Dirty Rain

di Nox7
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I miss you ***
Capitolo 2: *** Take my hand ***
Capitolo 3: *** I can't ***



Capitolo 1
*** I miss you ***


Dirty Rain
 
 
.I miss you
 
“Senza la tua presenza il mondo si è svuotato. Mi manca tutto di te: la risata, lo sguardo, i congiuntivi mancati, gli sms, le chiacchierate … tutte quelle cose insignificanti che valgono tutto per me , perché sono tue.”
Alessandro D’Avena 
 
Ian
 
Autunno 2014
 
Una strana luce le illumina gli occhi grandi che diventano impercettibilmente più piccoli quando sul suo viso si fa spazio un sorriso e una faccia un po’ buffa che segue la battuta che Chris le ha fatto ma che, non sono riuscito a cogliere perché è troppo lontana da me per darmi la possibilità di sentire.

Ritorno a fissare le poche righe che devo ripetere abbassando di nuovo lo sguardo sul mio copione stropicciato e una confusa amarezza mi prende la gola al pensiero che non sopporto che sia quel ragazzino che si crede troppo vissuto per i suoi ventisette anni da strapazzo a farla ridere in quel modo.

“Dobbiamo iniziare”.

Annuncia Brian a gran voce dopo aver appoggiato la sua tazza di caffè.

“Sarà una giornata lunga” prevede Paul al mio fianco mentre, come me, sfoglia il copione alla rinfusa spettinandosi i capelli.

La troupe si mette all’opera e il mio compare mi dà un’amichevole pacca sulla spalla prima di allontanarsi verso Candice che lo aspetta dall’ altra parte della stanza lasciando inevitabilmente spazio a tutto ciò che cerco costantemente di evitare.

Quei due occhi così dannatamente profondi e la consapevolezza che non riuscirò mai a fingere che di lei non mi possa più importare niente.  
 
 
 
Estate 2012
 
“Tu rifletti troppo Ian”.

“Lo sai vero che oggi dobbiamo in pratica girare tutte le scene più lunghe e, questa sera …”

Nina m’interrompe portando le labbra sulle mie.

“Tu rifletti troppo” ripete sottovoce a un centimetro da me, sorridendo appena. “Quando finirà la giornata, potremmo stare insieme, solo noi due, a mangiare il cibo cinese che ti piace tanto”.

Le metto una ciocca di capelli dietro all’orecchio prendendole la vita con l’altra mano.

“Piace più a te che a me”.

“Dettagli” mi sorride divertita prima di lasciarsi baciare ancora dolcemente.

Rimaniamo lì per un po’ a sghignazzare come ragazzini alla prima cotta quando qualcuno ci passa accanto non ancora del tutto sveglio.
“Buongiorno ragazzi!” Matt biascica qualche lamento insensato “Anche di mattina presto non riuscite a stare lontani?”

Nina ride staccandosi da me e aggrappandosi alla mano che prima accarezzava i suoi fianchi. “Ciao Matt”.

Quel suo sorriso contagioso fa capo a ogni angolo del suo viso e resisto a non avvicinarla ancora alle mie braccia solo perché stiamo entrando sul set dove c’è già gente che corre avanti e indietro per mettere in ordine le ultime cose.

“Devo andare in sala trucco, ci vediamo dopo in scena” mi bacia forte sulla guancia ma questa volta sono più veloce, infischiandomi di chi ci passa attorno, e l’attiro di nuovo a me, il tempo di un secondo, e la mia bocca trova di nuovo il suo incastro perfetto.

 
Autunno 2014
 
Mi piego e premo le mie labbra sulle sue, e la secchezza delle mie trova temporaneo ristorno dalla freddezza di queste ultime giornate quando si scaldano al contatto, il suo sapore invade le mie narici e la mia bocca, Nina ricambia fugace e con passione mista a una sottospecie di rabbia nascosta mentre i nostri nasi si scontrano quando approfondiamo il bacio.

“Stop! Ragazzi andava bene ma voglio rifarla su un’altra angolatura.”

Nina ed io ci stacchiamo l’uno dall’altra e i tecnici si spostano di fronte a noi.

Guardo altrove, mi discosto da quello sguardo che non riconosco a malapena e mi ostino a pensare che oggi devo mandare un esorbitante numero di mail alla ISF e non so effettivamente quando potrò farlo e sparatutto quando riuscirò a riprendere tra le braccia il mio adorato computer che giace solo nel mio camerino da ore ormai.

Tiro fuori il cellulare dalla tasca per controllare l’ora ma il nome di Nikki compare improvvisamente sullo schermo silenzioso.

“Ehi” quel suono mi solletica l’orecchio.

“Ehi, sto lavorando, va tutto bene?”

“Sì, sì, solo che mi mancavi e volevo sentirti”.

Sorrido sornione.

Cerco di non dare nell’occhio, insomma, tecnicamente non posso stare al telefono in questo momento.

“Ci siamo visti meno di due ore fa, lo sai vero?” la stuzzico dando ascolto alla mia vena maliziosa.

“Oh questo lo so, ma davvero, mi manchi” sospira un po’ rassegnata “Magari faccio un salto sul set per pranzo, che ne dici?”

“Sarebbe perfetto”.

Brian mi fa segno di riagganciare all’istante quando vedo le telecamere pronte.

“Adesso devo andare, a dopo” appoggio il telefono dietro ad una specie di ciotola sul bancone della cucina dopo aver sentito un flebile “ti amo” di Nikki.

Riprendo posizione mentre una voce fuori campo dice ‘azione’.

“Sostanzialmente” è Nina che pronuncia le prime parole in un finto imbarazzo mentre i boccoli le ricadono sulle spalle.

“Perfetto” dico sicuro un’altra volta, chinandomi su di lei.

È qualcosa di fugace che riesco a scorgere nelle sue pupille che no so se definire come noia o fastidio; un unico istante prima che lei prenda l’iniziativa aggrappandosi alla base del mio collo per assaggiare la mia bocca come poco prima aveva assaggiato il cupcake al cioccolato.

“Okay, questa andava benissimo, per adesso abbiamo finito, Chris tra mezz’ora ti voglio qui per girare il resto.”

Nina non mi degna di uno sguardo e corre verso il ragazzino sbarbato con i jeans troppo stretti e un sorrisino smagliante.

Che razza d’idiota, si ostina a scherzare e a sbirciare nella sua scollatura quando lei inizia a parlare.

Deficiente.

Neanche avesse dodici anni.

Paul aveva ragione, la giornata sarebbe stata veramente lunga.

Riprendo il mio cellulare e invio un messaggio.

 
Puoi venire anche ora se vuoi, ti aspetto.
 
 

Angolo autrice:
Ciao a tutte!

Mi dispiace di non aver aggiornato per tanto tempo, e ancora di più per essere stata costretta a cancellare “Odi et Amo”, mi piaceva davvero l’idea di quella storia ma sinceramente non riuscivo a portarla avanti, non mi convincevano alcune parti e chissà, magari con il tempo avrò il coraggio di riprenderla tra le cartelle del mio computer ma per adesso credo sia meglio che rimanga in un angolino polveroso.

