My Favourite Sin

di _Giulia_R5__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** My Mother's New Waste-Of-Time ***
Capitolo 2: *** Nightmare. ***
Capitolo 3: *** The Dark Prince ***
Capitolo 4: *** Dreaming ***
Capitolo 5: *** I Know You Want Me ***
Capitolo 6: *** Vip Party Pt.1 ***
Capitolo 7: *** Vip Party Pt.2 ***
Capitolo 8: *** Swimming Pool ***
Capitolo 9: *** I Just Wanna Play With You ***
Capitolo 10: *** My Favourite Sin ***
Capitolo 11: *** In The Morning ***
Capitolo 12: *** Pure no more ***



Capitolo 1
*** My Mother's New Waste-Of-Time ***


Giorno nuovo, stilista nuovo. Che vi stiate preparando per l'amore o per la guerra, ringraziate Dio per le amiche e per la moda„

                               

  «Hey, mi piace quello rosso!» disse Rydel afferrando l'abito dalla mia mano destra.
Tornava dalla cabina armadio, masticando un macaron. Guardai il vestito tra le sue mani, accigliata, le idee nella mia testa erano ancora più confuse di prima. Nella stanza risuonavano le note di Break It Down di Alana D.
 «Ma ci pensate?». La voce eccitata di Savannah tolse per un attimo le indecisioni dalla mia mente; la guardai sorridendo. «la nostra Amber presidentessa del comitato di beneficenza e per l'organizzazione del ballo di fine anno, contemporaneamente!»
  «Il ballo di fine anno è l'evento più importante della Stagione, dopo quello delle debuttanti, è ovvio. Come hai fatto a ingraziarti la preside?»
 «Oh beh, ottimi voti e una mano dal Fato. Sapevate che ha una relazione col suo insegnante di pilates?»
 «Oh mio Dio» dissero le quattro in coro.
Sorrisi maligna.
  «Passerà a prenderti Usher con la limo, A?» chiese Kayla con finto interesse.

Stava stesa sul mio letto, accanto al Marc Jacobs che avevo appena tirato fuori, a fissarsi le punte dei capelli.
Incredibile come il suo tono sapesse rispecchiare tutto il mio mondo. Per qualche motivo, la sfacciataggine e lo scarso impegno di Kayla nel mostrare ammirazione verso di me non mi irritavano: non fingeva entusiasmo se non ne provava. Il che era logico: la traditrice aveva conteso, o meglio, cercato di mettere le sue sudice mani sul regno alla Beverly Hills High School fin dal primo giorno, e, come se non bastasse, aveva una cotta storica per Usher, il mio ragazzo. In qualche modo, quella ragazza riusciva a suscitare in me disprezzo quanto un certo rispetto.
  
«Certo, perché non dovrebbe?» risposi io sicura dell'effetto che avrebbero avuto le mie parole su di lei.

Rimase zitta, gioii in silenzio.

«Penelope:  orario, prego»
  «Sono…le 17 in punto, per-»
  «Ah, parfait! Ora devo prepararmi..»
Le guardai sorridendo, attendendo da parte loro un segnale che avessero compreso . Che razza di idiote.
«Forza, evaporate!»
 

Le tre tirapiedi si affrettarono ad uscire, rimase solo Rydel: la mia migliore amica.
Mi guardava divertita, il sorriso che era solita sfoggiare quando capiva che c’era qualcosa sotto: non me ne sarei liberata facilmente. Roteai gli occhi verso di lei con lo sguardo rivolto alle tre poco prima, cercando di farle capire che non era esente da tale obbligo, pur godendo del titolo di migliore amica della sottoscritta ma, come previsto, rimase lì a guardare.
Mi arresi. «Che c’è?»
  «Ti conosco, non è solo per la festa di Usher. Che succede?»

Si sedette sul letto, fendendo col braccio il mucchio di vestiti gettati lì nella completa disperazione.
 
«Okay, mia madre ha intenzione di presentarmi il suo nuovo accessorio stasera, dopo la festa»
  «Oh, ora si spiega perché tu sia qui e non da tuo padre, questa settimana. Dev’essere qualcosa di serio…»
  «Sai com’è mia madre. Si stancherà di lui, chiunque sia»
  «Beh, lo scopriremo solo vivendo». Si alzò, mi baciò la guancia e mi sorrise. «Devo vedere Ellington, ci vediamo stasera». Ed uscì dalla stanza.

Riecco le confusioni.
 
«Rydel!» Urlai, sperando mi sentisse dal corridoio.

Balenò davanti la porta.

  «Giusto! Prova l’Oscar De la Renta e…i tacchi di Barneys. Ciao!» Sparì nuovamente.

Sospirai un attimo, misi da parte l’outfit scelto per la serata, e corsi dentro la vasca da bagno con l’ipod in mano, dopo averlo staccato dalle casse sopra il comò. Sentii Rydel salutare mia madre, poi Earned It partì a tutto volume.

  «Amber, c’è la limousine!» Annunciò mia madre.

Brindammo ad Usher nel tragitto, poi facemmo la nostra entrata in sala con il ritornello di Break Free di Ariana Grande: con me, Usher, Rydel, Ellington, James e Vanessa, la serata ebbe inizio.

Alla BHHS, come nel mondo degli adolescenti di Los Angeles, noi sei eravamo i protagonisti assoluti: tutti conoscevano il nostro nome, tutti volevano essere come noi, e gli standard per entrare in quel mondo di lusso e divertimenti erano più che impossibili.
Ma nessuno di noi lì dentro conosceva quella parola: nonostante il nostro fosse un mondo complesso e contorto, non c’era una sola porta di quello che soldi e bellezza non riuscissero ad aprire, e per fortuna ne avevamo in abbondanza.

  «Sei una visione!»
  «Non sforzarti con i complimenti, Riker. Perché non ci provi con qualcuna che non sia già impegnata, invece di stare qui a sprecare il tuo fiato con la ragazza del tuo migliore amico?», dissi con finta stizza.
  «A proposito, dov’è il tuo caro Usher?», chiese avvicinandosi, col chiaro intento di infastidirmi.
  «E’ il suo compleanno: sarà a salutare gli invitare e a prendere da bere alla sua favolosa ragazza. Tu, non hai niente di meglio da fare?»
Riker si guardò intorno, alzò un sopracciglio ed arricciò le labbra: segno che aveva trovato qualcosa, o meglio, qualcuno. Seguii il suo sguardo. Aveva puntato una biondina infondo alla sala. Non male.
«Non male», diedi voce ai miei pensieri.
  «Sai chi è?»
  «Non ne ho idea, e ho di meglio da fare che essere il tuo Cupido». Vidi Usher avvicinarsi con un bicchiere di punch, sorridente. «Oh, ecco il mio ragazzo. Buona caccia!»

Mi sorrise, ammettendo la sconfitta. Ricambiai con una linguaccia, e gettai le mie braccia attorno al collo di Usher. Ci baciammo per tre minuti buoni. Quando si staccò, sorrise maliziosamente, emettendo quasi un ghigno, e i suoi occhi puntarono le mie labbra rosso lampone mentre si mordeva le sue.
Mi resi conto di quanto fosse attraente in smoking, sotto le luci ora rosse della pista da ballo, ora viola.
 
«Questo sguardo…»

Stavo per baciarlo nuovamente, ma mi sentii prendere e spingere il braccio da qualcuno.

  «Heeeey festeggiato!»

Era James, ubriaco, con una birra in mano e lo sguardo di chi sta poco bene.

  «Ew, James, sei ubriaco! Ma sono soltanto le undici!», dissi asciugando il braccio dalle gocce di birra cadute dal bicchiere di quell’idiota.
  «Questa festa…è favolosa». E fece per tornare al piano bar, barcollando.
  «Ci penso io!», Usher sorrise divertito.



La serata passò tra drink, balli, coccole e giochi.
A mezzanotte cantammo “Tanti auguri a te” ad Usher, facemmo tantissime foto, e come si fecero le 3, la limousine mi riaccompagnò a casa: il “fidanzato” di mia madre e probabilmente i figli di questo mi aspettavano lì, perciò cercai di preparare la mia performance da Santa sobria e casta già durante il tragitto.

  «Buonanotte splendore»
Usher mi salutò con un dolce bacio sulla guancia.

Davanti la porta, presi un bel respiro, sistemai i capelli, e salii le scale: mia madre mi aspettava in salone.

Per stare con lei, chissà quanto sarà attraente!
Ma quanti figli avrà? Uno? Due? Zero?
Ma perché è sempre così enigmatica?!
Respira Amber, respira. Sono loro gli intrusi.
Oddio, puzzo d’alcool?


Trovai mia madre che parlava con un uomo alto, biondo, sulla 50ina, leggermente stempiato. Ma attraente.
Armani, mmh. Prendi punti, Qualunque-Sia-Il-Tuo-Nome, mi piaci.
Nessun essere nelle grinfie della pubertà, o altro essere umano nella stanza. Non ha figli?

  «Oh, eccoti qui! Amber, lui è Mark Lynch»
  «Piacere, io sono Amber», sorrisi contenta.
  «Le descrizioni di tua madre non ti hanno reso giustizia! Sei bellissima»
  «Oh, grazie!» Gli strinsi la mano «Beh mamma, non tu mi avevi detto che aveva così tanto buon gusto»
Guardai la firma sulla giacca dell’uomo, che capì all’istante e sorrise fiero.
  «Armani è Armani!»
Mollammo la presa.
  «Se volete scusarmi, vado a prendere un bicchiere d’acqua, volete qualcosa?», dissi dirigendomi verso la cucina, tenendo la testa girata verso destra e lo sguardo puntato su di loro.
  «Ehm, in realtà, tesoro, abbiamo già mandato-» Mia madre si bloccò quando, proprio davanti l’entrata della cucina, vide il ragazzo dai capelli d’oro scontrarsi con me, gettando il bicchiere a terra e una qualche bevanda sul mio vestito. «-Ross…».

  «Questa cos’è?!» strillai
  «Coca Cola»
  «Sul mio Oscar De la Renta?!».

Cacciai un urlo così forte da portare il biondo e i due nella stanza attigua a tapparsi le orecchie.
Ross era il figlio di Mark, e quello non sarebbe stato l’inizio di una convivenza facile, anzi, sarebbe stato l’inizio dell’Inferno.

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Capitolo 2
*** Nightmare. ***


“Sogni. Tutti quanti ne fanno. Alcuni belli, alcuni brutti, alcuni proprio da dimenticare. A volte ci si rende conto che sono sogni di altri tempi. A volte sembra che si stiano finalmente realizzando. E alcune persone hanno solo incubi. Ma qualunque sia il vostro sogno, quando arriva il mattino, la realtà affiora e il sogno scivola via piano piano„

 

Ma che succede quando ti svegli, e scopri che la realtà è proprio l’incubo che ti ha perseguitata?

Quel sabato mattina, la mattina seguente, mi svegliai intorno alle 10: giusto in tempo per la colazione e i favolosi croissant di mia madre.

Stavo camminando per il corridoio, strofinando l’occhio destro per la forte luce del sole che entrava dalla parete vetrata che dava sul giardino, non accorgendomi delle persone a bordo piscina.
Vidi, però, una figura sfocata in lontananza, dall’altra parte del corridoio, che si avvicinava. Smisi di torturarmi, sgranai l’occhio: la vista si fece più chiara.

