che probabilmente lo farebbe rivoltare nella tomba solo perché detto da lui. Ha passato tutta la notte al suo capezzale, osservando gli occhi chiusi e il viso scarno, soffermandosi di tanto in tanto sulle labbra. Aspettava parole di scherno mai arrivate, e la sua limpida risata da volpe bastarda che è risuonata per un attimo nella sua testa, quando il sole ha annunciato il giorno con il levarsi nel cielo. Tutta la notte è passata in una tacita attesa, nella speranza che avrebbe mosso le palpebre, socchiuso gli occhi e magari tornato alla vita. Avrebbe tanto voluto dirgli “Bentornato”, per quanto quella parola sarebbe sembrata un insulto se uscita dalle sue labbra. Poi la voce di Shinra nella sua testa gli ha ricordato che Izaya ormai è cieco, e al massimo sarebbe riuscito a vedere le sfumature dei colori se mai avesse riaperto gli occhi.
– È tutto pronto – sussurra la voce fredda di Shinra, riportandolo bruscamente alla realtà. – Chi ha intenzione di staccare la spina?
Il silenzio diventa ancora più pressante mentre Shizuo sente Mairu stringere la giacca e premere il viso ancora di più contro le proprie costole. I due coniugi avanzano lentamente, stringendosi l’un l’altro. Le loro mani unite tremano incontrollate e i passi sono incerti mentre avanzano. Prima che possano raggiungere il capezzale, la voce di Mairu si erge attutita tra i singhiozzi: – Shizuo-san.
Tutto nella camera si ferma per qualche secondo, mentre sguardi sbalorditi si posano sulle piccole Orihara. Kururi afferra la mano della gemella, spingendola a togliersi da Shizuo per spiegarsi meglio. – Se a porre fine alla sua vita sarà Shizuo-san, probabilmente Izaya si sentirà realizzato. Ne sarà felice. – Non c’è timore o rimorso per le parole pronunciate. Al contrario, la determinazione nella voce lascia tutti di sasso.
– Mairu – dice dolcemente Shizuo, poggiandole una mano sulla testa. – Non credo sia il caso.
– Una volta io e Kuro-nee lo abbiamo sentito dire che un giorno, se la sua fine sarebbe mai arrivata, l’unico che l’avrebbe provocata sarebbe stato Shizu-chan. Non credo che voglia qualcun altro a porre fine alla sua esistenza.
Shizuo sente il cuore impazzire nel petto e il fiato mancare. Queste parole non gli sono nuove: Shinra stesso, dopo qualche settimana dalla scoperta di Izaya, gli aveva accennato di questa strana fissazione della pulce. Se lo avesse ucciso, Izaya avrebbe raggiunto il suo scopo e avrebbe dimostrato a tutti che era per davvero un mostro. Ma quel suo desiderio, ormai, è già realizzato. È davvero necessario? – Io... non posso... – sussurra alla fine, cercando di trattenere il tremito del proprio corpo.
Kururi punta i suoi occhi in quelli di Shizuo, rivolgendogli una silenziosa domanda: non hai da sempre desiderato di ucciderlo? E lui si sente cadere in un vuoto di rammarico e desolazione.
– Shizuo – interviene a questo punto Shinra, interrompendo lo scambio di sguardi con Kururi. – Mairu e Kururi hanno ragione. Izaya non accetterebbe nessun altro a porre fine alla sua vita, per quanto questo sia molto più complicato di una semplice morte. – Tiene la testa bassa mentre parla, ma poi la alza fieramente, voltandosi per ricambiare lo sguardo del biondo. I suoi occhi sono lucidi. – Diventa il mostro che lui vuole, Shizuo.
Il diretto interessato è a corto di parole. È già diventato un mostro. Lo è diventato nel momento in cui le sue dita si sono strette attorno al collo di Kuromo fino al suo ultimo respiro, privandolo della vita. Izaya ha già vinto in quel malato gioco in cui erano protagonisti. Che senso ha, adesso?
Ci sono diecimila cose da ridire su quelle parole, su quella decisione di qualcun altro. Guarda i coniugi Orihara ma nessuno dei due spiccica una parola o dice di no. Al contrario, l’uomo annuisce con il capo, dandogli così il consenso e facendo crollare in un secondo tutte le cose che Shizuo voleva dire. A che servirebbe rifiutarsi? Se quella è la loro decisione, la accetterà. È il minimo che può fare.
– Come volete – dice poi con lo sguardo basso. Stringe i pugni e si avvicina a Shinra, che gli indica il pulsante che spegnerà definitivamente le macchine prima di allontanarsi. Un solo semplice tasto rosso che spegnerà la vita di Izaya. Un solo semplice gesto e tutto sarà finito per sempre.
Shizuo alza la mano, ma inizia a tremare. Basta così poco, eppure sente che sta per fare un passo più lungo della gamba.
È buffo, pensa. Lo volevo così tanto morto da aver iniziato a dare per scontato che non potesse mai morire. Per quanto gli imprecassi e lanciassi cose dietro, per quanto le mie minacce di morte aumentavano di volta in volta ma restavano sempre prive di fantasie, come Izaya era solito ricordargli. Ma ormai non ha più importanza. Quel suo nemico storico, quell’inimicizia cominciata durante le superiori e portata avanti per anni, è terminata nel momento stesso in cui Izaya è stato messo in gabbia e torturato. Tutto è finito dopo il loro ultimo scontro, quando ancora una volta Izaya gli è sfuggito dalle mani lasciandogli qualche ferita ricordo qui e lì.
Sposta lo sguardo sul suo viso, smagrito e consumato dal coma. No, quello non è più la persona che ricorda, quella che non sapeva far altro che ridere e saltare a destra e a sinistra (come una pulce) senza che riuscisse mai ad acchiapparlo. No, questo Izaya non è lo stesso Izaya con cui bidonava la scuola solo per tentare di ammazzarlo. Non è il compagno di mille corse, mille sfoghi e altrettante urla e scorribande per la città.
Non sono mai stati amici. Loro erano nemici di sangue: il ribrezzo verso l’altro era avvertito a pelle. Ma Shizuo si chiede cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente, se Izaya non lo avesse respinto violentemente e se Shizuo avesse avuto quel minimo di pazienza in più per non scoppiare di rabbia quando gli passava accanto. Si chiede cosa sarebbe successo se il desiderio di Shinra di essere un gruppo unito fosse diventato realtà all’epoca delle superiori. Probabilmente sarebbero stati un trio forte e temuto, dopotutto cosa mancava a loro? Intelligenza, forza e astuzia. Avrebbero potuto dominare anche il mondo, insieme. Ma forse è troppo tardi per rendersene conto.
Shizuo non ci ha mai creduto, o forse l’ha dimenticato: Izaya è solo un essere umano. E alla fine è stato costretto a soccombere in una situazione arrivata allo stremo.
Poggia il dito sul bottone rosso, senza premerlo. Sta per togliere la vita a Izaya, ma quello non è realmente Izaya. Quello vero se n’è andato mesi prima. Adesso è solo un involucro vuoto, quindi non importa se muore o no biologicamente parlando. La sua coscienza è già svanita. Tuttavia le mani non smettono di tremare e il groppo alla gola aumenta. Sta per togliere la vita a Izaya, che Izaya non è. Ma questi pensieri non hanno senso. O forse sì?
Shizuo si sofferma qualche secondo sul completo indossato dal suo peggior nemico, e improvvisamente capisce. – Shinra, – dice – dov’è il cappotto di Izaya?
– Nell’armadio – risponde l’interessato, lievemente sorpreso. – Vuoi metterglielo?
– Non dovrebbe morire senza. Io... – Ingoia un groppo formatosi in gola, poi si schiarisce la voce. – N-non riuscirei a farlo s-senza... Questo odore non appartiene a Izaya. Questo non è Izaya... n-non quello che conosco almeno.
Il breve silenzio in cui cade la stanza è interrotto dai movimenti di Shinra, che si affretta a fare quanto richiesto. Probabilmente è stupido e insensato, ma non vuole saperlo. Shizuo si aspetta quasi che, una volta messo il cappotto, Izaya apra gli occhi e sorrida. Spera che torni alla vita e tutto può ricominciare come prima. Ma è solo un illuso ignaro delle proprie speranze.
Completata l’azione, Shinra guarda Shizuo e gli sorride malinconicamente mentre arretra di nuovo e si appoggia al muro. Sta trattenendo le lacrime per mantenere il contegno che ogni medico di rispetto dovrebbe avere. Ma la professionalità va facilmente in frantumi quando si tratta della pulce.
Shizuo sospira, avvicinandosi di qualche passo in più al capezzale. Si abbassa, accarezzando le ciocche dei capelli di Izaya, ancora morbide dopo il lavaggio. È una carezza breve, poi sposta la piccola frangia e posa le labbra sulla sua fronte, in un innocente e breve bacio, prima di allontanarsi di nuovo ma lasciando che il proprio respiro sfiori ancora il comatoso. –Addio, Izaya-kun – sussurra, senza nemmeno sapere se qualcuno lo abbia sentito, ma abbastanza sicuro che lui lo abbia fatto.
Una mano si allunga verso il macchinario e, poco dopo, il pulsante rosso è premuto.