Detto questo, vorrei ringraziare tutte voi, a chi ha letto la mia piccola one-shot e a chi avrà voglia di ripercorrere con me Dirty Rain.

Sì perché, matta come sono, avevo cancellato anche questa storia eppure, a dirla tutta, sento che, tutto sommato, abbia bisogno di una sorta di “sviluppo”.

Perciò ho deciso di apportare alcune modifiche, spero così di rendere la storia più chiara ed agevole alla lettura.

Vi mando un forte abbraccio e mi auguro con tutto il cuore di ritrovarvi presto!
Al prossimo aggiornamento!
Nox

 

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Capitolo 2
*** Take my hand ***


. Take my hand
 
 
“Se una persona ti appartiene, nessuno potrà togliertela ma nulla potrà costringerla a restare”
Tania Memoli
 
 
Nina

 
 
Autunno 2014
 
Mi stropiccio gli occhi ancora chiusi e mi stiracchio tra i cuscini chiedendomi seriamente come diavolo ho fatto a incastrarmi tra le lenzuola questa notte.

La sveglia ripete un fastidiosissimo bip sul comodino.

Accidenti, mi sembra di essermi buttata sul mio adorato materasso morbido solo cinque minuti fa.

Una piccola ombra scura balza sul letto e si accuccia vicino al mio viso iniziando una sinfonia di fusa calde.

“Mmm …” mugugno assonnata.

Lynx si posiziona vicino alla mia pancia e la malsana idea di scendere dal letto sta lentamente scemando dal mio campo visivo quando il cellulare inizia a squillare come una tromba impazzita.

“Oddio!” balzo su a sedere e il mio gatto, spaventata, se ne va con la coda alta verso il salotto, probabilmente a cercare un posto più calmo dove dormire.

“Pronto!”

“Ehi! Ti ho svegliata Neens?”

“Sì Ri …” con tutta la mia buona volontà sbircio la sveglia che segna le sei e quarantacinque del mattino.

“Scusa, dovevo assolutamente darti la notizia” non distinguo subito il tono della sua voce mischiato a clacson e traffico intenso.

“Spero proprio che sia una bella notizia allora”.

“Oh sì, mia cara” Ri è effettivamente eccitata “Sono sicura che mi perdonerai”.

Mi alzo dal letto con il telefono tra le mani.

 “Tu ed io, Nuova Zelanda a festeggiare la fine dell’anno!”

Ci metto due secondi di troppo per capire il senso della sua frase.

“Dici sul serio? Avevano detto che non c’erano più posti disponibili!”.

“Beh ho contatto amici di amici che ce li hanno trovati e partiamo esattamente dopo Natale!”

“Ri tu sei un genio!” apro le persiane e una tiepida luce mattutina entra nella mia stanza allontanando l’aria viziata.

“Sì, modestamente, sono stata brava.” Riawna ride soddisfatta dall’altro capo del telefono mentre Lynx torna a sfregarsi tra le mie gambe.

“Scusa tesoro ma ora devo andare, ci sentiamo più tardi, buon lavoro!”

“Ciao Ri, buona giornata anche a te!” le mando un bacio prima che riattacchi del tutto.

Il sole sbircia su Atlanta ed io tra poco più di un mese sarò su calde spiagge a bearmi con Riawna l’intera Nuova Zelanda.

Non ci credo ancora.

Cammino a piedi nudi sul pavimento freddo; era da troppo tempo che volevo andarci e quando avevano detto che non era possibile, ah, mi ero incupita per un giorno intero, persino Julie mi aveva chiesto se andava tutto bene, e ora, finalmente, potrò andare così lontano da tutto e da tutti da non rendermi nemmeno conto di essere sullo stesso pianeta.

“Hai sentito Lynx? La tua mamma andrà in Nuova Zelanda!” ripeto euforica mentre la mia gattina mi fissa seduta davanti alla ciotola vuota.

Sospiro, rassegnata “Sì, va bene, adesso ti do da mangiare” accarezzo la sua schiena lucida “Però potresti dimostrarti un po’ più interessata sai”.

Non importa, niente importa davvero, perché potrò viaggiare lontano, conta solo questo, e me lo sento, sarà un magnifico nuovo anno, fatto di nuove opportunità, di nuovi amici e niente potrà rovinarmi questa bella giornata.

Mi sono addirittura alzata in tempo per andare al lavoro e … sono quasi le sette e trenta! Dannazione!

In bagno mi metto un velo di trucco, una maglietta leggera a maniche lunghe e i primi jeans che trovo buttati in una qualche astrusa maniera sulla sedia della mia scrivania.

Saluto Bill, il mio vicino, e corro giù per le scale alla rinfusa, non farei in tempo se prendessi l’ascensore.

Con mia enorme fortuna, almeno per strada, non incontro un traffico spropositato e riesco a schivare con magistrale agilità due pedoni avvistati per un soffio, devo essere sincera, ormai sono abituata a tutti questi slalom.

Parcheggio anche vicino all’entrata dalla quale Michael esce con Candice.

“Ciao Nina”. Mi saluta la mia amica.

“Alla buon’ora Nina!” Malarkay, invece, mi sorride con la mano alta.

“Sono ancora in tempo!” gli rispondo concitata mentre li sorpasso veloce diretta al camerino per appoggiare le mie cose.

A zigzagare con la mia auto sono diventata piuttosto brava ma a farlo a passo veloce quando sono in ritardo per il lavoro, non è proprio il mio forte.

E riesco ad evitare abilmente due cameraman e un tecnico ma lei, lei la vedo solo all’ultimo istante quando siamo praticamente, una contro l’altra.

Il caffè bollente tra le dita di Nikki cade rovinosamente a terra dopo il nostro brutale scontro frontale formando una chiazza marrone sul pavimento e qualche schizzo qua e là.

Probabilmente mi sbagliavo, qualcosa può rovinare un’ottima giornata.

Mi tocco il fianco dove, una fitta fastidiosa si dipana lentamente facendosi sentire e alzo lo sguardo per osservare Nikki, con una mano attaccata al muro nel tentativo di rimettersi eretta ed è lo spazio di un secondo perché dei passi ci raggiungano.

“Ehi va tutto bene? ti sei fatta male?”
 
Ian si china leggermente per aiutarla ad alzarsi dal luogo dell’incidente.

E non dovrei nemmeno stupirmi di tutto ciò ma lì, ancora seduta in una posizione strana, a guardarli, mentre lui si accerta riguardo alla sua incolumità scalfita dalla mia poca coordinazione, mi si stringe lo stomaco in una morsa non premeditata.

Le mette una ciocca di capelli dietro all’orecchio quando torna in equilibrio su due piedi e, finalmente si volta nella mia direzione allungandomi la mano che ignoro con indifferenza, alzandomi da sola con tutta la dignità del mondo.

“Mi dispiace, ero di fretta”. Mi rivolgo a lei, fredda.