  «Alt!». Il ragazzo si fermò a un centimetro da me, sta volta un bicchiere di ACE tra le grandi mani.
«Eh no,  il babydoll Victoria’s Secret no!» Feci un passo indietro.
  «Buongiorno anche a te». Mi sorrise, trattenendo una risata.

Simpatico.

  «Non ci siamo salutati poche ore fa? Che ci fai qui?»
  «Tua madre ha pensato di invitarci per una colazione a bordo piscina, perché?»

Lo liquidai con un verso di esasperazione, e partii alla carica, verso il giardino, per chiedere spiegazioni.
Per fortuna, Mark si era allontanato per parlare al cellulare con un collega, e potei riprendere mia madre a bassa voce.
Sentì il rumore dei miei passi e si voltò verso di me sorridendo, poi vide l’espressione sul mio volto.


  «Potresti dirmi cosa ci fanno Mark e la sua sottospecie di prole qui, mamma?»
  «Ho pensato fosse carino invitarli per prendere qualcosa all’aria aperta con questa bella giornata, dopo l’incidente di ieri sera»
  «Vuoi scherzare? Siamo in California: c’è sempre una bella giornata!»
  «Ma poi si può sapere che hai? Pensavo ti piacesse Mark! Armani, buon gusto…ricordi?»
  «Concentrati! Non è Mark il problema, la sua sottospecie di prole lo è! Prima Oscar De la Renta, ora Victoria Secret! E’ un disastro!»
 
Osservò attentamente il babydoll addosso a me, un’espressione perplessa le si dipinse immediatamente in volto.

  «Ma…io non vedo nulla, che ha fatto stavolta?»
  «Niente, ma c’era quasi!» dissi quasi urlando.
  «Avanti, pulcino, so che non è facile, ma almeno provaci.» Disse mia madre lisciandomi i capelli , io sbuffavo e guardavo in alto, seccata. Le sue parole suonarono tutte come un “bla bla bla” «Magari è simpatico e timido e combina pasticci perché è sotto pressione. Un po’ di pazienza, fallo per me, eh?»

Annuii, consapevole che la lagna, altrimenti, non sarebbe finita più. Mi baciò la guancia.
Mark concluse la conversazione nello stesso istante. Notai Ross arrivare, mia madre fece lo stesso, e guardò in attesa di un mio passo, perciò sfoggiai il sorriso più falso che avevo in repertorio e andai a salutare Mark e, subito dopo, a “parlare” con il mio nuovo e dolce fratellone.

  «Ascolta Riccioli-d-Oro, mettiamo le cose in chiaro: tu non mi piaci, perciò tieni lontano quell’uragano Katrina che hai al posto delle mani dal mio costosissimo guardaroba, e non ti succederà nulla, siamo intesi? La guerra civile è l’ultimo dei miei interessi, per ora.»
  «Scusami?», disse ridendo. Mi chiesi cosa ci fosse di divertente in tutto questo.
  «Hai capito benissimo, tesoro. Ora evapora!»
  «Come vuo- »
  «Quindi siamo d’accordo!» Lo interruppi prima che potesse finire la frase.
 

Dopo circa 9 ore, Finalmente, mi raggiunsero le tre tirapiedi: Savannah, Kayla e Penelope.


Stavano tutte e tre sul mio letto, stese o abbracciate al cuscino, a guardarmi fare avanti e indietro per la stanza, mentre raccontavo tutto ciò che mi era successo nelle ultime 12 ore.

«Penelope, potresti chiudere quella bocca?!» , la rimproverai.
  «Non può, l’ha tenuta aperta per così tanto tempo che ormai le si è bloccata», disse Kayla, maligna.

L’unica con un cervello lì dentro, dovevo ammetterlo.
Risi di gusto alla sua battuta. Penelope, per tutta risposta, le diede una cuscinata sulla testa. Kayla rispose a sua volta, e si diede inizio ad una battaglia di cuscini tra le tre. Peccato che, in momenti del genere, K. smentisse i pensieri clementi che facevo su di lei.

  «Scusatemi?! Potremmo tornare a me o dovete continuare con i vostri giochetti?»
  «Hai ragione, scusaci, Amber». Penelope si ricompose.
  «Però che razza di idiota Ross!», esclamò Kayla.
  «Però devo dire che è carino». Dal lato destro del letto, Savannah Hudson sorrise.
  «Ti prego, potrebbe essere mio fratello!»

Ma chi me le ha portate queste qua?
Roteai gli occhi e la fulminai con lo sguardo.

  «Che starà facendo?», chiese Penelope.
  «Non so, staranno guardando la televisione tutti insieme e aspettando la cena»
  «Beh, noi andiamo. Se hai bisogno di aiuto, chiama» , tagliò corto Kayla.
  «Tranquille, me la so cavare. Ci vediamo»

Sorrisi alzando la mano e muovendo le dita.
Le seguii per il corridoio e mi fermai in salone, dove, come previsto, si trovavano mia madre e quei due; le altre salutarono e scesero le scale, avviandosi verso l’uscita.

I volti dei tre si girarono a guardarmi: capii che dovevano dirmi qualcosa.
Quello di Ross, in particolare, oltre il falso evidente nella facciata, celava vittoria e godimento.

«Beh? Che avete da guardare?». Decisi così di rompere il ghiaccio.
  «Vedi, Amber…abbiamo parlato molto in queste ore e..io e Mark abbiamo deciso che..»

Oh no. Non dirlo.

«…lui e Ross verranno a vivere qui».

 

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Capitolo 3
*** The Dark Prince ***


Nelle due settimane che seguirono, villa Rhodes fu un continuo va e vieni di furgoni pieni di scatole, a loro volta piene di cianfrusaglie di Mark e…Ross.
Mi si gelava il sangue nelle vene solo a pensare quel viso: ovunque mi girassi, il suo sorriso malefico era lì, rivolto a me, mentre il resto di Ross invadeva i miei spazi, guardava la mia TV, usava il mio bagno –pur avendo il suo, origliava le mie conversazioni a telefono, portava i suoi flirt in camera mia quando i nostri genitori erano fuori casa. Era disgustoso. Ma ogni volta che provavo a parlargli, ecco spuntare mia madre, e tanti saluti alle minacce all’intruso.
Finché, un giorno…

   «Spostati, Lynch, devo entrare!», dissi seccata muovendomi  a destra e sinistra, davanti la porta.
   «Perché? E’ così bello qui fuori!». Ancora quel tono irritante.

Tornati da un pranzo fantastico –Fantastico se non consideriamo il fatto che c’era anche Ross, ovviamente- al Cafe Des Artistes a Hollywood, il mio adorabile fratellone decise di bandirmi dalla mia stessa camera non appena mia madre e il suo ‘ragazzo’ uscirono nuovamente per fare i piccioncini chissà dove.

«Non vedi il sole, gli uccellini, i fiori, il mare? Non senti il vento che ti scompiglia i capelli? Non vorresti restare qui per sempre?»

Che faccio, ti uccido e poi scoppio in una grassa risata, o prima rido e poi ti prendo a sprangate?

  «Ma ti fai di crack?! Siamo in corridoio!! Devo andare da Usher, fammi cambiare!»

Lo strattonai con la borsa ed entrai in camera, mi misi davanti un lato del letto e cominciai a sciogliermi i capelli, gettando sul letto forcine e perle che facevano parte dell’acconciatura.
Ross se ne stava lì, appoggiato con la spalla allo stipite della porta; la testa piegata a sinistra, appoggiata allo stipite anch’essa. Mi guardava, interessato: in un secondo, quelle pupille mi sembrarono volermi scannerizzare come in aeroporto, quasi avessero la vista a raggi X.
Finsi di non vederlo e lo ignorai, sperando si togliesse dal viso quel sorrisetto inquietante.
Sciolti i capelli, li scossi un po’ con le mani, e fu il momento del vestito: tentai di abbassare la zip, ma, poiché partiva da fin sotto la nuca, non ci riuscii. Ross tornò dal regno dei morti.

   «Dai, togliti, faccio io», disse scendendo i gradini davanti la grande porta della mia camera e avvicinandosi a me.

Abbassò la zip fino alla fine, cioè fino al mio fondo schiena, ed esitò un attimo prima di mollare la presa: furono i 3 secondi più lunghi della mia vita.

Mamma, ti odio!

A rompere il silenzio, fu il mio cellulare che vibrava, lanciato un attimo prima con noncuranza sul letto.
Mi avvicinai per prenderlo, piegandomi leggermente verso di esso, ma Ross sembrò svegliarsi di nuovo al mio movimento e mi precedette, strappandomi il cellulare dalle mani.

«Oh guarda un po’, è Usher», sorrise con la solita espressione da santarellino.
  «Dammi quel telefono. Adesso.»

Stranamente, si arrese senza combattere, e mi ridiede il cellulare all’istante, seppur con aria di stizza, senza dire una parola. Presi il cellulare, guardandolo, superba e sprezzante, per i 2 punti guadagnati in soli pochi minuti.
 
«Che c’è, Lynch? Ti sei rammollito, forse? Pronto!»

Risposi immediatamente, e, mentre Usher parlava, spinsi Ross fuori dalla camera, chiudendogli la porta in faccia.

  «Amber, mi stai ascoltando?», disse dall’altra parte del telefono.
  «Cosa? Sì, certo, dicevi?»

Cominciai a sfilarmi il vestito.

  «Non mi stavi ascoltando.»
  «No, hai ragione, stavo-»
  «E’ quel deficiente sempre tra i piedi eh?»
  «Esattamente»

Ah, Dio, finalmente qualcuno che mi capisce!

  «Tranquilla. Quando arrivi?»
  «Il tempo di cambiarmi, sono appena arrivata, okay?»
  «Okay, ti aspettiamo»


Scelsi un crop top modello corsetto a fiori e una gonna a ruota dalla cabina armadio, tattoo choker, una e un paio di tacchi.

Prima esco di qui, prima me lo tolgo di mezzo.

Ma uscire da quella camera fu la cosa più sbagliata che potessi fare: il tempo di prendere un bicchiere d’acqua dalla cucina, e il traditore dagli occhi più falsi di lui s’intrufolo in camera mia, di nuovo.

Tornai dentro col bicchiere, che posai sul comodino, e mi diressi verso il bagno.

Ma questa è…acqua che scorre?!

  «Ross!», bussai colpendo forte la porta «Ross, fuori di lì! Subito!»
Nessuna risposta.
«Ross! Ross!! Esci immediatamente di lì, devo lavare i denti! Ross, mi vuoi stare a sentire?!»
Ancora niente. Continuai a battere.
«Appena esci giuro che ti strappo quei capelli ad uno ad uno!!»

Urlai e colpii alla porta fino allo sfinimento, nessuna risposta, cominciai a dubitare che non fosse morto lì dentro. Lo chiamai per l’ultima volta, aspettai, niente. Ma il mio verso di esasperazione lo fece scoppiare in una grassa risata: dalla mia bocca ultimamente uscivano più questi che respiri o parole normali, era un incubo.

«Sì, ridi» Stronzo «Appena esci ti faccio vedere io»
  «Che fai, lo dici alla mamma?»
  «Ti lascio immaginare, non vorrei rovinarti la sorpresa. Ora, potresti per favore uscire?!», alzai di molto il tono alla fine.
  «Hey, si può sapere che succede qui?»

Mia madre: tempismo perfetto.

  «Chiedilo a Ross che succede! Visto che è entrato in bagno e non vuole più uscirne!»
  «Ma che ha, sta male?»

