E se non ci fosse un Eroe? di Zenya Shiroyume (/viewuser.php?uid=656927)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Inizio di un'avventura... Anthel e Elorin ***
Capitolo 2: *** Questo non è un videogioco! O forse sì? ***
Capitolo 3: *** Il Principe e la Ladra ***
Capitolo 4: *** Nella tana del Lupo ***
Capitolo 5: *** Boss Fight ***
Capitolo 6: *** Campagne e Leggende ***
Capitolo 7: *** Partenza? ***
Capitolo 8: *** Monastero di Albia ***
Capitolo 9: *** Dubbi ***
Capitolo 10: *** Lo Spadaccino ***
Capitolo 1 *** L'Inizio di un'avventura... Anthel e Elorin ***
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Fin
dall'alba dei tempi, il mondo era scosso dall'eterna lotta tra Bene e
Male, tra Luce e Ombra. Innumerevoli calamità si abbattevano
sulla
Terra, l'esercito del Male si faceva strada devastando Regni e
villaggi, seminando morte e distruzione ovunque. Il Caos regnava
sovrano e il popolo, ormai stremato, invocava l'intervento di un Eroe
che col suo coraggio scacciasse le tenebre e riportasse la pace.
Ma
se l'Eroe delle leggende non arrivasse?
Chi
potrebbe prendere il suo posto nella grande guerra contro il Signore
del Male?
“Zanshi...
Oboro... T-Talisssa... P-Palante? O era Falanto?! Accidenti, non mi
ricordo!” borbottò il giovane stregone Anthel,
scompigliandosi
nervosamente gli inusuali capelli color verde lime, souvenir
dell'ennesimo incidente con una pozione d'invincibilità.
Intanto,
nel pesante calderone che aveva di fronte, ribolliva uno strano,
quanto inquietante, liquido color ciliegia dalla consistenza ancora
più inconsueta: era inspiegabilmente viscoso, appiccicoso e
lontano
dal risultato che lo stregone si era prefissato. Sapeva doveva
risultare liscio e cristallino, doveva avere la consistenza
dell'acqua, eppure qualcosa in quella pozione non andava.
Non
capisco perché abbia questo aspetto... Non è la
prima volta che la
preparo...
Come
se non bastasse, la brodaglia aveva iniziato a gorgogliare come un
vecchio drago affamato e ad emanare curiosi fumi beige dall'aspetto
poco rassicurante degni dell'antro di qualche mago nero.
Il
giovane scattò come una gazzella verso il leggio alla sua
sinistra,
collocato accanto alla finestra del laboratorio, da cui si potevano
vedere i soldati prepararsi alla prossima battaglia contro l'Oscuro
nemico le cui fattezze erano ancora avvolte in un alone di mistero.
Anthel
si mise a sfogliare velocemente le pagine del pesante tomo, con le
dita che tremavano come foglie, in cerca dell'errore (particolarmente
grave) che aveva commesso. Si ammonì nuovamente,
rimproverando il
suo cervello per la sua cattiva memoria a breve termine, e riprese a
balbettare mentalmente la formula che aveva sbagliato, con la
speranza di riuscire a trovare velocemente il capitolo che la
conteneva.
“A-Accidenti!
-fece indietreggiando di pochi passi, mentre sul viso s'allargava
un'espressione di puro terrore- Ho di nuovo sbagliato le
parole!”
La
torre di Magia, nell'ala ovest del Castello, venne quindi invasa da
una brillante luce cremisi, seguita poi da un boato che fece tremare
il Palazzo di Mistral da cima a fondo.
Durò
pochi istanti, tanto da incuriosire i figli dei servitori, ma nessuno
ne sembrò veramente allarmato, in quanto l'imbranataggine
dell'apprendista stregone era ben nota a tutti. Non era di certo un
avvenimento straordinario, succedeva ogni tre per due, tutti
speravano solo che un giorno il giovane smettesse di combinare guai e
mettesse la testa apposto. In fondo, era lui a produrre le pozioni di
vita per i soldati dell'esercito ed era una grande
responsabilità
per il povero apprendista.
Qualcuno
alzò lo sguardo al cielo, azzurro come ogni estate,
incuriosito
dall'esplosione, qualcuno probabilmente insultò lo studente
del Mago
di Corte, magari qualcun altro rise addirittura, ma un avvenimento
nella norma come quello non avrebbe di certo turbato gli animi della
gente di Mistral, nazione su cui un'ombra malvagia aveva iniziato ad
allungarsi.
Intanto,
buttato gambe all'aria in un angolino, Anthel fissava stralunato il
prezioso Manuale di Stregoneria del Maestro venire divorato da
numerose fiammelle rosse, che danzavano come piccoli spiritelli dei
boschi, cibandosi delle preziose fibre di pergamena rilegata.
“C-Che
dolore...” bofonchiò tra gli ultimi cristalli in
caduta sul il
pavimento.
Rimase
in quella posizione per un paio di secondi, intontito dai vapori
dell'esplosione, senza realizzare la gravità del danno
fatto.
Ciondolava la testa a destra e sinistra, mentre il suo cervello
riprendeva il controllo del resto del suo corpo e gli occhi mettevano
a fuoco quello che aveva davanti.
“A-Accidenti!”
ripeté ancora in preda al panico, fiondandosi poi su un vaso
d'acqua
per spegnere il piccolo falò. Cadde in ginocchio vicino alle
ceneri
del libro, di cui solo poche pagine si erano salvate e ne raccolse
delicatamente i resti con le dita tremolanti.
“Il
Maestro mi ucciderà quando torna! O peggio, mi
costringerà a pulire
le gabbie dei troll da esperimento!”
“Hihihi,
non vediamo l'ora di giocare con te, Carotina!” rise
malignamente
l'esserino verde rinchiuso accanto alla porte del laboratorio. La
bocca del troll era contratta in una smorfia divertita e mostrava due
file di denti giallognoli che il ragazzo non riusciva proprio a
sopportare tanto erano disgustosi. Si poteva dire che il giovane
avesse una certa fobia per quei dentini appuntiti e storti,
dall'aspetto malaticcio e quasi marcio. Non riusciva proprio a
guardarli e l'idea di doverli estrarre periodicamente per usarli come
ingredienti lo fece rabbrividire.
Anthel
evitò il contatto visivo con quel 'buco dentato', come lo
chiamava
lui, e mosse la testa all'indietro, confuso dal commento del piccolo
mostriciattolo, poi ricollegò la pozione ai suoi precedenti
disastri
e al loro risultato.
Di
nuovo si mosse come una pallina di gomma, rimbalzando da un capo
all'altro della stanza, verso uno specchio in frantumi.
Sette
anni di guai, come se non avessi già abbastanza problemi di
mio.
Nel frammento di vetro, si affacciò
il roseo viso di un quindicenne dai grandi occhi verdi simili a due
smeraldi (forse l'unica caratteristica del suo viso che gli dava un
qualche cosa di cui vantarsi, nonostante fosse un giovanotto nella
media dall'aspetto gradevole) e i capelli spettinati e bruciati sulle
punte, legati in un codino che pareva ormai la coda di un coniglio.
Ma al posto dei suoi già ridicoli capelli color lime, c'era
un
ammasso di ciuffi ribelli di un arancione acceso che cadevano
disordinati sul naso ricoperto di lentiggini chiarissime.
“D-Dannazione, di nuovo! -fece
trattenendo le parole, per poi arrendersi alla sua
incapacità (o
cattiva memoria, come spesso diceva il suo Maestro) e mettersi al
lavoro- E va bene, tanto vale mettere in ordine...”
Con le spalle ingobbite, il giovane
si mise all'opera, con la scopa in mano a raccogliere i frammenti
delle fiale distrutte, mentre fuori le spade dei soldati cozzavano
l'una contro l'altra.
“Mi piacerebbe tanto saperla
usare, una spada... Sarei davvero uno schianto...”
sospirò, con la
testa tra le nuvole. Eh già, Anthel aveva studiato per tutta
la vita
le arti magiche, ne era affascinato e guardava con ammirazione il suo
vecchio mentore e tutore, eppure la scherma lo attirava come una
fiamma con le falene. Avrebbe voluto imparare a brandire un'arma,
duellare e diventare un famoso spadaccino, ma purtroppo per lui, non
aveva la forza necessaria per usarla e combattere. Colpa del fisico
gracilino e poco atletico.
“Con quei capelli non credo
proprio! Hihihi!” fece il troll, distraendolo dai suoi
pensieri.
“Tappati quella boccaccia, prima
che ti faccia diventare un rospo!”
“Uhuhuh, con le tue abilità, il
rospo lo diventeresti tu...” rise il secondo mostro,
più piccolo
del suo compagno di gabbia e dal buco dentato ancora più
disgustoso.
“Bah! Andate al diavolo!”
Anthel abbandonò la stanza
demoralizzato, sbattendo rumorosamente la porta di legno,
accompagnato dai risolini delle sue piccole e terrificanti cavie.
“Anche loro mi prendono in giro...
Uh?”
Si guardò attorno per un istante,
ispezionando il corridoio che portava al resto del Castello e un
pensiero scattò fulmineo nella sua testa fresca di tinta.
Tutti
sapevano delle sue scarse capacità e poco importava se
faceva
saltare per aria un pezzo del Palazzo Reale, ma c'era una persona
sola che accorreva in ogni caso, la Principessa Sefia.
Aspettò un
altro paio di minuti in silenzio, con le orecchie in ascolto per
captare il rumore delle scarpette di lei sui gradini di pietra, ma
niente.
“Perché la Principessa non viene?
Di solito accorre per sgridarmi, anche quando ha delle udienze... Che
strano... Forse sarebbe il caso di andare a cercarla!”
“Con chi stai parlando, Carotina?”
chiese il primo troll da dietro la porta, canzonandolo assieme al
compare, che sicuramente lo aveva sentito parlare da solo a voce
alta. Decise di ignorarli e, tra un'imprecazione e l'altra, si
avviò
ai piani inferiori per cercare la Principessa, nonché futura
regina
di Mistral.
Il giovane aveva ormai raggiunto il
corridoio che portava alla stanza della ragazza, imbattendosi prima
in un enorme dipinto appeso alla parete alla sua destra, che la
ritraeva prima dell'incidente causato appunto dallo stesso maghetto.
“C-Certo che è più carina
adesso...” mormorò, imbambolato a fissare la
leggiadra donna dai
lunghissimi capelli dorati e dai grandi occhi azzurri, che parevano
gemme preziose.
La bellezza di Sefia era famosa in
tutto il Regno e in quelli vicini, tanto che in molti si contendevano
la sua mano, nonostante lei fosse più interessata al
benessere della
sua gente e del suo fratellino. Era il partito perfetto per qualche
alleanza, molti Re l'avevano adocchiata per il loro viziatissimi
figli, in quanto la ragazza presentava tutti i tratti tipici di un
vero sovrano. Nelle nazioni attorno a Mistral non vi era nessuno di
meglio e questo tutti lo sapevano.
“Sono fortunato che non si sia
arrabbiata per quella pozioncina... I capelli argentati le stanno
meglio!”
Anthel gettò poi un occhio alla
porta vicina, che notò essere socchiusa. Si
avvicinò incuriosito e
cercò di darsi un minimo di contegno, nonostante i capelli
arancioni
non gli fossero di nessun aiuto. Decise quindi di sistemare la
vecchia casacca di stoffa marrone che indossava e cercare di rendersi
quanto meno presentabile.
“P-Principessa, sono Anthel! Non è
arrabbiata per l'esplosione?”
Nessuna risposta.
“P-Principessa Sefia...” chiamò
ancora il giovane mago, facendo entrare timidamente la testa color
carota nella stanza.
La lussuosa camera era deserta, sul
tavolino della specchiera, numerose boccette di profumo erano
rovesciate e molte altre erano a terra in frantumi. Le lenzuola di
seta bianca erano stropicciate e buttate parzialmente sul pavimento,
mentre i vetri infranti della finestra rilucevano al sole d'estate.
“Che diamine è successo qui?!”
Il ragazzo fece irruzione nella
stanza da letto e iniziò a cercare la Principessa ovunque,
poi notò
tra le coperte un foglietto di carta bruciacchiata, che raccolse e
lesse immediatamente a voce alta.
Ahahahahaha! Salute a voi, poveri
mortali!
Ahahahaha!
Sono il potentissimo Signore
dell'Oscurità, il
vostro futuro sovrano!
“C-Che diavolo è questo?!
P-perché dovrebbe scrivere la p-propria risata?!”
fece
indispettito al foglietto che teneva tra le dita. Riprese la lettura,
faticando a distinguere i caratteri di quella terribile grafia.
Sotto al vostro stupido naso da
esseri inferiori,
ho rapito la Principessa Sefia
per farne la mia Regina!
L'ho portata in un luogo
sconosciuto e inaccessibile
a voi comuni mortali!
Ora si trova nelle segrete del
mio Palazzo, sulle pendici
Ovest della Montagna della Morte!
Dannazione,
questo non avrei dovuto scriverlo!!!
Comunque non avete
possibilità di salvarla!
Ahahahaha!
“E-EEEEEHHH?! E
adesso cosa faccio?!” fece Pel di Carota, tremando e girando
per la
stanza come fosse una volpe braccata.
Preso dal panico (e da
fastidiosi tic all'occhio destro, tipici nei suoi momenti di
agitazione), Anthel inciampò sui cuscini e, di nuovo, si
ritrovò
gambe all'aria.
Nella caduta, un
secondo foglietto si staccò da quello scritto dal Signore
dell'Oscurità, che svolazzò leggiadro sopra al
naso dello stregone.
“E questo?” fece
aprendo il pezzetto di carta, le cui parole erano tracciate con
femminile eleganza.
P.S.
Sono la Principessa e sono stata effettivamente
rapita,
ma non preoccupatevi!
Sto
bene e aspetterò pazientemente
l'arrivo
dei soccorsi. A presto!
<3
“N-Non sembra nemmeno
preoccupata... Mi chiedo come faccia...”
Si mise a esaminare per
un paio di secondi il post scriptum, che non presentava nessun tratto
tremolante e neppure una singola sbavatura. Non sembrava affatto
scritto da qualcuno che sembrava essere stato rapito.
“Ah, continua sul
retro!”
P.P.S.
Ah, Anthel! Di' a Elorin di stare alla larga dal
mio
trono! E tu tieni giù le tue manacce
dalla
mia biancheria intima!
Fate
i bravi e non combinate guai!
Vi
voglio bene! A presto! <3
Anthel si sentì
avvampare, tanto che le sue guance assunsero lo stesso colore dei
suoi capelli, e stracciò il secondo post scriptum in preda
all'imbarazzo.
“CHE COSA LE VIENE IN
MENTE?! CHE VERGOGNAAA!”
Con le mani tra i
capelli, cercò di darsi una calmata, poi si decise
finalmente ad
andare a incontrare Sua Altezza il Principe Elorin.
*****
Il Principe Elorin
sedeva sul suo trono, accanto a quello della sorella, più
grande e
bello del suo, e lo fissava con desiderio e bramosia.
Il giovane nobile, di
soli quindici anni, era stravaccato con le gambe poggiate sul
bracciolo destro, dondolandole pigramente, mentre sul suo viso la
noia la faceva da padrone. Intanto, il suo scettro dorato, decorato
da una sfera di velluto rosso, roteava pericolosamente accanto alla
testa dell'araldo, al ritmo di una vecchia canzone folkloristica.
“M-Maestà... -si
azzardò appena l'uomo filiforme accanto al Principe- L-La
prego,
s-si dia un contegno. L'udienza s-sta per cominciare...”
Elorin gli cacciò
un'occhiata piena d'arroganza e un sorrisetto di soddisfazione
apparve sulle sue labbra, poi si alzò sbuffando.
“Fatelo entrare!”
Il giovane Principe dai
capelli color del grano si spostò quindi sul trono di Sefia,
per
assumere un aspetto ancor più autoritario, mentre un
contadino
faceva il suo timido ingresso sotto lo sguardo beffardo del 'non'
futuro re, in un'enorme sala rettangolare, le cui pareti erano
tappezzate di arazzi e dipinti.
“Che cosa sei venuto
a chiedere?”
L'uomo si irrigidì:
”S-Speravo ci fosse la Principessa Sefia...”
“C-Ci sono io!
-replicò Elorin, quasi sul punto di prendere il proprio
suddito a
pugni, cosa molto poco degna di un nobile del suo rango e troppo
insita nel carattere del biondino- Fa' la tua richiesta a me!”
“E-Ehm, v-vede...
I-Io e...”
“Parla! Sto perdendo
la pazienza!”
“Sua M-Maestà...
Cerchi di non spaventarlo troppo...” fece sottovoce l'araldo,
che
come il ricevuto, tremava di fronte al capriccioso Principe.
Quest'ultimo alzò la mano, come per interromperlo, poi con
gesto di
superbia arroganza, invitò l'uomo a continuare. Questo si
sentiva
incredibilmente a disagio e sentirsi gli occhietti azzurri del
quindicenne addosso non faceva altro che aumentare quella brutta
sensazione. Sicuramente Elorin godeva del fatto che la gente lo
temesse, voleva essere un Re forte e rispettato da tutti e riuscire a
provocare quel tipo di reazione era già una gran cosa...
Sbagliata,
ma era pur sempre sinonimo di autorità.
Il poveretto annuì,
poi riprese, sempre tremando: “E-Ebbene, Sua A-Altezza,
vorrei
c-chiedere se p-potesse concedere alla mia f...”
“MAESTà! AIUTOO!”
L'urlo rimbombò per la
sala, poi seguì un tonfo e dei gemiti di dolore. Alla
sinistra del
trono, ai piedi della scalinata che portava all'ala Ovest del
castello, era appallottolato un giovane dai capelli arancioni che si
contorse prima dal dolore, poi dal terrore che lo assaliva.
Elorin lo fissò
perplesso, chiedendosi chi diavolo fosse quel tizio. Non era sicuro
di averlo mai visto in giro, nessuno aveva dei capelli così
strani
all'interno della sua dimora.
Beh, a quanto pare
sta per succedere qualcosa di interessante,
fece tra sé e sé.
“MAESTà!” ripeté
il ragazzo rialzandosi scompostamente.
“A-Anthel? Che cosa
ti è successo ai capelli?” chiese invece Elorin,
come se fosse
quella la cosa più preoccupante e non il terrore sulla
faccia
dell'apprendista.
“N-Non è questo il
problema! Aspetti, che cosa sta facendo sul trono di sua
sorella?”
Si fissarono per un
istante, entrambi con qualcosa di cui vergognarsi. Elorin sorrise
imbarazzato, come se cercasse di nascondere il suo gesto. Dopotutto
anche Sefia era solita sgridarlo per i suoi eccessi di esuberanza.
Non era lui il prossimo sulla linea di successione e doveva tenere un
profilo basso, fino a quando probabilmente non sarebbe stato in grado
di guidare l'esercito come aveva fatto in precedenza suo padre.
Questi tossicchiò e
rispose: “N-Niente! G-glielo stavo solo t-tenendo al
caldo...”
Anthel scosse la testa,
si piazzò davanti al contadino facendolo scomparire alla
vista del
principe, e riprese a boccheggiare in cerca d'aria. Era ancora tutto
sporco a causa dell'esplosione, sudava e aveva uno strano colorito
arancione, forse dovuto alla corsa, forse alla pozione uscita male.
“Che succede,
quindi?” chiese il secondogenito del re, con le sopracciglia
inarcate in segno di finta curiosità.
“E-Ehm, Maestà...
C'ero p-prima io, però...” mormorò
l'uomo venuto in cerca
dell'aiuto di Sefia.
“NON ADESSO! Principe
Elorin, la Principessa è stata rapita!”
Sul viso di Elorin,
nonché su quello dei presenti, si fece largo un'espressione
di
terrore e sconvolgimento, alimentato dai bigliettini lasciati
dall'Oscuro nemico e dalla futura regina come inconfutabile prova. Il
biondino afferrò i due messaggi e li analizzò
attentamente, mentre
l'araldo cercava di sbirciare da sopra la spalla del ragazzino.
“E l'Eroe?” chiese
ingenuamente il principino, gettando i pezzetti di carta
all'indietro, per poi assumere un'espressione indecifrabile che di
solito metteva in allerta Anthel. Fin da piccoli, aveva imparato che
quella faccia poteva significare solo una cosa: Elorin aveva un'idea
e non era per niente buona.
“Non c'è...?” si
azzardò a rispondere, abbastanza intimorito.
“Ok, quindi l'Eroe
sarai tu! Qualcuno gli porti una spada e uno scudo!”
Da una porta laterale,
accorse immediatamente un ragazzino di circa dodici anni (un
apprendista stalliere) con in mano un grosso cuscino di velluto
viola, su cui poggiavano una raffinatissima spada larga, la cui elsa
era riccamente incisa, e uno scudo recante lo stemma della Famiglia
Reale.
“A-Allora queste sono
mie?”
“Ti piacciono, eh?”
replicò Elorin soddisfatto e raggiante.
“Da morir... ASPETTI!
IO SAREI COSAAAA?”
Il principe scattò in
piedi, dopo essersi appena poggiato sul trono, e fissò
l'amico
d'infanzia con un misto di perplessità e sconcerto.
“Sì, sarai l'Eroe!
Ma smettila di urlare!”
“COME FACCIO A
SMETTERE DI URLARE! NON POSSO ESSERE L'EROE!”
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Capitolo 2 *** Questo non è un videogioco! O forse sì? ***
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Questo
non è un videogioco! O forse sì?
Sul
pacifico regno di Mistral, il sole brillava alto in un cielo
azzurrissimo, tanto da mescolarsi perfettamente con i vari specchi
d'acqua tipici della nazione, mentre gli uccellini cinguettavano
allegri danzando tra le nuvole.
Sembrava
una giornata come tante, semplice, all'insegna di raccolti e pascoli,
di feste e ricevimenti, ma nonostante ciò, quella giornata
d'estate
era iniziata nel più improponibile dei modi per gli abitanti
del
Palazzo Reale, la cui Ala Ovest aveva assistito all'ennesima
esplosione.
La
calma, che fino a poche ore prima aleggiava tra le spesse mura di
pietra del castello, era stata spazzata via da due bigliettini e una
brodaglia color ciliegia.
“IO
SAREI COSA?!” ripeté ancora Anthel, confuso e
spaventato, con la
voce di qualche ottava più acuta.
Elorin
lo fissò per un altro paio di secondi, scocciato da quella
reazione,
e batteva il piede destro in attesa che lo stregone si desse una
calmata o per lo meno smettesse di urlare. Odiava a morte quel
comportamento, voleva semplicemente che il suo caro amico d'infanzia
facesse come diceva lui e basta, senza se e senza ma. Purtroppo
quello era il carattere del giovane apprendista e nulla lo avrebbe
cambiato.
“Hai
finito? La vuoi questa spada?” fece il Principe indispettito.
“A-Aspetti,
non mi sembra una buona idea!”
“E
perché no?”
Il
giovane stregone iniziò a guardarsi attorno, come se
cercasse
qualcuno che lo aiutasse a uscire da quella situazione. L'araldo era
indietreggiato di pochi passi, così come l'uomo alle spalle
dello
stesso apprendista (non sembrava più tanto convinto, semmai
lo fosse
stato, riguardo alla sua richiesta di un'udienza), mentre il paggetto
sembrava cedere sotto al peso delle armi del cosiddetto Eroe.
“E-Ehm,
la Principessa è vostra sorella e credo sia compito vostro
salvarla... P-Poi io potrei essere considerato solo un mero
messaggero, viste le mie capacità...” si
azzardò quindi Anthel,
con la speranza che le sue argomentazioni fossero quantomeno valide
di fronte al capriccioso principe. E effettivamente lo sembravano,
qualsiasi persona normale non avrebbe trovato modo di opporsi, ma
Elorin faceva eccezione. Nel suo bel castello in aria, lui aveva
ragione e tu torto, chiaro e semplice come l'acqua.
Il
biondino si schiarì la voce, con fare autoritario:
“Tecnicamente
sì, ma in sua assenza devo prendere le redini del
regno!”
Nei
suoi grandi occhi azzurri, identici a quelli di Sefia,
scaturì un
piccolo scintillio. Anthel lo interpretò come eccitazione,
in quanto
quella poteva essere l'unica possibilità che il Principino
aveva per
governare su Mistral, perché secondo sulla linea di
successione.
“E
poi non possiamo attendere che un vero Eroe si presenti, la sicurezza
della principessa è la nostra priorità!”
“Quindi
manderesti uno stregone, privo di esperienza nell'arte della spada, a
salvare la vita della nostra futura regina? Non sarebbe meglio
mandare qualche soldato più forte di me?”
Avanti,
come fai a non darmi ragione?, pensò
Anthel, in attesa della risposta di Elorin a cui sicuramente non
avrebbe potuto controbattere, C'è
tanta gente più forte
di me!
Elorin
si spostò a passo lento alla sua destra, per poi tornare
indietro,
con la schiena leggermente irrigidita a causa della posizione di
disagio in cui lo aveva messo l'amico dai capelli arancioni. Era
stato giustamente colto in fallo, lo stregone aveva esposto le sue
ragioni in quella specie di arringa da corte di giustizia e lui, in
quanto Principe, doveva trovare una risposta degna dei grandi sovrani
di Mistral. Ma ovviamente gli mancavano le parole e non poté
far
altro che continuare ad arrampicarsi sugli specchi.
“N-Non
posso però privare l'esercito dei suoi migliori elementi! E
poi
credo tu sia più che capace...”
“Non
ci credi affatto, vero?” borbottò Anthel pedante,
guardando il
Principe di sottecchi.
“Affatto...”
“Quindi
perché?”
Elorin
fece spallucce: “Perché dovrei pagarlo di
più, un soldato! Invece
tu sei mio amico e so che puoi benissimo essere un Eroe... Anche se
non si è mai visto un eroe con quei capelli!”
“LASCIA
STARE I MIEI CAPELLI! E POI NON SONO UN EROE! E NON SONO NEMMENO
PAGATO!”
“Prima
di tutto, dammi del 'voi' e smettila di urlare... Poi vogliamo andare
avanti così tutto il giorno? Vuoi continuare a discutere
sapendo
benissimo che farai come ho detto io? -chiese il biondino inarcando
il sopracciglio destro- Mi sto un po' stufando di questa
conversazione...”
“Nossignore...”
Anthel trattenne l'urlo disumano che voleva tanto rivolgere all'amico
e si morse il labbro. Capitava sempre così, sin da quando
erano
piccoli: Elorin voleva giocare con la palla e finiva per lanciarla
troppo lontano, oppure faceva cadere qualcosa di prezioso nel
ruscello, benissimo! Tanto c'era il caro vecchio stregone a risolvere
la situazione! Ma quelli erano problemucci di poco conto, ora si
parlava di dover salvare una principessa rapita da chissà
che cosa!
Quello andava ben oltre il concesso!
“Bene!
Allora ascoltami attentamente! Quello che sto per dirti ti
sarà di
vitale importanza!”
“C-Che
vuoi dire con vitale?!” chiese l'appena nominato Eroe,
cadendo
dalle nuvole.
“È
solo un modo di dire! Non significa che tu possa rimanere ucciso in
questa impresa...”
Il
volto dell'apprendista sbiancò di botto, abbandonando quella
strana
colorazione arancione che lo aveva caratterizzato nelle ultime ore.
Si sentì mancare la terra da sotto ai piedi, ma la risata
beffarda e
poco convinta del Principe lo trattenne dallo svenire e cadere come
una pera.
“Ok,
se non hai altre obiezioni (e vorrei che non ne avessi), iniziamo il
tutorial!”
Al
battito delle mani di Elorin, accorse trafelato un altro paggetto, di
qualche anno più grande del primo, con una pesante lavagna
su
rotelle su cui erano tracciati malamente numerosi scarabocchi, che ad
un occhio distratto sarebbero sembrati degli orsacchiotti storpi,
quando alla fine erano delle ridicole caricature dello stesso
stregone.
“E
quella cosa sarebbe?” chiese questo, mentre il suo corpo
cercava di
riprendersi dalla quasi mancata perdita di sensi.
“Il
tutorial, ovvio!”
“Sembra
che vi ci siate divertito a disegnarlo... Quasi come se avesse
programmato tutto...”
Elorin
rise sguaiatamente, esattamente come non ci si aspetterebbe da un
principe che ha appena nominato il salvatore del proprio regno:
“Ma
che vai a pensare! Ahahaha!”
Anthel
sospirò, ormai totalmente in balia dei capricci del suo
amico
d'infanzia: “Va bene, proceda...”
“Bene,
prima di tutto la tua classe! A guardarti, direi che il guerriero ti
s'addice! Infatti le armi le hai già!”
“Perché?
Perché dovrebbe decidere una cosa simile? -chiese alzando la
mano,
come volesse chiedere spiegazioni al proprio mentore- Ho studiato per
anni le arti magiche, non sarebbe il caso di farmi procedere su
questa strada? E poi, in riferimento a quei numeri, io non avrei
nemmeno la forza per tenere in mano quel tipo di arma...”
“Ma
che vai dicendo? Sei veramente pedante, certe volte... Abbi fiducia
in te stesso!”
Ci
fu un tonfo ad interrompere il discorso del Principe che, assieme al
suo campione, si voltò per trovarne la causa. Il paggetto
incaricato
di tenere in bella mostra lo scudo e la spada recanti lo stemma della
Famiglia Reale era a terra, il cuscino a schiacciargli le mani
incastrate sotto all'elsa dell'arma.
“Come
volevasi dimostrare! Poi da dove diavolo ha preso quei dati?!”
Elorin
alzò l'indice, con fare malizioso: “Il Gran Mago
Bepharis sa più
cose di te di quanto immagini!”
“I-Il
Maestro?! C-Cosa sa di preciso?” chiese guardingo Pel di
Carota,
sorpreso da quella strana rivelazione riguardante il suo anziano
mentore e tutore.
“Su
questo non ha voluto divulgare altro... Ha parlato di alcuni
esperimenti che ha svolto mentre dormivi... Ma tornando a noi! L'Eroe
non è mai uno stregone, semmai la magia la impara col
tempo!”
Questa
volta, Elorin non permise ad Anthel di dire qualcosa a riguardo,
voleva concludere abbastanza in fretta quella pantomima, anche
perché
poi non aveva altro tipo di equipaggiamento da consegnare al suo
Eroe. Quindi, con un ampio gesto della mano, indirizzò lo
sguardo
dello stregone al centro della tavola di ardesia, su cui era
disegnata una figura più grande e dettagliata nella quale si
poteva
riconoscere qualche tratto appartenente al vero Anthel.
“Questo
sei tu e, come puoi ben notare, sei ad un misero livello
uno...”
Livello
uno? Che diavolo significa? pensava
intanto il diretto interessato, ascoltando una parola su tre di
quello strano monologo.
“Qui
puoi vedere i tuoi punti vita... Non ti conviene che arrivino a zero,
altrimenti... Beh, lo puoi immaginare! Ma puoi ovviare a questo
problema usando delle normali pozioni di vita.”
“Questo
lo so! Sono io che le produco per l'esercito! Mi sembrava che almeno
questo lo sapesse!” fece con una leggera nota di amarezza
nella
voce, che cercava di mantenere costante e bassa.
“Beh,
visto che fai tanto il saputello e conosci le basi, direi che
conviene passare alla parte più interessante!”
Il
secondo paggetto ricevette l'ennesima occhiata autoritaria e quasi
tirannica di Elorin, che lo convinse a girare velocemente la lavagna,
mostrando un'altra serie di strani disegni che dovevano rappresentare
(sempre con molta fantasia) dei mostri tipici delle province di
Mistral.
“Quindi,
Anthel. Conosci i compiti dell'Eroe?”
“N-Non
dovevo solo salvare la principessa?” chiese come se non si
aspettasse ulteriori mansioni.
“E
come pensi di fare da solo? Ovvio che prima dovrai crearti una certa
reputazione tra la gente, cosicché poi decidano di
aiutarti!”
“Ora
capisco perché non hai voluto fare tu l'Eroe... Non piaci
molto alle
persone...” fece a bassa voce il giovane dai capelli
arancioni,
insinuando le vere ragioni delle decisioni dell'amico.
“Hai
detto qualcosa?!” borbottò Elorin, con una piccola
vena che
pulsava sulla tempia destra. Anthel si limitò a sorridere
imbarazzato e a scuotere le mani per aria, con l'intento di far
tornare il discorso sulla via precedente.
“In
ogni caso, dovrai aiutare chiunque abbia bisogno di una mano,
così
che siano in debito con te e decidano di accompagnarti in questa
impresa. Ed è per questo che non dovrai mai negare i tuoi
servigi a
nessuno... Poi c'è la faccenda dei mostri e dei
Boss...”
Il
principe, con le braccia conserte sotto alla sua stuola di velluto
rosso, iniziò a scuotere piano la testa, schioccando
ritmicamente la
lingua contro il palato. Sembrava stesse meditando sulle sue parole,
valutandole superficialmente, in quanto tutto era già stato
deciso.
Appena smise di rimuginare, di fronte allo spazientito stregone,
riprese a parlare con la stessa poca convinzione di prima.
“Quella
sì, che è una bella gatta da pelare. Non sappiamo
esattamente dove
sia il castello in cui è rinchiusa mia sorella, ma ci
saranno orde
di mostri ad ostacolarti... Non vorrei essere proprio nei tuoi
panni!”
Vorrei
ben vedere!
“Proprio
riguardo ai mostri non ha nulla da dirmi?! Sa, credo siano la parte
più importante, visto che potrei lasciarci la
pelle!” replicò
Anthel, la cui voce si faceva sempre più tremolante.
“Effettivamente
non ne so molto... Credo che determinati tipi di attacchi, in base al
loro 'tipo', dovrebbero essere efficaci! Ti faccio un esempio: un
mostro di tipo fuoco sarà debole ad attacchi e magie
d'acqua...”
“QUESTO
ME LO HA Già SPIEGATO IL MAESTRO BEPHARIS A LEZIONE! NON
PUò DIRMI
ALTRO?!” sbraitò il giovane, riuscendo a
trattenere almeno le
irripetibili imprecazioni verso il suo
non-più-così-caro amico
d'infanzia, in favore di un'obbiezione più che lecita.
Elorin
scosse la testa, schioccando ancora la lingua, con un ritmo
incalzante e irritante: “Mi dispiace, non so altro... Per il
resto
devi solo acquisire sempre più esperienza! YES! L'ESPERIENZA
è LA
CHIAVE!”
Il
biondino si lasciò sfuggire di nuovo quella sua risata molto
poco
principesca e si voltò verso il trono del padre, lasciando
che
l'Eroe assimilasse tutte le informazioni appena raccolte senza
doverne vedere la faccia iraconda e isterica.
“Beh,
direi che è tutto! Buona fortuna, Anthel!”
Lo
stregone sospirò abbattuto, senza poter dire nulla che
potesse
cambiare il proprio destino e si mise in marcia, afferrando le
pesanti armi che lo avrebbero identificato come un Eroe in partenza
per un'epica impresa di salvataggio. Se epica si può
definire.
“Mi
raccomando! Uccidi tutti quegli orribili mostri e torna a casa con
Sefia!”
“Sì,
sì, come ti pare...” borbottò questo,
senza guardare il proprio
sovrano, pensando che se si fosse girato, avrebbe utilizzato quelle
armi su di lui. Mosse qualche passo verso la grande porta di legno
massiccio, che si stava lentamente aprendo sul cortile del Castello,
mentre i i suoi piedi iniziavano a rallentare. Voleva girarsi, e
così
fece, sperando che il Principe avesse cambiato idea e che decidesse
di mandare qualcuno di più capace a salvare Sefia. Purtroppo
per
lui, quello che vide fu completamente diverso da quello che si era
aspettato.
Il
Principe sedeva di nuovo sul trono della sorella, con le gambe che
ciondolavano dal bracciolo alla sua sinistra e lo scettro che aveva
ripreso la sua corsa di giostra accanto la testa dell'araldo. Sul
viso aveva un sorrisetto di pura soddisfazione che nessuno avrebbe
potuto strappargli, nemmeno l'uomo che lo affiancava riusciva a
fargli capire la gravità della situazione, tanto meno il
cittadino
che era venuto in cerca dell'aiuto della Famiglia Reale.
“Va'
al diavolo, Principe dei miei stivali...”
“Hai
detto qualcosa?” chiese questi distrattamente.
“A-Assolutamente
no!”
*****
“Cavoli, se pesano!” boccheggiò
Anthel, con la spada poggiata sulla spalla e lo scudo sulla schiena,
a mo' di borsone da campeggio.
L'aria era calda e umida, difficile
da sopportare in quelle condizioni. Inoltre, come se non bastasse,
numerosi animali da fattoria sfrecciavano divertiti tra la gambe del
poveretto.
Il villaggio brulicava di vita, i
mercanti urlavano da un capo all'altro della strada, cercando di
attirare quanti più clienti possibili per vendere oggetti
dall'aspetto esotico, i bambini correvano per le affollate vie,
scontrandosi spesso coi passanti (tra cui l'appesantito stregone),
mentre le donne giravano con acqua e provviste, spettegolando tra
loro su argomenti di varia natura.
“Meno male che la notizia non si è
ancora diffusa... Se sapessero di Sefia, si scatenerebbe il
putiferio... Speriamo però che quell'uomo venuto in udienza
non dica
nulla...”
“Hai
finito di ciondolarti? Saranno passate due ore e non hai ancora
combinato niente di buono...” fece
una vocetta famigliare e fastidiosa, interrompendo il flusso dei
pensieri di Anthel.
“M-MA CHE DIAVOLO?! D-D-DOVE
SEI?!”
Il giovane balzò di circa dieci
centimetri per lo stupore, cercando terrorizzato il principino pronto
ad affibbiargli altri compiti poco felici, sotto lo sguardo
interdetto del popolo. Come avrebbe potuto sentire quella voce,
quando lui era già parecchio lontano dal Castello in cui era
cresciuto? Doveva trovare una risposta o molto probabilmente avrebbe
finito per dare di matto.
“Certo
che urli parecchio... E poi dov'è finito il rispetto per il
tuo
sovrano? Lo hai lasciato sotto al letto?”
Lo stregone raccattò baracca e
burattini e corse in un vicoletto, gettando a terra la sua sacca da
avventuriero con la grazia di un cinghiale. Si guardò
dapprima
intorno, confuso e agitato, per poi iniziare a parlare al nulla non
appena si rese conto di essere completamente da solo.
“P-Perché sento la vostra voce?
Sto diventando pazzo?” chiese in un sussurro.
“Nah,
non credo tu stia impazzendo, anche se con tutte le esplosioni che
provochi mi stupisce il fatto che tu sia ancora vivo...”
“LA VUOLE SMETTERE DI INSULTARE?!
E MI DICA PERCHé LA SENTO!”
“Ehi,
stai calmo! Ti sto parlando con un amuleto che ho trovato nel
laboratorio di magia... Non so esattamente come funzioni, ma la tua
reazione è stata divertente!”
“Che cosa vuole ancora da me?”
nella voce di Anthel era chiara l'esasperazione, dovuta soprattutto
al nuovo intervento del giovane Principe. Non si era di certo
aspettato un titolo importante come quello di Eroe, ma meno ancora un
intervento a distanza. Che diamine! Addirittura gli ordini via
'etere'.
“Voglio
istruirti sulla città e le varie quest!”
“Ques-cosa?!”
“Quest!
Missioni secondarie! Pensavo avessi studiato!”
Anthel digrignò i denti, sull'orlo
di una crisi di nervi, e iniziò a grattarsi nervosamente la
testa:
“E cosa dovrei fare?”
“Vedi
quella vecchietta vicino al recinto dei maiali? Vai a chiederle se ha
bisogno di aiuto!”
Come
fa a vederla?, si
chiese, per
poi lasciar stare le varie obiezioni che gli ronzavano in testa.
“Non c-credo possa aiutarmi a
salvare la principessa...”
“Tu
fallo e basta!”
Questi obbedì non senza riserve,
attaccando il fodero della spada alla cintola e abbandonando il
pesante scudo di ferro rosso e blu.
“E
quello lo lasci là?”
Elorin venne bellamente ignorato in
favore, a detta di Anthel, di un momento di pace (e di leggerezza)
più che meritata. Ma ovviamente per un eroe non esiste la
tranquillità.
Infatti, non appena entrò nel
raggio visivo della vecchia signora, questa iniziò ad
inveire verso
il povero Pel di Carota, che sobbalzò nuovamente.
“Giovanotto! Vieni immediatamente
qui!” gracchiò come una vecchia strega delle
favole.
“D-Dica signora!”
“Come ti chiami, caro?”
“A-Anthel...”
“Bene... Allora vai a recuperare i
maiali che sono fuggiti!”
“COSA?! Perché?”
La vecchina dondolò sul posto, con
un grosso gatto steso sulle ginocchia, e ridacchiò come
farebbe uno
psicopatico: “Sei un cacciatore, no? Allora vai a prendermi i
maiali!”
Anthel piegò la testa di lato,
incuriosito da quella fantasiosa associazione di idee, mentre Elorin
(ancora ignorato come una noiosa lezione di filosofia) continuava a
dirgli di obbedire alla strana signora.
“Ah, ho capito! Non ho detto
Hunter, non sono un cacciatore; mi chiamo Anthel! Non Hunter!”
“Come hai detto, figliolo? Dove
sono i miei maiali?”
“Hai
sentito la signora? Avanti, march!”
“N-Non mi sembra il compito di un
E-Eroe...” cercò di replicare.
“Avanti,
march!” ripeté
Elorin entusiasta tramite il suo bizzarro strumento di comunicazione.
Il giovane emise l'ennesimo sospiro
e obbedì, sperando in un finale quantomeno accettabile e a
una
ricompensa ai limiti dell'umano. La piazza era affollata, la vecchia
continuava a gracchiare e dare istruzioni confuse, accompagnata
ovviamente da Elorin che aveva da dire la sua, accomodato su un trono
che non gli apparteneva, mentre delle bestie, di un numero
imprecisato, non si vedeva l'ombra.
Si
mise in marcia, ignorando altre richieste d'aiuto che avrebbe (o
forse no) accolto in seguito, poi, nascosto sotto ad un banchetto di
amuleti elfici, vide una piccola coda riccioluta e rosa.
“Beh,
non è stato così difficile!” disse
avvicinandosi, per poi
incontrare l'olezzo di escrementi e cibo marcio proveniente dal
maiale, che lo fece tossire talmente forte da far fuggire il piccolo
suino.
“Ti
odio, Elorin...” borbottò stramazzando a terra.
“Gli
Eroi non provano odio! Gli Eroi sono puri di cuore! E poi è
colpa
della signora, che non ti ha detto del maiale flatulente...”
“Ho sempre più chiaro il motivo
per cui non hai voluto fare tu l'Eroe...” fece rialzandosi e
partendo all'inseguimento della sua preda.
Si ritrovò a correre per diversi
minuti tra bancarelle e mercanti, con la spada che sbatteva
dolorosamente contro la gamba e i ragazzini del villaggio che
tentavano di ostacolarlo per divertimento, fino a che riuscì
a
riportare dalla sua proprietaria il piccolo fuggitivo.
“Ohh, vedo che lo hai acciuffato!
Che bravo, tieni questa mela come ricompensa... Poi vai a prendere
gli altri due!”
Anthel si ritrovò tra le mani un
frutto acerbo, dalla buccia talmente verde da ricordargli la sua
tinta precedente di capelli e lo fissò con frustrazione. Non
osò
dire una parola, in quanto un 'Eroe è puro di cuore' e altre
stupidaggini di quel genere, stupidaggini tipiche forse di Elorin.
Non appena si voltò, vide il
secondo porcellino sguazzare nella fontana della piazza e una parte
di lui si sentì sollevato nel non doverlo cercare in altre
aree del
villaggio, ma ovviamente non poteva abbassare la guardia.
Si avvicinò guardingo, con la paura
che il maiale fosse puzzolente o scatenato come il fratello, ma
invece questo si lasciò prendere senza problemi.
“Oh, ottimo! Se l'ultimo è come
te, potrò liberarmi di quell'inquietante
vecchina...”
Sorrise a quel pensiero e il suo
sorriso s'allargò ulteriormente quando poggiò
l'animale a terra,
che rimase accanto ai suoi piedi aspettando qualche bocconcino di
frutta o cereali.
“A questo punto andrei a cercare
anche l'ultimo! Così non dovrò fare
più viaggi...”
In quell'istante, numerose donne
iniziarono ad urlare e alle spalle dello stregone si udì un
boato e
un ruggito; sotto di lui la terra iniziò a tremare e il
secondo
porcellino si rifugiò tra le sue gambe, rischiando di farlo
cadere,
poi un oggetto sferico lo colpì alla testa. Per terra
rotolò
un'arancia del medesimo colore dei suoi capelli e un'ombra
s'allungò
sempre più, nascondendo l'eroe dalla calda luce del sole.
Il piccolo suino grugnì spaventato,
mentre un'enorme mano verdognola lo sollevava per aria.
No,
non mi giro! No! È fuori discussione che mi giri!, pensava
intanto Anthel tremando come una foglia, mentre Elorin lo chiamava
insistentemente, allarmato dal baccano.
Il giovane dai capelli arancioni si
fece coraggio (come preferiva definirlo lui, quando alla fine era
semplice desiderio di autoconservazione) e si voltò,
dinnanzi
all'orribile creatura.
Di fronte a lui c'era un enorme
orco, alto intorno ai tre metri e mezzo, che soverchiavano i miseri
uno e sessantotto dell'Eroe, il cui naso venne attaccato da un olezzo
ancora peggiore di quello del primo maialino. L'essere aveva le
spalle grosse e muscolose, così come il resto del torace
lasciato in
bella vista da stracci logori e sudici. La testa era piccola, molto
rotonda e coperta di peluria marrone, nonché da pustole e
strane
escrescenze, che un po' si mimetizzavano al naso e alla orecchie.
Nella mano destra teneva un pesante randello di legno, decorato da
piccole chiazze di sangue rappreso.
Questi sorrise al ragazzo che gli
arrivava appena sopra la cintola, mostrando due file di denti
dall'aspetto marcescente.
Anthel ebbe un conato di vomito,
misto alla paura che gli faceva ballare le ginocchia e
sbiancò.
“Ehi,
fa' qualcosa! -intimò
Elorin
nel peggiore dei momenti- Sei un Eroe o
no?”
Se
vuoi, puoi combattere tu... questa
fu l'unica cosa che il giovane riuscì a pensare.
Il bestione parlò, con una voce
talmente cavernosa da far tremare ancora la terra: “Questo
sarà il
mio spuntino! Ahahaha!”
“R-R-R-R-R-R-Ridammelo e
v-v-v-vattene dalla c-c-città...”
balbettò l'Eroe con tutto il
coraggio che aveva a disposizione. Effettivamente non era poi
così
coraggioso.
“Hai detto qualcosa, gamberetto?”
NOSSIGNORE!
La prego, non mi uccida,
volle
rispondere, ma disse, questa volta cercando di limitare la balbuzie e
il tic all'occhio ballerino: “V-Vattene im-immediatamente
o...”
“O cosa, gamberetto? -fece
alitando in faccia al valoroso eroe- Mi ucciderai?”
Il mostro non attese la risposta e
si mise a ridere fragorosamente, spaventando ancor di più il
resto
del villaggio.