“Non c’è problema”. Risponde sulla scia del mio tono.

Ian mi guarda ancora con uno sguardo che stento a riconoscere, con entrambe le mani tornate al loro posto, a stringere quelle di Nikki.

Inspiro piano per riprendere fiato e, fingendo di non vederli, scavalco il caffè deturpato raggiungendo senza più intoppi il mio camerino, chiudendomi definitivamente la porta alle spalle.

 
 
Estate 2009
 
Il corpetto mi stringe forte l’addome e faccio seriamente fatica a respirare dentro questo lungo abito azzurro chiaro.

È pomeriggio inoltrato e stiamo ancora girando.

Sono tutta intorpidita sia per il lavoro, sia per le ultime nottate passate in compagnia, e beh, ho capito a mie spese che alcol e stanchezza non vanno mai troppo d’accordo.

Una debole luce colpisce il portico dal quale faccio il mio ingresso.

Le telecamere e i microfoni ruotano da ore su di noi e il regista ci segue con attenzione mentre io scendo le scale e ripeto le mie battute. Un debole vento, oserei definire, quasi autunnale, mi accarezza i ricci che mi hanno legato accuratamente sulla nuca e alcuni brividi mi percorrono il corpo elegantemente stipato.

Paul e Ian mi fissano adoranti come da copione ed io lancio diversi sguardi prima a uno poi all’altro con evidente trasporto.

Tuttavia, anche se abbiamo iniziato da poco, devo dire che questo lavoro mi piace, mi piace davvero tanto. Non mi sarei mai aspettata un clima così … familiare.

Sì, familiare è la parola giusta perché ci divertiamo e ci impegniamo tutti in questo progetto a lungo termine, soprattutto Julie, lei si che ci sta mettendo il sangue, e quando dico il sangue, intendo proprio il sangue, ieri si è quasi tagliata una mano con la pinzatrice nel tentativo di riordinare una montagna di carte.

Cammino loro vicino e rubo la palla da football dalla presa di Paul “Sono convinta che voi giochiate ancora più duro”.

Abbasso la voce maliziosa e faccio un piccolo passo indietro con l’intenzione di voltarmi e scappare via ma il mio piede urta la gonna lunga dell’abito e il secondo passo che faccio, per provare, invano, di rimanere in equilibrio è inutile, mi stringo forte alla palla e le mie gambe finiscono all’aria mentre la risata di Paul invade la scena.

Rimangono distesa a terra incapace di muovermi unendomi alle risate generali e, soprattutto, a quella del mio collega che non riesce proprio a smettere.

Quando riapro gli occhi, mi scontro con i suoi, chiari e pieni.

Ian è su di me che allunga la sua mano incapace di trattenere un sorriso aperto.

“Che classe Dobrev”

 Afferro la sua mano con decisione, stringendola più del dovuto in un tacito gesto di sfida.

“Oh questo è niente, Somerhalder!” ribatto con finto orgoglio, lisciandomi la gonna in uno charme ancora troppo da Katherine mentre il resto della troupe accorre ad aiutarci e a sistemare l’ormai storto cappello grigio che ho sulla testa.

“Paul, non hai ancora smesso di ridere?”

“Avresti dovuto vedere la tua faccia!”

 
 
Autunno 2014
 
“Mi stai dicendo che vai in Nuova Zelanda?”

Candice mangia la sua insalata il più veloce possibile perché, a causa delle riprese, le hanno ridotto la pausa pranzo.
Siamo sedute sul divanetto vicino alla porta dell’entrata.

Ci siamo incontrate a metà strada, io con il mio sacchetto di patatine e la mia mela e Candice con la sua insalata fresca e abbiamo deciso di metterci nel primo posto comodo avvistato.

“Sì, non vedo l’ora!” ammetto sognante.

“È fantastico Nina, ti serve una vacanza” mi dice accondiscendente. 

“Sì, lo penso anch’io”.

Già, pensare al viaggio con Ri mi rincuora davvero molto.

Fantastico su quei luoghi da sempre e andarci per fare nuove avventure insieme alle persone  cui tengo di più al mondo è per me qualcosa di appagante.

La mia amica continua a parlare ma i miei occhi vagano oltre, alle sue spalle, all’aria aperta, su una panchina, Ian e Nikki mangiano seduti vicini, chiacchierando animatamente.

Lui ride quando a lei rimane qualcosa sulle labbra e lui dolcemente si sporge per pulirla con una carezza sul viso, catturando gli occhi nei suoi.

Un’altra fitta al petto mi colpisce come un coltello affilato.

“Nina?” Candice muove la sua mano davanti ai miei occhi “Mi hai sentita?”

“No, scusa, mi sono distratta”.

Segue il mio sguardo di là dal vetro per incontrare anche lei quello che ha momentaneamente distolto la mia attenzione.

Candice torna a guadarmi.

“Nina”

Pronuncia il mio nome in un miscuglio di comprensione e rimprovero e giuro che, per una frazione di secondo, quasi mi sembra di confonderla con il suo personaggio.

“Candice, va tutto bene” dichiaro sorridendole sincera “Non ne voglio parlare perché la cosa non mi tocca quindi ripetimi pure quello che mi stavi dicendo”.

Si gira a osservarli una seconda volta, dubbiosa e incerta sul da farsi.

Passano alcuni secondi in cui prego vivamente che decida di passare oltre e Candice mi lancia un ultimo sguardo indulgente prima di iniziare una serissima discussione sull’ultima scena girata con Paul e su quanto desideri ardentemente lavorare su alcune parti che la preoccupano.

Grazie Candice.

Le sue parole si disperdono nell’aria mentre provo con tutte le mie forze a ignorare quelle due presenze ingombranti che scorgo di tanto in tanto e dopo pranzo, sono felice di non imbattermi più in loro tanto che il pomeriggio mi passa più veloce del previsto.

Il solo pensiero di tornare a casa per fare un lungo bagno caldo e chiamare finalmente mia mamma mi sostiene nel profondo.

Quando l’orologio scocca sulle sei e trenta, sospiro sollevata perché un altro giorno sul set è finito e ciò significa solo che sarà un altro giorno in meno in cui sarò costretta a lavorare con lui.

“Ciao Steven, ci vediamo domani”.

Saluto anche Julie e Caroline impegnate in una fitta discussione e frugo nella borsa alla ricerca delle chiavi della macchina ma un’ondata di panico mi pervade quando mi rendo conto che non sono lì.

Probabilmente devo averle lasciate in camerino.

Mi dirigo spedita nel corridoio, sperando di non incrociare ancora quella gatta morta di Nikki e, non posso che tranquillizzarmi quando vedo il mio nome accanto alla porta e nessun altro nei paraggi.

Eccole le mie chiavi in bella vista sul tavolino.

“Per fortuna!”

“Cosa per fortuna?”

 
 
Estate 2009
 
“Grazie per avermi offerto un passaggio”

 Stringo le mie gambe sul sedile dell’auto per combattere l’aria fresca della sera.