Davvero, sei una donna o sei una rapa?!

  «
No, mamma, non sta male! E comunque ha il suo di bagno!»
  «E tu non puoi andare a prepararti nell’altro?»

Rapa. Decisamente.

  «Come faccio se ho le mie cose qua e lui non mi fa neanche entrare a prenderle?!»
  «Comunque, ragazzi, io e Mark proprio non ce la facciamo più con voi due! Sempre a litigare, ma si può sapere che avete?»

Ross uscì a occhi bassi, chiudendo dietro di sé la porta scorrevole del bagno.
Entrambi evitammo di rispondere.

  «Oh, alleluia!», dissi, partendo verso il lavandino.
  «Non così in fretta, signorina. Voi due stasera non uscirete!»
  «Cosa?!», dicemmo in coro entrambi.
  «Ma mamma, è venerdì sera!»
  «Starete a casa e cercherete di chiarirvi una volta per tutte, intesi?»
  «Ma-», provai a replicare.
  «Sh!»
  «Mamma non-»
  «Ho detto sh!»

La fulminai con lo sguardo, rimasi in silenzio.

«Bene. Ero salita solo per prendere un foulard, ora vado. Cercate di non distruggermi casa! Buona serata»

Uscì dalla stanza, e aspettai il rumore del portone per affacciarmi e assicurarmi che fosse già andata via per prendere borsetta e cellulare.

  «Dove pensi di andare tu?», mi chiese Ross, mettendosi tra me e il portone di casa.
  «Oh, Ross. Povero, ingenuo, Ross. Non sai che per me le regole di mia madre non valgono? Qua dentro l’intruso sei tu, il problema non sono di certo io,  e non ho intenzione di stare chiusa nel palazzo con la Bestia!»
  «Ah, sarei io?»
  «Oh, vedo che il cervello ti funziona quando ti sforzi! Ora spostati, bell’imbusto!»
  «No.», s’impose.
  «Prego?»
  «Ho detto no, non mi sposto, e tu di qua non esci»
  «E chi saresti tu, per impormi tali ordini?»
  «Ti ricordo che la Bestia alla fine si scoprì essere un bellissimo principe»
  «E con questo che vorresti dire?»
  «Tu non esci, Amber.»

Sbuffai, spazientita. Spostai il peso del mio corpo su un lato e tornai a guardarlo.

  «Senti, hai intenzione di stare qui tutto il giorno?»
  «E tu?»

Ross cominciava davvero a infastidirmi, ma avevo il presentimento che sarebbe giunto a qualcosa.

  «Togliti, Ross, mi hai già fatto perdere troppo tempo», provai a scansarlo.
  «E questo non è che l’inizio! Interessante questo bustino» disse, mettendo le dita sotto le bretelle dell’indumento e scendendo con la mano, arrivando a toccarmi quasi il seno con le nocche, e osservando i fiori stampati sulla superficie. 

Ciò provocò un fremito, e la cosa mi sconvolse.
  
  «Togli quelle mani!»
  «Perché, mi sembra piacciano ai tuoi vestiti, soprattutto alla zip del vestito di prima, o a quell’Oscar de la Renta, quello si è addirittura bagnato  prima ancora di conoscermi!»
  «Le tue mani di ricotta che non sanno neanche tenere un bicchiere di Coca Cola, dici? Ah, sì, sicuramente»

Più andava avanti la conversazione, più ci mettevamo sulla difensiva,e attaccavamo l’altro/a.
La tensione cominciò ad aumentare, gli sguardi a farsi sempre più intensi, la distanza tra i volti a diminuire ad ogni colpo, che nessuno dei due si decideva ad accusare.

Cinse di colpo i miei fianchi con un solo braccio, con una presa più che ferrea, passandolo dietro la mia schiena e tirandomi con la forza verso di lui: mi ritrovai con il viso a meno di un millimetro dal suo, sudata e con i battiti più accelerati di quanto mi fosse lecito.
Col fiato corto, i nostri occhi danzavano su quelli dell’altro/a e poi sulle labbra, per poi tornare sugli occhi e così via. Mi sentii mancare.

  «Mani di ricotta, eh?»

Aveva il fiatone.
Nei suoi occhi lessi vittoria, ma non la stessa di sempre.


A volte la regina deve fare una scelta. Un castello con un cavaliere bianco, o un avventura con un principe nero?

  

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Capitolo 4
*** Dreaming ***


Ogni ragazza sogna di trovare il proprio principe azzurro, ma se, quel principe, si rifiuta di arrivare…


Stavamo in piscina: io appoggiata alla parete, mi reggevo con una mano al tubo di acciaio della scaletta, mentre l’altro braccio stava  fuori dall’acqua, sul bordo della piscina. Davanti a me, vicinissimo, teneva anche lui una mano sulla scaletta per appoggiarsi, l’altro lungo il fianco.
Ci mangiavamo con gli occhi, mi sorrideva affamato; avvicinò il suo corpo al mio, sempre di più.
Posò finalmente le labbra su di me, sul mio collo, e mi parve di poter sentire qualcosa di umidiccio al tatto.
La sua lingua? Ma chi l’avrebbe fermato!
Cominciò a scendere con le labbra, mentre, con le mani, a stringere i miei fianchi, fino ad affondare letteralmente le dita nella mia carne.
Aggressivo, forse, ma non l’avrei fermato neanche sta volta.
Mi morsi il labbro, affamata di lui.



Sentii bussare alla porta.

  «Amber, sei in ritardo per la colazione», disse mia madre entrando in camera mia e distogliendomi dalle mie, ahimè!, proibite fantasie.
  «Sì, faccio una doccia e scendo»

Mi ricomposi immediatamente e mi misi seduta sul letto. Grazie tante, madre.

  «Com’è andata ieri sera?»

Quella frase mi fece passare, nell’arco di un secondo, circa un milione di immagini e di pensieri davanti agli occhi, che cercai di scacciare come meglio potevo.

  «Bene!»

Mi guardò perplessa, come biasimarla?

«Voglio dire, ehm, l’ho convinto a tornarsene in camera sua e non mi ha disturbato più…Non perdere le speranze, mamma, un giorno crescerà. Forse, comincio a vedere la luce fuori dal tunnel,  in quella zucca vuota.»
  «Meglio così. Ti aspettiamo giù», e se ne andò.

Chiusi la porta scorrevole dietro di me, feci cadere il babydoll per terra ed entrai in doccia.

In quei 10 minuti, non potei fare a meno di pensare alla sera prima, dato che le fantasie della piscina erano state profanate dall’entrata in scena di quella tiranna di mia madre.
A dire il vero, le cose non erano proprio andate in quel modo…


Ero rimasta impietrita per qualche secondo, intrappolata in quegli occhi nocciola, fissi su di me.
In quel momento, tutto di lui mi sembrò un dolce richiamo a cui non sapevo, non potevo resistere: i suoi occhi, le sue labbra, la sua pelle baciata dal sole, e quel petto che la camicia bianca, quasi a volerlo fare apposta, lasciava intravedere attraverso la sua seta.
Si avvicinò al mio viso, le nostre labbra quasi si toccarono. Non capii se stesse per baciarmi o per uscirsene con una frecciatina amara delle sue, fatto sta che reagii come una tredicenne impaurita, lo spinsi e dissi: «Perfetto, come vuoi tu!», correndo in camera mia e chiudendomi lì dentro fino a quel momento.
 
Dovetti ammettere a me stessa che l’odio nei suoi confronti era solo relativo, e che, chissà come, aveva un certo potere su di me. Un potere che nemmeno Usher aveva mai avuto. Un potere che -dovetti riconoscere anche questo- non vedevo l’ora potesse utilizzare di nuovo.

Mamma e Mark devono solo togliersi dai piedi!

…una ragazza deve prendere in mano la situazione




Scesi giù in sala da pranzo, presi un bicchiere di succo ai frutti rossi passando per la cucina, e raggiunsi gli altri a tavola.
Mamma e Mark parlavano delle loro esperienze al college, dato che io e Ross eravamo all’ultimo anno, e che il prossimo saremmo andati via, lasciando quella casa vuota, con solo loro due dentro.
  «Amber, sai che Ross sarà a Berkeley, il prossimo anno?», disse mia madre, con uno strano ed inquietante entusiasmo sul volto.
  «Berkeley, davvero? Wow»

Cercai di imitarla, con scarsi risultati, addentando una fetta di pane tostato. Poi riflettei.

Oh mio-

  «E tu andrai a Stanford! Non è fantastico?»
  «Già, mamma, davvero fantastico!»

Perfetto, anche fuori dai piedi sarà soltanto a un’ora da me!

Una parte di me, però, gioì.

  «Oh, quindi potrei benissimo scendere da lei e poi potremmo incontrarci tutti a San Francisco, per le vacanze! O scendere insieme», propose Ross, entusiasta.
  «Oppure, ognuno per i fatti suoi e ci vediamo tutti qui a Natale!»

Mia madre mi guardò storto, Mark e Ross sorrisero.

«Scherzavo», spiegai.


Dovetti aspettare una giornata che sembrò infinita. Si fecero le sette di sera.

Ross aspettava che i suoi amici arrivassero, seduto sul divano; io, per evitare una serata con i piccioncini, finsi di avere il mal di pancia, e mi misi dall’altra parte del divano a fissare lo schermo del televisore, aspettando e sperando che quei due uscissero prima di Ross.
Così fu, e in pochi minuti restammo soli.
 





 

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Capitolo 5
*** I Know You Want Me ***


  «Allora, dove vai, fratellone?»

Mi alzai insieme a lui quando sentii il clacson dell’auto dei suoi amici, fuori, nel vialetto.
Si diresse verso le scale: affrettai il passo e lo raggiunsi, bloccandogli il passaggio. Indicò me, poi il divano. Sembrava confuso. Sorrisi.

Adorabile.

  «Ehm..fatti miei, togliti»
  «Ah, ah»

Cercò di fregarmi con una finta a destra,  spostandosi per passare a sinistra, tra me e il muro, nonostante lo spazio ristretto. Mi spostai immediatamente, gli bloccai il passaggio di nuovo: sul suo viso si dipinse un’espressione tediata, che si trasformò in un’affamata curiosità non appena slacciai il kimono di seta.

  «Tu… non stavi male, un attimo fa?»

Notai con piacere che, ancora una volta, la rapidità della cosa ci aveva portati a parlare a pochi centimetri l’uno dall’altra e che, ora, stava parlando con gli occhi incollati al mio corpo.

  «Mi sorprendi, Lynch: pensavo fossi più sveglio»
  «Che intendi?»  disse distrattamente, i suoi occhi ancora su di me.
 
Lasciai cadere i lacci della vestaglia. Ross, come se niente fosse, portò le dita della mano destra sulla mia pancia. Scostò delicatamente il tessuto leggero dal bordo, scoprendo con piacere che la gonna che portavo sotto era ancor più corta della vestaglia, sebbene lasciasse il giusto spazio all’immaginazione.
Si morse il labbro.

Sentii i miei battiti accelerare.

Ora o mai più.

  «Cos’è che stavi dicendo ieri?» decisi di andare dritta al sodo.

Si ricompose.
 
  «Ahahah, sapevo ci saresti tornata!». Sorrise vincitore.
  «Scusami?!»
  «Ammettilo, sorellina: sei cotta di me»

Alzai un sopracciglio, la bocca si aprì automaticamente in un’espressione sconvolta e disgustata insieme.