Credo
mi serva un cambio di pantaloni...
“Levati dai piedi!”
Il giovane venne scaraventato su una
montagna di cassette di frutta con un calcio e l'orco si
girò, per
dirigersi verso la sua tana, situata poco fuori il villaggio, per
godersi il suo spuntino a base di maiale. Poi, oltre al danno anche
la beffa: legato alla cintola, appeso come un salame, dondolava
impaurito il terzo maialino della vecchina.
“Non ci sto credendo...”
“A
cosa? All'orco che ha attaccato il villaggio o alla tua sonora
sconfitta?”
“Noto una vena di sarcasmo?”
chiese intontito il giovane mago.
“Affatto,
ma hai un dovere verso la signora dei maiali! E poi mi pare di aver
sentito da quel signore dietro di te che quel mostro ha rapito un
sacco di ragazze!”
Anthel mugolò, quasi inorridito
all'idea di quello che stava per dirgli Elorin.
“Sai
cosa significa? È L'ORA DELL'AVVENTURA!”
“Non hai idea di quanto ti odi...”
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Capitolo 3 *** Il Principe e la Ladra ***
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“Anthel!
Vuoi rispondermi o ti devo dare per morto?”
sbraitò,
nell'enorme sala del trono, il giovane principe dai capelli biondi con
tono decisamente spazientito.
“Lasciami in pace... È tutta colpa
tua...” mormorò
lo stregone attraverso un amuleto che non sapeva di avere. La sua voce
era fioca, appena percettibile e un po' impastata. Elorin
pensò
avesse le labbra gonfie, dopotutto, dagli assordanti rumori che aveva
udito, doveva essere stato picchiato da un grosso mostro brutto e
cattivo.
“E in che modo sarebbe colpa mia?” chiese
impertinente.
“Taci e lasciami in pace...”
Il Principe interruppe nervosamente la comunicazione e si
ficcò
il brillante amuleto color giada nella tasca dei pantaloni a
palloncino. Si mosse verso destra, abbandonando non senza timore il suo
'nuovo' trono appena conquistato, e si fermò a contemplare
un
gigantesco dipinto della Famiglia Reale.
Sull'enorme tela, decorata da una raffinatissima cornice d'oro
intarsiata con fiori e puttini, erano raffigurate quattro persone: due
bambini e due adulti dall'aria felice.
Il re indossava un lunghissimo mantello di velluto rosso che pareva
avvolgere sotto la sua ala protettiva il resto della famiglia. Il
panciotto e i pantaloni bianchi, perfettamente abbinati, recavano
raffinati ricami d'oro intrecciati in tante spirali quasi ipnotiche; la
regina non era da meno in quanto a sfarzosità: il lunghi
capelli
biondi della sua giovinezza erano raccolti in una complessa
acconciatura tenuta insieme da fermagli di diamanti, identici a quelli
che le adornavano il collo lungo e filiforme, poggiando sul bustino di
un ricco abito di seta azzurra, anch'essa costellata di meravigliosi
ricami arabescati.
Poi, stretti tra le due figure, posavano due adorabili bambini. Sefia,
che ai tempi aveva i capelli biondo cenere del padre, sorrideva con
dolcezza e abbracciava il fratellino, avvolto da stretti e scomodi
abiti di lana e velluto rosso.
Il giovane principe ignorò la sua immagine da seienne e si
soffermò sul volto dell'ormai defunto padre. Non ricordava
esattamente per quale occasione fosse stato fatto fare suddetto
dipinto, ma ricordava benissimo il viso autoritario e prode del re;
allora avrebbe affermato che 'quello' fosse il volto di un vero Eroe e
non quello lagnoso del malcapitato Anthel.
Provò a replicare quell'espressione, gonfiando il petto e
allargando le spalle, ma il suo fisico magro e asciutto non aveva
niente a che vedere con le larghe spalle di papà e i suoi
possenti muscoli.
Buttò fuori tutta l'aria dai polmoni e spostò la
sua
attenzione sulla madre, ritirata in qualche lontana campagna dopo aver
abdicato in favore di Sefia, a causa del dolore per la perdita
prematura del marito.
Gli mancava quel dolce viso benevolo, quella donna che lo aveva
cresciuto e che spesso lo salvava dalle angherie di una sorella troppo
vivace e troppo manesca per poter essere considerata, anni dopo, la
più bella e aggraziata donna di tutto il regno.
“È ovvio da chi abbia preso Sefia...
Però diamine!
Va bene che sono il figlio minore! Ma il trono spettava a me!”
Si morse il labbro, ripensando a ciò che gli mancava per
essere
il legittimo erede al trono. Prima di tutto, non era alto,
né
tanto meno muscoloso; a prima vista sembrava fin troppo gracile e per
certi versi deboluccio, ma era sempre stato ben proporzionato. Il viso
non era particolarmente virile, era liscio, aggraziato e piacevole alla
vista, tanto che Sefia, quando erano più piccoli era solita
mascherarlo da ragazza. Poi bisognava dire che non fosse la persona
più generosa del mondo, né tanto meno la
più
coraggiosa e altruista; si sarebbe benissimo potuto dire che Elorin
preferisse far fare il lavoro sporco agli altri, piuttosto che mettersi
in prima linea, ma quella era una cosa che lui non avrebbe mai
né considerato né ammesso.
“Se solo sembrassi più forte e autoritario senza
dover
impartire ordini a destra e manca come faceva
papà...”
Decise di non pensarci più, si era rammaricato fin troppo e
aveva altro a cui badare, quindi si mise alla ricerca di qualche altra
povera anima da sostituire ad Anthel, che pareva aver dato forfait, ma
la sala del trono si era svuotata mentre lui era sovrappensiero.
“Tsk, che branco di codardi! A quanto pare mi
toccherà
davvero assumere un soldato... O magari un mercenario... Nah, quelli
chiedono troppi soldi!”
“E perché non ci vai tu?”
Elorin sobbalzò, sentendo la voce di un vecchio provenire
dai
suoi pantaloni, da cui estrasse goffamente l'amuleto rubato dal
laboratorio di magia.
“Quante volte devo dirti di non prendere le mie
cose senza permesso?” gracchiò
bonariamente il Gran Mago Bepharis, ridendo di gusto, mentre il
biondino andava a sedersi sul trono appartenuto fino a cinque anni
prima al padre.
“Allora? Che combina di bello Sua Altezza? Gioca a
fare il Re?”
“L-La smetta! Certo che sia lei che Anthel avete ben poco
rispetto per me! Tsk, stregoni...”
Il giovane principe non ebbe nessuna risposta e rimase in attesa, in un
silenzio quasi agghiacciante, come se dovesse venir fuori qualcuno a
spaventarlo.
Non volava una mosca, c'era solo un fastidioso sottofondo che proveniva
dall'esterno: chiacchiericci, cinguettii e armi che cozzavano, ma
all'interno della sala del trono non si udiva un suono. Solo il respiro
affannoso di un ragazzo appena spaventato.
Si rialzò per far scivolare via la tensione e si mise a
camminare avanti e indietro, dondolando lo scettro a destra e a
sinistra alla sue spalle.
“Di sicuro non vado a recuperare Anthel! Se torna da solo,
meglio
per me!” fece alla stanza vuota, mentre una parte di lui
iniziava
a provare un leggerissimo senso di colpa. Mandare il suo migliore amico
allo sbaraglio non sembrava più essere una buona idea, ma
che
altra scelta aveva? O meglio, quale altra scelta economica aveva?
“Invece dovresti andare a riprenderlo! È il tuo
migliore amico dopotutto...”
Elorin sobbalzò di nuovo al suono di una piccola esplosione
ovattata, avvenuta vicino al suo trono che poteva sembrare ai
più una grossa sedia.
“G-Gran Mago?! Che cosa ci fa qui? Quando è
arrivato?!”
Un vecchio signore avvolto in una lunga veste cinerea si mise a ridere
fragorosamente, facendo dondolare convulsamente la candida barba sul
ventre grassoccio, stretto da una cintura di cuoio che pareva
strizzarlo più del necessario.
Il viso dell'uomo era costellato di rughe, gli occhi erano quasi
nascosti da numerose e intricate venuzze e zampe di gallina, mentre la
barba e i capelli ricadevano disordinatamente sulle spalle, dandogli un
aspetto rozzo e poco curato.
“Beh, ho sentito che giocavi con i miei amuleti ed eccomi
qui!
-disse massaggiandosi la pancia- Che ne dici di raccontarmi cosa
succede di fronte a una bella tazza di tè fumante?”
Elorin rimase in silenzio, a fissare quello strambo personaggio e si
chiese a quali guai stava andando incontro.
*****
Nascosto
in un lurido vicoletto e tormentato da un flatulente maialino rosa,
Anthel sedeva a terra col volto nascosto tra le ginocchia, avvolto da
un'aura di depressione talmente forte da sembrare tangibile.
“Cosa avrò mai fatto di male per meritarmi tutto
questo? A
quest'ora starei comunque ripulendo escrementi di troll dal
laboratorio, ma almeno non mi ritroverei in questa situazione del
cavolo...”
Il piccolo suino galoppava divertito davanti al povero ragazzo,
saltellando in una pozzanghera d'acqua fetida, desideroso di far
partecipe al suo divertimento il suo nuovo amico.
Anthel non reagì alla proposta e il piccolo animale
poggiò le zampe anteriori, imbrattate di fango, sui
doloranti
stinchi dello stregone.
“Sparisci... Comincio ad averne abbastanza della tua
puzza...”
Alzò lo sguardo e i suoi occhi ripresero a lacrimare, non
tanto
per la sonora sconfitta (anche se l'accaduto meritava un paio di
lacrime), ma per l'olezzo che lo aveva circondato per tutto il tempo.
Il mercato era ancora in subbuglio, sembrava fosse esplosa una bomba
tanto era il trambusto generale.
Nel piccolo spiraglio da cui riusciva a vedere la strada, lo stregone
poté rendersi conto, a mente lucida, dei danni provocati dal
mostro che poteva o meno far parte delle truppe del signore oscuro.
Le donne, che fino a poco prima si stavano godendo una deliziosa
giornata d'estate, erano intente a raccattare quello che era stato
perso durante l'attacco; e lo stesso si poteva dire dei poveri
mercanti, indaffarati a salvare quei pochi prodotti rimasti intatti. La
pavimentazione in pietra della piazza era disseminata di frutta e
verdura ormai ammaccati e assaltati dalle prime legioni di formiche;
numerosi erano i talismani e le ampolle gettate in frantumi su piccole
pozzanghere dai colori discutibili, così come le armi e gli
scudi che avrebbero dovuto accompagnare i vari viandanti nelle loro
avventure.
Ma ad attirare l'attenzione di Anthel fu un arco dalla corda rotta e
una faretra priva di frecce, che gli riportarono alla mente alcuni dei
grandi eroi del passato, tra cui il defunto re e padre di Elorin.
“Se fossi stato più forte, tutto questo non
sarebbe
successo...” mormorò, senza accorgersi che le sue
dita
stavano sfiorando delicatamente l'elsa della spada datagli dal
fastidioso Principe.
Rivolse un'occhiata all'oggetto che stava toccando e ne
ammirò
il raffinato intreccio di spirali che ricordavano vagamente dei
serpenti. Al tocco, l'elsa d'ottone sembrava gelida rispetto alle mani
calde del giovane, che sospirò ancora, titubante se
riassumere o
no quel ruolo che forse gli sarebbe calzato dopo innumerevoli vite.
“Qualcuno ha visto quel giovanotto con i capelli strambi?
-gracchiò un anziano signore, col fiato corto- Aveva una
spada,
magari può aiutarci a sconfiggere quell'abominio e a salvare
le
ragazze rapite!”
L'ometto, dai radi capelli bianchi che gli incorniciavano la testa come
un'aureola, correva trafelato tra le persone, alcune delle quali
alzavano il volto per la curiosità. Anthel lo vide
avvicinarsi
di più al suo nascondiglio, poi notò
l'inquietante
vecchina vestita di stracci che gli aveva affibbiato la prima missione
osservarlo da sotto il logoro cappuccio.
Sentì un brivido percorrergli la schiena e i capelli
rizzarsi,
mentre questa sorrideva beffarda come se godesse delle sventure del
povero stregone.
“Già! Che qualcuno lo trovi! Abbiamo bisogno
dell'aiuto di
un eroe!” disse poi, scatenando una reazione tutt'altro che
eroica nel giovane Anthel, che allontanò la spada con un
movimento scoordinato delle gambe.
La spada urtò con la punta il muro che aveva di fronte,
appena
accanto alle zampe posteriori del maialino che non ne voleva sapere di
tornare dalla sua padrona.
L'apprendista si richiuse a riccio e i grandi occhi verdi si riempirono
di vere lacrime di sconforto. Guardava in basso verso la patta dei
pantaloni marroni, dove le lacrime si infrangevano e sparivano in
macchioline più scure.
“Non sono un eroe...- bofonchiò tra i singhiozzi e
le
labbra appena socchiuse- Cosa ho fatto di male per meritarmi
questo?”
Cercò di pensarci un attimo, mettendo in rassegna tutti gli
eventi importanti della sua breve vita, ma non ebbe il tempo di
assimilare i dati che una voce di sua conoscenza lo riportò
violentemente alla realtà.
“Non temete, miei cari sudditi! Tra noi c'è l'Eroe
che ci
salverà e riporterà la pace nel nostro bellissimo
regno!”
La testa color carota si sollevò in un secondo e un altro
brivido gli percorse la schiena.
“Q-Questa voce... Non è possibile!”
Anthel poggiò le mani a terra e si issò in piedi,
strusciando la schiena contro il ruvido intonaco del muro, mentre dalla
sua tasca sinistra cadeva la mela ricevuta come ricompensa dalla
signora dei maiali. Aveva le gambe e il fondo schiena intorpiditi, un
po' appesantiti a causa del fango assorbito dalla stoffa, poi si
chinò a raccogliere la spada, che notò essere
leggermente
scheggiata sulla punta.
Sospirò e gettò un occhio alla piazza, in cerca
di quella voce che avrebbe preferito non udire più.
“Allora! Fatti vedere, valoroso Eroe!” fece Elorin,
in
piedi sul bordo della fontana centrale, con le movenze di un oratore o
di una specie di profeta, mentre il popolo pendeva dalle sua labbra,
ammaliato dalla possibilità di liberarsi di quell'orco e di
altri problemi di cui forse Anthel non era ancora a conoscenza.
“Che cosa faccio adesso? E poi cosa ci fa qui
Elorin?”
chiese lo stregone come se parlasse al maialino, troppo intento a
sgranocchiare la sua piccola mela acerba. Fece per girarsi e andare
via, lontano dalla fonte di tutti i suoi guai, ma venne fermato proprio
dalla voce del principe.
“Dove stai andando, Anthel? Vieni qui!”
urlò il
biondino dal centro della piazza, con ampi movimenti del braccio
destro. Elorin sembrava entusiasta ed eccitato all'idea di essere
lì, sembrava proprio essere entrato nell'ottica del sovrano
attivo e dedito ai bisogni del popolo.
Si guardò attorno e fece segno a uno dei mercanti
lì presenti di portare l'eroe sul suo palcoscenico
improvvisato.
Il giovane dai capelli arancioni si irrigidì alla vista di
quello e più uomini avvicinarsi e cercò invano di
opporsi, ma venne trascinato quasi di peso ai piedi del principe, che
lo incitò a salire e mostrarsi al resto della gente.
“ECCO A VOI IL NOSTRO EROE!”
“Che cosa succede, Principe? Che storia è mai
questa?” chiese Anthel bisbigliando all'orecchio dell'amico.
“Sono veramente felice di essere qui!” fu la
risposta enigmatica di Elorin.
“Miei amati sudditi, giuro sulla mia corona che riporteremo a
casa le ragazze rapite e sconfiggeremo l'orco! Parola mia!”
*****
La
bottega dell'armaiolo era pregna del tipico odore ferroso dei prodotti
in vendita, misto a quel particolare sentore di selvaggina e lacca
delle borse in cuoio. Era un locale infimo, ben poco illuminato per
riuscire a distinguere dei guanti da dei gambali, che fossero essi in
tessuto o qualche strana lega di metallo. Alle narici del povero eroe
arrivavano continue zaffate di polvere ogni volta che il vecchio
commerciante spostava qualcosa e ne faceva cadere una di rimbalzo con
un fastidioso e irritante tintinnio.
“Hai trovato quello che stai cercando?” chiese
spazientito
Elorin da dietro un fazzoletto di stoffa bianca, poggiato sul naso per
non respirare le numerosi polveri e muffe del locale.
“Principe? Che stiamo facendo qui?”
“Ovvio, no? Stiamo comprando l'equipaggiamento per partire!
Poi
sei ridotto ad uno straccio, non posso di certo esibire un Eroe tutto
sporco e pasticciato!”
Anthel si lasciò sfuggire una risatina isterica, condita con
una
nota di sarcasmo, poi si ricordò della lunga lista di
risposte
che il principe gli doveva.
“C-Comunque, come mai sua Altezza è qui al
villaggio?”
Elorin si alzò dal mucchio di scatole su cui era seduto e si
mosse alla sua destra, verso la porta socchiusa da cui filtrava un
pochino di aria fresca. Starnutì un paio di volte,
incespicando
su qualche pezzo di armatura, mentre l'apprendista dai capelli
arancioni attendeva impaziente.
“Mi ha mandato il Gran Mago... O meglio, mi ci ha spedito a
forza...”
“C-Come? Credevo fosse in viaggio a cercare materiali per le
sue pozioni!”
“Beh, non ho idea del perché sia tornato, ma
adesso
capisco bene da chi hai preso la tua sfacciataggine! Voi stregoni siete
davvero dei maleducati, anche se sono veramente eccitato per tutto
questo...” disse con superbia.
Senti chi parla...
“In ogni caso, se n'è uscito con cose del tipo 'Guarda
che non puoi abbandonare un amico così' oppure 'Un
vero sovrano deve agire di polso'... Insomma, sciocchezze di
questo tipo!”
Anthel ascoltava non poco abbattuto e stufo, tanto la conversazione tra
Elorin e il Maestro assomigliava a quella avuta con lo stesso Principe
poche ore prima, e intanto giocherellava con le punte di alcune frecce
gettate sul tavolo su cui era appollaiato.
“E quali di queste sciocchezze
ti avrebbe convinto a partecipare a questa impresa?” chiese
mettendo particolare enfasi nel termine 'sciocchezze'.
Il giovane Principe venne colto da un fremito che lo
attraversò
dalla punta dei capelli a quelle dei piedi e si girò, quasi
piroettando, verso l'amico, con gli occhi azzurri illuminati da una
scintilla di febbricitante eccitazione.
“Ha parlato di leggende! Ci pensi? Se riuscissimo a salvare
Sefia
e a sconfiggere il Signore delle Tenebre, potrebbero venir scritte
delle leggende su di me. Anzi, sono sicuro che verrò
decantato
per secoli e secoli come il salvatore del regno!”
Il Principe trotterellò verso lo stregone e gli cinse
pesantemente il collo con un braccio, facendolo sobbalzare e
allargò teatralmente le braccia, come se stesse mostrando ad
Anthel una grossa porzione di cielo o gli stesse presentando un
progetto architettonico.
“Immagina! Menestrelli e poeti che raccontano delle nobili
gesta
del Principe Elorin, che sconfisse l'Oscurità col suo
coraggio!
Sarebbe bellissimo!”
“M-Ma l'Eroe non ero io?”
“Sì, ma non interessa a nessuno! -fu la risposta
rapida e
concisa del biondino- Sono io quello importante, il Principe che ha
accompagnato un valoroso guerriero in un'epica impresa di
salvataggio!”
Anthel lanciò un'occhiata perplessa all'amico, senza che
questo
se ne curasse minimamente per poi tornare al bancone del piccolo
negozio.
Iniziò a battere dapprima i polpastrelli sul vecchio e
scheggiato legno, aumentando gradualmente la velocità fino a
trasformare la mano in un pugno impaziente e scocciato.
“Dovreste darvi una calmata...” commentò
Anthel
ancora più irretito non solo dal rumore, ma soprattutto
dallo
strano cambio di idea di Elorin.
“Non ne posso più di aspettare! Non vedo l'ora di
partire
all'avventura! -disse colpendo più forte il legno- AVANTI,
BUON
UOMO! ABBIAMO UN REGNO DA SALVARE!”
Idiota...
“Si calmi, Sua Altezza!”
Dalla porta del magazzino apparve un piccolo ometto tarchiato, dalle
spalle abbastanza larghe e tozze che lo rendevano molto sproporzionato;
la pelle, a causa della scarsa illuminazione del locale, sembrava
essere piuttosto olivastra e costellata da numerose chiazze bianche,
molto più chiare sulla sommità della testa calva,
decorata da svariati ciuffi grigi che spuntavano come piccoli arbusti.
Tossicchiò sgraziatamente di fronte al viso disgustato del
giovane Principe, gettando poi sotto al suo naso un cumulo di armature
e armi. Elorin sorrise e fece segno ad Anthel di avvicinarsi.
“Quale preferisce?” chiese il vecchio mettendo in
bella
mostra i vari articoli, tra cui c'erano diverse cotte di maglia
pesantissime, gambali e guanti di seconda mano realizzati in ferro e
tela, nonché numerose corazze di metallo e abiti da viaggio
in
cuoio.
“Anthel! Tu quale vuoi?”
“Eh? Di che stai parlando?” chiese l'apprendista
confuso.
“Certo che sei tardo! Scegli qualcosa, non puoi viaggiare con
quegli stracci!”
Lo stregone si arrese e cercò qualcosa che potesse perlomeno
sollevare assieme alla spada e allo scudo che già aveva, ma
i
suoi pensieri vennero immediatamente interrotti dall'ennesimo cambio
repentino di idea del Principe.
“Non hai qualcosa di più raffinato? Dopotutto qui
si
tratta di un membro della Famiglia Reale e dell'Eroe! Suvvia, buon
uomo, può fare di meglio!”
“Eheh, non so se sia il caso, ma dopotutto, Vostra
Maestà,
avete al vostro fianco l'Eroe...” gracchiò l'uomo
sotto ai
baffi, rivolgendo una strana occhiata allo spazientito Principe.
Camminava avanti e indietro dietro al bancone logoro, passandosi il
pollice e l'indice sull'ispido mento come se soppesasse a fondo una
balzana idea.
“Di che si tratta?”
“Oh, Vostra Maestà! La mia armatura migliore
è
stata rubata... E non da ladri comuni, ma dal clan più
pericoloso della regione...”
Elorin scoppiò in una risata sguaiata, quella che Anthel
faticava a immaginare in bocca ad un Principe, e afferrò
l'eroe
per il colletto della pesante maglia, mostrandolo al commerciante come
fosse un oggetto di inestimabile valore.
“Non c'è niente di impossibile per quest'uomo!
Dicci dov'è il covo di quei mascalzoni?”
M-Mascalzoni?, pensò
lo stregone confuso, Perché
suona così antiquato? Non è da Elorin...
“FORZA, ANTHEL! ANDIAMO A DARE LA CACCIA A QUEI
FURFANTI!”
fece il Principe in un secondo, senza aspettare la risposta del vecchio
armaiolo.
I pensieri del povero apprendista vennero stroncati sul nascere,
venendo trascinato (per non dire fiondato) fuori dal negozio d'armi.
“Non ho detto loro dov'è il covo...”
“Principe, per favore si fermi!” urlò
Anthel, al
centro della piazza che si era quasi del tutto assestata dopo l'attacco
dell'orco, sotto ad un sole talmente forte da far sudare pesantemente
il giovane.
“Che diamine ti prende? Non sei entusiasta anche tu di
partire all'avventura?”
Perché non mi sembra affatto Elorin?
“Sua Altezza, è sicuro di stare bene? Ha qualcosa
di
strano...” fece piano lo stregone, strizzando gli occhioni
verdi
a causa della forte luce solare.
“Certo! Il Gran Mago ci sa fare con le parole, per essere
riuscito a convincermi!"
“Immaginavo che il Maestro c'entrasse qualcosa...”
sospirò Anthel, mettendosi alla ricerca di qualcosa nella
sua
cintura piena di fialette e pozioni monodose.
“Avanti, pelandrone! Abbiamo un regno da salvare e missioni
da compiere!”
L'unico che mi chiama pelandrone è il Maestro, non
può essere che opera sua...
Elorin batteva il piedino a terra, trattenendo a stento l'eccitazione,
per poi riprendere a camminare verso le mura del Borgo, senza aver la
minima idea di dove andare, seguito a ruota dallo stregone, ancora
intento a smanettare con la propria cintura.
“Non credo sia una di queste... -fece sottovoce Anthel-
Però dovrei avere una pozione che annulli gli effetti delle
magie, quelle non mi sono esplose in faccia...”
“Hai detto qualcosa? Sbrigati che sei lento!”
“E-Eccomi, ma Principe! Dove stiamo andando
esattamente?”
Questo si fermò e si girò verso Anthel con le
braccia
poggiate sui fianchi, sollevando un pochino la stuola rossa che assunse
la forma di un cuore. Iniziò a scuotere la testa bionda, su
cui
stava in bilico la sua corona, poi anche l'indice della mano destra
iniziò a compiere lo stesso movimento del capo.
“Questi non sono pensieri da Eroe!”
“Ma non abbiamo idea di dove andare...”
“Baggianate! -fece indicando un ipotetico Nord al suo
accompagnatore- Un vero Eroe sa sempre dove andare! Perché
l'Eroe trova sempre il modo di raggiungere i propri
obiettivi!”
Lo stregone storse il naso, ancor più desideroso di trovare
quella maledetta fialetta che avrebbe risolto i suoi problemi, ma una
domanda uscì imprevista dalle sue labbra.
“E come pensa di fare?”
“Aiutando le persone, mi sembra ovvio! Certo che sei
tardo!”
Beh, insulti a parte, lo zampino del Maestro c'è
eccome!, pensò
il poveretto. Fece
mente locale, cercando di ricordare le svariate lezioni di magia che
seguiva da tutta la vita, per capire cosa avesse potuto scatenare un
simile cambiamento in una persona tanto egoista come Elorin.
Deve essere una di quelle pozioni in grado di infondere
coraggio
nelle persone, ma non ricordo come si chiama esattamente... Devo
sbrigarmi a far tornare il Principe come prima, farlo tornare il
solito, arrogante, fastidioso, egoista e egocentrico Elorin...
“Aspetta! -fece poi ad alta voce, senza accorgersi
dell'allontanamento del biondino- Perché sono
così
stupido? Probabilmente il Maestro voleva che il Principe mi aiutasse,
quindi perché annullare l'incantesimo?! Almeno non
sarò
costretto a fare tutto io... E poi così sembra anche
più
sopportabile!”
Un grosso sorriso illuminò un volto che fino a poche ore
prima
era marchiato dalla disperazione e le labbra si contrassero per far
uscire un allegro motivetto.
“Insomma, cosa mai potrebbe andare storto con un eccesso di
bontà da parte sua?”
*****
“Non
riesco a credere che abbia accettato tutte quelle missioni!
Così
ci metteremo giorni per soddisfare tutti e la Principessa è
in
pericolo!” borbottò Anthel, trascinandosi dietro
un
carretto colmo di ciocchi di legno, richiesti da un vecchio falegname,
facente parte della lunga lista di persone bisognose dell'intervento di
qualche baldo giovanotto.
“E perché tu non me lo hai impedito
prima?” chiese
stizzito Elorin, con il naso all'insù e il tono di quello
che
dovrebbe essere una povera vittima del destino, o per meglio dire,
vittima di uno scherzetto di cattivo gusto.
“Sembrava tanto entusiasta...”
“Ah. Ah. Percepisco del sarcasmo? Perché
l'entusiasmo
c'era finché me ne stavo comodamente seduto sul mio trono e
tu
facevi tutto...”
Anthel sospirò abbattuto, rimanendo dietro all'amico di
qualche
passo, mentre l'altro procedeva spedito, col desiderio di tornare il
più presto possibile nella sua lussuosa dimora.
Come si erano ritrovati in quella situazione? Beh, basta tornare a
poche ore prima, per la precisione, al momento in cui lo stregone aveva
deciso di lasciare il Principe in balia della piccola pozioncina del
Gran Mago Bepharis.
L'idea di non dover ricoprire totalmente i panni dell'Eroe lo aveva
annebbiato, illuso, dandogli quella dolce, quanto falsa, speranza di
ritornare a casa con meno ossa rotte del previsto (l'idea di venir
malmenato da altre enormi creature era sempre da tenere in conto,
dopotutto le sue capacità non sembravano alimentare altre
opzioni).
Aveva abbassato la guardia. Quanto si era maledetto per aver commesso
un così fatale (e stupido) errore!
Mentre Anthel si crogiolava nella sua piccola illusione, Elorin aveva
guadagnato terreno e una considerevole distanza dall'amico, ancora in
preda ad un entusiasmo un pochino dannoso.
Sotto al sole delle due del pomeriggio, il Principe passava da una
persona all'altra in cerca di suggerimenti sia per trovare il covo dei
ladri, sia per individuare la Fortezza delle Tenebre. Ma si sa, in
tempi difficili, dove si fa fatica a tirare avanti, le informazioni non
vengono sbandierate ai quattro venti senza qualcosa in cambio.
E fu così che Elorin finì per accettare un numero
spropositato di richieste, perché troppo sicuro e confidente
delle capacità dell'uomo che aveva deliberatamente nominato
Eroe.
Le ruote del vecchio carretto cigolavano ininterrottamente, sobbalzando
su diverse radici e dossi, su sassi e rametti secchi, rendendo il
compito dell'apprendista ancora più arduo.
La calura della mattinata aveva lasciato il posto a una delicata
brezza, pregna del profumo del sottobosco dove la sinfonia della natura
la faceva da padrone, con i suoi cinguettii e i suoi frusciare di
fronde da cui filtravano ben pochi raggi di sole.
“Comunque siamo quasi arrivati al covo dei
ladri...”
mugolò Elorin, troppo scocciato per apparire come un sovrano
dal
cuore puro e generoso.
“Se lo dice il Principe, io ci credo... Sempre che le vostre
informazioni siano giuste...”
“Muoviti! Mi fanno male i piedi! -gracchiò ancora-
Voglio
sbrigarmi, così appena avremo finito mi riaccompagnerai a
casa!”
Anthel alzò la testa arancione e fece, abbastanza sorpreso:
“Credevo che Sua Altezza sarebbe rimasto ad
aiutarmi...”
“Vorrai scherzare?! Non mi sognerei mai di andare
chissà
dove a combattere contro chissà cosa! Questo, se non erro,
sarebbe compito tuo!”
Non esattamente, rispose
mentalmente il giovane. Beh,
che mi aspettavo?
Un fruscio più rapido e nitido attirò
l'attenzione di
Anthel, che subito tendette ad associare ad un qualche scherzo del suo
subconscio.
“Principe, ha sentito qualcosa? Credo ci sia
qualcuno...”
Elorin non rispose, si limitò ad alzare le spalle protette
dalla
sua stuola di velluto e pelliccia, con la speranza di far tacere il suo
'uccello del malaugurio': “Sarà solo la tua
stupida
paranoia...”
Ci un fu un secondo suono, simile al precedente, però
accompagnato dal un leggero tintinnio simile a quello provocato dalle
monete in un sacchetto troppo largo.
Questa volta l'Eroe lo avvertì distintamente, tanto che
poggiò la mano sull'elsa di una spada che probabilmente non
sarebbe riuscito a brandire. Dopotutto, è il pensiero che
conta,
no?
Eppure non riusciva a stare calmo. Qualcosa, in quella foresta
abbastanza conosciuta grazie al Maestro, che spesso lo mandava alla
ricerca di qualche materiale per gli incantesimi, lo turbava. Anthel si
sentiva osservato e si chiedeva perché Elorin non ne fosse
affatto preoccupato. Sicuramente aveva altro per la testa. Come
biasimare un arrogante ed egoista principino strappato via dal suo
trono? Se fosse possibile, non lo sapeva, perciò decise di
scacciare quei pensieri rivolgendo qualche domanda al 'Prode Principe
che ha accompagnato un valoroso guerriero in un'epica impresa di
salvataggio'.
Deve essere davvero la mia paranoia...
“Maestà, posso farle una domanda?”
“Che cosa vuoi?” chiese sbirciando l'amico da
dietro la
spalla, con occhi che per pochi secondi parvero dolci e innocenti.
“Riguardo a quella faccenda delle leggende... Mi chiedevo se
almeno quelle vi avessero convinto.”
“Possiamo dire che mi abbiano incuriosito. Ma se non fosse
stato
per quel subdolo trucchetto, probabilmente ora me ne sarei stato ancora
sul mio trono... Perché me lo chieeeeEEEE!”
Elorin lanciò un urlo stridulo e strozzato. Una corda si
mosse
velocemente attorno alla sua caviglia destra, alzando una nuvoletta di
polvere e foglie secche, poi si udirono i numerosi tintinnii dei
gioielli reali.
“Devi essere un vero idiota ad andare in giro con tutti quei
gingilli addosso!” fece una graffiante, quanto calda, voce
femminile tra le fronde degli alberi.
Elorin pendeva dalla gamba a testa in giù, a circa un metro
e
mezzo da terra, legato da una solida corda di tela in mano ad un grosso
omone armato fino ai denti.
Anthel trasalì e lasciò cadere il carretto, che
per poco
non atterrò sui suoi talloni, mentre la corona del Principe
aveva appena finito di capitolare per terra.
“NON STARTENE Lì IMPALATO! AIUTAMI!”
Lo stregone annuì, scuotendo la testa per scacciare, almeno
in
parte, il terrore che lo pervadeva. Estrasse quindi, ma non senza
fatica, la spada e si mosse timidamente verso quello che sospettava
essere uno dei tanti banditi che abitavano la foresta. Il breve
tracciato che lo separava dal povero salame venne interrotto da una
freccia, scagliata a pochi centimetri dai piedi del giovane. La cosa lo
terrorizzò a morte, il suo viso divenne bianco come un
cencio e
si ritrovò con le gambe all'aria, con le mani attraversate
da
fremiti di terrore.
“Io non mi avvicinerei, se fossi in te!”
intimò ancora la ragazza da un punto indefinito del bosco.
“NON L'ASCOLTARE E AIUTAMI A SCENDERE!”
Anthel era spaesato, titubante e poco convinto riguardo al doversi
alzare, poi altri quattro uomini sbucarono dalla boscaglia su ordine
della misteriosa donzella.
“Prendete tutto quanto! Il biondino sembra bello imbottito,
perciò non fatevi scrupoli a lasciarlo in mutande!”
I cinque scoppiarono in una risata fragorosa e sguaiata,
così
forte da far tremare la terra e far dondolare Elorin, sul cui viso
potevano ormai distinguersi una fascia bianca e una rossa all'altezza
degli occhi.
“Da come è vestito, è probabile che
abbia anche le mutande d'oro!”
“COME OSATE RIVOLGERVI A ME IN QUESTO MODO?! ANTHEL,
Dì LORO CON CHI STANNO AVENDO A CHE FARE!”
Il povero Eroe rabbrividì appena l'attenzione di tutti si
posò sulla sua esile figura, troppo gracile per poter solo
sconfiggere uno di loro. Deglutì e cercò di far
uscire
dalle labbra il nome del Principe Elorin, senza però
riuscirci
tanto la paura era grande.
“Non serve che il tuo amichetto dai capelli strani ci dica
chi
sei...” disse la ragazza, atterrando con grazia di fronte al
Principe appeso, per poi afferrare la corona che giaceva poco vicina ai
suoi stivaletti di cuoio.
Di fronte al ragazzo, si stagliava una giovanissima donna, forse di un
anno più grande dei due, vestita con un pesante soprabito di
cuoio grigio, stretto alla proporzionata vita con una pesante cintura a
cui erano appese due scintillanti scimitarre e un pugnale dall'elsa
d'oro. Nonostante fosse estate e la temperatura fosse ben poco
sopportabile nelle ore principali del giorno, le spalle erano coperte
da una folta pelliccia grigia e le braccia erano strette più
volte da numerose bende verde muschio.
“Principe Elorin, giusto?” fece chinandosi
all'altezza del
giovane, poggiando la mano destra sulla guancia del nobile, che
sussultò appena senza poter arrossire, vista la grande
quantità di sangue affluita al cervello.
“APPUNTO! E VISTO CHE SONO IL PRINCIPE, FAMMI SUBITO SCENDERE
DI
QUI!” gracchiò ancora il poveretto, sotto lo
sguardo
turbato dell'Eroe, circondato dai seguaci della ragazza.
La ladra rise di gusto, portandosi la corona sulla sommità
della
testa coperta di lunghi capelli ramati, raccolti in un'alta coda di
cavallo.
“Qui comando io... Questo è il mio Regno e tu non
hai potere!”
“C-Come osi parlarmi in questo modo?!”
balbettò
Elorin, intimidito da quegli occhi ambrati penetranti come lame e
schivi come quelli di un gatto.
“Semplice, regal salame -disse spingendolo un pochino sulla
fronte, in modo da farlo dondolare come un pendolo- Perché
qui
io sono la Principessa dei Ladri! Il mio nome è
Teranis!”
“Non farmi ridere! Qui l'unico nelle cui vene scorre sangue
blu sono io! Dimostraglielo, Anthel!”
Teranis ridacchiò di tanta impudenza e tirò fuori
il
coltello, con cui ruppe la corda e fece cadere Elorin a testa in
giù. Poi la sua attenzione si posò
sull'accompagnatore
del Principe, che tutto pareva meno che un eroe.
“E lui sarebbe?” chiese la rossa perplessa e
divertita allo stesso tempo.
“Lui è l'Eroe di Mistral, colui che
salverà il
Regno (e quello che tu definisci tale) dal Signore delle
Tenebre!”
No, ti sbagli, fu
il pensiero che attraversò la mente dell'apprendista, tenuto
fuori dal discorso (con sua somma gioia) fino a quel momento. Non
sono un Eroe e voglio scaricarti qui, Principe portatore di sventure e
tornarmene alla mia inutile vita.
“E quella pappa molla sarebbe un Eroe? Che ne dite,
ragazzi?”
I cinque uomini della scorta di Teranis si unirono alla risata della
loro Principessa e iniziarono a sparare commenti ben poco carini
riguardo al povero Anthel, ancora col sedere per terra e un carretto di
legno poco sopra la testa. Questo non sembrava voler reagire, anzi,
avrebbe di gran lunga preferito rimanere in quella posizione per sempre
e venire ignorato come un sasso: l'idea di combattere, specialmente sei
contro due (diciamo uno, sapeva che Elorin non avrebbe alzato un dito,
figuriamoci una spada), non era poi così allettante.
“Che dovrei fare?” mormorò nella
direzione del suo
Principe, nei cui occhi ardeva una scintilla ben poco rassicurante.
Il secondo sulla linea di successione s'era rimesso in piedi senza
togliersi di dosso il fogliame raccolto con la caduta e guardava
l'amico dritto negli occhioni verdi.
“Semplice! -fecero le sue labbra senza emettere un suono per
non
farsi sentire da nessuno, poi alzò la voce, in direzione
della
bella ladra -Può sembrare debole, ma è un vero
leone!”
Smettila di dire scemenze! Non coinvolgermi nei tuoi assurdi
bluff!
“Ah, sì? -chiese Teranis, fin troppo divertita
dalle sue
prede, per poi ripuntare gli occhi sullo stregone- Allora alzati e
combatti! Dimostrami che il tuo sovrano non è il buffone che
sembra!”
“EHI!”
Anthel deglutì il nulla presente nella sua bocca arida e
fece come intimato dalla ladra.
“Se vinci, vi lascerò attraversare il mio
territorio senza
fare storie e sarete liberi di fare ciò che
volete!”
“E se perdessimo?” chiese titubante l'Eroe.
“OVVIO CHE NON PERDERAI!” aggiunse intanto Elorin,
in preda all'adrenalina del momento.
La Principessa dei Ladri indicò il secondo erede di Mistral
con
un veloce fendente della scimitarra sinistra e un sorrisetto cinico
apparve sul suo volto niveo.
“Semplice! Voglio tutti i gioielli e le cose preziose che
avete! Soprattutto i gingilli della Famiglia Reale!”
Il biondino sobbalzò all'idea di perdere tutti i suoi amati
accessori, in quanto già vedere la sua corona in testa ad
un'altra persona gli faceva ribollire il sangue. Oppure era
semplicemente lei a dargli quella strana sensazione di urto e fastidio?
“Non perderemo, perché non hai la più
pallida idea di chi stai sfidando!”
Eccole, pensò
subito Anthel, pronto (per così dire) a rispondere
all'assalto della ragazza, Le
ultime parole famose.
“Bene, allora! In guardia, 'Eroe'!”
Angolo
Autrice ^^
Helloooo!!! Come
va? Beh,
rieccomi qui con questa storia, a introdurre un importante alleato per
il povero Anthel :P Vabbè, non ho molto da dire, spero solo
di
continuare ad aggiornare con questo ritmo (eheh, come no), ma lo studio
impegna :(
Che posso
aggiungere? Come al
solito spero di avervi strappato anche un solo risolino (giuri che mi
basta) e spero continuiate a seguirmi ^^
Ringrazio tutti
coloro che hanno letto e al prossimo aggiornamento! Un bacione ^^
Zenya
|
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Capitolo 4 *** Nella tana del Lupo ***
Quella lunga giornata d'estate stava finalmente volgendo al termine per il real duo, in compagnia di un gruppetto non molto amichevole.
In una foresta che nessuno dei due si sarebbe aspettato di visitare per ragioni ancora più 'particolari', chi si sarebbe mai aspettato di ritrovarsi su un campo di battaglia a combattere per la propria vita? Soprattutto dopo tutti i guai provocati dall'erede della famiglia reale? Certamente non Anthel, ritto su ginocchia tremolanti dalla consistenza di due gelatine alla frutta.
“Bene, allora! In guardia, 'Eroe'!” ripeté ancora la bella ladra, scostandosi i capelli ramati dalla fronte con un rapido movimento della testa.
“A-Aspetta! -balbettò lo stregone con le mani e la spada protese in avanti per proteggersi- N-Non preferiresti p-parlarne, prima?”
Teranis ignorò le parole del suo avversario e fece ruotare abilmente le due scimitarre, con un intervallo di due secondi l'una dall'altra. Sorrideva sadicamente, intenta a incutere il terrore nel ragazzo dai capelli strambi gettato, per sua sfortuna, in pasto ai lupi dal suo sovrano.
“Non prendi lo scudo? O sei più forte di quello che sembri, oppure sei un povero pazzo!” fece interrompendo il moto delle proprie armi.
“Me ne ero dimenticato... Ma non riuscirei comunque a sollevarlo, con la spada in mano...”
Il volto di porcellana della ragazza si contrasse in una smorfia di perplessità e stupore, per poi tornare alla sua tipica espressione saccente, accompagnata dall'ennesima risatina di scherno.
“È vero! -replicò Anthel quasi istericamente, come una ragazzina a cui è stato detto di essere un pochino ingrassata- Sono solo un apprendista stregone, non so nulla sull'arte della spada!”
Quelle parole sarebbero state sufficienti a convincere la pericolosa spadaccina e a dissuaderla dal picchiarlo selvaggiamente? Il povero apprendista sperava con tutto il cuore di sì: sperava di poter suscitare un minimo di compassione, se non pena, in quella ragazza all'apparenza di ghiaccio.
Anthel era perfettamente (e tristemente) consapevole di non aver nessuna possibilità di farla franca, perché solo un miracolo avrebbe potuto condurlo alla vittoria, ma avendo solo la sfortuna dalla sua, sapeva che le vicende non avrebbero mai potuto prendere una piega diversa dalla sola sconfitta.
Invece Elorin, dal canto suo, credeva fermamente nelle doti del caro amico d'infanzia ed era altresì convinto che stesse lavorando di strategia, con l'intento di fuorviare la propria avversaria e coglierla di sorpresa, magari con qualche abile colpo di spada o qualche incredibile incantesimo. Non toccava a lui combattere e poteva pensare quello che voleva: possiamo dire che avrebbe pensato alle più svariate assurdità in qualsiasi tipo di situazione, che fosse di pericolo o meno, per alimentare il suo ego e le sue convinzioni, anche se la sua idea poteva non essere troppo lontana dalla realtà.
Dopotutto, cosa ne sapeva lui, Sua Altezza Reale il Principe Elorin, di quello che succedeva nel laboratorio di magia? Beh, sapeva delle attività che vi si svolgevano e che spesso tendeva ad associare ad atti che rasentavano la piromania, ma, a sua insaputa, il Gran Mago avrebbe potuto benissimo insegnare al suo protetto qualche trucco di autodifesa.
In effetti, nel suo meraviglioso castello, abitava uno degli uomini più forti di tutto il mondo conosciuto: in tutti i Regni era noto il nome del Grande Mago Bepharis, colui che aveva a più riprese condotto alla vittoria la nazione di Mistral, grazie alla sua incredibile abilità di trarre il meglio dalla magia e dall'arma bianca. I suoi incantesimi erano conosciuti in lungo e in largo e in molti tentavano di replicarli, ma mai con successo e questo grazie alle sue incredibili capacità.
Ma tutto questo era tanto tempo prima e molti chili in meno, che sicuramente causavano non pochi problemi di deambulazione al povero Maestro di magia, che guardava ai vecchi ricordi con nostalgia e gaudio.
“Anthel avrà pur imparato qualcosa! È l'allievo di uno dei grandi Eroi di Mistral!” fece a voce alta Elorin, sgusciando a una distanza di sicurezza dal campo di battaglia, senza nemmeno farsi notare dalla scorta della Principessa dei Ladri, troppo intenti a gustarsi lo spettacolo offerto dalla loro Signora.
Teneva le braccia conserte, in piedi a osservare con orgoglio l'uomo che lo avrebbe ricondotto a casa e che, successivamente, avrebbe riportato la pace nelle sue terre. Qualcuno avrebbe potuto smuoverlo dalle sue convinzioni? La risposta non può che essere negativa, soprattutto perché ad alimentare la mal riposta fiducia del principe, c'era il fattore 'gioielli': Teranis, da brava ladra qual era, voleva indubbiamente gli scintillanti accessori della famiglia reale e Elorin, ovviamente, non le avrebbe permesso di allungare le mani sulle sue amate pietre preziose. Anzi, Anthel non glielo avrebbe dovuto permettere! Solo un pazzo avrebbe potuto pensare che il biondino si gettasse in prima fila sul campo di battaglia.
Teranis non fece caso alle parole del suo avversario e vi si avventò con la furia di una tigre, accompagnata da un nuovo giro di giostra delle due scimitarre.
Anthel cacciò un urlo stridulo di puro terrore, paragonabile al suono che fa una gallina strozzata, e serrò occhi e mascella, alzando istintivamente la spada in un arco scoordinato, però in sincrono con il movimento della ragazza. Avvertì una forte pressione partire dall'arma fino alle spalle, che sentì come staccarsi dal resto del busto, assieme allo stridere delle tre lame.
Provò un leggero pizzicore sulla guancia e si rese conto di quanto fosse stato fortunato (per una volta, dall'inizio di quella faticosa giornata) nel riuscire ad evitare un colpo che avrebbe potuto ucciderlo, vista la scintilla provocata dalla sua miracolosa parata.