L’essermi messa una gonna corta, in effetti, non è stata la più furba delle idee che mi siano venute oggi.

 “Candice se l’è svignata con Zach senza dire una parola”.

Ian guida veloce tra le strade di Atlanta con il suo solito sorrisino storto cui mi sono piacevolmente abituata.

Sono sempre più convinta che sia davvero un buon amico e sono contenta di andare d’accordo con tutti sul set, era una delle mie preoccupazione più grandi prima di partire per la Georgia.

Ho assillato mia mamma per mesi prima di arrivare davanti all’imbarco e, con un sorprendente moto di coraggio, decidere che prendere tutto come veniva, sarebbe stato meglio che fasciarsi la testa prima dell’inizio delle riprese.

“Dalle solo qualche settimana, e quei due si mettono insieme”.

“Io scommetto che Candice lo farà aspettare un po’, io punto su un mese netto”.

Si gira a intermittenza per guardarmi mentre espongo le mie teorie.

 “Va bene, se vinco io mi paghi da bere per tre serate di fila Nina”.

“Affare fatto, Som” cambio stazione alla radio alla ricerca di qualcosa che sappia di vita “ma se vinco io mi paghi da bere per una settimana”.

Si volta contrariato “Cosa?” supera un’auto e cambia la marcia “Non mi sembra equo”.

“Oh sì che lo è, tu bevi come una spugna”.

Sorride divertito dalla mia costatazione, “Non hai tutti i torti ragazzina”.

Ed è davvero troppo presto quando accosta l’auto vicino al vialetto del mio palazzo, spegne il motore e apre la portiera.

“Ehi, cosa fai? Non mi devi accompagnare dentro”.

“Scherzi? Potresti inciampare da un momento all’altro” ironizza senza pietà sulla mia caduta della giornata.

“Ah, ah!”

Ian si mette al mio fianco, pronto a tutto.

“Guarda che non sembra ma sono molto coordinata in realtà” lo spingo via da me percorrendo il vialetto “ insomma, ho un passato da ballerina”.

“Certo, certo” continua lui derisorio.

Ultimamente Ian è quello con cui ho legato di più -sebbene abbia fatto molte più scene con Paul - e devo ammetterlo, lui m’intriga per certi versi.

 Forse perché è molto più grande di me o perché è tanto bello da lasciarti a bocca aperta o, non lo so, c’è qualcosa che in lui che … mi attira.

 “Beh, se ci fossi stato io al posto di Paul, non ti avrei di certo fatta cadere”.

Scherza ancora ma con quelle parole aggiunge un significato che sa di diverso, qualcosa che un minuto prima nella sua voce non c’era.

E il sorriso sulla mia bocca sfiamma lentamente dal mio volto quando incontro la sua espressione non troppo distante da me; ed è serio, dannatamente serio, con gli occhi impercettibilmente più scuri che mi pungono dentro; è uno sguardo carico che non so davvero come descrivere, so solo che non glielo avevo ancora mai visto addosso.

E sono troppo impegnata a fare pensieri strani sui suoi occhi per accorgermi di essere arrivata al primo scalino del portico.

È un battito di ciglia il tempo in cui due braccia forti mi afferrano facilmente e mi tengono saldamente legata a un corpo caldo, le mie mani si arpionano a una morbida giacca di pelle nera e l’odore di Ian m’invade per la prima volta come un temporale in un giorno d’estate.

“Te l’avevo detto” sussurra a pochi centimetri da me nello stesso momento in cui io mi soffermo sulle sue labbra le quali mi appaiono più morbide e invitanti che mai.

“Grazie” biascico, le farfalle in estasi nello stomaco.

Ian mi lascia andare lentamente e si allontana “Allora, buonanotte ragazzina”.

Si separa da me così, con il respiro a metà e un sorriso bastardo.

“Buonanotte Ian”.

Gli sorrido anch’io disorientata e lo osservo muovere alcuni passi verso la sua auto con il martellante presentimento di essere irrimediabilmente andata oltre una linea invisibile che non avrei dovuto mai superare.

 
 
Autunno 2014
 
Mi guardo alle spalle, sorpresa di trovarmelo lì, appoggiato con nonchalance allo stipite della porta del mio camerino.

“Ho ritrovato le mie chiavi, credevo di averle perse”.

“Capito”.

Ian non sa cosa dire o da dove iniziare ed io, invece, a differenza sua, non capisco affatto cosa ci faccia qui quando tutti saranno già andati verso casa e lui avrebbe la possibilità di essere da qualche parte con la sua ragazza lontano da questo posto e, soprattutto, lontanissimo da me.

Raccatto alcune cose che infilo nella borsa senza degnarlo di uno sguardo e sto per uscire quando lui, si dispone davanti a me per impedirmi di andare oltre.

“Che cosa vuoi?”

“Solo parlare”
Alza le mani in segno di resa utilizzando i modi migliori per riuscire ad addolcire una persona.

Tempo sprecato.

“Sono stanca e devo andare”.

Cerco di evitare discorsi che non saranno davvero utili a nessuno dei due e provo a sfuggire dal suo blocco ma lui mi afferra il braccio destro, senza metterci forza e mi costringe a guardarlo in viso.

“Ci vorrà poco”.

M’irrigidisco cercando di trattenere tutte le sensazioni che voglio evitare di provare davanti a lui.

“D’accordo, che cosa devi dirmi?”

Libero il mio braccio dalla sua presa e incrocio entrambe sotto il seno, a tutt’orecchi.

“Ci ho pensato” fa una pausa e calibra le parole “Ed è da troppo che tu ed io non ci parliamo, c’è quest’astio tra di noi che non dovrebbe esserci”.

Continuo ad ascoltarlo mentre fa un ultimo respiro e butta tutto fuori.

“Sono convinto che dovremmo andare oltre. Provare ad essere amici, di certo non amici per la pelle ma iniziare a provarci sarebbe già qualcosa, amici come l’anno scorso”.

Un nodo alla gola blocca una raffica di pensieri pronti a uscire senza riserve, frasi che non ho avuto il coraggio di dire cinque mesi fa perché bruciano così tanto da non sopportarne nemmeno la presenza.

“Ma l’anno scorso non eravamo amici Ian”.

Faccio un passo nella sua direzione e sussurro piano come se ci fosse qualcuno in ascolto intorno a noi “L’anno scorso, andavamo a letto insieme, quindi, sai, non eravamo proprio amici” ripeto il concetto per farglielo capire meglio.

Ian cambia espressione, la mascella s’indurisce sotto il mio sguardo truce.

 “Seriamente? Adesso ti metti a chiarire le cose? Sai, Nina, hai avuto tutto il tempo del mondo per farlo”.

“Lo vedi? Siamo sempre allo stesso punto. Ci rinfacciamo ancora le cose  e non ho nemmeno voglia di pensarci”.

 L’immagine di lui con Nikki sulla panchina riaffiora nella mia mente come un mantra.

 “Devo andare”.