  «Che cosa?! Ma ti ascolti quando parli? Io cotta di te? Ma per favore!»

Ross fingeva indifferenza: si fissava le unghie, fischiettava, si guardava intorno, picchiettava per terra col piede.
Gli diedi un colpo alla spalla.

«Mai nella vita, tesoro».
   «Ah sì, è così? Non è quello che mi dicono i tuoi occhi, però»
   «Vogliamo parlare dei tuoi? “Tu di qua non esci” Gne gne gne. Mi stavi mangiando, con i tuoi occhi, prima»
  
Colpito e affondato!

 
 «Beh, sai come si dice: “la famiglia che gioca unita, resta unita”»
   «Ah, incesto: il grande tabù universale. Uno dei pochi che non hai ancora violato»
   «Posso violarlo quando vuoi»

Avevo ciò che mi serviva.
Sorrisi vittoriosa, ma tornai seria talmente in fretta che neanche se ne accorse.
Mi avvicinai a lui come per baciarlo, ma, appena fui a un soffio dalle sue labbra, lo spinsi dalla spalla sinistra per farlo indietreggiare ed aprirmi il passaggio per tornare in camera mia.
Mi guardò offeso e sorpreso allo stesso tempo. Decisi di dargli il colpo di grazia togliendo il kimono e lanciandolo sul divano: sapevo che mi avrebbe guardata, ha un’ossessione per le gonne.
Arrivata a metà corridoio, mi voltai: era lì fermo, ancora. Riconobbe di aver perso, si congratulò con lo sguardo. Scoppiai a ridere, sicura dell’effetto che avevo su di lui, e  tornai a guardare davanti a me.

  «Buona serata, fratellone!»


 
La proibizione non regge il confronto con l'esibizione. La libertà è nella natura umana, e non importa per quanto tempo fai la brava: non si può tenere a freno una ragazzaccia



*Kimono di seta= https://dm.victoriassecret.com/product/404x539/V442628.jpg

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Capitolo 6
*** Vip Party Pt.1 ***


Sulla Porsche di Usher, quella sera, non potei fare a meno di pensare a ciò che era successo un paio d’ore prima.
Le sue mani, il suo sguardo, quel suo torturarsi il labbro...doveva di certo significare qualcosa!
Doveva, doveva per forza
Sentivo il forte bisogno di dirlo, urlarlo, liberarmi da quel peso. Solo per sentirmi dire che era giusto. Per sentirmi dire che avevo ragione. Che ero libera di essere sua.
Ma a quale prezzo?

La carezza di Usher mi riportò alla realtà.
Stava lì, a posto guida. Il gomito sul mio poggiatesta, la mano sulla mia guancia e il pollice intento a disegnare tanti piccoli cerchi su di essa. Mi sorrise debolmente.

   «Tutto okay, piccola?»



Mi accorsi che stavamo fermi, il semaforo rosso lampeggiava illuminando la carrozzeria metallizzata dell'auto e il profilo del ragazzo, che mi guardava perplesso, in attesa di una risposta che tardò -giusto un po'- ad arrivare. 



   «Certo, apposto»



Cercai di sorridergli, mostrandomi indifferente. 
Sentii partire alla radio la nuova canzone dei Maroon 5.
 
«Uuuh, bella questa!» dissi, mentre Usher alzava il volume sorridendomi.
La luce del semaforo diventò verde, ed Usher svoltò a destra, seguendo la freccia che indicava "Hollywood".
 
Con "This Summer's Gonna Hurt Like A Motherf**er" a tutto volume e l'aria d'estate che l'auto, sfrecciando, gettava addosso, non potei fare a meno di immergermi nuovamente negli occhi nocciola del mio tormento: chiusi gli occhi, portai indietro la testa, mi rilassai contro lo schienale, allungai le gambe e lasciai che tutto il resto diventasse un mero brusio di sottofondo ai miei pensieri, ancora una volta, pieni di Ross.
 
In quel momento, non c'era nulla che potesse rovinare i miei sogni. Nulla. Tranne...
 
   «Allora, scendi? Siamo arrivati»
 
Ci risiamo...
 
   «Oh, sì»
 
Usher mi prese la mano, chiuse il mio sportello e ci avviammo all'interno della villa percorrendo il vialetto, per la solita entrata in scena.
 
Ogni anno, gli studenti più popolari della Beverly Hills e della Hollywood High, le due scuole più prestigiose della California, si riunivano dalla reginetta di una delle due scuole per festeggiare la fine dell'anno. Quell'anno toccò alla Hollywood, e ci ritrovammo tutti a casa di Carlita George, la cui famiglia era amica dei Rhodes da generazioni. 

   «Tesoro, sei una favola!» disse Carlita venendoci incontro.
   «Oh ma senti chi parla! Come stai Carlita?»
   «Ah, tutto bene, grazie. Tu? Hai cambiato taglio di capelli?»
   «Sì, grazie per averlo notato». Sorrisi.
   «Usher, come stai? Quanto tempo!»
 
Mi congedai sorridendo ai due e mi avvicinai al mio gruppo che parlava a bordo piscina, poco lontana dalla postazione del DJ.
 
   «Amber, sei arrivata». Penelope fu la prima a parlare.
   «Già, e ora la vostra serata ha un senso...» guardai per un attimo l'outfit di K «Bel vestito, Kayla, ma quella clutch fossi in te la getterei tra le siepi: è orribile» 

Non è che adorassi essere così esplicita, ma il mio ruolo era quello: devi essere fredda per poter essere una regina. 
Mi guardai intorno.

«Avete per caso visto Rydel?»
   «Zero. Credo non sia ancora arrivata» rispose Penelope facendo la stessa cosa. 
   «Che succede S, il gatto ti ha mangiato la lingua?»
   «Secondo me gliel'ha mangiata qualcuno» intervenne Penelope.
   «Già, la domanda è "chi?"», Kayla.
 
Qualcuno, da qualche parte in quel posto, aveva addosso gli occhi di Savannah che non aveva ancora aperto bocca. Per un secondo, balenò qualcosa di tanto assurdo nella mia testa che cancellai immediatamente. Ma chissà cosa mi portò a seguire l'istinto, ad assicurarmi che non fosse così.
 
   «Amber, perché non mi hai detto che Ross sarebbe venuto?" disse finalmente Savannah.

Oh no.
Che ci fa lui qui?


Mentii.
   
   «Perché, così potevi stare a sbavargli dietro? Arrenditi, è troppo bello per te»

La guardai dall'alto in basso e sorrisi maligna. K.O. Facile
Potei sentire il dolce suono di Savannah rompersi, cercando di cacciare indietro la rabbia e di ricomporsi, trattenendo lacrime e possibili insulti. La malignità del mio sorriso si trasformò in vittoria.
Ma non fu l'unica cosa che sentii.
   
   «Oh no, si sta avvicinando» 

Risposi alla punta di panico della sua voce fulminandola con lo sguardo. 

Come se si stesse avvicinando per te. Ah, per favore!
   
   «Amber! Che ci fai qui?»

Ed eccolo qui: drink in mano, leggermente sudato, camicia sbottonata..

Era lì davanti a me, sorridente, con i capelli lucenti e la pelle baciata dal sole che ancora una volta sembravano invitarmi dolcemente alla perdizione dell'anima. 
Era così bello...
   
   «Dimentichi che sono la reginetta della Beverly Hills!» gli sorrisi, sincera,  e guardandolo negli occhi mi sembrò di stare in un'altra dimensione «Tu che ci fai qui!»
   «Beh, io vado alla Hollywood High. Non sono la reginetta ma...mi conoscono, ecco» rise, lasciandomi imbambolata.
«Bel vestito!»
   «Ehi, attento col drink!» 

Feci un passo indietro, scherzando, alludendo agli incidenti all'inizio. Non che ultimamente andasse meglio, ma quella sera sentivo qualcosa di strano, sentivo che sarebbe cambiato. 
 
 «Ah ah, simpatica. Beh, reginetta, divertiti, perché tornati alla realtà, sarò il tuo peggior incubo»

Rieccolo
 
 «Buona serata, Lynch» gli sorrisi.


Lo osservai mentre tornava dai suoi amici. 
La camicia di lino bianco rientrava all'altezza della cintura; ciò permetteva ad essa di sollevarsi ai suoi passi e scoprire meglio il jeans. Inoltre, traspariva nelle spalle grazie al sudore, ed era quasi come se non l'avesse. 
Pensai che era la mia serata fortunata, ma quando si avvicinò alla cricca della Hollywood High, quella si trasformò in tutt'altro.
Toltisi dai piedi Rocky e Ryland –o qualunque sia il suo nome- Lynch, i cugini/amici di Ross, effettivamente qualcosa successe, e mi cambiò la serata. Ma non fu quello che speravo.


 
Carlita George stava letteralmente strusciando le sue zampette su Ross, sulle spalle che, un attimo prima, bramavo mie. Si era appena guadagnata il mio disprezzo.

Sgualdrina.


«Osserva, Savannah: lei, è all’altezza. Perdici le speranze, darling. Non ti guarderà mai»

Almeno, trovai la forza di sistemare una volta per tutte quella faccenda e stroncare le speranze di quella povera  illusa che non desiderava altro che averlo tra le sue grinfie dal colore della stagione scorsa, tra l’altro. Ma non leggete qualche rivista? Ew…

Di nuovo, qualcosa catturò il mio sguardo: Miss Carlita Ciglia-Finte George, molto brilla, prese le mani a Ross, trascinandolo in pista da ballo. E le mani non furono l’unica cosa che strusciò su di lui, sta volta.
Portò la mano sinistra su per il suo petto, poi dietro la nuca, gli afferrò i capelli, e successe proprio quello che temevo di più.

 

Ma non sapete che una festa non è una festa finché qualcuno non la rovina?

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Capitolo 7
*** Vip Party Pt.2 ***


Stettero a baciarsi per circa cinque minuti, incollati come due sardine in scatola.

La musica aveva raggiunto un volume troppo alto, le parole nella mia testa cominciarono a confondersi: diventarono un brusio fastidioso, per poi svanire del tutto.
Intorno a me, cose, persone, cominciarono a girare. 
Come se l'Universo volesse farsi da parte e non rubare la scena a quei due che, ora, sembravano dare spettacolo.

Rocky, Ryland, Brandon e gli altri amici di Ross osservavano divertiti. Gruppetti di matricole in pacchiani e succinti abitini si portavano la mano davanti alla bocca, altri erano intenti a fotografare con i propri smartphone i momenti più salienti, o meglio, piccanti.

Mi sentii colpire al petto, ma, nonostante ciò, non riuscii a staccare gli occhi da quei due.
Non per i primi 30 secondi, almeno.
A svegliarmi, per fortuna o per disgrazia, furono i commenti di quelle tre oche, intente anche loro ad osservare la scena con tanto di sacchetto dei PopCorn.

«Woo, il tuo fratellino ci sa proprio fare, A», Kayla.
«Guarda che ti perdi, Sav!», Penelope. 
Savannah rimase zitta, a guardare i due con aria malinconica, sbuffando di tanto in tanto.
«Forse potrebbe farci un paio di lezioni, che dici Kayla? »
«Oh, io non mi tiro indietro!»

Le sentii darsi il cinque e cominciare a ridere in modo strano.

Ora hanno raggiunto il limite.