Shizuo avverte ancora il suono prolungato del bip rimbombare nella sua mente mentre osserva lo svolgersi del funerale di Izaya, mantenendosi a una notevole distanza. Ne ha discusso con Shinra il giorno prima, e il dottore non ha potuto fare a meno di trovarsi d’accordo con lui. Il desiderio di non vedere il mostro che l’ha ucciso al suo funerale è senz’altro qualcosa da Izaya, per questo ha voluto accettare quella richiesta mai detta. Quando ti ritrovi a conoscere una persona per tanti anni, nonostante la odi, impari a conoscere i suoi pensieri. E allo stesso tempo, poiché quell’odio era reciproco, è un po’ come se i pensieri dell’uno e dell’altro fossero estremamente compatibili, per quanto le opposte personalità.
– Odio e amore sono le due facce di una stessa moneta – gli ha detto Shinra dopo che gli ha esposto i propri pensieri. – L’una non può esistere senza l’altra. Sono contrapposte, eppure sono la stessa cosa.
– Che stai insinuando? Che avevo una sorta di passione amorosa per quella pulce?
– Vedi come vuoi quello che ho detto. Ma mi fido del tuo giudizio: proprio perché vi odiate reciprocamente, sono certo che nessuno conosca Izaya meglio di te. E allo stesso tempo, nessuno conosce te meglio di Izaya. Siete due facce della stessa medaglia, non dimenticarlo mai.
Ripensare alle parole dette appena il giorno prima fa’ stringere il cuore a Shizuo. Izaya ormai non è più vivo. E con lui anche quel famoso fetore sembra essersi dissolto. Coincidenza? Difficile da credere. Probabilmente più un regalo di addio.
Vorona gli stringe la mano mentre i suoi occhi vagano sui presenti, osservando i volti straziati di Mairu e Kururi, le mal trattenute lacrime di Shinra e gli sguardi vuoti di alcune persone a lui sconosciute. Celty è al fianco di Shizuo, una mano poggiata sulla sua spalla in un atto di consolazione. Ma Shizuo sta bene. Il peso sulle sue spalle non se n’è ancora andato, ma avverte qualcosa di diverso. Non è sollievo: in quel caso, probabilmente sarebbe il peggio del peggio. Tuttavia non è ancora pronto né si sente in grado di esprimere appieno le emozioni che lo attraversano. Dire addio alla presenza della pulce è ancora complicato, sebbene le sue stesse parole non lascino spazio a dubbi.
Il funerale finisce e, lentamente, tutte le persone iniziano ad allontanarsi, non prima di aver rivolto le condoglianze ai familiari di Izaya. Oltre ai genitori e alle gemelle, non ci sono molte altre persone. Ci sono solamente tre persone che ha capito essere parenti del defunto: un signore alto, che ha stretto la madre di Izaya e su cui lei si è sciolta (probabilmente suo fratello), e una donna che è stata al fianco di una signora più anziana per tutto il tempo. Shizuo ha dedotto che quest’ultima sia la donna che ha contribuito a rendere l’infanzia e l’adolescenza di Izaya uno schifo.
Quando ormai se ne sono quasi tutti andati, compresi i genitori di Izaya ma non le gemelline e la nonna di Izaya, Shizuo decide di avvicinarsi, lasciando la mano di Vorona per andare da Mairu e Kururi. E queste, appena lo vedono, gli saltano addosso, sfogando altre lacrime e stringendolo possessivamente mentre lui cerca di trattenere le proprie lacrime e accarezza i capelli a entrambe. Resta così fin quando non si calmano; poi Shinra, che è stato fermo qualche passo più indietro vicino a Celty, le invita a mangiare un po’ di sushi e a passare la notte nel suo appartamento, immaginando che al momento le piccole Orihara non sono pronte per tornare a casa. Queste accettano. – Andate, vi raggiungo a breve – dice Shizuo quando viene invitato a sua volta. Ha bisogno di restare qualche secondo da solo con se stesso, e anche Vorona lo capisce, salutandolo con un bacio sulla guancia e dicendo che l’indomani mattina passerà per fare colazione insieme.
Quando resta solo, la sua mente si svuota, lasciandogli solo un asfissiante silenzio che opprime tutto il resto. Vorrebbe riuscire a ragionare, ma per un motivo o per un altro non ci riesce.
Quando sente qualcuno al proprio fianco, quasi sobbalza. – Yagiri Namie-san – dice Shizuo, sorpreso. L’ha intravista in mezzo alla folla di persone presenti al funerale, ma non immaginava che si sarebbe avvicinata.
– Razza d’idiota – sibila tenendo gli occhi puntati sulla lapide, ancora priva d’incisione. – Morendo mi ha lasciato il doppio del lavoro che mi spetta. Fortunato che la paga è alta – continua come se non stesse parlando a una persona morta da qualche ora. Finalmente si volta, fronteggiando il biondo con sguardo freddo e privo di espressione. Shizuo si chiede se questa donna abbia mai provato almeno un minimo di dispiacere per la sorte del suo datore di lavoro. Ma è sempre stato chiaro che Namie non è altro che una donna d’affari. – Ho tutte le risposte che cerchi. Izaya mi ha lasciato una lettera in cui mi dice che non devo fartele vedere, ma ormai è morto e poco importa cosa lui voglia. Diciamo che è una piccola vendetta per aver programmato anche la mia vita dopo la sua morte – spiega senza spiegare davvero nulla e lasciandolo ancora più nel dubbio. – Hai tre giorni, poi prenderò tutto il materiale nel suo ufficio e quello che deve essere fatto fuori, lo brucerò. Per il resto ha espressamente richiesto di vendere le informazioni al miglior offerente e creare un fondo a favore delle sorelle per quando saranno adulte. Ovviamente anch’io avrò i miei profitti.
Shizuo si sente confuso. – Ti ha dato disposizioni prima di morire?
– Izaya non era stupido ma folle. Ha vissuto sul filo di un rasoio fin dal primo giorno in cui ha deciso di manipolare la gente, raccogliere informazioni e venderle. Quando mi ha assunto mi ha detto che nel cassetto della scrivania c’erano alcune azioni da compiere in diverse occasioni. La morte era tra queste. Era manipolatore ed estremamente calcolatore. Ho sempre odiato questo lato di lui. – Si volta, dando le spalle al suo interlocutore. – Tre giorni, poi anche le risposte che cerchi verranno bruciate. Non ostacolerò la tua decisione, ma forse dovresti rispettare la volontà del tuo nemico defunto. – Non un’inflessione nella voce, non un sentimento. Non aspetta nemmeno una risposta che si allontana da Shizuo, lasciandolo con l’amaro in bocca e l’indecisione a farsi spazio in lui.