“Allora stavate solo bluffando! Tu e il tuo sovrano siete davvero degli ottimi attori, mi avevate quasi fatto credere di essere delle mezze calzette!”
L'improvvisato spadaccino del Principe non riuscì a capire il perché di quell'affermazione, sapeva solo di aver avuto una gran bella botta di fortuna, per non chiamarla con termini ben poco fini, ma era perfettamente consapevole che se non avesse escogitato qualcosa al più presto, al prossimo attacco sarebbe affondato come un masso, per non dire morto.
“Hai visto che portento?” urlò Elorin dalla sua piccola tribuna privata situata su un grosso masso, lontana dal fetore dei grossi banditi e al sicuro da qualsiasi fendente, con un'evidentissima nota di orgoglio nella voce.
L'apprendista rivolse gli occhi al cielo, con il cuore che martellava nel petto manco fosse uno strumento a percussione. Di certo, l'intervento di Elorin non fu affatto appropriato e perciò non poté fare a meno di trattenere un'invocazione al Grande Capo.
Anthel non era mai stato il più assiduo dei fedeli, né era particolarmente interessato alle faccende ecclesiastiche del Regno, forse troppo rigide e opprimenti per certi versi, ma credeva nell'esistenza di un Creatore Supremo, al quale non si era mai rivolto fino ad allora. Non giudicò blasfemo il suo gesto, sicuramente non fu dei più rispettosi, ma desiderava ardentemente che il Signore fulminasse Elorin seduta stante.
Ciò, come è facile immaginare, non accadde e, come è altrettanto ovvio pensare, si scatenò l'ennesimo attacco della spadaccina dai capelli ramati, troppo desiderosa di mettere le mani sui gioielli della famiglia reale e tornare a casa per un bel bagno caldo.
La scimitarra destra descrisse un veloce fendente verso la cintola dello stregone, seguita da un affondo della sinistra, senza che i due colpi toccassero il giovane. La sequenza si ripeté per due o tre volte, con conseguente tattica 'leprottesca' di lui.
“Hai finito di prendertela comoda?! Mi hanno stufato, i tuoi giochetti!”
Non sono giochetti, rispose mentalmente l'ormai esausto e esaurito Anthel, Sto solo cercando di salvarmi la pelle!
E come farlo? Forse sarebbe stato il caso di ricordarsi dei suoi studi di magia, visto che qualche incantesimo sarebbe potuto essere utile, ma, in quel momento, quell'idea non sembrò minimamente sfiorare la mente del poveretto, in quanto la spada gli sembrava l'unica possibilità di salvezza.
Ma se anche fosse riuscito a ricordarsi qualche formula o fosse riuscito a metter mano alle sue pozioni, avrebbe rischiato di causare il solito disastro, di cui i suoi capelli erano la prova tangibile, sulla chioma della Principessa dei Ladri? Quello sì, sarebbe stato un bel problema e avrebbe per certo segnato la sua condanna a morte.
Ci fu un'altra veloce serie di attacchi più feroci dei precedenti, che riuscirono a raggiungere una delle sacchette attaccate alla cintura di Anthel.
La punta della scimitarra destra lacerò il cuoio del piccolo sacchetto e da esso scivolò fuori una piccola fiala lunga e sottile, contenente uno strano liquido azzurro.
Oh, Signore! Sono morto e stra morto!
Il tutto avvenne con una tale velocità che la scena parve andare a rallentatore.
Teranis seguì con gli occhi ambrati la traiettoria dell'inusuale contenitore, mentre Anthel perdeva l'equilibrio, spaventato da quello che sarebbe potuto succedere tra cinque secondi a quella parte.
Intanto, Elorin osservava confuso l'espressione di terrore che si stava rapidamente dipingendo sul pallido volto del suo amico, ma appena udì il suono di vetri infranti, si lasciò scappare un urletto acuto e molto poco virile.
Speriamo che quella pozione l'abbia azzeccata!, fu l'ultimo pensiero che attraversò la mente del Principe, prima che i due combattenti venissero inghiottiti da una densa nuvoletta blu.
Se prima il tempo pareva scorrere fin troppo velocemente, improvvisamente tutto sprofondò in una calma disarmante.
“Principessa?!”
I cinque scagnozzi non ci pensarono due secondi, subito accorsero verso il punto in cui i due erano stati inghiottiti, ma Elorin intervenne senza riflettere.
“Non avvicinatevi! Dov'è il vostro onore, se interferite in un duello?”
Il poveretto venne fulminato dai minacciosi occhi di quegli enormi omoni muscolosi e pelosi e si sentì sbiancare.
Meglio stare zitto, la prossima volta!
“Ha ragione! State fermi lì dove siete!” fece la voce roca di Teranis, dal centro della strana sfera di gas in cui si trovava. La ragazza tossì un paio di volte, poi si sentirono le due scimitarre sbattere contro il terreno impervio della foresta e i suoi tacchetti muoversi di qualche passo.
Il fumo si diradò appena e attraverso le varie nuvolette fu possibile distinguere sempre più le sagome dei due combattenti. Una delle due silhouette (quella di Anthel) era buttata a terra, tremate e scoordinata, mentre la sagoma della Principessa dei Ladri avanzava minacciosa verso l'apprendista.
Questa lo afferrò per il collo, o forse per il colletto della maglia (questo non era dato saperlo, tanto era denso il fumo) e lo avvicinò al viso, per scorgere l'espressione del malcapitato stregone.
“Che cosa diamine hai combinato?! Che trucchetto è mai questo?!” chiese la ladra, scuotendo l'inerme sacco di patate che prendeva il nome di Anthel, che non riuscì a rispondere perché o soffocato o troppo terrorizzato.
Non ci volle molto prima che la domanda della Principessa dei Ladri ricevesse la risposta che tanto agognava, fu proprio quando il fumo finalmente si disperse che capì che qualcosa non andava. Si ritrovò faccia a faccia col suo avversario, a pochissimi centimetri l'uno dall'altra.
Si fissarono per pochi, lunghissimi secondi, poi lo allontanò, per analizzare meglio l'effetto di quella strana esplosione bluastra.
A quella vista, la mascella di Teranis si abbassò parecchio, tanto fu possibile vedere, sul fondo della gola, la piccola escrescenza dell'ugola e intanto, per motivi che avrebbe appurato in seguito, sentiva crescere dentro di sé un preoccupante (per coloro che le stavano intorno) istinto omicida.
“P-Perché hai i capelli blu?”
Quella domanda arrivò imprevista come un fulmine a ciel sereno e, per tutta risposta, Anthel replicò deglutendo pesantemente, titubante nel rispondere o meno.
Sono morto e stra morto!
“P-Principessa?”
“Che volete?!” ringhiò furibonda in direzione della sua scorta, da cui era partita timida quella domanda. Lo stregone capì dal tono di voce di quegli omoni, spaventosi come leoni fino a pochi momenti prima e ridotti ora a teneri agnellini, di aver combinato uno dei guai peggiori della sua breve vita.
Preferirei essere al Castello a pulire escrementi di troll...
“I... I s-suoi capelli...” si azzardò il più grosso armato di randello.
Elorin distolse lo sguardo, manco fosse lui il colpevole del disastro, e cercò di allontanarsi quatto quatto, con la speranza di raggiungere incolume la sua amata e lussuosa dimora, lasciano Anthel e la sua corona in balia della ragazza.
Lo stregone venne nuovamente gettato a terra (per non cambiare, giustamente) in favore di una delle due scimitarre, che funzionò da specchio improvvisato per la sua proprietaria. Quella parve essere una buona occasione per darsela a gambe e seguire l'esempio del Principe, ma il suo tentativo venne stroncato sul nascere da un urlo isterico e spaventoso.
Teranis afferrò nuovamente Anthel, a gattoni nel cercare di compiere la sua fuga, per la cintura e si chinò all'altezza del suo viso, puntando la lucida lama della spada alla gola del poveretto. Prima che potesse dire qualcosa, gettò un'occhiataccia assassina ai suoi sottoposti, che recepirono il messaggio senza che lei dicesse nulla.
Si mossero allora quasi all'unisono e circondarono il secondo erede di Mistral con fare minaccioso, felici di dover avere a che fare con una mezza calzetta che con la loro collerica Principessa.
“Cosa volete farmi?!” gracchiò il biondino, allontanato di pochi passi e nascosto dietro ad una giovane betulla dal fusto troppo sottile per fungere da nascondiglio.
Si udì un ringhio sommesso della ladra e un gemito strozzato dell'apprendista, scosso per far uscire le risposte che la ragazza voleva.
“Che diamine hai combinato?”
“M-Mi d-d-d-dispiace, rimedierò...”
“Come pensi di fare? È per questo che prima avevi i capelli arancioni?!”
Anthel trattenne un singhiozzo e una lacrima, cercando di farsi piccolo piccolo, ma come avrebbe potuto dirle che non sapeva come risolvere la situazione? Se così fosse stato, Sefia avrebbe avuto ancora i capelli biondo cenere... Se così fosse stato, lui avrebbe avuto probabilmente ancora la sua tinta naturale, che, dopo gli innumerevoli errori commessi, aveva dimenticato quale potesse essere.
Lo stregone venne minacciato nuovamente e uno dei grossi banditi armati di ascia si avvicinò timoroso, per mostrare alla ragazza un Principe legato come un salame e pronto a essere portato via chissà dove.
“Allora?! Non ci importa chi siete, passerete comunque un brutto quarto d'ora!”
Teranis si alzò e fece cenno ai suoi uomini di precederla con la loro ricca preda e, dopo aver comunicato che si sarebbe personalmente occupata del giovane che giaceva ai suoi piedi, recuperò le proprie armi, lasciando Anthel indietro.
“C-Che cosa hai intenzione di farmi?”
“Sai come risolvere questo orrore?” chiese mordendosi il labbro, come se cercasse di mantenere un certo contegno alle sue parole.
“V-V-Vuoi una risposta... Sincera?”
L'occhiata che ricevette non sembrò lasciargli altra scelta se non quella di vuotare il sacco e così fece, sperando di non incontrare tanto presto il Creatore a cui si era rivolto poco prima.
Scosse la testa con ampi movimenti del collo, negativamente, poi cercò di alzarsi per chiedere la sua clemenza e del tempo per trovare una soluzione. La ladra non attese altre scuse e con la velocità di un fulmine colpì il povero stregone dritto sul naso con un pugno talmente forte da fargli perdere i sensi.
“Sei fortunato, non ho intenzione di ucciderti! La mia vendetta sarà lenta e dolorosa, puoi starne certo!”
*****
L'aria era pesante e ricca dell'umidità tipica delle estati di Mistral, dovuta perlopiù dalla presenza dei numerosi specchi d'acqua incontaminati della nazione.
Anthel era steso a terra, in uno stato di incoscienza tra il sogno e la dormiveglia. Avvertiva chiaramente i suoni che lo circondavano, ricollegandoli però a qualcosa di onirico e lontano dalle sue numerose disavventure: si udiva forte e avvolgente il canto delle cicale, che avevano iniziato il loro concerto solo qualche ora prima, quando il cielo aveva iniziato a tingersi di rosa, grigio e arancione; sentiva lo scoppiettare di fiamme e torce dalla provenienza sconosciuta, accompagnate da qualcosa simile al rumore di strumenti a percussione. Era un rumore sgradevole, rozzo, qualcosa che sicuramente non avrebbe udito né al Castello né nel borgo durante le festività più vivaci.
Qualcosa interruppe poi quello che avrebbe chiamato un sonnellino, facendolo dondolare appena verso la sua schiena. Il movimento, sebbene lieve, causò al ragazzo una violenta fitta di dolore che partì dal naso fino a coprire tutta l'area della faccia. Aprì gli occhi di scatto, catapultato nuovamente in quell'incubo chiamato 'Essere un Eroe'.
“Finalmente ti sei svegliato...” piagnucolò Elorin, rintanato in un angolo con le ginocchia strette al petto, come un paziente di un manicomio. Aveva il viso stralunato, pallido e terrorizzato, mentre sotto agli occhioni azzurri la facevano da padrone due grosse borse gonfie e arrossate.
Lo avranno preso a pugni o avrà pianto?, si chiese Anthel prima di dire qualcosa o prima che il naso lo attaccasse con una seconda fitta di dolore.
“A-Altezza? Che le è successo?” chiese distratto dal pulsare della sua faccia gonfia.
Elorin assunse un'espressione indispettita, come se si sentisse preso in giro da quella domanda tutt'altro che lecita.
“Secondo te, imbecille da strapazzo? Mi hanno derubato da cima a fondo! Mi sento nudo come un verme!”
Lo stregone squadrò dalla testa ai piedi il ragazzo che aveva di fronte, avvolto come da un bozzolo in una squallida sacca di tela che, probabilmente, in precedenza aveva custodito delle patate.
Non era rimasto nulla dei raffinati vestiti del Principe, solo i calzini di cotone bianchi e le sue mutande, che per sua fortuna, non erano d'oro e perciò oggetto di desiderio da parte dei ladri. Riguardo ai gioielli, manco a parlarne, erano svaniti con la stessa velocità con cui Anthel era finito al tappeto.
“Muoviti e dammi la tua maglia! Sono quasi nudo!”
“Cosa?”
“Hai capito bene! Dammi la tua maglia!”
Il secondogenito del Re gattonò verso l'amico e tese la mano, impaziente, con il labbro inferiore all'infuori che lo faceva assomigliare ad un cucciolo bastonato. Anthel sospirò, con la consapevolezza di non potersi opporre al proprio sovrano, soprattutto in una situazione del genere in cui lui aveva assolutamente bisogno di qualcosa.
Appena provò ad alzare le braccia per spogliarsi, queste si irrigidirono come pezzi di legno a causa dello sforzo innaturale a cui erano state sottoposte. Trattenne un gemito di dolore e consegnò il capo di vestiario al biondino, che decise finalmente di dare sfogo alla sua rabbia.
“Che diamine era quella pozione?! Vai in giro con tinte per capelli?!”
“L-Le mie pozioni non sono tinte... -tentò di giustificarsi- Quella sarebbe dovuta servire a incrementare la potenza degli incantesimi...”
“Guarda! Mi sa che hai sbagliato qualcosa!”
Grazie, Capitan Ovvio!, volle rispondere l'apprendista, Ci arrivavo da solo!
Rimase in silenzio, sforzandosi di tenere i suoi pensieri all'interno della sua testa e di non farli uscire dalla sua bocca.
“C-Comunque, dove siamo?”
“Siamo nel covo di quei maledetti! Credevo fosse ovvio, dopo la tua patetica sconfitta, Signor Capello Blu! Credo sia un nuovo record, il tuo: due disastri in un solo giorno!”
“Dovreste ringraziare che, almeno, la pozione che ho usato su di voi abbia funzionato...”
“Cosa?”
Anthel scosse la testa mettendosi in piedi, barcollante, e ispezionò il buco in cui si trovavano, ricavato da una piccola grotta la cui entrata era stata chiusa da delle sbarre metalliche.
“Vedi di trovare un modo per fuggire!” ordinò il principino, infilandosi la maglia.
Ti pare facile...
La testa blu dell'apprendista sbucò fuori dalla grata e si accorse che il sole era calato già da un pezzo. Sospirò profondamente all'idea di essere rimasto privo di sensi per tutto quel tempo: un po' gli dispiaceva anche, di aver abbandonato Elorin in balia di quelle persone. Erano amici dopotutto, si conoscevano da anni ed era sempre stato un ottimo compagno di giochi, nonostante riuscisse a cacciarlo nei guai anche da piccolo... Ma almeno, a quei tempi, c'era Sefia, pronta ad aiutarli da brava Principessa e sorella maggiore.
Quanti anni saranno passati da allora? Forse nove, non mi ricordo...
La piccola grotta si trovava su un largo spiazzo circolare alla base di una piccola collina nella foresta. L'area era deserta, illuminata dalle tante torce il cui scoppiettare aveva accompagnato il sonno dello stregone, ma era forte il suono di quelli che Elorin aveva indicato come tamburi e bongos alla fine del piccolo sentiero che si snodava nella boscaglia di fronte alla loro piccola prigione.
“E come dovrei fare?” chiese Anthel, sovrappensiero.
“Non lo so, qui l'Eroe sei tu...”
“Credevo avesse abbandonato quell'idea... Soprattutto dopo la mia sconfitta!”
Elorin fece spallucce a quella replica dal sapore sarcastico, sistemandosi alla bene e meglio il sacco di patate a mo' di pantaloni, per poi raggiungere l'apprendista vicino alle sbarre. Sospirò e indicò un punto accanto alla bocca del sentiero: “Lì dovrebbero esserci la tua spada e le pozioni... Ma non vedo come potremmo raggiungerli, visto che per farlo, dovremmo uscire di qui...”
I due si fissarono intensamente, poi entrambi si sedettero a terra, quasi insieme, con le gambe e le braccia conserte, per mettere all'opera i loro cervelli e trovare una via di fuga.
Pensarono e pensarono. Attesero e attesero. Solo Dio sa quanto attesero che qualcosa succedesse o che un'idea balzasse ad uno dei due, mentre la musica (tribale, così potrebbe essere definita) continuava imperterrita con i suoi ritmi assordanti e incalzanti.
“Non conosci qualche incantesimo che possa distruggere le sbarre?” chiese ad un certo punto il biondino.
“In effetti sì! -replicò con una punta di speranza, che subito gli morì sulle labbra- Ma non ho il catalizzatore per scagliarlo...”
Ci fu un altro sospiro di pura frustrazione, esalato dai due ragazzi seduti l'uno di fronte all'altro nella stessa posizione come fossero uno specchio.
La loro avventura da 'Eroi' si sarebbe conclusa in quel modo, chiusi in una gabbia fino alla fine dei loro giorni? Quella prospettiva non aveva nulla di allettante, forse sarebbe stata più sopportabile se nelle loro mani non ci fosse stata in ballo la vita di Sefia, o non fosse stato il loro primo giorno, ma che avrebbero potuto fare?
“Principe, ha ancora l'amuleto del Maestro? Potrebbe tirarci fuori lui!”
“Mi vedi dei pantaloni addosso?” replicò sarcasticamente.
“Scusi. Domanda idiota...”
Il silenzio ripiombò nella cella, ormai appestata da idee che rasentavano l'assurdo e che non avrebbero mai sortito l'effetto desiderato, ma qualcosa distrasse i due ragazzi dalla loro seduta di brainstorming.
“Ho fame...” borbottò Elorin, passandosi le mani sul ventre, stanco e frustrato. In effetti, come dargli torto? Gli eventi avevano preso una piega ben diversa da quello che il Principe si era immaginato: prima di tutto, non si sarebbe spostato dal suo trono se fosse stato per lui, inoltre il Maestro lo aveva spedito al villaggio molto prima dell'ora di pranzo ed era rimasto a bocca asciutta sin da quando si era svegliato, quella mattina stessa.
“Anch'io...”
“Lo immaginavo...” I due ragazzi alzarono la testa e videro, oltre le sbarre, Teranis con in mano una rozza ciotola di legno e due pagnotte dall'aria rafferma che gettò con strafottenza in braccio ad Anthel.
Gli occhi ambrati della ragazza erano colmi d'odio per il povero apprendista, analizzato da quelle pupille quasi feline, che guizzavano veloci dalla sommità della testa azzurra al naso che aveva assunto una tonalità non troppo diversa da quella della chioma. Un sorriso di soddisfazione contrasse le labbra della ragazza, che sicuramente stava compiacendosi del bel livido che aveva provocato. Quello sarebbe stato il primo segno di una lunga serie di piccole vendette ai danni di quel parrucchiere da quattro soldi e questo, ovviamente, la faceva sentire in fibrillazione.
Anthel trasalì e puntò lo sguardo verso il cibo che aveva davanti.
“Non hai niente da dire a tua discolpa?”
“C-Cosa?” Alzò velocemente il capo e incrociò lo sguardo della ladra, poi notò qualcosa che non si sarebbe aspettato di vedere. I capelli della giovane furfante avevano ripreso nuovamente la loro tonalità originaria, accentuata ancora di più dai tenui bagliori delle torce.
Elorin arrossì visibilmente e gracchiò qualcosa riguardo alla chioma della donna, che rispose con uno svogliato movimento delle spalle. Per cosa stesse arrossendo, era difficile da dire: forse fu l'imbarazzo di trovarsi coperto di stracci a causare quel repentino rossore, oppure fu proprio il bell'aspetto della ragazza ad averlo colto in fallo. Comunque ciò non era dato da sapere.
“Qualcuno sa fare il suo dovere, rispetto ad altri...”
Frecciatina? Assolutamente sì, l'apprendista la recepì forte e chiaro e ne accusò il duro colpo. Era ovvio che ci fossero altri stregoni a Mistral, ne aveva visti molti in visita al proprio Maestro e tutti loro avevano apprendisti molto più bravi di lui. Che la cosa fosse patetica era lampante, ma lui ci metteva tutta la buona volontà che aveva per imparare, spesso con risultati poco piacevoli.
Mentre Elorin riprendeva controllo della sua bocca e esordiva con una seconda domanda, formulata con più dignità (se di dignità si può parlare, quando si ha per pantaloni un sacco di patate), Anthel sperava vivamente di non aver incontrato precedentemente lo stregone che aveva lanciato il contro incantesimo su Teranis, poiché questo sarebbe stato ancora più umiliante (non per il Maestro, sia chiaro, ma per lui stesso in quanto avrebbe ricevuto una gran bella lavata di capo) della nuova prova della sua incapacità.
“Che cosa volete ancora da noi?”
“Lascia che ti riformuli la domanda, 'Sua Altezza'! Che cosa volevate nel mio territorio?” fece mettendo particolare enfasi sull'aggettivo possessivo.
“Stavamo cercando di sconfiggere un mostro! E di recuperare un'armatura che voi ladri avete rubato!”
La ragazza rise sguaiatamente, come se il Principe avesse appena raccontato una delle migliori battute di questo mondo e quell'altro. Rideva forte! Cielo, se rideva! Iniziò addirittura a farle male la pancia a forza di ridere e nemmeno le gambe riuscivano a sopportare più i movimenti convulsi che l'avevano presa.
“Vedo che ti divertiamo...”
“Non posso negarlo! Insomma, guardatevi! Quello che vi siete prefissati va al di là delle vostre capacità!”
“RIPETILO, SE NE HAI IL CORAGGIO!”
“Se ne ho il coraggio? -chiese avvicinandosi al volto di Elorin, con una lacrimuccia all'angolo dell'occhio destro- Ne ho sicuramente più di qualcun altro, in questa cella...”
Anthel si sentì nuovamente chiamato in causa, nonostante stesse cercando ancora di smaltire la prima frecciatina, anche se questa poteva non essere direttamente riferita a lui: Elorin non era mica tutto questo 'Cuor di Leone'!
“SMETTILA DI SFIDARMI! È con il Principe di questa nazione che stai parlando!”
Teranis gli sollevò un poco il mento, quasi soffiando sulle labbra di lui: “Un Principe senza corona non è molto convincente! E nemmeno senza pantaloni!”
A quelle parole, si scatenò l'ira dell'erede di Mistral, che riprese a urlare e inveire contro la ragazza, reclamando la libertà e tutto ciò che di diritto gli apparteneva.
“Prima di tutto , lascia che mi presenti di nuovo! Io sono Teranis, la Principessa dei Ladri, e pensi davvero che ti restituisca tutte le tue belle pietre così? Senza nulla in cambio? Non sarebbe un atteggiamento degno del mio nome...”
“C-C'è qualcosa c-che possiamo fare...?”
Quella domanda scatenò nella ladra un leggero brivido lungo la schiena e un sorriso sornione le apparve sul volto: “Avete detto di essere alla ricerca di un mostro... Se si tratta di quello che penso io... Beh, si può intessere un accordo!”
Perché suona così sadica? Come se volesse mandarmi a compiere una missione suicida?
“Di che accordo si tratta?” chiese Elorin.
“C'è un orco che ogni tanto si diverte a creare scompiglio attorno ai nostri depositi, in cui custodiamo tutta la refurtiva e parte delle nostre scorte... L'accordo è questo: se lo sconfiggerete, vi restituirò tutte le vostre cose... E la vostra libertà!”
“E perché non ve ne siete mai occupati voi?!”
“Beh, 'Sua Altezza', si dia il caso che abbiamo ben altre faccende cui badare, come rubare ai ricchi per il nostro benessere personale! Non abbiamo tempo per quel mostro...”
Si interruppe un attimo, per valutare l'espressione del Principe che poteva essere riassunta in una parola sola, ossia perplessità. Intanto, Anthel sembrava prepararsi psicologicamente alle mazzate a cui si sarebbe sottoposto in seguito se il suo sovrano avesse deciso di sottostare ai termini dettati dalla ladra.
“Poi, credo sia compito dei regnanti di Mistral occuparsi delle atrocità che si abbattono sul loro amato popolo! Se non mi sbaglio, credo che quell'affare abbia scatenato un putiferio anche nei pressi del Castello!”
“Principe, le sue argomentazioni sono inattaccabili... -borbottò lo stregone, sottovoce- Cosa vuole fare?”
“Aspetta un secondo! Dobbiamo discuterne un attimo fra noi!”
Elorin afferrò l'apprendista per un braccio e lo trascinò verso il fondo della loro sporca prigione.
“Cosa pensi dovremmo fare?”
“P-Perché lo chiede a me?”
“Perché sei l'Eroe... Mi sto stufando di ripeterlo!”
“Ma Sua Altezza non ha fatto altro che darmi ordini dall'inizio della giornata! A questo punto decida lei!” replicò Anthel istericamente, consapevole del fatto che qualsiasi cosa sarebbe successa, non sarebbe andata bene. Certamente non per lui.
“Possiamo accettare e poi svignarcela, che ne dici? Insomma, dovrà liberarci se vuole che obbediamo alle sue condizioni! Dubito voglia seguirci fino alla tana di di quel mostro, quindi noi prenderemo il sentiero che conduce al villaggio e BAM! Di nuovo tutto come prima!”
“M-Ma avevamo dei doveri verso il popolo! Avevamo promesso loro che avremmo sconfitto l'orco e riportato a casa qualsiasi cosa abbia sgraffignato... Comprese delle ragazza che aveva rapito...”
Il biondino scosse la testa, con un sorrisetto beffardo: “Ti ricordo che io non ho niente a che fare con questa storia! Ti avevo fatto promettere che mi avresti PRIMA riaccompagnato a cosa, POI tu ti saresti occupato del resto. Io ti avrei solo aiutato a recuperare il tuo equipaggiamento, in quanto sono io a dover pagare il mercante.”
Beh, bel modo di lavartene le mani!, pensò Anthel, Te la dai a gambe appena ne vedi l'occasione.
“Mi sembra un piano abbastanza suicida, ma potremmo tentare...”
“Sei il solito uccello del malaugurio...”
Elorin fece spallucce e tornò da Teranis, per comunicarle l'esito della loro piccola riunione.
*****
Teranis era sdraiata sul ramo di un albero, con le gambe accavallate a godersi il tenue calore del mattino, prima che il sole si alzasse completamente e rendesse la temperatura insopportabile. Teneva gli occhi chiusi per proteggerli dai raggi che filtravano attraverso le fronde e, intanto, faceva dondolare pigramente il piede destro nel vuoto sotto di lei.
Ripensava già da parecchi minuti ai due ragazzi che aveva da poco lasciato andare, certa di due cose: la prima, era che sicuramente non sarebbero tornati, mentre la seconda, era che si sarebbero fatti male.
Quell'idea era nata dal momento in cui Elorin aveva aperto bocca per accettare le condizioni che lei aveva imposto: allora le parve letteralmente un pallone gonfiato, pieno di sé, tutto fumo e niente arrosto. Teranis aveva capito da subito le sue intenzioni e ad alimentare le sue certezze c'era il volto perplesso e interdetto dell'apprendista.
Spero proprio che qualcuno gli tagli le mani!, pensò appena gli sovvenne la faccia tumefatta di Anthel, Quell'incapace non sarà mai un Eroe...
Il Principe stava bluffando (quella volta sul serio) ed era lampante. La ladra pensò che la cosa gli riuscisse meglio quando non architettava chissà quali stratagemmi, ma decise di lasciar correre. Per quanto l'irritasse l'atteggiamento del giovane reale, non riusciva a non dargli corda, tanto la situazione era divertente.
“Ho delle condizioni anche io!” aveva detto, gonfiando il petto cercando di sembrare più grosso. Peccato per lui fosse una creaturina quasi pelle e ossa, quasi certamente per costituzione e non per altro.
“Sarebbero?”
“Primo: abbiamo bisogno ovviamente della spada e delle attrezzature dell'Eroe, quindi restituiscile! Secondo: siamo venuti qui per l'armatura che avete rubato e quella servirà ad Anthel! Terzo...”
“Non starai chiedendo un po' troppo, per essere un prigioniero?” E in effetti le sembrò proprio di sì, nelle sue condizioni avrebbe avuto diritto ad una pagnotta e un bicchiere d'acqua, altroché! Di nuovo, l'erede di Mistral aveva iniziato ad inveire (comportamento molto poco principesco, anche a detta di una ragazza cresciuta in mezzo ai banditi) per far valere i suoi diritti di Principe.
”Ebbene?”
“Devi restituirmi tutti i miei gioielli e capi di vestiario! Non pretenderai mica che il figlio del Re combatta nudo!”
“Non credo 'Sua Altezza' alzerà un dito... Poi tutti quei bei anelli potrebbero farti entrare nelle mire di qualche altro ladro, magari più pericoloso del mio clan... Oppure pensi che il 'Signor Eroe' qui presente possa proteggerti?”
Li aveva presi in giro per parecchio, prima di decidersi a lasciarli andare allo sbaraglio, o a casa, se si preferisce leggere tra le righe. Che poi, leggere tra le righe risulta essere un'affermazione pesante, quando il piano di Elorin era chiaro come il sole. Un nuovo spasmo le attraversò lo stomaco, poiché il ricordo di quelle due facce aveva scatenato in lei una nuova serie di risate convulse. In quel moto di ilarità sentì qualcosa tintinnare nelle sue tasche e temette di farle precipitare giù dal suo albero. Appena si mise a sedere, afferrò una manciata di anelli e collane (quelle che aveva trattenuto come garanzia del ritorno dei due ragazzi) e iniziò a farle roteare tra le dita.
“Quei due pensano di avermi fregata, lasciandomi queste cianfrusaglie... Ma quell'idiota del Principe non si è accorto che gli ho rifilato una replica della sua corona! Mi piacerebbe proprio vedere la sua faccia, quando se ne accorgerà!”
Dopo l'ennesima risata, si stiracchiò e afferrò il suo amato soprabito di cuoio che aveva usato come cuscino. Prima di scendere dal suo giaciglio, le venne in mente la faccia soddisfatta dell'inconsapevole biondino mentre Anthel indossava la sua agognata armatura.
Era un bel pezzo, senza dubbio, e Teranis non era stata affatto contenta di averlo ceduto. Soprattutto a qualcuno tanto incapace.
Aveva adocchiato quell'armatura durante una delle sue scappatelle intorno al borgo e le era piaciuta moltissimo. Aveva una cotta di maglia, visibile solo sulle braccia e sulle spalle protette da elementi in ferro battuto, ed era coperta da un leggero strato di stoffa blu cobalto, decorata da una striscia di ricami dorati sul petto. Le piacevano moltissimo, soprattutto, la sciarpa bordeaux avvolta sul collo e la cintura, il suo pezzo preferito, da cui pendevano due capienti borselli di cuoio e due cinghie del medesimo materiale, utilizzate per allargare la stretta sulla vita.
Inoltre, oltre al fattore estetico, si presentava come un equipaggiamento molto leggero e allo stesso tempo resistente, cosa che forse sarebbe stata utile al suo nuovo proprietario. Aveva pensato più volte di cambiare il suo soprabito con quella bella cotta di maglia, ma continuava a ripetere che non ci sarebbe stata comoda.
“Beh, per quanto quello stregone da strapazzo sia incapace, devo dire che quell'armatura non gli stava affatto male... Anzi! Forse perché si abbinava ai suoi stupidi capelli!”
Attraversò tranquillamente il sentiero che la separava dal campo, facendo procedere i suoi pensieri da tutt'altra parte, ovvero verso la sua colazione.
Uova? Oppure qualcosa di dolce? Mi andrebbe della marmellata...
Il pensiero di Anthel e Elorin era sfumato in un batter d'occhio, sostituito da quello di un lauto pasto, che avrebbe poi smaltito con qualche imboscata ai danni di qualche altro riccone.
“Principessa! Buongiorno!”
La ragazza venne chiamata da un tremolante vecchietto pelle e ossa, dalla carnagione piuttosto scura e sbiadita in alcuni punti della testa, completamente calva, in opposizione al lungo pizzetto grigio che gli pendeva dal mento.
“Buongiorno a lei, Saggio! Come sta?”
“Bene, mia cara! Sempre gentilissima. Hai già mandato via quei due ragazzi?”
“Sì, sono partiti un paio di ore fa. Probabilmente se la saranno svignata verso il Castello di Mistral!”
Che altro avrebbero potuto fare? Combattere?
“Oh, che peccato... Li avrei voluti conoscere...” fece l'uomo abbattuto, mentre le parole uscivano in divertenti fischi attraverso la bocca semi sdentata.
“Peccato?! Secondo me è stato meglio che non li abbia incontrati! Specie il 'mago'... -disse con malcelato sarcasmo- Non rende affatto giustizia alla classe cui appartiene e non merita di essere al cospetto di uno stregone potente come lei!”
L'anziano signore rise dolcemente, massaggiandosi la schiena ingobbita nel tempo: “Come ho detto prima, sei sempre molto gentile! Ma non dovresti trattare così dei tuoi coetanei...”
“Eh?”
“Non credo meriti tutto questo astio da parte tua, mia cara Tera! Chissà che il destino non abbia in serbo qualcosa per te e quei due...”
Ci fu un altro risolino trattenuto a stento, poi qualche colpo di tosse.
Perché il vecchio Saggio dovrebbe essere interessato a quei due incapaci?, pensò storcendo il naso. In fondo, perché avrebbe voluto avere a che fare con Anthel? Magari si era accorto di qualcosa che lei non aveva notato sul momento, perché era giustamente focalizzata sul 'duello' e sul piccolo incantesimo lanciato per sbaglio dall'apprendista, ma che poteva saperne?
“Perché ne è tanto interessato?”
Il vecchio signore non rispose e si voltò lentamente verso una rozza cassa di legno di abete accanto all'entrata della sua tenda, contenente oggetti dall'aspetto assai curioso. Infilò la mano ossuta nel contenitore e iniziò a rimestare quelli che, a occhio e croce, dovevano essere gli ingredienti utilizzati per creare pozioni e incantesimi. Questo Tera non seppe dirlo, non era certo una studiosa di arti magiche.
E nemmeno Anthel, se per questo!, fece la sua coscienza dopo una rapida analisi dei movimenti dell'anziano che aveva di fronte.
“Vecchio Saggio?” chiamò la ragazza.
“Sì?”
“Non mi ha risposto...”
“Oh, scusa... Non è importante...”
“Ne è sicuro?” chiese allora la ladra, avendo captato una nota di delusione (mista a qualcosa che non riusciva ad identificare) nel tono del vecchio stregone.
“Mmmm... Avrei voluto scambiare due parole con quel ragazzo... Sai... L'apprendista...”
“Ah! Non credevo ne avesse bisogno...”
“Oh, ma non fa niente! Non preoccuparti! Davvero!”
“Ne è sicuro?”
“Certo, certo! Va' pure a goderti questa bella giornata!”
Teranis mugolò un saluto e fece per andarsene, nonostante fosse chiaro che qualcosa bollisse in pentola. Era un comportamento abbastanza normale per il vecchietto e aveva imparato a riconoscere abbastanza bene quel suo tono di voce da 'Avrei bisogno di un favore, ma non voglio fartelo intendere'. Perché si comportasse in quel modo, non ne aveva idea: era sempre stato così, sin da quando era piccola e certamente le cose non sarebbero cambiate da un giorno all'altro.
Conosceva bene la routine con cui lui riusciva a farle perdere la pazienza, fischiettando un fastidioso motivetto dalle origini sconosciute ogni qualvolta lei girava i tacchi per fare altro. Purtroppo per lei resisteva poco, perché la sua testa calda non era in grado di sopportare quel giochino che in molti definiscono 'Psicologia inversa'.
Eppure cercò di far fronte a tutta la sua forza di volontà per non cedere alle sue richieste, perché in fondo sapeva dove voleva andare a parare.
NO! Non ho intenzione di dartela vinta!
L'irritante motivetto era ripartito, forse per la quarta volta, e il Vecchio Saggio sorrideva sornione, continuando a rimestare i suoi ingredienti senza sapere cosa stesse cercando. Le lanciò un'occhiata d'intesa, come a decretare la sua superiorità nei confronti della giovane, che a stento riuscì a trattenere un urlo isterico.
“VA BENE! VADO A RECUPERARLI!”
Teranis si arrese e sospirò profondamente, per poi correre via come un fulmine in direzione della sua capanna, in cui aveva abbandonato le sue scintillanti armi.
Cosa avrebbe dato per non essere coinvolta in quella situazione? La corona di Elorin sarebbe stato un buon compromesso, dopotutto tanti altri principi di altre nazioni sarebbero potuti passare per i suoi territori ed essere derubati: era una possibilità da tenere in conto, in fondo.
“Grazie, mia cara Tera!” disse il vecchio aprendo la bocca in un uno sdentato sorriso a quindici denti, mentre lei era già sparita tra le varie tende che costituivano l'accampamento dei ladri.
Il Saggio smise quindi di rimestare i suoi ninnoli ed estrasse dal borsello appeso alla cintura un oggetto ancora più curioso. Una sfera di giada emetteva una tenue luce del medesimo colore tra le dita olivastre di lui, interrotta dai ricchi rilievi in oro sull'equatore dello stesso amuleto. I ricchi serpeggiamenti si allargavano poi in deliziose diramazioni dall'aria floreale che rendevano l'oggetto ancora più prezioso.
“Chi avrebbe mai detto che avrei avuto il piacere di incontrare l'allievo di Bepharis... Eh, eh, eh...”
Angolo Autrice ^^
Ciaooooooo!!!! Come va, cari lettori?? Spero ve la passiate bene e spero di avervi divertito con questo nuovo capitolo (adoro da morire scrivere questa storia :D )
Che dire? Come al solito spero che il capitolo vi sia piaciuto e che abbiate voglia di farmi sapere qualcosina (qualsiasi cosa, ahahahahahaha), inoltre voglio ringraziare la mia cara amica Queen of Dragons, compagna di lezione e scleri, per avermi fatto da beta ^^
Alla prossima e un bacione,
Dark Sun
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Capitolo 5 *** Boss Fight ***
Elorin camminava a passi incerti nella fitta boscaglia, verso il sentiero che lo avrebbe riportato nel suo bel castello, con un sorriso di pura soddisfazione stampato sul volto. In una giornata qualsiasi (se fosse stato costretto a una sessione di trekking forzato), si sarebbe lamentato per tutta la durata del tragitto, esattamente come il giorno precedente, ma quella non era una giornata qualunque.
Era riuscito a fuggire, per così dire, dalle grinfie di uno dei clan di ladri più pericolosi del continente e con quasi tutto addosso. È vero, aveva dovuto rinunciare a malincuore ad un paio di anelli e a un po' di dignità (ora indossava dei vecchi abiti di tela al posto del sacco di patate, i suoi erano rimasti probabilmente da qualche parte, per poi essere portati da qualche balordo), ma aveva di nuovo la sua corona e aveva recuperato l'oggetto per cui aveva 'deciso' di accompagnare l'Eroe nelle profondità di quella sporca foresta. E tutto grazie alle sue 'ottime' doti da oratore.
Le sue labbra si allargarono ulteriormente al ricordo della sua vittoria e non poté trattenere una risatina beffarda che attirò l'attenzione di Anthel, che però preferì rimanere in silenzio.
“Anthel! Dovresti ringraziarmi! Sono un genio, con la G maiuscola!” fece il Principe appena smise di sghignazzare come una scolaretta.
L'apprendista sospirò e fece spallucce con in testa un'idea sola, ossia quella di sprecare meno ossigeno possibile non rispondendo al suo sovrano, perché dopotutto aveva bisogno di aria per trasportare il carretto di legno che aveva abbandonato prima dello scontro con Teranis.
Mi chiedo ancora perché non ci abbia fatto seguire... Non sembrava una ragazza ingenua...
Scosse il capo blu (causandosi un'altra fitta di dolore al naso che, per sua fortuna, aveva iniziato a sgonfiarsi, nonostante avesse un disperato bisogno di ghiaccio), e si fece forza per stare al passo con l'erede di Mistral.
Chissà se andrà meglio appena se ne starà di nuovo seduto sul suo trono...
L'apprendista sbadigliò svogliatamente, stanco e annoiato, ma allo stesso tempo sollevato dal fatto che quella brutta esperienza si fosse conclusa abbastanza in fretta. Ma per sua sfortuna c'era ancora tanto da fare dopo aver ricondotto Elorin a casa: avrebbe prima dovuto portare quel carico di legno al borgo, poi tornare nella foresta e sconfiggere l'orco, riportando indietro i maialini all'inquietante vecchina e salvando i possibili ostaggi della bestia.
Il pensiero di tutto ciò lo fece rabbrividire e pregò il cielo che il Principe capisse di aver nominato Eroe un perfetto incapace. Non amava di certo definirsi in quel modo, non amava essere chiamato inetto, ma se fosse servito a garantirgli un bel posticino al sicuro nel laboratorio di magia, allora sarebbe stato il più grande degli inetti.
“Ehi, lumacone! Da che parte dobbiamo andare?” chiese Elorin senza fermarsi.
“Già... Da che parte si va?” borbottò il giovane, guardandosi attorno confuso. Fissò per un istante le fronde, in cerca del sole, per riuscire ad orientarsi nonostante il fogliame fosse troppo fitto.
Anthel non aveva idea di come fosse arrivato al campo, dopotutto ci era arrivato privo di sensi e solo il Principe avrebbe potuto sapere dove andare.
Come no! Se lui conosce la strada, allora io sono il più grande spadaccino di tutti i tempi!
Invitò il secondogenito del Re ad arrestarsi e cercò di fare mente locale, ma un urlo si levò alto nella foresta, spaventando le piccole creaturine in cerca di cibo.
“Cos'è stato?!”
“Come pensi possa saperlo?” chiese il Principe infastidito e forse un po' spaventato. Tremava appena, nascondendo le mani nelle tasche dei pantaloni. Pareva essere sbiancato un po', cosa che cercò di non dare a vedere al suo accompagnatore.
“Sembrava provenire da là!” Anthel indicò un punto alla sua destra e lasciò di nuovo andare il carretto, mettendo mano, senza accorgersene, alla preziosa spada e allo scudo, che avrebbe poi abbandonato perché troppo pesante.
“Dove pensi di andare? Dobbiamo tornare al Castello!”
Un altro urlo, sicuramente lanciato da una ragazza, fece sussultare ancora il biondino, che si lasciò sfuggire un gridolino anche lui.
“Dove stai andando?! Quello è il punto indicato da Teranis! Prima di andare là, devi riaccompagnami al Castello! Non ignorarmi!”
Elorin cercava inutilmente di attirare l'attenzione dell'Eroe, troppo focalizzato su quell'invocazione d'aiuto. Si potrebbe dire fosse semplicemente attirato in quell'area. Pensò fosse normale preoccuparsi per l'incolumità di qualcuno, se lo si sentiva urlare, e pensò fosse anche giusto accorrere per dare una mano, per quanto il suo intervento potesse essere ben poco utile.
Di tutte le scemenze sparate da Elorin in quei due giorni, quella de 'l'Eroe puro di cuore' era quella che più s'addiceva ad Anthel. Non avrebbe mai negato il suo aiuto a nessuno, era un bravo ragazzo, ma nei limiti delle sue capacità: svolgere quelle che il Principe chiamava quest senza potersi opporre erano un conto (lì non si poteva più parlare di gentilezza, bensì di lavoro se si vuole definirle in quei termini), ma prestare soccorso a qualcuno in difficoltà era più che fattibile.
Camminava a passo spedito, sentendo sempre più la voce di quella che aveva identificato come una bambina e sempre meno le lamentele dell'erede di Mistral.
Ma se fosse inseguita da quell'orco?!
A quel pensiero puntò i tacchi e sentì la schiena venire percorsa da numerosi brividi di terrore. Purtroppo per lui era troppo tardi per cambiare idea, c'era troppo vicino per fare dietrofront e non aveva la minima idea di come si sarebbe comportato al cospetto di quell'orribile mostro. Dopotutto, il loro primo incontro non era stato affatto dei più felici e pregò di nuovo il Creatore perché un miracolo lo aiutasse. O come minimo, riuscisse a fargli venire un po' di coraggio. Almeno un pochino.
Semmai uscissi vivo da quest'impresa, penso dovrei farmi prete...
Il cespuglio che aveva di fronte iniziò a muoversi, colto da fremiti sconclusionati.
Speriamo non sia il mostro!
Come potrebbe esserlo!, ribatté la sua coscienza stizzita. È troppo piccolo!
Infatti, dopo pochi secondi, dal groviglio di rami spuntò prima una manina paffuta, seguita poi da un corpicino che scapicollò ai piedi dello stregone. Anthel sussultò e si mise in guardia, in attesa che la ragazzina dai corti capelli corvini venisse seguita a ruota da qualche creatura. Dopo essersi accertato che la via fosse libera e che non dovesse caricarsi in spalla la bimba per fuggire come una lepre, si chinò su di lei per verificarne le condizioni.
“Stai bene?”
Lei mugolò qualcosa, alzando la testa e squadrando il ragazzo che aveva di fronte. Gli lanciò un'occhiata diffidente e si soffermò sulla testa per una manciata di secondi.
Avrà anche lei da ridire sui miei capelli...
“Va tutto bene?” chiese ancora.
Elorin giunse in quell'istante, i capelli pieni di foglie e rametti incastrati nei ghirigori della corona. Appena lo vide, la bambina si alzò di scatto e afferrò le gambe del secondo erede al trono.
“SIETE IL PLINCIPE ELOLIN?!”
“Che diamine stai facendo?! -chiese questi, colto alla sprovvista- Staccati!”
“Aiutatemi! La plego!”
Anthel si affrettò a cingere la ragazzina per i fianchi e iniziò a strattonarla, in modo che mollasse la presa ferrea sul Principe, ma questa gli assestò una potente gomitata allo stomaco. Il poveretto iniziò a boccheggiare e la lasciò andare.
Pregava insistentemente l'aiuto del Principe con il suo difettuccio di pronuncia, scuotendolo per i pantaloni e per le braccia, senza dargli un attimo di respiro.
“Aiutami a salvale mia solella! È tenuta pligioniela da un mostlo blutto e cattivo!” fece per l'ennesima volta, quasi appiccicando la faccia lentigginosa al viso del biondino, che notò vari spazi tra i denti della bambina.
“Sei una delle ragazze rapite?” Anthel aveva ripreso a respirare correttamente e le aveva poggiato una mano sulla spalla.
“Che vuole questo lagazzo stlano?!”