«Ma vi sentite quando parlate? Compratevi un cane e piantatela, siete ridicole.»

Si ammutolirono. Bene.

«Ora, se avete finito, andate a prendermi un Martini»

Rimasi in attesa, ma, tanto per cambiare, stavano ancora lì a fissarmi. Zitte e immobili, come un bimbo mortificato.

Quasi quasi mi fanno tenerezza, pensai con disgusto.

«Forza! Sciò»

Alle mie parole, finalmente si risvegliarono e partirono per il piano bar. Sia ringraziato il cielo.

Mi girai, per controllare, con un filo di speranza, che avessero finito.
Ma Carlita continuava a infilargli la lingua in gola, e la mano sotto la camicia sudata, e lui a ricambiare, stringendole i fianchi in un modo che mi fece gelare il sangue. 
Sentii tornare la fitta, e non potei fare altro che sopportarla in silenzio.

Vidi le tre con i Martini in mano. Penelope mi porse il mio, che buttai giù tutto d'un sorso, mentre le altre brindavano all'inizio dell'estate.

«Oh, ecco Rydel» , disse Savannah.

Guardai verso l'entrata.
Aveva un bellissimo abito blu elettrico aderente e smanicato, i capelli raccolti in una coda elaborata con delle treccine su un lato. Uno smokey nero abbinato ai tacchi portava l'attenzione dritta sui suoi occhi castani, che non smettevano di mandare cuoricini a Ellington che le camminava accanto. 
Ellington portava una camicia nera sagomata, sbottonata quasi fino a metà, e dei jeans strappati alle ginocchia.

   «Quanto siete teneri!», disse Kayla
   «Ciao ragazze!» salutò Ellington.
   «Sei bellissima Rydel»
La abbracciai.
   «Ehi, chi sono quei due che si stanno dando da fare, lì in fondo?» chiese Ell
   «Non dirmi che è...» Rydel
Annuii
«Oh mio Dio.»
   «Già»

Quando, finalmente, si staccarono, decisi di approfittare della momentanea assenza di Usher, il quale parlava con i suoi compagni di LaCross, 
per prendere un altro paio di drink.
Forse per evitare di nuovo quella brutta sensazione, o chissà per cos'altro. Comunque sia, sentii il forte bisogno di bere, e mi avvicinai al piano bar.
Ma al secondo bicchiere, un Ross un tantino più sobrio decise di farmi visita.

   «Ehi, quanta sete!»
L'alcool aveva fatto il suo effetto, ma ero ancora in grado di controllarmi e ragionare. Forse, agii con un po' più di sincerità.
I miei occhi si spostarono sui suoi -sorrideva, in piedi dietro di me. Sbuffai, poi portai lo sguardo sulla cannuccia che cominciai a girare nel bicchiere.
«Cosa c'è, non mi parli?»

Cosa c'è, ha trovato un altro da limonare?

   «Evapora, Shor»
Mi ignorò e si sedette accanto a me.
   «Non sapevo bevessi»
   «Avevo smesso»
   «E...come mai...?»
   «È un'occasione speciale»
   «..Allora...dov'è Usher?»
   «Che mi dici di Carlita?»

Stupida boccaccia.
Così penserà che-

  «Perché, sei gelosa?»
  «Usher!»

La mia salvezza.

Lo vidi avvicinarsi sorridendo. Mi alzai, ignorando completamente Ross, e gli corsi incontro per lanciarmi addosso a lui e baciarlo appassionatamente, dopo essermi assicurata che Ross stesse guardando.

  «Ehi» bacio «Che ti» bacio «prende?»
  «Ho voglia di te, tutto qui. Baciami e zitto», e continuai a baciarlo.

Per le 2 ore e mezza successive, ballai con Usher, a volte in modo provocante, lo baciai e stetti con lui. 
Carlita, ad un certo punto, tentò di avvicinarsi a Ross, ma lui la respinse e si sedette al bar, a guardare verso di noi. O almeno così mi sembrò, e sperai che non fosse l'effetto dei drink.

  «E adesso, potremmo avere qui i re e le reginette della Beverly Hills e della Hollywood High?» disse il DJ

Io ed Usher ci trovavamo in pista da ballo, quando gli arrivò un messaggio da parte dei suoi che lo costrinse a lasciare la festa un attimo.Con addosso lo sguardo assassino di Kayla, salii sul palco insieme a Carlita e al suo re, il suo -evidentemente- ormai ex, Nick Parker. Una ragazzina, assistente del vocalist, ci mise in testa due corone simili a quelle del ballo di fine anno.

   «Il mio re si è dovuto assentare un attimo» annunciai «ma chi non conosce Usher Perkins?» 
I ragazzi sotto il palco risero insieme a me. 
    «Bene, un'altra applauso al re e alle reginette di quest'anno!» 
Tornammo giù, in mezzo agli altri.
«E adesso, diamo inizio alle danze!»

La musica partì, e, per tradizione, il re e la reginetta avevano il primo ballo dopo l'incoronazione. 
Guardai Nick e Carlita sorridendo, erano una bella coppia, infondo.
Ma adesso, io, con chi ballo?
Mi girai e vidi Ross con la mano davanti a sè, che mi sorrideva.

«Ballo io con te»

Misi la mia mano sopra la sua, posò l'altra sul mio fianco stringendo delicatamente. Feci lo stesso con la sua spalla e iniziammo a ballare quel lento, che sembrò, per un istante, togliere via dalla mia mente tutti i cattivi pensieri.
Mi guardava negli occhi, gli sorrisi debolmente.

«Sei bellissima»
Roteai gli occhi e sorrisi.
   «Sei ubriaco»
«Così..tu e Carlita state insieme?»
   «Perché me lo chiedi?»
   «Così...curiosità»
   «Ah, beh..Nah, è stata una cosa così»
   «Una cosa così...»

Bastò per farmi rabbuiare.

   «È tutto okay?»
   «Sì, io... Devo andare un attimo...»

Mi diressi verso l'interno della villa, in cerca di un posto in cui poter prendere fiato.

Okay, Amber, respira. 
Non è una novità, fino a due settimane fa se le limonava sul tuo letto, mi spieghi ora che succede?
Calma

Sentii la sua voce che mi chiamava tra la folla, lo vidi con la coda dell'occhio che fendeva il blocco di centinaia di volti. Mi stava seguendo.

Oh no, che vuole adesso?

Passata la folla sulla pista, ci mise poco a raggiungermi.

«Amber?» mi prese il polso «Aspetta un secondo, fermati! Si può capire che ti è preso?»

Continuavo a camminare, continuava a seguirmi, camminandomi accanto.
Andai sul retro, dove io e Carlita, da piccole, eravamo solite giocare a nascondino. Lì non ci sarebbero stati spioni tutt'orecchi. 
Mi fermai per prendere fiato un secondo, appoggiando la mano al muro. Finalmente lo guardai e risposi.

   «Che vuoi? Torna alla festa»
   «Prima mi dici che hai!»
   «Sentivo caldo e mi girava la testa»
   «Era un lento, mica stavi saltando come una pazza»

Lo guardai stizzita.

   «Ho capito, tu sei gelosa!»
   «Eh no, ancora con questa storia? Ho un fidanzato-»
   «E allora? Ci si può sempre innamorare di qualcun altro»
   «Aspetta, quell'altro saresti tu? Stai scherzando, spero!»
   «No, per certe cose io non scherzo mai. Eccetto con Carlita, sì, quello era uno scherzo. E sta volta ho vinto io! Ross 1, Amber 0»
   «Che cosa?», chiesi confusa.
   «Ti facevo più sveglia, Rhodes» m'imitò.

Ora lo ammazzo.

Si avvicinò con il viso a me, mise in volto lo sguardo che usava quando metteva a segno un punto. Mi chiesi come aveva intenzione di vincere, stavolta.

«Ehi, sorellina? Ricordi il tabù universale? Lo sto violando adesso»

Dette le ultime quattro parole, compì gli ultimi movimenti, ed azzerò la distanza tra noi. 
Posò in un istante le sue labbra sulle mie, indietreggiando fino a far sbattere la mia schiena contro il muro. Continuò ad aumentare la velocità, la forza che esercitava su di me cominciò a crescere sempre di più, trasformando la rabbia in desiderio.
Lo afferrai per i fianchi e lo tirai con forza verso di me: gemetti al contatto del mio corpo con il suo. Afferrò bene le mie gambe, allargandole e ponendosi al centro col bacino. Feci un piccolo salto, le incrociai dietro la sua schiena avvinghiandomi a lui, che spinse ancora di più verso il muro. 
Potei sentire la sua eccitazione. Altro gemito. 
Continuò a baciarmi con forza, tenendomi da sotto.

Consumatasi la fiamma, mi sfiorò i glutei con un sorriso vincitore mentre mi metteva giù. 
Si allontanò con il corpo, rimanendo attaccato a me con la fronte mentre mi guardava negli occhi. 
Era bellissimo.

   «Ti odio»
   «Ti odio anch'io»

Mi lasciò un ultimo bacio a stampo, dolce, sulle labbra, e tornammo alla festa prendendo due strade diverse.

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Capitolo 8
*** Swimming Pool ***


Passarono due settimane.
Nessuno dei due fece parola dell'accaduto: cominciai a chiedermi se non se ne fosse pentito, o se davvero ne avesse avuto intenzione.

Me ne stavo lì, davanti al camino spento, dato che eravamo in piena estate, a fissare i ghirigori dorati che ne ornavano i lati e lo rendevano un mix perfetto tra classico e moderno, contrastando col bianco. Fuori dalla finestra, il tramonto.

   «Avete sentito che Jackie è stata mollata da Tom per un ragazzo?»
   «Oh. Mio. Dio.»
   «Schiiiifo»

Rydel, Savannah e Penelope erano un fastidioso sottofondo al mesto e preoccupato silenzio della mia mente.
Sentii il loro sguardo su di me.

«Ehi, A, sicura di stare bene?» chiese Penelope, come al solito tutt'altro che interessata.
   «Eh? -distolsi lo sguardo- Sì, è che sono un po' preoccupata per Usher. Sapete, con sua nonna in rianimazione dev'essere difficile...»

Brava, Amber. Ora mettici un sospiro ed è fatta!

   «Già, poverino! Erano così legati» disse Savannah
   «Eddai, non fate così. Non è detta l'ultima parola!»
Ecco Rydel, ottimista e speranzosa fino alla fine. Come farei senza di lei!

Ma è davvero questo che non va?

   «Già...forse dovrei chiamarlo»

Vidi arrivare dal corridoio la mamma, con il bellissimo kimono di pura seta regalatole da papà per il viaggio ad Hong Kong, mettendosi un paio di perle.

   «Ehi, dove vai così in tiro?»
   «Cece dà un ricevimento a tema giapponese»
   «Sembra non ci sia un tema non gradito alle donne di casa George. Ma sono solo le 17!»
«Lo sai, a Cece piace esagerare»
«Ah, beh..Mark è giù?»
«Aspetta in macchina. Buona serata, ragazze!»

Finì di mettersi l'orecchino e cominciò a scendere le scale, appena le altre ebbero augurato altrettanto.

«Oh, ciao Ross»

Il cuore saltò un battito.