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20


Il dolce rumore di piccoli campanellini risuonò nell’aria quando avanzò nel negozio, annunciando la sua presenza. Il negozio era piccolo e vi era un bancone con la cassa al lato destro, vicino alla porta. Diversi scaffali contenevano alimenti in ordine impeccabile, e un piccolo frigorifero era situato alla parete opposta alla porta, dove vi era una quantità esagerata di latte fresco di vari tipi, da quello di mucca a quello di asina. Izaya osservò incuriosito, ma scese dalle nuvole quando una voce cordiale arrivò poco dopo da una porta laterale che non aveva notato e che probabilmente portava al deposito del negozio. – Salve – disse la donna che Izaya stava cercando. Era una donna abbastanza nella norma, con occhi scuri e capelli castani legati in una discreta coda dietro la nuca. Rivolse un sorriso spontaneo e cordiale a Izaya, che sorrise a propria volta, in un sorriso non del tutto sincero ma abbastanza calcolato da non sembrare finto. – Posso aiutarla?
Iniziare la conversazione casualmente, fingersi sciolto e aspirare fiducia prima di estrapolare informazioni a tradimento, questa era la tecnica che Izaya aveva affinato negli anni. Anche se la cosa spesso era più complicata di così, riuscire a gestire la situazione a proprio vantaggio era quello che lo rendeva un buon informatore. – Sì. Sono capitato qui per caso. Cercavo del buon latte e una signora mi ha consigliato questo posto – disse tranquillamente, senza smettere di sorridere.
La donna sorrise, soddisfatta della risposta. – Non sembri di queste parti. Si è trasferito di recente? – chiese, mentre gli faceva segno di avvicinarsi al frigorifero per vedere i vari tipi di latte che offriva. – Ovviamente se non sono invasiva!
Perfetto, pensò Izaya. Non sarebbe stato difficile instaurare un rapporto e scoprire quello cui era interessato. – Sì, da qualche giorno. Ho preso un piccolo appartamento in quell’edificio che hanno finito di costruire da poco, ha presente?
– Credo di aver capito... qui i grattacieli da qualche anno a questa parte spuntano come funghi. Ah, non essere così formale!
– Come preferisce...?
– Puoi chiamarmi Miwa.
– Io sono Nakura.
La donna sorrise. – Bel nome. Chi l’ha scelto deve avere gusto.
– Grazie.

– Ti dispiace darmi una mano, Nakura-kun?
Izaya si avvicinò, afferrando lo scatolone in bilico sulla scala e tenuto fermo chissà come dalla mano della donna, che sembrava in procinto di cadere a sua volta dalla scala. – Dovrebbe fare più attenzione, Miwa-san.
– Lo so! – ribatté lei sorridendo. – Purtroppo vado sempre a cacciarmi in situazioni fastidiose da sola. Credo sia un talento naturale.
– Perché dice così? – disse, fingendosi ignorante. Aveva diverse informazioni su quanto in passato accadde con Kuromo, ma c’era qualcosa in tutta quella situazione che non lo convinceva. Kuromo non era stato del tutto sincero con lui e si sa: le bugie hanno le gambe corte.
Tuttavia la risposta che ricevette fu: – Nulla di cui preoccuparsi. – Izaya avvertì quella nota di nostalgia celata nel tono della voce, ma capì che era ancora troppo presto per fare domande.