Riesco a uscire dal mio camerino perché questa volta non prova nemmeno a fermarmi, si limita solo a commentare spazientito.

“Sei sempre la solita ragazzina”.

Un pugno in faccia sarebbe stato meglio, sento gli occhi farsi umidi ma stringo i denti e i pugni; non piangerò davanti a lui.

“Sì, Ian, hai ragione, sono una ragazzina” .

“Una ragazzina che capisce il vero significato di essere amici e noi, notizia dell’ultima ora, non lo siamo mai stati in passato, non lo saremo mai in futuro e tu lo sai, lo hai sempre saputo, anche prima di me.” Scuto la testa sorridendo amaramente.

“Ma la ragazzina lo ammette perché affronta la realtà, invece tu stai solo cercando la via più facile per sfuggire ai problemi e questo non vuol dire di certo essere grandi!”

Ian sta per rispondere ma io non ce la faccio a stare ancora in quello spazio ristretto con lui a pochi passi da me, non ce la faccio e basta, gli lancio un ultimo sguardo che sa di tante cose messe insieme o forse non sa più di niente e, finalmente, riesco ad andarmene via.

 Ian decide di non richiamarmi, né si prende la briga di seguirmi.

“Sei sempre la solita ragazzina”

Dannazione!

Mi rendo conto solo arrivata nel parcheggio di aver fatto una corsa fuori programma per sfuggire alla sua presenza, le lacrime pronte a uscire come un fiume in piena.

Sbatto la porta della mia macchina e cerco di calmarmi.

Pensa alla Nuova Zelanda, pensa alla Nuova Zelanda, pensa alla Nuova Zelanda.

Niente.

Il modo controllato e distaccato con cui mi ha parlato fa male, fa' troppo male al mio petto e fa troppo male ai miei occhi umidi.

Perché?

Picchio le mani sul volante e inspiro forte con l’intenzione di provare a gettare tutto quel dolore lontano da me, lontano da non capire nemmeno cosa sia, lontano come lo siamo Ian ed io in questo momento.

Se ci fosse un’operazione chirurgica capace di estrarlo davvero non esiterei un secondo di più.

E il battito del mio cuore accelerato si sfoga nelle lacrime calde che s’infrangono sul mio viso senza più alcun controllo.

 “Ciao tesoro”

La voce di mia madre mi ridesta quando rispondo alla sua chiamata.

“Ciao mamma” mando giù tutto e faccio un bel respiro tentando un mal tirato sorriso.

“Va tutto bene Nina?”

“Sì, sì, tutto benissimo, scusa se non ti ho chiamata subito, mi hanno trattenuta al lavoro”

La mia voce si è ristabilita a comando, come quando recito.

Ringrazio che mia madre non mi possa vedere in questo momento.

“Hai avuto una giornata lunga?”

Passo il tragitto fino a casa parlandole assiduamente.

E lei mi racconta di quanto Alex la faccia impazzire ogni sera con la cena e di mio padre che dorme sempre più spesso sul divano quando vuole guardare una delle sue adorate soap -opera alla tv, negandole sempre la soddisfazione di vederle insieme.

La sua voce i suoi piccoli problemi quotidiani riguardanti papà e Alex e a quanto le manchi avere una donna a casa, alle volte, come adesso, sono un vero toccasana.

La saluto e le dico che vorrei tanto essere a casa con tutti loro in questo momento.

Più tardi, l’acqua calda sui miei muscoli intorpiditi mi rilassa e mi distende le membra stanche di tutta quella situazione.

E dopo aver deciso che mangiare qualcosa era ciò che al mio stomaco non andava di fare, nemmeno davanti a pochi involtini di riso rimasti nel frigorifero mi sono ritrovata di nuovo nel letto sfatto alla disperata ricercare di una posizione comoda che mi aiuti a prendere sonno e metta fine ai pensieri che m’invadono la mente, pensieri che hanno un unico volto.

Chiudo gli occhi sapendo che domani mi sveglierò e farò tardi perché continuerò a ripetermi che non m’importa all’infinito, anche se, so già che, non sarà mai abbastanza.
 
 
 
 
Angolo autrice :

Salve,
Sono tornata abbastanza presto dopo la revisione di questo secondo capitolo a punto di vista di Nina e volevo ringraziarvi per le visite e per aver “ri-aggiunto” la storia tra le preferite!

Spero che la storia vi continui a piacere e a interessare, fatemelo sapere.
Vi saluto e vi aspetto,
Nox
 
 

 

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Capitolo 3
*** I can't ***


. I can’t
 
 
 “Il mare cancella, di notte. La marea nasconde. È come se non fosse mai passato nessuno. È come se noi non fossimo mai esistiti. Se c’è un luogo, al mondo, in cui non puoi pensare a nulla, quel luogo è qui. Non è più terra, non è ancora mare. Non è vita falsa, non è vita vera. È tempo, tempo che passa e basta …”
Alessandro Barrico
 
Ian
 
Autunno 2014
 
“Era tutto buonissimo”.

Assaporo l’ultimo boccone della splendida cena preparata dalla mia ragazza e la bacio sulla tempia quando si avvicina a me.

Nikki mi sorride felicemente compiaciuta “Grazie”.

Si lascia coccolare mentre accetta che le versi un altro goccio di vino frizzante nel bicchiere.

Ne bevo un sorso anch’io per riscaldare e rilassare le mie membra.

Un sabato così impegnativo non lo vedevo da un po’. Ho fatto telefonate a intermittenza, finto qualche progetto e cercato malamente di dare un ordine ad delle scartoffie con poco successo vista la pila di roba che sta ancora inerme sulla mia scrivania a formare una montagna alta quasi quanto l’ Everest.

Avevo promesso a Nikki una cena fuori, in un ristornate appena aperto, ma non mi ero nemmeno reso conto di aver superato un orario decente per mettere qualcosa sotto ai denti.

Con mio enorme sollievo, ci aveva pensato lei.

Ci pensa sempre lei, ultimamente.

Aveva portato a spasso i cani, ripulito casa e preparato una cena degna di un gran galà con tanto di antipasto, primo, secondo, e candele annesse.

A volte mi sorprendo di quanto si dimostri così attenta e premurosa nei miei confronti, è un aspetto di lei che apprezzo come ho apprezzato poche cose nella mia vita; mi tranquillizzano i suoi modi e i suoi gesti d’affetto, sono semplici e silenziosi che,talvolta, nemmeno me ne accorgo.

“Lo sai che ti amo, vero?”

Alza lo sguardo dal suo piatto, mi osserva per un istante che sembra quasi infinito, vittima di pensieri fugaci che le fanno assaporare quel momento, poi mi sorride e si rilassa perché preme di nuovo le sue labbra sulle mie, catturandomi con maggior passione.

“È tardi e tu domani devi andare al lavoro” ridacchia quando passo ad assaporare il suo collo sottile mentre le mie mani le toccano i fianchi.

Sospira forte e si arrende quando torno a fissarla occhi negli occhi, a pochi centimetri da lei.