«Salve, signore!». Ross sbucò da dietro la colonna.
«Ciao, Ross» dissero in coro.
«Io- È meglio se-» cominciai a balbettare mentre i miei occhi danzavano su Ross e poi giù sulle tre, pentiti della decisione precedente, per poi tornare su Ross, e così via. «Vedo se da Usher è tutto okay», e scappai verso il corridoio, dannando me stessa per la scena appena offerta ai quattro in salotto.

Mi nascosi dietro l'angolo. 
Chiusi gli occhi e presi un bel respiro: poi, tesi l'orecchio.

«Avete notato come corre appena arriva il piccolo Lynch?» Penelope, ovviamente.
«Avranno litigato dite?»
«Non essere sciocca, Vanny: è evidente che sotto c'è qualcos'altro»
«Non vorrai dire...»

Rydel era l'unica a non parlare, ma potei immaginare la sua faccia di disapprovazione e sospetto. Mi avrebbe parlato più tardi, ne ero certa.

Un secondo: come fanno a parlarne con Ross lì?

«Oh sì!»
«Ma non dire cavolate, Penelope! C'è Usher e-»

E non riuscii a sentire altro: mi sentii afferrare le braccia.

«BUH!»
«Ross! Mi hai fatto venire un colpo»
«Che fai, origli? Lo sai che non si fa»
«Non hai nient'altro da fare?»
«Ho trovato di meglio»

Mi sorrise, furbesco. Sentii il cuore rallentare e una voglia irrefrenabile mi saltò improvvisamente addosso. 
Distolsi lo sguardo.

«Scusami»

Lo scansai e andai in camera mia, per chiamare Usher.

«Ehi, come va? Notizie?»
«Ancora nulla: stazionaria»
«Mmmh...I tuoi sono in ospedale? Vuoi che passo?»
«Tranquilla, passo io domani mattina, okay? Ora voglio dormire un po' perché lì era impossibile»
«Giusto, il turno di notte...Va bene, riposati, amore. A domani»
«A domani, piccola»

Tornai in salotto, cercando di non pensare ai discorsi di Penelope e Savannah.

«Ancora niente. Volevo passare da lui ma è troppo stanco, lì non è riuscito a dormire. I suoi gli hanno dato il cambio, passa lui domani»
«Ah, salutacelo quando lo vedi» disse Savannah un po' giù. Le sorrisi.
«Allora, che si fa?»

23:03. 
Mamma e Mark non sarebbero tornati prima dell'una, e le ragazze erano tornate a casa da circa dieci minuti.
Decisi di fare un bagno notturno in piscina, dato che il sonno non si era ancora deciso ad arrivare.

Indossai il mio TRIANGL preferito e sgattaiolai giù, prima che "qualcuno" potesse vedermi.

Stesi lì per circa mezz'ora, a godermi l'aria fresca e cercare di svuotare la mente. Guardai su per un po': la luna era piena, il cielo limpido e pieno di stelle. Quanto avrei voluto che ci fosse...Tornai sott'acqua per annegare i pensieri. Le luci ora bianche all'interno della piscina illuminavano l'acqua, facendola più cristallina del solito. Era una cosa che amavo, da bambina. Sott'acqua, riuscivo a vederla cambiare colore anche attraverso le palpebre chiuse, mentre andavo giù.

Azzurro, verde, blu, viola, fucsia, Ross..Ross?!

Pregai che non fosse vero, ma salii lentamente in superficie a controllare. Come un coccodrillo, mi esposi solo fino agli occhi, lasciando il resto del corpo sott'acqua, in modo che, dall'altra parte della casa -dov'è che si trovava la porta- non avrebbe mai potuto vedermi. Niente.

Adesso lo immagino pure?

Tornai su con la testa, fuori pericolo, e presi aria per tornare giù, quando mi sentii pizzicare i fianchi.
Mi girai di scatto.

  «Ahi, Ross! Che stai facendo?!»
  «Ti faccio compagnia. Nuotatina al chiaro di luna?»

Riecco quel sorrisetto.

  «Cosa?! Quale chiaro di luna, esci!»
  «Cos- Perché?»
  «Perché voglio stare a nuotare sola in santa pace se permetti, fuori!». Cominciai ad avanzare verso di lui, così che indietreggiasse ed arrivasse alla scaletta, quando notai qualcosa.
«Ma.. hai i vestiti addosso? Ma che-»
   «Ti ho vista sola soletta qui e mi è venuta voglia di fare un tuffo..Bel culetto, a proposito»

Lo fulminai con lo sguardo, anche se non mi dispiacque poi così tanto.

  «..E salire a mettere il costume era troppo da perdenti, quindi perché non scendere la scaletta con tutti i vestiti di soppiatto e farmi prendere un infarto, no?»
  «Esatto!», sfoderò un sorrisone a 32 denti.

Quanto sei bello.

  «E va bene...Ma solo per questa volta, poi torniamo ad odiarci»
  «Come vuoi tu, mia regina»

Mi fece un inchino, poi si tolse la maglietta bagnata lanciandola su di una sdraio. 
Intorno a noi, le luci si spensero, comprese quelle della piscina: era mezzanotte. Mi sorrise.

«Prego»

Mi immersi nell'acqua fresca, e diedi una spinta forte con le gambe. Non appena fui certa di essere abbastanza lontana, non potei frenare un sorriso sulle mie labbra mentre lo guidavo verso la cascata. Tornata su, aspettai lui, che sbucò ancora dietro di me, stavolta molto più vicino. 
Lo guardai. Il suo corpo bagnato era illuminato dalla luna: il suo petto e le braccia scolpite sembravano splendere di luce propria. I capelli lunghi all'indietro liberavano il bellissimo viso e ne rivelavano le caratteristiche, mentre una piccola ciocca cadeva proprio appena sopra le labbra, inchiodandoci il mio sguardo.

«Ehi»
  «Mh?»
  «A che pensi?»

Mi riportò alla realtà.

   «Niente, è che...la nonna di Usher rischia molto e sono un po' preoccupata per lui»
   «Usher, Usher, Usher!»
   «Scusami?», mi allontanai, stizzita.
   «Smettila con questa scenetta, Amber, non ti credi nemmeno tu! Sono due settimane che fai finta di niente ma io so che tu dentro stai impazzendo»
   «Ammettilo una buona volta che sei geloso», lo guardai divertita. 
   «È successo, piccola. Non puoi far finta che non esista»

Si avvicinò a me parlando lentamente.

«E non puoi far finta di non volermi se sei pazza di me» 
   «Io pazza di te? Nei tuoi sogni magari»
   «Vogliamo scommettere?»

Detto questo si avvicinò sempre di più, fissandomi le labbra con un paio d'occhi che mi sciolse in meno di un istante. Sentii quella voglia saltarmi addosso di nuovo.

"Attenzione, A, non essere così sicura quando scommetti con un Lynch: potresti perdere la camicia...e le mutandine"

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Capitolo 9
*** I Just Wanna Play With You ***


Avete presente le favole? 
Quelle storie d'amore, di magia, in cui le principesse che vivono in castelli incantati trovano sempre il loro principe azzurro, "e vissero felici e contenti"?
E avete presente i film? O, meglio, i "chick-flick"?
Le favole moderne, in cui la ragazza bellissima, dopo una litigata, viene rincorsa dal suo bellissimo ragazzo e si baciano sotto la pioggia e, anche loro, vivono felici e contenti? 

Bene.
All'inizio di tutto avrei detto di aver già trovato il mio principe azzurro, o il mio bellissimo ragazzo, se fossi stata in una favola. Ma con l'arrivo dei Lynch...

Se fossi in una favola, sarei ancora nel bosco, ad aspettare.
Se fossi in un click-flick, sotto la pioggia, ad aspettare.
Cosa? Il bacio che sistema tutto, il bacio del vero amore.

Ma dimenticate il bacio, dimenticate tutto.
Ross non era il vero amore.

O forse sì?


  "Shor, via: mi asfissi"

Cominciai ad indietreggiare ad ogni passo che compiva verso di me. Gli occhi di entrambi fissi sulle labbra dell'altro, non potei fare a meno di fantasticare su quanto sarebbero state morbide sulle mie. 
Ero abile a non lasciar passare nulla oltre la mia corazza; nonostante questo, pregai che lo sguardo non mi tradisse. Ancora.

 "Mh, davvero?"
  "Sì!"
  "Interessante"

Sbattei contro il bordo della piscina. Capolinea: Perfetto! 
Compì l'ultimo passo, e la distanza tra i nostri volti si fece millimetrica.  
I battiti veloci sembrarono fermarsi di colpo, il respiro tornò regolare, ma l'effetto che ebbe nello stomaco sembrò uccidermi.
Mi feci seria.

  "Ross, togliti." scandii bene l'ultima parola, guardandolo dritto con occhi di ghiaccio. Niente.
Presi un respiro profondo e chiusi gli occhi, come se riaprendoli mi fossi trovata da sola, e niente seccatura davanti a me. 
Riaprii gli occhi: era ancora lì, che mi studiava, forse un po' perplesso dal mio gesto, ma divertito. Sbuffai.
"Ross! Ma non hai niente di meglio da f-"
E poi successe per la seconda volta.

Posò le labbra sulle mie in un modo tutt'altro che dolce o delicato: sembrava non avesse mangiato da oltre un secolo, e che le mie labbra fossero il suo pasto preferito. 
Una mano stringeva il mio collo e parte della nuca, l'altra afferrò bene il mio fianco e lo usò per avvicinare ancora di più il mio corpo al suo.
I nostri respiri diventavano via via più affannati, mentre intensificavamo il bacio, e dal contatto tra i corpi bagnati potei sentirlo: era eccitato. La sua mano dal fianco cominciò a salire; il suo pollice si fece strada sul mio ventre, poi arrivò sotto il seno; il resto delle dita, invece, sfioravano la mia schiena, causando non pochi brividi al contatto con la mia pelle.

Cercai di parlare, staccare le labbra dalle sue. 
"Ross" ansimavo, alternavo una parola a un bacio: non mi lasciava parlare, pensava solo al bacio, non voleva che finisse. Neanche io.
"Ross" riprovai "R-Ross"
   "Sh", mi riempì le labbra con un altro paio di bacini. Quegli occhi erano fissi sulle mie labbra, e la vicinanza mi stava facendo impazzire, oltre al profumo della sua pelle.
  "No" bacio "Ross" bacio "davvero" bacio "basta" bacio "Ro-"
   "Zitta" altro bacio "E baciami"

Ah, al diavolo!

Misi entrambe le braccia attorno al suo collo e bagnai le sue labbra con la lingua, che all'improvviso si ritrovò intrecciata alla sua. Sentii crescere la sua erezione ancora di più, le sue mani scendere ed afferrare i miei glutei: fu lì che sentii il mio corpo prendere fuoco davvero.
Lo volevo. Troppo.

Ma non posso! È tutto sbagliato, tutto sbagliato. Ma perché non riesco più a fermarmi? 
Ah! Lo odio! Dio, se lo odio!

Calmammo il ritmo, e chiudemmo con un lungo e, stranamente, dolce bacio a stampo. 
Chiusi gli occhi e presi un respiro profondo; lo sentii sorridere. Aperti gli occhi, appoggiai la fronte alla sua e gli sorrisi. Il suo sguardo dal mio si spostò sul mio costume, in particolare, sul pezzo sotto. E per guardare bene, dovette staccare la fronte dalla mia.
Prese uno dei due lacci laterali e cominciò a tirarlo piano, come per provocarmi.