Izaya, sotto le spoglie di Nakura, diventò un cliente fisso di quel piccolo locale, e spesso non nascondeva il fatto di essere andato lì solo per fare due chiacchiere con la proprietaria. Raccogliere informazioni molto personali richiede un diretto coinvolgimento e un tempo lungo in modo da entrare prima in intimità con la persona, e poi estrapolare tutte ciò a cui si è interessati.
Per un qualche assurdo motivo, in ogni caso, Izaya si sentiva strano con quella donna. Era riservata, solare e non eccessivamente espansiva. La classica donna giapponese, si potrebbe affermare. Tuttavia era spiccatamente intelligente e intuitiva. Sembrava quasi aver capito il motivo delle visite di Izaya, sporadiche ma abbastanza usuali da lasciar intendere che sarebbe tornato. E ogni volta sembrava avere una nuova sorpresa per lui, per stupirlo e poter passare del tempo.
– So leggere le firme sai? – gli aveva detto una volta.
– Davvero? È possibile una cosa del genere, Miwa-san?
– Certo! La scrittura rispecchia la personalità della persona, e imparare a leggerla potrebbe aiutare a capire un po’ di più chi si ha davanti – aveva spiegato con un grande sorriso sul viso. – Vogliamo provare, Nakura-kun?
– Miwa-san, sembra che lei stia flirtando con me.
Lei rise, scuotendo la testa e agitando la mano in aria. – Potresti essere mio figlio, non scherziamo.
– Quanti anni ha? Guardi che io ho ventuno anni, non sono un ragazzino.
– Mai chiedere l’età a una signora, potrebbe sconvolgerti!
Izaya aveva sorriso e assottigliato lo sguardo, assumendo di proposito un’espressione furba. – Delle informazioni personali sulla mia persona attraverso la mia firma in cambio delle informazioni sulla sua età. – Non che ne avesse realmente bisogno, ma Izaya sapeva bene quanto era necessario stabilire un rapporto di fiducia.
Lei lo guardò sospetta, poi accettò. Gli porse un foglio di carta e una penna e Izaya scrisse solo il nome di Nakura, girandolo verso l’interlocutrice e aspettando il suo resoconto. – La tua scrittura sembra quasi perfetta. Hai mai pensato di fare il calligrafo?
– Per carità, no! – rise il moro. – Temo sia abbastanza noioso, più del mio attuale lavoro in ufficio.
– Non hai tutti i torti. In ogni caso è chiaro che sei una persona che mira sempre al massimo ed è convinta di dare il massimo. Sei di larghe vedute ma testardo. – Miwa corrugò la fronte, passando la mano sul foglio per osservare meglio qualche punto. – Sembra che il tuo passato sia piuttosto problematico, e sul presente non traspare nulla, come se nascondessi qualcosa... Guardando la staccatura della lettera iniziale, sembra che soffri di solitudine, e spesso non sei chiaro con te stesso. E questa strana angolazione... Hai un qualche tipo di amore o hobby controverso, ma non sono in grado di affermare qualcosa dettagliatamente – terminò così la sua lettura, ripassando il foglio con la firma di Izaya a nome di Nakura.
– Mi ha piacevolmente sorpreso, Miwa-san – commentò alla fine, sorridendo. Non disse su cosa aveva ragione e su cosa no, e lei sembrò intuire.
– Non è una cosa affidabile, Nakura-kun. Spesso questo tipo di osservazioni si fanno più in maniera soggettiva che oggettiva, quindi la verità celata in questo tipo di cose spesso è bassissima.
– Credo sia una cosa comunque notevole. Ha un’ottima capacità di osservazione.
– Suvvia, così mi fai imbarazzare! – Delle fossette si formarono agli angoli della bocca della donna, mostrando così alcune rughe solitamente ben celate.
– Non sia modesta Miwa-san. Sono stato sincero. – Izaya sorrise e le fece l’occhiolino. – E adesso deve dirmi la sua età. Me lo deve, ricorda?
Miwa per qualche secondo non rispose, diventando seria e soffermandosi a osservarlo per qualche secondo. – Ho poco più di quaranta anni, ma questo tu già lo sai, vero Nakura-kun? – Izaya non rispose e, salvato da una chiamata al cellulare, si congedò velocemente. Aveva avuto l’impressione che quella donna sapesse qualcosa su di lui come Izaya, e non sulle sue mentite spoglie di Nakura. Le sue parole, mai come in quel momento, erano sembrate affilate e lo sguardo indagatore e accusatore. Il tutto mascherato dalla gentilezza nei gesti e nel sorriso.
Più di un mese era ormai passato e Izaya stava ancora sondando il terreno. Per quanto quella donna fosse aperta e solare, non lasciava trasparire molto sulla sua vita. Tutto ciò che Izaya sapeva, lo aveva appreso dalle sue ricerche: Miwa Tatsuchi, quarantatré anni, sposata da diciotto, con una figlia di quindici anni e un figlio di undici. Aveva iniziato l’attività quando aveva all’incirca ventuno anni, e durante i primi anni ha avuto a che fare con l’uomo che ha richiesto i servigi dell’informatore, Kuromo. I collegamenti tra questi due erano chiari, ma Izaya stava ancora cercando di capire il puzzle mancante. Perché c’era, ne era sicuro.
Altri giorni ancora passarono e, dopo quella volta in cui Miwa sembrava averlo accusato silenziosamente, tutto apparve tornare normale. Era andato a trovarla diverse volte e, in un pomeriggio in particolare, era passato con un graffio sulla parte sinistra della fronte, piccola ferita di cui non sarebbe rimasta nemmeno la cicatrice, ricordo di una scorribanda con Shizuo in cui mezza segnaletica della città fu sradicata. Un giorno come altri, in fondo. Eppure fu proprio quell’insulso graffietto a spingere la donna a confidare un ricordo del passato, cosa tanto attesa: – Sai, una volta conoscevo un ragazzino che passava davanti al negozio con il suo fratellino, dopo la scuola. E ogni volta era pieno di ferite.
– Povero piccolo – disse Izaya, fingendo di compatire un caso umano di un tempo e di cui non conosceva nulla. O almeno questo pensava. – Era vittima di bullismo? Aveva dei genitori violenti?
– Oh no no, nulla del genere! – Sorrise Miwa. – Era solo un bambino problematico, anche se penso fosse semplicemente speciale. Aveva un talento innato, quasi mostruoso. E non riusciva a controllarlo. Neanche adesso ci riesce, probabilmente. Era un bambino fragile, molto sentimentale. Si lasciava prendere facilmente dalla rabbia, e sollevava e distruggeva qualsiasi cosa gli capitava tra le mani. Ma le ossa non sempre reggevano, finendo per rompersi.
Izaya la osservava in silenzio e, sebbene non ostentasse alcuna espressione oltre all’interesse che realmente provava, era scioccato. Stava davvero parlando di Shizu-chan? Era lui il tassello mancante?
Gli occhi di Miwa guardavano lontano, in un presente ormai passato, e con la malinconia tipica di una madre che guarda a un ricordo di un bambino ormai adulto. – Lo vedevo passare sempre con qualche arto ingessato, così offrivo il latte a lui e al fratellino, dicendo che avrebbe rinforzato le loro ossa. Non mi ha mai rivolto un sorriso, se non dei grazie sussurrati con timidezza. Le guancie imporporate erano adorabili. Prima di accorgermene mi ero affezionata a quel bambino. – Lo sguardo illuminato s’incupì, e Izaya capì di essere vicino alle risposte che cercava. – Tuttavia, un giorno fu coinvolto in una situazione nella quale scoppiò di rabbia. Forse voleva proteggermi, ma nella sua furia finì investita anch’io. Non credo se lo sia mai perdonato.
– Ne è rammaricata, vero Miwa-san?
Lei annuì. – Come posso non esserlo? Credo di aver condizionato la sua vita, e non nel modo migliore o in quello che speravo. – La donna sospirò, poi guardò finalmente Izaya in volto. – Non l’ho più rivisto da allora, probabilmente non si ricorda nemmeno di me.
– Non dovrebbe buttarsi a terra per questo motivo. Miwa-san, quando si è bambini le cose le si ricordano nitidamente, anche da adulti. Se è come pensa lei, ha lasciato una ferita nell’animo di quel bambino, allora si ricorderà di lei.
– Non sarà una cosa positiva, probabilmente.
– Io non penso. Ha mai pensato che quel bambino volesse proteggerla perché la considerava speciale? Probabilmente non ha mai dimenticato il latte e le belle parole da lei regalate. Non sia negativa, Miwa-san.
Lei lo guardò in silenzio, per qualche minuto. Per quanto i suoi occhi brillassero di commozione, il suo volto era dannatamente serio. Tanto serio da iniziare a mettere in soggezione persino il grande Izaya Orihara. Questi si sentiva stranamente sotto pressione e non riusciva a comprenderne il motivo. Le parole successive della donna lo lasciarono totalmente di stucco: – Hai davvero un buon cuore, Orihara-kun.

Izaya stava osservando il fondo del bicchiere ormai vuoto da diversi minuti, non avrebbe saputo dire da quanto. Aveva ancora il sapore del tè nero sulla lingua e nell’appartamento regnava il silenzio.
Izaya non commetteva errori: sicuramente non aveva rivelato il proprio cognome a Miwa. Eppure lei lo aveva pronunciato come se non avesse mai avuto dubbi. Di certo non era una donna stupida, ma che avesse fin da subito capito che la sua vera identità non era Nakura? Assurdo, eppure non così impossibile. In fondo l’intera Ikebukuro e tutti i distretti nei suoi dintorni conoscevano il biondo superforte e il tizio talmente folle da non aver paura di provocarlo e farsi rincorrere. Dopo tanti anni le loro rincorse non facevano più così scalpore, e gli abitanti della cittadina si erano abituati a vedere distributori automatici volanti e segnaletica stradale sradicata. Ma solitamente quello che attirava più attenzioni e timore era Shizu-chan, mentre Izaya provocava timore e voci solo da parte di chi aveva già avuto a che fare con lui. Che quella donna si fosse informata su quel bambino e, automaticamente, avesse trovato informazioni su di lui, smascherandolo il primo giorno in cui aveva messo piede nel suo locale? Izaya era confuso.
La sua vita era fatta di continue sfide, di continui giochi con chiunque incrociasse sulla propria strada, ma non immaginava che quella donna lo tenesse sotto scacco sin dal primo giorno in cui si era fatto avanti per capire qualcosa su quell’individuo che lo aveva ingaggiato. Un gioco su di lui che nasconde la propria identità non è forse una partita persa quando si viene a scoprire la verità? Ma Miwa non aveva avuto timore a portarlo avanti, e Izaya si sentiva veramente perplesso. Perché lo aveva fatto?
Sospirò, alzandosi dal pavimento su cui si era seduto e dirigendosi in cucina per posare la tazza nel lavandino. Poi tornò indietro e si avvicinò all’enorme vetrata presente nel suo ufficio. Osservò tutte le persone al di sotto e, prima che se ne accorgesse, un sorriso si era fatto largo sul suo viso.
Miwa aveva continuato a giocare nonostante conoscesse la verità sin dal primo momento, e questo la rendeva interessante. E, anche se non lo avrebbe mai ammesso, c’era qualcos’altro in quella donna che lo attirava come le api con il miele. Era indeciso se quello potesse essere affetto o no ma, senza che lo desiderasse, era vicino alla fine dei giochi con Miwa. Avrebbe chiuso le proprie indagini con la successiva visita.
Visita che non tardò molto ad arrivare.