Lo sguardo assassino della bimba lo fece rabbrividire, da una parte sembrava lo stesso di Teranis quando aveva fatto cadere la pozione di potenziamento (tinta blu) e questo lo fece sudare freddo.
Ho come l'impressione che questa brutta avventura non finirà presto...
“Lo so che è difficile da credere, ma quello strano ragazzo è l'uomo che ho nominato Eroe! Sembra deboluccio, ma da solo ha sgominato un'intera armata di ladri! Impressionante, vero?”
Credo che il tuo ego ti dia una visione abbastanza distorta della realtà...
Gli occhi grigi della ragazzina si illuminarono della stessa luce speranzosa prima riservata solo a Elorin anche per l'altro giovane. Saltò giù poi dalle spalle del Principe e fissò nuovamente il ragazzo dai capelli azzurri, incredibilmente interessata alla spada che teneva in mano.
“Potete davvelo aiutalmi?”
“Ci penserai tu! Vero, Anthel?”
Lo stregone sospirò al tono spocchioso del suo sovrano, che tutto voleva meno che prodigarsi in un'altra operazione di salvataggio quando quella di Sefia era ad un punto morto (già dai primi due giorni) e si inginocchiò all'altezza della piccola: “Intanto, ci diresti il tuo nome?”
“Mi chiamo Lola!”
“Che bel nome! Allora, come sei fuggita?”
“Muoviti Anthel! Non ne posso più di aspettare e ho fame!” borbottò il biondino incrociando le braccia, pronto ad alzare i tacchi per tornare a casa. La ragazzina sembrò ignorare il commento di Elorin e incominciò a parlare col suo tono infantile e abbastanza buffo.
“Il mostlo è andato a caccia, quindi sono uscita da quella glotta! Ma davvelo aiutelete la mia solellona?”
“Certo, ma prima l'Eroe deve riaccompagnarmi al Castello! Sono un Principe e non posso fare queste cose!”
Elorin annuiva ad ogni sua parola, come fossero oro colato, spiegando chiaro e tondo la sua posizione in merito al salvataggio, e sorrideva assaporando già la morbida imbottitura del trono che avrebbe accolto il suo regal deretano. Intanto, il malcapitato stregone non capiva dove volesse andare a parare l'amico: prima dava la sua disponibilità (quella dell'Eroe, sia chiaro) e poi lo costringeva a tirarsi indietro per fargli fare altro. Anthel si limitò ad alzare le spalle, quando poi la bimba lo sorprese con un gesto che si sarebbe comunque dovuto aspettare.
“TU COSA?!” Lola lo afferrò per il colletto e lo trascinò all'altezza del suo viso, quasi piegando a metà la schiena del ragazzo tanto lei era bassa. Il suo tono era autoritario e spaventoso, sembrava un piccolo demonietto (o almeno fu quella l'impressione che ebbe il Principe) e i suoi occhi ripresero a brillare di quella scintilla malefica e assassina tipica di Teranis.
“Tu adesso vai a lecupelale la mia solellona! Intesi?” fece scandendo lentamente e minacciosamente le parole.
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo terrorizzato e deglutirono all'unisono, poi Elorin tentò di trovare una scappatoia con le sue ottime doti da oratore. Che diamine! Era riuscito a mercanteggiare con una ladra, perché non avrebbe dovuto riuscirci con una bambina di sette anni?
“D-Devo farmi accompagnare al C-Castello per o-organizzare l-l'esercito, in modo da uccidere una volta per t-tutte quel mostro...”
“H-Ha ragione! -fece Anthel, con l'intento di supportare l'amico (anche lui voleva tornare a casa, per quanto gli riguardava, aver trovato Lola illesa era già tanto)- Ho già lottato contro q-quel c-coso e ti assicuro c-che è v-veramente forte!”
Vennero nuovamente fulminati, gli occhietti della bambina diedero loro l'impressione di aver combinato un gran guaio a cui non si poteva porre rimedio. Il brutto presagio di Anthel si era realizzato manco fosse un veggente, ma non bisognava essere dei geni per capire che quella bambina aveva un gran bel caratterino: avrebbero fatto quello che Lola voleva, volenti o nolenti. Purtroppo per loro.
*****
“Ti odio...”
“Lo ha già ripetuto più di mille volte...” rispose Anthel per l'ennesima volta, ormai atono.
Pensa un po'! È stata la stessa cosa che ho detto quando mi hai affibbiato questo compito ingrato, aggiunse nella sua testa come faceva di solito. Chissà che tipo di scenata avrebbe fatto Elorin se avesse davvero detto quelle cose? Lo stregone preferiva non saperlo.
“Ti odio... E questa grotta fa veramente schifo!”
“Lo so...” un altro sospiro, seguito da un colpo di tosse a causa di un olezzo che il giovane avrebbe preferito non sentire più. Ripresero a scendere, sempre più in profondità, in una galleria (scavata da cosa, era meglio non saperlo) dalle pareti abbastanza larghe da far passare non uno, ma ben due orchi adulti.
“Che ti è saltato in mente?! Perché diamine hai deciso di accontentare quell'esserino terrificante?”
“Sua Altezza aveva detto, e cito testuali parole, che come Eroe non avrei mai dovuto negare i miei servigi a nessuno... Quindi eccoci qui! E poi, quella Lola era spaventosa...”
Elorin sbuffò e si cinse le braccia al petto, (non sono mica io l'Eroe) dando un calcio ad un sasso che rotolò di fronte allo stregone, finendo nel buio della caverna. La pietra continuava a rotolare, senza incontrare ostacoli, cosa che mise i due abbastanza a disagio. La grotta sembrava non avere fine e ciò significava due cose, anch'esse piuttosto inquietanti: primo, se ci fossero stati altri cunicoli, avrebbero faticato a ritrovare l'uscita e secondo, se davvero il mostro aveva messo dimora nel cuore di quel tunnel, ciò significava che i loro futuri tentativi di fuga sarebbero stati assai ardui.
“Fai l'Eroe quando conviene a te...”
“Certo, come no! Sono stato proprio il primo a voler avere a che fare con questa storia e a prenotarmi per questa gita!”
“Percepisco una nota di sarcasmo? Guarda che riesco a fiutarlo a chilometri di distanza!”
Non sai quanto ci credo...
Rimasero a lungo in silenzio, evitando probabilmente di guardarsi in faccia, viste le continue frecciatine delle ultime ore. Dovevano rimanere uniti e non era una buona idea continuare a punzecchiarsi. Anthel avrebbe potuto sopportarlo per l'eternità (le cose non sarebbero cambiate da un giorno all'altro), ma Elorin era di tutt'altro avviso. Un tipetto spocchioso e permaloso come lui avrebbe potuto benissimo girare i tacchi e andare via, ma la cosa che più preoccupava lo stregone era lasciarlo effettivamente prendere la sua strada: il biondino meno di lui sapeva maneggiare un'arma, non sarebbe nemmeno riuscire a brandire un ramo per difendersi, e farlo arrabbiare avrebbe implicato un'altra rottura di capo.
Certe volte, è meglio tacere!
“Sua Altezza... Secondo voi, come sta la Principessa Sefia?”
Elorin fu colto abbastanza alla sprovvista da quella domanda, nonostante dovesse essere il loro chiodo fisso in quanto 'Damigella da salvare', e scosse la testa in una risposta neutra.
Infatti, mentre i due giovani tentavano di farsi strada per l'immenso regno di Mistral, Sefia sedeva nella sua cella, dondolando i graziosi piedini sopra le raffinate ballerine di velluto argentato.
Tra le mani, teneva uno dei suoi fazzoletti di seta bianca, quelli che le tipiche principesse delle fiabe consegnano ai loro salvatori come simbolo di gratitudine, e non faceva che tirarlo, fermandosi ogni tanto a rimirarne le pregiate cuciture.
“Mi chiedo come stia il mio fratellino... Sarà preoccupato non vedendomi tornare!”
Sospirò a fondo, ignorando l'ennesimo gorgoglio del suo stomaco, messo a stecchetto dal misterioso rapitore che, ripensandoci a mente lucida, non aveva ancora visto in faccia. Aveva avuto il tempo di scrivere un bigliettino mentre lui faceva lo stesso, non senza difficoltà gettando a destra e manca pezzetti di carta tutti stropicciati.
Aveva riso di gusto quando l'essere in nero aveva iniziato ad inveire contro la grandezza delle sue mani e le ridottissime dimensioni della penna d'oca che le aveva rubato. Aveva maledetto persino il piccolo tavolino di fronte allo specchio, che lo aveva costretto ad assumere una posizione che alla Principessa aveva ricordato una tartaruga di mare. Sapeva di non dover ridere, dopotutto aveva fatto irruzione nella sua stanza da uno strano portale di oscurità pura e aveva anche minacciato di ucciderla, ma la situazione aveva preso una piega ben diversa da quello che si era aspettata.
“Non era questa l'idea che avevo di 'rapimento'...”
Sefia gettò la testa all'indietro, fissando la piccola porzione di cielo che intravedeva dalle sbarre della finestra. Il cielo era rosso sangue, non aveva cambiato tonalità da quando si era svegliata, e stormi di grossi uccelli dal collo e dalle ali lunghissime volavano in cerchio sopra la fortezza in cui si trovava.
“Chissà quando tornerò a casa... Se Anthel ha avvertito Elorin, non dovrebbe passare molto tempo prima che arrivi qualcuno a salvarmi!”
Si mise a riflettere per un attimo. Si fidava davvero del suo fratellino? Beh, non sarebbe stato troppo complicato per lui mandare qualche guerriero a salvarla. Bastava che dicesse una parola e sicuramente qualcuno sarebbe partito. O almeno era quello che sperava e, date le circostanze, non poteva far altro che aver fiducia nel suo non-particolarmente-sveglio fratello minore.
“Credi davvero che arriverà un Eroe a salvarti?”
La giovane donna sussultò nell'udire quella voce profonda e cavernosa, così ridondante che sembrava riuscire a produrre un eco anche in una stanza piccolissima. Da fuori le sbarre, immerso nel buio di quella prigione, si stagliava una figura completamente nera, avvolta in un anonimo mantello di velluto. La giovane strinse gli occhi azzurri e cercò di mettere a fuoco il suo interlocutore, il cui viso avvolto dalle tenebre mostrò un sorriso che parve una mezza luna.
“Sono la futura regina di Mistral, difficilmente qualcuno potrebbe non accorgersi della mia scomparsa!”
Sefia infilò i piedi nelle scarpette e si avvicinò non senza timore alle sbarre. Più la distanza col suo rapitore diminuiva, più sentiva l'alone di malvagità che lo avvolgeva. Eppure, per qualche motivo, non ve aveva paura. Non confidava esattamente nell'arrivo preventivo di qualcuno, sapeva sarebbe stata salvata, ma quell'essere non la spaventava.
Rispose al sorriso minaccioso di lui con uno gentile e inaspettato. Questi si irrigidì impercettibilmente alla calma della giovane e mosse una mano nelle tenebre, come a invitarla ad avvicinarsi ulteriormente.
“Perché non ti arrendi al fatto che diverrai la mia bellissima sposa? Insieme faremo grandi cose e il mondo tremerà di fronte alla nostra grandezza!”
“Non capisco a cosa potrei servirti... Potresti lavorare alla tua conquista senza di me...” mormorò la Principessa, scostandosi un ciuffo di capelli che le solleticava la fronte.
“Oh, se mi servirai! Forse non lo sai, ma sei più importante di quello che credi! Per adesso faresti meglio a fare come dico io!”
“E se mi rifiutassi?”
Sefia voltò le spalle e assunse il tipico atteggiamento spocchioso del fratellino, che molte volte invidiava perché riusciva a sembrare più forte di quello che era. E in quel momento anche lei doveva dimostrarsi più forte per non cedere a qualsiasi situazione.
Chissà come sta Elorin, adesso...
L'essere ghignò spaventosamente, le pareti furono colte da un tremito che fece scivolare giù qualche granello di polvere, e afferrò le sbarre con le sue enormi mani. Peccato per Sefia che quelle non fossero mani. Parevano più artigli, lunghi e ossuti, ricoperti da una fitta peluria dall'aspetto tutt'altro che morbido: quel 'pelo' pareva essere fatto di grosse spine metalliche che contornavano lunghe unghie ricurve.
Ora capisco perché fosse tanto in difficoltà al Castello, con quelle zampacce...
Trattenne una risatina e rimase in attesa della risposta del mostro. La paura non era proprio tra le sue priorità, ma presto avrebbe cambiato idea.
“Perché nessuno sa dove ti trovi... E i due ragazzi che stanno venendo a salvarti non sembrano particolarmente furbi!”
“Quali ragazzi?!”
Il Signore del Male indietreggiò e mosse quegli strani arti che si illuminarono di una luce bluastra, che però non permise alla ragazza di scorgerne il volto. Il bagliore iniziò a prendere consistenza fino a diventare una specie di fluido che si espanse in una larga macchia, grande quanto il fazzoletto della ragazza dai capelli argentati.
Nello strano liquido iniziarono a formarsi delle immagini, prima molto confuse e sfocate, poi sempre più definite.
“ELORIN?! ANTHEL?!”
I due ragazzi erano all'interno di un largo tunnel naturale e camminavano in un silenzio carico di tensione. Anthel indossava un'armatura che la ragazza non aveva mai visto e la sua attenzione venne attirata da una delle preziose spade date in dono ai guerrieri più valorosi.
“Che diamine stanno facendo?!” chiese più a se stessa che al suo futuro marito. Era sconvolta e confusa. Perché quei due sarebbero usciti dal Castello? Stavano andando a salvarla? Voleva sperare vivamente che la risposta fosse negativa. Il suo imbranato e deboluccio fratellino e l'altrettanto imbranato e deboluccio amico d'infanzia a combattere contro l'Oscurità per salvarla? Scosse la testa e prese un profondo respiro: “Chi mi dice che non sia un tuo trucco?”
“Perché non ho idea di chi siano quei ragazzi... Sono semplicemente entrati nel territorio di un mio sottoposto!”
La mascella della Principessa si abbassò repentinamente e, dopo aver deglutito appena, parlò nuovamente: “C-Che tipo di sottoposto d-dovrebbe essere?”
“Un orco delle montagne!”
Elorin si era seduto su una cassa di legno chiusa da cui proveniva un forte odore di cavoli sul punto di marcire. Avevano trovato quello che il mostro utilizzava come deposito e vi si erano fermati a riposare. Il biondino aveva ordinato ad Anthel di tirar fuori qualcosa da mangiare, accompagnando l'ordine con qualche borbottio rivolto alla Principessa dei Ladri che si era rifiutata di dar loro qualche provvista.
“Non dovremmo cercare gli ostaggi? Mangeremo una volta fuori di qui...”
“E come pensi di farlo a stomaco vuoto?”
“D-Da una p-parte Sua Altezza ha ragione, ma il mostro potrebbe tornare da un momento all'altro...”
“Non dire sciocchezze! Questo non è un atteggiamento da Eroe!”
Lo stregone scosse la testa e riprese a frugare nella grossa cassa che aveva di fronte, lasciando che Elorin impugnasse la sua spada. Rigirava l'elsa tra le dita, la punta come perno, e se la passava da una mano all'altra, in attesa del suo pasto.
“Dopo questa faccenda dell'orco, chiederemo al Gran Mago una mappa per trovare Sefia...” mormorò poi, catturando l'attenzione dello stregone che era riuscito a trovare un paio di focacce all'olio.
“Eh? Vuole accompagnarmi a salvare la Principessa? O manderà qualcun altro al posto mio?”
“Cosa? Ovvio che non verrò con te! Fossi pazzo!”
Che diamine ti aspettavi, stupido Anthel!
“Piuttosto, mi sembra stupido farti girare a vuoto, ti converrebbe andare direttamente là... Non ho ragione?”
L'apprendista fece per rispondere, ma la terra iniziò a tremare e un ruggito parve attraversare i lunghi tunnel prima percorsi dalla strana coppia. Il Principe si lasciò sfuggire un gridolino sommesso, allontanando la spada verso il suo degno proprietario, dietro cui dopo si sarebbe nascosto.
“Io le avevo detto che non era una buona idea fermarsi!”
“Non ti arrabbiare! Cosa pensi dovremmo fare?”
Anthel si passò le mani tra i capelli azzurri con talmente tanta foga da far saltare l'elastico che li teneva legati e afferrò la spada, diretto verso il cuore della caverna. L'uscita era sicuramente occupata dal mostro e l'unica via possibile era verso l'interno, dove probabilmente erano rinchiusi gli ostaggi. Elorin non sembrava affatto entusiasta di ritrovarsi in quella situazione, una parte di lui avrebbe forse desiderato essere ancora sotto l'effetto della pozione del Grande Mago, almeno non se la sarebbe fatta sotto dalla paura e magari sarebbe stato più utile anche all'Eroe, ma sfortunatamente non era così.
Ripresero a correre, sempre dritto, sentendo più vicini sia i ruggiti sia la puzza del padrone di quel buco.
“Si fermi! Mi sembra di aver sentito qualcosa!”
“So cosa hai sentito! Era l'orco!” replicò Elorin sul punto di una crisi di nervi.
“Non quello! Mi pare di aver sentito delle voci... Potrebbero essere gli ostaggi!”
E in effetti era così. Poco più avanti, le pareti del tunnel si allargavano in una grossa stanza, piena di gabbie e anfore contenenti animali e altri generi alimentari che ormai non sembravano più tanto commestibili. In fondo, alla destra dei due, c'era una piccola cella di legno, simile a quelle degli animali da circo, in cui erano rinchiuse diverse ragazze tra i dieci e sedici anni. Tra queste, ne spiccava una per i suoi occhi grigi e i lunghi capelli corvini, gli stessi del piccolo demonietto che li aveva spediti in quel maleodorante anfratto.
“Chi siete?” fece la sorella di Lola, diffidente, mentre si frapponeva tra le sbarre e una coppia di gemelline.
Il principe venne subito attirato dalla bellezza della ragazza e si fiondò verso la sua prigione, con un sorriso a trentadue denti e il suo charme principesco.
“Sono il Principe Elorin! E questo è Anthel, un Eroe! Siamo venuti a salvarvi, mie care donzelle!”
A quell'affermazione, la ragazza lanciò un'occhiata curiosa verso il povero stregone, più interessato a controllare l'unica uscita a disposizione, mentre le sue dita cercavano nervosamente un nuovo elastico per capelli. Anthel pensò che forse avrebbe dovuto tagliarli, stavano diventando abbastanza fastidiosi, ma Sefia lo aveva pregato di non farlo ed ora eccolo lì, a scaricare l'ansia su un piccolo elastico legato al polso.
“S-Sua Altezza! Dobbiamo s-sbrigarci... Sento che l'orco sta tornando!” disse senza nemmeno guardare le ragazza che erano venuti a salvare. Non ne era assolutamente interessato e a buon ragione: la priorità era la fuga.
Raggiunse il secondo erede al trono, che tutto faceva meno che pensare a liberare gli ostaggi, e si mise ad analizzare la porta della cella, chiusa fortunatamente solo da una pesante corda. Sarebbe bastato un fendente e parte dell'impresa si sarebbe compiuta. Bastava solo quello e un paio di gambe abbastanza veloci.
Anthel iniziò quindi a trafficare con la spada, mentre Elorin sembrava voler entrare spudoratamente nelle grazie della fanciulla in difficoltà. Cercava di sfiorarle il viso con le dita, le sorrideva sornione e ammiccava in continuazione, sfoderando il suo charme principesco che a nulla avrebbe condotto se non ad un malcelato due di picche da parte della ragazza. Non era certo il momento di sembrare scorbutiche davanti al proprio salvatore, no?
“Maestà, è stata la mia sorellina a chiedere il vostro aiuto? -chiese la giovane, che prendeva il nome di Aster -È al sicuro?”
“Oh, mia cara! Mi sono personalmente occupato di nascondere quel dolce frugoletto da qualunque malintenzionato! Non devi preoccuparti di nulla!”
L'apprendista scosse la testa, ormai abituato alla strana visione che l'erede di Mistral aveva della vita, e lasciò correre il discorso tanto era intento a tagliare la corda.
Ci metterei di meno, se Sua Altezza si degnasse di aiutarmi e smettesse di fare il Don Giovanni...
Purtroppo per lui, non riuscì ad aprire la porta che un forte olezzo e le urla delle ragazze lo fecero trasalire e abbandonare l'arma a terra. Quasi volle scappare e trascinarsi dietro Elorin, tanto il ricordo della sua prima sconfitta era vivido e terribile.
I due ragazzi si voltarono lentamente e il biondino parve avere un mancamento. La sua pelle era sbiancata di botto e le ginocchia avevano preso a tremare come foglie al vento. Forse ora capiva in che situazione del cavolo aveva spedito il suo migliore amico. O lo avrebbe capito a breve.
Cercò di trattenere un urlo e fece di tutto per mantenere il sangue freddo di fronte all'enorme creatura, che lo osservava con famelica curiosità.
“Cosa ci fate nella mia casa, moscerini?” chiese come un tuono.
“C-Chi hai chiamato 'moscerino'? Come osi rivolgerti così al Principe di Mistral?!” chiese, ferito nell'orgoglio.
Anthel lo strattonò per un braccio, facendoselo cadere addosso, appena vide il mostro alzare la sua mazza contro il secondogenito del Re. L'arma si schiantò con un tonfo, sollevando una densa coltre di detriti che nascose alla vista la gabbia semi aperta. La terra aveva tremato per pochi istanti, i piedi dei due ragazzi a pochissimi millimetri dalla punta chiodata e il terrore dipinto sui loro volti.
“M-Mi h-hai salvato la v-vita...”
“Lo so...”
“Ah, mi ricordo di te, gamberetto! -fece poi il mostro, notando lo stregone mentre riafferrava la spada tra movimenti convulsi e goffi- Sei diventato blu dalla paura?”
Circa, fu la mai espressa risposta del giovane.
“Questa volta riuscirai a sconfiggermi? O devo iniziare a preparare il fuoco per cuocerti?”
“S-Smettila di farti trattare così, Anthel! Facciamogli vedere con chi ha a che fare!” fece Elorin, rialzando l'Eroe per la spalla. Si fissarono per una frazione di secondi, gli occhi azzurri del Principe in quelli verdi dello stregone, in una muta conversazione che come tema principale doveva avere una qualche strategia per uscire vivi da quell'impresa.
Cosa dovremmo fare?, implorò mentalmente l'apprendista.
Il biondino rivolse uno sguardo strafottente all'amico che mascherava perfettamente il terrore di pochi istanti prima, per poi fare l'occhiolino alla sua damigella in difficoltà, come farebbe un vero Eroe coraggioso e confidente. Aster, come il resto delle ragazze, rimase in silenzio, pregando che i due riuscissero a farla franca.
“Che avete intenzione di fare, moscerini?”
“Facile! Ti sconfiggeremo!” proclamò il Principe che, con gesto veloce e inaspettato, afferrò Anthel per il braccio destro e lo scagliò contro l'enorme bestia. Questa venne colta di sorpresa (e come dargli torto) e si ritrovò la spada del giovane conficcata nello stinco. Il dolore fu atroce e incredibile, come la sensazione che provò lo stregone nell'essere riuscito (non per sua volontà) a compiere un vero e proprio attacco dall'esito felice.
Si voltò per inveire e da una parte ringraziare l'amico, ma questo si era già premurato di tagliare quello che rimaneva della corda e darsi alla fuga salutando con la mano, lasciandolo ad un epico duello con l'orco ferito.
CHE DIAVOLO SIGNIFICA?!, urlò mentalmente, osservando Elorin sorridere beffardo mentre conduceva le ragazze verso il tunnel da cui erano arrivati.
“TU! MALEDETTO GAMBERETTO!”
L'orco ruggì furiosamente, iniziando a battere gli enormi piedi per terra, con l'intento di calpestare il giovane apprendista ancora attaccato all'elsa della spada. Veniva scosso su e giù, a destra e a sinistra, senza che le sue dita decidessero di mollare la presa sull'arma. La paura lo aveva paralizzato e probabilmente solo Elorin avrebbe potuto farlo uscire da quello stato catartico in cui era caduto.
“LASCIAMI!” inveì ancora il mostro, la cui pazienza era già a tre metri sotto terra, esattamente dove avrebbe voluto ficcare il suo piccolo avversario. Mosse velocemente la gamba ferita, come dovesse calciare un pallone, e scaraventò Anthel verso il suo sovrano.
I due si ritrovarono nuovamente a terra, uno addosso all'altro, questa volta da soli e senza possibilità di fuga.
“C-Che dolore...”
“A-Anthel! Che diamine stai facendo?! L-Levati di dosso!” fece il Principe spingendo via l'amico. Lo stregone dai capelli azzurri rotolò via dalle gambe di Elorin, mentre il mondo attorno a lui continuava a girare vorticosamente.
“Dove hai messo la spada? Quel coso non ci metterà molto a contrattaccare!”
Anthel scosse la testa e rialzò lo sguardo in cerca dell'arma, ancora conficcata nella carne verdognola del mostro. Trasalì a quella scena, soprattutto alla vista del rivolo di sangue ai bordi della lama e si chiese in quale modo avrebbe potuto recuperare la sua preziosa spada.
“Oh, fantastico! Come pensi di combattere ora?”
Gli occhi smeraldini dello stregone si posarono sulla figura del giovane nobile, con aria seria e piena di rancore. L'espressione era dura, quasi cattiva, e pareva pretendesse la testa del Principe su un piatto d'argento.
“Non ho intenzione di farlo da solo!”
L'orco fece nuovamente tremare la terra e si avvicinò pericolosamente ai due, bloccando la loro unica via di fuga con un colpo del suo pesante randello. Un paio di rocce caddero dal soffitto e un ruggito li fece trasalire ancora.
“VOI DUE! LA PAGHERETE CARA!”
La clava calò ancora, senza riuscire a colpire i due ragazzi, che schivavano gli attacchi come meglio potevano. Saltavano e rotolavano, scattavano e correvano, ma di attaccare a loro volta non se ne parlava affatto.
“In che senso non hai intenzione di combattere da solo?!” urlò Elorin, trovando rifugio dietro ad una cassa di legno.
“Sua Altezza mi ha cacciato in questo guaio, quindi ora deve aiutarmi ad uscirne!”
“TU SEI PAZZO!”
“AVETE FINITO DI CHIACCHIERARE? COMBATTETE O MORITE!” tuonò il mostro, più interessato a cercare di acchiappare Anthel, che non era riuscito a trovare un rifugio perché distrutti dalla furia del suo primo Boss.
“Non sono pazzo! Siamo nella stessa barca! -gridò evitando l'ennesima serie di colpi, per poi inciampare sui resti della gabbia che conteneva gli ostaggi e cadere a terra- Se affondo io, lei viene giù con me!”
Da dove venisse tutto quel coraggio non lo sapeva, di solito non si sarebbe ribellato ad Elorin, ma ora che c'era in gioco la sua vita, non poteva far altro che dar sfogo alla sua rabbia. Non aveva pensato che se fosse sopravvissuto, il biondino lo avrebbe sottoposto a una terribile punizione e ad una lavata di capo che sarebbe durata fino al compimento dei suoi vent'anni, ma in quel momento non importava. Nonostante il suo accompagnatore fosse palesemente nel torto, sarebbe stato lo stesso stregone a pagare le conseguenze delle sue decisioni, ma l'unica cosa che sicuramente sarebbe successa se avesse fallito, sarebbe stata la caduta del secondo erede al trono. Non che fosse un grande problema in presenza della Principessa, ma anche lei non c'era e questo avrebbe solo portato alla caduta stessa del potente Regno di Mistral.
Non si accorse della risposta di Elorin, tanto meno dell'ennesimo attacco dell'orco. Era ancora per terra, con la faccia sporca di polvere e la testa fra le nuvole, e non fece in tempo a spostarsi che si vide il randello scendere in picchiata sulla sua figura.
Chiuse gli occhi e attese l'impatto, ma invece di ritrovarsi spiaccicato sul pavimento, si sentì spintonare da un paio di mani.
“Lo sai che non devi mai chiudere gli occhi, di fronte al proprio avversario?”
“T-Teranis?!”
Anthel cercò immediatamente con lo sguardo il Principe, anche lui spaesato e confuso, mentre la ragazza dai capelli ramati si rialzava e incitava lo stregone a fare lo stesso, il tutto accompagnato da un calcio nel costato di lui.
“Dove sono i ringraziamenti? Ti ho salvato la vita!”
“Eh?”
La Principessa dei Ladri estrasse la scimitarra destra e la fece roteare con abile mossa, per poi scattare all'indietro, mentre un secondo colpo calava veloce. Lo stregone rotolò su se stesso per evitarlo, poi sentì nuovamente una mano strattonarlo per il colletto, all'altezza della nuca.
“Hai battuto la testa o sei così scemo da non riuscire ad evitare un mostro così lento?”
“C-Che ci fai qui?!” urlò Elorin dall'altro capo della stanza. Non osò avvicinarsi, rischiare di farsi vedere era un'opzione non contemplata e urlare era la cosa più ragionevole da fare. Sarebbe dovuto andare ad aiutare il suo campione, ma secondo lui era meglio tener salva la pelle.
“Molto coraggioso da parte tua, 'Sua Altezza', non combattere!”
Il Principe sentì un ruggito salirgli su per la gola, ma preferì rimanere in silenzio e fissare il mostro, piuttosto arrabbiato per non essere riuscito a colpire lo stregone dai capelli azzurri.
“Che fai, Eroe? Non hai intenzione di lottare?”
“N-Non ho p-più la spada...” mormorò Anthel, cercando di evitare lo sguardo indagatore della ragazza, che non ascoltò completamente quello che lui aveva da dire: sapeva già dov'era l'arma, l'aveva vista conficcata nella gamba del mostro, ma sperava che l'apprendista le propinasse qualche scusa e invece niente.
Aveva fatto spallucce e si era lanciata all'attacco, ferendo il mostro con un veloce fendente e estraendo la spada dell'Eroe dall'arto muscoloso. Con un scatto, indietreggiò velocemente e schivò la serie di colpi che seguirono. Non fece caso alla direzione che stava prendendo, procedeva sicura sotto lo sguardo ammirato di Anthel, che notò il mostro e la ladra avvicinarsi pericolosamente a Elorin.
“ALTEZZA!”
Il biondino ebbe un tuffo al cuore, si era sentito al sicuro fino a quel momento e nessuno lo aveva mai preparato ad una simile situazione. Teranis era ormai troppo vicina per poterle far cambiare direzione e il Principe era con le spalle al muro. Alla sua destra c'era un ammasso di casse e anfore, mentre alla sua sinistra c'era solo la parete di roccia. L'orco descrisse un largo arco che la ladra evitò con estrema facilità, diversamente da Elorin, che per poco non venne colpito alla testa. Il grosso randello spazzò via il resto delle casse e parte della parete, che rivelò una piccola nicchia nascosta.
Quella piccola rientranza sembrò un ottimo nascondiglio e subito ci si fiondò dentro, sentendo alle sue spalle lo scontro che imperversava. Avvertì in lontananza Anthel ringraziare timidamente la ragazza, sentì questa prenderlo pesantemente in giro a causa delle sue scarse abilità e probabilmente captò qualche insulto diretto alla sua persona.
Scosse la testa e si accorse di non avere più addosso la corona, che ritrovò in frantumi ai piedi di una vecchia stele ricoperta di muschio.
Lanciò un urlo di disperazione, chinandosi a raccogliere quello che rimaneva del gioiello della Famiglia Reale. Le mani smisero di tremare quando si rese conto dei frammenti di ferraglia malamente battuta e un'aura di puro odio sembrò iniziare avvolgere il giovane, la cui rabbia era indirizzata alla ladra che lo aveva preso in giro.
Alzò lo sguardo per attirare l'attenzione di Teranis, ma qualcosa davanti a lui divenne ancora più interessante. La stele che aveva di fronte presentava delle strane incisioni in caratteri antichi, che più volte aveva visto nella stanza del trono. Non che gli interessasse lo studio delle lingue antiche, ma qualcosa l'aveva imparata a leggere, sempre perché qualcuno era solito infilargli un libro sotto al naso. Gli era sempre stato detto che quella conoscenza lo avrebbe portato lontano e quell'affermazione ora non sembrava così poi tanto priva di senso.
“Q-Quando il Male... Imperverserà, un Eroe f-farà la sua comparsa... -lesse incerto di ogni parola, irrimediabilmente attaccata e corrosa dal tempo- Dagli o-occhi di smeraldo, fiero come un l-leone, compirà il suo v-viaggio che lo c-condurrà in capo al mondo... Alla ric... Medesimo sang...”
Elorin scosse la testa confuso, avendo capito poco o niente della misteriosa stele. Si alzò poi, verso l'esterno della nicchia per vedere a che punto fossero i due guerrieri, con l'intento di chiedere ad Anthel se non avesse mai sentito parlare di qualcosa di simile.
“Un Eroe dagli occhi di smeraldo... Farà la sua comparsa quando il Male arriverà...” fece tra sé e sé, notando il campo di battaglia in condizioni terribili, tra vasi frantumati, terra smossa e casse distrutte, tra cui però non riusciva a vedere il suo campione e la ladra che li aveva da poco raggiunti. Al centro della grande sala, c'era solo l'orco che si guardava attorno con fare circospetto, mentre numerose ferite gli ricoprivano la pelle verdognola.
“Allora, dove diavolo siete finiti, moscerini?”
Non ci fu nessun tipo di risposta, il Principe sembrava essersi ritrovato da solo, i suoi due combattenti svaniti nel nulla, mentre un mostro circolava libero per la stanza. Quali erano le sue opzioni? Non molte, a giudicare dalla situazione. Poteva starsene rintanato nella sua nicchia e sperare che il mostro se ne andasse di nuovo a caccia, oppure poteva tentare la fuga e lasciare lì Anthel e Teranis. Non era sicuro sul da farsi, invocava semplicemente l'aiuto dell'Eroe... L'aiuto di quel giovane valoroso dagli occhi di smeraldo...
“A-Aspetta! C-che quella stele f-faccia riferimento ad Anthel?!”
Angolo Autrice ^^
Salve a tutti, cari lettori!
Allora, come va? Spero ve la passiate meglio di me (questa sessione estiva è terrificante) e che altro dire? Le solite cose, ossia spero che la storia vi sia piaciuta e che abbiate voglia di farmi sapere che ne pensate (mi piacerebbe ricevere qualche feedback, per sapere se non sto scrivendo troppo cretinate ^^)
Alla prossima e grazie a tutti coloro che hanno aperto e letto questi miei deliri!
Un bacione,
DS
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Capitolo 6 *** Campagne e Leggende ***
Anthel respirava affannosamente e si guardava attorno terrorizzato, in attesa dell'ennesimo attacco della bestia. Il cuore gli martellava nel petto con foga e il sudore gli imperlava la fronte, appiccicando numerose ciocche azzurre alla pelle chiara del viso.
“Mi hai capito o devo rispiegarti il piano?” borbottò Teranis, dopo aver controllato che l'orco fosse ancora alla loro ricerca. Questo si muoveva lentamente, feroce come una tigre in cerca di cibo, spostando e colpendo qualsiasi cosa si trovasse di fronte. Camminava piano, le sue gambe lasciavano dietro di sé sottili scie di sangue proveniente dalle numerose ferite inferte dalla ragazza. Erano tagli superficiali, niente di troppo grave, semplicemente dei colpi sferrati per guadagnare tempo e questo Teranis lo sapeva benissimo. Sapeva inoltre che, per quanto lei potesse essere abile, non avrebbe mai potuto abbatterlo da sola, aveva bisogno di qualcuno che gli desse il colpo di grazia e Anthel capitava a fagiolo.
“D-Dov'è il Principe E-Elorin?” balbettò lo stregone, facendo spuntare la testa blu dalla roccia dietro cui si era nascosto in cerca dell'amico.
“Abbassati e non preoccuparti di quell'idiota! Devo ripeterti il piano o no?”
“S-Sì, per favore...” fece a voce bassa, timoroso e spaventato. Era infatti la paura ad annebbiare la sua mente, non riusciva a ricordare cosa la ladra gli avesse detto qualche minuto prima, forse perché intento a sopravvivere con le sue scarse capacità.
Teranis tirò fuori dalla cintola il pugnale che aveva usato per slegare Elorin e lo lanciò allo stregone che cercò di afferrarlo al volo, facendoselo cadere dolorosamente sulle cosce. La ladra si voltò poi verso il campo di battaglia, preparando la sua seconda scimitarra, e si rivolse nuovamente all'Eroe.
“Io distrarrò quel mostro come ho fatto prima. Continuerò a ferirlo e cercherò di attirarlo in una posizione favorevole. E lì dovrai entrare in scena tu!”
“I-In che senso?”
“Tu gli darai il colpo di grazia! Dovrai conficcare quel pugnale nel suo collo!” disse mimando il gesto con la mano libera, indicando esattamente il punto con l'indice e il medio, con una freddezza tale da gelare il sangue dello stesso Anthel. L'apprendista sobbalzò alla richiesta della ragazza e scosse violentemente la testa, negativamente. Si stava rifiutando categoricamente di compiere una simile azione, il dover uccidere qualcosa lo terrorizzava, così come il dover farlo rischiando la propria vita in un tentativo a dir poco suicida.
“Che diamine hai?”
“Tu sei fuori di testa! Non posso fare una cosa del genere! A mala pena riesco a uccidere una mosca, figurati quel coso!” disse mangiandosi la metà delle parole.
La Principessa dei Ladri lo squadrò in cagnesco, chiedendosi come, effettivamente, avesse mai potuto Elorin nominarlo Eroe. Una risposta del genere non se l'era di certo aspettata e doveva fare qualcosa in fretta, perché il mostro non avrebbe tardato a ritrovarli.
“Non mi interessa cosa pensi, farai come ti ho detto! Oppure preferisci fare tu da esca? Per me non fa differenza...”
Anthel deglutì e scosse nuovamente la testa, preferendo la prima versione del piano a quella appena sentita, nonostante l'idea non fosse delle più gradite.
“E che d-dovrei fare?”
“Ah, non lo so! Non pretenderai che ti imbocchi?”
“Ma non so come devo fare!”
Teranis fece spallucce e impugnò la seconda spada: “Arrangiati! Diciamo che questo fa parte della mia vendetta... Allora, sei pronto?”
Lei non attese la risposta del giovane e oltrepassò la roccia che li aveva protetti con un balzo, attirando l'attenzione del mostro che non tardò a scatenare l'ennesima raffica di colpi, che fece tremare nuovamente la terra sotto ai piedi della guerriera. Nulla sembrava riuscire a distrarre la ladra dai movimenti del suo avversario, nemmeno l'assenza di Anthel, che ad un certo punto sarebbe dovuto intervenire.
“BASTA GIOCARE, RAGAZZINA! FERMATI E FATTI COLPIRE!”
Tera rise, schivando l'ennesimo attacco, e con una abilissima schivata, sferrò un altro fendente veloce e preciso sulla gamba destra dell'orco.
Anthel osservava i due muoversi verso la bocca della caverna, in direzione dell'uscita bloccata da una paio di grosse rocce che però non sembravano impedirne l'accesso, e si chiese quando sarebbe dovuto in azione. Si rigirava il coltellaccio tra le mani e si mordeva alternatamente le labbra, in preda al panico e all'ansia.
“Cosa dovrei fare? Non so come agire...”
E se provassi a dartela a gambe?, suggerì il suo subconscio. Recuperi Elorin e fuggi.
Quell'idea non sembrava troppo malvagia, ma sarebbe riuscito a lasciare la ladra così? Probabilmente i sensi di colpa lo avrebbero aggredito con la furia di un fiume in piena e sicuramente non avrebbe avuto la forza di sopportarlo. Lanciò un'occhiata alla spadaccina e la notò avvicinarsi verso di lui, con un luccichio negli occhi ambrati.
Ti conviene muoverti, diceva quello sguardo minaccioso e divertito, mentre Anthel continuava a temporeggiare. Sono stanca di questa farsa.
Lo stregone fece un profondo respiro e si alzò, con la spada della Famiglia Reale sguainata in una mano e il pugnale della ragazza nell'altra. L'orco non si era accorto del repentino movimento del ragazzo dai capelli azzurri e questi ne approfittò per sgusciare alle spalle del mostro. I brividi che gli percorrevano il corpo lo rallentavano, sentiva le dita dei piedi tremare come se avesse freddo, mentre la bocca sembrava diventare sempre più arida.
Forza, Anthel!, si diceva tra sé e sé per farsi coraggio. Devi solo infilare un coltello nella gola di quel mostro... Che sarà mai?
Una follia?, replicò altezzosamente e istericamente la sua coscienza.
La bestia era stata portata con le spalle al muro, verso una grossa sporgenza dall'aspetto pericolante che gravava poco sopra la sua testa. Lo stregone notò un piccolo sentiero a ridosso della parete di roccia e decise di arrampicarcisi, raggiungendo così la sporgenza, per poi balzare sulle spalle del mostro e dargli il colpo di grazia. Come tutti i piani che lo coinvolgevano, anche questo sembrava abbastanza suicida: avrebbe potuto benissimo mancare il punto di atterraggio e spiaccicarsi al suolo, magari rompendosi anche l'osso del collo, ma non era il caso di rimuginarci troppo sopra. O quello o l'ira della Principessa dei Ladri, il tutto unito alla lavata di capo da parte di Elorin.
“Eccoci qui...” bofonchiò arrivando faticosamente in cima, riuscendo ad avere una vista complessiva del campo di battaglia. Sul suo piccolo promontorio notò anche un'angusta nicchia nel punto in cui aveva perso le tracce di Elorin. Strizzò gli occhioni verdi e vide effettivamente il Principe, nascosto dietro ad un cumulo di legname intento a guardare lo scontro della giovane ladra.
“Meno male, sta bene! O-ora cerchiamo di f-far fuori quel coso...”
Le parole uscirono tremolanti, indice della sua fifa in quel preciso istante. Teranis si accorse del punto strategico su cui lui s'era appostato e lo minacciò con un'occhiata di muoversi: non avrebbe potuto tenere l'orco là sotto per troppo tempo. Anthel annuì con decisione, deglutendo e stringendo con forza il pugnale. Prese quindi un profondo respiro, come dovesse tuffarsi e rimanere in apnea, e chiuse gli occhi, pronto (per così dire) a saltare nel vuoto.
Uno... Due... Tre!
Lo stregone balzò giù con le braccia completamente distese e afferrò il nodo che teneva su gli stracci del mostro, impedendogli di rimanere nudo come un verme. Il nodo sembrava bello solido, difficilmente si sarebbe sciolto, anche se ci fosse rimasto attaccato un ragazzino di circa cinquanta chili.
“TU?! CREDEVO FOSSI Già MORTO DI PAURA!”
Il mostro iniziò a scrollarsi le spalle per far cadere Anthel, ma la ladra non gli permise ulteriori movimenti poiché questa riprese a scatenare fendenti su fendenti. Nonostante l'azione della giovane, lo stregone veniva comunque sbatacchiato a destra e manca, appiccicato come una cozza alla pelle verdognola del mostro, che continuava ad inveire verso i due guerrieri. Cioè, verso la spadaccina e l'improvvisato Eroe.
“Ok, c-ci sono...” fece lasciando la presa con la mano destra, che alzò per compiere il suo primo (e forse ultimo) colpo di grazia. Purtroppo per lui, un movimento imprevisto gli fece perdere l'equilibrio e sentì la stoffa degli stracci del mostro scivolargli tra le dita, mentre il suo corpo si allontanava da quello dell'orco.
In men che non si dica, il giovane apprendista si ritrovò a rotolare di nuovo per terra, questa volta ai piedi di Teranis, che lo fissava con quei suoi occhi carichi di delusione e sorpresa. Lei grugnì qualche insulto e con un calcio costrinse il giovane a lasciare il pugnale, che afferrò immediatamente per ripartire all'attacco.
“Se riuscissi almeno a distrarlo, sarebbe un passo avanti!” fece tra un balzo e l'altro, acida.
“C-Cosa?!” Non ebbe nemmeno il tempo di capire cosa fosse successo, che l'orco puntò il suoi piccoli e sanguinari occhietti sullo stregone, privo di armi o qualsivoglia difese, a terra e inerme.
Che cosa avrebbe dovuto fare? Il suo cervello abbastanza sbatacchiato gli imponeva di correre come una lepre, esattamente come aveva fatto durante il primo incontro con la ladra. Fece proprio così, non aveva altra scelta, semplicemente iniziò a correre e schivare, finché un urlo di dolore invase la stanza.
L'orco gettò la testa all'indietro, mentre le sue braccia cercavano inutilmente di afferrare la ragazza dai capelli rossi, la quale sorrideva trionfante con il coltellaccio sporco del sangue della bestia. Come fosse arrivata sulle spalle del mostro, lo stregone non lo capì mai. Il mostro, dopo un secondo colpo, quello di grazia, iniziò a barcollare e ciondolare tra orribili versi, per poi accasciarsi inerme e pesantissimo a pochi centimetri dalle gambe di Anthel.
“Non era mica così difficile, caro 'signor Eroe'. Dico bene?” disse Teranis con superbia.
Lo stregone scosse nuovamente la testa e fece per alzarsi, quando alle sue spalle sentì la voce gioiosa dell'erede di Mistral.
“Siete stati grandiosi! Quel mostro se l'era proprio cercata!”
“Ma ci vedi bene? Il tuo amichetto non ha fatto proprio niente!”
Teranis si allontanò di poco, estraendo il pugnale e liberandolo dal sangue con un arco veloce e preciso del braccio, poi si rivolse di nuovo ai due ragazzi, intenti ad aiutarsi a vicenda per rialzarsi. Le sembrò una scenetta abbastanza patetica, tanto patetica da lasciarsi sfuggire qualche commento poco carino sull'intelligenza del Principe e sul coraggio dell'Eroe.
“Che cosa hai detto?! Ripetilo!”
“Oh, Sua Altezza! Ho detto che solo un idiota avrebbe potuto nominare Eroe un altro idiota. Dello stesso calibro, per giunta!”
Anthel si affrettò subito a trattenere Elorin dall'attaccare la ladra, questa volta non c'erano delle sbarre a dividerli, e sicuramente lei avrebbe potuto tranquillamente fargli fare la stessa fine dell'orco appena sconfitto. Era meglio cercare di non smuovere troppo le acque, i nervi dello stregone non avrebbero per certo retto ad altre emozioni.
“Ti sbagli di grosso! Ho scoperto qualcosa che dimostrerà una volta per tutte la vera eroicità di Anthel!”
*****
“E tu dici che quella leggenda riguardi questo qui?” chiese Teranis indicando Anthel col pollice, per niente convinta delle parole del Principe.
“Se non ci credi, leggila pure!”
“Mi dispiace, 'Sua Altezza'! Nessuno mi ha mai insegnato a leggere quel tipo di carattere, non sono mica cresciuta nello sfarzo come qualcuno qui presente...”
Elorin ringhiò all'ennesima frecciatina e ordinò al suo campione di leggere la stele alla ladra, perché in quanto allievo del Gran Mago di corte era tenuto a sapere certe cose meglio dello stesso erede. Anthel annuì e si inginocchiò di fronte alla lastra di pietra, pulendone la superficie dal muschio rimasto.