“Va bene, hai vinto” la bacio a fior di labbra e l’aiuto ad alzarsi dalla sedia catturando la sua mano per accompagnarla in camera.

Sono sereno e le parole di Nina, quelle che mi ha sputato addosso due giorni fa,  non cambieranno tutto questo.

Nikki ed io siamo felici, tutto ciò vale molto di più di tutto quello schifo che c’è tra me e Nina, quello non ha più importanza.

Lei non vuole andare oltre e l’ho capito ma ciò non m’impedisce di farlo per conto mio e se non vorrà parlare, non parleremo, se non vorrà ridere o avere una sana convivenza lavorativa con me, bene, lo avrà.

Come ha sempre avuto tutto.

 
Autunno 2009
 
Devo dire che questi cambi di temperatura, quando non li prevedo, sono fastidiosi.

S’insinuano inaspettati nei giorni autunnali per avvertirti che l’estate non sta effettivamente tornando ma che ti devi preparare a mesi di duro e inesorabile freddo.

Tuttavia a me piace scappare a Los Angeles, dove il tempo è sempre più mite, alla faccia di quel ventaccio gelido che ora come ora mi spettina i capelli, non volendo lasciare tregua nemmeno alle mie dita ormai del tutto insensibili al tatto mentre entro in un bar del centro.

È un luogo accogliente e non c’è mai tanta gente da dovermi nascondere qui, è uno dei posti ideali, insieme ad altri due o tre dove noi del cast decidiamo spesso di trascorrere le serate a bere drink e scommettere su chi farà la prossime scene importanti.

Il mio sguardo vaga tra i tavolini di legno della saletta prima di scorgere dei lunghi capelli castani, un po’ scompigliati ma lucidi sebbene fuori ci sia anche dell’ umidità.  

“Finalmente Smouldy, mi stavo preoccupando”

Gli occhi grandi di Nina sembrano placare il freddo che ho sulla pelle quando la raggiungo e mi siedo accanto a lei.

Ha una sciarpa scura legata al collo e un maglione rosso che le risalta perfettamente la carnagione.

“Hai già preso qualcosa senza di me?” le faccio notare indicando la tazza che dal profumo che emana ha tutta l’aria di essere una dolcissima e ristorante cioccolata calda.

“Stavo congelando e avevo fame”.

 Mi fa notare, un po’ colpevole, alcuni biscotti accanto alla sua mano sinistra.

“Oh, ottima idea”.

Ne acciuffo tre dal piattino rotondo protetto da Nina “Ehi!” e li infilo tutti nella mia bocca l’istante successivo.

“Ti ha mai detto nessuno che ti rendi antipatico quando rubi biscotti ai tuoi amici?”

 “Mmm …”

Mastico soddisfatto il mio furto e faccio segno a un cameriere di portarci dei listini.

“Sto sperando in un soffocamento, sappilo” mi lancia un’occhiata guardinga prima di sorseggiare altra cioccolata.

“Non ti facevo così vendicativa Neens” rubo anche la sua tazza prima che possa fermarmi e ne gusto felice il contenuto il quale mi aiuta a mandare giù il resto.

Nina mi osserva scherzosamente imbronciata, piegando le braccia al petto.

“Non sai contro chi ti sei messo Ian”

“È una minaccia?” mi sporgo verso di lei mantenendo il contatto visivo.

Come se potessi davvero distogliere lo sguardo da quegli occhi.

Sono così profondi che mi fanno paura, sembra vogliano essere uno specchio, una verità, così espressivi e spontanei che quando voglio che venga bene una scena con lei non devo far altro che guardare in quelle due pozze scure e vagarci dentro per tutto il tempo necessario.

“Può darsi” risponde lei sogghignando ingenua e divertita.

Il cameriere smorza l’atmosfera, interrompendoci, appoggiando i listini acconto a noi.

Il resto del pomeriggio trascorre così, con un’altra cioccolata calda e dei biscotti, tra le nostre risate che prendono in giro Paul e la sua dannata tendenza a trafficare con il telefono anche durante le riprese e i momenti di pazzia di Julie quando pretende che tutto vada per il verso giusto.

Usciti dal bar, qualche ora dopo, le luci delle strade sono già accese.

“Ehi, ehi cos’ha intenzione di fare con quella, ragazzina?”

Nina fruga nella sua borsa alla ricerca di un accendino per fumare la sigaretta che tiene tra le dita.

“Senti, primo, non chiamarmi ragazzina, secondo, sono sicura che tu ti sarai certo permesso di fumare di peggio nel corso della tua giovinezza quindi non hai il diritto di giudicarmi”.

“Potremo aggiungere al tuo curriculum il titolo di ‘fumatrice incallita’ accanto a quello di ‘ragazzina coordinata’” .

Nina sorride e manda gli occhi al cielo prima di mettersi tra le labbra la sigaretta e accenderla, si prende il tempo di socchiudere le palpebre e assaporare il fumo sulla bocca.

“Va tutto bene?”

Forse me ne sono reso conto solo adesso, qui fuori, al freddo, mentre camminiamo verso le macchine, che ha delle profonde occhiaie a solcarle il viso leggermente pallido.

“Sì, certo” fa spallucce “fumare mi aiuta a non pensare” rivela sincera continuando a camminare.

 “A cosa non vuoi pensare?”

La fermo, afferrandola per un braccio e lei mi guarda spaesata e triste.

Nina abbassa lo sguardo e fissa i suoi stivaletti neri un po’ sgualciti, alcune ciocche le ricadono sul volto, prende un bel respiro e mi guarda ancora.

“Ho litigato con Ben ieri sera; pesantemente” ammette distendendo le labbra in un sorriso che non le esce.

“Però non me la sento di parlarne adesso”.  Aggiunge quando mi avvicino “ è stato un bel pomeriggio e non mi va di rovinarlo pensando a quello che mi ha detto Ben”.

Non dico niente, non saprei davvero cosa dire, Ben, il suo ragazzo, non lo conosco così bene da poter esprimere sentenze su di lui anche se non mi è mai andato troppo a genio quelle poche volte che ha avuto la decenza di presentarsi sul set.

E Nina è triste, lo vuole mascherare ma i suoi occhi tradiscono quelle emozioni.

Faccio un altro passo e le sfilo la sigaretta dalla mano, aspiro e butto fuori percependo il sapore si lei di là del filtro.

“Ti va di non pensare insieme?”

Qualcosa s’illumina in lei in una frazione di secondo. Riprende la sua sigaretta, fa un tiro e me la ripassa.

“Ci sto”.

 
Autunno 2014
 
I capelli di Nikki mi solleticano il torace quando socchiudo le palpebre, dalla porta lasciata aperta a metà, s’intravede uno spiraglio di luce provenire dalla cucina, deve essere rimasta accesa.

Sospiro stanco e mi ostino ad allungare lentamente il braccio, cercando di non fare rumore.

Le 4.17.

Nikki dorme tranquilla, lo sento da come respira; mi scalda tutta la parte destra del corpo, siamo praticamente incollati nel centro del letto.