Entrò nel locale e Miwa lo accolse con un benvenuto e un sorriso tirato, prima di rivolgere la propria attenzione a una signora anziana vicino alla cassa, avvicinatasi per pagare quanto preso. Izaya aspettò in silenzio che la donna anziana uscisse, per poi avvicinarsi alla proprietaria del locale, senza sorriso ma cercando di mantenere un’espressione rilassata per non allarmarla troppo. La cosa però sembrò non funzionare, poiché la rigidità del corpo della donna aumentava pian piano che la distanza diminuiva. Decise di fermarsi prima che la cosa diventasse veramente un peso, con la probabile conseguenza che Miwa non rispondesse lucidamente.
– Non ho intenzione di farle del male, Miwa-san. Non è nella mia indole.
– Hai deciso di giocare a carte scoperte?
Izaya sorrise lievemente. Oh, quanto adorava gli esseri umani. – Lei sapeva fin dall’inizio chi ero, e adesso teme che io giochi a carte scoperte? Non pensa di essere scorretta, Miwa-san?
Senza che se lo aspettasse la donna sorrise, questa volta sinceramente. Uscì da dietro il bancone della cassa e gli si avvicinò di qualche passo, così da potersi confrontare. – Non credevo saresti tornato.
– Lei conosce me, sa che sono un informatore.
– E ho egoisticamente pensato che ti avesse assunto quel bambino ormai uomo che tanto assilla i miei ricordi ed è parte dei miei rimpianti – continuò al suo posto.
– Eppure già sa che non mi ha assunto lui. Quel bambino ormai uomo è Heiwajima Shizuo. Sbaglio?
– Non penso ci fossero mai stati dei dubbi.
Quel discorso botta e risposta s’interruppe per diversi minuti. Minuti in cui il silenzio era sovrano e in cui i due si scrutavano negli occhi. Non c’era ostilità, né rabbia: evidente era la testardaggine dei due e la sicurezza di aver ragione. E in tutto questo, c’era anche una malinconia che Miwa aveva riconosciuto e che Izaya non avrebbe mai ammesso per orgoglio.
– Perché Miwa-san? Perché non mi ha smascherato il primo giorno?
– Perché speravo di avvicinarmi un po’ a uno dei miei rimpianti. Tu e Shizuo siete inevitabilmente collegati. Anche i vostri esseri coincidono con quello che è l’altro. Volevo solo comprendere il motivo per cui proclama il proprio odio verso di te per tutta Ikebukuro. E quello che ho trovato è qualcosa completamente differente da quello che mi aspettavo.
Izaya la guardò ancora, scrutandola e cercando di capire cosa intendesse senza chiedere, perché sentire una risposta a quell’implicita domanda avrebbe potuto destabilizzarlo. Ma comunque non riuscì a capirlo. – Come ha fatto a...
– Dopo che Shizuo bambino attaccò gli uomini che mi ricattavano e mi travolse involontariamente, sua madre è venuta di persona a scusarsi con me. Da quel giorno siamo rimaste in contatto. Ho sentito parlare di te sin da prima che il tuo nome diventasse conosciuto nella Ikebukuro sommersa, quella che solo i veri cittadini conoscono.
– Allora non capisco – disse Izaya, sentendo le difese crollare con uno schiocco di dita davanti allo sguardo di Miwa. Non lo stava accusando o compatendo o qualsiasi altra cosa. Lei lo aveva già studiato per tutto il tempo che lui era andato a raccogliere informazioni e lo aveva anticipato più di quanto Izaya avesse previsto. E la cosa lo rendeva euforico: era una donna dannatamente perspicace e stupefacente. Anche se in quel gioco era partita in vantaggio, lui non era riuscito a mettersi al passo, finendo nella parte perdente senza saperlo. Ma aveva davvero perso? – Che cosa ha visto in me, Miwa-san?
– Solo un giovane uomo che ha fatto a pugni con la vita e che si è costruito una fortezza intorno nel tentativo di proteggersi. – Miwa gli si avvicinò ancora di qualche passo, così da potergli poggiare una mano sulla guancia. – Non mi hai mai dato la possibilità di conoscere il vero te stesso, ma sono convinta che nelle risate e nelle battute fatte insieme, ci sia anche uno spicchio della tua vera personalità. Grazie per avermi concesso di vedere il buono che è presente in te.
Izaya rimase senza parole e, se fosse stato un minimo più emotivo, probabilmente delle lacrime avrebbe rigato le sue guance. Ma lui non era quel tipo di persona e, tutto ciò che si concesse, fu di stringere le labbra. – Non è stato Shizu-chan a ingaggiarmi – disse.
– Lo so. E non m’importa sapere chi è stato. – La donna si allontanò di qualche passo, senza smettere di sorridere. – Mi affido al tuo buon senso, Izaya.
– Chi le dice che possiedo del buonsenso?
– Nessuno. Ma una persona che riesce a provocare una bestia e uscirne illeso deve senz’altro averne.
– Una persona con del buonsenso non provocherebbe mai una bestia, non pensa? – continuò, cercando disperatamente un appiglio per vincere chissà cosa.
– Ma la bestia in questione non è veramente una bestia, anzi è più umana di qualunque altra persona che tu conosci, vero Izaya? – E con quelle parole, Izaya fu definitivamente spiazzato. Anche rinnegare sarebbe stato inutile, se comunque visti i fatti Miwa aveva ragione: il suo buonsenso, solo un paio di giorni prima, gli aveva detto che non era il caso di vendere informazioni su una donna così tranquilla a un uomo che potrebbe diventare pericoloso come Kuromo. E inoltre, il fatto che lei era più che reperibile giacché non si era mai mossa in anni, rendeva la cosa alquanto insolita. Kuromo aveva in mente qualcos’altro, e probabilmente aveva appena capito cos’era quel qualcos’altro: il nemico che Kuromo vuole abbattere non è niente di meno che Shizu-chan.
– Quanto siamo collegati io e Shizu-chan secondo lei? – chiese tanto per sentire il parere di un’altra persona a quella domanda.
– La madre di Shizuo ha affermato, una volta, che il suo bambino è sceso a patti con la sua forza trovando una valvola di sfogo quasi del tutto indistruttibile. Se un giorno tu ti spezzassi davvero, Izaya, finiresti con lo spezzare anche lui. E allo stesso modo, se un giorno lui si spezzasse davvero, finiresti con il seguirlo anche tu. Siete due facce della stessa medaglia. Da quando vi siete incontrati, siete irrimediabilmente collegati.
Ancora una volta, l’informatore non parlò. Le risposte di Miwa erano sempre impeccabili e sapevano esattamente che pulsanti premere per lasciarlo senza parole. Ormai, la partita era terminata.
– È stato bello parlare con lei, Miwa-san – disse voltandosi e iniziando a dirigersi verso l’uscita dal locale.
– Izaya – lo bloccò Miwa mentre era in procinto di aprire la porta. – Ti vedrò di nuovo?
Il silenzio che ci fu dopo fu estenuante. Izaya aveva sentito quella nota di dolore e panico in cui era intrisa quell’ultima domanda, ma cercò di non farsi prendere troppo la mano. – Addio, Miwa-san.