Quando il Male imperverserà, un Eroe farà la sua comparsa... Dagli occhi di smeraldo, fiero come un leone, compirà il suo viaggio che lo condurrà in capo al mondo...
“Mi dispiace, il resto è illeggibile... -fece lo stregone alzandosi, per poi rivolgersi a Elorin- Qui non dice nulla riguardo a me...”
“Ovvio! Quel vecchio sasso potrebbe parlare di chiunque! La leggenda dice solo che si tratta di un Eroe dagli occhi verde smeraldo! Credi davvero che parli di questo incapace? Eh, Elorin?”
Il biondino scosse il capo, molto più leggero senza quella ferraglia che credeva fosse la sua corona, e iniziò ad agitare l'indice della mano destra. Il suo solito atteggiamento spavaldo e confidente.
“Ti sbagli, Teranis! -fece mettendo particolare enfasi nel nome della ragazza, cosa che aveva fatto anche lei precedentemente, come a volerla punzecchiare ancora- Anthel È il vero Eroe delle leggende e su questo non ci sono dubbi, è stato il volere della Divina Provvidenza!”
“Eh?” fecero i due ragazzi, increduli alle scemenze dell'erede di Mistral, all'unisono.
“Pensateci! La Principessa viene rapita e chi, se non un giovane dagli occhi verdi, lo scopre?”
“Io direi che è stata una coincidenza...” borbottò lo stregone.
“Lasciami finire! Insomma, questa è la vera dimostrazione che il Male ha iniziato a diffondersi! E in tutto questo aggiungiamoci il fatto che Anthel si sia fatto avanti per salvare la Principessa. Non credo possa essere più chiaro di così!”
L'apprendista scosse il capo: “Prima di tutto, io non mi sono fatto avanti, è stato Sua Altezza a costringermi a fare tutto questo!”
“Sempre volontà divina!”
“In che senso? -borbottò Teranis, sarcasticamente- Stai insinuando che la tua decisione sia stata dettata dal volere di Dio? Ma non farmi ridere!”
L'aria si riempì di tensione quasi elettrica tra i due ragazzi, Anthel l'avvertiva chiaramente. Gli occhi del Principe di Mistral e della Principessa dei Ladri erano puntati l'uno sull'altra, carichi di irritazione e fastidio. Entrambi non sopportavano più le continue frecciatine che si rivolgevano, entrambi volevano essere dalla parte del giusto e ovviamente questo non poteva succedere.
“E-Ehm?” esordì il povero terzo in comodo.
“Che vuoi?!” chiesero all'unisono.
“N-Niente... C-Che ne dite se s-smettiamo di parlare d-di questa f-faccenda e torniamo a c-casa?” Venne nuovamente fulminato dai due e volle farsi piccolo piccolo, ma dentro la sua testa sapeva di dover tacere. Lo aveva capito da subito, Elorin e Teranis avevano due caratteri alquanto simili, troppo simili da dover necessariamente cozzare alla minima provocazione.
La ragazza sbuffò e si diresse verso il tunnel d'uscita, ma venne prima fermata dalla voce del biondino.
“Che diamine sei venuta a fare qui, comunque? Non ti fidavi di noi?”
Tera si irrigidì, ricordandosi del motivo effettivo che l'aveva spinta a cercare quelle due fonti di guai, ma fece finta di niente. Magari il Saggio se n'è dimenticato... Certo, come no?
“Ah, guarda! Quello direi che è l'ultimo delle mie motivazioni! -fece ridendo- Mi ha mandata il nostro Saggio... Dopo quel 'lavoretto' che il tuo Eroe mi ha combinato ai capelli, voleva proprio vedere che tipo di idiota non sa preparare una pozione di potenziamento!”
Quella mezza verità sembrava aver trafitto l'autostima dell'Eroe come una lancia (l'effetto che voleva proprio ottenere) e sembrava nascondere perfettamente il disagio provocato da quella domanda.
“In ogni caso, non penso vi riporterò al campo, siete davvero troppo patetici per incontrare uno stregone potente come il nostro Saggio!”
“Si dia il caso che a Palazzo viva uno degli Eroi di Mistral! La magia del tuo 'Saggio' non può minimamente essere paragonato a quella del Gran Mago! E... Aspetta, io ho un'altra questione in sospeso con te! RIDAMMI LA MIA CORONA, MALEDETTA LADRUNCOLA!”
“Ahah, te ne sei accorto finalmente! Non credevo ci mettessi così tanto!” replicò con tono canzonatorio, mentre Anthel cercava di rimettere a posto la propria mascella spalancata per lo stupore. Una sorpresa dopo l'altra.
“Restituiscimela!”
“Non credo proprio!”
“Questo è un ordine!”
“Di una persona che non reputo a me superiore? Non ci penso proprio!”
“ADESSO BASTA!”
I due si voltarono verso il povero Anthel, le cui guance avevano acquisito uno strano rossore, e notarono il divertente occhio ballerino dell'Eroe. Aveva raggiunto il limite, la sua pazienza era stata messa alla prova per ben due giorni e non solo da un unico individuo, ma anche da un secondo dal carattere ancora più fastidioso.
“Non ne posso più di voi due! Anche se non da soli, abbiamo adempiuto alla nostra parte dell'accordo, quindi tu devi fare lo stesso! Poi non ci vedremo più e il Principe tornerà a sedere sul suo trono, smettendo di comandarmi a bacchetta! Chiaro?!” urlò tutto d'un fiato, per poi boccheggiare per recuperare ossigeno.
Nessuno dei due ebbe il tempo di rispondere, un po' per l'inaspettata reazione, un po' perché una famigliare voce maschile interruppe bruscamente l'accesso d'ira dello stregone. Il vocione rideva di gusto, divertito e da una parte sollevato nel sentire i due ragazzi sani e salvi, mentre questi si guardavano attorno in cerca del nuovo partecipante alla loro chiacchierata.
L'uomo, che solo dopo un paio di secondi venne identificato come il Gran Mago dal suo stesso allievo, non disse nulla di rilevante, se non qualche parola antica che nessuno dei presenti riuscì a capire. Dovevano essere le parole di qualche incantesimo, ma vennero pronunciate con tale velocità da risultare incomprensibili.
Intorno ad Anthel e Elorin iniziò a formarsi una leggera condensa che acquisì sempre più consistenza fino a nascondere le loro figure alla giovane ladra, rimasta a bocca aperta e poi sola all'interno di una tana di orco.
*****
La nuvoletta azzurra iniziò a diradarsi abbastanza velocemente e si udì un tonfo metallico al centro della grande stanza. Elorin si ritrovò col sedere per terra, poggiando le mani su un folto tappeto rosso, un tappeto di sua conoscenza che scatenò in lui una forte agitazione. Subito si rizzò in piedi, scavalcando il corpo del povero apprendista, utilizzato dallo stesso Principe come materasso.
Il biondino si guardò velocemente attorno, la testa che guizzava da una parte all'altra prima verso la sua destra, poi verso la sua sinistra, incredulo e felice di ritrovarsi di nuovo nella Sala del Trono. Nuovamente utilizzò il corpo di Anthel per darsi una spinta e si fiondò verso il trono di sua sorella, che in quel momento apparteneva al secondogenito del Re, unico membro della Famiglia Reale in grado di comandare sul Regno.
Iniziò a passare le mani sull'imbottitura di velluto rosso della seduta, così come su quella dei braccioli, per poi iniziare a lasciare numerosi bacini sulle intarsiature di legno dello schienale.
“Finalmente a casa!”
Lo stregone si sgranchì gli arti doloranti e raggiunse l'amico, guardandolo di sottecchi con la speranza che il suo trono gli avesse fatto dimenticare i suoi vari accessi d'ira. La sua remissività era venuta meno e questo aveva sicuramente infastidito Elorin, che nulla voleva andasse contro il suo volere.
“Menomale, non trova?” fece a bassa voce, nascondendo l'imbarazzo causato dalle sue azioni.
“Già! Non ne potevo più, soprattutto di quella ladruncola da quattro soldi!”
“E-Ehm, che vuole fare riguardo alla sua corona? Se non mi sbaglio, era di suo padre...”
Il Principe sbuffò imprecando tra sé e sé, cercando l'araldo o qualche servo da comandare a bacchetta: aveva risposto allo stregone che non avrebbe permesso a Teranis di averla vinta e che avrebbe smosso un bel po' di persone per farle pagare caro il suo gesto. Anthel la reputò immediatamente una brutta idea, ma preferì tenere questo pensiero per sé.
Stranamente però, la stanza era completamente vuota.
“Lasciando da parte Teranis, come siamo tornati qui?” chiese il giovane dai capelli blu.
“Se non lo sai tu, come dovrei saperlo io?! Sbaglio o quello che ci ha riportati qui era un incantesimo?”
“Sua Altezza ha ragione, figliolo! Non hai studiato molto, da quando sono partito!”
Alla base della scalinata che conduceva al Laboratorio, sedeva sull'ultimo gradino il Gran Mago Bepharis, con la sua solita espressione amorevole stampata sul volto. Guardava Anthel come un figlio, non riuscendo a sgridarlo come avrebbe dovuto per la sua mancanza di responsabilità. Magari, in quel momento, il desiderio di rimproverarlo era stato sostituito dal sollievo di avere i due giovani di nuovo a Palazzo sani e salvi.
“Vedo che ne siete usciti quasi illesi!”
“ILLESI?! Pretendo delle spiegazioni per quello che mi ha fatto! Come si è permesso di lanciarmi quel sortilegio?!”
Il vecchio si spostò verso il centro della stanza, posando una mano sulla spalla dell'Eroe: “Oh, suvvia! Sortilegio sembra una parola così brutta... L'importante è che vi siate divertiti!”
“DIVERTITI, UN CORNO! NON IMMAGINA MINIMAMENTE COSA ABBIAMO PASSATO!”
“M-Ma Sua A-Altezza sembrava così o-orgoglioso quando mi presentava a tutti c-come Eroe...”
Elorin grugnì infastidito, accomodandosi sul trono e togliendosi svogliatamente le scarpe, per poi riprendere a parlare: “Devo sembrare sicuro di me di fronte ai miei sudditi... Piuttosto, più tardi dovremo fare un discorsetto riguardo a prima... Sai, quando mi hai detto che se tu fossi affondato, sarei venuto giù con te!”
Anthel deglutì e cercò di allargare la sciarpa che gli stringeva il collo, assieme al resto della corazza stretta più del dovuto.
“Parole sante, Principe! Comunque, avrei anch'io delle questioni da discutere con lei! E credo siano più urgenti di quelle che ha con Anthel.” fece il Gran Mago, rivolgendo al suo allievo un'occhiata che sembrava dirgli di non preoccuparsi più, almeno per un po', nemmeno delle missioni lasciate in sospeso mentre loro erano a combattere l'orco.
“In che senso?” chiese questi.
“Ho fatto riportare sia ostaggi che refurtiva ai legittimi proprietari da un paio di inservienti, la questione di cui dobbiamo discutere ha la priorità in questo istante!”
“Come sapeva che avevamo lasciato in sospeso delle missioni?”
“Non ora, ma sappi che vi ho osservato per tutto il tempo...”
“La smetta di cincischiare, ci parli di queste faccende! Basta che io non debba muovermi da qui, il mio deretano non si alzerà da questo trono.”
Il vecchietto ridacchiò, una mano che scorreva abbastanza ritmicamente sulla lunga barba bianca, mentre i suoi occhi guizzavano verso il suo allievo, ancora più spaventato di prima.
“Mi dispiace dover infrangere le speranza di Sua Altezza, ma credo proprio che debba lasciare nuovamente il suo trono!”
“Di che diamine sta parlando?!”
“Vede, ci è appena giunta notizia che un plotone di goblin, provenienti dalle terre del fuoco di Feirden, si stia dirigendo qui e...”
“E allora? Qualcuno chiami uno dei Generali e gli faccia organizzare l'esercito, non è una cosa che mi riguarda!”
“Vorrei fosse così facile...”
“In che senso?” chiese Anthel.
“Che con l'assenza del Re, in quanto prima battaglia dopo la sua prematura scomparsa, i soldati hanno bisogno di sapere che il nuovo governante sarà in grado di dar loro le direttive giuste e tener alto il loro morale... Non crede anche lei, Sua Altezza?”
Elorin scosse la testa, non capiva completamente il discorso. Perché diavolo si sarebbe dovuto far coinvolgere in quella storia militare? Per lui non aveva senso. Chiuse gli occhi e si accoccolò sul trono, dando l'impressione di essersi messo a riflettere sul da farsi. Gli venne allora in mente Sefia, che una volta (non ricordava quando), gli aveva detto che si sarebbe dovuto preparare a difendere il Regno, esattamente come faceva suo padre durante gli anni d'oro della sua giovinezza.
Nel Regno di Mistral erano infatti gli uomini a dirigere le enormi schiere di soldati, oltre ovviamente a mandare avanti la baracca. Eppure, con la nascita di una primogenita femmina, il potere era passato direttamente alla dolce Sefia, mentre il solo potere militare era finito nelle mani di Elorin. Non che la cosa lo entusiasmasse, sia chiaro, visto che spesso si ripeteva che ci avrebbe pensato compiuti almeno diciotto anni.
“Sua A-Altezza?”
Anthel piegò la testa di lato, il Principe non sembrava dare segni di decisione, né tanto meno di interesse, e lo stregone cercò quindi di attirare la sua attenzione, forse inutilmente.
“Che vuoi ancora?”
“Penso debba decidere in fretta... Vero, Maestro?”
“Anthel ha ragione, Principe! Se fossi in lei, mi sbrigherei ad andare in cortile per tenere almeno un discorso di incoraggiamento... Anche se ho già istruito gli stallieri affinché la equipaggino per la battaglia...”
Elorin sembrò cadere dalle nuvole, non si era aspettato un tale colpo di scena.
“Cosa?”
“Ha capito benissimo... Ma se il vostro senso del dovere non dovesse bastarvi, ribadisco che le sue azioni la faranno passare alla storia! Verrete lodato per millenni!”
“Ah! Non ci casco questa volta! Non m...”
Il Principe non ebbe il tempo di concludere la frase, o per meglio dire le sue obiezioni, che il Gran Mago lo fermò con uno strano sorrisetto, accompagnato da uno schiocco di dita che fece svanire la figura del giovane erede al trono. Anthel non poté non trattenere un gridolino di sorpresa, il suo mentore aveva davvero spedito Elorin a guidare l'esercito in una vera battaglia per il Regno e questo gli sembrava totalmente fuori da ogni schema mentale a lui conosciuto.
“Dovresti imparare questo incantesimo, è più utile di quanto immagini! Ma torniamo a noi, so che avete trovato qualcosa di veramente particolare, non è così?”
Lo stregone dapprima non capì di cosa stesse parlando il Maestro, la scomparsa di Elorin lo aveva sorpreso non poco, ma subito gli sovvenne la stele che avevano trovato, recante quelle vaghe incisioni. Si decise perciò di raccontare tutto a qualcuno che sicuramente doveva saperne più di lui, che, sempre secondo la sua opinione, avrebbe potuto dissipare obiettivamente i suoi dubbi senza finire nel delirio come un certo principe.
Bepharis annuiva e ogni tanto ridacchiava sotto ai baffi ad ogni parola dell'apprendista, che più che raccontare i fatti di quella brutta esperienza, sembrava stesse confessando i suoi peccati.
“... ed è così che il Principe ha iniziato a farneticare sulla Divina Provvidenza e sul fatto che io sia davvero l'Eroe... Non crede anche lei che sia impossibile?”
Il vecchio scosse ancora la testa, appoggiando le parole del giovane che aveva cresciuto come un figlio, per poi alzarsi dal gradino su cui i due si erano messi a parlare. Si diresse verso la sua destra, verso la parete con il dipinto della Famiglia Reale, e si mise ad analizzare alcune statue di pietra a forma di leone. Ognuna di esse, sotto le possenti zampe, custodiva una stele simile a quella trovata dal biondino, recante lo stesso identico scritto.
“Hai mai fatto caso a queste?”
“Sì, infatti mi sembrava famigliare...”
“Ebbene, avrei un favore da chiederti... Non avrei voluto succedesse così presto, ma vorrei andassi in giro per il continente in cerca delle altre steli.”
“COSA?”
“Come hai potuto notare, la leggenda risulta essere incompleta e sia per i miei studi, sia per il resto del Regno, è necessario trovare gli altri pezzi...”
“Ma perché io?!” chiese Anthel, che aveva ormai iniziato a sudare freddo.
“Perché avevo già programmato di farti partire per un'avventura simile. Vedi, figliolo, il mondo è così vasto e ci sono così tante cose da scoprire. Già solo la nostra Mistral presenta i paesaggi più variegati, dalle montagne del fuoco di Feirden ai laghi di Albia... Hai tantissimo da imparare e questa potrebbe essere un'ottima opportunità per te di vedere ciò che c'è fuori da questo castello...”
L'apprendista storse il naso a quell'affermazione, l'avventura appena vissuta lo aveva piuttosto spaventato e l'idea di ritrovarsi in qualche altra situazione spiacevole non lo attirava più di tanto. Eppure il mondo esterno lo affascinava, era attratto da quello che aveva letto nei libri e l'occasione di vivere sulla propria pelle tutto ciò si stava presentando sotto al suo naso.
Un sorriso fatto di rughe si allargò sul volto dell'anziano stregone, mentre il suo apprendista cercava di decidere sul da farsi.
“Ma dovrei partire da solo?” chiese dopo un paio di minuti di meditazione.
“No, non preoccuparti di questo! Il Principe verrà con te!”
“COSA?! Ma così il Regno rimarrebbe senza un sovrano... Non dico che Elorin sia il migliore Re che abbiamo mai avuto, ma cosa farà il popolo se scoprisse che i due eredi non sono presenti?”
“Non pensare a queste sciocchezze... Mettiamola così: questo viaggio, nelle tue semplici vesti da studioso della magia e non in quelle di Eroe, potrebbe farti scoprire cose di te che nemmeno immagini.”
*****
Il possente cavallo bianco di Elorin trottava con fierezza di fronte alla legione di soldati intenti a seguire il loro sovrano, che nella sua testa non aveva smesso di imprecare contro tutta la classe degli stregoni. Ora era completamente imbracato, stretto e inscatolato in una pesante armatura, mille volte più bella di quella di Anthel: dopotutto, era l'armatura dei condottieri di Mistral.
Il plotone, che contava più di sessanta uomini tra cavalieri e fanti, fissava il quindicenne a cavallo con solenne silenzio. Non un borbottio si riusciva ad udire, pareva che anche i cavalli fossero concentrati per far proprie le parole di incoraggiamento che il nuovo sovrano avrebbe pronunciato di lì a poco.
“Sua Altezza dovrebbe dire qualcosa...” mormorò il forzuto uomo a cavallo che affiancava Elorin.
Il secondogenito lo fulminò con lo sguardo e pensò immediatamente di prenderlo a calci, cosicché si muovesse verso il campo di battaglia e lo lasciasse in pace. Purtroppo non avrebbe potuto farlo, considerando la stazza del Generale, di cui in quel momento ne aveva dimenticato il nome: non sarebbe riuscito a smuovere di un centimetro quell'uomo dalle proporzioni di un armadio, per di più incartato in quella pesante armatura di ferro e piombo.
“Che dovrei dire?” fece sperando in un suggerimento che lo avrebbe tirato fuori da lì.
“Qualsiasi cosa! Deve far capire loro che il Regno è in buone mani e che nessuno potrà mai sconfiggerci!”
“Se la metti in questo modo...”
Elorin fece mente locale, cercò di ricordare quello che suo padre era solito dire ai soldati e sperò di risultare il più convincente possibile. Mentre le parole uscivano dalla sua fiera bocca di Principe, nella sua testa scorrevano come un film le immagini del fiero Re che istruiva i suoi uomini; il principino spesso sedeva dietro al padre a cavallo e osservava con orgoglio tutte quelle persone che pendevano dalle labbra del Re e sognava che un giorno loro avrebbero fatto lo stesso con lui. Quel suo desiderio si stava realizzando, non come aveva programmato, ma stava accadendo per davvero.
Appena finì di pronunciare il discorso riciclato da quelli del vecchio Re, un boato si alzò dalla legione, numerose lance e spade vennero alzate al cielo, così come la terra venne scossa dagli zoccoli dei cavalli carichi di adrenalina per lo scontro.
“Sembrava proprio vostro padre, è stato magnifico!”
Elorin sfoggiò un sorrisetto compiaciuto, amava che la gente lo lodasse o si complimentasse per le sue abilità, e ovviamente non fece nulla per nasconderlo.
“Ebbene, adesso posso tornare dentro!” fece conducendo il suo animale verso l'entrata del Castello.
“Altezza, non scherzi! I miei uomini non vedono l'ora di combattere al vostro fianco!”
L'erede impallidì vistosamente, poi scosse la testa, pretendendo delle spiegazioni più dettagliate. Non sia mai che potesse cadere sul campo di battaglia.
“Non si preoccupi, potrà stare nelle retrovie al sicuro, so bene che non è ancora pronto per un così gravoso compito.”
“E allora?! Fammi tornare quando sarò pronto!”
“Avanti, Sua Altezza! La pratica rende perfetti! Se non sbaglio, suo padre diceva la stessa cosa!”
Il Principe venne così trascinato dal Generale 'Armadio' (come lo aveva soprannominato in quel momento) verso l'uscita dalle mura del Castello di Mistral, al cui interno un giovane stregone veniva costretto all'avventura.
Il Principe rimase in silenzio accanto all'omone corazzato, attraversando nuovamente il bosco per dirigersi verso il campo di battaglia, non troppo lontano dal borgo. Si guardava attorno circospetto, temeva ancora un'aggressione da parte di Teranis (come fosse quello il problema più grande, rispetto ad una battaglia per il Regno), dopotutto l'aveva lasciata da sola in una caverna, probabilmente a covare un certo rancore per lo stesso erede.
Ma che rancore e rancore! Sono io quello che dovrebbe sentirsi offeso, fece nella sua testa, mentre il Generale Armadio gli raccontava delle sue avventure giovanili (non solo in campo militare) per passare il tempo. Infatti, mancava ancora un pochino al campo di battaglia e due chiacchiere leggere leggere avrebbero aiutato il Principe a non farsi prendere dall'ansia.
“Allora, come si sente? Io ero emozionatissimo per la mia prima battaglia, specialmente sotto la guida del Re!”
Chissà se riuscirò a recuperare la mia corona, devo farle vedere contro chi si è messa contro... La pagherà cara.
Fu allora che, come invocata dallo stesso Principe, una figura calò dalle fronde con grazia, fermando l'incedere dei due cavalieri e di tutti gli uomini al loro seguito. Come si suol dire, lupus in fabula.
Il biondino trattenne come meglio poté le briglie del suo nobile destriero e lo condusse verso la ragazza, i cui occhi ambrati brillavano di una scintilla minacciosa, come quelle che potrebbero far detonare un barile di polvere da sparo. Quegli occhi fecero fermare Elorin prima che facesse qualche passo falso.
“E così ti ho trovato, maledetto Principe dei miei stivali!” urlò Teranis, con le mani saldamente poggiate sulle else delle sue scimitarre.
Il Generale scattò immediatamente tra i due per proteggere l'erede di Mistral e minacciò la giovane sguainando la sua spada. Eppure, la Principessa dei Ladri non sembrò minimamente intimorita dall'uomo armadio: era come se non ci fosse, così come il resto del plotone dietro Elorin.
“Come hai osato dartela a gambe e abbandonarmi là?!”
“Cosa? Io non ho fatto niente!” fece spuntando da dietro la spalla del suo accompagnatore.
“L'ho visto! Ma non credevo fossi così subdolo da abbandonare una ragazza in un buco puzzolente! E dove diavolo è quell'incapace?!”
Il Generale Armadio grugnì sorpreso e chiese immediatamente spiegazioni all'erede che lo liquidò con un cenno della testa che, oltre a farlo stare zitto, gli fece liberare la visuale sulla ragazza.
“Non è stata colpa mia! E poi io stavo ancora reclamando ciò che tu mi hai rubato!”
“Scordatelo!”
“E allora perché sei qui?!”
Teranis lanciò un'occhiataccia al resto della legione e con un balzo montò sul cavallo del biondino. L'animale nitrì sorpreso e scattò sulle zampe posteriori, come a voler disarcionare la nuova cavallerizza che però ebbe la meglio sul pesante equino. S'era messa dietro a Elorin e aveva passato le braccia sotto alle ascelle di lui prendendo le briglie e immobilizzandolo affinché non si dimenasse: Tera comunque non sapeva che il giovane non riusciva a muoversi, tanto l'armatura era pesante, perché per tutta la discussione lei non aveva minimamente guardato il giovane.
“CHE DIAVOLO STAI FACENDO?!”
“Stai zitto!”
Teranis strattonò le briglie dell'animale che nitrì ancora, per poi iniziare a correre all'impazzata verso il cuore della foresta. Elorin non smise un secondo di urlare ed inveire, faceva davvero fatica ad attirare l'attenzione della bella ladra, troppo intenta nel suo strano tentativo di rapimento.
Sorprendentemente, quando la Principessa dei Ladri si accorse di aver guadagnato parecchio terreno dalla scorta del Principe, fece inchiodare il cavallo, per poi guardarsi attorno e allontanando il giovane dal proprio corpo. Rimase ancora a fissare il vuoto, sovrappensiero, senza sentire il ragazzo che aveva davanti.
“Ehi, ascoltami una buona volta!”
“Stai zitto!”
“Non dirmi di stare zitto! Ehi!”
“Sto pensando!” lo ammonì Teranis, abbastanza confusa dal suo inaspettato gesto. Decise di attribuire le sue azioni alla rabbia, voleva fare i conti con il ragazzo, ma non si sarebbe aspettata che la sua testa calda la portasse al rapimento. Vorranno impiccarmi per questo, ma non mi prenderanno!, pensò poi, sentendo in lontananza un rumore sospetto. Scosse la testa, aveva udito il secondo di Elorin ordinare al resto degli uomini di aspettare, poiché sarebbe andato da solo a recuperare il giovane dalle grinfie della ladra e perciò attribuì quel suono all'uomo al loro inseguimento. La ragazza sospirò, poi ordinò, glaciale: ”Scendi.”
Elorin si oppose con la solita foga, con il suo solito tono petulante, ovviamente senza successo. L'avrebbe disarcionata lui stesso, magari scuotendola per le spalle e buttandola giù, ma la posizione in cui si trovava non gli era affatto d'aiuto. Decise perciò di chiedere spiegazioni, ormai erano soli, quindi che problema aveva nello sputare il rospo? Tanto, il Tribunale Reale avrebbe dato ragione al Principe, qualsiasi cosa sarebbe successa.
“Scendi.” ripeté, questa volta spingendo il ragazzo che cadde a terra con un tonfo.
“Ehi!”
“Non sopporto il modo in cui mi hai trattata... Pretendo delle scuse!”
“Per cosa?! Per aver reclamato ciò che mi spetta di diritto?!”
La ladra strinse forte i pugni e i denti, sibilando nella stretta fessura delle labbra qualche altro insulto. Attese che il giovane dicesse qualcosa, la sua pazienza stava raggiungendo il limite e doveva sbrigarsi, altrimenti lo avrebbe attaccato, cosa che avrebbe voluto fare fin dal principio. O lui o Anthel, chi dei due avesse picchiato per primo non faceva differenza. Forse sarebbe stato più soddisfacente Elorin, pensò poi, quando un altro rumore la distrasse dai suoi pensieri.
“Dove stavi andando?”
“Eh? Sono io che faccio le domande!”
“Rispondimi! Anzi, fammi indovinare: stai andando a farti prendere a calci da quei goblin, non è vero?”
“E tu che ne sai?”
Teranis balzò giù dall'animale e, una volta a terra, si strinse le braccia al petto con fare altezzoso: “Il nostro Saggio sa molte cose! Ma ciò che più mi interessa, in questo momento, è prenderti a calci per prima!”
L'erede di Mistral grugnì alla provocazione della ragazza e per poco non le saltò al collo, ma il leggero movimento delle sue dita sulle scimitarre lo fecero rabbrividire. Le puntò il dito contro e le urlò che non le avrebbe permesso di prendersi ancora gioco di lui, le aveva promesso che gliela avrebbe fatta pagare e che si sarebbe ripreso la propria corona, passando o meno sul cadavere della stessa ladra. Lei rise a quelle promesse ed estrasse la spada destra, che puntò sul giovane quando nella foresta si udì il suono di un corno da battaglia.
“Dannazione! Credo dovremmo rimandare la nostra discussione!” fece in un lamento, sapendo esattamente cosa sarebbe successo da un momento all'altro. Semplicemente avrebbe preferito non ritrovarsi in quel luogo in quel momento.
“Perché?”
“Perché siamo in prossimità del campo di battaglia verso cui ti stavi dirigendo! Spero tu sia pronto a combattere!” disse con un sorriso carico, che si trasformò subito in perplessità notando lo sguardo lontano del biondino.
“Ma sei disarmato... CHE RAZZA DI IDIOTA VA IN GUERRA DISARMATO?!”
“NON AVEVO LA MINIMA INTENZIONE DI COMBATTERE!”
“Non ci voglio credere...” La ragazza estrasse anche la seconda lama e la lanciò al Principe, ancora più imbranato del guerriero, se così poteva chiamare Anthel, con cui aveva precedentemente combattuto. Elorin tentò di esprimere le sue solite obiezioni, ma venne ammutolito dallo sguardo della ragazza, pronta ad affrontare qualunque nemico si sarebbe presentato.
“Farai meglio a sopravvivere, perché l'onore di pestarti lo voglio io!”
Angolo Autrice ^^
Salve a tutti e buona estate! Come va? Spero bene ed ecco a voi il sesto capitolo di questa mia idiozia ^^ Il capitolo potrebbe sembrare un po' lento, ma credo abbiate capito che si tratta di un capitolo di passaggio alla vera avventura dei nostri Eroi (sto dicendo davvero troppe cretinate). In ogni caso spero che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio tutti coloro che hanno letto e seguito questa roba (?) Come al solito mi scuso per eventuali errori che correggerò appena ne avrò il tempo!
Alla prossima e un bacione, mentre qui sotto vi lascio le mi altre storie, la prima nel fandom dei Vocaloid e le altre due OS nel fandom di Dark Souls!
Ciaooo e ricordatevi di lasciare una recensione, mi fareste veramente felice :P
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2652590&i=1
- Keep Going... For What is Really Important
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2840777&i=1
- Seeking Knowledge 'till the Point of Madness
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2771357&i=1
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Capitolo 7 *** Partenza? ***
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Partenza?
Elorin
fissava la giovane che aveva davanti, con in mano la spada
di lei, solida, affilata e affidabile, tanto che in mani capaci
avrebbe potuto incutere il terrore in chiunque, mentre questa pareva
sgranchirsi le braccia prima dell'imminente battaglia. Aveva sul
volto un'espressione carica, mista a quella nota canzonatoria che il
Principe aveva imparato a conoscere. Ripensandoci, da quando l'aveva
incontrata, non le aveva mai visto addosso altre espressioni e questo
non faceva altro che alimentare il fastidio che provava nei suoi
confronti.
“Che
dovrei fare con questa spada?” chiese il giovane confuso.
“Sbaglio
o ho un dejà vu? Mi ricordi tanto il tuo amichetto! Ma credo
tu sia
anche più incapace!”
Il
Principe ringhiò qualche insulto sommesso verso la ragazza,
che
continuava a guardarsi attorno: gli parve addirittura di vederla
leccarsi le labbra, come se stesse assaporando l'attesa prima della
battaglia... Oppure dell'imminente scarica di calci che gli avrebbe
sicuramente rifilato.
“Con
questo che vorresti dire?! Piuttosto lasciami andare!”
“Che
fai? Aspetti l'Eroe da brava damigella in difficoltà? Non ti
sto
mica tenendo legato...” canzonò Teranis, mentre un
luccichio
divertito le illuminava lo sguardo. Avrebbe detto altro, non v'era
dubbio su questo, ma venne interrotta da un altro squillo di tromba,
molto più vicino rispetto a prima, e una risata si
scatenò dal più
profondo della sua gola.
“Spero
tu sia pronto! Ma come ho già detto, vedi di uscirne vivo,
perché
voglio essere io ad avere l'onore di malmenarti!”
Elorin
sbuffò e si rigirò la lama tra le dita,
sovrappensiero. A cosa
stesse pensando, potremmo dire fosse più che ovvio: dove
diavolo era
il suo Generale? Passi il fatto che fosse stato colto alla
sprovvista, come tutti, del resto, passi il fatto che lui fosse molto
più pesante di due adolescenti e che il suo cavallo avesse
difficoltà a correre, ma non avrebbe dovuto metterci
così tanto a
raggiungerli. Lo avrebbe congedato? L'erede di Mistral ci
pensò su e
probabilmente lo avrebbe fatto, se fosse riuscito a tornare,
ovviamente.
“Io
me ne torno indietro!” annunciò poi, dopo aver
pensato un attimo
anche al perché delle azioni della ladra. Cosa le aveva
fatto?
Secondo la sua modesta opinione niente, ma forse avrebbe dovuto
rifletterci per un paio di minuti, per non dire ore, per ricordarsi
del torto fatto o subito. In ogni caso decise di pensarci
più in là,
non sarebbe rimasto in quel boschetto a lungo e iniziando a tornare
indietro per primo avrebbe sicuramente incrociato il suo Generale.
“E
come, di grazia?” lo incalzò Tera.
La
ladra lo minacciò nuovamente con la lama che,
inaspettatamente,
descrisse un rapidissimo arco, colpendo un piccolo goblin sbucato
dalla boscaglia. Questo giaceva inerme, ferito mortalmente dalla
giovane che pareva non provare nessun tipo di rimorso o
pietà. Si
udì poi un suono strozzato, che si rivelò essere
un conato da parte
del biondino.
“Hai
lo stomaco delicato...”
“Dacci
un taglio! Addio!”
Il
ragazzo iniziò a correre, abbastanza goffamente a causa
dell'armatura poco pratica, avrebbe preferito di gran lunga un
modello come quello di Anthel, ma in quel momento poco importava: la
sua vita era in pericolo. In lontananza sentì delle lame
cozzare e
stridere violentemente e immaginò che Teranis avesse
già iniziato a
combattere. Udì chiaramente la sua risata, la stessa di
pochi
istanti fa e si chiese cosa avesse fatto di male (stessa domanda
posta dal povero apprendista) per meritarsi un incontro tanto
problematico.
Alla
sua destra, un cespuglio iniziò a muoversi, scosso da
qualche
creatura. Elorin sperò fosse un coniglio, ma purtroppo per
lui si
ritrovò davanti un grosso e lurido goblin verdognolo, dalle
labbra e
dalle palpebre di uno strano colore violaceo. Aveva la testa
incastrata in un elmo ricavato da un cranio di qualche grosso
rettile, da lontano avrebbe detto fosse il teschio di un coccodrillo,
mentre le braccia e le gambe erano strizzate in pesanti vesti di
pelle scuoiata. Dietro il mostro, sopraggiunsero altri suoi simili, a
cavallo di grossi cinghiali corazzati e bardati di tutto punto:
frecce, asce, pietre e tanti coltelli da lancio.
Il
Principe lanciò un urlo stridulo e iniziò ad
agitare la spada che
aveva in mano, dimenticandosi di averla rubata alla ragazza. Le
creature risero e iniziarono a girare intorno al biondino, impegnato
in un disperato tentativo di difesa.
“Che
fai con quel coso?” chiese Teranis, appollaiata su un alto
ramo,
con le gambe che penzolavano sopra la testa del principino. Pareva
divertita e ne aveva tutte le ragioni, i movimenti del ragazzo
sembravano più lo sbattere delle ali di un pollo che dei
fendenti.
“Dammi
una mano!”
“Non
credo proprio, mi sto divertendo! E poi fammi riprendere fiato, visto
che di quei cosi ne avrò uccisi una decina!” fece
sventolando
teatralmente la mano, come avesse caldo.
“Maledetta!”
Il
primo mostruoso cavaliere aizzò il suo cinghiale verso
l'erede di
Mistral e lo fece cadere a terra, divertendo la giovane spettatrice.
Non mosse un dito, semplicemente stava ferma ad osservare, per poi
decidere di giocherellare un po' anche lei: da una delle sacche che
aveva attaccate alla cintura, tirò fuori un oggetto che il
Principe
conosceva benissimo. La notò subito, come richiamato dalla
stessa
corona e un urlo isterico fece sobbalzare i mostruosi esseri.
A
chi importava di essere circondato da creature sanguinarie? La corona
dell'erede al trono era lì a pochi metri dal suo legittimo
proprietario. Elorin iniziò a brandire la spada che aveva in
mano,
sventolandola in movenze confuse e particolari in direzione della
rossa, ancora seduta mentre il copricapo roteava sul suo dito indice.
“La
rivuoi?”
“OVVIO!”
“Ma
da morto non potresti riprendertela, lo sai questo?”
“Cos-”
Il
giovane venne caricato dal mostro più grosso e per salvarsi
la pelle
dovette gettarsi a terra, rotolandosi a terra e assumendo l'aspetto
di un pezzo di carne panata. La ragazza riprese a ridere, l'idea di
continuare a sfotterlo era troppo allettante. Quello spettacolo
l'avrebbe mai stufata? Molto probabilmente no, ma per sua sfortuna un
nuovo personaggio apparve sul palcoscenico della sua bertuccia.
“CE
NE HAI MESSO DI TEMPO!” gracchiò Elorin, cercando
di rimettersi in
piedi e scacciare le creature che lo circondavano. Il Generale
tentò
immediatamente di frapporsi al piccolo plotone e afferrò
l'erede di
Mistral per un braccio, col rischio di staccarglielo tanto era
gracile. Iniziò poi a boccheggiare le sue scuse e a pregare
il
giovane di non togliergli il posto, era stata una svista e promise
che avrebbe fatto di tutto pur di consegnare alla giustizia la
rapitrice, fosse stata anche l'ultima cosa che faceva.
“Certo,
come no!” ribatté Teranis, per poi montare in
groppa ad uno dei
cinghiali, scacciandone il cavallerizzo. Con l'animale, si
accostò
all'uomo a cavallo e afferrò l'altro braccio del ragazzo,
quello che
impugnava la sua scimitarra e iniziò a tirare. Nessuno gli
avrebbe
tolto il suo bel giocattolino.
“Tu!
Ragazzina, lascia andare Sua Altezza! Non vorrai farti male!”
intimò il signor Armadio tra un fendente rivolto alla ladra
e uno ai
mostri che piano piano stavano arrivando. In lontananza si udivano
già frecce volare, cannoni sparare e magie venire scagliate
contro
il nemico di Feirden. La battaglia aveva già preso piede e
l'Esercito Reale stava andando allo sbaraglio, senza la guida di
nessuno. Non sarebbe dovuta andare così, Elorin sarebbe
dovuto
essere sul campo di battaglia a guidare i suoi uomini, eppure era a
fare da 'corda' in uno strano tiro alla fune.
Le
braccia iniziavano a fargli male, ma non voleva che il Generale
mollasse la presa, non osava immaginare cosa Teranis gli avrebbe
fatto. Decise di iniziare a menare calci all'aria, magari avrebbe
costretto la ladra a lasciare la presa, ma un piede troppo vicino
alle fauci del cinghiale lo fece desistere da ulteriori tentativi.
“Cosa
vuoi da Sua Altezza?!” chiese l'Armadio, ormai esasperato e
stanco,
per non dire conscio della gravità della situazione in cui
si
trovava: la vita del Principe era nelle sue mani e probabilmente, se
lo fosse venuto a sapere, la Principessa Sefia si sarebbe arrabbiata
da morire.
“Le
sue scuse! Per avermi lasciata in un buco puzzolente dopo tutto
quello che ho fatto per lui!”
“E
cosa avresti fatto per me? Oltre a denudarmi di tutto,
ovviamente!”
Il
Generale Armadio non riuscì a trattenere un verso di stupore
e odio,
misto all'imbarazzo per l'affermazione abbastanza ambigua del
Principe, e tirò ancora di più per liberare il
quindicenne
prigioniero e portarlo indietro, ma senza risultati.
Poi,
accanto al luogo in cui si trovavano, si udì un'esplosione
quasi
assordante, tanto potente da far spaventare il cavallo del Capitano
del Plotone e i cinghiali ormai privi di cavalieri. Gli animali
iniziarono a correre all'impazzata e i due rimasti in groppa vennero
disarcionati, sempre con il Principe conteso tra i due.
“Certo
che sei ingrato! Ti ricordo che ti ho risparmiato la vita quando sei
entrato nel mio territorio! Ti ho persino nutrito! Per non parlare
del fatto che se non ci fossi stata io, saresti stato mangiato da
quell'orco! Ti pare niente?!” sbraitò Teranis, a
terra ma con la
mano saldamente aggrappata all'armatura di Elorin.
“Che
diavolo dici?! Io ero con il mio Eroe! Ce la saremmo cavata anche
senza di te! E voglio ricordarti che nel 'MIO' Regno tu sei una
fuorilegge! Meriteresti la gogna in ogni caso!”
“Ah!
Dici? Io direi che sia più illegale che un incapace come te
abbia il
comando di questo posto!”
Che
battaglia! Che guerra! Volavano frecce e incantesimi, spade e lance
colpivano e perforavano le armature, mentre nei boschi si combatteva
su chi dei due avesse ragione, tra insulti gratuiti e frecciatine
degne del più cinico degli uomini. Eppure, i due non
avrebbero
potuto continuare ancora la loro strana pantomima, dopotutto in
guerra non si è mai soli!
“Smettiamola
adesso! -urlò il Generale- Adesso pensiamo a salvarci la
pelle!”
*****
Anthel
sedeva sul retro di un carretto trainato da un asinello, mentre
questo veniva condotto dal suo padrone fuori il borgo di Mistral. Il
ragazzo dondolava la testa, a ritmo con il ciondolare del suo
scricchiolante mezzo di trasporto, mentre con la mano sinistra si
rigirava tra le dita il suo quaderno di appunti. Il poveretto
continuava a ripensare alle enigmatiche parole del suo Maestro, si
chiedeva cosa intendesse con lo scoprire cose di se che nemmeno
immaginava, ma soprattutto, come avrebbe potuto intraprendere un
viaggio per il continente con Elorin.
“Non
è assolutamente possibile! No e poi no!”
“Con
chi ce l'hai?” chiese il contadino a guida del carretto,
incuriosito dal giovane guerriero che si stava portando dietro.
Ebbene sì, Anthel non si era cambiato d'abito e aveva dato
un'impressione sbagliata al suo conducente: aveva dovuto rinunciare a
malincuore ai suoi comodi abiti di tessuto, ma col senno di poi si
era reso conto che la cosa non era così tanto malvagia.
Avrebbe
dovuto attraversare boschi, caverne, fiumi e chissà
cos'altro;
avrebbe dovuto affrontare mostri, animali selvaggi e banditi
perciò
arrivò alla conclusione che andare in giro protetti da una
solida
armatura era la cosa migliore da fare.
“C-Con
nessuno!”
Aprì
il quadernino e iniziò a scribacchiare delle vecchie formule
che
aveva imparato, con la speranza di ricordarsi quella necessaria per
incantare l'arma. Il perché di questo? Pensò che
magari questo tipo
di incantesimo avrebbe potuto aiutarlo. Si prefigurò nella
testa uno
scenario tipico di combattimento e di lui che continuava a mancare il
bersaglio: con la spada incantata sarebbe riuscito a danneggiare il
nemico anche solo sfiorandolo, cosa estremamente utile per un novizio
della spada.
“Ehi,
ragazzo! Siamo arrivati!”
Il
giovane cadde dalle nuvole e saltò giù dal
carretto, raccattando la
sua spada e la sacca da viaggio ricevuta dal Gran Mago. Corse
scompostamente verso l'uomo e tirò fuori da una tasca un
paio di
monete per ripagarlo del favore. Questo, mentre racimolava la sua
ricompensa, avvertì Anthel del pericoloso clan di banditi
che
abitavano la foresta. Il ragazzo non poté non trattenere un
sorrisetto sarcastico, sapendo già di che pasta erano fatti
quei
malviventi: sperò solo di non incrociarli di nuovo.
Salutò
il contadino e si diresse verso il cuore del bosco, mentre in
lontananza gli sembrava di sentire urla e nitriti. Scosse la testa,
questa volta non si sarebbe fatto coinvolgere e avrebbe compiuto solo
e soltanto la missione assegnatagli. Diede una rapida occhiata alla
mappa di Mistral e osservò il punto in cui si trovava.
“Chissà
dove è stato spedito Elorin... Non ho ben capito da dove
stiano
arrivando i nemici, ma dovrebbero provenire da Est, rispetto a
me...”
Si
mise a grattarsi la testa blu e lasciò perdere,
perché tanto valeva
procedere lontano dal campo di battaglia. L'unica cosa che
però lo
impensieriva era sapere come si sarebbe ricongiunto a Elorin.
“Magari
il Maestro ne combinerà un'altra delle sue...”
Iniziò
a farsi strada per il bosco, guardandosi attorno e cercando di
orientarsi. La sua meta? Esattamente non lo sapeva, ma la cosa di cui
era certo era che avrebbe dovuto incontrare una persona. Purtroppo,
Bepharis era stato piuttosto tirchio con le informazioni e aveva
lasciato il povero apprendista a vagare così, ignaro di
ciò che lo
avrebbe aspettato fuori dalle porte del castello. Per ora, la sua
grande impresa procedeva liscia e senza intoppi, forse un po'
noiosamente, ma almeno priva di pericoli.
“Allora...
So che non lontano, dovrebbe esserci l'accampamento di Teranis,
quindi direi di evitare quella strada... Ma dov'è che devo
andare?!”
“Forse
dovresti tentare di far funzionare meglio quel cervellino che ti
ritrovi!”
L'apprendista udì una risata
gracchiante provenire dalle fronde degli alberi, che però
parevano
immobili. Poi qualcosa sembrò scattare tra i rami e Anthel
sussultò.
Che cosa avrebbe dovuto fare? Forse la scelta più razionale
sarebbe
stata seguire le direttive e basta, ma la curiosità (che
fosse
maledetta!) lo spinse a seguire la misteriosa figura. Mentre
camminava, sentiva ancora quella vecchia voce beffarsi di lui.
“E adesso?” fece fermandosi un
attimo a riprendere fiato, quando improvvisamente sentì dei
rumori
che non avevano a che fare con i suoni tipici della foresta. In
lontananza avvertì dei cinghiali grugnire all'impazzata,
così come
lo stridere di lame e ferraglia varia. In aggiunta, aveva perso le
tracce della figura che stava seguendo. Chi fosse non lo sapeva, ma i
suoi sospetti ricaddero sulla voce che lo aveva preso in giro per la
passata mezz'ora.
“Perché sono così stupido da
fare queste scemenze?!”
Si passò le mani tra i capelli blu,
poi di nuovo sentì quegli strani suoni. Afferrò
dalla tasca la
mappa e si mise ad analizzarla, scoprendo a malincuore di essersi
avvicinato troppo al campo di battaglia. Inspirò
profondamente e
sguainò la spada, non sia mai che morisse per essersi
ritrovato nel
posto sbagliato al momento sbagliato. Dietro di lui, qualcosa si
mosse.
“Chi va là?”