Un altro sospiro e mi viene improvvisamente voglia di prendere un po’ d’aria.

Con movimenti calcolati sposto il suo braccio da me e le avvicino, con l’aiuto dell’altra mano, il cuscino che sta sotto la mia testa.

Lei non si accorge nemmeno quando mi alzo e m’infilo i jeans e una maglietta raggiungendo a piccoli passi la cucina, dove il tavolo è ancora apparecchiato e le candele si sono spente da poco.

Cerco dell’acqua e un bicchiere per bagnarmi la bocca ma alla fine preferisco bere direttamente dalla bottiglia. Sfioro il mio cellulare sulla mensola e ho davvero troppe notifiche per perdermi nei meandri dei social network.

Evito di fermarmi ad analizzare le cause che mi spingono a svegliarmi di soprassalto nel cuore della notte perché è sempre una.

Sempre la stessa.

Ma perché?

Perché ci devo pensare?

È passato più di un anno da quando è finita tra noi ed io, sono qui, in una cucina vuota, con la mia ragazza che dorme nell’altra stanza, alle quattro del mattino, a pensare a lei.

Sono patetico.

O un ipocrita.

Sbuffo e mi siedo sulla sedia, metto da parte anche il pensiero che questa settimana dobbiamo metterci all’opera per organizzare la festa a sorpresa per Steven.

Dopo ben sei anni di riprese se ne va, passa oltre, come se fosse la cosa più facile del mondo.

Beh a quell’età è sempre tutto più facile.

Io ero il Re del ‘mi butto tutto alle spalle’, chiudevo un capitolo con la netta e bruciante certezza che se ne sarebbe aperto uno migliore, più difficile e diverso dai precedenti ma indubbiamente, migliore.

Sfortunatamente nessuno ti dice che capita che un bel giorno si apra, inaspettatamente, il capitolo preferito del romanzo della tua vita, e per giunta, senza che tu te ne renda conto, non potrai più tornare indietro, non potrai più riviverlo, per ogni singola cosa che hai fatto, con le persone con le quali hai passato momenti belli o brutti che siano, con chi ha saputo segnarti dentro da mancarti poi.

Va tutto, inesorabilmente, a perdersi in un mare di ore in cui accatasti i tuoi dannati ricordi.

Una fitta mi sovrasta la parte alta del petto e gli occhi scuri di Nina mi appaiono chiari nella mente come un cielo primaverile quando la limpidezza quasi ti acceca.

Lo capirà anche lui, forse presto o forse tardi ma lo capirà.

Mi mancherà quel moccioso gonfiato di muscoli e supereroi dei fumetti. Ha sempre detto che gli ricordo Capitan America per i miei punti fermi, per i miei principi tradizionali, perché vivo in una realtà che non esiste più, in cui alle persone sembra importare davvero dell’ambiente e, infatti, mi sono già comprato lo scudo per buttarlo a terra, quel pappa-molla che alla fin fine è il doppio di me e per una volta, dopo tanto tempo, l’avrò vinta io su di lui.

Erano tutti eccitati quando, la settimana scorsa, ci siamo riuniti in un angolo dietro la libreria di casa Salvatore per accordarci sulle cose di cui avremmo avuto bisogno.

Kat avrebbe comprato le maschere e Zach delle pistole giocattolo, Paul ha blaterato qualcosa ma, a dire la verità, non l’ho davvero ascoltato, stavo guardando Nina che rideva come una bambina all’idea di fare una festicciola d’addio tutti in costume e ogni pensiero intorno a me è come sfumato distante dagli assidui preparativi.

D’altro canto, io ho solo comprato il mio splendente e fantastico scudo e, in un modo contorto, almeno dietro a quello potrò stare tranquillo e ignorare tutto quello che dicono di me e Nikki, evitare i fan e i giornali impazziti e anche quella tristezza mista a delusione sul volto di Nina oscurato dalla luce del suo camerino.

Ecco, quell’espressione ferita era da un po’ che non mi faceva sprofondare così.

Il senso di colpa mi attanaglia le viscere dall’interno; e aveva ragione lei quando mi diceva, tra un bacio e l’altro, che pensavo troppo, ho pensato talmente tanto anche a noi due che alla fine non ho più davvero saputo cosa fare.

Essere amici mi sembra ancora la cosa migliore, la cosa più giusta dopo tutto quello che abbiamo passato, ma forse mi illudo e Nina, come Steven, ha bisogno di crescere, deve capire che non c’è più niente da unire o da ricongiungere.

Ormai siamo solo fili troppo sottili e sfibrati per essere ricuciti da qualche parte.

Dobbiamo solo adattarci a tutto questo e le cose saranno facili per tutti, soprattutto per lei e per me.

E Nina deve aiutarmi in questo perché altrimenti io so che da solo non ce la farò.

Cerco il mio cellulare sulla mensola, per sviare effettivamente sui social sperando che mi inducano ad una bella dormita sotto alle coperte insieme a Nikki quando una scatolina blu e bianca in un angolo della cucina cattura la mia attenzione.

Frugo sotto alcune cartelle ed eccole.

Avevo cercato ovunque quel dannato pacchetto di sigarette.

Una sera prima della fine delle riprese della quinta stagione, c’era Nina con me, qui a casa, abbiamo guardato film senza senso e, dopo averla fatta spogliare quasi tutta sul tavolo della cucina, eravamo finiti a rotolarci sul divano mentre fuori pioveva e faceva ancora un freddo. Fu una delle ultime notti che passammo insieme, ignari di quello che sarebbe accaduto qualche mese dopo.

Aveva quel pacchetto tra le mani quando l’ho preso tra le dita e l’ho nascosto lì sotto per evitare che fumasse ancora.
Lei non aveva mai davvero fumato tanto, solo quando le andava.
 
“Ian! Dove le hai messe?”
“Sarò io a non farti pensare questa notte”.
 
Apro il pacchetto nuovo e ne sfilo una dopo aver tolto la carta. Esco sul piccolo terrazzo che si apre sul mio salotto e mi stringo nelle spalle mentre l’aria fredda della notte mi sferza il viso.

Adotterò il suo metodo, sperando di non essere costretto a diventare un fumatore di alti livelli vista la mia scarsa tendenza a non riuscire a deviare in zona Nina.

Piego la testa, sorreggendo la sigaretta con le labbra, e le do fuoco, riparando la piccola fiamma arancio e blu che si sprigiona dall’accendino.
Chiudo gli occhi e mi appoggio al muro, sotto di me non sento nemmeno un rumore, nessuno si trova in strada a quest’ora, è tutto ovattato da una placida oscurità.

Il gusto del tabacco m’invade la pelle e i nervi, facendomi tendere i muscoli a poco a poco; scarico la tensione in quel minuscolo pezzetto di carta arrotolato e quando sono ormai all’ultimo, la spengo e la getto nel piccolo cestino lì accanto.