Shinra lo stava scrutando. Erano sul balcone di uno degli appartamenti di Izaya a osservare la caotica Ikebukuro sotto il silenzioso cielo notturno, mentre un dolce venticello primaverile soffiava nella coltre trasparente dell’inquinamento. Non era una serata eccessivamente fredda, ma nemmeno calda da poter star fuori senza una maglia di lana. Izaya indossava una pesante felpa nera e aveva il viso incassato nelle spalle, nel tentativo di stare più al caldo. Aveva un’espressione pensierosa, un po’ come quando, alle superiori, passava del tempo a pensare a qualche strano comportamento di uno dei suoi esperimenti.
Shinra aveva intuito che qualcosa non andasse per il verso giusto. Non che comunque Izaya gli facilitasse le cose: lo aveva invitato a casa per fargli curare una ferita sulla schiena (che indovina indovinello era stato Shizuo a infliggergli la sera precedente) e, tra un punzecchiamento e un altro, alla fine avevano ordinato del cibo da asporto e avevano guardato un film. Quando erano più giovani, era tradizione farlo almeno una volta a settimana; poi avevano intrapreso strade diverse: l’indole di Izaya era tendente alla solitudine, mentre quella di Shinra è ancora oggi tendente allo stare accollato costantemente alla sua adorata Celty. Una sera del genere non accadeva da anni, e fu concessa solo e unicamente dal fatto che la Dullahan aveva un lavoro (assegnato da Shiki) che avrebbe richiesto tutta la notte. Senza contare che, per una volta, sembrava che Izaya lo avesse cercato per avere una sorta di conforto.
– Credi nella vita dopo la morte? – parlò Izaya prima che Shinra interrompesse il silenzio calato.
– Non ho vedute così larghe, Orihara-kun. Però Celty è una Dullahan, e questo può dare speranza. Se un essere mitologico come lei esiste, chi può dire che Dante non avesse ragione su inferno, purgatorio e paradiso? – rispose Shinra, aggiustandosi gli occhiali sul naso.
– Ti sei appena contraddetto da solo. – Sorrise l’altro sornione.
– E tu? Che cosa pensi ci sia dopo la morte?
Izaya lo guardò, inclinando la testa dal suo lato e continuando a sorridere lievemente. – Anch’io non ho vedute così larghe. Anche se forse la morte potrebbe bussare alla mia porta prima di quanto ci si possa aspettare.
– Certe volte dimentico che anche tu hai paura di morire.
– Ma vivere con quel costante pensiero è come crepare prima del tempo, non pensi? Non è una paura infondata: si rende tale se gli si da’ il potere necessario per farti smettere di vivere anche se il cuore batte ancora.
Quella risposta lasciò lievemente perplesso Shinra. Izaya era un tipo particolare, che aveva passato a studiare e testare il comportamento umano più di uno psicologo. Non ci sarebbe quasi nulla di strano nel sentirlo parlare così. Tuttavia, il brivido che gli corse lungo la schiena lo mise in allerta. C’era qualcosa di più. – Qualcosa non va?
– No, è tutto al suo posto. – E come il solito, quel testone dell’informatore non avrebbe parlato chiaramente. – Ma forse con la morte dovrei essere egoista. Dopo di essa io credo nella rinascita. Dopotutto a che serve una seconda vita in un luogo dove probabilmente non sarai più in grado di scappare?
– Parli così... Sembra quasi che tu sia attaccato a questa terra – lo ribeccò Shinra, sorridendo questa volta.
– Chissà. Forse sì, forse no. Penso solo che non valga la pena vivere se sai di non poter morire. La morte è un incentivo per molte persone.
– Potrebbe essere un incentivo per te per mettere la testa apposto e dare un taglio con la tua ossessione per gli esseri umani e per Shizuo-kun?
– Potrebbe essere un incentivo per te per smettere di amare una Dullahan? E non sono ossessionato da Shizu-chan.
– Sì, come no. – Shinra roteò gli occhi, chiedendosi quando i suoi amici sarebbero stati sinceri l’uno con l’altro. – E no, non c’è niente che possa far smettere il mio amore per Celty!
– Allora non sperarci. – Si guardarono negli occhi e, poco dopo, uno rise e l’altro si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito.
– Siamo più simili di quanto immaginiamo – disse Shinra, cercando di riprendersi dall’attacco di risate.
– Non mettere il mio amore per gli umani sullo stesso livello del tuo amore per la necrofilia. – Stavolta Izaya lo guardò con scherno, aspettando una reazione che non tardò ad arrivare:
– Ehi! Guarda che Celty è molto energica sotto le coperte! Non sono l’unico che ci da’ dentro!
Izaya scoppiò a ridere e scuotendo la testa disse: – Non sono interessato alle vostre acrobazie sotto le coperte. Ancora mi chiedo come fai a trovare eccitante un corpo senza testa, battito e calore.
Shinra sorrise con affetto, alzando gli occhi al cielo. – Celty è molto di più di ciò. Non è umana, e anche solo per questo è fantastica.
– Ti lamenti che io ho un complesso per gli esseri umani, ma non è che ce l’hai anche tu? – chiese l’altro, guardandolo di nuovo con la testa inclinata di lato. Il dottore non sapeva dire cosa, ma l’informatore aveva un che di felino in certe movenze e atteggiamenti. Che fosse un uomo di bell’aspetto era risaputo, poiché spesso si era trovato a dover consegnare lettere d’amore da parte di ragazze troppo timide per avvicinare l’oggetto dei loro desideri, ma non esageratamente timide da farsi scrupoli ad avvicinare l’eccentrico amico e costringerlo a fare da tramite.
Shinra scacciò quei pensieri scrollando le spalle. – Almeno io non nego come fai tu.
– Non ho mai negato nulla.
– Neghi il tuo interesse per Shizuo.
– Non sono interessato a lui!
– Stai cercando di convincere me o te stesso?
– Sei scemo?
– Sono meno cieco di te, ed io porto gli occhiali.
Si guardarono negli occhi con sfida. Entrambi sapevano che avrebbero potuto continuare a battibeccare tutta la notte, e uno dei due avrebbe dovuto rinunciare.
– Non ho alcun interesse verso Shizu-chan – disse Izaya a denti stretti e assottigliando gli occhi in una silenziosa minaccia.
– Allora ammetti di avere un complesso verso di lui.
– Neanche per sogno.
– Testardo.
– Pazzo.
– Cieco.
– Ninfomane.
– Pedofilo.
– Necrofilo.
– Single.
– Perché questo dovrebbe essere un insulto?
– Perché si vede da un miglio di distanza che sei sessualmente frustrato e ti senti solo, Izaya – rise l’occhialuto, sapendo di aver vinto.
– Tsk. E comunque non sono pedofilo. – Izaya mise su un adorabile broncio, che fece ridere internamente Shinra.
– Ma adeschi minorenni.
– Non per scoparmele. Quello è illegale.
– Perché, spingere persone a suicidarsi non lo è?
– Solo se muoiono, e nella maggioranza dei casi non fanno il grande passo.
– Parli come se dovessero sposarsi.
– Sposerebbero la morte.
Il silenzio cadde di nuovo, e Shinra non poté fare a meno di pensare che fosse più pesante di quelli precedenti. E allora arrivò a una conclusione: – Ti sei per caso innamorato, Izaya-kun?
L’informatore scrutò per qualche secondo l’amico negli occhi, poi li spostò verso il cielo. – Il mio amore è rivolto solo e unicamente verso gli esseri umani.
– Non mi riferisco a questo. – Lo sguardo di Izaya s’indurì mentre Shinra divenne di minuto in minuto più curioso. – Ho centrato il punto.
L’altro non parlò per alcuni secondi, sospirando e lasciando il proprio sguardo perso in un posto lontano. – Non ho intenzione di innamorarmi, lo sai bene.
– Lo so bene quanto sono consapevole che non sei tu a scegliere ciò. Per quanto ghiaccio ci sia nel tuo cuore, qualcuno riuscirà a far breccia al suo interno prima o poi.
– Oh ma smettila. Sei troppo filosofico e romantico, Shinra.
Shinra sorrise, dando una pacca sulla spalla del proprio amico. – Non è una debolezza.
– Non sono innamorato – insisté ancora Izaya, guardandolo di traverso. L’informatore non perdeva mai la sua compostezza, tranne quando Shinra lo spingeva al limite su argomenti delicati. E considerando quanto fossero rari questo tipo di argomenti, il dottore aveva senz’altro fatto centro.
– Okay, okay, come preferisci. – Scrollò le spalle con noncuranza, ma deciso a indagare più a fondo. – Allora chi è la persona che ti rende tanto pensieroso?
– Non è necessario che tu lo sappia. Non ficcanasare, Shinra.
L’interessato rise di gusto ma si ricompose subito dopo. – Innamorarsi è una cosa bella sai?
– Per te è facile parlare così. Sei innamorato di Celty da quando avevi... Cinque anni? Quattro? – Izaya sbuffò. – Probabilmente non sai nemmeno cosa vuol dire non essere innamorati.
– Hai il punto – rispose Shinra con malcelato affetto. – Ma proprio perché tu non sai cosa sia puoi riconoscerlo facilmente. O forse no, chissà.
– Amore e morte sono della stessa medaglia.
Shinra lo guardò di sbieco, sorpreso da tale affermazione, abbastanza enigmatica da rendere difficile una probabile risoluzione. Eppure troppo chiara per non capirne il significato. – Che intendi?
– Niente.
Il silenzio calò di nuovo. Shinra era dubbioso. Qualsiasi argomento intavolasse, per un motivo o per un altro Izaya parlava di morte. Ma non poteva essere quello ciò che rendeva l’informatore tanto irrequieto da cercare compagnia. O forse sì? – Sei strano questa sera.
Izaya si lasciò andare a una lieve risata. – Non lo sono sempre?
Il dottore sorrise e annuì. – Già, per sfortuna dell’intera umanità.
– Esagerato. – L’altro sospirò, poi sembrò decidersi a lasciarsi andare un minimo. – Ho incontrato una vecchia conoscenza di Shizu-chan.
– Ah sì? Shizuo non ha molte conoscenze. Che stai tramando?
– Perché sono sempre io quello che trama alle spalle di quel mostro?
– Perché sei quello più scaltro dei due.
Izaya rise. – Ti crederei se non fosse per la voce sarcastica con cui lo hai detto.
– Eeeeeh ma non sto scherzando!
– Come no. – Il moro sospirò di nuovo, ma un leggero sorriso sul viso gli faceva assumere un’espressione più rilassata rispetto al ghigno, degno compagno dell’informatore. – Dovevo raccogliere delle informazioni su questa persona, ma non mi sono reso conto che mi teneva sotto scacco sin dall’inizio. Mi ha davvero colpito.
– Quindi... per far innamorare l’informatore più famoso e temuto di Ikebukuro e dintorni bisogna buttare all’aria uno dei suoi loschi piani? Wow. Potrebbe essere un cliché.
– Oh ma smettila. Non potrei mai innamorarmi di una donna che potrebbe essere mia madre. Tuttavia mi ha sorpreso. È stato interessante.
Shinra restò in silenzio per qualche secondo, rielaborando più volte le discussioni avute fino a quel momento e quell’ultima importante informazione. – Ancora non capisco. Dov’è il problema?
Izaya spostò gli occhi sull’amico. Il suo sguardo era freddo, come se avesse perso una cosa importante, e Shinra rabbrividì. Era lo stesso sguardo di quando, anni prima, si era dissociato dalla propria famiglia definitivamente. Era lo sguardo di qualcuno che sanguinava internamente, e allo stesso tempo non riusciva a essere veramente triste. Izaya non era pazzo: il muro che aveva eretto intorno a sé e alle proprie emozioni lo aveva reso tale. La tristezza lui la tramutava in gioia e le emozioni forti e adrenaliniche erano il suo pane quotidiano. E, molto probabilmente, questa non era altro che un modo di manifestare emozioni tristi. – Ho perso prima ancora di giocare e non me ne sono reso conto – risponse infine, riportando il dottore con i piedi per terra. – Non ho venduto le informazioni richieste al mio cliente.
Shinra restò serio. – Sei entrato in un campo minato, Orihara-kun?
Questi scrollò le spalle e spostò lo sguardo, sorridendo lievemente. – Chissà.