“Salve ragazzo!” fece un
vecchietto dall'aria gracilina e dalla pelle olivastra. Sorrideva con
la bocca spalancata, mostrando giusto un paio di dentini gialli e
cariati che non sembravano essere un problema per lui. L'ometto
tossì, poi fece segno ad Anthel di seguirlo. Lo stregone
però non
sembrava voler muovere un passo.
“Non ti mangio mica, giovanotto!
Su su, cammina!”
Il vecchietto girò sui tacchi e
iniziò a camminare, con le mani dietro la schiena ingobbita
dagli
anni. L'apprendista fece una smorfia e valutò ancora l'idea
di
andarsene e lasciare stare quello strano individuo, ma qualcosa
attirò la sua attenzione: tra le mani incrociate, pendeva un
grosso
amuleto sferico, verde giada decorato da finiture dorate. Lo
riconobbe immediatamente, era uno degli aggeggi del Maestro Bepharis,
quelli che di solito usava non per insegnare ma per giocargli qualche
tiro mancino. Aveva fin troppi brutti ricordi legati a quell'affare:
la prima volta fu quando aveva sei anni e viveva a Palazzo da uno e
il Maestro lo aveva lasciato da solo nel Laboratorio, per poi fargli
credere che esistesse un fantasma che aveva deciso di perseguitarlo.
A quel ricordo, le sue labbra di contrassero in una risatina
isterica. Poi subito dopo, come una specie di flash, gli sovvenne il
suo primo giorno da Eroe, quando Elorin lo aveva chiamato con uno di
quei cosi per rendergli la vita impossibile.
“S-Signore?”
“Sì?”
“D-Dove ha preso quell'amuleto?”
chiese titubante, seguendo il vecchietto a due passi di distanza. Il
suo naso però lo costrinse a indietreggiare un attimo, gli
abiti
dello strano tipo emanavano un forte odore di chiuso e muffa, cosa
insolita visto che l'accampamento di Teranis era per lo più
costituita da tende di stoffa.
“Ah, questo? -fece portando
l'oggetto al viso, che si illuminò di un leggero verde
pastello- Me
lo ha portato una cara amica, ha detto di averlo sgraffignato ad un
paio di sempliciotti! Bello, vero?”
Allora
non mi sbagliavo,
fece Anthel
nella testa. È quello del Maestro...
“M-Mi scusi, ma quello appartiene
al mio Maestro di magia e d-dovrei riportarglielo!”
Il misterioso vecchietto ridacchiò
sotto ai baffi e iniziò a far dondolare l'oggetto, dicendo
che solo
uno stolto avrebbe potuto perdere un oggetto di così grande
valore.
Anthel non poté che dargli ragione, infatti diede la colpa a
Elorin
(tanto non c'era e non poteva sentirlo) e promise al vecchio che
avrebbe fatto più attenzione. Il signore dondolò
la testa e si
infilò l'amuleto in una tasca della veste con un movimento
repentino, mentre Anthel emetteva un verso di disappunto misto a
stupore.
“Ti va di fare due chiacchiere,
allievo di Bepharis?”
“Eh? Come fa a sapere il nome del
Maestro? E come fa a sapere chi sono?”
“Sei ingenuo, eheheh! Ho qualcosa
da mostrarti!”
L'apprendista sollevò il
sopracciglio destro, cercando di scrutare il suo strano e inquietante
interlocutore. Poteva fidarsi? Conosceva il Maestro e da una parte
questo poteva rassicurarlo, ma dall'altra si trattava di un membro
del clan di Teranis. E come era arrivato a quella conclusione?
Ovviamente non esistevano altri amuleti come quello, perciò
doveva
per forza essere lo stesso del suo mentore, che Elorin aveva
sgraffignato dal Laboratorio di Magia. Eppure qualcosa continuava a
non quadrare: quel tipo era troppo troppo strano.
“Ehi! Se non vuoi morire qui,
dovremmo sbrigarci... Inoltre, penso che i miei altri ospiti non
gradiranno aspettarci ancora!”
“Q-Quali ospiti?! Mi aspetti!”
*****
I tre si fermarono nel bel mezzo di
una radura e Elorin si gettò a terra, ansimando e sudando,
per poi
togliersi i pesanti guanti di cuoio, l'unica cosa che poteva sfilarsi
velocemente dal resto dell'armatura. Intanto Teranis era in ginocchio
non molto lontana, mentre i capelli rossi continuavano ad
appiccicarsi alla fronte madida di sudore. La giovane teneva in mano
una delle sue scimitarre e lanciò un'occhiataccia al
Principe, che
aveva gettato la seconda arma della ragazza per terra. Gli
urlò di
nuovo contro affinché la raccogliesse e per tutta risposta
il
giovane replicò con un: “Se mi aiutassi ad
alzarmi, lo farei!”
Intanto il Generale se ne stava
seduto per terra, come se stesse prendendo il sole, esausto e
sfiancato. Il poveretto si era ritrovato a dover proteggere l'erede
di Mistral da fin troppi nemici e aveva lasciato il suo esercito da
solo, senza qualcuno che li guidasse e portasse alla vittoria:
sperò
soprattutto di non dover contare troppe vittime, anche se il compito
appena svolto, ossia quello di proteggere il secondogenito del Re,
valeva più della vita di tanti soldati.
“Ehi, ragazzina! Non la passerai
liscia, sappilo!” fece boccheggiando in direzione della ladra.
“Ah sì?”
“Smettila di provocare!” grugnì
l'Armadio.
Elorin sembrò riprendere aria e con
fatica si mise a sedere, continuando a fissare minacciosamente la sua
rapitrice. Aveva forse raggiunto il limite della sua pazienza, voleva
tornare a casa e farla pagare al Gran Mago di Corte. Troppi guai e
troppe avventure, soprattutto per qualcuno abituato a poltrire come
lui. Il giovane decise quindi di alleggerirsi ulteriormente e
intimò
a Darn (finalmente si era ricordato del nome del suo Generale) di
darsi una mossa e togliergli quella pesante corazza di ferro battuto.
L'uomo accorse subito, ma ad un certo puntò udì
qualcosa che lo
fece sobbalzare: il risultato fu un pezzo di armatura che schiacciava
il tricipite del ragazzo.
“Che diavolo! Stai attento,
idiota!”
Teranis si accorse del motivo della
distrazione del suo avversario e tendette l'orecchio, non prima di
lanciare la solita frecciatina al 'gentile e coraggioso'
Principe. Lasciò stare quindi la risposta di lui e si
avviò verso
la foresta da cui erano arrivati. Credeva di essersi allontanata
abbastanza dal campo di battaglia, che in quella radura avrebbe avuto
l'occasione di fare i conti con Elorin, ma qualcosa non la
convinceva. Avrebbe preferito che fosse stata solo una sua
suggestione, ma purtroppo un altro guerriero aveva avuto la sua
stessa intuizione.
Strinse quindi gli occhi e scrutò a
fondo quella porzione di bosco visibile tra i cespugli, dove vide
aggirarsi altri piccoli esseri a cavallo di cinghiali. Gli occhi
ambrati della ragazza scattarono a destra e sinistra, cercando la
direzione migliore verso cui dirigersi: la scelta più giusta
sarebbe
stata tornare al suo accampamento, nemmeno troppo lontano dal punto
in cui si trovavano, ma la domanda le sorse spontanea. Cosa avrebbe
dovuto fare con quei due? Di certo Elorin non se lo sarebbe fatto
scappare, ma quell'altro? Di quel grosso omone tutto muscoli non se
ne faceva niente, anzi, sarebbe stato un ulteriore ingombro.
Si voltò per far alzare il
Principino e tornò dai due, riprendendo la sua scimitarra
gettata
malamente a terra. Si avvicinò e iniziò a dare
leggeri calci nel
costato di lui, continuando a buttare un occhio al bosco, da cui
però
sbucarono tre cavalieri di Feirden. Subito, la rossa smise di
stuzzicare Elorin e si mise in guardia, così come Darn che
nella
testa maledì ancora quelle creature.
Non ci volle molto però che i tre
venissero circondati, probabilmente il plotone reale era stato
annientato o magari fuorviato, e perciò non poterono evitare
di
rimettersi a combattere. Di nuovo la scena si ripeté e
Elorin cercò
disperatamente di tener salva la vita, ma la cosa gli apparve ormai
impossibile quando non riuscì più a trovare un
varco per fuggire.
“Generale! Andiamocene da qui!”
urlò al suo secondo correndo, quando si ritrovò
faccia a faccia con
il capo dell'esercito nemico.
Era una bestia enorme e lo sembrava
ancora di più a cavallo del suo cinghiale. La pelle pareva
più
verde, la testa era molto più grande e l'armatura
difficilmente
sembrava calzargli: i muscoli erano fin troppo sviluppati. Cosa
diamine è questo coso?!, fece il Principe nella
testa,
inciampando malamente sui suoi stessi piedi. Intanto la battaglia
infuriava, nemmeno Teranis riusciva più a resistere ai tanti
nemici
presenti, così come uno dei migliori guerrieri della nazione.
Accerchiati, Elorin si chiese come
sarebbe andata a finire se lui fosse morto su quel campo di
battaglia, ma la risposta non arrivò mai nella sua testa che
alcuni
dei mostri che aveva davanti iniziarono a cadere come foglie al
vento. Udì un sibilo rapidissimo, accompagnato da una specie
di
lampo rosso che lo fece sussultare.
Teranis, non molto lontana, notò il
movimento fulmineo e temette il peggio quando alle sue spalle la
maggior parte dei mostri era ormai stecchita. Il primo pensiero che
le attraversò la mente era ricollegato al plotone reale, che
magari
aveva ritrovato il proprio Generale e aveva ricominciato a seguire
direttive precise e ordinate; l'unico problema sarebbe stato
ritrovarsi tra due fuochi, dopotutto aveva 'rapito'
l'erede di
Mistral.
Scosse la testa a quell'idea e
continuò con la sua strage personale, poi udì
Elorin lanciare un
urletto stridulo dei suoi. “Che problemi ha,
adesso?!” fece
cinica, mentre poco lontano una sagoma nera si era unita alla grande
battaglia. Era palesemente un umano, anche se indossava un mantello
nero non sembrava affatto una qualche creatura particolare, le sue
proporzioni erano assolutamente nella norma. Le mani non erano
eccessivamente grandi, erano sicuramente robuste e stringevano nella
loro presa un'arma dall'aspetto inusuale: si trattava di un bastone
non molto lungo, alle cui estremità erano saldate due
pesanti e
larghe lame rosse. Il misterioso uomo si muoveva con grazia, la sua
lama descriveva veloci e precise spirali che abbattevano qualsiasi
cosa incontrassero, nonostante l'evidente peso della stessa arma.
Teranis notò che il nuovo arrivato
si stava pericolosamente avvicinando alla sua preda, ma poi questo si
fermò per osservarlo attentamente. Tutto intorno a loro,
nessun
nemico osava avvicinarsi tanto i corpi delle altre creature erano
gettati a terra.
La ladra notò Elorin inclinare la
testa di lato, per un istante parve confuso, per non dire spaventato
dalle movenze dell'uomo dalla doppia lama, poi lo vide urlare
qualcosa. “Lo conoscerà?” chiese a voce
alta, senza essersi
accorta che Darn le si era avvicinato parecchio.
“Non è possibile! Nessuno a
Palazzo ha un'arma simile!”
La rossa si voltò di scatto,
l'omone che prima era suo nemico era diventato di colpo un suo
alleato in quella strana situazione in cui si era cacciata e tutto a
causa della sua testa calda. Ancora si interrogò sul
perché delle
sue azioni e si chiese se non provasse un qualche tipo di interesse
nei confronti di quello strano Principe tutto fumo e niente arrosto.
L'idea la fece avvampare e subito si disse che l'unica cosa di Elorin
che avrebbe potuto catturare la sua attenzione erano gli innumerevoli
oggetti di valore che questo portava con sé. Smise di
pensarci
quando vide il giovane correre verso di loro, seguito dall'ennesimo
cavaliere di Feirden sfuggito alla furia combattiva del misterioso
spadaccino incappucciato.
“Che cavolo stavi combinando?!”
chiese la ladra, subito ripresa dal Generale Darn che le
rammentò
che non stava parlando ad un suo amico in una taverna, ma con il
secondo erede del Paese. Per tutta risposta, lei si limitò a
fare
spallucce: che le importava, era la Principessa dei Ladri, non una
comune contadinella.
“Lascia stare e diamocela a gambe!
Quel tizio ha detto che se ne occuperà lui!”
“E ti fidi di uno appena
conosciuto?!”
“Mi ha salvato, per me va bene...
Anche se ha detto una cosa strana...” fece il Principe senza
riuscire a finire la frase che di nuovo il misterioso giovane si era
avventato contro altre creature.
“Sarebbe?”
“Che un anziano ti stava cercando!
E comunque non capisco perché ti stia arrabbiando tanto! Sei
particolarmente irritata, hai per caso le tue cose?”
Non avesse mai fatto quella domanda!
Teranis gli tirò uno schiaffo talmente forte da attirare
l'attenzione di qualche goblin e del misterioso spadaccino, lasciando
sulla guancia del biondino l'impronta della sua pesante mano. Il viso
era quasi scarlatto, attorno alla sagoma della mano la pelle pareva
di porcellana, mentre una lacrimuccia di dolore iniziava a scendere
giù dall'occhio destro. Teranis allora ritirò
immediatamente il
braccio e riprese la scimitarra che aveva abbandonato per compiere
quel gesto, quando si ricordò di quello che le aveva detto
il Saggio
del suo clan. Si era ricordata che l'anziano stregone voleva comunque
incontrare Anthel e che avrebbe voluto fare due chiacchiere con lui,
ma non vedeva per quale motivo adesso voleva avere a che fare anche
con Elorin. Se proprio aveva voglia di passare del tempo con degli
idioti, poteva semplicemente aspettare che il resto del clan si
ubriacasse!
“P-Perché lo hai fatto?”
“Perché sei un idiota! Come ti
permetti di dire una cosa del genere a una donna?!”
Il Principe cercò con lo sguardo
l'appoggio del suo Generale, ma questo scosse la testa dando ragione
alla ladra. Elorin grugnì qualche imprecazione, mentre con
gli
occhioni azzurri seguiva i movimenti del misterioso spadaccino che
per un istante parve guardarlo. Di nuovo si sentì confuso e
rabbrividì alla vista di quegli occhi smeraldini appena
appena
visibili. Chissà chi è quel tizio?
Secondo me vuole che ce ne
andiamo, pensò nella testa, con la guancia destra
che pulsava
dolorosamente.
Teranis sembrò intuire ciò che il
Principe voleva fare e lo afferrò per la mano, urlando:
”Da questa
parte!”
I tre iniziarono a correre di nuovo,
sgominando nemici su nemici con abili fendenti in direzione del bosco
verso l'accampamento della ladra.
Fu una lunga corsa, quasi
sfiancante, ma assolutamente necessaria. Bastarono infatti pochi
minuti per ritrovarsi al sicuro sotto le fronde di altissimi alberi
secolari, lontani dalla battaglia che infuriava.
“Seguimi!” fece Teranis,
lasciando il braccio di Elorin, che perse l'equilibrio in seguito
alla fatica e alla pesantezza che sentiva nelle gambe: in quel
momento avrebbe solo voluto stendersi sul suo letto e dormire per
mesi.
“Dove?” chiese Darn, anche lui
esausto.
“Tu non vieni!”
Il volto del Generale si contrasse
in un'espressione sconvolta e chiese per quale motivo non avrebbe
dovuto seguire il suo sovrano. La ladra emise una risatina di scherno
e fece spallucce, lasciando l'uomo a rodersi il fegato, ovviamente
continuando a seguire il biondino qualunque cosa fosse successa.
Teranis non ci fece caso, intimò solo a Elorin di muoversi e
poi
rimase in silenzio, camminando verso il cuore della foresta.
Il Principe non riconobbe il
sentiero che stavano seguendo, ma preferì anche lui non dire
niente
perché troppo stanco per continuare a litigare. Il viso gli
faceva
veramente male, altro che ferita di battaglia, la mano della ragazza
era veramente pesante e per niente femminile. Da una parte
però
pensò di essersi totalmente meritato quello schiaffo. Ma
solo da una
parte, eh! Lanciò un'occhiata al suo Generale e di nuovo
sperò che
questo non lo abbandonasse, anche se fossero stati circondati da
tutto il clan di ladri. Questo ricambiò lo sguardo e
annuì,
rincuorando il giovane biondino.
“Ehi, dove stiamo andando?” fece
ad un certo punto Elorin.
Teranis non rispose, semplicemente
continuò a camminare con le spalle dritte e il portamento
fiero,
nascondendo la stanchezza che provava in ogni singola fibra del suo
corpo. Camminava in silenzio, ignorando le continue domande del
Principe che iniziava a diventare isterico. Cosa non avrebbe dato per
farlo stare zitto! La ladra emise allora un sospiro di sollievo, una
giunta di fronte ad un cespuglio dall'aspetto stranamente
rinsecchito. Appena lo spostò, di fronte ai tre divenne
visibile
l'accampamento della ladra, già illuminato a giorno con
torce e
lanterne, nonostante fosse da poco passato il mezzogiorno. Darn si
lasciò sfuggire, senza farsi sentire dalla ragazza, un
commento
riguardo all'appariscenza di persone che tecnicamente dovrebbero
agire nell'ombra.
Non ci volle molto che subito tre
omoni grandi e grossi almeno quanto il Generale raggiungessero
Teranis e circondassero Elorin e Darn che, per quanto li riguardava,
si trovavano ancora in territorio nemico. La rossa subito
tranquillizzò i suoi uomini e disse loro di lasciar stare i
suoi due
nuovi accompagnatori, in quanto, date le circostanze, dovevano avere
in programma una qualche udienza con il Vecchio Saggio. I tre banditi
si scambiarono un'occhiata abbastanza perplessa, pienamente condivisa
dalla ragazza che tutto voleva meno che portarsi Elorin a casa. Fece
spallucce e ordinò quindi di andare a prepararle qualcosa da
mangiare e preparare dei bauli, perché sicuramente il
Principino di
Mistral aveva ancora qualche bel gioiellino da 'donare in
beneficenza'. A quell'affermazione, Elorin si oppose
fermamente e
riprese a reclamare la sua amata corona, ancora nelle mani di
Teranis.
“Scordatelo!” aveva replicato
seccamente, conducendo i due nel cuore dell'accampamento. Il luogo
era parecchio pulito ed era in una posizione gradevole, dove le
fronde degli alberi non erano troppo fitte da impedire il passaggio
della luce del sole; era inoltre ben organizzato, le tende erano
poste a destra e a sinistra di un piccolo sentiero principale che
piano piano si allargava in una piazza, dove quasi certamente il clan
si riuniva per festeggiare l'aggiunta di nuovi tesori nelle loro
tasche. Di fronte ai tre, in fondo al sentiero c'era una tenda molto
più grande delle altre: Elorin sospettò che fosse
quella della
ragazza che tanto paventava di essere una Principessa. A quel
pensiero, schioccò le labbra con fare saccente, senza
accorgersi di
star procedendo dalla parte sbagliata da solo.
Darn lo chiamò di fronte
all'ingresso di una tenda a sinistra di quella del capo clan e lo
invitò a sbrigarsi, facendo intendere al giovane che la
ladra aveva
iniziato a stufarsi visibilmente. Elorin fece uno scatto e raggiunse
il generale, ma prima che potesse chiedergli di Teranis, il braccio
di questa spuntò fuori dall'abitazione e lo
afferrò per la
scollatura dell'armatura. Il biondino perse l'equilibrio e si
ritrovò
gettato a terra, su un lurido tappeto di tela macchiato di liquidi
dalla provenienza sconosciuta e polveri altrettanto inusuali.
“Che modi sono?!” urlò mentre
rialzava gli occhioni azzurri per capire dove fosse finito. Ammassati
su tutti i lati della casetta di stoffa, c'erano anfore, vasi e
casse, tutte contenenti almanacchi, fialette e quelli che sembravano
essere ingredienti per delle pozioni. Ovviamente non ne fu sicuro, ma
avevano proprio l'aspetto dei cosi che usava Anthel
per
studiare. Mentre passava in rassegna la stanza, il suo sguardo
incontrò un paio di vecchi e raggrinziti piedini, infilati
in un
paio di sandali di cuoio, anch'esso logoro e stropicciato. Il
Principe lanciò un urlo di disgusto, non ebbe nemmeno la
decenza di
nascondere il proprio disagio, e scattò a sedere, per poi
vedere il
proprietario di quegli arti rugosi. Un vecchietto dall'aspetto
gracile e malaticcio lo guardava con scherno, mentre sorrideva con la
sua bocca sdentata, motivo del secondo gridolino di disgusto del
Principe.
“Non hai proprio idea di cosa sia
il contegno, vero?” lo rimproverò Teranis,
alzandolo di peso e
costringendolo a rimettersi in piedi. Il signore emise un fischio e
invitò la ragazza a mettersi comoda e a non preoccuparsi
dell'educazione del suo nuovo amichetto; per tutta risposta, Tera
incrociò le braccia al petto e diede una gomitata nel
costato del
biondino.
“Benvenuto, Sua Altezza Reale!”
fece il vecchio, porgendogli la mano, che subito ritrasse per
spostarsi alla sua sinistra. Infatti, nascosto dalla gracile sagoma
del vecchio, c'era Anthel, seduto su uno sgabello a sorseggiare del
tè.
L'apprendista stregone dondolava le
gambe e fissava Elorin come fosse un vecchio compagno di studi che
non avrebbe più voluto vedere, con la bocca contratta in
quello che
sarebbe dovuto essere un sorriso ma che assomigliava più a
una
smorfia di pressappochismo e ribrezzo. Il giovane dai capelli blu
posò quindi la tazza sul tavolo e salutò con la
mano, leggermente
intimidito dalla presenza di Teranis, di cui non aveva certamente
sentito la mancanza. La ragazza notò la fifa nel suo
precedente
avversario e lo fulminò nuovamente, godendo nel vederlo
irrigidirsi
come un ciocco di legno.
“P-Principe Elorin, c-che piacere
rivedervi...”
“Non prendermi in giro, Anthel-
fece andandogli incontro con fare minaccioso- Piuttosto, cosa ci
faccio qui?! Credevo mi avessi già spolpato di tutti i miei
averi,
Teranis!”
“Non prendertela con me, se non
sai conservare le tue cianfrusaglie! E comunque credo che ti
restituirò la tua amata corona solo se sarai in grado di
sconfiggermi!”
“Suvvia, mai cara Tera- interruppe
l'uomo con un'espressione mesta sul viso raggrinzito- Vi stavo
aspettando, dobbiamo discutere di una paio di cosette!”
Il vecchietto iniziò a guardarsi
attorno, il lungo pizzetto che dondolava come un pendolo, contando i
partecipanti alla conversazione.
“Uhm, quel giovanotto di prima non
è tornato e qui abbiamo un ospite indesiderato...”
Darn si sentì chiamato in causa,
era ovvio che non sarebbe dovuto essere lì, ma non era stata
una sua
decisione perciò comunicò al Saggio che era
lì in veste di
Guardiano del Principe. E chi era l'altro ospite che non era tornato?
Molto probabilmente si trattava dello spadaccino con la doppia lama
rossa.
“Baggianate! Per proteggere
l'erede di Mistral bastano questi due giovanotti!” fece
indicando
Anthel e Teranis. Il primo sputò il sorso di tè
che stava per
mandare giù, mentre la seconda non poté che
sgranare gli occhi a
tale affermazione.
“Ma che proteggere?! Io vorrei
solo prendere a calci questo idiota!”
E di nuovo con la solita solfa,
nemmeno tre giorni e quei due non avevano fatto altro che litigare!
La pace (se così si può definire) che Anthel
aveva assaporato per
quelle poche ore stava velocemente scivolando via dalle sue dita. Se
quelli erano gli ospiti che il vecchietto stava aspettando, allora
avrebbe felicemente abbandonato quel tè del pomeriggio per
ricominciare il suo strano viaggio di studio. Eppure sapeva che non
avrebbe potuto fare a meno di Elorin...
Il giovane sospirò, poi il Saggio
riprese a parlare: “Calmatevi, voi due! Siete qui
perché devo
darvi le informazioni riguardo la missione assegnatavi da
Bepharis!”
“Eh?” fecero in coro.
“Quindi lei conosce per davvero il
Maestro?” chiese per la centesima volta Anthel, sperando che
questa
fosse la volta buona che lo strano ometto rispondesse.
“Sì, siamo vecchi amici e so che
ti ha incaricato di trovare le steli per ricostruire la leggenda! Ma
non è tutto!”
“Come non è tutto?” sbraitò
Elorin, che in tutta quella storia c'entrava poco e niente.
“Al contrario, mio Principe! -fece
come se avesse letto la mente del ragazzino- Avrà un ruolo
fondamentale in tutto ciò! In questo accampamento
è custodita una
seconda stele, contenente un altro pezzo della leggenda!”
Ci fu un attimo di silenzio, in cui
i tre ragazzi non fecero altro che scambiarsi occhiate interrogative.
Stavano sicuramente ripensando al pezzo di roccia trovato nella tana
dell'orco, magari qualcuno di loro si ripeté nella testa le
parole
lette sulla stele. Sicuramente nella mente di Teranis c'era lo
stupido discorso del biondino sulla Divina Provvidenza.
“Seguitemi, ciò che custodisco è
veramente interessante!”
Angolo di
Zenya ^^
Salve a tutti! Rieccomi sotto
nuovo nome e stranamente abbastanza puntuale ^^ Allora, che dire?
Piccolo re-styling! No, scherzo! Sarò ripetitiva, ma che ne
pensate? In questo capitolo mi sono focalizzata molto di più
su Elorin e Teranis, bloccati nel bel mezzo di una battaglia! Inoltre,
sono stati introdotti il Generale dell'esercito e un misterioso
spadaccino... Lo so, mi piace tenervi sulle spine (tenere sulle spine
chi? Quei pochi lettori che mi calcolano appena?)
Vabbé,
fatemi sapere che ne pensate e al prossimo aggiornamento! Nell'attesa,
vi invito a dare un'occhiata alle altre mie storie!
Un bacione e a presto!
#advertisingtime
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2652590&i=1
- Keep
Going... For What is Really Important
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- Seeking Knowledge
'till the Point of Madness
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http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3261192&i=1
- Kingdom Hearts: the Last Princess
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Capitolo 8 *** Monastero di Albia ***
08
Monastero
di Albia
“Riesci
a fare di meglio?!”
Teranis
sbuffò spazientita, mentre di fronte a sé Anthel
cercava di
recuperare per la centesima volta la sua spada, gettata malamente
dalla ragazza con un abile fendente. Erano infatti ore che i due si
allenavano, era stato un ordine del Saggio del Clan della ladra che
l'aveva incaricata, o costretta come preferiva lei, a seguire i due
ragazzi nella loro impresa. Lei si era fermamente opposta, non voleva
più avere a che fare con loro, né tanto meno
dover fare loro da
balia.
“Può
accompagnarli quel tizio!” aveva sbraitato indicando Darn,
cacciato
dal vecchio appena fuori la tenda. Il Generale aveva acconsentito
perché avrebbe comunque seguito Elorin ovunque fosse stato
costretto
ad andare, ma ancora il Saggio aveva fatto finta che l'uomo non
esistesse. Lo stesso Principe, che già non voleva partire
per un
simile viaggio, voleva che fosse il suo Generale ad accompagnarli,
con la speranza che magari una delle fermate fosse appunto il Palazzo
di Mistral.
“M-Mi
dispiace! Ma non ho capito c-come devo m-muovermi!”
tentò di
replicare Anthel, che incontrò ancora lo spaventoso sguardo
assassino della ladra.
“Come
pensi di sopravvivere, allora?!”
Se
non mi uccidessi ora, forse ce la farei...
“Ragazzina!
Lascia che lo alleni io!” fece allora Darn, notando che ormai
il
povero stregone era allo stremo delle forze; scosse la testa alla
vista di quell'affarino così gracile e malmenato che
faticava a non
compatirlo.
Teranis
sbuffò e propose di scambiarsi gli allievi perché
tanto non se ne
sarebbe stata con le mani in mano; puntò infatti la
scimitarra verso
Elorin e lo minacciò di mettersi in piedi. Ad occhio
esterno,
sembrava volerlo più uccidere, che allenarlo
perché sopravvivesse.
Il Principe scosse la testa e si strinse le braccia al petto, con
tutta l'intenzione di stare seduto a guardare gli allenamenti del
povero Anthel.
“Sua
Altezza, avanti! Dimostri a questa ladruncola di che pasta è
fatto!”
esortò il Generale mentre aiutava lo stregone a rialzarsi.
Elorin
sbuffò e rispose che con tutti quei guerrieri non sarebbe
stato
necessario imparare a lottare, lo avrebbero protetto loro,
perciò
decise semplicemente di mettersi comodo sulla sacca di Anthel.
“Ah,
con me non la passi liscia!” fece Tera, gettando ai piedi di
Elorin
una delle sue scimitarre. Si morse poi il labbro inferiore, vedendo
il giovane principe fissare l'arma con pressappochismo e volle tanto
prenderlo a calci, anche perché quella era la seconda volta
che una
delle sue 'bambine' veniva ignorata così
brutalmente. Di
nuovo, la scena lasciata in sospeso sul campo di battaglia riprese,
mentre Anthel riusciva finalmente a riprendere fiato. Darn era tanto
più buono e tranquillo, si sentiva al sicuro nel dover
maneggiare la
sua spada con qualcuno di capace e dai nervi saldi: Teranis non era
infatti uno dei migliori maestri che avesse mai avuto.
“Allora,
Anthel! Dimostriamo a questa ragazzina quel che sai fare!”
Il
giovane stregone sospirò nuovamente e si rimise in guardia,
emulando
i movimenti del grosso omone che aveva davanti. Purtroppo non
riusciva a concentrarsi, aveva ancora in testa la strana
chiacchierata all'accampamento dei ladri, dove effettivamente era
custodita una delle steli di pietra che il Gran Mago voleva che
trovasse.
Le
parole incise su quella roccia erano ancora più enigmatiche
e strane
di quelle lette nella tana dell'orco: esse infatti insinuavano che
l'Eroe fosse l'allievo di un Grande, un titolo che per un comune
mortale poteva essere stato concesso a qualunque persona di una certa
importanza, che fosse essa un Principe, un Duca o uno Stregone.
Il
suo cuore... in.. vie del Regno dei Venti che, sotto la guid.. n
Grande e gli insegnamenti di un Potente, lo condurr...
affinché il
potere... dissipare le tenebre ...i nell'anima del dis... el
Maestral...
Ripeté
mentalmente, attingendo i vari significati possibili dai suoi anni di
studi di magia e storia antica. Sapeva che si trattava effettivamente
di un Eroe proveniente da Mistral, o come minimo qualcuno che sapesse
come orientarsi nel vasto Regno di Elorin, poiché in origine
il nome
del paese era appunto Regno dei Venti. Ma ciò che
più aveva
attirato la sua attenzione era la parte riguardante i cosiddetti
'Grande' e 'Potente'. Anthel si
chiese nuovamente chi
potessero essere i due a cui si riferiva la stele, di cui era ormai
rimasto solo un mucchietto di roccia gettato a terra.
Infatti,
mentre il giovane stregone analizzava la roccia, il vecchio Saggio
aveva tirato fuori da una delle sue sacchette un logoro pezzo di
pergamena che aveva conservato per anni, su cui erano riportate le
parole che il ragazzo stava ripassando.
La
grotta, nascosta dalla tenda del membro più anziano del Clan
dei
Ladri, era piccola e piena di muschi e muffe, ad indicare la poca
manutenzione che l'anziano le aveva riservato, e sul fondo la stele,
illuminata dai raggi del sole che filtravano da un buco sul soffitto.
Il
Saggio aveva invitato Anthel a farsi avanti ed analizzare quello che
aveva davanti, ricordandogli della missione assegnatagli dal suo
'collega' Bepharis, che probabilmente in quel
momento se ne
stava comodamente seduto sulla sua poltrona a sghignazzare.
“Che
ne dici, giovanotto?” aveva chiesto pettinandosi la
barba con
le dita.
Anthel
non aveva saputo come rispondere, per lui bastava raccogliere i
frammenti della Leggenda e riportarli al Maestro, ma a quanto pareva
i due vecchietti sembravano essersi messi d'accordo per far
sì che
qualcosa accadesse. Cosa, il giovane dai capelli blu non lo sapeva.
Fu
allora che il Saggio aggiunse qualcosa che Elorin aveva ripetuto fino
allo sfinimento, sorprendendo il povero apprendista. La storia
dell'Eroe si era ripresentata e il giovane aveva ricominciato a
opporsi, anche perché la faccenda del Grande
legata a Elorin
non sembrava avere nessun tipo di logica. Il vecchietto rise
all'ostinatezza del giovane e gliene diede atto, mentre dietro di lui
il Principe sembrava essere lusingato dall'essere stato nominato in
una Leggenda vecchia di secoli.
“Va
bene, ragazzo! Allora voglio dirti dove andare per trovare un altro
pezzo della leggenda... Magari potrai ricrederti sulle mie
parole!”
aveva aggiunto alla fine , per poi ricordarsi che anche Elorin
avrebbe avuto un ruolo fondamentale in quella grande impresa.
Ed
eccoli, ad allenarsi per dirigersi nel lontano Monastero di Albia,
nella regione dei laghi, dove a detta del Saggio qualcuno li
attendeva.
“Chi
mi aspetta?” aveva
poi chiesto
Anthel, scoprendo che l'ospite tanto atteso era lo stesso Principe.
Su quella parte, il vecchio fu assolutamente di poche parole, per non
dire di nessuna. La missione era semplicemente andare là e
basta.
“Anthel!
Vuoi attaccarmi?” chiese Darn, scaldandosi il muscolo della
spalla
sinistra in attesa dell'assalto del giovane.
Lo
stregone sospirò e corse verso il Generale, che aveva deciso
di
insegnargli alcune tecniche per poter sopravvivere in caso fossero
vittima di un'imboscata.
“Basta
così! Che ne dite di ripartire?” chiese Darn, di
fronte ad un
Anthel stanco e dolorante.
“Chi
ti ha detto che puoi avere il comando?!”
Teranis
fissò l'uomo indispettita, nonostante lei non volesse avere
niente a
che fare con la missione; eppure, a darle fastidio era che qualcuno
le desse degli ordini.
Elorin
la guardò dall'alto in basso e si affiancò al suo
Generale, per poi
superarlo a testa alta, rivolgendo alla ladra, che aveva deciso di
chiamare solo Tera, l'ennesima frecciatina acida.
“Preferisci
che sia io a comandarti a bacchetta?”
Anthel
inspirò una profondissima boccata d'aria per trattenersi dal
commentare la scena, poi anche lui si decise a procedere, fissando
gli occhioni verde intenso sulla mappa di Mistral. Se facessi
solo
da navigatore, eviterei di essere coinvolto da questi due,
pensò
calcolando la distanza da percorrere per raggiungere il Monastero di
Albia.
Il
Monastero era situato a circa due giorni di marcia dal Palazzo Reale,
due a cavallo e quattro a piedi, e sorgeva sulle sponde di un
bellissimo lago dall'acqua cristallina, tanto chiara che nelle
giornate d'estate cielo e acqua parevano mescolarsi. Lo stregone non
ci era mai stato e così anche Elorin, per quanto ricordava,
ma ne
aveva sentito ampiamente parlare dal Maestro e da molti membri della
servitù: questi raccontavano di quanto fossero ospitali i
monaci, di
quanto il cibo fosse buono e di come fossero belli i siti adibiti al
relax dei turisti, mentre il buon vecchio Bepharis aveva più
volte
citato la biblioteca custodita dal Superiore del Monastero.
Anthel
sospirò all'idea di potersi rilassare, dopo i quattro giorni
che
aveva trascorso con il 'simpatico' duo, con il
rischio di
farsi venire un esaurimento nervoso; la prima idea che gli
balenò in
mente fu quella di invitare il Principe a stare in panciolle sulla
riva del lago, mentre lui avrebbe svolto le indagini che gli erano
state richieste.
“Allora,
quanto manca?” chiese Teranis.
“Se
ci s-sbrighiamo, dovremmo arrivare là per il
tramonto...” fece
senza staccare gli occhi dalla pergamena. Ormai nemmeno distingueva
più le linee e le scritte tanto il suo naso era vicino alla
carta,
quel gesto sembrava dargli l'illusione di potersi nascondere dai suoi
compagni di viaggio e isolarlo come fosse in una bolla.
“Sarà
meglio per te, Anthel!”
“N-Non
si preoccupi, S-Sua Altezza!”
Il
viaggio procedeva lento e in silenzio. Tera e Elorin camminavano a
debita distanza l'uno dall'altra, con in mezzo quel grosso omone di
Darn, che con la sua stazza impediva al Principe di vedere la
ragazza. Invece, Anthel proseguiva a passo un po' più
spedito, con
in mano la sua inseparabile mappa e la spada che sbatteva
dolorosamente sulla coscia destra. Gettò quindi un occhio
sull'arma
e pensò di cambiarle posizione, magari sulla schiena, ma
preferì
aspettare di arrivare al monastero per non rallentare la loro marcia.
“E-Ehm,
Altezza?” chiese il Generale ad un certo punto.
“Che
c'è?”
“Come
mai lei e Anthel siete usciti fuori dal Castello? Avete detto di aver
incontrato questa ragazza prima della missione del Gran
Mago...”
Elorin
si passò una mano sul mento e si mise a riflettere. Gli ci
volle un
po' prima che riuscisse a ricordarsi del motivo della sua presenza
là, poiché gli avvenimenti di quei giorni si
erano succeduti
rapidamente travolgendo il giovane senza che nemmeno se ne
accorgesse.
“N-Non
se ne s-sarà dimenticato, vero Altezza?”
Il
Principe ebbe un sussulto e arrossì violentemente,
ricordandosi
finalmente del vero motivo della loro missione, ossia trovare Sefia e
salvarla. La reazione del Generale fu più violenta di quanto
tutti
si aspettassero, soprattutto Anthel che credeva di aver trovato un
compagno di viaggio mentalmente stabile, e tutti per un istante
ebbero paura. L'uomo urlava e sbraitava, diede la colpa a Tera per
aver rallentato i due e li esortò ad abbandonare la
richiesta del
Gran Mago di corte per andare a salvare la Principessa.
Nessuno
dei tre seppe come rispondere, Anthel provò a dire qualcosa
ma i
suoi occhi vennero colpiti da un raggio di sole che proveniva da un
meraviglioso specchio d'acqua, su cui si rifletteva il cielo ambrato.
“Beh,
direi che siamo arrivati...”
*****
Anthel
se ne stava sdraiato sul suo letto a fissare il soffitto di legno,
sostenuto da pesanti travi che correvano da una parte all'altra della
stanza. Se ne stava per conto suo, con gli occhi chiusi e le mani
dietro la nuca, a godersi il silenzio di quel monastero di pietra.
Elorin e Teranis erano in altre stanze, a debita distanza
affinché
non si incontrassero e Darn se ne stava di ronda davanti la porta
della stanza del Principe.
“Finalmente
un po' di pace...” fece stiracchiandosi, per poi aprire gli
occhioni verdi e afferrare dal comodino vicino il suo quadernino di
appunti. Non lo aprì immediatamente, se lo rigirò
tra le mani,
fissandone il dorso di pelle logoro. In quei pochi giorni aveva
scritto almeno una decina di pagine, tra incantesimi e pezzi di
leggenda, un po' per ripassare, un po' per estraniarsi dai suoi
compagni di viaggio. Eppure il suo chiodo fisso era Sefia,
probabilmente sola e spaventata in qualche prigione in balia di
mostri e affini. La voleva salvare e ormai non credeva più
di
potersi tirare indietro, ma il pensiero di affrontare il Signore
Oscuro lo spaventava a morte. “Magari, andando in cerca della
Leggenda, potrei trovare il vero Eroe che la
salverà...”
Fece
per aprire le pagine del piccolo taccuino ma si fermò quando
sentì
dei passi fuori la sua porta. Subito scattò a sedere e si
mise in
ascolto, cercando di capire a chi appartenessero quei passi. Per un
istante pensò si trattasse di qualche monaco, ma dopo un po'
arrivò
alla conclusione che fuori la sua camera c'era uno dei suoi compagni
di viaggio. Infatti, quando la porta si aprì, vide Teranis
con le
mani suoi fianchi e un'espressione indispettita sul volto.
Anthel
lanciò un urletto sommesso, il suo corpo si
irrigidì di colpo e
temette nuovamente per la sua vita: dopotutto, quanti motivi aveva la
ladra per presentarsi da lui? La ragazza si guardò attorno e
entrò
nella stanza con fare minaccioso, senza degnare lo stregone di uno
sguardo. Questo intanto tremava e aspettava l'imminente aggressione
della giovane.
“P-Posso
fare qualcosa per t-te?” chiese titubante lo stregone.
Tera
gli lanciò un'occhiataccia e si lasciò sfuggire
uno strano versetto
che l'apprendista interpretò come disprezzo. È
sicuramente
disprezzo...
“Tsk,
la cena è pronta...”
“Eh?”
“Non
farti venire strane idee! È stato quell'idiota di Elorin a
mandarmi
e non ne potevo più di sentirlo, perciò alza il
tuo deretano e
andiamo!”
La
ragazza non gli diede nemmeno il tempo di metabolizzare la situazione
che abbandonò la stanza con la velocità di una
tigre, lasciando uno
spaesato Anthel seduto sul letto. Lo stregone scosse la testa azzurra
e si fiondò fuori dalla stanza, lasciando dietro di
sé una scia di
foglietti spiegazzati e scarabocchiati.
“I-In
che senso ti ha mandata Sua Altezza? -chiese boccheggiando a due
passi dalla ragazza- Credevo non vi parlaste!”
“Infatti,
ma a quanto pare qualcuno ha deciso di giocare con la mia pazienza...
Dovrebbe ringraziarmi per essermi fatta coinvolgere in questa
faccenda...”
Anthel
rimase in silenzio a quell'affermazione, non poteva che darle
ragione, ma il pensiero di doverle dire altro lo spaventava.
Presto,
i due raggiunsero una pesante porta di legno alla fine del corridoio
in pietra, davanti alla quale Darn era ritto in piedi come una
statua. L'uomo teneva le braccia conserte e continuava a guardare
lontano, sopra le teste dei due guerrieri, attento ad ogni movimento
sospetto. Pareva essersi calmato e sembrava aver accettato la
situazione in cui si trovava; sicuramente stava pensando a come
salvare Sefia ma ovviamente nessuno dei presenti avrebbe saputo come
fare.
“Eccovi
qui! Entrate, io faccio la guardia qui!” disse aprendo la
porta su
un'enorme sala da pranzo con al centro una tavola imbandita degna di
un re. A capo tavola, Elorin se ne stava seduto impugnando le proprie
posate con la grazia e l'eleganza che gli erano state insegnate. Di
nuovo, però, la sua espressione tranquilla venne spazzata
via dal
fastidio che provava per Teranis, che si diresse senza dire una
parola al suo posto.
Anthel
raggiunse il Principe e si sedette accanto a lui, chiedendogli
spiegazioni sullo strano comportamento della ragazza; la risposta che
ottenne non fu assolutamente soddisfacente, perciò il
giovane
stregone andò a sedersi vicino al suo sovrano.
Diede
un'occhiata a ciò che Elorin aveva davanti e
deglutì la saliva che
gli si era formata in bocca tanto il cibo pareva buono; purtroppo per
lui, del suo piatto nemmeno l'ombra, ma un monaco sulla trentina, di
corporatura robusta e atletica, gli passò accanto
annunciando che
presto anche lui avrebbe mangiato. Decise quindi di ammazzare il
tempo guardandosi attorno, partendo dalla porta di ingresso da cui
intravedeva le larghe spalle di Darn, ancora fermo a fare la guardia.
Chissà
a cosa starà pensando? Mi chiedo cosa ne pensi di questa
storia,
pensò
poi. Non
è stato
per niente contento di sapere della Principessa.
Ovvio
che non fosse contento! Nessuno sarebbe potuto esserlo.
Lasciò
perdere quindi il Generale e spostò la sua attenzione alla
possente
struttura in cui si trovava: il soffitto era massiccio e sorretto da
lunghe travi di legno, mentre alle pareti erano appesi gli stendardi
della famiglia reale e il simbolo della divinità dei Venti
adorata a
Mistral; altro non c'era, anche perché si trattava di un
austero
monastero pieno di monaci e studiosi.
Se
mi avessero portato qui da piccolo, forse non avrei avuto tutti
questi problemi con Elorin,
fece guardando di sottecchi non tanto il Principe quanto il suo
piatto, per poi dare un'occhiata alla ladra seduta dall'altro parte
del tavolo.
“Ehi!”
Dietro
la ragazza un giovane monaco sulla ventina sembrò chiamare a
bassa
voce un suo superiore, facendo segno di avvicinarsi alla pesante
colonna di pietra dietro cui si era nascosto. Anthel lo vide e
inclinò la testa confuso, destando la curiosità
di Teranis che si
stava portando un cucchiaio colmo di zuppa alla bocca. Il giovane
stregone dai capelli blu, dopo essersi morso la lingua ed evitata una
lamentela per la mancanza di cibo, indicò piano alla ladra
lo strano
comportamento dei monaci.
“Non
ti voltare così!” mimò Anthel, per non
destare sospetti.
Tera
lo fulminò e girò piano il collo, poco
interessata al discorso. Il
giovane monaco pareva spaventato, forse anche preoccupato, cosa che
scatenò in Anthel un brivido lungo la schiena: di solito le
sue
supposizioni si rivelavano abbastanza vere. Strinse gli occhi a
fessura per mettere a fuoco e cercò di concentrarsi per
carpire il
tema principale del discorso. Non che fosse interessato, ma dentro di
sé sentiva che si trattava di qualcosa di fastidioso e forse
anche
abbastanza pericoloso.
Teranis,
invece, non ne sembrò affatto allarmata e tornò a
gustarsi il suo
pasto, forse migliore di quelli che aveva al suo accampamento.
“Che
hai?” chiese Elorin mandando giù un raffinato
pezzo di filetto di
manzo. Anthel gli fece segno di guardare dritto, dietro le spalle di
Teranis, ma questo eseguì l'ordine con la discrezione di un
cinghiale. Infatti, appena notato i due uomini di chiesa, Elorin
attirò la loro attenzione agitando il braccio e chiedendo
dall'altro
capo della sala del perché stessero confabulando tra loro.
Lo
stregone si coprì la faccia con la mano e la fece scorrere
sul viso,
nascondendo la sua espressione sconcertata e si fece piccolo piccolo,
allungando la mano verso un pezzo di pane che inghiottì a
fatica. Il
monaco più giovane cercò l'aiuto del suo
superiore con un'occhiata
da cane bastonato; una volta ottenuto il consenso, questo si
avviò
verso Sua Altezza Reale.
“Maestà...
Non vorremmo mai d-disturbarla, soprattutto perché c-ci ha
onorati
di una sua visita, ma c'è un problema con
l'Oracolo...”
“Che
problemi?” chiese Anthel, con la consapevolezza che a quella
domanda non sarebbe mai arrivata una risposta positiva.