Credo che abbia funzionato … relativamente, non è mai stato il fumo a non farci pensare alla fine, lo sapevamo entrambi.
Riprendo il cellulare tra le mani e scorro sulla rubrica, supero il nome di Nikki e seleziono quello di Nina aprendo la voce “nuovo messaggio”.
Che cosa faccio adesso?

Le mando un messaggio a quest’ora della notte per scacciare definitivamente la colpa?

Sospiro sconsolato e tengo testa alla battaglia che ho creato con quel nome scritto in blu sul display.

“Ian? che ci fai qua fuori?”

Mi giro quando l’aria silenziosa è interrotta da una voce sulla porta.

Nikki indossa una mia maglia che le ricade larga e le lascia le gambe nude, si stringe su se stessa per affrontare la brezza notturna.
“Stavi fumando?”

Tentenno nel risponderle, mi sembra quasi di deludere alcune sue aspettative costruite sulle mie buone abitudini.

“Sì” ammetto con un sorriso tirato e colpevole “ Non riuscivo a dormire e ho pensato che una di queste mi avrebbe rilassato”.

Nikki mi guarda comprensiva e mi fa segno di entrare.

“Sono sicura che a letto ti rilasserai di più”.

 
Autunno 2009

Studio il copione seduto sul divano, da ore ripeto allo sfinimento poche righe che non so bene come interpretare.
Perché dovevano assegnarmi proprio il personaggio più complicato?

Abbiamo le riprese notturne e sono a punto e a capo con queste battute, rimpiango i primi episodi in cui finivo per cibarmi di qualcuno.
La porta scricchiola e Megan fa il suo ingresso con tre grandi sporte della spesa.

“Ecco qui ho preso tutto quello che mancava”. Annuncia mentre la raggiungo in cucina per darle un aiuto.

La bacio e le appoggio le borse sul tavolo.

“Com’è andata oggi?”

“Giornata dura, sono sfinita, a te invece?”

Accatasta qualche scatoletta di tonno e un barattolo di latte nella credenza.

“A meraviglia” infilzo lo zucchero vicino al caffè “Abbiamo fatto le prime scene del nuovo episodio che dovremmo finire questa notte”.

“Almeno hai pranzato?” la mia ragazza mi guarda scettica da sotto in su.

“Sì, a dire il vero, Nina mi ha praticamente costretto”.

I fazzolettini di carta tra le sue mani scivolano a terra e il suo sguardo si fa un po’ confuso quando torna su di me.
“Sei andato a pranzo con Nina anche oggi?” la voce le esce incrinata.

“Sì, ma lo sai che siamo amici” dichiaro sostenendo i suoi occhi, non dice niente e distoglie la visuale andando a raccogliere i pacchettini sparsi sul pavimento.

Megan non è mai stata gelosa, perché mai dovrebbe esserlo di una mia collega di lavoro?

“Ehi, Megan” brucio le distanze e la raggiungo, la prendo per le spalle, costringendola a guardarmi ancora “non ti devi preoccupare per Nina, io amo te e voglio passare il resto della mia vita con te” scandisco bene le parole per rendere chiaro il concetto.

“Ne sei convinto Ian?” il suo tono non è duro ma arrendevole, gli occhi si fanno lievemente lucidi quando incontrano i miei.
“Perché non ti ho mai visto guardare nessuna come guardi lei, inclusa me”. 

Un fulmine a ciel sereno, quelle due ultime sillabe mi colpiscono con tanta forza da non riuscire a calibrare bene il senno di poi.

Megan sorride triste mentre una lacrima le solca la guancia destra, mi ridesto lievemente quando lei cerca di sfuggire alla mia stretta.

“Megan stare con Nina mi fa stare bene, con lei mi diverto ma l’unica cosa che conta davvero per me sei tu” le sollevo il mento “ e se ti farà stare meglio, non ci andrò più a pranzo fuori”.

Megan è alla ricerca di ulteriori riposte che si possano tradurre in parole dai miei gesti, dal mio sguardo che vuole negare quello che teme di più, poi scuote la testa e tira su con il naso “Scusami, sono stanca e affamata, non volevo fare la fidanzata gelosa”.

La stringo a me, mi aggrappo alla sicurezza del suo corpo tra le mie braccia e la rincuoro dolcemente prima di sentirla sussurrare.

“Sono sicura che dopo aver cenato, starò meglio”.

 
Autunno 2014

L’odore del caffè nel bicchiere di plastica mi costringe a sentire ancora di più le fitte che mi colpiscono da quando mi sono alzato dal letto per correre al lavoro.

Marguerite mi sorride comprensiva “Hai fatto le ore piccole questa notte?”

“Qualcosa del genere” finisco prima del previsto il liquido caldo.

“Credo che ne prenderò un altro”.

“Va bene Ian, ci vediamo dopo in scena”.

La saluto con la mano, non ho davvero la forza necessaria per salutarla a parole, e inserisco le monetine nella macchinetta.

Infilo le mani nelle tasche della giacca di pelle mentre aspetto che l’espresso faccia la sua schiuma, stringo il pacchetto tra le mani; ho promesso a Nikki di buttarle ma qualcosa mi blocca, mi stordisce.

Non posso farlo.

Prendo il caffè e mi avvio verso i camerini, saluto Candice, anche lei questa mattina sembra particolarmente assonnata, controllo che non ci sia nessuno nei paraggi ed entro in quello con il nome di Nina accanto alla porta.

Non posso farlo, non riesco a farlo.

Lei non è ancora arrivata, è sempre in ritardo in effetti, probabilmente ho ancora un buon quarto d’ora prima che si presenti.

Appoggio il pacchetto sul tavolino, in segno di scuse o di resa, nel tentativo di dimostrarle che ha torto, non so nemmeno se ricorderà che quel pacchetto era stato suo un tempo.

Perché alla fine è sempre questione di tempo.

Il tempo che passo a convincermi che ciò che la riguarda non è importante.

E anche se adesso non saremo niente, la verità è che -che io voglia ammetterlo o no- siamo stati qualcosa di troppo forte, selvaggio e ostinato per essere buttato semplicemente via.

 
 
Angolo autrice:


Ciao!
Mi complimento con voi per essere riuscite ad arrivare alla fine del capitolo.

È un pezzo di riflessione e conflitto interiore. 

C’è quel continuo “non voler pensare” che ritorna prima nel passato con Nina e poi con Ian quando si sveglia nel cuore della notte, c’è il fatto che tutto quello che loro due sono stati sta scemando ed è proprio ciò che spinge lui a fumarsi una sigaretta in solitaria e a metterle, il giorno dopo, nel camerino di lei, vuole essere un tentativo inconscio a non lasciarla andare, lui, insomma, non ci riesce, “I can’t”.

Ringrazio tutte voi per il sostegno, non finirò mai di farlo, quindi grazie!
Un ringraziamento particolare è per eli_s che non mi abbandona mai.

Spero tanto che riusciate a lasciarmi dei pareri e, soprattutto, spero di non avervi annoiato troppo, grazie ancora e a presto!

Nox

 
 

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