Note autrice:
Non so come, ma stasera ce l’ho fatta a pubblicare il penultimo capitolo. Ho avuto una giornata pesante, e i fine settimana stanno diventando più critici dei lunedì mattina per me ^^”
Questo capitolo mi ha creato non pochi problemi ed è stato il motivo principale del mio blocco di mesi. E a essere sinceri ho ancora diversi dubbi, ma ho deciso di metterli da parte e, grazie alla pazienza di una persona che si è messa a leggere e a darmi dei consigli, mi sono sbloccata un minimo.
Resto tuttavia con le mie perplessità e se avete consigli su come migliorarlo fatemelo sapere, mi sarebbe di aiuto per un prossimo futuro.
Siamo al capitolo delle rivelazioni, e spero che la verità non vi deluda. Qualcuno di voi, nelle recensioni, ci ha azzeccato anche, e qui ci sono i fatti come si sono davvero svolti prima del coma.
Spero vi piaccia e scusatemi per eventuali errori. Non so quante volte l’ho riletto e modificato questo capitolo, e ogni volta faccio qualche altro cambiamento. Spero inoltre che la lettura sia scorrevole, poiché essendo lungo temo che potrebbe risultare noioso o pesante o… qualsiasi altra cosa.
Sto parlando troppo, quindi chiudo qui.
L’epilogo lo avrete il 30 novembre (essendo corto non mi sembrava giusto farvi aspettare una settimana).
Aspetto i vostri pareri! Un bacione!
-Yogurt



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Capitolo 22
*** Epilogo ***


Epilogo


Shizuo si guarda intorno in quell’appartamento. Non è cambiato molto dalla prima e ultima volta in cui è stato al suo interno con Celty, a parte il fatto che la maggioranza delle cose sono impacchettate. Sembra quasi più pieno dell’ultima volta, ma trascina con sé un senso di tristezza non indifferente. Dopotutto la persona che ha vissuto all’interno di queste pareti ormai non c’è più, e quell’amplesso ormai è vuoto di calore. Tuttavia qualcosa gli dice che non è mai stato impregnato di calore: Izaya, per quanto esuberante e troppo pieno di amore verso gli esseri umani, non era un tipo in grado di circondarsi di affetto. Da quando lo conosce, è sempre stato molto solitario, pauroso di ricevere anche quel calore che chiunque dovrebbe poter ricevere. Shizuo si rammarica di averlo scoperto troppo tardi.
Dopo il funerale, Namie non l’ha più contattato. Ma quando è tornato a casa propria, non sa quando ha trovato delle chiavi nella tasca della giacca da funerale. Una sola piccola targhetta a indicare l’indirizzo dell’appartamento. Tuttavia ha esitato, finendo con il far passare cinque giorni prima di trovare il coraggio per entrare nello spazio personale del suo peggior nemico.
Le parole di Namie gli pesano sul petto: dovresti rispettare la volontà del tuo nemico defunto. Ma a essere sinceri, rispettarla sarebbe come ammettere di non essere più nemici, e quindi far sparire anche quella rivalità da sempre evidenziata. Shizuo non vuole ancora questo. Dopotutto l’odio è sempre stato l’unico legame che avevano.
Avanza con passi incerti e, prima di rendersene conto, si trova davanti all’imponente scrivania dietro la quale Izaya lavorava. Non l’ha mai visto seduto dietro di essa, considerando che solitamente il moro riusciva a intercettarlo prima che potesse sfondare la porta di uno dei suoi appartamenti (almeno nella maggioranza delle volte). Adesso ci sono diversi plichi di fogli imballati in chissà quale ordine, e vari oggetti a loro volta coperti di cellofan. Non sa bene se Namie porterà via tutti questi oggetti o se li ha imballati solo per tenerli al sicuro contro il logoramento del tempo. Probabilmente porterà via solo le informazioni che potrà vendere e quelle che dovrà bruciare.
Shizuo fa’ il giro intorno al tavolo, perdendo per un secondo lo sguardo al mondo esterno che s’intravede dall’enorme parete di vetro alle spalle della scrivania. La vista è mozzafiato a quell’ora del pomeriggio, con il sole che sta tramontando e le nuvole a fare da contorno a quell’arancione. Sebbene gli alti palazzi blocchino buona parte della visuale, osservare la città in questa sfumatura è comunque un evento raro e magnifico. Izaya sapeva sfruttare bene i soldi guadagnati, su questo non c’è dubbio.
Resta un po’ con lo sguardo a contemplare il via vai di auto e persone, poi si volta e torna con i piedi per terra e al motivo per cui è lì.
Il coma e la morte di Izaya sono stati davvero scombussolanti per lui, ma ciò che più gli preme sapere è il motivo di tutto ciò. Del perché Kuromo ha preso di mira proprio Izaya per far del male al biondo. E a un passo dalla verità non vuole esitare.
Subito nota un portatile chiuso accanto al monitor di un computer fisso. La domanda gli sorge spontanea e non sa se vuole veramente una risposta: per cosa aveva bisogno di due computer? Meglio non indagare, pensa.
Sotto il computer portatile c’è una cartellina bianca, non ancora imballata con le altre. Con delicatezza la estrae e, quando legge il proprio nome, sa di aver trovato quello che cercava. Al suo interno vi sono molte informazioni su Shizuo, come le abitudini e i posti in cui si sarebbe trovato con il lavoro per i sei mesi successivi alla data indicata. Sembra quasi che Izaya avesse programmato la sua vita per quei mesi, ma probabilmente aveva ficcanasato negli affari delle persone da cui l’agenzia di Tom doveva riscuotere soldi. Il tutto per sapere dove fosse, sempre e comunque. Che i loro incontri fossero stati sempre progettati? Beh, vedendo tutte quelle informazioni così dettagliate non è difficile crederci. Shizuo ne è affascinato e intimorito. Izaya era uno stalker in piena regola. E parlare di lui al passato lo rende abbastanza triste da fargli salire un groppo alla gola. Certe volte, ha l’impressione che quel fetore che l’ha tormentato per tutta la durata del suo coma possa tornare all’improvviso, e sbattergli in faccia quello che non ha mai avuto e tutto ciò ha perso per sempre. Pensarci e riflettere su una tale evenienza lo fa’ rabbrividire, ma forse non serve nemmeno che il fetore torni per ricordargli ciò.
Continuando a scandagliare quei documenti, Shizuo ne trova diversi sulla sua famiglia, in particolare su Kasuka. La cosa irrita particolarmente il biondo, che si chiede se e quale tipo d’informazioni ha venduto quell’informatore su suo fratello. Sa che l’ha fatto diverse volte in passato, senza grandi conseguenze poiché l’unico scopo era ingaggiare una lotta con il biondo. Shizuo baderà a passare tutte queste informazioni a Kasuka.
Va ancora avanti e, girando un altro foglio, trova una pagina ad anelli strappata da qualche quaderno, piegata con cura e con sopra scritto ‘Shizu-chan’. È chiaro che non è un foglio stampato dal computer come tutti gli altri, e la scrittura elegante e affilata che cita il suo nomignolo gli da’ l’impressione che Izaya sia alle sue spalle e glielo stia sussurrando.
Un brivido più forte degli altri gli fa’ tremare il corpo e girare di scatto, come un animale che avverte il pericolo in una strada deserta. Ma alle sue spalle non c’è nessuno, se non il proprio riflesso sconvolto nel vetro della finestra.
Si siede sulla sedia girevole, incurante di rovinare l’imballaggio. È esausto e non ne comprende nemmeno il motivo. Tuttavia va avanti e torna a osservare quel bigliettino diverso dagli altri. Sotto di esso nota dei documenti risalenti a quando andava ancora alle superiori, e altri ancora aventi data antecedente, persino a quando andava alle elementari. Che senso aveva, per Izaya, cercare informazioni così vecchie? Stava cercando di trovare il momento in cui ha acquisito la sua superforza?
Mettendo da parte i propri pensieri e le proprie supposizioni (che gli stanno provocando un tremendo mal di testa per giunta) Shizuo apre il bigliettino e, quando legge un indirizzo al suo interno, resta senza parole.