“H-Ha
avuto la v-visione di u-un attacco...”
*****
La
splendida ragazza di fronte al Principe di Mistral sorrideva come una
dea, il capo coperto da un logoro mantello di tela tipico dei monaci
del Monastero. Ella fissava Elorin grata e con un dolce sorriso tutto
per lui, che sapeva che quella bocca di rose non avrebbe mai
incontrato le labbra di un uomo.
Il
Principe sbuffò e si tirò fin sotto gli occhi il
velo bianco che
aveva in testa, imprecando sottovoce contro l'altra ragazza presente
nella stanza.
“Piantala!”
sbottò dopo pochi secondi. Teranis non ce la faceva
più, le risate
erano talmente fragorose e convulse che le faceva male lo stomaco.
Invece Anthel sembrava trattenere come meglio poteva la risata che si
sforzava di tenere in fondo alla gola, nonostante guardare la ladra
non gli fosse di grande aiuto.
“Scordatelo!”
fece Tera, rimproverata più volte dal Generale Darn.
“Perché
diamine devo fare io da esca?! Tera è una ragazza, non
io!”
Elorin
si alzò dalla sua sedia e prese con riluttanza la gonna di
cotone
bianco che indossava, appartenente all'Oracolo di Albia, ossia la
bellissima ragazza che aveva davanti.
La
giovane sacerdotessa, l'unica donna presente nel monastero e custode
di uno dei tesori della Famiglia Reale, aveva avuto una terribile
visione di un mostro mandato dall'Oscuro deciso a rapirla per
accaparrarsi il prezioso manufatto. Ed era proprio a causa di questa
visione e della poca discrezione del Principe che questo si era
ritrovato a vestire abiti femminili, con la speranza di acciuffare il
mostro e salvare la preziosa ragazza.
“Almeno
io so combattere, al contrario di qualcuno...”
“Cosa
vorresti insinuare? A questo punto avremmo potuto usare
Anthel!”
Lo
stregone sussultò e cercò di fare finta di
niente, ma dietro si sé
sentì Teranis dire che anche lui era in grado di maneggiare
un'arma
ormai e che quindi Elorin rimaneva l'unico incapace del gruppo.
“E
poi, tu sei biondo come lei!”
“Sua
Altezza, non arrabbiatevi! Ciò che state facendo dimostra il
vostro
immenso coraggio, perché dovrete affrontare quell'infima
creatura
faccia a faccia...”
Il
Principe si sentì avvampare dall'ennesima giovane di
bell'aspetto e
si lasciò nuovamente sopraffare dal suo ego. Invece Darn
pareva
essere il più preoccupato di tutti, soprattutto
perché la sicurezza
dell'unico erede maschio veniva messa a rischio. Il Generale chiese
quindi all'Oracolo più dettagli sulla sua visione e lei
rispose con
un sorriso.
Indietreggiò
di pochi passi e allargò le braccia, per poi guardare in
alto, verso
il rosone di vetri colorati del Monastero. “Si tratta di una
chimera dalle possenti corna di toro, la cui coda velenosa è
in
grado di sciogliere la spada più resistente e le mura
più solide.
Verrà quando la luna brillerà alta nel cielo e
farà strage di
coloro che oseranno andare contro il suo padrone, che stringe tra le
grinfie l'erede del Maestrale!”
“Visione
per niente piacevole...” commentò la ladra con un
leggero
sarcasmo. Anthel non poté fare a meno di invidiarle il suo
coraggio
e la sua risolutezza. Se solo le avesse avute anche lui!
“E
io dovrei fare da esca a quel coso?! Darn, vai a riunire i tuoi
uomini!”
Il
Generale abbassò il capo e cercò di scusarsi,
poiché i suoi
uomini, da quanto riferito da un messaggero, erano tornati a Palazzo
e non si sarebbero potuti muovere per un po'. A quanto pareva il
destino di Elorin non era dei più rosei.
“Non
si preoccupi, Altezza! Sento chiaramente che la mia visione
potrà
essere cambiata dall'intervento di un valoroso, il cui volto
però
ora mi sfugge...” fece l'Oracolo guardando più
Anthel che il
Principe.
“Posso
farti una domanda?” esordì allora lo stregone,
riguardo al
valoroso nominato dalla sacerdotessa.
“So
che domanda mi vuoi fare, ma non è questo il momento...
Prima, la
vostra spada necessita di essere sguainata...”
Elorin
si trovava da solo nella stanza dell'altare dove di solito stava
l'Oracolo. Tremava e continuava a maledire l'artefice di quel piano,
ossia la bella Teranis, che sicuramente aveva voluto fargli
l'ennesimo torto. Sedeva sul gradino di fronte al tavolo delle
offerte e si guardava le mani, pronto a mettersele sul viso per non
vedere la creatura.
“Che
piano del cavolo...” fece al nulla, con il sentore di aver
visto
qualcosa muoversi alle sue spalle. Elorin non era mai stato un tipo
paranoico, a quello ci pensava Anthel, ma in quel momento era
convinto di non essere solo e che intorno a lui danzassero ombre
maligne. “Non darò a Tera la soddisfazione di
vedermi spaventato,
perché non lo sono affatto!”
“Davvero?”
Il
Principe lanciò un urlo di puro terrore e due lacrimucce gli
rigarono il viso, con la conseguente risata della ladra. Questa era
carponi nascosta sotto alla tovaglia candida del tavolo e lo guardava
sorniona, con un sorrisetto saccente. Accanto a lei, Anthel si
mordeva le labbra per non ridere.
“Che
diavolo ci fate là sotto?!”
Teranis
gli fece cenno di non urlare e di non 'sconsacrare'
un luogo
sacro con quel linguaggio puerile, per poi spiegargli che se i due
guerrieri fossero stati altrove, Elorin sarebbe stato bello che
mangiato.
“Tsk,
secondo me volevi solo farmi uno scherzo...”
“Forse,
ma adesso mettiti lì buono e aspetta il mostro! Anthel,
tieni gli
occhi aperti!”
“S-Sissignora!”
“E
Darn? Poteva benissimo prendere il tuo posto...”
borbottò Elorin.
“Fuori,
a controllare il perimetro di questa costruzione. E poi ce lo vedi
qui sotto, grande e grosso com'è?! Adesso tappati la bocca e
stai
zitto!”
La
ragazza tagliò corto e spinse lo stregone sotto al tavolo,
sotto cui
lo raggiunse. Intanto il tempo passava e nulla accadeva; Anthel aveva
fame, non era riuscito a mangiare quasi nulla e la ladra occupava
troppo spazio affinché lui riuscisse a sgranchirsi le gambe.
Infatti
la giovane teneva le gambe distese e si teneva a sedere come se
stesse prendendo il sole, mentre le sue scimitarre occupavano tutto
lo spazio accanto a lei. Invece, dal lato di Anthel c'era solo lo
stregone accoccolato su se stesso a mo' di armadillo, con la spada
che spuntava da dietro la schiena curva.
Nessuno
dei due guerrieri parlava, Elorin continuava a borbottare e imprecare
sottovoce e il tempo passava lento. Teranis si guardava attorno e
sembrava essere incuriosita dal piccolo armadietto dorato appeso
sulla parete dietro il tavolo.
“Ehi,
testa blu! -esordì con la sua solita finezza- Sai che tipo
di tesoro
è custodito qui?”
Anthel
venne colto alla sprovvista e scattò a sedere, con l'unico
risultato
di colpire il tavolo con la testa e attirare l'attenzione di un
spaventato, per non dire terrorizzato, Principe.
“Sono
cose che non ti riguardano, ladra!” urlò Elorin.
“Mi
interessano proprio perché sono una ladra, mio caro! Non sia
mai che
diventi la mia ricompensa per averti di nuovo salvato!”
Elorin
fece per controbattere ma in quel momento la profezia dell'oracolo si
avverò, con un enorme mostro dalla corporatura possente che
sfondava
la finestra principale della stanza. Il Principe si gettò
quindi tra
le braccia della ladra e nascose il viso sul seno di lei, che con una
rapida mossa gettò il ragazzo addosso allo stregone.
“Scrollatelo
di dosso e dammi una mano!”
Anthel
cercò di reagire il più prontamente possibile e
nella sua testa
pregò nuovamente il Grande Capo di graziarlo con un
miracolo, o
magari con l'arrivo del vero Eroe pronto a salvare tutti.
“Dove
diavolo è Darn?!” gracchiò l'erede di
Mistral ficcandosi sotto al
tavolo delle offerte.
Non
c'era tempo per pensarci, perché il mostro puntò
subito verso
l'Oracolo e con un balzo si ritrovò immediatamente dietro al
tavolo
delle offerte, mentre la sua coda da scorpione si agitava in cerca
della sua preda. Elorin continuava a strisciare all'indietro e
finì
col rotolare a testa in giù dai quattro gradini dell'altare,
mentre
Anthel seguiva come un segugio la ladra.
“Tieni
gli occhi aperti!” lo ammonì di nuovo lei,
completamente assorbita
dal combattimento col feroce mostro. La testa di leone sulla spalla
della belva ruggì spaventosamente, facendo addirittura
tremare i
pochi vetri rimasti; gli zoccoli invece scalciavano e pestavano,
mentre gli artigli da aquila sulle mani afferravano qualsiasi cosa si
trovasse nelle vicinanze.
“Ma
quella non mi sembra una chimera!” urlò lo
stregone, che di quelle
terrificanti creature conosceva parecchio dai libri. Peccato che
quella conoscenza quasi nozionistica non lo avrebbe di certo aiutato.
“Sei
più intelligente di quello che sembri, allora!”
Una
strana voce riecheggiò per la stanza e la creatura si
fermò per
accogliere sulla spalla destra una figura scura, che nemmeno alla
luce della luna riusciva a essere completamente distinta. L'unica
cosa che lo stregone fu in grado di vedere furono delle bizzarre e
lunghe zampe al posto delle mani, ricoperte di una peluria
incredibilmente ispida; le braccia invece sparivano sotto a un
raffinato mantello di velluto nero, ma di un nero talmente scuro che
non sembrava nemmeno normale.
Improvvisamente,
nella stanza tutto tacque e tutto sembrò congelarsi, tranne
per
quella figura attorno al quale si muovevano inquietanti fumi neri. I
tre attesero che l'essere si stabilizzasse, ma quello che videro li
lasciò a bocca aperta, soprattutto il secondo erede al trono
di
Mistral.
L'essere
che si era formato dalla nebbiolina continuava a rimanere una figura
indistinta, appollaiata sulla spalla della belva, mentre sul suo
grembo, seduta sulle ginocchia dell'essere, compariva una figura
vestita di bianco e argento.
“SORELLONA!”
Sefia
era stretta tra le braccia del suo presunto rapitore e fissava Elorin
e Anthel, con un'espressione a metà tra la sorpresa e la
preoccupazione. Non sembrava essere in pena per il fatto di essere
stata rapita, anzi, la cosa che più la turbava sembrava
essere la
presenza fuori dal castello dei suoi due amici, per lei sempre stati
come due cuccioli da accudire e tenere lontano dai guai.
“Elorin,
che ci fai qui? Dovresti essere a Palazzo! -rimproverò la
ragazza- E
perché sei vestito da donna?”
“Sono
davvero queste le tue priorità?!”
gracchiò il Principe gattonando
verso una panca di legno ormai rovesciata. Fece poi spuntare la testa
fuori e prese un respiro profondo, per riuscire poi a sfoderare tutto
il suo coraggio da Principe e attaccare, almeno verbalmente, la
creatura che teneva in ostaggio l'amata futura regina del regno.
“Chi
sei? Fatti vedere!”
L'essere
rise e strinse ancora più forte Sefia, per poi allargare
teatralmente le braccia e far scivolare giù la ragazza che
atterrò
proprio sopra Anthel, avvicinatosi guardingo per riuscire a salvare
la Principessa.
“Sua
Altezza! Che onore incontrarvi! -fece il nuovo arrivato senza
accorgersi di aver perso la sua preda- Io sono colui che presto
regnerà su Mistral, colui che ha tra le mani il potere della
Principessa del Maestrale!”
I
tre non seppero che dire, ci fu solo un lungo silenzio, in cui
Anthel, con la lingua stretta fra i denti per non urlare da dolore,
allontanava Sefia e la portava al sicuro. Teranis invece era intenta
a fissare l'essere che continuava a ciarlare del suo immenso potere e
di come avesse rapito la principessa sotto al naso di tutti. Questo
è proprio un idiota!, fu il suo primo pensiero e
gli altri
avessero potuto leggerle nella testa, avrebbero pensato la stessa
identica cosa.
“...
e ora sono qui per volere della mia amata. Sapete, voleva tanto
vedere come se la stavano cavando i suoi salvatori! Sono un Signore
misericordioso, nel profondo!”
“Io
direi bene!” fece Teranis, pronta ad attaccare di nuovo
balzando su
una panca. Intanto, Anthel era già arrivato alla porta della
stanza
con Sefia, che gli stringeva la mano con dolcezza. Lo stregone aveva
il cuore che batteva all'impazzata, non capiva se la cosa fosse
provocata dal mostro, dal Signore Oscuro o dalla Principessa per cui
provava una cotta, ma sapeva che non doveva pensarci: magari ci
avrebbe fatto su un pensierino una volta al sicuro.
“CHE
DIAVOLO! QUESTO NON VALE!” sbraitò il Nemico, che
con una strana
magia nera di cui nemmeno lo stregone era a conoscenza
afferrò
Sefia, per poi riportarla al suo fianco. La ragazza sembrò
solamente
sorpresa, mentre tutti gli altri guardavano interdetti l'essere in
groppa alla chimera, che dalle proprie movenze pareva invitare tutti
i presenti a pretendere che la scena appena avvenuta non fosse mai
successa. Teranis si scambiò allora un'occhiata perplessa
con
Anthel, che più di tutti non si era aspettato una reazione
simile,
soprattutto al suo quasi completo salvataggio; aveva infatti usato
tutto il coraggio che aveva per avvicinarsi a quel coso con parti di
animali diverse: ritrovarsi faccia a faccia con una seconda coda di
serpente che partiva poco sopra a quella da scorpione lo aveva
traumatizzato, perché comunque, da una parte, sperava che
quel
mostro dalle caratteristiche di una chimera non fosse tanto diversa
dalla creatura di cui aveva letto.
“Dicevo?
-mormorò il Signore del Male- Ah, sì! Vi ho
degnati della mia
presenza perché la mia amata voleva vedere come se la
cavavano i
suoi salvatori! Allora, mia Regina?”
Sefia
guardò il fratellino negli occhi e sembrò
implorarlo di tornare a
casa e mandare qualcuno e quindi non Anthel, ma qualcuno di veramente
capace di combattere. Ancora non sembrava importarle della sua sorte,
ma solo di quella dei due ragazzi. Non rispose quindi alla domanda
del suo futuro marito e fece spallucce, dicendo che quei due non
stavano tentando di salvarla, ma bensì che stavano facendo
una
scampagnata tra amici; peccato per la sua bugia che fosse
assolutamente poco credibile.
“Oh,
non prendermi in giro, mia cara...”
“Non
serve che sia lei a beffarsi di te, ti rendi ridicolo già da
solo!”
Le
mascelle di Elorin e Anthel precipitarono letteralmente al suolo alla
spavalda provocazione di Teranis: insomma, che diavolo le saltava in
mente? Con un simile gesto avrebbe potuto farli uccidere tutti in un
istante. Il Principe corse verso di lei e le tappò la bocca,
non
realizzando che magari lei avrebbe potuto benissimo mordergli la
mano. Dei tre spaventosi individui nella stanza sarebbe stato
difficile infatti capire di chi avere più paura.
“Lasciami
stare!”
“Ma
sei pazza?! Così ci farai ammazzare!”
“Con
il tuo atteggiamento rischieremo lo stesso di morire, ma io penso di
riuscire a cavarmela a differenza vostra!”
Il
Signore del Male grugnì irritato dalle parole della ladra e
ordinò
al suo mostro di attaccare, mentre lui e la principessa del Maestrale
si sollevavano per aria grazie a qualche magia nera. La bestia
ruggì
con tutte le teste che aveva scuotendo l'intero monastero, in cui
probabilmente tutti i monaci erano nascosti e tremanti, al sicuro
nelle loro stanze.
“Beh,
avevate la possibilità di salvare la principessa e ve la
siete
bruciata, bravissimi!”
“Non
credo!” fece Teranis partendo all'attacco con la sua solita
nonchalance, cogliendo di sorpresa il giovane Anthel, che per
correttezza seguì a ruota la ladra. Bella e letale, semmai
avesse
avuto una fidanzata del genere si sarebbe buttato già da un
ponte.
Lo stregone lasciò correre quello strano pensiero e si
avviò verso
Sefia, che sembrava volergli dire di fare marcia indietro e lasciare
quell'ingrato compito a qualcun altro, ad esempio a Tera.
La
ladra arrivò vicinissima alla Principessa, ma questa venne
allontanata ancora di più, per poi sparire in una coltre di
nebbia
nera e densa, esattamente come era arrivata pochi minuti prima. Tera
grugnì qualche imprecazione sotto voce e poi si rivolse sia
ad
Anthel che a Elorin: intimò loro di muoversi e pensare al
mostro,
che comunque voleva ancora impadronirsi del tesoro del monastero. Il
Principe ebbe un istante di smarrimento, non riusciva a fare altro
che balbettare e fissare il punto in cui la sorella era sparita,
deluso dal fatto che il suo campione non avesse fatto niente per
impedire l'accaduto. Sentiva la testa vuota e si sentiva come una
volpe braccata, da una parte dalla sua irriverente compagna di
viaggio e dall'altra da una chimera che non era esattamente una
chimera. Elorin era talmente frastornato che non si ricordava neppure
più di indossare abiti femminili, ma stranamente il suo
corpo si
mosse di scattò e si avviò verso la piccola
celletta dietro
l'altare, in cui era custodito uno dei tesori della sua famiglia con
in testa il bisogno di proteggere quell'oggetto. Intanto Anthel
cercava di dare man forte alla ladra, agitando la sua spada cercando
di non lasciarla come aveva fatto nella sua prima battaglia seria,
per non deludere anche quella volta Teranis.
Lo
stregone era concentratissimo, nonostante fosse la paura a muovere il
suo corpo gracilino contro la misteriosa creatura. Si stupì
infatti
dell'abilità, se così poteva chiamarla, che era
riuscito ad
acquisire con la spada nel giro di soli quattro giorni: Teranis si
era stranamente rivelata un'ottima insegnante nonostante i modi a dir
poco non convenzionali e fini. I suoi fendenti erano indubbiamente
migliori dei primi scagliati contro l'orco, erano più
precisi ma
continuavano a mancare di quella forza necessaria affinché i
colpi
risultassero efficaci.
“Sua
Altezza? State bene?” riuscì a balbettare tra un
colpo e l'altro.
Elorin non rispose, stava ancora cercando di capire come aprire
quella specie di armadietto, nonostante le mani gli tremassero
convulsamente e il sudore gli appannasse gli occhi. Ci
sarà pur
qualcosa qui che mi possa salvare la pelle!, questo l'unico
pensiero che gli attraversava la mente, ovviamente alternato ad un
ormai ricorrente Dove diavolo è Darn?!
Se solo il grosso
generale fosse stato più smilzo probabilmente sarebbe
già arrivato
in soccorso del suo giovane sovrano!
Infatti
l'uomo si trovava nel cortile interno del monastero, dopo essere
rientrato dalla sua ronda fuori le mura a seguito del boato che aveva
sentito, correndo verso la stanza dell'Oracolo sull'instabile terreno
ghiaioso, con il cuore in gola e il fiatone per colpa della lunga
corsa.
“Queste
cose non posso più farle alla mia età!”
boccheggiò arrivando
accanto alla fontana al centro del cortile. L'acqua scorreva
piacevolmente e la luna piena si rifletteva in quel tranquillo
specchio, circondata nel cielo da miriade di stelle luccicanti.
Sarebbe stato uno spettacolo rilassante e rinvigorente, esattamente
come il resto del monastero aperto al normale pubblico, per fermarsi
a sedere e togliersi i pesanti gambali di ferro battuto per far
prendere aria a dei piedi stanchi. Darn scosse la testa e
cercò di
allontanare quel pensiero che magari avrebbe solo potuto aspettare
una trentina di minuti, al massimo un paio d'ore, per poter essere
rivalutato. Nella mano destra teneva salda l'elsa della sua spada,
simile a quella di Anthel e pregò che il giovane stregone
riuscisse
ad usare la sua arma per proteggere Sua Altezza, almeno fino a quando
non li avrebbe raggiunti anche lui.
“Perché
ho dato retta a quella ragazzina?!” si ammonì di
nuovo, ormai a
pochi metri dal pesante portone di legno della cappella centrale. Si
era opposto con tutte le sue forze al piano della ragazza, di cui
comunque non capiva le motivazioni, visto che comunque continuava a
lamentarsi del suo coinvolgimento. Era stata infatti lei a proporre
Elorin come esca e lui ci era cascato per colpa del bel visino
dell'Oracolo, insomma, nulla che il grande Generale Darn potesse
controllare.
“Spero
solo che Sua Altezza stia bene!”
L'uomo
arrivò di fronte al portone, ma i suoi piedi si fermarono
quando
dietro di sé avvertì una strana presenza, come se
qualcosa fosse
scattata alle sue spalle. Si girò bruscamente e non vide
nessuno, il
cortile era vuoto ma sul lato destro del portico ebbe l'impressione
di vedere qualcuno. Si stropicciò quindi gli occhi e
cercò di
mettere a fuoco: c'era effettivamente qualcuno nascosto nelle tenebre
che camminava a passo svelto verso di lui. Darn alzò la
spada e
intimò alla figura vestita di nero di identificarsi,
poiché se
fosse stato un monaco, avrebbe dovuto intimargli di tornare alle
proprie stanze e aspettare che il pericolo finisse.
La
persona non rispose, accelerò il passo e non si fece
problemi a
correre di fianco al Generale, rimasto a bocca aperta per la
spavalderia del suo interlocutore.
Questo
si avvicinò alla porta e poggiò una mano avvolta
in un guanto di
cuoio nero sulla porta di legno, che esaminò con tutta
calma. “Sai
se è aperta?” chiese tranquillamente il giovane
che si rivelò
essere un ragazzo. Darn fece una smorfia sorpresa e di nuovo gli
chiese di identificarsi.
“Se
fosse aperta, mi risparmierei un sacco di fatica... -mormorò
il
ragazzo, facendo spallucce- Allora?”
“Sei
un ladro o cosa? Non ti permetterò di entrare! Devo
proteggere Sua
Altezza!”
Il
giovane scosse la testa e spinse piano la porta, emettendo un verso
soddisfatto e leggermente divertito; da sotto al mantello nero, poi,
tirò fuori un'arma che Darn non fece fatica a riconoscere,
lasciandolo anche abbastanza interdetto.
“C'è
qualcosa che devo verificare qui...”
Angolo
di Zenya ^^
Salve
a tutti e rieccomi con il nuovo capitolo, nonostante sia passato
molto tempo dall'ultimo aggiornamento! Lo so e mi dispiace
infinitamente, ma ho avuto parecchio da fare con
l'università...
Nuovo personaggio dall'aspetto misterioso, che sicuramente (?) ha ribaltato un po' le carte in tavola, credo :P presto aggiornerò e detto questo alla prossima^^
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Capitolo 9 *** Dubbi ***
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Dubbi
La
stanza era completamente a soqquadro, sul pavimento erano malamente
rovesciate panchine e giare ormai in frantumi, assieme ai cocci delle
finestre che rilucevano alla luna. Il frastuono era quasi assordante,
ogni tanto si udiva un verso disumano di dolore e una risatina
compiaciuta, che più che udita sembrava essere solo nella
testa di
Elorin. Il giovane principe era infatti nascosto dietro ad una panca
e si rigirava tra le dita la stoffa ormai polverosa della veste
dell'Oracolo; in testa aveva solo l'immagine della sorella stretta
tra le grinfie di quella strana creatura, mentre chiedeva a lui e ad
Anthel di tornare a casa. Si chiese allora come facesse a non avere
paura, fosse stato al suo posto se la sarebbe probabilmente fatta nei
calzoni... Non che in quel momento non avesse l'urgenza di andare di
corpo!
“Che
diamine faccio adesso?!” borbottò nascondendo il
viso tra le
ginocchia. Dietro di sé, riusciva bene a sentire cosa stesse
succedendo e ciò lo riportò con la mente in
quell'antro puzzolente,
a combattere contro un orco. Fosse stato per lui e solo lui, la sua
avventura sarebbe finita sul nascere perché, diciamocelo,
Elorin non
amava particolarmente questo genere di cose. Fatto stava che, mentre
il giovane erede al trono del Maestrale rimuginava sulla sua
sfortuna, la ladra che si era fatta coinvolgere negli strani
giochetti del destino stava dando il meglio di sé,
attaccando e
istruendo quello che in molti avevano erroneamente additato come
eroe.
Anthel
aveva su di sé il peso del fallimento, gli occhioni verdi
colmi di
lacrimoni per aver perso molto pateticamente la sua principessa ed
averla guardata con l'espressione di un totano sul viso. Se l'era
vista scivolare via come fosse ricoperta di sapone e lui non era
riuscito a fare nulla; la mano destra continuava a restare saldamente
attaccata all'elsa della sua spada, che ancora non aveva provato il
vero sapore della vittoria, mentre il resto del suo corpo rimaneva
come pietrificato.
Idiota!
Sono un idiota!, si
era ammonito
quando Sefia era sparita nella sua nuvoletta di fumo nero assieme al
suo rapitore, che aveva lasciato dietro di sé un grosso
mostro per
occuparsi del secondo erede al trono e dei suoi amichetti. Teranis
balzò accanto ad Anthel e gli diede un colpetto alla nuca,
in modo
che lo stregone abbandonasse pensieri non propriamente adatti ad un
combattimento.
“Ne
hai per molto o ti degni di aiutarmi?”
L'apprendista
si irrigidì e iniziò ad annuire velocemente,
senza però sapere
cosa combinare. La strana chimera ruggì ancora, questa volta
più
forte, tanto da far lanciare un urletto sgraziato al Principino sotto
copertura. La ladra fece fatica a trattenere una risata, anch'essa
abbastanza fuori luogo, e invitò la damigella in
difficoltà a
nascondersi. Con un cenno, ordinò ad Anthel di mettersi in
guardia e
prepararsi, anche con qualche incantesimo, alla battaglia. Pareva
infatti che il giovane guerriero dai capelli azzurri si fosse
dimenticato, nonostante il ripasso pomeridiano, di avere dalla sua un
grande (circa) potere che avrebbe potuto risolvere velocemente la
situazione; infatti, come durante le più difficili verifiche
e
interrogazioni, il cervello dell'apprendista sembrava essersi
resettato, ricordando semplici nozioni come il camminare e respirare.
Il mostro alzò allora la sua coda di scorpione e la
sbatté accanto
al giovane, che schivò l'attacco con un'agilità
dovuta al suo
istinto di conservazione.
Teranis
approfittò quindi della coda appoggiata al terreno e
riuscì a
staccarla dal resto del mostro con un fendente, per poi tirare Anthel
con sé e partire all'attacco.
“Ottimo
lavoro, Tera!” fece Elorin, uscendo allo scoperto. Azione
fatale,
diremmo, in quanto il mostro sembrò ignorare la ladra che
tanto lo
stava facendo sudare e indirizzò la sua attenzione verso il
Principe, la cui gola si chiuse in un nodo di terrore. La chimera
iniziò a inseguirlo e lui a fuggire come meglio poteva,
finendo col
girare in tondo come fosse un pesce in un barile. Teranis si sedette
allora su una panca rimasta dritta, sotto lo sguardo stupito di
Anthel.
“C-Che
fai?”
“Aspetto
che quell'idiota stanchi a dovere il mostro...” fece la
ragazza
ansimando.
Anthel
inclinò la testa, confuso, e abbassò la spada che
col suo peso
iniziava a gravare sul suo povero braccino. “Non pensi
dovremmo
aiutarlo?”
“Se
vuoi farti avanti, non sarò io a fermarti! Per quanto mi
riguarda,
mi riposerò un po' fino all'arrivo di
quell'armadio...”
“Armadio?”
Anthel
ebbe un sussulto all'ennesimo ruggito e si ricordò del buon
Darn,
che sperò arrivasse in tempo per salvare il Principe al
posto suo.
Ovviamente non gli avrebbe detto di aver perso Sefia, lo avrebbe
costretto ad allenamenti molto più intensi simili a quelli
di
Teranis e l'idea sembrò spaventarlo a morte. Intanto Elorin
correva
per la sua vita, continuando a invocare l'aiuto del suo migliore
amico, che ancora era in attesa sul da farsi, quando il pesante
portone della sala dell'Oracolo si aprì lentamente.
Il
tempo sembrò come fermarsi, persino la chimera
arrestò il proprio
passo e si fermò a fissare l'entrata, da cui si
poté inizialmente
intravedere la sagoma di un uomo incappucciato. Teranis si
alzò e si
mise in guardia, di fronte a quello che sembrava essere un altro
guerriero. Quest'ultimo inclinò la testa di lato e si
irrigidì
appena, senza però mostrare ai presenti un leggero disagio.
Lasciò
perdere la figura della ragazza, la prima che aveva attirato la sua
attenzione, e spostò lo sguardo verso l'altare in cerca di
qualcosa,
forse dello stesso Oracolo che in quel momento era lontano dal
monastero. Il giovane si girò poi verso Anthel, senza dargli
però
troppo peso e afferrò la propria arma, costituita da un
bastone
abbastanza lungo alle cui estremità erano fuse due pesanti
lame
rosse.
“H-Hai
intenzione di aiutarci?” chiese lo stregone, gettando
un'occhiata
al Principe, tornato ad essere l'unico pensiero della belva dalla
testa di toro. La sua voce era bassa, difficilmente il nuovo arrivato
lo avrebbe sentito, ma l'apprendista non si sentiva affatto a suo
agio: insomma, non riusciva a vedergli il volto, aveva in mano
un'arma strana e possente e non aveva ancora detto una parola.
“Lascialo
stare, Anthel!- fece Tera, ormai stufa della situazione- Sbrighiamoci
a finire quel mostro, voglio andare a letto!”
Il
guerriero misterioso sembrò emettere una risatina e si
diresse verso
il mostro, per poi essere raggiunto da Darn, anche lui finalmente
unitosi alla battaglia. Avrebbe voluto fare una bella lavata di capo
alla ladra, ma appena si rese conto della situazione non
poté fare a
meno di sguainare la spada e unirsi al combattimento.
“CE
NE AVETE MESSO DI TEMPO!” fece Elorin, ormai con le lacrime
agli
occhi.
“Sii
felice che almeno ti stiamo aiutando!”
La
labbra della ladra si incresparono in un sorrisetto beffardo e si
avventò sul mostro, assieme ai due guerrieri che l'avevano
raggiunta. Dentro di sé, la ragazza emise un sospiro di
sollievo e
diede un'occhiata al grosso omone che sembrava tanto non averla in
simpatia, poi al combattente incappucciato, a cui probabilmente
avrebbe fatto parecchie domande del tipo Cosa vuoi?, e
Perché
sei qui ad aiutarci?.
Con
i due uomini al suo fianco, la ladra ci mise meno di dieci minuti ad
abbattere la bestia, che cadde a terra con un tonfo spaventoso, come
se il pavimento dovesse cedere sotto al suo peso. Teranis sorrise e
rinfoderò le sue lame, poi si rivolse direttamente al nuovo
arrivato, per la prima volta evitando di lanciare qualche frecciatina
a Elorin. Fu una sensazione strana, ma nessuno ci fece veramente
caso, anche perché il nuovo arrivato pareva aver catturato
la loro
attenzione.
L'uomo
si era subito chinato verso la carcassa del mostro, cercando qualcosa
con le mani tremanti. Anthel lo fissava stralunato e pensò
che
magari stesse tremando per il fatto di infilare le mani dentro quella
bestia, ma quando il guerriero si alzò e si girò
verso, tutti
parvero immobilizzarsi per qualche istante. Elorin
tossicchiò tutta
la polvere che aveva ingerito durante il combattimento e si
schiarì
la voce, per poi dirigersi senza timore verso colui che li aveva
salvati.
“Dove
diavolo pensi di andare?!” borbottò allora la
ladra, facendo
irrigidire il secondo erede al trono con un piede ancora per aria. Il
giovane indietreggiò sotto la minaccia velata della ragazza
ed emise
un mormorio sommesso nella sua direzione, senza notare che il
misterioso spadaccino aveva mosso alcuni passi verso di lui. Darn fu
il primo a sguainare di nuovo la spada e a mettersi di fronte a Sua
Altezza, ancora abbastanza frastornato da tutta la situazione.
“Questo
non è l'Oracolo?” chiese l'incappucciato con voce
monotona. Da suo
tono non si capiva e si trattasse di un nemico o altro, ma qualcosa
di strano lo aveva di sicuro. Anthel ebbe questa sensazione, sulla
pelle appesantita dalla cotta di maglia sentiva come una strana
scossa elettrica che gli aveva messo in testa idee paranoiche. Lo
stregone decise allora di studiare le reazioni di quelli che ormai
doveva considerare i suoi compagni di viaggio e posò gli
occhi
smeraldini su Teranis.
La
ladra sembrava incuriosita, ma sul viso aveva un'espressione
indecifrabile che oscillava dal minaccioso al diffidente. Da una
parte parve forse ammirata nell'avere a che fare con un altro
guerriero capace, dall'altra sembrava essere infastidita dal fatto di
essersi fatta sfuggire la propria preda, eppure non era possibile
prevedere quale sarebbe stata la sua reazione. Era vero, aveva
sgridato Elorin per essersi avvicinato, ma non sembrava sul punto di
ingaggiare uno scontro diretto con il nuovo arrivato.
Invece,
dal canto suo, il Principe fissava l'uomo che lo aveva scambiato per
l'Oracolo e sembrò sentirsi offeso: quel guerriero aveva
mostrato
una certa ignoranza nel non riconoscere l'erede di Mistral e questo
aveva creato nel giovane un certo rancore. Ormai Elorin non faceva
altro che provare fastidio e irritazione verso tutti coloro che aveva
incontrato, l'unico a portargli un po' di rispetto era Darn, ma
ovviamente non se ne faceva molto. In quel momento aveva bisogno che
il Generale lo riportasse a casa, nient'altro di più.
“N-No...”
balbettò Anthel, che finalmente si decise a dare la risposta
allo
spadaccino. Questo fece allora un cenno col capo e
ringraziò, per
poi dirigersi verso l'armadietto contenente il tesoro della famiglia
Reale.
“Che
fai?! Non avvicinarti a quel tesoro!” urlò il
Principe, mentre
Darn aveva compreso di dover fermare il misterioso giovanotto.
“Già,
io devo prenderlo!”
Teranis
e Elorin si scambiarono un'occhiata truce e di nuovo ripartì
la
solita solfa, segno evidente e incontestabile del loro odio
reciproco. Ovviamente parte del Principe sapeva di dover proteggere
l'eredità degli antichi sovrani e ovviamente la ladra sapeva
quello
che doveva fare, dopotutto quella poteva essere la migliore
ricompensa per i suoi servigi.
Anthel
cercò di fermare l'uomo, volendo dalla sua parte l'aiuto del
generale, ma quest'ultimo stava dando man forte al suo giovane
Principe.
“Se
non vi dispiace, io avrei bisogno di questo oggetto!” fece
aprendo
l'armadietto e tirandone fuori una specie di sfera azzurra. L'uomo se
la rigirò tra le dita, mentre un tenue alone azzurro gli
illuminò
il viso nascosto. L'apprendista sussultò e sentì
un nodo alla gola:
il guerriero aveva sempre parlato con calma e pacatezza, non sembrava
affatto cattivo, ma sul suo viso lo stregone notò una lunga
cicatrice che gli correva sulla guancia sinistra. All'improvviso il
giovane non sembrò più tanto affidabile, la sua
espressione era
indecifrabile e i suoi occhi misteriosi e illuminati dal bagliore
azzurro.
Si
infilò velocemente la sfera sotto al mantello e
accennò un inchino,
molto più diretto alla ragazza presente che a Sua Altezza,
per poi
usufruire della stessa porta da cui era entrato per sparire nella
notte. Difficilmente qualcuno del gruppetto si rese conto di quello
che era appena accaduto, tre su quattro erano più intenti a
litigare
tra loro che occuparsi direttamente della faccenda, mentre Anthel
rimaneva a fissare il lungo corridoio nero in cui l'uomo era sparito.
*****
Anthel se ne stava seduto
a tavola,
assonnato e dolorante, mentre si portava alla bocca un pezzo di pane
e burro. Infatti, dopo il viaggio del giorno precedente e l'incontro
con il Signore Oscuro era finalmente riuscito a mettere qualcosa
sotto ai denti, ma non si sentiva affatto affamato, stanco forse, ma
sentiva proprio lo stomaco chiuso. Tutto quello che avrebbe dovuto
fare al monastero non si era più fatto, avrebbe dovuto
parlare con
qualcuno e vedere dei libri, ma tutti i suoi piani erano stati
mandati in fumo dalla poca discrezione dell'amico, che tra l'altro
non era nemmeno lì con lui. Elorin era probabilmente ancora
steso
nel suo letto, a lamentarsi e a implorare che qualcuno gli togliesse
quel dolore alle gambe, poco abituate alla corsa. Sicuramente,
pensò
Anthel, con lui c'era il suo fidato Generale, ormai più
apprezzato
del povero stregone che prima di tutti aveva visto la propria vita
andare a rotoli.
“Buongiorno...”
mormorò Teranis
sedendosi accanto allo stregone.
Anthel sussultò e ricambiò il
saluto, con la testa ancora pesante e ovattata, risultato di una
nottata passata in bianco. Il giovane sospirò e si chiese
cosa
avrebbe fatto da quel momento in poi, sapeva di voler solo tornare a
casa e finirla con quella storia delle steli, dell'eroe e della
principessa: quelle cose non facevano per niente per lui, avevano
bisogno di essere compiute da persone sicuramente più forti
e agili,
non dal povero e gracilino Anthel.
“Il Maestro
aveva detto che questo
viaggio mi avrebbe fatto scoprire di più su me
stesso...” fece al
pezzo di pane che teneva tra le dita.
“Eh?”
“N-Niente...
Sai, io non avevo per
niente intenzione di compiere questo viaggio... Ho bisogno di parlare
con te, ma temo di risultare lagnoso...”
“Sei sempre una
grossa lagna!”
interruppe la ladra con un enorme sorriso spocchioso. Anthel
deglutì
il pezzo di pane, che ormai aveva perso il suo sapore dolce e
burroso. Che risposta poteva aspettarsi da lei? Di certo niente di
rincuorante o consolatorio, ma pensò che ormai tanto valeva
farsi
avanti e parlarle di quel viaggio, in cui anche lei era stata
coinvolta.
“C-Comunque...
Io non volevo che
tutto ciò succedesse. Se non fossi stato preoccupato per la
principessa, che magari sarebbe potuta essere solo in bagno, tutto
questo non mi sarebbe mai successo...”
“E
quindi?”
Il tono di Teranis era piatto e
leggermente scocciato, mentre si portava alle labbra una tazza di
tè
fumante. Solo allora Anthel notò che la ladra indossava
abiti ben
diversi da quelli che era abituato a vedere: la vide per la prima
volta con un abitino bianco con le spalline, niente guanti di pelle o
giacche pesanti. Lo stregone arrossì e tornò a
concentrarsi sulla
sua colazione, mentre il pensiero che la ragazza fosse più
carina di
quanto credeva iniziava a distrarlo dal suo discorso.
“N-Niente... Ma
qualcuno deve
salvare la principessa! Non potresti farlo tu al posto mio?”
fece
tutto d'un fiato, utilizzando l'unico sprazzo di coraggio che era
riuscito a raccogliere. Tera lo guardò di sbieco, con la
bocca
spalancata e la sorpresa che la faceva da padrone sul suo viso.
Scoppiò a ridere fragorosamente, rovesciando parte del
tè sul suo
piatto, mentre una lacrima le spuntava dall'occhio destro. La ragazza
non riusciva a formulare mezza frase, avrebbe voluto rispondere ma
non riusciva a smettere di sghignazzare.
“C-Che hai da
ridere?”
“Credi davvero
che possa fare
questa cosa per te? Scordatelo!”
“M-Ma tu sei
più forte... Più
abile... Più coraggiosa di me...”
“Smettila di
adularmi e finisci di
mangiare, così potrò raccontare al tuo principino
questa battuta!
Fidati, dovresti fare il giullare!”
Anthel abbassò lo sguardo e tirò
su col naso, trattenendo i lacrimoni che avevo iniziato a riempirgli
gli occhioni smeraldini, da una parte, forse grande, causa dei suoi
problemi come eroe. Doveva trovare un modo per abbandonare quella
faccenda, non poteva continuare a essere un sacco da pugilato per
mostri e alleati, l'unica cosa che voleva era tornare a casa. Ma
mentre la sua mente cercava invano di trovare una soluzione ai suoi
problemi, un'esile e candida manina si posò sulla sua spalla
facendolo sussultare. L'Oracolo sorrise, poi con la mano lo
guidò
fuori dalla grande sala da pranzo.
La sacerdotessa sedeva su
una sedia
di legno al centro della stanza, mentre i tre ragazzi e il generale
stavano in piedi di fronte a lei, aspettando che questa parlasse e
dicesse qualcosa. Anthel stringeva tra le dita il suo quadernino,
rigonfio al centro a causa della matita usata come segnalibro.
Finalmente, aveva pensato. Ora posso dare
un senso a questa
storia.
Lo stregone lo credeva davvero, ma
non aveva incontrato nessuno che dovesse dirgli o raccontargli della
Leggenda, eppure era fermamente convinto che qualcosa avrebbe
scoperto. Dell'utilità di quest'ultima non era certo, ma era
pur
sempre qualcosa.
“Sono contenta
che siate tutti
sopravvissuti alla notte!” disse l'Oracolo con dolcezza,
mentre sul
viso di Elorin si allargava un sorrisetto dei suoi, di quelli che
parevano dire: 'Ci mancherebbe altro! Queste cose non sono
ammesse
per un Principe!'
La ragazza inclinò leggermente la
testa di lato, poi ringraziò la compagnia per averla
protetta dal
mostro e dal Signore Oscuro, le cui azioni erano state imprevedibile
e avventate, per non dire inutili.
“Purtroppo,
l'oggetto che dovevo
consegnarvi ci è stato sottratto...”
La sacerdotessa si rabbuiò e si
alzò per andare verso l'altare, sistemato alla bene e meglio
quella
stessa mattina dai monaci del monastero; intanto, le panchine
rimanevano ancora buttate a terra, in attesa che qualche uomo di
chiesa più corpulento le rimettesse in piedi.
“Dovrò
semplicemente mandare i
miei soldati alla ricerca di quel ladro, così riavremo
indietro il
tesoro reale!” fu la risposta secca e concisa dell'erede di
Mistral. Lui era il più scocciato di tutti,
perché aver perso non
solo la corona, ancora in mano a Teranis e tenuta chissà
dove, ma
anche uno dei tesori della famiglia reale non faceva una bella
impressione sul suo curriculum da futuro sovrano,
sempre nel
caso non fosse riuscito a salvare la sorella.
“Non credo
sarà necessario,
mentre ero al riparo ho avuto un'altra visione... Ritroverete il
tesoro, perché il grande potere che alberga nei discendenti
della
famiglia reale vi permetterà di recuperarlo...”
“Che genere di
potere? -chiese
Teranis- Dici che questo idiota potrebbe essere uno stregone migliore
di Anthel? Non farmi ridere!”
La giovane sorrise: “Non si tratta
di stregoneria, si tratta di qualcosa che è insito nella
persona,
niente che si possa apprendere tramite lo studio... Non so nemmeno io
cos'è, ma so che il risveglio di questa Luce
è strettamente
legata alla missione data dal Gran Mago...”
Anthel emise un verso di stupore e
incredulità, sembrava che quella donna stesse dicendo solo
sciocchezze, niente che potesse rasentare la verità o altro.
Il
giovane apprendista chiuse gli occhi e si mise a pensare, cercando di
ricordare qualcosa che il Maestro avrebbe potuto dirgli riguardo a
poteri e leggende, ma tutto pareva così irreale che non
voleva
credere fosse vero.
“Ma allora sai
chi potrebbe essere
l'Eroe di cui si parla nelle leggende!”
“In
verità non lo so, ma l'unica
cosa che posso dirti, oh giovane guerriero, è di andare
avanti,
lasciandoti alle spalle le ombre che ti spaventano. Oh, Valoroso!
Sguaina la tua spada e proteggi chi ti è caro,
poiché questo ti
condurrà sulla strada giusta!”
Teranis scosse la testa e sbuffò,
annoiata e totalmente disinteressata. Lei aveva scelto di non credere
in quelle parole, perciò fu la prima ad abbandonare la sala,
lasciandosi dietro di sé i tre ragazzi ancora intenti ad
ascoltare
le parole della giovane sacerdotessa.
Anthel la fissò allora mentre se ne
andava ed ebbe l'impulso di seguirla, perché per un istante
temette
che se ne fosse andata veramente. Se davvero devo continuare
questo viaggio, ce la farei senza l'aiuto di Teranis?, fu il
pensiero che attraversò la sua mente, quando poi
sentì la mano
dell'Oracolo sfiorarlo sulla nuca.
“Rimarrà,
ma voglio che tu mi
prometta una cosa: non lasciare mai l'erede di Mistral. Per nessun
motivo al mondo!”
*****
Il cielo era ricoperto di
nubi e la
luce del sole terribilmente fastidiosa, mentre filtrava attraverso
leggere e spumose nuvole argentate. Era una giornata d'estate
piuttosto anormale, come anormale era il vento freddo che soffiava
dalle montagne. La compagnia aveva da poco lasciato il monastero, con
le criptiche parole della sacerdotessa nella testa. Anthel continuava
a marciare davanti a tutti, con il naso incollato sulla mappa del
Regno, ancora stordito da quello che era successo. Ancora, di quello
che era venuto a cercare, nemmeno l'ombra, solo parole che andavano a
sommarsi a quelle pronunciate dal suo Maestro e dal Vecchio Saggio
del clan di Teranis.
“Che diamine
sto combinando?”
mormorò a se stesso, chiedendosi come si sarebbe conclusa
questa
storia. Nelle favole che leggeva da piccolo, l'Eroe delle leggende
scopriva della scomparsa della Principessa, si metteva in viaggio e
la salvava. Fine! Eppure lui, colui che avrebbe dovuto rivestire quel
ruolo, non stava effettivamente seguendo lo schema tipico degli eroi.
Non si sarebbe dovuto far coinvolgere da Elorin, andare a caccia di
un orco e andare alla ricerca di vecchi versi. Niente di questo
c'entrava con il salvare Sefia!
Anthel si voltò allora verso
Elorin, a cavalluccio del povero Darn, con la scusa che i suoi piedi
iniziavano a fare troppo male per continuare a camminare. Il Principe
guardava lontano, ignorando le richieste di sosta del suo Generale,
mentre sul suo delicato faccino c'era solo l'apatia più
totale. Che
stesse pensando alla sorella, Anthel non ne era certo, ormai voleva
solo che le loro vite tornassero ad essere quelle di prima, dove lui
cercava di seguire le orme del suo Maestro e Elorin cercava di
diventare un buon sovrano.