"Cosa abbiamo qui?" sorrise.
  "Ross...giù le mani"
  "Perché? È così bello questo costume! Quasi quasi..."
  "Lynch!"
  "E va bene, va bene...ma non credere che finisca qui!"

Sorrisi sicura di me e lo spostai per poter passare ed uscire dalla piscina.

  "Ciao Lynch"

Camminai lentamente apposta: con la coda dell'occhio potei vederlo girare la testa verso di me e scendere con gli occhi. Risi silenziosamente, vittoriosa, anche se la scommessa l'aveva vinta lui.
Sarà stato sbagliato, sicuramente: tra Usher e la relazione dei nostri genitori..ma se ci faceva stare bene, quanto sbagliato poteva mai essere?
Nella mia mente, però, non c'era alcun pensiero del genere. Solo Ross, Ross, Ross..e il suo corpo, le sue labbra sulle mie.
A metà strada verso la scaletta, mi sentii afferrare il braccio e tirare: mi ritrovai avvolta dalle sue braccia, con una mano sul suo petto e il cuore a 3000. Prima che potessi reagire, mi stampò un bacio veloce sulle labbra.

  "Ora puoi andare" 

Stronzo.

Mi girai per la seconda volta e tornai dentro con i suoi occhi addosso.



"Tell me what you want, 
  What you like:
  It's okay
  I'm a little curious, too.
  Tell me if it's wrong, if it's right 
  I don't care
  I can keep a secret,
  Can you?
  Got my mind on your body
  And your body on my mind
  Lalala lalalala lalalala lalala.."

Cominciai a massaggiare bene i capelli creando una nuvola di schiuma con lo shampoo.

"Take me down into your paradise
  Don't be scared cause I'm your body type
 Just something that you wanna try 
 Cause you and I"

Finii di sciacquare bene e chiusi l'acqua.

"We're cool for the summer"

   "Bella canzone, pulcino! Hai una voce splendida, di chi è?"
   "Mamma, ma che- Sai che è educazione bussare?"

Mi strinsi nell'accappatoio.

   "Mamma mia, come fai! Siamo donne, ti ho vista nascere: che c'è di male?"

Sempre la stessa scusa. Vabbè, non ho tempo di discutere.

  "Vabbè, che ci fai qui?"
  "Stavo cercando il mio rossetto di Chanel, per caso l'hai tu?"
  "Mamma che ci devi fare col rossetto all'una di notte?"
  "Nulla, mi stavo struccando e non l'ho visto tra le cose che ho usato prima di uscire e mi chiedevo se..."
  "Non lo so, non l'ho preso io. Prova a vedere se l'hai lasciato in borsa"
  "Va bene, vediamo. Buonanotte tesoro"
  "Sì, notte mamma"

Chiuse la porta e mi lasciò sola.

Asciugati per bene i capelli e indossato il babydoll, attraversai il corridoio buio e accesi la luce della cucina per prendere un bicchiere d'acqua.  
Mi sentii prendere da dietro per i fianchi e inchiodare il bacino alla penisola, e per poco non mi affogai con l'acqua.

  "Ehi, piccola"
  "Ross, devi smetterla con questi attacchi improvvisi: mi farai venire un infarto!"
   "Non mi hai dato il bacio della buonanotte" 
   "'Solo per questa volta, poi torniamo ad odiarci', ricordi?"
  "Sì ma questa volta non è ancora finita.."

Scostò i capelli dal mio collo e ci poggiò sopra le labbra umide e soffici. Al mio gemito, strinse forte i miei fianchi e si avvicinò di più con il bacino al mio fondoschiena. Eccitata, di nuovo.
Questo è troppo!
Mi girai verso di lui, di scatto.

  "Ross, sono di sotto: fermati!"
  "Sh, la casa è enorme, chi vuoi che ci senta?"
  "Lynch, arrenditi, non-Ehi!"

Mi sollevò e mi mise sulla sua spalla. Tenendomi per le gambe cominciò ad andare verso camera mia, infondo al corridoio.
E va bene...
Arrivati dentro, mi buttò sul letto; poi chiuse la porta e spense la luce.

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Capitolo 10
*** My Favourite Sin ***


(Ehm..pss, un consiglio: se vi va, leggete ascoltando questa canzone: https://www.youtube.com/watch?v=M0k_i8PPM40 Buona lettura, non dimenticate di farmi sapere che ne pensate, è la prima volta che provo a scrivere qualcosa del genere :))
 
   Restai con la schiena inchiodata al letto, non avendo avuto il tempo di riprendermi da quando, pochi secondi prima, Ross mi ci aveva letteralmente buttata su. 
Riuscii, almeno, ad alzare la testa, senza sapere neanche io quali fossero le mie intenzioni: insultarlo, chiedere che gli passasse per la testa, o semplicemente aspettare che venisse da me? 
Ciò che vidi, mi lasciò letteralmente paralizzata; e la stanza buia, in quel momento, sembrò prendere fuoco.
Era lì, ai piedi del letto, che mi guardava.
Tolse in un attimo la maglietta, dubitai che non l'avesse strappata, gettandola di lato, da qualche parte. Il petto, scoperto, fu immediatamente acceso dalla luce della luna che sembrò trasformare la sua pelle abbronzata, rendendola marmorea. Dai suoi movimenti, vidi che respirava profondamente, anche se in silenzio: esitava, o forse cercava soltanto di trattenersi. Incrociando il suo sguardo con il mio, anche i suoi occhi sembrarono prendere fuoco. I muscoli del suo collo erano contratti, le narici dilatate, la mandibola serrata. E si fiondò su di me, a velocità impressionante.

Allargai istintivamente le gambe, permettendo al suo corpo di prendere spazio sopra il mio. Le sue labbra raggiunsero immediatamente le mie, mentre con una mano cominciò a esplorare la mia coscia, tirando su il velo del babydoll e percorrendo poi il mio ventre. Gli bastò poi tirare un filo del fiocchetto sotto il mio seno, per averlo a disposizione. Si allontanò dal mio viso, e guardò con fare famelico il mio seno. Sorrise. Le sue labbra tornarono su, ma nemmeno sfiorarono le mie: si avvicinò e basta; per tentarmi, forse. Chiusi gli occhi e cominciai a respirare più affannosamente, in attesa, ma le sue labbra si posarono sul mio collo, baciandolo delicatamente e succhiando lembi di pelle, ogni tanto. Cominciò a scendere, e man mano che lo faceva, sapevo che la mia anima stava facendo lo stesso: all'inferno, sempre di più. Ma se questa sarebbe stata la mia dannazione, che così sia. Adoravo le mie fiamme, nella mia mente non c'era altro. 
Una sottile scia di saliva attraversò la clavicola, e scese fino al seno. Alla sensazione che provocò il suo respiro sulla mia pelle, portai indietro la testa e sollevai la schiena, fremente. Continuò la mia tortura: si avventò su un mio seno, riempiendolo di baci, bagnandolo di saliva e mordicchiando delicatamente il capezzolo. Un gemito uscì dalla mia bocca, e appoggiai nuovamente la schiena sul letto. Le labbra di Ross continuarono il loro percorso, lasciando piccoli bacini mentre scendeva. Alle labbra sul basso ventre, alzai nuovamente la testa e gemetti a bassa voce. Le sue dita sfiorarono poi i bordi delle mie mutandine delicatamente, poi le afferrò con entrambe le mani e le tolse via nel giro di un secondo. Esitò. Mi chiesi se si stesse divertendo a fare così. Immediatamente sentii una strana sensazione tra le gambe. I muscoli s'irrigidirono, e poi si rilassarono, dandomi la sensazione di volare come una piuma al vento. Le mie mani finirono tra i suoi capelli, stringendoli in due pugni alla meravigliosa sensazione che mi stava dando. Chiusi gli occhi, alzai la testa e inarcai la schiena: il piacere sembrò quasi uccidermi, aumentava sempre più d'intensità, e così facevano i miei gemiti, e quando sentii di stare arrivando al culmine, la sua lingua lasciò la mia intimità. Il desiderio mi stordì i sensi, ma per fortuna fu placato, cedendo il posto a qualcosa di ancora più intenso.
Entrò dentro di me, dopo qualche secondo che sembrò interminabile, e non si preoccupò di essere gentile. Ma poco m'importava: non c'era dolore, solo piacere, e così lui mi stava consumando. Aprii gli occhi, il suo petto era imperlato di sudore, e i suoi denti torturavano il labbro inferiore, mentre le sue mani facevano ugualmente col mio seno. Non credevo potesse essere più sexy di così. 
Dopo qualche spinta, uscì e si mise in ginocchio sul letto; dopodiché mi afferrò per la vita con entrambe le mani e mi girò, facendomi sdraiare a pancia in giù, strinse la mia vita ancora e mi tirò su le gambe, facendomi mettere a quattro zampe, ed entrò di nuovo, spingendo sempre più forte e veloce, reggendosi con le mani sui miei fianchi.

   Un grande sospiro mise fine ai nostri gemiti.
Ross uscì dalla mia intimità, sfilò via il preservativo e lo gettò a terra. Sorrisi: e questo, quando l'ha indossato? Si buttò a peso morto accanto a me, mentre distesi nuovamente le gambe e girai la testa verso di lui. Mi guardò riprendendo fiato. Io lo fissavo, incantata, incredula, estasiata. Si mise di fianco, rivolgendo lo sguardo soddisfatto verso di me, e mi sorrise. Così feci anch'io, e mi avvicinai a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla e percorrendo avanti e indietro il suo petto con le dita. Chiusi gli occhi, sfinita, e presi un bel respiro: la sua pelle aveva un odore fantastico. Lo trattenni per un po' nei polmoni, prima di espirare e riempirmene il naso un'altra volta. 
   E poi sarebbe la droga a creare dipendenza.

   Mi sollevai col busto e afferrai le lenzuola bianche di seta ai nostri piedi per coprirci; abbassandomi di nuovo per tornare alla posizione di prima, osservai meglio il suo corpo: quasi non sembrava vero, di quanto era perfetto: illuminato dalla luna, pieno di sudore e con i capelli arruffati, era la cosa più bella su cui avrei mai potuto posare gli occhi. 
Mio malgrado, coprii i nostri corpi fino alla vita con le lenzuola, e mi accucciai sul suo petto.
Con il suo profumo e il rumore dei suoi respiri, caddi tra le braccia di Morfeo. 