Il sole bacia il suo viso mentre si guarda intorno. Nell’aria c’è il dolce profumo di fiori, e qualcos’altro gli smuove qualcosa dentro. Il ricordo si fa’ largo nella sua mente.

Come immaginavo, fai sempre il contrario di ciò che ci si aspetterebbe tu faccia, Shizu-chan.

Il luogo non sembra essere cambiato nel corso degli anni, ma le differenze sono tante da renderlo nostalgico. E tra gioie e rimpianti, Shizuo non sa cosa scegliere.

Scommetto anche che Namie è andata contro a quanto le ho raccomandato,
dietro pagamento di Shinra, quel quattrocchi da strapazzo.

Titubante, avanza verso il luogo oggetto del suo interesse e la somiglianza con il passato gli stringe il cuore.

Se stai leggendo questo bigliettino, sarò già sotto qualche metro di terra.

Il dolce rumore di piccoli campanellini risuonano nell’aria quando avanza nel negozio, annunciando la propria presenza. Il cuore ha un sussulto.

Non me ne importa nulla di te.
Siamo nemici, non azzardarti a dimenticarlo mostro che non sei altro.
Spero tu muoia presto.

Il negozio è piccolo e vi è un bancone con la cassa al lato destro, vicino alla porta. Diversi scaffali contengono alimenti in ordine impeccabile, e un piccolo frigorifero è situato alla parete opposta alla porta, dove vi è una quantità esagerata di latte fresco di vari tipi, da quello di mucca a quello di asina.

E questo non è un favore che sto facendo a te.

Il brivido che lo percuote lo lascia senza fiato. La donna ferma, dietro il bancone lo guarda e, prima che possa dire altro, un singhiozzo le scuote il corpo. Shizuo sente il cuore stringersi in una morsa, e ricorda: lei circondata da un gruppetto di persone cattive; un uomo che la strattona e le urla contro, e solo adesso riesce ad associarlo a Kuromo; lei che piange; un mini Shizuo che non ci vede più, e la rabbia scoppia. Investe tutti, persino la persona che voleva proteggere.
Non voleva farle del male. Non voleva vederla piangere.

Tira fuori le palle e affronta la cosa come si deve.

L’abbraccio che ne segue dopo è un aggregato di nostalgia, gratitudine e scuse mai dette o sussurrate. Shizuo non ha mai dimenticato.

Lei ti sta aspettando. Non deluderla.
Izaya.




Fine




Note autrice:
Finalmente, dopo tanti agognati mesi, ecco a voi l’epilogo di questa storia. Credo di aver straziato tanto il mio cuore quanto il vostro in questi capitoli, ma sappiate che ho un animo sia masochista sia sadico, e purtroppo stravedo per questo tipo di cose che non hanno propriamente un lieto fine. Anche se alla fine penso che questo lo sia, più o meno. Dopotutto, almeno a parere mio, vi è una sorta di protezione da parte di Izaya nei confronti di Shizuo... ma non sto a dirvi la mia opinione. Al contrario, mi farebbe piacere sentire la vostra di opinione sul rapporto che leggete adesso, a storia finita, tra Izaya e Shizuo.
Spero abbiate gradito questa storia e che non sia stata una delusione per voi. Per qualsiasi commento, positivo o negativo che sia, non esitate a parlare e a dire la vostra. Sono ancora in via di miglioramento, e non mi stupisco se ci sono cose che vi sono piaciute meno di altre, o se la storia ha avuto un calo in qualche punto o ho lasciato qualcosa in sospeso. Fatemelo sapere, cercherò di migliorare in futuro c:
Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno seguito la storia, e in particolare chi ha recensito facendomi sapere la propria opinione. Mi avete sostenuto e avete sopportato persino i mesi del mio blocco, e non vi siete tirate indietro quando mi sono ‘sbloccata’. Vi ringrazio infinitamente per tutto il vostro supporto e per il viaggio in cui mi avete accompagnato.
Non so se pubblicherò qualche altra long in questo fandom. Ho diverse cose in cantiere sulla coppia Shizaya, ma se non le ho pubblicate è perché non ho la sicurezza di riuscire a portarle a termine. E avendo sempre più il tempo limitato dall’università e dagli studi, non voglio che voi ne paghiate le conseguenze.
Detto questo, chiudo.
Grazie mille a tutti, in particolare a chi ha recensito, ma anche a chi ha inserito la storia nelle preferite/seguite/ricordate e a chi si è limitato a leggere e restare nell’ombra. Sono felice di essere arrivata alla fine.
Un bacione a tutti!

-Yogurt

Ps. Ho notato nelle recensioni dello scorso capitolo che c’erano delle perplessità riguardo il legame tra Miwa e Kuromo. Spero che con questo capitolo ho risolto tale perplessità c:

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