“Dove stiamo
andando, Anthel?”
chiese stiracchiandosi e rischiando di cadere all'indietro sul suo
destriero di fortuna.
“N-Non ne sono
sicuro...”
Teranis si avvicinò pericolosamente
e strattonò lo stregone per il codino, costringendolo a
guardarla
negli occhi. La ladra aveva lo sguardo minaccioso e ardente, e come
al solito, per Anthel, terrificante.
“In che senso,
non ne sei
sicuro?!” sbottò senza mezzi termini, molto
più irritata di
quanto i due ragazzi fossero abituati a vedere. Era uscita per prima
dalla stanza dell'Oracolo, sbattendo la porta alle sue spalle.
Nessuno aveva capito cosa le fosse preso e probabilmente nessuno era
interessato a giocarsi la pelle per scoprirlo, ma qualcosa doveva
averla turbata non poco. Lo stregone si chiese allora se non fosse
stato per la sua richiesta un po' troppo invadente, oppure per
ciò
che aveva detto l'Oracolo su Elorin, eppure Tera non sembrava il tipo
da farsi rovinare la giornata per una questione simile. La ragazza lo
fulminò quindi con lo sguardo, poi lo lasciò
andare, rimettendosi
in cammino verso una qualche misteriosa meta.
“Che le
prende?” chiese Darn,
mentre cercava di tenere su Anthel e Elorin, come fosse una specie di
giocoliere. L'apprendista scosse con forza la testa e
sospirò,
mettendosi d'impegno per non deludere le sempre più numerose
aspettative che si era ritrovato sulle spalle.
Intanto, lontano dalla
distesa
percorsa dalla strana compagnia, Sefia era seduta a capo di una
lunghissima tavolata imbandita con cibo e frutta fresca, che
discordavano con l'arredamento tetro e deprimente del castello del
suo rapitore.
Questo camminava avanti e indietro
con calma, con le zampe giunte dietro la schiena, gettando ogni tanto
un'occhiata alla sua bella Principessa. Il suo corpo nero era rigido
e evidentemente a disagio, a causa di una domanda abbastanza scomoda
posta dalla sua futura regina.
“Perché
abbiamo fatto visita a
quel monastero?”
“C-C'era una
cosa che mi
interessava avere... E poi non sono affari tuoi!”
“Invece
dovrebbero! -rispose lei
pacata- Hai detto che hai bisogno di me per attuare il tuo piano per
conquistare Mistral...”
La ragazza accennò un sorriso e
abbassò il capo, afferrando una ciocca di capelli che le
scendeva
dalla spalla. Quel colore argentato, come quello delle stelle, le
piaceva veramente molto e doveva solo ringraziare Anthel, che durante
uno dei suoi disastri non aveva fatto poi così tanti danni.
Le venne
presto in mente il volto dell'amico e la sua espressione quando non
era riuscito a salvarla; lo avrebbe voluto stringere forte tra le
braccia, magari dirgli qualche parola di conforto, ma sentiva di non
poterlo fare.
Lui era sempre stato restio a
toccarla o avvicinarsi troppo, era fin troppo timido e sicuramente la
sua autostima non gli permetteva di prendere particolari confidenze
con la futura regina del Maestrale, eppure lei era convinta che il
giovane provasse qualcosa. Le tornò alla mente il giorno in
cui lui
era arrivato al castello, mano nella mano con Gran Mago di corte.
L'uomo sorrideva dolcemente, mentre
la principessa e il principe arrivavano trafelati da una lunga
sessione di acchiapparello, di cui Elorin era ormai stufo. Avevano
giocato a lungo, a cinque anni poteva tranquillamente permetterselo,
visto che a governare sul Regno c'era il suo valoroso e potente
padre. Il nuovo arrivato aveva da subito attirato la sua attenzione e
sapeva che avrebbe voluto giocare insieme a lui, anche
perché Elorin
non era il tipo da passare tutto il tempo con lei.
Sefia aveva fin troppe energie per
sfogarle solo con il fratellino minore e l'arrivo di un altro bambino
le aveva illuminato la giornata, che da bella si era trasformata in
fantastica.
“Come
ti chiami?”
gli aveva chiesto
a ripetizione, saltando a destra e sinistra mentre questo si
nascondeva dietro e sotto la tunica dello stregone. Sefia lo aveva
capito subito, quegli occhioni smeraldini era terrorizzati da lei,
che con il suo temperamento troppo manesco lo aveva intimidito.Aveva
voluto subito fare amicizia, ma Elorin continuava a ripeterle che
avrebbero dovuto lasciarlo in pace, anche perché il bimbo
che
all'epoca aveva corti capelli neri non gli piaceva affatto.
La principessa accennò un sorriso e
l'immagine dei due che da piccoli facevano fatica a sopportarsi
veniva sostituita da quella di due ragazzi quasi inseparabili.
“Smettila di
prendermi in giro!
Posso farti molto male se voglio!”
La voce del suo rapitore la fece
sobbalzare, perciò si voltò verso di lui e lo
notò mettersi a
sedere sul fondo della sala, su un trono dalle linee deprimenti e
scure come quelle di tutta la stanza.
“Non mi hai
ancora risposto!”
“N-Non mi
provocare! -borbottò a
denti stretti, per poi muoversi come un fulmine accanto alla
principessa- Se ci tieni tanto, te lo mostrerò!”
Per la prima volta, Sefia provò
veramente paura nei confronti di quell'essere, non le aveva mai
parlato con tanta cattiveria e non sembrava essere impacciato come lo
aveva sempre visto; forse il Signore Oscuro stava davvero meditando
di conquistare il suo amato Regno e forse era ormai pronto a mettere
in atto il suo piano. La ragazza lo guardò di sottecchi e si
morse
il labbro, tanto forte da farlo diventare bianco. Ora era certa che
non si sarebbe fatta toccare, fu quello il momento in cui
giurò di
trovare un modo per fuggire perché il suo istinto premeva
forte
nelle sue tempie, dicendole di scappare il più lontano
possibile.
Annuì e si mise in piedi, pronta a
seguire il mostro.
Il lungo corridoio
sembrava non
finire, le pareti di pietra scura erano illuminate da fiaccole appese
al muro ogni cinque passi, mentre la cera delle candele colava su
quelli che sembravano crani umani. Il rapitore camminava a passo
svelto, con Sefia a poca distanza. Il crepitare del fuoco era
lugubre, le ragnatele rilucevano di condensa e muffa alla luce
tremolante, mentre i passi delle due anime che attraversavano il
corridoio erano gli unici rumori distinti che si potevano udire.
Oltre la pietra, la principessa si chiese cosa potesse esserci, aveva
come l'impressione che qualcosa si muovesse oltre, dando a quell'ala
del castello un aspetto ancora più cadaverico.
“Dove stiamo
andando?” chiese
Sefia.
La voce della ragazza era un
sussurro che si mescolava con gli strani mormorii che credeva di
sentire, mentre l'essere di fronte a lei continuava a mantenere il
silenzio. Ripeté ancora la domanda, poi si limitò
ad aspettare,
chiedendosi il perché della sua presenza lì.
Un castello sulle Montagne della
Morte, un misterioso Signore avvolto nell'oscurità e poi
c'era lei,
che in quel luogo pareva un fiorellino. Che diamine ci faccio
qui?, si chiese per la centesima volta. A che
potrei
servirgli?
“Eccoci!”
Sefia venne risvegliata dai suoi
pensieri e si accorse di aver raggiunto la fine del corridoio,
ritrovandosi con il naso a sbattere contro la schiena del suo
rapitore. Fino ad allora, non si era mai accorta di quanto quel
mostro fosse alto e slanciato: avrebbe detto senza dubbi che
arrivasse a sfiorare i due metri e mezzo, se non di più. Si
sporse
quindi alla sua destra e si ritrovò dinnanzi ad un enorme
portone di
legno nero, intarsiato con scheletri e demoni. La giovane
sussultò e
quando avvicinò il viso alla porta, notò i
piccoli demoni muoversi
e contorcersi sul legno.
Un brivido l'attraversò da capo a
piedi e sentì i lunghi capelli rizzarsi fino alle punte. Il
suo
rapitore ridacchiò e le poggiò le zampe sulle
spalle, facendola
sussultare. Il primo nome che le venne in mente fu solo uno, Anthel.
La porta si aprì lentamente sotto i
lamenti dei piccoli essere che la ricoprivano, poi una luce
iniziò a
filtrare dall'apertura. Una luce strana, scura, carica di tensione e
malvagità quasi palpabile. Sefia aveva comunque pensato che
il suo
rapitore fosse pericoloso, ma quella fu la prima volta che la
principessa si sentì veramente in pericolo.
“Entra!”
Lei obbedì e si ritrovò in una
grandissima stanza rettangolare, con ai lati cristalli e stalattiti
rossi, che pulsavano come avessero un cuore. L'aria era pesante e
chiusa, umida e dal forte sentore di muffa, impadronitasi della
stanza dopo anni, o forse secoli, di chiuso. La ragazza
cercò di
trattenere il respiro, ma i suoi polmoni non riuscirono a trattenere
l'aria quando si accorse di quello che aveva davanti.
Rinchiuso in enormi catene,
imprigionato nella pietra, c'era una bestia enorme dalla testa
deforme, niente che assomigliasse a qualcosa che la principessa
avesse mai visto, niente che potesse mai immaginare. Le zampe
parevano simili a quelle del Signore Oscuro, le braccia erano lunghe
e muscolose come il resto del corpo, appoggiato a un paio di gambe
inginocchiate in cui erano infilzate lance e frecce anch'esse di
pietra che pareva millenaria. Le grandi fauci, semi aperte,
mostravano due file di denti affilati come rasoi.
Sefia emise un verso strozzato,
dettato dalla paura che in quel momento la scuoteva dalla testa a
piedi,
sostenuta da strane mani che in quel momento le parevano sicure e
protettive. Che cos'è?, si chiese nella
testa, mentre il
demone che svettava dietro di lei le stringeva le spalle con forza.
“Ecco il motivo
per cui sei qui!”
Le sue mani abbandonarono la pelle
della ragazza e di nuovo apparve quello strano liquido azzurrognolo,
in cui apparve la figura di un giovane ragazzo avvolto in un mantello
nero, strappandola, con tutto il sollievo che aveva in corpo,
dall'immagine della belva pietrificata che aveva di fronte.
“Questo ragazzo
ha un oggetto
necessario alla liberazione della mia cara bestia, ma non mi basta!
Per risvegliare il mio amichetto, -disse cambiando l'immagine su
quella di un ragazzino di sua conoscenza- ho bisogno della Luce
che alberga negli eredi del Maestrale!”
Angolo
di Zenya ^^
Allora,
rieccomi ad aggiornare dopo una sacco di tempo... Maledetti esami!
Beh, la storia sta andando avanti, con mia grande felicità,
così
come i toni che questa sta prendendo! Suvvia, non sarà
comica sempre
e per sempre xD
Qui
ho infatti deciso di trovare uno spunto di riflessione sulla faccenda
dell'eroe, dopotutto la strada intrapresa dai miei cari non era
quella che si aspettavano. Nonostante il capitolo non sia dei
migliori che ho scritto finora, spero che vi sia piaciuto! Certo, un
po' sottotono, ma sempre indirizzato alla salvezza della Principessa
^^
Detto
questo, alla prossima! :3
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Capitolo 10 *** Lo Spadaccino ***
10 html
Lo
Spadaccino
La
ladra fissava lo scoppiettare vivace del fuoco da campo che aveva
acceso, tenendosi le gambe strette al petto. Era l'unica sveglia,
attenta a qualsiasi cosa si muovesse durante il suo turno di guardia,
mentre i suoi occhi si abituavano all'oscurità che la
circondava.
Anthel le aveva da poco dato il cambio ed era crollato l'istante
stesso in cui aveva chiuso gli occhioni verdi, appesantiti dalle tre
ore di veglia a cui era stato costretto. Aveva l'aria più
stanca del
solito e non per via del combattimento contro la chimera o per il
turno di veglia, ma pareva veramente strano, forse malaticcio.
Teranis
lanciò poi un'occhiata furtiva al Principe Elorin, che
dormiva con
la testa poggiata sul pancione di Darn, costretto da Sua
Maestà a
togliersi la possente armatura per riuscire a stare più
comodo,
mentre il povero generale era bloccato a dormire come una specie di
mummia.
“Che
idiota...” borbottò la ragazza, posando la sua
attenzione agli
enormi piedi dell'unico adulto presente. Grande e grosso com'era, si
chiedeva perché sottostasse agli ordini di un moccioso senza
fiatare, ma sicuramente con il vecchio regnante una cosa del genere
non sarebbe successa. Invece, accanto a lei, lo stregone dormiva in
posizione fetale, tremando come una foglia, nonostante il fuoco
ardesse a meno di un metro da lui. Tera lo squadro dalla testa ai
piedi e rifletté sulla richiesta che le aveva fatto, dettata
più
dall'isterismo del momento che dalla sua volontà. Salvare la
principessa al suo posto? Quell'idea le sembrava fin troppo stupida
per poter essere presa in considerazione, lei non aveva niente a che
fare con quella ragazza e sicuramente non aveva voglia di farsi
coinvolgere da loro. Eppure si chiese ancora perché non se
ne fosse
andata prima. Ne
aveva avute di occasioni! Quando li aveva liberati
per uccidere l'orco, quando aveva incontrato Elorin sul campo di
battaglia, quando aveva lasciato la stanza dell'Oracolo! Eppure era
ancora lì con loro, ormai a parecchi chilometri da casa sua.
“Mi
chiedo che ne è stato dell'esercito...”
mormorò, ricordandosi
della loro fuga nel bel mezzo di quel sanguinoso conflitto da cui
erano usciti indenni grazie a quel misterioso spadaccino. La ragazza
si guardò attorno e si chiese ancora perché fosse
lì a fare la
guardia, mentre probabilmente, a causa dell'inettitudine dell'unico
sovrano presente a Mistral e della sua boccaccia, centinaia di uomini
erano rimasti feriti e spaesati senza la guida del proprio Generale.
Teranis sbuffò e si sdraiò a contemplare le
stelle, appena visibili
attraverso una spessa coltre di nubi che minacciavano tempesta.
“Avremmo
dovuto proseguire un altro po'... Sarebbe stato il caso di trovare un
riparo, ma 'Sua Altezza' era troppo pigro per continuare a
camminare... Idiota” borbottò al vento, mentre
Anthel rotolava
lentamente verso di lei, con il suo viso ricoperto di lentiggini e
graffi. La ladra allungò la mano verso quel volto che spesso
avrebbe
voluto prendere a schiaffi e gli scostò una ciocca di
capelli blu
dalla fronte. Da una parte lo compativa, almeno lei aveva la
possibilità di andarsene, ma non Anthel, legato da qualche
scherzo
del destino ad un Principe piantagrane. La ragazza gettò la
testa
all'indietro per un ultimo controllo e ritornò a fissare il
cielo,
in attesa che il Generale si svegliasse per darle il cambio.
“T-Teranis?
Teranis?”
La
ragazza si stiracchiò con gusto, poi aprì un
occhio e si ritrovò
il viso di Anthel a pochi centimetri dal suo. Rimase un attimo
interdetta da quella vicinanza, poi colpì immediatamente lo
stregone
con la mano per allontanarlo.
“Che
diamine stai facendo?”
“P-Perché
mi h-hai colpito?”
Anthel
era seduto accanto a lei, lamentandosi del dolore alla guancia e
dell'impulsività della sua compagna di viaggio. Si
massaggiava il
viso con la mano, mentre gli occhi erano sul punto di riempirsi di
lacrime e imploravano la ladra di non colpirlo più.
“Non
ti azzardare più ad avvicinarti in quel modo! Piuttosto,
perché mi
hai svegliata?”
Teranis
si accorse poi di essersi addormentata, cosa che non faceva mai al
suo campo, poi si guardò attorno, senza trovare
né Elorin né il
Generale Darn. Afferrò Anthel per la sciarpa rossa
dell'armatura e
lo aggredì, chiedendogli perché non l'avesse
svegliata prima. Lo
stregone implorò la sua pietà e cercò
di liberarsi delle forti e
possenti mani della ragazza, che lentamente lo stavano portando
all'asfissia.
“L-Lasciami!
M-mi sono svegliato anche io adesso!” fece una volta libero,
carponi che cercava di mettere qualche metro di distanza da lei. Tera
si alzò di scatto e afferrò la sua cintura, da
cui pendevano le sue
letali lame, poi afferrò Anthel per il colletto e lo
sollevò.
“Andiamo
a cercare quei due!”
Lo
stregone mugolò qualche parola incomprensibile, starnutendo
di tanto
in tanto. Appena sveglio, aveva la testa leggera, strana, come se non
fosse totalmente padrone di se stesso. Cercò quindi di darsi
una
raddrizzata, poi si mise alle calcagna della ladra e cercò
di stare
al passo, con il naso che aveva iniziato a colare.
“Fai
veramente schifo...” borbottò Teranis, passandogli
un fazzoletto e
iniziando a correre verso est.
“M-Ma
da che parte andiamo?”
“Verso
quelle tracce!” fece indicando dei segni sull'erba, che
sembravano
essere impronte di pesanti zampe e corde trascinate. Lo stregone
scosse la testa e si rimproverò di non essersene accorto
prima,
perciò si mise in moto e seguì la tanto
pericolosa ladra.
Il
cielo notturno era nero come la pece, carico di nuvole dall'aspetto
poco rassicurante che si erano formate durante tutta la giornata.
La
compagnia aveva lasciato il monastero di buon ora, fermandosi solo un
paio di volte, tra cui per la pausa pranzo e ogniqualvolta Elorin
iniziava a lamentarsi come un bambino. Il viaggio era stato forse uno
dei più tranquilli che avevano compiuto, a Ovest di Albia,
in
direzione della prossima stele che presumibilmente si trovava in un
villaggio chiamato Kratos.
Anthel
arrancava dietro a Teranis, che pareva non aver voglia di seguire il
sentiero battuto nel corso di migliaia di anni, scagliando fendenti e
tagli sulla fitta boscaglia che le bloccava il cammino.
Dovrei
cercare di starle lontano,
pensò
Anthel, mentre sentiva la testa gonfia e ovattata. Il ragazzo non era
un medico, ma si diagnosticò da solo un bel raffreddore,
oppure un
colpo di stanchezza dovuto alla terribile settimana appena passata.
“Non
riesco a crederci! Come hai fatto a non svegliarti?!”
“N-Non
ti sei svegliata nemmeno tu, se per questo!”
mormorò l'apprendista
cercando di non farsi sentire dalla ragazza.
“Cosa
hai detto?!”
“N-Niente...
Sono solo un po' stanco...”
“In
effetti non hai una bella cera, saresti una preda facile per
qualsiasi cosa uscirà fuori da questa boscaglia!”
Lo
stregone avvertì la gola stringersi dal terrore che quelle
parole
gli avevano suscitato e rallentò appena, mettendo altri due
passi di
distanza dalla ladra. Si rimise a starnutire e tossicchiare, mentre
sopra di lui, attraverso le fronde degli alberi, il cielo minacciava
tempesta. Il naso aveva iniziato a colare come un rubinetto rotto,
gli occhi si erano gonfiati impercettibilmente e sentiva uno strano
formicolio alla base della gola. Non riesco a credere di
starmi
ammalando ora...
“Sta
per piovere... Forse dovremmo sbrigarci...” fece piano, ma la
ladra
lo sentì lo stesso.
“Se
succederà, lasceremo che quell'idiota se la cavi da solo per
qualche
ora, almeno finché non smetterà di piovere! Sei
d'accordo?”
La
voce di Tera uscì come un sibilo minaccioso, come le nuvole
che
incombevano sopra le loro teste, dopo un'estate incredibilmente
torrida e secca. La ladra non ricevette di nuovo nessuna risposta e
si girò verso l'apprendista, che se ne stava in piedi
pallido e
ciondolante. I due non avevano idea in che razza di guaio si era
ficcato il principino, ma né il tempo né la cera
dello stregone
sembravano essere dalla loro parte. Tra orchi, chimere e quant'altro,
la faccenda non si stava evolvendo nel migliore dei modi,
perciò la
ragazza si avvicinò a lui e mossa a compassione gli porse la
lama
che teneva nella mano destra.
“Sul
serio, sei uno straccio! Prendi questa e dammi quella spada: non
riesci a usarla quando sei nel pieno delle forze, figuriamoci
adesso!”
Anthel
tirò su col naso, ormai certo di essere vittima di un
fastidioso
raffreddore che aveva deciso di rendergli la vita ancora più
complicata e maledì mentalmente il principe, perso
chissà dove
nella foresta. Il povero stregone aveva le testa in fiamme, mentre il
resto del suo corpo tremava a causa forse della scampagnata a notte
tarda, forse per l'umidità che saliva. Il giovane
borbottò ancora
qualche insulto al suo biondo sovrano e nella testa
ringraziò
Teranis per essere lì con lui: Dio solo sa cosa gli sarebbe
successo
se la ladra lo avesse abbandonato, ma grazie al cielo lei era ancora
lì.
“Mi chiedo
ancora perché ti
ostini a portare quella spada larga... Ne dovresti usare una
corta...”
Dillo
al Principino dei Miei Stivali...
Teranis gli consegnò la scimitarra
e prese l'arma del giovane che aveva di fianco, senza che questo
potesse nemmeno opporsi o dire qualcosa. Quello che Teranis diceva,
andava fatto senza se e senza ma.
“Sei ridotto ad
uno straccio e mi
fai pena. Ti presterò questa solo perché stai
male e so che
riuscirai a tenerla su...”
“Ne sei sicura?
Non vorrei
romperla...” borbottò tra un paio di colpi di
tosse. Il giovane
cercava ovviamente di rimanere sveglio ma ancora non capiva se si
trattasse di influenza o qualcosa di simile, ma stava di fatto che
l'inseguire i fantomatici rapitori dell'erede di Mistral non era la
migliore delle cose da fare.
“Nel caso,
prima ti strozzerò,
poi me ne farò comprare una da quell'idiota! Di denaro ne ha
da
vendere!”
Anthel ridacchiò alla battuta
assolutamente veritiera e si sistemò come meglio poteva,
alzandosi
fino al naso la sciarpa rossa che adornava la sua armatura.
Dall'inizio del viaggio un po' l'aveva maledetta, perché
troppo
pesante e calda per essere indossata in piena estate, ma in quel
momento era più che perfetta: almeno si sarebbe potuto
coprire e
riparare dall'imminente acquazzone. Strinse l'elsa della scimitarre e
tentò qualche fendente a vuoto, constando una
velocità e leggerezza
che non aveva ancora provato con l'arma donatagli dal suo sovrano,
poi un tuono rimbombò per la foresta, facendoli sussultare.
La
pioggia non tardò ad arrivare e ben presto i due si
ritrovarono
sotto ad una doccia fredda. L'acqua iniziò a cadere con
forza, tutto
intorno a loro divenne sfocato attraverso le fitte gocce che non
permettevano loro di vedere a un palmo da naso.
“Dannazione!
-sbraitò la
Principessa dei Ladri -Ci mancava solo questo!”
Lo stregone riprese a tossire e a
starnutire, molto più forte di prima, come se quel temporale
avesse
dato un'impennata al suo corpicino ormai troppo sbatacchiato. Era
sì
pallido, non aveva mai avuto molto colorito, eppure aveva le guance
in fiamme e gli occhi gonfi e rossi.
“Cerchiamo un
posto dove
accamparci! Se peggiorassi, sarebbe un bel problema!”
“Ma dobbiamo
recuperare Elorin...”
“Quell'idiota
saprà cavarsela,
per un paio di ore. Poi con lui dovrebbe esserci Darn!”
“Non... Non
posso lasc...
Lasciarlo così! Sefia mi ucciderebbe... E forse anche il
resto del
Regno...”
Teranis rivolse gli occhi al cielo.
E rieccolo, a parlare ancora di quella ragazza! Anthel si era pianto
addosso per tutto il tempo da quando avevano sconfitto la chimera, o
perlomeno se ne era stato zitto a rimuginare su come l'avesse persa.
Teranis non sopportava più quella sua espressione da cane
bastonato,
in più continuava a pensare alla proposta che le aveva
fatto,
mettendola a disagio. Non sarebbe stata lei a salvare la Principessa,
forse non sarebbe stato lui a farlo e nemmeno Elorin, ma sicuramente
un modo lo avrebbero trovato.
“Sta di fatto
che sei malato, caro
signor Eroe! Evita di comportarti come tale, quando potrei buttarti
giù con un dito...”
Ci fu un altro boato che fece
rabbrividire la ragazza, nascosta sotto al sue bel cappuccio di
cuoio. Grugnì qualche altra imprecazione sotto voce e
riprese a
trascinare Anthel nella boscaglia, in cerca di un rifugio. Anche
un buco va bene!, le venne da pensare, stringendo i denti
mentre
il ragazzo che aveva iniziato a considerare un amico diventava sempre
più pallido, Non posso trascinarmelo dietro per
tutto il Regno in
queste condizioni!
“ANTHEL! TERA!
AIUTATEMI, PER
L'AMOR DEL CIELO!”
Anthel alzò la testa di scatto,
ascoltando la voce di Elorin che spiccava tra lo scrosciare della
pioggia. Non disse nulla e si divincolò dalla ragazza, che
non poté
non trattenere un EHI parecchio scocciato.
“Sappiamo
dov'è! Non... Non posso
lasciarlo da solo...”
Lo stregone si mise ritto sui piedi
dopo aver tossito nuovamente l'anima e si mise a correre verso il
punto da cui aveva sentito il suo sovrano. Quella era la prima
traccia e sapeva che il giovane erede avrebbe attirato non solo lui,
ma anche i suoi rapitori, perciò decise di non dar peso alle
parole
della ladra, che ancora cercavano di dissuaderlo dalla ricerca. Forse
sotto sotto, Anthel sapeva che Teranis voleva far camminare Elorin
con le proprie gambe almeno una volta, ma lo stregone proprio non
riusciva a lasciar perdere.
“Sei una testa
di legno!” fece
allora Tera, senza che le sue parole raggiungessero il ragazzo.
*****
Anthel camminava sotto la
pioggia,
strizzando gli occhi per riuscire a distinguere la sagoma di Elorin
da quella dei suoi rapitori. Non aveva più sentito la sua
voce,
forse perché coperta dallo scrosciare di un lunghissimo
acquazzone
estivo che non ne voleva sapere di smettere, oppure perché
aveva la
testa talmente congestionata da non distinguere più i suoni.
Camminava piano, ciondolando la
scimitarra della ladra, senza essersi accorto di star vagando da
solo. Niente Teranis, niente Elorin e niente Darn. L'idea di
ritrovarsi da solo lo metteva a disagio, ma tutti i suoi pensieri
venivano troncati sul nascere dal sangue che gli pulsava forte nelle
tempie.
“Anthel?”
Una voce terrorizzata fece alzare il
capo al giovane stregone, che aveva continuato a muoversi guardandosi
i piedi, con la paura di inciampare in qualche radice o buco.
Di fronte a lui c'era una figura
minuta che si muoveva sgraziatamente, coprendosi la testa con le
braccia e finendo con i piedi in ogni pozzanghera a tiro. Elorin
imprecava e sbraitava contro Anthel affinché questo lo
raggiungesse.
Voleva essere preso in braccio e voleva vestiti puliti e asciutti,
tutte cose che il povero apprendista non possedeva; se fossero
esistiti incantesimi per soddisfare i bisogni del Principe, non ci
avrebbe pensato due volte a studiare fino a notte tarda. Tutto quello
che ricordava in quel momento era solamente come respirare, assieme a
qualche stupido incantesimo per far levitare le cose. In quel momento
avrebbe voluto ricordare tutto quello che aveva appreso nel corso dei
dieci anni che aveva vissuto al fianco di uno dei Grandi Eroi di
Mistral, eppure proprio non ci riusciva.
Il giovane dalla chioma blu mosse
qualche passo verso il principe, che finalmente si decise ad andargli
incontro, quando alle sue spalle udì i terribili versi dei
suoi
rapitori. L'erede corse in fretta verso lo stregone e dalla boscaglia
apparvero cinque piccoli troll, della stessa specie che il Gran Mago
usava come cavie da laboratorio. Eppure quelli che avevano davanti
erano ben più terribili di quelli che l'apprendista era
abituato a
vedere: di pelle ancora più violacea, il loro colorito
rasentava
quello di una mora matura, mentre dalla bocca spuntavano ben sei file
di denti, tre per l'arcata superiore e tre per quella inferiore; le
zampe erano tozze e dotate di lunghe dita rinsecchite, che Anthel
aveva sempre nascosto in sacchetti di tela a mo' di mocassini, mentre
il torso si presentava grassoccio e ricoperto di pelli di animali
scuoiati da poco.
Quella vista lo fece impallidire di
botto, come se il raffreddore non bastasse, e cercò di
mantenere il
controllo sul suo stomaco, impedendosi di rimettere la cena.
Sono disgustosi,
pensò mentre il più grosso si muoveva verso di
loro, con tutta
quella pelle flaccida che dondolava dalle braccia. Avrebbe voluto
fuggire ed evitare di toccarli, perché il semplice estrarre
denti
per lui era già abbastanza insopportabile: altro non avrebbe
potuto
sopportare.
Si mise in guardia e appena Elorin
lo raggiunse, si mise di fronte a lui per proteggerlo, in attesa che
quelle immonde creature li raggiungessero. I piccoli esseri, armati
di lance da cui pendevano ancora resti di animali, si avventarono sui
due ragazzi. Lo stregone mormorò qualche incantesimo che non
riuscì
a completare a causa di uno starnuto, perciò
iniziò ad agitare la
lama per aria, con l'unico risultato di allontanare un po' i suoi
avversari. Elorin gli stringeva il braccio libero e lo tirava
indietro, come se chiedesse di lasciar stare quelle creature e
iniziare a correre.
“Avanti,
scappiamo!”
“C-Ci
inseguiranno! E dov'è il
Generale?” chiese lo stregone con voce roca, rotta dai primi
sintomi di un mal di gola. Il principe lo squadrò dalla
testa ai
piedi e gli chiese cosa avesse, ma prima che lui potesse rispondere,
il troll più grande si gettò su di loro con un
grido inumano e
terribile. Anthel spinse Elorin di lato e si ritrovò a
terra,
sovrastato dalla creatura che tanto ripugnava.
Iniziò ad urlare e a chiedere
aiuto, invocando il nome di Teranis e Darn, ancora lontani e persi
chissà dove.
“Piuttosto,
dov'è Tera?!”
chiese il Principe nel panico, tremando come una foglia e incapace di
intervenire.
L'apprendista non aveva il tempo per
rispondere all'amico, stava ancora rotolando tra fango e pozzanghere
per togliersi di dosso la bestia, mentre i compagni di questa si
avvicinavano lenti e minacciosi. Elorin lanciò un urlo
stridulo
quando Anthel riuscì a scalciare via il troll, che
rovinò verso i
suoi amici come un sacco di patate.
L'erede di Mistral afferrò la mano
dello stregone e cercò di tirarlo su, appesantito com'era
dalla
cotta di maglia e dai vestiti fradici. Il giovane dai capelli blu
scalciava e lanciava fendenti scoordinati, mentre nella testa non
riusciva a ricordare mezzo incantesimo che potesse aiutarlo ad uscire
da quel pasticcio. Gli altri quattro mostri poi si lanciarono
all'attacco ed entrambi chiusero gli occhi, terrorizzati da quei
volti disgustosi.
“State
bene?” chiese una voce
maschile, che li costrinse ad aprire gli occhi.
La bestia che aveva assalito Anthel
era stesa a terra, priva di vita e la bocca spalancata con i suoi
numerosi denti, mentre tutti gli altri avevano fatto la stessa fine a
pochi passi dai due ragazzi. Di fronte a loro, si stagliava la figura
nera del guerriero che aveva rubato il tesoro della famiglia Reale.
“Stai lontano
da quei due!”
La voce di Teranis risuonò per la
foresta, seguita poi da un tuono che rimbombò nelle orecchie
congestionate dello stregone. La ragazza era spuntata da dietro un
cespuglio e fissava in cagnesco il misterioso ragazzo, che subito
raddrizzò la schiena e mosse qualche passo indietro,
mostrando alla
ladra due ragazzini salvi e una carcassa già dall'odore
insopportabile.
“Allontanati di
più!” fece
puntando la scimitarra contro di lui. Il suo tono era glaciale,
più
freddo della stessa pioggia che probabilmente arrivava dalle montagne
e gli occhi erano puntati sull'uomo incappucciato, guizzando di tanto
in tanto verso i suoi due compagni di viaggio.
L'uomo conficcò la sua doppia lama
rossa nel terreno e indietreggiò ancora, con le mani alzate,
mentre
Tera raggiungeva gli altri due, ancora a terra.
Elorin si era lanciato su di lei e
le aveva gettato le braccia al collo, facendola inciampare e cadere.
Quella vicinanza l'aveva tramortita, non riusciva a credere che
quell'idiota avesse osato saltarle addosso, per di più
sporco di
fango; avrebbe già dovuto rinunciare a dormire con dei
vestiti
asciutti, ma ritrovarsi completamente sporca le aveva fatto salire il
sangue a cervello. Gli diede perciò una ginocchiata allo
stomaco e
si alzò con un balzo, disgustata e da una parte imbarazzata.
Per un
attimo fu come se si fossero scordati del misterioso spadaccino,
ancora in piedi vicino alle carcasse.
Anthel era ancora seduto a terra,
stanco e confuso, mentre Elorin al suo fianco boccheggiava e inveiva
contro la loro amica. Il guerriero incappucciato si avvicinò
senza
farsi notare da Teranis e porse la mano allo stregone, che
accettò
senza riserve. Il suo istinto di sopravvivenza lo aveva abbandonato
completamente, ormai distingueva a malapena chi gli stava intorno,
perciò si rizzò in piedi e ringraziò
il guerriero con un cenno
della testa. Anthel ebbe l'impressione di vedere un mesto sorriso
sotto a quel cappuccio, da cui spuntavano alcuni ciuffi di capelli
neri come il suo mantello. Lo stregone vide la bocca contrarsi ancora
per dire qualcosa, mentre la pelle attorno alla cicatrice si muoveva
come fosse cuoio.
Il misterioso spadaccino trattenne
le parole ed ebbe un sussulto quando si sentì addosso lo
sguardo
indagatore del giovane apprendista, che ormai era arrivato allo
stremo delle forze.
Anthel aveva abbassato la testa e si
era lasciato cadere sul petto del guerriero; fu allora che Teranis si
accorse di quella vicinanza. La ladra intimò a Elorin di
mettersi in
piedi e tirò via lo stregone come fosse un sacco di patate,
gettandolo in braccio al Principe.
“Tu! Chi
diavolo sei? Perché sei
sempre tra i piedi?!” sbraitò la ladra, afferrando
la sua seconda
scimitarra dalla mano inerme di Anthel. Si era messa in guardia,
mordendosi le labbra per trattenere la rabbia. Quel tipo non le
piaceva, fin dal primo momento in cui aveva incrociato il suo
sguardo: quel misterioso giovane era semplicemente apparso una notte
e aveva fatto irruzione in un luogo sacro, dove solo certe persone
avevano il diritto di entrare. Che fosse l'uomo annunciato
dall'oracolo non ne era certa, non era stato lui a risolvere la
situazione ma aveva semplicemente dato una mano, per poi fuggire
senza dire una parola con un oggetto di grande importanza.
“Sei sospetto!
Chi sei?!” chiese
ancora, mentre spingeva Elorin lontano da loro. Avrebbe combattuto e
si sarebbe presa ciò che le era dovuto, ossia il tesoro. E
non solo,
gli avrebbe dimostrato di essere la più forte e che non
aveva
bisogno del suo aiuto per fare da balia ai due ragazzi. Era
determinata a mostrarsi per quella che era, ossia una delle guerriere
più letali del Regno.
“T-Tera?
Dov'è Darn?”
“Si trova in
una grotta a est, vi
sta aspettando! E io sto aspettando una tua risposta!”
Lo spadaccino si avvicinò alla sua
arma e la sollevò da terra con estrema facilità,
come se quel
pesante oggetto pesasse come una piuma. La reazione della ladra fu
quella di mettersi in guardia e avanzare di qualche passo, ma il
giovane fece un inchino e si voltò, pronto a fuggire di
nuovo.
“EHI!”
“Non
è necessario che sappiate il
mio nome... Qui intorno mi conoscono come Lamarossa... Piuttosto, vi
conviene portare il vostro amico al riparo prima che si ammali per
davvero!”
Dette quelle poche parole, Lamarossa
corse via e sparì nel bosco, come fosse stato un fantasma di
passaggio. Teranis era rimasta immobile come una statua, non
aspettandosi nulla di quello che il guerriero aveva appena fatto,
lasciandola così nel bel mezzo di quello che lei credeva
fosse un
duello.
Intanto Elorin se ne stava in piedi
a pochi passi dietro la ragazza, con Anthel che diventava sempre
più
pesante e difficile da reggere. Lo stregone pareva essersi
addormentato, aveva un'espressione tranquilla e pacata, nonostante
l'evidente raffreddore. Tera si voltò per aiutare Elorin a
trascinarsi dietro il presunto Eroe e si diressero a est.
*****
Le vie di Kratos erano
immerse nel
silenzio più totale. La pioggia batteva furente sul terreno
fino a
quella mattina arido. Tutte le finestre erano barricate, nemmeno una
luce si vedeva all'interno delle case.
Il guerriero camminava a passo
spedito sotto il forte temporale, ondeggiando piano la pesante lama
rossa, dirigendosi verso una piccola costruzione fatiscente. Il
giovane contrasse le labbra in una smorfia infastidita, mentre il
vento si insinuava sotto al suo mantello, facendolo rabbrividire. La
temperatura a Mistral era sempre stata alta e per tutto il tempo era
stato faticoso per lui andare in giro con quel mantello, che molto
spesso avrebbe voluto abbandonare in strada, eppure quel giorno un
freddo improvviso si era fatto strada dalle montagne, migliorando un
po' la sua condizione.
“Forse avrei
dovuto darlo a quel
ragazzino...” borbottò, tirandosi il cappuccio
fino al naso, per
proteggersi da una fortissima folata di vento e pioggia. Si chiese
allora se quei tre avessero trovato un rifugio, o almeno un piccolo
riparo per la notte per aiutare quel giovanotto dai capelli azzurri.
Lo aveva guardato con curiosità, a stento era riuscito a
trattenere
una risata di fronte a quella faccia lentigginosa tutta rossa e la
chioma blu.
“Chissà
cos'aveva da guardare...”
fece mettendo la mano sul pomello di una vecchia catapecchia, chiusa
da una porta di legno marcio. Appena entrato, si ritrovò
investito
da una nuvola di fumo maleodorante, proveniente dagli avventori della
taverna intenti a fumare e mangiare. Il silenzio che prima regnava
sovrano venne interrotto dal frastuono di stoviglie e bicchieri che
tintinnavano, assieme al rude e barbarico ciarlare degli avventori
del locale. Musica, grida e rutti la facevano da padrone e il giovane
fu certo che se anche si fosse allontanato di qualche metro, avrebbe
comunque udito indistintamente tutte quelle voci.
Lamarossa storse il naso e
indietreggiò di qualche passo, sentendo la pioggia
ticchettare sulle
sue spalle. L'idea di entrare lo fece rabbrividire, ma lì
dentro
c'era qualcuno con cui doveva parlare assolutamente. Il giovane si
fece coraggio e cercò di sistemare la pesante arma, stando
attento a
non urtare nessuno. La taverna era infatti piena di persone ubriache,
intente a scolarsi bicchieri su bicchieri a tarda notte, magari
trattenendo al minimo quello che doveva essere il loro senso di
civiltà.
Lo spadaccino si infilò perciò tra
i tavoli macchiati a piccoli passi, scuotendo la testa all'ennesimo
ricordo delle sue scazzottate da bar. Da allora ne era passato di
tempo, lui stesso era diventato più maturo e meno impulsivo.
Ormai
non trovava nessun tipo di divertimento nel prendere a pugni le
persone, anche solo per qualche motivo futile. Gli sovvennero quei
giorni in cui ancora non sapeva cosa dovesse fare della sua vita,
quando aveva perso le speranze di ritrovarlo e aveva deciso di
lasciarsi andare, dando sfogo alla sua frustrazione con i pugni e i
calci.
Ma ora che aveva chiaro il suo
obiettivo, non aveva più tempo da perdere.
Quando raggiunse il bancone, ordinò
sommessamente un bicchiere d'acqua e si guardò attorno,
vedendo al
suo fianco un uomo anch'egli incappucciato. Questo muoveva le dita
raggrinzite sul bancone, verso una ciotola di frutta secca da
accompagnare all'imponente pinta di birra. Lamarossa lo
studiò per
alcuni minuti, mentre questo si portava il bicchiere alle labbra con
particolare flemma, come volesse stuzzicare il giovane che sedeva
alla sua sinistra.
“Per quanto hai
intenzione di
bere?” domandò lo spadaccino, prendendo a sua
volta la sua acqua.
“Finché
non saresti arrivato... E
visto che ci hai messo parecchio, direi che posso continuare a
farlo!”
“Tsk,
ubriacone... Quanti ne hai
bevuti?”
“Suvvia,
figliolo! Lascia che il
tuo vecchio si conceda ancora qualche goccio, non sai per quanto
ancora potrò vivere! E poi non sono affari tuoi!”
Lamarossa scosse la testa e rise da
sotto i baffi, sapendo che il vecchio aveva ancora un bel po' di anni
davanti: semplicemente gli piaceva prendersi gioco di lui,
stuzzicando il suo buon cuore. Quell'uomo lo aveva cresciuto fin da
quando aveva dieci anni, fin da quando era una testa calda che non
faceva altro che ficcarsi nei guai e piantare grane con tutti. Gli
era grato, molto più di quanto volesse dare a vedere: dopo
quel
barlume di speranza che gli aveva concesso, non gli dispiaceva di
certo concedergli a sua volta un po' della sua pazienza.
“Allora, come
è andata? Cosa ti
ha trattenuto?”
“Un gruppetto
di ragazzini e un
adulto... Quest'ultimo e un ragazzo biondo erano all'accampamento dei
troll... Quelli brutti con le bocche piene di denti, per
intenderci.”
“E
quindi?” chiese il vecchio,
bevendo un altro abbondante sorso di birra. Lo spadaccino rimase in
silenzio per alcuni secondi, osservando di sottecchi l'uomo che aveva
di fianco, come se le parole che era sul punto di pronunciare
dovessero essere ponderate più del solito. Si mise quindi a
giocherellare con una noce, facendola rimbalzare da una mano
all'altra come fosse una pallina, ancora intento a soppesare le
proprie parole.
“Erano le
stesse persone al
Monastero di Albia...” disse in un sussurro, che si confuse
nella
fragorosa atmosfera della taverna. Sotto al mantello del vecchio, il
giovane riuscì a distinguere un sopracciglio bianco che si
inarcava,
dando al volto raggrinzito appena visibile un'espressione
incuriosita.
“Intendi il
ragazzino vestito da
Oracolo? Quello che si è rivelato essere il Principe di
Mistral?”
Lamarossa annuì con fare solenne,
chiudendo gli occhi e ripensando a quella notte. Dal canto suo, non
sapeva che ci fosse qualcuno in quella stanza, non credeva nemmeno
che ci fosse una bestia mandata direttamente dal Signore Oscuro e non
riusciva nemmeno a credere che lì ci fosse il secondo erede
al
trono. Di tutto quello che era successo, nulla rientrava nei suoi
piani, in quanto doveva rubare il Globo Celeste della Famiglia Reale
senza farsi vedere da nessuno.
Aver incontrato il Principe
significava inoltre mettersi in pericolo e rischiare di diventare un
ricercato, compromettendo il suo obiettivo ultimo.
“Sì,
con lui c'erano anche quella
ragazza e il giovane con i capelli blu... Non ho idea di cosa
cerchino, ma credo vogliano raggiungere anche loro Kratos...”
“Vuoi
fuggire?”
“Non avrei
problemi a combattere
contro di loro, solo non credo che dovrei incontrarli di nuovo! -fece
con la voce leggermente alterata- Il Principe potrebbe aizzare le
guardie contro di me e sarebbe un bel problema...”
“E
perché mai dovrebbe?”
“Non lo
so...” fu la risposta
dello spadaccino, che sentì le parole morirgli sulle labbra,
mentre
in testa vedeva quegli occhi verdi che lo scrutavano a fondo. Quel
ragazzino lo aveva guardato in modo strano, come nessuno aveva mai
fatto e si chiese cosa avesse visto di tanto interessante.
Probabilmente nulla, pensò mentre beveva
l'ultimo sorso
d'acqua. Si alzò con uno scatto e abbandonò un
paio di monete di
bronzo sul bancone.
“Serviranno
più soldi per pagare
tutte le mie birre!” fece l'uomo a Lamarossa, che si era
allontanato velocemente verso l'uscita della taverna. Il naso aveva
iniziato a fargli male, l'odore di quel posto era diventato
insopportabile e stare lì lo metteva a disagio, soprattutto
ora che
non poteva più girare liberamente.
“Quei soldi
sono per pagare
l'unica birra che hai bevuto in mia presenza! Il resto te lo paghi da
solo, vecchio!” disse con tono secco e irritato. Voleva
andarsene e
lasciare lì quel vecchio ubriacone, da cui ancora non aveva
ottenuto
nulla. Si era stancato, voleva che le cose andassero per una volta
come voleva lui e non come voleva il destino, che spesso si era preso
gioco di lui, come per esempio facendogli incontrare quello strano
uomo.
“Aspetta! -una
mano si poggiò
sulla sua spalla, trattenendolo- Ti ho promesso che ti avrei aiutato,
perciò abbi pazienza!”
Il vecchio era dietro di lui, brillo
e dall'alito pesante, ma le sue parole uscirono con decisione e
chiarezza, inaspettate da qualcuno che aveva passato la notte a bere.
Il giovane lo fissò con insistenza e attese il resto del
discorso,
sperando che gli rivelasse qualcosa di utile.
“Prendi l'altra
sfera e ti
prometto che ti aiuterò a trovarlo! Fidati di me,
Zephyr!”
Angolo di Zenya ^^
E rieccoci con il nuovo capitolo!
Pubblico con discreta puntualità e sono veramente felice per
questo!
Di nuovo, ecco che torna il misterioso spadaccino, a cui finalmente
diamo un nome *zan zan zaaaaan* No, ok! La smetto!
Ora
sappiamo di più su quest'uomo e sulle sue intenzioni, ma mi
piace
tenervi sulle spine (?) e i nostri hanno finalmente avuto la prima
vera conversazione con questo giovane ^^ Il capitolo risulta un po'
più corto di quello che sono solita scrivere, ma ho un polso
abbastanza malandato e sono raffreddata come il mio povero Anthel
(giuro che le due cose non c'entrano niente xD).
Come al solito spero che vi sia
piaciuto e fatemi sapere! Per eventuali errori, sono disposta ad
accettare tutte le critiche possibili e i lanci di pomodori (?)
Alla prossima e un bacione!
Zenya
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