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Capitolo 11
*** In The Morning ***


  Aprii gli occhi alla sensazione delle sue dita che percorrevano la mia schiena, su e giù: facevano il solletico. 
Sollevai lo sguardo e trovai i suoi occhi che mi fissavano. 
Non mi sono mossa di un centimetro per tutta la notte?! 
Spostai l'attenzione su altro. È ancora un po' buio, che ore sono?
Chiusi gli occhi e presi un bel respiro.
  «Che...che ore sono?»
  «Non ne ho idea. Credo...le 6?»
La sua voce non era impastata dal sonno.
  «Oh...da quant'è che...mi fissi e...?» indicai le sue dita sulla mia schiena.
  «Non so, un'oretta, credo: non riuscivo a dormire»
  «Non riuscivi a-»
  «Non mi andava...perché sognare, quando la realtà è più interessante?» disse sfoderando un sorriso furbesco.
  «Stai parlando di-»
  «Te»
Seguii un paio di secondi di silenzio. Le mie labbra automaticamente si sollevarono per un sorriso; poi, come a cambiare idea, tornarono giù. 
Usher. Oh no! 
Il mio sguardo s'incupì.
«Che succede piccola?»
  «Nulla...scommetto che usi sempre queste frasi con tutte»
  «Le uso solo con chi mi piace...particolarmente» fece l'occhiolino.
Roteai gli occhi, ma il mio umore divenne grigio per qualche secondo: considerando quante se n'è fatte solo in un mese, devono essere molte...
«...Ma tu...sei molto di più..»
      Non so se avrei dovuto credergli oppure no, ma preferii non pensarci molto e prendere per vero ciò che aveva detto. 
Masochista. Ti piace illuderti, eh? 
   Si avvicinò col viso e mi baciò delicatamente, riaccendendo la mia voglia. Avendomi dato l'appiglio, ora pretendeva che resistessi? Ribaltai la situazione: mi misi sopra di lui, a cavalcioni, e mi chinai su di lui per incontrare di nuovo le sue labbra in un bacio disperato, bramoso. Quando sentii il suo membro svegliarsi sotto di me, fui incoraggiata: mi accese di colpo. Cominciai a ondeggiare su di lui, sfruttando il contatto tra i nostri sessi attraverso le lenzuola. Strusciando la mia intimità sulla sua, potei sentire la sua erezione crescere sempre di più, e mi stava facendo impazzire. Ora tocca a me.
  Scendendo sempre di più con le labbra, passai poi a togliere il lenzuolo, mostrandomi il suo membro. Restai quasi impietrita, come ho fatto a non accorgermi di quanto fosse grande?
Forza, facciamolo impazzire. 
  Guardai su, sembrava impaziente, ma quando avvicinai la mano per prenderlo, Ross sembrò ricomporsi.
«Alt!»
  «Cosa?»
  «Abbiamo fatto un patto. È un nuovo giorno: ricordi che hai detto?»
"Solo per questa volta, poi torniamo ad odiarci". Quella frase mi rimbombò nella testa.
   Cercai di mantenere il controllo: avrei voluto strozzarlo. Nel frattempo, Ross si alzò dal letto con un sorrisetto vittorioso. Scivolai indietro e toccai il pavimento con i piedi, afferrai il lenzuolo e me lo misi attorno,  seguendolo mentre andava verso la porta. Nudo. 
Bel lato B, Lynch...
«Quindi» continuò a parlare, mentre io appoggiai le mani sulla sua schiena nuda, spingendolo verso fuori «Ci si vede, piccola. Bella scopata, a proposito» passò la soglia e si girò verso di me  «Magari qualche volta facciamo il secondo round»  sorrise furbesco.
Ti odio.
  «Ciao ciao, Lynch» sorrisi e gli chiusi la porta in faccia, sentendo poi la sua risata dall'altra parte della porta.
   Mi girai di nuovo verso il letto, stringendo i lembi delle lenzuola tra le mani. Chiusi gli occhi e presi un bel respiro, mentre i denti torturavano il labbro inferiore. Presi la rincorsa e mi buttai sul letto, stringendo forte il cuscino impregnato del suo profumo, e mi riaddormentai sorridendo.

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Capitolo 12
*** Pure no more ***


Poche ore più tardi, mi risvegliai nel mio letto. Sola e completamente nuda, con il profumo di Ross addosso, ovunque. 
Mi alzai controvoglia, ignorando le lenzuola ai piedi del letto, e corsi sotto la doccia.
  Quella mattina non avevo proprio nulla da cantare: era una cosa strana per me, stare in silenzio. Eppure stesi una mezz'ora buona sotto l'acqua, zitta, a fissare il vuoto con sguardo perso e lasciare scorrere le gocce lungo il mio corpo, incurante, senza muovere un dito. Solo poi ricordai di dovermi ancora insaponare, e feci ciò che dovevo velocemente, quasi volessi ora scappare. 
  Usher sarebbe passato nel giro di poco, perciò mi costrinsi a fare in fretta. 
  Non appena fui pronta, solo una cosa mi bloccava: Ross. Conoscendolo, o avrebbe fatto completamente finte di niente, o peggio, avrebbe cominciato con le sue battute.
Non riuscivo a pentirmi della scorsa notte, però. Ma questo lui non avrebbe mai dovuto saperlo; perciò, com'era ovvio, decisi che per me non era mai successo. 
  Arrivata in sala da pranzo, vidi i tre fare colazione. Mia madre mi notò mentre ancora percorrevo il corridoio, e si alzò facendomi posto, mettendosi accanto a Ross.
   «Buongiorno, principessa»
   «Buongiorno» salutò Mark.
Agitai la mano salutando mia madre, e quando mi sedetti diedi un bacio a Mark. Di fronte a me, Ross mormorò qualcosa.
   «Come siamo carine oggi» disse Mark rivolgendomi un sorriso che ricambiai.
   «Sì, ma meno carina è la bolletta dell'acqua» aggiunse mia madre mettendo in bocca mezza fragola è un triangolino di pancake.
   «Già, sorellina. Doccia lunga stamattina, non è che per caso avevi anche altro da purificare?» disse Ross alzando gli occhi dal piatto e rivolgendomi un sorriso beffardo. 
Ora lo ammazzo.
Nella stanza si fece silenzio: Mark e mia madre si fermarono, non si sentivano più rumori di posate.
Lo fulminai con lo sguardo, fissandolo intensamente sperando che facesse effetto, e quando sentii lo sguardo di mia madre su di me, spostai la visuale e le sorrisi con nonchalance. Era perplessa, la sua bocca aperta a formare una piccola "o".
   «Ragazzi, c'è per caso qualcosa che dobbiamo sapere?» chiese mia madre posando la forchetta.
   «Niente!» dicemmo contemporaneamente.
   «Ah, mamma, oggi viene Usher a pranzo, se per te non è un problema» dissi versando un po' di succo nel bicchiere. 
   «Oh, certo che no: è un così bravo ragazzo!»
Le sorrisi.
   «Già, è proprio un bravo ragazzo. Perfetto per te, te lo meriti tutto!» disse Ross con il suo solito tono e il suo solito sorrisetto. 
Di nuovo silenzio.
   «Okay, che sta succedendo?» chiese Mark
   «Ignoratelo, sono i postumi» dissi sorridendo falsamente cercando di evitare una catastrofe. 
I due tornarono a mangiare con un'alzata di spalle, e diedi un calcio da sotto il tavolo a Ross. Il che fu piuttosto rumoroso, e appena capii che Mark e mia madre stavano per sollevare lo sguardo, calai lo sguardo e fissai il piatto tranquillamente, facendo finta di nulla e infilzando rumorosamente pezzetti di frutta con la forchetta.

  Poco più tardi, arrivò Usher.
  Lasciò la macchina nel vialetto, e lo raggiunsi fuori correndogli incontro e baciandolo.
   «Ehiii» salutò lui riempiendomi le labbra di bacini.
   «Ehi» sorrisi contro le sue labbra e risposi ai baci. «Come stai?»
   «Ancora un po' stanco. Mia nonna ancora lì e non si muove, speriamo bene. Tu che mi dici?»
   «Tutto bene. Mi sei mancato in questi giorni»
   «Ah sì? Recuperiamo allora» sorrise furbesco e si avvicinò, cingendomi la vita con un braccio e baciandomi intensamente, succhiandomi il labbro inferiore alla fine.
   «Mmm» cercai di parlare in mezzo al bacio «dovremmo entrare» gli dissi prendendogli la mano.
   «Già, hai ragione. Andiamo»
  Una volta dentro, andammo dritti in sala da pranzo. Ross era di fronte ad Usher, che era accanto a me. Si comportò bene con lui; ma apparentemente. Cominciò a fargli un sacco di domande su di lui, la sua famiglia, i suoi hobby, e, ovviamente, la sua musica preferita. Se lo stava spolpando, ma senza che Usher, ingenuo, se ne accorgesse. Ma a quale scopo?
Tra una portata e un'altra, ecco che Ross giungeva le mani, incrociava le dita e si portava avanti poggiando i gomiti sul tavolo, tutto orecchi per conoscere Usher. E più lo fulminavo, suggerendogli di smetterla di essere così invadente, più continuava, mostrando le ali a lui, e le corna a me.
   «Broncos anche tu?! Non ci credo, dobbiamo organizzarci per la finale di Super Bowl allora!» disse Ross battendo il cinque col mio ragazzo, entusiasta, rovesciando quasi la coppa di gelato sulla tovaglia.
   «Ci sto!» rispose lui.
Mia madre, notando la coppa quasi sul tavolo, la rialzò subito, fulminando Ross.
   «Okay, che dite di spostarci in salotto?» propose, forse per evitare altri danni.
Annuii e ci alzammo.
  In salotto, restammo io, Usher, mia madre e Ross: Mark era uscito per un incontro d'affari.
   «Allora, che piani hai per il college? L'ultima volta eri indeciso» chiese mia madre con un tono dolce: d'altronde le nostre madri erano amiche da sempre, e io ed Usher stavamo insieme da sempre. 
   «Penso che resterò a Los Angeles. Le università qui hanno ottimi corsi di economia e poi potrò cominciare ad affiancare mio padre nelle Industrie Perkins». Sorrise fiero. 
«Beh, è perfetto. Con Amber potreste organizzarvi benissimo per il weekend o trovare una via di mezzo alternativa al campus»
«Intende a metà strada?» chiese e mi guardò, e il suo sorriso si accese «penso che si potrebbe fare» disse annuendo e sfiorando il mio ginocchio con le dita, salendo fino a metà coscia.
  E a quel punto, all'improvviso, Ross di colpo sembrò svegliarsi.
   «Scusatemi, ho bisogno di un bicchiere d'acqua» disse con voce nervosa, e si alzò correndo verso la cucina. 
  Usher mi guardò perplesso. 
   «Ho una certa sete anch'io, torno subito!» dissi sorridendo.
  Mi alzai e, svoltato l'angolo, lo raggiunsi di corsa, e dalla porta vidi che era andato oltre la cucina, stava correndo lungo il corridoio.
   «Ross!»
Si girò di scatto, lo raggiunsi lentamente.
   «Cosa c'è?»
   «La cucina è di là. Che hai?»
   «Nulla. Carino il tuo ragazzo: capitano della squadra di LaCrosse, Mr. Popolarità, ricco, simpatico, affascinante...»
   «Cosa c'è, sei geloso?» lo canzonai sorridendo.
   «Oh, io no. Ma lui dovrebbe. Chissà cosa farebbe se sapesse che la sua cara Amber...»
   «Non oseresti!»
   «Io credo di sì» sfoderò il suo solito sorriso, irritandomi ancora di più.
   «Io credo di no»
   «Mettimi alla prova» disse avvicinandosi pericolosamente a me. Le labbra a pochi millimetri dalle mie, gli occhi che mi tiravano come calamite. Sentii una fitta allo stomaco, e per un secondo la tentazione di farlo mio. Ma non potevo. 
Mi avvicinai ancora di più e lo guardai dritto negli occhi, fredda.
   «Bene. Provaci. A chi vuoi che creda? Alla sua dolce e pure ragazza, o al nuovo arrivato famoso per le tante ragazze che ha avuto a letto e per il passato con alcool e sigarette? Mmmh, io ci penserei su due volte. Anche perché non vuoi che mia madre scopra tutto e ti cacci via, o peggio, lasci tuo padre. O sbaglio?»
Mi guardò con occhi di fuoco, e tornai indietro ridendo. Amber 1, Ross 0.

 

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